Non tutti i mostri si travestono ad Halloween

di Subsonica_EFP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Who is Dexter Morgan? ***
Capitolo 2: *** Hematologist; Friend; Brother; Boyfriend; Serial Killer. ***
Capitolo 3: *** Vuoi giocare con me? ***



Capitolo 1
*** Who is Dexter Morgan? ***





[pov. Dexter] 






Who is Dexter Morgan?


È una di quelle notti.
Le notti dove tutto prende forma.
Quelle notti di luna piena: dove ci si illude di poter fare qualsiasi cosa sotto il suo influsso.
                          
I mostri, escono nelle notti di luna piena, i licantropi i vampiri.. creature delle tenebre.
I predatori, come me.

Nelle favole, che spesso si raccontano ai bambini si cerca di tracciare una linea sottile, di dare una definizione di bene o male.                              
Una principesse, un principe, un re, una regina, il drago, il mostro cattivo.

 
Tutto collocato su una tavolozza di colori.
Dove il bianco indica il candore, il nero indica l’orrore.                  
Dove per azzurro sta a maschietto e rosa a femminuccia.

E se io pensassi di mischiarli questi colori?
Se nella tavolozza ci fosse una sfumatura di ognuno, allora come si definirebbe il processo di umanizzazione:
 
Non si è più umani, e si diventa mano umani?                                                                          
Che poi, l’umanità.                                                                              
Un concetto troppo astratto. Io, non ne so niente dell’umanità, della morale, dell’etica.

So del codice di Henry: una Costituzione personale. Anche quella riadattata col passare del tempo.

Il prodotto dell’evoluzione; un paio di giorni fa ho letto su una rivista scientifica che alcuni, psicopatici, sono il prodotto dell’evoluzione.

Quasi mi è venuto da ridere. Ma quelli come me, non ridono.
Le persone sono strane, i rapporti sociali anche, forse uno psicopatico che ha per natura mancanza di empatia non può fare riflessioni sulla vita, sull’umanità.
Seppur si tratti di uno psicopatico intelligente.
 
Aspettare mi fa pensare, e pensare mi fa immergere in una sorta di esistenzialismo.    
Sono più per le cose pratiche, certo ragiono. Ragiono anche bene; e uccido anche meglio.



E’ uscito.


‘C'è la siamo presa comoda.’ 
Michael Sallivan, prete di giorno, stupratore di bambini di notte.                                            
Chissà, se anche la luna agisce su questo tipo di persone, me lo sono sempre chiesto.

Eppure io non potrei mai uccidere dei bambini.
     

Questo fa di me, un mostro a metà?

Do un’occhiata veloce all’orologio: 3.12.
Un ottima ora per lasciare questo mondo.
 
Il tramezzino al prosciutto cotto acquista un sapore più commestibile, vista la tarda ora.
Ho fame, una fame accettabile, ma pur sempre fame. Ha bisogno di essere appagata, quel tipo di bisogno non solo fisiologico, ma mentale.                      
La gola leggermente arsa, potrei prendere la bottiglia d’acqua sotto al sediolino, ma sono troppo intento a seguire la macchina blu.

Un Opel vecchio stile, non che sia fondamentale, comunque.                                                                                                                          
Anche se fondamentale lo è stata per le mie indagini: fibre, macchie essiccate si sangue, tutto compatibile con i bambini scomparsi.

 
Lo vedo dirigersi al solito posto, quello dove ho trovato i piccoli corpi seppelliti. Sembravano tanti piccoli reperti archeologici, se non fosse che quelli erano bambini non più grandi di tredici anni.
 
Guanti neri, di pelle. La solita maglietta e pantalone verde bottiglia. Quel verde un po’ sbiadito, militare, il pantalone. 
Chissà sulla tavolozza di colori dove verrebbe catalogato.

Il borsone nero è al lato del passeggero, sento un fremito di adrenalina rilasciato dai neurotrasmettitori. Arriva diritto al mio sistema Nervoso Centrale. Le sinapsi, ringraziano.
 
Il mio passeggero oscuro, ringrazia.
 

