Finché Una Crisi Non Ci Separi di milly92 (/viewuser.php?uid=28249)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era Una Volta Una Famiglia Felice... ***
Capitolo 2: *** Quello che accade in palestra, rimane in palestra ***
Capitolo 3: *** What Goes Around, Comes Around ***
Capitolo 4: *** Genitori Irresponsabili? ***
Capitolo 5: *** Ogni Rosa Ha Le Sue Spine ***
Capitolo 6: *** Cooper-Fowler Girls ***
Capitolo 7: *** Dimmi Che Non Mi Ami ***
Capitolo 8: *** Sei Sempre Stata Mia ***
Capitolo 9: *** Il Cerchio Della Vita ***
Capitolo 10: *** Belle e Brutte Notizie ***
Capitolo 11: *** Siamo una Famiglia ***
Capitolo 1 *** C'era Una Volta Una Famiglia Felice... ***
fucncs
Grazie
ai “coraggiosi” che hanno deciso di aprire questa storia. Scherzo, ma vi
avverto: come si legge dagli avverimenti, questa è una AU e i personaggi
presentano delle caratteristiche che li rendono un po’ OOC. Dico un po’ perché
la trama mi ha obbligato a smussare qualche sfaccettatura di un personaggio o a
cambiare qualcosa, ma nell’essenza i personaggi sono gli stessi e spero si
vedrà, non proprio da questo ma dal prossimo capitolo.
Che
dire, scusate la premessa noiosa e buona lettura! :D
Finché
una Crisi non ci Separi
Capitolo
1
C’era
Una Volta Una Famiglia Felice...
7 Maggio 2005
“Sono felice”.
Amy sorrise raggiante in
direzione del marito, il quale annuì sorridendo a sua volta.
“Lo sono anche io,
Amy”.
“Sette anni di
matrimonio... Altro che crisi del settimo anno, io parlerei di gioia del
settimo anno!”.
“Non crederai mica a
quelle sciocche supertizioni popolari, Amy!” osservò Sheldon, guardando la
moglie con aria di rimprovero.
“Ma no, era per dire...
E anche se fosse vero, sai, crederei che noi siamo l’eccezione!” esclamò la
donna, saltando sul divano e appoggiando la testa sul petto dell’uomo. “Non lo
avrei mai detto, ma gli anni difficili sono passati, finalmente ho il
dottorato, la bambina ha ormai nove anni, noi siamo realizzati professionalmente...
Siamo ad un punto che i nostri coetanei invidiano, abbiamo fatto bene ad anticiparci”
ironizzò.
Sheldon le accarezzò i
capelli, squadrando il suo profilo e l’espressione rilassata.
“Chi l’avrebbe mai
detto che la mia inesperienza con le precauzioni ci avrebbe portati a questo
punto?” disse, un po’ nostalgico.
“Io di certo no. Cioè,
voglio dire, temevo più che altro l’ira delle nostre madri, ma il peggio è
passato” ammise Amy, per poi intrecciare la mano destra con la sua. “Ti amo
tanto, Sheldon Cooper” aggiunse.
“Dottor Sheldon Cooper”
la corresse lui, per poi sorriderle. “Anche io, Dottoressa Fowler”.
“Mammaaa, papààà!”.
Una peste che sfiorava
già il metro e cinquantacinque nonostante avesse solo nove anni interruppe il
momento magico tra i due, salendo sul divano con un salto e andando in grembo a
sua madre.
“Marie, amore, hai
finito i compiti?” domandò la donna, mettendosi a sedere e prendendola in
braccio dolcemente.
“In venti minuti.
Quella maestra dà compiti stupidi, specialmente quella di scienze!” si lamentò,
con una smorfia da bimba furbetta che le donava decisamente.
“Vedi? Poi mi
rimproveri quando vado a lamentarmi con la preside della scuola! Il programma
ministeriale và potenziato!” si lamentò Sheldon.
“No, è solo che Marie è
decisamente più sveglia degli altri, tutto qui. Avrà un’istruzione normale, ne
abbiamogià parlato” gli ricordò
pazientemente sua moglie mentre dava un bacio sulla fronte della bambina e le
accarezzava il capo.
“Io non sono normale,
io sono speciale!” cinguettò Marie, sorridendo in modo da mostrare un dente
canino mancante.
“Ovvio che lo sei, sei
nostra figlia!” l’assecondò il padre, entusiasta, prendendola in braccio.
“Siamo tutti speciali”
esultò Marie, con le mani all’aria come per celebrare la cosa.
“Siamo una famiglia
speciale. Strana, alquanto nerd, fuori dagli schermi, ma speciale” osservò Amy,
dando un altro bacio alla sua piccola e poi uno a suo marito.
“Abbraccio di gruppo!”
aggiunse la bambina, così si ritrovò stretta tra i suoi genitori, felice e
spensierata come non mai, tanto da custodirne ancora il ricordo fin troppo
gelosamente.
10 Giugno 2015
La
giornata in giro per negozi era stata abbastanza divertente, considerando che
Bernadette l’aveva fatta sentire una sorta di modella semplicemente perchè era
stata in grado di trovare dei pantaloni della sua taglia le cui gambe non le
andavano lunghe almeno quindici centimetri, ma tornare a casa da suo padre non
le dispiacque affatto.
Da
quando aveva iniziato il college ad Harvard, nove mesi prima, Marie sentiva
molto la sua mancanza, visto che aveva speso gli ultimi anni della sua
adolescenza solo con lui, nel momento in cui sua madre aveva deciso di
andarsene di casa per “iniziare a vivere sul serio” e “fare ciò che il
matrimonio prematuro le aveva impedito di fare”.
La
sua famiglia non era affatto normale – e non solo perchè i suoi genitori erano
degli scienziati di soli trentacinque anni con una figlia di diciannove – ma
non poteva lamentarsi, anche perchè adorava gli amici di sempre di suo padre e
Bernadette, la moglie di uno loro, Howard.
“Dottor
Cooper, sono a casa!” esordì quindi scherzosamente quando mise piede nel
soggiorno dell’appartamento 4A.
Nel
giro di qualche secondo, suo padre, Sheldon Cooper, percorse il corridoio che
conduceva a quella stanza e l’abbracciò.
“Che
bello sentirsi chiamare così di nuovo” sospirò.
Marie
lo guardò con aria di rimprovero quando sciolse l’abbraccio e sospirò
pesantemente.
“Tutti
ti chiamerebbero così se la smettessi di lavorare a casa e tornassi a recarti
alla Caltech tutti i giorni. Non capisco! E’ stata già dura scoprirlo da sola
quando sono tornata, e non mi ascolti nemmeno quando ti consiglio di...”.
“Marie,
cara, smettila, nessuno riuscirà a convincerlo” s’intromise Leonard, il
coiquilino di suo padre da quando lei aveva iniziato l’università, appena
uscito dalla sua stanza.
La
ragazza guardò il migliore amico di suo padre, che per lei era uno zio a tutti
gli effetti, ma non obbedì.
“Se
permetti, zio Leonard, io sono la sua cocca e alla fine lui mi ascolta sempre.
Sono l’unica che sia stata in grado a convincerlo a guardare Spiderman 3 al
posto di Sherlock, quindi sono migliaia di anni luce avanti a te” obiettò.
Sheldon
sospirò pesantemente, si avvicinò al frigo, prese una bottiglia d’acqua e si
recò in camera sua, nonostante mancasse poco all’ora di cena.
Entrambi
lo guardarono senza sapere cosa dire, poi Leonard prese le chiavi dell’auto,
fece cenno a Marie di uscire e disse semplicemente: “Sheldon, andiamo a
prendere la cena, ci vediamo tra poco!”.
“Non
ce la faccio a vederlo così. Non mi sembra mio padre! Qualche anno fa ci
avrebbe riempito di chiacchiere sul fatto che non sono la sua cocca, avrebbe
iniziato ad elargire spiegazioni scientifiche che spiegano la naturale predilezione
dei padri nei confronti delle figlie e ci avrebbe zittiti, aggiungendo che
aveva accettato di vedere Spiderman 3 perché è l’equivalente di Sherlock visto
che entrambi iniziano con due consonanti, e invece... Non ha detto nulla! Zio,
è stato così tutto l’anno?” domandò preoccupato Marie, nel momento in cui entrò
in macchina con Leonard.
Lui
annuì mestamente, mentre metteva in moto.
“Non
volevo lo scoprissi, ma è così. Devi capirlo, Marie, al momento tu sei l’unica
cosa bella nella sua vita e vederti partire per il college non è stato fantastico
come ha finto che fosse” spiegò.
“Lo
sai che volevo rinunciare ad Harvard ma...”.
“Scherzi?
E’ il tuo futuro e non puoi rinunciarci per tuo padre. E se vogliamo dirla
tutta, non è giusto che tu ne paghi le conseguenze quando la colpa è solo di
tua madre”.
“Non
me lo ricordare” mormorò la ragazza, guardando fuori dal finestrino.
Era
iniziato tutto tre anni prima, durante la festa di compleanno per i suoi sedici
anni.
Sua
nonna Mary – una dei motivi per cui si chiamava Marie: sapendo di doverla
chiamare così, suo padre scelse la variante francese in onore di Marie Curie –
aveva fatto un commento inappropriato riguardo il fatto che per fortuna
sembrava molto più interessata ai libri che ai ragazzi, in modo da non rimanere
incinta a quell’età come sua madre.
Quest’ultima
aveva sentito tutto e nei giorni seguenti dimostrò di essere rimasta ferita da
quelle parole, così, a furia di rimuginarci, diede vita ad una lunga
discussione con suo marito, una discussione che condusse a parole decisamente forti.
Fu
uno shock per Marie sentire che sua madre era stufa, che a soli trentadue anni
si sentiva una vecchia che non aveva vissuto nulla della sua gioventù, che
aveva sbagliato a sposarsi a diciotto anni e a tenere il bambino quando aveva
scoperto di essere incinta.
Poi
si era rimangiata le ultime parole, ma la situazione non cambiò, tanto che nel
giro di pochi mesi, litigio dopo litigio, se ne andò di casa, lasciando suo
marito seppur senza ancora aver chiesto legalmente il divorzio a tre anni di
distanza.
“Passerà.
Amy prima o poi la finirà con questa storia del “Voglio essere libera e fare
l’adolescente a vita” e chiederà scusa. Altrimenti avrebbe subito chiesto il
divorzio, no?” ragionò Leonard.
“Beh,
in tal caso non la perdonerò io. Sono io quella che ha visto papà disperato, in
lacrime, depresso, e ora che sono al college lei non si è premurata di aiutarlo
a superare il distacco. Tanto a lei cosa frega?” aggiunse, rivolta più a se
stessa. “Il mostro che l’ha tenuta lontana dal divertimento è finalmente a
tremila miglia di distanza”.
“Marie!
Tua madre ti ama, non devi mai dubitare di questo, è solo che...”.
“Possiamo
parlare di altro, per favore? Quando ti trovi una moglie? Hai trentacinque anni, cavolo, non potrai vivere con mio padre
per sempre!” l’interruppe Marie, sapendo di star toccando un tasto dolente per
l’uomo, che odiava essere l’unico single del gruppo.
“Ehi,
ehi, ehi! Guarda che io esco con un sacco di donne e...”.
“Ma
loro almeno lo sanno che escono con te?”.
Leonard
la guardò di sbieco, per poi sorridere quando tornò a guardare la strada
davanti a sè. Era bello vederla con quell’aria da impicciona e non da ragazza
preoccupata, per una volta, ragion per cui accettò tutte le prese in giro
possibili ed immaginabili.
“Bernadette mi ha
invitato a cena da te, stasera. Dice che dovrei passare più tempo con Marie. Ho
accettato, vengo appena finisco dall’estetista. A dopo, ciao. A.”.
Sheldon
si passò una mano tra i capelli e gettò il telefono sul divano, arrabbiato.
C’era
bisogno di Bernadette per farle capire quanto avesse sbagliato nel farsi vedere
solo all’aeroporto, nonostante la loro
bambina fosse tornata da circa dieci giorni?
Erano
tre anni che lui si tormentava di non averla resa felice, di averle fatto
mancare qualcosa, di essere stato assente a causa del lavoro, ma Marie non
doveva assolutamente subirne le conseguenze.
Era
stata lei quella che durante quel lontano ottobre del 1995 l’aveva convinto ad
andare oltre, a lamentarsi del fatto che sembrava che non la amasse nonostante
stessero insieme da quasi due anni, e ora sembrava che lui quasi le avesse
imposto quella gravidanza. Il fatto che all’epoca lui già fosse plurilaureato e
insegnante di fisica li aveva aiutati ad essere indipendenti economicamente, ed
era lui quello che si era trasferito ad Harvard con lei per farle continuare
gli studi fino al dottorato, senza nemmeno farle rinunciare a un semestre in
Norvegia.
Aveva
badato a Marie, chiedendo di poter insegnare il pomeriggio, dopo le lezioni di
lei, e aveva combattuto per diventare un padre accettabile e degno di essere
chiamato tale nonostante non avesse avuto un buon esempio dal suo, morto
pochissimi anni prima.
Ed
ora, diciannove anni dopo, per lei lui era il cattivo, quello che non le aveva
fatto vivere la sua gioventù.
Qualcuno
bussò alla porta, distraendolo dai suoi pensieri, e pensò che Leonard e Marie
fossero già di ritorno, ma al posto loro si ritrovò davanti una giovane donna
di massimo trent’anni, con lunghi capelli biondi e un sorriso timido stampato
in faccia.
“Salve”
disse, sconcertato.
“Salve!
Io sono Penny, domani mi trasferirò nell’appartamento di fronte e avrei bisogno
di un favore” esordì subito la donna, andando dritto al punto.
“Oh,
certo”.
“Grazie!
Vede, domani inizierò a lavorare come insegnante di un corso estivo di Chimica alla Caltech
Univeristy e in mattinata degli operai inizieranno il mio trasferimento
nell’appartamento di fronte. Non so a chi rivolgermi nel caso succeda qualcosa,
posso lasciarle il mio numero nel caso sorga un problema?” domandò speranzosa,
sorridendogli.
“La
Caltech? Io lavoro lì” osservò Sheldon.
Penny
lo fissò. Carnagione chiarissima, maglietta con il simbolo di Flash, il motivo
di Star Trek che proveniva dalla
televisione: era un nerd come lei, un chiaro esemplare di uomo adulto che amava
giocare ancora con la playstation e leggere fumetti!
“Davvero?
E cosa...?”.
“Sono
un fisico teorico, ho lavorato per anni alla Teoria delle Stringhe e ora mi
occupo della materia oscura. Sheldon Cooper, piacere!” aggiunse l’uomo.
“Cosa?
Sheldon Cooper? Ma io ho letto tutti i suoi lavori, lei è brillante! E so che
non ha un’alta opinione di chi si occupa di Chimica ma, ehi, ci tengo a dirle
che non siamo sfigati come i geologi, anche se... Beh, la mia maglietta sembra
dire il contrario” mormorò imbarazzata, indicando la sua t-shirt nera con la
scritta “I don’t need H20, I need vodka!”.
“Oh,
si figuri, mia figlia studia chimica ad Harvard quindi....”.
“Figlia?!”.
Penny spalancò gli occhi, incredula. Quell’uomo poteva avere qualche anno più
di lei, come poteva avere già una figlia che andava al college?
“Sì”.
Sheldon sospirò, stanco di dover dire sempre la stessa cosa a chi lo fissava
così. “Ho una figlia di diciannove anni, è nata quando ne avevo sedici. Come
può ben vedere, non solo Juno e varie cantanti pop possono procreare a
quell’età, ci riescono anche i geni. Nel raro caso in cui trovino una ragazza,
certo”.
“Oh,
no, ma si figuri, è solo che... Sembra solo giovane, ecco, dai dati che mi ha
fornito posso garantirle che mostra meno dei suoi trentacinque anni” cercò di svignarsela
Penny. “E poi è bello avere figli giovani! Immagino che lei, sua moglie e sua
figlia formiate una bella famiglia, tutti giovani e intelligenti, vero?”.
“Io
e mia moglie siamo separati, comunque nell’ultimo anno ho deciso di lavorare a
casa quindi potrò farle quel favore” replicò freddamente, prendendo il foglio
con il numero dalle mani della donna e chiudendo la porta alla velocità della
luce.
Penny
rimase lì, immobile, rossa in viso per l’inconsapevole figuraccia che aveva
fatto.
“...E
quindi Bernadette mi ha convinto ad iscrivermi in palestra con lei visto che è
in ferie, dice che le hanno detto che l’istruttrice è brava” stava spiegando
Marie, di ritorno con Leonard dal ristorante cinese in cui avevano preso la
cena per gli ospiti.
“Ma
non avete la palestra ad Harvard?”.
“Certo,
come c’è a Princeton, ma dubito che tu ci abbia mai messo piede, zietto”.
“Sei
troppo furba, accidenti”.
Marie
rise di cuore, improvvisamente un po’ più rilassata.
Adorava
la compagnia del migliore amico di suo padre, ed era anche grazie a lui che era
partita per Harvard, sapeva che avrebbe aiutato suo padre e avrebbe fatto di
tutto per farlo stare bene.
“Comunque
sappi che il mio scopo per questa estate è trovarti una ragazza, così l’anno
prossimo quando tornerò per le vacanze verrò al tuo matrimonio” ridacchiò.
“Tu
credi di poter fare da Cupido e convincere una donna che sono l’uomo della sua
vita in soli dodici mesi? Certo che nel dipartimento di Chimica vi
somministrano a miscugli belli forti, eh”.
“Ma
dai, zio, sei perfetto! Troverò la donna perfetta per te, devi solo evitare di
menzionare tutte le tue intolleranze e le tue stramberie fino alle nozze ed è
fatta!”.
“Amo
i teenager proprio perché credono a tutto, beata ingenuità” la prese in giro
Leonard, scompigliandole i capelli con un gesto affettuoso.
Erano
ormai entrati nell’edificio dove abitavano e si ritrovarono davanti Penny che
se ne stava fissa, immobile, con le braccia conserte.
Sentendo
il rumore dei loro passi e delle risate si ridestò dai suoi pensieri con un
sussulto, affrettandosi ad asciugare una lacrima che aveva bagnato il viso
arrossato.
“Salve”
disse semplicemente, cercando di celare il tono fresco di pianto.
“Salve,
tutto bene? Mi scusi, deve essere una parente della signora Hoffman, mi dispiace
per la sua perdita” dedusse gentilmente Leonard, vedendo i vestiti neri e la
faccia da pianto.
“Cosa?
No, no, io sono una nuova inquilina, al 4B. E’ tutto ok, grazie” minimizzò la
bionda, per poi togliersi gli occhiali e pulirli con il bordo della maglietta.
Leonard
rimase incantato dai suoi profondi occhi blu, dalla sua maglietta decisamente
nerd e, beh, da ciò che celava.
“Che
bella la sua maglia, dove l’ha presa?” s’intromise Marie. Per esperienza sapeva
che il miglior modo per tirar su una persona, qualunque fosse il motivo, era
fare un semplice complimento.
“Amazon.
E’ bello vedere qualcuno che la capisce, soprattutto così giovane” mormorò
Penny, sorridendo tra le lacrime.
“Lei
studia Chimica ad Harvard” spiegò orgoglioso Leonard.
Penny
la fissò e poi capì.
“Oh,
devi essere la figlia del Dottor Cooper! Siamo vicine, gli ho appena chiesto un
favore...” dedusse. “Penny Chapman” aggiunse, porgendo la mano ad entrambi.
“Marie
Cooper”.
“Leonard
Hofstadter”.
“Scusatemi,
sto facendo una figuraccia con tutto il vicinato” aggiunse la chimica,
indicando il suo volto. “Mi trasferisco domani”.
“Spero
non sia nulla di grave, cioè, scusami, che invadenza” aggiunse timidamente
Leonard, passandosi una mano dietro la nuca.
“No,
figurati. Ho appena saputo che il mio corso di Chimica alla Caltech rischia di
essere annullato perché un alunno ha vinto una borsa di studio ed è partito per
Ginevra, quindi non c’è più il numero minimo di studenti richiesti dal Preside
per questo corso”.
“Insegni
Chimica alla Caltech? Lui e mio padre insegnano lì!” disse Marie.
“E
tu adori la Chimica. Perché non ti iscrivi? E’ un corso estivo, quanto potrà
mai affaticarti?”.
“Ma
no, non c’è bisogno, grazie, troverò un modo” borbottò Penny, tuttavia felice
di aver trovato dei vicini gentili. “Scusatemi, è meglio che vada a prendere
qualcosa per cena, l’odore della vostra mi sta facendo rimpiangere di aver
mangiato solo un sandwich per pranzo”.
“Puoi
venire da noi, così ti diamo il benvenuto” osservò Marie. Quella donna le
ispirava fiducia, sembrava intelligente e interessante, con una maglietta che
adorava e una bella carriera. Poi insegnava la sua materia preferita, quindi
aveva già guadagnato mille punti a priori.
“Certo,
ci farebbe piacere!” aggiunse speranzoso Leonard, senza nemmeno pensarci.
Penny
esitò, tentennante.
“Non
credo, ho fatto una figuraccia con il Dottor Cooper e non ci siamo salutati
cordialmente” spiegò. “Grazie per il pensiero, comunque”.
“Conosco
mio padre e immagino che la colpa non sia la tua. Vieni, magari mi parli del
corso di Chimica!”.
La
donna spalancò gli occhi, sorpresa.
Forse
aveva trovato l’unica potenziale allieva del suo corso, doveva approfittarne ad
ogni costo, quindi alla fine non se lo fece ripetere ulteriormente ed accettò
con un grande sorriso.
Mentre
preparava il thè – impiegandoci più del dovuto – Sheldon lanciava occhiate
furtive alla donna seduta sul divano.
Amy
era arrivata prima del previsto, lo aveva salutato con un sorriso di
circostanza, aveva chiesto di Marie e si era seduta, accettando la solita bevanda
calda che lui riservava formalmente agli ospiti.
Perché,
sì, ormai lei era un’ospite da quando si era trasferita nel suo nuovo
appartamento a Beverly Hills.
Sembrava
più bella, più curata, senza occhiaie, vestita con degli abiti più giovanili
rispetto ai soliti cardigan che indossava e che a lui piacevano tanto, perché
rendevano morbido e caldo ogni abbraccio.
Gli
mancava la donna con cui aveva riso e scherzato su quello stesso divano per
anni ed anni e si chiedeva dove fosse finita.
“Marie
si è iscritta in palestra, l’ha convinta Bernadette” disse poi all’improvviso,
per riempire il silenzio che si era creato.
“Oh,
bene. Quando ci si avvicina ai venti è sempre meglio fare attività. Ci vado
anche io da un annetto, sai?”.
“Si
vede. Sei dimagrita”.
“Tu
sei sempre lo stesso, invece”.
“Perché
non ho bisogno di cambiare nulla, la mia vita è perfetta così”.
Amy
si alzò dal divano e sospirò. L’abitudinario Sheldon era tornato all’attacco e
lo detestava quando faceva così.
“Non
iniziamo con le frecciatine, per favore, a breve nostra figlia sarà qui e non
voglio...”.
“Cosa,
non vuoi rovinare la serata? Non sarebbe la prima volta, Amy, tranquilla, ci è
abituata da quando ha sentito che avere una figlia ti ha rovinato l’esistenza”
sentenziò l’uomo, poggiando il thè con uno scatto sul tavolino vicino al
divano.
“Bene,
sai che c’è? Volevo dirtelo con più calma, ma a questo punto... Ho... Ho
chiamato l’avvocato. Voglio il divorzio!” urlò, stringendo i pugni con forza e
chiudendo gli occhi mentre si esprimeva, come se non volesse vedere il viso
dell’uomo di fronte a lei.
Sheldon
si bloccò e fissò la donna di fronte a lui che lo fissava con rabbia.
Il
divorzio!
“Bene”
mormorò deglutendo. “Immagino che non ti vada più di mentire agli uomini con
cui esci, mentire dicendo che sei legalmente
single non ti basta più. Sappi solo che io devo ancora capire cosa ti ho fatto
di così spregevole per farti correre via a gambe levate. E ricordati che se
abbiamo una figlia e ci siamo sposati, non era solo perché hai passato i tuoi
quindici anni ad impormi di fare sesso perché per te era l’unica forma in cui
si potesse esprimere il mio amore nei tuoi confronti, ma anche perché eravamo
felici, felici di stare insieme, crescere una bambina e affrontare tutto
insieme, ciò un Cosmopolitan e fingere di avere venti anni non ti daranno mai”.
“Ma
non è questo, è...”.
La
porta si aprì di scatto ed Amy si zittì, sconvolta com’era.
Sheldon
si sforzò di risultare naturale e sorrise in direzione di sua figlia, Leonard,
Howard, Bernadette e... La sua nuova vicina.
“Buonasera!
Sheldon, abbiamo invitato Penny, l’abbiamo conosciuta giù” spiegò subito il suo
coinquilino, indicando la ragazza bionda alle sue spalle.
“Salve
di nuovo e chiedo scusa per prima” mormorò la donna, imbarazzata.
“Oh,
no,non c’è problema, prego, entra”.
D’altro
canto, Marie guardò sua madre e capì all’istante che qualcosa non andava, ma si
limitò ad abbozzare un sorriso e avvicinarsi.
“Tesoro
mio, ciao!” esclamò Amy, abbracciando la figlia con calore. “Come stai?”.
“Bene,
ho tanti progetti questa estate” minimizzò la ragazza, scrollando le spalle
dopo aver posto fine alla stretta materna.
“Abbiamo
fatto shopping!” s’intromise Bernadette, sorridendo all’amica.
“Oh,
bene, poi voglio vedere gli acquisti” rispose Amy, pensando a tutte le volte in
cui Marie si era rifiutata di fare spese con lei.
Ma
Marie aveva approfittato dell’intromissione di Bernadette per avvicinarsi al
padre, così Amy si voltò e vide che la ragazza lo stava abbracciando con
calore, per poi dirgli qualcosa e farlo ridere.
“Salve,
io sono Penny Chapman, domani mi trasferirò nell’appartamento di fronte”.
A
distrarla ci pensò la nuova vicina, così Amy si voltò e la squadrò brevemente.
Sembrava
una donna decisamente sciatta e i capelli aggrovigliati in uno chignon scomposto
ne davano la conferma.
“Piacere,
sono Amy Farrah Fowler, la madre di Marie” si presentò brevemente, stringendo
la sua mano.
“Piacere
mio! Ho sentito che è una neurobiologa e ha lavorato a sua volta alla Caltech,
giusto?”.
“Sì,
fino a qualche anno fa, ora sto conducendo uno studio sulle dipendenze per la
California University” rispose evasiva, senza smettere di osservare i due
membri della sua famiglia.
Non
prestò molta attenzione alla ragazza, tanto che nel giro di poco la vide
interagire con gli altri, soprattutto con Marie e la cosa le provocò un senso
di irritazione che detestava.
“...
Quindi vuoi seguire il corso estivo di Chimica? Avevi detto che volevi che ti
insegnassi qualcosa in più di fisica, per i crediti extra! E soprattutto che
avresti recuperato con me le nostre serie tv preferite!”.
Durante
la cena – in cui il povero Howard era stato costretto a sedersi per terra per
la mancanza di spazio – Marie ne aveva approfittato per chiedere informazioni a
Penny riguardo il corso estivo e per parlarne al padre.
“Ma
lo faremo, il corso c’è tre volte a settimana per un totale di sole sei ore!
C’è una parte dedicata alla Chimica Nucleare, lo sai che la adoro e dovrò
aspettare fino al terzo anno per studiarla!” lo pregò Marie.
Improvvisamente
Howard prese il cellulare e puntò la telecamera verso la ragazza, alquanto
divertito.
“Howie,
che fai?!” sbottò sua moglie, contrariata.
“Li
filmo e li metto su YouTube. Scusami, ci farò migliaia di visualizzazioni! “Teenager che prega il padre di seguire un
corso di Chimica in piena estate”, ti rendi conto? E’ un fenomeno mai visto
prima!”.
“Zio
Howard, stai parlando di una studentessa di Harvard, se ti fossi impegnato come
me magari ce l’avresti fatta ad andare in qualche istituto migliore rispetto
all’MIT e a conseguire un Dottorato” replicò con calma Marie, abituata alle
buffonate dell’uomo.
Sheldon
guardò con ammirazione la figlia e poi l’amico.
“Beccati
questa, ingegneruncolo da quattro soldi!” disse,facendo ridere tutti tranne
Amy,che guradava la scena con una sorta di nostalgia mista ad invidia.
“Comunque, so che lo Sheldon che scriverà le sue memorie non sarà fiero di
questa scelta, ma sappiamo tutti quanto un padre sia decisamente predisposto a
fare felice la sua progenie femminile, quindi accetto a patto che iniziamo le
nostre lezioni di fisica e la prima stagione di Gotham e The Flash!”.
“Certo!
Grazie papi, sei il numero uno!” esclamò Marie, alzandosi e gettando le braccia
al collo del padre.
“Direi
che il tuo corso è salvo” disse Leonard a Penny, sorridendole.
“Sì,
non ci credo! Grazie per averlo suggerito, ti devo un favore!” esclamò Penny,
al settimo cielo.
Il
cellulare di Amy squillò così si alzò per rispondere e si scusò, ma solo
Bernadette le fece cenno di non preoccuparsi, erano tutti impegnati a mangiare
e ridere di Marie che faceva la bambina con suo padre, felice come non mai.
La
sua presenza era superflua, pensò, sforzandosi di non ripensare alle sue
decisioni e di pentirsene.
Guardò
il display e vide che era l’avvocato divorzista.
Sospirò
e rispose... Era giunto il momento che aveva rimandato per un bel po’ e temeva
di affrontarne le conseguenze.
*°*°*°*
Rieccoci!
Innanzitutto, grazie a chi è arrivato fino a questo punto, chiunque tu sia,
meriti una medaglia! xD
Parlando
seriamente, mi risulta un po’ strano iniziare a pubblicare questa storia perché
l’idea mi era venuta a gennaio, avevo scritto tre pagine e poi non ho
continuato più. Domenica scorsa ho ritrovato il file e ho iniziato a scrivere
senza sosta, tanto che in una settimana ho scritto quattro capitoli e mezzo.
E’
una AU e ciò mi mette decisamente in “ansia”, si parla di un contesto
alternativo e rendere Sheldon Cooper padre/sposato/separato non è affatto
semplice. Avrete notato che comunque è diverso, più “umano”, la trama mi ha
imposto di renderlo così visto che è diverso da quello originale, ha avuto una
figlia da giovanissimo e si è anche sposato. Tuttavia, nei capitoli successivi
è decisamente più simile all’originale, tranquilli.
Parlando
dell’altro elemento centrale, Marie, che dire... Io la adoro già, spero si farà
apprezzare capitolo dopo capitolo.
Ed
Amy, beh, tranquilli che avrete tutte le motivazioni e le spiegazioni che
servono, anche se ci vorrà un po’.
Avrete
notato l’assenza di Raj... Lo conosceremo nel prossimo capitolo e ve lo dico,
non è un astrofisico!
Non
so che altro aggiungere se non che la storia avrà circa 10 capitoli e ora,
visto che sto già studiando per gli esami di settembre, aggiornerò ogni 10
giorni :D
Che
dire se non... Spero di sapere il vostro parere, se vi andrà!
Vi
lascio qualche anticipazione dal secondo capitolo:
“Devo
dire che le lezioni di Chimica l’aiuteranno”.
“Per
approfondire le sue conoscenze?”.
“No,
Leonard. Per avere qualche compagno di classe con cui discutere e provare che
ha ragione, così non avrà bisogno di dibattere con se stessa allo specchio”.
“L’ho
già provata, sei la ventinovenne più agile che conosca, gattina...”.
“E
tu il ventinovenne più sexy che abbia mai conosciuto...”.
Le
bastò sporgersi di poco per vedere riflessa nello specchio alla sua destra
un’immagine assurda, pazza, senza senso, scabrosa.
Al
9 settembre :D
Baci,
milly.
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Capitolo 2 *** Quello che accade in palestra, rimane in palestra ***
Quello che accade in palestra, rimane in palestra
Capitolo 2
Quello che accade in palestra, rimane in
palestra
“Buongiorno,
Marie!” disse Leonard, sbadigliando, appena entrò in cucina.
“’Giorno,
zio! Caffè? Se vuoi favorire, oggi è lunedì, quindi per me...”.
“Toast
con burro e marmellata, sì, grazie. Assurdo che tu abbia delle colazioni
prestabilite, come tuo padre” mormorò l’uomo, sedendosi su uno sgabello e
afferrando la tazza blu che gli aveva porto la ragazzina.
“Assurdo?
Nonna Mary invece ne è felice, dice che così è sicura che io sia sul serio
figlia di papà” ribattè Marie, prendendo dei toast riscaldati e aggiungendo gli
ingredienti. “Come se non esistesse il test del DNA, volendo... Ah, caro Texas,
sono felice di non essere cresciuta nella tua dilagante ignoranza!”.
“Non
puoi biasimarla, dai, conosci tuo padre... Comunque, sono le sette, come fai ad
essere già vestita e pronta?” domandò, curioso.
Marie
sorrise, alquanto raggiante, mentre gli dava la colazione e si apprestava a
finire la sua.
“Non
ho dormito per l’emozione! Chimica nucleare, che figo, quella Penny è una
bomba!”.
“Oh,
puoi dirlo forte... Cioè, si interessa di roba interessante, decisamente
interessante, sì!”.
“Voglio
essere come lei a trent’anni, davvero! Certo, magari non sono tagliata per
l’insegnamento, però sarebbe bello!”.
“Tu
sei tagliata per tutto, sei una Cooper! E come me ami dire alla gente come fare
le cose, criticarle e provare che sei la più intelligente!” esclamò Sheldon,
che aveva udito tutto dal bagno grazie al suo udito super allenato e raffinato.
Marie
guardò il padre e ridacchiò di gusto, annuendo.
Nelle
ultime dodici ore aveva dimostrato di essere quello di sempre e la cosa la
riempiva di gioia, era bello vedere suo padre sorridente e pronto a dimostrare
la sua bizzarra personalità.
“Ben
detto papi, ti sei guadagnato la tua colazione!” esclamò, indicando il piatto
di french toast alle sue spalle.
Sheldon
sorrise come un bambino, prese il piatto e si sistemò alla destra della figlia,
di fronte a Leonard.
Mangiò
rapidamente, guadagnandosi uno sguardo di stupore da parte degli altri due, per
poi guardare Marie con decisione.
“Ho
una novità. Tranquillo Leonard, ti includerò in questo momento familiare, spero
in un tuo supporto” disse.
“Esci
con qualcuna?” domandò speranzosa la ragazza.
“Cosa?
No! Perché me lo domandi sempre?!”.
“Perché
mamma esce con altri uomini, quindi...”.
“Vuole
il divorzio e ha messo in mezzo un avvocato, ecco la novità” sbottò Sheldon,
non amando i momenti in cui ascoltava quel tipo di storie sulla donna che aveva
sposato.
Marie
battè numerose volte le palpebre, deglutì e infine annuì con un sospiro.
Leonard,
invece, si portò una mano alla bocca, dispiaciuto.
“Sta
seguendo l’ordine logico dei fatti, no? Brava mamma” sbottò la ragazza,
alzandosi di scatto. “Non me lo spiego, davvero. Le sue coetanee pagherebbero
oro per avere un uomo come te e lei... Dille che quando firmerà i documenti non
so se mi andrà di fingere che vada tutto bene” sentenziò.
Silenziosamente,
Leonard andò in camera su per lasciarli soli in un momento così delicato.
“Marie,
so che qui sono il padre, ma non so cosa dirti se non che.... Non so più
niente, voglio dire, sarebbe impossibile, ho una memoria eidetica e...”.
“Hai
ragione, quello che divorzia sei tu, non io, scusami. Sono qui per te. Stasera,
quando torno dalla palestra, vediamo Gotham e ti preparo la cioccolata calda
con i marshmellow, che dici?” sussurrò Marie, sforzandosi di non piangere e di
farsi forza.
Suo
padre le era sempre stato vicino e ora toccava a lei provare a farlo stare
bene, standogli vicino e facendogli ricordare che la vita poteva essere bella
anche senza sua madre.
“Grazie,
Marie. Sono così felice di avere te...”.
Rincuorata
come non mai, la ragazza abbracciò il padre con calore, sentendosi fortunata
per ciò che aveva. Sentirsi dire una frase del genere dopo aver speso gli
ultimi tre anni a domandarsi se i tuoi genitori non fossero più felici senza di
te era davvero un toccasana.
Ferma
davanti allo specchio, Marie osservava la sua figura fin troppo alta e un po’
ossuta. Fisicamente era tutta suo padre e la cosa le aveva causato non pochi
disagi visto che non era piacevole essere una sorta di bambina gigante sin
dalle elementari. Mangiava molto – roba non sana soprattutto – ma non riusciva
a dire addio alle spalle ossute e alla cosiddetta forma tipica della “donna
rettangolo”, senza fianchi, quasi senza seno. Sperava che la palestra l’avrebbe
aiutata a mettere un po’ di massa, anche se non amava affatto l’idea di sudare
e mostrare la sua goffaggine in tutto.
Guardò
la maglia a mezze maniche che indossava, blu con su disegnata la faccia di Catwoman.
Era uno dei pochi regali di sua madre che aveva apprezzato ultimamente, ma
tenerla addosso, ora che sapeva del divorzio, le risultava impossibile, le
sembrava di star indossando una bugia.
Con
rabbia, se la tolse di dosso, la gettò per terra e si avvicinò alla valigia che
non aveva ancora disfatto per prendere la prima cosa che le capitava.
Trovò
una t-shirt verde con il logo di Breaking Bad – il suo telefilm preferito per
eccellenza – e la indossò di corsa.
Si
riguardò allo specchio nella speranza che non fosse troppo maltrattata e notò
che sembrava decisamente giù di tono.
I
suoi occhi blu esprimevano una tristezza che non le donava e aveva voglia di
disfare quella maledetta coda in cui aveva stretto i capelli – forse perché
erano identici a quelli di sua madre e non voleva avere nulla che la
riguardasse, al momento -.
Quel
giorno voleva essere felice, iniziare qualcosa di nuovo, mentre lei, la donna
che più l’aveva delusa negli ultimi anni, aveva rovinato tutto in un secondo.
“Devi
essere felice. Andrai a lezione e sarai la prima della classe. Andrai in
palestra e contribuirai ad un banale processo fisiologico quale l’eleminazione
delle tossine. A tal proposito, Marie Cooper, ricorda di bere due litri d’acqua
al giorno e ricorda che Coca Cola e Sprite non sono la stessa cosa. Certo che
non lo sono, l’acqua è composta da... Oh, accidenti, datti un tono e sii
felice!”.
Litigare
con se stessa era una cosa normale, in mancanza di una disputa era solita
parlare da sola allo specchio per dimostrare che aveva ragione – era una cosa
da pazzi, sì, ma non riusciva a farne a meno -.
A
pochi passi da lei, dietro la porta, Leonard stava per bussare per dirle di
muoversi, ma sì bloccò, rassegnato.
Andò
in cucina, dove l’amico stava già lavorando alla sua amata lavagna.
“Tutto
ok, parlava da sola, credo davanti allo specchio come al solito, e mi sa che ha
appena finito” borbottò.
“Devo
dire che le lezioni di Chimica l’aiuteranno”.
“Per
approfondire le sue conoscenze?”.
“No,
Leonard. Per avere qualche compagno di classe con cui discutere e provare che
ha ragione, così non avrà bisogno di dibattere con se stessa allo specchio”.
Il
fisico sperimentale alzò gli occhi al cielo, alquanto scioccato dal senso di
quel discorso.
“Che
carina, giuro che è in questi casi che mi pento di non avere figli” disse
sarcastico.
Ovviamente
l’amico non comprese il tono della sua voce e gli sorrise.
“Sono
qui, sono pronta, andiamo!” esclamò Marie, correndo in direzione della cucina.
Purtroppo
per lei, però, durante l’atto troppo acrobatico per i suoi gusti, inciampò e
cadde, salvandosi semplicemente grazie alla prontezza dei suoi riflessi che
l’aiutarono ad appoggiare le mani davanti.
“Marie!”
urlò il padre, impietrito.
“Cara,
sicura che andare in palestra sia una buona idea?” osservò premuroso Leonard,
piegandosi per soccorrerla.
“Zitto,
zio” lo rimbeccò la ragazza, seduta sul pavimento e massaggiandosi la caviglia.
“Sai,
anche dopo che hai fatto i tuoi primi passi sei caduta così. Un ritorno alle
origini, direi” ridacchiò suo padre, salvo poi avvicinarsi e aiutarla ad
alzarsi con l’aiuto dell’amico.
“Zitti
tutti. Posso farcela, davvero” mormorò, seppur piagnucolante.
“Marie,
buongiorno! Posso accompagnarti io, è il minimo che possa fare visto che al
momento ho un lavoro solo grazie alla tua iscrizione!” l’accolse Penny quando
si incrociarono fuori al pianerottolo. “Così eviti di prendere l’auto”.
Marie
sorrise, imbarazzata. “Buongiorno. Io non guido, in realtà, grazie per il
penisero ma sto andando con Leonard, è il suo ultimo giorno prima delle ferie”.
“Oh,
ok, allora se ti va posso accompagnarti da domani”.
“Grazie!”.
Penny
sorrise e ripose le chiavi in borsa, impiegandoci più del dovuto per riuscirci,
forse a causa del nervosismo causato dalla prospettiva di insegnare. “Come mai
non guidi?”.
“Ho
la patente, sia chiaro, ma... E’ più forte di me, mi metto sempre nei guai,
rischio incidenti di continuo! Sono negata come mio padre!” spiegò la ragazza,
sospirando.
Penny
ridacchiò ma non aggiunse altro perché era arrivato Leonard.
“Oh,
oh, buongiorno Penny!” esclamò, schiarendosi la voce.
“Buongiorno
Leonard. Da domani accompagno io Marie così potrai goderti le vacanze!”.
Leonard
sorrise, ringraziandola, e si avviarono insieme verso il parcheggio, verso
l’inizio di una nuova avventura.
“...
Per qualsiasi informazione sono nel mio ufficio fino alle due. Ci vediamo
mercoledì, ragazzi”.
Una
Penny alquanto assetata per aver parlato senza sosta ma anche felice congedò la
sua classe con un sorriso per poi avvicinarsi alla lavagna e cancellare le
formule che aveva spiegato.
Salutò
tutti e quindici gli studenti con vari sorrisi e notò che Marie era l’ultima
rimasta visto che si stava dilungando nel sistemare la cancelleria usata per
prendere appunti.
Alzò
lo sguardo e notò che l’insegnante la guardava con evidente curiosità.
“Scusami,
è che quando prendo appunti uso la penna nera unita a quella rossa per le
definizioni, la blu per sottolineare un concetto che devo approfondire, la
verde per gli asterischi e quella fuxia per le spiegazioni vicino gli
asterischi e poi devo mettere il tutto in ordine di colore seguendo
l’arcobaleno” spiegò, tornando alla sua occupazione.
“Oh,
fai... Pure” mormorò la donna. Ne aveva conosciute di ragazze come lei, ma
Marie era decisamente unica. Una diciannovenne che ha la patente ma non guida,
usa mille penne per gli appunti e deve anche ordinarle in base al colore.
“Piaciuta
la lezione?” aggiunse, speranzosa.
Finalmente
Marie terminò la sua opera, chiuse la borsa e la raggiunse vicino la cattedra.
“Sì!
L’ho adorata, la chimica nucleare è affascinante! Non vedo l’ora di svolgere
gli esercizi!” esclamò, fin troppo entusiasta.
Penny
sorrise, prese la sua borsa e insieme si incamminarono verso la mensa
dell’università.
“Ne
sono felice, fino ad ora ho svolto solo ricerca, ma mi era scaduto il contratto
in Florida e così sono qui...”.
“Sei
portata invece, voglio dire, quando quel ragazzo ti ha fatto quella
stupidissima domanda sui legami chimici io l’avrei sbattuto fuori, non potrà
mai stare al passo con le lezioni!”.
“Ehm,
Marie, la pazienza e la disponibilità sono i primi requisiti per insegnare”.
“Non
dovrebbe essere sapere ciò che si insegna?”.
Penny
guardò Marie, decisamente stranita, per poi decidere di non ribattere e guardarsi
intorno alla ricerca della mensa.
“Ma
come fai ad indossare qualcosa del genere? Io morirei, i pantaloni così
attillati mi fanno sentire soffocata”.
Circa
quattro ore dopo, Penny era a casa Cooper per aiutare Marie a sistemarsi per la
palestra visto che il trasloco procedeva tranquillamente. Non era esperta e non
aveva mai messo piede in una palestra, ma l’idea di dare una mano ad una
ragazza le piaceva, era cresciuta con una famiglia composta quasi interamente
da fratelli e cugini e non era mai stata brava nel relazionarsi con il mondo
femminile a causa delle sue regole assurde e alquanto cattive.
“Sono
gli unici che mi andavano, gli altri erano larghi” sbuffò Marie.
“Ecco
perché dovresti fare shopping come me al Wallmart a Huston, lì sì che hanno le
taglie perfette per i Cooper!” borbottò suo padre. “Chiedi a tua nonna e ti
invierà tutto!”.
Penny
rise di cuore, sempre più sorpresa dalla stramberia di quella famiglia, e pensò
che invece la madre le era sembrata diversa, più severa, fuori luogo.
