Viceversa

di ellacowgirl in Madame_Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fear ***
Capitolo 2: *** Joy ***
Capitolo 3: *** Anger ***
Capitolo 4: *** Disgust ***
Capitolo 5: *** Sadness ***
Capitolo 6: *** Surprise! ***



Capitolo 1
*** Fear ***


Nickname forum/sito: ellacowgirl (forum) / ellacowgirl in Madame_Butterfly (efp)
Fandom: Inside Out
Pillola: Rossa
Lunghezza: 5.331
Numero di storie/eventuale Ricordo base: 6 one-shot collegate/no ricordo base
Coppia/protagonista: Gioia
Rating: Giallo
Genere storia: Fluff / Sentimentale / Slice of Life
Avvertimenti: What if? / Crack Pairing
Note dell’autore: Questa piccola long partecipa al "Inside Out Flash contest" indetto da idkrugens sul forum di Efp, che avrebbe voluto vedere un personaggio di un fandom imbattersi nelle cinque diverse emozioni più una. Diciamo che ho interpretato a mio modo il tema del contest: invece che descrivere le sei emozioni di un personaggio qualsiasi, ho preso proprio una di queste e le ho fatto vivere ogni singola altra emozione! Spero di aver scritto qualcosa di curioso e, magari, di originale.
Ps. il titolo "viceversa" riprende una frase in uno dei capitoli ma l'ho utilizzato soprattutto perchè è il titolo del film utilizzato nei paesi francofoni - non chiedetemi perchè!


