In Noctem- Whispers in the Dark

di Tecla_Leben
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Custode degli astri ***
Capitolo 2: *** La ribalta di Pitch (In Noctem, parte 1) ***
Capitolo 3: *** Lo sconforto di Jack ***
Capitolo 4: *** Il castello di tenebre ***
Capitolo 5: *** Contrattacchi e visioni ***
Capitolo 6: *** Addio ***
Capitolo 7: *** Nella cripta di Pitch ***
Capitolo 8: *** Verità dal passato ***
Capitolo 9: *** Il bivio - In Noctem, parte 2 ***
Capitolo 10: *** Esiliata ***
Capitolo 11: *** The dark begins to rise ***
Capitolo 12: *** Alleanza proibita ***
Capitolo 13: *** Il sacrificio ***
Capitolo 14: *** Al Polo Nord ***
Capitolo 15: *** Il cordoglio di Sandy ***
Capitolo 16: *** Cinque anni dopo ***
Capitolo 17: *** Una nuova vita ***



Capitolo 1
*** La Custode degli astri ***










Ricordo perfettamente il giorno in cui tutto ebbe inizio. O finì... dipende dai punti di vista. Ricordo gli schiamazzi divertiti della folla, e il fumo che saliva a spirali lente e minacciose nel cielo azzurro. Ricordo il caldo, e mi ricordo quegli occhi paglierini che assistevano maligni, trionfanti. Stavo urlando con quanto fiato avevo in gola, contorcendomi e dimenandomi dalla disperazione e dal dolore. Poi il nulla. Quando rinvenni, la folla si stava ormai disperdendo. L'aria era calda e satura dell'odore tremendo di carne bruciata che mi assaliva prepotente le narici, provocando in me un forte senso di nausea. Stordita, alzai lo sguardo e incontrai di nuovo gli occhi di Pitch. Mi sorrise malevolo, e con un fruscio di mantello si dissolse come fumo nel vento.





Nord alzò lo sguardo alla finestra, le sopracciglia inarcate in un'espressione corrucciata. Lasciò perdere definitivamente i giocattoli che stava esaminando, si alzò, fece il giro della scrivania e posò la sua mano adorna di anelli sul vetro gelido. Sollevò lo sguardo al cielo, cercando le stelle. Il primo pensiero fu che doveva aver visto male. Strizzò gli occhi con i pugni e tornò a guardare. No, non si era sbagliato affatto. A ogni battito di ciglia, qualche stella si spegneva. Rimase alcuni secondi a guardare quei lumini lontani che tremolavano, sbiadivano e sparivano lasciando un cielo d'inchiostro, come se una mano enorme ne avesse premuto gli interruttori uno ad uno. Poi si voltò con decisione e fece per uscire dal proprio studio a passi larghi e spediti.

Ma all'ultimo momento si fermò sulla soglia, realizzando a scoppio ritardato un dettaglio che a primo sguardo, troppo occupato a osservare il cielo, gli era sfuggito. Tornò nella stanza, si avvicinò di nuovo al vetro della finestra scossa dal vento e strizzò gli occhi verso la catena montuosa che celava il suo rifugio alla stragrande maggioranza degli esseri umani che abitavano il pianeta. Una piccola, fioca lucina era apparsa in prossimità della vetta più bassa, e osservandola attentamente per qualche minuto, Nord si accorse che si stava muovendo verso il basso. Il che significava una sola cosa: qualcuno era diretto lì.


Nel frattempo, fuori, a qualche chilometro di distanza, una figura solitaria stava discendendo lungo il fianco della montagna di fronte, il fianco che affacciava proprio sulla landa dove si ergeva la fabbrica di giocattoli. Una persona avanzava faticosamente in mezzo alla neve alta, con l'unica compagnia di una piccola luce tremolante al vento come una fiamma di candela che proiettava, al suo passaggio, strane ombre oblunghe sul manto bianco che ricopriva il sentiero.

Il misterioso visitatore del Polo avanzava curvo in avanti per proteggersi dal freddo e dal vento che infuriava attorno a lui, cancellando inesorabilmente le orme che si lasciava dietro.


Nord osservò quella luce discendere la montagna forse ancora per una manciata di minuti, quando il vento smise improvvisamente di soffiare. A quel punto, anche la piccola luce si arrestò.

Nord la fissò con le sopracciglia aggrottate, e all'improvviso quella schizzò verso l'alto descrivendo un arco ampio e acuto nel cielo, per poi sparire dalla visuale dell'uomo. Il quale, dopo alcuni secondi, si staccò definitivamente dalla finestra, si voltò e uscì dalla stanza a passi larghi e spediti. Al suo passaggio, gli Yeti e gli elfi che incrociava si facevano velocemente da parte, intuendo il pericolo di essere falciati senza pietà, mentre l'eco di colpi risuonava dal pesante portone di noce dell'ingresso principale. All'arrivo di Nord, uno Yeti si fece avanti offrendosi di aprire al posto suo, ma lui lo spinse da parte, preferendo pensarci da sé. Fece scorrere il chiavistello con gesto stizzito e tirò l'anta verso di sé con un verso affannato. Una chiazza di luce piovve all'esterno, proiettando un rettangolo luminoso sul sottile strato di neve che era riuscito a depositarsi sul pavimento davanti alla soglia. Appena oltre, affondata nella neve fin oltre le caviglie, si ergeva una figura silenziosa e schiva col capo leggermente chino in avanti, come a proteggersi nella penombra. Nord fece saettare gli occhi d'intorno, alla ricerca della fonte di luce che aveva visto poco prima e che doveva per forza appartenere alla persona che aveva di fronte, ma non ce n'era traccia. Nord riportò lo sguardo su di lui e parve riconoscere il misterioso avventore con scarsa sorpresa.

<< Dunque immaginavo bene! >> disse, rivolto alla figura che ancora si ergeva statuaria davanti a lui, << Si tratta di te! Se sei qui, vuol dire che è cosa seria! Ne è passato tanto, di tempo, dall'ultima volta, eh? >>

Il misterioso visitatore emise un verso spazientito e il sorriso gioviale sul volto di Nord si incrinò come vetro, tramutandosi in un'espressione tesa.

<< Sì, hai ragione. Rimandiamo a più tardi i convenevoli... >>

E così dicendo si fece da parte per lasciare entrare il taciturno individuo, per poi affacciarsi di nuovo, lanciare un'occhiata furtiva d'intorno e ritirarsi nuovamente, richiudendosi il portone in faccia con una spinta poderosa.



Jack correva come un forsennato. Aveva visto l'aurora Boreale splendere come non mai e aveva subito lasciato perdere la tormenta di neve con cui si stava lambiccando, da qualche parte in una distesa desolata in Groenlandia, per volare senza perdere altro tempo al polo Nord.

Superò un gruppo di Yeti che lo guardò schizzare avanti a sé attonito e si precipitò a rotta di collo nello studio di Nord, senza preoccuparsi di bussare.

<< Nord! Che sta succeden...? >>

Si bloccò, fissando lo schienale della grande poltrona verso le fiamme del camino: lo fissavano due occhi ambrati dalle pupille verticali, incastonati in un viso delicato incorniciato da folti capelli biondi, sporto oltre il bracciolo. Una ragazza.

La rotondità delle guance della sconosciuta contrastava enormemente con la severità del suo sguardo, accentuato da due folte sopracciglia ad ala di gabbiano atteggiate in un cipiglio tutt'altro che amichevole. Jack stava giusto per fare dietro-front, convinto di aver sbagliato stanza, quando Nord, passandosi i pollici enormi sulla fibbia della cintura, apparve come evocato da forze oscure alle sue spalle.

<< Benvenuto, Jack! >> disse gioviale, prendendo il ragazzo sottobraccio, << Permettimi di presentarti nostra ospite >> .

E indicò con gesto ampio la poltrona dalla quale la ragazza sconosciuta non aveva smesso un istante di scrutarlo.

Lei si alzò con scatto atletico e si avvicinò di qualche passo, squadrandolo con aria poco convinta, le mani puntate sui fianchi larghi e tondi.

<< Credevo che Sandy mi avrebbe accompagnata >> osservò, alzando un sopracciglio.

Nord, dal canto suo, la guardò bonariamente.

<< È vero, doveva essere Sandy, ma lui adesso ha tanto da fare. Ora che iniziano vacanze, bambini non fanno altro che dormire e, senza di lui, sogni rischiano di scarseggiare! >>

<< Ah... >>

Aveva pronunciato quel suono come se non avesse creduto a una sola parola detta dal leader dei Guardiani, e aveva ripreso a guardare Jack con aria di superiorità. Jack decise che lei non gli ispirava alcuna simpatia e adottò a sua volta uno sguardo diffidente.

<< Qualcuno può gentilmente spiegarmi che sta succedendo? >> chiese infine sbuffando, giocherellando col proprio bastone, guardando l'uomo di sottecchi.

Nord si batté una mano sulla fronte e scoppiò in una fragorosa risata, come se si fosse appena reso conto che lui era lì. Poi si fece serio tutto a un tratto e fissò i suoi occhi in quelli del ragazzo.

<< Vedi Jack, abbiamo problema. Molto grosso. Stelle in cielo si spengono a velocità preoccupante, dobbiamo fare qualcosa. In fretta, o saranno guai per tutti >> .

Quasi come a voler verificare coi propri occhi, Jack si avvicinò lentamente alla grande vetrata che dominava l'ufficio e alzò rapidamente lo sguardo, ma il cielo gli appariva normale, colmo di stelle come ogni notte.

<< Eeeeee... questo cosa comporta? >> chiese comunque, scostandosi dalla finestra e posando di nuovo lo sguardo sulla ragazza, che gli restituiva a sua volta uno sguardo ostile, col mento stretto tra pollice e indice.

<< Comporta grosso guaio, ecco cosa. Come dicevo io. Ma nessuno a mio parere può spiegare meglio di diretta interessata, vero? >>

La ragazza si fece avanti, le mani ora di nuovo puntate sui fianchi, ma si guardò bene dal proferir verbo. Si limitava a fissare Jack con una sorta di insistenza calcolatrice, e Jack iniziava a sentirsi vagamente a disagio, guardandola di straforo senza riuscire a sostenere direttamente il suo sguardo di fiamma.

Era un essere tra i più particolari che avesse mai avuto occasione di vedere, e sembrava uscita fuori da un romanzo fantasy a fumetti. Per la maggior parte, aveva l'aspetto di una giovane donna, ma a renderlo decisamente insolito erano le grandi e pelose orecchie da gatto che spuntavano da quella matassa bionda che le contornava il viso e due grandi ali da pipistrello, piegate sulla schiena in posizione di riposo. Il suo corpo paffuto era avvolto da un tessuto nero e lucido che aderiva alle sue forme come una seconda pelle, fondendosi con le calzature, munite di bassi ma rumorosi tacchetti. Le sue braccia erano coperte dallo stesso tessuto, che si allungava fin sul dorso delle mani per restringersi attorno alle dita medie. Sul davanti, la sua veste si apriva sul petto in una scollatura a barca, mentre dietro seguiva uno spacco verticale che andava a richiudersi sulla zona lombare, appena sopra l'attaccatura di una folta coda dai ciuffi castani.

Lei continuò a fissare il ragazzo, ma si rivolse a Nord.

<< Scusa, posso parlarti un secondo? In privato? >>

<< Sicuro! >> rispose lui, afferrando Jack per le spalle e sospingendolo verso la porta. Lo buttò quasi di peso nel corridoio, lanciandogli un'enigmatica occhiata d'avvertimento, come a intimargli di non origliare facendogli fare una brutta figura, e lo chiuse fuori in malo modo.

Jack rimase attonito a contemplare il legno scuro della parete di fronte, con una vaga stizza disegnata in volto.

L'atteggiamento di quella donna-gatto gli aveva urtato i nervi dal primo momento in cui i loro occhi si erano incontrati: il suo sguardo di superiorità e il suo tono altezzoso gli erano stati in antipatia fin da subito, ma non avrebbe mai creduto fino a quel punto. E poi aveva voluto parlare a Nord a quattrocchi, come un insegnante ai genitori di un bambino problematico. Non era stato forse Nord a chiamarlo con urgenza? E adesso permetteva a quella perfetta sconosciuta di dettar legge, comportandosi come se il capo fosse stata lei...

Jack accostò cauto l'orecchio alla superficie di legno della porta, desideroso di scoprire cosa avesse quella ragazza da dire a Nord di tanto importante che lui non dovesse sentire. Dopo un attimo di silenzio, riconobbe la voce della ragazza, attutita e ovattata.

<< Nord, onestamente credo che quel ragazzo non sia adatto... >>

<< Ma che dici! Jack è proprio persona adatta per questo compito! Vedrai, farete grande accoppiata vincente! >>

<< Nord, apprezzo molto quello che hai detto >> rispose lei, con tono tutt'altro che riconoscente, << ma credo che per questo genere di cose ci sia bisogno di qualcuno con più.. esperienza... >>

<< Sciocchezze! Jack è candidato perfetto! >>

I due andarono avanti a discutere per diversi minuti, sul perché e per come Jack Frost fosse adatto o meno alla “missione”.

Ma che missione? Si chiese Jack, abbassandosi per sbirciare dalla serratura. La ragazza era proprio lì davanti, di spalle, le mani ancora puntate sui larghi fianchi. Era così vicina che poteva vederle una chiara cicatrice rosata, che dal fianco le scendeva fino al punto in cui la coda si fondeva col resto del corpo. Si tirò indietro e si appoggiò con la schiena alla porta, che, senza preavviso, si spalancò con uno schianto. Jack ruzzolò sul parquet dell'ufficio e si ritrovò a fissare i volti impietriti dei due interlocutori dal sotto in su: l'uno si era picchiato di nuovo la mano sulla fronte, imbarazzato, mentre l'altra lo guardava con occhi truci e una smorfia di disappunto.

<< Capisci cosa intendo? >> sbottò lei, voltandosi a guardare Nord mentre indicava in direzione di Jack con un gesto teatrale del braccio, << Non sa nemmeno resistere alla tentazione di origliare, come credi che possa essermi d'un qualche aiuto? >>

<< Se sapessi in cosa dovrei aiutarti, potrei dirtelo io se sono in grado oppure no, ti pare? >> si intromise il ragazzo, balzando in piedi. Le rivolse uno sguardo di sfida, stropicciandosi al contempo via la polvere dalle spalle.

<< Lascia perdere, se provassi a spiegartelo adesso, col poco tempo che ho a disposizione non capiresti un cavolo! >> rispose la ragazza in tono severo, portandosi una mano alla tempia.

Jack rimase qualche secondo in silenzio, pensieroso.

<< Beh... se non puoi spiegarmelo... perché non me lo mostri? >>

La ragazza fece per ribattere, si stoppò e lanciò a Nord un'occhiata esasperata, ma quest'ultimo le restituì un'espressione fiduciosa, assentendo con un incoraggiante cenno del capo. Alla fine, le sopracciglia della ragazza si distesero e lei parve rassegnata.

<< E va bene, Figlio del Lago. Ti permetto di accompagnarmi. Ci sarà tempo per le spiegazioni strada facendo. Nord, non avresti da qualche parte uno di quei tuoi globi di neve, per caso? >>

L'uomo si palpò velocemente le tasche dei pantaloni, con aria poco convinta. Alla fine disse, rassegnato:

<< Mi dispiace, sono rimasto a secco. Ma se hai pazienza posso vedere se in giro ne trovo, o potrei fabbricarne un paio! >>

<< Non importa, potrebbero volerci ore, non abbiamo tutto questo tempo. Ma grazie lo stesso... >>

<< Però c'è sempre mia slitta! >> continuò lui, ricordandosene all'improvviso.

La ragazza lo guardò, lasciando che un sorriso che a Jack parve fin troppo sadico le stirasse le labbra scure.

<< ...Magari giusto un giretto! >> acconsentì infine, mal celando un improvviso e sospetto entusiasmo, mentre seguiva Nord,che, con espressione gongolante, intanto si era affrettato a fare strada oltre la soglia.

<< Se non è troppa grazia, posso sapere dove stiamo andando? >> chiese Jack, accodandosi ai due.

<< Al mio rifugio. Mi è stato sottratto qualcosa di importanza vitale, e credo di sapere di chi sia la colpa >> .

<< E cioè? >>

<< Pitch Black >> .


La donna-gatto si sistemò nel punto più alto della slitta, nell'angolo a destra della panca più esterna. Aveva la gamba sinistra raccolta sulla seduta sotto quella destra, che invece penzolava mollemente fino a sfiorare il legno della panca sottostante, mentre le braccia erano distese lungo il parapetto con il busto leggermente proteso a sinistra.

Intanto che Nord prendeva posto alla giuda, e gli Yeti si affaccendavano attorno alle renne, Jack si sedette due file più in basso, il capo cocciutamente rivolto alle ginocchia e lo sguardo che ogni tanto andava a posarsi sulla ragazza con la coda dell'occhio. Ripensò alle parole pronunciate da lei poco prima.

E va bene, figlio del lago. Ti permetto di accompagnarmi.

Ti.

Permetto.

Di accompagnarmi.

Come se lei fosse stata una sorta di regina o chissà cos'altro e gli avesse concesso un'immensa grazia.

Figlio del Lago, era così che l'aveva chiamato. Non gli piaceva, quell'appellativo: gli dava l'idea di qualcosa di grande, altezzoso e pretenzioso. Esattamente l'opposto di come si vedeva lui, insomma.

La slitta partì sobbalzando e percorse volteggiando freneticamente la pista sotterranea che si stendeva per diverse centinaia di metri nel ventre della montagna, finché sbucò fuori dal reticolo di tunnel e si lanciò a folle velocità verso il cielo. Jack non riuscì a godersi il volo come invece aveva fatto la prima volta. Continuava a lanciare regolari occhiate alla ragazza, dicendosi che forse c'era da pentirsi di essere riuscito a convincerla a portarlo con sé.

Più l'aria si faceva gelida e sferzante, man mano che prendevano quota, più lei gonfiava il petto facendo sporgere il seno pieno, beandosi del vento con gli occhi chiusi in un'espressione estasiata. Sembrava in perfetta simbiosi con l'aria, quasi fosse stata lei stessa parte di essa. Ad un tratto, addirittura, disfò le gambe e raddrizzò il busto, facendo fremere le grandi ali coperte da un sottile strato di pelle nera. Jack ebbe la fugace visione di un bizzarro gabbiano nero, che frulla le ali e si staglia sulla prua di una nave a sfidare l'impetuosità dell'imminente tempesta. Jack la fissò intensamente per qualche istante, esterrefatto da quella strana idea che gli aveva attraversato il cervello come un fulmine a ciel sereno ed era sparita veloce com'era arrivata.


I tre rimasero in silenzio per gran parte del resto del viaggio: Jack si era calcato il cappuccio sulla testa e occupava il tempo creando cristalli sempre più grandi e complessi, e adesso non si preoccupava più di alzare la vista periferica sulla sua compagna di viaggio neanche di tanto in tanto. Dopo qualche ora, tuttavia, la curiosità vinse sulla sua volontà e si voltò a guardarla. Di lei riusciva a scorgere solo il grande e tondo posteriore, perché si era sporta col busto fuori dall'abitacolo per guardare il paesaggio che si stendeva sotto di loro. Jack tornò imperterrito ai suoi cristalli e non osò più distoglierne lo sguardo, imbarazzato e confuso. Perché si sbracciava a quel modo?

<< Mi sa che ci siamo, Nord! >> urlò la ragazza a un tratto, cercando di sovrastare il fischio del vento.

<< Bene! Allora troviamo posto per atterrare! >> le urlò lui di rimando, dando uno strattone alle redini.

<< Non ce ne sarà bisogno, ci tuffiamo da qui! >>

A quelle parole, Jack lasciò di nuovo perdere i suoi cristalli, aggrottando le sopracciglia.

<< Cosa? >> fece, certo di aver sentito male.

Un attimo dopo si sentì afferrare per il cappuccio e si ritrovò sbalzato fuori bordo, con l'aria che gli schiaffeggiava il volto così forte da non permettergli di tenere gli occhi aperti. Per qualche istante continuò a precipitare, ma quasi subito si sentì tirare di nuovo per la felpa e la sua caduta fu dapprima rallentata e poi frenata. Alzò lo sguardo e oltre il cappuccio vide le braccia tese della ragazza, che lo aveva afferrato con entrambe le mani e a sua volta si sosteneva nel cielo battendo a u ritmo lento e regolare le grandi ali. Si guardarono negli occhi per una frazione di secondo, poi lei alzò la testa di scatto e una vaga espressione di terrore e sorpresa le attraversò fulminea il volto. Jack seguì il suo sguardo e il suo stomaco fece uno sgradevole balzo: Nord aveva fatto dietro front e adesso si stava dirigendo a tutta velocità verso di loro, caricandoli con la slitta come un toro contro il torero.

La ragazza spinse via Jack con forza inaspettata e si buttò rapida all'indietro con una capriola. La slitta passò nel punto preciso in cui si trovavano loro due appena qualche istante prima e lei vide Nord mostrare alto il grande pollice sinistro, staccandolo per una frazione di secondo dalle redini. Un attimo dopo, stava già per sparire dietro l'orizzonte.





<< È molto lontano, il tuo rifugio? >> chiese Jack, cercando di stare dietro alla ragazza-gatto. Era più di mezz'ora che si trovavano in volo e non avevano ancora accennato ad atterrare, ma adesso stavano sorvolando a bassa quota una città che aveva un che di familiare.

<< Non molto, si trova oltre quelle pianure là in fondo >> si limitò a rispondergli lei secca, senza degnarlo di un'occhiata. Teneva lo sguardo ambrato fisso sulla linea sottile che divideva in due l'orizzonte, ponendo un netto confine tra cielo e terra.

Jack sbuffò, senza preoccuparsi di dissimulare l'astio che già da qualche minuto aveva in corpo. Era la quinta volta che gli rispondeva in quel modo, ormai avrebbero dovuto essere arrivati da un pezzo! Si disse se per caso non si stesse prendendo gioco di lui, magari per ripicca di essersi fatta convincere a portarselo dietro.

<< Se è così lontano, perché non siamo rimasti sulla slitta? >>

La ragazza gli rivolse una rapida occhiata prima di rispondergli.

<< Dove vivo io non è molto sicuro, ultimamente. La zona potrebbe essere sorvegliata dagli Incubi e io non volevo certo che Nord rischiasse per così poco! >>

Jack fu preso in contropiede dalla naturalezza con cui aveva pronunciato queste parole e non aveva più osato lamentarsi. Finché, alcuni minuti dopo, la voce di lei lo aveva richiamato alla realtà.

<< Ehi, Figlio del Lago! Conosci quel bambino? >>

Jack per poco non urtò la ragazza, che si era bloccata a mezz'aria puntando l'indice sotto di sé, verso un agglomerato di tetti e comignoli circondati da regolari cornici verdi. Seguì il suo sguardo perplesso e d'un tratto il viso gli si illuminò.

Un bambino, in piedi su un marciapiede che correva assieme alla strada tra due file di villette dirimpettaie, agitava forsennatamente la mano che non era impegnata a stringere quella della sorella verso di lui, urlando qualcosa che Jack, da quella distanza, udiva solo vagamente.

<< Jamie! >> sussurrò lui, realizzando chi fosse.

Si tuffò in picchiata verso il ragazzino, dimenticandosi improvvisamente della sua accompagnatrice. A malincuore, lei si vide costretta a seguirlo, planando elegantemente sul marciapiede qualche secondo dopo di lui.

<< Jack! Che ci fai qui? E gli altri Guardiani dove sono? >>

<< Tranquillo, Jamie! Stanno tutti benissimo! >> rispose lui, in tono rassicurante, piegandosi sulle ginocchia per guardarlo dalla sua stessa altezza. << Io... sono in viaggio... >>

<< Dove te ne vai, da solo? >> chiese il bambino, incuriosito.

<< Ehm.. è una storia un po' lunga. Devo aiutare una persona a... non importa. Quello che so è che sta succedendo qualcosa di insolito, e che in qualche modo Pitch c'entra qualcosa. Tu e Sophie restate in casa, non uscite finché non sarà tornato tutto normale, va bene? >>

<< Va... va bene. ...Jack, chi è questa persona? E dov'è adesso? >>

Jack si gettò una rapida occhiata alle spalle, prima di rispondergli. La donna-gatto stava misurando ad ampie falcate la distanza tra il bordo del marciapiede e la staccionata che delimitava il cortile di una delle tante villette che si affacciavano su quella strada, apparentemente disinteressata al loro scambio di battute.

<< Ecco, è proprio lì. È una ragazza un po'... autoritaria, ed è uno spirito come me >> .

Jamie lanciò uno sguardo alle spalle del Guardiano e dopo qualche secondo cambiò espressione.

<< La... la vedo! >> disse in un sussurro, tornando a guardare Jack.

Jack si voltò verso la sua compagna e Jamie seguì a sua volta il suo sguardo, senza sforzarsi di trattenere l'euforia.

<< Loro... loro riescono a... a vedermi? >> chiese lei a un tratto, senza riuscire a credere ai propri occhi. Dal canto suo, il bambino la fissava di rimando con gli occhi sgranati e un vago sorriso ebete stampigliato in volto.

<< ...Wow... È troppo forte! >> esclamò lui dopo qualche istante, fissando la ragazza con un'espressione meravigliata. Lei fu percorsa da uno strano brivido e azzardò un mezzo passo all'indietro, mentre lo stupore si faceva largo sul suo volto di solito imperscrutabile.

<< Questi bambini ci hanno aiutato contro Pitch, l'ultima volta. Lui è Jamie, e questa è la sua sorellina, Sophie >> spiegò Jack, posando una mano sulla spalla del bambino e rivolgendole al contempo uno sguardo dubbioso.

La donna-gatto si avvicinò ai bambini, guardandoli con un misto di curiosità e incredulità sempre più palese.

Sophie si staccò improvvisamente dal fratello e le corse incontro, emettendo una serie di squittii divertiti. Caricò la ragazza come un ariete e si buttò contro le sue gambe, ridendo a crepapelle. La ragazza la prese in braccio con un po' di titubanza e se la caricò in spalla con movimenti goffi e impacciati, esplodendo infine in una risata. La bambina prese a tirarle le grandi orecchie pelose, continuando ad emettere ultrasuoni, ma la ragazza non ne pareva minimamente infastidita e la strinse a sé ancora più forte, senza riuscire a trattenere uno strano sorriso incerto. Jack avrebbe giurato di sentirla farsi sfuggire un singulto e vedere una strana luce tremare nei suoi occhi, addirittura di vederla commuoversi, ma preferì non indagare oltre temendo per la propria incolumità.

Si azzardò a rivolgerle di nuovo la parola solo quando lei rimise la bambina a terra, continuando a guardarla con il sorriso che le attraversava il volto da un orecchio all'altro e gli occhi stranamente lucidi.

<< Immagino che sia un bel po' che non passi un po' di tempo con dei bambini, eh? >> chiese, restando a distanza di sicurezza, nel caso lei avesse inteso la sua osservazione in modo negativo.

<< Ottocento anni, su per giù... ero una guaritrice, nella mia vita passata, e avevo visitato tutti i bambini del posto almeno una decina di volte, ma... non ricordavo come ci si sentisse ad interagire davvero con loro...! >> ammise lei con un'alzata di spalle e uno sguardo complice.

<< Sei una Guardiana nuova? >> chiese Jamie di punto in bianco, guardandola con gli occhi dilatati dalla meraviglia. Sophie approfittò della distrazione del fratello per svicolarsi dalla sua presa e fece per superare la donna-gatto per correre in strada.

<< No, non esattamente... >> rispose lei titubante, acchiappando prontamente Sophie per il braccio, << Io sono uno Spirito. Sono la Patrona della serenità, cioè quel che proteggo negli esseri umani, adulti e bambini di tutto il mondo. Ma non ho mai fatto nessun giuramento, quindi tecnicamente no, non sono una Guardiana vera e propria... >>

Jamie rimase incantato, a bocca aperta.

<< Forte! >> esclamò, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.

<< Sì, tutto quello che vuoi. Ma adesso fate i bravi e fate come ha detto Frost. Tornate a casa >> tagliò corto lei, afferrando improvvisamente la bimbetta che ancora teneva per mano e riconducendola dal fratello.

<< Ma... ma noi vogliamo aiutarvi! >> protestò il ragazzino, acchiappandola prontamente, prima che lei corresse di nuovo in mezzo alla strada per seguire una farfalla.

La donna li guardò un istante, impassibile, prima di sospirare, chiudere gli occhi ed eseguire un lungo e complicato movimento con le mani. Dai suoi palmi aperti si sprigionò una chiara luce azzurra e due piccole stelline presero a fluttuare a mezz'aria, staccandosi dalle sue dita.

<< Coraggio, prendete queste. Vi proteggeranno dagli incubi e terranno Pitch ben alla larga, se mai dovesse rifarsi vivo con voi! >> disse, chinandosi a consegnarle al bambino.

<< Fantastico, grazie! Ma come ci sei riuscita? >> esclamò Jamie, osservando affascinato le due sagome che brillavano contro il suo palmo roseo.

<< È una storia lunga, ma non c'è di che! Adesso da bravi, fate come ha detto Frost. Noi torneremo quando avremo sistemato tutto, va bene? >>

<< D'accordo! >> esclamò Jamie, rassicurato. << Andiamo, Sophie! >>

E rivolgendo ai due spiriti un'ultima occhiata fiduciosa, precorse il vialetto di casa, per poi chiudersi la porta d'ingresso alle spalle.


I due spiriti rimasero a guardare i bambini mentre si allontanavano e rientravano in casa. Jack era rimasto sbalordito dal potere della ragazza, e adesso moriva dalla voglia di sapere di più sul suo conto.

<< È.. è incredibile! Come riesci a farlo? >>

<< Ti spiegherò tutto, Figlio del Lago. Ma questo non è né il momento, né il luogo adatto. Forza, dobbiamo continuare a volare, dobbiamo fare quanta più strada possibile prima che faccia buio, altrimenti saremo bersagli facili per gli incubi. Muoviamoci >> .



Il sole stava lentamente scivolando oltre le montagne che si stagliavano all'orizzonte. Avevano superato da tempo le grandi pianure, lasciandosi alle spalle chilometri e chilometri di campi coltivati. Avevano sorvolato specchi d'acqua, alture e colline, e ancora non accennavano a fermarsi. Finché Jack esplose, riversando tutta la sua rabbia sulla misteriosa ragazza che ancora non si era sbilanciata a spiegargli alcunché.

<< Insomma, mi stai forse prendendo in giro? >> sbottò, frenandosi bruscamente a mezz'aria.

<< Niente affatto, Figlio del Lago. Forza, scendiamo. Il sole sta per tramontare, ne approfitteremo per riposare un po'. Dopo di te! >>

E invece lei si gettò in picchiata sulla foresta che si stendeva infinita sotto i loro piedi, senza aspettarlo. Jack, preso di nuovo in contropiede, si affrettò a seguirla vedendola sparire tra le alte fronde scure. Si ritrovò nel fitto degli alberi, da solo. Si voltò da ogni parte, cercando di distinguere la sua figura tra i rami. Ma la luce iniziava a scarseggiare e il tetto di foglie che lo sovrastava contribuiva ad accrescere le ombre della vegetazione.

<< Ehi! Dove sei finita? FATTI VEDERE! >>

<< Non c'è bisogno di urlare, Frost. Ti sento forte e chiaro. Allora, di là c'è una radura, ci accamperemo lì >> .

Jack trasalì sentendo il suo fiato caldo sul collo. Si voltò, e la vide vicina nella penombra, gli occhi grandi dalle pupille verticali che sfavillavano come fari nel buio.

Lei si voltò, sparendo di nuovo tra gli alberi, ma stavolta Jack era deciso più che mai a non perderla di vista. Qualcosa gli aveva fatto insinuare un sospetto, un sentore che gli diceva di non fidarsi troppo di lei, di rimanerne distaccato. Ma quando la raggiunse, al limitare della radura cui aveva accennato, questa sensazione svanì così com'era venuta, anche se lui decise di non abbassare troppo la guardia.

<< Adesso, per favore, puoi spiegarti? >> chiese lui, appoggiandosi al tronco di un albero, portandosi una mano alla tempia. << Io non ci sto capendo niente! >>

<< Sicuro, Figlio del Lago. Ma prima, permettimi una domanda. Tu sai qual'è il compito di un Guardiano, vero? >>

Jack guardò la ragazza, convinto che lei lo ritenesse un perfetto idiota.

<< Se so qual è il compito.. di' un po', stai scherzando? >>

<< Lo sai o no? Rispondi! >> gli intimò lei, puntandogli l'indice coronato da un'unghia appuntita sul petto.

<< Il compito di un Guardiano è proteggere sempre i bambini, non importa a quale costo! >> si affrettò a rispondere lui, spiazzato. La ragazza-gatto levò il dito e si allontanò di qualche passo, il mento stretto tra pollice e indice squadrandolo come per dargli un giudizio, valutando se fosse degno o meno di sentire la sua storia.

<< Esatto. Ma secondo te, i Guardiani chi li protegge? >>

Jack lasciò vagare lo sguardo sulla cerchia di alberi che delimitavano i confini della radura.

<< Chi... chi sei tu? >> chiese infine, senza sapere cos'altro dire.

Lei non rispose subito: si girò, andò a sedersi sul tronco di un albero caduto ed eseguì quello strano movimento fluido che aveva compiuto davanti ai bambini. Dalle sue dita nacque una manciata di stelle, piccole e luminose, che rimase a fluttuare a mezz'aria sopra il suo palmo aperto. Lei alzò lo sguardo sul ragazzo e parlò con voce bassa e solenne.

<< Io sono Colei che Illumina la Tenebra. Lo Spirito Patrono Supremo, che veglia sui Guardiani e sugli altri Spiriti. Guardiana degli Astri Splendenti e della Serenità >> .

<< Non... non capisco! >> Jack si lasciò sfuggire un verso di sconforto. << In trecentocinquanta anni di esistenza non ti ho mai sentita nominare! >>

La ragazza-gatto sospirò, tornando a guardare le stelline.

<< Non mi sorprende. Tra i mortali, nessuno può vedermi, né tanto meno mi conosce di nome. E lo stesso anche per gli Spiriti. Solo i Guardiani sanno della mia esistenza. Loro, e Manny, naturalmente >> .

<< Scusa, ma continuo a non seguirti >> .

<< Quando, alla fine dei Secoli Bui, i Guardiani sconfissero l'Uomo Nero, l'Uomo nella Luna mi incaricò di proteggerli, per scongiurare possibili future minacce >> .

<< Ma nell'ultima battaglia, tu non c'eri! >> osservò lui, puntellandosi sul suo bastone.

<< Questo >> replicò prontamente lei, << perché quella volta, Manny mi.. persuase ad astenermi dalla battaglia. Vedi, Frost, sarò anche lo Spirito Supremo, ma come voi Guardiani, se nessuno crede in me i miei poteri sono molto limitati. Ho provato tante e tante volte, a palesarmi. Ma non ho mai ottenuto niente. Ero solo una presenza a malapena percettibile. La folata che fa tremare la fiamma, il volto dietro il vetro appannato, l'alito di vento che solleva il velo. Non avrei mai potuto essere di alcun aiuto, quella volta. Capisci? >>

Jack capiva eccome. In qualche modo, si sentiva dispiaciuto per lei, perché anche lui del resto, aveva conosciuto l'abbandono e la solitudine che si prova quando nessuno sa che esisti. In qualche modo, si riconosceva in lei, e questo la rendeva un po' meno antipatica. Ma Jack sentiva di non avere ancora il quadro completo della situazione. Le stelle si stavano spegnendo, così aveva detto Nord. E l'Uomo nella Luna l'aveva eletta Patrona dei Guardiani, affinché vegliasse su di loro. Ma come poteva adempiere al suo compito e proteggere tutti loro, se non aveva abbastanza poteri per farlo?

<< Se la gente non ti può vedere, da cosa trai la tua forza? >>

<< Il fatto è questo. Di solito, se uno spirito è sconosciuto ai più, finisce per indebolirsi e svanire. Beh, io ho trovato un modo per aggirare quest'ostacolo. Diciamo pure che ho trovato una fonte di energia alternativa. Più debole, naturalmente, ma comunque efficace quanto basta. Io traggo i miei poteri dalle stelle, e a loro volta le stelle prendono la loro energia da me >> .

Jack si avvicinò, esitando. Si fermò a pochi metri dal tronco, senza osare muovere un passo oltre.

<< Ma scusa, come Spirito Superiore non dovresti essere più forte di tutti noi messi insieme? >>

<< Frost, io non ho tutte le risposte. Se Manny mi ha affidato un compito così importante, avrà avuto i suoi motivi. Io stessa me lo chiedo, glie l'ho chiesto innumerevoli volte. Ma è l'unica cosa di cui Manny si è sempre rifiutato di parlare >> .

<< Ma se le cose stanno così... Se è vero che contro Pitch non avresti potuto fare molto, come mai l'Uomo nella Luna pensa che tu possa aiutarci adesso? >>

Ormai era per lui fuori discussione che l'Uomo nella Luna facesse favoritismi. Con gli altri Guardiani parlava molto più che con lui, che invece l'aveva sentito rivolgergli la parola solo una volta da quando si era svegliato nel lago. Quando era morto, per l'appunto. Però, stando a quanto aveva appena detto, con lei in particolare sembrava avere un rapporto molto più stretto che con i suoi compagni. Lei lo aveva chiamato per nome, Manny. Solo Nord si prendeva la libertà di usare lo stesso appellativo. Che cosa aveva quella ragazza di tanto speciale per poterlo imitare? Ma i suoi pensieri furono interrotti dalla sua voce, che d'un tratto si era fatta bassa e sommessa, quasi... dolce.

<< Ancora non ci arrivi, Figlio del Lago? Non siete voi ad aver bisogno di me, ma io di voi! Le cose stanno così >> .

Il suo tono cambiò di nuovo, repentino: si era fatto d'improvviso rigido e serioso, riacquistando la stizza palpabile con cui lei gli si era rivolto fin dalla loro prima conversazione.

<< I Guardiani proteggono i bambini, io proteggo i Guardiani. Io prendo forza dallo splendore delle stelle, che tengono lontano il Buio con il loro sfavillio. Ecco come faccio a pararvi il deretano, afferrato? >>

<< Credo.. credo di sì... >> rispose Jack dopo un attimo di esitazione.

Rimase a guardarla, mentre lei si alzava prendendo le stelle tra le mani e lanciandole una ad una con estrema precisione contro il tronco di un altro albero, come tanti luminosi shuriken da ninja.

Il ragazzo alzò lo sguardo al cielo, immaginando le stelle che si spegnevano lente ma inesorabili sopra la cupola di foglie che li sovrastava.

<< E Pitch ha trovato un modo per spegnerle, giusto? >>

<< E bravo il nostro Figlio del Lago! >> lo schernì lei, senza alzare lo sguardo dal suo bersaglio.

<< E.. come pensi di fare per riaccenderle? >> chiese lui, dubbioso, sorvolando sul fatto che lei avesse di nuovo usato quell'orrido nominativo.

<< Non sarebbe un grande problema, senza quel Pitch a rompere le scatole. Il fatto è che per farlo mi serve la Stanza dell'Universo, ma il caso vuole che il caro signor Black me l'abbia fregata da sotto il naso! >>

Jack, che si era messo a passeggiare misurando a passi cadenzati e sciolti il perimetro della radura, si voltò di scatto, confuso.

<< Scusa, ma cos'è la Stanza dell'Universo? >>

<< Mh, domanda intelligente, Figlio del Lago! E cosa potrà mai essere un qualcosa chiamato la Stanza dell'Universo? >> rispose lei, con un'irritante nota di saccenza nella voce.

<< Quello che mi chiedo è... come si fa a rubare una stanza? Fisicamente non è possibile! Che contiene tutto l'universo, per giunta! >> insistette il ragazzo.

<< Dovresti chiederlo a lui, Figlio del Lago. Io non so proprio cosa risponderti >> .

<< Smettila, non mi chiamo affatto Figlio del Lago! >> sbottò Jack con rabbia, dopo alcuni istanti in cui cercò senza successo di trattenersi.

<< Ma di fatto lo sei... Figlio del Lago! >> ribatté lei, calcando sulle ultime tre parole con un sogghigno divertito. Aveva finito di scagliare l'ultimo shuriken e gli si era avvicinato, con un'irritante espressione provocatoria dipinta in volto.

La vaga solidarietà che era scaturita in lui nei confronti della ragazza qualche minuto prima evaporò all'istante.

<< Allora, stando così le cose, io posso chiamarti Odiosa Gattaccia Intrattabile! O sbaglio? >>

<< Se proprio non puoi farne a meno... >> concesse lei, tornando a sedersi sul suo tronco, con un'alzata di spalle. Chinò il busto in avanti emettendo un sospiro di frustrazione, e appoggiò il volto sui palmi aperti, stringendo i ciuffi biondi che le ricadevano sulla fronte tra le dita diafane. Di nuovo, l'astio che Jack provava nei suoi confronti sfumò, lasciando posto a un vago senso di colpa e tristezza.

Alla fine, Jack la raggiunse e si sedette accanto a lei sul tronco, pur mantenendo una certa distanza di sicurezza.

<< A proposito... scherzi a parte, non mi hai ancora detto... Come ti chiami? >>

La domanda gli era salita alle labbra così, spontanea e quasi involontaria, e lui fu più sorpreso di lei nel constatare che il suo tono si era fatto gentile, perdendo del tutto la sfrontatezza con cui era solito distinguersi.

<< Bellatrix. È questo il mio nome >> .

<< Bellatrix >> ripeté il ragazzo, guardando dritto davanti a sé. Analizzò ogni sillaba, facendosela rotolare sulla lingua come una caramella.

<< ...Aspetta, non è il nome di una stella? Le mie conoscenze astronomiche non saranno granché, ma se non sbaglio fa parte della costellazione di... >>

<< Orione, già... >> lo incalzò lei, alzando il volto per guardarlo, << È stato Manny a darmelo. Il significato è guerriera, o qualcosa di simile, e lui pensava che mi calzasse a pennello. In effetti, mi rimprovera spesso di essere un'incorreggibile attaccabrighe, quindi in fondo direi che ci ha preso in pieno... >>

<< Io trovo che ti stia bene! >> rispose il ragazzo, curvano le labbra in un blando e incerto sorriso.

La ragazza lo guardò qualche istante e poi, a sorpresa, lo ricambiò. Con quel semplice stiramento di muscoli, ogni traccia residua di altezzosità si era definitivamente dissolta dal suo viso, rendendolo agli occhi di Jack decisamente più bello.

<< Posso fati un'altra domanda? >> chiese di nuovo lui, quasi timidamente.

<< Sarebbe? >>

<< Ecco, mi chiedevo... come ti sei procurata quella cicatrice sulla schiena... >>







Angolino autrice:

Allora... salve.

Prima fanfiction in questo fandom, di cui potrei andare avanti a parlare per ore, ma dato che sarebbe una noia mortale mi limito a queste quattro (si spera) righe. 

Stavo lavorando a questa storia da più di due anni. Non ricordo il giorno preciso, ma devo averla iniziata un mesetto prima della mia prima quinta superiore o giù di lì, verso Maggio-Giugno, e grazie a lei sono riuscita a sopportare l'anno di "penitenza" che ho dovuto sorbirmi in seguito al mio secondo fallimento scolastico controvoglia. Insomma, diciamo pure che è un po' il mio Horcrux preferito... ci ho messo tutta me stessa per scriverla e parlando per me non credo avrebbe potuto venire meglio, anche se questo non dovrei essere io, a dirlo. Mi ha preso due anni di lavoro, perché la primissima stesura l'ho fatta su carta (tre quaderni completi... scrivevo giorno e notte, così tanto che mi si sono accavallati i tendini della mano!) e la trascrizione sembrava non finire più. L'ho letta, riletta e corretta ormai non so più quante volte, ma dato che una svista può sempre capitare vi prego veramente di farmi sapere se ve n'è saltata all'occhio qualcuna che a me può essere sfuggita. Nella presentazione, alla voce personaggi, avendo il limite di cinque opzioni al massimo ho dovuto mettere "altri" al posto di Jamie e Sophie, che faranno una comparsa tutto sommato marginale, ma mi sembrava giusto aggiungerli alla lista.

Parlando del fandom, Le 5 Leggende è senza dubbio il mio film d'animazione Dreamworks preferito e tra i personaggi ho un debole soprattutto per Sandman. In una pagina che gestico su Facebook, non per niente, mi firmo con il suo nome (venendo sovente scambiata per un ragazzo, ma questi sono i rischi del mestiere...) e anche per questo ho voluto affidargli un ruolo abbastanza importante, in quanto lui e la protagonista hanno un legame affettivo molto stretto e simbiotico, come si vedrà più avanti nella storia. Per ora sulla trama non ho da dire un granché, se non che spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto almeno la metà di quanto sia piaciuto a me scriverlo, e nel caso di lasciarmi due righe per farmi sapere che ne pensate. Per il resto, direi che posso anche chiudere qui... quindi, se vi va, materdì prossimo dovrebbe uscire il secondo capitolo. Intanto vi ringrazio per aver avuto la pazienza di leggere o anche solo di essere passati a dare un'occhiata :D

Tecla_Leben







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Capitolo 2
*** La ribalta di Pitch (In Noctem, parte 1) ***






Carry my soul into the night
May the stars light my way
I glory in the sight
As darkness
 takes the day



Ferte in noctem animam meam
Illustrent stellae viam meam
Aspectu illo glorior
Dum capit nox diem


Mi alzai in piedi barcollando, guardandomi attorno costernata. Non riuscivo a capire: avrei dovuto essere morta, e invece eccomi lì, a sorreggermi sulle gambe su quelli che erano i resti del rogo sul quale ero stata giustiziata. La folla continuava imperterrita a seguire la propria strada, gettando un distratto sguardo ai resti carbonizzati che giacevano ai miei piedi. Cercai di richiamare la loro attenzione, ma nessuno di loro pareva poter udire il mio pianto.

E poi, all'improvviso, il cielo fu illuminato da una misteriosa coltre dorata che calò lentamente sulla piazza come un misterioso banco di nebbia, destando finalmente l'attenzione dei villici che la contemplarono con riverente e timorosa meraviglia. La nube atterrò leggera e incorporea sull'acciottolato, e poco a poco si diradò, rivelando una piccola figura umana. Era un ometto basso e tondo, vestito d'oro e dai capelli color del sole al crepuscolo, gli occhi grandi e buoni che si posarono benevoli su di me. A quella visione caddi in ginocchio senza un grido e smisi di piangere all'istante, beandomi di una sensazione che era scaturita forte in me e che mi scaldava il cuore come una bevanda bollente. Provai vergogna per il mio corpo nudo e mi allacciai le braccia sul seno, nella debole speranza di proteggermi dai suoi occhi di fuoco, così belli e inquietanti allo stesso tempo. Da un lato provai l'istinto tentatore di scappare, di mettere tra me e quell'essere etereo quanta più distanza possibile, ma la paura e la sensazione tramutata in certezza che lui fosse lì per aiutarmi mi tennero inchiodata dov'ero. Lo guardai avvicinarsi, con quel sorriso caldo e rassicurante impresso sulle labbra. Mi si fermò davanti, così vicino che anche con le braccia strette al petto sfioravo la sua veste splendente, e mi regalò un'occhiata affettuosa che un padre scambierebbe solo con la figlia, tendendo verso di me una manina grassoccia. Io la afferrai, chiudendola tra le mie, e lui mi tirò in piedi, accanto a sé. Mi arrivava appena all'altezza della vita, eppure accanto a lui mi sentivo piccola ed insignificante, perché quel piccolo e semplice omino irradiava attorno a sé una luce e una potenza degna di una divinità scesa tra i mortali per illuminarli con la sua essenza. La piazza intorno a noi pareva essersi pietrificata: i compaesani non potevano vedere me, ma era chiaro che potevano vedere quello strano omino, giacché gli occhi di tutti erano puntati su di lui, timorosi e al contempo reverenziali. A un tratto, a disturbare quell'atmosfera irreale e senza tempo che si era creata, un vortice nero si materializzò dall'altro capo della piazza, oltre i resti del rogo. E alla vista del temutissimo Uomo Nero, i paesani si dispersero come pecore impaurite, sbarrandosi le porte delle abitazioni alle spalle e serrando le finestre, finché rimanemmo solo noi tre. Durante il trambusto della popolazione che andava a rifugiarsi, egli non aveva mosso un solo muscolo. Pitch Black e lo strano omino si erano limitati a fissarsi, in silenzio, e non avevano smesso nemmeno quando la piazza fu invasa da un innaturale silenzio. Erano lì, immobili l'uno di fronte all'altro, che si scrutavano a vicenda, con solo l'aria tra loro ad intralcio. Eppure, nei loro sguardi percepii un messaggio chiaro come un'esplicita minaccia, tanto che non riuscii a non distogliere il mio, sopraffatta dall'angoscia che il loro tacito dialogo mi aveva iniettato in corpo. All'improvviso, l'Uomo Dorato mi passò il braccio attorno alla vita, stringendomi con presa delicata e sicura, e mi strattonò in alto, trascinandomi con sé nel cielo. Ecco il terrore farsi di nuovo strada in me, mentre guardavo il campanile della chiesa rimpicciolirsi sotto di noi, mentre ci allontanavamo dal luogo della mia morte e da colui che l'aveva fatta eseguire, stringendo con tutte le mie forze la mano che ancora tenevo nella mia. Il vento ululava, sferzando i nostri corpi con la sua potente ira, la mia mano stava lentamente perdendo la presa e io ero sicura che da un momento all'altro sarei stata risucchiata via. Poi una specie di meccanismo scattò in me, e in preda a un fantastico senso di libertà che mai avevo provato in vita allargai le ali e mi sostenni con le mie sole forze, io sola contro la potenza dell'aria. In quel momento capii che ero io a dover domare il vento, e che non era il vento a sballottarmi come preferiva; imparai il significato della libertà più genuina, e allora, solo allora fui invasa dalla più completa serenità. Da quel giorno, mi vestii delle tenebre, raccolsi le stelle e le seminai per il cielo, allontanai il Buio dalla Terra e feci in modo che, guardando il cielo notturno, i mortali fossero pervasi dalla serenità che adesso custodivo per loro.


Il sorriso amaro si congelò e si spense sulle labbra di Bellatrix, che sembrava stremata dal suo stesso racconto. Si guardava le mani, le sopracciglia aggrottate in un'espressione seria e vagamente addolorata.

<< Tuttavia, il Buio ha sempre trovato il modo di ripresentarsi. Per quanto ci abbia provato con tutta me stessa, non sono mai riuscita a respingerlo definitivamente. Nel corso dei secoli, Pitch sembrava sempre un passo avanti a me, anche se dopo l'avvento dei Guardiani aveva perduto gran parte dei suoi poteri, ed era stato un problema tutto sommato marginale >> .

Jack era rimasto colpito essenzialmente da due cose: la prima, che lei si fosse aperta così spontaneamente a quel modo con lui, raccontando la sua storia a un quasi perfetto sconosciuto. E secondo, dalla storia stessa che la vedeva protagonista di una trama così infausta e crudele.

<< E... ed io che ruolo gioco in tutto questo? >> chiese, mascherando l'orrore dietro a un tono beffardo.

<< Tu hai sconfitto Pitch, l'altra volta. È stato principalmente merito tuo, e Nord pensa che tu possa aiutarmi adesso >> .

Mentre pronunciava queste parole, Bellatrix alzò lo sguardo, e nel momento in cui si allacciò a quello di Jack, fu come se un velo calasse nei suoi occhi d'ambra, soffocando quell'ultimo guizzo di calore umano che le era rimasto, facendoli tornare austeri e distaccati. A un tratto si alzò, gli si pose davanti con le mani puntate sui fianchi e lo guardò letteralmente dall'alto al basso.

<< Non sono stato io. Non da solo. Senza gli altri Guardiani, io valgo dieci volte meno! >> si giustificò Jack, convinto delle sue parole.

<< Ma ti dirò una cosa, >> sbottò lei, come non avendolo ascoltato per niente, << ho acconsentito a farti venire con me unicamente perché non avevo una scelta migliore. Sappi che io non sono tenuta a stare alle leggi di Nord, non ti avrei scelto neanche sotto tortura! Quindi non credere di poter fare come ti pare soltanto perché Nord ti ritiene “adatto allo scopo”, ragazzino! Sei nato molto dopo di me, così come sei morto! E i novellini devono stare a quello che dicono i grandi, è chiaro? Se provi a fare di testa tua, giuro sulle Pleiadi che ti uso come bersaglio per mie stelle! >>

Jack fu stupito di quel repentino cambio d'atteggiamento, al punto da non riuscire a controbattere per far valere le proprie ragioni. Tutto ciò che riuscì a pensare fu che lei doveva per forza trovarsi nel suo periodo, ossia quei particolari cinque giorni nel mese di una femmina quando si sa che è meglio non contraddirla, a meno che non si desideri fare una fine molto dolorosa.

Bellatrix tuttavia sembrò immediatamente pentita e stupita a sua volta del momento di sfogo che si era concessa.

<< Ti chiedo scusa. Sono così abituata a stare da sola, che ho dimenticato come ci si rapporta con gli altri... >> disse mortificata, dopo qualche istante di imbarazzato silenzio.

<< Non.. non fa nulla. Sono stato solo anche io. Per molto tempo. So bene cosa significa >> .

<< No, non lo sai... >> rispose lei in tono stanco, voltandogli le spalle e incamminandosi di nuovo verso il fitto della foresta. << Andiamo. Abbiamo tergiversato anche troppo, muoviamoci. Al mio nascondiglio manca davvero poco, ormai... >>




Il nascondiglio di Bellatrix sorgeva al limite della foresta, dove gli alberi si diradavano e crescevano secchi e spogli, e vi si accedeva da un imponente albero cavo che fungeva da ingresso. Bellatrix si portò sul ramo più alto e Jack la seguì, dubbioso. Dopo un attimo di esitazione, si sporse sulla botola, scura e profonda come un pozzo senza fondo. L'idea di infilarsi lì dentro non gli garbava affatto. Raddrizzò il busto e guardò la sua compagna, come a chiederle se davvero fosse necessario.

<< Dopo di te! >> lo incoraggiò lei, con un sorrisetto arido. Jack voltò di nuovo il capo verso quel pozzo nero, prese un respiro profondo e si arrampicò sulla bocca dell'entrata. Rivolse un ultima occhiata alla sua compagna di viaggio, chiuse gli occhi e si tuffò dentro a chiodo, tenendo le braccia strette lungo i fianchi.

L'interno era completamente diverso da come se l'era aspettato. Aveva visto i rifugi di tutti gli altri Guardiani, e tutti avevano due cose in comune: l'imponenza e lo sfarzo. Trattandosi di un nascondiglio sotterraneo, si era aspettato di vedere tunnel, gallerie e anfratti, proprio come nella tana di Calmoniglio. E invece si era trovato in quello che gli parve uno spoglia piccola tana scavata direttamente nella terra umida. Gli unici arredi consistevano in alcune mensole di legno tarlato incastrate nel muro sulla sinistra. Dal soffitto basso, sulla destra, pendeva un'amaca ingombra di coperte rappezzate in vari punti alla meno peggio. Nell'angolo opposto si trovava un piccolo tavolino di legno, con una solitaria seggiola con la seduta di paglia tutta sfilacciata. Al centro del muro che aveva di fronte, infine, si apriva una grande porta color blu scuro punteggiata di stelle, e ne dedusse che lì dietro dovesse trovarsi la famosa Stanza dell'Universo di cui gli aveva parlato prima.

Senza riflettere, si avvicinò, aprì la porta e mosse un passo oltre la soglia. Il pavimento gli mancò all'improvviso sotto i piedi e lui cadde in una voragine oscura. Non riusciva a volare: una forza potentissima lo stava trascinando giù, ma con uno sforzo immane il ragazzo riuscì ad aggrapparsi alle assi di legno che fungevano da pavimento nell'altra stanza. Nel cercare di issarsi, tuttavia, il ragazzo perse la presa e precipitò. La sua caduta fu frenata pochissimi istanti dopo: qualcosa lo stava trattenendo dal cadere nel pozzo nero sottostante, tirandogli il cappuccio che non gli permetteva di respirare. Jack alzò lo sguardo e vide due braccia magre avvolte in maniche di velluto nero, e due mani diafane che esercitavano una presa ferrea sulla sua felpa. Quasi gli parve di rivivere il momento in cui lei lo aveva gettato fuori dalla slitta di Nord per riacchiapparlo prontamente qualche istante dopo, e si ritrovò segretamente ad apprezzare la prontezza di riflessi della sua accompagnatrice.

Jack guardò verso la porta e vide con stupore che, dal quel lato, non era affatto incastonata in un muro solido come ogni legge fisica voleva e suggeriva, ma fluttuava nel vuoto e si teneva verticale senza apparenti supporti di sorta.

Con un grande sforzo, Bellatrix riuscì a sottrarre il ragazzo a quella prepotente gravità che glielo stava lentamente sottraendo di mano e lo tirò sul pavimento accanto a sé, ansimando per lo sforzo compiuto.

<< Che... che diavolo è successo qui? >> chiese Jack, cercando di respirare normalmente, passandosi le dita sulla base della gola, dove la stoffa della felpa premuta contro la pelle lo aveva quasi soffocato.

<< Quello che vedi è ciò che è rimasto della Stanza dell'Universo, Frost. Un infinito ammasso di nulla. E, quel che è peggio, quest'ammasso sta cercando di uscire fuori, e se non rimettiamo la Stanza al suo posto il prima possibile finirà per inghiottire tutto ciò che si trova all'esterno >> .

Jack puntò il bastone contro quell'abisso nero e scoccò un dardo di ghiaccio: pochi istanti dopo era sparito nel nulla.

<< E non puoi crearne un'altra? >> chiese dopo qualche istante di silenzio, lanciandole un'occhiata interrogativa.

<< Ti piacerebbe, ma le cose non sono così semplici. Innanzitutto, anche volendo, non potrei. Io non ho potere sulla Stanza in sé, solo su quello che contiene. Secondo... non credo che ci sia abbastanza spazio, per un nuovo universo >> .

Jack la guardò, confuso. Ma non aveva appena finito di dire che lo spazio attorno a loro era infinito?

<< È vero >> convenne lei, indovinando al volo i suoi pensieri, << ma diciamo che c'è posto per un solo universo infinito. Se provassimo a farne convivere due vicini... beh, è difficile, da spiegare. Immaginati di essere al cinema. La sala è completamente buia, ti siedi e scopri che il posto è già occupato. Ho reso l'idea? >>

<< A parte che dovrei essere orbo da un occhio per non accorgermi che il posto in cui mi siedo è già occupato, sei stata trasparente! >> rispose Jack, soffocando una risata.

Siccome la sua battuta gli aveva fatto guadagnare solo un'occhiataccia, Jack pensò bene di cambiare argomento. Era seduto a gambe incrociate accanto a lei, che, nella stessa posizione, aveva preso a fissare con assorta preoccupazione la stanza svuotata, il mento puntato sul palmo aperto. Jack voltò il busto, osservando la dimora della ragazza. Così spoglia, così triste da trasmettergli la stessa tristezza che emanava quel posto tutto nel suo insieme.

<< Perciò.. tu vivi qui, eh? >>

<< Te l'ha mai detto nessuno che hai uno spiccato spirito di osservazione? >> lo schernì lei, senza la minima nota di divertimento nella voce.

<< È solo che... gli altri hanno castelli sfarzosi, tane enormi, un sacco di gente che lavora per loro e tutto il resto... tu non hai nulla di tutto ciò. Ed è... triste, credo >> .

La ragazza alzò la testa verso di lui con uno scatto, gli occhi le si illuminarono un istante di sorpresa e le sue labbra si schiusero in un'espressione di vaga tristezza.

<< Ricordati, Jack. La serenità si trova nelle cose semplici. È vero, vivrò anche in un tugurio, ma ti dirò che non mi sono mai vista bene in un castello in stile principessa o in un'enorme fabbrica di giocattoli. Ognuno ha il suo posto, nel mondo. E questo è il mio. >>

Rimasero qualche secondo in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

<< Beh, io ho visto abbastanza. Torniamo dagli altri! >> propose a un tratto Jack, alzandosi in piedi e stiracchiandosi la schiena.


Quando furono di nuovo all'aria aperta, non si accorsero subito che qualcosa non andava. Il sole era ormai calato, e il buio attorno a loro sembrava della consistenza di una spessa gelatina vischiosa.

<< Non sembra anche a te che manchi...qualcosa? >> chiese Jack, avanzando cautamente lungo il sentiero. Poi alzò lo sguardo e puntò il dito al cielo, la preoccupazione stampata in volto.

<< Guarda lassù! >>

Bellatrix seguì la traiettoria, e si lasciò sfuggire un verso di frustrazione. Nel cielo, era rimasta appena una decina di stelle. Dieci, flebili piccoli fari che si ostinavano ancora contro la tempesta.

<< Non c'è più tempo, sta diventando più forte! Andiamo, Frost! >>

Bellatrix si lanciò in volo, stagliandosi contro il cielo: una macchia scura su un fondo ancora più nero. Jack si preparò a seguirla, e un pensiero agghiacciante gli trapassò il cervello.

<< Aspetta un momento! Anche il sole è una stella! >> urlò per farsi sentire dalla ragazza sopra l'ululato del vento.

<< Non è proprio il momento per le ovvietà, ragazzo! >> gli gridò lei di rimando, continuando a volare.

<< Ma no, che hai capito! >>

Jack si vide costretto a correrle dietro, finché riuscì a superarla e trattenerla, puntandole le mani sulle spalle. Lei gli si rivoltò contro come una serpe, scostandosi da lui con uno scatto brusco.

<< Voglio dire, non credi che Pitch possa spegnerlo? Se lo fa, sarà la fine per tutti! >> continuò lui, facendo finta di non aver dato peso alla sua spropositata quanto inattesa reazione.

Lei parve rendersi conto del significato delle sue parole a scoppio ritardato, valutando tra sé e sé il rischio che potesse accadere sul serio. Lentamente, con espressione assorta, si lasciò fluttuare fino a terra.

<< Non credo che lo farà... >> rispose, dopo altri istanti di silenzio, << Conosco Pitch abbastanza bene da dire che nella sua ottica è meglio spadroneggiare su un regno di terrore, piuttosto che di morte. Se tutti muoiono, non rimane nessuno da terrorizzare, giusto? Se invece prende la luna.. Allora sì, che siamo fregati! Muoviamoci adesso, non abbiamo più tempo per le chiacchiere! >>

Superò Jack con un frullo d'ali che gli scompigliò i capelli e schizzò in avanti, senza preoccuparsi di aspettarlo.

<< E quella storia di restare nell'ombra per evitare di tirarci addosso gli incubi? >> gli urlò di nuovo lui, atteggiando le mani a megafono sulla bocca.

<< Come puoi vedere, non ce n'è, qui intorno. E fanno bene a girare alla larga, sono talmente infuriata che potrei stenderne un esercito con le mani legate dietro alla schiena! Non corriamo rischi, Frost. E se anche fosse, che altra scelta abbiamo? >>



Diverse ore dopo, quando arrivarono al Polo, si accorsero subito che era anche fin troppo calmo.

<< Dove sono gli Yeti? >> chiese Bellatrix, più per riempire quel silenzio tombale che per ottenere un'effettiva risposta. Del resto Jack ne sapeva quanto lei, e pure avrebbe voluto sapere il motivo di tutta quella calma che, alla fabbrica di Nord sempre così chiassosa e piena di vita, non poteva certo stare a significare qualcosa di buono.

Il palazzo era deserto, l'aria immobile. Schizzarono da una finestra all'altra, ma dentro tutto taceva. Bellatrix lanciò uno sguardo che voleva essere significativo a Jack, che si limitò a guardarla con perplessità, la lingua incastrata tra i denti a un angolo della bocca.

<< Cosa? >> chiese, avendo intuito di aver mancato il messaggio.

Bellatrix assunse un'espressione esasperata, roteando gli occhi con impazienza.

<< Io entro, voglio sapere che è successo qui! >>

Senza aspettare una risposta, si staccò dal davanzale ed evocò una stella-shuriken grande quanto un piatto da portata.

<< Ma che cavolo..?! >>

Jack schizzò via dalla finestra, mancando il proiettile per pochi istanti. Lo shuriken andò a infrangere con precisione il vetro, che si riversò nel corridoio come a seguito di un'esplosione.

<< Bastava andare all'ingresso! >> protestò il ragazzo, abbassando le braccia con le quali si era fatto scudo.

<< Sì, ma non è da sottovalutare l'importanza dell'entrata in scena! Dico bene? >> osservò la ragazza, molandogli un poderoso buffetto sulla spalla.

<< Tu sei pericolosa! Sei matta da legare! >> mormorò il ragazzo, seguendola a malincuore all'interno, massaggiandosi la spalla dolorante.

Rivoltarono il rifugio da cima a fondo, ma non vi era anima viva da nessuna parte.

Alla fine, stanchi e più confusi che mai, si diressero verso l' ufficio di Nord. Finché, passando nell'atrio, Jack notò un particolare che alla sua compagna di viaggio era passato inosservato.

<< Ehi, guarda là! >> disse, indicando per terra. Una lunga traccia scura si estendeva sul pavimento, luccicando appena alla luce del primo mattino. Bellatrix si chinò, ci passò sopra la mano e la alzò agli occhi, esaminandola da vicino.

<< Sabbia nera >> sentenziò, sfregando piano le dita tra loro.

<< Questo significa... che Pitch è stato qui! Ehi, aspetta! >>

Jack seguì la ragazza nello studio di Nord. Lei aggirò la scrivania, si sedette e accavallò le gambe sul ripiano di legno, sfregandosi di nuovo il mento tra pollice ed indice come era solita fare quando raccoglieva le idee.

<< Questo spiega come mai non abbiamo incontrato incubi sul nostro cammino. Erano tutti qui! Non hai proprio idea della fortuna che abbiamo avuto! >>

<< Fortuna? >> ripeté Jack, incredulo, << Nord è scomparso, e così anche gli Yeti! Come potrebbe essere una fortuna? >>

<< Potevamo essere rapiti anche noi, genio. Almeno possiamo scoprire dov'è, e tirarlo fuori! >>

Jack non poté controbattere: il suo ragionamento non faceva una grinza.

<< E va bene.. allora, cosa proponi di fare? >>

<< Stavo per chiederti la stessa cosa, sai? >>

Jack riuscì appena a trattenersi dal mandarla a quel paese: se non aveva idea di quale sarebbe stata la loro mossa successiva, come poteva saperlo lui?

<< Potremmo... andare al palazzo di Dentolina! Dobbiamo avvertirla, lei ci aiuterà! >> azzardò infine il ragazzo, con la premura palpabile in ogni sillaba.

<< Ammesso che gli Incubi non abbiano fatto una visita di cortesia anche a lei... >> mormorò la ragazza, senza farsi sentire da lui.


Appena arrivarono, non poterono fare altro che constatare lo stato di improvviso abbandono che affliggeva anche quel luogo, esattamente come la fabbrica di Nord. Anche qui l'aria sembrava morta, svuotata del costante frullio di ali che risuonava di consuetudine tra le cupole smaltate e gli archi rampanti, e dal frenetico viavai che solitamente riecheggiava sull'edificio simile a un gigantesco alveare. Bellatrix gli rivolse uno sguardo rassegnato, ma Jack puntò il proprio alle spalle di lei, improvvisamente spaventato.

