Dai Suki ... or not?

di Suzue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** / 1 / Calcio d'inizio / ***
Capitolo 2: *** / 2 / Fallo / ***



Capitolo 1
*** / 1 / Calcio d'inizio / ***




Dai Suki ... or not?


Scritto da Suzue

Disclaimer: Captain Tsubasa è proprietà di Yoichi Takahashi, della Shueisha, della Star Comics e di tutti gli altri legittimi detentori dei diritti. Questo scritto non è stato creato per essere utilizzato a scopo di lucro.

Note: grazie in anticipo a chi leggerà e a chi commenterà questo mio sforzo. Il significato del titolo (un misto di giapponese maccheronico e inglese) è 'Mi piaci ... o no?'


/ 1 / Calcio d'inizio /


§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§



Forse un giorno mi guarderà.
Non fa che correre su e giù per il campo e io sono qui, ogni giorno, a guardarlo.
Per lui però non esisto.

"Ancora qui?"
Alzo lo sguardo verso Ayako. Quell'espressione di disapprovazione la conosco.
Non sto facendo nulla di male e non c'è motivo per cui mi debba fissare in quel modo. Decido di non rispondere.
"Inutile che stai in silenzio, ignorarmi non serve, Harumi."
"Ohh, insomma! Quello che vuoi dirmi lo conosco a memoria, perché insisti a volerlo ripetere?"
"Perché tu continui a tornare qui."
"E allora?"
Con un sospiro, si siede accanto a me. "E allora la devi piantare: o ti decidi a parlarci o inizi a dimenticarlo. Sono mesi che non possiamo andare in giro da qualche parte senza prima fare tappa fissa qui. Sono stufa."
Sto per replicare, ma in campo lo vedo fare un dribbling e la mia attenzione viene totalmente catturata.
Ayako inizia a schioccare impazientemente la lingua.
Se sto zitta forse si stanca e se ne va. E' solo per oggi, poi domani non verrò qui, davvero non verrò, ma oggi voglio assolutamente- "Ahia!" Il pizzicotto ha fatto male! "Ayako, tu non capisci!"
Infatti mi guarda condiscendente. "Capisco che hai perso la testa. Ma Harumi ... Taro Misaki non ha poteri telepatici. Spiegami per quale motivo stai aspettando che ti noti. Non succederà mai."
Quelle parole mi fanno male, ma lei continua. "Non fino a che il suo piccolo fan club continuerà ad assediarlo e tu continuerai a rimanere seduta qui ogni volta, facendo di tutto per non farti notare."
Ha ragione, lo so che ha ragione. E' solo che ... " ... lo sai che sono timida."
Ayako alza gli occhi al cielo. "Più che altro scema."
Mi alzo in piedi. "Gli insulti no!"
Il mio tono non la spaventa affatto. Scatta in piedi anche lei e incontra il mio sguardo. "Dico la verità. Mi conosci da anni e sai che sono fatta così. Prendere o lasciare."
"Lascio!"
Mi giro e inizio ad andare via, accentuando ogni passo. Sono furiosa!
Non mi capisce, non mi hai mai capito! Che ne sa lei di cosa vuol dire essere innamorate? La grande Ayako dal cuore di ferro non si è mai neanche presa una cotta, non ne sa proprio niente di come mi sento! Qual è il problema nel volere un po' di magia, eh? Vengo qui a guardarlo tutti i giorni, credo che si accorgerà di me prima o poi. Io non sono come le altre, non riesco semplicemente ad andare lì e a parlargli, non sono come quelle del suo fan-club, io ...
Mi fermo e mi giro verso il campo, dove Taro corre in attesa di ricevere la palla.
Io in fondo sono una codarda.
Mi giro verso Ayako. E' rimasta ferma dove l'avevo lasciata. Non è arrabbiata, non è sorpresa: mi conosce sin troppo bene, sa che io pure sono fatta in un certo modo. Sono irascibile e timida. La peggior combinazione.
"Scusa." dico ad alta voce e torno da lei. "Non verrò più qui nei pomeriggi, lo giuro."
Lei sbuffa. "Non fare promesse che non intendi mantenere."
"Giurin giurello."
La faccio ridere e rido anche io. Ho la fortuna di avere una di quelle facce un po' infantili e comiche, quando mi ci metto riesco sempre a farmi perdonare in fretta.
"Harumi, non ti assillo perchè tu la smetta di pensare a Misaki. Vorrei solo vederti agire una volta tanto."
Abbasso lo sguardo. "Questo non posso prometterlo."
Ayako rimane in silenzio per qualche attimo. "Non voglio che tu lo prometta. Però," mi prende a braccetto con fare giocoso, anche se nel viso le leggo un misto di preoccupazione e affetto. "Vorrei solo che la smettessi di farti del male."
Sorrido e inizio a correre, trascinandola con me. Neanche dieci passi e iniziamo a inciampare. "Ahhh!" Ayako si ferma all'improvviso. "Ammettilo che vuoi vendicarti del pizzicotto facendomi rompere una gamba!"
"Non sia mai." Ma il mio sorriso malizioso lascia intendere tutt'altra cosa.
Ayako imita la mia espressione. "Inizia a correre per davvero allora."
Urlando e ridendo, iniziamo a correre tutte e due, sempre più lontano dall'erba ai lati del campo da calcio dove ho passato più di un'ora a sognare Taro Misaki.