 
Fear

Il letto profumava, era impeccabilmente pulito - impeccabilmente ordinato – e non avrebbe potuto essere differente, considerato chi vi giacesse quotidianamente.
Inspirò quella sensazione con piacevolezza, socchiuse nuovamente gli occhi azzurri – di quell’azzurro luminoso, gioioso – e cercò di lasciar spazio alla sensazione che l’invadeva ogni mattina.
Doveva essere positiva, quella sensazione, doveva esserlo per forza considerando che si trovasse nel letto di una persona a cui teneva, a cui era inevitabilmente legata e con la quale aveva intessuto una relazione apparentemente rosea.
Già, apparentemente.
Perché, per quanto si sforzasse, per quanto cercasse di godere appieno del piacere che quella relazione le donava – in tutti i sensi – c’era sempre qualcosa che strideva, qualcosa che non le consentiva di essere completamente serena, rilassata.
Qualcosa che incrinava il sorriso perennemente solare sul suo bel volto, rendendola inquieta, timorosa.
Lo stesso qualcosa che le sfiorò la pelle scoperta del braccio, con un garbo ambiguo, come se – più che una carezza affettuosa – si trattasse di un’analisi.
Un brivido le percorse la schiena … e quanto avrebbe voluto convincersi che non fosse d’ansia.
«Brava, vedo che ti stai dando quella cremina idratante che ti avevo consigliato … ora hai proprio una bella pelle, liscia, pulita e delicata!» La voce appena acida di Disgusto ruppe il silenzio della stanza.
Gioia accennò ad un sorriso, ma non era sincero, non era spontaneo.
Sentì le labbra fredde dell’altra posarsi sulla pelle del suo braccio.
Paura.
«… e morbida.» Terminò il commento con soddisfazione, i capelli perfettamente in ordine nonostante la nottata.
«Oh sì! Beh, ecco, ci tengo ad essere in forma sotto ogni punto di vista, devo essere sempre pronta, attiva e scattante!» Asserì con quanto entusiasmo avesse, volgendosi verso l’altra con quella grinta che la caratterizzava.
Una grinta che non l’abbandonava mai, una sua caratteristica peculiare, sempre e comunque … tranne in quei momenti.
Tranne quando incrociava le iridi verde smeraldo di Disgusto, il suo sguardo giudicatore, che pretendeva di penetrarle dentro e rigirarla come un calzino.
E questo la terrorizzava.
Sì, era felice con lei, stava bene, passavano piacevoli momenti assieme … ma aveva sempre, costantemente, paura.
Paura che la giudicasse diversamente da come lei si sentiva, paura che la respingesse, che la rifiutasse, che un bel giorno decidesse di allontanarla perché non rientrava più nei suoi parametri di rigida perfezione.
Gioia non era perfetta, lo sapeva, eppure aveva l’innata capacità di esaltare gli aspetti positivi anche dei difetti.
Forse era per questo che una difficile di gusti come la “verdina” l’aveva miracolosamente esonerata dalla dose giornaliera di insulti a tutto il mondo.
Rimasero così, a fissarsi per un lungo attimo, Gioia manteneva quell’espressione entusiasta che si faceva sempre più forzata, sentendosi soffocare in un limbo che non comprendeva.
Disgusto forse sapeva quale influenza avesse sulla loro “leader” , o forse lo ignorava, molto più probabilmente ne godeva intimamente.
Allungò il braccio verso Gioia e le sfiorò una guancia, uno di quei gesti che riservava solo a lei, decisamente molto rari per una del suo caratterino.
«Non potrei essere più d’accordo.» Rispose, con quel sorrisetto un po’ ironico, di chi la sa particolarmente lunga.
L’allusione era chiara, ma Gioia rimase piuttosto scossa dal tono, dai modi, da quella dannata sensazione di paura che solitamente non le apparteneva, ma che in quelle circostanze emergeva come non mai.
Paura di essere solo un giocattolino e non una parte importante.
Paura che l’assalì inspiegabilmente quando Disgusto mutò improvvisamente espressione, dal sorriso ambiguo ad una quasi schifata.
«Oddio cos’è quel sopracciglio!» Sentenziò quasi adirata. Gioia improvvisò un sorriso di circostanza, continuando a tenere il lenzuolo a coprire il petto.
«Non preoccuparti, pensavo giusto di passare dalla saletta del make-up!» Asserì prontamente, calmando immediatamente il carattere ben poco tollerante dell’altra.
Disgusto, dal canto suo, incrociò le braccia sul petto ed inarcò il labbro superiore.
«Sono d’accordo anche su questo.» Sentenziò, fissandola ancora.
Gioia rimase come paralizzata da quelle sensazioni angosciose per qualche attimo, pur mantenendo il sorriso che le permetteva di celare tutto quanto – tutto ciò che non fosse gioioso – e di essere la leader che tutti si aspettavano, che Disgusto avrebbe tenuto ben salda a sé.
«Bene, credo sia ora di andare, una giornata importante comincia!» Asserì allargando il sorriso – uno di quelli ampi, che mettono di buon umore – ed accennando a lasciare l’ampio ed impeccabile letto di Disgusto, caricandosi di quell’energia che, nonostante le anomale emozioni da lei provate, rimaneva la sua carta vincente.
Venne fermata per un polso, perse un altro battito, un altro brivido le percorse vorticosamente la schiena.
Paura, di nuovo.
Paura perché non sapeva mai cosa aspettarsi dall’altra, non sapeva mai per quanto – e soprattutto se – i suoi rigidissimi standard sarebbero stati ancora rispettati.
Venne tirata con una certa decisione, sino a portare le proprie labbra su quelle della verdina, la quale aveva già socchiuso gli occhi e si guardava bene dal lasciarsi sfuggire quel momento.
Aveva ancora paura, ancora il cuore le batteva, ma non avrebbe permesso a quell’insana emozione di rovinarle il momento, di avere il sopravvento su di lei – sulla gioia – e si impose di fare altrettanto, di lasciarsi andare, di abbandonarsi ad una piacevolezza che, angoscia o meno, era innegabile.
Non fu passionale, non fu dolce, eppure possedeva quella nota di delicata premura che dava a Gioia tutta la sicurezza – e la fiducia – di cui aveva bisogno per stare con lei, per convincersi di esserne all’altezza, per non dare campo libero al timore delle proprie insicurezze.
Si riallontanarono appena, per un attimo l’espressione sul volto di Disgusto parve sinceramente soddisfatta – difficile, viste le sue quotidiane pretese – e Gioia non poté che sorriderle dolcemente.
«Ci vediamo dopo!» Le disse dandole un altro bacettino rapido, quasi rubato e, con quell’aria talvolta un po’ folle, si rialzò energicamente dal letto, rivestendosi ed abbandonando la stanza per cominciare le mansioni quotidiane.
Mentre Disgusto era rimasta lì, ancora tra le coperte, la testa appoggiata al gomito mentre osservava con espressione ambigua l’altra allontanarsi, come stesse guardando l’unica cosa che, al suo difficilissimo giudizio critico, non avesse difetti.
Non difetti intollerabili, almeno!