<< ATTENTA! >>

Un lampo nero, e Bellatrix fu scaraventata di lato, contro le mura di una delle torri. Si ritrovò faccia a faccia con un'orda di Incubi, che stava cercando di abbatterla. Poi, una pioggia di dardi di ghiaccio li congelò uno ad uno, facendoli precipitare e infrangere al suolo.

<< Tutto bene? >>

Jack si era avvicinato, brandendo il bastone come un'arma.

<< Sì, credo. Avrei dovuto aspettarmelo. Il comitato di benvenuto, voglio dire... >> rispose lei, sfregandosi la nuca dolorante.

<< Bellatrix.. qui è disabitato! Cosa... cosa facciamo, adesso? >>

Bellatrix alzò gli occhi al cielo: il sole splendeva alto nell'aria primaverile, schermato da qualche nuvola che gli scivolava sopra veloce, schermandoli momentaneamente alla sua luce.

<< Aspettiamo che sorga la luna. Manny saprà sicuramente consigliarci cosa fare. Mettiti comodo, Frost. Sarà un'attesa snervante... >>


Quando finalmente il sole tramontò, i due rimasero seduti l'uno accanto all'altra ancora per molte ore, ma della luna non vi fu traccia.

<< Oh, insomma! DOV'È MANNY? >> urlò d'improvviso la ragazza, un'ottava sopra il normale. La sua voce allarmata risuonò spettrale sulle pareti, le cupole e gli archi, disturbando la notte con la propria tonalità squillante.

<< Non può essere... >> mormorò Jack, semplicemente incredulo. Dentro di sé sentì però aprirsi una voragine. Come se dal solido muro delle sue certezze fosse stato sottratto il mattone portante, così la sua sicurezza si era trovata a vacillare e poi crollare come un castello di carte. Ciò nonostante il ragazzo riuscì a mascherare il proprio stupore e a mantenere un vago controllo di sé, a differenza della sua compagna. Si era lasciata cadere in ginocchio, sulle lamine smaltate del tetto della torre sul quale erano rimasti appostati tutto il giorno, le braccia strette intorno alle spalle, i capelli che schermavano il volto chino come una cortina bionda e le ali aperte e curve sulle spalle, come a proteggersi da un vento gelido. Jack la vide tremare quasi impercettibilmente e fu sicuro che lei stesse piangendo. La ragazza dall'animo d'acciaio aveva momentaneamente calato la propria maschera inscalfibile e si era abbandonata a un momento di debolezza e disperazione.

Allora Jack le si avvicinò, si chinò di fronte a lei e le posò cautamente una mano sulla spalla. Interpretò come preoccupante il fatto che lei non l'avesse allontanato: non si faceva mai neanche sfiorare, e invece stavolta non aveva minimamente reagito. Posò piano il bastone, facendo attenzione che non scivolasse di sotto, e le scostò piano i capelli dal viso. I suoi occhi erano umidi e vitrei, fissi sulle proprie ginocchia. La bocca stirata in un'espressione congestionata a mostrare i denti digrignati.

<< Andiamo a cercarli! >> propose il ragazzo, gentilmente, offrendole la mano. Lei non la prese, né lo degnò di mezza occhiata. Adesso, Jack vedeva le sue spalle tremare violentemente, mentre lei cercava di alzarsi come se quel semplice gesto le costasse una fatica disumana.

<< Cosa c'è? >> chiese, rendendosi conto che qualcosa non andava.

<< Ci sono troppo poche stelle, non ho più energie sufficienti... >>

<< Ma come! Sei stata bene fin'ora, non arrenderti! Cosa sei, una pila esaurita? Fatti forza! >>

La tirò in piedi quasi di prepotenza, deciso a farla continuare a parlare. Lei incespicò e si aggrappò istintivamente alla sua felpa, tuffando accidentalmente il volto nell'incavo del braccio di lui.

Jack la afferrò per le spalle e la allontanò piano da sé.

<< Ce la faccio, ce la faccio... >> si affrettò a dire lei, raddrizzando la schiena.

Attorno a loro, la sera senza astri si era scurita al punto da permetterle appena di distinguere i tratti di Jack.

<< Se vogliamo trovare Manny e gli altri, non ce la faremo mai con tutto questo buio. Gli incubi ci fermerebbero prima di muovere un solo passo... >>

<< Allora... puoi creare qualche stella? >>

Lei sospirò, allargando le pupille da gatto in quel mare d'inchiostro, la voce più ferma e sicura.

<< Ho paura che le mie stelle consuetudinarie siano troppo poco per far fronte a questo blackout celeste.. ci vuole qualcosa di un po' più... strong... >>

Arretrò di qualche passo e Jack la vide fare uno strano movimento contorto con le braccia, ma c'era troppa oscurità per capire cosa stesse facendo. Finché un bagliore aranciato scaturì dalle mani di lei, riflettendosi sulle lucide mattonelle della cupola sulla quale si erano accampati. Jack strizzò gli occhi a quella luce improvvisa, e vide che era irradiata da una piccola sfera dall'aspetto gassoso.

<< Credevo che potessi creare solo stelle! >> osservò lui, sorridendo con aria saccente.

<< Mi deludi, Figlio del Lago! Io vengo da un'epoca dove l'astronomia non si sapeva neanche cosa fosse, eppure sono piuttosto ferrata sull'argomento! In fondo, cos'è una stella se non un ammasso di gas incandescente? >>


I due erano giunti in una radura nel cuore della foresta, e si fermarono davanti a una scura fossa circolare che si apriva nel terreno arido.

<< Sicuro che sia questo? >>

Bellatrix si sporse sulla fossa, puntellandosi con un bastone che usava come stampella di fortuna. Il viaggio, aggiunto alla mancanza della fonte delle sue energie, l'aveva sfiancata al punto da non reggersi in piedi in modo stabile.

<< Sicuro, ci sono già stato quando Pitch mi ha preso i ricordi >> .

La stella di fuoco fluttuò pigra all'imboccatura di quel baratro nero, senza illuminare granché.

<< Sai che ti dico? Secondo me non si trova lì dentro. Pitch, voglio dire. Se fosse in zona, avrebbe già attaccato, non ti pare? >>

<< Beh, io scendo lo stesso a dare un'occhiata. L'altra volta, è qui che teneva prigioniere le fatine. Se abbiamo fortuna, potrebbe aver riciclato il suo vecchio rifugio! Tu che fai? Riesci a starmi dietro? >>

E, lanciandole un'occhiata complice, si tuffò di testa nella fossa senza nemmeno aspettare una sua risposta, sparendo subito alla vista.

Passarono alcuni secondi, in cui Bellatrix, sempre avvinghiata al bastone di fortuna, prese in seria considerazione l'istinto di seguirlo. Ma proprio mentre stava per saltare nella buca, questa si richiuse con un risucchio terribile.

<< Cosa diavolo...?! Jack! JACK! >>

Bellatrix si buttò in ginocchio, sul punto in cui il ragazzo era sparito, e prese a scavare nella terra a mani nude con foga, ma più affondava le dita nel terreno polveroso, più questo sembrava aumentare, ributtando fuori una valanga di sabbia nera. Continuò a quel ritmo per diversi minuti, urlando forte il suo nome, finché un vago bruciore la indusse a fermarsi. Aveva scavato fino a scorticarsi la pelle, che aveva iniziato a sanguinare in più punti. Ignorando il fastidio, la ragazza si tirò in piedi, barcollando appena. Poi unì le mani a coppa, l'una sopra l'altra, e le rivolse verso il terreno striato di nero. La stella incandescente si ingrandì e prese a bruciare più vividamente. Un istante dopo, si abbatté sul terreno, aprendo un varco. Bellatrix pensò di avercela fatta, ma subito la falla si richiuse, inghiottita da un'altra eruzione nera che saliva dal profondo della terra come una colata di fango.

Alzò le mani per tentare una seconda volta: lo avrebbe tirato fuori di lì, anche se avesse dovuto provare e riprovare fino allo sfinimento. Ma una voce risuonò improvvisamente tra gli alberi, bloccandola lì dov'era. Sentì una scarica di paura insinuarsi nel suo stomaco, ma cercò in ogni modo di non farla trapelare sul suo volto contratto dalla tensione.

<< È tutto inutile, non riuscirai mai a raggiungerlo. Io risparmierei le forze, se fossi in te. Dopotutto, non te ne sono rimaste molte... >>

<< Black! >> urlò lei, voltandosi da una parte all'altra nel tentativo di scorgere la sua figura allampanata e scura tra le fronde, << Fatti vedere, vigliacco! >>

La voce di Pitch vibrò in una risata minacciosa.

<< Però, come siamo autoritarie! È questo il modo di salutare una vecchia conoscenza? In fin dei conti, sono passati secoli dal nostro ultimo incontro, e ai tempi non dispensavi ordini a bacchetta! Anzi, mi sembra di ricordare che te la stessi facendo sotto dalla paura! È così, o sbaglio? >>

Un ombra scura a forma di mano strisciò fuori, avvicinandola alle spalle e sfiorandole un piede. Lei si voltò di scatto con un fremito, la individuò e mosse qualche passo indietro con l'unico desiderio di mettere tra sé e quella cosa quanta più distanza possibile. L'ombra la seguì imperterrita, si arrampicò sulle sue gambe e lei si immobilizzò, inghiottendo un groppo di saliva. Represse un brivido di orrore quando l'ombra passò sulle sue forme, lenta e pericolosa, fino a sfiorarle i capelli che ondeggiarono come mossi da una brezza impercettibile.

<< Sono passati otto secoli. I mortali possono cambiare nel giro di pochi mesi, fino a diventare persone completamente diverse da ciò che erano. Io ho avuto più tempo degli altri, e adesso non mi faccio più intimorire da te! >>

La mano si ritrasse, fulminea, mentre un'altra risata echeggiò tra le fronde degli alberi.

<< È vero, la gente cambia. Ma non tu. Ti conosco fin troppo bene e so che non è così. Sotto quella scorza dura sei fragile, insicura e spaventata. Sai che ho ragione, te lo leggo in faccia. E dici di non aver paura, quando è palese che ti sta per sopraffare! Basta guardarti, per capirlo. Tremi come un budino appena sfornato! >>

<< Tu non mi conosci AFFATTO! >> urlò la ragazza, rabbiosa.

<< No? Ma se sono stato io, a crearti! >>

Le chiome degli alberi frusciarono tutte all'unisono, come in una collettiva e silenziosa risata volta a schernirla.

La ragazza abbassò il capo e strinse i pugni sanguinanti. Sentiva dalla sua voce che si stava muovendo in cerchio attorno a lei, e si sentì in trappola.

<< Tu non hai creato un bel niente. Mi hai solo uccisa. C'è una bella differenza! >> mormorò, mordendosi il labbro.

<< Come, prego? >>

<< Ora basta! Libera Jack, e subito! >> sbraitò Bellatrix, sollevando la testa di scatto.

<< Scordatelo! >> rispose Pitch, la sua voce che risuonava sprezzante dal lato opposto della radura.

<< Ho detto liberalo! >> ribatté lei, voltandosi immediatamente in quella direzione, << Ti avverto, Pitch. Lascialo andare. Lasciali andare tutti. Altrimenti... >>

<< Altrimenti che fai? >> la incalzò lui, con l'ennesima risata echegggiante attorno a lei, incorporea.

<< Altrimenti ti distruggo! >>

Un'altra risata, ed eccolo là, in piedi in mezzo a due grandi alberi, a braccia spalancate come a sfidarla a catturarlo.

<< Per distruggermi, devi prima prendermi. E per potermi prendere devi trovarmi! >>

L'uomo si scompose in un'onda di sabbia nera e si scagliò addosso alla ragazza, avvolgendola in una tempesta vorticante. Un secondo dopo, si dissolse, lasciandola da sola, boccheggiante e in ginocchio, con i granelli che le bruciavano negli occhi. Lei si alzò spavalda e atteggiò le mani a megafono, rivolta alla radura ormai silenziosa.

<< LO FARÒ, BLACK! PUOI CONTARCI, SE LO FARÒ! >>







A.A:


Hello! Come promesso, il secondo capitolo. Il capitolo Zero, come lo chiamo io, dato che è stato il primo che io abbia scritto. In ogni caso, è qui ed è tutto vostro. Non un granché, forse un po' precipitoso, ma a me piace quando ci si butta nella trama senza troppi capitoli di introduzione... Va beh.

La canzone si intitola, come forse si evince dal testo, In Noctem, di Nicholas Hooper. L'ho scoperta questa estate, curiosando tra le tracce della colonna sonora di Harry Potter, ed è stata il principale antidoto alla canicola estiva. Nel vero senso della parola, davvero! Ascoltandola, mi vengono sempre i brividi! Comunque, anche se la fanfiction era già avviata (che dico, tecnicamente era già conclusa, mancandomi solo da finire di ricopiarla!), sono stata indecisa fino all'ultimo se includerla nel testo o meno. Ma più ci pensavo, più mi dicevo: “Cavolo, casca troppo a pennello con la storia di Bellatrix!”, che alla fine ci si è buttata dentro quasi spontaneamente. Se non tutta, almeno la prima parte... per ora.

Un grazie grande quanto il Tardis (?) va di dovere a chi ha recensito/inserito tra le seguite, sperando di aver rinnovato il vostro interesse con questa seconda parte.

Alla prossima!

Tec :D




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Capitolo 3
*** Lo sconforto di Jack ***









Jack si rese conto che Bellatrix non lo aveva seguito nel momento stesso in cui la buca dalla quale era entrato si richiuse, recidendo l'unica lama di luce che era entrata con lui e lasciandolo nella più completa oscurità.

<< A che razza di gioco stai giocando? >> urlò il ragazzo, scagliandosi alla cieca verso il punto dove fino a pochi istanti prima si trovava quello di connessione tra il fuori e il dentro del vecchio nascondiglio di Pitch.

< Ehi, fammi uscire! >> urlò, tempestando il soffitto terroso di pugni.

Avrebbe dovuto immaginarlo, avrebbe dovuto ascoltare e fidarsi del suo istinto, quando gli diceva che non avrebbe dovuto fidarsi di lei! Lo aveva attirato in una trappola, e lui ci era letteralmente cascato come un fesso.

Rassegnato, Jack si allontanò dal soffitto, fermo comunque nella decisione di uscire di lì ad ogni costo e in qualunque modo. I suoi piedi si posarono piantandosi con forza sul freddo pavimento di pietra e lui alzò lo sguardo verso l'alto, imbracciando saldamente il bastone nella stessa direzione. Se fosse stato necessario, non avrebbe esitato a crivellare l'entrata con una scarica di dardi ghiacciati dietro l'altra finché non avrebbe ceduto, e a quel punto se la sarebbe vista direttamente con lei, che gli aveva giocato un tiro tanto mancino.

Era pronto a scoccare la prima tornata, quando un rumore profondo e per nulla rassicurante si propagò proprio dal punto a cui stava mirando. Un istante dopo, da quello stesso punto irruppe una specie di bolide incandescente, talmente luminoso da far risplendere le immediate vicinanze come illuminate a giorno.

Lasciandosi sfuggire un'esclamazione di sorpresa, Jack riuscì a scansare per un soffio l'oggetto estraneo e sparargli un provvidenziale getto di ghiaccio per renderlo innocuo. Dopo qualche istante sollevò il capo da terra e abbassò le mani che aveva alzato in un istintivo tentativo di proteggersi. Poco lontano da lui, una piccola sfera dalla tenue luce azzurra irradiava il proprio riverbero sul pavimento e le pareti più vicine, rischiarandole come un sovrannaturale fuoco fatuo. Giaceva immobile qualche metro più in là, silenziosa, come in attesa di essere raccolta. Esitando appena, Jack si avvicinò carponi e con mano tremante prese il piccolo oggetto per avvicinarselo agli occhi e così esaminarlo meglio. Sotto la scorza ghiacciata riconobbe immediatamente una stella di gas. La stessa, probabilmente, che aveva visto evocare da Bellatrix qualche ora prima. Più confuso che mai, Jack alzò di nuovo lo sguardo al varco, ma questo sembrava non essere mai esistito. Si chiese allora cosa aveva cercato di fare, quella ragazza, lanciandogliela contro. Aveva cercato di colpirlo alla cieca? Oppure lo aveva fatto per aiutarlo in qualche modo?

Jack rimase in ascolto per diversi istanti, sperando di captare anche il più attutito dei rumori che gli desse una vaga idea di cosa stesse succedendo lassù in superficie, ma come il minimo raggio di luce non riusciva a raggiungere quel luogo, così facevano anche i suoni. Era tagliato fuori dal mondo, in quella tetra cella imbottita sepolta nella terra rischiarata solo vagamente da quel dono sibillino che gli era giunto e che ancora stringeva tra le mani, spruzzandogli il volto con la sua tenue luce fredda. E poi, tutto a un tratto, un rumore proveniente da qualche parte dietro di lui captò la sua attenzione: un lieve fruscio, una sorta di respiro e un sordo raspare per terra, più o meno a una decina di metri da lui. Jack strinse con forza la sfera in una mano per farsi coraggio, e il bastone saldamente nell'altra. Prese un respiro profondo e si voltò, pronto a fronteggiare qualsiasi minaccia si sarebbe trovato dinanzi. E così, appena qualche metro più in là della zona sicura, quella che la luce della stella arrivava a illuminare, Jack vide risplendere nell'oscurità decine di paia di occhi gialli, accesi e scintillanti, tutti rivolti con famelica attenzione verso di lui.

Il ragazzo non fu abbastanza rapido da agire con prontezza contro i suoi innumerevoli avversari, e prima di essersene reso conto, uno degli Incubi l'aveva caricato e scaraventato all'indietro, contro la parete di roccia che tremò sotto il colpo dell'impatto.

Jack scivolò a terra con la nuca che gli pulsava dolorosamente, la stella di Bellatrix convulsamente stretta contro il petto dolorante nel punto in cui l'Incubo lo aveva colpito, e lì rimase diversi istanti, stordito e disorientato. Alzò lo sguardo e reagì abbastanza velocemente da individuare ed evitare uno zoccolo nero e lucente appena un istante prima di riceverlo in piena faccia, gettandosi di lato e rotolando sul fianco. L'incubo si abbattè sulla parete di pietra e scomparve in un'esplosione di cristalli violacei. Jack sentiva di dovere la sua prontezza all'adrenalina che gli era schizzata in corpo, ma cosa avrebbe fatto una volta che si fosse smorzata?

Era steso a terra, immobile come l'aria intorno a lui, con le mani alzate a proteggersi la testa dalla tempesta di sabbia che si stava scatenando su di lui, minacciando di fargli perdere la presa sul bastone, unica sua arma e ancora di salvezza.

Era circondato, e stavolta sapeva che non sarebbe riuscito a distanziare gli Incubi abbastanza a lungo da poterli colpire a distanza. Per salvarsi, soprattutto adesso che si era ritrovato a fronteggiarli da solo, avrebbe dovuto escogitare un altro sistema. Ma gli attacchi che gli infliggevano non gli davano il tempo di reagire così come non gli permettevano di trovare una soluzione vincente al suo problema. Avrebbe dovuto improvvisare.

Improvvisamente, dal punto in cui si trovava Jack irruppe una pioggia di schegge di ghiaccio, espandendosi a cerchi concentrici in ogni direzione e sbaragliando gli Incubi più vicini. Ma per ognuno che ne congelava, Jack ne vedeva arrivare il triplo, più aggressivi e iracondi. Nonostante ciò, lo spazio che era riuscito a farsi in quella frazione di secondo gli bastò: balzò in piedi e piroettò su sé stesso, tracciando con la punta arcuata del bastone una circonferenza perfetta. Da essa, immediatamente si alzò una parete di ghiaccio che crebbe intorno al ragazzo, si curvò e si chiuse sulla sua testa a formare una bassa e inscalfibile cupola di ghiaccio. Sotto di essa, Jack restò come paralizzato a osservare i cavalli dagli occhi paglierini mentre cercavano di sfondare la liscia superficie trasparente con i loro fendenti, ma senza intaccarla minimamente.

Dopo qualche istante, gli Incubi parvero rinunciare all'impresa e sospesero l'attacco: i più vicini fecero lentamente il giro della cupola, alla ricerca di un punto debole dal quale potersi infiltrare, ma dopo qualche istante si ritirarono assieme ai loro compagni nell'ombra, lasciando il ragazzo intrappolato sotto la cupola con ogni muscolo contratto dalla tensione. Con un liberatorio sospiro, Jack si appoggiò alla parete di ghiaccio e si lasciò scivolare a terra, mollando bastone e stella con gesto stanco, quasi fossero stati pesanti come macigni. E lì restò immobile, col fiatone e un rivolo di sudore a solcargli la tempia, beandosi della pausa forzata che era riuscito a ristabilire almeno momentaneamente. Infatti, sapeva benissimo che gli Incubi erano tutt'altro che debellati: erano lì, appostati nell'ombra che la stella non riusciva a raggiungere, pronti a ricominciare ad assediarlo non appena avesse azzardato a mettere il naso fuori dal suo rifugio. E prima o poi, questo sarebbe dovuto succedere per forza.


Era rimasto immobile in quella posizione che tutto il suo corpo, gli arti e i sensi, gli si erano intorpiditi.

In quell'isolamento forzato, dove il corpo non gli rispondeva quasi più, soltanto la sua mente cercava di tenergli fede, cercando per lui un sistema per poter uscire da quella grotta sotterranea pullulante di ombre pronte a tornare all'assalto. Gli parve di essere tornato indietro, a quella volta in cui Pitch lo aveva letteralmente scaraventato in un crepaccio tra i ghiacci colmo di sconforto e oscurità. Era stata in quell'occasione, quando le cose sembravano poter andare solo peggio, che lui, Jack, aveva ritrovato la luce, la memoria della sua vita mortale che gli aveva di nuovo infuso il coraggio e con esso la speranza. Ma questa volta, non c'era nessuna luce in fondo all'abisso, nessuna fatina a suggerirgli la strada.

Sentendosi le membra pesanti come piombo, Jack mosse stancamente la mano a frugare all'interno della propria tasca, cercando la stella ghiacciata di Bellatrix per beneficiare del suo tenue, freddo e vago bagliore. Osservandola meglio, più da vicino, sotto la scorza gelida che la teneva imprigionata, gli pareva ancora di vedere il gas che, spinto da una corrente misteriosa, disegnava vortici e ghirigori leggeri sotto la sua superficie, senza riuscire a capire a cosa fosse dovuto quello strano fenomeno.


Per quanto non lo riscaldasse né gli instillasse il minimo calore o barlume di fiducia, quella luce bassa e fredda esercitava su di lui uno strano interesse, come un incantatore esercita il proprio potere su un serpente, un qualcosa di ipnotico da cui non si riesce a distogliere lo sguardo.

A Jack pareva quasi che quella stella gli parlasse con un bisbiglio gentile e impercettibile, un sussurro nel buio, che gli entrava nella testa e lo incoraggiava a rialzarsi e uscire dalla sua calotta sicura.

Ma, Jack lo sapeva bene, fuori lo attendevano orde di Incubi pronti a sopraffarlo. Erano lontani da lui, rifugiati là dove i suoi occhi non riuscivano ad affondare nell'oscurità oltre la parete di ghiaccio, ma c'erano ed erano in numero nettamente superiore a quello che lui poteva tenere a bada.

Il suo pensiero virò quasi inesorabilmente verso Bellatrix. Jack si chiese dove fosse, e cosa stesse facendo in quel preciso istante. Era ancora lassù dove lui l'aveva lasciata, appena oltre l'ingresso della grotta? Era riuscita a trovare, si stava adoperando per raggiungere gli altri ovunque fossero? Oppure stava cercando un modo per raggiungere lui? E se invece Pitch l'aveva trovata?

O, nella peggiore delle ipotesi, era in combutta con lui e l'aveva attirato lì apposta?

Jack allontanò quel pensiero maligno come una mosca molesta, con uno scatto brusco del capo: non poteva, non voleva neanche prendere in considerazione l'idea che la storia della Stanza dell'Universo e tutto quanto ci andasse dietro fossero stati solo una gigantesca montatura, volta unicamente a dividere e indebolire i Guardiani per aiutare Pitch a reinstaurare il proprio regno di terrore. Jack l'aveva osservata bene, e non gli riusciva difficile sostenere la buona fede della ragazza. La disperazione che aveva visto nei suoi occhi quando avevano scoperto che l'Uomo nella Luna era sparito era autentica, così come l'amarezza e il ricordo del dolore che aleggiavano sul suo volto mentre gli raccontava di come fosse diventata uno Spirito, o la devozione e l'affetto con cui invece ricordava come Sandy fosse intervenuto ad aiutarla proprio quando lei ne aveva avuto più bisogno. Tutti quelli, erano sentimenti troppo veri, troppo umani, per poter essere puramente simulati.

Jack si abbandonò di nuovo con la schiena contro il ghiaccio, lasciando che la piccola sfera gli scivolasse dalle dita e rotolasse a terra con un suono cristallino. Per qualche istante, il ragazzo rimase immerso nel silenzio più totale, con la fronte appoggiata alle ginocchia e la rassegnazione nell'animo. Ma poi, lieve quanto una foglia che cade, udì chiaramente un suono che lo fece tornare immediatamente all'erta: aveva sentito un sospiro, così vicino che credette che uno degli Incubi fosse riuscito ad infiltrarsi nel suo rifugio. Il ragazzo si guardò febbrilmente intorno, per constatare infine con un certo sollievo di essere ancora perfettamente solo, protetto e al sicuro dagli Incubi ancora in agguato. Ma il sollievo fu sostituito quasi immediatamente da un'altra ondata di ansia: se non c'era nessun altro oltre lui, chi era stato a produrre quel suono?

La sua attenzione fu catturata da un guizzo azzurro che si era riverberato sulla volta ghiacciata che lo sovrastava. Abbassando lo sguardo, vide la stella emettere un bagliore un po' più forte del solito, giacendo ai suoi piedi. Strizzando gli occhi per vedere meglio, gli parve di vedere una minuscola sagoma riflettersi all'interno dell'astro, e quasi non riuscì a trattenere un'esclamazione di sorpresa mentre riacchiappava la stella con gesto fulmineo. Sotto le striature cristallizzate di gas, riconobbe una familiare figura voltata di spalle che camminava a passo incerto lungo un sentiero tra gli alberi, apparentemente senza essersi conto di essere osservata. Jack la chiamò istintivamente e a gran voce, ma Bellatrix non diede segno di averlo sentito e non si voltò al suo richiamo, continuando invece sui propri passi.

A un tratto la ragazza sparì dalla sua visuale, e per diversi secondi Jack si ritrovò a fissare gli alberi circostanti con perplessità, senza capire cosa le fosse successo. Fu in quel momento, che lui capì di stare osservando la scena dal punto di vista di una stella gemella a quella che stava reggendo tra le mani. Bellatrix doveva essere riuscita ad evocarne un'altra, e in qualche modo tra i due astri doveva esseri stabilito un canale, una sorta di collegamento che gli aveva permesso di vederla, ma non di comunicare con lei.

Non vedendola ricomparire, il ragazzo cominciò a guardare la stella da diverse angolazioni, inclinandola e ruotandola di conseguenza da una parte all'altra. Finalmente il suo campo visivo fu di nuovo occupato da Bellatrix: la osservava dall'alto, mentre lei giaceva a faccia in giù su un tappeto fradicio di foglie marce e rametti. Lei si puntellò sulle mani e si rigirò pancia all'aria, lanciando un'occhiata rabbiosa alla radice in cui era inciampata. Poi si alzò a sedere, pulendosi la guancia da uno schizzo di fango con il dorso della mano.

Adesso Jack si era portato la stella così vicino agli occhi che riusciva a vederne il riflesso sulla superficie azzurra, e si aspettava da un momento all'altro di vedere Bellatrix rialzarsi per continuare la sua strada, più combattiva di prima. E invece lei abbassò il capo, si abbracciò il busto e rimase lì seduta a terra, con la veste stracciata e sporca di melma e le ali curve sulle sue spalle come a proteggersi.

Jack passò lentamente il pollice sulla sua figura azzurrina, desiderando in quel momento più che mai di poterla aiutare in qualsiasi modo. E poi, pian piano, l'immagine all'interno della sfera sfumò e quella tornò alla propria opacità consueta, lasciando il ragazzo a fissare la sua superficie con il fiato sospeso e gli occhi sbarrati dall'incredulità.

Devo uscire di qui, pensò, distogliendo lo sguardo dalla stella per lasciarlo distrattamente vagare sul soffitto di ghiaccio che lo sovrastava, ma come?

Appena oltre i due metri di diametro del suo porto sicuro, era pieno di bestie non molto amichevoli pronti ad attaccarlo non appena fosse stato alla loro portata. Ma Jack non si sarebbe lasciato abbattere per così poco, avrebbe trovato una soluzione a quella situazione così spinosa senza lasciare nulla di intentato.

Così il ragazzo si alzò stancamente in piedi, riponendo la stella al suo posto all'interno della tasca della felpa col naso rivolto all'insù, alla ricerca del punto preciso dal quale era entrato nella grotta. Posò la mano sulla lastra gelida che lo separava dall'esterno, stringendo il bastone con l'altra per darsi forza. Lentamente, il ghiaccio cominciò a sciogliersi e scivolare ai piedi di Jack in forma di lunghi rivoli d'acqua. Man mano che lo strato sopra di lui si assottigliava e si indeboliva, l'autocontrollo del ragazzo andava indebolendosi con esso, ma nonostante ciò lui si impose di mantenere la calma per concentrarsi sul suo scopo.

D'un tratto, la cupola attorno a lui si liquefece all'istante, rovesciandosi a terra con uno scoscio di cascata. Senza la luce della stella a rischiarargli i dintorni, il ragazzo si ritrovò a fissare l'oscurità che lo circondava, immerso in un silenzio innaturale e teso. La sensazione di essere immerso in una dimensione senza tempo durò ancora un battito di ciglia, dopodiché si scatenò il finimondo. Jack scagliava fendenti alla cieca, in ogni direzione, ma riusciva a vedere i suoi avversari solo nell'istante in cui questi venivano colpiti dai suoi dardi lucenti. E comunque, anche quando riusciva ad abbatterne un numero consistente, altri incubi li soppiantavano senza dargli tempo di pensare ad altro che non fosse cercare di tenerli a bada. Eppure, in una frazione di secondo tra la vecchia e la nuova ondata di avversari, finalmente Jack riuscì ad abbattere un singolo colpo secco al terreno con la punta del bastone, e da questa, ergendosi in un fulmineo cerchio rotante, spuntarono decine di stalagmiti di ghiaccio, lunghe, affilate e massicce, che spazzarono letteralmente via la maggior parte degli incubi ed allontanarono quelli rimanenti, disorientati e imbizzarriti. Una delle stalagmiti proseguì la sua ascesa verso il soffitto e Jack vi si aggrappò con tutte le sue forze al volo, stringendo gli occhi in attesa dell'impatto.

E finalmente riconobbe la sensazione dell'aria fresca sul viso, l'odore della notte e del muschio sulla corteccia degli alberi. Era fuori.

Atterrò prontamente sulle ginocchia e si voltò a guardare lo spuntone di ghiaccio che si ergeva in mezzo alla radura, spiccando come un grattacielo su un pugno di costruzioni antiche.

Rialzandosi in piedi, Jack allungò una mano a tastare il rigonfiamento nel tascone della felpa, per assicurarsi di avere ancora la stella con sé. Per essere sicuro che fosse ancora tutta intera, ma anche sperando che la figura di Bellatrix ricomparisse al suo interno, la estrasse per esaminarla: la stella era integra, ma la sua superficie rimase opaca, limitandosi a restituirgli il suo riflesso deluso. A Jack, quel rifiuto di mostrargli la ragazza ricordava quello che l'Uomo nella Luna gli aveva rivolto per tre secoli ogni volta che gli aveva rivolto una domanda.

Con un sospiro sconfortato, Jack alzò gli occhi al cielo, la cui oscurità innaturale stava iniziando a sbiadire ai margini della cornice di rami che lo sovrastava nei colori dell'alba. Ora che era riuscito a liberarsi, non poteva permettersi di perdere altro tempo, perciò ripose nuovamente la stella al suo posto e lui schizzò in aria, per dirigersi nella direzione diametralmente opposta a quelle che le prime luci del mattino sembravano indicargli.







Cantuccio autrice:


Hello!

Non lo credevo possibile, ma mi stavo dimenticando che oggi è giorno di aggiornamenti! Stavo riverniciando il bagno, e la cosa mi aveva preso un po'... Sì, ehm.. comunque... Questo capitolo non è dei miei preferiti, lo trovo un po' troppo corto, ma spero che vi sia piaciuto comunque. Inizialmente non era previsto, anche perché la fanfiction è nata inizialmente per seguire soltanto il punto di vista di Bellatrix. Tuttavia, dato che più avanti lei e Jack si ritrovano, mi sono resa conto che andava messo un minimo di spiegazione su come sia riuscito a scappare dall'antro di Pitch, dato che altrimenti sarebbe rimasto un interrogativo abbastanza irrisolto e probabilmente mi avrebbe portato a contraddirmi se non l'avessi aggiustato per tempo.. S-si è capito, vero? Oggi sono un disastro, non riesco a esprimermi in maniera decente >.<

Comunque sia, al solito, fatemi sapere che ne pensate. Non sapete quanto io tenga a un'opinione esterna ( si sa, l'autocritica funziona quanto volete, ma... ogni scarrafone è bello a mamma sua, come dicono a Napoli... insomma, io posso provare e riprovare quanto voglio, ma trattandosi di una cosa scritta da me potrei passare sopra a qualche dettaglio importante senza neanche rendermene conto! )

Va beh, per oggi ho delirato abbastanza. Un grazie grande quanto la tana di Calmoniglio è d'obbligo a tutti voi che avete avuto la pazienza di leggere fin qui :D

Un'ultima cosa... il titolo del capitolo non mi convince, né mi sembra particolarmente azzeccato. Non è molto importante, ma cercherò di farmi venire un'idea per trovarne uno adeguato. Ok, allora.. alla prossima settimana!


Tec :3




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Capitolo 4
*** Il castello di tenebre ***











Nelle settimane che seguirono, Bellatrix si spostò di città in città nella speranza sempre più debole di trovare un qualche indizio su dove si trovasse il nascondiglio di Pitch. Ovunque lei andasse, lo scenario che le si presentava era essenzialmente lo stesso: strade deserte, finestre sigillate, tende tirate. Con i Guardiani, era sparita ogni traccia di spensieratezza e felicità, al loro posto la paura dilagava come un morbo pestifero. Ogni sera, Bellatrix alzava lo sguardo al cielo e constatava con un crescente senso di impotenza e frustrazione che una stella in più era stata spenta. Una pioggia insistente aveva iniziato a cadere, e ancora dopo giorni bagnava strade e palazzi, rendendo l'atmosfera ancora più cupa. Una sera, stava attraversando una via illuminata unicamente dalla minuscola stellina che stringeva nella mano. Aveva un mantello tirato sulla testa che le offriva un minimo riparo dall'acqua, e si appoggiava al bastone come una vecchia zoppa, esalando nuvolette di vapore dalla bocca socchiusa. A un tratto si fermò a riprendere fiato, e lasciò vagare lo sguardo sui palazzi che la circondavano, le finestre buie come le orbite di un teschio. Non c'era felicità, in quel luogo. Né divertimento. La meraviglia era morta nel momento in cui Nord era scomparso, e con essa anche la speranza. Ma più di tutti, Bellatrix sentiva il vuoto lasciato dalla serenità. Con la Paura che spadroneggiava, nessuno aveva più diritto a sentirsi sereno: sembrava davvero di essere tornati al Medioevo, quando la gente era prigioniera del terrore e dell'ignoranza.

All'improvviso, da una finestra al primo piano di uno di quei palazzi la raggiunse il suono di vetri infranti e, un istante dopo, un pianto infantile. Si voltò appena in tempo per vedere uno degli Incubi posarsi leggero a terra, tra cocci di vetro scintillanti.

Ecco l'indizio che aveva tanto cercato, finalmente! Doveva catturarlo prima che prendesse il volo, o non sarebbe riuscita a stargli dietro, perdendo la possibilità di arrivare a Pitch: erano giorni che non riusciva più a volare.

Si fece scivolare il cappuccio sulle spalle, lasciando che la pioggia le inzaccherasse la testa, e inspirò profondamente. Piano piano lasciò che la paura fluisse dentro di sé, facendola evadere da quel punto in fondo allo stomaco in cui la teneva segregata da quando Jack era scomparso sotto terra, lasciandosi invadere come da un silenzioso cancro. L'animale voltò la testa scheletrica verso di lei e allargò le narici, famelico. La individuò e prese a girarle intorno lentamente, studiando il punto più favorevole per attaccare, e lei lo lasciò fare. Lo sentì fermarsi alle sue spalle e capì di avere pochi istanti di tempo per agire: non era sicura di riuscire a scansarlo. La creatura si piegò sulle zampe e scattò in avanti, rompendo la tensione insostenibile che si era tesa come una ragnatela tra le loro due figure. Lei balzò di lato all'ultimo secondo e si aggrappò con tutte le sue forze alla sua criniera lucente, ben decisa a tenere salda la presa. Imbizzarrito, l'animale tentò di disarcionarla impennandosi sulle zampe posteriori e schizzò in aria, ma la ragazza riuscì a mantenere un appiglio ferreo e a sistemarsi stabilmente sulla sua groppa. L'incubo continuò ad attraversare il cielo per diverse ore, tentando di buttare giù la ragazza di tanto in tanto. Piano piano, le nubi cariche di pioggia si diradarono, e quando ormai l'alba iniziò a rosseggiare all'orizzonte la cavalcatura non faceva più caso a lei, rassegnata alla sua presenza. Stavano sorvolando un'immensa zona desertica, e Bellatrix si chiese quanto ancora mancasse al suo obbiettivo. Guardando sotto di sé, vide fare capolino tra le dune comignoli, tetti e pinnacoli. La distesa gialla, poi, andava scurendosi man mano che procedevano, e capì che la sua meta era ormai finalmente vicina.

Finché lo vide. Questa volta Pitch non si era accontentato di un antro nella foresta. Un'enorme nube nera dominava il paesaggio, ruotando lentamente su sé stessa. L'incubo accelerò e poco dopo si trovarono a quello che doveva essere l'ingresso, che era più simile a uno stretto corridoio aperto in una parete altrimenti impenetrabile del quale non riusciva a distinguere lo sbocco. La stella che aveva evocato si era esaurita da tempo, e Bellatrix ripeté i suoi gesti da prestigiatore per crearne un'altra. Ma il corridoio rimase buio e le sue mani vuote, così lei scrollò le spalle in un gesto indifferente e si strappò il mantello di dosso con gesto teatrale, gettandoselo ai piedi prima di entrare nella tana del lupo.

Avanzò nel corridoio con la mano appoggiata al muro, un po' per sostenersi e un po' per verificare se il corridoio avesse deviazioni o altre porte. Ma questo procedeva sempre dritto, fino al cuore della nuvola stessa. Sotto le dita, la sabbia fremeva e vibrava in modo quasi impercettibile, come se avesse coscienza e sapesse che lei era lì, che un intruso si era arrischiato ad entrare. Si ritrovò in un'ampia sala, arredata in stile medievale. Un grande trono dominava la stanza, dall'alto di un basso palco di pietra sul muro di fondo. Accanto, un pesante tendaggio copriva la parete a sinistra, e le altre tre mura erano scandite da alti archi a sesto acuto. La ragazza si infilò sicura in uno di quelli, e si trovò in un corridoio che dava su altri innumerevoli passaggi. Vagò per un pezzo in quel reticolo di cunicoli, forte del suo senso dell'orientamento infallibile, finché giunse finalmente in quelle che dovevano essere le segrete. All'improvviso si rese conto di conoscere perfettamente la planimetria di quel posto, perché era una copia precisa di quello in cui aveva vissuto gli ultimi giorni della sua esistenza terrena, quando fu accusata pubblicamente di stregoneria. Non è vero che è uguale, si disse, fissando i dintorni con ostilità.

L'ingresso è diverso... qui non ci sono guardie né ponti levatoi, né stanze sotterranee con vergini di ferro e altri orribili strumenti di tortura, ma è molto più tetro e cupo.

Scosse la testa, come per scacciare i brutti ricordi che le si erano affacciati alla mente, e iniziò una folle corsa, indugiando davanti a ogni porta quel tanto che bastava a controllare se la stanza dietro di essa fosse vuota e avanti così per diversi corridoi. Finché, dopo quelle che le parvero ore, individuò un'enorme figura riversa sul pavimento di una cella isolata dalle altre, tenuta avvinta al muro da pesanti catene. Bellatrix trattenne rumorosamente il fiato, lanciandosi contro la porta con forza.

<< Nord.. Nord! Sveglia, guarda chi è venuto a prendervi! >> sussurrò la ragazza, stringendo le sbarre con tanta foga che le nocche le diventarono bianche.

Lentamente, Nord alzò il volto deperito verso di lei. Aveva un aspetto sudicio, trascurato, gli occhi spenti. Tuttavia, parve rinvigorirsi alla sua vista, e si lasciò sfuggire un debole sorriso.

<< Sei tu! Non speravo più ormai.. credevo che Pitch avesse preso anche te! >>

<< Sono qui, Nord. Adesso ti tiro fuori. Dove sono gli altri? Sandy, l'hai visto? >>

<< No, non so più nulla di altri da quando Incubi ci hanno sorpreso... >>

Bellatrix appoggiò la fronte alle sbarre, delusa e disperata.

<< Bellatrix, dov'è Jack? >> sentì Nord chiederle da dietro la porta.

<< Lui... è stato preso da Pitch. È intrappolato nella caverna nel bosco... ho provato di tutto, ma non sono riuscita a tirarlo in salvo...! >>

Lanciò un'occhiata rapida e colpevole a Nord, e vide il panico sul suo volto sporco.

<< Non preoccuparti per Jack, adesso. Preoccupati di Manny, piuttosto! >> continuò la ragazza, dopo essersi asciugata gli occhi umidi con la manica sbrindellata.

<< Che vuoi dire? >>

<< Voglio dire, che Pitch ha preso la luna. Non so cosa abbia fatto o stia facendo a Manny, e tanto meno so dove lo tiene rinchiuso! >>

Improvvisamente vide con la coda dell'occhio un movimento fulmineo alla sua destra, e un istante dopo si ritrovò schiacciata a terra da un'onda nera che le strizzò l'aria fuori dai polmoni. Pitch si avvicinò con fare minaccioso e le puntò un piede sul petto, chinandosi su di lei con un ghigno sadico.

Le sue mani cineree stringevano la luna, ridotta alle dimensioni di una pallina da tennis.

<< Cercavi questa, per caso? >> sibilò l'uomo, sventolandole l'oggetto a pochi centimetri dal naso.

<< Brutto bast... >>

Le parole le morirono in gola: Pitch aveva spostato il peso sulla sua trachea, minacciando di soffocarla. Bellatrix gli afferrò la caviglia in un istintivo gesto di sopravvivenza, ma lui era troppo forte e non riuscì a spostarlo nemmeno di un millimetro. Rassegnata, debole e svuotata di ogni energia, la ragazza lasciò cadere la mano sul petto, inerme. Questa le scivolò lungo il fianco e lei non fu in grado di muovere un solo muscolo. Pitch raddrizzò la schiena e la trascinò in piedi afferrandola per i capelli con un'espressione divertita. Lanciò un'occhiata trionfante a Nord, che non aveva smesso un attimo di urlare il nome della ragazza da quando lei era sparita dal suo campo visivo, e sparì insieme a lei in un turbine nero, lasciandosi dietro solo l'eco della sua folle risata.




Bellatrix si svegliò in un'ampia sala dall'aspetto familiare, che non riconobbe subito.

Si alzò lentamente, sedendosi sui talloni, e fece vagare lo sguardo attorno, cercando di capire dove fosse. Individuò Pitch, seduto sul grande trono nero vicino al drappo che copriva la parete, che la guardava con un sogghigno vagamente compiaciuto.

Da principio lei non capì cosa ci facesse lì con lui, ma poi l'immagine della piccola luna le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno.

<< Che cosa hai fatto a Manny? Rispondi, Black! >>

Il sorrisetto soddisfatto si incrinò sul volto dell'uomo e le sue sopracciglia rade si curvarono in un'espressione contrariata.

<< Che te ne pare del mio castello? È di tuo gradimento? >> chiese infine, in tono beffardo.

<< Per niente. Mi ricorda tanto quello dove mi ha fatta rinchiudere... quando è stato? Ah già, adesso ricordo! Quando mi hanno giustiziata! >> rispose lei, altrettanto sarcastica, picchiettandosi il mento con l'indice.

<< Adesso mostrami Manny o giuro su quelle poche stelle rimaste che la gente avrà un motivo valido per chiamarti “Uomo Nero”! >>

<< Che maniere, non c'è bisogno di passare alle minacce! >> rispose lui tranquillo, mostrandole e facendo cadere a terra il piccolo globo. Questo rotolò, semplice e patetico, fino alla ragazza che lo raccolse con entrambe le mani e lo portò alle labbra tremando incontrollabilmente.

<< Riportalo com'era. Ora. Fallo ora, o giuro che... >>

Lacrime di rabbia le solcarono le guance, trascinando con sé le tracce di sabbia che le annerivano il volto.

<< Non ci penso nemmeno. Ho trasferito la sua vera essenza in un altro luogo, quello che hai in mano non è altro che un guscio vuoto. Sapevo che, per arrivare ai Guardiani, avrei dovuto prima togliere di mezzo lui, così da poter agire indisturbato. E, dov'è adesso, l'Uomo nella Luna non può più intralciarmi >> .

La ragazza-gatto alzò la testa di scatto, guardandolo con odio da dietro un velo di lacrime.

<< Tu cosa..? >>

Pitch si alzò e si avvicinò al drappo alle sue spalle, voltandole la schiena. Dietro, diversamente da quel che si aspettava lei, non vi era una parete di pietra, ma un enorme specchio dalla cornice minuziosamente elaborata. Intrappolato dietro la superficie liscia e fredda, vi era un essere tra i più belli che avesse mai visto. Un giovane uomo, dai lineamenti gentili e le spalle scolpite, era appeso a testa in giù in quella che era la replica perfetta della stanza dove si trovavano loro. I capelli argentei, lunghi fino alle spalle, ricadevano a ciuffi scomposti sfiorando il pavimento. Era vestito come una divinità greca, di un trasparente e leggero tessuto bianco, raccolto su un fianco con un morbido nodo. Le braccia, diafane e forti, giacevano lungo i fianchi, dove la veste si allargava fluttuando e aprendosi come un fiore appena sbocciato. Le spalle nude e bianche, gli occhi chiusi e corrucciati in un'espressione metà serena e metà sofferente e le labbra socchiuse trasmettevano l'idea di un essere etereo, di una bellezza struggente.

Ma a vederlo in quello stato, incosciente e indifeso, Bellatrix sentì crescere dentro di sé una profonda tristezza: sentì che avrebbe fatto di tutto pur di spianare quelle sottili rughe sulla fronte e attorno alle palpebre distese dell'uomo. Qualunque cosa.

Con mano tremante, posò a terra la piccola luna e, lentamente, si tirò in piedi. Avanzò sulle gambe malferme, rischiando di incespicare una o due volte, finché crollò in ginocchio sui gradini di pietra, a pochi passi dallo specchio, senza riuscire a staccarne lo sguardo. Allungò la mano tremante per sfiorarne la superficie, ma Pitch le imprigionò prontamente il polso nella sua stretta ferrea. La ragazza sussultò, voltando di scatto la testa per lanciargli un'occhiata sconvolta: in quei brevi istanti si era completamente scordata che lui fosse lì. E all'improvviso si rese conto dell'emerita idiozia che aveva compiuto venendo lì, sola e praticamente disarmata. Probabilmente Pitch sapeva che lei avrebbe fatto di tutto pur di ritrovare Sandman e l'Uomo nella Luna, e non aveva esitato ad usarli come esca.

Ma lui le restituì uno sguardo che non gli aveva mai visto addosso, come se fosse dispiaciuto per la situazione in cui lei si era ritrovata.

<< Non ti consiglio di toccarlo, o finirai nello specchio anche tu, e allora io non sarei in grado di farti uscire >> .

Lei abbassò lo sguardo e prese a singhiozzare alla disperata coprendosi gli occhi con le mani, le spalle scosse da violenti singhiozzi. Le lacrime le bagnavano le guance e, scendendo sotto il mento, atterravano sulle sue gambe, inumidendole a macchie.

Sentì Pitch chinarsi accanto a lei, e posarle la mano sulla testa. Le sue dita sottili affondarono tra le ciocche bionde scatenando in lei un tremito più profondo.

<< Non fare così >> la voce dell'uomo si era fatta dolce, quasi suadente. << A nessun padre piace vedere la propria figlia che piange! >>



Bellatrix non poté e non volle credere a quanto le sue orecchie avevano sentito. Il suo cuore aveva smesso di battere per diversi secondi, e adesso pompava sangue alla disperata, come deciso a recuperare quelli che aveva saltato.

<< Sapessi quanto ho aspettato di poterti riavere con me... >> sussurrò lui, passando il braccio destro attorno alle sue spalle.

<< Di cosa diavolo stai parlando? >> chiese lei, la voce bassa e tremante.

Non riuscì a sopportare oltre il contatto del suo braccio sul suo collo, si sentiva come la preda avvolta nelle spire di un serpente: in trappola, con i minuti contati. Doveva fare qualcosa o lui l'avrebbe divorata senza pietà.

Con uno scatto inaspettato, si divincolò dalle sue braccia e balzò in piedi, lontano da lui.

<< Bella, lo so. So che sei confusa, che non mi credi. Ma lascia che mi spieghi... >>

<< Non >> scandì la ragazza con tono minaccioso, accompagnando ogni parola con uno scatto nervoso della mano, << ti azzardare a chiamarmi Bella! Non devi spiegare un bel niente! Bugie, nient'altro che bugie! >>

Si scagliò su di lui con tutte le forze rimastele, consapevole del fatto che non sarebbero bastate a batterlo. Ma il desiderio di colpirlo era talmente forte che non le importava: ciò che contava di più era mettere a tacere la sua faccia da schiaffi. Ma quando gli fu appresso, Pitch la scagliò di lato senza sforzo, la afferrò per il braccio spingendola all'indietro e la inchiodò contro il trono di sabbia.

<< PERCHÉ DOVREI MENTIRTI, EH?! >> urlò lui a pochi centimetri dal suo volto, guardandola negli occhi.

<< TU HAI ORDINATO DI FARMI FUORI, TE LO SEI SCORDATO? >> gridò lei più forte. Si divincolò di nuovo dalla sua stretta e scattò in avanti.

Era ferma nella convinzione che lui si stesse inventando tutto, e la rabbia per l'essere presa in giro a quel modo fece scaturire in lei una forza altrimenti inspiegabile.

Con gesto fulmineo creò una stella gassosa e gliela spedì addosso come una maledizione, ma Pitch la schivò dissolvendosi e riapparendo alle sue spalle. Lei lo intercettò, creò una manciata di shuriken e glieli scagliò contro una per una. Pitch riuscì a deviarli con un'immensa falce di sabbia apparsa dal nulla, dalla lama curva e pericolosamente acuminata. Avrebbe potuto rimandargliele contro, e invece le aveva fatte schiantare lontano da lei.

Bellatrix creò una stella a cinque punte, grande abbastanza da essere brandita con entrambe le mani. Impugnandola come una mazza si avventò di nuovo su Pitch, che alzò la propria arma per farsene scudo. La falce e la stella scozzarono, producendo una pioggia di scintille. Lui si curvò sulla ragazza, le armi e le braccia di entrambi tremavano nello sforzo di tener testa l'una all'altro, finché le ginocchia di lei cedettero leggermente e Bellatrix si ritrovò a fissare terrorizzata l'uomo dal sotto in su.

<< Non capisci? Era l'unico modo per farti tornare da me! Ma loro ti hanno trovata, ti hanno portata via! Pensa a cosa deve essere stato per me, vederti crescere, morire e poi maturare al fianco di coloro il cui unico scopo è sempre stato quello di distruggermi! Prova un po' a chiederti come mai l'Uomo nella Luna non voleva che ci incontrassimo! >>

Bellatrix abbassò lo sguardo: non riusciva a sostenere quello di lui, le sembrava di esserne trafitta da parte a parte. Aveva il fiatone, le gambe non la tenevano più e anche l'arma che brandiva sembrava essersi appesantita di colpo. Quasi come se si fosse rassegnata, si lasciò cadere in ginocchio e allentò la presa, lasciandosi sfilare docilmente l'arma dalle dita da Pitch, che la gettò lontano, fuori dalla sua portata.

Tutto tornava, adesso. Ecco che i tasselli del mosaico cadevano precisi al loro posto. Bellatrix si portò le mani al volto e si strofinò energicamente gli occhi. Ritirandole, vide che erano coperte di sabbia nera, scaturita dalle sue orbite. Ecco la prova del nove, si sorprese a pensare. A quel punto sentì la mano di lui posarsi sulla sua spalla, e un istante dopo si ritrovò a stringere convulsamente tra le mani una sfera cristallina. All'interno, fluttuando in un minuscolo spazio, brillavano pianeti e meteore, immersi in un vortice nero e violaceo iridescente: la sabbia di Pitch.

<< Non avevo scelta. Dovevo spegnere la luce delle stelle, o non avrei potuto tornare >> .

In quell'istante Bellatrix si rese conto di cosa non le tornava nel racconto dell'uomo.

L'Uomo Nero e la paura sono sempre esistiti. Sempre. E a quanto ne so, la paura genera mostri, non figli!

<< BUGIARDO! >>

Un lampo, la lama della scure brillò letale mentre Pitch la fece calare sulla sua testa. Bellatrix la evitò rotolando di lato, stringendo convulsamente la piccola sfera mentre l'arma si abbatteva sul pavimento, il colpo andato miracolosamente a vuoto.

<< Bel tentativo, Pitch! Stavi quasi per farmela, ma sarai più fortunato la prossima volta! >>

Si alzò fulminea e creò altre stelle-shuriken, ma nell'atto distolse lo sguardo dal suo avversario che approfittò della sua momentanea distrazione per scagliarle contro una lingua di sabbia che le si attorcigliò attorno alla caviglia come i tentacoli di una piovra gigante. Le stelle le caddero dalle mani con un fragoroso tintinnio quando l'Uomo Nero tirò a sé la frusta, facendole perdere l'equilibrio. La ragazza cadde sulla schiena, l'aria strizzata fuori dai polmoni, e fu trascinata via, finché i due si ritrovarono sospesi nel vuoto all'esterno: le dita di lui strette attorno alla gola di lei, i loro occhi allacciati da sguardi di fuoco.

<< Ti do un'ultima possibilità, Bellatrix! Unisciti a me, o muori da sola! >>

<< Morire? Non sei riuscito ad eliminarmi la prima volta, non ci sperare per la seconda! >>

E gli conficcò nel braccio teso una stella, facendogli mollare la presa con un grido disumano.

Le sembrò di cadere al rallentatore, sentiva le palpebre e le membra così pesanti da non riuscire nemmeno a spiegare le ali per attutire la propria caduta. Quando precipitò a terra, sollevando un'immensa colonna di sabbia, era in uno stato di incoscienza tale da sentire a malapena dolore.


Non riusciva a capire. Non ricordava assolutamente come avesse fatto a ritrovarsi nella cella umida e fetida in cui si era svegliata. Tutto ciò che sapeva era che si trattava della stessa cella in cui fu segregata in attesa di essere giustiziata, più di ottocento anni prima. Ma con che prove, su che fondamenti l'avevano accusata, ai tempi? Tutto ciò che faceva era bollire qualche radice a scopi medicinali e insegnare ai bambini del villaggio a distinguere le piante buone da quelle nocive. A un tratto si ritrovò fuori, in qualche luogo all'esterno, e riconobbe la capanna al limitare del bosco dove durante la sua vita mortale conduceva una vita solitaria e pacifica. E, improvvisamente, le guardie le furono addosso, facendola precipitare in un vecchio incubo che l'aveva perseguitata per quasi un millennio. Lei li guardò impotente mentre violavano la sua casa, devastandola mattone dopo mattone e infine dandola alle fiamme. E poi, così com'erano venute, le guardie sparirono e lei si ritrovò a galleggiare in un abisso nero che premeva arrogante contro il suo corpo, cercando di comprimerle fuori l'aria dai polmoni.


E all'improvviso mi ritrovo legata al palo, in cima a un cumulo di fieno e sterpaglia, in attesa di porre fine alla mia vita. Pitch compare dal nulla e mi si avvicina minaccioso, il ghigno di Satana stampato sulle labbra pallide e sottili. Non riesco a guardarlo, non sopporto la sua vista e serro gli occhi con tanta forza che sul sipario nero davanti ai miei occhi compaiono centinaia di scintille. Sento la sua mano sfiorarmi il volto e le dita affondare nelle mie palpebre come fatte d'aria. È un incubo, nient'altro che uno stramaledetto terribile incubo. Sento le dita dell'Uomo Nero dissolversi e spalanco gli occhi, terrorizzata dalla folla che urla infervorata al rogo. Una farfalla dorata mi fluttua leggera davanti, spargendo una morbida scia sabbiosa. All'improvviso, la paura si placa come un oceano in tempesta che torna calmo: Sandy è vicino, è qui per proteggermi e sono certa che mi salverà. Del resto, l'ha già fatto in passato e so che non mi lascerà sola. Posso affrontare il mio destino con serenità, adesso che lo so. Mi ostino a mantenere un'espressione pacata ed un vago sorriso, nonostante le incertezze minaccino ad ogni istante di incrinare il vetro levigato del mio animo: la farfalla agisce come un amuleto contro la paura e le ingiurie. Ecco che il fuoco viene acceso ed accostato alle frasche secche, che ardono veloci fino a che le fiamme mi cingono l'abito logorato da mesi di prigionia. Un fulmine irrompe improvviso e furioso dal cielo e colpisce la farfalla, trasformandola in un essere completamente diverso. La sua sabbia si tinge di nero e davanti agli occhi mi si presenta un animale mostruoso: grande e maleodorante, la sua pelle coperta di piaghe e pustole si tende sottile e fragile su muscoli deformi e ossa fratturate e saldate male. Ha la testa di un enorme corvo, dal cui becco sporgono denti scheggiati e appuntiti, curvi come zanne di serpente e grondanti un liquido denso e nero dall'odore ferroso, spargendone altro ad ogni movimento che compie per avvicinarsi. Lo sento, quella cosa è venuta apposta per me. Vuole mangiarmi e io non posso fare altro se non guardarla mentre avanza lenta e inesorabile, trascinandosi sulle zampe malferme e lasciandosi dietro una lunga scia di sangue denso e scuro.

Sento che le mie paure hanno definitivamente infranto quel vetro levigato e lucido che erano le mie certezze: l'Omino Dorato non verrà, mi ha lasciata da sola pur sapendo del bisogno disperato che ho di averlo qui con me adesso. Attraverso il fumo che si addensa sempre di più, scorgo due occhi paglierini, grandi e fissi. Pitch tiene lo sguardo impassibile su di me mentre le fiamme lambiscono per intero il mio corpo e io urlo tutto il mio dolore, sia quello fisico che quello provocato dalla consapevolezza di essere rimasta sola anche nel momento della mia dipartita.

Poi, come dal capo di un lungo sotterraneo, sento qualcuno urlare ripetutamente il mio nome e io torno a galleggiare in un mare di ansia e paura.



<< Bellatrix! Svegliati, Bellatrix! Apri gli occhi, coraggio! >>

La ragazza obbedì, in preda a un sentimento di terrore misto a sollievo, il fiato corto e la fronte imperlata di sudore.

<< Jack? >>

<< Finalmente! È mezz'ora che provo a svegliarti! >>

La sua voce la raggiunse da qualche parte alla sua destra: ovunque fossero, c'era un'oscurità assoluta, sicché lei, con i suoi occhi felini, non riusciva nemmeno a scorgere la sua sagoma. Scattò a sedere e si buttò alla cieca di lato: desiderava più di ogni altra cosa sentire il contatto fisico di una persona amica, mettendo momentaneamente da parte l'orgoglio e la sua categorica regola di non farsi sfiorare neanche con un dito. Con sua sorpresa, Jack la acchiappò al volo, ma lei non ci fece caso più di tanto: in barba ad ogni buon senso, Bellatrix si aggrappò con tutte le sue forze alla felpa del ragazzo, cercando istintivamente di affondare il volto nel petto di lui, che prese a darle pacche affettuose sulle spalle nel tentativo di tranquillizzarla.

<< Cosa è successo, Bellatrix? Non riuscivo a svegliarti, stavi urlando come un'indemoniata! >>

Le spalle della ragazza, tremanti, furono percorse da un brivido più profondo al ricordo dell'incubo, ancora così fresco e chiaro nella sua mente tanto quanto davanti ai suoi occhi. In qualche modo, il buio intorno a loro contribuiva a rendere ogni immagine più vivida.

<< Un incubo terribile, non puoi immaginarti quanto. Ma ora è passato, è tutto passato... >> mormorò lei con voce incrinata, più per rassicurare sé stessa che lui.

Passò qualche istante di assoluto silenzio, scandito dai battiti cardiaci frenetici di lei e il suo respiro affannoso.

<< Dove... dove siamo? >> chiese infine, deglutendo. Era ancora saldamente avvinghiata a lui, il naso immerso nelle pieghe della felpa resa umida dalle lacrime che le uscivano quasi di prepotenza dagli occhi.

<< Stai tranquilla, siamo al sicuro. Ho scoperto questa grotta sulla strada per venirvi a cercare e quando ti ho trovata ti ho portata qui. Dove sono gli altri, li hai visti? >>

<< Ho incontrato Nord, di sfuggita. Stavo per liberarlo quando Pitch mi ha sorpreso. Non è stato un incontro molto piacevole... >>

Il suo tono si era fatto più sicuro: alzò il volto e spostò gli occhi da una parte all'altra, ma ciò che vedeva fu solo il nero più opprimente.

<< Pitch...? >>

<< Sì, ho combattuto contro di lui. Ma non ce l'ho fatta, ha giocato sporco. Se teniamo conto che non sono nel pieno delle mie forze, non è difficile capire il perché. E Manny... >>

Si interruppe, con la sgradevole sensazione che un'incudine le fosse scivolata sullo stomaco. Il ricordo del piccolo globo bianco aveva risvegliato in lei l'immagine di un altro globo. Precisamente, quello che da diversi mesi a quella parte le stava dando tanti fastidi.

<< Il globo! Che fine ha fatto?! >> urlò, staccandosi da Jack. Prese a tastare in giro alla cieca, ma sotto le dita sentiva solo il pavimento duro e scivoloso della grotta.

<< Esattamente dalla parte opposta a quella in cui stai cercando. Non lo vedi? >> rispose Jack, in tono sorpreso.

A Bellatrix scappò una risatina nervosa, che rimbalzò in maniera innaturale contro le pareti del loro rifugio.

<< Scusa Jack, ma come pretendi si possa vedere qualcosa con questo buio? >>

Passarono altri lunghi istanti in cui il silenzio sembrò solidificarsi tra loro. Poi Bellatrix si sentì afferrare il volto dalle mani di Jack e la sua voce autoritaria a pochi centimetri dal suo naso, così vicina che il suo fiato caldo le scaldò la punta del naso.

<< Non vorrei creare panico, Bellatrix. Ma credo... che tu sia diventata cieca! >>













A.A


Allora, ça va?

Di nuovo, stavo quasi dimenticandomi di postare il nuovo capitolo. Ma niente paura, se ci metto tanto ad aggiornare è proprio colpa dell'angolo dell'autore in cui non so mai cosa dire. Quindi in teoria basterebbe non metterlo per stare tutti più felici, ma vabbeh. Parlando di cose serie... Per evitare incomprensioni no, Bellatrix non è la figlia di Black per davvero. Sarebbe stato un cliché visto e stravisto (ma ai i tempi in cui scrissi questa parte io non lo sapevo, e se avessi continuato a scrivere di getto state sicuri che sarebbe finita così!). Però, a posteriori, ho deciso di lasciarne almeno l'ipotesi così, tanto per incasinare ancora di più le cose. Da un capitolo all'altro Jack e Bellatrix si ritrovano, e forse avrei voluto che restassero separati ancora un po', ma del resto ho già cercato di ritardare il loro incontro il più possibile e questo è quel che ne è venuto fuori. a parte ciò, come vedete iniziamo a capire qualcosa di più sul passato di Bellatrix. In assoluto, una delle cose che più mi è piaciuto scrivere è stato proprio il suo background personale... ma chissà ormai quante volte l'avrò detto!

In ogni caso, se doveste riscontrare qualche incoerenza o svista grammaticale, anche se piccina, al solito vi prego di farmelo sapere. Ho lavorato talmente tanto a questa storia che non dovrebbero essercene, ma per sicurezza...

E niente, dopo questa io torno a fare le mie cosucce, quindi ci vediamo la settimana prossima con il quinto capitolo :D

Ah, mi scuso con _Dracarys_ per non aver risposto prima alla tua ultima recensione, e grazie! Sono contenta che le scene di azione siano venute decenti xD


Saluti a tutti,

Tec :D

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Capitolo 5
*** Contrattacchi e visioni ***






Per la seconda volta, la ragazza si rifiutò di credere a quel che le era stato detto. Si portò i pugni sulle palpebre e se le sfregò energicamente, facendone scaturire fuori due scie di sabbia nera.

<< Sante Pleiadi, tutto tranne questo! >>

Aveva sentito dei movimenti e un istante dopo si sentì prendere le mani in quelle gelide del ragazzo.

<< Dai, non va così male! >>

Lei alzò un sopracciglio nella sua direzione come a chiedergli se si fosse reso conto dell'idiozia che aveva detto, sciogliendo le mani dalla sua stretta e incrociandole sul petto, ma il tono speranzoso del ragazzo non si incrinò minimamente.

<< Hai l'Universo, ora. Puoi rimetterlo al suo posto, e Pitch non può spegnere le ultime stelle! >>

<< Bravo Jack, questo è vedere il bicchiere mezzo pieno! Ma dimentichi che conciata come sto adesso, non sono utile nemmeno ad accendere un fiammifero, figuriamoci ripopolare un intero universo! Se almeno avessi ancora una stella...! >>

Passarono alcuni istanti di silenzio, interrotto solo dalla voce di Jack, che aveva preso a canticchiare un motivetto a bocca chiusa.

<< Che c'è? >> chiese la ragazza, perplessa.

<< Mah, niente. È solo che guarda caso, io ho una stella proprio qui, nella tasca della felpa! >>

Altro secondo di pausa, il sopracciglio di Bellatrix sembrava aver messo radici appena sotto l'attaccatura dei capelli.

<< Eh? >>

<< Ti ricordi quando siamo stati al covo di Pitch, vero? >>

<< E come dimenticarlo? >>

<< Ecco. Ero appena entrato, e il varco si era chiuso sopra di me come una trappola per le volpi. Non riuscivo a vedere un accidente. A un tratto il buco si riaprì e volò dentro questa >> .