"Seriamente, che ha di speciale?" mi chiede Ayako, leccando il gelato che abbiamo comprato sulla via di casa.
"Questa sì che è una domanda stupida."
"E' la domanda più naturale invece. Avanti, spiegami bene cos'ha di così diverso da tutti gli altri ragazzi."
"Be' ... per prima cosa, è così dolce ..."
Ayako tira fuori la lingua, in faccia un'espressione schifata.
"Finiscila!" La colpisco su un braccio. "Ammettilo! Non puoi non vedere anche tu quant'è carino!"
"Appunto, carino. Per me è solo quello. E' carino e gentile, ma questo non ne fa niente di speciale."
"Come si vede che non hai ancora iniziato a fare la spesa nel supermercato dei ragazzi."
Cercando di farmi vedere come le cascano le braccia, per poco ad Ayako non cade anche il gelato. "Ma da dove le tiri fuori queste frasi? E poi, ha parlato l'esperta! La tua esperienza con i ragazzi si limita agli shojo manga di cui ti cibi."
"Non sono una belva!"
"Una belva hai detto? Hmm ... sì, è un bel paragone."
"Sei impossibile! Torniamo serie."
"Per te tornare serie significa parlare di ragazzi."
Non me la prenderò, non me la prenderò, canticchio nella mia testa. "Un ragazzo come Taro è molto più raro di quel che pensi."
"Io sono solo convinta di una cosa: il tuo Misaki sarà tanto bravo e carino, ma a pelle non mi dice molto."
"A pelle?"
"Sì, voglio dire ... sai, dal punto di vista ... " Sta arrossendo? Sì, sta proprio arrossendo! " ... sessuale, insomma."
Scoppio a ridere.
"Okay, okay," ride un po' anche lei. "Me lo merito."
"E anche tanto. Tu che non parli mai di ragazzi, all'improvviso te ne salti fuori con la parola 'sessuale'?"
Poterla prendere in giro è uno di quei rari piaceri della vita, soprattutto perché è sempre lei a prendere in giro me.
"Abbiamo sedici anni e quindi sì, a quelle cose ci penso." Il mio divertimento inizia a infastidirla. "Puoi piantarla ora?"
"Va bene." Cerco di tornare del tutto seria. Ma mi sfugge una risatina.
"Tu invece sei così pura e innocente che non ci hai mai pensato?" mi chiede piccata.
Tocca a me arrossire. "Sì, cioè, no!" Mi arrendo. "Sì. Però ... prima arriva l'amore. Quello che voglio davvero è innamorarmi."
"Non sei già innamorata?"
"Giusto. Intendo dire, vorrei davvero davvero essere ricambiata."
Ayako annuisce e basta, riprendendo attivamente a mangiare il suo gelato.
"Veramente a te non interessa innamorarti?" le chiedo.
"No."
"Mai mai?"
Ayako sospira. "Ora non mi interessa. Che ne so io del futuro?"
"Sei strana." Siamo amiche, ma anche così diverse. E ci sono cose che non capisco di lei. Come lei non capisce tutto di me; Taro Misaki ne è la dimostrazione.
"Se strana significa che non mi interessa sbavare dietro ai ragazzi, come te e tutte le altre del nostro anno, pace."
Forse l'unico argomento su cui l'ho mai trovata davvero suscettibile è questo.
"Andiamo al cinema, domani?" propongo. E' proprio ora di cambiare argomento. Ayako inizia ad entusiasmarsi e temo di sapere cosa sta per suggerire.
"A vedere il nuovo film di Bruce Willis?"
Lei e i suoi film d'azione! "Veramente c'era quella nuova commedia romantica ..."
"Ohh, che noia!" Si porta una mano alla bocca, in segno di sbadiglio.
"L'altra volta siamo andati a vedere il tuo film d'azione, Aya!"
"Solo perchè ho vinto a morra cinese. Non mi hai concesso niente ... Haru."
"Odio Haru."
"Aspettatelo ogni volta che mi chiami Aya."
"Uffa. Va bene, vada per la morra cinese. Tre per vincere. Pari!" Mi affretto a dire. Il pari mi porta fortuna.
"Dispari." Concede lei.
Quattro mio e zero suo.
Due suo e tre mio.
Cinque suo e zero mio.
Ihh, devo resistere! Un altro film di pugni e spari, no!
Tre mio e uno suo.
Cinque mio e uno suo.
Evvai! Saltello in giro, sprizzando gioia da ogni poro.
"Io davvero non ti capisco. Se vuoi vedere bei ragazzi, nei film d'azione ce ne sono. Meno tutto lo zucchero."
"Magari è lo zucchero che mi piace."
Ayako scuote la testa. "Togli il 'magari'."
Siamo arrivate a casa.
"Non ti lamentare. Hai perso e devi venire, come ho fatto io l'altra volta." Oltrepasso il cancelletto di casa mia. "Prometti!"
Dal cancelletto di casa sua, proprio di fronte al mio, Ayako mi sorride. "Prometto, prometto. A domani."

