Senz'Ombra

di Ambrambru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di come ERO normale ***
Capitolo 2: *** Stai parlando di ME? ***
Capitolo 3: *** Sempre la STESSA storia ***
Capitolo 4: *** Militari E gatti ***
Capitolo 5: *** NON avrei pianto ***



Capitolo 1
*** Di come ERO normale ***


1. Di come ERO normale


Mi chiamo Lil-Anne Desmet, ho diciassette anni e questo non è un diario. Assolutamente, non sono il tipo.

E'... un... una... una biografia, ecco, si. Una biografia che magari nel futuro verrà trovata da qualcuno, magari verrà pubblicata e magari diventerò famosa anche se sarò già morta. Il che accadrà a breve, temo.

Quindi, se qualcuno sta leggendo quello che ho scritto deve essere avvertito di una cosa: i seguenti fatti sono veri, io stessa ho bisogno di scriverli nero su bianco per rendermi effettivamente conto di cosa sta succedendo. Forse, a forza di rileggere il tutto, mi abituerò all'idea di essere diventata una Senz'Ombra.

Tutto cominciò una fantastica mattina di settembre, un lunedì per essere precisi, il primo giorno di scuola per essere ancora più precisi. La sveglia aveva suonato, io mi ero alzata borbottando e avevo indossato i miei jeans preferiti, quelli strappati sulle ginocchia, una maglia nera, lo zaino e le cuffie del mio lettore mp3, ormai vere e proprie estensioni del mio corpo. Avevo preso la gomma da masticare più grande tra quelle che erano rimaste in casa e mi ero diretta alla fermata dell'autobus con le mani in tasca, prodigandomi in enormi bolle che rischiavo di farmi scoppiare sulla faccia.

Dopo due fermate una ragazza si sedette nel posto che le avevo tenuto appositamente occupato: Fianna Vos.

Non saprei dire se era la mia migliore amica, che fosse l'unica che avevo però era certo, dettaglio che la poteva automaticamente eleggere detentrice di quel titolo.

Mi sorrise.

“Sei pronta?”

“Di solito non sei così allegra il primo giorno di scuola” osservai.

Lei fece uno di quei sorrisetti che conoscevo molto bene: sapeva qualcosa che io ignoravo e si stava pregustando l'attimo prima di rivelarmelo.

“Beh, - iniziò – ho saputo che quest'anno ci saranno molti più O.F.A.C., a quanto pare le altre scuole nazionali che li ospitavano stanno iniziando ad avere paura, quindi toccano tutti a noi. Puoi immaginarti quanto sono dispiaciuta!” concluse ridacchiando.

Quella si che era una notizia.

Gli O.F.A.C., ossia gli Orfani Figli degli Arruolati Combattenti, erano dei ragazzi in età di liceo che sceglievano di intraprendere la carriera militare. Per poter entrare in quel particolare corpo delle forze armate dovevano soddisfare alcuni requisiti: il primo, ed il peggiore, era aver perduto almeno uno dei genitori sul campo di battaglia, il secondo era superare alcuni test psicofisici, il terzo era essere un maschio nel range d'età tra i quattordici e i vent'anni, il quarto ed ultimo, era essere disposti a sacrificare tutto, in qualsiasi momento.

Coloro che passavano la selezione diventavano automaticamente O.F.A.C. e godevano di una serie di diritti-doveri molto precisi, come ad esempio ricevere uno stipendio mensile da capogiro, vitto, alloggio e altri servizi completamente gratuiti, di contro c'era la segregazione in caserma, allenamenti ed esercitazioni di guerra e la completa impossibilità di fare una normale vita da adolescenti.

Il Dipartimento della Difesa assicurava loro l'istruzione fino alla fine del liceo, smistandoli in varie scuole sul territorio nazionale ma, a quanto diceva Fianna, ormai pochissimi istituti li accettavano. Ovvio, avevano tutti paura delle Ombre.

Questo voleva dire che quei poveretti dovevano lasciare la realtà che fino a quel momento avevano chiamato casa, per trasferirsi in una nuova scuola di una nuova città, che comunque non avrebbero mai visitato viste le esigue ore d'aria offerte dalla caserma.

Il tutto andava perfettamente a genio con l'ideale dell'anno scolastico che aveva la mia amica.

“Le divise, Lil, le divise!- ripeteva da cinque minuti buoni- Lo sai quanto mi piacciono le divise. Vorrei stringere la mano all' uomo che li obbliga ad indossarle anche a scuola!”