Qualcuno
bussò alla porta e Marie andò ad aprire, trovandosi davanti una Bernadette in
tuta decisamente entusiasta. “Andiamo a tonificare, su!” esclamò.
Marie
annuì, seppur poco convinta, prese la borsa e si congedò.
“Ci
vediamo alle otto, papi, prepara i pop corn per le serie tv!” esclamò, dandogli
un bacio sulla guancia e salutando Penny con un sorriso.
“Ciao,
ragazzi!” li salutò Bernadette, così nel giro di qualche secondo l’appartamento
tornò ad essere improvvisamente silenzioso.
Penny
guardò il padrone di casa e si decise a dire ciò che pensava da qualche ora,
dopo aver chiesto a Marie del lavoro del padre.
“Non
vorrei intromettermi ma... Marie amerebbe vederti a lavoro, oggi non faceva
altro che dirmi che vorrebbe che smettessi di lavorare a casa. So di essere
un’estranea, solo che quando avevo la sua età avrei tanto voluto che qualcuno
dicesse a mio padre ciò che non riuscivo a dirgli” sussurrò, un po’ intimorita
dalla reazione dell’uomo, che non si fece attendere: indurì il volto, si alzò e
si avvicinò alla lavagna dove c’erano ancora i calcoli a cui stava lavorando da
quella mattina.
“So
quello che faccio, Marie lo sa”.
“Certo,
non lo metto in dubbio. Scusami, torno da me, buon lavoro” mormorò sconfitta
Penny, vedendo avverarsi la sua premonizione.
Appena
sentì la porta richiudersi, Sheldon lasciò perdere il pennarello e contemplò un
ritorno alla Caltech, con Kripke che lo derideva, i pranzi con Leonard e Howard
e il preside che non ascoltava i suoi suggerimenti.
Tutto
normale, tranne per il fatto che non ci sarebbe stata Amy ad aspettarlo
all’uscita, per poi tornare a casa insieme e raccontarsi gli avvenimenti della
giornata.
Il
solo pensiero lo fece sentire un povero stupido, uno stupido che a breve
avrebbe dovuto firmare i documenti del divorzio... Non riusciva a
capacitarsene, quindi come faceva a spiegare tutto ciò a sua figlia?
Amy
stava per uscire, le mancavano le ultime cose da mettere in borsa.
Non
andava di fretta, si era anticipata di molto visto che dopo il lavoro non aveva
nulla da fare, era un lusso che ormai poteva concedersi.
Lanciò
uno sguardo alla busta gialla sul tavolo della cucina, era lì da giorni e
ancora non l’aveva aperta. Che senso aveva? Sapeva che erano i documenti per il
divorzio, sapeva che un paio di firme avrebbero posto fine agli ultimi
diciassette anni.
Sapeva
anche che il suo avvocato le aveva detto che l’avrebbe assistita dopo l’estate
visto che a breve il suo studio si sarebbe spopolato.
“La
legge non va in vacanza, certo, ma i divorzi possono aspettare” le aveva detto
sbrigativamente, come se fosse un qualcosa di superfluo e lussuoso.
Come
se fosse una cosa stupida come rifarsi il naso o il seno!
Dovevano
prima vedersi, esporre le proprie motivazioni davanti all’avvocato...
Se
doveva aspettare l’autunno la sua sofferenza si sarebbe protratta, e non perché
odiasse essere legalmente sposata ma perché sapeva che sapararsi da lui,
nonostante fosse una sua scelta, le sarebbe risultato sempre più difficile.
Sospirò
e udì il cellulare vibrare, lo prese e lesse un messaggio.
Ci vediamo alle 8 al
solito posto, gattina.
Deglutì
e si affrettò a rispondere, dicendosi che doveva smetterla di sentirsi in
colpa.
Ragazze
super in forma, ragazzi decisamente muscolosi e persone, al contrario, con dei
chili di troppo. Marie notò che in quella palestra non esisteva una via di
mezzo e la cosa la fece sentire più a disagio che mai visto che era consapevole
di essere una sorta di stampella vivente per i soliti standard.
“Dove
dobbiamo andare?” domandò, decisamente impaurita.
“A
lezione di Total Body, te lo avevo detto, no? E’ perfetto, ci ammazeremo ma ne
varrà la pena!” esclamò Bernadette, fin troppo entusiasta. “Guarda, gli
spogliatoi sono a destra” aggiunse, vedendo un cartello indicatore.
Marie
la seguì, per poi trovarsi in una stanza fin troppo calda piena di armadietti,
donne mezze nude e ragazze che si asciugavano i capelli davanti a dei piccoli
specchi rettangolari.
Scelsero
gli armadietti e iniziarono a sistemare le borse quando una voce familiare le
richiamò all’attenzione.
“Marie!
Bernadette! Anche voi qui?”.
Marie
si bloccò nell’atto di chiudere l’armadietto quando notò che quella che si
stava avvicinando era proprio sua madre. Era parecchio sudata e decisamente più
naturale del solito, ma sorrideva speranzosa in loro direzione.
“Mamma”
disse, più dura del solito.
“Amy,
ciao! Anche tu qui? Stiamo per iniziare Total Body!” la salutò Bernadette.
“Sì,
non sapevo aveste deciso di venire qui! Io faccio sia zumba che pilates”
spiegò. “Se ti fa piacere domani potremmo andare a comprare delle tute nel mio
negozio di fiducia, che ne dici?” aggiunse speranzosa, rivolta alla figlia.
“Ho
già comprato tutto con Bernadette, grazie” replicò freddamente la figlia. “Ma
posso farti compagnia quando andrai a comprare il vestito da indossare per
l’udienza per il divorzio, se vuoi” aggiunse, senza riuscire a trattenersi.
Chiuse
l’armadietto con forza, tanto da far girare alcune donne per la curiosità.
“Tesoro,
scusami, non credevo che tuo padre ti avesse già detto...”.
“Papà
mi dice tutto e subito, a differenza tua. Non cova rancori per sedici anni per
poi sputarli fuori con veleno” ribattè, pungente più che mai.
“Ma
no, cosa...”.
“Non
troverai mai uno come lui, sappilo! Avresti potuto aiutarlo a superare con il
distacco quando sono partita per il college, visto che per te è stata una
passeggiata andartene di casa e lasciarmi lì da un giorno all’altro, invece te
ne sei fregata!” continuò a sbraitare, rossa in viso come non mai, finchè
Bernadette non le poggiò le mani sulle spalle per calmarla.
“E’tardi,
dai, magari ne parlate con calma...” disse, a disagio.
“No
perché sarebbe impossibile, da quando sono tornata non mi ha invitato nemmeno
mezza volta a stare sola con lei!”.
“Ma
se l’ho appena fatto e hai rifiutato!”.
“Fare
shopping non è la stessa cosa. Serve per evitare di parlare delle cose serie.
Vado a lezione, ciao”.
Ancora
scossa, prese con rabbia l’asciugamano e una bottiglina d’acqua e si avviò
verso l’uscita.
“Dovete
chiarire, Amy. Ci soffre troppo! Dille la verità e l’apprezzerà. Ciao” la
salutò Bernadette, seria più che mai, seguendo sua figlia.
Amy
rimase ferma, sforzandosi di non piangere davanti a tutte. Vedere sua figlia
covare così tanto rancore era orribile e pensare di dire la verità le faceva
paura perché l’aveva detta solo alla sua analista.
“Distendete
la gamba destra e alzate il braccio sinistro, su! Ora fate pressione sulla
gamba, così...”.
Marie
non ce la faceva più, quella disciplina che serviva ad allenare e mettere in
funzione tutti i muscoli del proprio corpo era qualcosa di orribile per una
come lei che non riusciva nemmeno a correre qualche metro senza inciampare e
cadere.
Anche
Bernadette, nella fila avanti alla sua, sembrava provata, ma non come lei.
Sentiva
tutti i muscoli indolenziti e qualcosa sullo stomaco, come se dovesse vomitare
un pranzo eccessivamente abbondante e in più si sentiva debole.
Le
luci soffuse blu della stanza non l’aiutavano affatto, a un tratto vide tutto
sfocato, tanto che si decise a fregarsene della lezione – aveva già resistito
quaranta minuti, accidenti! – e scappò via dalla sala, sforzandosi di non fare
rumore. Ci riuscì visto che nemmeno Bernadette notò la cosa.
Prendere
un po’ d’aria appena uscì fu un toccasana ma non riuscì a resistere e si
accasciò per terra, sentendosi troppo debole.
“Ehi,
tutto bene?”.
Una
voce dall’accento straniero le si rivolse, alquanto concitata.
Marie
alzò lo sguardo e vide che un uomo in tuta ma decisamente affascinante le si
stava avvicinando di corsa.
“Non
proprio... E’ la mia prima lezione e mi sembra di avere un peso sullo stomaco e
mi fa male tutto” rivelò, sentendo le gambe tremare.
L’uomo
subito notò il tremore e si accovacciò davanti a lei.
“Cosa
hai mangiato prima di venire qui?” chiese, analizzando la situazione.
“Uno
yogurt e un cappuccino”.
“Quando?”.
“Un’ora
prima della lezione, credo”.
“Non
dovevi, mangiare cose che contengono latte e derivati non fa bene prima di un
allenamento, appesantisce lo stomaco! Meglio un bel panino un paio di ore prima,
ti aiuterà a mettere massa. Di certo non sei qui per dimagrire” notò
rapidamente, tuttavia con un tono rassicurante.
La
sua voce era calda, l’accento – tipico degli indiani – aveva un qualcosa di
affascinante.
Marie
annuì e provò a rialzarsi così l’uomo l’aiuto sorregendole la schiena con
delicatezza.
“Avrai
avuto un calo di pressione. Ti ci vuole un po’ di acqua e zucchero*” decretò,
facendole strada nel corridoio.
Giunsero
in una sala attrezzi e poi in un piccolo ufficio con tanto di scrivania e
armadietto.
“Prego,
siediti pure, mano a mano il tremore alla gambe passerà, hai sforzato troppo i
muscoli, tutto qui. Sei stata coraggiosa a scegliere Total Body” osservò,
mentre prendeva un bicchiere di plastica e una bottiglia di acqua.
“Non...
Non l’ho scelta io, sono qui con un’amica di famiglia” sussurrò.
“Immagino
tu non abbia mai fatto alcuna attività fisica”.
“Esatto.
Non ho tempo, studio ad Harvard e onestamente preferisco giocare con la xbox
quando riesco” rivelò.
L’uomo
sorrise e le diede un bicchiere pieno di acqua con dello zucchero.
“Bevi”.
Marie
obbedì, seppur disgustata dallo zucchero eccessivo. “Grazie”.
“Io
sono Raj, comunque, l’istruttore della sala attrezzi”.
“Marie”.
“Non
per farmi pubblicità ma credo che potresti avere più risultati venendo nella
sala attrezzi, potrei seguirti e darti un allenamento graduale” propose.
“Ma
sono già iscritta a Total Body!”.
“Non
cambia nulla, l’iscrizione è uguale. Tessa è stata un’incosciente, avrebbe
dovuto fare una lezione più tranquilla visto che c’erano dei nuovi iscritti”
disse Raj, mentre posava l’acqua.
“La
colpa è mia, sono negata” ammise Marie.
“Ma
no, bisogna solo prenderci la mano. Vieni qui e ti farò prendere almeno quattro
chili!” insistè Raj, sorridendole.
Aveva
dei denti bianchissimi che contrastavano con la carnagione caramello, oltre ad
essere abbastanza muscoloso.
Era
davvero un bell’uomo, pensò Marie, poteva avere al massimo una decina di anni
in più a lei.
“Va
bene, accetto” disse, vergognandosi come una scema perché voleva vedere più
spesso quell’uomo e non gliene fregava molto del resto.
Una
sensazione del genere non l’aveva mai provata, studiando chimica aveva a che
fare con molti ragazzi ma nessuno le aveva fatto un effetto simile.
“Ti
aspetto mercoledì alle sei, allora. Tessa mi odierà” aggiunse, ridacchiando.
“Come va?” chiese poi.
“Meglio.
Il peso sullo stomaco è quasi scomparso ma mi fa male tutto... Devo avvertire
la mia amica, lei non mi ha visto uscire!”.
“Ok,
ti accompagno” si offrì gentilmente Raj, aiutandola ad alzarsi e sorreggendole
la schiena con cautela.
Marie
sospirò e guardò l’istruttore, pensando che era il primo palestrato che le
suscitava un interesse così improvviso.
“Ero
davvero preoccupata” brontolò Bernadette circa venti minuti dopo, all’uscita
dagli spogliatoi. “Potevi dirmelo!”.
“Non
volevo disturbarti” si giustificò Marie, camminando lentamente a causa del
dolore. “Comunque te l’ho detto, andrò a fare sala attrezzi, l’istruttore mi
aiuterà mano a mano”.
“Come
vuoi...”.
“Aspetta,
vado a salutarlo, è stato gentilissimo. Aspettami qui”.
“Va
bene, ti prendo qualcosa al distributore” replicò la donna, avvicinandosi alla
macchinetta piena di merendine e snack poco salutari. Inserì le monete e notò
che una donna la guardava con aria di superiorità. “Ehi, carina, non è per me,
è per la mia amica che ha avuto un calo di zuccheri!” s’infervorò.
Dall’altra
parte della struttura, Marie entrò nella sala attrezzi, trovandola vuota. Si
avviò verso l’ufficio ma era vuoto a sua volta.
Stava
per rinunciarci quando sentì delle voci provenire da un’altra porta che era
leggermente aperta.
“Lo
so che è squallido ma dovremmo entrare in uno dei bagni, la porta non si
chiude”.
“Come
vuoi tesoro, ho capito che vuoi mettere alla prova la mia agilità...”.
Il
cuore di Marie perse un battito. La stanchezza le faceva un brutto effetto, non
poteva conoscere sul serio quelle voci!
“L’ho
già provata, sei la ventinovenne più agile che conosca, gattina...”.
“E
tu il ventinovenne più sexy che abbia mai conosciuto...”.
Le
bastò sporgersi di poco per vedere riflessa nello specchio alla sua destra
un’immagine assurda, pazza, senza senso, scabrosa.
Raj
stava togliendo la camicetta ad una donna bruna, più bassa di lui, con una voce
a lei nota.
Raj
era in atteggiamenti piuttosto intimi con sua madre.
Sua
madre aveva una storia con il suo futuro istruttore e a quanto pare diceva di
avere sei anni in meno.
Non
riuscì a rimanere lì per un altro istante e sfidò il dolore, camminando
rapidamente fino all’uscita, dove Bernadette la stava aspettando.
Poi,
non riuscendosi a trattenere, si piegò in due e vomitò di colpo, con grande
preoccupazione dell’amica.
Inutile
negarla, quella era la degna conclusione di una giornata decisamente schifoso e
iniziata, come si suol dire, con il piede storto.
*piccola
nota: l’episodio della lezione di Total Body è vero ed è successo a me, lo
scorso ottobre xD ero iscritta a zumba ma la prima lezione l’istruttrice decise
di cambiare per una volta, avevo bevuto un cappuccino e dopo quaranta minuti
circa sono scappata dalla sala, sentendomi male. Ricordando la cosa ho pensato
di far succedere una cosa simile anche a Marie eheheh.
*°*°*°*°*°
Ed ecco il secondo capitolo, pubblicato
esattamente dopo dieci giorni anche se è mezzanotte passata, purtroppo domani
ho tanto da studiare e aggiornare richiede tanto tempo come ben saprete.
Coooomunque...
La famiglia incasinata continua ad esserlo: Marie ha saputo del divorzio, ha
conosciuto Raj e ha scoperto che ha una relazione intima con sua madre :O
Sheldon,d’altro
canto, non riesce a tornare a lavoro a causa dei ricordi ma cerca la sua
felicità in Marie.
Che
dire, questo non è ancora nulla perché sono al settimo e vi anticipo che ci
saranno dei colpi di scena ma spero troviate interessante questi primi sviluppi
^^
Grazie
a chi ha letto e ha recensito il primo capitolo <3
Vi
lascio qualche anticipazione del prossimo capitolo che pubblicherò verso il 19
(anche un po’ prima se va tutto bene :D):
“Non
ho niente a cui pensare, non esco con le bugiarde. Bella foto” la prese in
giro, voltandosi e avvicinandosi alle scale che conducevano all’uscita del
condominio.
“Comunque...
Come si chiede ora a una ragazza se vuole venire a cena con te?” domandò, con
un tono decisamente basso.
Marie
spalancò la bocca. “Ho sentito bene?”.
“Direi
di sì, Marie, l’ultima visita dall’otorino l’hai superata con successo” replicò
impaziente il padre. “Allora?”.
A
presto,
milly.
|
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Capitolo 3 *** What Goes Around, Comes Around ***
What Goes Around, Comes Around
Capitolo 3
What
Goes Around, Comes Around
Avrei dovuto sapere che quando saresti
passata di qua mi avresti fatto piangere,
mi si spezza il cuore a vederti andare via,
perché so che stai vivendo in una bugia.
Va bene, tesoro, perchè scoprirai in tempo che
quello che gira, quello che gira,
quello che gira torna tutto indietro!
*Justin Timberlake, What Goes Around Comes Around*
Erano
ormai le nove quando Marie spense la tv, gioiendo del fatto che esistesse il
telecomando grazie a cui non era costretta ad alzarsi.
Dolorante
come non mai dopo la palestra, mangiò del riso in bianco preso al ristorante
cinese, guardando male il padre che beveva la cioccolata calda – nonostante
fosse estate - e ci intingeva dentro i pop corn rimasti con grande gusto.
Al
momento, tra i due, quello più piccolo e immaturo sembrava lui.
“Mal
di stomaco del cavolo, odio questo riso” sbottò la ragazza.
“Avrei
dovuto avvertirti del fatto che è sconsigliato consumare latte e derivati prima
di un allenamento, ma onestamente ero convinto che lo sapessi, sei una chimica
dopotutto” la beffeggiò il padre, sorridendo sornione mentre mangiava un pop
corn con gran gusto.
“Prendimi
pure in giro, tanto non passerò alla fisica” lo rimbeccò la figlia. “Non ci ho
pensato, che cosa grave!”.
“Ti
direi che anche i migliori sbagliano ma non è così, mi dispiace” continuò
l’uomo.
Vedere
Marie che si offendeva era uno spasso e gli faceva capire perché i suoi
colleghi lo prendevano in giro.
Era
identica a lui sotto questo aspetto e spesso adorava punzecchiarla, il modo
buffo in cui la sua espressione mutava era adorabile e gli ricordava quando era
una bambina e non le era concesso mangiare più caramelle del dovuto.
“Sono
tua figlia, dopotutto, è colpa del tuo bagaglio genetico!”.
“Sì,
deve essere colpa di zia Missy, ricorda che si è diplomata a venti anni. Che
scempio!”.
“Non
puoi paragonarmi con lei!” si offese la ragazza, prendendo una manciata di pop
corn e lanciandogli contro.
“Ehi,
ehi, non esageriamo, lo sai che odio la sporcizia addosso! La mia doccia serale
è programmata tra un’ora e mezza!”.
“E
non puoi anticiparla perché il tuo corpo è nel bel mezzo della digestione.
Vedi? Dopotutto anche io sono intelligente”.
Solo
Marie Amelia Cooper poteva compiere un gesto del genere e guadagnarsi un sorriso
da parte di Sheldon, seguito da un rapido ma significativo abbraccio.
“Penny
mi ha detto che vorresti rivedermi al lavoro” mormorò poi, improvvisamente
serio.
Marie
esitò ed annuì.
“Beh,
te l’ho detto anche ieri, quando sono tornata, ricordi?”.
“Sì,
ma sentirselo dire da un’estranea è diverso. Marie, sai quanto io sia
abitudinario e ho smesso di lavorare nel mio ufficio perché... Non trovare tua
madre all’uscita mi avrebbe ammazzato. Certo, metaforicamente, ovviamente, ma è
la verità”.
Sentire
quelle parole fu un colpo al cuore per la ragazza, che non riuscì a trattenersi
e scoppiò a piangere a causa dell’immagine di sua madre che se la spassava con
un ventinovenne, seguita dalle parole del loro litigio di quel pomeriggio.
“Marie,
perché piangi?” chiese l’uomo, senza capire.
Non
poteva dirglielo, no, era già fin troppo a pezzi senza sapere che sua moglie
diceva in giro di essere una ventinovenne single.
“Devo
metabolizzare il tutto, scusami, da quando mi hai detto della sua richiesta
riguardo il divorzio ci sono rimasta male e... Odio sapere che a causa sua non
vai alla Caltech quando lei, insomma...”.
“Ci
tornerò, Marie, promesso. Dammi qualche giorno e tornerò a lavoro. Ci ho
pensato e dopotutto ho te che segui i corsi lì. Non avrò la mia ex moglie all’uscita,
ma avrò mia figlia” la tranquillizzò, passandole un fazzoletto.
“Davvero?!”
domandò incredula la ragazza. “Io non voglio importi nulla, credimi”.
“Lo
faccio perché so di poterlo fare, promesso”.
Marie
sorrise tra le lacrime, sentendo che forse non tutto era perduto e che le cose
potevano tornare alla normalità.
Due
giorni dopo Leonard era in partenza per il New Jersey visto che suo fratello si
sarebbe sposato quel weekend.
“E
se chiamassi e dicessi di essere ammalato?” brontolò l’uomo, mentre appoggiava
la valigia all’entrata.
“Faresti
la figura del codardo. Aspetta”.
Marie
indossò un po’ di lip gloss – regalatole da Bernadette e ancora intatto -, si
sciolse i capelli, prese il telefono dello zio e puntò la fotocamera verso i
loro volti.
“Sorridi!
Ecco, se qualcuno ti rompe le scatole, usa qualche filtro e dì che sono la
ragazza con cui ti vedi da un po’. Nessuno mi conosce” minimizzò con un tono
pratico.
“Per
favore! E poi sei una ragazzina, che figura ci farei!” obiettò Leonard,
nauseato al solo pensiero che per lui equivaleva ad un incesto.
“Come
vuoi, usala in caso di emergenza”.
Leonard
alzò gli occhi al cielo per poi prendere del caffè e berlo generosamente.
“Leonard,
amico mio, fà buon viaggio, porgi i miei più sinceri saluti a tua madre e non
osare tornare se sai di portare con te qualche virus letale, grazie” lo congedò
il suo coinquilino, ancora in pigiama.
“Quando
dici queste cose non fai altro che rendere la separazione più semplice. Fate i
bravi, sarò qui tra dieci giorni, lunedì andrò a New York da un amico del
college” spiegò.
Sheldon
sgranò gli occhi, incredulo.
“New
York? New York?! Il covo di mille etnie diverse e diecimila malattie rischiose
differenti, sul serio? Perché non in qualche paese del Terzo Mondo pieno di
malattie mortali, a questo punto!”.
“Ecco
perché non te l’ho detto fino ad ora. Starò bene, Sheldon, ok?”.
“Questo
lo decideremo quando vedremo le tue analisi, Leonard”.
Marie
rise di gusto vedendo l’amico esasperato, pensando che quelle scenette le
sarebbero mancate visto che alla fine dei conti Leonard era l’equilibrio della
casa, quello simpatico che allo stesso tempo portava un po’ di sanità mentale
tra quei due matti rappresentati da lei e il padre.
“Ci
mancherai” gli disse, avvicinandosi al tavolo e prendendo un pacchetto. “Ecco
qualcosa da mangiare in caso di emergenza, rispetta tutte le norme degli aerei,
non avrai problemi a portarlo nel bagaglio a mano”.
Il
fisico sperimentale le sorrise e l’abbracciò con calore. “Grazie, Marie, sei un
angelo”.
“E
dì a tua madre di venirci a trovare prima della fine dell’estate, lo sai che io
e papà la adoriamo, è una donna così brillante!”.
“Ecco,
ora non sei più un angelo” sospirò Leonard, seppur sarcastico.
Fu
strano vederlo partire, ormai era la ragazza quella che lasciava casa per il
college, ma magari quel cambiamento avrebbe portato qualcosa di nuovo, chissà.
Tornare
all’università era stato più semplice del dovuto, in effetti.
Kripke
non aveva osato dire nulla e il Preside gli aveva stretto la mano con
cordialità, ritraendola subito perché sapeva che il fisico non gradiva certi
contatti con gli estranei.
Howard,
nonostante fosse in ferie, lo aveva accompagnato fino all’ufficio da buon amico.
“Beh,
suppongo che sia uno spreco riabituiarsi visto che dalla settimana prossima
andrò in ferie anche io, ma va bene, non voglio lamentarmi” esclamò il fisico
teorico ad ora di pranzo, in compagnia di sua figlia e Penny.
“Le
ferie, che cattiveria, eh, papà?” lo prese in giro Marie. “Le odia, dice che
non gli servono” spiegò a Penny, la quale guardò il vicino senza capire.
“Davvero?”.
“Penny,
il mio cervello non si ferma mai, che senso ha stare in ferie?”.
“Magari
rilassandoti il tuo cervello sarà più libero e potrà trarre ispirazione per
delle nuove idee. A me succede così quando non riesco a terminare un saggio”
propose Penny.
“E’
quello il punto, non si rilassa mai” ridacchiò Marie. “Un po’ come Superman e
gli altri, è sempre in allerta e in attesa di nuovi sviluppi in ambito
lavorativo!”.
“Ma
se ho visto che passate le serate a guardare la tv e a giocare alla xbox!”
osservò la chimica.
“Lavoro
senza volerlo anche in quei momenti”.
“Papà,
Bernadette è fuori l’università, mi ha chiesto di farle compagnia prima della
palestra, ci vediamo stasera, ok?” esclamò all’improvviso Marie, dopo aver
controllato i messaggi del cellulare, interrompendo il discorso e finendo in
fretta la coca cola.
“Va
bene, ma se farai degli spuntini falli massimo due ore prima e niente
latticini!” l’ammonì il padre, guardandola un po’ severamente.
“Certo.
Ciao, ciao Penny!” li salutò, prendendo la borsa e uscendo dalla mensa.
Calò
un minuto di silenzio, durante il quale Sheldon ne approfittò per finire il suo
sandwich.
“Ancora
non riesco a credere che non ti rilassi mai, davvero” osservò Penny, dopo aver
masticato l’ultimo boccone di caesar salad.
Sheldon
scrollò le spalle.
“Quando
vivevo con mia moglie devo dire che nei momenti di intimità la fisica era
l’ultimo dei miei pensieri, ma da quando se ne è andata il mio lavoro ne ha
giovato e immagino che dopo che firmerò i documenti per il divorzio ne gioverà
ancora di più” ragionò.
“Divorzierete?”
chiese la donna, incredula.
Sheldon
annuì.
Non
sapeva perché si stesse aprendo così con una ragazza che conosceva da soli quattro
giorni, ma le aveva fatto una buona impressione, dopotutto.
“Me
lo ha detto domenica, prima della cena. Nulla di nuovo, dopotutto è via da casa
da quasi tre anni, era inevitabile” ragionò, come per convincere più se stesso
che lei.
“Mi
dispiace... Posso capire, anche io non sono molto fortunata in amore” rivelò
Penny, sospirando.
“Come
mai? Voglio dire, oggettivamente sei un prototipo di donna ideale, con le
tipiche fattezze del Mid-West e una buona istruzione”.
Penny
sorrise imbarazzata e scrollò le spalle, per poi togliersi gli occhiali
quadrati con la montatura nera e iniziare a pulirli, come per tenersi occupata.
“Agli
uomini non piace avere a che fare con donne intelligenti con una carriera più
importante della loro. Mi dicono sempre che sono saccente” rivelò, alzando gli
occhi al cielo.
“Tipico.
Capisco perfettamente, è ciò che mi dicono da quando sono nato. Forse devi solo
incontrare qualcuno intelligente che abbia un percorso simile al tuo” disse
Sheldon.
Penny
lo guardò, un po’ basita. Era un’allusione? No, non poteva essere, non sembrava
l’uomo che ci provava subito, anzi, se non avesse saputo che era stato sposato
avrebbe pensato a lui come un uomo che non ci prova e basta.
“A
che ora finisci?” chiese però, schiarendosi la voce, non dando retta ai suoi
pensieri.
“Alle
quattro”.
“Anche
io! Se non hai da fare potremmo andare a prenderci un caffè”.
“Io
non bevo caffeina” rispose educatamente Sheldon, prima di capire cosa – forse –
Penny volesse intendere.
Il
caffè era una consuetudine sociale ma anche un pretesto per vedersi al di fuori
del solito ambiente in cui ci si vedeva e tutto era iniziato con una cosa del
genere tra lui ed Amy, quasi venti anni prima, solo che al posto del caffè
c’era stata una videocassetta di Dirty Dancing che la madre di lei le aveva
proibito di vedere e lui, senza sapere perché, gliela aveva affittata.
“Oh,
ok, tranquillo...”.
“Ma
posso bere qualsiasi altra cosa” si affrettò a rispondere, senza sapere nemmeno
cosa stesse facendo, sentendosi improvvisamente accaldato.
Penny
sorrise. Era forse un buon segno?
“Bene,
allora ti aspetto alle quattro all’uscita e vediamo cosa fare!” replicò lei,
stranamente raggiante.
Ma
non dovevano bere qualcosa?
Cosa
era successo? Un istante prima parlavano del lavoro, poi finivano a parlare
delle loro relazioni e poi, puff!, decidevano di bere qualcosa dopo il lavoro.
“Certo”
annuì, sentendo qualcosa di poco piacevole nel suo stomaco.
Il
pensiero di rivedere Raj dopo la scoperta non le piaceva affatto, ma allo
stesso tempo ricordare il suo sorriso la faceva sorridere come una scema.
Sua
madre aveva dei gusti decisamente ottimi, pensò, visto che anche suo padre era
una scelta perfetta.
Sospirò,
sperando di non incontrarla negli spogliatoi.
“Io
vado, ci vediamo all’uscita?” domandò premurosamente Bernadette, carina ma
anche un po’ goffa nei pantaloni della tuta che le andavano un po’ lunghi e
larghi.
“Certo.
Giuro che non vomiterò” le promise.
“Ecco,
brava! A dopo!”.
La
salutò e tornò a sistemare la sua roba, per poi avvicinarsi ad uno degli
specchi e legare i capelli in una coda alta.
Una
volta terminato, si avviò verso l’uscita, ma quando fece i primi passi e si
ritrovò vicino gli armadietti sentì qualcosa sotto al piede.
Incredula,
notò il documento di identità di sua madre, un documento che esibiva la realtà
dei fatti: trentacinquenne, alta un metro e sessantacinque, sposata.
Che
ci faceva lì?
Forse
l’aveva perso dopo averlo nascosto?
La
sua mente subito galoppò, frenetica, in un momento in cui lei entrava da
qualche parte in cui fosse richiesto un documento insieme a Raj e fingeva di
non averlo per celare la realtà...
In
un istante, tutto il dispiacere e il risentimento covati ultimamente
raffiorarono in un gesto rapido e irrazionale.
“Non
sto facendo nulla di male, nulla! Equivale a dire la verità!” sussurrò tra sè e
sè. “Bruce Wayne o Catwoman farebbero lo stesso, sai?”.
Piano
piano, pensando freneticamente, si avvicinò alla sala attrezzi e fermò una
ragazza che stava entrando.
“Scusami,
ho trovato questo qui fuori, magari è di una che fa attrezzi! Puoi darla
all’istruttore? Magari la conosce” disse, fingendosi disinvolta. “Io devo
prendere prima l’acqua”.
“Ok”
accettò la ragazza, indifferente, così prese il documento ed entrò.
Tremante,
Marie si avvicinò al distibutore per l’acqua, distante una decina di metri
dalla sala, e quando si avvicinò per entrare vide un Raj sconvolto che usciva
di corsa e prendeva il telefono.
Deglutì,
sentendosi improvvisamente una persona orribile.
“...
E così mi sono alzata e ho detto: “Avevo ragione io, l’equazione è giusta, il
caso è chiuso!”. Credevo mi avrebbe sbattuta fuori e invece ha ammesso di aver
torto. Quella è stata l’unica volta in cui mi sono sentita qualcuno, al liceo”.
Penny
e Sheldon erano finiti in un bar nel centro di Pasadena e a fare un vero e
proprio aperitivo, a dispetto dell’idea originale.
Lei
era più truccata e sciolta, mentre lui era inizialmente più rigido per poi
mostrarsi disinvolto dopo poco.
“Io
l’ho fatto dall’asilo elementari al dottorato, eppure mi hanno sempre fatto
sentire fastidioso e saccente” ribattè Sheldon, facendola ridere di vero cuore.
“La
sicurezza è una cosa che apprezzo molto, odio gli eterni indecisi!” esclamò la
ragazza, bevendo un sorso di Sprite.
“E’
quello che dico anche io! Io so come mi sento subito, non ho bisogno di
pensarci e rimuginare per ore”.
Penny
si morse il labbro udendo quelle parole, squadrandolo dettagliatamente.
Se
era vero, le bastava un gesto e un po’ di onestà per sapere se poteva vedersi
con il suo vicino, senza perdere tempo a rimuginarci per ore.
Non
sapeva cosa fosse successo, ma stargli un po’ più vicino la elettrizzava, la
faceva sentire più viva e felice, cosa che non si verificava da anni.
Così,
cautamente, avvicinò il volto a quello dell’uomo, il quale se ne stava
immobile, gli sorrise con calore mentre reclinava la testa e in un breve,
glorioso istante appoggiò le labbra sulle sue, dando luogo a un semplice bacio.
Inizialmente
lui non fece nulla, poi mosse le labbra di qualche centimetro e le schiuse
leggermente, contro ogni pronostico.
Penny,
rossa in viso, si separò dopo poco e poi lo guardò, in attesa.
“Allora?”
domandò, seppur imbarazzata.
“Allora...
Cosa?” chiese lui, immobile e incredulo circa il recente avvenimento.
“Hai
detto di essere una persona decisa e che sai subito come ti fa sentire una
cosa. Che ne pensi di questo bacio?”.
“Oh”.
Sheldon deglutì, passandosi la lingua sulle labbra, poi guardò la bella chimica
che aveva di fronte.
Riusciva
a sentire il profumo alla fragola del suo rossetto e nonostante tutto gli
piaceva.
Nel
suo mondo, Amy era l’unica donna degna di ricevere le sue attenzioni e non
aveva mai prestato attenzione alle altre.
Era
strano guardare una donna e sapere che poteva esprimere il parere che più
credeva adatto, senza nessun problema.
Per
la prima volta dopo anni ed anni si concesse di ammirare un’altra donna, bella
e intelligente.
“E’
stato piacevole, seppur inaspettato. Penny, in tutta la mia vita ho avuto un
rapporto solo con una donna, con cui ho avuto una bambina molto presto e l’ho
sposata senza pensarci due volte perché era tutto ciò che volevo di più al
mondo... E perché mia madre è estremamente cattolica. Non so come comportarmi,
cosa fare, cosa...”.
Intenerita,
Penny gli accarezzò il volto, guardandolo negli occhi.
“E’
tutto ok. Basta che tu sia chiaro con me. Se pensi a lei non c’è problema, ma
visto che a breve divorzierai, sappi che quando ti andrà potrei seriamente
pensare di uscire con te. Devi solo essere chiaro” ripetè tranquillamente, senza
distogliere il contatto visivo.
“O-Ok”
balbettò lui in risposta.
Era
così scioccato che non notò neppure di striscio Amy che se ne stava all’entrata
del bar, incredula per la scena a cui aveva assistito. Voleva prendere un
frozen yogurt dopo la palestra e invece aveva ottenuto uno spettacolo gratis
alquanto sconcertante.
Suo
marito era andato avanti, era stato baciato da quella bionda da strapazzo che
gli abitava di fronte!
Era
un’ipocrita e lo sapeva, ma odiava ciò che aveva visto, tanto che uscì
rapidamente dal bar e si precipitò in macchina, dove, senza fermarsi, scoppiò
in un pianto incontrollato.
What goes around comes
around.
Justin
Timberlake aveva maledettamente ragione, pensò Amy, mentre si serviva il
secondo caffè con fin troppa panna, seduta sul divano del suo appartamento a
Beverly Hills.
Aveva
lasciato Sheldon e si lamentava se lo vedeva con un’altra in un bar, non era
giusto!
Lei
si vedeva con Raj, e si era vista con altri uomini in quegli anni, non poteva
lamentarsi visto che era l’artefice di tutto quel processo doloroso.
Perché
le dava fastidio?
Non
ebbe nemmeno il tempo di chiederselo due volte che qualcuno bussò alla porta.
Si
alzò senza voglia, sperando di non avere più gli occhi rossi e aprì la porta,
trovandosi davanti Raj.
“Oh,
Raj, ciao!” disse, sforzandosi di sembrare serena.
“Ciao.
Hai perso questa” replicò freddamente lui, porgendole il documento di identità.
Con
sommo orrore, Amy guardo il tesserino e spalancò gli occhi, salvo poi studiare
l’immagine dell’uomo di fronte a lei.
“Raj...”.
“Te
li porti bene i tuoi trentacinque anni, eh? Ed ecco perché non volevi che
venissimo da te, sei sposata! SPOSATA!” urlò l’istruttore, puntandole il dito
contro. “Un pezzo di carta mi ha detto più verità su di te di quanto me ne
abbia dette tu in tre mesi” l’accusò, deluso.
Forse
qualcuno ce l’aveva con lei, pensò Amy, perché non c’era spiegazione a tutto
ciò.
“Ok.
Ho trentacinque anni, sì, vivo sola però! Sto per divorziare e ho una figlia di
diciannove anni” ammise, abbassando lo sguardo.
Quando
lo alzò, vide che lui era incredulo.
“Ecco,
vedi? E’ per questo che non te l’ho detto! Sì, ho avuto una bambina a sedici
anni, ok? Una trentenne single è figa, una con una figlia invece è una vecchia
secondo voi ragazzi!”.
“Mi
hai mentito, Amy, e di brutto! Non posso accettarlo!”.
“Raj,
ti prego, pensaci su, per favore!” lo supplicò, non sopportando l’idea di
perdere anche lui.
“Non
ho niente a cui pensare, non esco con le bugiarde. Bella foto, grazie a lei so
com’eri realmente a ventinove anni” la prese in giro, voltandosi e
avvicinandosi alle scale che conducevano all’uscita del condominio.
Sicura
che stesse sognando, Amy guardò il documento con aria smarrita.
Toc,
toc, toc. “Marie!”.
Toc,
toc, toc. “Marie!”.
Toc,
toc, toc. “Marie!”.
La
ragazza alzò gli occhi al cielo, non potendone più del disturbo
ossessivo-compulsivo di suo padre, per poi posare la spazzola sul comodino.
“Entra pure, papà”.
Sheldon
entrò nella stanza di Leonard che per quei dieci giorni avrebbe ospitato sua
figlia, con somma gioia della ragazza che avrebbe avuto un po’ di spazio in più
rispetto la metà del letto di suo padre che le spettava da un po’.
“Volevo
chiederti un cosa” domandò lentamente.
“Certo.
Siediti” lo invitò, balzando sul letto.
“No,
sai che impiegherei secoli per trovare il posto perfetto in questa stanza che
mi è estranea” rifiutò Sheldon, guardandosi intorno. “Comunque... Come si
chiede ora a una ragazza se vuole
venire a cena con te?” domandò, con un tono decisamente basso.
Marie
spalancò la bocca. “Ho sentito bene?”.
“Direi
di sì, Marie, l’ultima visita dall’otorino l’hai superata con successo” replicò
impaziente il padre. “Allora?”.
“Tu
vuoi invitare a cena una donna?” continuò incredula. “Chi?”.
“Marie,
rispondi, su! Odio non sapere qualcosa e lo sai!” insistè il padre, sbuffando.
La
ragazza sorrise dolcemente verso il padre.
“Chiedile
“Ti va di venire a cena con me?” ed è fatta. Puoi anche mandarle un messaggio,
se vuoi” rispose.
“E’
così semplice?”.
“Sì.
E chi è la fortunata?”.
“Penny
mi ha chiesto di prendere un caffè, ovviamente non ho preso il caffè, e non so
come... Lei mi ha baciato e mi ha detto che devo solo essere sincero con lei.
Ho capito che devo guardare oltre tua madre e lei... Beh, non mi dispiace”
rivelò tutto d’un fiato, seppur a disagio nel parlare di donne e baci con la
sua bambina.
Marie
si portò una mano sulla bocca e poi corse ad abbracciare il padre.
Ce
l’aveva fatta, avrebbe visto un’altra donna!
Era
così felice che non provava disagio nel dare qualche consiglio a suo padre, in
più la notizia era così bella che dimenticò la cattiva azione compiuta quel
pomeriggio.
“Dovresti
dirglielo di persona, però” aggiunse. “Lo apprezzerà”.
“Ciao,
Sheldon!”.
La
mattina dopo, Penny si ritrovò il vicino alla porta, alquanto teso e
imbarazzato.
Era
felice di vederlo, ci sperava sul serio.
“Ciao
Penny. Verresti a cena con me, sabato?” chiese subito, senza preamboli.
Dritto
al punto, senza esitazioni e giri di parole: perfetto agli occhi di Penny, che
subito si lasciò trasportare da un sorriso.
“Certo
che sì. Sono felice che le chiacchiere di ieri abbiano dato i suoi frutti,
sai?” disse, felice come non si sentiva da un po’.
Sheldon
annuì, sentendosi strano a sua volta.
Qualcosa
stava cambiando, qualcosa di nuovo era nell’aria e per la prima volta un
abitudinario come lui non se ne dispiacque dopo tanti anni passati a soffrire a
causa dei vecchi ricordi che, al momento, erano decisamente diversi dalla
realtà.
*°*°*°*
Eccoci
qui con il terzo capitolo.
Sì,
avete letto bene, questa storia avrà anche gli Shenny xD
Non
sono una loro fan e descrivere una situazione del genere, in cui Penny è un po’
diversa, è assurdo. Riesco meglio nei momenti Shamy ^^’ Comunque, agli
appartenenti delle due “fazioni” dico: tranquilli, piano piano vedremo come si
evolvono le cose :D
Marie
ha compiuto un gesto poco nobile e Raj ha scoperto la verità, Leonard è
partito... Le cose si stanno modificando, eheheh.
Grazie
a chi segue questa storia, spero di sapere che ne pensate! :D
Credo
di aggiornare tra poco più di una settimana, nel frattempo ecco qualche
ANTICIPAZIONE:
“Fa
nulla, sei giovane, anzi, magari si scopre che sei minorenne. Da un opposto
all’altro!” esclamò, iniziando a ridere.
“Non
lo sono, ma anche se fosse? Non è che stai uscendo con me” disse Marie.
“Buongiorno,
papà. Se fossi un tuo amico ti direi: “Bella, zio!”, ma in quanto figlia sappi
che rimarrò traumatizzata per un bel po’”.
A
presto!
Milly.
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Capitolo 4 *** Genitori Irresponsabili? ***
gi
Capitolo 4
Genitori
Irresponsabili?
Marie
Amelia Cooper diceva di odiare il telefim Una Mamma Per Amica, ma in realtà lo
aveva adorato fino al giorno del suo sedicesimo compleanno.
Lorelai
era la versione telefilmica di sua madre, non solo per i sedici anni che le dividevano, e lei pensava di essere molto simile a
Rory – dopotutto gli occhi blu, i capelli castani, la carnagione fin troppo
chiara e la voglia di andare ad Harvard non le mancavano – oltre al fatto che
aveva passato tante sere davanti alla tv con sua madre a guardare quel telefilm.
Quando
suo padre era fuori per una conferenza o un convegno scientifico, lei ed Amy
avevano la tv tutta per loro e amavano vedere quello show per sere intere,
davanti a una generosa porzione di biscotti, pizza e Coca Cola.
Per
questo, in seguito agli eventi, diceva di detestare quel telefilm ma nei
momenti più tristi non riusciva a non prendere i dvd e vederli, seppur di
nascosto.
Quel
venerdì sera era sola a casa, visto che suo padre era uscito con Howard per una
“serata tra uomini” che tradotto significava “Sheldon Cooper vuole un parere su
come comportarsi all’appuntamento di domani”, quindi, visti gli ultimi
avvenimenti, non riuscì a resistere e mise uno dei dvd.
Scelse
una puntata a caso e si imbattè nell’inizio della quarta stagione: Rory va a
Yale, non riesce a stare senza sua madre e la chiama, così la donna organizza
un mega pigiama party nel suo dormitorio e
la tranquillizza.
“La
stessa cosa che hai fatto tu, vero, mamma?” sbottò sarcastica la ragazza,
mentre le immagini di Lorelai che consolava sua figlia le scorrevano davanti.
Senza
che potesse controllarsi, la sua mente vagò all’inizio di settembre dell’anno
precedente, quando si era trovata improvvisamente sola nel suo dormitorio ad
Havard, nel Massacchussets, a quasi tremila miglia da casa, dal lato opposto
degli Stati Uniti in cui era nata e cresciuta.
Suo
padre, Leonard e Bernadette l’avevano accompagnata e le avevano fatto compagnia
fino a sera, aiutandola a sistemarsi, poi, però, inevitabilmente, la notte era
calata e si era ritrovata sola nella sua stanza, visto che la sua compagna di
dormitorio aveva avuto dei problemi con il volo e sarebbe arrivata il giorno
seguente.
Non
aveva dormito, il letto era scomodo, posizionato in un angolazione che
detestava e in più si sentiva sola come non mai.