Da qualche giorno ho deciso di iniziare un diario.
Mi sdraio meglio sotto le coperte e sistemo il diario sul cuscino, preparandomi a scrivere un po'.
Sono una pessima scrittrice, però ho scoperto di recente che scrivere mi aiuta a sfogarmi.
In fondo, la mia migliore amica è Ayako. Lei mi ascolta, ma non è che ci mettiamo a condividere i nostri sentimenti. Soprattutto non, appunto, quando si tratta di ragazzi.
Ayako ha un blocco emotivo. Ma è la mia migliore amica. 
Anche se a volte mi lamento di lei, molto più spesso penso che sia stata una fortuna che cinque anni fa lei e sua madre si siano trasferite davanti a casa mia.
Se avessi una migliore amica del tutto uguale a me, non ci sarebbe nessuno a mettere un freno alle mie manie.
E ne ho parecchie.
Ayako mi tiene a terra. E' divertente e intelligente. E mi vuole bene, quanto le voglio bene io.
Anche se quando a San Valentino le ho regalato un biglietto di amicizia, mi ha chiesto quando avrei iniziato a rubarle il quaderno per scrivere 'TVTB'.
Usa il sarcasmo per divertirsi, ma anche quando si sente in colpa. In quell'occasione in particolare poi ci sono arrivata a capirla: si era sentita in colpa per non avermi comprato anche lei qualcosa.
Comunque, passiamo a scrivere della star di questa mia giornata (e di tutte le mie giornate, da tantissimi mesi a questa parte): Taro Misaki.
Taro, solo tanto carino e tanto gentile? Ha!
E' bellissimo, intelligente, gentile, compassionevole, dolce, col sorriso più bello del mondo, un campione di calcio, insuperabile a fare il capitano, il miglior ragazzo del mondo!
Rileggo quello che ho scritto sulla pagina rosa e bianca del mio diario e rido.
Esagero da morire, ma mi piace così tanto!
E' davvero davvero dolce. Una volta l'ho visto aiutare un ragazzino caduto dalla bicicletta ed è stato così ... non c'è un'altra parola, dolce! L'ha aiutato ad alzarsi, gli ha parlato in maniera tranquilla e chiara e senza usare quel tono di voce stupido che altri usano coi bambini. E poi lo ha fatto smettere di piangere solo accarezzandogli la testa.
Sarà un ottimo padre in futuro ... ma a che sto pensando!
Comunque, di sicuro Taro non è come pensa Ayako: non è uno senza spina dorsale. Non l'ha detto, ma si capiva che lo pensava.
Sa essere autoritario: in squadra lo ascoltano tutti, tanto kohai quanto i senpai.
Tutta la Nankatsu sa bene che Taro è il punto di forza della squadra. Se l'anno scorso siamo arrivati a disputare la finale nazionale per le superiori è stato solo merito suo. Ed è merito suo pure che io conosca tutti sti termini calcistici.
Come ala destra secondo me è insuperabile. Vorrei poter dire che è il più forte giocatore che io abbia mai visto, però credo che anche Taro direbbe che ce ne sono di migliori: l'anno scorso è stato battuto dalla squadra di Kojiro Hyuga. E il campione e grandissima promessa del calcio giapponese è senza dubbio Tsubasa Ozora. So che lui e Taro sono stati grandi amici, ma fino all'anno scorso andavo a scuola da tutt'altra parte e inoltre ho un anno meno di Taro, quindi non ho mai visto Tsubasa personalmente. 
Sì, insomma, mi sono informata. E' stato anche interessante. Da quando vado a vedere quasi tutti gli allenamenti di Taro, ho scoperto che il calcio mi piace come gioco.
La penna resta a mezz'aria.
Guardo sempre gli allenamenti da lontano. Non mi siedo sulle poche panchine disponibili nel campo degli allenamenti. Mi metto seduta sull'erba, accuratamente distante dalla porta più vicina.
Me ne rendo conto anche io che così Taro ... non mi noterà mai.
Appoggio la penna fra le pagine del diario e lo chiudo. Lo appoggio sul comodino accanto al mio letto.
Non credo avrei il coraggio di mettere per iscritto quello che sto pensando.
Mi sto autosabotando. Taro neanche sa come mi chiamo e la verità ... la verità è che forse mi piace di più poter sognare di stare con lui che rischiare di vedermi respinta.
Mi è già capitato una volta.
In sesta elementare. Ed è ridicolo che una cosa come quella mi condizioni adesso, ben cinque anni dopo.
E' solo che ... ero andata dietro a Kyo per quasi tre anni. Eravamo stati amici e lui era stato il mio primo amore.
Ma quando gliel'ho confessato, lui mi ha riso in faccia.
Non avevo mai notato quella vena di crudeltà in Kyo, fino a quel giorno. L'ho scoperta solo in quel preciso momento.
Per molti mesi dopo quell'episodio, ho faticato a fidarmi di nuovo di qualcuno. Anche con Ayako, che ho conosciuto giusto in quel periodo, all'inizio sono andata molto cauta.
Spengo la lampada appoggiata sul comodino e mi sistemo meglio sotto le coperte.
Non posso continuare a dare la colpa di come mi comporto a quel singolo episodio. Ero una bambina. Kyo era un bambino.
La verità è che sono sempre stata una che sognatrice. Solo adesso però inizio a sentirlo come un peso.
Forse dovrei davvero dare retta ad Ayako.
So che se seguissi i suoi consigli, le cose cambierebbero sul serio. E' così brutto però non essere certa di volerlo.