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Capitolo 2
*** Joy ***


Joy
 
«Buongiorno!» Esclamò a gran voce, entrando in quella stanza perennemente cupa e scostando con decisione le tende delle finestre, lasciando che una luce non indifferente illuminasse il piccolo letto con spondine.
Al suo interno, una sorta di fagotto non accennava minimamente a muoversi, anzi, ricambiò quell’entusiasmo con un mugolio.
«Andiamo andiamo, oggi sarà una suuuuuper giornata, devi prepararti!» Esclamò senza perdere la speranza o la motivazione, avvicinandosi al letto a grandi salti e sporgendosi al suo interno.
Tristezza, dal canto suo, se ne stava accoccolata alle coperte.
«Gioia, sai che non mi piace il sole … e la luce … e le super giornate …» biascicò con la voce ancora impastata dal sonno.
La leader non si lasciò tuttavia abbattere, tutt’altro: quell’atteggiamento un tantinello pigro sembrava darle un’ulteriore carica d’energia.
Sospirò senza abbandonare il sorriso, andando dall’altra parte delle spondine e sporgendosi all’interno.
«Non dire così, c’è tanto da fare! Vedrai che ti piacerà, ci divertiremo!» Esclamò, convinta delle proprie parole.
Gioia era esuberante e piena di vitalità già di suo, ma quando si trovava in compagnia di quella tappetta blu il suo umore migliorava ulteriormente, come se si sentisse in “dovere” di compensarla, di stimolarla, di farla sentire parte di qualcosa.
Da sotto le pesanti coperte, gli occhioni blu di Tristezza finalmente si palesarono.
«Non possiamo semplicemente lasciarci morire? Sarebbe più facile e meno faticoso … » tentò, ma prima di potersi nuovamente rintanare, Gioia aveva già allungato un braccio per scoprirle almeno la testa, lasciando ampia visuale sulla zazzera di capelli blu dell’altra.
Tristezza non glielo avrebbe mai detto, ma l’unica luce che non la infastidiva per davvero era proprio quella della sua migliore – ed unica – amica.
«Nah, sarebbe uno spreco!» Rispose prontamente, senza insistere oltre, ma nemmeno abbandonando la volontà di trascinarla ancora una volta con sé.
Tristezza la fissò per un lungo attimo, con quello sguardo apparentemente perso in chissà quali tormenti interiori ma che, in realtà, comprendeva ben più di quello che lasciava intendere.
«Disgusto ti ha fatto ancora paura?» Una domanda così, schietta, dannatamente precisa.
Gioia rimase interdetta per un attimo, senza sapere cosa rispondere, per poi balbettare qualcosa.
«Ehm no … assolutamente no!» Esclamò riacquistando sicurezza, sganciando una spondina del letto.
Tristezza riusciva ancora a metterla con le spalle al muro, con quella sua sincerità e quella sua straordinaria capacità di capirla.
La tristezza che capisce la gioia, e viceversa.
«Con lei sto davvero bene! Insomma, è più dolce di quello che sembra, mi fa le coccole, si preoccupa per me e - »
«Però ti fa paura.» Sentenziò, con quella voce pacata, quasi roca, lontana anni luce dalla presunzione di un giudizio insindacabile di Disgusto.
Rimase zittita, di nuovo. Sospirò e si sedette sul letto accanto a Tristezza, rassegnata: prima o poi si sarebbe arresa all’idea che quella tappetta blu la capisse meglio di chiunque altro.
«E’ che … ho paura di non piacerle più.» Ammise sincera, giocherellando con la coperta.
«E se non le piaci più ti abbandona.» Aggiunse l’altra, ancora stanca, sforzandosi di mettersi seduta.
«Esatto …»
«E se ti abbandona poi soffri.»
«Sì …»
«E se soffri poi muori.» Silenzio. Gioia le volse lo sguardo.
«Questa è un po’ esagerata!» Esclamò con un sorriso amaro.
«E poi, ci sei tu con me, no? Se non sono da sola non muoio.» Precisò, senza abbandonare il sorriso. Per quanto debole fosse, non scompariva mai.
Tristezza allungò la propria manina paffuta e strinse appena quella dell’altra.
«Sì, io ci sono.» Le disse. Ed erano sincere, quelle parole, nonostante il tono non fosse entusiasta, non mancava di rassicurare quello spirito libero di Gioia.
Ella sorrise e l’abbracciò di colpo, stringendola forte a sé.
«Grazie.» Asserì, sentendo il cuore scaldarsi e l’animo tranquillizzarsi. «Per fortuna che ci sei tu!» Aggiunse subito dopo, mentre l’abbraccio veniva ricambiato.
Anche Tristezza, nella sua perenne depressione, non poté non lasciarsi sfuggire un accenno di sorriso: anche se, all’apparenza, era l’emozione che più si opponeva alla felicità, lei teneva quanto gli altri a fare qualcosa di buono, a render contento chi la circondava.
E Gioia era l’unica a darle questa possibilità, l’unica che si fidasse di lei per davvero e che, dopo gli avvenimenti del trasloco, non voleva mai lasciarla sola.
Gioia la rendeva felice perché era la sua unica amica, così come Tristezza sapeva riempire il cuore dell’altra di una gioia fin troppo profonda.
«Ora però alzati, pigrona!» La prese in giro benevolmente, approfittando di quella loro vicinanza per farla alzare completamente dal letto.
Tristezza riassunse l’espressione abbattuta in tempi record.
«Ma …»
«Niente “ma”! Tra venti minuti ci ritroviamo in piattaforma, abbiamo taaaaaante cose da fare ed un ospite da accogliere!» E detto questo le lasciò un bacetto sulla guancia – che fece arrossire l’altra – prima di sgattaiolare altrove, diretta a controllare che anche gli altri due colleghi cominciassero al meglio quella nuova giornata.
Il rossore non abbandonò le guance paffute di Tristezza per almeno un paio di minuti.

