Lampi di STEREK di VENDA (/viewuser.php?uid=18211)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piani sballati ***
Capitolo 2: *** Proposta indecente ***
Capitolo 3: *** L'avventura di una vita ***
Capitolo 4: *** Valanga di parole ***
Capitolo 1 *** Piani sballati ***
Partecipa al Drabble Event del gruppo We Are Out For Prompt.
STEREK – I piani di Stiles sono sempre perfetti, tranne quando implicano lui e Jackson in un locale per gay, vestiti come due dei Village People, a caccia dell’ennesimo killer psicopatico e Jackson in crisi ormonale. Stiles sospira di sollievo all’arrivo di Derek, almeno finché non vede il ghigno soddisfatto sulla sua faccia.
Il
barista del locale aveva una faccia conosciuta, ma Stiles aveva bevuto
troppo per riuscire a concentrarsi a sufficienza per dare un nome a
quel
ragazzo moro, alto, muscoloso e decisamente indaffarato che si muoveva
come una
trottola dietro al bancone.
La
nuova minaccia che incombeva su Beacon Hills si aggirava per i locali
notturni e colpiva sempre tra mezzanotte e le 2 del mattino, le sue
vittime
erano giovani carichi di ormoni e adrenalina che si sfogavano, ballando
e
strusciandosi gli uni contro gli altri, in grandi sale illuminate da
colorate
luci intermittenti e invase dall'assordante musica da discoteca. Quel
giovedì
sera solo tre locali corrispondevano al profilo: Allison e Lydia erano
andate
in una discoteca dove si organizzava un revival anni 80, Scott e Isaac
perlustravano un locale interrato in cui era in corso una festa a tema
gotico
con musica heavy metal, mentre a Stiles e Jackson era toccato in sorte
un gay
disco-bar dalla parte opposta della città, dove in caso di
pericolo nessuno
sarebbe arrivato in tempo per salvarli. Il figlio dello sceriffo
continuava a
chiedersi come avesse fatto a farsi incastrare dal suo stesso piano.
«Rilassati,
Stilinsky! È solo un locale!» gli disse il
compagno di
disavventure per l'ennesima volta. Peccato che la divisa da poliziotto
sexy lo
rendesse poco credibile.
La
faceva facile lui, che evidentemente con la sua sessualità
aveva fatto
pace già da un pezzo. E poi perché diavolo
continuava a stargli addosso mentre
parlava?? Troppo alcool, troppi feromoni, troppi corpi su corpi lo
stavano
facendo sbarellare: Stiles era eccitato e frustrato allo stesso tempo,
ma per
fortuna di Jackson lui preferiva i mori ai biondi, anzi, un moro in
particolare
che...
«Senti,
me ne dai un altro?!» urlò Stiles quando
realizzò cosa stava
pensando, attirando l'attenzione del barista.
Il
ragazzo gli riempì di nuovo il bicchiere, mentre finalmente
sembrava che
ci fosse un po' di tregua per lui. Jackson stava guardando due ragazze
che
ballavano e limonavano al ritmo della musica, e anche Stiles
poté tirare un po'
il fiato ora che aveva indirizzato altrove la sua evidente crisi
ormonale.
«Sono
Josh!» disse il barista. «È il tuo
ragazzo?» chiese poi, indicando il
co-capitano.
«Cos-?
No! Certo che no!» rispose, urlando per sovrastare il casino.
«Siamo
qui per indagare sul serial killer!»
«Capisco!
Quindi è per questo che siete vestiti come i Village
People?!»
«No,
questa è stata un'idea di... oh! Lascia perdere,
va!»
Stiles
mandò giù il cocktail tutto d'un fiato. Quando si
girò, Jackson non
era più solo: accanto a lui c'era Derek. La sorpresa fu
così grande che gli
ultimi sorsi d'alcool che ancora non aveva ingoiato finirono sulla
maglietta
bianca del lupo, che gli si incollò all'istante sui muscoli
perfettamente
scolpiti del torace. Stiles, sotto shock, rimase a guardarlo con la
bocca
semiaperta e gli occhi spalancati: era da stupro!
Derek
ringhiò qualcosa sul suo essere imbranato, che
però il cervello
dell'umano non registrò, troppo occupato a cercare di
mantenere il controllo.
