Sangue di strega: Origine magica

di Emmastory
(/viewuser.php?uid=823162)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Radici ***
Capitolo 2: *** Somiglianze e amicizie ***
Capitolo 3: *** Oltre l'amicizia ***
Capitolo 4: *** Malcontento popolare ***
Capitolo 5: *** Paure e rimembranze ***
Capitolo 6: *** Forti emozioni ***
Capitolo 7: *** Differenze ***
Capitolo 8: *** Timori e novità ***
Capitolo 9: *** Scelte ***
Capitolo 10: *** Essere indistinto ***
Capitolo 11: *** Sentimenti in fiore ***
Capitolo 12: *** Sospetti e amore ***
Capitolo 13: *** Verso Bakriat ***
Capitolo 14: *** Un cuore puro ***
Capitolo 15: *** Il crollo di un mito ***



Capitolo 1
*** Radici ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
 
Capitolo I
 
Radici
 
Una ventenne comune, dai capelli rossi come fuoco e gli occhi di un verde talvolta capace di sfumare nel grigio. Il fisico asciutto, e un sorriso mostrato in ben poche occasioni. Questo è il mio ritratto, ovvero quello di Miriel Finnegan. Agli occhi di uno sconosciuto, potrei apparire come una ragazza normale, una giovane donna, ma per quella che alcuni considerano sfortuna, e altri una sorta di castigo divino, non è così. Sono nata nel villaggio di Farebury, in Inghilterra, e prima che avessi modo di rendermene conto, mi sono ritrovata a dover fuggire, nella parte più nascosta e recondita del mio paese. Un incendio ha distrutto la mia casa, ed io ho perso tutto, ad eccezione dei miei ricordi. Avevo una madre e due sorelle, con le quali condividevo ogni cosa, compresi i segreti più inconfessabili, che nascevano e dimoravano nel mio cuore. Ad ogni modo, sono scomparse dalla mia vita nel giorno della mia fuga, e di loro non mi rimane nulla, eccetto un dono presente nel sangue di noi tutte. L’essere strega. In un’epoca come questa, ove l’inspiegabile e il diverso divengono mistici per definizione, sono costretta a nascondermi dagli occhi degli infidi mortali, pregando ogni giorno perché non scoprano me e il mio vero essere. Non sono che una strega, con una passione per le arti magiche e con dei poteri che risultano talvolta spaventosi. Come poche altre streghe del mio calibro, riesco a teletrasportarmi, e a fare in modo che i miei desideri diventino realtà. Per mia pura sfortuna, non ho ancora imparato a controllarli, ragion per cui, nascondermi ed evitare di creare legami sono le mie uniche possibilità. Come ricordo, le fiamme hanno ridotto ogni mio possedimento in nera cenere, perciò, come se il mio dolore non fosse abbastanza, allo stesso si aggiunge anche la povertà. La mia era una famiglia benestante, ma ora che è stata spezzata come un fuscello, non mi resta nulla. Poco prima di riuscire a scappare, ho avuto modo di racimolare qualche rupia, unica moneta esistente nel mio paese, ma ognuna delle stesse è andata persa quando ho cercato di riavere indietro la mia vita, aprendo un seppur piccolo spaccio alimentare. Ora come ora, lo stesso assorbe la maggior parte del mio tempo, e sempre a causa della mia cattiva sorte, i guadagni sono davvero esigui. Per tale ragione, non possiedo denaro sufficiente per comprare una casa, e non ho scelta dissimile dal dormire su una branda sistemata nel retrobottega. I miei giorni scorrono lenti, e perfino il mio corpo si rivela traditore. I miei occhi, di un pallido verde smeraldo, splendono spesso di luce propria, e questo non fa che insospettire gli umani, che evitano il mio sguardo, o fuggono impauriti. Sui loro volti, si dipingono espressioni di incredulità, alle quali non reagisco in maniera alcuna, limitandomi ad abbassare il capo e sospirare nascondendo il volto. Durante le lunghe notti, ammiro la luna, concentrandomi anche sullo sfavillio delle stelle, e sperando che un giorno, in futuro, io riesca a tornare alla mia libertà, ritrovando la mia famiglia e la letizia che ho perso, ricollegandomi quindi a quelle che credo essere le mie radici. Mentre questo pensiero si aggira nella mia mente, galleggiando come una barca sul limpido mare, una piccola stella splende incessantemente, e sembra parlarmi infondendomi sicurezza. A quella scena, sorrido debolmente, per poi sdraiarmi e provare a dormire, cadendo in una profonda dimensione onirica, e desiderando di non tornare indietro. Sono diversa dagli umani, e gli stessi mi temono, ma una certezza mi è di conforto. Dovrò continuare ad essere me stessa, mantenendo un basso profilo e un comportamento impeccabile. Piccoli accorgimenti ai quali presterò attenzione, al solo fine di intrecciare ogni fibra del mio corpo con il tessuto della società.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Somiglianze e amicizie ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo II
Somiglianze e amicizie
Un singolo giorno passava, ed io mi svegliavo piena di energie. Come al solito ero pronta a lavorare e guadagnare le mie sudate rupie. La mia giornata di lavoro iniziò senza farsi attendere, e tutto sembrava normale. Quello non era che il mio pensiero, e in poco tempo mi accorsi di sbagliarmi. Ero occupata a servire un cliente, quando improvvisamente vidi un uomo avvicinarsi. A giudicare dal suo abbigliamento, composto da una tunica lunga fino ai piedi, e dalla sua particolare acconciatura, compresi che era uno dei monaci del mio villaggio. Sorridendo, gli augurai il buongiorno, e per tutta risposta, l’uomo ignorò le mie parole, limitandosi a guardarmi fissamente. Per qualche strana ragione, era incredibilmente concentrato sui miei occhi. Fingendo indifferenza in realtà non provata, scostai lo sguardo, per poi notare la sua sparizione. Poco dopo, mi concessi del tempo per pensare, rimanendo basita. Ero confusa, e la paura si stava lentamente annidando nel mio animo. Quel monaco appariva taciturno, e non mi aveva rivolto la parola. Riflettendo, lasciai che la mia paura continuasse a crescere, iniziando quindi a temere per la mia incolumità. Il modo in cui mi aveva guardata, non aveva fatto altro che incutermi terrore, tanto che passai il resto della giornata ad interrogarmi circa le sue intenzioni nei miei riguardi. Non sapevo se avesse dei dubbi, se la mia vista lo avesse spaventato, se mi avesse scoperto, o se fosse semplicemente curioso. Quasi istintivamente, scartai l’ultima delle ipotesi, ritrovandomi poi da sola con la mia incredulità. Il tempo continuò a scorrere, e il mio umile spaccio ricevette una visita alquanto particolare. Un gatto nero come la pece si avvicinava guardingo, fissandomi con quei suoi grandi occhi aurei. In poco tempo mi fu accanto, ed io tentai di accarezzarlo. Con mia grande sorpresa, l’animale lasciò fare, emettendo quindi un unico e lungo miagolio. Da quel momento in poi, iniziai lentamente ad allontanarmi, non notando che il felino continuava a seguirmi. Accorgendomene, non tentai di scacciarlo. L’amore per gli animali mi accompagnava sin dalla giovinezza, ragion per cui, lasciai che divenisse mio fedele compagno, dandogli perfino un nome. Senza pensarci troppo, lo chiamai Salem, in onore del primo luogo in cui le streghe furono scoperte. Sin da quel nefasto giorno, avevo perso ognuna delle mie radici, e la presenza di quel gatto riusciva in qualche modo a confortarmi. Da allora in poi, le mie notti cessarono di essere solitarie. Difatti, passavo ogni attimo del mio tempo libero ad accarezzarlo, e in alcuni casi, a parlargli. Poteva sembrare strano, ma per qualche arcana ragione, farlo risultava alquanto terapeutico. Inoltre, Salem riuscì ad abituarsi alla mia quotidianità abbastanza in fretta, imparando perfino a riconoscere le mie emozioni. Non avevo modo di saperlo con certezza, eppure sembrava aver capito quanto il mio lavoro fosse importante. Volendo unicamente evitare di disturbarmi, passava la maggior parte del suo tempo sdraiato in un punto del bancone, lasciando accarezzare e coccolare dai clienti. I bambini erano il suo bersaglio preferito. Ogni volta che ne vedeva uno, miagolava iniziando a strusciarsi contro le loro mani e facendo le fusa. Quella scena mi strappava ogni volta un sorriso, aiutandomi quindi a dimenticare il mio passato e il mio dolore. Ad ogni modo, l’ora di chiusura si stava avvicinando, e la giornata appariva fiacca. Ero mollemente appoggiata al bancone, e senza accorgermene, lasciai che il mio sguardo cadde sul mio polso. Presentava quella che ad un occhio poco attento poteva sembrare una cicatrice, ma in realtà non era che un marchio. Il mondo delle streghe è vario e pieno di insidie e particolari, fra cui alcuni riguardanti i marchi. Alla nascita, una strega assiste alla comparsa di una sorta di ferita sulla propria pelle. A seconda della forma, la stessa rappresentava l’appartenenza della strega ad una stirpe. Il mio marchio ha la forma di una stella, motivo per cui sono parte di una stirpe chiamata “Sangue Nero.” Stando ai racconti di mia madre, che ricordo nonostante l’andar del tempo, esistono in tutto tre differenti ordini, dati sia dalla forma del marchio che dal comportamento della strega o del mago in questione. Ad ogni modo, il tempo continuò a scorrere, e addormentandomi, attesi l’inizio di un nuovo giorno. Venendo svegliata dal miagolare di Salem, lo salutai accarezzandolo, e rivestendomi, mi rimisi subito al lavoro. Il sole splendeva nel cielo mattutino, e la giornata mi sembrava in qualche modo diversa. Per qualche strana ragione, i clienti parevano fissarmi con odio, o tendevano ad ignorarmi, e ad essere sincera, la cosa mi preoccupava. Con il passare del tempo, la mia paura circa le loro intenzioni nei miei riguardi aumentava, ma non volendo apparire emotiva, cercavo di non mostrarlo. Le mie ore di lavoro passarono veloci, e poco prima che lasciassi il bancone, una ragazza provò ad avvicinarmisi. Guardandola negli occhi, la lasciai fare, prestando particolare attenzione a ciò che credevo avesse da dirmi. Quasi come se mi conoscesse, mi salutò amichevolmente, e l’istinto mi portò a ricambiare sorridendo. “Hai un viso familiare.” Mi disse, lasciando che l’azzurro dei suoi occhi incontrasse il verde dei miei. “Come ti chiami?” continuò, ponendomi quella semplice domanda. “Mi chiamo Miriel, e tu?” risposi, scegliendo quindi di rigirarle la domanda. “Io sono Minerva.” Rispose a sua volta, tendendomi la mano e attendendo che gliela stringessi. Afferrai le sue dita con una vena di riluttanza, per poi provare una stranissima sensazione. Non avevo idea del perché, ma mi sembrava di aver già visto quella ragazza. Mi ricordava mia sorella, e condivideva con lei una somiglianza a dir poco incredibile. In via del tutto eccezionale, le diedi modo di raggiungermi nel retrobottega. Parlandole, scoprii