“Di sicuro non lo fa per fare un favore alle studentesse” ridacchiai.

Una volta arrivate nel cortile del nostro istituto mi resi conto che ciò che Fianna mi aveva preannunciato era vero: parecchi ragazzi in divisa verde scuro, con un assurdo cappellino in testa e delle stelline dorate sulle spalle, si accingevano ad entrare dalle porte di legno massiccio.

Stranamente mi sembravano aumentate anche le ragazze, che li guardavano un po' impaurite un po' ammirate, ma forse era solo una mia impressione.

“Bene ragazzi, sedete, sedete. Staremo un po' più stretti quest'anno, ma c'è posto per tutti.”

Il professor Dinette ci spingeva verso i banchi della nostra classe, effettivamente più stipati dell'anno precedente.

“Allora, come potete vedere, quest'anno la nostra scuola ha l'onore di ospitare molti più allievi O.F.A.C. - ci disse indicando con un cenno cinque ragazzi che occupavano altrettanti banchi- avrete modo di conoscervi più tardi. Ora, iniziamo riassumendo quello che dovevate ripassare durante l'estate..”

“Lo chiama onore - sbuffò Matisse senza farsi sentire – ma la realtà è che nessun'altra scuola li vuole”.

La nostra classe, insieme ormai da quattro anni, era passata da ventuno a ventisei elementi e tra i miei compagni avvertivo sentimenti contrastanti. Fianna, seduta vicino a me, li osservava curiosa, qualche altra ragazza sembrava ammaliata ma la maggior parte degli sguardi che venivano rivolti ai militari riservavano preoccupazione e astio.

Sapevo benissimo quello che pensavano tutti: la loro presenza avrebbe causato molti più guai alla nostra città.

Le Ombre si sarebbero fatte vive molto presto per divertirsi con i novellini.

 


Eccomi :)

Allora, come prima cosa voglio ringraziare chiunque abbia letto fino a qui (o voi coraggiosi!)

Sono consapevole che l'inzio non è dei più movimentati, ma abbiate fede, si rende necessario per introdurre la storia.

Essendo il primo lavoro che posto su Efp vi sarei grata se mi faceste sapere cosa ne pensate perchè solo così si può migliorare!

La storia (quel poco che sapete fin ora) vi sembra interessante? Ho scritto in maniera decente?

Fatemi sapere :)


Alohaaa

Ambrambru

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Capitolo 2
*** Stai parlando di ME? ***


2. Stai parlando di ME?



Erano passate un paio di settimane dall'inizio della scuola e Fianna aveva contato circa ottanta studenti O.F.A.C., nessuno di noi però aveva ancora imbastito un qualche tipo di conversazione con loro.
In particolare, quelli che avevo in classe se ne stavano sempre in disparte anche durante la ricreazione, silenziosi e rigidi.
“Io dico che dobbiamo fare noi il primo passo” insisteva la mia amica ed io continuavo a risponderle che non era nei miei interessi.
Quel giorno scorrevo la playlist del mio lettore mp3 con il pollice, assolutamente intenzionata a non alzarmi neanche per andare a comprare qualcosa da mangiare, nonostante tutti scartassero merendine sotto il mio naso.
“Che combini, Desmet?”
Luke Gernoff, fantastico, simpaticissimo, grandissimo mirabolante... stronzo.
Feci finta di non sentirlo.
“Pensavo – continuò sedendosi nel posto di Fianna che era a svaligiare il distributore di dolci- ora che è cominciata la scuola, se non hai nulla da fare, potremmo vederci di nuovo..”
Stava scherzando? Lo fulminai con lo sguardo e alzai il volume della canzone fino a trapanarmi i timpani. Come osava anche solo parlarmi? Lo conoscevo dalla prima superiore e solo in terza mi aveva chiesto di uscire, così avevamo passato l'anno precedente vedendoci di tanto in tanto ma, appena iniziata l'estate, era sparito. Puff. 
Avevo visto delle sue foto in spiaggia con altre ragazze, che lui aveva beatamente pubblicato sui social network e mi ero sfogata tirando il telefono contro la parete.
Il risultato? Mio padre era andato su tutte le furie per l'intonaco crepato e i soldi buttati per comprarmi un altro telefono che non mi meritavo assolutamente, secondo lui, ma mi era indispensabile in quei tempi bui.

