Digimon before adventure: la storia dei primi Digiprescelti

di Malanova
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il campeggio ***
Capitolo 2: *** I bambini prescelti ***
Capitolo 3: *** Digiworld: Terra Della Rinascita ***
Capitolo 4: *** La Casa Di Piximon ***
Capitolo 5: *** L'addestramento ***
Capitolo 6: *** Cambiamento di programma ***
Capitolo 7: *** Divisi ***
Capitolo 8: *** Battaglia nelle fogne: tutti contro i Numemon! ***
Capitolo 9: *** Nei cieli con Mikemon: salviamo la scuola galleggiante! ***



Capitolo 1
*** Il campeggio ***


1 agosto 1999.

Midori Kusakabe stava preparando una serie di porta-pranzo. Suo padre, quel giorno, sarebbe andato in ufficio ed avrebbe fatto ritorno a tarda serata mentre lei avrebbe passato tutta la giornata con un gruppo di amici conosciuti quello stesso anno a scuola. Non era molto entusiasta di fare questa uscita anche perché Aoi, una delle ragazze del gruppo, aveva invitato all’ultimo minuto suo fratello Mamoru ed lei sapeva che non avrebbe fatto altro che starle appiccicato addosso, raccontando una sfilza di storie noiose e puntando costantemente gli occhi sulla sua fisionomia, indugiando sul seno e sul sedere. Fece un sospiro. Non era così che si immaginava una giornata all’insegna del divertimento.

Mentre stava versando nelle ceste un po’ di riso bianco; le giunse alle orecchie la voce sconcertata della meteorologa “… Nelle ultime due settimane; strani eventi climatici hanno sconvolto ogni parte del mondo: il sud-est asiatico è stato colpito dalla siccità, gli Stati Uniti hanno registrato un calo di temperatura da record per non parlare delle alluvioni che hanno fatto straripare i fiumi ed hanno inondato intere città! Che sia una conseguenza dell’inquinamento globale?”.

Midori si era interrotta per poter ascoltare meglio ma dopo un paio di minuti riprese ciò che stava facendo. Stranamente; non si sentiva molto turbata da questo genere di notizie forse perché in Giappone niente di tutto questo era capitato. Era la tipica stagione estiva … Alzò la testa e lesse l’orario dall’orologio appeso al muro della cucina. Le 8:30. Ella spalancò sia gli occhi che la bocca ed esclamò “Papà! Sono le 8:30! Non hai la prima riunione fra un’ora?!?”. Il signor Kusakabe, un uomo sulla quarantina dai capelli sale e pepe, il fisico asciutto ed il volto stanco; era seduto in soggiorno intento ad ascoltare il telegiornale ma quando sentì la figlia pronunciare quelle parole scattò in piedi come una molla ed urlò “Non me ne sono accorto! Maledizione!”. Si fiondò in bagno, si lavò in fretta, e poi corse dentro la sua stanza. Intanto Midori preparava la ventiquattro ore del genitore “I moduli che devi portare sono tutti sul comodino?” gli domandò. La voce del padre le arrivò nitida da dietro la porta bianco sporco “Si! Poi apri il primo cassetto e metti dentro anche la cartella gialla, per favore!”. Uscì dopo un quarto d’ora, vestito di tutto punto, pettinandosi i capelli con le dita ed sistemandosi la cravatta. Poi sorrise verso la figlia e la strinse in un caloroso abbraccio “Cosa farei senza la mia bambina?”. Midori arrossì vistosamente e balbettò “P- Papà … piantala! O- Ormai ho quindici anni!”. Però rimase stretta al genitore per un po’ prima di scostarsi delicatamente. Gli diede la valigetta e mormorò “Buona giornata … Cerca di non affaticarti troppo …”. Lui annuì, poi le chiese “Sei sicura che non vuoi che ti accompagni alla stazione? Con la macchina ci impiegheremo solo dieci minuti …”. La ragazza scosse a testa e ribatté “Non ci pensare neanche: sei già in ritardo e se perdi tempo anche ad accompagnarmi avrai seri problemi con il tuo capo!”. Il signor Kusakabe annuì di nuovo “Allora a stasera …”. Midori rimase sulla soglia di casa fino a che non vide il padre entrare dentro all’ascensore. Poi entrò dentro e richiuse la porta alle sue spalle.

Uscì di casa dopo un’ora e mezza, indossando una canottiera gialla con bordi verdi, una graziosa minigonna bianca e dei sandali intonati. Portava con sé anche una pesante borsa sportiva verde chiaro con qualche motivo a foglie della tonalità più scura. Però non era l’unica ad uscire. Anche il suo vicino, Koshiro Izumi, un bambino di dieci anni dai capelli rosso fuoco, stava uscendo dopo aver salutato la madre, anche lui con una borsa sportiva ed il suo inseparabile portatile. Midori sorrise leggermente. Quel ragazzino, caratterialmente, le ricordava molto sé stessa alla sua età. Anche lui si accorse della sua presenza e le rivolse un timido cenno di saluto alzando la mano. Entrarono entrambi nel ascensore condominiale. “Anche tu stai andando fuori città?” gli domandò lei, allegra, pigiando il bottone del piano terra e facendo un cenno con la testa verso la borsa del bambino. Koshiro annuì e rispose, quasi infastidito dall’argomento “Oggi andrò insieme ad alcuni alunni della mia scuola ad una specie di campeggio estivo appena fuori dalla città …” e le disse il nome del posto. La ragazza sgranò gli occhi ed esclamò “Incredibile! E’ dove sto andando io!”. Il bambino arrossì appena e le chiese, abbassando gli occhi sulle sue scarpe da ginnastica “Ah! Ehm … ci andrai da sola?”. La ragazza scosse la testa e rispose “No, vado con alcuni amici …” “Ah …”. Rimasero in silenzio fino a quando non uscirono fuori dal condominio.

Parcheggiato sulla strada di fronte c’era un pulmino della scuola elementare di Odaiba, quella che frequentava Koshiro, pieno di ragazzini dai sette ai dodici anni che si mettevano a chiacchierare tra loro a gran voce oppure litigavano, controllati da due insegnanti. Un ragazzino di undici anni, dai capelli castani spettinati e dei occhialoni da pilota ben calcati sulla testa; si porse dal finestrino ed urlò verso il decenne “E dai Koshiro! Stiamo aspettando solo te, datti una mossa!”. Vide Midori accanto al rosso e gridò, con un ghigno malizioso “Ehi! Carina la tua fidanzatina! Ma non è un po’ troppo grande per te?”. Alcuni dei compagni si affacciarono ai finestrini e si misero a ridacchiare. Midori era davvero carina: alta, slanciata, aveva setosi capelli neri che le arrivavano lisci alla vita, tenuti all’indietro con una fascia bianca. Gli occhi grigi erano brillanti come due monete ed esprimevano appieno la sua acutezza mentale ed la sua tempra di fuoco. Koshiro si sentì in imbarazzo ed arrossì vistosamente, tormentando il laccio della borsa. “Sei sempre il solito cretino Tai …” disse Sora dandogli uno scappellotto sulla nuca, suscitando altre risate da parte dei ragazzi. Le porte del pulmino si aprirono e il decenne ci si fiondò dentro, ancora rosso in faccia, senza salutare Midori. Il mezzo richiuse le porte e partì subito dopo. Koshiro andò a sedersi nell’unico posto libero accanto a Jo, uno dei dodicenni che venivano alla gita, si mise il computer sulle gambe e lo accese. Percepiva fin troppo bene le occhiate dei altri ragazzini ma lui era deciso a ignorarli. Una letterina bianca lampeggiò sul display. Perplesso; la andò a cliccare. Era un e-mail da parte di Midori e c’era scritto su “Il tuo amico Tai è invidioso?” seguito da uno smile animato che faceva l’occhiolino. Il ragazzino sorrise e rispose “Forse”.

Midori arrivò alla stazione ferroviaria con il fiatone e leggermente sudata. Come aveva fatto ad non accorgersene prima? Il borsone era così pesante che aveva tutta la spalla indolenzita. Cercò disperatamente il gruppo tra l’andirivieni dei viaggiatori finché non riconobbe tra essi la massa di riccioli castani di Yoko. La quindicenne era già al binario in compagnia di Sasuke, il fidanzato e Aoi ed stavano parlando animatamente, poi ella voltò lo sguardo e vide Midori. Alzò una mano, facendo tintinnare i mille braccialetti che aveva al polso “Midori San! Siamo qui!”. La ragazza si avvicinò faticosamente al trio e sbuffò “La prossima volta ve li fate da soli il pranzo al sacco … Ho fatto una faticaccia ad arrivare fin qui …” “Oh … Non farla tanto lunga …” ribatté Aoi “In fondo; hai fatto solo la tua parte di buona partecipante di gruppo …”. Midori assottigliò gli occhi e la guardò storto. Spesso si dimenticava del perché era diventata sua amica. La biondina dai vestiti da bambola non aveva quasi nulla in comune con lei ed era velenosa quanto un aspide. Quando furono arrivati anche gli altri; Fuyuki, un quindicenne dai capelli neri molto carino, si propose galantemente di portarle la borsa mentre l’altro, Mamoru, una copia sputata della sorella sia nell’aspetto che nel carattere, aveva già iniziato a puntarle gli occhi sul seno ed a rivolgerle un sorrisetto ebete e lascivo. “Spero che il mio posto sia vicino ad un finestrino abbastanza grande per potermi buttar fuori!” pensò Midori mentre saliva gli scalini di metallo.

Il gruppo attraversò altri due vagoni fino a che non ne trovarono uno abbastanza vuoto da poter sedersi uno vicino all’altro. Mamoru si sedette accanto a Midori e tese il braccio sulla testiera facendo si che le dita le sfiorassero una spalla mentre parlava con gli altri ragazzi del gruppo. La ragazza sbuffò. Sapeva che non sarebbe servito a niente lamentarsi del biondo perché gli altri, soprattutto le altre, lo recepivano come una sfilza di parole in codice che li avrebbe portati a fraintendere: se lei avrebbe detto “Perché non vai a sederti da un’altra parte?” loro lo avrebbero tradotto in “Mi piaci troppo e per questo non voglio che tu mi stia vicino” ed sarebbero iniziate le battutine e le canzonette idiote. Così decise di starsene zitta e di puntare gli occhi al finestrino. Fu allora che … lo vide.

Lì, dietro a una sfilza di palazzine bianche, c’era un gigantesco dinosauro di metallo. Si drizzò con la schiena mentre il treno iniziava a muoversi. Superava i cinque piani di altezza ed aveva due grossi fili elettrici che erano collegati dalla bocca aguzza ai due enormi cannoni che aveva sul dorso della schiena. Ruggiva contro il cielo, come se fosse in preda al dolore. I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre l’enorme dinosauro diventava più sfocato, come se fosse un’immagine statica. Prima che esso sparisse del tutto; Midori sussurrò, mettendo le mani sul finestrino “Machinedramon …”. “Midori …” la chiamò Yoko “Che ti prende? Stai bene?”. La ragazza sussultò. Dallo sguardo perplesso dei suoi coetanei capì che il suo viso non aveva una bella cera. Si mise una mano sulla guancia e scoprì che l’aveva umida. Aoi guardò fuori dal finestrino ma non vide niente di insolito o che potesse mettere paura. “Che cosa ti è successo?” domandò alla fine. Tutti la stavano fissando, in attesa di risposte, ma lei era con la mente da un’altra parte, in un altro tempo. Dopo sette anni passati a seppellirli; i ricordi stavano riaffiorando come un fiume in piena, trascinandola in un altro mondo.

Dopo mezz’ora arrivarono al campo estivo. Midori si allontanò dai altri con l’assurdo pretesto di voler andare in bagno a sciacquarsi la faccia. Non ce la faceva più a stare con loro, che continuavano a farle domande a cui non poteva rispondere, perché non l’avrebbero mai creduta. Andò a rifugiarsi nel tempio ai piedi di una montagna poco distante e lì si sedette a terra. Le lacrime le rigarono ancora il viso e non smise finché non intravide tra le grate i primi fiocchi di neve. Li guardò stupita. Com’era possibile?!?. Il tempo ci mise in fretta a peggiorare, trasformandosi presto in bufera. Sentì una serie di voci provenire da fuori dal tempio incitandosi a fare in fretta. Le riconobbe quasi subito. Si affacciò fuori ed aiutò Koshiro ed altri sei ragazzini ad entrare nel tempio. Tai non riconobbe subito la bella giovane che gli tendeva le braccia ma poi intervenne Sora, che domandò “Tu sei l’amica di Koshiro … Midori, giusto?”. Lei annuì. Mimi unì le mani e squittì “Adoro la tua gonna! E guarda quella canotta!” “Ehm, grazie …” balbettò la quindicenne. Takeru, un bambino di sette anni dai capelli biondi e gli occhi azzurri, si avvicinò di più e le chiese “Come mai sei qui da sola?” “S- sentivo che sarebbe a- arrivata una tempesta e così …” “Prima che iniziasse a nevicare?” intervenne un altro ragazzo. Egli era alto quanto Tai e, come il bimbo, aveva folti capelli biondi e penetranti occhi azzurri della stessa tonalità del mare estivo. Midori, quando lo vide, sbatté le palpebre stupita. “James?” pensò in un primo momento; poi lo guardò meglio “No … Non può essere lui …”. Koshiro si mise tra lei e il biondo e borbottò “Yamato … Non c’è bisogno che tu sia così brusco …”. Si voltò verso la ragazza e le domandò “Stai bene? Mi sembra che tu abbia pianto …”. Cadde il silenzio, rotto soltanto dal forte vento che filtrava tra le travi del tempio.

Finalmente, dopo una mezz’ora, il tempo migliorò improvvisamente ed i ragazzi poterono uscire di nuovo, tirando un sospiro di sollievo. Uscirono tutti tranne Midori. Lei sentiva che c’era qualcosa che la tratteneva dal inseguirli e rimase ferma lì dov’era. Infatti, poco dopo, dei oggettini metallici caddero dal cielo ed i sette ragazzini furono inghiottiti da un’onda fatta da una sostanza che sembrava acqua. Midori si mise le mani sulla bocca e scosse la testa. Non era possibile, era accaduto di nuovo …

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Capitolo 2
*** I bambini prescelti ***


1992, Digiworld.

Il castello del continente di Server era molto più inquietante di notte. Era come se le tenebre si infiltrassero tra le mura dell’edificio, in ogni singolo mattone, ed lo rendessero ancor più tetro e inospitale di quanto lo fosse sotto la luce del sole. Nel laboratorio, vicino alle segrete, un uomo stava digitando sulla tastiera di un’enorme computer ed inseriva velocemente una serie di codici complessi. Accanto a lui c’era un Digimon dall’aspetto di uno struzzo, con lunghe piume che gli ricoprivano il corpo dai colori neri, viola, beige ed un tocco di rosso qui e là. Egli arruffò le penne e mugolò “Quanto ci stai mettendo Gennai?!? Gli Hacker o qualcuno dei loro emissari potrebbero essere qui da un momento all’altro …” “Calmati Peckmon … ho quasi finito …”. Il pennuto digitale non sembrò rassicurato dalle sue parole. Razzolò per terra con una zampa e continuò a guardarsi attorno, nervoso, facendo sembrare il collo sinuoso ad un serpente. Gennai gli diede un’occhiata veloce e sospirò.

A vederlo; Gennai sembrava un normalissimo uomo sui trent’anni: alto, con una folta zazzera di capelli castani raccolti in un codino ed penetranti occhi grigi che scrutavano il prossimo con benevolenza ma anche con risoluzione. Era vestito con una tonaca beige dotata di un cappuccio, che gli faceva risaltare le spalle ampie ed il fisico atletico. In realtà lui apparteneva all’antica razza degli ID ed il suo corpo era formato da dati esattamente come lo erano i Digimon.

Mentre Gennai stava inserendo l’ultimo codice, quello più importante, venne colpito improvvisamente alle spalle da una frustata. Il colpo fu così forte che gli fece sbattere la testa contro lo spigolo dello schermo, procurandogli un profondo taglio sulla fronte. Prima che potesse reagire fu colpito da un’altra frustata, che lo gettò a terra. Dolorante; Gennai si tirò su leggermente fino a vedere il suo aggressore. Il Redvegiemon sghignazzò, mentre fletteva i suoi tentacoli dall’estremità piena di spuntoni e si preparava ad infierire di nuovo. Il Digimon pianta sembrava del tutto uguale ai suoi simili tranne che l’occhio sinistro era completamente viola ed aveva uno strano tatuaggio sulla pancia raffigurante una mano stilizzata con un punto in mezzo al palmo. Peckmon giaceva a terra a pochi metri di distanza, privo di sensi e con dei piccoli tagli che gli circondavano la base del collo. Probabilmente Redvegiemon lo aveva colto di sorpresa alle spalle e prima che il Digimon struzzo potesse dargli l’allarme; lo aveva stretto tra le sue spire fino a tramortirlo.

Gennai sputò per terra, tenendo gli occhi sul Digimon pianta. Intanto pensava a come uscire da quella situazione: se non avesse messo per intero il codice nei prossimi dieci minuti; l’intero programma si sarebbe cancellato automaticamente e la loro missione sarebbe andata a rotoli. Doveva pensare … In quel momento; si ricordò che sulla parete alle sue spalle c’erano ammassati un mucchio di tubi metallici stretti e lunghi. Poteva usarne uno come arma. Peckmon si contorse appena ed emise un gemito, che fece voltare il Redvegiemon verso di lui. L’ID approfittò di quella distrazione. Scattò in piedi e corse verso il muro. Afferrò uno dei tubi, lo fece roteare nelle sue mani e si mise in posizione d’attacco ma rimase inorridito da ciò che vide.

Peckmon, intanto, aveva ripreso i sensi e si era alzato. L’occhio sinistro si era tinto completamente di viola e sull’ala nera era spuntato lo stesso tatuaggio del Redvegiemon. “No …”. Il Digimon struzzo si mise affianco all’altro Digimon ed stridette minacciosamente verso Gennai. L’ID chiuse gli occhi, addolorato, con le palpebre rese appiccicose dal sangue che sgorgava dalla sua fronte e raccolse le forze. Strinse con più forza il tubo ed attese che fossero i suoi avversari a fare la prima mossa. Dopo un paio di minuti; i due Digimon si lanciarono verso di lui. Quando entrambi furono a poca distanza; Gennai riaprì gli occhi e si lanciò a sua volta. Mosse il tubo metallico come se fosse l’estensione del suo braccio, bloccando e schivando con agilità il becco acuminato di Peckmon ed le braccia liane del Digimon pianta. Dopo l’ennesima schivata; Gennai approfittò di un loro momento di distrazione e calò il tubo sulle loro teste con precisione, facendogli perdere i sensi. Quando fu sicuro che non si sarebbero rialzati; gettò l’attrezzo a terra e si riavvicinò al computer. Lo schermo gli illuminò il viso sporco di sangue e sconfortato. Si rimise alacremente a lavoro, riuscendo appena in tempo ad recuperare il codice. Infine; schiacciò il tasto d’invio ed attese.

Lo schermo si spense per pochi secondi, poi si riaccese e si illuminò di tutti i colori. Apparve una mappa globale dove si accesero otto puntini luminosi in varie parti del mondo.

Dal grande altare di pietra del Tempio custodito da Centaurimon; una potentissima colonna fatta di luce si erse dal terreno fino a raggiungere il cielo ed otto Digi Vice vennero raccolti da questa energia. Fluttuarono in alto, attraversarono l’atmosfera del mondo digitale fino a perdersi nell’universo. Poi la colonna di luce si affievolì lampeggiando e si spense del tutto.

Gennai spense il computer e si avvicinò al Digimon che fino a pochi minuti fa era un suo caro amico ed si chinò al suo fianco. Con una mano gli lisciò dolcemente le piume sul capo e mormorò “Mi dispiace …”.



Inghilterra:

James si esercitava al piano nella sua lussuosa sala di musica. Stava suonando il celebre pezzo di Mozart, il “Rondò alla turca”, con molta perizia e concentrazione. Anche se il brano era tra i suoi preferiti ed sapeva suonarlo con maestria; per il giovane non era abbastanza … perfetto. Voleva ardentemente che alla festa sia i suoi genitori che gli ospiti lo ammirassero per la sua bravura nell’arte musicale. Mentre le sue agili dita stava per suonare per l’ennesima volta il ritornello; si sentì bussare alla porta.

Il ragazzino si interruppe e borbottò un “Avanti” con tono acido: odiava essere interrotto quando si esercitava. Una cameriera fece il suo ingresso, una giovane donna piuttosto robusta, si inchinò e annunciò “Signorino James; il pacco che stavate aspettando è arrivato” “E’ stato riposto nella mia stanza come avevo richiesto?” domandò lui seccato, richiudendo lo strumento di legno lucido con una piccola chiave d’oro. “Si, signorino” rispose la donna con deferenza e tenendo gli occhi abbassati sul pavimento. James le rivolse un sorrisetto freddo “Molto bene. Se non avete altro da aggiungere potete andare” la congedò infine, con tono pomposo. La cameriera si inchinò ancora ed uscì dalla stanza facendo meno rumore possibile. James, dopo aver preso gli spartiti, uscì dalla sala di musica a sua volta.

James era un ragazzino di dieci anni alto, un po’ esile per la sua età, con folti capelli biondo grano rigorosamente pettinati all’indietro che valorizzavano la fronte leggermente spaziosa. Gli occhi erano di un bellissimo blu mare ma erano costantemente freddi ed arroganti, come se provasse disgusto per le cose che lo circondano o per la persona a cui si rivolgeva. Le uniche volte che quei occhi brillavano d’affetto era quando conversava con sua madre oppure quando suonava. Quel giorno indossava un completo da cerimonia bianco con annodato un cravattino azzurro al collo che si intonava con i suoi occhi.

Attraversò i vari corridoi tappezzati dove i quadri dei suoi antenati lo scrutavano con austera importanza, rispose con lievi cenni del capo agli inchini dei servitori, infine si ritirò nella sua stanza. La camera era molto ampia e illuminata, arredata con sobri mobili pregiati e un lampadario di puro cristallo. Sul letto a baldacchino c’era un grosso pacco bianco legato con del semplice spago da cucina.

James lo guardò con bramosia per pochi istanti, poi si affrettò ad andarlo ad aprire, dando le spalle al grosso computer di ultima generazione. In quel momento il ragazzino fu travolto da una colonna di luce accecante, che inondò tutta la stanza. Durò pochi istanti, poi la colonna si affievolì fino a scomparire del tutto. La stanza era rimasta perfettamente in ordine, vuota. James era sparito nel nulla.


India:

Kwaku correva a perdifiato per le strade polverose della città. Dietro di lui, a qualche metro di distanza, sei poliziotti lo seguivano armati di un sottilissimo frustino. Però Kwaku, nonostante fosse talmente magro da far intravedere le costole; era velocissimo ed i pochi muscoli che aveva parevano d’acciaio. Infatti correva portando sulla spalla un cesto di frutta dove c’era riposto lo schermo di un computer con una tastiera, una piccolissima parte del carico che aveva perduto un furgone per colpa di un incidente stradale. Si introdusse nelle stradine del mercato. Alcuni passanti riuscirono a scansarsi appena in tempo ma altri vennero spinti con poca grazia da un lato, sia dal ragazzino che dai poliziotti. Poteva sentire attorno a sé le imprecazioni e le risate dei turisti nel vedere la scena. Kwaku svoltò un angolo e scavalcò agile un carretto pieno di meloni con un semplice salto.

