from Ali

di mrsSalvatore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** MARZO 1993 ***
Capitolo 2: *** MAGGIO 1993 ***
Capitolo 3: *** ESTATE 1993 ***
Capitolo 4: *** AUTUNNO 1993 ***
Capitolo 5: *** INVERNO 1993 ***
Capitolo 6: *** PRIMAVERA 1994 ***
Capitolo 7: *** 1995 ***
Capitolo 8: *** FINE PRIMA PARTE ***
Capitolo 9: *** MARZO 2003 ***
Capitolo 10: *** 23 MARZO 2003 ***
Capitolo 11: *** APRILE 2003 ***
Capitolo 12: *** 7 MAGGIO 2003 ***
Capitolo 13: *** 10 LUGLIO 2003 ***
Capitolo 14: *** 17 LUGLIO 2003 ***
Capitolo 15: *** AVVISO ***
Capitolo 16: *** 2003-2004 ***
Capitolo 17: *** AVVISO ***
Capitolo 18: *** 2 LUGLIO 2004 ***
Capitolo 19: *** 7 LUGLIO 2004 ***
Capitolo 20: *** 10 LUGLIO 2004 ***
Capitolo 21: *** AVVISO ***
Capitolo 22: *** 11 LUGLIO 2004 ***
Capitolo 23: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** MARZO 1993 ***


Un cigolio costante proviene dai pali arrugginiti che la sostengono. L'altalena di legno vecchio continua ad andare su e giù, su e giù. Alison sta cantando una canzoncina ripetitiva con la sua voce da bambina, mentre con i piedi si spinge sempre più in alto:
Su e giù, canta.
Su e giù;
Volo io che voli tu:
Ma se troppo in alto vai,
Alla fine tu cadrai.
E' il ventuno marzo, primo giorno di primavera, e dopo aver ottenuto finalmente il permesso da parte della madre, la piccola biondina si è precipitata al parco giochi dove ha sempre trascorso il suo tempo l'estate prima, quando si è trasferita nel Connecticut. Era da più di una settimana che supplicava la mamma a lasciarla tornare alle altalene, ma lei continuava a dire che era ancora freddo, e che avrebbe dovuto aspettare la primavera. Così quella mattina non appena aveva aperto occhio dopo una notte insonne aveva iniziato a saltellare di gioia da una stanza all'altra.
-Non così in fretta, signorina.- le aveva raccomandato la madre. Alla mattina, prima di fare qualsiasi altra cosa, doveva andare in chiesa, essendo quella una domenica. Ma ora la messa è finita, e manca ancora qualche minuto al pranzo, così Alison se ne sta lì su quella vecchia altalena a cantare una filastrocca che la fa ridere perché è stra buffissima. A dire la verità, sebbene sia ormai iniziata la primavera, il caldo non è ancora arrivato. La bambina è stretta nel suo cappottino celeste, da cui sotto si intravede la gonna ricamata di pizzo del vestito della domenica. Quella mattina la zia le ha legato i capelli color caramello in due trecce ai lati della testa, dalle quali sono sfuggite numerose ciocche di capelli che continuano a ricaderle scompostamente sul volto ogni qualvolta che l'altalena raggiunge il suo zenit.
Il paesaggio tutto attorno è brullo, il prato bruciato dal sole è perlopiù formato da rovi ed erbacce, mentre poco distante qualche albero muove pigramente le sue foglie al vento. Alison si dà una spinta con i piedi per dondolare più in alto, per vedere la città lontano, colma di gente che brulica per le vie. Le vola addosso un insetto nero e lei soffia forte e arriccia il naso.
-Che schifo.- mormora stizzita. Sua madre le ripete che deve smetterla di dire "che schifo" per ogni singola cosa, che ha quasi nove anni e quelle parole non stanno bene in bocca ad una signorina. Ma ad Alison non importa, perché "che schifo" è l'unica brutta parola che si concede, e in più le piace tanto.
E' quasi arrivata per la quarta volta a "alla fine tu cadrai" quando sente dei passi dietro di lei. Si volta di scatto puntando i piedi per terra per vedere il disgraziato che l'ha interrotta mentre cantava e appena scopre il colpevole storce il naso sbuffando. E' un bambino di qualche anno più grande di lei, l'ha già visto un paio di volte in chiesa o in paese ma non ha idea di chi lui sia.
Il bambino la fissa per qualche attimo e poi si siede sull'altalena di fianco a quella di Alison. Quest'ultima sbuffa una volta di più, mentre il ragazzino ghigna divertito. Ha capito che la cosa la infastidisce e questo sembra piacergli. Inizia a girare l'altalena mentre è seduto, in modo che le corde si intreccino e il sedile diventi più alto. Una volta finita questa sua operazione si volta a guardare Alison desideroso di vedere il disprezzo nei suoi occhi, e venendo accontentato. Dopo questo alza i piedi da terra, e l'altalena prende a girare su se stessa. Il bambino ride appena, mentre Alison sbuffa ancora. Ecco un'altra cosa che odia sua madre, il fatto che lei abbia sempre qualcosa per cui sbuffare.
Quando le corde dell'altalena sono di nuovo parallele, il bambino sale sul sedile di legno con i piedi e inizia a dondolarsi avanti e indietro, poi rivolge un sorrisino soddisfatto ad Alison, quando quest'ultima, carica di disgusto, esclama: "Che schifo. Così la sporchi tutta!"
Il bambino ridacchia e sta per controbattere quando viene interrotto dalle voci dei suoi compagni di gioco, rimasti a guardare lo spettacolino poco più in là.
-L, vieni qua! Non stare con quella bambina!- grida un ragazzino dai capelli scuri, compagno di scuola di entrambi, prima di esibirsi in una grande boccaccia per simulare l'orrore per lo stare nei pressi di una femmina.
-Hai sentito?!- chiede stizzita Alison -Vattene via!-
Il bambino le rivolge un'occhiataccia e dopo essersi dato uno slancio dall'altalena, atterra a quattro zampe sul terriccio pieno di polvere.
-Che schifo.- dice Alison, allora il bambino si alza e le si avvicina.
-'Che vuoi?!- grida lei -Va' via!-
Lui adesso ha uno sguardo cattivo e le si fa sempre più vicino, fino a quando con le mani sporche di terra gliele strofina sul cappotto azzurro nuovo di qualche giorno.
-Che schifo.- piagnucola Alison, mentre sente qualche lacrima che lotta per uscire dai suoi occhi dello stesso colore che aveva il suo cappotto prima che quel bambino maleducato non glielo sporcasse.
-Stai piangendo.- nota lui, ma questa volta non sta più ridendo, lo dice serio, e in modo cattivo.
-Non è vero!- grida lei, mentre il ragazzino dice che sì, lei sta piangendo come le femminucce.
-Non è vero! Non è vero!- piange Alison. Poi si alza di scatto e dà un forte spintone a quel ragazzino che finisce per terra.
-Ti odio!- gli sputa cattiva, poi si volta e fugge,mentre lacrime calde le rigano il viso, e la risata di quel bambino le pervade le orecchie.


 


Angolo autrice:

Ciao a tutti!
E' la prima Fan-Fiction a capitoli che pubblico e sono un po' nervosa perchè ho paura che la storia non prenda, ma ho deciso di buttarmi. Allora, questo "capitolo" lo definirei più un prologo. C'è una piccola Alison e un piccolo Luke che si conoscono, e da subito non vanno d'accordo: Alison è un po' una saputella, mentre Luke tende ad essere impulsivo.
Non so quanto vi interessi, ma nella mia mente Alison ha l'aspetto di Minx, la bambina della serie tv The Whispers, mentre Luke ha un volto un po' indefinito (ma è comunque un bimbo molto carino); e questa cosa dell'altalena è una parte fondamentale nella storia, quindi tornerà fuori molte altre volte.
Sinceramente non so che altro dire, tranne che questo capitolo è l'inizio della Prima Parte della storia che ho in mente, infatti i due saranno bambini ancora per un po'; mentre con la Seconda Parte avranno più o meno l'età di Hemmings ora. I capitoli tenderanno ad essere piuttosto brevi, quindi se più di qualcuno sarà interessato alla storia potrei postare anche più volte alla settimana.
Insomma, spero che questa intro vi sia piaciuta, fatemi sapere cosa ne pensate e se vi invoglia.

Grazie dell'attenzione, alla prossima!

-Sve

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Capitolo 2
*** MAGGIO 1993 ***


Sua madre continua a correre in giro per il salotto sistemando ogni scaffale e mobile di quella stanza. Ha invitato qualche amico a casa, e vuole che tutto sia perfetto.
-Perché devo mettere questa?- sbuffa Alison tirandosi il colletto della camicetta. Le dà fastidio, e le pizzica.
-Perché devi essere elegante.- risponde la madre, e poi si raddrizza di colpo quando sente suonare alla porta.
-Comportati bene.- mima con le labbra prima di far entrare gli ospiti. Rivolge un grande sorriso ad ognuno di loro, mentre Alison sbuffa una volta di più: detesta quando sua madre organizza queste cose.
-Lui è Luke.- sente dire una donna a sua madre, mentre tiene le mani sulle spalle di un ragazzino biondo, poco più grande di lei. La signora Hemmings è molto amica di sua madre e quando nota la bimba, le sorride. Alison d’altra parte riconosce subito il figlio, è il bambino che le ha sporcato il cappotto nuovo al parco giochi, e per colpa sua poi sua madre l’ha messa in punizione per due settimane. La madre di questi è venuta spesso in casa loro, poiché abita al piano di sopra, e questo fa sussultare Alison, quando si rende conto che quel ragazzino fastidioso vive esattamente sopra la sua stanza da letto.
Ad un tratto lui la nota, e le rivolge un’occhiata eloquente.
-Vado a giocare con la bambina.- dice al padre, e poi si avvicina ad Alison. Quando è accanto a lei le dà un pizzicotto sul braccio scoperto.
-Ahi.- grida lei –Perché l’hai fatto?!-
-Mi andava.- risponde Luke, e poi con voce annoiata le chiede se possono andarsene da quella gabbia di matti.
-Tu sarai matto!- esclama Alison, ma lo asseconda lo stesso. Escono insieme di casa e raggiungono il parchetto in fondo alla strada. Luke continua a scalciare un sassolino, sempre lo stesso, e intanto fischietta una canzoncina che ad Alison sembra di riconoscere.
-Ehi! Questa è la mia canzone!- strilla quando si rende conto che Luke sta cantando la filastrocca che cantava lei sull’altalena il giorno del loro primo incontro.
-E allora?- chiede lui. La bambina lascia perdere, e corre a sedersi sulla sua altalena. Si dà una spinta con i piedi e inizia a dondolare sempre più in alto, mentre lui se ne sta in piedi a guardarla con aria di superiorità.
-Certo che sei proprio una bambina.- la provoca, ma lei non ci fa caso, e invece gli chiede: “Come mai il bambino dell’altra volta ti ha chiamato L? La L è una lettera e basta, non un nome.”
-Lo so, stupida.- dice Luke sprezzante, e lei gli rivolge un’occhiataccia offesa da quell’insulto.
-E’ perché mi chiamo Luke, e la L è un diminutivo.- spiega. La bambina annuisce e poi in silenzio torna a dondolarsi.
-L mi piace, d’ora in poi ti chiamerò così.-
-No.- sbotta lui –Solo i miei amici mi chiamano in questo modo, e tu non sei mia amica.-
La ragazzina storce il naso –Io ti chiamo come mi pare e piace.- ribatte.
-Ti conviene non farlo, stupida.- la minaccia, e poi riprende -Perché vieni sempre qua? Questo posto è così noioso.- Luke si guarda attorno con sguardo annoiato.
-Mi piacciono le altalene.-
-Non da tanto, però. Non ti avevo mai vista qui.- rimarca lui, allora lei gli spiega che si è trasferita l’estate prima, dopo che i suoi hanno divorziato.
-Perché hanno divorziato?- chiede il ragazzino.
-Cosa vuoi che ne sappia, io.- conclude la bambina, poi scende dall’altalena. –Torniamo dentro, dài.-
Luke acconsente e la precede sulla via di casa, e mentre cammina starnutisce rumorosamente, senza curarsi della bambina che lo segue.
-Che schifo.- puntualizza lei.
-Smettila di dire sempre “che schifo”.- la ammonisce Luke, mentre lei dietro scuote la testa convinta. Non può semplicemente smetterla, finché c’è sempre qualcosa che le fa schifo.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti e bentornati (se qualcuno è tornato)!
Ho postato molto in fretta, anche se praticamente nessuno mi ha fatto sapere se la storia è piaciuta... ma non importa! Si inizia sempre dal basso, e dato che ci tengo a questo racconto ho deciso di continuare a postare ugualmente!
Anche questo capitolo è stato breve, e senza grandi colpi di scena, perchè sto ancora tastando il terreno, e cercando di capire se è una storia carina o da buttare direttamente nella pattumiera. Ad ogni modo, non so se si sia capito, ma Alison è una bambina mooolto saccente, e Luke un po' menefreghista, e anche se le due personalità non combaciano molto tra loro, i due sembrano cercare la compagnia dell'altro.
So che rompo, ma di nuovo, se a qualcuno piacesse anche solo poco poco, non abbia paura di scrivere, anche perchè mi farebbe estremamente contenta sapere che a qualcuno interessa; e in più vorrei sapere se le visite alla storia sono state perchè qualcuno ha letto il capitolo e non perchè c'è finito per sbaglio!
Grazie mille mille se mi "avete letta", e se vi va di seguirmi in questa folle avventura, ci vediamo al prossimo capitolo! (Se qualche anima buona mi degna di un suo parere potrei aggiornare di nuovo anche in questa stessa settimana).
Un bacio in fronte a chiunque abbia letto!

-Sve


 

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Capitolo 3
*** ESTATE 1993 ***


Nota: Siccome mi sono resa conto che i capitoli sono davvero tanto corti,
ho deciso di mantenere la divisione in mesi poichè si tratta di momenti,
ma di raggrupparli in "stagioni".
Forse non saranno ancora abbastanza lunghi,
ma postando spesso spero che questo non sia un problema.

 
                                                                                                                 GIUGNO 1993
Alison è seduta sul suo letto a gambe incrociate, ricoperta dai numerosi involucri delle caramelle che sta mangiando. Sono tutte caramelle mou, le sue preferite. Sua madre gliele ha regalate perché è il cinque giugno, il suo compleanno. Ne ha mangiate a dozzine, ma le piacciono tanto, così ne afferra un’altra ancora. Toglie la carta colorata dalla caramella, l’arrotola e la getta per terra. Poi afferra il dolcetto con le dita e lo morde. Le cola tutta la crema mou addosso, e lei si pulisce con le mani.
-‘Che stai facendo, idiota?- chiede una voce dietro di lei.
Alison si volta di scatto colta in flagrante, e nasconde subito la caramella dietro la schiena.
-Luke!- esclama scocciata. Quest’ultimo le si avvicina e si siede sul letto accanto a lei.
-A cosa sono?- chiede riferendosi alle caramelle.
-Mou.- risponde Alison. Per un po’ resta in silenzio a guardarlo mangiare una caramella sfuggita dal sacchetto di carta che le contiene.
-Quasi mi dimenticavo.- dice lui ad un tratto, con la bocca impastata dal caramello, -Auguri idiota.-
-Sei sempre così carino.- dice lei storcendo la bocca. Lui finge di offendersi e le lancia addosso una carta di una caramella mangiata.
-Che schifo.- sbuffa Alison dopo che il caramello sulla cartaccia le è colato sul braccio.
-Cosa fai oggi?- domanda Luke, fregandosene della sua reazione.
-Niente, come sempre.-
-Ma è il tuo compleanno!- esclama lui con tono ovvio.
-Lo so, scemo, ma domani mi viene a prendere mio papà e mi porta da lui in Massachusetts per una settimana.-
-Meglio così.- dice Luke –Almeno per un po’ non sono costretto a vedere la tua faccia.-
-Vale lo stesso per me.- ribatte Alison, e poi stanno di nuovo in silenzio. Dalla mattina del pranzo hanno iniziato a vedersi quasi ogni giorno. Alle volte lui entra in camera sua dalla finestra che dà sulle scale anti-incendio, e altre volte invece lo fa lei. Nessuno dei due ha veramente voglia di passare del tempo con l’altro, ma entrambi non sono bravi a fare amicizia e così si accontentano della compagnia reciproca. Ogni giorno non fanno che litigare, lui le ripete quanto sia noiosa e lei gli dice che fa schifo.
-Tanto non mi importa di quello che pensi tu.- le ha detto Luke un giorno, ma cinque minuti dopo già si parlavano di nuovo.
-Ti ho portato questo.- dice lui ad un certo punto, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni un trifoglio malconcio –E’ il tuo regalo di compleanno.-
Alison storce il naso –Che schifo.- mugola –E’ sporco di terra, e poi cosa me ne faccio di un trifoglio? Nemmeno porta fortuna.-
-Lo so che non porta fortuna, stupida. Ma mia madre ha detto che dovevo farti un regalo di compleanno e non mi andava mica di spendere i miei soldi della paghetta per te. E poi a me cosa me ne frega di quello che ci fai, puoi farne quello che ti pare. Io intanto la mia parte l’ho fatta.-
-Sei proprio un cafone.- Alison storce il naso –E comunque ora te ne puoi anche andare, perché devo iniziare a preparare i miei bagagli per il mio viaggio.- La bambina inizia a spintonare Luke per fare in modo che si alzi dal suo letto, e una volta raggiunto il suo scopo lui si stiracchia sbadigliando.
-Tanto me ne stavo andando comunque, sei talmente noiosa.-
-Bene allora non venirci nemmeno più, qui. A me non me ne frega niente.- ribatte Alison acida. Lui le fa un gestaccio e poi quando è già sul cornicione della finestra, prima di uscire si volta.
-Allora addio seccatura.-
Quando finalmente se ne è andato Alison si risiede sul letto sbuffando. Prende tra le dita il trifoglio stropicciato di Luke e mormora per la centesima volta un che schifo. Ma mentre si rigira tra le dita quel fiorellino, sorride appena.
 

                                                                                                           LUGLIO 1993
-E poi mi ha comprato lo zucchero filato!- esclama Alison tutta contenta. Sta raccontando a Luke le sue vacanze con il padre. Quest’ultimo le ha comperato ogni sorta di delizia nella speranza che lei si divertisse, e il suo metodo sembra aver funzionato.
-E tu cosa hai fatto? Sei andato in vacanza pure te?- domanda la biondina ingenuamente.
-No.- sbotta lui.
-E’ impossibile! Qualcosa devi pure aver fatto.-
-Ti ho detto che non ho fatto niente.- rimarca lui. Alison sbuffa, poi si china per afferrare un grosso gatto bianco con delle macchie grigie e depositarlo sul divano accanto a sé.
-Hai visto cos’altro mi ha regalato il mio papà?!- domanda a Luke tutta orgogliosa.
-Non sono mica cieco!- fa lui –L’ho visto che è un gatto.-
Quel micio è un altro regalo del padre. Le aveva raccontato che una sera, tornando a casa, l’aveva trovato tra i bidoni della spazzatura, così l’aveva preso, lavato e dopo avergli legato un fiocco rosa al collo (colore preferito da Alison), l’aveva regalato alla figlia.
-L’ho chiamato Gatto.- dice lei ad un certo punto, gonfiandosi di orgoglio.
-E questo è solo uno dei tanti motivi che provano quanto tu sia stupida.- ribatte Luke. Alison gli molla una sberla sul braccio.
-Sei proprio un cretino,- dice –l’ho chiamato Gatto come Holly ha fatto col suo.- Holly era la protagonista di Colazione da Tiffany, film che Alison aveva guardato e riguardato decine di volte.
-E con questo? Non è certo un buon motivo per dare un nome così idiota ad un gatto.-
Alison sbuffa ancora, sbuffa e sbuffa. Sbuffa per ogni minima cosa, perché tutto le dà noia. Si alza in piedi tenendo il suo gatto tra le braccia.
-Sei proprio uno scemo, non c’è da stupirsi se non hai amici.- nota sprezzante –Almeno io quando ricomincerà la scuola avrò tutte le mie amiche. Tu invece sei così noioso! Non ti vuole nemmeno tua madre.-
A quel punto Luke si alza in piedi: “Rimangiati subito quello che hai detto!” esclama rabbioso.
-Perché dovrei?! Ho detto solo la verità. Ho sentito la tua mamma che raccontava alla mia di quanto tu fossi una seccatura, e aveva ben ragione!- Alison non fa in tempo a terminare la frase che si ritrova gambe all’aria. Il suo gatto emette un verso raccapricciante e corre via indispettito. Luke le ha dato uno spintone, e cadendo la bambina ha sbattuto la schiena sul bracciolo della poltrona.
-Sei impazzito?!- strilla tra le lacrime –Non si picchiano le donne, schifoso.-
-Tu sei una schifosa!- ribatte lui in preda alla collera. E’ in piedi, le braccia lungo il corpo e i pugni serrati. La sta guardando senza provare un briciolo di pietà, lei che è ancora stesa a terra.
-Vattene via, non voglio vederti mai più!- Alison grida mentre prova a rimettersi in piedi, ma la schiena le fa davvero molto male. Luke non ribatte, si allontana solamente, ma i suoi occhi non tradiscono alcuna esitazione. Quando esce da casa sua, sbatte la porta rumorosamente, lasciando la bambina a piangere lì per terra. E’ ancora in preda alle lacrime quando sente qualcosa di peloso che le carezza il braccio.
-Per fortuna che ci sei tu, Gatto.- mormora prendendo tra le braccia quella palla di pelo.
-L fa proprio schifo. Se ne può pure andare all’inferno.- il gatto miagola, e Alison lo prende come un segno di consenso.
 
 
                                                                                                                AGOSTO 1993
Il mese dopo già si parlano di nuovo. Quel giorno hanno deciso di andare al mare tutti insieme. La mamma di Alison e la mamma di Luke vanno molto d’accordo ultimamente, e quindi decidono di passare una giornata con i figli. Vanno fino a Long Island Sound e il viaggio in auto è molto lungo. Le due madri sono sedute davanti, e parlano animatamente di discorsi ignoti ai due bambini, mentre questi ultimi sono seduti nei sedili posteriori. Alison si è portata molte borse, materassini e costumini colorati, per questo i sedili sono un disastro. Luke invece ha solamente un pallone, che continua a far rimbalzare sul soffitto dell’auto.
-Smettila L.- sbotta Alison, non le dà veramente fastidio, ma vuole che Luke stia semplicemente fermo.
-Dovrei smetterla solo perché me lo dici tu? Chi ti credi di essere, mia madre?!- il bimbo biondo continua a giocare con la palla, e questa volta la sbatte più forte solo per infastidire Alison.
-Ti ho detto di smetterla.- strilla lei, lanciandogli un borsone addosso. Luke si arrabbia e cambia traiettoria del pallone, cosi che finisca addosso ad Alison. Lei caccia un urlo e si mette a piangere, ma le madri non ci fanno caso e continuano a parlottare tra loro, alzando solamente il volume della musica alla radio.
-Ora smettila tu di piangere, stupida.- ribatte Luke, che invece è davvero infastidito dal pianto della bambina.
-No!- urla lei, e il viaggio prosegue così, con Luke che colpisce il soffitto dell’auto col pallone, e Alison che piange più forte.
 
Più tardi, sono ancora sulla spiaggia, anche se è ormai il tramonto. Il sole è basso ed ha un bel colore, pensa Alison. Vorrebbe avere delle scarpette della stessa tonalità, così somiglierebbe ad una principessa. Luke pensa che lei sia troppo infantile, e che viva sempre nel mondo delle favole.
-Vieni a buttarti, idiota.- grida alla ragazzina. Sono tutti e due su un alto scoglio. Le madri stanno sonnecchiando distese sui loro asciugamani, e loro hanno deciso di fare un ultimo bagno. Alison continua ad insistere di scendere dove c’è la sabbia, mentre Luke vuole gettarsi dallo scoglio, che è davvero alto.
-Buttati prima tu, allora.- ribatte Alison, poiché continua a sostenere che quello che non è in grado di farlo sia Luke, non lei.
-Si, e poi come faccio a spingerti se sono già in acqua?- chiede lui.
-Non ce ne sarebbe bisogno, perché mi butterei da sola.- La bambina guarda in basso. L’acqua è piuttosto alta, non si farebbe male, ma è il tragitto tra lo scoglio e l’acqua che la frega. Ha paura di rimanere sospesa nell’aria, tanto che le vengono i brividi.
-L…- mormora, mentre lui mugugna in senso di risposta –Non so più se voglio farlo.-
-Tanto già lo sapevo che non ne eri in grado.- ribatte lui. Lei sbuffa, non vuole dargliela vinta, ma davvero non ce la farebbe.
-Ragazzi non fate più il bagno, stiamo andando.- la madre di Luke rompe il silenzio, e suo figlio si volta di scatto nella sua direzione.
-E’ tutta colpa tua, se ci buttavamo subito, adesso potevamo fare il bagno.- la rimprovera Luke, e non fa in tempo a prendere un respiro che Alison lo spinge giù dallo scoglio. Lui urla colto di sorpresa prima di finire sott’acqua con un tonfo.
-Alison!- grida la madre della bambina –‘Che hai fatto?! Ho detto che stavamo andando!-
La ragazzina si volta un attimo, poi torna a fissare per un secondo l’acqua sotto di lei. Di sicuro è fredda, sarà ghiacciata, già le vengono i brividi. Inspira profondamente, si tappa il naso, e salta.
Appena rompe il bordo dell’acqua si sente sollevata. I capelli le diventano leggeri, e il suo corpo è scosso da tanti piccoli brividi. Per un momento il mondo si ferma, è tutto buio e non le sembra nemmeno di essere immersa nell’acqua. C’è un silenzio pesante, e un attimo dopo è di nuovo in superficie. Sputa un po’ d’acqua che ha bevuto, e annaspa in cerca di aria. Sente sua madre strillare su in cima, e Luke ridere come mai prima di allora aveva fatto.
Mezz’ora dopo, quando si è asciugata e sua madre l’ha riempita di sculacciate, è seduta in auto guardando fuori dal finestrino. Luke sta di nuovo giocando col pallone, e prima che la macchina parta, lei è ancora in grado di scorgere il promontorio dal quale si è gettata. E anche quando l’auto ha scaldato il motore e si sta allontanando, nella sua testa lei è ancora là sullo scoglio. E’ ancora là che si butta, all’infinito. 
 

Angolo autrice:

Ciao a tutti nuovamente!
Non ho molto da dire: come al solito spero che vi sia piaciuto e che mi lasciate un vostro parere. Fatemi sapere anche se la nuova divisone vi piace di più o preferivate com'era prima, e se c'è qualche errore, perchè non ho riletto.
Se devo essere sincera vado molto fiera del "capitolo" sull'agosto 1993, quindi spero veramente che sia stato di vostro gradimento. Niente, non ho altro da dire se non che molto probabilmente posterò di nuovo venerdì con "autunno 1993".

