Finché Una Crisi Non Ci Separi

di milly92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era Una Volta Una Famiglia Felice... ***
Capitolo 2: *** Quello che accade in palestra, rimane in palestra ***
Capitolo 3: *** What Goes Around, Comes Around ***
Capitolo 4: *** Genitori Irresponsabili? ***
Capitolo 5: *** Ogni Rosa Ha Le Sue Spine ***
Capitolo 6: *** Cooper-Fowler Girls ***
Capitolo 7: *** Dimmi Che Non Mi Ami ***
Capitolo 8: *** Sei Sempre Stata Mia ***
Capitolo 9: *** Il Cerchio Della Vita ***
Capitolo 10: *** Belle e Brutte Notizie ***
Capitolo 11: *** Siamo una Famiglia ***



Capitolo 1
*** C'era Una Volta Una Famiglia Felice... ***


fucncs

Grazie ai “coraggiosi” che hanno deciso di aprire questa storia. Scherzo, ma vi avverto: come si legge dagli avverimenti, questa è una AU e i personaggi presentano delle caratteristiche che li rendono un po’ OOC. Dico un po’ perché la trama mi ha obbligato a smussare qualche sfaccettatura di un personaggio o a cambiare qualcosa, ma nell’essenza i personaggi sono gli stessi e spero si vedrà, non proprio da questo ma dal prossimo capitolo.

Che dire, scusate la premessa noiosa e buona lettura! :D

 

 

Finché una Crisi non ci Separi

Capitolo 1

C’era Una Volta Una Famiglia Felice...

7  Maggio 2005

“Sono felice”.

Amy sorrise raggiante in direzione del marito, il quale annuì sorridendo a sua volta.

“Lo sono anche io, Amy”.

“Sette anni di matrimonio... Altro che crisi del settimo anno, io parlerei di gioia del settimo anno!”.

“Non crederai mica a quelle sciocche supertizioni popolari, Amy!” osservò Sheldon, guardando la moglie con aria di rimprovero.

“Ma no, era per dire... E anche se fosse vero, sai, crederei che noi siamo l’eccezione!” esclamò la donna, saltando sul divano e appoggiando la testa sul petto dell’uomo. “Non lo avrei mai detto, ma gli anni difficili sono passati, finalmente ho il dottorato, la bambina ha ormai nove anni, noi siamo realizzati professionalmente... Siamo ad un punto che i nostri coetanei invidiano, abbiamo fatto bene ad anticiparci” ironizzò.

Sheldon le accarezzò i capelli, squadrando il suo profilo e l’espressione rilassata.

“Chi l’avrebbe mai detto che la mia inesperienza con le precauzioni ci avrebbe portati a questo punto?” disse, un po’ nostalgico.

“Io di certo no. Cioè, voglio dire, temevo più che altro l’ira delle nostre madri, ma il peggio è passato” ammise Amy, per poi intrecciare la mano destra con la sua. “Ti amo tanto, Sheldon Cooper” aggiunse.

“Dottor Sheldon Cooper” la corresse lui, per poi sorriderle. “Anche io, Dottoressa Fowler”.

“Mammaaa, papààà!”.

Una peste che sfiorava già il metro e cinquantacinque nonostante avesse solo nove anni interruppe il momento magico tra i due, salendo sul divano con un salto e andando in grembo a sua madre.

“Marie, amore, hai finito i compiti?” domandò la donna, mettendosi a sedere e prendendola in braccio dolcemente.

“In venti minuti. Quella maestra dà compiti stupidi, specialmente quella di scienze!” si lamentò, con una smorfia da bimba furbetta che le donava decisamente.

“Vedi? Poi mi rimproveri quando vado a lamentarmi con la preside della scuola! Il programma ministeriale và potenziato!” si lamentò Sheldon.

“No, è solo che Marie è decisamente più sveglia degli altri, tutto qui. Avrà un’istruzione normale, ne abbiamogià  parlato” gli ricordò pazientemente sua moglie mentre dava un bacio sulla fronte della bambina e le accarezzava il capo.

“Io non sono normale, io sono speciale!” cinguettò Marie, sorridendo in modo da mostrare un dente canino mancante.

“Ovvio che lo sei, sei nostra figlia!” l’assecondò il padre, entusiasta, prendendola in braccio.

“Siamo tutti speciali” esultò Marie, con le mani all’aria come per celebrare la cosa.

“Siamo una famiglia speciale. Strana, alquanto nerd, fuori dagli schermi, ma speciale” osservò Amy, dando un altro bacio alla sua piccola e poi uno a suo marito.

“Abbraccio di gruppo!” aggiunse la bambina, così si ritrovò stretta tra i suoi genitori, felice e spensierata come non mai, tanto da custodirne ancora il ricordo fin troppo gelosamente.

 

10 Giugno 2015

 

La giornata in giro per negozi era stata abbastanza divertente, considerando che Bernadette l’aveva fatta sentire una sorta di modella semplicemente perchè era stata in grado di trovare dei pantaloni della sua taglia le cui gambe non le andavano lunghe almeno quindici centimetri, ma tornare a casa da suo padre non le dispiacque affatto.

Da quando aveva iniziato il college ad Harvard, nove mesi prima, Marie sentiva molto la sua mancanza, visto che aveva speso gli ultimi anni della sua adolescenza solo con lui, nel momento in cui sua madre aveva deciso di andarsene di casa per “iniziare a vivere sul serio” e “fare ciò che il matrimonio prematuro le aveva impedito di fare”.

La sua famiglia non era affatto normale – e non solo perchè i suoi genitori erano degli scienziati di soli trentacinque anni con una figlia di diciannove – ma non poteva lamentarsi, anche perchè adorava gli amici di sempre di suo padre e Bernadette, la moglie di uno loro, Howard.

“Dottor Cooper, sono a casa!” esordì quindi scherzosamente quando mise piede nel soggiorno dell’appartamento 4A.

Nel giro di qualche secondo, suo padre, Sheldon Cooper, percorse il corridoio che conduceva a quella stanza e l’abbracciò.

“Che bello sentirsi chiamare così di nuovo” sospirò.

Marie lo guardò con aria di rimprovero quando sciolse l’abbraccio e sospirò pesantemente.

“Tutti ti chiamerebbero così se la smettessi di lavorare a casa e tornassi a recarti alla Caltech tutti i giorni. Non capisco! E’ stata già dura scoprirlo da sola quando sono tornata, e non mi ascolti nemmeno quando ti consiglio di...”.

“Marie, cara, smettila, nessuno riuscirà a convincerlo” s’intromise Leonard, il coiquilino di suo padre da quando lei aveva iniziato l’università, appena uscito dalla sua stanza.

La ragazza guardò il migliore amico di suo padre, che per lei era uno zio a tutti gli effetti, ma non obbedì.

“Se permetti, zio Leonard, io sono la sua cocca e alla fine lui mi ascolta sempre. Sono l’unica che sia stata in grado a convincerlo a guardare Spiderman 3 al posto di Sherlock, quindi sono migliaia di anni luce avanti a te” obiettò.

Sheldon sospirò pesantemente, si avvicinò al frigo, prese una bottiglia d’acqua e si recò in camera sua, nonostante mancasse poco all’ora di cena.

Entrambi lo guardarono senza sapere cosa dire, poi Leonard prese le chiavi dell’auto, fece cenno a Marie di uscire e disse semplicemente: “Sheldon, andiamo a prendere la cena, ci vediamo tra poco!”.

 

“Non ce la faccio a vederlo così. Non mi sembra mio padre! Qualche anno fa ci avrebbe riempito di chiacchiere sul fatto che non sono la sua cocca, avrebbe iniziato ad elargire spiegazioni scientifiche che spiegano la naturale predilezione dei padri nei confronti delle figlie e ci avrebbe zittiti, aggiungendo che aveva accettato di vedere Spiderman 3 perché è l’equivalente di Sherlock visto che entrambi iniziano con due consonanti, e invece... Non ha detto nulla! Zio, è stato così tutto l’anno?” domandò preoccupato Marie, nel momento in cui entrò in macchina con Leonard.

Lui annuì mestamente, mentre metteva in moto.

“Non volevo lo scoprissi, ma è così. Devi capirlo, Marie, al momento tu sei l’unica cosa bella nella sua vita e vederti partire per il college non è stato fantastico come ha finto che fosse” spiegò.

“Lo sai che volevo rinunciare ad Harvard ma...”.

“Scherzi? E’ il tuo futuro e non puoi rinunciarci per tuo padre. E se vogliamo dirla tutta, non è giusto che tu ne paghi le conseguenze quando la colpa è solo di tua madre”.

“Non me lo ricordare” mormorò la ragazza, guardando fuori dal finestrino.

Era iniziato tutto tre anni prima, durante la festa di compleanno per i suoi sedici anni.

Sua nonna Mary – una dei motivi per cui si chiamava Marie: sapendo di doverla chiamare così, suo padre scelse la variante francese in onore di Marie Curie – aveva fatto un commento inappropriato riguardo il fatto che per fortuna sembrava molto più interessata ai libri che ai ragazzi, in modo da non rimanere incinta a quell’età come sua madre.

Quest’ultima aveva sentito tutto e nei giorni seguenti dimostrò di essere rimasta ferita da quelle parole, così, a furia di rimuginarci, diede vita ad una lunga discussione con suo marito, una discussione che condusse a parole decisamente forti.

Fu uno shock per Marie sentire che sua madre era stufa, che a soli trentadue anni si sentiva una vecchia che non aveva vissuto nulla della sua gioventù, che aveva sbagliato a sposarsi a diciotto anni e a tenere il bambino quando aveva scoperto di essere incinta.

Poi si era rimangiata le ultime parole, ma la situazione non cambiò, tanto che nel giro di pochi mesi, litigio dopo litigio, se ne andò di casa, lasciando suo marito seppur senza ancora aver chiesto legalmente il divorzio a tre anni di distanza.

“Passerà. Amy prima o poi la finirà con questa storia del “Voglio essere libera e fare l’adolescente a vita” e chiederà scusa. Altrimenti avrebbe subito chiesto il divorzio, no?” ragionò Leonard.

“Beh, in tal caso non la perdonerò io. Sono io quella che ha visto papà disperato, in lacrime, depresso, e ora che sono al college lei non si è premurata di aiutarlo a superare il distacco. Tanto a lei cosa frega?” aggiunse, rivolta più a se stessa. “Il mostro che l’ha tenuta lontana dal divertimento è finalmente a tremila miglia di distanza”.

“Marie! Tua madre ti ama, non devi mai dubitare di questo, è solo che...”.

“Possiamo parlare di altro, per favore? Quando ti trovi una moglie? Hai trentacinque  anni, cavolo, non potrai vivere con mio padre per sempre!” l’interruppe Marie, sapendo di star toccando un tasto dolente per l’uomo, che odiava essere l’unico single del gruppo.

“Ehi, ehi, ehi! Guarda che io esco con un sacco di donne e...”.

“Ma loro almeno lo sanno che escono con te?”.

Leonard la guardò di sbieco, per poi sorridere quando tornò a guardare la strada davanti a sè. Era bello vederla con quell’aria da impicciona e non da ragazza preoccupata, per una volta, ragion per cui accettò tutte le prese in giro possibili ed immaginabili.

 

“Bernadette mi ha invitato a cena da te, stasera. Dice che dovrei passare più tempo con Marie. Ho accettato, vengo appena finisco dall’estetista. A dopo, ciao. A.”.

Sheldon si passò una mano tra i capelli e gettò il telefono sul divano, arrabbiato.

C’era bisogno di Bernadette per farle capire quanto avesse sbagliato nel farsi vedere solo all’aeroporto, nonostante la loro bambina fosse tornata da circa dieci giorni?

Erano tre anni che lui si tormentava di non averla resa felice, di averle fatto mancare qualcosa, di essere stato assente a causa del lavoro, ma Marie non doveva assolutamente subirne le conseguenze.

Era stata lei quella che durante quel lontano ottobre del 1995 l’aveva convinto ad andare oltre, a lamentarsi del fatto che sembrava che non la amasse nonostante stessero insieme da quasi due anni, e ora sembrava che lui quasi le avesse imposto quella gravidanza. Il fatto che all’epoca lui già fosse plurilaureato e insegnante di fisica li aveva aiutati ad essere indipendenti economicamente, ed era lui quello che si era trasferito ad Harvard con lei per farle continuare gli studi fino al dottorato, senza nemmeno farle rinunciare a un semestre in Norvegia.

Aveva badato a Marie, chiedendo di poter insegnare il pomeriggio, dopo le lezioni di lei, e aveva combattuto per diventare un padre accettabile e degno di essere chiamato tale nonostante non avesse avuto un buon esempio dal suo, morto pochissimi anni prima.

Ed ora, diciannove anni dopo, per lei lui era il cattivo, quello che non le aveva fatto vivere la sua gioventù.

Qualcuno bussò alla porta, distraendolo dai suoi pensieri, e pensò che Leonard e Marie fossero già di ritorno, ma al posto loro si ritrovò davanti una giovane donna di massimo trent’anni, con lunghi capelli biondi e un sorriso timido stampato in faccia.

“Salve” disse, sconcertato.

“Salve! Io sono Penny, domani mi trasferirò nell’appartamento di fronte e avrei bisogno di un favore” esordì subito la donna, andando dritto al punto.

“Oh, certo”.

“Grazie! Vede, domani inizierò a lavorare come insegnante  di un corso estivo di Chimica alla Caltech Univeristy e in mattinata degli operai inizieranno il mio trasferimento nell’appartamento di fronte. Non so a chi rivolgermi nel caso succeda qualcosa, posso lasciarle il mio numero nel caso sorga un problema?” domandò speranzosa, sorridendogli.

“La Caltech? Io lavoro lì” osservò Sheldon.

Penny lo fissò. Carnagione chiarissima, maglietta con il simbolo di Flash, il motivo di Star  Trek che proveniva dalla televisione: era un nerd come lei, un chiaro esemplare di uomo adulto che amava giocare ancora con la playstation e leggere fumetti!

“Davvero? E cosa...?”.

“Sono un fisico teorico, ho lavorato per anni alla Teoria delle Stringhe e ora mi occupo della materia oscura. Sheldon Cooper, piacere!” aggiunse l’uomo.

“Cosa? Sheldon Cooper? Ma io ho letto tutti i suoi lavori, lei è brillante! E so che non ha un’alta opinione di chi si occupa di Chimica ma, ehi, ci tengo a dirle che non siamo sfigati come i geologi, anche se... Beh, la mia maglietta sembra dire il contrario” mormorò imbarazzata, indicando la sua t-shirt nera con la scritta “I don’t need H20, I need vodka!”.

“Oh, si figuri, mia figlia studia chimica ad Harvard quindi....”.

“Figlia?!”. Penny spalancò gli occhi, incredula. Quell’uomo poteva avere qualche anno più di lei, come poteva avere già una figlia che andava al college?

“Sì”. Sheldon sospirò, stanco di dover dire sempre la stessa cosa a chi lo fissava così. “Ho una figlia di diciannove anni, è nata quando ne avevo sedici. Come può ben vedere, non solo Juno e varie cantanti pop possono procreare a quell’età, ci riescono anche i geni. Nel raro caso in cui trovino una ragazza, certo”.

“Oh, no, ma si figuri, è solo che... Sembra solo giovane, ecco, dai dati che mi ha fornito posso garantirle che mostra meno dei suoi trentacinque anni” cercò di svignarsela Penny. “E poi è bello avere figli giovani! Immagino che lei, sua moglie e sua figlia formiate una bella famiglia, tutti giovani e intelligenti, vero?”.

“Io e mia moglie siamo separati, comunque nell’ultimo anno ho deciso di lavorare a casa quindi potrò farle quel favore” replicò freddamente, prendendo il foglio con il numero dalle mani della donna e chiudendo la porta alla velocità della luce.

Penny rimase lì, immobile, rossa in viso per l’inconsapevole figuraccia che aveva fatto.

 

“...E quindi Bernadette mi ha convinto ad iscrivermi in palestra con lei visto che è in ferie, dice che le hanno detto che l’istruttrice è brava” stava spiegando Marie, di ritorno con Leonard dal ristorante cinese in cui avevano preso la cena per gli ospiti.

“Ma non avete la palestra ad Harvard?”.

“Certo, come c’è a Princeton, ma dubito che tu ci abbia mai messo piede, zietto”.

“Sei troppo furba, accidenti”.

Marie rise di cuore, improvvisamente un po’ più rilassata.

Adorava la compagnia del migliore amico di suo padre, ed era anche grazie a lui che era partita per Harvard, sapeva che avrebbe aiutato suo padre e avrebbe fatto di tutto per farlo stare bene.

“Comunque sappi che il mio scopo per questa estate è trovarti una ragazza, così l’anno prossimo quando tornerò per le vacanze verrò al tuo matrimonio” ridacchiò.

“Tu credi di poter fare da Cupido e convincere una donna che sono l’uomo della sua vita in soli dodici mesi? Certo che nel dipartimento di Chimica vi somministrano a miscugli belli forti, eh”.

“Ma dai, zio, sei perfetto! Troverò la donna perfetta per te, devi solo evitare di menzionare tutte le tue intolleranze e le tue stramberie fino alle nozze ed è fatta!”.

“Amo i teenager proprio perché credono a tutto, beata ingenuità” la prese in giro Leonard, scompigliandole i capelli con un gesto affettuoso.

Erano ormai entrati nell’edificio dove abitavano e si ritrovarono davanti Penny che se ne stava fissa, immobile, con le braccia conserte.

Sentendo il rumore dei loro passi e delle risate si ridestò dai suoi pensieri con un sussulto, affrettandosi ad asciugare una lacrima che aveva bagnato il viso arrossato.

“Salve” disse semplicemente, cercando di celare il tono fresco di pianto.

“Salve, tutto bene? Mi scusi, deve essere una parente della signora Hoffman, mi dispiace per la sua perdita” dedusse gentilmente Leonard, vedendo i vestiti neri e la faccia da pianto.

“Cosa? No, no, io sono una nuova inquilina, al 4B. E’ tutto ok, grazie” minimizzò la bionda, per poi togliersi gli occhiali e pulirli con il bordo della maglietta.

Leonard rimase incantato dai suoi profondi occhi blu, dalla sua maglietta decisamente nerd e, beh, da ciò che celava.

“Che bella la sua maglia, dove l’ha presa?” s’intromise Marie. Per esperienza sapeva che il miglior modo per tirar su una persona, qualunque fosse il motivo, era fare un semplice complimento.

“Amazon. E’ bello vedere qualcuno che la capisce, soprattutto così giovane” mormorò Penny, sorridendo tra le lacrime.

“Lei studia Chimica ad Harvard” spiegò orgoglioso Leonard.

Penny la fissò e poi capì.

“Oh, devi essere la figlia del Dottor Cooper! Siamo vicine, gli ho appena chiesto un favore...” dedusse. “Penny Chapman” aggiunse, porgendo la mano ad entrambi.

“Marie Cooper”.

“Leonard Hofstadter”.

“Scusatemi, sto facendo una figuraccia con tutto il vicinato” aggiunse la chimica, indicando il suo volto. “Mi trasferisco domani”.

“Spero non sia nulla di grave, cioè, scusami, che invadenza” aggiunse timidamente Leonard, passandosi una mano dietro la nuca.

“No, figurati. Ho appena saputo che il mio corso di Chimica alla Caltech rischia di essere annullato perché un alunno ha vinto una borsa di studio ed è partito per Ginevra, quindi non c’è più il numero minimo di studenti richiesti dal Preside per questo corso”.

“Insegni Chimica alla Caltech? Lui e mio padre insegnano lì!” disse Marie.

“E tu adori la Chimica. Perché non ti iscrivi? E’ un corso estivo, quanto potrà mai affaticarti?”.

“Ma no, non c’è bisogno, grazie, troverò un modo” borbottò Penny, tuttavia felice di aver trovato dei vicini gentili. “Scusatemi, è meglio che vada a prendere qualcosa per cena, l’odore della vostra mi sta facendo rimpiangere di aver mangiato solo un sandwich per pranzo”.

“Puoi venire da noi, così ti diamo il benvenuto” osservò Marie. Quella donna le ispirava fiducia, sembrava intelligente e interessante, con una maglietta che adorava e una bella carriera. Poi insegnava la sua materia preferita, quindi aveva già guadagnato mille punti a priori.

“Certo, ci farebbe piacere!” aggiunse speranzoso Leonard, senza nemmeno pensarci.

Penny esitò, tentennante.

“Non credo, ho fatto una figuraccia con il Dottor Cooper e non ci siamo salutati cordialmente” spiegò. “Grazie per il pensiero, comunque”.

“Conosco mio padre e immagino che la colpa non sia la tua. Vieni, magari mi parli del corso di Chimica!”.

La donna spalancò gli occhi, sorpresa.

Forse aveva trovato l’unica potenziale allieva del suo corso, doveva approfittarne ad ogni costo, quindi alla fine non se lo fece ripetere ulteriormente ed accettò con un grande sorriso.

 

 

Mentre preparava il thè – impiegandoci più del dovuto – Sheldon lanciava occhiate furtive alla donna seduta sul divano.

Amy era arrivata prima del previsto, lo aveva salutato con un sorriso di circostanza, aveva chiesto di Marie e si era seduta, accettando la solita bevanda calda che lui riservava formalmente agli ospiti.

Perché, sì, ormai lei era un’ospite da quando si era trasferita nel suo nuovo appartamento a Beverly Hills.

Sembrava più bella, più curata, senza occhiaie, vestita con degli abiti più giovanili rispetto ai soliti cardigan che indossava e che a lui piacevano tanto, perché rendevano morbido e caldo ogni abbraccio.

Gli mancava la donna con cui aveva riso e scherzato su quello stesso divano per anni ed anni e si chiedeva dove fosse finita.

“Marie si è iscritta in palestra, l’ha convinta Bernadette” disse poi all’improvviso, per riempire il silenzio che si era creato.

“Oh, bene. Quando ci si avvicina ai venti è sempre meglio fare attività. Ci vado anche io da un annetto, sai?”.

“Si vede. Sei dimagrita”.

“Tu sei sempre lo stesso, invece”.

“Perché non ho bisogno di cambiare nulla, la mia vita è perfetta così”.

Amy si alzò dal divano e sospirò. L’abitudinario Sheldon era tornato all’attacco e lo detestava quando faceva così.

“Non iniziamo con le frecciatine, per favore, a breve nostra figlia sarà qui e non voglio...”.

“Cosa, non vuoi rovinare la serata? Non sarebbe la prima volta, Amy, tranquilla, ci è abituata da quando ha sentito che avere una figlia ti ha rovinato l’esistenza” sentenziò l’uomo, poggiando il thè con uno scatto sul tavolino vicino al divano.

“Bene, sai che c’è? Volevo dirtelo con più calma, ma a questo punto... Ho... Ho chiamato l’avvocato. Voglio il divorzio!” urlò, stringendo i pugni con forza e chiudendo gli occhi mentre si esprimeva, come se non volesse vedere il viso dell’uomo di fronte a lei.

Sheldon si bloccò e fissò la donna di fronte a lui che lo fissava con rabbia.

Il divorzio!

“Bene” mormorò deglutendo. “Immagino che non ti vada più di mentire agli uomini con cui esci, mentire dicendo che sei legalmente single non ti basta più. Sappi solo che io devo ancora capire cosa ti ho fatto di così spregevole per farti correre via a gambe levate. E ricordati che se abbiamo una figlia e ci siamo sposati, non era solo perché hai passato i tuoi quindici anni ad impormi di fare sesso perché per te era l’unica forma in cui si potesse esprimere il mio amore nei tuoi confronti, ma anche perché eravamo felici, felici di stare insieme, crescere una bambina e affrontare tutto insieme, ciò un Cosmopolitan e fingere di avere venti anni non ti daranno mai”.

“Ma non è questo, è...”.

La porta si aprì di scatto ed Amy si zittì, sconvolta com’era.

Sheldon si sforzò di risultare naturale e sorrise in direzione di sua figlia, Leonard, Howard, Bernadette e... La sua nuova vicina.

“Buonasera! Sheldon, abbiamo invitato Penny, l’abbiamo conosciuta giù” spiegò subito il suo coinquilino, indicando la ragazza bionda alle sue spalle.

“Salve di nuovo e chiedo scusa per prima” mormorò la donna, imbarazzata.

“Oh, no,non c’è problema, prego, entra”.

D’altro canto, Marie guardò sua madre e capì all’istante che qualcosa non andava, ma si limitò ad abbozzare un sorriso e avvicinarsi.

“Tesoro mio, ciao!” esclamò Amy, abbracciando la figlia con calore. “Come stai?”.

“Bene, ho tanti progetti questa estate” minimizzò la ragazza, scrollando le spalle dopo aver posto fine alla stretta materna.

“Abbiamo fatto shopping!” s’intromise Bernadette, sorridendo all’amica.

“Oh, bene, poi voglio vedere gli acquisti” rispose Amy, pensando a tutte le volte in cui Marie si era rifiutata di fare spese con lei.

Ma Marie aveva approfittato dell’intromissione di Bernadette per avvicinarsi al padre, così Amy si voltò e vide che la ragazza lo stava abbracciando con calore, per poi dirgli qualcosa e farlo ridere.

“Salve, io sono Penny Chapman, domani mi trasferirò nell’appartamento di fronte”.

A distrarla ci pensò la nuova vicina, così Amy si voltò e la squadrò brevemente.

Sembrava una donna decisamente sciatta e i capelli aggrovigliati in uno chignon scomposto ne davano la conferma.

“Piacere, sono Amy Farrah Fowler, la madre di Marie” si presentò brevemente, stringendo la sua mano.

“Piacere mio! Ho sentito che è una neurobiologa e ha lavorato a sua volta alla Caltech, giusto?”.

“Sì, fino a qualche anno fa, ora sto conducendo uno studio sulle dipendenze per la California University” rispose evasiva, senza smettere di osservare i due membri della sua famiglia.

Non prestò molta attenzione alla ragazza, tanto che nel giro di poco la vide interagire con gli altri, soprattutto con Marie e la cosa le provocò un senso di irritazione che detestava.

 

 

“... Quindi vuoi seguire il corso estivo di Chimica? Avevi detto che volevi che ti insegnassi qualcosa in più di fisica, per i crediti extra! E soprattutto che avresti recuperato con me le nostre serie tv preferite!”.

Durante la cena – in cui il povero Howard era stato costretto a sedersi per terra per la mancanza di spazio – Marie ne aveva approfittato per chiedere informazioni a Penny riguardo il corso estivo e per parlarne al padre.

“Ma lo faremo, il corso c’è tre volte a settimana per un totale di sole sei ore! C’è una parte dedicata alla Chimica Nucleare, lo sai che la adoro e dovrò aspettare fino al terzo anno per studiarla!” lo pregò Marie.

Improvvisamente Howard prese il cellulare e puntò la telecamera verso la ragazza, alquanto divertito.

“Howie, che fai?!” sbottò sua moglie, contrariata.

“Li filmo e li metto su YouTube. Scusami, ci farò migliaia di visualizzazioni! “Teenager che prega il padre di seguire un corso di Chimica in piena estate”, ti rendi conto? E’ un fenomeno mai visto prima!”.

“Zio Howard, stai parlando di una studentessa di Harvard, se ti fossi impegnato come me magari ce l’avresti fatta ad andare in qualche istituto migliore rispetto all’MIT e a conseguire un Dottorato” replicò con calma Marie, abituata alle buffonate dell’uomo.

Sheldon guardò con ammirazione la figlia e poi l’amico.

“Beccati questa, ingegneruncolo da quattro soldi!” disse,facendo ridere tutti tranne Amy,che guradava la scena con una sorta di nostalgia mista ad invidia. “Comunque, so che lo Sheldon che scriverà le sue memorie non sarà fiero di questa scelta, ma sappiamo tutti quanto un padre sia decisamente predisposto a fare felice la sua progenie femminile, quindi accetto a patto che iniziamo le nostre lezioni di fisica e la prima stagione di Gotham e The Flash!”.

“Certo! Grazie papi, sei il numero uno!” esclamò Marie, alzandosi e gettando le braccia al collo del padre.

“Direi che il tuo corso è salvo” disse Leonard a Penny, sorridendole.

“Sì, non ci credo! Grazie per averlo suggerito, ti devo un favore!” esclamò Penny, al settimo cielo.

Il cellulare di Amy squillò così si alzò per rispondere e si scusò, ma solo Bernadette le fece cenno di non preoccuparsi, erano tutti impegnati a mangiare e ridere di Marie che faceva la bambina con suo padre, felice come non mai.

La sua presenza era superflua, pensò, sforzandosi di non ripensare alle sue decisioni e di pentirsene.

Guardò il display e vide che era l’avvocato divorzista.

Sospirò e rispose... Era giunto il momento che aveva rimandato per un bel po’ e temeva di affrontarne le conseguenze.