Il sudore colava sul petto nudo e gli rendevano appiccicosi i logori pantaloni grigi. I piedi poggiavano nudi sul terreno duro, dandogli gli slanci di una gazzella. La zazzera di capelli neri, unti e ispidi, erano in parte schiacciati sulla pelle ed in parte frustavano le ampie spalle. Gli occhi neri, però, brillavano come carboni ardenti, euforici dal continuo pensiero che gli affollava la mente “Con questo potrò sfamare la mia famiglia per almeno dieci anni!!!”. La pelle color cannella lo aveva mimetizzato molte volte, durante i suoi furti, tra i muri d’argilla del quartiere; ma questa volta non avrebbe funzionato. Non con quel carico che attirava l’attenzione di passanti e di altri ladruncoli. Il ragazzino di appena dieci anni, però, conosceva ogni anfratto della città ed arrivato ad un buon punto, quando i poliziotti credevano di averlo in pugno, svoltò l’angolo e riuscì a sparire dalla loro vista come per magia.

Dal suo nascondiglio, una cantina sotterranea abbandonata ormai da anni, poteva sentire benissimo le loro imprecazioni. Rise: nessuno lo aveva mai preso e mai ci sarebbero riusciti. Fece qualche passo verso la porta quando accadde una cosa che lo stupì: una fortissima luce lo prese in pieno, accecandolo. Il cesto cadde dalle sue braccia e si squarciò, facendo spargere i pezzi per terra. Kwaku, però non poteva protestare perché egli era sparito nel nulla.


Russia:

Vladimir era nervoso. Toccava a lui ed a suo fratello maggiore Sergei chiudere lo spettacolo quella sera. Gli batteva forte il cuore. Sarebbe stata la prima volta che si sarebbe esibito davanti ad un pubblico che non fosse formato solo dai membri della famiglia e dai suoi amici mentre l’altro andava in scena ormai da sette anni. Sospirò. Tutti i membri della famiglia erano artisti circensi da duecento anni e, come da tradizione, ogni ragazzo o ragazza che compiva dodici anni doveva fare il suo primo esordio alla fine dello spettacolo. E lui li aveva compiuti proprio quel giorno.

Vladimir si fissò allo specchio che aveva in camera, attaccato al muro. Aveva un fisico atletico, dalle braccia forti e le gambe robuste. I capelli, di un biondo quasi sul bianco, erano legati nella sua consueta coda di cavallo e si sposavano con gli occhi verde smeraldo con cui si era accorto, con un velo di piacere, che le ragazze apprezzavano. Però ora vedeva solo un ragazzino impaurito. Un ragazzino che non voleva andare in scena, un ragazzino che non voleva passare il resto della sua vita all’interno di un tendone ...

Ludmilla, la sorellina di otto anni, entrò con la forza di un uragano nella sua stanza. “Vlad! Vlad!” lo chiamò in lacrime mentre il ragazzo si chinava su di lei “Che succede, Milla?” “Stavo … giocando con Dimitri in sala quando … all’improvviso … il computer si è acceso da solo ed a illuminarsi come il sole!”. Il fratello maggiore fece un risolino di scherno “E ti spaventi per così poco? Voi due lo avrete acceso senza farlo apposta …” “No!” protestò la bambina asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani “Ha anche parlato! Continuava a dire il tuo nome!”. Vladimir alzò gli occhi al cielo: sicuramente il fratellino di dieci anni le avrà fatto uno stupido scherzo ... Ed ne aveva approfittato dal momento in cui gli adulti erano troppo impegnati ad organizzare la sua festa. Però come poteva non andar a controllare quando a chiederti aiuto era una dolce bambina come Ludmilla? “Ok … Vengo a dare un’occhiata …”. Lei annuì, sollevata, e gli afferrò saldamente la mano.

Lo guidò per il lungo corridoio fin davanti alla porta del soggiorno. Dalla porta della cucina si poteva sentire benissimo la madre e le sue zie cantare. I suoi occhi si posarono su Dimitri e si era sorpreso che il bambino di sette anni aveva la stessa cera della sorella e lo fissava, terrorizzato. C’era veramente qualcosa che non andava … Il dodicenne lasciò la mano di Milla ed accarezzò la testa del fratello, poi socchiuse la porta del soggiorno e … tutto divenne bianco.


Cina:

Hu stava servendo la zuppa ad una coppia di anziani quando successe il fattaccio: i suoi genitori iniziarono a litigare per la terza volta. Per fortuna; i clienti abituali del ristorante non si spaventavano ed quelli nuovi, alcune volte, li trovavano perfino esilaranti, per le cause assurde per cui scoppiavano. Per il giovane Hu, invece, quei perenni litigi erano solo fonte di imbarazzo. “Dove hai messo la salsa di soia, donna? E’ mai possibile che in questa cucina non si trovi niente a portata di mano?!” “Taci! Tu sei cieco come una talpa rachitica e non riesci a vedere nemmeno dove poggi i piedi! Non vedi che è là, su quella credenza?!?”. Esasperato; il ragazzo cercò di fare del suo meglio per prendere le ordinazioni senza dover entrare nell’orbita della discussione. Ci mancava solo che si mettesse ad urlare anche lui oppure, ancor peggio, venir costretto a prendere la parte di uno dei genitori.

Il campanello in cima alla porta prese a tintinnare. Hu si voltò verso di essa e salutò con il tono più lieto che riusciva ad avere, anche se il suo sorriso era tirato “Benvenuti alla Tigre di Giada …” e lì si interruppe. Una bella ragazzina asiatica, di circa dodici anni, dai capelli neri lisci e morbidi che le arrivavano a metà schiena e gli occhi pieni di dolcezza; entrava nel locale. Il mondo attorno al ragazzino smise di girare: era Mei, la ragazzina di cui aveva una cotta paurosa! Sospirò d’amore mentre la vedeva prendere posto in un tavolo vuoto e sedersi con una grazia da gran dama. Non perse tempo. Era arrivato il momento di far vedere il suo fascino.

Si tirò su il grembiule, si avvicinò al tavolo ed esclamò “Mei! Che piacere vederti qui! Che cosa posso portarti?”. Lei alzò lo sguardo ed lo incrociò con quello di Hu, facendogli battere il cuore più velocemente e lievitare come un palloncino. “Hu!” disse lei con la sua bellissima voce “Per ora non prendo nulla … Sto aspettando Yang …”. A quelle parole; il cuore del ragazzo piombò giù come un macigno. Certo … Come poteva dimenticarsi di Yang il ragazzo– che-tutti- vorrebbero- come- figlio ed il ragazzo più bello della loro scuola? Quello che riusciva a prendere sempre i massimi voti? Ed ha anche un appuntamento con Mei, questo doveva aggiungerlo alla lista. Però lui continuò a farle il più radioso dei sorrisi, anche se gli costava parecchio, ed borbottò “Ah … Non c’è problema! Appena arriva fammi un cenno e verrò subito …”. Poi le disse, abbassando la voce “Attenta! Oggi potrebbero arrivarti dalla cucina piatti che non hai ordinato …”. Lei ridacchiò e lui sparì in fretta dietro alla porta della cucina.

Come si sentiva stupido! In fondo era un ragazzino di undici anni in sovrappeso; come poteva pretendere di essere notato da lei? Come poteva credere di poter competere con Yang? Soltanto i suoi capelli neri, legati tanto da avere una piccola treccia, e gli occhi dello stesso colore erano le uniche bellezze che possedeva il suo corpo. Neanche sul fascino della divisa poteva contare perché gli stava stretta e mostrava molti rotoli di ciccia. Sua madre urlò “Hu, maledizione! E’ la quarta volta che ti sto chiamando! Và a tagliarmi quelle maledette verdure, subito!”. Il ragazzino sospirò, sconsolato. Passò davanti al computer del locale e li … Sparì come tutti gli altri.


Italia:

Luisa finì di cucire gli ultimi punti della manica del vestito medievale, poi prese una forbicina e tagliò il filo in eccesso. Aveva confezionato apposta quell’abito per la festa in maschera della scuola. E questa volta avrebbe vinto lei il concorso per il costume più bello, ne era certa. Lo indossò e fece un paio di piroette per vedere se la gonna fosse abbastanza mobile e che le cuciture fossero a posto. Poi aprì l’armadio e si guardò allo specchio incastrato su una anta. Il vestito color argento e blu aveva dei ricami fatte con le perline di vetro-plastica, che rilucevano sotto la luce e mandavano riflessi sulla sua pelle candida.

Luisa sembrava più grande dei suoi dodici anni a causa delle sue forme generose; ma in realtà la ragazza era molto ingenua ed adorava di più stare con la testa fra le nuvole piuttosto che seguire la moda ed il gossip come facevano gran parte delle ragazzine della sua età. Non si accorgeva neanche che la sua beltà iniziava a far battere qualche cuore ed a attirare l’invidia delle altre ragazze. I capelli ramati erano lunghi fino alla vita e terminavano in boccoli, facendo venire il desiderio di infilarci una mano tra di essi. Gli occhi erano più scuri dei capelli e avevano una linea grigio-blu attorno all’iride ed erano così dolci …

Aprì un cofanetto di legno e si mise qualche gioiello di vetro da abbinare con l’abito. Angelina, la sua migliore amica, entrò nella sua stanza travestita da strega dell’Ovest. “Luisa!” esclamò appena la vide “Sei bellissima!” “Grazie!” rispose imbarazzata e facendo una piroetta “Mi è costato tanta fatica a farlo; ma alla fine è venuto bene …” “Vedrai che quest’anno sarai tu a vincere!” “Lo spero tanto!”. Proprio in quel momento, mentre le due ragazze stavano ridendo allegre, il computer che teneva Luisa in camera si accese ed inondò la stanza di una luce così forte che la povera Angelina dovette coprirsi gli occhi. Quando si tolse le mani dal viso, Luisa non c’era più.


Francia:

Jean si preparava per la sfida di scherma tenuta nella palestra scolastica. Provò il fioretto con rapide stoccate e un po’ di affondi, e lo flesse. Poi passò al casco. Tutto era in perfetto ordine. Le sue ammiratrici stavano sugli spalti della palestra e urlavano allegre ogni volta che lui si voltava e le faceva un cenno di saluto mentre le tifose dell’avversario gli facevano “Bo!”. Lui adorava quella tensione che si creava quando mancavano una manciata di minuti prima del duello.

Il suo ultimo avversario era Mattieu, il suo rivale da quando aveva iniziato a fare quello sport cinque anni fa, che entrò nella palestra già vestito di tutto punto e con la maschera calata sul viso. Jean indossò la sua e si mise davanti a lui. I due ragazzi si inchinarono e poi, sotto il controllo dell’arbitro, iniziarono a combattere … Dopo tre ore Jean tornò a casa, stanco ma con la coppa della vittoria sottobraccio. Nonostante Mattieu fosse un ottimo avversario; egli non aveva mai vinto contro di lui. Il ragazzo si girò e disse “Dai … Non te la prendere! Avrai altre occasioni per farmi le scarpe …”. L’avversario del torneo gli lanciò un’occhiataccia “Per una fottuta volta potresti astenerti dal gongolare? Mi rendi solo nervoso …”. I due ragazzi di undici anni si misero fianco a fianco. Due gocce d’acqua. Fratelli gemelli.

Avevano entrambi i capelli rossicci e riccioluti, occhi color nocciola con sprazzi di verde e oro ed un mare di lentiggini sul viso ereditati dalla madre di origini irlandesi. Dopo essere entrati a casa si fecero una doccia ed andarono in camera a fare i compiti. “Ognuno c’ha le sue qualità …” continuò Jean guardando il libro di matematica come se fosse scritto in aramaico “Io sono il Re della scherma e tu, invece, il Signore dei compiti …” e allungò il collo per sbirciare le note del fratello. Quello si mise a ridere e urlò “Va al diavolo!”. Iniziarono fare a botte per gioco quando dal computer provenne una luce intensissima e li costrinse a chiudere gli occhi. Quando Mattieu li riaprì scoprì con orrore che il fratello gemello era scomparso ...


Grecia:

Ania stava sempre attenta a quello che le diceva sua nonna. Perché la nonna era una strega, però di quelle buone, capaci di vedere il futuro nelle stelle e sui fondi delle tazze. Se lei diceva che ci sarebbe stata burrasca; qualche ora dopo il mare si ingrossava ed sfogava la sua potenza. Così quella sera, mentre stava impastando la pasta per il pita, la chiamò con voce profonda, come quando aveva una visione, e le disse “An … ieri ho guardato il cielo ed ho letto il tuo destino …”. La ragazzina di dieci anni la ascoltava in silenzio, timorosa anche di respirare e di rompere l’incantesimo

“Otto bambini si riuniranno in un mondo nuovo …
Otto bambini prescelti che porteranno nel loro cuore un dono …
Otto bambini che provengono da terre lontane …
uniti contro la potenza delle comete …
Otto bambini erano giunti ma solo uno di loro la fine del nemico profetizzerà …
Otto bambini erano giunti ma solo uno di loro a casa ritornerà …”.

“Nonna …” la richiamò la nipote, spaventata. La donna si soffermò a guardare la bambina. Le accarezzò i morbidi capelli neri e volle imprimersi nella mente il castano dei suoi occhi. Ania scoppiò a piangere. La pelle scura faceva un po’ contrasto con l’abitino bianco che la nonna le aveva confezionato con tanto impegno. Si strinsero forte. “Devi andare tesoro mio … il mondo dei sogni ti sta aspettando …”. Le donò un rosario e la lasciò andare nella sua stanza, dove una luce intensissima filtrava tra la porta socchiusa. La bambina chiuse gli occhi, respirò a fondo ed entrò ...


Giappone:

Quando successe; Midori era nella sua stanza, intenta a digitare sulla tastiera del suo computer. Era quasi riuscita a far inserire in un file un potente virus, in modo che quell’uomo orribile che aveva centinaia di materiale pedopornografico perdesse tutto ciò che aveva. Aveva sonno, la piccola, in fondo erano anche le due del mattino. Sbadigliò. Visto che iniziava a stancarsi; mandò un e-mail ai computer della polizia in modo che potessero rintracciare l’uomo e lo mettessero in prigione. Entrare nei computer dei altri era così semplice per lei e certe volte la cosa la divertiva parecchio. Almeno così non pensava alle sue preoccupazioni ed a suo padre, così spesso lontano.

Midori era una graziosa bambina di otto anni, con lunghi capelli neri raccolti in una fascia bianca che lasciava scoperti due meravigliosi occhi grigi, rarissimi se non unici tra la popolazione nipponica. Il piccolo corpo di bambina era avvolto in un pigiama verde con le foglioline. Afferrò il suo peluche preferito, un dinosauro dai occhi un po’ malinconici e lo strinse a sé. Fissò ancora l’ora e, sconsolata, mormorò “Papà non è ancora tornato …”. Guardò il peluche con tristezza e aggiunse “Ryu, lo so che papà lavora così tanto è perché se no non mangeremmo e non avremmo una casa … però vorrei che almeno alla sera tornasse qui …”. Sbadigliò e aggiunse “Ho anche un po’ di fame ... Vediamo che cosa c’è rimasto in frigo”. Proprio quando stava uscendo dalla stanza; il computer si illuminò con una fortissima luce. Durò per pochi secondi. Quando la luce sparì la camera era vuota. E Ryu, il dinosauro di peluche che fino a pochi secondi fa stava tra le braccia della bambina, fissò con i suoi grossi occhi di plastica malinconici lo schermo del computer, dove era sparita. Però lo schermo nero gli rimandava indietro solo la sua immagine sfocata.


Gli otto bambini prescelti si stavano dirigendo a Digiworld.


Digiworld, nella Terra Della Rinascita:

Gennai era seduto nella posizione del loto sopra ad una pila di cubi enormi. Ogni tanto alzava la testa ed osservava il cielo, alla ricerca di un punto di luce dove i bambini prescelti sarebbero arrivati. Era da molte ore che stava lì ad attendere … Forse il codice … La voce di un Digimon supremo gli arrivò nella mente limpida come l’acqua di una cascata “Gennai, non essere nervoso, i bambini prescelti arriveranno presto …” “Credete che sia giusto che sia io ad assumermi questo compito, grande Azulugmon?” domandò l’ID per poi dire “Gli Hacker stanno acquisendo sempre più forza … Diventa sempre più arduo combattere ed il loro virus infetta sempre più Digimon … Ed io non sono altro che un semplice ID …”. Ci fu un lungo silenzio da parte di entrambi; poi Azulugmon gli domandò, gravemente “Quindi hai perso la speranza, amico mio? Il tuo coraggio e la tua astuzia non sono serviti fino ad ora ad affrontare i pericoli sul tuo cammino? Mi vuoi forse dire che sei rassegnato a lasciare Digiworld al suo destino?” “No! Piuttosto la morte che questo!” rispose Gennai con ardore “Però non posso nasconderti la mia preoccupazione per loro. Sono soltanto dei ragazzini … Come potranno affrontare questa guerra che non gli appartiene? E per che cosa poi? Per una stupida profezia a cui gli Hacker credono …” “Tutto ciò che possiamo fare per loro è guidarli verso la loro strada …” rispose il mistico Digimon “Devi aver più fiducia in te stesso e in loro …”. Appena ebbe concluso di dire queste parole; otto raggi di luce squarciarono il cielo sereno ed i ragazzi caddero sul terreno spugnoso della Terra Della Rinascita, svenuti. Gennai allora si alzò e scese dai blocchi di cubi impilati l’uno sull’altro.

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Capitolo 3
*** Digiworld: Terra Della Rinascita ***


Il primo a riprendere i sensi fu Vladimir. La prima cosa che vide quando aprì completamente gli occhi, a parte il cielo limpido, fu uno stranissimo animale chinato su di lui, con il muso a pochi centimetri dal suo viso che lo fissava con curiosità. Il ragazzo sbatté le palpebre e la stessa cosa fece anche l’essere. La creatura era grande quanto un tasso, ricoperto di una folta pelliccia rossa con le estremità e piccole “V” viola, due orecchie da coniglio ben tese, la bocca un po’ larga piena di dentini aguzzi ed una coda simile a quella di un pavone. La cosa che lo sorprendeva di più, però, erano gli enormi occhi azzurri: sembrava che appartenessero ad un essere senziente …

L’animale gli sorrise e domandò “Ehi! Come ti butta?”. Per poco Vladimir non rischiava di svenire un’altra volta. Quel “mostriciattolo” aveva parlato! L’altro, senza curarsi della bocca aperta e dei occhi strabuzzanti del ragazzo russo; continuò “Chissà che rocambolesco viaggio dal Mondo Reale fino a qui … Speriamo che gli altri tuoi simili stiano bene …” “A- Altri?” ripeté un po’ balbettante il dodicenne ancora sotto shock “Si, altri …” confermò il mostro spazientito “Credevi di essere arrivato qui da solo?. La creatura si erse su due zampe e disse “Visto che ci siamo; perché non mi dai una mano a fargli riprendere i sensi? Penso che a loro farebbe piacere vedere una faccia simile alla loro …”. Il russo annuì, lentamente e si tirò su. La mano si appoggiò per terra per darsi lo slancio per alzarsi ma si accorse che il terreno sotto di essa era stranamente morbido, spugnoso e … di stoffa?!?

Si girò e rimase allibito nel vedere la mano sprofondare leggermente nel verde pastello del terreno, del tutto identico alla consistenza del tappeto elastico, poi guardò il paesaggio circostante, sempre più sorpreso. Vedeva migliaia di piccole culle fatte di legno colorato sparse un po’ ovunque e dei alberi carichi di giocattoli e sonaglini che, ad ogni soffio di vento suonavano, suscitando al ragazzo un senso di pace. All’orizzonte sorgevano immense torri fatte con dei enormi cubi per bambini, alcuni formati dallo stesso materiale del terreno o di piume, altre erano vere costruzioni di legno profumato. La creatura intanto era tornata a quattro zampe e si era allontanata di qualche metro quando si accorse che l’umano non l’aveva seguito. Si voltò e si accorse che Vladimir era ancora seduto a terra, a guardarsi intorno come un imbecille. Gridò “Allora?! Ti vuoi dare una mossa?!?”. Il russo annuì, agitato, si affrettò ad alzarsi ed a raggiungerlo.

Appena fu al suo fianco; l’animale grugnì e riprese a camminare. Dopo un po’ l’essere si presentò “Io sono Elecmon, il custode della Terra Della Rinascita e delle Digi Uova …”. Poi guardò il ragazzo che, sotto a quella truce occhiata, si presentò a sua volta “I- Io mi c- chiamo Vladimir …” “Vladimir …” ripeté l’altro, per poi commentare “Che nome strano! Pensavo che tutti quelli del Mondo Reale avessero il nome che terminava per Man … Probabilmente siete più simili ai ID che a noi …”. Il dodicenne voleva domandargli chi erano gli ID quando Elecmon tese una zampa anteriore ed esclamò “Ecco! Laggiù c’è un altro umano!”. Entrambi affrettarono il passo e si avvicinarono al giovane.

Dall’aspetto che aveva; era un ragazzino di origini asiatiche: era poco più basso del russo ma con la corporatura decisamente più robusta e doveva aver almeno undici anni. Indossava una maglietta asiatica blu scuro, dei pantaloni grigi ed un grembiule bianco sporco attorno alla vita larga e grassoccia. Il viso trasmetteva, anche così, molta simpatia ed solarità. Elecmon mise le zampette sul suo torace e lo scosse delicatamente. Quando vide che stava per aprire gli occhi; Vladimir si chinò su di lui e domandò “Ehi! Ti senti bene?” “Mm … Si … Credo di si …” rispose l’altro mettendosi seduto, con gli occhi socchiusi “Alla fine mia madre deve avermi colpito con una padella …” “Eh?!?”. L’asiatico aprì completamente gli occhi. Hu rimase perplesso nel vedere quel ragazzo, non si ricordava che al ristorante fossero entrati dei turisti, ma quando si voltò e vide a pochi centimetri dal suo naso un mostro dai enormi occhi azzurri; urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e scattò in piedi dallo spavento. Il terreno era così morbido che, dopo aver barcollato un po’, cadde pesantemente. Dopo essersi guardato attorno; strillò “Dove diavolo mi trovo?!? Chi sei tu? E cos’è questo? Un mostro?”. Elecmon gonfiò il petto e si indispettì “Vacci piano con le parole ragazzino! Io sono un Digimon di tutto rispetto!”. Hu si rialzò, con l’aiuto di Vladimir, ed insieme ripeterono confusi “Digimon?”. L’altro annuì. Il giovane asiatico, ancora traballante, sussurrò al giovane russo “Che cos’è un Digimon?” “Non ne ho la più pallida idea …”. Elecmon li sentì e disse scocciato “Dove è finito quel fanfarone di Gennai? Doveva essere lui a badare a voi … Io devo tornare a prendermi cura delle Digi Uova e dei piccoli!”. Si voltò verso i due umani e sbottò “Cosa fate lì impalati? In giro in questa zona ci sono altri sei umani! Andate ad aiutarli!”. I due ragazzi annuirono, spaventati, mentre il Digimon si diresse, borbottando, verso le culle.

Vladimir e Hu girarono per un po’ per quella terra, controllati di tanto in tanto da Elecmon.

Trovarono Kwaku in cima ad un albero dei giocattoli, che al principio li fissava dall’alto, un po’ dubbioso, ma alla fine scese dai rami con un’agilità sorprendente e rimase perfettamente in equilibrio sul terreno gommoso, unendo le mani e inchinò la testa. Poi fu la volta di Jean, che lo trovarono urlante in cima ad una colonna di cubi giganti e non sapeva come scendere “Salta!” gli urlavano gli altri ma lui esclamò “Siete scemi?!? Da questa altezza potrei ammazzarmi!”. Quando riuscirono a convincerlo a lanciarsi; ne fu così entusiasta che si mise a saltare come una pallina da pingpong. James lo trovarono ai piedi di una collina fatta di spugna e quando riprese i sensi li guardò con tale odio e disgusto che il gruppetto non poté fare a meno di ricambiare.