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Capitolo 3
*** Anger ***


Anger

Lo stava cercando ormai da dieci minuti, ma di quello spilungone in viola – viola pallido, ovviamente – non aveva trovato traccia.
Sospirò, cercando di mantenere la calma: era sempre buona, Gioia, difficilmente si poteva notare un’espressione differente dall’entusiasmo sul suo bel volto … ma Paura era particolarmente bravo ad alterare questo stato.
Aveva cercato ovunque: nella sua stanza, nella piccola biblioteca, nei pressi della piattaforma di controllo … ovunque!
Sbuffò, leggermente su di giri: forse ciò che più la faceva arrabbiare non era tanto che il collega si dileguasse perennemente nel momento del bisogno, ma che questo le facesse cambiare umore.
Non doveva – insomma, era Gioia! – eppure non riusciva sempre a trattenersi.
«Con tutti i giorni in cui poteva darsela a gambe, proprio oggi!» Brontolò, appoggiando la fronte al vetro che separava il Quartier Generale da tutto il resto.
Doveva trovare una soluzione – come sempre – eppure non riusciva a giustificare quell’assenza, quel fare irresponsabile: anche lei aveva dei difetti – ogni tanto se ne ricordava! – ma non lasciava mai gli altri in momenti tanto delicati, mai!
Aveva già ampiamente dimostrato di essere disposta a tutto pur di risolvere i problemi comuni, pur di continuare ad assicurare la felicità della loro Riley.
Proprio quando stava per imprecare mentalmente, sul vetro dinnanzi a lei venne riflessa una figura longilinea ed alta, la quale stava furtivamente tentando di andare chissà dove.
Lo sguardo si acuì.
«Fermo là!» Asserì decisa, voltandosi di scatto ed indicando con un dito Paura, il quale si prese un mezzo infarto e balzò indietro.
«N-Non farlo mai più!» La intimò, balbettando. Aveva già normalmente paura di lei – non perché fosse minacciosa, ma per le idee che le balzavano continuamente in testa – figurarsi ora nel vederla con un’espressione decisamente diversa.
Gioia non si calmò, anzi, per qualche attimo si sentì stranamente più focosa, cominciando ad avanzare a grandi passi verso di lui.
«Dove stavi andando?» Domandò leggermente imperatoria.
Certo, il suo tono non era spaventoso come Rabbia, ma di rabbia ne aveva sicuramente una certa quantità in corpo.
«Io … ehm … ecco … vedi …» cercava una via di fuga, gli occhi saettavano nei dintorni, ma Gioia pareva proprio non dargli scampo.
Fece un respiro profondo, imponendosi di calmarsi: non era da lei esplodere, non era da lei non cercare di capire quale fosse il problema del suo interlocutore e poi tentare di aiutarlo – anche se, in tutta onestà, in quel momento aveva voglia di dargli una bella sberla, più che altro.
«E’ un giorno importante, arriverà un nuovo compagno e non possiamo comportarci in questo modo! Cosa direbbe se non ci vedesse tutti?» Cercò di farlo ragionare, tentando di tornare ad un tono cordiale e forzando un sorriso.
« … che eravamo molto impegnati?» Cercò di difendersi.
Gioia inarcò un sopracciglio e, prima che potesse partire con una bella ramanzina o una pseudo-sfuriata, Paura lasciò cadere a terra la propria valigetta e gesticolò portando avanti le mani, quasi a volersi scusare, o forse difendere.
«Okay okay, mi arrendo!» Gioia incrociò le braccia sul petto, ancora poco convinta.
«Ti ascolto.» Lo invitò a parlare un po’ troppo caldamente del solito.
«Senti, Gioia, io non mi fido di questo tizio che arriverà oggi! Insomma, chi ne sa qualcosa, eh? Chi ci dice che non vorrà farci del male? Che non sia un criminale, un maniaco?» Gli occhi si spalancarono di colpo. «Ossanto, e se volesse farci fuori per prendere il controllo di tutto quanto?!» Stava andando in panico, decisamente.
Gioia lo prese per le braccia, fissandolo intensamente, con uno sguardo fin troppo serio.
«Paura, non succederà.» Disse sicura, zittendolo per un attimo, nonostante il cuore dello spilungone battesse a dismisura.
«E-E come fai a dirlo, eh? Lo conosci?»
«No, non lo conosco, ma è uno di noi!» Asserì, riacquistando quella volontà che la caratterizzava, lasciandolo ed allargando le braccia.
«Lui è come noi!» Continuò, questa volta abbandonando quel fare irritato che non le si addiceva, lasciando che un nuovo sorriso le dipingesse le labbra.
«E’ vero che siamo diversi, anzi, diversissimi, eppure non è forse per questo che siamo tanto importanti? Che Riley ha tanto bisogno di noi?» Gli domandava metaforicamente, senza lasciargli tregua, senza dargli modo di obiettare.
E quali obiezioni avrebbe potuto supportare davanti all’evidenza?
«Siamo diversi eppure la nostra bimba non potrebbe vivere senza di noi. Ora che è cresciuta, forse ha bisogno anche di qualcun altro. Qualcuno che sicuramente tiene a lei come noi.» Spiegò.
In realtà non sapeva cosa fosse accaduto, né tantomeno perché una nuova emozione sarebbe presto venuta ad aggiungersi a loro cinque, eppure … eppure era speranzosa, non poteva fare a meno di fantasticare sul nuovo individuo, immaginando quanto bene avrebbe fatto alla loro Riley.
Perché sì, sarebbe stato qualcosa di bellissimo e fantastico, ne era sicura!
«E tu non vuoi che lei sia ancora … sola, vero?» Un colpo un po’ basso, probabilmente più tipico di Rabbia che di Gioia, ma tutto ciò che Paura riuscì a metabolizzare non era tanto che ella stesse cercando di risvegliare qualche sentimento in lui, ma piuttosto che quando era accaduto il peggio – solo qualche mese prima – tutto fosse andato in tilt e di conseguenza in panico.
Oh sì, era stato un panico coi fiocchi, lo ricordava benissimo!
«No no no! Per l’amor del cielo, assolutamente no!» Esclamò cercando di contenere il terrore che stava provando al sol pensiero di quei momenti.
Gioia sorrise.
«D’accordo, d’accordo, ci sarò … ma se è un tipo spaventoso sono autorizzato a scappare eh, sappilo!» L’avvisò, alzando un dito tremante.
La leader ampliò il sorriso, soddisfatta ed ancora più entusiasta per l’incontro che avrebbe fatto di lì a qualche decina di minuti.
«Autorizzatissimo!»