Il
solo ricordo di quei momenti la fece accasciare di peso sul divano e si sforzò
di non piangere, ma ciò servì a non farla sentire in colpa per ciò che aveva
fatto, dando il documento di identità della madre a Raj.
Si
domandava cosa fosse successo dopo il suo gesto e la cosa le aveva creato
qualche problema nell’addormentarsi, la sera prima, ma si era sforzata di non
pensarci e di fare finta di nulla con la sua coscienza.
“Coscienza
mia, so che dobbiamo fare i conti, ma sai che mi piace farli sono se
c’entrano con la matematica” si era
detta la sera prima davanti allo specchio, sforzandosi di crederci e calmarsi.
Tuttavia,
mentre era ancora immersa nei suoi pensieri, qualcuno bussò alla porta e così
si alzò, sperando di non sembrare strana.
Si
ritrovò davanti Penny che le sorrideva con imbarazzo, in un modo diverso dal
solito, tanto che si stava torturando una ciocca di capelli.
“Ciao,
Penny. Papà non è in casa” disse subito.
“Oh,
lo so, cioè, l’ho accidentalmente
visto mentre usciva con il suo amico basso. Ero sola e volevo invitarti a bere
qualcosa da me” spiegò, speranzosa, indicando il suo appartamento.
Marie
la guardò, un po’ sospettosa, per poi sorriderle con aria sorniona.
“Vuoi
avere dettagli riguardo la cena di domani!” esclamò, puntandole il dito contro.
“Cosa?”.
“Ma
sì, così saprai dove andrete, farti un’idea in base al posto, sapere cosa
indossare...”.
“No!
Io volevo sapere se per te andava bene, non sono mai uscita con un uomo
prossimo al divorzio e con una figlia, per di più adulta!” rivelò velocemente
Penny, mordendosi il labbro inferiore per l’ansia. “Pensavo sarebbe successo
solo se fossi arrivata single a quarant’anni suonati e avrei deciso di uscire
con un vecchietto” ammise, per poi ridacchiare nervosamente.
“Vedi?
C’era comunque un secondo fine! Comunque va bene, chiudo la tv e vengo”
rispose, affrettandosi a spegnere il lettore dvd e la televisione.
“Però
magari se volessi dirmi che piani ha Sheldon potrei...”.
“Non
so nulla, solo che indosserà un completo quindi ti toccherà qualcosa di
elegante” disse subito Marie.
Spense
le luci, chiuse la porta a chiave e seguì rapidamente la vicina nel suo piccolo
appartamento.
Era
carino ed ordinato per essere stato assemblato e arredato pochi giorni prima,
ma la cosa che apprezzò di più era la libreria in bella mostra con i titoli
ordinati per autore e per titolo, oltre che per materia.
“Però
non capisco, mi sembri fin troppo calma. Cioè, io odierei vedere mio padre che
esce con un’altra” mormorò Penny, facendole segno di accomodarsi sul divano.
“Succo di mela, alla pesca o Dottor Pepper?”.
“Succo
di mela, grazie. Sai com’è, mi sembri una a posto, forte, poi sei una
chimica... Mio padre ha bisogno di una donna così, dopo la delusione con mia
madre. Ti chiedo solo di essere sincera e non spezzargli il cuore, lui di certo
non lo farà” disse la ragazza, seria più che mai.
“Marie,
è solo una cena, tranquilla, è presto per dire qualsiasi cosa... Ma sappi che
lo tratterò bene” promise, posando il succo e avvicinandosi con due bicchieri
in mano.
Gliene
porse uno e iniziarono a bere, guardandosi in silenzio per qualche secondo.
“Solo
che pensandoci hai ragione, sarà strano vederlo uscire con un’altra” ammise
poco dopo Marie, sospirando. “Però, in fondo, voglio solo che sia felice e
magari lasciarlo in mani sicure quando tornerò al college”.
“Sembra
un uomo speciale e...I suoi occhi mi hanno rapita” rivelò Penny con aria
sognante.
Marie
assunse un’aria di disgusto, digrignando i denti.
“Penny!
Insomma, ora non esagerare, il tuo tono è equivalente a un: “Gli strapperei i
vestiti di dosso”, sai?” le ricordò, chiudendo gli occhi al solo pensiero.
Penny
rise di gusto e si portò le mani alla bocca, scuotendo il capo.
“Scusa,
scusa! Non dirò più nulla di simile, promesso!” ridacchiò, seguita a ruota
dalla ragazza.
Dall’altra
parte della porta, Amy origliava senza volerlo, cupa più che mai.
Sapeva
tramite facebook che Sheldon fosse fuori con Howard e voleva parlare con sua
figlia, ma aveva trovato l’appartamento vuoto e aveva sentito la sua voce
provenire da quello di fronte dove, apparentemente, aveva già fatto amicizia
con la sua probabilmente futura matrigna.
“Amico,
giuro che sei un caso anomalo. Hai avuto la fortuna di trovare una sedicenne
che ti ha pregato di fare sesso e l’hai messa incinta, ma almeno hai la fortuna
di aver fatto sesso regolarmente dopo il tuo precoce matrimonio da diciottenne,
ora sei single, hai un’età in cui molti uomini non sono ancora sposati, hai già
cresciuto una figlia e non hai problemi di orari, la biondona che si
trasferisce di fronte si fa palesamente avanti, accetta il tuo invito e tu,
dopo tutta questa esperienza, non sai che fare?” chiese incredulo Howard,
bevendo un sorso della sua seconda birra.
Lui
e Sheldon se ne stavano nel bar che frequentavano più spesso quando non erano
in casa a giocare alla playstation con Leonard e stavano dando luogo a quella che
dovrebbe essere una “serata tra uomini”.
Sheldon
alzò gli occhi al cielo, odiando il fatto di essersi dovuto ridurre a dare
ascolto al tipico stereotipo sociale in cui gli uomini si vedono al bar per
discutere di donne e altre diavolerie.
“Per
prima cosa, ti ricordo che me lo devi visto che ti ho accompagnato per tutte le
gioiellerie di Pasadena per trovare l’anello per tua moglie, e per seconda cosa
il tuo riassunto ha evidenziato il problema: sono uscito solo con Amy, ero un
ragazzino inesperto e non ho mai dovuto instaurare un rapporto che vada oltre
l’amicizia con una donna adulta. Infine, il fatto di non avere un coito con una
donna da quasi tre anni mi mette ansia”.
Howard
spalancò la bocca e ringraziò il cielo di non star bevendo perché altrimenti
gli avrebbe sputato la birra in faccia e sarebbe entrato nella lista dei suoi
nemici mortali.
“Aspetta,
aspetta, aspetta... Stai già pensando a cosa fare sotto le lenzuola,
porcellino? Credi già di avercela fatta?” lo beffeggiò, spassandola un mondo.
Sheldon
arrossì di colpo e sbuffò, a disagio.
“Howard,
insomma, sto parlando di un’eventualità non certa ma possibile, un giorno, nel
caso in cui...”.
“Sei
uno spasso, Sheldon, sul serio, non avevo mai conosciuto lo Sheldon
Mandrillone! Come darti torto, Penny è una bomba, una...”.
“Ti
ricordo che sei sposato” lo ammonì l’amico.
“Oh,
insomma! Ok, il punto è: portala a cena in un posto abbastanza costoso, capirà
che non stai scherzando e se si sentirà in debito riuscirai a concludere
l’affare a fine serata, così il piccolo Cooper sarà sazio dopo tre anni di
siccità!”.
“Uno:
la tua metafora non ha senso, “sazio” e “siccità” appartengono a due campi
semantici differenti, opposti tra l’altro, due: se ho capito bene, “Il piccolo
Cooper” è un modo idiota per indicare i miei genitali e la mia ex moglie può
provarti che non sono affatto piccoli, tre: sono un gentiluomo, e per di più
del Texas, non offrirei una cena a una donna con il mero scopo di ricavarne
favori sessuali” lo rimproverò Sheldon, guardandolo con aria severa.
“Conclusione: chiederò a tua moglie” aggiunse, estraendo il cellulare.
“Cosa?
No, che vuoi che ne sappia mia moglie, sono cose da uomo!”.
“Sbagliato.
Bernie è una donna, saprà dirmi cosa fare. Non capisco perché ho accettato il
tuo invito, proprio come non capisco
come tu abbia fatto a convincere quella povera donna a sposarti” lo zittì il
fisico teorico, cercando il numero della microbiologa e cliccandoci su per
chiamarla.
“Ne
riparleremo quando andrai in bianco!”.
Sulla
scrivania di Marie era riposto un invito colorato, con la scritta “Summer Gym
Festival”, che attendeva di essere messo nella sua borsa.
La
centralinista della palestra aveva distribuito gli inviti a tutti gli iscritti
dicendo che quel sabato era prevista una festa nella zona delle piscine, con lo
scopo di trovare ulteriori iscritti grazie alle vantaggiose offerte estive.
Normalmente
Marie non ci sarebbe andata, ma voleva provare a capire cosa fosse successo
precisamente tra Raj e sua madre, visto che l’istruttore era sembrato
decisamente di malumore negli ultimi giorni, tanto da sottoporre tutti gli
iscritti ad una serie di esercizi assurdi e super dolorosi.
Per
fortuna Bernadette doveva uscire con il marito, così aveva detto al padre che
sarebbe andata con una ragazza conosciuta in palestra, anche se non era vero.
Il
fatto che il padre avesse la testa altrove quel giorno era un vantaggio, pensò,
mentre lo vedeva bisticciare con la cravatta in cucina.
“Non
indossarla, davvero, stai meglio senza” gli consigliò, togliendogli l’oggetto
blu dalle mani. “Questo completo blu notte è già perfetto, fidati”.
“Davvero?”
chiese il padre, sollevato dalla notizia.
“Davvero”.
“Tu,
piuttosto, dove hai preso questo vestito?” domandò, inquisitorio, squadrando il
vestito verde lungo quasi fino al ginocchio che sua figlia indossava, a cui,
però, aveva abbinato delle converse bianche.
“L’ho
preso con Bernadette, domenica. Sai che non mi piacciono, papà, ma lei ha detto
che mi stava bene e che poteva sorgere un’occasione diversa, infatti è
successo!”.
“Almeno
non starai sola, stasera. Come sto?”.
“Benissimo,
sei un figurino” approvò Marie, sorridendogli con calore. “Voglio che tu sia
felice, papà, lo sai, vero?” domandò, improvvisamente seria.
“Sì.
Grazie, stando ai vari forum di genitori con prole adolescente solo il trenta
per cento dei figli approverebbe una situazione simile. Ero preoccupato e invece
l’hai presa bene!”.
“Penny
mi piace, sembra una tipa a posto. Oh, sono le otto, è ora!” esclamò la figlia,
improvvisamente agitata.
“Oddio,
oddio, oddio. Dimmi che non mi sta venendo nessun tic, ti prego”.
Sheldon
deglutì e iniziò a muoversi freneticamente, in un modo decisamente buffo.
Marie
lo vide prendere le chiavi e il portafogli, poi gli appoggiò le mani sulle
spalle per calmarlo.
“Andrà
bene, sii te stesso! E fai qualche battuta scientifica, tanto la capirà” gli
ricordò.
“O-Ok”.
Gli
diede un bacio sulla guancia e lo accompagnò alla porta, per poi chiuderla in
fretta e tornare nella sua stanza, visto che non voleva vedere suo padre
bussare e uscire con Penny: sarebbe stato come spiarli e la cosa non le
piaceva.
Penny
era... Diversa. Senza le sue solite t-shirts decisamente da nerd, i jeans comodi
e le scarpe da ginnastica emanava una luce diversa, particolare, che la rendeva
alquanto bella e anche sensuale.
Aveva
deciso di indossare un semplice abito azzurro senza spalline, con la scollatura
a cuore e lungo fino a metà coscia ma non si era truccata chissà quanto, anche
perché era decisamente incapace.
Mettere
il mascara senza accecarsi dopo aver indossato le lenti a contatto era stato
uno dei più grandi traguardi della sua vita – probabilmente più grande del
dottorato - e ne andava fiera.
Appena
Sheldon la vide, ricordò la voce di Bernadette: “Dille che sta bene e inizierai
la serata con il piede giusto”, così le sorrise e disse: “Sei molto bella”,
sforzandosi di non imbarazzarsi.
Dopotutto,
stava semplicemente dicendo la verità.
Lusingata,
Penny sorrise e lo guardò negli occhi, alquanto emozionata e agitata allo
stesso tempo.
“Grazie!
Dove andiamo di bello?” chiese poi, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.
“Da
“Mamma mia”. Non ha nulla a che vedere con il musical, tranquilla, è un
ristorante italiano. Ti piace la cucina italiana?” aggiunse poi,
improvvisamente preoccupato.
“Certo.
A chi non piace?”.
“Beh,
a mio fratello George che odia dover mangiare qualcosa con la forchetta, a mia
sorella Missy che ritiene che sia una cucina estremamente calorica e
dannosa...”.
“Era
una domanda retorica, ma, ok” ridacchiò Penny, guardando di sottecchi l’uomo,
sentendo che normalmente davanti ad una cosa del genere avrebbe storto il naso
ma quella volta no, si sentiva a suo agio, stranamente spensierata.
La
palestra era piena di persone e la zona piscina era più popolata del solito
nonostante nessuno si fosse ancora tuffato.
Marie
si pentì di essere lì, odiava la musica assordante, quelli che urlavano e circa
il settanta per cento dei suoi coetanei vista la loro latente stupidaggine e
mancanza d’interesse verso ciò che lei amava.
Giusto
per ingannare il tempo si avvicinò al buffet, alla ricerca di qualcosa di non
contaminato dalle manacce degli invitati, ma la fame le passò quando vide un
ragazzo gigantesco prendere una tartina, esaminarla e rigettarla nel vassoio
come se nulla fosse.
“Che
fai, la dieta? Sei l’unica che potrebbe approfittarne e ti rifiuti?”.
Marie
sobbalzò, voltandosi, e riconobbe il suo istruttore.
Non
indossava la maglietta, solo dei jeans, e i suoi addominali erano decisamente
in mostra, fieri dopo tutto il duro lavoro.
Marie
deglutì – era il primo ragazzo che vedeva dal vivo senza maglietta – e sperò di
non risultare una cretina.
“Raj,
ciao! No, è che sono germofobica e vedere gente che tocca il cibo e poi lo posa
mi urta” spiegò come se fosse una cosa normale, per poi rendendosi conto di
risultare decisamente fuori di testa.
Raj
la squadrò come se fosse un qualcosa di unico, divertente, poi si avvicinò e le
poggiò una mano sulla spalla.
Marie
avvertì odore di alcool e comprese che aveva bevuto nonostante non sembrasse
brillo.
“E
quando devi baciare un ragazzo, come fai? Sei germofobica lo stesso?” domandò,
accarezzandole delicatamente la spalla.
La
ragazza non si era mai trovata a così pochi centimetri da un ragazzo, era
decisamente priva di esperienze visto che quei pochi ragazzi che aveva trovato
belli non sapevano nemmeno della sua esistenza.
“No,
è diverso, sono infastidita da...”.
“Brava,
i baci sono tutta un’altra cosa” l’interruppe lui, facendo l’occhiolino. “E
visto che sono single da poco mi mancano, mi mancano davvero tanto” aggiunse,
sbandando leggermente ma appoggiandosi su Marie per non cadere.
Sì,
l’alcool un po’ aveva fatto effetto.
“Come
mai sei tornato single?” chiese a bruciapelo Marie, incredula nell’aver avuto
la conferma ai suoi dubbi in seguito alle sue azioni.
L’alcool
serviva a qualcosa, dopotutto, pensò, e il famoso “In vino veritas” non si
sbagliava affatto.
Raj
scrollò le spalle e guardò altrove, sospirando.
“Stavo
con una più vecchia senza saperlo! Mi
ha mentito sull’età, hanno trovato il suo documento di identità qui in
palestra, me l’hanno dato e ho scoperto tutto. Ha pure una figlia e sta
divorziando... Mi ha mentito quella stronza! E tu? Mi stai mentendo anche tu
sulla tua età?” aggiunse, puntandole il dito contro con aria minacciosa.
Marie
spalancò gli occhi, incredula.
“Io
non te l’ho nemmeno detta, la mia età...” obiettò.
“Fa
nulla, sei giovane, anzi, magari si scopre che sei minorenne. Da un opposto
all’altro!” esclamò, iniziando a ridere.
“Non
lo sono, ma anche se fosse? Non è che stai uscendo con me” disse Marie.
Raj
la guardò di sbieco e con un gesto secco l’attirò a sè, prendendola per i
fianchi.
“Sei
strana ma mi piaci, sai? Ci uscirei proprio, con te” sussurrò contro il suo
orecchio, facendo salire la sua mano fino al collo e accarezzandolo con
dolcezza.
Marie
si sforzò di non pensare a nulla, a non lasciarsi accattivare da quelle mani
che la stavano accarezzando, così si scostò rapidamente.
“Tu
sei ubriaco, in più quelli come te non cercano quelle come me nemmeno da sobri”
disse, seppur con una nota di amarezza nella voce, simbolo degli ultimi anni
passati a pensare che un bel ragazzo non potesse mai notare e invitare a cena
una nerd come lei.
“E
chi te lo dice?” chiese Raj, ridendo.
“Lo
dico io” stabilì la ragazza. “Tanto non ricorderai nemmeno questa
conversazione” aggiunse, per poi dargli le spalle per andarsene.
“E
invece sì, perché lo so che è stata memorabile!” esclamò l’istruttore,
trattenendola per un braccio.
Marie
si voltò e notò che erano a un passo dalla piscina, oltre al fatto che qualcuno
li stava guardando, incuriosito dai toni della loro conversazione.
“No
che non lo è” ribattè.
“Invece
sì!”.
“No,
ma se non la smetti la rendo io tale!” lo minacciò, improvvisamente presa da un
attacco di fastidio nei confronti di quell’uomo bello quanto irritante, al
momento, come quando da bambine facciamo i dispetti al bambino che ci piace.
Marie
odiava non essere irrazionale, avere attorno qualcuno che poteva compromettere il
suo equilibrio, e fu per questo che senza pensarci lo spinse, facendolo cadere
in piscina.
“Ecco,
ora è memorabile!” ridacchiò, mentre la folla la acclamava per il gesto eroico
e Raj annaspava prima di decidere di continuare lo show e iniziare a galleggiare.
Le
mandò un bacio ma lei gli aveva già dato le spalle, decisa nel tornare a casa
dopo aver scoperto le consguenze della sua azione.
Il
cellulare di Penny aveva vibrato per tutta la serata, tanto che a un certo
punto lei, infastidita, lo ripose in borsa durante il dessert.
Sheldon
deglutì il suo pezzo di tiramisù senza caffè e la guardò, incerto.
“Guarda
che puoi rispondere” disse.
Penny
arrossì e scosse il capo, affrettandosi ad ingurgitare un pezzo della sua
delizia al limone.
“Non
è come sembra, giuro, non è un ex o qualcosa di simile” ammise, imbarazzata.
“Non
mi devi spiegazioni, è che credevo che fosse importante” osservò Sheldon.
Sospirando,
Penny prese il cellulare e gli mostrò il display, su cui si leggeva “Mamma”.
“Tua
madre?” chiese il fisico teorico, senza capire il nesso logico. Anzi, forse
c’era! L’aveva portata da “Mamma mia” e aveva pensato ad una sorta di obbligo
sociale volto a metterla in comunicazione con la persona a cui si riferiva il
titolo?
“Sì.
Mia sorella le ha spifferato che andavo a cena con un uomo e mi sta riempendo
di messaggi con quelli che dovrebbero essere dei consigli. Sai, non digerisce
il fatto che io sia single a trent’anni suonati” rivelò, abbassando lo sguardo
per l’imbarazzo. “Senti qui: “Mi raccomando, non fare battute intelligenti, gli
uomini preferiscono le sceme, ecco perché sei single”. Ti rendi conto?”
esclamò, esasperata. “Non ci credo! Per lei dovrei rinnegare me stessa pur
di compiacere un uomo!”.
“Non
so che uomini abbia conosciuto tua madre ma sappi che uno dei motivi per cui ti
ho invitato è che sei una donna intelligente con cui poter avere un proficuo
scambio di idee” ammise Sheldon.
Penny
dimenticò improvvisamente il malumore e, senza pensarci due volte, afferrò la
sua mano sul tavolo e la strinse.
“Ne
sono lusingata. Giuro che se potessi registrerei le tue parole e gliele farei
ascoltare!”.
“Penny,
mi imbarazzerei...”.
“Ero
ironica, tranquillo! Non voglio perdere più un secondo a parlare di lei” lo
rassicurò, sentendosi improvvisamente meglio quando avvertì che anche lui le
stava stringendo la mano a sua volta e la stava accarezzando.
“Se
può consolarti, in giro si dice che tu sia una bomba”.
“Perchè
insegno chimica nucleare?”.
“No,
nel senso di... Bomba sexy, ecco. Quindi non badare a tua madre”.
“E
tu lo pensi?” chiese Penny, sussurrando, in un modo da riuscire a sembrare sul
serio sensuale.
Sheldon
deglutì e sperò di non star sudando le mani in maniera imbarazzante.
“Non
ho mai usato questa espressione, ma se ho ben capito il significato... Condivido”
rivelò.
Decisamente
su di giri, Penny poggiò una mano sulla sua gamba e risalì un poco su prima di
tornare al dolce e terminarlo.
La
sua mente era piena di immagini confuse, quelle parole avevano scaturito in lei
un’energia assurda che aveva provato decisamente poco negli ultimi anni.
Terminarono
il dessert quando erano ormai le undici e si avviarono verso il loro condominio
con calma, parlando del più e del meno.
Era
strano per entrambi riuscire a parlare spontaneamente con una persona del sesso
opposto, come se in quelle ore si fosse aperto un varco tra loro.
“Sono
solo le undici e venti... Ti va di entrare?” propose Penny, quando si
ritrovarono di fronte al suo appartamento.
Sheldon
deglutì e fece mente locale alle parole di Bernadette: era un buon segno,
doveva stare tranquillo.
Così
annuì con un sorriso e la seguì nel piccolo appartamento, notando la differenza
con il suo.
Ebbe
appena il tempo di chiudere la porta alle sue spalle e voltarsi che notò una
Penny intenta nel buttare la borsa sul divano insieme al giacchino.
Gli
si avvicinò lentamente e appoggiò le braccia sulle sue spalle.
“Sono
stata benissimo, davvero” sussurrò contro il suo orecchio, per poi appoggiare
una mano sul suo petto. “E tu?”.
Sheldon
prese un bel respiro e chiuse gli occhi, sentendo l’effetto di quel piccolo e
semplice tocco.
“Anche
io” sussurrò, deglutendo.
“Sei
proprio un gentiluomo, eh? Non osi alzare un dito nemmeno se ti provoco”
ridacchiò Penny, questa volta a voce più alta e allontanandosi di qualche
centimetro dal suo viso. “Tranquillo, forse ho corso troppo, è che mi hai
subito messa a mio agio e non mi succedeva da secoli, scusami...” mormorò,
voltandosi, ma Sheldon l’afferrò per il braccio, la strinse a sè e dopo averla
guardata negli occhi avvicinò il suo volto al suo e la baciò con una lentezza
improvvisamente disarmante.
Penny
subito gli gettò le mani al collo e lo strinse a sè, facendo aderire i loro
corpi e godendosi il contatto di quel corpo che tanto l’attirava stretto a sè.
Quel
bacio lento e dolce mano a mano diventò decisamente più irruento, tanto che
Sheldon non riuscì a non baciarle il collo quando si separarono.
Temeva
una reazione negativa, ma Penny sembrava decisa ad ottenere ancora di più
quando lo ribaciò con passione e gli tolse la giacca con un colpo secco, salvo
poi passare ai bottoni della camicia.
Stava
succedendo tutto troppo in fretta per gli standard di entrambi, ma non se ne
curarono, presi dalla foga del momento.
“Spogliami!”
esordì Penny, quando riuscì a togliergli anche la camicia, per poi dargli la
schiena e invitarlo a slacciarle la lampo.
Appena
il vestito toccò terra, lo prese per mano e lo condusse nella sua stanza,
chiudendosi la porta alle spalle.
Si
lasciò spingere sul letto, sententosi decisamente desiderata dopo tanto,
desiderosa di sentire il suo vicino su di sè.
Aveva
passato tutta la serata ad ammirarlo e a bearsi dei suoi sorrisi e non essendo
abituata a riscuotere un certo successo con gli uomini quella situazione era
surreale.
Lo
aveva sul serio su di sè, riusciva a percepire il suo sospiro irregolare ed
eccitato sul suo collo, le sue mani che accarezzavano la sua pelle nuda e il
suo tocco gentile e passionale contemporaneamente.
“Penny...”.
Sorpreso,
Sheldon notò di aver detto un nome diverso per la prima volta in una situazione
del genere e improvvisamente gli parve di vedere il mondo in una maniera
diversa, e non solo perché la donna su cui sovrastava non era sua moglie, ma
perché lui si sentiva diverso, provato da tanto dolore tanto che voleva
esorcizzare e andare avanti.
“Sheldon...”.
Guardò
Penny e sentì di dover spegnere il cervello, sentire solo il suo istinto e, per
la prima volta in vita sua, non dover pensare alle conseguenze.
Una
bella donna era sotto di lui, gemeva ad ogni suo tocco e lui comprese che
quella sera doveva solo essere sè stesso, senza freni e imposizioni.
Dopotutto,
era un uomo libero.
Il
letto di suo padre era vuoto dal giorno precedente e Marie sapeva cosa
significasse, anche se non osava pensarci.
Voleva
pensare solo alla sua bella colazione super nutriente e calorica quella
domenica mattina, eppure non ci riuscì perché ebbe appena il tempo di bere un
sorso di latte che la porta di casa si aprì, rivelando la figura di suo padre
che, reggendo scarpe e giacca, con la camicia sbottonata, cercava di entrare in
casa senza fare rumore.
Appena
vide sua figlia sobbalzò e si bloccò, chiudendo gli occhi e borbottando:
“Accidentaccio!”.
“Buongiorno,
papà. Se fossi un tuo amico ti direi: “Bella, zio!”, ma in quanto figlia sappi
che rimarrò traumatizzata per un bel po’ dalla tua "walk of shame", sei avvisato”.
Prima
sua madre che faceva sesso nei bagni della palestra, poi suo padre che
rientrava alle otto di domenica mattina mezzo nudo...
L’unica
responsabile, che aveva respinto le avances del suo istruttore ubriaco che era uscito con sua madre, alla
fine, sembrava lei!
*°*°*°*°
Eccomi
qui! Ho aggiornato subito per “festeggiare” il 30 che ho preso oggi, so che non
ve ne frega nulla ma è una notizia così bella dopo tanto studio che non riesco
a trattenermi quindi... Sopportatemi! xD
La
situazione si fa fitta, eh sì. Chi l’avrebbe detto? Penny e Sheldon escono e...
Tadà, per di più Marie becca anche il padre durante la famosa “walk of shame”.
Mettetevi
nei suoi panni, ha visto entrambi i genitori in situazioni decisamente “intime”
con altre persone e non credeva che suo padre potesse “approfondire” così la
relazione con Penny, subito.
D’altro
canto, lui è stanco di soffrire e per la prima volta ha a che fare con una
donna oltre Amy che lo apprezza, viene provocato e alla fine reagisce così. Sì,
diciamo che questo è il picco dell’OOC per Sheldon, lo so, ma è un AU anche per
questo.
Che
dire, aggiornerò sul serio tra dieci giorni ora che ho altri due esami da dare
e sono ferma all’inizio del capitolo 8 da secoli e non credo continuerò fino a
metà ottobre, sigh.
Eccovi
qualche spoiler come sempre e grazie a chi segue la storia <3
“Guarda
che non dovevi aspettare la richiesta divorzio per vedere un’altra” ironizzò
Amy, non riuscendo a celare una risatina nervosa.
“Prego?”
chiese sommessamente Sheldon, lanciandole un’occhiata infuocata.
Penny
sospirò, alzandosi.
“Stai
tranquillo, è tutto ok, ora ci sistemiamo. Non siamo due liceali!” gli ricordò,
pensando che non le andava di doversi nascondere come una ragazzina.
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Capitolo 5 *** Ogni Rosa Ha Le Sue Spine ***
cap5rosa
Capitolo 5
Ogni Rosa Ha Le Sue Spine
Sheldon
chiuse lentamente la porta alle sue spalle, con lo sguardo basso visto che si
sentiva estremamente a disagio.
Già
era stato strano svegliarsi al fianco di un’altra donna, quella mattina, quindi
ritrovarsi di fronte la faccia scioccata e delusa di sua figlia era una doppia
secchiata d’acqua gelida di prima mattina.
“Marie...”
biascicò, non sapendo nemmeno come continuare.
“Per
favore, vatti a sistemare, io pulisco qui, mi è passata la fame” sbottò la
ragazza, alzandosi con uno scatto secco e prendendo il vasetto di marmellata
per riporlo in frigo.
“Sono
in imbarazzo, davvero...”.
“Tu? Tu
sei in imbarazzo? Potevi almeno svegliarti prima e fare finta di nulla! Avrei
vissuto una situazione alla Schrodinger, potendo solo immaginare una cosa
simile e chiedermi se ciò si fosse verificato o mai, ma a quanto pare tu hai
deciso in anticipo di aprire la scatola e farmi vedere il brutto, imbarazzante
e puzzolente contenuto!”.
“Ho
dormito fino ad ora, scusami, ero stanco...”.
“Bleah,
fermati, fermati, non voglio ulteriori dettagli riguardo la causa della tua
stanchezza!” esclamò Marie, chiudendo gli occhi e agitando le mani in un modo
frenetico, disgustata. “Sono delusa! Voglio dire, non credevo che fossi come
gli altri uomini che la prima sera subito... Insomma, hai capito! E ora? E’ già
finito tutto? Dovrò evitare la mia insegnante di chimica perché conosce
l’anatomia di mio padre?!”.
L’uomo
le si avvicinò lentamente e la guardò, cauto, titubante circa la sua difesa
visto che gli eventi lo avevano scombussolato più che mai e quella non gli
sembrava affatto la sua vita.
“Non
voglio darti ulteriori dettagli ma ha iniziato lei...”.
“Appunto,
non li voglio questi dettagli!”.
“E
ci rivedremo, tranquilla” provò a rassicurarla.
“Ora
vai a farti una doccia e cambiati” cambiò argomento la ragazza, sospirando
pesantemente. “Tra te e mamma mi sembra di avere due genitori adolescenti. Non
siete proprio cresciuti, eh!” esclamò, alzando gli occhi al cielo con fare
esasperato, mentre il padre si dirigeva verso la sua camera senza ribattere,
sempre più imbarazzato.
“Howie,
Marie viene a pranzo qui” annunciò Bernadette, mentre faceva colazione con suo
marito in quella che fino a pochi mesi prima era stata la casa di sua suocera,
ormai defunta.
Howard
notò la moglie ridacchiare e rispondere a un messaggio mentre mangiava un
biscotto, sembrava davvero presa dalla conversazione.
“Ok,
ma come mai? Voglio dire, mi fa piacere, non la vedevamo da Natale, solo che
ormai passi il tuo tempo solo con lei. E’ strano, lei è una teenager,
dopotutto” osservò. “E’ come avere una figlia” aggiunse, fissando il vuoto. “Le
facciamo da baby-sitter! Sheldon dovrebbe pagarci!”.
“Beh,
di sicuro siamo figure più stabili dei suoi” sindacò la donna, senza smettere
di ridere.
“Ok,
spara, non me la conti giusta”.
“Sei
sicuro? Perché dopo che ne avremo parlato mi dovrai cinquanta dollari...”.
“Perché
do... Oh, no! No, no! Non ci credo! Mi stai prendendo in giro!” urlò Howard,
battendo un pugno sul tavolo, tanto da far tremare il succo d’arancia nel
bicchiere.
“No,
tesoro. Ho vinto la scommessa”esultò, porgendogli il cellulare con la
conversazione.
Bernie, scusa l’ora, è
ok se mi fermo da voi oggi?
Certo, ma come mai?
Non voglio stare a casa
mia...
E’ successo qualcosa
con tua madre?
No, questa volta è
toccato a papà farmi una sorpresa spiacevole.
???
L’ho beccato che
rientrava a casa mentre facevo colazione, mezzo nudo. Cercava di non fare
rumore... Quando ha visto che ero lì gli è venuto un colpo!
Oddio! Quindi lui e
Penny....
Sì. Abbiamo discusso...
Non ci tenevo a saperlo! E credevo che potesse nascere una relazione seria, non
una di quelle in cui... Hai capito, dai.
“Shelly
Il Puzzone si è bombato Penny, una bella donna, dopo il primo appuntamento. Che
poi mi sembrava Leonard quello preso da lei... Non capirò il fascino di
quell’uomo, onestamente” esclamò incredulo Howard.
“E’
alto, intelligente, colto, di successo... E prossimo al divorzio con dei
bellissimi occhi blu” osservò la moglie. “Ma anche se hai solo due di queste
cose ti amo lo stesso” lo prese in giro. “Prepara i soldi, mammina va a fare
shopping domani!”.
Senza
poter dire nulla, Sheldon fissava sua figlia che prendeva la borsa e le chiavi
di casa.
Si
sentiva in colpa per lo spettacolo che le aveva offerto poco prima, già non
doveva essere facile sapere dei ragazzi
di sua madre, ora ci si metteva anche lui!
Se
avesse saputo che anche Amy aveva contribuito a quello show facendosi vedere in
un bagno con un ventinovenne si sarebbe sentito meno in colpa, ma Marie era
decisa a non aggiungere altri dettagli penosi alle vicissitudini della loro
assurda e indisciplinata famiglia.
Il
solo dirlo ad alta voce lo avrebbe fatto sembrare ancora più vero e non voleva
creare nuove discussioni e litigi, voleva solo starsene tranquilla senza drammi
familiari ma la sua coscienza le diceva che tutto ciò era frutto del karma che
voleva farle scontare ciò che aveva fatto con la carta d’identità di sua madre.
“Papà,
starò bene, voglio solo distrarmi da Bernadette” disse, un po’ in colpa per la
scenata di poco prima.
“Non
ti biasimo, davvero, hai tutto il diritto... Prima tua madre, poi io, insomma...”.
“Sono
due cose diverse. Ciao, approfittane per passare del tempo con Penny” aggiunse,
con un tono neutro, prima di uscire e chiudere la porta un po’ più forte del
dovuto, senza dargli il solito bacio che gli riservava prima di uscire.
L’uomo
rimase seduto sul suo adorato posto sul divano, trovandosi solo dopo più di
dodici ore e comprendendo che poteva usare quel tempo per riflettere.
Era
stato bene con Penny, sì, lei lo aveva fatto sentire a suo agio quando si erano
risvegliati uno al fianco dell’altra.
Non
era stata appiccosa, non gli si era buttata addosso, gli aveva sorriso
semplicemente mentre gli dava il buongiorno.
Aveva
aggiunto che era stata bene e che, in nome delle pari opportunità, visto che
lui l’aveva invitata a cena, lo invitava a fare una passeggiata quel
pomeriggio.
Sheldon
aveva accettato, salvo poi guardare l’orologio e andare nel pallone, temendo di
farsi scoprire dalla figlia.
Penny
era stata comprensiva – già trovarlo al suo fianco al suo risveglio era troppo
per i suoi standard da donna non proprio fortunata – e lo aveva salutato con un
rapido bacio.
Marie mi ha scoperto...
Sheldon
decise di inviarle questo messaggio, sia per rompere il ghiaccio sia per capire
come funzionasse quel tipo di comunicazione in un rapporto simile al loro.
Era
tutto così nuovo, strano per i suoi standard, ma allo stesso tempo bello,
seppur in un modo differente.
Accidenti, mi dispiace!
E’ tutto ok?
Sorrise
nel ricevere subito la risposta, significava che stava aspettando un suo
messaggio e aveva fatto bene.
Diciamo, è andata da
Bernadette, starà fuori tutta la giornata ma dice che deve solo metabolizzare
la cosa.
Quindi sei solo?
Sì.
Il
fisico teorico ebbe appena il tempo di rispondere che qualcuno bussò alla sua
porta, con calma ma impazienza contemporaneamente.
Si
avvicinò, prese un bel respiro e aprì la porta, trovandosi di fronte una Penny
con top e pantaloncini di jeans sfilacciati.
“Buongiorno,
da quanto tempo!” lo prese in giro, gioiosa.
“Buongiorno”
le rispose, senza sapere cosa fare oltre l’indicarle di entrare.
La
ragazza sembrava così a suo agio che prese posto senza un secondo di
esitazione, per poi soffermarsi a guardare il padrone di casa.
“Posso
offirti qualcosa?”.
“Certo!”.
“Thè,
succo, Dottor Pepper...?”.
Ridendo,
Penny si rialzò e gli poggiò le mani sulle spalle, per poi fissarlo negli
occhi.
“Sei
davvero un ingenuo, davvero, anche dopo... Beh, stanotte. Credevo fosse un
doppiosenso e invece sul serio volevi offrirmi una bibita come da
consuetudine!” osservò, davvero incredula.
Confuso,
Sheldon ricambiò lo sguardo, seppur perplesso, e decise di assecondarla
appoggiando le braccia attorno alla sua vita.
“Perché,
cosa intendevi?”.
“Vedi?
Sei così dolce!”.
“O-ok.
Non mi hanno mai definito così, ma va bene” disse, spaesato come non mai.
“Sheldon,
credevo volessi offrirmi un bacio, delle coccole...” provò a fargli fare mente
locale, accarezzandogli il volto. “Sii te stesso e prendi l’iniziativa, sappi
che non ti rifiuterò. Come potrei? Stanotte è stato... Magico, non trovi?”
esclamò, con aria sognante, mentre continuava ad accarezzarlo e a stringerlo a
sè, quasi come se non credesse di poterlo fare sul serio.
“Onestamente
non credo nella magia , ma se ho capito la metafora che vuoi utilizzare,
concordo, sono stato bene” rivelò, sincero.
Poi,
visto che la stretta di Penny si faceva sempre più salda, si chinò su di lei e
la baciò, perdendosi nel profumo alla vaniglia che la ragazza emanava.
Era
bello stare lì con una persona che era palesemente interessato a lui, non si
sentiva così da un bel po’.
Penny
non perse tempo e lo trascinò sul divano, facendolo sedere e accoccolandosi sul
suo grembo mentre lo baciava con passione, guidando le mani dell’uomo sul suo
corpo come per ricordargli che non aspettava altro che un ulteriore contatto e
magari una replica di ciò che avevano fatto nella sua camera da letto.
Dal
canto suo, Sheldon si sforzava di non pensare alla faccia arrabbiata di Marie e
a godersi la compagnia della sua vicina, per cui l’assecondò, lasciando
totalmente il gioco nelle sue mani.
“Ora
però la gradirei una Dottor Pepper” ridacchiò Penny, quando si separarono,
pensando che quella domenica sarebbe stata decisamente perfetta.
Era
strano, decisamente strano, ma senza sapere come lui e Penny si erano ritrovati
abbracciati sul divano a guardare un episodio di un telefilm che seguiva lei,
“New Girl”.
Sheldon
avrebbe tanto voluto obiettare ma si astenne perché non voleva criticare i suoi
gusti, oltre al fatto che ciò di sicuro avrebbe portato a qualche discussione e
aveva già litigato abbastanza con sua figlia per quella giornata.
“Sai,
nessuno sa che guardo questo telefilm. Ma Breaking Bad è finito, Game of
Thrones è in pausa come le altre che seguo e così...” Spiegò la donna durante
la pubblicità, come per giustificarsi. “La trama mi sembrava carina sapendo di
dovermi trasferire in California come la protagonista, anche se non ho
coinquilini”.
“Sembra
simpatico per non essere qualcosa del genere sci-fi” si sblanciò Sheldon.
Voleva
tanto sciogliere l’abbraccio, quella posizione a lungo andare era scomoda e la
mano gli si era addormentata.
Aveva
bisogno di un diversivo, poteva fingere di doversi alzare, dopotutto, o leggere
un messaggio sul telefono... Non finì nemmeno di pensare a una soluzione che
per la seconda volta in quella giornata bussarono alla porta.
“Forse
Marie è tornata per pranzo!” si illuminò l’uomo, alzandosi di scatto.
Purtroppo
per lui, dall’altra parte della porta c’era Amy che lo guardava come al solito:
a disagio, un po’ imbarazzata e anche un po’ in colpa.
Lui
si irrigidì di colpo, tanto da far preoccupare Penny che si alzò e lo raggiunse
con un: “Tesoro, chi è?”.
Nel
vedere Amy, la bionda si sentì decisamente a disagio e in colpa, anche se
sapeva di non doverlo essere assolutamente.
“Ciao,
Amy” sussurrò Sheldon.
“Ciao,
Sheldon. Ciao anche a te, P...? Perry?”.
“Penny”
la corresse la chimica, un po’ infastidita, decidendo di fargliela pagare
stringendosi all’uomo e appoggiando la testa sulla sua spalla.
Amy
notò quell’atteggiamento e si sforzò di risultare fredda e distaccata,
scegliendo di guardare un punto fisso dietro le loro teste.
“Mi
dispiace interrompervi, ma sono qui per una questione importante e durante la
settimana non ho avuto modo di passare. Ti avrei chiamato ma sono cose che
vanno affrontate a voce”.
“E
infatti al telefono si comunica tramite la voce” le fece notare Sheldon.
“Vi
lascio soli, chiamami quando sei libero” aggiunse subito Penny che, infastidita
per il fatto di non essere stata chiamata correttamente – probabilmente di
proposito -, salutò Sheldon con un bacio, correndo poi dall’altra parte del
corridoio e entrando in casa.
Questa
volta toccò a Sheldon imbarazzarsi, tanto che si schiarì la voce, passandosi
una mano nei capelli mentre faceva segno ad Amy di entrare.
“Guarda
che non dovevi aspettare la richiesta divorzio per vedere un’altra” ironizzò subito
Amy, non riuscendo a celare una risatina nervosa e a trattenere il pensiero che
l’assillava da quando li aveva visti baciarsi al bar.
“Prego?”
chiese sommessamente Sheldon, lanciandole subito un’occhiata infuocata.
“Per
tre anni hai recitato la parte dell’uomo affranto, distrutto dal non avere la
famiglia unita... Ti dico che voglio divorziare e, puff!, te ne vai nei bar a
pomiciare con la bionda di turno e la inviti a casa la domenica mattina. Ti ha
anche preparato il pranzo?” domandò, sarcastica come non mai.
“Nei
bar a pomiciare...?”.
“Vi
ho visti Sheldon, mercoledì. Tranquillo, io...”.
“Tranquillo
cosa? Io non ho bisogno del tuo permesso e del tuo sarcasmo! Io e Penny ci
siamo trovati bene e ieri siamo andati a cena, Marie è da Bernadette, ci siamo
sentiti e mi è venuta a trovare. Non ti devo nessuna spiegazione, soprattutto
contando che negli ultimi tre anni sei uscita con mezza Beverly Hills e
dintorni!”.
Amy
avrebbe voluto dire tante cose, difendersi, sbraitargli il vero status delle
cose, ciò chel’aveva condotto a comporatsi così ma riuscì solo a chiedere: “Ci
sei andato a letto?”, a bassa voce ma in un modo che lui udì perfettamente.
Sheldon
la guardò, senza capire.
“E
cosa ti importa?”.
“Niente.
E’ fortunata, spero ti tratti bene” aggiunse, sforzandosi di sorridere.
Aveva
avuto la conferma dal tono della sua domanda, lo conosceva troppo bene, era
successo.
Lei
lo aveva pregato per passare alla parte fisica e una sconosciuta ci era
riuscita dopo la prima cena.
Si
disse che era diverso, Sheldon ormai era un uomo, proprio come lei era una
donna e aveva mentito a un giovane istruttore pur di passare dei momenti di
puro oblio senza pensieri e responsabilità opprimenti...
“Amy,
mi prendi in giro?”.
“No.
Senti, non voglio rubarti tempo, l’avvocato ha detto che dovremmo aspettare
settembre, al momento è estate e non conviene iniziare il processo quando a
breve molti nel settore saranno in vacanza. Se il tuo è d’accordo è tutto
rimandato all’autunno” disse rapidamente, sforzandosi di parlare chiaramente e
senza incrinare la voce.
Non
convinto, l’uomo la guardò, squadrandola con attenzione.
“Non
capisco, voglio dire, è metà giugno...”.
“Vista
la disponibilità limitata dei servizi, per il mio avvocato “la legge non và mai
in vacanza ma i divorzi sì”, come se fosse un intervento superfluo, di lusso,
capisci?”.
“Va
bene. Sarò onesto, devo cercare ancora il mio avvocato, non ne ho mai avuto
bisogno... Almeno ho più tempo” ammise il fisico teorico, scrollando le spalle.
Amy
annuì.
“Sappi
che non sarò una di quelle mogli vipere che sciupano il conto del partner,
davvero, non ti chiederò nulla, anche perché nostra figlia è maggiorenne e vive
con te. Dovremmo solo accordarci riguardo le rate del college e propongo un 50
e 50” mormorò, passandosi una mano tra i capelli.
“Va
bene, ma perché sei così diversa, improvvisamente?” domandò Sheldon, sospettoso
nel vedere Amy così addolcita e bendisposta, così diversa dalla donna fredda e
distante con cui aveva avuto a che fare negli ultimi anni.