 

*°*°*°*

Rieccoci! Innanzitutto, grazie a chi è arrivato fino a questo punto, chiunque tu sia, meriti una medaglia! xD

Parlando seriamente, mi risulta un po’ strano iniziare a pubblicare questa storia perché l’idea mi era venuta a gennaio, avevo scritto tre pagine e poi non ho continuato più. Domenica scorsa ho ritrovato il file e ho iniziato a scrivere senza sosta, tanto che in una settimana ho scritto quattro capitoli e mezzo.

E’ una AU e ciò mi mette decisamente in “ansia”, si parla di un contesto alternativo e rendere Sheldon Cooper padre/sposato/separato non è affatto semplice. Avrete notato che comunque è diverso, più “umano”, la trama mi ha imposto di renderlo così visto che è diverso da quello originale, ha avuto una figlia da giovanissimo e si è anche sposato. Tuttavia, nei capitoli successivi è decisamente più simile all’originale, tranquilli.

Parlando dell’altro elemento centrale, Marie, che dire... Io la adoro già, spero si farà apprezzare capitolo dopo capitolo.

Ed Amy, beh, tranquilli che avrete tutte le motivazioni e le spiegazioni che servono, anche se ci vorrà un po’.

Avrete notato l’assenza di Raj... Lo conosceremo nel prossimo capitolo e ve lo dico, non è un astrofisico!

Non so che altro aggiungere se non che la storia avrà circa 10 capitoli e ora, visto che sto già studiando per gli esami di settembre, aggiornerò ogni 10 giorni :D

Che dire se non... Spero di sapere il vostro parere, se vi andrà!

Vi lascio qualche anticipazione dal secondo capitolo:

 

“Devo dire che le lezioni di Chimica l’aiuteranno”.

“Per approfondire le sue conoscenze?”.

“No, Leonard. Per avere qualche compagno di classe con cui discutere e provare che ha ragione, così non avrà bisogno di dibattere con se stessa allo specchio”.

 

 

“L’ho già provata, sei la ventinovenne più agile che conosca, gattina...”.

“E tu il ventinovenne più sexy che abbia mai conosciuto...”.

Le bastò sporgersi di poco per vedere riflessa nello specchio alla sua destra un’immagine assurda, pazza, senza senso, scabrosa.

 

Al 9 settembre :D

Baci,

milly.

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Capitolo 2
*** Quello che accade in palestra, rimane in palestra ***


Quello che accade in palestra, rimane in palestra

Capitolo 2

     Quello che accade in palestra, rimane in palestra

 

“Buongiorno, Marie!” disse Leonard, sbadigliando, appena entrò in cucina.

“’Giorno, zio! Caffè? Se vuoi favorire, oggi è lunedì, quindi per me...”.

“Toast con burro e marmellata, sì, grazie. Assurdo che tu abbia delle colazioni prestabilite, come tuo padre” mormorò l’uomo, sedendosi su uno sgabello e afferrando la tazza blu che gli aveva porto la ragazzina.

“Assurdo? Nonna Mary invece ne è felice, dice che così è sicura che io sia sul serio figlia di papà” ribattè Marie, prendendo dei toast riscaldati e aggiungendo gli ingredienti. “Come se non esistesse il test del DNA, volendo... Ah, caro Texas, sono felice di non essere cresciuta nella tua dilagante ignoranza!”.

“Non puoi biasimarla, dai, conosci tuo padre... Comunque, sono le sette, come fai ad essere già vestita e pronta?” domandò, curioso.

Marie sorrise, alquanto raggiante, mentre gli dava la colazione e si apprestava a finire la sua.

“Non ho dormito per l’emozione! Chimica nucleare, che figo, quella Penny è una bomba!”.

“Oh, puoi dirlo forte... Cioè, si interessa di roba interessante, decisamente interessante, sì!”.

“Voglio essere come lei a trent’anni, davvero! Certo, magari non sono tagliata per l’insegnamento, però sarebbe bello!”.

“Tu sei tagliata per tutto, sei una Cooper! E come me ami dire alla gente come fare le cose, criticarle e provare che sei la più intelligente!” esclamò Sheldon, che aveva udito tutto dal bagno grazie al suo udito super allenato e raffinato.

Marie guardò il padre e ridacchiò di gusto, annuendo.

Nelle ultime dodici ore aveva dimostrato di essere quello di sempre e la cosa la riempiva di gioia, era bello vedere suo padre sorridente e pronto a dimostrare la sua bizzarra personalità.

“Ben detto papi, ti sei guadagnato la tua colazione!” esclamò, indicando il piatto di french toast alle sue spalle.

Sheldon sorrise come un bambino, prese il piatto e si sistemò alla destra della figlia, di fronte a Leonard.

Mangiò rapidamente, guadagnandosi uno sguardo di stupore da parte degli altri due, per poi guardare Marie con decisione.

“Ho una novità. Tranquillo Leonard, ti includerò in questo momento familiare, spero in un tuo supporto” disse.

“Esci con qualcuna?” domandò speranzosa la ragazza.

“Cosa? No! Perché me lo domandi sempre?!”.

“Perché mamma esce con altri uomini, quindi...”.

“Vuole il divorzio e ha messo in mezzo un avvocato, ecco la novità” sbottò Sheldon, non amando i momenti in cui ascoltava quel tipo di storie sulla donna che aveva sposato.

Marie battè numerose volte le palpebre, deglutì e infine annuì con un sospiro.

Leonard, invece, si portò una mano alla bocca, dispiaciuto.

“Sta seguendo l’ordine logico dei fatti, no? Brava mamma” sbottò la ragazza, alzandosi di scatto. “Non me lo spiego, davvero. Le sue coetanee pagherebbero oro per avere un uomo come te e lei... Dille che quando firmerà i documenti non so se mi andrà di fingere che vada tutto bene” sentenziò.

Silenziosamente, Leonard andò in camera su per lasciarli soli in un momento così delicato.

“Marie, so che qui sono il padre, ma non so cosa dirti se non che.... Non so più niente, voglio dire, sarebbe impossibile, ho una memoria eidetica e...”.

“Hai ragione, quello che divorzia sei tu, non io, scusami. Sono qui per te. Stasera, quando torno dalla palestra, vediamo Gotham e ti preparo la cioccolata calda con i marshmellow, che dici?” sussurrò Marie, sforzandosi di non piangere e di farsi forza.

Suo padre le era sempre stato vicino e ora toccava a lei provare a farlo stare bene, standogli vicino e facendogli ricordare che la vita poteva essere bella anche senza sua madre.

“Grazie, Marie. Sono così felice di avere te...”.

Rincuorata come non mai, la ragazza abbracciò il padre con calore, sentendosi fortunata per ciò che aveva. Sentirsi dire una frase del genere dopo aver speso gli ultimi tre anni a domandarsi se i tuoi genitori non fossero più felici senza di te era davvero un toccasana.

 

 

Ferma davanti allo specchio, Marie osservava la sua figura fin troppo alta e un po’ ossuta. Fisicamente era tutta suo padre e la cosa le aveva causato non pochi disagi visto che non era piacevole essere una sorta di bambina gigante sin dalle elementari. Mangiava molto – roba non sana soprattutto – ma non riusciva a dire addio alle spalle ossute e alla cosiddetta forma tipica della “donna rettangolo”, senza fianchi, quasi senza seno. Sperava che la palestra l’avrebbe aiutata a mettere un po’ di massa, anche se non amava affatto l’idea di sudare e mostrare la sua goffaggine in tutto.

Guardò la maglia a mezze maniche che indossava, blu con su disegnata la faccia di Catwoman. Era uno dei pochi regali di sua madre che aveva apprezzato ultimamente, ma tenerla addosso, ora che sapeva del divorzio, le risultava impossibile, le sembrava di star indossando una bugia.

Con rabbia, se la tolse di dosso, la gettò per terra e si avvicinò alla valigia che non aveva ancora disfatto per prendere la prima cosa che le capitava.

Trovò una t-shirt verde con il logo di Breaking Bad – il suo telefilm preferito per eccellenza – e la indossò di corsa.

Si riguardò allo specchio nella speranza che non fosse troppo maltrattata e notò che sembrava decisamente giù di tono.

I suoi occhi blu esprimevano una tristezza che non le donava e aveva voglia di disfare quella maledetta coda in cui aveva stretto i capelli – forse perché erano identici a quelli di sua madre e non voleva avere nulla che la riguardasse, al momento -.

Quel giorno voleva essere felice, iniziare qualcosa di nuovo, mentre lei, la donna che più l’aveva delusa negli ultimi anni, aveva rovinato tutto in un secondo.

“Devi essere felice. Andrai a lezione e sarai la prima della classe. Andrai in palestra e contribuirai ad un banale processo fisiologico quale l’eleminazione delle tossine. A tal proposito, Marie Cooper, ricorda di bere due litri d’acqua al giorno e ricorda che Coca Cola e Sprite non sono la stessa cosa. Certo che non lo sono, l’acqua è composta da... Oh, accidenti, datti un tono e sii felice!”.

Litigare con se stessa era una cosa normale, in mancanza di una disputa era solita parlare da sola allo specchio per dimostrare che aveva ragione – era una cosa da pazzi, sì, ma non riusciva a farne a meno -.

A pochi passi da lei, dietro la porta, Leonard stava per bussare per dirle di muoversi, ma sì bloccò, rassegnato.

Andò in cucina, dove l’amico stava già lavorando alla sua amata lavagna.

“Tutto ok, parlava da sola, credo davanti allo specchio come al solito, e mi sa che ha appena finito” borbottò.

“Devo dire che le lezioni di Chimica l’aiuteranno”.

“Per approfondire le sue conoscenze?”.

“No, Leonard. Per avere qualche compagno di classe con cui discutere e provare che ha ragione, così non avrà bisogno di dibattere con se stessa allo specchio”.

Il fisico sperimentale alzò gli occhi al cielo, alquanto scioccato dal senso di quel discorso.

“Che carina, giuro che è in questi casi che mi pento di non avere figli” disse sarcastico.

Ovviamente l’amico non comprese il tono della sua voce e gli sorrise.

“Sono qui, sono pronta, andiamo!” esclamò Marie, correndo in direzione della cucina.

Purtroppo per lei, però, durante l’atto troppo acrobatico per i suoi gusti, inciampò e cadde, salvandosi semplicemente grazie alla prontezza dei suoi riflessi che l’aiutarono ad appoggiare le mani davanti.

“Marie!” urlò il padre, impietrito.

“Cara, sicura che andare in palestra sia una buona idea?” osservò premuroso Leonard, piegandosi per soccorrerla.

“Zitto, zio” lo rimbeccò la ragazza, seduta sul pavimento e massaggiandosi la caviglia.

“Sai, anche dopo che hai fatto i tuoi primi passi sei caduta così. Un ritorno alle origini, direi” ridacchiò suo padre, salvo poi avvicinarsi e aiutarla ad alzarsi con l’aiuto dell’amico.

“Zitti tutti. Posso farcela, davvero” mormorò, seppur piagnucolante.

 

 

“Marie, buongiorno! Posso accompagnarti io, è il minimo che possa fare visto che al momento ho un lavoro solo grazie alla tua iscrizione!” l’accolse Penny quando si incrociarono fuori al pianerottolo. “Così eviti di prendere l’auto”.

Marie sorrise, imbarazzata. “Buongiorno. Io non guido, in realtà, grazie per il penisero ma sto andando con Leonard, è il suo ultimo giorno prima delle ferie”.

“Oh, ok, allora se ti va posso accompagnarti da domani”.

“Grazie!”.

Penny sorrise e ripose le chiavi in borsa, impiegandoci più del dovuto per riuscirci, forse a causa del nervosismo causato dalla prospettiva di insegnare. “Come mai non guidi?”.

“Ho la patente, sia chiaro, ma... E’ più forte di me, mi metto sempre nei guai, rischio incidenti di continuo! Sono negata come mio padre!” spiegò la ragazza, sospirando.

Penny ridacchiò ma non aggiunse altro perché era arrivato Leonard.

“Oh, oh, buongiorno Penny!” esclamò, schiarendosi la voce.

“Buongiorno Leonard. Da domani accompagno io Marie così potrai goderti le vacanze!”.

Leonard sorrise, ringraziandola, e si avviarono insieme verso il parcheggio, verso l’inizio di una nuova avventura.

 

“... Per qualsiasi informazione sono nel mio ufficio fino alle due. Ci vediamo mercoledì, ragazzi”.

Una Penny alquanto assetata per aver parlato senza sosta ma anche felice congedò la sua classe con un sorriso per poi avvicinarsi alla lavagna e cancellare le formule che aveva spiegato.

Salutò tutti e quindici gli studenti con vari sorrisi e notò che Marie era l’ultima rimasta visto che si stava dilungando nel sistemare la cancelleria usata per prendere appunti.

Alzò lo sguardo e notò che l’insegnante la guardava con evidente curiosità.

“Scusami, è che quando prendo appunti uso la penna nera unita a quella rossa per le definizioni, la blu per sottolineare un concetto che devo approfondire, la verde per gli asterischi e quella fuxia per le spiegazioni vicino gli asterischi e poi devo mettere il tutto in ordine di colore seguendo l’arcobaleno” spiegò, tornando alla sua occupazione.

“Oh, fai... Pure” mormorò la donna. Ne aveva conosciute di ragazze come lei, ma Marie era decisamente unica. Una diciannovenne che ha la patente ma non guida, usa mille penne per gli appunti e deve anche ordinarle in base al colore.

“Piaciuta la lezione?” aggiunse, speranzosa.

Finalmente Marie terminò la sua opera, chiuse la borsa e la raggiunse vicino la cattedra.

“Sì! L’ho adorata, la chimica nucleare è affascinante! Non vedo l’ora di svolgere gli esercizi!” esclamò, fin troppo entusiasta.

Penny sorrise, prese la sua borsa e insieme si incamminarono verso la mensa dell’università.

“Ne sono felice, fino ad ora ho svolto solo ricerca, ma mi era scaduto il contratto in Florida e così sono qui...”.

“Sei portata invece, voglio dire, quando quel ragazzo ti ha fatto quella stupidissima domanda sui legami chimici io l’avrei sbattuto fuori, non potrà mai stare al passo con le lezioni!”.

“Ehm, Marie, la pazienza e la disponibilità sono i primi requisiti per insegnare”.

“Non dovrebbe essere sapere ciò che si insegna?”.

Penny guardò Marie, decisamente stranita, per poi decidere di non ribattere e guardarsi intorno alla ricerca della mensa.

 

 

“Ma come fai ad indossare qualcosa del genere? Io morirei, i pantaloni così attillati mi fanno sentire soffocata”.

Circa quattro ore dopo, Penny era a casa Cooper per aiutare Marie a sistemarsi per la palestra visto che il trasloco procedeva tranquillamente. Non era esperta e non aveva mai messo piede in una palestra, ma l’idea di dare una mano ad una ragazza le piaceva, era cresciuta con una famiglia composta quasi interamente da fratelli e cugini e non era mai stata brava nel relazionarsi con il mondo femminile a causa delle sue regole assurde e alquanto cattive.

“Sono gli unici che mi andavano, gli altri erano larghi” sbuffò Marie.

“Ecco perché dovresti fare shopping come me al Wallmart a Huston, lì sì che hanno le taglie perfette per i Cooper!” borbottò suo padre. “Chiedi a tua nonna e ti invierà tutto!”.

Penny rise di cuore, sempre più sorpresa dalla stramberia di quella famiglia, e pensò che invece la madre le era sembrata diversa, più severa, fuori luogo.

Qualcuno bussò alla porta e Marie andò ad aprire, trovandosi davanti una Bernadette in tuta decisamente entusiasta. “Andiamo a tonificare, su!” esclamò.

Marie annuì, seppur poco convinta, prese la borsa e si congedò.

“Ci vediamo alle otto, papi, prepara i pop corn per le serie tv!” esclamò, dandogli un bacio sulla guancia e salutando Penny con un sorriso.

“Ciao, ragazzi!” li salutò Bernadette, così nel giro di qualche secondo l’appartamento tornò ad essere improvvisamente silenzioso.

Penny guardò il padrone di casa e si decise a dire ciò che pensava da qualche ora, dopo aver chiesto a Marie del lavoro del padre.

“Non vorrei intromettermi ma... Marie amerebbe vederti a lavoro, oggi non faceva altro che dirmi che vorrebbe che smettessi di lavorare a casa. So di essere un’estranea, solo che quando avevo la sua età avrei tanto voluto che qualcuno dicesse a mio padre ciò che non riuscivo a dirgli” sussurrò, un po’ intimorita dalla reazione dell’uomo, che non si fece attendere: indurì il volto, si alzò e si avvicinò alla lavagna dove c’erano ancora i calcoli a cui stava lavorando da quella mattina.

“So quello che faccio, Marie lo sa”.

“Certo, non lo metto in dubbio. Scusami, torno da me, buon lavoro” mormorò sconfitta Penny, vedendo avverarsi la sua premonizione.

Appena sentì la porta richiudersi, Sheldon lasciò perdere il pennarello e contemplò un ritorno alla Caltech, con Kripke che lo derideva, i pranzi con Leonard e Howard e il preside che non ascoltava i suoi suggerimenti.

Tutto normale, tranne per il fatto che non ci sarebbe stata Amy ad aspettarlo all’uscita, per poi tornare a casa insieme e raccontarsi gli avvenimenti della giornata.

Il solo pensiero lo fece sentire un povero stupido, uno stupido che a breve avrebbe dovuto firmare i documenti del divorzio... Non riusciva a capacitarsene, quindi come faceva a spiegare tutto ciò a sua figlia?

 

 

Amy stava per uscire, le mancavano le ultime cose da mettere in borsa.

Non andava di fretta, si era anticipata di molto visto che dopo il lavoro non aveva nulla da fare, era un lusso che ormai poteva concedersi.

Lanciò uno sguardo alla busta gialla sul tavolo della cucina, era lì da giorni e ancora non l’aveva aperta. Che senso aveva? Sapeva che erano i documenti per il divorzio, sapeva che un paio di firme avrebbero posto fine agli ultimi diciassette anni.

Sapeva anche che il suo avvocato le aveva detto che l’avrebbe assistita dopo l’estate visto che a breve il suo studio si sarebbe spopolato.

“La legge non va in vacanza, certo, ma i divorzi possono aspettare” le aveva detto sbrigativamente, come se fosse un qualcosa di superfluo e lussuoso.

Come se fosse una cosa stupida come rifarsi il naso o il seno!

Dovevano prima vedersi, esporre le proprie motivazioni davanti all’avvocato...

Se doveva aspettare l’autunno la sua sofferenza si sarebbe protratta, e non perché odiasse essere legalmente sposata ma perché sapeva che sapararsi da lui, nonostante fosse una sua scelta, le sarebbe risultato sempre più difficile.

Sospirò e udì il cellulare vibrare, lo prese e lesse un messaggio.

 

Ci vediamo alle 8 al solito posto, gattina.

 

Deglutì e si affrettò a rispondere, dicendosi che doveva smetterla di sentirsi in colpa.

 

 

Ragazze super in forma, ragazzi decisamente muscolosi e persone, al contrario, con dei chili di troppo. Marie notò che in quella palestra non esisteva una via di mezzo e la cosa la fece sentire più a disagio che mai visto che era consapevole di essere una sorta di stampella vivente per i soliti standard.

“Dove dobbiamo andare?” domandò, decisamente impaurita.

“A lezione di Total Body, te lo avevo detto, no? E’ perfetto, ci ammazeremo ma ne varrà la pena!” esclamò Bernadette, fin troppo entusiasta. “Guarda, gli spogliatoi sono a destra” aggiunse, vedendo un cartello indicatore.

Marie la seguì, per poi trovarsi in una stanza fin troppo calda piena di armadietti, donne mezze nude e ragazze che si asciugavano i capelli davanti a dei piccoli specchi rettangolari.

Scelsero gli armadietti e iniziarono a sistemare le borse quando una voce familiare le richiamò all’attenzione.

“Marie! Bernadette! Anche voi qui?”.

Marie si bloccò nell’atto di chiudere l’armadietto quando notò che quella che si stava avvicinando era proprio sua madre. Era parecchio sudata e decisamente più naturale del solito, ma sorrideva speranzosa in loro direzione.

“Mamma” disse, più dura del solito.

“Amy, ciao! Anche tu qui? Stiamo per iniziare Total Body!” la salutò Bernadette.

“Sì, non sapevo aveste deciso di venire qui! Io faccio sia zumba che pilates” spiegò. “Se ti fa piacere domani potremmo andare a comprare delle tute nel mio negozio di fiducia, che ne dici?” aggiunse speranzosa, rivolta alla figlia.

“Ho già comprato tutto con Bernadette, grazie” replicò freddamente la figlia. “Ma posso farti compagnia quando andrai a comprare il vestito da indossare per l’udienza per il divorzio, se vuoi” aggiunse, senza riuscire a trattenersi.

Chiuse l’armadietto con forza, tanto da far girare alcune donne per la curiosità.

“Tesoro, scusami, non credevo che tuo padre ti avesse già detto...”.

“Papà mi dice tutto e subito, a differenza tua. Non cova rancori per sedici anni per poi sputarli fuori con veleno” ribattè, pungente più che mai.

“Ma no, cosa...”.

“Non troverai mai uno come lui, sappilo! Avresti potuto aiutarlo a superare con il distacco quando sono partita per il college, visto che per te è stata una passeggiata andartene di casa e lasciarmi lì da un giorno all’altro, invece te ne sei fregata!” continuò a sbraitare, rossa in viso come non mai, finchè Bernadette non le poggiò le mani sulle spalle per calmarla.

“E’tardi, dai, magari ne parlate con calma...” disse, a disagio.

“No perché sarebbe impossibile, da quando sono tornata non mi ha invitato nemmeno mezza volta a stare sola con lei!”.

“Ma se l’ho appena fatto e hai rifiutato!”.

“Fare shopping non è la stessa cosa. Serve per evitare di parlare delle cose serie. Vado a lezione, ciao”.

Ancora scossa, prese con rabbia l’asciugamano e una bottiglina d’acqua e si avviò verso l’uscita.

“Dovete chiarire, Amy. Ci soffre troppo! Dille la verità e l’apprezzerà. Ciao” la salutò Bernadette, seria più che mai, seguendo sua figlia.

Amy rimase ferma, sforzandosi di non piangere davanti a tutte. Vedere sua figlia covare così tanto rancore era orribile e pensare di dire la verità le faceva paura perché l’aveva detta solo alla sua analista.

 

 

“Distendete la gamba destra e alzate il braccio sinistro, su! Ora fate pressione sulla gamba, così...”.

Marie non ce la faceva più, quella disciplina che serviva ad allenare e mettere in funzione tutti i muscoli del proprio corpo era qualcosa di orribile per una come lei che non riusciva nemmeno a correre qualche metro senza inciampare e cadere.

Anche Bernadette, nella fila avanti alla sua, sembrava provata, ma non come lei.

Sentiva tutti i muscoli indolenziti e qualcosa sullo stomaco, come se dovesse vomitare un pranzo eccessivamente abbondante e in più si sentiva debole.

Le luci soffuse blu della stanza non l’aiutavano affatto, a un tratto vide tutto sfocato, tanto che si decise a fregarsene della lezione – aveva già resistito quaranta minuti, accidenti! – e scappò via dalla sala, sforzandosi di non fare rumore. Ci riuscì visto che nemmeno Bernadette notò la cosa.

Prendere un po’ d’aria appena uscì fu un toccasana ma non riuscì a resistere e si accasciò per terra, sentendosi troppo debole.

“Ehi, tutto bene?”.

Una voce dall’accento straniero le si rivolse, alquanto concitata.

Marie alzò lo sguardo e vide che un uomo in tuta ma decisamente affascinante le si stava avvicinando di corsa.

“Non proprio... E’ la mia prima lezione e mi sembra di avere un peso sullo stomaco e mi fa male tutto” rivelò, sentendo le gambe tremare.

L’uomo subito notò il tremore e si accovacciò davanti a lei.

“Cosa hai mangiato prima di venire qui?” chiese, analizzando la situazione.

“Uno yogurt e un cappuccino”.

“Quando?”.

“Un’ora prima della lezione, credo”.

“Non dovevi, mangiare cose che contengono latte e derivati non fa bene prima di un allenamento, appesantisce lo stomaco! Meglio un bel panino un paio di ore prima, ti aiuterà a mettere massa. Di certo non sei qui per dimagrire” notò rapidamente, tuttavia con un tono rassicurante.

La sua voce era calda, l’accento – tipico degli indiani – aveva un qualcosa di affascinante.

Marie annuì e provò a rialzarsi così l’uomo l’aiuto sorregendole la schiena con delicatezza.

“Avrai avuto un calo di pressione. Ti ci vuole un po’ di acqua e zucchero*” decretò, facendole strada nel corridoio.

Giunsero in una sala attrezzi e poi in un piccolo ufficio con tanto di scrivania e armadietto.

“Prego, siediti pure, mano a mano il tremore alla gambe passerà, hai sforzato troppo i muscoli, tutto qui. Sei stata coraggiosa a scegliere Total Body” osservò, mentre prendeva un bicchiere di plastica e una bottiglia di acqua.

“Non... Non l’ho scelta io, sono qui con un’amica di famiglia” sussurrò.

“Immagino tu non abbia mai fatto alcuna attività fisica”.

“Esatto. Non ho tempo, studio ad Harvard e onestamente preferisco giocare con la xbox quando riesco” rivelò.

L’uomo sorrise e le diede un bicchiere pieno di acqua con dello zucchero.

“Bevi”.

Marie obbedì, seppur disgustata dallo zucchero eccessivo. “Grazie”.

“Io sono Raj, comunque, l’istruttore della sala attrezzi”.

“Marie”.

“Non per farmi pubblicità ma credo che potresti avere più risultati venendo nella sala attrezzi, potrei seguirti e darti un allenamento graduale” propose.

“Ma sono già iscritta a Total Body!”.

“Non cambia nulla, l’iscrizione è uguale. Tessa è stata un’incosciente, avrebbe dovuto fare una lezione più tranquilla visto che c’erano dei nuovi iscritti” disse Raj, mentre posava l’acqua.

“La colpa è mia, sono negata” ammise Marie.

“Ma no, bisogna solo prenderci la mano. Vieni qui e ti farò prendere almeno quattro chili!” insistè Raj, sorridendole.

Aveva dei denti bianchissimi che contrastavano con la carnagione caramello, oltre ad essere abbastanza muscoloso.

Era davvero un bell’uomo, pensò Marie, poteva avere al massimo una decina di anni in più a lei.

“Va bene, accetto” disse, vergognandosi come una scema perché voleva vedere più spesso quell’uomo e non gliene fregava molto del resto.

Una sensazione del genere non l’aveva mai provata, studiando chimica aveva a che fare con molti ragazzi ma nessuno le aveva fatto un effetto simile.

“Ti aspetto mercoledì alle sei, allora. Tessa mi odierà” aggiunse, ridacchiando. “Come va?” chiese poi.

“Meglio. Il peso sullo stomaco è quasi scomparso ma mi fa male tutto... Devo avvertire la mia amica, lei non mi ha visto uscire!”.

“Ok, ti accompagno” si offrì gentilmente Raj, aiutandola ad alzarsi e sorreggendole la schiena con cautela.

Marie sospirò e guardò l’istruttore, pensando che era il primo palestrato che le suscitava un interesse così improvviso.

 

 

“Ero davvero preoccupata” brontolò Bernadette circa venti minuti dopo, all’uscita dagli spogliatoi. “Potevi dirmelo!”.

“Non volevo disturbarti” si giustificò Marie, camminando lentamente a causa del dolore. “Comunque te l’ho detto, andrò a fare sala attrezzi, l’istruttore mi aiuterà mano a mano”.

“Come vuoi...”.

“Aspetta, vado a salutarlo, è stato gentilissimo. Aspettami qui”.

“Va bene, ti prendo qualcosa al distributore” replicò la donna, avvicinandosi alla macchinetta piena di merendine e snack poco salutari. Inserì le monete e notò che una donna la guardava con aria di superiorità. “Ehi, carina, non è per me, è per la mia amica che ha avuto un calo di zuccheri!” s’infervorò.

Dall’altra parte della struttura, Marie entrò nella sala attrezzi, trovandola vuota. Si avviò verso l’ufficio ma era vuoto a sua volta.

Stava per rinunciarci quando sentì delle voci provenire da un’altra porta che era leggermente aperta.

“Lo so che è squallido ma dovremmo entrare in uno dei bagni, la porta non si chiude”.

“Come vuoi tesoro, ho capito che vuoi mettere alla prova la mia agilità...”.

Il cuore di Marie perse un battito. La stanchezza le faceva un brutto effetto, non poteva conoscere sul serio quelle voci!

“L’ho già provata, sei la ventinovenne più agile che conosca, gattina...”.