Così dicendo il ragazzo estrasse un piccolo globo ghiacciato, tenendolo alto davanti agli occhi vacui di lei. Poi ricordò che non poteva vedere, perciò le prese di nuovo le mani, ve lo adagiò dentro e le richiuse tra le sue, sorridendole incoraggiante.

<< Fortuna che sono agile, altrimenti mi avresti colpito di sicuro! >>

Bellatrix scoppiò in una risata liberatoria. Non una risata sprezzante, ma un suono chiaro e cristallino come l'acqua di una fonte, un suono che, Jack si costrinse ad ammetterlo, gli levò un peso opprimente dallo stomaco.

Lei si liberò dolcemente dal suo tocco e si chinò per terra. Cercò a tentoni la sfera con dentro l'Universo, la raccolse e gliela depose tra le mani come lui aveva fatto con lei appena qualche istante prima.

<< Questo, per ora, voglio che lo tenga tu. Nelle condizioni in cui mi trovo ora, non potrò difenderlo se Pitch dovesse cercare di riprenderselo. Perciò stacci attento, mi raccomando >> .

Sentì il peso leggero della sferetta sollevarsi del tutto nelle mani del ragazzo e allora prese tra le proprie la stella congelata. I minuti trascorsero lenti, intervallati dai respiri di lei che si facevano sempre più lenti e profondi. Dopo un ultimo sospiro, schiuse le labbra e soffiò piano sulla superficie ghiacciata dell'astro. Gocce d'acqua le bagnarono le mani quando la scorza di ghiaccio si sciolse, colandole sulle braccia e bagnandole le maniche aderenti e sbrindellate in diversi punti.

Rimasero a lungo immobili, l'uno di fronte all'altra, col viso alto e gli occhi chiusi a bearsi di quel piacevole tepore che la stella aveva sprigionato risvegliandosi, finché un potente tuono fece tremare la terra, facendoli cadere l'una addosso all'altro. Jack si ritrovò a fissare gli occhi spenti della ragazza, spalancati in un'espressione di terrore. La afferrò per le spalle, la buttò di lato senza troppi complimenti e si precipitò fuori.

Lei lo raggiunse qualche istante dopo, la mano posata contro il muro per non mancare l'uscita.

<< Che sta succedendo? >> chiese perentoria, alzando il volto al cielo come se avesse intuito il pericolo che aleggiava sopra il loro nascondiglio.

<< Il cielo... è completamente nero. Garantito che Pitch sta per combinarne una grossa! >>

<< Allora, suppongo che dovremmo darci una mossa, vero? >>

Spiegò le ali e fece per spiccare il balzo, per poi cadere rovinosamente sulle ginocchia meno di mezzo secondo dopo.

<< Ah già, dimenticavo che sono più prosciugata di un'acciuga sotto sale! >> disse dopo qualche istante, in tono apatico.

Jack, che era rimasto a guardarla con vago affetto, si avvicinò per aiutarla a rialzarsi.



<< ...Questo... è davvero... oltraggioso... >> borbottò Bellatrix, sistemandosi meglio sulla schiena di Jack.

<< Per caso avevi un'idea migliore? >> chiese lui, mal celando il proprio tono affaticato dal peso di lei.

<< No, ma lo stesso se ti scappa anche solo una parola al riguardo con gli altri giuro sulle Pleiadi che ti uso come gratta unghie! >> lo minacciò lei, allentando leggermente le braccia incrociate attorno alla sua gola.

<< Tranquilla, sarò muto come una tomba! Tieniti pronta, vedo il castello! >>

Nell'avvicinarsi, i due non incontrarono la minima resistenza e ciò li insospettì ulteriormente. Pitch poteva aver teso loro un'imboscata, e Jack era sicuro che in quel caso non sarebbe riuscito a tener testa a un'orda di incubi e proteggere al contempo la sua compagna di viaggio, che di certo non avrebbe potuto farlo da sé.

Atterrarono leggeri all'imboccatura del lungo corridoio che fungeva da ingresso e Bellatrix saltò giù dalla sua schiena con un movimento goffo. Il ragazzo lasciò vagare lo sguardo sulle imponenti mura, le iridi azzurre che schizzavano veloci da un mattone all'altro.

Dopo qualche istante di esitazione, iniziarono a percorrere il passaggio, facendosi luce con la stella risvegliata da Bellatrix.

<< Sai che ti dico? Questo posto ha l'aria di essere molto più grande, all'interno! >>

<< E allora? Ti sembra momento di pensare all'architettura? >>

<< Non è esattamente una cosa normale. Lo sai, vero? >>

<< Oh, Jack. Conosci bene Pitch. Dovresti sapere che, oltre alle manie di protagonismo, adora la mente dei bambini. Loro hanno interi mondi, in testa. Le storie, le paure e le gioie, insomma tutto quello che un bambino vive gli fa avere una mente sconfinata! Ma ciò non gli fa avere un planetoide come scatola cranica, non trovi? >>

<< Ah. Quindi noi ci troviamo nella testa di un bambino, adesso? >>

<< Forse, chi può dirlo? Chissà, magari è la sua! Anche Pitch era umano, quindi deve essere stato un bambino per forza, tanto tempo fa! >>

Jack provò a immaginarsi Pitch da bambino, ma quella visione gli era tanto difficile a immaginarsela che lui preferì pensare che Bellatrix avesse torto. Non poteva trattarsi della sua mente, assolutamente no!

<< Ora, ecco il piano >> continuò lei, dopo ancora qualche istante di silenzio, mentre procedevano fianco a fianco lungo la parete che sembrava non finire mai, << io vado da Manny, mentre tu vai a cercare i Guardiani! >>

La stretta alle mani fu istantanea.

<< Non ci penso nemmeno, non te lo permetterò! Tu e Pitch avete un conto in sospeso, e lui aspetta solamente di chiuderlo! Non sei in condizioni di poterlo affrontare da sola, non resisteresti un minuto! >>

La ragazza scosse la testa, con un sorriso vago ed incerto.

<< Ti ringrazio, Jack. Ma come hai detto, abbiamo un conto in sospeso, e anche io non vedo l'ora di fare i conti. Ci troverà comunque, prima o poi. Tanto vale dargli ciò che vuole e chiudere questa storia una volta per tutte. >>

<< Promettimi solo che non ti lascerai battere >> mormorò Jack, dopo un istante di esitazione, riprendendo a camminare assieme a lei.

<< Scherzi, vero? È la seconda volta che prova a liberarsi di me, eppure io continuo a tornare, come un tenace mal di denti. Vedrai che me la caverò. Me la cavo sempre, alla fine... Dove siamo? >>

<< Ecco.. in una grande sala. Davanti a noi c'è una specie di trono, là in fondo... >>

<< Segni di Pitch? >>

<< Nessuno >> .

<< Il muro a destra. Dovrebbe esserci un passaggio. È da quella parte che devi andare. Percorrilo fino in fondo, scendi le scale e dopo un po' dovresti arrivare nei sotterranei. È lì che lui tiene Nord rinchiuso >> .

Le ci vollero altri dieci minuti buoni per convincerlo a lasciarla sola. Rinnovò la promessa di non lasciarsi sopraffare da Pitch e ne suggellò diverse altre, ma in cuor suo credeva che almeno la metà sarebbero state infante. Alla fine sentì le dita del ragazzo scivolare via dalle sue e i passi leggeri di lui inghiottiti dalla pietra. A tentoni, mosse qualche passo verso il capo opposto della sala. Le sembrava di star camminando sulle uova, come se da un momento all'altro rischiasse di cadere in una voragine apertasi sotto i suoi piedi. Ma ciò non accadde e lei avanzò fino a metà della sala, quando inciampò in un oggetto sconosciuto e cadde lunga distesa. Toccandolo, s rese conto che l'oggetto misterioso altro non era se non la grande stella a cinque punte che aveva usato come arma durante l'ultimo scontro contro l'Uomo Nero.

Finalmente raggiunse il capo opposto della stanza e si arrampicò sui gradini, fino al punto in cui ricordava trovarsi lo specchio. Allungò le dita e avvertì il freddo della superficie, purtuttavia senza toccarla. Ricordava fin troppo bene le parole dette da Pitch: “toccalo e finirai dentro anche tu”. Certo, poteva averlo detto con l'unico scopo di sviarla, ma c'era da fidarsi? Se almeno avesse avuto la certezza che entrandovi, avrebbe scambiato la sua libertà con quella di Manny!

<< Se solo mi dicessi come fare a liberarti! Se potessi prendere il tuo posto, lo farei sorridendo! >> mormorò la ragazza all'essere che, ignaro e assopito, lei non poteva vedere.

<< Se la metti così, potrei anche farci un pensierino! >> la raggiunse la voce di Pitch da un punto impreciso alle sue spalle.

Sentì un forte spostamento d'aria che le sferzò i capelli e seppe di avercelo alle spalle, pericolosamente vicino, il suo fiato caldo sul collo.

Nuovo piano: prendi tempo!

<< Perché no, Black? Pensaci bene: senza di me le stelle non potranno riaccendersi. Ciò significa niente serenità, potrai regnare indisturbato sul mondo di terrore che tanto desideri. I bambini saranno dei facili bersagli e io non sarò più lì a cercare di fermarti. Non ti piace l'idea? >>

Si alzò e si volò per fronteggiarlo. Si rendeva perfettamente conto che quel che aveva detto era tremendo, ma per salvare Manny si scoprì a pensare che non avrebbe esitato a lasciare che Pitch tormentasse, torturasse e perseguitasse tutti i bambini del mondo, se fosse stato necessario. La mano di lui si posò sulla sua spalla, in un gesto quasi amichevole.

<< Molto, in effetti. Ma temo che dovrò rifiutare l'offerta >> .

Bellatrix sentì un istantaneo cambiamento in quel tocco: le dita dell'uomo si fecero affilate come coltelli e si conficcarono prepotenti nella sua spalla, lacerando l'abito, la pelle e spezzandole l'osso con uno schiocco secco. Il dolore esplose rapido e inaspettato al punto che le sue labbra si schiusero in un grido muto mentre lei crollava di nuovo in ginocchio stringendosi convulsamente il braccio martoriato.

<< Vedi, il fatto è che è il tuo amico Manny, il pezzo grosso. Tu che non sei nemmeno un Guardiano, come potresti sperare di valere al punto da prendere il suo posto? >>

<< Se non fossi così importante come dici, non mi avresti fatto arrostire su quel rogo, tanto per cominciare! >> sibilò lei con rabbia, sentendo di nuovo il suo fiato addosso, << Non mi avresti ingannato, cercando di farmi mettere contro i Guardiani! Mi hai perfino restituito l'Universo, pur di sembrare convincente! E se non perché ti ho fatto qualcosa, allora perché? >>

<< Sei proprio ingenua, Bellatrix! >> rise Pitch, drizzando la schiena, << Proprio tu che dici di conoscermi così bene non l'hai ancora capito? Pensavo fosse chiaro! >>

Si interruppe, per esplodere immediatamente in una fragorosa risata malvagia.

<< L'ho fatto perché mi divertiva! >>

Si chinò nuovamente, sfiorandole l'orecchio peloso con le labbra sottili mentre la afferrava per i capelli in modo da tenerle alta la testa.

<< E già che siamo in tema, l'Universo. Dammelo, così potrò toglierti di mezzo una volta per sempre! >>

<< Spiacente di deluderti, ma non è più in mio possesso. L'ho perso nelle dune sabbiose, perciò dovrai trovare un altro sistema! >> sibilò Bellatrix, indirizzando gli occhi ciechi verso di lui.

Lei non poté vedere il lampo di malignità che attraversò fulmineo gli occhi paglierini dell'Uomo Nero mentre la lasciava andare con gesto rude e stizzito.

<< Non importa, esistono altri modi per spegnere una luce ostinata! >>


Era la fine, questo l'aveva capito benissimo, fin dall'istante in cui Pitch aveva pronunciato quelle parole cariche di minaccia. Stava galleggiando immersa in un'oscurità densa e vischiosa, che stirava e comprimeva infinite volte ogni singola cellula e fibra del suo corpo, mentre la sua resistenza si faceva sempre meno combattiva e la sua coscienza si faceva via via sempre più assente.

E a un tratto, si ritrovò negli occhi dell'Uomo Nero. Vedeva ciò che stava vedendo lui, ma con una parte remota e per certi versi distaccata dalla sua mente. Lo sentì ridere e la risata dell'uomo era la sua, ma non le apparteneva appieno. Così come il forte senso di trionfo ed invincibilità che la invase come un veleno rapido e letale. In questo vortice di emozioni prepotenti si accorse solo vagamente che la spalla non doleva più.





Jack si precipitò giù per la scalinata di cui aveva parlato Bellatrix, schizzando da un muro all'altro come una pallina di gomma lanciata con forza. Stava vagando in quel labirinto da quel che gli sembrava tanto, tantissimo tempo e ancora non aveva trovato il minimo indizio della presenza di Nord o degli altri Guardiani. A un tratto però, si trovò in un lungo corridoio sul quale si affacciavano decine e decine di porte, tutte uguali e silenziose come un esercito di soldati senza faccia. E a terra, al centro del passaggio, individuò il ramo che aveva raccolto nella foresta per Bellatrix. Gettò uno sguardo all'interno della cella davanti alla quale l'aveva trovato e vide Nord, così come la ragazza l'aveva visto l'ultima volta.

<< Nord! >>

L'uomo alzò gli occhi pesti a quel flebile sussurro e un'espressione sorpresa si fece largo sul volto sporco.

Jack colpì la serratura con l'estremità del proprio bastone, congelandola. Questa si aprì con uno scatto metallico e il ragazzo si precipitò all'interno.

<< In nome di stella Polare, Jack! Bellatrix ha detto che eri stato catturato! Come hai fatto a scappare? >>

Jack ripeté il movimento usato per aprire la porta sulle catene che tenevano Nord avvinto al muro e queste caddero con un sonoro clangore.

<< Te lo spiego dopo! Bellatrix è andata dall'Uomo nella Luna, dobbiamo fare in fretta! Se Pitch la trova per lei è finita sul serio! >>

Nord continuò a massaggiarsi i polsi con aria vagamente distratta.

<< Io non mi preoccuperei troppo, Jack. Quando quella ragazza si arrabbia sul serio è capace di abbattere i monti con un respiro! >>

Jack trattenne un verso rabbioso, guardando il Guardiano suo collega con espressione esasperata.

<< Non hai capito, Nord! Bellatrix è già allo stremo, e Pitch l'ha accecata con la sua sabbia! Non può farcela da sola! Potrebbe già essere troppo tardi! >>

Gli raccontò brevemente di come, una volta scappato dalla grotta che un tempo era il covo di Pitch, si fosse messo alla ricerca di un indizio qualsiasi su dove fossero gli altri Guardiani. Di come, dopo aver girato mezzo mondo, avesse scorto quasi per caso la sagoma inerte di Bellatrix tra le dune di sabbia e l'avesse portata in un posto sicuro. Gli descrisse la sua espressione sofferente mentre era in preda a quell'incubo dal quale non riusciva a destarsi e di come infine si fosse resa conto della sua cecità. Stava per aggiungere qualcos'altro, ma la voce gli morì in gola e Nord ebbe la netta impressione che Jack stesse per crollare sotto il senso di frustrazione che provava.

Forse per cercare di calmarsi, il ragazzo pensò bene di virare su un altro argomento.

<< Allora.. dove pensi che siano gli altri? >>

<< Sai una cosa? Ha ragione lei quando dice che ancora non conosci bene tuo nemico, Jack. Pitch si diverte a giocare con paure di tutti, anche di Guardiani. Prendi Dentolina, per esempio. Un colibrì. Un uccellino che vive libero e senza vincoli, a stretto contatto con natura. Qual'è cosa peggiore per un essere simile, secondo te? >>

Jack lasciò vagare lo sguardo per la cella. Quella domanda gli sembrava fuori luogo quanto inutile. E poi, l'illuminazione.

Nord era abituato a vivere in mezzo al rumore e alla frenesia, e per contro gli era toccata una cella vuota, isolata e dal silenzio opprimente e inquietante. Seguendo lo stesso ragionamento, un essere abituato a non avere vincoli doveva per forza trovarsi in...

<< Una gabbia! >> concluse ad alta voce, schioccando le dita.

Nord annuì soddisfatto, tirandosi finalmente in piedi.

<< Allora, andiamo a cercare questa gabbia! >>

Ma l'impresa fu più facile a dirsi che a farsi. Avevano imboccato da diversi minuti un passaggio che li aveva portati ai piani alti del castello, e più d'una volta si erano trovati in vicoli ciechi che li costringevano a tornare sui loro passi. Finché trovarono Dentolina quasi per caso, lanciando un'occhiata frustrata fuori da una delle vetrate scure che davano verso l'esterno. In lontananza, videro una sorta di larga terrazza delimitata da un massiccio parapetto di pietra. Sotto la terrazza che aggettava nel vuoto assoluto, ciondolava una gabbia simile a quelle usate ai tempi del medioevo per i prigionieri, lasciati appesi ad aspettare di morire dilaniati dai rapaci.

Jack e Nord si lanciarono uno sguardo di intesa e bruciarono il resto del corridoio di corsa. La priorità era raggiungerla il prima possibile, ma ora che avessero trovato un modo per salire di sopra chissà quanto tempo sarebbe passato!

<< Nord, aspettaci qui, vado a prenderla! >> urlò Jack indirizzando un dardo di ghiaccio contro il vetro di un'altra vetrata. Questo andò in frantumi e Jack schizzò fuori come un invasato, senza preoccuparsi della risposta che gli aveva urlato l'altro di rimando.

La ragazza era seduta sul fondo della gabbia, con le ginocchia strette al petto e il viso rivolto all'orizzonte, pallido e assente.

Jack la chiamò a gran voce e lei si voltò, incredula. Sul suo viso emaciato si allargò un'espressione di rinata gioia, che sembrò stirare ed appiattire la paura e la solitudine fino a farle svanire del tutto.

<< Jack! Oh, per tutti i dentini, non sai quanto sono felice di vederti! >>

<< Anche io, Dentolina. Aspetta, adesso ti tiro fuori! >>

Il ragazzo congelò la serratura, che cedette senza opporre resistenza.

<< Ma che ci fai qui? >> chiese lei, prendendo la sua mano tesa.

<< È una storia lunga, te la spiego dopo. Dobbiamo sbrigarci, Bellatrix ha bisogno di noi! >>

Stava per lanciarsi nel vuoto quando lei lo trattenne, aggrappata saldamente alle sbarre arrugginite.

<< Non possiamo andare da quella parte! Pitch ha catturato di nuovo le fatine, e nessuno ha raccolto i dentini! Non riesco a volare! >>

<< Tu no, ma io sì! >> rispose Jack, sollevandola con decisione. I due scavalcarono la finestra ed atterrarono nel corridoio dove ad attenderli era rimasto Nord.

<< Dentolina, stai bene! >> sorrise Nord, abbracciandola con lo sguardo.

<< Non abbiamo tempo per queste cose, ve lo devo ricordare? Mancano ancora Sandy e Calmoniglio. Io direi di iniziare a cercare, e chi troviamo, troviamo >> .

Passarono in rassegna ogni anfratto, ogni corridoio ed ogni stanza, finché giunsero in una che era completamente diversa dalle altre: non aveva nulla di terribile o spaventoso. In effetti, sembrava una normalissima cucina d'altri tempi. Ampia, luminosa e stranamente accogliente. E sospettosamente innocua. Così poco in stile Pitch.

<< Che razza di posto è questo? >> chiese Jack, guardandosi intorno con sguardo perplesso.

<< Magari Pitch è un ottimo cuoco e... e noi non lo sapevamo! >> azzardò Dentolina, poco convinta, guardandosi intorno con aria perplessa. All'improvviso udirono dei colpi secchi che li fecero trasalire tutti in simultanea. Venivano da qualche parte all'interno della stanza, e ad essi si era aggiunto un suono curioso, come un mugolio soffocato. Il terzetto rimase immobile alcuni istanti, in ascolto. Poi i colpi cessarono e così anche la voce. Nord drizzò la schiena e si precipitò all'interno, verso un angolo nascosto nella penombra. Si avvicinò a un immenso focolare sul quale era appeso un immenso calderone riscaldato da un mucchio di braci roventi. Il calderone era chiuso da un grande coperchio e sigillato da pesanti catene. Jack e Dentolina gli corsero dietro, e Nord picchiettò leggermente sul coperchio, ascoltando attentamente. Da dentro il calderone arrivò loro una serie di colpi frenetici in risposta, talmente forti da far dondolare il paiolo appeso alla sua catena. I tre Guardiani si guardarono tra loro, confusi.

<< Vi risulta che Sandy abbia una paura folle di essere cucinato? >> chiese Jack, cercando di restare serio.

E finalmente Nord spezzò le catene come fossero state grissini e scoperchiò il calderone con gesto secco.

Un fulmine grigio saltò fuori, avvinghiandosi stretto stretto all'omone, fradicio di brodo alle verdure, e per diversi minuti non ci fu verso di cavare una parola di bocca a Calmoniglio al punto che Nord dovette rassegnarsi ad averlo in collo fino a data da stabilirsi.

Intanto, i tre stavano scervellandosi su dove potesse essere Sandy, l'unico che ormai mancava di nuovo all'appello.

<< Secondo me lo tiene in luogo buio e freddo. Un luogo difficile da raggiungere, isolato. Sandy non ama il vuoto e la desolazione, perciò è in posto così che lo rinchiuderei io se fossi Pitch! >> spiegò Nord, mentre percorrevano un corridoio deserto e scuro.

Jack gli lanciò un'occhiata a metà tra l'arrabbiato e l'esasperato. Nel castello non vi erano posti del genere, l'avevano rivoltato come un calzino da cima a fondo. Quindi l'unica spiegazione doveva essere che Sandy non si trovava lì, per forza. Ma d'altronde non avevano tempo per cercarlo, ne avevano già perso ad oltranza e il fatto che, passando per la grande sala in cui aveva lasciato Bellatrix, non avevano trovato altro che segni di lotta recente non avevano fatto altro che fomentare la sua angoscia. Ma ad un tratto, ecco di nuovo l'illuminazione divina. Il ragazzo, che camminava in testa al gruppo, si voltò di scatto verso gli altri, arrestando la loro avanzata.

<< Nord, dobbiamo fare in fretta! So dov'è Sandy, ma non abbiamo molto tempo! >>

<< Di cosa stai parlando, Jack? >>

<< Conosco un posto che ha i requisiti che cerchiamo! La stanza dell'Universo di Bellatrix! Siccome non è esattamente dietro l'angolo, faremo meglio a muoverci! >>

Il ragazzo schizzò in aria, ma vedendo che gli altri non si erano mossi tornò indietro, con l'agitazione che ormai stava prendendo sempre più il controllo sulla sua volontà.

Dentolina e Calmoniglio, che nel frattempo si era ripreso dal trauma, si scambiarono un'occhiata esitante. Ma Nord, contro ogni aspettativa, assunse un'aria furbetta e prese a frugarsi in tasca.
<< Se cose stanno così >> disse, tirandone fuori un globo di neve scintillante, << allora ci farà comodo uno di questi! >>



Non sapeva quanto fosse passato, il tempo non sembrava esistere in quell'abisso di tormento e solitudine.

Passato da cosa?

Non sapeva nemmeno se esistesse effettivamente una realtà diversa da quella che l'attorniava, perché le sembrava di essere sempre vissuta lì, addirittura di esserci nata. Ogni tanto, però, ai margini della mente le si affacciavano fugaci visioni che lei non riusciva a cogliere appieno, come pesci guizzanti appena sotto la superficie dell'acqua di un torbido lago. L'immagine di una donna dai lineamenti gentili, che teneva per mano due bambine e in braccio un bimbetto di circa sei anni. L'immagine sparì così com'era venuta, soffocata da un'ondata dell'odio più puro e radicato.

E poi fu solo sabbia: un cumulo di sabbia con una coscienza vaga e fragile, che strisciava fluida e sinuosa sul pavimento come un serpente nell'acqua.



Il quartetto attraversò il portale del globo e si ritrovò quasi istantaneamente ai piedi dell'albero cavo ai margini della foresta.

<< Nord, non credo che tu riesca a passare di lì. Forse è meglio che ci aspetti fuori... >> disse Jack, posandosi leggero su uno dei rami più bassi.

L'omone annuì e si voltò verso gli alberi passandosi i pollici sulla cintura.

All'interno del rifugio, nulla sembrava suggerire il passaggio di Sandy o dello stesso Pitch. Dentolina, Calmoniglio e Jack avanzarono cauti, in un silenzio nervoso, pronti a cogliere qualsiasi anomalia. E la trovarono quasi subito, guardando verso la porta della Stanza dell'Universo. Il pavimento sotto di essa era coperto da uno strano alone nero, come se dall'altro lato qualcuno avesse tirato un gavettone di vernice. Ma, toccandolo, Jack si rese conto con un tonfo al cuore che le sue dita non percepivano la consistenza del legno: sembrava quasi che il vuoto al di là stesse cercando di uscire fuori, divorando e corrodendo quello che stava al di qua della porta. Del resto, si ritrovò a pensare, Bellatrix aveva detto che sarebbe successo.

<< Che succede? >> chiese Calmoniglio avvicinandosi, con espressione dubbiosa.

<< Ciò che si trova oltre questa porta sta cercando di uscirne. È come un grande buco nero, si sta espandendo e divorerà tutto ciò che incontrerà sulla sua strada. Dobbiamo rimettere la Stanza al suo posto, o saremo davvero nei guai. Purtroppo ce l'ha... >>

Si bloccò a metà frase, tastando con cautela il rigonfiamento tondo nella tasca della sua felpa.

<< Sbaglio o avevi detto che eravamo a corto di tempo? Sei sicuro che Sandy sia laggiù? >>

Jack restituì al coniglio uno sguardo indecifrabile e aprì la porta con una spinta calibrata del bastone.

<< C'è solo un modo per scoprirlo, no? >> disse, affondando lo sguardo nell'abisso nero sottostante. << Sentite, se non dovessi tornare in, diciamo... quindici minuti, andate da lei, liberate l'Uomo nella Luna. Io cercherò di tornare presto! >> disse, estraendo la sfera dalla tasca della felpa. La consegnò a Calmoniglio, che la strinse delicatamente nel pugno peloso prima di tornare a guardare il collega con un sopracciglio alzato.

Il ragazzo stava per lanciarsi d sotto, quando Dentolina lo afferrò in extremis per la manica, rivolgendogli uno sguardo supplichevole.

<< Jack, se è così... che senso ha tutto questo? >>

Il ragazzo si liberò dolcemente dalla sua stretta, prendendole la mano nella sua.

<< Bellatrix ha una vera e propria devozione per Sandy, e a quel che ho capito anche lui le vuole molto bene. La può aiutare a non arrendersi, lei è persa senza di lui. Ne ha bisogno, Dentolina. Ne hanno bisogno entrambi... >>

La fissò nei grandi occhi viola per qualche secondo, in silenzio. Lei fece per articolare qualche parola, ma non riuscì a tradurre in suono il proprio pensiero e ci rinunciò. Jack le sorrise, le prese la mano e gliela strinse forte. Poi si voltò verso l'abisso nero, e senza aggiungere una sola parola si gettò nel vuoto.

Gli parve di cadere per un tempo incalcolabile. La forte gravità alla quale non poteva e non avrebbe voluto comunque opporsi, lo trascinò giù fino alle più profonde viscere della Terra. Poi, dopo quelle che parvero ore, iniziò a scorgere un minuscolo puntino luminoso che in mezzo a tanta oscurità sembrava sul punto di soffocare: una minuscola zattera lucente in balia di un mare d'inchiostro. Strizzò gli occhi: il puntino si faceva impercettibilmente più grande e il ragazzo avvertì la sua discesa frenarsi abbastanza da permettergli qualche rigido movimento, finché fu completamente in grado di muoversi come voleva. La sua caduta si arrestò, eppure non aveva toccato pavimenti di sorta: sotto di sé poteva ben vedere il baratro che continuava ancora e ancora, ma ciò che gli importava era quel che gli stava davanti.

Sandman alzò lentamente la testa, come se quel semplice movimento gli fosse costato una fatica immensa, e Jack vide sul suo volto un'espressione sofferente che mai avrebbe potuto immaginargli addosso: era come se tutta l'energia vitale fosse stata risucchiata via dal suo corpo tracagnotto. Gli occhi, di solito grandi e brillanti, gli si posarono addosso vacui e stanchi, contornati da due profonde tasche viola, e la sua carnagione brillante era spenta e sbiadita, come coperta da uno spesso strato di polvere. Era intrappolato in una specie di bozzolo che lo avvolgeva dalla base del collo in giù, e sottili catene di sabbia nera lo tenevano ancorato al pavimento invisibile per mezzo di un pesante collare. Nonostante Jack fosse rimasto scosso da quella visione, fu con un largo sorriso che si rivolse all'omino incatenato.

<< Ehilà, piccoletto! È arrivata la cavalleria! >>





A.A


Beeeeene, here we are

Lo so, lo so. La paura di Calmoniglio è così ridicola che non sapevo fino all'ultimo se lasciarla o toglierla. Ma poi ho pensato: "Dannazione Tec, già hai scritto una tragedia dietro l'altra, mettiamo un po' di situazioni assurde che alleggeriscano la tensione!" e così spero di aver fatto.

Finalmente Sandy si fa vivo! Per modo di dire, ma vabbeh. Svelato il mistero del perché non fosse comparso prima. Qualcuno forse potrebbe chiedersi perché Nord non se ne sia accorto prima (essendo il capo, se c'è qualcosa che non va dovrebbe essere il primo... giusto?). La risposta è semplice: io credo che Pitch abbia voluto farlo sparire in silenzio, altrimenti i Guardiani si sarebbero insospettiti e si sarebbero messi in guardia già da tempo. E siccome nessuno era al Polo per controllare il globo, non avrebbero potuto notarlo.

Piccola postilla tecnica, riguardante il titolo della fanfiction ( avrei dovuto farlo al primo capitolo, ma siccome sono una svampita senza speranza ho perseverato nel tralasciare questo dettaglio relativamente importante ).

Per chi non lo sapesse, Whispers in the Dark è il titolo di una canzone che adoro, degli Skillet. Come l'altra, la trovavo semplicemente perfetta per questa storia, anche se questa non sono riuscita a inserirla nel testo perché non avrei ben saputo dove metterla. Perciò niente, volevo solo farvelo sapere.

Bene, direi che ho finito. Alla prossima!


Tec :3










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Capitolo 6
*** Addio ***






Fu un enorme sollievo per entrambi tornare all'aria aperta, dagli altri Guardiani. Jack aveva constatato con un certo sollievo che erano ancora dove lui li aveva lasciati, il che doveva voler per forza dire che aveva fatto relativamente in fretta. Ne dedusse che, nel luogo in cui Sandy era tenuto prigioniero, il tempo non doveva scorrere allo stesso modo che in superficie: infatti sia la discesa, che pur era stata agevolata e accelerata dalla forte gravità, e la salita gli erano sembrate infinite. Ma adesso nulla di tutto ciò aveva più importanza; l'unica cosa che davvero contava adesso era tornare al più presto al castello di Pitch, per correre in aiuto dell'unica persona rimasta a lottare per loro contro di lui.

Perciò, di nuovo uniti, i cinque partirono alla volta del castello sospeso. Jack aveva deciso di riconsegnare l'Universo alla sua legittima custode, e adesso si rigirava tra le mani quel piccolo globo per colpa del quale era nata la loro disavventura, mentre sfrecciava nel cielo con gli altri a bordo di un buffo aeroplanino dorato creato prontamente da Sandman.

Il gruppetto fece irruzione nel castello con una furia poderosa: Sandy si era andato a schiantare con l'aeroplano sulle mura, sfondandole, e il colpo fu così forte da scuotere il castello fin nelle fondamenta, il che aveva ovviamente vanificato la vaga speranza di cogliere Pitch di sorpresa.

I Cinque stavano correndo a rotta di collo attraverso quell'intrigo di corridoi e cunicoli, passando per ampie sale deserte e corridoi interminabili. Finalmente giunsero nella sala dove Jack si era diviso da Bellatrix, e constatarono di nuovo che della ragazza erano rimasti solo i chiari segni della sua lotta contro Pitch. Prima di tutto, scorse una chiazza rossa ai piedi dell'enorme trono, la profonda crepa nel pavimento al centro della sala e le armi usate nello scontro. La stella gassosa che lei si era portata dietro fluttuava pigra poco distante, come un piccolo sole incandescente.

Jack imbracciò il bastone come un fucile e parlò forte e chiaro alla stanza apparentemente vuota.

<< Fatti vedere, Pitch! >>

Un cumulo di sabbia si alzò vorticando e lui apparve al centro della sala, nel punto in cui la crepa aveva dissestato il pavimento come lastre di ghiaccio sospese sull'acqua. Da principio, l'uomo si limitò a guardarlo con un sorriso che a Jack non piacque per niente.

<< Jack Frost! Sei riuscito a scappare, vedo. Ti è piaciuto lo scherzetto del passaggio? >>

<< Non ti muovere, Pitch! Rispondi, dov'è Bellatrix? Cosa le hai fatto? >>

<< L'ho tolto di mezzo, quell'odioso sacco di pulci! >> rise, allargando teatralmente le braccia. Jack sentì la rabbia montargli in corpo, e si preparò a scagliare il suo attacco. Ma Pitch eseguì un gesto familiare e lui ne rimase pietrificato: dalle dita dell'Uomo Nero nacque una manciata di stelle-shuriken, identiche a quelle di Bellatrix. Con la differenza che quelle erano più nere del bitume.

Jack sgranò gli occhi, in preda a una nuova ondata di sconforto, mentre gli altri Guardiani non riuscirono a fare altro che un collettivo e simultaneo sospiro mozzato dallo sgomento.

Jack urlò tutta la sua rabbia e in un battito di ciglia gli fu addosso, minacciandolo col bastone.

<< Riportala indietro, Pitch! O giuro che hai finito di vivere! >>

L'Uomo Nero lo guardò sprezzante, scoppiò in una risata cattiva e scivolò via per ricomparire alle spalle del ragazzo. Con gesto fulmineo creò una stella di gas, anch'essa nera come l'inchiostro, e la scagliò contro il Guardiano. Jack si voltò, e la vide arrivare troppo tardi. Ma il boomerang di Calmoniglio schizzò in avanti, deviando la stella e facendole finire la sua corsa contro il trono di sabbia, che esplose. Calmoniglio riacchiappò al volo l'arma, e Pitch si voltò verso di lui, digrignando i denti con lo sguardo carico d'odio. Gli scagliò contro un'altra sfera incendiata, ma anche questa non andò a segno. Fu invece inghiottita da un sipario di sabbia dorata, frappostosi tra Pitch e Calmoniglio con impeccabile prontezza. La coltre dorata si diradò, mostrando Sandy con le braccia spalancate davanti al collega e un'espressione ostile dipinta in volto. In mano reggeva la stella, cristallizzata in uno spesso strato di vetro aureo.

Jack si avvicinò a Pitch alle spalle e lo colpì in testa a tradimento, e in quell'attimo gli altri quattro scattarono verso di lui per attaccarlo a loro volta. Pitch si dissolse in un ciclone di sabbia e li tramortì tutti, urlando di rabbia e dolore. Si ricompose e camminò a passi lenti ed inesorabili verso Sandman, che era stato proiettato contro il muro e adesso giaceva inerme ma cosciente ai suoi piedi. Pitch gli lanciò un'occhiata di trionfo e disprezzo e si preparò a dargli il colpo di grazia.



Bellatrix si svegliò di colpo dal suo torpore, come se fosse stata buttata in una vasca d'acqua gelida. Fino a quell'istante non era consapevole della sua coscienza assopita, ma nel preciso istante in cui i suoi occhi avevano incrociato quelli dorati dell'omino che ansimava esausto ai suoi piedi, quel fulmineo contatto le aveva restituito una minuscola cognizione dei confini del suo corpo e della sua volontà.

Le sue mani erano le mani di Pitch, e si stavano alzando per infliggere un colpo mortale. Un istante dopo collegò quegli occhi dorati al loro possessore, e la sua mente esplose come un fuoco d'artificio.

Pitch sentiva l'adrenalina crescergli nel petto, minacciando di traboccare da un momento all'altro. La stella oscura che teneva tra le mani cresceva a un ritmo regolare e veloce. L'Uomo Nero levò alta la sfera sulla testa. Assaporò il momento tanto anelato fino all'ultimo istante e, alla fine, scagliò il colpo.

Sandy alzò istintivamente le braccia al volto, ma la stella si dissolse prima di colpirlo. Abbassò gli avambracci e guardò perplesso il suo nemico, che a sua volta sembrava non capire cosa fosse successo. Gli altri Guardiani, nel frattempo, si erano appena ripresi e avevano puntato gli occhi su Pitch, che si stava preparando a ripetere l'attacco. Rimase un paio di secondi con le braccia sospese sulla testa, e d'un tratto cadde in ginocchio portandosi le mani al ventre come per un forte mal di pancia. Grosse gocce di sudore gli imperlarono la fronte, colando sugli zigomi pronunciati deformati da un' espressione sofferente.

E poi, non riuscendo più a contenere il dolore, buttò la testa all'indietro ed emise un grido agghiacciante, mentre dalla sua bocca spalancata si sprigionò un bagliore cristallino e accecante. Con sforzo sovrumano, Pitch chiuse le fauci e staccò con gesto rigido la mano destra dal suo ventre. Eseguì un ulteriore gesto, come per spalancare una porta invisibile, e dal suo corpo si staccò un bozzolo di sabbia che all'apparenza aveva una consistenza gelatinosa, quasi liquida. Il bozzolo rimbalzò due volte sul pavimento e finì rotolando a poca distanza dal punto in cui si trovava Jack, che lo guardò sconvolto e spaventato. I filamenti che collegavano quella strana crisalide al corpo di Pitch si sciolsero e Jack si avvicinò, con un misto di repulsione e curiosità.

<< Bellatrix! >>

La ragazza emerse da quella gelatina nera che si stava rapidamente sciogliendo: era stesa a pancia in su, le braccia larghe, una gamba leggermente flessa e gli occhi a mezz'asta. Ansimava e tossiva come se avesse rischiato di affogare, e quando Jack si chinò su di lei, non reagì. Il ragazzo la prese fra le braccia e cominciò a darle schiaffi leggeri sulle guance, che così ripresero un po' di colore. Ma subito fu investito da un'onda di sabbia e allontanato da lei, che ricadde sul pavimento come una marionetta i cui fili sono stati recisi, atterrando sul fianco sinistro. Subito Jack si rialzò e caricò contro Pitch, assediato dagli altri Guardiani che intanto cercavano in ogni modo di infliggergli qualche colpo. Ma l'Uomo Nero teneva loro testa, anche se con sforzo sempre più evidente, e fece partire una pioggia di frecce nere verso la ragazza-gatto, rimasta indifesa. Ma di nuovo, il colpo non andò a segno. Un paio di enormi mani di sabbia dorata si frappose tra le frecce e la ragazza, facendole da scudo. Pitch osservò adirato mentre una mano adagiava con cura la ragazza sull'altra e vi si posava sopra in un movimento delicato, come si farebbe per proteggere una fiammella da un vento impetuoso. Sandy, lontano dal fulcro della battaglia, protese le braccia e le mani di sabbia gli affidarono Bellatrix, dissolvendosi nell'aria. Jack, che aveva osservato la scena con la coda dell'occhio, tornò ad attaccare con più vigore: ora che era sicuro dell'incolumità della sua amica, nulla l'avrebbe fermato. Sandy posò a terra la ragazza e la strinse forte a sé, prima di adagiarla completamente sul pavimento e buttarsi nella battaglia assieme agli altri. Ma si fermò, sentendosi trattenere per la manica. L'omino dei sogni si voltò con espressione sconvolta verso la ragazza che lo tratteneva a stento, poi si chinò su di lei e lei gli sussurrò qualcosa all'orecchio.


Sandman alzò lo sguardo e individuò quasi subito il pesante drappo nero dietro al quale si celava la prigione dell'Uomo nella Luna. Si lanciò da quella parte, ma ad appena un paio di metri dall'obbiettivo fu bruscamente fermato da Pitch, che lo aveva bloccato per i polsi con una frusta di sabbia. L'Omino dei Sogni si voltò, costernato: la sua stessa sorte era toccata anche agli altri Guardiani, immobilizzati dalla testa ai piedi da altrettante lingue di sabbia. Pitch era voltato verso di lui, e oltre il suo braccio teso vide Bellatrix lanciargli uno sguardo significativo mentre si appoggiava al muro per rialzarsi, senza fare il minimo rumore. Le labbra della ragazza articolarono una parola muta, che raggiunse Sandman con la potenza di un maremoto.

Distrailo!

Ma Pitch, del resto, non sembrava aver bisogno di distrazioni.

<< Volevi farmela, vero vecchio mio? >>

Bellatrix ne approfittò per tirarsi in piedi e muovere un singolo passo, silenziosa come solo un gatto sa essere. Gli altri Guardiani la videro e furono per lasciarsi sfuggire un avvertimento o un esclamazione di sorpresa, ma lei si portò l'indice alle labbra e loro capirono il messaggio.

Reggetemi. Il. Gioco.

<< Se non vi odiassi tutti, quasi mi dispiacerebbe per voi! >> stava dicendo Pitch, continuando a guardare Sandy con sadico divertimento.

<< L'Uomo nella Luna è ancora mio prigioniero, e temo proprio che di questo passo lo resterà in eterno. Come voi, del resto. È inutile che vi illudiate, avete perso clamorosamente, questa volta! Il mio regno di tenebra è destinato a perdurare, e nessuno di voi sarà mai in grado di fermarmi! >>

Bellatrix chiamò a sé l'unica stella gassosa presente, quella che Jack aveva individuato al loro ingresso nella sala. Fulminei, i Guardiani si lanciarono uno sguardo d'intesa che Pitch non notò.

<< Dove tieni Uomo nella Luna? >> chiese Nord perentorio, celando l'affanno nella voce. Pitch restò qualche istante in silenzio, valutando se rispondergli o meno.

E poi si avvicinò al drappo nero senza mai voltare lo sguardo ai Guardiani, lo strappò con gesto deciso dall'asta che lo reggeva e lo gettò a terra con noncuranza. Per la seconda volta, i Guardiani rimasero senza fiato. Pitch si voltò compiaciuto e, un secondo dopo, individuò la ragazza in piedi al capo opposto della sala.

<< Ehi, bel faccino! Prendi questa! >>

E lanciò la stella con tutte le sue forze, per poi crollare di nuovo a terra, sfinita ma cosciente. Pitch, colto in contropiede, riuscì per il rotto della cuffia ad evitare l'attacco dissolvendosi e materializzandosi davanti a Bellatrix.

Sorrise beffardo piegandosi accanto a lei, prendendole il mento tra le dita cineree con morsa minacciosa.

<< Peccato, ce l'avevi quasi fatta! >> le sibilò tirandola a sé per l'orlo della veste.

<< Ti sbagli, vecchio mio. Ce l'ho fatta eccome! >> rantolò lei in risposta, con un lampo trionfante negli occhi ambrati.

Pitch si voltò verso lo specchio con un moto di rabbia e terrore. Appena in tempo per vedere la stella infrangere la superficie liscia di vetro. Questa si incrinò con uno schiocco secco, congelando Pitch e i Guardiani lì dove si trovavano. Ci fu un secondo di assoluto silenzio in cui l'aria stessa si era fatta immobile, opprimendo gli astanti. Poi, l'essere magnifico ed etereo che vi era stato imprigionato dentro, fino a quel momento assopito e inconscio della battaglia che si era svolta a pochi metri da lui, aprì gli occhi. Dalla crepa nel vetro si sprigionò una luce bianca come la luna, che divenne sempre più intensa fino a costringere tutti a distoglierne lo sguardo. In quell'istante l'intero specchio fu percorso da innumerevoli crepe dalle quali la luce sembrava voler scappar fuori ad ogni costo, anche a quello di accecarli. Finché, con una tremenda esplosione, l'Uomo nella Luna evase dalla sua prigione. A quel punto, la luce era così abbagliante da oscurare tutto il resto. Bellatrix sentì la presa di Pitch irrigidirsi sul suo petto e, infine, dissolversi nel nulla. Poi i suoi sensi vennero a meno e lei crollò faccia a terra, svenuta.



Intorno a lei sentiva solo un rombo assordante e la terra che tremava. Una voce la chiamava da lontano con uno strano riverbero, come se provenisse da un pozzo profondo. Aprì gli occhi e vide Jack restituirle uno sguardo sollevato.

Il ragazzo era affiancato da Dentolina, Calmoniglio e Sandy, che sorridevano rassicuranti da sopra le sue spalle. Stava per sorridere a sua volta, ma perfino i muscoli facciali le dolevano insopportabilmente e le riuscì solo una vaga smorfia di dolore. A un tratto si sentì sollevare: Nord l'aveva presa tra le possenti braccia e, dopo aver lanciato un'occhiata d'intesa ai suoi compagni, presero tutti a correre verso l'uscita più vicina. Bellatrix avrebbe voluto dirgli di andare più piano, perché tutto quell'essere sballottata a destra e manca le faceva dolere ogni singola fibra del suo corpo, ma non riuscì ad articolare una sola parola. Si chiese, con un improvviso tuffo al cuore, dove fosse Manny. Poi vide, come in un miraggio, l'essere etereo vestito da divinità greca fluttuare in testa al gruppo, stringendo nella mano il suo guscio color latte, e sentì un peso sollevarsi dal suo stomaco. I Guardiani giunsero all'esterno con grida di vittoria che subito si trasformarono in esclamazioni d'orrore: il castello era sospeso nel vuoto e non c'era modo di scendere a terra se non affrontando un salto di almeno un paio di centinaia di metri.

<< Ci penso io! >> urlò Jack, schizzando avanti. Colpì il bordo estremo del pavimento della piccola terrazza su cui si trovavano con l'estremità del bastone e da questa si sprigionò una sinuosa lingua di ghiaccio che andava via via ispessendosi, formando una sorta di arzigogolato scivolo cristallino. Nord, Dentolina e Calmoniglio vi si lanciarono sopra, proprio mentre il pavimento sotto i loro piedi iniziava a cedere. Quando raggiunsero terra non poterono fare altro che guardare l'immenso castello sfaldarsi e ricadere al suolo come un gigantesco castello di sabbia abbattuto da un'onda anomala.


<< Cosa credete ne sia stato di Pitch? >> avanzò Bellatrix, reggendosi precariamente sulle gambe, appoggiata al braccio di Nord.

<< E chi lo sa? Magari abbiamo fortuna e ci è rimasto secco! >> sbottò Calmoniglio, speranzoso.

Il gruppo fu attraversato da un brivido silenzioso.

<< Sei crudele >> lo rimbeccò lei, con una nota triste nella voce.

<< Crudele, io?! Non so se te ne sei accorta, ma non è stato esattamente gentile con noi! Ti sei già scordata di quello che ci ha fatto passare? Di quello che ha fatto passare a te? >>

<< Beh, più che aver tolto le stelle dal cielo non può aver fatto, poi che questo comportasse il mio deperimento... è solo un effetto collaterale... >>

Calmoniglio stava per ribattere qualcosa, ma fu fermato da una gomitata di Nord ben assestata. A Bellatrix non sfuggì quel curioso comportamento, ma non vi diede troppo peso.

<< Tu non capisci >> continuò, guardando la distesa di sabbia nera. << Io ero dentro di lui. Ho sentito una strana sensazione per tutto il tempo, come se stessi galleggiando nel dolore e nella paura. Li sentivo premere sul corpo, nella testa, riempirmi i polmoni come acqua. Quell'uomo è più tormentato di quanto voglia darci a vedere... Tutto, in Pitch, è paura e dolore, più di quanto potrai mai sopportarne in vita tua, Calmoniglio. >>

<< Non l'avrei mai detto, vedi un po' i casi della vita! >> rispose lui, in tono spavaldo.

<< Ovviamente non hai capito un corno di quanto ho detto! Voglio dire, che ho avuto l'impressione che quella non fosse la paura dei bambini. Anzi, sono sicura e pronta a giurarti, che una minuscola parte di lui avesse paura! È come... >>

Si interruppe, sospirando frustrata portandosi la mano alla tempia. Sentì delle piccole dita stringersi rassicuranti sull'altra e guardò in basso: Sandy le restituì uno sguardo incoraggiante e lei sentì crescere fragile dentro di lei un senso di chiarezza.

Gli altri Guardiani la guardavano come a non volersi perdere una sua sola parola. L'Uomo nella Luna fece un cenno silenzioso col capo, incoraggiandola a proseguire.

<< Ho visto il suo cuore, e so quello che ho visto. E io ho visto che Pitch, nel suo intimo, è spaventato come un bambino dai suoi stessi poteri! >>

I Guardiani si lanciarono sguardi perplessi, indecisi su cosa credere.

<< Ma ormai non ha più importanza. Pitch ci lascerà in pace per un bel po', ammesso che sia sopravvissuto. Andiamo, io ho un intero universo da rimettere al suo posto! >>

<< Sicura... di sentirti bene? >> azzardò Dentolina, fluttuandole accanto.

<< Ho avuto momenti migliori, in effetti. Ma mi sentirò meglio quando tutta questa storia sarà finita, nel nome delle Pleiadi! >>


<< Aspettatemi qui, dentro potrebbe essere pericoloso! >>

Si calò all'interno dell'albero cavo e scivolò lungo il passaggio circolare, atterrando sul pavimento con un sonoro schiocco di tacchi. Quasi immediatamente udì un sibilo provenire da dove era appena arrivata e un istante dopo Jack fece irruzione nella stanza, come un tappo saltato via dalla bottiglia di champagne.

<< Mi era sembrato di avervi detto di aspettarmi fuori! >> puntualizzò la ragazza, guardandolo con il sopracciglio inarcato.

<< Non volevo perdermi lo spettacolo, ovvio! Cosa diavolo..? >>

Jack aveva puntato lo sguardo oltre di lei, e Bellatrix si voltò, incuriosita. La voragine nera che lui aveva visto l'ultima volta era avanzata fin quasi alla metà della stanza. I ragazzi potevano vedere chiaramente l'abisso infinito che a poco a poco aveva attaccato anche la parte inferiore delle pareti, come una grande macchia di umido.

<< Ahi, ahi, ahi. Non ci voleva proprio. Dico bene? >> osservò Bellatrix, in tono tutt'altro che preoccupato.

Con sommo stupore, Jack la vide sorridere con aria furbetta.

La osservò esterrefatto, mentre lei alzava le mani sul petto con i palmi rivolti davanti a sé, come appoggiati a un vetro invisibile. Piegò il busto in avanti e lentamente, quasi con sforzo, iniziò a stendere le braccia. Il sudore le imperlò immediatamente la fronte, ma anche se gli arti le tremavano quasi senza controllo lei mantenne la presa. Man mano che le sue mani si allontanavano dal corpo, la grande voragine nera arretrava, fino a essere di nuovo confinata dall'altro lato della porta.

La ragazza si voltò sorridendogli e lui sentì naturale il bisogno di fare lo stesso.

Poi, senza alcun preavviso, crollò di nuovo sulle ginocchia, con un grido strozzato. Jack le fu subito accanto, il sorriso rimpiazzato da una smorfia preoccupata.

Il volto della ragazza era pallido e lucido, le labbra esangui.

<< Bellatrix! >> la chiamò forte lui.

<< Tutto bene, sto bene. Non preoccuparti, Jack >> .

La aiutò a rialzarsi e lei si aggrappò alla sua spalla, le unghie conficcate nella sua pelle. Rimasero immobili diverse decine di secondi, l'uno con un fascio di nervi pronti a saltare e lei con il volto chino in avanti, i capelli a schermarla dal suo sguardo. Jack ascoltò il suo respiro lento e pesante regolarizzarsi poco a poco, tenendola stretta per il braccio.

A un tratto lei si divincolò, gli afferrò entrambe le mani e piroettò su sé stessa, trascinandolo con sé in un giro completo, la sua risata che rimbalzava contro le pareti spoglie. Jack rise con lei senza sapere il motivo di tanta euforia, sentendo la preoccupazione scivolargli via di dosso come acqua calda.

Un attimo dopo lei si era staccata, fiondandosi di nuovo su per il passaggio.

<< Dove vai? >> le urlò Jack, ridendo ancora.

<< A chiamare gli altri, ovviamente! Non voglio che si perdano lo spettacolo! >>

La ragazza schizzò fuori dall'albero cavo e si acquattò su uno dei rami più alti, attirando l'attenzione del gruppo ancora radunato sulle sue radici e facendo pollice alto.

<< Dacci dentro, Calmoniglio! >>

Il Guardiano della Speranza le lanciò un'occhiata d'intesa e batté due rapide volte sul terreno, che si aprì sotto i piedi degli altri Guardiani, facendoli sparire nel sottosuolo.

Soltanto l'Uomo nella Luna rimase indietro, rigirandosi la propria scorza tra le dita diafane.

<< Ma... Manny? >>

I due si guardarono intensamente, ma la ragazza non ricevette risposta alcuna.

Allora smise di far ciondolare le gambe, si appese al ramo sul quale si era appollaiata e si diede una forte spinta con un colpo di reni. Atterrò accanto a lui e si rialzò, sfregandosi le mani dalla polvere.

<< Tutto bene, Manny? >>

L'essere le rivolse uno sguardo dolce e sorrise, porgendole la piccola luna. Bellatrix lasciò che lui la depositasse sui suoi palmi uniti a coppa, continuando a non capire.

Poi l'Uomo nella Luna stese le proprie mani sulle sue e il suo corpo fu avvolto da un alone sfavillante, così caldo e intenso che lei dovette chiudere gli occhi per non restarne accecata. Quando li riaprì, sia la luce che lo stesso Manny erano spariti. Dopo un attimo di smarrimento, abbassò lo sguardo sulla piccola luna che giaceva tra le sue mani e sorrise.

<< Andiamo a casa, Uomo nella Luna! >>



Erano tutti accalcati attorno alla porta della Stanza dell'Universo, in trepidante attesa.

Bellatrix era ferma sull'orlo estremo della soglia, gli occhi affondati nel buio più intenso.

<< Pronti per lo spettacolo pirotecnico? >> chiese voltandosi, mentre stringeva il globo cristallino alto nella mano destra.

<< Quando vuoi! >> rispose Nord, con un ampio sorriso.

La ragazza gli sorrise a sua volta, si voltò di nuovo e, dopo un attimo di esitazione, lanciò il globo oltre la porta.

L'oggetto descrisse un ampio arco e dopo qualche secondo iniziò a precipitare.

<< Adesso, Jack! >>

Il ragazzo era pronto. Dal bastone si sprigionò un dardo di ghiaccio che colpì la sfera, mandandola in mille pezzi. Al momento dell'impatto ci fu un'esplosione, e una luce bianco-azzurrina si propagò nell'ambiente circostante. L'onda d'urto investì in pieno i Guardiani, mentre ciò che era stato compresso e rinchiuso per tanto tempo si espandeva in tutte le direzioni, riappropriandosi del proprio legittimo spazio. Jack riaprì gli occhi: ovunque posasse gli occhi, piccole sfere di ogni colore fluttuavano pigri nella penombra. In alcuni punti, poi, vedeva delle strane nuvole, più nere dell'oscurità che le attorniava.

<< Ci vorrà un po' prima che tutta la sabbia di Pitch sia neutralizzata. Ma prima di tutto... >>

Lanciò un'occhiata significativa a Sandy e si buttò oltre le soglia. L'ometto la seguì senza esitazioni ed insieme fluttuarono privi di peso tra innumerevoli corpi celesti. Jack li vide quasi sparire divorati dal buio, mentre si affaccendavano laboriosi attorno a questo o quel sistema planetario. E man mano che si spostavano da un estremo all'altro che gli occhi dei Guardiani potessero cogliere, più l'oscurità stessa sembrava arretrare, finché fu di nuovo trapunta di decine di migliaia di diamanti luminosi.

Erano passate diverse ore e ormai la maggior parte della sabbia nera era stata convertita ed eliminata. Mancava un'ultima cosa: riposizionare la luna all'interno della sua orbita.

La Terra ruotava lenta e placida assieme ai pianeti suoi compagni, incurante del torto che le era stato arrecato con la sottrazione del proprio satellite. Bellatrix aprì piano la mano e la luna fluttuò tranquilla al suo posto, come se al contrario fosse pienamente consapevole di stare tornando al posto cui era destinata.

<< Stammi bene, Manny! >> mormorò la ragazza, avvertendo uno strano nodo alla gola. Sandy allungò la mano e strinse la sua con affetto. Si fissarono a lungo, beandosi della tranquillità che sembrava averli contagiati infiltrandosi sotto la loro pelle. Con le dita intrecciate in un legame che andava ben oltre il mero contatto fisico, decisero tacitamente di fare ritorno, ma alla porta nessuno dei Guardiani era rimasto ad attenderli. Con un brutto presentimento, i due si scambiarono uno sguardo terrorizzato. Corsero fuori, dove con un intimo sospiro di sollievo trovarono gli altri quattro. Erano l'uno accanto all'altro, di spalle, e fissavano sbalorditi il cielo gloriosamente stellato, dove una luna alta e maestosa aveva ripreso a vegliare su di loro. Di nuovo, Sandman e Bellatrix si scambiarono uno sguardo sereno e corsero ad unirsi ai loro compagni. Bellatrix colse Jack alle spalle, cingendogli la gola con le braccia senza riuscire a reprimere una risata cristallina. Jack, colto di sorpresa, cercò di sbrogliarsela di dosso buttandosi a terra, ridendo più forte di lei. I due ingaggiarono una lotta giocosa finché la ragazza si trovò a torreggiare sopra di lui. Il ragazzo restò diversi istanti a fissarla con un vago senso di meraviglia dipinto negli occhi azzurri, poi raddrizzò il busto e la abbracciò di slancio. Bellatrix rimase immobile, le braccia rigide lungo i fianchi e lo sguardo fisso. Sentiva le sue mani e la guancia di lui gelide contro la pelle. Alla fine ricambiò l'abbraccio, ma quasi subito provò il forte desiderio di staccarsi da lui e tirarsi in piedi. Lo aiutò a rialzarsi e, dopo un attimo in cui l'imbarazzo sembrò prendere il sopravvento, corse ad abbracciare Dentolina, per poi passare a Calmoniglio.

<< Ah, no! Mi dispiace, ma io non amo molto gli abbracci! >> si giustificò lui, nascondendo le mani dietro alla schiena.

<< Non fare guastafeste, Calmoniglio! >>

La stretta fu istantanea. Bellatrix si ritrovò strizzata tra il coniglio di Pasqua e l'Omino dei Sogni, con le braccia massicce di Nord che le spremevano l'aria fuori dai polmoni e la sua voce ilare che le trapanava le orecchie feline. La loro risata collettiva esplose nella radura, genuina, chiara e liberatoria dopo tanta angoscia, così forte che perfino la Luna non avrebbe potuto non sentirle.






A. A.

Di nuovo, mi sono ricordata solo adesso di aggiornare! Prima o poi capiterà che salterò un aggiornamento, ne sono certa...

Ma per intanto ecco che la Stanza dell'Universo è tornata dove doveva, col sollievo di tutti quelli che ci hanno avuto a che fare! E da qui esce di scena l'Uomo nella Luna, che pure ha avuto una parte abbastanza marginale.... Ero molto indecisa sul titolo del capitolo, ma alla fine ho pensato a quello corrente per dargli un po' più di attenzioni... Insomma, più o meno...

Avrei sicuramente altro da dire a pensarci su con un po' più di calma, ma dato il periodo sono indietro con ll'impacchettamento dei regali, e siccome sono un'imbranata cronica ci sto mettendo più del dovuto...

Va beh, ad ogni buon conto ci vediamo al prossimo aggiornamento, che sarà lunedì della settimana l'altra... Perciò buone feste!

E se vedete Nord da qualche parte ditegli che sto ancora aspettando la mia lettera d'ammissione ad Hogwarts, grazie! :3



Tec :D








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Capitolo 7
*** Nella cripta di Pitch ***












Anche se di Pitch non ci furono più tracce, non tutto era tornato normale come prima della sua ribalta. Le fatine di Dentolina e gli Yeti di Nord continuavano a mancare all'appello, e perciò i due Guardiani dovettero farsi aiutare dagli altri, che lo facevano nei limiti delle loro capacità ma sempre volentieri. Di solito si concentravano di più sulla raccolta dei dentini, o almeno così faceva la parte di loro in grado di volare e quindi spostarsi più rapidamente da una zona all'altra, mentre Calmoniglio restava alla fabbrica assieme a Nord e gli elfi, che per quanto volenterosi erano sempre più un intralcio che un valido aiuto. Fortunatamente Sandy gestiva gran parte del lavoro attraverso l'impiego di scintillanti animaletti laboriosi di sabbia dorata, e in qualche modo la produzione di giocattoli continuava stabile ed imperterrita. Ma quel giorno il turno toccava a Bellatrix, che di per sé non poteva dirsi entusiasta all'idea di assemblare giocattoli fino a tempo indeterminato e per questo era diventata irascibile e stizzita, sopratutto quando pensava che nessuno dei suoi compagni si era ancora dato da fare per trovare una soluzione definitiva alla crisi che li aveva colti.

<< Dannazione, ottocentoventuno anni e ancora non ho imparato a tenere in mano una pialla! >>

Bellatrix scagliò lo strumento per terra dopo essercisi stirata l'indice per la quarta volta, sbuffando spazientita: il cavallino a dondolo che avrebbe dovuto assemblare era a malapena identificabile come tale. Lei non era abituata a certi lavori manuali e ne stava dando un'inequivocabile dimostrazione. Calmoniglio invece non sembrava avere particolari problemi. Era seduto tranquillamente su uno dei tanti piani di lavoro in mezzo a una montagna di giocattoli, le grandi zampe pelose accavallate l'una sull'altra e gli occhi fissi sul suo operato, e adesso stava decorando i lati di una bella scacchiera di legno con colori vivaci e caldi. Attorno a loro, gli animaletti antropomorfi di Sandy si affaccendavano e si muovevano con professionalità.

<< Non ne posso più, questo è compito degli Yeti! >> si lamentò la ragazza, stiracchiandosi voluttuosamente.

<< Forse, ma finché non li ritroviamo sarà difficile che possano svolgerlo, ti pare? >> le rispose il collega, senza alzare gli occhi.

<< Se non li cerchiamo, sarà improbabile trovarli >> ribatté lei, spiccando un balzo scattante. Atterrò sul davanzale della finestra più vicina e prese a scrutare fuori, le mani atteggiate a visiera sulla fronte appoggiata al vetro. Calmoniglio si permise di seguirla con sguardo accigliato e perplesso, il pennellino a mezz'aria che rischiava di macchiarlo di brillante tempera azzurra.

<< Non lo fare, per quanto ne sappiamo Pitch potrebbe essere ancora in giro! >> disse infine, tornando a concentrarsi sulla sua scacchiera.

<< Magari, sarebbe una vera fortuna! A ben pensare, è da otto secoli che voglio chiedergli una certa cosuccia! >> ribatté lei, aprendo l'anta con un colpo secco e rabbioso. Prima che avesse potuto gettarsi fuori, Calmoniglio mollò colori e pennello e le fu addosso in un balzo, inchiodandola contro il muro con presa ferrea.

<< Forse non mi sono spiegato >> sibilò in tono minaccioso. << Tu. Non. Ti muovi. Da qui! >>

<< Costringimi! >> lo sfidò lei, stringendo gli occhi con aria ostile.




<< Non fare l'idiota, Calmoniglio! Slegami subito o sarà peggio per te! >>

Bellatrix era inchiodata a una sedia da ufficio, legata con tutto quello che Calmoniglio aveva trovato in giro per il laboratorio che poteva prestarsi bene allo scopo: nastri per regali, corde per saltare ed elastici di ogni misura.

Lui rispose con un verso che voleva dire “scordatelo”. Era seduto sul solito tavolo, una decina di metri più avanti rispetto a lei, e le dava le spalle, di nuovo chino sulla sua scacchiera.

Nei minuti che seguirono Bellatrix provò gli stratagemmi più fantasiosi che conosceva, uno più ingenuo e pietoso dell'altro. Dal vecchio trucco del naso che prude ( << Tienti il prurito! >> aveva risposto l'altro ) a quello del bisogno impellente di andare in bagno ( << Bella trovata, davvero! Ma sai meglio di me che agli Spiriti non scappa! >> ), nessuno di quelli era riuscito a impietosire il Guardiano, le cui risposte perdevano gradualmente il tono ironico a ogni nuovo tentativo da parte di lei.

Finché, al decimo tentativo, la pazienza di Calmoniglio cominciò seriamente a vacillare.

<< Rassegnati, Bellatrix. Non posso lasciarti andare, lo capisci o no? La tua impulsività ti ha procurato solo guai, e siccome non vuoi saperne di usare il buon senso, ho dovuto farlo io al posto tuo. Adesso stai zitta e buona, o giuro che ti infilo un calzino di Nord in bocca e te lo lascio lì finché non svieni! >>

Bellatrix rispose con un verso sprezzante, ma la minaccia aveva funzionato e lei rinunciò momentandeamente a trovare un altro pretesto per farsi slegare.

<< Perché ci tieni tanto a incontrare Pitch, comunque? >> se ne uscì Calmoniglio dopo qualche istante, senza parere.

<< Non sono affari tuoi, coniglio! >>

Lei voltò ostinatamente il capo, prendendo a fissare con cocciutaggine la finestra dalla quale aveva pensato di darsela a gambe.

<< Voglio trovarlo per chiedergli... perché proprio io >> .

Calmoniglio alzò il capo senza voltarsi, le orecchie tese.

<< Perché mi ha uccisa, io voglio saperlo... >> concluse, abbassando il volto in modo che i capelli le schermassero gli occhi.

Il Guardiano posò la scacchiera, boccheggiando con la gola secca. Tuttavia rimase fermo dov'era, dandole le spalle in una posizione rigida e scomoda.

La sentì sospirare, rassegnata.

<< Ma che te lo dico a fare, non capiresti lo stesso. Quella volta, io... Io devo trovarlo. Devo chiedergli chi era quella donna che ho visto! Devo saperlo! >>

Alzò lo sguardo su di lui e notò che, anche di spalle, Calmoniglio sembrava stranamente nervoso. Insospettita, senza farsene accorgere, materializzò uno shuriken tra il dito indice e il medio, la cui mano era assicurata dietro allo schienale sotto l'altra, e prese a sfregarlo con energia contro la corda che più di tutte la teneva avvinta alla sedia. All'improvviso, si rese conto di cosa la insospettiva del comportamento di Calmoniglio.

<< Sante Pleiadi, tu ne sai qualcosa! >> urlò, accalorata. La sua voce rimbalzò contro le pareti del laboratorio come un tuono, ma gli animaletti di sabbia di Sandman non parvero udirla e continuarono indisturbati il loro affacendarsi.

Il Coniglio di Pasqua non si mosse, ma anche da quella distanza Bellatrix sentì benissimo il suo respiro farsi pesante.

Sfregando e sfregando con furia, finalmente la corda cedette e lei, presa da una smania rabbiosa, lavorò alacremente di contorsioni per liberarsi. Saltò in piedi e si avvicinò forte della sua proverbiale silenziosità al coniglio che, quasi come sopraffatto da troppe emozioni, si era intanto nascosto il muso tra le zampe. A pochi metri da lui, la ragazza individuò una mazza da baseball incustodita, appoggiata contro la gamba del tavolo da lavoro accanto. La afferrò con entrambe le mani e aspettò di essergli alle spalle, cogliendolo di sorpresa.