“Ne mancano altri tre …” disse Hu rivolto a Vladimir, che ribatté “Si … Però abbiamo setacciato tutta la zona e non li abbiamo trovati …” “Non siamo andati proprio in tutta la zona …” disse Kwaku ed indicò la parte dove c’erano le culle “Lì non siamo ancora andati …”. Il gruppetto decise di andare da quella parte. Fu lì che videro Luisa, Midori e Ania; che andavano di culla in culla inseguite da un agitato Elecmon che urlò “Ferme! Non avvicinatevi così ai piccoli! Potreste fargli male!”. Poi si voltò ed esclamò “Finalmente arriva Gennai!”. Gli otto ragazzini si voltarono dove stava guardando il Digimon e rimasero sorpresi di veder avvicinarsi a loro un uomo vestito con una tunica beige. Quando li ebbe raggiunti; egli sorrise con gioia ai ragazzi, poi si rivolse al custode con voce pacata “Ti ringrazio per esserti preso cura di loro fino ad ora. Da qui in avanti ci penserò io …” “Alla buon ora!” borbottò il Digimon “Si può sapere perché ci hai messo così tanto?”. Si rivolse ai ragazzi e borbottò “Ora che vi siete trovati tutti; sloggiate! I piccoli devono dormire …”.

Gennai condusse il gruppo in una radura poco lontana dalle culle. Intanto i ragazzi non gli avevano staccato gli occhi di dosso. Era sulla trentina, dai capelli castani raccolti in un piccolo codino e possedeva due occhi grigi colmi di gentilezza. Sembrava una persona amichevole. James lo squadrò da capo a piedi e disse “Senta … Mio padre, Lord Charles, è uno dei uomini più ricchi di tutta l’Europa. Pagherà qualsiasi cifra che voi richiederete per il mio rilascio …”. Ania lo guardò perplessa “Credi davvero di essere stato rapito?” “Certo!” rispose l’inglese voltandosi “Altrimenti per quale altro motivo mi troverei qui insieme a … a … voi …”. Luisa prese parola, indispettita “Perché siamo stati chiamati!”. Poi, imbarazzata dalle sue stesse parole, abbassò gli occhi castani verso il terreno di stoffa e aggiunse con un mormorio “Almeno così mi è sembrato …” “Anche tu hai sentito la voce provenire dal computer?” chiese Vladimir con sollievo “Allora non sono diventato pazzo …” “Ehm, ehm!”. Gennai richiamò la loro attenzione “Lo so che in questo momento vi sentite confusi e disorientati; ma abbiamo poco tempo a nostra disposizione ed io vorrei darvi più spiegazioni possibili …”. I ragazzi si azzittirono e l’ID continuò “Come ha detto questa ragazza …” indicò con una mano l’italiana “Voi siete stati tutti chiamati. Il mio nome è Gennai ed in questo momento voi vi trovate dentro ad un’altra dimensione, in un mondo chiamato Digiworld …”. Mentre Gennai raccontava; un piccolo Digimon era appollaiato tra i rami più alti di un albero dei giocattoli poco distante. Il suo corpo era come quello di un bimbo di sei anni, vestito come un ninja d’altri tempi, ma l’enorme testa era formata da un televisore, con una griglia della cassa al posto della bocca. Ogni tanto appariva sullo schermo, come un’intermittenza, il simbolo viola dei Hacker …


“Infine i Bambini sono giunti a Digiworld, come aveva predetto Sharmamon, e si trovano nella Terra Della Rinascita …” aveva mormorato Urei, inginocchiato al cospetto dell’Anziano Morie, uno dei Quattro Re. Entrambi erano Hacker ed avevano preso momentaneamente un aspetto umano: il sottoposto sembrava un giovane su vent’anni con la pelle di un candore e una luminescenza molto simile alla neve appena caduta e i capelli erano sottili, piumati ed di un tenue blu pastello. Indossava una elaborata divisa orientale verde ed oro tipica dei guerrieri. L’Anziano, invece, aveva preso l’aspetto di un uomo sulla settantina dal corpo massiccio e imponente. La pelle tendeva a colorarsi d’oro, solcata sul viso da profonde rughe mentre i capelli piumati erano di un bianco perla e lunghi fino alle spalle. Nonostante fossero formati da dati come gli ID; i loro dati erano leggermente più instabili, donandogli la capacità di mutare forma, e se li si osservava attentamente si potevano notare i miliardi di pixel di cui erano composti brillare e rilasciare piccole scariche elettriche ogni secondo.

In principio, quando questo mondo era ancora giovane, avevano un rapporto di tolleranza con gli ID ma ora …

“Come hanno fatto a venire dal Mondo Reale? L’unico accesso rimasto in funzione lo si poteva attivare solo dal Castello di Server, che è sotto al nostro controllo!” “Per quell’ID chiamato Gennai non è difficile eludere la nostra sorveglianza … Probabilmente è stato lui a evocarli”. Morie ne fu spaventato e la dimensione meditativa che aveva creato divenne gelida e scura. Quel luogo lo potevano raggiungere solo gli Hacker grazie ad uno speciale allenamento mentale e poteva essere qualsiasi luogo. Dopo che Urei gli aveva parlato; il giardino in stile giapponese con tanto di decorazioni in pietra e fontanella si stava sgretolando, facendo posto al vuoto. L’Anziano fissò nei occhi il giovane e disse “I Bambini devono essere neutralizzati prima che trovino i loro partner!”.

“… E questo è quanto …” concluse Gennai. Fissò i ragazzini uno ad’uno, leggendone sul viso le loro emozioni. La maggior parte era perplessa, gran parte del gruppo si era pizzicata guance per capire se era vero ciò che gli stava accadendo, ma James e Ania non erano tra questi: lui era ancora convinto che Gennai l’aveva rapito e che tutto ciò che vedeva non era altro che frutto di qualche strana droga allucinogena che egli gli aveva somministrato per farlo stare tranquillo mentre la ragazza … era così calma … “Tutto questo non è reale! Voi non siete reali!” urlò James, facendo sussultare l’ID e tornare al presente. L’inglese incrociò le braccia e soffiò “Fra poche ore sono sicuro che l’effetto di qualsiasi sostanza che mi sia stata iniettata svanirà e che i servizi segreti britannici mi riporteranno a casa subito”. Jean gli andò vicino e, sorprendendo tutti, gli tirò un pugno. James cadde a terra e si portò la mano sulla guancia dolorante. Si voltò a guardare il francese e urlò “Come hai osato …” “Ti sei dimenticato? Io non sono altro che una allucinazione … Tutto questo non è reale …” ribatté l’altro facendo un sorrisetto sarcastico. Allora James disse “Allora non ti dispiacerà se faccio questo …”. Con un piede; l’inglese tirò la caviglia a Jean verso di sé, che cadde a terra, poi saltò in piedi e gli fece per dare una ginocchiata sul naso. L’undicenne riuscì a schivarlo in tempo e gli sferrò un altro pugno dritto allo stomaco. Gennai si parò tra i due e urlò “Smettetela! Questo non è né il luogo né il momento di mettersi a far botte …”. I due ragazzi smisero di azzuffarsi ma rimasero a guardarsi nei occhi con odio. Luisa, che aveva fatto due passi all’indietro, alzò la testa e si guardò intorno “Non sentite questo strano rumore?” domandò infine. Midori si mise in ascolto “Si … Sembra una specie di ronzio …”. Gennai si voltò verso il ronzio e gridò, spalancando gli occhi “Merda … Quello è un emissario dei Hacker … Waspmon!”.

Il Digimon Insetto sghignazzò e si avvicinò a gran velocità. Era un misto fra una macchina ed un’ape: l’addome abnorme era grosso e bulboso, con quattro fori che funzionavano come marmitte. Il corpo era lungo e esile quanto un braccio, seminascosto dalle spalle dove la piccola testa si muoveva a scatti. Non aveva ali eppure dai congegni che aveva fuse con le spalle usciva una specie di ronzio. Waspmon si arricciò su se stesso e puntò contro di loro un pungiglione rosso. Ridacchiò ancora. Gennai si mise davanti ai ragazzi e disse “Allontanatevi immediatamente … Penserò io a trattenerlo …” “Non ce l’ho con te, ID … Voglio soltanto quei marmocchi …” “Dovrai passare sul mio cadavere!” urlò l’uomo mettendosi in posizione d’attacco. Il Digimon Insetto sghignazzò ancora “Non credo che sarà un problema …”. Gennai strinse con più forza i pugni. Il Digimon ondeggiò da un lato all’altro, fece una finta in modo che l’ID credesse che voleva attaccarlo da un lato ed invece fece una giravolta e sparò un pungiglione contro Luisa. La dodicenne urlò ma Hu riuscì a spingerla, cadendo entrambi a terra ma incolumi. L’italiana si mise in piedi e mormorò “Grazie …”. L’altro sorrise imbarazzato e si fece aiutare ad rialzarsi. Il Digimon Insetto, ora, era preso in un combattimento corpo a corpo con l’ID, che sfruttava la morbidezza del terreno per spiccare salti altissimi e raggirarlo con rapide mosse. Alla fine; Waspmon riuscì a mettersi alle spalle di Gennai e stava per sparare uno dei suoi mortali pungiglioni quando esso scomparve in milioni di pixel. Il gruppo guardò il fenomeno sorpreso … Ma cosa …

Un altro Digimon si avvicinò a loro. Era un essere piccolo, tondeggiante, ricoperto da una ispida pelliccia rosa acceso e dotato di due ali da uccello candide. Aveva due occhi blu luminosi, che scrutavano il gruppo con malcelata rabbia. Tra le zampe stringeva un lungo bastone d’argento. Il Digimon si parò di fronte a Gennai e sbuffò “Bene! Sono arrivato giusto in tempo per dare a tutti quanti una sonora sculacciata! Perché non siete già in viaggio verso la mia casa?”. I ragazzi lo guardarono sorpresi mentre l’ID borbottava “Anch’io sono felice di vederti tutto d’un pezzo …”. Il Digimon fece una smorfia e svolazzò avanti e indietro “Non c’è tempo per il sarcasmo! Gli Hacker sanno già che loro sono arrivati qui ed hanno iniziato a mobilitarsi! Dobbiamo lasciare subito l’isola!”. Si voltò verso i ragazzi e domandò “Avete tutti il vostro Digivice?”. Vedendo i loro sguardi; il Digimon ringhiò “Quei aggeggi che sono arrivati in un fascio di luce …”. Midori si mise una mano dentro alla tasca del pigiama, che si strinse ad un oggetto di metallo. Lo tirò fuori. Esso era simile ad un orologio, con il quadrante circolare, due pulsanti per lato ed una catenella che potevi usare per appenderlo come un portachiavi. Anche gli altri lo tirarono fuori dalle loro tasche e lo fissavano interdetti. A quel punto; Piximon disse “Molto bene … Mi presenterò come si deve, ora …”. Si mise davanti a tutti “Benvenuti Bambini Prescelti! Io sono Piximon e vi addestrerò affinché voi riusciate ad avere una minima possibilità di far fronte ai Hacker e ai loro Infettati!”. Diede loro le spalle e disse “Seguitemi: l’addestramento inizia da ora!”.

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Capitolo 4
*** La Casa Di Piximon ***


“Ora aprite bene le orecchie perché quello che vi dirò non ve lo ripeterò una seconda volta: qui non siamo nel Paese Delle Meraviglie né in qualsiasi posto incantato che voi umani vi immaginate. Qui siamo a Digiworld, signorini miei, gran parte delle terre dei nostri continenti sono ancora allo stato brado, piene di Digimon senza scrupoli e quelle civilizzate sono sotto il controllo di Hacker e Infettati. Se volete avere un minimo di possibilità di sopravvivenza; dovrete fare tutto quello che NOI vi diremo”.

Il Digimon socchiuse gli occhi e scrutò i ragazzi a uno ad uno. Avrebbe avuto parecchie lavoro da fare, su questo ne era sicuro. I giovani si guardarono tra loro, leggermente intimoriti. A vederlo; Piximon sembrava un grazioso batuffolo di pelo con le ali che diceva “Amami” ma appena apriva bocca si trasformava in un leone pronto a staccarti la testa a morsi. Anche Gennai sembrava a disagio.

Il Digimon ignorò le loro facce e continuò “Come vi avrà detto Gennai; gli Hacker sono esseri crudeli che si sono impadroniti di Digiworld con la forza e i loro virus e voi siete, secondo la nostra leggenda più antica, la nostra unica possibilità di salvezza. Noi due vi addestreremo nell’arte della guerra e aiuteremo i vostri Digimon a evolvere” notò la perplessità del gruppo e aggiunse “LORO sono già arrivati a casa mia già da due giorni quindi dobbiamo sbrigarci … E non vi preoccupate: saranno i vostri Digimon a riconoscervi … Si, cosa vuoi?”. Midori aveva alzato la mano, timidamente, poi mormorò “Gennai ci ha detto che gli Hacker sono capaci di mutare la loro forma e di compiere azioni per noi incredibili, come fare un salto di sei metri e sollevare centinaia di chili con una mano sola … Noi come faremo a fronteggiarli anche se impariamo a combattere? Io non sono capace di fare cose simili …”.

Piximon si avvicinò alla nipponica e rispose “Qui, nel Mondo Digitale, l’aria è totalmente diversa dalla vostra: oltre alle molecole d’ossigeno; essa contiene un gas benefico molto speciale che influisce sul fisico e lo rende forte, agile e resistente. Ispirate a pieni polmoni questa Digi Atmosfera per sei settimane e fare un salto di sei metri ed sollevare centinaia di chili saranno una minchiata …”. Si indicò una tempia e continuò “Inoltre agisce sul cervello rendendovi più empatici … Non vi siete accorti che, anche se provenite da continenti diversi, capite esattamente cosa vi state dicendo?”. Il gruppetto sussultò: in effetti … ad ognuno sembrava che l’altro parlasse nella loro lingua natia. Piximon tornò alla sua postazione “Se non c’è altro; possiamo andare prima che veniamo attaccati di nuovo da un Infettato o che un Hacker decida di farsi una gita da queste parti …”.

Guidò i Digi Prescelti fuori dalla Terra Della Rinascita, dopo aver salutato Elecmon, ed andarono in uno spiazzo erboso. Allora Gennai disse “Avvicinatevi di più: adesso Piximon aprirà un varco spazio-temporale che ci condurrà …” “Invece di documentare tutte le minime cose che faccio; perché non te ne stai zitto e mi lasci lavorare in santa pace?”. Il Digimon rosa fece roteare il suo bastone, pronunciando una formula magica piena di “PIRIPI” fino a che non si aprì un passaggio grande abbastanza da farli passare tutti.

Quando lo ebbero passato si trovarono in un luogo pittoresco: sembrava di essere in una radura nei paesi asiatici, piena di montagne dalle cime tondeggianti e ricoperte d’erba. Qui e là spuntavano dei alberi e casette dalle mura bianche, con i tetti blu a forma piramidale, come i tempietti che si trovavano in Giappone e in Cina. Gli alberi di ciliegio erano in piena fioritura e i petali rosati cadevano su di loro come una vellutata pioggia di primavera. Sembrava essere ritornati indietro nel tempo, quando non c’era la tecnologia o era ai suoi arbori. L’ID si rivolse ai ragazzi “Seguiteci … La casa di Piximon si trova in cima a questa montagna …”. Loro girarono la testa e la videro. La montagna in questione era altissima, più di tutte le altre, tanto che un quarto di essa era nascosta da nuvole bianche simili alla nebbia. C’era solo una stretta scala scolpita nella pietra, che circondava i lati del monte, a essere l’unica via per la vetta. Il piccolo lord inglese boccheggiò, indicando la scala “Non vorrete davvero che io … noi … saliamo tutti quei gradini?!?”. Luisa alzò la testa a sua volta e esclamò, stupita “Come è alta! Sembra di essere ai piedi dell’Everest!”. Piximon svolazzò fino a che non fu a pochi centimetri dai loro visi “Basta lagnarvi! Avevo detto fin da prima che il vostro addestramento era iniziato! Questo sarà il vostro primo esercizio: chi non raggiunge la vetta prima che il sole cali; salterà la cena ed dormirà all’agghiaccio!”. E volò verso la scala. James borbottò “La fa facile lui: può volare …”.

Camminarono per un paio d’ore e ancora la vetta era lontana. Ania bisbigliò “Di questo passo; mi sa che nessuno di noi riuscirà a raggiungere la sua casa prima che cali il sole …”. Gli altri borbottarono, annuendo. Piximon si girò e gridò “Risparmiate il fiato ed andate più veloci! Siamo ancora a metà strada e mancano pochi minuti al tramonto!” “La fai facile tu visto che voli …” ripeté James velenoso. Il Digimon rosa socchiuse gli occhi e si avvicinò minacciosamente al ragazzino ma Gennai si mise in mezzo e gli sussurrò “Devi comprenderlo … Hanno fatto un lungo viaggio per arrivare fin qui …” ma l’altro ignorò le sue fievoli suppliche e disse all’inglese “Vedi di abbassare la cresta con me! Non siamo nel Mondo Reale, prima te lo metti in testa e più avrai possibilità di sopravvivere!”. Si innalzò di più, fino a vedere tutti i volti stanchi e sudati “Come vi ho detto anche prima, e sappiate che ve la farò pagare per avermi obbligato a ripetere, in questo mondo la maggior parte dei Digimon che popolano queste terre sono esseri privi di scrupoli, dotati di enorme forza bruta oppure magica. E la comparsa dei Hacker non ha fatto altro che indurire ulteriormente i loro cuori”. Li fissò tutti, dal primo all’ultimo, concludendo “Per un po’ sarete al sicuro nella mia dimora ma quando avrete imparato tutto quello che sarà necessario; volenti o nolenti dovrete andare e affrontare qualsiasi evenienza senza di noi. Quindi vedete di impegnarvi seriamente fin da subito perché quel giorno potrebbe essere più vicino di quanto immaginate!”.

Detto questo, si rigirò un’altra volta e continuò a salire. Gennai lo raggiunse e gli sussurrò, senza che i ragazzi riuscissero a sentirli “Non credi di aver esagerato? Sono solo …”. Il Digimon lo guardò storto “Per niente! Lo sai anche tu che cosa dovranno affrontare quei ragazzi …”. Si fermò e borbottò “Sai che cosa è successo a Aprii …”. Gennai intravide gli occhi blu di Piximon riempirsi di lacrime mentre il labbro iniziò a tremolare ma il Digimon rosa fu abile a ricacciarle indietro “Non voglio che accada di nuovo …”. L’ID si azzittì e continuarono a salire le scale.

Quando le prime stelle della sera illuminarono il cielo; Gennai annunciò “Ragazzi, siamo arrivati …”. Il gruppetto voltò la testa verso di esso. Era in una strana forma ottagonale e ricordava più un’immensa torre. Piximon sbatté la punta dell’asta per due volte per terra e la porta si aprì “Forza … Per questa volta chiuderò un occhio e non vi lascerò fuori …”. I ragazzi ringraziarono debolmente, troppo stanchi per protestare ed entrarono. La casa, vista dall’interno, era ancora più bizzarra: c’era un enorme spiazzo che fungeva da cortile in mezzo ad essa e tutti i piani erano identici. Non esistevano porte, solo finestre, accessibili da lunghissimi atri. L’attenzione del gruppo ritornò allo spiazzo: otto Digimon entrarono da una delle finestre del piano terra e, appena li videro, rimasero di sasso.

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Capitolo 5
*** L'addestramento ***


Due giorni prima …

Gli Hagurumon sono Digimon Ingranaggio: ESSI nascono per la Fabbrica, ESSI vivono per la Fabbrica, ESSI muoiono per la Fabbrica …
(Secolare motto degli Hagurumon della Fabbrica Dei Metalli).

Successe tutto così d’improvviso. Ero nel reparto delle fusioni a controllare che tutto si svolgesse esattamente come da manuale quando fui colpito da un giramento di testa ed iniziai a vacillare. Non era mai stata così forte, quella sensazione. Hagurumon 54915001, che era insieme a me ed a altri quattro per controllare che i fluidi fossero della temperatura giusta; si accorse del mio malessere e disse, in modo che anche gli altri lo sentissero “Hagurumon 98915090; non sei molto concentrato …” “Ho avuto solo un leggero calo di pressione del 1,5 centigradi ...” “Non è sufficiente a giustificare la tua disattenzione!” replicò lui. Fece un sorriso derisorio e aggiunse “Forse il nostro Hagurumon 98915090 ha avuto un messaggio da parte della sua amichetta immaginaria …”. Gli altri si misero a ridere poi, come se niente fosse successo, tornarono al lavoro. Li guardai a lungo, con odio e rabbia.

Da quando sono nato; ho sempre avuto la sensazione di aspettare qualcuno. Non sapevo il suo nome; ma ero certo che fosse importantissima per me e … non digitale. Questa convinzione mi rese fin da subito diverso dai altri Digimon della mia categoria: loro erano presi e entusiasti soltanto del loro lavoro mentre io USCIVO e rimanevo a scrutare il cielo denso di nuvole di fuliggine alla ricerca di un segno, qualcosa che mi avvisasse che LEI era vicina. Essere un Hagurumon come me, alla Fabbrica Dei Metalli, significava che la produzione rallentava del 3,9% e, di conseguenza, più pezzi incompleti. E il rallentamento della produzione per gli Hagurumon era visto come un disonore, uno scandalo. Dopo un anno che ero diventato un Hagurumon della Fabbrica; presero tutti a isolarmi e a prendermi in giro per la mia “attesa”. Passarono così alcuni anni. Io rimanevo imprigionato nella solita routine: smontavo gli oggetti, li rimontavo per poi smontarli di nuovo in un continuo circolo vizioso privo di alcun senso. Ormai sapevo a memoria dove e come si incastrano all’altro ogni singolo pezzo. Ero più che convinto che avrei passato il resto della mia vita là dentro, scivolando poco a poco nell’apatia … fino a quel momento.

La sensazione si acuì tanto da farmi venire una forte claustrofobia. Sudai copiosamente e deglutii a fatica. Me ne dovevo andare … lasciare la Fabbrica … e dirigermi … a … ovest? Come se qualcuno mi avesse tolto un blocco; seppi esattamente cosa fare … Guardai gli altri. Erano tutti presi dall’estasi di vedere uno dei immensi calderoni di metallo pieni di ruggine versare il suo prezioso contenuto simile alla lava in un’altra macchina per stampare i pezzi, illuminando debolmente la fucina con tonalità ambrate ed emettendo onde di calore, diminuendo più del 40% la visibilità dei altri Digimon. Dovevo approfittarne. Lentamente; uscii dalla fonderia, attraversai i corridoi e i ponti di grate facendo attenzione a non farmi notare dai altri Hagurumon operai sparsi a controllare le macchine, fino ad uscire dal portone della Fabbrica Dei Metalli. La sabbia grigia e sporca circondava l’edificio come un immenso mare notturno mentre dal cielo cadevano minuscole braci. Un brivido di eccitazione percorse il mio corpo. Cosa ci sarà mai a ovest? Perché avevo l’impulso così forte di andarci? Non lo sapevo eppure ebbi il sentore che se avessi raggiunto quel luogo io … LEI … Dovevo sbrigarmi.