Non
era sorpreso per le parole riguardo il non chiedergli nulla economicamente –
Amy era una donna indipendente e giusta, nonostante tutto – ma era sconvolto
dallo sguardo improvvisamente differente, raddolcito, nostalgico in un certo
non senso, non più deciso e fiero.
Lei
rise e si avvicinò alla porta lentamente.
“Questa
sono io e tu lo sai. Non sono in me quando mi comporto un po’ sopra le righe...
Ho anche io i miei problemi, no?” rivelò. “Se ti va bene, ci sentiamo per il
compleanno di Marie, mancano tre settimane”.
“Ok”.
Si
avvicinò alla porta e la aprì, così Amy uscì.
“Buona
domenica. Ti auguro il meglio” sussurrò, prima di affrettarsi ad andarsene, di
corsa, diretta verso la sua macchina.
Una
volta arrivata entrò e si appoggiò al volante e, senza riuscire a trattenersi,
scoppiò in un pianto assurdamente lungo, che la scosse con mille singhiozzi e
le sciolse il trucco.
Non
riusciva a fermarsi, era più forte di lei, e da neurobiologa non riusciva a
darsi delle risposte sensate e che, soprattutto, voleva sentirsi dire.
Era
ormai ora di cena quando Marie decise di tornare a casa, ringraziando
Bernadette per l’ospitalità e avvisando suo padre del rientro, nel caso fosse indaffarato
con Penny.
Voleva
evitare di ritrovarsi davanti un ulteriore scena imbarazzante e sapeva che
stando soli per tutta la giornata era molto probabile che ciò si verificasse,
nonostante il pensiero la turbasse decisamente.
Al
momento, suo padre nella sua mente era alla stregua di quei protagonisti dei
reality show che hanno come soggetto gli adolescenti ribelli che non si sa cosa
faranno nel giro di tre secondi.
In
effetti, ci aveva visto giusto: dopo che Amy si era presentata a casa sua con
quelle notizie, Penny sembrava un po’ assente e preoccupata, tanto che si era
convinta che fosse tutto ok quando lei e il vicino si erano ritrovati a
pomiciare in soggiorno per poi finire di corsa nella camera di lui.
Era
così bello avere finalmente un uomo con cui condividere tutto che la chimica
aveva dimenticato l’interruzione di Amy e le varie questioni legali rimandate
di mesi.
Dal
canto suo, Sheldon si sforzò di pensare che aveva agito così perché voleva e
perchè gli andava di approfondire la sua intimità con Penny, ma sapeva
benissimo che al momento fare una cosa simile era il modo migliore per ferire
Amy.
Era
ancora scioccato dal suo improvviso buonismo e atteggiamento da vittima nel
momento in cui aveva visto con i suoi occhi che lui si vedeva con un’altra
donna, come se volesse ricordargli che dopotutto ciò non era giusto.
Fatto
sta che aveva decisamente travolto la bionda con il suo atteggiamento e la sua
passione – dopo averle detto del divorzio rimandato di qualche mese -
lasciandola alquanto senza fiato.
“Sheldon...
Oh Dio, sei...Non ho parole!” esclamò Penny quando lui si accasciò al suo
fianco, esausto e sudato come non mai.
Aveva
il respiro corto, a stento riusciva a respirare, tanto che si voltò per
accoccolarsi su di lui ma toccò il vuoto perché si era messo a sedere e aveva
preso il cellulare.
“Tesoro,
cosa...?”.
“Marie
sta arrivando, mi ha mandato un sms due minuti fa! Dobbiamo prendere tempo!”
esclamò, deciso a non farsi ribeccare nella stessa situazione. Rapidamente,
scrisse un sms, agitato.
Penny
sospirò, alzandosi di malavoglia e recuperando l’intimo.
“Stai
tranquillo, è tutto ok, ora ci sistemiamo. Non siamo due liceali!” gli ricordò,
pensando che non le andava di dover nascondersi come una ragazzina che fa sesso
di nascosto dai genitori che la credono casta e pura.
Era
il primo inconveniente che riscontrava nell’uscire con un uomo che era già
padre e non lo apprezzava perché la faceva sentire come se stesse facendo
qualcosa di sbagliato.
“Perfetto,
mi ha risposto, l’ho mandata a comprare le pizze, corro a farmi la doccia”
disse invece l’uomo, senza nemmeno risponderle e correndo in bagno.
Penny
sospirò e si accasciò sul letto. “Ogni rosa ha le sue spine, dopotutto” si
disse, provando a darsi forza e convincersi che tutto ciò le andasse bene.
Il
giorno seguente Amy si svegliò determinata a porre fine alla serie di pianti
isterici che l’avevano sconvolta per tutto il pomeriggio, la sera e la notte,
tanto che era riuscita a prendere sonno dopo le tre, esausta per le troppe
lacrime.
Nessuno
lo sapeva, ma da tre anni andava da un’analista, la quale l’aiutava a stare
meglio nonostante non parlasse molto.
Era
un’estranea che l’ascoltava pazientemente – era pagata profumatamente per
farlo, dopotutto – e non la giudicava, quindi era la persona perfetta a cui
raccontare tutto ciò che le passava per la testa.
“La
sua reazione ha due possibili cause e credo che lei le sappia, Amy” stabilì la
Dottoressa Johnson, dopo aver ascoltato il resoconto della sua settimana.
Amy
si mise più comoda sul lettino su cui era sdraiata e sospirò pesantemente,
nervosa come non mai.
“Me
lo dica lei, no? La pago per questo” sbottò, infastidita.
“Vedere
il suo quasi ex marito con un’altra l’ha messa davanti alla realtà dei fatti e
ha avuto una reale anteprima di ciò che vorrà dire divorziare e non essere più
legalmente sua moglie, o... Beh, le ha fatto capire che saziato il suo senso di
libertinaggio lei è pronta a tornare a casa e ad amarlo” stabilì la dottoressa,
squadrandola da dietro i suoi occhiali rettangolari.
“E’
difficile” biascicò Amy, deglutendo. “Appena provo a pensarci, boom!, piango.
Piango perché mi sento un’idiota, perché il mio Sheldon per tre anni ha
sopportato il fatto che io sia uscita con altri e non riuscivo a guardare negli
occhi la mia bambina, la mia
bambina!” urlò, scoppiando a piangere di nuovo. “Ecco, vede? Piango a-ancora, è
assurdo! Mi sento uno schifo, la mia coscienza mi sta prendendo a calci in
culo, scusi il francesismo...”.
“Amy,
lei sa che ha sbagliato nel non dare alcuna motivazione reale, vero? Ora le sto
parlando da donna, non da consulente!” disse la donna, guardandola con una
strana dolcezza, strana perché lei era sempre molto rigida e composta nei suoi
completi di tonalità fredde.
“Cosa?”.
“Perché
non ha detto alla sua famiglia che non se ne è andata per divertirsi ma perché
era rimasta scioccata dal non essere stata scelta per un progetto a cui aveva
lavorato sodo solo perché non poteva garantire la sua costante presenza visto
che era una madre? Lei ci teneva a stare con Marie quando suo marito è stato
fuori per tre settimane per un importante studio a San Francisco perché lui
aveva fatto i salti mortali quando la bambina era piccola, e per questo ha
visto un progetto andare in fumo! E’ stata scambiata per una quarantenne a soli
ventisette anni perché lavorava fino a notte fonda, dormiva tre ore e poi
pensava solo alla piccola, indossando le prime cose che aveva sotto il naso. E’
sempre stata giudicata male per le sue scelte di vita e non ha accettato il
lavoro in Norvegia dopo il semestre lì per suo marito che non avrebbe tollerato
allontanarsi dalla California dopo che aveva già lasciato il Texas. Si è
sentita così in debito con suo marito per aver fatto mille sacrifici quando lei
studiava ancora che ha messo se stessa in secondo piano, fino ad esplodere il
giorno del sedicesimo compleanno di Marie. Perché non lo ha detto? Non ci ha
mai fatto una bella figura, sa?”.
Amy
recuperò un fazzoletto dalla sua borsa dopo essersi messa a sedere e si asciugò
gli occhi, alquanto provata da quelle parole.
“Sono
una madre e non avrei dovuto reagire così. Sono una pessima madre” sentenziò,
con la voce rotta dal pianto, alzando gli occhi al cielo.
“Lei
è madre da quando è giovanissima e sua figlia è cresciuta benissimo, è
intelligente, di successo... Alla sua età lei aveva una bambina di tre anni e
ha rinuciato alla sua vita per prendersi cura di lei. La capirebbero. Suo
marito era già un professionista e, diciamolo, è particolare, ha dovuto fare
rinunce differenti e meno incisive sulla sua carriera” insistè la dottoressa.
“Io...”.
“Ci
pensi, sul serio,una volta rivelata la verità avrà molte possibilità di vivere
meglio, non solo con sè stessa” la rassicurò la donna, sorridendole con calore.
Amy
deglutì e sorrise tra le lacrime, ma sapeva che ciò era impossibile.
Non
poteva dire tutto ora, no, non proprio quando Sheldon stava andando avanti!
Cosa
doveva fare?
Far
verificare un divorzio che aveva chiesto per abitudine e inerzia e che non
sembrava volere più?
La
sua testa era dominata dal caos e una parte di lei era felice che Marie non avesse
avuto modo di conoscerla perché altrimenti si sarebbe spaventata di brutto.
*°*°*°
Eccoci
qui, ho aggiornato un po’ prima perché nei prossimi giorni non avrò il tempo di
fare nulla.
La
situazione si sta ingarbugliando parecchio, Penny scopre la prima nota negativa
nel vedersi con un uomo che ha una figlia e grazie all’analista di Amy conosciamo ciò che
l’ha portata a comportarsi così.
Che
dire, sono curiosa di sapere che ne pensate!
Vi
lascio qualche spoiler come sempre:
“Non
lo sai? Ci stiamo vedendo!” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Imbarazzato,
Sheldon annuì, senza sapere bene cosa dire.
“Che-che-che
cosa?!” urlò Leonard, senza credere a ciò che aveva davanti agli occhi. “Ma io
sono stato fuori pochi giorni, come...”.
Nel
giro di pochi istanti, Amy rispose con un: “Peccato che qui manchi l’uomo della
nostra vita. Abbiamo delle cose da raccontarti, un bacio”.
A
mercoledì prossimo ^_^
Milly.
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Capitolo 6 *** Cooper-Fowler Girls ***
6
Capitolo 6
Cooper-Fowler Girls
Quel
lunedì si annunciò decisamente pieno di avvenimenti alquanto memorabili ma,
poco dopo l’alba, nessuno poteva saperlo ancora.
La
giornata era perfetta, calda, con un cielo limpido senza nemmeno una nuvola
all’orizzonte, cosa che rappresentava l’esatto contrario dell’umore di alcuni
abitanti di Pasadena, reduci da una settimana alquanto movimentata sotto tutti
i punti di vista.
Marie
aveva il sospetto che nella camera alla sua destra ci fosse la sua insegnante
nuda quindi si svegliò prima del solito e bussò alla porta del padre per dirgli
che usciva prima del corso di Chimica, Penny non aveva dormito molto perché
Sheldon si era rifiutato di fare sesso con la scusa del mal di testa – e la
femmina era lei in quella relazione! – quando era noto che non aveva voluto perché
la figlia dormiva a due passi da loro, Amy non aveva dormito affatto a causa
delle mille crisi di pianto, Leonard non aveva dormito perché odiava dormire in
aereo.
Il
suo viaggio era terminato prima perché il suo amico di New York aveva avuto un
impegno improvviso, così aveva fatto in fretta a prendere l’ultimo volo
disponibile ad un’ora indecente semplicemente perché costava la metà della metà
di un volo normale.
Stanco
morto, alle otto del mattino, bussò alla porta del suo appartamento, sudaticcio
e con delle occhiaie paurose.
Sheldon
gli aprì dopo qualche minuto, ancora assonnato con grande sorpresa dell’amico
visto che di solito alle sette era già sveglio.
“Leonard!”
esclamò, improvvisamente più attivo.
“Ciao,
amico. Sono tornato prima, è stata una cosa improvvisa, il telefono si è
scaricato...”.
“Ma
eri a New York!”.
“Lo
so, ma...”.
“Quindi
ci sei stato!”.
“Sì,
perché?”.
“Ma
non ricordi nulla? Non mi fido, vai a farti delle analisi e poi vediamo se puoi
entra...”.
“Ma
sei scemo? Non ho dormito, ho preso un volo alle tre per pagare di meno, sono
stanco morto e questa è anche casa mia!” esclamò il coinquilino, pensando di
aver avuto un bellissimo rientro.
“Che
succede?”.
La
voce di Penny lo riportò alla realtà e rimase sbigottito nel vederla spuntare dal
corridoio con addosso una maglia di Sheldon che a stento le copriva il sedere.
“Penny”
disse semplicemente, passandosi una mano tra i capelli sapendo che fossero in
condizioni pietose. “Tutto ok? Come mai sei qui?” chiese, senza riuscire a
controllarsi visto che la visione delle sue gambe non aiutavano il suo cervello
a collaborare.
La
ragazza sorrise e poi si strinse a Sheldon.
“Non
lo sai? Ci stiamo vedendo!” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Imbarazzato,
Sheldon annuì, senza sapere bene cosa dire.
“Che-che-che
cosa?!” urlò Leonard, senza credere a ciò che aveva davanti agli occhi. “Ma io
sono stato fuori pochi giorni, come...”.
Non
riuscì a continuare, tanto che era incredulo. Magari era colpa del sonno
arretrato,stava avendo delle allucinazioni belle pesanti, pensò.
“Le
belle cose succedono in poco tempo, vero, Sheldon?” domandò Penny.
“Ehm,
sì. Scusami Leonard, è successo tutto in pochissimo e non ho avuto il tempo di
aggiornarti” si scusò il fisico teorico, non potendo dire che ciò in realtà gli
era proprio passato di mente.
Cosa
avrebbe dovuto dirgli? Che Penny lo aveva baciato in un bar e lui aveva deciso
di ascoltare il suo invito ad esporsi invitandolo a cena e che nel giro di
qualche ora si era ritrovato nel suo letto e per vari motivi non ne era più
uscito? Che uscire con una donna aveva messo a dura prova il suo rapporto con
sua figlia e non riusciva a lasciarsi andare senza sapere che lei non avrebbe
avuto modo di scoprirlo?
“Oh,
bene, bene, magnifico, sì. Scusate, vado a farmi una doccia, devo
sistemarmi...” biascicò Leonard, prima di avviarsi verso il bagno con una sorta
di marcia soldatesca che contrastava con le sue parole falsamente dolci.
“Ora,
amico, devi dirmi tutto. Tutto!” esclamò Howard, entrando nell’ufficio di Sheldon
senza nemmeno bussare, salvo poi fare una faccia delusa.
Sheldon
interruppe i suoi calcoli alla lavagna e si voltò verso la porta dove vide
l’amico.
“Non
si bussa? E perché hai quella faccia?” domandò, infastidito.
“Ammetto
che speravo di trovare te e Miss Chimica fare cose sporcaccione sulla
scrivania” ammise l’ingegnere, strofinandosi le mani con aria deliziata.
Sheldon
fece una smorfia di disgusto, al contrario, e scrollò la testa con
disapprovazione.
“Sei
malato! E sei in vacanza, che ci fai qui?” domandò, dicendo mentalmente addio
alla sua concentrazione.
“Quando
sono in vacanza amo vedere film trash che snobbo durante l’anno, quindi sono
qui per vedere “Il fisico e la chimica che ci hanno dato dentro per tutto il
weekend”, no?” lo prese in giro, sedendosi sulla sedia di fronte alla
scrivania. “Su, dimmi tutto!”.
Scioccato,
Sheldon prese posto di fronte a lui.
“Tutto
cosa?”.
“Non
fare il finto tonto, so che ti sei sbattuto Penny questo weekend, tua figlia è
venuta da me ieri, ricordi? Quindi,come premio per farle da baby sitter, esigo
un racconto dettagliato dei tuoi incontri con Penny!” spiegò. “Dimmi, come sono
le tette? Da quelle magliette larghe non si capisce...”.
“Howard
Joel Wolowitz, esci dal mio ufficio!” gli intimò Sheldon, scandalizzato e
offeso da quella richiesta e indicando la porta con il pollice destro.
“Ma
dai! Dimmi, come...?”.
“Howard,
giuro su Isaac Newton che registro le tue prossime parole e le mando a tua
moglie” scandì lentamente Sheldon.
L’ingegnere
alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
“Prima
mi chiedi consiglio, ci riesci e poi non mi dici nulla!” si offese.
“Sei
tu che mi hai chiesto di vederci e ho seguito i consigli di tua moglie!”.
“Ok,
allora lo dici a lei e me lo riferisce?”.
“Sto
registrando, Howard” lo minacciò Sheldon, esibendo il cellulare.
L’uomo
si alzò con aria rassegnata e si avviò verso la porta, sbuffando. “Vado da
Leonard” aggiunse, sconfitto.
“Bravo,
e visto che ci sei chiedigli perché si è comportato da pazzo quando ha visto
Penny da noi e ha saputo che ci vediamo” gli disse.
Howard
si voltò e lo fissò, incredulo.
“Leonard
non lo sapeva?” domandò.
“No,
non ho avuto modo, l’ha scoperto oggi e sembra strano...”.
Howard
annuì e sospirò mentre apriva la porta.
“Amico,
sarai pure un genio ma non sai proprio fare due più due” si congedò,
salutandolo sarcasticamente con la mano e uscendo.
“Cosa?
Fa quattro, ingegnere dei miei stivali, magari sei tu che non lo sai!” disse,
parlando ormai al vento.
Non
ebbe nemmeno il tempo di alzarsi che la porta si riaprì e spuntò una Penny
alquanto strana.
La
vide chiudere la porta a chiave dopo aver guardato nel corridoio con aria
circospetta, togliersi l’enorme camicia a quadri a mezze maniche, avvicinarsi
alla sua scrivania e sedercisi su mentre lo spingeva lontano con i piedi, ancora
sulla sedia.
“Penny,
cosa...?”.
“Ho
mezz’ora di pausa e farlo sulla scrivania è sempre stato il mio sogno,
muoviti!” gli ordinò eccitata, sciogliendosi i capelli e togliendosi gli
occhiali.
“Ma
sei pazza? Hai parlato con Howard per caso?” domandò Sheldon, incredulo.
La
fine della lezione di Chimica fu dura da digerire perché per quelle due ore
aveva pensato solo a ciò che più amava studiare, alle formule e alle cose che
stava scoprendo.
In
quel lasso di tempo Penny era semplicemente la sua insegnante e lei era
semplicemente la migliore della classe che aveva osato ridere alla battuta da
lei giudicata “idiota” di colui che lei giudicava “Il peggiore della classe e
dell’intero universo”.
Tornare
alla realtà era decisamente brutto, il suo mondo di formule e reazioni chimiche
era il suo posto felice e uscirne ogni volta per affrontare degli esseri
viventi era un colpo al cuore.
Non
voleva rivedere Raj dopo la festa proprio come non voleva tornare a fare degli
esercizi stupidi e dolorosi visto che il suo corpo ora stava guarendo dal
dolore dopo la prima settimana di attività.
Da
una parte, però, fu felice di avere una scusa per non stare a casa visto che
aveva visto Penny uscire infuriata dall’ufficio di suo padre e temeva di
doversi subire una litigata, così, non pensando a ciò che sarebbe successo, si
avviò in palestra, salutando Bernadette e fermandosi come al solito a prendere
l’acqua al distributore.
“Qualcuno
qui ama così tanto l’acqua che ci getta dentro anche le persone” disse una voce
alle sue spalle mentre prendeva la bottiglina, facendola sobbalzare.
Marie
tremò, presa alla sprovvista, e quando si alzò vide l’istruttore che la
guardava con un sorriso beffardo e la braccia incrociate.
“Raj!”
esclamò, deglutendo. “Scusami, davvero, mi sono lasciata prendere e...”.
“Alla
fine però avevo ragione” la interruppe lui, avvicinandosi.
“Eh?”.
“E’
stata una cosa memorabile e scommetto che ci pensi ancora” sussurrò,
infischiandosene delle madri che le circondavano e poggiandole una mano sulla
vita.
“Che?
No! Lasciami!” disse la ragazza, allontanandosi e iniziando a camminare.
“Marie,
sei arrossita. Ti renderò le cose facili” la seguì Raj, prendendola per mano e
facendola voltare verso di sè. “Esci con me, stasera. Me lo devi dopo sabato,
no? E so come far divertire una donna...”.
Marie
pensava che in una situazione del genere avrebbe esultato, felice di essere
stata considerata da un bel ragazzo, per di più un po’ più grande e muscoloso,
ma ciò che riuscì a fare fu liberare la presa e guardarlo male.
“Mi
hai detto che sei single da poco, perché mai dovrei uscire con te? Non ti farò
da chiodo schiaccia chiodo! E’ palese che non vuoi sul serio me, visto che hai
mille tettone toniche e perfette a disposizione in quella sala!” rispose,
turbata ed energica più che mai.
Davanti
a sè vedeva l’uomo che aveva lasciato sua madre a causa sua, ma che dopotutto
non aveva esitato un istante a mollarla e a non farsi vivo, invece di provare a
chiarire.
Lei
aveva acceso la prima fiamma e lui aveva lasciato che l’incendio si propagasse
senza pensarci nemmeno due secondi.
Scoprire
che sua madre fosse più vecchia, sposata e con una figlia aveva subito mutato
le cose e Marie, per quanto non fosse esperta di sentimenti, comprese che non
fosse alquanto giusto.
Improvvisamente
realizzò ciò che aveva combinato la settimana prima e si sentì decisamente in
colpa, tanto che se ne andò verso gli spogliatoi mentre l’istruttore non
riusciva a ribattere alla sua provocazione.
Non
comprese ciò che le stava prendendo e per fortuna vide la sua amica chiacchierare
con altre ragazze fuori la sala di Total Body, che la guardò interrogativa.
“Bernie,
devo andare da mamma, per favore, Howard può accompagnarmi? Non so come
arrivare fino a Beverly Hills” disse rapidamente, agitata.
“Cosa?
Ma stai bene?” domandò preoccupata la donna, accarezzandole la fronte e notando
che stesse sudando freddo.
“Sì,
ti spiegherò tutto, promesso, ma è urgente. Ti prego, prima che mi passi la
voglia di vederla”.
Comprendendo
quanto fosse rara la situazione, Bernadette annuì e si scusò con le ragazze,
per poi andare verso lo spogliatoio e recuperare il cellulare.
Quando
Penny si alzò dal divano per poi ritrovarsi Sheldon fuori la porta, non ne fu
sorpresa, anzi, un po’ si sentì sollevata anche se odiava stare meglio solo
quando aveva qualche segnale da parte sua.
Con
grande sorpresa vide che reggeva in mano un mazzolino di fiori freschi e lo
fece entrare.
“Penny”
esordì lui, serio, mentre le porgeva i fiori. “Come avrai capito, non
sono un esperto in ambito sentimentale ma,
essendo una persona molto cosciente, riconosco i miei errori e so che dei fiori
sono il gesto internazionale per chiedere scusa. Detto ciò... Scusami per
averti rifiutato oggi, in ufficio, e... Per il mal di testa di ieri. Avrai
capito che era causato dalla presenza di Marie. Cioè, non è che mia figlia mi
causi il mal di testa, voglio dire...”.
“Ho
capito. Non sei l’unico intelligente, qui” disse Penny pazientemente. “Grazie”
aggiunse, prendendo i fiori e annusandoli. “Capisco i tuoi motivi, sul serio,
ma ho reagito male perché... Mi sentivo rifiutata, sono abituata a sentirmi
così e ho interpretato i tuoi gesti come quello di un uomo che si è già
scocciato di me” spiegò, abbassando lo sguardo, imbarazzata, memorie degli
uomini che comprendendo il suo interesse l’avevano sedotta e poi erano
scomparsi la mattina dopo.
“Ma
no! Penny, ti ho detto che so sempre come mi sento e non mentivo, se non avessi
voluto non ti avrei invitato a cena” la rassicurò. “E’ solo che... Ritirarmi
tardi, vedere lo sguardo incredulo e scioccato di mia figlia mi ha colpito
e...”.
“Ho
capito. Ti perdonerò se domani faremo sesso sulla mia scrivania, non sono
famosa come te e nessuno entrerà nel mio ufficio... E giuro che la sterilizzerò
prima” propose, ammiccante.
“Ehm...”
provò a ribattere Sheldon, ma non continuò perché, per zittire le sue proteste,
Penny si era già tolta la maglietta e non aveva il reggiseno.
La
giornata era stata così dura e sfiancante che Amy decise di accomodarsi sul
divano e non fare nulla per il resto del giorno.
Era
sola, si sentiva strana perché Raj non le mancava affatto e sentiva una voglia
assurda di abbracciare sua figlia e accarezzarle i capelli come non faceva da
anni.
Marie
l’aveva sempre calmata, era il motivo grazie a cui le brutte vicende della sua
quotidianità scomparivano una volta tornata a casa.
Vederla
lì, in attesa, abbracciarla, respirare il suo profumo, era la cosa più bella
della sua esistenza e lo era stata per anni, finché il corso degli eventi non
le aveva separate.
Ricordò
il giorno in cui seppe di non poter partecipare al progetto dei suoi sogni
perché era stato scelto un uomo, un uomo che come lei era genitore ma che non
avrebbe potuto dare buca o fare tardi perché nella mentalità sessista poteva permettersi
il lusso di pensare solo a lavorare.
Quel
giorno non aveva abbracciato Marie, allora quindicenne, e non lo aveva fatto
per un po’.
Si
sentiva una stupida, lei aveva deciso di portarla in grembo fino alla fine,
perché maltrattarla così?
E
perché ci pensava così assiduamente ora più che mai?
Perché
aveva visto la donna che mano a mano avrebbe preso il suo posto, una chimica
bionda e intelligente che già vedeva sua figlia più di lei anche solo
insegnandole qualcosa sei ore a settimana.
Immersa
nei tristi ricordi, fu risvegliata dal campanello che suonava insistentemente e
si alzò di malavoglia per andare ad aprire, non gradendo di essere in uno stato
pietoso, con il viso rosso, la voce un po’ nasale e il mascara sciolto.
Fu
con grande sorpresa che vide sua figlia di fronte a lei, con un’aria decisamente
sbattuta e il volto che sembrava lo specchio del suo, rosso e bagnato dalle
lacrime.
Vedendola
trattenne il respiro e sussurrò un: “Tesoro mio, cosa ti è successo?” e, senza
riuscire a farne a meno, la attirò a sè e la abbracciò, chiudendo la porta.
Aveva
quasi diciannove anni, sì, ma l’abbraccio era lo stesso di sempre, era sempre
fin troppo piccola e minuta, bisognosa di protezione.
“Mamma,
ho f-fatto una c-cosa brutta, scusami...” disse la ragazza, singhiozzando.
“Cosa?
Vieni, prendi qualcosa da bere” mormorò amorevolmente la donna, facendole segno
di seguirla, spaventata.
“No,
no, sto qui. So che dopo sarai arrabbiata...”.
“Cosa
dici?”.
Marie
tirò su col naso e si guardò intorno, alla ricerca del coraggio che le mancava.
Con
grande sorpresa, vide una foto che ritraeva loro tre su una mensola e le
lacrime la sopraffecero ancora di più. Nella sua mente, sua madre non
conservava alcun ricordo della sua famiglia.
“Lunedì
ti ho vista nei bagni della palestra con Raj” iniziò, deglutendo.
Amy
sbiancò di botto e si portò una mano alla bocca, ricordando nitidamente ciò che
era successo una settimana prima.
“Marie...”.
“Lasciami
finire! Ero indignata, ho sentito che ti chiamava “ventinovenne” e... E due
giorni dopo ho trovato la tua carta d’identità. L’ho data a una ragazza e...”.
“Marie”.
Non
era un’esclamazione, un rimprovero, un sospiro, era una semplice affermazione.
“E
non è finita! Sono andata alla festa della palestra sabato per sapere cosa
fosse successo e lui... Ha fatto lo scemo con me e... L’ho buttato in piscina.
E poco fa... Mi ha chiesto di uscire ma ho capito ciò che avevo combinato sul
serio, ero arrabbiata, voglio dire, usciva con te e ti ha rimpiazziato così,
senza provare a chiarire? Io...”.
“Marie,
per favore, stai calma” la zittì sua madre, sospirando e avvicinandosi a lei.
“Ti
prego, scusami. Ho fatto una cosa brutta e l’ho sempre saputo, ma ora...”.
“Avevamo
un rapporto... Fisico, non gliene fregava molto di me ma nemmeno a me di lui.
Certo, mi aiutava a non pensare ma posso capire il perchè delle tue azioni”
sussurrò Amy, guardandola negli occhi. “Io avrei fatto lo stesso, specialmente
dopo aver sentito mia madre dire che avere una bambina le ha rovinato la vita”
ragionò cautamente. “Siediti, devo raccontarti una storia, la verità che ha
scatenato le mie azioni”.
La
ragazza obbedì, ancora rossa in volto, poi però esitò mentre prendeva posto in
soggiorno.
“Perché
me le dici ora?” domandò, senza capire. “So che hai visto papà con Penny”
aggiunse, un po’ più accusatoria del dovuto.
Amy
sorrise amaramente e annuì.
“Pensa
ciò che vuoi ma vederli mi ha aperto gli occhi. Sì, sono una stupida, sì, sono
il solito cliché di donna che realizza ciò che ha perso quando lo vede davanti
agli occhi con un’altra e sì, so di non meritarmi nulla e so di non dover fare
nulla” disse come premessa, portandosi le mani avanti.
Marie
spalancò gli occhi, incredula.
“Tu...
Cioè, vedere papà e Penny...”.
“Non
so cosa credi ma io non ho mai smesso di amarvi, tesoro. Mi sono allontanata
perché mi sentivo diversa e odiavo mostrarmi vulnerabile... E credevo di volere
ciò che non ho mai avuto, senza capire che ho avuto tutto. Che stupida! Allora,
come ci rimarresti se un domani ti venisse negata l’opportunità di lavorare a
un progetto che hai ideato solo perché sei madre e nessuno vuole fare
affidamento su di te?” domandò cautamente, mantenendo il contatto visivo.
“Urlerei
ai responsabili di essere dei sessisti” disse semplicemente Marie con aria di
ovvietà.
“E
se ti venisse offerto un lavoro in Norvegia dopo un semestre di studio lì?”.
“Accetterei
di corsa!”.
“Ti
sentiresti in colpa se tuo marito fosse costretto a cambiare turni di lavoro
per far studiare te?”.
“Beh,
sì”.
“E
dopo ciò oseresti chiedergli di fare altri sacrifici per te e non andare a
importanti conferenze in giro per l’America?”.
“No”.
“Ti
sentiresti debitrice dopo che lui ha fatto da madre e da padre a tua figlia
mentre eri impegnata a frequentare le lezione e sostenere gli esami?”.
“Direi
di sì”.
“Quanto
resisteresti nel vedere i tuoi progetti andare in fumo dopo tanti sacrifici
solo perché hai delle ovaie?”.
Marie
abbassò lo sguardo e poi lo alzò, rattristita come non mai.
“Ti
è successo tutto questo?” domandò flebilmente, intimorita dalla risposta.
Amy
annuì, il volto malinconico al solo ricordo.
“Il
primo a fare rinunce è stato tuo padre, dal primo giorno in cui sei nata,
perché lui lavorava già per fortuna, quindi ha sacrificato molto per farmi
studiare, dal liceo fino al dottorato. Ero debitrice nei suoi confronti e mi
sembrava assurdo chiedergli di vivere in Norvegia dopo il semestre, così ho
accettato un lavoro qui e l’ho sempre spronato a fare ciò che l’università gli
chiedeva. Piano piano ci siamo sistemati e, sai, eravamo davvero, davvero
felici... Avevamo successo, avevamo l’amore, avevamo te! Poi, mano a mano, dopo
i trenta sono successe varie cose... Mi hanno scambiato per una
quarantenne...”.
“Ti
hanno negato il progetto”.
Amy
annuì amaramente, scrollando le spalle.
“Essere
moglie e madre mi ha causato mille ansie e problemi, ma non a me in prima persona,
che sia chiaro, a chi mi circondava! Odiavo essere giudicata instabile e
inaffidabile nel mio campo perché dovevo badare anche a una figlia, avere paura
di chiedere a tuo padre di andare a qualche congresso di neuroscienze lontano
da qui e... Accumolo dopo accumolo, sono scattata dopo la provocazione di tua
nonna, tre anni fa. Io non volevo dire quelle cose, davvero, io ti amo più
della mia stessa vita e mi sono allontanata perché non riuscivo a capacitarmi
di aver detto quelle cose, non ero in me! Tu sarai sempre la mia piccolina, non
sai quanto ho pianto nel saperti ad Havard! Mia
figlia che frequenta la mia Havard, ricordo
quando me ne parlavi, dicendo di essere indecisa. Per me era un sogno
immaginarti lì, dove ho studiato io, e... Scusami per tutto, piccola,
scusami!”.
Madre
e figlia si ritrovarono abbracciate, unite in una stretta ferrea, scosse
entrambe da lacrime di commozione e tristezza per tutto ciò che era successo,
ma stranamente più unite, come se gli avvenimenti degli ultimi anni le avessero
rinforzate e fatte crescere.
Le
disgrazie e le incomprensioni possono ridurre in frantumi un rapporto o
rafforzarlo, e quest’ultimo caso toccò alle ragazze Cooper- Fowler.
Era
ormai ora di cena quando Sheldon tornò nel suo appartamento, trovandovi un
Leonard che mangiava pizza seduto sul divano e ascoltava musica.
“I
knew you were trouble when you walked in, so shame on me now,
flew me to places
I’d never been, now I’m lying on the cold hard ground,oh, oh, trouble,
trouble...”.
Era
una voce femminile a lui ignota e, non sopportando di ignorare qualcosa, il
fisico teorico prese il cellulare e attivò Shazam.
“Chi
è Taylor Swift?” domandò, senza capire.
Leonard
alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Una
ragazza che mi capisce molto bene” rispose sarcastico.
“Ah,
quindi una tua amica sta provando a sfondare nel mondo della musica e tu fai da
cavia ascoltando la sua voce petulante? Che bravo amico che sei” disse Sheldon,
sorridendo, per poi prendere il telecomando dello stereo e spegnere.
“Ma
sei scemo?” urlò Leonard.
“Leonard,
la tua domanda è fuori luogo, ti ricordo che ho un quoziente intellettivo di
cen...”.
“Non
me ne frega un cavolo, capito? Non sono tenuto a sentire le tue idiozie, io
voglio sentire la mia musica!” continuò a sbraitare, togliendogli il
telecomando dalle mani.
“Leonard!
Ma non ha senso, non devi ascoltare oltre, dì alla tua amica Taylor che è una
mezza pippetta ed è fatta!”.
“Sheldon,
possibile che tu non capisca?” chiese Leonard, come se fosse esausto.
“Sembra
assurdo detto da me ma non capisco, sì” asserì il fisico.
“Lascia
stare, non ho voglia di discutere” sbottò l’altro, infastidito.
Si
alzò, gettando il resto della pizza con aria affranta e se ne andò nella sua
stanza senza aggiungere altro.
“Leonard!
Ma dobbiamo prendere la cena!”.
“Và
a cenare dalla tua ragazza, io ho già mangiato!” urlò Leonard in risposta,
seguito dal rumore della sua porta che sbatteva violentamente.
Sheldon
non ebbe il tempo di dire altro che il cellulare lo avvisò di aver ricevuto un
messaggio, così estrasse il cellulare dalla tasca e lo lesse, salvo poi
rimanere bloccato, fermo.
Davanti
a sè aveva un selfie di Amy e Marie che ridevano come matte, con i capelli un
po’ disordinati e gli occhi stranamente gonfi.
Nel
giro di tre secondi gliene arrivò un altro, in cui Marie aveva gli occhi chiusi
come una bambina dispettosa e Amy le dava un bacio sulla guancia con aria
amorevole.
“Siete
bellissime” sussurrò, sentendo il suo stomaco fare mille capovolte.
Le
sue donne erano lì, sullo schermo del suo cellulare, e lui passò illusoriamente
il dito sul display dell’i-phone come per accarezzarle.
Una
cosa del genere non la vedeva da anni, e questo fu uno dei motivi che gli
fecero perdere la lucidità, tanto che senza pensarci scrisse “Le donne della
mia vita!” e inviò, senza nemmeno pentirsi.
Aveva
forse detto una bugia?
Nel
giro di pochi istanti, Amy rispose con un: “Peccato che qui manchi l’uomo della
nostra vita. Abbiamo delle cose da raccontarti, un bacio”.
Sheldon
era così preso dall’emozione e da un insieme di sentimenti contrastanti che non
sentì nemmeno Leonard che stava parlando, tornato pochi minuti dopo le urla.
“Ma
mi senti, Sheldon? Ho detto che ti accomp... Cos’è?”.
Senza
dire nulla, il coinquilino gli mostrò i messaggi e subito disse: “Guardale,
sono... Sono un amore, io...”.
Non
continuò verbalmente perché abbracciò l’amico, stringendolo a sè e sforzandosi
di non piangere, ma Leonard comprese tutto e guardò la porta, immaginando la
reazione di Penny a ciò che aveva appena visto.
Quella
situazione, come la famiglia Cooper-Fowler, era tutta un casino.
*°*°*
Eccomi
di nuovo qui con uno dei capitoli che adoro! La famiglia Cooper sarà anche
particolare ma è composta da membri che si adorano e hanno sofferto tanto.
Marie non ce l’ha fatta più e si è confidata con la madre, che le ha finalmente
detto la verità.
Certo,
ci sono tante cose da sistemare ma è un inizio e l’affetto madre-figlia è il
più forte di tutti.
Sheldon
vede madre e figlia insieme dopo secoli e rimane sorpreso e “ipnotizzato”,
oserei dire.
Cosa
succederà? Siamo entrati nei capitoli più succosi, vi avverto! :D
Nel
prossimo ci sarà anche... Mary Coooper! Io la adoro, insieme a Beverly, quindi
mi sono divertita a descriverla come nonna super religiosa. E ci sarà anche una new entry ;)
Come
sempre vi lascio due spoiler, grazie a chi mi segue e mi fa sapere il suo
parere, siete mitiche <3
“Dimmi
che non mi ami e non ne riparleremo più” lo interruppe bruscamente, prendendolo
per un braccio e obbligandolo a smetterla di camminare su e giù per la stanza.
“Amore
mio, come sei alta, sempre di più! Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!”
esclamò, raggiante.
“Nonna,
non per contraddirti ma tuo figlio, ovvero mio padre, sfiora il metro e novanta
ed avendo una madre nella media è logico che la mia statura sia maggiore del
dovuto. E’ tutta scienza” la rimbeccò subito Marie, con la sua solita aria da
“Scusami ma non sono io che lo decido” tipica di quando Dio entrava in discorsi
scientifici.
A
mercoledì o giovedì,
Milly!
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Capitolo 7 *** Dimmi Che Non Mi Ami ***
7
Capitolo
7
Dimmi
Che Non Mi Ami
Il
processo che lo aveva condotto a Beverly Hills gli sarebbe stato ignoto se non
avesse visto Leonard al suo fianco, una volta fuori il condominio in cui viveva
Amy.
Esitante,
Sheldon guardò il suo migliore amico e gli lanciò un’occhiata spaesata,
intimorita, ma ricca di emozioni indecifrabili.
“Cosa...
Cosa credi dovrei fare?” domandò, sussurrando impercettibilmente e torturandosi
le mani.
“Sei
un padre e lì ci sono tua figlia e colei che legalmente è tua moglie, le quali
dopo anni sembrano felici insieme. Non c’è un copione prestabilito ma so che
andrà tutto bene” lo rassicurò Leonard, guardandolo.
“Grazie
Leonard, davvero. Torna a casa, troverò un modo”.
“Sei
sicuro?”.
Sheldon
annuì, sorridendo debolmente verso l’amico, per poi aprire la portiera
dell’auto e scendere, sentendosi avvolgere dal tipico caldo di una delle prime
sere d’estate.
Il
cielo era tranquillo, la strada quasi deserta, le famiglie probabilmente
stavano cenando mentre si raccontavano gli avvenimenti della giornata mentre la
sua, in bilico da anni, sembrava pronta ad accettare un piccolo miracolo.
Ritrovarsi
Amy davanti che gli sorrise, incredula visto che non l’aveva avvisata, fu
strano ma piacevole, non lo guardava così da quando erano rimasti soli poco
prima del sedicesimo compleanno di Marie, quando lui così, di punto in bianco,
le aveva detto che l’amava e l’aveva baciata come se fosse un ragazzino alle
prime armi.
Marie
corse verso di loro e, con una dinamica che nessuno seppe spiegarsi, si
ritrovarono tutti abbracciati, con Marie al centro, stretta tra le braccia dei
suoi genitori.
Non
succedeva da tempo e la cosa la fece scoppiare di gioia mentre si godeva la
stretta di quella sorta di “abbraccio a sandwich”.
Quando
si separarono, Amy e Sheldon guardarono altrove, imbarazzati nell’essersi
trovati con i visi così vicini, ma Marie interruppe il tutto prendendoli per
mano e trascinandoli nel soggiorno, obbligandoli ad accomodarsi.
“Papà,
devi sapere ciò che è successo e il perché di... Beh, questo” disse la ragazza,
indicando con il capo la madre.
“Sono
felice di vedervi vicine, vedere le foto è stato bellissimo” replicò Sheldon,
guardando prima la figlia, poi Amy, che gli sorrise, annuendo.
Marie
li guardò, beandosi di quella improvvisa pace senza alcuna tensione pronta a
minacciare l’equilibrio, e le sembrò di essere tornata indietro di anni.
“Ora
che sai tutto, vado nella camera di mamma a vedere la tv, stasera ci sono le
repliche di Sherlock” sussurrò la ragazza circa venti minuti dopo, avendo
raccontato pari passo ciò che aveva ascoltato poco prima da sua madre, mentre
lei annuiva e aggiungeva delle spiegazioni.
Era
giunto il momento di parlare e confrontarsi, temeva che la sua presenza potesse
renderli più sinceri ed educati solo per non ferirla ancora, quindi,
rapidamente, si alzò e uscì dal soggiorno senza dar loro il tempo di ribattere.
I
due si guardarono, inevitabilmente più tesi ora che si trovavano da soli dopo
tanto tempo, finché Sheldon non fu il primo a prendere parola.
“Ho
passato questi tre anni a dirmi che non mi amavi più e che ne avessi abbastanza
di me, oltre ad essere sopraffatta dalla tua vita di madre iniziata prima del
solito” rivelò con tono severo, prima con lo sguardo abbassato e poi trovando
il coraggio di guardarla in volto. “Voglio dire, non penso che tu provi
qualcosa per me visto che hai avuto molti... Amanti, ma all’epoca avrei preferito sapere tutto questo per
farmene una ragione e magari fare qualcosa per aiutarti. Perché non mi hai
detto del progetto o che spesso hai rinunciato a varie cose perché ti sentivi
debitrice nei miei confronti? Io ho sempre e solo voluto vederti felice
altrimenti non ti avrei aiutato con così tanto impegno a realizzarti!” esclamò,
battendo un pugno con aria frustrata sul suo stesso ginocchio.
Amy
si morse un labbro, a disagio, senza guardarlo e preferendo osservarsi le mani.
“Ho
avuto vari amanti se vogliamo chiamarli così, ma non ho mai amato nessuno di
loro. Ho sempre detto di essere più giovane per provare a me stessa che potevo
riuscire a non passare per una quarantenne... L’ho fatto, ma la vera me l’hai
sempre conosciuta tu, solo tu. Sei sempre stato il mio unico amore, Sheldon”.
“Non
mi devi dire bugie del genere, Amy! Mi hai abbandonato, ignorato, e otto giorni
fa mi hai chiesto il divorzio! Questo non è amore, non venirmi a dire queste
cose, per favore...”.
Amy
riuscì a trovare il coraggio di guardarlo lentamente, cercando i suoi occhi
blu, gli stessi di Marie.
Guardarli
le faceva sempre male perché ricordava il loro sguardo su di lei dopo un sorriso
o un bacio e, ormai, il solo ricordo era doloroso.
“L’amore
è complesso, Sheldon. Quando è vero c’è sempre ma magari ogni tanto ha bisogno
di essere incoraggiato, ricaricato, e tre anni fa non è stato alimentato.
Ma...” esitò, prendendo un respiro e avvicinandosi di qualche centimetro visto
che lui era seduto alla sua destra, “Ora lo è”.
Sheldon
spalancò gli occhi e si alzò di scatto, incredulo.
“Stai
scherzando? Avrei dovuto iniziare a vedermi con un’altra per farti tornare,
allora?” le urlò contro, esasperato, tanto da portarsi le mani al capo e
iniziare ad andare avanti e indietro per la stanza con una furia assurda.
“Sheldon...”.
“Ecco
perché eri strana ieri, ecco perché hai detto tutto a Marie! Tu sei ricordata
di avere un marito solo quando lo hai visto con un’altra!” sbottò frustrato.
“No,
no! E’ lei che è venuta qui in lacrime! Io... Lo ammetto, magari ciò mi ha
aiutato a riflettere, ma la vedi da pochi giorni, non...”.
“Che
cosa? Amy, ho subito mille tradimenti, non ho osato dire nulla e ora...”.
