Interpol no more

di ThiefOfVoid
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Me ne stavo in pace a fare uno dei tanti lavori da hacker dell’Interpol. Stavo cercando di accedere ai file protetti di un boss della mafia di New York. Ora che ci sono riuscita (un gioco da ragazzi, il sistema di protezione non era poi così complicato) non posso neanche dare un’occhiata. Sono la migliore in circolazione, o almeno così dicono. 

“Hey Ale, il capo vuole vederti”

“Non ora Jones, sono arrivata ai file protetti”

“Mi ha detto che non hai scelta, è arrivato tuo zio dal Giappone, sai, per l’approvazione della missione sotto copertura”

Abbandono quei file e senza dire una parola mi dirigo alla velocità della luce nell’ufficio del capo. Mio zio è il famoso (si fa per dire) ispettore Zenigata. Sono italo-giappo-americana (?): giapponese da parte di mio nonno paterno, americana da parte di mia nonna paterna e italiana da parte di mia madre. Sono nata e cresciuta a New York, ma a 15 anni mi sono trasferita a Tokyo. La mia storia è piuttosto lunga, ve la racconterò un’altra volta, anche perché per ora non sono affari vostri. A vent’anni sono tornata a New York per studiare, a ventidue ho conseguito la laurea in medicina, caso raro il mio vero? Cosa ci faccio all’Interpol? Scoprirete anche questo dopo. Erano mesi che volevo provare la carriera di agente sotto copertura, mi sto stufando di stare alla scientifica. Mi hanno assegnato il caso Lupin III. Il caso però è di mio zio, per questo ci vuole la sua approvazione per la collaborazione. Sono anni che cerca di arrestare Lupin, ma con scarsi risultati. Quando arrivo non busso nemmeno, sono troppo euforica.

“Allora, quando comincio?”

“Non si usa bussare?”

“Mi dispiace capo ma sono…un po’ fuori dagli schemi”

“Non è un caso un po’ troppo tosto come prima missione sotto copertura?”

“Ciao anche a te zio. Comunque…cos’è, non ti fidi di me?”

“Mi fido di te, ma in quella banda ci sono elementi particolarmente pericolosi”

“Li affronterò, altrimenti perché avrei questa?” scosto il lato destro della mia giacca, mostrando così l’impugnatura della mia magnum che spunta dalla fondina. Già, non uso la pistola di ordinanza come ogni altro poliziotto normale. 

“Secondo me è una cattiva idea. Non so, potresti farti coinvolgere emotivamente”

“Io che ho la sensibilità di un carro armato!? Non farmi ridere. Scommetto 100 dollari che la missione sarà un successo” 

“E va bene, ci sto. 

"Che hai da dirmi su di loro?” 

“La banda è composta da tre persone, più una quarta che da un po’ di tempo non si fa vedere”

“Sìsì ok, voglio vederli in faccia” 

“Innanzitutto abbiamo Lupin III, figlio del altrettanto famoso ladro Lupin II, nonché capo dell’organizzazione” 

“E’ un maestro nell’arte del travestimento eccetera eccetera. Di lui so già tutto per sfinimento…chissà come mai, forse perché me ne hai parlato così tanto da farmi venire il mal di testa”

“Poi abbiamo Goemon Ishikawa XIII. Fa parte di una stirpe di samurai che per vivere compieva omicidi su commissione, e parlo al passato perché con Goemon è da qualche anno che questa tradizione non è più trasmessa. Con se ha la spada onnipotente, è indistruttibile e capace di tagliare ogni cosa, e come se non bastasse le sue tecniche samurai sono molto efficaci, ucciderlo è quasi impossibile, per questo è il secondo elemento più pericoloso del gruppo. Fujiko Mine è la componente che potrebbe non fare più parte del gruppo, visto che da sei mesi non collabora con Lupin”

“E l’ultimo?”
La foto che mi mostra ora mi è molto famigliare “Lui è…”

“Jigen Daisuke. Data e luogo di nascita sono sconosciuti. A New York si parla ancora di lui come miglior tiratore della malavita. Gira sempre con una magnum ed è capace di uccidere 6 uomini in tre secondi. Nessuno è mai riuscito ad arrestarlo. E’ un tipo interessante…”

“Interessante in che senso?”

“In ogni senso. Interessante a livello poliziesco e anche sul vero senso della parola. E’ il classico tipo pieno di mistero, quello che sa nascondere così bene le sue emozioni da essere quasi impossibile da capire…insomma, quel tipo di persona che io non faccio fatica a decodificare”

“E’ anche quel tipo di persona che ti può interessare…ecco perché credo che sia una cattiva idea”

“Puoi essere figo quanto vuoi, ma se sei un assassino bastardo con me non hai speranze” 

“Comunque è l’elemento più pericoloso del gruppo, a causa delle sue capacità” 

“Quanto vorrei saper sparare come lui…abbiamo un filmato in cui lo si vede sparare?”

“Sì certo”
Riconosco questa scena. E’ l’unica volta in cui l’ho visto sparare dal vivo. Lavoravo ancora come medico al Mercy. A fine filmato si vede una civile di spalle, la cui immagine è fortunatamente sfocata, che fangirlizza per ciò che ha appena visto. Quella psicopatica ero io, ero rimasta ammirata dalle sue capacità. Non mi ha scandalizzato il fatto che avesse fatto fuori cinque uomini, è stata autodifesa. Comunque ve ne parlerò meglio un’altra volta.“E’ sempre un piacere vederlo sparare, ha una precisione e una velocità impressionanti. E fa bene ad usare quella pistola, niente è come una magnum” 

“Sei sicura di volerlo fare?”

“Così sicura che comincio subito”

Ci mettiamo d’accordo per rimanere in contatto e gli illustro una parte del mio piano, senza però spoileragli troppo. 
Dopo circa due giorni di ricerche trovo Jigen e Lupin in una 500 gialla parcheggiata difronte alla più grande e ricca banca di New York, di Goemon nessuna traccia. Daisuke è seduto al posto del passeggiero con un portatile e sta cercando di accedere allo schema del sistema di sicurezza della banca. Credo che stia per impazzire, o almeno così sembra: fa un caldo della malora. Infatti è senza giacca, ha le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti, si è tolto la cravatta e ha due bottoni slacciati. Già, è interessante, e parecchio…sì, l’ho già detto ma sono dettagli. Comunque è strano da parte sua, non mi è mai capitato di vederlo così, l’ho sempre visto “in tiro”, in qualsiasi stagione. E come se non bastasse è esasperato dal comportamento dell’amico, mentre lui diventa matto per accedere allo schema Lupin sta dormendo collassato sul volante. Mi dispiace solo che sia riuscito ad accedere allo schema sbagliato. Crede di aver finito e tira giù il finestrino per prendere una meritata boccata d’aria, anche se quella di New York non è gradevole quando fa caldo. Ora so da dove cominciare. Mi avvicino all’auto e senza farmi notare mi tuffo (letteralmente) in macchina dal finestrino. In meno di due secondi le mia dita sono sulla tastiera…ovviamente dopo aver girato il computer verso di me. Jigen è sorpreso dalla mia normalità…forse perché ha una splendida visione delle mie tette, ma sono dettagli. Lupin si è svegliato e mi sta puntando una pistola alla testa, ma me ne frego, sono molto presa da ciò che sto facendo. 

“Mi dispiace amico, ma ti sei fatto fregare. Quello non era il vero schema, è un vecchio trucco di questa banca per ingannare i ladri e fargli credere che sia facile riuscire a derubarli. Ci sono già entrata in passato, e non mi hanno scoperto” e qui sorrido soddisfatta. L’ho fatto per noia, sappiatelo “Il vero sistema di sicurezza è un inferno, ora vedrete con i vostri stessi occhi” Dopo un minuto scarso sono entrata per la seconda volta senza farmi scoprire. Premo invio per visualizzare lo schema “Ecco a cosa dovrete andare incontro” Le loro facce fanno morire dalle risate “Tra l’altro ti sei quasi fatto scoprire”

“E che sarebbe successo che si fosse fatto scoprire?” Lupin non sa farsi i cazzi suoi

“Se si fosse fatto scoprire avrebbero rintracciato il pc e di conseguenza, con svariati sistemi forse illegali avrebbero rintracciato anche voi…credo che abbiate bisogno di una professionista come me, ormai sono molti i sistemi che funzionano in questa maniera” 

Jigen si risveglia dal suo non so che “Hem, c’è un tipo che ti sta fissando” 

Tiro fuori la pistola dal fodero e la punto verso il tizio che mi sta fissando il culo “Fatti un giro se non vuoi fare un’indigestione di piombo” ma sono così babbana che nel riportare il braccio dentro la macchina urto il tetto, si toglie la sicura e non so come parte un colpo che passa in mezzo fra la mia guancia sinistra e la faccia di Jigen. Che figura...e come se non bastasse mi cade la pistola sui sedili dietro, e nemmeno ci arrivo. “Chiedo venia per quel colpo vagante…senti amico ti dispiace passarmi la pistola?” me la recupera e la rimetto nella fondina. “Allora, accettate la mia proposta?”

“Mai nella vita” la fiducia di Jigen mi lascia senza fiato, ma in fondo fa bene, gli sono piombata in faccia come una pazza

“Mettiamo alla prova le sue capacità e la sua fedeltà…starai con noi per un po’, diciamo in prova” Lo sguardo di Jigen a questo punto non lascia dubbi, lo strozzerebbe. “Forza, sali”

Mi piacerebbe poterlo fare, ma sono leggermente incastrata. Non riesco a tornare indietro, posso solo andare avanti. Passo il computer a Lupin e comincio una manovra improponibile che mi porta a sedermi sulle gambe di Jigen. Ed è ora che mi riconosce.
“Aspetta, ma io ti conosco…”

“Sì sono quella che ti ha fangirlizzato in faccia qualche anno fa vedendoti sparare. Cazzo ti ricordi ancora di me!?”

“E’ difficile dimenticarsene, comunque complimenti per la scelta della pistola” 

La mia manovra continua e riesco finalmente ad arrivare ai sedili posteriori, anche grazie ad un aiutino di un tiratore scelto a caso che mi ha dato un po’ di spinta prendendomi per i fianchi…se vi dico che sto morendo mi credete vero? Dopo circa mezz’ora arriviamo al loro nascondiglio qui a New York. E’ piuttosto anonimo, ben scelto. Non vedo Goemon, ma ci inciampo sopra. O meglio, inciampo in una parte del suo abbigliamento da samurai. Jigen mi prende per i fianchi, cercando di non farmi cadere. La cosa divertente? Per tentare di non farmi cadere cade pure lui. Praticamente mi cade addosso...niente crisi di psicopatia ok? Ci rialziamo di scatto, entrambi parecchio imbarazzati. 

“Perché non riesco mai a stare lontana dalle figure di merda? Non oso immaginare cosa combinerò la prossima volta”

Goemon è perplesso, un po’ per la mia presenza e un po’ per la mia normalità…come lo capisco. “Ragazzi, non vorrei sembrare scortese ma…lei chi è?”

“Una che vi renderà la vita molto più facile, ecco chi sono” sì, me la sto tirando un po’

“Anche se Jigen non è d’accordo è in prova nel nostro gruppo da questo momento in poi…bisogna ammettere che avevamo bisogno di un’hacker professionista” 

“Però sia chiaro, prima o poi parteciperò ad un furto” 

Non succede niente di interessante fino al mattino dopo. Mi sveglio in stato comatoso e con occhiaie lunghe due chilometri dopo aver passato la notte a dormire sul divano. Mentre cerco di svegliarmi con una tazza di caffè bollente vengo a sapere che il colpo è riuscito…senza un minimo di mia partecipazione. Jigen ha hackerizzato il sistema di sicurezza, sono entrati, hanno preso ciò che andava preso e sono usciti come se niente fosse. 

“Carino da parte vostra non avermi detto niente”

“Ma era una prova. Il fatto che tu, mentre non c’eravamo, non abbia cercato di depistarci a distanza con le tue conoscenze da
hacker è un punto a tuo favore”


“Non vorrei contraddirti Jigen, ma non l’ho fatto solo perché stavo dormendo”

“Appunto” 

Stasera devo andare a fare rapporto, è ironico che parlino ora di fiducia. Devo andare in commissariato per le 23. Come scusa dico che ho fame e vado a prendermi qualcosa. Lo so che non mi credono, così mentre faccio la strada penso ad un’altra scusa. Mio zio è così impaziente che mi aspetta alla porta. 

“Non ti ha seguito nessuno?”

“No, stanne certo”

E
ntriamo nell’ufficio del capo

“Non credi che sia un po’ troppo presto per chiedermi novità?”

“Non per me. Allora, che hai da dirmi di questi due giorni?”

“Il colpo alla banca è riuscito, ma non c’ero. Non si fidano ancora abbastanza per lasciarmi partecipare a pieno”

“Stanno progettando qualcos’altro?”

“Da quello che mi risulta no” 

“Tienimi aggiornato”

“Contaci”

Posso essere più sfigata? Al ritorno scoppia un temporale. Sembra il diluvio universale. Arrivo al nascondiglio ormai fradicia. Non ho nemmeno il tempo di entrare e parte il terzo grado

“Dove sei stata veramente?” Perché trovo il tono di voce di Jigen così…sexy? Non devi farti coinvolgere, sei sotto copertura porca puttana 

“Te l’ho detto, sono andata a mangiare qualcosa”

“In piena notte?”

“Ok ok lo ammetto…Ho visto il mio ragazzo, l’ho lasciato. Era da un po’ che volevo farlo, è un idiota senza spina dorsale, un codardo…insomma, il peggio del peggio” poi abbasso la voce finché così che non mi senta “Il contrario di te in poche parole” non chiedetemi perché l’ho detto

Goemon è disinteressato, Lupin cerca di non ridere mentre da dello sfigato al mio ragazzo che…ops, non esiste. 

“Meno male” Hem, Jigen? Sì, ci sono rimasta parecchio…stranita

Lupin ride come qualcuno che sta insinuando peggio di non so chi “Lo dici perché non ci ha traditi o lo dici perché ti piace e ora che è single puoi provarci quanto vuoi?”

“Ma che diavolo di domande fai!?” Si tira giù il cappello tendando di nascondere il fatto che è leggermente arrossito, e io non ci sto capendo più un cazzo, perfetto “Ovviamente perché non ci ha tradito”

“Bene, se non avete più bisogno di me vado a darmi una sistemata” 

Mi chiudo in bagno, mi asciugo e appendo i vestiti bagnati. Non so che cazzo mettermi, non ho niente di mio…qui c’è un accappatoio…ok per questa notte diventa mio. Tento di nuovo di dormire sul divano, senza successo. Ho leggermente caldo e sono scomoda. E’ mezza notte e mezza, ma mi alzo comunque da sto maledetto sofà. Vado in cucina per cercare qualcosa da bere, magari c’è dello scotch. E invece ci trovo Jigen, che è figo anche mezzo addormentato. 

“Non riesci proprio a dormire su quel divano eh?”

“Sto scomodissima…dannazione sembro un panda in coma” 

“Starai morendo di caldo così”

“E’ l’unica cosa che ho trovato, visto che i miei vestiti sono fradici” 

“Ti va se ti ospito e ti passo una delle mie camicie?” 

“Hem…o-ok” sto morendo lentamente nel fangirlizzamento. 

Appena mi calmo mi faccio dare una delle sue camicie e mi rintano in bagno a cambiarmi. In effetti così sto molto meglio, non sto più morendo di caldo. 

“Stai bene con la mia camicia”

“Hem…grazie”

“Bhe io vado a dormire sul divano”

“No aspetta”

“Scusa?”

“Mi sembra scortese sfrattarti così, per me non è un problema se dormiamo insieme…”

“Ok…come vuoi tu”

Si stende accanto a me. Dopo un po’, credendo che io mi sia addormentata, sento la sua mano sopra la mia schiena. Lo so che sembrano delle smancerie inutili, ma il mondo in cui mi accarezza leggermente è molto…dolce. E’ da un po’ che l’ho capito, ma ora ne sono certa. Non è l’assassino senza scrupoli che tutti dicono che sia. Un assassino non ha un’indole come la sua: anche se non ne ha un motivo, in un vero assassino senti sempre in una maniera o nell’altra la crudeltà. In Jigen non sento niente del genere. La sua è una dolcezza celata, quel tipo di dolcezza che non è satura di smancerie inutili, sento anche una finta insofferenza che cela un animo comprensivo. Fa (e un po’ lo è) il bastardo, ma è diverso da ciò che vuole far credere di essere. Capisco che bisogna meritarsi la possibilità di vedere il vero Jigen Daisuke, proprio come bisogna meritarsi la possibilità di vedere la vera me. Sento che non voglio avvicinarmi a lui solo per la missione, è qualcosa di meschino che non farei mai. Voglio avvicinarmi a lui per, forse, non allontanarmene più. Forse mio zio aveva ragione sul coinvolgimento emotivo. Inconsciamente mi sistemo in una posizione migliore…abbracciata a Jigen. Non mi muovo, una vocina dentro la mia testa mi dice di non farlo, e io la ascolto. Potrebbe interpretarlo come un movimento nel sonno, fatto senza saperlo. Lui poi non è infastidito dalla cosa, visto che mi tiene vicina a lui con il braccio stringendomi delicatamente sui fianchi. Non me ne rendo molto conto, ma mi sento bene stretta a lui. Tutto questo è irrazionale: sto perdendo pian piano la testa per una persona che conosco da appena due giorni, per un criminale per giunta. Certo, è un ladro, ma non ho mai sentito che per raggiungere i suoi scopi abbia fatto una strage. Questo mi basta, e forse è per questo che non ci trovo niente di strano. Hanno dei principi, non sono come tutti dicono, si sbagliano soprattutto su Jigen. Lentamente divento preda della stanchezza e mi addormento fra le braccia dell’uomo che secondo tutta New York è il peggior killer che esista. 
Vengo svegliata dalla luce che entra dalla finestra. Mi rendo conto di essere sola nel letto ma non nella stanza. Mi guardo in giro senza alzar la testa dal cuscino e noto qualcosa di interessante: Jigen Daisuke senza camicia…ok, ora sono sveglia. Mi alzo sui gomiti per vedere meglio.

“Oh cazzo sei ancora più figo di quello che immaginavo“ è la seconda volta nella sua vita che gli fangirlizzo in faccia. 
Mi tiro le coperte fin sopra la fronte e sclero per un po’. Quando mi riprendo le ritiro giù appena sotto gli occhi e continuo a guardare. 

“No ma fammi una foto già che ci sei”

“Sai non sarebbe una cattiva idea” tiro di nuovo le coperte fino alla fronte. Quando mi riprendo e torno a guardare è già alla cravatta“Dannazione, potevi rimanere così, c’era una bella vista”

Per un attimo la sua espressione prende una sfumatura piena di soddisfazione, come se sapesse di essere figo e ne fosse fiero. 

“Mi passi i tuoi vestiti o devo girare in reggiseno?”

“Goemon potrebbe perdere la sua integrità” intanto mi tira una giacca 

“Hai intenzione di stare qui a guardarmi mentre mi cambio o cosa?”

“Perché no…”

“Te ne vai o vuoi vedermi in intimo?”

“Resterei volentieri, ma forse hai bisogno della tua privacy”

“Che idiota” non lo dico con cattiveria, ma con tenerezza. Rido pronunciando queste due parole.
So che non lo ha previsto, ma prendo ogni elemento del suo abbigliamento, cravatta e cappello compresi. Di mio ho solo le scarpe nere a tacco alto e largo. Ci sto un po’ larga nella sua giacca, soprattutto di spalle, ma fa niente. Vado in cucina per la colazione. Jigen mi sta fulminando per il fatto che gli shippato uno die suoi cappelli.

“Non guardarmi così, ci sto attenta” 

“Come mai hai chiesto proprio a Jigen? Potevi prendere i miei vestiti o quelli di Goemon”

“Mi ci vedi con abiti da samurai? Per quanto riguarda i tuoi, bhe, non sono il tipo da giacca rossa. Quello di Jigen assomiglia di più al mio stile”

“Massi, tanto Jigen ci gode a vederti con i suoi vestiti” 

“Io che cosa?” stava pensando ai fatti suoi

“Ti piace il fatto che abbia addosso i tuoi vestiti” 

“Certo, sta bene così, ma per me è indifferente” 

“Indifferente, come no. Comunque non ti credo quando dici che la tua scelta è dipesa solo dallo stile” 

“Sai com’è, odio le cravatte gialle” abbasso il cappello e mi giro dall’altra parte 

“Ma avete dormito insieme?” la domanda è rivolta a Jigen

“Come fai a saperlo!? Cioè…ma che dici!?” non vorrei dire una cazzata ma mi sa che sta arrossendo

“Alle cinque ero sveglio e lei non era sul divano, né in cucina, né da nessun’altra parte al piano terra. Carino da parte tua, ti dispiaceva vederla sola e le hai offerto la tua compagnia. Menomale che non ti fidavi di lei” 

“Infatti non mi fido…per ora” 

“E tu che hai accettato…complimenti”

“Ho accettato solo perché il divano è scomodo per dormire”

“Certo, non l’hai fatto solo perché apprezzi la sua compagnia”

“Allora facciamo così…tu vai a dormire sul divano e io dormo nella tua stanza”

“Scordatelo, il divano è scomodo per dormire, e poi non voglio provarti della compagnia di Jigen”

“Anche se tu lo facessi non sarebbe un problema, sono una donna solitaria, sto bene anche da sola”

“Però in compagnia di Jigen stai meglio…o mi sbaglio?”

“Ma è sempre così seccante?”

“Per mia sfortuna sì, non sai a volte quanto sia difficile per me sopportarlo” 

Dopo questa marea di insinuazioni da parte di Lupin posso finalmente fare colazione in pace. Mentre sorseggio il mio caffè penso alle sue parole e mi viene un dubbio: e se avessi accettato non per convenienza ma perché volevo stare con Jigen? Perché se devo essere sincera non so bene perché abbia accettato di dormire con lui. So solo che è stato un bel momento fino a che ho potuto percepire ciò che accadeva. Una parte di me scalpita e mi chiede di informarmi sul suo passato e di decodificare la sua sfiducia per capire da dove salta fuori. Mi chiedono di fare delle ricerche su un prezioso diamante, così da poter organizzare un futuro colpo. Sento poi che parlano del prossimo, più immediato, che è programmato per settimana prossima. Così ribadisco che voglio partecipare attivamente. Ci vorrà parecchio per convincere Jigen. Mi assicura una cosa: se decide che posso partecipare vuole prima assicurarsi che io non sia d’intralcio, vuole vedermi sparare. Accetto senza battere ciglio. Questa specie di esame sarà stasera, verso le dieci e mezza. L’orario è strano, ma comprensibile. Devo essere brava a sparare anche nella semioscurità. Dopo colazione vado al pc e apprendo che il diamante si trova a Barcellona. Dopo circa un’ora e mezza Lupin viene a vedere come procede il mio lavoro. 

“Una meta niente male quella di Barcellona”

“Jigen che dice sulla mia partecipazione di settimana prossima?”

“Ti dico solo che ora dipende tutto da come spari. Cerca di fare del tuo meglio stasera, io e Goemon ti vogliamo in squadra, sembri un buon elemento” 

“E’ stato difficile convincerlo?”

“Abbastanza, anche se sinceramente mi aspettavo peggio”

“Secondo te perché non si fida di me?”

“Non preoccuparti, non è niente di personale, è che non si fida molto delle donne in generale” 

“E come mai?”

“Questo non so se posso dirtelo…devi chiederlo direttamente a lui” sul viso mi si stampa un’espressione piena di preoccupazione
“Non è così duro come sembra. Credo che se in questi giorni cercherai di fartelo amico otterrai le informazioni che vuoi…bhe,ora ti lascio lavorare” 


Faccio qualche altra ricerca sul diamante, con scarsi risultati. Verso l’ora di pranzo comincio ad essere stanca. Entro nei sistemi dell’Interpol e rido un’occhiata al file di Jigen. So che se dovesse entrare qualcuno adesso potrebbe insospettirsi, ma sto sempre attenta ad ogni minimo rumore…forse l’unico che non sono in grado di sentire è Goemon, sembra un fratello silente di Shadowhunters. Ma tanto non penso che verrà spontaneamente a parlarmi, non credo di essere il tipo di persona con cui socializza, ma ancora non mi conosce, come fa a sapere che tipo sono? Ok al massimo mi inventerò una scusa. Dopo mezz’ora circa sento dei passi. Iconizzo velocemente il film e nascondo l’icona con un vecchio e semplice trucchetto. Stavolta è Jigen che viene a vedere cosa sto combinando. 

“Speravo di poter trovare di più, nei prossimi giorni farò di meglio…magari faccio un salto in biblioteca” mentre parlo mi tiro giù le
cuffie, stavo ascoltando della musica


“Non hai bisogno di giustificarti, e non c’è fretta, è un colpo che progettiamo per fine estate. E comunque ho detto che ancora non mi fido totalmente di te, non che dubito delle tue capacità” 

“Quindi credi anche che passerò l’esame di stasera?”

“Se credessi il contrario non ti avrei nemmeno dato questa possibilità”

So benissimo che ora lo sto fissando in maniera ammirata, o forse con gli occhi a cuoricino (?) e capisco al volo che è il caso di tirarmi un po’ giù il cappello così che non se ne accorga, poi cerco un modo per cambiare discorso e dissolvere questa che a me sembra tensione, non nel senso cattivo del termine. “Se ti interessa puoi riprenderti la giacca, tanto fa un caldo della malora” 

“Se le cose stanno così mi riprendo anche il cappello allora”

“No il cappello no perché è epico” mi metto una mano in testa come per dire ‘Il mio tessssoro’…si, sto male

Aspetta che io tolga la mano e poi mi ruba il cappello, che in realtà è suo. E’ più alto di me di otto centimetri e ora che non ho addosso le scarpe (con tacco di otto centimetri) se ne approfitta. Lo tiene in alto che può…e ovviamente non ci arrivo. Dopo un paio di tentativi riesco a prenderlo alle spalle: gli salto in testa e mi aggancio con il braccio destro, stringendo sugli addominali. Ho il mento all’altezza dei suoi occhi e per poco ancora non ci arrivo. Mi fa scendere facendomi perdere la presa. Si è arreso. “Ok, tieni il cappello” Mi dà un bacio sulla fronte e mi rimette il cappello, scompigliandomi apposta i capelli. Credo che sappiate che sto fangirlizzando. Tiro un po’ giù il cappello per cercare di nascondere il fatto che sto arrossendo. Collasso pesantemente sulla sedia da ufficio, clicco sulla scheda internet in cui ho aperto YouTube “Che stavi ascoltando?”

“You Give Love A Bad Name…ci sta a pennello per il mio ex” anche se non è vero che l’ho lasciato qualche giorno fa l’ex esiste. Conoscendo la canzone e il suo significato mi chiede che ha combinato quel bastardo. Gli dico di come mi ha tradito fin dal giorno del nostro primo mesiversario e gli dico di come l’ho scoperto solo undici mesi dopo…nel giorno del nostro anniversario. 

“Che stronzo…non capisco perché la gente si mette con qualcuno per poi tradire il proprio partner” 

“Sì infatti! Mi dà sui nervi…”

“Figurati a me che è capitato più di una volta” 

A questa sua frase mi si spezza il cuore per lui “Mi dispiace…ora capisco perché non ti fidi delle donne…non capisco come si faccia a non amare sul serio uno come te” quando mi rendo conto di averlo detto mi tappo la bocca con le mani 

“Non ti preoccupare, la cosa non mi crea problemi…comunque nemmeno io capisco come si possa non amare davvero una come te” 

“Ma…quindi ti fidi di me?” 

“Ormai posso dire di sì…se non combini cazzate settimana prossima non avrò più dubbi…sei diversa dalle altre, sei sincera e si vede che sei te stessa in ogni momento”

“Già, se non fossi me stessa non ti avrei fangirlizzato due volte in faccia nell’arco di alcuni anni” 

A questa mia considerazione scoppiamo entrambi a ridere. In certi istanti mi sembra di conoscerlo da sempre, come in questo momento. Poi però smetto di ridere mentre mi rendo conto che mi sento in colpa. Si fida di me, che sono un’agente dell’Interpol sotto copertura, sono una traditrice nata. Prima o poi la missione finirà, e comunque vada, sia che vengano arrestati o meno, l’avrò ferito. Perché logicamente potrebbe sembrare che tutto ciò che ho detto e fatto era una messa in scena, crederà che l’ho usato per ottenere le informazioni di cui avevo bisogno. E pensando questo mi odierà, e avrà ragione. E starà male, perché sarò l’ennesima persona che entra nella sua vita e che gli mente, che lo tradisce. Non voglio che tutto questo accada. Però ancora non me la sento di confessare cosa ci faccio veramente qui e poi promettere che sto uscendo per lasciare l’Interpol. E’ troppo presto per prendere una decisione del genere, per cui mio zio, che mi fa da padre da quando avevo 15 anni, potrebbe quasi odiarmi. Devo aspettare come minimo l’esito del colpo di settimana prossima…in una settimana cercherò di capire se ciò che provo per lui è abbastanza forte da lasciare tutto e rinunciare a qualsiasi carriera non criminale. Perché quale ospedale o quale commissariato ti assume con precedenti penali? Quasi nessuno, a meno che tu non abbia un talento così speciale…e io non credo di essere un medico geniale ne un’agente indispensabile. 

“Hey, ti sei rattristata all’improvviso…stai bene?”

“Ma…tu avresti ancora fiducia in me se combinassi una cazzata?” abbasso leggermente la testa, sperando che non faccia caso alla mia espressione sconsolata. Ho paura di quello che potrebbe dirmi, devo essere sincera

E’ visibilmente stupito dalla mia domanda, così improvvisa e importante “Non so…dipende da quanto la combini grossa” e quella che combinerò io è immensa, con questa cazzata lo perderò più velocemente di quanto abbiamo legato. Mi demoralizzo così tanto che sento gli occhi che pian piano si riempiono di lacrime, così abbasso ancora un po’ il cappello, non solo per cercare di nasconderglielo ma anche perché sto cercando di evitare il suo sguardo. Ma ovviamente ha capito, è palese.

Si avvicina e mi stringe in un abbraccio in cui mi libero, lasciando che qualche lacrima scenda sulle mie guance accaldate per i trenta gradi afosi che ci sono in questa città “Perché sei convinta che combinerai qualcosa di così grave?” 


A questo punto mi stringo di più a lui per darmi forza, ma proprio quando sto per parlare sento la voce di mio zio e guardando fuori dalla finestra vedo le auto della polizia…deve avermi fatto seguire, mi sembra di avere un nodo in gola. Non so cosa potrebbe succedere, e la cosa mi dà sui nervi. “Bhe, a quanto pare dovremmo parlarne un’altra volta”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mi stacco da lui anche se non avrei voluto farlo e salvo al volo su chiavetta quelle poche cose che ho trovato sul diamante mentre Jigen recupera il recuperabile, visto che dobbiamo lasciare questo nascondiglio. Credo che poi torneremo qui a recuperare tutto, ora le cose importanti sono il computer, la chiavetta e le munizioni. Goemon e Lupin entrano e discutono con Jigen e mentre impazzisco per mettere il pc nella borsa capisco che vogliono uscire dalla finestra per scappare dai tetti. Nel trambusto nessuno di noi presta attenzione alle parole di mio zio, ma tutti sussultiamo quando dal suo megafono urla a tutti polmoni “C’è mia nipote lì dentro, attenti a dove sparate!” Sbianco mentre mi guardano con stupore. Vorranno delle spiegazioni…e non so se riuscirò a dargliele. Quel pazzo di Zazà (così ho cominciato a soprannominarlo anche io) sta per dire di più, sta per darmi il merito per tutto questo. Tolgo velocemente la sicura e sparo un colpo che sfiora volutamente di un paio di millimetri il suo polso. Istintivamente lascia andare il megafono. Non voglio che lo scoprano da qualcun altro, devo essere io a confessare. Lupin è il primo ad uscire, seguito a ruota da Jigen che mi esorta a scappare prendendomi per un polso, come per dirmi che va tutto bene, che non è arrabbiato perché non gli ho detto niente. Goemon rimane in fondo al gruppo e devia le pallottole con la spada. Ora che ho l’adrenalina nel sangue sparo soprattutto ai motori delle auto di quelli che per la maggior parte sono miei colleghi e consumo caricatori interi ad una velocità per me insolita. Non mi capita spesso di poter dare sfogo in maniera totale al mio talento con la pistola. Ho mandato a puttane ogni singolo motore, non mi rimane altro che disarmare quei simpaticoni in divisa. Fra di loro c’è anche Jones, che potrebbe rimanere deluso dalla mia convinzione in quello che sto facendo. Forse chi mi guarda sparare in questo istante potrebbe credere che sono parte integrante della banda, l’esitazione non è alla guida delle mie azioni in questo momento. Fa un caldo impressionante e questo non mi aiuta affatto a controllare la mia paura per l’altezza ora che dovrei saltare giù. Jigen se ne rende conto, mi stringe la mano per darmi coraggio e saltiamo insieme. Quando saliamo in macchina ormai sono pochi quelli che tentano di fermarci, fra quei pochi c’è mio zio che mi sta guardando con rimprovero, visto che ho fatto di tutto per intralciare lui e la squadra che ha messo su per catturarci. Anche se non sono ancora pronta per dare le dimissioni so’ comunque cosa fare: non andrò più a fare rapporto da questo momento in poi. Mi sembra il minimo che possa fare per cercare di riscattarmi e allontanare i sensi di colpa. Non so dire come l’hanno presa gli altri e per ora poco mi interessa. La mia priorità è Jigen. Anche se lo conosco da due giorni abbondanti lo capisco già abbastanza da vedere che è contrariato e preoccupato allo stesso tempo. Una folata d’aria per poco non mi porta via il cappello, ma per fortuna lo prendo in tempo. In auto regna un silenzio quasi spettrale, nessuno dice una parola, l’unica cosa che disturba i nostri timpani è il traffico di New York. Lupin ha fatto bene a prendere la decapottabile a quattro posti, ora che stiamo andando verso il porto c’è una leggera brezza, non freschissima ma è meglio di niente. Il fatto che ci stiamo allontanando da Time Square mi rassicura un po’, è improbabile che mio zio ci faccia cercare in questa parte della città. Nessuno ha il coraggio di chiedermi niente fino a che non arriviamo al nascondiglio di riserva, in un vecchio magazzino del porto. L’interno è così ben organizzato che quasi riesce a nascondere la vera natura di questo posto. Entro e mi lascio sprofondare in una poltrona a sacco azzurra.

“E’ vero quello che ha detto Zazà?” il tono di Lupin non è arrabbiato, ma curioso

“Sì è vero…non ve l’ho detto subito per paura che avreste dubitato di me” abbasso lo sguardo e comincio a giocherellare con la cinghia della borsa, tentando di neutralizzare l’ansia.

“Non preoccuparti, non è così grave” Jigen sta aprendo un pacchetto di Pall Mall super long. Dalla mia posizione noto il suo sguardo senza troppa fatica, ed è molto comprensivo e rassicurante

“Certo non è grave, semplicemente è colpa sua se Zenigata ci ha trovati”

“Non dire stronzate Goemon, sai benissimo che Zenigata è capace di ribaltare una città intera pur di trovarci. Il fatto che sua nipote si sia unita a noi e che lui dopo due giorni ci abbia trovato è un caso, una coincidenza bastarda”

“Non è possibile, hai perso di nuovo la testa e ora ti stai facendo fregare di nuovo…ieri sera deve avergli sicuramente detto dove eravamo”

“Parla quello che non ci ha mai riemesso…che mi dici di Susan?”

“Anche se è stato un po’ duro Jigen ha ragione, è sbagliato dubitare di lei. Se avesse avuto contatti con Zazà avrebbe cercato di arrestarci già ieri notte”

“Infatti, è a questo che volevo arrivare, sarà anche parente di Zenigata ma ci si può fidare…qualcuno ha da accendere?” nella borsa del pc ho ancora un accendino che usavo quando lavoravo al Mercy per accendere il fornelletto della saletta di chirurgia, stavolta lo uso per accendere una sigaretta rigorosamente non mia, io non fumo

“Guarda tutte le altre che hai amato Jigen! Linda ti ha tradito e tu l’hai uccisa! E anche lei è del suo livello!”

“Come diavolo fai a paragonarle!? Lei è diversa, non è una traditrice”

“Bhe nemmeno tu all’inizio pensavi che Linda fosse una traditrice”

“Pensa pure quello che vuoi, ma collaborerà con noi nel colpo di settimana prossima”

Avevo capito da un po’ che la tensione stava salendo a livelli stratosferici, ma non immaginavo che si sarebbe arrivati a questo. In una manciata di secondi sento la punta della spada di Goemon sulla mia gola e altrettanto velocemente Jigen gli punta la magnum alla testa. In tutto questo casino non so come stia reagendo Lupin e nemmeno mi interessa, perché quello che sto vedendo mi mette molta ansia. La lama si sposta velocemente dalla mia gola a Jigen, per un istante mi sembra quasi che il cuore mi si fermi. Non so come, ma riesce a schivare il colpo abbastanza da non essere ucciso, Goemon è riuscito solo a ferirlo lievemente al braccio destro. D’istinto prendo il polso di Goemon e gli giro il braccio dietro la schiena, così che lasci andare la spada. Strano che ci sia riuscita senza difficoltà…non so, credevo che essendo un samurai sarebbe riuscito a fregarmi, al diavolo, è meglio così.

“Piantatela e state calmi dannazione!” dal suo tono di voce leggermente alterato deduco che è da una vita che sta parlando senza essere ascoltato

“Sono già calma!”

“Allora perché stai tremando?”

“Io non sto…tremando” mi fermo un secondo e cerco di riacquistare la mia lucidità, solo ora mi rendo conto che ho il cuore in gola e che sto tremando come una foglia. Tutto credo dal momento in cui ho creduto che Goemon avrebbe ucciso Jigen. Mi rendo anche conto che sto ancora cercando (invano) di lussare una spalla ad un samurai uscito di testa. Lo lascio quasi con disprezzo “Posso capire che tu non ti fidi di me, sono un’estranea che è parente dell’uomo che da anni cerca di arrestarvi. Ma passare dal non fidarsi di me al tentare di uccidere chi ha fiducia in me è…psicopatico. Continua a dire pure quello che vuoi, tanto ora nemmeno io mi fido di te”

“Bene, allora non dovrò fingere di essere dispiaciuto quando morirai durante il colpo”

Dopo questa sua dose di simpatia si leva dalle scatole. Non presto attenzione alle sue parole, sono molto più preoccupata per Jigen…sì, anche so che è una ferita superficiale per cui non ci vorrebbero nemmeno dei punti di sutura mi sono spaventata, e tanto anche. Se fosse solo un conoscente o solo un amico non mi sarei spaventata così tanto. Forse ho davvero perso la testa…anzi no, devo togliere il forse. E’ irrazionale innamorarsi di qualcuno in così poco tempo, conoscendolo così poco. Eppure è accaduto. Non bado a quello che dicono Lupin e Jigen, sono troppo persa nei miei pensieri. E’ accaduto tutto a causa mia…e sono una traditrice. Jigen si fida di me, e quando scoprirà la verità non vorrà saperne più niente di me…ma non voglio perderlo.

“Hey, tutto bene?” solo la sua voce preoccupata mi riporta alla realtà

“No non va bene…è tutta colpa mia”

“Che stai dicendo?”

“Se ve lo avessi detto forse l’avrebbe presa diversamente, non avreste discusso e non avrebbe cercato di ucciderti…è colpa mia”

“Invece ti sbagli, non è colpa tua…anche se ce lo avessi detto avrebbe sclerato lo stesso”

“Se lo dici tu…comunque ora non è questa la cosa importante, dovremmo prima occuparci del tuo braccio”

“Non preoccuparti, faccio da solo”

“E’ il minimo che possa fare per sdebitarmi dopo che mi hai salvato la vita”

Medicandolo mi rendo conto che ha una soglia del dolore cento volte più elevata della mia, a me il disinfettante da più che fastidio, lui invece non fa una piega. Ripenso anche a quello che ha detto a Goemon…ha detto che parteciperò settimana prossima, non ha detto niente di stasera

“Ma prima del colpo non dovevo affrontare una specie di esame?”

“Avresti dovuto, ma ti ho già visto sparare oggi…e te la cavi bene” si prende un attimo di pausa, come se dovesse ammettere qualcosa che non vuole ammettere “Non te l’ho chiesto per la fiducia, ma perché settimana prossima potrebbe essere pericoloso…voglio essere sicuro che non ti accada nulla. Comunque devo ancora valutarti un po’, stasera penseremo noi a prendere ciò che è rimasto nel vecchio nascondiglio. E’ l’occasione perfetta, questa non è una zona propriamente tranquilla, e visto che non credo che riuscirò a sparare tocca a te salvarci la pelle”

Ho il respiro troncato a metà. Sento più interesse da lui che mi conosce da due giorni circa che non da tanta altra gente che mi conosce da anni. Cambio discorso prima che io scleri completamente “Dimmelo se ti sto facendo male…”

“Nient’affatto...ma mi fa male starti lontano”

Mi sembra di avere un martello pneumatico nella cassa toracica invece del cuore. La presa sulla benda che fino a un secondo fa gli stavo stringendo al braccio si fa lenta fino a che la reggo a malapena con le dita. Si avvicina lentamente al mio viso, mentre io me ne sto li pietrificata senza reagire. Le sue labbra sono quasi sulle mie, è tutto così perfetto…se non fosse per un rompi scatole in giacca rossa e cravatta gialla che entra a caso a rompere le scatole non so bene perché.

“Jigen dobbiamo preparare…” scatto all’indietro rischiando di cadere come una pera. Poi arriva Jigen che sta lì bello tranquillo come al suo solito che semplicemente si tira giù un po’ il cappello “Ah, scusate se vi ho interrotto” quel cretino di Lupin se la ride come non so cosa…sta sicuramente insinuando, come al suo solito.

“Non…non hai interrotto proprio niente” torno a prestare attenzione alla benda e anche se ho ancora le mani leggermente deboli da quello che è stato il fangirlizzamento celato nel profondo la annodo alla ferita

“Dammi solo un paio di minuti e arrivo” qualcuno deve spiegarmi perché a questa frase ho quasi pensato male. Prende un batuffolo di cotone e lo imbeve leggermente nel disinfettante. Me lo avvicina al collo nel punto in cui la spada di Goemon ha premuto leggermente. Appena tocca la pelle scatto all’indietro per il bruciore.

“Scusa, non è colpa tua. Sono io che ho la sopportazione di una formica epilettica” mi impegno per non scattare di nuovo, perché in fondo se mi concentro un po’ di sopportazione ce l’ho, non molta ma fa niente. Mi rifiuto categoricamente di mettermi un cerotto, primo perché non starebbe attaccato manco a mazzate da quanto fa caldo e secondo perché sul collo mi dà fastidio…so, fuck off.

Si alza, tira un po’ su il cappello offrendomi una rara visione quasi completa del suo viso e mi fa l’occhiolino “La cosa della lontananza è vera quanto che sono il miglior tiratore di Tokyo”

“E di New York come minimo…” mi sto impegnando tantissimo per non sclerargli di nuovo in faccia

Lo tira di nuovo giù e le sue mani tornano nelle tasche, come sempre del resto. Se ne va a preparare non so cosa per il colpo e appena sono sicura che non possa fare caso a me comincio a saltare per tutta la stanza, fangirlizzando in silenzio. Se va avanti così morirò di infarto a causa della sua figaggine. Dopo un minuto di fangirlizzamento ininterrotto esco e riaccendo il computer, sperando di trovare qualcosa in più su quel dannato diamante. Ma niente, dovrò andare per forza in biblioteca. Così metto su canzoni a caso, fra cui Joker And The Thief dei Wolfmother.
Sono le undici e mezza ormai, è improbabile che qualcuno ci veda e ci crei problemi a quest’ora. All’andata è tutto tranquillo, non incrociamo nessuno intenzionato ad ucciderti, però parliamo.

Posso farti una domanda?”

“Tipo quale?”

“La scelta della pistola è dovuta a me? Insomma, hai scelto di usare una magnum da quando mi hai visto sparare?”