E' tutto!
Un bacio in fronte ad ognuno di voi!
-Sve

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Capitolo 4
*** AUTUNNO 1993 ***


                                                                                                      SETTEMBRE 1993
-Ti ho detto che quando siamo a scuola, io e te non ci conosciamo.- puntualizza Luke con voce scocciata. La scuola è ricominciata da un paio di giorni, e Alison qualche volta l’ha cercato in giro per i corridoi, chiedendo ai suoi amici dove fosse L. Ora lui sostiene che questi lo prendano in giro perché è amico di una bambina e non vuole più che lei gli parli.
-Ma ‘che fastidio ti dà?- sbotta lei –Mica dico che siamo amici, volevo solo chiederti se tornavamo a casa insieme.-
-E queste sono cose che fanno due amici.-
-Ma io e te non siamo amici, quindi non c’entra.- Alison inizia ad infastidirsi. Odia Luke, lo odia con tutta se stessa, dalla mattina alla sera, ma le piace passare del tempo con lui. E questo non implica mica il fatto che debbano essere amici.
-Certo che tu non capisci niente, eh.- dice Luke in modo saccente.
-Okay allora lascia perdere,- acconsente Alison –se non ti vedo sto meglio, quindi non ci perdo niente.-
-Perfetto.- conclude lui. Si scambiano un ultimo sguardo pieno di disgusto e poi ognuno se ne va per la sua strada. Mentre Luke si allontana, però, pensa che magari poteva essere meno duro con quella bambina, che in fondo è sola quanto lui. E’ che proprio non la tollera, è più forte di lui.
 
-Certo che i maschi fanno proprio schifo.- sostiene Alison.
-Perché, Ali?- le domanda Mary, la bambina che le siede accanto durante le lezioni.
-Perché solo perché una bambina vuole tornare a casa con loro, allora devono pensare che sono amici. Lei non vuole mica essere sua amica! Fanno tutti schifo.- ripete Alison impettita. Non le è ancora passata la discussione con Luke.
-Non tutti, Ali.- ribatte Mary. Alison la guarda aggrottando la fronte –E chi è che non fa schifo, allora?- le sembra impossibile che esista un essere di sesso maschile che non faccia schifo.
-Ashton, per esempio.- dice Mary, e un lieve rossore le colora le guance. Alison fa una boccaccia e rotea gli occhi.
-Potrà anche non fare schifo, ma è una pappamolla. E le pappemolle fanno schifo il doppio.- Mary non fa caso a cosa le ha risposto l’amica, e così Alison sbuffa. Non sopporta quando non le danno ragione, e questo è un altro motivo per cui Luke le fa così schifo. Lui deve sempre andare contro a quello che dice.
Al pomeriggio la scuola finisce, e Alison si incammina da sola verso casa.
-Idiota, aspettami.- le grida da dietro Luke. Lei si volta e gli domanda cosa ci faccia lui là.
-L’hai detto tu che tornare a casa insieme non è roba da amici, e noi non siamo amici. Quindi torniamo a casa insieme, stupida.-
Alison storce il naso e per qualche attimo è incerta sul da farsi. Non vuole dargli ragione, ma quella strada deve farla anche lei, quindi non gli resta che assecondarlo.
-E comunque lo stupido sei tu.- lo informa mentre riprende a camminare, e non ne è sicura, ma le sembra che L abbia sorriso.
 
 
                                                                                                     OTTOBRE 1993
Alison sta terminando di sistemarsi il suo abito da principessa, quando sente suonare alla porta. Corre ad aprire, tirando fuori il suo miglior sorriso, ma non c’è alcun bambino sulla soglia di casa, solo Luke.
Alison trattiene il respiro e strabuzza gli occhi –Perché non ti sei ancora vestito?! E’ tardi, ci ruberanno i dolcetti più buoni!- grida fuori di sé.
Luke le dà uno strattone e sbuffa rumorosamente –Non sono mica un bambino, non faccio queste cretinate.-
E’ la notte di Halloween, e Alison ha speso gli ultimi pomeriggi a sistemare il suo costume da principessa. Si è addirittura costruita una corona gialla con la cartapesta. E Luke come sempre le ha rovinato tutti i piani.
-Ma io volevo fare “dolcetto o scherzetto”.- si lamenta, ma a lui pare non importare.
-Ho portato un film!- esclama invece. Tira fuori una videocassetta dicendo che si tratta di un film horror.
-Io non voglio vederlo.- si lagna Alison –Voglio fare “dolcetto o scherzetto”, non posso sprecare il mio vestito per stare seduta sul divano tutta la sera.-
Luke si toglie le scarpe scalciandole lontano, poi si butta sul divano mettendo i piedi sul tavolino da caffè della madre di Alison. –Allora mi spiace molto, ma è quello che farai questa sera, visto che tua mamma ti ha affidata a me, che sono più grande.-
-Si, solo di otto mesi.- mormora Alison, e poi sbuffando rumorosamente si siede sul divano accanto a lui. Nell’ultimo periodo non fa altro che ricordarle che è più grande di lei, e con questa scusa pensa di poterle far fare qualsiasi cosa, e lei proprio non lo sopporta.
Luke cerca di sorriderle, e lei gli mette il broncio. Il resto della serata lo trascorrono guardando quel film dell’orrore. Luke guarda fisso il video, mentre Alison mette la testa sotto la coperta ogni due scene.
Il film non le piace, la terrorizza, e nella sua mente continua a ripetere “ti odio, ti odio, ti odio”. Alle volte, proprio vorrebbe ucciderlo come fa uno degli assassini in quel film, pensa.
 
 
                                                                                             NOVEMBRE 1993
Quella notte Alison non riesce a dormire. Continua a rivivere quel film che è stata costretta a vedere. Si è tirata le coperte fin sotto il mento, ma continua a tremare di paura. Probabilmente è notte fonda, quando decide che non ce la fa più. Ha l’impressione che ci sia qualcosa sotto il suo letto, che le prenderà il piede.
Si tira su a sedere di scatto e accende la luce sul comodino. Nella sua stanza è tutto immobile, l’armadio di legno è chiuso, la sua scrivania è in ordine, sulla sedia in fondo al letto i vestiti sono piegati con cura. D’un tratto scorge un’ombra fugace sulla sua porta, e sobbalza impaurita, ma è solo Gatto.
-Mi hai fatta morire di paura.- mormora.
Alison scosta piano la coperta e posa i piedi a terra, fa tutto con estrema calma e lentezza perché ha paura di attirare l’attenzione di qualche creatura in agguato. Infila le pantofole rosa scuro, che hanno un fiocco bianco sulla punta. Gliele ha regalate sua zia per il Natale di due anni prima. Ora le stanno piuttosto strette, ma le piacciono e non vuole saperne di buttarle. Con passo felpato si avvicina al gatto e lo prende in braccio, mentre quest’ultimo miagola in segno di disappunto.
La ragazzina apre con cautela la finestra e esce sulle scale anti-incendio. Forse saranno le tre di notte, e se sua mamma vedesse cosa sta facendo si arrabbierebbe a morte. Alison sale le scale silenziosamente, sperando di non fare alcun rumore, mentre il suo micio continua a fare versi impauriti. Quando arriva al piano di sopra lo posa a terra, e lui senza aspettare un secondo di più corre via, lasciando la bimba da sola. Ali dà qualche colpetto alla finestra, ma nessuno risponde. Fa freddo all’aria aperta, e d’un tratto il pigiama di cotone le sembra davvero leggero. Apre da sola la finestra, che fortunatamente non è chiusa bene, e la scavalca. Infila una gamba e poi l’altra, e anche se l’ha già fatto molte volte, rimane sempre complicato.
Luke sta dormendo inconsapevole che lei sia lì, e Alison gli si avvicina silenziosamente. Lo scuote appena, mormorando il suo nome.
-Luke.- sussurra, e come risposta riceve solo un grugnito.
-Luke,- dice alzando la voce –non riesco a dormire…- Lui sobbalza colto alla sprovvista e le rivolge un’occhiata spaesata.
-Luke, non riesco a dormire.- ripete Alison. Luke la guarda per qualche attimo senza dire niente, e poi prorompe in un “tu sei pazza”. La bambina si fissa le punte dei piedi, adesso le sembrano davvero infantili quelle pantofole, e probabilmente ora Luke la prenderà in giro, e le dirà di filarsene a letto, e lei avrà una paura folle di tornare nella sua stanza tutta sola. Si aspetta esattamente questo da lui, non certo che Luke si scosti di lato e la faccia stendere sul letto accanto a lui.
Per un po’ Alison rimane incerta sul da farsi, ma con Luke l’aspetto positivo è che l’indomani fingeranno entrambi che tutto ciò non sia mai successo. Si sfila le pantofole e poi si distende tirandosi su la trapunta.
-Adesso però stai zitta e dormi.- la ammonisce Luke voltandosi dall’altra parte. Per qualche minuto Alison tiene gli occhi aperti a fissare il soffitto scuro a pancia in su, pensando allo strano atto di gentilezza da parte del suo compagno, e poi quando probabilmente lui sta per cadere nel mondo dei sogni interviene.
-Luke…- mormora, e lui grugnisce di nuovo per farle capire che la sta ascoltando –Grazie.- termina prima di abbandonarsi ad un sonno pesante.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Sono tornata presto questa volta, perchè ho pensato "chissene importa di creare la suspense, finchè ho capitoli già pronti, posso postare anche tutti i giorni". E' per questo che ho deciso che posterò nuovamente anche domani, perchè mi va, e sopratutto perchè il prossimo capitolo sull'inverno è davvero molto carino. Ora, di nuovo questi "capitoli" non sono affatto lunghi, e mi dispiace un sacco, ma la storia che volevo scrivere era pensata come momenti raccontati della vita di questi due, che di fondo hanno un filo conduttore, quindi scusatemi davvero se la lunghezza vi dà fastidio :(

Piccola precisazione: nel caso non si sia capito, il capitolo di novembre è ambientato la stessa notte di Halloween, qualche ora dopo quello di ottobre.

Non ho altro da dire se non che la ragazza che mi ha recensito lo scorso capitolo (perdonami, non mi ricordo come ti chiami...) è stata carinissima, e vorrei ringraziarla ancora.

Un bacio su ogni guancia a tutti.

-Sve

 

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Capitolo 5
*** INVERNO 1993 ***


                                                           Nota: Avevo aggiornato alle sei di questo pomeriggio, ma poco fa quando sono entrata in EFP ho visto che il capitolo non si era postato, presumo che fosse scaduto il modulo, quindi mi scuso per il ritardo. Buona lettura!                                               DICEMBRE 1993
Luke è seduto sotto il suo albero di Natale addobbato da decine di palline colorate. E’ ancora in pigiama e sbadiglia assonnato quando suo padre gli si accovaccia accanto. Lui e sua madre la sera prima hanno litigato di nuovo, come fanno ormai da molto tempo. Luke non ha ancora ben capito quali siano i motivi, ma sostiene che non gli interessino. Nell’ultimo periodo ha passato quasi tutte le sue giornate in compagnia di Alison, nella sua stanza, pur di evitare quelle discussioni. Crede che i suoi genitori non abbiano ancora divorziato solo per lui, e che se non ci fosse si sarebbero lasciati già da tempo.
-Hai già scartato qualcosa?- gli domanda suo padre, e lui scuote la testa. Nella sua mente aveva la convinzione che almeno per Natale i suoi avrebbero messo da parte i litigi, ma invece sua madre quella mattina è uscita presto, con la scusa di andare a prendere il pranzo di Natale, solo per stare lontana da casa per qualche ora.
-Almeno hai fatto colazione?- chiede ancora il padre, e Luke scuote di nuovo la testa.
-Non ho fame.- dichiara, e poi afferra un pacchetto di piccole dimensioni da sotto l’albero.
-Quello non è per te, è per tua madre.- dice suo padre, e poi gli toglie dalle mani il regalo sostituendolo con un altro. –Questo è per te.- lo informa.
Luke scuote la scatola per sentire cosa c’è dentro, poi strappa la carta colorata e apre il regalo. E’ un astuccio di stoffa blu con alcune penne e matite al suo interno.
-Grazie.- mormora, e poi si alza in piedi dirigendosi verso la sua stanza.
-Luke.- lo richiama il padre –Qui ci sono altri regali col tuo nome sopra.- dice indicando una grossa pila di pacchetti.
-Lo so.- risponde Luke senza girarsi, e tornando nella sua camera da letto.
Si siede sul letto ancora sfatto e apre il cassetto del comodino affianco. Ne tira fuori un pacchetto delle dimensioni di un quadernetto, incartato di azzurro cielo, lo stesso colore che aveva il cappotto di Alison il primo giorno in cui l’ha incontrata, prima che lui glielo sporcasse. Il pacchetto è legato da un nastrino blu, a cui è affisso un bigliettino di carta straccia.
da Ali, dice. La bambina gliel’ha dato il giorno prima che iniziassero le vacanze di Natale.
-L.- gli aveva detto –Questo è il tuo regalo di Natale.- Lui l’aveva guardata storcendo il naso, non avendole fatto alcun regalo.
-Non è perché sei mio amico, eh.- aveva puntualizzato Alison –E’ solo perché l’ho visto in un negozio di dischi e ho pensato a te.-
Luke apre la carta con cura e poi la ripiega ponendola dentro al cassetto. Il pacchetto ricopre una videocassetta di un film dell’orrore. Luke aveva visto la locandina del film qualche settimana prima al cinema del paese, ma Alison non ne aveva voluto sapere di vederlo. Il bambino ridacchia, perché quella videocassetta è l’unica cosa che gli ha risollevato il Natale.
-Luke, la mamma è qui.- grida suo padre dalla cucina, e una volta che Luke lo raggiunge, nota sua madre che gli sorride.
-Dài che si fredda.- dice quest’ultima, e poi si siede accanto a suo padre, e gli stringe la mano. Luke li osserva per un po’ mentre mangiano, parlando come se tutto fosse normale e sorridendosi di sbieco.
Lo sa che lo stanno facendo solo per lui, che sicuramente dopo qualche ora ricominceranno a battibeccare, e che forse non vanno veramente più d’accordo, ma a lui sta bene così.


                                                                                                           GENNAIO 1994
-C’è lo zucchero filato!- strilla Alison, e Luke rotea gli occhi annoiato.
-Perché ogni volta che vedi lo zucchero filato impazzisci in questa maniera?!- domanda, e la bambina gli scocca un’occhiataccia. Sono ad una fiera di paese, e Alison sta letteralmente impazzendo per ogni singola bancarella. Ha già comprato un paio di bracciali di perle, pagati con i soldi che ha ricevuto per Natale, mentre Luke è rimasto in disparte tremendamente annoiato.
-Quelle sono le montagne russe?- domanda Alison cercando di trattenere l’eccitazione nella voce.
-Se stai anche solo pensando per un secondo che salirò con te su quella cosa, allora ti conviene riformulare il tuo pensiero.- dice Luke stroncando qualsiasi possibilità da parte di Alison di fare quella giostra. Lei inizia a supplicarlo alzando la voce. –Ti prego.- si lamenta –Ti prego! Solo un giro.-
Il ragazzino si incammina nella direzione opposta, e quando lei lo rincorre continuando a supplicarlo, la incolpa di essere sempre troppo infantile.
-Lo so che vorresti farlo anche tu, e non lo fai solo perché pensi di essere troppo grande.- lo rimprovera. –Ma io non lo sono,- continua –e quindi ora ci salirò da sola.- Si volta e ritorna verso la biglietteria.
-Un biglietto.- dice secca all’uomo dietro il vetro, e un attimo dopo la voce di Luke esclama un “due” molto infastidito.
-Guarda che non devi mica farlo per me.- lo riprende Alison e lui mormora che non lo fa mica per lei. Salgono insieme su un carretto, uno dei primi, e la biondina è tanto, troppo entusiasta.
-Non vedo l’ora che parta! Che bello! Quando parte?!- Alison continua a muoversi agitata, scuotendo i ricci da una parte all’altra, mentre Luke sbuffa appena in imbarazzo dal comportamento della sua vicina. Dopo qualche minuto, con un colpo improvviso, il carretto inizia a muoversi, e così anche la bambina, in preda alla più genuina contentezza.
-Devi smetterla di fare così.- la rimprovera il biondo –O ci guarderanno tutti.-
Alison si ricompone, e si mette composta sulla sua seggiola, aspettando che quella giostra inizi il suo giro. Il carretto si muove ancora lento, prima di imboccare una discesa, che però non è ancora troppo spaventosa. Luke rivolge il suo sguardo al paesaggio, e per qualche attimo finge che accanto a lui non ci sia seduta una biondina rompi-scatole. Da qualche giorno non fa che pensare ad una ragazzina che ha notato andando dal meccanico con suo padre. Lei era lì all’officina, con un uomo di mezza età che con molte probabilità era il suo genitore. Era mora, con gli occhi scuri, e non l’aveva notato mentre Luke l’aveva guardata. L’uomo le aveva detto qualcosa, che il bambino non era riuscito a sentire data la lontananza, ma lei aveva sorriso. Luke aveva pensato che quando sorrideva era davvero molto carina, così per i giorni successivi non aveva fatto altro che pensare al suo sorriso.
E quindi adesso immagina di averla accanto a sé, immagina loro due che guardano insieme il paesaggio, e immagina il momento in cui scenderanno, e lui le comprerà qualcosa da mangiare e poi magari le terrà la mano.
I suoi pensieri vengono interrotti bruscamente da una folle discesa e dall’urletto fastidioso di Alison. Luke ritorna a guardare il paesaggio ma non è più come prima. La cosa un po’ lo fa arrabbiare perché è colpa di quella bambina che non fa altro che infastidirlo, soprattutto nell’ultimo periodo. Lei si volta di scatto verso di lui, e gli sorride. Luke rimane spaesato, perché quella è la prima vera volta in cui lei sorride. La prima cosa che il ragazzino nota è la grande differenza tra il sorriso della bionda, in confronto a quello della mora. La ragazzina dal meccanico aveva un sorriso perfetto, di quelli che ti inteneriscono e vorresti rimanere fermo a guardarli. Quello di Alison invece è completamente differente. E’ un po’ sdentato, perché ha perso il dodicesimo dente da latte proprio l’altro ieri. E’ pieno di gioia, di vita, le è uscito dal cuore, e l’ha fatto solo ed unicamente per lui, e non appena quel sorriso lo investe, Luke si sente diverso, sopraffatto da quella spontaneità.
Quel sorriso dura un attimo di secondo, e subito dopo il loro vagone scende in picchiata, e lo stomaco di Luke si blocca, e gli sembra che il suo cuore sia ancora librato nell’aria, mentre il suo corpo scende sempre di più.
E Alison urla ancora, e gli strilla che vuole fare un altro giro, che le piace stra troppissimo. E forse è in quel momento che in Luke nasce la consapevolezza che un giorno, quella biondina che gli sta gridando nell’orecchio, e che l’indomani lo prenderà a pugni perché lui le avrà detto per la centesima volta che è noiosa da morire, gli ruberà il cuore.
 

                                                                                                               FEBBRAIO 1994
Per il suo compleanno Luke ha deciso di andare al cinema. Così chiama Ashton, Calum e Michael, i suoi migliori amici, e alle cinque in punto sono tutti e quattro davanti al teatro di paese.
-Ciao.- dice Luke. Il fatto che sia il suo compleanno non lo fa proprio impazzire. Per lui è un giorno come tutti gli altri. Sua madre e suo padre lavorano fino a tardi, e lui è stato tutto il giorno solo. Alison è partita per il week-end: suo padre l’ha portata a sciare e lei non l’ha nemmeno salutato. Qualche giorno prima avevano litigato, ma a Luke più di tanto non interessa. Fa sempre così quella bambina, trova sempre il modo per essere antipatica e alla fine la colpa è sempre sua. Così sorride ai suoi amici ed entrano dal portone. Comprano quattro biglietti per un film d’azione uscito da poco, e poi prendono un bicchiere di pop-corn a testa.
Una volta seduti, il film inizia, e Luke si perde completamente nei suoi pensieri. La sera prima ha sentito di nuovo i suoi genitori urlarsi addosso, obbligandosi l’un l’altro a passare la giornata con Luke. Lui ha fatto finta di non sentire, e come al solito ha dovuto mettere la musica ad alto volume nello stereo, in modo da coprire le urla dei suoi. Cerca di abituarsi alla situazione, ma ogni volta che sembra si sia formato un equilibrio, uno dei due fa qualcosa di sbagliato. E iniziano nuovamente a gridarsi addosso.
E’ talmente preso dai suoi pensieri che quando si riscuote il film è a metà e lui non ha capito niente della storia.
-Ehi Cal, perché sta facendo così?- domanda all’amico, riferendosi ad un’azione fatta dal protagonista.
-Ma come? Non hai sentito cosa ha detto prima?!- chiede Calum aggrottando la fronte, e Luke lascia perdere, annuendo e scusandosi, mentre si infossa ancora di più nella poltrona rossa del cinema e cerca di capirci qualcosa del film.
L’ora seguente, i suoi amici sono tutti entusiasti e non fanno che parlare di ciò che hanno visto, mentre Luke è ancora più triste di prima.
-Che c’è, Luke?- gli domanda Michael all’improvviso. Il ragazzino scuote la testa e dice che è tutto a posto, mentre con un sorriso saluta gli amici che prendono strade diverse per tornare a casa. Adesso è solo, in mezzo alla piazza. Non c’è nessuno quel fine settimana, i negozi sono chiusi e c’è un silenzio innaturale. Così Luke si incammina verso casa, guardandosi i piedi a testa bassa. Ogni tanto pesta qualche mozzicone di sigaretta gettato a terra, e poi prende a calciare un sassolino. Lo fa spesso, e in poco tempo la sua diventa un’ossessione. Lo riesce a calciare fino a casa, ma all’ultimo momento cambia strada. Non vuole tornare a casa, dove la calma di quell’appartamento lo farà intristire di più, e non può nemmeno andare da Alison, perché quella piccola rompiscatole non c’è. Così si volta e a passi lenti raggiunge il parco giochi dietro casa.
E’ da un po’ che non ci torna, perché si continua a ripetere che ormai è grande, e non fa più quelle cose. Ma non appena scorge l’altalena immobile, tutte le sue promesse vanno in fumo e in un attimo dimentica che quello è il suo ultimo anno di scuola elementare e che tra pochi mesi inizierà le medie.
Si mette a correre sulla ghiaia, e nuvole di polvere si alzano dai punti in cui posa i piedi. Quell’inverno non ha piovuto molto, e non ha nemmeno fatto molto freddo. Raggiunge l’altalena col sedile in legno e si siede. Non si dondola subito, sta solo fermo per un po’. Si guarda attorno: non c’è nessuno, il prato attorno è immobile, sulla strada opposta non corre alcuna auto, e il cielo sopra di lui è limpido. Per un attimo si domanda se nel mondo non ci sia nessun altro che lui. Senza volerlo sorride, perché quella situazione non lo intimorisce per niente, gli fa solamente sperare che i suoi pensieri siano veri, così non avrebbe più nulla di cui preoccuparsi.
Spinge i piedi sul selciato e l’altalena si alza. Alison ha sempre amato quella giostra. Gli ha detto che a tutti piace l’altalena, che quando arriva in alto vorrebbe mettersi a ridere perché è tutto più bello, che le sembra di volare, e che gli adulti vorrebbero poterlo fare anche loro ma si autoconvincono che non posso farlo perché è sbagliato.
Un giorno erano tutti e due seduti su quei sedili di legno scuro e Alison l’avevo guardato con sguardo serio. “Sai qual è la verità?” gli aveva detto. Luke aveva scosso la testa e già sospettava che l’amica avrebbe detto qualche scemenza com’era solita fare. “La verità è che il mondo sarebbe migliore se tutti quanti almeno una volta al giorno andassero su un’altalena. Di sicuro sorriderebbero un po’ di più.”
“Smettila di dire cretinate” le aveva detto Luke “I grandi hanno di meglio a cui pensare, che salire sulle altalene.”
Però adesso la sua altalena fa su e giù, e nel momento in cui arriva in alto, Luke sente pure lui che potrebbe mettersi a ridere, e la cosa avrebbe comunque un senso. E così lo fa. Alza i piedi in alto e butta la testa all’indietro, mentre i ciuffi biondi gli solleticano il viso, e ride. Ride di gusto, con la bocca aperta e gli occhi chiusi. Perché è bellissimo, e vorrebbe che tutti ridessero con lui, su quelle altalene che ti portano in alto e ti fanno volare.
E forse è vero, alle volte alla gente basterebbe un’altalena per sorridere.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!

Stiamo finalmente entrando nel vivo della storia, e nel "dicembre 1993" c'è il primo richiamo al titolo, "da Ali" ovvero "from Ali", che tornerà fuori altre volte. Non ho molto da dire, se devo essere sincera. Ho accenato agli altri ragazzi dei 5SOS ma non ne parlerò nello specifico, tranne che per uno, ma quella è una sorpresina a cui assisterete più avanti.
Non penso che domani avrò modo di aggiornare, quindi credo tornerò a postare lunedì, ma intanto vi lascio un piccolo pezzettino in anticipo come regalo, perchè vi voglio bene.
Noi invece ci rileggiamo tra qualche giorno, spero vi sia piaciuto il capitolo.
Un bacio sul capo a tutti.

-Sve


"

-Cosa vuoi?- chiede Alison con disgusto, sua madre ora le darebbe una sberla per il suo modo di parlare, perché è maleducata, ma a lei non importa.
(...)
-Lasciami subito o urlo.- dice lei strattonando il braccio, e lui la lascia andare allontanandosi appena.