“Dimmi
che non mi ami e non ne riparleremo più” lo interruppe bruscamente, prendendolo
per un braccio e obbligandolo a smetterla di camminare su e giù per la stanza.
Sentì
un’enorme morsa allo stomaco nel vederlo vicino, con quello sguardo che
continuava ad amare fisso su di lei e le loro mani che si sfioravano.
Si
diede della stupida per ciò che aveva fatto, sapeva solo di essere divorata
dalla passione verso quell’uomo e di odiare di averlo fatto star male.
“Cosa
c’entra...”.
“Dimmelo,
sul serio, dimmelo e in autunno firmerò i documenti del divorzio” disse,
facendo scendere la mano dal braccio in giù, per poi intrecciare le dita alle
sue.
Doveva
farlo, non sapeva spiegarlo ma doveva, era una sorta di bisogno fisiologico.
“Io...
Io...”.
“Sono
qui che aspetto, su, mettiamo definitivamente fine a tutto dopo quasi ventuno
anni. Dimmelo!”.
Sheldon
deglutì e, per tutta risposta, sciolse la stretta delle loro mani e prese la
sua tracolla dal divano.
“Perché
fuggi?”.
“Beh,
lo hai fatto tu, non posso farlo io?” la rimbeccò, mentre si avviava verso la
porta. “Per favore, stai tu con Marie stasera, falla tornare domani”.
“Perché
non me lo hai detto? Sto aspettando!” insisté Amy, correndo per bloccare la
porta prima che fosse troppo tardi.
Sheldon
alzò gli occhi al cielo per poi sospirare e appoggiare una mano contro la
porta, in modo che ci fosse poco spazio tra loro.
Avvertì
Amy trattenere il respiro e comprese che avere ancora un certo effetto su di
lei, dopotutto, non era affatto male.
Lo
guardava, in attesa di una sua mossa, tanto che sembrava essere divorata dal
pensiero asfissiante di ciò che stava per succedere.
Di
conseguenza, senza rifletterci, Sheldon avvicinò la sua bocca all’orecchio
della donna, iniziando a sussurrare, anche perché non voleva che Marie ascoltasse
ciò che stava per dire.
“Sai
che non posso dire ciò che non penso, inoltre ti meriti di sentire questo dopo
gli anni in cui mi hai lasciato solo” disse lentamente, quasi impiegando il
doppio per pronunciare ogni parola. “Lo sai che c’è sempre la parte di me che
ora ne approfitterebbe della poca distanza che c’è tra i nostri corpi per
baciarti il collo in quel punto che ti fa impazzire, sbottonarti la camicetta,
toglierti la gonna e farti mia qui, così, alzati, contro questa porta, mentre
ti sussurro che ti amo e che voglio stare con te per tutta la vita, mentre
gridi di piacere, fai le fusa e mi preghi di non smettere. Ma non te la meriti”
concluse con uno scatto, alzando la voce e allontanandosi, “Non ti perdonerò
per aver fatto la sincera con Marie solo per indurmi a perdonarti”.
Visibilmente
arrossata e volubile come non mai, Amy si spostò e aprì la porta, beandosi di
quel poco di aria fresca che entrò in casa.
“Non
l’ho fatto per un secondo fine, è stata tutta una conseguenza. Buonanotte,
Sheldon” lo salutò, sentendosi k.o. per il modo in cui quelle parole sussurrate
l’avevano ridotta.
Anche
l’amante più giovane e esperto di tutti non poteva competere con il fascino che
lui esercitava su di lei, visto che l’aveva mandata in uno stato di eccitazione
semplicemente sussurrando qualcosa.
Lo
vide allontanarsi ed uscire, chiuse la porta in fretta e poi, senza forze, si
accasciò sul pavimento.
Era
arrabbiato nero, non si era mai sentito così, era una sensazione brutta,
ignobile, che non gli apparteneva.
Anni
passati così per nulla, per motivi che con un po’ di dialogo avrebbe potuto
conoscere e capire, anni passati pensando di non essere stato abbastanza per
lei, di averla ferita in qualche modo, perché lui era sempre quello strambo che
parlava senza filtri e feriva tutti con la sua lingua tagliente.
Inoltre,
starle così vicino non l’aveva aiutato, era stato sul punto di far aderire il
corpo al suo, toccarla, baciarla...
Si
odiava perché alla fine, quando si trattava di Amy, era sempre vulnerabile e
faceva cose stupide, come rischiare di tradire la ragazza con cui si vedeva e
che aveva rallegrato le sue ultime giornate.
Non
riusciva a pensare a nulla di concreto perché sentiva il profumo di Amy su di
sè e la cosa lo faceva impazzire in tutti i sensi, tanto che si ritrovò a
bussare alla porta di Penny e a gettarsi addosso a lei appena gli aprì.
Frettolosamente,
prese il volto tra le sue mani e la baciò con slancio, chiudendo la porta
dietro di sè con uno scatto.
“Mi
sei mancata, devo ancora farmi perdonare per bene” disse, mentre le baciava il
collo e le sue mani vagavano sotto la maglietta.
Confusa
ma decisamente consenziente, Penny chiuse gli occhi e lo lasciò fare, beandosi
del suo tocco.
“Mi
piace quando sei così passionale” disse, prima di lasciarsi sfuggire un gemito
visto il tocco sul suo seno.
“A
me piaci tu” borbottò lui, mentre le sfilava la maglia in fretta e furia.
“Oh,
è così bello sentirtelo dire! Andiamo in camera mia...”.
Felice
come non mai Penny si aggrappò a lui, con le gambe attorno la sua vita, mentre
la conduceva nella sua stanza, ma non poteva sapere che tutto questo slancio in
realtà era creato dal desiderio che un’altra donna aveva generato in lui.
Il
dieci luglio era un giorno speciale per tutti da anni ed anni e ogni anno,
nonostante le incomprensioni più recenti, era atteso da tutti, Leonard, Howard
e Bernadette inclusi.
Le
ultime tre settimane erano state intense, Bernadette e Penny erano uscite insieme
ed erano arrivate a considerarsi amiche, mentre Marie aveva deciso di spendere
più tempo con sua madre anche se fuggiva comunque a gambe levate quando voleva
portarla dal parrucchiere o a comprare abiti più eleganti del dovuto.
Amy
e Sheldon non avevano più parlato dell’accaduto della sera in cui lei gli aveva
spiegato tutto e, con grande sorpresa di tutti, apparivano decisamente più
rispettosi nei confronti dell’altro, anzi, fin troppo formali e avevano
organizzato la festa per Marie gomito a gomito seppur con il supporto di Penny
e Leonard.
Così,
senza volerlo, il giorno prima della festa Amy andò da Benadette per gli ultimi
dettagli e si ritrovò Penny seduta sul divano dell’amica che le sorrideva con
aria di circostanza.
“Penny,
ciao” la salutò Amy, senza capire il perché della sua presenza in quella casa.
“Ciao,
Amy! Scusa l’intromissione, ma dopo io e
Bernie usciamo con i ragazzi e lei si è offerta di farmi le sopracciglia,
sono un po’ negata e creo sempre casini” si giustificò subito, continuando a
sorridere.
“No,
figurati, anzi, toglierò subito il disturbo, sono qui per rendermi conto degli
ultimi dettagli” rispose Amy. “Vero, Bernie?”
sottolineò.
“Sì,
certo. Ehm... Senti, è tutto ok, ho prenotato l’hotel per Mary e Leonard va a
prenderla domani mattina presto. L’unico problema è sorto con
l’intrattenimento, ormai Marie è grande per i giochi di Howard, e sai che
sostengo che non debbano più esserci questi giochi dopo gli otto anni, ma visto
che insisti ho chiesto a Penny” spiegò la microbiologa, scrollando le spalle.
“Sì,
lei ama la chimica e io anno dopo anno ho creato mille giochi a premi con le
mie compagne del college, sai? Marie lo adorerà!” ribattè la Chimica,
entusiasta.
Amy
deglutì e annuì, mentre la immaginava con i capelli divisi in due codini bassi
come una bambina e gli occhiali ancora più grandi, piena di brufoli osceni,
intenta nel fare intrugli colorati in un laboratorio con altre ragazze simili a
lei.
Nel
giro di tre secondi, la sua fervida immaginazione la condusse ad immaginare un
intruglio che scoppiava proprio in faccia a Penny e la faceva urlare e scappare
come quei personaggi scemi dei film horror...
Amy, datti un contegno,
sei un’adulta ormai! Si rimproverò, sforzandosi di tornare
lucida.
“Perfetto,
allora tolgo il disturbo” disse quindi, provando a dimenticare l’ultimo frutto
della sua immaginazione.
“Cosa?
Ma è presto, prendi almeno un bicchiere di vino...”.
“No,
grazie, Bernie, ho da fare. Questo
compleanno deve essere speciale” si congedò. “Ciao” aggiunse, rivolta a
Penny, che agitò la mano in sua
direzione.
Bernadette
la seguì fino all’ingresso, aprì la porta e la guardò con aria di scuse.
“L’uscita
è stata improvvisata e mi serviva il suo aiuto” disse subito.
“Non
devi giustificarti con me, Bernie” la
scimmiottò Amy. “Ci vediamo domani, per favore, vedetevela voi con Mary, anzi,
visto che ci sei chiedi a Penny di occuparsene visto che vuole così tanto dare
una mano. Sarà un onore conoscere la suocera” ironizzò, prima di voltarsi e
andarsene di malumore.
Bernadette
sospirò, sentendosi in colpa, poi alzò lo sguardo al cielo.
“Nessuno
me lo vuole dire ma lo so che è ancora cotta del marito. Questo divorzio non
s’ha da fare!”.
“Preparati,
Marie, ho il regalo più bello di tutti!” esclamò Howard, strofinandosi le mani
con un gesto che ricordava molto un personaggio cattivo dei cartoni animati.
Era
andato da Sheldon per giocare con la xbox prima dell’uscita visto che le
ragazze avevano da fare con le loro cose da femmine – “Le sopracciglia? Amore,
fidati, a noi non interessano le sopracciglia” aveva detto a Bernadette, prima
di darle ragione dopo aver visto un’ immagine che rappresentava Frida Kahlo – e
nel frattempo provava a stuzzicare Marie e la sua curiosità.
“Lo
dici sempre, zio Howard, ma alla fine papà vince sempre” lo rimbeccò Marie,
sorridendo verso suo padre, il quale le sorrise come un bambino e le fece
l’occhiolino.
“Quest’anno
invece vincerò. Fidati!”.
“Potresti
vincere convincendo la nonna a non fare un discorso in cui cita la Bibbia e a
non provare a convertirmi al Cristianesimo” obiettò Marie. “Lì vinceresti e ti
regalerei anche una tazza con la scritta “Il miglior zio del mondo”, sai?”.
“No,
dovrebbe esserci scritto “Lo zio ebreo
che fa miracoli ma ops, la nonna crede che solo Gesù Cristo possa farli”,
in realtà”.
“Zitti
tutti, mia madre farà la brava, sarà impegnata a criticare me nel dirmi che ho
fatto piangere Gesù visto che esco con una donna quando ai suoi occhi sono
ancora sposato con un’altra” ricordò loro Sheldon, alzando gli occhi al cielo.
“Vero!
Grazie papà, sei un grande!” esclamò Marie, saltandogli addosso come una sorta
di koala e facendolo ridere mentre le accarezzava i capelli. “Mi togli sempre
dai guai!”.
Howard
li guardò e sorrise, felice nel vederli più spensierati.
“E’
bello vedervi di nuovo così felici, ed è per questo che ho scelto proprio quel regalo” disse, ammiccante.
“Completerà il quadretto felice”.
“Vuoi
dire uno zio nuovo che non dice cose sceme?” ridacchiò Marie, prima di
separarsi dal padre e abbracciare anche Howard. “Qualunque cosa sia la adorerò,
cioè, farò finta di adorarla perché sono educata”.
“In
questo non ha preso da me, io sono per la sincerità” mormorò Sheldon,
scrollando le spalle.
“Lo
so, amico, credimi, lo so”.
“E’
già un ottimo inizio per uno che è andato solo
al MIT!”.
“...
Appunto!”.
Era
tutto pronto.
Il
terrazzo era illuminato a dovere, c’erano tante piccole luci e un buffet pieno
del cibo preferito della ormai diciannovenne Marie Amelia Cooper.
Il
tramonto era passato da poco e il cielo era di un blu indaco con le ultime
sfumature di rosa, senza nemmeno una nuvola, come ogni estate che si rispetti
in California.
Amy
si guardò intorno, avvolta nel suo abito lungo azzurro con la scollatura a
cuore, pensando che doveva approfittarne prima dei famosi quaranta anni,
momento in cui un vestito così sarebbe risultato un po’ fuori luogo.
Al
collo aveva una collana con una pietra della stessa sfumatura del vestito che
Sheldon le aveva regalato per il loro primo anniversario di matrimonio.
Era
stato più forte di lei, appena aveva visto l’abito aveva pensato che avrebbe
potuto abbinargli quel gioiello e in tre secondi era già nel camerino per
provarlo, con Marie che non capiva il perché di quella fretta fuori luogo e
sbuffava durante l’attesa.
Si
guardò intorno e pensò che a breve tutto sarebbe iniziato, il terrazzo sarebbe
stato pieno di gente e lei avrebbe dovuto sorridere e fare la madre felice
quando sì, felice lo era, ma solo per Marie perché sapeva che vedere Penny con
Sheldon l’avrebbe mandata in tilt.
Erano
state settimane dure, spese a concentrarsi esclusivamente su sua figlia e a
provare a recuperare il loro rapporto, sforzandosi di risultare gentile quando
lei la invitava a cena a casa del padre e di conseguenza si ritrovava di fronte
una Penny super felice che si stringeva a Sheldon.
Sapendo
di essere quella in difetto e la causa dei suoi mali, non faceva altro che fare
finta di nulla e ridere con Bernadette e gli altri, anche se qualche volta si
era distratta a fissare il padre di sua figlia e aveva fatto cadere qualsiasi
cosa avesse tra le mani, bicchiere di vino rosso incluso.
“Mamma,
è tutto stupendo!”.
Amy
si riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso Marie, così annuì e le si
avvicinò, stringendola a sè.
“Sei
bellissima” sussurrò, accarezzandole la schiena.
Indossava
una tuta intera un po’ elegante verde visto che si era rifiutata di comprare un
abito, con una collana color oro che lei le aveva regalato e addiruttura una
piccola borsetta panna.
Era
una “signorina” e lei era felice di vederla così cresciuta e sorridente.
“Anche
tu! La diciannovenne qui sembri tu”.
“Tesoro,
solo perché ti ho detto che mi hanno scambiato per una quarantenne non
significa che tu debba tirarmi su il morale ogni volta” le ricordò,
accarezzandole il viso e notando che indossava del mascara e un rossetto
chiaro.
“Ma
sono sincera! Sono felice di essermi chiarita con te, è il regalo più bello.
Però... Non mi sembri del tutto felice e so il motivo” aggiunse, guardandola
seriamente.
Paonazza,
Amy scosse il capo. “Cosa? Ma io sono fel...”.
“Ho
visto come guardi papà. Forse non lo sai, ma spesso ti incanti a fissarlo e sorridi.
Sono felice, lui ti ama, devi solo dirglielo!” esclamò Marie, entusiasta, come
se stesse parlando di una semplice equazione che si poteva risolvere in tre
secondi. “Certo, c’è la questione di Penny, ma...”.
“Guarda,
c’è la nonna” la distrasse Amy, facendo finta di nulla.
Indicò
con il capo l’entrata e la fece voltare, riuscendo nel suo intento.
Mary
Cooper fece il suo ingresso e abbracciò la nipote con calore, tanto da
originare una morsa ferrea.
“Amore
mio, come sei alta, sempre di più! Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!”
esclamò, raggiante.
“Nonna,
non per contraddirti, ma tuo figlio, ovvero mio padre, sfiora il metro e
novanta ed avendo una madre nella media è logico che la mia statura sia
maggiore del dovuto. E’ tutta scienza” la rimbeccò subito Marie, con la sua
solita aria da “Scusami ma non sono io che lo decido” tipica di quando Dio
entrava in discorsi scientifici.
“Infatti
è il Signore che ha deciso di affidarti a loro! Certo, magari avrebbe potuto
farlo un po’ più in là, ma ormai non fa nulla!”.
“Mary,
giuro che volevo postecipare la cosa ma quando il Signore chiama non c’è nulla
che si possa fare!” s’intromise sarcastica Amy, non riuscendo a resistere e
abbracciando rapidamente la quasi ex suocera.
“Certo
cara, la stessa cosa accade con gli ormoni impazziti di una quindicenne, ma
cosa vogliamo farci!”.
“Veramente,
nonna, penso tu volessi dire “ferormoni”, il discorso è diverso, sai,
perché...”.
“Tesoro,
ho capito, i tuoi genitori pagano fior di quattrini per farti andare in quel
posto in cui ti insegnano tante cose belle e incomprensibili, ti credo, ma magari
è gli altri che devi convincere” le ricordò sua nonna, sorridendo con
accondiscendenza.
“Nonna,
ma queste cose mica le so grazie ad Harvard! Le so dalle elementari...”.
L’arrivo
di Sheldon e Penny pose fine al dibattito perché vedendoli Mary si pietrificò e
si portò una mano sul cuore.
Penny,
con un semplice abito nero, guardò la donna con un misto di ansia e paura ma si
fece coraggio e prese un bel respiro, stringendo di più la mano di Sheldon, il
quale, invece, non le badò affatto.
Se
ne stava fermo e guardava Amy come se fosse una cosa preziosa mai vista prima,
tanto che deglutì e sentì le mani sudate oltre che il battito accelerare.
Riconobbe
la collana e la maledì per averla indossata, visto che ricordare la sera in cui
gliela aveva regalata non lo aiutava a concentrarsi sul presente, quello in cui
erano divisi e lui si vedeva con un’altra.
Amy
ricambiò il suo sguardo e non si trattenne dal sorridere a sua volta, pensando
che ogni volta che lo vedeva in un completo perdeva la cognizione del tempo e
dello spazio.
Fu
tutto confuso e frettoloso, Penny lasciò la mano di Sheldon e, visto che lui
non diceva nulla, si auto presentò a Mary.
Sheldon
fece qualche cenno, abbracciò la madre, poi di nuovo sua figlia e, infine, si
ritrovò faccia a faccia con Amy.
“Ciao”
disse, posandole un delicato bacio sulla guancia, sforzandosi di non pensare a
quando, una ventina di giorni prima, si era ritrovato quasi a stretto contatto
con lei contro la porta di casa sua.
Si
soffermò qualche istante più del dovuto e, senza trattenersi, le poggiò una
mano sul fianco prima di ritirarla e guardare altrove.
“Ragazzi,
zio Howie è qui!”.
L’arrivo
di Howard e Bernadette riuscì a smuovere un po’ le cose perché tutti finsero di
animarsi e fare finta di nulla, così Marie si lasciò scappare una risata
allegra e andò verso i suoi zii acquisiti preferiti.
Li
abbracciò, poi, impaziente, chiese: “E questo fantomatico regalo?”.
“Eccolo!”.
Howard
si spostò e mostrò un ragazzo alle sue spalle che sembrava decisamente
intimidito, con dei capelli biondo cenere e gli occhiali con una montatura
scura.
“Lui
è Joseph! Tramite un sito di incontri ho creato un profilo per te e pare che
Joseph sia compatibile, pensa che andrà al terzo anno ad Harvard!” spiegò
l’uomo, mentre Joseph sorrideva imbarazzato.
“Giuro
che credevo di star parlando con te, lui mi ha ingannato!” esclamò, alzando le
mani.
“Cosa?
Tu hai messo le foto di mia figlia su un sito e gli hai trovato un probabile
partner? Ma stiamo scherzando?” urlò Sheldon, sconcertato, marciando verso
l’amico. “Lei è una bambina, ha solo diciannove anni! Regalare un ragazzo come
regalo è l’equivalente della schiavitù diffusa in America fino al
diciannovesimo secolo!”.
“Ma
se Amy ne aveva tre in meno quando ha partorito...”.
“E’
diverso, lei...”.
“Scusate,
io sono qui solo per conoscere lei! Signor Cooper, lei è il mio mito, studio
fisica teorica e ho sostenuto un intero esame sulle sue teorie!” lo interruppe
Joseph, porgendo la mano a Sheldon con entusiasmo.
Marie
lo guardò, scioccata e offesa.
“Cosa?
Hai accettato per conoscere mio padre?!” esclamò, incrociando le braccia.
Joseph
la guardò e scrollò le spalle. “Tu non sei affatto male, non fraintendermi, ma
tuo padre è Sheldon Cooper!”.
“Ah,
sei gay”.
“No!
Voglio dire, se avessi l’opportunità di conoscerlo, cosa faresti?”.
“Marie,
questo ragazzo mi piace, puoi uscirci” disse lusingato Sheldon, stringendo la
mano di Joseph. “Sono a tua disposizione per qualsiasi domanda, ma, se vuoi
andare d’accordo con me, sappi che hai già sbagliato una cosa” lo ammonì,
guardingo.
“Cosa?”
chiese impaurito Joseph, pensando che Sheldon potesse leggere nel pensiero e
che sapesse in anteprima gli errori che aveva fatto nei suoi ultimi esercizi.
“Mia
figlia è magnifica, non “Non affatto male”, intesi?” ribadì, puntandogli
l’indice contro con fare minaccioso ma che risultò buffo.
Joseph
indietreggiò e annuì, spaventato. “Fico, ho conosciuto lei e posso conoscere
una ragazza vera! Questa è la mia serata fortunata!” esclamò, voltandosi verso
Marie.
“Sei
uno scemo” sentenziò quest’ultima, guardandolo male.
“Non
lascerai che tua figlia esca sul serio con uno sconosciuto!” s’intromise Mary,
guardando il ragazzo con aria scandalizzata.
“Ma,
signora Cooper” le fece notare Howard, “Si chiamano Joseph e Marie e se non
sbaglio lei è già grande fan di una coppia con questi nomi. Insieme potrebbero
fare... Miracoli, no?”.
Scioccata,
Mary rimase a bocca aperta mentre tutti ridevano come i matti, tranne il povero
Joseph che non capiva il perché.
Circa
un’ora e mezza dopo, la festa era entrata nel vivo visto che tutti ballavano e
Marie e alcuni dei suoi coetanei – qualche ex compagno di liceo del club di
chimica e Joseph – si dilettavano nei giochi escogitati da Penny, che si stava divertendo
come una matta con l’aiuto di Leonard, ed era felice di essere un bell’esempio
per quei giovani appassionati di scienza.
Howard
e Bernadette ballavano, insieme ad altri colleghi dei genitori, mentre Mary ne
approfittava per bere di nascosto un po’ di vino.
Amy
guardò l’orologio e con un sorriso notò che indicava le nove e quaranta.
“Esattamente
diciannove anni fa sentimmo per la prima volta il pianto di Marie” disse
Sheldon, guardando a sua volta l’orologio e avvicinandosi.
Fu
strano vedere che dopotutto lei indossava lo stesso orologio di sempre,
sincronizzato con il suo.
“Sincronizziamo
gli orologi” era uno dei loro modi per dirsi “ti amo”, “siamo sulla stessa
lunghezza d’onda”, “sto vivendo gli stessi attimi tuoi e vivremo tutti gli
altri insieme”, tuttavia senza risultare smielati.
“Esatto.
Ogni anno è la stessa storia, alle nove e quaranta del dieci luglio mi sento
scossa da un brivido, anche se non sto guardando l’orologio. Il solo pensarci
mi fa... Commuovere” ammise, affrettandosi ad asciugarsi gli occhi umidi per
l’emozione.
Sheldon
sorrise e le porse un fazzoletto, che lei prese e avvicinò alla base dell’occhio.
“Guardala,
guarda quanto è bella, vitale, intelligente...” sussurrò, commossa.
“Per
non sapere quello che stavamo facendo, siamo stati bravi. Mi hai regalato la
gioia di essere padre e non te ne sarò mai grato abbastanza” ammise Sheldon,
distogliendo lo sguardo dalla figlia e soffermandolo su di lei, la quale
abbozzò un sorriso e scrollò le spalle.
“Penny
è giovane, magari tra qualche anno potrà farti riprovare questa gioia” disse,
evasiva.
“Perché
dici questo?”.
“Mi
sembra una cosa seria, no? Altrimenti, quella sera, non ti saresti limitato a
dirmi quelle cose nell’orecchio e mi avresti anche solo baciato” ragionò Amy,
sostenendo il suo sguardo con tutta la forza che aveva.
Vedendo
che lui non rispondeva, sospirò e aggiunse: “Però l’ho sognato. Quella sera e
anche stanotte...”.
“Cosa?”.
“Che
sceglievi me e... Facevamo l’amore. Sembrava così vero! Almeno nei sogni
nessuno può dirmi nulla, vero?”.
Amy
vide lo sguardo di Sheldon accendersi e si sentì afferrare per mano rapidamente.
Erano
vicini all’uscita, così bastò poco per allontanarsi dal caos della festa e
ritrovarsi vicino le scale, scendere i gradini rapidamente e ritrovarsi in un
angolo abbastanza nascosto del quinto piano.
“Sheldon...”.
“Non
devi dirmi queste cose, Amy, non devi” borbottò lui, respirando affannosamente.
“E
perché? Che te ne frega, stai con lei, no? Non posso nemmeno sognare di averti
per me? Ho sbagliato e mi merito di pagarne le conseguenze, ma non comando il
mio cervello, anche se vorrei!” esclamò lei, seppur sussurrando in modo
concitato. “Giorno e notte penso a te, a quello che eravamo, a ciò che ho
distrutto e mi sento una cretina perché non ho capito che ti amerò per
sempre!”.
Fu
la goccia che fece traboccare il vaso.
Sheldon
deglutì, la guardò,provò a dire qualcosa, ma riuscì solo ad avvicinarsi a lei e
poggiarle delicatamente una mano sul viso.
“Ora
sai come mi hai fatto sentire” sentenziò, chiudendo gli occhi e appoggiando la
fronte alla sua.
“Nessuno
dovrebbe sentirsi così, specialmente chi amo” replicò lei, colpevole, chiudendo
gli occhi a sua volta e poggiando le braccia sulle sue spalle.
Bastò
un istante per guardarsi negli occhi e far ritrovare le loro labbra unite,
stanche di cercarsi mediante sguardi rubati e desiderosi, in un bacio che
sapeva di disperazione, solitudine, ma soprattuto amore represso per troppo
tempo.
Prima
timidamente, poi con più audacia, si ritrovarono persi l’uno contro l’altra,
con i respiri che si fondevano e le bocche che cercavano disperatamente
l’altro, baciandosi con passione e una foga che non eguagliavano da anni.
Sembrava
tutto come la prima volta, emozionante, eccitante, tanto che Amy strinse il
bordo della giacca di Sheldon per sopprimere un gemito quando lui si ritrovò a
lasciarle piccoli ma intensi baci sul collo.
“Andiamo
giù...” borbottò lui, prendendola per mano, sentendo di aver ormai toccato il
punto di non ritorno.
Non
riusciva a pensare ad altro che a lei, al suo profumo, alla gioia di averla
baciata di nuovo, come se non se ne fosse mai andata.
Pochi
passi più in là la festa continuava, ignara, tra risate e musica spensierata,
mentre qualcuno, allibito, aveva assistito alla scena dall’alto della rampa di
scale.
*°*°*°*
Ma
saaaalve! Oggi mi tocca anticiparmi perché domani sono fuori tutta la giornata,
spero vi faccia piacere :D
Alloooora...
I “Momenti familiari” continuano, sì, ma ci sono anche momenti singoli tra
Sheldon e quella che dovrebbe essere la sua quasi ex moglie.
Lei
gli ha fatto capire che i suoi sentimenti sono lì e lui, sentendosi preso in
giro, frustrato, arrabbiato per i tre anni persi a darsi colpe, decide di
continuare la sua storia con Penny.
Tre
settimane dopo, alla festa di Marie, però cede. Cosa succederà? Andranno fino
in fondo? Sheldon tradirà Penny o si fermerà? Chi ha assistito alla scena?
Inoltre,
conosciamo Joseph! Era lui la new entry di cui vi parlavo :D
Ho
fatto in modo che Marie lo conoscesse nello stesso modo in cui Sheldon ed Amy
si sono conosciuti nella realtà, grazie ad Howard (senza Raj purtroppo) e ad un
sito di incontri.
Menzione
d’onore a Mary che adoro e spero vi abbia strappato qualche sorriso :D
Che
dire, siamo alle battute finali, penso che la storia avrà 11 massimo 12 capitoli,
ora sto finendo il nove J
Come
sempre vi lascio qualche spoiler:
“Non
ho sonno. I colpevoli non possono dormire perché hanno la coscienza sporca,
sai?” disse, sospirando pesantemente.
Avvertì
alcuni movimenti, seguiti subito da un: “Buongiorno un corno, coglione che non sei altro!”.
A
mercoledì prossimo :D
Milly.
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Capitolo 8 *** Sei Sempre Stata Mia ***
8
Capitolo
8
Sei
Sempre Stata Mia
Io
son sempre stato tuo
che anche quando non c'eri
ti avevo nei pensieri.
Tu sei sempre stata mia
che quando ti ho incontrata
ho subito capito che
noi, immensamente noi
condividiamo tutto sai,
anche questa nostra gioia strana
che stranamente noi
ci fa stare insieme
come quando il giorno ci allontana,
ma ti sento vicina dalla notte prima...
[Gianluca Grignani, "Sei Sempre Stata Mia"]
Sheldon
ed Amy si ritrovarono a scendere due rampe di scale incollati, senza staccarsi
e smettere di sfiorarsi, toccarsi, baciarsi con furia.
Per
loro fortuna l’appartamento non era chiuso a chiave, così, quando si
ritrovarono contro la porta dell’appartamento, a Sheldon bastò girare la
maniglia per entrare.
L’uomo
si separò da Amy solo per qualche istante per richiudere la porta a chiave e
quando si girò la vide di spalle.
Senza
pensarci su nemmeno un istante visto che ormai era l’isitnto a guidarlo, le
posò un bacio sul collo, sapendo quanto le piacesse, e tirò la zip del vestito
che prontamente cadde per terra, all’altezza dei piedi.
Amy
scavalcò il vestito, sorridendo, mostrandosi in intimo dopo anni e Sheldon notò
i cambiamenti del suo corpo, decisamente più tonico.
Tornò
a baciarla mentre avvertiva la giacca allontanarsi dal suo corpo e andare
chissà dove, mentre Amy lottava con la
cravatta per toglierla, salvo poi slacciare con furia i bottoni.
Sembrava
tutto diverso, nuovo, come un film visto tante volte da bambini ma che si
comprende per bene solo anni dopo, con la consapevolezza di un adulto.
In
tanti anni di relazione l’intimità era sempre stata vissuta in modo programmato
– appena Marie si addormentava o quando era a scuola – mentre comportarsi così
era alquanto nuovo ed eccitante per entrambi.
Sentivano
di volersi sul serio, desiderosi dopo tanto tempo, sinceri più che mai, come
non mai.
Fu
questione di poco tempo prima che si ritrovassero stretti sul divano, senza
alcun vestito che li separasse, abbracciati, uniti da una passione sfrenata che
li unì per qualche minuto, intensamente.
Le
loro mani intrecciate come i corpi, i respiri fusi, i corpi sudati, baci
roventi che se avessero potuto avrebbero marchiato a fuoco l’altro.
Baciarsi
era la soluzione migliore per rendere quell’unione totale e sopprimere i gemiti
di piacere di entrambi, coinvolti a tal punto da sentirsi improvvisamente vuoti
e spaesati quando si separarono.
Amy
ribaltò le posizioni e si ritrovò su Sheldon, appoggiandosi sul suo petto per
farsi accarezzare i capelli, cosa che lui fece all’istante, come se non avesse
mai smesso di farlo in quegli anni.
Intrecciò
di nuovo la mano alla sua e le poggiò un bacio sulla fronte, ancora senza fiato
per quei momenti di gloriosa passione che attendeva da settimane.
“Quanto
mi sei mancato...” sussurrò, trattenendo a stento le lacrime perché era già
tutto finito ma avrebbe preferito non staccarsi più da lui.
Era
così assurdamente bello sentire la pelle nuda di Sheldon a contatto con la sua,
inebriarsi nel profumo del suo dopobarba, sentire le sue carezze delicate ma
allo stesso tempo decise.
“Per
rispondere alla tua domanda di qualche settimana fa, io ti amo ancora, non ho
mai smesso” rivelò lui, lentamente, come per farle assaporare ogni sillaba.
Vide
Amy alzare lo sguardo e ritrovarsi faccia a faccia con lui, sorridente, seppur
un po’ buffa con i capelli sconvolti e il trucco sbavato.
“Anche
io” sussurrò, baciandolo.
Sorrise
sulle sue labbra quando avvertì la mano di Sheldon accarezzare il suo corpo
nudo, poi però scosse il capo e malvolentieri si alzò, passandogli i boxer.
“Dobbiamo
tornare su” gli ricordò, recuperando le mutandine e il reggiseno.
Sheldon
non disse nulla, indossò la biancheria poi, vedendola in difficoltà con il
reggiseno, la fermò e glielo abbottonò come ai vecchi tempi.
Non
riuscendo a resistere, si soffermò a lasciargli un bacio sulla spalla, poi un
po’ più su, finchè Amy si voltò per baciarlo e... Si bloccò, sgranando gli
occhi e trattenendo il fiato.
A
pochi passi da loro c’erano Penny e Marie, ferme sulla porta, la prima
pietrificata, la seconda confusa.
Quando
erano entrate? Come erano entrate? Da quanto erano lì?
Vedendo
quel gesto Sheldon si voltò senza capire per poi pietrificarsi a sua volta,
salvo poi correre in direzione dei pantaloni e infilarli.
“Perché
ti vesti? Forse non lo sai ma ufficialmente
sono io la tua ragazza e so cosa c’è lì sotto!” urlò una Penny imbestialita,
scagliandogli addosso le chiavi che aveva usato per entrare che le aveva dato
Marie.
“Eravamo
venute per del vino extra e troviamo questo bello spettacolino! Come... Io non
ci credo! Non ci credo! Sei un pezzo di merda e tu sei una battona che tratta
male gli uomini e li riconquista in un battito di ciglia!” continuò ad urlare,
tanto da avvicinarsi a un vaso, prenderlo e gettarlo per terra per la
frustazione.
“Penny,
ti posso spiegare, io...”.
“Cosa,
Sheldon, cosa? Che in occasione del compleanno di vostra figlia avete deciso di
procrearne un’altra?” lo beffeggiò, ironica.
Incredula,
con le mani sulla bocca per lo stupore, Marie preferì uscire, alquanto
scioccata da ciò che aveva appena visto, correndo fuori al pianerottolo e
appoggiandosi contro la parete, respirando affannosamente.
Penny
urlava, Sheldon provava a dire qualcosa, Amy diceva qualcosa a tratti, mentre
Marie pensava a ciò che aveva visto.
Era
inesperta, sì, ma non scema, aveva capito perfettamente cosa fosse successo tra
i suoi genitori e non sapeva cosa pensarne al riguardo.
“Ehi
ma che succede?”.
Una
voce la distolse dai suoi pensieri, alzò lo sguardo e vide che Joseph la
guardava senza capire, salvo poi coprirsi le orecchie per le urla.
“Un
casino. Voglio prendere un po’ d’aria, mi accompagni?” chiese, avvicinandosi
verso le scale.
“Certo.
Ehi, ma quello è il Dottor Cooper a torso nudo, cosa...?”.
Marie
non disse nulla ma lo tirò per il braccio, trascinandolo verso l’uscita del
condominio, alquanto incredula e provata da quella situazione.
Seduto
su uno degli sgabelli della cucina, Sheldon si guardava le mani, pensieroso.
Sapeva
che Penny fosse a casa di Bernadette, mentre Amy era lì che lo guardava in
silenzio, scossa dal turbine di avvenimenti e sentendosi in colpa visto che la
sua felicità aveva distrutto quella di un’altra donna.
“Io
non tradirei mai una donna! Come faccio a dirle che in quel momento non mi
sentivo nemmeno in colpa? E’ come se l’avessi rimossa!” esclamò Sheldon,
battendo un pugno sul tavolo. “Ho una memoria eidetica e ho dimenticato...!”.
“Senti,
ti lascio da solo” lo interruppe Amy, alzandosi di scatto.
Avevano
liquidato gli invitati poco dopo la mezzanotte dicendo che lei non si era
sentita bene ed era provata da ciò che era successo anche se continuava a
rivivere quei momenti felici e magici nella sua mente.
“Amy,
per favore” la bloccò lui, prendendola per mano dopo essersi alzato. “Devi
scusarmi ma sapevi di me e Penny e devi darmi un po’ di tempo per spiegarle
tutto”.
Lei
si lasciò scappare un sospiro e poi strinse di più la sua mano, accarezzandola
dolcemente.
“Io...
Voglio dire, spetta a te scegliere e decidere ma... Sono qui, pronta a lottare
per noi. In queste settimane ho capito quanto ti abbia fatto soffrire anche se
quello che ho fatto io è stato mille volte peggio, le tre settimane trascorse
così non sono nulla in confronto ai tuoi tre anni e... Scusami, il solo
pensiero, il pensarti solo, abbandonato da me, solo con Marie, io... Scusami,
se accetterai di tornare con me non oserò più ferirti, davvero!” esclamò,
finendo con lo scoppiare in lacrime, scossa dal solo ricordo.
Sheldon
non riuscì a vederla così e la strinse a sè dolcemente, accarezzandole i
capelli con calma.
“Se
è servito a vivere la magia di poco fa, beh, ne è valsa la pena. E poi ora ti
tengo in pugno, Amy Farrah Fowler”.
“Amy
Farrah Fowler Cooper, se vorrai” ribattè lei, alzando il capo, lo sguardo
intriso di sentimenti e affetto.
Fu
una sensazione strana trovarsi così, stretti, carichi di promesse già fatte ma
stranamente ancora più pregne di significato.
Amy
pensò che se non avessero affrettato tutto, sarebbe stato così che lui magari
le avrebbe chiesto di sposarla, dopo aver compreso quanto fosse stato duro
stare lontani.
Vedere
Sheldon aprirsi in un sorriso speranzoso e annuire fu bellissimo, ma riuscì a
resistere all’impulso di baciarlo perché sapeva di non essere ancora del tutto
sua, quindi si avviò verso la porta senza dire altro se non: “Stasera Marie sta
con me, così puoi pensare in pace. Vado a cercarla, pare sia con quel Joseph”.
“Ok,
e assicurati di fare una lavata di capo a quel tizio se lo vedi!”.
Amy
rise di gusto e alzò gli occhi al cielo mentre prendeva la sua borsa.
“Joseph
è un tipo a posto, si vede”.
“Anche
io lo sono eppure ciò non mi ha impedito di ingravidarti, ricordi?!”.
Se
possibile, Amy rise ancora più forte: lo Sheldon geloso era formidabile e lo
aveva quasi dimenticato in quegli anni.
Aveva
tanto da farsi perdonare, decisamente.
“Alla
fine ogni famiglia è incasinata, Marie. I miei sono divorziati e la compagna di
papà aspetta un bambino, sai? Avrò un fratellastro! Le mie maestre saranno
felici visto che dicevano sempre a mamma che ero un bambino che aveva bisogno
di compagnia” raccontò Joseph, seduto di fronte a Marie.
Erano
in un bar, davanti a due Dottor Pepper, da almeno due ore visto che Marie gli
aveva chiesto di allontanarsi da casa sua.
“Non
avevi amici?” chiese la neo diciannovenne, decisa a distrarsi dal caos
familiare.
Joseph
si lasciò scappare una risata amara e fece un cenno di dinego con il capo.
“Mi
hai visto? Sono sempre stato così, il secchione della classe a cui i bulli
facevano i dispetti. Tu non puoi capire” aggiunse, agitando la mano.
Colpita,
Marie lo fissò, incredula come non mai.
“Scusami?”.
“Ma
sì, tu sei... Beh, insomma, prima ho fatto il finto disinvolto perché volevo
conoscere tuo padre ma anche perché, sai, sapevo che una carina come te non mi
avrebbe mai degnato di uno sguardo” si giustificò, torturandosi l’orlo della
giacca con aria nervosa e aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Marie
sgranò gli occhi, sicura di aver sentito male. Carina? Lei? A detta di un
ragazzo per di più sobrio?
“Mi
prendi in giro?” chiese, arrossendo senza riuscire a trattenersi.
Imbarazzato,
Joseph si passò una mano tra i capelli. “No, sei davvero carina e... Quando mi
hai contattato, cioè, quando Howard ha usato il tuo profilo credevo fosse una
bufala, di solito su quel sito le belle ragazze che mi danno retta rivelano
certe... Sorprese, ecco”.
“Nessun
ragazzo me lo aveva mai detto” ammise la ragazza, adulata. “E anche io non ho
tanti amici, specialmente ora che vado ad Harvard. I pochi amici del liceo
vanno in altri posti”.
“Ci
sono io ad Harvard” le ricordò Joseph. “Potremmo studiare insieme anche se,
francamente... Chimica, dai! E’ da sfigati!”.
“Che
cosa? Voi fisici! Credete di essere i padroni del mondo...”.
“Beh,
lo siamo...”.
“Cosa?
Ti ricordo che la chimica studia i processi che... Oh, mamma!” sbuffò Marie,
vedendo il cellulare vibrare sul tavolo, leggendo il nome sul display. “Dimmi”
aggiunse, rispondendo. “Va bene. Ok. Saluto Joseph e vengo, sono al bar
all’angolo del condominio. Ok, ciao”.
Staccò
la chiamata e guardò il ragazzo di fronte.
“Sei
stato fortunato che mi abbia chiamato mia madre e che ora debba andare,
altrimenti ti saresti beccato un discorsone in stile Cooper che ti avrebbe
messo k.o.” disse, seria più che mai.
Joseph,
suo malgrado, sorrise e annuì.
“Puoi
lasciarmi il tuo numero? Potremmo tenerci in contatto, così potrai farmi lo
stesso il discorsone” domandò, tuttavia imbarazzato e rosso in zona orecchie.
Marie
era sorpresa e lusingata, non le era mai stato chiesto il numero, così annuì,
non riuscendo a celare un piccolo sorrisino.
“Ok,
ma te lo dirò a voce e ti toccherà ricordarlo, così vediamo quanto funziona la
tua memoria da fisico teorico! 02 345 67 890” disse, ma nemmeno troppo
velocemente perché una parte di sè voleva sul serio ricevere un messaggio.
Sorrise
nel vederlo indaffarato con il cellulare mentre ripeteva i numeri a memoria
così disse “Ciao” e uscì dal bar, salvo poi trovarsi un messaggio trenta
secondi dopo.
Ti prego, dimmi che sei
Marie altrimenti giuro che corro fuori tanto ti vedo ancora!
Ridendo,
si voltò e lo vide dalla finestra del bar, speranzoso. Annuì e lo salutò con la
mano, così lui ricambiò con slancio e fin troppo entusiasmo.
Una
piccola parte di lei iniziava a pensare che quell’anno il regalo di zio Howard
fosse stato il migliore.
Sheldon
era seduto sul divano, immobile, nonostante fossero le tre passate del mattino.
A tratti il suo volto scattava verso il divano, ricordava ciò che era successo
poco prima e poi scuoteva il capo per provare a capire se tutto ciò fosse vero
o meno.
Il
settanta per cento del suo cervello era occupato dal ricordo inebriante di ciò
che era successo con Amy, il restante trenta per cento lo faceva sentire
maledettamente in colpa per ciò che aveva fatto.
Non
era giusto! Penny era stata così gentile con lui, lo aveva sempre assecondato,
aveva rallegrato le sue giornate, e lui l’aveva ripagato così, gli erano
bastati pochi minuti da solo con Amy per far riaccendere ciò che non credeva
potesse succedere ancora.
“Sheldon,
dovresti dormire”.
Sussultò
nel vedere la figura di Leonard di fronte a lui, poi deglutì e scosse il capo.
“Non
ho sonno. I colpevoli non possono dormire perché hanno la coscienza sporca,
sai?” disse, sospirando pesantemente. “Tu dovresti goderti il sonno dall’alto
del tuo essere a posto con la coscienza” aggiunse.
Leonard
esitò un istante, poi lo guardò e prese posto sulla poltrona di fronte al
divano.
“Nemmeno
io ce l’ho pulita” mormorò, abbassando la testa, come se si stesse vergognando
di qualcosa.
“Che
intendi?”.
Nervoso,
Leonard si passò una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più, e poi si
torturò le mani per qualche istante.
“Senza
volerlo ti ho visto mentre baciavi Amy, dalle scale. Io...”.
Sheldon
lo guardava sul serio senza capire, senza riuscire a fare due più due.
“Il
tuo sguardo mi fa capire che sul serio non ti sei accorto di nulla” continuò il
coinquilino, portandosi una mano alla fronte, esasperato.
“Leonard,
per favore, le cose sono già difficili senza il tuo nonsense. Abbi pietà di un
traditore, per quanto sia possibile, e falla breve” sbottò.
“Sheldon,
a me piace Penny da quando l’ho vista! Sapere che ci esci tu mi ha spezzato il
cuore e quando ho visto che la tradivi... Ci ho impiegato un po’ a decidermi
prima di chiederle di prendere qualcosa nel nostro appartamento e darle le
chiave. Io la volevo, tu l’avevi tutta per te e l’hai tradita!” sbottò Leonard,
incredulo e animato come non mai, battendo un pugno sulla gamba con aria
frustrata.