“No, c’è tutta una storia dietro la scelta della pistola” sorrido amaramente ripensandoci “Anche mio padre faceva parte dell’Interpol, lui però era in servizio a New York, mentre mio zio stava a Tokyo. Ha sempre seguito le missioni anti mafia. Mi diceva sempre che detestava la pistola di ordinanza e che avrebbe preferito usare una magnum, ma non lo faceva solo perché non era abbastanza veloce a ricaricare. Un giorno, dopo tanto tempo, è riuscito ad ottenere una missione sotto copertura nella banda di Gavez. Dopo sei lunghi mesi però lo hanno scoperto, non chiedermi come. Lo hanno ucciso, ai piedi della Statua della Libertà, in piena notte. Lo hanno crivellato di colpi. Avevo 15 anni e questo duro colpo mi aveva fatto diventare ribelle e ingestibile. Mia madre non riusciva a gestirmi anche perché distrutta dal dolore. Dopo un mese mi sono trasferita a Tokyo da mio zio e da quel giorno mia madre è sparita, credo che sia morta. Mi ha cresciuto come una figlia…per questo siamo così legati. Quella che uso oggi è la pistola di mio padre. Mi aveva promesso che a sedici anni mi avrebbe insegnato a sparare e che a diciotto mi avrebbe regalato la sua magnum. Così quando dovevo fare le valigie per andare a Tokyo ho cercato di nasconderla fra i miei vestiti, ma mia madre mi aveva scoperto. Però non si è arrabbiata, l’ha messa in un fodero e poi è uscita per farmi tutta la documentazione così che io potessi portarmela in Giappone. E’ stato il suo ultimo gesto comprensivo prima che sparisse. Alla fine mio zio a rispettare il volere di mio padre…e alla fine è anche grazie a lui che sono diventata ciò che sono oggi”

Per un attimo mi sembra quasi che si senta in colpa o che sia deluso. Dopo che gli ho nominato Gavez la sua presa sul voltante della Spider d’epoca decapottabile si è fatta più rigida “Fantastico…mio padre, che in quel periodo era il braccio destro di Gavez, potrebbe aver contribuito all’omicidio del tuo. E come se non bastasse anche io ho lavorato per lui fino a qualche anno fa”

Per me non è una novità, sapevo già tutto, visto che è da anni ormai che indago segretamente sul caso di mio padre. So che gli indiziati principali sono due: il padre di Jigen e un messicano di cui devo ancora trovare il nome “Come mai te ne sei andato?”

“Per principio uccido solo per autodifesa…e di certo la criminalità organizzata non si fa scrupoli come faccio io” si prende una lunga pausa prima di continuare il dialogo…c’è sicuramente qualcosa che non va in lui “Forse non dovrei dirtelo, ma il colpo di settimana prossima è ai danni di Gavez, ha accumulato un tesoro niente male, che ovviamente ci interessa. Per questo potrebbe essere pericoloso, forse non sa cosa fai nella vita, ma di certo sa che sei la figlia di un traditore…cioè, per me tuo padre non era un traditore, però per lui sì”

Gli stringo leggermente la mano destra, che ora è sul pomello del cambio “Lo so come la pensi, non c’è bisogno che ti giustifichi. Piuttosto, stai bene?”

“Sì…certo”

“Stai mentendo, non è vero? Ti senti in colpa perché hai lavorato per il boss che ha fatto uccidere mio padre e perché forse sei il figlio del suo assassino…ma non devi stare male per questo, non potevi saperlo, nemmeno ci conoscevamo”

Lo dice a voce bassissima, ma riesco comunque a sentirlo “Ma per fortuna ora ci conosciamo”

Continuo con il mio discorso cercando di non sclerare “Tu non c’entri con questa storia…e anche se fosse non credo che sarei in grado di odiarti”

Rimaniamo in silenzio per un po’, credo ognuno a pensare a questi due giorni che ormai sono tre. Le cose sono cambiate così velocemente…e credo che siamo entrambi confusi e stupiti del fatto che abbiamo legato così tanto in così poco tempo, perché lo so che è strano per entrambi. Per noi è addirittura insolito provare qualcosa per una persona, quando poi accade così all’improvviso non ci capiamo più niente. Avremo poi quegli alti e bassi in cui prima lasciamo trasparire ogni cosa e un momento dopo facciamo credere all’altro che ciò che ha visto o sentito non è vero, so già che succederà. A me è già successo, prima lascio che si avvicini e poi quando entra Lupin rinnego che stesse succedendo qualcosa, e mi accadrà ancora, questo è poco ma sicuro. Ritorno alla realtà solo perché sento leggermente caldo. Ovvio, siamo fermi ad un maledettissimo semaforo.

“Non mi fa più tanto male”

“Ah bene, allora mi ricordo ancora come si curano delle ferite anche se sono anni che non metto più piede in un pronto soccorso”

“Intendevo la ferita della lontananza”

“Scu…scusa?” bello, non so parlare

“Sei una delle poche persone che mi abbia spiazzato completamente. Prima di incontrarti in quel vicolo in uno dei tanti giorni in cui mi stavo salvando la pelle non mi era mai capitato che qualcuno non mi temesse. Anzi, mi hai tranquillamente sclerato in faccia per come sparo. Sei una delle poche persone che non ha mai creduto a ciò che tutta New York diceva e ancora dice di me. Ti ho visto spesso per New York…e perché? Non hai mai avuto paura di essere te stessa, ho perso il conto di quante volte ti ho visto sclerare davanti alla vetrina di una libreria o di quante volte ti ho vista tranquillamente imprecare al telefono usando insulti più che originali. E’ difficile non notare una come te, anche in una megalopoli come New York. L’ultima volta in cui ti ho vista avevi lo sguardo perso verso la Statua della Libertà, e ora capisco anche il perché. E’ passato così tanto tempo da quel giorno…avevi ancora i capelli lunghi fino alle spalle. Spesso ho avuto l’impulso di venire lì e parlarti, ma poi ho lasciato perdere ogni volta. Quando poi ho lasciato New York è stato anche peggio”

“Poi arrivo io che sono demente e in un casino di tempo ti avrò visto al massimo un paio di volte. Ma scusa…se avevi voglia di parlarmi perché non l’hai fatto e basta?”

“Perché per vivere in quella realtà dovevo mostrare solo la parte peggiore di me…e credimi, non ti sarebbe mai piaciuta. E poi in quel periodo ti avrei tirato addosso una marea di rischi, qualcosa mi dice che Gavez avrebbe fatto di tutto per eliminarti”

“L’hai detto tu che sono diversa, no? Non avrei fatto come gli altri che si fermano a quel poco che si vede di una persona…avrei preso tutta la mia pazienza e l’avrei usata per aspettare di vedere ogni parte di te. E poi son fuori di testa, mi caccio spesso nei casini”

Ho una specie di fremito, di impazienza. Mi sembra così strano che qualcuno pensi queste cose di me che quando capisco che è sincero rimango stupita. Una parte di me è sicura che ci tiene veramente a me…ma l’altra mi dice di stare attenta perché è improbabile che in così poco tempo nasca qualcosa di serio. Quando arriviamo al vecchio nascondiglio il mio cervello decide di non dare ascolto alla parte pessimista. Gli lascio a malapena il tempo di togliere le chiavi dal cruscotto poi, seguendo l’istinto piuttosto che il buon senso, lo avvicino a me tirandolo per la cravatta e lo bacio, così all’improvviso e senza un motivo apparente. All’inizio è un po’ irrigidito dallo stupore, però non gli dispiace, visto con quanto sentimento ricambia. Dopo questo ‘piccolo’ incoraggiamento ci concentriamo sul motivo per cui siamo qui. Ci assicuriamo che non ci sia nessuno e poi entriamo con i due borsoni che ci siamo portati dal nuovo rifugio. Prendiamo i miei vestiti ormai asciutti (peccato) e altro. Durante il viaggio di ritorno accende la radio su una stazione di solo jazz e così scopriamo di avere gusti musicali simili. Quando arriviamo al porto e parcheggiamo l’auto ci accorgiamo che abbastanza vicino al nascondiglio c’è un gruppo di una decina di uomini che non hanno buone intenzioni, sembra che ce l’abbiano con noi. Fra di loro Jigen riconosce uno degli uomini di Gavez che più odia, un certo Shade. Sono tutti uomini di Gavez, visto che questo tizio sembra la loro guida al momento.

“Fa assaggiare un po’ di piombo ai tipi con le pistole, io penso a quei tre con i coltelli” mi dice a bassa voce mentre ci avviciniamo con finta indifferenza

Shade mi sta già sulle scatole, ha l’aria di essere uno sbruffone stronzo e bastardo, e poi porta gli occhiali da sole in piena notte senza un cazzo di motivo. “Guarda guarda chi si rivede…chi è lei Jigen, la tua nuova sgualdrina? Le altre ti hanno stancato?”

“Sgualdrina a chi scusa!?” Con un veloce scatto porto la mano all’impugnatura della pistola e già che ci sono faccio un paio di passi in avanti

“Sai zuccherino, sembri interessante…è un peccato che debba ucciderti, il capo dice che sei la figlia di un traditore. Almeno spero che urlerai come ha urlato tuo padre quando Gavez lo ha fatto uccidere”

Fa un cenno ad uno dei tipi che ha di fianco. Ma fa a malapena tempo a prendere la pistola e già si trova una pallottola nella spalla. Anche gli alti cercano di uccidermi, ma quando i loro colpi sono partiti mi sono già spostata da tre secondi abbondanti. Sparo anche a loro, poi mi riparo un secondo per ricaricare. Quel tizio…Shade, è abbastanza veloce, mi ci vuole quasi un caricatore intero per colpirlo. Intanto Jigen ha steso i tipi con i coltelli senza difficoltà. Mi avvicino a quella sottospecie di cascamorto bastardo e gli punto la pistola alla testa.

“Stammi bene a sentire brutto figlio di puttana, di al tuo capo che se è riuscito ad uccidere mio padre è perché ha avuto fortuna, e digli anche che non avrà la stessa fortuna con me”

Mi accorgo che uno di quei tipi con i coltelli ha cercato di uccidermi solo quando mi volto e lo vedo a terra sanguinante dopo che Jigen gli ha sparato.“Forse Gavez non avrà la stessa fortuna che ha avuto con tuo padre, ma quel tizio che ora è morto stava per averne e come”

Me ne sto un attimo ferma a pensare che devo essere un’idiota per non essermi accorta di quel tipo…forse ero troppo distratta dalla rabbia che questo coso qui mi ha provocato con la battuta riguardante mio padre. Tagliamo la corda assicurandoci che non vedano dove stiamo andando. Questo è forse uno dei migliori lavori di squadra della mia vita. Mentre prendo uno dei borsoni mi viene un’idea parecchio strampalata

“Perché non ci facciamo un giro?”

“A quest’ora?”

“Sì, perché no? E’ impossibile che New York non ti manchi neanche un po’, insomma è strano se questa città non ti rimane impressa”

“Gli altri si staranno chiedendo dove siamo finiti”

“Bhe lasciamo queste mezze valigie qui e gli diciamo di non aspettarci…dai tanto so che ti va! Stai facendo di tutto per non sorridere!”

Non gli do nemmeno il tempo di rispondere, lo trascino direttamente verso l’entrata del nuovo rifugio. Avevo ragione, sta sorridendo. E’ la tenerezza, caso chiuso. Entrando rimaniamo entrambi stupiti per la presenza di Goemon, che tra l’altro mi sta lanciando delle occhiate piene di odio, a cui io non faccio caso visto che sono troppo per le mie. Visto che piega ha preso la situazione ci pensa Jigen a dire che potremmo tornare chi sa quando. Senza pensarci due volte andiamo al ponte di Brooklyn. Il paesaggio da qui è sempre bellissimo. Spesso vengo qui per starmene in pace dopo una giornata no, o per stare da sola e pensare a che cazzo fare della mia vita…però mai per stare da sola con qualcuno. Quando ancora ero un medico venivo qui dopo i turni di notte, poi andavo a bere un paio di scotch nel mio locale preferito e alle due me ne tornavo a casa. Il giorno dopo (in cui se tutto andava bene non lavoravo) lo dedicavo o allo shopping (soprattutto di libri), o al poligono di tiro o al dolce far niente…di solito dividevo il girono fra queste cose. Vi chiederete perché ho lasciato la medicina…bhe, sono stata quasi obbligata. A ventisette anni ero già caporeparto di diagnostica al Mercy, e a ventisette anni un paziente contrariato dalla simpatia con cui ottenni le informazioni per salvargli la vita mi sparò nel parcheggio dell’ospedale. Non solo stava per morire di sifilide ma era pure psicopatico…bella combinazione vero? Cinque giorni di coma e due arresti cardiaci più tardi mi risvegliai e il caro zio, arrivato alla velocità della luce da Tokyo per starmi vicino, mi convinse in qualche strana maniera a lasciare la mia brillante carriera da diagnosta per arruolarmi nell’Interpol. Tre mesi dopo essere stata dimessa lasciai il camice bianco per una divisa (indossata raramente tra l’altro). Faccio parte della scientifica, e agli inizi non avevo un’occupazione precisa, facevo da aiutante durante le analisi o durante le autopsie, però nessuno all’inizio sfruttava le mie capacità da hacker. MI sono dovuta mettere in mostra da sola, quando usai un trucco vecchio come il mondo che un povero idiota non conosceva. Da quel giorno diventai a tempo pieno un’hacker dell’Interpol, anche se ogni tanto faccio ancora qualche autopsia. Avevo appena compiuto ventisette anni quando incontrai Jigen. Ero in un ritardo mostruoso, così presi una scorciatoia che comprendeva quel vicolo. Appena lo imboccai vidi sei uomini armati, di spalle rispetto a me. Jigen era di fronte a me con la sua solita aria indifferente e impassibile. Mi appoggiai ad un palo per vedere la scena, fregandomene altamente del fatto che ero in ritardo…anche perché se fossi passata forse mi avrebbero sparato, non potevo fare altro. Quei sei disgraziati provarono a sparagli fallendo miseramente, non lo presero nemmeno di striscio. Gli lasciò appena il tempo di sparare due colpi a testa, ferì quattro di loro alla spalla. Ne uccise solo due, che nonostante la ferita alla spalla continuarono a sparargli…se la sono cercata insomma. Si accorse di me mentre gli altri tagliavano la corda e per poco uno di loro non mi venne addosso. Mentre rimetteva la pistola nel fodero mi guardava fisso, come se stesse cercando di capire se ero spaventata o sorpresa…in realtà stavo cercando di non fangirlizzargli in faccia, e fallii miseramente. Dopo una manciata di secondi sono andata fuori di testa, ricordo ancora quello che ho detto mentre mi avvicinavo a lui.

“E’ stato mitico! Ti sarai liberato di loro in tre secondi scarsi e con una precisione impressionante…per non parlare del fatto che usi una magnum. Dannazione quanto vorrei saper sparare come te…sei un mito vivente!” fui malamente interrotta dal cerca persone che cominciò ad impazzirmi nella tasca interna della giacca di pelle. “E ora questo perché ha anche le convulsioni!? Non ha alcun senso! Scusa ma la gente muore…forse sarà difficile ma ci ritroveremo in città prima o poi no? Ci vediamo!”

Cominciai a correre come una povera disperata per andare a riprendere la mia moto, lasciata parcheggiata sulla 24esima.

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Angolo autrice

Lo so,nel primo capitolo non c'era l'angolo autrice,non avevo voglia di pensare a cosa dire. Comunque...spero di essere stata abbastanza capace di rendere al meglio il personaggio di Jigen,ho sempre paura di non cogliere e trasmettere in maniera perfetta i caratteri dei personaggi delle opere originali su sui scrivo delle fanfiction...lo so,è leggermente assurdo (?). Nonostante questo mio dubbio atroce spero che vi sia piaciuto anche il secondo capitolo e che le mie trovate riguardo al passato dei personaggi e le giustificazioni (per cosiì dire) di alcuni comportamenti siano di vostro gradimento. Cvindi (?)...alla prossima c: 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Bisogna dire che il nostro primo incontro non è esattamente consueto. Abbiamo parlato di questo fino ad adesso. Uno dei migliori ricordi che ho di quel giorno è la faccia che ha fatto quando ha avuto a che fare con la mia normalità.

“Come va il braccio?”

“Bene, è solo un leggero fastidio”

“Bhe, almeno non ti si è riaperta la ferita…scusa se non mi sono accorta di quel tipo”

“Non ti devi scusare, per te questo e altro” si prende poi un momento di pausa, come se stesse cercando confessare qualcosa di cui non vorrebbe nemmeno parlare
“Ti amo”

Mi scosta il ciuffo dall’occhio destro e fa per avvicinarsi, ma Goemon compare così, all'improvviso. Diciamo che all’inizio mi irrigidisco un poco, ma non molto…sembro semplicemente un baccalà. E se devo essere sincera ho la mano pronta a impugnare la pistola.
“Sono stato uno sciocco. So di aver sbagliato e che se non mi aveste fermato avrei fatto una cosa che non solo avrebbe distrutto tutti i miei principi, ma anche la mia anima. Spero che mi perdonerete. Sappi che ora ti sostengo per entrare a far parte di questo gruppo”

Mi ci vogliono un paio di secondi prima che la rigidità mi abbandoni. Mi rendo conto che le sue scuse sono sincere, e forse sono stata un po' troppo afrettata con il mio giudizio. Credo di aver fatto male a pensare che non ci si potesse fidare di lui. “Sta tranquillo amico ti perdono…ma spiegami una cosa…perché tu e Lupin dovete sempre avere qualcosa da dire nei momenti meno opportuni!?”

“Ho interrotto qualcosa?”

“No guarda…era semplicemente un momento perfetto, perfetto sia per ciò che veniva detto e sia per l’atmosfera e la compagnia…lasciamo stare”

“Non era mia intenzione…forse potevo dirvelo prima”

“Cosa vuoi dire con prima? Vuoi dire che eri qui da un po’ e che magari hai sentito che razza di problemi mentali ho!? Fantastico…sai, dovrai abituartici”

Ok, forse è il caso che io mi calmi. Comunque non mi aspettavo delle scuse sincere da lui…meglio così, nient tensioni, niente problemi, per farla breve non ho compromesso l'integrità del gruppo...Visto che ancora non siamo contenti andiamo a bere qualcosa nel nostro locale preferito, il Jazz Club di Time Square. Già, casualmente il mio locale preferito è anche il suo locale preferito. Dopo tanti anni che vengo qui ancora non ho imparato a giocare a biliardo. Facciamo una partita…e dire che mi straccia è dire poco. Faccio letteralmente schifo a biliardo, sono una causa persa. Qui ci conoscono praticamente tutti, e fortunatamente vedendo che facciamo parte di gruppi completamente diversi non fanno commenti del tipo ‘Come mai un’agente dell’Interpol frequenta un ex tiratore della malavita di New York?’ …e se dovesse accadere giuro che tiro giù i santi. Non deve scoprire da qualcun'altro che lavoro per l'Interpol, devo essere io a dirglielo al momento giusto e nel modo giusto, sperando che la prenda bene. E' esattamente questa la mia paura più grande, che cosa potrei fare se la prendesse male anche se sarò stata io a dirglielo? Per i miei gusti è già troppo che sappiano che sono la nipote di Zenigata senza che l'abbia detto io. Ci prendiamo uno scotch doppio e spariamo cazzate per un po’. Poi per noia cito alcune delle mie figure del cavolo, la lista è quasi infinita. Fra un po’ rischio di farne una al giorno. Beve l’ultimo sorso del suo scotch, come per darsi animo o coraggio, stessa cosa.

“Ti amo”

Per poco non lascio andare il bicchiere…o per poco non stramazzo a terra. Prima non ho fatto tempo a reagire o a prestare perfettamente attenzione al suo tono di voce. Ora che ci faccio caso ho il cuore in gola. Devo dare una risposta, insomma…non posso starmene semplicemente qui ferma aspettando che mi venga un fottutissimo infarto “Io…anche io, credo…però dopo tre giorni scarsi…non mi sembra il caso di…”

Non mi lascia finire la frase, mi bacia all’improvviso. Per un momento rimango parecchio rigida e con gli occhi spalancati…ma infondo è quello che speravo. Lascio che la tensione abbandoni il mio corpo e mi lascio trasportare (ovviamente nel limite della decenza). Andiamo avanti parecchio e andremmo avanti ancora, se non fosse per una battuta del barista che ha attirato l’attenzione di tutti, anche delle persone sbagliate. Scopro solo ora che mio zio è qui, e se il barista non avesse fatto quella battuta forse non si sarebbe neanche accorto di noi. E’ a dir poco incazzato…ops. “Zio, non è come credi…posso spiegare” e intanto mando giù l’ultimo sorso di scotch

“Tu, piccola ingrata! Ti ho cresciuta, ti ho dato dei principi e tu che fai!? Baci un avanzo di galera che molto probabilmente bacia donne che si vedono ogni notte! Ora tu torni a casa tua e quello lo butto in prigione…se ti vedesse tuo padre!”

“Primo, ha un nome, e sai bene quanto me che è Jigen. Secondo, lascia stare papà, sai benissimo come la pensava. Terzo, scusami tanto, ma la tua dolce nipotina è cresciuta in fretta, e sa badare a se stessa da quando aveva quindici anni” detto questo gli do una spallata che lo fa cadere vicino al tavolo da biliardo. Usciamo più in fretta che possiamo, cercando di lasciare il maggior distacco possibile da Zazà.“Vai a prendere la macchina, penso io a trattenerlo”

Fortunatamente mi rendo conto che ha lanciato le sue solite manette con chissà quanti metri di filo di titanio o quello che è, così sparo e devio il loro percorso ad un palo vicino a lui “Ora capisco perché non fai rapporto, perché non rispondi alle chiamate e perché spari ai tuoi colleghi”

“Jigen non è come credi…nessuno di loro è come credi. E poi non è niente di serio, è una cosa così tanto per”

“Ti si legge in faccia che non è così…credevo che sapessi sceglierti meglio le compagnie”

“Senti chi parla, quello che mi ha consigliato di uscire con un bastardo che mi ha tradito praticamente dal primo momento! Notizia dell’ultima ora: Jigen non lo farebbe mai”

“Cosa te lo fa pensare? E’ un criminale come altri, è improbabile che abbia dei principi. E lo sai che è il figlio dell’assassino di tuo padre?”

“E tu lo sai che non è stato suo padre ad ucciderlo, ma un messicano!? Tu lo sai che più continui a giudicarlo e più dici che non ha principi e più mi avvicino ad odiarti!? Tu non sai niente…”

“Ti rendi conto che ti sei innamorata di un assassino!? Ti farai ammazzare”

Cerco di recuperare un po’ di calma e poi gli dimostro quanto si sbaglia “Lo sai perché ha il braccio fasciato? Bhe, nel giro di un paio di giorni circa mi ha salvato la vita due volte. Se fosse davvero ciò che dici mi avrebbe già uccisa o avrebbe cercato di farlo quando hai urlato a tutto il mondo che sono tua nipote”

Finalmente si rende conto che ho ragione sul suo conto, si forma un’espressione contrariata sul suo viso, come se gli facesse schifo avere torto. Ma nonostante questo cerca di continuare ad usarmi per raggiungere i suoi scopi, fregandosene di come sto “Ok, hai sbagliato, ma puoi rimediare dicendomi dov’è il loro nascondiglio…se li arrestiamo verremo ricordati dal mondo intero, diventeremo dei miti per i nuovi agenti dell’Interpol”

“Sai che ti dico? Scordatelo. Non posso credere che tu non abbia capito niente di quello che i nonni hanno voluto trasmetterci. Gli affetti sono più importanti dei soldi, della fama e a volte anche della legge. Io e papà lo abbiamo capito, a quanto pare tu no”

Grazie al cielo sento il rombo del motore che si fa sempre più vicino. Salto in macchhina con un’agilità insolita per me. Mi giro verso mio zio, non sta nemmeno tentando di inseguirci, avrà capito la lezione? No, è improbabile. Quando arriviamo al rifugio controllo il cellulare e in segreteria mi trovo un suo messaggio, che decido di ascoltare, sotto lo sguardo attento dei ragazzi.

“Alexis Zenigata! Quell’uomo è pericoloso! Ti ha costretta a baciarlo!? Che mascalzone! Giuro che se lo trovo…chiamami ORA altrimenti rastrello new York persino con i segugi per trovarti!”

“Vi siete baciati!? Questo non ce lo avevate detto”

“Sta zitto Lupin, non è questa la cosa importante”

“Già, la cosa importante è che ho un idiota come zio…comunque no, non è vero che ci siamo baciati”

Spengo il cellulare e tolgo la SIM. Esco un attimo, la tiro verso l’alto e sparo alla schedina. Al posto di quella vecchia ne inserisco una che ho creato sotto falso nome, mio zio non conosce questo numero. Ora solo le persone più fidate possono rimanere in contatto con me. Sto malissimo, non si era mai comportato così. Ha sempre cercato di fare attenzione a come mi sentissi e nei momenti difficili ha sempre cercato di aiutarmi con discrezione, senza risultare opressivo. Speravo che ciò che mi sta succedendo ora non lo avrebbe sconvolto così tanto...insomma, è già successa una cosa del genere in famiglia, ne più ne meno. Mi lascio cadere esasperata sulla stessa poltrona a sacco di oggi. Voglio isolarmi, almeno per un momento. Prendo l'MP3 e alzo il volume al massimo. Mi ascolto 45 degli Shinedown almeno per tre volte, tentando di sfogare la rabbia. In these times of doing what you're told Keep these feelings, no one knows [...] What ever happened to the young man's heart Swallowed by pain, as he slowly fell apart...adesso spiegatemi perché queste parti della canzone mi sembrano perfette per il passato di Jigen. So davvero poco, eppure, senza sapere come, sto mettendo insieme i pezzi, intuendo qualcosa in più momento dopo momento. Credo che se mio zio sapesse e intuisse ciò che so e intuisco io la smetterebbe di parlare a vanvera, ma gli sbatterò in faccia la realtà solo quando saprò tutto o quasi. Ora che sono calma devio completamente i miei pensieri. Il passato di Jigen, che praticamente nessuno conosce, mi intriga così tanto...una parte di me vorrebbe sapere, ma l'altra parte di me ha paura di farlo. 

Ormai ci siamo, è il giorno del mio debutto. Dopo una settimana di attesa a mezzanotte entreremo in casa di Gavez e ruberemo il suo tesoro: 3 uova fabergè d’oro incastonate di diamanti purissimi e pressoché unici. Tutte e tre messe insieme hanno un valore di un milione di dollari. Jigen mi ha parlato anche di un orologio d’oro di cui però Lupin non ha fatto parola, credo ci sia una questione personale dietro a tutto questo. Infatti c’era qualcosa di strano nella sua voce mentre mi diceva dov’è la cassaforte: nello studio di Gavez, dove quel bastardo passa praticamente tutta la sua vita scortato dalla sua guardia del corpo, Shade. Un luogo molto sicuro insomma. Comunque…questa settimana siamo sembrati più due migliori amici che…diciamo due persone con interesse reciproco. Infatti Lupin ha fatto battute tipo ‘non nascondete il fatto che siete una coppia felice, non vi giudicheremo’. Uno di questi giorni eravamo con Lupin in giro per la città, chiarendo gli ultimi passaggi del colpo. Come una cretina stavo camminando su un muretto alto e avevo le scarpe coi tacchi, e se metti insieme questi due elementi con l’equilibrio da dugongo la caduta è assicurata. Per poco non mi slogo una caviglia, se non sono caduta del tutto è solo grazie a Jigen. Avete presente quelle prese in braccio al volo a modi principessa? Ecco, questo è ciò che è accaduto. Lascio a voi immaginare le insinuazioni di Lupin. Anche se stavo morendo e le cavolate di quel idiota mi stavano dando sui nervi non volevo scendere…stavo bene così. Già, mio zio aveva ragione, mi sono lasciata coinvolgere. Detesto il fatto che non l’abbia presa bene, visto che è esattamente ciò che è successo al nonno. Era un ispettore dell’ICPO, ed era di Tokyo, Incontrò mia nonna in un’operazione in America. Lei ai tempi era una famosa ladra, e mio nonno dovette fingere di voler collaborare con lei per poi arrestarla al momento giusto, ma così non è stato. Dopo un anno lei si è costituita, ha dato i soldi al nonno per pagare la cauzione e poi sono partiti per Tokyo, dopo non molto tempo si sono sposati. I nonni hanno sempre insegnato a papà, allo zio Koichi e a me che c’è qualcosa di più importante della carriera o di ciò che la gente di solito pensa, ci hanno sempre insegnato che le persone e la famiglia sono più importanti di tutto questo. Mio zio forse non l’ha capito. E’ per questo che ho sofferto così tanto per la morte del nonno, ed è per questo che mi manca così tanto la nonna, hanno contribuito a rendermi una persona migliore. Senza di loro sarei molto più insopportabile rispetto ad ora. Lo zio è praticamente scandalizzato perché mi sta succedendo la stessa cosa che è successa al nonno, giudica Jigen invece di chiedersi se sono felice. E poi credevo che sapesse che tutti loro hanno dei principi, visto che più di una volta gli hanno salvato la vita. La nonna invece apprezzerebbe tutto questo, e anche papà. Spesso di Jigen dicono che sia un assassino, ok, ha dovuto uccidere, ma perché obbligato. So che Gavez lo ha reclutato da giovanissimo, aveva diciassette anni, ma non sono riuscita a scoprire di più su di lui negli archivi dell’Interpol. Qualcosa mi dice che non ha cominciato a lavorare nell’ambiente della malavita per sua volontà. Anche se sono arrabbiata non avrei mai voluto che questo accadesse, sono pur sempre anni che lo zio mi fa da padre. Mi ha insegnato a sparare, mi ha aiutato a gestire il mio pessimo carattere e il dolore per la perdita di papà…è pur sempre una di quelle poche persone per cui ucciderei se fosse necessario. Ma deve comunque capire che ha sbagliato a giudicare così pesantemente Jigen, anche se sono anni che insegue lui, Lupin e Goemon non significa che li conosca bene. Ma parliamo d’altro prima che mi demoralizzi. Io e Jigen entreremo dall’ala est, dove c’è lo studio di Gavez. Lupin e Goemon invece entreranno dall’ala nord, dove Gavez tiene i fabergè. Ci sarà una riunione nello studio, fra Gavez e i capi mafia suoi alleati. Sarà pieno di sicari di vario calibro per tutta la villa. Ovviamente l’ala est è la più sorvegliata visto che è qui che si terrà la riunione. Ho sentito anche dire che ci sia una sorveglianza audio-video protetta con trucchi personalizzati, creati appositamente da un altro hacker, se non conosco il suo progetto non posso neutralizzarlo. Il problema di questo colpo sta tutto nel fatto che potrei trovarmi davanti l’assassino non materiale di mio padre. La mia razionalità, più bastarda e fredda, mi dice che devo solo tramortirlo e poi lasciare che sia la giustizia degli Stati Uniti ad occuparsi di lui. Il mio istinto invece è più portato ad una vendetta con spargimento di sangue, il suo ovviamente. Ho sinceramente paura che appena avrò l’occasione di sparargli sarà proprio l’istinto omicida a prendere il sopravvento. Comunque vada, prima di lasciarlo al suo destino, gli estorcerò informazioni sul caso di mio padre, e mi farò dire il nome di quel hijo de puta messicano. Ci dirigiamo verso la megavilla di Gavez con la 500. Mi sembra un mezzo inappropriato…a meno che Lupin non abbia fatto truccare motore e sospensioni anche alla 500. Quando arriviamo scavalchiamo la recinzione senza problemi, la sorveglianza esterna è pressoché inesistente ed inefficiente. Entriamo da una finestra che dà sul corridoio. E’ pieno di gente simpaticissima con pistole, coltelli e mitra, sono troppi e se ci mettessimo a sparare attrarremmo troppo l’attenzione. Non ci rimane che usare la bomba soporifera, anche se avremmo preferito tenerla da parte per dopo. Entriamo nell’immenso studio, a questo punto mi viene da pensare che sia anche una sala riunioni. Saranno sette capi mafia intorno ad un solo raccapricciante tavolo, pieno di foto di gente che vogliono uccidere…la cosa inquietante è che fra quei volti c’è anche quello di Jigen, il mio e forse anche quello di mio zio. A quanto pare Gavez vuole eliminare tutta la mia famiglia. Qualcosa mi dice che saranno qui a momenti e non sappiamo nemmeno dov’è la cassaforte, anche lo schema della stanza era protetto con metodi personalizzati nati dal progetto di un singolo hacker. Non è esposta, così dobbiamo lasciare che la nostra mente si ingegni. Dopo una ricerca estenuante riusciamo a trovarla e a scassinarla, ma proprio mentre ce ne stiamo andando una ventina di sicari, giudati da Shade e Gavez, entrano con un aria per niente amichevole. Ordinano ai nostri ‘amici’ armati di mitra di spararci. Evitiamo ogni colpo e disarmiamo ognuno di loro. Non so come sia possibile, ma Shade riesce a spararmi alla spalla destra. Quattro di loro non si arrendono, così devo sparargli di nuovo. Quei quattro contraccolpi mi hanno creato un dolore bestiale, che non riesco a gestire. Per me rimane così forte che mi rincoglionisce a tal punto che non riesco ad evitare la presa di Gavez. Ho la sua pistola puntata alla tempia.

“Bene caro amico, pensavo che dopo tutti questi anni ormai la tua anima mi appartenesse. Bhe, non importa. In compenso posso punirti per il tuo tradimento. Quanto può vivere una persona pensando che la sua anima gemella è morta a causa sua?” Mi chiedo come faccia a sapere di noi. Il nervosismo di Jigen è più che percettibile, ma riesce comunque a gestirlo. Svuota il caricatore dai bossoli, ma quando sta per ricaricare Gavez rincara la dose e da un po’ più di forza sulla pistola “Se carichi la tua pistola ciò che l’unica donna che mai ti accetterà per quello che sei ha nella testa andrà a sporcare la tua bella camicia bianca. A te la scelta Jigen” 

Lascia sia la pistola che le munizioni. Ora ho capito ciò che anche quest’assassino bastardo ha capito: sono il punto debole di Jigen. La paura che ho addosso in questo istante non è tanto per me, è per Jigen. Gavez ha ordinato a Shade di stare pronto a sparargli. Siccome è un povero idiota si sta mettendo a fargli discorsi sul fatto che non avrebbe dovuto tradirlo e cose così. Questo mi dà il tempo di approfittarmi di un momento di distrazione generale per prendere la pistola e sparargli gli ultimi due colpi che ho nel caricatore nel polmone. Ha addosso un giubbotto antiproiettile un po’ scadente, forse non morirà, ma almeno l’ho colpito. Ormai sto per svenire. Cado in avanti, quasi incosciente. I due ennesimi contraccolpi hanno fatto ricominciare l’emoraggia che ormai si era arrestata. Shade sta imprecando per la ferita al braccio che Jigen gli ha appena aperto colpendolo di striscio. Lupin e Goemon sono qui e cercano di capire se sono sveglia, do un segno di vita imprecando a mia volta per il dolore. Tento di rialzarmi, ma il sangue che continua a fluirmi dal braccio mi ha indebolita a tal punto che non riesco nemmeno ad uscire di qui con le mie gambe. Jigen mi prende in braccio e mi porta fuori da questo inferno mentre Lupin e Goemon ci coprono. Uso i miei ultimi momenti di coscienza per convincere i ragazzi a non portarmi all’ospedale.

“Non voglio che ci arrestino per colpa mia”

“Hai una pallottola nella spalla e sanguini parecchio, dovresti renderti conto da sola che…”

“Ho detto niente ospedale, insomma…mi hai detto che sai rimuovere una pallottola, allora fallo”

Non è molto comodo stare sdraiati in una 500, dalla vita in su sono sostenuta da Jigen, quello che dovrebbe essere il mio posto è occupato dalle mie gambe che non riesco nemmeno a tenere completamente stese. Forse sono stata un po’ dura con lui, ma se mi portano in ospedale mio zio mi farà togliere il caso e cercherà di arrestare Jigen e Lupin per primi. Lo so, se la cavano benissimo, ma preferisco non rischiare, e poi mio zio non solo mi farebbe togliere il caso, ma mi impedirebbe di raggiungerli di nuovo…con ogni mezzo possibile. Mi perdo a guardare le luci della città, che pian piano sbiadiscono mentre l’incoscienza guadagna gradualmente terreno. 

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Angolo autrice

Forse per un po' il mio stile potrebbe sembrarvi distorto. Queste sono le parti che ho scritto al mare, con difficoltà, ma ok. Non era previsto che continuassi la storia mentre ero in vacanza, ma sono stata presa da una specie di crisi d'astinenza e l'ispirazione si è presa possesso del mio cervello, così all'improvviso e senza un motivo apparente. Comunque sto editando un po' prima di pubblicare, così da ripristinare al meglio quello che è il mio solito stile. Spero che vi possa piacere anche questo capitolo che forse è leggermente più breve degli altri ma...lo ammetto, non sapevo come chiudere se l'avessi fatto più lungo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Mi sveglio in preda ad un dolore lancinante alla spalla. Mi alzo aiutandomi con il gomito sinistro e mi rendo conto che ho addosso una camicia turchese. Sul comodino, vicino alle mie munizioni e alla mia magnum, ci sono un pacchetto di Pall Mall super long, uno dei cappelli di Jigen e un biglietto indirizzato a me.

Spero che la spalla non ti faccia troppo male. Non sono riuscito a proteggerti come avrei dovuto, e me ne pento immensamente. Perdonami. Ti amo.
Daisuke Jigen

L’ha scritto di fretta, forse senza nemmeno sapere come esprimere alla perfezione ciò che gli passava per la testa in quel momento, ma ogni parola è stata un piccolo colpo al cuore, fino a quel ‘ti amo’ che me l’ha praticamente massacrato. Odio sapere che si sente in colpa per qualcosa che non poteva ne prevedere ne fermare in quel dannato trambusto, e poi se sono viva e sto bene è merito suo. Traccio il segno di sblocco del cellulare e vedo che sono le otto. Prendo le mie cose e le sue sigarette e esco da questa stanza, cercando Jigen ovviamente, ma di lui non c’è traccia. Ci sono solo Lupin, che sta già cercando di vendere il nostro bottino da un milione di dollari, e Goemon. Non vedendolo qui comincio istintivamente a far girare fra le mani il pacchetto di Pall Mall.

Lupin distoglie lo sguardo dalla lista di possibili acquirenti che ha sul pc “Ben svegliata, come va la spalla?

“Non benissimo, ma non importa. Avete visto Jigen?”

“Ha vegliato su di te tutta la notte, non ha chiuso occhio per assicurarsi che stessi bene. Un’ora fa gli abbiamo detto che se voleva ci pensavamo noi a controllare lo stato della ferita. Ci è voluto un momento prima di convincerlo, ma poi è uscito, non so dove possa essere. Se l’è presa molto per ciò che è successo”

“Sì, lo so” dico mostrando a Goemon il biglietto che stringo fra le dita. Proprio in quest’istante ho una mezza idea su dove potrebbe essere. “Avete un antidolorifico?”

Il loro no mi porta quasi ad imprecare. Esco prima che possano offrirmi qualsiasi cosa. Faccio un salto alla Starbucks, mi prendo una cioccolata calda e un muffin e poi prendo un taxi. Sto andando sul ponte di Brooklyn, dove sono praticamente sicura di trovarlo. Oggi il traffico mi dà sui nervi più del solito, se non fosse per il braccio avrei preso la moto, e a quest’ora sarei già arrivata. Spero solo di trovarlo lì, altrimenti non so davvero dove potrebbe essere. Quando arrivo lo vedo con lo sguardo perso all’orizzonte, e stranamente ha il cappello tirato su abbastanza da poter vedere i suoi occhi. Ho come una specie di fitta al cuore, non riesco a sopportare che sia così giù di morale, il suo sguardo mi sta uccidendo negativamente. Non so come iniziare il discorso, rimango ad alcuni passi da lui per qualche minuto. Mi rendo conto che si è accorto di non avere le sigarette, mi approfitto di questo momento per iniziare a parlargli.

“Te le sei dimenticate sul comodino, ho pensato di prendertele”

“Che ci fai qui? Dovresti riposare…e poi con quella spalla non puoi nemmeno sparare” gli passo il pacchetto, che mette nella tasca interna nella giacca

“Al diavolo la spalla, sai benissimo che dobbiamo parlare” a questo punto mi volta le spalle, come se non potesse reggere il mio sguardo“Sai, non ti perdono”

Ecco io…mi dispiace”

“Non ti perdono perché non hai niente da farti perdonare. Non potevi sapere che quel bastardo di Shade avrebbe sparato a tradimento…e poi era pieno di sicari, non potevi accorgertene” nessuna delle mie parole sembra avergli fatto cambiare idea. Gli circondo l’addome con le braccia e appoggio la fronte alla sua schiena, cercando di eliminare dalla mia voce ogni traccia di esitazione “Puoi dire o credere quello che vuoi, ma mi sento al sicuro quando sono con te”

Lascio la presa sentendo che si sta girando. Mi abbraccia cercando di non stringere troppo sulla spalla ferita “Non farti più sparare”

“E tu non sentirti più in colpa per una cosa del genere” lascio passare un momento prima di continuare a parlare “Non vorrei sembrare un’insensibile ma…prima di tornare nel nostro nascondiglio potremmo andare a prendere degli antidolorifici? La spalla mi sta facendo diventare matta”

Mi lascia e mi guarda dritto negli occhi, sorridendomi “Ok…” mi si avvicina al viso e in un momento mi ritrovo le sue labbra sulle mie, e anche se non è la prima volta la tachicardia in queste occasioni è sempre quella. “Però poi ti riposi”

Dopo aver preso l’antidolorifico, che entra in circolo quasi subito dandomi parecchio sollievo, lo convinco a fare un giro a Central Park. A quest’ora della mattina non c’è quasi nessuno. Central Park è un altro dei luoghi che più amo di New York, insieme a Time Square e al ponte di Brooklyn. A volte vengo qui dopo aver finito di lavorare e mi ascolto della musica in santa pace mentre passeggio. Già, ho sempre con me il mio MP3 e un paio di cuffie, non abbandonano mai la mia borsa. Ad un certo punto mi accorgo che ha al polso l’orologio del padre, si esatto, quello di ieri sera. Avevo ragione a dire che ci fosse una questione personale legata a quell’orologio. Mi chiedo solo come mai ce lo avesse Gavez. Non credo che abbia voglia di parlarne, per questo non gli chiedo niente. Sinceramente è la prima volta che vengo qui con qualcuno, ed è carino il fatto che la mia prima volta in compagnia a Central park sia con Jigen. Chissà, magari è una specie di segno. Ok, non mi perderò via con discorsi di questo genere, non mi sembra il caso. Torniamo al rifugio a bordo della sua Cadillac, una gran bella macchina.

“Sai di aver lasciato uno dei tuoi cappelli sul comodino, vero?”

“Certo, è tuo ora. Era di mio padre, me lo regalò parecchi anni fa, ormai ho perso il conto di quanto tempo è passato. Ora voglio che lo tenga tu”

“No io…non me la sento, ha sicuramente un significato importante per te”

“Anche tu ne hai di significato per me”

Mi basta questa frase, questo istante, per capire. Ho le idee chiare: devo e voglio lasciare la polizia…magari non subito, giusto per lasciare mio zio sulle spine ancora per un po’. “Ti amo. Ora ferma questa dannata Cadillac, non posso baciarti se stai guidando”

Gavez è un povero idiota, che pur troppo ho solo mandato in coma, però forse due parole giuste le ha dette: anima gemella. Per tanti anni ho cercato una persona che potesse definirsi tale, e dopo tante delusioni da parte di quelle che tutti definiscono le persone per bene ho creduto che il concetto dell’anima gemella fosse assurdo. Per ricredermi ho dovuto guardare oltre, ho dovuto guardare oltre una fedina penale e oltre le voci della gente. Ora capisco come si è sentito il nonno. All’inizio sei disorientata dal fatto che sei interessata ad un criminale, pensi che sia assurdo solo perché non ti era mai capitato prima, solo perché tutti credono che sia sbagliato. Poi capisci che non c’è niente di male se quella persona, pur essendo un criminale, ha dei principi. Capisci che non c’è niente di male nell’amarla se ti fa stare bene. Così, finalmente, lasci che le cose accadano e riesci ad apprezzare come si deve ogni momento. E alla fine capisci che la persona che hai accanto è la tua anima gemella, francamente questo è il mio caso. Comunque…questo momento dolcemente memorabile viene interrotto da un cellulare che squilla. E’ Lupin, contrariato dal fatto che siamo ancora in giro quando c’è ancora del lavoro da fare prima di partire per Tokyo. La prima cosa che faccio quando arriviamo è quella di prendermi il cappello, state certi che non me ne separerò mai per nessuna ragione. Dovrei fare delle ricerche per il prossimo colpo, ma Jigen convince Lupin a lasciare a lui questo compito, visto che lui ha già finito il suo lavoro. E mentre Lupin pensa a costruire la mia identità falsa da viaggi internazionali io mi ritrovo nella più completa inattività. Finisco di preparare la valigia, risistemando meglio le mie cose. Cambio l’ubicazione di tre foto che devo assolutamente portarmi. La prima è la foto del giorno della mia laurea, in cui sono affiancata da una versione estremamente fiera di mio zio. La seconda è una foto che avevo scattato con il mio team nello studio di diagnostica. La terza è forse la più importante. Sono al centro, alla mia destra c’è mio padre e alla mia sinistra mio zio. Ce l’aveva scattata mia madre, in cima alla Statua della Libertà. Un mese dopo hanno ucciso mio padre. Le foto che più mi uccidono sono proprio quelle con mio zio…mi mancano quei momenti. Vorrei davvero non aver mai litigato con lui. Me ne sto ferma a pensare fino alle dieci, non potendone più decido di andare da Jigen e magari di dargli il cambio. Quando arrivo lo trovo addormentato con il cappello calato sul viso. Mi sembra ovvio, non ha chiuso occhio. Continuo le ricerche per il nuovo colpo e inizio una prima fase di hackeraggio per ottenere uno schema di sicurezza. Sto aspettando un download ascoltando Boom Clap di Charli XCX quando si sveglia.