di essere incredibilmente simile a lei. Ci somigliavamo sia fisicamente che caratterialmente. Difatti, Minerva era una ragazza davvero loquace e gentile, e questa sua particolarità mi portava a considerarla una grande amica. Finalmente, ero felice. Per la prima volta in tutto quel tempo, ero riuscita a stringere un’amicizia. Ad ogni modo, ogni cosa sembrò cambiare quando lei pronunciò una frase che spedì il mio morale sul fondo di un metaforico e buio baratro di sconforto e malessere. “Vivi da sola, sbaglio?” disse, tacendo nell’attesa di una risposta. Mantenendo il silenzio, scossi lentamente il capo, fornendole quindi una risposta positiva. “Dov’è la tua famiglia?” chiese poi, peggiorando inconsapevolmente il mio già cupo umore. A quella domanda, il mio silenzio si protrasse, e non cogliendo l’eloquenza del mio sguardo, Minerva si ripetè. “Non capisci? Io non ho una famiglia!” gridai, alterandomi di colpo e nascondendo il viso con le mani. Data la mia reazione, Minerva scelse di cingermi un braccio attorno alle spalle cercando di confortarmi, e pur accettando il suo gesto, non riuscii a ritrovare la calma. Alcuni minuti passarono, ed io mi scusai con lei. La reazione che avevo avuto, andava ben oltre le mie stesse aspettative, e quando arrivò per lei il momento di andarsene, parlai con me stessa, capendo quindi qualcosa di molto importante. La solitudine aveva cessato di sovrastarmi, e in Minerva avevo trovato sia una somiglianza che una grande amicizia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Oltre l'amicizia ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo III
Oltre l’amicizia
Un nuovo e luminoso giorno ebbe inizio senza farsi attendere. La luce solare solleticava i miei occhi, costringendomi ad alzarmi dalla branda dove riposo per iniziare a lavorare. Per qualche strana ragione, oggi gli affari sembrano andare a rilento. La popolarità del mio negozio è cresciuta, e per tale ragione, ora anche i giovani del villaggio si servono qui da me. Sono leggermente impazienti, ma la cosa non mi tocca. Spendendo i loro sudati risparmi, comprano sempre ciò di cui hanno bisogno, promettendomi ogni volta di tornare. Ad ogni modo, ero occupata a raccogliere le rupie dal bancone, per poi riporle in un sacchetto di tela che solevo usare come contenitore. Le prendevo in mano con estrema lentezza, concedendomi del tempo per saggiarne la consistenza. Esaminandole, scoprii che erano alquanto leggere, e che erano finemente lavorate. Il bronzo che le costituiva brillava al sole, e la sensazione di stare lentamente riguadagnando la mia fortuna poco per volta, mi rendeva felice. Il tempo continuò a scorrere, e finalmente, ebbi un momento per rilassarmi. Sedendomi su un piccolo sgabello, posai la mia mano sulle mie ginocchia, sperando di invitare Salem ad accoccolarsi sul mio grembo. Voltandosi verso di me, mi fissò per alcuni secondi con quelle sue iridi auree, per poi scegliere di avvicinarsi lentamente e sdraiarsi sulle mie gambe. Subito dopo, iniziai ad accarezzarlo, indugiando su punti quali il collo e la testa. Tale azione lo portava a fare le fusa, producendo un suono a bassa frequenza che aveva su di me un effetto calmante. Spostando poi il mio sguardo sul terso cielo mattutino, notai qualcosa di davvero strano. Un uccello volava silenzioso, e sembrava volermisi avvicinare. A quella vista, Salem balzò in terra, per poi sedersi e rimanere immobile a guardarlo fissamente. Fu quindi questione di un attimo, e il povero volatile, che scoprii essere un corvo, finì preda del mio gatto, rimediando una marginale ferita all’ala destra. Provando istintivamente pena per quell’animale, scacciai subito Salem, che fuggì impaurito, soffiando e mostrando gli artigli. Abbassandomi lentamente, raccolsi da terra il corvo ferito, scoprendo che a causa della ferita provocatagli dal mio gatto, non era più capace di volare. Rimediando quindi una benda dal mio lenzuolo, gli fasciai l’ala, per poi decidere di esaminarlo attentamente. Mentre ero nell’atto di farlo, notai che l’uccello sembrava stringere qualcosa nella zampa. Toccandola, lo invitai ad aprirla, per poi prendere in mano il bianco foglio che pareva volermi consegnare. Guardando meglio, mi accorsi di avere in mano una lettera, che iniziai a leggere mentalmente. Una volta finito, provai un’inspiegabile sensazione di tristezza. Quella che stringevo in mano, era una lettera di scuse, e il mittente non era che la mia amica Minerva. “Mi dispiace di aver interferito con la tua vita. Sono stata un’ingrata, e non avrei dovuto. In questa lettera chiedo il tuo perdono, sperando che tu riesca a concedermelo. Sei libera di decidere, e in caso contrario, capirò di aver sbagliato.” Queste le poche righe presenti in quella lettera, che mi spinsero a riflettere e scegliere di fare ciò che andava fatto, ovvero perdonare Minerva. Non potevo davvero affermare di conoscerla, ma nonostante tutto, la reputavo un’amica. Così, continuai a lavorare come avevo sempre fatto, attendendo il suo arrivo. I minuti scorrevano diventando ore, e la mia speranze di vederla iniziavano a scemare. Delusa, mi accinsi a chiudere bottega, e in quel preciso istante, la vidi avvicinarsi. Istintivamente, la chiamai per nome. Raggiungendomi, mi salutò amichevolmente, per poi scegliere di ordinare alcuni filoni di pane, che le consegnai evitando di farla attendere. Subito dopo, la invitai a raggiungermi nel retro. Rimembrando ciò che era accaduto appena il giorno prima, compresi di aver commesso un errore, e desideravo perdonarla porgendole le mie scuse. Lei non voleva che parlarmi, ed io le avevo urlato contro senza alcuna ragione. “Mi dispiace per ieri.” Dissi, abbassando lo sguardo a causa della vergogna provata. “Non preoccuparti, spiace anche a me.” Rispose, con una mesta espressione dipinta in volto. Poco dopo, Minerva si passò una mano fra i capelli corvini, e in quel preciso istante, un particolare attirò la mia attenzione. La manica del suo vestito era scivolata fino a scoprirle il polso, e sulla sua pelle giaceva un marchio uguale al mio. Ad ogni modo, rimasi in silenzio, tacendo la mia scoperta e attendendo che ricominciasse a parlare. Ritrovandomi di fronte al suo mutismo, scelsi di rompere il silenzio creatosi attorno a noi. “Avevo una sorella, e si chiamava come te.” Confessai, guardandola negli occhi azzurri e profondi quanto l’oceano. “Anch’io, e ti somigliava molto.” Disse, lasciando che le sue labbra si dischiudessero in un sorriso. A quelle parole, non risposi, limitandomi a guardarla. In quel momento, un dubbio mi balenò in mente. Non ne ero sicura, ma qualcosa in Minerva mi portava a credere che lei fosse una delle due sorelle che avevo perso dopo l’incendio della mia casa. Volendo quindi sincerarmi della sua identità, le rivelai un segreto del quale non avevo mai osato parlare con nessuno. “Sono una strega.” Dissi, tacendo al solo scopo di studiare la sua reazione. Per qualche strana ragione, l’espressione del suo volto era neutra, e guardandomi, sembrava volermi dire qualcosa. Le parole che pronunciò mi colpirono, suonando sorprendenti e veritiere al tempo stesso. “Lo sono anch’io, e nessun umano deve scoprirci.” Dichiarò, abbassando la voce unicamente per evitare di essere sentita. “Com’è possibile?” le chiesi, attendendo una risposta. A quelle parole, Minerva non rispose, salvo poi formulare una frase che mi fece scivolare in un spirale di incredulità. “Tu non ricordi, ma sono tua sorella.” Disse, guardandomi negli occhi. Subito dopo, scelse di mostrarmi il suo marchio. Lo avevo già notato, ma per qualche strana ragione, non potei evitare di mostrare la mia sorpresa. “Minerva! Credevo di averti perso!” esclamai, scegliendo di abbracciarla e non riuscendo a trattenere alcune affatto amare lacrime. Accettando quell’abbraccio senza proteste, Minerva sorrise, lasciando che mi sfogassi senza proferire parola. “Nasconditi e sarai al sicuro.” Mi consigliò, per poi sparire dalla mia vista come uno spirito o un fantasma. Dopo la sua sparizione, mi rintanai in un angolo, iniziando a pensare. Lo trovavo incredibile. Credevo che Minerva fosse una mia semplice amica, ma stando alle sue parole e ai miei seppur lontani ricordi, il nostro rapporto andava ben oltre l’amicizia. Il mio incontro con lei sembrava far parte di una sorta di miracolo, secondo il quale, con estrema lentezza, ogni tessera formante il mosaico del mio passato, stava riprendendo il suo posto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Malcontento popolare ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo IV
Malcontento popolare
La buia e fredda notte pareva non aver fine, e rimanendo intrappolata in uno stato di dormiveglia, ripensavo alle parole di Minerva. Aveva ragione, ed io avrei dovuto nascondermi. Ad ogni modo, dovetti confessare che il contatto della docile aria con i miei capelli color del fuoco mi mancava, così come il solletico della fresca erba sulla mia pelle. Per tale e semplice ragione, attesi l’arrivo del mattino, per poi scegliere di prendermi una pausa dal lavoro e provare ad avventurarmi nel villaggio per una semplice e innocua passeggiata. Camminavo tranquilla, godendomi la frescura mattutina e il calore del sole sulla mia pelle, ma ero completamente all’oscuro di ciò che mi sarebbe accaduto con il passare del tempo. Fra un passo e l’altro, pensavo, arrivando poi ad una ponderata conclusione. In memoria dei tempi andati, mi sarei recata in chiesa a pregare. Così, evitando di arrestare il mio cammino, la raggiunsi. Non appena entrai, mi misi alla ricerca di una panca vuota su cui sedermi e ascoltare attentamente le parole del prete, ma qualcosa andò storto. Il mio sguardo si incrociò con quello del monaco che aveva visitato il mio negozio tempo addietro, e a quella vista, raggelai, provvedendo subito a stringermi nella giacca che portavo e abbassando gli occhi nel tentativo di nascondere il viso, chiave del mio vero essere. Per mia mera sfortuna, fallii nel mio intento, e un cupo silenzio piombò nella chiesa. Tutti i presenti si voltarono a guardarmi, e molti sembravano aver paura di me. Per qualche strana ragione, i miei occhi sembravano brillare di luce propria, e tale situazione non era d’aiuto. La funzione religiosa era ormai stata interrotta, e improvvisamente, ecco la goccia che fece traboccare il vaso. “È una strega!” gridò un bambino accanto a sua madre, notando l’innaturale splendore dei miei occhi e il marchio a forma di stella sul mio braccio. Di lì a poco, la confusione più totale. Le persone mi fissavano con odio, additandomi e scegliendo