"

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Capitolo 6
*** PRIMAVERA 1994 ***


                                                                                                             MARZO 1994
Il freddo quell’anno è arrivato all’improvviso. Fino a qualche giorno prima Alison poteva mettere anche solo il cappotto, mentre ora deve aggiungere sciarpa, guanti e cappello, sebbene manchi solo qualche settimana alla primavera.
Luke la sta aspettando all’entrata, perché ha detto che deve comprare una cosa al negozio di dischi del paese, e non vuole andare da solo. Alison ha acconsentito, ma gli ha fatto promettere che le avrebbe comprato qualcosa per ripagarla del favore. Luke ha annuito, ma entrambi sanno che Alison tornerà a casa a mani vuote. Corre in soggiorno e lui è davanti alla porta.
-Avanti, andiamo.- le dice, e poi esce dalla porta d’ingresso. Quando sono in strada Alison corre per raggiungerlo, perché lui cammina a passo svelto.
-Che cosa devi comprare?- domanda la ragazzina col fiatone, quando riesce finalmente a stargli al passo.
-Calum mi ha detto che è uscita la videocassetta del film che abbiamo visto al mio compleanno, e volevo comprarla.-
Alison storce il naso –Io non mi fido di Calum.- dice, e Luke la guarda in modo sprezzante.
-Perché di te invece bisogna fidarsi, vero?-
Luke spinge la porta a vetri del negozio, mentre la campanella all’ingresso tintinna per segnalare la loro entrata.
-Io vado a cercare la videocassetta, torno subito. Tu rimani qua.- ordina Luke, e prima che la ragazzina abbia modo di ribattere è già corso in mezzo agli scaffali alla ricerca di un film. Alison allora si guarda attorno sbuffando. Non le piacciono molto i film, preferisce i fumetti, e lì non c’è niente del genere. Si avvicina ad uno scaffale e afferra una busta di carta con dentro un disco in vinile. Non fa in tempo a leggere chi sia l’autore del disco che sente una voce alle sue spalle.
-Ciao.- dice qualcuno, e lei si volta di scatto sobbalzando appena. Davanti al suo viso c’è un uomo. Ha capelli radi e grigiastri, ma nonostante questo non sembra essere molto anziano. Sorride, e i suoi denti sono marci da tabacco.
-Cosa vuoi?- chiede Alison con disgusto, sua madre ora le darebbe una sberla per il suo modo di parlare, perché è maleducata, ma a lei non importa, e l’uomo davanti a sé un po’ le fa paura.
-Come ti chiami?- chiede lui.
-A te cosa frega?- sbotta la ragazzina, poi si volta e posa il disco che ancora tiene tra le mani sullo scaffale.
L’uomo le afferra un braccio costringendola a girarsi.
-Lasciami subito o urlo.- dice lei strattonando il braccio, e lui la lascia andare allontanandosi appena.
-Volevo solamente darti queste.- l’uomo mette una mano in tasca, e ne tira fuori un pacchetto di gomme da masticare alla fragola. La bambina afferra il pacchetto e lo infila nella tasca del giubbotto.
-Bene, ora vattene.- dice all’uomo, e lui le rivolge un ultimo sorriso prima di uscire dal negozio. Alison lo fissa mentre si allontana, e quando ormai la sua figura non è più visibile, scarta un gomma fucsia e se la mette in bocca.
-Chi era quel tipo?- chiede Luke, che nel frattempo l’ha raggiunta e tiene in mano la videocassetta che cercava.
-Non lo so.- dice Alison, poi si accorge che Luke ha già pagato il film –Andiamo?- domanda.
I due ragazzini escono dal negozio e riprendono la via di casa.
-Se l’hai già visto perché l’hai comprato?- chiede Alison all’amico riferendosi al film, e lui le risponde che al cinema non ha capito una parte, e vuole riguardarlo.
-Cosa stai mangiando?- domanda ad un tratto Luke, e Alison alza le spalle noncurante.
-Delle gomme.- risponde.
-E dove le hai prese?-
-Che ti importa?!- sbotta lei.
-Alison dove hai preso le gomme?- insiste Luke fermandosi in mezzo alla strada.
-Me le ha date il tipo nel negozio.- mormora lei, abbassando la testa senza smettere di masticare la caramella.
-Sputala subito.- ordina Luke.
-No! Sei pazzo?! Guarda che sono buone. Se non dici niente a mia mamma te ne dò una. Ecco, tieni.- sbotta Alison tirando fuori dalla tasca un’altra gomma ricoperta di carta argentata.
Luke la scosta con la mano –Non voglio una gomma, voglio che tu sputi quella che hai in bocca.-
-Io non lo faccio.- si ostina Alison riprendendo a camminare infuriata. Luke è solo invidioso perché un estraneo le ha regalato delle gomme senza chiederle dei soldi, ecco perché.
-Alison, sei tutta scema!- grida il biondo –Non devi mai accettare regali dagli sconosciuti! Sputala.-
La ragazzina si ferma e sbuffa. Luke è proprio arrabbiato, e lei comincia ad avere freddo alla testa, perché quella gomma fresca più il freddo fuori le ha fatto gelare la bocca.
Sputa per terra la gomma in modo sprezzante. –Adesso sei contento?!- sbotta rivolgendosi a Luke, mentre il respiro che le esce dalla bocca si trasforma in una nuvoletta davanti a sé.
Lui annuisce soddisfatto, riprendendo a camminare, con Alison alle calcagna che ancora gli impreca addosso.
-Poteva esserci una bomba, in quel pacchetto.- mormora Luke ad un tratto, mentre Alison rotea gli occhi.
-E poi sono io quella scema.-



                                                                                                                 MAGGIO 1994
Se c’è una cosa che Alison ama più delle altalene, delle caramelle mou o dello zucchero filato, quella è sicuramente la caccia alle lucciole.
La prima volta che l’aveva fatta era stato qualche anno prima, quando suo padre l’aveva portata in gita in montagna, e la sera quando era diventato tutto buio quegli esserini luminosi erano usciti uno ad uno dal bosco. “Sai Ali,” le aveva detto suo padre “si dice che se catturi una lucciola in un barattolo, il mattino dopo al posto di quella troverai dei penny.” La bambina era rimasta estasiata da questa notizia e aveva passato l’intera notte a correre in giro con un barattolo aperto per cercare di acchiapparne una. Alla fine suo padre l’aveva aiutata, e la mattina dopo nel barattolo al posto dell’insetto c’era un dollaro.
“Guarda che quei soldi te li ha messi tuo padre” aveva replicato Luke quando Alison gli aveva raccontato la storia, e la bambina non gli aveva più parlato per due giorni interi.
Quel giorno di fine maggio, però, quando Alison aveva proposto di andare a caccia di lucciole, Luke aveva stranamente acconsentito. Così ora è il tramonto, e Ali, suo padre, e Luke sono seduti su una coperta stesa a terra, in un campo di grano vicino ad uno stagno.
-Secondo me non è ancora stagione.- brontola Luke, che è convinto che sia troppo presto e che le lucciole usciranno solo d’estate.
-In realtà questa sera fa piuttosto caldo,- spiega il padre di Alison –quindi è molto probabile che ce ne saranno abbastanza.- Alison fa una smorfia a Luke, orgogliosa di ciò che suo papà ha appena detto.
Dopo qualche minuto il sole si abbassa ancora un po’, e piano piano il cielo comincia a scurirsi. Luke sbadiglia annoiato, e Alison gli dà un pizzicotto.
-Potevi rimanertene a casa, se stare qua ti dà così fastidio.- sbotta, e Luke si sente un po’ in colpa. Non è che non voglia stare là, è che ogni volta che è con Alison si sente di dover essere scortese perché si è  sempre mostrato in quel modo.
-Scusa.- mormora, e Alison si volta verso di lui.
-Va bene, ti perdono. E’ che ogni volta che facciamo qualcosa di diverso tu devi sempre…-
-Alison stai zitta.- la interrompe Luke.
-Ecco, hai visto?! Perché devi rovinare sempre tutto?!- urla scocciata.
Lui alza gli occhi al cielo –Intendevo che dovevi stare zitta perché avevi una lucciola vicino alla testa, ma ovviamente adesso se n’è andata.-
Alison volta di scatto la testa e spalanca la bocca stupita, mentre i suoi occhi si ingrandiscono dallo stupore. Il campo davanti a loro è completamente illuminato da tanti piccoli puntini.
-Papà, papà!- strilla la ragazzina strattonando il padre per un braccio –Guarda!-
Suo padre sorride e porge ai due ragazzini due vasi della marmellata vuoti.
-Adesso dovete fare attenzione: un passo falso e scappano via.- raccomanda, mentre i due biondi annuiscono. Poi si allontanano a caccia di quegli insetti luminosi. Alison corre in mezzo al campo mentre le spighe di grano le graffiano le braccia. I suoi capelli biondi prima legati in due trecce ai lati della testa, ora sono disordinati e continua a sistemarsi alcuni ciuffi sparsi dietro le orecchie sbuffando. Corre con le braccia all’aria, reggendo quel barattolo di vetro troppo grande per lei, mentre cerca di inseguire uno di quei puntini luminosi. D’un tratto inciampa in un masso e cade rovinosamente a terra. Una striscia di sangue le scende giù per la gamba, mentre sul ginocchio ha qualche sassolino attaccato. In un attimo gli occhi le si riempiono di lacrime e vorrebbe mettersi a piangere, mentre con una mano cerca di pulirsi la ferita.
Sbatte gli occhi due o tre volte, perché non riesce a capire cosa c’è davanti al suo viso, quando ad un certo punto si rende conto che una lucciola si è posata sul suo naso. Alison trattiene il respiro, e quella si allontana appena, sempre continuando a volare davanti a lei. La bambina apre il barattolo di vetro con mani tremanti, mentre con il coperchio in una mano e il vaso nell’altro si avvicina all’insetto.
In un secondo tappa il barattolo mentre l’insetto al suo interno comincia a volare freneticamente cercando una via d’uscita. Alison si alza in piedi trionfante, del tutto dimentica della precedente caduta.
-L’ho presa.- sussurra sorridendo incredula. –L’ho presa!- grida più forte, mentre riprende a correre incontro a suo padre.
-Papà, papà! L’ho presa!- strilla agitata, continuando a scuotere il vaso.
-Brava tesoro.- le risponde suo padre sorridendole, mentre Alison si avvicina a Luke che nel frattempo è tornato pure lui.
-Ah. Ah.-  dice soddisfatta –Scommetto che tu non ne hai presa nemmeno una!- la ragazzina sorride piena di sé, e Luke la guarda storcendo la bocca.
-Già.- risponde –Penso che questa cosa non faccia per me.-
-Io invece l’ho presa! L’ho presa!- Alison inizia a gridare e a saltellare contenta, mentre suo padre riordina la coperta stesa a terra.
-Bene Alison, adesso però è ora di andare.- Luke si alza in piedi e segue l’amica e suo padre fino alla macchina. Alison si siede nei sedili posteriori, mettendo accanto a sé il suo barattolo.
-E’ così carina!- esclama –Non voglio che si trasformi in soldi, vorrei che rimasse con me così. Credo che la chiamerò Lumino. Hai capito L? Lumino perché fa luce.- spiega senza smettere di sorridere.
-Io torno subito.- dice Luke alla bambina –Voi aspettatemi.-
Il biondo inizia a correre sbattendo le scarpe da ginnastica sul terriccio sentendo dietro di sei il riverbero delle chiacchiere della sua amica, fino a che non arriva allo stagno. Si inginocchia a terra e posa accanto a sé un barattolo di vetro, con dentro numerosi puntini luminosi. Svita il tappo e lo leva dal vaso. Immediatamente volano fuori sette lucciole e Luke spalanca la bocca in un ampio sorriso. I piccoli insetti gli volano attorno per qualche secondo prima di allontanarsi verso lo stagno. Luke rimane là seduto per qualche minuto, prima di tornare all’auto. E’ tutto tranquillo, sebbene senta in lontananza i grilli che gracchiano. Quando ha visto quant’era entusiasta Alison, non voleva deluderla, per questo ha deciso di liberare le lucciole e non dirle nulla.
L’auto suona il clacson dalla strada, così Luke si alza in piedi. Sa già che ora Alison andrà avanti per settimane ricordandogli che lei ha preso una lucciola e lui nemmeno una. E sa già pure che lui sarà tentato di dirle la verità solo per cancellarle quel sorrisetto dalla faccia, ma per ora non gli interessa.
Vederla così felice gli è bastato per capire di dover fare la cosa giusta.



                                                                                                     GIUGNO 1994
L’ultimo giorno delle elementari Luke rimane nel cortile della scuola con i suoi amici dopo che le lezioni sono terminate per salutarli. Alison ha deciso di aspettarlo, ma quando dopo un quarto d’ora lui ancora non ha accennato ad andarsene, decide di tornare a casa da sola, perché non ha più voglia di stare lì con tutti gli amici di Luke.
Mette in spalla lo zaino fucsia e si allontana dalla scuola. L’anno dopo farà quella strada sempre da sola, perché Luke non ci sarà più. Anche se non le va di ammetterlo un po’ le dispiace.
-Ciao.- La ragazzina volta di scatto la testa e si ritrova davanti un volto familiare. E’ il signore che aveva visto nel negozio di dischi. Le sorride, e Alison intimorita si allontana.
-Dove stai andando?- le domanda lui.
-Non è affar tuo, stammi lontano.- ribatte lei riprendendo a camminare, ma lui la segue.
-Perché non mi dici il tuo nome? Sei davvero bella.- Alison si guarda attorno: ormai tutti i bambini usciti da scuola se ne sono andati, e le strade sono vuote. Saranno tutti a casa a mangiare, pensa, prima di tornare a fissare l’uomo davanti a lei.
-Devi lasciarmi in pace.- sbotta. L’uomo ridacchia e poi le prende la mano.
-Sei davvero tanto bella.- dice accarezzandole piano i capelli. Alison sente il cuore battere forte. Vorrebbe mettersi a piangere e allo stesso tempo scappare, invece l’unica cosa che riesce a fare è rimanere ferma mentre quell’essere la tiene per mano.
-Lasciami in pace, e ti giuro che non lo dico a nessuno.- mormora strattonando il braccio senza successo.
L’uomo ride brevemente –Tanto non lo dirai a nessuno in ogni caso.- le lascia la mano un secondo e si avvicina a lei. Come a rallentatore, Alison vede il viso dell’uomo avvicinarsi a lei, e prima che possa anche solo pensare a qualcosa di razionale da fare, si mette ad urlare. Il vecchio si riscuote e cerca di tapparle la bocca, ma lei gli sfugge mentre continua a gridare. Lui le urla insulti mentre lei prima che se ne accorga scoppia in lacrime.
-Luke!- strilla –Luke ti prego!- continua a correre senza sapere dove sta andando, fino a quando qualcuno non le afferra la mano. All’inizio è tentata di strattonarsi ma poi si accorge che la mano è di Luke.
-Vieni di qua!- grida trascinandola, mentre lei ormai piange a dirotto. Sente l’uomo che li insegue, ma ormai non sa più se il rumore delle scarpe sulla ghiaia è dei loro piedi o dei suoi.
-Qui Ali!- dice ancora Luke. La fa arrampicare sopra dei cassonetti e prima che la ragazzina si renda conto di cosa sta facendo, ha scavalcato una finestra ed è caduta a terra. Un attimo dopo Luke le piomba addosso e le tappa la bocca prima che lei possa replicare. I due bambini rimangono zitti per qualche minuto fino a quando sentono il rumore dei piedi dell’uomo che continua a correre sulla strada opposta.
Alison si asciuga gli occhi ancora intontita, mentre si guarda attorno per capire dove si trova. E’ un capanno, forse un fienile abbandonato. Lei e Luke sono caduti su delle balle di fieno poste sotto la finestra dalla quale sono entrati. Non c’è niente tranne che spazzatura e polvere e legno marcio.
Alison volta la testa di scatto e si ritrova a qualche centimetro dal viso di Luke. E’ stravolto, ma non piange.
-Era l’uomo del negozio?- domanda all’improvviso, e la ragazzina annuisce.
-Cosa voleva da me, L?- chiede tremante e lui scuote la testa dicendo che non lo sa, forse era solo un pazzo.
-Una volta mio padre mi ha detto che sono stato fortunato a nascere maschio, perché in questi tempi le femmine vengono prese di mira.- spiega Luke.
-All’inizio credevo mi volesse picchiare, ma non sembrava volesse farmi male, almeno fin quando non mi sono messa ad urlare.- dice Alison facendo spallucce e Luke ridacchia.
-Forse lo capirai più avanti cosa voleva da te.- risponde. L’amica si arrabbia: odia quando lui non fa che ricordarle di essere più grande.
-Hai praticamente la mia stessa età.- ribatte lei.
-Si, magari l’anno scorso, però.-
-Smettila!- dice Alison spingendolo, ma adesso è più calma, e ride anche lei.
-L’hai vista brutta, sappi solo questo.- Luke la guarda seriamente. Lei ha ancora gli occhi rossi di pianto, ma sul viso ha lo spettro di una risata. Le sorride e si alza in piedi.
-Dobbiamo andare a casa, penso ci stiano aspettando.- constata porgendole la mano aiutandola ad alzarsi.
Alison sbatte la gonna che indossa cercando di pulirla dalla polvere per terra. Luke nel frattempo è risalito sulle balle di fieno e ha riaperto la finestra. Le dà di nuovo la mano e poi l’aiuta a scavalcare la finestra. Una volta fuori Luke salta giù dal cassonetto seguito dalla bionda.
-Pensi che se ne sia andato?- chiede Alison titubante.
-Lo spero.- risponde lui, poi si incammina e lei lo segue. Tornano a casa in silenzio: Luke scalcia un sassolino e Alison cerca di trovare un senso a tutto quello che le è capitato, ed è talmente concentrata che senza accorgersene va a sbattere il naso sulla schiena di Luke.
-Ahia.- dice alzando la testa mentre si massaggia il naso dolorante –Perché ti sei fermato?- chiede, e poi si accorge che sono davanti a casa.
-Ali.- dice Luke con voce seria voltandosi verso di lei, mentre Alison lo guarda preoccupata –Devi promettermi una cosa. Anzi, giuramela.-
Alison annuisce vigorosamente –Certo L!-
-Non devi mai dire a nessuno cos’è successo oggi, va bene? E’ una cosa tra me e te.-
La ragazzina ridacchia prima di rendersi conto che lui non ha accennato ad un sorriso.
-Va bene.- acconsente. Lui aggrotta la fronte indeciso sul da farsi, e poi la abbraccia. E’ il primo gesto di affetto che le abbia mai rivolto da quando si conoscono, e lei ne è talmente sorpresa che quando alza gli occhi, lui si è già allontanato.
-A domani Ali.- mormora, e poi sparisce su per le scale, lasciando la ragazzina sola.
-A domani L.- ribatte lei, prima di chiudersi la porta alle spalle.

 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Sono tornata ad aggiornare dopo aver fatto pausa durante il week-end. Non voglio annoiarvi, ma ci tengo a spiegare qualcosina. Allora, Alison ha conosciuto quest'uomo, ed ovviamente capisce che deve starne alla larga, ma dopotutto è una bambina, quindi non comprende del tutto le motivazioni di questa persona. L'episodio è trattato in maniera superficiale, e un po' leggera, perchè mi appello sempre al fatto che Alison frequenta la quarta elementare, e siccome non stiamo parlando dei ragazzini di oggi che sanno fin troppo, per lei questa è una situazione spiacevole, ma non ci fa troppo caso. Ci tengo a precisare che sono a piena conoscenza di quanto la pedofilia sia un argomento delicato, e spero veramente di non essere stata in qualche modo irrispettosa. So che non è qualcosa su cui scherzare, ma di nuovo Alison ha otto anni e non capisce. Questa situazione ad ogni modo sarà rievocata più avanti, quando entrambi saranno grandi abbastanza da capirne la gravità, quindi non è un argomento buttato a caso.
Spero che il capitolo sulla caccia alle lucciole vi sia piaciuto, perchè è uno di quelli in cui più ci ho messo il cuore, e mi sembrava carino, quindi sarei felice di sapere anche un vostro parere.
Non ho altro da aggiungere se non che le cose stanno per cambiare radicalmente, quindi tenetevi pronti!
Grazie ancora alle persone meravigliose che mi fanno sapere un loro anche piccolo giudizio, perchè mi fa veramente tanto tanto felice.
Un bacio in fronte a tutti,

-Sve

P.S. Credo che mi sia scappato qualche errore, mi scuso in anticipo.

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Capitolo 7
*** 1995 ***


                                                                                                            APRILE 1995
Durante tutto l’anno scolastico Alison e Luke non si sono più incontrati. L’estate passata hanno semplicemente smesso di vedersi. Inizialmente Alison ci aveva provato ma lui pareva troppo preso dall’idea della nuova scuola per prestarle attenzione, così piano piano avevano smesso di rivolgersi la parola e di cercarsi. Qualche volta si erano incrociati per la strada, ma dopo un sorriso forzato entrambi si erano allontanati senza dire una parola. Era finita così, e fin troppo spesso Alison rimaneva sveglia la notte con lo sguardo fisso al soffitto, domandandosi cosa stesse facendo Luke nella sua stanza di sopra.
Quella mattina Alison è in classe, e annoiata guarda fuori dalla finestra. Le sue giornate sono diventate un susseguirsi di niente. La mattina va a scuola, il pomeriggio studia e poi va al parco, e la sera va dormire. Non c’è più niente che le piaccia fare, senza Luke, e di certo non avrebbe mai pensato che un giorno l’avrebbe mai detto. Si guarda attorno con sguardo annoiato senza capire una sola parola di ciò che sta dicendo la sua insegnante. Quando torna a rivolgere gli occhi aldilà della finestra è convinta di aver visto male. Le è parso quasi di aver visto l’uomo dell’anno prima. Da allora non ci aveva più pensato. Qualche volta le è tornato in mente di sfuggita, in qualche incubo. Ma come promesso a Luke, non ne ha mai parlato con nessuno.
Si stropiccia gli occhi incredula, e il volto che le sembrava la stesse guardando dal marciapiede scompare. Inconsapevolmente libera il respiro che aveva trattenuto. Da allora niente è più stato come prima, e questo la spaventa da morire. In questo momento vorrebbe solamente terminare le elementari e riprendere ad andare a scuola con Luke.
Quando la campanella suona e lei torna a casa, continua a sentire un vuoto dentro di sé che non si sa spiegare. E’ davanti alla porta di casa, e guarda in su, sperando di scorgere Luke nella sua stanza che studia, ma lui non c’è. Allora corre verso il parco giochi a passi svelti e un sorriso le si apre in volto quando lo nota sull’altalena che va su e giù.
-L!- grida avvicinandosi –L mi spiace, io voglio essere tua amica.- dice con voce bassa. Il ragazzino si volta e la guarda in modo freddo.
-Vattene.- dice. –E’ meglio che tu te ne vada.-
Alison resta ferma immobile. Vorrebbe chiedergli perché deve andarsene, perché è così cattivo con lei, perché non vuole più essere suo amico. Invece annuisce. Più a se stessa che a lui, mentre sospirando si volta e torna verso casa. Non sa perché sta facendo questo, quando vorrebbe solamente dare uno schiaffo a quel presuntuoso e poi abbracciarlo, perché gli manca un sacco. Chiude la porta dietro di sé, sa solo che è giusto così.
 
 

                                                                                                         SETTEMBRE 1995
E’ una calda giornata d’estate quella in cui sua madre glielo dice. Lo fa senza preamboli, entra in camera sua senza bussare, si siede sul letto e prende un respiro profondo.
-Ci trasferiamo.- dice. Luke gira la testa sorpreso, mentre tra le mani stringe ancora un libro di storia.
-Cosa?! Perché?!- esclama alzandosi in piedi e lasciando cadere delle penne dalla scrivania.
-Tesoro, so che è difficile da comprendere, ma io e tuo padre non andiamo più d’accordo, e abbiamo pensato che andare via per te possa essere solo un bene.- Il biondino si siede sul letto accanto alla madre.
-E la scuola?- chiede –E i miei amici? Non ho salutato nessuno…-
Sua madre lo guarda sorridendo appena. Gli scosta dal viso un ciuffo di capelli color del grano e gli dice che l’ha già iscritto in una bellissima scuola pieno di ragazzi per bene, e che se i suoi amici davvero tengono a lui, allora gli augureranno il meglio senza bisogno di vederlo.
-Dove andiamo?- sbotta Luke. Una volta si sarebbe arrabbiato molto di più, ma nell’ultimo periodo si è reso conto pure lui che non può vivere in una casa in cui stanno entrambi i suoi genitori.
-A San Francisco.-
Luke guarda sua madre negli occhi, e gli scappa da ridere. E lo fa, perché pensa che lo stia prendendo in giro. Crede che sia una buffonata, perché è impossibile che sua madre un giorno entri in camera sua e gli dica che si trasferiscono a San Francisco.
-Luke non sto scherzando, per cortesia.- ripete sua madre, mentre lui non può fare a meno di ridere. Alla fine si ferma, e acconsente. Le chiede quando partono e lei gli risponde l’indomani. Luke continua ad annuire, come se questo potesse aiutarlo a superare la situazione.
-Allora preparo i bagagli.- dice. Sua madre esce dalla sua camera, e il ragazzino si guarda attorno. Gli fa tutto schifo, e solo in questo momento capisce il motivo per cui Alison non faceva altro che dirlo. E’ vero, fa tutto schifo: le persone, le situazioni, tutto quanto.
In questo momento vorrebbe solamente scendere da lei. Sa che Alison sarebbe l’unica a capirlo, ma allo stesso tempo non vuole abbassarsi a tanto. Lei vorrà le sue scuse e lui si arrabbierà nuovamente, così l’unica cosa che fa è prendere degli scatoloni, e metterci dentro quei suoi pochi averi.
 Il giorno dopo si alza presto. La scuola lì in paese ricomincerà la settimana prossima, quindi la maggior parte della gente è ancora in vacanza. In casa sua madre dorme ancora, mentre suo padre non è tornato per la notte. Probabilmente se n’è andato, e la cosa non lo sorprende nemmeno. Per l’ultima volta scende le scale di corsa, e va fino al parco giochi. Ha sempre odiato gli addii, e un addio ad una cosa materiale gli sembra ancora più stupido. Eppure arriva all’altalena e la guarda, senza sedersi. Gioca un po’ con le corde facendole muovere avanti e indietro, e senza volerlo si arrabbia. Perché lui non vorrebbe che le cose andassero in questa maniera, eppure va sempre tutto all’incontrario e alla fine ci rimette lui. Dà un calcio al sedile in legno, e l’asse si spezza. Non gli importa, è solo un’altra delle tante cose rotte nella sua vita.
 
 
Quando Alison si era alzata, quel giorno, tutto si aspettava tranne di vedere un auto blu con numerosi borsoni legati al tetto, accendere il motore e girare l’angolo.
Aveva corso da sua madre e lei le aveva spiegato la faccenda, ma Alison non voleva crederci cosi aveva salito le scale antincendio ed era entrata dalla finestra, perché lo sapeva che sarebbe stata aperta.
Ed ora è davanti ad una stanza vuota, una stanza in cui ha passato i suoi pomeriggi, una stanza che ora non è più una stanza. Il pavimento è sporco, probabilmente per le valige trascinate da una parte all’altra; i cassetti dei mobili sono tutti aperti, completamente vuoti, e la stessa cosa vale per le ante degli armadi.
Alison si siede sul letto, su cui è rimasto solamente il materasso bianco. La cosa le fa molta tristezza, e senza volerlo sente di non essere più arrabbiata con Luke.
-Che schifo.- mormora. E’ da un po’ che ha smesso di dirlo. Forse perché con Luke tutto faceva meno schifo.
Un lampo azzurro cattura la sua attenzione, così si alza in piedi e si avvicina al comodino. Apre di più il cassetto semichiuso e trattiene il fiato quando capisce di cosa si tratta. E’ la carta celeste con cui ha incartato il regalo per Luke anni prima. La prende dal cassetto e arrabbiata la butta per terra. Poi scavalca la finestra ed esce da quella camera. Non ci tornerà mai più, promette a se stessa.
In quel cassetto aperto, intanto, giace un bigliettino di carta straccia, con una scrittura infantile. da Ali, dice.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Lo so, lo so, questo capitolo è corto ed è pure bruttino. E mi dispiace davvero molto, ma ho le mie motivazioni. Innanzittutto volevo mettere in chiaro che l'episodio di ieri ha segnato la fine dell'amicizia infantile tra Luke e Alison. Come succede spesso, durante il periodo estivo ci si allontana, ed infatti è ciò che hanno fatto loro due. Senza litigare veramente, hanno smesso di frequentarsi. Luke è cresciuto, e nota una grande differenza tra lui ed Alison, mentre quest'ultima ancora non capisce, e inizialmente ci prova a far funzionare le cose, ma alla fine lascia perdere. So che questo colpo di scena di Luke che parte è inaspettato e magari non piacevole, ma anche se prima che i due si rincontrino passeranno degli anni, racconterò lo stesso la loro vita durante l'adolescenza. E proprio riguardo a questo devo dirvi una cosa: vi avviso già che il capitolo di domani sarà ancora piuttosto breve, e percorrerà le tappe principali della crescita di Luke ed Alison, senza entrare nel dettaglio. Ma domani si concluderà pure la Prima Parte, ovvero che giovedì, se tutto va bene, vedremo Alison e Luke finalmente ragazzi, e i capitoli saranno uno solo al giorno, ma avranno finalmente una durata giusta. Spero come al solito che questo capitolo vi sia piaciuto, e di avervi incuriosito, e che continuerete a seguirmi.
Un bacio su ogni guancia a tutti,

-Sve

 

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Capitolo 8
*** FINE PRIMA PARTE ***


                                                                                                                 1996
E’ il 1996. Alison inizia le medie, ma non le piacciono affatto. Ha ripreso a dire che schifo, perché qui ce n’è tanto, di schifo. Non va d’accordo con nessun ragazzino, li odia tutti quanti. Gli insegnanti l’hanno presa di mira, perché lei non fa che contestare ogni cosa che dicono, così hanno pure convocato sua madre.
Luke invece ha fatto nuove amicizie. San Francisco è bella e il caldo viene presto e va via tardi, così la scuola dura di meno che nel Connecticut. Qualche volta voleva scrivere una cartolina ad Ali, ma poi ci ha sempre ripensato. Quando è partito non l’ha salutata, ha chiuso il capitolo della sua infanzia in modo brusco, sapeva che non sarebbe riuscito a fare altrimenti.
 
