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di jas_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***



Capitolo 1
*** I ***


 

Era notte fonda e la strada che Malia stava percorrendo a piedi, stretta nel suo giubbotto di jeans, era priva di lampioni.
Camminava velocemente, con le braccia conserte per ripararsi dall’aria, fresca anche a giugno, e la testa bassa, fissa sui suoi piedi che procedevano svelti l’uno davanti all’altro. La nebbia che era scesa col tramonto rendeva impossibile riuscire a vedere a più di alcuni metri di distanza e anche le poche macchine che passavano procedevano con cautela.
Malia spinse la porta dell'unico supermercato aperto a Beacon Hills a quell'ora, lanciò uno sguardo al vecchio uomo seduto dietro il bancone, e si diresse verso l'ultima corsia del negozio. Rallentò leggermente quando raggiunse lo scaffale, tuttavia continuò a camminare lentamente, trascinando i piedi e con le mani in tasca, lo sguardo concentrato sui vari tipi di alcolici esposti. Si fermò alcuni istanti dopo, arricciò le labbra e allungò il braccio destro verso la bottiglia di tequila più economica. Lesse distrattamente l’etichetta, sebbene quello che le importava davvero fosse il prezzo, e si avvicinò al bancone appoggiando su di esso ciò che aveva preso.
«Malia» cominciò l'anziano signore, nonché proprietario del negozio.
La ragazza sbuffò, spostando col suo stesso respiro alcune ciocche di capelli che le cadevano sul viso, e si tastò i jeans chiari trovando la propria carta d'identità in una delle tasche posteriori.
L'uomo non guardò nemmeno la foto sgranata sul documento, le riallungò la tessera di plastica e scosse la testa dispiaciuto.
«Posso chiudere un occhio su una cassa di birra, ma non su degli superalcolici.»
«Ho ventun anni» ribatté lei seria, insistendo nuovamente perché lui controllasse la sua età.
«È palesemente falso, e so quanti anni hai, Malia Tate.»
«Ti prego» insistette lei, aggrottando leggermente la fronte e assumendo l’espressione più tormentata che conoscesse.
Sapeva bene che quell’uomo la conosceva attraverso i giornali, e cercò di far leva sulla sua pietà per riuscire ad acquistare quella bottiglia.
Rimase immobile per alcuni istanti, fissando disperata il viso affranto ma inamovibile dell’uomo, infine abbassò lo sguardo e sospirando lentamente riprese il proprio documento.
Aveva già mosso alcuni passi verso l’uscita quando si sentì richiamare.
«È l’ultima volta.»
Malia sorrise soddisfatta, poi si voltò e tornò sui suoi passi per pagare ciò che aveva preso.
Solitamente andava nei pressi della riserva a bere, era un posto dal quale chiunque stava lontano e che nemmeno la polizia frequentava, a meno che ricevesse segnalazioni specifiche. Tuttavia quella sera ogni abitante di Beacon Hills sembrava essere a casa sua e a Malia parve inutile camminare verso la periferia della cittadina per nascondersi quando con quella nebbia era difficile distinguere la sagoma di qualcuno perfino a due metri di distanza.
Si sedette sulla panchina di una fermata per autobus, dove le pareti di vetro la riparavano leggermente dall’aria fresca, ed aprì la bottiglia di tequila che fino ad allora aveva tenuto nascosta in un sacchetto di carta.
Ne bevve un lungo sorso, si pulì la bocca col dorso della mano e chiuse gli occhi trattenendo una smorfia schifata quando sentì il sapore forte dell’alcol bruciarle prima la gola e poi lo stomaco.
Non amava i superalcolici ma erano l’unica cosa che le permetteva di ubriacarsi velocemente e senza spendere troppo. Sapeva che avrebbe cominciato a sentire la testa girare con altri pochi sorsi, non sapeva però quanto le ci sarebbe voluto a dimenticarsi degli avvenimenti dei mesi precedenti che sembravano non abbandonarla mai.
Non voleva scappare da ciò che era successo e che lei aveva causato, aveva imparato ad assumersi le proprie responsabilità ma il peso che si portava sul cuore e che oscurava le sue giornate era come un macigno pronto a schiacciarla da un momento all’altro e lei aveva bisogno di una tregua, di un attimo di respiro che le permettesse poi di tornare in apnea e resistere.
Fu il rumore acuto di una sirena a distoglierla dai suoi pensieri. La luce blu della macchina dello sceriffo era talmente forte da essere visibile sopra la foschia.
Malia chiuse con cautela il tappo della bottiglia e la rimise nel sacchetto mentre aspettava che chi era appena sceso dalla macchina sbattendo la portiera le si avvicinasse.
Lo sceriffo Stilinski la guardò senza la severità che invece Malia scorgeva nei suoi colleghi, sebbene sapesse già che lui era a conoscenza di ciò che stava facendo.
«Cosa stai facendo qui in piena notte?» domandò comunque lui, avvicinandosi ulteriormente a lei.
«Aspetto l’autobus.»
«A mezzanotte.»
Malia resse il suo sguardo senza timore, se lei lo guardava con aria di sfida, gli occhi azzurri dello sceriffo sembravano provati e dispiaciuti per la situazione che si era venuta a creare.
«Cos’hai lì?» continuò lui, indicando il sacchetto che Malia teneva saldamente in mano.
«Sono andata a fare la spesa» rispose la ragazza, senza la minima traccia di timore o agitazione.
Lo sceriffo le rubò il sacchetto di mano prima che lei potesse rinforzare la presa, lanciò una rapida occhiata al suo interno e sospirò in difficoltà.
«Hai diciassette anni» la riprese. «Lo sai che devo portarti in caserma.»
Malia non rispose, si alzò dalla panchina e allungò entrambe le braccia verso lo sceriffo, pronta ad essere ammanettata.
«Mi arresti allora, tanto ormai lo sa meglio di me che non ho nulla da perdere.»
«Malia.»
La ragazza alzò lo sguardo e negli occhi dello sceriffo Stilinski lesse gli stessi sentimenti che leggeva negli occhi di qualunque altra persona incontrasse: dispiacere, compassione, pietà.
«Sono passati sei mesi» continuò lui. «Lo so bene che certe cose non possono essere superate, ma non puoi rovinarti per un incidente.»
Malia lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, capendo che le intenzioni dello sceriffo non erano di arrestarla, ed abbassò lo sguardo
«È stata colpa mia» mormorò soltanto.
«Non è stata colpa di nessuno.»
«È stata colpa mia» ripeté lei sicura.
Lo sceriffo non insistette oltre. «Per oggi farò finta di niente, ma la prossima non sarò così tollerante» l’avvertì. «E voglio che tu domani venga nel mio ufficio. Hai bisogno di aiuto.»
«Ho bisogno di essere lasciata in pace.»
Malia strinse i pugni, ma Stilinski non si fece condizionare dalle parole della ragazza.
«O domani vieni nel mio ufficio, o ti farò arrestare per questa» l’avvertì lui, mostrandole la bottiglia che le aveva sequestrato. «Intesi?»
La ragazza non rispose, si limitò ad osservare lo sceriffo con sguardo duro. Lui non attese oltre e risalì in macchina, Malia sbuffò sapendo di non avere altra scelta.
 
«Sono qui per vedere lo sceriffo Stilinski» disse Malia, appoggiando gli avambracci sul bancone posto all’entrata dell’ufficio dello sceriffo.
La dipendente seduta dall’altra parte alzò lo sguardo dallo schermo del computer su cui stava lavorando, guardò la ragazza e poi spostò lo sguardo alla sua destra.
«Al momento è occupato, puoi sederti nell’attesa» disse, tornando a concentrarsi su ciò che stava facendo.
Malia rimase immobile per alcuni istanti, quando capì che non sarebbe stato aggiunto altro, andò a sedersi su una delle scomode sedie poste lungo il corridoio.
Era tardo pomeriggio e il sole che ancora era alto nel cielo filtrava dalle tende a veneziane poste sulle finestre, illuminando a sprazzi il pavimento e le pareti color senape.
Nel silenzio che regnava, fu facile per Malia sentire il rumore di una porta che si apriva. Pochi istanti dopo Stiles Stilinski, il figlio dello sceriffo, le passò davanti col passo deciso e il volto contratto in un’espressione irritata. Le lanciò uno sguardo vuoto, quello di chi ha altro in testa per fare davvero caso a ciò che vede.
Malia lo seguì con lo sguardo, assecondandosi con un lento movimento della testa, e lo guardò uscire sbattendo la porta.
«Malia, da questa parte.»
Fu la voce dello sceriffo a distrarla.
La ragazza si alzò dalla sedia ed entrò nel suo ufficio, sedendosi di fronte alla sua scrivania ed aspettando che lui facesse lo stesso.
«Come stai?» le chiese, appoggiando i gomiti sul tavolo e congiungendo le mani, sporgendosi automaticamente di poco verso di lei.
«Bene» fu la risposta disinteressata di Malia. «Perché sono qui?» continuò, osservando in silenzio lo sceriffo.
«Malia» esordì lui, e nel sentire solo il suo nome, la ragazza alzò gli occhi al cielo. Sapeva che sentirsi chiamare non presagiva nulla di buono, era stata costretta a presentarsi lì senza aver la minima idea del motivo e se fino ad allora aveva avuto il presentimento che non fosse nulla di buono, in quel momento ne aveva avuto la conferma. «Stai passando un periodo della tua vita particolarmente difficile. Tuo padre è troppo provato per poterti aiutare quanto vorrebbe e ho paura che tu possa prendere una brutta strada.»
«Non diventerò alcolizzata, non bevo più di quanto una normale persona faccia.»
«Non è quella bottiglia di tequila che mi preoccupa. O meglio, non solo» si corresse subito lo sceriffo.
«Arrivi al punto» rispose spazientita Malia, alzando gli occhi al cielo.
«Voglio che tu frequenti uno psicologo. Per almeno un paio di mesi.»
La ragazza s’irrigidì. «Sta scherzando?» domandò incredula, alzando leggermente il tono di voce.
«Ti farà bene parlare con qualcuno» spiegò lo sceriffo, mantenendo la calma.
«Ne ho già parlato troppo. Si ricorda delle ore che mi ha tenuta qui o l’ha già rimosso dalla mente?»
«Sai che non è quello che intendo. Non hai amici, non hai altri parenti qui a Beacon Hills, devi tirare fuori tutto quello che ti stai tenendo dentro altrimenti prima o poi scoppierai.»
«Mi sembra di averla già avuta la mia prima seduta» ribatté Malia, tornando ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia.
Lo sceriffo aprì un cassetto della scrivania e prese in mano un biglietto da visita che appoggiò davanti a Malia.
«Il signor Deaton è un valido psicologo, nonché amico di famiglia. Gli ho spiegato la tua situazione e ha accettato di aiutarti gratuitamente.»
«Wow, dovrò aggiungerlo alla lunga lista di persone che prova pietà per me» osservò Malia.
Lo sceriffo ignorò il commento della ragazza. «Mi sono permesso di fissarti la prima seduta per giovedì pomeriggio, farai meglio ad andarci.»
«Altrimenti?»
«Altrimenti non sarò più così magnanimo nei tuoi confronti.»
Malia strinse i denti fino a quando non sentì la mascella irrigidirsi. Avrebbe potuto ribattere ulteriormente, ma capì che sarebbe stato inutile. In quel momento non si trovava nella posizione di poter fare ciò che voleva, così si ritrovò a prendere il biglietto e metterlo nella tasca dei jeans che indossava.
«Abbiamo finito. Mi terrò aggiornato sui tuoi progressi» la congedò lo sceriffo, alzandosi dalla propria postazione e porgendo la mano a Malia.
La ragazza non rispose, ignorò la stretta ed uscì dall’ufficio in silenzio.



Amo troppo Stiles e Malia insieme e non ho potuto non scrivere una storia su di loro. 
Ho eliminato l'altra fan fiction su Teen Wolf quando sono arrivata a guardare la quarta stagione ed ho preferito inserire Malia al posto di un personaggio inventato da me. Già vi avverto che in questa storia non ci saranno lupi mannari o altre creature sovrannaturali, i personaggi sono tutti degli esseri umani.
Spero che l'inizio vi piaccia, mi farebbe piacere avere un vostro parere :)
Jas

 

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Capitolo 2
*** II ***




 
 