di insultarmi. Colta alla sprovvista, mi guardai intorno, per poi prendere una veloce ma saggia decisione. Dovevo assolutamente fuggire. Per opera di quello che consideravo un fato maligno, ero appena stata scoperta da un’intera folla di persone, e fuggire era la mia unica speranza. Così, scattando in piedi come una molla, decisi di avviarmi subito verso l’uscita della chiesa stessa, sperando di evitare le percosse e gli insulti della gente. Correvo a perdifiato per i sentieri del villaggio, ma non ero abbastanza veloce da sfuggire ai miei aguzzini. Difatti, venni raggiunta da alcuni uomini, i cui animi sembravano carichi di odio e astio nei miei confronti. Personalmente, mi ritenevo una ragazza coraggiosa, ma per qualche strana ragione, non potei evitare di tremare alla vista di un uomo che brandiva minaccioso un forcone. Avvicinandosi, me lo puntò dritto al collo, ma con uno scatto a dir poco felino, riuscii ad evitarlo. In quei momenti, mi muovevo solo grazie alla forza della disperazione. Guardando i miei assalitori con occhi pieni di paura, tentai di fuggire, ma caddi inciampando. non appena mi voltai. Ogni mio tentativo nel rialzarmi fu inutile, poiché persi i sensi. Il tempo sembrò fermarsi, e al mio risveglio, mi ritrovai disorientata. Aprendo gli occhi, non vidi che il cielo, ora leggermente scurito dal tetro imbrunire, e rabbrividii di fronte a ciò che vidi. Ero stata legata, e le corde mi impedivano qualunque movimenti. Non desiderando altro che la mia libertà, iniziai ad urlare e dibattermi, scoprendo che tali azioni non deposero a mio favore. Fu quindi una questione di meri attimi, ed io iniziai a sentire caldo. Istintivamente, abbassai lo sguardo, notando quindi con orrore che le genti del villaggio avevano una sola intenzione, ovvero quella di bruciarmi viva. Il terrore che provavo era indescrivibile, ragion per cui, chiusi gli occhi. Subito dopo, il buio sembrò avvolgermi, regnando attorno a me. In quel preciso istante, lasciai che i ricordi mi affollassero la mente, per poi versare un’amara e fredda lacrima in attesa del compimento del mio destino. Ad ogni modo, mi sforzai di rimanere calma. “Raggiungerò mia madre.” Pensai, parlando con me stessa e rimembrando la sua morte, avvenuta in circostanze simili a quelle che mi ritrovavo di fronte. Per un singolo istante, temetti che fosse davvero finita, e recitai le mie preghiere nel più completo mutismo, ma poi, la situazione parve ribaltarsi. Difatti, un urlo squarciò il silenzio, e tutti si voltarono, spostando i loro sguardi dal mio viso a quello di una giovane ragazza dai capelli biondi e gli occhi color nocciola. “Lasciatela andare! Gridò, frapponendosi fra me e l’intera folla, e impedendo che un ennesimo colpo mi venisse inferto. “Lei non è una strega!” aggiunse, guardando fissamente ognuna di quelle persone e sperando che le dessero ascolto. Quasi ignorandola, un uomo la spinse con violenza, e nel tentativo di difendersi, una ferita sul polso della mia aiutante si aprì. Poco dopo, sbiancai. La ferita della ragazza stava sanguinando, ma in lei c’era qualcosa di diverso. Difatti, il suo sangue non era del caratteristico colore rosso vivo, ma si presentava nero, proprio come il mio. Tacendo la mia scoperta, provai nuovamente a muovermi, scoprendo finalmente di riuscire a farlo. Con velocità incredibile, quella ragazza era riuscita a slegarmi, ponendo quindi fine alla mia tortura. Istintivamente, mi avvicinai per aiutarla, e subito dopo la vidi coprire la ferita con una mano. “Vieni con me.” Mi disse, guardandomi negli occhi. Mantenendo il silenzio, rimasi immobile, per poi vederla afferrarmi un polso e iniziare a correre trascinandomi con sé. Dopo quanto mi era accaduto, ero troppo spaventata per parlare, ma ad ogni modo, qualcosa mi spingeva a fidarmi di lei. Continuando a seguirla, mi lasciai condurre in un luogo apparentemente isolato, e solo dopo aver raggiunto la nostra destinazione, lei decise di parlarmi. “Ti ho salvata, ma ho capito una cosa. Io e te siamo uguali, e dobbiamo trovare Minerva.” Disse, mostrando il marchio a forma di stella che aveva sul polso. Per qualche strana ragione che inizialmente non compresi, era uguale al mio, e riflettendo, capii che anche quella ragazza doveva forzatamente essere una strega, e che apparteneva alla mia stessa stirpe. “La conosco, ma non so il tuo nome.” Risposi, tentando di non apparire tesa come una corda di violino. “Sono Astrid.” Continuò, sorridendo debolmente e guardandomi negli occhi. “Sei in pericolo, e dobbiamo andare.” Aggiunse, prendendomi nuovamente per mano e invitandomi a seguirla. Stringendomi nelle spalle, acconsentii, iniziando quindi a camminare al suo fianco. Mentre ero nell’atto di farlo, posai distrattamente il mio sguardo sulla sua mano, notando che la ferita che aveva sul polso sembrava essere scomparsa. In quel momento, dovetti ammettere di essere sospettosa, ma tacqui concentrandomi sul mio cammino. Poco tempo dopo, raggiungemmo la casa di Minerva, rimanendo entrambe allibite da ciò che avemmo la sfortuna di vedere. L’intera casa era in disordine, e sembrava che fosse appena passato un tornado. Guardandomi attorno, deglutii sonoramente, scoprendo qualcosa di perfino peggiore. Il corpo di Minerva giaceva steso ai miei piedi, e lei sembrava non respirare. “Guarda.” Dissi ad Astrid, invitandola ad abbassare lo sguardo. Contrariamente a me, lei non si scompose. “Aiutami.” Disse, mentre tentava di sollevarla e portarla al sicuro. Senza proferire parola, annuii, afferrando il corpo di mia sorella per le spalle e trasportandolo fino alla camera da letto. “Per fortuna sta bene.” Continuò Astrid, in tono serio. A quelle parole, non risposi, limitandomi a mostrare un debole sorriso. Appena un attimo dopo, sentii che nell’aria aleggiava uno strano odore. Confusa, guardai Astrid, che notando il mio smarrimento, decise di erudirmi. “Un incendio.” Biascicò, quasi non volendo che io la sentissi. Ad ogni modo, quelle due singole parole mi fecero letteralmente sussultare. Un fiume di ricordi esondò all’interno della mia mente, portandomi a ricordare il mio passato. “E adesso?” chiesi, attendendo una risposta e temendo per la salute di mia sorella.” Spostando il suo eloquente sguardo su di me, Astrid non parlò, limitandosi a posare una mano sul petto di Minerva. Tacendo, osservai senza fiatare, per poi assistere ad una scena eclatante. Improvvisamente, la mano di Astrid iniziò a risplendere, e grazie a quel tocco Minerva parve riprendersi e riacquistare le forze. “Dove sono? E cosa ci fate qui?” chiese, guardandosi intorno e notando la nostra presenza nella stanza. “Sei svenuta a causa di un incendio, e abbiamo deciso di aiutarti.” Dissi, sperando di riuscire a soddisfare la sua curiosità. “Tu stai bene? Sei ferita?” mi domandò, attendendo una risposta. “Gli umani del villaggio mi hanno scoperta, ma Astrid mi ha salvata.” Continuai, regalandole un sorriso. Poco dopo, Minerva ripetè quel nome con voce flebile, guardandosi attorno in maniera alquanto circospetta. “Grazie, le disse, dopo essersi sincerata della sua presenza. “Come hai fatto?” le chiesi, alludendo al precedente gesto e venendo nuovamente colta da un momento di confusione. “È tutto merito di questa gemma.” Rispose, indicando lo smeraldo che portava al collo. “Chi sei?” continuai, animata unicamente dai sospetti che nutrivo nei suoi confronti. “Sono una strega come te e Minerva, e sono vostra sorella.” “Cosa?” esclamammo noi due, parlando quasi all’unisono. “È la pura verità.” Aggiunse Astrid, avendo cura di non perdere la calma. In quel momento, i ricordi del mio passato tornarono a farmi visita, ed io non potei che sorridere. L’abbraccio che seguì quell’istante fu fortissimo, ed io potei finalmente essere certa di aver recuperato ciò che avessi di più caro a questo mondo, ovvero la mia intera famiglia. Sembrava incredibile, eppure tutto era vero. Non ero più sola, e il malcontento popolare, unito ad una concatenazione di eventi, era bastato a riunirmi alle mie amate sorelle, che credevo di aver perso in quel giorno così nefasto.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Paure e rimembranze ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo V
Paure e rimembranze
 È ancora notte, ed io sono completamente immersa in una profonda dimensione onirica. Improvvisamente, il miagolare di Salem mi sveglia, avvertendomi quindi dell’arrivo del dorato mattino. Strofinandomi gli occhi, mi alzo lentamente dal letto, per poi respirare a pieni polmoni. Ora come ora, tutto è cambiato. Difatti, dati gli eventi che hanno recentemente avuto luogo nella mia vita, sono malvista dalla maggioranza della popolazione. Non riuscendo più a sopportare questa situazione, ho chiesto consiglio alle mie  sorelle, che mi hanno offerto il loro aiuto e forse l’unica soluzione possibile, ovvero trasferirmi in una casa ai margini del villaggio. Fidandomi ciecamente, ho dato loro retta, e in questo momento, mi trovo nella mia nuova stanza. Per mia fortuna, la casa in cui abito è modesta, e mi permette un tenore di vita nettamente migliore. Ad ogni modo, so bene che fra poco dovrò andare al lavoro, ragion per cui, mi sto preparando a dovere. In questo preciso istante, indosso ancora il mio pigiama, e raggiungendo il bagno di casa, scelgo di lavarmi e vestirmi, azioni che ad essere sincera non mi portano via molto tempo. Subito dopo, scelgo di avviarmi verso il mio negozio, ben sapendo che le giornaliere mansioni ad esso collegate assorbiranno la maggior parte delle mie energie. Cammino lentamente, e Salem mi segue camminando al mio fianco, e mostrandomi quindi tutta la sua lealtà. In breve, raggiungo la mia destinazione, e rimanendo in piedi dietro al bancone del mio negozio, attendo l’arrivo di un potenziale cliente. Per mia sfortuna, il tempo continua a scorrere, e le ore passano veloci. Sospirando, so che le mie speranze iniziano a scemare, ma nonostante tutto non demordo, evitando quindi di scompormi. Comportandosi da amico, Salem mi si avvicina colpendomi la mano con il muso. Non chiede che di essere accarezzato, e mostrando un debole sorriso, realizzo questo suo desiderio. Alcuni istanti dopo, lo sento fare le fusa, finendo quindi per lasciarmi sfuggire una risata. Volgendo il mio sguardo all’orizzonte, noto che qualcuno si sta avvicinando a me, per poi scoprire che è solo mia sorella Minerva, venuta a farmi visita unicamente per parlare. “Valtor è tornato da me, ma sembrava ferito.” Disse, tacendo subito dopo. In quel preciso istante, le mie emozioni mi tradirono, ed io non ebbi scelta dissimile dal