"Devono
avermi drogato il cocktail, non c'è altra spiegazione..."
tentò di auto convincersi. In ogni caso, il fatto che il
licantropo fosse lì
l'aveva fatto sentire sollevato: un bel set di artigli in caso di
necessità
avrebbe fatto comodo. Il sollievo però durò
finché non scorse un ghigno
soddisfatto che gli stirava le labbra.
«Bene,
io il mio l'ho fatto» disse Jackson. «Ora vi
lascio... buona
serata!»
Alcool,
musica assordante, Derek Hale con la maglietta bagnata... cos'aveva
detto Jackson? Boh...
«Bene...
ehm... che si fa?» chiese Stiles, indeciso.
Josh
prese il bicchiere vuoto e si sporse verso di lui per sussurrargli
qualcosa all'orecchio.
«Con
un tipo del genere saprei bene cosa fare!» ammiccò.
Ma
Stiles non riuscì a rispondere, perché quando il
barista si fu di nuovo
allontanato gli si avvicinò Derek, inchiodandolo con la
schiena contro il
bancone e parlando nell'altro orecchio. Un brivido gli corse da capo a
piedi,
quando sentì il fiato del lupo sulla sua pelle.
«Non
posso continuare le indagini così conciato,
Stiles» soffiò. «Ora
andiamo a casa tua e tu mi presti una maglietta pulita.»
L'umano
deglutì a vuoto, certo che Derek avesse sentito
distintamente
l'erezione che aveva in quel momento. Col cervello in tilt gemette
senza
accorgersene e questo fece capitolare anche il lupo, che
baciò quelle labbra in
perenne movimento affondandogli la lingua fino in gola, prima di
prenderlo per
mano e trascinarlo fuori dal locale.
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Capitolo 2 *** Proposta indecente ***
TW, Sterek. "Tu vuoi fare cosa?" "Una threesome!"
[Partecipa alla Drabble Midweek del 31 luglio-2 agosto sul gruppo We Are Out For Prompt.]
«Tu vuoi fare cosa?»
«Una threesome!»
«E che diavolo sarebbe una tri-cosa??»
«Andiamo, Derek! Non giri su internet? Non conosci le fanfiction?»
«Torni a parlare la mia lingua, per favore?»
«Noioso... una threesome sarebbe una cosa a tre!»
«E per "cosa" immagino tu intenda una scopata?»
«Beh, non l'avrei detto proprio così ma il senso è quello, sì.»
Derek ci mise poco a capire che il ragazzo era serio. O almeno credeva di esserlo, perché ci mise ancora meno a capire che non aveva idea di cosa tutto ciò avrebbe comportato. Il sangue Hale è un'eredità di tutto rispetto, e al lupo venne voglia di divertirsi un po'.
«Capisco» rispose, preparando la trappola. «Sai che ti dico? Ci sto.»
«Davvero?»
Stiles non si era preparato per una resa così immediata.
«Certo, ma ovviamente dobbiamo scegliere bene la terza persona, ho degli standard molto alti, io.»
«Beh, certo, anch'io...»
«Perfetto. Hai pensato già a qualcuno?»
«Veramente no» rispose Stiles.
«Poco male... allora propongo io?»
«Credo di sì... sentiamo...»
Derek finse di pensarci, poi di contare fantomatici pretendenti sulla punta di tutte e dieci le dita.
«Dunque» cominciò infine, «nella squadra di lacrosse qualcuno appetibile c'è... non so se escludere Scott o no, in fondo è il tuo migliore amico e, per quanto non sia affatto male, magari per te potrebbe essere un problema... ma Danny non è carino e anche Liam, con quell'aria innocente promette bene.»
«Frena frena!» lo interruppe Stiles. «Scott e Liam non mi sembra il caso, già devono gestirsi reciprocamente gli ormoni, potrebbero non prenderla bene. E Aiden mi sbrana se faccio una proposta a Danny, che tra l'altro non è neanche il mio tipo...»
«Giusto, Aiden! Anche lui è un bel tipo, lo metto in lista.»
«Idem come sopra, ma in questo caso sarebbe Danny a sbranarmi!»