Malia era sdraiata sulla poltrona in pelle del signor Deaton da poco più di mezz’ora. Le cosce erano appoggiate su un bracciolo e le gambe penzolavano nel vuoto, la testa invece era appoggiata allo schienale e rivolta verso lo psicologo seduto di fronte a lei.
La stanza era piccola, alla sua sinistra due finestre coperte da delle tende blu impedivano parzialmente al sole di entrare, alla sua destra, degli scaffali colmi di libri sfioravano il soffitto. Malia era in mezzo, su una delle due poltrone messe l’una di fronte all’altra, separate da un tavolino di vetro sul quale erano appoggiati un bloc-notes ancora vuoto e una matita.
Masticava lentamente il chewing-gum che aveva in bocca, creando a volte delle bolle che poi scoppiavano senza mai appiccicarsi sul viso o sui capelli mossi che le incorniciavano il viso chiaro.
Deaton la guardava impassibile, senza lasciare trasparire il fastidio che chiunque avrebbe provato nel stare mezz’ora a guardare una ragazza che non sembrava voler collaborare. Era un uomo sulla quarantina, la sua pelle era scura ma i suoi lineamenti occidentali. Aveva gli occhi neri, la barba scura gli incorniciava la bocca e il mento e i capelli erano tagliati a zero. Era seduto con le gambe accavallate e le braccia appoggiate ai braccioli, sembrava quasi divertito da quella situazione, come se amasse le sfide e quella con Malia fosse l’ennesima che affrontava.
«Sai Malia» disse in un sospiro, cercando nuovamente di instaurare un discorso con la ragazza. «Più ti comporti in questo modo e più mi convinco che hai davvero bisogno del mio aiuto. Se non avessi nulla da nascondere, se fossi in pace con te stessa, saresti molto più a tuo agio qui e parleresti con me. Non per forza di te.»
«I tuoi discorsi non hanno senso» osservò lei, inclinando leggermente la testa a sinistra. «Dov’è che ti sei laureato? A me sembra che tu non sappia nulla di me.»
Deaton sorrise lievemente, divertito dall’ennesima frecciatina della ragazza.
«So meno di quanto vorrei sapere, ma più di quanto credi.»
Malia inarcò le sopracciglia, perplessa, e le labbra si dischiusero lievemente.
«Davvero? Sentiamo.»
«Sei una ragazza molto forte, altrimenti a quest’ora non saresti qui, ma non sei invincibile, come qualunque essere umano, ed ecco perché sei qui. Come ho già detto vuoi far finta di stare bene, o almeno con me, perché so che è una scocciatura dover andare da uno sconosciuto e raccontare gli affari propri. Credo che gli psicologi siano detestati più degli insegnanti di matematica» osservò Deaton, allargando leggermente le gambe ed appoggiando i gomiti sulle ginocchia, sporgendosi in avanti. «Nonostante ciò, tu sai di non stare bene, la cosa è normale dopo aver subito un lutto, ma tu soffri per il motivo sbagliato. Lo so io, lo sai tu, lo sceriffo Stilinski, e magari qualcun altro al quale in un momento di poca lucidità hai confessato il tuo più grande rimorso.»
Malia strinse la gomma da masticare tra i denti e deglutì a vuoto, sentendosi destabilizzata da quelle parole.
Deaton continuò. «Mi sembra superfluo dirti che la colpa non è stata tua. Era impossibile prevedere ciò che sarebbe successo, sono certo che tu abbia sentito un migliaio di volte queste parole ma nonostante ciò non riesci ad ammetterlo e ad accettarlo. Io non sono qui per ripetertelo fino alla nausea, sono qui per cercare di capire cosa ti impedisce di metabolizzare questo fatto, riuscire a fartene una ragione e andare avanti. Col tempo questi sentimenti ti opprimeranno, la situazione potrebbe diventare ingestibile per te e per le persone che ti vogliono bene, e non sto parlando di qualche bicchiere di troppo.»
Malia rimase in silenzio, aveva paura persino di respirare e non osava chiudere le palpebre per paura che il velo di lacrime che le aveva coperto gli occhi, suo malgrado, le cadesse sul viso.
«Non c’è più nessuno che mi vuole bene, se ne sono andati tutti» riuscì a dire, dopo alcuni istanti.
Deaton arricciò le labbra. «E che mi dici di tuo padre?»
«Lui non conta.»
«Perché?»
Malia respirò profondamente. «Stai esagerando con le domande ora.»
L’uomo alzò le mani in segno di resa. «Va bene» ammise. «Allora cambiamo argomento: amici?»
«Mai avuti.»
«È impossibile.»
Malia alzò gli occhi al cielo esasperata. «Non rispondo alle domande, ti lamenti. Ti rispondo, ti lamenti.»
«È impossibile che tu non abbia mai legato con nessuno.»
«Non sono una tipa socievole.»
«Un ragazzo?»
Malia sbuffò. «Mi sembra di essere in un interrogatorio.»
Deaton trattenne un sorriso. «Non ci credo che una bella ragazza come te non abbia mai ricevuto delle avances da qualcuno.»
«Da uno psicologo mai» ribatté lei, alzando lo sguardo verso l’orologio appeso tra le due finestre.
«Ops, tempo scaduto» disse, sorridendo per la prima volta da quando aveva messo piede in quella stanza.
Si alzò con uno scatto e prese velocemente la borsa che aveva appoggiato accanto alla poltrona quando era entrata.
Deaton non cercò di trattenerla, l’osservò nei suoi movimenti, troppo abituato ad atteggiamenti simili per esserne ancora infastidito.
«Ci vediamo la settimana prossima alla stessa ora» disse semplicemente.
Malia uscì dalla stanza senza preoccuparsi di rispondere. S’irrigidì per un istante quando riconobbe nella sala d’attesa Stiles, il figlio dello sceriffo, che alzò di scatto la testa quando sentì la porta aprirsi.
Era seduto su una delle scomode sedie disposte lungo i due muri paralleli della piccola sala d’attesa dello studio. Le gambe, fasciate da dei jeans chiari, erano distese sulla moquette marrone scuro e i piedi incrociati. Malia notò che le stringhe delle sneakers che portava ai piedi erano slacciate. Si fece distrarre da quel piccolo particolare solo un istante, poi alzò nuovamente lo sguardo.
Si guardarono negli occhi per alcuni secondi, la sorpresa nel vedere l’altro lì era già sparita dagli occhi di entrambi, lasciando spazio soltanto a una sorta d’irritazione da parte di Malia e indifferenza per Stiles. La ragazza strinse ulteriormente la presa sulla cinghia della borsa che teneva in spalla, ancora più infastidita da quell’aria disinvolta di Stiles, ed uscì dallo studio.



Eccomi qua!
Chiedo perdono per il ritardo, ormai non posso più farvi gli auguri di Natale ma quelli di Buon Anno sì, quindi, divertitevi stasera e non lasciate perdere troppo presto i buoni propositi per il 2015 (so che li avete già fatti).
Ci tenevo a ringraziare le ragazze che mi hanno recensito, essendo nuova nel fandom non pensavo nemmeno che qualcuno si sarebbe preso la briga di leggere, quindi grazie di cuore!
Spero che anche questo capitolo, seppur ancora un po' di passaggio, vi sia piaciuto, vi prometto che le cose si movimenteranno molto presto!
Alla prossima <3
Jas



 



 
Ah, dimenticavo! Se vi interessa, in questi giorni ho pubblicato due one shot originali. Se siete interessati, cliccate qui e qui.
E una su Taylor Swift/Harry Styles:



 

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Capitolo 3
*** III ***





 
Quel corridoio sapeva di chiuso, la moquette su cui Malia stava strofinando la suola delle scarpe da alcuni minuti aveva un colore più scuro dell’originale, probabilmente a causa dello sporco.
Erano le quattro e quaranta del pomeriggio e sebbene lei fosse arrivata in ritardo per la seduta dal signor Deaton, lui sembrava esserlo ancora più di lei.
Sbuffò scocciata e si passò una mano tra i capelli tirandoli leggermente indietro. Cominciava ad avere caldo sebbene indossasse soltanto dei pantaloncini in jeans e una canottiera, la finestra dalla quale entrava il sole non aveva aperture e a lei sembrava di essere in una serra. Voltò la testa di scatto quando sentì la porta aprirsi, ma si rabbuiò quando riconobbe Stiles e non il suo psicologo.
Il ragazzo la guardò confuso, probabilmente chiedendosi perché lei fosse lì e non all’interno dello studio con Deaton, poi spostò lo sguardo altrove, come se non gli interessasse poi così tanto, e prese posto di fronte a Malia.
Lei si limitò a guardarlo in silenzio, senza preoccuparsi di distogliere lo sguardo da lui quando, sentendosi osservato, lo alzava su di lei. I loro occhi s’incrociarono svariate volte prima che lui sbuffasse scocciato.
«Ne hai ancora per molto?» domandò, incastrando i suoi occhi color nocciola in quelli più scuri di Malia.
La ragazza strinse le labbra ed assottigliò lo sguardo, per nulla turbata dall’essere stata colta in flagrante, non avendo fatto niente per impedirlo.
«Dipende» disse soltanto, trattenendo una smorfia divertita.
Stiles arricciò le labbra e sfregò le mani sui pantaloni color beige che indossava. «Deaton è in ritardo?»
Malia inarcò un sopracciglio, spostando lo sguardo dal viso di Stiles al resto del suo corpo. «Tu che dici?» lo stuzzicò.
«Dico che sono sempre più convinto che tu abbia davvero bisogno di uno strizzacervelli» rispose il ragazzo, sorridendo lievemente, fiero della sua risposta.
Malia appoggiò la testa al muro dietro di lei ed allargò le braccia sullo schienale delle sedie accanto. «Mia madre e mia sorella sono morte in un incidente sei mesi fa. Ero io al volante. Sono io che non ho frenato in tempo per evitare quel cervo che ci ha attraversato la strada. Tu che scusa hai, Stilinski?» ribatté lei, inclinando leggermente la testa a sinistra, in attesa di una risposta.
Stiles strinse i pugni e Malia notò le sue labbra distendersi in una linea dura e le sue narici allargarsi leggermente. Era palesemente irritato dal fatto di non essere riuscito a dare una degna risposta ad un battibecco che lui stesso aveva iniziato.
In quel momento la porta si aprì e Deaton entrò nella stanza. Guardò prima Stiles e poi Malia, percependo l’aria tesa che si respirava.
«Vieni pure» disse poi, rivolgendosi a quest’ultima, ed aprendo la porta dello studio.
 
 
 
«Perché Stiles Stilinski è un tuo paziente?»
Malia si era appena seduta di fronte a Deaton. Le gambe lasciate scoperte dai pantaloncini sembravano incollate alla pelle della poltrona e i capelli sciolti le accarezzavano le spalle.
«Non siamo qui per parlare di questo, lo sai?»
«Perché devi sempre decidere tu gli argomenti?» ribatté Malia, scocciata.
Deaton sorrise, evitando di insistere sul fatto che fosse lui lo psicologo e lei la paziente, sapendo che sarebbe stato inutile. «Parliamo di quello che vuoi tu allora.»
«Perché Stilinski è tuo paziente» ripeté la ragazza, questa volta senza alcun tono interrogativo.
«Non posso rispondere, segreto professionale» disse Deaton, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso le finestre per tirare le tende e limitare l’entrata del sole nella stanza. «Perché t’interessa tanto. Ti piace?»
Malia arricciò il naso in una smorfia schifata mentre lo osservava tornare a sedersi. «Stai scherzando? Così mi offendi.»
Deaton sorrise. «È quasi divertente avere una paziente come te.»
«Sì, perché non ho nulla che non vada. Non credo che parlare con persone che hanno davvero dei problemi sia divertente.»
«Non hai alcun problema?»
Malia scosse la testa, sicura della sua risposta. «Non da aver bisogno di uno psicologo.»
Deaton annuì. La situazione per lui si stava facendo interessante e quella conversazione stava prendendo una piega particolare. «Va bene» acconsentì allora.
Per quanto poco conoscesse quella ragazza aveva capito che era difficile lasciarla senza parole e aveva intuito che poco prima che arrivasse, a rimanere senza parole era stato Stiles.
«Torniamo a dove siamo rimasti la volta precedente allora» riprese. «Mi chiedevo se tu avessi qualche amico.»
Malia alzò gli occhi al cielo. «Ti ho già detto di no» rispose, annoiata. «Prossima domanda?»
«Già questo è un motivo per cui tante persone vanno dallo psicologo, lo sai?»
La ragazza strinse le labbra, irritata da quelle parole ma ancora più arrabbiata con se stessa per non riuscire a trovare una risposta adatta.
Deaton tuttavia non reagì come Malia pensava avrebbe fatto. Quella non era una sfida, o meglio, lo era perché era lei a renderla tale. Deaton non voleva vincere su nessuno, tantomeno su di lei, e al posto di gongolare per la piccola vittoria – come lei avrebbe fatto – cinse le mani in grembo e riprese a parlare.
«Tu hai motivi ben più seri, e per questo ti chiedo di non sottovalutare il tempo che passi qui.»
Malia continuò a non rispondere, si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Ma procediamo per gradi. Vorrei che tu ti facessi degli amici.»
«Qui stiamo arrivando ai limiti del ridicolo» ribatté Malia, non riuscendo più a rimanere zitta. «Non ho bisogno di nessuno.»
Deaton ignorò le sue proteste e continuò a parlare. «Non lo metto in dubbio che tu riesca a vivere anche senza amici, ma vorrei che oltre a parlare con me trovassi qualcuno con cui creare un legame, qualcuno di cui puoi arrivare a fidarti più di quanto ti fiderai di me.»
Malia trattenne un sorriso. «Di te?» ripeté incredula.
«Mi sottovaluti, Tate.»
«Tu credi?»
Deaton appoggiò il gomito sul bracciolo e si grattò il mento prima di annuire ripetutamente. «E sottovaluti l’aiuto che potresti ricevere dagli altri. Non so se sei stata ferita in passato e questo ti ha portata a chiuderti in te stessa, assumendo un atteggiamento scontroso con chiunque ti rivolga la parola, ma se così fosse devi capire che non siamo tutti uguali, pronti a trattare male e tradire le persone. Prova a comportarti gentilmente con qualcuno che t’ispira simpatia. Ci sarà pur qualcuno a Beacon Hills che non odi per principio.»
Malia scosse la testa. «Non credo. Altrimenti non odierei questo posto così tanto.»
«Malia» la riprese Deaton, serio. «Concentrati.»
La ragazza sbuffò, accavallando le gambe e mettendosi a braccia conserte, osservando la punta bianca delle sue All Star nere mentre pensava.
«Forse qualcuno c’è…» ammise dopo alcuni istanti. «Ma non sono interessata comunque» continuò.
«Fai uno sforzo. Prova ad integrarti, a non fare del sarcasmo o maltrattare chiunque. Voglio vederti giovedì prossimo e sapere che hai conosciuto qualcuno.»
«Vuoi che diventi amica di qualcuno nel giro di una settimana?» domandò Malia incredula.
«Magari non proprio amica, voglio che tu faccia uno sforzo. Tutto qua.»
«E se non ci riesco?»
Deaton trattenne un sorriso. «Farai meglio a riuscirci. E se ti impegni davvero, riuscirai.»
Malia sbuffò. «Sei odioso.»
«Ci vediamo settimana prossima» la salutò Deaton, sventolando la mano destra.
Malia non rispose, prese la borsa ed uscì dallo studio, lanciando uno sguardo di fuoco a Stiles prima di andarsene definitivamente.
 