<< Se non me lo dirai tu, tornerò al piano originario e glielo farò sputare fuori a lui! >>

E lo colpì in testa con tutta la sua forza, senza nemmeno dare il tempo a Calmoniglio di potersi spiegare. Tanto sapeva, dentro di lei, che non avrebbe parlato comunque.

Calmoniglio cadde giù dal banco con un debole verso di sorpresa, tramortito. Attorno a loro, gli animali magici continuavano imperterriti le loro mansioni, completamente estranei alla faccenda. Doveva sbrigarsi. Calmoniglio era pur sempre un armadio da un metro e ottanta e passa ed era pur sempre esperto di arti marziali: di certo non ci avrebbe messo molto, a riprendersi, e per allora avrebbe dovuto essere reso innocuo. Lo trascinò alla sedia dove fino a pochi minuti prima era immobilizzata e lo assicurò allo schienale in modo che non potesse muovere un muscolo con le stesse corde che avevano immobilizzato lei.

Completata l'opera, si precipitò alla finestra e guardò fuori: un panorama invernale, bianco, inospitale e desolato le si stendeva davanti a perdita d'occhio, e laggiù in fondo, una sottile striscia azzurra luccicava come una distesa di zaffiri. Si voltò, dando le spalle a quel paesaggio, e lanciò un'ultima occhiata all'interno del laboratorio. Poi mosse un passo indietro e il davanzale sparì da sotto i suoi piedi. Si lasciò cadere nel vuoto, precipitando lungo il fianco della montagna a velocità sempre maggiore. Allargò le braccia, beandosi dell'aria gelida che le sferzava il corpo e le faceva vorticare i capelli attorno al volto, e spalancò le ali, sfruttando la corrente per sollevarsi più alta del rifugio e delle nuvole cariche di tormenta che lo sovrastavano, una minuscola mosca nera contro il bianco opalescente del Polo Nord. Volò senza sosta per un tempo che le parve incalcolabile, e diverse ore dopo atterrò nella piazza della città che aveva sorvolato con Jack, tempo addietro. Ci aveva pensato bene ed era giunta alla conclusione di voler iniziare le ricerche dalla zona circostante: si trattava pur sempre del luogo in cui Pitch era stato sconfitto la prima volta, quindi in un certo senso importante per lui. Si bloccò, il fiato corto: aveva alzato lo sguardo sulla statua del monumento di Thaddeus Burgess e la sua famiglia, e l'immagine repentina della donna con i tre bambini le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno. Bellatrix scosse la testa, strizzando gli occhi come abbagliata dal sole, e si guardò attorno cercando di scacciare dalla testa quell'immagine così strana e al contempo così familiare. Dopo la sconfitta di Pitch, ogni traccia di paura sembrava essere svanita dal mondo assieme a lui: il cielo, prima scuro e opprimente, adesso era limpido e azzurro, solcato da veloci nuvole vaporose. I fiori e le piante crescevano rigogliosi nei loro vasi e le persone camminavano per la strada senza un pensiero al mondo. A un tratto, un visetto noto, coperto per metà da una matassa di sottili spaghetti biondi le restituì uno sguardo innocente da un volantino attaccato a un palo della luce poco distante. La ragazza si avvicinò a falcate spedite, con un brutto presentimento che si stava facendo prepotentemente largo nel suo stomaco, e staccò il volantino con prepotenza. Sotto la foto, una scritta a caratteri maiuscoli recitava “SOPHIE BENNETT, SCOMPARSA”.

Strinse il foglio convulsamente, accartocciandolo tra le mani mentre un peso enorme le scivolava dalla gola allo stomaco.





La casa di Sophie era calma e silenziosa, immersa in un'atmosfera innaturale e morta che faceva uno spiccato contrasto con l'allegria del quartiere.

Bellatrix si avvicinò a una finestra al pian terreno e sbirciò dentro: subito riconobbe Jamie, di spalle, che, giudicando da come gesticolava, stava avendo un'accesa discussione con la madre. Nulla che le sue orecchie ipersensibili non potessero captare, specialmente attraverso un vetro così sottile!

<< Ti dico che è vero, mamma! Io l'ho visto! >>

<< Smettila, Jamie! È una cosa seria, lo capisci? La tua sorellina è scomparsa da più di una settimana, e io non voglio più sentir parlare delle tue fantasticherie! Sono stata chiara? >>

<< Ma mamma! Te lo giuro, è stato l'Uomo Nero! >>

<< Insomma Jamie! Hai dodici anni, ormai! Sei troppo grande per credere ancora a cose come l'Uomo Nero, te ne rendi conto? Perciò, se hai visto qualcosa, qualcosa di vero e tangibile, dimmelo pure. Altrimenti, cresci! >>

Il ragazzino aprì la bocca per risponderle, ma all'ultimo si girò e corse via. Bellatrix lo sentì salire di corsa le scale e pochi secondi dopo una porta chiudersi violentemente al piano di sopra. Sua madre rimase impalata lì dov'era, e solo dopo diversi secondi si lasciò cadere stancamente su una sedia al tavolo da pranzo, nascondendo il volto tra le mani.

Bellatrix distolse lo sguardo e fluttuò fino a raggiungere le finestre del piano superiore. Trovò il ragazzino chino su un baule dei giochi nella sua stanza, intento a rovistare dentro con alacrità. Dopo qualche istante riemerse con una fionda, un cappello all'Indiana Jones e una corda per saltare. Poi si infilò sotto il letto e ne uscì con una grossa scatola tra le mani, dalla quale estrasse un sacchetto mezzo pieno di patatine, uno ancora sigillato di caramelle gommose, qualche merendina confezionata e infine una bottiglietta di aranciata. Sistemò il tutto dentro uno zainetto e, come se lo avesse appositamente lasciato per ultimo, si avvicinò al comodino. Sfilò il cassetto dai supporti e ne rovesciò il contenuto sul letto con gesto secco. Tra gli oggettini che si riversarono sulla trapunta, Jamie scelse un vecchio coltellino multiuso dal manico intagliato, la stellina che lei stessa gli aveva donato tempo addietro e una strana collanina di lama con pezzetti di pasta cruda come perline. Bellatrix lo osservò mentre Jamie indossava cappello e collana, si infilava il coltellino in tasca e finalmente si caricò lo zaino sulle spalle. A quel punto Bellatrix decise di dover intervenire. Bussò piano sul vetro della finestra e il bambino, che era lì sul punto di sgattaiolare fuori, sobbalzò allarmato.

<< Così a naso >> disse, scavalcando il davanzale con un balzo atletico, << direi che stai scappando di casa >> .

Jamie abbassò lo sguardo, arrossendo fino alla radice dei capelli. Poi alzò la testa e nei suoi occhi Bellatrix vide brillare due grosse lacrime.

<< Se la mamma non vuole credermi, andrò a riprendermi Sophie da solo! >>

La ragazza si avvicinò, si inginocchiò davanti a lui e gli pose una mano sulla spalla.

<< Non farlo, Jamie. Tua madre è già abbastanza in pena per tua sorella, non darle un altro motivo di dispiacere! Sarò io a riportartela, te lo giuro. Ho un conto in sospeso con Pitch, e salderò anche il tuo. >>

Il bambino si pulì il naso con la manica, reprimendo un singulto.

<< Fammi venire con te, per favore! Potrei esserti d'aiuto! >>

Bellatrix si alzò in piedi, guardandolo con un misto di tenerezza, compassione e qualcosa di spiacevolmente simile a tristezza.

<< Veramente... io non credo sia una buona idea... >>

Ma il ragazzino continuava a guardarla supplichevole, e così riuscì a farla addolcire.

<< E va bene... >> sospirò, alzando gli occhi al cielo << ma devi promettermi di starmi appiccicato alle costole! >>

I due evasero dalla finestra e corsero a rotta di collo verso il lago al limitar della foresta. Durante la strada, Jamie le raccontò di quel che aveva visto quando Sophie gli era stata portata via da sotto il naso.

<< È stato un attimo. Stavamo giocando in fondo al vialetto e all'improvviso è scesa questa grande nuvola nera dal cielo. Si stava precipitando verso di me, ma a metà strada è tornata indietro... e un attimo dopo Sophie è sparita! >>

Erano giunti sulla sponda del lago, e adesso la stavano costeggiando camminando lentamente.

<< Mi domando a cosa gli possa servire quella bimbetta... >> pensò Bellatrix ad alta voce. Jamie, in risposta, alzò le spalle.

<< A voi cos'è accaduto, durante questi mesi? >> chiese un po' titubante, guardandola di sottecchi. Bellatrix ci pensò un attimo, poi partì in quarta a raccontargli del suo viaggio per cercare i Guardiani, di come fossero stati presi uno alla volta mentre lei e Jack si recavano al suo rifugio e di come alla fine Pitch l'aveva neutralizzata, usando i suoi stessi poteri contro i suoi compagni. Per tutto il tempo il bambino l'aveva ascoltata affascinato, con una sorta di reverenziale ammirazione, fino al tentativo di Pitch di attaccare Sandman.

<< All'improvviso mi sono vista i suoi occhi davanti, e dentro di me è come scattato un meccanismo di autodifesa. Sono riuscita a neutralizzare il colpo all'ultimo istante, e finalmente mi sono staccata da lui. Quando le cose si sono calmate, sono fuggita dal Polo Nord per cercare Pitch, e adesso eccoci qua >> .

<< ...Dimentichi di dire che per poter fare di testa tua mi hai tirato una mazzata in testa! >> la raggiunse una voce arrabbiata alle spalle. All'improvviso si sentì sollevare per la collottola e si trovò faccia a faccia con Calmoniglio, che la guardava con aria decisamente infuriata.

<< Non sai quanto ti sto odiando in questo momento! >> disse lei, a mo' di saluto.

<< Riuscirò a convivere con questa consapevolezza. Adesso noi due torniamo da Nord ad aiutarlo con i suoi benedetti regali. Sono stato chiaro? >>

<< Scordatelo, canguro mal cresciuto! >> rispose Bellatrix, beffarda.

<< Cosa? No! >>

Jamie strattonò Calmoniglio per il braccio, guardandolo implorante.

<< Non può venire con te, deve aiutarmi a ritrovare Sophie! >>

Calmoniglio guardò perplesso prima l'uno e poi l'altra, mollando la presa su quest'ultima. Bellatrix si rese conto di stringere ancora in mano il volantino, spiegazzato e umido, e lo mostrò a Calmoniglio senza dire una parola. Lui lo afferrò con mani tremanti e lesse quelle tre parole come se non riuscisse a crederci. Poi lo gettò a terra, afferrò il bambino e la ragazza e se li caricò di peso sulla groppa. Bellatrix cinse le spalle di Jamie e la gola di Calmoniglio con le braccia, appiattendosi sulla sua schiena mentre il Guardiano partiva in quarta verso il cuore della foresta. La ragazza si irrigidì come un pezzo di legno e la sua stretta si fece ferrea sulla sua pelliccia folta, urlando come un'indemoniata.

Calmoniglio schizzava da un tronco all'altro come una palla di gomma, sballottando a destra e manca i due compagni che stavano facendo di tutto pur di restargli attaccati addosso. Si fermò solo in vista della radura spoglia e secca dove era stata quella volta assieme a Jack.

I tre si affacciarono contemporaneamente sul profondo buco nero che si apriva, silenzioso e minaccioso, nel terreno secco.

<< Jamie, tu è meglio se resti qui >> disse Bellatrix, drizzando la schiena e puntandosi le mani ai fianchi, fissando la voragine scura in mezzo al terreno.

<< No, per favore! Non voglio restare da solo! >>

I due Guardiani si guardarono per qualche istante e sospirarono, rassegnati.

<< D'accordo allora, ma non mollarmi nemmeno per grattarti il naso! >> acconsentì la ragazza, porgendogli la mano.

Lui la afferrò con entrambe le sue e insieme tornarono tutti e tre a guardare l'entrata del covo sotterraneo, senza effettivamente muovere un solo muscolo per avvicinarvisi. I minuti scorrevano lenti e silenziosi come granelli di sabbia in una clessidra, e nessuno aveva ancora mosso un passo verso quel terrificante buco nero nella terra.

Ogni tanto, l'uno o l'altra dei due adulti diceva frasi brevi e concitate di incoraggiamento rivolte a Jamie, forse più per rassicurare sé stesso che il bambino.

<< Stammi sempre accanto >> .

<< Va bene >> .

Oppure << Non avere paura, ci pensiamo noi, adesso >> .

<< Lo so >> .

Ma sia il Guardiano che lo Spirito non potevano negare la realtà dei fatti l'uno all'altra: entrambi avevano paura quasi quanto il ragazzino che avevano portato con loro.

Alla fine, non potendo più sopportare l'ansia e la tensione, Bellatrix si fece avanti, osservando la fossa con aria di sfida, e saltò dentro trattenendo il respiro.

Calmoniglio esitò qualche istante, poi prese Jamie tra le braccia e la seguì con un balzo.

La loro caduta libera durò in realtà meno di quanto si aspettassero: via via che scendevano, la luce della stella rivelava file e file di stalattiti, lunghe e sottili come zanne di serpente, anfratti oscuri e umide insenature. Poi uno spazio più ampio, legno marcio e pietra lucida. Un globo terrestre nero come la morte, costituito solo dalle terre emerse, al centro di un piedistallo altrettanto nero. E rampe di scale ovunque, tutt'intorno, che affondavano e scendevano più giù, sempre più a fondo nelle viscere della terra.

Bellatrix toccò terra qualche istante prima di Calmoniglio, i tacchetti risuonarono forti e chiari, rimbombando contro la pietra scura come un colpo di fucile. Quando lei mosse un passo avanti brandendo la sfera di gas come una bomba incendiaria, Calmoniglio la sorpassò spavaldo, allungando il braccio lateralmente per fermarla.

<< Vado avanti io >> .

Bellatrix abbassò l'arma e strinse il braccio peloso del Guardiano per fargli capire in un tacito linguaggio che lei gli avrebbe coperto le spalle, di non preoccuparsi per lei o Jamie. Quasi contemporaneamente il bambino si gettò in avanti e le strinse forte la coda, con entrambe le mani. A Bellatrix diede la curiosa impressione di un piccolo di elefante che si attacca alla coda della madre, e anche se Jamie tirava troppo forte e stringeva le mani sul suo pelo con tanta foga da strapparle consistenti ciuffi di pelo grigio fino a farle lacrimare gli occhi lei preferì stare zitta e lasciarlo fare. In fila indiana procedettero guardinghi oltre il planisfero, e scesero per una scalinata larga e ripida, sul fondo della sala.

Il soffitto riluceva di pesanti drappi di sabbia e ragnatele, e al centro preciso della sala in cui si erano trovati era situato quello che aveva tutta l'aria di essere un altare sacrificale, con un baldacchino lucente raccolto ai lati come un nero sipario.

Seduta sulla lastra di pietra fredda, c'era la piccola Sophie. Le mani raccolte in grembo, gli occhi chiusi, una sottile ragnatela di sabbia nera che spiccava sui capelli color paglia la facevano sembrare una sorta di statua votiva. Un leggero strato di tessuto trasparente le avvolgeva delicato il corpicino e scendeva fino al pavimento fluido, come fatto d'acqua.

Infine, Bellatrix notò due pesanti bracciali di metallo che, per mezzo di una grossa catena, la tenevano vincolata all'altare.








A. A.


Tra una battaglia a School of Dragon e l'altra, forse ce la posso fare!

Siccome sono una persona orribile che ha passato le feste ad ingozzarsi invece che rispondere alla recensione, Dracarys, ti rispondo qui così allungo anche un po' il brodo delle note, che altrimenti sono striminzite quanto un alberello rachitico.

E parto col dire che la tua risata non è del tutto fuori luogo, dal momento che quel dettaglio che mi hai fatto notare, inizialmente, cioè ai tempi in cui scrissi quel passaggio, mi ha dato la tua stessa impressione. L'avevo infatti modificato, ma quel balengo del mio computer a quanto pare non ha salvato le modifiche perché mainagioia. Infatti avevo sostituito il ventre col petto, che per un uomo è assai più dignitoso perché non lo fa sembrare in preda alla cacaiola diarrea. E siccome prima di postare rileggo, ma sommariamente, evidentemente mi deve essere sfuggito. Ma non è grave e siccome ho zero voglia di rimetterci mano ho paura che Piccione dovrà tenersi le doglie xD


E questo capitolo è, tra l'altro, la prova che Pitch, per quanto puerpera, è un osso ben più duro di quel che gli altri credevano. Non seguo Game Of Thrones ( merito il linciaggio, lo so ) quindi non ho bene idea a chi ti riferissi, però il principio è quello e infatti... ne sta combinando un'altra.

Ecco perché vi dicevo che Jamie e Sophie avrebbero avuto un ruolo un po' più rilevante, anche se per ora non c'è stato un granché di azione... con calma, ci arriveremo.

E finalmente sono riuscita a far interagire Bellatrix con qualcuno che non fosse Sandy o Jack Frost in modo non marginale, yey! Non so voi, ma io quasi quasi inizio a shippare Calmoniglio con mezzo mondo.. perfino con i personaggi di mie invenzione! Non so perché, ma il modo in cui cercano entrambi di rassicurare Jamie e come sotterrino momentaneamente i loro screzi per proteggerlo mi fa fangirlare come una deficiente... Ma tanto ci sono abituata, direi!


Ok, un papiro per uno non fa male a nessuno e questo si è prolungato anche troppo! Perciò a settimana prossima, Martedì salvo calamità naturale.

A presto!


Tec


Ps: Un grazie grande quanto a una casa alle altre due persone che hanno trovato questa storia abbastanza decente da volerla continuare a seguire!









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Capitolo 8
*** Verità dal passato ***








Buon salve a tutti! 

Per una volta, le note dell'autrice le caccio in alto. Prevalentemente per avvisare che da questo capitolo in poi si giustifica il rating dell'intera storia, in quanto inizia a farsi seriamente un po' più oscura e...non so se sia il termine corretto, ma diciamo ... violenta? Nulla di che, eh, però io intanto vi avviso. In ogni caso, fatemi sapere se secondo voi sia il caso di cambiare rating o modificare qualcosa. Forse per ora è un po' presto dirlo ma... va beh. Sbrigativamente saluto Dracarys, con la speranza che il capitolo sia di tuo gradimento, e tutti gli altri che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite.

Dunque, buona lettura!

Tec




Quando le fu di fronte, Bellatrix si accovacciò sui talloni in modo da incontrare lo sguardo assente e vitreo della bambina.

<< Jamie? Per caso, quando Sophie è scomparsa, stavate giocando con i colori? >> chiese, senza distogliere lo sguardo da lei, le mani puntate sulle ginocchia.

Jamie sembrò sorpreso da quella domanda, e le rispose battendo i denti.

<< N-No! Stavamo giocando in giardino, facevamo un-due-tre-stella! Perché? >>

<< Vieni a vedere... >> si limitò a rispondere lei, chiamandolo con un gesto sbrigativo della mano.

Calmoniglio sciolse le braccia incrociate dietro alla schiena, permettendo al bambino di scivolargli via di dosso e raggiungere la ragazza.

Si avvicinò tremando un po' per il freddo e un po' per l'opprimente senso di angoscia che d'un tratto lo investì in pieno. Bellatrix gli indicò una ciocca che ricadeva sul volto della sorella, che circa a metà della sua lunghezza sembrava sbiadirsi per scurire man mano che l'occhio saliva verso la radice dei capelli.

La voce di Jamie risuono alta e innaturale sulle pareti della sala.

<< Sophie! Che cosa le sta succedendo? >>

La bambina esibiva due profonde borse violacee sotto gli occhi e teneva la bocca socchiusa: un sottile filo di bava le colò dall'angolo delle labbra sul mento, ma lei non fece il minimo movimento per pulirsi né reagì al suono della voce del fratello che continuava a chiamarla.

Bellatrix si soffermò con lo sguardo su ogni dettaglio che riusciva a cogliere sul corpo della bambina. Il pallore innaturale, quasi luminescente della sua pelle, le suggeriva che Sophie non vedeva la luce del sole da un bel po' di tempo. Le guance, l'ultima volta che l'aveva vista, erano rosee e paffutelle: adesso le sembrava di guardare un teschio su cui ancora si tende un sottile strato di pelle. Le maniche aderenti del vestito lasciavano intravvedere due braccini scarni e deboli, e da sotto la gonna sporgevano due ginocchia ossute e scarne.

<< La sta facendo morire... >> mormorò Bellatrix, con voce tremante.

<< Credo... credo che voglia ucciderla per farla diventare come lui... e... e al contempo se ne serve come fabbrica di incubi, per rendersi più forte! >>

Jamie la guardò con occhi traboccanti di lacrime, e scosse ripetutamente il capo come se il solo atto di negare la realtà gli permettesse di cancellarla e riscriverla daccapo.

Bellatrix si sentì crescere un nodo nel petto: quel bambino le trasmetteva un senso di pietà che quasi la faceva star male.

Si alzò in piedi, voltandosi verso il bambino che minacciava di scoppiare a piangere da un momento all'altro, e allargò le braccia. Jamie le si buttò addosso quasi a peso morto, aggrappandosi forte ai suoi fianchi mentre cercava di soffocare il pianto nel bassoventre di lei.

Dopo un attimo di smarrimento in cui cercò con lo sguardo l'aiuto di Calmoniglio, Bellatrix abbassò gli occhi sul bambino con affetto e gli pose le mani sulla testa, stringendolo a sé.

<< Non preoccuparti, Jamie. Siamo qui, ora, e la salveremo. È una promessa! >>

Il bambino alzò la testa di scatto, guardandola incredulo.

<< Questo >> proruppe una voce ben nota, echeggiando con una risata dal fondo oscuro della sala, << solo se prima riuscirete a salvare voi stessi! >>

Accadde tutto in poco più di un battito di ciglia: un'onda di sabbia nera si abbatté sibilando su Calmoniglio, che riuscì a evitarla in extremis con un possente balzo. Bellatrix strinse ancora di più a sé Jamie, che aveva smesso di piangere ma non di tremare come una foglia. Un istante dopo parve cambiare idea e lo spintonò via, mentre una seconda ondata di sabbia puntò su di loro e li divise. Bellatrix fu trascinata in aria, lontano da Jamie, e scaraventata a terra con violenza inaudita. Lo schianto fu così potente che lei sentì le pietre spaccarsi sotto il suo corpo e un dolore lancinante al fianco destro strizzarle l'aria fuori dai polmoni.

Attraverso la cortina di sabbia che le vorticava intorno e addosso, voltando il capo a destra, intravide Jamie. Il bambino era impietrito dalla paura, e la guardava con impotenza a qualche metro di distanza, senza osare muoversi. Lontano, da qualche parte dietro di sé, udì un grido strozzato, uno schianto e un tonfo: tese il collo e vide Calmoniglio steso ai piedi del grande portale a pancia in su, il fiato mozzo e gli occhi sgranati dalla sorpresa.

Bellatrix si portò una mano al fianco dolorante, sentendo il dolore irradiarsi fulmineo dallo sterno a tutto il corpo: perfino il solo compito di respirare era doloroso come una spada rovente infilata tra le costole, ma nonostante ciò trovò la forza di ribaltarsi e urlare al ragazzino con quanto fiato aveva in gola.

<< Jamie, corri! Vai a liberare gli Yeti, e poi...! >>

E poi, cosa? Chiama i Guardiani? Nessun mortale, a parte Sophie, era mai entrato nel nascondiglio di uno di loro, e tanto meno era mai stato in grado di raggiungerlo a piedi o con qualsiasi altro mezzo...

<< Sante Pleiadi, Jamie! Corri! >>

Il ragazzino le lanciò un'ultima occhiata terrorizzata e si voltò, scattando verso il grande portale.

<< Non credo proprio! >> urlò Pitch furibondo, spedendogli dietro un dardo di sabbia. Questo luccicò letale, fendendo l'aria con un terribile sibilo. Era a pochi passi dal bambino, quando una stella-shuriken schizzò fuori dal nulla e lo deviò, finendo la corsa conficcandosi nella parete umida con una pioggia di scintille.

Pitch si voltò nella direzione dalla quale era piombata l'arma, stringendo i pugni con un ringhio furioso.

La sabbia si era diradata, e Bellatrix era riuscita a rialzarsi: con una mano si reggeva il fianco, mentre con l'altra si puntellava sul ginocchio piegato, ansimando pesantemente come un vecchio cane.

<< Perché tanta fretta, vecchio mio? Neanche il tempo di scambiare due parole? >>

Lanciò una fulminea occhiata di lato: Calmoniglio giaceva immobile così come l'aveva visto qualche secondo prima. Sembrava incapace di alzarsi, inchiodato a terra da una forza opprimente e invisibile, il petto che si alzava e abbassava a scatti irregolari.

Sentì la risata agghiacciante di Pitch e si costrinse a tornare a guardarlo con uno scatto stizzito della testa, le sopracciglia corrucciate in un'espressione di sfida. Bastò un battito di ciglia, un millesimo di secondo di oscurità, e gli occhi di Pitch furono a pochi centimetri dai suoi, penetranti come quelli di un grosso gufo: giallo paglierino dentro giallo ambrato.

<< E sentiamo, che tipo di parole vorresti scambiare con me? Spero non poco lusinghiere, o potrei ritenermi offeso! >> sibilò l'uomo, con un sogghigno a mo' di sfottò.

Bellatrix avvertì un colpo inaspettato allo stomaco e lei fu scaraventata all'indietro,oltre l'altare, senza riuscire a fare altro se non spalancare gli occhi soffocando un verso sorpreso.

La ragazza scivolò a terra schiena al muro, senza emettere un fiato. Dopo qualche istante si rialzò in piedi, la mano schiaffata sul fianco dolorante.

<< Tranquillo, le parole poco lusinghiere le conservo nel caso dovessi scrivere un libro su di te! >> ringhiò, squadrandolo con odio.

<< No... è da un po' che voglio chiederti una cosa, e pretendo che tu mi risponda! >>

Pitch si limitò a guardarla con astio, senza muovere un muscolo quasi a incoraggiarla a proseguire.

<< Quella volta, nel castello. Guardai nella tua memoria e vidi un'immagine nitida come uno specchio d'acqua. Sai di cosa sto parlando, no? La donna coi tre bambini. Voglio sapere chi sono, e cosa hanno a che fare con me >> .

Pitch rimase in silenzio diversi istanti. Dapprima parve sorpreso, ma poi le sue labbra si curvarono in un sogghigno e ne scivolò fuori una risatina sommessa, che crebbe gradualmente di intensità fino a diventare un latrato che rimbombò spettrale e accapponante sulle pareti della cripta.

<< E perché non lo chiedi a loro? Hai forse paura di quello che potrebbero risponderti? >> urlò infine, puntando l'indice accusatorio contro Calmoniglio.

<< Non voglio saperlo da loro. Voglio saperlo da te. E farai meglio a dirmelo in fretta! >>

<< Dovrai tirarmi le parole fuori di bocca con le pinze, se ci tieni tanto! >>

<< Per me va bene, Black! >>

Bellatrix spiccò un balzo e schizzò verso il soffitto, con Pitch alle calcagna deciso a batterla a ogni costo. Lei, che lo staccava di un paio di metri, scagliò un paio di stelle nella sua direzione, ma lui le evitò prontamente e queste sparirono oltre le sue spalle.

Per contro, Pitch alzò le mani e un vortice di sabbia nera si sprigionò dalle sue dita, circondandola. Bellatrix sentiva ogni singolo granello scivolarle addosso prepotente, minacciando di accecarla di nuovo, mentre le dita dell'uomo si stringevano sul manico di una falce dalla lama lunga e minacciosa apparsa dal nulla.

<< Non ci casco più, Black! >> urlò lei, schizzando fuori dalla tormenta schermandosi gli occhi con l'avambraccio. Balzò all'indietro, accarezzando l'aria con gesto deciso. Un istante dopo brandiva una grande stella con innumerevoli, sottili e aguzze punte, con una gamba più lunga delle altre, come una gigantesca mazza chiodata e luminescente. Pitch si avvicinò fulmineo brandendo la propria falce con rabbia e le alzò l'arma sopra la testa, pronta a colpire.

All'improvviso un sonoro clangore li distrasse entrambi. Scure e mazza rimasero immobili, l'una sospesa a pochi centimetri dall'altra. Pitch abbassò invelenito lo sguardo e Bellatrix lanciò una rapida occhiata oltre il proprio braccio teso.

Calmoniglio fissava l'Uomo Nero con le pupille dilatate, la bocca socchiusa e Sophie stretta fra le braccia. Gli shuriken di Bellatrix non avevano affatto mancato il bersaglio come Pitch aveva creduto, ma giacevano conficcati nel marmo dell'altare, recidendo di netto le catene che tenevano imprigionata la bambina.

La distrazione di Pitch gli costò cara: approfittandone, Bellatrix caricò il colpo e affondò un dente della stella nel braccio di lui, ad altezza della spalla.

L'urlo di dolore che riempì l'aria le fece accapponare la pelle, ma lei puntò il piede sul petto di Pitch e lo scaraventò lontano senza battere ciglio. Per qualche istante restò a fluttuare a mezz'aria, poi si tuffò dietro all'Uomo Nero. Mentre si precipitava su di lui evocò un'altra arma: stavolta la stella era a forma di croce, e l'estremità più lunga era decorata con sottili ghirigori argentei. Un istante dopo gli fu addosso afferrando la propria spada da entrambi gli estremi, e con essa lo scaraventò a terra, tenendo la lama premuta contro il suo petto.

Atterrarono dietro all'altare con uno schianto, sollevando un polverone denso e scuro. Bellatrix tremava per lo sforzo di tenere Pitch inchiodato a terra col proprio peso, il fianco attraversato da fitte lancinanti ad ogni minimo movimento.

Lei distolse lo sguardo dal volto che la guardava con un misto di rabbia e odio e cercò quello di Calmoniglio, immobile a qualche metro di distanza.

<< Calmoniglio, corri! >> urlò, intensificando la pressione sul torace dell'avversario.

<< Non così in fretta! >> gridò Pitch a sua volta, aprendo le mani rivolte verso di lei. Due fiotti di sabbia partirono in quarta verso il soffitto, trascinando Bellatrix lontano da lui. Pitch rotolò sul fianco e si rimise in piedi puntellandosi sull'altare con un ringhio furioso. Calmoniglio era appena sparito oltre il portale, portando con sé Sophie, e Pitch gli spedì dietro un'ondata di sabbia alta diversi metri.

Bellatrix liberò un braccio dalla sabbia che la opprimeva e da un suo gesto nacque una sfera di gas incandescente, che pian piano crebbe fino a raggiungere le dimensioni di un'automobile. La cripta fu invasa dalla sua luce sfavillante, che distrasse Pitch dal suo obbiettivo e alzò gli occhi sulla sua fonte. Appena la individuò, la sfera schizzò rapida sopra la sua testa e si abbatté contro il portale.





Jamie si mise a correre alla disperata su per la ripida scala di legno fatiscente, con il terrore di essere inseguito da Pitch e il senso di colpa che cresceva ad ogni gradino per aver lasciato il Coniglio di Pasqua e la donna-gatto ad affrontarlo da soli. Finalmente raggiunse la cima e si buttò a terra per riprendere fiato: i polmoni e la gola gli stavano letteralmente andando a fuoco, tanto che il solo passaggio dell'aria era doloroso al punto da risultargli quasi insopportabile. Si tastò il fianco, per essere sicuro di non aver perso la milza per strada, posò la fronte sul pavimento ghiacciato, la tempia che pulsava dolorosamente contro la pietra.

Per diversi minuti restò ad occhi chiusi, ascoltando il proprio cuore che pompava all'impazzata contro il petto, la guancia rossa e calda spalmata sulla roccia gelida.

Jamie aprì gli occhi e con fatica si mise a carponi, tornando a guardarsi attorno con più attenzione. Il cappello da esploratore gli era scivolato sulle spalle e lui se lo ricacciò in testa con mano tremante, alzandosi in piedi. Iniziò a percorrere il cunicolo, sbirciando dentro le varie celle. Era così tetro che poteva distinguere a malapena le sagome degli Yeti ammassati gli uni sugli altri, ma sentiva che loro, invece, lo vedevano benissimo arrancare alla cieca in quel buio pesto e lo seguivano con lo sguardo senza perdersi una sola mossa. Sempre procedendo a tentoni, il ragazzino si avvicinò alle sbarre e sfiorò la serratura con le dita. Già da tempo aveva avviato una promettente carriera da scassinatore, e se avesse potuto vederla avrebbe anche potuto provare a forzarla. Pensieroso, il ragazzino si palpò la tasca e sentì sotto la stoffa la presenza rassicurante del coltellino multiuso che si era portato dietro. Frugò nella tasca e ne tirò fuori anche la stellina che gli aveva dato Bellatrix tempo addietro. Anche se fioca, la luce che emanava era sufficiente a illuminargli la strada. Così infilò la lama del coltellino della serratura e armeggiò qualche secondo che parve dilatarsi nell'arco di un'ora, finché finalmente sentì lo scatto liberatorio del meccanismo. Una volta aperta la porta, si aspettò che gli Yeti uscissero in massa, ma vedendoli immobili lì dove si trovavano si insospettì ed entrò cautamente nella cella. Li osservò attentamente da vicino, e si accorse subito di quello che ai Guardiani era sfuggito nella fretta di trovare Pitch: una sottile ragnatela di sabbia che avvolgeva le loro teste come una stretta aureola, luccicante come le scaglie di un serpente alla luce azzurrina della stella. Impugnò il coltellino con mano ferma e recise la ragnatela dalla fronte dello Yeti più vicino, aspettando con impazienza di vederlo reagire in qualunque modo.

Dopo qualche istante di assoluto silenzio, lo Yeti sbatté le palpebre come disturbato improvvisamente dalla luce, ed emise qualche sommesso verso concitato.

<< Ti prego, zitto! >> sussurrò il ragazzino, portandosi l'indice alla bocca, << Usciremo da qui, ma prima dobbiamo liberare gli altri! >>

Jamie tornò a guardare gli altri Yeti, rimboccandosi le maniche. Uno dopo l'altro, li liberò tutti dal loro torpore. Quando si furono ripresi, alcuni di loro emisero versi incuriositi guardandosi attorno, come a chiedersi come avessero fatto ad arrivare in un posto simile. Jamie, che li aveva guardati pieno di sollievo, all'improvviso ricadde nel terrore di essere catturato da Pitch. Gli Yeti non avevano colto il suo disagio improvviso, e Jamie si affrettò ad attirare la loro attenzione schioccando le dita due rapide volte.

<< Ok, ragazzi, dobbiamo fare in fretta! Prima liberiamo i vostri amici, e poi ce ne andiamo da questo postaccio! >>

Non era sicuro che gli Yeti lo avessero capito, ma poi li vide guardarsi tra loro, annuire e uscire dalla cella spintonandosi con smania, riversandosi nel corridoio stretto. Divisi in gruppi di tre o quattro, iniziarono a irrompere nelle celle vicine o a divellere le fitte grate dietro le quali erano confinate le fatine.

Il corridoio era ormai gremito di Yeti e fatine dei denti quando un suono di passi frettolosi si alzò dalla stretta rampa alle spalle di Jamie, che si voltò terrorizzato in quella direzione, temendo di essere stato scoperto dall'Uomo Nero. Ma la sagoma che gli apparve alla luce flebile della stellina aveva larghe spalle possenti e lunghe orecchie da roditore, e si rivolse a lui con voce tremante e innaturalmente alterata.

<< Pitch... Bellatrix... correre! Scappare! ORA! >>

Calmoniglio non riuscì a mettere in atto il suo stesso suggerimento che il pavimento e le pareti iniziarono a tremare violentemente, percorsi da scosse terribili. Dal soffitto cominciarono a piovere grandi calcinacci e polvere, che si riversarono sul pavimento ingombrando il passaggio sempre di più. Calmoniglio strinse più forte a sé la bambina e batté due rapide volte sul pavimento con la grande zampa pelosa. Diversi tunnel si aprirono tra le macerie e gli Yeti ci saltarono dentro, terrorizzati come un gregge spinto nel recinto da un bravo cane pastore, finché non rimasero solo lui, Sophie e Jamie. I due si misero a correre alla disperata nella speranza di raggiungere il tunnel più vicino, ma proprio in quell'istante il soffitto cominciò inesorabilmente a crollare. Un'asse marcita si schiantò loro davanti, sbarrando la strada mentre una pioggia sempre più fitta di calcinacci e polvere li sommergeva, impedendo di vedere e respirare bene. Calmoniglio strinse a se Sophie col braccio destro, mentre col sinistro si caricava Jamie sulla groppa, pronto a spiccare il balzo. Ma, proprio quando sembrava che stesse per farcela, un calcinaccio gli piombò in testa, facendolo cadere a terra privo di sensi. Jamie allungò una mano a scrollarlo per la spalla, ma proprio in quell'istante una voragine oscura si aprì nel pavimento, inghiottendoli tutti e tre.




Bellatrix sentiva la polvere invaderle prepotente i polmoni e bruciarle la gola. Sopra di sé sentiva il peso enorme di una montagna di macerie, e il dolore al fianco era appena anestetizzato da un bruciore insopportabile e fulminante che le attanagliava la gamba. Un liquido caldo e appiccicoso, dall'odore di ferro le colava lento sul polpaccio, finendo sulla pietra sottostante goccia dopo goccia ed espandendosi in un macabro flusso. Lentamente alzò le mani sopra la testa e, sentendo la pietra gravarle addosso, cominciò ad armeggiare per aprirsi un varco tra le macerie. Dopo alcuni secondi le sentì rotolarle via di dosso e poté prendere una boccata d'aria, tossendo come se i suoi polmoni avessero voluto saltarle via dal petto. La cripta era immersa nell'oscurità così più totale e fitta che nemmeno i suoi occhi felini potevano darle un'immagine precisa dell'aspetto attuale dell'ambiente. Le sue pupille fissarono il vuoto nero e si restrinsero fino a diventare due sottili spaghi verticali. Si tastò la gamba dolente, e poco sotto il ginocchio avvertì quella che sembrava una lunga stanga di ferro conficcata nella carne. Al solo sfiorarla, il polpaccio prima e tutto il suo corpo poi fu attraversato da un dolore incommensurabile che le fece sfuggire un gemito di bocca.

Con una smorfia di disgusto e dolore afferrò la stanga con entrambe le mani, e dopo qualche attimo di esitazione, cercando di non pensare al male che avrebbe provato, tirò.

Nonostante si fosse ripromessa di non farlo, urlò di dolore quando la strappò via dal polpaccio. Il liquido scuro dall'odore così penetrante e ferroso schizzò copiosamente, spargendosi sulle macerie su cui era ancora adagiata come una macchia d'inchiostro scuro e denso.

Ansimando, con le gambe tremanti, le vertigini e una nausea tremenda, Bellatrix si alzò faticosamente in piedi, le braccia tese davanti a sé a sondare lo spazio circostante: l'oscurità era solo un po' meno opprimente di poco prima. Davanti a sé scorgeva un debole bagliore, come di un oggetto fosforescente coperto da un panno leggero. Lei si avvicinò, sdrucciolando sulle macerie bagnate. Si trovò carponi in mezzo alla polvere, col naso a poche decine di centimetri dal frammento luminoso e appuntito di quella che riconobbe come l' arma usata pochi minuti prima per combattere contro Pitch.

Lo raccolse, soffocando un colpo di tosse, e lo levò alto sopra la testa nel tentativo di rischiarare quel posto.

Visioni di calcinacci affiorarono dal buio quel tanto che bastava per identificarli come tali. A un tratto un fastidioso solletico le risalì dallo stomaco su per l'esofago e i colpi di tosse spezzarono quel silenzio altrimenti indisturbato, forti e prepotenti al punto da bruciarle la gola e farle lacrimare gli occhi. Lacrimando, si guardò attorno in quel buio pesto, passandosi il dorso della mano sulla bocca.

<< Fatti vedere, Pitch! >>

Certo, la sensazione di formicolio alla nuca poteva benissimo non essere dovuto allo sguardo di lui addosso. Con un po' di fortuna, Pitch poteva essere stato sepolto dalle macerie...

Passarono alcuni istanti in cui l'aria stessa parve solidificarsi, carica di tensione e attesa.

Una folata di vento, un fruscio e il suo fiato caldo sul collo, pericolosamente vicino.

<< Sono qui >> .

Capì che si era allontanato nel momento stesso in cui lei si voltava a fronteggiarlo, rifugiandosi al di fuori del suo campo visivo, forte dell'oscurità che lo proteggeva da qualsiasi tentativo di attacco da parte di lei e che la circondava come un immenso oceano circonda una minuscola isola. Mentre affondava lo sguardo in quel sipario nero e opprimente cercando di cogliere il minimo movimento al suo interno, non riuscì a trattenere un chiaro verso di frustrazione. Quasi come in risposta, la risata di lui le arrivò con la potenza di uno schiaffo e la minaccia riconoscibile in ogni suo riverbero contro le pareti.

Adesso ne era certa, sentiva i suoi occhi addosso come due invisibili riflettori che la seguivano in ogni suo movimento con attenzione famelica. Riusciva quasi a vederselo mentre le girava lentamente attorno, oltre il suo limitato campo visivo. Allora chiamò a sé ogni briciola di concentrazione e abbandonò il braccio lungo il fianco, lasciando che il frammento le scivolasse via dalle dita molli, e al contempo quelle dell'altra mano si strinsero più forte attorno alla stanga ancora sporca del suo stesso sangue.

<< Vieni a prendermi, Uomo Nero! >> sussurrò, più rivolta a sé stessa che a lui per farsi coraggio.

Un sibilo la raggiunse alle spalle e lei piegò indietro le orecchie pelose, nel tentativo di individuarne il punto d'origine e la distanza che la separava da quell'attacco furtivo, aspettando il momento giusto per contrattaccare.

Ancora un po', vieni più vicino... aspetta che sia più vicino...

E quando seppe di averlo alle spalle, piroettò su sé stessa brandendo la stanga come una mazza, con entrambe le mani, e lo colpì al volto con forza sorprendente.

Pitch urlò di dolore e rotolò sul pavimento, le mani sul volto. Rimase immobile qualche istante, poi abbassò i palmi insanguinati e cercò faticosamente di rimettersi in piedi.

Bellatrix gli puntò la spranga contro il petto e lo spinse di nuovo a terra senza particolare sforzo. Lui annaspò, cercò un appiglio con le braccia tese all'indietro e si puntellò su una grande roccia polverosa, nel tentativo di assumere una postura più dignitosa. I due rimasero in silenzio, guardandosi con reciproco odio. Alla debole luce azzurra, i loro volti sembravano fluttuanti e spettrali maschere mortuarie di cera.

<< Direi che ti ho battuto senza mezzi termini. Cominci da solo o hai bisogno della domanda iniziale? >> disse lei, osservando con interesse il liquido scuro che dal naso colava sul mento dell'uomo.

<< Ho detto che mi avresti dovuto cavare le parole di bocca, non che ti avrei spifferato tutto se mi avessi battuto in uno scontro! >> rispose gelido lui, sputacchiando sangue con collera.

Bellatrix si abbassò davanti a lui, continuando a guardarlo con espressione impassibile. Ed impassibile rimase, anche quando strinse più forte la stanga di ferro e la conficcò con decisione rabbiosa nella coscia di lui.

Un grido lacerante riempì l'aria, ma Bellatrix non permise alla pietà di farsi strada in lei. Anzi, la ricacciò più a fondo nell'abisso del suo animo, dominato invece da un senso di determinazione, rabbia, e dalla gioia sadica e selvaggia del gatto che gioca col topo prima di finirlo. Continuò a guardarlo con cattiveria anche dopo che si fu rialzata, le mani puntate sui fianchi in un atteggiamento che non ammetteva contestazioni. Lo guardava con le sopracciglia vertiginosamente corrucciate, le pupille strette e immobili, la bocca contratta e le narici larghe, mentre il grido si affievoliva e lasciava posto a respiri affannati e pesanti.

Pitch si guardò fulmineo attorno, nella speranza di vedere una via di fuga: le iridi gialle schizzarono da una parte all'altra, e a lei parve di scorgere una scintilla di paura attraversarle fugacemente. Dalle mani della ragazza apparvero diversi globi stellari di gas incandescente, che dopo qualche istante schizzarono a disporsi lungo il perimetro della sala, illuminando al loro passaggio montagne e montagne di macerie. Il baldacchino dell'altare era stato divelto e ora giaceva a terra, sommerso quasi del tutto, lacero e consunto. Del portale, unica via di uscita, non era rimasto altro se non qualche lamina contorta: il resto era stato distrutto da una frana che ne aveva interamente occupato la soglia.

<< È inutile anche solo pensare di poter fuggire. Da qui non puoi scappare, e io non ho alcuna fretta... >>

<< Se è per questo >> ansimò l'Uomo Nero, stringendosi il ginocchio con le dita pallide, mentre un rivolo di sudore gli scivolò lungo il naso mischiandosi con quello rosso del sangue << neanche tu puoi uscire da qui! Ti sei condannata da sola! >>

Per tutta risposta, Bellatrix si lasciò cadere davanti a lui con un verso di dolore, a gambe incrociate.

<< Ma io non ho mai detto di voler uscire! Non senza le informazioni che cerco, comunque >> .

Pitch continuò a guardarla con astio per un minuto ancora circa, senza che una parola volasse tra loro. Ma quando finalmente sembrò sul punto di vuotare il sacco, lei lo anticipò bruscamente.

<< Voglio la verità, Pitch. La donna, dimmi chi è! >>

Lui si pulì il volto con l'avambraccio e cominciò a raccontare, guardandola con espressione seria.

<< Durante i Secoli Bui, il mio regno di terrore prosperava incontrastato. Finché l'Uomo nella Luna ha messo i Guardiani a tenermi a bada. La donna che hai visto non era altri se non la prima persona a cui il primo Guardiano si è palesato. L'ha incaricata di parlare di lui agli abitanti del suo villaggio, in modo che cominciassero a credere in lui. Solo così lui avrebbe potuto proteggerli. Per quanto concerne i bambini, loro erano i suoi figli >> .

Le pupille di lei erano dilatate, attente a ogni sfumatura della sua espressione, quasi a voler ricercare quella della menzogna.

<< Che fine hanno fatto? >>

<< I figli? Li ho uccisi, naturalmente! Erano ancora abbastanza piccoli da poterli soggiogare con facilità. >>

<< Perché mai...? >>

Bellatrix si bloccò, portandosi le mani alla bocca.

<< Ti sei vendicato di lei su di loro! >>

Pitch annuì, compiaciuto.

<< Li ho presi uno alla volta, quei mocciosi! Li ho indotti io a togliersi la vita, uno per uno! Una delle due gemelle si è impiccata in casa, mentre i fratelli dormivano. E l'altra si addentrò nella foresta e si perse. Finì in pasto alle belve feroci. Quanto al bambino... lui l'ho fatto annegare nel fiume che scorreva poco lontano dal villaggio. I compaesani arrivarono ad accusare la madre per ogni omicidio. Alla fine lei non ha più potuto sopportare oltre: si è piantata un pugnale nello stomaco >> .

Bellatrix inghiottì un groppo di saliva: a darle i brividi non era stato il racconto in sé, quanto il tono divertito con cui lui ne discorreva. Represse un fremito e incasso la testa tra le ginocchia, ascoltando il proprio respiro affannoso.

Si immaginò le sponde del fiume, nitide come se ne avesse appena distolto lo sguardo. Le parve quasi di vedere la figura del bambino rotolare lungo la sponda con i capelli scuri sporchi di fango e sparire sotto la melma per sempre.

La voce di Pitch la fece sobbalzare impercettibilmente: dal tono, sembrava che si fosse ricordato all'ultimo di un dettaglio saliente. Bellatrix alzò di scatto la testa, guardandolo con occhi dilatati.

<< Ah, ma non ti ho ancora detto la parte più bella! La donna si uccise dopo che le ebbi portato via anche l'ultimo figlio che le era rimasta! >>

Continuò a fissarlo, disorientata.

<< Non può essere, >> disse infine, esitando, << I bambini che ho visto erano tre! >>

Lo ricordava bene, l'immagine era come impressa a fuoco nella sua memoria. Tre bambini: due femmine e un maschio. Tre, non quattro.

Ma Pitch continuò a guardarla con quel sogghigno inquietante.

<< Ah, sì! Ma io non ho mai parlato di un bambino maschio! >>

La sua risata cattiva la trapassò da parte a parte come una pioggia di frecce avvelenate. Dentro di sé Bellatrix continuava a ripetersi la stessa filastrocca. Impossibile. Non è vero. Bugiardo.

<< Bugiardo... >> ripetè a mezza voce, più per rassicurare sé stessa che per accusare lui. Si mise in ginocchio, sedendosi sui talloni chiudendo un pugno dentro l'altro senza riuscire ad alzare lo sguardo sull'uomo che era stato causa di tanta sofferenza, e che anche adesso la guardava vittorioso, senza riuscire a reprimere una risata sommessa. All'improvviso lei gli fu addosso, stringendogli le dita attorno alla gola. Sentì la testa di lui sbattere violentemente contro la pietra sottostante, e la sua risata trasformarsi in un latrato rabbioso.

<< BUGIARDO! Se quel che dici è vero, com'è che non conservo memoria di ogni cosa che sostieni? Spiegami perché non ricordo nulla di tutto ciò! >>

<< Bugiardo?! >> ripetè Pitch in un urlo, a metà tra la minaccia e l'indignazione. La afferrò per i capelli, costringendola ad allacciare lo sguardo al suo, i loro nasi che si sfioravano.

<< Allora guarda con i tuoi stessi occhi! >>

Le loro fronti si toccarono. Pitch mantenne gli occhi fissi su quelli di lei, che però sembrava incapace di tenere aperti i suoi.

E allora li vide: decine di flash della sua vita mortale, una vita diversa da quella che credeva di aver realmente vissuto. Sprazzi di vita quotidiana, per lo più insignificanti per chiunque li avesse visti. Ma per lei! In quelle fulminee scene che scorrevano davanti ai suoi occhi come fotogrammi di un film, riconosceva il volto di questo o quel fratello. Alcuni mostravano la loro ( ...mia? ) madre assieme a lei, altri li vedevano tutti insieme, le due donne intente a giocare coi più piccoli. E poi tutta la famiglia, riunita attorno a una modesta tavola poveramente imbandita. Si rivide da piccola, una bimbetta robusta con un'aureola dorata attorno alla testa, imparare a stare in piedi sulle gambette tozze. E poi ancora i tre fratellini che dormivano tutti in un unico letto, ai cui lati stavano sempre lei e sua madre a vegliare su di loro come due buoni angeli. Si rivide neonata, vide neonate le gemelle e il suo stesso fratellino. Li vide fare il bagnetto e li vide poppare avidamente dal seno materno. E poi le visioni divennero meno spensierate. Vide il bambino che rotolava giù dalla sponda del fiume, scomparendo nell'acqua melmosa. Una gemella, bionda come lei ma dai capelli lunghi e ricci, il viso molto più paffuto e tondo, dondolare in preda agli spasmi coi piedi sospesi a qualche decina di centimetri da terra. Poi vide l'altra gemella, dai capelli color pel di carota e due pozzi azzurri per occhi, circondata dai lupi nel fitto della foresta.

E infine rivide sé stessa legata al palo dove di lì a poco sarebbe avvampato il rogo che l'avrebbe strappata alla vita.

Si ritrovò scaraventata all'indietro, sulle macerie polverose: le parve di essere riemersa da una gara di apnea in una vasca piena di acqua gelida, tremante e col fiato corto.

Pitch li aveva tenuti d'occhio in silenzio per tutta la loro vita, aspettando l'occasione buona per vendicarsi. Lo guardò incredula e lui le rivolse uno sguardo carico di amaro divertimento. Quell'unica contrazione della sua bocca scatenò in lei una pericolosa reazione a catena: dapprima si sentì derisa, nuda e indifesa; un senso di vergogna e pietà per sé stessa la invase come acqua imbarcata da una falla su una nave alla deriva. E poi la rabbia prese il sopravvento, soffocando tutte le altre emozioni ed irrompendo con la potenza di un terremoto. Voltò il busto ignorando la puntuale fitta al fianco e afferrò il frammento di stella che ancora mandava deboli bagliori poco lontano, puntandolo poi alla gola dell'Uomo Nero, la cui espressione divertita sfumò nella serietà.

<< Se quel che dici è vero, allora dimmi perché non ricordo nulla di quanto hai detto! Cos'è, un trucco? L'ho capito, sai! Tu vuoi solo confondermi! >> sibilò perentoria, stringendo la lama saldamente nella mano. Piccoli rubini rossi nacquero tra le dita e il palmo chiuso, si ingrandirono e gocciolarono lenti sulla gola di Pitch, che però non mosse un solo muscolo e lasciò che colassero fin dentro il colletto della sua veste.

<< Come potrebbe essere un trucco? Non avrei alcun interesse nel confonderti, le immagini che hai visto corrispondono alla realtà. Ma non ho idea del perché tu non riesca a ricordarlo >> rispose lui, in tono calmo.

<< Balle, tutte BALLE! Parla, o giuro che ti faccio il piercing alla trachea! >> gli urlò in faccia, premendo leggermente il frammento di stella sulla sua pelle grigia chiazzata di rosso.

<< Ti ho detto che non lo so >> ripetè lui. Il suo tono impassibile di poco prima si era improvvisamente incrinato.

<< Ti sei sbagliata, prima... >> aggiunse, con rinnovato piacere. Lei lo guardo spiazzata, mordicchiandosi il labbro inferiore, cercando di capire a cosa si stesse riferendo.

<< Io non ho bisogno di una porta, per uscire di qui. Al contrario di te! >>

Bellatrix assimilò il significato di quelle parole come a scoppio ritardato e gli rivolse uno sguardo rabbioso.

<< Non osare...! >>

<< L'interrogazione è finita. Ci vediamo in giro, bellezza! Ma, a pensarci bene.. non ci conterei troppo! >>

Si divincolò dalla sua stretta, le strappò il frammento dalle dita e gliela piantò con decisione fulminea nel dorso della mano.

Prima che lei potesse fare altro che spalancare gli occhi e urlare in preda al dolore, lui si era già dileguato in un vortice nero, abbandonandola a sé stessa.









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Capitolo 9
*** Il bivio - In Noctem, parte 2 ***







Bellatrix stava vagando da ore tra le macerie nella sempre più debole speranza di trovare un'altra via d'uscita. La mano ferita pulsava e bruciava insopportabilmente, mentre il fianco mandava sempre più di frequente fitte dolorose che le facevano annebbiare a tratti la vista. Aveva scartato fin da subito l'idea di usare le stelle rimastele a illuminarle la via per farle esplodere contro la frana che ostruiva il passaggio del portale, perché c'era il rischio che anche quel po' di soffitto ancora in piedi le crollasse addosso senza possibilità di salvarsi, e perciò aveva pensato di rimuovere le macerie a mano. Le stelle si erano consumate pian piano, lasciandola sprofondare di nuovo nella quasi totale oscurità, adesso rischiarata solo da una piccola superstite gassosa. Dopo qualche minuto di sollevamenti dovette arrendersi a cercare un'altra soluzione, e così aveva percorso il perimetro dell'ambiente sperando di trovare un varco nel muro. Ma ovviamente ciò non era accaduto e lei si ritrovò a camminare avanti e indietro col solo scopo di tenersi vigile, perché sentiva che le forze la stavano progressivamente e inesorabilmente abbandonando al suo destino. Non si sentiva così sola e abbandonata a sé stessa da quel giorno orribile in cui si risvegliò sui resti del proprio rogo, ma quella volta almeno era intervenuto qualcuno a salvarla. Adesso non era sicura che questo sarebbe successo di nuovo, eppure non poteva fare altro che aspettare. Esausta, si sedette su una grande pietra e si strinse le ginocchia al petto. Dopo qualche istante anche l'ultima luce si smorzò e lei si guardò attorno nel buio con aria smarrita, quasi ad accertarsi di essere davvero sola. Dopo di che abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia e vi seppellì la fronte, singhiozzando senza alcun ritegno.



Non sapeva quanto tempo era rimasta in quella posizione: sapeva solo che il suo corpo, dalla testa ai piedi, le faceva malissimo, e lo sentiva più come un sacco pieno di ossa rotte piuttosto che un corpo vero e proprio. Ciò nonostante, con la forza della disperazione, si alzò inghiottendo le lacrime e tornò strascicando i passi verso il portale, dove la montagna di macerie la attendeva silenziosa e tranquilla. Pietra dopo pietra, cominciò a spostare le macerie. Le sentì scivolare ai propri piedi, ma sapeva che ci sarebbe voluto molto più tempo per sgombrare il passaggio quel po' che bastava per permetterle di uscire e ormai sentiva di non avere più le forze per poterlo fare. Dopo solo cinque minuti di sollevamento, infatti, Bellatrix si accasciò stremata in mezzo a tutti quei detriti polverosi, prosciugata di ogni energia residua. Rimase in mezzo a quelle rovine per un tempo infinito, in posizione fetale ad alitarsi sulle ginocchia quasi in attesa dell'ultimo respiro, mentre i suoi polmoni si riempivano di aria viziata e polvere. A un tratto un bagliore tenue e dorato sembrò entrare nella sala infiltrandosi tra le pietre della frana. La luce crebbe sempre più di intensità fino a rischiarare tutta la cripta col suo caldo splendore. Bellatrix si ridestò dal proprio torpore costringendo la mente a riallacciarsi al corpo quando una calda folata gentile le spruzzò dolcemente le guance di fine sabbia dorata. E allora lo vide, ritto davanti a lei. Avrebbe voluto lanciarsi tra le braccia del suo Omino Dorato, ma il suo corpo era pesante e schiacciato a terra come da una potentissima pressione, al punto che riuscì a malapena ad alzare leggermente il capo verso di lui. Alzò gli occhi e incontrò il suo guardo dolce che riservava unicamente a lei, e in un angolo remoto della sua mente si sorprese a ridere: poche ore prima si era persa nel ricordo del loro primo incontro, quando lui l'aveva salvata non solo da Pitch ma anche dall'oblio in cui minacciava di cadere, e adesso eccolo lì, di nuovo, a ripetere la stessa scena di otto secoli prima in un luogo e un tempo diversi. E proprio come allora, Bellatrix sentì la paura e il dolore fluirle via dal corpo, come veleno spurgato da una ferita aperta. Sandy la prese delicatamente tra le braccia e lasciò che lei seppellisse il volto nell'incavo tra la sua spalla e il collo, reclinando la guancia sulla sua testa bionda. Rimasero uniti in quella posizione per diversi minuti: lei che tremava piangendo sommessamente contro il suo petto mentre lui le dava leggere e affettuose pacche sulla schiena, alzando ogni tanto la mano a lisciarle i capelli con le dita tozze. Dopo un po', Bellatrix si lasciò tirare in piedi accanto a lui: sembrava che in otto secoli nulla fosse cambiato da quella prima volta.

I due attraversarono il portale distrutto come sabbia che scorre tra le dita, e percorsero a ritroso la strada che lei aveva fatto con Calmoniglio e Jamie. Non pensò neanche lontanamente a loro due, le loro sorti non la toccavano, in quel momento. Era con il suo Sandman, e questo era tutto quello che importava, adesso. Ovunque, i passaggi erano ostruiti da tonnellate e tonnellate di macerie e detriti, ma loro ci scivolavano in mezzo con facilità, incorporei e mano nella mano. Bellatrix chiuse gli occhi, serena: era diventata un tutt'uno con la sabbia che la circondava e la trasportava lontano da quel luogo, ma anche se era la stessa situazione che aveva vissuto quando Pitch l'aveva assorbita dentro di sé, questa volta non provava la minima angoscia. Questa volta era diverso, l'unione tra lei e Sandy, un'unione fisica, quasi erotica, non aveva nulla a che fare con il gorgo di paura e ansietà in cui si era trovata a galleggiare quella volta in cui Pitch aveva cercato ( ed era quasi riuscito) di assorbirla all'interno del proprio essere. Questa volta staccarsi da chi l'aveva assimilata e riprendere le proprie sembianze e la propria corporeità fu spiacevole e quasi doloroso, e non una liberazione come lo era stato con Pitch.


Fu ben contenta di tornare alla luce del sole, in superficie. I caldi raggi dell'astro filtravano tenaci tra i rami e le foglie degli alberi, disegnando chiazze luminose sul terreno fertile e umido, mentre il sottobosco era percorso da una brezza fresca e leggera.

Bellatrix guardò fugacemente Sandman negli occhi, sorridendogli. In quello sguardo c'era tutta la gratitudine che provava per lui, per essere corso a salvarla dalla disperazione proprio come aveva fatto la prima volta. Sandman annuì con un singolo scatto del mento, prendendole la mano e restituendole il suo sorriso dolce e paterno. Ecco un'altra cosa che le piaceva di lui e che in tutti quei secoli non era mai cambiata: tra loro non c'era stato quasi mai il bisogno di chiarirsi a parole, e questo in qualche modo permetteva loro di porsi su un altro livello rispetto agli altri.

<< Dovresti vedere come sei conciata, sei ridicola! >> rise una voce alle sue spalle, interrompendo quel momentaneo stato di grazia.

Jack sorrideva appollaiato su un ramo come un enorme gufo azzurro, il bastone pigramente appoggiato alla spalla e un'espressione contenta dipinta in volto.

Bellatrix si lanciò una rapida occhiata. La sua veste era sporca di polvere grigia e sangue ancora umido, stracciata nel punto in cui si era ferita con la spranga e lungo il polpaccio. La manica destra era recisa dalla spalla e ricadeva a brandelli sgualciti sul braccio magro scoprendolo fino al polso, mostrando la pelle diafana piena di lividi. La mano continuava imperterrita a grondare sangue ma lei non ci fece caso, sorridendo al Guardiano con aria complice.

<< Comunque, sono sempre meglio di te! >> ribatté lei, guardandolo divertita. Il suo sorriso le si congelò sulle labbra quando si vide comparire Nord e il suo cipiglio severo davanti agli occhi. Aveva le mani puntate sui fianchi, le maniche rimboccate fin sopra il gomito che facevano bella mostra dei tatuaggi impressi sugli avambracci pelosi dell'uomo.

Bellatrix pensava di sapere il motivo per cui Nord sembrava così ostile: non solo era praticamente scappata dal rifugio al Polo Nord; aveva aggredito un Guardiano, e questo significava tradimento senza mezzi termini. Ma più di tutto, aveva elegantemente snobbato i ripetuti inviti di Nord a non cercare Pitch, mettendo in discussione la sua carriera e la sua stessa autorità di leader dei Guardiani. Colpevole, Bellatrix abbassò le orecchie in segno di vergogna. Anche se di nome era uno Spirito Patrono Superiore, di fatto anche lei doveva attenersi a osservare la supremazia di Nord. Ma lui esplose in una risata, inducendola ad alzare su di lui un'occhiata incuriosita e perplessa. Subito si sentì sollevare di peso, stretta in una morsa mozzafiato. A quanto pareva Nord era ben deciso a soffocarla in un abbraccio stritolatore, continuando a ridere col suo vocione profondo. Finché lei emise un flebile verso di dolore. Allora lui la lasciò andare senza esitazione, la preoccupazione dipinta in volto. Bellatrix scivolò a terra in ginocchio, reggendosi il fianco con la mano ferita e un'espressione dolorante a deformarle il volto. Atterrito, Jack si lanciò giù dal suo ramo, la raggiunse e le strinse la spalla, chiamandola a gran voce. Nord, con calma quasi olimpica, si accovacciò davanti a lei e le scostò la mano con delicatezza, tastandole le costole. A Bellatrix parve il tocco di una lama incandescente, mentre un sapore amaro le invase la bocca con prepotenza. Lei strinse i denti e serrò gli occhi, emettendo un verso strozzato mentre cercava di dominare l'impulso di vomitare che si faceva sempre più forte. E poi, tutto a un tratto, cadde a peso morto in avanti, sul petto di Nord che ebbe appena la prontezza di sorreggerla per le spalle. Lui, Jack e Sandy si scambiarono uno sguardo inorridito. Jack si portò alle spalle di Bellatrix e la afferrò per il busto, tirandola a sé. La testa della ragazza era reclinata sul petto, i capelli biondi spettinati che le ricadevano sugli occhi chiusi come tende davanti a una finestra con gli avvolgibili abbassati.

Il ragazzo si inginocchiò alle sue spalle e se la adagiò contro il petto. Perfino attraverso la stoffa della felpa riusciva a sentire la sua presenza tiepida. La testa della ragazza ricadde inerte all'indietro, contro la spalla destra del ragazzo atterrito dalla paura. Nord scattò in piedi con agilità, mantenendo lo sguardo fisso su di lei che giaceva immobile tra le braccia di Jack. Poi si girò, intimò a Sandman di restare con loro e spiccò la corsa verso il fitto della foresta.

<< Dove stai andando?! >> gli urlò dietro Jack, con una malcelata nota di panico nella voce.

<< A prendere slitta! >> lo raggiunse la voce di Nord, ormai sparito dalla sua visuale, << Dobbiamo portarla in posto sicuro prima che sia troppo tardi! >>

Jack e Sandy abbassarono nuovamente lo sguardo sul volto devastato della ragazza, con la preoccupazione sempre più difficile da tenere a bada. Jack percorse il corpo di Bellatrix con lo sguardo, pensando a quelle parole funeste. “Prima che sia troppo tardi”, non gli era piaciuto per niente e sapeva per esperienza personale che il tono con cui l'aveva detto non prometteva nulla di buono. Il petto di lei si alzava e abbassava lentamente, quasi con fatica. La mano sanguinante era abbandonata in grembo, col palmo rivolto verso l'alto. Sandy allungò la propria e gliela strinse, incurante del liquido rosso che gli imbrattò immediatamente il piccolo palmo grassoccio.


Dopo quelle che gli parvero ore, finalmente Nord intravide la propria slitta tra gli alberi e spiccò la corsa. Saltò nell'abitacolo con l'agilità di una lepre e impugnò le redini con presa salda. Con un colpo ben assestato ordinò alle renne di avanzare, e queste si alzarono in aria galoppando verso il cielo. Pochi istanti dopo stava sorvolando la zona in cui si trovavano i suoi tre compagni e manovrò la slitta in modo da abbassarne la traiettoria di volo.

Jack sentì la sua voce echeggiare dall'alto e cercò lo sguardo di Sandy, perplesso quanto lui. Poi i due alzarono lo sguardo, e nella chiazza di cielo visibile tra gli alberi sopra di loro sfrecciò la slitta, veloce come un fulmine. Jack e Sandman si scambiarono uno sguardo d'intesa, e il ragazzo si alzò in volo stringendo Bellatrix a sé.