Visto che la musica non bastava a farlo scomparire dalla sedia vicino a me, mi costrinsi ad alzarmi e a raggiungere la porta. Dove diamine era finita Fianna? Aveva preso dolci anche per le feste di Natale?
Finalmente la vidi.
“Che succede? Sei arrabbiata?” mi chiese sulla soglia della classe.
“Luke vuole uscire di nuovo con me” la informai.
Lei sbuffò.
“Mi immaginavo che sarebbe successo, è un idiota. Ti meriti di più..”
Era vero? Osservai il mio riflesso sui vetri delle finestre dell'aula. Banalissimi capelli castani e occhi scuri, viso semplice senza particolari degni di nota e fisico asciutto. Una normalissima diciassettenne, avvolta sempre da vestiti un po' troppo scuri e un po' troppo strappati, secondo mia nonna. Ero piuttosto bassa, per giunta, Fianna mi sorpassava di dieci centimetri buoni se contavamo anche la sua chioma di ricci neri.
Ad ogni modo meritavo sicuramente qualcosa di più di Luke Gernoff.
“Infatti non gli ho nemmeno rivolto la parola -continuai irritata- e non lo farò fino alla fine dell'anno. La prossima volta che uscirò con qualcuno mi assicurerò che sia una persona seria e responsabile. Meglio ancora se un po' più grande di me, così la probabilità di uscire con un ragazzo immaturo si dovrebbe ridurre..”
Qualcuno interruppe il mio sproloquio.
“Stai parlando di me?”
Io e Fianna ci voltammo con gli occhi sbarrati verso la voce proveniente dietro le nostre spalle.
I cinque ragazzi O.F.A.C. erano a meno di due passi da noi e uno di loro teneva gli occhi grigi puntati nei miei, aspettando una risposta.
“Come?- dissi sorpresa- No, ce l'avevo con..”
“Una persona seria e responsabile. Più grande di te, infatti, perché sono stato bocciato per due anni di fila. Quindi si, parlavi di me.”
Il ragazzo, con un bel sorriso e un fisico prestante, tese la mano ed io la strinsi.
“Piacere, sono Reinhard Hill. Loro sono Vinnan, Aleksandr, Waler e Jan-Kees.”
“Io mi chiamo Lil-Anne Desmet” risposi stringendo una ad una le mani dei militari.
Anche Fianna si presentò, raggiante, e la vidi soffermarsi sugli occhi verdi e i muscoli di Vinnan mentre il brusio stranito del resto della classe veniva interrotto dalla campanella, salvandoci da una situazione un po' imbarazzante.

Quella sera c'era un strano sfrigolio nell'aria e tutti sapevamo cosa voleva dire.
Fianna mi chiamò, sapeva che mio padre era via per lavoro, mio fratello all'università e che quindi sarei stata sola visto che mia madre ormai non abitava più con noi e si offrì di venire a passare la notte a casa mia.
Tanto meglio, non mi piaceva rimanere sola quando quelle cose strisciavano fuori e cercavano di entrare.
La cena fu esattamente come la intendevamo noi: popcorn e caramelle davanti ad un film.
Quando l'ora iniziò a farsi tarda, controllai che tutte le finestre e le porte fossero chiuse ermeticamente e ci sistemammo sul divano-letto, per poter dormire vicine.
“Lil? Ti ricordi quando eravamo più piccole e passavamo le ore a raccontarci storie horror sotto le coperte?”
“Certo che me lo ricordo. Cos'è, ne hai nostalgia?” le chiesi non appena spenta la luce.
“No, ma sarebbe divertente rifarlo..”
“Non ci pensare nemmeno”
“Dai, inizia tu, solo una!” insistette.
Sbuffai.
“Non me ne ricordo nessuna” dissi sincera.
“Inventa allora”
Non c'era via di scampo con Fianna, o facevi come voleva o ti portava all'esasperazione.
In fondo non c'era bisogno di inventare un bel niente, bastava pensare a cosa c'era fuori dalla porta di casa mia proprio in quel momento o perché si rendesse necessaria la continua formazione di nuove squadre militari. La sola vista degli O.F.A.C. ce lo ricordava ogni giorno, forse era anche quello il motivo per cui non erano molto amati, eppure nessuno sembrava ricordarsi che era grazie alle forze militari se eravamo ancora vivi.
“E va bene, Fianna- le dissi sogghignando- ti racconterò una storia. Parla del perchè questa notte il tuo nuovo amico Vinnan avrà un bel da fare.”


 

Grazie per aver letto fino a qui!

Siamo riusciti a conoscere un po' di più Lil-Anne e finalmente lo scenario è pronto per introdurvi alle Ombre di cui rimando tutte le spiegazioni al prossimo capitolo!