guardarla senza capire. “Chi è Valtor?” le chiesi, sperando di non apparire ingenua ai suoi occhi. “Il mio corvo.” Rispose, chiarendo la situazione e riportando alla mia mente il ricordo del giorno in cui avevo ricevuto la sua lettera solo grazie a quel volatile. “È stata colpa di Salem.” Continuai, posando su di lui il mio sguardo e regalando un sorriso a mia sorella. “Forse tentava di proteggerti.” Disse ridendo. Unendomi quindi alla sua ilarità, mi informai sul vero motivo della sua visita. “Perché dovrebbe farlo?” chiesi, sperando che Minerva perdonasse quella forse retorica domanda. “Perché le Sangue Nero non sono le uniche streghe ad esistere.” Rispose, facendo forse involontariamente in modo che un dubbio si insinuasse nella mia mente. Ad essere sincera, sapevo bene dell’esistenza di altre due stirpi di streghe del nostro stesso calibro, ma il semplice fatto non averne mai incontrata una mi spingeva a non credere nella realtà del loro essere. Quasi come se volesse mostrarsi d’accordo con me, perfino Salem si mostrò confuso. “Devi solo fare attenzione.” Disse Minerva, per poi salutarmi e sparire teletrasportandosi altrove. Ad ogni modo, quella odierna appariva come una di quelle giornate in cui la noia ti assale, impedendoti di trovare piacere in ognuna delle attività che sei solito praticare. Seduta su un sgabello, rifletto. Sono ora immersa nei miei pensieri, e uno di questi va alla mia cara nonna Zelda. Sin da quando mia madre è morta, lei è stata, oltre a mio padre, l’unica persona che avesse scelto di prendersi cura di me e delle mie sorelle. Inoltre, è da lei che ho imparato tutto quello che so sulle streghe e sul mondo della magia, e anche se quell’orribile incendio, ha devastato la casa in cui sono cresciuta cancellando anche gran parte dei miei ricordi, so bene che anche dopo la sua dipartita lei farà sempre parte della mia vita. Inoltre, non ho sue notizie sin dal giorno in cui quella tragedia si consumò, e incontrarla è uno dei miei più grandi desideri. Ad ogni modo, dati i miei trascorsi, ho deciso di smettere di usare i miei poteri fino a quando non sarò sicura di non destare più sospetti. Nel mio silenzio, continuo a concedermi del tempo per pensare, guardando quindi in faccia la realtà e comprendendo che le mie sono semplici paure unite alle mie rimembranze.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Forti emozioni ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo VI
Forti emozioni
Lentamente, un mese spariva dalla mia vita, e le mie giornate continuavano a susseguirsi senza sosta. Quello odierno, sembrava un giorno normale e completamente uguale ad ogni altro, ma per qualche arcana e a me sconosciuta ragione, un presentimento mi convince che proprio oggi qualcosa cambierà. Ora come ora, sono impegnata a lavorare, e pur avendo già servito numerosi clienti, i miei guadagni non sono per nulla cospicui. Abbandonandomi a dei cupi sospiri, inganno il tempo contando le bronzee rupie che ricevo, e con le quali vengo pagata. Di giorno in giorno, sono sempre più scarse, ma fortuna vuole che fra le stesse spicchi a volte qualche rupia argentea, di maggior valore rispetto a quelle coniate in bronzo. Rimanendo perfettamente immobile nell’attesa di una sorta di miracolo che mi permettesse di essere me stessa senza nascondermi, guardavo davanti a me. Di tanto in tanto, Salem miagolava strusciandosi contro le mie gambe, ma le sue manifestazioni d’affetto non servivano a calmare il dolore che sapevo di provare. Ad ogni modo, e dopo l’ennesimo sospiro, mi convinsi a chiudere il negozio prima del tempo, ma poco prima che riuscissi a farlo, vidi un uomo avvicinarsi a me. Per tale ragione, cambiai subito idea, fissando per un attimo le auree iridi di Salem, che era tranquillamente sdraiato sul pavimento del negozio. Quando fu abbastanza vicino, l’uomo ordinò con estrema gentilezza tre filoni di pane. Regalandogli un sorriso, decisi di servirlo senza farlo aspettare, e guardandolo, provai una strana sensazione. Ad essere sincera, amo il mio lavoro, ma data la mia emotività, lascio che il dolore mi controlli, ragion per cui in genere non presto attenzione ai discorsi dei clienti, o fingo interesse, ma stavolta, qualcosa era diverso. Aveva i capelli di un marrone simile a quello delle morenti foglie autunnali, e il verde dei suoi occhi, intenso e penetrante, mi piaceva particolarmente. Nell’attesa, mi rivolse un sorriso, arrivando perfino a chiedere come mi chiamassi. “Miriel.” Dissi, presentandomi e tendendogli la mano. Sinceramente, speravo che la stringesse, ma le mie aspettative vennero tradite e superate. Difatti, l’uomo scelse di prendermi la mano e baciarla in maniera galante e al contempo tenera. Non riuscirei davvero a spiegare come, ma per qualche strana ragione, finii per arrossire. “Io sono Xavier, mia giovane donzella.” Rispose, presentandosi a sua volta ed educatamente. Istintivamente, sorrisi, finendo per arrossire nuovamente. Ad ogni modo, la visita di quell’uomo, di cui ora conoscevo anche il nome, non si protrasse per più di qualche minuto, e pur non riuscendo a trovare una spiegazione ai miei comportamenti, sapevo che qualcosa in lui mi spingeva sempre ad avvicinarmi e provare a parlargli. Non avevo modo di esserne sicura, eppure, anche se per un singolo momento, credetti di essermi innamorata di lui. Tentando di scacciare il suo pensiero dalla mia mente, continuai a lavorare senza concedermi pause, sperando quindi che la mole di lavoro che avevo davanti potesse riuscire a distrarmi. Ad ogni modo, i miei sforzi furono inutili. In quel momento, avevo davvero bisogno di qualcuno con cui parlare, ragion per cui raggiunsi casa di mia sorella Astrid non appena finii di lavorare. Poteva certamente apparire assurdo, eppure non sembravo capace di riconoscere i miei stessi sentimenti. Andando quindi alla ricerca di conforto e sostegno morale, diedi inizio al mio viaggio, portandolo a termine in pochissimo tempo. “Dobbiamo parlare.” Dissi ad Astrid, dopo averla salutata e abbracciata. Mantenendo il silenzio, Astrid sembrò disposta ad ascoltarmi, motivo per cui decisi di aprirmi completamente. “Credo di essermi innamorata.” Esordii, temendo la sua reazione. “Chi ha toccato il tuo cuore?” chiese, ridendo di gusto. “Il suo nome è Xavier.” Dissi, per poi tacere e scivolare nel silenzio. “Non mi ha detto molto, ma era più galante di qualunque persona.” Aggiunsi, lasciandomi guidare dal ricordo dell’incontro avuto con lui appena qualche ora prima. “Non può essere amore. Forse era solo un gentiluomo.” Commentò mia sorella, quasi volendo redarguirmi. “Tu dici?” chiesi, attendendo una sua risposta. “Lascia che passi del tempo, te ne accorgerai al momento giusto.” Mi consigliò, sorridendo e scegliendo di stringermi in un abbraccio poco prima che mi congedassi. Salutandola, scelsi di tornare a casa, per poi raggiungere la mia stanza e trascorrere il tempo riflettendo su me stessa e su quanto mi era accaduto. Concedendomi quindi del tempo per pensare, compresi che forse Astrid aveva ragione. Evidentemente, dovevo aver affrettato i tempi, convincendomi quindi di una realtà forse utopica e inesistente. In quel momento, non avevo scelta dissimile dall’attendere una risposta dal mio stesso cuore. Alcune ore passarono, e il cielo si punteggiò di sfavillanti stelle, che ammirai poco prima di addormentarmi riflettendo su quelli che credevo essere i miei sentimenti. Non avevo idea di cosa mi sarebbe accaduto, ma ad ogni modo, avevo fiducia in me stessa.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Differenze ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo VII
Differenze
Come ero solita fare, sedevo su un ligneo sgabello accanto al caminetto, godendomi il calore e il crepitio delle vive fiamme. Salem mi sedeva in grembo, non accennando a muovere un muscolo. Passando la mia mano sul suo nero pelo, lo accarezzavo distrattamente, poiché completamente assorta nei miei pensieri. Mantenendo il silenzio, riflettevo sulle parole pronunciate da Minerva. Difatti, e unicamente secondo il suo pensiero unito al mio e a quello della nostra ormai vetusta nonna, le streghe dal sangue nero non erano le uniche ad esistere. Lasciando che la mia mente vagasse libera, ricordai lo sguardo di Xavier, penetrante, luminoso, e decisamente fuori dal comune. Poi, d’improvviso, tutto mi fu chiaro. Scattando quindi in piedi come una molla, scelsi subito di guadagnare la porta di casa e uscirne, avendo la chiara e precisa intenzione di raggiungere il mio negozio. Quando vi arrivai, lo trovai completamente vuoto. Ero in netto anticipo, e un presentimento mi portava a credere che qualcuno mi stesse aspettando. Entrandovi, diedi inizio alla mia giornata lavorativa, attendendo come al solito l’arrivo dei miei clienti. Ad ogni modo, e per qualche strana ragione che non riuscivo a spiegarmi, la stessa risultò incredibilmente produttiva. Prima che riuscissi ad accorgermene, infatti, il sacchetto che solevo portare con me al solo scopo di conservarci le mie rupie, si riempì completamente. Il tempo continuò quindi a scorrere, e quasi come se le mie preghiere fossero appena state esaudite, qualcuno di molto speciale decise di farmi visita. Guardando dritto davanti, vidi Xavier avvicinarsi sfoggiando quel magnifico sorriso, grazie al quale avevo letteralmente finito per perdere la testa per lui. Non potendo negare la forza dei miei sentimenti, mi ero innamorata, ma nonostante questo, non avevo modo di sapere cosa lui provasse per me. Riflettendo, scelsi di fingere indifferenza realmente non provata, pur salutandolo amichevolmente. “Buongiorno.” Gli dissi, tacendo subito dopo nell’attesa di una risposta. “Buongiorno anche  te, Miriel.” Rispose, ricambiando il saluto e ponendo inaudita enfasi sul mio nome. “Ti ricordi di me?” chiesi, confusa e stranita da quelle parole. “Come dimenticare un nome così bello?” continuò, facendo uso del suo sarcasmo nel pormi quella domanda. Alla stessa, non risposi, limitandomi a sorridere e arrossire leggermente. A quella vista, Xavier sorrise debolmente, per poi pronunciare una frase che ebbe il potere di riportarmi alla realtà. “Noi due dobbiamo parlare.” Mi disse, facendomi letteralmente gelare il sangue nelle vene. Stringendomi nelle spalle, annuii lentamente, dandogli quindi modo di raggiungermi nel retrobottega. “Sto ascoltando.” Esordii, attendendo quindi che iniziasse il suo discorso. Senza proferire parola, Xavier si avvicinò a me abbastanza da riuscire a toccarmi, per poi decidere di parlarmi. “Miriel, tu non lo sai, ma io e te siamo incredibilmente