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Capitolo 4
*** Disgust ***


Disgust

Aveva giusto fatto in tempo ad assicurarsi – con lo sguardo – che Paura stesse realmente tornando nella sua stanza per prepararsi quando, voltandosi dalla parte opposta, si era ritrovata davanti l’ometto in rosso, con già qualche fiammella sulla testa.
Brutto, bruttissimo segno … ma avrebbe cercato di ignorarlo.
«Rabbia, buongiorno!» Esclamò col solito sorriso, nella speranza di partire subito col piede giusto.
«Non è per niente un buon giorno!» Tuonò l’altro, irritato come sempre.
Gioia finse di non darci troppo peso, rimanendo della solita cordialità – fortunatamente, occuparsi di tutto e tutti non le dispiaceva!
«Oh, perché dici così? Posso aiutarti in qualche modo?» Domandò disponibile, cercando di mitigare quell’impetuosità che lei stessa aveva provato poco prima – e che non le era minimamente piaciuta - ma non fece in tempo a comprendere meglio lo stato d’animo dell’altro che questo, ora oggettivamente rabbioso, era già mezzo esploso.
«Potresti fare la leader degna di essere chiamata tale!» Le urlò contro, lasciandola perplessa, per quanto ella non ribatté alla stessa maniera: era appena riuscita a liberarsi dalla propria rabbia, non si sarebbe lasciata influenzare da quella del compagno, il quale non esitò un istante a darle spiegazioni – o meglio, a perseguire nella propria esplosione.
«Ti sembra un atteggiamento autoritario quella della suorina benevola, eh?! Quello stava per mandarci tutti in un bel guaio e tu cosa fai? Acconsenti alle sue pretese?!» Gesticolava, furioso.
Gioia tentò di dare spiegazioni – era evidente che Rabbia non avesse assistito all’intera scena – ma il rosso non le diede assolutamente modo di parlare, precedendola ancora una volta e con un tono di voce sempre più alto.
«Dovresti usare il pugno duro, bella mia, ma quello duro per davvero!» E si scostò la manica della camicia, mostrando il muscolo bicipite con un certo orgoglio, benché in quel momento fosse soltanto l’ira a prevalere.
E in Gioia cominciava a nascere un certo sdegno.
«Vedi? Con questo si sarebbe messo a cuccia bello tranquillo, senza rompere ulteriormente chi fa il suo dovere!» Spiegò la propria versione dei fatti ad una compagna che, nel mentre, aveva lentamente mutato la propria espressione, abbandonando quella benevola per farsi più seria, quasi indignata.
Non poteva davvero credere che qualcuno – qualcuno di loro – volesse veramente utilizzare la violenza su un proprio compagno.
«E tu pensi davvero che fare del male risolva i problemi?» Domandò ancora diplomatica, ancora mitigata dalla propria natura positiva ed ottimista … eppure non poteva restare indifferente dinnanzi alle intenzioni di Rabbia, come se le ferite che voleva provocare a Paura le stesse, in realtà, infliggendo a lei per prima.
«Magari non tutti, ma un bel po’ sì. O quantomeno quello di adesso!» Ribatté convinto, mostrando anche l’altro braccio, altrettanto muscoloso.
Gioia non rispose, le labbra erano rimaste dischiuse, il sol pensiero della violenza su qualcuno le mise i brividi.
Disgusto.
Disgusto verso la violenza in sé e le parole di Rabbia.
«Non pensarci nemmeno …» asserì in un mezzo bisbiglio.
Non era arrabbiata, ma delusa … delusa e disgustata da simili pensieri. Lei, paladina della gioia, del benessere comunitario e quant’altro, non poteva provare altra emozione nei confronti di un simile atteggiamento.
«Non l’ho pensato, l’ho proprio proposto!» Asserì sicuro, ma Gioia portò entrambe la proprie mani sulle braccia di Rabbia, invitandolo ad abbassarle.
«Ho detto di no.» Asserì più sicura, trovando alquanto faticoso non manifestare una smorfia di disapprovazione per quella proposta a dir poco indegna, ai suoi occhi.
«Vuoi una leader autoritaria? Acconsento.» Gliele fece abbassare ma con garbo, senza utilizzare quello stesso suo impeto, senza distogliere le iridi azzurre da lui … ed egli non poté non chiedersi come diavolo facesse quella spilungona tutta lucentezza ed ottimismo ad avere anche un lato così deciso, quasi categorico.
Rabbia rimase a fissarla per un attimo, poi sbuffò e roteò le iridi al cielo.
«Stare con Disgusto ti fa male, diavolo.» Brontolò.
Gioia arrossì d’istinto, non aspettandosi tanta schiettezza, ma l’altro si era già allontanato, continuando le sue imprecazioni tra sé e sé e lasciandola sola lì, imbambolata.
Davvero aveva risposto a tono in quel modo e con quel senso di indignazione? Scosse il capo azzurro energicamente, precipitandosi in camera propria: a furia di assicurarsi che gli altri fossero pronti, non si era preparata lei per il momento tanto atteso!