 
                                                                                                                1997
Quell’anno Luke finisce le medie, ed è pronto per iniziare le superiori. In spiaggia conosce una ragazza. Ha la sua stessa età; ha i capelli castani e gli occhi verdi. Un pomeriggio di giugno lui la bacia, e lei ne è talmente felice che va a dire a tutti che sono fidanzati. A Luke non piace così tanto, ma è l’esatto opposto di una persona che conosceva una volta, e questo gli basta.
D’altro canto Alison non ce la fa più. Passa i suoi pomeriggi in biblioteca a studiare, perché ha iniziato a prendere sul serio la scuola. Un giorno decide di andare al negozio di dischi, ma quando arriva scopre che l’hanno chiuso due anni prima. Per un secondo pensa alla faccia che farà Luke quando glielo dirà, poi si ricorda che lui non c’è più, e senza volerlo si mette a piangere. Sua madre le ha detto di non fare la bambina, che Luke ormai è solamente qualcuno che una volta conosceva, ma questo l’ha fatta soffrire ancora di più. Una volta tornata a casa ha detto basta. E da quel giorno ha smesso di pensare al biondino.
 
 
                                                                                                                    1999
Quando è entrata per la prima volta dal cancello di quella scuola superiore, Alison ha detto basta. Ha deciso che resetterà la sua vita, e ne inizierà una completamente diversa. Così ora fa di tutto per mettersi in mostra. Si atteggia in modo superficiale, ma non le importa. Quando cammina per i corridoi, i ragazzi più grandi si voltano a guardarla, e lei sorride consapevole del suo fascino. Vuole che la gente la desideri, ed è ciò che riesce sempre ad ottenere. Una volta Luke l’ha guardata negli occhi e le ha detto “Non sei poi così carina”. Lei si è messa a piangere, convinta dalle sue parole. Ma adesso invece quando ci ripensa, crede che lui avesse torto: sa di essere bella, e ha deciso che sfrutterà la cosa a suo vantaggio.
Luke alle volte si guarda allo specchio, e si sente estremamente solo. Quando la gente gli parla, lui non ascolta veramente, e alle volte ha paura della persona che sta diventando. Un pomeriggio di metà maggio è andato a giocare a pallone con i suoi amici. La sera tutto il campo si è illuminato di tanti piccoli puntini. Ha dovuto interrompere la partita, e fermarsi a guardare le lucciole. Gli hanno gridato dietro che era una cosa da femmine, e lui ha riso. Ha pensato che se allora l’avesse detto ad Alison, lei avrebbe smesso di parlargli per settimane.
 
 
 
                                                                                                                  2000
Alison ha iniziato le superiori già da un anno. Il liceo ora le piace anche più di prima: non conosceva nessuno appena arrivata, e in poco tempo è riuscita a farsi amare da tutti. Ha un paio di amiche con le quali passa i pomeriggi, e nell’ultimo periodo ha iniziato ad uscire con Ashton. E’ carino e le regala sempre dei dolci. Suo padre e sua madre hanno ripreso ad andare d’accordo, e a lei sembra che la sua vita non possa andare meglio di così.
Luke è il primo della classe: tutti i ragazzi lo invidiano, tutte le ragazze lo vogliono. Ha imparato a parlare con la gente senza risultare antipatico, e tutti lo considerano un bravo ragazzo. Il giorno prima ha comprato alla ragazza che frequenta lo zucchero filato. Lei l’ha guardato male, e gli ha detto che non può mangiare troppi zuccheri, che altrimenti la fanno gonfiare. Lui ha riso e si è scusato. Ha buttato lo zucchero filato nella pattumiera e ha finto che tutto fosse a posto, ma senza volerlo nella sua mente è apparsa l’immagine di una bambina bionda con le mani appiccicose di zucchero.
 

                                                                                                                            2001
Quell’anno il divorzio dei genitori di Luke diventa ufficiale, e quando legge finalmente quelle carte, sente che può tornare a respirare. Nell’ultimo periodo ha capito che se vuole vivere in pace, deve farlo senza suo padre. Quella notte gli sembra difficile addormentarsi, e non riesce a spiegarsi quella strana malinconia che ha addosso. Quando si alza dal letto, trova sua madre che piange in salotto. Resta fermo sulla soglia del soggiorno per quelle che sembrano ore, indeciso sul da farsi. Alla fine si volta, e fa ritorno nella sua stanza: crede sia meglio che ognuno se la cavi da solo.
Quando succede, Alison lo fa senza pensarci. Tutte le sue amiche non sono più vergini e lei è rimasta l’unica bambina. E’ per questo che decide che quella sera la vuole passare con Ashton. E’ convinta di farlo solo per togliersi il pensiero, ma quando lui capisce le sue intenzioni la ferma. Le dice che lei deve esserne sicura, ed Alison annuisce. Quando Ashton si addormenta, lei sguscia fuori dalle sue braccia e si riveste in silenzio. Scappa nella notte fino a casa sua, e non appena arriva al parco giochi si siede sull’altalena. Si dondola piano avanti e indietro, mentre sente ancora il cuore che batte forte per la corsa. Guarda le stelle nel cielo sopra di sé e sorride amaramente: quella sera ha ancora bisogno di sentirsi un po’ bambina.
 

                                                                                                                         2002
Quell’anno Luke è costantemente sotto stress. Negli ultimi mesi ha dovuto sostenere decine di test per il college, perché ambisce ad entrare nei più prestigiosi. Sua madre gli ha detto che non importa, che qualsiasi scuola farà andrà bene, ma lui non vuole accontentarsi. La notte non riesce più a dormire, ed è diventato scontroso con tutti. Non vede l’ora di andarsene, perché quella non è più casa sua.
Nel 2002 Gatto muore, ed Alison ne è distrutta. Suo padre è tornato a vivere con lei e sua madre, così le dice che non importa, che è il ciclo della vita, che era un gatto molto vecchio, e c’è chi muore e chi nasce.
-Chi è che nasce?- chiede allora Alison, e sua madre le rivela che è incinta, e aspetta una bambina. Alison non può fare a meno di convincersi che quella è la famiglia che ha sempre sognato di avere, e che non ha bisogno di nessun altro per essere felice.


 
Angolo autrice:

Vi prego, vi prego, abbiate pietà! Questo capitolo è brutto e cortissimo, lo so. Mi dispiace da matti, ma avevo bisogno di questa parte di passaggio, per arrivare finalmente ad Alison e Luke intorno ai vent'anni.
Mentre scrivevo questi capitoli mi domandavo se fosse possibile ricordarsi per così tanto tempo dopo le amicizie avute anni prima, ma mi sono basata sulla mia esperienza personale, e sebbene io non parli con questa persona dalla quarta elementare, ancora oggi quando la incontro per strada mi viene un po' di malinconia.
Vi assicuro, anzi vi giuro, che da domani i capitoli saranno più lunghi, con più contenuti, e molto molto più belli; quindi so che chiedo molto, ma vi prego di continuare a seguirmi in questa folle avventura e vi prometto che non ve ne pentirete.
E dato che mi sento davvero molto in colpa, ho deciso di regalarvi una piccola anteprima del capitolo di domani.
Un bacio in fronte,

-Sve


"

Continua a gridare e a cantare quella canzone che non conosce, e qualcuno ride, qualcun altro fischia, ma Alison ormai non capisce più niente. Non sa se sono passati appena dieci minuti o quattro ore, quando una mano la afferra.

"
 

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Capitolo 9
*** MARZO 2003 ***


Nota: anticipo dicendo che ho tanta, tanta pressione addosso,
e spero davvero di non aver deluso qualcuno con questo capitolo.
Qualcosa potrebbe sembrare scontato
ma sono sicura di averci messo quel qualcosa di mio
che lo renderà diverso.
O perlomeno spero.
 

E’ il 2003, e Alison sta terminando le superiori. E’ il ventuno marzo, un venerdì, e quella sera andrà ad un locale con Ashton. Lui ha già finito il liceo, ma i due sono rimasti insieme ormai da quattro anni. Così ora si sta provando un abito blu notte senza spalline e sua madre le sorride dall’altro capo della stanza, con la sua sorellina in braccio. Chloè ha appena un mese, e sua madre non fa che vezzeggiarla. Alison la adora, le dispiace solo che l’anno prossimo andrà al college, e non avrà modo di vederla crescere.
-Io vado mamma.- dice –Ashton è sotto casa che mi aspetta.- Quella è una delle sue prime uscite, e anche se sua madre non voleva lasciarla andare, suo padre era stranamente intervenuto a suo favore. I due cercavano sempre di non litigare e non creare tensioni, così Alison si era sentita in colpa, ma alla fine sua madre aveva acconsentito e così adesso poteva uscire senza tanti rimorsi.
Scende le scale e Ashton è sul vialetto di casa seduto nella sua nuova auto rossa. I suoi genitori gliel’hanno regalata per il diploma, e lui non fa che vantarsene.
-Ciao.- esclama Alison sedendosi affianco a lui, poi gli dà un leggero bacio sulle labbra e gli sorride –Andiamo?- domanda, mentre lui mette in moto l’auto e parte.
Quando arrivano il locale è pieno di gente. La festa è per i ragazzi più grandi, ed Alison è un’eccezione, eppure si sente a suo agio ed entra senza farsi scrupoli. Ha promesso a suo padre che non berrà, ma ad ogni modo passerà la notte da Ashton, quindi ha deciso di fare uno strappo alla regola. Nel locale fa caldo, è pieno di fumo e di calca, e in un secondo ha già perso di vista Ashton.
-Ash!- chiama –Ash dove sei?!- sbuffa sonoramente ma poi decide che è venuta qui per divertirsi, ed è ciò che farà. Cerca di farsi spazio tra la gente all’entrata e arriva in pista. In sottofondo c’è una musica tecno, che non ha mai sentito, ma non le importa. Prende un bicchiere su un tavolino e senza sapere cosa c’è dentro lo butta giù tutto d’un fiato. Sente un improvviso calore allo stomaco, e un attimo dopo diventa felice. Urla ridendo e si mette a ballare, mentre attorno la gente si muove indistintamente. Continua a gridare e a cantare quella canzone che non conosce, e qualcuno ride, qualcun altro fischia, ma Alison ormai non capisce più niente. Non sa se sono passati appena dieci minuti o quattro ore, quando una mano la afferra.
-Ahia.- esclama –Che cosa vuoi?!- chiede, e poi si accorge che si tratta di Ashton.
-Ehi Ash!- dice, prima di baciarlo. Lui la scosta e la trascina con sé. La porta lontano dalla pista e la fa sedere su un divanetto.
-Stai qui.- le ordina –Vado a prenderti dell’acqua, tu non fare cazzate.- Alison lo guarda imbronciata, prima di sorridere e annuire. Non capisce perché sia così arrabbiato. Di solito è uno che si diverte, lo ricorda ancora da quando erano bambini. Diceva sempre che lei faceva schifo perché era un femmina. Alison si mette a ridere da sola, e poi si accorge di avere le scarpe slacciate. Ha deciso di mettere le scarpe da ginnastica, perché i tacchi le fanno male ai piedi. Si china per allacciare i nastri ma non riesce a capire dove inizia l’uno o l’altro.
-Ciao. Posso offrirti qualcosa?- chiede una voce, mentre lei scuote la testa.
-Ho il ragazzo.- biascica, prima di voltarsi. Quando si trova davanti il ragazzo che ha parlato rimane a bocca aperta.
-Alison?!- esclama lui, e prima che lei possa rispondere, gli vomita addosso.
 
Dieci minuti dopo Alison è ancora un po’ intontita, ma si sente meglio. E’ seduta su un muretto accanto a Luke. Ancora non riesce a crederci, le sembra tutto frutto della sua immaginazione. Perché Luke è in California, e quello che ha affianco è tutto tranne che il bambino che una volta conosceva.
-Tu…- mormora –Sei Luke. Luke Hemmings, proprio tu.- ripete per la decima volta.
-Si Alison, sono io.- risponde ancora lui lasciandosi sfuggire un sorriso.
-Sei diversa.- constata. E’ l’esatto opposto della bambina che andava sull’altalena una decina di anni prima. Questa qui è una ragazza, una ragazza che lui non credeva che avrebbe mai più rivisto.
-Anche tu.- risponde lei. Poi rimane in silenzio per qualche istante, prima di riprendere la parola –Sono passati nove anni, Luke. Nove anni in cui continuavo a pensare a te ogni volta che c’era qualcosa di divertente, o triste, o pauroso. Ho pensato a te un sacco di volte, e tu non mi avevi detto niente.-
Luke aggrotta la fronte e sorride di nuovo, così Alison nota un piercing nero che porta al labbro.
-Cos’è quel coso?- chiede facendo una faccia disgustata. Lui ride e dice che non è cambiata poi così tanto, mentre lei vuole di nuovo sapere come mai se n’è andato senza dire nulla.
-Davvero Alison? Avevo appena undici anni, ti aspettavi che prendessi l’aereo e tornassi da te con un mazzo di fiori?!- domanda sarcastico. La ragazza abbassa la testa. Sa che Luke ha ragione, ma a lei comunque dispiace.
-Lo so.- acconsente –Ma eri il mio migliore amico, il fratello che non avevo mai avuto, ed una mattina mi alzo e tu non ci sei più. E’ stato bruttissimo.- mormora.
-Ali mi dispiace.- dice lui, mentre lei rabbrividisce appena dopo aver sentito il suo soprannome.
-Perché sei qui?- gli chiede ancora.
-Sono qui solo di passaggio. Lunedì riparto.- Luke la guarda.
-E perché sei qui di passaggio?- domanda Alison. Lui ride e le dice che aveva quasi dimenticato il suo modo di voler sempre avere una risposta.
-Sei del tutto cambiato.- nota lei.
-Ed è un male?-
Alison scuote la testa –Non sempre, ma a me piacevi di più prima.-
-Forse dimentichi che prima avevo undici anni, mentre ora ne ho ventuno.-
-Cosa me ne frega di quanti anni hai adesso? Una volta mi piacevi di più punto e basta.- esclama lei spazientita. Luke ride ancora, quando si rende conto che quello è lo stesso giorno in cui tanti anni prima si sono incontrati. La guarda, ha la fronte aggrottata per la rabbia che ancora prova. E’ proprio buffa e carina, con i capelli biondi legati sulla testa. Non ha idea di cosa gli prende quando decide di fare ciò che sta per fare. Si avvicina piano a lei, mentre Alison strizza gli occhi senza capire cosa sta per fare Luke. Il suo viso è sempre più vicino e prima che Alison se ne renda conto lui ha posato le sue labbra sulle sue.
Improvvisamente Luke si porta la mano al viso, sentendo un dolore alla guancia senza capirne il motivo.
Guarda Alison davanti a sé, che ha ancora una mano alzata per aria: gli ha tirato uno schiaffo.
-Ahia.- dice, più per la sorpresa che per il dolore. –Perché l’hai fatto?- chiede, mentre la bionda scende dal muretto infervorata.
-Perché l’ho fatto?! Perché tu l’hai fatto?!- strilla con le guance in fiamme, mentre si guarda attorno per essere sicura che nessuno li abbia visti.
-Oh mio Dio!- grida ancora, mentre a lui viene da ridere. E lo fa di nuovo, ride felice, perché gli era mancata così tanto, e solo adesso se ne rende conto.
-Ma si può sapere cosa vuoi da me?! Tu sei pazzo.- dice lei agitata allontanandosi.
-Oh avanti.- dice Luke –E’ inutile che ti offendi, so che ti è piaciuto.-
-Io ho un ragazzo!- strilla la bionda, mentre Luke resta preso alla sprovvista, sia per ciò che lei gli appena detto, che per la persona che gli sta venendo incontro.
-Luke Hemmings?!- esclama Ashton con due bicchieri d’acqua in mano.
Alison si volta verso di lui –Ce ne hai messo di tempo!- esclama, e lui si scusa dicendo che c’era fila.
-Non ci credo, sei Luke! Il piccolo L.- ripete ancora Ashton, mentre abbraccia Luke che è ancora spaesato.
-Credevo fossi scomparso dalla faccia della terra!- scherza il moro ridendo, e Luke ridacchia.
I due parlano per un po’, mentre il biondo ripete le stesse cose che ha detto prima ad Alison. Quest’ultima li guarda in disparte cercando di capirci qualcosa. Le sembra di essere tornata alle elementari, quando lei doveva aspettare Luke che invece parlava con i suoi amici. Le pare una vita fa, e prima che possa riscuotersi dai pensieri, Ashton le mette un braccio attorno alle spalle.
-E Alison te la ricordi?- domanda a Luke, che sorride ancora –Questa tipa bellissima sta con me.- dice, e Alison abbassa il volto.
-Sono felice per voi.- risponde il biondo, lasciando trasparire una nota di disprezzo nella voce.
-Ali, direi che possiamo andarcene, ora.- riprende Ashton –Sei d’accordo?- La ragazza annuisce.
-Ciao Luke.- dice ancora il moro –E’ stato bello rincontrarsi: strano, ma bello.- Dà una pacca sulla spalla all’amico e lui e Alison si allontanano verso la macchina. Ashton le apre la portiera, e poi va a sedersi al posto del guidatore.
Luke si risiede sul muretto dal quale si era alzato per salutare l’amico d’infanzia. Guarda la macchina rossa allontanarsi velocemente. Non ne è sicuro, ma gli è parso quasi di vedere la bionda girarsi a guardarlo.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Non ho assolutamente niente da dire, se non che nei prossimi capitoli Luke farà di tutto per cercare di farsi perdonare da Alison per essersene andato senza salutare, ma quest'ultima sarà un po' restia nei suoi confronti. Spero che questa nuova versione di loro due ragazzi vi piaccia, perchè mi sento davvero sotto esame, e ho una paura  folle di aver fatto un disastro. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio,

-Sve


 

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Capitolo 10
*** 23 MARZO 2003 ***


La domenica Luke si alza presto. Indossa la sua camicia migliore, prende la macchina, e va da Alison. Appena arriva è costretto a prendere dei respiri profondi: non immaginava che rivedere la casa in cui è cresciuto da bambino gli avrebbe fatto questo effetto. Si avvicina al portone: tutto è rimasto come una volta. Gli sembra quasi che se ora si guardasse le mani, sarebbero ancora quelle di un bambino. Spinge il portone, e con un sorriso constata che è ancora rotto. Sale i primi scalini, e suona alla porta di casa di Alison. Non risponde nessuno, e Luke rimane spaesato. E’ domenica, dovrebbero essere tutti a casa. Forse è l’istinto, quello che lo prende, ma prima che se ne renda conto si avvicina al parco giochi, quello di sempre. L’aria è pesante, l’erba si muove pigra e tutto sembra più lento. Si ferma all’improvviso, perché lei è lì. Sembra che non se ne sia mai andata. Sembra solo che il tempo l’abbia consumata, che le abbia cucito addosso quel suo nuovo corpo, senza che lei si sia mai spostata da quella vecchia altalena. Anche Alison si muove lenta, come tutto il paesaggio che le fa da contorno. I suoi lunghi capelli biondi ondeggiano con lei. Una volta li portava sempre legati, mentre ora non hanno nemmeno un fiocco o una molletta. Sono solo liberi, lunghi e dello stesso colore del grano. Non si accorge di lui, continua a spingere un po’ i piedi sul terreno, muovendosi di poco. Tiene il viso basso, e gli occhi socchiusi. Luke si riscuote e decide di avvicinarsi a lei. Passo dopo passo le arriva accanto, e lei alza gli occhi. Sono gonfi e rossi, probabilmente ha pianto tutta la notte. Lo guarda per quelle che sembrano ore, e quando distoglie lo sguardo Luke si sente stranamente vuoto. Lei ancora non dice niente, e il ragazzo si perde a guardarla. Potrebbe chiudere gli occhi e riaprirli un secondo più tardi, ed è sicuro che si ritroverebbe davanti una ragazzina con un cappotto celeste, che mangia caramelle mou o che insegue il suo gatto.
-L’ho rotta io.- mormora ad un tratto Luke, ed Alison alza la testa sorpresa. Non si aspettava che lui parlasse, ed ora non capisce a cosa si riferisce.
-L’altalena.- puntualizza il biondo –L’ho rotta io. Dieci anni fa, prima di andarmene. Ero arrabbiato e le ho dato un calcio.- spiega come se la sua confessione potesse privarlo del suo peccato.
La ragazza guarda il sedile a fianco a lei, con le assi spezzate a metà. Quando se ne era accorta, aveva creduto fosse stato qualche ragazzo più grande, o che il legno fosse semplicemente troppo vecchio.
-Ah.- risponde annuendo, prima di lasciarsi sfuggire uno strano verso. Luke si gira a guardarla e rimane spaesato quando si rende conto di cosa sta facendo. Ride. Ride come se fosse la cosa più divertente al mondo.
-Mi dispiace.- dice tra le risa –Non so perché lo sto facendo.- Luke apre la bocca sorpreso e non può fare a meno che imitarla. La bionda si passa una mano sul viso scostandosi i capelli dietro alle orecchie.
-L’ho capito alla fine, sai?- dice quando riesce a smettere di ridere. Luke non dice niente, aspetta in silenzio che lei continui a parlare. –Ho capito cosa voleva da me quell’uomo, e anche quando l’ho capito, non l’ho detto a nessuno ugualmente.-
Luke si siede a terra, poggiando la schiena al palo dell’altalena. –Non so perché quella volta ti dissi di non dirlo a nessuno. Probabilmente avresti dovuto. Poteva tornare da un momento all’altro.-
-Lo so.- Alison gli sorride amaramente –Ma ho avuto fortuna, e non l’ho mai più visto.- I due ragazzi rimangono zitti per un po’, mentre il vento parla per loro, ululando e soffiando forte sulle erbacce per terra.
-E così domani riparti.- mormora lei ad un tratto. I suoi occhi sono ancora socchiusi, e le sue lunga ciglia chiare formano strano ombre sugli zigomi pallidi. Il suo viso è poggiato alla mano che afferra la corda dell’altalena, ed ha un’espressione così dolce che Luke sorride involontariamente, e vorrebbe che il tempo si fermasse per poter vivere così per sempre.
-Mi hanno chiamato dalla UPenn. Non mi hanno preso.- risponde Luke amaramente, ma lei non dice niente. Gli costa ammetterlo, ma quando quella mattina sua madre l’ha avvertito della lettera arrivata, si è sentito sollevato. Ha sempre pensato di dover programmare la sua vita, ma una volta saputo che non era stato ammesso, ha guardato davanti a sé e ha visto il vuoto. E questo, invece che spaventarlo, gli ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Potrebbe provare ad entrare in qualche altra università, sa già che lo prenderebbero, ma per ora vuole lasciare che la sua vita scorra giorno per giorno, senza un filo conduttore.
Per altro tempo ancora, nessuno proferisce più parola. Alison tiene gli occhi chiusi e si dondola dolcemente, mentre Luke guarda dritto davanti a sé un punto indefinito. Di nuovo si ritrova a pensare a quanto tutto attorno sia rimasto uguale. Gli alberi sono sempre gli stessi, solo un po’ più vecchi. Le strade sono ancora quelle di campagna, ricoperte di ghiaia e arbusti. Deglutisce piano, cercando di mandare giù quel groppo di malinconia che gli è rimasto incastrato tra i polmoni, nel cuore, nella mente, e in tutte le pieghe della sua vita. L’unico rumore che sente è il fruscio degli alberi, e il canto dei grilli e dei corvi, ma mentre una volta questi rumori lo infastidivano, adesso non fanno che farlo stare peggio.
Alison apre piano gli occhi, e si scosta un ciuffo di capelli biondi che le è finito davanti al viso a causa del vento. Lo guarda di soppiatto senza aprire bocca: non le sembra tipo da college, forse il fatto che non sia stato ammesso fa tutto parte di un piano superiore.
Luke riprende la parola –Non ti chiederò chi è che ti ha fatto piangere, sappi solo che se Ashton ti ha fatto qualcosa, lo prendo a calci in culo.- dice sicuro, mentre alla bionda sfugge un sorriso.
-Sai L,- replica lei, tirando fuori quel nomignolo che non era mai stata autorizzata ad usare –non te lo dirò, ma mi sei mancato.-
Luke alza il volto e cerca di incontrare i suoi occhi, ma lei si è data una spinta con i piedi ed ha iniziato a dondolarsi in alto, mentre la sua risata echeggia nel vento.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Perdonate il ritardo, ma non mi ero accorta di che ora fosse! Non ho niente da aggiungere, quindi come al solito spero che vi sia piaciuto e mi farebbe davvero felice se mi lasciaste un commentino giusto per farmi sapere cosa ne pensate!
Un bacio in fronte,

-Sve

 

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Capitolo 11
*** APRILE 2003 ***