Sandman atterrò pesantemente sul pavimento dell'abitacolo e posò il bastone di Jack contro i sedili della fila più bassa. Jack lo raggiunse pochi secondi dopo, e l'omino si arrampicò su per i piccoli spalti per aiutarlo ad adagiarci Bellatrix. Nord gettò loro un'occhiata fulminea come ad assicurarsi che fossero tutti a bordo e spronò le renne con un forte colpo di redini. Allungò la mano alla cieca ai suoi piedi e afferrò il pesante giaccone di pelliccia che vi giaceva abbandonato, buttandolo dietro di sé senza staccare gli occhi dalla strada. Jack si protese e lo afferrò al volo, affrettandosi a coprire la ragazza meglio che poteva. Il vento ululava minaccioso attorno alla slitta, colpendola con raffiche gelide, e l'Omino dei Sogni si piegò sulla ragazza per ripararla dal freddo in un gesto istintivo. Man mano che le ore scorrevano, una ruga di preoccupazione si aggiungeva alle altre che già increspavano il volto inquieto di Sandman, e ne erano passate quattro dal loro arrivo al Polo Nord che lei ancora non dava segni di volersi svegliare. Era stesa su un mucchio di cuscini sul pavimento dello studio di Nord, dove i tre Guardiani avevano allestito in tutta fretta un provvidenziale ricovero. Dal loro arrivo, Sandman si era fatto strano e quasi aggressivo di punto in bianco. Quando era stato il momento di curarla e fasciarle le ferite non aveva permesso a Nord o a Jack anche solo di avvicinarsi e aveva preferito pensarci da solo, quasi fosse una responsabilità esclusivamente sua. Dopo di che, le aveva rimboccato le coperte e si era inginocchiato accanto a lei, ad aspettarla col capo abbassato e le mani strette intorno alla sua. Finché non la aveva sentita gemere nel sonno e aveva alzato speranzoso la testa, per poi tornare a fissarsi le ginocchia deluso. Le sue palpebre non tremarono e Bellatrix continuò a dormire, ammesso che quello in cui era scivolata potesse definirsi sonno. Sandman percorse il suo volto con lo sguardo, le labbra socchiuse e le sopracciglia atteggiate in una vaga espressione sofferente. Avrebbe fatto qualunque, qualunque cosa pur di spianare quelle due folte ali di gabbiano! Glielo si leggeva chiaramente in volto, Jack riusciva quasi a sentire la sua voce muta esprimere questo giuramento, mentre lo spiava da dietro lo stipite della porta senza farsene accorgere. Lo sentiva: se avesse potuto, avrebbe preso di peso tutto il dolore che stava provando lei e se lo sarebbe accollato di buon grado. E invece si limitò a soffiarle una manciata di sabbia sulla testa, lisciandole con la mano una ciocca di capelli che ricadeva sul cuscino.

E mentre Sandy fissava assorto una minuscola Bellatrix di sabbia levarsi sopra la sua fronte, Jack si ritrasse dallo spiraglio, accostando la porta senza fare rumore. Il Guardiano leader era accanto a lui, stranamente silenzioso: se ne stava appoggiato con la spalla al muro accanto alla porta, il volto chino e il mento stretto tra pollice e indice, come immerso in una profonda riflessione troppo complicata da esprimere a parole e condividerla con Jack. Il ragazzo lo guardò qualche istante, ansioso di esporgli il dubbio che lo assillava come un tarlo da qualche ora.

<< Nord, posso farti una domanda? >>

Nord parve essere richiamato alla realtà: sbatté le palpebre come se non avesse avuto idea di come fosse arrivato lì e fece vagare lo sguardo per il corridoio per una frazione di secondo prima di puntarlo su Jack, che a un suo cenno si sentì incoraggiato ad andare avanti.

Lui ripensò alla scena avvenuta qualche ora prima ed esitò impercettibilmente.

<< È normale che uno Spirito... sanguini? O che abbia bisogno di medicazioni e altra roba del genere? Voglio dire... è uno Spirito, vuol dire che è già morta! Non può morire di nuovo, giusto? >>

Nord non rispose, ma si staccò dal muro, aprì la porta di un minuscolo spiraglio e si soffermò a guardare Sandy vegliare su Bellatrix.

<< Nord? >>

L'uomo richiuse la porta e si voltò a guardarlo con occhi fermi e seri.

<< È difficile da spiegare >> disse infine, posando le sue mani sulle spalle di Jack, << ma diciamo che sì, uno Spirito può effettivamente morire. Se è convinto di poterlo fare >> .

Jack strabuzzò gli occhi, perplesso.

<< Io non... >>

<< Vedi Jack, anche se è passato molto tempo, io non credo che Bellatrix abbia mai accettato sua morte. Inconsciamente crede di poter ancora dormire o mangiare, e anche soffrire come un essere mortale. Non fa altro che fomentare una grande illusione. Uno Spirito può fare tutte queste cose, ma non ne risente per davvero. Io posso mangiare tutti biscotti che voglio, ma mio organismo non se ne fa niente, perché noi prendiamo energia dalla fede che bambini ripongono in noi. Ma per lei non è così. È per questo che può essere ferita in modo fisico. E di conseguenza può morire, a tutti gli effetti >> .




Bellatrix aprì gli occhi e si trovò in un immenso prato costellato di fiori. Si voltò lentamente, guardandosi intorno con crescente stupore. Vide una figura stagliarsi all'orizzonte, proiettando la sua ombra lunga sull'erba spettinata dal vento. La ragazza sentì un tuffo al cuore nel riconoscere la sagoma dell'estraneo: si portò i pugni agli occhi e li strofinò energicamente. La donna che aveva davanti la guardò tendendo le braccia verso di lei e Bellatrix si fermò a osservare ogni singolo dettaglio che riusciva a cogliere da quella distanza. Il viso della donna era praticamente identico al suo, con la differenza che gli occhi erano meno taglienti e di un azzurro profondo come il cielo d'estate. I capelli, lunghi e castani, erano sistemati in un'acconciatura semplice e ricadevano a boccoli morbidi lungo i fianchi. Le mani erano piccole e bianche, il seno tondo e leggermente cadente sotto il tessuto morbido che si tendeva sul suo petto. Senza quasi rendersene conto, Bellatrix si era alzata barcollando e, dopo un abbrivio incerto, aveva spiccato la corsa. Voleva toccarla, sincerarsi della corporeità di quella semplice e banalissima donna. Le sue gambe scattavano avanti e indietro velocissime sollevando zolle di terra e ciuffi d'erba coi piedi nudi. Quando finalmente la raggiunse, si tuffò tra le braccia di sua madre e nascose il volto nel suo petto, aggrappandosi a lei con tutte le sue forze. Sentì le sue braccia cingerle dolcemente le spalle e le sue dita sfiorarle i capelli. Strette così l'una all'altra, le due donne scivolarono a terra e rimasero abbracciate tra l'erba che frusciava morbida pettinata da una brezza gentile. Bellatrix alzò lo sguardo solo quando sentì il suono leggero di piccoli passi smuovere il terreno umido poco lontano. Le due gemelle che accompagnavano la donna nella visione che l'aveva tormentata a lungo si tenevano mano nella mano e la guardavano con un sorriso identico stampato in viso. Lei le fissò intensamente, beandosi delle loro espressioni serene. La gemella bionda aveva una coroncina di fiori posta sui capelli biondi e ricciuti, e indossava un abito lungo al ginocchio di un verde più intenso del prato in cui si trovavano. L'altra aveva il naso coperto di lentiggini, due grandi occhi grigi tipo cielo plumbeo e i capelli tirati all'indietro raccolti in un'alta coda di cavallo ramata. Il suo abito era più elaborato di quello della sorella ma sempre complessivamente modesto, con due larghe maniche aranciate e la gonna azzurra decorata con ghirigori scuri. Da dietro la sua schiena, infine, fece capolino il fratello più piccolo di Bellatrix, il primo tra tutti strappato alla sua famiglia. Sembrava una copia in piccolo al maschile della madre, con gli stessi occhi, lo stesso naso e la forma del viso appena più arrotondata. Sciolse le mani da dietro la schiena e porse a Bellatrix una ghirlanda di foglie con una minuscola nota di timidezza, sistemandogliela goffamente sulla testa come una corona. Lei staccò il braccio dalla madre e lo tese al bambino, che assieme alle gemelle si unì alle due donne in quel grande e caloroso abbraccio di gruppo. Bellatrix si strinse più forte alla sua famiglia: ora che l'aveva ritrovata non avrebbe permesso a niente e nessuno di portargliela di nuovo via. A un tratto il prato fu percorso da una folata di brezza più gelida e forte, e lei seppe pur non guardandosi intorno che in quell'istante era apparso qualcun altro, a poca distanza da loro. Per un istante credette trattarsi di Pitch e lei fu percorsa da un brivido di rabbia che era rimasto sepolto dentro di lei troppo a lungo: non gli avrebbe permesso di muovere un solo passo verso chi aveva perduto per colpa sua. Si alzò, staccandosi dall'abbraccio morbido dei suoi fratelli, e lentamente si voltò a fronteggiarlo. Ma dove si era aspettata di vedere Pitch, si ergevano silenziose tra l'erba almeno sette figure. Nord, Jack, i due bambini Bennett, Dentolina, Calmoniglio e infine Sandy. Proprio lui, che l'aveva salvata dall'oblio quel giorno terribile di otto secoli prima. Sandy, che per lei era stato il padre che non aveva mai avuto e che l'aveva presa con sé e portata al sicuro, lontano da Pitch. Sandy, al quale lei stava dicendo “grazie” per tutto questo voltandogli le spalle per inseguire fantasmi persi nel vento, di cui non rimaneva alcuna traccia terrena. Non poteva permettersi di andarsene via così. Mosse qualche passo incerto verso le figure, esitando.


Cantate vitae canticum
Sine dolore actae
Dicite eis quos amabam
Me nunquam obliturum










Sapeva che se avesse deciso di seguire la sua famiglia non avrebbe più potuto tornare indietro, ma adesso non era più sicura di volerlo fare. Tornò a guardarsi indietro, con desiderio sempre crescente. La sua vecchia famiglia. Sua madre la guardava con espressione serena ma al contempo velata di tristezza: aveva capito che Bellatrix non era disposta a perdere un'altra volta chi amava. Così si avvicinò, la gonna azzurra sollevata dal vento a mostrare i polpacci snelli. Si portò le mani al collo e slacciò il ciondolo che vi era appeso. Poi prese la mano della figlia, che si lasciò guidare docilmente, e ve lo depose dentro, richiudendola poi tra le proprie. Bellatrix abbassò lo sguardo, sbirciando tra le dita dischiuse: sul suo palmo era deposta una sfavillante pietra bianca, incastonata in un delicato calice d'argento. Alzò lo sguardo, e sua madre e i suoi fratelli non c'erano più.

Sing a song, a song of life
Lived without regret
Tell the ones, the ones I loved
I never will forget.

Never will forget.




Bellatrix tornò a guardare i Guardiani, sentendosi vicina a un crollo emotivo. Si stavano allontanando velocemente senza effettivamente muovere un muscolo, come risucchiati da una strana luce cristallina.

Bellatrix non capì più niente: si strappò la ghirlanda dalla testa, ma si rifiutò di gettarla via. Poi si mise a correre dietro ai Guardiani, sollevando la gonna bianca sopra il ginocchio per non averla d'impiccio. Loro la guardavano impassibili, mentre la luce bianca esplodeva alle loro spalle e sembrava volerli inghiottire. Bellatrix tese la mano che stringeva la ghirlanda, urlando tutta la sua frustrazione. Era vicinissima, ancora pochi centimetri e li avrebbe raggiunti. Aprì la mano e la ghirlanda le scivolò lungo il braccio, ma le sue dita si chiusero attorno al nulla più luminoso.


Jack e Nord stavano ancora parlando sottovoce fuori dalla porta, ignari di tutto.

<< Ma... ma come può non saperlo? È stata lei stessa a raccontarmi la sua storia, lo sa eccome! >> stava dicendo il ragazzo, incapace di mantenere un tono contenuto.

<< Non hai capito, Jack! Lei sa, ma dentro di sé, una minuscola parte della sua coscienza si rifiuta di accettarlo! >> rispose Nord, col tono di una maestra che spiega che uno e uno fa due.

<< Ma non è... non è possibile! Bisogna che lei sappia, dobbiamo fargliene rendere conto! >>

<< Non è così semplice, Jack. Questa non è cosa a cui si comanda, purtroppo >> .

Il ragazzo era sul punto di ribattere, quando da dietro la porta si levò un urlo disumano. I due Guardiani si scambiarono uno sguardo allarmato e si lanciarono oltre la soglia, sbattendo la porta contro il muro. Bellatrix sembrava posseduta: urlava a pieni polmoni, piangeva, si dibatteva e scalciava sotto alle coperte. Aveva un braccio teso verso l'alto, come a cercare di afferrare qualcosa di invisibile. Jack spostò lo sguardo dal suo volto a Sandy, che stava cercando in ogni modo di tranquillizzarla. Era curvo sul suo petto, le braccia puntate sulle spalle di lei nel tentativo di respingerla sui cuscini. Ma lei sembrava del tutto fuori di sé, delirante come in preda a una febbre allucinogena, e cercava strenuamente di allontanarlo da sé senza rendersi effettivamente conto di quel che faceva. Con una gomitata, la ragazza riuscì a liberarsi dal peso di Sandy, e l'omino fu scaraventato all'indietro, rotolò sul pavimento e lì rimase immobile.

Jack si precipitò verso di lui, mentre Nord andava di gran carriera verso la ragazza che ancora urlava col braccio proteso sopra di sé, le dita che si stringevano convulsamente attorno al nulla. La afferrò con fermezza e la scrollò energicamente per le spalle, chiamandola a gran voce. Jack tese la mano a Sandy per aiutarlo a rialzarsi, ma non si perse un solo movimento di Nord o di Bellatrix.


Bellatrix non capì subito che la fonte di quelle urla strazianti era proprio lei. Un'ombra le si stagliò davanti agli occhi e lei mise a fuoco i grandi occhi glaciali di Nord, che la scrutavano attenti. Nel riconoscerlo, smise subito di urlare, come una sirena spenta all'improvviso, e continuò a fissare l'uomo col fiato mozzo, la bocca ancora aperta come a continuare quel grido in sordina.

Senza una parola, si guardò attorno, realizzando di trovarsi nella fabbrica. Poi il suo sguardo incrociò quello di Jack, e infine si spostò su Sandy, che a sua volta la guardava sconvolto e incredulo da terra. Nord la lasciò andare, guardandola con apprensione. Bellatrix era solo vagamente conscia del fatto di non avere altro addosso che non fossero bende e fasciature, e non le importava affatto. In quel momento aveva occhi solo per lui, e solo lui c'era per lei adesso in quella stanza. Si lanciò verso Sandy, calciando via le coperte, ma le parve di muoversi al rallentatore, almeno finché non sentì il suo calore contro il petto. Lei gli si gettò braccia al collo, affondando il naso e le dita tra le pieghe della sua veste, respirando profondamente per assimilare il suo odore fin dentro ogni singola cellula del suo corpo. Sandy la cinse a sua volta con le braccia corte, reclinando la testa sulla sua spalla scossa dai tremiti. In quel momento, Jack e Nord erano inesistenti: in quel momento, c'erano solo loro due, ma stretti così forte l'uno all'altra da risultare un essere solo. Senza che i due se ne fossero accorti, Jack aveva raccolto una delle coperte dal mucchio informe che Bellatrix aveva gettato via e adesso guardava imbarazzato la schiena nuda di lei, senza osare posargliela addosso. La cicatrice sulla sua pelle faceva malignamente capolino da sotto le bende, e lui stava cercando in ogni modo di non guardarla.

Sandy si staccò da lei dopo quella che parve un'eternità. Si allontanò con dolce lentezza, alzando una mano a sfiorarle la guancia con lo sguardo carico di affetto. Poteva specchiarsi nei suoi occhi ambrati colmi di profonda devozione, mentre sentiva la sua mano chiudersi attorno alla propria.

In quel momento si sentì un rumore di passi affrettati nel corridoio e Dentolina irruppe nella stanza.

La fata fu sul punto di cadere in avanti, ma si aggrappò prontamente allo stipite della porta e alzò uno sguardo allarmato su Nord, senza rendersi conto di aver turbato l'intimità di quella felice riunione.

<< Nord, l'ho cercato dappertutto, ma non sono riuscita a trovarlo! Calmoniglio non si trova da nessuna parte! >>

Lì per lì Bellatrix non diede peso e non registrò quelle parole o il loro significato. Poi un meccanismo scattò in lei, e fece i dovuti collegamenti.

Calmoniglio. Jamie e Sophie. Pitch.

Si separò da Sandy e si voltò a guardare la nuova arrivata.

<< Dobbiamo trovarlo! >> disse con voce roca, tirandosi faticosamente in piedi. Tutti la guardarono, imbarazzati e incuriositi. Bellatrix strappò la coperta dalle mani di Jack e se la buttò addosso come un mantello, stringendosela sul petto.

<< Nord, io e Calmoniglio eravamo insieme! Mi ha seguito fino al nascondiglio di Pitch, voleva riportarmi indietro ad ogni costo. Ma io sono andata dietro a lui, Pitch, e Calmoniglio non ha potuto fare altro che seguirmi. E inoltre, c'era anche Jamie, con noi >> .

<< Jamie? >> ripetè Jack, perplesso.

Con velocità fulminea, Nord estrasse un bastone di zucchero dalla tasca e lo puntò con fare inquisitorio contro la ragazza.

<< A tal proposito, è ora di chiarire due cosucce. Cosa sei andata a fare, laggiù? Ti avevamo detto di non andare a cercarlo! Inoltre hai portato con te un bambino, facendogli rischiare sua vita! Non è così che facciamo noi, lo sai meglio di me! >>

<< Ma io non l'avrei mai e poi mai portato in un posto simile, se non fosse stato inevitabile! Devi credermi! Pitch ha preso la sua sorellina, sai che significa questo? Io l'ho vista, ho visto come l'ha ridotta! Vuole renderla come lui, praticamente le sta succhiando via dal corpo fino all'ultima goccia di vitalità! Perfino Calmoniglio mi ha dato man forte, quando l'ha saputo! >>

Aveva abbandonato il tono deciso e la sua voce si era alzata fino ad urlare. Nord continuò a guardarla con occhi calcolatori anche dopo che si era zittita, e si era infilato il bastone di zucchero tra i denti, mordicchiandolo distrattamente.

<< Ah, e ti ho anche ritrovato i tuoi cavolo di Yeti, non c'è di che! >> aggiunse lei, con una nota di risentimento.

Sentì la mano di Jack posarsi sulla sua spalla e seppe che lui era dalla sua parte, anche senza guardarlo.

<< Nord, non possiamo aspettare un altro minuto, dobbiamo trovarli in fretta! >>

<< Ma Jack, non sappiamo nemmeno da dove cominciare! >> protestò Dentolina, fluttuando a qualche centimetro dal pavimento.

<< Non ci vuole molto: o sono riusciti a rifugiarsi nella tana di Calmoniglio, oppure sono ancora là sotto. Lo sapete che è crollato tutto, sì? >> rispose Bellatrix in tono sbrigativo, alzando un sopracciglio all'indirizzo di Nord. Quest'ultimo rimase in silenzio diversi secondi a valutare la situazione, e alla fine annuì lentamente.

<< Va bene. Partiremo non appena mi sarò procurato qualche globo di neve. Sarà più veloce arrivare, con quelli >> .

Si diresse alla porta con larghe falcate, gli occhi di tutti puntati sulla schiena.

<< E quanto ci vorrà? >> lo stoppò la voce di Bellatrix sulla soglia. Nord si voltò a guardarla per un istante, alzando il sopracciglio a sua volta.

<< Che ti importa? Tanto tu rimani qui! >>

<< Stai... stai scherzando, vorrei sperare! >>

<< No non sto scherzando. Senza offesa, ma hai davvero brutta cera, e perciò resti qui a riposare. In caso di combattimento ci saresti solo d'impiccio >> .

<< Non ci penso neanche! >> ribatté lei con decisione, scattando in avanti per afferrargli il braccio.

<< Devo ricordarti che per colpa tua Calmoniglio e ragazzino si trovano in un brutto guaio? >> rispose l'uomo, gelido. Bellatrix si sentì trafitta da quegli occhi di ghiaccio da parte a parte e deglutì. Si voltò a cercare l'appoggio di Jack e Sandy con lo sguardo, stringendosi convulsamente la coperta sulle spalle.

<< So che dicendo questo sarò radiato per sempre dalle tue simpatie, ma per una volta mi trovi d'accordo con Nord... >> disse Jack. Ma vedendo lo sguardo assassino di lei, si affrettò a correggere l'errore.

<< Per quanto riguarda la parte della brutta cera, voglio dire >> .

<< Sandy! >> lo chiamò la ragazza, sperando nel suo sostegno. Ma anche lui sembrava poco incline a lasciarla venire con loro, perché le lanciò un fugace sguardo evasivo e prese a tormentarsi le mani. A quella reazione Bellatrix parve come sgonfiarsi, e per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, a Jack parve di vedere la rassegnazione nei suoi occhi.




A.A.


La tentazione di non pubblicare oggi è stata moooolto forte. Abbiamo passato la metà della storia, da qui in poi i capitoli da postare saranno meno di quelli già postati. Oh beh, c'è ancora tempo, è un po' presto per cominciare a deprimermi...

Allora, questo capitolo è il motivo essenziale per cui In Noctem, il testo, è stata divisa in due: Ho pensato che la seconda parte calzasse a questo capitolo come il guanto sulla mano, specialmente per il rapporto tra Bellatrix e la sua famiglia. Ma perchè sto qui a spiegare le ovvietà? Boh. Nel prossimo capitolo andremo ancora più a fondo nel passato di Bellatrix, che demolirà completamente le poche certezze rimastele.

Dunque, ho una cioccolata calda che aspetta solo me, alla settimana prossima!


Tec







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Capitolo 10
*** Esiliata ***









Senza gli Yeti a dargli un valido supporto, il lavoro per Nord era così estenuante che Jack si era chiesto più volte come potesse resistere da solo a quel ritmo. Lui e Dentolina gli davano una mano quando e come potevano, anche perché il solo aiuto degli elfi notoriamente portava solo ulteriori disastri. A Bellatrix invece, che pure avrebbe sgobbato come una dannata pur di riguadagnarsi la fiducia e il rispetto di Nord, era stato esplicitamente detto di tenersi alla larga dal laboratorio. Il che in sostanza voleva dire di starsene confinata nella stanza in cui si trovava in quel momento. Sandy cercava di renderle quella sorta di prigione aperta più sopportabile, andando a trovarla spesso per sincerarsi delle sue condizioni e a tenerle compagnia qualche minuto, tra la costruzione di un giocattolo e l'altro. Dal canto suo, Bellatrix accoglieva quelle visite con un sentimento di gratitudine misto ad amarezza, perché in quel modo Sandy sottolineava e contribuiva ad accentuare la sua completa libertà di gironzolare per la fabbrica a confronto del divieto che invece era imposto a lei.

Uno dei motivi per cui a Bellatrix non piaceva il polo Nord era perché il giorno e la notte si alternano molto meno di frequente che in qualsiasi altro punto del pianeta. Di conseguenza aveva visto Manny solo per pochi minuti, che sembrarono ruzzolare via come un sasso rotola lungo un pendio, per poi aggrapparsi all'immagine di quel bianco corpo celeste con tutta la sua volontà desiderando di trovarsi lì fuori più di qualunque altra cosa.

Come al solito, lei era rannicchiata contro il vetro freddo della finestra a guardare annoiata il solito paesaggio innevato, quando la porta cigolò sommessamente alle sue spalle. Voltandosi, fu vagamente sorpresa di incrociare gli occhi viola di Dentolina e non quelli caldi e affettuosi di Sandman. Ritta sulla soglia, reggeva un piccolo vassoio sul quale erano posate due grandi tazze di legno fumanti. Le si avvicinò timidamente, facendo fremere le ali piumate come in preda a un tic nervoso. Evitava accuratamente il suo sguardo diretto, pur tenendo il suo fisso a un punto a qualche decina di centimetri dal suo volto, e Bellatrix colse perfettamente il disagio della fata. Non si erano più parlate né viste da quando Nord le aveva espressamente detto di stare fuori dalla faccenda delle ricerche di Calmoniglio, e Bellatrix sapeva che parte del suo disagio era dovuto alla sua natura di gatto: la sua parte felina avrebbe potuto risvegliarsi e prendere il sopravvento. E siccome lei, Dentolina, era per metà colibrì, l'istinto le diceva continuamente di prendere le dovute distanze. Ma il suo, di istinto, Bellatrix aveva imparato da tempo se non a farlo tacere, almeno a non dargli troppo peso, e ogni volta che questo scalciava smanioso di riemergere lei riusciva sempre a domarlo.

Dentolina posò il vassoio e si sedette sul davanzale accanto a lei, stringendo la propria tazza tra le piccole dita. Si voltò a guardare l'altra, che era tornata a darle le spalle e a guardare fuori dalla finestra, come se lei non fosse stata lì affatto. Era avvolta in un leggero tessuto blu scuro, che ricadeva morbido per terra come una cascata fluida. Il vestito copriva del tutto la cicatrice sulla schiena di Bellatrix, e si apriva regolare appena sotto l'attaccatura delle ali. Sotto, la coda spuntava tra le pieghe della gonna da un minuscolo ritaglio circolare ad altezza dell'osso sacro. Dentolina rimase in silenzio a osservarla per diversi secondi, affascinata dalla forma scolpita delle gambe raccolte sul davanzale e le scarpe nere che lasciavano in bella mostra le caviglie forti della ragazza. Quando Bellatrix cominciò a parlare, Dentolina era così immersa nei suoi pensieri che non riuscì a nascondere un sussulto.

<< Dov'è Sandy? >>

Aveva un tono distaccato, quasi annoiato. Come se avesse chiesto informazioni su una cosa minuscola, di poco conto.

<< Nel laboratorio, sta aiutando Nord. Tu... tu stai bene? >> rispose lei, sondando il corpo di Bellatrix con lo sguardo, in cerca delle medicazioni che le aveva applicato Sandy.

<< Non posso negare di essere stata meglio. Ma siccome l'ho rischiata grossa, forse farei meglio a non lamentarmi. E tu, invece? Come fai con la raccolta dei dentini? >>

Bellatrix cambiò posizione: appoggiò la schiena al muro al quale fino ad allora era appoggiata con la spalla e incrociò le gambe, allungando la mano sull'altra tazza. Gli occhi di Dentolina saettarono veloci sulle bende macchiate di scuro e strette attorno al palmo, e subito si distolsero, percorrendo smarriti la stanza.

<< È un disastro! Senza le mie fate non so cosa fare! >>

Bellatrix allontanò il bicchiere fumante dalle labbra, studiando il suo profilo con attenzione. Poi si chinò in avanti e le posò una mano sul ginocchio, rivolgendole un sorriso incoraggiante.

<< Le ritroveremo, vedrai. Sono sicura che Calmoniglio è riuscito a portarle tutte nella sua tana, proprio come gli Yeti di Nord! >>

<< Te l'ho detto, ci sono già stata! Non c'era nessuno, le gallerie erano abbandonate! >>

Bellatrix drizzò la schiena, alzando un sopracciglio. Non riusciva a capirla fino in fondo: il fatto che non potesse raccogliere tutti quei dentini era grave, certo, ma non fatale. Non nell'immediato futuro, perlomeno. Ne sarebbe derivato che i suoi poteri si sarebbero ridotti e forse anche annullati, ma questo non l'avrebbe uccisa. Non subito. Anche Pitch in fondo era stato privato dei propri poteri, in passato. La prima volta dopo i Secoli Bui, e la seconda quando era stato trascinato via dai suoi stessi incubi. Ma sconfitto non è sinonimo di ucciso, e infatti nulla gli aveva impedito di tornare.

<< Sai, quando ero piccola io, la Leggenda della Fata dei dentini non esisteva >> Se ne uscì a un tratto, di punto in bianco.

<< Certo che no, l'Uomo nella Luna mi ha scelta quasi quattrocento anni dopo! >> rispose l'altra, con una nota divertita nella voce.

<< Neanche la Leggenda di Babbo Natale, esisteva. O quella del coniglio di Pasqua. Perfino l'Omino dei Sogni non si sapeva cosa fosse >> continuò imperterrita Bellatrix, senza badare alle parole di Dentolina. Alzò lo sguardo, godendosi l'espressione basita di lei, e dopo qualche istante riprese a parlare.

<< In compenso, io so che queste Leggende hanno iniziato a circolare nel giro di poche decine di anni dopo. E so anche per mano di chi. E penso proprio che lo sappia anche tu... >>

Dentolina scattò in piedi, gettando a terra la tazza ancora colma.

<< Come fai a...? >>

<< È per questo che l'ho seguito. Sono andata dall'unica persona che avrebbe potuto dirmi tutto, e guarda caso si tratta della stessa persona che ha compiuto lo sterminio di un'intera famiglia per vendicarsi di chi ha portato il mito dei Guardiani nel mondo! Per vendicarsi di voi! >>

Man mano che le parole le uscivano di bocca, i ricordi parvero affiorare come tappi di sughero immersi nel miele.


Aveva da poco compiuto sedici anni, quando tutti nel villaggio avevano iniziato stabilmente prima a credere e poi a vedere. Adulti e bambini, tutti adesso sapevano che grazie ai primi Guardiani, il Buio sarebbe stato presto sconfitto, anche se continuarono a temerlo per molti anni a venire.

Ne aveva diciotto quando ripescarono il cadavere di suo fratello dalle acque torbide del fiume. Ricordò che in quel momento lei era lì sulla riva, stringendo a sé le due gemelle che, disperate, avevano sepolto il volto nella sua gonnella. Improvvisamente le parve di ricordare il volto di sua madre. Fissava il punto in cui i sommozzatori stavano affondando le vanghe nella riva melmosa con occhi vuoti e inespressivi. Il suo volto era ancora simile a quello che Bellatrix aveva visto nel suo sogno, solo più pallido e stranamente traslucido alla luce delle torce che fiammeggiavano poco lontano. Continuava a ripetere sommessamente le stesse due frasi, come una litania o una formula magica:

<< È venuto per loro, tornerà per me. Vuole vendicarsi, e si bagnerà nel loro sangue... È venuto per loro... >>

Quelle parole l'avevano spaventata più di quanto già fosse, ma ai tempi non ci aveva dato un particolare significato pensando che la madre fosse ammattita dal dolore.

Poi, neanche un anno dopo, era successo di nuovo. Non era stato facile, ma Bellatrix, che non riusciva a ricordare il suo nome da mortale, aveva fatto del suo meglio per cercare di far vivere le sue sorelle nella spensieratezza. Ricordò con un brivido che era stata l'altra gemella a trovare la sua sorellina impiccata a una delle travi del soffitto nel sottotetto. Lei, Bellatrix, si trovava tre piani più sotto, nella piccola cucina della spelonca in cui vivevano tutti insieme, e aveva sfornato dei dolcetti al miele da offrire alle due bambine. La madre non era in casa, ma a lavorare nel loro piccolo appezzamento di terreno che distava venti minuti di cammino. Aveva salito le scale tenendo saldamente il vassoio di legno, immaginandosi già le reazioni entusiastiche delle due bambine, quando aprì la porta della camera dove erano solite giocare. Un grido straziante la raggiunse dal piano di sopra e lei corse a vedere, allarmata. Lì si bloccò sulla soglia, incapace di credere ai propri occhi. La gemella dai capelli rossi era aggrappata disperatamente alle gambe della sorella, che oscillavano inerti come un macabro pendolo a qualche decina di centimetri da terra.

Bellatrix lasciò cadere il vassoio senza un grido, mentre si gettava in avanti per staccare la sorella dalla ragazzina ancora agonizzante.

Lei si divincolava, piangeva e urlava nel tentativo di liberarsi dalla stretta di Bellatrix che l'aveva un po' trascinata e un po' sollevata di peso fuori sul pianerottolo, calpestando i dolcetti sparsi a terra. E poi, a metà della rampa di legno mezzo marcio, la bambina si era improvvisamente zittita e le si era afflosciata tra le braccia, pallida come un teschio. Bellatrix la prese in braccio, fuori di sé dalla paura e dalla disperazione, e la portò nella stanza da letto che condividevano con la madre, stendendola sul pagliericcio. Le rimboccò le coperte e, come in preda a uno stato di trance, tornò al piano di sopra e si avvicinò tremando alla bambina che ancora dondolava spettralmente a mezz'aria. Si sentiva malissimo, sentiva che da un momento all'altro sarebbe crollata a terra anche lei, eppure si costrinse a resistere alle vertigini e aveva sciolto il nodo stretto che comprimeva la trachea della bambina. Aveva sentito la fragilità del suo collo spezzato, stringendola convulsamente contro il proprio petto. Alla fine, con grandissimo sforzo, l'aveva adagiata a terra e si era precipitata giù per le scale, correndo come una forsennata fino al campo dove sua madre stava attuando la mietitura. Il funerale era stato celebrato pochi giorni dopo, e la sorellina fu sepolta nel piccolo cimitero locale, dove già riposavano il fratellino e il padre che non avevano mai conosciuto. Una sensazione sgradevole le si arrampicò su per lo stomaco: qualcosa era scattato nella sua mente, come se un ricordo soffocato da tempo avesse scalciato una singola volta per cercare di riaffiorare dal suo inconscio. La famiglia di Bellatrix non era mai stata ricca né abbiente, e senza una figura maschile che provvedesse per tutti, tirava avanti come poteva. I pochi risparmi che avevano erano stati spesi tutti per la cerimonia funebre del membro più piccolo di quell'ormai disgregato nucleo familiare, e adesso non aveva nulla per pagare il becchino. Ma questi non sembrava interessato a un corrispettivo in denaro per i suoi servigi, e Bellatrix se n'era ben resa conto. Così, all'insaputa di tutti, i due avevano organizzato un incontro notturno. Bellatrix era disgustata di sé stessa per ciò che stava per fare, ma ancor più grande era in lei il terrore di cosa lui avrebbe potuto dire o fare se lei non si fosse concessa. Si immaginava le cose più orribili, ma più di tutte la tormentava la visione del corpicino della bimba abbandonato in qualche acquitrino, lasciato a decomporsi alla mercé delle intemperie e delle bestie affamate. E così Bellatrix si vide costretta a vendersi al becchino. Si vide nuda e impaurita su un letto che non era il suo, le gambe strette al petto, il mento incassato tra le ginocchia e gli occhi castani e grandi rivolti all'uomo che le stava di fronte. Lui le si avvicinò armeggiando alla cinghia dei pantaloni, esplorando ogni centimetro della sua pelle nuda con occhi famelici.

<< Sei molto bella, Serena >> .

Si era buttato quasi a pesce su di lei, divaricandole le gambe con decisione brutale. Il resto, Bellatrix si impose di non farlo riemergere dal suo inconscio, ma ricacciarlo più a fondo come a volerlo soffocare nell'oblio.


Stordita, con le unghie conficcate nelle guance, barcollò paurosamente e si accasciò contro il muro, con le lacrime che minacciavano di scendere a fiotti. Dentolina gridò il suo nome e fece per lanciarsi verso di lei, ma Bellatrix emise un verso rabbioso e ostile, intimandole di non avvicinarsi oltre. Con un misto di bramosia e repulsione, Bellatrix cedette a un altro flash. Che dovesse essere passato un po' di tempo dalla perdita della sua sorellina e della propria purezza, lo capì vedendosi cambiata. L'atmosfera era la stessa di certi sogni, dove il campo visivo è sfocato agli estremi e si osserva la scena dall'esterno, come in un televisore 3-D.

La veste si tendeva un po' sopra il suo ventre tondeggiante, ma nonostante la gravidanza avanzata fu proprio lei a uscire nel cuore della notte sotto una pioggia battente per cercare l'unica sorella rimastele, quando si era accorta che era sparita dal posto che di solito occupava tra sé e sua madre nel letto. La chiamò per ore, lasciando che il vento e l'acqua mista a neve le sferzassero il viso, ma all'interno del villaggio non c'era traccia di lei. Così Serena non vide altra soluzione se non quella di addentrarsi nel bosco che sorgeva a qualche centinaio di metri dalle mura a ovest. Con quel tempo, le guardie avevano abbandonato la ronda, dandole il via libera per sgusciare fuori dai confini del paesello senza essere notata da anima viva. Quando si fu trovata abbastanza lontano dalle mura, ecco che spiccò la corsa, reggendosi il ventre con la mano e ansimando come un animale ferito. Arrivata a limitare del bosco, alzò il fioco lume per rischiarare i tronchi larghi e massicci, i cui rami si infittivano al punto da creare un soffitto gocciolante. Bellatrix dovette camminare per altri dieci minuti buoni, prima di trovare quella che da atroce paura si era istantaneamente trasformata in orribile certezza. La ragazza si lasciò cadere in ginocchio davanti ai resti dilaniati da mandibole fameliche, senza avere la forza anche solo di sfiorarli. I capelli rossi della bambina erano impastati di terra e sangue, gli occhi vuoti e fissi sulla volta legnosa che le riparava dalla pioggia.

All'improvviso, Serena si ritrovò circondata da un branco di lupi. Ne contò sei o sette: erano troppi, decisamente troppi. Un uomo adulto avrebbe fatto fatica a tener loro testa senza la garanzia di uscire dallo scontro vincitore, ma per una ragazza incinta questa possibilità era del tutto inesistente. Una delle belve caricò il balzo: si avventò su di lei con le fauci spalancate che grondavano saliva, e Serena chiuse istintivamente gli occhi aspettando di sentirsi lacerare la gola. Ma il dolore che si aspettava non arrivò, e lei sentì il rumore di qualcosa che veniva colpito e scaraventato a terra a peso morto e un uggiolio sommesso. Riaprì gli occhi, incredula, e fu allora che lo vide per la prima volta. Un omino basso e tondo, dalla pelle e i vestiti dorati, si era frapposto fra l'animale e la ragazza, facendole scudo col proprio corpo. Brandiva una lunga frusta scintillante, che faceva vorticare alta e minacciosa sopra la testa, tenendo gli occhi fissi sui lupi. Questi arretrarono emettendo un ringhio basso e continuo, senza mai voltargli le spalle, e alla fine sparirono tra gli alberi. Serena spostò lo sguardo sul suo salvatore, che si voltò verso di lei e le restituì uno sguardo affettuoso. Da piccola aveva sentito sua madre descriverlo esattamente così come lo vedeva adesso, ma non lo aveva mai visto fino a quel momento. Poi lei sentì le sue ginocchia cederle e lei stramazzò a terra, svenuta.

Si svegliò a casa, nel letto che ora avrebbe condiviso solo con la madre. Lei era lì accanto, intenta ad intrecciare una corona di foglie di pungitopo. La donna parlò, senza staccare gli occhi dal lavoro attento delle sue mani.

<< Lui ti ha salvato, ti ha riportata da me cavalcando le nubi dorate. L'uomo che porta i sogni ha ripagato il favore >> .

La ragazza impiegò qualche secondo a connettere. E poi, l'immagine dell'ometto dalla carnagione e la veste scintillanti le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno.

<< L'ometto tutto giallo! Madre, avevi ragione, esiste davvero! Mi ha difeso dai lupi...! >>

Con una fitta allo stomaco ricordò il motivo per cui si era addentrata nella foresta e la macabra scoperta che aveva fatto là dentro.

Si portò la mano al ventre, storcendo le labbra con espressione amareggiata.

Sua madre sollevò la testa di scatto, guardandola intensamente con occhi spiritati. Serena ebbe un brivido di paura: il suo volto, una volta così bello e giovanile, era più pallido e incavato che mai. La pelle tirata sulle guance scarne accentuava due già marcate fossette che prima non c'erano e due profonde borse si gonfiavano sotto gli occhi accesi da una strana luce, unico barlume di vitalità che le era rimasto in corpo.

<< Il suo nome è Sandman >> .

La fissò ancora qualche istante e poi, lentamente, tornò a concentrarsi sulla ghirlanda.


Il giorno dopo, in paese si fecero i preparativi per il funerale dell'ultima sorella di Serena. Questa volta, lei si rifiutò di concedersi nuovamente al becchino, per paura che il rapporto potesse compromettere la salute del bambino che portava in grembo. L'uomo si era allontanato a bocca asciutta, lanciandole un monito di vendetta rabbioso. Lei non si lasciò nemmeno sfiorare dall'idea di denunciarlo: in paese, chi non la dava per pazza la calunniava dell'assassinio dei suoi fratelli, a detta delle malelingue per tenere per sé quei pochi possedimenti di cui disponevano in famiglia.

E poi Bellatrix si rivide in ginocchio, con la gonna sollevata oltre la vita, piegata dal dolore delle contrazioni.

Attorno a lei si affaccendavano tre donne sconosciute, mentre sua madre sedeva dall'altro lato della stanza, incurante o inconsapevole del dolore che stava attanagliando la figlia. Una donna le teneva un panno premuto sulla bocca in modo da soffocare le urla, mentre un'altra era china dietro di lei, lo sguardo concentrato e le mani protese. La terza la sorreggeva saldamente per le braccia, le mani ossute strette sulla sua pelle. Finalmente le dita decise dell'ostetrica si chiusero attorno alla testa del bambino e la tirarono con decisione lenta e costante. Gemendo e lamentandosi, Bellatrix alzò lo sguardo sulla finestra sotto la quale sedeva sua madre e lanciò un grido terrorizzato che nulla aveva a che vedere con il parto: l'Uomo Nero la fissava imperscrutabile da oltre il vetro, gli occhi scintillanti come torce nella nebbia. Ma né sua madre, né tanto meno le ostetriche alzarono lo sguardo, e Serena cadde sul pavimento in una pozza di sangue, stremata dalla fatica. Il fazzoletto che aveva imprigionato le sue grida ora giaceva a terra davanti a lei, dalla cui bocca non usciva ormai altro se non sbuffi e sospiri sofferenti. Sentiva il bisogno irrefrenabile di coprirsi, sentendosi più vulnerabile che mai, eppure non riusciva a muovere un singolo muscolo e rimase a guardare il Signore degli Incubi dissolversi come fumo oltre il vetro, così vicino e pericoloso. Sentiva l'odore ferroso e la consistenza appiccicosa del sangue addosso, ma tutto ciò di cui si preoccupava adesso era suo figlio, i cui vagiti le fornivano abbastanza lucidità e forza da rotolare faticosamente sul fianco per vedere dove fosse. Tese le braccia verso le tre donne, impegnate a lavare il bambino urlante. Dalle labbra della ragazza uscì una flebile supplica, ma le tre ostetriche le rivolsero uno sguardo sprezzante. Una di loro avvolse il neonato in una coperta e se lo strinse al petto, come a rivendicarne la proprietà. Dopo di che si voltò e uscì dalla stanza, seguita dalle altre due donne.



Adesso Bellatrix ansimava come riemersa da un abisso profondo e gelido. Si stringeva i pugni sulle tempie, tenendo lo sguardo fisso a un punto poco distante dal piede di Dentolina. Abbassò lentamente le mani, come temendo di rompere un fragile e delicato equilibrio, respirando affannosamente. Per qualche istante sembrò che quell'orribile tuffo nel passato fosse finito, ma all'improvviso un ricordo che non le apparteneva la travolse, estorcendole un gemito spiazzato.


Due uomini stavano l'uno di fronte all'altro, al limitare del bosco in una notte senza luna. Alla luce di un debole lume, riconobbe la sagoma tarchiata e panciuta del becchino, e quella alta, sottile e appuntita di Pitch. La scena cambiò con la rapidità di un battito di ciglia: adesso si trovava negli occhi dell'Uomo Nero, che fissava con sguardo impassibile una casetta fuori dalle mura, al limitare opposto della boscaglia dove si era incontrato con il becchino. Davanti alla porta della modesta abitazione era radunata una cospicua folla capeggiata dal becchino, e alcuni uomini la stavano tempestando di pugni rabbiosi. La luce delle torce proiettava spettralmente le loro ombre sul muro, come fantasmi oscuri e malevoli. A un tratto i tre uomini nelle immediate vicinanze della porta si scansarono, reprimendo un brivido: questa ruotò sui cardini malmessi e sulla soglia apparve Serena, o Bellatrix o comunque si chiamasse, col petto in fuori e un'espressione fiera in volto.

<< Ecco la strega! >> urlò il beccamorto, puntandole contro l'indice con gesto plateale, << La strega attira la sciagura su di noi! Io l'ho vista, si è accoppiata con il demonio, e un demonio le è nato! Ha stregato quelle povere anime dei suoi fratelli e le ha uccise senza alcuna pietà! Se lasciamo che viva, toccherà la stessa sorte anche ai nostri figli! >>

<< È vero, mi sono concessa a un demonio! >> urlò Serena, zittendo all'istante la folla vociante raccolta attorno alla casa, << Ma sappiate che il diavolo non ha né coda né corna! È un diavolo che si occupa di dare sepoltura ai nostri congiunti, e ce lo avete dinanzi! Mi ci ha costretta, o non avrebbe reso degna sepoltura alla mia povera sorella. E ancora avrebbe preteso, se non mi fossi rifiutata una seconda volta! Che da quella unione sacrilega sia nato un mostro, questo è falso. Che colpa può averne un innocente neonato, strappato alla nascita dalla madre, se è nato da un padre farabutto? E se vi lascerete convincere dalle sue meschine e false parole, ricordatevi di chi ha curato i vostri, di figli, quando erano febbricitanti! E adesso lasciateci in pace, a me e alla mia povera madre che tanto ha sofferto ingiustamente. Lasciateci in pace! >>

<< Calunnie! >> si sgolò l'uomo accusato, accalorandosi.

<< Nient'altro che sporche calunnie! Io sono una persona dabbene, non potrei mai accettare simili favori bassi e immorali in cambio dei miei umili servigi! Se ho acconsentito a seppellire quelle povere creature, l'ho fatto per bontà d'animo e per pietà verso quegli innocenti! >>

I due uomini che si trovavano vicino alla ragazza la afferrarono saldamente per le braccia e la portarono via, tra le grida e gli schiamazzi infervorati della folla. Dopo un'iniziale resistenza che non riuscì a mantenere, lei si lasciò sballottare, continuando a mantenere una postura fiera e lo sguardo fermo davanti a sé.

Pitch rimase a guardarla assaporando la propria vittoria, e quando la folla iniziò ad allontanarsi in un corteo confusionario che portava la ragazza a far processare, spostò lo sguardo sulla capanna silenziosa. Sull'uscio era apparsa una figura, pallida e malferma sulle gambe scheletriche. Guardava il bagliore delle torce nel tramonto affievolirsi e sparire oltre le mura del villaggio, e rimase lì, come ad aspettarsi che la figlia avrebbe fatto ritorno da un momento all'altro. Poi lei spostò gli occhi su Pitch e questi la fissò a sua volta, azzurro glaciale contro il giallo delle fiamme dell'inferno. L'Uomo Nero le rivolse una smorfia trionfante e sparì, dissolvendosi in una nuvola nera come una goccia di inchiostro si diluisce in un bicchiere d'acqua.


A Bellatrix mancava il fiato. Si lasciò cadere in ginocchio, sul pavimento di legno. Gli occhi sgranati minacciavano di lasciar scappare fuori due piccoli ruscelli di lacrime e lei dovette conficcarsi le unghie nelle guance per cercare di non perdere il controllo. Dentolina le stava di fronte, a distanza di sicurezza di qualche passo, senza osare muovere un solo muscolo. Alla fine provò ad avvicinarsi, chiamandola con voce bassa e incerta. Un lampo argenteo, un sibilo e subito dopo un rumore di legno spezzato. Una stella-shuriken le aveva sfiorato il viso, facendole drizzare le piume sul collo, e si era conficcato nell'infisso della finestra alle sue spalle.

<< Ti ho detto di non avvicinarti! >> ringhiò la ragazza, ancora inginocchiata a terra, senza alzare lo sguardo su di lei.

<< Bellatrix, per favore. Adesso calmati. Sistemeremo tutto, ma ora calmati. Dai... >> riprovò Dentolina, in tono accomodante.

<< Non >> ringhiò di nuovo Bellatrix, minacciosa, << azzardarti a dirmi cosa far, Dentolina! >>

<< Questo non sarebbe dovuto succedere, Bellatrix! Non avresti dovuto ricordarti di nulla! >>

Anche Dentolina aveva alzato la voce, ma ancora non aveva il coraggio di avvicinarsi.

<< Dov'è il mio corpo, Dentolina? >>

Lei rimase spazzata dal tono improvvisamente sommesso dell'altra e dal senso stesso della domanda che le aveva posto.

<< Cosa..? >>

<< Dov'è il mio corpo, Dentolina? Guardami! Io... io sono qui, davanti a te. Parlo, respiro, mangio e dormo, come un normalissimo essere umano. Ho un corpo fatto di carne, capace di essere leso e guarire.. Com'è possibile che io sia qui a discorrerne con te, adesso? Io sono morta su un rogo, sono stata bruciata viva! PER COLPA VOSTRA! >>

Dentolina non era pronta. Bellatrix scattò in piedi e le si gettò addosso, mandandola contro il tavolo che fungeva da unico arredo della stanza oltre al piccolo letto nell'angolo. Le due donne finirono a terra in una pioggia di pezzi e schegge di legno. Ingaggiarono una violenta colluttazione, finché Bellatrix riuscì a inchiodare Dentolina a terra col proprio peso. Nella mano alzata di lei si materializzò una stella dalle punte affilate come coltelli. La puntò alla gola di Dentolina, sfiorandole le piume con la lama gelida.

<< Bellatrix, fermati! Stai sbagliando, perché ci fai questo? >> gridò lei, fissando spaventata la lama sospesa a pochi centimetri dalla sua pelle.

<< Perché?! Come puoi non saperlo? Ti rendi conto che per portare voi dannatissime Leggende in mezzo ai mortali, avete distrutto un'intera famiglia che non aveva nulla a che fare con la vostra stupida guerra? Non vi importa niente di quel che abbiamo passato per causa vostra? >>

Stava per affondare il colpo, quando la porta si aprì facendo tremare il pavimento e una voce cavernosa e severa immobilizzò Bellatrix lì dove si trovava.

<< Che sta succedendo qui? >>

La scena che gli si presentò davanti lo lasciò senza parole. Nord vide Dentolina, immobilizzata a terra, e Bellatrix a cavalcioni su di lei, minacciandola con uno shuriken che non lo aveva degnato di mezza occhiata.

L'uomo agì con prontezza e sangue freddo. In cinque passi coprì la distanza che lo separava dalle due donne e la placcò alle spalle, costringendola con le braccia lungo i fianchi. Lei si rivoltò come una serpe e cercò di colpirlo in faccia. A quel punto Jack, che aveva seguito la scena inorridito, scattò in avanti per aiutare Dentolina a rialzarsi e batté per terra col bastone una singola volta. Dal legno partì una lingua di ghiaccio che strisciò sul parquet come un serpente e prese la forma di una colonna cristallina che avvolse e bloccò la ragazza, sommergendola in una presa glaciale fino alla gola. Bellatrix prese a divincolarsi urlando come un'indemoniata, ma il ghiaccio che la imprigionava non diede segni di cedimento. Nord si allontanò da lei, lasciandosi sfuggire un sospiro sollevato.

<< Frost! Levami questa roba di dosso, subito! >>

<< NO! >> ribatté lui, con decisione.

I loro sguardi si incrociarono e rimasero allacciati per diversi secondi, mentre la stanza piombava in un silenzio teso. A quel contatto visivo, Jack sentì uno sgradevole brivido attraversargli lo stomaco e distolse gli occhi.

I capelli biondi di lei, solitamente lisci e divisi regolarmente, adesso erano scarmigliati e le ricadevano a ciocche disordinate sugli occhi lividi di rabbia. Le iridi sembravano due bracieri aranciati che ingoiavano le pupille, ridotte a due sottili fili neri. Il volto diafano era contratto in un'espressione di pura furia che non le si era mai vista addosso.

<< Cosa ti è saltato in mente, si può sapere?! >> urlò Nord portandosi davanti a lei e puntandole il grosso indice sul petto. A quel tocco, Bellatrix smise di fissare Jack in cagnesco e si limitò a guardarlo con odio.

<< Lei sa tutto, Nord! >> rispose Dentolina per lei, << Si ricorda ogni cosa, dall'inizio >> .

Nord si voltò a guardarla incredulo e spostò di nuovo gli occhi sulla ragazza intrappolata nel ghiaccio.

<< Non è possibile! >>

Bellatrix chinò la testa, sospirando pesantemente.

<< È stato Pitch, a dirmi come andarono veramente le cose... >> disse infine, con voce tremante.

<< Mi ha fatto vedere cose orribili, e da allora non ho smesso di ricordare... >>

Alzò di nuovo uno sguardo rabbioso su Nord, come in una tacita accusa. Jack lo guardò a sua volta: il capo dei Guardiani era, per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, senza parole. Ma lui ancora non ci stava capendo nulla.

<< Di cosa stai parlando, Bellatrix? Co... cosa ti è successo? >>

Lei lo guardò con uno scatto rigido della testa e dalle labbra le uscì una risata nervosa.

<< Non lo sai? Nord, perché non glielo racconti? Così vedremo se, dopo averti ascoltato, il nostro caro Figlio del Lago avrà ancora voglia di stare con voi! >>

<< Raccontarmi cosa? >> chiese di nuovo il ragazzo, sempre più confuso.

<< Che sono degli assassini! >> ribatté lei, infervorandosi.

<< ORA BASTA! >> sbottò Nord, arrabbiandosi a sua volta, << Non ti permetto di dire cosa del genere! Noi abbiamo fatto quello per cui Uomo nella Luna ci ha scelto, nulla di più! >>

<< Già, e infatti se invece di “nulla” aveste fatto “qualcosa”, la mia famiglia avrebbe continuato la sua vita serenamente! E invece io e i miei fratelli siamo morti uno per uno... per colpa vostra! Dite di proteggere i bambini, e dov'eravate quando avevamo bisogno di voi? Era vostro dovere salvarci da lui, lo dovevate a mia madre! È stata lei a portare il vostro mito tra i mortali, no? E questo non fa nulla? Se non ci foste stati voi, il mio bambino non mi sarebbe stato tolto! E invece ci hanno separato, e chissà in che modo orribile gli hanno tolto la vita! Dovresti averci tutti sulla coscienza, Nord! >>

Lui abbassò il capo e strinse i pugni così forte che le sue nocche impallidirono. Poi mollò un cazzotto micidiale al blocco di ghiaccio, che si spaccò lungo una profonda crepa che lo attraversò per il lungo. Bellatrix saltò a terra, stringendo ancora saldamente lo shuriken tra le dita. Nord glielo strappò dalla presa senza sforzo e la afferrò per il braccio, attirandola a sé con vigorosa prepotenza. Ignorando le sue proteste, cominciò a tastarle il corpo come in cerca di qualche lesione, e dopo qualche minuto di attento palpeggiamento finalmente la lasciò andare. Jack non riusciva a raccapezzarsi. Non sapeva se essere perplesso per ciò che aveva sentito da Bellatrix o per il fatto che i Guardiani gli avessero taciuto una cosa tanto importante come la nascita delle Leggende. Da quando era uno di loro, aveva sempre saputo che le azioni che un Guardiano poteva compiere possono avere risvolti sia positivi che negativi, ma da qui a portare allo sterminio di un'intera famiglia ce ne voleva! >>

<< Avrei tanto voluto salvare tua famiglia, >> disse a un tratto Nord, con un tono mortificato nella voce, << ma a quei tempi c'eravamo soltanto io e Sandy, e non eravamo abbastanza forti da contrastare Uomo Nero. Solo tuo villaggio sapeva di Guardiani, e sai bene che la nostra forza deriva dalla fede di tante persone. Un pugno di villici non era ancora sufficiente, non abbiamo potuto fare granché. Ecco perché Manny ha cercato di ripagare, dandoti una seconda vita come Spirito. Ma credeva che tuo passato sarebbe tornato a perseguitarti, perciò ha ritenuto opportuno farti dimenticare tutto. E, giusto per cronaca, tuo figlio non morì, quel giorno, anche se questo era piano originario. Lui riuscimmo a salvarlo, e lo affidammo a persone che lo crebbero e gli vollero bene come fosse stato figlio loro. E morì anziano, sereno e amato da sua famiglia! Dopo ciò che ti era successo, abbiamo pensato di tenere d'occhio tua discendenza. E posso garantirti con assoluta certezza... >> e qui scoccò una fugace occhiata agli altri Guardiani, << ...che vive ancora oggi >> .

Nella stanza piombò il silenzio. Bellatrix si guardava le scarpe, cercando di non perdere del tutto il controllo. Senza che nessuno se ne fosse accorto, Sandman era entrato nella stanza e adesso la guardava con gli occhi pieni di rimorso, ma quando si avvicinò a sfiorarle la mano, Bellatrix ritrasse la sua con scatto stizzito, suscitando nell'omino la mortificazione più pura.

<< Credevo che almeno tu non mi avessi mai taciuto niente, Sandy... >> mormorò lei, trapassandolo con un'occhiata glaciale. Sandman si ritrasse di pochi passi, tormentandosi le mani paffute con espressione colpevole.

<< Comunque ho buona notizia! >> riprese Nord, tirandole improvvisamente una sonora pacca sulla schiena, << Tuoi sensi sono completamente inibiti! Ora nulla potrà più farti un solo graffio! >>

Bellatrix lo guardò con diffidenza, senza capire cosa intendesse.

<< Guardati la mano! >> la incoraggiò lui, enigmatico.

Lei lo squadrò dubbiosa ancora qualche istante, mordicchiandosi il labbro. Poi, lentamente, alzò la mano e disfò la benda che la avvolgeva, scoprendone il dorso liscio e intatto.

<< Non è possibile...! >> sentenziò lei, alzandosi febbrilmente la gonna per esaminarsi la gamba. Strappò via le bende con impazienza e rimase a guardarsi con le labbra socchiuse in un'espressione confusa.

<< Non è possibile... >> ripetè, tastandosi cautamente il punto in cui poche ore prima era stata conficcata una stanga metallica, << Non può essere! >>

<< Come dicevo prima! >> rispose Nord, gioviale, << Tuo corpo è inibito. Funzioni vitali interrotte. Sei Spirito completo, ora! Niente più mangiare, dormire o farsi male! >>

<< Ehm, ok... >> disse Bellatrix, dubbiosa. Non era sicura che fosse una cosa del tutto buona, ma ormai non poteva più farci niente. In fondo, aveva vissuto da umana per così tanto tempo, che una realtà alternativa le sembrava inadatta a sé quanto impossibile.

<< Allora possiamo andare a stanare Pitch, adesso! >>

Fece per dirigersi alla porta, ma il pugno di Nord si chiuse istantaneamente sul suo polso, trattenendola.

<< Ferma lì, Bellatrix! >>

Lei gli rivolse un'occhiata impaziente, sbuffando.

<< Che altro c'è, ora? Sbaglio, o eravate di fretta? >>

<< Hai detto bene, “eravate”, non “eravamo”! >>

<< Parla come mangi, Nord! >>

<< Non ti permetto di venire con noi, Bellatrix. >>

<< Cosa? Non... non dirai sul serio, ovviamente! >> ribatté lei, spiazzata, indietreggiando di un passo per guardare meglio l'omone che la fissava a sua volta con sguardo intransigente.

<< Mi dispiace Bellatrix, ma ho preso mia decisione. Abbiamo portato a termine compito per cui ci hai chiesto aiuto. Stanza dell'Universo è tornata a suo posto. Questo significa che non hai più bisogno di noi. >>

<< Ma questo.. questo non c'entra niente! Dammi un motivo per cui non dovrei venire anch'io a spaccare la faccia a... a quel... >>

<< Non discutere, è così e basta. Nostre strade si dividono qui, fine della storia. >>

Nord la superò e fece per uscire dalla porta, ma stavolta fu lei a trattenerlo.

<< Dimmi perché, Nord! >>

Lui fece un respiro profondo e si voltò a sostenere il suo sguardo.

<< È già seconda volta che aggredisci uno di noi. Hai raggirato Calmoniglio, e se non fossimo arrivati in tempo avresti fatto del male a Dentolina. Come se non bastasse, sei scappata via quando ti avevamo detto di non andare a cercare Pitch per nessun motivo, disobbedendo alle mie disposizioni. Se non riesci a vivere seguendo mie regole, allora non c'è posto per te, tra di noi. Devi andartene via, immediatamente >> .

Lei lo guardava con sguardo feroce, senza muoversi di un solo passo. Era oltremodo indignata: si sentiva abbandonata e tradita, e oltretutto le veniva addossata una colpa illegittima.

<< Tu.. tu non puoi fare questo! Io non sono una di voi, non puoi dettare legge come ti pare e aspettarti che io ti obbedisca! >>

<< L'hai detto, non sei una di noi. E allora continua a non esserlo, e vattene. Non farti più vedere. Non sei più benvenuta, qui >> .

Bellatrix cercò istintivamente il sostegno degli altri Guardiani, che sembravano confusi almeno quanto lei.

<< Nord, non ce n'è bisogno. Non fa niente, davvero! >>

La Fatina dei Denti cercò di rabbonirlo, ma Nord eseguì un movimento brusco con la mano e lei si ammutolì immediatamente.

<< Dentolina, per favore! >> la zittì lui, continuando a scrutare la donna dagli occhi d'ambra con cipiglio autoritario. Dopo qualche interminabile secondo, alzò l'indice verso di lei e proclamò parole che suonarono forti e chiare nella stanza come una sentenza di morte.

<< Io bandisco te, Bellatrix, Custode della serenità e delle stelle nel cielo, dal Polo Nord e dagli altri rifugi nel nome dei Guardiani. Da questo momento in poi, non dovrai avvicinarti né intrattenere discorsi di alcun genere, con nessuno di noi! Da questo momento, dovrai comportarti come se non ci fossimo mai incontrati >> .

Senza aggiungere altro, estrasse dalla tasca uno scintillante globo di neve, stringendolo saldamente tra le dita possenti. Lo gettò a terra, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli di lei che traboccavano di lacrime di rabbia. Il passaggio si aprì, mostrando l'interno della sua tana. Bellatrix gettò al varco un'occhiata fulminea e tornò a guardare Nord con sguardo omicida. Lentamente si voltò e si diresse verso il portale, esitando appena qualche secondo sulla soglia. Accanto a Nord, Sandy alzò debolmente la mano come a volerla trattenere, ma lei non guardò altri se non Nord, che le restituì un'occhiata gelida. Bellatrix prese un respiro profondo, sollevò il mento e attraversò il portale con la stessa aria fiera che aveva ostinatamente esibito all'esecuzione della propria condanna. I tacchi risuonarono chiari sulle assi sconnesse del pavimento della sua tana, Bellatrix respirò profondamente l'odore di casa sua e si voltò appena in tempo per vedere il portale chiudersi dietro di lei, con la sgradevole sensazione di abbandono che aveva provato alcune ore prima e che di nuovo era tornata a tediarla.




A.A

Ora capite perché mi sono fatta tante pippe mentali sul rating, vero? :D

Io me l'aspettavo, prima o poi doveva succedere. Con la testa che mi ritrovo, seguire le date di aggiornamento con lo scalo di un giorno tra uno e l'altro alla fine mi ha fregato, e aggiorno solo adesso per questo motivo.

E siccome sono davvero pessima, ho balzato di nuovo la risposta alla recensione. Ti devo dire, Dracarys, che questa similitudine me l'hai fatta notare tu, e devo dire che -hai ragione!- è praticamente uguale. La qual cosa mi piace a metà, perché non denota grande inventiva ma al contempo potrebbe passare per mezza citazione colta. Inconsciamente devo aver preso spunto dalla scena di King's Cross, ma ormai l'acqua bolle perciò buttiamo la pasta e via xD

Sì, ti devo dire che quando mi è venuto in mente che i Guardiani possono ferirsi e "morire di nuovo", perfino io mi sono congratulata con me stessa. Era talmente.. non geniale, ma abile, come sotterfugio, che non mi sorprenderei se saltasse fuori di averlo letto da qualche parte, essermi dimenticata di averlo fatto e aver riutilizzato questo espediente spacciandolo per mio xD Però, anche basandomi sul film, effettivamente anche Jack e gli altri sono provati fisicamente dagli attacchi di Pitch (anche se probabilmente la cosa è dovuta al fatto che i bambini non credevano più in loro) quindi se non altro non l'ho contraddetto, e questo è già qualcosa!

E, scusa se chiedo, la tua era una mezza shippata tra Bellatrix e Sandy? xD

Hai ragione, anatomicamente parlando... è lui a dover... hai capito insomma. Però c'è un ma: certi personaggi, almeno per me, sono inimmaginabili in certe.. ehm, “situazioni”, perciò semplicemente mi astengo dal farlo. Lo escludo proprio a priori, per me sono praticamente personaggi asessuati. Sandman, Hiccup, Jack, Hiro e Tadashi e una fracca di altri... sono tutti agamici xD

Questo per dire che mi hai traumatizzato non poco, nel leggere il tuo commento ( colpa mia, sono una suora puritana non abituata a certe cose xD ) Non avrei mai pensato che letta da un esterno potesse sembrare un'unione fisica, anche se a un certo punto Bellatrix la paragona a quella, perciò io ti direi più di vedere la cosa come quando si versa dell'acqua in un secchiello pieno di sabbia... quella era l'immagine che avevo in testa io mentre scrivevo quel pezzo. Adesso sono io che non voglio rischiare di dire idiozie -perchè capita più di quanto dovrebbe- e ti lascio in pace. Grazie come sempre di aver avuto il garbo di arrivare fin qui, anche a voi che pur non commentando fate salire quel numerino sotto alle visualizzazioni :D


Tec





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Capitolo 11
*** The dark begins to rise ***





Bellatrix rimase a lungo immobile a fissare il punto in cui il portale si era richiuso, con le labbra tremanti e i pugni serrati. D'un tratto si lasciò cadere in ginocchio e scoppiò a piangere coprendosi il volto con le mani, le spalle che sussultavano come un martello pneumatico. Si sentiva svuotata, smarrita e pugnalata alle spalle. Allontanò improvvisamente le mani dagli occhi e le fissò incredula, vedendole perfettamente asciutte.

Abbandonata ed esiliata dai Guardiani, umiliata e sconfitta da Pitch... ora che le aveva passate tutte, il suo corpo non accettava più nemmeno lo sfogo del pianto.

In preda alla follia si rialzò, percorse la breve distanza che la separava dalla porta dell'Universo e la spalancò con una spallata. Disperse lo sguardo nella distesa di corpi celesti che fluttuavano nel vuoto con desiderio sempre crescente: le stelle erano il suo elemento, e tra di esse non avrebbe più provato solitudine né sofferenza. Aveva appena mosso un piede oltre la soglia quando una vocina le sussurrò nella testa che non era obbligata a passare l'eternità in solitudine solo perché i Guardiani non la volevano più con loro.

Chiuse la porta con foga e si precipitò fuori. La radura era spettinata da una leggera brezza, le stelle splendevano alte e silenziose e chiazze di un azzurro chiaro illuminavano qua e là il terreno erboso, dove i rami degli alberi permettevano alla luce della luna di farsi strada fra loro. Bellatrix, in piedi su un ramo con la mano puntata sulla corteccia morta del tronco, alzò lo sguardo sulla luna.

L'astro brillava come una luminosa falce d'argento, e Bellatrix sentì addosso il suo sguardo di rimprovero. Si era sempre chiesta come diavolo facesse l'Uomo nella Luna sapere in anticipo ogni sua mossa. Per lei infatti, era chiaro che la stesse rimproverando per la decisione sconsiderata che aveva appena preso.