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"Ayako, è pronta la tua colazione!"
"Sì, tra poco scendo!" urlo di rimando, continuando a fissarmi allo specchio.
Oggi questa gonna ha qualcosa che non va ... cavolo! E' più corta!
"Mamma!" corro di sotto e la trovo seduta a tavola.
"Che c'è?"
"Mi hai di nuovo ristretto i vestiti!"
"Non è vero! Sono stata attenta questa volta-" Si ferma quando mi vede alzare l'orlo della gonna. "Scusa."
La fisso feroce.
"Guarda il lato positivo, non ti lamentavi che era un po' larga in vita? Dovevi sempre indossare una cintura."
Scuoto la testa, sedendomi a tavola. "La prossima volta non toccare il bucato, ci penserò io."
"Volevo solo fare qualcosa da mamma per una volta."
"Tu scrivi, mamma. Sappiamo entrambe che hai sempre troppo per la testa per fare per bene le altre cose."
"Cucino bene però."
"Quei due piatti in croce che conosci."
"Tutto quel sarcasmo non l'hai preso da me."
"No, l'ho preso da papà."
Sospira. "Sì, decisamente."
Lei e papà non si sono mai sposati e si sono separati quando avevo neanche tre anni. Una famiglia poco convenzionale la mia, ma almeno non ho vissuto il dramma di alcun divorzio. I miei stanno benissimo separati e hanno fatto più che bene a non sposarsi mai. Anzi, non capisco proprio che ci facessero insieme, un tempo.
Vivere con mamma non è sempre facile. Non è mai stata una madre modello, almeno nel senso tradizionale del termine.
Ma mi ha insegnato a pensare e mi ha sempre lasciato ampia libertà di movimento, pur mettendomi dei limiti.
Ce la intendiamo bene, o almeno finora non abbiamo mai avuto litigi particolarmente intensi.
Comunque può dire che il sarcasmo l'ho preso da papà, ma da lei però ho sicuramente preso la pigrizia.
Sono le undici passate di sabato e stiamo appena facendo colazione.
E io devo uscire con Harumi tra venti minuti. Andiamo sempre a mangiare fuori quando andiamo al cinema e sugli orari non abbiamo nemmeno più bisogno di accordarci.
So anche che purtroppo lei ha il difetto di essere puntualmente in anticipo e di venire a bussare alla porta di casa mia.
Per cui sono già in ritardo.
Cerco di mangiare poco e abbastanza in fretta, perchè devo assolutamente avere il tempo di indossare qualcos'altro. Dei jeans, forse. Il campanello suona proprio mentre mi sto lavando i denti.
"Buongiorno, signora Itsuko!" la voce squillante di Harumi mi arriva chiara fino al bagno.
"Ciao Harumi, come stai?"
Le sento iniziare il solito scambio di più che cordiali convenevoli. Non so se si rendono conto di essere praticamente anime affini. Curioso che come migliore amica io abbia scelto una che somiglia tanto a mia madre.
Esco dal bagno. "Devo tornare su a cambiarmi, aspetta un attimo."
"Ehi!"
Mi giro, non comprendendo l'entusiasmo che le ho sentito nella voce. "Stai benissimo così!" Harumi mi guarda con occhi entusiasti.
"Ma figurati, ora salgo a mettere dei jeans."
"Ma no, dai! Non metti mai gonne così corte, puoi fare un'eccezione. A proposito, quando l'hai presa?"
Mia madre si intromette. "Veramente è il frutto di un piccolo incidente ..." Lascia in sospeso la frase, ma Harumi mi ha sentita lamentarmi un numero sufficiente di volte per capire al volo cosa intende dire.
"Oh, però le sta molto bene."
Sbatto le mani in aria, impaziente. "Sì, sì, non mi interessa. Devo andare a cambiarmi."
"Aspetta, aspetta! Oggi siamo in ritardo. Il cinema inizia prima."
"Ma è solo un minuto ..."
Harumi sale fin sulle scale e mi trascina giù. Ho appena il tempo di prendere la borsa dal divano.
"Ci vediamo signora!"
Mia madre ci guarda sorridente. La saluto con la mano, già detestando l'idea di trovarmi in giro con quella gonna così corta. Non è che sia proprio cortissima, ma mi fa sentire ... scoperta.
"Allora, a che ora inizia questo tuo film?"
"Mezz'ora prima del solito, per questo sono arrivata da te prima."
"Quella è una cosa normale, mi pare."
"Vabbe', dobbiamo muoverci per prendere il treno, inizia a correre."
"Se inizio davvero a correre, arrivo cinque minuti buoni prima di te."
Se c'è una cosa che so fare, è correre.
Harumi mi lancia uno sguardo insolitamente sicuro. "Con quella gonnellina vezzosa, io starei attenta a non fare movimenti troppo bruschi."
Si allontana con uno scatto improvviso e mi distanzia in pochi attimi.
Sa bene che un commento del genere non glielo perdonerò. Mi lancio in corsa dietro di lei, fregandomene della gonna. Non mi si vede niente, non è certo così corta!
Ma mentre corro sento un sacco d'aria là sotto e per sicurezza cerco di tenere la gonna giù con entrambe le mani. La borsa a tracolla dondola pericolosamente avanti e indietro, minacciando di farmi cadere.
Che è esattamente quello che fa la bicicletta che mi investe qualche secondo dopo.
Finisco col sedere a terra.
Il ragazzo che guidava la bicicletta è riuscito a frenare e a sterzare e mi ha colpito alla gamba solo con una ruota. Più che altro ho perso l'equilibrio, ma cavolo se fa male!
"Ehi! Questa è una pista ciclabile!" urla.
Porto lo sguardo e le mani alla gamba. "Ora mi serve a molto saperlo!" A lui non è successo nulla, che ha da gridare?
"Se non frenavo, potevi farti molto male."
"Che bravo!" Mi strofino dal ginocchio fino alla caviglia con entrambe le mani, cercando di lenire il dolore.
Lo sento fare uno strano suono, poi scende dalla bicicletta e mi si avvicina. "Riesci ad alzarti?"
Appurato che non ho niente di rotto, annuisco disinteressatamente. "Sì, non è un problema." Anche perché Harumi sta tornando di corsa.
"Passa la mano." mi dice lui, con tono di grande sufficienza.
Alzo lo sguardo. "Posso fare da sola."
Mi fissa come se fossi deficiente, poi mi afferra lo stesso il braccio e mi tira su.
"Ehi!" Appena sono in piedi tolgo subito il braccio dalla sua stretta.
Ci mancava solo di finire a fare la donzella in pericolo.
Mi guarda con disapprovazione. "Ah, grazie del 'grazie'." Non cerca di nascondere il tono di scherno.
Mi sta dando della maleducata! "Tu ancora non ti sei scusato!"
Harumi si è fermata a pochi passi da noi.
Quello invece di scusarsi si gira e monta sulla sua bicicletta. Solo allora parla di nuovo. "Scusa." Ma di pentimento non vedo alcuna traccia.
E poi la maleducata sarei io. "Grazie." Ma è sottointeso che la gratitudine se la può scordare.
"Sei stata tu a venirmi addosso e a non guardare dove andavi. La prossima volta che decidi di farti investire, ragazza, magari mettiti una gonna meno indecente."
E ancora prima di finire la frase, sgomma via.
Sto buttando fumo come quattro ciminiere.
"Ehm ... "
"Che c'è?!" E' stata tutta colpa di Harumi! Lei mi ha convinta a uscire a di casa con questa gonna e stavo correndo solo per colpa sua.
"Quello lo conosco."
"Ah sì?" Raccolgo la mia borsa da terra e riprendo a camminare verso la stazione del treno, senza neanche aspettarla. La gamba mi dà un po' fastidio, ma adesso nemmeno lo sento quel dolore.
"Non ti interessa sapere chi è?" insiste Harumi.
"No."
"E io te lo dico lo stesso. L'ho visto giocare contro Taro."
"Interessante!" sottolineo, grondando acidità.
"Non capisci, lui è un campione, Ayako. Ha giocato assieme a Taro e Tsubasa Ozora nella nazionale!"
Ah sì, quegli esaltati che ci hanno fatto vincere quel torneo giovanile mondiale un paio d'anni fa.
Va bene, non sono proprio degli esaltati. Ho esultato come tutti gli altri alla vittoria del nostro paese, ma associare quell'individuo a quella squadra ... Mi giro verso Harumi. "Quello non sa cosa siano le buone maniere, Harumi; non mi interessa sapere il suo nome. E ora muoviti o perdiamo il tuo film."
Discorso chiuso.
Fu così che non mi feci dire da Harumi che il ragazzo della bicicletta si chiamava Kojiro Hyuga.


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/ Continua ... /



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Capitolo 2
*** / 2 / Fallo / ***


daisukiornot2 Dai Suki ... or not?


Scritto da Suzue

Disclaimer: Captain Tsubasa è proprietà di Yoichi Takahashi, della Shueisha, della Star Comics e di tutti gli altri legittimi detentori dei diritti. Questo scritto non è stato creato per essere utilizzato a scopo di lucro.


Note: ehi, grazie mille per le recensioni Manila, Martyx1988 e Mila83! Grazie per il benvenuto e per i complimenti. Sono felice che la mia storia vi sia piaciuta. So che questo secondo capitolo è un po' più cupo, ma mi serviva per tornare su toni più allegri dopo.