“E tu il ventinovenne più sexy che abbia mai conosciuto...”.

Le bastò sporgersi di poco per vedere riflessa nello specchio alla sua destra un’immagine assurda, pazza, senza senso, scabrosa.

Raj stava togliendo la camicetta ad una donna bruna, più bassa di lui, con una voce a lei nota.

Raj era in atteggiamenti piuttosto intimi con sua madre.

Sua madre aveva una storia con il suo futuro istruttore e a quanto pare diceva di avere sei anni in meno.

Non riuscì a rimanere lì per un altro istante e sfidò il dolore, camminando rapidamente fino all’uscita, dove Bernadette la stava aspettando.

Poi, non riuscendosi a trattenere, si piegò in due e vomitò di colpo, con grande preoccupazione dell’amica.

Inutile negarla, quella era la degna conclusione di una giornata decisamente schifoso e iniziata, come si suol dire, con il piede storto.

 

 

*piccola nota: l’episodio della lezione di Total Body è vero ed è successo a me, lo scorso ottobre xD ero iscritta a zumba ma la prima lezione l’istruttrice decise di cambiare per una volta, avevo bevuto un cappuccino e dopo quaranta minuti circa sono scappata dalla sala, sentendomi male. Ricordando la cosa ho pensato di far succedere una cosa simile anche a Marie eheheh.

 

*°*°*°*°*°

 Ed ecco il secondo capitolo, pubblicato esattamente dopo dieci giorni anche se è mezzanotte passata, purtroppo domani ho tanto da studiare e aggiornare richiede tanto tempo come ben saprete.

Coooomunque... La famiglia incasinata continua ad esserlo: Marie ha saputo del divorzio, ha conosciuto Raj e ha scoperto che ha una relazione intima con sua madre :O

Sheldon,d’altro canto, non riesce a tornare a lavoro a causa dei ricordi ma cerca la sua felicità in Marie.

Che dire, questo non è ancora nulla perché sono al settimo e vi anticipo che ci saranno dei colpi di scena ma spero troviate interessante questi primi sviluppi ^^

Grazie a chi ha letto e ha recensito il primo capitolo <3

 

Vi lascio qualche anticipazione del prossimo capitolo che pubblicherò verso il 19 (anche un po’ prima se va tutto bene :D):

 

“Non ho niente a cui pensare, non esco con le bugiarde. Bella foto” la prese in giro, voltandosi e avvicinandosi alle scale che conducevano all’uscita del condominio.

 

“Comunque... Come si chiede ora a una ragazza se vuole venire a cena con te?” domandò, con un tono decisamente basso.

Marie spalancò la bocca. “Ho sentito bene?”.

“Direi di sì, Marie, l’ultima visita dall’otorino l’hai superata con successo” replicò impaziente il padre. “Allora?”.

 

A presto,

milly.

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Capitolo 3
*** What Goes Around, Comes Around ***


What Goes Around, Comes Around

Capitolo 3

     What Goes Around, Comes Around

Avrei dovuto sapere che quando saresti

passata di qua mi avresti fatto piangere,

mi si spezza il cuore a vederti andare via, 

perché so che stai vivendo in una bugia.

Va bene, tesoro, perchè scoprirai in tempo che

quello che gira, quello che gira,

quello che gira torna tutto indietro!

*Justin Timberlake, What Goes Around Comes Around*

 

Erano ormai le nove quando Marie spense la tv, gioiendo del fatto che esistesse il telecomando grazie a cui non era costretta ad alzarsi.

Dolorante come non mai dopo la palestra, mangiò del riso in bianco preso al ristorante cinese, guardando male il padre che beveva la cioccolata calda – nonostante fosse estate - e ci intingeva dentro i pop corn rimasti con grande gusto.

Al momento, tra i due, quello più piccolo e immaturo sembrava lui.

“Mal di stomaco del cavolo, odio questo riso” sbottò la ragazza.

“Avrei dovuto avvertirti del fatto che è sconsigliato consumare latte e derivati prima di un allenamento, ma onestamente ero convinto che lo sapessi, sei una chimica dopotutto” la beffeggiò il padre, sorridendo sornione mentre mangiava un pop corn con gran gusto.

“Prendimi pure in giro, tanto non passerò alla fisica” lo rimbeccò la figlia. “Non ci ho pensato, che cosa grave!”.

“Ti direi che anche i migliori sbagliano ma non è così, mi dispiace” continuò l’uomo.

Vedere Marie che si offendeva era uno spasso e gli faceva capire perché i suoi colleghi lo prendevano in giro.

Era identica a lui sotto questo aspetto e spesso adorava punzecchiarla, il modo buffo in cui la sua espressione mutava era adorabile e gli ricordava quando era una bambina e non le era concesso mangiare più caramelle del dovuto.

“Sono tua figlia, dopotutto, è colpa del tuo bagaglio genetico!”.

“Sì, deve essere colpa di zia Missy, ricorda che si è diplomata a venti anni. Che scempio!”.

“Non puoi paragonarmi con lei!” si offese la ragazza, prendendo una manciata di pop corn e lanciandogli contro.

“Ehi, ehi, non esageriamo, lo sai che odio la sporcizia addosso! La mia doccia serale è programmata tra un’ora e mezza!”.

“E non puoi anticiparla perché il tuo corpo è nel bel mezzo della digestione. Vedi? Dopotutto anche io sono intelligente”.

Solo Marie Amelia Cooper poteva compiere un gesto del genere e guadagnarsi un sorriso da parte di Sheldon, seguito da un rapido ma significativo abbraccio.

“Penny mi ha detto che vorresti rivedermi al lavoro” mormorò poi, improvvisamente serio.

Marie esitò ed annuì.

“Beh, te l’ho detto anche ieri, quando sono tornata, ricordi?”.

“Sì, ma sentirselo dire da un’estranea è diverso. Marie, sai quanto io sia abitudinario e ho smesso di lavorare nel mio ufficio perché... Non trovare tua madre all’uscita mi avrebbe ammazzato. Certo, metaforicamente, ovviamente, ma è la verità”.

Sentire quelle parole fu un colpo al cuore per la ragazza, che non riuscì a trattenersi e scoppiò a piangere a causa dell’immagine di sua madre che se la spassava con un ventinovenne, seguita dalle parole del loro litigio di quel pomeriggio.

“Marie, perché piangi?” chiese l’uomo, senza capire.

Non poteva dirglielo, no, era già fin troppo a pezzi senza sapere che sua moglie diceva in giro di essere una ventinovenne single.

“Devo metabolizzare il tutto, scusami, da quando mi hai detto della sua richiesta riguardo il divorzio ci sono rimasta male e... Odio sapere che a causa sua non vai alla Caltech quando lei, insomma...”.

“Ci tornerò, Marie, promesso. Dammi qualche giorno e tornerò a lavoro. Ci ho pensato e dopotutto ho te che segui i corsi lì. Non avrò la mia ex moglie all’uscita, ma avrò mia figlia” la tranquillizzò, passandole un fazzoletto.

“Davvero?!” domandò incredula la ragazza. “Io non voglio importi nulla, credimi”.

“Lo faccio perché so di poterlo fare, promesso”.

Marie sorrise tra le lacrime, sentendo che forse non tutto era perduto e che le cose potevano tornare alla normalità.

 

 

 

Due giorni dopo Leonard era in partenza per il New Jersey visto che suo fratello si sarebbe sposato quel weekend.

“E se chiamassi e dicessi di essere ammalato?” brontolò l’uomo, mentre appoggiava la valigia all’entrata.

“Faresti la figura del codardo. Aspetta”.

Marie indossò un po’ di lip gloss – regalatole da Bernadette e ancora intatto -, si sciolse i capelli, prese il telefono dello zio e puntò la fotocamera verso i loro volti.

“Sorridi! Ecco, se qualcuno ti rompe le scatole, usa qualche filtro e dì che sono la ragazza con cui ti vedi da un po’. Nessuno mi conosce” minimizzò con un tono pratico.

“Per favore! E poi sei una ragazzina, che figura ci farei!” obiettò Leonard, nauseato al solo pensiero che per lui equivaleva ad un incesto.

“Come vuoi, usala in caso di emergenza”.

Leonard alzò gli occhi al cielo per poi prendere del caffè e berlo generosamente.

“Leonard, amico mio, fà buon viaggio, porgi i miei più sinceri saluti a tua madre e non osare tornare se sai di portare con te qualche virus letale, grazie” lo congedò il suo coinquilino, ancora in pigiama.

“Quando dici queste cose non fai altro che rendere la separazione più semplice. Fate i bravi, sarò qui tra dieci giorni, lunedì andrò a New York da un amico del college” spiegò.

Sheldon sgranò gli occhi, incredulo.

“New York? New York?! Il covo di mille etnie diverse e diecimila malattie rischiose differenti, sul serio? Perché non in qualche paese del Terzo Mondo pieno di malattie mortali, a questo punto!”.

“Ecco perché non te l’ho detto fino ad ora. Starò bene, Sheldon, ok?”.

“Questo lo decideremo quando vedremo le tue analisi, Leonard”.

Marie rise di gusto vedendo l’amico esasperato, pensando che quelle scenette le sarebbero mancate visto che alla fine dei conti Leonard era l’equilibrio della casa, quello simpatico che allo stesso tempo portava un po’ di sanità mentale tra quei due matti rappresentati da lei e il padre.

“Ci mancherai” gli disse, avvicinandosi al tavolo e prendendo un pacchetto. “Ecco qualcosa da mangiare in caso di emergenza, rispetta tutte le norme degli aerei, non avrai problemi a portarlo nel bagaglio a mano”.

Il fisico sperimentale le sorrise e l’abbracciò con calore. “Grazie, Marie, sei un angelo”.

“E dì a tua madre di venirci a trovare prima della fine dell’estate, lo sai che io e papà la adoriamo, è una donna così brillante!”.

“Ecco, ora non sei più un angelo” sospirò Leonard, seppur sarcastico.

Fu strano vederlo partire, ormai era la ragazza quella che lasciava casa per il college, ma magari quel cambiamento avrebbe portato qualcosa di nuovo, chissà.

 

 

Tornare all’università era stato più semplice del dovuto, in effetti.

Kripke non aveva osato dire nulla e il Preside gli aveva stretto la mano con cordialità, ritraendola subito perché sapeva che il fisico non gradiva certi contatti con gli estranei.

Howard, nonostante fosse in ferie, lo aveva accompagnato fino all’ufficio da buon amico.

“Beh, suppongo che sia uno spreco riabituiarsi visto che dalla settimana prossima andrò in ferie anche io, ma va bene, non voglio lamentarmi” esclamò il fisico teorico ad ora di pranzo, in compagnia di sua figlia e Penny.

“Le ferie, che cattiveria, eh, papà?” lo prese in giro Marie. “Le odia, dice che non gli servono” spiegò a Penny, la quale guardò il vicino senza capire.

“Davvero?”.

“Penny, il mio cervello non si ferma mai, che senso ha stare in ferie?”.

“Magari rilassandoti il tuo cervello sarà più libero e potrà trarre ispirazione per delle nuove idee. A me succede così quando non riesco a terminare un saggio” propose Penny.

“E’ quello il punto, non si rilassa mai” ridacchiò Marie. “Un po’ come Superman e gli altri, è sempre in allerta e in attesa di nuovi sviluppi in ambito lavorativo!”.

“Ma se ho visto che passate le serate a guardare la tv e a giocare alla xbox!” osservò la chimica.

“Lavoro senza volerlo anche in quei momenti”.

“Papà, Bernadette è fuori l’università, mi ha chiesto di farle compagnia prima della palestra, ci vediamo stasera, ok?” esclamò all’improvviso Marie, dopo aver controllato i messaggi del cellulare, interrompendo il discorso e finendo in fretta la coca cola.

“Va bene, ma se farai degli spuntini falli massimo due ore prima e niente latticini!” l’ammonì il padre, guardandola un po’ severamente.

“Certo. Ciao, ciao Penny!” li salutò, prendendo la borsa e uscendo dalla mensa.

Calò un minuto di silenzio, durante il quale Sheldon ne approfittò per finire il suo sandwich.

“Ancora non riesco a credere che non ti rilassi mai, davvero” osservò Penny, dopo aver masticato l’ultimo boccone di caesar salad.

Sheldon scrollò le spalle.

“Quando vivevo con mia moglie devo dire che nei momenti di intimità la fisica era l’ultimo dei miei pensieri, ma da quando se ne è andata il mio lavoro ne ha giovato e immagino che dopo che firmerò i documenti per il divorzio ne gioverà ancora di più” ragionò.

“Divorzierete?” chiese la donna, incredula.

Sheldon annuì.

Non sapeva perché si stesse aprendo così con una ragazza che conosceva da soli quattro giorni, ma le aveva fatto una buona impressione, dopotutto.

“Me lo ha detto domenica, prima della cena. Nulla di nuovo, dopotutto è via da casa da quasi tre anni, era inevitabile” ragionò, come per convincere più se stesso che lei.

“Mi dispiace... Posso capire, anche io non sono molto fortunata in amore” rivelò Penny, sospirando.

“Come mai? Voglio dire, oggettivamente sei un prototipo di donna ideale, con le tipiche fattezze del Mid-West e una buona istruzione”.

Penny sorrise imbarazzata e scrollò le spalle, per poi togliersi gli occhiali quadrati con la montatura nera e iniziare a pulirli, come per tenersi occupata.

“Agli uomini non piace avere a che fare con donne intelligenti con una carriera più importante della loro. Mi dicono sempre che sono saccente” rivelò, alzando gli occhi al cielo.

“Tipico. Capisco perfettamente, è ciò che mi dicono da quando sono nato. Forse devi solo incontrare qualcuno intelligente che abbia un percorso simile al tuo” disse Sheldon.

Penny lo guardò, un po’ basita. Era un’allusione? No, non poteva essere, non sembrava l’uomo che ci provava subito, anzi, se non avesse saputo che era stato sposato avrebbe pensato a lui come un uomo che non ci prova e basta.

“A che ora finisci?” chiese però, schiarendosi la voce, non dando retta ai suoi pensieri.

“Alle quattro”.

“Anche io! Se non hai da fare potremmo andare a prenderci un caffè”.

“Io non bevo caffeina” rispose educatamente Sheldon, prima di capire cosa – forse – Penny volesse intendere.

Il caffè era una consuetudine sociale ma anche un pretesto per vedersi al di fuori del solito ambiente in cui ci si vedeva e tutto era iniziato con una cosa del genere tra lui ed Amy, quasi venti anni prima, solo che al posto del caffè c’era stata una videocassetta di Dirty Dancing che la madre di lei le aveva proibito di vedere e lui, senza sapere perché, gliela aveva affittata.

“Oh, ok, tranquillo...”.

“Ma posso bere qualsiasi altra cosa” si affrettò a rispondere, senza sapere nemmeno cosa stesse facendo, sentendosi improvvisamente accaldato.

Penny sorrise. Era forse un buon segno?

“Bene, allora ti aspetto alle quattro all’uscita e vediamo cosa fare!” replicò lei, stranamente raggiante.

Ma non dovevano bere qualcosa?

Cosa era successo? Un istante prima parlavano del lavoro, poi finivano a parlare delle loro relazioni e poi, puff!, decidevano di bere qualcosa dopo il lavoro.

“Certo” annuì, sentendo qualcosa di poco piacevole nel suo stomaco.

 

 

Il pensiero di rivedere Raj dopo la scoperta non le piaceva affatto, ma allo stesso tempo ricordare il suo sorriso la faceva sorridere come una scema.

Sua madre aveva dei gusti decisamente ottimi, pensò, visto che anche suo padre era una scelta perfetta.

Sospirò, sperando di non incontrarla negli spogliatoi.

“Io vado, ci vediamo all’uscita?” domandò premurosamente Bernadette, carina ma anche un po’ goffa nei pantaloni della tuta che le andavano un po’ lunghi e larghi.

“Certo. Giuro che non vomiterò” le promise.

“Ecco, brava! A dopo!”.

La salutò e tornò a sistemare la sua roba, per poi avvicinarsi ad uno degli specchi e legare i capelli in una coda alta.

Una volta terminato, si avviò verso l’uscita, ma quando fece i primi passi e si ritrovò vicino gli armadietti sentì qualcosa sotto al piede.

Incredula, notò il documento di identità di sua madre, un documento che esibiva la realtà dei fatti: trentacinquenne, alta un metro e sessantacinque, sposata.

Che ci faceva lì?

Forse l’aveva perso dopo averlo nascosto?

La sua mente subito galoppò, frenetica, in un momento in cui lei entrava da qualche parte in cui fosse richiesto un documento insieme a Raj e fingeva di non averlo per celare la realtà...

In un istante, tutto il dispiacere e il risentimento covati ultimamente raffiorarono in un gesto rapido e irrazionale.

“Non sto facendo nulla di male, nulla! Equivale a dire la verità!” sussurrò tra sè e sè. “Bruce Wayne o Catwoman farebbero lo stesso, sai?”.

Piano piano, pensando freneticamente, si avvicinò alla sala attrezzi e fermò una ragazza che stava entrando.

“Scusami, ho trovato questo qui fuori, magari è di una che fa attrezzi! Puoi darla all’istruttore? Magari la conosce” disse, fingendosi disinvolta. “Io devo prendere prima l’acqua”.

“Ok” accettò la ragazza, indifferente, così prese il documento ed entrò.

Tremante, Marie si avvicinò al distibutore per l’acqua, distante una decina di metri dalla sala, e quando si avvicinò per entrare vide un Raj sconvolto che usciva di corsa e prendeva il telefono.

Deglutì, sentendosi improvvisamente una persona orribile.

 

“... E così mi sono alzata e ho detto: “Avevo ragione io, l’equazione è giusta, il caso è chiuso!”. Credevo mi avrebbe sbattuta fuori e invece ha ammesso di aver torto. Quella è stata l’unica volta in cui mi sono sentita qualcuno, al liceo”.

Penny e Sheldon erano finiti in un bar nel centro di Pasadena e a fare un vero e proprio aperitivo, a dispetto dell’idea originale.

Lei era più truccata e sciolta, mentre lui era inizialmente più rigido per poi mostrarsi disinvolto dopo poco.

“Io l’ho fatto dall’asilo elementari al dottorato, eppure mi hanno sempre fatto sentire fastidioso e saccente” ribattè Sheldon, facendola ridere di vero cuore.

“La sicurezza è una cosa che apprezzo molto, odio gli eterni indecisi!” esclamò la ragazza, bevendo un sorso di Sprite.

“E’ quello che dico anche io! Io so come mi sento subito, non ho bisogno di pensarci e rimuginare per ore”.

Penny si morse il labbro udendo quelle parole, squadrandolo dettagliatamente.

Se era vero, le bastava un gesto e un po’ di onestà per sapere se poteva vedersi con il suo vicino, senza perdere tempo a rimuginarci per ore.

Non sapeva cosa fosse successo, ma stargli un po’ più vicino la elettrizzava, la faceva sentire più viva e felice, cosa che non si verificava da anni.

Così, cautamente, avvicinò il volto a quello dell’uomo, il quale se ne stava immobile, gli sorrise con calore mentre reclinava la testa e in un breve, glorioso istante appoggiò le labbra sulle sue, dando luogo a un semplice bacio.

Inizialmente lui non fece nulla, poi mosse le labbra di qualche centimetro e le schiuse leggermente, contro ogni pronostico.

Penny, rossa in viso, si separò dopo poco e poi lo guardò, in attesa.

“Allora?” domandò, seppur imbarazzata.

“Allora... Cosa?” chiese lui, immobile e incredulo circa il recente avvenimento.

“Hai detto di essere una persona decisa e che sai subito come ti fa sentire una cosa. Che ne pensi di questo bacio?”.

“Oh”. Sheldon deglutì, passandosi la lingua sulle labbra, poi guardò la bella chimica che aveva di fronte.

Riusciva a sentire il profumo alla fragola del suo rossetto e nonostante tutto gli piaceva.

Nel suo mondo, Amy era l’unica donna degna di ricevere le sue attenzioni e non aveva mai prestato attenzione alle altre.

Era strano guardare una donna e sapere che poteva esprimere il parere che più credeva adatto, senza nessun problema.

Per la prima volta dopo anni ed anni si concesse di ammirare un’altra donna, bella e intelligente.

“E’ stato piacevole, seppur inaspettato. Penny, in tutta la mia vita ho avuto un rapporto solo con una donna, con cui ho avuto una bambina molto presto e l’ho sposata senza pensarci due volte perché era tutto ciò che volevo di più al mondo... E perché mia madre è estremamente cattolica. Non so come comportarmi, cosa fare, cosa...”.

Intenerita, Penny gli accarezzò il volto, guardandolo negli occhi.

“E’ tutto ok. Basta che tu sia chiaro con me. Se pensi a lei non c’è problema, ma visto che a breve divorzierai, sappi che quando ti andrà potrei seriamente pensare di uscire con te. Devi solo essere chiaro” ripetè tranquillamente, senza distogliere il contatto visivo.

“O-Ok” balbettò lui in risposta.

Era così scioccato che non notò neppure di striscio Amy che se ne stava all’entrata del bar, incredula per la scena a cui aveva assistito. Voleva prendere un frozen yogurt dopo la palestra e invece aveva ottenuto uno spettacolo gratis alquanto sconcertante.

Suo marito era andato avanti, era stato baciato da quella bionda da strapazzo che gli abitava di fronte!

Era un’ipocrita e lo sapeva, ma odiava ciò che aveva visto, tanto che uscì rapidamente dal bar e si precipitò in macchina, dove, senza fermarsi, scoppiò in un pianto incontrollato.

 

 

What goes around comes around.

Justin Timberlake aveva maledettamente ragione, pensò Amy, mentre si serviva il secondo caffè con fin troppa panna, seduta sul divano del suo appartamento a Beverly Hills.

Aveva lasciato Sheldon e si lamentava se lo vedeva con un’altra in un bar, non era giusto!

Lei si vedeva con Raj, e si era vista con altri uomini in quegli anni, non poteva lamentarsi visto che era l’artefice di tutto quel processo doloroso.

Perché le dava fastidio?

Non ebbe nemmeno il tempo di chiederselo due volte che qualcuno bussò alla porta.

Si alzò senza voglia, sperando di non avere più gli occhi rossi e aprì la porta, trovandosi davanti Raj.

“Oh, Raj, ciao!” disse, sforzandosi di sembrare serena.

“Ciao. Hai perso questa” replicò freddamente lui, porgendole il documento di identità.

Con sommo orrore, Amy guardo il tesserino e spalancò gli occhi, salvo poi studiare l’immagine dell’uomo di fronte a lei.

“Raj...”.

“Te li porti bene i tuoi trentacinque anni, eh? Ed ecco perché non volevi che venissimo da te, sei sposata! SPOSATA!” urlò l’istruttore, puntandole il dito contro. “Un pezzo di carta mi ha detto più verità su di te di quanto me ne abbia dette tu in tre mesi” l’accusò, deluso.

Forse qualcuno ce l’aveva con lei, pensò Amy, perché non c’era spiegazione a tutto ciò.

“Ok. Ho trentacinque anni, sì, vivo sola però! Sto per divorziare e ho una figlia di diciannove anni” ammise, abbassando lo sguardo.

Quando lo alzò, vide che lui era incredulo.

“Ecco, vedi? E’ per questo che non te l’ho detto! Sì, ho avuto una bambina a sedici anni, ok? Una trentenne single è figa, una con una figlia invece è una vecchia secondo voi ragazzi!”.

“Mi hai mentito, Amy, e di brutto! Non posso accettarlo!”.

“Raj, ti prego, pensaci su, per favore!” lo supplicò, non sopportando l’idea di perdere anche lui.

“Non ho niente a cui pensare, non esco con le bugiarde. Bella foto, grazie a lei so com’eri realmente a ventinove anni” la prese in giro, voltandosi e avvicinandosi alle scale che conducevano all’uscita del condominio.

Sicura che stesse sognando, Amy guardò il documento con aria smarrita.

 

 

Toc, toc, toc. “Marie!”.

Toc, toc, toc. “Marie!”.

Toc, toc, toc. “Marie!”.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, non potendone più del disturbo ossessivo-compulsivo di suo padre, per poi posare la spazzola sul comodino. “Entra pure, papà”.

Sheldon entrò nella stanza di Leonard che per quei dieci giorni avrebbe ospitato sua figlia, con somma gioia della ragazza che avrebbe avuto un po’ di spazio in più rispetto la metà del letto di suo padre che le spettava da un po’.

“Volevo chiederti un cosa” domandò lentamente.

“Certo. Siediti” lo invitò, balzando sul letto.

“No, sai che impiegherei secoli per trovare il posto perfetto in questa stanza che mi è estranea” rifiutò Sheldon, guardandosi intorno. “Comunque... Come si chiede ora a una ragazza se vuole venire a cena con te?” domandò, con un tono decisamente basso.

Marie spalancò la bocca. “Ho sentito bene?”.

“Direi di sì, Marie, l’ultima visita dall’otorino l’hai superata con successo” replicò impaziente il padre. “Allora?”.

“Tu vuoi invitare a cena una donna?” continuò incredula. “Chi?”.

“Marie, rispondi, su! Odio non sapere qualcosa e lo sai!” insistè il padre, sbuffando.

La ragazza sorrise dolcemente verso il padre.

“Chiedile “Ti va di venire a cena con me?” ed è fatta. Puoi anche mandarle un messaggio, se vuoi” rispose.

“E’ così semplice?”.

“Sì. E chi è la fortunata?”.

“Penny mi ha chiesto di prendere un caffè, ovviamente non ho preso il caffè, e non so come... Lei mi ha baciato e mi ha detto che devo solo essere sincero con lei. Ho capito che devo guardare oltre tua madre e lei... Beh, non mi dispiace” rivelò tutto d’un fiato, seppur a disagio nel parlare di donne e baci con la sua bambina.

Marie si portò una mano sulla bocca e poi corse ad abbracciare il padre.

Ce l’aveva fatta, avrebbe visto un’altra donna!

Era così felice che non provava disagio nel dare qualche consiglio a suo padre, in più la notizia era così bella che dimenticò la cattiva azione compiuta quel pomeriggio.

“Dovresti dirglielo di persona, però” aggiunse. “Lo apprezzerà”.

 

 

“Ciao, Sheldon!”.

La mattina dopo, Penny si ritrovò il vicino alla porta, alquanto teso e imbarazzato.

Era felice di vederlo, ci sperava sul serio.

“Ciao Penny. Verresti a cena con me, sabato?” chiese subito, senza preamboli.

Dritto al punto, senza esitazioni e giri di parole: perfetto agli occhi di Penny, che subito si lasciò trasportare da un sorriso.

“Certo che sì. Sono felice che le chiacchiere di ieri abbiano dato i suoi frutti, sai?” disse, felice come non si sentiva da un po’.

Sheldon annuì, sentendosi strano a sua volta.

Qualcosa stava cambiando, qualcosa di nuovo era nell’aria e per la prima volta un abitudinario come lui non se ne dispiacque dopo tanti anni passati a soffrire a causa dei vecchi ricordi che, al momento, erano decisamente diversi dalla realtà.

 

 

*°*°*°*

Eccoci qui con il terzo capitolo.

Sì, avete letto bene, questa storia avrà anche gli Shenny xD

Non sono una loro fan e descrivere una situazione del genere, in cui Penny è un po’ diversa, è assurdo. Riesco meglio nei momenti Shamy ^^’ Comunque, agli appartenenti delle due “fazioni” dico: tranquilli, piano piano vedremo come si evolvono le cose :D

Marie ha compiuto un gesto poco nobile e Raj ha scoperto la verità, Leonard è partito... Le cose si stanno modificando, eheheh.

Grazie a chi segue questa storia, spero di sapere che ne pensate! :D

Credo di aggiornare tra poco più di una settimana, nel frattempo ecco qualche ANTICIPAZIONE:

 

Fa nulla, sei giovane, anzi, magari si scopre che sei minorenne. Da un opposto all’altro!” esclamò, iniziando a ridere.

“Non lo sono, ma anche se fosse? Non è che stai uscendo con me” disse Marie.

 

 

“Buongiorno, papà. Se fossi un tuo amico ti direi: “Bella, zio!”, ma in quanto figlia sappi che rimarrò traumatizzata per un bel po’”.

 

A presto!

Milly.

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Capitolo 4
*** Genitori Irresponsabili? ***


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Capitolo 4

   Genitori Irresponsabili?

 

Marie Amelia Cooper diceva di odiare il telefim Una Mamma Per Amica, ma in realtà lo aveva adorato fino al giorno del suo sedicesimo compleanno.

Lorelai era la versione telefilmica di sua madre, non solo per i sedici anni che le dividevano, e lei pensava di essere molto simile a Rory – dopotutto gli occhi blu, i capelli castani, la carnagione fin troppo chiara e la voglia di andare ad Harvard non le mancavano – oltre al fatto che aveva passato tante sere davanti alla tv con sua madre a guardare quel telefilm.