A conferma del suo sospetto, la Luna la illuminò con la propria luce come un riflettore azzurro, ma lei sostenne il suo sguardo con una smorfia di disprezzo e non diede segni di pentimento.

<< Avresti dovuto pensarci prima, Manny. Mi dispiace, ma ormai non si torna indietro! >>

Spiccò un salto e aprì le grandi ali, stagliandosi per un istante contro l'artiglio luminoso nel cielo.

Non aveva alcuna idea di dove fosse Pitch, ma non le importava: adesso l'importante era continuare a muoversi, senza perdere mai di vista l'orizzonte.

Fin dai tempi più antichi, si diceva che l'Uomo Nero si nasconde sotto ai letti...

Sentì un brivido di trepidazione attraversarle lo stomaco e aumentò il ritmo: ora che sapeva cosa fare non si poteva permettere di perdere un solo secondo, e la città più vicina era a più di un giorno di distanza anche volando a un ritmo sostenuto. Così si diresse verso Sud, lasciando che la luna le lanciasse un ultimo sguardo severo prima di scivolare oltre le montagne. Volò senza interruzioni per alcune ore, finché il suo viaggio solitario fu messo alla prova da nubi nere e minacciose che si avvicinavano velocemente. D'improvviso la pioggia si abbatté su di lei con ferocia, annebbiandole la visuale. Il vento prese a soffiare così forte che sembrava volerla dirottare a ogni costo, come se stesse cercando di impedirle di proposito di raggiungere il suo obbiettivo. Bellatrix alzò la mano alla fronte e strizzò gli occhi, cercando di distinguere qualsiasi segno di civiltà oltre la cortina di pioggia. Un lampo illuminò per pochi, brevi istanti la sagoma spettrale di un campanile solitario, e lei si buttò a capofitto in quella direzione alla cieca, sperando di trovare riparo in una delle bifore della torretta. Sdrucciolò sulla pietra fradicia, finì carponi sul cornicione e si ritrasse dalla finestra, raccogliendo le gambe al petto mentre lasciava vagare lo sguardo sul paesaggio lavato dalla pioggia.

Rimase a lungo assorta ad ascoltare il rumore dell'acqua sul tetto del campanile, unito al suo scrosciare indistinto sulla campagna circostante, e per la prima volta si concesse di abbandonarsi completamente ai propri pensieri, alle scoperte che aveva fatto qualche ora prima.

Aveva avuto un figlio... aveva dato vita a un essere umano. Per pochi, terribili istanti aveva ricordato di aver creduto che fosse morto in circostanze misteriose ed orribili, e invece Nord aveva detto che era cresciuto, si era costruito una nuova famiglia ed era morto in tarda età, amato più dai figli e dai nipoti di quanto non avesse potuto fare lei in quei secondi appena successivi al parto. Nord aveva anche detto che esistevano ancora dei suoi discendenti, chissà se lei li aveva mai visti anche solo di sfuggita?

Ripensò alla notte più brutta della sua vita, quando si era concessa a quel essere spregevole del becchino... in quel ricordo si era sentita chiamare con il suo nome mortale per la prima volta. Serena...

<< Serena... >> ripetè piano, valutando ogni lettera, facendo rotolare ogni sillaba sulla lingua con espressione perplessa.

Non era sicura che quel nome le piacesse. Dopo otto secoli passati come Bellatrix, per lei era automatico associare il proprio volto al solo nome che aveva scelto per lei l'Uomo nella Luna. La sua identità si era affermata come Bellatrix, la custode della serenità degli esseri umani e delle stelle che da millenni guardavano alla Terra con la loro presenza rassicurante e silenziosa, ma di Serena non era rimasto nulla, se non il ricordo sepolto e dimenticato nel suo stesso inconscio. Non poteva neanche avere il conforto di una pietra tombale con sopra inciso il proprio nome: ai suoi tempi, quando accadeva, le streghe venivano sepolte in una tomba senza lapide, e non aveva la minima idea se le sue ceneri avessero avuto una simile fortuna...

A un tratto la grande campana che torreggiava nell'oscurità sopra di lei batté un singolo rintocco, facendola saltare in piedi dallo spavento con le mani premute istintivamente contro le orecchie. Si voltò istintivamente verso la fonte del rumore, ma così di scatto che inciampò nel suo stesso vestito e perse l'equilibrio, mettendo un piede in fallo sulla pietra fradicia.



Nord guardò la ragazza attraversare il portale con una sorta di cauto interesse, come a scommettere con sé stesso se lei avrebbe osato disobbedirgli di nuovo. Un movimento goffo alla sua destra lo indusse ad abbassare lo sguardo: Sandy le stava andando dietro con passi timidi e incerti, la mano alzata come a volerla fermare lì dov'era, e Nord gli sbarrò perentoriamente la strada allungando il braccio davanti all'Omino dei Sogni, che gli lanciò un'occhiata supplichevole.

<< Lasciala andare, Sandy >> .

Lui tornò a guardare il portale, nella cui luminescenza era ancora appena distinguibile la sagoma di Bellatrix in controluce, le gambe di lei ben visibili sotto il tessuto leggero del vestito. All'improvviso lei fece per voltarsi di scatto, ma non ebbe il tempo di tornare indietro perché il portale collassò su sé stesso, richiudendosi davanti al suo naso. Passarono alcuni istanti di silenzio attonito, in cui tutti i presenti parvero realizzare solo in quel momento che lei se n'era andata via per sempre.

<< Perché l'hai fatto? >> urlò Jack, avvicinandosi a Nord con falcate ampie e svelte.

<< Non ho avuto scelta, Jack! Lei è pericolosa per noi, allontanarla era l'unica cosa possibile! >>

Jack aprì la bocca per ribattere, per vomitargli addosso tutta la sua rabbia. Ma questa si spense come un fiammifero acceso gettato nell'acqua, e tutti e due si voltarono simultaneamente verso la fonte di un tonfo ovattato che aveva sospeso la loro discussione.

Sandy era crollato in ginocchio, reggendo mollemente tra le dita la ghirlanda di foglie che le avevano trovato addosso al suo risveglio. Jack si dimenticò immediatamente di rimproverare Nord e in tre balzi si avvicinò a Sandman, posandogli cautamente la mano sulla spalla. Gli occhi di Sandy erano fissi al punto in cui il portale si era richiuso e luccicavano in modo surreale. Jack non riuscì a trovare parole di conforto da dargli, e perciò gli fece intendere la propria solidarietà stringendogli più forte la spalla. Poi si tirò di nuovo in piedi, pronto a farsi valere contro Nord.

<< Bellatrix non è pericolosa, Nord! Ha solo reagito d'istinto, tutto qui! L'abbiamo vista combattere contro Pitch, al castello! Quella volta stava combattendo per noi, la nostra guerra! Hai visto anche tu com'era ridotta quando Sandy l'ha tirata fuori da quel posto! L'ha fatto per salvare Jamie e Sophie, non certo perché va di moda fare l'eroe, o per i propri interessi! Ha salvato i bambini, e ha liberato i tuoi Yeti e le fatine. E tu come la ringrazi? Esiliandola! Non se lo meritava, e tu lo sai benissimo! >>

Si staccò da lui, guardandolo con una luce accorata negli occhi.

<< Non è pericolosa! Lei è coraggiosa, leale! Combatte come un leone per le persone a cui tiene, e non si tira mai indietro, anche quando la situazione si volge al peggio! D'accordo, sarà anche testarda, impulsiva e altezzosa, a volte perfino antipatica! Ma il suo animo è nobile e splende più di tutte le stelle che custodisce! >>

Nord gli rivolse uno sguardo indecifrabile, posandogli la mano sulla spalla.

<< Sai, Jack? È arrivato momento che tu sappia cose come stanno >> .

Jack aprì la bocca per ribattere, confuso. Nord lo zittì alzando la mano a scompigliargli i capelli e lanciò un'occhiata significativa a Dentolina e Sandy. Jack rivolse loro una mezza occhiata interrogativa, chiedendosi cosa stesse succedendo, ma i due evitarono accuratamente di guardarlo e si diressero alla porta senza proferire parola e se la richiusero alle spalle.

<< Siediti, Jack >> .

Lui rimase ostinatamente in piedi, sdegnando efferatamente l'invito di Nord e il davanzale della finestra che lui gli aveva indicato.

Nord si lasciò cadere nel letto nell'angolo e si passò la mano sulla nuca con gesto stanco, guardandolo di sottecchi con occhi fermi.

<< Quello che ho detto a lei, era vero solo per metà. O, per meglio dire, non era tutto >> .

<< Arriva al dunque, Nord! >>

<< Non so come fare a dirtelo senza mezzi termini, Jack. Il fatto è che... Bellatrix è tua antenata! >>

Il ragazzo si aggrappò al bastone, incredulo.

<< Cosa... Come.. Come lo sai, tu? >>

<< Io l'ho detto, che dopo quel che le era successo abbiamo tenuto d'occhio sua discendenza, Jack! Tua famiglia discende da quella di suo figlio! >>

Jack lo guardò a bocca aperta.

<< Ma tu... tu mi avevi detto di non sapere nulla della mia vita passata! L'hai detto, me lo ricordo benissimo! >>

Nord assunse un'espressione vagamente colpevole.

<< Beh... diciamo che... potrei aver detto piccola bugia... >>

<< Ed è... è per questo che hai mandato me ad aiutarla? Cosa.. cosa credevi di fare? Pensavi di dirmelo, prima o poi, se tutto questo non fosse mai successo? Nord? >>

Lui non gli rispose, ma si piegò in avanti afferrandosi la testa con le mani. Il silenzio si allungò nella stanza per diversi minuti, tendendosi come un sottile filo di ragnatela.

<< E anche sapendolo, ci hai tenuto separati per tutto questo tempo? E avresti continuato a farlo, non è così? >> continuò Jack infine, lanciandogli un'occhiata di rimprovero. Poi, volgendogli le spalle, si diresse alla finestra e la spalancò con gesto secco e deciso, balzando sul davanzale. Nord alzò lo sguardo su di lui, allibito.

<< Cosa vuoi fare? >> gli chiese, alzandosi in piedi facendo leva con le mani sulle ginocchia.

<< Vado a cercarla, ovviamente! Le hai vietato di tornare indietro, ma non puoi impedire a me di andare da lei. Non metterti in mezzo, Nord. Hai già fatto abbastanza >> .

E si lanciò fuori dalla finestra, lasciandosi trasportare dal vento che ululava forte tra le montagne.


Aprì gli occhi, ansimando come se avesse corso per chilometri senza mai fermarsi. Spostò freneticamente lo sguardo da una parte all'altra, senza riuscire a scorgere nulla al di fuori del buio pesto. A un tratto una fiamma azzurra si accese qualche metro avanti a lui, apparendogli al rovescio. Calmoniglio strizzò gli occhi, disturbato da quell'improvviso bagliore. A un tratto le fiamme tremarono come esposte a una folata di vento e lui si ritrovò a fissare gli occhi paglierini di Pitch, così vicini che poteva vedere il proprio muso sconvolto riflesso nelle iridi scintillanti.

<< Hai dormito bene? >> chiese lui, con voce sarcastica.

Calmoniglio non rispose, ben deciso a non cedere alle sue provocazioni. A essere sincero con sé stesso, non era neanche sicuro di poterlo fare, se anche avesse voluto: si sentiva così debole, così stanco che si meravigliò di riuscire ancora a respirare. La sua mente non l'aveva ancora abbandonato, ma il suo corpo era molle e inerte come sotto anestesia. Con sforzo sovrumano, tentò di articolare una frase, ma riuscì solo a produrre un pietoso rantolo.

<< Che hai detto? >> lo canzonò l'Uomo Nero, portandosi la mano all'orecchio per sentirlo meglio.

<< Non ho capito, ti spiace ripetere? ...Vuoi che ti tolga quell'affare di dosso? Così forse riesci a parlare! >>

Calmoniglio sentì la morsa attorno alla sua testa allentarsi un po', e lui provò un immediato seppur parziale sollievo.

<< Do... Dov'è Sophie? >>

La sua stessa voce gli suonò irriconoscibile, così bassa e roca che pareva quella di una persona molto vecchia e malata.

<< Chi, la bambina? Vorresti vederla? >>

<< Se... se le hai torto un solo capello, io... >>

Pitch scoppiò in una risata cattiva, facendo ammutolire Calmoniglio all'istante mentre la presa sul cranio di quest'ultimo tornava a stringersi.

L' Uomo Nero allargò le braccia, arretrando fino a sparire nell'oscurità con un ghigno stampato in volto.

<< Ho fatto di più, Calmoniglio! Ho fatto molto, molto di più! >>




Jack individuò l'albero cavo stagliarsi oltre le fronde della foresta e sentì una scarica di adrenalina attraversargli lo stomaco. Si buttò a capofitto nel buco alla cima del tronco, chiamando Bellatrix a gran voce.

<< Bellatrix! >> ripetè, sbucando fuori dal tunnel col cuore che gli scoppiava in petto. Ma nella tana non vide nessuno. Per l'esattezza, non vide assolutamente nulla. L'intero ambiente sembrava essere stato inglobato da un'oscurità densa e soffocante. Viva, in qualche modo. Un fruscio arrivò alle orecchie di Jack dal fondo della stanza e lui si avvicinò cautamente, avanzando alla cieca.

<< Bellatrix? Sono io, Jack... >>

Un secondo fruscio, più vicino e forte, lo fece voltare, ma di nuovo lui non vide altro che oscurità. E poi, a un tratto, due occhi gialli e sfavillanti si accesero nel buio di fronte a lui, trafiggendolo come una lama incandescente.

<< Tu?! Che ci fai qui? Rispondi, dov'è Bellatrix, che le hai fatto? >> urlò il ragazzo, imbracciando il bastone sulla difensiva.

<< Non ho idea di dove sia quella donna! >> la voce di Pitch gli arrivò alle spalle, vellutata e carezzevole << Ma non è per lei che sono qui! A dirla tutta, io cercavo proprio te! >>

All'improvviso Jack sentì un dolore lancinante alla nuca e cadde a terra tramortito, mentre la risata di Pitch gli risuonava spaventosa nelle orecchie.





A.A


Quasi quasi mi vergogno di aver scalato di nuovo di un giorno per un capitolo che, a confronto con gli altri, mi sembra decisamente più corto e striminzito. Ma ieri tra una cosa e l'altra ho avuto a malapena tempo di pensare, perciò niente.

E sì, Dracarys, devo dire che non sono abituata molto ai commenti deliranti, ma solo perché la media di recensioni che ricevo di solito è abbastanza bassa e tutt'al più da parte di chi non ha particolari commenti su quel che scrivo. È una cosa nuova ma ci dovrò fare l'abitudine, perciò non limitarti più! Anche se questo può voler dire smontarmi in due secondi come un mobile Ikea :3


Concedetemi due piccole note tecniche. Siccome nelle ultime due settimane io e l'appuntamento col nuovo capitolo non stiamo andando molto d'accordo, il prossimo aggiornamento sarà Venerdì, così riprendiamo da dove ho lasciato in sospeso con la serietà. In ultimo, probabilmente qualcuno avrà notato che il titolo del corrente capitolo è un po'.. altisonante. Non so voi, ma non sono particolarmente entusiasta dell'inglese, specialmente perché in tutti gli altri capitoli mi sono sempre sforzata di trovarne uno in italiano che si adattasse meglio. Trovo che i titoli in inglese siano molto di facciata, tanto per “far figo”. Ma stavolta ho fatto lo strappo alla regola per un semplice motivo. Sto ascoltando “I will not bow” dei Breaking Benjamin e -che cavolo!- trovo che ci caschi a pennello.

Adesso scusatemi ma ho da elaborare un durissimo trauma: domani mi aspettano degli esami del sangue e non sono sicura di farcela :D :D


Tec (in procinto di buttarsi fuori dalla finestra anche se sta al primo piano)










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Capitolo 12
*** Alleanza proibita ***








Il pavimento del sagrato si avvicinava veloce, ma a qualche metro da terra Bellatrix riuscì a compiere un atterraggio di fortuna. Aprì le ali, si avvitò su sé stessa con un turbinio del vestito e toccò terra flettendo appena le ginocchia. Guardò in alto, verso la cuspide dalla quale era caduta: il campanile era completamente immerso nell'oscurità e solo le bifore delle campane erano appena distinguibili dal resto, perché anche più scure della notte che le circondava. Un secondo lampo illuminò brevemente l'edificio, che apparve alla ragazza da una prospettiva più bassa rispetto a quella del piano del corpo centrale della chiesa. Si alzò di nuovo in volo per studiarne la struttura, evocando una stella che rischiarò vagamente l'aria gelida. L'edificio si ergeva su un fianco di una collina, sorretto da una sorta di terrazza aggettante, alla quale si giungeva tramite una lunga e accidentata scala di pietra, scolpita nel fianco del promontorio roccioso. Era dissimile da qualsiasi cosa Bellatrix avesse mai visto prima e per questo l'affascinava. Si accostò al muro sul quale si innestava la terrazza di ciottoli e vide che era scandito da ampie arcate , nere come le orbite di un teschio e sbarrate da una continua grata di ferro. Presa da una curiosità del tutto fuori luogo ma al contempo insopprimibile, Bellatrix seguì la fila di archi fino a trovarsi all'entrata d'acceso al sotterraneo, costituita da un cancello di ferro dalle sbarre arrugginite. Le catene che di norma dovevano tenerlo chiuso penzolavano pigramente da un'anta all'altra, e il lucchetto giaceva piccolo, inutile e aperto per terra. Spalancò il passaggio con un poderoso calcio, sollevando la gonna fradicia oltre il ginocchio. Spostò la mano verso la stella, che nonostante la pioggia battente brillava imperterrita irradiando un piacevole tepore, e la chiuse a pugno spostandola poi davanti a sé, oltre la soglia. La stella obbedì al suo ordine e la precedette fluttuando, illuminando un lungo ed ampio corridoio tutto volte e colonne di pietra. La ragazza prese un respiro profondo e si inoltrò nel sotterraneo. Camminò per diversi minuti, con la sola compagnia del rumore dei tacchetti sulla pietra nuda che turbava quell'altrimenti assoluto silenzio di quel posto così strano. A un tratto si fermò, alzò il pugno e aprì la mano. La stella schizzò sopra la sua testa, ingrandendosi un po' e illuminando un pi' più lontano, dove un drappo rosso consumato dagli anni e dall'umidità si allungava sulla pietra, lacero e logoro. Nel muro, tra un'arcata cieca e l'altra, si aprivano grandi e profonde nicchie, la maggior parte delle quali vuote e coperte di affreschi usurati dal tempo.

Stava osservando una figura a malapena leggibile, quando i suoi occhi incrociarono le orbite vuote di un teschio umano ingiallito e coperto di polvere. Una spessa ragnatela si tendeva tra la scatola cranica e la parete retrostante, così carica di polvere da apparire brunastra. Bellatrix represse un brivido e distolse lo sguardo, concentrandosi sulla sua strada. Man mano che si addentrava nelle viscere della chiesa, un senso di consapevolezza sempre crescente la faceva sentire più vicina al suo obbiettivo.

Il suo primo pensiero fu di illuminare a dovere le immediate vicinanze, ma subito si rese conto che non ne aveva alcun bisogno: si trovava in quella che a prima vista pareva un'immensa cripta, interamente foderata di quelli che riconobbe come resti umani. I muri, i soffitti, le volte e le nicchie erano letteralmente composte di teschi, ingialliti e ciechi, vertebre, femori e quant'altro. Solo il pavimento di pietra ne era sgombro, a parte qualche inquietante pila di crani le cui orbite parevano seguirla ad ogni passo. Grandi torce dalle fiamme azzurre bruciavano su ogni colonna, estendendosi in ogni direzione a perdita d'occhio. Bellatrix avanzò, camminando in quel posto così lugubre, portandosi la mano al petto e stringendo come un amuleto il ciondolo bianco che si era trovata in mano al momento del suo risveglio, tenendo il naso costantemente per aria a osservare quanti più dettagli riuscisse a cogliere di quel luogo così surreale.

Così in stile Pitch... si sorprese a pensare.

Le colonne alte e massicce fornivano un solido appoggio a un basso matroneo, una specie di largo ballatoio che correva tutt'intorno alla navata principale in cui si trovava Bellatrix, delimitato da un parapetto anch'esso decorato con ossa umane. Alzando lo sguardo al soffitto, centinaia di teschi incastonati nelle volte le restituivano il loro sguardo vuoto, e Bellatrix represse un brivido di disgusto osservando che molti di essi erano privi della mandibola.. Costringendosi ad abbassare lo sguardo, Bellatrix tirò dritto e continuò a camminare imperterrita, quando una voce canzonatoria la fece trasalire, rimbalzando spettrale sulle pareti violacee.

<< Guarda un po' chi è venuto a trovarmi! Bellatrix, ti trovo bene! O preferisci essere chiamata Serena? >>

Lo individuò oltre il parapetto del matroneo, un braccio mollemente appoggiato alla colonna e la mano dell'altro appoggiata alla balaustra. Si limitò a guardarlo mentre lui si staccava dal parapetto e spariva dietro al pilastro. Al battito di ciglia dopo se lo ritrovò davanti, a pochi metri di distanza.

<< E i tuoi amici Guardiani, dove li hai lasciati? >> continuò l'uomo, aggirandola lentamente con le mani dietro la schiena, lo sguardo fisso su di lei, immobile.

<< Amici? Chi ha mai detto che fossero amici miei? >> rispose lei, fredda.

<< Ah, è così. Ti sei dissociata! Brava, hai capito che il loro gioco non vale la candela, sono contento per te! >> rispose lui, tornando lentamente nel suo campo visivo.

<< E cosa ti ha convinto a sganciarti, se è lecito? >>

Il fatto che mi abbiano taciuto otto secoli di bugie!

<< Non... erano diventati troppo soffocanti, e a me piace l'indipendenza. Non ne potevo più e così me ne sono andata. Meglio essere padroni nell'inferno, che sottoposti in paradiso! >>

<< Mi piace come ragioni! Ma ora dimmi, perché sei venuta da me? Che ruolo gioco io in questa tua decisione? O forse si tratta solo di una visita di cortesia? >>

<< In effetti, no >> disse lei, seguendolo con lo sguardo fino al limite del proprio campo visivo, mentre lui le girava attorno una seconda volta. << Infatti sono qui con uno scopo ben preciso. Voglio proporti un'alleanza. Che ne dici? >>

I passi dell'uomo si arrestarono di colpo, ma lei non si voltò a guardarlo né mosse un singolo muscolo. Nemmeno quando sentì il suo fiato caldo solleticarle l'orecchio.

<< E chi mi dice che non sia tutta una messa in scena per vendicarti? Dopo tutto, le sofferenze che hai subito sono opera mia. Ci avevi mai pensato? >>

<< Oh, eccome! Ci ho pensato parecchio, e... >>

<< E...? >> la incalzò lui, riprendendo a camminarle intorno.

<< Ho passato da sola ottocentoventuno anni della mia esistenza. Ora basta. Ne ho fin sopra i capelli. >>

I volti dei Guardiani sfilarono uno accanto all'altro nella sua mente, inespressivi e statuari.

<< E mi sembrava che anche per te fosse la stessa cosa, una volta >> .

Sentì i passi dell'uomo arrestarsi nuovamente dietro di sé e Bellatrix si voltò a guardarlo, ma lui si era già spostato davanti a lei con un'espressione compiaciuta sul volto appuntito. Restarono in silenzio per diversi secondi, scrutando l'uno negli occhi dell'altra come a soppesare la proposta.

<< Saresti davvero disposta a voltare le spalle a tutto ciò per cui hai lottato per tutti questi anni, solo per poterti staccare da loro? >>

Bellatrix esitò solo un secondo, ma sostenne il suo sguardo perforante senza battere ciglio.

<< Sì >> .

Pitch si solleticò il mento con l'indice, mentre sul suo viso si allargava un'espressione indecifrabile.

<< D'accordo, Bellatrix. Ci sto! >> disse infine, porgendole la mano.

Lei allungò la propria e gliela strinse con solennità, guardandolo negli occhi con cipiglio serio. Nel momento preciso in cui i loro palmi si toccarono, sentì un dolore improvviso e insopportabile attanagliarle la mano per poi irradiarsi al braccio, attenuandosi via via che le si propagava nel corpo. Dalle loro mani ancora intrecciate scaturì un fiotto nero che si divide in due tentacoli sabbiosi che arrampicarono lungo le loro braccia tese e si dissolsero. Il tutto in un lasso di tempo così fulmineo che lei ebbe solo il tempo di gemere impercettibilmente e pensare di aver subito un attacco a sorpresa dall'uomo che le stava di fronte.

<< Non preoccuparti, non ti ho fatto niente >> la anticipò lui, sciogliendo la stretta mentre lei crollava in ginocchio senza un grido, col braccio tremante ancora alzato verso di lui.

<< > .

La guardò compiaciuto mentre lei si rialzava in piedi, studiandosi la mano con attento interesse. Dalla punta delle dita al polso, la pelle si era ingrigita, come se l'avesse tinta con del trucco teatrale, sfumando poco più sotto in un rosa pallido e malato.

Ci fu un secondo di assoluta sospensione, sia del tempo che di ogni suo pensiero. Poi fu presa da un dolore lancinante agli occhi e li coprì con le mani, tenendoli comunque spalancati sotto le dita ferrigne. Sentì le pupille contrarsi e assottigliarsi come quando rivolgeva lo sguardo a una forte luce, ma stavolta rimasero così, strette e verticali come un filo teso, mentre i canini le si affilarono contro la lingua.

Quando abbassò la mano ansimando, vide che una grossa ciocca di capelli le si era tinto di nero e trattenne rumorosamente il fiato per la sorpresa.

Fece per sfiorarsi il ciuffo corvino, ma Pitch le trattenne la mano e la abbassò lentamente, guardandola quasi con affetto.

<< Sono solo degli effetti collaterali causati dai tuoi nuovi poteri, nulla di cui preoccuparsi. La tua metamorfosi è cominciata. A proposito, complimenti per il restyling. Certo, ho un debole per il nero, ma devo dire che anche il blu ti dona! >>

Le porse il braccio e lei lo guardò confusa, mordicchiandosi il labbro.

<< Andiamo? >> aggiunse lui, con voce suadente. Esitando, Bellatrix glielo prese e lui la guidò lungo la navata camminando lentamente, le fiamme azzurre che tremavano al loro passaggio.

<< Tanto per la cronaca >> sbottò lei a un tratto, << questo non fa di te il mio capo, chiaro? >>

<< Certo, certo. Naturalmente... >> rispose lui, accompagnando ogni parola con un cenno d'assenso. Poi si fece serio e tornò a guardare avanti, facendoli piombare in un silenzio opprimente, scandito solo dal suono dei loro passi sulla superficie liscia del pavimento.

Bellatrix si azzardò a studiare il profilo di Pitch per qualche secondo, percorrendolo con gli occhi pieni di curiosità e un vago timore. Il suo sguardo scese dal volto alla spalla e infine sul braccio, dove una fasciatura recente spiccava sul tessuto nero della manica. Pitch incrociò il suo sguardo interrogativo e si affrettò a dare spiegazioni, fermandosi in mezzo alla grande navata e costringendola a fare altrettanto.

<< Un piccolo ricordino del nostro ultimo incontro, hai presente? Ma vedrai, ora che siamo alleati sono praticamente invulnerabile! >>

<< Come fai a...? >>

<< Andiamo a parlare da un'altra parte, va bene? E dopo, inizieremo il tuo addestramento >> .

Addestramento?

La guidò verso il fondo della sala, dove due tozze rampe di scale identiche e pericolanti si ergevano l'una di fronte all'altra, portando ai capi opposti del matroneo. Pitch la condusse su per la scala di destra e percorse con lei circa un quarto del corridoio, fermandosi poi accanto a un arco a sesto acuto che si apriva nel muro. Cedette il passo alla ragazza e la seguì all'interno, chiudendosi la porta alle spalle. A Bellatrix sembrò di entrare in uno strano santuario: al centro della sala si ergeva un altare di pietra, situato su un piccolo basamento rettangolare; sulla destra, un camino spento era scolpito con minuzia quasi certosina nel muro di pietra, e strane sculture dall'aspetto vetroso si ergevano direttamente dal pavimento, scure come acqua torbida.

Bellatrix avanzo fino all'altare e cominciò ad esaminare delle minuscole iscrizioni che vi erano incise alla base, assieme ad un bassorilievo raffigurante antiche pratiche religiose, in attesa che Pitch iniziasse la sua spiegazione. Stranamente, il senso di ansia di poco prima si era dileguato completamente, sciolta come neve al sole. Ma il suo corpo rimase rigido, la schiena ritta, sguardo assente e distaccato e gambe pronte a scattare.

<< Ti ascolto, Black >> disse dopo qualche istante, senza staccare lo sguardo dalla figura di un sacerdote.

<< Come stavo dicendo, ora che i tuoi sensi sono inibiti la mia vulnerabilità rasenta praticamente lo zero... >>

<< Perché? >> lo interruppe lei, brusca, continuando a fissare la pietra con ostinazione.

<< Perché >> riprese Pitch, col tono di chi spiega qualcosa di estremamente semplice, << non hai ricevuto parte dei miei poteri gratuitamente! Abbiamo entrambi ottenuto qualcosa l'uno dall'altra. Vedila in questo modo, uno scambio equivalente. Io ho preso da te l'invulnerabilità fisica... >> Bellatrix raddrizzò la schiena e si voltò a guardare l'uomo, che, dietro di lei, sembrava voler essere sicuro che lei guardasse.

Si portò la mano al braccio e sciolse la fasciatura, scoprendolo perfettamente guarito. Non gli sfuggì l'occhiata di lei, stupita e spiazzata, e dopo essersela goduta a sufficienza continuò con la spiegazione.

<< E tu puoi controllare gli incubi. Almeno, ci riuscirai quando ci avrai preso la mano. Ma... >>

<< C'è anche un “ma”? Siamo a posto, allora! >> sbottò Bellatrix, tornando a volgere lo sguardo all'altare.

<< C'è sempre un “ma”, mia cara! >> rispose lui, gettando le bende a terra e portandosi dietro di lei, << Dal momento che abbiamo suggellato questo patto, se qualcuno cerca di ferirti, gli effetti dell'attacco si ripercuotono su di me. Ecco perché, per una convivenza sana e pacifica, la nostra priorità è tenerti lontano da scontri di qualunque natura, d'accordo? >>

Bellatrix sentì le sue dita curvarsi sulle sue spalle, e la sua guancia sfiorare la propria.

<< Mh... >>

Pitch parve interpretare quel suono atono come un verso di assenso e fece il giro dell'altare per porgerle di nuovo il braccio.

<< Ancora non mi hai detto come fai a sapere della mia inibizione... >> buttò lì lei, guardandolo con moderata diffidenza.

<< Ogni cosa a suo tempo, mia cara. Coraggio adesso, il tuo addestramento sta per avere inizio >> .





<< Concentrati >> .

Bellatrix chiuse gli occhi e si avvicinò a passi tranquilli alla lama di ombra che si stendeva di fonte a lei. Svoltò dietro alla colonna e sentì ogni cellula del suo corpo disgregarsi l'una dall'altra e scomporsi. Il pavimento le svanì per una frazione di secondo da sotto i piedi, ma lei continuò a focalizzarsi sul movimento fluido delle sue gambe, ignorando le vertigini.

<< Ottimo! >> sentì dire a Pitch, da un punto distante. Bellatrix aprì gli occhi e si ritrovò al centro di un piccolo cerchio tracciato con la sabbia di Pitch: esattamente il punto in cui avrebbe dovuto ricomparire.

<< Direi che questa tecnica l'hai assodata perfettamente. Tra poco potrò insegnarti come domare la sabbia, ma per adesso basta così >> .

Bellatrix uscì dal cerchio sollevandosi la gonna con disinvolta eleganza, esibendo un sorriso cattivo. Non aveva idea di quanto tempo avessero impiegato nella tecnica di teletrasporto, ma l'esercitazione non l'aveva per niente affaticata. Anzi, si sentiva pervasa da un'energia nuova e rigenerante: sentiva che avrebbe potuto abbattere un edificio con un singolo battito di ciglia. Pitch le si avvicinò con le labbra stirate da un identico sorriso maligno, e le offrì di nuovo il braccio.

<< Ogni promessa è debito, giusto? È giunto il momento che tu sappia ogni cosa, Bellatrix. Seguimi, da questa parte... >>

Bellatrix mantenne un'espressione tronfia mentre di nuovo faceva passare il braccio attorno a quello di lui, che la guidò giù per una stretta e buia rampa di pietra che si apriva e scendeva esattamente a metà tra le due scalinate superiori. Una volta scesi fino in fondo, davanti a loro si estendeva come una lunghissima passerella di roccia sospesa nel vuoto. Solo all'inizio un lato del corridoio sospeso era fiancheggiato da uno strano muro violaceo simile a cristallo, che delimitava quella che a prima vista sembrava una piccola stanza senza porte anch'essa sospesa nel vuoto, tranne che per quel piccolo tratto in cui si innestava sul pavimento di pietra come una vetrosa crisalide. Pitch non degnò il muro di mezza occhiata e sospinse la ragazza avanti a sé, ma proprio quando l'immagine di lei si rifletté nel vetro, dall'altra parte qualcuno iniziò a tempestarlo di pugni. Bellatrix voltò la testa, incuriosita, e si ritrovò a fissare due grandi occhi castani, che sembravano rivolgerle una silenziosa supplica.

Jamie!

Il bambino l'aveva riconosciuta e si era dato da fare per cercare di attirare la sua attenzione. Non poteva sentirlo, ma lei vide le sue labbra tremanti formulare il suo nome e qualcosa in lei sembrò risvegliarsi. Bellatrix si districò dal braccio di Pitch e si fermò a guardare il bambino con espressione indecifrabile, attenta. L'espressione del ragazzino mutò radicalmente: se prima sembrava mostrare un certo sollievo nell'aver attirato la sua attenzione, adesso sembrava completamente terrorizzato nel vedersela davanti. Eppure i due continuarono a guardarsi, finché Pitch prese Bellatrix sottobraccio con decisione e la sospinse lontano dal ragazzino. Tenendole delicatamente ma con una certa fermezza la mano sulla spalla, la guidò lungo quello stretto molo sdrucciolevole sospeso su un mare di oscurità che li circondavano. Camminarono in silenzio per diversi minuti, ognuno immerso nei propri pensieri e senza mai guardare altrove se non davanti a sé.

<< Se il ragazzino è qui, allora deve per forza esserci anche Calmoniglio... >> osservò Bellatrix, in tono piatto. Pitch emise un verso di affermazione, continuando impassibile a guardare avanti, il volto illuminato spettralmente dalla fila di torce azzurre, decine e decine di stalagmiti di vetro frastagliato a sostegno delle fiamme.

<< E la sorella? >> continuò la ragazza, con lo stesso tono annoiato.

<< La sua trasformazione è quasi compita, poi toccherà al moccioso >> .

I due piombarono di nuovo nel silenzio. A un tratto, a pochi metri da quello che sembrava il termine della passeggiata di roccia, Pitch allungò il braccio a sbarrarle la strada.

<< Sta' indietro >> .

Bellatrix obbedì e lasciò che lui la superasse a grandi falcate. La distanziava di quasi una decina di metri, e prese a parlare con qualcuno che lei, da quella distanza, non riusciva a vedere poiché la luce azzurra delle torce non arrivava a illuminarlo.

<< Vi sono mancato? Suvvia, cosa sono quelle facce lunghe? Su col morale, avete visite! >>

Pitch si voltò a guardarla, come facendole segno di avvicinarsi. Lei si fece avanti con passo indolente, ancheggiando con voluttuosità e il sogghigno strafottente di nuovo sulle labbra.

E a quel punto si trovò di fronte tutti Guardiani al completo. Dentolina, Nord, Calmoniglio, Sandman e Jack Frost erano appesi nel vuoto con spesse e pesanti catene di sabbia strette ai polsi. Tenevano tutti la testa reclinata sul petto, con lo sguardo fisso e assente rivolto verso il basso. Ma quando Bellatrix si avvicinò, alzarono tutti gli occhi quasi con fatica, tutti con tempi e velocità diversi, e sui volti di tutti e cinque si insinuarono la sorpresa e la paura con la rapidità di un veleno entrato in circolo.

Bellatrix fissò i loro visi sconvolti, uno per uno. Ognuno di loro sembrava sciupato, ed esibiva i segni chiari e inequivocabili della violenza: le guance pallide e smunte, lividi, tagli sanguinanti e due cerchi neri sotto gli occhi. I suoi incontrarono quelli pesti di Jack, e a quel punto tutta la baldanza di Bellatrix, già precaria dal momento in cui li aveva scorsi, vacillò paurosamente.

Il ragazzo aprì la bocca, ma dalla sua gola si levò solo un pietoso e flebile rantolo. Lei avrebbe preferito che non l'avesse fatto: se in un primo momento, vederseli tutti lì stanchi e indifesi, aveva provocato in lei una sorta di perverso piacere, adesso provava solo un forte senso di malessere, e avrebbe voluto scappare via senza mai guardarsi indietro. Perché, e di questo era sicura dal preciso istante in cui i loro sguardi si erano allacciati, nel momento in cui Jack aveva cercato di pronunciare il suo nome qualcosa in lei si era rotto, liberando un'incertezza che lei aveva in tutti i modi cercato di soffocare dal momento in cui era stata cacciata. Stordita, abbassò lo sguardo, mentre con le mani si afferrava la testa e si piegava sulle ginocchia, come a cercare di chiudere fuori da sé un urlo straziante che le rimbombava nelle orecchie. Sentì le pupille fremere e riallargarsi, i denti tornare alla loro forma consueta, e un pensiero fulminante attraversarle le meningi.

Che cosa sto facendo...? Questa... questa non sono io! Non ho mai voluto questo! Non ho mai voluto che loro cadessero nelle mani di Pitch!

<< Bell...a...trix... >>

A quella debole supplica che la distolse immediatamente da quella rivelazione, lei lanciò al ragazzo un'occhiata sconvolta, i denti digrignati e la mandibola rigida per lo sforzo di mantenere il controllo.

E poi, di punto in bianco, si accasciò su se stessa senza emettere un suono. Pitch la afferrò prontamente e la sostenne per le spalle prima che lei ebbe avuto il tempo di toccare terra. Tendendo il braccio per sostenerle il busto, frenò la sua caduta e si abbassò con lei, passandole l'altro sotto l'incavo delle ginocchia. Poi la sollevò, si voltò tenendola stretta tra le braccia e iniziò a ripercorrere il passaggio, lanciando un'ultima, trionfante occhiata ai Guardiani che li guardarono andare via e ripiombarono nell'oblio, impotenti e storditi.




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Capitolo 13
*** Il sacrificio ***






Bellatrix aprì gli occhi, confusa. Vide la volta a botte decorata con le ossa della stanza con le strane sculture e riconobbe sotto di sé la pietra fredda e umida dell'altare. Non ricordava assolutamente come ci fosse arrivata, né cosa stesse facendo prima di perdere conoscenza. Si tirò a sedere, stordita. Pitch era lì, accanto all'altare, e la guardava con un'espressione enigmatica che lei non riuscì a decifrare.

<< Che è successo? >> chiese, portandosi le dita a sfiorare la tempia pulsante, guardando l'uomo con le tempie dolorosamente pulsanti.

<< Ti sei sforzata troppo durante l'addestramento e sei crollata, nulla di grave >> si limitò a rispondere lui, in tono rassicurante.

Strano, pensò lei, mi pareva che avessimo finito, con quella roba...

La testa le stava letteralmente scoppiando. In lei si fece strada una strana sensazione, come quando si cerca di ricordare un sogno che tuttavia non si riesce a riportare alla mente. Era come se nella sua testa ci fossero state decine di radio, ognuna sintonizzata su una frequenza diversa.


Poco dopo, Bellatrix si trovava nella grande navata imbottita di teschi, apparentemente da sola. Ogni suo muscolo era contratto dalla concentrazione, le orecchie tese. Era pronta a captare ogni singolo spostamento d'aria, la minima variazione di pressione dell'atmosfera. Un lieve sibilo le arrivò alle spalle, costringendola a voltarsi. Un'immensa lingua di sabbia si avvicinava, veloce e minacciosa come una frusta lucente.

Bellatrix agì d'istinto: piegò le gambe, spiegò le ali e balzò agile, atterrando sul parapetto del piano superiore con elegante agilità. La lingua di sabbia si abbatté nel punto preciso in cui pochi istanti prima si trovava lei,disegnando una ragnatela di crepe nel punto preciso dell'impatto, e dopo un attimo si ricompose nella figura di Pitch.

<< Non hai capito proprio niente! >> urlò lui furioso, la sua voce che rimbombava spettrale nella cattedrale, << Devi deviare l'attacco, non schivarlo! >>

<< Non posso farci niente, Dannate Pleiadi! >> urlò lei ancora più forte, voltandosi a guardarlo e puntandosi il pollice contro il petto con gesto indignato e incollerito.

<< Sono pur sempre mezzo gatto, io! Il mio istinto mi dice che è meglio evitare un attacco, piuttosto che affrontarlo! >>

<< Allora sopprimi il tuo istinto! >> rispose Pitch, sollevando il braccio sinistro e puntandolo di lato. Una raffica nera partì in quarta dal suo palmo aperto e si abbatté su una colonna, distruggendola. Senza più il sostegno, la struttura sovrastante collassò su sé stessa in un assordante fragore di massi sgretolati, ma nessuno dei due distolse lo sguardo dagli occhi dell'altro.

L'uomo smise di ansimare come reduce da una corsa e riprese, in tono più pacato: << Vedi cosa potresti fare se riuscissi a dominarlo? Vieni giù, scendi e riproviamo. Adesso! >>

<< Non ti provare a darmi ordini! Mi sembrava di essere stata chiara, tu non sei il mio capo! >> ribatté lei, stizzita. Tuttavia si lasciò cadere dal parapetto e atterrò con grazia davanti a lui, guardandolo storto. Prese un respiro profondo mentre lui si smaterializzava nuovamente per ripetere l'attacco. Passarono diversi minuti carichi di silenzio teso, in cui Bellatrix cercò di capire da che parte sarebbe arrivato l'attacco successivo, finché il sibilo ormai familiare la indusse ad alzare la testa di scatto e fissare con gli occhi carichi di terrore la volta oscura che la sovrastava. Una pioggia di frecce sabbiose fu scagliata su di lei, fendendo l'aria con i suoi minacciosi sibili. Per un secondo il suo istinto le gridò di spostarsi, ma dopo un attimo di conflitto interiore riuscì a soffocarlo. Alzò le braccia come a schermarsi il viso e chiuse gli occhi con tanta forza che davanti alle palpebre serrate vide comparire tante piccole luci bianche. Il silenzio parve allargarsi nell'ambiente come un'onda provocata da un sasso sulla superficie di uno stagno, e dopo qualche istante Bellatrix riaprì timidamente gli occhi. Le frecce erano sospese a mezz'aria, ancora puntate su di lei, frementi ma per il resto immobili. Con la coda dell'occhio vide Pitch, ai limiti estremi del suo campo visivo, con lo sguardo concentrato e le braccia protese in avanti e sussultanti per lo sforzo. Bellatrix sorrise tra sé e strinse i pugni, allargando le braccia a sua volta. La pioggia di frecce si divise in due filoni, uno diretto a destra e l'altro a sinistra, comandato dalle rispettive mani. Il flusso più vicino a Pitch puntò su di lui, mentre quello di sinistra schizzò nella direzione opposta, aggirò una colonna, strisciò veloce per terra e infine lo immobilizzò dal busto in giù, cogliendolo alla sprovvista. Immobilizzato, l'Uomo Nero si limitò a guardare impotente la lama di sabbia avvicinarsi veloce e inesorabile al suo volto. Poi, d'un tratto, si fermò a pochi centimetri dalla sua gola, fremendo in modo appena percettibile. Pitch alzò lo sguardo su Bellatrix e stirò il volto in un sogghigno compiaciuto. Lei abbassò le braccia e la sabbia ricadde a terra con un tonfo morbido, alzando nuvolette di polvere dal pavimento petroso. Pitch indietreggiò e si appoggiò schiena al muro dietro una colonna, spiando la ragazza oltre lo stipite con le mani strette sul mosaico di ossa che la ricopriva. Bellatrix aveva smesso di curarsi di lui nell'istante stesso in cui l'aveva lasciato andare, e si era messa a dare forma alla sabbia che aveva appena imparato ad addomesticare con gesti fluidi e complicati delle mani.

Pitch si ritrasse, appoggiando la nuca sul pilastro. Il suo piano stava avendo risvolti più che soddisfacenti: non solo aveva catturato tutti e cinque i Guardiani, che adesso erano alla sua completa mercé e del tutto fuori gioco. Aveva anche catturato i bambini, e per un fortuito caso la ragazza aveva deciso di sua spontanea volontà di passare dalla sua parte...

I suoi pensieri furono interrotti da un silenzio innaturale quanto immediato. Tornò a sbirciare la ragazza e la vide in piedi, di spalle, circondata da cinque sagome scure.

Pitch uscì dal suo nascondiglio con atteggiamento risoluto e si diresse verso di lei a passi sicuri, veloci e ampi. Doveva impedirle di lasciarsi andare ai sentimentalismi, o avrebbe potuto ricordarsi di aver incontrato i Guardiani e allora... allora avrebbe anche potuto decidere di rivoltarglisi contro, arrivando forse anche a liberarli. E questo, lui non l'avrebbe mai lasciato accadere. Ora che lei aveva accettato di sottomettersi a lui, l'avrebbe sfruttata fino all'ultima goccia di vitalità che le rimaneva.

Lei lo sentì fermarsi al suo fianco, ma non lo degnò di mezza occhiata.

<< Sai... >> disse, contemplando assorta un gigantesco Nord fatto di sabbia << c'è stato un momento, dopo aver liberato l'Uomo nella Luna, in cui ho seriamente creduto di aver finalmente trovato degli amici, delle persone che tenessero a me. Con loro mi sono sentita a casa, per la prima volta, da tantissimo tempo. E adesso... è tutto perduto. Come sabbia che scivola via dalle dita... >>

<< È questa la tua casa, ora. E ti sarò alleato, se è questo che vuoi. Lo sarò sempre, a differenza loro che ti hanno esiliata. E lo sai perché l'hanno fatto? Perché volevi sapere troppo, cominciavi ad essere troppo curiosa... cominciavi ad essere scomoda! >>

<< Scomoda... >> ripeté lei, atona.

<< Pensaci bene, Bellatrix! Non sono stati in grado di salvare né te, né la tua famiglia! E così è stato anche per lo scontro al castello! Anzi, lì, sei stata tu ad aver dovuto salvare loro! E quanto tempo hai passato da sola, abbandonata e morente, prima che ti tirassero fuori dalle macerie di quel posto? Cosa hai ottenuto, in cambio? L'ennesima porta sbattuta in faccia, ecco cosa! >> la aizzò lui, sussurrandole malignamente all'orecchio.

Si ritrasse, aspettando la reazione di lei.

Bellatrix rimase immobile diversi secondi, assimilando il significato di tutte quelle parole.

E poi si avventò sulla statua di Nord, facendola esplodere scagliandole contro una stella di gas, nera come la pece. Allargò le dita e dal palmo ne nacque un'altra, che spedì stavolta contro la Dentolina di sabbia. Sferrò un doppio attacco alle riproduzioni di Calmoniglio e Jack, e stava per abbattere quella di Sandman con un fendente di spada ottenuta in un battito di ciglia da una stella a forma di croce. La stella a quattro punte che stava brandendo era praticamente identica a quella che aveva alzato contro Pitch quella volta nelle segrete, ma questa si differenziava nel colore: nero come la notte, nero come il suo nuovo potere.

Pitch allungò la mano e chiuse le dita sul suo polso, inducendola ad abbassarlo.

<< Appartiene al passato, Bellatrix. Tutti loro. Adesso ci siamo solo noi due. Non capisci? Siamo destinati a regnare su questo mondo! Pensaci, pensaci bene! I nostri elementi sono contrastanti, ma complementari! Le stelle non potrebbero brillare, se non esistesse fosse l'oscurità! E allo stesso modo, senza la loro luce a rischiararla, il concetto stesso di oscurità non avrebbe alcun senso! >>

Bellatrix lo guardò stralunata, nel tentativo di assimilare le sue parole.

Era vero, loro non erano riusciti a salvare uno solo dei suoi fratelli. E, vero di nuovo, era stata lei a salvarli, più di una volta. Abbassò lo sguardo. Non aveva ricevuto niente, da quelle sue azioni. Neanche il più striminzito dei ringraziamenti.

La sua mano era intrappolata tra quelle di Pitch, ma non fu il loro contatto a distrarla dai suoi pensieri: la colorazione grigiastra della pelle si era estesa fin sopra il suo gomito. La metamorfosi stava progredendo a pieno ritmo.

<< Più userai i tuoi nuovi poteri, più la trasformazione accelererà i tempi >> spiegò Pitch, notando il suo sguardo perplesso.

Lei alzò il volto e fissò gli occhi in quelli dell'uomo, ripensando alle sue parole. A differenza loro che ti hanno esiliata...

E immediatamente si rese conto di cosa non tornava in tutta quella faccenda: lei non aveva mai detto di essere stata cacciata. Così come non aveva mai fatto parola della sua invulnerabilità, altra cosa di cui lui era al corrente senza che lei gliene avesse mai fatto parola. Si disse che l'unica spiegazione plausibile era che i Guardiani stessi dovevano averglielo riferito, ma loro non l'avrebbero mai e poi mai tradita così, a meno che Pitch non li avesse in qualche modo costretti. E ancora, come le era venuto in mente di credergli? Certo che i Guardiani erano venuti a salvarla, in ben più di un'occasione! Nord si era detto profondamente contrito, a distanza di secoli, per non essere riuscito a salvare la sua famiglia, ma in compenso le aveva dato la notizia che suo figlio era sopravvissuto anche dopo essere stato separato da lei! E Sandy, allora? Lui l'aveva presa con sé quando si era svegliata sui resti del rogo, l'aveva letteralmente fatta risorgere dalle proprie ceneri! Lui l'aveva tratta in salvo dai lupi, prima ancora di diventare uno Spirito! Lui, lui, sempre lui! Era corso da lei anche quella volta di poco tempo prima, quando era rimasta intrappolata sotto quelle macerie! E che dire di Jack, che l'aveva seguita da un capo all'altro del globo, quando le stelle minacciavano di sparire per sempre? Era stato lui a caricarsela in spalla quando era troppo debole per volare in autonomia! Ed era sempre stato lui, con Nord e Sandy, a portarla al Polo Nord e curarla come poteva! Davvero non aveva ricevuto nulla, da loro? La verità era che loro le avevano già dato tanto, e l'unico motivo per cui era stata lei a salvarli era semplice: stava ancora ripagando il suo debito verso i Guardiani.

E adesso erano tutti e cinque lì, disarmati, indifesi e soggiogati da Pitch, lei lo ricordava. Ricordava che Jack, ribellandosi al controllo mentale di Pitch, era riuscito a pronunciare il suo nome, a farle tornare una minima parte di raziocinio. Non era forse questa una degna restituzione, seppur parziale?

In quei brevi istanti, Pitch non si era per nulla accorto dell'illuminazione che aveva fulminato Bellatrix, e lei fu ben attenta a non lasciar trasparire la minima traccia di questa rinnovata consapevolezza. Mantenendo una presa salda sulla mano di lei, la trascinò con sé in un vortice oscuro per materializzarsi in un altro luogo.

Si trovavano in una cameretta scura, illuminata fiocamente da una di quelle lucine notturne che si attaccano alla corrente. Un grande orologio dalle lancette fosforescenti segnava più o meno le quattro di mattina. Pitch si avvicinò a un letto a castello dove due bambini dai capelli rossi, identici, dormivano della grossa.

Pitch gettò sui loro volti una manciata di sabbia e due incubi si levarono dalle loro teste, frusciarono vicino alle tende alla finestra e si fermarono al centro della stanza, in attesa. L'Uomo Nero aiutò Bellatrix a montare su un incubo e salì in groppa all'altro: la finestra si spalancò facendo ondeggiare le tende e i due puntarono alti verso cielo.

<< Guarda, Bellatrix! >> urlò l'uomo euforico, allargando le braccia nell'aria gelida, << Presto, tutto questo sarà nostro! >>

Sotto di loro si estendeva una grande città, ancora addormentata sotto un cielo che pian piano iniziava a schiarire all'orizzonte. L'unico pensiero della ragazza era per le cinque persone intrappolate in quel luogo ostile e oscuro che aveva appena lasciato. Doveva trovare un pretesto per allontanarsi da Pitch senza fargli destare sospetti e tornare indietro a salvarli.

<< Dividiamoci! >> propose, mantenendo un tono freddo e distaccato, << Così potremo sottomettere un territorio grande il doppio! >>

<< Mi piace come ragioni! Vedrai, insieme faremo mettere tutti in ginocchio! >> rise Pitch, spronando l'incubo. Lei aspettò di vederlo sparire tra le vie della città prima di puntare verso l'angolo di cielo che sfumava nell'azzurro freddo del mattino che precede l'alba.

Si fermò circa mezz'ora dopo, atterrando sulla sponda di un lago dalle rive erbose alimentato da una cascata che nasceva dal fianco di una ripida cresta.

Bellatrix scese dall'incubo, che prese a pascolare tranquillo tra l'erba, e lei alzò le braccia al cielo: da sotto i suoi piedi di alzò un vortice nero che la avvolse completamente, spettinando il prato. I suoi piedi smisero di affondare nella terra umida e toccarono una superficie liscia e lucente. La tempesta nera si placò e lei rimase immobile per qualche istante, aspettandosi di vedersi comparire Pitch alle spalle. Quando si sentì sicura spiccò un possente balzo ad ali spiegate e atterrò leggera sul pavimento del matroneo. Si alzò e corse lungo il corridoio, controllando ogni porta aperta e chiusa che vedeva alla ricerca di Sophie. In un primo momento aveva pensato di andare prima dai Guardiani, ma poi ricordò che Sophie aveva più bisogno di aiuto di quanto non ne avessero i Guardiani stessi. Aveva percorso tutto il passaggio, infilandosi ogni volta in una stanza identica alla precedente che aveva visitato e che aveva trovato completamente vuota. Il panico cominciò a farsi strada in lei: prima o poi Pitch avrebbe scoperto il suo doppio gioco e il tempo correva veloce, rendendo questa possibilità sempre più certezza. Disperata, Bellatrix percorse la navata sottostante con lo sguardo, con la mente che galoppava frenetica. E poi lo sguardo le cadde sul cumulo di macerie che aveva provocato Pitch nel suo sfogo d'ira, facendo crollare una parte di corridoio assieme al suo sostegno. Con l'angoscia che minacciava di sopraffarla da un momento all'altro si lanciò dal parapetto e atterrò planando davanti al cumulo di macerie, che prese a spostare con furia, afferrando pietre e schegge di ossa a manciate per gettarsele alle spalle. Continuò così con un ritmo impaziente e veloce, senza curarsi dei tagli che si aprivano sui suoi palmi e subito si richiudevano, aprendosi per contro e senza ombra di dubbio su quelli di Pitch. Ovunque lui fosse adesso ne era certa: sarebbe arrivato da un momento all'altro, e perciò non poteva permettersi di perdere la più piccola frazione di secondo. Quando il passaggio fu abbastanza sgombro, Bellatrix lo attraversò correndo e, finalmente, vide la bambina al centro della stanza che i detriti avevano reso irraggiungibile, seduta su un alto, piccolo trono. Sophie sembrava molto più patita dell'ultima volta in cui l'aveva vista: dal petto sporgevano le costole scarne, coperte dall'abito ormai troppo largo. Le maniche ballavano attorno ai polsi secchi e gli occhi cerchiati di nero sembravano più grandi e infossati che mai. Era completamente abbandonata sullo schienale, dando l'idea di non riuscire a stare seduta in modo autonomo, ma ciò che fece spaventare Bellatrix più di tutto fu vedere i capelli della bambina tinti completamente di nero.

Bellatrix crollò in ginocchio davanti a lei, posando quasi con timidezza le mani sulle ginocchia magre della bambina che sembrava non essersi accorta minimamente di lei. Alzò lo sguardo per incontrare quello assente di Sophie e trattenne rumorosamente il fiato nel vedere una singola, sottile ciocca ancora bionda, penzolarle vicino all'orecchio sinistro.

Non tutto è perduto... ma devo portarla da Sandy!

Si alzò e la osservò qualche istante, cercando di decidere cosa fare. Così l'occhio le cadde su una sottile ragnatela di sabbia che le avvolgeva la fronte e che non aveva notato subito a causa del colore scuro dei suoi capelli. Capì subito che per farla tornare in sé, doveva prima togliere quella, e che probabilmente era proprio attraverso quella cosa che Pitch manteneva il controllo su di lei.

Afferrò una stella-shuriken e la brandì tra il dito indice e il medio, recidendo il filo nero e lucente con un singolo gesto deciso. Ma la bambina non mutò espressione né parve accorgersi della sua presenza finché lei non attirò la sua attenzione, posandole la mano sul ginocchio magro.

<< Sophie? Sophie, sveglia! Ti ricordi di me, piccola? >>

La bambina sbatté ripetutamente le palpebre, la guardò con gli occhi a mezz'asta ed emise un sussurro flebile flebile.

<< Ho fame... >>

Bellatrix raddrizzò la schiena e si afferrò convulsamente i capelli, esplodendo di felicità. Poi si chinò di nuovo su Sophie e la prese delicatamente in braccio.

<< Sta' tranquilla, adesso ce ne andiamo via da questo posto! Poi potrai mangiare quanto vuoi, va bene? Tieni duro solo un altro pochino, Sophie! >>

Con la bimba in braccio uscì correndo dalla stanza, spalancò le ali e planò lungo tutta la navata e poi giù per le scale, sentendo il battito debole di Sophie contro il suo petto che invece ostentava il silenzio. Appena giunsero davanti alla stanza senza porte, Bellatrix adagiò la bambina a terra e si voltò a fronteggiare la parete liscia e scura che sembrava quasi sfidarla ad abbatterla. Bussò contro il vetro, nell'unico punto in cui esso era abbastanza chiaro da permettere di vederci attraverso, e subito comparve Jamie, che le urlò qualcosa che però lei non riuscì a capire.

<< Levati di mezzo, Jamie! Mettiti al riparo! >> gridò lei di rimando, appoggiando le mani a coppa sul vetro nella speranza di farsi capire.

Ma neanche il bambino sembrava in grado di sentirla e rimase a guardarla con espressione diffidente e perplessa mentre lei alzava le mani oltre la testa. Tra le sue dita si accese una luce scura, e pochi istanti dopo si creò una stella di gas che crebbe fino a raggiungere le dimensioni di una ruota di bicicletta, nera come la pece. Intuendo la sua mossa successiva, finalmente Jamie sparì dalla sua visuale e lei scagliò con tutte le sue forze la stella contro la barriera violacea che li divideva.

Si avvicinò cauta al varco aperto e gettò un'occhiata nella stanza: Jamie era rannicchiato in un angolo, le braccia alzate a coprirsi la testa. Il ragazzino si tirò in piedi, riversando a terra i detriti che gli si erano depositati addosso, e la guardò spaventato mentre lei scavalcava la breccia nel muro e gli si avvicinava tendendogli la mano.

<< Jamie, andiamo! Ti porterò via di qui! >>

Ma il ragazzino continuò a fissarla, aggrottando le sopracciglia in un'espressione ostile e diffidente.

<< Jamie, forza! >> lo incalzò lei esasperata, avanzando di un passo.

Con gesto scattante, Jamie si tastò febbrilmente la tasca dei pantaloni e ne estrasse la fionda che aveva portato da casa, caricandola con una scheggia di vetro che scintillò minacciosa alla luce che filtrava dal corridoio.

<< Sta' lontana! >> le urlò, tendendo l'elastico finché il braccio non prese a tremargli per la tensione.

Bellatrix era esterrefatta: lo fissò incredula, con le labbra socchiuse.

<< Jamie, sono io, Bellatrix! Che ti prende? >> chiese, azzardando un altro passo.

<< Non ti avvicinare, ho detto! Tu sei cattiva, stai dalla parte di Pitch! >>

La ragazza si avvicinò ulteriormente, con passo più deciso, ignorando le minacce di Jamie. Non c'era tempo da perdere, Pitch sarebbe arrivato da un momento all'altro, attirato dalle ferite che lei gli aveva trasmesso facendo saltare la propria copertura.

<< Jamie, aspetta. Adesso ascoltami be... >>

Un lampo violaceo, e Bellatrix ebbe appena il tempo di farsi scudo col braccio.

La lama scagliata da Jamie si era conficcata prepotente nel suo avambraccio, viola contro grigio, ma non uno schizzo di sangue imbrattò il vetro, né prese a gocciolare sul pavimento.

Jamie spostò ripetutamente lo sguardo dal braccio al viso di lei, a metà tra lo spaventato e il disgustato. Bellatrix alzò lentamente l'altra mano, afferrò il frammento tra pollice e indice e, senza distogliere lo sguardo fermo sul bambino, tirò, gettandolo a terra. Jamie seguì il pezzo di vetro con lo sguardo, pietrificato dall'orrore.

<< Jamie, non avere paura. Non voglio farti del male. Ti porterò dai Guardiani, e... >>

<< Non ti credo! >>

Bellatrix spostò il piede e sentì il tacco stridere contro qualcosa. Guardò in basso e vide la propria faccia riflessa in un frammento di vetro, nitida come in uno specchio. Guardando quel volto non si stupì più di tanto e capì il motivo della diffidenza di Jamie. I suo occhi, di solito di un caldo color ambrato, si erano tinti di un giallo così intenso che sembravano due fari sfavillanti nell'ombra. La bocca socchiusa, contornata da due labbra nerissime, lasciava intravvedere due canini aguzzi che avrebbero fatto invidia al più sanguinario dei vampiri. La ciocca nera le penzolava morbida davanti agli occhi, facendola sembrare la sorella minore di Crudelia De Mon.

Con sforzo enorme, si costrinse a riportare gli occhi sul ragazzino.

<< Jamie, adesso ascoltami bene. È vero, stavo dalla sua parte. Non ti mentirò dicendo che era tutta una montatura per ritrovarvi, non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello. Ma io sono qui, adesso, per sistemare le cose. E vi tirerò fuori dal pasticcio in cui vi ho messo, fosse l'ultima cosa che faccio! Ma ora, per favore, devi venire con me! Non ci vorrà molto prima che Pitch si renda conto che l'ho tradito, e ho già sprecato un sacco di tempo, potrebbe arrivare da un momento all'altro, e allora io non potrò più proteggervi: né te, né la tua sorellina! >>

Ma di nuovo, Jamie non si mosse finché non sentì una vocetta flebile chiamarlo da fuori.

<< Ah, e c'è anche lei, per l'appunto... >> soggiunse Bellatrix, lanciando uno sguardo trepidante oltre il varco.

<< Sophie! >>

Finalmente il ragazzino si mosse e saltò nel corridoio, fiondandosi dalla sorellina.

<< Sophie, stai bene? >>

<< Fame...! >> biascicò semplicemente lei, aggrappandosi al giubbotto del fratello con le manine deboli.

<< Non hai qualcosa da mangiare, nel tuo zaino? >> chiese Bellatrix, raggiungendo il ragazzino per inginocchiandosi accanto a lui.

<< Ce l'avevo, ma l'ho perso quando Pitch mi ha catturato! ...Aspetta, però! Ora che ci penso... >>

Jamie si tastò nuovamente la tasca e, dopo qualche secondo, ne tirò fuori una merendina preconfezionata ridotta a schiacciata ma ancora mangiabile, e un sacchetto di caramelle quasi vuoto.

La bambina spazzolò tutto in pochi secondi e alzò il braccio per chiederne ancora.

<< Scusami, Sophie, ma era tutto quel che avevo! >> si giustificò il fratello, alzando le mani per farle vedere di non avere più cibo per davvero.

<< Non importa, >> lo rassicurò Bellatrix, stringendogli la spalla per confortarlo, << sei stato grande! Adesso muoviamoci, quando avremo liberato i Guardiani mangerai ancora. D'accordo, Sophie? >>

Sapeva di starle mentendo, o quantomeno di non essere sicura di poterglielo promettere, ma per smuoverla non poteva fare altro. La bambina annuì stropicciandosi gli occhi coi pugnetti e si lasciò caricare sulle spalle di Bellatrix senza proteste.

Passò le braccia magre attorno alla gola della ragazza e appoggiò docile la guancia incavata contro la sua schiena, respirando quasi con fatica.

Lei la sistemò meglio con un balzello e si rivolse a Jamie.

<< Andiamo, dobbiamo fare in fretta! >>

Il bambino annuì e i due si misero a correre a rotta di collo verso il fondo del corridoio, sferzando le fiamme azzurre con l'aria che smuovevano al loro passaggio.

Nel giro di poche ore, i Guardiani sembravano aver subito una radicale trasformazione. Ognuno teneva lo sguardo fisso davanti a sé, e in qualche modo sembrava svuotato di qualsiasi pensiero e sensazione. Se, prima, la presenza di Bellatrix li aveva vagamente risvegliati, questa adesso non faceva la minima differenza sul loro stato comatoso ed apatico. Impressionata dagli effetti che il controllo di Pitch stava avendo su di loro, Bellatrix li esaminò attentamente con lo sguardo a distanza, quasi temendo che avvicinandosi sarebbe stata colpita dallo stesso maleficio. Dentolina, più di tutti, sembrava quella più provata dalla loro anestetizzante prigionia: le sue piume, normalmente brillanti e variopinte, ricadevano flosce e sbiadite sul suo corpo come stacci sporchi e laceri, coperti da uno spesso strato di polvere.

<< Oh, ragazzi, che cosa vi ho fatto?! >>

Bellatrix affidò Sophie a suo fratello e si sollevò in volo, passando i loro volti in rassegna uno per uno.

Arrivata a Sandy, gli sfiorò il volto con le dita, senza riuscire a trovare il coraggio di toccarlo.

<< Sandy? >>

Lo guardò negli occhi, ma lui continuava a guardare avanti a sé senza vederla realmente. Soffocando un singhiozzo, Bellatrix gli gettò le braccia al collo e seppellì il naso tra le pieghe dorate e scolorite della sua veste, senza suscitare in lui la minima reazione.

Jack. Jack ha reagito, l'altra volta!

Si staccò con fatica da Sandman e fluttuò verso il Guardiano del Divertimento, sperando di riuscire a ridestarlo una seconda volta. Gli afferrò il volto tra le mani e avvicinò il suo in modo che gli occhi del ragazzo incontrassero i suoi. Provò anche a tirargli due schiaffi leggeri, ma da lui non ottenne nemmeno un battito di ciglia.

Sconfortata, la ragazza lo strinse a sé, le spalle scosse da singhiozzi asciutti. Si ritirò, asciugandosi gli occhi, e allora notò la stessa ragnatela di sabbia che aveva oppresso Sophie. Improvvisamente le riaffiorò alla mente una cosa che Pitch aveva detto tempo addietro, quando aveva scoperto la verità sulla donna misteriosa e i suoi figli.