Quella mattina di aprile Luke ha già programmato tutta la giornata. Andrà a prendere Alison e la porterà a Long Island Sound. Ricorda che ci sono stati nell’estate dei suoi nove anni e crede che ritornare in quel posto li aiuterà a ricomincerà. Prendono la corriera, ed Alison non fa che controllare il suo telefonino aspettando qualche chiamata.
-Ricordi che tu continuavi a piangere e io ti ho lanciato il pallone addosso?- dice ad un tratto lui, e lei stringe le labbra in un sorriso malfatto, mentre torna a guardare fuori dal finestrino.
-Non la smettevi di piangere e le nostre madri non dicevano niente.- continua Luke. La ragazza si volta verso di lui e sospira –So cosa stai cercando di fare.-
-Che cosa?- chiede lui sorridendo, e mettendo in risalto il piercing sul labbro.
-Torni qui, mi baci, tiri fuori qualche storiella di quando eravamo bambini e credi che io torni tra le tue braccia. Ho una vita, Luke. Un ragazzo, una famiglia, degli amici e un futuro. Se vuoi qualcosa da me, accontentati della mia amicizia.- sbotta la bionda. Luke annuisce e per il resto del viaggio non proferisce più alcuna parola.
Quando scendono dalla corriera Alison sembra più rilassata. Respira un paio di volte la brezza marina e si avvicina alla costa.
-Non venivo qui da quella volta.- mormora malinconica, mentre Luke le si avvicina. Per qualche minuto stanno in silenzio a fissare la distesa d’acqua davanti a loro. Nemmeno lui ci è più venuto. In confronto al mare della California quello è niente, ma pensava che portarla là bastasse a farsi perdonare.
-Scusa.- prorompe ad un tratto, spezzando il silenzio –Hai ragione, ci ho provato. Ma ora ricominciamo.- la prende per mano e lei arriccia il naso senza capire cosa sta per fare. La trascina fino al promontorio da cui la ragazza si è tuffata quando era una bambina.
-Mi hai detto di accettare la tua amicizia e lo farò. Però mi va lo stesso di revocare momenti passati, va bene?- dice. Alison annuisce sospirando un’altra volta, mentre continua a pensare alla chiamata che aspetta.
-Dammi tutto quello che hai nelle tasche.- ordina Luke.
-Per favore L, non mi va di giocare.- mormora lei, ma svuota ugualmente le tasche. Luke le sorride e continua a tenerla per mano.
-Ti ricordi? Era pomeriggio, le nostre madri avevano detto che era ora di andare, tu mi hai guardato e hai fatto così.- Prima che Alison se ne renda conto, il ragazzo le dà una spinta e con un urlo lei finisce in acqua. Luke scoppia a ridere, e inizialmente crede che anche lei sia divertita dalla situazione, ma invece torna a galla e arrabbiata risale sugli scogli.
-Sei proprio un idiota.- gli grida mentre cerca di arrampicarsi –Ma si può sapere che problemi hai?! E’ metà aprile, l’acqua è ghiacciata e tu mi butti giù. Non ho nemmeno dei vestiti per…- non fa in tempo a terminare la frase che con un grido ricasca nell’acqua. Quando tira fuori la testa sputa un po’ d’acqua e strilla altri insulti al ragazzo, che invece ha ripreso a ridere. Corre in suo aiuto e le dà una mano ad uscire.
-Adesso non ho niente per cambiarmi! Non posso mica salire in corriera così!- urla furente.
-Scusami, ma era divertente!- dice lui. Alison si strizza i capelli bagnati e cerca di sistemarseli per quanto sia possibile.
-Questa maglietta era nuova, e adesso è tutta sporca di salso.- constata sbuffando –Che schifo.- mormora.
Luke la guarda, e senza volerlo anche lei alza gli occhi –Credevo non lo dicessi più.- azzarda lui. La bionda scuote la testa –E’ colpa tua.- dice, mentre le sfugge una risata. Il ragazzo sorride e tira fuori dal suo zaino una camicia blu stropicciata.
-Puoi mettere questa, se vuoi.- le dice. Lei lo ringrazia sbuffando. Si toglie la maglia e indossa la camicia asciutta. Poi si lega i capelli sopra la testa e si siede su un masso accanto a Luke. Lui nel frattempo le riconsegna il suo cellulare, e senza volerlo apre il suo portafogli senza il consenso della ragazza. Dove dovrebbe esserci la foto del proprietario, c’è un bigliettino stropicciato.
-Questo l’ho già visto.- mormora, e intanto cerca di sfilarlo dalla taschina.
-No, non toccarlo.- interviene lei all’improvviso, cercando di togliergli dalle mani il suo portafogli, ma fallendo. Luke apre il biglietto e la guarda, senza capire.
-Perché l’hai tenuto?- domanda sventolandole davanti al naso quel rettangolo di carta straccia.
-La vera domanda è perché non l’hai fatto tu.- conclude Alison afferrando il biglietto. Sul davanti c’è una scritta in grande, con una grafia infantile. da Ali, dice, con la D minuscola e la A grande quasi quanto lo spazio libero.
-Io…- mormora Luke abbassando il viso –Credevo di averlo fatto.-
Lei ride senza divertimento –Il giorno in cui sei partito sono entrata nella tua stanza dalla finestra e questo era nel cassetto del comodino insieme alla mia carta da regalo celeste. Avevo deciso di lasciarlo là, ma quando poi sono arrivati i nuovi inquilini, hanno suonato alla nostra porta dicendo di aver trovato quel biglietto, e sapevano il mio nome, e pensavano fosse mio. L’ho preso e l’ho infilato nel mio portafogli. Non l’ho mai più tolto da quel giorno, senza una ragione precisa.-
Il biondo si schiarisce la voce –L’avevo infilato nel cassetto perché ci tenevo, ma quando sono partito credevo che se l’avessi lasciato là, avrei abbandonato anche la nostra amicizia e…-
-Lo sapevo.- dice Alison rancorosa alzandosi in piedi –A te non è mai importato niente della nostra amicizia, e se non mi avessi incontrata in quel locale non ci avresti nemmeno pensato mai più. Io non so che problemi tu abbia, non so perché adesso stai cercando di fare il simpatico, ma io non voglio avere niente a che fare con te.- la bionda afferra la sua maglietta, la piega malamente e se la mette al braccio. –Andiamo via. Voglio tornare a casa.- sbotta.
Luke sbuffa e mormora che è proprio noiosa, e se la prende ancora per tutto, come quando erano bambini. Poi alza il viso di scatto e la guarda. Lei aggrotta la fronte e lui scoppia a ridere.
-Cos’hai adesso da ridere?!- dice piccata.
-Niente.- esclama lui ridendo –E’ solo che mi sono reso conto che siamo rimasti come una volta: tu che ti arrabbiavi per qualsiasi cosa io facessi, io che sbuffavo, litigavamo per un po’ e il giorno dopo era tutto finito.-
Alison lo guarda ancora. Per tutto il pomeriggio non fanno che guardarsi e riversarsi addosso i loro problemi fingendo di avercela l’uno con l’altra.
-Tu… sei proprio un idiota.- mormora prima di sorridere –Ti odio, andiamo a casa.- Lui la raggiunge ridendo e le cinge le spalle. La corriera si ferma aldilà della strada, e loro corrono per salire prima che parta.
-E Ashton?- chiede Luke ricordandosene all’improvviso. Alison fa una pausa per qualche attimo –Abbiamo rotto.- dice, prima di voltarsi a guardare dal finestrino. Luke non dice nulla, imitandola. Alison torna a guardare il promontorio, e sorride nostalgica quando le sembra di scorgere una ragazzina bionda che spinge un bimbo giù dallo scoglio, prima di prendere un respiro profondo e gettarsi a sua volta.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Dopo un weekend in cui mi ero ripromessa che sarei andata avanti a scrivere ma che come al solito non ho fatto nulla, sono tornata!
Putroppo questo è uno di quei capitoli "di passaggio", in cui non succede poi così tanta roba, ma è comunque un momento del loro rapporto che avevo voglia di raccontare. Riguardo a ciò che ho scritto non ho nulla da aggiungere, mentre voglio avvisarvi che quello di domani sarà un capitolo diviso in due parti, e la seconda parte la pubblicherò mercoledì, ma siccome un po' mi sento in colpa perchè sono tornata dopo due giorni con un capitolo scadente, vi lascio una piccola anteprima.
Un bacio grande,

-Sve

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Quando Alison fa vagare lo sguardo sugli invitati, si imbatte in Luke che del tutto preso dal suo lavoro di babysitter sta muovendo la manina della bambina fingendo che sia lei a salutare la madre.

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Capitolo 12
*** 7 MAGGIO 2003 ***


                             Nota: Alla fine non vi ho diviso i capitoli,
ma li ho postati tutti e due insieme
perchè vi voglio bene e non volevo
farvi aspettare <3

                                                                                               
                                                                                      7 MAGGIO 2003, MATTINA
A maggio i genitori di Alison decidono di risposarsi. La ragazza ne è felice, e sua madre la sceglie come damigella d’onore. Da qualche giorno ha ripreso ad uscire con Ashton. La sera stessa in cui aveva incontrato Luke, i due avevano litigato. Il moro le aveva detto che non doveva bere, che poi la colpa sarebbe stata sua, e che non aveva tempo per occuparsi di una bambina. Lei aveva pianto, ma Ashton era stato implacabile. Qualche settimana dopo aveva sentito dire che usciva con un’altra, ma lui invece l’aveva chiamata per dirle che erano tutte fesserie. Hanno ripreso a vedersi da poco, e Alison vuole che questa volta duri, perché si ripete che la loro è una storia che vivrà per sempre, e deve essere perfetta. L’ha invitato al matrimonio, ma lui ha detto che deve studiare, così ha dato il suo invito a Luke, che non se l’è fatto ripetere due volte.
La cerimonia si svolge in un parco enorme, pieno di alberi e fiori. Sua madre è bellissima, stretta nel suo abito da sposa color crema, mentre Alison indossa un abito turchese che arriva fin sopra il ginocchio ed ha uno scollo a barca. Ha i capelli sciolti e felice continua a passeggiare avanti e indietro con la sua sorellina in braccio. Chloè ha pochi mesi, ma ha già qualche capello biondo in testa e due enormi occhi blu.
-E’ sua figlia, signorina?- dice ad un tratto qualcuno, e Alison si volta stupita trovandosi davanti Luke, impettito nel suo smoking. La ragazza ridacchia. Gli invitati sono già quasi tutti arrivati, il sole è alto, c’è poco vento, e la giornata sembra andare per il meglio.
-Questo parco è bellissimo.- mormora Alison, e Luke annuisce, mentre fa qualche strano versetto alla bimba che ride contenta.
-Credo che sia ora.- La ragazza si riscuote dai pensieri e si avvia verso l’altare con Luke al seguito. Gli invitati iniziano a sedersi, e in poco tempo fanno silenzio.
-Tienila tu.- esclama la bionda mettendo tra le braccia di Luke la sorellina, mentre lui rimane con uno sguardo stupito quando se la ritrova addosso.
La musica comincia, e dal fondo delle due file di sedie appare la madre di Alison. Cammina lungo la navata, mentre sua figlia, dietro, le regge lo strascico. Quando Alison fa vagare lo sguardo sugli invitati, si imbatte in Luke che del tutto preso dal suo lavoro di babysitter sta muovendo la manina della bambina fingendo che sia lei a salutare la madre. Alison sorride, e quando sua mamma ha finalmente raggiunto suo padre all’altare, si siede affianco a Luke, nei primi posti.
-Credo di non aver mai visto una damigella più bella, ma considerando che questo è il primo matrimonio a cui assisto, parti vantaggiata.- le mormora, e lei sorride nuovamente senza rispondergli.
La cerimonia scorre in fretta, i due pronunciano i voti e Alison non ricorda di aver mai visto sua madre così felice. Alla fine i suoi genitori si baciano, la musica ricomincia, e lei non può fare a meno di domandarsi se avrà la stessa espressione di sua madre, il giorno del suo matrimonio.
 
Quando Alison gli aveva dato l’invito, Luke l’aveva accettato immediatamente. Credeva che lei volesse farlo rientrare nella sua vita, ma si era ricreduto non appena lei gli aveva spiegato che l’invito era per Ashton ma lui non sarebbe potuto venire. E’ una bella giornata di primavera, quella, e lui era da un po’ che aveva smesso di interessarsi alle condizioni meteo. La cerimonia è terminata, ma la festa finirà a tarda notte. E’ andato a prendere da bere per lui e per Alison, e quando le va incontro, non può fare a meno che fermarsi ad osservarla. E’ in piedi, di spalle. Sta guardando la città su dalla collina. I suoi capelli biondi si muovono morbidi con l’aria, ed è un momento, ma una leggera folata di vento fa volare i fiori di glicine giù dagli alberi, e pare una nuvola di farfalle gialle che le volano attorno. E’ davvero bella, questa è la cosa a cui più pensa Luke da quando l’ha rivista. E’ bellissima.
-Tieni.- le dice porgendole un calice quando le è vicino. Lei lo afferra, ma non beve.
-Anni fa mi hai regalato un trifoglio, per il mio compleanno.- mormora Alison, tenendo lo sguardo fisso all’orizzonte. Luke ride appena, pensando che questo sia un ricordo felice, ma la ragazza invece continua imperterrita –L’ho sempre tenuto.- dice girandosi a guardarlo –E’ per questo che mi sono arrabbiata quando ho trovato il mio bigliettino in casa tua. Perché io mi sono sempre portata dietro un pezzo della nostra amicizia, e tu invece il tuo l’hai gettato.- conclude bevendo tutto d’un fiato ciò che un attimo prima conteneva il bicchiere.
-Ascoltami Alison.- soggiunge Luke –Lo so adesso. So adesso quanto fosse importante per te quello che avevamo, e ti giuro che lo era anche per me, ma allora non me ne rendevo conto.- le afferra la mano e lei sussulta appena, ma non si scosta.
-Grazie per essere qui. Non penso che Ashton avesse da studiare.- mormora, e poi torna a guardare davanti a sé, mentre una lacrima le scende piano lungo lo zigomo.
 
 
 
                                                                                              7 MAGGIO 2003, SERA
Non tutti gli invitati restano per la cena, così di sera c’è meno confusione e meno gente. Alison si è ripresa, ed ora ride allegramente con gli amici di famiglia, mentre Luke è in disparte con in braccio Chloè.
-Lo so, lo so.- le dice cullandola –Dovrei andare a parlarle, ma lei sarà sempre arrabbiata con me per essermene andato.- La bimba sbadiglia e lui le carezza piano la testa –Credo che un giorno diventerai una bellissima bambina bionda, e magari un ragazzino sarà scortese con te e tu sosterrai di odiarlo. Ma sappi che quel ragazzino un po’ di bene te ne vuole, è solo troppo orgoglioso per dimostrarlo.-
-Parli da solo?- chiede qualcuno. Luke alza il viso e si ritrova Alison che gli sorride raggiante. Prende in braccio la bimba e la posa nel passeggino di fianco.
-Credo che sia ora che faccia la nanna.- dice sorridendo alla sorellina. Poi torna a guardarlo, e gli dice di seguirlo. Afferra una bottiglia di Champagne dal tavolo del buffett e tirandolo per il braccio lo trascina fuori, nello stesso punto in cui erano quella mattina, quando lui si era fermato a guardarla. Adesso nel parco non c’è quasi nessuno. Gli unici rumori che si sentono sono i brusii che vengono dal tendone dove gli invitati stanno finendo di cenare, e la musica in sottofondo. La ragazza posa a terra la bottiglia, e si siede sull’erba. Fa cenno a Luke di imitarla e lui obbedisce. Sotto di loro la città è immensa, piena di tante piccole luci colorate.
-E’ così bello qui.- ripete Luke e lei annuisce prima di bere un lungo sorso direttamente dalla bottiglia.
-Mi sono preso un anno sabbatico, ecco perché sono ancora qui.- confessa Luke –La California non faceva per me, mi mancava troppo questo posto.-
-Non hai fatto altri test per il college? Da quanto ricordo eri bravo…- constata lei e Luke le dice che ne ha fatti di test, ne ha fatti anche troppi.
-Dopo che la UPenn mi ha scartato, mi sono arrivate altre lettere, così un giorno mi sono ritrovato con tre buste in mano, e dovevo scegliere quale mi avrebbe dato più possibilità degli altri due, ma non ce l’ho fatta. Ho strappato le lettere e ho detto no. Stavo progettando la mia intera vita scegliendo una di quelle scuole, e non volevo. Volevo vivere giorno per giorno, e ho pensato che il college non mi sarebbe servito a nulla e tanto valeva prendersi un anno per riflettere.-
Alison lo guarda e poi si mette a ridere. Alterna una risata ad una bevuta e poi torna a puntare gli occhi in quelli di Luke.
-Sei proprio un idiota.- gli dice –Ma sei davvero bello. Sei davvero tanto bello. Voglio dire, all’inizio credevo che quel piercing ti facesse risultare ancora più scemo, e invece sei tremendamente sexy.-
A quel punto Luke scoppia a ridere e le toglie dalle mani la bottiglia –Credo che qualcuno qui abbia bevuto troppo Champagne.-
La ragazza sospira e poi si stende sul prato. –Sai L,- dice chiudendo gli occhi –io ti amo. Insomma, questi anni senza di te sono stati uno schifo, piangevo continuamente, e più piangevo più mia madre diceva che sembravo una bambina, e più mia madre diceva che sembravo una bambina, più pensavo a te. Ma ho pensato a te ogni giorno, qualsiasi cosa io facessi. Anche quando hanno chiuso il negozio di dischi. Lo sapevi?! E’ stato bruttissimo, volevo dirtelo ma tu non c’eri. Ti ho cercato in ogni gesto, in ogni giorno. Quando pioveva mi aspettavo che tu entrassi dalla mia finestra con in mano una videocassetta, e mi obbligassi a vedere qualche stupido film dell’orrore. Era come se tu fossi sempre accanto a me senza esserci mai. E’ per questo che ti amo, non è forse amore, questo?- la bionda termina di parlare, e i canti dei grilli sostituiscono le sue parole. Luke rimane amareggiato. Nelle ultime settimane ha voluto così tanto che lei glielo dicesse, ma poi ha imparato a conoscere la nuova Alison, e ha capito che lei era troppo. Troppo perfino per lui.
-No Ali. Tu non mi ami. Tu ami l’idea che io possa essere questa persona, quella che conosci fin da bambino, e un giorno torna da te e ti salva da tutti i tuoi problemi. Ma io non sono questa persona, e tu non mi ami.- questa volta è Luke a bere un lungo sorso dalla bottiglia.
-Forse hai ragione.- acconsente lei – Ma in questo momento le luci della città mi sembrano tante piccole lucciole, quindi posso permettermi di pensare di amarti, anche se magari mi sbaglio.-
Luke annuisce, anche se sa che lei non può vederlo, perché è buio ed ha gli occhi chiusi. Volge lo sguardo alla città e sorride. Gli ricorda tanto una notte di tanti anni fa. Potrebbe quasi cercare di acchiappare quei piccoli insetti e sperare di trovarli trasformati in soldi il mattino seguente.
-Arriva per tutti il momento di crescere Alison,- mormora. Più a se stesso che alla ragazza –e rendersi conto che le favole finiscono, e il lieto fine non esiste.-



 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Allora, allora, allora. Ho scritto questo capitolo ancora quest'estate e mi piaceva davvero molto, poi oggi l'ho riletto e... bah, lasciamo stare. Questo pomeriggio mi sono messa di nuovo, dopo tanto tempo, a scrivere, ma tralasciando il fatto che sono un po' a corto di idee, ho molto da studiare, quindi le opzioni sono due: o faccio capitoli brevi e mi rimetto a studiare l'età ellennistica, o scrivo capitoli belli lunghi e prendo quattro in storia. So cosa state scegliendo e vi dico già NO!
Scherzavo, dài. Spero veramente di riuscire a fare tutte e due le cose, sennò vi avviserò prima e spererò che abbiate pietà di me. Intanto spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo di perdonarmi per quelli che penso saranno stati numerosi errori grammaticali (sono stanca e non mi andava di rileggere >.<
Un bacio in fronte,

-Sve

 

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Capitolo 13
*** 10 LUGLIO 2003 ***


E’ una mattina di luglio, il giorno del suo diploma. Alison sta indossando la toga rossa e nel frattempo continua a fare numerosi respiri profondi. E’ agitata, non prova nemmeno a negarlo. Sa che non succederà niente di inaspettato, ma ogni qualvolta crede sia tutto sotto controllo, è terrorizzata dall’idea di aver dimenticato qualcosa. Ultimamente Luke scherza molto su questo aspetto di lei: le dice che è una maniaca del controllo e anche se Alison si offende, sa che lui ha perfettamente ragione.
Si guarda un’altra volta ancora allo specchio. Ha il viso pallido, probabilmente sta per avere una crisi di nervi. I capelli sono intrecciati da un lato della testa, e sebbene sia un’acconciatura morbida, le pare che le stia comprimendo la mente.
L’orologio sta scandendo i secondi e lei riesce a sentirli uno ad uno in testa, così afferra la borsa, la cartelletta con dentro il suo discorso da diploma, e decide di uscire. I suoi genitori si stanno ancora preparando per la cerimonia, mentre lei torna come sempre al parco giochi. Le corde dell’altalena si stanno consumando, e lei ormai non riesce più a dondolarsi senza che i suoi piedi tocchino terra. Qualche volta ha la sensazione che tutto attorno a lei si stia rimpicciolendo, fino a scomparire piano piano. Guarda quei campi che sono stati teatro di tutti i suoi più infantili giochi, e si sente stranamente vuota, come se tutto quanto non facesse più parte di lei, della ragazzina che è stata. Non c’è il sole quel giorno: il cielo è bianco, senza luce, e Alison ride quando ricorda che da piccola credeva che qualcuno dipingesse il cielo per fargli avere le diverse tonalità. Un giorno c’era un tempo simile, e lei aveva domandato alla madre se fosse stato possibile chiamare gli omini che dipingevano il cielo, per pitturarlo di azzurro. Adesso le sembrano tutte sciocchezze di una vita passata, ma di nuovo pensa a quanto tutto le sia scivolato via dalle dita come acqua piovana, e a come lei non sia riuscita a fare niente per tentare di afferrarla.
 
E’ da circa mezz’ora che è seduta su quella scomoda sedia di legno. La preside del liceo ha tenuto un discorso, ed ora sta terminando di consegnare i diplomi a tutti i maturandi. Lei ha già preso il suo, così quella minima parte di ansia l’ha abbandonata, ma tra qualche minuto dovrà parlare al pubblico, e l’agitazione la sta divorando da dentro.
Luke è seduto qualche fila più indietro, insieme agli altri genitori. Aveva insistito per venire a tutti i costi, ripetendo che voleva sentire il discorso di Alison. Così ora è seduto su una sedia accanto ad Ashton, con cui finge di parlare senza alcun problema.
Quando la preside fa il suo nome, Alison sussulta presa alla sprovvista. Tutti gli occhi della gente si puntano su di lei, e la ragazza raggiunge il palco con la preside con passo tremante. Si ripete in testa che ce la può fare, che conosce quasi tutta la gente che la sta guardando, e che si tratta solo di qualche parola.
Si posiziona davanti al microfono e rivolge lo sguardo alla folla. E’ una massa indistinta di volti che ha completamente dimenticato di conoscere. Ne guarda uno per uno, sperando di cogliere qualche faccia familiare su cui focalizzarsi, finché non incontra il viso di Luke. E’ sorridente, e ha gli occhi strizzati dal sole che sta facendo capolino nel cielo.
-Buongiorno a tutti.- mormora Alison, prima di alzare la voce dopo aver preso confidenza. –E’ finito un altro anno, ma questa volta a settembre nessuno di noi tornerà in questa scuola, in questi corridoi, ma inizierà invece un nuovo percorso, una nuova vita. Sarò sincera con voi: i ragazzi odiano il liceo. E’ un continuo sentirsi presi di mira, messi a confronto, alla prova. Nessuno sta bene con se stesso, e come se non bastasse nel frattempo è anche costretto a crescere. Già, crescere, è una brutta parola. Quando si parla di crescere, si parla di responsabilità, di impegno, di maturità. Ma io non la penso in questo modo.- la bionda prende un respiro profondo, prima di incrociare nuovamente gli occhi di Luke.
-Ho imparato troppo presto che Babbo Natale non esiste. Che i soldi che trovi il mattino dopo nel barattolo al posto delle lucciole, te li ha messi tuo padre. Che il colore del cielo è solo una percezione visiva, e non c’è nessun omino che con una scala arriva in alto fino alle nuvole per dipingerlo. Ho imparato troppo presto che gli arcobaleni nelle pozzanghere sono in realtà perdite di gasolio delle automobile, e ho imparato troppo presto che crescere significa rinunciare alle cose belle della vita. Che poi un giorno ti ritrovi a guardarti attorno e a chiederti cosa stai facendo, dove stai andando. Le persone si sentono importanti quando si sentono dire di essere cresciute, ma io non lo prendo come un complimento. Penso che la cosa migliore sarebbe riuscire a maturare mantenendo sempre viva in noi la consapevolezza che un giorno, potremo sempre tornare in quel parco giochi in cui ci divertavamo da bambini, salire su un’altalena, e tornare a volare nel cielo, magari anche più in alto di quanto mai ci siamo spinti.- termina di parlare e scende i gradini. In sottofondo sente gli applausi indistinti della gente, ma tutto ciò che vede in quel momento, sono gli occhi azzurri di Luke.
 
-Bel discorso.- le dice il biondo quando la raggiunge. La cerimonia è finita, ed ora la gente sta festeggiando al banchetto organizzato dalla scuola. Nell’ultimo periodo Alison ha ripreso ad uscire con Ashton. Quei due non fanno altro che lasciarsi e riprendersi, e anche se Luke non le ha detto niente a riguardo, non capisce come lei possa ancora perdere tempo andandogli dietro. Luke non le ha mai tirato fuori la storia della sua confessione al matrimonio dei suoi genitori, ma ogni volta che la guarda non può fare a meno che ricordarsi di quelle due paroline che gli ha detto. Forse per lei non hanno significato un granché, ma Luke non ha il coraggio di chiederlo, così ha semplicemente lasciato che la questione cadesse nel dimenticatoio.
-Ti ringrazio.- replica Alison, prima di rivolgergli un sorriso timido. Luke la osserva, senza sapere cosa risponderle. E’ diventata imprevedibile: una volta bastava che la guardasse negli occhi per capire cosa pensava, cosa voleva. Adesso invece sembra che ogni cosa che dica nasconda un significato, e lui è terrorizzato dall’idea di poter dire qualcosa di sbagliato. Entrambi restano in silenzio, un silenzio riempito solo dal chiacchiericcio degli altri studenti.
-Senti…- prorompe ad un tratto Luke, ma è interrotto da Ashton che gli si è fatto vicino all’improvviso.
-Ehy Luke!- esclama, e questo si gira verso di lui –Ho sentito che te ne torni a San Francisco. Proprio ora che ricominciavamo ad andare d’accordo!- gli dà una pacca sulla spalla e poi domanda ad Alison di seguirlo per andare a mangiare qualcosa.
-Arrivo.- risponde lei sorridendogli, e non appena Ashton si è allontanato punta lo sguardo su Luke.
-Spero sia uno scherzo.- constata con voce controllata e lui per un attimo teme il peggio, mentre cerca di scusarsi dicendo che stava per informarla della sua partenza.
-Non ci posso credere!- inveisce lei –L’hai rifatto! Un bel giorno ti svegli e decidi di andartene, così dal nulla. Devi smetterla!- Alison grida, e qualcuno si volta indispettito a guardarla.
-Alison abbassa la voce.- dice lui.
-Perché?!- chiede con voce acuta –Ti sto mettendo in imbarazzo? Oh mio Dio!-
Luke sospira: non immaginava avrebbe reagito così. Pensava che in questi anni lei fosse cambiata, invece è rimasta impulsiva come sempre. Le afferra un braccio e la trascina in un corridoio vuoto dentro la scuola.
-Mi hai stancata Luke.- riprende lei –Sei un bambino. Credevo che non fossi più l’incosciente di una volta, e invece sei rimasto uguale come sempre.-
-Non sono l’unico.- mormora lui, e questo non fa che agitarla ancora di più.
-Non puoi fare così, Luke. Non puoi! Non puoi andartene e lasciarmi a pezzi, poi tornare e sconvolgere la mia esistenza. Non puoi andare via di nuovo, senza salutare. Non ci pensi mai a me?! Non puoi venire qui, mandare all’aria tutto ciò che ho costruito in questi anni e poi andartene. Non puoi farmi innamorare e poi lasciarmi un’altra volta!-
Luke la guarda: ha il respiro affannato ed è rossa in volto. E’ arrabbiata, è ferita. E’ la prima volta che ritira fuori quella storia, che ammette di essere innamorata di lui e non ha nemmeno bevuto un bicchiere di champagne.
-Lo so, Ali. Mi dispiace.- mormora. Non sa che altro dire. Sa di aver sbagliato, ma non vede altra soluzione. Lei ad ottobre andrà al college, e lui deve pensare a cosa fare del suo futuro, perché il tempo passa e lui se ne sta sempre con le mani in mano.
-Questa volta hai oltrepassato il limite.- assicura lei. Non riesce a trovare nemmeno un singolo motivo per cui valga la pena perdonarlo –Quando ti guardo, io…-
-Lo so, ti ho ferita, lo capisco.- la interrompe ancora Luke, e sta per continuare le sue scuse quando nota che Alison sta scuotendo la testa, e sta piangendo.
-No, non capisci invece.- ribatte –Quando ti guardo, io vedo solo una delusione.- conclude, prima di guardarlo un’ultima volta negli occhi, per poi oltrepassarlo e tornare fuori dove continua la festa.