“Dannazione…avresti dovuto prenderti una pausa, potevi svegliarmi, non me la sarei presa”

“Senza il dolore alla spalla posso fare qualsiasi cosa, più o meno…e poi anche tu dovresti prenderti una pausa” gli tiro indietro il cappello, così da poterlo guardare negli occhi “So benissimo perché hai passato la notte in bianco. Certo, potevo cavarmela anche da sola in caso di necessità ma…grazie, nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me”

Restiamo in silenzio al massimo due minuti “Mi spiavi?”

“No”

“Sì tu mi stavi spiando”

“Non ti stavo spiando!”

“Sì certo. Quando ridi così stai cercando di nascondere il fatto che stai mentendo, ma questa volta ti è andata male”

Comincia a farmi il solletico, sapendo quanto lo soffro. So che esistono persone che possono trovare fastidiosa una cosa come questa, io invece in queste occasioni la trovo estremamente dolce. Trovo che sono proprio le piccole cose come queste a tenere unita e animata una coppia. Bisogna essere un po’ anche come migliori amici quando si sta insieme, bisogna conservare alcune buone abitudini. E’ una cosa che considero abbastanza importante, forse è anche per quello che con quel cretino del mio ex è andata com’è andata, visto che queste piccole cose erano completamente assenti da un certo periodo in poi…ma non parliamo di lui. Per carità, ormai insieme a Goemon è quasi come un fratello per me, ma mi chiedo se Lupin sappia vivere senza fare una battuta su di noi. A quanto pare siamo le sue prede preferite…aspetta, siamo anche le uniche attualmente.

“Che carini i nostri piccioncini. Come mai hai uno dei cappelli di Jigen?”

Mi concedo un momento per riprendermi “Sai non c’è assolutamente nessun motivo preciso…”

“Sì certo…comunque dobbiamo muoverci, l’aereo è tra due ore”

“Spero che tu abbia calcolato anche il pranzo, perché altrimenti saresti un tiranno”

“E’ ovvio che ci ho pensato…comunque dormirete in stanze separate, almeno per oggi”

Dentro di me partono un paio di insulti, ma tanto so già che non gli darò ascolto. Vado a cambiarmi dopo un paio di minuti, sono curiosa di vedere cosa si è inventato Lupin per la mia identità falsa. Il vestito non sarebbe tanto male, non è tanto più corto del mio minimo, ma ha il corsetto…e io odio i corsetti. Non è che non mi piacciono, ma mi stringono troppo. Però mi piace il colore, è una bella tonalità di turchese. Non sono tanto contenta di dover mettere dei tacchi a spillo da dodici centimetri, non sono abituata a portarli così alti e mi danno un fastidio incredibile. Ci metto parecchio per mettermi la parrucca bionda e boccolosa che Lupin mi ha procurato, per non parlare delle lenti a contatto azzurre. Non mi ci vedo per niente bionda con gli occhi azzurri, ma non importa, credo di stare abbastanza bene. Ora che ci faccio caso però la fasciatura è troppo appariscente e potrebbe anche essere un piccolo segno di riconoscimento. Nella mia valigia ho solo la giacca di pelle e una giacca nera di un tailleur che ho fatto modificare appositamente per me, se mio zio dovesse presentarsi in aeroporto potrebbe riconoscermi con una di queste due giacche addosso, già, gli basterebbe solo una giacca per trovarmi. Lo zio Koichi…ormai ricorre così spesso nei miei pensieri, appena mi fermo un attimo e ho la possibilità di pensare rivedo scorrere quegli attimi, sento di nuovo quelle parole forse un po’ dure che gli ho detto, e sento le sue dure parole. Siamo entrambi troppo impulsivi, e io sono troppo orgogliosa per andare da lui e ammettere che forse ho esagerato. Sono stata davvero troppo impulsiva, forse dovrei fermarmi un momento e mettermi nei suoi panni. Girovago fino ad arrivare alla porta, con la testa da tutt’altra parte, per poco non inciampo in uno dei borsoni, credo quello con le pistole, la Zantetsuken di Goemon e le munizioni. Faccio caso alla presenza di Lupin e Jigen solo sentendo una considerazione…diciamo apprezzabile.

“Vuoi uccidermi per caso!?” quando alzo lo sguardo Jigen sta ispezionando ogni centimetro quadrato della mia pelle scoperta

“Da quando te la spassi con la nuova arrivata?”

“Parla quello che muore dietro ad ogni bella donna”

“Non siamo tanto diversi caro amico. Credo che se non fossi qui sareste attaccati l’uno all’altra, fregandovene di tutti quanti”

“Ti sparo in testa se non chiudi il becco” ora che ci penso ha un modo di scherzare di relazionarsi con gli amici molto vicino al mio

“Bhe, se spararmi ti distrarrà dalle gambe di Alexis allora fa pure” se potessi guardarmi ad uno specchio sono sicura che mi vedrei completamente rossa in faccia. “C’è una cosa che non ti avevo detto prima…tu e Jigen siete sposati, ovviamente mi riferisco alle vostre identità false”

“Cosa!? N-non ti è sembrato il caso di chiedermelo prima di…?”

“Perché chiedertelo quando sappiamo tutti che avresti detto di sì? Comunque ormai è fatta, è il caso che vi mettiate queste” mi passa una scatola di quelle da gioielleria con le fedi, molto simile a come la vorrei se mi dovessi sposare. Sono d’argento, non troppo sottili ma neanche troppo alte. C’è un ideogramma giapponese inciso sopra, sta a significare amore eterno, yeong ai. Jigen sta al gioco e mi mette l’anello al dito, così anch’io devo fare lo stesso. Lo so che tutto questo non è vero e che fa parte di un travestimento, ma per un attimo ho lo stomaco sottosopra, vedere la fede sul mio anulare mi fa un certo effetto.

“Siete proprio una bella coppia, e parlo sia alle vostre identità false che a quelle vere, soprattutto alle seconde”

“Siamo solo amici” non sembro affatto convincente mentre lo dico

“Certo, se per te è normale baciare un tuo amico davanti a tuo zio allora siete amici”

“Avrà visto male…anche lui si sbaglia, no?”

“Zazà non sbaglia mai su queste cose”

Lo sguardo di Lupin è inequivocabilmente divertito, così lo evito aiutandomi con il cellulare, che metto in silenzioso. Mentre i ragazzi si cambiano apporto quel paio di modifiche al mio outfit. Per prima cosa mi libero di queste scarpe e metto un paio delle mie, non sopporto più questi tacchi di dodici centimetri. Per risolvere il problema della fasciatura ‘prendo in prestito’ una delle giacche di Jigen, non mi dispiace indossare qualcosa di suo ogni tanto. Dovrei controllare una cosa sul cellulare prima di metterlo via definitivamente, ma la mia attenzione viene catturata dal modo in cui Jigen riesce a star bene con tutto. Ha una camicia di un azzurro molto chiaro, completamente slacciata, con sotto una canotta leggermente aderente, un paio di jeans e occhiali da sole neri. E’ strano vederlo senza cappello, a viso completamente scoperto. Non so quanto il cambio di stile da solo possa essere efficace, ma forse Lupin sa qualcosa che noi non sappiamo. Riusciamo ad evitare mio zio e Jones (quel mio collega dell’inizio, è nella squadra omicidi ma ancora molto da imparare) che girano per l’aeroporto. Mi sembra strano che siano loro due da soli, ma arriviamo sull’aereo senza alcun problema. Passo la prima metà del viaggio con le cuffie alle orecchie mentre Jigen dorme come un sasso. Non me accorgo subito, ma sto sorridendo, non sono sicura del perché.  Nell’arco di un paio d’ore ascolto molto spesso 45 degli Shinedown. In questo periodo non riesco proprio a stare lontana da quella canzone, ormai la conosco a memoria. Mi fa ripensare tantissimo a quella sera, fuori dal Jazz Club. Credo che i miei argomenti fossero validi, credo che in quell’occasione avevo ragione, almeno in parte. Ma non mi sono espressa come avrei dovuto, sono stata troppo dura, e poi mi chiedono perché credo di avere un brutto carattere. Era solo preoccupato, certo, ha perso un po’ il controllo delle parole, ma avrei dovuto capirlo con tutte le volte che succede a me. Sto seriamente pensando di parargli, anche se non so ancora come. Non riesco più a concentrarmi su questo, porta il mio umore ai minimi storici. Mi chiedo come sia cambiata Tokyo in questi 15 anni, ricordo alcuni luoghi della città, ma non ricordo niente su come arrivarci. Mi ha affascinata fin da subito, anche se la nostalgia per New York era parecchia. La seconda metà del viaggio la passo parlando con Jigen del caso di mio padre. Non aveva ancora fatto in tempo a dirmelo, ma ieri sera è riuscito a scoprire il nome di quel messicano bastardo, Esteban Riez. E’ un mercenario, ma collabora soprattutto con Gavez. Usa una Ruger Super-Blackhawk, ma quando si tratta di ‘giustiziare’ qualcuno, come nel caso di mio padre, si affida ad una mitragliatrice. Spesso capita che prima spari al suo obbiettivo con la pistola, rendendogli impossibile la fuga o la difesa. Successivamente sceglie un posto strategicamente conveniente e uccide la sua vittima crivellandola di colpi. Si dice che sia un tipo difficile da affrontare, veloce, efficiente, spietato. Non si fa problemi ad usare stupidi imbrogli per uccidere. In poche parole non è un avversario per tutti. Non si sa mai dove sia, dopo ogni ingaggio sembra sparire nel nulla. Questo è ciò che si sa per certo di lui, poi esistono delle leggende metropolitane, che ovviamente non sono affidabili al cento per cento. Odio essere così silenziosa, ma non ho molta voglia di parlare in questo momento. Quando finisco un ennesimo capitolo di Città di Ossa mi accorgo che stiamo atterrando. Sento leggermente freddo quando usciamo dall’aeroporto, deve aver appena finito di piovere, l’aria è satura di umidità. Quando arriviamo sento il bisogno di una doccia per schiarirmi un po’ le idee e per rilassarmi un po’, rifaccio la fasciatura, prendo un paio di pillole di antidolorifico e mi metto la camicia da notte. Prendo il portatile e vado nella mia stanza. Non riesco a resistere alla tentazione di intrufolarmi nei sistemi dell’Interpol, apro il file di Riez. Mi sale parecchia rabbia nei suoi confronti guardando la foto. C’è una cosa che manca in questo file, ossia la dicitura ‘indagato per l’omicidio di Hisashi Zenigata’…a me basterebbe anche solo che sospettino di lui. E pensare che il significato del nome di mio padre è “che vive a lungo”, sembra una presa in giro da parte del destino. In un attimo passo dalla rabbia alla nostalgia. Mi ritornano in mente quelle volte in cui lo zio Koichi veniva a trovarci a New York. A volte prendeva affettuosamente in giro papà perché era il fratello minore. Eravamo un trio inseparabile, sono convinta che se avessimo collaborato tutti insieme ad un caso avremmo fatto scintille. Ho lasciato la porta mezza aperta prima, e sono così immersa nei miei pensieri che mi accorgo che Jigen è entrato solo quando sento la sua voce.

“Stai facendo ricerche sull’assassino di tuo padre, non è vero?”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Hai gli occhi lucidi” spengo il portatile e lo lascio sul comodino con un sospiro disperato. Respiro profondamente, cercando di non piangere. Si siede accanto a me, istintivamente gli appoggio la fronte al petto, avrei preferito che non mi vedesse così demoralizzata. Sento il tocco leggero delle sue dita fra i capelli. “Se trovo quel bastardo giuro che lo ammazzo”

“A meno che non lo trovo prima io” riesce a strapparmi un sorrido “E poi ho in mente una vendetta completamente diversa. Preferisco che venga arrestato, e lo stesso vale per Gavez. Per quella gente finire in galera non solo è una seccatura, ma è anche un’umiliazione, e non c’è modo migliore per vendicarsi, farli fuori è troppo poco per me”

“Ti va se stanotte resto qui?”

Mi limito ad annuire, non sono sicura che riuscirò a dormire visto i bei pensieri che ho per la testa, e sinceramente se devo passare una notte in bianco preferisco non essere da sola. Gli lascio un po’ di spazio, così che possa stendersi accanto a me. Lascio che mi stringa a se, accarezzandomi dolcemente la schiena, proprio come la prima volta che abbiamo dormito insieme. A volte penso che forse, se mio zio sapesse come mi tratta, starebbe più tranquillo. Magari è il caso di farglielo sapere. Sto così bene fa le braccia di Jigen che pian piano la mia mente abbandona quei pensieri di vendetta, mi sento protetta e sento che non sono sola ad affrontare tutto questo. Mi concentro su questi pensieri positivi e mi addormento pian piano.

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Angolo autrice

Ok, in questo capitolo doveva essere compresa anche un'altra parte ma...ci sto mettendo un po' più del prvisto per scriverla, anche se forse srebbe rimasta nel prossimo capitolo comunque...non importa. Credo che questa stesura, con una sola grande idea a sostituirne due minori, sia miglire dell'originale che ho scritto un mese e mezzo fa circa. Aprezzo il graduale cambiamento di pensiero di Alexis riguardo all'episodio del Jazz Club, vi dico solo che il prossimo avvenimento sarà strettamente legato a questo mutamento. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Avrebbe dovuto essere il suono della sveglia a ridarmi coscienza. Invece Jigen mi sveglia in una delle maniere più dolci che esistano, dandomi un bacio sulla fronte. C’è odore di tabacco e guardando dalla finestra vedo uno scorcio di una Tokyo soleggiata. Mi tiro su e mi siedo con il cuscino contro la schiena, mi passa una tazza di caffè e uno dei due cupcake al cioccolato che ha portato per me. Credo che non esista un modo migliore per iniziare la giornata. L’inebriante profumo di caffè e il cioccolato fondente mi svegliano a dovere, come si fa a non essere di buon umore in un momento come questo? E’ stata una cosa tenerissima. Sto bevendo un po’ di caffè quando Lupin piomba all’improvviso nella mia stanza, facendomi spaventare. Lo so, sono molto tranquilla.

“Stanotte voglio dormire. Quindi se dovete fare rumore” e qui ci fa un occhiolino, ma tanto avevo già capito cosa voleva dire “Queste sono le chiavi di un motel qui vicino”

Le tira a Jigen, che le prende la volo. Io intanto sono nell’imbarazzo più totale “E come mai hai queste frequentazioni?”

“Diversamente da te ho molte ammiratrici”

“Sarebbe più logico che fosse il contrario…ma ok” appena mi rendo conto di ciò che ho detto vorrei sparire, così mi limito a mangiarmi un cupcake. Jigen fa un sorriso bastardo e soddisfatto mentre Lupin se ne va. Si fa girare le chiavi fra le dita per un momento, poi le mette nella tasca interna della giacca. “M-ma te le tieni pure?”

“Per vedere tutte le mie cicatrici ci vuole un po’ di privacy”

Mi blocco per un momento con la tazza da caffè fra le mani mentre arrossisco leggermente. Ancora non posso credere di essere con loro a Tokyo, scenario di tanti ricordi felici con mio zio. Una piccola parte dei miei demoni legati ai miei primi giorni qui cercano di risalire dalle viscere della mia mente e del mio cuore, tentando di portare con loro la sensazione di abbandono che mi ha lasciato mia madre sparendo nel nulla. Mi ha distrutta e a volte, anche dopo vent’anni, crea ancora problemi. Mi scrollo di dosso questi ricordi, non voglio eliminare il buon umore con cui mi sono svegliata, devo essere positiva. A volte sono ancora stupita dal modo con cui Jigen si è affezionato a me, senza nemmeno conoscermi, semplicemente capendomi. Queste non sono cose che accadono per caso, per questo devo sbrigarmi e trovare un modo appropriato per dirgli che sono dell’Interpol, ovviamente senza omettere il fatto che il prima possibile darò le dimissioni. Mi prendo una pausa da questo pensiero, mi sale l’ansia. Ora che ci faccio caso non ho ancora tolto l’anello…e non credo che lo farò mai. Non so se lo voglio tenere per la sua semplicità stupenda o per ciò che in maniera contorta mi rappresenta. Passo buona parte della giornata in maniera tranquilla, facendo ricerche e ottenendo accessi a schemi di sorveglianza protetti, prendendomi qualche pausa di tanto in tanto per continuare Citta’ Di Ossa. Appena mi fermo mi viene in mente mio zio. E’ il mio secondo padre, è un pezzo importante della mia vita, non posso ignorare questa cosa. Quando eravamo ancora a New York avevo promesso a me stessa che avrei provato a mettermi nei suoi panni. Come avrei reagito se avessi visto la nipote che considero come una figlia in piena notte in un locale a bere scotch con un criminale che poi ha finito per baciare? La sua reazione è stata più che legittima…era semplicemente preoccupato per me, e lo capisco solo ad una settimana di distanza. Sarà stato in pensiero non sentendomi più. Voglio rimediare alle mie dure parole, senza però nascondergli la verità, spero che possa capirmi. Devo farlo, anche se ho paura. Just because it burns dosen’t mean you’re gonna die, you gotta get un and try. E’ per questa parte del ritornello che amo Try di Pink. Mi decido e vado da Jigen, che è in soggiorno con Lupin e Goemon.

“Ti dispiace farmi un folle favore?”

“No, non è un problema, ma perché lo definisci folle?”

“Stasera potresti accompagnarmi in commissariato?”

“Vuoi farti arrestare per caso!?” Lupin sta sicuramente pensando che sono completamente matta

“Lo so che può sembrare strano, ma non sono stata vista con voi l’altra sera, e la nostra fuga di New York non basta per farmi arrestare. Devo risolvere le cose con mio zio, o ne esco pazza”

Sono sollevata vedendo che Jigen mi sorride dolcemente, e in realtà mi sto anche sciogliendo “Per le dieci va bene?”

Divento preda dell’euforia e gli butto le braccia al collo “Sono così felice che ti sposerei sul serio” quando mi rendo conto di cosa ho detto è troppo tardi per fermarmi

“Bhe, non sarebbe male”

“Allora chiedimelo”

“E perdermi il divertimento di chiedertelo quando meno te l’aspetti e vederti impazzire? Mai”

Sorrido, divertita da ciò che ha detto “Grazie, sei così dolce anche se praticamente non mi conosci”

Non vorrei dire una stupidaggine, ma forse è arrossito leggermente. Non mi spiego il perché, ma la cosa mi intenerisce un po’ “Comunque, che ti piaccia o no, ti aspetterò davanti al commissariato. Se cercano di arrestarti voglio poter essere sicuro di accorgermene, non puoi ancora sparare nelle tue condizioni”

Sto da sola nella mia stanza a distendere i nervi fino all’ora di cena. Non era previsto, ma io e Jigen andremo a cena fuori. Niente di particolare, sarà una cosa molto easy, ma per quel che mi riguarda va benissimo, sono molto alla mano. Me ne sto con le cuffie alle orecchie a darmi grinta con della buona musica, da 45 ad I’ll Follow You, entrambe degli Shinedow, passo anche a Broken Glass dei Three Days Grace ed ad altre canzoni sul genere delle precedenti. Devo scegliere bene i miei argomenti e la maniera con cui esporli. Infondo voglio solo fargli capire che sto bene, voglio solo cancellare la sua preoccupazione, sperando che questo mio gesto sia abbastanza per rimediare al fatto che manderò in malora una missione sotto copertura di grande importanza. Sa quanto sono orgogliosa, scusarmi non è esattamente da me, anche quando sono in torto marcio. Lo faccio solo quando tengo in maniera esponenziale alla persona con cui ho litigato. Non solo deve capire che anche lui ha un po’ esagerato, ma deve capire quanto mi pento di avergli detto che sto per odiarlo. E’ una cosa tremenda da dire, ma quando non è nemmeno vera lo è anche di più. E per qualcuno che darebbe la vita per te è come una coltellata al cuore. Sono stata capace di dire una cosa così meschina ad una persona così importante, e poi mi chiedono perché mi credo pessima. Lascio vagare la mia mente fino alle sette e mezza, quando raggiungo Jigen. Non prendiamo la macchina, preferiamo fare un giro a piedi per Tokyo. Di questa città mi sono mancate tantissimo le fumetterie, soprattutto quelle più piccole, dove oltre le distese di manga c’era ben poco. Insieme alle librerie erano il mio paradiso, ero capace di venire in centro e passare il pomeriggio intero entrando in ogni fumetteria e in ogni libreria spendendo buona parte dei miei risparmi. I manga in lingua originale hanno qualcosa in più. Qualcuno dice che la patria è dove ci si sente a casa, io davvero non so dire se la mia patria sia New York o Tokyo, non riesco a scegliere. Sia gli Stati Uniti che il Giappone mi affascinano, anche se le tradizioni di questi due paesi sono completamente diverse. A questo punto, viste le mie considerazioni, credo di avere due patrie. Soddisfo la mia voglia di sushi, cerco di riabituarmi agli Yen comprando un manga e appena sono pronta ci avviamo verso il commissariato. Non ho un ricordo nitido del tragitto per arrivarci, e quando mi ci ritrovo davanti l’ansia che avrei accumulato pian piano camminando scoppia all’improvviso. Cuore che batte a mille, nodo in gola, una leggera iperventilazione…ho i nervi a fior di pelle. Prendo un bel respiro profondo ed entro, chiedendo subito di mio zio, che è nel suo ufficio. Sembra che l’intero commissariato abbia visto un fantasma. Quando entro lo zio ha lo sguardo fisso fuori dalla finestra del suo ufficio.

“Tutto bene paparino?” era da tanto che non lo chiamavo così, lo facevo sempre.

Il fatto che mi sia venuto naturale farlo di nuovo gli strappa un leggero sorriso “Jigen mi sembra stranamente nervoso, è sempre così impassibile”

Ora sono io a sorridere leggermente, dando anche io un’occhiata “Credo sia in pensiero per l’esito di questo dialogo, se dovesse andare male forse si sentirebbe in colpa. Non ne avrebbe motivo, ma sono dettagli” raccolgo in me tutta la calma prima di arrivare al sodo “Mi dispiace per quello che ho detto quella sera. Non era ciò che pensavo, odio la mia maledetta impulsività. Certo, anche tu ci hai messo del tuo ma…non avevo il diritto di comportarmi così, eri solo preoccupato per me”

“Non preoccuparti, ti conosco abbastanza per capire quando ciò che dici non equivale a ciò che pensi. Comunque hai ragione, abbiamo esagerato entrambi”

“So che non ti farà piacere ma…prima o poi darò le dimissioni, non subito però, mi sembra ancora un po’ azzardato”

“Jigen sa dell’Interpol?”

Abbasso lo sguardo, sconsolata “No…e non so come dirglielo per non farmi odiare”

“Bhe, di sicuro una relazione non si può basare su delle menzogne. E non devi indorare la pillola. Tu hai accettato il suo passato da criminale, assassino anche se non per sua volontà e ladro e sei disposta a lasciare l’Interpol per stare insieme a lui. Lui, se ti ama veramente, accetterà che eri, o sei, un’agente dell’Interpol. Di certo il tuo passato è più facile da accettare del suo. E se non accetterà vorrà dire che non è quello giusto, che prima o poi troverai qualcuno che ti ama sul serio. Sperando che, non so, faccia il pizzaiolo. Almeno, tranne che in alcuni ristoranti chic, un pizzaiolo non è un ladro” rimane in silenzio per un momento, e davvero non so come interpretare la cosa “State già insieme ufficialmente?”

Distolgo per un momento lo sguardo e lo rivolgo alla scrivania di mio zio, incasinata come sempre “Non ancora, almeno fino a che non do le dimissioni e gli dico la verità non tirerò in ballo quest’argomento…”

“Hei Jigen, vieni nel mio ufficio altrimenti ti ammanetto quei tuoi maledetti polsi da tiratore scelto e ti sbatto in galera!”

Quando mi giro verso mio zio lo vedo sporgersi leggermente furi dalla finestra aperta. Anche da qui riesco a vedere quanto Jigen sia perplesso, mentre io non riesco a trattenere le risate “Ti avrà sentito mezza Tokyo, questo lo sai vero?” intanto faccio un leggero segno di approvazione a Jigen, come per dirgli che non c’è problema, per quel che ne sa lui potrebbe essere anche una trappola per arrestarlo sul serio.

Quando arriva gli lascia a malapena il tempo di entrare e comincia a parlare “Se la tocchi, le gridi addosso, se anche solo avrai un pensiero cattivo o malsano riguardo a mia figl…nipote giuro su Dio, sul mio onore da poliziotto, sulla mia vita e sulla sua che ti troverò ovunque tu vada e ti pentirai di essere nato per quante te ne darò”

“Infondo mi conosci, sai benissimo che non farei mai una cosa del genere”

“Infondo mi conosci, sai benissimo che se lo farai io farò ciò che ho detto prima. Comunque spero che Alexis non debba farti quel discorso”

Rimango stupita per un momento “Quale discorso?”

“QUEL discorso”

Capisco a cosa si riferisce e arrossisco, è il classico discorso che si fa ai propri figli dopo che compiono sedici o diciassette anni “No…tranquillo, so di QUEL discorso”

“Allora avete la mia benedizione…a questi termini. E poi sarà bello darti la caccia figl…nipote mia”

Lo abbraccio come non facevo da troppo tempo “Bhe, sarà bello darti filo da torcere paparino…sono fiera di te” Non so se mi è capitato di commuovermi così tanto, credo di avere gli occhi lucidi in questo momento.

Esco con il cuore più leggero e pieno di gioia. E’ andata fantasticamente, molto meglio di quello che mi aspettavo. Sono contenta che accetti la cosa, questo è lo zio Koichi che conosco. Sono sempre stata fiera di lui, ma non gliel’ho mai detto. E’ uno dei miei esempi di vita. La sua determinazione è anche la mia, lotta per ciò che crede giusto, ed è quello che cerco di fare sempre anche io. E’ da lui che ho imparato a non arrendermi mai, anche se le cose si fanno difficili. Anche se tutto sembra contro di te non devi mai gettare la spugna, non ci si guarda indietro. Ecco cosa mi ha trasmesso in questi venti, lunghi e difficili anni. Gli sarò sempre grata per tutto ciò che ha fatto per me. Mentre torniamo verso quella che ormai posso definire casa però ho come uno strano presentimento, come se una parte di me sapesse che sta per accadere qualcosa di terribile. Per un momento mi sembra quasi di essere osservata, di essere seguita. Certo, è assurdo da dire mentre si cammina per il centro di una città ma…è così. La cosa diventa più forte e spaventosa quando lasciamo il centro e siamo a circa dieci minuti dal nostro ‘quartier generale’, sento dei passi poco più avanti rispetto a noi, nel vicolo parallelo al nostro. Ho i nervi a fior di pelle, e anche se so che non posso sparare in un attimo la mia mano scatta istintivamente, stringendo l’impugnatura della mia magnum. Sentiamo una risata agghiacciante, da pelle d’oca. Subito dopo ci troviamo davanti Esteban Riez, con la sua maledetta Ruger Super-Blackhawk ben stretta, pronto a sparare. Istintivamente faccio un passo indietro. Vorrei affrontarlo, ma ancora non sono pronta per farlo. Non conosco i suoi punti deboli, non so come impedirgli di usare i suoi trucchetti su di me, e in più non posso sparare. Non avrei mai voluto che credesse che lo temo, ma sono terrorizzata.

“Vedo che non hai il coraggio di affrontarmi, sarebbe una scelta saggia, ma credi che quest’idiota riuscirà a salvarti la vita” di nuovo quella risata agghiacciante, di nuovo la pelle d’oca “Credo che tuo padre sarà contento di rivedere la sua niña dopo tutto questo tempo. Quando esalerai il tuo ultimo respiro pensa al dolore che proverà Jigen e a come ne porrò fine, con la stessa pistola con cui ucciderò anche te”

“Se vuoi fare un’indigestione di piombo allora accomodati pure”

Spara due colpi. Uno a Jigen, così che venga destabilizzato per un momento per evitarlo e per rallentarlo quanto gli basta per fare in modo che non riesca a rispondere al fuoco immediatamente, così che possa sparare anche a me. Mi prende di striscio alla giugolare, a quanto pare sembra una cosa voluta, tanto per provocare Jigen “La prossima volta che la colpirò raggiungerà suo padre”

So che Jigen vorrebbe che scappassi, che mi mettessi al sicuro lontana da qui, ma non ci riesco. Mi riparo, seguendo lo sconto a fuoco. Un grande tiratore e un gran bastardo, uno contro l’altro. Uno scontro ad armi quasi pari, se non fosse che Riez è un bastardo senza gloria, che senza i suoi maledetti trucchetti non sa vincere. Partono due caricatori a testa, sono minuti in cui ho l’ansia alle stelle. Riez se ne inventa una nuova ogni giorno, per questo è un avversario così imprevedibile. Jigen riesce a prenderlo di striscio al braccio, il messicano fa credere di non poter più sparare. Nel momento in cui Jigen si avvicina a me Riez cerca di spararmi. Dico cerca perché Jigen se ne rende conto, e per impedire che arrivi a me viene colpito lui al posto mio, al ventre. La pallottola non ha intercettato organi vitali, ma l’emorragia potrebbe essere potenzialmente mortale. Sta per dare il colpo di grazia, ma non ha tenuto conto della mia rabbia e del mio istinto. Anche se la spalla ancora non potrebbe permettermelo ricarico velocemente la mia magnum e gli sparo due colpi nella spalla destra, riesce a evitare gli altri quattro. Avrei preferito colpirlo, magari farlo fuori, ma il fatto che si sia levato di torno è comunque apprezzabile. Devo avere l’adrenalina a mille, altrimenti sentirei un dolore molto più forte alla spalla. Jigen è già semi-incosciente, e la cosa non mi rallegra affatto. Cerco di reprimere il mio dannatissimo panico, si può dire che entro in contatto con il medico che c’è in me, una parte di me in realtà non ha mai lasciato il camice bianco e la lucidità di cui c’è bisogno per esercitare. Come ho già detto prima ci vogliono dieci minuti a piedi per arrivare nel nostro nascondiglio, e per i miei gusti sono già troppi. Ma ho una fortuna sfacciata: non so dove fosse, ma Lupin ha sentito gli spari, e per una volta ringrazio la sua curiosità che mai lo abbandona. Accosta la 500 sul ciglio della strada, il fatto che non abbia preso la decapottabile è un’aggiunta alla mia fortuna. E’ nella 500 che abbiamo lasciato un kit di pronto soccorso. Dopo che mi hanno sparato hanno saputo che ho studiato medicina, a causa di alcuni termini tecnici che ho usato per tranquillizzare Jigen in un leggero momento di crisi della mia spalla. Così mi hanno chiesto se oltre a occuparmi di computer potessi anche occuparmi in caso di bisogno di ferite più complicate, da professionista. Non ho resistito alla tentazione e così ho accettato, e mi sono procurata buona parte dei ferri del mestiere. Ho tutto il materiale per i punti di sutura, un paio di misure di bisturi, pinze…perfino anestesia, morfina, adrenalina e un piccolo defibrillatore; si, ho fatto le cose un po’ in grande, anche se in realtà mi manca un aspiratore. Tutto questo nella 500. Certo, non posso cominciare ad incidere, ma posso cominciare a rallentare l’emorragia senza alcun problema, e questo mi rassicura parecchio. Quando siamo in auto Lupin mi chiede cos’è successo, ma sono troppo occupata a cercare di rimanere professionale per spiegare. La cosa più sbagliata che un medico possa fare è curare in casi di emergenza una persona a cui tiene, è la cosa che ho cercato di evitare in tutti questi anni, è sempre stato uno dei miei incubi. A quanto pare è arrivato il momento di affrontare questa mia paura. Anche se so bene che Jigen è un osso duro e ci vuole ben altro per ucciderlo sono ovviamente preoccupatissima, è inevitabile, si tratta dell’uomo che amo e che si è procurato una ferita di una certa gravità per salvarmi la vita. Avrà una cicatrice per causa mia, perché forse, se me ne fossi andata, tutto questo non sarebbe successo. Lascio i sensi di colpa per dopo, siamo arrivati. Ignoro anche le domande di Goemon e quando sono pronta, dopo che l’anestesia ha fatto effetto, comincio ad incidere. Non ho mai operato senza anestesia, e di certo questa non sarà la mia prima volta. Non si sono presentate complicazioni particolari, non ci ho messo più tempo rispetto alla routine (perché se fosse stato il contrario sarebbe stato un brutto segno), eppure dopo che ho finito scoppio a piangere, così all’improvviso. Tutti i cattivi pensieri riguardo a quello che è successo si stanno impadronendo di me, buttando all’aria i bei momenti passati poco prima. Tra l’altro ho spaventato i ragazzi, che vedendomi così hanno subito pensato al peggio, ma grazie al cielo si tratta solo di me che non so sempre gestire le mie emozioni.

“Sta tranquilla, ha affrontato cose peggiori di questa senza alcun problema. A volte sarà anche spericolato, ma almeno se lo può permettere”

“Lo so, infatti non è questo il mio principale problema ora…è colpa mia” racconto quello che è successo, e mi convinco sempre di più che se lo avessi ascoltato forse tutto questo non sarebbe successo “Mi ha detto di scappare, e invece sono rimasta lì come un’idiota”

“Anche se lo avessi ascoltato Riez gli avrebbe sparato lo stesso, e poi lo avrebbe ucciso. Invece facendo di testa tua hai salvato la persona che ami. Hai adempito al compito di ogni buon samurai, quello di proteggere il prossimo e lo hai fatto nonostante la spalla e questo ti fa onore, il fatto che Jigen sia stato ferito non deve farti sentire in colpa”

Lupin e Goemon ovviamente hanno modi diversi per farlo, ma sono riusciti a tirarmi un po’ su “Goemon ha ragione, se non fosse stato per te forse non sarebbe qui. In più hai gestito bene la situazione nonostante il tuo grande coinvolgimento emotivo…perché ammettilo, hai perso completamente la testa per lui” per un momento mi lancia uno sguardo malizioso, ma poi riprende da dove si era interrotto “Hai avuto molta forza d’animo, ma ora devi rilassarti un po’, ti aiuteremo noi, infondo siamo una squadra”

Mi asciugo le lacrime e prendo un bel respiro “Avete ragione, poteva andare molto peggio, quindi morale su e un bel sorriso”

In realtà mi sento ancora in colpa, ma ora gestirò la cosa con forza invece che con debolezza. Non riesco a dormire, così mi ritrovo a vagare con la mente, chiedendomi come sarà il mio futuro. Non so perché me lo sto chiedendo ma…chissà se mi sposerò. Non ho mai pensato al matrimonio nella mia vita, è un’opzione che non ho mai preso in considerazione. Non so come mai ora mi trovo a valutarla, forse perché per la prima volta nella mia vita sento che questa è una storia seria. Quelle precedenti sono finite, a volte per dei brutti motivi, e anche se sono state abbastanza felici non ho mai pensato ad un matrimonio. Ho sempre creduto che fosse qualcosa che non fa per me. Ora invece sto pensando l’esatto contrario. Certo, non arriverò mai a dire ‘devo sposarmi ad ogni costo’, ma se Jigen me lo proponesse non esiterei a dire di sì. Lo so che forse sono pensieri affrettati dopo così poco tempo, ma che c’è di male a fantasticare un po’ ogni tanto? L’unico modo che ho per stare sveglia è ascoltarmi della musica. Già, prima o poi deve pur risvegliarsi dall’anestesia, e accadrà in piena notte, quindi non dormirò fino a quel momento. Ho lo sguardo perso a guardare fuori dalla finestra e ogni tanto lo poso di nuovo su di lui per assicurarmi che stia bene. Ora che ci penso è esattamente ciò che lui ha fatto per me, ora siamo davvero pari. E’ quasi inconscia la cosa, ma gli scosto una leggera ciocca di capelli dall’occhio. Mi cade lo sguardo sulla fasciatura e mi saltano alla mente ricordi del tirocinio. Il mio mentore mi ha sempre definita professionale, razionale e fredda, ma empatica nei momenti giusti e nella giusta dose. Diceva che avevo una capacità unica a rimanere distaccata senza soffocare l’empatia. Allora come mai non ci sono riuscita ora? Infondo la mia presenza nella banda è per lavoro, la mia è una missione sotto copertura. Anche ora sarebbe stato utile rimanere distaccata, e invece eccomi qui, a considerare Lupin e Goemon come fratelli maggiori. Già, il mio coinvolgimento emotivo non è legato solo a Jigen. Per me sono come una famiglia ormai. Sono così assorta e immersa nei testi delle canzoni che mi accorgo del fatto che è sveglio solo quando sento la sua mano sfiorarmi il collo e un leggero bruciore.

“Avresti dovuto medicarti, non dovevi pensare solo a me”

“Jigen avresti potuto morire, e non avrei potuto sopportarlo, anche perché sarebbe stata tutta colpa mia…e poi mi ero dimenticata della ferita se devo essere sincera”

“Sai, una persona a cui tengo molto mi ha detto di non sentirmi in colpa per qualcosa che non potevo evitare”

Abbasso lo sguardo, leggermente demoralizzata “Non faccio altro che creare o portare guai. Il fatto che Riez mi voglia uccidere ne porterà molti sia a te che ai ragazzi, non era questo che volevo quando mi sono unita a voi”

“Siamo abituati a gente che fa di tutto per uccidere qualcuno di noi, è così praticamente per ogni colpo” faccio caso solo ora al fatto che ho lasciato qui le fasciature e tutto il resto, Jigen approfitta di questa mia dimenticanza e comincia ad occuparsi della mia ferita “E’ una domanda che tengo per me da un po’…perché ti sei unita a noi? Potevi continuare a vivere onestamente proseguendo la tua carriera da caporeparto, e invece eccoti qui, a collaborare con un ladro di fama mondiale. Fra un po’ verrai schedata e da quello che dici non ti riassumerebbero mai con dei precedenti penali. Dev’esserci un motivo per voler cambiare così radicalmente la propria vita”

Per un momento ho come una fitta allo stomaco, non mi aspettavo una domanda del genere. Potrebbe essere una buona occasione per dire la verità, ma ancora non so come dirglielo. Tiro fuori dal profondo di me stessa i motivi che mi hanno portato a decidere di lasciare l’Interpol, tutti i motivi“In realtà non lo so con certezza. Forse la storia dei miei nonni mi ha condizionato, forse in me c’è una parte di mia nonna e del suo lato criminale. Forse volevo solo allontanare da me ricordi, luoghi e persone che non fanno altro che farmi male, o forse volevo solo provare un nuovo punto di vista. Sono tutti questi forse che mi hanno fatto esitare per un breve momento, nei miei primi giorni con voi”

“E cosa ti ha spinto a rimanere?”

“Credo che dipenda tutto dal fatto che mi sono trovata bene con voi” non capisco perché, ma esito un attimo prima di concludere la frase“In modo particolare con te”

Mi perdo nei suoi occhi, fissi sui miei. Porta una mano al mio viso, accarezzandomi lievemente la guancia, ho i brividi per tutto il corpo. Si avvicina e mi bacia con una dolcezza che mai nessuno aveva usato prima. Sono travolta solo da questo, la mente si svuota di ogni altro pensiero. Il senso di colpa che in parte ho ancora in me, quel briciolo di paura per ciò che Riez potrebbe fare…tutto svanisce per lasciare spazio alla positività e al benessere che tutto questo mi porta. Credo di aver davvero trovato la mia persona, credevo che non ce l’avrei mai fatta. Nessuno mi ha mai fatta sentire così. Dopo aver finito di medicarmi cerco di addormentarmi, come sempre fra le sue braccia. Sono le tre di notte e ancora non ho chiuso occhio. Cerco di allontanare da me i pensieri sul da farsi. Ora che Riez sa che sono a Tokyo e sa con chi sono devo escogitare qualcosa per non mettere a repentaglio né la mia vita né quella dei ragazzi. Se mi mettessi a pensarci adesso non chiuderei occhio e domani mattina non riuscirei a rendermi utile come vorrei, e poi sono un po’ troppo stanca per avere delle buone idee. 

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Angolo autrice

Lo so, sono passate due settimane da quando ho aggiornato l'ultima volta, chiedo scusa per essermi fatta attendere. La mia ispirazione era evaporata (?) senza un motivo preciso, o forse il motivo c'era, ed era legato al fatto che in questi giorni ho avuto degli alti e bassi. Niente di grave, un po' d'ansia da esami di riparazione e cose del genere, ma ora sono di nuovo in pista. Ora che ci penso l'idea che ho avuto di Riez che rompe le uova del paniere così presto è stata davvero crudele...ma ok, forse è stata anche geniale a suo modo. Come al solito spero che vi possa piacere anche questo capitolo. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Mi sveglio molto presto, agitata da alcuni pensieri turbolenti che si sono presentati sotto forma di sogni sconnessi e poco sensati. Sono le sette e mezza (sì, per me è troppo presto), ho dormito solo quattro ore e mezza e devo iniziare un lavoro di hackeraggio non molto semplice, non potrebbe andare meglio. Anche se non è ancora suonata spengo la sveglia, così che almeno Jigen possa dormire quanto vuole. Ora che ci penso non credo nemmeno che starà tanto tranquillo quando si sveglierà, sarà complicato convincerlo a prendersi una pausa. Deve almeno lasciare il tempo alla ferita di cicatrizzarsi un po’, così che poi possa toglierli i punti e allora potrà combinare più o meno tutti i guai che vuole…dico più o meno perché sa benissimo che se mi fa preoccupare divento nervosa e quasi intrattabile, in parte perfino con lui. Appena avrà capito come affrontare Riez, e conoscendolo non gli ci vorrà molto, farà di tutto pur di trovarlo. So benissimo che non sopporta l’idea che quel povero pazzo mi voglia morta, so che è così preoccupato da volermi lasciare sola il meno possibile, anche se posso difendermi senza problemi. Per questo credo che non vorrà prendersela comoda almeno per qualche giorno, e se non lo convinco sono certa che farà saltare i punti combinandone una delle sue. Perché dovevo innamorarmi di un uomo così complicato? Ma infondo è inutile che parlo così, non ce la faccio ad arrabbiarmi con lui. L’unico oltre me che è già sveglio è Goemon, e la cosa non mi sorprende affatto. Mi faccio una cioccolata calda e mi prendo mezz’ora per svegliarmi sul serio. Il prossimo colpo sarà a Chicago, prenderemo una memory card (che sarà ovviamente protetta, ma dov’è il problema?) da una cassaforte della più grande banca della città per poi arrivare al tesoro grazie alle indicazioni contenute in essa. Come al solito devo innanzitutto arrivare allo schema di sicurezza e poi trovare il modo di neutralizzarlo. E’ questo il problema: ho sentito dire che non è per niente facile e che sia un lavoro lungo, alcune voi dicono anche che l’intero sistema di sicurezza della banca sia criptato. Il fatto che mi serva mezz’ora prima di arrivare alla mappatura del sistema di sicurezza è già un brutto segnale. Parte un’altra mezz’ora prima che riesca a capire la successione delle disattivazioni. Se si sceglie di disattivare per prima la misura di sicurezza sbagliata il pc verrà rintracciato e schedato dal sistema, impedendo così di poterci rientrare da quel dispositivo e l’unico modo che esiste per aggirare la cosa senza dover prendere un nuovo computer ci rallenterebbe troppo. Arrivo a disattivare momentaneamente metà del sistema quando sia Lupin sia Jigen sono svegli, sono due ore che sono sveglia e ho fatto molti meno progressi del previsto. Devo abbandonare per un momento il mio lavoro, ma non per una piacevole pausa.

“Bhe, io allora vado a cercare Riez”

E’ ancora più sconsiderato di quanto pensassi “Scordatelo. Ti ha già sparato una volta e per poco non ti ha mandato all’altro mondo, e poi non hai ancora capito come diavolo ragiona. Anche se lo trovassi mi spieghi poi che diavolo fai? Vuoi renderti utile? Bene, ma non far saltare quei maledetti punti”

“Non mi importa dei punti. Ha cercato di separarci. Di ucciderti. Quel bastardo deve pagare ogni singolo infarto che mi ha fatto prendere mentre cercava di ucciderti. Scusa, quando toccano le persone che per me sono tutto divento vendicativo”

Non posso negare che le sue parole abbiano fatto effetto su di me, ma cerco di rimanere irremovibile e convinta “Bene. Se osi solo muovere un muscolo o una parte del tuo corpo giuro che ti rifaccio i punti senza anestesia locale e farò in modo di non centrare subito la ferita”

Non so cosa gli faccia cambiare idea, forse il mio sguardo fra l’incazzato è il preoccupato, a volte non lo capisco “Ok dottoressa, non farò idiozie. Posso almeno muovere la bocca e baciarti?”

Ricordo solo ora che Lupin è qui. Non rispondo e torno a lavorare sul computer. Noto dal riflesso sullo schermo che sono abbondantemente arrossita. Smetto di farci caso e cerco di concentrarmi di nuovo sull’ordine delle disattivazioni. Quando arrivo al primo sistema di protezione della cassaforte mi rendo conto che verremo rallentati “Maledizione”

Lupin dà un’occhiata da lontano “Problemi col sistema di sicurezza?”