Si
aspettava una chissà quale reazione, che invece non arrivò, anzi, Sheldon lo
guardò senza alcuno scatto d’odio.
“Penny
è attraente, intelligente... Ma ha iniziato tutto lei, l’ho assecondata perché
era bello non essere più solo. Ho provato a stare con lei quando Amy mi ha
fatto capire di amarmi ancora ma... Mi hai visto, sono uno stupido che non ha
il coraggio di fare una scelta” disse lentamente, appoggiando la mano al capo,
pensieroso.
“Io
penso tu l’abbia fatta la tua scelta, circa venti anni fa. E non lo dico per
farti mollare Penny, tanto comunque lei non baderebbe a me” disse Leonard.
“Sì,
ovvio che già so che sia finita tra noi ma... E se Amy mi ha rivoluto con sè
per gelosia e ora che sono di nuovo disponibile non mi calcola più? Se torniamo
a litigare? Se è infelice di nuovo?” sbottò, in preda a mille dubbi. “Non
illuderei Marie che sia tutto ok, non se lo merita”.
“Penso
abbia sofferto abbastanza nel vederti con Penny ed essere stata ignorata dopo
averti detto i suoi sentimenti” ragionò l’amico. “Magari parlatene prima e
chiaritevi”.
Sheldon
annuì, passandosi una mano sugli occhi stanchi e massaggiandoli.
“E
bravo Leonard, hai colto il momento giusto e ci hai fatto mollare. Sei il degno
erede di Batman, salvi le donzelle dai tradimenti” disse poi, tra l’ironico e
l’incredulo, autocommiserandosi.
“Scusa,
io...”.
“No,
sono io quello che dovrebbe scusarsi. Avrei dovuto capire il tuo interesse e
non invitarla a cena dopo che mi ha baciato, inoltre avrei dovuto rispettarla
e... Non dimenticarla. E’ grave, io,
con la mia memoria eidetica, ho dimenticato di averere una ragazza quando ho
detto ad Amy di seguirmi!” sbottò Sheldon, frustrato. “Sono pazzo? Idiota?”.
Leonard
lo guardò e, con semplicità, espresse il suo parere.
“No.
Ami solo una donna, tutto qui. Non ti
giudico” disse, sorridendogli in modo da incoraggiarlo.
“Lui...
Era lì, alla festa, dove c’ero anche io e... Ne ha approfittato per farsi la
sua ex moglie, che a questo dubito sia ancora la sua ex!” urlò Penny, quasi
lanciando in aria la ciotola con il latte.
Aveva
dormito nella stanza degli ospiti, con Bernadette che le accarezzava i capelli
e le diceva di non preoccuparsi, e quando si era svegliata la verità le era
crollata di nuovo addosso.
Lei
che apriva la porta, Sheldon ed Amy seminudi, lei che urlava...
“Penny,
so che stai male ma dovete chiarirvi” mormorò l’amica, mimandole di fare
cautela e non rompere il servizio buono di porcellana.
“E
a cosa servirebbe? Io credevo di essere speciale per lui! E invece... Quella
scema di sua figlia mi aveva anche fatto la morale, chiedendomi di non far
soffrire suo padre! Spoiler alert, cara, qui la carogna è tuo padre!” urlò, non
resistendo e gettando per l’aria un piattino di porcellana che conteneva dei
biscotti.
Bernadette
sussultò – era un regalo di nozze della sua nonna preferita, ormai defunta! – e
Penny la guardò con aria di scuse, tappandosi la mano con la bocca.
“Scusa,
scusa, te lo rimborserò” si affrettò a dire, alzandosi di scatto e prendendo un
bel respiro. “Non è giusto stare qui a sfogare la mia rabbia contro il tuo
servizio buono, devo usare le mie forze contro colui che ha causato tutto
questo. Corro a vestirmi, sì” disse, correndo verso la stanza che l’aveva
ospitata e quasi travolgendo Howard, il quale aveva commesso l’orribile sbaglio
di ritrovarsi sul suo cammino mentre entrava nella stanza.
“Ma
che le prende?” sussurrò, massaggiandosi il braccio che aveva urtato contro la
ragazza.
Bernadette
scosse il capo, sospirando.
“Sheldon
combina casini e noi dobbiamo prendercene cura. Prima Marie, poi Penny... Ma
sarei felice se tornasse con Amy” disse, sussurrando in maniera impercettibile
dopo l’ultima frase.
“Io
no. Voglio dire, Sheldon è disgraziato, il cielo lo premia con una come Penny
e...”.
“Che
signfica una come Penny?” sbottò la
moglie, guardandolo, infuriata.
“Eh?
Niente, niente, vuol dire che... Hai ragione, devono tornare insieme, sì”.
“Grazie
per dare ragione a me, Howard, tu sì che capisci” mormorò una Penny con indosso
solo gli slip e una maglietta, intenta nel camminare per casa con il dito in
bocca usato a mò di spazzolino. “Scusate ma sono abituata a camminare mentre
lavo i denti” aggiunse, la voce modificata dalla presenza di un intruso nella
cavità orale.
“Sì
ma ora infila dei pantaloni, cara” disse Bernadette, falsamente dolce.
Penny
annuì e tolse il disturbo, mentre Howard si fingeva falsamente disinvolto e
guardava altrove.
“So
che stai pensando a quanto sia stato cretino Sheldon a tradirla” sbottò invece
la moglie, gettandogli addosso un biscotto con grande disprezzo e ignorando le
sue urla di protesta.
Marie
e Amy, una volta arrivate a casa, si erano cambiate ed erano corse a letto,
senza dire nulla, sopraffatte com’erano da tutti i recenti avvenimenti.
Non
avevano discusso di nulla, imbarazzate al solo pensiero, mentre le loro menti
avevano vagato in lungo e in largo per distrarsi.
Marie
aveva immaginato la famiglia riunita e di incontrare di nuovo Joseph, Amy non
aveva fatto altro che pensare al prossimo compleanno della famiglia, il suo,
momento in cui avrebbe voluto essere in compagnia di sua figlia e suo marito
dopo tre anni...
“Senti,
sono la prima imbarazzata, ma devi dirmelo”.
La
prima a rompere il silenzio fu proprio Marie, la mattina dopo, a colazione.
Amy
si bloccò nell’atto di prendere i cereali e volse la sua attenzione verso sua
figlia, tra l’intimidito e il pauroso.
“Sì,
tesoro? Cosa?” chiese, deglutendo.
“Tu
e papà ieri avete avuto un coito, giusto?”.
Amy
arrossì di colpo e strizzò gli occhi, imbarazzata. Grazie alla passione di
Marie per la scienza aveva evitato il discorso sul sesso, si era limitata a
parlarle del ciclo, non dal punto di vista teorico – la bambina sapeva già
tutto a partire dai sette anni – bensì dal punto di vista pratico, spiegandole
dove trovare gli assorbenti in caso di improvvisa necessità e di farsi una
bella camomilla al finocchio per provare a contrastare i dolori.
Questa
volta, purtroppo, la vita voleva farle scontare tutto.
“Ehm,
sì, Marie. Ma scusami, sono cose nostre, non ti...”.
“Mi
interessano eccome visto che una cosa del genere avrà delle implicazioni e
delle conseguenze nella nostra famiglia! Insomma, non potevate contenervi e
parlarne, chiarire con Penny...?” sbottò Marie, alterata. “Io vi voglio insieme,
davvero, ma sul serio quando vi ci mettete siete peggio di due adolescenti!
Spero per te che tu sia sincera e che lo voglia ancora, e che non fosse una
sorta di sfizio dovuto al suo essere impegnato” l’ammonì, puntandole contro un
toast con la marmellata.
Intimidita,
in un modo che la rendeva buffissima, Amy annuì a raffica, scuotendo il capo
senza fermarsi.
“Ma
certo! Marie, scusaci, ti abbiamo rovinato la festa ma è stato lui a dirmi di
seguirlo e a baciarmi, davvero! Amo tuo padre e anche se non sembra, in fondo,
non ho mai smesso. Se vuoi ti dò tutte le registrazioni della mia analista,
così capirai tutto” la scongiurò la madre, supplicante come non mai.
“Buona
idea, sì, voglio sentire tutte le sedute...”.
Amy
non sgranò gli occhi e poi li alzò al cielo, per nulla stupita: non c’era nulla
da fare, Marie era la degna figlia di suo padre, l’uomo che, tuttavia, amava
alla follia.
L’interrogatorio
sarebbe durato oltre se la ragazza non avesse ricevuto un messaggio da un
mittente speciale, il cui solo leggere il nome le fece perdere un battito.
Buongiorno Marie! Ti
sto pensando da ieri. Ti va se ci vediamo domani?
Marie
sorrise, poi alzò lo sguardo verso sua madre, pensando che forse, crescendo,
esperienza dopo esperienza, avrebbe capito le sue ragioni.
Sentire
i passi di Penny, avvicinarsi alla porta, vederla dallo spioncino mentre
litigava contro la borsa per prendere le chiavi, fecero sentire Sheldon ancora
peggio per tutto ciò che aveva fatto.
Dopo
ore ed ore di meditazione aveva compreso di averla illusa, trattata bene
decisamente poco visto che nelle ultime tre settimane era diventata una sorta
di valvola di sfogo per non pensare ad Amy e alle sue parole.
Varie
volte era andato a letto con lei pensando alla madre di sua figlia e ciò lo
faceva sentire malissimo, con la coscienza in mille pezzi.
Senza
esitare ancora, così, prese un lungo respiro e aprì la porta, ritrovandosi a
pochi passi da lei.
Non
osò uscire del tutto dall’appartamento – temeva molto la crisi isterica che
probabilmente avrebbe avuto luogo da lì a poco – e si limitò a dire:
“Buongiorno, Penny”, con lo sguardo basso e l’aria colpevole.
Avvertì
alcuni movimenti, seguiti subito da un: “Buongiorno un corno, coglione che non sei altro!”.
Contro
la sua volontà alzò lo sguardo e vide Penny imbestialita, più della sera prima,
se possibile.
I
capelli arrufati erano legati in una crocchia scomposta, il top e i pantaloni
che indossava le andavano cortissimi, forse perché appartenevano a Bernadette.
Aveva
le occhiaie e gli occhi gonfi di pianto, l’aria distrutta, le labbra screpolate
e livide.
Come
poteva aver fatto una cosa simile ad una donna che si era presa cura di lui e
l’aveva fatto sentire speciale quando il suo mondo stava andando in frantumi?
“Penny,
so che non servirà a nulla” iniziò, cauto e porgendosi le mani avanti.”Ma
volevo scusarmi e, se possibile, giustificarmi. Ieri ti ho tradito, sì. Amy,
tre settimane fa, mi ha detto di amarmi ancora e io l’ho ignorata, ma ho capito
che alla fine i miei sentimenti per lei sono ancora lì. Dobbiamo ancora
chiarire tante cose e non so cosa accadrà ma ovviamente non mi sembra giusto
prenderti in giro” mormorò, scegliendo le parole con cura nonostante non fosse
lucidissimo.
“Ah”.
Penny
lo guardò con astio e gli si avvicinò, marciando in un modo da far invidia ai
migliori marines.
“E
dirmelo subito, no, eh? Dirmelo prima di far diventare le tue azioni un
tradimento?” urlò, rossissima in volto.
“Il
problema” replicò Sheldon, colpevole come non mai, “E’ che quando ieri io e lei
stavamo parlando della nascita di Marie, io... Non lo so come dirtelo, ma...
Suona orribile, ma l’ho baciata come se fossi libero, non ho pensato un istante
a te, al fatto di essere imp...”.
Sheldon
non continuò perché aveva appena ricevuto un sonoro schiaffo misto ad uno
spintone che lo aveva fatto cozzare contro la porta.
Quando
riaprì gli occhi, con la guancia dolorante, Penny era in lacrime, scossa da
mille singhiozzi che facevano alzare e abbassare ritmicamente la sua gabbia
toracica in maniera inquietante.
“Questa
te la potevi risparmiare! Ecco quanto valevo per te, così tanto che hai
accidentalmente dimenticato di essere impegnato! Ma sai che ti dico? Avrai
quello che ti meriti, lei ti mollerà di nuovo dopo che si sarà scocciata della
tua monotona vita, che a me andava bene, perché sono una scema! Abbiamo chiuso!
E’ inutile dirlo ma sai com’è, te lo ripeto nel caso te lo dimenticassi!” lo scimmiottò, ridendo in una maniera grottesca che
faceva decisamente paura.
“Penny,
mi dispiace, io non ti merito e...”.
“Puoi
dirlo forte, idiota. Non mi meriti, mi sa che non mi merita nessuno! Sei un
coglione che finge di essere il solito bravo ragazzo e poi pugnali una scema
come me alle spalle, durante una festa, nel più squallido dei modi. Spero ti
abbia mischiato l’HIV con tutti i tizi con cui è stata dopo che ti ha
mollato!”.
Detto
ciò, Penny tornò a lottare contro la porta e alla fine riuscì ad aprirla,
sbattendola con fin troppa furia e lasciandolo immobile, colpito dal corso
degli eventi.
Se
l’era meritato, decisamente.
Ora
doveva solo decidere cosa fare con la sua famiglia, sperando di sopravvivere ai
sensi di colpa.
*°*°*°*°
Aloha!
Ormai aggiorno sempre il martedì, ma meglio prima che dopo, no? xD
Stamattina
hanno chiuso le sedi dell’università e stando a casa ho pensato di editare ed
aggiornare :D
Coooomunque...
Sì, alla fine Sheldon ed Amy non si sono limitati al bacio ma sono andati fino
in fondo, avendo modo di capire com’è stare insieme ora, dopo essere stati
lontani per anni.
Farli
fermare e ragionare non avrebbe avuto senso, alla fine saranno sempre legati l’uno
all’altra, in un modo seppur complesso e difficile non hanno mai smesso di
amarsi, tanto che in quel momento lui non pensa nemmeno di star tradendo Penny.
Lo
“spione” xD era Leonard, che non sopportando di vedere la ragazza tradita
quando lui avrebbe pagato oro per averla al suo fianco, la fa andare nel luogo
del misfatto con una scusa.
Marie
e Joseph... Che ne dite? Nel prossimo capitolo continueranno ad esserci,
ovviamente.
Ah,
poi volevo dirvi che Raj è momentaneamente assente ma lo inserirò di nuovo, promesso!
Ora
sto scrivendo il decimo capitolo e penso che arriveremo massimo a 12 :D
Come
sempre, vi lascio qualche anticipazione (preparatevi perché siamo nella parte finale e ci saranno vari "casini"):
Sheldon
trattenne il respiro e la guardò come se avesse detto una cosa oltraggiosa.
“Al
cinema? Ma ti rendi conto? Mandi nostra figlia appena diciannovenne al cinema
con un ragazzo?!”.
“Papà,
no, forse è un caso! Provo a chiamarla io, fammi sciacquare il viso che fa un
caldo assurdo e risolviamo la cosa” disse, correndo verso il bagno, più che
altro per nascondersi e non mostrare la sua faccia preoccupata.
Grazie
a chi continua a seguire la storia <3
A
Martedì/ Mercoledi xD
Milly.
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Capitolo 9 *** Il Cerchio Della Vita ***
9
Capitolo 9
Il
Cerchio Della Vita
Poi un soffio di vento ti sfiora
E il calore che senti sarà
La forza di cui hai bisogno.
Se vuoi resterà forte dentro di te.
Devi solo sentirti al sicuro,
C'è qualcuno che è sempre con noi.
Alza gli occhi e se vuoi
tu vederlo potrai
e i perché svaniranno nel blu.
E' una giostra che va questa vita che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che vita sarà.
Sheldon
firmò alla fine del foglio, lo piegò e lo inserì su una busta, sul cui retro scrisse
“Per Penny. Mi dispiace. Sheldon” per
poi sigillare il tutto e chiudere il tappo della penna.
Leonard
si avvicinò al frigo per prendere una bottiglina d’acqua e notò il tutto,
leggendo il destinatario.
“Una
lettera per Penny...?” domandò, incredulo. “E io che credevo che stessi facendo
i calcoli riguardo quell’idea di cui ti ho parlato sui fasci di luce!”.
Sheldon
lo guardò, riservandogli uno sguardo di disprezzo, per poi scuotere il capo con
disapprovazione.
“E
secondo te ci avrei impiegato quarantacinque minuti? Li ho fatti stamattina a
colazione, ci ho impiegato tre minuti e dodici secondi. La busta per te è sulla
scrivania e lo avresti notato se avessi lavorato, pigrone!” esclamò, indicando
l’oggetto con l’indice.
Il
coinquilino sbuffò, guardandolo male.
“Scusami
se è quasi il venti luglio e preferisco godermi un po’ di riposo” sbottò.
“Comunque, perché la lettera? Sei stufo di mandarmi a fare la spia per non
incrociare la tua ex? Finalmente!”.
“Non
essere sciocco, dovrai farlo ancora, solo che Marie mi ha dato un’idea. Sai che
quella ragazza è geniale ma ultimamente lo è di più, l’amicizia con quel Joseph
di Harvard le fa bene. Ha proposto Orgoglio e Pregiudizio come romanzo da
leggere e criticare il giovedì sera, con grande disappunto di Amy che lo adora,
e mi ha fatto notare che se Darcy è riuscito a riscattarsi con una lettera,
chiunque può farlo. Quindi, ecco qui, quattro pagine di semplice onestà in puro
stile Cooper. Sono passati nove giorni, magari la rabbia è di meno e potrà
comprendermi un po’ di più” spiegò il fisico teorico.
“E
affrontarla? Faccia a faccia?” propose Leonard, con aria di ovvietà.
“Sono
un fisico Leonard, non un gladiatore!” ribadì Sheldon, come se stesse dicendo
la cosa più ovvia del mondo. “Vado a consegnarla, guardami le spalle!” impose
poi, avvicinandosi verso l’uscio.
“Cosa
intendi con “consegnarla”, Sheldon?” indagò il fisico sperimentale, seguendolo,
non tanto per assecondarlo ma per curiosità.
“Metterla
sotto la sua porta, no?”.
“Sheldon,
abbi almeno la decenza di consegnarla faccia a faccia come ha fatto Darcy!”.
Sheldon
si voltò di scatto e lo guardò con interesse, lasciando presagire qualche
futura presa in giro dal suo sguardo.
“Hai
letto il libro, signorinella?”.
“Lo
hai fatto anche tu!”.
“Sì,
ma per prenderlo in giro con mia figlia e Joseph!”.
“Senti,
pensa a te e alla tua codardia nel consegnare così la lettera e...”.
“Stai
proprio piagnucolando come una signorinella, l’ho sempre detto che il latte di
soia ti ha reso una donnina indifesa. Ora fa il tuo dovere e guardami le
spalle” sbottò il fisico teorico, aprendo la porta e camminando lentamente, con
passo felpato, verso la porta della vicina.
“E
poi sarei io la signorinella?!”. Leonard lo guardò torvo e, per vendicarsi
dell’offesa subita, urlò: “Penny, apri la portaaa!”.
Il
coinquilino si bloccò, pietrificato, con un viso una maschera di puro orrore.
Nel
giro di tre secondi, una Penny in jeans e maglietta extra large aprì la porta
con aria infastidita e si bloccò nel vedere il suo ex nel mezzo del corridoio,
bloccato.
Aveva
le braccia incrociate e l’espressione scettica, vedendo Sheldon levò le
sopracciglia verso l’alto e si lasciò scappare una risatina.
“Ciao
Sheldon, cosa diavolo combini, eh?” sbottò, con lo sguardo che trasudava odio.
“Ti
ha scritto una lettera in cui ti spiega tutto e voleva lasciartela sotto la
porta” disse Leonard. “Credo tu abbia capito che da più di una settimana mi
chiede di controllare se sei in giro per non incrociarti e mi sono scocciato
quindi... cresci, Sheldon”.
“Crescere?
Ma no, lui tradisce la sua ragazza con l’ex durante le feste, come i sedicenni”
lo scimmiottò Penny, sentendosi meglio nel poter sfogarsi un po’ con del sano
sarcasmo di fronte a colui che l’aveva fatta soffrire di brutto.
Sheldon
deglutì, sentendosi pietrificato.
“Non
ci crederai ma sono il primo a sentirsi uno schifo per quel che ti ho fatto”
sussurrò, guardandola negli occhi con grande difficoltà.
“Non
ci credo altrimenti non avresti avuto questa idea della lettera e mi avresti
parlato faccia a faccia”.
“Io
avrei anche affrontato la cosa faccia a faccia ma diciamo che conosco la
potenza dell’ira femminile e ho preferito evitarla” si giustificò Sheldon,
imbarazzato, per poi porgerle la lettera.
Penny
rise – una risata triste, vuota – per poi afferrare la busta con un sospiro.
“Attento
alle tue spalle, potrei sempre colpirti da dietro” lo prese in giro, fissandolo
con disprezzo.
“Infatti
ho intenzione di camminare all’indietro come i gamberi” rispose Sheldon, serio.
La
ragazza sgranò gli occhi, incredula per quell’affermazione.
“Vedi,
è da queste cose che capisci che non è tanto normale e quindi puoi giustificare
almeno un dieci percento delle sue azioni” s’intromise Leonard, ironico.
“Giusto,
non esco mai con gente normale quindi non vedo perché lui debba fare eccezione.
Guardati alle spalle, Cooper, c’è una donna in città la cui ira si è scatenata
a causa tua! Ah, salutami la tua dolce Amy tra un incontro sessuale e l’altro!”
aggiunse la bionda, la voce intrisa di disprezzo, prima di voltarsi e chiudere
la porta rumorosamente.
“Io
e Amy stiamo valutando la situazione e non abbiamo nessun tipo di contatto!”
esclamò Sheldon in risposta, salvo poi tornare in casa ma camminando sul serio
a marcia indietro come i gamberi.
Vedendo
ciò, Leonard chiuse la porta e lasciò che l’amico ci sbattesse contro con la
schiena per poi protestare.
Nel
suo piccolo, era un modo per vendicare le sofferenze di Penny.
Marie
se ne stava ferma da circa un paio d’ore e la cosa iniziava a darle un grande
fastidio perché odiava starsene ferma senza far nulla e per di più senza
nemmeno poter parlare più di tanto.
Di
fronte a lei, nascosto da una tela, Joseph si dilettava nel farle un ritratto
con eccessivo impegno e precisione.
Le
aveva raccontato della sua passione per il disegno e l’arte, cosa che lo aveva
aiutato ad entrare ad Harvard insieme ai suoi ottimi voti, così si era offerto
di farle un ritratto da conservare in camera sua e poi appendere nel suo
dormitorio ad Harvard.
“Come
sta venendo?” chiese ansiosamente Marie, visto che non ne poteva più.
“Bene,
fidati. Sarà perfetto nella tua stanza, al college” rispose Joseph, prendendo
una pennellata di azzurro per definire meglio le iridi blu della ragazza.
“Mamma
tornerà dopo ore ed ore e mi troverà ancora qui, immobile” sbuffò la ragazza.
“E’
stata carina a lasciarci soli, visto che da quel che mi hai detto sono il primo
amico che porti a casa” osservò il ragazzo, fingendo un tono casuale nonostante
la frase fosse ben mirata ad uno scopo.
“Non
è che sei il primo, voglio dire, sei il primo amico che viene a trovarmi da solo”.
“Ne
sono onorato. Dopo andiamo al cinema?” aggiunse, improvvisamente più allegro.
Marie
annuì, pensando agli stereotipi delle ragazze che vanno al cinema con un
ragazzo, vedono un horror e si riparano sulla spalla dell’altro, salvo poi
finire a pomiciare nel giro di pochi minuti e ignorare il film.
Lei
non era una di quelle, no, lei adorava gli horror e non poteva lasciare la sala
senza aver visto ogni minimo secondo della pellicola. Come avrebbe fatto
altrimenti a commentarlo dopo e a scrivere una dettagliatissima recensione con
tutti i pro e i contro?
Joseph
voleva solo vedere un film, ne era convinta, non doveva assolutamente
preoccuparsi!
Certo,
le scriveva dei messaggi carini, avevano fatto tante passeggiate e lo aveva incluso
nella serata “Prendi in giro Scientificamente i Classici della letteratura” con
suo padre, ma non c’era altro.
“Cosa
vediamo?”.
“Non
lo so, decidiamo lì, che dici?”.
“Cosa?
Ma sei impazzito per caso? Andare al cinema senza aver letto tutte le trame dei
film presenti e ignorando le recensioni? Io non ho tempo da perdere!” esclamò
Marie, muovendosi in modo da far protestare il ragazzo.
“Ok,
ok, dopo lo scegliamo!”.
“Dopo?
Scusami, sono già le cinque, a che ora vuoi andare? E’ un’operazione che
richiede ore!”.
Joseph
sospirò, si protrasse alla destra della tela e guardò Marie, lo sguardo acceso
e determinato e le labbra incrinate. Sembrava buffa ma era molto carina, pensò.
“Dieci
minuti e ho finito, su!”.
“Va
bene...”.
Amy
varcò la soglia dell’appartamento di Sheldon e Leonard e sorrise in direzione
del primo, notando l’assenza del coinquilino.
“Leonard
è in lavanderia a fare il bucato” disse subito Sheldon, comprendendo la domanda
inespressa della donna.
“Capisco.
Marie è al cinema con Joseph, le ha fatto un bel ritratto, sai?” lo informò la
moglie, sorridendo, mentre posava la borsa.
Sheldon
trattenne il respiro e la guardò come se avesse detto una cosa oltraggiosa.
“Al
cinema? Ma ti rendi conto? Mandi nostra figlia appena diciannovenne al cinema con un ragazzo?!”.
Allibita,
Amy lo fissò, senza capire. “Al cinema, Sheldon. Cinema. E’ un luogo pubblico e...”.
“Sì,
lo so, eppure ciò non ci ha impiedito di pomiciare selvaggiamente, qualche
settimana prima di procreare” le ricordò Sheldon, puntandole l’indice contro.
Contro
ogni previsione, Amy rise, per poi annuire.
“Mi
ricordo eccome! Mi sentivo così ribelle... Io che baciavo un ragazzo di cui ero
pazza in un cinema, fu una serata meravigliosa. Tu mi comprasti i pop corn e me
li porgesti in un modo così gentile che pensai “Sposerò lui, ne sono sicura, mi
guarda in un modo che mi fa sentire speciale”, sai?”.
“Amy
stavamo parlando di Marie...” le fece notare Sheldon, tuttavia raddolcito al
solo ricordo.
“E’
adulta e non ha mai baciato un ragazzo, dai! Sa quello che fa ed è
responsabile!” gli ricordò Amy.
Sheldon
alzò gli occhi al cielo e sbuffò, per poi avvicinarci a Amy.
“E
va bene, ma quel Joseph deve solo osare fare mezzo passo falso e userò le mie
conoscenze della fisica contro di lui!” sbottò.
La
donna annuì, rassegnata.
“Sì,
certo. Vedi, io provavo a farti ricordare il passato per parlare di noi e cambi
argomento. Sono paziente ma così perdiamo tempo” gli fece notare, prendendo le
mani tra le sue.
“Cosa
dovrei dirti, Amy, che fu una serata bellissima? Lo fu, davvero. Ma penso che
il passato che ci tocca rinvangare sia quello degli ultimi anni” le ricordò.
Amy
annuì, sospirando.
“Sì,
hai ragione. Scusami, è che questa situazione mi manda in tilt, voglio farmi
perdonare ma allo stesso tempo mi manchi. So di non avere alcuna voce in
capitolo ma... Lascia che te lo dica, mi manchi, e guardare quel divano mi
distrae perché mi fa ricordare ciò che abbiamo fatto una decina di giorni fa”.
“Amy...”.
“Sì,
lo so, sono sempre la solita. Posso almeno solo abbracciarti, per favore?”
chiese, accarezzandogli il viso con dolcezza.
Non
ebbe alcuna risposta verbale, semplicemente si sentì avvolgere dalla braccia
dell’uomo, così appoggiò la testa sul suo petto e si lasciò cullare dalla
stretta, sentendosi a casa come ogni volta che si verificava un’azione simile.
Sheldon
le accarezzò i capelli lentamente, per poi posare il mento sulla sua testa
mentre continuava a tenerla tra le braccia.
“Io
vorrei davvero tornare alla normalità senza problemi, solo che ho paura. Magari
un giorno mi sveglio e scopro che te ne sei fuggita di nuovo e... Non potrei
reggerlo” ammise, dando voce ai suoi pensieri più profondi, quello che lo
tenevano sveglio la notte.
Amy
alzò il capo senza sciogliere l’abbraccio e appoggiò le mani sul viso di
Sheldon, guardandolo dritto negli occhi.
“Come
potrei abbandonarti? L’ultimo mese è stato folle, l’ho trascorso dandomi della
stupida e sperando di tornare indietro di anni! Ho sempre sperato di non averti
fatto soffrire tantissimo e ho sbagliato, ma posso giurarti che sapere il tuo
dolore mi ha reso una donna consapevole dei suoi errori. Ora mi tocca scontarli
ed è giusto che sia così, ma non ti ferirò più, lo prometto” disse, sapendo di
star esprimendo qualcosa che aveva già detto molte volte ultimamente.
Aveva
deciso che glielo avrebbe ripetuto fino allo sfinimento pur di rassicurarlo.
Suo
malgrado, Sheldon sorrise e avvicinò il suo volto a quello di Amy, cercando le
sue labbra e dicendo mentalmente addio alla rigidità che si era imposto. Aveva
bisogno di baciarla, un bacio non poteva non migliorare la situazione, no?
Amy
accolse il bacio con calore, ancora stretta – se non di più – a lui, beandosi
di quel contatto più pronfondo rispetto alla formalità degli ultimi giorni.
Starsene
così, stretti l’uno all’altra, era la cosa più bella del mondo, e quando si
separarono, senza sapere perché, scoppiarono a ridere, come due ragazzini
inesperti.
Forse,
in fondo, non sarebbero mai, mai cresciuti
del tutto.
Penny
fissò il foglio che aveva tra le mani e si sforzò di essere forte e di non
piangere, così guardò il calice di vino che aveva riempito in caso di
“emergenza”, lo afferrò e ne bevve un sorso, lentamente.
Gustò
il sapore della bevanda e poi si accoccolò meglio sul divano, le gambe piegate
contro il busto.
La
lettera era stata onesta, gentile, piena di sensi di colpa, non era di certo
qualcosa a cui era abituata.
Lei
era quella a cui si diceva “Non sei tu, sono io”, “Sei fantastica ma voglio
stare da solo al momento”, “Non voglio impegnarmi, ti farei soffrire”, magari tramite
sms o addirittura un subdolo social network.
La
lettera era sempre qualcosa di scritto, ma in maniera differente, era qualcosa
che richiedeva più impegno e sincerità e da una parte preferì quel gesto ad un
incontro faccia a faccia: non voleva farsi vedere in lacrime, vulnerabile e
triste.
Tecnicamente
il contenuto non le era nuovo, aveva immaginato tutto; era la lettera di un
uomo, un padre, un marito che aveva trascorso degli anni difficili e che aveva
trovato un po’ di serenità in lei, salvo poi comprendere di amare perdutamente
la moglie, la cattiva della situazione ai suoi occhi.
L’aveva
ringraziata per tutte le volte che lo aveva fatto ridere, si scusava per i
momenti in cui lui non era stato il massimo, le ricordava che grazie a lei lui
e Marie avevano vissuto dei momenti felici dopo i vari problemi familiari e
ammetteva di odiarsi ancora per ciò che le aveva fatto perché non era quel tipo
di uomo.
“Ho sempre creduto solo
ed esclusivamente nella scienza finché non ho incontrato Amy e gli occhi di mia
figlia, sai? Non voglio fare il sentimentale nè giustificarmi, ma ormai ho
capito che ciò che provo per Amy è un qualcosa che non proverò in futuro con
un’altra persona. Ci siamo trovati bene, ma penso tu abbia notato che ero
solito non prendere mai l’iniziativa... Ora ho capito perché, scusami. Sono
sicuro che, anche se ora ti sembra assurdo, troverai molto presto la persona
perfetta per te, quella che ti fa dimenticare del resto del mondo anche sei hai
una memoria eidetica. La cosa che più mi dispiace è aver rovinato il rapporto
con una vicina simpatica e intelligente che non crede che il Bosone di Higgs
sia il nome di un piatto Irlandese. Scusami.
So di non meritare il
tuo perdono, posso solo chiederti di provare a comprendere un po’ la situazione
e, magari, in futuro, scusarmi.
Ti auguro il meglio, te
lo meriti.
S.L.C.”
La
lettera finiva così.
“Sì,
Dottor Sheldon Cooper, l’amore della mia vita è proprio dietro l’angolo, sì,
certo, ora esco di casa e lo incontrerò! Maledizione, devo fare qualcosa o impazzirò!”
sbottò la chimica, in uno stato di agitazione perenne.
Vuotò
il contenuto del bicchiere e si precipitò fuori l’appartamento, chiudendo la
porta con uno scatto.
Di
fronte a lei, Leonard usciva a sua volta di casa con una cesta per i panni
sporchi in mano.
“Oh,
ciao Leonard. Che bello incontrare il coinquilino davvero intelligente” disse, sarcastica.
Leonard
si bloccò nel vederla e poi le sorrise timidamente.
“Non
ti chiederò come stai ma, se ti va, puoi parlarne con me. Sono la persona
adatta con cui sparlare di Sheldon Cooper, te lo assicuro!” propose, facendole
l’occhiolino.
Suo
malgrado Penny ridacchiò, poi annuì.
“Ti
faccio compagnia, allora”.
“Bene,
sono pronto ad ascoltarti!”.
Era
ormai il secondo tempo e il film volgeva verso la fine, anche se ormai il
giudizio di Marie era stato fatto: non era nulla di che.
Certo,
il fatto che Joseph al suo lato non facesse altro che agitarsi e muoversi ogni
tre secondi non la aiutava a concentrarsi, così, non potendone più, si girò
verso destra e sbottò: “La vuoi smettere? Perché ti muovi ogni tre secondi?”.
Joseph
esitò, poi prese un bel respiro e guardò a sua volta verso di lei.
“E’
che... Volevo provare a... Prenderti per mano, ma non avevo il coraggio”
ammise, imbarazzato, per poi abbassare lo sguardo e vedere la mano di Marie
poggiata sul poggia braccia della sedia.
Deciso
come non mai, l’afferrò e la strinse tra la sua, sperando che non risultasse
sudaticcia e disgustosa.
Marie
sobbalzò a quel contatto, per certi versi le sembrava più intimo di un abbraccio,
ma notò che alla fine non le dispiaceva affatto nonostante odiasse quei tipi di
contatti con la gente.
Non
sapendo cosa fare, così, disse: “Ci voleva tanto?” con un tono un po’ brusco,
ma appena si voltò, senza volerlo, sorrise.
Era
piacevole, strano, sentiva lo stomaco sussultare e le mani sudate, cosa che le
faceva pensare all’amuchina che aveva in borsa e che per cause di forza
maggiore non poteva usare per la prima volta in vita sua.
Contro
ogni previsione, il film smise di interessarle, si disse che dopotutto non è
che fosse nulla di che ma faceva davvero schifo, così si voltò e beccò Joseph
che la fissava, come se fosse lei la protagonista per lui.
“Non... Non vedi il film?” domandò, sussurrando e
avvicinandosi un po’ di più per farsi sentire visto che la protagonista stava
urlando, inseguita da un serial killer.
“Posso
essere onesto?”.
“Sì”.
“Odio
il film e volevo semplicemente fare qualcosa con te, in realtà. E’.... E’ bello
vederti mentre ti concentri e guardi lo schermo” rivelò. “Nel caso non l’avessi
capito, mi piaci” ammise poi, come se fosse una cosa correlata al discorso.
“Cosa?”
domandò Marie, visto che la protagonista, una certa Mindy, urlava come una
forsennata mentre correva per le campagne isolate del Texas.
Josh
sospirò. “Lascia stare...”.
“Joseph,
non sento nulla, questa pazza urla e...” provò a dire, ma si bloccò, non
potendo dire altro a causa delle labbra di Josh che si erano posate con
delicatezza sulle sue.
Era
una sensazione nuova visto che era la prima volta che le succedeva e aveva zero
esperienza, le sembrava che la sala le stesse girando intorno e lo stomaco
proprio non volesse saperne di fermarsi nel girare e girare e girare...
Quando
Joseph si allontanò, Mindy aveva smesso di urlare, così provò a dire: “Era per
dirti che mi piaci, tanto” per giustificarsi. Era così imbarazzato che si
scompigliò i capelli con una mano, senza sapere bene cosa fare.
Ancora
sorpresa, Marie annuì, guardando altrove.
“Beh,
immagino sia... Reciproco, sì” borbottò, sentendo il viso in fiamme, prima di
voltarsi verso lo schermo.
“Uh,
Mindy è morta. Sappi che dovrai comprarmi il dvd e farmi vedere la scena che mi
hai fatto perdere!” sbottò, un po’ più animata anche se la sua testa vagava
altrove, sul profumo di Joseph, le sue labbra soffici e l’approssimativo numero
di secondi in cui le loro labbra erano state incollate.
Dal
canto suo, Joseph sorrise, continuando a guardarla di nascosto: forse la prima
battaglia era vinta.
“La
parte peggiore, poi, è stata sentire mia sorella e doverle dire di essere stata
mollata” sbottò Penny, mentre piegava una delle magliette di Leonard.
Lui
l’aveva pregata di non farlo ma aveva insistito visto che fare qualcosa la
distraeva.
“Perché,
scusa? Tecnicamente l’hai mollato tu” ragionò Leonard, provando ad
incoraggiarla in qualche modo.
“Perché
mi ha tradito. Meglio dire di essere stata mollata che, come si suol dire in
gergo, cornificata. Sono stufa, stufa
di sentirmi dire sempre le stesse cose! Che sono io il problema, che morirò
sola... Dovresti saperlo, idiota di una sorella, che tuo marito mi ha palpato
il sedere... Il giorno del vostro matrimonio!” urlò Penny, inveendo contro il
muro e gettando una maglia per terra con una forza enorme. “Scusa, scusa, te la
laverò di nuovo, scusa, io...”.
“Ma
no, figurati, Penny, tranquilla, puoi... Penny...!”.
Il
cuore di Leonard si sciolse nel vedere quella fantastica creatura piangere, il
volto nascosto dai capelli, le spalle sussultanti a causa dei singhiozzi...
Come
si poteva farle del male?
Sembrava
una donna cazzuta ma in quell’istante Leonard comprese che non lasciava che nessuno
vedesse le sue fragilità e che l’unico testimone delle sue lacrime fosse il suo
letto insieme al suo divano.
Odiò
Sheldon per ciò che aveva scaturito nella vita di quella donna, vederla in
quello stato era tremendo.
Le
si avvicinò e le appoggiò una mano sulla spalla con cautela.
“Penny
è tutto ok, piangi quanto vuoi, resterà tra noi. Sai, io sono un vero
piagnucolone, specialmente se si tratta di film animati come Toy Story! E non
come te, che piangi per cose reali e vissute sulla tua pelle, sono proprio un
disastro!” sussurrò.
Vederla
sorridere tra le lacrime fu un sollievo, così le sorrise.
“Ti
capisco, davvero. Le tue lacrime al momento non sono dovute solo al presente ma
soprattutto a tutto ciò che hai vissuto fino ad ora. Il passato non è mai passato
finché un’azione presente ce lo ricorda, si somma agli altri momenti negativi e
ci travolge... Posso capirlo, davvero Penny, sfogati” aggiunse lentamente,
sperando di infonderle fiducia.
Penny
alzò lo sguardo e lo fissò, incredula.
“Tu...
Come hai fatto? Cioè, hai descritto come mi sento, io non sto così solo per lui
ma perché sono stufa di tutte le delusioni... Voglio dire, allora sono normale,
nessuno mi capisce mai e mi prendono tutti per pazza!” esclamò, asciugandosi le
lacrime con il polso.
“Sei
normalissima, fidati. E’ il tuo ex che non lo è, te lo assicuro” ridacchiò
Leonard. “Quando vorrai potrai sfogarti con me, promesso” si offrì, serio più
che mai.
Penny
sorrise tra le lacrime e annuì. “Grazie, davvero” sussurrò, per poi
abbracciarlo, sentendo di aver trovato una persona in grado di capirla senza
guardarla come se fosse pazza.
“E’
stato un bel film” disse Joseph, ormai arrivato fuori al palazzo dove abitava
Marie, con le mani nelle tasche dei jeans e un sorrisino che la contava lunga.
Marie
lo guardò, incredula, tanto che rise.
“Ma
se non lo hai guardato...” puntualizzò.
“Ne
ho guardato uno tutto mio e mi è piaciuto” si corresse Joseph, scrollando le
spalle e prendendo le mani della ragazza tra le sue.
“Qual
era il titolo?” indagò lei, spinta dalla voglia di comprendere lo status delle
cose dopo quelle ore trascorse insieme.
“Beh,
“Quando c’è chimica tra un fisico e una
chimica”, direi” azzardò, sperando di non ricevere un ceffone o un
rimprovero.
“Non
mi piace, mi ricorda mio padre e la sua ex Penny che sono a loro volta un
fisico e una chimica. Propongo... “L’estate
del mio primo bacio”, no?”.
“Ma
esiste già!”.
“Davvero?”.
“Sì,
ma immagino non ti interessi il genere. Era sul serio il pr...?”.
“Joseph,
non renderlo imbarazzante, ok? Lo so, sono adulta, ma...”.
Marie
era rossissima in viso, era buffa con i capelli un po’ gonfi e gli occhiali che
quasi le andavano di traverso tanto che era agitata.
“E’
stato un onore e spero sia stata un’esperienza speciale” l’interruppe Joseph,
appoggiando una mano sul suo viso.
“Direi
di sì visto che è successo mentre Mindy urlava e... Ok, sì, era speciale”
asserì infine, incrociando lo sguardo con quelli del ragazzo di fronte a lei.
Joseph
sorrise e sospirò.
“Vorrei
rifarlo ma tuo padre ci sta guardando...” aggiunse, decisamente intimorito dal
pensiero di Sheldon Cooper che lo ammazzava in mille modi improbabili,
togliendo subito la mano dal viso della ragazza.
“Potremmo
rimandare a domani” propose Marie, incredula per ciò che aveva appena asserito.
Vergognandosi,
così, si allontanò qualche passo e salutò con la mano Joseph, che la guardò
allontanarsi con un sorriso ebete stampato in faccia.
Tornare
a casa e vedere i suoi genitori che parlavano civilmente era sempre bello,
soprattutto perché non era abituata a una cosa simile.
Trovarli
intenti nel guardare la tv o bere una tazza di thé era rasserenante, la
facevano sentire al sicuro, protetta, oltre che amata come non mai.
Si
era così abituata nelle settimane di quella calda estate che la sera del
quindici agosto che, quando tornò a casa, con sommo stupore e incredulità notò
che suo padre era paonazzo, con il telefono in mano e l’aria preoccupata.
Non
lo vedeva così dall’inizio dell’estate, ormai era sempre sereno e sorridente
come non mai, simbolo del fatto che in quei tre mesi le cose si fossero evolute
in positivo.
“Papà,
è successo qualcosa?” domandò, senza capire.
Giusto
cinque giorni prima aveva festeggiato con loro il primo mese di “pace”, oltre
che il primo mese da diciannovenne.
“Tua
madre è scomparsa” sentenziò l’uomo, portandosi una mano sul viso e respirando
forte.
“Che
cosa?!”.
“Sì,
Marie, tua madre è scomparsa! Sono preoccupato, ieri a cena non si sentiva
bene, era pallida e ha vomitato il pranzo e non la sento da ieri sera, non
risponde alle mie telefonate, non è a casa sua, i vicini non l’hanno vista
uscire...” urlò Sheldon, quasi senza fiato. “Non capisco, non abbiamo litigato,
anzi, avevamo appena stabilito che le cose stessero andando bene, che avevamo
chiarito tante cose e che doveva chiamare l’avvocato per annullare il
divorzio... Forse ci ha ripensato...”.
Marie
corse verso l’uomo e scosse il capo, decisa, perché non voleva nemmeno pensare
a qualcosa di negativo.
Andava
tutto bene, si disse, sembravano sul serio una semplice famiglia felice e non
era successo nulla di negativo!
“Papà,
no, forse è un caso! Provo a chiamarla io, fammi sciacquare il viso che fa un
caldo assurdo e risolviamo la cosa” disse, correndo verso il bagno, più che
altro per nascondersi e non mostrare la sua faccia preoccupata.
Non poteva succedere di nuovo, no!
Che fine avevano fatto i sensi di
colpa di sua madre per averli abbandonati, la sua gioia nello stare di nuovo in
loro compagnia e la serenità nell’essere di nuovo uniti?
Era
come vivere un flashback, sul serio, non poteva verificarsi di nuovo! Le cose
andavano bene, no? Perché sua madre si era allontanata?
Si
appoggiò sulla vasca per riflettere ma non ci riuscì, presa dalla paura.
Notò
alcune lacrime di nervosismo, così prese la carta igienica e si asciugò gli
occhi visto che il padre non doveva assolutamente pensare che lei si stesse
preoccupando.
Per
nascondere ogni prova, prese il fazzoletto usato e lo gettò nel cestino, salvo
poi bloccarsi, senza fiato, quando vide il contenuto.
Da
sola sulla spiaggia al tramonto – il momento che preferiva – Amy guardava
l’orizzonte.