simili.” Disse, ottenendo come unico risultato quello di sollevare nella mia testa una metaforica polvere costituita da dubbi e domande ancora prive di risposta. Confusa, non parlai, limitandomi a guardarlo in attesa di un chiarimento. “Sono un mago, proprio come te.” Rispose, facendo così sparire ogni mia insicurezza. Ad ogni modo, in quell’istante non riuscii a trattenermi dal continuare a chiedere spiegazioni. “Cosa? Allora dov’è il tuo marchio?” esclamai, completando il mio discorso con quella domanda. “Il mio marchio? Continuò, sarcastico. “È proprio qui.” Aggiunse, liberandosi della sciarpa che portava e che lo proteggeva dal freddo inverno che incombeva sul villaggio. Subito dopo, mi mostrò il suo collo, sul quale troneggiava l’accurato disegno di una luna. Guardandolo, non riuscii a credere ai miei occhi, ma arrendendomi all’evidenza, compresi che quello era il simbolo dei “Sangue Rosso”, e che di conseguenza Minerva aveva ragione. Un attimo svanì quindi dalla mia fragile vita, e  sentendomi improvvisamente priva di forze, svenni cadendo a terra. Da allora in poi, attorno a me regnò il buio, che venne squarciato da una voce decisamente troppo familiare. Riaprendo gli occhi, biascicai qualche parola, per poi iniziare a guardarmi intorno e comprendere di essere di nuovo a casa. “Grazie al cielo stai bene.” Disse Minerva, posando istintivamente una mano sul mio cuore. “C’è qualcuno che vuole vederti.” Continuò Astrid, facendo il suo ingresso nella mia stanza. “Di chi parli?” chiesi, tacendo subito dopo. Quasi ignorando le mie parole, Astrid si voltò verso la porta, ed io osservai l’inaspettato arrivo di Xavier. “Ce l’hai fatta!” esclamò, avvicinandosi al solo scopo di abbracciarmi e stringermi a sé. Il suo volto era contratto in una smorfia di preoccupazione, e pur accorgendomene, non proferii parola. Accettando quindi quella manifestazione d’affetto senza oppormi, non potei fare altro che fissare le mie sorelle pregando che lasciassero la stanza, così da regalarmi del tempo da passare da sola con Xavier. Le stesse, decisero di realizzare il mio desiderio, allontanandosi senza dimenticare di richiudere la porta alle loro spalle. “Mi dispiace davvero, e non avrei dovuto dirtelo.” Disse, sedendosi accanto a me e tentando di giustificarsi per quanto aveva fatto. “Non hai alcuna colpa, prima o poi avrei dovuto scoprirlo.” Risposi, rivolgendogli un debole sorriso ed uno sguardo colmo di eloquenza. In quel preciso istante, il verde dei miei occhi si fuse con il marrone dei suoi, e tutto accadde con una velocità tale da non poter essere calcolata. Le nostre labbra si unirono per la prima volta, ed io non potei che esserne felice. Lo amavo davvero, e anche se non avevo mai avuto un’occasione per rivelargli i miei sentimenti, ora sapevo che gli stessi avevano appena parlato per me. Ingenuamente, avevo perfino provato a nasconderli, finendo per fallire nel mio misero intento. Ora conoscevo la verità, e sapevo che presto avrei imparato ad accettare le nostre differenze. Ad ogni modo, quando quel bacio ebbe fine, Xavier mi mostrò un oggetto che non avrei mai creduto di poter vedere nelle sue mani, ovvero un pugnale. “Promettimi di tenerlo con te, ti servirà molto presto.” Confesso, lasciando che lo prendessi in mano. Dopo averlo fatto, lo fissai per alcuni secondi, avendo cura di notare quanto fosse importante per lui. Lentamente, saggiai la consistenza della lama con le dita, scoprendo che Xavier vi aveva fatto incidere una piccola stella, simbolo della mia valente stirpe, che rifuggiva la popolazione umana e temeva gli scontri e le divergenze, ma che non avrebbe esitato ad usare la violenza nel caso avesse dovuto difendersi. “Ho paura.” Confessai, tornando a guardare il mio amato Xavier negli occhi. “Finchè ci sarò io, tu non dovrai averne.” Disse, stringendomi in un abbraccio e tentando di confortarmi. A quelle parole, sorrisi quasi istintivamente, per poi scegliere di baciarlo e assistere al suo allontanamento. Alzandosi in piedi, decise infatti di salutarmi e uscire dalla stanza, lasciandomi completamente da sola, con la sola ed unica compagnia del freddo vento che sibilava appena fuori dalla mia finestra.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Timori e novità ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo VIII
Timori e novità
Come constatai per l’ennesima volta, un mese scivolò via dalla mia vita con una lentezza esasperante. La mia relazione con Xavier procedeva a gonfie vele, ma qualcosa mi spingeva a temere l’avvenire. Seppur scherzosamente, Minerva si mostrava gelosa, asserendo di non riuscire a trovare l’amore a causa del suo vero essere. Tentando di consolarla, le parlavo, procedendo poi a mostrarle il marchio che possedevamo in qualità di streghe. Ogni volta, soleva ringraziarmi, pur ostinandosi a non cambiare idea. Sedeva tranquilla, e trascorreva il suo tempo immergendosi nella lettura di pesanti e polverosi tomi riguardanti le arti magiche. La sua profonda concentrazione mi spingeva spesso a chiedermi il perché di tanta costanza, e in ogni occasione, lei mi forniva la stessa risposta. “Mi serve ad imparare.” Diceva, senza smettere di leggere ed evitando di staccare gli occhi dai neri caratteri impressi nella pagina. Ad ogni modo, proprio oggi, le mie paure si sono tragicamente avverate. Ero impegnata con il mio lavoro al negozio, e mentre facevo del mio meglio per impegnarmi e mantenere la concentrazione, vidi un gufo volare nel cielo mattutino. Per qualche strana ragione, portava nel becco quella che identificai come una lettera, e pareva volermela consegnare. Istintivamente, sollevai un braccio, per poi lasciare che si appollaiasse sulla mia spalla. Mostrandogli una mano, lo vidi aprire lentamente il becco, sentendo la lettera scivolarmi fra le dita. Spinta dalla curiosità, l’aprii, per poi iniziare a leggerne il contenuto. “Che cos’è?” mi chiese Xavier, che si era gentilmente offerto di aiutarmi con le mie pesanti mansioni. Mantenendo dapprima il silenzio, la esaminai attentamente, scoprendo che non era una lettera comune. “È una notifica della Legge Magica.” Risposi, con un tono che lasciava trasparire tutta la mia preoccupazione. “Lo sapevo.” Sussurrò lui, parlando a denti stretti. “Cosa?” chiesi, sperando che si ripetesse. “Ci hanno scoperti.” Chiarì, guardandomi negli occhi e mostrandosi incredibilmente serio. “Le Streghe Superiori sanno di noi, e non potremo più stare insieme!” urlò, avvicinandosi e tentando di abbracciarmi. Evitando di sottrarmi al suo affetto, lo strinsi a me con fare amorevole, per poi scegliere di indietreggiare lentamente. In quel preciso istante, lo guardai. Il suo volto tradiva un’espressione di assoluta tristezza, ed io non potei evitare di preoccuparmi. “Spiegati.” Lo pregai, attendendo quindi che riprendesse a parlare. “Il nostro sangue è diverso, e stiamo infrangendo la legge!” rispose, alterandosi di colpo. Istintivamente, gli intimai di abbassare la voce con un gesto della mano, e lui obbedì senza protestare. Sapevo bene che gli umani potevano mostrarsi infidi, e aver rischiato la morte sul rogo era stato per me abbastanza. Poco dopo, tornai a leggere quella lettera, per poi riporla nella busta e scegliere di conservarla, avendo la precisa intenzione di portarla a casa. Quando rientrai dal lavoro, andai subito in cerca di Minerva, sperando che grazie alle sue approfondite conoscenze, lei riuscisse a spiegarmi il motivo di quella lettera. “Qualcosa non quadra.” Osservò, stringendo fra le mani quel foglio. “Non devi confessarmi nulla?” chiese, con una vena di amaro sarcasmo nella voce. “No.” Risposi, difendendomi da quella sorta di accusa e sapendo di mentire. “Dimmi la verità.” Mi incalzò lei, irrigidendosi. “Va bene. Xavier è un Sangue Rosso, e le Superiori ci hanno scoperto. Cosa devo fare?” continuai, completando il mio discorso con quel complicato interrogativo. “Dovete lasciarvi, e dirvi addio per sempre.” Rispose Astrid, che intanto mi aveva raggiunta nel salotto di casa sentendomi entrare. A quelle parole, sussultai. “Non posso farlo. Io lo amo!” Risposi, non riuscendo a controllare le emozioni provate e faticando a trattenere quelle che sapevo essere lacrime. “So che è difficile, ma non hai altra scelta.” Continuò Astrid, con la stessa serietà mostrata poco prima. “Questo non è vero!” gridai, allontanandomi da lei e rifugiandomi nella mia stanza, comportandomi quindi come solevo fare da bambina. Non appena fui sola, mi lasciai completamente andare ad un pianto liberatorio. Sapevo che le mie sorelle avessero ragione, ma nonostante questo, mi rifiutavo di accettare la realtà. In quel momento, non desideravo che l’amore di Xavier, un amore che era ormai sbocciato come un fiore in primavera, e che rischiava di essere brutalmente reciso. Con l’arrivo della notte, pregai parlando con me stessa e volgendo il mio sguardo verso il cielo. Speravo che qualcuno ascoltasse le mie preghiere, intercedendo a mio favore. Poteva sembrare patetico, ma sembravo non avere scelta dissimile dal pregare. Alcune ore dopo, finii per addormentarmi, venendo poi svegliata da una sorta di ticchettio proveniente dalla mia finestra. Inizialmente, ne imputai la colpa ai rami di un albero, ma alzandomi dal letto, compresi di sbagliarmi. Difatti, proprio oltre il vetro della finestra stessa, c’era un gufo. Le penne argentee rilucevano come stelle sotto la luce della luna, e gli occhi scuri e profondi avevano il potere di incutere paura e terrore. Aprendo lentamente la finestra, lo vidi volare all’interno della stanza, con la ferma intenzione di posare un delicato giglio sul mio letto. Avvicinandomi, esaminai quel fiore con attenzione, scoprendo che dal gambo penzolava una sorta di biglietto, che portava il nome di mia sorella Minerva. Annusando il profumo di quel delicato fiore, capii che doveva sicuramente essere un regalo. Spostando quindi il mio sguardo su quel fiero e saggio animale, lo vidi allontanarsi spiccando di nuovo il volo, per poi sparire nella coltre di nebbia che si infittiva nel buio della notte. Camminando lentamente, raggiunsi la stanza di mia sorella, posando quel fiore sul suo cuscino e lasciandola dormire in pace. Tornando poi a letto, mi concessi del tempo per riflettere e pensare. Forse per me e Xavier non c’erano speranze, ma esisteva la remota possibilità che qualcosa nella vita di mia sorella stesse per cambiare. Pur essendo streghe, non avevamo il potere di forzare gli eventi, ed avevamo ormai raggiunto una sorta di limite, oltre il quale, ognuna di noi decideva per sé stessa, basandosi su timori e novità.   