Fluttuai per l’intera giornata nel deserto e ancora potevo sentire il rumore delle nostre pompe del Digi Oil. La sabbia stava lasciando il posto ai rari ciuffetti d’erba scuri e secchi ma solo a notte inoltrata riuscì a raggiungere … delle montagne asiatiche? In mezzo al deserto? Con dei alberi fioriti? Nella foga della corsa e dell’aspettativa; non mi ero minimamente accorto di aver appena varcato un portale magico. Lo fissai con ammirazione: solo un Digimon potente avrebbe potuto creare una cosa simile. Stavo per retrocedere per ammirarlo meglio quando urtai contro qualcosa. Io mi innalzai appena in tempo ma una palla verdastra con delle strisce blu e una cresta rossa rotolò per un breve tratto. Il Digimon fece un debole lamento mentre una voce scoppiò in una fragorosa risata “Betamon! Sei il solito scemo! Non bisogna mai mettersi alle spalle di un Digimon macchina!”. A parlare era stato un Impmon, un Digimon folletto color melanzana con uno smile appiccicato alla pancia. Circondava con un braccio le spalle di un Palmon, obbligandolo a seguirlo ad ogni passo, mentre la mano del braccio libero giocherellava con un grosso coltello da caccia. Un Demidevimon andò a soccorrere il Digimon Anfibio mentre un Goblimon, un Patamon e una Salamon mi circondavano, fissandomi, sospettosi. Li fissai uno per uno, per nulla intimorito, fino a guardare nei occhi color smeraldo del Impmon. Lui fece un sorriso accattivante “Sei coraggioso … Finora non c’era stato nessuno che è riuscito a fissarmi nei occhi così a lungo senza avvertire un brivido di paura …” “Forse avevano più paura di quello che tieni in mano” risposi e feci un cenno al coltello. Il Digimon Folletto lo fissò a sua volta, poi borbottò “Questo? Mi serve per fare amicizia …”. Lo puntò contro il Palmon al suo fianco, che iniziò a tremare, chiudendo gli occhi. Impmon gli sussurrò al lato della testa “Non è così Palma? Perché non gli dici come siamo diventati amici … Perché noi siamo amici … Non è forse vero?” “Sei malato …” borbottò Demidevimon. L’altro fece le spallucce, come se il Digimon Pipistrello non avesse detto niente di ché, poi tornò a rivolgersi a me abbassando l’arma e usandola per indicarmi “Pensavo che gli Hagurumon vivessero tutti dentro le Fabbriche …” “Io non più … Sono andato via questa mattina …” “Per via di quella SENSAZIONE …” disse la Salamon, scrutandomi. Mi girai a osservarla. Una cagnolina dal pelo rosa con penetranti occhi azzurri ed un collare d’oro intorno al collo; si posizionò di fronte a me e disse “C’ho preso … Anche tu hai fin dalla nascita la soffocante sensazione di aspettare qualcuno … Non sai chi sia né che aspetto abbia … ma per te è essenziale quanto un soffio d’aria …”. Spalancai gli occhi, sorpreso. Lei fece un piccolo sorriso “Siamo sulla stessa barca allora … Anche noi siamo arrivati fin qui guidati dalla sensazione …”. In quel preciso momento; un Piximon venne verso di noi brandendo una lunga asta d’argento …

Ai occhi di Hagurumon; la piccola Midori sembrava ancora più piccola e fragile avvolta in quel pigiamone verde. In mano stringeva un Digivice e lo teneva contro il suo petto come se fosse un amuleto. Il Digimon si avvicinò con cautela alla bambina, timoroso di spaventarla con movimenti bruschi, fino a piazzarsi di fronte. Fu allora che la nipponica tese una mano e lui la afferrò cercando di essere il più delicato possibile, stringendo le sottili dita bianche tra le sue. Anche gli altri Digimon erano emozionati di incontrare finalmente i loro umani, anche se i più orgogliosi fecero di tutto per non darlo a vedere. Piximon ruppe l’incanto del momento “Lasciate che le vostre mani vengano giunte e mettete il Digivice tra di esse così che i vostri dati vengano registrati …”. Quando il gruppo fece come gli era stato ordinato; una luce lo illuminò per pochi attimi finché non tornò come prima. Allora il Digimon Rosa batté il suo bastone sul terreno e un Wizardmon apparve al suo fianco “Prendi questi marmocchi e conducili verso il dormitorio …” ordinò seccamente. Poi si rivolse verso i ragazzi, li guardò torvamente, e ringhiò “Per questa volta vi farò cenare e dormire nella mia dimora nonostante siate riusciti ad arrivarci dopo il tramonto ma da domani vi dovrete dare una mossa …”. Gennai consegnò ad ognuno di loro dei cestini porta-pranzo “Mi raccomando non rimanete troppo svegli: gli allenamenti di Piximon sono noti per essere eccezionalmente duri”. I ragazzi annuirono, un po’ titubanti, poi furono condotti dal Wizardmon verso una finestra. Si scoprì che non era altro che una porta, che si affacciava in un corridoio immerso nel buio. Luisa e Hu si voltarono prima che la porta si richiudesse alle loro spalle e videro l’ID parlare in modo fitto con Piximon. Entrambi sembravano molto nervosi.

Il Digimon Mago li condusse fino ad una porta rossa e mormorò, mettendosi di lato “La vostra stanza è pronta … Vi auguro buona notte Prescelti …” “Stai scherzando … Non è vero?”. Wizardmon sbatté per un paio di volte le palpebre e balbettò “C- Come?”. James lo guardò male ed lo stesso fece Patamon “Esigo di avere una camera privata in rispetto del mio ceto sociale …” “Che in questo mondo è pari a zero …” sbottò Jean, seccato, mentre Impmon sghignazzava. Hu conosceva fin troppo bene la tensione che si stava creando; così fece un passo in avanti e disse “Andiamo ragazzi … Vi sembra il momento di mettersi a litigare? Siamo tutti così stanchi e scombussolati …” “Per non parlare che Piximon potrebbe avere in serbo per noi chissà quale addestramento” si intromise Midori, rabbrividendo al solo pensiero. I due ragazzi si guardarono in cagnesco, poi l’inglese sbottò “Al diavolo!” e si infilò dentro alla stanza, subito seguito dai altri. La camera era spaziosissima ed era confortevole anche nella sua semplicità. C’erano una fila di otto letti dall’aria comoda affiancati da un alto armadio a due ante da un lato ed uno scrittoio dall’altro. Luisa si buttò felice sopra ad uno, inseguita da Palmon e esclamò “Ah! Finalmente un letto! Mi sento letteralmente a pezzi!”. Poi si mise seduta ed accarezzò con dolcezza le foglie del Digimon Pianta, che si era accucciato accanto a lei e teneva la testa sulle sue gambe “Tutta questa faccenda mi sembra così irreale … Siamo sicuri che non stiamo semplicemente sognando?”. Rimasero svegli per tutta la notte, parlando tra loro e con i loro Digimon, colti solo allora dal fiume di eventi che li avevano strappati dalla loro vita quotidiana per portarli in un mondo dove il destino dei suoi abitanti erano nelle loro mani.

All’alba del mattino seguente … “Svegliatevi, branco di mocciosi!”. La voce di Piximon echeggiò per tutta la stanza, facendo scattare i Prescelti ed i loro Digimon dal letto. Il Folletto Rosa svolazzò tra loro, facendo volar via magicamente le loro coperte man mano che si avvicinava a un letto “Credete di essere in una gita scolastica? In piedi, vi ho detto!” “Che diamine!” sbottò Jean ma prima che potesse aggiungere dell’altro fu colpito in testa dall’asta del Digimon. Ania si stropicciò gli occhi e si lamentò “Ma è appena l’alba! Io mi sono addormentata solo un quarto d’ora fa …”. Piximon la guardò storto e ringhiò “Così imparerai che quando ti dico di andare a dormire DEVI andare a dormire!” si rivolse verso ai altri e gridò “Forza! Wizardmon e una Floramon vi condurranno verso i bagni e poi direttamente nella mensa dove farete TUTTI insieme la colazione …”. Nel dire tutti; il Digimon rosa guardò in cagnesco il ragazzino inglese “Fra mezz’ora vi voglio vedere in cortile …”. Poi la sua faccia assunse l’espressione di uno che deve andare a vomitare “Gennai vi ha portato dei abiti per sostituire quelli che avette addosso …” e gli gettò addosso un pacchettino beige. Kwaku lo aprì e … “Non è possibile … questa è la divisa che indossa lui!”.

Dopo un paio d’ore furono condotti nel cortile, che non era altro che lo spiazzo dove avevano incontrato i loro Digimon. Gennai li accolse con un ampio sorriso, godendo nel vederli vestiti con le sue tuniche. Invece i ragazzi diedero un’occhiata preoccupata alle attrezzature che erano sparse li attorno. Aveva traslocato una palestra oppure Piximon aveva voluto riprodurre a grandezza naturale una sala delle torture? Il Digimon Rosa strillò “Incominciamo! Gennai, inizia con gli insegnamenti base del Karate con i Digi Prescelti umani mentre voi Digimon farete una sfida tra di voi … voglio vedere le vostre mosse migliori …”. Dopo averci pensato un po’ su; chiamò “Patamon contro Betamon, Hagurumon contro Demidevimon, Impmon contro Palmon e infine …”. Il Digimon Pianta, sentendo ciò, gli si riempirono gli occhi di lacrime mentre la figura sadica del Digimon Folletto gli offuscava la mente “NOOOO! NON VOGLIO COMBATTERE! LUISAAAAA!!!!”.

Nel correre incontro all’italiana; urtò Goblimon e lo fece cadere in avanti, schiacciando la povera Salamon. La Digimon strillò dal dolore e per ripicca morse il suo aggressore al braccio che lanciò la clava e colpì Impmon. Il Digimon si toccò la testa e vide che gli era uscita una goccia di sangue. Il corpo color melanzana tremò dal furore e disse “Maledetti … bastardi …”. Unì le mani e urlò “BADABUM!”. La fiamma colpì la faccia di Demidevimon che contrattaccò con “BABYPUNTURA!”. Una siringa colpì Patamon che, sotto l’effetto del veleno, cadde addosso a Palmon. Era rimasto in piedi solo Hagurumon, che fissò i suoi compagni allibito quanto i loro Master. Piximon sbottò “Al manicomio … Sono finito in un manicomio!”.

Da quel giorno in poi; i ragazzi venivano svegliati dalla voce acutissima del Digimon Rosa che urlava “Svegliatevi branco di smidollati! Oggi inizieremo con trenta giri della torre ed le nozioni di sopravvivenza, oltre a dover accudire i vostri piccoli Digimon!”. Poi, durante la giornata, egli svolazzava intorno alla testa del ragazzino di turno ed a strillare frasi del tipo “Secondo te questa è una pianta curativa? Il fungo della Smemorataggine! Una volta ingerito, azzera la memoria, idiota!”. E Gennai non era da meno: nonostante fosse più gentile di Piximon; anche egli voleva che i ragazzi dessero il massimo. Oltre ai duri esercizi fisici e gli studi sul Mondo Digitale; dovevano imparare ad interagire con i loro Digimon. Così passarono sei mesi. Era una serata estiva quando Gennai e Piximon decisero che era arrivato il momento.

Fecero radunare tutti nella cortile e quando fecero il loro ingresso anche quei ritardatari di Goblimon e Kwaku; l’uomo prese parola. E non poté mascherare una specie di orgoglio quando li vide tutti vestiti ancora con la stessa tunica che aveva lui “Sono passati sei mesi da quando vi ho conosciuto e, se devo essere sincero, non credevo che ce l’avreste fatta a superare questo duro e difficile addestramento”. Sia i ragazzi che i loro Digimon lo guardarono molto male. Gennai si affrettò a aggiungere, leggermente a disagio “Ma adesso siete qui, davanti a me, più forti e audaci, pronti a combattere contro Digimon ostili e forse abbastanza forti da poter sconfiggere un Hacker!!!”. Tutti lo fissarono senza dire una parola. Piximon si massaggiò gli occhi borbottando “Che razza di cretino …” e disse ad alta voce, guardando il gruppo “Ora che avete avuto la prova che Gennai non sa fare un discorso; quindi vi dirò io che cosa vi aspetterà d’ora in poi …”. Iniziò a volare avanti e indietro “Mentre voi venivate istruiti sia nell’arte bellica che culturale; io e Gennai abbiamo fatto le nostre ricerche sulle intenzioni dei Hacker. Loro stanno cercando delle Carte speciali che permetterebbero di raggiungere le altre dimensioni parallele al Mondo Digitale e sembra che vogliono aprire un varco verso il vostro mondo …”. I ragazzi si fecero molto più attenti. “Oltre a questo; sembrano che abbiano altre intenzioni che non siamo riusciti a scoprire … dobbiamo fermarli prima che riescano nei loro loschi piani!”. Si fermò ed disse “E’ arrivato il momento di dimostrare che i sei mesi di duro addestramento siano serviti a qualcosa: domani mattina partirete in diversi angoli di Digiworld alla ricerca di queste Carte. Ricordatevi che i vostri Digivice funzionano anche come ricetrasmittenti e localizzatore … Nel caso decideste di separarvi …” “E che fine hanno fatto tutte quelle lezioni sul lavoro di squadra e fesserie varie?” chiese James, insolente come al suo solito. Piximon lo guardò malissimo “Tu, come al solito, non capisci niente: il lavoro di squadra non dovrete farlo solo tra di voi ma anche insieme agli oppressi ed i membri della Ribellione! E state certi che ne troverete più di quanto immaginiate pronti a darvi manforte! Ricordatevi che non sempre bisogna usare la forza bruta …” ed il suo sguardo indugiò su Goblimon e Betamon. Palmon stiracchiò le foglie braccia e sbadigliò, poi appoggiò la testa sul fianco della sua Master. L’ID lo imitò e disse “Ora potete andare a dormire …”. I ragazzi si alzarono e si diressero nella loro stanza. Però, prima che si allontanassero del tutto, si sentì la voce di Piximon sussurrare “Buona fortuna … Ne avrete bisogno …”.

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Capitolo 6
*** Cambiamento di programma ***


Agosto 1999.

Devimon rimase ammaliato nel osservare, attraverso una crepa, come gli ingranaggi neri del Monte Infinito roteassero senza gravità né aste che li tenessero collegati tra loro, l’uno incastrato all’altro, in quello spazio di tenebra. Aveva mandato quell’idiota di Ogremon insieme a Leomon, uno dei suoi nuovi accoliti, ad attaccare quel branco di mocciosi che Gennai aveva eletto come nuovi Digi Prescelti ed essi avevano fallito miseramente: Leomon era stato purificato ed il Digimon Orco l’aveva assorbito dopo l’ennesima ed umiliante sconfitta. Ne aveva abbastanza; ora sarebbe intervenuto lui stesso ad andare a eliminarli.

Digi Prescelti … Nel risentire quel nomignolo nella sua testa; nei occhi color cremisi del Diavolo apparve per un secondo l’amarezza, seguito dal ricordo fugace di due occhi azzurri come il mare ma freddi come il ghiaccio. Picchiettò con le dita i denti di quei gioielli metallici, riproducendo il ritornello del Rondò Alla Turca, che si espanse per l’area. Gli si seccò la gola mentre le labbra si muovevano, mute, per formulare quel nome a lui così caro ma che non avrebbe più sentito … La voce di quei marmocchi si era fatta più vicina. Avevano fatto presto ad raggiungere la cima del Monte. Devimon fece un sorriso, smise di suonare gli ingranaggi e spalancò le ali da pipistrello, così grandi rispetto al corpo lungo e esile, e si innalzò in volo. Avrebbe dimostrato a Gennai una volta per tutte che la pace e la luce che lui tanto agognava per Digiworld non sarebbe mai più tornata.


1992.

Piximon era seduto sulla cima di una palma tropicale, all’Isola Di Goma, e scrutava il cielo notturno ricoperto di stelle. L’indomani i Bambini Prescelti sarebbero partiti per tutta Digiworld e non li avrebbe visti per un bel po’. Ritornò a ricordare il loro primi giorni di addestramento …

Hu si accasciò per terra, con il viso grondante di sudore e l’affanno. I secchi pieni d’acqua che era incaricato a portare dal pozzo fino al edificio si rovesciarono e versarono il contenuto per tutto il sentiero, mutando la polvere in fanghiglia. Gli altri si voltarono verso di lui, anche loro con il viso sudato, e dettero al ragazzo una serie di occhiate ansiose, compassionevoli e seccate. “Quella palla di lardo non farà altro che causarci problemi …” sbuffò James irritato “Guardatelo … Con tutta quella ciccia è già un miracolo se riesce a fare una decina di scalini …” “Smettila di parlargli in quel modo!” lo sgridò Kwaku “Come fai ad essere così insensibile nei suoi confronti? Lui ti ha anche medicato le mani quando ti sono spuntate le vesciche!”. Il ragazzino inglese emise un ringhio sommerso e continuò la sua scalinata mentre Ania e Luisa si avvicinarono al cinese e lo aiutarono ad alzarsi. “Grazie ragazze …” disse lui elargendo un piccolo sorriso, che si spense subito “Quando tornerò su con i secchi vuoti; Piximon mi farà la pelle …” “Potresti ritornare al pozzo e riempire di nuovo i secchi …” propose Vlad ma il ragazzino cinese scosse la testa “No … non farei in tempo prima che tramonti il sole …”. Il gruppetto sospirò, avvilito, poi si affrettò a proseguire.

Intanto James era rimasto da solo, a pochi passi dall’ingresso della Casa Di Piximon, e si guardava le mani. Distolse lo sguardo non appena sentì gli altri arrivare e proporre scuse da dire al Digimon Folletto “Digli la verità o almeno una parte” propose Jean “Potresti dire che un pezzo di scala ha ceduto e ti ha fatto cadere …” “Così lui mi farà fare il doppio degli esercizi perché penserà che sia a causa del mio peso se lo scalino ha ceduto, come se non mi punzecchiasse dicendomi che da quando sono arrivato le sue mele di carne sono diminuire drasticamente …” ribatté l’altro. Midori allora gli disse “Potremo fare dei fori piccolissimi ai tuoi secchi e fargli credere che sia a causa di quelli che hai perso l’acqua” “Ma dove lo troviamo uno strumento capace di farli?” domandò Ania perplessa. La bambina, dopo averci pensato su, chinò la testa e borbottò “Anche questa è da scartare …” “Siete un branco di idioti” sbottò il ragazzino inglese facendo sobbalzare tutti. Jean stava per dirgliene quattro fino a quando lo vide prendere i propri secchi e versare un po’ di contenuto in quelli di Hu “Fate anche voi lo stesso, in modo che l’acqua sia uguale per tutti, e se lui dovesse dire qualcosa … Gli diremo che il pozzo era un po’ a secco”. Poi, quando vide che i ragazzi lo stavano fissando, urlò completamente rosso “Che cazzo state a fissarmi come dei ritardati?!?”.

Il Digi Folletto ridacchiò: aveva visto tutto tramite il suo telescopio e quando essi gli mostrarono i secchi metà vuoti non disse niente … Una nuvola di fumo lo fece tornare al presente e lo allarmò. I Gomamon non accendevano mai fuochi … In parte per l’incapacità delle loro pinne di tener stretti oggetti e in parte per la loro dieta a base di molluschi e alghe crude … Afferrò velocemente il suo bastone d’argento, facendo tintinnare gli anelli, e spiccò il volo.

Il vento portò con sé l’odore di legno bruciato e sangue, insieme a urla agonizzanti. Il pelo rosa si rizzò dalla paura … quanto avrebbe voluto che Aprii fosse lì, accanto a lui, a infondergli coraggio … Chiuse gli occhi e li strizzò. Non doveva pensare a lei ora! Gli abitanti dell’Isola di Goma avevano bisogno del suo aiuto! Volò più in alto fino a vedere da dove partiva il fumo, poi scese in picchiata. Arrivò in uno dei piccoli villaggi posti vicino alla spiaggia. Le capanne di legno con i tetti di paglia bruciavano, creando un muro di fuoco ed impedendo la fuga ai suoi abitanti. Alcuni Gomamon, invece, giacevano agonizzanti sulla sabbia con la pelle carbonizzata mentre altri ancora iniziavano a disperdere i loro dati. E poi … li vide.

Attraversavano le pareti di fiamme senza che la loro pelle subisse alcun danno, brillando sotto ai raggi di luna ma rilasciando attorno a loro un’aura di oscurità e morte. Camminavano a passi lenti e pesanti, simili a dei grotteschi cani o aztechi leoni, formati da una strana pietra fusa con il metallo e seguivano le corse dei abitanti del villaggio con i loro occhi bianchi senza pupille né iridi. Un Gomamon inciampò a pochi passi da una di quelle orride creature e fece fatica a rialzarsi. Il mostro ringhiò più forte, puntandolo, e fece un balzo. Stava per azzannarlo quando un raggio rosa lo colpì in pieno muso, distruggendone una parte. La creatura sollevò la testa fino a vedere Piximon. Egli puntò l’asta contro di lui e ringhiò “Ne ho abbastanza dei vostri soprusi! Perché non te la vedi con me, orrida creatura?”. Altri quattro cani neri, nel vederlo, si avvicinarono al primo, ringhiando. Il Digimon Alato afferrò l’asta con ambedue le mani e socchiuse gli occhi. Odiava doverlo ammettere ma … Si era scavato la fossa da solo.

Salamon si girò dall’altro lato ed aprì gli occhi. Qualche volta le capitava di svegliarsi in piena notte, scossa da incubi di cui al risveglio non conservava alcun ricordo, ma le bastava posare gli occhi sulla sua Master che poco dopo riprendeva il sonno. Questa volta, però, Ania non era nel suo letto. La Digimon sbatté le palpebre un paio di volte, confusa, e si sollevò leggermente lasciando un’impronta sul cuscino “Ania?” la chiamò poi sottovoce, in modo da non svegliare gli altri. La stanza era nella penombra e si poteva sentire i deboli grugniti di Goblimon insieme al russare di Hu, Jean e Impmon. Piximon li aveva costretti a condividere tutti gli spazi possibili con i propri umani, anche il letto, e non tutti riuscivano a rispettarli: capitava che uno spingesse l’altro oltre il bordo come Goblimon e Kwaku fino a che uno non buttava giù l’altro e lo costringeva a passare il resto della notte per terra; oppure di utilizzare uno dei occupanti come cuscino (Palmon adorava poggiar la testa sul petto della sua Master e stringerla in un soffocante abbraccio). Jean e Impmon invadevano lo spazio dell’altro in modo amichevole mentre Patamon e James riuscivano a stare nel loro posto senza sfiorarsi. Hagurumon e Demidevimon dormivano uno ai piedi della sua Master e l’altro sulla testiera che usava come trespolo. Salamon scese dal letto e si diresse verso l’entrata. Forse la sua Master era andata in bagno … Non appena raggiunse l’uscio, però, sentì un mormorio provenire dalla porta-finestra che conduceva a uno dei balconi. Salamon si avvicinò ad essa, guardinga, ed la aprì lentamente con una delle zampe anteriori.

Ania era lì, immobile, con i lunghi capelli neri mossi dal vento e il viso rivolto verso la luna piena. La Digimon fece un sospiro di sollievo e sussurrò “Ania, mi hai spaventato … Cosa ci fai in piedi a quest’ora? Ti ricordi che domani dobbiamo partire?”. La greca non fece una piega. Si limitò ad alzare di più la testa e sussurrare “Otto bambini erano giunti ma solo uno la fine del nemico profetizzerà …” “Cosa?” domandò l’altra sentendosi a disagio “Di che cosa stai parlando?”. La ragazzina si voltò lentamente verso di lei e disse ancora “Otto bambini erano giunti ma solo uno a casa ritornerà …”. Salamon trattenne a stento un urlo mentre sentiva il proprio sangue gelarsi nelle vene: gli occhi di Ania, di solito neri come la pece, ora erano ricoperti da una patina bianca e privi di pupille. E la voce che le usciva dalle labbra … Non sembrava neanche la sua! Poi tutto ritornò alla normalità. Gli occhi di Ania ritornarono neri e Salamon tirò di nuovo un altro sospiro di sollievo “Questa volta, giuro, me la sono fatta sotto dalla paura …”. Si avvicinò alla sua Master e le domandò “Un altro sogno?”. La Digimon sapeva che Ania era in grado di fare certe cose che gli altri umani solo che … questa cosa la terrorizzava. La sua Master la chiamò, riportandola al presente “Salamon … aiutami a svegliare gli altri … Gennai sta venendo qui …” “Di già?!? Ma sono le due di notte!”.