«Beh, posso proporlo io, rischierei di meno...»
«COSA?? Non se ne parla! Mia l'idea, mia la proposta!»
«E meno male che sono io il noioso» puntualizzò Derek. «Tra le ragazze invece? Lydia è molto bella e pare che ci sappia anche fare...»
«Lydia è la mia cotta della terza elementare, vorrei che rimanesse pura.»
«Allora Malia, tanto voi due siete già collaudati a letto, no?»
«Scherzi?! Dopo che ci siamo lasciati in quel modo?? E poi è tua cugina, non so se è legale.»
«Kira? Piccolina, ben fatta... un tempo avevo un debole per le asiatiche.»
«Negativo, tra me e Scott c'è il veto sul passarci le ragazze.»
Stiles si stava pentendo secondo dopo secondo di aver proposto quella cosa: Derek andò avanti ancora un po', proponendo altri compagni di scuola, un paio di insegnanti, qualche commerciante particolarmente carino, dei colleghi poliziotti del padre.
«Parrish? Pensaci: avvicinandoci potremmo provare a scoprire che creatura è... e ha anche un certo fascino...»
«È il vice di mio padre! Se lo venisse a sapere la mia vita sarebbe finita!» rabbrividì solo a dirlo. «Senti, come non detto, ignora...»
«Chris Argent ha il fascino del pericolo e dell'esperienza...»
«No. Grazie. Non fa niente, non è...»
«Me lo vuoi proprio far dire, eh?» chiese Derek, mostrandosi scocciato. «E va bene, Peter non è poi così male...»
«ODDIO DEREK! Ma cosa...?!»
«Anche se forse con lui ci sarebbe un impedimento di altra natura, qualcuno che non sarebbe propriamente d'accordo...»
«Va bene! Va bene! VAAAA BENEEEEEEEE!! Ora basta, chiaro?? Cancella quello che ho detto e brucia la lista, se trovi un camino abbastanza grande! Non ho intenzione di fare questa cosa!»
«Ma guarda che mi stavo spremendo per farti contento.»
«Non mi fai contento facendomi sapere che ci sono così tante persone che ti faresti solo a Beacon Hills!»
Vittoria. Il ragazzo era caduto nella trappola del lupo.
«La proposta l'hai fatta tu, io cosa dovrei pensare?»
«Pensa a dimenticare quello che ho detto, non ho intenzione di condividerti con nessuno!»
«Questa proposta mi piace molto di più, scemo.»
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Capitolo 3 *** L'avventura di una vita ***
[Partecipa alla Winter is Coming Week del 31 agosto-6 settembre sul gruppo We Are Out For Prompt.]
DAY 1 - AU
TW, Sterek. (future!fic) Stiles non avrebbe mai pensato che avere delle vesciche alle mani potesse essere così soddisfacente, ma il duro lavoro ripagava il dolore senza alcun dubbio quando realizzava ciò che aveva raggiunto.
Stiles aveva letto un libro una volta, poi un'altra, poi un'altra ancora. Era diventato da subito il suo libro preferito: The Lord of the Rings. L'aveva letto prima che il suo migliore amico diventasse un licantropo e lui fosse coinvolto e travolto in quel turbine di guai e pericoli che si erano trovati a vivere da quel momento; eppure, fin dai tempi non sospetti, aveva tratto un grande insegnamento da quella storia favolosa: dopo una vita di avventure non si può, da un giorno all'altro, smettere, barricarsi in casa, appendere le armi al chiodo e chiudere l'adrenalina in un barattolo per sempre, non si può fare a meno dell'avventura una volta che la si è provata. E non importa quanti amici sono rimasti indietro, quanto avevano sofferto, quante volte avevano rischiato la morte.