 
 
«Perché Malia Tate è tua paziente?»
«Se Malia è in cima alla lista delle tue priorità presumo con piacere che anche questa settimana è andato tutto bene.»
Il ragazzo ignorò le parole dello psicologo.
«Perché è tua paziente?» ripeté.
Era in piedi a braccia conserte, accanto alla libreria, e osservava Deaton serio.
«Vuoi sapere perché ha bisogno di uno psicologo o perché sono io il suo psicologo?»
Stiles trattenne una risatina. «Mi sembra piuttosto ovvio perché lei abbia bisogno di uno psicologo. È pazza. È convinta di aver ucciso metà della sua famiglia quando un cervo le ha attraversato la strada. È stato un incidente, sarebbe potuto capitare a chiunque.»
«Risponderò alla tua domanda se tu risponderai a me.»
Stiles allungò un braccio verso un libro, lo estrasse e se lo rigirò tra le mani. «Da quando in qua non rispondo alle tue domande?»
Deaton osservò il ragazzo aprire il libro, sfogliarlo, e rimetterlo a posto.
«Tuo padre ha deciso di aiutarla, e anche io.»
«Wow, non sapevo aveste aperto un’agenzia di volontariato per Malia Tate. Buono a sapersi» ribatté Stiles, buttandosi sulla poltrona.
«Dovresti farlo anche tu» gli consigliò Deaton, mantenendo lo stesso tono di voce.
«Io?» Stiles si puntò l’indice sul petto. «Aiutare quella?» Scosse la testa. «Preferirei spendere tempo ed energie nell’aiutare qualcuno che vuole essere aiutato.»
«Non ha amici» continuò Deaton, ignorando gli atteggiamenti sempre più scontrosi del ragazzo che gli stava di fronte.
«E ci credo!» esclamò Stiles. «Lancia occhiatacce e maltratta chiunque le si avvicini.»
«Le persone più scontrose sono quelle che in realtà hanno più bisogno d’affetto.»
«No, sono quelle che non vogliono nessuno intorno. E Malia è sempre stata così, da quando la conosco. Non c’entra nulla l’incidente.»
Deaton annuì. «Va bene» acconsentì. «Come vuoi. Tu invece come stai?»



Anno nuovo, capitolo nuovo!
Passerò la vita a scusarmi per i ritardi ma tra vacanze ed esami non sono proprio riuscita ad aggiornare prima.
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, le interazioni tra Malia e Stiles aumentano, ed aumenteranno anche coi prossimi capitoli, ve lo garantisco!
Vi ringrazio di cuore per le recensioni (alle quali andrò a rispondere immediatamente), essendo nuova del fandom mi aspettavo al massimo due o tre recensioni a capitolo invece voi avete sorpreso - alla grande! - le mie aspettative quindi grazie davvero <3
Fatemi sapere anche che ne pensate di questo nuovo capitolo.
Un bacio,
Jas


 

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Capitolo 4
*** IV ***








 
L’afa estiva veniva attenuata dalla leggera ma non molto fresca aria che soffiava. Il campo di lacrosse della Beacon Hills High School era affollato da ragazzi con indosso la divisa bordeaux e bianca, i colori della scuola. Gli spalti erano poco affollati, quella era soltanto una partita amichevole organizzata per mantenere la squadra allenata e gli avversari non erano ancora entrati nel piccolo stadio.
Malia si mise a bordo campo e si soffermò ad osservare i giocatori occupati nel riscaldamento. Sentì il coach spronarli poco amichevolmente a correre, obbedirono tutti e il gruppo cominciò il giro, avvicinandosi a lei. Malia riconobbe Stiles, Isaac e altri suoi compagni di classe, fu sollevata nel vedere il capitano della squadra, Scott, presente, sarebbe stato altamente probabile che anche Kira fosse lì. Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse di Stiles che la fissava, sussultò leggermente quando spostando distrattamente lo sguardo incrociò i suoi occhi guardarla insistentemente, ma il ragazzo fu costretto ad interrompere il contatto quando la superò. Malia li guardò darle le spalle e correre lontano da lei, scosse leggermente la testa, confusa, e si avvicinò agli spalti.
Le fu facile scovare i tratti asiatici di Kira, seduta in terza fila con la borsa appoggiata sulle gambe e le mani strette sopra di questa. Sebbene avesse lo sguardo fisso sul campo sembrava essere assorta nei suoi pensieri e sussultò leggermente quando Malia si sedette accanto a lei.
«Non volevo spaventarti» si scusò Malia, appoggiando la borsa che aveva in spalla ai suoi piedi e accavallando le gambe.
Kira scosse lievemente la testa. «Non preoccuparti» mormorò, e Malia le sorrise cercando di risultare amichevole.
Si era preparata per quell’evento, si era vestita come mai avrebbe pensato e sebbene si sentisse a disagio con indosso quella camicetta smanicata e quella gonna a vita alta, era davvero uscita di casa così. Si sentiva un’imitazione di Lydia Martin, sebbene Malia non indossasse né tacchi alti né vestiti di marca.
La ragazza si schiarì la voce, alla ricerca di qualcosa da dire per attaccare bottone, ma Kira sembrava presa da ciò che stava accadendo in campo sebbene fossero soltanto entrati gli avversarli.
«Allora… Sei qui per Scott?»
Kira si voltò verso Malia, leggermente sorpresa nel sentirla rivolgerle la parola, poi annuì leggermente.
«Esatto.»
Malia strinse le labbra e si passò le mani leggermente sudate sulle cosce nude, sforzandosi di continuare con qualche altra domanda che una persona socievole avrebbe potuto fare.
«E da quanto state insieme?»
L’occhiata che Kira le lanciò fu molto più confusa della prima, si voltò completamente verso Malia e la guardò con le sopracciglia aggrottate e le labbra arricciate.
Malia alzò leggermente le mani e si tirò indietro.
«Aspetta» disse,  trattenendo una risata nervosa e cercando di trovare una spiegazione a quell’insolita domanda. «Non sono assolutamente interessata al tuo ragazzo» si affrettò a chiarire.
Kira la guardò ancora più stranita.
«Insomma, non che Scott sia un brutto ragazzo, insomma, basta guardarlo, ma… Non è esattamente il mio tipo. Te lo garantisco.»
Malia sbuffò, scoraggiata da come le cose stavano andando.
Era partita con la migliore delle intenzioni: dopo due giorni di riflessione era giunta alla conclusione che passare le giornate in solitudine, evitando qualunque tipo di rapporto con chiunque le rivolgesse la parola, non stava rendendo nulla di buono. Aveva fatto lo sforzo di cercare nel suo armadio degli abiti da “brava ragazza”, trovando indumenti che le erano stati regalati da una sua zia alcuni anni prima, e aveva deciso di comportarsi come se non odiasse tutto e tutti.
Infondo Kira le era sempre piaciuta come persona. Non che le avesse mai parlato, ma dai suoi atteggiamenti in classe sembrava una ragazza riservata e molto educata. Malia era stata attratta soprattutto dalla speranza che lei fosse così educata e pacata nei modi che non avrebbe mai rifiutato il suo sforzo – seppur pessimo – di scambiare due chiacchiere in amicizia, ma sembrava essere riuscita a bruciare quella possibilità anche con lei.
Kira la osservò in silenzio, cercando negli occhi di Malia una conferma delle sue parole. Infine, le sorrise rilassando leggermente la postura. «Non preoccuparti» disse. «Anch’io faccio sempre confusione quando mi ritrovo a parlare con degli sconosciuti.»
Malia le sorrise grata. «Sono pessima nel fare conversazione» ammise, senza smettere di torturarsi le mani nel tentativo di scaricare il nervosismo accumulato negli ultimi attimi.
«Tu sei qua per qualcuno in particolare?»
Malia spostò lo sguardo sul campo, dove i giocatori avevano preso posizione e l’arbitro era al centro pronto a dare il fischio d’inizio. Vide Stiles sul lato destro del campo, con in mano la racchetta e lo sguardo fisso sul giocatore della sua squadra che avrebbe dovuto affrontare l’avversario per il primo possesso palla.
«No» rispose, tornando a guardare Kira. «Sono venuta a fare un giro.»
In quel momento il fischio d’inizio dato dall’arbitro rimbombò nell’aria, attirando l’attenzione sul campo di tutti gli spettatori.
Malia lanciò alcune occhiate di sfuggita a Kira, che sembrava molto presa dalla partita. Lei, dal canto suo, cercò di capire le dinamiche del gioco in quanto non aveva mai assistito a nessun incontro di lacrosse. Non capiva il motivo di tanta angoscia da parte delle persone che la circondavano – Kira compresa – e fu l’unica a non esultare quando la Beacon Hills High School segnò il primo goal.
Kira esclamò un “vai”, mandando poi un bacio a Scott che esultava coi compagni. Malia alzò un braccio in segno di vittoria quando la ragazza si girò a guardarla.
«Urrà» mormorò a denti stretti tra sé e sé, mentre tornava con entrambe le mani in grembo.
Il gioco ricominciò immediatamente e anche per Malia fu facile capire che la Beacon Hills High School era nettamente più forte degli avversari anche con la presenza di alcuni giocatori deboli in campo. Nemmeno ad un occhio inesperto come il suo, infatti, potevano sfuggire i passaggi sbagliati di Stilinski e il fatto che perdesse ogni scontro corpo a corpo, finendo sempre per terra. Ad ogni errore di Stiles, Malia rideva divertita, non preoccupandosi più di tanto per il punteggio della sua scuola ma pensando a quanto avrebbe potuto prenderlo in giro al prossimo incontro.
Nonostante il suo tallone d’Achille, la partita si concluse con una netta vittoria della squadra ospitante che dopo aver salutato gli avversari si rifugiò nello spogliatoio.
«Hanno giocato davvero bene» commentò Malia, mentre gli spettatori cominciavano ad alzarsi. «A parte Stilinski.»
Kira sorrise. «Stiles non è tra i migliori» ammise. «Però gli voglio troppo bene per odiarlo quando perde la palla.»
Malia si trattenne dal lasciare commenti acidi. «Abbiamo vinto comunque quindi non c’è problema» disse mite, mettendosi la borsa sulla spalla ed alzandosi dalla panchina.
Kira la seguì mentre si allontanavano dagli spalti. Il sole stava lentamente tramontando e una leggera brezza fece rabbrividire Malia.
«Direi che è ora di tornare a casa» disse, cercando di scaldarsi le braccia con le mani. «Tu aspetti Scott immagino.»
Kira annuì. «Non dovrebbe metterci molto, solitamente esce dopo alcuni minuti.»
«Beh, è meglio che io vada, ci… Vediamo in giro» concluse incerta Malia, pronta ad andarsene.
«Aspetta» la fermò Kira. «Se ti va c’è una festa al lago questo sabato. Non so se hai già sentito qualche voce in giro.»
Malia scosse la testa. «Non ne so niente.»
Lei non dava ascolto alle voci in giro. Non che avesse qualcuno che l’aggiornava sulle feste che si organizzavano ma anche quando sentiva qualcuno parlare nei corridoi della scuola cercava di non ascoltare preferendo farsi gli affari propri. Per sapere di quell’amichevole aveva dovuto guardare gli eventi in programma sul sito della scuola.
«Nulla di che, Lydia ha una casa sul lago e ha organizzato una festa. Se ti va di venire sei la benvenuta.»
Malia rifletté sulla proposta. Andare a quella festa avrebbe significato vedere tanti visi che avrebbe preferito evitare, e comportarsi da persona amichevole per svariate ore, ma avrebbe potuto anche legare ulteriormente con Kira, accontentando così Deaton e magari convincerlo una volta per tutte che non aveva bisogno del suo aiuto. Avrebbe dovuto sacrificarsi per una serata ma sentiva che ne sarebbe valsa la pena, così acconsentì.
«Mi farebbe molto piacere» disse, sorridendo, prima che arrivasse Scott ed abbracciasse Kira dal dietro, lasciandole un bacio sulla guancia.
«Sei stato grande» si complimentò lei, sorridendogli affettuosa.
Scott ricambiò, alzando poi lo sguardo su Malia.
«Ho invitato Malia alla festa di Lydia» disse Kira, giustificando la presenza della ragazza lì.
Scott annuì sereno. «Certo, non c’è problema. Ci farà piacere averti con noi per la serata» disse.
Scott era il tipo di ragazzo che non avrebbe mai lasciato in disparte nessuno, neppure qualcuno che si era sempre comportato male con chiunque. Malia gli sorrise, grata che non tutte le persone al mondo fossero scorbutiche come lei.
«Avere chi?» domandò qualcuno.
Passò un istante prima che Stiles sbucasse dalle spalle di Scott, coi capelli ancora umidi e il viso stanco dalla partita. Si lasciò sfuggire un “oh” deluso quando capì che la persona a cui il suo migliore amico si stava rivolgendo era Malia.
«Verrà con noi alla festa di Lydia» ripeté Kira, sorridendo.
Stiles strabuzzò gli occhi ma prima che riuscisse a dire qualcosa di, quasi sicuramente, maleducato, ricevette un colpo sul braccio da Scott.
«Emozionante» disse allora, a denti stretti, sforzando un sorriso. Abbassò poi lo sguardo sull’abbigliamento della ragazza, decisamente fuori luogo, soprattutto su una persona come lei. «Ma come ti sei conciata?» si lasciò sfuggire, ma prima che Scott o Kira riuscissero ad intervenire, Malia rispose.
«Non è affare tuo» ribatté decisa.
Stiles assottigliò gli occhi, indeciso sul ribattere o meno, alla fine serrò le labbra prima socchiuse ed espirò dal naso.
«È meglio che vada» disse Malia, rivolgendosi esclusivamente a Kira e Scott.
«Ci vediamo alla festa allora» la salutò Scott, sorridendole calorosamente.
«Passerò verso le nove, va bene?» propose Kira.
Malia acconsentì. «Certo, a sabato allora» li salutò, prima di andarsene.