/ 2 / Fallo /


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Forza Harumi, forza, devi muoverti.
Passa davanti a quelle e guardalo in faccia, per una volta.
Sento le guance iniziare a prendere fuoco.
Sono una scema, una scema!
Mi riappoggio contro l'albero.
L'allenamento sta per finire e oggi mi sono ripromessa di sedermi su una delle prime panchine e tentare di incrociare lo sguardo di Taro.
Mi sono spinta troppo in là coi propositi: ce l'ho fatta a sedermi su una delle panchine più visibili dal campo, ma me ne sono andata neanche qualche minuto dopo.
E' che ... mi sono fatta talmente tanti viaggi mentali che al solo stare seduta lì stavo diventando più nervosa di quanto non fossi mai stata.
Cose tipo ... se ora mi guarda, sicuramente mi sorriderà, perché è fatto così, lui è gentile. E poi magari, sempre per gentilezza, un altro giorno mi vedrà e mi farà un saluto e poi io farò una delle mie solite figure e non sarò in grado di spiccicare parola e lui penserà che sono stupida e ...
Sospiro disperata.
Forse oggi non è giornata.
Ma perché non posso già conoscere tutti quelli che vorrei conoscere?
Quando conosco una persona la smetto con tutte queste sciocchezze, mi sciolgo un po'.
Ho troppo paura del giudizio altrui.
Ho provato così tanto a dirmi che non conta nulla, ma alla resa dei conti non riesco a non pensarci, vince la voglia di fare buona impressione, di non fare un solo errore e inevitabilmente finisco per fare tutto quello che non vorrei.
Scuoto la testa.
Dietro di me inizio a sentire un chiacchiericcio sempre più insistente e una delle ragazze del fan club di Taro lancia un piccolo urlo.
Non perdo tempo e guardo verso il campo.
Oh, dio ... si è tolto la maglietta.
Non ho nemmeno la bava alla bocca, è totalmente prosciugata.
Quelle impiccione mi si mettono davanti e senza pensarci mi sposto di lato e salgo su una delle panchine più alte, per vederlo.
Si è già messo un'altra maglietta. Peccato. Mi sfugge involontario uno sbuffo scocciato e inizio a ridacchiare da sola della mia stessa reazione.
Be', oggi l'ho visto a torso nudo. Direi che come passo avanti può andare.
Okay, non ci ho parlato, non mi ha visto, ma sfidare la sorte non è un bene, no?
Sì, non è bene. Deciso!
Indietreggio.
E inciampo, rotolando su me stessa.
"Ahhi!!" urlo.
Che stupida, scema! Neanche da una panchina so scendere!
Controllo il danno e vedo che la pelle del ginocchio è tutta graffiata e perde sangue.
Mi viene da piangere! Dalle elementari non mi capitava!
Inizio a tirarmi su, dolorante. Ho dell'acqua nella cartella e devo disinf-
"Tutto bene?"
Rimango immobile.
Taro mi giro intorno fino a potermi guardare in faccia e ripete, "Tutto bene?"
Lo fisso solamente. Lui invece guarda il mio ginocchio, quindi mi prende per le spalle, aiutandomi a sedermi.
"Non è una bella ferita." Sorride. "Hai lanciato un bell'urlo. Dovresti stare più attenta."
Mi ha toccata. Mi ha TOCCATA!
Riesco solo ad annuire e lui continua. "Devi disinfettare."
Si guarda intorno e verso la panchina, poi mi fissa dubbioso.
Già, non ce la faccio ad arrivare rapidamente fino a là. Forse ora mi prenderà in braccio, oddio, oddio ...
"Ishizaki! Portami del disinfettante!"
Come no.
Sbuffo e lui si gira subito verso di me, facendomi sussultare.
"Non ti preoccupare, ora arriva subito." mi dice.
Annuisco di nuovo, abbassando lo sguardo.
Non ce le faccio a fissarlo in faccia, devo trovarmi qualcosa da fare, qualcosa di intelligente possibilmente ... la ferita! Inizio a guardarmi la ferita con fare apprensivo.
Taro si abbassa appena e anche lui mi osserva il ginocchio, con fare esperto. "Non rimarrà neanche la cicatrice. Ne ho viste di ferite come queste."
Di lato scorgo le ragazze del suo fan club e vedo che sono verdi d'invidia. A causa mia!
Muovo bruscamente la testa e mi accorgo che è incredibilmente vicina a quella di Taro. Lui si scosta subito. "Scusa."
Ishizaki arriva con il disinfettante e dell'acqua, accompagnato da una ragazza. E' una delle manager. Lei gli toglie di mano le due bottigliette. "Lascia faccio io."
Taro si alza. "Allora ci pensi tu, Yukari?"
Lei annuisce solerte e inizia a versarmi dell'acqua sulla sbucciatura del ginocchio. Brucia un po', ma Taro sta per andarsene ed è l'unica cosa che riesce ad attirare la mia attenzione.
"Allora ciao." mi dice lui. Lo vedo allontanarsi con Ishizaki verso lo spogliatoio.
C'è un lungo istante in cui non riesco a pensare a niente.
La manager mi parla, mentre mi applica il disinfettante con del cotone. "Il segno rosso andrà via presto, non credo rimarrà nessun segno."
Mi giro verso di lei solo dopo un po' e mi accorgo di non averle risposto. Lei mi fissa in modo strano, poi guarda di sfuggita in direzione degli spogliatoi. Mi sorride condiscendente e si alza per andarsene.
Ha capito tutto.
"Grazie." riesco finalmente a dire.
"Di nulla." Mi sembra di sentire un po' di ... pietà nella sua voce.
Se ne va, mentre io arrossisco per la vergogna.
Ora è una cosa degna di pietà avere una cotta?
E' una cosa bella invece!
Chissenefrega se per lui non è scattato nulla quando mi ha vista?
Abbasso le spalle che avevo alzato appena due secondi prima.
E' stato così gentile. Ma ... non mi è sembrato interessato.
Be' .... è stato un grandissimo passo avanti, no?
Cerco di nascondere quel pizzico di delusione che sento, ripensando invece a come mi ha parlato, a quando mi ha aiutata ad alzarmi.
Sì, la prossima volta che lo vedo lo ringrazierò!
Visto, è facile! Non dovrò nemmeno pensare a cosa dirgli, ci ho già pensato ora.
Un bel 'grazie'. Quando mi guarderà, mi riconoscerà e io gli passerò accanto solo ringraziando. Non dovrò inventarmi altri discorsi o dire chissà cos'altro, dovrò solo scandire quelle poche sillabe.
Mi rialzo di scatto piena di baldoria e sento subito la pelle del ginocchio tirare.
Faccio una smorfia e provo di nuovo a fare un passo rapido, ma non posso ignorare il dolore.
Mi fermo e decido di prendermela comoda.
Di solito vado a casa a piedi ma oggi sarà meglio prendere l'autobus.
Uffa, ed era una così bella giornata.
Scuoto la testa, sorridendo ... chi se ne importa! Oggi ho parlato con Taro! Grazie ferita!
Una decina di minuti dopo, finalmente, sono quasi arrivata alla fermata dell'autobus. I graffi al ginocchio oramai li sento poco.
Mi guardo intorno con aria decisamente sognante.
Dalla parte opposta della strada arriva l'autobus. Lo guardo distrattamente, mentre arrivo ad appoggiarmi al palo della mia fermata.
"Taro!"
Quel nome attira immediatamente la mia attenzione. Una ragazza coi capelli mossi e castani sta agitando la mano nella direzione da cui sono venuta.
No, non può essere quel-
Invece è proprio Taro, che arriva correndo.
No, non è proprio quello che ho sentito nella voce di lei. Saranno conoscenti, saranno ...
Quando Taro si avvicina abbastanza, la ragazza gli getta le braccia al collo. Li vedo scambiarsi un rapido bacio. Sulla bocca.
Lei gli prende la mano e vanno via tranquilli per una strada laterale.
Quello che mi esce dalla bocca solo molto dopo è uno strano respiro, la voglia di vivere e morire contemporaneamente.
Morire? Che stupidaggine!
Quando cerco nuovamente di prendere aria però esce solamente un singhiozzo.
E perché no?
Lascio cadere via dagli occhi lacrime impossibili da contenere oltre. Eììun pianto ridicolo, misero, le lacrime di un'illusa.
Fanno lo stesso tanto male.
Lascio cadere la cartella a terra. Non sopporto nemmeno quel peso, ora.
Illusa. Illusa. Illusa.
Ecco cosa succede a vivere di illusioni.
Sono nulla, solo le fantasticherie di una codarda.
Ma le sento ancora quelle mani sulle mie spalle e piango ancora per quella misera e stupida creatura che lo ha  ... amato.
Amavo Taro.
Lo amavo.
Mi abbasso con forza a prendere la cartella da terra, accogliendo quasi con piacere il dolore al ginocchio.
Ma che amavo! Nemmeno lo conoscevo!
E giù altri singhiozzi.
Tutti quei pensieri su di lui, quei sogni ... e non sapevo neppure che avesse una ragazza.
Come si fa a sentirsi traditi se mi ha parlato per la prima volta solo oggi?
Si fa, si fa ...
Le lacrime mi annebbiano la vista e oramai sono costretta ad aprire la cartella alla ricerca di un fazzoletto, col naso otturato che mi impedisce di respirare. Soffio sonoramente sulla carta tra le mani.
Avrei solo voglia di sedermi e sprofondare.
Perché non c'è nemmeno una panchina quando serve? ...
So solo lamentarmi.
Alzo lo sguardo sulla via da cui Taro è sparito.
Ha una ragazza. Ci sta insieme. 
Era carina, forse ... straniera.
Chiaro. Perché mai avrebbe dovuto scegliere una giapponese, no, il grande campione di calcio?
Reprimo quell'ira; non è neanche giustificata. Ha avuto l'unico torto di vivere come fanno tutti gli altri, come non ho mai fatto io.
No, lui non era una scusa per nascondermi, mi piaceva davvero! Però ... era tanto comodo non sforzarsi di farmi vedere da nessun altro, tanto contava solo lui, no? Anche se mi avesse vista, perché mai avrebbe dovuto scegliere me, dalla faccia anonima e con un'anonima coda di cavallo che non sciolgo mai?
Mi strappo l'elastico dai capelli e lo butto per terra.
Esalo un altro faticoso respiro: il punto non sono i capelli, anche se mi fanno sentire come nuda, così sciolti.
Mi sono sempre sentita come nuda, come se avessi tutto da nascondere.
E che ho da nascondere?
Nulla, sono come tutti gli altri. Né meglio né peggio.
Giusto, per niente peggio.
Inspiro l'aria con forza dal naso ora libero e mi asciugo le guance col dorso della mano.
Sì, non ho nessun difetto particolare. Non sono brutta, non sono stupida, il resto ... il resto lo posso superare!
Cinque minuti dopo sono ancora lì in attesa.
Ma ad attendere quell'autobus c'è una nuova me.
Vedo la bicicletta di Ayako arrivare dal fondo della strada. "Ehi, sei qui!" Si ferma all'improvviso. "Pensavo fossi al campo di calcio e quindi sono passata di lì per ... che hai?"
"Niente. Mi sono sbucciata un ginocchio. Puoi portarmi a casa?"
Senza aspettare risposta inizio a montare dietro di lei, sistemandomi alla meglio.
" ... tutto bene? Hai perso l'elastico?"
"Sì, è caduto."
"E non l'hai trovato?"
"Non mi serve più."
Ayako mi fissa interdetta, prima di decidere che forse è meglio pedalare.