Lamenti, preghiere, invocazioni a qualche dio, pietà. Io non provo pietà.
Ascolto queste cose da non so quanto tempo, sempre lo stesso copione.
Sei spazzatura, è meriti di finire nei miei sacchi.
 
Rosso, ecco la tavolozza dei miei colori.
Ha sfumature rossastre, come il sangue.
Il mio colore, credo sia anche normale visto che lavoro col sangue tutto il giorno. La mia vita è incentrata sul liquido così intenso.
 
Anche se quando uccido, vedo un puntino nero, che man mano si allarga man mano mi inghiotte.

Solo buio.
Poi la pace.

 
Tutto diviso metodicamente in dei sacchi neri della spazzatura, infondo all’oceano.
La calma del mare mi rilassa, mi sento bene.
Il bisogno è stato arginato. La fame si è placata. Ora posso tornare a mettermi la maschera.
 
In macchina, guardo il cellulare: due chiamate di Rita.
Non so se riesco a fare un’espressione contenta, se posso mostrare o provare qualcosa del genere, o come può risultare agli altri. Sentimenti di empatia proprio non mi appartengono, ma Rita è disturbata quasi quanto me, in un maniera diversa. Ma altamente disturbata. Per questo mi trovo bene con lei, è una buona copertura.
Fidanzato, figlio, fratello, ematologo, amico, serial Killer.

Allora, chi sono?
Probabilmente tutti questi e nessuno di questi.
Io sono pieno di niente.

Come un riflesso distorto allo specchio, uno specchio che cade, frantumandosi in tanti pezzi, dove alcuni finiscono sotto il letto, ed è difficile recuperarli.        
O perché l’aspirapolvere non ci arriva, o perché potresti tagliarti se provi a raccoglierlo, o semplicemente lo ignori.

Delle volte mi guardo allo specchio, e non mi riconosco, allora il rumore del vetro che silenziosamente si infrange, sembra tornare apposto, sembra ricomporsi quando: uccido.
Questo è il mio segreto.
Ho una dipendenza: non fumo, non mi drogo, non sono dipendente dal sesso, non ho una dipendenza comune, ma comunque una dipendenza.


Ma alla fine..


Tutti nascondiamo dei segreti, chi meno gravi, chi inconfessabili.                                                                                                                      
Bisogna tenere solo in piedi l’asse che regola l’equilibrio.

Le maschere che mettono le persone, continuamente:


'Di giorno hanno sembianze umane, ma di notte, tutti nascondono quello che sono veramente..                                                                  
a volte seppellisci una parte di te tanto in profondità da dimenticarti che esista.                                                                                              
E a volte vorresti solo dimenticarti chi sei.

Che dire di me...forse non sarò mai l'uomo che Harry avrebbe voluto. 
Non sono il mostro che vuole farmi diventare...non sono né un uomo né una bestia. 
Sono qualcosa di completamente nuovo. E seguo le mie regole.'  


Sono Dexter.




Dipendenza
[Si intende una alterazione del comportamento che da semplice o comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o comportamenti che sfociano nella condizione patologica. L'individuo dipendente tende a perdere la capacità di un controllo sull'abitudine.]




OVVIAMENTE; Questi personaggi e la trama portante, non mi appartengono, ma sono proprietà degli ideatori; questa raccolta, è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

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Capitolo 2
*** Hematologist; Friend; Brother; Boyfriend; Serial Killer. ***


 
[pov. Dexter]



Hematologist; Friend; Brother; Boyfriend; Serial Killer .
.
Mi sveglio.

Come al solito lascio la finestra aperta, una zanzare spiaccicata sul mio avambraccio. Non potrà succhiare più il sangue. Le zanzare, mi hanno sempre affascinato, il loro bisogno di nutrimento, di linfa vitale.

Rasoio, sulla pelle.
L’inizio di barba, viene abilmente rimossa; non senza qualche piccolo spargimento di sangue, niente che non sia abituato a vedere.
La macchia, che scivola sul ripiano del lavello, bianco, mi rilassa.

Quella piccola macchia è tutto il mio mondo.

La colazione è il pasto più importante della giornata, abbondante e piena di kilocalorie: Uova, pancetta, bacon, carne, ketchup.

Denti, filo interdentale.