Mi raccomando non mancate di farmi avere la vostra opinione, ringrazio fioredaparete per la recensione del capitolo precedente :)

Alohaaa
Ambrambru

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Capitolo 3
*** Sempre la STESSA storia ***


3. Sempre la STESSA storia


“Anni fa, nessuno sa esattamente quando, una strana malattia iniziò a diffondersi sul pianeta: coloro che ne venivano colpiti perdevano la propria ombra.”
“Oh no, non sempre la stessa storia! E' la realtà, non è un racconto!” mi rimbeccò Fianna contrariata.
“E' per questo che fa paura, perché è la realtà. Ora fa silenzio altrimenti non posso andare avanti. All'inizio non venne dato molto peso a chi si ammalava, insomma, si poteva benissimo vivere anche senza ombra, questo era ovvio, e le persone che l'avevano persa sembravano in ogni caso godere di ottima salute. Perché i medici o i militari si sarebbero dovuti preoccupare per una cosa banale come questa? Ebbene, se lo avessero fatto probabilmente non ci troveremmo al punto di non poter più uscire di casa dopo il calar del sole.
Tutto avvenne piuttosto lentamente, nessuno ebbe sospetti di alcun tipo e le Ombre poterono lavorare indisturbate. Dotate di vita propria, si unirono in vari gruppi sparsi per il pianeta e iniziarono a muoversi con l'obbiettivo di assorbire l'energia vitale che serviva loro per mantenersi in vita, e dove cercarla se non dalle persone alle quali erano appartenute? Un indivisibile legame unisce ogni persona con la propria Ombra, e quest'ultime sanno esattamente come sfruttarlo per trovare l'essere umano d'appartenenza. Così le persone colpite dalla malattia, i Senz'Ombra, iniziarono a morire. Inutile dire che ci volle tutto lo sforzo d'immaginazione planetario per accettare che venissero uccise dalle proprie ombre.”
Cercavo di assumere un tono spaventoso, ma mi resi conto che non ce n'era alcun bisogno perché alla parola Senz'Ombra Fianna era rabbrividita.
“Continua Lil, ora viene la parte che piace a me” mi disse, io sorrisi nel buio e ripresi a raccontare.
“Il mondo si preparò a combattere ciò che non vedeva: scienziati si misero alla ricerca di una cura per la malattia, polizia e altri corpi dediti alla protezione dei cittadini iniziarono un programma per la scorta dei Senz'Ombra e i corpi militari prepararono un piano d'attacco. Ma come combattere qualcosa di incorporeo? D'altro canto le Ombre, sempre più forti e numerose, iniziarono ad uccidere qualsiasi persona capitasse loro sotto tiro e il panico invase la popolazione mondiale: fu chiaro che non solo le persone colpite dalla malattia potevano venire attaccate, tutti erano in pericolo. Fino alla recente comparsa del nostro attuale eroe: Emory Chutterman.”
Fianna inscenò un applauso.
“Lo scienziato Chutterman non aveva trovato una cura, nossignore, -continuai- ma aveva progettato qualcosa di ugualmente utile: armi in grado di uccidere le Ombre. L' esercito riuscì ad ingranare e a ridurre significativamente le morti, ai cittadini bastava non trovarsi fuori di casa durante la notte in quanto la luce del giorno è già una buona arma naturale e di solito sufficiente a garantire protezione. Le case vennero dotate di chiusure ermetiche per impedire alle Ombre di strisciarvi dentro e le persone ripresero a vivere una vita quasi normale. Lo stesso non si può dire per i Senz'Ombra, purtroppo: loro non riusciranno mai a nascondersi, neanche durante il giorno. La loro condizione di vita resta tutt'oggi disperata e precaria.”
La mano di Fianna si strinse sul mio braccio.
“Le senti?” sussurrò.
Tendendo l'orecchio avvertii uno sfrigolio vicino alle finestre della sala, la mia amica trattenne il fiato mentre le Ombre strisciavano sul lato esterno della mia casa per poi allontanarsi lungo il vialetto.
“Te l'avevo detto che questa notte gli O.F.A.C. in città avrebbero avuto da fare. E' così tutte le volte, sai che a loro non piace essere sfidate. Direi che amano i militari esattamente quanto te.”
Fianna ridacchiò e si mise a sedere per controllare che fuori dalla finestra fosse tutto tranquillo.
“Mio padre dice che presto anche nella nostra città installeranno dei lampioni che possono raggiungere quindicimila lumen, per fare più luce possibile anche di notte. Se funzionassero potrebbero eliminare il coprifuoco..”
Sospirai.
“Non per te, Fia.”
“Perchè?” chiese contrita.
“Perchè i Senz'Ombra non sono mai al sicuro!” urlai saltandole addosso con un cuscino.
“Non dirlo neanche per scherzo, io non sono una Senz'Ombra!” rispose brandendo un altro paio di guanciali per iniziare la nostra battaglia, come quando eravamo piccole.
Stavo giusto per avere la meglio affondandole un colpo tra i ricci neri, quando ci gelammo sul posto. Qualcuno aveva bussato?
Ancora due colpi.
Seguita da Fianna mi avvicinai il più silenziosamente possibile alla porta e guardai attraverso lo spioncino: c'erano dei militari nel mio giardino.
Un burbero uomo sui cinquant'anni continuava a bussare imperterrito alla mia porta di casa.
“Siamo del Dipartimento Anti Ombre, aprite” mi intimò.
Fianna scosse la testa, sapevo esattamente cosa pensava e mi trovavo d'accordo.
“Mi spiace signore, ma è buio e ho già sigillato tutte le entrate con cura, non posso aprire. Lo dice la legge” e il mio buonsenso, aggiunsi dentro di me.
“La legge dice che dovete aprire su richiesta del D.A.O.” rispose spazientito. Lo vedevo innervosirsi attraverso lo spioncino.
Spostandomi di appena qualche passo ebbi la visuale completa della situazione attraverso la finestra della sala: io e Fia posammo gli occhi su una decina di uomini, completamente bardati da capo a piedi, armati e seguiti da un paio di Faro-vetture, ossia enormi jeep a sei posti che emettevano luci potentissime da tutti i lati, anche dal tetto.
Accecate da quelle enormi torce nel buio non riuscivamo a distinguere bene i volti di chi avevamo di fronte ma, a quanto pare, qualcuno riconobbe noi.
“Desmet!” Reinhard Hill corse verso il vetro e lo riconobbi solo quando mi fu praticamente davanti.