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Scelte ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo IX
Scelte
Era da poco passata la mezzanotte, e rigirandomi nel letto, non riuscivo a dormire né a prendere sonno. Ci provai invano per ore intere, fino a quando non mi ritrovai ad assistere allo spettacolo rappresentato dall’alba mattutina. Il sole spuntava lentamente, riemergendo da dietro i monti, dove sembrava essersi nascosto. Aprendo gli occhi, mi alzai dal letto, procedendo a raggiungere la stanza occupata da Minerva. L’altra notte, si era lamentata di aver sentito degli strani rumori in casa sua, ragion per cui, mi aveva chiesto ospitalità. Non potendo negargliela, ho pazientemente acconsentito, ricordando poi che tempo prima un incendio aveva rovinato la sua abitazione. Camminando lentamente verso il letto in cui dormiva, la vidi svegliarsi e sbadigliare. “Perché sei qui?” chiese, con la voce palesemente tradita dalla stanchezza. “Sono venuta a svegliarti.” Dissi, sorridendo e aprendo la finestra così da permettere che la luce solare inondasse la stanza. Poco dopo, Minerva si liberò dalle coperte, per poi scegliere di alzarsi in piedi. Mentre era nell’atto di farlo, notò la presenza del fiore che le avevo lasciato la sera prima, e prendendolo in mano, mi guardò con espressione confusa. “Che ci fa qui un fiore?” continuò, tacendo nell’attesa di una mia risposta. “So che è strano, ma me l’ha portato un gufo l’altra notte.” Risposi, sperando che tale spiegazione non risultasse completamente priva di senso. “Chi credi che l’abbia mandato?” aggiunse, dopo alcuni attimi di silenzio. A quella domanda, non risposi, limitandomi a scuotere il capo. Subito dopo, mi congedai da lei raggiungendo il salotto di casa. Passando di fronte allo specchio, mi sistemai i capelli, sapendo di dovermi preparare per andare al lavoro. Non appena fui pronta, salutai mia sorella, per poi avviarmi verso il mio negozio. Al mio arrivo, notai che Xavier aveva già iniziato a prendersi cura degli affari. Avvicinandomi, lo salutai, per poi scegliere di posargli un lieve bacio sulle labbra. Posando poi il mio sguardo sul bancone, notai che Salem vi si era mollemente sdraiato. Istintivamente, lo accarezzai, scegliendo quindi di raccontare a Xavier quanto fosse accaduto a mia sorella. “Mia sorella ha ricevuto un fiore.” Esordii, per poi tacere al solo scopo di studiare l’espressione dipinta sul suo volto. Alle mie parole, Xavier non rispose, limitandosi a sostituire la sua espressione confusa con una interrogativa. “C’era un biglietto con il suo nome, ma non sappiamo chi l’abbia mandato Hai qualche idea?” Continuai, sperando di aver dissipato ogni suo dubbio e terminando quel discorso con una domanda. “È sicuramente un ammiratore.” Rispose lui, lasciandosi quindi sfuggire una risata. Unendomi alla sua ilarità, sorrisi. Nello spazio di un momento, ritornai seria, e guardandolo negli occhi, mi avvicinai lentamente. “Ho un impegno.” Dissi, chiedendogli poi di gestire il negozio fino al mio ritorno. Annuendo, Xavier decise di darmi retta, per poi salutarmi mentre mi allontanavo da lui. Non appena raggiunsi la strada, un pensiero si insinuò nella mia mente come polvere, e improvvisamente ricordai la lettera ricevuta tempo prima. Subito dopo, mi concentrai, scegliendo di canalizzare ogni mia energia nel cercare una risposta all’enigma che mi tormentava da giorni. Stando ai miei ricordi, Minerva non era riuscita a decifrarne il contenuto, e le parole di Astrid non mi erano di conforto. Per tale ragione, continuai a pensare, comprendendo che l’unica persona in grado di aiutarmi non era che la mia cara nonna Zelda. Mantenendo il silenzio e la concentrazione, mi avviai subito verso la sua casa, situata al culmine del mio villaggio. Guardandomi intorno, camminavo con aria circospetta. Dati i miei trascorsi, continuavo a temere di essere scoperta. Ad ogni modo, raggiunsi la mia destinazione dopo un tempo che mi parve incalcolabile. Seppur lentamente, bussai alla porta, attendendo quindi che venisse aperta. “Miriel? Che cosa ci fai qui?” mi chiese mia nonna, subito dopo avermi accolta in casa. “Ho bisogno del tuo aiuto.” Risposi, mostrandole poi la lettera che avevo ricevuto. Prendendola in mano, la esaminò con attenzione, ed io pregai che riuscisse a fornirmi delle reali spiegazioni a riguardo. Spostando il suo sguardo da quel foglio al mio viso, mia nonna pronunciò una frase capace di riaccendere in me una speranza. “Hai una sola possibilità, ovvero quella di firmare.” Spiegò, porgendomi nuovamente quella lettera. Afferrandola, ne lessi per una seconda volta il contenuto, scoprendo che mi veniva offerto un ultimatum. Potevo firmare, dichiarando quindi l’inesistenza della mia relazione con Xavier, o rinunciare a farlo, ammettendo quindi la realtà dei miei sentimenti. Confusa sul da farsi, spostai lo sguardo su mia nonna. “Fallo, o farai la mia fine.” Disse, indicando il suo viso solcato da profonde rughe. In quel preciso istante, raggelai. Durante la sua giovinezza, mi somigliava davvero molto, ma a causa di una bugia riguardo a sé stessa, aveva finito per ricevere una dura punizione. Scoprendo il suo misfatto, le Streghe Superiori si erano infuriate con lei, decidendo di ricorrere a delle misure che definirei drastiche, ovvero privandola della vista. Non riuscivo a crederci, eppure mia nonna era diventata cieca. A quel tempo, non ero che una bambina, e mi ero sempre chiesta che cosa le fosse successo, ma ad ogni modo, anche se a distanza di quindici lunghi anni, ora conoscevo la nuda e cruda verità. Mia nonna aveva anteposto il suo amore alla giustizia, ed essendo stata punita con la cecità, non voleva che la stessa sorte toccasse ad una delle sue amate nipoti. Il tempo scorreva, ed io ero combattuta. Sapevo bene di amare Xavier, e non desideravo altro che il suo amore, ma allo stesso tempo non avrei mai dato alle Superiori la soddisfazione di vedermi priva della vista e dei poteri. Mi lasciai quindi guidare dal mio cuore, fingendo di apporre una firma su quel documento, per poi riporlo con estrema cura nella busta che lo conteneva. Subito dopo, ringraziai mia nonna stringendola in un abbraccio, scegliendo poi di tornare da Xavier. La mia giornata lavorativa stava per aver fine, e per tale ragione, dovevo assolutamente tornare indietro. Quando arrivai, mi scoprii senza fiato, ricevendo però delle ottime notizie. Difatti, malgrado la mia assenza, Xavier era sapientemente riuscito a gestire il negozio, e gli ingenti incassi ne erano la prova. Avvicinandomi, lo ringraziai caldamente, per poi chiudere i battenti e lasciarmi baciare. Accettando quel bacio senza cenno di protesta, scelsi di non approfittare di quel momento, salutando Xavier per poi avviarmi verso casa mia. Poco prima di andare, gli rivolsi un sorriso, sperando di non averlo fatto impensierire. Di lì a poco, scivolai nel mutismo. Camminavo a passo svelto, ma ero comunque incerta sul da farsi. Una volta arrivata a casa, rividi Astrid e Minerva, chiedendo a quest’ultima un grande favore. “Devi prestarmi Valtor.” Le dissi, mostrandole l’infausta lettera che avevo intenzione di spedire. “Nessun problema.” Rispose, sorridendo e facendo un gesto con la mano in modo da richiamare il corvo a sé. Subito dopo, le diedi la lettera, e nello spazio di un momento, vidi quel volatile stringere la busta fra le zampe. Con l’arrivo della sera, spedii quella lettera assieme a Minerva, incrociando le dita e pensando al mio futuro. Poco più tardi, andai a dormire, addormentandomi con una speranza e un pensiero, secondo i quali, tutto si sarebbe certamente sistemato.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Essere indistinto ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo X
Essere indistinto
Il cielo. Dapprima terso e limpido, ora scuro e punteggiato di stelle, che sfavillano nel mero e semplice tentativo di sconfiggere l’oscurità notturna. Valtor, il corvo di Minerva, vola silenzioso nella notte, e ogni battito d’ali lo avvicina al covo delle Streghe Superiori, uniche persone in grado di decidere il mio destino. Per qualche arcana e inspiegabile ragione, sono fermamente convinta che una sorta di orribile maledizione incomba su di me. Sospirando, sposto il mio sguardo sull’argentea luna, il cui brillare mi infonde sicurezza. Alcuni minuti passano, ed io scelgo di tornare a dormire. Per mia sfortuna, non riesco ad addormentarmi. Un pensiero legato al futuro continua a ronzarmi in testa come un fastidioso insetto, e le probabili e negative conseguenze del mio gesto mi spaventano. So bene che prima o poi le Streghe scopriranno la colpa di cui mi sono macchiata, e procederanno a punirmi. Un pensiero che mi spaventa a morte, e che potrebbe tramutarsi in dura realtà. Intanto, il dorato sole mattutino sorge, e alla mia finestra si presenta lo stesso gufo dalle ali bianche di alcune notti ormai passate. Mi fissa con i suoi occhi dal colore dell’oro, e stringe nel becco quello che scoprii essere un foglietto di carta. Istintivamente, lo presi in mano, per poi scegliere di leggerne silenziosamente il contenuto. “Logan.” Questo il nome impresso su quel foglio, scritto con caratteri eleganti e al contempo perfettamente leggibili. Un nome che non avevo mai avuto occasione di sentire, ma che per qualche strana ragione mi intrigava. Che quello fosse il nome della persona coinvolta con il regalo fatto a mia sorella?” Non ne ero sicura, ma nonostante questo, avevo i miei pensieri a riguardo. Con un gesto della mano, allontanai quel gufo, procedendo quindi a richiudere la finestra. Il mattino sfumò lentamente nel pomeriggio, ed io decisi di esternare la negatività dei miei sentimenti parlando con qualcuno. Concedendomi del tempo per pensare, scelsi di aprirmi con Xavier. Mi conosceva a fondo, e amandolo con tutta me stessa, sapevo che non mi avrebbe mai giudicato. Uscendo di casa, scelsi di raggiungere la sua, portando a termine quel viaggio in pochissimo tempo. Una volta arrivata, frugai nel morbido sacchetto che avevo con me. Oltre a contenere le mie sudate rupie, custodiva anche una copia delle chiavi di casa di Xavier. Facendole girare nella serratura, aprii la porta, entrando quindi in casa. “Ho una cosa da dirti.” Gli dissi, salutandolo e guardandolo con aria seria. “Sto ascoltando.” Rispose, stringendomi in un delicato abbraccio e attendendo che riprendessi a parlare. “Ho paura.” Continuai, iniziando inconsciamente a tremare. “Le Streghe ci scopriranno, io non firmato quella lettera, e…” la frase mi morì in gola, non avendo quindi mai fine. In quel preciso istante, Xavier si avvicinò a me, per poi posare un indice sulle mie labbra. “Non ricordi? Io sono qui con te.” Disse, tentando di confortarmi e riuscendo nel suo intento. A quelle parole, seguì un bacio dolce e delicato, che ebbe il potere di togliermi il fiato e cancellare ogni mia insicurezza. Alcuni preziosi secondi passarono, ed io spostai il mio sguardo su Xavier. Quel bacio mi aveva frastornata, facendo sì che il mio intero corpo venisse scosso da un incalcolabile numero di brividi. “Spero solo che tu abbia ragione.” Dissi, alludendo al discorso che mi aveva permesso di fidarmi di lui. Subito dopo, un ricordo si fece spazio nella mia mente, ragion per cui, decisi di mostrare a Xavier il misterioso biglietto che avevo ricevuto. Sfilandomelo di mano, iniziò subito a leggerlo, e guardandolo negli occhi, lo vidi sbiancare. A quella reazione, poteva corrispondere un unico ed inequivocabile significato. Xavier doveva forzatamente conoscere la persona che si nascondeva dietro a quel così enigmatico biglietto. “Allora?” chiesi, tacendo nell’attesa di una sua risposta. Quest’ultima arrivò colpendomi profondamente, facendomi poi raggelare. “È mio cugino.” Disse, scivolando poi nel silenzio. Subito dopo, mi fermai a pensare. Lo trovavo incredibile, ma finalmente quella persona, nascosta da una coltre di mistero, era passata dal mostrarsi come essere indistinto all’ avere una chiara identità.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Sentimenti in fiore ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo XI
Sentimenti in fiore
“È mio cugino.” Quelle tre parole formavano una semplice frase, che continuava a risuonarmi in mente, dando vita ad un’ eco senza fine. Paralizzata, continuavo a guardare Xavier negli occhi. Non riuscivo a crederci. Minerva avrebbe presto trovato l’amore. In quel momento, ripresi quel foglietto dalle mani di Xavier, con precisa intenzione di mostrarlo a mia sorella. Sin da quando era una bambina, sognava di innamorarsi e avere una famiglia, ma l’essere una strega l’aveva portata a credere  nell’inesistenza dell’amore stesso. Scoprire la mia relazione con Xavier, l’aveva inoltre spinta in una spirale di tristezza e gelosia. Per tale ragione, speravo che raggiungerla e parlarle sarebbe servito ad appianare questa nostra sorta di dissapore. Salutando amichevolmente Xavier, gli affidai nuovamente il negozio, per poi andarmene per la mia strada e raggiungere casa mia. Una volta arrivata, salutai Minerva stringendola in un abbraccio. Poco dopo, scelsi di mostrarle il foglio che portavo con me. Guardandola negli occhi, glielo porsi delicatamente, per poi vederla iniziare a leggerne il contenuto. Lesse quel nome con velocità incredibile, scegliendo poi di guardarmi negli occhi nella muta speranza di una spiegazione da parte mia. “Chi è Logan?” sembrava chiedermi, fissando il suo sguardo colmo di incredulità su di me. “È il cugino di Xavier.” Risposi, sperando di aver soddisfatto la sua curiosità. “Dici davvero?” continuò, attendendo un mio ulteriore chiarimento. “È proprio lui, e sembra che tu gli piaccia.” Aggiunsi, tacendo subito dopo. A quelle parole, Minerva non rispose, ma nonostante il suo silenzio, ebbi la fortuna e il piacere di vederla sorridere. Subito dopo, i suoi occhi si illuminarono brillando come astri, ed io la vidi avvicinarsi a me. “Mi dispiace.” Disse, mutando subito l’espressione dipinta sul suo volto. “Non avrei dovuto essere gelosa. Finalmente c’è qualcuno che mi ama, e il tuo amore per Xavier mi rendeva cieca.” Continuò, tentando di giustificarsi. Mantenendo il silenzio, la guardai nuovamente negli occhi, e non ebbi reazione dissimile dall’abbracciarla. In quel momento, il rapporto che avevo con lei era ciò che contava davvero. Non aveva alcuna colpa, ma sapere che aveva avuto modo di liberarsi da ogni inibizione parlandomi, mi rendeva felice. Ad ogni modo, quell’abbraccio si sciolse dopo alcuni preziosi secondi, e guardando fuori dalla finestra, vidi che un piccolo e delicato fiore era in procinto di sbocciare in mezzo alla verde e rigogliosa erba. A quella vista, mi lasciai sfuggire un sorriso. Tutto questo, si traduceva in una serie di notizie impregnate di positività. Il mistero legato all’ormai famoso giglio ricevuto da mia sorella era appena stato svelato, la mia sicurezza riguardo al mio vero essere stava aumentando, e per Minerva tutto stava lentamente cambiando. Presto avrebbe conosciuto l’amore, arrivando a provare le mie stesse ed idilliache sensazione. I sogni che conservava gelosamente all’interno del suo puro e nobile cuore sarebbero divenuti realtà. Ora come ora, le basta semplicemente chiudere gli occhi, respirare a fondo e continuare a sperare. Ne è completamente all’oscuro, eppure i suoi sentimenti non sono che in fiore. Essendo sua sorella, non posso che augurarle tutto il meglio, sperando che non le capiti mai nulla di infausto.   