Caffè, c’è bisogno di caffeina per iniziare una giornata nel migliore dei modi.
A Miami ci sono un sacco di criminali, che sono sempre in fermento. Mi sono sempre chiesto se sia per il caldo. Il tasso di criminalità, è tra i più alti dello stato.

Fresco, l’arancia spremuta, scende nella gola.

Il caldo è insopportabile delle volte, anche se non mi ha mai dato fastidio più del dovuto, forse sono abituato, o semplicemente il freddo mi destabilizza di più. Quello che mi porto dentro basta e avanza.

Lacci, scarpe, manovre.

Maglietta bianca, camicia azzurra.

Esco di casa.



Hematologist.

Le solite ciambelle, col buco, con la glasse, ah si due anche con la nutella, a Masuka piacciono così.

Uno degli ultimi piani, l’ascensore segna il quarto.

Saluti, gente che sorride, tanti sorrisi. Ricambio nel modo migliore possibile, un gentilezza dovuta. Alcuni non li conosco, ma non importa, prendete le ciambelle ugualmente. Portare lo scatolo in giro è ingombrante.

<< Oh, ciao Dexter.. eheh. Io prendo quella alla nutella!>>


Nel mio piccolo laboratorio, adiacente a quello della scientifica, posso vedere tutto il dipartimento di polizia.

Maria LaGuerta, come al solito si è messa un profumo troppo forte, come il suo rossetto rosso. Mi lancia un’occhiata felina, col capo faccio un cenno leggero. Faccio finta di non cogliere tutti i suoi segnali seducenti. Si appresta a consegnare un fascicolo a Batista. Quasi sicuramente andrà a Masuka, e poi a me.

Guardo lo schermo del computer:

Entrambi colpevoli.

Tracce ematiche. Sulle mani e sui vestiti. Non c’è dubbio, il sangue non mente, mai.

Il fascicolo rimane sulla scrivania di Masuka. Un omicidio..senza sangue? Strangolamento, overdose, avvelenamento.. quali altre cause può provocare un’assenza di sangue?
Non importa. Non è affare mio, ma della scientifica a quanto pare.

Mi sembra di essere in apnea.

Ritorno allo schermo.

Apro una delle due icone: Mark Dylan, uomo facoltoso, ingegnere. Seppellisce i cadaveri nelle sue strutture, nel cemento.
Il mio prossimo obbiettivo, è sulla lista.
L’altra icona: Anthony Mongomery, un uomo comune, muratore. Ha cercato di uccidere il suo superiore con un martello. L’uomo in questione è al pronto soccorso, ha riportato danni celebrali, ma è ancora vivo.
Non rientra nel codice, di questo se ne occuperò la polizia.

Primo fascicolo, icona, esito: Negativo.

Secondo fascicolo, icona, esito: Positivo.



Friend.

<< Allora, questo o quest’altro?>>

Sembra un problema di vitale importanza, di certo non voglio sbagliare.

Guardo negli occhi il mio interlocutore, grande e grosso e sembra che una mia semplice parola potrebbe atterrirlo.
Devo riflettere. Non è una cosa che mi sembra importante, ma devo affrontarla nella maniera più seria possibile.
Sono passati cinque minuti, da quando il Detective Batista è entrato, senza bussare, tutto indaffarato, nel mio laboratorio.

<< Devi aiutarmi>>

Solo queste parole, ho stampato i due fascicoli che avevo sul computer, e glieli ho dati. Ma lui non ha accennato a prenderseli, continuava solo a fissarmi.
Avrai volentieri detto di non lo so, ma non mi è sembrato il caso.
Batista, è un bravo detective, una brava persona. Una delle migliori che conosco.
Continuo a fissare i due oggetti, li trovo assolutamente identici, ma non può essere. Devo valutare bene la situazione.

Niente da fare, non noto niente: << Questo>>

Ne indico uno a caso. Con la solita faccia impassibile, so mentire, bene.
Lui sembra dispiaciuto. Pare abbia fatto la scelta sbagliata.

<< Si nota così tanto che uno è di diamanti, mentre l’altro solo di swarovski?>>

Ah, ecco il problema. Uno costa quanto una casa, probabilmente dovrà vendere la sua, e l’altro solo quanto la sua macchina.