 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Wow, cosa posso dire? Era da un po' che avevo in mente questo andamento delle vicende, ma proprio non sapevo come scriverlo. Spero di non aver fatto casini... Comunque, Alison è furiosa perchè pensa che Luke se ne stia andando senza salutarla, ed ovviamente finisce per ferire più lei lui che il contrario. Ha ammesso che è innamorata di Luke, ma essendo un sentimento radicato nel profondo non le fa capire la vera importanza, e quindi ogni volta dice di amarlo senza rendersi conto del valore di ciò che sta dicendo. So che non vi sto dando molte gioie in fatto di questa coppia, e forse tarderanno ad arrivare, ma vi assicuro che ci saranno. Voglio che il loro sia un rapporto solido e non campato per aria "tanto per scrivere una fan-fiction" (si, sono molto protettiva nei confronti dei personaggi delle mie storie).
Il discorso sulla crescita l'ho inserito come un discorso da diploma, ma per tutto il tempo Alison si riferisce a Luke, e credo si sia capito.
Spero di non aver incasinato la vicenda e di aver reso una lettura piacevole. Grazie ancora a chi continua a seguirmi e noi ci risentiamo domani!
Un bacio in fronte,

-Sve


p.s. Voi come leggete "Alison"? Mi è venuto il dubbio che qualcuno lo possa pronunciare in modi diversi, perchè in America è un nome che varia spesso. Ad ogni modo nella mia storia si legge esattamente come si scrive, e (non penso che a qualcuno interessi) l'ho preso dalla protagonista di Pretty Little Liars. *la mia Ali <3*

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Capitolo 14
*** 17 LUGLIO 2003 ***


E’ passata esattamente una settimana dall’ultima volta in cui Luke ed Alison hanno parlato. Una settimana da quando si sono visti, da quando lui ha detto di voler partire, e lei ha detto di amarlo. La ragazza ha pensato spesso in quei giorni a cosa dirgli, ma ogni volta che si decideva a parlargli, finiva col rimandare la conversazione e il momento in cui avrebbe dovuto guardarlo negli occhi.
Credeva finalmente di aver ritrovato il rapporto di una volta, di sicuro anche migliore, ma lui con una parola ha smontato tutte le sue convinzioni. Ha cercato di comprendere le sue ragioni, al fatto che tra qualche mese anche lei se ne andrà, ma la cosa che continua a darle sui nervi, è che lui non le abbia detto niente, che lei l’abbia scoperto da un’altra persona.
Oggi Luke parte, e non sa se Alison passerà per salutarlo. Lui ha trascorso l’anno in un motel fuori città, ma lei non sa dove si trovi, quindi dubita che si farà vedere. Gli sembra che la vita gli giochi contro, che ogni volta che qualcosa va nel verso giusto, succeda sempre qualcosa di storto. Ha bisogno che le cose si sistemino, perché sa che se Alison non si farà viva, lui partirà e se la lascerà dietro per sempre. Dubita che la rivedrà mai in un futuro e la cosa un po’ lo rattrista, perché non fa che domandarsi che se la vita li ha fatti incontrare, una ragione deve pur esserci.
 
Alison è in camera sua, sta studiando. Ad ottobre inizierà il college e vuole essere preparata, e la più brava del corso. Continua a ripetersi che deve memorizzare più cose possibili, così farà una bella figura, ma nel profondo sa che tenere la mente occupata sui libri l’aiuta solamente a non pensare a Luke. Non ha idea di quando lui parta, e ha deciso che non le interessa, che non vuole rivederlo mai più. Quando si era resa conto di essersi innamorata di lui, aveva cercato di sopprimere il sentimento. Lui era tornato da qualche settimana, e lei continuava a pensare che fosse tutto troppo affrettato e che buttarsi sarebbe stato un errore; poi quando glielo aveva confessato, lui non aveva fatto una piega, e così lei si era autoconvinta che il suo fosse un sentimento di affetto che non sapeva interpretare nel modo giusto. Ora pensa di odiarlo, perché le ha spezzato il cuore: ma sa pure che prima era stato lui a farglielo battere di nuovo.
Qualcuno bussa alla sua stanza da letto e lei mormora “avanti” con voce bassa. E’ Ashton ad entrare. Indossa il suo solito sorriso smagliante e mentre in un altro momento avrebbe tirato su il morale ad Alison, adesso la fa stare solo peggio.
-Ehy!- esclama lui, prima di posarle un bacio sulla testa mentre lei sta studiando, e sedersi sul suo letto.
-Pensavo che il periodo da secchiona fosse terminato.- constata e lei si volta sorridendogli.
-Che hai?- chiede il ragazzo: ultimamente Alison è sempre così malinconica. –Stai male? Hai sempre la solita aria costipata.-
-Fottiti.- mormora lei, prima di tornare sui libri.
-Avanti, scherzavo!- Ashton le si fa vicino ridacchiando –Solitamente l’estate sei divertente, ma quest’anno sei stata così cupa che credevo fosse colpa dell’ultimo anno, ma adesso è luglio e tu te ne stai ancora qua a piagnucolare.-
Alison sbuffa –Non sto piagnucolando. Il fatto è che alcune cose mi fanno stare male e me ne lamento, tutto qua.-
-Cose o persone?- chiede lui, e Alison sussulta –Senti lo so che Luke parte oggi e a te dispiace. E’ il tuo migliore amico e quello che ti pare, ma l’estate è appena iniziata, cerca di godertela!-
-Hai detto che Luke parte oggi?!- esclama e Ashton sbuffa dicendo che ci tiene troppo a lui, che in fondo è un po’ un bastardo.
-Senti mi accompagni all’aeroporto?- chiede lei alzandosi di scatto dal letto.
-Ma che problemi hai?- dice lui aggrottando la fronte e lei ribatte che se non la vuole accompagnare allora prenderà l’autobus, così lui acconsente sbuffando.
Cinque minuti dopo sono entrambi seduti nei posti anteriori dell’automobile di Ashton e stanno sfrecciando a tutta velocità verso l’aeroporto. Alison è agitata è continua a far ballare la gamba destra. Non ha idea di cosa dirà a Luke: di certo non può chiedergli di non partire, perché lui non acconsentirebbe di sicuro. Non può nemmeno corrergli incontro, o dirgli che lo ama, o pregarlo di restare con lei. Non è giusto nei confronti di Ashton e non avrebbe nemmeno alcun senso. Lei non è del tutto sicura dei sentimenti che prova per lui, ed oltre a non volerlo illudere, non vuole che sia qualcosa che duri giusto un’estate: non può perdere l’amicizia di Luke per colpa di qualche suo folle pensiero. Ad un tratto ride, ride di una risata nervosa.
-Che hai?- chiede Ashton e lei liquida il discorso con un gesto della mano. Si è appena resa conto di aver considerato per tutti questi mesi Luke come un amico. Ripensa alla Alison di otto anni, che avrebbe finto di avere i conati di vomito e avrebbe fatto un sacco di boccacce all’idea di lei e Luke amici, tanto più al possibile pensiero che lei possa essere innamorata di lui. Alison si ritrova a pensare a quanto le cose siano cambiate, ma non riesce a vedere un prima e un dopo nel loro rapporto. Non riesce a trovare un momento in cui le cose sono cambiate, si sono evolute. Le sembra che sia stato un processo lento e graduale, e spesso dimentica anche il fatto che siano stati separati per quasi dieci anni. Prova ad immaginare il momento in cui guarderà Luke negli occhi, e dovrà decidere come agire, cosa dirgli. Non ha idea di cosa farà, spera solo che il momento le faccia capire quale sia la cosa giusta da fare.
 
Alison scende di corsa dall’auto e sbatte la portiera con forza, Inizia a correre ed arriva all’ingresso dell’edificio. Entra e la prima cosa che la colpisce è la grandezza di quel posto. Non ha mai preso l’aereo: da piccola abitava altrove, ma quando è andata a vivere nel Connecticut ha viaggiato in macchina. L’atrio dell’aeroporto è pieno di gente. Persone che vengono, persone che vanno. Quasi tutti piangono: chi per tristezza, chi per gioia. Quel posto è pieno di emozioni differenti e questo scombussola Alison, che per qualche attimo dimentica il motivo per cui si trova là e si incanta ad osservare i viaggiatori. Le sembra tutto più soffuso, i suoni, i colori. La gente cammina più lentamente e il tempo sembra rallentare. Poi si riscuote, e tutto riprende la sua velocità, mentre piano piano i pensieri tornano ad arrivare alla sua testa, e così corre di nuovo, questa volta tra la folla. Spintona parecchie persone e si fa largo tra individui di ogni età, finché non è costretta a fermarsi davanti alle transenne del check-in. Alza lo sguardo per leggere le partenze dei voli, mentre il suo cuore perde un battito e un groppo le si blocca in gola. Il volo per San Francisco è partito dieci minuti prima.
Di nuovo il brusio attorno a lei si spegne e perde la sensibilità delle gambe. Si affloscia a terra, e in un altro momento si odierebbe per questo attimo di debolezza, mentre adesso nemmeno si rende conto di ciò che sta facendo. Sente una mano sulla sua spalla, probabilmente di Ashton. Lui l’aiuta ad alzarsi e le dice che gli dispiace da matti, ma che può comunque telefonargli e si possono rivedere più avanti.
Alison cerca di deglutire e ad un tratto la vista le diventa appannata: ha iniziato a piangere senza che se ne accorgesse, e adesso qualche passante si volta a guardarla, curioso di sapere la storia di quella ragazza triste in un aeroporto affollato.
Ashton la prende per mano e la trascina dietro di sé, mentre Alison si lascia trasportare senza porre resistenza, ormai priva di qualsiasi tipo di contegno. Il ragazzo la riconduce alla macchina e la fa sedere sul sedile davanti, con le gambe fuori e la portiera aperta. Alison ha lo sguardo perso, vuoto. Nella mente continua a ripetersi che sta avendo una reazione sbagliata, eccessiva. Che in fondo è partito, ma come ha detto Ashton potranno rivedersi. Ma il suo cuore non fa che dire che è tutto finito, che tutto ciò che avevano costruito si è frantumato in mille pezzi, che lui l’ha abbandonata e se ne è andato. Andato. E’ una parola che le fa venire i brividi e scalpitare il cuore dal dolore.
-Alison.- dice Ashton, schioccandole due dita davanti agli occhi per richiamare la sua attenzione. Lei lo guarda, con la bocca socchiusa e gli occhi rossi da pianto.
-Alison ascoltami, ascoltami bene. Luke se ne è andato, okay? E’ partito, ed è una cosa brutta. Ma devi capire una cosa Alison: la vita va così. Le persone vengono, le persone vanno. Entrano a far parte della tua vita e te la illuminano, te la rendono migliore. Poi un giorno ti lasciano senza molti motivi, e ti strappano via la felicità che ti avevano dato, e si prendono con sé una parte di te. Lo so, fa schifo. Le persone fanno schifo. Ti deludono e ti feriscono, e non gliene importa. E fa male, Alison. Lo so che fa male. Fa così male che vorresti piangere e non fermarti più, e anzi sei convinto che non riusciresti mai a finire. E ti senti morire dentro lentamente e non riesci più a vedere niente come una volta, perché ogni cosa che guardi ti ricorda un momento passato con quella persona e a come tutto sia finito. E’ bruttissimo. Ma un giorno smetterà, te lo giuro. Un giorno smetterà di fare male. Ci vorrà del tempo, è vero. Ma poi non sentirai più nulla, e quando sentirai il nome di quella persona, non ti farà più nessun effetto. Va bene?-
Alison si limita a guardarlo per un po’, e poi apre bocca: -Il fatto che io poi dimentichi questa persona, e che pensare a lei non mi faccia più alcun male né mi provochi la minima differenza, non è forse peggio?-
 
Le nuvole corrono veloci sotto di lui, il cielo è terso e azzurro pallido. E’ in viaggio da circa un quarto d’ora, ma la stanchezza già inizia a impossessarsi di lui. Alison non è venuta a salutarlo e lui non ha fatto niente per cercare di far accadere il contrario. Aveva pensato a lungo all’idea di non salire sull’aereo, di prendere un taxi e tornare da lei. Ma poi ha pensato che la sua vita non è un film, e che di certo rimanendo nel Connecticut non avrebbe cambiato le cose.
-Che schifo!- esclama una voce acuta di fianco a lui. Luke si volta: è una bambina ad averlo detto. Ha all’incirca sette anni, e il succo di mela le si è rovesciato sul vestito rosa. La madre la rimprovera per il linguaggio, e poi si scusa con Luke. Lui sorride e liquida le scuse. Appoggia la testa al vetro del finestrino e guarda in basso: forse tra quegli incroci di strade c’è una bionda col naso all’insù che aspetta di vederlo volare davanti ai suoi occhi. Non lo sa, in questo momento l’unica cosa che sa è che vorrebbe che quella bionda fosse seduta accanto a lui.

 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Perdonate il ritardo e il capitolo scritto di fretta. Non ho nulla da dire e purtroppo non posso fermarmi per dare spiegazioni perchè devo studiare pianoforte e greco perchè domani ho versione, ma ci tenevo ad aggiornare ugualmente, così ora ho un casino di altre cose da fare.
Luke è partito e Alison ne è distrutta. Vi avviso che adesso ci sarà qualche capitolo come quelli durante il periodo in cui Luke era a San Francisco, ma poi torneranno capitoli migliori di prima, e vi assicuro che non avete la più pallida idea di quello che vi aspetta!
Spero di non aver fatto troppi errori e scusatemi per la fretta! Domani non so se riuscirò ad aggiornare, dipende da come sono presa, in caso sappiate che se entro le sette-otto non ho postato niente, allora ci risentiamo lunedì.
Un bacione a tutti,

-Sve

 

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Capitolo 15
*** AVVISO ***


Ciao a tutti!
So che sto per deludervi ma oggi non riesco a postare... Mi spiace di non essere stata molto attiva in questi ultimi giorni, ma sto avendo dei problemi in casa e il postare è passato un po' in secondo piano. Spero domani di aggiornare perché voglio continuare questa storia e voi siete carinissimi quindi vi assicuro che non sparisco più!
Scusatemi ancora, e un bacio in fronte a tutti quanti,

-Sve

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Capitolo 16
*** 2003-2004 ***


                                                                                                           OTTOBRE 2003
Ad ottobre Alison inizia il college. Quando arriva al campus sono tutti molto gentili con lei, sebbene non conosca nessuno. La ragazza non è mai stata brava a fare amicizia, così quando entra nella sua camera da letto ha un po’ di timore nel conoscere la sua compagna di stanza. Si chiama Hayden ed è simpatica. E’ molto aperta dal punto di vista delle relazioni, ma ha fatto sentire Alison a suo agio per la prima volta da molto tempo. L’estate passata l’ha trascorsa tra libri e corsi intensivi: ha cercato il più possibile di avere qualcosa da fare per non rimanere sola a pensare. Lei e Ashton stanno ancora insieme, e la loro relazione sta diventando una cosa seria tant’è che pensano di andare a vedere qualche casa da prendere a metà strada tra i college di entrambi. Un giorno la madre di Alison le ha domandato se è questo quello che vuole e lei ha risposto di sì. Sono fidanzati dalla seconda liceo e lei non ha fatto esperienze, ma la cosa non le interessa: crede di aver combinato fin troppi casini, e Ashton è l’unica cosa stabile che è rimasta nella sua vita.
Anche per Luke ci sono novità: si è trasferito, e ora vive da solo in un appartamento sul mare a San Diego. Non ha iniziato il college, però. Ci ha riflettuto molto, svariate volte, ma alla fine ha deciso che cercherà di fare fortuna senza continuare gli studi. Fino a quel momento, però, lavora in un locale in città, e col poco che guadagna riesce a pagare l’affitto. Spesso si domanda se ciò che sta facendo è veramente ciò che voleva dalla vita, ma anche se la risposta è quasi sempre negativa, non può che accettarlo. Non ha fatto molta strada nel corso della sua crescita, e quando pensa a se stesso, si vede sempre come un bambino troppo immaturo, che è stato costretto a crescere contro la sua volontà.
 
 
                                                                                                      DICEMBRE 2003
Per Natale Alison torna a casa. Le piace il college, ma non ha legato con molte persone, così quando cominciano le vacanze invernali può finalmente tirare un sospiro di sollievo. Prepara in fretta e furia le valigie, e torna a casa sua con la prima corriera che passa quello stesso pomeriggio. Da lei nulla è cambiato, tranne per il fatto che ora Chloè cammina e dice qualche parola. La casa profuma di pop-corn come ogni inverno, e i suoi genitori vanno ancora d’accordo. Appena arriva le corrono incontro, ansiosi di vederla e di sentire qualche novità. Alison sorride, ma per la prima volta si sente un’estranea in casa sua. Le sembra tutto più freddo e le riesce difficile ridere agli aneddoti che sua madre le racconta ridendo. Continua a guardarsi intorno smarrita, e tutto ciò che desidera è scappare via da quella prigione di ricordi. Così esce in cortile, senza nemmeno il giubbotto. E’ tutto coperto di neve, ma lei non lo sente, il freddo. Quando arriva al parco giochi nota che al posto dell’altalena rotta da Luke ne hanno messa una di quelle per bambini, di plastica, con le sbarre affinché non cadano. Si siede su quella accanto che ormai è vecchia di quasi vent’anni. Le corde stanno per cedere e le assi sono completamente rovinate. Per la seconda volta in quella giornata ad Alison viene da piangere. Tutti i punti fermi della sua vita si stanno sgretolando sotto i suoi piedi.
-Ehi!- la chiama qualcuno, e lei per un attimo spera di ritrovarsi davanti un ragazzino biondo, ma si tratta di Ashton.
-Ciao.- lo saluta, e poi scatta in piedi e lo abbraccia, lasciandolo sorpreso della sua reazione. Per qualche attimo restano fermi così, immobili l’uno stretto all’altra, poi lui si scosta piano.
-Andiamo dentro, dài.- mormora sorridendo e lei annuisce. L’indomani partiranno per un week-end solo loro due e Alison ne è contenta, perché finalmente avrà modo di pensare ad altro. Si volta un’ultima volta verso il parco giochi. E’ così desolante ora, sotto tutta quella neve e quel legno consunto. Non le ha mai fatto così tanta tristezza, e per la prima volta dopo molti anni, l’immagine di due bambini biondi che si dondolano su quell’altalena si sbiadisce, e può quasi fingere non sia mai esistita.
La sera di Natale Luke finisce di lavorare presto. Non tornerà a San Francisco e la cosa un po’ gli dispiace, perché è il suo primo Natale lontano da casa, ma d’altra parte sostiene che ora la sua vita sia quella, e deve accettarla. Sale in macchina e guida fino a casa. Quest’ultima è vuota: non ha addobbato le stanze, non ha nemmeno fatto l’albero. Mangerà qualcosa di riscaldato, anche se d’un tratto non ha nemmeno più fame. E’ ancora sulla soglia di casa quando decide che non può passare la vigilia di Natale lì da solo. Così esce e scende giù al mare. Ci sono molte onde, e il cielo è grigio, ma a lui non interessa. Si siede a terra, sulla sabbia umida della sera. Spira un forte vento; probabilmente quella notte pioverà. Non c’è nessuno oltre a lui, ma la cosa non gli dispiace. Per la prima volta si rende conto di quanto sia infinitamente solo. Guarda il mare vasto davanti a sé e spera che possa portare via anche tutti i suoi pensieri. Ultimamente si ritrova spesso a domandarsi fino a che punto andrà avanti, quando tutto ciò che gli sta attorno smetterà di farlo sentire così distante e isolato. Alle volta pensa di aver solamente bisogno di qualcuno accanto a lui, ma poi scuote la testa. Non ha bisogno di qualcuno, ha bisogno di Alison.
 
 
                                                                                                  GIUGNO 2004
Luke ha lavorato parecchio negli ultimi mesi. Comincia presto alla mattina e finisce tardi la sera, e in questo modo il suo stipendio si è alzato di parecchio. C’è una nuova cameriera oltre a lui, si chiama Lila ed è molto carina con lui. Ha un anno in più, ma i due vanno d’accordo ugualmente. Qualche volta sono andati insieme sulla spiaggia, a vedere il mare. Lila è in gamba e lavora sodo perché ha qualche debito da saldare. Alle volte Luke si ferma a guardarla, sul lavoro, mentre magari sta prendendo qualche ordinazione. E’ semplice e ordinaria, la cosa più simile ad un punto fermo che potrà mai avere nella vita.
Nel 2004 Alison termina il college. Ha appena ventuno anni ma già ritiene vi aver vissuto abbondantemente. Lei e Ashton hanno preso un appartamento a New Haven e anche se non è molto grande, a loro basta. Ashton ha iniziato la specializzazione in medicina, mentre lei non sa ancora che carriera vuole intraprendere. Un giorno il moro le ha detto che non ha di che preoccuparsi, ma Alison si sente sempre in colpa per non portare a casa uno stipendio.
E’ il ventidue Giugno quando succede. Ashton e Alison sono usciti fuori a cena, in un ristorante nel centro. Le strade sono ancora affollate di gente che non si è già presa le ferie, e così il trambusto delle automobili contribuisce a rendere il caldo estivo ancora più fastidioso. Per la prima volta dopo tanto tempo si permettono una cena elegante, ed Alison per l’occasione indossa un abito lungo nero. A causa del basso reddito non si concedono spesso uscite, e quando accade la ragazza vuole sempre essere perfetta.
Quando terminano di cenare passeggiano a braccetto per le vie della città rumorosa, fino a quando Ashton non decide di andare fino al porto. Lì c’è più calma, e l’acqua scorre placidamente accanto a loro. Si fermano a guardare qualche barca e Alison comincia a fantasticare riguardo i luoghi che le piacerebbe visitare se avesse una di quelle imbarcazioni. Ha sempre voluto viaggiare, ma si è sempre accontentata della vita cittadina e la cosa le pesa solamente in questo momento. Si è sempre ritenuta una ragazza di città, forse pure con la mente chiusa, ed ora per la prima volta vorrebbe salire su una barca e salpare, ovunque quella sia diretta. Ha sempre avuto una propensione al fuggire senza avvisare nessuno, e più gli anni passano, più pensa al fatto che un giorno lo farà: prenderà un aereo e volerà lontano, in un posto in cui nessuno conosce Alison, quella Alison piena di sé e fin troppo ambiziosa.
Si perde di nuovo a guardare l’orizzonte, mentre la sua mente sta già vagando verso luoghi sconosciuti, quando Ashton mormora il suo nome, e lei si volta verso di lui.
-Alison,- comincia –so che ci conosciamo da quando avevamo all’incirca sei anni, e magari sembrerà strano ma…- La ragazza lo guarda, mentre piano a piano un pensiero inizia ad impossessarsi di lei. Ashton la sta lasciando. In fondo è vero, si conoscono da sempre, e la vita tra loro due sta diventando banale, noiosa. Lui ha uno strano sguardo, e Alison si sente in colpa quando realizza che la loro rottura la fa stare bene, libera.
Sfodera il suo sorriso migliore e torna a rivolgersi ad Ashton, che sta ancora parlando senza che lei lo ascolti davvero.
-Probabilmente questo non è il miglior discorso che tu abbia mai sentito, ma…- Ashton si schiarisce la gola, si tira i pantaloni e si inginocchia a terra.
-Mi vuoi sposare?- domanda aprendo allo stesso tempo una scatolina foderata di velluto blu, rivelando un anello con un brillante.
Ad Alison si ferma per un attimo il cuore e sbarra gli occhi quando ciò che ha sentito viene reperito al cervello. Guarda Ashton che in ginocchio le sta rivolgendo ancora uno sguardo speranzoso. Le pare che quel secondo duri all’infinito, che letteralmente le scorra davanti agli occhi la sua intera vita, e le si blocca un groppo in gola quando si rende conto che i ricordi che le vengono in mente ritraggono tutti due bambini biondi che giocano. Si sente le gambe afflosciarsi mentre tutto in lei le grida di scappare via. Di salire davvero su una di quelle barche e andare il più lontano possibile.
Il ragazzo è ancora davanti a lei, in silenzio, che aspetta una risposta. Lei lo guarda una volta di più, mentre inconsapevole muove la testa.
-Certo.- mormora –Certo che voglio sposarti!-


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Plot twist: Alison e Ashton si sono fidanzati ufficialmente! Non ve lo aspettavate, vero? Vi prego ditemi che non ve lo aspettavate...
Ad ogni modo, Luke pensa ancora a lei qualche volta, ma ora ha conosciuto Lila, che la ritroveremo più avanti; mentre Alison sta a poco a poco superando Luke, anche se ogni momento è buono per pensare di fuggire via.
Non ho altro da dire, scusate. Ah, e perdonatemi ancora per l'assenza, ma ho avuto altro a cui pensare, mi spiace :(
Comunque tornerò anche domani, salvo imprevisti, ed ora la storia si infittisce sempre più!
Ora vi lascio che devo studiare matematica.
Un bacione,
-Sve 

 

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Capitolo 17
*** AVVISO ***


Ciao a tutti! Volevo avvisarvi che da ora in poi posteró tre volte a settimana, ovvero il lunedì, il mercoledì e il venerdì; mentre questa settimana aggiornerò domani e poi tornerò lunedì. Perdonate queste assenze, ma mi sono un po' fermata a scrivere e in più ho molto da studiare, quindi preferisco rallentare gli aggiornamenti piuttosto che postare capitoli malfatti. Spero capiate le mie ragioni, un bacio in fronte -Sve

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Capitolo 18
*** 2 LUGLIO 2004 ***


Quando Alison aveva detto di sì ad Ashton, non aveva la benché minima idea di cosa quello avrebbe comportato. All’inizio era stato tutto molto dolce e romantico. Lui le aveva messo l’anello al dito, l’aveva abbracciata sollevandola e facendola girare, e alla fine le aveva dato un breve bacio a fior di labbra. Somigliava tutto ad un film, ed Alison era ancora talmente intontita ed inebriata da quella surreale situazione, che quando la mattina dopo, svegliandosi, la luce del sole che entrava dalla finestra socchiusa aveva illuminato il suo anello, lei aveva sentito il suo cuore sprofondare sempre più giù, nei meandri di quella che ormai non sarebbe più stata la sua vita.
Aveva cercato di essere positiva per tutto il pomeriggio. Aveva sorriso raggiante ogni volta che Ashton si rivolgeva a lei chiamandola futura moglie, e quando la sera, esausta, si era gettata sul letto ancora vestita, aveva sperato con tutta se stessa che quello fosse solo un brutto incubo dal quale si sarebbe svegliata l’indomani.
Sono passate un paio di settimane dalla proposta, ed Alison ha imparato a conviverci. Qualche volta pensa a come ha fatto a ridursi in quello stato da sola. Lei che non voleva nessuna catena, che non voleva essere legata a nessuno. Lei che aspirava alla libertà quasi più dell’aria stessa. Ed ora invece è come una di tutte quelle fidanzatine spumeggianti super eccitate in vista del loro matrimonio. Ha deciso che vorrà un matrimonio in bianco, come quello nelle fiabe. Che se proprio deve farlo, lo vuole come se l’è sempre immaginato.
Ashton le ha detto che non c’è alcun problema, che può pensare a tutto lei, che può decidere tutto lei. E’ a causa di questa concessione che ora si ritrova per le strade di New Haven a passeggiare per negozi con la madre di Ashton. E questo non sarebbe un problema, se non fosse che quest’ultima ha qualcosa da ridire su qualunque decisione prenda la ragazza. Alison l’ha capito dal primo momento di non piacerle. Da quando Ashton l’aveva presentata come la sua ragazza che frequentava ancora la terza liceo; e lei, con la sua aria da ragazzina ancora presuntuosa le aveva dato due baci stringendo le labbra in un sorriso tirato. Anche la signora Irwin l’aveva guardata in malo modo, ma lì per lì ad Alison non era importato. Di certo non pensava che un giorno sarebbe stata la sua futura suocera.
E quell’astio non detto scorre ancora tra le due donne, che cariche di sacchetti e borse fingono di andare d’amore e d’accordo. Hanno già prenotato il posto, un ristorante sul mare: la cerimonia sarà sulla spiaggia, e la madre di Ashton ha avuto così tanto da ridire riguardo al fatto che il vestito si sarebbe riempito di sabbia, che alla fine sono dovute scendere ad un compromesso. Ovvero, sarà lei a scegliere il menù. Hanno ordinato già le bomboniere, e qualche sera prima Alison e Ashton hanno compilato la lista dei regali di nozze. E’ tutto già pronto, e il matrimonio è a settembre. C’è solo una cosa che manca, e Alison lo sa bene: il vestito.
Non l’ha detto ad Ashton, ma non vuole comprare il vestito ancora per un po’. Gli ha detto che vuole comprarlo con sua madre, che vuole che lei la veda per prima, e che è il suo sogno fin da quando era bambina, ma non è affatto vero. Cerca di non ammetterlo nemmeno a se stessa, ma la verità è che nel momento in cui comprerà il vestito, sarà tutto fin troppo reale. Ormai ha detto di sì, questo lo sa, ma in questi giorni sta vivendo in una sorta di limbo in cui il tempo sembra essere rallentato. Continua ad avere molti dubbi che cancella sempre ripetendosi tutti i buoni motivi che ha per sposare Ashton. Perché è questo il problema: ci sono solo buoni motivi. Ashton è un ragazzo perfetto: ha finito gli studi, ha fatto il college, sta studiando medicina e porta a casa uno stipendio. La mantiene e non ha mai niente da ridire su ciò. Non le fa mancare nulla, la tratta come una principessa, e non farebbe mai niente che potrebbe ferirla. E allora Alison si dà della stupida, perché è tutto ciò che di più stabile potrà mai avere, ma mentre questo dovrebbe rassicurarla, non fa che spaventarla.
E se poi fosse lei quella imperfetta? Ha il terrore che poi potrebbe stancarsi di avere sempre tutto a portata di mano, e anche se è un desiderio sciocco, alle volte lei avrebbe voglia di litigare, di verificare se sotto tutta quella calma c’è qualcosa che brucia. Ma tutto con lui è sempre quieto, tranquillo. E’ un porto sicuro dal quale alle volte lei vorrebbe salpare. Ha bisogno di un po’ di mare mosso nella sua vita, perché tutta quella bonaccia le dà alla testa.
 