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Capitolo 5
*** Sadness ***


Sadness

Mancava qualcosa.
Se ne stava immobile davanti allo specchio, il suo miglior abitino verde indosso, quella luminosità che mai l’abbandonava, nel corpo e nello spirito.
Sorrideva a colei che si ritrovava davanti, eppure continuava a sentire un inspiegabile vuoto dentro di sé.
Sì, mancava davvero qualcosa.
Nel riflesso poteva scorgere il proprio letto perennemente in disordine – contenere l’entusiasmo era difficile persino nei sogni! – e non poté non ricordarsi di quella mattina, di Disgusto. Le era affezionata, le voleva bene, trascorrevano del piacevole tempo insieme eppure … eppure non era amore, non di quel tipo che lei aveva sempre sperato per la sua bambina e che per lei nutriva. Si volevano l’un l’altra, si cercavano, ma nonostante si sforzasse di vedere nella verdina ciò che aveva sempre immaginato, qualcosa rendeva il loro rapporto “amoroso” incompleto.
Sospirò, stringendo le mani l’una con l’altra: aveva Tristezza, paradossalmente questo la rincuorava.
Eppure non bastava a completarla, non bastava a sanare completamente quel piccolo vuoto che sentiva dentro di sé: aveva sempre creduto di essere non solo importante, ma essenziale per la piccola Riley ed ora … ora che era cresciuta, che viveva la sua vita e si innamorava come anche lei avrebbe voluto fare, si sentiva sempre più esclusa.
Forse, più semplicemente, si stava rendendo conto di non essere stata chi credeva di essere.
Le altre emozioni la rispettavano, le volevano bene, la vedevano come loro leader … ma qualcosa mancava, qualcosa che lentamente la privava dell’entusiasmo e dell’ottimismo ogni volta che si ritrovava da sola.
In compagnia di altri si sentiva in dovere di essere qualcosa di buono, di bello, di positivo, ma quando si ritrovava sola davanti a quello specchio – davanti a se stessa – una strana malinconia cominciava a turbarla.
Si sedette sul morbidissimo letto, sospirando: non era da lei, si ripeteva, non era da lei essere triste in quel modo … ma allora perché si sentiva così?
Forse la gioia non era tutto ciò che la caratterizzava?
Forse anche lei, finalmente, avrebbe dovuto ammettere i propri limiti, le proprie debolezze?
Sospirò di nuovo: aveva sempre creduto di poter fare tutto, di gestire tutto, ma l’evidenza ormai parlava da sé.
Se fosse stata sola si sarebbe lasciata andare, che fosse ad un cieco entusiasmo o ad un’insolita tristezza, non avrebbe giovato né a se stessa né alla tanto amata bimba con cui era nata.
Aveva bisogno di chi le stava intorno, tremendamente.
Aveva bisogno di Disgusto, perché la rendesse consapevole della paura delle proprie insicurezze continuamente celate.
Aveva bisogno di Tristezza, che le ricordasse sempre quanto bene facesse continuare ad avere fiducia e speranza in qualcuno diverso da se stessi.
Aveva bisogno di Paura, perché le facesse capire la rabbia almeno quanto Rabbia la indisse a provare disgusto, affinché ella – da leader quale doveva essere – conoscesse anche le altre emozioni, cosa sentissero coloro che le stavano intorno.
Per guidarli, doveva prima di tutto capirli.
E forse sì, in fin dei conti – per quanto si trattasse del suo opposto – aveva bisogno anche della tristezza dei momenti di solitudine.
Aveva bisogno di ciò che era, non di quello che voleva essere.
Socchiuse le iridi azzurre e fece un respiro profondo, cercando di riacquistare l’equilibrio di sempre, quello capace di guidarla nelle proprie scelte, nei propri gesti.
Un equilibrio che non nasceva da lei, non solo almeno, ma da tutte quelle emozioni che – involontariamente – i suoi compagni le avevano insegnato a provare.
Un sorriso si fece largo sul suo volto, sin quando lo scricchiolare della porta non attirò la sua vivace attenzione.
Lì, fermo sull’entrata, un perfetto sconosciuto.