Eccomi qua!
Per quanto mi impegni non riesco mai ad essere puntuale con gli aggiornamenti, spero che vi ricordiate ancora di me! ahaha
Il lato positivo è che moooolto presto le cose si movimenteranno e non vedo l'ora di leggere le vostre reazioni! (quindi magari la smetterò di aggiornare una volta ogni morte di Papa)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere <3
Jas



 

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Capitolo 5
*** V ***




 
«Dove stai andando?»
Stiles si arrestò di scatto, una mano sulla maniglia della porta e l’altra allungata verso la mensola sulla quale lasciava sempre le chiavi della macchina.
Strinse i denti e socchiuse gli occhi, maledicendosi per essersi completamente dimenticato di avvertire suo padre dei suoi programmi.
«A una festa» disse incerto, col tono di voce leggermente alto per farsi sentire fino alla cucina. «A casa di Lydia» aggiunse dopo un attimo, sperando che quel particolare avrebbe convinto il padre a lasciarlo andare senza dover sentire troppe raccomandazioni.
«E chi ci sarà a questa festa?» continuò lo sceriffo Stilinski, con lo sguardo su alcuni documenti riguardanti dei casi ancora irrisolti.
«Scott, Kira, Lydia… E tante altre persone» disse Stiles. «Oh, e Malia» aggiunse all’ultimo, sperando che includendo anche lei nella lista suo padre non avrebbe chiesto altro.
«Da quando in qua sei amico di Malia Tate?» domandò invece.
Stiles sbuffò, lanciando un’occhiata nervosa all’orologio. Non sarebbe mai arrivato alla festa in tempo se suo padre l’avesse trattenuto lì ancora.
«Kira l’ha invitata. Crediamo che le farebbe bene staccare un po’, insomma, con tutto quello che ha passato…»
Stiles non udì altro che il silenzio. Afferrò le chiavi e le mise in tasca con un gesto veloce, pronto ad aprire la porta di casa.
«Va bene» acconsentì lo sceriffo infine. «E non farla bere.»
Stiles fece una smorfia incerta, confuso dalle parole del padre, ma si limitò ad alzare le spalle ed uscire di casa. Non voleva indagare oltre.
Attraversò il viale e salì in auto, partendo alcuni secondi dopo.
Aveva appena superato l’incrocio infondo alla via in cui abitava quando sentì il telefono vibrare in tasca.
«Pronto?» disse, tenendo il cellulare tra la guancia e la spalla, così da poter cambiare marcia facilmente.
«Stiles? Sono Scott.»
«Ciao…» lo salutò il ragazzo, mantenendo lo sguardo concentrato sulla strada. «Sono in ritardo lo so, arrivo tra poco» mentì.
«Non preoccuparti, non è per quello. Volevo chiederti se potevi passare a prendere Malia.»
Stiles inchiodò all’ultimo davanti al semaforo rosso. «Stai scherzando?» squittì, prendendo il cellulare in mano. «Ti dico che la odio e tu mi mandi a prenderla a casa?»
«Kira è senza macchina, vado a prenderla io in moto. Non c’è altra soluzione.»
Stiles alzò gli occhi al cielo. «Prendi Malia in moto con te e io passo da Kira» propose, il polso destro appoggiato al volante e la mano che gesticolava animatamente.
«Stiles…» disse Scott in un sospiro, senza aggiungere altro.
Il ragazzo sbuffò. «L’ho detto sin dall’inizio io che questa era una cattiva idea. Sono giorni che ti dico che la odio, che è antipatica, acida, asociale, e che non capisco cosa ci troviate in lei, e non solo devo vederla con i miei amici ad una festa, devo pure portarcela io!»
«Non è poi così male.»
Stiles alzò gli occhi al cielo, ripartendo quando scattò il verde.
«È in classe con noi da anni, non ci ha mai rivolto la parola e improvvisamente parli di lei come se fosse la tua migliore amica.»
«Smettila di fare il bambino» lo riprese Scott irritato. «È Kira che l’ha invitata, non capisco perché t’infastidisca così tanto la faccenda. Vediamo come si comporta stasera prima di giudicarla.»
«Ho già visto come si è comportata dallo psicologo. Quella è pazza!» esclamò Stiles, picchiando la mano sul volante.
«Intanto però c’eri anche tu dallo psicologo.»
Scott trattenne una risata.
«Va bene. Come vuoi» acconsentì Stiles esausto. «Vado a prenderla io. Poi non lamentarti se ci rovina la serata.»
«Non succederà.»
 
 
 
Malia si stava spruzzando della lacca sui capelli quando sentì il campanello suonare. Si guardò per l’ultima volta allo specchio, accarezzando il vestito bianco stretto sul petto e che cadeva largo fino a metà coscia e lanciando uno sguardo agli anfibi neri che indossava. Strinse le labbra per spalmare nuovamente il rossetto rosa chiaro che aveva messo e andò a rispondere.
Non riuscì a nascondere la sorpresa quando trovò ad aspettarla, con le mani in tasca e lo sguardo rivolto verso la strada, Stiles Stilinski. Anche lui sembrò altrettanto sorpreso di vederla. Inarcò le sopracciglia e socchiuse lievemente le labbra borbottando qualcosa di incomprensibile prima che Malia lo avvertisse che avrebbe preso la borsa e la giacca e sarebbe arrivata.
«Kira dov’è?» domandò, non appena uscì di casa, mentre indossava la giacca di pelle che aveva recuperato.
«Ha avuto dei problemi con l’auto, va con Scott» spiegò Stiles, avvicinandosi alla portiera della sua jeep azzurra.
A quelle parole Malia si arrestò di scatto. «Andiamo in macchina?» chiese, turbata.
Stiles annuì, sconcertato da quella domanda. «La batmobile è dal meccanico» disse ridendo, prima di salire in auto.
Malia tuttavia rimase fuori dall’abitacolo, a braccia conserte e con lo sguardo terrorizzato. Stiles abbassò il finestrino e si sporse leggermente verso di lei.
«Stai bene?» chiese, utilizzando per la prima volta un tono sinceramente preoccupato.
Malia scosse lievemente la testa, mantenendo comunque gli occhi fissi sulla portiera azzurra metallizzata.
Si sentiva una stupida per non aver pensato a quel minimo, ma importantissimo, dettaglio. Sapeva bene dove fosse la casa di Lydia Martin e che raggiungerla a piedi sarebbe stato impossibile, eppure quel fatto non le aveva nemmeno sfiorato la mente. Si era preoccupata così tanto di rendersi presentabile per la festa, riflettendo per giorni su cosa indossare e truccandosi come mai aveva fatto prima, che aveva dimenticato la cosa più importante.
Stiles si schiarì la voce. «Non… Non dirmi che non sei mai salita su un’auto da… Beh, hai capito» disse a bassa voce, col timore di scatenare in Malia una reazione sbagliata.
Lei alzò gli occhi sullo sguardo preoccupato di Stiles. Era appoggiato con un braccio sul sedile del passeggero così da poterla vedere in viso e la guardava serio.
Si ritrovò ad annuire, rendendosi conto solo in quel momento quanto la cosa risultasse ridicola.
«Sono venti minuti di macchina» cercò di spiegare Stiles. «Farli a piedi è impensabile.»
«Lo so» mormorò Malia, abbassando nuovamente lo sguardo. «Non mi è venuto in mente. Forse è meglio che tu vada da solo. Io rimango qui.»
«No!» esclamò immediatamente Stiles, rendendosi conto di quanto quella risposta fosse fuori luogo quando Malia lo guardò sorpresa. «Insomma…» cercò di rettificare. «Con tutto il tempo che avrai perso per lisciarti i capelli e… Non so quali altre cose facciate voi ragazze, sarebbe un peccato.»
Malia increspò le labbra, lusingata da quelle parole. «Sopravvivrò.»
Stiles rimase in silenzio, pensieroso sul da farsi. C’erano poche alternative, quasi nessuna.
«Posso andare piano» propose dopo un attimo. «Tipo 10 all’ora. Sarà come andare in bicicletta» spiegò.
Malia tentennò. «Non credo che sia una buona idea.»
«Proviamo. Almeno fino all’incrocio. Se proprio non ce la fai ti faccio scendere.»
«Io non…»
«Forza» insistette Stiles, allungandosi ulteriormente così da raggiungere la porta del passeggero ed aprirla.
Malia lo guardò un’ultima volta, sempre restia, ma alla fine afferrò la maniglia e salì in macchina.
Stiles le accennò un sorriso rassicurante. «Andrò così piano da riuscire a vedere le zanzare che ci passano davanti» disse.
Malia annuì, si allacciò la cintura di sicurezza e strinse con le mani i bordi del sedile mentre Stiles accendeva prima il quadro e poi il motore.
«Sei pronta?»
«Fai una mossa falsa e ti uccido» mormorò Malia a denti stretti, cominciando a sentire l’agitazione impossessarsi di lei.
«Non lo metto in dubbio» osservò Stiles, prima di mettere la prima marcia e partire.
«Non ti sembra di andare troppo veloce?» domandò Malia alcuni secondi dopo, quando Stiles ingranò la seconda.
«Sto sfiorando gli otto chilometri orari» la informò lui, trattenendo un sorriso. «Non ho nemmeno bisogno di rallentare all’incrocio.»
«Stai scherzando?» ribatté Malia, stringendo ancor di più la presa sul sedile.
«Devo fermarmi?» domandò Stiles.
La ragazza scosse la testa. «Prosegui» disse, guardando continuamente fuori dal finestrino.
«Non è meglio se chiudi gli occhi? Ti dico io quando siamo arrivati.»
«No.»
«Vuoi che accenda la radio?»
«No.»
«Aria condizionata?»
«No!» esclamò Malia, voltandosi di scatto verso Stiles.
«Guida e stai zitto» disse. «Per favore» aggiunse alcuni istanti dopo, abbassando il tono della voce e sentendosi in colpa per la sua reazione spropositata.
Stiles annuì, quando mise la terza guardò Malia con la coda dell’occhio, la vide chiudere gli occhi e allungare la mano destra verso la maniglia della portiera, che strinse con forza fino a far diventare le nocche bianche.
«Dimmi se devo rallentare» l’avvertì, abbassando la voce.
Malia scosse leggermente la testa. «Va bene così. Solo…» Deglutì a vuoto prima di continuare a parlare. «Evita la strada che passa sotto la riserva.»
Il ragazzo annuì, senza dire che era palese che avrebbe evitato la strada dove sua sorella e sua madre erano morte.
«Stai accelerando» osservò Malia, lanciando un’occhiata preoccupata alla lancetta del contachilometri che stava salendo lentamente.
«Di poco» si giustificò Stiles. «Vorrei arrivare prima di mezzanotte.»
«Sto sudando» si lamentò lei, staccando la mano sinistra dal sedile per sventolarla davanti al viso con l’intento di fare aria. «Ci ho impiegato un’ora a truccarmi.»
«Vuoi che apra il finestrino?» propose il ragazzo, lanciando una rapida occhiata a Malia che non distoglieva nemmeno per un istante lo sguardo dalla strada.
«Giusto un pochino.»
Stiles obbedì, e Malia espirò leggermente.
«Te l’ho detto io che dovevo rimanere a casa» disse poi in un respiro, cercando di mantenere la calma.
«Non preoccuparti, non arriva mai nessuno prima delle undici. Ci faremo desiderare» ribatté divertito Stiles, distogliendo per un istante lo sguardo dalla strada per osservare il profilo di Malia.
La ragazza strabuzzò gli occhi, allungò la mano sul suo braccio e glielo strinse con forza.
«Guarda la strada» mormorò a denti stretti, scandendo con cura ogni singola parola.
Stiles tornò immediatamente con lo sguardo davanti a lui, Malia lasciò la presa alcuni istanti dopo, portando la mano sulla sua gamba.
«Non farlo mai più» lo riprese a bassa voce.
Stiles annuì, stringendo con forza entrambe le mani sul volante e sentendosi in colpa per ciò che aveva fatto, sebbene non fosse stato nulla di grave.
«Non farlo mai più» ripeté Malia tra sé e sé, col respiro leggermente accelerato e gli occhi vigili sulla strada. Si morse il labbro inferiore e lanciò uno sguardo al contachilometri, spostandosi poi sul profilo di Stiles.
Il suo naso alla francese fu la prima cosa che attirò la sua attenzione,  spostò poi lo sguardo sulla pelle chiara di Stiles e sui piccoli nei che risaltavano su di essa. Non aveva alcun accenno di barba, il che rendeva il suo viso candido ancora più innocente. Seguì poi la linea delle sue braccia fino ad arrivare alle sue mani sul volante. Le dita lunghe e sottili si muovevano su e giù, seguendo un ritmo che probabilmente Stiles aveva in testa, le sue unghie erano corte e mangiucchiate.
«Che c’è?» domandò il ragazzo, sentendosi osservato, ma senza osare distogliere nuovamente lo sguardo dalla strada.
Malia tornò a guardargli il viso serio e concentrato.
«Nulla» disse. «Ti stavo guardando» ammise, senza nessuna traccia d’imbarazzo o timore nella voce.
Stiles strinse le labbra in una smorfia dubbiosa, ma non aggiunse altro, Malia allora tornò con lo sguardo sulla strada buia, illuminata dai soli fanali dell’auto. 