                                                                                                                        ***
 
Quella mattina Luke si alza tardi, con un fastidioso e continuo mal di testa. La sera prima ha davvero esagerato con tutto quello scotch, tanto che sulla lingua può ancora sentirne il sapore dolciastro. Si trascina in cucina a petto nudo, mentre cerca tra i vari sportelli qualcosa di commestibile. Nel frigorifero è rimasta solo una lattina di birra e un avanzo di una torta del locale in cui lavora. Tira fuori entrambi e li posa sul tavolo, mentre allontana una sedia per sedercisi. Apre la lattina e beve un lungo sorso che gli crea un buco ancora più grande in quello che ormai non sa più se essere lo stomaco o il cuore, mentre con una forchetta cerca di tagliare la torta vecchia di qualche settimana. E’ messo davvero male negli ultimi tempi: gli hanno spostato i turni di sera, così adesso dorme tutta la mattina e la notte serve ragazzi sui vent’anni che sembra passino la loro intera estate a sbronzarsi in quel pub. E’ immerso nei suoi pensieri quando un’altra forchetta afferra il pezzo di torta che era appena riuscito a tagliare.
-Ehi.- si lamenta con voce ancora impastata dal sonno e dall’alcool, mentre Lila, coperta di solo una T-shirt gli sorride colpevole.
-Ho fame anche io.- replica questa. Hanno iniziato a frequentarsi verso la metà di giugno, ma nessuno dei due vuole una storia seria, quindi sono entrambi d’accordo sul fatto che la loro sia una relazione assolutamente aperta, anche se negli ultimi giorni lei è sempre lì da Luke.
-Non pensi di dover fare la spesa?- domanda lei sarcastica, e Luke si passa una mano tra i capelli biondi sbuffando sonoramente.
-Non iniziare a fare la rompi scatole, oppure te ne puoi anche andare.- borbotta, mentre Lila alza gli occhi al cielo.
-Sto solo dicendo che magari potresti prenderti un po’ più cura di te stesso. Guardati: sei messo uno schifo.- nota.
Luke sbuffa ancora, mentre finisce di bere tutto d’un sorso la birra, e poi lancia la lattina in direzione del cestino. Lo manca di molto, e quest’ultima finisce per terra, in mezzo a tutto il resto dello sporco che si è accumulato nell’ultimo periodo.
Si alza e mette il piatto della torta finita nel lavello. –Credevo mi frequentassi per fare sesso, non per fare la mammina.- sbotta, e lei aggrotta la fronte.
-Sei consapevole di essere un emerito stronzo?- domanda ironica.
-Me l’hanno detto.- butta là lui, e lei esce seccata dalla stanza, solo per tornarci qualche minuto più tardi rivestita e con la borsa alla mano.
-Pensavo che conoscendoti fossi un po’ meglio di ciò che sembri, e invece mi sbagliavo.-
-Credo che siamo rimasti delusi entrambi.- fa lui alzando un sopracciglio. Lila lo guarda un’ultima volta.
-Ma che problemi hai?- sbotta prima di percorrere a falcate il salotto e uscire di casa, sbattendo la porta.
Luke alza gli occhi al cielo, senza che la situazione gli interessi davvero. Si china per afferrare la lattina che poco fa ha gettato per terra e apre il cestino per buttarla via, ma alla sua vista compare un cartoncino appena stropicciato sul fondo della spazzatura. E’ scritto con un bel font, di quelli ricercati, pieno di ricciolini dorati e ingrassature sulle pance delle lettere tonde. Il bordo è tutto ricamato con piccoli fiorellini fucsia, e Luke lo guarda disgustato. Alla mente gli ritorna prepotente quell’orribile mattina in cui ha iniziato a ridursi in quelle condizioni. Si era svegliato di buon umore, pieno di propositi della giornata, finché non era andato a controllare la posta e l’aveva vista. Una busta color crema che sembrava prendersi gioco di lui dal fondo della cassetta dipinta di bianco. Dietro, con lo stesso dannato font dell’interno, c’era scritto Per il sign. Luke Hemmings. Lui l’aveva guardata senza capire, mentre con mani dubbiose l’aveva aperta. Quello schifoso cartoncino aveva fatto la sua entrata trionfale in tutti quei ghirigori dorati, mentre nella sua testa erano rimbombate le parole: Alison & Ashton si sposano! Il 15 Settembre ti aspettano a festeggiarli con grande gioia! Seguivano le indicazioni del posto, dell’ora, della cerimonia e del menù. Luke era rimasto fermo immobile sul posto, senza capire, mentre in testa continuavano ad echeggiare quelle stupide frasi con quegli stupidi punti esclamativi. E la cosa forse più bizzarra era che a ripeterle nella sua mente era la stupida, fastidiosa e noiosa vocetta di una Alison di otto anni.
Aveva gettato subito l’invito, senza nemmeno fermarsi a pensare. All’inizio aveva finto che la cosa non gli importasse, ma la sua caduta verso la disperazione era stata talmente ripida e veloce che aveva capito da solo che probabilmente la cosa gli importava eccome.
Così adesso fissa nuovamente quelle frasi dorate. Con grande gioia! dicono, e Luke è quasi tentato di sputarci sopra. Senza rendersene conto ha accartocciato la lattina di birra che tiene ancora in mano. La guarda con sguardo assente mentre sente nuovamente Alison bambina che gli parla con voce acuta.
La getta nella pattumiera e chiude con un colpo secco il cestino.
 
                                                                                                                       ***
 
La madre di Ashton si siede sulla sedia dall’altro capo del piccolo tavolino da caffè nel quale hanno deciso di sostare per un po’. Posa tutte le borse sulla sedia vuota che le sta accanto, e dopo aver ordinato un caffè d’orzo, si volta a guardare Alison.
-Allora dimmi,- esordisce seccata –cos’è che non ti va giù di questo matrimonio?!- La bionda sussulta presa alla sprovvista. Balbetta qualche parola incomprensibile senza ben capire dove lei voglia andare a parare.
-Oh, fammi il piacere.- esclama la signora Irwin agitando una mano in aria –Ho capito che stai avendo un sacco di ripensamenti. Ma fai un favore ad Ashton e a me: se non vuoi sposarlo, diglielo. Smettila di illuderlo in questa maniera, o quando lui lo scoprirà ci rimarrà ancora peggio.- sbotta. Poi fa un cenno di ringraziamento alla cameriera che le ha appena posato di fronte il suo caffè d’orzo. Afferra la tazza e beve un lungo sorso.
-Io lo amo.- afferma Alison, che nel mentre non ha ancora capito come reagire. La donna di fronte a lei storce il naso. Le dice che se lo amasse davvero allora non avrebbe quella faccia costipata ogni qual volta che uno di loro due nomina il matrimonio.
-Sono solo agitata.- asserisce lei annuendo, e per un attimo riesce quasi a convincere se stessa –Ma voglio sposarlo, ne sono più che certa. Lei non era agitata prima del suo matrimonio?-
-Qui non stiamo parlando di me, ragazzina.- soggiunge la madre di Ashton –E comunque, spero per te che tu mi stia dicendo la verità. Se farai un passo falso, te la vedrai con me.-
-La cosa non mi spaventa.- replica Alison e la signora Irwin le rivolge un’occhiataccia –Lo dico perché non avrò alcun ripensamento. Sposerò Ashton, diventerò sua moglie, e resteremo insieme finché morte non ci separi.- recita Alison con voce saccente, lasciando la donna senza nulla da ridire. Quest’ultima termina in silenzio di bere dalla tazza, rivolgendo qualche occhiata furtiva ad Alison che improvvisamente non si sente più molto bene. Dopo aver pronunciato quelle parole, ha capito che il suo destino è già stato scritto, che tutto quanto nella sua vita è già stato programmato. Rivolge un ultimo sguardo alla signora Irwin prima di rigettare sul tavolo la misera colazione della mattina in un fiotto di vomito.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Sono tornata!
Allora, allora, allora. Cosa posso dire? Mi sentivo un po' in colpa per essere stata assente negli utlimi giorni e per le nuove modifiche riguardo gli aggiornamenti, così ho deciso di allungare il capitolo, che ovviamente spero vi sia piaciuto!
Luke è ridotto uno straccio, poverino, senza Alison, mentre per quest'ultima fin'ora la preoccupazione più grande sembra cercare un modo per scappare via. Vi avviso che durante questa estate 2004 succederanno molte cose, perciò i capitoli saranno suddivisi in giorni e non più in mesi.
Non ho altro da dire, se non che spero di non aver fatto errori visto che questo capitolo l'ho scritto di getto e l'ho riletto una sola volta. In caso, se ne trovate, avvisatemi!
Spero nuovamente che questo capitolo vi abbia incuriositi perchè vi assicuro che lunedì succederanno cose che non potete immaginare (o perlomeno credo. Spero di non essere così prevedibile.)
Bene, qui ho finito! Vi auguro buon week-end e non ci risentiamo lunedì!
Un bacio in fronte,
-Sve

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Capitolo 19
*** 7 LUGLIO 2004 ***


Il telefono squilla insistente, ma lui non ha la minima voglia di alzarsi dal divano. Sono le quattro del pomeriggio e tra qualche ora dovrà iniziare a prepararsi per il turno serale. Da quando hanno litigato qualche giorno prima, Luke e Lila non hanno più parlato. Continuano a lavorare nello stesso locale, e ciò comporta il fatto che si vedano ogni sera e che siano costretti a rivolgersi la parola, ma lei è ancora arrabbiata con lui, mentre a Luke la cosa non interessa poi così tanto.
Accartoccia un pacchetto di salatini e si alza in piedi sbadigliando. Non dorme molto ultimamente, ma non ci fa caso. Ormai la sua vita è diventata talmente deprimente che la sua mente non reagisce neanche più alla differenza tra giorno e notte. Alza la cornetta passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
-Pronto.- dice, prima di sussultare quando sente la voce dall’altro capo del telefono: sua madre. Non la sente al telefono dal suo compleanno, quando lei ha chiamato per fargli auguri. Da quando lui si è trasferito non si è fatto più sentire, e nel momento in cui lei gli dice il motivo della sua telefonata, Luke si sente cadere in un vortice di sensi di colpa che non fanno altro che farlo sentire peggio di prima.
-Certo.- afferma con voce rotta –Io… arrivo subito. Prendo il primo aereo e arrivo, te lo giuro.- ripone il telefono e per qualche attimo resta fermo sul posto. Il respiro gli si fa affannoso e involontariamente si siede nuovamente sul divano. Si prende la testa fra le mani, e prova a fare dei respiri profondi per calmarsi.
Sbatte più volte gli occhi per impedirsi da solo di piangere, mentre con le gambe appena traballanti si alza in piedi. Si infila una maglia abbandonata su una sedia, prende le chiavi e il portafoglio, e prima di uscire di casa si volta a guardare il suo piccolo appartamento.
Andrà tutto bene, lo sa che andrà tutto bene. Se la cava sempre, in un modo o nell’altro, spera solo di farcela anche questa volta. Sospira prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
                                                                                                ***
 
Quando Alison si era svegliata quella mattina, non aveva la benché minima idea di come sarebbe cambiata la sua vita da un momento all’altro. Si era alzata, lavata, vestita. Aveva indossato un bel vestitino a fiorellini bianchi ed era scesa a fare colazione. Aveva chiacchierato con Ashton e con sua madre, che con suo velato disappunto era ancora lì da loro. E dopo che quest’ultima aveva fatto qualche battuta di dubbio gusto, la bionda aveva sorriso a denti stretti tanto per cortesia, prima di allontanare la sedia con un rumore fastidioso mentre qualche conato di vomito si impossessava di lei. Aveva corso il più in fretta possibile fino al bagno e aveva vomitato la cena della sera prima nel water.
-Ti avevo detto che non dovevamo mangiare messicano anche ieri sera.- aveva sentito la signora Irwin esclamare dall’altra stanza, mentre lei aveva sospirato alzando gli occhi al cielo. Non era colpa del messicano.
Ed è anche ciò che la sua mente continua a ripeterle mentre impaziente aspetta. Cammina avanti e indietro nel piccolo bagno bianco, torturandosi il labbro a forza di morderlo dall’agitazione. Ad un tratto si ferma e sospira una volta di più prima di erompere in un sonoro “Oh cazzo”, alla vista di quelle due dannate lineette sullo stick che tiene in mano.
 
                                                                                               ***
 
Luke spalanca le porte a vetri con sguardo preoccupato. Non ci ha messo troppo a tornare a San Francisco, ma è ancora comunque scosso dal viaggio improvviso. Qualcuno lo guarda senza capire la sua agitazione, mentre qualcun altro cerca di fermarlo              per chiedergli dove sta andando. Lui ha lo sguardo spaesato, fino a quando un uomo non gli fa cenno di seguirlo, e lo trascina in una stanza prima di lasciarlo solo. Luke si avvicina al letto con impeto. Sua madre è stesa lì, piena di tubicini e cerotti.
-Perché hai aspettato così tanto a dirmelo?!- sbotta lui con rabbia cogliendola di sorpresa. Quando sua madre gli ha detto di essere ricoverata per un tumore al cervello, non ci ha voluto credere. La donna che ricordava lui è sempre stata così forte, e non si avvicina nemmeno minimamente alla donna provata dal tempo che giace in quel letto d’ospedale.
Lei gli sorride, e gli scompiglia appena i capelli biondi. –Non c’era bisogno che ti rovinassi la vita con questo.- mormora indicandosi –In questo modo non hai sprecato anni dietro ad una povera malata.-
-Beh avrei dovuto.- esclama lui. Ha ancora la voce alterata, ma non riesce a comprendere se è arrabbiato per il fatto che lei non glielo abbia detto, o per la malattia di sua madre in sé.
-Quando è successo?- chiede calmo. Una volta ha letto da qualche parte che in situazioni del genere devi mantenere il controllo anche per il malato, altrimenti rischi di mandare tutto a farsi fottere. L’articolo non diceva esattamente ciò, ma la sostanza era questo.
-Qualche anno fa. Un paio di mesi dopo il divorzio con tuo padre.- risponde lei, ancora sorridendo debolmente.
-Ma tu non stavi… non sembravi che tu stessi male.- Luke la guarda confuso. Se lo ricorda bene quel periodo. Lei piangeva sempre, ma lui non ci aveva mai fatto troppo caso. Era preso a pensare allo studio, alla scuola. Credeva che lei stesse male per suo padre, e quando sente la vera ragione, si maledice mentalmente per essere stato così stupido.
-Va tutto bene, Luke.- dice sua madre afferrandogli la mano –La situazione era un po’ migliorata, ma nell’ultimo anno ho avuto una ricaduta, ma non è un problema, te lo assicuro.-
Luke le accarezza la mano, prima di bloccarsi di colpo –Perché non è un problema? Stai dicendo che tu stai…- alza lo sguardo su di lei, senza avere il coraggio di terminare la frase, mentre lei annuisce piano, sempre con quell’estrema calma che non fa altro che adirarlo ancora di più.
-Non devi aver paura, Luke. A me va bene, non c’è problema.- sorride. Sta parlando dei suoi ultimi giorni di vita e intanto sorride. E’ questa la cosa che lo fa uscire completamente fuori di testa.
-No.- sbotta scostando la mano. –No, smettila. Tu non puoi…- cerca di mantenere la voce ferma, quando si accorge che sta piangendo. E’ da così tanto tempo che non piange, nemmeno si ricorda quando è stata l’ultima volta.
Continua a scuotere la testa, mentre si allontana da sua madre, da tutto ciò che gli sta succedendo. Sbatte contro la porta con la schiena, e si accascia a terra. Le mani gli tremano, mentre continua a dire “no” con voce rotta e piange come un bambino. Sua madre non gli toglie gli occhi di dosso, ma nemmeno fa qualcosa per fermarlo.
-Non è qualcosa che devi sistemare, Luke. Questo è stato il mio viaggio, e io sono quasi arrivata. Ma tu hai ancora così tanta strada da fare. Quindi ora smettila, alzati e asciugati il viso. Va’ là fuori e fa’ quello che devi fare. Non accontentarti mai, promettimi solo questo.- e di nuovo, gli sorride.
 
                                                                                              ***
 
Getta nel cestino lo stick e si lava le mani, mentre in testa continua ad avere pensieri contrastanti. Questa non ci voleva, pensa sbuffando. Ha appena vent’anni, un figlio è l’ultima cosa di cui ha bisogno. Esce dal bagno con passo tremante. Dalla mattina ha fatto credere di aver fatto indigestione la sera prima, ma ora che la signora Irwin è fuori casa e lei ha la conferma che è stata qualcos’altro (o meglio qualcun altro) la causa della sua nausea, sa di doverne parlare con Ashton.
Arriva in salotto camminando lentamente. Lui è seduto sul divano a guardare la televisione: oggi è tornato presto a casa dall’ospedale. Alison si schiarisce la voce per far notare la sua presenza, e lui mette muto l’audio, pronto a rivolgerle la sua completa attenzione. La ragazza sospira: questa è un’altra cosa che farebbe di lui un padre magnifico, mentre lei, invece? Si stancherebbe al primo pianto nel bel mezzo della notte.
Si siede di fianco a lui, mentre continua a tormentarsi le mani tra di loro dall’agitazione.
-C’è qualche problema?- domanda lui con sguardo preoccupato, prima che lei neghi scuotendo la testa.
-C’è una cosa di cui dovrei parlarti ma…- mormora, e lui la interrompe dicendo che è libera di dirgli qualsiasi cosa le dia fastidio senza temere la sua reazione.
-Ma non so come la prenderai.- termina lei nervosamente. Ashton potrà pure essere un ragazzo meraviglioso, ma in fondo pure lui è molto giovane, e nel pieno della sua carriera. Probabilmente un futuro figlio sarebbe un problema per entrambi.
-Tu sai che puoi dirmi qualsiasi cosa. Avanti, parla.- la esorta con voce sicura.
-Sono incinta.- butta fuori lei strizzando gli occhi per paura della sua reazione. Ashton la guarda per qualche attimo prima di prorompere in una grossa risata.
-Non è uno scherzo, se è quello che pensi.- precisa Alison, temendo che lui non la stia prendendo sul serio.
-Ma certo che non lo è!- esclama Ashton, e poi si alza in piedi prendendola in braccio e abbracciandola forte.
-Sarai bellissima col pancione e il vestito da sposa.- la guarda con gli occhi pieni d’amore e lei sorride amaramente.
-Non vuoi pensarci nemmeno un momento…- azzarda, pentendosene non appena il ragazzo le rivolge un’occhiata spaesata.
-Non lo vuoi?- chiede accigliandosi.
-Non è che non lo voglio, è solo che è successo all’improvviso e magari…-
-Non stiamo parlando di avere o meno un figlio, quel bambino sta già crescendo dentro di te, e tu stai parlando dell’ipotesi di ucciderlo.- sbotta.
-No!- esclama Alison alzandosi in piedi –Assolutamente no! Stavo dicendo solamente che è presto, e non siamo nelle migliori condizioni per crescere un bambino.-
Ashton è sempre più pallido, mentre replica nuovamente –Tu vuoi abortire.- constata, senza porre la frase come un’interrogativa.
-Non voglio abortire, non voglio uccidere nostro figlio.- mormora la bionda costernata. La situazione le sta sfuggendo di mano, e l’unica cosa che vorrebbe fare in questo momento è mettersi a piangere.
-Allora non hai di che preoccuparti.- la rassicura Ashton facendosi vicino –Crescerà in una famiglia piena d’amore, noi ci prenderemo cura di lui, e non gli faremo mancare niente. Sarà il bambino più fortunato di questo mondo, te lo giuro Alison.-
La ragazza annuisce lentamente. Non ha idea di come si sia ritrovata in tutto questo: con un matrimonio davanti e un bambino in grembo.
Ashton la abbraccia stretta, e le posa un bacio sulla fronte.
-Andrà tutto bene. Ti amo, Alison.- le mormora, e lei annuisce, incapace di rispondere ciò che lui vorrebbe sentirsi dire.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
So che sono in anticipo di un'ora, ma tra poco devo uscire e non avrei avuto tempo, ma volevo ad ogni modo aggiornare. Alison è incinta, e la madre di Luke sta morendo: una grande gioia da una parte, una disperata tristezza dall'altra. Spero di aver fatto un buon lavoro e di non aver buttato lì il capitolo, perchè spero davvero che vi sia piaciuto. Spero anche un'altra cosa (si, lo so, spero davvero tanto), ovvero che la lunghezza dei capitoli vada bene, perchè a me paiono più consisenti, ma ditemi voi! Ecco non ho altro da dire, se non un'ultima piccola cosa: ho notato che molti leggono ma pochi commentano; non voglio imporvi assolutamente di commentare, ma ecco mi farebbe molto piacere sapere la mia storia vi piace, il perchè la seguite, se c'è qualcosa che non vi quadra ecc. Potete anche dirmi che la storia vi fa schifo, voglio solamente sapere che le visualizzazioni sono volute e non è che siete finite per sbaglio dentro la storia. Ad ogni modo se preferite non commentare non sono certo io ad obbligarvi, ma ecco se vi va di dirmi qualche parolina io non mordo, anzi ve ne sarei eternamente grata!
Spero di non aver fatto strafalcioni, un bacio grande a tutti, pure ai lettori fantasma <3

-Sve.

 

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Capitolo 20
*** 10 LUGLIO 2004 ***


Alison si alza di scatto dal letto che il Sole è appena sorto, e con passo svelto corre in bagno. Si inginocchia a terra e riversa un fiotto di vomito nella tazza del water. Non è incinta nemmeno da un mese e già non vede l’ora che quel bambino sia fuori di lei. Sbuffa rumorosamente e si appoggia al lavandino. Nell’altra stanza Ashton sta ancora dormendo profondamente, ignaro del pessimo inizio di giornata della bionda. Da quando ha saputo della gravidanza non fa che accontentarla in ogni sua singola richiesta e i due hanno già litigato un paio di volte per il fatto che Alison sostenga che lui la tratti come qualcosa che si può rompere da un momento all’altro. Il ragazzo ha replicato che è preoccupato per il bambino e non vuole che gli succeda nulla, e la bionda ha sorriso e annuito dolcemente, maledicendolo mentalmente per tutta quella sua preoccupazione.
Quando sente suonare il campanello di casa sussulta. Non ha la più pallida idea di chi suoni alla porta alle sette di mattino. Si trascina fino all’entrata sbadigliando e legandosi i capelli in una coda disordinata. Il campanello suona di nuovo e lei sbuffa infastidita per l’insistenza dello sconosciuto. Apre la porta e per poco non le viene un colpo quando si ritrova davanti sua madre.
-Mamma!- esclama, mentre alla mente le ritorna la conversazione avuta qualche giorno prima con sua madre, in cui la donna l’aveva esplicitamente avvisata del suo arrivo.
-Se aspettavo che arrivassi all’aeroporto, sarei rimasta lì fino a Natale.- constata facendosi largo in casa sua. Posa a terra due grandi valige e si guarda attorno.
-Come mai tutta questa confusione?- domanda mentre Alison si batte una mano in fronte, rendendosi conto solo in quel momento dell’ulteriore presenza della signora Irwin.
-Oh…- mormora cercando di sistemare qualche cuscino sul divano disordinato –Ho scordato di dirti che c’è pure la madre di Ashton.- dice cercando di risultare neutrale, fallendo nel momento in cui si accorge del fatto che sua madre si è fermata in piedi nel mezzo della stanza.
-E quando pensavi di dirmelo?- sbotta.
Alison sorride colpevole –Meglio tardi che mai.- mormora, mentre Ashton si fa avanti in soggiorno ancora assonnato, negando a sua madre il tempo di ribattere.
-Buongiorno.- saluta sorridendo, prima di dare due baci alla madre di Alison.
-Ciao Ashton,- replica lei –Alison mi stava giusto dicendo che oltre a me qui c’è pure tua madre.-
-Oh si.- constata lui, e poi lascia la stanza per andare in cucina a preparare la colazione. Qualche minuto dopo si sente partire il frullatore, e Alison torna a rivolgersi a sua madre.
-Allora,- dice sospirando –cosa vuoi fare oggi?-
Sua madre si guarda attorno ancora con sguardo scettico –Credevo che avremmo finalmente comprato il tuo abito. Sai, credo che una sposa dovrebbe averne uno.- constata senza distogliere lo sguardo dalle pareti color crema a cui continua a rivolgere smorfie.
Alison sussulta: sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma ancora le sembra che sia troppo presto. Il giorno prima Ashton le ha fatto presente che dovrà comprare il vestito tenendo conto che a settembre il bambino sarà di circa tre mesi, e lei si è sentita così male all’idea di se stessa in abito da sposa col pancione, che è dovuta correre in bagno a vomitare per la quinta volta in quella giornata.
-Così ho sentito dire.- replica sospirando, e di nuovo prima che sua madre abbia il tempo di porle altre domande, Ashton le chiama a gran voce dalla cucina.
 