...Erano ancora abbastanza piccoli da poterli soggiogare con facilità, questo doveva voler dire che più la vittima era adulta, più diventava complicato mantenere il controllo su di essa. Ecco perché lei non era stata ipnotizzata, a differenza dei suoi fratelli. Per questo, oltre che per far soffrire ancora di più sua madre. E se Sophie ci aveva messo qualche istante, a tornare in sé, probabilmente i Guardiani se la sarebbero cavata molto più in fretta e con meno conseguenze...

Animata da una nuova fiducia, Bellatrix evocò una stella-shuriken e tranciò di netto la catena di sabbia che teneva Jack appeso per i polsi, acchiappandolo prontamente prima che cadesse nel vuoto. Lo trasportò al sicuro e lo distese pancia in su sulla lastra di vetro incorniciata dalle torce. Jamie si avvicinò, stringendo Sophie tra le braccia, e gli lanciò un'occhiata preoccupata.

<< È morto? >> chiese Jamie, guardando Jack con espressione atterrita.

Bellatrix scosse la testa, soffocando una risata nervosa.

<< Ma va', i Guardiani non muoiono, e se anche fosse Jack non si lascerebbe certo deperire così, in questo modo! >>

Recise il filo nero che gli correva attorno alla testa con l'attenzione di un chirurgo nel mezzo di una delicatissima operazione e attese, col fiato sospeso e tutti i muscoli tesi.

Dopo alcuni istanti che parvero ore, il ragazzo strizzò gli occhi un paio di volte e rimase a guardarla senza muovere un solo muscolo.

<< Jack? >> tentò lei, afferrandolo piano per le spalle.

<< Ciao! >> rispose lui, dopo appena un attimo di silenzio. Si tirò a sedere e la guardò, sorridendo.

<< Ciao? Dopo lo spavento che mi son presa, è tutto quello che sai dire? Oh, ma chi se ne importa! Stai bene! Oh sante Pleiadi, stai bene! >>

<< Sapevo che doveva essere un trucco, lo sapevo! Stai fregando Pitch alla grande, e lui neanche lo sospetta! >> rantolò lui con la mano alzata a sfiorarsi la tempia, alzandosi faticosamente a sedere.

<< A dire il vero, Jack... >> rispose lei, esitando qualche secondo di troppo, << ...il mio piano originario era di unirmi davvero a Pitch! >>

<< Cosa? >>

<< Mi dispiace, ma è la verità! Nord mi aveva cacciata, e io non sapevo cosa fare...! Così gli ho proposto un'alleanza. Mi ha cambiata, Jack. Ha fatto a me quel che ha provato a fare a Sophie, ma siccome non ho opposto resistenza ha funzionato più di quanto non abbia fatto con lei. Quando vi ho visto lì, inermi e completamente dissennati, non ti nasconderò che ho provato un senso di trionfo tale che mai mi sarei aspettata. Ma poi tu ti sei svegliato, sei riuscito a chiamarmi e... e in me è come scattato qualcosa. E adesso sono qui per rimediare a tutto quello che ho causato >> .

Jack era ammutolito, spostando lo sguardo dagli occhi paglierini, alla ciocca corvina e infine al braccio grigio di Bellatrix. Lei era sul punto di scoppiargli a piangere in faccia: Jack vedeva anche fin troppo bene le lacrime spuntarle agli angoli degli occhi e tutta la rabbia e il risentimento che si era impadronito qualche attimo prima di lui svaporò come neve al sole. Lei si portò la mano a sfregarsi gli occhi, soffocando un singhiozzo, e lui alzò la propria per stringergliela con solidarietà.

<< Va bene, Bellatrix. Va bene così. Dai, liberiamo gli altri >> .

Lei alzò lo sguardo tremante e gli rivolse un precario sorriso, soffocando un altro singhiozzo.


Uno a uno, i Guardiani furono slegati e sottratti al controllo di Pitch. Si erano svegliati senza problemi, eccettuato un iniziale smarrimento e la sorpresa di vedersi Bellatrix lì con loro. Erano tutti intorno a lei, che se ne stava seduta a gambe incrociate sul pavimento, con Sophie stretta fra le braccia.

<< Mi dispiace di avervi procurato tanti guai... >> disse, mentre guardava la bambina addormentarsi contro il suo petto << Nord, se ti avessi dato ascolto, nulla di tutto questo sarebbe successo. Vi chiedo scusa, davvero >> .

Sandy le strinse la spalla, guardandola con quell'affetto smisurato che serbava solo per lei. Bellatrix alzò la testa con un sorriso timido, incontrando quello paterno di lui. Poi tornò a guardare Nord, con finta aria offesa.

<< Immagino che anche se vi sono venuta a salvare, il mio giochetto mi costerà una lunga permanenza nella lista dei cattivi! >>

<< A vita! >> rispose lui, sornione. Si chinò in avanti e le scompigliò affettuosamente i capelli, accompagnando il gesto con una delle sue cavernose risate.

Bellatrix si alzò, lasciò che Dentolina le prendesse Sophie dalle braccia e si scusò sommessamente con lei per lo scontro che avevano avuto.

<< Non ci pensare, davvero. Eri sconvolta, chiunque sarebbe andato fuori di senno venendo a scoprire una cosa simile! >>

La avvicinò a sé con il braccio libero e la strinse in un caloroso abbraccio, che Bellatrix ricambiò con entusiasmo. Poi si sciolse da lei e si voltò, guardando l'unica persona che sembrava del tutto disinteressata al suo discorso.

<< Calmoniglio... >>

<< Lascia perdere, >> la bruciò sul tempo lui brusco, sorpassandola, << rimanda i convenevoli a quando tutto questo sarà finito >> .

Bellatrix abbassò lo sguardo, contrita e imbarazzata. Nord le strizzò la spalla, facendole l'occhiolino con un sorriso bonario. Poi estrasse uno dei suoi globi di neve dalla tasca, lo scaraventò a terra e il portale si aprì, mostrando il grande planisfero luminoso della fabbrica di giocattoli. Uno alla volta, i Guardiani, Sophie e Jamie lo attraversarono, finché dall'altra parte rimasero solo Jack e Bellatrix.

<< Detto tra noi, Bellatrix, non sai quanto io sia felice di vederti! >> le disse lui, prendendole la mano tra le sue. Lei lo guardò riconoscente, emettendo uno strano verso. Rimasero qualche istante in silenzio, persi ognuno negli occhi dell'altra, ognuno nei propri pensieri. Jack parve completamente smarrito, ma Bellatrix gli lesse in faccia che voleva dirle qualcosa.

<< Bellatrix, io... >>

<< Dov'è il tuo bastone, Jack? >> lo interruppe lei di punto in bianco, guardandosi attorno con aria distratta.

Jack, spiazzato e ormai vicino al limite di sopportazione dell'imbarazzo, la guardò spaesato, boccheggiando come un pesce tirato fuori dall'acqua.

<< L'ha.. l'ha preso Pitch, quando ci ha trovato. Ci ha disarmato tutti, e poi ci ha catturato... >>

<< Il portale non reggerà ancora molto. È meglio che tu vada. E in fretta, anche >> .

<< E tu non vieni? >>

Bellatrix scosse la testa, alzò la mano e gli sfiorò la guancia con l'indice, sorridendo.

<< Vorresti tornare da lui? Non se ne parla, io non ti lascio qui! Bellatrix, ascoltami... >>

<< Sei gentile a preoccuparti per me anche dopo tutto quello che vi ho causato, Jack. Ma devo risolvere tutto, anche se questo dovesse portare al peggio! Lo capisci? >>

<< Ma non sei obbligata...! >>

<< Certo che no, Jack. È una mia scelta, e mi sento in dovere di fare così. Poi tornerò da voi, te lo prometto >> .

Si voltò e fece per andarsene, ma Jack scattò in avanti e la trattene per la mano, quasi supplicandola.

<< Bellatrix, no! >>

Lei si voltò nuovamente e gli posò le mani sulle spalle, sorridendogli. Jack ricambiò il sorriso, convinto di essere riuscito a farle cambiare idea. Ma poi le sue unghie gli si conficcarono nella pelle e Bellatrix lo spinse all'indietro, nel portale che si richiuse su di lui come una bocca affamata.

La ragazza si voltò di scatto e corse a perdifiato verso la grande navata. Le armi dei compagni dovevano essere nascoste lì, da qualche parte. Aveva già setacciato quel luogo centimetro dopo centimetro e se non le aveva notate subito, doveva per forza voler dire che Pitch le aveva nascoste a dovere proprio sotto i suoi occhi. E così le vennero in mente le strane sculture nella stanza col camino e l'altare di pietra. Salì le scale quattro gradini alla volta, percorse in volo la distanza che la separava dalla porta e la aprì con un a poderosa spallata. Cercando di riprendere fiato, si avvicinò a una delle strane forme che si ergevano dal pavimento e vi guardò dentro con attenzione, schermandosi gli occhi dalla luce delle torce cerulee con le mani. Sotto i vari strati violacei fu certa di vedere qualcosa che col vetro non aveva nulla a che fare.

Ci vorrà uno shuriken taglia XXL! Pensò, compiendo uno dei suoi complicati gesti da illusionista. Afferrò con entrambe le mani una gamba della stella, grande quanto un grosso tagliere, e iniziò a roteare su sé stessa per darle l'abbrivio. Mollò la presa e la stella partì in quarta, tranciando ogni stalagmite alla base e tornando indietro come un luminoso boomerang. Le sculture rimasero al loro posto per qualche istante, e poi slittarono di lato e si schiantarono a terra con fragore e un'esplosione di frammenti viola, una dopo l'altra. Bellatrix si gettò a terra e rovistò febbrilmente tra i cocci di vetro, raccogliendo ciò che avevano custodito fino a quel momento. Le due spade di Nord, il boomerang di Calmoniglio e il bastone di Jack: c'erano tutte.

Adesso devo solo trovare un modo per fargliele avere, pensò la ragazza, tenendo le armi tra le braccia e guardandosi intorno. In realtà, un modo lo sapeva, ma era abbastanza inaffidabile e lei non poteva rischiare di sprecare la sua occasione.

Tuttavia, non venendole in mente altro, dovette arrendersi all'unica soluzione possibile. Così posò a terra gli armamentari dei Guardiani e vi puntò contro le mani aperte, poste l'una sul dorso dell'altra. Una massa nera prese forma e inglobò tutti gli oggetti, solidificandosi in una sfera incandescente. Se non fosse stata sotto l'influenza dei poteri di Pitch, la stella sarebbe stata di un bianco sfavillante, ma ormai ciò che era prima di stringere l'accordo con lui era solo una vaga impronta di quel che era diventata. Adesso sperava solo che la stella cadente giungesse a destinazione senza perdersi dietro dei pezzi.

<< Al polo Nord! >> urlò perentoria, rivolta alla sfera. Questa rimase ferma alcuni secondi e poi schizzò in alto, sparendo nel soffitto.

Bellatrix sospirò, sollevata, e si lasciò scivolare a terra, in ginocchio. Sentì quasi immediatamente un formicolio al braccio destro e alzò lo sguardo in tempo per vedere il grigiore espandersi veloce fino alla spalla. Il formicolio si propagò alla parte destra del petto e alla gola, finché la guancia stessa prese a pizzicarle fastidiosamente fin sotto l'occhio.

<< Sei solo una piccola sporca traditrice! >> tuonò improvvisamente una voce orrendamente familiare alle sue spalle.

<< Pitch! >> urlò lei, voltandosi di scatto, il panico dipinto negli occhi gialli.

Lui era ritto sulla soglia, ostruendone il passaggio con le mani tese sullo stipite.

Un istante dopo, una frusta di sabbia le si avviluppò attorno alla gola e si tese verso l'alto, trascinandola con sé. Lei scalciò e prese a divincolarsi, affondando le mani nella sabbia e prendendone il controllo immediato: la fune si dissolse come spazzata via dal vento e lei ricadde a terra, atterrando malamente in piedi. Una secondo attacco la colpì in pieno stomaco e la scaraventò all'indietro, contro una colonna al centro preciso della sala che trasmise la scossa all'intera stanza. Bellatrix scivolò inerme a terra, disorientata e confusa, mentre Pitch si avvicinava minacciosamente a lei con gli occhi accesi dall'ira. Due lingue nere schizzarono fuori dal nulla e le strinsero i polsi, tendendoli verso i due lati opposti della sala e lasciandola completamente indifesa.

<< È da un po' che ti osservo... >> continuò lui, abbassandosi e strizzandole il mento con le dita affilate, << Mi chiedevo fino a che punto ti saresti spinta col tuo voltafaccia, e non puoi immaginare quanto sia deluso dal tuo subdolo doppio giochetto. Avremmo potuto governare il mondo, ma tu hai preferito rimetterti contro di me. Beh, preparati a subire le conseguenze della tua scelta, Bellatrix. Perché siamo alla resa dei conti, e stavolta non arriverà il tuo Sandy a salvarti! >>

Pitch indietreggiò, preparandosi ad attaccare. La mente di Bellatrix lavorava veloce, cercando di trovare una via di scampo. Con gesto fulmineo, si liberò dai propri vincoli e afferrò una lunga scheggia di vetro che giaceva vicino a lei.

I loro occhi si incrociarono per una frazione di secondo, e lei si conficcò il pezzo di vetro nel petto, appena sotto la spalla sinistra. Fu però Pitch, a urlare di dolore al posto suo. Si portò la mano alla ferita, crollando in ginocchio con gli occhi sgranati. Bellatrix si era rialzata facendo leva sulla colonna, alla quale si appoggiava quasi con fatica. Allungò la mano e l'enorme shuriken schizzò volando e vorticando veloce verso di lei.

Pitch alzò furioso lo sguardo e lei gli rivolse un sorrisetto trionfante.

<< Ci vediamo, bel faccino! >>

Scansò all'ultimo secondo lo shuriken, che si abbatté contro la colonna con un frastuono assordante al punto da soffocare un secondo grido di rabbia di Pitch. Lei fece per smaterializzarsi, ma istantaneamente sentì la presa ferrea dell'uomo chiudersi sulla sua caviglia e trascinarla a terra.

Si ritrovò a fissare il cielo azzurro cupo, ansimando come svegliatasi di soprassalto da un incubo orribile.

Si alzò stancamente a sedere, guardandosi attorno: Pitch era riverso a terra accanto a lei, svenuto. La sua mano grigia era ancora stretta saldamente attorno alla sua caviglia. Spaventata, Bellatrix scattò in piedi, liberandosi della sua presa. La mano di Pitch ricadde a terra, inerte, e lui non si mosse più. A un tratto Bellatrix si rese conto di avere il frammento di vetro ancora conficcato nella spalla e lo strappò via senza troppe cerimonie, gettandolo poi lontano, sul pavimento di sampietrini sconnessi. Pitch emise un debole verso di dolore e si mosse, ormai prossimo al risveglio, una piccola pozza rossa che si allargava lentamente sul lastricato sotto di lui. Terrorizzata all'idea di non essere ancora fuori pericolo, Bellatrix si gettò una fugace occhiata d'intorno, cercando una via di fuga. Si trovava in una viuzza delimitata da entrambi i lati da alte casette a schiera e riconobbe il paese accoccolato ai piedi della collina dove sorgeva la chiesa dove si era nascosto Pitch per tutto quel tempo. Senza pensarci due volte scavalcò l'Uomo Nero con un balzo e prese a correre a rotta di collo, percorrendo stradine e vicoli e finendo con sbucare nella piazza principale, ai piedi della lunga scalinata. Era intenta a soppesare la possibilità di rifugiarsi nella cripta, quando un'ombra coprì l'intera piazza, schermandola dalla novella luce del sole. Alzò lo sguardo e vide una spessa cappa di sabbia espandersi alta nel cielo e isolare il territorio del paese da quello circostante, e seppe di non avere altra scelta. In mezzo a quel pugno di case, Pitch non avrebbe tardato molto a trovarla, senza contare che in questo modo stava mettendo a rischio la vita degli abitanti, ancora assopiti e ignari della lotta imminente. Il vento cominciò a ululare rabbioso nei vicoli, sbattendo persiane e sollevando polveroni immensi dalle strade. Bellatrix alzò gli avambracci per proteggersi gli occhi e si guardò di nuovo intorno, mentre il cielo si oscurava . A un tratto vide una figura stagliarsi contro la cupola nera, che scrutava il paese come un falco in cerca della preda. Contro ogni buon senso, la ragazza spiccò la corsa su per le scale, bruciando quattro gradini alla volta e senza mai guardarsi indietro per paura che, sentendosi il suo sguardo puntato addosso, Pitch l'avrebbe individuata subito. A un tratto, nella salita, le saltò all'occhio il cancelletto del cimitero e deviò bruscamente in quella direzione, sdrucciolando sulla pietra fradicia. Prese la rincorsa e spiegò le ali: superò la barriera di metallo e atterrò pesantemente sulla ghiaia di un vialetto laterale, ai lati del quale erano allineate decine e decine di lapidi di ogni forma e colore. Sullo sfondo, a destra, si ergeva una squallida baracca di legno e, ancora un po' più in là, un imponente mausoleo in stile moderno.

Bellatrix guardò di nuovo verso il cielo alle sue spalle: Pitch era sparito. Presa dal panico spiccò la corsa, superò la statua di un angelo piangente e si rifugiò dietro un'alta lapide rettangolare nascosta da un grande pino. Tutto sembrò tranquillo per una manciata di secondi, ma all'improvviso una zaffata di vento spazzò la ghiaia del camposanto, sollevando dense nuvole grigiastre. Bellatrix osservò Pitch mentre attraversava il cancello come fatto di fumo, e strinse convulsamente le dita sul marmo bianco quando la voce minacciosa dell'uomo risuonò spettrale tra le tombe.

<< So che sei qui, non hai via di scampo. Vieni fuori, e facciamola finita una volta per tutte >> .

La ragazza si appiattì contro la lapide trattenendo il fiato, nell'inconscia paura che il minimo spostamento d'aria provocato dal suo respiro l'avrebbe tradita.

<< D'accordo, allora... >> riprese Pitch, dopo alcuni secondi di silenzio, << faremo il tuo gioco... >>

Avanzò lentamente lungo il vialetto principale, lo sguardo alto e le mani mollemente intrecciate dietro la schiena. Bellatrix era decisa a non perderlo un solo istante di vista mentre lui raggiungeva apparentemente ignaro uno spiazzo circolare esattamente al centro del camposanto. Lo fissò imperterrita per diversi secondi, da dietro la spalla di un vecchio pescatore di bronzo. Pitch si voltò lentamente nella sua direzione, esibendo un sorriso cinico. Un istante dopo Bellatrix sentì un colpo possente in mezzo alle scapole e rotolò a terra, frastornata. Non si era accorta minimamente dell'incubo che l'aveva sorpresa alle spalle, ma adesso era così vicino che poteva sentirne il fiato sul collo. Un istante dopo la statua del pescatore saltò in aria, colpita da un fiotto nero che investì in pieno l'incubo e lo spazzò via. Prima che Pitch potesse colpirla con un secondo attacco, Bellatrix si era materializzata dal lato opposto del cimitero, nascondendosi dietro la baracca. Rimase con la schiena contro il muro marcio, ansimando rumorosamente. Non osava sbirciare oltre l'angolo per paura di trovarselo davanti, ma sapeva che rimanendo ferma prima o poi sarebbe stata scoperta. Si mosse di lato per cercare una via di fuga, ma troppo lentamente. La capanna fu letteralmente spazzata via e lei proiettata sulla parete della cappella funebre, il corpo schiacciato e immobilizzato contro la pietra. La sabbia che la opprimeva si diradò e lei scivolò a terra, riversa sul fianco destro.

<< Credevi davvero di riuscire a sfuggirmi così, sperando che non ti trovassi? Non stiamo giocando a nascondino, Bellatrix! >> rise Pitch, rivolto alla schiena nuda di lei. Bellatrix non riusciva a smettere di boccheggiare, le mani raccolte sul petto e l'ala sinistra piegata a coprirle il volto. Sentì l'uomo accovacciarsi dietro di lei e la sua mano posarsi tra le sue scapole. Le dita affondarono nella carne come un coltello nel burro e Bellatrix provò un dolore indescrivibile, talmente paralizzante da impedirle di emettere anche il più flebile lamento. Si limitò a sgranare gli occhi con un pietoso rantolo, tremando violentemente. E poi, finalmente, Pitch si ritrasse permettendole di rilassare i muscoli e tornare a respirare. Quasi stancamente, Bellatrix intrecciò le dita mentre lo ascoltava rialzarsi, forte della copertura che le offriva la sua stessa ala. Pitch allungò il piede sotto il corpo di lei e la ribaltò pancia all'aria, costringendola a guardarlo da una posizione di svantaggio. Si scambiarono uno sguardo carico di tensione, l'uno esibendo il più trionfale dei sorrisi e lei cercando di trasmettergli tutto l'odio che provava per lui senza le parole, scrutandosi in silenzio l'un l'altra per alcuni secondi. Poi, con gesto fulmineo, Bellatrix gli scagliò contro uno shuriken a cinque punte, nella speranza di distrarlo il tempo sufficiente per smaterializzarsi in in luogo dove lui non l'avrebbe trovata. Ma Pitch riuscì a evitarlo e scomparve in un vortice di sabbia. Allarmata, la ragazza balzò precariamente in piedi, guardandosi freneticamente intorno cercando di capire dove fosse. Non vedendolo da nessuna parte, corse fino al punto in cui aveva visto sparire lo shuriken, e lo trovò conficcato in una modesta croce di legno posta su una tomba recente. Lo estrasse con gesto secco e si allontanò di qualche passo, rigirandoselo tra le dita, perplessa e confusa. Da quando aveva subito la metamorfosi, tutte le sue stelle si erano tinte di nero, ma questa sfavillava di una luce bianca e pura come la luna in una notte estiva.

<< Cosa diavolo...? >>

Si interruppe, tendendo le orecchie. Si voltò di scatto, avvertendo il pericolo, e si ritrovò a fissare l'Uomo Nero negli occhi, così vicini che poteva vederci riflessa la propria espressione atterrita. Un passo dietro l'altro, la ragazza iniziò ad arretrare nel vano tentativo di frapporre tra sé e Pitch quanta più distanza possibile. Ma a ogni passo indietro che faceva, lui avanzava con lei, pericolosamente vicino. A un tratto Bellatrix si trovò bloccata tra lui e il muro di confine del cimitero, la schiena appiattita contro il cemento. Voltò il capo a destra e sinistra, valutando per quale strada sarebbe stato più facile defilarsi, ma lui allungò le braccia e la inchiodò lì dov'era, sogghignando minaccioso.

<< Sta'... sta' indietro! >> gli intimò lei, cercando di divincolarsi dalla sua stretta.

<< Altrimenti che fai? >> la provocò lui, divertito dai suoi deboli tentativi di minaccia.

Bellatrix non rispose, ma rafforzò la presa sullo shuriken che ancora stringeva tra le dita.

Un secondo dopo, un lungo taglio le percorse l'avambraccio e subito si rimarginò, lasciando la pelle bianca e normale.

Pitch ruotò l'avambraccio ed entrambi abbassarono lo sguardo su di esso: la sua pelle era liscia, grigia e intatta. Il sorriso trionfante si congelò e sbiadì sulle labbra di Bellatrix, mentre alzava di nuovo lo sguardo su Pitch che invece mantenne il proprio.

Con uno strattone, la ragazza riuscì a divincolarsi dalla sua presa e iniziò a correre lungo il vialetto più esterno, senza mai voltarsi a guardarlo. Pitch la lasciò allontanarsi un po', concedendole una decina di metri di vantaggio. Poi allungò le mani verso di lei e una valanga nera la raggiunse, la sommerse e schizzò verso il cielo, trascinandola in alto. Il turbine di sabbia descrisse un ampio arco e si abbatté violentemente contro una tomba all'altro capo del camposanto, dissolvendosi. Pitch si avvicinò a passi calibrati e sicuri, quasi ad assaporare ogni singolo istante che lo separava dal suo obbiettivo.

<< È inutile, Bellatrix, non puoi scappare da me. Mi sono ripreso i miei poteri, non sei più in grado di trasportarti a tuo piacimento, e tanto meno riuscirai a scappare da questo villaggio >> .

Lei era stesa sulla lastra di marmo rosso, la testa appoggiata contro la lapide, e lo guardava con espressione omicida, il petto che si alzava e abbassava con fatica.

<< Peggio... peggio per te. La... metamorfosi.. non potrà compiersi! >> boccheggiò, puntellandosi sulla lapide per tirarsi in piedi.

<< Oh, ti piacerebbe! >> rispose lui, soffocando una risata cattiva, << Ma è qui che arriva il bello! La tua trasformazione è irreversibile, non c'è modo di invertirla! Passerai dalla mia parte, volente o nolente, ma non avrai alcun potere! Sei condannata, Bellatrix. Voglio essere clemente, però. Ti offro una scelta: se non vuoi passare l'eternità da cattiva ragazza, posso sempre porre fine alla tua esistenza, se ti aggrada! >>

<< Non illuderti, Pitch! Non cadrò mai per causa tua, mai! Non ti darò questa soddisfazione, come non l'hai ottenuta la prima volta! >> rispose lei, sostenendo il suo sguardo. Fece per staccare le mani dalla lapide, ma incespicò e dovette aggrapparvisi di nuovo e più saldamente per non cadere. Pitch scoppiò in una risata malvagia, mentre una fune di sabbia schizzò fuori dal nulla e si avviluppò attorno alla gola della ragazza, minacciando di strozzarla.

L'Uomo Nero afferrò l'altro capo della fune e la strattonò, facendo crollare la ragazza in ginocchio.

Lei si portò le mani alla gola, cercando inutilmente di liberarsi.

<< Sai... avevi ragione, quando dicevi che i Guardiani non sono riusciti a salvarmi neanche una volta >> rantolò lei a un tratto, abbassando le mani. Si puntellò sulle ginocchia e si rimise in piedi, guardando Pitch senza battere ciglio.

<< I monologhi non ti serviranno a salvarti la pelle! >>

<< E sai un'altra cosa? >> riprese lei, come se non l'avesse sentito << Finalmente ci sono arrivata. Ho capito come mai. E, detesto ammetterlo, un po' è stato anche merito tuo. Ero troppo occupata a cercare risposte, ho dimenticato chi sono per cercare di ricordarmi chi ero! >>

<< Tu sei Serena! Una ragazza morta otto secoli fa, senza nessuno rimasto a piangere sulla sua tomba! Ti ho uccisa io, ho ucciso tutta la tua famiglia! Io t'ho ho portato via tutto, tutto! Gli affetti, gli amici! Perfino la tua stessa identità! >>

Sputò quelle parole con rinnovata cattiveria, ma Bellatrix continuava a guardarlo impassibile

<< E io invece, vedo che di me non hai capito proprio niente! >> rispose, strappandogli la fune dalle mani e liberandosi con gesto risoluto. Avanzò lentamente, senza staccare gli occhi da quelli di Pitch.

<< Io sono Bellatrix, Custode delle stelle e della serenità. Io esisto perché così ha voluto l'Uomo nella Luna, e io esisto per proteggere i Guardiani! Non sono mai stati loro a dover difendere me: sono io che devo salvare loro, perché è questo lo scopo per cui sono nata! E intendo farlo fino all'ultimo, Pitch! >>

<> urlò lui, scagliandole contro un dardo di sabbia. Bellatrix si fece scudo con uno shuriken gigante, evocato in un battito di ciglia, e continuò a camminare verso di lui. Pitch cercò di tenerla a distanza, sferrando un attacco dietro l'altro, ma Bellatrix li parò tutti con un singolo, ampio gesto.

<< Nessuno ha mai detto che mi sarei salvata. Sappiamo entrambi come sta per finire, non è vero, Pitch? >>

L'Uomo Nero ebbe un attimo di esitazione, come a rendersi conto del significato di quelle parole. Ironia della sorte, adesso sembrava lui, quello in difficoltà, incapace di difendersi dalla realtà dei fatti. Ma questo moto di smarrimento svanì immediatamente, lasciando posto al suo solito ghigno malvagio.

<< Ma certo! Con me, trionfante! Ti ho eliminato una volta, posso farlo di nuovo! >>

<< Tu parli, ma al mondo sono i fatti che contano davvero! Tanto per cominciare, hai fatto il madornale errore di restituirmi il Globo, quella volta! >>

<< Me lo sarei ripreso una volta tolta di mezzo! >>

Fu un attimo, un battito di ciglia. Si ritrovò faccia a faccia con lei, i cui occhi ambrati fiammeggiavano di una strana luce.

<< Puoi dire quello che ti pare, Pitch. Ma io ho guardato dentro di te, e so cose che nessun altro esclusi noi due sa! Ammettilo, Pitch. Perfino l'Uomo Nero può avere paura. E tu ne hai tanta, adesso. Più di quanto non voglia ammettere a te stesso! >>

Lui aveva perso tutta la sua grinta, e fissava Bellatrix con i muscoli del volto rigidi e contratti.

Era vicina. Davvero troppo vicina, avrebbe potuto toccarla senza tendere il braccio più di tanto. Pitch cercò febbrilmente con lo sguardo una scappatoia, ma rimase paralizzato lì dove si trovava mentre lei allungava le mani oltre le sue spalle, continuando a tenere i suoi occhi allacciati a quelli dell'Uomo Nero.





A.A.


Serah!

Scusatemi se la volta scorsa non vi ho lasciato nemmeno due righe striminzite, ma ero davvero di fretta e in più le cose da dire erano davvero poche, quindi ho preferito saltare quel passaggio.

Riguardo al capitolo corrente ho un paio di dubbi sul titolo, dato che ne succedono di ogni e non saprei bene su cosa sia meglio portare l'attenzione, se sulla prima o la seconda parte. Mi rendo ben conto che sia un dubbio abbastanza sciocco ma... va beh.

Mi sono resa conto che ci mancano solo altri quattro capitoli, mi sta già montando l'ansia. MA, la cosa che conta è che Bellatrix sia rinsavita (bisogna dire che cambia idea abbastanza rapidamente, non è durata neanche un capitolo intero!) e che abbia cercato di sistemare una volta per tutte i danni che ha provocato. Finalmente lo posso dire, la scena del cimitero è in assoluto la mia preferita di tutta la fanfiction. Me la vedevo accadere davanti agli occhi come un film, è stato stranissimo: era come se le mie mani avessero saputo cosa scrivere da sole, senza che io mi lambiccassi per trovare una descrizione appropriata. Che poi, magari oggettivamente può non essere un granché, come scena, ma è stato speciale. Vorrei averli sempre, certi exploit fanficciari, mentre la maggior parte delle volte mi ritrovo in certi blocchi che non finiscono più.

Va bene, ho delirato anche troppo, ci vediamo settimana prossima con un altro delirio :D


Tec







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Capitolo 14
*** Al Polo Nord ***






Jack si ritrovò dall'altra parte del portale, rotolando sul pavimento della fabbrico di giocattoli. Si rialzò incespicando, ma il portale si chiuse davanti ai suoi occhi prima ancora che lui avesse potuto anche solo pensare di tornare subito indietro.

<< No! Bellatrix! BELLATRIX! >> urlò il ragazzo, sferzando l'aria con le braccia in un disperato quanto inutile tentativo di ripristinare il varco.

<< Jack! Cosa succede? >>

Il ragazzo si voltò col fiato corto, lanciando una rapida occhiata per attorno. Nord faceva capolino dallo stipite della porta del suo studio, con uno sguardo sospettoso e accigliato e un vassoio traboccante di biscotti stretto tra le mani.

<< Dov'è Bellatrix? >> continuò l'uomo, guardandosi attorno come aspettandosi di vederla apparire da un momento all'altro.

Quella semplice domanda fu la goccia che fece traboccare il vaso dell'autocontrollo di Jack. Dopo un istante in cui lottò con tutto sé stesso per cercare di stare calmo, si lanciò contro Nord con impeto furioso, afferrandolo per la mancia come a volergliela strappare via.

<< Dammi un globo di neve, SUBITO! >> sbraitò il ragazzo, in preda alla pazzia. Avrebbe voluto colpirlo, morderlo, perché Nord mantenne una calma olimpica e questo gli diede l'impressione di non essere affatto in pena per Bellatrix. Affondò una mano in una delle tasche dell'uomo, in cerca di un globo che gli aprisse un altro portale, ma Nord se lo scrollò di dosso senza particolare sforzo e lo trattenne per le spalle, a distanza di sicurezza.

<< Che è successo, Jack? Perché lei non è con te? >>

All'improvviso, la rabbia di Jack parve sgonfiarsi come un palloncino. Il ragazzo fissò spaesato Nord, che dovette ripetergli la domanda con tono più duro.

<< Lei... lei ha detto di voler “risolvere tutto”. Non ho capito a cosa si stesse riferendo, ma ha usato queste precise parole. Poi mi ha spinto nel passaggio ed è corsa via, l'ho vista allontanarsi prima di tornare di qua. Dobbiamo... Devo andare da lei, Nord! Io devo fermarla! >>

Jack lanciò uno sguardo colmo di paura oltre la spalla di Nord, che lentamente sciolse la stretta sulle sue spalle. Da sopra il suo braccio, vide gli altri Guardiani scrutarlo a loro volta, perplessi e confusi. Sandy aveva la mano posata sulla spalla di Jamie, e Sophie era stretta fra le braccia pelose di Calmoniglio, abbarbicata al suo collo come un koala, il viso sepolto nella sua pelliccia. I capelli della bambina erano ancora del colore dell'ebano.

<< Jack >> disse Nord, dopo qualche istante di silenzio, << noi non possiamo andare da lei. Non sappiamo luogo esatto di nascondiglio di Pitch, e anche se fosse non potremmo andarci lo stesso! I globi funzionano per andare ai rifugi di altri Guardiani, ma con lui non hanno mai funzionato! >>

Jack aprì la bocca per ribattere, ma alla fine ne uscì solo un verso frustrato.

<< Ma io devo aiutarla! Lo capisci? Non posso lasciare che... >>

<< Lo capisco Jack, e vorremmo davvero fare qualcosa, ma non possiamo. E neanche tu puoi. Puoi solo aspettare che accada qualcosa, nient'altro >> .

Jack parve prendere lentamente atto di quelle parole. Spostò lo sguardo su Jamie, che aveva seguito la conversazione capendola solo a grandi linee, e che comunque sembrava aver deciso non riguardargli. Invece aveva occhi solo per la sua sorellina, che però non gli rivolgeva la stessa attenzione ma piuttosto stava inerte in braccio a Calmoniglio come una bambola di pezza. Nord lanciò un'ultima occhiata significativa a Jack e si avvicinò alla bambina, abbassando il vassoio alla sua portata per permetterle di prendere un biscotto. Ma di nuovo Sophie non li degnò di un'occhiata e si ritrasse, schiacciando ancora di più il volto contro il petto del Coniglietto di Pasqua. A questo rifiuto, Jamie represse un singhiozzo e afferrò un dolcetto, cacciandolo a forza in mano alla sorellina.

<< Non fare così, Sophie! >> urlò il bambino, con un verso strozzato. << Hai detto che hai fame, no? E allora che ti prende? >>

I Guardiani erano ammutoliti, senza la più pallida idea di cosa fare. Poi Sandy si fece avanti, puntandosi il pollice al petto con un sorriso rassicurante. Una nuvoletta di sabbia dorata fluttuò sulla sua testa e prese la forma di una grande lampadina.

<< Hai... hai avuto un'idea? >> azzardò Dentolina, incredula.

L'omino annuì con un sorriso ancora più largo e cominciò a spiegare il suo piano, anche se “sparare figurine dorate a raffica” era una definizione più calzante per definire i suoi metodi.

Infatti Jack, che ancora aveva problemi a capire il linguaggio muto di Sandman riuscì ad estrapolare poco o niente da quel che aveva visto. Era sicuro che Sandman giocasse un ruolo chiave, perché aveva chiaramente distinto la sua tonda figurina spiccare in mezzo a un vortice di sabbia, ma perse subito il filo quando le forme dorate si susseguirono in una sequenza così rapida da apparire come una nube sfocata, tutta guizzi e ghirigori.

<< Cosa aspetti, allora! >> tuonò Nord entusiasta, che evidentemente non si era perso un solo passaggio, << Facci vedere cosa sai fare! >>

<< Fermi, fermi, fermi. Che mi sono perso? >>

<< Sandy ha avuto idea! >> gli rispose l'uomo, col tono di uno che spiega un'ovvietà.

<< Fin lì ci ero arrivato, grazie. Ma che tipo di idea? >>

Nord stava per rispondergli, ma Sandy li superò indirizzando a Jack un gesto eloquente della mano, come a dirgli “sta' a vedere!”

Fece segno a Calmoniglio di abbassarsi, in modo da avere Sophie alla sua stessa altezza. Portò le mani sulla sua testa, le dita tozze e dorate che sfioravano e spiccavano sui capelli di lei come una luce nel buio. Jack trattenne il fiato, mentre Jamie si stringeva a lui con ogni muscolo in tensione: sapeva, aveva intuito che il piccoletto stava per fare qualcosa di veramente strabiliante.

E infatti non rimase assolutamente deluso: l'omino chiuse i pugni e piegò le braccia verso di sé, lento come se il gesto richiedesse un immenso sforzo fisico. Aveva gli occhi serrati e le sopracciglia aggrottate in un atteggiamento concentrato, le labbra stirate a incorniciare i denti digrignati, e benché tremasse come una foglia mantenne la posizione. Finché, altrettanto lentamente, la sabbia nera cominciò come a evaporare dai capelli della bambina, restituendo gradualmente loro il consueto biondo pannocchia che permetteva di distinguerla anche di lontano. La massa nera rimase a fluttuare incorporea sopra le loro teste, come una oscura nebulosa in miniatura. Allora Sandy unì le mani palmo a palmo, chinando leggermente il corpo tozzo in avanti. La nebulosa nera fu percorsa da una scintilla e una macchia dorata si espanse al suo interno, finendo per fagocitarla in una gigantesca farfalla luminosa. Sandy eseguì un gesto improvviso e aggraziato, buttando il busto all'indietro spalancando al contempo le braccia, e la farfalla esplose in una pioggia scintillante che si dissolse prima ancora di toccare terra.

Per diversi istanti, nessuno dei presenti osò muovere un solo muscolo. E poi, con un soffocato mugolio, Sophie riemerse dal petto di Calmoniglio. La bambina si guardò attorno con gli occhi a mezz'asta, li strofinò stancamente coi pugni chiusi e infine spalancò la bocca in un lungo sbadiglio. Quello sbadiglio parve quasi un segnale agli occhi dei Guardiani, che si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo all'unisono, come fossero stati un essere solo, e rimasero a fissare la bimbetta con incredulità, in un silenzio innaturale, interrotto solo da Jamie.

<< Sophie? >> domandò cauto il ragazzino, porgendole il biscotto.

Lei guardò il fratello, allungò una mano furtiva sul dolcetto e cominciò a sgranocchiarlo di gusto.

<< Bel lavoro, Sandy! >> ruggì Nord, assestando all'Omino dei Sogni una solidale pacca sulla schiena che quasi lo fece cadere.

<< Davvero, piccoletto! Aspetta che Bellatrix lo venga a sapere...! >> aggiunse Jack, mordendosi subito la lingua. Sapeva di aver toccato un tasto dolente, ma Sandy non percepì l'allusione alla sua protetta come una cosa negativa volta a marcarne l'assenza, perché gonfiò il petto con orgoglio e gli fece pollice alto con un sorriso raggiante. Un secondo dopo, si espresse nell'unico modo che conosceva. Sulla sua testa apparvero due piccole sagome dorate. Sandy e Pitch, intramezzati dal simbolo del maggiore a vantaggio di quella bassa e rotonda. Anche a Jack, che il più delle volte non capiva nulla di ciò che Sandy diceva, stavolta recepì il messaggio forte e chiaro: “ Riuscirò sempre a battere quello sbruffone! ”

Un istante dopo, le due figure si volatilizzarono, lasciando posto a una terza dai lineamenti dolorosamente familiari, a sua volta rapidamente sostituita da un sinuoso punto interrogativo. Questa volta, Jack avrebbe preferito non capire la domanda di Sandy, che però gli parve leggibile come il riflesso su uno specchio d'acqua.

<< Ecco, Sandy... >> iniziò esitando, abbassandosi davanti al collega, << Bellatrix... lei non ha voluto seguirci. È rimasta dall'altra parte del portale >> .

Il ragazzo alzò lo sguardo su Dentolina e Calmoniglio con aria colpevole. Un fruscio frenetico lo indusse a guardare di nuovo Sandy, che lo stava letteralmente mitragliando di domande impazienti.

<< Sandy, te lo giuro. Sarei rimasto con lei, se avessi potuto. Davvero. Ma lei mi ha spinto nel portale, ed è corsa via! >>

Sapeva che la sua spiegazione suonava più come una scusa, e sapeva anche che Sandy, pur non dandolo a vedere, era furioso nei suoi confronti. Stava per aggiungere che aveva già concordato con Nord di tornare a cercarla, ma fu interrotto dall'urlo allarmato di Jamie.

<< Sophie! Sophie, sveglia! Svegliati! Sai che mi fa la mamma se muori? >>

Jack vide la bambina riversa tra le braccia di Calmoniglio come una bambola di pezza. Superò Sandy con un balzo e osservò Sophie da vicino, scrutandola attentamente con le sue iridi di ghiaccio. Aveva gli occhi chiusi, la bocca spalancata e un braccio raccolto in grembo, mentre l'altro penzolava inerte lungo il fianco. Osservò il suo petto alzarsi e abbassarsi lenti e regolari, mentre i suoi respiri si facevano via via più profondi e calmi.

<< Non c'è da preoccuparsi, Jamie >> disse infine, scompigliandogli i capelli.

<< Sophie si è addormentata, tutto qui! >>

Il Guardiano si piegò sulle ginocchia, portandosi alla stessa altezza del bambino. Allungò le mani gelide sul suo volto e gli stirò i cerchi neri che aveva sotto gli occhi con i pollici, sorridendo appena.

<< Se provassi a dormire un po' anche tu non sarebbe male, tra l'altro! >> aggiunse, con una mezza risata.

<< Dormire non è più molto piacevole, da un po' di tempo in qua... >> rispose il bambino, incerto.

Jack sentì un colpetto leggero alla spalla e, voltandosi, incrociò lo sguardo complice di Sandman.

<< Può darsi, ma dimentichi che l'Omino dei Sogni è tornato in azione! >> ribatté Jack, facendogli l'occhiolino mentre si alzava di nuovo in piedi.



Sophie e Jamie dormivano tranquillamente accoccolati l'uno accanto all'altra sulla grande poltrona nell'ufficio di Nord. Jack li guardava con aria assorta, la sua mente del tutto dislocata dai suoi occhi, fermi e glaciali come non erano mai stati.

Non ne poteva più. Quell'attesa sarebbe stata snervante per una persona con normali livelli di self-control, figurarsi per un tizio impaziente come lo era lui. Ogni istante che passava, si tendeva lungo e sottile come una ragnatela tra l'apprensione e l'impazienza del ragazzo, che montavano sempre di più via via che il tempo passava. Sentì di essere al limite estremo di sopportazione, e stava già pensando di andare a cercare Bellatrix da solo, di nascosto, quando un suono lontano e flebile attirò la sua attenzione, distinguendosi appena dall'ululato del vento che imperversava all'esterno. Era un fischio continuo e acuto, che si faceva man mano più netto e forte, come se fendesse l'aria a velocità sempre maggiore. Un attimo dopo udì uno schianto assordante di vetri rotti provenire da dietro le sue spalle, espandendosi e rimbombando per tutta la fabbrica come un terremoto. Jack si ritrovò sferzato dal vento gelido che invase il corridoio come acqua scaturita da una falla, a fissare una strana sfera fluttuante nell'aria, come in attesa di qualcosa. In quel momento accorsero gli altri Guardiani in blocco, trafelati e spiazzati.

<< Jack, che diavolo stai combinando?! >> tuonò Nord, sovrastando il fischio del vento schermandosi il volto con l'avambraccio. I suoi occhi schizzarono dal ragazzo, immobile sulla soglia, alla distesa di schegge di vetro disseminate su tutto il pavimento, alla vetrata distrutta e alla sfera che ancora fluttuava immobile sulle loro teste. D'un tratto Jack alzò il braccio e il vento fu come rispedito fuori dall'edificio, lasciando la scena in un silenzio innaturale e attonito per qualche secondo.

<< Nord, giuro che io non c'entro niente, con questa storia! >> si giustificò il ragazzo, alzando le mani come a riprova della sua innocenza.

Lo sguardo di tutti si concentrò su quel misterioso globo, attorno al quale il silenzio parve solidificarsi come una scorza impenetrabile.

<< Secondo te, cosa abbiamo qui? >> chiese Calmoniglio in un sibilo, senza staccare gli occhi di dosso alla strana sfera fluttuante, temendo inconsciamente che quella avrebbe potuto sentirlo.

<< Non saprei, amico mio >> rispose Nord, altrettanto sommessamente << Meglio girare larghi, sembra essere cosa molto in stile Pitch, e non mi arrischierei a toccarla neanche se mi pagassero... >>

Jack abbassò gli occhi, riflettendo su quelle parole. Quell'affare gli era dannatamente familiare, ma non capì subito il perché. Alzò di nuovo lo sguardo, e la strana sfera era sempre lì, sospesa sulle loro teste come un piccolo sole nero. Come una piccola stella oscura.

<< Non è di Pitch! >> urlò all'improvviso, rivolto ai compagni, << È Bellatrix, che ce la manda! >>

La scena gli era riaffiorata alla mente come riflessa in uno specchio terso. Pitch, di spalle, che alzava le braccia sopra la testa. Dalle sue dita nacque una palla di gas simile in tutto e per tutto a quella che avevano davanti adesso, e di ciò era stato capace perché aveva assorbito i poteri di Bellatrix dentro di sé. Lei gli aveva spiegato che lui l'aveva cambiata, ma non gli aveva spiegato come. E se, in cambio della sua alleanza, le avesse offerto parte dei suoi poteri? Ricordò il braccio di lei, che aveva preso una colorazione grigiastra e malaticcia. Sicuramente un effetto dei poteri di Pitch!

Dentolina avanzò fino a trovarsi sotto la stella, guardandola con gli occhi stretti a due fessure violacee.

<< Sembra ci sia qualcosa, lì dentro! >> esclamò, alzando l'indice verso il globo. A quelle parole, fu come se la stella avesse ricevuto un input, lasciando cadere ciò che aveva trasportato fin lì. Fu questione di un battito di ciglia: Calmoniglio afferrò Dentolina per il braccio e la trascinò indietro, scaraventandola contro il muro. Al battito di ciglia successivo, le due spade di Nord erano conficcate nel pavimento, nel punto esatto in cui si trovava la ragazza un istante prima, le else che vibravano minacciosamente. Jack allungò le mani tremanti sul proprio bastone, abbandonato a terra accanto alle spade, e un moto di rabbia sopraffece lo sbalordimento che lo aveva colto. Era davvero questo che intendeva Bellatrix con il dover “ risolvere tutto ” ?

<< Non è possibile... >>

Calmoniglio si rigirava i propri boomerang tra le mani, senza riuscire a spiegarsi la loro comparsa improvvisa.

Nord estrasse le due spade dal pavimento con un rumore secco di legno spezzato e alzò di nuovo lo sguardo sulla stella. Questa restò un attimo ancora sospesa, come a restituirgli lo sguardo, e, senza alcun preavviso, schizzò di nuovo fuori dalla finestra.

L'uomo incrociò lo sguardo obliquo e diffidente di Calmoniglio, concordandosi con lui in un tacito dialogo. Dentolina li guardava senza fiatare, con la testa incassata tra le spalle e le piume arruffate e gonfie per il freddo.

<< Jack, segui stella! Voialtri, alla slitta! Ci porterà da lei, ovunque si trovi adesso! >>

Jack si lanciò fuori dalla finestra come se non avesse aspettato altro per tutto il tempo, e mentre gli altri Guardiani si precipitarono lungo il corridoio, Nord sostò qualche istante davanti alla porta del suo ufficio, spiando all'interno. Jamie e Sophie dormivano ancora della grossa, del tutto estranei al pandemonio che si era scatenato ad appena qualche metro da loro, due masse informi e dorate che fluttuavano sulle loro teste come a vegliare su di loro.

<< Yeti! A rapporto! >> urlò, affacciandosi alla balaustra che dava sulla sala del Globo Terrestre. Due di loro apparvero caracollando sulle gambe massicce e si guardarono intorno qualche istante, notando la distruzione che aveva invaso la stanza.

<< Se bambini si svegliano, date loro tutto quello che chiedono. Intesi? Intanto, riordinate questo macello e riparate la finestra! >>

E si precipitò giù per il corridoio, seguito dal resto dei Guardiani.







A.A.

Non saprei, questo capitolo non mi ha mai convinto fino in fondo. Prima di tutto, detesto i capitoli corti e questo mi sembra che non rientri nei miei standard, e in secondo luogo a me medesima dà l'idea di un capitolo “tappabuchi”, insomma messo giusto per fare brodo. Non mi sembra particolarmente essenziale, ma se lo avessi tolto non si sarebbe più saputo nulla di Jamie e Sophie, e soprattutto di come avessero fatto i Guardiani a sapere l'esatta posizione di Bellatrix. Quindi, giocoforza, ce l'ho dovuto lasciare. Altro da dire, Tec? Sì, ora che ci penso. Non mi soddisfa nemmeno il titolo del capitolo stesso, ma siccome sono un geniaccio, invece di scrivermeli per tempo tendo ad improvvisare. Se qualcuno avesse suggerimenti, sono ben accetti.

Bene, il mio lavoro qui è concluso (fino a settimana prossima), quindi... sì, ci vede :D

Volevo mettervi un CIAONE di quelli urlati a squarciagola, ma ne andrebbe del mio titolo autoimposto di scrittrice. Oh, never mind, ormai il danno è fatto!


Tec





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Capitolo 15
*** Il cordoglio di Sandy ***








Se qualcuno, dalla montagna opposta, avesse in quel momento guardato in direzione del paese, avrebbe visto la cupola nera spiccare minacciosa sul verde sbiadito del bosco alla fredda luce del mattino. Poi avrebbe visto un puntino luminoso nascere in corrispondenza del camposanto, espandendosi a vista d'occhio, e da lì decine di spaccature irradiarsi su tutta la sua superficie. Fu proprio questo lo spettacolo che si presentò ai Guardiani, mentre sfrecciavano veloci sulla slitta governata da Nord.

<< Che sta succedendo, laggiù? >>

<< Non ne ho idea... ma faremo meglio a sbrigarci! >> urlò l'uomo, spronando le renne.

La slitta schizzò in avanti, sorvolando la valle col vento che minacciava di ribaltarla da un momento all'altro. Jack si ritrovò appiattito contro il sedile, stringendosi al petto il bastone. Ormai mancavano poche centinaia di metri, e lui posò lo sguardo sulle fenditure luminose della cupola, sperando in cuor suo che Bellatrix stesse bene. Guardò alla sua sinistra, ignorando l'ululato del vento che gli sferzava il corpo: Sandy era proteso in avanti, la mano saldamente attaccata al parapetto e gli occhi sgranati e colmi di apprensione. Jack capiva perfettamente il suo stato d'animo, e avrebbe voluto rassicurarlo, dargli parole di conforto. Si era ben reso conto del legame indissolubile che c'era tra lui e Bellatrix, e vederlo angustiarsi a tal modo per lei contribuiva a uccidere la già debole speranza di ritrovarla sana e salva. Tornò a guardare la cupola nera, dalla quale quella strana luce sembrava voler scappare fuori. E poi, in un battito di ciglia, la cappa nera esplose. L'onda d'urto investì in pieno la slitta, proiettandola all'indietro e sbalzandone fuori i passeggeri. Nord strinse le redini più forti lanciando una rapida occhiata dietro di sé. Jack, Dentolina e Sandy erano riusciti a tornare a bordo, ma Calmoniglio mancava all'appello.

Parvero accorgersene tutti nello stesso istante, perché si lanciarono occhiate atterrite l'un l'altro. Jack si sporse dalla slitta e lo vide: Calmoniglio stava precipitando nel vuoto, svenuto, ormai piccolo e lontano. Senza esitare, il ragazzo si lanciò a peso morto dietro di lui, chiamandolo inutilmente. Lo raggiunse, lo afferrò per le spalle e rallentò la sua caduta.

<< Resisti, Calmoniglio! Sono qui, amico! >>

Si passò il braccio del Guardiano attorno al collo e atterrò dolcemente in uno spiazzo in mezzo agli alberi. Lanciò lo sguardo oltre le chiome verdi, ma tutto ciò che vide fu soltanto una chiazza di cielo, azzurra e sgombra.

Un verso sommesso alla sua sinistra lo fece voltare: Calmoniglio si stava riprendendo, premendosi la tempia con la grande zampa pelosa.

<< Ragazzi, che chiorbata ho preso! >> biascicò, passandosi la zampa pelosa sulla nuca.

<< Hai battuto la testa? >> gli chiese Jack, guardandolo dubbioso.

<< Già... Cosa...? Dove sono gli altri? >>

<< Sulla slitta, ovviamente! Muoviamoci, dobbiamo correre da Bellatrix, ricordi? Coraggio, appoggiati a me! >>

Camminarono in mezzo agli alberi per diversi minuti, sostenendosi l'un l'altro come due vecchi compagni di bevute. In condizioni normali Jack non si sarebbe mai sognato di essere gentile o addirittura premuroso con Calmoniglio, e si ripromise che se lui ne avesse mai fatto parola con gli altri Guardiani lo avrebbe surgelato all'istante.

Dopo quella che parve un'eternità, finalmente i due Guardiani uscirono dal bosco.

<< La luce proveniva senza dubbio da lassù! >> disse Jack, indicando il paese che torreggiava sopra di loro.

<< Speriamo... di essere arrivati in tempo! >> aggiunse Calmoniglio, facendo vagare lo sguardo sull'agglomerato di case.

Si inoltrarono nel borgo, setacciandone i vicoli e le vie in cerca di qualche indizio su dove trovare Bellatrix. Alla fine giunsero nella piazza ai piedi della scalinata, dove era parcheggiata alla meno peggio la slitta, vuota. Jack superò circospetto le renne che pascolavano in cerca di cibo sui sampietrini sconnessi, strattonando Calmoniglio per il braccio.

<< Credi che sia lassù? >>

<< Beh, non lo verremo a sapere, se restiamo qui impalati. Ti pare? >>

Si scambiarono un'occhiata di intesa e scattarono in avanti. Corsero su per la rampa a perdifiato, tenendo gli occhi fissi sul campanile che man mano andava avvicinandosi. Jack brandiva il bastone come una spada, pronto ad usarlo in caso di attacco improvviso.

A un tratto, Calmoniglio lo chiamò, costringendolo a tornare indietro.

<< Ehi Jack! Credo... credo che ci siamo... >>

Jack, nella foga del momento, non aveva minimamente notato il cancello di ferro che si apriva sul cimitero. Si avvicinò a Calmoniglio, seguendo con lo sguardo il suo dito puntato oltre le inferriate, sulle figure di Nord e Dentolina che, in silenzio, davano loro le spalle.

Col fiato sospeso, Jack si precipitò oltre il cancello, nel vialetto dove si trovavano gli altri Guardiani, sollevando nuvole di ghiaia a ogni falcata.

<< L'avete trovata? >> chiese, con una nota di di fiducia nella voce, appena li raggiunse. Ma né l'uno né l'altra si prese la briga di rispondere, continuando a guardare un punto che Jack, da dietro le spalle di Nord, non riusciva a vedere.

<< Che è successo? >> insistette il ragazzo, allungando il collo per cercare di vedere oltre la sua gigantesca mole. Quest'ultimo si voltò a guardarlo, come se si fosse appena accorto che lui era lì, e si fece da parte guardandolo con sincero dispiacere. A vedere la sua espressione, il già incerto sorriso di Jack sfumò del tutto, lasciando spazio solo al terrore. E allora vide Sandman, in ginocchio in mezzo al vialetto, dargli la schiena. Le sue spalle erano scosse da leggeri e silenziosi tremiti, mentre l'omino stringeva qualcosa al petto.

Un senso di smarrimento gli attanagliò le viscere. Sandy stava davvero... piangendo?

Jack si avvicinò con passo incerto, senza mai staccare gli occhi dall'Omino dei Sogni. Quest'ultimo non gli aveva prestato la minima attenzione, nemmeno quando lui gli era crollato accanto in ginocchio, incredulo e con gli occhi umidi.

<< Oh, no... >> mormorò il ragazzo, con un nodo alla gola.

<< No. No, no, no, NO! >>

L'Omino dei Sogni abbandonò le mani in grembo, reclinando il capo sul petto con espressione sofferente. Jack fissò impietrito una lacrima dorata scivolargli dagli occhi serrati lungo il grosso naso e cadere sull'ammasso di stoffa blu che giaceva, abbandonato e vuoto, sulle sue ginocchia.

<< Bellatrix... >>

Raccolse il vestito della ragazza e balzò in piedi, guardandosi attorno nell'illusa speranza di vedersela comparire da dietro una lapide, urlando forte il suo nome. Sondò le file di tombe con lo sguardo, continuando a ripetere quelle tre sillabe come un gattino che piange chiamando la madre.

<< Jack, smettila. Non serve a niente, lei non è più... >> iniziò Dentolina, posandogli cautamente una mano sulla spalla.

<< Non... non dirlo neanche per scherzo! Lei... Lei aveva promesso! >> urlò lui, dissennato, divincolandosi dal suo tocco.

Dentolina, Nord e Calmoniglio si guardarono, gli occhi pieni di tristezza.

Jack abbassò le braccia, abbandonandole lungo i fianchi, ma continuò a stringere nei pugni quella stoffa leggera e fluente. Alla fine, abbassò il capo in un mezzo accenno di rassegnazione. Di Bellatrix era rimasto solo il vestito e le scarpe, abbandonate qualche metro più in là. Ma il resto?

E poi la sua attenzione fu catturata da uno strano oggetto, abbandonato anch'esso poco lontano, vicino a una tomba. Si lanciò a capofitto in quella direzione e si chinò sulla lapide, raccogliendo una strana sfera. Sembrava una delle stelle di Bellatrix, di colore nero screziato di viola, ma al tatto era liscia e fredda come una sfera di vetro. Probabilmente uno strato di sabbia si era solidificato a contatto con l'alta temperatura dell'astro, dandogli quella strana colorazione. Jack sollevò la sfera, portandosela al volto per esaminarla più da vicino. Sotto la strato di vetro, Jack vide un guizzo giallo, due occhi spaventosi lo guardarono ostili per una frazione di secondo e lui rischiò di farla cadere a terra dalla sorpresa.

<< N-Nord! Guarda qui! >>

L'uomo si avvicinò e gli prese il globo dalle mani, osservandolo attentamente.

Dentolina e Calmoniglio gli si accostarono e subito sgranarono gli occhi.

<< Ma come... come avrà fatto a finire là dentro? >> chiese la ragazza, incredula.

Nord abbassò lo sguardo su Jack e gli posò una mano sulla spalla.

<< È stata Bellatrix... ha sacrificato sua vita per battere Uomo Nero... >>

<< Se non fosse stato per lei, a quest'ora Pitch dominerebbe incontrastato su mezzo mondo >> disse Jack, dopo qualche istante di silenzio. Tornò a guardare Sandy, che aveva alzato gli occhi su di loro e adesso li fissava, sconvolto e confuso.

<< Noi dobbiamo fare qualcosa. Non si meritava questo, e se non l'avessi cacciata non sarebbe mai finita così. E minimo che possiamo fare ora è renderle omaggio come si deve! >>





Jack fece vagare lo sguardo sui vari oggetti che gli si mostravano man mano che la luce della torcia li illuminava. Con passo lento, si avvicinò all'amaca nell'angolo in fondo, reggendo alto il fuoco che gli scaldava affettuoso le guance diafane. Con una lentezza e una solennità che non gli appartenevano, avvicinò la fiamma al tessuto di cui era fatto il letto che era stato della sua antenata, appiccandogli fuoco. Guardò le fiamme divorare la stoffa leggera e consunta, alzandosi piano e silenziose verso il soffitto scavato nella terra nuda. Jack lasciò cadere la torcia sul pavimento e si avviò veloce verso il tunnel che conduceva in superficie attraverso il tronco cavo, permettendosi di lanciare alla stanza un'ultima occhiata depressa. Quando fu all'esterno, planò dal ramo al suo posto, tra Nord e Dentolina. I Guardiani erano disposti a semicerchio a una certa distanza dall'albero, e ognuno teneva il proprio sguardo alto e fisso sulle sue vecchie fronde. Tutti eccetto Sandy, che guardava con spaesata tristezza le possenti radici della pianta, stringendo al petto il vestito di Bellatrix accuratamente piegato in un morbido rettangolo blu, e Calmoniglio, che aveva il volto in penombra, rivolto verso terra, le spalle scosse da leggeri sussulti.

Un denso fumo scuro iniziò a levarsi dal passaggio, e l'aria fu pervasa dall'acre odore di bruciato. Sandy parve destarsi da una sorta di trance: sbatté le palpebre un paio di volte, confuso, e spostò lo sguardo spaesato da Nord a Dentolina, come se lo avessero incoraggiato a procedere a un'esecuzione spiacevole ma necessaria. Con passo incerto ed esitante, si avvicinò all'albero, deponendone alla base gli effetti di Bellatrix con lentezza solenne. L'ultima cosa che posò tra le radici, in mezzo alle scarpe allineate con cura sulla stoffa blu, fu il ciondolo dalla pietra bianca che era appartenuto alla ragazza e prima ancora alla madre di lei. Jack sentì il gomito di Nord affondargli nel fianco, e si ritrovò a stringere tra le mani un oggetto rotondo dalla consistenza molle e umidiccia. Era la ghirlanda di foglie che le avevano trovato addosso al suo risveglio al polo Nord, ormai marcia e appassita. Jack se la rigirò pensieroso tra le mani, senza sapere cosa dovesse farne. Alzò lo sguardo sul faccione di Nord, che per un attimo distolse il suo dai rami secchi e morti dell'albero per indicare con un cenno Sandman, ancora immobile davanti alle radici della pianta. Jack guardò l'Omino dei Sogni, afferrando il messaggio. Nord aveva avuto una bella faccia tosta a chiedergli tanto, ma del resto non aveva altra scelta. Jack sospirò, chiedendosi con una punta di amarezza come mai certi mestieri dovessero toccare proprio a lui. Porse quasi con gesto stizzito il proprio bastone a Dentolina e si avvicinò all'Omino dei Sogni a passi leggeri, quasi per non turbarlo col suono del proprio peso sulla terra secca. Poi si accovacciò accanto a lui, posandogli con delicatezza la mano sulla spalla. Sandy parve accorgersi del suo tocco a scoppio ritardato, e alzò su Jack uno sguardo in cui il Guardiano del Divertimento riconobbe il più totale disorientamento. Pur sapendo che ciò che stava facendo non avrebbe fatto altro che peggiorare il senso di sconforto di Sandman, Jack gli porse la ghirlanda con un debole sorriso. Sandman la prese con mani tremanti, ma non la depose sugli altri oggetti come Jack si era aspettato di vedergli fare: al contrario, se l'era stretta al petto, sciupando le foglie già raggrinzite, e crollò in ginocchio chinando il capo in avanti. Jack balzò in piedi, spiazzato e inorridito, fissando sconvolto l'Omino che sembrò piegarsi su sé stesso come in preda a crampi insopportabili, portandosi le mani alla testa e afferrandosi i capelli con impeto disperato.

La ghirlanda giaceva abbandonata davanti a lui, stropicciata e secca. Una foglia si era staccata ed era caduta a terra, a pochi centimetri dal piede di Jack,e lui rimase a fissarla con orrore per qualche istante. Il pianto silenzioso di Sandman riempì l'aria, più straziante del più disperato dei lamenti. Jack si voltò verso gli altri Guardiani, preso dal panico più puro. Nord guardava Sandy con espressione sconcertata, e così Calmoniglio, con la bocca spalancata e due piccoli solchi bagnati che gli appiattivano il pelo sulle guance. Dopo qualche secondo di esitazione, Dentolina si fece avanti mollando senza troppi complimenti il bastone di Jack, che cadde a terra con un suono sordo. Nessuno si preoccupò di raccoglierlo, perché lo sguardo di tutti era puntato su di lei, che aveva preso Sandman per mano con gentilezza e lo aveva tirato in piedi con altrettanta premura, quasi trascinandolo di peso, accanto a sé nel semicerchio. Nord raccolse il bastone di Jack e glielo porse in silenzio, continuando a guardare Sandman con espressione compassionevole. Jack tese la mano e le sue dita si strinsero sul legno con forza, mentre nei suoi occhi di ghiaccio cominciarono a riflettersi deboli bagliori rossastri. Jack capì che il fuoco si era esteso al tronco cavo, e cercò di distrarre i propri pensieri dall'albero avvolto dalle fiamme così come sarebbe apparso pochi minuti dopo. D'un tratto il cielo si illuminò e la Luna apparve da dietro la montagna, fendendo il fumo scuro bagnandolo con i propri raggi. Un istante dopo, la volta celeste fu attraversata da sfavillanti dardi argentei, che sfrecciavano veloci sulle loro teste e sparivano con la velocità di un battito di ciglia. Era uno spettacolo dalla bellezza struggente e Jack si sentì contagiare dalla stessa tristezza che gli trasmetteva. Era come se gli astri e l'universo stesso stessero esprimendo il loro cordoglio per aver perso la loro Custode.

Jack tornò con la mente alla prima volta in cui era stato lì, quando la Stanza dell'Universo era stata svuotata del suo contenuto. Ora provava dentro di sé lo stesso vuoto che lo aveva quasi inghiottito per sempre, anche se questa volta lei non sarebbe stata lì a rassicurarlo con la sua sola presenza. Il senso di abbandono cresceva e si propagava dentro di lui come un cancro, minacciando di sopraffarlo da un momento all'altro. Fissò gli occhi umidi sui rami secchi che avevano lentamente iniziato a essere lambiti dalle fiamme, finché l'intera cima si accese come un immenso falò nella notte. Anche da quella distanza, Jack sentiva sulla pelle il calore del fuoco, e questo prese a danzare freneticamente nel riflesso dei suoi occhi. A un tratto, un ramo infuocato su spezzò e cadde sulla pila di oggetti accatastati lì sotto, con una pioggia di lingue fiammeggianti. Appena il fuoco lambì la stoffa scura, essa fu illuminata da un raggio di luna, e nella linea obliqua di quella lama si levò lenta una figura ben nota, argentata, evanescente ed eterea.

Jack pensò seriamente di essere in preda alle allucinazioni. Doveva essere così, il fumo, la luce della luna e infine la sua autosuggestione gli stavano facendo credere di vedere Bellatrix ritta in mezzo alle fiamme. Spostò fugacemente lo sguardo sugli altri Guardiani e li vide allibiti e sorpresi quanto lui, a fissare lo stesso punto. Quante probabilità c'erano che si trattasse di un'allucinazione collettiva?

No, non si trattava di un effetto ottico, né di una proiezione del suo cervello. Era veramente lei, eppure al contempo non lo era. Osservò la ragazza, che stava immobile a guardarli con un'espressione dolcissima e affettuosa sul volto trasparente, la testa leggermente inclinata di lato. Indossava un candido vestito bianco dal collo alto e lunghe maniche a sbuffo. Attraverso il suo vestito candido, Jack si accorse di riuscire a scorgere la corteccia del vecchio tronco, schermato appena dalla figura diafana di lei.