Eccomi qua con un nuovo capitolo, finalmente interamente Stalia! 
Allora che ve ne pare? Le cose stanno iniziando a muoversi finalmente, ma l'apice si raggiungerà nel prossimo capitolo che posterò al più presto!
Come avrete potuto notare, ho deciso di far rimanere Malia una Tate, la cosa è dovuta a problemi tecnici riguardanti la trama, e scoprirete il perché tra molto poco, promesso!
Vi ringrazio per le recensioni, fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo.
Jas

 

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Capitolo 6
*** VI ***




 

Non appena l'auto si arrestò sul ciglio della strada buia, Malia aprì la portiera e scese, sentendosi subito meglio quando i suoi piedi toccarono l'asfalto.
Il resto del viaggio era trascorso in silenzio, con Stiles che guidava concentrato e Malia che aveva scoperto come guardare le sue mani sul volante l'avesse aiutata a calmare, seppur leggermente, i nervi.
La casa di Lydia sorgeva ad alcuni metri dal lago, anche dal viale si riusciva a intravedere oltre la villetta, l'acqua scura illuminata dalla luna, e la musica giungeva forte e chiara alle orecchie di Malia, come se provenisse da fuori e non dall'interno dell'edificio.
«Da questa parte» la guidò Stiles, uscendo dal viale e calpestando l’erba ben curata della casa. «La festa è nel giardino sul retro.»
Malia lo seguì in silenzio, mettendosi a braccia conserte per cercare di ripararsi dall'aria frizzante causata dalla presenza del lago.
«Hai freddo?» domandò Stiles, vedendola rabbrividire.
Malia sorrise. «Sì, ma non darmi la tua felpa» rispose, divertita.
Stiles alzò le spalle. «Non che avessi intenzione di farlo» borbottò, riprendendo a camminare a lunghe falcate, non preoccupandosi di lasciare indietro la ragazza.
La festa era più affollata di quanto Malia si fosse immaginata. Mentre attraversava il giardino incrociò diversi volti familiari, nessuno comunque degno di nota, e intravide vicino al falò acceso sulla piccola spiaggia Kira e Scott parlare.
«Da questa parte» disse rivolgendosi a Stiles, mentre si avvicinava a loro.
«Finalmente!» esclamò Scott, dando una pacca sulla spalla dell'amico. «Cos'è, hai sbagliato strada?» domandò, approfittando del suo ritardo per prenderlo un po' in giro.
Stiles lanciò una rapida occhiata a Malia, che strabuzzò leggermente gli occhi scuotendo la testa, intimidendolo a non raccontare la verità.
«Noi...» iniziò Stiles, incerto su come continuare la frase iniziata.
«Colpa mia» intervenne Malia. «Gli ho fatto fare una scorciatoia ma alla fine abbiamo finito per perderci» spiegò, finendo per osservare Stiles con sguardo complice.
Il ragazzo annuì. «Esatto» confermò. «Tutta colpa di Malia.»
Scott annuì incerto, evitando comunque di indagare oltre.
«Bene, ora che siete qui… Bevete qualcosa?» propose Kira, cercando di cambiare argomento.
«Per me un rum e coca» disse Malia.
«Direi che solo coca-cola sarebbe meglio» intervenne Stiles.
«Con rum» insistette la ragazza, sfidando Stiles a correggerla nuovamente.
Lui alzò gli occhi al cielo. «Per me una coca-cola, devo guidare» spiegò, lanciando uno sguardo a Malia che lo ignorò tranquillamente, rivolgendosi a Scott.
«È carina la festa o…»
«Normale» spiegò il ragazzo, con le mani in tasca e rivolgendole uno dei suoi soliti sorrisi amichevoli.
Scott era una delle persone per cui Malia non era mai riuscita a provare odio. Sebbene fosse il capitano della squadra di lacrosse della scuola, andava contro tutti gli stereotipi con la sua gentilezza, simpatia e intelligenza. Aveva sempre quel sorriso amichevole dipinto sul volto e per quanto ne sapeva Malia, la sua relazione con Kira andava a gonfie vele da ormai un anno senza tradimenti con ragazze popolari come… Lydia.
Malia la vide attraversare il giardino, fu facile per lei avvistarla, in quanto tutte le persone che si trovavano davanti al suo cammino, si spostavano per lasciarla passare non appena la vedevano arrivare. I suoi lunghi capelli color rame erano lasciati sciolti ed erano così lunghi da sfiorarle i gomiti. Indossava un vestito bianco, che le fasciava il seno prosperoso per poi cadere morbido fino ai piedi, ai quali indossava dei sandali piatti. Malia si sorprese per la somiglianza tra il suo vestito e quello che indossava lei, se non per la differenza della lunghezza.
Lydia si avvicinò a loro, salutando con un sorriso caloroso Scott e Stiles, prima di riferirsi a Malia.
«Non mi sembrava di averti invitata» disse, mantenendo un’aria pensierosa.
«In realtà non hai invitato nessuno di noi» intervenne Stiles, guardando la ragazza rossiccia con aria di sfida.
Lydia lo ignorò, tornando a concentrarsi su Malia, la quale stava stringendo i pugni per evitare di scagliarli addosso a quel viso candido che la stava guardando insistentemente.
«Hai finito di fissarmi o…?» domandò Malia, cercando di mantenere il controllo dei propri nervi.
«Mi stavo solo chiedendo come facesse Derek ad andare con una come te» rispose Lydia, alzando le spalle con aria innocente.
La mora prese un respiro profondo, stava lottando con tutte le sue forze contro l’istinto di metterle le mani al collo e stringerle fino a farle mancare il respiro. Stava lottando contro la curiosità di sapere come Lydia fosse a conoscenza di lei e Derek, una relazione che lei pensava fosse segreta, e durata solo alcuni mesi.
«Probabilmente aveva solo bisogno di una puttanella che soddisfacesse i suoi bisogni» continuò Lydia incurante, arricciandosi una ciocca di capelli attorno all’indice destro.
Nell’udire quelle parole Malia si lanciò contro Lydia, spingendola fino a farla barcollare e tirandole uno schiaffo che riecheggiò nel giardino, attirando l’attenzione dei presenti nonostante la musica.
La rossa inciampò sui suoi stessi piedi e cadde per terra, Malia non indugiò oltre e si scagliò nuovamente addosso alla ragazza tirandole i capelli costringendola ad alzare il viso e guardare lo sguardo infuriato di Malia con i suoi occhi verdi.
«Attenta a quello che dici» mormorò la mora, prima che Stiles la prendesse per le braccia e la alzasse di peso, allontanandola da Lydia che la guardava spaventata, con gli occhi strabuzzati e il segno rosso della mano di Malia sulla guancia pallida.
«Ma che ti è preso?» esclamò Stiles, prendendo Malia da parte mentre il resto delle persone accorreva da Lydia.
«La prossima volta impara ad aprire quella boccaccia» ribatté Malia, col respiro affannato per lo sforzo compiuto e i capelli arruffati.
Stiles alzò gli occhi al cielo. «Forse è meglio se ti riporto a casa» disse, allungando la mano e prendendo Malia per il polso. Ma la ragazza non lo stava ascoltando, aveva lo sguardo fisso altrove, e non dove Lydia stava in piedi, ancora scioccata.
«Non ancora» ribatté Malia, liberandosi dalla presa di Stiles con uno strattone e superandolo decisa, diretta verso una persona appena arrivata alla festa.
«Ma si può sapere che ti prende?» quasi urlò Malia, infuriata, tirando un pugno sul petto di Derek, che tuttavia non reagì.
Lui rimase immobile, ad osservare la ragazza insultarlo mentre i suoi pugni scalfivano la pelle del ragazzo, ma senza lasciare alcun segno.
«Puoi scoparti chi vuoi, anche Lydia se ti fa piacere, ma t’interessa ancora così tanto di me da parlarmi alle spalle?»
Derek a quel punto fermò Malia, trattenendola per i polsi e costringendola per la prima volta a guardarlo negli occhi.
«E t’interessa così tanto di me da prendertela in questo modo?» domandò lui, tranquillo.
«Sì» rispose Malia. «Se è la mia reputazione ad andarci di mezzo.»
Derek rise leggermente, mettendo in evidenza i suoi denti bianchi e dritti e socchiudendo gli occhi azzurri. «Quando mai ti è interessato della tua reputazione» ribatté. «Quando saltavi le lezioni, non tornavi a casa per giorni, frequentavi bar pieni di brutta gente, oppure…» Derek avvicinò la sua bocca all’orecchio di Malia prima di continuare. «Quando t’intrufolavi in piena notte tra le mie lenzuola alla ricerca di un po’ di conforto…»
Malia cercò di liberarsi dalla presa sempre più salda di Derek, senza tuttavia riuscirci.
«Lasciami» mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo sull’erba calpestata. «Lasciami!» ripeté, strattonandosi nuovamente alla ricerca di una via di fuga.
«Non hai sentito? Ha detto di lasciarla» disse qualcuno, alle spalle della ragazza.
A quel punto Derek lasciò la presa, e dopo essersi voltata, Malia vide Stiles in piedi a pochi metri da lei, lo sguardo serio e deciso rivolto verso il ragazzo che le stava accanto.
«E tu chi sei, il suo nuovo passatempo?» domandò Derek, trattenendo una risata.
«Qualcuno che tratta le donne meglio di te di sicuro.»
Malia scosse lievemente la testa, incredula. Avrebbe dovuto intervenire prima che la situazione sarebbe degenerata ma non aveva le energie per affrontare nuovamente Derek. Nessuno aveva chiesto a Stiles di intromettersi, lui non era il suo ragazzo né tantomeno un suo amico, avrebbe dovuto rimanere fuori da quella faccenda. Malia si chiese cosa ci fosse nel suo cervello, bastava un’occhiata di sfuggita per capire che Derek non solo era anagraficamente più grande, ma anche più alto, muscoloso e forte. Avrebbe potuto far cadere per terra Stiles, privo di sensi, con un solo pugno.
Fortunatamente ciò non accadde, Derek si limitò a sorridere incredulo, quasi intenerito dalla scena, e a superare Stiles senza affrontarlo, diretto verso l’interno della casa.
«Ma si può sapere cos’hai in quella testa?» lo attaccò subito Malia, avvicinandosi a Stiles.
«Scusa se ho semplicemente cercato di aiutarti!»
«Aiutarmi?» ripeté la ragazza, incredula, muovendo ancora un passo in direzione di Stiles. «Ti sembro una che ha bisogno di aiuto?»
Lui deglutì. «Devo davvero risponderti?» domandò a bassa voce, inarcando lievemente un sopracciglio. «Lo sai che non è normale impiegarci quasi un’ora andare da casa tua a qui.»
Malia strinse le labbra e respirò profondamente. «Non pensavo fossi il tipo che rinfaccia i favori che fa.»
«Non lo sono» ribatté Stiles. «Sei tu che mi costringi ad esserlo, con una gratitudine pari a zero.»
Malia avrebbe voluto ribattere, ma capì che quella conversazione non avrebbe portato da nessuna parte se non ad un ulteriore litigio. Decise così di alzare le mani, in segno di resa, e muovere alcuni passi indietro, allontanandosi da Stiles. Socchiuse le labbra, pronta ad aggiungere qualcosa prima di andarsene, ma le serrò esalando un sospiro e si voltò allontanandosi da lì.
 



Le risse tra donne sono il mio forte ahaha
Ora si capisce perché ho deciso di lasciare Malia una Tate, per quanto ami il personaggio di Peter. Ci tenevo a inserire questa sua passata relazione con Derek anche se non so ancora che ruolo avrà nella storia.
Spero che questo capitolo vi piaccia, se siete ancora vivi battete un colpo :D
Jas



 

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Capitolo 7
*** VII ***






 
 
 
Malia teneva gli occhi chiusi, la testa appoggiata alla testiera della poltrona mentre i caldi raggi del sole le accarezzavano la pelle leggermente abbronzata. Non aveva sonno, semplicemente trovava quella posizione rilassante e sembrava aiutarla a parlare come invece non avrebbe fatto se avesse visto il suo interlocutore. La voce di Deaton inoltre era calma e distendente, e il silenzio assoluto che c’era nella stanza la rendeva particolarmente melodiosa.
«Sono contento dei progressi che sei riuscita a fare. Lo sapevo di aver posto la giusta speranza in te» si congratulò Deaton.
«Non ho finito» riprese Malia.
Gli aveva raccontato della partita di lacrosse, di Kira e del suo invito alla festa, ma non aveva ancora nominato Stiles, il fatto che fossero andati insieme alla festa e tutto ciò che era successo dopo. Non era sicura che Deaton avrebbe approvato le sue azioni, tantomeno il fatto che avesse coinvolto qualcuno che evidentemente aveva qualche problema.
«Prima però voglio sapere qual è la patologia di Stilinski.»
Malia sentì Deaton sorridere. «Patologia?» ripeté divertito.
La ragazza non rispose, ignorando la frecciatina.
«Non sono uno psichiatra» chiarì lui. «Il fatto che Stiles abbia bisogno del mio aiuto non fa di lui una persona malata, e nemmeno te. Il fatto che siate andati insieme alla festa non è un problema.»
A quel punto Malia aprì un occhio, e poi l’altro. «Come fai a sapere che c’era anche lui?» domandò, infastidita.
«Ho incontrato lo sceriffo Stilinski in settimana, e mi ha accennato la cosa. Ma ciò che m’incuriosisce di più è sapere perché tu hai omesso questo particolare.»
«Stavo per arrivarci» chiarì Malia, chiudendo nuovamente gli occhi e riprendendo a raccontare. «E ci tengo a specificare che è una cosa difficile da ammettere per me, mi sono trovata costretta a confessarla a Stilinski.»
Rimase per alcuni secondi in silenzio, riordinando i propri pensieri. Deaton non la spronò ad andare avanti, si limitò ad attendere con pazienza che Malia gli raccontasse tutto ciò che aveva da dire.
«Io mi ero messa d’accordo con Kira» spiegò la ragazza. «Poi per vari motivi che non sto qui ad elencare, è arrivato Stiles a prendermi. Non so come ho fatto a non pensare che la casa di Lydia fosse troppo lontana per arrivarci a piedi, e quindi Stiles era in auto. Siamo andati alla festa in auto.»
A quel punto Malia si schiarì la voce e riaprì gli occhi, era troppo curiosa di leggere sul viso di Deaton la reazione alle sue successive parole per rimanere con le palpebre serrate.
«Era dall’incidente che non salivo su una macchina» specificò.
Sorprendentemente, Deaton non mosse un muscolo. Rimase in silenzio ad attendere un’ulteriore azione da parte di Malia, che interpretò il suo mutismo come un incentivo a continuare  a parlare ed esternare i suoi pensieri.
«È andata bene, meglio di quanto mi aspettassi» ammise. «Ovviamente ero terrorizzata, non so bene neanch’io da che cosa. Se di fare un incidente, o di causare ancora altro dolore. Ma alla fine sono sopravvissuta. Anche se non abbiamo superato la soglia dei trenta chilometri orari.»
«Risaliresti ancora su un’auto?» domandò Deaton.
«Sono tornata a casa con Kira, che fortunatamente non è andata molto più veloce a causa della strada non illuminata. È andata meglio, ero meno spaventata dell’andata.»
«Quindi solo io e Stiles sappiamo di questa tua… Paura?»
Malia annuì imbarazzata.
«E lui ti ha aiutato a superarla» confermò Deaton, più per riordinare i suoi pensieri che per avere una conferma da parte della ragazza.
«Onestamente, più di quanto avrei immaginato» ammise lei.
L’uomo scrisse qualcosa sul suo taccuino.
«E perché non ti ha riportata lui a casa?» chiese, alzando di nuovo lo sguardo.
Malia non rispose immediatamente, troppo intimidita dalla reazione che avrebbe potuto avere Deaton dopo aver saputo l’intera storia.
«Se stai temporeggiando per inventarti una bugia…»
«No, non è quello» spiegò Malia. «È che mi sono comportata male con lui» si affrettò ad aggiungere. «Alla festa un ragazzo mi ha importunata, lui è intervenuto per difendermi e io gli ho detto di stare fuori dagli affari miei. E si è offeso.»
Aveva omesso vari particolari, più o meno importanti, ma dubitava che Deaton avrebbe condiviso i suoi metodi aggressivi di risoluzione delle controversie o le sue precedenti relazioni. Quei fatti inoltre, non andavano ad influenzare la sua terapia, non avevano niente a che fare con l’incidente e Malia non trovava necessario che Deaton sapesse proprio tutto di lei.
«Dovrebbe essere qua.»
La voce di Deaton interruppe i pensieri di Malia, che lo guardò confusa.
«Stiles» chiarì lui. «Dovrebbe essere qua fuori. Da quanto mi hai lasciato intendere è stato un buon amico per te. Mi sembra quasi superfluo dirti che devi scusarti.»
Malia corrugò le sopracciglia. «Devo…» cominciò, confusa, indicando col pollice destro la porta alle sue spalle.
Deaton annuì. «Chiarite, e poi sei libera. Ci rivedremo la settimana prossima.»
La ragazza strinse le labbra in segno di disappunto, ma evitò di ribattere e si alzò dalla sedia.
«Mi sembra di essere finita all’asilo» commentò, sotto lo sguardo divertito di Deaton, prima di prendere la sua borsa ed uscire dalla stanza.