“Già, i sistemi della protezione intorno alla cassaforte non hanno un preciso ordine di disattivazione da seguire, ma in compenso si possono disattivare solo dai computer di controllo della banca, gestiti dai sorveglianti”

“Quindi questo significa che dovrai esserci anche tu e che il nostro piano di disattivazione a distanza salta completamente. Verrai schedata prima del previsto” Non riesco a capire cosa ci sia dietro a quella leggera amarezza nella voce di Jigen in questa sua ultima considerazione

“Bhe questo non è detto. Dovrei andare nella banca prima del colpo e installare un sistema di controllo a distanza, ma per farlo dovrei infiltrarmi fra gli addetti alla sicurezza. Ma di questo passo fa tempo a guarirmi la spalla”

“In ogni caso il nostro piano di controllo a distanza fa comodo ed è più sicuro, anche nell’ipotesi che tu venga con noi. Certo non puoi andare alla banca da sola, ti serve qualcuno che ti copra mentre lavori” Lupin riflette per un breve attimo, e quel sorrisetto che gli si stampa sul viso non mi convince molto “Potrei regalare a te e a Jigen un viaggio di nozze di una settimana a Chicago”

“U-una settimana!? Non ti sembra un po’ troppo? Mi basterebbero due giorni per infiltrarmi e installare il sistema”

“Bhe ho pensato che siete abbastanza affiatati per occuparvi anche di altre questioni che richiedono molta fiducia nella persona con cui si lavora. Per essere breve…vi occuperete di tutti i preparativi per il colpo”

“Aspetta, affiatati? A cos’alludi? Non stiamo insieme…certo sono preoccupata, ma è normale visto che è quasi morto per salvarmi”

“Primo: sotto pressione non sai mentire. Secondo: tutte i tuoi tentativi di negare l’evidenza sono inutili per un semplice motivo”

“Q-quale?”
“Hai ancora la fede al dito” a queste sue parole tocco istintivamente l’anello “Ciò vuol dire che per te è come se foste sposati per davvero. Una settimana mi sembra il minimo che vi posso concedere, ma non preoccuparti, prima o poi farò di meglio”

Gli tiro il cuscino che avevo preso per usarlo come schienale, visto che ero seduta sul davanzale “La prossima volta ti tiro dietro qualcosa di più pesante”

Visto che non posso continuare con l’hackeraggio mi ascolto un po’ di musica da YouTube, mi è venuta una voglia improvvisa di canzoni in versione nightcore. Dopo qualche minuto salgo e vado a mettere a posto le mie cose, cominciando anche a pensare a cosa devo portare con me a Chicago oltre alle munizioni. Prendo dal kit di pronto soccorso quel poco che potrebbe servirmi, il kit intero lo porterà Lupin al suo arrivo. Per quanto riguarda il guardaroba lascio in valigia l’essenziale, porto solo un paio di jeans, ossia quelli che sto indossando ora. Da una delle tasche interne salta fuori uno dei miei ciondoli, quello della Statua della Libertà. L’ironia della sorte vuole che quel ciondolo sia un regalo che mio padre m’ha fatto poco prima di morire. Sembra quasi che abbia scelto il luogo dove soccombere. E’ strano pensare che quel ciondolo abbia vent’anni. Non so cosa mi porta a farlo, forse nostalgia di casa o di mio padre, ma metto la collana. Mi viene improvvisamente voglia di un Manhattan Dry, anche se sono solo le dieci del mattino. Grandioso, sono a Tokyo da un paio di giorno e ho già nostalgia di New York. Nonostante tutti i problemi, nonostante alcuni ricordi spiacevoli, amo la mia città. New York è casa mia, anche se non ho esattamente in me il ritmo frenetico della grande mela. Me la prendo un po’ più comoda, si può dire che sono tendente alla pigrizia. Uno degli esempi lampanti è racchiuso nel fare le valigie: non comincio con largo anticipo (minimo due o tre giorni prima della partenza) per evitare di tirarmi all’ultimo momento, ma per poter fare le cose con più calma. Questo è un difetto che devo correggere al più presto, con il mio nuovo stile di vita potrebbe non essere raro dover partire all’improvviso.

“Sappi che abbiamo l’aereo domani mattina alle sette” Jigen si accorge del ciondolo e mi si avvicina senza distogliere lo sguardo da quella piccola Statua della Libertà

“Giuro che se andremo a vivere insieme a New York ti regalerò un fiore da Central Park ogni sera”

“Togli quel se e sostituiscilo con un quando”

“Quando smetterai di dire a Lupin che non stiamo insieme?” sento come un peso sul cuore.

Non volevo che se la prendesse, volevo solo allontanarmi le battute di Lupin per un po’, ma ora che ci penso il mio piano non avrà successo. Non riesco a godermi a pieno il bacio che segue dopo pochi secondi le sue parole. Lupin sta cercando Jigen, credo per il colpo di Chicago, così rimango sola. Mentre finisco di preparare la valigia più velocemente che posso ho un pensiero fisso nella testa: devo rimediare alla cosa. Non capisco perché in questo periodo continuo a fare piccoli casini. Lo so che forse qualcuno starà pensando che la cosa non è tanto grave, ma ho provato sulla mia pelle cosa voglia dire accumulare piccole delusioni, per un po’ sopporti, ma prima o poi cedi. Non auguro niente del genere a nessuno, tanto meno voglio procurare una sensazione del genere a qualcuno, soprattutto se ci tengo. So anche cosa voglia dire sentire che la persona che ami in realtà non ci tiene a te, per questo faccio molta attenzione a come mi comporto e appena credo di aver fatto qualcosa di poco gradevole ho subito voglia di rimediare. E’ più forte di me, e poi sono stanca di distruggere ogni cosa bella che ho. Già, ma c’è il rischio che accada se continuo a portarmi dentro il mio segreto. Non so cosa mi trattenga dal confessarlo, ho in me una dannata paura che non riesco ad affrontare, mi immobilizza, e la cosa mi dà abbondantemente sui nervi. Cerco di concentrarmi il più possibile sulla valigia e su cosa ancora devo metterci. Me ne sto un po’ da sola fino all’ora di pranzo e poi entro nel sistema di video sorveglianza della banca, per cominciare a studiare l’ambiente e chi ci lavora. Annoto il collocamento dei sorveglianti e alcune cose che possono esserci utili per infiltrarci fra loro. Ho la testa che va per le sue, così alla fine mi ritrovo ad annotare quella che potrebbe essere una tabella di marcia: passeremo la prima giornata fra i sorveglianti e studieremo l’ambiente interno della banca, così da sapere meglio come muoverci durante il colpo. Fra il secondo e il terzo giorno studieremo le migliori vie di fuga dalla banca al nostro nascondiglio, così da averne il maggior numero possibile. Ora che ci penso il furto è già noto a tutti anche se manca una settimana, paparino avrà già fatto preparare un piano d’azione per arrestarci. Questi schemi d’azione vengono sempre scritti prima del giorno di applicazione e vengono di nuovo citati nel rapporto che segue. Attualmente questi passaggi burocratici vengono archiviati digitalmente nel server dell’Interpol. Tecnicamente potrei entrare e violare quel file, così da sapere come agire senza troppe difficoltà, anche se con mio zio è tutto relativo. Questo lavoro di hackeraggio lo tengo per il quarto giorno, non credo che Zazà abbia già un piano sufficientemente efficace, ci riflette molto prima di ufficializzare le sue idee visto quanto ci tiene ad arrestare Lupin. E poi…bhe, rimangono due giorni tutti per noi a quanto pare. So che Jigen ha vissuto diciamo ad intermittenza anche a Chicago, per lavoro. A volte Gavez lo ha mandato come supporto ad alcuni suoi soci in affari, Chicago è la seconda città dopo New York che maggiormente racchiude il suo passato. Chissà se scoprirò qualcosa in più del suo passato in questa occasione. Mi chiedo se anche a Chicago c’è qualcuno che lo vuole morto.
Passo quasi tutto il mio tempo da sola, riposandomi un po’ prima di affrontare un altro lungo viaggio in aereo e una sveglia che suona impazzita verso le cinque e mezza. Ascolto per la maggiore canzoni jazz, a volte con una melodia malinconica. Non so perché continuo a ripensare al nostro primo incontro in assoluto, quello in cui ho fangirlizzato senza contegno per come spara. Il tempo passa, ma sono sempre la stessa. Smetto di fare l’associale solo dopo cena, quando rimango a vedere la Tv con Jigen e Lupin. Non do molta importanza a quello che c’è prima del film, sono parecchio persa nei miei pensieri malinconici. Non so perché ma mi viene in mente quando avevo improvvisamente fame e abitavo con mio zio. Mi diceva sempre di non prendere niente dalla credenza lontano dai pasti troppo spesso. A volte mi capitava che mi venisse fame proprio quando era in cucina. Riuscivo sempre a non farmi sorprendere anche se era molto vicino alla credenza. Quando ormai si accorgeva del mio passaggio era troppo tardi e avevo finito di mangiare ciò che avevo preso. Il tutto finiva con una risata. Già, questa è la nostra normalità. Vengo riportata alla realtà solo dal tocco leggero di Jigen sulla mia spalla. Quando Lupin va un attimo in cucina per prendere i pop corn mi bacia dolcemente il collo, sento il sangue affluire alle guance.

“Devo tenere il broncio e andare a dormire a casa mia oppure posso finalmente baciarti in pubblico?”

“Siamo sposati, ricordi? Una coppia sposata dorme insieme…e poi soffro terribilmente il freddo”

Per una volta tanto me ne frego del fatto che Lupin è nei paraggi e lascio che sia il sentimento piuttosto che la ragione a guidarmi. Lo bacio fregandomene di tutto e di tutti. Quando tutto questo trapelerà ne verranno fuori di tutti i colori, voci, pregiudizi…o sclero o gli ignoro. Francamente la seconda opzione mi sembra la migliore. Non reagisco minimamente quando sento che Lupin sta tornando. A volte è bello essere menefreghisti, può essere utile “Smettetela due secondi di attorcigliare quelle lingue…”
Non so se avesse finito di parlare e francamente non gli interessa, gli tiro dietro il primo cuscino che mi capita a portata di mano “Ti avrei tirato dietro il telecomando, ma quello ci serve”
E anche questo problema è stato risolto. Non so cosa aspettarmi dalla settimana a Chicago che comincerà fra poche ore. Spero che i guai, che sicuramente per un motivo o per l’altro ci tireremo dietro, si presentino il più tardi possibile, così da lasciare il tempo alla ferita di Jigen di rimarginarsi e alla mia spalla di abituarsi di nuovo al contraccolpo che ancora mi provoca abbastanza dolori. La mia poca sopportazione del dolore è detestabile, a quest’ora potrei sparare senza problemi, ma come minimo devo stare tranquilla ancora domani. Già, non riesco a sparare con la sinistra, ho una mira pessima, non chiedetemi perché. Mi addormento praticamente subito, un po’ per la stanchezza che ho addosso e un po’ per la perenne sicurezza che la presenza di Jigen mi offre.

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Angolo autrice

Come al solito chiedo scusa per il mio ritardo, anche se è più leggero di quello dello scorso capitolo. Ho avuto gli esami di riparazione a fine agosto, ho fatto i miracoli per finire i tremiliardi di compiti delle vacanze che i miei carissimi prof mi avevano lasciato *pianifica la sua vendetta da tenere da parte quando si sarà diplomata*, una morte imporvvisa dell'ispirazione (?) e tre giorni fa ho iniziato la scuola...che prospettiva magnifica. Comunque, forse questo capitolo è un po' più breve e meno movimentato degli altri ma...questo è quello che è uscito dalla mia testolina. Rimedierò nel prossimo. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, e possa la buon sorte essere sempre a vostro favore c:

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Resto in stato comatoso a sonnecchiare per circa cinque minuti dopo il suono della sveglia. Alla fine l’abbiamo fissata per le quattro e mezza. Non sto qui a comunicarvi la mia gioia, qualsiasi cosa è più mattiniera di me. Arrivando in cucina noto un post-it sul frigorifero. “Visto che non ho intenzione di alzarmi presto per solidarietà vi auguro buon viaggio. Guarda il lato positivo Alexis, almeno non dovrai scontarti con me per il caffè. Lupin” che ho fatto di male per meritarmi di conoscere uno come lui che a volte prenderei a schiaffi? Non importa, mi aspetta una prima settimana di vivo lavoro nella sua banda, il primo passo verso il cambio di schieramento. Cioè…ormai non è più il primo passo, ma ci siamo capiti. Mi prendo una tazza e mezzo di caffè latte senza mangiare niente, a quest’ora ho lo stomaco chiuso, mi rifarò al bar dell’aeroporto. Dedico altri dieci minuti scarsi al processo di riesumazione dal coma del mio cervello e mi cambio. E poi arriva Jigen, che nonostante l’ora è fresco come una rosa…mentre io sembro uno zombie appena resuscitato che si sta chiedendo che diavolo ci fa ancora ‘in vita’. Non mi spiego come sia possibile questa cosa, ma tralasciamo. Lo so che può sembrare assurdo, ma la prima cosa che faccio quando arriviamo in aeroporto è quella di fiondarmi al bar a prendere una ciambella al cioccolato. Sono fatta così, io e il cibo non abbiamo mai avuto problemi di convivenza. Dopo un’eternità al check-in e controlli vari provo a prendere sonno in aereo, come al solito con risultati più che scarsi. Così finisco per scoprire che Jigen ha vissuto ad intermittenza a Chicago, questo non era scritto nel suo file. A volte Gavez lo mandava, diciamo in ausilio, a lavorare per alcuni boss mafiosi di Chicago che erano suoi alleati. Ci sono state volte in cui ha passato un intero anno nella città che ospiterà il nostro prossimo colpo. Forse il fatto che passeremo una settimana da soli in uno degli scenari che ospita il suo passato farà emergere qualcos’altro che io non so. Se fosse per me e se non avessi pietà lo avrei già tartassato di domande, ma so cosa vuol dire quando la gente cerca di rievocare il tuo passato quando non vorresti saperne più niente. Prima ti innervosisci, ma poi ti ritrovi improvvisamente ad essere più che giù di morale. A questa mia considerazione mi ritrovo a vagare con la mente fino nei meandri più oscuri. Alla parola passato ripenso subito ai miei cari che ho perso a causa del cancro e a mio padre, vittima della crudeltà della malavita. E’ senz’altro per questo che non mi sono specializzata per diventare oncologa. Ma forse avrei potuto scegliere una strada ben diversa da diagnostica. Mi sento stringere all’improvviso la mano. Mi volto verso Jigen. La tesa del cappello lascia appena intravedere uno sguardo preoccupato.

“Qualcosa non va?”

“No, sta tranquillo”

“Non sai mentire, o meglio, non sai mentirmi”

Gli stringo leggermente la mano, presa da un sentimento misto fra il senso di colpa e il pentimento “A volte penso che avrei fatto meglio a scegliere di diventare ricercatrice piuttosto che diagnosta. Forse avrei fatto meglio a fare il percorso adatto per riuscire ad essere inserita nel programma di ricerca contro il cancro. Forse non avrei dovuto trascurare il mio coinvolgimento personale, mi avrebbe dato la giusta grinta visto che ci sono stati ben cinque casi in famiglia. Se davvero ho delle capacità come dici tu, cosa di cui dubito, forse le cose sarebbero diverse, magari avrei potuto lavorare su una particolare teoria che avrebbe portato la ricerca più vicina ad un cura…e invece sono andata a diagnostica, che idiota”

Mi accarezza dolcemente il viso, riuscendo così a farmi dimenticare i miei pensieri negativi “Hai curato una mia ferita mentre flirtavo con te e sei riuscita ad operarmi a sangue freddo e con grande professionalità nonostante il nostro legame, se questo non è avere capacità…e poi hai pur sempre salvato delle vite, nemmeno poche a dire la verità”

E’ solo grazie a lui se recupero il mio buon umore. Mi ero portata un libro da leggere in aereo, ma non lo tiro nemmeno fuori. Passo praticamente tutto il viaggio ascoltando musica jazz insieme a Jigen. Erroneamente mando in riproduzione 45 degli Shinedown. Sto per stoppare la canzone, ma mi ferma dicendomi che vuole capire perché sono così fissata con questo pezzo. Credo che arrivi facilmente alle sue conclusioni attraverso il testo, e forse pensa anche lui che si adatta molto bene al suo passato. Ho l’impressione che questo gli stia riportando alla mente spiacevoli ricordi, per non parlare del fatto che passerà circa una settimana e mezzo in una delle città che racchiude alcune fra le sue esperienze spiacevoli. La cosa mi preoccupa, non vorrei che tutto questo comprometta il suo umore, non voglio che i suoi demoni si ripresentino all’improvviso e in malomodo. E’ devastante quando succede una cosa del genere, perché non sei pronto.
L’atterraggio a Chicago è tranquillo e puntuale. Il volo mi ha stancata un po’, ma ho subito voglia di fare un giro per la città, per cominciare a conoscerla prima di iniziare il lavoro. Ci sono alcune piccole cose che mi ricordano New York, forse i grattacieli in modo particolare, non è male come città, ma niente è come la Grande Mela. Certo, forse sono di parte, ma non posso farci niente, è pur sempre casa mia. Finiamo nel Jazz Club ha frequentato quando ha vissuto qui saltuariamente. Prendo quel maledetto Dry Manhattan che voglio da ieri e finisco improvvisamente a pensare ai giorni di addestramento per entrare nell’Interpol. Ho esasperato il mio insegnante di tiro perché non ne volevo sapere di usare un’automatica. Non sparavo con nessun’altra pistola se non con la magnum che mio padre mi ha lasciato. Ricordo un giorno in cui lo zio Koichi venne a trovarmi all’inizio di una lezione di tiro, arrivò proprio mentre il mio insegnante mi stava rimproverando e continuava a ripetermi che non avrei mai potuto usare un revolver in servizio perché non era sicuro, a causa del fatto che bisogna ricaricare di continuo. Mio zio in quel momento disse che se mi trovavo meglio con una magnum e se riuscivo a ricaricare in fretta avrei potuto benissimo rinunciare all’automatica anche in servizio. Alla fine l’intera classe si fermò, e dopo una lunga discussione dimostrai che riuscivo a rispettare i tempi minimi richiesti dall’addestramento anche avendo da ricaricare così spesso. A dirla tutta ero anche riuscita a battere il record del mio insegnante, sia a livello di punteggio che a livello di tempo. Ancora oggi nessuno in accademia è riuscito a battere il mio record. A volte i giovani agenti vengono da me per chiedermi di aiutarli a migliorare velocità e precisione, ma ho una vita un po’ troppo impegnata per farlo, fra la scientifica e alcune collaborazioni con la squadra omicidi ho sempre da fare. Come se non bastasse le giovani reclute dovranno rassegnarsi ora che ho intenzione di cambiare vita. Se potessi raccontarlo a Jigen direbbe che sono incorreggibile, cercando di nascondere un sorriso estremamente dolce. Ma visto che ancora non ho il coraggio di dirgli che sono un’agente dell’ICPO non posso farlo. So che è malsano continuare a rimandare, eppure non riesco a cancellare questa paura che ho di dirgli la verità. So che più il tempo passa e più cresce il rischio che se la prenda. Quando torniamo in hotel mi addormento quasi subito, ma non è un sonno tranquillo. Ad un certo punto, senza un motivo apparente, mi ritrovo sotto una pioggia incessante. Non capisco se è sogno o realtà, ma non ho un bel presentimento. Compare gradualmente New York intorno a me. Dev’essere sicuramente un sogno, o un incubo. L’atmosfera è quasi opprimente, odio vivere questo tipo di sogni in prima persona. All’improvviso sento la voce di Jigen. Mi giro da ogni parte, ma non lo vedo. Quello che dice poi non è affatto rassicurante, è la mia paura più grande al momento che diventa realtà, o meglio sogno.

“Perché non me lo hai detto prima? Avrei capito e avrei ignorato la cosa, perché è ovvio che ci sia un motivo legato al fatto che non fai rapporto. Ma no, tu hai aspettato che fossi io a scoprirlo da solo. Il problema non è che tu faccia parte dell’Interpol, il problema è che a quanto pare non ti fidi di me come dici, perché se fosse vero saresti stata tu a dirmelo già tempo fa”

Sento improvvisamente freddo e una fitta al petto. Lo cerco di nuovo e quando lo trovo lo vedo allontanarsi verso la Statua della Libertà, non molto nitida a causa delle nuvole e della pioggia fitta. Le lacrime si confondono con le gocce di pioggia. Un attimo dopo l’atmosfera cambia. Sono ai piedi della Statua della Libertà, è notte fonda e il cielo è velato. L’unica luce che c’è è quella dei fari di alcune auto, parcheggiate a formare un mezzo cerchio. Mi avvicino e noto che sono tutte auto nere, tutte uguali. Guardando meglio noto dei sicari, sia a bordo delle vetture che vicino ad esse. Spostando lo sguardo vedo Gavez e Riez da una parte, e di fronte a loro mio padre, ferito, in ginocchio e con i polsi legati. Nessuno sembra accorgersi di me, è come se fossi uno spettro. Sia Gavez che Riez hanno un sorriso odioso e quasi psicopatico stampato in faccia. All’improvviso non vedo più niente, sento solo i colpi di una mitragliatrice. Mi sveglio di scatto, con il fiato troncato a metà da un singhiozzo e alcune lacrime che ormai hanno quasi raggiunto la metà delle guance. Vengo travolta da una crisi irrefrenabile di pianto, una di quelle che mi colpiscono e che mi impediscono di ascoltare le persone e di rispondere a delle loro eventuali domande. In questi casi è come se non potessi ragionare. Quando mi calmo mi trovo con la fronte appoggiata al petto di Jigen e sento le sue dita fra i capelli, non so esattamente quando tutto questo sia successo, non ho sentito nessuna delle sue domande. Ero così concentrata su quell’incubo distruttivo che non mi sono accorta di quello che mi stava succedendo.

“Sta calma, va tutto bene adesso, è tutto finito” Ho pianto così tanto e così violentemente che ho il respiro affannato, la gola dolorante ed è come se mi stessero andando a fuoco gli occhi “Che ti è successo?”

Il suo abbraccio riesce a calmarmi completamente. Rendo di nuovo regolare il mio respiro e poi gli spiego tutto, omettendo ovviamente la prima parte del mio incubo “Erano anni che non mi capitava una cosa del genere. Ho visto tutto, le auto disposte a mezzo cerchio con i fari puntati verso mio padre, Gavez e Riez davanti a lui ad alcuni passi di distanza…e poi tutto si fa poco nitido e l’unica cosa che riesco a sentire è quella dannata mitragliatrice” piangerei ancora se avessi ancora lacrime da versare. A volte è tremendo non potersi sfogare, senti la tristezza che ti corrode, ma non puoi buttala fuori.

Mi stringe più forte a se “Avrai anche perso tuo padre, ma ti prometto che non perderai me”

Mi stringo più forte a lui, un po’ rassicurata e un po’ terrorizzata. Continuerà a pensarlo e a dirlo anche quando gli dirò dell’Interpol? Ce ne stiamo lì, stretti l’uno all’altra, senza parlare per un po’, fino a che non ci addormentiamo di nuovo.
Mi sveglio sentendo la sveglia impazzita e lo scroscio d’acqua della doccia. Non penso subito a ciò che quel rumore comporta. Visto che siamo solo in due in questa stanza d’albergo e mi sono appena svegliata dev’esserci necessariamente Jigen sotto la doccia. Dopo un momento focalizzo meglio la cosa, per poi ritrovarmi a sclerare silenziosamente. Nonostante questo però sono ancora assonnata, perciò rimango stesa ancora un po’. Ho pur sempre avuto uno dei peggiori incubi della mia vita la notte scorsa, e ho alle spalle due lunghi viaggi in aereo distanti poco più di due giorni l’uno dall’altro. Una parte di me sta male ripensandoci, ma l’altra riesce a trovare una ragione per non stare male. Nessuno oltre mio zio era riuscito a farmi riprendere così bene e così in fretta da crisi come quelle. Il primo anno a Tokyo, fra i 15 e i 16 anni, è stato orribile sotto quell’aspetto. Avevo lo stesso incubo ogni sera. Rivedevo ogni notte la morte di mio padre, o meglio il modo in cui il mio cervello se la immaginava. L’unica differenza da allora è che prima vedevo solo Gavez e una figura maschile non identificabile, mentre ora invece di quell’uomo senza identità vedo Riez. Non è facile aiutarmi a affrontare le crisi perché non è facile capirmi. Sono complicata perfino in quello. Se mi si fa domande a raffica in quei momenti non si ottiene niente, anzi, si peggiora quasi le cose. Fino a che la crisi non diminuisce un po’ d’intensità ho bisogno di sentire che non sono sola ad affrontare la cosa. E’ questo il punto chiave. Quando mio padre era vivo non mi capitava spesso, ma lui e lo zio Koichi erano gli unici che riuscivano a darmi il coraggio di andare avanti e sorridere nei momenti difficili. Era incredibile il modo in cui sembravano essere nella mia testa. Fino a poco tempo fa cedevo fossero gli unici, ma ora mi sono ricreduta. Comunque…ho gli occhi socchiusi e lo sguardo perso fuori dalla finestra, a contemplare la bella giornata estiva che c’è fuori. Sentendo la sua voce porto lo sguardo al punto da cui proviene, e rimango praticamente ipnotizzata da ciò che vedo. Se ne sta lì, poco lontano da me, con uno degli asciugamani dell’hotel in vita mentre con un altro si asciuga i capelli.

“Tutto ok?”

“Se non ti metti addosso qualcosa di più di un asciugamano non per molto” appena mi rendo conto di ciò che ho detto arrossisco all’improvviso, anche se non ha molto senso.

Si avvicina e mi bacia. Istintivamente porto la mano vicino alla sua clavicola, sfiorando leggermente alcune cicatrici, ha la pelle ancora umida. Se fosse per me non mi staccherei più “Sicura di volerlo davvero?”

Quello sguardo…mi toglie il respiro ogni volta, come se non bastasse il momento per farmi venire i brividi. Dopo colazione usciamo e cominciamo a lavorare. Fra pochi minuti due guardie cominciano il turno, lo so perché ho spiato la vita della banca infiltrandomi nel sistema di video sorveglianza, controllando le registrazioni del mattino. Al loro arrivo li seguiamo all’interno. Appena ci è possibile addormentarli e legarli senza farci notare agiamo e ci prendiamo le loro uniformi. Teniamo i cappelli bassi, così che riconoscerci sia un po’ meno facile ed entriamo tranquillamente nella sala di controllo. Ci affidiamo di nuovo a del gas soporifero, così che io possa lavorare tranquillamente senza che nessuno riesca a vedere sullo schermo ciò che sto facendo. Jigen mi copre le spalle, rimanendo alla porta. Sul desktop noto il collegamento ad un documento, “Piano di protezione dell’ICPO”. Ovviamente protetto da password, ma è mai stato un problema per me? Salvo lo schema su chiavetta e usciamo indisturbati. Rimaniamo all’interno della banca fino all’ora di pranzo, studiando in prima persona le vie di fuga più convenienti. Da lontano intravedo mio zio, già pronto ad arrestare me i ragazzi ad una settimana di distanza dal colpo. Aumentiamo così la nostra cautela e cerchiamo di aggirarlo il più possibile. Per lui è un gioco da ragazzi riconoscerci. I condotti di aerazione sono abbastanza grandi per il nostro passaggio e in più uno degli sbocchi porta ad un ottima via di fuga fuori dall’edificio. Quando torniamo in hotel ci mettiamo in contatto con Lupin, gli mando lo schema ideato da mio zio e pianifichiamo il modo di contrastarlo. Abbiamo fatto progressi, ci è rimasta addirittura un’ora libera in più. Come al solito andiamo al jazz club. E’ da quando siamo usciti dalla banca che il morale gli è sceso gradualmente, e non so il perché. Se ne sta per le sue, fumando una sigaretta e bevendo bourbon. La cosa mi mette di malumore, non tanto perché è come se non ci fossi, ma perché c’è qualcosa che non va e non so come aiutarlo. E’ più forte di me, quando sta così vorrei sempre poterlo aiutare, perché odio vederlo stare male. Finisco per vagare anche io con la mente, persa nella musica jazz, ipnotizzata dal piano forte. Sorseggio lentamente il mio scotch. Spesso mi ritrovo così, distratta e trasportata dalla musica, non penso a niente di particolare solitamente, però per un motivo o per l’altro le mie emozioni sono abbastanza chiare in questi momenti, soprattutto grazie allo sguardo.

“Stai ancora pensando a ieri notte?”

“Cosa? No, tu piuttosto…stai bene?”

“Se ti dicessi di sì in parte mentirei”

“Che vuoi dire?”

“Bhe, non posso dire di stare male perché saremo solo noi due per un’intera settimana, ma c’è qualche mio vecchio demone che vaga per la mia testa” il suo sguardo va dritto ad uno dei tavoli all’angolo del locale, vicino al palco “Vedi quei due tipi là in fondo? Anche se non sembra sono armati fino ai denti. Sono i migliori tiratori della città…in passato ho dovuto collaborare con loro quando Gavez mi mandava occasionalmente a Chicago” non dico una parola, ma il mio umore cambia, mischiando la preoccupazione alla curiosità “So benissimo che vorresti sapere qualcosa in più sul mio passato, che non ti basta apprenderlo dalle voci che girano sul mio conto”

“N-non devi sentirti obbligato a parlarne”

“Quello che c’è fra noi è qualcosa di serio, molto anche. Era da parecchio tempo che non provavo qualcosa di simile…hai il diritto di sapere ciò che ero, anche se questo mi fa paura perché potrei perderti, ma nonostante questo mi sento in dovere di dirtelo” si prende un momento di pausa e beve un sorso di bourbon “Tieniti forte, arrivano i demoni”

Non mi fa piacere sapere che la ha paura di perdermi a causa del suo passato e che sua convinto che cambierò idea su di lui. Non c’è passato che possa farmi crede che sia un sicario per vocazione. Quel ‘hai diritto di sapere’ mi ha fatta sentire in colpa. Anche lui deve sapere chi sono veramente, eppure continuo a stare zitta. Però abbiamo entrambi paura di perdere l’altro a causa del nostro passato, forse questo potrebbe esser un punto d’incontro quando gli dirò la verità. Comunque, mi racconta di com’è finito a lavora per la malavita. Suo padre era (o è, lo ha perso di vista da molto tempo, a causa di Gavez) un grande ladro, a volte ha collaborato con Lupin II, il padre del nostro Lupin. Era un grande tiratore, fu lui ad insegnare a Jigen come sparare. Molti volevano poter collaborare con lui, a causa del suo talento. Gavez venne a sapere di ciò di cui era capace, sapendo che non avrebbe mai accettato di diventare il suo braccio destro e di lavorare per la malavita. Così utilizzò quel poco cervello che ha e gli descrisse la collaborazione in un modo completamente diverso dalla realtà. Venne a scoprire la verità solo quando ufficializzarono tutto, e come se non bastasse Riez lo aiutò. Quando entrò nell’ufficio di Gavez la madre di Jigen, all’epoca incinta, era sotto tiro, tenuta prigioniera. Suo padre accettò con riluttanza, per proteggere la famiglia. Gli anni passarono, e a volte Gavez tenne d’occhio entrambi, e in una di queste occasioni scoprì il talento che il padre passò al figlio. Jigen aveva fra i 17 e i 18 anni quando questo accadde. Sempre attraverso minacce lo convinse a fargli da sicario, e come il padre strinse i denti per proteggere la famiglia. Per qualche mese padre e figlio hanno lavorato insieme, ma poi suo padre tentò di far incastrare Gavez. Aveva programmato tutto, anche la loro fuga. Ma Riez (a quanto pare è sempre colpa sua) riuscì a scoprire il complotto. Da quel momento, come ho già detto prima, Jigen ha perso ogni traccia di suo padre. Logicamente si pensa che sia morto, ma qualcosa dentro di lui gli fa credere il contrario. Era sufficientemente astuto per inscenare una morte perfetta, sufficientemente astuto per sparire senza lasciare tracce. Dopo che finisce di raccontare mi metto a fare quattro conti, e mi rendo conto che ha lavorato per tantissimi anni per Gavez…troppi. Già quello che ha vissuto nei primi tempi non è stato il massimo, non oso immaginare cosa salterà fuori dai racconti successivi a questo. Mi sento gelare il sangue, scioccata da quanto la malavita possa essere crudele e spietata, come se non lo sapessi già abbastanza. Ho già abbastanza motivi personali per voler rende la vita di Riez un inferno, ma dopo quello che Jigen mi ha detto sono ancora più determinata a portare a termine questo mio progetto. In qualche strana maniera però tutto questo ha intrecciato i nostri destini, però in una maniera estremamente inquietante. 

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Angolo autrice

Sono in un ritardo a dir poco mostruoso D: un mese e otto giorni prima di aggiornare...maledizione. Comunque, la parte in aereo leggermente depressiva riguardo alla causa della perdita di alcuni cari è autobiografica, ho perso tre dei miei nonni a causa del cancro, e da uno di quei miei strano momenti di rifelssione riguardo alla cosa è venuto fuori un pezzo di questo capitlo. Ma lasciamo stare. Piuttosto, devo fare una precisazione. Visto che non ho ancora rivisto tutti gli episodi e i film di Lupin francamente non so se ci nsono accenni particolari al pasato di Jigen, perciò la mia testa che cerca risposte a miriadi di domande se l'è create da se, andando forse a contraddire o a modificare cose già dette perciò...chiedo perdono in anticipo, e lo faccio anche nell'eventualità che le mie pensate non vi vadano a genio, ma il mio subconscio sente che una cosa simile a quella che ho scritto sia molto probabile. Oddio...dopo un po' che scrivo l'angolo autrice mi perdo, a caso. Quindi, spero che vi sia piacuto anche questo capitolo c: *vola via* 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Diversamente da quello che avevo previsto rimangono tre giorni tutti per noi, visto che il file di protezione era già pronto il primo giorno che siamo arrivati. Siamo all’inizio del terzo giorno, e oggi ci divideremo. Ieri, visto che ancora non conoscevo bene la città, abbiamo pensato dei possibili percorsi di fuga insieme, ma visto che ieri sera mi sono studiata bene la mappa della città possiamo dividerci, così da rendere le cose più veloci. Non faccio esattamente i salti di gioia, ancora non ho tolto i punti dalla ferita di Jigen, e conoscendolo ne combinerà senz’altro qualcuna delle sue, e visto che non sarò con lui non potrò trattenerlo. Ma è necessario, si tratta di lavoro infondo. Devo solo sperare che nessuno abbia voglia di farlo fuori oggi. Jigen perlustrerà la zona a nord dalla banca, mentre io quella a sud. Girando per vicoli mi imbatto in un gruppo di uomini armati, probabilmente lavorano per quel famoso alleato di Gavez di cui Jigen mi ha parlato. Mi accerchiano lentamente, tentando di intimorirmi, e mi puntano contro le pistole.

“Allora sei tu quella che ha mandato Gavez in un breve coma” inizia uno di loro, probabilmente il braccio destro del boss

“Niente applausi, mi mettereste in imbarazzo”

“Sai, sei sfortunata, si è risvegliato e ha chiesto un favore al nostro capo. Ha saputo che tu e il tuo amico saresti venuti a Chicago, vi vuole morti entrambi. Altri di noi sono già andati a cercarlo, e stai certa che non hanno fallito. Ora però tocca a te”

Nonostante io sappia che mi sta solo mentendo sono un po’ preoccupata per Jigen, ma di certo non mostro il mio nervosismo “Sai, nessuno di noi due muore tanto facilmente” porto la mano destra all’impugnatura della mia magnum. In realtà non sono ancora sicura di poter sparare senza dolore, ma non ho altra scelta.

Cominciano a colpire, e mi rifugio momentaneamente dietro ad un’auto. Al momento buono sparo a sei di loro, ricarico velocemente e ne neutralizzo altri sei. Infine disarmo anche quello che è il loro capo e sparisco nel nulla, ignorando le sue imprecazioni e i suoi avvertimenti intimidatori. Mi rifugio in un angolo più tranquillo della città, tolgo il blocco schermo del mio cellulare e tento ripetutamente di chiamare Jigen, senza mai ottenere una risposta. Finisco velocemente il mio lavoro, ignorando le numerose chiamate di Lupin e poi mi dirigo verso la zona sud della città. Mentre sono sul taxi studio la mappa, controllando quali strade e vie potrebbero esserci utili per la fuga, facendo così mente locale su dove potrebbe essere. Scendo dal taxi e impazzisco per perlustrare tutta la zona, tentando di nuovo di chiamarlo, ma sembra sparito nel nulla. Sento come una specie di nodo in gola, mi sembra che il cuore debba esplodermi da un momento all’altro per la preoccupazione. Nessuna consapevolezza sul fatto che se la cava sempre sembra potermi tranquillizzare. Vago ancora per un po’, anche se ho già controllato dovunque, è come se non volessi rassegnarmi. Torno in hotel verso le ventidue, e non è nemmeno lì. Avremmo dovuto trovarci un’ora fa. Verso e un quarto mi squilla il cellulare e mi si accende un bagliore di speranza, che svanisce appena vedo che è Lupin. Rispondo, non avendo altro da fare.

“Alexis, sono ore che tento di chiamarti, perché non hai risposto?”

“Sì lo so che mi hai chiamato un’infinità di volte maledizione!”

“Tutto bene?”

“No, non va tutto bene! Jigen è sparito, non l’ho trovato da nessuna parte, e non mi ha mai risposto al cellulare”

“Credi che l’abbiano arrestato?”

“No, o almeno credo. Prima gli uomini di un clan alleato con quello di Gavez mi hanno attaccata. Per intimorirmi hanno detto che avevano già trovato Jigen, da qualche parte a sud della banca. Da allora ho provato a chiamarlo più volte senza successo”

“Non ti devi preoccupare, se la caverà come sempre”

“Sì ma se gli sono saltati i punti forse non se la caverà così bene come dici! La sua ferita è potenzialmente mortale. Non si è ancora cicatrizzata completamente, se dovesse riaprirsi c’è ancora una buona probabilità che inizi una grave emoraggia, che se non presa in tempo potrebbe ucciderlo come se niente fosse. E visto che la mafia attacca solamente in zone isolate il rischio è alto. Potrebbe aver neutralizzato quei simpaticoni, ma potrebbe non avercela fatta per colpa di quei fottutissimi…” smetto improvvisamente di parlare, sentendo che potrei piangere da un momento all’altro, e sinceramente è una cosa che vorrei evitare.

“Ascoltami, anche se questo fosse accaduto davvero se la caverà sicuramente, è un osso duro e sa sempre come comportarsi in queste circostanze. Cerca di stare tranquilla ok?”

“Non sei tu ad amarlo! Io senza di lui non sono niente ormai! Se lui muore che cosa diavolo faccio io!?” mi blocco per un momento, rendendomi conto che Lupin sta solo cercando di aiutarmi “Scusami…grazie per aver sopportato la mia bomba atomica di emozioni, è solo che…non voglio che muoia, è l’ultima delle cose che deve accadere”

“Non importa, comunque, come ti ho detto prima, Jigen è sempre preparato ad ogni cosa, e conoscendolo farà di tutto pur di rivederti. Abbi fiducia in lui, e tornerà da te”

Interrompo la chiamata, un po’ più tranquilla rispetto a prima. Passano ancora vari minuti prima che succeda qualcosa, poi all’improvviso sento bussare alla porta. Apro e per poco non svengo, è Jigen, ma non ha esattamente una bella cera. La spalla sinistra probabilmente è lussata, e la manica destra è sporca di sangue, spero non suo, ma quasi sicuramente la mia speranza è vana. Il lato positivo di tutto questo? Non gli sono saltai i punti, ma darò un’occhiata anche a quelli.

La mia razionalità viene compromessa dalla rabbia e dalla preoccupazione, così mi sfugge uno schiaffo “Cos’è successo? Dov’eri? E perché diamine non mi hai chiamata!?”

Si forma un leggero sorriso soddisfatto sul suo viso, che in quest’occasione mi rende ancora più nervosa “Ti sono mancato?”

“Va al diavolo, credevo che fossi morto, o quasi!”

“Me la cavo sempre”

Non do alcuna risposta alla sua considerazione, prima di dire cose che non penso. Gli esamino la spalla e confermo la mia teoria della lussazione“Oltre alla spalla fuori posto e alla ferita di striscio c’è qualcos’altro di cui dovrei sapere?”

“No, nient’altro”

Prendo tutto quello di cui ho bisogno. E’ si una ferita di striscio, più o meno, ma gli sono rimasti due proiettili nel braccio “Come hai passato la giornata?” si lo so, a quanto pare non ci tiene alla sua vita. Mai farmi domande del genere quando sono nervosa, gli esiti potrebbero non essere piacevoli

“Chiudi il becco”

“Io tutto sommato bene”

“Questo per te è bene!? Sei uno stronzo lo sai? Mi hai fatto prendere un colpo maledizione. E poi neanche una pallottola, ma due!”rimuovo i proiettili, cercando di mantenere la calma che caratterizza quella che era la mia professione e poi gli faccio la medicazione. Non so per quale ragione, ma continua a fissarmi mentre lavoro. Mi lascia a malapena il tempo di togliere i guanti di lattice e di chiuderli in una busta di plastica (sono pur sempre rifiuti ospedalieri, e per deformazione professionale li tratto in un certo modo…non dovrebbe essere questo, ma si fa quel che si può) che mi ritrovo distesa sul letto, con lui sopra di me e le sua labbra sulle mie. Sento una forte tachicardia e un forte calore irradiarmi tutto il corpo. Normalmente mi lascerei andare, cosa che faccio anche ora solo per qualche momento, ma poi lo allontano, ricordandomi di un fastidioso particolare “C-che diavolo stai facendo!? Hai ancora la spalla fuori posto, rischi di far saltare i punti e stai rovinando anche le-“

Non mi lascia finire la frase, e mi bacia ancora, anche se stavolta si tratta di qualcosa di più breve “Mi piace quando fai il medico”

“Strano, a me non piace quando fai l’incosciente” mi rialzo, e finalmente gli rimetto a posto la spalla…nel modo meno delicato possibile ma che, allo stesso tempo, non peggiori le sue condizioni

“Si vede che ce l’hai con me”

“E te ne sei accorto adesso? Sai sei un po’ in ritardo”

Tolgo il blocco schermo del cellulare e scrivo a Lupin, dicendogli che è tutto a posto, e poi rimetto in funzione il pc dopo l’ibernazione e finisco di sviluppare un particolare GPS che ci permetterà di sapere dove sono gli altri componenti del nostro gruppo nel caso in cui le cose si complichino e ci sia il bisogno di separarci. Come passatempo ho abbinato ad ogni localizzatore, che poi darò ad ognuno di noi, un simbolo che ci rappresenti, che corrisponda alla nostra personalità. Ecco cosa succede quando mi annoio. L’ultimo passo è quello di installarlo sui nostri cellulari. Ho definito questo sistema particolare perché nessuno oltre noi potrà vedere la posizione dei localizzatori, non c’è modo di entrare di nascosto nel sistema e localizzare le nostre posizioni. Devo ammettere che non è stato un lavoro facile.
Ormai mancano poche ore prima che Lupin e Goemon arrivino in città. Esattamente, è già passata una settimana da quando siamo qui. E se ve lo state chiedendo…sì, ho perdonato Jigen, come se poi mi fosse possibile riuscire ad essere arrabbiata con lui a lungo. Bisogna anche ammettere che ha fatto del suo meglio per farsi perdonare. Mi ha dato ascolto riguardo alla sua situazione clinica e non ha combinato altri casini, e poi è stato ancora più premuroso nei miei confronti. Ma insieme a tutto questo ci sono stati momenti in cui i suoi demoni sono tornati a galla, sempre a fine giornata e sempre al Jazz Club. Ho saputo di alcuni dei peggiori omicidi che Gavez gli ha commissionato. Mi ha fatto incredibilmente male rendermi conto di quanto si sentisse in colpa per quello che ha dovuto fare. Ma la colpa non è sua, è Gavez che gli ha reso la vita un vero e proprio inferno. E ha anche avuto da ridire quello stronzo. Tutto quello che mi ha raccontato fa solamente salire l’odio e il rancore per quel vecchio decrepito capo mafia, e questo aumenta la mia determinazione, la mia voglia di toglierlo di mezzo una volta per tutte. Non mi importa in che modo, ma deve lasci are questo mondo, che sia per mano mia o per mano della giustizia americana. Con tutto quello che ha fatto la pena di morte è una delle opzioni più gettonate. Ma sarei soddisfatta anche se dovesse passare il resto della sua vita in carcere, sarebbe umiliante per uno come lui. E lo stesso destino deve ricadere anche su Riez, anzi, deve essere anche più maligno ne suoi confronti. Altrimenti ci penso io a rendergli la vita un inferno. Lo so che posso sembrare molto dura, ma quei due bastardi devono soffrire quanto ho sofferto io. Sono troppi anni che mi porto dietro tutta questa rabbia, voglio solo liberarmene, e la vendetta sembra essere l’unico modo per raggiungere il mio scopo. Lo ammetto, non è la migliore delle prospettive, ma è l’unica. Comunque ho avuto alcuni problemi tecnici durante l’installazione del sistema GPS, sia sul mio cellulare che su quello di Jigen. Occupava troppa memoria, e sono impazzita per trovare il modo per renderlo più leggero senza però compromettere le funzionalità. E’ stato una specie di incubo, ma alla fine ci sono riuscita. Ora devo solo sperare che il problema non si ripeti con Lupin e Goemon. Se così dovesse essere sarebbe un vero problema. La procedura che ho dovuto usare è abbastanza lunga, e ritarderebbe di molto i nostri piani. Come minimo, se non avessi il tempo di risolvere eventuali problemi tecnici, dovremmo girare separati in due gruppi da due. Ma questa non può essere una certezza in un caso di emergenza. L’aereo da Tokyo arriva con alcuni minuti di ritardo e quando arriviamo in hotel non riscontro alcun problema tecnico nell’installazione e funzionamento del mio sistema GPS fantasma. E’ tutto pronto, non ci resta che aspettare il momento per entrare in azione. 