L’ID spalancò la porta della stanza in quel momento, interrompendola e si mise ad urlare “Svegliatevi tutti! In piedi!” “Signor Gennai …” bofonchiò Hu assonnato e con un filo di bava appiccicato alla guancia “Prendete solo il necessario … Partiamo subito!” “Partiamo?” ripeté Vlad saltellando su una gamba per tirar su lo stivale “Viene anche lei?”. Gennai annuì, torvo “Qualcosa di oscuro si sta avvicinando velocemente …” “E che problema sarebbe? Tu e Piximon non ci avete detto che ormai eravamo pronti ad affrontarli?” domandò James che, con l’aiuto di Patamon, si metteva la tunica. L’ID lo fissò a lungo e ribatté “Io avevo sottovalutato le abilità dei Hacker: hanno costruito delle macchine che sembrano creature viventi molto potenti e pericolose …” “Macchine viventi?” ripeté Ania spalancando gli occhi. Si avvicinò al maestro e domandò “Sono enormi creature fatte di pietra nera che hanno gli occhi bianchi e l’aspetto vagamente simile ad un cane o un leone?”. Gennai la guardò, sorpreso “Come fai a saperlo?”. Lei si strinse le spalle e inchiodò gli occhi al pavimento. Non voleva arrivare a confessarlo … Piombò il silenzio, rotto dopo pochi minuti da Luisa “Non vorrei impicciarmi nel discorso; ma se non siamo ancora pronti ad affrontare il nostro nemico vorrei allontanarmi di qui”. L’ID distolse lo sguardo da Ania e borbottò “Si … Hai ragione …”. Si prepararono in fretta ed uscirono. Si stavano dirigendo verso sud, dove dopo tre giorni di cammino avrebbero raggiunto Capo Del Vagabondo, uno dei posti più sicuri in mano ai Ribelli. Fu durante la prima mezz’ora di tragitto che raccontò ai ragazzi l’accaduto.


Sulle sue labbra sentiva il sapore del sale … Era il suo stesso sangue? Oppure era il sapore della sconfitta? Piximon cercò di muoversi ma una voce l’impose di star fermo “Sto usando le mie ultime forze per raggiungere il continente … Non posso sprecarle per ripescarti …”. Il Digimon Folletto non capiva … Dove si trovava? Perché questa situazione gli sembrava così familiare? Aprì gli occhi per breve tempo e grugnì. Doveva avvisare Gennai … Avvisare i Prescelti … “Ti ho detto di stare fermo!” lo sgridò l’altro “O almeno resisti ancora per un po’: vedo la spiaggia proprio davanti a me …”. Stette per un attimo in silenzio e domandò “Sei uno dei Ribelli, non è così? Quelli che combattono contro gli Hacker …”. Piximon non aveva molta voglia di rispondere … E poi poteva esser capitato nelle grinfie di un Infettato … “Io … Ti ringrazio per avermi salvato da quella … cosa …” mormorò l’altro, vedendo che lui non rispondeva “Noi siamo sempre stati dei Digimon pacifici … Che bisogno c’era di attaccare la nostra isola?”.

Solo allora Piximon ricordò: era il Gomamon che aveva salvato! Fece un sospiro di sollievo e domandò “In che spiaggia ci stiamo dirigendo?” “Non ne sono sicuro …” borbottò l’altro “Ma gli edifici sembrano quelli che ci sono a File City …” “Se è così dirigiti verso il porto … Lì c’è un amico …”. Il Digimon Foca annuì e fece come gli era stato detto. Appena giunti alla baita; intravide un Digimon Mago intento a pescare: egli era vestito completamente di rosso e arancio, con la pelle grigia che faceva capolino tra l’enorme colletto della maglia mostrando una bocca ricucita ai lati come gli spaventapasseri. Serrava con forza una canna da pesca senza filo ma si vedeva chiaramente che stava dormendo. “Ehi … Flawizarmon …”.

Il Digimon Mago scattò subito in piedi. Li guardò intensamente e borbottò “Pii? Sei davvero tu?” “No, sono Ophanimon quando non si fa la ceretta … Certo che sono io!”. Flawizarmon, dopo averlo presi con delicatezza dall’acqua marina; li aveva portati nella sua catapecchia. Mentre li medicava con bendaggi di fortuna, facendo cadere Gomamon in un sonno profondo; Piximon raccontò all’amico tutto quanto. “Non credevo che gli Hacker potessero arrivare fino a questo punto … Per cosa poi? Digiworld è sempre appartenuta alle tre razze antiche in modo equo … ” commentò alla fine il Digimon Mago “Immagina cosa possono riuscire a fare con quelle cose se le portassero nel Mondo Reale … gli umani sarebbero spacciati!” “Non c’è altra soluzione … I Bambini Prescelti dovranno dirigersi al Dojo …”. Piximon spalancò gli occhi e sbiancò “Non dirai sul serio? Sai quanto è pericoloso il Dojo, figuriamoci se devono andarci dei ragazzini e dei Digimon Intermedi!” “Non sono più al sicuro a casa tua! O vanno lì oppure iniziamo a scavargli una tomba a Overdell!” “Anche andando laggiù potrebbero crepare …” “Potrebbe ma non è una certezza …”. Il Digimon Folletto non sapeva più cosa dire. Alla fine borbottò “E sia … Mettiti in contatto con Wizardmon tramite la magia …”.

I ragazzi, dopo il racconto, si guardarono un po’ turbati. Vedevano i sei mesi di duro allenamento sfumare come fumo. Se Piximon, che era un Digimon di livello Evoluto non era riuscito a vincere contro quelle creature; i loro Digimon come avrebbero fatto? Il cammino proseguì nel silenzio totale. Dopo tre ore di cammino; Palmon si girò verso la sua Master e frignò, aggrappandosi alla sua tunica “Ehi Luisa, ma dove stiamo andando? Io sono stanco ed ho tanto sonno …”. La ragazza gli rivolse un piccolo sorriso e gli sussurrò dolcemente “Vieni qui …”. Lo prese in braccio in modo che il Digimon Pianta potesse appoggiare la testa sulla sua spalla. Palmon si issò tutto contento e si strinse il più possibile al suo corpo e mormorò, mezzo addormentato “La mia Luisa è la Master più buona e dolce di questo mondo”. “Che Digimon patetico” sbottò James, vedendo la scena “Palmon è un Digimon pappamolle e viziato. Luisa non dovrebbe assecondare ogni minimo capriccio che fa …” “Io invece sono un Digimon forte!” disse con fierezza Patamon, svolazzando attorno al suo Master “Anche se sono molto stanco; non ti chiederò se posso posarmi sulla tua testa e continuerò a volare fino all’alba!” “Invece dovresti …” borbottò Demidevimon. Stava appollaiato sulla spalla di Vladimir e lo fissava “Se poi ci dovessimo incontrare con un Digimon ostile oppure un Hacker domani; tu saresti troppo stanco per combattere …”. Patamon gonfiò le guance, offeso, e si allontanò dal Digimon Pipistrello che sospirò, seccato. Allora Vlad si rivolse a James “Ordina al tuo Digimon di riposarsi. Non sappiamo quanto durerà il nostro cammino e Demidevimon ha ragione …” “Lo hai sentito che non ne ha voglia!” lo interruppe l’altro, senza smascherare una nota d’orgoglio nella sua voce “Il mio Digimon è forte …”. Patamon, nell’udirlo, fece un sorrisetto verso il ragazzino russo e il suo Digimon per poi svolazzare attorno alla testa di James, adorante. Midori si avvicinò di più ad Hagurumon “Non sei stanco?”. Lui si voltò fino a guardare nei occhi grigi della sua Master ed ammise “Un po’ però non riuscirei a star fermo troppo a lungo: l’idea che possano esserci quei mostri di pietra in giro mi fanno impensierire …”. La bambina annuì “Anch’io sono preoccupata … questo significa che il nemico diventa sempre più forte”. Il Digimon Ingranaggio prese una sua mano e le disse, imbarazzato “Ti starò sempre vicino Midori San …”. Salamon fissava preoccupata Ania ed non era l’unica: ogni tanto Gennai le lanciava degli sguardi interrogativi che duravano lunghi secondi prima di voltare la testa e di guidare il gruppo verso un pozzo abbandonato.

Dentro non era altro che un nascondiglio ideato dai Ribelli per avere scorte d’acqua e un rifugio durante il giorno. Ne avevano costruiti vari per il deserto senza che gli Hacker potessero sospettare. Rimasero lì dentro fino a quando il sole calò, poi ripresero il viaggio fino al pozzo successivo. E così passarono tre giorni. All’alba del terzo giorno riuscirono a raggiungere la loro destinazione: Capo Del Vagabondo, l’enorme casa capovolta. Il vento di bonaccia soffiò forte, portando con sé la salsedine e sputandola contro i visi dei Bambini Prescelti e dei loro Digimon, acuendo il loro bisogno di bere e di farsi un bagno come si deve.

Midori fece qualche passo in avanti “Gennai … Perché ci hai portato qui? Tu e Piximon avevate detto che questo era uno dei posti che dovevamo evitare assolutamente …”. L’ID la fissò seriamente e disse “E’ vero … Questa struttura è così piena di mistero che nessun ID o Digimon è riuscito mai a raccogliere abbastanza informazioni sul suo conto tranne per un’antica leggenda: chi riuscirà a raggiungere la cima o, in questo caso, le fondamenta del Capo Del Vagabondo; venga inondato dalla luce degli Dei e condotto verso i grandi templi dei Quattro Supremi … Però …”. Lì Gennai non riuscì a mantenere lo sguardo sui occhi della bambina e girò la testa di lato “Molti ID in tutti questi secoli ci hanno provato a raggiungere la cima ma … nessuno è più ritornato …” “Sta scherzando?!?” esclamò Hu terrorizzato “Ma allora perché volete condurci in questo luogo maledetto? Non possiamo … Che ne so … Tornare all’Isola Di File oppure in qualche altro accampamento dei Ribelli?”. Gennai stava per aggiungere qualcosa quando una palla di fuoco incandescente cadde dal cielo e esplose a pochi centimetri dall’ID.

Un Hacker si stava avvicinando a loro insieme ad un gruppo di Infetti, una ventina, di livello Campione. Era totalmente avvolto da una tonaca da frate nera ed era così ampia da nascondere sia il suo viso che ogni altro tratto. Impmon si mise in posizione d’attacco e domandò “Così ti piace giocare con il fuoco?” fece un sorriso sadico “Vediamo se ti piace giocare con questi BADABUM!”. Una fila di piccole palle di fuoco vennero lanciate dal Digimon Folletto ma l’Hacker riuscì a schivarli con facilità. Gli Infetti sghignazzarono e avanzarono di pochi passi. I Digi Prescelti si misero anche loro in allerta, insieme ai loro compagni e al loro maestro. La loro prima battaglia stava per avere inizio.

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Capitolo 7
*** Divisi ***


Gennai era inginocchiato sulla sabbia, resa fangosa dalle onde oceaniche che si infrangevano sulla costa a intervalli regolari. I suoi occhi fissarono un punto qualsiasi davanti a loro ma la mente era da tutt’altra parte. Era accaduto tutto così … non sapeva neanche spiegarselo. Il tempo si era fermato, egli stesso ne fu vittima, per un lungo minuto. Poi un lampo gli aveva balenato gli occhi e lo avevano reso temporaneamente cieco. Quando riprese la vista e si accorse di cosa era successo aveva gridato dalla rabbia fino a che la sua voce divenne un rantolo e infine si spense. Aveva fallito e … aveva mentito a sé stesso e a quei poveri ragazzi. Il suo compito era quello di guidare e proteggere i Bambini prescelti fino a quando non sarebbero stati pronti ad affrontare il crescente potere dei Hacker ma la scoperta di alcuni piani di quest’ultimi offuscò i loro occhi e sia lui che Piximon decisero di accelerare i tempi. Si era detto che non potevano fallire, che erano i ragazzi della Profezia quindi … quanto era stato ipocrita. Il silenzio regnava assoluto, solo rotto dalle onde che imperterrite si ritiravano dalla spiaggia per poi infrangersi di nuovo sulla sabbia. I Bambini Prescelti erano scomparsi.

Un’ora prima …

“SCARICA ELETTRICA!”. Dalla bocca aguzza di Betamon fuoriuscì una sfera di fulmini, che colpì alla gamba uno dei Digimon Infettati, Greymon. Il Dinosauro ruggì, più per l’irritazione che per il dolore, ma lo fece ugualmente cadere su un ginocchio. Palmon approfittò di quel momento per prendergli le corna con le sue “LIANE AVVOLGENTI” in modo che poi Goblimon potesse finirlo con un colpo alla nuca con un colpo di clava. Però il Digimon di livello Campione si rivelò troppo forte: non solo lui riuscì a liberarsi del Digimon Pianta con una scrollata della testa; ma diede un poderoso colpo di coda ai altri due, scagliandoli all’indietro per mezzo metro.

Luisa, vedendo Palmon accasciato a terra, lanciò un urlo “Palmon!” “Attenta!” gridò Vladimir. L’italiana si voltò e … una raffica di proiettili sparati da uno dei Gargomon formò una scia puntellata sulla sabbia per poi colpirla alla spalla. Ella si piegò da un lato, soffocando un gemito di dolore mentre il sangue le scorreva lungo la manica per poi sgocciolare dalle dita. Guardò il Digimon Coniglio avanzare verso di lei, con l’arma puntata contro e un sorriso malefico sulle labbra pelose. Il dodicenne russo voleva correre a salvarla ma fu placcato da un Garurumon, che gli artigliò la schiena con una feroce zampata e con la stessa lo bloccò a terra, facendo sempre più pressione. Neanche gli altri se la stavano passando bene: Kwaku cercava di tener testa ad un Apemon e riuscì a bloccargli le braccia ma non aveva fatto i conti con i potenti piedi prensili, che gli sferrarono violenti pugni contro lo stomaco. Hu cercava di evitare un altro Garurumon di azzannargli il collo tenendogli con difficoltà le fauci semi aperte con le mani, anche se si stava ferendo le dita con i denti del Digimon Lupo. Jean e Ania cercavano di difendere Midori da tre Ankylomon. James era tra le grinfie di un Peckmon, che gli teneva la testa in una zampa e stringeva con forza.

Patamon, sconfitto dallo stesso Digimon Pennuto, aprì l’occhio sano e guardò il suo Master con dolore “James …” mormorò “Io … Devo salvare …”. Si mise faticosamente a svolazzare e gridò “BOMBA D’ARIA!”. La sfera lo mancò di pochi centimetri ma fece infuriare Peckmon lo stesso. Lasciò in pace il Digi Prescelto e si scagliò contro Patamon. “BADABOOM!” urlò Impmon mentre Hagurumon stava alle sue spalle e lanciava i suoi “Ingranaggi”. Erano da soli contro dieci Wendigomon e stavano esaurendo le loro forze. Anche perché, il Digimon Folletto teneva stretta a sé Salamon, svenuta, e doveva combattere con un braccio solo. L’aveva tratta in salvo da un Togemon particolarmente aggressivo dandogli fuoco, l’unico Digimon di livello Campione che era stato sconfitto. Hagurumon era preoccupato per la sua Prescelta e voleva correre da lei immediatamente ma la logica gli diceva che se avesse lasciato da soli i suoi compagni; Impmon sarebbe stato spacciato. E non poteva far niente l’ID, preso a combattere contro l’Hacker senza esclusioni di colpi, attento alla sua magia ma cercando di colpirlo con qualche mossa di Kong fu Si voltò verso Midori e … La bambina era stata infine raggiunta da un Ankylomon e stava per infierirle un micidiale colpo dalla coda simile a una gigantesca mazza ferrata. La piccola nipponica strillò e Hagurumon fece lo stesso “Midori-san!”.

Una luce intensissima provenne dai Digivice dei ragazzi e dai corpi dei loro Digimon. Era un’energia molto potente, che se ben assimilata avrebbe raso al suolo i loro nemici ma … “E’ troppo forte … Non riesco a contenerla …” gemé Impmon, mettendosi su un ginocchio. Anche gli altri si ritrovarono a lottare. La luce gli stava facendo sgretolare i loro corpi, provocando un intenso dolore anche ai otto ragazzi. Poi essa si intensificò ancora di più, ricoprì il campo di battaglia e … scagliò i Digi Prescelti e i loro compagni in direzioni diverse.

Presente.


Savana Meccanica:

James e Jean si guardarono in giro, cercando di ragionare con calma. Si ricordavano perfettamente che stavano avendo la peggio all’imboscata dell’Hacker al Capo Del Vagabondo; ma c’era anche una luce intensa che sprigionava dai loro Digivice e … si erano svegliati nel bel mezzo del posto più isolato del Mondo Digitale, solo loro due e i loro partner. Le ferite erano guarite quasi del tutto ma si sentivano ancora spossati. I pali del telefono, sparsi qui e là, sembravano tanti crocefissi ed il terreno era così duro da sembrare fuso con una immensa lastra di ferro. Non avevano con sé né cibo né acqua. Lo dovevano ammettere: erano finiti nella merda fino al collo.

Impmon si arrampicò fino alla cima di uno dei pali e scrutò l’orizzonte. Nonostante i suoi occhi potessero vedere diverse miglia di distanza; non riuscì a vedere niente che potesse essere utile così tornò giù dal suo Master “Mi dispiace Jean ma qui intorno non c’è niente … Consiglierei di accamparci qui fino a che non …” “Non ho intenzione di dormire all’agghiaccio!” protestò James “Ci sarà da qualche parte un albergo oppure mi accontento anche di una misera trattoria …” “Ehi, che idea! Aspetta che prendo dalla fessura delle mie chiappe una bacchetta magica ed esprimo il tuo desiderio …” ironizzò il francese facendo la voce femminile. Poi tornò serio e urlò “Ma ti sei bevuto il cervello?!? Con tutto quello che abbiamo passato; tu stai a pensare a un letto? Dovresti baciare ogni centimetro di questa landa ed essere grato di poterlo fare! Stavamo morendo laggiù e tu hai il coraggio di fare lo schizzinoso?!?”.

Patamon guardò il suo Master e poi guardò Jean gonfiando le guance. Quel ragazzino odioso … Come si permetteva di trattare James in quella maniera? Sarebbe andato lui lassù a vedere ed, sicuramente, avrebbe trovato un edificio che facesse a caso suo. Fece per innalzarsi quando un crampo lo fece cadere subito a terra. Gemette dal dolore mentre un ala si contorceva e tremava. Il suo Master lo guardò perplesso “Patamon, cosa ti succede?” “Non … riesco più … a volare …” “Bravo cretino … Non abbiamo recuperato del tutto le forze e volevi arrivare fin lassù …” borbottò il Digimon Folletto pestando un piede per terra e incrociando le braccia “Perfino io ho fatto una faticaccia …”. Il Digimon Volante si sentì morire di vergogna. James lo fissò a lungo, senza muovere un muscolo, poi fece un sospiro esasperato, si sedette a terra, lo prese e lo poggiò sulle sue gambe. Con una mano andò a massaggiargli la base dell’orecchie, prima con rudezza ma poi i suoi gesti si fecero più gentili “E’ il sinistro quello che ti fa male?”. Patamon annuì e i massaggi del suo Master si fecero ancora più delicati sull’orecchio in questione. Era così raro che James lo riempisse di attenzioni … Si stese su un fianco e chiuse gli occhi, godendosi quel raro gesto di affetto.

Quando si addormentò con un piccolo sorriso sulle labbra; il ragazzino inglese smise di massaggiargli l’orecchio. Li sentiva, Jean e Impmon, parlottare tra loro ed era consapevole che stavano ridendo di lui. “Siete due grandissimi …” “Dai, James, non te la devi prendere!” ribatté il francese con un sorriso “Ora posso dire ai altri che in fondo un’anima ce l’hai!” “… Stronzi!”. I due si misero a ridere sguaiatamente ma si fermarono quando … “Lo sentite anche voi?” domandò Impmon ai altri. I ragazzi tesero l’orecchio e dissero all’unisono “Sembra un …”. WROOOON.


File City:

Nel bel mezzo della piazza illuminata dalle luci al neon dai colori sgargianti; Midori e Kwaku si erano seduti ai piedi di un gigantesco obelisco di marmo pieno di scritte e graffiti. La bambina cincischiava con il suo Digivice, cercando di far attivare la ricetrasmittente che l’avrebbe fatta contattare con loro compagni perduti mentre Kwaku fissava con rabbia e sconcerto la folla di Digimon che se ne andavano in giro per i vari locali, ridendo ubriachi oppure flirtando con Digimon femmine dalle forme provocanti. Lui ed Hagurumon avevano tentato fino a qualche momento fa di chiedere qualche informazione a dei gruppetti di passaggio ma ognuno di loro li avevano scacciati in malo modo oppure avevano tentato di toccare la giapponese in modo lascivo, tanto che l’indiano era arrivato a storcere un braccio ad uno ed erano stati costretti a scappare. Come era possibile essere sbucati nel mezzo di una città così tecnologica? Che cosa era successo alle loro ferite? Cos’era quella luce? “Credo che siamo finiti nella zona della città dedita ai casinò e ai locali notturni … Il Dynasmon che l’ha fondata a fatto si che la notte fosse eterna, in modo che i locali siano sempre aperti …” aveva supposto Midori, dopo una fugace occhiata alla città. Il ragazzino annuì, intimorito che sapesse tutte quelle cose. Rimase a guardare l’orlo della sua tunica, silenzioso.

Goblimon, invece, se ne stava sdraiato sul bordo dell’obelisco con aria molto annoiata e borbottando “Peccato che non abbiamo qualche Digi Credito … Ho sentito da un Aquilamon che questa parte di File City ha una gran vastità di locali strepitosi …” “Come ti possono venire in mente queste cose?!? Ti rendi conto in che situazione ci troviamo?”. Il Digimon Verde si pulì i denti con l’unghia e rispose “Certo! Altrimenti non avrei detto quelle cose …” “GRRR …”. Dopo aver guardato a lungo i gesti della sua Master; Hagurumon mormorò “Comunque sia non possiamo rimanere qui: attiriamo un po’ troppa attenzione con le vostre tuniche e nei dintorni potrebbero esserci degli Infettati oppure qualche Hacker …”. L’indiano annuì “Ben detto Hagurumon … Meno male che c’è qualcuno che la pensa come me e non con il suo Digi Steroide …”. Goblimon fece una smorfia stizzita e sputò a terra. Midori spalancò gli occhi ed esclamò, allegra “Ragazzi, forse ci siamo! Credo di aver capito come attivare i nostri Digivice in modo da diventare delle ricetrasmittenti …”. Mentre lo diceva aveva teso la mano verso il compagno.