 

Grazie per essere arrivati fino alla fine di questo capitolo!
Abbiamo scoperto il background sul quale si svolge la storia e spero via sia piaciuto..
Il prossimo capitolo segnerà l'inizio di tutti i cambiamenti per la nostra Lil-Anne e sarà importantissimo, non vedo l'ora!

Alohaaa
Ambrambru

 

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Capitolo 4
*** Militari E gatti ***


4. Militari E gatti



“Il nostro compagno di classe?” chiese Fianna che già strizzava gli occhi per controllare se c'era anche Vinnan.
“Le conosci, Hill?”
Il comandante, o almeno supponevo che lo fosse, si spostò finalmente dallo zerbino per avvicinarsi alla finestra.
“Si, Signore. Siamo nella stessa classe, Signore” rispose Reinhard scattando sull'attenti.
“Benissimo, allora hai il compito di fare aprire alle tue compagne quella dannata porta!” Sbraitò allontanandosi verso la Faro-vettura.
Reinhard si volse nuovamente verso di noi, la sua voce mi giungeva attutita dal vetro.
“Devi aprire Desmet, e anche velocemente. I tuoi genitori non sono in casa?”
Scossi la testa iniziando a sentirmi irritata.
“Devi aprire comunque o ti butteremo giù la porta.”
Strabuzzai gli occhi.
“Dico, siete forse impazziti? Quello che hai alle tue spalle non è il sole, è una Faro-vettura! Se non te ne fossi accorto è notte!”
“So benissimo in che momento della giornata ci troviamo, grazie della delucidazione -rispose seccato- ma non c'è più molto tempo, o ci fai entrare o entriamo comunque.”
Presi mentalmente nota: anche i ragazzi che all'apparenza sembravano seri, responsabili e più grandi di me erano solo degli emeriti idioti.
Fianna incrociò le braccia.
“Non potete andare a casa della brava gente e buttar giù la loro porta!” Urlò per farsi sentire meglio.
Che razza di situazione era mai quella? Possibile che il nuovo hobby del Dipartimento Anti Ombre fosse vedere quante porte riuscivano a rompere in una sola notte?
“Senti, -disse Hill lanciando occhiate nervose ai suoi compagni ed abbassando la voce- abbiamo motivo di credere che un' Ombra sia entrata in casa tua. Non avete tutto questo tempo per stare a discutere sull'aprirci o meno, siete in pericolo dentro casa quanto fuori.”
“Non è possibile! Ho chiuso tutto io stessa, ne sono certa!” ribattei mascherando il terrore, eppure sapevo che qualcosa mi sfuggiva.
“L'ho vista con i miei occhi” assicurò.
Fianna prese a tremare e il dito le corse all'interruttore della luce. Ci guardammo attorno con circospezione ma il salotto sembrava tranquillo, solo il mio gatto, Speedy, sonnecchiava sul tappeto...
“Merda! La gattaiola!” Esclamai. L'avevo dimenticata, era già successo ma papà faceva sempre un secondo giro di controllo quando chiudevo io.
In pigiama e a piedi nudi mi gettai ad aprire la mia casa, ormai pericolosa, ai militari che entrarono senza farselo ripetere due volte, le armi in una mano e le torce elettriche nell'altra.
In meno di un minuto tutta la mia abitazione era stata illuminata a giorno, le stanze erano state setacciate e la gattaiola sigillata, ma niente di niente era saltato fuori.
Io e Fianna sedevamo sul tappeto vicino a Speedy quando Vinnan e un uomo sulla trentina si avvicinarono per controllare se ci fossero movimenti sotto il divano.
“Sembra che vi siate sbagliati” disse Fianna, più per iniziare una conversazione che per rimproverarli, ma l'uomo emise un verso misto tra una risata e un colpo di tosse.