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Angolo autrice

Bene,sono di nuovo qua...e di nuovo in un ritardo mostruoso. E' incredibile il modo in cui ti esauriscono in seconda liceo...ma almeno ho quasi portato alla sufficienza latino, che è una delle mie croci c: il problema è che la mia prof di italiano è stata così simpatica da darci miliardi di libri da leggere, e il primo fra questi, "Il lupo della steppa" di Herman Hesse, mi è risultato incomprensibile c: E in più ho riscoperto anche un altro degli anime della mia vita, One Piece. E per vedere gli episodi dal venti al trenta, in cui Sanji finalmente si unisce alla ciurma di Luffy ho usato pomeriggi interi...in più Elsword mi ha stregata con un personaggio che non avevo mai provato e con uno dei classaggi del mio personaggio preferito. Diciamo che l'essere sfruttata (?) dalla scuola ha anche abbassato i livelli di ispirazione,e siccome ho passato molti pomeriggi a sfogarmi in tutti i modi tranne che scrivendo e sere intere a leggere libri di cui non mi importa assolutamente un fico secco è passato un altro mese...che cosa carina c: E adesso devo strutturare una parte considerevole, che voglio descrivere al meglio, non come ho fatto con il colpo a casa di Gavez, che è stato troppo dispersivo per i miei gusti. Voglio dedicare un capitolo intero al colpo di Chicago. E dopo questo verranno altre parti un po' toste perciò...credo che finirò per aggiornare una volta al mese. Di questo passo finisco di scrivere la storia nel 2024 (?). 
Bene,credo di avervi stufato abbastanza con queste chiacchere inutili perciò...adios, e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore. *vola via*

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Mentre aspettiamo l’ora X ridefiniamo i compiti di ognuno di noi. Jigen si infiltrerà all’interno della banca e ci aprirà la via per la cassaforte, neutralizzando le guardie. Nel
frattempo io mi occuperò di aprirla mentre Lupin manomette il sistema di videosorveglianza seguendo le indicazioni che gli ho dato, in modo che nessuno si accorga di quello che stiamo facendo, farà lo stesso anche per impedire che la cassaforte risulti aperta. Io resterò di guardia mentre si appropriano della memory card, e se ci sarà bisogno mi occuperò della polizia. Mentre aspetto mi infiltro nel sistema di videosorveglianza e controllo che la disposizione degli agenti coincida con quella descritta nel file dell’Interpol, e qui abbiamo già un problema. Alcune cose sono state cambiate, perciò Jigen deve ridefinire in parte il suo piano d’azione. Il fatto che ci siano stati cambiamenti mi fa preoccupare un po’. A quanto pare Zazà ha previsto che mi sarei appropriata del file, e potrebbe anche aver previsto molte altre parti importanti del mio piano di hackeraggio. Non che io creda che non riusciremo a sfuggirgli ma…non si può mai sapere, mio zio può essere pieno di sorprese. La zona circostante alla cassaforte è accessibile solo alla polizia e allo staff della banca, e questo è un altro dettaglio nuovo. Abbiamo però già un’idea per la modifica del ruolo di Jigen, e fortunatamente abbiamo già tutto quello che ci occorre per un travestimento. Decido anche di spostare la mia collocazione: come ho già esposto in precedenza i condotti di aerazione sono molto grandi, quindi una persona ci passa tranquillamente. Sfrutterò questo particolare e me ne starò rintanata, effettuerò l’hackeraggio dal cellulare, che ora sto opportunamente preparando, collegandolo al famoso sistema di controllo a distanza che ho installato qualche giorno fa, e se ci sarà bisogno entrerò nel locale cassaforte velocemente, visto che il condotto ha uno sbocco proprio nella zona interessata. Spero solo che queste precauzioni bastino per complicare la vita a io zio e per la riuscita del colpo.
Aspettiamo la mezzanotte prima di colpire. Seguo Jigen e i suoi movimenti attraverso il sistema di sorveglianza. Tutto comincia con un suo tentativo di entrare a prelevare con urgenza alcuni oggetti di valore per conto del suo capo. Sista fingendo l’assistente del caro miliardario a cui dobbiamo rubare la memory card. Dopo alcuni momenti di esitazione il direttore lo lascia entrare, e di conseguenza accede al fronte cassaforte. In un attimo, attraverso il nostro vecchio trucco del gas soporifero, sia il direttore che gli agenti sono fuori uso. Dopo pochi secondi Lupin raggiunge Jigen davanti alla cassaforte.

“Alexis, mi ricevi?”

“Forte e chiaro dolcezza”

Sento la solita risata, a volte insopportabile di Lupin, nell’auricolare “Siete proprio carini voi due insieme, il vostro legame si può sempre percepire”

“Chiudi il becco razza di idiota” procedo con l’apertura invisibile della cassaforte, ma dopo due secondi esatti perdo il collegamento con il sistema della banca. La schermata di controllo viene sostituita dal logo dell’Interpol “Lupin siamo nei guai”

“Che succede?”

“Paparino, ci ha scoperti. Non so ancora dirti come ma ha mandato al diavolo il sistema di controllo, l’ICPO si è riuscita ad infiltrare, non ho più alcun controllo sul sistema di sicurezza della banca, quindi non so nemmeno dirti se e quando la polizia vi raggiungerà”arresto l’applicazione da me sviluppata, così da evitare che riescano anche a rintracciare e schedare il mio cellulare per poi dirigermi verso lo sbocco del condotto che porta all’interno della cassaforte

“Bhe, in ogni caso andiamo a prendere la memory card”

Quando arrivo sopra la grata mi accorgo che il locale è gremito di agenti dell’Interpol, fra cui scorgo anche Jones, oltre che mio zio “No aspetta! La polizia è già…” ma è troppo tardi, prima che possa finire di parlare riesco a vedere anche Lupin e Jigen, per poi sentire il poco rassicurante rumore della cassaforte che viene chiusa

“Questa volta sei in trappola Lupin, l’unico modo che hai per scappare sarebbe raggiungere quel condotto dell’areazione” a queste sue parole mi tiro un po’ indietro, sperando che nessuno abbia fatto caso alla mia presenza “Ma stai certo che non ti lascerò la possibilità di arrivarci”

A questo punto sfondo la grata con un calcio e sparo ad una delle estremità delle sue manette estensibili, di nuovo in poco tempo, sempre con la finalità di deviare il suo colpo, per poi saltare giù al suo fianco, abbastanza vicina alla cassetta di sicurezza della memory card perché io possa tentare di impossessarmene nonostante gli imprevisti “Non avrei mai pensato che saresti stato capace di neutralizzare il mio invisibile sistema di manomissione e controllo”

“Ti conosco troppo bene, anche su questo piano…ARRESTATE JIGEN E LUPIN, IO PENSO A MIA NIPOTE!”

Mi faccio velocemente strada fra gli agenti che mio zio ha ingaggiato e poi do il segnale a Goemon attraverso il GPS fantasma che ho sviluppato, Jigen e Lupin intanto cercano di accentrare l’attenzione su di loro così che io possa agire indisturbata. Le cassette di sicurezza sono digitalizzate, quindi le conoscenze di scassinamento sono inutili, anche qui tutto dipende da azioni di hackeraggio. Mentre cerco di ottenere il codice con un trucco classico mi rendo conto che le cose sono così semplici perché anche Goemon è qui ora. Appena sento il segnale acustico apro la cassetta di sicurezza e nascondo la memory card, mi libero di alcuni poliziotti con delle mosse di lotta corpo a corpo che mi ha insegnato mio zio e tagliamo la corda, usufruendo della via di fuga numero 20, che consiste nel far credere di voler scappare dal tetto, quando in realtà abbiamo intenzione di usare ancora i condotti di areazione per uscire poi dallo sbocco che porta all’uscita nord della banca, quella sul retro, la meno sorvegliata.
Lasciamo l’hotel e cambiamo nascondiglio per complicare le cose alla polizia. Ora ci troviamo appena fuori Chicago. Attacco il pc alla presa di corrente, inserisco la memory card e comincio il mio lavoro. Come sospettavo è protetta da password, e anche alcuni file, nonostante già la memoria mobile sia protetta. All’interno, esaminando i file, trovo dei testi criptati. Sono anche presenti delle mappe digitali, su cui sono segnati particolari luoghi, non saprei dire a quale parte del pianeta si riferiscano. Appena Lupin vede quella successione di numeri che racchiude in se una logica sembra parecchio interessato, da questo capisco se i occuperà lui dell’interpretazione. Io invece scelgo di pensare a collocare le mappe. Non c’è nessun indizio preciso, le località citate sono semi sconosciute, ma posso dire quasi con assoluta certezza che si trovino in asia o in medio oriente. Dobbiamo anche pensare al da farsi. Non ci conviene rimanere a Chicago troppo a lungo, tutti ci stanno cercando qui, ma allo stesso tempo siamo arrivati da poco, non è molto sensato continuare ad andare avanti e indietro. E poi chi ci dice che qui abbiamo finito? Potremmo dover avere bisogno di agire di nuovo in questa città per quello che ne sappiamo, potrebbe saltare fuori di tutto da quel testo criptato. Avvio la lunga procedura di identificazione delle mappe. I tempi non sono brevi a causa del fatto che le mappe sono relazionate una all’altra, vanno unite, perciò lascio che il programma le rimetta insieme oltre che identificare le loro coordinate su una mappa mondiale o continentale. Mentre lascio che il processo continui da se cerco di capire cos’è andato storto durante il colpo, come diavolo hanno fatto a sabotare il mio piano così facilmente? Mio zio non può avercela fatta da solo, non ha le conoscenze per farlo, deve essersi per forza rivolto ad un altro hacker. Tolgo il blocco schermo del cellulare e faccio di tutto per capirlo. Se torno sull’applicazione di controllo non posso fare niente, posso solo vedere ciò che il sabotatore vuole che io veda. Ora il logo dell’Interpol è semi trasparente, così che io possa vedere le immagini captate dal sistema di sorveglianza della banca. Attualmente stanno ispezionando il locale cassaforte, come se noi fossimo così idioti da lasciargli qualcosa da trovare. Poi c’è un’inquadratura puntata su mio zio, ‘Non abbassiamo la guardia, sicuramente sono ancora in città e ci resteranno ancora per qualche giorno’, ecco cosa riesco a comprendere dal labbiale. All’improvviso si apre una delle finestre di setting dell’azione di hackeraggio. Le opzioni sono completamente diverse da come le avevo impostate io, infondo alla pagina c’è una firma: CW. Charles Wood…no, non è possibile. Non ha motivo di collaborare con l’ICPO, ha anche alcuni problemi con la giustizia. Se è davvero Charles Wood che ha quasi mandato a quel paese il colpo per conto della polizia abbiamo un grossissimo problema. E’ l’unico hacker che non riesco a fregare in alcun modo. Ha sistemi diversi dai miei, è imprevedibile e bastardo come pochi, e non è solo bravo con i computer, è astuto e ha abbastanza conoscenze per rendere la nostra vita un mezzo inferno. E se devo dirla tutta è anche un lanciatore di coltelli. Si apre una finestra di dialogo, posso comunicare con lui scrivendo nello spazio per alcuni codici. Visto che ha il controllo dell’applicazione (e grazie al cielo non del cellulare intero, in compenso i miei sistemi di protezione del dispositivo sono migliori dei suoi) può vedere quello che faccio, di conseguenza può vedere quello che scrivo.

“Ciao Alexis”

“Non posso credere che lavori per la polizia”

“Sono anche un hacker mercenario, ricordi? L’Interpol mi ha pagato bene per incasinare i tuoi piani. Non credevo che saresti passata dall’latra parte della barricata, e soprattutto non credevo che ti saresti messa con un gangster. Credevo odiassi la mafia”

“La mia vita privata non ti riguarda. Che hai in mente? Qualcosa mi dice che posso ricollegare la tua improvvisa ricomparsa con il fatto che forse Lupin ci sta nascondendo qualcosa riguardo il colpo. Non sarai mica in affari con Fujiko Mine vero?”

“Non ti sembra un po’ sgarbato non raccontarmi degli ultimi avvenimenti? Ci conosciamo da così tanto tempo…e comunque, per ora, ti dico solo che ho voglia di infastidirti un po’. Per quanto riguarda i dettagli sull’ingaggio da parte della polizia non posso dirti niente, sai, segreto professionale”

Sparisce l’ennesima finestra di dialogo e l’applicazione si sblocca. Ho di nuovo il controllo completo della banca. E’ davvero Charles Wood…siamo fregati. Se si è messo in affari con Fujiko è un bel problema, perché tanto lo so che in qualche modo c’è di mezzo quella donna in questo colpo. Lei arriverà al bottino e lui, bhe, arriverà al suo scopo, in qualche modo vuole rovinarmi la vita. Mi chiedo solo perché. Forse non sta agendo in questo modo di sua volontà, forse ha accettato il lavoro dell’ICPO per portare a termine un secondo e probabilmente losco ingaggio. E se stesse lavorando per conto di Gavez? Solo a pensarci rabbrividisco. Mettere insieme le capacità di Charles e i mezzi di Gavez…è un’unione estremamente malvagia, senza contare che in questo periodo c’è anche Riez in mezzo. A fura di pensare si sono fatte le due di notte, ma il processo di identificazione delle mappe non è ancora finito, e Lupin è ancora lì che cerca di decodificare il testo criptato. Sono stanca morta, ma qui sembra che nessuno abbia intenzione di dormire, e se devo essere sincera non ne ho più nemmeno io. Credo che sia il caso di iniziare a rafforzare i miei metodi di azione, e anche quelli di protezione. Devo rendere il tutto ancora più efficace, così da rendere impossibile a CW di manometterci ancora…o almeno rendergli più difficile farlo. Lo ammetto, la mia è anche una questione di orgoglio. Sento che c’è qualcuno dietro di me, non ho bisogno di voltarmi per capire che si tratta di Jigen.

“Hai un’aria preoccupata…che succede?”

“Diciamo che è tornato un fantasma del passato ad infastidirmi…anche se in realtà creerà problemi a tutti noi”

“E’ a causa sua se hai perso il controllo del sistema della banca”

“Esatto, è l’unico capace di manomettere i miei sistemi così facilmente, oltre ad essere l’unico che mi da così tanto su nervi. E’ quasi riuscito a mandare all’aria il colpo, e tutto perché forse i miei metodi di protezione non sono abbastanza”

Sorride leggermente, avvicinando l’accendino alla sigaretta “Se tutti gli imprevisti fossero così ci saremmo risparmiati molti problemi in passato, e poi non è riuscito a neutralizzare il tuo sistema GPS” torno a guardare la schermata di identificazione delle mappe, un po’ delusa. Mi scosta leggermente il ciuffo dall’occhio, sfiorandomi la guancia “Credimi, hai fatto un lavoro eccezionale, non siamo mai stati così efficienti sul piano informatico, e se proprio ti va di rafforzare i tuoi sistemi e i tuoi mezzi non mi sembra questo il momento. Riposati, al resto ci pensiamo noi almeno fino a domani mattina”

“E lasciare a metà il processo di identificazione? Scordatelo, e poi finché non mi lascerai l’occasione di ricontrollarti i punti non chiuderò occhio”

“Se proprio insisti allora mettiamola così, quando fra qualche ora verrai a chiedermi di darti il cambio ti lascerò fare anche quello”tira su leggermente il cappello, lasciandomi intravedere i suoi occhi per metà, fissi su di me con uno sguardo intenso “E nel caso in cui tu decidessi di cambiare i tuoi programmi per il resto della serata sai dove trovarmi”

Capendo forse a cosa si riferisce arrossisco di botto. E’ incredibile il modo in cui sa esattamente come tirare fuori da me certe reazioni, com’è anche incredibile che in qualunque momento riesca a capire dove sia il problema, arrivando direttamente al nocciolo della questione. Credo che Jigen non finirà mai di stupirmi, qualsiasi cosa faccia. 

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Angolo autrice

Ok, questa volta sono DAVVERO in un ritardo pazzesco...un mese e mezzo prima di aggiornare, dannazione. Diciamo che il tempo per la scrittura è stato "boicottato" da alcuni compiti, da due anime nuovi che ho scoperto, e agli eventi di Elsword per luscita del nuovo classaggio di Ara...senza contare che ho avuto da aprofittare degli abiti promozionali per il cambio di classe di Rena in sentinella notturna...già, non prevedevo di riuscire a classare dopo mesi di tentativi. Ok, la smetto con questi termini che per alcuni potrebbero essere incomprensibili. E' stato abbastanza complesso strutturare la parte del colpo, senza contare che ho appena scoperto che per questa fanfiction sono più ispirata di sera...cioè, in questo periodo sono più ispirata di sera in generale, ma ok. Comunque mi sono accorta che con la scuola riesco ad aggiornare solo una volta al mese, mi è abbastanza impossibile metterci di meno...però un mese e mezzo circa è davvero troppo per i miei gusti D: 
Spero di non ritardare più di così tanto l'uscita dei nuovi capitoli...e spero che vi piaccia anche questo capitolo c: 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Sono passati due giorni e siamo ancora qui a Chicago. Lupin non ha ancora decriptato il file, e fino ad allora siamo liberi come l’aria. Ho passato una quantità considerevole di queste 48 ore cercando di migliorare i miei sistemi, ma ancora non ho ottenuto risultati soddisfacenti. Jigen finalmente si è preso il riposo necessario per far sì che la ferita si cicatrizzasse al meglio, gli ho tolto i punti giusto ieri. L’ho già avvertito che questo però non significa che può riprendere a tempo pieno con i suoi casini che prima o poi mi faranno venire un infarto. Ho anche saputo altri dettagli del suo passato, e di come una volta ha inscenato la sua morte quando un famoso assassino aveva il compito di ucciderlo…è sottointeso che se gli dovessero venire in mente trovate come queste è il caso che mi avverta se non vuole che io faccia fuori qualcuno o che perda vent’anni di vita. Poi sono emersi altri dettagli poco piacevoli, che mi fanno odiare ogni giorno di più Gavez e ammirare il coraggio di Jigen, la sua determinazione. Nonostante tutto quello che ha dovuto passare non si è mai arreso. A proposito di lui, in queste 48 ore mi è sembrato strano, ha continuato a comportarsi come quella notte appena dopo il colpo, inserendo sempre più spesso qualche frase che, se decodificata come si deve, può farti sclerare come se niente fosse. Da una parte forse so dove vuole arrivare, ma allo stesso tempo non ne sono propriamente convinta. Fatto sta che stasera voglio fare un salto al poligono, un po’ per riabituare il mio braccio che si è finalmente ripreso totalmente dopo il colpo ai danni di Gavez e un po’ perché voglio migliorare sia la velocità che la precisione. Ma per questo avrò bisogno di un buon maestro…starete pensando che dietro a questa voglia di migliorarmi ci sia un secondo fine, e un po’ avete ragione, ma solo un pochino.
Verso le otto di sera ci separiamo dagli altri e andiamo a mangiare fuori, per poi dirigerci al poligono. E’ sempre gratificante girare per la città con le mie dita intrecciate nelle sue, la cosa ha un buon effetto sul mio umore. Avete presente quella sensazione di leggerezza e pace che una cosa del genere vi dà? Ecco, era da molto tempo che non la sentivo. Quando arriviamo mi piazzo con impazienza ad una delle postazioni di tiro e preparo tutto per il mio allenamento, sentendo costantemente il suo sguardo addosso a me. Cerco di ignorarlo, e dopo aver caricato la pistola sparo le sei pallottole con la mia mira migliore abbinata alla mia velocità massima. Il risultato è sempre il solito, più o meno. Rimuovo i bossoli e ricarico la mia magnum, quando sto per rimettermi a sparare sento una sua proposta, leggermente assurda.

“E se facessimo una gara?”

“Cosa? Così non vale, hai già vinto in partenza!” faccio la finta offesa per scherzare, e ne ricavo uno di quei suoi tenerissimi sorrisi

“Non pensavo che ti saresti arresa così facilmente, pensavo avessi più fegato”

Non so a che scopo, ma sta tirando fuori da me la mia competitività “Io non avrei fegato?”

“Se vuoi dimostrare il contrario devi accettare la sfida”

“E’ improbabile, ma se tu dovessi perdere non immagini cosa ti aspetta”

“Correrò il rischio, anche se le tue possibilità di vincere non sono poi così tante”

La nostra è una tenera competitività, non c’è niente di negativo o spiacevole nelle nostre parole o nei nostri toni di voce, credetemi. Sento che c’è un secondo fine dietro a tutto questo, un secondo fine che credo servirà a migliorarmi “Ma sentilo, che sbruffone” dico sempre scherzando mentre trattengo una risata

Emette una leggera risata “Parla la divoratrice di Oreo”

Non ve l’ho detto, ma ho una specie di dipendenza per gli Oreo. Gli incasino leggermente sia l’inclinazione che la posizione del cappello, così, giusto perché non riesco a trattenere me stessa dall’essere una piccola rompiscatole. Allontano il bersaglio e mi concentro per migliorare la mia solita mira, e lui fa lo stesso. Spariamo i nostri sei colpi quasi fossimo sincronizzati, abbasso la pistola e faccio riavvicinare il bersaglio, ma sinceramente non ho il coraggio di guardare, così lo fa lui al posto mio. Non dice niente, così, vinta dalla curiosità, decido di controllare: abbiamo fatto lo stesso identico punteggio. Ora non capisco se sono io che ho avuto un colpo di genio o se è stato lui ad avere un calo di qualità. Mi volto verso di lui e prima che possa dire qualsiasi cosa mi ritrovo le sue labbra sulle mie per un paio di secondi “A renderti competitiva si ottengono risultati eccezionali”

“Quindi tu lo hai fatto apposta per…”

“…farti capire che hai un grande talento, maggiore di quello che conosci ora, nascosto nel profondo…esatto. Non ci resta altro che tirarlo fuori in qualche modo”

Inconsciamente mi ritrovo a sorridere, apparentemente senza motivo. Ricarico la pistola, entusiasta. Passiamo molto tempo al poligono, cercando di migliorare la mia mira senza compromettere la velocità, e rispetto a quando sono entrata noto dei cambiamenti considerevoli. La cosa non mi sconvolge più di tanto, visto che ho il miglior maestro che si possa desiderare. Dopo almeno due ore di allenamento lasciamo il poligono, e senza un motivo ben preciso mi viene voglia di un cono gelato. Appena vedo una gelateria che mi attira mi ci fiondo, conquistata dall’aspetto invitante del gelato al cioccolato fondente. Mi lascio tentare dal cono tre gusti, con il bordo superiore decorato di cioccolato fondente fuso con pezzetti di nocciola. Hanno anche messo del gianduia fuso ancora leggermente caldo all’interno, nella punta. Sento cioccolato fondente, nutella e caffè mischiati in un'unica percezione di gusti. Sono quasi consapevole del fatto che probabilmente ho un po’ di gelato sulla punta del naso, non sono capace di mangiare un cono senza ritrovarmi del gelato sul naso. Basta darmi un cono gelato e ritorno ad avere dieci anni, avventandomici sopra. Senza un motivo ben preciso e definito Jigen mi scompiglia il mio adorato ciuffo, che pettino sempre con molta cura la mattina appena sveglia, e a volte anche durante la giornata.

“Che cos’hai contro il mio ciuffo da incasinarlo ogni volta!?”

“Nulla di che, volevo scompigliarlo”

Faccio finta di nulla, e dopo un momento do un colpo alla tesa del cappello, facendolo cadere dietro di lui “Ops, la mia mano è posseduta dal demonio”

Mi lecca il naso nel punto in cui è finito il gelato alla nutella (sì, avete capito bene) “Sarà meglio che tu me lo raccolga” e detto questo mi dà le spalle e continua a camminare con una camminata abbastanza sexy, lasciandomi li imbambolata mentre arrossisco di botto

“Tu…io…cosa”

“Oppure, se preferisci, puoi ripagarmi il ‘danno’ in modo alternativo” gira di poco la testa, guardandomi con la coda dell’occhio, ha un sorrisetto un po’ bastardo e un po’ attraente sul viso

Riprendo il cappello e glielo rimetto in malo modo, cercando anche di evitare il suo sguardo “S-se ti ritrovi il cellulare incasinato non ti devi stupire” torno a concentrarmi sul gelato, prima di perdere completamente la testa in pieno centro città

“In ogni caso le conseguenze le pagherai tu” è un’altra delle sue provocazioni, sono due giorni che questo suo strano tono di voce torna spesso a farsi sentire. Cerco di ignorarlo, sempre per le ragioni sopra citate, e mi finisce dell’altro gelato sul naso. Una leggera risata lascia le sue corde vocali e si sparge delicatamente nell’aria “Sei proprio una bambina”

“Provaci tu a non farti finire il gelato sul naso quando mangi un cono” dico con l’aria da finta offesa. Da una leccata al gelato al caffè, guardandomi dritta negli occhi, ispezionandomi da sotto la tesa del cappello. Cerco di non perdere il controllo per l’ennesima volta nel giro di pochi minuti. Non avete idea di quanto sia irresistibile il suo sguardo, e il fatto che porti la tesa del cappello così bassa accentua la cosa “C-che diavolo hai stasera!?”

“Sto cercando di rilassarmi, visto che questo sarà uno dei rari giorni di tranquillità da qui all’immediato futuro”

“E tu ti rilassi cercando di farmi sclerare!?” sento di nuovo il calore aumentare sulle guance, così mi distraggo con il gelato, facendo finta che non abbia detto assolutamente niente

“Sclerare? Non pensavo di farti quest’effetto” riesco a vedere il suo sorrisetto soddisfatto con la coda dell’occhio

“Ma smettila” sento che la mia espressione è cambiata, e non mi è d’aiuto per fargli credere che sono assolutamente tranquilla

“Come mai quell’espressione?”

“Quale espressione? Non ho nessuna espressione particolare”

Mi alza leggermente la testa mettendomi due dita sotto il mento, in modo che io lo guardi negli occhi. Arrossisco leggermente e per qualche strana ragione istintiva mi mordo un labbro…evviva il mio auto-controllo “Quest’espressione qui…” il suo tono di voce non mi aiuta per niente, ma va bene

Dopo questo suo ulteriore tentativo di farmi impazzire completamente mi concentro in modo definitivo sul cono gelato, apprezzando in modo particolare la punta al gianduia. Continuiamo a camminare, apparentemente senza una meta precisa. Ad un certo punto gli chiedo dove stiamo andando, e scopro che siamo diretti verso la sua casa di Chicago. Non l’ha mai venduta nonostante siano passati anni ormai da quando ha smesso di lavorare per Gavez. A volte, fra un colpo e l’altro, torna in questa città, non so bene il perché. La cosa un po’ mi preoccupa, visto che questo posto risveglia parecchi dei suoi demoni. Facendo questi giri mentali finisco per non rendermi conto che siamo arrivati. Mi sembra siano passati appena cinque minuti da quando gli ho chiesto qual era la nostra meta. Dopo essermi assicurata che non sia un problema per lui, mi faccio una doccia, di cui sentivo un disperato bisogno. Quella di quest’anno si sta rivelando un’estate abbastanza calda e afosa, perciò ho bisogno di darmi una rinfrescata. Quando ho finito mi do una veloce asciugata ai capelli con un asciugamano e ne prendo un altro da legarmi saldamente all’altezza della scollatura, mi arriva a metà coscia. Senza pensarci vago per casa così, non pensando al fatto che non è casa mia e che non sono da sola. Nel frattempo Jigen si è tolto la giacca, ha arrotolato le maniche della camicia all’altezza dei gomiti e ha allentato il nodo della cravatta, lasciano così intravedere le clavicole. Cerco di non perdermi a guardarlo e presto attenzione al fatto che la spia blu/azzurra del mio cellulare lampeggia per segnalare messaggi non letti. Chino leggermente la testa verso il basso, lasciando così la possibilità ad alcune delle ciocche del mio ciuffo semi-umido di cadermi davanti all’occhio, nascondendolo leggermente alla visione di terzi. Sono tutti messaggi di Lupin, molti trascurabili, a eccezion fatta dell’ultimo che mi ha inviato. Non dovrebbe mancargli molto prima che riesca a interpretare per intero il file, perciò ci avverte che dobbiamo tenerci pronti, che la pace potrebbe finire. Istintivamente sospiro, pensando anche al fatto che prima o poi Gavez e Riez si rifaranno vedere per dare nuovi problemi.

“Qualcosa non va?”

Gli passo il mio cellulare, così che veda i messaggi “Tralascia i primi se ti va, sono inutili”

“Di questo passo credo che entro domani conosceremo tutto il contenuto del file”

“E probabilmente fra due o tre giorni saremo di nuovo in pista, e magari in un’altra città, se non addirittura in un altro continente”

Riprendo il cellulare e vado a stendermi sul letto a pancia in giù, le braccia incrociate appoggiate sul cuscino così da tenere sollevata la zona appena sottostante il collo, con le ginocchia mezze piegate. Controllo i nuovi post della dashboard di Tumblr, metto il blocco schermo e appoggio il cellulare sul comodino con la cover verso l’alto. E’ completamente nera, ha un simbolo dell’infinito con un’ancora che lo interrompe e una scritta, completamente bianchi. I refuse to sink …forse non ho scelto questa cover proprio a caso, perché in effetti è vero che mi rifiuto di affondare. Alexis Zenigata non affonda, non si arrende e non smette di lottare, qualsiasi cosa accada. Il giorno in cui mi arrenderò o smetterò di lottare ci sarà da preoccuparsi. Persa per un momento in questo mio pensiero mi accorgo a malapena della presenza di Jigen, steso su un fianco, accanto a me. La camicia è più slacciata di prima, e lascia intravedere delle cicatrici. Non ha nemmeno il cappello, e la cosa è abbastanza strana.
Il suo sguardo intenso è lì, completamente scoperto, perfettamente visibile, distintamente interpretabile e dannatamente attraente “Visto che probabilmente le nostre teorie sono esatte credo che sia il caso di goderci al meglio il tempo libero che ci rimane”

Avvicino il mio viso al suo, quasi fossi ipnotizzata Finalmente sento le sue labbra sulle mie…e diciamo che dopo un po’ non so esattamente che fine abbia fatto l’asciugamano di prima. Siccome credo che tutti abbiate capito dove voglio arrivare credo sia il caso di non scendere in ulteriori dettagli.
 
Contrariamente a quello che avrei pensato sono la prima a svegliarmi, e ho uno strano sorriso sul viso…sono un caso irrecuperabile, è vero. Controllo il cellulare, e grazie al cielo non è completamente scarico, contrariamente a quello che mi aspettavo. Se fosse morto sarebbe stato un problema, visto che non ho il cavetto qui con me. Jigen dorme ancora profondamente mentre io mi chiedo come mai mi sono svegliata, e dopo non molto tempo capisco quale potrebbe essere il problema, visto che sento il tipico rumore che fa un cellulare che vibra sul legno. Però non è il mio, è quello di Jigen. E’ una chiamata di Lupin, così decido di rispondere nonostante non sia indirizzata a me.

“Pronto?”

Percepisco la sua perplessità appena sente la mia voce “Credevo di aver chiamato il numero di Jigen…”

“Ed è quello che hai fatto. Potresti risparmiare le tue chiacchere inutili e arrivare dritto al sodo per favore?”

“Ho finito di interpretare il testo del file, ora non ci resta che definire il piano e partire”

“Quando lasceremo la città?”

“Forse anche oggi stesso. Muovetevi piccioncini, stiamo aspettando solo voi”

“Lupin dovresti rilassarti un po’ di più ogni tanto, che fretta c’è?”

“Ti sei resa conto che sono già quasi le dieci di mattina?”

“Stai scherzando vero?”

“No non sto scherzando…che avete combinato per esservi svegliati solo ora?”

Arrossisco leggermente “Veramente mi sono svegliata solo io, e poi non sono affari che ti riguardano. Questione di minuti e vi raggiungiamo”

Francamente sono abbastanza curiosa di conoscere il contenuto di quel file. Però domanda mi sorge spontanea: Gavez ci seguirà in capo al mondo o aspetterà il nostro ritorno a New York prima di crearci nuovi problemi? E Charles Wood che intenzioni ha? Il prossimo colpo è sicuramente imminente, non ho molto tempo per trovare il modo di contrastarlo, non mi resta molto tempo per impedire che possa mandare a monte tutti i nostri piani. 

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Angolo autrice
Io...non so da dove è saltato fuori tutto questo, non chiedetemelo, per favore. Non sarei in grado di rispondere, la metrica sta uccidendo il mio povero cervello lento di comprendonio D: L'ultima parte forse risulta un po' sbrigativa...sappiate che è normale, visto che l'ho scritta ieri sera alle undici c: Comunque vi avverto, ho intenzione di scrivere una fanfiction crossover fra Lupin e Conan, probabilmente sarà il seguito di questa. Lo sto rivedendo ora in italiano, e sto AMANDO il film Lupin VS Conan...è un crossover geniale *-* E Conan che chiama Jigen "paparino" *-* *decede* Aiuto *-*
Si hem...mi riprendo. Ho pensato di lasciare un capitolo di intermezzo fra un colpo e l'altro, e questa mia trovata mi ha auto-incasinata, ci è voluto un po' prima di trovare un'idea almeno decente. Lo so, probabilmente questo capitolo non è un gran che, aiuto. 
Visto che oggi stranamente non ho da dilungarmi vi saluto, e state attenti agli unicorni che vomitano arcobaleni (?) *flyes away* 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Rimetto il suo cellulare sul comodino. Per un momento vengo ipnotizzata da una delle sue cicatrici, ma poi mi ricordo che è tardissimo e che siamo gli unici che ancora non sono tornati e non sono pronti per agire. Mi ricompongo e mi vesto il più velocemente possibile per poi tentare di svegliare Jigen, ma visto che non c’è verso riaccendo il pc (che ho sempre con me), mi collego ad una rete wifi non protetta e metto la sveglia militare a palla, almeno quella funziona. Per un momento Jigen mi guarda malissimo, ma io rimango impassibile, chiudo internet, scollego il wifi e chiudo il mio laptop, ibernandolo.

“Che diavolo ti è saltato in mente?”

“Non ti sei svegliato con le buone, così ho pensato di usare l’artiglieria pesante” dico mentre rimetto il pc nella borsa

“Credevo che avessi un po’ di pietà quando si tratta di svegliare le persone…sei diabolica”

Gli faccio l’occhiolino mentre sorrido “Dovrai farci l’abitudine”

“Ci sono novità, non è vero?” cerco di non osservarlo troppo a lungo mentre si prepara più velocemente di me…già, finirei per perdere completamente la testa

“Lupin ha finito di decodificare il file, ma non mi ha detto assolutamente niente del suo contenuto. Dobbiamo parlare di come agire e di quando lasciare la città”

“Lasciare la città? Questo quando?”

“Sentendo Lupin anche oggi stesso”

“Dannazione” dice fra se e se, senza pensare che avrebbe potuto destare i miei sospetti

“Come mai la cosa ti disturba così tanto?”

“Niente di che, è solo che sono legato a Chicago quasi quanto a New York”

Non ho bisogno di un grande sforzo per capire che sta mentendo spudoratamente. Sfodero il mio sguardo più convincente ed intenso, avvicinandomi a lui “So benissimo che non è questo il motivo”

Oserei dire che abbia distolto lo sguardo, ma visto che come al solito ha la tesa del cappello davanti agli occhi non posso dirlo con certezza “Sono riuscito a trovare una persona che conosce bene Riez e il suo modo di agire, e conosce anche i suoi nascondigli in giro per il mondo. Per ora so solo che spesso si rifugia a San Francisco, avrei dovuto ricavare altre informazioni oggi, verso sera, ma a questo punto credo che l’incontro salterà”

“Avevi intenzione di agire da solo per caso?”

Sorride dolcemente, compromettendo per un istante il mio modo di fare distaccato “Non prima di averti informato”

Sospiro esasperata “Non solo sei uno sconsiderato, ma sei anche cocciuto…se quasi peggio di me e mio zio messi insieme!” Abbasso lo sguardo, un po’ seccata e preoccupata e gli do le spalle, le braccia incrociate all’altezza del petto “Non puoi sempre comportarti così! Non puoi sempre fare l’eroe o il coraggioso! Non puoi fare queste cose che posso mettere a repentaglio la tua vita di continuo! Perché io…” e qui la mia voce si abbassa drasticamente, diventando poco di più di un sussurro “non voglio perderti…ti amo”

Lo sento avvicinarsi a me e mi abbraccia rimanendo alle mie spalle, le sue braccia appena sotto alle mie. Appoggia dolcemente il mento sulla mia spalla “Non ti preoccupare, sono prudente, a modo mio. E poi ora ho trovato un motivo per non morire”

Istintivamente appoggio le mie mani sulle sue, stringendogliele leggermente “Comunque se mi dici il nome di quel tizio posso trovarti i suoi recapiti, se non li hai già ovviamente”

“Puoi fare anche questo?”

Sorrido leggermente, orgogliosa di me stessa, una volta tanto “Questo e molto altro”

“Comunque cambiare discorso per evitare considerazioni sull’evidente imbarazzo non funziona con me” dice, sorridendo soddisfatto

Mi giro leggermente e gli tiro giù il cappello davanti al viso “Chiudi il becco”

Dopo questo momento molto carino siamo finalmente pronti per tornare al nascondiglio. Farei volentieri quella ricerca su quel tipo, ma non ho abbastanza batteria per farlo. Appena raggiungiamo Lupin scopriamo che l’enigma non è tutto qui. Alla fine del testo dice che bisogna recarsi a San Francisco per avere l’altra parte dell’enigma e quindi per capire dove si trova il tesoro, ma non ci è fornito un luogo preciso. La cosa mi sembra alquanto sospetta, se fosse veramente un enigma antico non verrebbe nominata San Francisco, legata alla storia moderna. In ogni caso dobbiamo ancora mettere in relazione le mappe e interpretarle, sempre che anche dietro a esse non ci sia dietro un enigma. Così teniamo da parte per un momento queste informazioni, e finiamo per giare l’America, furto dopo furto. Prima rimaniamo nel Illinois, poi per qualche strana ragione finiamo a Miami e a Boston. Tutto nel giro di un mese e mezzo, fra furti su commissione e non. Ormai sono circa due mesi che sono con loro, o forse qualcosa in più, ho perso il conto. Due mesi in cui non ho ancora rivelato il dettaglio più importante che mi riguarda, due mesi in cui ho di poco potenziato i miei mezzi di hackeraggio, due mesi in cui sono riuscita a risolvere l’enigma delle mappe, ancora non so bene come. Abbiamo l’indirizzo dove è conservata la seconda memory card che ci porterà a trovare questo “antico tesoro”, e grazie ad alcuni piccoli indizi nella mappa anche il numero della cassetta di sicurezza in cui si trova. Già, un’altra banca e un’altra cassaforte, questa volta in California. Comunque ho finalmente dato le dimissioni, quindi in teoria non faccio più parte dell’Interpol. Siamo in aereo ora, e stranamente il wifi dell’aereo non solo regge Elsword, ma non sto laggando affatto. Lo so, alla mia età non è normale essere fissati con un picchiaduro in stile anime-manga, ma Elsword è grandioso, almeno a mio parere. Forse un po’ più complicato da Hamel in poi, ma grandioso…ma non credo sia il caso di perdersi in discorsi da nerd allo sbaraglio. Dopo aver finito il dungeon “Reliquiario del tempio dell’acqua” senza essere morta concludo il gioco e spengo il pc, fra pochi minuti atterreremo a San Francisco. Ci ero stata solo una volta per lavoro, ancora quando ero un medico. E’ una bella città, e per qualche strana ragione il Golden Gate Bridge mi ricorda tanto il ponte di Brooklyn, facendomi sentire un po’ di nostalgia. San Francisco però è anche una delle città in cui Riez si rifugia spesso, stando a quello che dice quell’uomo che Jigen è riuscito a trovare a Chicago. La cosa mi preoccupa un po’, ancora non so come difendermi dall’assassino di mio padre. Jigen ora dovrebbe riuscirci senza problemi, ma fa sempre di testa sua, e sapere che Esteban Riez è la fuori pronto ad ucciderlo non mi tranquillizza per niente. Cancello dalla mia mente questi pensieri prima che possano iniziare a fare danni e mi preparo a scendere dall’aereo. Lupin si è fissato ad assegnare a me e a Jigen la parte della coppia sposata unita e felice, quindi abbiamo ancora quelle fedi sempre con noi. A dire il vero io non l’ho mi tolta. A volte è nascosta sotto i miei guanti da motociclista, che indosso spesso come accessorio, ma è sempre lì.
Come al solito iniziamo a preparare il colpo ispezionando i dintorni della banca, e tracciamo le vie di fuga più convenienti, e io controllo come dobbiamo comportarci a livello informatico. Questa volta sarà meno difficile prendere il controllo della banca, sarà un lavoro basilare, veloce e pulito. Dopo ore di lavoro, come al solito, io e Jigen ci diamo il gancio in un Jazz Club. Quando entro mi guardo intorno e mi rendo conto che è già arrivato. Lo raggiungo, ordinando un Dry Manhattan. Sembra che tutto sia come al solito, ma all’improvviso sposto lo sguardo in un punto casuale del locale e inizio a preoccuparmi considerevolmente. Non so cosa ci faccia qui, non so cosa ci faccia a San Francisco, ma il mo ex, Gabriel, quello di cui vi ho già parlato in precedenza, è qui. Appena i nostri sguardi si incrociano guardo da un’altra parte, sperando che non mi abbia vista, ma è troppo tardi. Con la coda dell’occhio noto che si sta avvicinando a noi, e comincio a sentire gli effetti dell’ansia nel mio petto. Cerco di convincere Jigen ad andarcene con una scusa, ma non ci riesco. Appena il mio ex ci raggiunge cerco di mandarlo via senza farmi notare, ma non mi ascolta. Si rivolge a noi come se fossimo i suoi migliori amici.

“E questo chi è?” mi chiede Jigen all’improvviso, sussurrando

“E’ quel grandissimo figlio di puttana del mio ex” rispondo con voce altrettanto bassa

“Perdonami Alexis, ma ancora non ho capito chi è lui” il tono di voce di Gabriel mi dà sui nervi. Lui sa benissimo chi è, perché anche lui è dell’Interpol. E’ questo il problema. E’ abbastanza spregevole da farlo arrestare all’improvviso, o forse ha in mente qualcosa di peggiore

“Lui è Jigen, il mio attuale ragazzo” dico stringendo un po’ il suo braccio, sia per rendere l’idea sia per cercare sostegno e sicurezza

Jigen mi sussurra di nuovo, questa volta per prendersi amorevolmente gioco di me “Ora sono il tuo ragazzo?”

Stiamo quasi per riuscire a liberarci di lui, quando tira fuori una frase orrenda dal nulla “Alexis, non avere fretta, non ho ancora raccontato a Jigen la parte migliore”

Sentendo queste sue parole sento un forte peso sul petto, l’ansia mi sta assalendo. Come una cretina mi assento per un momento, andando in bagno per darmi una rinfrescata e tranquillizzarmi. So benissimo che è una scelta poco strategica e razionale, ma sono una persona molto ansiosa e in questi momenti la mia razionalità non esiste più, non penso più in modo lucido e finisco per dare occasioni al mondo per rovinarmi in qualche modo. Mi asciugo la faccia in malo modo. Dal mio riflesso sullo specchio vedo che la paura che ho si può leggere senza difficoltà nei miei occhi, e mi sembra anche di essere leggermente pallida. Quando esco mi sembra che il mio cure abbia smesso di fare il suo lavoro all’interno della mia cassa toracica. Jigen non è più lì dove era prima, non è più nemmeno nel locale. L’unico che è rimasto lì senza muoversi di un millimetro è Gabriel, che mi sta fissando cercando di reprimere quel suo schifosissimo sorrisetto soddisfatto. Non si è mai rassegnato, nonostante io l’abbia lasciato e gli abbia rotto il setto nasale ha sempre cercato di riconquistarmi alla prima occasione. Nonostante quello che mi ha fatto crede davvero di poter rimettere insieme i pezzi. Mi avvicino a lui chiedendogli cosa sia successo, anche se già so che risposta aspettarmi. Gli ha detto tutto, gli ha detto della missione sotto copertura, gli ha detto che faccio parte dell’Interpol da anni, ha fatto esattamente quello che sapevo avrebbe fatto. Istintivamente gli do un pugno, probabilmente rompendogli per la seconda volta il setto nasale. Ignoro quelli che mi osservano ed esco il più velocemente possibile dal locale. Appena sono sul marcia piede cerco di trovare Jigen in mezzo ai pedoni e lo raggiungo, zigzagando tra le persone che girano per il centro della città come ogni sera, affollandola. Cerco di correre, infischiandomene del fatto che in alcuni momenti spintono persone che nemmeno conosco.