Stiles era seduto al solito posto, le gambe magre e lunghe distese davanti a sé e le braccia conserte. Indossava dei jeans chiari, non molto aderenti, e una maglietta blu a maniche corte.
Quando sentì la porta dello studio di Deaton aprirsi alzò lo sguardo, incontrando quello di Malia che lo osservava in silenzio.
Stiles voleva aspettare che lei uscisse dalla stanza per alzarsi ed entrare nello studio ma la direzione che prese la ragazza non fu verso la porta. Malia infatti si avvicinò a lui, e si sedette sulla sedia accanto, sotto lo sguardo confuso e stupito di Stiles.
Malia appoggiò la borsa tra le sue gambe e rimase in silenzio per alcuni secondi, durante i quali Stiles attese con pazienza. Non capiva quali fossero le intenzioni della ragazza, ed evitò di sforzarsi di comprenderle, sapendo già che non ci sarebbe riuscito.
Aveva lo sguardo basso, le mani strette tra di loro, e il viso coperto dai capelli sciolti che le cadevano sugli occhi. Quando alzò di scatto la testa, le sue iridi scure s’incontrarono con quelle color nocciola di Stiles, che si trattenne dal distogliere lo sguardo come invece avrebbe fatto in qualsiasi altra occasione.
«Senti volevo chiederti scusa» esalò tutto in un fiato lei, talmente velocemente che per Stiles fu impossibile cogliere qualsiasi sfumatura emotiva nella sua voce.
«Bene, Deaton sarà fiero di te. Ora posso andare?» domandò lui, appoggiando le mani sulle gambe ed accingendosi ad alzarsi.
«No aspetta.»
Malia trattenne Stiles per un polso, costringendolo a risedersi. Ritrasse immediatamente la mano sentendosi a disagio per quel contatto.
«Mi dispiace davvero» ammise. «Non che tu improvvisamente mi piaccia o altro» si affrettò a chiarire. «Ma sei stato un buon…»
«Amico?» osò concludere Stiles.
Malia strinse le labbra. «Aiutante» chiarì.
Il ragazzo accennò un sorriso.
«Non avrei dovuto reagire così, ma mi hai presa in un momento critico» spiegò lei.
«Scuse accettate.»
Malia annuì, ed era pronta ad alzarsi se Stiles non avesse continuato.
«Però mi devi dire cosa c’è tra te e Derek Hale. Non so se sai che…»
«So tutto» lo interruppe Malia. «Spaccio, estorsione, altri reati minori…»
Il ragazzo annuì.
«Comunque, giusto per saziare la tua sete di sapere, non c’è niente tra di noi» chiarì Malia.
«Non è quello che Lydia ha fatto capire» osservò Stiles.
Lei alzò gli occhi al cielo. «Ero giovane ed ingenua.»
Il ragazzo trattenne una risata. «Ora sei vecchia?»
«Più di quanto non fossi alcuni mesi fa» precisò Malia, seccata. «Comunque non è successo niente di che. Ero sola, addolorata e persa, mi sono fatta abbindolare dal fascino dell’uomo più grande, vissuto, un po’ fuori legge. Non è stata nemmeno una relazione, solo sesso. E il tutto sarà durato al massimo tre mesi, anzi nemmeno.»
«E poi perché è finita?» domandò Stiles, cercando di ignorare il fastidio che aveva provato nel sapere che Malia, in qualche modo, aveva frequentato quell’uomo. Meritava di meglio, nonostante il carattere un po’ scontroso lui sapeva che infondo era una brava ragazza, che si era trovata soltanto coinvolta in faccende ingestibili.
Malia si strinse nelle spalle. «Ho perso interesse. È una persona che non ha nulla da dare. Mi ha trascinata più a fondo di quanto non fossi già, per fortuna me ne sono resa conto e l’ho lasciato perdere. Comunque non frequenta i posti che i ragazzi di Beacon Hills frequentano, sabato è stata la prima volta che l’ho rivisto dopo che per l’ultima volta me ne sono andata dal suo loft. Se ora si diverte con Lydia credo che lo vedrò più spesso.»
«E ora sei risalita?» domandò Stiles.
«Come scusa?»
Malia lo guardò confusa.
«Hai detto che ti ha trascinata a fondo, ora sei risalita?»
La ragazza increspò le labbra, quasi intenerita dalla preoccupazione che trapelava dalla voce di Stiles. Inclinò lievemente la testa ed appoggiò la sua mano su quella dal ragazzo.
«Non credo che risalirò mai. Non dopo tutto quello che ho passato» mormorò, quasi come se stesse confessando un segreto.
Stiles aprì la bocca per ribattere, ma prima che riuscisse a formulare una risposta adeguata, Malia si era alzata dalla sedia ed era uscita dalla stanza.



I'm back!
L'inizio della quinta stagione mi ha fatto tornare la voglia di scrivere e aggiornare ahaha
Spero che non vi siate dimenticate di queste due piccole creature, fatemi sapere che ne pensate del capitolo! 
Alla prossima,
Jas
 

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Capitolo 8
*** VIII ***







 

Il caldo e l’afa erano spezzati soltanto da una leggera brezza che scompigliava le ciocche dei capelli di Malia che erano sfuggiti alla treccia che li raccoglieva. Era seduta su una panchina nel parco di Beacon Hills, all’ombra di un albero, con le All Star appoggiate sul legno dipinto di verde scuro e le ginocchia tenute tra le braccia, a sfiorarle il mento. Osservava alcuni bambini giocare sullo scivolo mentre si chiedeva quanti anni avessero, sembravano coetanei di sua sorella ma non riconobbe in quei visi nessuno dei volti che vedeva quando andava a prenderla a scuola. Avrebbe avuto nove anni compiuti, i capelli più chiari di quelli di Malia a sfiorarle le spalle e gli occhi scuri come quelli della sorella, pronti a far innamorare il ragazzo più bello della classe. Probabilmente avrebbe chiesto consiglio a Malia, che di dare suggerimenti non era capace, e avrebbe finito per ascoltare le sue amiche, alcune delle quali invidiose della sua bellezza e della sua esuberanza.
Malia si asciugò una lacrima sfuggita al suo controllo senza che nemmeno se ne accorgesse, poco prima che Kira la raggiungesse. Quella mattina l’aveva chiamata e le aveva chiesto di incontrarsi per fare una passeggiata e due chiacchiere, Malia aveva accettato, contenta di non averla spaventata con i suoi comportamenti aggressivi alla festa di Lydia.
Malia si alzò dalla panchina.
«Stai aspettando da tanto?» domandò Kira, preoccupata.
La ragazza scosse la testa. «No, sono qui anch’io da alcuni minuti» spiegò, prima di incamminarsi con lei sul sentiero sterrato.
«Sai» cominciò Kira, mettendosi le mani nelle tasche della gonna in jeans che indossava. «Non capisco il fondamento delle voci che circolano su di te» ammise.
Malia trattenne un sorriso, per nulla sorpresa dal fatto che le persone sparlassero di lei. Non che avesse mai cercato di evitare la cosa, non se n’era mai interessata e non le importava delle cose che le persone dicevano sul suo conto, vere o false che fossero. «Del tipo?» domandò tuttavia, curiosa di saperne qualcosa di più.
«Che sei una stronza sociopatica.»
A quelle parole Malia scoppiò a ridere, lusingata dalle voci che giravano sul suo conto. «Almeno sono cose vere» osservò.
«Non sei una stronza sociopatica» rifletté Kira. «O almeno non con me.»
Malia le sorrise grata. «Beh, grazie per il complimento. Ma lo sono» confermò. «Con chi voglio io.»
«Tipo Stiles?» rifletté Kira, divertita.
«Esatto, e le persone che non mi vanno a genio in generale, ossia il 99% della popolazione di Beacon Hills.»
A quelle parole Kira scoppiò in una fragorosa risata che la costrinse a chiudere gli occhi e coprirsi la bocca con una mano.
«Stiles non è poi così male se lo conosci» ammise. «È un buon amico.»
Malia annuì pensierosa, non lo metteva in dubbio. Nonostante tutto con lei si era sempre comportato bene, e per quello non lo poteva biasimare.
«Credo che anche Scott lo sia» ammise, cercando di sviare l’argomento di conversazione ma rendendosi conto solo dopo di come le sue parole sarebbero potute essere interpretate. «Insomma, è simpatico» si affrettò a chiarire.
Kira sorrise. «Sì ho capito cosa intendi» la rassicurò. «In effetti non mi posso lamentare, avrebbe potuto andarmi peggio.»
«Molto peggio» osservò Malia, pensierosa.
Kira la guardò confusa, certa che ci fosse qualcuno di specifico a cui si stava riferendo, senza tuttavia riuscire a capire chi.
«A proposito di Scott» esordì invece. «Poi dovrei passare a casa sua. Volevamo ordinare la pizza da un nuovo ristorante italiano che ha aperto in città. Dicono che sia buono. Se ti vuoi unire a noi…»
Malia sorrise imbarazzata. «È gentile da parte tua ma mi sentirei un po’ fuori luogo, insomma, non vorrei rovinare la vostra serata romantica…»
«Ma che serata romantica!» esclamò  Kira. «Ci sarà anche Stiles.»
«Credo sia quasi peggio» ammise Malia, divertita.
«Insisto. Avrai la possibilità di conoscerlo meglio e capire che alla fine non è poi così male come sembra.»
 
 
 
Malia si era ritrovata costretta ad accettare l’offerta, più per l’insistenza di Kira e per evitare di offenderla che perché fosse davvero interessata ad approfondire la conoscenza di Stiles. Così, quando era giunta l’ora di tornare a casa, Malia aveva seguito Kira verso la casa di Scott che distava soltanto a poco più di dieci minuti a piedi dal parco.
Perfino dal portico sul quale stavano aspettando che qualcuno venisse loro ad aprire erano udibili delle strane urla.
«Stanno giocando ai videogiochi» spiegò Kira, cercando di giustificare il baccano.
Dopo alcuni secondi qualcuno aprì la porta. Scott accolse le ragazze con un sorriso e diede un rapido bacio sulla bocca di Kira.
«Scusate, dovevamo finire il duello» si giustificò per il ritardo nel rispondere, spostandosi dall’uscio per far spazio all’interno della casa.
«È arrivata Kira?» domandò Stiles dal salotto, con lo sguardo concentrato sulla televisione e il telecomando tra le mani.
«Sì, c’è anche Malia» spiegò Scott, tornando a sedersi accanto a lui sul divano.
A quelle parole Stiles si voltò di scatto, vedendo la ragazza prendere posto di fianco a lui e lasciando quello vicino a Scott a Kira.
«Oh, ciao» disse, leggermente frastornato. «Non mi aspettavo di vederti qui.»
«E invece…» rispose sconsolata Malia, lasciandosi andare sullo schienale del divano ed osservando lo schermo della tv.
Stiles non rispose, tornando a concentrarsi sul videogioco.
«Sai giocare a Call of Duty?» domandò Scott dopo alcuni attimi di silenzio, interrotti soltanto dal rumore degli spari in televisione.
Malia scosse la testa. «Non amo molto i videogiochi» ammise. «Soprattutto quelli di guerra.»
«Macchine?» domandò Stiles, distogliendo per un istante gli occhi dalla tv per guardarla.
Lo sguardo di rimprovero che Malia gli rivolse, però, lo costrinse a deconcentrarsi dal gioco per un attimo di troppo.
«Morto!» esclamò Scott, alzando le braccia al cielo, mentre sulla parte sinistra della televisione lampeggiava la scritta “game over”.
«Non vale!» esclamò Stiles seccato, lasciando il telecomando sul tavolino e buttandosi con la schiena sul divano.
«La prossima volta guarda meno Malia e di più ciò che stai facendo» lo riprese amichevolmente Scott, facendo arrossire visibilmente Stiles che abbassò lo sguardo imbarazzato.
Malia sorrise divertita. «Non pensavo fossi così schiappa» lo prese in giro, dandogli una leggera gomitata sul fianco.
«È colpa tua» si lamentò lui, mettendosi a braccia conserte e mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
Malia lo guardò con la coda dell’occhio, aveva un’espressione corrucciata, le labbra serrate e le sopracciglia increspate. Lo trovò divertente, e avrebbe continuato ad importunarlo se Kira non avesse parlato.
«Ordiniamo le pizze? Io ho fame» si lamentò.
 