Il
cielo era luminoso ma allo stesso tempo opaco e la cosa la attirava decisamente
perché sembrava la sua vita, apparentemente semplice ma con le sue ombre.
Quando
il cellulare le vibrò si lasciò scappare un sospiro, pensando che fosse
l’ennesimo sms di Sheldon, eppure fu sorpresa di vedere che era da parte di sua
figlia.
Ho
capito tutto, fuggire non serve a nulla, sii onesta, dimmi dove sei!
Si
immobilizzò, la gola improvvisamente secca, ed ebbe la sensazione che,
dopotutto, la vita è un cerchio che si ripete all’infinito finché non decidiamo
di smettere di percorrerlo.
*°*°*°*
Ma
salve!
Capitolo
nuovo, problemi nuovi!
Il
tempo scorre velocemente e siamo a fine agosto, mentre all’inizio eravamo verso
il dieci giugno.
E’
stata un’estate movimentata e ora vedremo come terminerà, eheh.
Nel
prossimo capitolo torna Raj!
Non
commento nulla, sono curiosa di sapere le vostre reazioni e vi chiedo cosa
credete che sia successo ad Amy ed il perché della fuga.
Ecco
qualche spoiler dal penultimo capitolo (eh sì, siamo quasi alla fine D: )
“Tu...
Mi hai organizzato una sorta di appuntamento?” domandò, le mani sui fianchi,
indispettita.
“No,
no, tesoro, no, davvero...”.
Non
credendolo, Bernadette utilizzò la sua agilità per prendere il telefono,
sbloccò lo schermo e guardò ciò che stava scioccando il marito, salvo poi
rimanere scioccata a sua volta.
Grazie
a chi continua a seguirmi! <3
A
mercoledì,
milly.
|
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Capitolo 10 *** Belle e Brutte Notizie ***
10
Capitolo
10
Belle
e Brutte Sorprese
Il
cervello di Marie era decisamente sopraffatto dall’enorme quantità di
informazioni che aveva appreso in meno di dieci minuti.
Suo
padre stava dando di matto perché sua madre era scomparsa, lei si stava
agitando a sua volta perché ora che la sua famiglia sembrava star raggiungendo
la serenità dopo tanto un enorme nuvolone di pioggia rischiava di far crollare
tutto e così era andata in bagno per celare il suo stato di panico imminente.
Lì
aveva pianto per il nervosismo e dopo aver usato della carta igienica e averla
gettata nel cestino aveva notato un oggetto inusuale, che non aveva mai visto
dal vivo.
Una
striscia di plastica bianca, con un display digitale e la scritta “Incinta di
cinque settimane”.
Per
la prima volta in vita sua vedeva un test di gravidanza e il suo cervello aveva
fatto ciò che le riusciva meglio quando era in uno stato di shock: elaborare,
fare calcoli, provare a rispondere a delle domande.
L’unica
donna che aveva messo piede in quella casa oltre lei dall’ultima volta che
aveva cambiato l’immondizia nel cestino era sua madre, la donna che in effetti
cinque settimane prima, durante la festa per i suoi diciannove anni, era andata
a letto con suo padre.
Era
incinta.
Sua
madre era incinta, aveva fatto il test con uno di quei bastoncini super
tecnologici, quindi probabilmente era un’informazione sicura e lei aveva
reagito scappando!
Forse
non era scappata, forse voleva sicuramente del tempo per pensare...
L’idea
le fece girare la testa, eppure non riuscì a resistere e le inviò un messaggio,
a cui ebbe stranamente una risposta rapida:
Non voglio creare
casini di nuovo ora che siamo vicine. Se ti va vieni a River’s Beach ma non
dirlo a tuo padre, qualsiasi cosa tu abbia capito. Per favore, ho bisogno di un
po’ di tempo.
Cosa
fare?
Apprezzava
la fiducia di sua madre nel dirle dove si trovava, significava molto per lei
visti i loro trascorsi burrascosi, solo che voleva anche rassicurare suo padre.
Analizzando
rapidamente il tutto, le sembrava di capire che forse sua madre voleva semplicemente
un po’ di tempo per riflettere e non sfuggire dalle sue responsabilità.
Non
riuscendo ad esitare ulteriormente, così, si sciacquò il viso e tornò in
soggiorno, dove vide suo padre seduto sul suo amato posto che teneva in mano...
Un anello.
Un
anello d’oro, sottile, che aveva visto per anni ed anni sull’anulare sinistro
di sua madre.
Sheldon
avvertì i suoi passi e alzò lo sguardo, con una strana aria, tra il misterioso
e il preoccupato.
“Avevo
intenzione di ridarlo a tua madre, stasera. Me lo restituì tre anni fa e volevo
chiederle di... Marie, onestamente, ho sbagliato qualcosa? Credevo fossimo
felici, avessimo appianato le nostre divergenze, per questo avevo pensato di
chiederle di rinnovare i nostri voti prima del tuo ritorno al college!” disse
rapidamente il fisico.
In
quell’istante Marie comprese di dover agire in fretta e furia per non rovinare
tutto.
Possibile
che il destino fosse così assurdo e bastardo?
Suo
padre aveva sposato sua madre in seguito alla gravidanza improvvisa oltre che
per amore e ora che lei scopriva di essere incinta di nuovo lui, senza saperlo,
voleva ridarle quell’anello.
Doveva
sbrigarsi, agire, trovare una via d’azione che non danneggiasse nessuno.
Se
fosse stata nei panni di sua madre cosa avrebbe voluto, oltre starsene in pace
per un po’?
Di
certo non dire all’uomo che si ama di essere incinta e ritrovarsi un anello
come conseguenza per la seconda volta!
Quindi
le bastò guardare la faccenda al contrario, prendere un bel respiro e dire: “So
dove è mamma, stai tranquillo, non voleva assolutamente lasciarci altrimenti
non mi avrebbe risposto, no? Ora la raggiungiamo, ma devi promettermi di
chiederle di rinnovare i voti subito”.
Sheldon
esitò, da una parte felice, dall’altra confuso.
“Perché
tu sai dov’è ed io no? E perché devo...”.
“Papà,
capirai tutto, ok?! Per favore” lo supplicò Marie, avvicinandosi ed
abbracciandolo di slancio, sperando che andasse tutto bene per una volta.
Leonard
prese il bicchiere di vino bianco che Penny gli aveva appena porto e le sorrise
apertamente, visto che adorava la prospettiva di passare qualche ora in sua
compagnia.
Ormai
si vedevano tutti i giorni, condividevano pensieri, racconti quotidiani e del
passato, come fanno di solito gli amici.
“Sai,
forse la Caltech non mi assumerà per l’inizio delle lezioni, a settembre”
rivelò preoccupata Penny, accomodandosi al suo fianco sul divano.
“E
perché?”.
“E’
il venti agosto e non mi hanno detto
nulla, ho le ultime quattro lezioni e il corso sarà terminato. Forse non ne
hanno parlato bene” mormorò, dispiaciuta. “Forse il mio umore negativo mi ha
reso una pessima insegnante”.
“Ma
no! Marie ne parla benissimo, potrei chiederle di...”.
“Leonard,
Marie è dolcissima ma ho chiuso con i Cooper, davvero” lo bloccò subito la
chimica, ponendo le mani avanti. “Ogni cosa andrà come deve andare, lascerò che
il mio lavoro parli per me e se non andrà bene, ho un piano di riserva in
Florida”.
Leonard
quasi fece cadere il bicchiere per terra quando udì ciò, così la guardò,
preoccupato.
“Florida?”.
“Sì,
c’è uno studio di ricerca che vorrebbe assumermi e devo confermare entro il
trentuno” rivelò Penny. “Comunque... Basta parlare di cose noiose, Bernadette
mi ha invitato da lei stasera, vuoi venire? C’è anche Howard” disse, con un
tono casuale, come se ciò non fosse stato meditato.
Tuttavia,
per Leonard ciò subito aprì una porticina con la speranza come destinazione,
così si illuminò.
“A
cena con una coppia...?”.
“Beh,
sì, sono nostri amici, non ti va?”.
“Sì,
certo! Per-perfetto, davvero. A che ora?”.
“Tra
un’oretta, più o meno”.
Leonard
annuì, un po’ più animato ma allo stesso tempo agitato davanti alla prospettiva
di andare da un suo amico e sua moglie con la ragazza che gli piaceva.
Joseph
si affrettò a raggiungere casa Cooper e non ebbe nemmeno il tempo di parcheggiare
perché vide Marie e Sheldon che andavano incontro la sua macchina, con una
strana aria frettolosa ma comunque preoccupata.
Lui
e Marie avrebbero dovuto andare a cena fuori – dopo un mese di uscite e qualche
bacio pensava di chiederle di essere la sua ragazza – ma tutto era saltato
quando lei gli aveva parlato di un’urgentissima emergenza familiare.
Pensò
a quanto fosse strana la vita: un giorno stai studiando le teorie di Sheldon
Lee Cooper per l’esame di fisica teorica e quello dopo lo conosci, esci con sua
figlia e scopri che lui è un casino vivente con le donne.
“Dove
dobbiamo andare?” chiese quindi, deciso a sapere qualcosa in più.
“River’s
Beach” rispose subito Marie, allacciando la cintura.
“Cosa?
In spiaggia? Ti ho detto che molto probabilmente sono allergico al sole, alla
tintarella e...”.
“Joseph
McKalligan, è un’emergenza, fidati che non andiamo lì a fare il bagno. Ed è il
tramonto, ormai, cavoli!” sbottò Marie. “Sei peggio di mio padre”.
“Se
è vera la statistica che conferma che le donne tendono a sposare una sorta di
copia del padre, posso già darti il benvenuto in famiglia” disse Sheldon, più
che altro per non pensare ai suoi problemi e a come affrontarli.
Al
momento pensare a un ragazzo che riesce ad accaparrarsi sua figlia era un
pensiero più gradevole rispetto alla fuga di Amy.
Perché
Marie gli aveva detto di dirle subito dell’anello e del rinnovo dei voti?
Perché
Amy aveva parlato con Marie e non con lui?
Gli
ultimi due mesi erano stati così caotici, pieni di novità e cambiamenti che gli
sembrava alquanto assurdo pensare alla domenica in cui Penny si era trasferita
di fronte a lui e Amy gli aveva chiesto il divorzio.
L’unica
cosa di cui era certo era che voleva tornare alla sua vita, quella che non aveva ancora vissuto, in cui lui e
sua moglie si svegliavano la mattina, facevano colazione insieme, andavano a
lavoro, tornavano a casa e chiamavano la loro bambina ormai al college tramite
Skype.
Il
solo pensiero lo riempiva di gioia, sapere che il prossimo autunno sarebbe
stato gioioso e non colmo di solitudine e nostalgia come il precedente era un
vero e proprio toccasana.
Non
vedeva l’ora di porre definitivamente fine ai suoi giorni da marito
abbandonato, voleva vivere con Amy, fianco a fianco, progettare con lei ogni
cosa da vivere insieme e far stare tranquilla sua figlia, farla partire senza
pensieri e felice per la piega positiva che le cose stavano prendendo.
Quando
arrivarono a River’s Beach bastarono pochi minuti per trovare Amy, la quale se
ne stava seduta poco prima della riva, con un lungo prendisole bianco e un
foulard azzurro cielo per ripararsi dal lieve venticello che le scompigliava i
capelli.
Se
ne stava immobile, fin troppo assorta nei suoi pensieri, come se nulla potesse
turbarla.
Nel
vederla così, Sheldon notò il cuore accelerare e poi decelerare, per poi
voltarsi verso sua figlia, quasi con aria incerta e preoccupata.
Sentiva
di star vivendo un momento importante della sua vita, cruciale, che non avrebbe
dimenticato mai, nonostante non sapesse cosa gli sarebbe capitato di lì a
breve.
“Vai,
dalle l’anello, poi di sicuro saprai tutto” lo incoraggiò la figlia,
accarezzandogli il braccio. “Noi siamo qui”.
L’uomo
annuì e poi, prima lentamente, poi a passo svelto, andò in direzione di quella
che sempre era stata e continuava a ritenere la sua donna.
Amy
era lì, così assorta e pensierosa che non lo sentì nemmeno arrivare.
“Amy”
la chiamò quando si trovò alla sua destra. “Amy!” la richiamò, per poi decidere
di combattere il suo odio per tutto ciò che riguardava la sabbia e sedersi al
suo fianco.
Le
prese la mano e la vide sobbalzare nel momento in cui lo notò.
“Sheldon!
Che ci fai...?”.
“Dovrei
essere io quello che fa domande, qui! Marie mi ha detto dov’eri ma non il
perché! Possibile, Amy, che con la tua fuga tu abbia rovinato il mio perfetto
piano per stasera?” esclamò, stringendo la sua mano con più forza.
Amy
si voltò totalmente verso di lui, lo sguardo colpevole.
“Marie
non ti ha detto nulla?” insistè.
“No,
cosa avrebbe dovuto dirmi? Amy, ero pronto per stasera, io...”.
Sheldon
iniziò a frugare in tasca e ne estrasse una scatolina blu che lei aveva già
visto anni fa.
“Io
volevo ridarti l’anello e chiederti di rinnovare i voti prima del ritorno di
Marie ad Harvard! E’ più di un mese che ci siamo riavvicinati e...”.
“Aspetta,
aspetta” lo fermò Amy, portandosi una mano alla bocca. “Tu...”. Prese la
scatolina, la aprì e rivide l’anello di fidanzamento che lui le aveva dato
diciassette anni prima e che non vedeva da ormai tre anni. “Tu non sai nulla e volevi chiedermi di rinnovare i
voti, stasera?” domandò, incredula come non mai, il volto quasi trasfigurato
dall’emozione.
“Cosa
dovrei sapere? Insomma, non capisco...” sbottò Sheldon, chiedendosi sul serio
cosa fosse successo di così rilevante.
Amy
prese l’anello, lo rigirò tra le dita e sorrise.
Finalmente
le cose, stranamente, andavano per il verso giusto!
Si
erano rivisti nelle ultime settimane, avevano appianato le loro divergenze e
lui le stava porgendo un anello senza sapere della gravidanza.
“Sì,
voglio rinnovare i voti e tornare ad essere normalmente tua moglie, Sheldon Lee
Cooper. Ti amo, tanto, e non vedo l’ora di recuperare il tempo perso” rivelò,
con le lacrime agli occhi per l’emozione.
Incredulo
ma decisamente felice, Sheldon prese l’anello e lo infilò all’anulare della
donna, rivivendo un’emozione provata per l’ultima volta anni ed anni prima.
Dopotutto,
forse la vita è sul serio fatta di batute d’arresto e riprese, è un percorso
dove tutto sembra orribile e poi, un po’ per caso e un po’ per fortuna, tutto torna
al posto giusto e a splendere, forse ancora più di prima.
“Anche
io. Ti amo, Amy” rivelò lui, baciandola.
Lei
ricambiò il bacio, poi lo guardò, un po’ colpevole.
“La
mia non era una fuga, sarei tornata a casa domani” disse, guardando l’anello e
poi il marito.
“Ma
perché sei scomparsa? Perché hai risposto a Marie e non a me?” insistè lui. “Ti
ho messo un anello al dito per la seconda, anzi, terza volta in vita mia eppure
continui a sfuggirmi!”.
Amy
si lasciò scappare una risata nervosa prima di annuire.
“Perché
Marie probabilmente ha capito tutto e negarle queste informazioni sarebbe stato
un grande passo indietro nel nostro rapporto”.
“Ma
cosa ha capito Marie che a me è sfuggito?”.
Amy
accarezzò il braccio del marito, il viso, i capelli, prese un bel respiro,
fissò i suoi occhi e sorrise seppur terrorizzata nel suo intimo per ciò che
sarebbe successo da lì a qualche secondo.
“Ricordi
cosa abbiamo fatto alla festa di Marie, sul divano del soggiorno?” chiese.
“Mi
prendi in giro? Ovvio che...”.
“Ecco”
lo interruppe. “Per varie cure non prendo la pillola da due anni e tu, se non
ricordo bene, non hai usato nessuna precauzione”.
Sheldon
esitò, ricordando gli avvenimenti di quella sera.
No,
non aveva usato nulla, troppo preso da ciò che stava accadendo. Aveva
dimenticato di star tradendo una donna, figuriamoci di correre in camera a
prendere delle precauzioni...
Annuì
infine. “Amy...” disse poi, deglutendo.
Era
la seconda volta che lei faceva un discorso simile, era molto nel suo stile
fare un discorso logico, spiegando le cause per farlo giungere agli effetti.
Anche
quasi venti anni prima aveva fatto così, e anche se non portava più
l’apparecchio ed era adulta, sembrava quasi la stessa.
Così,
Amy annuì a sua volta, consapevole.
“Sì,
Sheldon, abbiamo trentacinque anni suonati eppure cinque settimane fa non siamo
stati responsabili, avrei dovuto dirti che non prendevo più la pillola ma ero
così presa e felice che non ci ho pensato e... Sono incinta, Sheldon. Di cinque
settimane, c’è scritto anche sul test. Me lo hanno confermato in clinica. Io so
che potresti avere dei dubbi sulla paternità ma l’ultimo ragazzo con cui sono
stato prima di te era a inizio giugno e...”.
“Amy,
scherzi? Non oserei mettere in dubbio una cosa simile! E... Tu aspetti un
bambino! Abbiamo una figlia al college e ne abbiamo fatto un altro la notte del
suo compleanno!”.
Sheldon
fissava Amy, mentre elaborava il tutto.
Spostò
lo sguardo sul mare, poi verso Marie e Joseph, a una ventina di metri di
distanza, poi verso il cielo, verso le sue scarpe...
“Ero
scappata per metabolizzare la cosa prima di dirtelo. Non mi avevi chiesto
ancora di tornare insieme ufficialmente e temevo che ciò significasse costringerti
di nuovo a stare con me...”.
Sheldon
si voltò di scatto verso Amy e d’istinto le poggiò una mano sul viso,
accarezzandola.
“Costringermi?
Amy, dopo anni stiamo ancora a questo? Certo, la nostra tempistica fa schifo
ma... Ecco perché Marie mi ha consigliato di darti subito l’anello, così non
avresti pensato che l’ho fatto per la gravidanza! Quella furbastra! Marie!”
urlò poi, voltandosi verso la ragazza. “Vieni!”.
Marie,
che aveva appena immortalato il romantico momento dell’anello grazie al cellulare
di ultima generazione ricevuto dai genitori per il compleanno, prese un bel
respiro e si scusò con Joseph, andando rapidamente in direzione della coppia.
“Avevo
capito bene...?” domandò, esitante. “Sei incinta?”.
La
madre la guardò, le accarezzò i capelli e sorrise, annuendo. “Se va tutto bene,
per Pasqua non sarai più figlia unica. Hai capito tutto e hai fatto agire papà
subito in modo che non pensassi che... Non ho parole, tesoro, io... Vieni
qui...”.
Amy
aveva le lacrime agli occhi e strinse la sua bambina, così Sheldon fece lo
stesso e si aggiunse all’abbraccio, stringendo forte le sue donne che
finalmente erano in sintonia come non mai.
Il
pensiero di dover salutare Marie a breve lo rendeva triste come non mai perché
non avrebbe visto il pancione crescere e vissuto tutto il processo precedente
alla nascita del bambino, così le strinse ancora più forte, sperando di
conservare questo ricordo per i momenti di nostalgia.
“Ciao,
Bernie!”.
“Ciao!
Oh, hai portato Leonard”.
Bernadette
guardò l’amico con un’espressione strana, come se fosse una sorta di macchia su
una camicia super bianca.
“Sì,
tutto ok?” domandò il fisico sperimentale, senza capire.
“Ciao,
Pe... Oh, Leonard, ci sei anche tu” disse Howard, entrando nell’ingresso e
notando a sua volta l’amico con un certo sgomento.
Confuso,
Leonard guardò la coppia. “Penny mi ha invitato, non capisco la vostra
sorpresa” si giustificò.
“Infatti,
ragazzi, cosa...?”.
“Ragazzi,
tutto bene?”.
Un
ragazzo indiano entrò a sua volta nella stanza e guardò prima i padroni di
casa, poi Penny, e sorrise improvvisamente a trentadue denti.
“Ciao,
io sono Raj, Bernadette ha detto che mi avrebbe presentato una bella bionda e
devo dire che è stata di parola” si presentò, alquanto entusiasta, porgendole
la mano.
Penny
sgranò gli occhi e guardò l’amica, alquanto senza parole.
“Tu...
Mi hai organizzato una sorta di appuntamento?” domandò, le mani sui fianchi,
indispettita.
Bernadette
sorrise, imbarazzata, ed annuì.
“Ho
conosciuto Raj in palestra, è un istruttore, è simpatico, tu sei simpatica,
siete entrambi affascinanti, single e...”.
“E
quindi io non c’entro nulla, qui, stasera. Ciao ragazzi, buona serata” sbottò
Leonard, alquanto ferito.
Si
era confidato con Howard, oltre che con Sheldon, quindi lui sapeva della sua
cotta per la chimica e non riusciva a credere che avesse deciso di presentarle
uno con cui lui non aveva alcuna chance di vincere.
Raj
era perfetto, bello, palestrato, esotico, con un accento affascinante, mentre
lui a confronto era uno di quei minuscoli soldatini con cui i bambini giocano per
un po’ prima di passare ai giochi più divertenti.
Infatti
Howard lo guardò e mimò un imbarazzato “Mi dispiace!” mentre Penny continuava a
guardare torva Bernadette.
“Un
mese fa sono stata tradita ed umiliata, non ho bisogno di un’amica che prova a
sistemarmi con uno sconosciuto!” esclamò.
“Ma
Penny, era solo per farti passare una serata diversa...”.
La
chimica la guardò con aria di sfida, incrociò le braccia e infine annuì, per
poi afferrare Leonard con un braccio.
“Ok
ma il mio amico cena qui con noi” esclamò.
“Penny,
ti ringrazio ma non ho bisogno della tue pietà, divertiti” esclamò Leonard,
alquanto arrabbiato.
“Se
te ne vai, me ne vado anche io!”.
“Su”
s’intromise Bernadette, guardandoli. “Venite, il pollo è pronto!”.
Marie
entrò nel soggiorno di casa sua, dove trovò Joseph seduto sul divano, in
attesa.
La
guardò, sorridente, perché indossava un abito rosso lungo fino al ginocchio e
le solite converse, solo che questa volta erano quelle nuove che Amy aveva
insistito nel comprare a sua figlia perché si ostinava a indossare quelle
vecchie e logorate di sempre.
“Sei
bellissima” esclamò, mentre la vedeva sedersi al suo fianco.
Lei
sorrise, pensando quanto fosse strano sentirsi dire una cosa simile da un
ragazzo e non da uno dei suoi parenti.
“Avrei
voluto indossarne uno arancio, sai, questa era la settimana in cui ogni giorno
mi vestivo come uno dei colori dell’arcobaleno per festeggiare le unioni
omosessuali accettate in tutti gli Stati Uniti, ma mamma ha insistito, ha detto
che questa era un’occasione speciale. Quindi per rispettare la tabella di
marcia, stanotte indosserò un pigiama arancio, anche se significherà indossare
il pigiama del lunedì e non del venerdì e...”.
“Marie,
tu sei pazza...”.
“Eh...?”.
“Sto
dicendo che sei pazza eppure... Te l’ho detto tante volte” insistè Joseph,
prendendo la mano della ragazza tra le sue, “Mi piaci da morire e... Vuoi
essere la mia ragazza?” chiese, ad occhi chiusi per la paura del responso.
Senza
fiato, Marie lo guardò, senza riuscire ad articolare nessun suono.
Lui
era lì di fronte a lei, impacciato, imbranato, con gli occhiali che quasi
scivolavano dal suo naso per l’eccessivo sudore causato dall’imbarazzo e la
vergogna, eppure pensò che la sua vita era più colorata da quando quello strano
ma gentile, affettuoso, romantico fisico teorico era entrato nella sua vita.
“Apri
gli occhi” disse, seppur sussurrando.
Lui,
timoroso, obbedì lentamente, giusto in tempo per vederla annuire.
“Sì?”
chiese, incredulo, sorridendo.
“Forse
da dove vieni annuire ha un significato diverso? Sì, scemo!” esclamò lei,
rossissima in volto, sentendosi strana nel dire quella semplice parolina che
però, forse, avrebbe cambiato tutto.
“Sì!
Ho... Ho una ragazza, allora, sono il ragazzo del Dottor Sheldon Lee Cooper, è
fantastica ed è la mia ragazza!” disse Joseph, incredulo.
Guardò
Marie prima di accostare il viso a suo e baciarla con dolcezza, appoggiando le
mani sul suo volto, come per non farla scappare.
Marie
ricambiò il bacio, felice, pensando che solo poco tempo prima tutto ciò era
impensabile.
Forse
quel sito d’incontri ci aveva visto giusto, perché nessuno le aveva fatto
battere il cuore in quel modo, nemmeno la lettera di ammissione ad Harvard, se
possibile.
“CHE-COSA-STATE-FACENDO?”.
La
neo coppia sobbalzò con uno scatto di paura e notò che Sheldon li stava
fissando, lo sguardo scioccato e incredulo.
“Che
succede?” esclamò Amy alle sue spalle, preoccupata.
“Lui...
Lui baciava la nostra bambina! Come osi, eh? Io...”.
“Papà,
lui è il mio fidanzato da circa due minuti quindi smettila. Ti ricordo che
torneremo ad Harvard insieme, sai?” lo sfidò Marie, alzandosi e prendendo la
mano destra del ragazzo.
Paonazzo,
Sheldon si portò una mano alla bocca.
“Sono
fidanzati da due minuti e già si baciano, figurati cosa faranno in una
settimana e al college, da soli... Amy, perchè non ci trasferiam...”.
“Tesoro,
calma, c’è un nuovo bambino in arrivo e ti consentirò di gettare tutta la tua
ansia su di lui, ok?” gli consentì Amy, parlando lentamente.
Sheldon
chiuse gli occhi e prese un bel respiro.
“E
se è femmina un giorno arriverà un Joseph che me la porterà via...”.
“Ok,
direi tutti a cena, ok? Si festeggia!” lo interruppe Amy, dandogli un bacio
sulla guancia con un grande schiocco, per poi voltarsi e fare l’occhiolino e un
segno di approvazione verso i ragazzi.
Leonard
non aveva più fame e si scusò con Bernadette per aver lasciato alcune parti di
pollo e delle patate.
Nonostante
il primo impatto non fosse stato positivo, Penny si stava divertendo ascoltando
i racconti di Raj.
Lui
sembrava sicuro di sè, divertente, con mille storie diverse, tutto ciò che una
come lei avrebbe apprezzato.
Ci hai provato,
Leonard, ma lei ti vedrà sempre come un amico, si disse, in
preda allo sconforto.
Così,
bevve un ultimo sorso d’acqua, guardò il cellulare e disse: “Ragazzi, scusate
ma è tardi, ho delle cose da fare prima di domani”, alzandosi con uno scatto.
Penny
si voltò e lo guardò. “Cosa? Ma sono solo le dieci!”.
“Devo
rispondere ad alcune email per delle questioni di lavoro. Tanto ti lascio in
buona compagnia, no? Era tutto ottimo, .Bernadette, buon proseguimento,
ragazzi”.
Strinse
la mano di Howard ed uscì con Bernadette che lo seguì, dispiaciuta.
“Leonard,
io...”.
“Sei
solo una buona amica, grazie ancora per la cena” la liquidò, aprendo da solo la
porta ed uscendo rapidamente.
Un
po’ in colpa, Bernadette iniziò a pensare che forse aveva commesso un errore
nel reclutare Raj per quella sorta di doppio appuntamento.
Leonard
sembrava davvero pazzo di Penny, la rispettava, la sosteneva...
Pensando
a un modo di farsi perdonare, decise di tornare in cucina per servire il dolce,
ma appena mise piede nella stanza notò qualcosa di diverso.
Howard
fissava il cellulare, impietrito, e Penny e Raj sembravano aver notato quella
strana espressione.
“Amore,
cosa è successo?” domandò quindi, preoccupata.
Howard
alzò lo sguardo, scrollò le spalle e fece uno strano sorriso contorto.
“Niente,
niente, continuate pure, io... Mi assento un secondo, vado in bagno...”.
“Cosa?
Howard, mi nascondi qualcosa?” esclamò la donna. “Hai controllato il saldo della
carta di credito e...”.
“No,
no, tesoro, no, davvero...”.
Non
credendolo, Bernadette utilizzò la sua agilità per prendere il telefono,
sbloccò lo schermo e guardò ciò che stava scioccando il marito, salvo poi
rimanere scioccata a sua volta.
Era
un messaggio di Marie con una foto che ritraeva Sheldon ed Amy abbracciati, con
lei che metteva in mostra un anello.
“Zio
Howard, è con grande gioia che annunciamo a te e Bernadette che papà e mamma
hanno deciso di riconfermare i voti questa domenica. In più, preparati,
diventerai di nuovo zio... Mamma è incinta!”
Non
riuscendo a contenere lo stupore, Bernadette spalancò la bocca e poi guardò
meccanicamente in direzione di Penny.
“Perchè
guardi me? Oh, no! C’entra Sheldon, vero?” sbottò la bionda, facendo due più
due.
Senza
pensarci, prese il telefono dalle mani dell’amica con aria furiosa e fissò il
display, incredula, con Raj al suo fianco.
“E’
incinta?” esclamò in un sussurro, incredula.
Raj,
dal canto suo, urlò improvvisamente, spiazzando tutti.
“Ehi,
amico, che ti urli?” sbottò Howard senza capire, temendo una reazione furiosa
di Penny, non una sua quasi atterrita.
Raj
si alzò, si portò le mani alla testa e la scosse rapidamente, come chi sta
vivendo un incubo.
“Quella
è Amy! Ho avuto una storia con lei fino a due mesi fa! E adesso è incinta!”.
A
quella notizia, la cucina sarebbe piombata nel silenzio più totale se non fosse
stato per le urla dell’indiano.
*°*°*°*
Taaaaadaaaan.
Che
dire, scrivere questo capitolo mi ha emozionato non poco e allo stesso tempo mi
sono divertita. Siamo alle battute finali e il prossimo capitolo (che devo
ancora scrivere, sigh) sarà l’ultimo.
Vi
è piaciuto il modo in cui ho inserito Raj di
nuovo? Bernadette va in palestra e, non sapendo nulla della questione
Raj/Amy, lo invita a cena per fargli conscere Penny.
I
Josmarie sono ormai una coppia e a Sheldon ciò non va giù, da gran gelosone
qual è. E Amy è incinta, sì! Ho lasciato indizi ovvi nello scorso capitolo
quindi credo abbiate indovinato tutti.
Che
dire, niente spoiler perchè il capitolo è da scrivere, ma spero che questo vi
sia piaciuto :D
A
presto (spero!),
milly.
|
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Capitolo 11 *** Siamo una Famiglia ***
11
Godetevi
l'ultimo capitolo e l'Epilogo :D
In occasione della fine, ecco un semplice banner in cui vi mostro come immagino Marie (Jessica Stroup).
Buona Lettura ^_^
Capitolo
11
Siamo
una Famiglia
Visto
che tutti erano impietriti dalla recente scoperta, per Raj non fu
difficile
tenere il cellulare in mano senza restituirlo e provare a fare qualcosa
che
potesse aiutarlo a risolvere la situazione: comprendendo che si
trattasse di
una nipote di Howard, scrisse come
risposta: “Che bello, dove siete che vengo a farvi gli auguri
di persona?”.
Aveva
appena inviato il messaggio, paonazzo, ansioso, sotto lo sguardo
attonito di
tutti, quando notò la foto della mittente e il suo nome.
Era
una ragazza bruna, con dei profondi occhi blu celati da degli occhiali
scuri e
la pelle chiarissima...
“Ditemi
che sto sognando” esclamò poi, con le mani che gli
tremavano tanto che gli ci
volle uno sforzo immane per non far cadere il cellulare dalle sue mani.
Tutti
sembravano troppo timorosi per osare chiedere cosa stesse succedendo,
ancora
spaventati dal precedente eccesso di urla, tranne Penny che non
esitò prima di
togliergli il cellulare dalle mani e leggere meglio il tutto.
Scoppiò
in una risata vuota, spaventosa, per poi sedersi su una sedia e
passarsi le
mani tra i capelli, scompigliandoli un bel po’.
“E
fu così che Marie ebbe un fratellino!”
esclamò, falsamente felice e battendo
addirittura le mani.
Raj
la guardò, ancora più paonazzo, deglutendo.
“Quindi...
Quella del messaggio si chiama Marie? Marie è la
figlia...”.
“Giusto,
tu eri l’istruttore di Marie! E... Scusami tu ti vedevi con... sua madre, Amy?”
provò a ragionare
Bernadette, sentendo di aver dato vita ad una sorta di cena con
delitto.
Il
suo tono si sforzava di essere carino e comprensivo, quando in
realtà le
sembrava di non capirci nulla.
Raj
la guardò, portandosi le mani nei capelli e respirando
affannosamente.
“Sono
stato tre mesi con Amy, fino a giugno, ma ci vedevamo solo per...
Insomma, non
sapevo nulla di lei, ho scoperto del suo matrimonio per caso, quando
una
ragazza ha trovato la sua carta di identità negli
spogliatoi, così l’ho
mollata... E ho conosciuto quella che apparentemente è sua
figlia e ci ho anche
provato con lei, ma mi ha rifiutato!”.
“L’ho
sempre detto che Marie ha più giudizio di sua madre,
dopotutto è una mia
alunna” ironizzò Penny, a cui sembrava di essere
finita in una sorta di messa
in scena del teatro dell’assurdo.
Prese
la bottiglia di vino e iniziò a bere un generoso sorso senza
nemmeno versare il
tutto nel bicchiere, bevendo direttamente dalla bottiglia. Si
pulì le labbra
con il polso e rise di nuovo, mentre Bernadette e Howard studiavano la
sua
reazione senza parole.
“Amica
mia, dovresti sapere che il mio tipo ideale deve avere come primo
requisito il
non avere avuto una relazione con Amy e non averla
ingravidata” disse, ironica
ma acida allo stesso tempo.
“Penny,
dai, Raj sta dando di matto ma credo che il figlio sia di
Sheldon!”.
“Che
ne sai? Lo ha preso in giro mille volte, mentire sulla
paternità non sarà
difficile!”.
Mentre
discutevano, l’indiano riprese il cellulare e lesse la
risposta di Marie.
“Stiamo
festeggiando al “Living”,
venite per il dolce, ci fa piacere!”.
Non
ragionando, pensò di dover subito affrontare la situazione e
approfittò della
discussione per svignarsela. Conosceva quel ristorante, era a un paio
di
chilometri da lì, ci avrebbe messo poco ad arrivare...
“Amico,
dove corri?” lo fermò Howard, l’unico
che se ne era stato zitto ed immobile
fino a quel momento.
Fermò
l’istrutture per il braccio e notò quanto fosse
sudato e accaldato, con
un’espressione alquanto sconvolta.
“Dove
pensi che stia andando? A scoprire la verità, no?”
sbottò, liberandosi dalla
sua presa usando un minimo di forza e percorrendo rapidamente
l’ingresso.
“Raj,
ragiona, io non credo che il bambino sia tuo e...”.
“Che
ne sai?”.
“Senti”
provò a fermarlo Howard, mettendosi davanti la porta anche
se temeva la forza
di quel ragazzo muscoloso e di sicuro abituato a sollevare pesi anche
maggiori
della sua massa corporea. “Hai detto che tra te ed Amy non
c’è stato nulla di
serio, era una cosa fisica e l’hai mollata appena hai saputo
la verità su di
lei, quindi dubito ci siano dei sentimenti in ballo. Se fosse stato tuo
ti
avrebbe avvisato, no? Sta per rinnovare i voti con il marito,
finalmente le
cose vanno bene e non credo tu debba sconvolgere le cose! Al massimo
tra nove
mesi ti mando la foto del bambino e se sarà mulatto beh,
faremo due più
due...”.
“Ma
ti senti quando parli? Sei scemo per caso?” urlò
Raj, gli occhi quasi fuori
dalle orbite.
“Ehi,
sono la prima a dare dell’idiota a mio marito ma per una
volta ha ragione, di
sicuro Amy te ne avrebbe parlato!” s’intromise
Bernadette, che se ne stava alle
loro spalle con Penny, la quale si lasciò scappare una
risata sarcastica.
“E
tu, Penny” aggiunse la microbiologa, voltandosi verso
l’amica, “Per favore,
evita di fare questi versetti stupidi. Hai il cuore spezzato,
sì, Amy ha
commesso degli errori, decisamente sì, ma non credo possa
ingannare suo
marito!”.
“Ma
ti senti? Erano sposati e si è fatta mezza Beverly Hills, se
non tutta!”.
“Ehi,
io sono di Pasadena centro” disse Raj.
Penny
socchiuse gli occhi, come per invocare la pazienza che non aveva
più, e quando
li riaprì si rivoltò verso Bernadette.
“Sul
serio, uno più scemo non potevi presentarmelo. Grazie per la
serata e la cena,
ma penso che per me il divertimento
finisca qui” esclamò, tornando rapidamente in
cucina per prendere la borsa.
“Ci
ho provato almeno” sussurrò l’amica,
scrollando le spalle. “Penny” aggiunse,
mentre la guardava chiudere la borsa con un’aria alquanto
sbattuta, “Io credo
che... Per me conosci già un uomo che ti rispetta e ti adora
come meriti, apri
gli occhi. Non parlo di quello scemo di Raj, ovviamente”.
“Il
postino? Sai, mi controlla sempre le tette ed è gentilissimo
come non mai”
sbottò sarcastica la donna, per poi avviarsi verso
l’ingresso. “Non ci provare
più a sistemarmi con qualcuno, davvero” aggiunse,
per poi spostare Howard dalla
porta con un minimo sforzo ed uscendo, senza salutare nessuno.
La
cena era stata deliziosa, proprio come l’atmosfera e
l’allegria che aleggiavano
al tavolo 11.
Marie
non poteva essere più felice nel vedere i suoi genitori
ridere e abbracciarsi e
avvertire Joseph che le prendeva di nascosto la mano sotto al tavolo
per
stringerla, come per dirle che lui era lì e non
l’avrebbe abbandonata.
Inoltre,
l’idea di sapere che la primavera successiva non sarebbe
più stata figlia unica
la elettrizzava: sperava fosse un maschietto, così ci
sarebbero state più
possibilità nel farlo appassionare ai film di genere sci-fi
e avrebbe potuto
giocare ai Lego con lui, anche se una sorellina con queste stesse
passioni non
era male.
Era
triste nel dover tornare ad Harvard, certo, ma sua madre le aveva
appena
promesso di comprarle un biglietto aereo una volta al mese,
così sarebbe
tornata in California spesso e avrebbe visto il pancione crescere con i
suoi
stessi occhi e non solo tramite il monitor di un computer.
“Dovremmo
decidere come organizzarci per domenica, mancano solo quattro
giorni!” disse la
ragazza, mentre assaggiava
la sua
deliziosa cheesecake.
Amy
annuì mentre masticava un pezzo della sua doppia porzione di
torta al
cioccolato con glassa fatta di cioccolato bianco.
Sì
pulì le labbra con un fazzoletto e le sorrise apertamente.
“Ovviamente la mia
damigella d’onore sei tu!” esclamò.
Marie
esitò, non solo perché quelle due paroline
evocavano il triste ricordo di un
abito sfarzoso e tacchi dolorosissimi, ma anche perché aveva
pensato a quella
situazione poco prima e quel ruolo, nella sua mente, era ricoperto da
un’altra
persona.
“Ti
ringrazio, mamma, ma credo tu debba chiederlo a
una persona che lo merita di più, molto di
più di me” disse.
“E
chi può meritarlo più di mia figlia?”.
“Bernadette”.
La
risposta era uscita dalla bocca di Sheldon, il quale rispose con aria
di
ovvietà.
Amy
lo guardò, un po’ stupita, e lui annuì.
“Quando...
Insomma, nei momenti difficili Bernadette è sempre stata
presente, è venuta con
me e Leonard ad Harvard ad accompagnare Marie, le ha fatto compagnia,
le ha
dato mille consigli, ma soprattuto è riuscita dove io non
potevo, preso dal...
Momento difficile” spiegò.
Amy
deglutì e prese un bel respiro, portandosi una mano alla
tempia.
“Che
sciocca che sono, non l’ho mai ringraziata! E’
stata lei a farti da madre per
tre anni, ricordo quando in palestra mi dicesti che avevate fatto
shopping, ti
ha convinto ad andare in palestra...” si
autocommiserò, posando la forchetta
con uno scatto.
“Sono
stati dei mesi intensi, è tutto ok” la
rassicurò la figlia, sorridendole.
“No!
Ero così presa dal volere mettere tutto al suo posto con voi
che ho dimenticato
il resto e...”.
“AMY!”.
Fu
interrotta dal suo nome urlato per tutta la sala, tanto che
sobbalzò,
spaventata.
Sheldon
si guardò intorno, mentre Marie e Joseph si voltarono,
giusto in tempo per
vedere Raj correre per la sala, seguito da Howard e Bernadette.
“Raj?”
dissero in coro madre e figlia, alquanto sconcertate.
“Chi
è Raj?” chiesero in coro a loro volta Sheldon e
Joseph.
“Un
ex di mamma che ci ha provato anche con me” disse Marie,
decisa a non creare
problemi con Joseph sin dal primo giorno insieme.
“CHE
COSA?!” urlò Sheldon, mentre Joseph sembrava
tramortito.
“Non
è come sembra, è che... Oh, si sta
avvicinando!” squittì Amy, scioccata da
quell’improvvisa apparizione.
“Amy,
sii onesta, il bambino è mio? Potrebbe essere dopotutto, sii
sincera, devo
saperlo!” urlò l’istruttore, tutto
sudato e attirando le occhiate di tutti i
tavoli vicini, senza nemmeno salutare.
Sheldon
si alzò di scatto ed Amy lo imitò, alquanto
sconcertata.
“Come
osi interrompere una cena con la mia famiglia? E cosa ne sai
tu...?”.
“Era
a cena da noi perché volevamo fargli conoscere Penny, ha
visto il messaggio che
Marie ha inviato a Howard e... Insomma, smentisci così si
dà pace” spiegò
Bernadette, a disagio per quella figuraccia che stavano facendo con il
resto
del ristorante.
“Qualcuno
mi spiega...?” sbottò Sheldon, alquanto irritato.
“Cioè, mia figlia ha detto
che ci hai provato anche con lei!”.
“Calma,
bello, non sapevo che fossero madre e figlia! Sono stato con Amy da
marzo a
giugno e...”.
“Gli
ho mentito, non gli ho detto di essere sposata e di avere una figlia,
Marie ci
ha visti e quando ha trovato la mia carta
d’identità nello spogliatoio l’ha
fatta recapitare a Raj che, scoperto tutto, mi ha mollata ed
è scomparso, salvo
poi fare lo scemo con Marie prima ad una festa e poi in palestra. Marie
si è
sentita in colpa, è venuta da me, mi ha detto tutto e ci
siamo chiarite”
riassunse Amy rapidamente. “Il figlio non è tuo,
Raj! Sono più di due mesi che
non ti vedo e sono incinta di mio marito, di
sole cinque settimane. Ora vattene!”.
“Come
posso crederti? Mi hai già mentito una volta...”.
Amy
rise, sprezzante, guardandolo male, mentre Sheldon sembrava indeciso
sul da
farsi. Guardava Marie, poi Raj poi sua moglie, chiedendosi il
perché di quelle
informazioni nascoste.
“Scusami,
hai saputo che ho una figlia e sei scappato, vuoi dirmi che anche se il
bambino
fosse tuo cambierebbe qualcosa?” lo sfidò,
puntandogli l’indice destro contro.
“Ma
che c’entra, io...”.
“C’entra,
idiota! Hai una bella faccia tosta a correre qui dopo ciò
che hai fatto! Per
tua informazione...”, rovistò nella borsa e ne
estrasse dei documenti, quelli
che le aveva dato la sua dottoressa
quella mattina, “Qui c’è scritto tutto.
Il figlio è di mio marito, tu non
c’entri nulla”.
Raj
prese il foglio e lesse le varie informazioni che in effetti
confermavano ciò
che Amy aveva detto. Cinque settimane prima lui era in Europa, a
Parigi,
impegnato con circa tre francesi diverse e a bere spumante scadente
tutte le
sere.
“Ok.
Dovevo essere certo... Insomma, tu mi avevi detto di aver smesso con la
pillola
e magari...”.
“Ok,
basta parlare della situazione intima di mia moglie, ti
dispiace?” sbottò
Sheldon. “L’hai lasciata quando hai saputo che era
una madre, credevi non fosse
adatta ad un idiota come te? E hai anche osato provarci con mia figlia!
Non ho
mai fatto una cosa del genere ma...” senza rifletterci gli
diede un pugno,
dritto sul naso, anche se gli costò decisamente fin troppo
dolore alla mano.
“Ahia!
Ma sei pazzo? Sono un istruttore, potrei ridurre la tua faccia
rinsecchita in
polpette in tre secondi!” urlò Raj, le mani sul
naso, anche se per fortuna la
forza del fisico teorico era pochissima.
“E
io sono un fisico teorico, potrei...”.
“Amico,
insomma, sappiamo tutti che ti metterebbe k.o.! Basta! Piantatela, Amy
è
incinta, il figlio è di Sheldon e quindi non hai
più motivo di stare qui!”
s’intromise Howard, frapponendosi coraggiosamente tra i due.