“Ti prego aspetta!” dico prendendolo per un polso

Appena si volta abbasso istintivamente lo sguardo. Vorrei dire tante cose, troppe cose, ma la voce non vuole lasciare le mie corde vocali. Se dicessi qualcosa mi sembrerebbe di fare la vittima, anche se allo stesso tempo sembra che non me ne freghi niente “Pensavo fossimo uniti. Mi hai mentito. Usato. Molto probabilmente tutto ciò che hai detto e fatto era solo una menzogna. Sei incredibile, credevo fossi diversa da molte altre donne che ho incontrato. Mi sono aperto a te, ti ho svelato cose che nemmeno Lupin sa di me e mi sono innamorato di te, ma per te era solo un passatempo, un modo per essere sicura che la tua missione avrebbe avuto successo” nonostante le parole siano diverse, quello di qualche mese fa è stato un sogno premonitore. Cambiano la città e altre cose, ma la sostanza è quella. Cambia anche il fatto che non c’è la pioggia che può aiutarmi a nascondere le mie lacrime, per ora devo trattenerle, fissando un punto qualsiasi per ricacciarle brutalmente indietro. “Anche se Lupin dovesse farti rimanere come nostra socia in affari sappi che con me hai chiuso”

“Un mese fa avevo dato le dimissioni, non so perché non sono state accettate…non ne ho la più pallida idea” la mia voce è poco più forte di un sussurro e trema, quasi avesse paura di venir fuori per essere udita

So che mi ha sentita, ma ignora completamente quello che ho detto, semplicemente si volta e si allontana, le mani in tasca e la tesa calata sugli occhi, in quella sua solita aria nostalgica e un po’ cupa con cui lo vedevo spesso per New York. E io rimango lì, senza tentare di fermarlo, perché so che sarebbe inutile e patetico. Inizio a piangere senza controllo. Rabbia, senso di colpa e tristezza si mescolano in un’unica devastante sensazione che mi accompagnerà per molto tempo. E’ molto peggio che nel mio sogno, tutto perché le sensazioni sono ancora più forti che di quelle che percepivo nel sonno. Quando ormai sta girando l’angolo mi volto, consapevole che dopo due mesi tutto è finito, tutto per colpa della mia paura e anche per colpa di un grandissimo bastardo. Abbasso il cappello così che mi nasconda di più la parte superiore del viso e pur avendo la vista annebbiata dalle lacrime cammino senza rendermi bene conto di dove sto andando. Non so dove mi stai portando l’istinto, ma mi affido ad esso, visto che ho la mente troppo piena per pensare a dove andare. Ad ogni passo ripenso sempre più ai due mesi che ho vissuto, e anche se sembra impossibile le lacrime scivolano ancora più copiose sulle mie guance. Il mio istinto mi ha portata davanti a quello che è il nostro nascondiglio di San Francisco, e anche se so che è un’idea malsana entro. Mi chiudo la porta alle spalle per poi appoggiare la schiena ad essa, per poi scivolare lentamente verso il basso fino a sedermi sul pavimento. Durante questo processo mi è caduto il suo cappello, che ora è a terra vicino alla mia gamba. Avvicino di più le ginocchia a me e appoggio la fronte su di esse, per poi continuare a piangere silenziosamente nella semi oscurità. Dopo qualche istante mi rendo conto di non essere sola come credevo, e mi accorgo della presenza di Lupin e Goemon. Istintivamente porto una mano al mio ciondolo e lo stringo con forza, mi asciugo velocemente le lacrime e alzo la testa, appoggiandola alla porta. Mi aspetto parole distruttive anche da loro. Fra loro due è Lupin a parlare, e mi aspettavo anche questo.

“Jigen ci ha parlato di quello che ha scoperto” chiudo gli occhi, un poco terrorizzata, non ancora pronta per sentire ciò che ha da dirmi “Ma non ha omesso la parte delle tue dimissioni. Abbiamo fatto delle ricerche a riguardo, ed è stato il tuo capo a New York a fare in modo che non venissero accettate, e tutto questo perché considera questa missione importante e fondamentale per l’Interpol. Sappiamo anche che hai fatto rapporto solo una volta, e che l’unica volta in cui l’hai fatto non hai rivelato niente di importante o di utile”

“Non indorare la pillola Lupin, se me ne devo andare dimmelo e basta”

“Io e Goemon ne abbiamo parlato per un po’, ma alla fine abbiamo pensato che potremmo darti una seconda possibilità, e se vuoi possiamo darti una mano con le dimissioni” alzo lo sguardo e vedo il suo tipico sorriso amichevole, che in qualche modo mi migliora un poco l’umore.

Mi chiedono di parlare di quello che è successo, mi chiedono di sfogarmi invece che autodistruggermi tenendomi tutto dentro, ma comunico ad entrambi che per ora non posso farcela. Però sfogo la mia rabbia, dicendo quello ce mi passa per la testa riguardo all’Interpol. Dico che non ne voglio più sapere dell’ICPO, che ero entrata solo per curiosità e non per chissà quali altri motivi. Sono diventata parte dell’Interpol solo per migliorare le mie conoscenze informatiche e per trovare più velocemente e facilmente notizie sul caso di mio padre. Ecco perché ho accettato la proposta di mio zio. E ora voglio solo poterne uscire, anche se questo non sistemerà le cose fra me e Jigen. Ho ancora Lupin e Goemon, che per me ormai sono come due fratelli maggiori, per questo ho intenzione di fare qualsiasi cosa per riconquistare a pieno la loro fiducia, anche a costo di essere arrestata, o peggio. 

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Angolo autrice

Ok, ce l'ho fatta. E' stato abbastanza complicato, aiuto. In più la mia ispirazione si è suicidata, anche grazie ad alcune bastonate morali che mi ha dato il latino, ma lasciamo perdere quest'argomento o rigo la macchina a qualcuno c: Mi sono autodistrutta i feelings a scrivere sta roba, e il capitolo mi sembra anche terribilmente breve...come al solito del resto x'D Ok, ci ho provato, e mi sembra che tutto sia stato così veloce e poco dettagliato e...oh God, perché devo sempre cercare un'imperfezione in quello che faccio? T_T 
Si hem, hem. Ci rivediamo fra un mese, con il prossimo capitolo...e buona pasqua! c: 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Sono passati tre giorni ormai. Stasera dobbiamo agire, e in queste ore nessuno ha visto o sentito Jigen, non che la cosa mi stupisca. Mi aspettavo una cosa del genere
da lui. Invece non mi aspettavo che avrei retto per tre giorni senza avere continue crisi emotive gravi, ne ho avute solo un paio l’altra notte. Una parte di me è rassegnata, mentre l’altra punta all’autodistruzione. La seconda continua a rinfacciarmi che è tutta colpa mia, che sono stata una codarda senza spina dorsale. In questo momento sto apportando le ultime modifiche al mio sistema di hackeraggio per questo colpo, mentre cerco anche di arrivare da sola alle informazioni che ha Jigen riguardo a Riez. In quello che è successo c’è da contare anche questo, ora sono sola ad affrontare quell’essere spregevole, e se devo essere sincera ho abbastanza paura. Mentre digito alcuni comandi sulla tastiera non riesco a smettere di notare l’anello sul mio anulare, che nonostante tutto non ho ancora tolto, e che forse non toglierò mai, in ricordo dei tempi migliori. Già, non ho alcuna speranza di poter rimettere insieme i pezzi, lo so già. Credo che sia inutile insistere. Mi sarà già abbastanza difficile dover aver a che fare con Jigen come soci in affari, figuriamoci se dovessi tentare di parlargli di quello che è successo. All’improvviso sento la porta aprirsi e mi volto di scatto, presa alla sprovvista.

Sospiro, leggermente esasperata “Lupin…dannazione mi hai spaventata a morte”

“Alexis” il suo tono di voce è così serio che mi spaventa “Ho appena sentito Jigen, ha detto che parteciperà al colpo. Nel dubbio gli ho chiesto di essere il meno ostile possibile nei tuoi confronti, per il bene del gruppo ma soprattutto per il tuo bene. Non credo sia il caso di, si insomma, mi hai capito”

Improvvisamente sento una lacrima solcarmi il viso, così, dal nulla “Ti ringrazio, ma ostilità o no per me è lo stesso” Senza una ragione precisa la lacrima solitaria di prima si è trasformata in un pianto abbastanza forte e violento, quasi isterico, e istintivamente mi compro il viso con entrambe le mani

Lupin prende una delle sedie nella stanza e prende posto vicino a me, mettendomi una mano sulla spalla “E’ arrivato il momento di sfogarsi un po’, non credi?”

Annuisco lentamente, e dopo essermi calmata un momento appoggio i gomiti sul tavolo, accanto al portatile, e mi sostengo la testa con entrambe le mani, con i palmi contro la fronte “Io non volevo che andasse così, non fraintendermi, con questo non voglio dire che non vi avrei mai svelato la verità…ma io non volevo che si scoprisse così, non volevo che si sapesse da qualcun altro all’infuori di me…che poi chissà che grandi stronzate ha detto quel bastardo per fare in modo che andasse a finire così. Lo so che ho esitato troppo ma…avevo paura di essere odiata da voi, avevo paura specialmente che Jigen mi odiasse per questo. E so bene che ho aspettato troppo per tentare di dare le dimissioni, ma avevo paura che la cosa avrebbe ferito in qualche modo mio zio, e non avrei potuto sopportarlo, è l’unica figura paterna che ho da anni a questa parte e…sono solo una codarda, una codarda incapace di preservare le cose importanti nella sua vita” mi prendo una pausa per smaltire i numerosi singhiozzi repressi “Ora voglio solo fare in modo che tu e Goemon capiate quanto sono fedele a questo gruppo e che ormai io non ho più alcun rapporto con l’Interpol…per quanto riguarda Jigen credo che non ci siano speranze di poter rimettere insieme i pezzi”

“Credo che tu ti stia sbagliando. Jigen ti ama, e sono sicuro che ti perdonerà, anche se all’inizio sarà difficile”

Sorrido amaramente “E perché dovrebbe? Non vale la pena di perdonare una come me per una cosa del genere”

“Perché anche lui ha dei segreti che non ti svela”

“Lui ha i suoi motivi, e poi mi ha resa molto partecipe a riguardo”

“E tu hai i tuoi motivi Alexis. Siete pari. I vostri motivi sono importanti in modo equo, si basano tutti sulla paura e sull’incertezza”

Sospiro sconsolata e guardo fisso davanti a me “Lo so che sono passati solo tre giorni, ma mi manca da morire, e tutto perché so che probabilmente tutto questo non si risolverà. E’ incredibile come ci si renda conto di quanto qualcuno sia importante per se stessi solo quando lo si perde. Mi sembra assurdo dirlo, visto che mi ha sempre dato abbastanza fastidio il fumo passivo, ma mi manca perfino il leggero odore di tabacco delle sue Pall Mall” sorrido di nuovo amaramente e altre lacrime scivolano giù lentamente sulla mia pelle, fino ad abbandonarla per poi ricadere sul pc, vicino al classico mouse integrato dei portatili

“Come ti ho detto un momento fa sono convinto che ti perdonerà. Lo conosco da molto tempo, ma non lo avevo mai visto così legato ad una donna se devo essere sincero. Lasciagli il tempo di andare oltre l’orgoglio e vedrai che si sistemerà tutto, anche perché con il colpo di oggi capirà che tu sei dalla nostra parte, non da quella dell’Interpol”

Finalmente ho smesso di piangere, anche se rimango ancora di malumore “Spero solo che tu abbia ragione”

“Come sta andando il controllo del tuo sistema?”

“Abbastanza bene, anche se sono convinta che potrei fare di meglio, non voglio che il quell’idiota che ci ha sabotato l’altra volta ci riesca anche oggi, non posso permetterlo. Metterebbe a rischio tutti noi”

“Mi chiedo sempre di più cosa diavolo ci facevi all’ICPO. Ti comporti come se fossi con noi da anni, hai il tipico modo di agire di una grande ladra e di certo non ti manca la voglia di essere un aiuto concreto. Cerca solo di non stancarti troppo”

Gli sorrido amichevolmente “Ci proverò Lupin”

Mancano ancora diverse ore prima della nostra consueta riunione pre-colpo, perciò decido di fare due passi in città, da sola per la prima volta dopo molto tempo. Cammino distrattamente, con le mani in tasca e lo sguardo un po’ perso. Dopo dovrò usufruire del GPS per riuscire a tornare indietro, visto che sto vagando senza meta in una città per me semi sconosciuta. Ci ero stata qualche anno fa per lavoro, ma è passato troppo tempo perché possa ricordare qualcosa, e poi San Francisco è cambiata nel frattempo. Se solo tutto questo non fosse accaduto ora non dovrei affidarmi ad un dispositivo elettronico, avrei Jigen al mio fianco che mi impedirebbe di perdermi. Conosce la città meglio di me, e ha un senso dell’orientamento migliore del mio. Già…è l’ultima persona a cui dovrei pensare per non cadere ancora nella tristezza più assoluta, ma non riesco a togliermelo dalla testa da tre giorni a questa parte. Senza volerlo mi scontro contro qualcuno, all’inizio non mi rendo subito conto di chi sia. Ma poi collego velocemente l’impermeabile beige e l’altezza della persona a mio zio, che si volta velocemente, inizialmente imprecando. Reagisco abbastanza lentamente e tento di scappare, ma vengo immobilizzata da una sua semplice ma pesante domanda. Mi chiede come sto. Ha capito tutto, e non ha alcuna intenzione di arrestarmi. Mi volto, e la mia espressione risponde al posto mio. Mi dice di seguirlo in un punto più tranquillo della città, e ci dirigiamo in una zona isolata della costa, si vede il Golden Gate Bridge da qui.

“Allora, che cosa c’è che non va? E non provare a dirmi che va tutto bene, ti si legge in faccia che non è così”

Gli racconto tutto quello che è successo l’altro giorno, con tutta la calma che riesco a trovare “E’ da quella sera che non lo vedo…e se trovo Gabriel giuro che gli faccio male, molto male”

“Quel bastardo…tu hai dovuto accettarlo, il suo ‘lavoro’, i suoi amici e la sua vita. Ma a quanto pare lui non vuole accettare te. Ti dico io cosa voleva da te, una notte e basta. Giuro che lo uccido”

“Non dirlo nemmeno per scherzo!” dico, con un tono di voce un po’ più alto di quello che pensavo di usare “Non ha saputo da me tutto questo, ma da quel bastardo senza gloria de mio ex, è proprio questo il problema. E’ normale che se la sia presa così, lo avrei fatto anche io. E poi sono convinta che gli siano state riferite un sacco di cose non vere, e quando si è sotto shock si può credere ad ogni cosa, è una normale reazione del cervello umano. Avrei dovuto essere io a dirgli la verità, ma non ci sono riuscita, non ho fatto in tempo. E poi se davvero da me avesse voluto solo una notte, come dici tu, credi che se la sarebbe presa così? Francamente penso proprio di no”

“Effettivamente hai ragione”

“Già, ma a che serve ormai? Non ho più modo di rimettere insieme i pezzi”

“Ascoltami, non ti ho allevata per arrenderti. Quindi ora muoviti e vai a riprendertelo. Non sarà certo un po’ di orgoglio maschile a fermarti”

“Ma non so nemmeno da che parte cominciare…non ho uno straccio di idea e non ho preparato niente di efficace da dirgli…”

“E’ questo il punto, non devi avere niente di premeditato. Quando verrà il momento le parole verranno da sole, e visto che arriveranno dritte dalla tua anima saranno sincere e anche efficaci. Se non basta una volta riprova una seconda, e magari una terza, ma non spingerti più in là di così. Se una persona ci tiene ti perdona entro questo lasso di tempo”

Sorrido leggermente, con una nuova e forte determinazione dentro di me “Non so come tu faccia ad avere sempre una risposta a tutto”

“E’ normale, un buon agente di polizia deve essere pronto per ogni cosa” dice fiero di se stesso, strappandomi una leggera risata

“Non credere che mi lasci impietosire da questo nostro dialogo, stasera ti darò filo da torcere”

Noto perfettamente un’ara di sfida nel suo sguardo e nella sua espressione “Lo stesso vale per me”

Mi affretto per tornare nel nostro nascondiglio, guidata dal GPS. Cerco di evitare di essere riconosciuta da alcuni agenti in borgese sparsi per la città. Non hanno pensato che so riconoscere ognuno di loro. Molti di loro sono stati scelti fra gli agenti che solitamente sono in servizio a New York. Appena arrivo capisco subito che Jigen è già qui, così prendo un respiro profondo prima di entrare, cercando di agire nel modo più naturale possibile. Mi scuso per il leggero ritardo, ma Lupin mi dice che a dire il vero sono in anticipo. Mi chiede se venendo qui ho visto Goemon, gli faccio cenno con il capo per dirgli di no per poi comunicargli che dovrò fare un salto a New York per ‘discutere’ con il mio capo, e nel mentre ricontrollo di avere la magnum completamente carica. Mi chiede se non mi sembra un po’ esagerato agire in questo modo, e gli dico molto chiaramente che potrei anche fare di peggio, che in proporzione sono buona visto quello che è successo. Non voglio fare caso a come Jigen mi sta guardando al momento, così salgo per andare a prendere il portatile, il silenziatore e delle mono dosi di anestetico in siringa. Appena Goemon ci raggiunge ricapitoliamo il nostro piano e partiamo, dirigendoci verso la banca. Questa volta non useremo nessuno stratagemma particolare, entreremo e basta. Sono riuscita a trovare una falla nella sorveglianza degli agenti e un punto cieco della video sorveglianza. Entrambi ci saranno molto utili per entrare ed agire indisturbati. E’ evidente che questa volta il piano di sicurezza non è stato steso da mio zio, chiunque sia stato ci ha sottovalutato, è pieno di errori madornali ed idioti che con persone come noi è meglio non fare. Infatti riusciamo ad arrivare alla cassaforte con una semplicità impressionante. C’è un agente dritto davanti a noi, di spalle. Jigen sta per agire, ma lo fermo con un cenno e mi avvicino silenziosamente al nostro ostacolo, la cosa mi riporta alla memoria una parte dell’addestramento dell’Interpol, dedicata all’avvicinamento sicuro, o qualcosa del genere. Quando sono a pochi passi dal mio obbiettivo prendo la siringa con l’anestetico. Avevo già pensato a tutto. Gli inietto il contenuto, cercando di attutire la sua caduta per non richiamare l’attenzione. Prendo la tessera elettronica che ha con se e mi avvicino alla cassaforte, seguita dai ragazzi, leggermente stupiti dalla scioltezza con cui sto agendo. Sapevo che questo tizio avrebbe avuto la tessera identificativa. La passo a Lupin, mentre io tengo il mano il portatile. Gli dico di farla scorrere appena sono pronta. Il sistema è semplice: si passa la tessera, che è abbinata ad una persona, e subito dopo si deve fornire la propria impronta digitale, poi c’è il controllo della retina. Se tutto corrisponde la cassaforte si apre senza problemi, altrimenti scatta l’allarme, che blocca qualunque malintenzionato in quest’ala della banca. Non hanno pensato però che qualcuno con delle buone conoscenze informatiche può infiltrarsi nel database, e con un semplice processo può fornire impronta digitale e retina senza alcun controllo fisico. E’ esattamente quello che sto facendo, nella massima sicurezza e segretezza. Appena il processo è concluso lascio che Lupin entri indisturbato per scassinare la cassetta di sicurezza che contiene la seconda memory card, mentre io e Jigen aspettiamo fuori, assicurandoci che nessuno ci ostacoli. Nel mio caso sto usufruendo del sistema di video sorveglianza della banca, con l’aggiunta di una mia telecamera nascosta nel famoso punto cieco, ho pensato che non era il caso di farsi trovare impreparati. Jigen invece è molto più classico su questo punto, si affida solo al suo istinto e al suo sesto senso. La differenza fra noi è che sono una maniaca del controllo generale, che deriva dal mio essere ansiosa.

“Lupin, abbiamo un problema nel settore che per il loro sistema di sorveglianza è un punto cieco. Zazà sta venendo qui personalmente con alcuni dei suoi uomini. Sarà stato insospettito dal fatto che non è scattato l’allarme nonostante siano passati già cinque minuti dall’ora prefissata…suggerisco la via di fuga attraverso i condotti di areazione” rifletto per un secondo, e la mia mente viene ricondotta a Chicago “Che spiacevole déjà-vu”

Mando il pc in ibernazione con scioltezza, lo rimetto nella borsa ed entro nel locale cassaforte andando dritta verso la grata del condotto. Richiudo la grata dietro di me, così da non far pensare subito ai condotti. Durante il tragitto avvisiamo Goemon che stiamo uscendo, così che possa tenersi pronto a fronteggiare i mezzi con cui l’Interpol vuole cercare di catturarci. Appena siamo fuori però riscontro un’incongruenza con il piano d’azione che era stato steso e che ho prontamente hackerato ieri sera. Paparino ha preso in mano la situazione, questo è poco ma sicuro. Ci hanno chiuso ogni via di fuga tranne una, la più difficile da raggiungere al momento. La fortuna è dalla mia parte, individuo un punto da cui posso sgattaiolare e fuggire a piedi da sola, attraendo l’attenzione. Esco allo scoperto, e riconosco velocemente il mio capo fra i numerosi agenti. Ha un ruolo abbastanza importante nell’Interpol, così sparo a pochi millimetri dal suo braccio per fargli istintivamente lasciare la pistola. In un attimo mi ritrovo buona parte degli agenti alle costole. Con l’aiuto dell’auricolare chiedo a Lupin e agli altri di non seguirmi, dico che l’ho fatto apposta per far sì che potessero fuggire indisturbati. Non so come, ma riesco ad imboccare una scorciatoia, e mi ritrovo al porto. Mi nascondo in uno spazio angusto fra un container e una parete, facendo perdere ogni mia traccia. Appena sono sicura che la polizia non può più vedermi esco allo scoperto, ma non ho molta pace. Riesco a fare solo pochi passi prima che Shade cerchi di spararmi. Si è portato dietro alcuni dei sicari di Gavez, mi stupisce che non ci sia anche Riez…a meno che non sia il loro ultimo asso nella manica. Mi ritrovo a dover fuggire di nuovo, addentrandomi sempre di più nel porto commerciale di San Francisco. Sparo più volte, fino a finire le munizioni. Presa dal panico fuggo senza meta, e finisco per perdere l’orientamento fra i numerosi container, simili fra loro. All’improvviso mi sento afferrare per un braccio, non faccio in tempo a fare niente. La persona che è riuscita a prendermi mi tira a se, capisco di chi si tratta poco prima di cacciare un urlo. E’ Jigen. Non solo mi ha salvata, ma mi ha seguita fino a qui. Ha rischiato di farsi arrestare e poi di farsi uccidere per assicurarsi che stessi bene. Siamo nascosti in un posto simile a quello in cui mi ero nascosta io, sempre che non sia lo stesso. Mi tiene vicina a se stringendomi per i fianchi con un braccio, mentre con l’altro è pronto a sparare. Mi lascio trasportare dal senso di sollievo che provo e istintivamente appoggio la fronte sulla sua spalla. Non mi rendo subito conto quanto questo mio gesto sia doloroso per me stessa, ma ignoro completamente la cosa quando mi rendo conto che Jigen non sta facendo assolutamente niente pe impedirmi di rimanere così, a farmi rassicurare dal contatto fisico. Rialzo la testa di scatto sentendo la voce di Riez spuntare dal nulla, e senza rendermene conto inizio a tremare. Se avessi le munizioni probabilmente non reagirei così.

“Razza di idioti, ve la siete fatta scappare come dei principianti! Cercatela, non può essere andata lontano”

“Aspettate. C’è anche Jigen, voi occupatevi della ragazza, voi invece venite con me a cercare quel traditore” ero sollevata fino ad un attimo fa, credevo che non sapessero che anche Jigen è qui, ma Shade mi ha appena distrutto quel piccolo bagliore di speranza e tranquillità

Rimaniamo lì fermi ancora per qualche istante, ma quando poi sento dei passi tiro fuori una seconda siringa che ho portato precauzione, controllo che sia davvero una persona sola come ipotizzo e poi inietto l’anestetico al malcapitato sicario che passava di qui. Come ho fatto prima attutisco la caduta, così da non richiamare l’attenzione, e controllo se ha armi oltre la mitragliatrice, nella speranza di trovare almeno una semi-automatica. Incrocio per un istante lo sguardo perplesso di Jigen “Ho finito le munizioni, tutto qui”

“Bastava chiedere” mi immaginavo di sentire asprezza e indifferenza nella sua voce, e invece è tutto il contrario. E’ il suo solito tono che usa per rivolgersi a me.
A vista d’occhio credo che mi abbia passato 18 pallottole, ma forse sono anche di più. Ricarico la magnum e metto le restanti munizioni nella tasca interna della giacca. Procediamo con cautela, e dopo alcuni interminabili minuti riusciamo a lasciarci alle spalle il porto. Ci portiamo il più velocemente possibile in una zona sicura della città, che non avrei mai trovato se fossi stata da sola. Mi appoggio ad un palo, stanca di correre in preda all’ansia. Improvvisamente Jigen mi afferra per le spalle con una presa decisa. Nella sua voce percepisco un’improvvisa preoccupazione “Che diavolo ti è saltato in mente?”

Lo osservo stupita per un momento, ma poi seguo il consiglio di mio zio, e lascio che sia la mia anima a dare forma alle mie parole “Volevo solo rendere la fuga più facile a te e ai ragazzi, sapevo che una cosa del genere gli avrebbe spinti a concentrarsi almeno in parte su di me”

“Siamo una squadra Alexis, o scappiamo tutti oppure non scappa nessuno, è così che funziona e lo sai bene”

“E’ solo che…volevo che Lupin e Goemon potessero dire di aver fatto bene a darmi fiducia nonostante tutto. E volevo anche assicurarmi che tu potessi ancora avere fiducia in me almeno come socia in affari, mi basta solo questo. Perché giustamente non credo che tu voglia-“ Non faccio in tempo a finire la frase, mi ritrovo le sue labbra sulle mie senza quasi rendermene conto. Non so bene per quale motivo, ma i miei occhi si riempiono lentamente di lacrime e quando ci separiamo, nonostante io sappia che non ce n’è bisogno parto con una carrellata di scuse sconnesse “Mi dispiace…volevo dirtelo fin dall’inizio, ma non sapevo come e…avevo paura, non so bene per quale motivo…scusami”

Mi lascio abbracciare da lui e nascondo il viso appoggiandomi di nuovo alla sua spalla con la fronte. Grazie al cielo è un pianto breve, infatti come è già accaduto altre volte mi clamo gradualmente, tutto questo perché sono di nuovo fra le sue braccia “Sono io che devo scusarmi. Il tuo ex mi aveva detto che avevi accettato la missione con entusiasmo, tutto questo perché non aspettavi altro che arrestarci, sperando anche in una promozione. Quando poi ha definito quello che c’è fra noi come ‘una recita ben riuscita’, senza menzionare le dimissioni, ho perso completamente il controllo. Avrei dovuto capire da solo che niente di tutto ciò che mi ha detto era la verità”

“Chiunque avrebbe avuto dubbi sentendosi dire cose del genere, lo avrei fatto anche io…aspetta, cosa intendi dire con capire da solo?” chiedo, ancora senza essermi separata da lui

“Lupin mi ha fatto sentire una registrazione poco prima del colpo, sono state le tue parole a farmi capire che non ti ho dato tutta la fiducia che ti meritavi”

“Quale registrazione!?” ho un tono di voce pieno di collera, un po’ attutito dal fatto che sono ancora abbracciata a Jigen

“Hey piccioncini, dove diavolo vi eravate cacciati!? Non riuscivamo a starvi dietro”

Lascio che Jigen mi lasci andare per voltarmi verso Lupin con una rinnovata energia, senza più alcun peso sul cuore “Lupin…capiti proprio al momento giusto. Che registrazione avrei fatto sentire a Jigen scusa?”

“A-alexis, posso spiegare…”

“Una persona quando ti confida una cosa lo fa senza pensare che verrà segretamente registrata, questo lo sai vero!?” dico, cercando di trattenere la voglia di strangolarlo che ho al momento, anche se gli sono segretamente riconoscente

“Guarda il lato positivo, almeno la mia idea ha funzionato”

Gli prendo un polso con uno scatto fulmineo e porto il suo braccio dietro la sua schiena, tirando leggermente verso l’alto, come se dovessi lussargli la spalla. A dire il vero gli sto creando un dolore appena percettibile, ma ok “La prossima volta che hai intenzione di combinare qualcosa del genere fammelo sapere, intesi?”

“Ma così si perde l’effetto sorpresa…”

Tiro con un po’ più di forza “Intesi!?”

“Okok, se dovessi avere un’idea simile in futuro ti metterò al corrente, sperando che non serva…ora potresti lasciarmi il braccio per favore?”

Soddisfo la sua richiesta, e appena mi rendo conto di non essere vista gli sussurro un sincero ‘grazie’, di quelli che vengono dal cuore. Dopo un momento mi chiede di lasciargli il computer, così che lui e Goemon possano occuparsi della memory card mentre noi ‘recuperiamo il tempo perduto’. Gli faccio le mie solite raccomandazioni riguardo il non incasinarmi tutto e gli lascio il mio portatile, anche se sono un po’ contrariata dalla cosa. Non è solo uno strumento di lavoro per me, ci sono anche delle cose personali in quel portatile.

Jigen lascia che i ragazzi ci lascino soli e mi arriva alle spalle, appoggiando entrambe le mani sui miei fianchi “Che ne dici di andare al Jazz Club?”

“Preferirei di no…mi riporta alla mente spiacevoli ricordi”

“Non preoccuparti, questa volta non lascerò che una compagnia indesiderata ci rovini la serata” mi sussurra in un orecchio, con tono seducente

Contrariamente a quello che pensavo tutto è tornato come prima, ma nonostante questo sento ancora di dover dimostrare quanto sono fedele a questo gruppo, ma ora sarà molto più facile. 

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Angolo dell'autrice

Sono in anticipo, incredibile ma vero. Ho finito il capitlo ieri sera alle dieci e mezza, e dopo i miei numerosi ritardi ho deciso di rimediare aggiornano prima del dovuto. La cosa positiva è che credo che riuscirò a stare in tabella anche con il capitolo 13. Ho già scritto 2 fogli di blocco e una facciata di un terzo. Sono ispirata, così, dal nulla. Per carità, meglio così, però non capisco cosa mi stia ispirando così. Forse è grazie al fatto che l'uscita della nuova stagione di Lupin è imminente *-* (per chi non sapesse niente lascio qui il link dell'articolo italiano  http://www.huffingtonpost.it/2015/04/26/lupin-iii-nuova-serie_n_7146096.html?ref=fbpr  ovviamente vi basta copiare il link e incollarlo nella barra dei link del vostro browser) Comunque...non lo so come diavolo è uscito tutto questo dalla mia testolina, non chiedetemelo. Per quel che mi riguarda sono soddisfatta del risultato, anche se in certi momenti mi sembro troppo smielata e un momento dopo credo che invece non è così. Ora che ci penso ormai è un anno che sto scrivendo questa storia. Un anno fa ho avuto l'idea per tutto questo, proprio in questi giorni. E' incredibile come passa il tempo. Fra qualche mese invece sarà passato un anno dalla prima pubblicazione online della storia. L'altro giorno stavo rileggendo i primi capitoli, e ho avuto i brividi vedendo come sono migliorata e come il mio stile sia leggermente cambiato. E'...pazzesco. Vabbè, ora credo sia il caso di lasciarvi...devo fare matematica :'c
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo c:  

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Sono le 5 del mattino. Lupin è venuto a svegliarmi per qualche ignota ragione informatica. Mi alzo cercando di non far rumore e raggiungo Lupin, ancora addormentata.

“Prenditi pure un caffè, non credo che risolveremo la cosa a breve”

“Aspetta solo un momento” prendo un foglietto casuale e scrivo una veloce nota per Jigen, che lascio sul mio cuscino, così, giusto che non abbia preoccupazioni già la mattina appena sveglio. Mi preparo un espresso e torno in soggiorno “Come mai hai dovuto svegliarmi a quest’ora?”

“Ho finito di decriptare e interpretare il secondo testo, e ho unito le conclusioni che ho tratto dal primo in un unico file. Ma ho alcuni problemi con le mappe. In entrambe le memory card ci sono frammenti di mappe, ma non riesco a metterle in relazione, l’immagine è poco nitida e in più ci sono delle coordinate che dovrebbero facilitarmi la vita, e invece la complicano ancora di più. Ho pensato che forse conosci quale mezzo particolare per rendere tutto più chiaro”

Do un’occhiata a tutto il materiale e apro il programma di identificazione. Inserisco le ‘coordinate guida’ e importo i file “Le immagini sono pessime e un po’ troppo piccole, ci vorrà un po’ prima che il programma possa rendere migliore la qualità dei file e poi unirli in unica mappa. Il lato positivo è che se ci sono indicazioni particolari esse verranno mantenute, dando un senso logico a tutto”

Mentre il programma elabora controllo i testi decriptati e le soluzioni agli enigmi presenti in essi, e trovo subito qualcosa di sospetto “Anche tu non sei convinta dal contenuto dei testi non è vero?”

“Più che insospettita. Dovrebbe essere un testo antico, come può essere nominata San Francisco? Insomma, questa roba dovrebbe risalire a prima del 1492, e anche se fosse di quell’epoca la città non esisteva ancora”

“E’ quello che ho pensato anche io, è strano”

“Quindi che vuoi fare? Ci buttiamo comunque a capofitto nell’impresa o lasciamo perdere?”

“Hai mai sentito dire che Lupin III si sia arreso solo perché aveva davanti a se dei file sospetti?”

Sorrido, leggermente divertita “Lo prendo come un ‘andiamo avanti ad ogni costo’. Voi uomini fate particolarmente fatica a gestire l’orgoglio, siete incorreggibili”

“Già, ma tu hai trovato l’eccezione che conferma la regola, vero Alexis?” dice sorridendomi maliziosamente, dandomi una leggera gomitata, tipica di chi insinua. E’ ovvio che si riferisce a Jigen

“Dovresti riposare invece di fare lo spiritoso, non hai chiuso occhio, e quando l’elaborazione sarà finita devi essere cosciente per poter organizzare il colpo. Qui finisco io”

Dopo alcuni minuti di solitudine e di attesa improduttiva mi infiltro nei sistemi dell’Interpol, alla ricerca di file che riguardino le mie dimissioni respinte. Quello che leggo e apprendo mi fa salire la rabbia alle stelle

L’ICPO rifiuta di accettare le dimissioni dell’Ispettrice Alexis Zenigata, respingendo le obiezioni dell’Ispettore Koichi Zenigata e accogliendo invece il suggerimento del Commissario James Smith. Quest’ultimo ha evidenziato quanto la missione che l’Ispettrice sta portando a termine come infiltrata nella banda del famoso ladro Lupin III sia importante per l’Interpol e che quindi non può essere ancora interrotta. L’ICPO si permette inoltre di chiedere alla più volte citata Ispettrice di fare rapporto all’Ispettore Zenigata, responsabile della missione, riguardo all’andamento della suddetta, in quanto non si ricevono informazioni da circa due mesi.
 
Mi lascio scappare alcune imprecazioni, richiamando l’attenzione di Goemon, l’unico sveglio oltre me in questo momento. Torno un secondo nella stanza che divido con Jigen e mi cambio, portando con me il pc, con la relazione ancora aperta e accendo il cellulare per poi andare a sistemarmi sul balcone. Appoggio il portatile sul tavolino e utilizzo un vecchio trucco per rendere il mio numero non rintracciabile e anonimo. Cerco di mettermi in contatto con il mio capo, James Smith. Aspetto per svariato minuti che qualcuno mi risponda, insisto per poter parlare con lui di persona per fissare un colloquio, ma la mia richiesta viene rifiutata a causa del fatto che sarà a San Francisco fino alle 22 di oggi. Aspetto fino alle sette prima di svegliare Jigen. So che non mi lascerebbe andare al commissariato da sola, e siccome voglio arrivarci prima che lo faccia il mio ex capo ci conviene muoverci il prima possibile. Il caso vuole che sia anche stato completato il processo di composizione della mappa. Cerco di svegliarlo dolcemente, scuotendogli leggermente la spalla, anche per non dare fastidio a Lupin che non ha chiuso occhio.

“Hey, buon giorno” il suo tono di voce cambia, diventando più preoccupato vedendo che sono già pronta e che la mia espressione non è esattamente delle migliori “Che succede?”

Gli lascio un momento per svegliarsi completamente mentre scrivo un post it per Lupin, così da avvisarlo della nostra assenza. Passo il computer a Jigen “E’ la risposta alla mia richiesta di dimissioni, l’ho hackerizzata circa un’ora fa. Dacci un’occhiata”

“Zazà ha davvero cercato di fare in modo che tu potessi lasciare l’Interpol!?”

“Sì, è così, se devo essere sincera me l’aspettavo da lui. Mi chiedono di fare rapporto, ti rendi conto della loro ipocrisia? Mio dio, che faccia tosta. Ho saputo che il mio capo, il caro commissario che ha fatto in modo che le mie dimissioni venissero respinte, è in città fino alle 22” addolcisco un po’ il mio tono di voce, per non sembrare prepotente nei suoi confronti “Ho pensato che avresti voluto venire con me per ‘dialogare’ con lui, e poi non mi sembrava giusto andarmene senza informarti”

Mi dà un bacio sulla fronte “Il tempo di prepararmi e se vuoi partiamo subito”

Gli sorrido dolcemente, grata di quello che sta facendo per me e, inconsciamente, anche per tutto quello che ha fatto in questi due mesi “Grazie”

Salvo il risultato della composizione delle mappe, mi assicuro di avere la pistola carica e di avere anche abbastanza munizioni con me. Quando stiamo per andarcene lascio il post it dove sono sicura che Lupin possa vederlo e ci dirigiamo verso il commissariato di San Francisco. Decidiamo di entrare dal retro, l’entrata principale è troppo rischiosa. Jigen suggerisce di sfruttare la mia presenza nell’Interpol per entrare senza dare sospetti. Suggerisce di far credere che sono riuscita ad arrestarlo e che sto raggiungendo mio zio per l’interrogatorio. Prende un paio di manette da un armadietto, chiedendomi poi di mettergliele. Rimango pietrificata senza fare niente per un istante. Non riesco a fare qualcosa del genere, nemmeno per finzione, non a lui.

Si volta verso di me, appoggia la sua fronte alla mia e mi accarezza una guancia, capendo la mia difficoltà “lo so che è difficile, me è la cosa più credibile al momento. E poi è finzione, è un inganno per raggiungere il nostro scopo…va tutto bene”

Gli metto le manette, percependo una spiacevole sensazione anche se non le stringo “E’…orrendo”

“Devi stringere un po’ di più, rischiamo di non essere credibili” anche se controvoglia ascolto il suo consiglio “Forse dovresti anche toglierti il cappello, potrebbero vederlo come un ‘collegamento’ fra noi, senza sbagliarsi fra l’altro”

“Così mi chiedi troppo”

Ci addentriamo nel cuore del commissariato, recitando perfettamente la nostra parte. Quando incrociamo il mio ex che mi chiede cosa ci faccio qui e gli dico che devo farmi trovare in ufficio da mio zio per l’interrogatorio. Si congratula con me per il buon andamento della missione e si augura di poter rimettere insieme i pezzi con la sottoscritta. Il mio ‘contaci’ è molto aspro e ironico. In tutto questo tempo ho dovuto aumentare un po’ la stretta sul braccio di Jigen per darmi la forza di controllare la mia rabbia. Siamo soli in ascensore, così mi lascio scappare alcuni insulti per quel bastardo. Sorride leggermente, soddisfatto “Sono lieto che tutta tua questa rabbia scaturisca dal fato che abbia cercato di separarci. Ho un ennesimo aspetto positivo da esporre a mio padre…se fosse ancora vivo”

Arrossisco di botto “Sto cercando di recitare la parte dell’agente impassibile e severa, lasciami calare nella vecchia me”

Si avvicina di più al mio viso, rivolgendosi a me con un tono di voce attraente, aggiungendo enfasi al mio grado “Mi scusi Ispettrice”

Rendendomi conto che l’ascensore sta per fermarsi e aprirsi cerco di ricompormi e calo il cappello, cercando di nascondermi un po’ con la tesa. Fortunatamente non incrociamo nessuno in corridoio. Entriamo in ufficio senza dare nell’occhio e gli tolgo subito le manette, lasciandole in un angolo casuale della scrivania “E ora?”

Davvero non hai mai fatto niente del genere?” gli rispondo negativamente con un innocente cenno del capo “Bhe, in questi casi fa molto effetto sedersi dando le spalle alla porta, mostrandosi solo quando il proprio obiettivo si è chiuso la porta alle spalle”

“Ma…abbiamo una sola sedia”

“Bhe, non vedo dove sia il problema” si accomoda sulla poltrona da ufficio, mi prende per i fianchi e mi fa sedere sulle sue ginocchia, con le gambe penzoloni sul bracciolo dal ginocchio in giù

“A-aspetta, non possiamo…”

Fa girare la sedia, così che ora diamo entrambi le spalle alla porta “Perché no? Rende immediato il nostro messaggio” da quando abbiamo risolto le cose fra noi usa più spesso quel suo tono di voce attraente, che mi fa perdere la testa ogni volta, quasi volesse viziarmi. O forse gli piace tirar fuori da me le mie solite reazioni. In ogni caso la cosa non mi dispiace affatto. Dovrei ricollegarmi con la parte di me piena di rabbia e rancore, ma non ci riesco, quasi come se fossi ipnotizzata. Lascio che mi baci abbastanza appassionatamente. Questo gli basta per convincermi ad usare la sua strategia. O forse è solo voglia di avermi estremamente vicina a lui? Forse entrambe le cose sono giuste.

Pochi minuti dopo riconosco la voce del ‘caro’ commissario Smith, e non riesco a trattenere un sorriso diabolico. Lo lasciamo entrare come stabilito, ma mi lascia stupita il fatto che non sia nemmeno un po’ nervoso o intimorito “Chi siete?” la sua voce è calma e impassibile ci voltiamo, e anche la sua espressione è troppo tranquilla per i miei gusti “Cosa ci fate qui?”

“Due parole: dimissioni respinte” dico con freddezza, cercando di essere più bastarda che posso

“Credeva veramente che avremmo lasciato andare uno dei nostri migliori agenti in un momento così delicato?”

“Lo sa, è proprio l’atteggiamento di persone come lei che uccide agenti sotto copertura, si dà precedenza alla missione e non a chi la sta svolgendo. Mi ricorda tanto il caso di mio padre” ho scoperto che poco prima di morire ha cercato ripetutamente di fare richiesta per interrompere la missione. Aveva sicuramente già capito che stava rischiando la vita

“Fatto sta che non può andarsene”

Jigen impugna la magnum, togliendo la sicura “Io invece credo che può andarsene eccome”

“Come se non avessi pensato a tutto questo” ha una specie di sorriso stampato in faccia, che mi fa raggelare il sangue

Sono vagamente confusa in questo momento, e improvvisamente mi sento poco tranquilla, come se stesse per accadere qualcosa di davvero terribile“Questo cosa?”