 
 
Il film non era arrivato nemmeno a metà quando Malia sentì qualcuno appoggiarsi sulla sua spalla. Abbassò lo sguardo senza muovere la testa e vide con la coda dell’occhio Stiles che dormiva profondamente, la bocca aperta e il respiro pesante.
Increspò le labbra a quella visione, i suoi capelli le solleticavano il collo e poteva sentire l’odore del dopobarba che utilizzava. Sembrava che non dormisse da giorni talmente pareva stanco e spossato. Malia prese il telefono dalla tasca dei jeans per controllare l’ora, erano le dieci passate. Sarebbe stato meglio se fosse tornata a casa, onde evitare che suo padre arrivasse dal lavoro senza trovarla.
«È meglio che io vada» disse, rivolgendosi a Scott e Kira, accoccolati dalla parte opposta del divano.
A degli occhi estranei quella sarebbe potuta sembrare una classica uscita a quattro, se non fosse stato che a Malia non interessava conoscere Stiles sotto quel punto di vista.
Avevano passato tutta la serata a lanciarsi frecciatine e a fare battute punzecchianti, cercando di avere sempre l’ultima parola. Ma Malia aveva imparato a difendersi con le parole più di quanto non facesse con le mani e aveva quasi sempre zittito il ragazzo che si limitava ad alzare gli occhi al cielo, in realtà non troppo infastidito da quella situazione.
«Di già?» domandò Kira, spostando il braccio del suo ragazzo dalle spalle per poter vedere il viso di Malia.
Lei annuì. «Per Stiles non sembra che sia molto presto» osservò, trattenendo una risata.
A quel punto alzò leggermente la spalla destra, facendo muovere di conseguenza la testa di Stiles, che tuttavia non sembrò per nulla disturbato da quel gesto.
«Stiles» lo chiamò a bassa voce lei, cercando di svegliarlo.
A quel punto, non ricevendo alcuna risposta, avvicinò la mano sinistra alla bocca del ragazzo e con un gesto rapido gliela tappò, facendogli aprire gli occhi di scatto, spaventato.
«Ma che…» esclamò lui, drizzando la schiena immediatamente e guardandosi intorno spaesato e terrorizzato.
Malia non riuscì a trattenersi dal ridere. «Scusa» disse, senza tuttavia sforzarsi di risultare credibile.
«Mi hai fatto prendere un infarto» si lamentò lui, col respiro ancora accelerato per il brusco risveglio e lo spavento.
«Mi stavi pesando sulla spalla» spiegò lei. «E io devo andare.»
A quel punto Stiles si stropicciò gli occhi ancora assopiti dal sonno.
«Che ore sono?» domandò, guardandosi intorno alla ricerca del suo cellulare.
«Quasi le dieci e mezza» disse Malia, alzandosi e prendendo la giacca in jeans che aveva appoggiato sul bracciolo del divano quand’era arrivata.
«È meglio che anch’io vada a letto» osservò Stiles, approfittando dello spazio vuoto lasciato da Malia per stiracchiarsi comodamente.
«Andate tutti?» domandò allora Scott, abbassando leggermente il volume della televisione per poter parlare  più tranquillamente.
Malia annuì. «Grazie per la bella serata» disse, rivolgendo un sorriso gentile al ragazzo.
«Ti chiamo in settimana» l’avvertì Kira. «Buonanotte.»
«Certo, buonanotte» rispose Malia.
«Ciao a tutti» salutò invece Stiles, seguendo la ragazza fuori da casa di Scott.
«Che freddo» esclamò non appena si chiuse la porta d’entrata alle spalle.
L’aria serale era fredda e colpì all’improvviso il viso ancora assonnato di Stiles, facendogli lacrimare leggermente gli occhi. Attraversò il vialetto della villetta fino a raggiungere la strada e quando notò che Malia era in procinto di incamminarsi sul marciapiede, si arrestò.
«Non vuoi un passaggio?» domandò, estraendo le chiavi della macchina dalle tasche dei jeans.
«Abito a dieci minuti a piedi da qui» spiegò, stringendosi nelle spalle con l’intenzione di contrastare l’aria fresca.
«Dai sali in macchina» la spronò lui, superando il jeep per arrivare dalla parte del guidatore. «È buio» aggiunse, mentre inseriva la chiave nella serratura dell’auto.
«Non avrai ancora paura» insistette Stiles, sfidandola implicitamente. Sapeva che non avrebbe facilmente mostrato le sue debolezze, soprattutto se poteva farne a meno. Infatti Malia abboccò. Alzò gli occhi al cielo e si avvicinò alla macchina.  
«Lo sai che sei una brutta persona, vero?» lo riprese, salendo a bordo.
Stiles girò la chiave ed attese alcuni istanti perché questa si accendesse. «Perché tu no?»
Malia si voltò a guardare Stiles e sorrise lievemente. Stava per rispondere ma fu distratta dall’auto che si muoveva, e istintivamente allungò la mano per stringere il braccio di Stiles, nervosa.
«Non preoccuparti» la tranquillizzò lui. «Vado piano.»
Malia sospirò sollevata e mollò leggermente la presa, tuttavia prima che potesse riappoggiare la propria mano sulla coscia, sentì le dita di Stiles intrecciarsi con le sue. Alzò lo sguardo di scatto, sorpresa e confusa da quel gesto, ma lui continuò a mantenere lo sguardo sulla strada, indifferente.
«Così magari ti calmi» disse soltanto, sorridendo lievemente.
A quelle parole Malia annuì, cercando di concentrarsi sul calore che la pelle di Stiles emanava e non sulla lancetta del contachilometri che sfiorava i quaranta.
Abbassò lo sguardo sulle dita ossute di Stiles, rese ancora più pallide dal contrasto con la sua pelle, leggermente più scura.
«Perché vai da Deaton?» domandò allora, tutt’ad un tratto, alzando la testa per guardare il profilo di Stiles.
A quella domanda le sopracciglia del ragazzo si aggrottarono leggermente. «Tu perché ci vai?» chiese.
Malia gli avrebbe detto che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, ma non aveva nulla da nascondere, anzi, le parve strano sentirsi chiedere qualcosa la cui risposta era palese.
«Credo sia piuttosto ovvio» disse quindi.
Stiles lasciò la presa dalla mano di Malia, e inizialmente lei lo prese come un gesto di seccatura, sentendosi poi una stupida per averlo pensato: doveva solo cambiare marcia.
«È ovvio soltanto il motivo generale, ma credo che ci sia un problema ben preciso.»
Malia sospirò, e si accorse solo in quel momento di essere arrivata ormai a casa. Intravide la casa infondo alla strada e notò le luci accese in salotto. Probabilmente suo padre era appena arrivato.
«Perché sono colpevole» mormorò allora lei, mentre l’auto perdeva velocità fino ad arrestarsi completamente.
«Colpevole per che cosa?» domandò Stiles confuso, voltandosi finalmente verso Malia.
«Guidavo io» spiegò soltanto lei, incastrando i suoi occhi neri in quelli del ragazzo, che la guardavano sorpresi.
«Ma non…»
«Senti lasciamo stare» lo interruppe Malia, aprendo la portiera dell’auto. «Grazie per il passaggio» aggiunse, un attimo prima di scendere dall’auto.
Stiles la salutò con la mano. «Non c’è di che» mormorò confuso, ma la sua voce fu sovrastata dal tonfo della portiera che si chiudeva alle spalle di Malia.
La ragazza attraversò il giardino poco curato ed entrò in casa. Non aveva ancora saputo il motivo delle sedute di Stiles da Deaton.



Eccomi!
Sono rientrata ieri in possesso del mio computer e ho aggiornato il prima possibile.
Non aprivo efp da quando ho postato il capitolo scorso e se devo essere sincera, sono rimasta piacevolmente sorpresa dalle recensioni che ho ricevuto (graziegraziegrazie, rispondo tra un attimo!)
Che dire? La storia prosegue, Malia è sempre più curiosa nei confronti di Stiles tuttavia non riesce ancora a scoprire il motivo delle sue sedute da Deaton.
Tutto verrà rivelato a tempo debito, non vi preoccupate. Io però voglio sapere cosa ne pensate voi di come si stanno sviluppando le cose.
Vi ringrazio per l'appoggio,
al prossimo capitolo!
Jas


 





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Capitolo 9
*** IX ***





 
Malia strinse le labbra pensierosa, non le era mai piaciuto andare a scuola e sebbene non fosse mai stata bocciata, aveva sempre fatto il minimo indispensabile. Ecco perché quando Deaton le aveva porto un bloc-notes e una matita aveva sbuffato, senza nemmeno sapere cos’avrebbe dovuto scriverci.
«È da un mese ormai che ci vediamo» esordì lui, ignorando il viso scocciato e poco propenso che aveva davanti. «Vorrei che ti prendessi del tempo per scrivere cosa ti sembra che sia migliorato in te. Come ti senti rispetto a prima che iniziassi a venire qua, o qualunque altra cosa ti passa per la mente.»
«Devo proprio scrivere?» domandò. «Non possiamo… Parlarne?»
Deaton scosse la testa. «Voglio che tu scriva su quel foglio e che poi lo conservi. Ti ricorderà la strada che hai fatto, e quella che potrai ancora fare, quando ti sentirai giù di morale e smarrita.»
«Chi ti dice che io mi senta… Migliorata?»
Deaton sorrise. «Si vede lontano un miglio. E anche tu lo sai. Quindi per favore smettila di provocarmi e scrivi.»
Malia drizzò la schiena, sorpresa da quella risposta, e troppo sbigottita per riuscire a rispondere a tono, abbassò lo sguardo su quel foglio a righe e cominciò a scrivere in silenzio.
Sentiva lo sguardo di Deaton addosso, nonostante ciò cercò di concentrarsi su quello che stava facendo, così da porre fine a quella situazione fastidiosa il prima possibile.
Deaton l’aveva spronata a farsi degli amici, e sebbene non li conoscesse ancora molto bene Kira e Scott sembravano simpatici. Anche Stiles non era poi così male, aggiunse anche il suo nome ma con qualche riserva, sperava soltanto che Deaton non avrebbe insistito su di lui. Un mese prima non avrebbe nemmeno mai pensato di salire su un’auto, di andare a una partita di lacrosse o ad una festa di Lydia Martin. Aveva già scritto cinque righe e le sembrava più che sufficiente. Porse il bloc-notes a Deaton che, sorprendentemente, non lesse nulla di ciò che Malia aveva scritto. Si limitò a staccare il foglio e a restituirglielo.
«Questo è per te» disse. «È stato più facile di quanto credessi.»
Malia osservò un’ultima volta la sua calligrafia corsiva, piegò il foglio in quattro e se lo mise in tasca. «A cosa ti riferisci?» domandò confusa.
«Pensavo che per convincerti a scrivere avrei dovuto minacciarti» ammise Deaton divertito.
«Ti ho voluto semplificare il lavoro.»
«La parte più difficile arriva ora» l’avvertì lui, facendosi improvvisamente serio.
Malia notò il cambiamento repentino dell’espressione del suo psicologo e senza rispondere, deglutì e strinse i braccioli della poltrona con le mani. Non sapeva ancora a cosa Deaton si stesse riferendo, ma non le fu difficile intuire che si trattava di qualcosa che non avrebbe accettato facilmente.
«È giunta l’ora di fare visita a tua madre e tua sorella.»
Malia a quelle parole si pietrificò, non mosse un muscolo oltre alla mascella che si contrasse visibilmente dalla rabbia.
Deaton rimase in silenzio, aspettando una reazione da parte della ragazza che tuttavia si limitò ad inspirare forte.
«Non credo» mormorò infine, in un sussurro così lieve che fu quasi inudibile nel silenzio dello studio.
«Malia…»
«No» lo interruppe la ragazza. «Mi avete chiesto di venire qua e l’ho fatto, ho ascoltato i tuoi consigli, li ho messi in atto per quanto possibile, ma credevo che volessi aiutarmi a superare questa cosa, non a farmi tormentare di nuovo dai sensi di colpa più di quanto non sia già.»
«Per superare qualcosa lo devi prima affrontare!» esclamò Deaton, alzando per la prima volta la voce. «Devi smetterla di scappare, di scegliere la strada più facile, di considerarti la colpevole di tutto ciò. Non hai colpe, se non quella di non essere mai andata a trovare tua sorella e tua madre defunte. Non credi che devi loro almeno questo?»
Malia si irrigidì, un lampo di rabbia le attraversò gli occhi scuri ormai umidi dalle lacrime.
«Non osare…» mormorò.
«È la verità. Credi che se fossero ancora qua sarebbero contente?»
Malia si alzò dalla poltrona. «Tu non sai niente! Te ne stai lì seduto a giudicare la vita degli altri senza sapere nulla! Chi ti credi di essere? Conoscevi mia mamma? Mia sorella? No, e allora chiudi quella bocca» gridò, ormai in preda all’ira.
«No ma conosco te, e non negare l’evidenza.»
«Non mi conosci invece» mormorò Malia prima di uscire dall’ufficio sbattendo la porta.
Vide Stiles seduto sulla sedia che la guardava prima stupito e poi dispiaciuto, Malia si asciugò le lacrime che le rigavano le guance e senza dire nulla si avviò verso l’uscita.
«Che succede?»
Stiles la trattenne per una mano e per un istante Malia si sentì sollevata da quel tocco così famigliare.
Strinse le labbra senza voltarsi, ma la presa di Stiles si rafforzò ulteriormente e lei abbassò lo sguardo sul pavimento scuro e si morse un labbro.
«Non… Non mi va di parlarne» ammise con voce tremante e il respiro affannato.
«Malia…»
Il ragazzo le appoggiò una mano sulla spalla costringendola a voltarsi. «Ti prego dimmi cosa c’è che non va.»
Lei si asciugò gli occhi con la mano libera prima di incrociare lo sguardo preoccupato di Stiles.
«Nulla, va’ da Deaton. Ti sta aspettando.»
Stiles aprì la bocca pronto a ribattere ma la chiuse l’istante dopo, lasciando la mano di Malia che se ne andò senza aggiungere altro.
 