Ancora
con le mani sul naso, Raj guardò Sheldon con
un’occhiata torva, prima di
annuire.
“Allora...
Addio. Marie, penso tu abbia capito che non mi interessavi sul serio ma
avevo
voglia di fare qualcosa di leggero con una teenager...”.
“Sappi
che sta per arrivarti un altro pugno e non sarà
leggero!” urlò Joseph,
sorpassando Marie e usando tutto il suo coraggio per non correre ai
ripari di
fronte ad un uomo muscoloso ed allenato.
“Ah,
immagino sia il tuo ragazzo. Ho capito, volevo solo essere chiaro.
Ciao, vado a
brindare al fatto di non diventare padre” disse infine,
voltandosi verso Howard
e Bernadette. “Dite a quella Penny che mi sembra nevrotica e
che non voglio
rivederla”.
“Non
ce ne sarà bisogno, mi ha detto che sei un idiota e non
vuole rivederti. Ora
vattene” gli impose la microbiologa, indicandogli
l’uscita con aria categorica.
Raj
sospirò ed uscì, optando per il silenzio,
lasciando il gruppetto di amici in
pace.
“Ragazzi,
mi dispiace, ma è stata una coincidenza, non ne sapevamo
nulla...” disse
l’ingegnere, mortificato per quel siparietto.
“Perché
io non ne sapevo nulla?” sbottò Sheldon.
Era
assurdo, gli sembrava che tutto fosse finalmente al suo posto e poi
tornava un
ex di sua moglie a rovinare tutto, ricordandogli le avventure passate
della
donna.
“Mi
avevi detto di non voler sapere i nomi dei ragazzi con cui sono uscita,
ricordi?” disse Amy, spaventata perché temeva una
lite.
“Sì,
ma questo era importante, cioè, è anche a causa
sua che tu e Marie vi siete
chiarite! E lui ha osato fare lo scemo con mia figlia!”
aggiunse, stringendo i
pugni.
“Potrebbe
consolarti sapere che l’ho gettato in piscina, alla festa
della palestra?”
chiese Marie.
“No,
tanto di sicuro sa nuotare” sbottò Joseph,
indignato quanto Sheldon.
“Ehi,
scusate, ma voi due... Insomma, vi vedo... Vicini...” li
interruppe Howard,
improvvisamente curioso.
Marie
sorrise e, senza dire nulla, abbracciò colui che considerava
uno zio a tutti
gli effetti.
“Stiamo
insieme, quest’anno il regalo più bello
è stato il tuo, oltre il fratello che
pare sia stato concepito proprio durante la festa” disse,
ridacchiando.
“Ne
sono felice, Marie, mi sembra ok. Insomma, ho chattato con lui prima
della
festa e non mi ha chiesto nemmeno una volta un selfie senza
intimo”.
Mentre
parlavano, Amy vide suo marito allontanarsi ed andare verso
l’uscita.
Poteva
comprenderlo, dopotutto, lei si era logorata l’anima quando
aveva saputo di
Penny... Così
decise di concedergli
qualche minuto e si avvicinò a Bernadette, invitando lei e
il marito a sedersi
e offrendo loro da bere e il dessert.
“E
Sheldon...?” chiese l’amica, preoccupata, guardando
verso l’uscita.
“Voglio
lasciarlo in santa pace per un po’, non sono nella posizione
di assillarlo.
Senti, volevo dirti una cosa” aggiunse, schiarendosi la voce.
“Dimmi”.
Amy
sorrise in direzione della bionda e le accarezzò il braccio
con dolcezza,
mentre Howard e i ragazzi ridacchiavano tra loro.
“Volevo
ringraziarti. Ti sei sempre presa cura di Marie, mi hai aperto gli
occhi tante
volte e come una
stupida non ti ho mai
detto nulla. Sei stata una mamma per lei, più presente di me
negli ultimi anni
e... Sarei onorata di averti come damigella d’onore domenica,
quando
rinnoveremo i voti. Quando ci siamo sposati non ci conoscevamo ancora,
ma di
certo saresti stata una damigella migliore di Missy” disse la
donna, sperando
di riuscire a far comprendere sul serio la sua gratitudine verso quella
donnina
dalla voce un pochino stridula ma che aveva un cuore d’oro.
“Ti sei anche presa
cura di Penny dopo che Sheldon le ha spezzato il cuore a causa mia,
davvero,
non so come ricambiare!”.
Bernadette
sorrise e, come faceva sempre nei momenti più particolari,
si aggiustò gli
occhiali sul naso e guardò l’amica.
“L’ho
fatto con il cuore, Marie è una ragazza fantastica e
dopotutto l’hai cresciuta
tu, io le sono solo stata vicino ma anche lei è stata
importante per me... Ha
un po’ sostituito quell’amica che ho un
po’ perso di vista perché aveva alcune
questioni irrisolte con se stessa” disse.
“Quell’amica
se ne è pentita, ma è meglio che tu non
l’abbia vista in certi momenti, triste,
ubriaca e sola in un pub mentre fingeva anche fino a dieci anni in
meno”.
“Ti
avrei supportato, davvero. Promettimi che non ti vergognerai
più di te stessa”.
Amy
annuì e la abbracciò con calore, stringendola
forte.
“E
comunque ovvio che voglio essere la tua damigella
d’onore!” aggiunse
Bernadette, entusiasta.
“Per
ringraziarti domani andiamo nella boutique più chic e ti
compro l’abito più
bello”.
Bernadette
rise, sentendo che finalmente poteva dire di avere al suo fianco una
delle sue
amiche più care, dopo qualche anno di assenza.
Quando
Penny tornò a casa, vide che Leonard se ne stava seduto con
la schiena contro
la porta del suo appartamento, lo sguardo vago e l’aria un
po’ arrabbiata.
Era
stato sul terrazzo per godersi un po’ d’aria
fresca, poi, una volta tornato,
non aveva voglia di entrare in casa e ritrovarsi da solo, visto che
aveva
ricevuto il messaggio di Marie e sapeva che il suo migliore amico a
breve se ne
sarebbe andato di casa per tornare a vivere a tutti gli effetti con sua
moglie.
“Sei
tornata... Da sola...” osservò, mutando
l’espressione che divenne incredula.
La
donna lo guardò e, senza fare domande, prese posto di fronte
a lui.
“Era
un idiota. Amy
è incinta” aggiunse.
Leonard
annuì, passandosi una mano tra i capelli.
“Ho
ricevuto un messaggio da Marie mentre stavo tornando qui”.
“La
cosa buffa è che Howard ha ricevuto una foto dei piccioncini
con tanto di bella
notizia, io e Raj abbiamo letto il tutto e si è scoperto che
Raj è un ex amante
di Amy che teme di essere il padre del bambino. Cioè, ogni
uomo qui sembra aver
fatto sesso con quella donna!” esclamò la bionda,
con una risata sarcastica.
“Io
no, se può consolarti” disse Leonard, scrollando
le spalle. “Comunque... Non lo
negherò, sono felice per il mio amico, Marie ha sempre
voluto un fratellino, ma
mi dispiace vederti così, deve essere orribile”.
Penny
incrociò le gambe e si torturò le mani, guardando
altrove per non incrociare lo
sguardo dell’uomo di fronte a lei.
“Meglio
così, voglio dire, non ci penserò più,
è un segno del destino. Sono stufa, non
voglio più perdere bei momenti della mia vita per uno scemo
che mi ha tradito.
Mi sembra che mi stia sfuggendo qualcosa di bello, non lo so, come se
ci fosse
qualcosa ad aspettarmi ed io non me ne stia rendendo conto a causa
dell’amarezza che mi ha causato la precedente
relazione” esclamò. “Bernadette
mi ha detto che c’è un uomo che mi rispetta e mi
vuole bene e che non me ne
rendo conto” aggiunse.
Leonard
quasi si strozzò con la sua saliva udendo quelle parole,
così la guardò,
allarmato.
“Hai...
Hai qualche idea?” domandò, sentendo
improvvisamente la gola arida.
“Il
postino?” ironizzò la ragazza, decidendosi
finalmente a guardarlo in faccia.
“Seriamente, ho qualche collega
all’università ma a stento conosco i loro nomi,
ultimamente sto passando il mio tempo solo con t...e...”.
Penny
trattenne il fiato, come chi riesce a risolvere un indovinello
difficile dopo
tanto tempo, e guardò la reazione di Leonard, che sembrava
tramortito.
Abbassò
lo sguardo, a disagio, cosa che faceva sempre, ogni volta che veniva
rifiutato.
Era
quello il suo problema, credeva di essere sempre l’ultima
scelta, tanto da non
provare più nemmeno ad essere felice e a buttarsi in una
situazione.
Pensò
ad Howard, che non credeva di avere chances con la sua attuale moglie
eppure
era riuscito a conquistarla, a tutti i suoi amici che si gettavano in
nuove
relazioni senza pensarci... Mentre lui rimaneva così,
immobile, con tanti
ripensamenti e rimorsi, anno dopo anno.
Cosa
aveva da perdere? Doveva togliersi il dubbio, accidenti, essere amico
all’infinito di quella donna lo avrebbe logorato.
Non
riusciva a dire nulla, in preda al panico, così
provò ad agire, seppur
lentamente.
Avrebbe
agito poco a poco, così lei avrebbe avuto il tempo di
allontanarsi se avesse
voluto.
Si
mise a gattoni, gattonando verso di lei, fino a ritrovarsi faccia a
faccia con
la donna che da più di due mesi occupava i suoi pensieri.
Penny
era immobile, come una statua, sembrava semplicemente un po’
sorpresa ma non
spaventata.
Aveva
l’opportunità di allontanarsi, invece non lo aveva
ancora fatto, così,
lentamente, Leonard appoggiò le labbra sulle sue e, con sua
grande sorpresa,
non fu respinto.
Rimasero
così, lui in ginocchio, lei con le gambe incrociate, fuori i
loro appartamenti,
intrappolati in un bacio timido che li tenne uniti per qualche minuto.
Quando
Leonard si separò, le sorrise.
“Ci
sei arrivata, sono... Io. Ma non pretendo nulla, so che pensi ancora a
Sheldon
e...”.
“Nessuno
aveva messo al primo posto me e i miei sentimenti, Leonard”
osservò lei,
incredula.
Gli
poggiò le mani sul viso e gli sorrise.
La
guardava in un modo nuovo, come se fosse qualcosa di raro e prezioso, e
analizzò
l’ultimo mese trascorso in sua compagnia.
Era
stato difficile, sì, ma grazie a lui aveva anche sorriso e
aveva trovato una
persona che la comprendeva ad occhi chiusi.
“C’è
sempre una prima volta, immagino, anche quando non si è
più ragazzini” mormorò
Leonard, ancora incredulo per non essere stato respinto.
Lei
annuì, sorridendogli. “Nessuno mi ha mai guardato
come mi stai guardando tu. E’
una bella sensazione” ammise, per poi inginocchiarsi a sua
volta e appogiarsi
al suo petto, lasciandosi abbracciare con dolcezza.
Quando
Sheldon uscì dal bagno e si avvicinò al letto che
da ormai una settimana era
tornato a condividere con Amy, nell’appartamento di lei,
notò un foglio sul
cuscino.
“Cos’è?”
domandò, prendendolo e mostrandolo alla donna che se ne
stava seduta a leggere
un romanzo.
“La
lista degli uomini con cui sono stata durante la nostra pausa. Avrei
dovuto
dirti di Raj visto che è stato a causa sua che io e Marie
abbiamo parlato, hai
ragione, ma sono successe tante cose... Non te l’ho nascosto,
semplicemente non
è venuto fuori. Ero così presa da ciò
che è successo tra noi che ho smesso di
pensare al passato” spiegò la donna, sperando di
riuscire ad essere compresa.
“Forse suonerà stupido, ma quando ho compreso di
voler tornare con te tutto il
resto è scomparso, anche perché non ha mai avuto
importanza! Ora che stiamo per
iniziare di nuovo e ufficialmente una vita insieme con un un altro
bambino in
arrivo, voglio che non ci siano più drammi o problemi tra
noi. Puoi chiedermi
ciò che vuoi e sarò onesta” disse,
posando il libro sul comodino e guardando
l’uomo al suo fianco.
Sheldon
guardò la lista, esitante, per poi posare lo sguardo su Amy.
“Sono
uscito dal ristorante solo per metabolizzare tutto. Un conto
è sapere delle tue
relazioni, un conto è vederne la prova davanti ai miei
occhi, mentre stiamo
festeggiando. Mi ha fatto pensare... Beh, e se uno di loro si presenta
domenica
o in qualsiasi altro giorno? E... Non mi odiare, io mi fido di te, ma
mi sono
chiesto cosa avrei fatto se il bambino fosse stato di quel
tipo” disse
lentamente, dando voce ai suoi pensieri.
Temeva
la reazione della sua donna, che per fortuna non fu eccessiva o piena
di
collera.
Infatti,
Amy annuì
e si morse lievemente il
labbro inferiore.
“Lo
comprendo, sul serio, visto che so cosa significa dal momento in cui ho
visto
te e Penny insieme e non era affatto bello. Comprendo tutto, voglio che
tu sia
sicuro del rinnovo dei voti, questa volta siamo adulti, non abbiamo dei
genitori che ci guardano male perché abbiamo un figlio e
abbiamo tutto il tempo
del mondo. Se non te la senti, rimandiamo, davvero. Ho deciso che
domani
andremo dalla dottoressa per la prima ecografia, che dici?”.
“Amy,
ti credo, non ho bisogno della dottoressa per sapere che si tratta di
mio
figlio!”.
Amy
sorrise, togliendosi una ciocca di capelli dalla spalla.
“Lo
so, è che sono ansiosa di vederlo e non puoi mancare alla
prima ecografia,
anche se si tratterà di vedere un puntino di pochi
millimetri” esclamò,
improvvisamente eccitata, portandosi una mano sul grembo.
Vedendola
così raggiante ed entusiasta, Sheldon comprese che era
davvero tutto ok, tra
loro e in generale; Amy era sul serio al settimo cielo, sembrava aver
superato
le paure e tutto ciò che l’avevano fatta
allontanare visto che il pensiero di
essere di nuovo mamma la mandava in estasi e lui sapeva che qualsiasi
Raj non
avrebbe potuto competere con lui.
“Certo
che verrò, non me lo perderei per nulla al mondo.
Sarà bello vedere la
dottoressa che non ci scambia per i figli di tua madre, siamo grandi
ormai, possiamo
passare per genitori” ironizzò.
La
donna rise di cuore e si accoccolò contro il suo petto,
mentre lo vedeva aprire
la lista una volta per tutte.
“Uhm.
Sei nomi, credevo di peggio, e il primo risale a un anno dopo che te ne
sei
andata. Entrambi abbiamo avuto un numero di amanti di una sola cifra,
dai”
provò ad ironizzare, nonostante avesse voluto ammazzare quei
tipi con la
telecinesi, visto che quella sera era servita a dimostrare che con la
forza
fisica non era un granché.
“Il
più grande tra loro era James, aveva trentuno anni e gli
avevo detto di averne
ventisette. Ci credevano tutti, è
assurdo! Ero lusingata, ma quando tornavo a casa... Fidati, non voglio
più
sentirmi così, quella non ero io”
continuò la sua invettiva Amy, come se non
fosse sicura di essersi scusata del tutto.
“E’
tutto ok, questo è il tuo passato, ora dobbiamo solo pensare
al presente,
intesi? Sul serio, questa sera ci è servita per fare
ulteriore chiarezza, ma
ora basta, domenica rinnoviamo i voti,
domani vedremo il bambino per la prima volta e sono sicuro
che andrà
tutto bene” dichiarò Sheldon, appoggiando
lievemente la mano sul grembo della
donna.
“Ok”.
Amy
lo baciò dolcemente, poi la sua espressione
sembrò di nuovo preoccupata.
“Penny
ha saputo di noi e della gravidanza” disse poi.
“L’ho
sentito...” sussurrò Sheldon. “Spero si
senta meglio, il pensiero di farla
soffrire mi tortura ancora, sono stato un uomo orribile con
lei” rivelò.
“Potresti
dirglielo e controllare, magari apprezzerà”
tentò Amy, che a sua volta odiava
essere la donna che aveva strappato la felicità a
un’altra.
“Chiederò
a Leonard e se le cose vanno meglio le parlerò”
stabilì Shedon. “Non lo
ringrazierò mai abbastanza per essersi preso cura di
lei...”.
“Lo
sai che è cotta di lei, su, non sarà stato un
sacrificio!” ironizzò Amy.
Risero
entrambi, pensando a un futuro in cui Leonard riusciva a mettersi con
Penny e
il loro bambino scopriva che tecnicamente il suo papà stava
ancora con zia
Penny quando era stato concepito.
“...
Quindi grazie a tutti per aver seguito le mie lezioni, siete stati
grandiosi,
avete superato l’ultimo test brillantemente. Non mi piace
fare differenze, lo
sapete, ma volevo fare le mie congratulazioni a Marie Cooper per i suoi
continui interventi e per il voto finale, visto che non ha sbagliato
nulla
nell’ultimo test. Nell’ultimo mese ho avuto dei
problemi personali e spesso,
quando ero un po’ con la testa altrove, come avrete visto,
l’ho chiamata alla
cattedra per spiegare delle nozioni che tecnicamente tutti avreste
dovuto
sapere ma che a qualcuno sfuggivano. Senza saperlo, mi ha fatto da
assistente.
Grazie, Marie, dopo c’è questa pergamena che ti
spetta” disse Penny, due giorni
dopo.
Era
venerdì, l’ultima lezione del corso con grande
sorpresa di tutti perché Penny,
poche ore prima, era stata nominata insegnante ufficiale di Chimica
Nucleare e
doveva subito iniziare a lavorare ai programmi del nuovo anno
accademico.
Lo
aveva annunciato a inizio lezione e aveva già guadagnato i
primi iscritti
grazie agli studenti di Chimica della Caltech.
Marie,
sorpresa, sorrise in sua direzione, mentre tutta la classe si voltava a
squadrarla.
Era
vero, spesso era stata interrogata alla cattedra con domande specifiche
e fuori
programma, ma credeva che fosse una sorta di vendetta per
ciò che era successo
con suo padre, non una richiesta di aiuto.
“E’
stato un piacere, professoressa, la ringrazio” disse quindi,
lusingata ma non
tanto sorpresa visto che sapeva dalla prima lezione di essere la prima
della
classe.
La
campanella suonò pochi istanti dopo, così tutti
raccattarono le proprie cose e
salutarono brevemente la giovane insegnante, mentre, come al solito,
Marie si
attardava perché doveva mettere in ordine di colore tutte le
penne.
“Ti
aiuto, ormai te l’ho visto fare decine di volte” le
venne in soccorso Penny, prendendo
una penna.
“Ehm,
scusami ma non serve se lo fanno gli altri, devo farlo io, ma grazie
per il
pensiero” disse Marie, prendendo la penna e mettendola al suo
posto.
Penny
rise, pensando che Marie sembrava sempre la stessa di giugno, solo che
aveva qualche
problema in meno.
“Grazie
per le tue parole, non me le aspettavo” aggiunse, sistemando
le ultime.
“Erano
sincere. Inoltre, senza di te, tutto questo non ci sarebbe stato. Mi
hai fatto
raggiungere il numero sufficiente di iscritti e ora ho un lavoro
fisso!”
esclamò gioiosa la chimica, sorridendo.
Marie
posò l’astuccio in borsa e sorrise a sua volta.
“E’
bello vederti così, davvero. Non ne abbiamo parlato ma
volevo dirti che mi
dispiace per ciò che papà ha fatto
e...”.
“E’
tutto ok” la fermò la donna, sincera.
“Ci sono rimasta male ma mi sono data
anche della stupida, qualche segnale c’era solo che ero
troppo felice e non
volevo rovinare nulla. Ho saputo della gravidanza di tua
madre” aggiunse.
La
ragazza annuì, prendendo la borsa e mettendola in spalla.
“Sono
felice, sarà bello avere qualcuno da coccolare e a cui far
vedere tutti i film
di Star Trek”.
“Ho
visto anche che hai un fidanzatino, quel ragazzo della
festa...”.
Marie
arrossì, annuendo, proprio mentre si mettevano in marcia
verso il corridoio.
“Sono
felice” disse semplicemente. “Spero lo sia anche
tu”.
Penny
si lasciò scappare un sorriso enigmatico e
circondò le spalle dell’alunna con
le braccia, come per abbracciarla.
“Forse
lo sarò presto, chissà!”.
Era
tutto pronto.
Quella
domenica, tutti i parenti e gli amici più stretti di Sheldon
ed Amy erano a
River’s Beach per la cerimonia di conferma dei voti.
Avevano
scelta di far avere quella spiaggia come luogo perché era il
posto in cui tutto
era ufficialmente iniziato di nuovo pochi giorni prima, così
avevano fatto
radunare tutti davanti a un semplice palchetto adornato con rose color
pesca su
cui c’era Padre Francis, colui che li aveva uniti in
matrimonio diciassette
anni prima.
Ad
insistere era stata Mary, che aveva accettato la cerimonia in spiaggia
solo
perché era una conferma dei voti e non un vero matrimonio,
ma il prezzo da
pagare c’era stato comunque visto che gli sposi erano stato
costretti a
confessarsi per ciò che avevano fatto nel periodo di
separazione.
Nessuno
sapeva della gravidanza, era troppo presto ed era stato deciso di dirlo
dopo il
primo trimestre, anche perché probabilmente tutti avrebbero
pensato la stessa
cosa del “Primo” matrimonio: che questo passo fosse
causato solo dalla
gravidanza e non dall’amore.
Amy
fece il suo ingresso in spiaggia dopo Bernadette e Marie, entrambe
splendenti
con degli abiti pesca che richiamavano le rose del palchetto, e
indossava un
semplice tailleur bianco con i capelli raccolti in uno chignon.
Leonard,
testimone di Sheldon, li guardava con gioia, consapevole del bellissimo
nuovo
inizio per i suoi amici, mentre Howard era seduto in prima fila a
destra, la
stessa occupata dalle madri della coppia.
La
cerimonia iniziò con calma, l’emozione si
percepiva a tonnellate, e quando fu
il momento del rinnovo dei voti cadde un silenzio così
profondo che tutte le
zie con problemi di udito non avrebbero avuto problemi a sentire il
tutto per
bene.
“Sheldon”
iniziò Amy, “Se siamo qui oggi è a
causa di un mio momento di debolezza durato
ben tre anni. Vorrei non fosse mai accaduto, ma ammetto anche che tutto
ciò mi
è servito per capire cosa mi stavo perdendo. Sei un uomo
eccezionale, un marito
pronto a tutto per la sua famiglia, un padre che farebbe di tutto per i
suoi figli, ed io sono la donna
più fortunata
del mondo ad averti conosciuto, amato, sposato. Ho pensato a cosa
prometterti e
sono giunta alla conclusione che... Beh, sarò sempre sincera
e resterò al tuo
fianco, sempre, in ogni momento. Ho sempre avuto i miei dubbi da
scienziata,
sai, ma spero che ci sia sul serio l’aldilà per
continuare a stare con te in
eterno” disse, sforzandosi di non far tremare la voce per
l’emozione.
Sheldon
sembrava sopraffatto dall’emozione a sua volta mentre
riceveva di nuovo
l’anello nuziale, così si schiarì la
voce e guardò Marie prima di fissare gli
occhi di Amy e perdercisi dentro. “Amy... Stare lontano da te
è la cosa più
difficile che mi sia mai successa, quindi spero semplicemente che
continueremo
a stare insieme senza separarci, come due molecole di idrogeno e
ossigeno che
sembrano minuscole, eppure riescono a dare luogo a quello spettacolo
della
natura che abbiamo alla nostra destra” disse, indicando
l’oceano con il capo.
“Prometto di amarti e sostenerti per sempre, oltre che di
insistere e chiederti
il perché di qualsiasi atteggiamento, cosa che non ho fatto
tre anni fa. Siamo
adulti ed è ora di vivere la nostra vita come vogliamo e con
chi amiamo, senza
riserve”.
Infilò
l’anello al dito della donna e a stento sentì
Padre Francis dire le ultime
parole previste dal rito, preso com’era
dall’emozione.
Nel
giro di pochi minuti, lui e Amy erano abbracciati con un enorme
applauso in
sottofondo, con Marie che esultava come se stesse a una partita di
calcio e
Joseph che rideva come un matto al suo fianco.
Erano
una famiglia un po’ strana, sì, ma pur sempre una
famiglia.
Una
volta fuori l’uscio della loro casa – che per il
momento sarebbe stato
l’appartamento di Amy – Sheldon non
esitò a prendere sua moglie in braccio,
seppur con qualche sforzo.
Sorpresa,
lei si aggrappò al suo collo, ritrovandosi a pochi
centimetri dal suo viso.
“Quando
ci siamo sposati ti sei rifiutato di farlo, eppure pesavo circa dieci
chili in
meno” ricordò la donna, un po’ sorpresa,
mentre lo guardava darsi da fare per
aprire la porta.
“Diciamo
che ora inizia la versione 2.0 del nostro matrimonio dopo un periodo di
prova e
voglio fare tutto come si deve. Ho capito che ci sono cose che si
devono fare
anche se magari non le adoriamo e oggi ho voluto rispettare la
tradizione”
spiegò, cercando di mostrarsi disinvolto anche se si notava
che quel pensiero
gli fosse costato un bel po’ di fatica.
“Ho
il marito migliore del mondo” rispose Amy, che ancora non
credeva che da quel
momento tutto sarebbe iniziato di nuovo.
Si
accoccolò sul petto, finché non giunsero fino
alla loro camera e lui l’appoggiò
delicatamente sul letto, cercando di non mostrarsi provato
dall’impresa.
“Vieni”
esclamò lei, indicando il posto al suo fianco.
“Sì,
dammi un secondo, mi tolgo la cravatta, è
fastidiosissima”.
Amy
sorrise nel vederlo impegnato per togliersi l’accessorio,
pensando a tutte le
volte in cui lo vedeva cinguettare con Penny quando avrebbe voluto solo
abbracciarlo e averlo tutto per sé.
“Fai
con calma, uno spogliarello è ciò che mi ci
vuole” ridacchiò, facendogli
l’occhiolino mentre si toglieva quelle fastidiose scarpe con
il tacco.
Imbarazzato,
l’uomo abbassò lo sguardo: dopotutto non erano mai
stati quel tipo di coppia
che ha il tempo di stuzzicarsi con giochini e cose simili, troppo presi
dal
crescere una figlia.
Forse
quella era l’occasione per essere ciò che non
avevano avuto il modo di essere
prima, di sperimentare e non avere vergogna di nulla.
Così,
si tolse anche la camicia e la vide togliersi la giacca.
“Ciao,
sexy” lo apostrofò.
Con
una dinamica a loro ignota, si ritrovarono subito stretti
l’uno all’altra, le
labbra unite e le mani che si cercavano.
Non
si ritrovavano in una situazione così intima dal compleanno
di Marie, visto che
avevano deciso di essere razionali e non lasciare che il loro rapporto
fisico
potesse condizionarli.
Le
mani di Amy erano già impegnate a slacciare la cintura dei
pantaloni mentre la
sua bocca era localizzata tra il collo e l’orecchio destro
quando lui la fermò,
seppur controvoglia.
“Amy,
non possiamo, voglio dire, il bambino...”.
“Certo
che possiamo! Sei uno scienziato, lo sai che non succede
nulla...”.
“Lo
so ma, insomma...”.
Amy
si separò da lui, si tolse il top elegante e la gonna, fino
a ritrovarsi
inginocchiata di fronte a lui.
“Tesoro,
sono in quella fase in cui la mia pancia non sa di essere incinta
mentre il mio
seno sì. Ti ricordo che prima di sapere di Marie ci abbiamo
dato dentro di
brutto eppure non è successo nulla! Tra nove mesi avremo un
altro bambino e
avremo altri pensieri per la testa, quindi, per favore,
approfittiamone!” lo
supplicò, accarezzandogli il volto con dolcezza.
Sheldon
sorrise, piegando la testa di lato come per intrappolare la mano della
donna e
non farla andare via.
“Tu
che mi supplichi di avere un coito, torniamo alle origini?”
la prese in giro,
per poi appoggiare una mano sul suo petto e scendere, accarezzandole il
seno un
po’ ingrossato dalla gravidanza fino ad arrivare ai fianchi.
“Siamo
sempre noi, amore, alla fine quei due sedicenni pazzi l’uno
dell’altra non ci
abbandoneranno mai” gli ricordò, sospirando un
po’ più rapidamente a causa del
tocco gentile ma carico di desiderio del marito.
“Per
sempre”.
“Per
sempre”.
Quella
volta non ci sarebbe stata nessuna crisi a separarli, avrebbero
affrontato
qualunque cosa confrontandosi e continuando a crescere inisieme, passo
passo,
gioia dopo gioia.
Epilogo
“Sai
qual è l’unica pecca di uscire con te,
Marie?”.
“Quale?!”.
“Tuo
padre. Ha creato un personalissimo seminario online in cui mi illustra
cosa
potrebbe succedermi se osassi andare oltre con te, aggiungendo
informazioni inquietanti
riguardo le malattie veneree e le gravidanze inaspettate”.
“E
ignoralo!”.
“Non
posso, lui vedrà se non lo vedo, devo comunque azionare il
video e la sua voce
si estende per tutta la casa... Non so perché non posso
nemmeno azzerare il
volume!”.
Marie
rise e si stese al fianco di Joseph, nella vecchia stanza di suo padre,
quella
della casa che aveva condiviso con Leonard.
Erano
ormai giunte le vacanze di Pasqua e il loro compito era quello di
preparare
qualcosa per cena, però era presto e la giovane coppia
voleva godersi qualche
momento senza genitori opprimenti e madri incinte con voglie di cibo
assurde e
piedi gonfi e doloranti.
“Se
papà sapesse cosa abbiamo fatto Harvard a San
Valentino...”.
“Mi
ammazzerebbe di sicuro!”.
“Lo
so, dopotutto hai osato toccare la cosa che più ama al
mondo”.
“Sì
ma dovrebbe capire che non è di sua
proprietà”.
“E’
che ci è affezionato, è la persona più
importante per lui, no?”.
“Vorrei
poterne parlare con lui a cena, stasera...”.
“Ma
sei scemo? Ti ammazzerebbe!”.
“E
perché? Cioè, prima mi tolgo il peso, meglio
è!”.
“Ma
se la prenderebbe con me!”.
“Tu
eri d’accordo, anzi, sei stata tu a mettere in mezzo
l’argomento...”.
“Mi
avevi promesso che non ne avresti parlato con nessuno!”.
“Ma
Howard e Leonard lo sanno!”.
“Cosa?
Hai osato dire loro che hai interpretato Spock in
un’adattamento teatrale di
Star Trek?!”.
Joseph
annuì, fiero del ricordo di qualche mese prima in cui,
spinto dalla fidanzata,
aveva preso parte al club di teatro
dell’università.
“Certo!
E che sei stata tu a suggerirmelo, ovvio”.
“Papà
mi ammazzerà per non averglielo detto, avrebbe preso
l’aereo di corsa per
venire a vederti e criticarti anche se per fortuna c’era la
scusa di mamma
super incinta”.
“Passando
all’altro discorso...” cambiò argomento
Joseph, stringendosi di più a Marie e
lasciandole una scia di baci sul collo. “Non mi
lascerò intimidire dai seminari
di tuo padre, quando sarai pronta io sono qui”.
“Lo
sai che sono pronta” mormorò Marie, chiudendo gli
occhi e beandosi dei baci del
suo ragazzo. “E’ che nessun momento sembra giusto,
non abbiamo un attimo di
tregua...”.
“Ora
siamo soli...”.
Marie
non obiettò, baciandolo con slancio fino a ritrovarsi a
cavalcioni su di lui.
“Ti
amo, Marie” sussurrò Joseph, che le aveva rivelato
i suoi sentimenti mesi
prima, il giorno di Natale.
“Ti
amo anche io, Joseph”.
Era
bello sentirsi amata e desiderata da un ragazzo così
speciale, tanto che non fu
difficile dimenticare il resto del mondo e lasciarsi stringere,
finché
un’insistente vibrazione non li fece sussultare.
Marie
sbuffò, ancora a cavalcioni sul ragazzo, e gli
mostrò il display del cellulare
con aria annoiata.
“Tuo
padre, ovviamente. Non è che ha una telecamera in questa
stanza?” sbottò il
ragazzo, frustrato, guardandosi attorno.
“Non
ne sarei sorpresa... Pronto, papà? COSA?”.
Marie
quasi cadde dal letto, riuscì a rimanere stabile solo grazie
alla presa di
Joseph, il quale la vide fare dei movimenti buffi per riuscire ad
alzarsi.
“Certo,
certo, corriamo subito!”.
La
ragazza staccò la chiamata e prese un respiro profondo,
mentre si faceva aria
con la mano.
“Marie...?”.
“Mamma
sta partorendo, è in travaglio! Il piccolo si è
anticipato! E’ proprio un
Cooper, è precoce in tutto!” esclamò la
ragazza, iniziando a camminare per la
stanza con aria nervosa.
“Tranquilla,
andrà tutto bene, ora ti accompagno!”.
“Avrò
un fratello! E... E non lo vedrò tutti i giorni!”.
Joseph
si avvicinò alla sua fidanzata e le cirondò le
spalle con le braccia per
calmarla, sorridendole con fare rassicurante.
“Una
cosa per volta, facciamolo nascere e poi affrontiamo il
resto!”.
Così,
rapidamente, corse a prendere la borsa a tracolla della ragazza e un
bicchiere
d’acqua per farla calmare, per poi scortarla in soggiorno e
farla sedere sul
divano, mentre le porgeva l’oggetto.
“Grazie”
biascicò lei, prendendo un bel respiro.
“E’ che ho quasi venti anni, ho
trascorso la mia vita da figlia unica, quindi sapere di avere un
fratello mi
riempie di pressione. Sarò brava?”
domandò, prima di bere un sorso.
“Certo
che sì! Già ti ci vedo mentre gli leggi le storie
per farlo dormire, gli canti
Soffice Kitty quando è malato... Tra meno di due mesi
l’anno accademico finirà
e potrai stare con lui per tutta l’estate” la
rassicurò, sorridendole.
Marie
si perse in un’espressione sognante al solo pensiero e si
lasciò contagiare dal
sorriso, stava per ribattere quando la porta si aprì con uno
scatto, rivelando
Penny e Leonard o, come li chiamavano tutti, i Lenny, che da ottobre
facevano
coppia fissa e inondavano Facebook, Istagram, Twitter e tutti gli altri
social
di foto romantiche e aforismi diabetici.
“Oh,
ci siete solo voi” esclamò Penny, delusa.
“Credevo ci fossero tutti per la
cena...”.
Marie
scosse il capo. “No, Penny, vedi...”.
“Va
bene, chi se ne frega, lo devo urlare! Leonard mi ha chiesto di
sposarlo, siamo
fidanzati ufficialmente!” esclamò la chimica,
mostrando un bellissimo anello
super luminoso e agitando la mano con fare quasi vittorioso.
Leonard
annuì con un sorriso a trentadue denti, raggiungendo la
fidanzata e
circondandole la vita con le braccia.
“Senza
volerlo avevi ragione l’anno scorso Marie, riguardo il
trovarmi qualcuna e
venire alle mie nozze questa estate. E non ho nemmeno dovuto
nasconderle i miei
mille problemi come l’asma, vi rendete conto?”.
Marie
e Joseph dimenticarono per un istante la questione del parto, persi a
guardare
la coppia di fronte a loro.
I
due uscivano insieme da soli otto mesi eppure sembravano conoscersi e
amarsi da
una vita, vista la complicità che li univa.
Entrambi
avevano sofferto molto perché non erano mai stati compresi
alla perfezione da
nessuno, finché non si erano incontrati e dopo un
po’ avevano iniziato a
trascorrere del tempo insieme.
Marie
ricordava ancora i numerosi messaggi del suo zio acquisito, che a
settembre
aveva trovato il coraggio di invitare Penny ad uscire e con grande
sorpresa
aveva notato che la questione con Sheldon si poteva definire ormai
archiviata.
“Siete
bellissimi, congratulazioni!” esclamò Marie,
alzandosi e abbracciandoli.
“Grazie!
Non vedo l’ora di dirlo a tutti... E dobbiamo fare un post al
riguardo su
Facebook! Ci scatti una foto?”.
Penny
era troppo, troppo su di giri, i
suoi
capelli sembravano quasi elettrici, così la ragazza
annuì e obbedì, scattando
una foto in cui i due si baciavano e la mano con l’anello era
in bella mostra,
impegnata a stringere il viso dell’uomo.
“Ora,
scusatemi, non voglio rubarvi la scena ma...”.
“Cosa?
E’ successo qualcosa?”.
Marie
annuì, con aria colpevole.
“Mamma
è in travaglio, dobbiamo andare in ospedale!”.
“Cosa?
Oh, cavoli, che bello, corriamo!” esclamò Leonard,
correndo a prendere le
chiavi della macchina.
“Anche
ora Amy deve rubarmi la scena? Voglio dire, rimanere incinta
è semplice e anche
piacevole, diciamolo, mentre ricevere la proposta... Ok”
sbottò, vedendo
l’occhiata del fidanzato, “Andiamo. Sono felice,
eh, non mi fraintendete, solo
che poi sembrerò egoista se mi metto al centro
dell’attenzione”.
“Ma
no, tesoro” la rassicurò Leonard, mentre Marie
finiva di bere e posava il
bicchiere per poi uscire di casa con gli altri, “Amy
è incinta, tutti sapevano
che quell’esserino sarebbe uscito fuori prima o
poi...”.
“Mentre
nessuno credeva che avresti trovato il corag... Scusa” disse
Joseph, dopo
l’occhiataccia della sua ragazza.
“...
Quindi anche se lo diciamo non rubiamo nulla,
è un evento scontato”
terminò Leonard, fingendo di non aver ascoltato.
“Come
lo chiamerete?” domandò Bernadette, che si stava
mordendo le unghie a causa
dell’ansia per l’attesa.
Amy
era in sala parto da ormai quattro ore e, contro tutti i pronostici,
Sheldon
era con lei per supportarla.
“C’è
stato un lungo, lunghissimo dibattito” rispose Marie, che non
smetteva di
alzare il collo ogni due minuti per controllare la porta della sala,
“Ma alla
fine sembra che abbiano optato per Luke”.
“Così
Sheldon potrà dirgli “Luke,
io sono tuo
padre”, giusto?” disse Howard, per nulla
sorpreso.
“Esattamente.
Mamma poi ha uno zio a cui è affezionata che le ha fatto
quasi da padre che si
chiama così, quindi...”.
“Che
fortuna” biascicò Leonard che, a sua volta,
avrebbe voluto chiamare così uno
dei suoi figli, in futuro.
“Tesoro,
tanto comunque non ti avrei permesso di chiamare nostro figlio
così” stabilì
Penny, che stava ancora nascondendo la mano con l’anello.
Leonard
la guardò, ferito, senza riuscire a replicare.
“...
Perché sarebbe stupido, insomma, ti chiami già
Leonard, quindi avremmo
l’occasione di chiamarlo Leonard Junior come Leonard Nimoy,
no?” terminò la
chimica, facendo l’occhiolino.
Sorpreso,
l’uomo guardò la sua promessa sposa con una gioia
indescrivibile e la baciò,
stringendola forte a sè.
“Ecco
perché sei la donna perfetta e sono felice di
sposarti!” esclamò.
“Che-che-che-cosa?!”
urlò Bernadette, stringendo il braccio del marito.
“Eh?
Ahia, Bernie!” urlò lui di rimando.
Penny
e Leonard annuirono, con aria colpevole.
“Ci
sposiamo!” esclamò di nuovo – ma per
nulla stanca – la chimica, mostrando
l’anello.
“Oh,
sono così felice per voi!”.
Bernadette
e Howard corsero in direzione della coppia per porgere loro le
congratulazioni,
proprio mentre la porta della sala parto si aprì, rivelando
il ginecologo.
Marie
corse come una matta verso di lui, esitante.
“Dottore!
E’...?”.
“Sì,
è nato il tuo fratellino, pesa quasi quattro chili! Il padre
ha fatto una
battuta sul fatto che sia degno del suo nome, un combattente, ma non ho
capito...”.
Ma
Marie non lo ascoltò, perché si era
già buttata tra le braccia di Joseph,
scossa da un pianto carico di emozione e di gioia.
Marie
entrò silenziosamente nella stanza, quasi con timore, senza
sapere cosa avrebbe
visto da un momento all’altro.
Tecnicamente
lo sapeva, ma aveva immaginato questo momento per così tanto
tempo che non
sapeva cosa aspettarsi, non sapeva quale dei tanti momenti immaginati
si
sarebbe avvicinata a quello reale.
Una
volta lì, comprese che nessuno dei pensieri si avvicinava a
ciò che aveva davanti
a sè: sua madre, provata, reggeva un
batuffolino tra le sue braccia e suo padre sorrideva beato verso quello
che
ormai era il centro della sua attenzione, con l’indice della
mano destra
intrappolato nella manina dell’esserino.
Marie
sentiva di dover essere una sorella maggiore esemplare e non piangere,
ma non
ci riuscì perché avvertì ulteriori
lacrime di gioia pizzicarle gli occhi.
Quando
chiuse la porta, il rumore fece distrarre i genitori, che alzarono lo
sguardo e
sorrisero verso di lei.
“Marie!”.
“Tesoro!”.
“Ehi.
Pare che la famiglia Cooper sia al completo” disse
semplicemente la ragazza.
“Vieni,
vieni a conoscere tuo fratello” la esortò Amy,
impaziente.
Marie
si godè ogni istante di quel breve percorso, dalla porta al
letto, perché erano
quelli che precedevano la conoscenza del piccolino che avrebbe cambiato
la sua
vita.
Poi,
in un istante, lo vide: piccolo, con i capelli scuri e gli occhi verdi,
che
agitava i piedini e continuava a stringere il dito del papà
con decisione.
“Luke,
ti presento la tua sorellina, Marie” disse Amy, con un tono
dolce che fece
sciogliere la ragazza.
“Ciao,
piccolino. Sono qui per te, ti difenderò dai bambini cattivi
che ci sono a
scuola. Sono una chimica, sai? Sono abituata agli intrugli disgustosi,
quindi
saprò cosa aspettarmi quando dovrò cambiarti il
pannolino” disse Marie,
accarezzando il volto del piccolo, che le riservò un
sorrisone sdentato. “E’...
E’ un amore, davvero, cioè, è perfetto!
Ho un fratello” disse poi, incredula.
“Sarà
fortunato ad avere te come esempio. Forse non lo sai” disse
suo padre,
facendola sedere sulla ginocchia, “Ma per tre anni ti sei
presa cura di me
proprio come una sorella, quindi hai già superato il
test”.
Padre
e figlia si guardarono, occhi blu contro occhi blu, memori degli anni
difficili
passati insieme, a darsi coraggio con serate fatte di film e cibo
spazzatura.
“Comunque,
non mi sono ancora presentato al piccolo, volevo ci fossimo
tutti” aggiunse,
sorridendo.
Amy
alzò gli occhi al cielo – sapeva perfettamente
cosa sarebbe successo a breve –
e, lentamente, passò il bambino al marito, che lo accolse
tra le sue braccia
inizialmente un po’ titubante.
Lo
guardò, fiero, felice ed entusiasta, riagganciò
di nuovo il suo dito alla
manina e disse: “Luke, io sono tuo padre!”, mentre
Marie imitava la colonna
sonora di Star Trek in sottofondo.
Dopodichè,
senza sapere come, tutti e tre si ritrovarono stretti attorno al nuovo
arrivato.
Andava
tutto bene, la crisi era stata sostituita da tanto amore e un
pargoletto che
aveva già donato quintali di affetto in pochi minuti.
Erano
una famiglia, una bella, incasinata e felice famiglia.
Fine
Ed eccoci qui con il capitolo finale e un
piccolo epilogo,
che ho amato scrivere anche se mi ha messo un po’ alla prova.
Il risultato sono
state queste diciassette pagine, più di 8000 parole, e spero
sia stato tutto di
vostro gradimento.
Vedere la fine di questa storia per me
è una sorta di
miracolo perché, come dissi, la iniziai a gennaio e la
abbandonai, per poi
recuperarla a fine agosto e scrivere cinque capitolo in pochissimi
giorni.
Che dire, è la prima volta che
scrivo di uno Sheldon e una
Amy un (bel) po’ OOC, ma ne
è valsa la pena visto che ho avuto modo di parlare di
Marie. E’ così che immagino la figlia degli Shamy
e spero di avervi strappato
qualche piccola emozione ogni tanto ma senza alcuna pretesa.
La fine è semplice, banale,
scontata: lo so, ne sono
consapevole, ma non poteva essere altrimenti, anche visto il periodo
difficile
che questa coppia sta attraversando nello show. Qualche gioia ci
voleva, ecco
xD
Grazie a tutte coloro che, puntuali come
un orologio
svizzero, hanno commentato tutti i capitoli e mi hanno spronato a
continuare, e
anche a chi ha semplicemente seguito la storia in silenzio. Se volete
farmi
sapere cosa ne pensate, sono qui :D
Spero di tornare presto, anche con una semplice OS. Già ne
ho una in mente
ehehe.
Grazie di cuore per aver seguito questo
mio sclero <3
Milly.
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