Quando suo padre era fuori per una conferenza o un convegno scientifico, lei ed Amy avevano la tv tutta per loro e amavano vedere quello show per sere intere, davanti a una generosa porzione di biscotti, pizza e Coca Cola.

Per questo, in seguito agli eventi, diceva di detestare quel telefilm ma nei momenti più tristi non riusciva a non prendere i dvd e vederli, seppur di nascosto.

Quel venerdì sera era sola a casa, visto che suo padre era uscito con Howard per una “serata tra uomini” che tradotto significava “Sheldon Cooper vuole un parere su come comportarsi all’appuntamento di domani”, quindi, visti gli ultimi avvenimenti, non riuscì a resistere e mise uno dei dvd.

Scelse una puntata a caso e si imbattè nell’inizio della quarta stagione: Rory va a Yale, non riesce a stare senza sua madre e la chiama, così la donna organizza un mega pigiama party nel suo dormitorio e  la tranquillizza.

“La stessa cosa che hai fatto tu, vero, mamma?” sbottò sarcastica la ragazza, mentre le immagini di Lorelai che consolava sua figlia le scorrevano davanti.

Senza che potesse controllarsi, la sua mente vagò all’inizio di settembre dell’anno precedente, quando si era trovata improvvisamente sola nel suo dormitorio ad Havard, nel Massacchussets, a quasi tremila miglia da casa, dal lato opposto degli Stati Uniti in cui era nata e cresciuta.

Suo padre, Leonard e Bernadette l’avevano accompagnata e le avevano fatto compagnia fino a sera, aiutandola a sistemarsi, poi, però, inevitabilmente, la notte era calata e si era ritrovata sola nella sua stanza, visto che la sua compagna di dormitorio aveva avuto dei problemi con il volo e sarebbe arrivata il giorno seguente.

Non aveva dormito, il letto era scomodo, posizionato in un angolazione che detestava e in più si sentiva sola come non mai.

Il solo ricordo di quei momenti la fece accasciare di peso sul divano e si sforzò di non piangere, ma ciò servì a non farla sentire in colpa per ciò che aveva fatto, dando il documento di identità della madre a Raj.

Si domandava cosa fosse successo dopo il suo gesto e la cosa le aveva creato qualche problema nell’addormentarsi, la sera prima, ma si era sforzata di non pensarci e di fare finta di nulla con la sua coscienza.

“Coscienza mia, so che dobbiamo fare i conti, ma sai che mi piace farli sono se c’entrano  con la matematica” si era detta la sera prima davanti allo specchio, sforzandosi di crederci e calmarsi.

Tuttavia, mentre era ancora immersa nei suoi pensieri, qualcuno bussò alla porta e così si alzò, sperando di non sembrare strana.

Si ritrovò davanti Penny che le sorrideva con imbarazzo, in un modo diverso dal solito, tanto che si stava torturando una ciocca di capelli.

“Ciao, Penny. Papà non è in casa” disse subito.

“Oh, lo so, cioè, l’ho accidentalmente visto mentre usciva con il suo amico basso. Ero sola e volevo invitarti a bere qualcosa da me” spiegò, speranzosa, indicando il suo appartamento.

Marie la guardò, un po’ sospettosa, per poi sorriderle con aria sorniona.

“Vuoi avere dettagli riguardo la cena di domani!” esclamò, puntandole il dito contro.

“Cosa?”.

“Ma sì, così saprai dove andrete, farti un’idea in base al posto, sapere cosa indossare...”.

“No! Io volevo sapere se per te andava bene, non sono mai uscita con un uomo prossimo al divorzio e con una figlia, per di più adulta!” rivelò velocemente Penny, mordendosi il labbro inferiore per l’ansia. “Pensavo sarebbe successo solo se fossi arrivata single a quarant’anni suonati e avrei deciso di uscire con un vecchietto” ammise, per poi ridacchiare nervosamente.

“Vedi? C’era comunque un secondo fine! Comunque va bene, chiudo la tv e vengo” rispose, affrettandosi a spegnere il lettore dvd e la televisione.

“Però magari se volessi dirmi che piani ha Sheldon potrei...”.

“Non so nulla, solo che indosserà un completo quindi ti toccherà qualcosa di elegante” disse subito Marie.

Spense le luci, chiuse la porta a chiave e seguì rapidamente la vicina nel suo piccolo appartamento.

Era carino ed ordinato per essere stato assemblato e arredato pochi giorni prima, ma la cosa che apprezzò di più era la libreria in bella mostra con i titoli ordinati per autore e per titolo, oltre che per materia.

“Però non capisco, mi sembri fin troppo calma. Cioè, io odierei vedere mio padre che esce con un’altra” mormorò Penny, facendole segno di accomodarsi sul divano. “Succo di mela, alla pesca o Dottor Pepper?”.

“Succo di mela, grazie. Sai com’è, mi sembri una a posto, forte, poi sei una chimica... Mio padre ha bisogno di una donna così, dopo la delusione con mia madre. Ti chiedo solo di essere sincera e non spezzargli il cuore, lui di certo non lo farà” disse la ragazza, seria più che mai.

“Marie, è solo una cena, tranquilla, è presto per dire qualsiasi cosa... Ma sappi che lo tratterò bene” promise, posando il succo e avvicinandosi con due bicchieri in mano.

Gliene porse uno e iniziarono a bere, guardandosi in silenzio per qualche secondo.

“Solo che pensandoci hai ragione, sarà strano vederlo uscire con un’altra” ammise poco dopo Marie, sospirando. “Però, in fondo, voglio solo che sia felice e magari lasciarlo in mani sicure quando tornerò al college”.

“Sembra un uomo speciale e...I suoi occhi mi hanno rapita” rivelò Penny con aria sognante.

Marie assunse un’aria di disgusto, digrignando i denti.

“Penny! Insomma, ora non esagerare, il tuo tono è equivalente a un: “Gli strapperei i vestiti di dosso”, sai?” le ricordò, chiudendo gli occhi al solo pensiero.

Penny rise di gusto e si portò le mani alla bocca, scuotendo il capo.

“Scusa, scusa! Non dirò più nulla di simile, promesso!” ridacchiò, seguita a ruota dalla ragazza.

Dall’altra parte della porta, Amy origliava senza volerlo, cupa più che mai.

Sapeva tramite facebook che Sheldon fosse fuori con Howard e voleva parlare con sua figlia, ma aveva trovato l’appartamento vuoto e aveva sentito la sua voce provenire da quello di fronte dove, apparentemente, aveva già fatto amicizia con la sua probabilmente futura matrigna.

 

 

“Amico, giuro che sei un caso anomalo. Hai avuto la fortuna di trovare una sedicenne che ti ha pregato di fare sesso e l’hai messa incinta, ma almeno hai la fortuna di aver fatto sesso regolarmente dopo il tuo precoce matrimonio da diciottenne, ora sei single, hai un’età in cui molti uomini non sono ancora sposati, hai già cresciuto una figlia e non hai problemi di orari, la biondona che si trasferisce di fronte si fa palesamente avanti, accetta il tuo invito e tu, dopo tutta questa esperienza, non sai che fare?” chiese incredulo Howard, bevendo un sorso della sua seconda birra.

Lui e Sheldon se ne stavano nel bar che frequentavano più spesso quando non erano in casa a giocare alla playstation con Leonard e stavano dando luogo a quella che dovrebbe essere una “serata tra uomini”.

Sheldon alzò gli occhi al cielo, odiando il fatto di essersi dovuto ridurre a dare ascolto al tipico stereotipo sociale in cui gli uomini si vedono al bar per discutere di donne e altre diavolerie.

“Per prima cosa, ti ricordo che me lo devi visto che ti ho accompagnato per tutte le gioiellerie di Pasadena per trovare l’anello per tua moglie, e per seconda cosa il tuo riassunto ha evidenziato il problema: sono uscito solo con Amy, ero un ragazzino inesperto e non ho mai dovuto instaurare un rapporto che vada oltre l’amicizia con una donna adulta. Infine, il fatto di non avere un coito con una donna da quasi tre anni mi mette ansia”.

Howard spalancò la bocca e ringraziò il cielo di non star bevendo perché altrimenti gli avrebbe sputato la birra in faccia e sarebbe entrato nella lista dei suoi nemici mortali.

“Aspetta, aspetta, aspetta... Stai già pensando a cosa fare sotto le lenzuola, porcellino? Credi già di avercela fatta?” lo beffeggiò, spassandola un mondo.

Sheldon arrossì di colpo e sbuffò, a disagio.

“Howard, insomma, sto parlando di un’eventualità non certa ma possibile, un giorno, nel caso in cui...”.

“Sei uno spasso, Sheldon, sul serio, non avevo mai conosciuto lo Sheldon Mandrillone! Come darti torto, Penny è una bomba, una...”.

“Ti ricordo che sei sposato” lo ammonì l’amico.

“Oh, insomma! Ok, il punto è: portala a cena in un posto abbastanza costoso, capirà che non stai scherzando e se si sentirà in debito riuscirai a concludere l’affare a fine serata, così il piccolo Cooper sarà sazio dopo tre anni di siccità!”.

“Uno: la tua metafora non ha senso, “sazio” e “siccità” appartengono a due campi semantici differenti, opposti tra l’altro, due: se ho capito bene, “Il piccolo Cooper” è un modo idiota per indicare i miei genitali e la mia ex moglie può provarti che non sono affatto piccoli, tre: sono un gentiluomo, e per di più del Texas, non offrirei una cena a una donna con il mero scopo di ricavarne favori sessuali” lo rimproverò Sheldon, guardandolo con aria severa. “Conclusione: chiederò a tua moglie” aggiunse, estraendo il cellulare.

“Cosa? No, che vuoi che ne sappia mia moglie, sono cose da uomo!”.

“Sbagliato. Bernie è una donna, saprà dirmi cosa fare. Non capisco perché ho accettato il tuo  invito, proprio come non capisco come tu abbia fatto a convincere quella povera donna a sposarti” lo zittì il fisico teorico, cercando il numero della microbiologa e cliccandoci su per chiamarla.

“Ne riparleremo quando andrai in bianco!”.

 

 

 

Sulla scrivania di Marie era riposto un invito colorato, con la scritta “Summer Gym Festival”, che attendeva di essere messo nella sua borsa.

La centralinista della palestra aveva distribuito gli inviti a tutti gli iscritti dicendo che quel sabato era prevista una festa nella zona delle piscine, con lo scopo di trovare ulteriori iscritti grazie alle vantaggiose offerte estive.

Normalmente Marie non ci sarebbe andata, ma voleva provare a capire cosa fosse successo precisamente tra Raj e sua madre, visto che l’istruttore era sembrato decisamente di malumore negli ultimi giorni, tanto da sottoporre tutti gli iscritti ad una serie di esercizi assurdi e super dolorosi.

Per fortuna Bernadette doveva uscire con il marito, così aveva detto al padre che sarebbe andata con una ragazza conosciuta in palestra, anche se non era vero.

Il fatto che il padre avesse la testa altrove quel giorno era un vantaggio, pensò, mentre lo vedeva bisticciare con la cravatta in cucina.

“Non indossarla, davvero, stai meglio senza” gli consigliò, togliendogli l’oggetto blu dalle mani. “Questo completo blu notte è già perfetto, fidati”.

“Davvero?” chiese il padre, sollevato dalla notizia.

“Davvero”.

“Tu, piuttosto, dove hai preso questo vestito?” domandò, inquisitorio, squadrando il vestito verde lungo quasi fino al ginocchio che sua figlia indossava, a cui, però, aveva abbinato delle converse bianche.

“L’ho preso con Bernadette, domenica. Sai che non mi piacciono, papà, ma lei ha detto che mi stava bene e che poteva sorgere un’occasione diversa, infatti è successo!”.

“Almeno non starai sola, stasera. Come sto?”.

“Benissimo, sei un figurino” approvò Marie, sorridendogli con calore. “Voglio che tu sia felice, papà, lo sai, vero?” domandò, improvvisamente seria.

“Sì. Grazie, stando ai vari forum di genitori con prole adolescente solo il trenta per cento dei figli approverebbe una situazione simile. Ero preoccupato e invece l’hai presa bene!”.

“Penny mi piace, sembra una tipa a posto. Oh, sono le otto, è ora!” esclamò la figlia, improvvisamente agitata.

“Oddio, oddio, oddio. Dimmi che non mi sta venendo nessun tic, ti prego”.

Sheldon deglutì e iniziò a muoversi freneticamente, in un modo decisamente buffo.

Marie lo vide prendere le chiavi e il portafogli, poi gli appoggiò le mani sulle spalle per calmarlo.

“Andrà bene, sii te stesso! E fai qualche battuta scientifica, tanto la capirà” gli ricordò.

“O-Ok”.

Gli diede un bacio sulla guancia e lo accompagnò alla porta, per poi chiuderla in fretta e tornare nella sua stanza, visto che non voleva vedere suo padre bussare e uscire con Penny: sarebbe stato come spiarli e la cosa non le piaceva.

 

 

Penny era... Diversa. Senza le sue solite t-shirts decisamente da nerd, i jeans comodi e le scarpe da ginnastica emanava una luce diversa, particolare, che la rendeva alquanto bella e anche sensuale.

Aveva deciso di indossare un semplice abito azzurro senza spalline, con la scollatura a cuore e lungo fino a metà coscia ma non si era truccata chissà quanto, anche perché era decisamente incapace.

Mettere il mascara senza accecarsi dopo aver indossato le lenti a contatto era stato uno dei più grandi traguardi della sua vita – probabilmente più grande del dottorato - e ne andava fiera.

Appena Sheldon la vide, ricordò la voce di Bernadette: “Dille che sta bene e inizierai la serata con il piede giusto”, così le sorrise e disse: “Sei molto bella”, sforzandosi di non imbarazzarsi.

Dopotutto, stava semplicemente dicendo la verità.

Lusingata, Penny sorrise e lo guardò negli occhi, alquanto emozionata e agitata allo stesso tempo.

“Grazie! Dove andiamo di bello?” chiese poi, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.

“Da “Mamma mia”. Non ha nulla a che vedere con il musical, tranquilla, è un ristorante italiano. Ti piace la cucina italiana?” aggiunse poi, improvvisamente preoccupato.

“Certo. A chi non piace?”.

“Beh, a mio fratello George che odia dover mangiare qualcosa con la forchetta, a mia sorella Missy che ritiene che sia una cucina estremamente calorica e dannosa...”.

“Era una domanda retorica, ma, ok” ridacchiò Penny, guardando di sottecchi l’uomo, sentendo che normalmente davanti ad una cosa del genere avrebbe storto il naso ma quella volta no, si sentiva a suo agio, stranamente spensierata.

 

 

La palestra era piena di persone e la zona piscina era più popolata del solito nonostante nessuno si fosse ancora tuffato.

Marie si pentì di essere lì, odiava la musica assordante, quelli che urlavano e circa il settanta per cento dei suoi coetanei vista la loro latente stupidaggine e mancanza d’interesse verso ciò che lei amava.

Giusto per ingannare il tempo si avvicinò al buffet, alla ricerca di qualcosa di non contaminato dalle manacce degli invitati, ma la fame le passò quando vide un ragazzo gigantesco prendere una tartina, esaminarla e rigettarla nel vassoio come se nulla fosse.

“Che fai, la dieta? Sei l’unica che potrebbe approfittarne e ti rifiuti?”.

Marie sobbalzò, voltandosi, e riconobbe il suo istruttore.

Non indossava la maglietta, solo dei jeans, e i suoi addominali erano decisamente in mostra, fieri dopo tutto il duro lavoro.

Marie deglutì – era il primo ragazzo che vedeva dal vivo senza maglietta – e sperò di non risultare una cretina.

“Raj, ciao! No, è che sono germofobica e vedere gente che tocca il cibo e poi lo posa mi urta” spiegò come se fosse una cosa normale, per poi rendendosi conto di risultare decisamente fuori di testa.

Raj la squadrò come se fosse un qualcosa di unico, divertente, poi si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla.

Marie avvertì odore di alcool e comprese che aveva bevuto nonostante non sembrasse brillo.

“E quando devi baciare un ragazzo, come fai? Sei germofobica lo stesso?” domandò, accarezzandole delicatamente la spalla.

La ragazza non si era mai trovata a così pochi centimetri da un ragazzo, era decisamente priva di esperienze visto che quei pochi ragazzi che aveva trovato belli non sapevano nemmeno della sua esistenza.

“No, è diverso, sono infastidita da...”.

“Brava, i baci sono tutta un’altra cosa” l’interruppe lui, facendo l’occhiolino. “E visto che sono single da poco mi mancano, mi mancano davvero tanto” aggiunse, sbandando leggermente ma appoggiandosi su Marie per non cadere.

Sì, l’alcool un po’ aveva fatto effetto.

“Come mai sei tornato single?” chiese a bruciapelo Marie, incredula nell’aver avuto la conferma ai suoi dubbi in seguito alle sue azioni.

L’alcool serviva a qualcosa, dopotutto, pensò, e il famoso “In vino veritas” non si sbagliava affatto.

Raj scrollò le spalle e guardò altrove, sospirando.

“Stavo con una più vecchia senza saperlo! Mi ha mentito sull’età, hanno trovato il suo documento di identità qui in palestra, me l’hanno dato e ho scoperto tutto. Ha pure una figlia e sta divorziando... Mi ha mentito quella stronza! E tu? Mi stai mentendo anche tu sulla tua età?” aggiunse, puntandole il dito contro con aria minacciosa.

Marie spalancò gli occhi, incredula.

“Io non te l’ho nemmeno detta, la mia età...” obiettò.

“Fa nulla, sei giovane, anzi, magari si scopre che sei minorenne. Da un opposto all’altro!” esclamò, iniziando a ridere.

“Non lo sono, ma anche se fosse? Non è che stai uscendo con me” disse Marie.

Raj la guardò di sbieco e con un gesto secco l’attirò a sè, prendendola per i fianchi.

“Sei strana ma mi piaci, sai? Ci uscirei proprio, con te” sussurrò contro il suo orecchio, facendo salire la sua mano fino al collo e accarezzandolo con dolcezza.

Marie si sforzò di non pensare a nulla, a non lasciarsi accattivare da quelle mani che la stavano accarezzando, così si scostò rapidamente.

“Tu sei ubriaco, in più quelli come te non cercano quelle come me nemmeno da sobri” disse, seppur con una nota di amarezza nella voce, simbolo degli ultimi anni passati a pensare che un bel ragazzo non potesse mai notare e invitare a cena una nerd come lei.

“E chi te lo dice?” chiese Raj, ridendo.

“Lo dico io” stabilì la ragazza. “Tanto non ricorderai nemmeno questa conversazione” aggiunse, per poi dargli le spalle per andarsene.

“E invece sì, perché lo so che è stata memorabile!” esclamò l’istruttore, trattenendola per un braccio.

Marie si voltò e notò che erano a un passo dalla piscina, oltre al fatto che qualcuno li stava guardando, incuriosito dai toni della loro conversazione.

“No che non lo è” ribattè.

“Invece sì!”.

“No, ma se non la smetti la rendo io tale!” lo minacciò, improvvisamente presa da un attacco di fastidio nei confronti di quell’uomo bello quanto irritante, al momento, come quando da bambine facciamo i dispetti al bambino che ci piace.

Marie odiava non essere irrazionale, avere attorno qualcuno che poteva compromettere il suo equilibrio, e fu per questo che senza pensarci lo spinse, facendolo cadere in piscina.

“Ecco, ora è memorabile!” ridacchiò, mentre la folla la acclamava per il gesto eroico e Raj annaspava prima di decidere di continuare lo show e iniziare a galleggiare.

Le mandò un bacio ma lei gli aveva già dato le spalle, decisa nel tornare a casa dopo aver scoperto le consguenze della sua azione.

 

 

Il cellulare di Penny aveva vibrato per tutta la serata, tanto che a un certo punto lei, infastidita, lo ripose in borsa durante il dessert.

Sheldon deglutì il suo pezzo di tiramisù senza caffè e la guardò, incerto.

“Guarda che puoi rispondere” disse.

Penny arrossì e scosse il capo, affrettandosi ad ingurgitare un pezzo della sua delizia al limone.

“Non è come sembra, giuro, non è un ex o qualcosa di simile” ammise, imbarazzata.

“Non mi devi spiegazioni, è che credevo che fosse importante” osservò Sheldon.

Sospirando, Penny prese il cellulare e gli mostrò il display, su cui si leggeva “Mamma”.

“Tua madre?” chiese il fisico teorico, senza capire il nesso logico. Anzi, forse c’era! L’aveva portata da “Mamma mia” e aveva pensato ad una sorta di obbligo sociale volto a metterla in comunicazione con la persona a cui si riferiva il titolo?

“Sì. Mia sorella le ha spifferato che andavo a cena con un uomo e mi sta riempendo di messaggi con quelli che dovrebbero essere dei consigli. Sai, non digerisce il fatto che io sia single a trent’anni suonati” rivelò, abbassando lo sguardo per l’imbarazzo. “Senti qui: “Mi raccomando, non fare battute intelligenti, gli uomini preferiscono le sceme, ecco perché sei single”. Ti rendi conto?” esclamò, esasperata. “Non ci credo! Per lei dovrei rinnegare me stessa pur di  compiacere un uomo!”.

“Non so che uomini abbia conosciuto tua madre ma sappi che uno dei motivi per cui ti ho invitato è che sei una donna intelligente con cui poter avere un proficuo scambio di idee” ammise Sheldon.

Penny dimenticò improvvisamente il malumore e, senza pensarci due volte, afferrò la sua mano sul tavolo e la strinse.

“Ne sono lusingata. Giuro che se potessi registrerei le tue parole e gliele farei ascoltare!”.

“Penny, mi imbarazzerei...”.

“Ero ironica, tranquillo! Non voglio perdere più un secondo a parlare di lei” lo rassicurò, sentendosi improvvisamente meglio quando avvertì che anche lui le stava stringendo la mano a sua volta e la stava accarezzando.

“Se può consolarti, in giro si dice che tu sia una bomba”.

“Perchè insegno chimica nucleare?”.

“No, nel senso di... Bomba sexy, ecco. Quindi non badare a tua madre”.

“E tu lo pensi?” chiese Penny, sussurrando, in un modo da riuscire a sembrare sul serio sensuale.

Sheldon deglutì e sperò di non star sudando le mani in maniera imbarazzante.

“Non ho mai usato questa espressione, ma se ho ben capito il significato... Condivido” rivelò.

Decisamente su di giri, Penny poggiò una mano sulla sua gamba e risalì un poco su prima di tornare al dolce e terminarlo.

La sua mente era piena di immagini confuse, quelle parole avevano scaturito in lei un’energia assurda che aveva provato decisamente poco negli ultimi anni.

Terminarono il dessert quando erano ormai le undici e si avviarono verso il loro condominio con calma, parlando del più e del meno.

Era strano per entrambi riuscire a parlare spontaneamente con una persona del sesso opposto, come se in quelle ore si fosse aperto un varco tra loro.

“Sono solo le undici e venti... Ti va di entrare?” propose Penny, quando si ritrovarono di fronte al suo appartamento.

Sheldon deglutì e fece mente locale alle parole di Bernadette: era un buon segno, doveva stare tranquillo.

Così annuì con un sorriso e la seguì nel piccolo appartamento, notando la differenza con il suo.

Ebbe appena il tempo di chiudere la porta alle sue spalle e voltarsi che notò una Penny intenta nel buttare la borsa sul divano insieme al giacchino.

Gli si avvicinò lentamente e appoggiò le braccia sulle sue spalle.

“Sono stata benissimo, davvero” sussurrò contro il suo orecchio, per poi appoggiare una mano sul suo petto. “E tu?”.

Sheldon prese un bel respiro e chiuse gli occhi, sentendo l’effetto di quel piccolo e semplice tocco.

“Anche io” sussurrò, deglutendo.

“Sei proprio un gentiluomo, eh? Non osi alzare un dito nemmeno se ti provoco” ridacchiò Penny, questa volta a voce più alta e allontanandosi di qualche centimetro dal suo viso. “Tranquillo, forse ho corso troppo, è che mi hai subito messa a mio agio e non mi succedeva da secoli, scusami...” mormorò, voltandosi, ma Sheldon l’afferrò per il braccio, la strinse a sè e dopo averla guardata negli occhi avvicinò il suo volto al suo e la baciò con una lentezza improvvisamente disarmante.

Penny subito gli gettò le mani al collo e lo strinse a sè, facendo aderire i loro corpi e godendosi il contatto di quel corpo che tanto l’attirava stretto a sè.

Quel bacio lento e dolce mano a mano diventò decisamente più irruento, tanto che Sheldon non riuscì a non baciarle il collo quando si separarono.

Temeva una reazione negativa, ma Penny sembrava decisa ad ottenere ancora di più quando lo ribaciò con passione e gli tolse la giacca con un colpo secco, salvo poi passare ai bottoni della camicia.

Stava succedendo tutto troppo in fretta per gli standard di entrambi, ma non se ne curarono, presi dalla foga del momento.

“Spogliami!” esordì Penny, quando riuscì a togliergli anche la camicia, per poi dargli la schiena e invitarlo a slacciarle la lampo.

Appena il vestito toccò terra, lo prese per mano e lo condusse nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Si lasciò spingere sul letto, sententosi decisamente desiderata dopo tanto, desiderosa di sentire il suo vicino su di sè.

Aveva passato tutta la serata ad ammirarlo e a bearsi dei suoi sorrisi e non essendo abituata a riscuotere un certo successo con gli uomini quella situazione era surreale.

Lo aveva sul serio su di sè, riusciva a percepire il suo sospiro irregolare ed eccitato sul suo collo, le sue mani che accarezzavano la sua pelle nuda e il suo tocco gentile e passionale contemporaneamente.

“Penny...”.

Sorpreso, Sheldon notò di aver detto un nome diverso per la prima volta in una situazione del genere e improvvisamente gli parve di vedere il mondo in una maniera diversa, e non solo perché la donna su cui sovrastava non era sua moglie, ma perché lui si sentiva diverso, provato da tanto dolore tanto che voleva esorcizzare e andare avanti.

“Sheldon...”.

Guardò Penny e sentì di dover spegnere il cervello, sentire solo il suo istinto e, per la prima volta in vita sua, non dover pensare alle conseguenze.

Una bella donna era sotto di lui, gemeva ad ogni suo tocco e lui comprese che quella sera doveva solo essere sè stesso, senza freni e imposizioni.

Dopotutto, era un uomo libero.

 

 

Il letto di suo padre era vuoto dal giorno precedente e Marie sapeva cosa significasse, anche se non osava pensarci.

Voleva pensare solo alla sua bella colazione super nutriente e calorica quella domenica mattina, eppure non ci riuscì perché ebbe appena il tempo di bere un sorso di latte che la porta di casa si aprì, rivelando la figura di suo padre che, reggendo scarpe e giacca, con la camicia sbottonata, cercava di entrare in casa senza fare rumore.

Appena vide sua figlia sobbalzò e si bloccò, chiudendo gli occhi e borbottando: “Accidentaccio!”.

“Buongiorno, papà. Se fossi un tuo amico ti direi: “Bella, zio!”, ma in quanto figlia sappi che rimarrò traumatizzata per un bel po’ dalla tua "walk of shame", sei avvisato”.

Prima sua madre che faceva sesso nei bagni della palestra, poi suo padre che rientrava alle otto di domenica mattina mezzo nudo...

L’unica responsabile, che aveva respinto le avances del suo istruttore ubriaco che era uscito con sua madre, alla fine, sembrava lei!

 

 

 

*°*°*°*°

 

Eccomi qui! Ho aggiornato subito per “festeggiare” il 30 che ho preso oggi, so che non ve ne frega nulla ma è una notizia così bella dopo tanto studio che non riesco a trattenermi quindi... Sopportatemi! xD

La situazione si fa fitta, eh sì. Chi l’avrebbe detto? Penny e Sheldon escono e... Tadà, per di più Marie becca anche il padre durante la famosa “walk of shame”.

Mettetevi nei suoi panni, ha visto entrambi i genitori in situazioni decisamente “intime” con altre persone e non credeva che suo padre potesse “approfondire” così la relazione con Penny, subito.

D’altro canto, lui è stanco di soffrire e per la prima volta ha a che fare con una donna oltre Amy che lo apprezza, viene provocato e alla fine reagisce così. Sì, diciamo che questo è il picco dell’OOC per Sheldon, lo so, ma è un AU anche per questo.

Che dire, aggiornerò sul serio tra dieci giorni ora che ho altri due esami da dare e sono ferma all’inizio del capitolo 8 da secoli e non credo continuerò fino a metà ottobre, sigh.

Eccovi qualche spoiler come sempre e grazie a chi segue la storia <3

 

 

“Guarda che non dovevi aspettare la richiesta divorzio per vedere un’altra” ironizzò Amy, non riuscendo a celare una risatina nervosa.