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E' successo qualcosa ad Harumi.
Ma non ha detto niente ed è sempre lei ad iniziare questi discorsi, che diavolo!
E adesso non ne parla nemmeno.
Perso l'elastico, un corno.
Non lo vuole più portare. Non l'aveva addosso nemmeno questa mattina e a casa ne ha una scorta colossale di quegli orribili cosi.
Le ho sempre detto che se i suoi capelli lunghi li voleva portare sempre legati, tanto valeva che se li tagliasse corti come ho fatto io.
Ma lei niente, insisteva a legarli. Oh, sono felicissima che abbia mollato la coda, ma non è da lei.
Mi aspetto che entro la fine della giornata scoppi in un pianto dirotto, altrimenti inizierò a preoccuparmi.
Andrò a trovarla più tardi, magari ha bisogno di avermi intorno per un po' per lasciarsi andare.
Inizio a farmi girare intorno al corpo il sacchetto della spesa che sto portando.
E' divertente e se lo faccio abbastanza spesso dovrei migliorare i muscoli delle braccia.
Non fa mai male essere forti.
Mantenere l'equilibrio così non è molto facile, ma la sfida mi piace.
Proseguo fino alla fine della strada e giro l'angolo.
"Ahi!"
La voce è infantile. Oddio.
Mollo il sacchetto di arance per terra e mi abbasso subito sulla bambina che ho fatto cadere.
"Scusa, stai bene?"
"Niisan, mi ha fatto male!"
"Shi, non ti sei fatta niente, in pie- Ancora tu!" Alzo lo sguardo su una voce che già conosco.
Questa volta non raccolgo giusto perché sono io quella in errore.
"Sei un pericolo anche per i bambini."
Adesso esagera. Mi rialzo. "Due secondi fa le hai detto che non si era fatta niente."
Lui si abbassa a mettere in piedi la sorella e mi fissa gelido. "Questo non ti dà il diritto di farla cadere."
"E chi ha mai detto una cosa simile?" Mi metto le mani sui fianchi, esaperata. "Scusa ancora piccola." Me ne vado senza sprecare fiato a salutare lui.
Non ho fatto che pochi passi che sento dietro me, "Le arance ce le lasci in regalo?"
Mi blocco ma vorrei davvero davvero non dovermi girare.
Gliele lascerei quelle arance pur di non dover fare questa stupida figura. Ma ne ho bisogno.
Mi giro solo per fermarmi subito.
Il tipo è a due passi da me e mi sta porgendo il sacchetto delle arance con aria ... meno arcigna del solito. "Tieni."
Cerco di riprendermi la mia roba evitando di toccarlo. Dato che ha le dita sulla presa del sacchetto, questo mi costringe ad appoggiare una mano sotto le arance e a chiudere il sacchetto con l'altra ben sotto il manico. Mi riprendo il tutto.
Lui mi guarda con aperta curiosità: pensa che mi sto comportando da stupida. In effetti ... sì.
Mi viene un po' da ridere. "Grazie."
Che senso aveva prendermela così tanto? Mi sono abbassata a livelli da asilo. Questo qua non è diverso dalla maggior parte dei ragazzi: idiota ma non cattivo.
Però ora mi sta fissando le gambe. "Niente gonna oggi? Scelta intelligente."
Naturalmente dimenticavo che ci sono gli idioti antipatici e pervertiti.
Calma. Calma. Non fare come prima. Non hai più sei anni.
Inspiro per bene. "Spero di non incontrarti mai più, ma se succede, vedi di crescere di qualche anno prima di parlare."
E, questa volta, me ne vado sul serio.