Mi sembra di essere in apnea.

Alzo le spalle, non so bene che dire. Una rassicurazione sicuramente; non sono il più adatto in questo genere di cose, non capisco perché l’abbia chiesto proprio a me.

<< Dexter, dimmi la verità di te mi fido. Sei mio amico.>> Accenna un sorriso.

Suo amico.. amico..
Una parola così lontana, eppure che racchiude molte presunte emozioni. Non ho mai avuto un amico, però credo che se pensassi come tutti gli altri, Batista lo sarebbe di sicuro.

<< Perché vuoi farle questo regalo?>>

<< Che domande, perché l’amo.>>

<< Allora, se lei prova lo stesso qualsiasi cosa andrà bene.>>

L’agente davanti a me, sembra risollevato, mi fa un sorriso, un pacca sulla spalla.

<< Si..hai ragione, però io..v>>


<< Stronzo! Che fine hai fatto??>>



Brother.

<< Va bene, lascio il campo, prevedo aria di lite tra fratelli.>>

Ah. Se fosse stato veramente mio amico, mi avrebbe dato una mano, nel fronteggiare una Debra davvero, davvero incazzata. E’ in piedi sulla porta. Non fa un passo, ha solo un’espressione corrucciata, che stona sul suo viso, ma che ormai fa parte di lei.

<< Perché cazzo non mi hai aspettato stamane?>>

<< Perché avevo un lavoro da svolgere, anzi due fascicoli da compilare.>>

<< Potevi avvisarmi, che cazzo lo tieni a fare il cellulare?>>

<< Ok, Deb. Hai ragione, mi dispiace>>
E’ incazzata, davvero. Ma non è questo il motivo vero, questa è una scusa lo so.

<< Allora, il rapporto?>>

<< Mark Dylan è innocente, Anthony Mongomery colpevole. Tu ti occupavi di Dylan,no?>>

<< Non più, alla buoncostume hanno bisogno di una puttana, ed eccomi qui.>>

La guardo per un attimo, un solo secondo.

Ecco, il problema. E’ stata sollevata da un caso, per fare la semplice infiltrata. Per lei che vuole diventare un poliziotto come Henry non deve essere facile. Comprensivo Dexter, comprensivo.

<< Deb, andrà bene.>>

<< Questo stronzo, è un pazzo. Non hai idea che cosa combina a quelle povere ragazze>>

Il guizzo di curiosità, il mio cervello rettile che si muove.
Il fascicolo che gira da stamane, da LaGuera, a Batista, fino alla scrivania di Masuka. Che sia quello?

<< Ho bisogno del tuo aiuto, alla prossima scena del crimine, vieni anche tu.>>

<< Ma non è quel caso, dove non c’è presenza di sangue?>>

Mi sembra di essere in apnea.

<< Si, è quello. Ma tu vieni lo stesso. Fai comunque parte della scientifica, no? Fallo per me Dex.>>

Ecco, Dex.. Come quando eravamo piccoli. Non posso dirle di no, oltre alla curiosità morbosa del predatore, un altro istinto alberga in me: quello di aiutare Debra.

L’unica persona della mia vita.

La mia famiglia, l’unica per cui io provi veramente qualcosa, l’unica persona per cui proverei dei sentimenti se ne fossi capace.
Solo lei, Debra.

Quando eravamo piccoli mi ricordo che avrebbe voluto un cane, da sempre.
Ma per colpa mia, ogni volta che la mamma di Debra cercava di convincere Henry a prenderlo, la risposta era sempre la stessa: ‘No’. Ogni volta dovevo vedere quegli occhi nocciola farsi ancor più scuri, tristi. So che era colpa mia, per i miei istinti. Henry era sicuro che quel cane fosse finito insieme al cane dei vicini. Sotterrato in giardino. Ma non sarebbe andata così, non avrei mai fatto del male volontariamente a Debra.

Ora, quella stessa Debra è qui, davanti a me, con gli stessi occhi tristi.

<< E’ per questo, che sei arrabbiata?>>

<< No, sono incazzata, perché il mio cazzo di fratello. L’unica persona della mia fottuta vita.. non mi dice mai niente!>>

<< Cosa non ti ho detto?>>
Oltre al fatto che sono: un Serial Killer, ovviamente.