“Sbagliati? Cosa diamine vi insegnano in quella scuola, ragazzina? -Fianna divenne rossa sotto lo sguardo severo del militare- Le Ombre non hanno una forma fisica solida, possono raggiungere le dimensioni che desiderano. Potresti averne una nascosta nell'ombra del tuo naso e non accorgertene! E' inutile affannarsi ad accendere le luci, il sole tramonterà sempre e ci sarà sempre qualcosa che proietta un ombra nella quale possono ripararsi ed aspettare. Basterà il contatto con un'altra ombra qualsiasi per farle spostare e, anche sotto la luce più abbagliante, ucciderti.”
La mia amica riprese a tremare e tutto quello che riuscii a pensare fu che più gli uomini diventavano adulti e più peggioravano.
“Come fate a trovarle?” chiesi.
Vinnan ci sorrise gentile. “Abbiamo i nostri metodi...” ma non finì la frase perché dal bagno venne uno sfrigolio, come di olio bollette in una padella, e vi si gettò a capofitto seguito a ruota dal resto della squadra. Ci fu parecchio trambusto e persino odore di bruciato, che cosa stavano combinando al mio povero bagno? Fianna cercò di sdrammatizzare.
“Pensala così, non ti capiterà mai più di avere dieci militari muscolosi stipati nel bagno di casa tua.”
La fissai. “Non l'hai detto davvero..”
L'efficientissima squadra del D.A.O. aveva solo bruciato la tenda della doccia e staccato l'anta di un mobile per uccidere quell'Ombra, ma mi rassegnai pensando che c'era di peggio. Mio padre sarebbe stato quel peggio, se l'Ombra non mi aveva uccisa l'avrebbe fatto lui a mani nude, poco ma sicuro.
Il comandante ci salutò.
“Bene, dobbiamo continuare il giro di controllo. Buonanotte, signorine.”
Vinnan ci fece un cenno con la mano e mentre anche Reinhard si accingeva ad uscire seguendo il resto degli uomini sentimmo un altro sfrigolio, più forte questa volta, appena dietro di me.
I soldati misero mano alle loro strane pistole e il comandante li richiamò tutti di corsa dentro alla casa mentre Reinhard spingeva me e Fianna da un lato, frapponendosi fra noi e qualcosa di scuro e oleoso che strisciava di ombra in ombra verso la porta.
Vi furono diversi spari di luce azzurrina che mancarono il bersaglio, bruciacchiando il tappeto e le tende, un uomo cercò di proiettare la torcia sull'Ombra ma quella si muoveva troppo velocemente. Con la schiena di Reinhard davanti non riuscivo a vedere bene, ma mi accorsi che l'errore fu nostro: l'ultimo soldato che doveva rientrare in casa, mi sembrava si chiamasse Aleksandr, non si accorse di quanto quella creatura fosse vicina alla porta. Inconsapevolmente, le permise di sfruttare l'ombra proiettata dal proprio corpo, mentre entrava, come ponte per poter uscire e defilarsi nel buio della notte.
Se n'era andata.
“Erano due, -sbottai- com'è possibile che non ve ne siate accorti?”
Fianna mi stringeva il braccio talmente tanto che temevo mi si staccasse, ma la lasciai fare. Ero infuriata.
“Non è possibile infatti, ne è entrata solo una..” cominciò Reinhard.
“Non è possibile? L'hai vista benissimo anche tu!”
Il comandante si frappose tra di noi.
“Hill, sei sicuro di averne vista entrare solo una?”
“Si, Signore” annuì deciso il ragazzo.
“Capisco. Questo vuol dire che è entrata prima del nostro arrivo, oppure... che era già dentro.”
Sbuffai. Quello doveva essere un comandante? Non mi sorprendeva che la missione fosse stata un fallimento.
“Come poteva essere già dentro? Quello che dite non ha senso..”
Fianna strillò.
Mi voltai di scatto a guardarla pensando che un' Ombra l'avesse attaccata, ma lei era pietrificata, con le mani premute sulla bocca, e mi guardava terrorizzata.
“Fia? Che hai? Hai visto qualcosa? Ti senti male?”
Tremando, indicò il pavimento sotto i miei piedi e, in principio, non capii cosa ci fosse da spaventarla tanto, poi realizzai che il vero problema era ciò che non c'era.
La mia ombra era sparita.