                                                                                              ***
 
-Oggi i tuoi capelli sono davvero… belli.- dice Luke sorridendo.
-Tu sì che sei galante.- replica lei alzando un sopracciglio –Che cosa vuoi?- Lila afferra il vassoio da sopra il bancone e si fa spazio tra i tavoli, con Luke al seguito.
-Perché è così difficile credere che trovi i tuoi capelli belli?- domanda lui cercando di starle al passo. La ragazza posa una lattina di Sprite ad una donna seduta ad un tavolo prima di rivolgerle un ampio sorriso. Poi si volta e torna verso il bancone.
-Perché ti conosco.- dice –E l’ultima volta in cui abbiamo parlato tu hai reso ben esplicito il fatto che il nostro rapporto si limitasse solo ed esclusivamente a ciò che succede sotto le coperte. Non penso siano inclusi i complimenti.- Lila si volta finalmente verso di lui –E per di più mal fatti.- termina acida.
-Potrei essere cambiato in questi giorni, non puoi saperlo.- rimarca lui appoggiandosi al bancone. La ragazza gli scocca un’occhiata stupita.
-Non mi dire.- esclama.
-Senti,- Luke si passa una mano tra i capelli e la guarda negli occhi. Dopo la visita in ospedale ha capito che deve darsi un certo contegno e cercare di andare avanti. Sua madre è morta la notte stessa del loro ultimo incontro. Si è addormentata e non si è più svegliata, e lui negli ultimi giorni non ha fatto che ripetersi che è molto meglio così, piuttosto che la cosa fosse trascinata per più tempo. Ha preso il primo volo la mattina dopo, ha sistemato e pulito il suo appartamento e ha deciso che non si butterà più giù per cose alle quali può trovare una soluzione.
-So che è una richiesta strana, ed ora magari sarai spaventata.- continua Luke, e Lila rotea gli occhi.
-Mia madre è morta qualche giorno fa, e domani mattina c’è il suo funerale, e so che la cosa è strana, ma potresti venire con me?- termina, e il viso della ragazza si addolcisce.
-Non sapevo che fosse malata, Luke, mi dispiace.- mormora carezzandogli il braccio.
-Davvero? Dico che mia madre è morta e tu mi perdoni…?- domanda sarcastico. Lila si scosta sbuffando e fa per andarsene, prima che lui la fermi.
-Cercavo solo di sdrammatizzare.- si scusa lui.
-Va bene, ti accompagnerò al funerale, ma non capisco perché lo fai qui a San Diego se tua madre viveva a San Francisco.- constata lei.
Luke sbuffa annoiato –Non ho idea di che amiche avesse mia madre, ma suppongo non molte, visto che in ospedale era sola. E poi in ogni caso lei è nata e vissuta nel Connecticut, prima di venire qua, quindi la California non sarebbe in ogni caso casa sua.- dice e poi tace. Lila annuisce, ma prima che lei possa replicare lui soggiunge nuovamente –E in più voglio solamente seppellirla in una cazzo di bara, non mi interessa dove.- sbotta.
Lila scuote la testa con una smorfia –Orfano o meno, non ti ho ancora perdonato.-
 
                                                                                              ***
 
-Oh, sembri una principessa!- esclama sua madre unendo le mani tra loro.
Alison alza gli occhi al cielo, prima di guardarsi allo specchio. Sta provando un altro di quelli che sembrano essere una centinaia di abiti da sposa. Non le pare che questo abbia qualcosa di speciale, e se deve essere sincera pensa che la ingrossi.
-Non mi piace.- dichiara.
-Alison, bambina mia, è il quinto questo qui, ce ne sarà pure uno che un po’ ti piace.-
La bionda sbuffa annoiata. Qualcuno le piace, è vero, ma ha sempre pensato che quando avrebbe trovato l’abito giusto, l’avrebbe sentito e avrebbe provato quel brivido di eccitazione da ricollegare al matrimonio. Invece quei vestiti sono uno uguale all’altro, e nessuno di quelli le trasmette La Sensazione.
-Magari se provi a guardare lì ne trovi qualcuno di carino.- le dice sua madre indicandole alcuni abiti appesi in fondo alla boutique. Alison fa come le è stato detto, e inizia a guardare i vestiti che ancora sono tutti noiosamente uguali.
-Non ce n’è nemmeno uno…- dice ad alta voce, prima di interrompersi quando alla sua vista le appare un abito semplice, lungo e satinato. Lo sfila dall’appendiabiti e si chiude nel camerino per provarlo.
-Tesoro, com’è questo?- domanda sua madre mentre lei scosta la tenda della cabina.
-Oh, sembri una principessa!- ripete la donna, e Alison si guarda allo specchio mentre un sorriso spontaneo le esce sul volto.
-Mamma, l’hai detto di ogni abito.- constata senza smettere di sorridere. Questo abito, finalmente, le piace. Non ha assolutamente niente di speciale: nessuno brillantino, nessun pizzo. E’ semplicissimo, ma nel momento in cui la bionda incrocia i suoi stessi occhi nella sua immagine allo specchio, lo capisce. Capisce che è quello giusto.
-Oh Alison, se ti guardo sei così diversa dalla mia bambina!- soggiunge sua madre –Ho sempre pensato che saresti stata una di quelle ragazze che finiscono incinta prima del matrimonio, ma tu stai facendo le cose così per bene.- esclama orgogliosa.
Alison distoglie lo sguardo dalla sua immagine e si volta verso sua madre sentendosi in colpa.
-C’è una cosa che devo dirti.- la bionda si siede su un divanetto nel negozio e prende un respiro profondo.
-So cosa vuoi dirmi.- la interrompe sua madre –Lo so, so che non sei sempre stata innamorata di Ashton.-
-Cosa?!- esclama lei stupita.
-Oh, avanti, si capiva benissimo.- continua la donna –So che tu e quell’Hemmings avete avuto una storia. Un’altra cosa che ho sempre pensato è che avresti lasciato Ashton per quell’immaturo. Sono contenta di vedere che non l’hai fatto.- sostiene gonfiandosi d’orgoglio. Sua figlia la guarda allibita. Non immaginava le tirasse fuori questa storia, tanto meno che ne fosse a conoscenza.
-Non è di questo che volevo parlarti.- esclama.
-Però ho ragione, non è vero?- insiste sua madre –Anche se la cosa un po’ sarebbe strana: insomma, siete cresciuti quasi come foste due fratelli.-
-Mamma.- la interrompe Alison, paonazza fino alla punta dei capelli –Mamma, non sento Luke da molto tempo, e tra noi due non c’è mai stato niente. Non è di questo che volevo parlarti, ma di una cosa che riguarda me e Ashton.-
-Non lo ami.- soggiunge la madre di Alison, prima che quest’ultima esclami che no, lei lo ama e che non era di questo che voleva parlarle.
-E allora avanti, parla.- dice la donna offesa.
Alison prende un altro respiro profondo –Aspettiamo un bambino.- la informa sorridendo poi.
Per qualche attimo segue un silenzio imbarazzante, durante il quale sua madre la guarda senza capire. Poi piano piano i suoi occhi si ingrandiscono dallo stupore, prima che con voce acuta esclami –Ti sei fatta mettere incinta prima di sposarti?-
La bionda sbuffa, mentre inizia a sentire il vestito sempre più stretto, e l’ansia salirle alla gola.
-Io…- mormora. Poi ferma qualsiasi cosa stessa dicendo, si alza in piedi e porge una mano a sua madre perché la imiti.
-Mamma.- inizia –Mi sto per sposare, e tu stai per avere un nipotino. Sii felice per me e accettalo, oppure quella è la porta.- dice con voce ferma. E’ così stanca nell’ultimo periodo. Quando l’hanno detto alla madre di Ashton lei ha fatto loro una scenata su quanto siano ancora giovani e poco stabili. E’ esattamente ciò che lei ha pensato non appena ha scoperto di essere incinta, ma sebbene non sia del tutto convinta riguardo il suo matrimonio, sentire crescere quel bambino dentro di lei la sta portando inevitabilmente ad amarlo, e il fatto che entrambe le due donne lo considerino un errore, la fa veramente arrabbiare.
-Ma certo che sono felice.- mormora sua madre stupita dalla sua reazione –E’ stato solamente improvviso.- tenta di scusarsi. Per un po’ la guarda negli occhi sorridendo lievemente, prima di abbracciarla.
-Sarai una fantastica madre.- la rassicura. Alison annuisce e si stacca da lei sorridendo. Non sa se lo sarà davvero, l’unica cosa che sa è che lo amerà in tutti i modi in cui ne sarà capace, e spera solo che questo possa bastare.

 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
Perdonate l'enorme ritardo ma non mi ero accorta dell'ora. Mi dispiace da matti ma ho tantissima roba da studiare, quindi non posso dire molto. Mi auguro solo che il capitolo vi sia piaciuto e di continuare a seguirmi.
Non so se ve l'ho detto, ma vi amo tutti, anche se siete pochi. (pochi ma buoni <3)
Un bacio e un abbraccio,
-Sve

 

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Capitolo 21
*** AVVISO ***


Ciao a tutti!
Sono davvero, davvero dispiaciuta ma purtroppo devo togliere il venerdì come giorno per aggiornare. So che solo il lunedì e il mercoledì è poco, rapportato alla lunghezza dei capitoli, ma ho molto da studiare, e non posso tracurare la scuola.
Mi scuso sinceramente, e spero che riusciate a capirmi. Lunedì torno, spero mi rimarrete vicini <3
Un bacio a tutti,
-Sve

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Capitolo 22
*** 11 LUGLIO 2004 ***


-Tesoro, non sei incinta nemmeno da un mese, è ovvio che non si vedano differenze.- Ashton le posa un bacio in fronte, prima di riprendere a preparare le valigie. Alison annuisce distratta: negli ultimi giorni non fa che guardarsi allo specchio, nella speranza di notare qualche cambiamento, ma il suo stomaco resta sempre piatto.
-Forse ci sono dei problemi.- mormora abbassandosi la maglietta per coprirsi la pancia. Si gira verso il letto, dove Ashton è indaffarato con pile di abiti. A mezzogiorno deve accompagnare sua madre e la sua futura suocera in aeroporto. La madre di Alison è rimasta lì solo per il weekend, sostenendo che deve assolutamente tornare a casa. Ha detto che non è mai stata per così tanto tempo lontana da Chloè, che ha appena un anno e mezzo, e che lei sentirà di sicuro la sua mancanza.
-Sai come è fatto tuo padre,- le ha detto –è già tanto se si è ricordato di darle da mangiare.-
Così riparte seguita dalla signora Irwin, e anche da Ashton, che deve andare in Massachuttes per un esame di medicina, e starà via per qualche giorno.
-Ti assicuro che è tutto nella norma.- replica il moro sorridendole. Le prende la mano e gliela carezza –Andrà tutto bene, non hai niente di cui preoccuparti.-
Alison abbassa gli occhi –Lo so, ma se non dovesse essere così?- Cerca di non darlo a vedere, ma il più delle volte ha una folle paura che qualcosa andrà storto, perché la vita che si sta costruendo è così precaria che le fa credere che cadrà in pezzi da un momento all’altro.
-Se preferisci che rimanga qui con te, dimmelo. Posso sempre posticipare l’esame.- soggiunge Ashton con voce premurosa.
Alison sorride lievemente e scuote la testa –Non voglio privarti della tua carriera. Tu vai pure, me la caverò.- mormora. Ashton le posa un bacio sulle labbra e le regala un altro sorriso.
-Sarò di ritorno tra meno di una settimana, te lo assicuro.- le promette. La ragazza annuisce: forse passare un po’ di tempo sola con se stessa l’aiuterà a venire a capo dei suoi problemi. O perlomeno lo spera.
 
                                                                                              ***
La cerimonia funebre termina nell’esatto momento in cui Luke si alza in piedi. Non c’è molta gente in chiesa, al funerale. Suo padre ha mandato un biglietto di condoglianze senza degnarsi di venire, e quindi è presente solo qualche amico che sebbene Luke non conosca, non fa che dargli pacche sulla spalla.
Quella mattina c’è un caldo infernale. E’ luglio inoltrato, ma Luke si è messo ugualmente un abito scuro. Lila è stata seduta di fianco a lui per tutta la cerimonia, ma non gli ha ancora rivolto alcun gesto di compassione, è forse è meglio così: Luke ha sempre odiato la pietà non richiesta.
Percorre la navata della chiesa a grandi passi, e quando è finalmente all’aria aperta è costretto ad appoggiarsi al muro, e a prendere qualche respiro profondo.
-Luke?!- chiama Lila, che senza averlo visto continua a camminare davanti a sé. Forse lui fa un respiro troppo rumoroso, perché lei si gira e gli lancia uno strano sguardo, mentre gli si avvicina.
-Stanno chiudendo la bara, non vuoi salutarla un’ultima volta?- gli domanda con voce dolce, e lui si scolla dal muro ed inizia a passeggiare per il parcheggio accanto alla chiesa.
-Luke, mi hai sentita?- lo richiama la ragazza, e lui si volta all’improvviso verso di lei.
-Non voglio vederla morta in una bara.- sbotta –L’ultimo ricordo che ho di lei è quello in cui è distesa in un letto d’ospedale, e già quello è orribile di suo. Questo non farebbe che peggiorare la situazione.-
Lila lo raggiunge a passi veloci –Mi dispiace, Luke.- afferma.
-Lo so.- mormora lui annuendo –Negli ultimi giorni chiunque non ha fatto altro che ripetermi che gli dispiaceva davvero tanto, ma a me non importa. Non mi importa di tutti voi e del vostro dispiacere, perché a Natale, o a Capodanno, o il giorno del mio o del suo compleanno, non sarete voi quelli che staranno male. E quindi lo so bene che ti dispiace, a te e a tutti gli altri, ma a me non importa.- si lecca le labbra secche e deglutisce piano, cercando di mandare giù tutta quell’amarezza.
-Non devi per forza tenerti tutto dentro, puoi sfogarti, io sono qui.- ripete Lila, questa volta con la voce più bassa. La ragazza sussulta sorpresa quando lui prorompe in una risata.
-Perdonami, ma in questo momento non ho bisogno di sfogarmi, ho bisogno di essere lasciato in pace.- esclama Luke.
-Bene!- Lila lo guarda negli occhi con sfida, arrabbiata e ferita dalle sue parole –Me ne vado, ma ricorda che sei stato tu a chiedermi di venire con te, oggi. Sono qui solo per quello.- per qualche attimo resta ferma sul posto, indecisa sul da farsi, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. Poi si volta e fa qualche passo, prima di essere richiamata dalla voce di lui.
-Sono un idiota.- mormora –Ho buttato via il poco tempo che le era rimasto. Non le sono stato accanto perché non mi ero reso conto della sua malattia. E forse è proprio questo che l’ha fatta peggiorare, avrà pensato che non aveva più nessun motivo per restare in vita.- Il biondo si prende la testa tra le mani e si inginocchia per terra, stanco e affranto.
La ragazza si volta di nuovo, e sospira vedendolo lì a terra –Non è colpa tua, se è quello che pensi. Queste cose non possono essere curate con l’affetto o con l’amore. Tua madre era malata, e niente avrebbe cambiato quella situazione. Non c’era niente che tu potessi fare, ma ora invece sì. Puoi cambiare tutto questo.- afferma. Gli porge una mano e dopo che lui l’ha afferrata lo aiuta ad alzarsi.
-Devi darti un contegno, perché sei ancora in tempo per dare un senso alla tua vita, ma io in questo non posso aiutarti. Devi farcela da solo, capito?- gli domanda. Luke annuisce con lo sguardo basso, mentre sente Lila abbandonare la sua mano.
-Devi farcela da solo.- gli ripete, prima di riprendere a camminare e questa volta lasciarlo solo davvero.
 
                                                                                              ***
-Okay, ciao, ti amo!-
-Poi ci sentiamo!-
-Va bene, ti amo.-
-Ciao, ti amo.-
-Ti amo anche io, ciao.- Alison si chiude la porta di casa alle spalle e sospira, sentendosi in colpa nel momento in cui comprende di essere finalmente libera. Per qualche giorno potrà svagarsi, guardare la televisione fino a tarda notte, mangiare pizza anche per colazione, potrà finalmente comportarsi da ventenne. Sorride allo specchio e afferra il telefono di casa, decidendo di ordinare cibo cinese per pranzo. Tutta quella situazione le piace: la cosa è vuota, silenziosa, finalmente libera da sua madre e la madre di Ashton che non hanno fatto altro che tormentarla il giorno prima.
Accende uno stereo e parte una canzone che ha già sentito un paio di volte, anche se ancora non ne conosce il titolo. Il ritmo le piace e si mette a ballare. Dimena i fianchi e scuote da una parte all’altra i ricci biondi, saltando in giro per le stanze di quella casa solitaria.
E’ in salotto che canta e che balla, quando suonano alla porta di casa. E’ costretta ad abbassare la musica e ad aprire al fattorino delle consegne del ristorante cinese. Le ha portato le ordinazioni, e tutto questo non fa che renderla ancora più felice.
Afferra le buste di carta col cibo e apre il suo portafogli per pagare il fattorino, quando si ferma con la mano a mezz’aria e il sorriso le muore sulle labbra.
-Signorina?- domanda il ragazzo. Alison si riscuote, e sorridendo nuovamente gli porge qualche banconota.
-Grazie ancora!- esclama chiudendo la porta quando questo se n’è andato. Appoggia la schiena alla porta chiusa e sbuffa infastidita quando apre di nuovo il portafogli e si trova davanti agli occhi un fogliettino azzurro sbiadito con scritto da Ali.
Era da un bel po’ di tempo che non lo vedeva più, essendosi perso tra vari documenti e scontrini nel suo borsellino, ed ora ritrovarsi a leggere quella scrittura infantile le crea un buco nello stomaco. Non ha più sentito Luke dalla volta in cui è partito per San Francisco, ma ovviamente ha pensato a lui ancora tante altre volte dopo. Ma durante il periodo tra la proposta di matrimonio e la scoperta della sua gravidanza quel capitolo della sua vita si era completamente chiuso.
Si siede sul divano tenendo in una mano il bigliettino ben stretto. Questo oramai è completamente consunto, ma non ha mai avuto il coraggio di gettarlo. Si domanda che fine abbia fatto Luke, se alla fine ha iniziato il college, se ha un lavoro, una vita. Queste banali domande la tormentano, ma ancora di più il pensiero che lui possa averla dimenticata, possa essere passato oltre ciò che sono stati e che si possa essere ricostruito una vita, proprio come ha fatto lei. Sa di essere egoista, ma ha sempre sperato di essere la sua esclusiva, e l’idea che lui frequenti altre donne la fa adirare in poco tempo.
Alison si lega i capelli in una coda di cavallo e sbuffa sonoramente. Si ritrova a chiedersi se tutta quella negatività influenzerà in qualche modo la crescita del suo bambino e decide di darsi una calmata. In fondo non può continuare a farsi influenzare da Luke ogni volta che le torna in mente.
Il suo cellulare emette uno squillo e lei lo afferra. Lo apre e legge un sms da parte di Ashton. Le dice che si è appena seduto al suo posto e che già gli manca. La ragazza sorride all’idea che qualcuno la ami a tal punto, e dopo avergli spedito una X si alza in piedi e si dirige a passo sicuro nella sua stanza. Getta alla rinfusa qualche abito in un borsone da viaggio, poi chiude la cerniera di quest’ultima e si avvia verso l’uscita. Sta facendo la pazzia più grande della sua vita, ne è più che consapevole, ma non può ad ogni modo evitarlo.
 
                                                                                              ***
Sono le undici e un quarto di sera, e nell’appartamento c’è un caldo pesante. Luke è seduto sul divano, la camicia sbottonata e il nodo della cravatta slacciato. Continua a bere da una bottiglia di birra che tiene in una mano, mentre l’altro braccio è poggiato malamente sul divano. Ha lo sguardo vacuo e perso da tutta la giornata, e non ha fatto altro che crogiolarsi nel suo dolore dal momento in cui è tornato nel suo appartamento. Non gli importa molto del discorso di Lila, e non fa che ripetersi che cambierà dal giorno successivo. Lei l’ha abbandonato lì, dopo avergli sputato quelle parole taglienti, e lui se ne è tornato a casa a piedi, col sudore che gli inondava i capelli, ed era arrivato addirittura a chiedersi se tutto quel caldo che gli bruciava la pelle fosse solamente una sua allucinazione.
Allunga la mano con la birra di poco davanti a sé, e con voce tetra mormora –All’estate più brutta della mia vita.- prima di bere un lungo sorso dalla bottiglia. Poi si mette a ridere da solo quando si rende conto di aver appena brindato con se stesso.
-Oh Hemmings,- biascica ad alta voce –quando sei diventato questo schifo?- scuote il capo un po’ di volte e sorride senza alcun motivo, prima di scoppiare a piangere. Piange senza interruzioni, singhiozzando come un bambino, mentre continua a ridere da solo, e più piange più gli viene da ridere, e più ride più gli viene da piangere.
Si passa una mano tra i capelli biondi madidi di sudore e sobbalza appena quando sente suonare alla porta. Tracanna un altro sorso di birra mentre cerca di trovare la forza di alzarsi, e intanto pensa che non gli importa di aprire, perché devono rispettare il suo dolore e lasciarlo in pace, ma lo sconosciuto continua a suonare il campanello e così lui si rassegna. Si mette in piedi con fatica e traballando arriva fino al bagno, e in sottofondo il campanello continua a suonare. Guarda il suo volto allo specchio per un attimo prima di gettarsi un po’ d’acqua addosso, giusto per essere un minimo presentabile.
Non è nemmeno messo così male, nota. Quella stessa mattina si è fatto la barba, e i capelli hanno ancora un traccia del gel che li teneva fermi sulla testa. I suoi occhi paiono ancora più azzurri e le sue guance sono talmente arrossate che non riesce a capire se la cosa sia dovuta all’alchool o al caldo opprimente che ha addosso da tutta la giornata.
Ancora una volta il campanello di casa lo riscuote dai suoi pensieri, e così torna in salotto, diretto verso la porta d’ingresso.
-Arrivo!- esclama, anche se nessuno può sentirlo. Sbuffa sonoramente e mentre farfuglia qualche insulto al disgraziato che suona a casa sua a quell’ora, apre il portone.
-Ciao.- mormora Alison, la voce dolce, e un lieve sorriso sulle labbra.
Per qualche attimo tutto si ferma, e Luke si ritrova a pensare a come l’alchool abbia un effetto così immediato su di lui. Poi incontra i suoi occhi, pieni di rammarico e così distanti, e la bottiglia di birra che inconsapevole reggeva ancora in mano gli cade a terra con un tonfo sordo, e si frantuma in tante piccole schegge taglienti, più o meno come il suo cuore.


 
Angolo autrice:

Tadaaaannnn!!!
Ciao a tutti!
Siete contenti? Alison e Luke finalmente nella stessa stanza!
Okay, allora, andiamo con ordine: 
Non ho la più pallida idea se in Massachussets si fanno degli esami di medicina, ma avevo bisogno di un pretesto per far partire Ashton, e questa è stata l'unica cosa che mi è venuta in mente, quindi spero non dia fastidio a qualcuno il fatto che me lo sia inventata.
Poi, mi sono resa conto che Alison non fa che sbuffare e sospirare, e so che nel primo capitolo ho scritto che è una cosa che fa spesso, ma nella mia mente Alison è una ragazza con le palle, ma penso di essere un po' andata fuori strada mano a mano che i capitoli avanzavano, e adesso ho paura che sia noiosa. Quindi se voi non siete d'accordo ditemelo, se siete d'accordo ditemelo, se avete qualche dritta da darmi per farla apparire meno noiosa ditemelo, insomma: sono ben accette ogni tipo di critiche, sappiatelo.
Bene, spero di avervi lasciato sorpresi col finale, e soprattuto spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Un bacio grande ad ognuno di voi,

-Sve

P.S. Non ho idea di come si scriva Alchool, se c'è qualche O di troppo oppure se la H non c'entra nulla. Quindi niente, se qualche buon'anima me lo dice, correggo il capitolo!

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Capitolo 23
*** AVVISO ***


Ciao a tutti!
So che continuo a tirarvi pacco, ma purtroppo devo darvi cattive notizie. Ho iniziato a scrivere questa storia quest'estate, e avevo già praticamente finito tutti i ricordi d'infanzia, quando ho iniziato a pubblicarla. All'inizio non era un problema, postavo ogni giorno perchè tanto i capitoli erano già pronti. Ora però è ricominciata la scuola da un bel pezzo e non mi piace ammetterlo ma ho avuto un calo nel rendimento. Ovviamente non è colpa di questa storia, ma di sicuro è un impegno in più che mi sono presa pensando di potercela fare, ma mi sono sbagliata. In più, non sempre ho l'ispirazione per i nuovi capitoli e non mi piace buttare giù qualche paragrafo solo perchè ho l'urgenza di postare.
Sono veramente dispiaciutissima, ma non potrò più postare con regolarità. Non ho intenzione di mettere la storia in pausa, perchè ci tengo, ma non posso garantirvi puntualità negli aggiornamenti, dal momento che d'ora in poi non se riuscirò a postare nemmeno una volta a settimana.
Mi sento davvero in colpa, e so che a seguirmi non siete in tanti, ma mi dispiace comunque deludere quelle poche gentilissime persone che ogni due giorni vengono qui per supportarmi.
Ho una bella storia in mente, e giuro che la scriverò, solo ci vorrà un po' di più tempo di quello che mi aspettavo.
Spero con tutto il mio cuore che riusciate a capirmi, e soprattutto che quando vi troverete qui su EFP scapperete a dare un'occhiata per vedere se ho aggiornato.
Vi ringrazio per l'ascolto, e spero potremo risentirci presto.
Un bacio in fronte a tutti quanti,

-Sve

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