“Prego?” chiese sommessamente Sheldon, lanciandole un’occhiata infuocata.

 

Penny sospirò, alzandosi.

“Stai tranquillo, è tutto ok, ora ci sistemiamo. Non siamo due liceali!” gli ricordò, pensando che non le andava di doversi nascondere come una ragazzina.

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Capitolo 5
*** Ogni Rosa Ha Le Sue Spine ***


cap5rosa

Capitolo 5

Ogni Rosa Ha Le Sue Spine

 

Sheldon chiuse lentamente la porta alle sue spalle, con lo sguardo basso visto che si sentiva estremamente a disagio.

Già era stato strano svegliarsi al fianco di un’altra donna, quella mattina, quindi ritrovarsi di fronte la faccia scioccata e delusa di sua figlia era una doppia secchiata d’acqua gelida di prima mattina.

“Marie...” biascicò, non sapendo nemmeno come continuare.

“Per favore, vatti a sistemare, io pulisco qui, mi è passata la fame” sbottò la ragazza, alzandosi con uno scatto secco e prendendo il vasetto di marmellata per riporlo in frigo.

“Sono in imbarazzo, davvero...”.

Tu? Tu sei in imbarazzo? Potevi almeno svegliarti prima e fare finta di nulla! Avrei vissuto una situazione alla Schrodinger, potendo solo immaginare una cosa simile e chiedermi se ciò si fosse verificato o mai, ma a quanto pare tu hai deciso in anticipo di aprire la scatola e farmi vedere il brutto, imbarazzante e puzzolente contenuto!”.

“Ho dormito fino ad ora, scusami, ero stanco...”.

“Bleah, fermati, fermati, non voglio ulteriori dettagli riguardo la causa della tua stanchezza!” esclamò Marie, chiudendo gli occhi e agitando le mani in un modo frenetico, disgustata. “Sono delusa! Voglio dire, non credevo che fossi come gli altri uomini che la prima sera subito... Insomma, hai capito! E ora? E’ già finito tutto? Dovrò evitare la mia insegnante di chimica perché conosce l’anatomia di mio padre?!”.

L’uomo le si avvicinò lentamente e la guardò, cauto, titubante circa la sua difesa visto che gli eventi lo avevano scombussolato più che mai e quella non gli sembrava affatto la sua vita.

“Non voglio darti ulteriori dettagli ma ha iniziato lei...”.

“Appunto, non li voglio questi dettagli!”.

“E ci rivedremo, tranquilla” provò a rassicurarla.

“Ora vai a farti una doccia e cambiati” cambiò argomento la ragazza, sospirando pesantemente. “Tra te e mamma mi sembra di avere due genitori adolescenti. Non siete proprio cresciuti, eh!” esclamò, alzando gli occhi al cielo con fare esasperato, mentre il padre si dirigeva verso la sua camera senza ribattere, sempre più imbarazzato.

 

 

“Howie, Marie viene a pranzo qui” annunciò Bernadette, mentre faceva colazione con suo marito in quella che fino a pochi mesi prima era stata la casa di sua suocera, ormai defunta.

Howard notò la moglie ridacchiare e rispondere a un messaggio mentre mangiava un biscotto, sembrava davvero presa dalla conversazione.

“Ok, ma come mai? Voglio dire, mi fa piacere, non la vedevamo da Natale, solo che ormai passi il tuo tempo solo con lei. E’ strano, lei è una teenager, dopotutto” osservò. “E’ come avere una figlia” aggiunse, fissando il vuoto. “Le facciamo da baby-sitter! Sheldon dovrebbe pagarci!”.

“Beh, di sicuro siamo figure più stabili dei suoi” sindacò la donna, senza smettere di ridere.

“Ok, spara, non me la conti giusta”.

“Sei sicuro? Perché dopo che ne avremo parlato mi dovrai cinquanta dollari...”.

“Perché do... Oh, no! No, no! Non ci credo! Mi stai prendendo in giro!” urlò Howard, battendo un pugno sul tavolo, tanto da far tremare il succo d’arancia nel bicchiere.

“No, tesoro. Ho vinto la scommessa”esultò, porgendogli il cellulare con la conversazione.

 

Bernie, scusa l’ora, è ok se mi fermo da voi oggi?

 

Certo, ma come mai?

 

Non voglio stare a casa mia...

 

E’ successo qualcosa con tua madre?

 

No, questa volta è toccato a papà farmi una sorpresa spiacevole.

 

???

 

L’ho beccato che rientrava a casa mentre facevo colazione, mezzo nudo. Cercava di non fare rumore... Quando ha visto che ero lì gli è venuto un colpo!

 

Oddio! Quindi lui e Penny....

 

Sì. Abbiamo discusso... Non ci tenevo a saperlo! E credevo che potesse nascere una relazione seria, non una di quelle in cui... Hai capito, dai.

 

“Shelly Il Puzzone si è bombato Penny, una bella donna, dopo il primo appuntamento. Che poi mi sembrava Leonard quello preso da lei... Non capirò il fascino di quell’uomo, onestamente” esclamò incredulo Howard.

“E’ alto, intelligente, colto, di successo... E prossimo al divorzio con dei bellissimi occhi blu” osservò la moglie. “Ma anche se hai solo due di queste cose ti amo lo stesso” lo prese in giro. “Prepara i soldi, mammina va a fare shopping domani!”.

 

 

Senza poter dire nulla, Sheldon fissava sua figlia che prendeva la borsa e le chiavi di casa.

Si sentiva in colpa per lo spettacolo che le aveva offerto poco prima, già non doveva essere facile sapere dei ragazzi di sua madre, ora ci si metteva anche lui!

Se avesse saputo che anche Amy aveva contribuito a quello show facendosi vedere in un bagno con un ventinovenne si sarebbe sentito meno in colpa, ma Marie era decisa a non aggiungere altri dettagli penosi alle vicissitudini della loro assurda e indisciplinata famiglia.

Il solo dirlo ad alta voce lo avrebbe fatto sembrare ancora più vero e non voleva creare nuove discussioni e litigi, voleva solo starsene tranquilla senza drammi familiari ma la sua coscienza le diceva che tutto ciò era frutto del karma che voleva farle scontare ciò che aveva fatto con la carta d’identità di sua madre.

“Papà, starò bene, voglio solo distrarmi da Bernadette” disse, un po’ in colpa per la scenata di poco prima.

“Non ti biasimo, davvero, hai tutto il diritto... Prima tua madre, poi io, insomma...”.

“Sono due cose diverse. Ciao, approfittane per passare del tempo con Penny” aggiunse, con un tono neutro, prima di uscire e chiudere la porta un po’ più forte del dovuto, senza dargli il solito bacio che gli riservava prima di uscire.

L’uomo rimase seduto sul suo adorato posto sul divano, trovandosi solo dopo più di dodici ore e comprendendo che poteva usare quel tempo per riflettere.

Era stato bene con Penny, sì, lei lo aveva fatto sentire a suo agio quando si erano risvegliati uno al fianco dell’altra.

Non era stata appiccosa, non gli si era buttata addosso, gli aveva sorriso semplicemente mentre gli dava il buongiorno.

Aveva aggiunto che era stata bene e che, in nome delle pari opportunità, visto che lui l’aveva invitata a cena, lo invitava a fare una passeggiata quel pomeriggio.

Sheldon aveva accettato, salvo poi guardare l’orologio e andare nel pallone, temendo di farsi scoprire dalla figlia.

Penny era stata comprensiva – già trovarlo al suo fianco al suo risveglio era troppo per i suoi standard da donna non proprio fortunata – e lo aveva salutato con un rapido bacio.

 

Marie mi ha scoperto...

 

Sheldon decise di inviarle questo messaggio, sia per rompere il ghiaccio sia per capire come funzionasse quel tipo di comunicazione in un rapporto simile al loro.

Era tutto così nuovo, strano per i suoi standard, ma allo stesso tempo bello, seppur in un modo differente.

 

Accidenti, mi dispiace! E’ tutto ok?

 

Sorrise nel ricevere subito la risposta, significava che stava aspettando un suo messaggio e aveva fatto bene.

 

Diciamo, è andata da Bernadette, starà fuori tutta la giornata ma dice che deve solo metabolizzare la cosa.

 

Quindi sei solo?

 

Sì.

 

Il fisico teorico ebbe appena il tempo di rispondere che qualcuno bussò alla sua porta, con calma ma impazienza contemporaneamente.

Si avvicinò, prese un bel respiro e aprì la porta, trovandosi di fronte una Penny con top e pantaloncini di jeans sfilacciati.

“Buongiorno, da quanto tempo!” lo prese in giro, gioiosa.

“Buongiorno” le rispose, senza sapere cosa fare oltre l’indicarle di entrare.

La ragazza sembrava così a suo agio che prese posto senza un secondo di esitazione, per poi soffermarsi a guardare il padrone di casa.

“Posso offirti qualcosa?”.

“Certo!”.

“Thè, succo, Dottor Pepper...?”.

Ridendo, Penny si rialzò e gli poggiò le mani sulle spalle, per poi fissarlo negli occhi.

“Sei davvero un ingenuo, davvero, anche dopo... Beh, stanotte. Credevo fosse un doppiosenso e invece sul serio volevi offrirmi una bibita come da consuetudine!” osservò, davvero incredula.

Confuso, Sheldon ricambiò lo sguardo, seppur perplesso, e decise di assecondarla appoggiando le braccia attorno alla sua vita.

“Perché, cosa intendevi?”.

“Vedi? Sei così dolce!”.

“O-ok. Non mi hanno mai definito così, ma va bene” disse, spaesato come non mai.

“Sheldon, credevo volessi offrirmi un bacio, delle coccole...” provò a fargli fare mente locale, accarezzandogli il volto. “Sii te stesso e prendi l’iniziativa, sappi che non ti rifiuterò. Come potrei? Stanotte è stato... Magico, non trovi?” esclamò, con aria sognante, mentre continuava ad accarezzarlo e a stringerlo a sè, quasi come se non credesse di poterlo fare sul serio.

“Onestamente non credo nella magia , ma se ho capito la metafora che vuoi utilizzare, concordo, sono stato bene” rivelò, sincero.

Poi, visto che la stretta di Penny si faceva sempre più salda, si chinò su di lei e la baciò, perdendosi nel profumo alla vaniglia che la ragazza emanava.

Era bello stare lì con una persona che era palesemente interessato a lui, non si sentiva così da un bel po’.

Penny non perse tempo e lo trascinò sul divano, facendolo sedere e accoccolandosi sul suo grembo mentre lo baciava con passione, guidando le mani dell’uomo sul suo corpo come per ricordargli che non aspettava altro che un ulteriore contatto e magari una replica di ciò che avevano fatto nella sua camera da letto.

Dal canto suo, Sheldon si sforzava di non pensare alla faccia arrabbiata di Marie e a godersi la compagnia della sua vicina, per cui l’assecondò, lasciando totalmente il gioco nelle sue mani.

“Ora però la gradirei una Dottor Pepper” ridacchiò Penny, quando si separarono, pensando che quella domenica sarebbe stata decisamente perfetta.

 

 

Era strano, decisamente strano, ma senza sapere come lui e Penny si erano ritrovati abbracciati sul divano a guardare un episodio di un telefilm che seguiva lei, “New Girl”.

Sheldon avrebbe tanto voluto obiettare ma si astenne perché non voleva criticare i suoi gusti, oltre al fatto che ciò di sicuro avrebbe portato a qualche discussione e aveva già litigato abbastanza con sua figlia per quella giornata.

“Sai, nessuno sa che guardo questo telefilm. Ma Breaking Bad è finito, Game of Thrones è in pausa come le altre che seguo e così...” Spiegò la donna durante la pubblicità, come per giustificarsi. “La trama mi sembrava carina sapendo di dovermi trasferire in California come la protagonista, anche se non ho coinquilini”.

“Sembra simpatico per non essere qualcosa del genere sci-fi” si sblanciò Sheldon.

Voleva tanto sciogliere l’abbraccio, quella posizione a lungo andare era scomoda e la mano gli si era addormentata.

Aveva bisogno di un diversivo, poteva fingere di doversi alzare, dopotutto, o leggere un messaggio sul telefono... Non finì nemmeno di pensare a una soluzione che per la seconda volta in quella giornata bussarono alla porta.

“Forse Marie è tornata per pranzo!” si illuminò l’uomo, alzandosi di scatto.

Purtroppo per lui, dall’altra parte della porta c’era Amy che lo guardava come al solito: a disagio, un po’ imbarazzata e anche un po’ in colpa.

Lui si irrigidì di colpo, tanto da far preoccupare Penny che si alzò e lo raggiunse con un: “Tesoro, chi è?”.

Nel vedere Amy, la bionda si sentì decisamente a disagio e in colpa, anche se sapeva di non doverlo essere assolutamente.

“Ciao, Amy” sussurrò Sheldon.

“Ciao, Sheldon. Ciao anche a te, P...? Perry?”.

“Penny” la corresse la chimica, un po’ infastidita, decidendo di fargliela pagare stringendosi all’uomo e appoggiando la testa sulla sua spalla.

Amy notò quell’atteggiamento e si sforzò di risultare fredda e distaccata, scegliendo di guardare un punto fisso dietro le loro teste.

“Mi dispiace interrompervi, ma sono qui per una questione importante e durante la settimana non ho avuto modo di passare. Ti avrei chiamato ma sono cose che vanno affrontate a voce”.

“E infatti al telefono si comunica tramite la voce” le fece notare Sheldon.

“Vi lascio soli, chiamami quando sei libero” aggiunse subito Penny che, infastidita per il fatto di non essere stata chiamata correttamente – probabilmente di proposito -, salutò Sheldon con un bacio, correndo poi dall’altra parte del corridoio e entrando in casa.

Questa volta toccò a Sheldon imbarazzarsi, tanto che si schiarì la voce, passandosi una mano nei capelli mentre faceva segno ad Amy di entrare.

“Guarda che non dovevi aspettare la richiesta divorzio per vedere un’altra” ironizzò subito Amy, non riuscendo a celare una risatina nervosa e a trattenere il pensiero che l’assillava da quando li aveva visti baciarsi al bar.

“Prego?” chiese sommessamente Sheldon, lanciandole subito un’occhiata infuocata.

“Per tre anni hai recitato la parte dell’uomo affranto, distrutto dal non avere la famiglia unita... Ti dico che voglio divorziare e, puff!, te ne vai nei bar a pomiciare con la bionda di turno e la inviti a casa la domenica mattina. Ti ha anche preparato il pranzo?” domandò, sarcastica come non mai.

“Nei bar a pomiciare...?”.

“Vi ho visti Sheldon, mercoledì. Tranquillo, io...”.

“Tranquillo cosa? Io non ho bisogno del tuo permesso e del tuo sarcasmo! Io e Penny ci siamo trovati bene e ieri siamo andati a cena, Marie è da Bernadette, ci siamo sentiti e mi è venuta a trovare. Non ti devo nessuna spiegazione, soprattutto contando che negli ultimi tre anni sei uscita con mezza Beverly Hills e dintorni!”.

Amy avrebbe voluto dire tante cose, difendersi, sbraitargli il vero status delle cose, ciò chel’aveva condotto a comporatsi così ma riuscì solo a chiedere: “Ci sei andato a letto?”, a bassa voce ma in un modo che lui udì perfettamente.

Sheldon la guardò, senza capire.

“E cosa ti importa?”.

“Niente. E’ fortunata, spero ti tratti bene” aggiunse, sforzandosi di sorridere.

Aveva avuto la conferma dal tono della sua domanda, lo conosceva troppo bene, era successo.

Lei lo aveva pregato per passare alla parte fisica e una sconosciuta ci era riuscita dopo la prima cena.

Si disse che era diverso, Sheldon ormai era un uomo, proprio come lei era una donna e aveva mentito a un giovane istruttore pur di passare dei momenti di puro oblio senza pensieri e responsabilità opprimenti...

“Amy, mi prendi in giro?”.

“No. Senti, non voglio rubarti tempo, l’avvocato ha detto che dovremmo aspettare settembre, al momento è estate e non conviene iniziare il processo quando a breve molti nel settore saranno in vacanza. Se il tuo è d’accordo è tutto rimandato all’autunno” disse rapidamente, sforzandosi di parlare chiaramente e senza incrinare la voce.

Non convinto, l’uomo la guardò, squadrandola con attenzione.

“Non capisco, voglio dire, è metà giugno...”.

“Vista la disponibilità limitata dei servizi, per il mio avvocato “la legge non và mai in vacanza ma i divorzi sì”, come se fosse un intervento superfluo, di lusso, capisci?”.

“Va bene. Sarò onesto, devo cercare ancora il mio avvocato, non ne ho mai avuto bisogno... Almeno ho più tempo” ammise il fisico teorico, scrollando le spalle.

Amy annuì.

“Sappi che non sarò una di quelle mogli vipere che sciupano il conto del partner, davvero, non ti chiederò nulla, anche perché nostra figlia è maggiorenne e vive con te. Dovremmo solo accordarci riguardo le rate del college e propongo un 50 e 50” mormorò, passandosi una mano tra i capelli.

“Va bene, ma perché sei così diversa, improvvisamente?” domandò Sheldon, sospettoso nel vedere Amy così addolcita e bendisposta, così diversa dalla donna fredda e distante con cui aveva avuto a che fare negli ultimi anni.

Non era sorpreso per le parole riguardo il non chiedergli nulla economicamente – Amy era una donna indipendente e giusta, nonostante tutto – ma era sconvolto dallo sguardo improvvisamente differente, raddolcito, nostalgico in un certo non senso, non più deciso e fiero.

Lei rise e si avvicinò alla porta lentamente.

“Questa sono io e tu lo sai. Non sono in me quando mi comporto un po’ sopra le righe... Ho anche io i miei problemi, no?” rivelò. “Se ti va bene, ci sentiamo per il compleanno di Marie, mancano tre settimane”.

“Ok”.

Si avvicinò alla porta e la aprì, così Amy uscì.

“Buona domenica. Ti auguro il meglio” sussurrò, prima di affrettarsi ad andarsene, di corsa, diretta verso la sua macchina.

Una volta arrivata entrò e si appoggiò al volante e, senza riuscire a trattenersi, scoppiò in un pianto assurdamente lungo, che la scosse con mille singhiozzi e le sciolse il trucco.

Non riusciva a fermarsi, era più forte di lei, e da neurobiologa non riusciva a darsi delle risposte sensate e che, soprattutto, voleva sentirsi dire.

 

 

Era ormai ora di cena quando Marie decise di tornare a casa, ringraziando Bernadette per l’ospitalità e avvisando suo padre del rientro, nel caso fosse indaffarato con Penny.

Voleva evitare di ritrovarsi davanti un ulteriore scena imbarazzante e sapeva che stando soli per tutta la giornata era molto probabile che ciò si verificasse, nonostante il pensiero la turbasse decisamente.

Al momento, suo padre nella sua mente era alla stregua di quei protagonisti dei reality show che hanno come soggetto gli adolescenti ribelli che non si sa cosa faranno nel giro di tre secondi.

In effetti, ci aveva visto giusto: dopo che Amy si era presentata a casa sua con quelle notizie, Penny sembrava un po’ assente e preoccupata, tanto che si era convinta che fosse tutto ok quando lei e il vicino si erano ritrovati a pomiciare in soggiorno per poi finire di corsa nella camera di lui.

Era così bello avere finalmente un uomo con cui condividere tutto che la chimica aveva dimenticato l’interruzione di Amy e le varie questioni legali rimandate di mesi.

Dal canto suo, Sheldon si sforzò di pensare che aveva agito così perché voleva e perchè gli andava di approfondire la sua intimità con Penny, ma sapeva benissimo che al momento fare una cosa simile era il modo migliore per ferire Amy.

Era ancora scioccato dal suo improvviso buonismo e atteggiamento da vittima nel momento in cui aveva visto con i suoi occhi che lui si vedeva con un’altra donna, come se volesse ricordargli che dopotutto ciò non era giusto.

Fatto sta che aveva decisamente travolto la bionda con il suo atteggiamento e la sua passione – dopo averle detto del divorzio rimandato di qualche mese - lasciandola alquanto senza fiato.

“Sheldon... Oh Dio, sei...Non ho parole!” esclamò Penny quando lui si accasciò al suo fianco, esausto e sudato come non mai.

Aveva il respiro corto, a stento riusciva a respirare, tanto che si voltò per accoccolarsi su di lui ma toccò il vuoto perché si era messo a sedere e aveva preso il cellulare.

“Tesoro, cosa...?”.

“Marie sta arrivando, mi ha mandato un sms due minuti fa! Dobbiamo prendere tempo!” esclamò, deciso a non farsi ribeccare nella stessa situazione. Rapidamente, scrisse un sms, agitato.

Penny sospirò, alzandosi di malavoglia e recuperando l’intimo.

“Stai tranquillo, è tutto ok, ora ci sistemiamo. Non siamo due liceali!” gli ricordò, pensando che non le andava di dover nascondersi come una ragazzina che fa sesso di nascosto dai genitori che la credono casta e pura.

Era il primo inconveniente che riscontrava nell’uscire con un uomo che era già padre e non lo apprezzava perché la faceva sentire come se stesse facendo qualcosa di sbagliato.

“Perfetto, mi ha risposto, l’ho mandata a comprare le pizze, corro a farmi la doccia” disse invece l’uomo, senza nemmeno risponderle e correndo in bagno.

Penny sospirò e si accasciò sul letto. “Ogni rosa ha le sue spine, dopotutto” si disse, provando a darsi forza e convincersi che tutto ciò le andasse bene.

 

 

Il giorno seguente Amy si svegliò determinata a porre fine alla serie di pianti isterici che l’avevano sconvolta per tutto il pomeriggio, la sera e la notte, tanto che era riuscita a prendere sonno dopo le tre, esausta per le troppe lacrime.

Nessuno lo sapeva, ma da tre anni andava da un’analista, la quale l’aiutava a stare meglio nonostante non parlasse molto.

Era un’estranea che l’ascoltava pazientemente – era pagata profumatamente per farlo, dopotutto – e non la giudicava, quindi era la persona perfetta a cui raccontare tutto ciò che le passava per la testa.

“La sua reazione ha due possibili cause e credo che lei le sappia, Amy” stabilì la Dottoressa Johnson, dopo aver ascoltato il resoconto della sua settimana.

Amy si mise più comoda sul lettino su cui era sdraiata e sospirò pesantemente, nervosa come non mai.

“Me lo dica lei, no? La pago per questo” sbottò, infastidita.

“Vedere il suo quasi ex marito con un’altra l’ha messa davanti alla realtà dei fatti e ha avuto una reale anteprima di ciò che vorrà dire divorziare e non essere più legalmente sua moglie, o... Beh, le ha fatto capire che saziato il suo senso di libertinaggio lei è pronta a tornare a casa e ad amarlo” stabilì la dottoressa, squadrandola da dietro i suoi occhiali rettangolari.

“E’ difficile” biascicò Amy, deglutendo. “Appena provo a pensarci, boom!, piango. Piango perché mi sento un’idiota, perché il mio Sheldon per tre anni ha sopportato il fatto che io sia uscita con altri e non riuscivo a guardare negli occhi la mia bambina, la mia bambina!” urlò, scoppiando a piangere di nuovo. “Ecco, vede? Piango a-ancora, è assurdo! Mi sento uno schifo, la mia coscienza mi sta prendendo a calci in culo, scusi il francesismo...”.

“Amy, lei sa che ha sbagliato nel non dare alcuna motivazione reale, vero? Ora le sto parlando da donna, non da consulente!” disse la donna, guardandola con una strana dolcezza, strana perché lei era sempre molto rigida e composta nei suoi completi di tonalità fredde.

“Cosa?”.

“Perché non ha detto alla sua famiglia che non se ne è andata per divertirsi ma perché era rimasta scioccata dal non essere stata scelta per un progetto a cui aveva lavorato sodo solo perché non poteva garantire la sua costante presenza visto che era una madre? Lei ci teneva a stare con Marie quando suo marito è stato fuori per tre settimane per un importante studio a San Francisco perché lui aveva fatto i salti mortali quando la bambina era piccola, e per questo ha visto un progetto andare in fumo! E’ stata scambiata per una quarantenne a soli ventisette anni perché lavorava fino a notte fonda, dormiva tre ore e poi pensava solo alla piccola, indossando le prime cose che aveva sotto il naso. E’ sempre stata giudicata male per le sue scelte di vita e non ha accettato il lavoro in Norvegia dopo il semestre lì per suo marito che non avrebbe tollerato allontanarsi dalla California dopo che aveva già lasciato il Texas. Si è sentita così in debito con suo marito per aver fatto mille sacrifici quando lei studiava ancora che ha messo se stessa in secondo piano, fino ad esplodere il giorno del sedicesimo compleanno di Marie. Perché non lo ha detto? Non ci ha mai fatto una bella figura, sa?”.

Amy recuperò un fazzoletto dalla sua borsa dopo essersi messa a sedere e si asciugò gli occhi, alquanto provata da quelle parole.

“Sono una madre e non avrei dovuto reagire così. Sono una pessima madre” sentenziò, con la voce rotta dal pianto, alzando gli occhi al cielo.

“Lei è madre da quando è giovanissima e sua figlia è cresciuta benissimo, è intelligente, di successo... Alla sua età lei aveva una bambina di tre anni e ha rinuciato alla sua vita per prendersi cura di lei. La capirebbero. Suo marito era già un professionista e, diciamolo, è particolare, ha dovuto fare rinunce differenti e meno incisive sulla sua carriera” insistè la dottoressa.

“Io...”.

“Ci pensi, sul serio,una volta rivelata la verità avrà molte possibilità di vivere meglio, non solo con sè stessa” la rassicurò la donna, sorridendole con calore.

Amy deglutì e sorrise tra le lacrime, ma sapeva che ciò era impossibile.

Non poteva dire tutto ora, no, non proprio quando Sheldon stava andando avanti!

Cosa doveva fare?

Far verificare un divorzio che aveva chiesto per abitudine e inerzia e che non sembrava volere più?

La sua testa era dominata dal caos e una parte di lei era felice che Marie non avesse avuto modo di conoscerla perché altrimenti si sarebbe spaventata di brutto.

 

 

*°*°*°

Eccoci qui, ho aggiornato un po’ prima perché nei prossimi giorni non avrò il tempo di fare nulla.

La situazione si sta ingarbugliando parecchio, Penny scopre la prima nota negativa nel vedersi con un uomo che ha una figlia e grazie all’analista di Amy conosciamo ciò che l’ha portata a comportarsi così.

Che dire, sono curiosa di sapere che ne pensate!

Vi lascio qualche spoiler come sempre:

“Non lo sai? Ci stiamo vedendo!” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Imbarazzato, Sheldon annuì, senza sapere bene cosa dire.

“Che-che-che cosa?!” urlò Leonard, senza credere a ciò che aveva davanti agli occhi. “Ma io sono stato fuori pochi giorni, come...”.

 

 

Nel giro di pochi istanti, Amy rispose con un: “Peccato che qui manchi l’uomo della nostra vita. Abbiamo delle cose da raccontarti, un bacio”.

 

 

A mercoledì prossimo ^_^

Milly.

 

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Capitolo 6
*** Cooper-Fowler Girls ***


6

Capitolo 6

Cooper-Fowler Girls

 

Quel lunedì si annunciò decisamente pieno di avvenimenti alquanto memorabili ma, poco dopo l’alba, nessuno poteva saperlo ancora.

La giornata era perfetta, calda, con un cielo limpido senza nemmeno una nuvola all’orizzonte, cosa che rappresentava l’esatto contrario dell’umore di alcuni abitanti di Pasadena, reduci da una settimana alquanto movimentata sotto tutti i punti di vista.

Marie aveva il sospetto che nella camera alla sua destra ci fosse la sua insegnante nuda quindi si svegliò prima del solito e bussò alla porta del padre per dirgli che usciva prima del corso di Chimica, Penny non aveva dormito molto perché Sheldon si era rifiutato di fare sesso con la scusa del mal di testa – e la femmina era lei in quella relazione! – quando era noto che non aveva voluto perché la figlia dormiva a due passi da loro, Amy non aveva dormito affatto a causa delle mille crisi di pianto, Leonard non aveva dormito perché odiava dormire in aereo.

Il suo viaggio era terminato prima perché il suo amico di New York aveva avuto un impegno improvviso, così aveva fatto in fretta a prendere l’ultimo volo disponibile ad un’ora indecente semplicemente perché costava la metà della metà di un volo normale.

Stanco morto, alle otto del mattino, bussò alla porta del suo appartamento, sudaticcio e con delle occhiaie paurose.

Sheldon gli aprì dopo qualche minuto, ancora assonnato con grande sorpresa dell’amico visto che di solito alle sette era già sveglio.

“Leonard!” esclamò, improvvisamente più attivo.