Sotto di essa si aprì un tombino ed un gruppetto di dieci Numemon si scagliò sull’arto della bambina e le rubò l’apparecchio. La giapponese squittì di paura. I Digimon Mollusco sghignazzarono maligni e si stavano ritirando nelle fogne, veloci come erano apparsi e facendo gestacci contro di loro. “Rigurgiti di glich andati a male! Come osate insultare il Grande Goblimon?!?”. Il Digimon Verde fece un balzò brandendo minacciosamente la sua clava ma l’ultimo di quei Lumaconi richiuse il tombino ed egli andò a sbatterci la faccia contro “Bacia la scia della mia bava, SUCKER!”. Hagurumon domandò “Midori-san, stai bene?”. La nipponica annuì ma poi scoppiò a piangere “H- Hanno preso il n- nostro Digivice! Ora come farò a farti evolvere? Come farò a trovare g- gli altri? Mi sento così stupida …”. Singhiozzò, senza freni, finché non sentì qualcosa che le accarezzò la testa. Sollevò lo sguardo e vide Kwaku guardarla con dolcezza. Le sorrise e disse “Non devi darti della stupida mai più … Non è stata colpa tua ma di quei mostriciattoli che te lo hanno rubato …” “Se mi capitano sotto le mani giuro che userò la mia clava per spaccargli la testa!” si indicò il mento e piagnucolò “Guardate cosa hanno fatto al mio bellissimo viso! Passeranno le pene dell’inferno per questo!”. Kwaku e Hagurumon lo guardarono talmente male che si affrettò a dire “E poi rubare dalle mani di una bambina … Che atto da vigliacchi …”. Lo disse in tono poco convinto ma gli altri lasciarono correre. Il ragazzino le porse il suo Digivice e disse “Usa la tua sorprendente abilità nel far funzionare gli oggetti. Attiva la ricetrasmittente del mio ed usiamolo per trovare il tuo …”. La bambina lo guardò nei occhi e annuì, determinata.

Midori fu l’ultima a scendere dalla scaletta che conduceva alle fognature, aiutata dal fedele Hagurumon. Intanto Kwaku teneva d’occhio il suo Digivice, dove una freccetta rossa lampeggiava sullo schermo e indicava un tunnel buio e umido. Goblimon socchiuse gli occhi e sbraitò “Merda! Non dovremo infilarci davvero lì dentro?!?” “Il gruppo di Numemon si è diretto in quella direzione … Non abbiamo altra scelta …” rispose l’indiano guardandolo storto “Però la mia gola ne risentirà parecchio …” piagnucolò il Digimon Troll ma poi i suoi occhi si posarono sulla bambina e vedendola così abbattuta sbottò “Ah! Non posso sopportare la vista di una bimba così carina con quel faccino triste … Diamo una volta per tutte una lezione a quei bastardi!” ed si addentrò nella galleria. L’indiano alzò gli occhi al cielo e con un sospiro incitò la nipponica a seguirlo. Ma non avevano fatto neanche quattro passi che notarono due occhi gialli che li fissavano nell’oscurità. Kwaku si mise in posizione d’attacco, imitato dal suo Digimon “Chi sei? Fatti vedere!”.


Ristorante di Digitamamon:

Un piatto cadde a terra e si infranse in mille pezzi, facendo trasalire sia Vladimir che Hu. Entrambi i ragazzi si voltarono verso i loro Digimon e li guardarono male. Sia Betamon che Demidevimon avevano fatto cadere un piatto, ancora una volta “Guarda che cosa hai combinato, sottospecie di anfibio!” gridò il Digimon Pipistrello “Perché non afferri i piatti che ti porgo?” “Come faccio a prenderli se non ho le mani, cretino?!” tuonò l’altro “E poi ti vorrei far ricordare che io sto lavando il pavimento e non posso fermarmi ogni cinque minuti perché tu non riesci a fare il tuo lavoro”. I due Digimon si ringhiarono contro fino a che una voce esplose “Voi due! Piantatela di bisticciare e riprendete a lavorare!”. Un Digimon Uovo vestito da cuoco fece la sua comparsa e li colpì in testa con il mestolo “Vi ricordo che se non era per me vi sareste perduti nel labirinto del Canyon Dei Fossili e morti di stenti … Quindi chiudete la bocca e continuate a lavorare! Si voltò verso i ragazzi e ringhiò “Cosa avete da fissare? Tornate a pulire branco di fannulloni!”. Tutti e quattro ripresero il lavoro da dove si erano interrotti.

Hu bisbigliò, asciugandosi con la manica la fronte sudata “Chi se lo sarebbe mai aspettato di capitare dentro a un ristorante dopo la nostra sconfitta?” “Chi se lo sarebbe mai aspettato che avremmo trovato qui l’anima gemella di Piximon?”. Si guardarono nei occhi e si misero a ridere. Poi il russo tornò serio e borbottò “Dobbiamo trovare il modo di contattarci con gli altri. Magari si troveranno ancora in pericolo …” “Ma come facciamo a sfuggire da Digitamamon e dal suo galoppino?”. Il cinese diede un’occhiata in tralice a Tapiromon, che li fissava con aria pacata senza muovere un muscolo “Quel Digimon mi mette una tale ansia … Il suo viso è talmente placido che non si riesce a capire se lo è perché è ritardato oppure uno psicopatico …” “Non lo so …” ammise infine il dodicenne. Sentirono un altro piatto rompersi per terra e le voci di Demidevimon e Betamon echeggiare irate nella cucina, seguiti dai colpi di mestolo del cuoco. Sospirarono, afflitti. Fuggire da qui sarebbe stato impossibile.


Villaggio dei Veggenti:

“Vieni qui, bella ragazzina, lascia che ti predica il tuo futuro sulla mano …”. Una Arukenimon stava per afferrare il braccio di Luisa quando Palmon usò le sue liane e frustò il braccio della Digimon Ragno e la fissò molto male. Non gli piaceva quel posto … non gli piacevano tutti quei Digimon che si avvicinavano alla sua Master e cercavano di toccarla … “Palmon! Non ci si comporta così!” lo sgridò l’italiana. Si chinò a mo si scusa e disse “La prego di scusarlo … Di solito Palmon è un Digimon molto gentile e …”. Ania venne al suo fianco e mormorò “Grazie ma non ci interessa …”. Si allontanarono con le grida e le imprecazioni della Digimon le lanciava contro. Però non potevano fare qualche altro passo in più che un Shurimon porse sotto ai loro nasi una serie di ciondoli e bisbigliò “Ho quello che fa per voi, belle signorine: i miei talismani vi faranno trovare il ragazzo dei vostri sogni …”. La greca spinse ancora una volta Luisa lontano dai venditori ambulanti e cercarono di farsi strada tra bancarelle, Digimon clienti e Digimon Veggenti. Ognuno di loro si offriva a vendere una visione del futuro, garantita al 100%, ma nessuno sapeva rispondere alla domanda che loro continuavano a fare ovvero come ritornare al Capo Del Vagabondo. In più sentivano una strana presenza seguirle ad ogni passo, in quel mercato che sembrava non finire mai.

Vedevano di sfuggita la sua figura quando esse si voltavano ed il suo riflesso sfocato tra gli orpelli di vetro e metallo. “Potrebbe essere un Hacker … magari quello che ci ha aggredito …” disse Salamon ma Ania ribatté “Non credo … Quello lo abbiamo lasciato alla spiaggia … e poi non indossa il suo stesso mantello …” “E se fosse un seguace oppure … Come li chiamava Gennai? Infettati …” aveva detto l’italiana con un brivido. Presto le ragazze e i loro Digimon furono stanchi di camminare così Ania e Luisa si fermarono ad ammirare dei bellissimi braccialetti che, a detta della Babamon artigiana, sarebbero stati capaci di allontanare il malocchio. Intanto tenevano d’occhio il loro inseguitore, grazie allo specchio che aveva l’ambulante per rimirare la merce indossata. L’inseguitore si stava avvicinando sempre di più.

La greca si mise a sussurrare qualcosa all’orecchio dell’amica, poi tutte e due si porsero alla Digimon e dissero “Vorremo prendere queste quattro collane ma i soldi ce li ha il nostro accompagnatore, quello che sta alle nostre spalle …”. Luisa le fece l’occhiolino e disse “LUI è così generoso … Ha un sacco di Digi Crediti e li vuole spendere solo per noi …”. Ania aggiunse “Magari i suoi colleghi hanno qualcosa di luccicante da vendergli … Ne fa una grande collezione e ne stava cercando uno VERAMENTE grande …”. Babamon fece un cenno d’intesa e urlò direttamente allo sconosciuto “Viaggiatore! Grazie per aver preso le mie gioie più belle!”. A quelle parole; l’inseguitore fu circondato da una folla di mercanti che gli butta addosso la loro mercanzia e strilla prezzi esorbitanti. Le ragazze e i loro Digimon si allontanano silenziosamente, per poi rifugiarsi in un vicolo poco lontano, buio e stretto. Si sporgono pochi minuti dopo, osservando la situazione. Gli ambulanti avevano ripreso il loro posto alle bancarelle. Lui era scomparso. Palmon domandò alla sua Master “Luisa … se ne andato?”. Non ricevendo risposta; il Digimon pianta si voltò e …

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Capitolo 8
*** Battaglia nelle fogne: tutti contro i Numemon! ***


“Chi sei? Fatti vedere!”. Le parole di Kwaku rimbombarono tra le pareti della galleria in modo strano, come se in realtà il gruppo si ritrovasse in una stanza insonorizzata. Midori e Hagurumon si scambiarono un’occhiata sospettosa. Il misterioso essere, dopo un paio di minuti, decise di farsi avanti. Non smise di fissarli e si avvicinò a loro con molta calma. Il suono metallico dei suoi passi divenne man mano più forte, insieme allo scalpiccio delle pozzanghere delle pozze di acqua stagnata sparse qui e là, e si fermò sotto la luce smorzata che proveniva dall’apertura del tombino dove i ragazzi erano entrati e si fermò a due metri di distanza. Era un Digimon Dinosauro dalla pelle blu mimetico, con qualche piccolissima macchia di verde e bianco. Indossava sulla testa un elmo da soldato tedesco della seconda guerra mondiale, nero, ed era dotato di arti meccanici dello stesso colore. Nonostante le zampe anteriori sembrassero, a causa della loro natura, rigide e un po’ grosse; egli riusciva a impugnare con facilità un fucile mitragliatore ed a tenerlo puntato contro il gruppo.

“Alla fine sono riuscito a scovarvi maledetti BAN-TYO … In fondo era così semplice … Se cerchi della merda la puoi trovare solo nelle fogne …”. “Come osi chiamarci in questa maniera?!?” urlò Goblimon furioso. Fece alcuni passi verso il Digimon brandendo la clava ma gli altri lo trattennero “Vieni a ripeterlo più da vicino se hai le palle!” “Goblimon … calmati …” disse con fatica il prescelto indiano, che lo tratteneva a fatica per un braccio “Non possiamo perdere altro tempo … Il Digivice di Midori è più importante …” “Dammi solo un minuto …” gridò l’altro “Il tempo da ficcargli nel culo la mia clava e poi vediamo se ci chiama ancora merde!”. Hagurumon si rivolse alla sua Master e bisbigliò “Midori-san … quel Digimon ha qualcosa di strano nei occhi …”. La bambina osservò il Digimon ostile e … in effetti … la pupilla aveva qualcosa di strano … “Non mi sembra un Infettato … Di solito essi hanno tutto un occhio completamente viola e su una parte del corpo un tatuaggio che raffigura una mano stilizzata … Invece lui …” “Cosa avete da borbottare voi due?” ringhiò il Digimon Dinosauro puntando lo sguardo su di loro. La piccola nipponica prese il Digivice di Kwaku, che si mise a protestare, e pigiò alcuni tasti. Quando ebbe finito; una serie di numeri cifrati apparvero, riempiendo tutto lo schermo e sovrapponendosi l’uno con l’altro in modo confuso, poi lampeggiò per un secondo, cancellando tutto e facendo apparire un’analisi

“Nome: Commandramon
Tipo: Digimon Cyborg
Livello: Intermedio
Casta appartenente: METAL EMPIRE …”.

L’apparecchio si mise a lampeggiare di nuovo e una serie di nuovi dati apparvero “Il soggetto presenta un’anomalia al cervelletto e al nervo ottico …” “Come sospettavo …” disse Hagurumon ai altri e spiegò “I Commandramon hanno il cervello semi artificiale, che gli permette di identificare il Digimon o l’ID che ha davanti in modo piuttosto simile al Digivice e di agire di conseguenza ai dati che riceve” “E questo che c’entra?!?” sbottò Goblimon, ancora furioso “Dal momento che ci punta l’arma contro è un nostro nemico!” “Ma lo hai sentito anche tu come ci ha chiamato! Ci crede dei membri del BAN-TYO; per questo ci considera dei nemici …” “Chi sono i …”. Midori non riuscì a finire la frase. Commandramon sparò un colpo ai suoi piedi, facendola sussultare e fare un piccolo salto. Gli altri guardarono allibiti il grosso foro fumante che si era formato vicino al suo piede sinistro. “Mi sono rotto di sentirvi farneticare su di me con cose in …”. La sua nuca iniziò a fumare sotto l’elmetto e di conseguenza il collo fu preso da tic “Io … De … Vo … Arresta … BAN … TYO …” e barcollò verso di loro. “Il danno si è propagato!” analizzò Midori, grazie al Digivice dell’amico “Se non facciamo qualcosa; potrebbe considerarci pericolosi e …” “Potrebbe iniziare a sparare ad ogni movimento che facciamo prima che il suo cervello esploda …” finì Hagurumon.

Il Digimon Cyborg iniziò a ringhiare, con gli occhi gialli ormai ridotti male: i bulbi si erano colorati di rosso sangue e le pupille erano sparite lasciando solo il contorno. Goblimon deglutì “Sembra uno di quei Digi Zombi usciti da un film dell’orrore …”. Strinse di più la clava nella mano e sbottò “C’è un solo modo per salvarci la pelle: fargli esplodere la testa prima che sia lui a farci esplodere la nostra …” “Oppure possiamo curarlo grazie alle capacità di Hagurumon …” ribatté Kwaku. Si rivolse al Digimon Ingranaggio e domandò “Se noi riuscissimo a bloccarlo; tu saresti in grado di riparargli il danno?”. Egli ci pensò un po’ su e mormorò “Non l’ho mai fatto su un Digimon però credo di avere un margine di successo del 30% …”. Il ragazzino strinse una mano a pugno e disse “E’ meno di quanto mi aspettassi; ma ci basterà …”. Si misero in posizione e attesero.

Commandramon, percependo che il gruppo davanti a lui si erano mossi, ringhiò ed alzò di più il fucile. I dati nella sua testa erano un continuo ininterrotto di messaggi di pericolo, di identità assortite, immagini statiche e di efferati atti commessi dai BAN-TYO e da altre gang malavitose. Lui era un membro dei D-BRIGADE, la forza armata di File City! Chi minava la pace della città meritava la morte! Meritava … Gli ingranaggi di Hagurumon lo colpirono alla testa, facendo si che l’elmetto gli calasse sui occhi, accecando la sua visuale. Kwaku e Midori approfittarono di quel momento di distrazione per partire all’attacco: il ragazzino lo centrò con un pugno alla parte morbida dell’addome e lo disarmò con un colpo al braccio, scagliando il fucile verso il fondo della galleria. Commandramon fece un gemito di dolore ma si riprese quasi subito e cercò di colpirlo con la coda. Goblimon la afferrò con entrambe le braccia e la immobilizzò mentre la bambina gli scivolò tra le gambe, tagliò un tubicino all’altezza della coscia e gli bloccò un braccio mentre Kwaku gli bloccava l’altro arto. Il Digimon Cyborg sentì la gamba cedergli e si ritrovò a cadere in avanti. Goblimon fece una faccetta maligna e sibilò “Sai … Ridotto così potrei mantenere le parole che ti ho rivolto prima …” “Smettila di fare il cretino e tieni quella fottuta coda più saldamente!” urlò Kwaku. Poi l’indiano esclamò “Che Krishna mi perdoni … Sto diventando come lui!!!” “Hagurumon! Possiamo tenerlo bloccato solo per quattro minuti!” “Non preoccuparti Midori –san … saranno più che sufficienti …”. Il Digimon Ingranaggio volò sopra la schiena di Commandramon e con un dito tagliò l’elmetto dove era situata la zona danneggiata. Mentre Hagurumon operava, il Digimon Cyborg urlava e si dibatteva. Cercò di mordere un paio di volte Midori ma Hagurumon lo fermò grazie al tocco di un nervo. Alla fine, per il dolore, perdette i sensi.

Quando si riprese; tutti quei dati confusi erano svaniti dalla sua testa. Si mise seduto, con aria spaesata e si guardò intorno come se vedesse tutto per la prima volta. I suoi occhi si posarono su Goblimon, poi su Hagurumon ed infine ai due che sembravano ID. Riconobbe le loro tuniche e quando notò il Digivice tra le mani di Midori; diventò pallido e si agitò tutto “Oh, grande Yggdrasill! Stavo per uccidere due dei tuoi Bambini Prescelti!” Si inchinò e disse “Mi dispiace! Sono così mortificato! Merito la condanna a morte per ciò che stavo per fare!” “Se vuoi ti accontento …” sghignazzò Goblimon ma Kwaku gli tirò un colpo al braccio. “Stai tranquillo, Commandramon, sappiamo che le tue azioni erano incontrollate …” disse Midori, leggermente imbarazzata “Piuttosto; come stai? Riesci a vedere bene?” “Non ho mai avuto una vista così prodigiosa” rispose il Digimon con un sorriso. Poi si rivolse ad Hagurumon e aggiunse “Con le tue capacità; saresti di grande aiuto al Digi Ospedale della città … Ci sono molti Digimon Cyborg che avrebbero bisogno di cure …”. Hagurumon borbottò un flebile grazie e si mise a fissare il pavimento, imbarazzato. Il gruppetto si mise a ridere. “Ma, Bambini Prescelti, cosa ci fate dentro alle fogne? E dove sono gli altri membri? In tutto non siete in otto?” domandò Commandramon. Allora Kwaku gli raccontò tutto e il Digimon Cyborg, man mano, analizzava le parole con avvenimenti ricorrenti. Alla fine; scosse la testa e disse “Mi dispiace … Ho analizzato tutti i dati in mio possesso ma non ho avuto alcun risultato … E’ la prima volta che sento parlare di questa luce misteriosa …”. Si voltò verso la galleria e aggiunse “In più; questa galleria in realtà è un vicolo cieco …”. Li giudò tra le tenebre fino a che non raggiunsero un muro “Visto? Ecco perché quando Kwaku mi ha intimato di uscire la sua voce risuonava così strana …” Midori guardò il Digivice dell’amico e domandò “Però non capisco … Perché il raggio continua a indicarci quella direzione? Non può essere rotto altrimenti non avremo mai scoperto che avevi subito dei danni cerebrali …” “Lo so io il perché!” esclamò una voce alle loro spalle.

Il gruppo si voltò fino a vedere due Digimon. Il primo era un Digimon Insetto Antropomorfo alto quasi tre metri, dal carapace verde scuro e nero, gli occhi nocciola e dei capelli color rosso fuoco che spuntavano dalla nuca, setosi. Il secondo era molto buffo: era una specie di palla di cannone con gli arti, grossa e lucente, con gli occhi tondi e fissi ed una bocca felina. Entrambi portavano una divisa scolastica giapponese maschile blu scuro, piuttosto rovinata, e la indossavano come era d’usanza tra i teppisti dei manga giapponesi. Il Digimon Palla indossava anche uno di quei cappelli da capitano con uno smile vicino alla visiera mentre la giacca del Digi Insetto era senza maniche. Kwaku puntò il Digivice su di loro

“Nome: Stigmon
Tipo: Digimon Insetto
Livello: Campione
Casta: JUNGLE TROOPERS e WIND GUARDIANS

Nome: Mamemon
Tipo: Digimon Mutante
Livello: Evoluto
Casta: UNKNOWN”.

“Accidenti! Sono un Digimon di livello Campione e uno di livello Evoluto …” si lamentò il ragazzino. Stigmon inclinò leggermente la testa di lato e disse, dolcemente “Non aver paura, piccolo umano, non siamo qui per combattere …” “Già altrimenti vi avremo già fatto il culo, piccoli Intermedi!” esclamò l’altro sogghignando. Il Digimon Insetto si mise le mani sui fianchi e sospirò “E dai Mamemon perché devi essere sempre così volgare? Ci troviamo di fronte a dei ragazzini …” “Oh, beh … Se non impareranno le parolacce da me; ci sarà la televisione …”. Commandramon puntò il fucile contro di loro e gridò “Voi due siete dei membri del BAN-TYO!” “Ancora con questa storia?!?” urlò Goblimon sconcertato “Amico; ma ti si è di nuovo fritto il cervello?” “No, questa volta Commandramon ha ragione …” mormorò Hagurumon, poi tornò a guardarli “In precedenza avevo fatto delle ricerche su dei potenziali alleati che potevano aderire alla causa dei Ribelli e ho trovato il loro nome sulla cima della lista …”. Mamemon si gonfiò “Ehi, Sting! A quanto pare siamo famosi …” “Famosi o meno …” ringhiò il Digimon Cyborg “Sono sempre criminali senza alcuno scrupolo che fanno di tutto per denaro!” “Senti da che pulpito vien la predica! Anche voi dei D-BRIGADE non siete dei santarellini …” “Scusate se vi interrompo …” disse Midori parandosi tra i tre “Il mio Digivice è stato rubato da un gruppo di Numemon che, con ogni probabilità, vivono qui …”. Si voltò verso Mamemon “Se lei sa come possiamo raggiungerli; la prego di farci da guida …” “Stai scherzando?!?” esclamò il Digimon Cyborg ma la bambina gli prese una zampa e mormorò “Lo so che tra voi c’è dell’attrito ma noi abbiamo bisogno del loro aiuto e anche del tuo …”. Il Digimon guardò prima la piccola mano che gli serrava con forza un artiglio; poi fu rapito dai suoi occhi. Si mise a borbottare un po’ ma alla fine disse “Va bene …”. Guardò i membri del BAN-TYO e ringhiò “Ma appena questa storia finisce; vi metterò sotto arresto …”. Il Digimon Palla sghignazzò “Come se tu avessi qualche speranza a spuntarla contro di noi …” ma il trio si strinse comunque la mano. Stigmon prese parola “Per quanto ne sappiamo noi; ci troviamo di fronte a uno dei passaggi segreti che veniva utilizzato una cinquantina di anni fa come deposito dei Trailmon che trasportavano Digi Quartz illegalmente … Adesso sarà in disuso …” “Allora andiamo!” esclamò Goblimon per poi fare un’espressione maligna “Magari c’è rimasto un po’ di Digi Quartz incastrato in qualche fessura … Così dopo che avremo recuperato il Digivice della marmocchia; andremo per i casinò di File City!”. Mamemon gli diede il cinque “Così si parla fratello!”.