Bellatrix mosse un passo in avanti e la lama di luce la seguì come un freddo riflettore fino a Sandman, dove la ragazza si fermò inginocchiandosi davanti a lui, stringendo qualcosa tra i palmi sovrapposti. L'Omino dei Sogni allungò una mano tremante a sfiorarle la guancia incorporea, gli occhi sgranati e increduli fissi in quelli una volta ambrati di Bellatrix. Lei alzò a sua volta la sua, sovrapponendola a quella piccola, dorata e paffuta di Sandman, e la staccò con delicatezza, continuando a guardarlo con quel suo sorriso amorevole. Depose qualcosa nel palmo aperto di lui e si rialzò, portandosi stavolta davanti a Jack, sempre avvolta dal fascio di luce fredda della luna che la seguiva ad ogni passo.

Lui, Jack, non sentì il tocco leggero delle sue dita sulle proprie spalle, né il suo seno contro il petto, eppure non avrebbe più voluto sciogliersi da quell'abbraccio che tuttavia non gli trasmetteva il conforto di un corpo caldo contro il suo. Le labbra della ragazza gli si premettero contro la guancia, ma di nuovo lui non sentì altro che un leggero soffio freddo. Eppure sarebbe volentieri rimasto così per sempre, avvinghiato a lei così da non permetterle più di andar via. Ma proprio quando le sue braccia tentarono di tenerla stretta a sé la attraversarono come fatta di fumo e lei si scostò, restituendogli un'espressione amareggiata. Lentamente, Bellatrix arretrò fino a portarsi nel fuoco del semicerchio, con gli occhi di tutti puntati addosso. Rivolse loro uno sguardo carico del più spontaneo affetto e allargò le braccia, come a volerli chiudere tutti in una stretta collettiva. Allora fu avvolta da un'aurea scintillante e il suo corpo prese a scomporsi in frammenti luminosi, che pian piano salivano verso il cielo e sbiadivano fino a scomparire del tutto. Ma prima che anche il volto di lei si dissolvesse, Jack riuscì a fissarla negli occhi e seguire il movimento fluido delle sue labbra che articolarono parole che nessuno riuscì a cogliere. Poi anche il viso di Bellatrix fu avvolto dalla luce e lei si trasformò in una scia luminosa che salì verso il cielo e si fuse con le stelle.








A.A


Mannaggia zozza, è successo di nuovo. Non so più dove ho la testa, ammesso che ne abbia mai avuta una. In più tra poco devo uscire con degli amici quindi non posso stare molto a chiacchierare (purtroppo, mi sto già pentendo di aver detto di sì quando è palese che preferirei stare a casa a mangiare popcorn e guardare film. Ma sono masochista quindi va be').

Se pensiate che Jack tenga un po' troppo a Bellatrix, avete ragione, colpa mia che, nella prima stesura del capitolo, ancora quella su carta con la matita a grafite dell'estate scorsa, per intenderci, è finito per innamorarsi di lei. E se c'è una cosa che detesto è la gente che si innamora dei miei protagonisti, quindi ho provveduto subito a cambiare le carte in tavola. Anche se, credo, una leggera impronta di quella versione sia palpabile anche in questa. E va be', almeno non posso dire di non averci provato ^^'

Al solito, anche se velocemente, grazie a tutti quelli che hanno avuto abbastanza pazienza di arrivare fin qui, e io mo' vi saluto che se no faccio tardi. Tipico, avendo avuto a disposizione tutto il giorno (più o meno) ci si sveglia per le cose importanti cinque minuti prima dello scadere del tempo utile. Ad ogni modo, see yah, guys!


Tec





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Capitolo 16
*** Cinque anni dopo ***








I guardiani avevano da poco fatto ritorno alla fabbrica di giocattoli, e ad attenderli avevano trovato una brutta sorpresa. I resti infranti della prigione di vetro in cui Bellatrix aveva rinchiuso Pitch, sacrificando la propria vita, giacevano silenziosi sulla scrivania di Nord, coperta da un sottile strato di sabbia nera. Lui era sparito senza lasciare altra traccia.

Jack ne rimase letteralmente sconvolto: aveva raccolto alcune schegge cristalline e ricurve, il volto più pallido del solito e le mani scosse da un fremito, rifiutandosi di credere all'evidenza. Poi le aveva strette nei pugni, era scattato in piedi ed era corso via, gettandole lontano.

Adesso Jack sedeva nella stanza che era stata di lei durante la sua breve convalescenza, seduto sul davanzale con le gambe strette al petto e la fronte china sulle ginocchia. La porta si aprì cigolando e Jack alzò stancamente lo sguardo, in tempo per vedere Calmoniglio richiudersela meticolosamente alle spalle. Jack tornò a guardarsi le ginocchia, vagamente deluso.

<< Jack, smettila di piangerti addosso, devi andare avanti! >> disse Calmoniglio, avvicinandosi risolutamente.

<< Come sta Sandy? >> chiese il ragazzo in tono brusco, scuotendo la testa con gesto stizzito: non aveva nessuna voglia di parlare di lei, tanto meno con lui che non la aveva mai apprezzata particolarmente.

<< Beh, puoi ben immaginartelo! >>

Il Coniglio di Pasqua si sedette sul davanzale di fronte a lui e lanciò un'occhiata sfuggevole fuori dalla finestra, percorrendo le montagne bianche con lo sguardo assorto.

<< Non l'ho mai visto così a terra, e lo conosco praticamente da sempre! >>

Il ragazzo emise un verso piatto e voltò la testa, guardando a sua volta il paesaggio innevato per sfuggire agli occhi attenti del collega. Lui, dal canto suo, si soffermò su ogni dettaglio del suo viso, quasi a cercare di vedere sotto la pelle il flusso vorticoso dei suoi pensieri, di decifrare ogni impercettibile mutamento della sua espressione.

<< Tu non sei solo abbattuto per la morte di Bellatrix, vero? C'è dell'altro, sotto. Dico bene? >>

Con immenso sforzo, Jack si costrinse a guardarlo in faccia. Provò ad articolare qualche parola, ma dalle sue labbra uscirono solo alcune lettere sconnesse e striminzite. Frustrato, seppellì il volto tra le mani e inspirò profondamente, lasciando che il suo fiato caldo gli inumidisse le mani.

<< Hai ragione, amico. Sono... arrabbiato. Insomma, lei ha sacrificato sé stessa per per mettere Pitch a tacere una volta per tutte, e alla fine lui è riuscito comunque a spuntarla >> .

Calmoniglio continuò a guardarlo, chinando il busto in avanti incoraggiandolo a proseguire.

<< Alla fine ha vinto lui. Se avesse saputo prima che il suo sacrificio non sarebbe valso a nulla, probabilmente non si sarebbe mai sognata di fare una cosa simile! >>

Calmoniglio non seppe cosa rispondergli, perché Jack aveva tradotto in parole ciò che lui aveva solo osato pensare.

<< E poi non capisco, >> continuò il ragazzo, interrompendo le riflessioni dell'altro, << la sua morte non ha alcun senso! Voglio dire, lei era uno Spirito! Aveva superato la sua morte terrena, non avrebbe dovuto succederle di nuovo, giusto? >>

Il compagno rimase qualche istante in silenzio, soppesando le parole più giuste per rispondergli.

<< Jack, ricordi cosa aveva detto Pitch quando ha rubato i dentini dei bambini? >>

Ma Jack evidentemente non ricordava, perché lo guardò confuso.

<< Disse che i Guardiani perdono i poteri se molti bambini non credono più in loro, finendo col perdere la loro energia >> .

<< Va bene, ma Bellatrix non aveva bisogno che i bambini credessero in lei! >> obiettò il ragazzo.

<< No, hai ragione. Ma il punto non è questo. Il punto è che Pitch le ha prosciugato ogni potere, e in questo modo è svanita nel nulla. Ci vogliono pochi mesi per uccidere un Guardiano, ma con lei sono bastati pochi secondi perché ha impiegato tutte le sue forze per imprigionarlo e indebolirlo! E quindi non è vero che non è servito a niente >> .

Jack tornò a guardare fuori, cercando di tenere a bada il senso di oppressione che ancora minacciava di sopraffarlo. Calmoniglio gli pose la mano sulla spalla e Jack incrociò il suo sguardo nel riflesso del vetro.

<< Non devi lasciare che quel che le è successo ti impedisca di vivere, Jack. Cerca di andare avanti. Per lei, almeno! Lo dovresti sapere meglio di me: chi abbiamo voluto bene non ci lascerà mai davvero. Mai! >>

Se due anni prima gli avessero detto che Calmoniglio, con cui era notoriamente in contrasto più o meno da sempre, avrebbe cercato di consolarlo, lui gli avrebbe riso in faccia. Probabilmente, se avesse visto quella scena allora, non avrebbe voluto credere ai propri occhi.

<< Grazie, Calmoniglio. Forse hai ragione tu... >>

Il ragazzo non colse il sorriso incoraggiante dell'altro, perché si alzò voltandogli le spalle e si stiracchiò, muovendo qualche passo verso la porta. Fuori trovò Dentolina e Nord, che esibivano un'aria innocente sul volto, e ne dedusse che dovevano aver origliato l'intera conversazione.

<< Avete visto Jamie? >> chiese, come se non si fosse accorto di nulla.

<< È con Sophie, nell'altra stanza... >> rispose lei, evasiva.

L'altra stanza” era in realtà un piccolo disimpegno all'inizio del corridoio, in cui gli unici arredi consistevano in un piccolo divanetto, un vecchio baule polveroso e un orologio a pendolo alto e stretto come un campanile. I due fratelli erano rannicchiati l'uno contro l'altra, profondamente addormentati. Jack si piegò sulle ginocchia e rimase a lungo a fissare i loro volti sereni.

Jamie respirava profondamente, il naso affondato tra i capelli della sorella e le sopracciglia distese. Sophie aveva la testa appoggiata sulle gambe del fratello e si stava succhiando beatamente il pollice. A un tratto, come accortosi di essere osservato, il bambino si svegliò con un mugolio e alzò lentamente la testa.

<< Jack... >> mormorò con voce pastosa, levandosi i capelli di Sophie dalla bocca, << Che succede? >>

<< Nulla, Jamie >> rispose il ragazzo, cercando di mantenere un tono disinvolto, << ero venuto a vedere come state >> .

Il bambino si stropicciò gli occhi, emettendo un verso di assenso poco convinto. Sophie, disturbata dalle voci, si girò nel sonno staccando la mano dalla faccia. Jack vide un sottile filo di saliva tendersi tra il dito e il labbro inferiore della bambina, curvarsi verso il basso e ricadere sul suo petto in gocce filamentose.

<< Jack? >>

Il ragazzo tornò a guardare Jamie, iniziando a sentirsi a disagio.

<< Dove siete stati? E perché Bellatrix non è tornata? >>

In cuor suo, Jack provò un moto di odio verso il bambino. Sapeva che non ne aveva colpa, ma perché tutti si ostinavano a ricordargli di lei? Perché non si sentiva libero di poter mettere una croce su tutta quella faccenda?

Lentamente, Jack allungò una mano a scompigliargli i capelli. Poi gli posò entrambe le mani sulle spalle e la sua voce risuonò ferma nonostante la tristezza gli attanagliasse la gola.

<< Jamie... >> disse infine, saldando la presa, << Bellatrix non... non tornerà più >> .

Il bambino sembrò assimilare il significato di quelle parole e, rassegnato, chinò la testa.

<< Un po' me l'aspettavo, sai? >> disse, dopo un po'.

<< Che vuoi dire? >>

In risposta, il ragazzino si frugò in tasca e ne tirò fuori la stella che lei gli aveva dato tempo addietro. Questa giaceva sul palmo aperto della sua mano, non più bianca e sfavillante come quella volta, ma spenta e opaca come un banale pezzo di plastica.

<< Prima brillava, e a tenerla in tasca mi scaldava tutto. Ma adesso non lo fa più... >>

Jamie gliela porse e Jack la guardò pensieroso, rigirandosela tra le dita.

<< Jack... io voglio tornare a casa mia >> .

Jack gli restituì la stella e, dopo un attimo di esitazione, gli scompigliò di nuovo i capelli, scoppiando in una risata che non aveva nulla di allegro.

<< Allora sarà meglio che vi prepariate! >>

Il ragazzino saltò giù dal divano e scosse la sorellina per le spalle.

<< Sophie, sveglia! Stiamo per tornare a casa! >>

Ma la bambina continuò a dormire placidamente, cacciandosi di nuovo il pollice in bocca. Da quando era stata sottratta al controllo dell'Uomo Nero era raro vederla sveglia, se non per mangiare.

Così Jack si chinò su di lei e la prese tra le braccia, lasciando che lei si avvinghiasse al suo collo con la fronte abbandonata contro la sua clavicola magra.

Poche ore dopo, il gruppo dei Guardiani al completo si trovava a poche decine di metri dalla casa di Jamie, a fissare l'abitazione con un sentimento a metà tra il sollievo e l'amarezza. Jack guardò il bambino fiondarsi oltre la porta con la sorellina in groppa, chiamando a gran voce la madre. Era mattina presto e in giro non c'era ancora anima viva, perciò i cinque non si preoccuparono di nascondersi da occhi indiscreti, anche perché i bambini, gli unici che potessero vederli, per lo più a quell'ora dormivano ancora della grossa. Il Guardiano del Divertimento distolse lo sguardo dalla villetta, sentendosi stringere il petto da una fitta dolorosa. Il sole stava sorgendo da dietro le colline all'orizzonte, mentre lo stridio lontano degli uccelli annunciava alla città ancora assopita l'inizio di un nuovo giorno che, nella sua oggettività, sarebbe stato identico al precedente, così come ai successivi. Ma quel giorno, Jack poteva quasi sentire che l'aria attorno a lui era cambiata, segnando l'inizio di una svolta.

Una piccola mano delicata si posò leggera sulla sua spalla, distogliendolo dai propri pensieri.

<< Jack, andiamo. Dobbiamo tornare indietro, adesso! >>

Dentolina gli sorrideva dolcemente, invitandolo con lo sguardo a seguirlo. Lui si lasciò prendere per mano e guidare alla slitta, dove gli altri Guardiani li aspettavano in silenzio. Jack si sistemò tra Sandy e Calmoniglio, e per qualche minuto si concesse di estraniarsi da ciò che gli stava attorno, lasciando che la sua mente vagasse a ruota libera.

Sbirciò repentinamente alla sua destra: anche Sandy sembrava essersi ripreso almeno un po' dalla perdita di Bellatrix che aveva aleggiato su di loro come un fitto banco di nebbia fino a quel momento. Continuava a rigirarsi il suo ciondolo tra le dita, con espressione assorta e vagamente affascinata. Jack ricordò il momento in cui aveva visto Bellatrix, o per meglio dire il suo fantasma, consegnarglielo personalmente. In quel momento, con una vaga stretta al cuore, si rese perfettamente conto che Bellatrix e l'avventura in cui l'aveva trascinato quasi suo malgrado assieme ai suoi compagni era un capitolo chiuso nell'esistenza di tutti.


Di lì a poco, le strade dei Guardiani tornarono a dividersi. Per molti mesi ognuno fu occupato nelle proprie mansioni: Dentolina con la raccolta dei dentini che procedeva a pieno ritmo, Nord con la produzione di giocattoli e così via. Non si vedevano più molto spesso, anche se tornavano a incrociarsi regolarmente, per esempio subito dopo Pasqua o Natale, quando approfittavano dello stacco che Calmoniglio e Nord si concedevano dopo il lavoro. In quelle occasioni si ritrovavano tutti e cinque al Polo Nord per qualche giorno, onorando a modo loro la festività appena trascorsa. Incontri del genere si tennero in tutto undici volte. L'ultimo incontro era avvenuto appena qualche settimana prima, e da allora Jack non aveva più visto né sentito nessuno degli altri Guardiani. In quel momento, lui si trovava in una landa dell'artico canadese, tutto preso dalla bufera che stava scatenando senza riserve. Quando, a un tratto, il cielo prese a brillare di colori guizzanti, e il cuore gli scivolò dalle parti dello stomaco. Se Nord aveva azionato il segnale dell'adunanza generale, questo doveva voler dire solo una cosa: guai in vista. Istantaneamente Jack lasciò perdere la sua nevicata e schizzò in volo, mentre in testa gli si accalcava una valanga di pensieri funesti. Ma quando finalmente giunse al Polo, rimase perplesso e confuso nel vedere Nord esibire un'espressione soddisfatta e vagamente divertita.

<< Che... che succede, Nord? Ho visto l'Aurora, ho pensato ci fosse qualche problema e mi sono precipitato...! >>

Senza rispondergli o togliersi quell'espressione furbetta di dosso, Nord lo acchiappò per il cappuccio e lo strattonò dentro il suo ufficio, facendoglielo percorrere tutto in volo. Prima ancora di rendersene conto, Jack si ritrovò sdraiato sulla scrivania di legno, col fiato mozzo e la gambe all'aria. All'improvviso i pugni di Nord si strinsero con fermezza attorno ai suoi polsi e Jack pensò per un folle istante a una scena orrifica. Ma Nord lo tirò a sedere come se nulla fosse e gli spolverò la felpa con gesto premuroso, prima di rivolgergli un'occhiata di soddisfatta intesa.

<< Adesso puoi per favore spiegarci come mai ci hai fatti venire tutti qui di corsa? >>

Jack si voltò così di fretta che gli venne un crampo al collo: Calmoniglio guardava Nord con aria vagamente seccata, battendosi ritmicamente uno dei suoi boomerang contro la zampa posteriore. Dietro di lui, Dentolina era impegnata a dare direttive a una squadra di recupero dei dentini, parlottando fitto fitto a un gruppetto di fatine.

Jack spostò di nuovo lo sguardo su Nord, appoggiato allo stipite con le braccia conserte sul pancione.

<< Per sapere dettagli, dovete aspettare di esserci tutti. Vedrete che Sandy non tarderà molto, ad arrivare! >>

Qualche minuto dopo, il cielo sopra il quartier generale si accese e una coltre dorata calò, spolverando di sabbia i tetti e i vetri delle finestre. Nord andò incontro a Sandy, accogliendolo con un veloce abbraccio, e lo invitò a seguirlo nella stanza. L'omino rivolse a Jack gli altri un gesto cordiale e si unì ai suoi compagni, aspettandosi spiegazioni da Nord.

Ma lui sembrava volerli lasciare un bel po' sulle spine, perché chiamò un elfo e gli fece portare con tutta calma da bere per tutti. Dopo di che si scolò buona parte del contenuto del suo bicchiere e, finalmente, si decise a parlare.

<< Il motivo per cui vi ho chiamato qui >> iniziò, sfregandosi con impazienza le mani, << è della massima importanza! Forza, bisogna andare! Non possiamo perdere altro tempo! >>

<< Scusa Nord >> fece Jack, balzando giù dalla scrivania, << Ma che, ti si sloga la lingua a parlare come mangi? >>

<< Certo che no, che domande! Ma così, rovinerei effetto sorpresa! >>

Nord si infilò il cappotto imbottito di pelliccia, esplodendo in un risata genuina. Si frugò in una delle tasche e ne tirò fuori uno scintillante globo di neve. Lanciò un'occhiata fugace agli altri Guardiani e lo scaraventò a terra, aprendo un portale su una strada sconosciuta. La stanza fu invasa da un vento leggero e fresco, che fece sollevare le tende alle finestre e scivolare alcune scartoffie dalla scrivania a terra, mentre una spruzzata di nevischio entrò dal passaggio.

Jack incrociò lo sguardo perplesso di Sandman, ma fu il primo a seguire Nord nel passaggio, subito imitato da tutti gli altri.

Strizzò gli occhi alla luce abbagliante del sole riflessa nelle nuvole bianche: erano sbucati su una grande strada trafficata, piena di persone che, ignare del portale, vi passavano in mezzo senza vederlo né effettivamente attraversarlo. Nord si guardò intorno per qualche secondo, strizzando gli occhi tra i fiocchi sottili, e poi si infilò senza una parola in una via laterale, affiancata su entrambi i lati da alti palazzi moderni. Vagarono un bel po' in un reticolo di strade e viottoli finché le costruzioni più recenti cominciarono a diradarsi, lasciando posto ad abitazioni più vecchie, con larghi appezzamenti di terreno spoglio a far loro da cornice. Fu solo quando giunse davanti a una vecchia casa in stile vittoriano dall'aspetto massiccio e le pareti di pietra grigia, che il gruppo si fermò.

<< Ora posso chiederti cosa siamo venuti a fare? >> chiese Calmoniglio in tono leggermente seccato, facendo vagare lo sguardo sui comignoli scuri con moderata diffidenza.

<< Motivo di nostra visita si trova lì dentro! >> rispose Nord, additando un balcone al secondo piano.

Pochi minuti dopo, tutti e cinque si ritrovarono strizzati in quei tre metri quadrati compresi tra il muro esterno e il parapetto, facendo a gara per sbirciare dentro per primi.

Ai loro occhi si presentò un'enorme stanza dalle pareti azzurre, che sfumavano nel blu man mano che lo sguardo saliva verso il soffitto a volte. Su questo, era stata affrescata una grande volta celeste, in cui gli astri sembravano cercarsi e rincorrersi da un angolo all'altro in una danza giocosa. Jack osservò per qualche istante un sole e una luna dai volti umani al centro esatto della volta celeste, e lo sguardo gli cadde su un grande letto con il baldacchino trasparente e blu come la notte, con la testiera posizionata contro il muro sulla destra, a metà della sua larghezza. Si sorprese nel vedere che sotto alla pesante trapunta era raggomitolato qualcuno di cui non vedeva il volto, benché il grande orologio dai colori vivaci appeso al lato opposto della stanza segnasse appena le quattro del pomeriggio. Il fagottino di coperte si mosse debolmente e, spinto da una crescente curiosità, Jack si appoggiò al vetro della portafinestra facendosi scudo dalla luce esterna con le mani per osservarlo meglio. Con sua sorpresa la porta si aprì di scatto e lui e gli altri caddero in avanti, rotolando sul parquet scuro. Jack balzò prontamente in piedi, impugnando il bastone in un atteggiamento sulla difensiva. Dopo qualche istante rilassò i muscoli e si diresse a passo spedito verso il letto. Scostò il baldacchino e tese il collo, lanciando un'occhiata incuriosita e furtiva verso l'enorme guanciale.


<< S... Sandy! >> la sua voce risuonò tremante e incerta, mentre Jack gesticolava febbrilmente verso il collega senza staccare gli occhi dal letto.

<< Credo che tu debba dare un'occhiata! >>

Sandman si voltò verso di lui con sguardo interrogativo e si avvicinò, incuriosito, facendo accuratamente lo slalom tra la moltitudine di giocattoli disseminati sul pavimento per evitare di calpestarli.

Lanciò un'occhiata attenta attraverso il tendaggio leggero e cambiò repentinamente espressione, tanto che Jack credette di vederselo schiantare a terra come un birillo davanti agli occhi. Anche Dentolina e Calmoniglio si avvicinarono a passi silenziosi e rimasero a guardare la figura che sbucava da sotto la coperta, senza riuscire a proferire una singola parola. Dietro di loro, Nord si lisciava la barba con espressione goduta e soddisfatta. Nel grande letto c'era una bambina molto piccola che dormiva della grossa, ignara e inconsapevole di essere un oggetto di studio tanto interessante. Aveva i capelli corti e biondissimi, sparsi sul cuscino come una vaporosa aureola. Una piccola mano paffuta spuntava dalla trapunta ed era stretta a pugno vicino al visetto pallido. I suoi lineamenti erano più tondi e pienotti dell'ultima volta in cui Jack li aveva visti, ma sempre riconoscibili e inequivocabili.

<< Non è possibile... >> mormorò Calmoniglio, incredulo, dall'altra parte del letto. Jack alzò lo sguardo dalla bambina su di lui. Aveva gli occhi fermi e scettici, ma il suo naso da leporide fremeva nervosamente, così come la sua zampa posteriore che batteva piano e ritmicamente contro il vecchio pavimento di legno graffiato dall'usura. A un tratto alzò lo sguardo a incrociare il suo, e qualche istante dopo Jack notò qualcosa alle spalle del collega che agli altri era sfuggito, intenti com'erano a guardare un po' gli affreschi sul soffitto, un po' la bambina nel letto e un po' i mobili che ne arredavano la stanza. Jack si allontanò dal letto, lo aggirò velocemente e si diresse verso il muro accanto alla porta. Il sole e la luna dai volti umani sembrarono seguire ogni sua mossa mentre copriva la distanza con ampie falcate e si fermava davanti a un pannello di sughero, interamente coperto di disegni dal tratto infantile, appeso alla parete.

<< Ne sei sicuro? >> chiese, staccando uno dei fogli con gesto secco. Lo sollevò agli occhi e si avvicinò alla portafinestra per esaminarlo meglio alla luce. Immediatamente sentì gli altri Guardiani accalcarsi alle sue spalle per osservare con lui. Sul foglio erano scarabocchiate cinque figure molto familiari. Ognuna di quelle figurine calcate coi pastelli a cera portava gli stessi colori di ognuno di loro: Jack si riconobbe nel penultimo omino da sinistra, su cui erano stati sgorbiati dei vestiti con gli stessi colori dei suoi. Riconobbe anche il ritratto di Calmoniglio, le cui orecchie sproporzionatamente lunghe curvavano per aria e arrivavano a sfiorare il bordo inferiore del foglio. Se quella in rosso era la rappresentazione grossolana di Nord, la pallina gialla con le punte in testa doveva per forza di cose essere Sandy. Bellatrix, o chiunque fosse la bambina nel letto, doveva esserne veramente ossessionata, perché occupava la stragrande maggioranza dei fogli appesi al pannello e metà buona di quello che ancora stringeva tra le mani.

<< È... è davvero lei! Guardate, questi siamo senza dubbio noi! >>

<< Ma com'è possibile, Nord? >>

Gli occhi di tutti si volsero a Babbo Natale, che in tutto quel tempo non si era minimamente scomposto ma anzi aveva continuato a guardarli soddisfatto e serafico.

<< L'ho trovata facendo mia ronda natalizia! Su lista di buoni, quest'anno, c'era questa new entry, tale Seren Ddisglair. È gallese, sapete? Letteralmente significa “stella luminosa”! Che buffo, vero?

...Insomma, il nome avrebbe dovuto mettermi all'erta, ma all'inizio non ho assolutamente collegato! Ma quando poi sono venuto per portare regali ero così stupito che per poco non mi sono fatto scoprire! >>

<< Sei già stato qui, a Natale? Perché allora non ce l'hai detto subito? >> continuò Calmoniglio, allargando teatralmente un braccio a indicare l'intera stanza.

<< Ho avuto buoni motivi, amico mio. Dovevo accertarmene, prima di convocarvi qui tutti. No? >> rispose lui, tranquillamente.

<< Lei.. lei quindi si ricorda di noi? >> si intromise Dentolina, lanciando un'occhiata fugace al grande letto.

<< Ovviamente, anche se non in modo nitido! È come se stesse cercando di ricordare un sogno: noi siamo fantasmi in un sogno che lei ricorda di aver fatto. Ha ricordi confusi di nostre facce, ma non capisce perché! >>

<< Non sono solo le nostre facce, che si ricorda! >> sbottò di nuovo Calmoniglio, indicando improvvisamente un angolo del pavimento in cui era ammassato un enorme mucchio di fogli. Un cartoncino nero torreggiava sopra a tutti gli altri, e al suo centro erano stati scarabocchiati due grandi e tondi occhi gialli. Si avvicinò e prese a sfogliare gli altri disegni: tutti ritraevano, in un modo o nell'altro, Pitch. A volte come un paio di occhi paglierini sospesi nel vuoto in uno degli angoli, a volte come indistinta presenza grigiastra. Ma non c'erano dubbi, si trattava proprio di Pitch Black.

Lì accanto, per terra, erano sparsi alcuni pastelli a cera mezzi consumati.

Sotto quella pila disordinata, Jack notò una larga scatola bassa. La afferrò, la sollevò ad altezza occhi e notò che il coperchio era assicurato alla base con un intricato groviglio di lacci, scotch, elastici e stringhe. Il ragazzo prese un lembo di spago che fuoriusciva dal nodo più grande e fece per scioglierlo, ma una vocetta infantile risuonò spaventata e perentoria nella stanza e lo bloccò lì dove si trovava, così come gli altri Guardiani.

<< Non aprirla! >>

Jack si voltò lentamente: la bambina che fino a quel momento aveva creduto stesse dormendo della grossa, ora era in piedi davanti al letto e lo guardava con i suoi grandi occhi castani dilatati dalla paura.

<< Se la apri, lui tornerà! >>

<< Che vuoi dire? Chi tornerà? >> le chiese lui in tono cauto, dopo essersi lentamente chinato a posare la scatola di nuovo a terra. Rimase accovacciato sui talloni per poter guardare la bambina dalla sua stessa altezza, in modo che lei non si sentisse minacciata in alcun modo.

<< L'Uomo Nero! >> rispose lei di nuovo, risoluta.

Jack la osservò attentamente, impressionato dalla somiglianza della bambina con Bellatrix. Aveva i capelli biondi scarmigliati e ritti sulla testa, in tinta con la camicia da notte gialla che le arrivava oltre i piedi. Gli occhi castani, una volta del colore del miele, lo fissavano fermi e luminosi, come in una tacita e involontaria supplica.

<< E l'Uomo Nero è chiuso dentro alla tua scatola? >> si intromise Calmoniglio bruscamente, tutto a un tratto.

La bambina non gli rispose, ma si limitò a voltare il capo verso di lui e guardarlo con i suoi occhi sporgenti.

<< Ha ragione lui... Bambina? >>

Jack aveva esitato qualche istante di troppo sulla “b”: stava per chiamarla con il nome con cui l'aveva conosciuta e non era sicuro che fosse una buona idea.

<< La mamma dice che bisogna chiudere i brutti sogni, altrimenti se ne scappano via e tornano da me. Io l'ho fatto.. ma non succede niente! >> spiegò lei, tornando a guardare Jack con un'alzata di spalle.

<< E quando è stata l'ultima volta che i tuoi brutti sogni sono scappati via? >> chiese di nuovo lui, facendo attenzione a scegliere un linguaggio elementare abbastanza da farsi capire da una bambina così piccola.

Lei contò goffamente sulle dita e, dopo qualche istante di esitazione, gliene mostrò tre.

<< Tre giorni fa? >> ripetè il ragazzo, avvicinandosi molleggiando lentamente il proprio peso da una caviglia all'altra. La bimbetta annuì e continuò:

<< Alle volte, quando sono da sola, me lo sento qui dentro >> sussurrò quasi impercettibilmente, picchiettandosi la tempia col ditino paffuto.

<< Mi bisbiglia cose brutte, e mi fa vedere cose che non ci sono. La mamma e il papà hanno più paura di me. Li ho sentiti parlare, dicono che vogliono portarmi da un dottore >> 

Jack era così vicino che poteva vedere il proprio volto agghiacciato riflesso nei suoi occhi. Alzò una mano a scostarle la frangetta dalla fronte, ma lei si ritrasse un po', in un istintivo tentativo di proteggersi. Jack rimase interdetto per qualche istante, ma dopo un attimo di esitazione allungò di nuovo la mano verso di lei e gliela posò sulla testa, sorridendole incoraggiante nel tentativo di rassicurarla. Nord lo bruciò sul tempo, sparando la domanda successiva senza riuscire a nascondere l'impazienza nella voce.

<< Queste... cose che tu vedi... sai dirci come sono? >>

Jack ritrasse la mano e la bambina chinò la testa in avanti, come a concentrarsi sulla domanda. Parve pensarci su per qualche istante, strizzò gli occhi e si portò i piccoli pugni al petto, intrecciando le dita come in preghiera.

<< Una volta c'era un grande fuoco >> mormorò a occhi chiusi, dopo qualche istante di ponderato silenzio, << e una gran puzza. Sembrava il mio papà quando brucia la carne sulla griglia >> .

I Guardiani si lanciarono uno sguardo eloquente, ma non dissero nulla né fecero trapelare la minima emozione.

<< E un'altra volta, sentivo che ero molto, molto arrabbiata. E però ero anche felice, ma avevo anche tanta paura. E... e c'era anche lui >>

Puntò il dito pienotto su Sandy, aprendo istantaneamente gli occhi come a bloccarlo dov'era con la sola potenza del suo sguardo. L'Omino dei Sogni parve congestionarsi lì dove si trovava, con gli occhi sgranati e la bocca distorta in una smorfia dolorante.

<< Io... Io volevo fargli male, ma da una parte non volevo! Ma lui continuava a ripetermi nella testa che dovevo farlo, e mi ricordo che ha alzato le mani sopra la testa e stava per colpirlo, e io guardavo tutto dai suoi occhi e non riuscivo a fare nulla per fermarlo! >>

Aveva buttato fuori le parole come se non fosse riuscita a frenarle, impazienti di trovare sfogo. La bambina cominciò a respirare affannosamente, con gli occhioni che minacciavano di traboccare di lacrime e il labbro inferiore tremante e incastrato tra i denti. Le sue guance si fecero rosse, i tratti del suo visetto parvero accartocciarsi e un rivoletto disgustoso le colò sollecito dal naso. I Guardiani rimasero a guardarla pietrificati, ma non agirono abbastanza in tempo per fermarla. Di punto in bianco, la bambina scoppiò a piangere rovesciando la testa bionda all'indietro e strillando alla disperata a pieni polmoni. Jack si portò impulsivamente le mani nei capelli, completamente impanicato.

<< No, ti prego! Non piangere, su! Ci dispiace, non volevamo renderti triste! >> urlò, cercando di tranquillizzarla e al contempo sovrastare le grida disperate di lei. Con suo estremo orrore, una voce allarmata e sconosciuta li raggiunse dal piano di sotto, attutita dalla porta chiusa e dalla distanza.

<< Seren? Che succede? >>

Jack si voltò verso la porta, con la mente in tilt. Con la coda dell'occhio, prima che potesse anche solo pensare a un modo di tranquillizzare la bambina, vide un guizzo dorato sfrecciargli accanto, e lui si voltò di nuovo verso la fotocopia in miniatura di Bellatrix. Sandman la stringeva a sé con fermezza, e lei si calmò all'istante come se lui avesse premuto un interruttore. Intrappolata tra le sue braccia gentili, la bimbetta alzò lo sguardo ancora bagnato verso l'Omino dei Sogni, coi pugni serrati sui fianchi tondi di lui e un'espressione vagamente interrogativa dipinta negli occhi ancora lacrimanti, e una nuvoletta di sabbia le investì in pieno il viso. Lei fu sul punto di crollare a terra, profondamente addormentata, ma Sandman la sostenne con prontezza, la sollevò tra le braccia e la strinse forte al proprio petto, seppellendo il volto tra i suoi capelli.

Il gruppo tirò un sospiro di sollievo in simultanea, beandosi dell'improvviso silenzio che era calato nella stanza come un sortilegio. Silenzio che però fu subito interrotto da un suono di passi precipitosi che si avvicinava dalle scale.

<< Sandy! Mettila giù, subito! >> sibilò Dentolina, spostando lo sguardo frenetico tra lui e la porta. Sandy obbedì, ma non si allontanò dalla piccola nemmeno di mezzo millimetro. La porta si aprì di schianto e una donna bassa e grassoccia dai corti capelli neri si precipitò trafelata nella stanza. Individuò la bambina addormentata per terra e si fiondò da lei, distesa a pancia in su con un braccio piegato sul petto e l'altro molle lungo il fianco. Anche se non potevano essere visti o sentiti dagli adulti, lo stesso i Guardiani rimasero immobili senza emettere un fiato, come se fosse bastato un minimo movimento dell'aria a tradire la loro presenza. Si limitarono a seguire attentamente ogni movimento della donna mentre si caricava la bimbetta in braccio, la portava al letto, la adagiava sul materasso e le rimboccava premurosamente le coperte. Quando se ne fu andata, Sandy si infilò sotto il baldacchino e si sedette sul letto accanto a lei, sfiorandole la guancia con le dita. I passi della donna si affievolirono giù per le scale, ma dopo qualche istante di innaturale silenzio, lanciò un urlo che fece tremare la casa dalle fondamenta. Quasi immediatamente si aggiunse il suono agghiacciante di vetri rotti e di qualcosa che cade a terra a corpo morto. Jack scattò sulla difensiva, voltandosi vero la porta con i muscoli in tensione. Non fece in tempo a fiondarvisi fuori per appurare cosa fosse successo al piano inferiore, che dallo spazio tra il legno della porta e quello del pavimento si infiltrò una nube nera che vorticò come una tromba d'aria e assunse una forma ben nota ai cinque. Pitch si guardò attorno per pochi, brevi istanti, facendo scattare i suoi occhi fiammeggianti dal letto a ognuno dei Guardiani. Sandy cinse la bambina per le spalle e la strinse forte a sé, immergendole il faccino tra le pieghe della propria veste. Lei non si divincolò minimamente né reagì in qualunque altra maniera, ma continuò a dormire profondamente riscaldando il petto dell'omino col proprio respiro tranquillo.

<< Che ci fai tu qui? >> chiese Jack perentorio, puntando il bastone contro il petto dell'Uomo Nero, riportando l'attenzione di quest'ultimo su di sé.

Pitch non si scompose, ma si limitò a passarli in rassegna uno per uno con astio, le arcate sopraccigliari corrucciate in un'espressione calcolatrice.

<< È passato molto tempo, dall'ultima volta che ci siamo visti, non è vero? >> disse in fine a voce bassa, azzardando un passo in avanti.

<< Sta' fermo! >> urlò di nuovo il ragazzo, intensificando la stretta sul legno.

<< Rispondi a domanda, Pitch! >> ordinò Nord con fare autoritario << Cosa fai qui? Che cosa vuoi? >>

Gli occhi di Pitch si posarono di nuovo su Sandy e la sua protetta, famelici. Jack intercettò il suo sguardo e si frappose tra l'uomo e il letto, pronto a difenderli con tutte le sue forze. Lanciando una rapida occhiata verso di sé, vide la piccola Bellatrix perfettamente sveglia, ricambiare l'abbraccio protettivo di Sandman e tremare appena tra le sue braccia. La bambina si era già liberata del potere della sabbia soporifera, forse perché la sua paura era così forte da prevalere sul sonno. La vide voltare leggermente la testa e lanciare una mezza occhiata terrorizzata nella sua direzione, prima di cercare di nuovo riparo nel petto di Sandman.

<< Vattene, Pitch, prima che mi arrabbi sul serio! >> sibilò Jack, stringendo gli occhi a due fessure di ghiaccio.

<< Sei gentile ad avvisarmi, ma credo che non mi muoverò di qui. Non senza aver ottenuto ciò che voglio! >>

A quelle parole, Calmoniglio si affiancò a Jack, seguito a ruota da Dentolina e Nord.

<< Davvero? E allora te la vedrai con noi! >> dichiarò il coniglio, afferrando i suoi boomerang. Ma prima che potessero fare qualsiasi cosa, Pitch sparì dalla loro visuale e si materializzò alle spalle di Sandy, con un ghigno trionfante stampato in volto. Un istante dopo, l'Omino dei Sogni fu scaraventato contro gli altri Guardiani, portandosi dietro la tenda del baldacchino strappandola dalla propria asta. La piccola Bellatrix li seguì con lo sguardo terrorizzato mentre crollavano in gruppo a terra, e subito si voltò verso Pitch, guardandolo con occhi sgranati, la bocca tirata in una smorfia atterrita e il corpo paralizzato dal panico. Pitch le restituì uno sguardo freddo e sadico, alzando in aria la mano artigliata, le dita inarcate che si stagliavano nella penombra della stanza e proiettavano sul volto di lei la loro ombra minacciosa.

La bambina chinò la testa, serrando gli occhi e alzando istintivamente le braccia per proteggersi, ma il colpo che si aspettava di ricevere non arrivò. Allora alzò nuovamente lo sguardo e rimase a fissare Pitch con la bocca socchiusa. Lui era trattenuto da una lunga frusta dorata che gli si arrampicava attorno al corpo, attorcigliandoglisi attorno al busto, stringendosi più forte sulla gola e trattenendogli la mano alzata e tremante accanto alla testa.

Dopo qualche istante di lotta silenziosa, tuttavia, Pitch riuscì a liberarsi con un singolo gesto secco, preparandosi a sferrare il suo prossimo attacco a Sandy che si era rialzato in piedi per affrontarlo ad armi pari, ignorando momentaneamente la bambina.

Fu questione di un battito di ciglia: lei si era alzata in piedi a braccia larghe, intromettendosi nella traiettoria dell'attacco di Pitch, che gli rimbalzò inspiegabilmente contro. L'Uomo Nero fu proiettato all'indietro contro un grosso baule dei giocattoli accanto alla portafinestra, scardinando l'altro lato del baldacchino azzurro, e lì rimase incapace di muoversi, tramortito ma cosciente.

<< Non toccarli mai più! >> disse la piccola Bellatrix con tono fermo, balzando giù dal letto. Aveva ancora le braccia allargate e teneva gli occhi fissi su Pitch, intimandogli con lo sguardo di non muovere un muscolo << Vattene via, lasciaci in pace! >>

Si avvicinava imperterritamente, avanzando sulle gambette paffute, e l'Uomo Nero la fissò sbalordito per qualche istante. Poi la sua espressione mutò repentinamente: da allarmata divenne rabbiosa, e lui scagliò un altro attacco contro la bambina, che pure continuava ad avanzare lenta e inesorabile verso di lui.

L'attacco di Pitch la colpì in pieno, avvolgendola in un vortice di oscurità, e in quello stesso istante Jack non riuscì a trattenersi: la chiamò a gran voce, col nome con cui l'aveva conosciuta, tendendo inutilmente una mano verso di lei. Contemporaneamente, dalla cortina di sabbia nera in cui si trovava la bambina, si sprigionò una luce bianca, chiara e intensa come il sole all'alba in una mattina di primavera. E in mezzo a tutto quello scintillio, Jack fu sicuro di vedere una sagoma nera stagliarsi contro la luce, e allora la riconobbe. Bellatrix, così come l'aveva vista la prima volta: imponente e sicura, di spalle. Jack avrebbe voluto alzarsi e gridare, correre da lei, eppure non riuscì a muovere un solo muscolo: la luce sembrava pesare diverse tonnellate e inchiodarlo lì contro il pavimento, la guancia premuta contro il parquet chiaro e liscio. Perciò rimase immobile lì dov'era, con la sgradevole e formicolante sensazione che, se anche solo avesse tentato di muoverli, i suoi arti si sarebbero spezzati come friabili grissini. Vide la figura di Bellatrix avvicinarsi ulteriormente a Pitch, che dalla sua posizione non riusciva a vedere. Lui emise un urlo frustrato, mentre lei torreggiava minacciosamente su di lui.

L'uomo si portò una mano a sfregarsi la nuca con un sommesso verso di dolore, guardando la sua nemica di sottecchi. La luce che Bellatrix irradiava si affievolì velocemente e scomparve, permettendogli di guardarla direttamente con un sentimento di arroganza mescolata a inquietudine e sorpresa.

<< TU! >> ringhiò Pitch, trapassandola da parte a parte con i suoi occhi accesi, << Quante dannate volte devo ucciderti per toglierti di mezzo una volta per tutte?! >>

Bellatrix non rispose, ma avanzò verso di lui di un altro, singolo passo, puntandogli contro i palmi aperti con le mani poste l'una sul dorso dell'altra.

Il volto di Pitch fu attraversato da un lampo di paura, mentre lui cercava in tutti i modi di mantenere una sprezzante espressione di sfida. Fu sul punto di dire qualcosa, ma le sue parole si trasformarono in un grido assordante mentre lui, Bellatrix, i Guardiani e l'intera stanza furono inghiottiti da una nuova ondata accecante.







Jack e gli altri erano stipati sul balcone della cameretta di Seren Ddisglair, in attesa di Sandy. Quest'ultimo rimase a lungo accanto al letto della bambina, a tenerle la mano mentre lei dormiva profondamente, ignara e quieta. Fu un grande sforzo per lui staccarsi da lei e doverla lasciare definitivamente, ma quando si ricongiunse ai suoi colleghi si concesse di scoccarle un'ultima occhiata triste e colma di affetto. Jack capiva perfettamente il sentimento dell'Omino dei Sogni, perché in parte lo condivideva. Sia per lei che per loro era arrivato il momento di continuare le rispettive esistenze senza mai guardarsi indietro. Paradossalmente, questo era più facile per loro che per lei: come dimostravano le piccole figure di sabbia che le fluttuavano sopra la testa, riprendendosi le sue originarie sembianze anche se per pochi istanti, le aveva fatto ricordare tutta la sua storia, dal momento in cui era nata la prima volta a quello in cui era morta la seconda. E i Guardiani sapevano bene che lei, da quel momento, avrebbe sempre teso l'orecchio o aguzzato la vista nella speranza di cogliere le prove della loro presenza: un respiro appena percettibile sul collo, la sensazione di essere osservata o il suono ovattato di passi tra l'erba di creature invisibili e misteriose. A loro sarebbe bastato entrare in contatto con lei quel tanto che bastava per proteggerla come qualsiasi altro bambino nel mondo, ma nulla di più. Col tempo, sapevano, avrebbe pensato di essersi immaginata o aver sognato tutto,e loro si erano ripromessi di alimentare questa sua convinzione nel momento stesso in cui avrebbe iniziato a insinuarsi nei pensieri della bambina.


Le vite dei Guardiani continuarono così come avevano fatto prima di quell'incontro: Pitch sembrava essere sparito nel nulla, come risucchiato dalle stesse forze oscure che un tempo aveva lui stesso scatenato, ma a differenza di prima, col passare prima dei mesi e poi degli anni, non si fece più vedere. Anche se, a dirla tutta, né Jack né i suoi compagni si erano illusi di essersi sbarazzati di Pitch per sempre. Anzi, più il tempo passava più erano convinti che, quando sarebbe tornato, sarebbe stato ancora più forte e difficile da contrastare, e questo solo pensiero bastava a far salire lo sconforto specialmente nel cuore del Guardiano del Divertimento. Ma poi, quando volgeva lo sguardo al cielo, esso gli trasmetteva un senso di rinnovata sicurezza e lui riacquistava una minima fiducia in se stesso e nei suoi compagni. Per quando sarebbe stato, loro si sarebbero fatti trovare pronti.


La piccola Seren si svegliò dolcemente, ritrovandosi a fissare il soffitto affrescato della sua cameretta con lo sguardo appannato dal sonno. Si tirò piano a sedere, stropicciandosi gli occhi con i pugni chiusi, ed emise un lungo sbadiglio. Rimase ferma qualche istante, guardandosi attorno con gli occhi ancora a mezz'asta, quasi disorientata. Fissò i segni lasciati dal recente scontro con Pitch, ricordando vagamente le figure che le avevano fatto visita: le tende del baldacchino giacevano a terra, stropicciate e strappate in più punti, e il pavimento era spolverato di minuscoli diamanti dorati e violacei. D'improvviso si sentì sveglissima e calciò via la coperta, fiondandosi goffamente giù dal letto. Sgambettò fino alla porta, si alzò sulle punte e si appese alla maniglia, facendola abbassare col proprio peso per aprirla. Sgattaiolò fuori e giù per le scale, diretta in salotto. Si fermò sulla soglia, scorgendo sua madre che, di spalle, era intenta a raccogliere pezzi di vetro caduti dalla credenza, armata di scopa e paletta.

<< Mamma? Che è successo? >> mormorò la bimba, dubbiosa. La donna si voltò rapidamente verso di lei, tornando subito a concentrarsi sul suo lavoro.

<< Nulla di che, amore. Mamma si è sentita male e ha sbattuto contro il vetro, che si è rotto. Ma adesso va tutto bene! >>

La bambina azzardò un passo avanti.

<< Non venire qui, che ci sono i vetri! >> la avvisò la donna, sovrastando il rumore cristallino dei frammenti sparsi a terra.

<< Gli incubi se ne sono andati! >> rispose la bambina, posando la mano sullo stipite. La donna rimase interdetta qualche istante e si voltò a guardarla, incredula.

<< Davvero? >>

Lei annuì con un singolo scatto della testa e sua madre lasciò cadere paletta e scopa, abbassandosi per allargare le braccia verso la figlia. Seren le corse incontro e si aggrappò forte al suo petto, lasciandosi stringere a sua volta.

<< Se ne sono scappati via tutti! L'ho battuto, ho battuto l'Uomo Nero! >>

Dopo qualche istante si scostò, guardando il volto della madre con un sorriso raggiante.

<< Sono stati i Guardiani, mi hanno aiutata loro! Se quello là ritorna ci penseranno loro, a cacciarlo via! >>



Ecco, adesso inizio a impanicarmi sul serio. La storia di Bellatrix/Seren sta volgendo al suo termine e la cosa non mi è molto facile da digerire. Forse colpa del sushi che ho mangiato ieri sera? Nah, è un altro tipo di indigestione, pure più brutto. È quel vuoto che senti quando arrivi a un traguardo importante, per quanto sia tale solo nel tuo piccolo, e dopo averlo raggiunto ti chiedi: “e adesso?”

Mi cercherò una nuova fanfiction da scrivere, naturalmente. Sperando di non metterci quasi due anni tra scriverla e correggerla, s'intende.

Parlando della storia, non ho potuto fare a meno di far tornare Bellatrix (anche qui complimenti a me: non ho resistito senza di lei nemmeno per un capitolo!) seppur in maniera diversa da come pensavo all'inizio e senza più lo straccio di mezzo potere magico. È stata una delle parti più difficili da pianificare, proprio perché non sapevo se adottare la tattica drastica o l'happy ending, e quindi alla fine ho optato per una via di mezzo. Leggendo il capitolo, forse qualcuno si sarà reso conto di come un pezzo in particolare assomigli terribilmente a un trafiletto di Harry Potter. Parlo di come l'attacco di Pitch gli sia rimbalzato contro dopo che Bellatrix si è alzata per impedirgli di colpire Sandman, per intenderci. Spero che non l'abbiate preso come mancanza di originalità, ma piuttosto che guardiate con occhio benevolo un goffo tentativo di citazione maldestra.

Bene, anche questa settimana è andata, e noi ci vediamo la prossima per l'ultimo capitolo. Oddio, al solo pensiero mi tremano le dita!!!


Saluti,

Tec







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Capitolo 17
*** Una nuova vita ***





Dopo quell'episodio, la mia vita andò avanti felicemente. Mamma e papà mi amavano, e io più di loro. Crescendo, lo feci nel più normale dei modi. Andavo a scuola, avevo i miei amici e tutto quello che si potesse desiderare.

Per quel che riguarda i Guardiani, io non li rividi mai più. Mi ricordavo di loro, naturalmente, e dell'avventura che avevamo vissuto insieme tanti anni prima, e anche se continuai a cercarli incessantemente, non riuscii mai a ritrovarli. Comunque sapevo che erano lì e che vegliavano su di me e su tutti gli altri bambini, perché me ne arrivavano puntualmente le prove: a Natale i regali non mancavano mai, così come le uova dipinte a Pasqua. Quando mi cadeva un dentino, il mattino seguente, guardando sotto al cucino vedevo che era stato sostituito da una sterlina argentata, e inoltre facevo sempre sogni bellissimi. Ma più di tutto, se capitava che fossi triste o annoiata, d'improvviso il cielo si annuvolava e cominciava a fioccare allegramente, restituendomi il sorriso.

Ad ogni modo, l'incontro con Pitch e i Guardiani contribuì a farmi ricordare meglio: non solo le cose tristi o le brutte visioni con cui l'Uomo Nero aveva tormentato i miei primi anni nella nuova vita, ma anche quelli belli. E, in un certo senso, quelli erano i peggiori, perché mi sembrava di vivere in una mera imitazione di quella mia vita passata, senza tuttavia poterne replicare appieno la felicità che avevo avuto prima che Pitch distruggesse le vite di ognuno di noi. A venticinque anni ancora credevo fermamente nei Guardiani e nei loro poteri, e presto nacque in me il desiderio, il bisogno di ripassare nei luoghi che erano stati importanti per me nell'esistenza di Bellatrix, sperano forse di poter incappare di nuovo in uno di loro, e così cominciò il mio viaggio alla riscoperta di me stessa. E a un anno dall'inizio, il mio viaggio mi aveva portato dove anticamente sorgeva il paese dov'ero nata, un borgo nella Germania del Nord il cui nome è dimenticato da secoli assieme alla sua esistenza di cui ormai non è rimasta che qualche rovina diroccata e pericolante. Da lì, all'altra parte del mondo, dove avevo vissuto per ottocentoventuno anni dopo che Sandy mi aveva portato via con sé. Trovai il mio rifugio completamente degradato: l'albero cavo che ne custodiva l'ingresso non c'era più, sostituito da un ceppo carbonizzato e annerito. Doveva essere andato a fuoco anni prima, perché era coperto di muschio e rampicanti. Probabilmente era stato colpito da un fulmine, oppure qualcuno aveva appiccato il fuoco volontariamente. Ad ogni modo, non era rilevante: quel luogo non mi apparteneva più, e io non avevo alcun motivo di restare lì.

La mia tappa successiva, così come le due precedenti, non mi era né nuova né mi era particolarmente caro: mi trovavo al limitare della foresta, poco lontano da una piccola città che negli anni, per quel poco che avevo visto io durante la mia visita precedente, non era cambiata più di tanto. Stavo scrutando oltre gli alberi più esterni, nel tentativo di individuare una figura grigia e allampanata dal profilo appuntito. Ma a quanto pareva, Pitch Black non bazzicava più quel posto da anni, almeno quanto io non frequentavo il mio.

Tuttavia, continuai imperterrita a scrutare come un'attenta vedetta, finché il suono di una voce mi distrasse dal mio intento.

<< Ehi, laggiù! Tutto bene? Si è forse persa? >>

Mi voltai senza una parola, e a qualche metro da me si trovava un uomo sui quarant'anni, vestito in giacca e cravatta. L'uomo mi guardava con attenzione, stringendo nella mano una piccola valigetta da ufficio. A parte le sopracciglia leggermente aggrottate in un'espressione confusa non pareva avermi riconosciuta, ma a me bastò una sola occhiata per riconoscerlo all'istante.

<< Tutto bene? >>

Assentii con un cenno del capo e continuai a osservarlo, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a fare i suoi dovuti collegamenti. Lui posò a terra la valigetta e si avvicinò cautamente, continuando a rivolgermi la sua espressione confusa.

<< Sei sicura di sentirti bene? Come ti chiami? >>

<< Dovresti saperlo, Jamie! >> risposi io, con una risata. Lui parve sorpreso, e attaccò con la domanda successiva.

<< Mi... mi conosci? >>

Annuii di nuovo, aspettandomi che mi riconoscesse a sua volta. Ma ciò non accadde, e la cosa spiazzò me.

<< Ti ricordi di me, vero? >>

<< Non ti ho mai visto prima, mi dispiace. Che ci fai qui, da sola? >>

<< Aspetto. >>

<< Cosa? >>

Stavolta non gli risposi, ma tornai a guardare tra gli alberi nel tentativo di scorgere una figura umana qualsiasi.

Un fruscio alle mie spalle mi disse che Jamie si era seduto su un masso dietro di me. Forse si era messo a osservare gli alberi a sua volta, comunque rimase in silenzio alcuni minuti.

<< Da piccolo, venivo spesso qui a giocare con i miei amici d'infanzia. Tra noi ragazzini si diceva che questa foresta fosse abitata dall'Uomo Nero, e allora ci sfidavamo in una prova di coraggio: vedere chi tra di noi si addentrava più lontano tra gli alberi. Ci piaceva venire qui al tramonto, verso sera. Una volta ci siamo addentrati così a fondo che non riuscivamo più a trovare la strada. Mia madre si arrabbiò tantissimo, non mi fece più uscire per un mese! >>

<< E l'Uomo Nero... l'hai mai visto? >> chiesi, mentre un sospetto si faceva rapidamente largo in me. Mi voltai verso Jamie, aspettando di sentire la sua risposta.

Lui si passò una mano tra i capelli e scosse la testa.

<< Ovviamente no! >> disse, con un tenue sorriso, << Cose come l'Uomo Nero non esistono, sono solo leggende! Roba per bambini, per farli stare tranquilli. Sai, cose del tipo: “lavati bene i denti, o la Fatina non verrà”! Quale genitore non racconta ai figli delle Leggende? Ne avrai sentito parlare sicuramente anche tu, no? >>

Quelle parole furono come un pugno allo stomaco. Dunque, Jamie aveva finito col dimenticare. Proprio lui, il primo bambino a credere in Jack Frost, l'unico che durante la seconda ascesa di Pitch non aveva mai smesso. Ad alcuni succede, purtroppo, ma non pensavo che lui sarebbe stato tra loro. A volte, quando un bambino cresce, la sua lucina corrispondente sul Globo dei credenti si spegne. Non solo! Alcuni non solo si dimenticano di credere nei Guardiani, ma addirittura che essi esistano! Di solito succede verso i dieci anni d'età, ma i casi più longevi si protraggono anche ai dodici o tredici. È inesorabile, con la crescita. E poi, invece, ci sono altri bambini le cui luci non si spengono mai. Conoscendo Jamie ero sicura che la sua luce avrebbe continuato a brillare, e invece chissà da quanto si era spenta!

<< Pronto? Ci sei? >>

Jamie continuò a guardarmi con curiosità, aggrottando di nuovo le sopracciglia da dietro le spesse lenti quadrate incorniciate di plastica nera.

<< Mi sembri un po' pallida... ti senti bene? >> chiese di nuovo, alzandosi.

Io annuì di nuovo, ma interiormente non mi sentivo bene per nulla. Jamie doveva averlo capito, e dopo qualche istante in cui sembrò riflettere mi prese per mano.

<< Andiamo, ti porto a casa mia. Non abito lontano, non c'è molta strada da fare... >>

Io non feci resistenza, e mi lasciai guidare docilmente da lui fino alla casa che era stata dei suoi genitori. Il giardino era leggermente cambiato: l'erba cresceva trascurata in piccoli cespugli filamentosi e il prato era disseminato di giocattoli qua e là, ma per il resto la casa era esattamente come l'ultima volta che l'avevo vista dall'esterno. Perfino la finestra dalla quale l'avevo aiutato a “evadere”, aveva le stesse tende di allora.

Mi trovavo seduta sul divano nel suo soggiorno, a osservarmi attorno con interesse. Su una credenza in noce erano disposte come in una vetrina decine di foto in cornice, una delle quali ritraeva una bellissima donna dagli occhi verdi e gentili e i capelli neri raccolti in un'acconciatura semplice.

Neanche mi ero accorta che Jamie era tornato, porgendomi premurosamente una grande tazza fumante.

<< Ancora non mi hai detto come ti chiami...! >> buttò lì lui, sedendosi sulla poltrona di fronte.

<< Bellatrix. >> risposi, dopo un secondo di disorientamento. Mi morsi prontamente la lingua: sebbene fossi rinata come Seren, aver vissuto più tempo come Bellatrix mi provocava ancora qualche confusione.

<< È un nome strano, ma bello! Non è la prima volta che lo sento, ma non deve essere molto usato... eppure mi sembra di aver conosciuto un'altra Bellatrix, anni fa. >>

<< Davvero non ne hai più memoria, Jamie? >> chiesi, sporgendomi in avanti per fissarlo meglio, la mia voce ridotta a un sussurro incrinato, << Calmoniglio, Dentolina... Sandy e Nord... Jack! Non ti ricordi più di loro, di noi? >>

<< Jack? Jack Frost, dici? >>

Io annuii, speranzosa. Ma lui si precipitò a disilludermi con un'altra risata.

<< Era la mia leggenda preferita, la sua! La storia di questo ragazzo dai capelli di neve che porta il gelo e l'inverno... mi affascinava più di tutte! >>

Io bevvi un sorso di tè, per dissimulare la mortificazione che le sue parole mi avevano iniettato in corpo.

<>

Lui scosse di nuovo la testa, sorridendo.

A dirla tutta, non ne sarei rimasta sorpresa nemmeno se avessi mantenuto il mio aspetto di prima. Ero cambiata almeno quanto lui, in quei ventisei anni. La forma del mio viso e quella dei miei occhi era in realtà più o meno la stessa di allora, seppure un po' più affilati o arrotondati. In più i capelli mi si erano scuriti e li avevo lasciati crescere, il che contribuiva ad allontanare il mio nuovo volto da quello che Jamie aveva conosciuto, di cui però non aveva memoria.


<< Chi è quella donna? >> chiesi per cambiare argomento, accennando al ritratto della donna che torreggiava su tutte le altre foto.

<< Mia moglie, Eloise >> rispose Jamie, indicando una foto che li ritraevano in abiti formali: lui con uno smoking grigio topo, lei in un bell'abito bianco dal taglio semplice.

<< È molto bella! >>

<< Purtroppo è morta anni fa. Di cancro. >> continuò Jamie, con il volto contratto da un'espressione amara.

<< Mi... mi dispiace... >> azzardai, sentendomi in colpa.

<< Non dispiacerti, sono cose che accadono... bisogna solo trovare la forza di andare avanti, tutto qui. >>

<< E tu l'hai trovata, questa forza? Anche se hai perso qualcuno che ha lasciato un vuoto tanto incolmabile? >> chiesi, con voce tagliente. Mi ricordava tutto quello che avevo passato io secoli prima, rivedevo in Jamie la piega che avrebbe potuto prendere la mia vita antica: trovare la forza di superare il dolore, o lasciare che il dolore ti corroda. Eravamo il risultato di reazioni differenti alla stessa situazione, ma mentre io mi ero lasciata vincere, lui era riuscito a rialzarsi, o almeno così evincevo dalle sue parole. Ma in quanto a fatti?

<< Non è stato facile, e da solo di certo non sarei riuscito a risollevarmi. Per fortuna che c'è mia figlia! >>

E, quasi come evocata da forze sovrannaturali, dal piano di sopra si sentii un forte scalpiccio che rimbombò nel salotto dalle scale. Un attimo dopo, nella stanza irruppe un piccolo uragano biondo che si gettò al collo di Jamie con urletti eccitati.

Indossava un vestitino azzurro e un vecchio, familiare cappello da esploratore.

<< Papà, papà! Guarda cosa abbiamo trovato io e Linda! >> urlò la bambina, mostrando al padre una vecchia scatola di cartone.

<< Quante volte te lo devo dire? Le cose di papà non si toccano! Qui dentro c'è roba vecchia, arrugginita! Potresti farti male, lo sai! >> la rimproverò lui, togliendole la scatola dalle mani. Dopodiché, forse pentito del suo atteggiamento troppo aggressivo, le sfilò affettuosamente il cappello per scompigliarle i capelli.

<< Facciamo così, puoi tenerti il cappello se prometti che non curioserai più tra le mie cose! >>

La bambina emise un urlo di gioia e si buttò al collo del padre di nuovo , per poi balzare a terra e sparire con un sonoro scalpiccio su per la scala.

<< Linda è la nostra tata >> si affrettò a spiegare Jamie, sollevando il coperchio della scatola per controllare che dentro non mancasse nulla. << Una brava ragazza, quelle due si vogliono un bene dell'ani... >>

Restò qualche istante in silenzio, osservando il fondo con un'espressione più accigliata di quelle che gli avevo già visto sfoggiare.

<< Che... che succede? >> chiesi titubante, posando la tazza ormai vuota.

<< Oh niente... è solo... cavolo, sarà da quando ho quattordici anni che non guardo qui dentro! >>

Afferrò qualcosa e lo tirò fuori per mostrarmelo. Quando vidi di che si trattava, per me fu difficile mascherare la sorpresa e farla passare per disorientamento.

<< È solo un giocattolino, niente di che... ce l'ho da anni, dovrebbe essere una specie di torcia. Ma ero sicuro che fosse rotta, non ricordo nemmeno chi me la diede, so solo che smise di funzionare quasi subito... >>

E invece, la stellina che gli avevo donato anni prima splendeva forte e luminosa, esattamente come nel giorno in cui gliela avevo data. La cosa sembrava crucciarlo particolarmente, ma per me non esisteva alcun mistero: ha già detto, no, come alcune luci non smettano mai di risplendere nonostante si provi in ogni modo di spegnerla.

<< Non c'è neanche il vano delle batterie, e non è fosforescente >> riprese Jamie, rigirandosi quel piccolo oggettino tra le dita.

<< Figurati, >> continuò, riponendo la stella nella sua scatola, << che non ricordo nemmeno più chi me l'ha data! Chissà come può essere che funzioni adesso, mentre invece, in tutti questi anni... Mah, chissà! >>

Richiuse la scatola, la ripose sul divano accanto a sé e mi sorrise.

Sorrisi anche io, senza riuscire a trattenere una smorfia saccente.

Eh già, Jamie... Chissà!




Chiedo perdono per aver toppato anche l'ultimo appuntamento, ma ieri, dopo aver fatto un controllo generale non sono riuscita a postare causa sfioramento di crisi interiore. In parte dovuta proprio al capitolo, in parte per altri mazzi. Tra i quali un cosplay di Muscolone che mi sta dando qualche noia, ma insomma... se non è noia è mainagioia!


Il capitolo, giusto. Non credo sia uno dei miei meglio riusciti ma fidatevi, sono stata in grado di mettermi con tutto l'impegno possibile e scrivere anche di peggio.

Nella stesura originaria avevo pensato di far vedere Seren/Bellatrix sposata con Jamie, ma vedendo che la descrizione di come questo avrebbe potuto succedere stava diventando troppo lunga ho deciso di troncarla per non annoiare nessuno. Voi fate conto che, alla fine, sia successo :3

… …

Ok, inutile girarci intorno. Siamo alla fine e in un modo o nell'altro devo farmene una ragione. Che posso fare io, se non ringraziarvi fino allo sfinimento? Sembrerò idiota, ma senza tutti i feedback che mi avete dato in tutte queste settimane probabilmente avrei smesso di postare al terzo capitolo. Quindi Dracarys grazie specialmente a te, grazie mille per avermi impedito, seppure senza saperlo, di avermi fatto cestinare la storia dopo tutto il lavoro che ci ho impiegato. Grazie davvero. Non è perfetta, probabilmente ci sarà anche qualche errore qua e là, ma rappresenta due anni della mia vita e la me stessa di allora mi avrebbe sicuramente tirato un cazzotto di quelli tosti se mi fossi azzardata a cancellarla. Insomma, mollare avrebbe significato non rendere giustizia a tutto il sangue/sudore/lacrime versato per scriverla, o le innumerevoli notti passate a scrivere con le cuffie nelle orecchie e la torcia sotto al lenzuolo per non farmi scoprire ancora sveglia alle tre e mezza di notte. Insomma, senza di te che ad ogni capitolo mi hai dato un parere e un incoraggiamento, hai voglia...!

D'accordo, la sto menando un filino troppo. Vado a scegliere un'OTP su cui scrivere la mia prossima... roba. E intanto a scolarmi una pinta di burrobirra, che quella non guasta mai. Grazie di nuovo a tutti quelli che, al solito, hanno avuto la pazienza di sorbirsi i miei deliri fin qui, a chi ha messo la storia tra le seguite/preferite, e naturalmente agli altri recensori (di cui ovviamente non ricordo i nomi perché ho il cervello bucato) che mi hanno dato un riscontro positivo. Spero di rivedervi in qualche fanfiction futura (vostra o mia!)


Saluti,

Tec

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