 

Si, lo so cosa state pensando: perché di tutti i titoli che poteva dare a questo capitolo ha scelto “Militari E gatti”?
Non sono impazzita, lo giuro! Ha un senso! Ma bando alle ciance, finalmente siamo al punto di svolta :)
Sempre e comunque grazie a chi mi sta leggendo, in particolare a fioredaparete, cloveRavenclaw39, Hiddlesthug e Shayleene che hanno speso un po' del loro tempo anche per lasciare una recensione :)

A presto con il nuovo capitoloooo!
Alohaaa
Ambrambru

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Capitolo 5
*** NON avrei pianto ***


Non era possibile. Non stava accadendo a me.

Comunque mi muovessi nessun tipo di ombra veniva proiettata dal mio corpo.

Presa da un impeto di disperazione, strappai la torcia dalle dita di Reinhard e la puntai febbrilmente contro la mia mano, ma la parete retrostante non mostrava alcuna figura, nessuna forma scura che indicasse l'interposizione del mio corpo tra il muro e la luce.

Quindi la seconda Ombra, quella che era riuscita a fuggire, era... la mia?

Fianna mi abbracciò tra le lacrime, Reinhard fissava il pavimento e io mi sentivo uno schifo.

“Dobbiamo portarti via” mi disse il comandante.

“V-via?”

“Sei in pericolo, se rimani qui metterai a repentaglio anche la vita della tua famiglia e dei tuoi amici. Non credo ci sia bisogno di spiegarti che dal momento in cui diventi una Senz'Ombra non avrai tregua fino al giorno della tua morte, giusto?”

Allora mi ero veramente ammalata. Sentii le ginocchia cedermi.

Non avrei più potuto vivere normalmente, andare a scuola, stare con mio padre o vedere i film con Fianna. Non avrei più potuto vendicarmi di Luke Gernoff o aspettare il week-end per passare del tempo con mio fratello.

“Ti conviene preparare una borsa con quello che ti serve, non so quando potrai tornare a casa”.

Annuii, lentamente.

Mi veniva da piangere e contemporaneamente sentivo un feroce desiderio di spaccare qualcosa, magari non il telefono questa volta.

Fianna mi abbracciò ancora, assicurandomi che sarebbe andato tutto bene e che ci saremmo riviste presto, poi metà della squadra la scortò a casa sua con la Faro-vettura e io mi diressi in camera, con il cervello in panne, a lanciare ogni cosa che mi capitava sotto mano in un'enorme valigia.

Avrei voluto farci stare tutta la stanza, ma non era possibile, così lasciai indietro il computer, i libri e mille altri oggetti che amavo e che forse non avrei mai più rivisto, cercando di riempire anche lo zaino fino a farlo scoppiare.

Tolsi il pigiama e mi vestii di nero, come il mio umore in quel momento, infilando nella tasca posteriore dei pantaloni la foto della mia famiglia, poi iniziai a trascinare la valigia per le scale che portavano in sala.

Non parlai con nessuno dei soldati, non li guardai nemmeno, nonostante non avessero colpe particolari sentivo di odiarli tutti dal profondo del cuore.