“Ciao, amico. Sono tornato prima, è stata una cosa improvvisa, il telefono si è scaricato...”.

“Ma eri a New York!”.

“Lo so, ma...”.

“Quindi ci sei stato!”.

“Sì, perché?”.

“Ma non ricordi nulla? Non mi fido, vai a farti delle analisi e poi vediamo se puoi entra...”.

“Ma sei scemo? Non ho dormito, ho preso un volo alle tre per pagare di meno, sono stanco morto e questa è anche casa mia!” esclamò il coinquilino, pensando di aver avuto un bellissimo rientro.

“Che succede?”.

La voce di Penny lo riportò alla realtà e rimase sbigottito nel vederla spuntare dal corridoio con addosso una maglia di Sheldon che a stento le copriva il sedere.

“Penny” disse semplicemente, passandosi una mano tra i capelli sapendo che fossero in condizioni pietose. “Tutto ok? Come mai sei qui?” chiese, senza riuscire a controllarsi visto che la visione delle sue gambe non aiutavano il suo cervello a collaborare.

La ragazza sorrise e poi si strinse a Sheldon.

“Non lo sai? Ci stiamo vedendo!” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Imbarazzato, Sheldon annuì, senza sapere bene cosa dire.

“Che-che-che cosa?!” urlò Leonard, senza credere a ciò che aveva davanti agli occhi. “Ma io sono stato fuori pochi giorni, come...”.

Non riuscì a continuare, tanto che era incredulo. Magari era colpa del sonno arretrato,stava avendo delle allucinazioni belle pesanti, pensò.

“Le belle cose succedono in poco tempo, vero, Sheldon?” domandò Penny.

“Ehm, sì. Scusami Leonard, è successo tutto in pochissimo e non ho avuto il tempo di aggiornarti” si scusò il fisico teorico, non potendo dire che ciò in realtà gli era proprio passato di mente.

Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che Penny lo aveva baciato in un bar e lui aveva deciso di ascoltare il suo invito ad esporsi invitandolo a cena e che nel giro di qualche ora si era ritrovato nel suo letto e per vari motivi non ne era più uscito? Che uscire con una donna aveva messo a dura prova il suo rapporto con sua figlia e non riusciva a lasciarsi andare senza sapere che lei non avrebbe avuto modo di scoprirlo?

“Oh, bene, bene, magnifico, sì. Scusate, vado a farmi una doccia, devo sistemarmi...” biascicò Leonard, prima di avviarsi verso il bagno con una sorta di marcia soldatesca che contrastava con le sue parole falsamente dolci.

 

 

“Ora, amico, devi dirmi tutto. Tutto!” esclamò Howard, entrando nell’ufficio di Sheldon senza nemmeno bussare, salvo poi fare una faccia delusa.

Sheldon interruppe i suoi calcoli alla lavagna e si voltò verso la porta dove vide l’amico.

“Non si bussa? E perché hai quella faccia?” domandò, infastidito.

“Ammetto che speravo di trovare te e Miss Chimica fare cose sporcaccione sulla scrivania” ammise l’ingegnere, strofinandosi le mani con aria deliziata.

Sheldon fece una smorfia di disgusto, al contrario, e scrollò la testa con disapprovazione.

“Sei malato! E sei in vacanza, che ci fai qui?” domandò, dicendo mentalmente addio alla sua concentrazione.

“Quando sono in vacanza amo vedere film trash che snobbo durante l’anno, quindi sono qui per vedere “Il fisico e la chimica che ci hanno dato dentro per tutto il weekend”, no?” lo prese in giro, sedendosi sulla sedia di fronte alla scrivania. “Su, dimmi tutto!”.

Scioccato, Sheldon prese posto di fronte a lui.

“Tutto cosa?”.

“Non fare il finto tonto, so che ti sei sbattuto Penny questo weekend, tua figlia è venuta da me ieri, ricordi? Quindi,come premio per farle da baby sitter, esigo un racconto dettagliato dei tuoi incontri con Penny!” spiegò. “Dimmi, come sono le tette? Da quelle magliette larghe non si capisce...”.

“Howard Joel Wolowitz, esci dal mio ufficio!” gli intimò Sheldon, scandalizzato e offeso da quella richiesta e indicando la porta con il pollice destro.

“Ma dai! Dimmi, come...?”.

“Howard, giuro su Isaac Newton che registro le tue prossime parole e le mando a tua moglie” scandì lentamente Sheldon.

L’ingegnere alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

“Prima mi chiedi consiglio, ci riesci e poi non mi dici nulla!” si offese.

“Sei tu che mi hai chiesto di vederci e ho seguito i consigli di tua moglie!”.

“Ok, allora lo dici a lei e me lo riferisce?”.

“Sto registrando, Howard” lo minacciò Sheldon, esibendo il cellulare.

L’uomo si alzò con aria rassegnata e si avviò verso la porta, sbuffando. “Vado da Leonard” aggiunse, sconfitto.

“Bravo, e visto che ci sei chiedigli perché si è comportato da pazzo quando ha visto Penny da noi e ha saputo che ci vediamo” gli disse.

Howard si voltò e lo fissò, incredulo.

“Leonard non lo sapeva?” domandò.

“No, non ho avuto modo, l’ha scoperto oggi e sembra strano...”.

Howard annuì e sospirò mentre apriva la porta.

“Amico, sarai pure un genio ma non sai proprio fare due più due” si congedò, salutandolo sarcasticamente con la mano e uscendo.

“Cosa? Fa quattro, ingegnere dei miei stivali, magari sei tu che non lo sai!” disse, parlando ormai al vento.

Non ebbe nemmeno il tempo di alzarsi che la porta si riaprì e spuntò una Penny alquanto strana.

La vide chiudere la porta a chiave dopo aver guardato nel corridoio con aria circospetta, togliersi l’enorme camicia a quadri a mezze maniche, avvicinarsi alla sua scrivania e sedercisi su mentre lo spingeva lontano con i piedi, ancora sulla sedia.

“Penny, cosa...?”.

“Ho mezz’ora di pausa e farlo sulla scrivania è sempre stato il mio sogno, muoviti!” gli ordinò eccitata, sciogliendosi i capelli e togliendosi gli occhiali.

“Ma sei pazza? Hai parlato con Howard per caso?” domandò Sheldon, incredulo.

 

 

La fine della lezione di Chimica fu dura da digerire perché per quelle due ore aveva pensato solo a ciò che più amava studiare, alle formule e alle cose che stava scoprendo.

In quel lasso di tempo Penny era semplicemente la sua insegnante e lei era semplicemente la migliore della classe che aveva osato ridere alla battuta da lei giudicata “idiota” di colui che lei giudicava “Il peggiore della classe e dell’intero universo”.

Tornare alla realtà era decisamente brutto, il suo mondo di formule e reazioni chimiche era il suo posto felice e uscirne ogni volta per affrontare degli esseri viventi era un colpo al cuore.

Non voleva rivedere Raj dopo la festa proprio come non voleva tornare a fare degli esercizi stupidi e dolorosi visto che il suo corpo ora stava guarendo dal dolore dopo la prima settimana di attività.

Da una parte, però, fu felice di avere una scusa per non stare a casa visto che aveva visto Penny uscire infuriata dall’ufficio di suo padre e temeva di doversi subire una litigata, così, non pensando a ciò che sarebbe successo, si avviò in palestra, salutando Bernadette e fermandosi come al solito a prendere l’acqua al distributore.

“Qualcuno qui ama così tanto l’acqua che ci getta dentro anche le persone” disse una voce alle sue spalle mentre prendeva la bottiglina, facendola sobbalzare.

Marie tremò, presa alla sprovvista, e quando si alzò vide l’istruttore che la guardava con un sorriso beffardo e la braccia incrociate.

“Raj!” esclamò, deglutendo. “Scusami, davvero, mi sono lasciata prendere e...”.

“Alla fine però avevo ragione” la interruppe lui, avvicinandosi.

“Eh?”.

“E’ stata una cosa memorabile e scommetto che ci pensi ancora” sussurrò, infischiandosene delle madri che le circondavano e poggiandole una mano sulla vita.

“Che? No! Lasciami!” disse la ragazza, allontanandosi e iniziando a camminare.

“Marie, sei arrossita. Ti renderò le cose facili” la seguì Raj, prendendola per mano e facendola voltare verso di sè. “Esci con me, stasera. Me lo devi dopo sabato, no? E so come far divertire una donna...”.

Marie pensava che in una situazione del genere avrebbe esultato, felice di essere stata considerata da un bel ragazzo, per di più un po’ più grande e muscoloso, ma ciò che riuscì a fare fu liberare la presa e guardarlo male.

“Mi hai detto che sei single da poco, perché mai dovrei uscire con te? Non ti farò da chiodo schiaccia chiodo! E’ palese che non vuoi sul serio me, visto che hai mille tettone toniche e perfette a disposizione in quella sala!” rispose, turbata ed energica più che mai.

Davanti a sè vedeva l’uomo che aveva lasciato sua madre a causa sua, ma che dopotutto non aveva esitato un istante a mollarla e a non farsi vivo, invece di provare a chiarire.

Lei aveva acceso la prima fiamma e lui aveva lasciato che l’incendio si propagasse senza pensarci nemmeno due secondi.

Scoprire che sua madre fosse più vecchia, sposata e con una figlia aveva subito mutato le cose e Marie, per quanto non fosse esperta di sentimenti, comprese che non fosse alquanto giusto.

Improvvisamente realizzò ciò che aveva combinato la settimana prima e si sentì decisamente in colpa, tanto che se ne andò verso gli spogliatoi mentre l’istruttore non riusciva a ribattere alla sua provocazione.

Non comprese ciò che le stava prendendo e per fortuna vide la sua amica chiacchierare con altre ragazze fuori la sala di Total Body, che la guardò interrogativa.

“Bernie, devo andare da mamma, per favore, Howard può accompagnarmi? Non so come arrivare fino a Beverly Hills” disse rapidamente, agitata.

“Cosa? Ma stai bene?” domandò preoccupata la donna, accarezzandole la fronte e notando che stesse sudando freddo.

“Sì, ti spiegherò tutto, promesso, ma è urgente. Ti prego, prima che mi passi la voglia di vederla”.

Comprendendo quanto fosse rara la situazione, Bernadette annuì e si scusò con le ragazze, per poi andare verso lo spogliatoio e recuperare il cellulare.

 

 

Quando Penny si alzò dal divano per poi ritrovarsi Sheldon fuori la porta, non ne fu sorpresa, anzi, un po’ si sentì sollevata anche se odiava stare meglio solo quando aveva qualche segnale da parte sua.

Con grande sorpresa vide che reggeva in mano un mazzolino di fiori freschi e lo fece entrare.

“Penny” esordì lui, serio, mentre le porgeva i fiori. “Come avrai capito, non

 sono un esperto in ambito sentimentale ma, essendo una persona molto cosciente, riconosco i miei errori e so che dei fiori sono il gesto internazionale per chiedere scusa. Detto ciò... Scusami per averti rifiutato oggi, in ufficio, e... Per il mal di testa di ieri. Avrai capito che era causato dalla presenza di Marie. Cioè, non è che mia figlia mi causi il mal di testa, voglio dire...”.

“Ho capito. Non sei l’unico intelligente, qui” disse Penny pazientemente. “Grazie” aggiunse, prendendo i fiori e annusandoli. “Capisco i tuoi motivi, sul serio, ma ho reagito male perché... Mi sentivo rifiutata, sono abituata a sentirmi così e ho interpretato i tuoi gesti come quello di un uomo che si è già scocciato di me” spiegò, abbassando lo sguardo, imbarazzata, memorie degli uomini che comprendendo il suo interesse l’avevano sedotta e poi erano scomparsi la mattina dopo.

“Ma no! Penny, ti ho detto che so sempre come mi sento e non mentivo, se non avessi voluto non ti avrei invitato a cena” la rassicurò. “E’ solo che... Ritirarmi tardi, vedere lo sguardo incredulo e scioccato di mia figlia mi ha colpito e...”.

“Ho capito. Ti perdonerò se domani faremo sesso sulla mia scrivania, non sono famosa come te e nessuno entrerà nel mio ufficio... E giuro che la sterilizzerò prima” propose, ammiccante.

“Ehm...” provò a ribattere Sheldon, ma non continuò perché, per zittire le sue proteste, Penny si era già tolta la maglietta e non aveva il reggiseno.

 

 

La giornata era stata così dura e sfiancante che Amy decise di accomodarsi sul divano e non fare nulla per il resto del giorno.

Era sola, si sentiva strana perché Raj non le mancava affatto e sentiva una voglia assurda di abbracciare sua figlia e accarezzarle i capelli come non faceva da anni.

Marie l’aveva sempre calmata, era il motivo grazie a cui le brutte vicende della sua quotidianità scomparivano una volta tornata a casa.

Vederla lì, in attesa, abbracciarla, respirare il suo profumo, era la cosa più bella della sua esistenza e lo era stata per anni, finché il corso degli eventi non le aveva separate.

Ricordò il giorno in cui seppe di non poter partecipare al progetto dei suoi sogni perché era stato scelto un uomo, un uomo che come lei era genitore ma che non avrebbe potuto dare buca o fare tardi perché nella mentalità sessista poteva permettersi il lusso di pensare solo a lavorare.

Quel giorno non aveva abbracciato Marie, allora quindicenne, e non lo aveva fatto per un po’.

Si sentiva una stupida, lei aveva deciso di portarla in grembo fino alla fine, perché maltrattarla così?

E perché ci pensava così assiduamente ora più che mai?

Perché aveva visto la donna che mano a mano avrebbe preso il suo posto, una chimica bionda e intelligente che già vedeva sua figlia più di lei anche solo insegnandole qualcosa sei ore a settimana.

Immersa nei tristi ricordi, fu risvegliata dal campanello che suonava insistentemente e si alzò di malavoglia per andare ad aprire, non gradendo di essere in uno stato pietoso, con il viso rosso, la voce un po’ nasale e il mascara sciolto.

Fu con grande sorpresa che vide sua figlia di fronte a lei, con un’aria decisamente sbattuta e il volto che sembrava lo specchio del suo, rosso e bagnato dalle lacrime.

Vedendola trattenne il respiro e sussurrò un: “Tesoro mio, cosa ti è successo?” e, senza riuscire a farne a meno, la attirò a sè e la abbracciò, chiudendo la porta.

Aveva quasi diciannove anni, sì, ma l’abbraccio era lo stesso di sempre, era sempre fin troppo piccola e minuta, bisognosa di protezione.

“Mamma, ho f-fatto una c-cosa brutta, scusami...” disse la ragazza, singhiozzando.

“Cosa? Vieni, prendi qualcosa da bere” mormorò amorevolmente la donna, facendole segno di seguirla, spaventata.

“No, no, sto qui. So che dopo sarai arrabbiata...”.

“Cosa dici?”.

Marie tirò su col naso e si guardò intorno, alla ricerca del coraggio che le mancava.

Con grande sorpresa, vide una foto che ritraeva loro tre su una mensola e le lacrime la sopraffecero ancora di più. Nella sua mente, sua madre non conservava alcun ricordo della sua famiglia.

“Lunedì ti ho vista nei bagni della palestra con Raj” iniziò, deglutendo.

Amy sbiancò di botto e si portò una mano alla bocca, ricordando nitidamente ciò che era successo una settimana prima.

“Marie...”.

“Lasciami finire! Ero indignata, ho sentito che ti chiamava “ventinovenne” e... E due giorni dopo ho trovato la tua carta d’identità. L’ho data a una ragazza e...”.

“Marie”.

Non era un’esclamazione, un rimprovero, un sospiro, era una semplice affermazione.

“E non è finita! Sono andata alla festa della palestra sabato per sapere cosa fosse successo e lui... Ha fatto lo scemo con me e... L’ho buttato in piscina. E poco fa... Mi ha chiesto di uscire ma ho capito ciò che avevo combinato sul serio, ero arrabbiata, voglio dire, usciva con te e ti ha rimpiazziato così, senza provare a chiarire? Io...”.

“Marie, per favore, stai calma” la zittì sua madre, sospirando e avvicinandosi a lei.

“Ti prego, scusami. Ho fatto una cosa brutta e l’ho sempre saputo, ma ora...”.

“Avevamo un rapporto... Fisico, non gliene fregava molto di me ma nemmeno a me di lui. Certo, mi aiutava a non pensare ma posso capire il perchè delle tue azioni” sussurrò Amy, guardandola negli occhi. “Io avrei fatto lo stesso, specialmente dopo aver sentito mia madre dire che avere una bambina le ha rovinato la vita” ragionò cautamente. “Siediti, devo raccontarti una storia, la verità che ha scatenato le mie azioni”.

La ragazza obbedì, ancora rossa in volto, poi però esitò mentre prendeva posto in soggiorno.

“Perché me le dici ora?” domandò, senza capire. “So che hai visto papà con Penny” aggiunse, un po’ più accusatoria del dovuto.

Amy sorrise amaramente e annuì.

“Pensa ciò che vuoi ma vederli mi ha aperto gli occhi. Sì, sono una stupida, sì, sono il solito cliché di donna che realizza ciò che ha perso quando lo vede davanti agli occhi con un’altra e sì, so di non meritarmi nulla e so di non dover fare nulla” disse come premessa, portandosi le mani avanti.

Marie spalancò gli occhi, incredula.

“Tu... Cioè, vedere papà e Penny...”.

“Non so cosa credi ma io non ho mai smesso di amarvi, tesoro. Mi sono allontanata perché mi sentivo diversa e odiavo mostrarmi vulnerabile... E credevo di volere ciò che non ho mai avuto, senza capire che ho avuto tutto. Che stupida! Allora, come ci rimarresti se un domani ti venisse negata l’opportunità di lavorare a un progetto che hai ideato solo perché sei madre e nessuno vuole fare affidamento su di te?” domandò cautamente, mantenendo il contatto visivo.

“Urlerei ai responsabili di essere dei sessisti” disse semplicemente Marie con aria di ovvietà.

“E se ti venisse offerto un lavoro in Norvegia dopo un semestre di studio lì?”.

“Accetterei di corsa!”.

“Ti sentiresti in colpa se tuo marito fosse costretto a cambiare turni di lavoro per far studiare te?”.

“Beh, sì”.

“E dopo ciò oseresti chiedergli di fare altri sacrifici per te e non andare a importanti conferenze in giro per l’America?”.

“No”.

“Ti sentiresti debitrice dopo che lui ha fatto da madre e da padre a tua figlia mentre eri impegnata a frequentare le lezione e sostenere gli esami?”.

“Direi di sì”.

“Quanto resisteresti nel vedere i tuoi progetti andare in fumo dopo tanti sacrifici solo perché hai delle ovaie?”.

Marie abbassò lo sguardo e poi lo alzò, rattristita come non mai.

“Ti è successo tutto questo?” domandò flebilmente, intimorita dalla risposta.

Amy annuì, il volto malinconico al solo ricordo.

“Il primo a fare rinunce è stato tuo padre, dal primo giorno in cui sei nata, perché lui lavorava già per fortuna, quindi ha sacrificato molto per farmi studiare, dal liceo fino al dottorato. Ero debitrice nei suoi confronti e mi sembrava assurdo chiedergli di vivere in Norvegia dopo il semestre, così ho accettato un lavoro qui e l’ho sempre spronato a fare ciò che l’università gli chiedeva. Piano piano ci siamo sistemati e, sai, eravamo davvero, davvero felici... Avevamo successo, avevamo l’amore, avevamo te! Poi, mano a mano, dopo i trenta sono successe varie cose... Mi hanno scambiato per una quarantenne...”.

“Ti hanno negato il progetto”.

Amy annuì amaramente, scrollando le spalle.

“Essere moglie e madre mi ha causato mille ansie e problemi, ma non a me in prima persona, che sia chiaro, a chi mi circondava! Odiavo essere giudicata instabile e inaffidabile nel mio campo perché dovevo badare anche a una figlia, avere paura di chiedere a tuo padre di andare a qualche congresso di neuroscienze lontano da qui e... Accumolo dopo accumolo, sono scattata dopo la provocazione di tua nonna, tre anni fa. Io non volevo dire quelle cose, davvero, io ti amo più della mia stessa vita e mi sono allontanata perché non riuscivo a capacitarmi di aver detto quelle cose, non ero in me! Tu sarai sempre la mia piccolina, non sai quanto ho pianto nel saperti ad Havard! Mia figlia che frequenta la mia Havard, ricordo quando me ne parlavi, dicendo di essere indecisa. Per me era un sogno immaginarti lì, dove ho studiato io, e... Scusami per tutto, piccola, scusami!”.

Madre e figlia si ritrovarono abbracciate, unite in una stretta ferrea, scosse entrambe da lacrime di commozione e tristezza per tutto ciò che era successo, ma stranamente più unite, come se gli avvenimenti degli ultimi anni le avessero rinforzate e fatte crescere.

Le disgrazie e le incomprensioni possono ridurre in frantumi un rapporto o rafforzarlo, e quest’ultimo caso toccò alle ragazze Cooper- Fowler.

 

 

 

Era ormai ora di cena quando Sheldon tornò nel suo appartamento, trovandovi un Leonard che mangiava pizza seduto sul divano e ascoltava musica.

 

“I knew you were trouble when you walked in, so shame on me now, 

flew me to places I’d never been, now I’m lying on the cold hard ground,oh, oh, trouble, trouble...”.

 

Era una voce femminile a lui ignota e, non sopportando di ignorare qualcosa, il fisico teorico prese il cellulare e attivò Shazam.

“Chi è Taylor Swift?” domandò, senza capire.

Leonard alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

“Una ragazza che mi capisce molto bene” rispose sarcastico.

“Ah, quindi una tua amica sta provando a sfondare nel mondo della musica e tu fai da cavia ascoltando la sua voce petulante? Che bravo amico che sei” disse Sheldon, sorridendo, per poi prendere il telecomando dello stereo e spegnere.

“Ma sei scemo?” urlò Leonard.

“Leonard, la tua domanda è fuori luogo, ti ricordo che ho un quoziente intellettivo di cen...”.

“Non me ne frega un cavolo, capito? Non sono tenuto a sentire le tue idiozie, io voglio sentire la mia musica!” continuò a sbraitare, togliendogli il telecomando dalle mani.

“Leonard! Ma non ha senso, non devi ascoltare oltre, dì alla tua amica Taylor che è una mezza pippetta ed è fatta!”.

“Sheldon, possibile che tu non capisca?” chiese Leonard, come se fosse esausto.

“Sembra assurdo detto da me ma non capisco, sì” asserì il fisico.

“Lascia stare, non ho voglia di discutere” sbottò l’altro, infastidito.

Si alzò, gettando il resto della pizza con aria affranta e se ne andò nella sua stanza senza aggiungere altro.

“Leonard! Ma dobbiamo prendere la cena!”.

“Và a cenare dalla tua ragazza, io ho già mangiato!” urlò Leonard in risposta, seguito dal rumore della sua porta che sbatteva violentamente.

Sheldon non ebbe il tempo di dire altro che il cellulare lo avvisò di aver ricevuto un messaggio, così estrasse il cellulare dalla tasca e lo lesse, salvo poi rimanere bloccato, fermo.

Davanti a sè aveva un selfie di Amy e Marie che ridevano come matte, con i capelli un po’ disordinati e gli occhi stranamente gonfi.

Nel giro di tre secondi gliene arrivò un altro, in cui Marie aveva gli occhi chiusi come una bambina dispettosa e Amy le dava un bacio sulla guancia con aria amorevole.

“Siete bellissime” sussurrò, sentendo il suo stomaco fare mille capovolte.

Le sue donne erano lì, sullo schermo del suo cellulare, e lui passò illusoriamente il dito sul display dell’i-phone come per accarezzarle.

Una cosa del genere non la vedeva da anni, e questo fu uno dei motivi che gli fecero perdere la lucidità, tanto che senza pensarci scrisse “Le donne della mia vita!” e inviò, senza nemmeno pentirsi.

Aveva forse detto una bugia?

Nel giro di pochi istanti, Amy rispose con un: “Peccato che qui manchi l’uomo della nostra vita. Abbiamo delle cose da raccontarti, un bacio”.

Sheldon era così preso dall’emozione e da un insieme di sentimenti contrastanti che non sentì nemmeno Leonard che stava parlando, tornato pochi minuti dopo le urla.

“Ma mi senti, Sheldon? Ho detto che ti accomp... Cos’è?”.

Senza dire nulla, il coinquilino gli mostrò i messaggi e subito disse: “Guardale, sono... Sono un amore, io...”.

Non continuò verbalmente perché abbracciò l’amico, stringendolo a sè e sforzandosi di non piangere, ma Leonard comprese tutto e guardò la porta, immaginando la reazione di Penny a ciò che aveva appena visto.

Quella situazione, come la famiglia Cooper-Fowler, era tutta un casino.

 

*°*°*

Eccomi di nuovo qui con uno dei capitoli che adoro! La famiglia Cooper sarà anche particolare ma è composta da membri che si adorano e hanno sofferto tanto. Marie non ce l’ha fatta più e si è confidata con la madre, che le ha finalmente detto la verità.

Certo, ci sono tante cose da sistemare ma è un inizio e l’affetto madre-figlia è il più forte di tutti.

Sheldon vede madre e figlia insieme dopo secoli e rimane sorpreso e “ipnotizzato”, oserei dire.

Cosa succederà? Siamo entrati nei capitoli più succosi, vi avverto! :D

Nel prossimo ci sarà anche... Mary Coooper! Io la adoro, insieme a Beverly, quindi mi sono divertita a descriverla come nonna super religiosa.  E ci sarà anche una new entry ;)

 

Come sempre vi lascio due spoiler, grazie a chi mi segue e mi fa sapere il suo parere, siete mitiche <3

 

 

“Dimmi che non mi ami e non ne riparleremo più” lo interruppe bruscamente, prendendolo per un braccio e obbligandolo a smetterla di camminare su e giù per la stanza.

 

 

“Amore mio, come sei alta, sempre di più! Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!” esclamò, raggiante.

“Nonna, non per contraddirti ma tuo figlio, ovvero mio padre, sfiora il metro e novanta ed avendo una madre nella media è logico che la mia statura sia maggiore del dovuto. E’ tutta scienza” la rimbeccò subito Marie, con la sua solita aria da “Scusami ma non sono io che lo decido” tipica di quando Dio entrava in discorsi scientifici.

 

A mercoledì o giovedì,

Milly!

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Capitolo 7
*** Dimmi Che Non Mi Ami ***


7

Capitolo 7

Dimmi Che Non Mi Ami

 

Il processo che lo aveva condotto a Beverly Hills gli sarebbe stato ignoto se non avesse visto Leonard al suo fianco, una volta fuori il condominio in cui viveva Amy.

Esitante, Sheldon guardò il suo migliore amico e gli lanciò un’occhiata spaesata, intimorita, ma ricca di emozioni indecifrabili.

“Cosa... Cosa credi dovrei fare?” domandò, sussurrando impercettibilmente e torturandosi le mani.

“Sei un padre e lì ci sono tua figlia e colei che legalmente è tua moglie, le quali dopo anni sembrano felici insieme. Non c’è un copione prestabilito ma so che andrà tutto bene” lo rassicurò Leonard, guardandolo.

“Grazie Leonard, davvero. Torna a casa, troverò un modo”.

“Sei sicuro?”.

Sheldon annuì, sorridendo debolmente verso l’amico, per poi aprire la portiera dell’auto e scendere, sentendosi avvolgere dal tipico caldo di una delle prime sere d’estate.

Il cielo era tranquillo, la strada quasi deserta, le famiglie probabilmente stavano cenando mentre si raccontavano gli avvenimenti della giornata mentre la sua, in bilico da anni, sembrava pronta ad accettare un piccolo miracolo.

Ritrovarsi Amy davanti che gli sorrise, incredula visto che non l’aveva avvisata, fu strano ma piacevole, non lo guardava così da quando erano rimasti soli poco prima del sedicesimo compleanno di Marie, quando lui così, di punto in bianco, le aveva detto che l’amava e l’aveva baciata come se fosse un ragazzino alle prime armi.

Marie corse verso di loro e, con una dinamica che nessuno seppe spiegarsi, si ritrovarono tutti abbracciati, con Marie al centro, stretta tra le braccia dei suoi genitori.

Non succedeva da tempo e la cosa la fece scoppiare di gioia mentre si godeva la stretta di quella sorta di “abbraccio a sandwich”.

Quando si separarono, Amy e Sheldon guardarono altrove, imbarazzati nell’essersi trovati con i visi così vicini, ma Marie interruppe il tutto prendendoli per mano e trascinandoli nel soggiorno, obbligandoli ad accomodarsi.

“Papà, devi sapere ciò che è successo e il perché di... Beh, questo” disse la ragazza, indicando con il capo la madre.