“Questo stupido tentativo di ribellione”

“Crede veramente che non darò un motivo all’Interpol per essere cacciata? Ho molti mezzi per farlo”

“Patetico”

“Trovo molto più patetico il fatto che l’ICPO faccia di tutto per tenersi un’agente che ormai è non solo un intralcio, ma una nemica”

“Lei crede?” All’improvviso entrano parecchi agenti, ma per noi non sono un gran problema, abbiamo affrontato cose peggiori

Si forma un sorriso bastardo e strafottente sul volto di Jigen, simile a quello che sto trattenendo a causa di questo mio brutto presentimento “Ci sta sottovalutando”

“Questo è ancora da vedere” si accende lo schermo del computer fisso dell’ufficio, ed è questo che causava la mia inquietudine. Sono inquadrati Lupin e Goemon, entrambi ammanettati, all’interno di quella che sembrerebbe essere una cella di Alcatraz della zona attualmente non aperta al pubblico per ragioni a me sconosciute al momento “Vi conviene arrendervi”

“Non può essere, Lupin e Goemon non si farebbero mai catturare così facilmente, non entrambi” dico io, un po’ perché lo penso e un po’ per auto rassicurarmi

Smith sorride leggermente, rendendomi sempre più nervosa “Sparate al samurai” mi rendo conto solo ora che ha un auricolare. Prima che io possa dire qualsiasi cosa mi rendo conto che quest’incubo è completamente vero. Gli sparano ad una gamba, il proiettile lo colpisce pericolosamente vicino all’arteria femorale. Impallidisco, spaventata per quello che potrebbero fare ai ragazzi “Oh, forse preferiva vedere come la sua spada avrebbe potuto mandarlo all’altro mondo” 

“Smettila!” questa volta non riesco a trattenere la mia ansia, è davvero una situazione critica, mi hanno raccontato molte cose degli anni passati, dei vari colpi e delle varie difficoltà, ma questo è uno dei momenti più critici nella loro storia, oserei dire. La risata di quello che era, e che in realtà è ancora, il mio capo mi fa raggelare il sangue…tanto quanto quella di Riez. Tengo la voce bassissima, così che possa sentirmi solo Jigen a malapena“C-che facciamo?” mi rendo conto che sto tremando, e chissà da quanto vado avanti così

Lascia la magnum con aria abbattuta, e so già cosa aspettarmi da lui “Ci arrendiamo”

Sto odiando con tutta me stessa quel sorrisetto che continua a fare Smith, mi sa di prepotenza e mi sa di sconfitta “Quello che volevo sentire”

Veniamo disarmati, ammanettati e portati fuori dal commissariato dall’uscita sul retro dove siamo entrati. Durante il tragitto ho visto mio zio, e lui ha visto me. Aveva un’aria poco tranquilla, e forse non ha tutti i torti. Credo che sappia qualcosa su Smith che io non so. Saliamo in macchina e dopo poco tempo ci spostiamo su una moto vedetta della polizia di San Francisco. Vivo il tragitto in mare con molta ansia, osservando Alcatraz, o La Rocca, che si fa sempre più vicina. Francamente avrei preferito recarmi su quell’isola o nella prigione per motivi molto diversi da questo, ma credo che si fosse capito senza problemi. Il fatto che ancora non sia arrivata l’ora di apertura del penitenziario per i turisti rende il luogo abbastanza inquietante, e la zona peggiore è proprio quello in cui si trovano Lupin e Goemon, dove fra poco arriveremo anche noi. Quando ci avviciniamo alla cella la prima cosa che nono è la pessima fasciatura che hanno fatto a Goemon, farla o non farla sarebbe stata la stessa identica cosa o quasi. Ne farei io una decente, ma ci lasciano le manette, ogni movimento delle braccia mi è impossibile. Rimango per le mie, convinta che tutto questo non sarebbe mai successo se solo io e il mio nervosismo non fossimo così prevedibili. Mi guardo intorno cercando qualcosa che possa esserci utile, una falla nel sistema, ma niente sembra essere a nostro favore, e poi è rimasto un’agente (a questo punto siamo sicuri che sia un vero agente?) a sorvegliarci, in piedi vicino alle sbarre, dandoci le spalle. E’ una posizione abbastanza rischiosa per sorvegliare qualcuno. Dev’essere la stessa cosa che ha pensato Jigen, perché dopo alcuni minuti, non chiedetemi come, riesce a liberarsi delle manette senza farsi scoprire, prende le chiavi della cella e tramortisce quel tizio. Cerca le chiavi delle manette, ne trova solo tre. Una apriva le sue, le altre due aprono quelle di Lupin e Goemon. Trova anche la sua magnum, la mia e il mio cellulare. Ricordo di avere una forcina con me prima che sia troppo tardi, sapete, per le emergenze. Lupin riesce a liberarmi dalle manette e dopo aver risistemato ogni cosa al suo posto esorto i ragazzi ad andarsene, dicendo che penserò io a risolvere tutto questo, facendo da diversivo. Si capisce senza difficoltà che mi sento responsabile dell’accaduto, così Lupin mi racconta tutto dal principio. Dopo che ce ne siamo andati Smith e i suoi hanno fatto irruzione nel nostro nascondiglio, individuato chissà come. Lupin non si era ancora svegliato e, strano ma vero, sono riusciti a neutralizzare Goemon. Per essere chiari e coincisi: era da tempo che progettava di catturarci tutti. E’ solo grazie al post it che avevo lasciato, e anche un po’ al suo istinto, se ha saputo dove trovare me e Jigen. Ergo non ho nessuna colpa. In ogni caso esorto Lupin e Goemon ad andarsene, mentre io e Jigen ci assicuriamo che non vengano ostacolati durante la fuga, e a dire il vero, già che ci siamo, vogliamo assicurarci che Smith non dia più problemi in tempi brevi. All’improvviso ci ritroviamo Smith e i suoi che bloccano il tragitto verso l’uscita, e dopo un momento si vede anche Riez, come se non fosse tutto già abbastanza problematico. Anche se riuscissimo ad affrontare gli agenti avremmo sempre quei due simpaticoni da contrastare, le cose non si mettono bene. Contrastiamo alcuni colpi, poi all’improvviso Jigen mi prende per un polso, esortandomi a correre esattamente dalla parte opposta.

“Ma così ci addentriamo ancora di più nella prigione…”

“Bhe, forse non esiste una seconda uscita, ma c’è un modo alternativo per raggiungere l’uscita. Non tutti lo conoscono, ma fortunatamente sono uno dei pochi che ne è a conoscenza”
Rimango in silenzio per un istante “Non smetti mai di stupirmi lo sai?”

Sorride leggermente, soddisfatto e lusingato. Effettivamente riusciamo ad uscire pochi istanti dopo. La prima cosa che vedo è una motovedetta dell’Interpol, su cui si trova mio zio. Allora è per questo che aveva quell’aria preoccupata? E’ venuto qui per Smith e gli altri o per noi? Poi sposto lo sguardo, e su quella motovedetta vedo anche Lupin e Goemon, che ora ha una fasciatura che si possa chiamare tale, e lì capisco che siamo veramente al sicuro. Smith e i suoi ‘agenti’ ci stanno quasi raggiungendo, ma mio zio, con la squadra che è riuscito ad organizzare e le sue buone maniere, riesce ad arrestare quello che era il mio capo e i suoi tirapiedi. In questo lasso di tempo anche io e Jigen siamo saliti sulla motovedetta. Quando mio zio torna vengo a sapere dettagli ancora più interessanti su tutta questa faccenda. Mio zio e altri ispettori dell’ICPO stavano indagando da tempo su Smith, l’indagine era segretissima, solo il capo dell’ICPO ne era a conoscenza oltre loro. Smith è un corrotto, uno dei peggiori, ormai da molto tempo, se non da sempre. All’inizio si credeva solo che fosse un tipo dai modi di fare violenti, come a volte anche la polizia americana. Ma in realtà era molto più di questo. Era uno dei più grandi soci in affari di Riez. Gli lasciava il campo libero, e a volte lo aiutava nei suoi omicidi, costringendo la vittima ad arrivare in un determinato luogo scappano dalle sue volanti, soprattutto se l’obbiettivo era un ricercato. Molti agenti di New York hanno preso parte alle sue missioni, ignari di quello che ci fosse sotto in realtà, mentre molti altri ne erano più che a conoscenza, anzi, molti non erano nemmeno veri agenti, come questi d’altronde. Sono tutti uomini di Gavez in realtà. Erano mesi che Smith e Riez progettavano di uccidere prima Lupin, Jigen e Goemon e poi me. Il fatto che io mi sia unita a loro non ha fatto altro che agevolarli. Molte persone arrestate dal ‘commissario’ erano innocenti, semplicemente lo avevano ostacolato e falsificando qualche prova aveva fatto in modo che venissero condannate. Quelli che sono sopravvissuti a questi suoi giochetti, dove veniva sfruttata la giustizia Americana, verranno risarciti profumatamente. Già, perché alcuni dei malcapitati sono stati condannati a morte in tribunale. Una persona che poteva essere un potenziale problema per noi è stata fermata insieme a tutti i suoi collaboratori, ma sfortunatamente Riez è riuscito a scappare, non si sa bene come.

All’improvviso mio zio mi guarda dritto negli occhi, con un’espressione molto seria “Alexis, credo che tu sappia che il fatto che Smith e i suoi affari loschi siano stati scoperti comporta il fatto che molte delle sue azioni e decisioni recenti sono state annullate o comunque riparate”

“Bhe, sì, è naturale”

“Ecco, è da molto tempo che si ha già una nomina per il sostituto di Smith, visto che le prove che avevamo erano già abbastanza per arrestarlo, quest’episodio non ha fatto altro che darci una buona occasione…poco prima di lasciare il commissariato ho fatto richiesta al nuovo commissario di New York di ripescare le tue dimissioni. La decisione di quel bastardo riguardo ad esse è stata annullata, il nuovo Commissario ha compilato il nuovo documento”

Ti prego non tenermi sulle spine”

“Mancano soltanto due firme: la mia sul documento di dimissioni…e la tua sul documento in cui si certifica che la tua magnum non è più una pistola d’ordinanza. Congratulazioni Ispettrice Zenigata, ha ufficialmente lasciato l’Interpol, e ora è ufficialmente una delle donne più ricercate al mondo”

Non riesco a fare altro se non abbracciare mio zio così forte da togliergli il respiro “Grazie mille paparino!” dico, incapace di contenere il mio entusiasmo.

Dopo aver lasciato mio zio abbraccio Jigen con così tanta euforia da rischiare di far cadere entrambi. Firmo il documento e prendo la mia copia del documento di dimissioni, che custodirò con molta cura come un piacevole ricordo. In un momento di distrazione di mio zio saltiamo giù dalla motovedetta per prenderne un’altra e scappare. Lo sappiamo bene tutti che tanto avrebbe cercato di arrestarci. Cerca di raggiungerci, ma gli rendo la cosa impossibile, sparando al motore della motovedetta. Ci sta maledicendo come al solito, ma in realtà so che è felice del fatto che io sia felice, e so che in qualche modo è fiero di me, nonostante io sia ora parte veramente integrante della banda di Lupin, nonostante io sia anche la ragazza di una delle persone che da tanti anni lo ostacola. Mi ha sempre detto, come mio padre e i miei nonni, di combattere per ciò in cui credo, di combattere per i miei sogni e di mettere in primo piano le persone che si meritano la mia attenzione e i miei sacrifici. E’ esattamente quello che ho fatto. Infondo so che paparino vuole bene a questi tre matti, ognuno per la sua parte. Hanno, anzi abbiamo, un rapporto di amore-odio, da nemici-amici che mai niente e nessuno potrà contrastare. Vuole arrestarci ad ogni costo, ma allo stesso tempo non vuole perché la cosa lo demoralizza. E posso percepire tutto questo nello sguardo che ha in questo momento, che sta indirizzando in modo particolare a me, la nipote che per lui è da sempre come una figlia. Gli devo tutto: la mia vita, la mia sanità mentale da 15 anni a questa parte, e gli devo anche tutto questo. Se non fosse stato per lui ora non avrei due amici che in realtà considero come i fratelli maggiori che non ho mai avuto…e non avrei nemmeno incontrato la mia persona. Non importa cos’accadrà, non importa se cercherà di arrestarmi per questo, ma se mai dovesse presentarsi un’occasione in cui mio zio rischierà la vita non mi tirerò indietro dal salvargliela. E’ il minimo che io possa fare.
Tornati al rifugio apprendiamo che dovremo andare in Grecia, più precisamente ad Atene, e colpire nel museo di Olimpia per poter trovare l’ultimo indizio di questo grande dilemma. Qualcosa mi dice che Riez non tenterà di seguirci fino in Grecia. Spero solo di aver ragione in merito. 

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Angolo autrice

Non chiedetemi come ho avuto quest'idea perché non lo so nemmeno io. E'...nata e basta. Nonostante tutto sono stata abbastanza puntuale. Maggio è stato un massacro, verifiche dal nulla, interrogazioni e chi più ne ha più ne metta. Per un momento la mia ispirazione ha avuto una forte crisi, credevo che non sarei stata capace di aggiornare in tempo. Parlando di ritardi...non so come andrà a finire il mese prossimo. Il 16 di giugno, se non mi sbaglio, parto, e sto via due settimane al mare, come l'anno scorso in poche parole. Ora non ricordo bene il giorno in cui dovrei tornare, ma ho paura che sia tipo il 30. Questo significa che aggiornerò con un ritarlo considerevole. Porteremo un portatile, ma non è il mio, quindi significa che non avrò il file con me. Cercherò di scrivere comunque, a mano da qualche parte, e quando tornerò copierò il tutto su pc. Il lato positivo è che forse potrei riuscire a pubblicare due capitoli in luglio, per compensare il mio ritardo in qualche modo, magari il secondo, che sarà pubblicato entro (si spera) il 29 di luglio però potrebbe essere un po' più breve. A dire il vero non so come gestire la cosa, dannazione. A meno che io non riesco ad aggiornare prima di partire, ma la vedo grigia.
Si hem, ho scritto un mezzo poema e devo assolutamente andare, mi sto addormentando sulla tastiera.
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, e alla prossima c:

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


POV ALEXIS

Dopo ore di viaggio siamo finalmente arrivati ad Atene, riuscendo a prendere un taxi al volo. Guardando su internet e in una qualsiasi edicola (almeno in America) non vedo altro che gli articoli sul caso di Smith. Ogni importante testata giornalistica del mondo ne parla, in modo particolare il caso è molto discusso negli Stati Uniti, per ovvie ragioni, e in Giappone, dove probabilmente l’orgoglio dei cittadini sarà alle stelle a causa di mio zio. Non che il mio non lo sia, da americana e da giapponese sono fiera del paparino, ha fatto un ottimo lavoro…e ci ha anche salvato la pelle. Ora però voglio solo arrivare in hotel e godermi la comodità del letto. Non ho molto sonno ma…probabilmente crollerò senza nemmeno rendermene conto. La Grecia non era mai stata una delle mie mete must, ma forse devo ricredermi. Per quel poco che sto vedendo ora credo che mi piacerà questa città. D’altronde cosa ci si può aspettare da me? Come dice una citazione, se viaggiare fosse gratis non mi fermerei mai. La cosa ironica è che allo stesso tempo sono profondamente legata a New York e Tokyo. In ogni caso, questa volta le questioni informatiche sono abbastanza facili. Si tratta solo di ‘ingannare’ il sistema di sorveglianza e disattivare l’allarme generale. Un gioco da ragazzi insomma. Arrivati in hotel tiro fuori dalla valigia solamente la camicia da notte, la lascio in un angolo della stanza e dopo essermi cambiata mi stendo sul letto immediatamente. Controllo un ultima cosa sul cellulare e lo lascio sul comodino, e sento che mi sto addormentando lentamente, senza far caso a nessun rumore nella stanza.

POV JIGEN

Pochi istanti dopo aver raggiunto l’hotel ricevo una chiamata dal mio informatore di Chicago, che mi comunica dell’imminente arrivo di Riez ad Atene, probabilmente arriverà domani mattina molto presto. Fortunatamente non sa dove trovarci, e non conosce i nostri piani. Questo però non mi tranquillizza affatto, e probabilmente non tranquillizzerebbe nemmeno Alexis. Quando sto per raccontarle quello che ho scoperto però mi accorgo che è profondamente e pacificamente addormentata. Ha un’espressione così serena sul viso…e non mi sembra il caso di rovinarla. So bene che in questi ultimi giorni, dopo tutta la confusione derivata dalla questione Interpol ha cercato di rafforzare ancora di più i suoi sistemi e i suoi schemi d’azione a livello informatico. Ci sono mattine in cui si sveglia presto o nottate in cui si addormenta più tardi del previsto solo per questo. Vuole riconquistare la nostra fiducia, ma non serve. Non ha mai perso la fiducia di nessuno di noi, e la mia si è anche rafforzata. Devo un grande favore a Lupin, mi ha aperto gli occhi prima che potesse essere troppo tardi. Ora voglio solo darle tutta la fiducia e l’affetto che si merita, come è giusto che sia. Le scosto qualche ciocca di capelli dal viso, per poi restare lì così, ad osservarla per qualche istante. Mi assicurerò che si riposi a sufficienza nei giorni di pausa che verranno dopo questo colpo. Probabilmente passeremo direttamente al colpo del mese prossimo a Barcellona. Già, in questo periodo siamo fortemente attivi. Voglio che si prenda una pausa fino ad allora, ne ha fortemente bisogno, come un po’ tutti noi. La sua espressione cambia all’improvviso, diventando fortemente preoccupata. Forse sta avendo un altro incubo come quello di qualche mese fa.

“Jigen…ti prego, non farlo”

“Cos’è che non devo fare?”

Evidentemente scambia la mia voce come parte del sogno “Riez…non voglio che ti uccida, non agire da solo”

Sembra quasi che abbia già capito tutto, nonostante io non le abbia detto assolutamente niente, ma forse è solo un caso “Non lo farò, te lo prometto. E ti prometto anche che non ti lascerò mai, a qualunque costo”

Sorride leggermente, di nuovo tranquilla “Ti amo”

“Anch’io Alexis, non sai quanto”

POV ALEXIS

Mi risveglio lentamente, ancora non so bene perché. Come al solito la prima cosa che vedo è il leggero sorriso di Jigen, che non smetterà mai di farmi iniziare bene la giornata nonostante io ci sia abituata. “Che ore sono?” dico con voce ancora debole e poco chiara, a causa del fatto che mi sono svegliata un minuto fa

“Sono le sette e mezza”

“Ti prego no…dimmi che stai scherzando, non riuscirò mai a riaddormentarmi prima che suoni la sveglia”

Sorride, divertito e intenerito “Mi dispiace per te, ma è così” Mi rifiuto di alzarmi, ma voglio cercare di svegliarmi. Mi siedo sul letto, con la schiena appoggiata alla parete, lasciando però la testa appoggiata alla spalla di Jigen, che è in una posizione simile alla mia “Lo sai, è da qualche giorno ormai che sono curioso di sapere qualcosa del tuo passato nell’Interpol”

Sono felicemente sorpresa da questa sua richiesta “Vuoi degli aneddoti divertenti dell’addestramento?”

“Raccontami quello che vuoi, qualsiasi cosa è ben accetta…sempre se vuoi”

“Perché non dovrei? Insomma, tu hai raccontato qualcosa a me, ora è il mio turno” gli racconto di quella lezione di tiro in cui ho poi fissato il mio record imbattuto, quella in cui ho fatto impazzire l’agente che si dedicava alle lezioni di tiro per i ragazzi dell’addestramento “Avresti dovuto vedere la sua faccia. Lui, che sosteneva che una magnum e un revolver in generale crea problemi con il tempo e l’efficienza si è dovuto ricredere, visto che il mio record è ancora imbattuto in accademia”

Una breve, leggera e genuina risata lascia le sue corde vocali “Non ci posso credere, sei davvero incorreggibile”

“Lo sai…era da tanto tempo che volevo raccontartelo, ma non potevo. E ora che ne ho avuto la possibilità…non so, la cosa mi fa stare bene. E poi se devo essere sincera mi fa piacere sapere di essere stata capace di prevedere la tua risposta”

Dopo qualche istante la sua espressione si fa improvvisamente seria “Devo dirti una cosa” probabilmente devo aver mostrato ansia senza rendermene conto “Non preoccuparti, non ha niente a che fare con la nostra relazione, è solo un ‘piccolo’ imprevisto. Ho saputo dal mio informatore che Riez arriverà ad Atene, oggi, sempre che non sia già arrivato”

“Oh…bhe, in questo caso…” mi alzo e apro la valigia. Tiro fuori la magnum, le munizioni e una 24 ore, in cui è nascosto un fucile da cecchino. Ricarico la magnum e ricontrollo di avere un buon numero di munizioni, mentre lascio la 24 ore sul letto per poi aprirla per controllare di avere abbastanza proiettili “…penso che accoglierlo come si deve sia il minimo”

Jigen ha lo sguardo fisso sul fucile e su di me “Cavolo…non credevo che avessi un gioiellino come questo”

Sorriso soddisfatta “Ho seguito un addestramento particolare, all’inizio volevo entrare nei reparti speciali dell’Interpol, l’addestramento era simile a quello militare, e prevedeva anche la familiarità con armi come queste. A dire il vero ho anche il brevetto di volo, anche se non ho né l’esperienza né il fegato per certe manovre”

Si avvicina a me, sollevandomi leggermente la testa mettendomi l’indice sotto il mento “Ora sei tu che non finisci mai di stupirmi”

Però, rima che possa premere le sua labbra sulle mie, Lupin entra all’improvviso nella nostra stanza “Buongiorno piccionci-…qualcosa non va?”il suo sguardo è ricaduto inesorabilmente sulle munizioni, sulla magnum e sul fucile

Jigen si allontana seccato “Niente di che, è solo che un povero illuso messicano ha deciso di seguirci fin qui. Ma tu piuttosto che ci fai qui, e soprattutto come diavolo sei entrato!?”

Lupin sorride divertito “Mi sono procurato un passepartout, così, giusto per divertirmi un po’”

“Bhe, qual è il motivo di questa tua visita assolutamente inaspettata? Sai com’è, dovrei cambiarmi”

“Sono felice che tu me lo chieda Alexis. Stasera entreremo nel museo archeologico nazionale, è lì che dobbiamo andare per risolvere una volta per tutte la questione dell’enigma. Ho già controllato il sistema di sicurezza, per te sarà un gioco da ragazzi metterlo fuori uso, e visto che paparino non sa del colpo potremo agire indisturbati una volta tanto. Voglio metterti alla prova Alexis, questa notte voglio verificare il tuo intuito. Sia io che Jigen sappiamo già la soluzione dell’enigma, ma voglio che tu ci arrivi da sola. Posso solo dirti che la soluzione ci porterà a cercare in più luoghi. Una volta all’interno, dopo che mi avrai dato la risposta, ci divideremo e cercheremo questo tesoro”

“Una sfida, interessante. Come mai tutto questo?”

“E’ solo che mi sei sembrata abbastanza affascinata dai testi dell’enigma, tutto qui, e per una volta volevo lasciare anche a te il piacere di risolverlo”

“Bhe, allora farò del mio meglio per risolverlo, Lupin”

Durante tutta la giornata rifletto con calma sull’enigma. E’ di tipo visivo-geometrico. L’immagine rappresenta una certa geometria.
http://www.bestdragon.it/public/versione3/divertimento//indovinelli-visivi/img/Geometria%20impossibile%202.jpg
La soluzione dell’enigma è semplice, questa geometria è impossibile. Quindi non devo riflettere sulla soluzione per capire dove dovremo cercare questa sera. Devo riflettere sull’argomento in se dell’indovinello. Dopo qualche istante di riflessione capisco ogni cosa. Chi ha organizzato tutto questo ha voluto incentrare la nostra attenzione sulla geometria. Ora, chi non ha la minima conoscenza di scultura greca non può arrivare alla soluzione, ma sia io che Lupin sappiamo dove questa persona vuole parare. Nella scultura arcaica greca una delle decorazioni tipiche delle anfore era, inizialmente, quella di tipo geometrico. Più in generale, per quanto ricordo, la decorazione geometriche era molto diffusa in età arcaica, anche in affreschi o altre rappresentazioni. Ergo sarà un lavoraccio, ecco perché dobbiamo dividerci. Credo che molto probabilmente il riferimento sia limitato alle anfore ma…non si può mai sapere.

Entriamo nel museo, disattivo l’allarme senza farmi scoprire e ci rendo invisibili alle telecamere. Appena entriamo, sicuri e tranquilli, spiego tutta la mia intuizione a Lupin “E’ esattamente quello a cui ho pensato, Alexis. C’è da dire che questa persona ci sta sottovalutando”

“Non è detto Lupin, perché a dire il vero la mia intuizione non è del tutto completa. La decorazione geometrica non era diffusa solamente nelle anfore, ma anche in alcuni affreschi. Ora, non sono sicura se qui al museo ce ne siano alcuni, magari semplici ricostruzioni o cose del genere, ma dovremmo fare attenzione anche a questo. Ergo chiunque abbia organizzato tutto questo non ci ha affatto sottovalutati…ma allo stesso tempo deve sapere delle mie minime conoscenze di storia dell’arte”

Ci dividiamo le sale dove è possibile che il tesoro sia nascosto. Io mi occuperò della sala della scultura, dando particolare attenzione alla sezione di scultura arcaica, Lupin e Jigen andranno alla ricerca di affreschi o di altre opere con possibili decorazioni geometriche. Nessuno di noi trova niente, e siamo tutti sicuri di aver perlustrato alla perfezione. Alzo lo sguardo senza una ragione precisa, e noto che il soffitto stesso ha decorazioni geometriche, che riprendono quelle dell’antica Grecia. All’improvviso capisco che questa persona si sta prendendo gioco di noi. Ho un minimo flash della sala della scultura. Senza dire niente ritorno all’interno e controllo bene il soffitto. L’unica cosa che vedo, osservano bene, è una decorazione come un’altra, che sembra però indicare un angolo della sala. Spostando lo sguardo, seguendo quella direzione, vedo spuntare appena un foglietto di carta da dietro un espositore. Mi avvicino, lo prendo in mano e lo apro. Ci sono scritte delle coordinate. Prendo immediatamente il cellulare e inserisco queste coordinate. Corrispondono ad un punto preciso in mezzo al mare, non troppo lontano dalla costa ateniese.
“Non è ancora finita Lupin. Questa non è l’ultima tappa prima del tesoro, ma la penultima” gli mostro i risultati dell’inserimento “E’ chiaro che qualsiasi cosa stiamo cercando si trova in fondo al mare. Fortunatamente è una media profondità, raggiungibile con una buona attrezzatura da sub. In ogni caso chiunque abbia pensato a tutto questo è una persona molto spiritosa”

La mattina dopo ci svegliamo abbastanza presto e grazie ad una conoscenza di Lupin ci procuriamo l’attrezzatura da sub e uno yacht di medie dimensioni. Raggiunta la nostra meta ci fermiamo e preparo tutto il necessario per scandagliare il fondale. Esattamente sotto di noi si rileva qualcosa, probabilmente una cassa o un baule. Jigen e Lupin si immergeranno, mentre io rimarrò in superficie, monitorandoli e guidandoli in caso di bisogno. Dopo un’ora scarsa di attesa riemergono, e con loro hanno un baule di piccole dimensioni. Non ha l’aria di essere consumato, e il fatto che non sia molto grande mi insospettisce sempre di più. Quando lo apriamo rimaniamo tutti di sasso. All’interno ci sono un diario con la sua chiave, una lettera e un altro foglietto. ‘Congratulazioni, la vostra ricerca è finita’. Prima di aprire il diario Lupin prende la lettera, e per un secondo mi si ferma il cuore quando mi dice che è indirizzata a me. La apro, e senso il loro sguardo preoccupato su di me. Quello che leggo mi lascia senza parole, sconvolgendo completamente quella che è stata la mia vita fino ad ora.
 
Cara Alexis
Lo so che probabilmente ora sia tu che i ragazzi mi starete mandando al diavolo per avervi fatto fare tutta questa fatica, e per cosa poi? Per una lettera e un diario. Ho fatto apposta a camuffare un po’ tutto quanto, per dare l’impressione che tutto questo portasse ad un tesoro, l’ho fatto per essere certa di attirare l’attenzione di tutti, per essere certa che saresti arrivata fin qui e che avrei letto questa lettera, e il diario. 
Quando tuo padre è morto eravamo entrambe distrutte, lo ricordi bene no? Come potresti averlo dimenticato…so che pensi che io ti abbia abbandonata perché distrutta dal dolore e perché tu eri ingestibile, ma in realtà non è questa la verità. Tu non hai mai saputo quale fosse esattamente il mio lavoro, ti sei sempre chiesta come facessi ad avere delle conoscenze semi-militari e tutto il resto. Bhe, non te l’ho mai detto, ma sono un’agente della CIA. L’unico che lo sapeva era tuo padre. Non te l’ho mai detto per non metterti in pericolo. Quando ti ho portata a Tokyo, lasciandoti dallo zio Koichi, stava cominciando una missione importante, senza una precisa data di fine, estremamente lunga e pericolosa. Non potevo lasciarti a vivere da sola a soli 15 anni, ma non potevo nemmeno portarti con me. Ti avrei messa in pericolo e ti avrei strappato alla tua amata città natale. A dire il vero la lontananza da New York era impossibile da evitare, ma almeno ho rimediato affidandoti ad una persona di fiducia, e a cui tu eri e sei ancora profondamente legata. Era anche la persona più simile a tuo padre. Questa missione si è conclusa da anni ormai, ma tu avevi fatto in tempo a diventare adulta, a laurearti, a coronare il tuo sogno di diventare diagnosta e caporeparto. Avevo previsto che probabilmente avresti portato almeno un briciolo di rancore nei miei confronti. E’ per questo che mi faccio viva solo ora. Dovremo avere a che fare di nuovo una con l’altra, purtroppo per motivi non buoni, come leggerai nel diario. In più ora so che sei forte abbastanza per rivedermi dopo tutto questo tempo, so che hai la giusta compagnia, e anche la giusta preparazione per affrontare quello che ti aspetta. Ti svelo un segreto: l’informatore di Chicago con cui Jigen è in contatto non ha a che fare con la malavita, è un mio collega, è anche lui un agente della CIA. Capirai tutto meglio dopo aver letto il diario. Contiene i miei sfoghi personali dalla morte di tuo padre fino a poche settimane fa, spero solo che non ti senta osservata dopo averlo letto tutto.
A presto. 
Mamma. 

Dopo un primo momento di stupore e confusione le lacrime arrivano inesorabili. Spiego ai ragazzi tutto quanto, e il fatto che io ora sappia che mia madre in realtà è viva per loro non è fatica sprecata. Questo mi solleva, e mi fa provare una gratitudine incredibile nei loro confronti. Mi fa immediatamente capire che ormai sono una parte irrinunciabile del gruppo, e non solo per le mie capacità. Torniamo verso la costa e i ragazzi si risistemano. Torniamo in hotel per fare colazione, e saliamo nella stanza di Lupin. Abbiamo delle ultime cose da controllare per il colpo di Barcellona. I ragazzi si offrono di occuparsene da soli, ma rimango con loro, e faccio capire immediatamente che se hanno bisogno di me posso interrompere la lettura del diario senza troppi problemi. All’inizio, dove parla dei giorni immediatamente successivi alla morte di mio padre, non posso fare a meno di soffrire un po’. I racconti degli avvenimenti, molto dettagliati, mi riportano alla mente ogni istante. I peggiori pensieri, simili poi ai miei, sono legati al riconoscimento della salma e allo straziante funerale. Ricordo ancora come se fosse ieri che quel giorno sia io che mia madre non versammo una lacrima, semplicemente perché non ce ne rimanevano più. Ho ancora impressa nella mente l’immagine di mio zio e dei suoi occhi. Erano lucidi e disperati, ma allo stesso tempo esprimevano rabbia e voglia di giustizia. Dopo alcuni giorni di niente passa direttamente alla proposta della missione che citava anche nella lettera, dove esprime tutte le incertezze per il mio futuro, la paura per me, per la mia vita e per il mio umore. E poi descrive l’episodio della pistola, dove dice che il suo cuore si spezzò in due vedendo che io volevo comunque rispettare il volere di mio padre e avere qualcosa che era così importante per lui. E’ in queste pagine che scopro che la mia magnum si tramanda di generazione in generazione dal mio bisnonno. Quando poi parla del giorno in cui mi accompagnò in Giappone vorrei piangere, ma cerco di trattenermi. Da quel momento in poi il diario è incentrato sulle notizie che ha di me, intrecciate alla citazione di momenti in cui per poco non ha perso la vita a causa della missione. Per tutti questi anni in realtà non mi ha mai perso di vista, ha sempre saputo come stavo, cosa facevo. Tutto questo perché è sempre rimasta in contatto con lo zio, seppur segretamente, e anche grazie ad alcuni mezzi della CIA utilizzati impunemente. Tutte queste pagine esprimono più volte quanto sia orgogliosa di me. Le ultime, in cui vengo a conoscenza del suo punto di vista in questi ultimi mesi, mi lasciano a bocca aperta. Dice che è felice che io abbia deciso di seguire la strada che a mio parere è giusta per me, e mi approva nonostante io abbia scelto di essere una criminale. Leggo tutto questo in meno di dodici ore. Verso le 22 ricevo un suo messaggio, e all’inizio rimango terrorizzata, pensando che potrei essere scoperta anche dalla polizia. Ma poi ricordo che nel diario ho letto che anche lei ha conoscenze informatiche buone quanto le mie, e che è rimasta genuinamente stupita vedendo che inconsciamente uso i suoi stessi trucchi.
Incontriamoci domani alle 9 alla Constitution Square.
Poche parole che però hanno la capacità di darmi ansia ed emozione. Chiedo a Jigen di accompagnarmi, e come sempre è lieto di essere al mio fianco. 

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Angolo dell'autrice

E dopo aver saltato un mese per motivi logistici e di ispirazione eccomi qui. Non chiedetemi come mi è saltato in mente tutto questo, non ne ho la più pallida idea. Ho voluto provare a scrivere sotto il punto di vista di Jigen, un mezzo suicidio insomma. ora ho abbastanza idee ed ispirazione...e anche un forte bisogno di scrivere (brutta storia, non ne voglio parlare), quindi potrei riuscire a cacciare dentro un capitolo per rimediare al mese saltato, sinceramente non lo so, farò del mio meglio. Confermo il sequel che avevo annunciato qualche mese fa, il crossover fra Lupin e Conan che riprende questa storyline. E proprio per questo credo che questa storia stia per giungere al termine, forse nel giro di...3 capitoli? Ah, forse, e dico forse, ci trascineremo Riez nel sequel, ancora non lo so. 
E ora, siccome ho la testa un po' piena, fra latino e cose poco simpatiche (?) vi saluto 
Spero che abbiate gradito anche questo capitolo c: 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Mi sveglio un’ora e mezza prima dell’incontro. Sia io che Jigen ci prepariamo in mezz’ora per poi scendere a fare colazione. L’unico oltre noi che è sveglio è Goemon. Dimenticavo di dire che Lupin non ha problemi a lasciarmi dei giorni in più di permanenza ad Atene, se questo può servire a me e a mia madre. E sia lui che Goemon vogliono rimanere al mio fianco, anzi, al nostro fianco, per la durata di questa storia. E come sempre, questo mi rende davvero felice. Comunque, dopo aver fatto colazione alla velocità della luce ci dirigiamo in piazza, anche se ancora è molto presto. Assistiamo al cambio della guardia davanti al palazzo del parlamento e pochi istanti dopo il mio sguardo si sposta, incrociando quello di mia madre. Non è cambiata nemmeno un po’. Ora anche lei porta i capelli corti, seppur in modo più drastico rispetto a me, e come sempre dimostra meno anni di quelli che ha veramente. Nonostante tutto quello che ha passato è raggiante, e i suoi capelli non tinti sfoggiano pochi capelli bianchi in proporzione alla sua età, si può vedere ancora chiaramente il suo castano scuro. Non è mai stata emotiva quanto me, ma con un leggero sorriso mi fa intendere che anche lei è commossa e felice di vedermi. Già, sto iniziando a piangere, quando mai. Non le lascio il tempo di dire niente, l’abbraccio, perché infondo la mamma è sempre la mamma.

Si separiamo solo dopo un lungo istante “Lui è Jigen, non è così?” dice dandomi una gomitata per smorzare la tensione

“C-cosa? Oh, hem, sì, lui è…” dico imbarazzatissima

“Il tuo ragazzo, sì lo so, e so anche che sei andata dritta al sodo figlia mia” non sapevo che mia madre fosse così…così…come posso dire…diretta, ecco

“M-mamma!” sono così rossa che un pomodoro sarebbe geloso di me “Comunque…immagino che tu volessi vedermi anche per farmi sapere qualcosa, non è vero?”

“Sempre perspicace la mia ragazza…bhe ecco, sono coinvolta nel caso di Riez, la CIA lo sta cercando da tempo ormai. E’ un miracolo che mi lascino partecipare, visto che, sì insomma…”

“Non preoccuparti, ho afferrato. Quindi questo significa che se ci vediamo in giro c’è anche lui, esatto?”

“Sì, è esatto. Dovrei essere io a catturarlo, sempre se il mio caro genero non decide di ucciderlo prima che io possa farlo. Comunque devo avvertirvi, è arrivato ad Atene due ore fa, ed è quasi riuscito a trovare voi e gli altri”

Spostando lo sguardo verso il palazzo del parlamento ho quasi l’impressione che il mio cuore abbia saltato un battito. Riez ci tiene sotto tiro con un fucile da cecchino. Probabilmente sta valutando chi di noi uccidere per primo. Siamo in un luogo troppo affollato perché possa ucciderci tutti, già sparare ad uno solo di noi è un grossissimo rischio “Non vorrei contraddirti, ma ci ha già trovati” dico, facendo un piccolo cenno con la testa. Sia Jigen che mia madre guardano in quella direzione senza però spostare il capo.

Jigen tiene d’occhio Riez con molta attenzione, senza però risultare sospetto. Conosce bene i movimenti di un cecchino, e forse è proprio per questo che improvvisamente mi prende per un polso e mi tira a se, facendomi così evitare il colpo sparato da Riez. In piazza scoppia il panico, e come se non bastasse degli agenti di polizia intorno al parlamento ci hanno riconosciuti. Mia madre ci suggerisce che direzione prendere per scappare e riesce a distrarre i poliziotti. Quando ci raggiunge ci dice di seguirla, sa come raggiungere un luogo sicuro, e ci spiega che ha sfruttato la sua presenza nella CIA per fare in modo che la polizia non ci seguisse. Sia io che Jigen ci chiediamo solo come diavolo ha fatto ad entrare nel palazzo del parlamento. Dopo non molto tempo però ci rendiamo conto che Riez non è da solo. Infatti ci sta alle costole e, anche se noi non abbiamo la stessa fortuna, ci sta inseguendo a bordo di un auto, dove c’è anche Gavez. Un sicario qualunque è alla guida, Riez è seduto davanti e ci sta sparando contro con l’aiuto di un secondo sicario che è dietro accanto a Gavez. Poco dopo si aggiungono altre due auto. Decidiamo di dividerci, così che anche loro siano costretti a separarsi. Riez e Gavez decidono di inseguire Jigen. Io sono seguita da Shade e i suoi. Riesco a far perdere le mie tracce e appena sono sicura di non essere più seguita controllo la posizione di Jigen e aggiungo mia madre alla mia mappatura. Entrambi sono fermi nello stesso luogo, e la cosa non mi rassicura affatto. All’improvviso ricevo una chiamata da Lupin.

“Alexis, dovete mettervi al sicuro. Riez ha scoperto dove ci troviamo”

“Fammi capire, è entrato in hotel?”

“Sì, vi stava cercando. Io e Goemon siamo riusciti a nasconderci, ma abbiamo capito subito che quando è uscito stava mirando a voi. Dovete-“

“Mi dispiace Lupin, ma è troppo tardi. Ci ha già attaccati, con l’artiglieria pesante per giunta. Sei ancora in hotel?”

“Devo prenderti il fucile di precisione vero?”

“Esattamente, sai già dov’è. Vi aspetterò qui dove sono ora, anche se non so dove sia ‘qui’. Io intanto cerco di capire dove sono mia madre e Jigen”

Interrompiamo la chiamata e inserisco le loro coordinate, ottenendo così delle immagini via satellite, come quelle di Google Maps. Sono vicini alla costa, e ora sono di nuovo in movimento. E’ ovvio che sono stati catturati, ora li stanno portando su un’isola disabitata, molto vicina ad Atene. Appena Lupin e Goemon arrivano andiamo immediatamente verso la costa e raggiungiamo anche noi l’isola abbandonata. Avvicinandoci alla loro posizione attuale sento che quel verme di Riez si rivolge a mia madre usando il diminutivo, Pam. Faccio segno a Lupin e Goemon, facendogli capire che entrerò in un hotel abbandonato per utilizzare il fucile di precisione, mentre loro decidono di fare da diversivo, così che io riesca a passare inosservata.

“E’ passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati, Gavez” Lupin esce allo scoperto insieme a Goemon, dialogando come se nulla fosse

I sicari puntano le armi contro di loro “Guarda guarda, ci sei anche tu Lupin, razza d’infame. E ora che la banda originale è al completo posso consumare completamente la mia vendetta. Alla ragazza penseremo successivamente, e state certi che avrà un trattamento speciale”

Riez sorride in maniera maniacale, come al suo solito “Credimi, non dovrai aspettare troppo. Sono certo che Alexis sia già qui, come potrebbe abbandonare delle persone così importanti per lei? A meno che non sia troppo codarda ed egoista”

“Alexis è tutto meno che codarda ed egoista” Jigen non riesce a tenere questo pensiero per se, e lo esprime con un tono pieno di disprezzo

Gavez toglie la sicura alla magnum di Jigen e gliela punta contro “Voi due, gettate le armi se non volete che spari immediatamente a questo traditore con la sua stessa pistola” Lupin e Goemon esitano per un momento, ma sono costretti a fare come dice “E per te mia cara, ho una domanda che ho già posto in passato. Quanto può una persona vivere sapendo che la sua anima gemella è morta per colpa sua? Conterò fino a tre, se non vieni fuori assisterai ad uno spettacolo indimenticabile”

Carico velocemente il fucile, e senza pensarci su nemmeno un secondo prendo la mira e sparo. Il colpo trapassa il cranio di Gavez quando stava quasi per pronunciare il tre. Riez e Shade, poco intelligentemente, danno l’ordine di catturarmi, lasciando campo libero agli altri per liberarsi e riprendersi le armi. Smonto velocemente il fucile, e visto che ormai sono bloccata su questo piano riesco a portarmi giù fino al secondo aiutandomi con i balconi. Mentre cerco di scendere al primo però il mio appiglio cede, ma fortunatamente riesco ad arrivare a terra senza alcun danno. I sicari ci circondano in breve tempo. Sono molti di più di quanto può sembrare e Riez si stava approfittando della confusione per spararmi, ma riesco a disarmarlo e a fargli perdere la pistola. Incredibile ma vero, ho appena messo in grossa difficoltà uno degli assassini più quotati nel mondo criminale. Non può fare altro che darsi alla fuga. Lo inseguo finché non arriva al motoscafo, dove prende la mitragliatrice e inizia a sparare prima che io possa fare qualsiasi cosa. Sono costretta a nascondermi e appena interrompe la sua raffica di proiettili esco allo scoperto, ma ormai è già troppo lontano. Quando mi volto vedo che gli altri si sono già liberati di tutti gli altri sicari. I pochi che hanno ancora la forza di reagire si danno alla fuga, seguiti pian piano dagli altri. Mi assicuro che mia madre e Jigen stiano bene e poi torniamo ad Atene. Quando Lupin fa un commento sulla morte di Gavez, dicendo che in un istante ho messo fine ad uno dei gruppi mafiosi più grandi di New York da sola, mia madre ci fa sapere che non è così. Ha motivo di credere che ora il clan passerà al comando di Riez o di Shade, più probabilmente di Riez. Questo significa che nonostante tutto avremmo ancora tanti fastidiosi pesci piccoli da affrontare per arrivare vivi allo scontro decisivo. Ripenso a come sia riuscito a scappare quando lo avevo quasi in pugno. E’ davvero frustrante. Ma ho promesso a me stessa di non mollare, di andare avanti fino a che non avrò raggiunto lo scopo, e chissà, magari lo raggiungerò insieme a mia madre, formando un duo scoppiettante anche se momentaneo. Perché probabilmente dopo tutto questo anche lei dovrà darmi la caccia. Ma anche qui, come mio zio, lei la prende con filosofia, come una sfida. E’ ancora con noi quando decidiamo di lasciare Atene il più presto possibile, ossia fra poche ore, a bordo del jet privato di Gavez che mia madre è riuscita a far bloccare in aeroporto. Mi spiace solo di non aver visitato come si deve la città, ma non abbiamo altra scelta. E’ ovvio che Riez non si muoverà subito, deve riorganizzare un clan, ristabilendone l’equilibrio. So solo che da ora in poi sarà ancora più accanito e malvagio dopo ciò che ho fatto, ma non ho alcun rimpianto. Certo, non vado fiera di aver ucciso un uomo, e non era esattamente necessario, ma stava per sparare a Jigen, e non ho potuto fare altro se non farmi lasciare guidare dall’istinto, ed esso, guidato anche dal rancore, mi ha portato a compiere quel gesto. Ora l’isola sarà ‘infestata’ dagli agenti dell’Interpol guidati da mio zio, che probabilmente è arrivato qui poco fa…e già deve ripartire. Torneremo a New York, e da lì Goemon partirà per il Giappone. Vuole spendere questo periodo di pausa di circa un mese per la meditazione e per il suo addestramento. Non posso fare altro che ammirare la sua perseveranza, quella perseveranza e quella voglia di perfezionarsi che caratterizzano la cultura samurai. In un certo senso seguo anche io questo precetto, cercando sempre di migliorarmi in tutti i modi possibili, in tutti i campi possibili.
Dopo circa nove o dieci ore di viaggio siamo di nuovo a New York. Salutiamo Goemon, che già un po’ mi manca, e poi finché ne abbiamo la possibilità facciamo la strada con Lupin. Lui starà a casa di Jigen, vicino a Time Square, mentre Jigen starà da me, sulla 24esima. Nonostante io sia molto stanca non posso fare a meno di osservare dopo tanto tempo la città che conoscono come le mie tasche, che per me non ha segreti nonostante sia una megalopoli, che non ha eguali nonostante io riesca sempre a trovare un motivo per amare una città, che sempre mi mancherà nonostante io sia una donna che ama viaggiare. Solamente il giorno dopo torniamo a goderci a pieno la nostra città natale, troppo stanchi per farlo dal primo istante. Non sappiamo bene perché, ma torniamo sul luogo del primo incontro fra Jigen e Lupin, la prima villa di Gavez. Dopo che il clan fu neutralizzato nel periodo in cui Jigen cambiò almeno in parte vita, la villa è diventata proprietà dello Stato, ed ora è in vendita. E’ stata comprata e restituita più di una volta dopo la ristrutturazione grandiosa dei sotterranei, dove Gavez aveva la sua sala delle torture. Molti acquirenti non conoscevano il segreto della villa, e dopo averla comprata la rivendevano allo Stato, terrorizzati da quello che la villa fu un tempo, probabilmente anche guidati dalla superstizione. Quindi non c’è assolutamente nessuno. Periodicamente un addetto viene a controllarne lo stato, ed è sempre impeccabile. Non è rimasto niente di valore all’interno, e anche i vandali preferiscono tenersi lontani da questo posto per paura che la mafia possa tornare da un momento all’altro per riprendersi la villa. Non c’è alcuna sorveglianza, niente di niente. Sempre senza essere certi del motivo scavalchiamo ed entriamo. Jigen ripercorre lentamente i corridoi fino a quello che era lo studio di Gavez, assalito dai ricordi.