Qualcuno prese i miei bagagli e li caricò sulla seconda Faro-vettura parcheggiata sulla strada, qualcun altro mi spinse dentro velocemente controllando che nulla ci stesse seguendo ed io guardai la mia abitazione scomparire mano a mano che la jeep accelerava.

“Tutto bene?”

Mi accorsi solo in quel momento che Reinhard era seduto accanto a me.

“No” gli risposi secca, non mi andava di parlargli e non l'avrei fatto, lui fissò lo sguardo fuori dal finestrino e non disse più una parola.

Attraversammo tutta la città in cui vivevo, Zacine, per dirigerci nella periferia dove le rocce che compongono il suolo precipitano vertiginosamente nel mare formando un'alta scogliera, quasi un burrone, chiamata Maja Jura. Sapevo che le basi militari erano in quella zona, ma non ci ero mai stata e con il buio della notte non riuscivo a distinguere bene le forme, nonostante la nostra macchina fosse un piccolo sole in miniatura.

Dopo quella che mi parve un'eternità, arrivammo ad un cancello di metallo grigio, si aprì automaticamente al nostro avvicinarsi ed il soldato che guidava svoltò parcheggiando la jeep all'interno di un garage coperto, anch'esso munito di una porta automatica che si richiuse alle nostre spalle. Nessuno si mosse finché tutte le luci non si furono accese e la stanza non fu sigillata ermeticamente.

Un uomo tarchiato prese la mia valigia, io lo seguii imbambolata attraverso una porticina che collegava il deposito delle macchine con la costruzione centrale, mi condusse attraverso corridoi e stanze che sembravano tutte uguali, fino ad un ascensore. L'edificio era illuminato a giorno e il primo pensiero sciocco che mi saltò in mente fu che avrei voluto sapere il saldo delle loro bollette.

Una volta entrati il soldato premette il bottone con inciso il numero tre e le porte dell'ascensore si chiusero, portandoci in un piano che mi ricordava vagamente l'interno di un hotel e in breve tempo scoprii di non esserci andata troppo lontana.

“La tua è la stanza numero nove -disse l'uomo porgendomi una chiave- mettiti pure comoda, spegni la luce e dormi. Domani mattina alle ore sette suonerà la sveglia generale della base militare, devi farti trovare pronta per le otto in punto, passerà qualcuno a prenderti. Non uscire da sola dalla camera.”

“Mio padre.. mio fratello..”

“La tua famiglia verrà avvisata domani, non ti preoccupare. Potrai avere contatti telefonici con loro ogni qualvolta lo vorrai, per adesso è meglio se ci limitiamo a questo.”

Annuii e l'uomo si allontanò.

La stanza non era brutta: c'era un letto matrimoniale con le lenzuola pulite, una televisione, una scrivania e un grande armadio. Avevo persino un bagno tutto mio, già attrezzato con saponi e asciugacapelli. Era completa di tutto, mancava solo una cosa: finestre.

Mi sentivo letteralmente murata dentro ma immaginai che fosse necessario per la mia incolumità, gettai vestiti e valigia in un angolo e mi infilai sotto le coperte con il cellulare.

Mi era arrivato un messaggio da Fianna.

"Andrà tutto bene, me lo sento, e lo sai che non sbaglio mai. Spero che tu non stia piangendo o altro, ricorda che sei rinchiusa in una caserma piena di militari con un fisico da urlo! Chiamami in qualsiasi momento, ci sarò sempre, qualunque cosa accada. Buonanotte."

Chiusi gli occhi. Inspirai ed espirai cercando di mettere in chiaro le idee, mi dovevo fare coraggio, niente era perduto, dopotutto ero ancora viva, giusto?

Prima di addormentarmi promisi a me stessa di non arrendermi alla sorte dei Senz'Ombra, anche se come aveva detto il comandante non avrei avuto tregua fino alla morte, non importava.

Risposi a Fianna di non preoccuparsi, quella notte non avrei pianto.

 

 

Ebbene si, sono viva! Chiedo scusa a tutti quelli che hanno letto/recensito per la mia lunga assenza, ma mi sono successe un sacco di cose, tra le quali una simpatica ragazzina che ha avuto la brillante idea di copiare i primi due capitoli di Senz'Ombra spacciandoli per suoi su Facebook..

Dopo essermi innervosita parecchio avevo deciso di non pubblicare più, fino a questa mattina.

Non so perché non so percome ma ho deciso di tentare di nuovo, quindi ancora grazie a chi segue me e Lil-Anne nelle nostre strambe avventure!

A presto, speriamo!

Ambrambru

 

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