<< Che stai ancora uscendo con quella ragazza, che ti ho presentato, Rita! Lo sono venuto a sapere da lei, ieri al supermercato.>>

Debra che va al supermercato? Di solito scrocca a più non posso a casa mia, quest’ultima notizia mi lascia sorpreso. Ma non credo che apprezzi questa mia riflessione. Dovrei sentirmi dispiaciuto per non averle parlato di Rita, anche se non c’è molto da dire.

L’unica persona della mia fottuta vita, delle volte i nostri cervelli sono proprio connessi. Dovrebbe essere una caratteristica dei fratelli forse, anche se non lo siamo di sangue. Eh, il sangue. Eppure sento che a volte lo siamo, anche se so che Debra non ha niente a vedere con l’essere che sono.

Qualsiasi cosa potrei dire, so che peggiorerebbe le cose. Mi limito a guardarla, e fare l’unica cosa che posso.

<< Va bene, alla prossima scena del crimine, ci sarò.>>
Non credo le basti, mi fa un solo cenno del capo.

<< E non dimenticare ogni tanto di usare il cellulare, stronzo.>>

Ed esce.



Boyfriend.

Supermercato.. luogo di ritrovi.

Rita e Debra si sono incontrate qui ieri. La mia fidanzata e mia sorella.

In questo stesso supermercato: gente che fa la fila, gente con i carrelli che sorride, che controlla i cataloghi, le offerte.

Prendo delle caramelle, i figli di Rita, adorano le caramelle. Piacciono anche a me, soprattutto quelle gommose, forse è una cosa altamente infantile, non ricordo se prima mi piacessero così tanto. Ma da quando ho conosciuto i bambini di Rita, almeno una volta alla settimana, per concessione della madre, è lo caramelle day.

A coca-cola, alla fragola, alla pesca, gli orsetti gommosi.
<< Grazie Dexter sono buonissime>>

Cody mi sorride, lo fa spesso. Mi piace, vederlo sereno. Ripenso al prete, a come l’ho brutalmente ucciso e mi sento bene. Anche Astor e Cody vanno in chiesa, e non vorrei mai che gli accadesse qualcosa.

Mi sembra di essere in apena.

La più grande, è in cucina con la madre, Astor, non parla da quando il padre è in prigione, un tossicodipendente, che picchiava brutalmente la moglie. Non parla, soprattutto con me. Mi vede come una minaccia, e forse lo sono. Ma non per loro.

Le 23.16.

Tra poco torno a casa. Non c’è motivo che io rimanga, un accordo implicito. Nella relazione mia e di Rita non c’è il sesso, non è compreso; lei è troppo traumatizzata per l’ultima esperienza col marito.
A me sta bene, diversamente da molti uomini, le mie pulsioni non comprendo per forza il bisogno fisiologico dell’accoppiamento.
I figli di Rita sono a letto da quasi un’ora, e noi stiamo stesi sul divano.
Guardiamo un film, mangiamo il gelato. Una tranquillità, una normalità che non sembra appartenermi.

<< E’ stato stancante oggi a lavoro?>>

<< Si, abbastanza.>>

<< Ho incontrato Debra, qualche volta potrebbe venire a cena.>>

Lo so, mi sono beccato pure una specie di: tu non sei un fottuto bravo fratello: << Certo.>>



Serial Killer.

Sono a casa.
Per quanto possa stare bene col mondo esterno, per quanto le caramelle gommose, le cene, un sorriso sincero, una sorella incazzata, un amico che ti chiede aiuto, un lavoro gratificante.. per quanto tutto questo possa contornare la mia vita, l’unico bisogno che si fa spazio in me a fine giornata è uno solo.

Il condizionatore. Controllare il condizionatore.

Tocco la scatola di legno, l’accarezzo come qualcosa di prezioso. Perché è qualcosa di prezioso.
Per quanto la quiete della casa, la vista sul mare, il condominio perfettamente di lusso, la piscina. Niente mi interessa di quest’appartamento, l’ho scelto solamente perché tranquillo da occhi indiscreti. Perché sicuro.
La scatola rettangolare, nelle mie mani sembra brillare.