“E’ proprio qui che ci siamo incontrati la prima volta, ancora come nemici. Lupin, che ancora agiva da solo, aveva messo gli occhi sullo scrigno di Ermes. La cosa ironica è che era fatto con una lega speciale, e al suo interno conteneva la pergamena per realizzare la lega stessa. Come al solito quando si parla di tesoro i punti di vista sono diversi, e fu proprio questo che diede a Lupin il motivo di rubarlo. Era in quella cassaforte, un tempo nascosta dietro ad un quadro. Si approfittò di una festa e con un perfetto travestimento si intrufolò qui dentro, senza sapere ne accorgersi che ero qui, a fare da guardia del corpo a Gavez…per mia grande sfortuna. Riuscì a sfuggirmi, gettandosi da quella finestra dietro la scrivania. Prima che diventassimo soci volevo ucciderlo, ma non perché me lo avessero chiesto o perché da buon sicario cercavo la vendetta, ma era diventata una questione personale. Per un attimo ho rischiato di distruggere tutti i miei principi. Ma fortunatamente, quando finalmente lasciai da parte l’orgoglio, con il tempo realizzai di aver trovato non solo il giusto socio in affari, ma un amico, o forse un fratello. Nonostante sia un completo idiota a volte, nonostante una volta ci abbia tirato un odioso tiro mancino, niente può portarmi ad abbandonarlo o tradirlo. Non solo è come un fratello, ma gli devo troppo, e basterebbe solo questo per essere fedele a lui e al gruppo. A dire il vero per me, come forse anche per te ormai, non si tratta solo di una banda, Lupin e Goemon sono come una seconda famiglia. Ecco, l’unica con cui non vado esattamente d’accordo è Fujiko, ma questo è più che normale. Conoscendoti sarà lo stesso anche per te”

Volendo essere sempre alla pari decido di raccontargli di come sono finita all’Interpol. Gli racconto del mio ultimo caso con tentato omicidio, di come io mi sia lasciata sopraffare dalla curiosità di una nuova carriera e dalla voglia di trovare l’assassino di mio padre…e poi gli racconto cosa mi ha spinta ad accettare la mia prima e ultima missione sotto copertura, sia lodata la mia voglia di sperimentare. Stiamo per andarcene quando ci accorgiamo che l’addetto statale per il controllo della villa è entrato, così usciamo da qua in una maniera improponibile, alla velocità della luce. Sembriamo due adolescenti allo sbaraglio negli ultimi tempi. Non che la cosa mi dispiaccia, rende la nostra relazione divertente oltre che profonda. Passiamo il resto della giornata a casa, lasciandoci conquistare dal primo capitolo di Assassin’s Creed. Jigen mi fa sentire tremendamente imbranata quando si tratta delle missioni a tempo, dove bisogna inseguire qualche anima sfortunata che poi solitamente finisce per essere uccisa dal protagonista, in questo caso il caro vecchio Altair. E infine serata easy al Jazz Club di Time Square, dove ormai tutti sanno che non siamo solo amici. Le voci girano poco velocemente mi dicono. Torniamo da me e ci addormentiamo entrambi in una manciata di minuti, esausti, ma estremamente soddisfatti per la giornata passata. 

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Angolo autrice

E sì, sono riuscita a pubblicare due capitoli al mese rimanendo puntuale con quello regolare, già. Non chiedetemi come mi sia venuto in mente tutto questo, come al solito non ne ho la più pallida idea. Mi sono lasicata trportare in maniera estrema, e questo è il risultato, accettabile direi. Pensare che fra un mese esatto comincia la nuova seire di Lupin mi fa fangirlizzare di brutto *-* anche se la sigla è discutibile. Spero he queste nuove puntate possano ispirarmi ulteriormente per questa storia, sarebbe fantastico. 
E stranamente non ho molto da dire oggi.
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo c:
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Non cosa aspettarmi da Jigen stamattina. Mi ha detto di vestirmi comoda, e di prepararmi psicologicamente, perché mi farà fare qualcosa che forse non avrei fatto mai. Sono abbastanza perplessa, fino a che non mi rendo conto che stiamo andando a Coney Island. Erano anni che non andavo al luna park, seriamente. Non so come ha avuto quest’idea. Prima però facciamo un giro al New York Aquarium, che forse non ho mai visto, strano ma vero. L’acquario ha dei percorsi meravigliosi, tralasciando il fatto che gli squali mi inquietano un po’. E ho dato da mangiare a dei pinguini, quanto diavolo sono carini? Il resto della giornata lo dedichiamo al luna park. Prima facciamo tutte le attrazioni tranquille, e pranziamo al Place to Beach. Ma prima di passare ai vari giochi, devo affrontare almeno due delle montagne russe del parco. Le sceglie per me. Il Thunderbolt e il Coney Island Ciclone. Il secondo, tra parentesi, è un pezzo di storia del luna park. Il Thunderbolt mi fa capire come mai prima perché non amo le montagne russe, il Ciclone è passabile, più o meno. E’ senz’altro meglio che avere a che fare con serpenti o ragni, ma le montagne russe sono sempre state un mio problema, anche perché continuo ad avere la forte paura di perdere il cappello. Non potrei mai perdonarmelo.

“Ricordami di non ascoltare più i tuoi consigli se siamo all’interno di un luna park”

“Avanti, le montagne russe non sono male”

“Non sono male!? Il Thunderbolt mi ha ribaltato lo stomaco! E ti prego, non ricordarmi che ne esistono di peggiori, non farlo”

Ora però tocca a me scegliere. Prima facciamo la 3 point challenge, e a dire il vero speravo di cavarmela un po’ meglio. Consiste in una sfida di basket. Otteniamo buoni punteggi con qualsiasi cosa che prevede il tiro di precisione, modestamente. All’improvviso però ci rendiamo conto che anche paparino è qui, a dire il vero lo sentiamo più che altro.

“Alexis, Jigen, siete in arresto!”

Jigen ha una delle idee più strambe di sempre. Vorrebbe fare un giro sul soarin’ eagle, che forse è peggio del Thunderbolt, per seminarlo ma al tempo stesso continuare quelli che sono i nostri piani per la giornata. Ancora scioccata da prima gli dico di no senza alcuna esitazione. Non ne voglio più sapere di montagne russe almeno per un paio di mesi. Così ci approfittiamo della folla per andare verso il Coney Cones, sperando di far perdere del tutto le nostre tracce. Non resisto alla tentazione e mi prendo un mega cono al cioccolato, che a dire il vero mi riporta alla mente alcuni ricordi di Chicago, e al solo pensiero arrossisco pesantemente. Stiamo in zona per un po’, rilassandoci qualche momento. Non so bene perché, ma vago con la mente, chiedendomi come sia possibile che Jigen sappia sempre di cosa ho bisogno e in che momento. Indovina sempre cosa può giovare al mio umore. Non ho bisogno di parlare, prima che io possa dire qualunque cosa lui ha già capito qual è il punto. Improvvisamente mi accorgo che paparino ci ha ritrovati, ma sento anche una seconda voce familiare, chiamarlo Zazzarino, per richiamare la sua attenzione. Solo mia nonna può fare una cosa del genere, chiamava anche mio padre così, quando era necessario richiamare la sua attenzione in modo più pesante. Non riesco a trattenere le risate, la faccia di mio zio è epica. Quando finalmente mia nonna è a portata di vista la raggiungo e la riabbraccio dopo un infinità di tempo. Come sempre, pur avendo quasi ottant’anni, la sua salute è impeccabile, e dimostra minimo cinque anni di meno. Obbliga lo zio a non arrestarmi, poi sposta lo sguardo su Jigen, per poi dirmi ‘Te lo rubo solo un momento’. Cerco di fermarla, ma so che è inutile. Vado lentamente nel panico, per qualche ragione a me sconosciuta. Ormai tutti sanno di noi, e mia nonna non è mai disinformata, nonostante non sia più attiva nel campo criminale da anni. Non ho paura che non approvi, ho solo paura delle sue domande imbarazzanti, o che possa mettere in testa a Jigen idee strane. Da qui posso vedere solo Jigen, posso capire solo il suo labiale. Mia nonna è di spalle rispetto a me, questo significa che dovrò intuire le sue domande

POV JIGEN
Non capisco il comportamento della nonna di Alexis, ma di certo so da dove ha preso la sua esuberanza celata. In passato era una grande ladra, qualcuno dice che abbia collaborato con Lupin I e Lupin II. Nasconderle qualcosa è impossibile, e credo che niente sia cambiato con gli anni. Quindi avrà certamente notato la fede, parte del nostro travestimento di alcuni mesi fa, che Alexis porta ancora. Dicono anche che fosse una donna che va dritta al punto, e provo sulla mia pelle questa sua ultima caratteristica

“Vi siete già fidanzati?” è impossibile non notare la sua euforia, anche se è ben celata “Non posso chiederlo ad Alexis perché mi ucciderebbe, è sempre stata timida riguardo certi argomenti, ma tu devi dirmelo, infondo sei il futuro marito di mia nipote. Senza contare che bisogna essere molto uniti se si vuole fare grandi colpi senza problemi…davvero molto uniti, non so se mi spiego”

Non avrei mai immaginato di poter essere così in imbarazzo nella mia vita, ma cerco di nasconderlo al meglio “Hem…suppongo di sì”

“Purtroppo per sposare il nonno di Alexis ho dovuto smettere, creo che tu lo sappia già. Ma voi siete fortunati, potete divertirvi insieme. Non che io non mi sia divertita con lui, in altri modi forse. Quand’è il matrimonio? Ci avete già pensato? Devo assolutamente esserci”

“Sarà fra i primi a saperlo, ma no, non ci abbiamo ancora pensato” A dire il vero sto già progettando come chiederle di sposarmi, ma è ancora troppo presto. Non sto dicendo che non accetterebbe già ora, ma so che preferisce prendere le cose un po’ con calma

“Mi aspettavo di più da te Jigen, ho sentito dire molte cose su di te, metà delle quali devono essere errate, o Alexis non sarebbe con te, ma ciò che rimane di attendibile mi aveva fatto pensare che tutto fosse stato quasi deciso, visto che sei uno che va dritto al sodo. I problemi potrebbero arrivare con i figli, pensi che interromperete la vostra carriera di ladri quando arriveranno?”

“F-figli? A dire il vero non abbiamo parlato nemmeno di questo, è un po’ presto…”

“Sono un po’ delusa, mi aspettavo che almeno tu avessi pensato a queste cose. Alexis è una tempista, probabilmente certe cose non le passano neanche per l’anticamera del cervello, il mio non è un rimprovero, ma una semplice considerazione. E’ sempre stata un’amante dell’avventura e anche del rischio seppur in maniera moderata, preferisce avere un piano piuttosto che agire alla cieca…”

“Il rapporto tra me e Alexis…non si può descrivere quanto sia profondo. E la cosa incredibile è che è successo tutto nel giro di pochi giorni, e siamo arrivati a tutto questo in pochi mesi, non potrei chiedere di meglio. Se fosse per me avrei già tirato in ballo molti argomenti importanti della vita di coppia, ma so che non posso forzarla. Ha bisogno di stabilità e di calma, e poi voglio sorprenderla, porle davanti certe possibilità quando meno se lo aspetta, così che abbia ancora più soddisfazione e che sia ancora più felice. Ha già avuto abbastanza problemi nella sua vita, e purtroppo alcuni rimangono ancora tutt’oggi, non voglio certo essere io a crearne di nuovi. E poi, onestamente, bruciare le tappe non è mai una buona idea. Lo farei volentieri, perché non desidero altro che poterla definire mia moglie, ma credo che sia giusto che sappia tutto ciò che deve sapere prima di quel giorno, ne ha tutto il diritto. Mi dispiace di averla delusa, ma voglio renderla veramente felice, e posso raggiungere il mio scopo solo stupendola al momento giusto, e nel modo giusto, e per questo ci vuole un po’ più di tempo”

Incrocio solo per un momento lo sguardo di Alexis, e a quanto pare ho involontariamente già rispettato questo mio obbiettivo, ma questo è solo l’inizio. La reazione di sua nonna è impagabile, è come se fosse una shipper senza speranze. Non avrei mai pensato di diventare parte della famiglia Zenigata, è l’ultima delle cose che pensavo sarebbero accadute, ma francamente non mi dispiace affatto. Mi sembra di essere ben accetto da tutti loro, soprattutto da paparino, anche se non vuole ammetterlo. Infondo credo che sia felice che sia stato io a rubare il cuore alla sua cara nipote.

POV ALEXIS
Non credo di essere mai stata più commossa di così. Non mi è stato facile ripetere le sue parole, visto che anche paparino voleva sapere, per rendermi comprensibile ho dovuto soffocare l’emozione che mi faceva tremare la voce. Qualcosa in me ha la certezza assoluta che Jigen sia la mia anima gemella, e niente potrà farmi credere il contrario. Nonostante questo però mi informo sulle domande poste, ma a quanto pare si sono messi d’accordo per non farmi sapere niente. Poco male, infondo non avrei dato grande peso alla cosa, ho in testa solo quelle sue ultime parole. Dopo cena siamo di nuovo soli, lasciamo il luna park e sceglie accuratamente un posto in spiaggia, come se avessimo l’intenzione di rimanere qui per un po’. Anticipando la domanda, mi dice che è una sorpresa, un modo per chiudere in bellezza. Fisso a lungo l’orizzonte, con la luna piena che si riflette nell’oceano. Ho sempre amato il mare, e un giorno mi piacerebbe fare una crociera, o girare le più belle isole dei Caraibi, spostandosi in barca, ogni giorno visitando piccole isole una dietro l’altra, facendo immersioni nei punti d’interesse. Non sarebbe affatto male. Il mare cristallino, la sabbia bianca…tutto questo in buona compagnia ovviamente. Potrebbe essere una buona idea per una luna di miele, anche passarla a Los Angeles o a Barcellona non sarebbe male, o forse in Italia, magari a Venezia. E se invece si potesse fare tutto queste cose, per una luna di miele per niente breve? Già, sto un po’ fantasticando. Però sarebbe veramente magnifico. Dopo un’ora circa, senza che io ne sapessero niente, partono o fuochi d’artificio. Non ne ero al corrente, ma sono programmati per celebrare la fine dell’estate. Fra pochi giorni è settembre…è già passata un’estate, che non dimenticherò tanto facilmente, poco ma sicuro. Nel giro di una settimana massimo due ci sarà il colpo a Barcellona. Secondo alcune voci rischiamo veramente molto, Riez ci seguirà quasi sicuramente. Ma ora non ci penso, e mi godo i fuochi d’artificio. Torniamo alla macchina, sono abbastanza stanca, ma non troppo da rinunciare al jazz club. Non smetterò mai di frequentare questo posto, perché anche qui custodisco preziosi ricordi, sia della nostra relazione che precedenti ad essa. Non so bene per quale ragione, ma mi viene da pensare a come potremmo vivere quest’inverno. Appiccicati molto probabilmente, e per colpa mia, visto che sono tremendamente freddolosa. L’altro giorno Jigen mi ha parlato di un possibile colpo in Russia, e mi sono sentita morire pensando al freddo che di sicuro sentirò. Non so bene perché, ma mi sto chiedendo se anche lui ha problemi tanto quanto me durante l’inverno. Sarebbe una cosa tenera, non so bene dire perché, ma la troverei tenera. E il primo San Valentino…non oso immaginare cosa si farà venire in mente per quel giorno. Forse non si direbbe, ma è davvero premuroso, e infondo è quel tipo di compagno che sa sempre come valorizzare le giornate, che ricorda le date importanti…non sono quel tipo di donna che scatena la terza guerra mondiale per un anniversario mancato, ma fa sempre piacere sapere che l’altro da lo stesso valore che dai tu alle cose. Quando torniamo a casa, prima di addormentarmi, ho solo un pensiero in mente. Non ha bisogno di rendermi felice, perché mi ha già resa felice.

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Angolo dell'autrice

Oook, inutile dire che sono in ritardo, ma purtroppo ho avuto i tre esami di riparazione (passati senza problemi, fuck yeah, sono in terza liceo!), ho dovuto fare i miracoli per finire i miliardi di esercizi di vario genere per i compiti delle vacanze (a dire il vero mi manca ancora qualcosa di matematica, e comincio fra quattro giorni, ma sono dettagli) e ho avuto un pesante calo di ispirazione per questa storia, e aver iniziato a giocare il quarto capitolo di Assassin's Creed non mi ha aiutata (Amo troppo Black Flag, aiuto). Comunque, è ufficiale, il prossimo capitolo è l'ultimo, e mi prenderò una piccola pausa per definire meglio la storia crossover con Conan, seguito di questa. Non ho idea di cosa sia uscito dalla mia testolina e come, ma non importa.
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo c: 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


E finalmente è arrivato il giorno della partenza. Goemon ci sta già aspettando a Barcellona, noi partiamo domani. Sto cercando di chiudere la valigia con le “buone maniere”. Non sono il tipo che porta con se un quarto di casa per viaggi brevi, ma purtroppo quel periodo sospeso fra estate e autunno è il momento del “che diavolo mi metto?”. Al mattino può far freddo, e ti copri, ma dopo una certa ora poi hai caldo e sudi. Se ti vesti già leggero poi congeli, e ti ammali, ma se ti vesti pesante e non a strati ti ammali comunque. In questo periodo dell’anno una cipolla ti invidia per quanti strati ti porti addosso. Per farla breve, ho bisogno di un po’ più di roba, freddolosa come sono, e siccome ingombra la valigia non si vuole chiudere con le buone maniere. Nuova consapevolezza: la valigia mi odia. Dopo innumerevoli tentativi riesco a chiudere la zip. Dieci minuti della mia vita gli ho spesi così, forse anche 15. E io dovrei essere una ladra mediamente esperta e potenzialmente letale (così mi definisce qualcuno), peccato che non sappia nemmeno chiudere una valigia senza sembrare una rincoglionita. Tralasciamo questo mio momento privo di gloria. Per una volta sarò io ad introdurmi nel edificio che desta il nostro interesse. Il diamante che ci interessa è il pezzo forte di un asta. Anche gli altri articoli non sono male, e su questo si basa il nostro piano. Cercherò di aggiudicarmi il diamante, e quando andrò per pagare stordirò il cassiere, che ha una copia della chiave del magazzino. Entrerò e prenderò il diamante, e anche alti oggetti di valore di dimensioni non eccessive e ancora presenti nel magazzino. Lupin che vuole mettermi alla prova, la cosa è…strana, ma solo un po’. Questo significa anche che i ragazzi si fidano ciecamente di me, e che sono parte integrante della banda. La cosa mi ma sentire sollevata, dopo quelle incomprensioni dovute ad una rivelazione arrivata nel modo sbagliato. Avevo davvero paura di aver mandato tutto in pezzi, ma fortunatamente non è così. Non avrei più saputo che fare. Di certo non sarei rimasta all’Interpol, forse avrei ripreso la mia carriera di medico, cercando una distrazione nei misteri della diagnostica. Ma che ne sarebbe stato di me? Probabilmente sarei diventata una misantropa bastarda e acida, come difesa da possibili nuove delusioni. Ma grazie al cielo non è andata così. Anche se questo significa svegliarsi presto e subire gli effetti devastanti del jet lag, non vedo l’ora di arrivare a Barcellona. E’ una città splendida, e poi devo ammettere che un po’ sento la mancanza di Goemon. Non è lo stesso se non ci siamo tutti, e senza di lui sembra che manchi qualcosa. Già, ormai lui e Lupin sono davvero come dei fratelli, sembra precipitoso dirlo dopo così poco tempo, ma allo stesso tempo è normale. E’ qualcosa di innato, è così e basta, sembra che non possa essere altrimenti.
Finalmente dopo ore di volo arriviamo a Barcellona. Dopo aver adeguatamente salutato Goemon, che ci aspettava all’aeroporto da bravo socio, ho assolutamente bisogno del bagno, la mia vescica mi sta insultando in turco antico. Non credo di aver bisogno di melatonina, il Jet Lag di solito non mi si presenta così tanto gravemente da doverne fare ricorso per la sopravvivenza, ma ammetto di essere estremamente stanca. Quello che voglio è solo un letto comodo, in una bella stanza d’hotel in centro, che poi è esattamente ciò che mi aspetta. Comunque, dopo un po’ di slalom fra la gente raggiungo il bagno, e all’improvviso, quando sto per uscire, mi sento afferrare alle spalle, un fazzoletto contro la bocca. Faccio il possibile per liberarmi, ma il jet lag e l’anestetico impresso nel tessuto mi rendono impossibile la cosa, e perdo lentamente i sensi.
Apro lentamente gli occhi, dopo non so quanto tempo passato in incoscienza. Vedo un uomo abbastanza alto, con una giacca lunga e un cappello, entrambi neri, che ha un’aria abbastanza famigliare. Sta discutendo con quelli che sembrano essere dei suoi sottoposti, mentre io ho i polsi legati ad una sedia

“Jigen?” dico io con voce rotta, poco più forte di un sussurro

L’uomo si volta verso di me “Suo padre, ci sei andata vicina”

Improvvisamente sono molto più sveglia “Lei è che cosa!?” dico stupita

Si avvicina e mi slega “Chiedo perdono per l’inconveniente, i miei uomini l’hanno scambiata per qualcun altro” lo guardo stupita, come se fosse un fantasma “Sì lo so, sia tu che mio figlio credete che io sia morto, bhe, in realtà non è così”

Dovrei avvertire Jigen e gli altri che sto bene, ma il mio cellulare è scarico, e poi finiamo per dialogare piacevolmente con quello che è mio suocero, diciamo. Incuriosita, mi permetto di fare una domanda delicata e privata. Jigen avrà avuto al massimo vent’anni quando iniziò a lavorare ufficialmente per Gavez. Lo fece per proteggere la sua famiglia. Suo padre era il suo socio in affari, il suo braccio destro, ma appena capì qual era la politica di Gavez lasciò immediatamente l’organizzazione. Gavez però lo minacciò, costringendolo a lavorare per lui, e per un po’ fu esattamente così. Un giorno però stavano quasi per farla franca, stavano per lasciare il paese senza intoppi, ma Gavez scoprì tutto. Jigen però si era reso conto che suo padre era stanco di fare quella vita, era stanco di essere un sicario. Così insisté, e riuscì a convincere Gavez affinché lui potesse pendere il posto del padre, per preservare la salute della famiglia. Anni dopo però, dopo un periodo in cui non sentiva i suoi da alcuni giorni, scoprì che Gavez non aveva rispettato i patti. Erano morti entrambi, o almeno così risultava. In realtà suo padre è sopravvissuto, ma non riuscì mai a mettersi in contatto con il figlio. Jigen lavorò per Gavez ancora per molto tempo, era troppo pericoloso lasciare l’organizzazione senza un appoggio sicuro. Quell’appoggio sicuro, quell’opportunità irripetibile è arrivata con Lupin. E’ anche riuscito in qualche modo a recuperare una parte del carattere di Jigen, che con tutto l’inferno che ha passato era quasi andata persa. Anche Lupin me lo ha raccontato. Prima che si conoscessero meglio sembrava quel tipo freddo, impassibile, senza un briciolo di sensibilità. Ma grazie al cielo il vero Jigen Daisuke non è andato perso, né è stato compromesso completamente. Lupin mi dice sempre che il mio arrivo poi è stato un toccasana. Fatto sta che dopo questo racconto ogni piccolo senso di colpa che potevo avere inconsciamente per aver ucciso Gavez è scomparso, e anzi, credo che quel trattamento sia già stato generoso. Come ho detto altre volte, la morte non bastava, ma è andata così, ed è senz’altro meglio di quando era vivo. Ora però rimane Riez. Purtroppo non ha alcuna informazione utile su di lui, non lo conosce molto bene. Sa solo che è qui a Barcellona, poco ma sicuro. Sono pochi quelli ad avere informazioni concrete su di lui, e so che uno di loro è quel contatto di mia madre, quell’agente della CIA. C’era da aspettarselo. Sono quasi sicura che anche l’MI6 abbia delle informazioni su di lui, e forse anche loro stanno cercando di eliminarlo. All’improvviso cambiamo argomento, e mi chiede dove siano gli altri. Gli dico dove alloggiamo, e lo avverto che se è solo un impostore che ha intenzione di tentare di uccidere uno di noi dovrà vedersela con me.‘Ora capisco perché Daisuke ha perso la testa’. E’ l’unica cosa che dice a riguardo. E’ strano sentire parlare di lui con il nome invece che con il cognome. Io stessa inconsciamente, in realtà non lo chiamo per nome. E’…strano. E’ un po’ un paradosso, perché tutti siamo abituati a chiamarlo così, ma il nome è Daisuke. Ed è un nome che suona bene, e ha un bel significato, eppure nessuno di noi lo usa mai. Tralasciando questo mio momento, quest’uomo non è solo colui che posso definire suocero, ma è anche il proprietario del lussuoso albergo in cui alloggiamo. Ovviamente usa un nome falso per identificarsi come tale. Allo stesso tempo gestisce una piccola organizzazione criminale. Esegue diverse azioni su commissione, ma solo se le trova sufficientemente etiche. Ormai era nel giro, ed era pressoché impossibile uscirne, rifarsi una vita dignitosa ed onesta. E poi dopo che anche il figlio era caduto nell’oblio e dopo la morte della moglie non aveva più un motivo di fare questa fatica. Tanto valeva rimanere un criminale, sfruttando le proprie capacità. Il ragionamento non fa una piega a mio parere. Anche perché rimanere nel giro lo avrebbe aiutato a consumare la sua vendetta, se solo io non avessi ucciso Gavez prima che lui potesse organizzarsi al meglio. Dopo qualche minuto raggiungiamo l’hotel, e ciò che vedo e sento mi fa sorridere. Lupin, invano, cerca di calmare Jigen, proponendogli di organizzare un piano più articolato e attento, vorrebbe che non agisse alla cieca. Se lo si guarda bene si può intuire che ha addosso una quantità impressionante di munizioni. Scendiamo dall’auto, come se fosse normale pararsi davanti a lui con nonchalance. Insomma, io risultavo sparita nel nulla, e suo padre morto. Direi che non è affatto normale una cosa del genere, e infatti la sua espressione dice tutto

“A-alexis? Che ci fai qui!? Credevo che tu…”

“Sì, all’inizio credevo anche io di essere stata rapita o qualcosa del genere, ma ho dovuto ricredermi”

“Ciao anche a te, figliolo” dice all’improvviso suo padre, come se nulla fosse. Non preoccuparti, tu non risulti morto, figurati

Jigen si avvicina a me, confuso “Sono io che sto diventando matto così all’improvviso o c’è qualcosa che devi, o dovete, spiegarmi?”

Sorrido divertita, e invito sia lui che Lupin ad entrare in hotel, seguita dal nostro ospite, che in realtà è chi ci ospita. Raccontiamo ad entrambi tutto ciò che devono sapere. Non dev’essere facile per Jigen assimilare tutto questo così all’improvviso. Lupin però, con una scusa, li lascia soli, dicendo che deve discutere con me di alcune questioni per il colpo “Non potevamo parlarne più tardi!?” dico in tono polemico

“Lo so che avresti voluto stargli vicino in questo momento e tutto il resto, ma credo che ora sia meglio per loro che abbiano un momento pe parlare in privato e chiarirsi. Sono pur sempre un padre e un figlio, che sono stati separati da vicende poco gradevoli. E poi devo davvero parlati di una cosa che riguarda il colpo”

“Forse hai ragione...e va bene, di che si tratta?”

“Bhe ecco, l’asta a cui dovrai partecipare è di un certo livello, rivolta ad un pubblico ricco, e conoscendoti non hai nemmeno un abito elegante nel tuo guardaroba” Tira fuori dalla valigia un abito da sera, piegato accuratamente “Così ho pensato di procurarti qualcosa di adatto…consideralo come un regalo di compleanno in ritardo…o un piccolo regalo di nozze in anticipo” dice, trattenendo una leggera risata a fine frase

Non ci faccio molto caso e prendo l’abito. E’ a dir poco stupendo E’ un lungo abito nero, con maniche e scollatura di pizzo, presente anche in alcune parti della gonna, ma ho un piccolo problema “Oh no Lupin, non se ne parla neanche, sono negata con gli abiti lunghi, non faccio altro che inciampare”

“Bhe, hai due giornate per abituartici”

“Ma non so nemmeno da che parte cominciare…”

“Posso darti una mano io, basta chiedere”

Visto che il jet lag mi sta uccidendo vado nella nostra stanza a rilassarmi. Dopo qualche minuto, in seguito ad un lungo dialogo con il padre. Posso solo immaginare quanto avessero da dirsi. Non saprei dire con certezza se quella che ha sul viso è semplice stanchezza o se c’è altro sotto, ma appena si stende accanto a me mi stringo a lui, per fargli capire che ci sono per qualsiasi cosa. Non gli faccio nessuna domanda, perché so che potrebbe essere il momento meno adatto per farlo. All’improvviso mi dice che suo padre vuole parlarmi domani mattina, e la cosa mi preoccupa un po’.
Dopo colazione Jigen mi accompagna da suo padre, che è rimasto in hotel. Come al solito è sempre al mio fianco, e qualcosa mi fa credere che lui sappia di cosa vuole parlarmi suo padre, ed è proprio per questo che rimane con me. Finiamo per parlare di mio padre. Ai tempi in cui mio padre era sotto copertura il padre di Jigen lavorava ancora per Gavez. Erano diventati grandi amici, ed erano anche alleati. Mio padre lo avrebbe aiutato a lasciare quella realtà e a rifarsi una vita, in cambio lui, in caso di bisogno, lo avrebbe aiutato a salvarsi se Gavez avesse scoperto che era un poliziotto sotto copertura. Avevano pianificato l’arresto, e mio padre aveva garantito al suo socio che avrebbe avuto una pena ridotta, che avrebbe testimoniato a suo favore in tribunale. Gavez però li scoprì entrambi. Ebbe l’idea di dare a mio padre i trattamento di cui sono già a conoscenza mentre il suo socio e amico era prigioniero nei sotterranei della villa, poi avrebbe ucciso anche lui. Prima che questo potesse accadere riuscì a scappare, sapeva dove avevano intenzione di giustiziare mio padre, ma quando arrivò era ormai troppo tardi. Era già morto, e la scena era raccapricciante. Devo usare molta forza di volontà per evitare di scoppiare in lacrime. Dopo avermi lasciato un paio di secondi per assimilare tutto mi chiede scusa, chiede perdono perché non è stato capace di evitare la sua morte. Rivolgendomi a lui per dirli che non ha motivo di sentirsi in colpa mi rendo conto di non sapere il suo nome, e rimango bloccata a metà frase. Mi viene in aiuto, presentandosi come Jason. Ora che non ho più nulla da ascoltare il mio cervello finisce inesorabilmente per ricordare, e per immaginare quei momenti di cui mi ha parlato. Mi fa male la testa, troppo dolore tutto insieme. Trattenere le lacrime è quasi impossibile, non so come io ci stia riuscendo. Dei flash back del mio incubo ricorrente mi scorrono nella mente, diventando però molto più macabri. E’ troppo per me, e Jigen se ne accorge, come sempre. Mi chiede se voglio troncare qui il dialogo, se voglio andarmene. Annuisco senza indugio, ma prima di uscire, con uno sguardo presumo sofferente, ringrazio Jason con un filo di voce. Andiamo fuori, nel giardino dell’hotel. Avevo l’improvviso bisogno d’aria, ma dopo qualche respiro profondo ho bisogno dell’abbraccio di Jigen. Mi dice sempre che mi sono tenuta dentro troppe cose per troppi anni, e ha ragione. Dopo che ho lasciato Tokyo e sono tornata a vivere da sola a New York non ho più confidato niente a nessuno riguardo l’omicidio di mio padre. Mio zio era lontano, e il sostegno per telefono non bastava, oltre che avrei dovuto accendere un mutuo per le telefonate internazionali. Così ho finito per tenermi tutto dentro, sembravo una giovane donna qualunque, positiva, sorridente, ma in realtà dentro di me c’erano paure di ogni sorta che mi corrodevano. Non sono scomparse, ma ora è più facile affrontarle. Però certe batoste fanno davvero male. Quando mi riprendo completamente raggiungo Lupin, dobbiamo ancora chiarire la questione dell’abito. Sono davvero negata a camminare con abiti così lunghi senza inciampare di continuo, e non sto scherzando. Alla fine spendo una giornata e mezzo per imparare, sotto la guida di Lupin, con l’obbligo di stare nella sua stanza, senza che Jigen abbia possibilità di vedermi. Incredibile ma vero. Dice solo che mi distrarrebbe troppo, ma credo che ci sia sotto qualcosa. E ho la consapevolezza che Jigen lo abbia maledetto in otto lingue. Fatto sta che ora mi sto preparando, gli altri mi stanno aspettando fuori come previsto…sì, Lupin sta sicuramente tramando qualcosa. Comunque, dopo essermi accuratamente preparata, raggiungo i ragazzi. Quando sono ancora lontana dalla breve scalinata che mi separa da loro sento Jigen che sta più o meno litigando con Lupin, che più si giustifica e più riceve contestazioni da Jigen

“E’ la mia ragazza ok? E mi sembra piuttosto normale voler passare del tempo con lei in una città straniera, e poi, c’era davvero bisogno di rimanere per tutto quel tempo nella tua stanza, con te presente poi?” è evidentemente geloso, almeno un po’. Non è che non si fidi di me o del suo migliore amico, ma inevitabilmente è geloso, non può farci niente a riguardo

Lupin sorride compiaciuto "Geloso?"

"No, è solo che-" scendo i gradini con una grazia che non avrei mai immaginato, seppur con calma, sentendo lo sguardo di Jigen addosso. So già che Lupin lo stuzzicherà, e forse questo era il suo obiettivo fin dall'inizio “Oh mio Dio” involontariamente arrossisco, avvicinandomi all’auto

“Ancora geloso?” dice Lupin, con quel suo solito sorrisetto stampato in faccia

“Io? Assolutamente no, infondo non sei stato tu che hai avuto la possibilità di vederla così per un giorno e mezzo”

Cerco di richiamare la loro attenzione, nascondendo il mio imbarazzo “Ragazzi, abbiamo un asta da raggiungere ricordate? Vorrei poter prendere una posizione strategica, e farmi un’idea più precisa di ciò che è in vendita, e prima arriviamo e meglio è”

"Hai ragione cherie, è il caso di andare...le mie lezioni hanno dato i loro frutti"

"E' inutile che parli da professionista per sviare" dice Jigen in tono polemico

"Forse è il caso che risolviate le vostre controversie più tardi"

"Grazie Goemon, almeno qualcuno sano di mente c'è in questa banda" dico scherzando

Salgo in macchina e ricontrollo di avere un buon numero di munizioni per poi mettere l’auricolare. Dopo circa mezz’ora arriviamo alla casa d’aste. All’entrata però mi viene chiesto se ho armi, e mi accorgo che mentire è inutile. Poco più avanti c’è uno scanner a raggi x, ben camuffato, ma c’è. Questo non l’avevamo previsto. Consegno la magnum ed entro. I ragazzi hanno sentito tutto, e Jigen è leggermente preoccupato, si capisce dal tono di voce. Probabilmente Riez è qui, e sono disarmata. Cerco di mantenere la calma mentre ispeziono ciò che c’è in vendita. Il diamante è solo una delle cose interessanti di stasera, c’è molta possibile refurtiva, ma avrò bisogno di una mano una volta all’interno del deposito. Non so se è così in tutte le aste, ma visto che la merce è di alto valore, appena un oggetto viene venduto viene portato al deposito annesso alla cassa, sorvegliato dal cassiere. Cerco di aggiudicarmi il diamante, cose che riesco a fare dopo qualche istante, e avrei fatto un affare. Lascio la sala, dirigendomi al magazzino. Chiedo innocentemente se posso già pagare, visto che il diamante era l’unica cosa che mi interessava, e stordisco il cassiere. Appena sento che l’asta è finita isolo la sala dal resto dell’edificio, così che possa agire indisturbata. Entrando però mi rendo conto che qualcosa non va, quindi non c’è nessuno, né Goemon, né Jigen e nemmeno Lupin

“Alexis, abbiamo un problema. I sicari di Riez ci impediscono di entrare, l’edificio è circondato, l’unico modo che hai di uscire è-“

La comunicazione si interrompe “Jigen? Jigen, ci sei ancora?” per un momento sento la voce di Charles Wood, sostituita poi da quella di Riez. E’ stato lui a interrompere la comunicazione, Charles

“E’ inutile che ti affatichi, non ti sentono più, Charles sta facendo un ottimo lavoro” metto il diamante e i pochi oggetti di valore di piccole dimensioni nella borsa. Prendendo una via alternativa, senza quindi passare dalla sala, vado a riprendere la magnum “Guardati le spalle, potrei essere ovunque, oppure da nessuna parte"

Controllo di avere la magnum carica, e poi con calma, senza dare nell’occhio, cerco di uscire dal retro. Si sente il rumore di una sparatoria che viene da fuori. Ritorno dov’ero prima passando per i corridoi dello staff, e mentre osservo la pianta dell’edificio un proiettile colpisce la parete, poco lontano dal mio viso. Riez mi ha trovata. Senza pensarci due volte inizio a correre, voglio arrivare all’esterno e riunirmi ai ragazzi. Prima che possa di nuovo osservare la pianta salta la corrente. Uso il cellulare per farmi luce, e per abilitare il GPS sulla pianta di quest’edificio, così che io possa vedere dove diavolo sto andando. Trovo un uscita, ma è impraticabile, è bloccata da alcuni sicari che stanno sparando in direzione di Lupin e degli altri con degli AK-47, così che non possano aiutarmi. Sono costretta a seguire una delle vide di fuga dell’antincendio. Mentre corro sento la spada di Goemon respingere i proiettili ad un ritmo impressionante ed estenuante perfino per lui. Mi sembra di sentire Riez dietro di me, ma allo stesso tempo non ne sono affatto sicura, e ciò non mi rende tranquilla. Arrivata all’esterno mi rendo conto della criticità della situazione. Goemon è stremato, tanto che per poco non ha mancato un proiettile. Intravedo il braccio di Lupin tirare Goemon verso di loro, così che l’unica parete non mitragliata protegga anche lui. Per farla breve: sono in trappola

“Ragazzi, siete tutti interi!?” grido, sperando che mi sentano

Sento a malapena Lupin dire a Jigen di non fare idiozie. Probabilmente aveva intenzione di venirmi incontro “Stiamo bene, ma come puoi vedere Riez sta facendo di tutto per dividerci, neanche Goemon può fare nulla. Si sono organizzati bene” mi dice Jigen, con una leggera sfumatura di preoccupazione nella voce

Improvvisamente mi rendo conto che Riez non era dietro di me. Devo tenere gli occhi aperti, controllare in più posti contemporaneamente per essere sicura che Riez non mi colpisca a tradimento. Quel bastardo compare e scompare, spostandosi continuamente da una parte all’altra, facendomi sprecare parecchi proiettili. Jigen e gli altri non hanno modo di vedere quello che succede, e i nostri revolver producono un rumore simile, difficile da distinguere con chiarezza con gli AK. In lontananza si sentono le sirene della polizia, che si fanno sempre più vicine. E’ sicuramente Zazà, anche se mi sorprende che si faccia vedere solo ora. Devo eliminarlo, e alla svelta. Mi accorgo che nei suoi movimenti Riez si fa sempre più vicino. Improvvisamente mi ritrovo la canna della sua pistola puntata alla testa, gli afferro il braccio e cerco di disarmarlo, ma visto che non molla la presa lo spingo lontano da me. Prendiamo entrambi la mira, ma io sparo prima che lui possa farlo, colpendolo al cuore. Una delle due ondate di proiettili si arresta, i sicari si sono resi conto della morte del loro capo. Approfittandosi di questo momento di distrazione, Goemon li neutralizza in un batter d’occhio. Nello stesso momento la polizia raggiunge la casa d’aste, e saliamo in auto il più velocemente possibile. I sicari però non bastano a distrarre il paparino, che dopo pochi istanti è già dietro di noi, seguito da buona parte delle volanti. Come sempre Goemon ostacola la loro corsa, utilizzando la katana. Appena possiamo stare tranquilli, mentre torniamo verso l’hotel, mostro la refurtiva, ottenendo l’approvazione di Lupin. Jigen mi dice che vista la piega che le cose stavano prendendo avrei anche potuto lasciar perdere la refurtiva, ma si congratula comunque con me per l’abilità. Appena arriviamo all’hotel scendo dall’auto, senza immaginare quello che sarebbe accaduto di lì a poco. Prima che possa rendermene conto Jigen mi avvicina a se, cingendomi un braccio intorno alla vita, le sue labbra premute sulle mie appassionatamente. Mi lascio andare, senza però esagerare, arrossendo di botto. Non capisco la natura di questo suo gesto improvviso

“Sono fortunato ad averti al mio fianco“ il suo tono ha sì qualcosa di dolce, ma questa sua frase sembra quasi essere una frecciata verso qualcuno

Lupin non può fare a meno di ridere, e siamo tutti un po’ perplessi dal suo comportamento “Ancora non l’hai capito Jigen? Era tutto un mio piano, e ti ho appena dimostrato che, anche se tu dici il contrario, sei geloso”

“Ti ho già detto che non sono geloso” risponde seccato

“Ah no? Allora giustificami questo tuo comportamento impulsivo” non dice niente, semplicemente si incammina verso il centro, con me al seguito “Non c’è niente di male ad essere un po’ gelosi ogni tanto” dice Lupin, cercando di trattenere una risata

Mentre camminiamo non posso fare a meno di pensare. E’ finita. L’assassino di mio padre è morto. Per ora non c’è più nessuno che ha intenzione di ucciderci. Possiamo vivere in pace, Zazà a parte. Riez è morto, e sono stata io ad ucciderlo, e non riesco a pentirmi di ciò che ho fatto, non vedo un motivo per cui dovrei avere rimorsi. Dopo qualche istante di silenzio lo punzecchio un po’ sull’argomento gelosia, ed è questo il bello, poter passare del tempo insieme senza più l’ansia repressa che deriva dalla consapevolezza di essere delle prede. E’ bastata un’estate per rivoluzionare la mia vita da cima a fondo. Sono una ladra, ho una meravigliosa relazione stabile, ho ritrovato mia madre, mi sono chiarita con lei, e ora ho vendicato completamente mio padre. E questa nuova vita è il massimo. Faccio parte di una banda che è come una seconda famiglia, e nonostante questo posso ancora fare affidamento su mio zio, e ho l’opportunità di viaggiare in tutto il mondo, e in ottima compagnia. E come se non bastasse ho allargato notevolmente i miei orizzonti. Tutto questo in un’estate, che sembrava essere una come tutte le altre. E davvero, non potevo chiedere di meglio.

FINE PRIMA PARTE

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Angolo autrice

Per l'amor del cielo, tre settimane di ritardo. Uccidetemi. 
Chiedo umilmente scusa per l'inconveniente, ma questo mese di scuola, anche se è stato il primo, è già stato carichissimo di verifiche, interrogazioni e rotture varie. Sono già sull'orlo di una crisi di nervi. In più ci si mette chissà cosa a creare problemi con la linea telefonica di mezza provincia (?), a posto stiamo.
Coooomunque, già, fine, ma della prima parte. Perché sì, c'è una seconda parte c: che all'inizio non era prevista ma...ops, ho amato troppo scrivere questa storia, ho amato troppo gli intrecci che ho creato, e quindi voglio un seguito
Non chiedetemi come ho avuto queste idee, perché non lo so nemmeno io. So solo che forse il padre di Jigen avrà più spazio nella storia crossover con Conan, seguito di questa, come anche la madre di Alexis, ancora devo farmi un'idea più precisa.
Ancora non ci credo che questa storia sia finita, dopo un anno e mezzo di duro lavoro, che però mi ha dato un mucchio di soddisfazioni. E' davvero magnifico vedere che gli altri apprezzano il tuo lavoro c': 17 capitoli che rappresentano la mia evoluzione nello scrivere. E' da pelle d'oca, davvero.
Mi prenderò un paio di mesi di pausa, non di più, giusto il tempo di definire con calma la trama della nuova storia in modo completo. Perché sì, mi mancherebbe scrivere per pubblicare, mi mancherebbe vedere recensioni al capitolo del mese, e mi mancherebbe Alexis c': So che sto male, ma è la mia creatura dalle mille sfaccettature e, I just can't c': *si rintana in un angolo del manicomio*
Ok la smetto.
Davvero, ringrazio chi mi ha seguita per tutto questo tempo, fino all'ultimo capitolo. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo, e ci rivediamo fra un po' con la nuova storia c: 

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