Le sue avventure continuarono per molti anni: durante il liceo, al college, dopo la fine degli studi; ma tutto finisce prima o poi, e infine arrivò anche il giorno in cui il Nemeton fu rimesso a dormire. Trascorsero due mesi di serenità e spensieratezza, poi altri due di tristezza e insoddisfazione, poi altri due di vuoto e inutilità. Il tempo passava e lui stava sempre peggio, per questo decise di partire: proprio come Frodo e Bilbo capì che l'unica cosa che avrebbe dato un senso alla sua vita sarebbe stato trascorrerla in viaggio, su una barca, senza mettere radici troppo profonde in nessun posto in modo che avrebbe sempre potuto chiamare "casa" Beacon Hills. Certo, questo voleva dire lasciare tutti, separarsi da Scott, il suo migliore amico, da Lydia, la sua migliore amica, da suo padre, da Melissa che per lui era come una madre; voleva dire separarsi da Derek, l'uomo che amava da una vita ma a cui non era mai riuscito a dirlo.
«Senza radici, Stiles. Ce la puoi fare.»
Leggeva la tristezza e una mancanza anticipatoria negli occhi delle persone a cui lo disse, una volta che fu sicuro della decisione presa, ma tutti, prima o poi, gli diedero il loro benestare, consci che non si trattava di un "addio" ma di un lungo "arrivederci".
«Mi aspetto una cartolina da ogni posto che visiterai e mi dovrai portare anche un souvenir per ogni sosta» gli aveva fatto promettere Scott.
«Andrò a specializzarmi a Miami, se non ti farai vivo almeno una volta al mese urlerò così forte che mi sentirai ovunque sarai» lo aveva minacciato Lydia.
«Meno guai in città, immagino. Il mio lavoro sarà noioso... vedi di non combinarne dove andrai» aveva detto il padre.
«Almeno non morirai di fame visto che a cucinare te la cavi... e vedi di irrobustirti un po', mi raccomando» si era raccomandata Melissa.
Solo gli occhi di Derek non lasciavano trasparire nulla, come se non gli importasse. Solo Derek non gli diede il suo benestare, anzi non gli disse niente: quando furono soli nel loft, il lupo continuò solo a guardarlo, inespressivo e distante. Stiles se ne andò senza essere fermato.
Sarebbe partito il giorno dopo, doveva finire di sistemare le ultime cose. Come uno stupido si scoprì ad aspettare fino all'ultimo una visita di Derek dalla finestra, anche se quel pensiero non aveva nessuna base.
Il sole sorse prima di quanto avrebbe voluto, ma di certo non sarebbe tornato indietro proprio arrivato a quel punto. Raggiunse il molo con la morte nel cuore e la speranza negli occhi, imbarcò i bagagli e rimase a guardare l'orizzonte della città senza ancora levare gli ormeggi. Sentì un rumore provenire dalla cabina e si voltò di scatto, pensando a qualche pericolo: Derek Hale doveva essere salito a bordo prima di lui, e ora spuntava da sotto coperta e lo guardava senza avvicinarsi.
«Derek» Stiles pronunciò il suo nome per capire se era vero quello che stava vedendo. «Cosa... che ci fai tu qui?»
Sperò tanto che non suonasse come un'accusa, ma il lupo aveva senz'altro sentito la capriola che il suo cuore aveva fatto nel petto. E allora perché diavolo rimaneva così ostinatamente in silenzio?
«Hai intenzione di dire qualcosa? Sono due giorni che sembra che ti abbiano tagliato la lingua!»
Sperò tanto che l'altro cogliesse la rabbia che sentiva per quel suo comportamento, anche se l'accelerazione del sangue nelle vene aveva sicuramente tradito ben altro.
«Posso venire con te?»
Quella richiesta, formulata in modo così innocente e disarmante, spiazzò completamente il ragazzo: ora era il suo turno di restare in silenzio. Stupore e un briciolo di aspettativa si disegnarono sul suo volto, nella bocca semi aperta, negli occhi spalancati, sulla fronte corrugata. Non riusciva a parlare, eppure il suo corpo si mosse da solo: con poche lunghe falcate raggiunse Derek e lo abbracciò di slancio; fu quando si sentì stringere a sua volta da quelle braccia forti che capì di essere stato uno stupido per non averlo ancora fatto.
«Certo che puoi venire con me...» sussurrò, perché anche a cento metri di distanza sapeva che il lupo lo avrebbe comunque sentito.
Ora la partenza aveva un sapore e un significato completamente diversi.