L’apro.

Fanno comparsa i vetrini. Sono 89.
Come le vittime che ho ucciso, il prete è il numero 89, Mark Dylan, sarò il numero 90.
Tutti ordinati perfettamente, so esattamente a chi corrisponde la piccola macchia di sangue incastonata in ogni vetrino, riposta minuziosamente in ogni numero assegnato.

Sembra di poter respirare nuovamente.

L’apnea è finita.

Il sangue a volte mette in ordine il caos che ho dentro.






OVVIAMENTE; Questi personaggi e la trama portante, non mi appartengono, ma sono proprietà degli ideatori; questa raccolta, è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

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Capitolo 3
*** Vuoi giocare con me? ***


 
 
 
 
[pov. Dexter] 
 
 
 
 

 
 
Vuoi giocare con me?
 
 
 
Questa è la cosa più interessante che abbia mai visto.
Il freddo, mi colpisce il viso. La piccola luce illumina l’ambiente angusto. Il bianco delle pareti, gli scompartimenti:
melanzane, peperoni, un piatto di pasta dell’altra sera, birra per Deb, vari integratori, uova, pancetta, una barbie scomponibile, acqua, insalata, maionese, altre cose che non ricordo di aver comprato.

Ah, si.. Una barbie.

Capelli rossi, come i miei, solo ricci e folti. Stesa sul ripiano centrale del mio frigo, che mai prima d’ora mi sembra così utile.
Meravigliosamente utile.
Ha le braccia e le gambe staccate dal busto, legate da un nastrino rosso. Non ricordo di dover festeggiare il mio compleanno, e Natale è ancora lontano.

Un regalo anticipato?

Dovrei sentirmi violato, nel mio intimo, nella mia tanto decantata privacy.  Eppure mi sembra un invito amichevole, del tipo: Vuoi giocare con me? Oh, anche io mi sento annoiato, e solo.

Voglio giocare, lo voglio davvero.

Mi guardo per un attimo attorno, tutto sembra normale, tutto come l’avevo lasciato; souvenir a parte.
Ritorno a puntare gli occhi all’interno del frigo, l’aria fredda mi solletica i capelli, non mi da fastidio. Anzi.. ora la trovo assolutamente giusta.

Prendo la bambola con delicatezza, quasi si potesse rompere con una semplice pressione.

Ma cosa vuoi dirmi?

L’osservo bene. Nei minimi particolari. Sembra una comune barbie, come quelle di Astor, che semina per tutta la casa di Rita. Una volta ho anche rotto la testa di una delle sue preferite, mi sono beccato occhiatacce per una settimana, o giù di lì. Mi sono offerto di ricomprarla, ma mi è stato fatto uno sproloquio su quanto non sarebbe stata la stessa cosa, ed altre cose simili, che proprio non capisco.                          
Ah, i bambini. Bisogna avere pazienza, bisogna avere sentimenti per interagirci e io proprio ho pazienza, ma non sentimenti.
La mano.. cos’è? Sulle dita, le sue unghie sono laccate, dipinte come lo smalto.
 

Il Killer del Camion Frigo..
 

Mi avvicinavo alla scena del crimine, come avevo promesso a Debra, appena fosse comparso un altro omicidio, che ultimamente sembrava scombussolare Miami.    
Sarai apparso, come un salvatore, con il mio scintillante tesserino della scientifica e avrei mosso il mio cervello rettile per trovare degli indizi. In modo che lei potesse usufruirne per le indagini.

Poi, ero anche estremamente curioso. Volevo vedere come quest’assassino lavorasse.
Col cenno del capo salutai mia sorella, il suo vestito era leggermente inappropriato. Lavorare sotto copertura, come una mignotta, di certo non era uno spasso.                          
Come non era gratificante il vociare intorno, colleghi che sembravano fare fin troppi apprezzamenti. Appena mi videro nel loro raggio di azione, smisero. I vantaggi di aver un fratello maggiore. E per fortuna, o sfortuna non sanno  delle mie gite notturne. Altrimenti, sarebbero scomparsi all’istante.