"Niisan, perchè l'hai fatta arrabbiare?"
A Kojiro Hyuga non importa erigere difese con sua sorella. "Non mi sono comportato troppo bene."
"Perché?"
"Ogni tanto succede ai grandi. Non ti fa più male?"
Sua sorella gli sorride allegra e afferra la mano offerta. "No. Torniamo dalla mamma?"
"Sì."


"Ciao Ayako."
Mi chiudo dietro il cancelletto di casa. "Ciao Haru."
Harumi inizia a dirigersi verso la scuola senza aspettarmi. Non ha nemmeno protestato per l' 'Haru'.
Mi metto al passo con lei. "Ieri volevo venire a trovarti solo che ... sai quel tipo dell'altra volta, quello della bicicletta? Ieri l'ho incontrato di nuovo e si è comportato anche peggio. Mi ha messa di cattivo umore."
"Perché volevi venire a trovarmi?" mi chiede lei.
Ancora una volta, non è da lei non commentare una cosa come quella che le ho appena raccontato.
"E' successo qualcosa?"
" ... no."
Non ha voglia di parlarne. Cammino per un po' assieme a lei, senza dire nulla.
La guardo di sottecchi. "I capelli sciolti ti stanno bene."
Sorride! Finalmente.
"Pensi che dovrei acconciarli?"
"Sai che non sono esperta di queste cose. Magari puoi andare da un parrucchiere e vedere un po' di tagli. Se vuoi ... ti accompagno."
Harumi mi guarda e capisco che riconosce il mio sacrificio. Sa che i capelli me li taglia mia madre. Non mi fido di nessun altro da quando un parrucchiere me li ha acconciati in un orribile caschetto quando ero alle elementari. Non mi fiderei nemmeno di mia madre, ma almeno sa quello che voglio e si tratta più che altro di spuntarli di tanto in tanto.
Harumi ridacchia. "Credo che accetterò prima che tu possa cambiare idea. Oggi puoi?"
Scuoto la testa. "Anche oggi ho il club."
"Giusto. Facciamo domani allora?"
Annuisco. Avrei preferito poter andare con lei oggi, però.
Non voglio intromettermi, ma credo davvero che abbia bisogno di parlare.
Lei è sempre stata fatta così.



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Il parrucchiere è una buona idea.
Forse dovrei anche andare a comprare dei vestiti.
Non ho molti soldi però. Bah, non ne ho bisogno.
E' tutta una questione di atteggiamento, alla fine.
Passo accanto al campo di calcio.
E' sempre stato sulla strada di casa.
Se magari fosse stato da tutt'altra parte, non mi sarei mai accorta di Taro.
Stanno giocando. Vado avanti: ormai quello che c'è lì non mi interessa più.
Continuo ad avere la mente un po' vuota per diversi minuti. Mi guardo i piedi mentre cammino.
In fondo, non poteva essere tanto facile, no?
E' successo solo ieri.
Però mi sento meglio, riesco a riconoscerlo. Mi sento libera.
Passo dalla fermata dell'autobus.
"Ehi, ciao."
Mi blocco e alzo lo sguardo.
Taro.
Taro Misaki.
In uniforme, seduto sulla panchina.
Parlo senza elaborare alcun pensiero. "Ciao. Grazie per ieri."
Che strana calma.
"Non ti preoccupare. Capita a tutti." Si tocca la gamba. "Oggi è toccato alla mia caviglia."
Ha sempre la solita aria gentile e sincera. E' la definizione vivente di 'bravo ragazzo'.
"E' grave?" chiedo, per gentilezza.
"No, ma il mister ci vuole sani, c'è una partita importante tra un paio di settimane. Ma ... lo saprai. Ho visto che sei venuta a vederci spesso quest'anno."
E così mi aveva notata.  Ieri non avrei saltato su e giù dalla gioia, felice come una pasqua?
"Sì ... il calcio mi piace. E la squadra gioca bene."
"Grazie." Si illumina come se gli avessi fatto il complimento più bello del mondo.
E' stato bello essere innamorata di lui.
"E' la verità. Allora ... ciao."
Riprendo a camminare senza guardarmi indietro.


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"Ciao papà, sono tornato a casa." Mi tolgo le scarpe all'ingresso.
"Ciao Taro. Come mai così presto?"
"Ho preso una storta alla caviglia e il mister non ha voluto che la sforzassi con gli allenamenti. Sei da solo?"
"Ovviamente."
Ovviamente?
"E Amelie?"
Mio padre posa il pennello con cui stava dipingendo. La sua faccia non mi piace. "Come, 'e Amelie'? E' partita stamattina, no?"
"Cosa?!"
"Con suo padre. Non ti ha salutato?"
Rimango fermo, come uno stupido.
Sono uno stupido.
La faccia di mio padre è quasi costernata. "Pensavo ti avesse salutato, io mi sono svegliato tardi e non ho visto ..."
Lo fermo con una mano. "Papà. Lascia stare."
Vado in camera mia.
Non so nemmeno cosa sto provando.
Apro la porta. Sul mio letto c'è una busta, in bella vista.
Una lettera.
Una dannata lettera!
Rabbia, ecco cosa devo provare.
Respingo l'impulso di strapparla solo perché devo sapere.
Ma non ci sarà una sola parola o scusa che tenga.
La calligrafia di Amelie mi parla e forse è la prima volta che noto quanto è arrotondata, infantile.