Per il primo viaggio stettero via a lungo, perché avevano bisogno di trovare un equilibrio che fosse solo loro, e quando tornarono la prima volta portarono con sé tanti souvenir e ancor più racconti; ma soprattutto Stiles aveva le mani piene di vesciche, la pelle cotta dal sole, lo sguardo un po' più adulto, il sorriso un po' più vissuto e tanta voglia di partire ancora... tutti segni del duro ma gratificante lavoro, del peso dell'indipendenza, della soddisfazione di quell'avventura che, proprio come Frodo e Bilbo, continuava a vivere accanto a Derek giorno dopo giorno.
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Capitolo 4 *** Valanga di parole ***
[Partecipa alla Winter is Coming Week del 31 agosto-6 settembre sul gruppo We Are Out For Prompt.]
DAY 5 - ROM COM
TEEN WOLF, Sterek - “Ma qui non si tratta di essere acidi o meno, si tratta di essere spaventati, di aver paura di regalare la nostra fiducia alla persona sbagliata, di nuovo.”
«Ma qui non si tratta di essere acidi o meno, si tratta di essere spaventati, di aver paura di regalare la nostra fiducia alla persona sbagliata... di nuovo...»
«Frena frena, Derek! Fammi capire bene: stai davvero usando la tattica del "non sei tu il problema, il problema sono io"?!»
E pensare che Stiles non era andato al loft con l'intenzione di rendere partecipe il lupo dei sentimenti che provava per lui. Anzi, lui non aveva mai pensato che un giorno si sarebbero trovati a parlarne, perché dichiarare il suo amore a Derek era la prima voce nella sua lista delle cose escluse nella sua vita.
Ma poi al loft aveva trovato solo lui, che l'aveva fatto entrare invece di scacciarlo - primo errore.
Si erano messi a bere qualcosa di alcolico che al momento non ricordava più cosa fosse - secondo errore.
Lui si era beccato una sbornia triste e qualcosa che aveva detto li aveva portati a litigare - terzo errore. O forse no?
Derek non lo aveva comunque cacciato dal loft, quando gli aveva prima chiesto di mettersi una maglia addosso e poi gli aveva sbraitato contro che era un perfetto idiota se davvero non si era accorto dell'effetto che aveva sui suoi ormoni quando lo vedeva a torso nudo. Forse avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto sbatterlo fuori, o perlomeno cambiare discorso, anche solo provarci, Cristo santo! Ma infondo che colpa ne aveva il lupo se non era riuscito ad inserirsi nel fiume di parole con cui lo aveva travolto subito dopo?
«Sei un idiota!» aveva continuato a ripetergli. «Un acido, musone, grandissimo pezzo d'idiota!» gli insulti sconnessi dettati dall'alcool. «Quante volte devo salvarti il culo perché tu capisca che ci tengo davvero a te?! Cristo! Mi dovevo ubriacare per riuscire a dirtelo! Ma tanto non otterrò niente lo stesso! Anzi sì, otterrò te fuori dalla mia vita! Perché c'hai l'acido che ti scorre nelle vene, è con questo che ti difendi dal mondo!»
Era stato a quel punto, dopo molte altre parole che Stiles non era riuscito a frenare, che Derek se n'era uscito con quella frase del cazzo sull'essere spaventati, sulla fiducia, sulla persona sbagliata. Davvero lo faceva così scemo? Oppure, peggio, davvero pensava che sarebbe bastata quella scusa vecchia come il mondo a distrarlo dal fatto che, tra le righe, gli aveva praticamente detto che ricambiava almeno in parte i suoi sentimenti?
In un secondo Stiles era tornato magicamente in possesso di tutta la sua lucidità, il ché non era certo un bene per la sua parlantina perché ora l'avrebbe potuta usare con più cognizione.
«Il problema è...» Derek non sapeva come continuare; forse era davvero un idiota come l'altro sosteneva, visto che non si era accorto di essersi avviato lungo una strada senza uscita.
«Derek, come cazzo fai a non fidarti ancora di me?? Cosa c'è da essere spaventati?»
«Facciamo che prima vivi la metà delle tragedie che sono capitate a me e poi ne riparliamo, ok?»