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Sospetti e amore ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo XII
Sospetti e amore
Un altro mese era lentamente scivolato via dal calendario della mia vita, sparendo come umida nebbia al solo scopo di far posto al seguente. La vita nel mio villaggio prosegue tranquilla e florida come sempre. I mortali mi evitano come sono soliti fare, ma ad ogni modo, esiste una sola persona che non sembra aver paura di me. Un giovane uomo dai capelli neri, e gli occhi di un colore alquanto incerto, perennemente sospeso fra l’azzurro e il viola. Non l’ho mai visto prima d’ora, ma ho avuto modo di notare che si aggira per le strade del villaggio in maniera guardinga e circospetta, guardandosi costantemente le spalle, quasi come se qualcuno lo stesse seguendo. Ad essere sincera, credo che si sia trasferito qui di recente da Bakriat, la città più vicina al mio suolo natio. Come molti luoghi a me conosciuti, anche questo pullula di vita, e ospita un numero sempre crescente di abitanti. A mio semplice avviso, Bakriat è forse la città più amena e ricca al mondo. È inoltre famosa per la fiorente economia, ragion per cui, molti abitanti di Farebury vorrebbero sceglierla come città in cui vivere, ma si trattengono dal farlo a causa delle loro famiglie e dei loro impieghi. Il tempo scorre, e la mia giornata continua. Come di consueto, sono impegnata a lavorare, e inganno il tempo contando le rupie che ricevo, ammirando le fini decorazioni che presentano. Nascosto dalle stesse, giace il mio pugnale, arma regalatami da Xavier e mia unica difesa in un mondo così ostile e incline all’odio. Per mia mera fortuna, oggi Minerva ha scelto di aiutarmi con la gestione del negozio, prendendosi cura degli affari al mio fianco. Essendosi ormai abituata al mio nuovo stile di vita, ha preso davvero a cuore la mia attività, tanto da arrivare ad affermare di volermi aiutare ogni volta che può. Mia sorella ha senza dubbio una vita tutta sua, ma nonostante questo riesce a conciliare i suoi numerosi impegni con il suo intenso ritmo di vita, diviso fra il rapporto con la famiglia, il suo amore per i tomi colmi di polvere e conoscenza e la ricerca di una persona con cui condividere il resto dei suoi lunghi giorni. Come purtroppo mi duole affermare, appaio ai suoi occhi come l’unico componente della nostra famiglia ad aver trovato la felicità. “Non sarò mai come te e Xavier.” Mi dice, mentre è intenta ad accarezzare la piumata testa del suo corvo Valtor. “Un giorno accadrà.” Le ripeto, tentando di consolarla e alludendo esclusivamente alla realizzazione del suo sogno d’amore.  Sconsolata, si abbandona ad un sospiro, notando che perfino il corvo tenta di sollevarle il morale. Guardando dritto davanti a me, non notai l’arrivo di alcun cliente, ragion per cui, decisi di ritirarmi nel retrobottega per stilare l’inventario delle merci. Avendo quindi cura di informare Minerva della cosa, la lasciai da sola al bancone, pur senza privarla della compagnia delle nostre rispettive e domestiche fiere. Valtor rimaneva appollaiato sul suo trespolo, ma scelse di raggiungerla e trovare rifugio sulla sua spalla. Quella scena mi lasciò perplessa. Non capirò mai perché l’abbia fatto, ma data la mia enorme mole di lavoro, la cosa non è di rilevante importanza. Contrariamente al volatile, Salem era sdraiato sul suo cuscino preferito, uno dei suoi tanti luoghi di riposo, che tuttavia sembrava preferire agli altri. Scoprendosi troppo impegnata a mirare il cielo, i cui colori sfumavano lentamente con l’arrivo del tetro imbrunire, lei non li degnava di uno sguardo, poiché decisamente rapita da quello spettacolo. Alcuni minuti passarono, ed ecco il misterioso giovane notato da me in quella stessa mattina, fare il suo ingresso sulla scena. Pur essendo nel retrobottega, riuscivo comunque a sentire tutto quello che si dicevano. Augurandogli il buongiorno, Minerva gli regalò un sorriso, per poi affrettarsi a completare il suo ordine. Poco dopo, si accorse di dovere al giovane alcune rupie di resto. Iniziando quindi a frugare nel sacchetto di tela dove solevo conservarle, mia sorella finì per tagliarsi con la lama della mia daga. A quella scena, il giovane rimase interdetto per un singolo attimo, salvo poi pronunciare una frase che mi colpì profondamente. “Se maneggia una daga, ha sangue di una maga.” Disse, formando con quell’ultima parola una perfetta rima baciata. A quelle parole, Minerva si irrigidì. Anche lei era stata colpita da quella frase, e in qualche modo, quegli occhi avevano finito per rapirla. A questo, si aggiungeva anche la sua grande loquacità, unita al suo essere incredibilmente galante. Non c’era nient’altro da dire. Si era davvero innamorata. Non tentavo di avvicinarmi, ma ascoltavo ogni parola che si scambiavano. Sentivo Minerva ridere, e alle sue risate si alternavano lunghi discorsi pieni di significato. Poco dopo, mi resi conto di non poter contenere la curiosità. Per tale motivo, sgusciai nuovamente all’interno del negozio, passando dalla porta sul retro. Fu quindi questione di un attimo, ed io li vidi. Lui la stava salutando, e mia sorella non riusciva a smettere di sorridere. Per qualche strana ragione, le sue gote si erano arrossate, e qualcosa, una sorta di muto presentimento, mi parlava, mettendomi al corrente di una realtà completamente nuova. Una realtà straordinaria, e una verità che avrei dovuto imparare ad accettare. Lo avrei certamente fatto, ma unicamente in nome del nostro forte e indissolubile legame.  

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Verso Bakriat ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo XIII
Verso Bakriat
Sin dalla notte dei tempi, il sole sorge ogni mattina, illuminando il cielo e scaldando la nuda terra grazie ai suoi potenti raggi. L’alba è appena spuntata, ed io mi sveglio nella mia stanza. Guardandomi intorno, mi ritrovo da sola, ricordando che Minerva è riuscita a tornare a casa sua da quando questa è stata ricostruita. Ad ogni modo, oggi ho deciso di saltare il lavoro, scegliendo di informare Xavier della cosa. Avendo quindi la ferma e precisa intenzione di parlare con mia sorella, ho subito raggiunto la sua casa, bussando alla porta in attesa che mi accogliesse. Subito dopo averlo fatto, mi salutò amichevolmente, per poi chiedermi il motivo della mia visita. “Che ti è successo ieri?” le chiesi, alludendo al suo incontro con il giovane e misterioso uomo. “Non abbiamo fatto altro che parlare.” Rispose, rimanendo seduta su una sedia trovata in cucina. “Come si chiamava?” continuai, ponendole una seconda domanda. “Logan.” Disse, con convinzione assoluta. A quel nome, sussultai. Scoprendomi incapace di parlare, la guardai incredula, e lei mi sorrise. “Non aveva cattive intenzioni, e vuole rivedermi.” Aggiunse, sperando di essere riuscita a erudirmi. “Cosa? E dove?” chiesi, guardandola negli occhi e sentendo il mio volto contrarsi in un’espressione capace di attestare la mia chiara sorpresa. “Non te l’ho detto, ma vive a Bakriat.” Rispose, scivolando poi nel più completo mutismo. Rimanendo in silenzio, l’ascoltai, e lasciando che la mia mente vagasse, ricordai il giorno in cui avevo visto Logan per la prima volta. Il suo modo di muoversi, furtivo e sospettoso, mi dava l’assurda idea che fosse un forestiero, ma ora, dopo le parole pronunciate da Minerva, sapevo di non essermi sbagliata. Non era mai stato a Farebury, e per qualche strana ragione, aveva raggiunto il nostro villaggio. La natura del suo gesto non mi era chiara, ragion per cui, decisi di provare ad informarmi. “Nient’altro?” azzardai, attendendo una sua risposta. “Credo di piacergli.” Ammise, chinando leggermente il capo. “Come lo sai?” chiesi, tacendo subito dopo. “Si comporta proprio come Xavier.” Mi disse, studiando l’ora confusa espressione dipinta sul mio volto. A quelle parole, non risposi, limitandomi a pensare e ricordare il modo in cui lo stesso Xavier aveva agito poco prima che mi innamorassi di lui. “Segui il tuo cuore.” Le consigliai, rivolgendole quindi un debole sorriso. Un attimo scomparse dalle nostre vite, e Minerva prese una decisione tanto ponderata quanto importante. “Andremo a Bakriat.” Dichiarò, esprimendo quindi  un inequivocabile desiderio legato a voler assolutamente rivedere Logan, così da riuscire a chiarire i suoi sentimenti per lui. Guardandola negli occhi sorrisi. “Ti accompagnerò io.” Dissi, offrendole il mio aiuto. Mantenendo il silenzio, Minerva si limitò ad annuire, mostrandosi quindi convinta della sua scelta. In quel momento, mi concessi del tempo per pensare, concludendo che il dado era ormai tratto, e la decisione era stata presa. L’indomani, allo spuntare dell’alba, Minerva ed io avremmo iniziato il nostro viaggio, lasciando che il sole illuminasse la via per Bakriat. 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Un cuore puro ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo XIV
 Un cuore puro