“Sono felice di vedervi vicine, vedere le foto è stato bellissimo” replicò Sheldon, guardando prima la figlia, poi Amy, che gli sorrise, annuendo.

Marie li guardò, beandosi di quella improvvisa pace senza alcuna tensione pronta a minacciare l’equilibrio, e le sembrò di essere tornata indietro di anni.

 

 

“Ora che sai tutto, vado nella camera di mamma a vedere la tv, stasera ci sono le repliche di Sherlock” sussurrò la ragazza circa venti minuti dopo, avendo raccontato pari passo ciò che aveva ascoltato poco prima da sua madre, mentre lei annuiva e aggiungeva delle spiegazioni.

Era giunto il momento di parlare e confrontarsi, temeva che la sua presenza potesse renderli più sinceri ed educati solo per non ferirla ancora, quindi, rapidamente, si alzò e uscì dal soggiorno senza dar loro il tempo di ribattere.

I due si guardarono, inevitabilmente più tesi ora che si trovavano da soli dopo tanto tempo, finché Sheldon non fu il primo a prendere parola.

“Ho passato questi tre anni a dirmi che non mi amavi più e che ne avessi abbastanza di me, oltre ad essere sopraffatta dalla tua vita di madre iniziata prima del solito” rivelò con tono severo, prima con lo sguardo abbassato e poi trovando il coraggio di guardarla in volto. “Voglio dire, non penso che tu provi qualcosa per me visto che hai avuto molti... Amanti, ma all’epoca avrei preferito sapere tutto questo per farmene una ragione e magari fare qualcosa per aiutarti. Perché non mi hai detto del progetto o che spesso hai rinunciato a varie cose perché ti sentivi debitrice nei miei confronti? Io ho sempre e solo voluto vederti felice altrimenti non ti avrei aiutato con così tanto impegno a realizzarti!” esclamò, battendo un pugno con aria frustrata sul suo stesso ginocchio.

Amy si morse un labbro, a disagio, senza guardarlo e preferendo osservarsi le mani.

“Ho avuto vari amanti se vogliamo chiamarli così, ma non ho mai amato nessuno di loro. Ho sempre detto di essere più giovane per provare a me stessa che potevo riuscire a non passare per una quarantenne... L’ho fatto, ma la vera me l’hai sempre conosciuta tu, solo tu. Sei sempre stato il mio unico amore, Sheldon”.

“Non mi devi dire bugie del genere, Amy! Mi hai abbandonato, ignorato, e otto giorni fa mi hai chiesto il divorzio! Questo non è amore, non venirmi a dire queste cose, per favore...”.

Amy riuscì a trovare il coraggio di guardarlo lentamente, cercando i suoi occhi blu, gli stessi di Marie.

Guardarli le faceva sempre male perché ricordava il loro sguardo su di lei dopo un sorriso o un bacio e, ormai, il solo ricordo era doloroso.

“L’amore è complesso, Sheldon. Quando è vero c’è sempre ma magari ogni tanto ha bisogno di essere incoraggiato, ricaricato, e tre anni fa non è stato alimentato. Ma...” esitò, prendendo un respiro e avvicinandosi di qualche centimetro visto che lui era seduto alla sua destra, “Ora lo è”.

Sheldon spalancò gli occhi e si alzò di scatto, incredulo.

“Stai scherzando? Avrei dovuto iniziare a vedermi con un’altra per farti tornare, allora?” le urlò contro, esasperato, tanto da portarsi le mani al capo e iniziare ad andare avanti e indietro per la stanza con una furia assurda.

“Sheldon...”.

“Ecco perché eri strana ieri, ecco perché hai detto tutto a Marie! Tu sei ricordata di avere un marito solo quando lo hai visto con un’altra!” sbottò frustrato.

“No, no! E’ lei che è venuta qui in lacrime! Io... Lo ammetto, magari ciò mi ha aiutato a riflettere, ma la vedi da pochi giorni, non...”.

“Che cosa? Amy, ho subito mille tradimenti, non ho osato dire nulla e ora...”.

“Dimmi che non mi ami e non ne riparleremo più” lo interruppe bruscamente, prendendolo per un braccio e obbligandolo a smetterla di camminare su e giù per la stanza.

Sentì un’enorme morsa allo stomaco nel vederlo vicino, con quello sguardo che continuava ad amare fisso su di lei e le loro mani che si sfioravano.

Si diede della stupida per ciò che aveva fatto, sapeva solo di essere divorata dalla passione verso quell’uomo e di odiare di averlo fatto star male.

“Cosa c’entra...”.

“Dimmelo, sul serio, dimmelo e in autunno firmerò i documenti del divorzio” disse, facendo scendere la mano dal braccio in giù, per poi intrecciare le dita alle sue.

Doveva farlo, non sapeva spiegarlo ma doveva, era una sorta di bisogno fisiologico.

“Io... Io...”.

“Sono qui che aspetto, su, mettiamo definitivamente fine a tutto dopo quasi ventuno anni. Dimmelo!”.

Sheldon deglutì e, per tutta risposta, sciolse la stretta delle loro mani e prese la sua tracolla dal divano.

“Perché fuggi?”.

“Beh, lo hai fatto tu, non posso farlo io?” la rimbeccò, mentre si avviava verso la porta. “Per favore, stai tu con Marie stasera, falla tornare domani”.

“Perché non me lo hai detto? Sto aspettando!” insisté Amy, correndo per bloccare la porta prima che fosse troppo tardi.

Sheldon alzò gli occhi al cielo per poi sospirare e appoggiare una mano contro la porta, in modo che ci fosse poco spazio tra loro.

Avvertì Amy trattenere il respiro e comprese che avere ancora un certo effetto su di lei, dopotutto, non era affatto male.

Lo guardava, in attesa di una sua mossa, tanto che sembrava essere divorata dal pensiero asfissiante di ciò che stava per succedere.

Di conseguenza, senza rifletterci, Sheldon avvicinò la sua bocca all’orecchio della donna, iniziando a sussurrare, anche perché non voleva che Marie ascoltasse ciò che stava per dire.

“Sai che non posso dire ciò che non penso, inoltre ti meriti di sentire questo dopo gli anni in cui mi hai lasciato solo” disse lentamente, quasi impiegando il doppio per pronunciare ogni parola. “Lo sai che c’è sempre la parte di me che ora ne approfitterebbe della poca distanza che c’è tra i nostri corpi per baciarti il collo in quel punto che ti fa impazzire, sbottonarti la camicetta, toglierti la gonna e farti mia qui, così, alzati, contro questa porta, mentre ti sussurro che ti amo e che voglio stare con te per tutta la vita, mentre gridi di piacere, fai le fusa e mi preghi di non smettere. Ma non te la meriti” concluse con uno scatto, alzando la voce e allontanandosi, “Non ti perdonerò per aver fatto la sincera con Marie solo per indurmi a perdonarti”.

Visibilmente arrossata e volubile come non mai, Amy si spostò e aprì la porta, beandosi di quel poco di aria fresca che entrò in casa.

“Non l’ho fatto per un secondo fine, è stata tutta una conseguenza. Buonanotte, Sheldon” lo salutò, sentendosi k.o. per il modo in cui quelle parole sussurrate l’avevano ridotta.

Anche l’amante più giovane e esperto di tutti non poteva competere con il fascino che lui esercitava su di lei, visto che l’aveva mandata in uno stato di eccitazione semplicemente sussurrando qualcosa.

Lo vide allontanarsi ed uscire, chiuse la porta in fretta e poi, senza forze, si accasciò sul pavimento.

 

 

Era arrabbiato nero, non si era mai sentito così, era una sensazione brutta, ignobile, che non gli apparteneva.

Anni passati così per nulla, per motivi che con un po’ di dialogo avrebbe potuto conoscere e capire, anni passati pensando di non essere stato abbastanza per lei, di averla ferita in qualche modo, perché lui era sempre quello strambo che parlava senza filtri e feriva tutti con la sua lingua tagliente.

Inoltre, starle così vicino non l’aveva aiutato, era stato sul punto di far aderire il corpo al suo, toccarla, baciarla...

Si odiava perché alla fine, quando si trattava di Amy, era sempre vulnerabile e faceva cose stupide, come rischiare di tradire la ragazza con cui si vedeva e che aveva rallegrato le sue ultime giornate.

Non riusciva a pensare a nulla di concreto perché sentiva il profumo di Amy su di sè e la cosa lo faceva impazzire in tutti i sensi, tanto che si ritrovò a bussare alla porta di Penny e a gettarsi addosso a lei appena gli aprì.

Frettolosamente, prese il volto tra le sue mani e la baciò con slancio, chiudendo la porta dietro di sè con uno scatto.

“Mi sei mancata, devo ancora farmi perdonare per bene” disse, mentre le baciava il collo e le sue mani vagavano sotto la maglietta.

Confusa ma decisamente consenziente, Penny chiuse gli occhi e lo lasciò fare, beandosi del suo tocco.

“Mi piace quando sei così passionale” disse, prima di lasciarsi sfuggire un gemito visto il tocco sul suo seno.

“A me piaci tu” borbottò lui, mentre le sfilava la maglia in fretta e furia.

“Oh, è così bello sentirtelo dire! Andiamo in camera mia...”.

Felice come non mai Penny si aggrappò a lui, con le gambe attorno la sua vita, mentre la conduceva nella sua stanza, ma non poteva sapere che tutto questo slancio in realtà era creato dal desiderio che un’altra donna aveva generato in lui.

 

Il dieci luglio era un giorno speciale per tutti da anni ed anni e ogni anno, nonostante le incomprensioni più recenti, era atteso da tutti, Leonard, Howard e Bernadette inclusi.

Le ultime tre settimane erano state intense, Bernadette e Penny erano uscite insieme ed erano arrivate a considerarsi amiche, mentre Marie aveva deciso di spendere più tempo con sua madre anche se fuggiva comunque a gambe levate quando voleva portarla dal parrucchiere o a comprare abiti più eleganti del dovuto.

Amy e Sheldon non avevano più parlato dell’accaduto della sera in cui lei gli aveva spiegato tutto e, con grande sorpresa di tutti, apparivano decisamente più rispettosi nei confronti dell’altro, anzi, fin troppo formali e avevano organizzato la festa per Marie gomito a gomito seppur con il supporto di Penny e Leonard.

Così, senza volerlo, il giorno prima della festa Amy andò da Benadette per gli ultimi dettagli e si ritrovò Penny seduta sul divano dell’amica che le sorrideva con aria di circostanza.

“Penny, ciao” la salutò Amy, senza capire il perché della sua presenza in quella casa.

“Ciao, Amy! Scusa l’intromissione, ma dopo io e Bernie usciamo con i ragazzi e lei si è offerta di farmi le sopracciglia, sono un po’ negata e creo sempre casini” si giustificò subito, continuando a sorridere.

“No, figurati, anzi, toglierò subito il disturbo, sono qui per rendermi conto degli ultimi dettagli” rispose Amy. “Vero, Bernie?” sottolineò.

“Sì, certo. Ehm... Senti, è tutto ok, ho prenotato l’hotel per Mary e Leonard va a prenderla domani mattina presto. L’unico problema è sorto con l’intrattenimento, ormai Marie è grande per i giochi di Howard, e sai che sostengo che non debbano più esserci questi giochi dopo gli otto anni, ma visto che insisti ho chiesto a Penny” spiegò la microbiologa, scrollando le spalle.

“Sì, lei ama la chimica e io anno dopo anno ho creato mille giochi a premi con le mie compagne del college, sai? Marie lo adorerà!” ribattè la Chimica, entusiasta.

Amy deglutì e annuì, mentre la immaginava con i capelli divisi in due codini bassi come una bambina e gli occhiali ancora più grandi, piena di brufoli osceni, intenta nel fare intrugli colorati in un laboratorio con altre ragazze simili a lei.

Nel giro di tre secondi, la sua fervida immaginazione la condusse ad immaginare un intruglio che scoppiava proprio in faccia a Penny e la faceva urlare e scappare come quei personaggi scemi dei film horror...

Amy, datti un contegno, sei un’adulta ormai! Si rimproverò, sforzandosi di tornare lucida.

“Perfetto, allora tolgo il disturbo” disse quindi, provando a dimenticare l’ultimo frutto della sua immaginazione.

“Cosa? Ma è presto, prendi almeno un bicchiere di vino...”.

“No, grazie, Bernie, ho da fare. Questo compleanno deve essere speciale” si congedò. “Ciao” aggiunse, rivolta a Penny,  che agitò la mano in sua direzione.

Bernadette la seguì fino all’ingresso, aprì la porta e la guardò con aria di scuse.

“L’uscita è stata improvvisata e mi serviva il suo aiuto” disse subito.

“Non devi giustificarti con me, Bernie” la scimmiottò Amy. “Ci vediamo domani, per favore, vedetevela voi con Mary, anzi, visto che ci sei chiedi a Penny di occuparsene visto che vuole così tanto dare una mano. Sarà un onore conoscere la suocera” ironizzò, prima di voltarsi e andarsene di malumore.

Bernadette sospirò, sentendosi in colpa, poi alzò lo sguardo al cielo.

“Nessuno me lo vuole dire ma lo so che è ancora cotta del marito. Questo divorzio non s’ha da fare!”.

 

“Preparati, Marie, ho il regalo più bello di tutti!” esclamò Howard, strofinandosi le mani con un gesto che ricordava molto un personaggio cattivo dei cartoni animati.

Era andato da Sheldon per giocare con la xbox prima dell’uscita visto che le ragazze avevano da fare con le loro cose da femmine – “Le sopracciglia? Amore, fidati, a noi non interessano le sopracciglia” aveva detto a Bernadette, prima di darle ragione dopo aver visto un’ immagine che rappresentava Frida Kahlo – e nel frattempo provava a stuzzicare Marie e la sua curiosità.

“Lo dici sempre, zio Howard, ma alla fine papà vince sempre” lo rimbeccò Marie, sorridendo verso suo padre, il quale le sorrise come un bambino e le fece l’occhiolino.

“Quest’anno invece vincerò. Fidati!”.

“Potresti vincere convincendo la nonna a non fare un discorso in cui cita la Bibbia e a non provare a convertirmi al Cristianesimo” obiettò Marie. “Lì vinceresti e ti regalerei anche una tazza con la scritta “Il miglior zio del mondo”, sai?”.

“No, dovrebbe esserci scritto “Lo zio ebreo che fa miracoli ma ops, la nonna crede che solo Gesù Cristo possa farli”, in realtà”.

“Zitti tutti, mia madre farà la brava, sarà impegnata a criticare me nel dirmi che ho fatto piangere Gesù visto che esco con una donna quando ai suoi occhi sono ancora sposato con un’altra” ricordò loro Sheldon, alzando gli occhi al cielo.

“Vero! Grazie papà, sei un grande!” esclamò Marie, saltandogli addosso come una sorta di koala e facendolo ridere mentre le accarezzava i capelli. “Mi togli sempre dai guai!”.

Howard li guardò e sorrise, felice nel vederli più spensierati.

“E’ bello vedervi di nuovo così felici, ed è per questo che ho scelto proprio quel regalo” disse, ammiccante. “Completerà il quadretto felice”.

“Vuoi dire uno zio nuovo che non dice cose sceme?” ridacchiò Marie, prima di separarsi dal padre e abbracciare anche Howard. “Qualunque cosa sia la adorerò, cioè, farò finta di adorarla perché sono educata”.

“In questo non ha preso da me, io sono per la sincerità” mormorò Sheldon, scrollando le spalle.

“Lo so, amico, credimi, lo so”.

“E’ già un ottimo inizio per uno che è andato solo al MIT!”.

“... Appunto!”.

 

 

Era tutto pronto.

Il terrazzo era illuminato a dovere, c’erano tante piccole luci e un buffet pieno del cibo preferito della ormai diciannovenne Marie Amelia Cooper.

Il tramonto era passato da poco e il cielo era di un blu indaco con le ultime sfumature di rosa, senza nemmeno una nuvola, come ogni estate che si rispetti in California.

Amy si guardò intorno, avvolta nel suo abito lungo azzurro con la scollatura a cuore, pensando che doveva approfittarne prima dei famosi quaranta anni, momento in cui un vestito così sarebbe risultato un po’ fuori luogo.

Al collo aveva una collana con una pietra della stessa sfumatura del vestito che Sheldon le aveva regalato per il loro primo anniversario di matrimonio.

Era stato più forte di lei, appena aveva visto l’abito aveva pensato che avrebbe potuto abbinargli quel gioiello e in tre secondi era già nel camerino per provarlo, con Marie che non capiva il perché di quella fretta fuori luogo e sbuffava durante l’attesa.

Si guardò intorno e pensò che a breve tutto sarebbe iniziato, il terrazzo sarebbe stato pieno di gente e lei avrebbe dovuto sorridere e fare la madre felice quando sì, felice lo era, ma solo per Marie perché sapeva che vedere Penny con Sheldon l’avrebbe mandata in tilt.

Erano state settimane dure, spese a concentrarsi esclusivamente su sua figlia e a provare a recuperare il loro rapporto, sforzandosi di risultare gentile quando lei la invitava a cena a casa del padre e di conseguenza si ritrovava di fronte una Penny super felice che si stringeva a Sheldon.

Sapendo di essere quella in difetto e la causa dei suoi mali, non faceva altro che fare finta di nulla e ridere con Bernadette e gli altri, anche se qualche volta si era distratta a fissare il padre di sua figlia e aveva fatto cadere qualsiasi cosa avesse tra le mani, bicchiere di vino rosso incluso.

“Mamma, è tutto stupendo!”.

Amy si riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso Marie, così annuì e le si avvicinò, stringendola a sè.

“Sei bellissima” sussurrò, accarezzandole la schiena.

Indossava una tuta intera un po’ elegante verde visto che si era rifiutata di comprare un abito, con una collana color oro che lei le aveva regalato e addiruttura una piccola borsetta panna.

Era una “signorina” e lei era felice di vederla così cresciuta e sorridente.

“Anche tu! La diciannovenne qui sembri tu”.

“Tesoro, solo perché ti ho detto che mi hanno scambiato per una quarantenne non significa che tu debba tirarmi su il morale ogni volta” le ricordò, accarezzandole il viso e notando che indossava del mascara e un rossetto chiaro.

“Ma sono sincera! Sono felice di essermi chiarita con te, è il regalo più bello. Però... Non mi sembri del tutto felice e so il motivo” aggiunse, guardandola seriamente.

Paonazza, Amy scosse il capo. “Cosa? Ma io sono fel...”.

“Ho visto come guardi papà. Forse non lo sai, ma spesso ti incanti a fissarlo e sorridi. Sono felice, lui ti ama, devi solo dirglielo!” esclamò Marie, entusiasta, come se stesse parlando di una semplice equazione che si poteva risolvere in tre secondi. “Certo, c’è la questione di Penny, ma...”.

“Guarda, c’è la nonna” la distrasse Amy, facendo finta di nulla.

Indicò con il capo l’entrata e la fece voltare, riuscendo nel suo intento.

Mary Cooper fece il suo ingresso e abbracciò la nipote con calore, tanto da originare una morsa ferrea.

“Amore mio, come sei alta, sempre di più! Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!” esclamò, raggiante.

“Nonna, non per contraddirti, ma tuo figlio, ovvero mio padre, sfiora il metro e novanta ed avendo una madre nella media è logico che la mia statura sia maggiore del dovuto. E’ tutta scienza” la rimbeccò subito Marie, con la sua solita aria da “Scusami ma non sono io che lo decido” tipica di quando Dio entrava in discorsi scientifici.

“Infatti è il Signore che ha deciso di affidarti a loro! Certo, magari avrebbe potuto farlo un po’ più in là, ma ormai non fa nulla!”.

“Mary, giuro che volevo postecipare la cosa ma quando il Signore chiama non c’è nulla che si possa fare!” s’intromise sarcastica Amy, non riuscendo a resistere e abbracciando rapidamente la quasi ex suocera.

“Certo cara, la stessa cosa accade con gli ormoni impazziti di una quindicenne, ma cosa vogliamo farci!”.

“Veramente, nonna, penso tu volessi dire “ferormoni”, il discorso è diverso, sai, perché...”.

“Tesoro, ho capito, i tuoi genitori pagano fior di quattrini per farti andare in quel posto in cui ti insegnano tante cose belle e incomprensibili, ti credo, ma magari è gli altri che devi convincere” le ricordò sua nonna, sorridendo con accondiscendenza.

“Nonna, ma queste cose mica le so grazie ad Harvard! Le so dalle elementari...”.

L’arrivo di Sheldon e Penny pose fine al dibattito perché vedendoli Mary si pietrificò e si portò una mano sul cuore.

Penny, con un semplice abito nero, guardò la donna con un misto di ansia e paura ma si fece coraggio e prese un bel respiro, stringendo di più la mano di Sheldon, il quale, invece, non le badò affatto.

Se ne stava fermo e guardava Amy come se fosse una cosa preziosa mai vista prima, tanto che deglutì e sentì le mani sudate oltre che il battito accelerare.

Riconobbe la collana e la maledì per averla indossata, visto che ricordare la sera in cui gliela aveva regalata non lo aiutava a concentrarsi sul presente, quello in cui erano divisi e lui si vedeva con un’altra.

Amy ricambiò il suo sguardo e non si trattenne dal sorridere a sua volta, pensando che ogni volta che lo vedeva in un completo perdeva la cognizione del tempo e dello spazio.

Fu tutto confuso e frettoloso, Penny lasciò la mano di Sheldon e, visto che lui non diceva nulla, si auto presentò a Mary.

Sheldon fece qualche cenno, abbracciò la madre, poi di nuovo sua figlia e, infine, si ritrovò faccia a faccia con Amy.

“Ciao” disse, posandole un delicato bacio sulla guancia, sforzandosi di non pensare a quando, una ventina di giorni prima, si era ritrovato quasi a stretto contatto con lei contro la porta di casa sua.

Si soffermò qualche istante più del dovuto e, senza trattenersi, le poggiò una mano sul fianco prima di ritirarla e guardare altrove.

“Ragazzi, zio Howie è qui!”.

L’arrivo di Howard e Bernadette riuscì a smuovere un po’ le cose perché tutti finsero di animarsi e fare finta di nulla, così Marie si lasciò scappare una risata allegra e andò verso i suoi zii acquisiti preferiti.

Li abbracciò, poi, impaziente, chiese: “E questo fantomatico regalo?”.

“Eccolo!”.

Howard si spostò e mostrò un ragazzo alle sue spalle che sembrava decisamente intimidito, con dei capelli biondo cenere e gli occhiali con una montatura scura.

“Lui è Joseph! Tramite un sito di incontri ho creato un profilo per te e pare che Joseph sia compatibile, pensa che andrà al terzo anno ad Harvard!” spiegò l’uomo, mentre Joseph sorrideva imbarazzato.

“Giuro che credevo di star parlando con te, lui mi ha ingannato!” esclamò, alzando le mani.

“Cosa? Tu hai messo le foto di mia figlia su un sito e gli hai trovato un probabile partner? Ma stiamo scherzando?” urlò Sheldon, sconcertato, marciando verso l’amico. “Lei è una bambina, ha solo diciannove anni! Regalare un ragazzo come regalo è l’equivalente della schiavitù diffusa in America fino al diciannovesimo secolo!”.

“Ma se Amy ne aveva tre in meno quando ha partorito...”.

“E’ diverso, lei...”.

“Scusate, io sono qui solo per conoscere lei! Signor Cooper, lei è il mio mito, studio fisica teorica e ho sostenuto un intero esame sulle sue teorie!” lo interruppe Joseph, porgendo la mano a Sheldon con entusiasmo.

Marie lo guardò, scioccata e offesa.

“Cosa? Hai accettato per conoscere mio padre?!” esclamò, incrociando le braccia.

Joseph la guardò e scrollò le spalle. “Tu non sei affatto male, non fraintendermi, ma tuo padre è Sheldon Cooper!”.

“Ah, sei gay”.

“No! Voglio dire, se avessi l’opportunità di conoscerlo, cosa faresti?”.

“Marie, questo ragazzo mi piace, puoi uscirci” disse lusingato Sheldon, stringendo la mano di Joseph. “Sono a tua disposizione per qualsiasi domanda, ma, se vuoi andare d’accordo con me, sappi che hai già sbagliato una cosa” lo ammonì, guardingo.

“Cosa?” chiese impaurito Joseph, pensando che Sheldon potesse leggere nel pensiero e che sapesse in anteprima gli errori che aveva fatto nei suoi ultimi esercizi.

“Mia figlia è magnifica, non “Non affatto male”, intesi?” ribadì, puntandogli l’indice contro con fare minaccioso ma che risultò buffo.

Joseph indietreggiò e annuì, spaventato. “Fico, ho conosciuto lei e posso conoscere una ragazza vera! Questa è la mia serata fortunata!” esclamò, voltandosi verso Marie.

“Sei uno scemo” sentenziò quest’ultima, guardandolo male.

“Non lascerai che tua figlia esca sul serio con uno sconosciuto!” s’intromise Mary, guardando il ragazzo con aria scandalizzata.

“Ma, signora Cooper” le fece notare Howard, “Si chiamano Joseph e Marie e se non sbaglio lei è già grande fan di una coppia con questi nomi. Insieme potrebbero fare... Miracoli, no?”.

Scioccata, Mary rimase a bocca aperta mentre tutti ridevano come i matti, tranne il povero Joseph che non capiva il perché.

 

Circa un’ora e mezza dopo, la festa era entrata nel vivo visto che tutti ballavano e Marie e alcuni dei suoi coetanei – qualche ex compagno di liceo del club di chimica e Joseph – si dilettavano nei giochi escogitati da Penny, che si stava divertendo come una matta con l’aiuto di Leonard, ed era felice di essere un bell’esempio per quei giovani appassionati di scienza.

Howard e Bernadette ballavano, insieme ad altri colleghi dei genitori, mentre Mary ne approfittava per bere di nascosto un po’ di vino.

Amy guardò l’orologio e con un sorriso notò che indicava le nove e quaranta.

“Esattamente diciannove anni fa sentimmo per la prima volta il pianto di Marie” disse Sheldon, guardando a sua volta l’orologio e avvicinandosi.

Fu strano vedere che dopotutto lei indossava lo stesso orologio di sempre, sincronizzato con il suo.

“Sincronizziamo gli orologi” era uno dei loro modi per dirsi “ti amo”, “siamo sulla stessa lunghezza d’onda”, “sto vivendo gli stessi attimi tuoi e vivremo tutti gli altri insieme”, tuttavia senza risultare smielati.

“Esatto. Ogni anno è la stessa storia, alle nove e quaranta del dieci luglio mi sento scossa da un brivido, anche se non sto guardando l’orologio. Il solo pensarci mi fa... Commuovere” ammise, affrettandosi ad asciugarsi gli occhi umidi per l’emozione.

Sheldon sorrise e le porse un fazzoletto, che lei prese e avvicinò alla base dell’occhio.

“Guardala, guarda quanto è bella, vitale, intelligente...” sussurrò, commossa.

“Per non sapere quello che stavamo facendo, siamo stati bravi. Mi hai regalato la gioia di essere padre e non te ne sarò mai grato abbastanza” ammise Sheldon, distogliendo lo sguardo dalla figlia e soffermandolo su di lei, la quale abbozzò un sorriso e scrollò le spalle.

“Penny è giovane, magari tra qualche anno potrà farti riprovare questa gioia” disse, evasiva.

“Perché dici questo?”.

“Mi sembra una cosa seria, no? Altrimenti, quella sera, non ti saresti limitato a dirmi quelle cose nell’orecchio e mi avresti anche solo baciato” ragionò Amy, sostenendo il suo sguardo con tutta la forza che aveva.

Vedendo che lui non rispondeva, sospirò e aggiunse: “Però l’ho sognato. Quella sera e anche stanotte...”.

“Cosa?”.

“Che sceglievi me e... Facevamo l’amore. Sembrava così vero! Almeno nei sogni nessuno può dirmi nulla, vero?”.

Amy vide lo sguardo di Sheldon accendersi e si sentì afferrare per mano rapidamente.

Erano vicini all’uscita, così bastò poco per allontanarsi dal caos della festa e ritrovarsi vicino le scale, scendere i gradini rapidamente e ritrovarsi in un angolo abbastanza nascosto del quinto piano.

“Sheldon...”.

“Non devi dirmi queste cose, Amy, non devi” borbottò lui, respirando affannosamente.

“E perché? Che te ne frega, stai con lei, no? Non posso nemmeno sognare di averti per me? Ho sbagliato e mi merito di pagarne le conseguenze, ma non comando il mio cervello, anche se vorrei!” esclamò lei, seppur sussurrando in modo concitato. “Giorno e notte penso a te, a quello che eravamo, a ciò che ho distrutto e mi sento una cretina perché non ho capito che ti amerò per sempre!”.

Fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Sheldon deglutì, la guardò,provò a dire qualcosa, ma riuscì solo ad avvicinarsi a lei e poggiarle delicatamente una mano sul viso.