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Capitolo 6
*** Surprise! ***


Surprise!
 
Lo osservò con un’espressione perplessa, un misto di curiosità ed incomprensione, ma soprattutto sorpresa.
E lui faceva altrettanto.
Era un tipo piuttosto alto, quasi imponente, una carnagione marroncina lo caratterizzava mentre indosso portava quello che sembrava un completo hawaiano - camicia beige con fiori bianchi – con tanto di collana floreale. I capelli erano di un marrone leggermente più scuro, di media lunghezza per un maschio, con tanto di riporto – o ciuffo esagerato? – su un lato.
Gioia si alzò lentamente dal letto, mentre lui scostava gli occhiali da sole, lasciando visibili gli splendidi occhi nocciola.
«Ehm, salve!» Esclamò lei accennando ad avvicinarsi, ma si interruppe quando lui lasciò cadere gli occhiali a terra, rimanendo letteralmente a bocca aperta nel fissarla.
«Quale splendore!» Esclamò d’improvviso, facendola sussultare e raggiungendola con una velocità impressionante.
Gioia se lo ritrovò a pochissima distanza, le mani dell’altro – fin troppo grandi, vista la stazza – che le circondavano il volto con fare benevolo.
«Oh sì, sei persino meglio di quello che mi avevano detto!» Continuò con un sorrisone impressionante, la dentatura bianchissima pressoché impeccabile.
«Mi scusi, lei sarebbe – »
«Meravigliosa!» Continuò imperterrito, prendendola per i fianchi ed alzandola d’improvviso, facendo un giro su se stesso senza abbandonare quella luce di sincero stupore dipinta sul volto appena barbuto.
La lasciò a terra subito dopo, senza tuttavia allontanarsi da lei e, finalmente, accorgendosi della sua espressione sorpresa da un simile fare.
Non diffidente, non contrariata né scontrosa, eppure giustamente confusa.
«Oh, che maleducato che sono! Mi scusi, signorina Gioia, mi sono lasciato trasportare dallo stupore di vedervi dal vivo e – »
«Togli SUBITO le tue sudice mani da lei!» La voce squillante di Disgusto arrivò ai due in pochi attimi, il tono già fin troppo acido che non lasciava presagire nulla di buono.
Quando entrambi si voltarono in direzione della porta, tutte e quattro le altre emozioni erano ben schierate, ognuna con la sua espressione, anche se una certa diffidenza e perplessità generale continuava a predominare.
«E’-E’ un maniaco, lo sapevo! Ve l’avevo detto!» Esclamò Paura terrorizzato, nascondendosi dietro a Rabbia che, naturalmente, era già sul piede di guerra.
«Chi diavolo ti credi di essere per piombare così d’improvviso nella stanza di qualcuno, eh?!» Sbraitò, le fiammelle sulla nuca avevano già cominciato a manifestarsi, mentre Tristezza sospirava con fare sconsolato in direzione dei compagni.
«Oh no, ora ricominciano a litigare … » asserì con la solita voce monotono, sicura che da un momento all’altro sarebbe scoppiata l’ennesima lite che li avrebbe resi tutti di malumore. E lei c’era fin troppo abituata.
Lo sconosciuto li guardò tutti, uno per uno, con una meraviglia nello sguardo che non esitava a trattenere e che, naturalmente, non fece che aumentare il disorientamento degli altri – e l’irritazione di Rabbia per l’inefficacia delle sue accuse.
«Splendidi!» Esclamò di colpo, lasciando finalmente i fianchi di Gioia ed avvicinandosi agli altri con le braccia aperte.
Inutile dire che la leader non avesse ancora chiuso la bocca per lo stupore - la sorpresa - nel ritrovarsi dinnanzi un individuo del genere, talmente preso dalle proprie considerazioni da ignorare – più o meno – le constatazioni altrui.
«Oh quale onore conoscervi, quale privilegio!» Continuò, placando i loro animi in poche e semplici parole.
La sua attenzione venne rivolta immediatamente a Disgusto, la quale lo stava ancora guardando in cagnesco per aver toccato la sua Gioia.
«Mi avevano parlato di voi, ma non mi avevano detto che foste così … impeccabile!» La elogiò in tutta sincerità, tanto che la verdina addolcì – metaforicamente parlando – la propria espressione, limitandosi ad un sopracciglio alzato.
«E che impeto, che furore! Un vero portento, signor Rabbia!» Si complimentò, tanto che il rosso assunse un’espressione immediatamente compiaciuta, incrociando le braccia sul petto con fare orgoglioso.