«Cosa c'entro io col tuo passato, me lo spieghi?! No perché non ci arrivo! Ho perso mia madre quando ero piccolo, la malattia le ha fatto dire cose orribili a me che ero il suo unico figlio, ma questo non mi impedisce di voler bene a Melissa come se fosse una madre per me!» gli fece il paragone più doloroso e caro che avesse. «Le persone ti hanno deluso, Derek... ti hanno abbandonato, sono morte, se ne sono andate e questo mi dispiace... hai pagato tanto in sofferenza, lo so... ma perché per questo devo pagare anch'io? Io non me lo merito, io ci sono sempre stato! Quando stavi affogando, quando ti serviva qualcuno che ti tagliasse un braccio, quando non riuscivi a chiedere conforto a nessuno per essere stato costretto a uccidere Boyd... non eri solo quando il Kanima ti aveva immobilizzato, io ero lì accanto a te e mi sono dovuto sorbire quello spettacolo raccapricciante di te che ti ficchi gli artigli nella coscia per guarire dal veleno... cos'altro posso fare per dimostrarti che neanche la morte riuscirebbe a farmi andare via da dove stai tu? Devo davvero morire e tornare come fantasma?? In quel caso ci crederesti? Peccato che sarebbe troppo tardi, ma se serve lo faccio anche ora...»
Aveva detto tutto alternando calma e alterazione, ma non sembrava per niente affaticato per lo sforzo: stava fermo, in piedi al centro della stanza, con le braccia un po' divaricate come a dire "sono qui, guardami!", fronteggiando il lupo come mai nessuno aveva avuto l'ardire di fare. Derek poteva anche ringhiare, sfoderare zanne e artigli e tentare di attaccarlo, non si sarebbe mosso di un centimetro.
Ma anche il licantropo sembrava intenzionato a restare immobile, in quel modo totale e sovrumano tipico della sua razza. Semplicemente lo studiava, ma non solo con la vista: l'udito aveva monitorato il battito del cuore per tutto il tempo del monologo, per sgamare quella singola pulsazione che gli avrebbe detto che anche lui, come tutti gli altri, stava solo cercando di ingannarlo; il fiuto cercava di decifrare il messaggio che gli ormoni spargevano nell'aria, in cerca della paura o della menzogna. Niente. Non trovò niente di tutto questo. Ogni parola, ogni pausa, ogni movimento, ogni sguardo, tutto in lui diceva la verità. Derek si trovava davanti alla sincerità personificata e questo gli permise di concedersi un primo piccolo pensiero di resa su quanto fosse apprezzabile il corpo con cui si era incarnata.
Perché sì, perché il lupo che dimorava in lui non aveva smesso un attimo di desiderarlo da quando si erano incontrati per la prima volta nella riserva di caccia; era solo la sua parte umana che si era rifiutata di carpire i segni, di seguire l'istinto dell'animale di cui invece avrebbe dovuto fidarsi fin da subito. E se ora non si ricordasse più come fare per seguire l'istinto? Beh, poteva almeno cominciare a dimezzare la distanza, forse così anche l'altro gli sarebbe venuto incontro.
«È vero, ci sei sempre stato... te ne devo dare atto...» parlava a bassa voce perché tutto il volume era stato monopolizzato da Stiles. «Ma quello di cui parli... quello che mi stai chiedendo è... diverso...»
«Ma certo che lo è!» lo aiutò il ragazzo, velocizzando l'avvicinamento. «Se non lo fosse non staremmo neanche qui a parlarne, no?»
«Veramente finora hai parlato quasi solo tu.»
Stiles rise, ma forse poteva usare quella specie di battuta a suo favore.
«Sai che c'è? Quasi quasi ricomincio se non pensi di essere capace di mettermi a tacere...»
«Non è umanamente possibile, temo.»
«Ma tu non sei umano, quindi magari hai qualche chance...»
Ormai erano faccia a faccia, e Derek decise in fretta di smetterla di far finta di non capire dove l'altro intendesse arrivare: tenendogli fermo il viso con entrambe le mani lo baciò sulle labbra, andando subito a sfidare quella lingua iperattiva a impiegare meglio le sue energie.
Nell'ultimo secondo di lucidità, Stiles pensò che avrebbe dovuto modificare la lista delle cose che non avrebbe mai fatto nella vita.
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