"Taro ... sai che ti amo, ma non stava funzionando. Questi anni sono stati belli, anche così a distanza, ma prima che tu tornassi in Francia mancava troppo tempo e io ... scusa se non te l'ho detto. Volevo che gli ultimi momenti della nostra storia fossero felici e non ce l'ho fatta a mentirti oggi e a dirti che ti avrei aspettato. Non riuscivo a pensare di confessartelo e vederti triste. Scusami. So che ho fatto una vigliaccata, ma scusami. Alla fine, è stato un bene rivederci, poterlo capire, no? In un qualche modo, per sempre tua Am-."

Strappo il foglio e, con la gamba sana, do un calcio ai pezzi di carta che cadono per terra.
Non credo di aver mai provato una tale furia.
Mi sdraio sul letto, perché se non mi costringo a stare fermo rischio di colpire qualcosa anche con la gamba malata.
Pretendere la verità da lei era chiedere troppo?
Esatto, è stata una vigliaccata.
Del peggior tipo. Un anno e passa insieme e alla fine non meritavo neanche un discorso in faccia.
O un minimo indizio di quello che stava pensando veramente.
Una che sapeva passare dal dramma all'allegria in due secondi doveva per forza saper recitare, penso con amarezza.
Chiaramente non la conoscevo abbastanza bene.
Ma che razza di persona è una che fa così?
Continuo a sbollire la rabbia per interi minuti.
Minuti in cui penso che coverò rancore per il resto della mia vita.
Poteva dirmelo, dannazione!
Poteva dirmelo, è tutto quello a cui riesco a pensare.
Non ... 'mi ha lasciato e ora cosa farò'. Solo .. 'poteva dirmelo'.
Mi abbasso a prendere il pallone da sotto il letto e lo faccio roteare sul dito. Mi aiuta a riflettere.
Poteva dirmelo?
Tutto qua il problema?
No, continuo ad essere arrabbiato.
Il problema è 'lasciato così, no'. In ogni modo, ma così no.
Sbatto il pallone sul materasso e mi alzo.
Se fosse venuta a dirmi che voleva rompere, non avrei provato rabbia. Non avrei provato ... molto.
Perché stavo assieme a lei?
Perché era carina, divertente. PerchP era comoda. Quando non la volevo vedere, non c'era. Quando la volevo vedere, c'era.
E una cosa del genere era possibile solo perché la volevo vedere neanche tre volte l'anno.
'Taro, sai che ti amo'?
Era piacevole sentirmelo dire. Ma io non l'ho mai detto. E lei lo faceva sempre con troppa facilità.
... ma era bello avere una ragazza.
E stavo con Amelie solo per questo, me ne rendo conto improvvisamente. Perché era la mia ragazza.
Perché avevo una ragazza. E, quando non mi importava, non ce l'avevo.
Butto il pallone giù dal letto e mi alzo.
E se lei mi avesse amato veramente?
Che persona è uno che si comporta come me?
Mi abbasso a raccogliere i pezzi della lettera di Amelie. Una volta in mano, li butto nel cestino.
Forse siamo più simili di quanto pensavo.


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Sento un bussare alla finestra.
Mi giro e trattengo con facilità la sorpresa. "Ayako! Un giorno ti romperai l'osso del collo e io non verrò a trovarti in ospedale!"
Quando si fa troppo tardi e Ayako vuole venire a trovarmi, scala sempre l'albero accanto alla mia stanza. 
Lei scavalca il davanzale con una gamba. "Tu saresti quella sempre accanto al letto, invece."
"Appunto. Non ho voglia di perdere le mie giornate così."
Ayako è ormai dentro e unisce le mani, gli occhi al soffitto. "Piangeresti e mi terresti la mano, dicendo: Ayako, come è potuto succedere ...?" Piagnucola, imitando la mia voce.
Io rido. "Finiscila. Perché sei qui?"
Si siede sulla sedia della scrivania con inusitata compostezza. ... Okay, questa non è la solita Ayako.
"So che sei sempre tu a fare così, ma ... cos'è successo Harumi?"
"Io farei sempre cosa?"
"Venirmi a chiedere come sto. E ora ripeto 'cosa c'è Harumi?'"
"Non c'è niente."
"Se non ci fosse niente, ora diresti 'Perché pensi che abbia qualcosa?'. Invece stai solo negando, perché sai benissimo cosa ti sto chiedendo."
Rimango in silenzio. "Preferisco non parlarne."
Forse è la prima volta che vedo Ayako ferita.
"Non è per te, è che ..."
Lei scuota la testa. "Se non vuoi parlarne, se davvero non vuoi parlarne, non ti chiederò più nulla. Ma ... forse ne so poco di questo genere di cose, ma magari ... magari ti farà bene. Non sei più tu dall'altro ieri."
Sospiro. "Non sono più io? Vuoi dire che non sono più una sciocca?"
"No, voglio dire che non sembri più felice."
Rimango zitta.
"Starò bene."
"Sì." L'assenso di Ayako è pieno di convinzione.
"Sei sicura?" Da dove deriva tanta sicurezza?
Lei mi si avvicina e mi prende le mani. "Sì. Harumi, tu prendi tutto dal mondo, ogni sciocchezza che io non riesco a vedere, per te è una cosa felice. Qualunque cosa sia accaduta, questo non può cambiare."
Mi sento crollare le spalle. "A volte fare così non è un bene. Immaginarsi troppo cose a volte ... fa male."
"Sognare è bello. Be', agire è bello altrettanto, ma sognare non è mai un male, Harumi."
"Avrei dovuto farlo prima." Le lacrime iniziano a uscirmi dagli occhi.
"Cosa?"
"Agire prima. Se mi fossi dichiarata a lui, avrei saputo da una vita che aveva la ragazza, no?"
"Harumi ..." Ayako ha capito benissimo di chi sto parlando.
"Avrei evitato di perdere mesi interi dietro a lui. E' una cosa così fa pietà, non credi anche tu? Che stupida sono stata." Sto singhiozzando.
Ayako mi abbraccia.
E io piango.
Ancora una volta.
Non mi ero accorta di quanto ne avessi bisogno.


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/ Continua ... /













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