«E Paura … oh, siete meravigliosamente calato nel ruolo, dico sul serio!» La serie di complimenti continuava, ma non erano elogi casuali o forzati, in quella nuova presenza v’era soltanto uno stupore sinceramente sentito – e positivo – nell’incontrare quelli che, era ormai evidente, sarebbero stati i suoi nuovi compagni di vita.
«Voi siete il nuovo arrivato …? » Domandò infine Tristezza, lo sguardo perennemente demotivato, una sorta di opposizione all’individuo che si rimise gli occhiali da sole con fare entusiasta.
«Non mi avevano detto che foste così perspicace, Tristezza, ma … sì, sono io!» Asserì facendo loro un inchino, mentre Gioia aveva lentamente affiancato i compagni – e Disgusto si era assicurata che fosse ad una debita distanza dallo sconosciuto.
«Piacere di conoscervi, io sono Sorpresa!» Si presentò ufficialmente.
Disgusto inarcò un sopracciglio, Rabbia lo fissò più intensamente, Paura non si era ancora ripreso dallo spavento di prima e Tristezza non faceva una piega.
Gioia, al contrario, ampliava il proprio sorriso secondo dopo secondo: si era immaginata qualcuno di speciale, ma la sorpresa nel trovarsi davanti uno come lui era stata ancora maggiore.
«Sono cresciuto in un’altra “zona” di Riley, chiamiamola così, ma mi hanno insegnato molto su di voi! Cioè, come dire, sono nato con voi, mi hanno spiegato tante cose ma … ma vedervi dal vivo è tutta un’altra cosa!» Le sue parole erano entusiaste, non smetteva mai di guardarli uno per uno con gli occhi colmi di meraviglia, di stupore, di piacevole sorpresa.
E, a loro volta, erano incantati anche loro, chi più e chi meno evidentemente.
Non ci furono momenti di silenzio né di imbarazzo, Gioia – come solito – si fece avanti per prima, porgendogli la mano. Anche lei sfoggiava l’immancabile sorriso.
«Sei assolutamente il benvenuto tra noi!» Esclamò, stringendo la sua mano con determinazione, uno sguardo estremamente contento che incontrava quello piacevolmente colpito dell’altro.
«Sì, in fondo non sei male.» Asserì dopo poco Disgusto, facendo mezzo passo verso lo sconosciuto per dare una piccola pacchettina sulle loro mani giunte, in modo tale che la stretta si sciogliesse. «Con le dovute distanze.» Si premurò di aggiungere con un sorriso ironico.
Lui sorrise. «Sissignora!» Esclamò.
Certo, incontrarli era una vera emozione per lui, ma non voleva certamente cominciare col piede sbagliato: avrebbe dovuto adattarsi a loro, alle abitudini e relazioni, non si sarebbe mai permesso di rovinare qualcosa di tanto strabiliante ai suoi occhi!
«Ma sì, qualcuno che capisca davvero il mio valore non può che farci bene, benvenuto in famiglia!» Asserì Rabbia, stringendogli la mano energicamente.
«Uffa, okay … d’accordo … però non prendere anche tu l’abitudine di svegliarmi nelle giornate di sole.» Proferì Tristezza, allungando verso di lui una mano particolarmente moscia.
«Lo dici come se ti dispiacesse!» Proferì Gioia, facendo l’occhiolino all’amica.
Paura, dal canto suo, aveva osservato quegli scambi di gesti e battute ancora ad una certa distanza di sicurezza dallo sconosciuto, ma nel vedere la confidenza – sebbene parziale – che i compagni gli riservavano si fece un poco più di coraggio – per modo di dire!
«Va bene, va bene … benvenuto.» Esclamò, ma nel momento in cui Sorpresa accennò ad allungare la mano verso di lui, il violetto si ritirò.
«Ma mi associo a Disgusto per le distanze!» Precisò ancora un po’ tremante: il nuovo arrivato era di una notevole stazza, non avrebbe impiegato molta fatica per spezzettargli le ossicine!
«Certo, amico!» Esclamò l’altro ritirando le mani, ma continuando a mantenere il sorriso.
Gioia si stava quasi commovendo all’idea di aver trovato qualcuno che sorridesse quasi quanto lei!
«Bene, direi che allora ci vuole una bella festa!» Gioiosa ed entusiasta come sempre, non perse troppo tempo e prese sia Sorpresa che Disgusto – onde evitare che si arrabbiasse o offendesse – per mano, trascinandoli nella sala operativa, seguita da tutti gli altri.
Era al settimo cielo, forse – dopo tanto tempo – lo erano tutti quanti: qualcosa di nuovo e sorprendente stava per cominciare!

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