Nell’aria, il silenzio. Attorno a me, il buio. Seppur lentamente, l’oscurità viene squarciata dalla potente luce solare, unica nemica delle tenebre notturne. Un nuovo giorno ha quindi inizio, e alzandomi dal letto, procedo a svegliare anche Minerva, che ha deciso di dormire da me in attesa del grande viaggio. Raggiungere Bakriat non sarà certo facile, ma nonostante le mille insidie che sappiamo di poter incontrare sul percorso, noi due non ci perdiamo d’animo, continuando strenuamente a credere nelle nostre sole forze e nel legame che ci unisce. “Sei sicura di volerlo fare?” le chiedo, mentre sono intenta a sistemarmi i capelli e nascondere il marchio che mi rende strega. Guardandomi, Minerva annuisce, per poi scegliere di sedersi nuovamente sul letto e iniziare ad accarezzare Salem, che ai miei occhi appare nervoso. Difatti, si aggira per casa con passo felpato, sembrando costantemente occupato a seguire qualcosa. Pur riflettendo, non riesco a trovare una ragione al suo strano comportamento, ragion per cui, decido di ignorarlo lasciandolo fare. Spostando poi il mio sguardo su Minerva, la avverto della cosa senza proferire parola, ma lei non mi da retta, provando a coccolare il gatto. A quella vista, Salem sembra letteralmente impazzire. Improvvisamente soffia, e tirando fuori le unghie, sceglie di graffiare Minerva proprio nel punto in cui il suo marchio risiede. Lamentandosi per il dolore, mia sorella copre la ferita con la mano, notando alcuni rivoli di sangue sgorgare lentamente. Subito dopo, scelsi di avvicinarmi a Salem con l’intento di punirlo per ciò che aveva appena fatto, ma inaspettatamente, ottenni un effetto contrario a quello sperato. Esibendo lo stesso comportamento mostrato nei confronti di mia sorella, Salem decise di graffiare anche me, provocandomi una piccola ferita in corrispondenza del marchio. Nel tentativo di lenire il dolore, mossi leggermente la mano, per poi decidere di sciacquarmi il viso e le mani nel bagno di casa. Poco tempo dopo, Minerva scelse di imitarmi, e ci medicammo le ferite a vicenda. Raggiungendo poi la mia stanza, raggelammo. Non riuscivamo a crederci, eppure nostra nonna Zelda era proprio davanti a noi. Ci fissava rimanendo immobile, risultando quindi occupata a studiare le espressioni dipinte sui nostri volti. “Che cosa ci fai qui?” le chiesi, raccogliendo il mio coraggio. “Voglio solo aiutarvi. Il vostro viaggio non sarà semplice. Ora andiamo, e non allontanatevi da me.” Ci avvertì, facendo suonare quell’ultima frase come un consiglio fraterno. Scivolando nel più completo mutismo, Minerva ed io annuimmo, per poi raccogliere quanto ci appartenesse e metterci in viaggio tutte insieme. Camminando, scelsi di aiutare la mia povera nonna, incapace di farlo a causa della cecità. Fra un passo e l’altro, mi guardavo intorno, curiosa di ciò che mi sarebbe accaduto. Mantenendo il silenzio, Minerva mi seguiva, attendendo solo le mie istruzioni. “Siamo arrivati.” Dissi, fermandomi di colpo dopo circa un’ora di viaggio. “Ora non ci resta che trovare il tuo Logan.” Disse nostra nonna, rivolgendosi a Minerva. A quelle parole, lei non rispose, limitandosi a camminare alla sua ricerca. Addentrandosi per le vie della città, chiamò il suo nome più volte, pur senza ricevere alcuna risposta. Il tempo scorreva, e le sue speranze di rivederla si assottigliavano sempre di più, fino a che qualcuno non fece il suo nome. “Minerva!” si sentì chiamare, alzando subito lo sguardo in risposta. Fu quindi questione di un attimo, e il suo sguardo incrociò quello di Logan. Io rimanevo ferma e inerme, guardandoli abbracciarsi. Subito dopo, Logan tentò di baciarla, ma lei si ritrasse, spaventata e confusa da quel gesto. “Logan, mi dispiace. Io ti amo, ma sono una strega e tu un semplice umano.” Confessò, allontanandosi di qualche passo e guardandolo negli occhi. “È qui che sbagli. Sono un mago, e ti amo anch’io.” Disse, prendendole le mani al solo scopo di stringerle e rivelare il marchio sulla sua pelle. Poco dopo, Logan decise di mostrare la sua vera natura, ricorrendo ad un metodo alquanto ponderato, che mi lasciò senza parole. Frugandosi nella tasca della giacca, ne estrasse un giglio perfettamente uguale a quello che sapeva di averle donato. A quella vista, mia sorella finì per sciogliersi come neve al sole, e appena un attimo dopo, li vidi scambiarsi un bacio, chiave della loro nuova realtà e dei loro forti e reciproci sentimenti. Mantenendo il silenzio, non proferii parola, limitandomi a sorridere e sentire il mio cuore gonfiarsi di gioia. Secondo quanto mia nonna mi aveva raccontato sin dall’infanzia, Minerva aveva il cuore puro, e questo non avrebbe fatto altro che avvantaggiarla durante la sua difficile vita da strega.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Il crollo di un mito ***


Sangue-di-strega-I-mod
Sangue di strega: Origine magica
Capitolo XV
Il crollo di un mito
La notte scendeva lenta, e con grande tranquillità, le stelle e la luna prendevano il posto del sole e delle bianche nuvole nel vasto cielo. Il nostro viaggio di ritorno verso casa aveva avuto inizio, e camminando, mi concedevo del tempo per riflettere e parlare con me stessa. Mantenendo il silenzio, ripercorsi con la mente la mia intera vita, ricordando perfettamente perfino l’ormai lontana infanzia. I tempi andati e felici, che solevo trascorrere giocando con le mie sorelle minori, o fra le braccia di mia madre che era solita leggermi delle fiabe accanto al crepitante caminetto. Senza arrestare il mio cammino, sospirai, per poi lasciare che le mie labbra si dischiudessero in un sorriso. Ero felice, e stavo tornando a casa. Farebury, il villaggio dov’ero nata e cresciuta, e lo stesso luogo in cui avevo costruito una vita intera. Sapevo che non l’avrei mai lasciato, per nessuna ragione al mondo. In quel momento ero unicamente certa di una cosa. Avrei continuato strenuamente a camminare e andare avanti, non curandomi di nulla e nessuno, se non della mia meta. Il buio mi avvolgeva, ma io lo ignoravo. Attorno a me c’era silenzio, ed io ero nervosa. Pur non fermandomi, sentii i miei sensi venire scossi da un suono che non ricordavo di aver mai sentito. Il gracchiare dei neri corvi. Un intero stormo volava nello scuro cielo, e per qualche ragione, Minerva ne era estasiata. Alla sua vista, smisi per un attimo di camminare, con la ferma e precisa intenzione di ridestarla dallo stato di trance nel quale sembrava essere caduta. A tale scopo, mossi leggermente una mano nella sua direzione, per poi vederla tornare a essere se stessa. “Valtor.” Disse, puntando con l’indice uno di quei corvi, che a differenza degli altri, sembrava avvicinarsi a noi. Per nulla spaventata, Minerva rimase ferma e immobile, così da permettere al suo fidato corvo di posarsi sulla sua spalla. Poco dopo, riprendemmo a camminare l’una al fianco dell’altra, accompagnate anche dal fido volatile appartenuto a mia sorella. Il tempo scorreva, e il nostro viaggio iniziava a rivelarsi così lungo da sembrare infinito. Chiudendo gli occhi per un singolo attimo, mi fermai nuovamente, scegliendo di provare a ritrovare la calma e respirare a pieni polmoni. Concentrandomi poi sulla mia meta, ripresi il mio cammino, scoprendo nel mio cuore e nella mia mente una fiducia maggiore di prima. Fissai quindi lo sguardo su un punto immaginario e lontano, avendo come unico desiderio quello di riuscire a tornare a casa. Intanto, la mia mente aveva iniziato a vagare, e il mio pensiero non andava che a Xavier. Lo amavo con tutta me stessa, e sapevo che mi stava aspettando. Volendo assolutamente evitare di farlo preoccupare, lo avevo previamente informato del mio viaggio verso Bakriat, e lui non aveva battuto ciglio, pur raccomandandomi di fare molta attenzione. Difatti, conosceva la città molto meglio di me, ragion per cui, sapeva bene che il pericolo poteva nascondersi dietro ad ogni angolo. Da quel momento in poi, allungai il passo. Ero ormai decisa, e non avevo nessuna intenzione di smettere di camminare. Mentre ero nell’atto di farlo, mi rivolsi nuovamente a me stessa, giurando sulla mia intera famiglia che in un modo o nell’altro io sarei tornata a casa, rimettendo nuovamente piede sul mio suolo natio. L’oscurità della notte e lo sfavillio delle stelle mi facevano compagnia, e le piccole compagne del cielo mi infondevano coraggio. Finalmente, e dopo un tempo che non riuscii a definire, mi ritrovai alla mia tanto agognata meta, destinazione che non credevo avrei mai raggiunto. Il mio lungo viaggio aveva appena avuto fine, ed io ce l’avevo fatta. Fermandomi quindi davanti alla porta di casa mia, salutai Minerva, facendo lo stesso anche con la mia cara e vetusta nonna. Quest’ultima, si limitò a sorridere, per poi sparire dalla mia vista per mezzo dei suoi poteri. Lentamente, entrai in casa, avendo finalmente modo di riabbracciare Xavier. Avvicinandomi, lasciai che mi stringesse a sé, ascoltando poi ogni singola parola che sembrava volermi rivolgere, e che allo stesso tempo, pareva aver taciuto per interi anni. “Miriel, c’è una cosa che devo dirti.” Esordì, per poi tacere al solo scopo di raccogliere le forze e il coraggio di andare avanti. “Non ora, lo pregai, stringendolo a me con forza persino maggiore. Data la mia reazione, Xavier si irrigidì per un attimo, salvo poi scegliere di realizzare il mio desiderio e baciarmi come sapevo volesse fare da ormai lungo tempo. Da allora in poi, tutto accadde in fretta. Lasciandoci guidare dai nostri palesi e forti sentimenti, Xavier ed io ci sedemmo sul letto presente nella mia stanza, iniziando quindi un infinito scambio di effusioni, che parevano intensificarsi con l’andar del tempo. La natura fece quindi il suo corso, e noi, accecati dall’amore provato l’uno per l’altra, ci arrendemmo alla nostra passione. La mattina seguente arrivò senza farsi attendere, e al mio risveglio, vidi ciò che non avrei mai voluto vedere. Ero rimasta completamente sola, e Xavier se n’era andato. Alzandomi dal letto, mi guardai confusamente intorno, scoprendo la presenza di un biglietto sul comodino. Lentamente, lo dispiegai, iniziando quindi a leggerne il contenuto. “Non è mai finita, Miriel. Cinque semplici parole, fra cui anche il mio nome, che mi fecero letteralmente sprofondare in un abisso di incredibile tristezza. Mi rifiutavo di crederlo, ma una delle mie più grande paure si era appena avverata. Avevo amato Xavier fino a donarmi completamente a lui, e ora l’avevo perso. Con lui se ne andarono anche i lunghi giorni, e lentamente, anche ognuna delle mie piccole lacrime. Piangendo, mi rimproveravo per ogni momento passato con lui, e proprio quando pensavo che tutto fosse ormai perduto, lasciai che la mia mente vagasse libera come l’aria, fino a riportarmi il ricordo della frase che mi aveva dedicato, e che sapevo mi sarebbe servita ad andare avanti nonostante il crollo di un mito.


Salve ragazzi! Con questo capitolo si conclude il primo racconto della saga "Sangue di strega. Un grazie a chi è arrivato fin qui, e uno speciale a "la luna nera" che mi sostiene puntualmente, e che ha scritto delle storie davvero bellissime. Ci rivedremo nel seguito,


Emmastory :) 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3305757