Kwaku sospirò con esasperazione. Essere il Master di Goblimon, spesso, era una tortura: egli era il più dispotico, maleducato e rozzo Digimon di tutto il gruppo, uno che aveva sensibilità solo alle dita dei piedi e perché gli formicolano. Il passaggio era pieno di mattonelle viscide e ricoperte da un leggero strato di muffa blu ed ai bordi c’erano dei veri e propri buchi. Se andavano troppo veloci avrebbero rischiato di scivolare e di finire nell’acqua putrida che scorreva accanto a loro. Seguirono la scia rossa finché non raggiunsero una stretta scaletta di metallo che conduceva ad un’altra botola. Il Digivice di Kwaku la puntava. “Ecco … ci siamo: varcata questa soglia raggiungeremo il deposito …” sussurrò Stigmon ai altri. Hagurumon fluttuò verso di essa e la studiò “E’ socchiusa … e sui bordi c’è rimasta della bava ancora umida ... Non deve essere passato molto tempo dal loro passaggio …” “Teniamo gli occhi aperti ... Potrebbero averci teso una trappola …”. Spostarono la botola e …

“Avanti materiali da scarto! Più veloci! Il Fluido non si trasporta sui Trailmon da solo!”. Il Numemon diede una scossa con un bastone elettrico a un Floramon, che sobbalzò facendo tintinnare le fialette che trasportava dentro a una cassa. Il Digimon Mollusco socchiuse gli occhi e ringhiò “E vedi di stare attenta con quelle fialette!”. Il deposito dei Digi Treni era pieno zeppo di Numemon, casse e Digimon vari di livello Intermedio costretti a trasportarle. Il gruppo riuscì a nascondersi dietro a una barriera di queste casse. “Il deposito è ancora attivo …” mormorò Hagurumon “Fin qui ci sono arrivato pure io, ammasso di ferraglia!” sbottò Goblimon e il suo Master lo colpì con una gomitata “Abbassa la voce, idiota!” “Cosa trasporteranno? Le casse sono troppo piccole per trasportare del minerale …” “Possiamo sempre spaccarne una e darci un’occhiata …” propose Mamemon ma Stigmon ribatté “Sei impazzito?! Ci scoprirebbero subito!” “Anche se rimarremo nascosti qui” disse l’altro “Prima o poi anche queste casse dovranno essere trasportate nei Trailmon …”. Midori si sporse appena oltre il bordo e dette un’occhiata. A una ventina di metri di distanza; c’era una scaletta di pietra che conduceva ad una porta al primo piano. Anch’essa era socchiusa come la botola e tra la fessura dell’uscio proveniva del fumo di condensa. “Laggiù ci deve essere una specie di cella frigorifera … Non è più un semplice deposito …” si voltò verso gli altri e disse “Voglio andare lì dentro. Forse troveremo qualcosa di interessante …” “E il tuo Digivice?” domandò Commandramon “Non ti interessa più?” “Certo che lo rivoglio indietro …” disse lei “Però ho anche la strana sensazione che ci sia qualcosa dietro a quella porta …”. Il gruppo la fissò, perplesso. Alla fine il ragazzino indiano mormorò “Ok … andiamo a darci un’occhiata ma se non ci troviamo niente che ci possa servire ritorniamo indietro”. La bambina annuì. Si sporse ancora fuori dal nascondiglio “La prima cosa da fare è di distrarre tutti i Numemon …”. Si accovacciò e formulò un piano …

“Il Trailmon n 12 sta per partire! Toglietevi da lì vicino!” urlò il Numemon di prima, sventolando il suo bastone. Vedendo che alcuni Digimon erano rimasti fermi a fissare un punto. Il Digimon Mollusco si avvicinò a loro e ringhiò “Perché vi siete fermati? Non è il momento di poltrire …”. Andò a guardare lo stesso punto dei altri e li vide. Goblimon era in piedi su una panchina, con Hagurumon al suo fianco, che urlava “Basta! Abbiamo sopportato fin troppo! E’ ora di reagire, di combattere contro i nostri aguzzini! Uniamoci tutti insieme e prendiamoli a calci in culo!”. Prese la mano-ingranaggio di Hagurumon e la sollevò in alto “Noi vinceremo! Noi vinceremo!”. Il Digimon Meccanico si avvicinò di più al Digimon Goblin e gli bisbigliò “Perché hai scelto me per farti da spalla e non Commandramon o uno dei altri?” “Sai com’è … Quelle gelatine dai occhi sbarellati ti lanciano la cacca addosso …” “Tu non avevi bisogno di una spalla ma di uno scudo” disse l’altro guardandolo male. “Ehi! Cosa credi di fare?”. Goblimon si volto fino a vedere il Numemon che aveva parlato, che intanto era stato raggiunto da altri Digi Molluschi. Si avvicinò al duo e ringhiò “Adesso scendete da quella cazzo di panchina!” “Stai pensando anche tu quello che penso io?” domandò il Digi Goblin al compagno e, senza aspettare risposta, gridò buttandosi sul gruppo di Numemon “Rivoluzione!”.

“Quel Digimon mi piace ogni minuto sempre di più …” disse Mamemon mentre osservava Goblimon tirare gli occhi di uno dei Numemon “Quel dannato pirla! Gli abbiamo detto di fare un po’ di casino … ed invece va a fare a botte!” ringhiò Kwaku “L’importante è che sia riuscito ad attirare abbastanza Numemon e che riesca a trattenerli quel tanto da fare le nostre ricerche …” disse Midori. Si voltò verso Mamemon e disse “Se vede che le cose si mettono male; intervenga in loro aiuto …” “Puoi contarci, zucchero” “Noi, invece, andiamo …”. Di soppiatto; i quattro rimanenti riuscirono a salire sulla rampa di scale ed a raggiungere la porta. L’aria gelida li fece rabbrividire: la temperatura era così bassa là dentro che il ghiaccio bianco aveva coperto le grate e creato piccole stalagmiti. I macchinari lavoravano a pieno regime, rulli trasportatori e grosse cisterne che rilasciavano in piccole fialette di vetro un liquido violaceo molto brillante per poi essere riposte nelle casse grazie a un braccio meccanico. L’indiano si avvicinò a una cassa e ne prese una “Midori … Credo che questo sia lo stesso liquido che usano gli Hacker per manipolare la mente dei Digimon!”. Strinse le mani a pugno e ringhiò “Canaglie! Oltre agli scippi; i Numemon si sono alleati con loro …” “Non mi stupisce … Loro stanno sempre dalla parte di chi ha più potere …” sbottò Stigmon mettendo le mani ai fianchi “Ora che sappiamo che cosa nasconde; non possiamo permettere che rimanga ancora attiva … Raggiungiamo gli altri e diamogli manforte nel liberare i Digimon schiavi, poi troviamo un modo per far saltare in aria questo laboratorio …” “Voi cosa diavolo ci fate qui?!?”. Tre Frigimon si avvicinarono a loro, minacciosi.

Intanto fuori … “E con questo fanno 15!” gridò Goblimon con aria di trionfo. Lui e Hagurumon stavano tenendo testa ai Numemon senza troppa difficoltà tanto che ridacchiò “Saranno anche al livello Campione ma sono delle mezze cartucce …” “Invece di gongolarti aguzza anche tu gli occhi e vedi se riesci a trovare il Numemon che ha il Digivice di Midori …” sbottò il Digimon Ingranaggio, seccato. Però doveva ammettere che l’intervento del compagno aveva infuso coraggio tra i Digimon, tanto da farli ribellare ai loro aguzzini e si erano uniti a loro nella rissa. Ora era in corso una vera battaglia, dove i Numemon stavano avendo la peggio. Rendendosi conto che erano con le spalle al muro; uno dei Digimon Molluschi urlò “Non riuscirete ad uscire vivi di qui! Giant Numemon, ci sono degli intrusi!!!”. Dei profondi rumori, viscidi, risposero al richiamo. Goblimon e Hagurumon deglutirono quando si videro apparire davanti il Numemon più grosso che avessero mai visto.

“Ok … questo potrebbe darci dei problemi …” borbottò il Digimon Goblin. Poi guardò su e vide il Digivice conficcato nella sua fronte e sbotto “Ma per favore …” “Senti … Goblimon …” mormorò Hagurumon “Noi due non siamo andati mai andati molto d’accordo però … ecco … apprezzo l’impegno che ci stai mettendo per aiutarci …”. Il Goblin sorrise, sornione “Ok ... adesso però pensiamo a spaccare la faccia a ‘sto stronzo … insieme …”. Si diedero pugno a pugno, in segno di stima, e si prepararono a combattere. Giant Numemon sghignazzò verso i due Digimon e scrocchiò le zampette. Un esplosione provenne dal laboratorio e una ruota dentata colpì dietro alla nuca il gigantesco Numemon con una tale violenza che lo fece svenire. Il Digivice saltò dalla sua fronte e cadde tra le mani metalliche di Hagurumon. Midori, Kwaku, Commandramon e Stigmon erano saltati fuori dalla stanza in stile James Bond, ricoperti di un sottilissimo strato di polvere. Erano riusciti a farla esplodere grazie ad una fortuita gaffe: Commandramon, nell’arretrare, era inciampato sulla sua stessa coda e nel cadere all’indietro fece partire una serie di colpi dal suo fucile, che prese una bombola del gas. Il tempo di dire un “Oh …” e si scaraventarono verso l’uscita. A Goblimon gli cascarono le braccia e fece il broncio. Quando gli altri Digi Molluschi videro Giant Numemon crollare e ritornare ad essere un normale Numemon; urlarono “Ritirata!” e si misero a scappare in ogni direzione. Nel deposito esplose un boato di urla gioiose. Presero il gruppo e li portarono in trionfo, sollevandoli sopra alle loro teste. Stigmon si guardò intorno e chiese “Dov’è finito Mamemon?” “Ah, non lo sappiamo!” sbottò il Digimon Goblin un po’ scorbutico “Il tuo amico non si è fatto vedere neanche quando è apparsa quella montagna di gelatina …” “E’ molto strano … di solito è il primo a menar le mani …” “Ah! Un Infettato!” gridò un Biyomon, terrorizzata, e puntando un dito-piuma verso un punto.

Mamemon si avvicinò lentamente, facendo una risata strana. Un occhio era completamente viola mentre il tatuaggio di una mano stilizzata era apparso sul retro del corpo sferico. “No …” sussurrò il Digi Insetto, avvilito. Commandramon puntò il fucile verso di lui e ringhiò “Fermo lì dove sei … Non costringermi ad usarlo …” “Le minacce … non mi fanno … più paura …” rantolò l’altro, fissandolo spiritato. I Digimon che fino a qualche ora fa erano stati schiavizzati dai Numemon; scapparono in ogni direzione come i loro ex-aguzzini e rimasero là dentro solo i Trailmon e il gruppo. Stigmon si parò tra i ragazzi e il suo amico “State indietro! Non siete in grado di poterlo fronteggiare …” “Ma non puoi combattere da solo!” ribatté Midori “E’ al livello Evoluto mentre tu sei al livello Campione …”. Commandramon si mise al suo fianco e disse “Se pensi di liberarti di me così facilmente di sbagli di grosso: vi porterò entrambi al dipartimento dei D-BRIGADE, cascasse tutta Digiworld in mano ai Hacker …” “Vi ho detto di stare …” iniziò a dire Stigmon, con voce un po’ tremula, quando Mamemon attaccò con i suoi micidiali e colpì il Digimon Cyborg allo stomaco. Commandramon sputò del sangue scuro, che imbrattò il viso del Digimon Palla per poi accasciarsi a terra. Il Digimon Insetto guardò l’amico con crescente terrore, immobilizzato dalla paura.

Mamemon fece un ghigno e si avvicinò minacciosamente verso Midori, che inciampò e cadde a terra. Il Digimon Palla le afferrò con forza la testa, facendola squittire di paura e dolore, e ringhiò “Avanti … Fammi sentire come scricchiola il tuo cranio quando si rompe …”. La bambina urlò. Il suo Digivice si illuminò di viola tra le mani di Hagurumon, che lo lasciò andare a terra, e fu circondato da una serie di codici luminosi dello stesso colore. Il Digimon Ingranaggio urlò a gran voce “Hagurumon Digi Evolve …”. Il suo corpo si dissolse per trasformarsi subito dopo in un robot dalle gambe tozze e le braccia lunghissime che terminavano in grosse mani artigliate. Sull’ampio torace c’era un enorme lente azzurra al centro, una più piccola color rubino a destra e un foro dove si intravedeva un occhio dalla pupilla nera, circondato da uno spesso strato di pelle bruciata. “Mekanorimon” ringhiò il Digimon, infine. La nipponica guardava la scena con stupore, prima il Robot, poi il Digivice che vibrava per terra. Midori si riprese e lo recuperò, per stringerselo al petto. Kwaku, intanto, corse verso di lei e il suo Digivice si illuminò di rosso intenso. Anche a Goblimon successe la stessa cosa di Hagurumon. Gridando all’interno di un canale numerico rosso intenso “Goblimon Digi Evolve …”. Divenne più alto e più muscoloso, con una chioma fluente di capelli bianchi che gli arrivavano alla schiena, mostrando una bocca spalancata piena di zanne aguzze. “Ogremon …” borbottò infine. Dopo essersi scambiati un’occhiata; i due Digimon si affiancarono l’uno all’altro e dissero all’unisono “Preparati a combattere …”. Mamemon sghignazzò “Siete ridicoli! Cosa vi fa pensare di avere una minima possibilità di sconfiggermi?”. Si lanciò contro di loro, urlando, ma Ogremon lo colpì con un “PUGNO IMPERIALE” e lo fece rimbalzare in aria, dove Mekanorimon lo colpì con i suoi “Raggi”. Il Digimon Palla fece una piroetta e atterrò in piedi “Dannati bastardi! Ora farò sul serio!”. Sfruttando la forma sferica del suo corpo, Mamemon rotolò tra le loro gambe, facendoli disorientare, e colpendoli alle spalle quando meno se lo aspettavano. Presto furono a terra. Mamemon ritornò a deriderli e ringhiò “Visto? Siete Digi Evoluti da troppo poco per raggiungere la forza di un vero Campione … Poi credere che potreste sconfiggere un Digimon del mio livello è pura follia!”. Fece sbattere le nocche e disse “Dite addio alle vostre vite …”. “PUNGIGLIONE VENEFICO!”. Il pungiglione di Stigmon colpì la nuca dell’amico con forza, di piatto, come una potente mazza.

Il Digimon Palla fece in tempo a borbottare un “Ma che …” prima di essere colpito da un proiettile del fucile di Commandramon. Mamemon cadde a terra. Le piume azzurre del proiettile narcotico spiccavano sul lucido metallo. “M- Meno male … che … avevo uno di questi p- proiettili che p- possono perforare … il metallo …” rantolò il Digi Cyborg. Midori corse ad abbracciarlo “Meno male … Stai bene …” “Insomma” ribatté l’altro, rosso dall’imbarazzo, ma ricambiò l’abbraccio “Ci vuole altro per mettermi a terra …” “Cosa succederà a Mamemon?” domandò Kwaku al Digi Insetto, che fissava il pavimento con profonda tristezza. Alzò lo sguardo verso di lui e scrollò le spalle “Non so ... Non posso portarlo al quartier generale dei BAN-TYO in queste condizioni … metterebbe in pericolo gli altri ma se non lo porto con me gli altri si preoccuperanno …” “Voi invece che farete?” domandò Commandramon, lasciando andare Midori “Sapete dove dirigervi?” “Il nostro Digivice punta verso sud e, se la memoria non mi inganna, laggiù c’è la parte cinese di File City …”. Dopo un lungo silenzio; si salutarono con calore e due lacrime. Salirono su un Trailmon e partirono verso sud. Quando furono un po’ lontani, Ogremon si voltò verso Mekanorimon e sbottò “Amico; sei davvero da vomito …”

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Capitolo 9
*** Nei cieli con Mikemon: salviamo la scuola galleggiante! ***


WROOOOON.

Un aereo militare del ventesimo secolo si buttò in picchiata sui due ragazzini e su Impmon. Essi fecero appena in tempo a gettarsi a terra ed evitarono per un soffio che l’elica scintillante del mezzo tagliasse le loro teste come una falce con delle spighe di grano; ma nel buttarsi giù James schiacciò il suo Digimon. Patamon si svegliò di soprassalto ed emise un urlo soffocato. La faccia gli si colorò di blu e le orecchie da ali di pipistrello sbatterono sulle guance del suo Master furiosamente, accecandolo e facendolo imprecare. Il Digi Diavoletto alzò leggermente lo sguardo per osservare gli spostamenti del loro aggressore. L’aereo, un AEG C. IV color rosso sangue dotato di quattro ali, si sollevò di qualche metro, fece un giro carpiato e tornò indietro. “Adesso gli faccio vedere io!” ringhiò lui con ferocia e rimettendosi in piedi. Creò delle sferette di fuoco e gliele lanciò contro gridando “BABUM!”. Il pilota le riuscì a schivare con estrema facilità ondeggiando da un lato all’altro, poi fece una piroetta e li accerchiò. Prese un piccolo specchietto rotondo e iniziò a farci riflettere la luce del sole sopra, ad intermittenza. I due ragazzi beccarono i raggi nei occhi così il Digimon Alato si scostò da James, si sollevò in volo e si mise al fianco di Impmon “Ora ci provo io!”. Si gonfiò tutto il corpo e rilasciò l’aria compressa come un proiettile “BOMBA D’ARIA!” ma l’attacco non fece l’effetto sperato. Causò solo una leggera turbolenza che il pilota affrontò con maestria e subito dopo aveva già ripreso il controllo del mezzo. Continuò a far scintillare lo specchietto che stringeva in mano, questa volta aumentando la velocità come se stesse perdendo la pazienza. “Dove diavolo vuole parare questo stronzo?” sibilò Impmon infastidito. Jean socchiuse gli occhi castani e guardò meglio, per poi spalancarli subito dopo ed esclamare “Ma quello è il codice Morse!” “Il codice che?” domandò James “E’ un codice che permette di comunicare attraverso la luce o delle nuvole di fumo. Gli aviatori lo utilizzano per comunicare tra loro quando si trovano in volo” spiegò l’altro mettendosi le mani a coppa sulla fronte, come se fossero la parte superiore del binocolo. Si sollevò sulle ginocchia e aggiunse “Mmh … Credo che ci stia chiedendo una conferma se noi siamo davvero i Prescelti …” “Riesci a capirlo? Come diavolo fai?” gli domandò Impmon sgranando gli occhi verso il suo Master. L’altro fece uno sbuffo e rispose “Mio padre lavora come meccanico dell’aviazione militare francese …” “Comunque sia; quello là sta volando troppo basso per i miei gusti …” ringhiò l’inglese “Come facciamo a dirgli di smetterla di girarci intorno come una mosca impazzita prima che ci stiri sotto con quel rottame?”. Jean e gli altri ci pensarono un po’ su, poi il viso del francese si illuminò e si mise ad esclamare “Ci sono! Basta solo rispondergli alla stessa maniera!”.

La pilota dell’aereo si stava irritando: a quanto pare nessuno di quei marmocchi sapeva il codice morse e, prendendo le sue planate per attacchi, l’attaccavano a sua volta. Guardò in basso e vide i due Digimon mettersi in postazione. Fece un sospiro e iniziò a fare manovra quando il ragazzino dai capelli rossi attirò la sua attenzione. Sventolava le braccia e saltellava mentre i due Digimon lo affiancarono e fecero fuoco facendo esplodere i loro colpi al cielo, formando una serie di linee e di punti. Fece un sorrisetto “Finalmente … Fella!”.

“Ancora un ultimo sforzo! Linea, punto, punto …” “Che roba! Una ventina di linee e di punti solo per dire la parola FERMATI …” sbottò James mettendosi le mani sui fianchi “Senti; non l’ho mica inventato io il codice morse …” ribatté l’altro con un borbottio irritato, poi si rivolse ai due Digimon e disse “Ok ... Ora tenetevi pronti per fare le parole … SIAMO AMICI …” “Si … proprio …” sbottò l’inglese incrociando le braccia ed aggrottando la fronte ma l’espressione si distese un po’ quando vide che, effettivamente, il codice morse dell’undicenne stava funzionando. L’aereo iniziò a planare, facendo lunghi cerchi, e dopo un paio di minuti atterrò a pochi metri da loro in stile albatros ovvero sbandando un po’ e prendendo con la coda un paio di pali, facendone cadere uno con dei scricchiolii e lanciando scintille dai cavi recisi. Il gruppetto si irrigidì tutto e fece una serie di “Uh!” “Quasi quasi lo aspetterò qui …” iniziò a dire Jean ma il biondino alzò gli occhi al cielo e sbottò “Avanti … non fare il fifone! E poi, se atterrando ha causato così tanti danni, anche tenendogli distanza non saresti al sicuro …”. Il francese guardò il compagno stupito “James … sbaglio o hai fatto una battuta?”. L’inglese si voltò verso di lui “Eh?” ma l’altro fece finta di asciugarsi una lacrima dal viso “E’ un miracolo …” “Smettila cretino!”.

Alla fine riuscirono a raggiungere il mezzo prima che il pilota scendesse. Impmon si avvicinò al mezzo stringendo i pugni e grugnendo ma appena vide il pilota scendere rimase a dir poco incantato: era una gatta dal pelo tigrato, con una sciarpa rosso fuoco attorno al collo e due occhialoni dalla montatura di rame, che spostò sulla fronte. Gli occhi dorati erano magnetici e suadenti, pieni di charme ed allo stesso tempo sbarazzini. Il Digi Diavoletto fece un sorrisetto imbarazzato e arrossì. La Digimon Gatta si avvicinò ai due ragazzi e disse, con un lieve accento americano “Finalmente faccio la vostra conoscenza! Io sono Mikemon, fella!” “Come fai a conoscerci?” chiese James con sospetto. Lei si limitò ad alzare le spalle e le mani “La vostra tunica non lascia spazio ai dubbi e nemmeno i Digivice che portate ai polsi …” “Allora perché stavi volando così in basso?” domandò Patamon svolazzando verso la Digi Gatta, che arrossì e rispose “Beh … Ancora non sono molto pratica nel guidare aerei, anche se ho sempre avuto la passione del volo fin da quando ero una Yukimibotamon …” “Lascialo perdere dolcezza … Patamon è così piccolo che ha posto solo per un unico sentimento …” mormorò Impmon spingendolo con una mano mentre l’altra afferrò quella della pilota e mormorò “Miao …” “OOOOKKK …” borbottò Mikemon arrossendo per l’imbarazzo. Si guardò intorno e disse “Non è molto saggio rimanere nella Savana Meccanica troppo a lungo … presto il sole sarà allo zenit ed allora il terreno diventerà così bollente che sembrerà il fondo di una padella adatta per friggerci le uova”. Tolse la zampa tra quella di Impmon e indicò l’aereo “Forza! Saltate sul vecchio Barone ... Vi condurrò in un posto unico, fella!”. Il gruppetto guardò con scetticismo il secondo scompartimento del mezzo rosso, anche perché gli sembrava troppo piccolo per ospitare tutti loro, ma la voglia di lasciare quel posto desolato ebbe la meglio. In effetti il posto era davvero angusto che i Prescelti furono costretti a mettersi quasi in braccio all’altro e in fila indiana. James, che era tra Jean e i due Digimon, girò la testa verso l’altro e borbottò “Che questa cosa rimanga tra noi …” “Come se avessi bisogno che tu me lo dicessi!” sbottò l’altro “E non ti appoggiare con la schiena così!” “Cosa dovrei fare secondo te? Ho praticamente le ginocchia in gola!” “Finite di lagnarvi tutti e due!” disse la Digi Gatta. Accese i due motori, inforcò di nuovo gli occhialoni ed urlò “Si parte, fella!”.

L’aereo si sollevò da terra con eleganza e si addentrò velocemente in mezzo alle nuvole, lasciando dietro di sé delle scie. Volarono per circa un’ora prima che James, esasperato e infreddolito, strillasse sporgendosi appena dal suo posto “Dove diavolo ci stai portando? Sto congelando! Almeno potresti evitare di addentrarti dentro a tutte queste nuvole?!?” “Quante lagne che fai biondino!” sbottò esasperata lei, inclinando leggermente la testa verso la loro direzione “Non vi ho detto che il posto da raggiungere fosse vicino ma che era unico, fella!” “Ma dov’è?” chiese Jean, urlando per sovrastare il rumore del motore. Mikemon ritornò a guardare di fronte a lei e sorrise “Potete vederlo voi stessi, fella …”. I ragazzi e i loro Digimon si sporsero dal loro posto e guardarono l’orizzonte. Rimasero senza fiato: davanti a loro si ergeva un isolotto di terra che galleggiava tra le nuvole, con delle radici d’albero che sbucavano qui e là. Ma quello che li fece rimanere di più a bocca aperta era ciò che ci stava sopra: un edificio formato da migliaia di pezzi di altri edifici di vario materiale, incastrate e fuse l’uno con l’altra così perfettamente da veder a malapena la linea di scissione. Torri alte e bianche dai tetti spioventi, capanne di legno, muri variopinti con balconcini di piante con oblò di vetro e piattaforme d’atterraggio per aerei … quell’edificio aveva di tutto e anche di più ed era costruito attorno al tronco del più grande albero di sequoia che avessero mai visto, dove i suoi rami possenti e pieni di fogliame verde scuro sovrastavano i tetti. I comignoli fumanti rilasciavano un intenso odore d’incenso e pane appena sfornato. Mikemon si immaginò le loro facce stupite e sorrise. Sapeva perfettamente a cosa stavano pensando. Fece un profondo respiro, assaporando quel sublime momento che la faceva sentire come se stesse ritornando a casa dopo un lunghissimo viaggio, ed esclamò “Benvenuti nella grande Digi Scuola del cielo, fella!”.