Meglio non far incazzare un fratello Serial Killer.
L’ennesima prostituta uccisa. Ero contento che non le fosse successo niente, comunque. Non credo avrei reagito bene al riguardo.

Nastri gialli, delimitavano un perimetro non molto vasto.

Masuka, Batista erano già lì. Con uno sguardo sgomentato. Con un leggero cenno del capo lì salutai, per poi concentrarmi sulla scena che mi si parò davanti.
Oh, cazzo..
Stavo cominciando a parlare come Debra, col suo stesso linguaggio. Ma la fottuta scena del crimine, era sorprendente.
Questa è arte. Un’artista abbiamo qui, eh.

<< Dexter, non c’è bisogno del tuo aiuto, non c’è sangue. Chi ti ha chiamato?>>
Non prestai minimamente attenzione a Masuka, non era proprio il caso di distogliere gli occhi da quel capolavoro.

La donna, o quello che ne era rimasto era divisa in pezzi, sembravano scoordinati, ma non lo erano. Avevano un suo ordine. Aveva un suo modus operandi. Ed imparava in fretta.
L’Atlante, l’ulna, tibia, femore. Tutto tagliato in punti strategici, minuziosamente con precisione chirurgica.
Ma la cosa assolutamente meravigliosa era l’assenza di sangue, ma avevo visto una cosa del genere.

L’emoglobina, sembrava completamente assente. Una cosa con cui avevo avuto a che fare per tutta la vita, non c’era. Non serviva per rendere quella scena.

I corpi imbustati con plastica trasparente, come regali di Natale. Regali che incarti per offrire ad una persona speciale, ma regali che vuoi, che tutti guardino, che tutti ammirino tale maestosità.

Tale grandezza.

Ma qualcosa stonava, mi affrettai a contare i pezzi, fare un breve calcolo. Mancava qualcosa, mancava un pezzo del corpo.

I pezzi di carne erano freddi, la patina era assolutamente congelata, come quando metti un pezzo di carne nel congelatore. Solo che quello era assolutamente meraviglioso, non rozza come potesse essere l’affettatrice di un macellaio.

Presi un respiro profondo. Sentivo l’adrenalina pomparmi nei neurotrasmettitori.

<< Com’è possibile..>>
Solo questo, riuscii a dire. Per la prima volta anche io ero rimasto sorpreso.

<< E non è finita, guarda qui..>>
Masuka, oramai aveva accantonato l’idea che fosse inutile la mia presenza.                                 
La sua voglia di parlare, era più forte di qualsiasi altra cosa. Non che in quel momento mi dispiacesse.                                                                 

Mi fece fare qualche passo, fino a portarmi davanti ad una specie di borsa termica rigida, un piccolo congelatore per intenderci.


Oh.. questo è assolutamente..

<< E’ un malato di mente. Vado a parlare con LaGuerta. Siamo nella merda.>>

Non potevo non concordare con Batista, eravamo nella merda. O forse, il Killer lo era. Perché lo volevo sul mio tavolo: per parlare..certo, poi per fare la cosa che so fare meglio, ucciderlo.

Il mio passeggero oscuro ringhiava, le catene non sembravano abbastanza forti. Un sussulto alla bocca dello stomaco, un grugnito voleva uscire. Cercai di mantenere un’aria statica, ma non ero certo di riuscirci.

Il pezzo mancante.
Una mano, presumibilmente della vittima. Le dita, tutte e cinque, erano laccate con dello smalto. Ogni dito possedeva un colore diverso.

Colori vivaci.


Era un tipo umoristico, non si poteva di certo dire che l’ironia gli mancasse.
 


Gli stessi colori: Giallo. Verde. Arancio. Viola. Azzurro.
Manca, il rosso. 
Oh. Questo è proprio un invito. Sarebbe scortese non accettarlo.   Come la mano di quella prostituta, congelata, anche la manina di plastica della barbie, è dipinta sulle unghie.

Questo fa della mia barbie, una barbie puttana?    
                       

Vuoi giocare?

Sei tu. 
Avrai visto la mia maschera, scivolare? 




OVVIAMENTE; Questi personaggi e la trama portante, non mi appartengono, ma sono proprietà degli ideatori; questa raccolta, è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 

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