 
 
Malia osservava la punta bianca delle sue scarpe resa visibile dalla luce della luna piena alta nel cielo. Le girava la testa e l’unica cosa che sembrava essere ferma era il muro addosso al quale la sua schiena era appoggiata e il prato sul quale era seduta. Il cancello del cimitero alle sue spalle era chiuso e il silenzio era interrotto soltanto dal cantare dei grilli.
Malia prese in mano la bottiglia di whisky che aveva rubato dal minibar di suo padre e ne bevve un sorso. Fece una smorfia schifata quando sentì il sapore forte dell’alcol scorrerle in gola e si pulì la bocca con il dorso della mano.
Era notte fonda, quel giorno non era tornata a casa se non per prendere dall’armadio della cucina qualcosa da bere. Quelle mura erano troppo piene di ricordi che in quel momento più che mai non riusciva a sopportare. Non avrebbe mai dovuto dare ascolto allo sceriffo Stilinski e a Deaton. In quei mesi era riuscita a trovare il suo equilibrio, ad andare avanti seppur incespicando, ma quel pomeriggio si era sentita smarrita come sei mesi prima. Per quanto le scocciasse ammetterlo, le parole di Deaton l’avevano colpita più di quanto si sarebbe aspettata. Poteva avere ragione, ma Malia non ne era convinta fino in fondo. Non si era dimenticata della sua famiglia, come avrebbe mai potuto? Sua madre e sua sorella erano nei suoi pensieri in ogni momento della giornata, il fatto che non fosse mai andata nel luogo in cui risiedevano fisicamente non faceva di lei una figlia o una sorella ingrata. Non aveva fatto altro che ripetersi quelle parole come un mantra per tutto il giorno, e per quanto fosse abbastanza sicura della loro veridicità, un senso di colpa sempre maggiore cresceva dentro di lei.
Malia lanciò la bottiglia di vetro davanti a sé. Questa rimbalzò alcune volte sul manto erboso prima di spaccarsi con un rumore agghiacciante.
 
 
 
«Malia!»
La ragazza alzò la testa di scatto sentendosi chiamare, Stiles la vide socchiudere gli occhi per mettere meglio a fuoco quella figura che avanzava verso di lei nell’oscurità.
«Vai via!» esclamò Malia, alzandosi di scatto e incespicando sui suoi stessi piedi.
Era visibilmente ubriaca e Stiles si chiese quanto avesse bevuto. Dopo aver chiesto a Deaton cosa le avesse detto per sconvolgerla così tanto, aveva passato l’intera seduta in silenzio, in segno di protesta per non aver ricevuto da parte sua alcuna informazione. Aveva poi chiamato Kira sperando che ne sapesse qualcosa di più, era persino andato a casa di Malia nella speranza di trovarla lì, e dopo aver setacciato Beacon Hills aveva deciso di andare al cimitero.
«Stai bene?» domandò.
Stiles cercò di avvicinarsi ulteriormente ma la ragazza si voltò dandogli le spalle.
«Vai via» ripeté lei in un mormorio meno deciso.
Il suo corpo cominciò ad essere scosso dai singhiozzi, Stiles mosse un passo verso di lei arrivando a pochi centimetri dalla sua schiena. Era indeciso su come comportarsi, gli atteggiamenti bruschi di Malia nei suoi confronti non gli permettevano di seguire l’istinto per paura delle sue reazioni. Quando la sentì tirare su col naso, però, Stiles le appoggiò le mani sulle spalle cercando di trasmetterle un po’ di conforto. Sorprendentemente, a quel contatto Malia si voltò verso di lui col volto rigato dalle lacrime e lo sguardo basso, e nel vederla così sconvolta Stiles la strinse tra le sue braccia senza esitazioni. Le accarezzò lentamente i capelli sentendone il profumo fino a quando il suo respiro si regolarizzò. Era talmente preoccupato per lei che solo in quel momento si rese conto di quanto i loro corpi fossero in contatto. Stiles deglutì improvvisamente nervoso e in quel momento Malia si staccò da lui lo stretto necessario per poter alzare la testa e guardarlo negli occhi.
Stiles sentì il suo respiro che sapeva di alcol ma quella vicinanza gli impediva di pensare a qualunque cosa da. Il viso di Malia si avvicinò lentamente al suo, senza interrompere il contatto tra i loro occhi, fino a quando le loro labbra si sfiorarono. A quel punto la ragazza si arrestò, rimanendo in quella posizione e lasciando che le loro bocche si sfiorassero soltanto in concomitanza dei loro respiri.
Gli sarebbe bastato muoversi di pochi millimetri, pensò Stiles, e approfondire quel bacio come troppo spesso aveva sognato di fare, ma Malia non era in sé e avrebbe preferito aspettare un’altra occasione, seppur correndo il rischio che questa non si sarebbe più presentata.
«È meglio che ti riporti a casa» disse quindi, staccandosi da lei e prendendo un respiro profondo.
«Stiles…» lo richiamò Malia, ma prima che potesse aggiungere altro, la ragazza si voltò di scatto e vomitò sull’erba.
 
 
 
La camera di Stiles era piccola e disordinata. La scrivania era ricoperta di vestiti, così come la sedia girevole davanti ad essa. Il letto era disfatto e sulle mensole accanto ad esso, oltre a delle collezioni di fumetti, erano poste delle foto di famiglia.
«Dov’è il bagno? Vorrei farmi una doccia» disse Malia, voltandosi verso il ragazzo rimasto in piedi sul ciglio della porta.
Era immerso nei suoi pensieri e sussultò quando si sentì rivolgere la parola.
«Da questa» mormorò lui, schiarendosi la voce.
Malia lo seguì in silenzio oltre la porta di fronte a quella della sua stanza.
«Gli asciugamani puliti sono qui» spiegò Stiles, indicando uno scaffale. Poi si avvicinò alla doccia ed aprì l’acqua. «Ci impiega un po’ a scaldarsi.»
«Mi puoi portare qualcosa di pulito in cui dormire?»
Il ragazzo annuì. «Torno subito.»
Malia lo osservò uscire dal bagno e chiudersi la porta alle spalle. Si spogliò in silenzio ed entrò nella doccia sebbene l’acqua non fosse ancora calda.
Voleva schiarirsi le idee e riprendersi dagli eventi di quella lunga giornata. Chiuse gli occhi e si lasciò distrarre dal rumore dell’acqua che scrosciava sulla sua pelle. Dopo alcuni minuti prese lo shampoo che trovò lì accanto e si lavò i capelli. Si stava insaponando il corpo quando sentì qualcuno bussare alla porta, probabilmente Stiles.
Aprì la tenda e gridò avanti.
«Ho trovato anche dei boxer… Oh.»
Stiles si arrestò sul ciglio della porta, i suoi occhi scrutarono il corpo nudo e insaponato di Malia e le sue guance si tinsero di rosso.
«Potevi dirmelo che eri già in doccia» borbottò con lo sguardo basso, lasciando i vestiti accanto al lavabo.
«Non sarò la prima ragazza nuda che vedi» ribatté Malia divertita, richiudendo la tenda.
«Beh, no ormai ho perso il conto di quante ragazze si sono spogliate davanti ai miei occhi» spiegò lui, guardandosi allo specchio mentre parlava, e pensando a quanto fosse incapace di mentire.
«Passami l’asciugamano» lo interruppe Malia. La ragazza richiuse l’acqua ed aprì la tenda.
Stiles gli porse l’asciugamano cercando di non abbassare lo sguardo oltre il suo collo sebbene gli risultasse quasi impossibile non ammirare quel corpo che fino ad allora aveva visto soltanto vestito. Prima che potesse perdere il controllo, però, Malia si coprì e lo ringraziò sorridendo.
«Stavo dicendo» riprese lui, schiarendosi la voce, «ti ho portato anche dei boxer che a me stanno stretti. Saranno comunque grandi per te ma…»
Malia sogghignò. «Grazie» disse, avvicinandosi agli abiti puliti.
«Ti aspetto di là» disse Stiles, uscendo dal bagno prima che Malia si togliesse l’asciugamano di dosso.
Alcuni minuti dopo la ragazza lo raggiunse in camera, la maglietta marroncina che gli aveva dato era larga e le arrivava parecchi centimetri sopra le ginocchia. Stiles indossava il pigiama ed era appoggiato alla scrivania con un fumetto in mano. Quando alzò lo sguardo e vide Malia sul ciglio della porta, lasciò scorrere lo sguardo sul suo corpo, poi richiuse il libro e le si avvicinò.
«Puoi dormire qua, io vado sul divano» l’avvertì.
«Non dire stupidate, è casa tua» osservò Malia a braccia incrociate.
«Non sai quante volte mi sono addormentato mentre guardavo la tv per poi svegliarmi all’alba. È comodo.»
«Puoi dormire qua, il letto è abbastanza grande per entrambi. Non accetto un no come risposta.»
Malia non aspettò una risposta, si sdraiò sotto le coperte ed osservò Stiles ancora in piedi con le sopracciglia inarcate.
«Allora?»
Il ragazzo si grattò la nuca, era palesemente nervoso, ma dopo alcuni istanti si avvicinò al letto e si mise accanto a Malia.
La ragazza rimboccò ulteriormente le coperte e chiuse immediatamente gli occhi.
«Spegni la luce» mormorò, col viso rivolto verso Stiles che era rimasto impietrito al suo posto.
«Ok.»
Il ragazzo allungò il braccio verso l’interruttore.
«E smettila di essere così nervoso. Non ti molesto, promesso.»
«Ok.»
 
 
 
Stiles aprì gli occhi di scatto. La sua stanza era completamente buia e sebbene fosse concentrato a mettere a fuoco qualunque cosa, non riusciva a vedere nulla. Qualcuno si stava muovendo nel suo letto, ma non dormiva con qualcuno da… Sempre. Gli ci vollero alcuni istanti per ricordarsi degli eventi della sera precedente. In quel momento sentì Malia mormorare qualcosa, mentre continuava a muoversi.
Stiles accese la piccola lampada posta sul comodino e si voltò verso di lei.
La guardò in silenzio per alcuni istanti e, come se lei si sentisse osservata, aprì gli occhi.
«Stiles» lo chiamò lei, leggermente stupita, nel sorprenderlo guardarla nel cuore della notte.
«Stavi parlando nel sonno» si giustificò lui. «Tutto bene?»
A quelle parole Malia si tranquillizzò, si limitò ad annuire mentre sbadigliava e chiuse di nuovo gli occhi.
«Torna a dormire» gli disse.
Stiles annuì e spense la luce, sdraiandosi di nuovo. Malia si mosse ancora accanto a lui, e il ragazzo rimase in silenzio ad ascoltare il fruscio delle lenzuola, fino a quando non sentì il braccio della ragazza appoggiarsi sul suo torace. A quel punto lei si fermò, Stiles rimase immobile ad ascoltare il suo respiro regolarizzarsi, ma dopo alcuni minuti la sua mano cominciò a perdere sensibilità.
«Mi si è addormentata la mano» bisbigliò, alzando il braccio e lasciandolo ricadere sopra la testa di Malia.
«Sono scomoda così» mormorò lei, avvicinandosi ulteriormente a Stiles fino a quando non fu abbracciata a lui, con la testa sulla sua spalla.
A quella vicinanza riusciva a sentire il profumo dei suoi capelli, che sapevano del suo shampoo da uomo che probabilmente aveva usato. Ma per quanto l’avere Malia avvinghiata a lui gli piacesse, quella posizione non era molto confortevole per dormire.
«Ora sono io ad essere scomodo» osservò infatti.
Malia sospirò, si staccò da lui e si voltò dalla parte opposta, dandogli le spalle.
Stiles si pentì delle sue parole, sentiva l’aria fredda sulla parte del corpo sulla quale fino a pochi secondi prima c’era appoggiata Malia.
«Abbracciami» gli ordinò lei.
Stiles rimase per alcuni secondi immobile, per paura che si fosse sognato quella parola, ma lei la ripeté.
Stiles avvolse il corpo di Malia tra le braccia e la strinse a sé, facendo incrociare le loro gambe. Sentì le dita della ragazza appoggiarsi sopra le sue e stringergli la mano. Stiles si lasciò cullare dal suo respiro regolare fino a quando si addormentò.
 



NO NON SONO MORTA! ahaha
Scusate per il ritardo, fossi in voi mi odierei, ma spero di essermi fatta un po' perdonare con questo capitolo super Stalia!
Poi mi sono accorta che non ho risposto alle recensioni di due capitoli fa nonostante avessi detto che l'avrei fatto, rimedio subito!
E grazie per le recensioni, mi riempite il cuore di gioria <3
A presto,
Jas


 

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