Atterrarono su uno spiazzo erboso. Mikemon scese agilmente dall’aereo, seguita dal gruppo, e si sfilò gli occhialoni dal viso. Il vento estivo soffiava anche a quell’altura e scompigliò il suo pelo e i capelli dei due ragazzini. Ridacchiò. A quel punto, prima che il gruppo potesse rivolgere qualche domanda, vennero raggiunti da un Digimon. Si voltarono verso di esso. Era di tipo pianta, un cactus per essere precisi, alto quattro metri e piuttosto tozzo. Indossava un bel paio di guantoni da boxe rossi, in testa aveva un ciuffetto di “capelli” color paglia e la faccia era formata solo da due buchi rotondi che facevano da occhi e uno ovale che funzionava da bocca. I due ragazzi repressero appena una risata, colti dallo stesso pensiero: il Digimon ricordava troppo Kyactus, uno di quei mostriciattoli di FINAL FANTASY. Mikemon fece dei passi in avanti e salutò “Ehi, Togemon! Cosa ci fai fuori dalla classe fella?” “Appena ho sentito il tuo aereo avvicinarsi ho chiesto a Renamon di sostituirmi …”. Poi indicò il gruppo dei prescelti e ringhiò “Piuttosto; cosa ci fanno LORO qui?!?” “Modera i modi sottospecie d’ornamento da giardino!” sbottò Impmon ma il Digimon Cactus non gli diede retta e continuò a rivolgersi alla Digi Gatta “Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere senza interpellarmi? Hai portato qui dei Digi Prescelti … che sono ricercati in tutta Digiworld! Ci farai condannare tutti a morte certa!” “Non credi di esagerare un po’, fella?” disse l’altra tendendo le mani leggermente “Per prima cosa; l’ubicazione di quest’isola non la conosce nessuno a parte quelli che ci vivono quindi è impossibile essere trovati. Poi ti vorrei far ricordare che i Prescelti sono coloro che riporteranno la pace nel Mondo Digitale e daranno inizio a una nuova era … così predisse il grande e sommo Sharmamon …” “Sharmamon …” ripeté il Digi Cactus con una smorfia “Tu e tutti quegl’altri non dovreste fidarvi di lui e delle sue parole … Lo vedete come un messaggero di Yggdrasill o dei Quattro Digimon Supremi ma io so chi è in realtà: un bastardo voltafaccia che non ha esitato a collaborare con gli Hacker …” “Non ha collaborato con loro, fella! E’ stato imprigionato da quei maledetti e costretto a rivelare le sue visioni sotto tortura!” ribatté Mikemon iniziando a innervosirsi. Poi strinse i pugni e borbottò “Non ti chiedo molto … solo il tempo di mangiare e riposarsi …”. Togemon la guardò male per un po’. Incrociò le braccia spinose al petto e ringhiò “Va bene, possono rimanere, ma entro domani mattina dovranno sloggiare!”. Si voltò verso il gruppo e disse “In quanto a voi … Fareste meglio a starmi alla larga per tutta la giornata se no vi ricoprirò di così tante spine e lividi che i vostri compagni stenteranno a riconoscervi!”.

Il gruppo rimase ad osservarlo mentre tornava indietro, un po’ intimoriti dal suo tono. “Mamma mia …” sbottò Jean rivolgendosi alla Digi Gatta “Ma cos’ha il tuo amico? Sembra che abbia inghiottito una dozzina di limoni …” “Scusatelo, fella …” mormorò lei, sorridendo debolmente “Togemon è di solito un Digimon molto buono ma ... ecco … cinque anni fa ha avuto una terribile esperienza con gli Hacker …”. La voce le morì in gola e non seppe più continuare. I ragazzi capirono al volo che, qualsiasi cosa era accaduta in quel periodo, aveva segnato profondamente anche lei e non fecero domande. Un attimo di silenzio e Patamon domandò “Ho sentito che hai nominato un certo Sharmamon … Non è lui che predisse una decina d’anni fa le intenzioni degli Hacker?” “Proprio lui fella!” esclamò lei con ardore “Egli è un grande Digimon, anche se il suo livello è ancora Intermedio, dotato di enormi poteri sciamanici ed è un genio dell’alchimia!”. Fece dei passi verso di lui “Togemon è convinto che Sharmamon collabori ancora con gli Hacker ma non è affatto vero: cinque anni fa fu catturato da loro e per tre anni rimase prigioniero in una delle loro dimensioni, costretto a rivelare le sue visioni e il suo sapere sotto tortura, ma un giorno riuscì a fuggire e da allora nessuno sa dove si trovi …”. Lo guardò intensamente e fece un largo sorriso “Non credevo che tu fossi così informato mio piccolo fella!”. Il Digimon volante fece una risatina ed arrossì, imbarazzato e compiaciuto. In quel momento, dal retro della scuola, si elevò un canto così dolce che sentivano i loro corpi rilassarsi e i loro cuori alleggerirsi. Mikemon chiuse gli occhi e mormorò “Adoro questo canto …”. Riaprì gli occhi dorati e domandò “Che ne dite se partecipiamo alla lezione?” “Ma … Togemon …” “Oh, tranquilli fella … Le lezioni di musica sono gestite da Renamon mentre lui va a preparare le altre nel suo studio …”.

Li condusse per tutto il giardino fino ad arrivare in un cortile, poi gli fece il gesto del silenzio e indicò la classe. Alcuni Digimon di vario livello, tra il Primario e l’Intermedio, erano messi in fila su delle panche e cantavano soavemente accompagnati da una chitarra classica, che Renamon suonava con maestria. Il pelo giallo della Digi Volpe sembrava brillare sotto i raggi del sole mentre un piede si muoveva a tempo e gli occhi socchiusi. Tutto l’insieme sembrava magico. James rimase ad ascoltare per un po’, poi il suo sguardo cadde su un vecchio pianoforte che distava poco dalla maestra. Di per sé era un bel strumento, anche se modesto, con quel colore castano scuro e le incisioni che formavano fiori e frutti. Non aveva niente a che fare con il suo lussuosissimo pianoforte ma … era come se lo strumento musicale lo chiamasse e gli dicesse di suonarlo. Così l’inglese si staccò dal suo gruppo e si diresse verso di esso. Man mano che si avvicinava; il canto iniziò prima ad affievolirsi per poi smettere del tutto. Ora tutti gli occhi erano su di lui ma non gli importava. Si sedette sullo sgabello, scrocchiò le dita e rilassò i muscoli delle braccia ed appoggiò le dita sui tasti. Ispirò profondamente e si mise a suonare. Una musica celestiale partì dallo strumento musicale ed era così piena di dolcezza, amore e tristezza. Era come se James riuscisse a sentire la voce latente del pianoforte, facendo si che le sue dita danzassero lievi come piume sui tasti oppure li picchiettassero, facendo si che essa viaggiasse con il vento. La musica echeggiò nell’aria ed arrivò fino alle finestre dello studio di Togemon, dove lui si fermò improvvisamente ad ascoltare. Questa sinfonia … la conosceva così bene … Si affacciò in fretta dalla sua finestra e per un attimo desiderò che ci fosse lei a suonare il pianoforte, la sua Lillymon. Rimase molto deluso nel vedere il Prescelto dai capelli biondi invece della leggiadra fata dei fiori ma rimase comunque ad ascoltare. Era bello risentire quella musica dopo così tanto tempo.

Quando la melodia terminò; tutti erano rimasti in silenzio. Mikemon fu la prima ad applaudire, con le lacrime ai occhi, seguita da ogni Digimon che poteva farlo, compresi i suoi compagni. Quelli che non avevano le mani si misero ad urlare “Bravo!”. James, si alzò e fece un piccolo sorriso e un inchino rivolto al pubblico. Tornò dai suoi compagni e domandò alla Digi Gatta “Chi è Lillymon?”. Lei fece un espressione sofferta ma gli rispose “Era la moglie di Togemon e una mia carissima amica … Il pianoforte che hai appena suonato apparteneva a lei …”. Fece un breve sospiro e raccontò “Lillymon era una gran sostenitrice di Sharmamon e dei Ribelli, faceva tutto ciò che poteva per sostenere la causa e sabotare i piani dei Hacker. Ogni tanto l’aiutavo pure io anche se non ci mettevo la stessa passione come la metteva lei. Era una Ribelle ed era fiera di esserlo. Fu assassinata davanti ai nostri occhi da uno di quei Hacker chiamato Urei, senza che noi potessimo far qualcosa …”. Si voltò verso il gruppo di Prescelti e mormorò “Da allora Togemon non volle più far parte della Ribellione o in nessun’altra missione bellica. Fece erigere questa scuola da un Digimon Mago di sua conoscenza e prese con sé alcuni Digimon rimasti orfani, allontanandoli da tutto quell’orrore …”. I suoi occhi dorati erano pieni di lacrime ma riuscì a ricacciarle indietro “Ma lui deve capire che non si può continuare ad andare avanti così … Lillymon non avrebbe mai voluto che ci arrendessimo …” “Mikemon …”. Renamon l’aveva raggiunta e stava per dirle qualcosa ma un Koromon si mise ad urlare “Che cosa sono quelli?”.

Tutti si voltarono verso la direzione che indicava il Digimon Rosa con le sue orecchie e rimasero inorriditi: uno stormo di pipistrelli fatti di pietra nera fusa con il metallo si stavano avvicinando all’isola, emettendo stridii. “A vederli sembrano dei comuni pipistrelli …” “Potrebbero essere quelle creature costruite dagli Hacker di cui parlava Gennai, quelle che avevano invaso l’Isola di Goma …” “Lo sapevo!” ringhiò una voce piena di furore. Togemon si stava facendo strada tra gli alunni con passi marziali e si diresse verso i Prescelti “Avete fatto si che la nostra isola venisse scoperta!” “Calmati, fella, loro non …” iniziò a parlare Mikemon ma il Digimon Cactus tuonò “Smettila di prendere le loro difese! Io te l’avevo detto che facendoli stare qui non avrebbero fatto altro che guai! La nostra isola ora è in grave pericolo ed è tutta colpa tua!”. Lei rimase sconvolta dalle sue parole e balbettò “I- Io …” “Quanto sei coglione …” ringhiò Impmon e gli lanciò un’occhiata carica di furore “Lo sai benissimo anche tu che prima o poi sarebbe arrivato questo giorno, che ci fossimo stati noi o meno, perché la tua fottuta Fantasy Land non è né invisibile né difficile da raggiungere se si ha ali potenti o un aereo. Quindi ficcati nel culo tutte le tue insinuazioni e vedi di far circolare la clorofilla nel tuo cervello perché quest’esseri sono dei veri figli di puttana che non risparmiano niente e nessuno!”.

Talmente la foga con cui aveva detto quelle parole che il Digimon Diavoletto tremava tutto. Togemon lo fissava come se volesse farlo a pezzi ma radunò tutti i maestri di scuola e ordinò “Dividetevi in quattro gruppi: i Digimon di terra vadano nelle torrette e si tenga pronto ad utilizzare i cannoni, quelli che sanno volare mettano una armatura leggera e si preparino per lo scontro sull’aria, i curatori rimanghino dentro la scuola e difendano i piccoli ed eventuali feriti mentre i Digimon con la corazza rimanghino con me per lo scontro a terra”. Si voltò verso i ragazzi e ringhiò “Visto che siete voi la causa; speriamo che sappiate difenderci più di quanto mi aspetti …”. Quelle creature si avvicinavano sempre di più, grossi pipistrelli fatti di pietra fusa al metallo con gli occhi bianchi e senza pupilla. Erano poco più di un migliaio mentre la scuola poteva contare in una misera decina fuori e un’altra all’interno della scuola. Tutti si misero in postazione e … la battaglia iniziò.

Hai paura, non è vero? Ma … è normale aver paura … soprattutto quando sai che la tua vita è in pericolo. Il respiro si blocca, i battiti del tuo cuore accelerano e ti sembra che tutto sia irreale. Vedi davanti ai tuoi occhi una serie interminabile di scontri, dove esseri continuano a morire. Alcuni rilasciano dati luminosi ed altri polvere nera. Le braccia ti dolgono, le dita sono strette in modo ossessivo alle due maniglie che ti servono a girare la mitraglia, lassù. Spari ancora e ancora ma a un certo punto la vista ti si appanna. Attorno a te la pietra crolla, le urla ti arrivano ovattate nelle orecchie ma tu non reagisci perché davanti a te, all’improvviso, c’è una bestia nera. E lei ti guarda nei occhi facendoti capire presto morirai … “La torretta est è stata distrutta!” annuncia un Hawkmon verso Mikemon e Impmon. I due stavano volando a bordo dell’aereo rosso della Digi Gatta e stavano facendo fuori le belve a colpi di mitraglia e sfere di fuoco “Maledizione! Jean si trova lì!” urlò il Digi Diavolo e la Gatta ribatté “Andiamo subito a prenderlo”. Virò facendo un giro carpiato a testa in giù e si diresse verso l’edificio. Dall’alto potevano udire Togemon urlare “RAFFICHE Di SPINE” ed altri nomi. Fecero precipitare altre tre bestie e raggiunsero la torre. Jean sapeva che doveva sparare altrimenti sarebbe stato lui a morire ma … non ci riusciva. Tremava e non riusciva a far nient’altro che fissare quella cosa, che a suoi occhi sembrava muoversi molto lentamente. Ora era vicinissimo … poteva sentire anche il calore del suo fiato e il bagliore delle sue zanne … “Jean! Dannato idiota! Cosa cazzo aspetti a far fuoco, fella!”.

Il ragazzino venne scosso da un brivido e allora vide l’aereo che svolazzava attorno alla creatura, che ruggiva di rabbia. Impmon gli lanciava contro delle sfere di fuoco purpureo ma riusciva a farci poco o niente, solo a scalfirgli la pelle. Mikemon fece un ringhio sommerso e si rivolse all’altro “Tu! Smettila di sparare e vieni a prendere il mio posto, fella!” “Che hai intenzione di fare?” “Secondo te?”. Lei gli cedette il posto, scrocchiò le dita e disse “Gli vado a fare un culo così, fella!”. E si lanciò contro la creatura di pietra. James aveva accompagnato un Digimon tra i curatori quando vide una di quelle creature distruggere la torre est, nel punto preciso dove stava Jean. “Merda!” sibilò con rabbia e richiamò il suo Digimon. Mentre correvano verso la torre per prestare soccorso; videro l’aereo rosso volare attorno al pipistrello nero. “Quella è Mikemon …” mormorò James fermandosi per un attimo. Il Digimon Volante guardò nella stessa direzione “Impmon sembra in difficoltà …” “Riesci a volare fin lassù a dargli manforte?” “Ci metterò un po’ ma penso di farcela” “Inizia ad andare! Io ti raggiungo tra poco alla torre …”. “PUGNO FELINO!” urlò Mikemon e colpì con forza la creatura alla guancia. La testa dell’essere iniziò a creparsi e a perdere i pezzi. Impmon e Jean non potevano credere ai loro occhi. Ella usò il corpo sgretolante del pipistrello come trampolino da lanciò e si preparò a colpire un altro pipistrello poco lontano, con il Digi Diavoletto che la seguiva a poca distanza a bordo del suo aereo. Però … quella Digi Gatta era piena di sorprese. Mikemon stava per finire il secondo pipistrello quando …

Il sole fu oscurato da una gigantesca figura nera, così maestosa con le sue ali di cristallo e il collo sinuoso da cigno, ma si vedeva che quella fenice era un’altra di quelle orride creature di ferro e pietra. Scese in picchiata a una velocità pazzesca, troppo difficile da starle dietro e si diresse verso la Digi Gatta. “No! Mikemon sta attenta!” urlò Jean con tutto il fiato che aveva ma era troppo tardi. La fenice la colpì con i suoi lunghi artigli alla schiena, trafiggendola da parte a parte. La Digi Gatta fece un’espressione di stupore, poi iniziò a precipitare. Patamon, appena la vide, andò a prenderla. Il giovane francese e il suo Digimon erano rimasti scioccati. Ecco … Guarda che cosa hai fatto con la tua codardia … Jean non riusciva a distogliere lo sguardo dalla figura della sua amica che precipitava e veniva afferrata al volo dal Digimon di James. Sentì le lacrime scorrergli lungo il viso e balbettò “M- Mikemon …”. Corse giù per le scale e urlò ancora “Mikemon!”. Il suo Digivice si illuminò di luce dorata come Impmon, che lasciò i comandi dell’aereo come se scottassero “Che diamine …”. Venne circondato da un canale di luce piena di codici e urlò “Impmon Digi Evolve …”. Il suo corpo venne avvolto da un lenzuolo bianco con i bordi sbrindellati, con dei fori dove c’erano gli occhi e la bocca, dove si vedevano una fila di denti affilati. Le braccia nere con le mani ad artiglio erano semi trasparenti ed aveva la consistenza dell’aria. Finita la trasformazione; il nuovo Digimon ringhiò con ferocia “Soulmon!”. Egli uscì dal mezzo, che precipitò contro un altro pipistrello e lo distrusse, esplodendo in mille pezzi entrambi. Jean sentiva il suo Digivice vibrare e irradiare un forte calore, lo coprì con una mano e urlò “Vai Soulmon!”. Il Digi Fantasma fece un ghigno e urlò “VENTO INFERNALE!”.

James, intanto, aiutò Patamon a posare la Digi Gatta per terra e cercò goffamente di darle le prime cure ma lei lo fermò “C- Cretino … Non ci pensare a m- me … Va ad aiutare gli altri …” “No! Hai bisogno di …” iniziò a dire il ragazzino però il dito artigliato della Digimon gli chiuse le labbra “Lo vedo sai? In fondo sei un bravo ragazzo …”. Gli porse i suoi occhialoni e si sfilò la sciarpa “Ecco … tenete questo come mio r- ricordo” “Non parlare così …” mormorò lui ma lei continuò “S- Sono felice di aver f- fatto la vostra c- conoscenza … Ora potrò r- raggiungere la mia cara amica L- Lillymon …” “Mikemon …”. La Digi Gatta venne prelevata da due Cutemon che la portarono all’interno della scuola. Si avvolse la sciarpa rossa al collo e disse, rivolto al suo Digimon “Andiamo …”. Il suo Digivice si illuminò di una luce blu, come il canale che avvolse Patamon. “Patamon Digi Evolve …”. Il corpo si disfece per ricomporsi completamente diverso: divenne umano sui vent’anni, alto e muscoloso, con lunghi capelli castani che fuoriuscirono da un elmo che gli copriva metà testa. Dalla schiena spuntarono sei ali piumate candide come la neve. James lo fissò senza parole. Alla fine il Digimon mormorò con voce soave “Angemon …”. Rimasero per un po’ a guardarsi, poi il Digimon Angelico disse “Non perdiamo altro tempo, James: i nostri amici hanno bisogno di noi”. Il ragazzino annuì e mormorò “Guidami”.

Quello che successe dopo nessuno lo seppe spiegare con chiarezza. I Digimon si sentivano perduti, i Maestri in vita erano rimasti solo Renamon, Togemon ed Hawkmon, oltre ad un paio che erano rimasti dentro la scuola a difendere i piccoli. Poi li avevano visti. I Digi Prescelti partire all’attacco contro la fenice nera, gigantesca e minacciosa, che aveva ucciso in poco tempo molti di loro. Quei ragazzi avevano il coraggio di affrontarli nonostante fossero due dei semplici umani e gli altri dei Digimon appena evoluti. Allora aveva sentito dentro di loro la speranza. Si unirono ancora una volta, tutti insieme e, guidati da una forza inimmaginabile erano riusciti a distruggere i pipistrelli rimasti ad uno a uno. Togemon distrusse l’ultima di queste creature con un pugno ben sferrato e guardò il cielo. Ora mancava solo la fenice. “RAGGIO CELESTIALE!” urlò Angemon con furia. Dal suo pugno chiuso scaturì un raggio d’energia, che mancò di poco la perfida creatura, che iniziò a fare una piroetta derisoria, ma Soulmon si mise alle sue spalle e la colpì con una “MANO INFERNALE” che le fece perdere l’equilibrio. Jean e James, intanto, incitavano i loro Digimon. Angemon andò vicino a Soulmon e mormorò “Per quanto riusciamo a colpirla non riusciamo a distruggerla …” “Anche se ora siamo a livello Campione; siamo ancora troppo deboli …”. Il ragazzino francese notò la loro titubanza ed allora gli venne un idea. Chiamò James e lo condusse a ciò che rimaneva della torre, dove c’era la mitraglia. Il biondino gli fece un sorriso e entrambi si misero in postazione. Un colpo … sarebbe bastato un solo colpo. Il Digi Angelo stava iniziando a sentire fatica, come il suo compagno, ma non voleva arrendersi. James contava su di lui … non voleva deluderlo. Fece apparire un asta e si preparò all’attacco “Su! Fatti avanti uccello del diavolo!”. La creatura non se lo fece ripetere. Virò dal Digimon Fantasma e si buttò in picchiata verso di lui, con gli artigli protesi, ma un raggio proveniente dalle torri la colpì in pieno petto, creando una fitta crepa. “Vai Angemon! Ora!” ordinò James con ardore. Soulmon si mise al suo fianco ed insieme urlarono il loro attacco “RAGGIO CELESTIALE!” “MANO INFERNALE!”. Entrambi i colpi andarono a segno. La fenice stridette di rabbia e dolore prima di esplodere in mille pezzi.

Nel vedere quello spettacolo; ogni Digimon urlò di gioia e iniziarono a ballare. James fece un sospiro di sollievo e aspettò pazientemente che il suo Digimon lo venisse a prendere. Passarono tre ore, il tempo di prestare soccorso ai feriti e constatare i danni. Togemon non si era fatto vedere per tutto il tempo così a informarli dei ultimi fatti c’era la fedele Renamon “Abbiamo perso molti Digimon valenti ma nessuno di noi vi da la colpa, nemmeno Togemon, ma egli pensa che sia meglio per voi se continuaste il vostro viaggio. Non vi garantiamo la nostra collaborazione ma non vi volteremo neanche le spalle …”. Indicò la parte più alta della scuola e aggiunse “Ora Togemon sta facendo che l’isola si diriga verso File City, una delle nostre città più conosciute, in modo che da lì possiate ritrovare i vostri compagni” “Come sta Mikemon?” domandò Jean con apprensione. La Digi Volpe scosse la testa “E’ ferita gravemente ed è probabile che non sopravviva alla notte …”. Dopo qualche minuto; lasciò i Digi Prescelti da soli. James porse a Jean gli occhialoni della Digi Gatta “Penso che questi siano destinati a te …”. Il francese li guardò “Non so se ne sono degno … E’ stata per colpa mia se …” “Non è affatto vero! Mikemon si sarebbe sacrificata per chiunque!” esclamò l’altro. Poi fece una faccia contrita e stette in silenzio, guardando l’orizzonte. L’isola prese a muoversi. Jean si infilò gli occhialoni sulla testa e mormorò “Scusami, hai perfettamente ragione … Mikemon è una Digimon valorosa. Per onorare il suo sacrificio farò di tutto per far si che questa guerra finisca …”. Guardò i loro Digimon e aggiunse “Si … Sono sicuro che tutti insieme ce la faremo”. Il decenne incrociò le braccia ma gli rivolse un sorriso. Poi il francese domandò “Questo significa che siamo diventati amici, James …” “Ma fammi il piacere!” sbottò l’altro, seccato, poi stette per un attimo in silenzio e borbottò “Si …”.

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