“Ora sai come mi hai fatto sentire” sentenziò, chiudendo gli occhi e appoggiando la fronte alla sua.

“Nessuno dovrebbe sentirsi così, specialmente chi amo” replicò lei, colpevole, chiudendo gli occhi a sua volta e poggiando le braccia sulle sue spalle.

Bastò un istante per guardarsi negli occhi e far ritrovare le loro labbra unite, stanche di cercarsi mediante sguardi rubati e desiderosi, in un bacio che sapeva di disperazione, solitudine, ma soprattuto amore represso per troppo tempo.

Prima timidamente, poi con più audacia, si ritrovarono persi l’uno contro l’altra, con i respiri che si fondevano e le bocche che cercavano disperatamente l’altro, baciandosi con passione e una foga che non eguagliavano da anni.

Sembrava tutto come la prima volta, emozionante, eccitante, tanto che Amy strinse il bordo della giacca di Sheldon per sopprimere un gemito quando lui si ritrovò a lasciarle piccoli ma intensi baci sul collo.

“Andiamo giù...” borbottò lui, prendendola per mano, sentendo di aver ormai toccato il punto di non ritorno.

Non riusciva a pensare ad altro che a lei, al suo profumo, alla gioia di averla baciata di nuovo, come se non se ne fosse mai andata.

Pochi passi più in là la festa continuava, ignara, tra risate e musica spensierata, mentre qualcuno, allibito, aveva assistito alla scena dall’alto della rampa di scale.

 

 

*°*°*°*

Ma saaaalve! Oggi mi tocca anticiparmi perché domani sono fuori tutta la giornata, spero vi faccia piacere :D

Alloooora... I “Momenti familiari” continuano, sì, ma ci sono anche momenti singoli tra Sheldon e quella che dovrebbe essere la sua quasi ex moglie.

Lei gli ha fatto capire che i suoi sentimenti sono lì e lui, sentendosi preso in giro, frustrato, arrabbiato per i tre anni persi a darsi colpe, decide di continuare la sua storia con Penny.

Tre settimane dopo, alla festa di Marie, però cede. Cosa succederà? Andranno fino in fondo? Sheldon tradirà Penny o si fermerà? Chi ha assistito alla scena?

Inoltre, conosciamo Joseph! Era lui la new entry di cui vi parlavo :D

Ho fatto in modo che Marie lo conoscesse nello stesso modo in cui Sheldon ed Amy si sono conosciuti nella realtà, grazie ad Howard (senza Raj purtroppo) e ad un sito di incontri.

Menzione d’onore a Mary che adoro e spero vi abbia strappato qualche sorriso :D

Che dire, siamo alle battute finali, penso che la storia avrà 11 massimo 12 capitoli, ora sto finendo il nove J

Come sempre vi lascio qualche spoiler:

 

“Non ho sonno. I colpevoli non possono dormire perché hanno la coscienza sporca, sai?” disse, sospirando pesantemente.

 

 

Avvertì alcuni movimenti, seguiti subito da un: “Buongiorno  un corno, coglione che non sei altro!”.

 

 

A mercoledì prossimo :D

Milly.

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Capitolo 8
*** Sei Sempre Stata Mia ***


8

Capitolo 8


Sei Sempre Stata Mia

Io son sempre stato tuo 
che anche quando non c'eri 
ti avevo nei pensieri.
Tu sei sempre stata mia 

che quando ti ho incontrata 
ho subito capito che 
noi, immensamente noi 

condividiamo tutto sai,
anche questa nostra gioia strana 
che stranamente noi 
ci fa stare insieme 
come quando il giorno ci allontana, 
ma ti sento vicina  dalla notte prima...

[Gianluca Grignani, "Sei Sempre Stata Mia"]

 

Sheldon ed Amy si ritrovarono a scendere due rampe di scale incollati, senza staccarsi e smettere di sfiorarsi, toccarsi, baciarsi con furia.

Per loro fortuna l’appartamento non era chiuso a chiave, così, quando si ritrovarono contro la porta dell’appartamento, a Sheldon bastò girare la maniglia per entrare.

L’uomo si separò da Amy solo per qualche istante per richiudere la porta a chiave e quando si girò la vide di spalle.

Senza pensarci su nemmeno un istante visto che ormai era l’isitnto a guidarlo, le posò un bacio sul collo, sapendo quanto le piacesse, e tirò la zip del vestito che prontamente cadde per terra, all’altezza dei piedi.

Amy scavalcò il vestito, sorridendo, mostrandosi in intimo dopo anni e Sheldon notò i cambiamenti del suo corpo, decisamente più tonico.

Tornò a baciarla mentre avvertiva la giacca allontanarsi dal suo corpo e andare chissà dove,  mentre Amy lottava con la cravatta per toglierla, salvo poi slacciare con furia i bottoni.

Sembrava tutto diverso, nuovo, come un film visto tante volte da bambini ma che si comprende per bene solo anni dopo, con la consapevolezza di un adulto.

In tanti anni di relazione l’intimità era sempre stata vissuta in modo programmato – appena Marie si addormentava o quando era a scuola – mentre comportarsi così era alquanto nuovo ed eccitante per entrambi.

Sentivano di volersi sul serio, desiderosi dopo tanto tempo, sinceri più che mai, come non mai.

Fu questione di poco tempo prima che si ritrovassero stretti sul divano, senza alcun vestito che li separasse, abbracciati, uniti da una passione sfrenata che li unì per qualche minuto, intensamente.

Le loro mani intrecciate come i corpi, i respiri fusi, i corpi sudati, baci roventi che se avessero potuto avrebbero marchiato a fuoco l’altro.

Baciarsi era la soluzione migliore per rendere quell’unione totale e sopprimere i gemiti di piacere di entrambi, coinvolti a tal punto da sentirsi improvvisamente vuoti e spaesati quando si separarono.

Amy ribaltò le posizioni e si ritrovò su Sheldon, appoggiandosi sul suo petto per farsi accarezzare i capelli, cosa che lui fece all’istante, come se non avesse mai smesso di farlo in quegli anni.

Intrecciò di nuovo la mano alla sua e le poggiò un bacio sulla fronte, ancora senza fiato per quei momenti di gloriosa passione che attendeva da settimane.

“Quanto mi sei mancato...” sussurrò, trattenendo a stento le lacrime perché era già tutto finito ma avrebbe preferito non staccarsi più da lui.

Era così assurdamente bello sentire la pelle nuda di Sheldon a contatto con la sua, inebriarsi nel profumo del suo dopobarba, sentire le sue carezze delicate ma allo stesso tempo decise.

“Per rispondere alla tua domanda di qualche settimana fa, io ti amo ancora, non ho mai smesso” rivelò lui, lentamente, come per farle assaporare ogni sillaba.

Vide Amy alzare lo sguardo e ritrovarsi faccia a faccia con lui, sorridente, seppur un po’ buffa con i capelli sconvolti e il trucco sbavato.

“Anche io” sussurrò, baciandolo.

Sorrise sulle sue labbra quando avvertì la mano di Sheldon accarezzare il suo corpo nudo, poi però scosse il capo e malvolentieri si alzò, passandogli i boxer.

“Dobbiamo tornare su” gli ricordò, recuperando le mutandine e il reggiseno.

Sheldon non disse nulla, indossò la biancheria poi, vedendola in difficoltà con il reggiseno, la fermò e glielo abbottonò come ai vecchi tempi.

Non riuscendo a resistere, si soffermò a lasciargli un bacio sulla spalla, poi un po’ più su, finchè Amy si voltò per baciarlo e... Si bloccò, sgranando gli occhi e trattenendo il fiato.

A pochi passi da loro c’erano Penny e Marie, ferme sulla porta, la prima pietrificata, la seconda confusa.

Quando erano entrate? Come erano entrate? Da quanto erano lì?

Vedendo quel gesto Sheldon si voltò senza capire per poi pietrificarsi a sua volta, salvo poi correre in direzione dei pantaloni e infilarli.

“Perché ti vesti? Forse non lo sai ma ufficialmente sono io la tua ragazza e so cosa c’è lì sotto!” urlò una Penny imbestialita, scagliandogli addosso le chiavi che aveva usato per entrare che le aveva dato Marie.

“Eravamo venute per del vino extra e troviamo questo bello spettacolino! Come... Io non ci credo! Non ci credo! Sei un pezzo di merda e tu sei una battona che tratta male gli uomini e li riconquista in un battito di ciglia!” continuò ad urlare, tanto da avvicinarsi a un vaso, prenderlo e gettarlo per terra per la frustazione.

“Penny, ti posso spiegare, io...”.

“Cosa, Sheldon, cosa? Che in occasione del compleanno di vostra figlia avete deciso di procrearne un’altra?” lo beffeggiò, ironica.

Incredula, con le mani sulla bocca per lo stupore, Marie preferì uscire, alquanto scioccata da ciò che aveva appena visto, correndo fuori al pianerottolo e appoggiandosi contro la parete, respirando affannosamente.

Penny urlava, Sheldon provava a dire qualcosa, Amy diceva qualcosa a tratti, mentre Marie pensava a ciò che aveva visto.

Era inesperta, sì, ma non scema, aveva capito perfettamente cosa fosse successo tra i suoi genitori e non sapeva cosa pensarne al riguardo.

“Ehi ma che succede?”.

Una voce la distolse dai suoi pensieri, alzò lo sguardo e vide che Joseph la guardava senza capire, salvo poi coprirsi le orecchie per le urla.

“Un casino. Voglio prendere un po’ d’aria, mi accompagni?” chiese, avvicinandosi verso le scale.

“Certo. Ehi, ma quello è il Dottor Cooper a torso nudo, cosa...?”.

Marie non disse nulla ma lo tirò per il braccio, trascinandolo verso l’uscita del condominio, alquanto incredula e provata da quella situazione.

 

 

Seduto su uno degli sgabelli della cucina, Sheldon si guardava le mani, pensieroso.

Sapeva che Penny fosse a casa di Bernadette, mentre Amy era lì che lo guardava in silenzio, scossa dal turbine di avvenimenti e sentendosi in colpa visto che la sua felicità aveva distrutto quella di un’altra donna.

“Io non tradirei mai una donna! Come faccio a dirle che in quel momento non mi sentivo nemmeno in colpa? E’ come se l’avessi rimossa!” esclamò Sheldon, battendo un pugno sul tavolo. “Ho una memoria eidetica e ho dimenticato...!”.

“Senti, ti lascio da solo” lo interruppe Amy, alzandosi di scatto.

Avevano liquidato gli invitati poco dopo la mezzanotte dicendo che lei non si era sentita bene ed era provata da ciò che era successo anche se continuava a rivivere quei momenti felici e magici nella sua mente.

“Amy, per favore” la bloccò lui, prendendola per mano dopo essersi alzato. “Devi scusarmi ma sapevi di me e Penny e devi darmi un po’ di tempo per spiegarle tutto”.

Lei si lasciò scappare un sospiro e poi strinse di più la sua mano, accarezzandola dolcemente.

“Io... Voglio dire, spetta a te scegliere e decidere ma... Sono qui, pronta a lottare per noi. In queste settimane ho capito quanto ti abbia fatto soffrire anche se quello che ho fatto io è stato mille volte peggio, le tre settimane trascorse così non sono nulla in confronto ai tuoi tre anni e... Scusami, il solo pensiero, il pensarti solo, abbandonato da me, solo con Marie, io... Scusami, se accetterai di tornare con me non oserò più ferirti, davvero!” esclamò, finendo con lo scoppiare in lacrime, scossa dal solo ricordo.

Sheldon non riuscì a vederla così e la strinse a sè dolcemente, accarezzandole i capelli con calma.

“Se è servito a vivere la magia di poco fa, beh, ne è valsa la pena. E poi ora ti tengo in pugno, Amy Farrah Fowler”.

“Amy Farrah Fowler Cooper, se vorrai” ribattè lei, alzando il capo, lo sguardo intriso di sentimenti e affetto.

Fu una sensazione strana trovarsi così, stretti, carichi di promesse già fatte ma stranamente ancora più pregne di significato.

Amy pensò che se non avessero affrettato tutto, sarebbe stato così che lui magari le avrebbe chiesto di sposarla, dopo aver compreso quanto fosse stato duro stare lontani.

Vedere Sheldon aprirsi in un sorriso speranzoso e annuire fu bellissimo, ma riuscì a resistere all’impulso di baciarlo perché sapeva di non essere ancora del tutto sua, quindi si avviò verso la porta senza dire altro se non: “Stasera Marie sta con me, così puoi pensare in pace. Vado a cercarla, pare sia con quel Joseph”.

“Ok, e assicurati di fare una lavata di capo a quel tizio se lo vedi!”.

Amy rise di gusto e alzò gli occhi al cielo mentre prendeva la sua borsa.

“Joseph è un tipo a posto, si vede”.

“Anche io lo sono eppure ciò non mi ha impedito di ingravidarti, ricordi?!”.

Se possibile, Amy rise ancora più forte: lo Sheldon geloso era formidabile e lo aveva quasi dimenticato in quegli anni.

Aveva tanto da farsi perdonare, decisamente.

 

 

“Alla fine ogni famiglia è incasinata, Marie. I miei sono divorziati e la compagna di papà aspetta un bambino, sai? Avrò un fratellastro! Le mie maestre saranno felici visto che dicevano sempre a mamma che ero un bambino che aveva bisogno di compagnia” raccontò Joseph, seduto di fronte a Marie.

Erano in un bar, davanti a due Dottor Pepper, da almeno due ore visto che Marie gli aveva chiesto di allontanarsi da casa sua.

“Non avevi amici?” chiese la neo diciannovenne, decisa a distrarsi dal caos familiare.

Joseph si lasciò scappare una risata amara e fece un cenno di dinego con il capo.

“Mi hai visto? Sono sempre stato così, il secchione della classe a cui i bulli facevano i dispetti. Tu non puoi capire” aggiunse, agitando la mano.

Colpita, Marie lo fissò, incredula come non mai.

“Scusami?”.

“Ma sì, tu sei... Beh, insomma, prima ho fatto il finto disinvolto perché volevo conoscere tuo padre ma anche perché, sai, sapevo che una carina come te non mi avrebbe mai degnato di uno sguardo” si giustificò, torturandosi l’orlo della giacca con aria nervosa e aggiustandosi gli occhiali sul naso.

Marie sgranò gli occhi, sicura di aver sentito male. Carina? Lei? A detta di un ragazzo per di più sobrio?

“Mi prendi in giro?” chiese, arrossendo senza riuscire a trattenersi.

Imbarazzato, Joseph si passò una mano tra i capelli. “No, sei davvero carina e... Quando mi hai contattato, cioè, quando Howard ha usato il tuo profilo credevo fosse una bufala, di solito su quel sito le belle ragazze che mi danno retta rivelano certe... Sorprese, ecco”.

“Nessun ragazzo me lo aveva mai detto” ammise la ragazza, adulata. “E anche io non ho tanti amici, specialmente ora che vado ad Harvard. I pochi amici del liceo vanno in altri posti”.

“Ci sono io ad Harvard” le ricordò Joseph. “Potremmo studiare insieme anche se, francamente... Chimica, dai! E’ da sfigati!”.

“Che cosa? Voi fisici! Credete di essere i padroni del mondo...”.

“Beh, lo siamo...”.

“Cosa? Ti ricordo che la chimica studia i processi che... Oh, mamma!” sbuffò Marie, vedendo il cellulare vibrare sul tavolo, leggendo il nome sul display. “Dimmi” aggiunse, rispondendo. “Va bene. Ok. Saluto Joseph e vengo, sono al bar all’angolo del condominio. Ok, ciao”.

Staccò la chiamata e guardò il ragazzo di fronte.

“Sei stato fortunato che mi abbia chiamato mia madre e che ora debba andare, altrimenti ti saresti beccato un discorsone in stile Cooper che ti avrebbe messo k.o.” disse, seria più che mai.

Joseph, suo malgrado, sorrise e annuì.

“Puoi lasciarmi il tuo numero? Potremmo tenerci in contatto, così potrai farmi lo stesso il discorsone” domandò, tuttavia imbarazzato e rosso in zona orecchie.

Marie era sorpresa e lusingata, non le era mai stato chiesto il numero, così annuì, non riuscendo a celare un piccolo sorrisino.

“Ok, ma te lo dirò a voce e ti toccherà ricordarlo, così vediamo quanto funziona la tua memoria da fisico teorico! 02 345 67 890” disse, ma nemmeno troppo velocemente perché una parte di sè voleva sul serio ricevere un messaggio.

Sorrise nel vederlo indaffarato con il cellulare mentre ripeteva i numeri a memoria così disse “Ciao” e uscì dal bar, salvo poi trovarsi un messaggio trenta secondi dopo.

 

Ti prego, dimmi che sei Marie altrimenti giuro che corro fuori tanto ti vedo ancora!

 

Ridendo, si voltò e lo vide dalla finestra del bar, speranzoso. Annuì e lo salutò con la mano, così lui ricambiò con slancio e fin troppo entusiasmo.

Una piccola parte di lei iniziava a pensare che quell’anno il regalo di zio Howard fosse stato il migliore.

 

 

 

Sheldon era seduto sul divano, immobile, nonostante fossero le tre passate del mattino. A tratti il suo volto scattava verso il divano, ricordava ciò che era successo poco prima e poi scuoteva il capo per provare a capire se tutto ciò fosse vero o meno.

Il settanta per cento del suo cervello era occupato dal ricordo inebriante di ciò che era successo con Amy, il restante trenta per cento lo faceva sentire maledettamente in colpa per ciò che aveva fatto.

Non era giusto! Penny era stata così gentile con lui, lo aveva sempre assecondato, aveva rallegrato le sue giornate, e lui l’aveva ripagato così, gli erano bastati pochi minuti da solo con Amy per far riaccendere ciò che non credeva potesse succedere ancora.

“Sheldon, dovresti dormire”.

Sussultò nel vedere la figura di Leonard di fronte a lui, poi deglutì e scosse il capo.

“Non ho sonno. I colpevoli non possono dormire perché hanno la coscienza sporca, sai?” disse, sospirando pesantemente. “Tu dovresti goderti il sonno dall’alto del tuo essere a posto con la coscienza” aggiunse.

Leonard esitò un istante, poi lo guardò e prese posto sulla poltrona di fronte al divano.

“Nemmeno io ce l’ho pulita” mormorò, abbassando la testa, come se si stesse vergognando di qualcosa.

“Che intendi?”.

Nervoso, Leonard si passò una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più, e poi si torturò le mani per qualche istante.

“Senza volerlo ti ho visto mentre baciavi Amy, dalle scale. Io...”.

Sheldon lo guardava sul serio senza capire, senza riuscire a fare due più due.

“Il tuo sguardo mi fa capire che sul serio non ti sei accorto di nulla” continuò il coinquilino, portandosi una mano alla fronte, esasperato.

“Leonard, per favore, le cose sono già difficili senza il tuo nonsense. Abbi pietà di un traditore, per quanto sia possibile, e falla breve” sbottò.

“Sheldon, a me piace Penny da quando l’ho vista! Sapere che ci esci tu mi ha spezzato il cuore e quando ho visto che la tradivi... Ci ho impiegato un po’ a decidermi prima di chiederle di prendere qualcosa nel nostro appartamento e darle le chiave. Io la volevo, tu l’avevi tutta per te e l’hai tradita!” sbottò Leonard, incredulo e animato come non mai, battendo un pugno sulla gamba con aria frustrata.

Si aspettava una chissà quale reazione, che invece non arrivò, anzi, Sheldon lo guardò senza alcuno scatto d’odio.

“Penny è attraente, intelligente... Ma ha iniziato tutto lei, l’ho assecondata perché era bello non essere più solo. Ho provato a stare con lei quando Amy mi ha fatto capire di amarmi ancora ma... Mi hai visto, sono uno stupido che non ha il coraggio di fare una scelta” disse lentamente, appoggiando la mano al capo, pensieroso.

“Io penso tu l’abbia fatta la tua scelta, circa venti anni fa. E non lo dico per farti mollare Penny, tanto comunque lei non baderebbe a me” disse Leonard.

“Sì, ovvio che già so che sia finita tra noi ma... E se Amy mi ha rivoluto con sè per gelosia e ora che sono di nuovo disponibile non mi calcola più? Se torniamo a litigare? Se è infelice di nuovo?” sbottò, in preda a mille dubbi. “Non illuderei Marie che sia tutto ok, non se lo merita”.

“Penso abbia sofferto abbastanza nel vederti con Penny ed essere stata ignorata dopo averti detto i suoi sentimenti” ragionò l’amico. “Magari parlatene prima e chiaritevi”.

Sheldon annuì, passandosi una mano sugli occhi stanchi e massaggiandoli.

“E bravo Leonard, hai colto il momento giusto e ci hai fatto mollare. Sei il degno erede di Batman, salvi le donzelle dai tradimenti” disse poi, tra l’ironico e l’incredulo, autocommiserandosi.

“Scusa, io...”.

“No, sono io quello che dovrebbe scusarsi. Avrei dovuto capire il tuo interesse e non invitarla a cena dopo che mi ha baciato, inoltre avrei dovuto rispettarla e... Non dimenticarla. E’ grave, io, con la mia memoria eidetica, ho dimenticato di averere una ragazza quando ho detto ad Amy di seguirmi!” sbottò Sheldon, frustrato. “Sono pazzo? Idiota?”.

Leonard lo guardò e, con semplicità, espresse il suo parere.

“No. Ami solo una donna, tutto qui. Non ti giudico” disse, sorridendogli in modo da incoraggiarlo.

 

 

“Lui... Era lì, alla festa, dove c’ero anche io e... Ne ha approfittato per farsi la sua ex moglie, che a questo dubito sia ancora la sua ex!” urlò Penny, quasi lanciando in aria la ciotola con il latte.

Aveva dormito nella stanza degli ospiti, con Bernadette che le accarezzava i capelli e le diceva di non preoccuparsi, e quando si era svegliata la verità le era crollata di nuovo addosso.

Lei che apriva la porta, Sheldon ed Amy seminudi, lei che urlava...

“Penny, so che stai male ma dovete chiarirvi” mormorò l’amica, mimandole di fare cautela e non rompere il servizio buono di porcellana.

“E a cosa servirebbe? Io credevo di essere speciale per lui! E invece... Quella scema di sua figlia mi aveva anche fatto la morale, chiedendomi di non far soffrire suo padre! Spoiler alert, cara, qui la carogna è tuo padre!” urlò, non resistendo e gettando per l’aria un piattino di porcellana che conteneva dei biscotti.

Bernadette sussultò – era un regalo di nozze della sua nonna preferita, ormai defunta! – e Penny la guardò con aria di scuse, tappandosi la mano con la bocca.

“Scusa, scusa, te lo rimborserò” si affrettò a dire, alzandosi di scatto e prendendo un bel respiro. “Non è giusto stare qui a sfogare la mia rabbia contro il tuo servizio buono, devo usare le mie forze contro colui che ha causato tutto questo. Corro a vestirmi, sì” disse, correndo verso la stanza che l’aveva ospitata e quasi travolgendo Howard, il quale aveva commesso l’orribile sbaglio di ritrovarsi sul suo cammino mentre entrava nella stanza.

“Ma che le prende?” sussurrò, massaggiandosi il braccio che aveva urtato contro la ragazza.

Bernadette scosse il capo, sospirando.

“Sheldon combina casini e noi dobbiamo prendercene cura. Prima Marie, poi Penny... Ma sarei felice se tornasse con Amy” disse, sussurrando in maniera impercettibile dopo l’ultima frase.

“Io no. Voglio dire, Sheldon è disgraziato, il cielo lo premia con una come Penny e...”.

“Che signfica una come Penny?” sbottò la moglie, guardandolo, infuriata.

“Eh? Niente, niente, vuol dire che... Hai ragione, devono tornare insieme, sì”.

“Grazie per dare ragione a me, Howard, tu sì che capisci” mormorò una Penny con indosso solo gli slip e una maglietta, intenta nel camminare per casa con il dito in bocca usato a mò di spazzolino. “Scusate ma sono abituata a camminare mentre lavo i denti” aggiunse, la voce modificata dalla presenza di un intruso nella cavità orale.

“Sì ma ora infila dei pantaloni, cara” disse Bernadette, falsamente dolce.

Penny annuì e tolse il disturbo, mentre Howard si fingeva falsamente disinvolto e guardava altrove.

“So che stai pensando a quanto sia stato cretino Sheldon a tradirla” sbottò invece la moglie, gettandogli addosso un biscotto con grande disprezzo e ignorando le sue urla di protesta.

 

 

Marie e Amy, una volta arrivate a casa, si erano cambiate ed erano corse a letto, senza dire nulla, sopraffatte com’erano da tutti i recenti avvenimenti.

Non avevano discusso di nulla, imbarazzate al solo pensiero, mentre le loro menti avevano vagato in lungo e in largo per distrarsi.

Marie aveva immaginato la famiglia riunita e di incontrare di nuovo Joseph, Amy non aveva fatto altro che pensare al prossimo compleanno della famiglia, il suo, momento in cui avrebbe voluto essere in compagnia di sua figlia e suo marito dopo tre anni...

“Senti, sono la prima imbarazzata, ma devi dirmelo”.

La prima a rompere il silenzio fu proprio Marie, la mattina dopo, a colazione.

Amy si bloccò nell’atto di prendere i cereali e volse la sua attenzione verso sua figlia, tra l’intimidito e il pauroso.

“Sì, tesoro? Cosa?” chiese, deglutendo.

“Tu e papà ieri avete avuto un coito, giusto?”.

Amy arrossì di colpo e strizzò gli occhi, imbarazzata. Grazie alla passione di Marie per la scienza aveva evitato il discorso sul sesso, si era limitata a parlarle del ciclo, non dal punto di vista teorico – la bambina sapeva già tutto a partire dai sette anni – bensì dal punto di vista pratico, spiegandole dove trovare gli assorbenti in caso di improvvisa necessità e di farsi una bella camomilla al finocchio per provare a contrastare i dolori.

Questa volta, purtroppo, la vita voleva farle scontare tutto.

“Ehm, sì, Marie. Ma scusami, sono cose nostre, non ti...”.

“Mi interessano eccome visto che una cosa del genere avrà delle implicazioni e delle conseguenze nella nostra famiglia! Insomma, non potevate contenervi e parlarne, chiarire con Penny...?” sbottò Marie, alterata. “Io vi voglio insieme, davvero, ma sul serio quando vi ci mettete siete peggio di due adolescenti! Spero per te che tu sia sincera e che lo voglia ancora, e che non fosse una sorta di sfizio dovuto al suo essere impegnato” l’ammonì, puntandole contro un toast con la marmellata.

Intimidita, in un modo che la rendeva buffissima, Amy annuì a raffica, scuotendo il capo senza fermarsi.

“Ma certo! Marie, scusaci, ti abbiamo rovinato la festa ma è stato lui a dirmi di seguirlo e a baciarmi, davvero! Amo tuo padre e anche se non sembra, in fondo, non ho mai smesso. Se vuoi ti dò tutte le registrazioni della mia analista, così capirai tutto” la scongiurò la madre, supplicante come non mai.

“Buona idea, sì, voglio sentire tutte le sedute...”.

Amy non sgranò gli occhi e poi li alzò al cielo, per nulla stupita: non c’era nulla da fare, Marie era la degna figlia di suo padre, l’uomo che, tuttavia, amava alla follia.

L’interrogatorio sarebbe durato oltre se la ragazza non avesse ricevuto un messaggio da un mittente speciale, il cui solo leggere il nome le fece perdere un battito.

 

Buongiorno Marie! Ti sto pensando da ieri. Ti va se ci vediamo domani?

 

Marie sorrise, poi alzò lo sguardo verso sua madre, pensando che forse, crescendo, esperienza dopo esperienza, avrebbe capito le sue ragioni.

 

 

 

Sentire i passi di Penny, avvicinarsi alla porta, vederla dallo spioncino mentre litigava contro la borsa per prendere le chiavi, fecero sentire Sheldon ancora peggio per tutto ciò che aveva fatto.

Dopo ore ed ore di meditazione aveva compreso di averla illusa, trattata bene decisamente poco visto che nelle ultime tre settimane era diventata una sorta di valvola di sfogo per non pensare ad Amy e alle sue parole.

Varie volte era andato a letto con lei pensando alla madre di sua figlia e ciò lo faceva sentire malissimo, con la coscienza in mille pezzi.

Senza esitare ancora, così, prese un lungo respiro e aprì la porta, ritrovandosi a pochi passi da lei.

Non osò uscire del tutto dall’appartamento – temeva molto la crisi isterica che probabilmente avrebbe avuto luogo da lì a poco – e si limitò a dire: “Buongiorno, Penny”, con lo sguardo basso e l’aria colpevole.

Avvertì alcuni movimenti, seguiti subito da un: “Buongiorno  un corno, coglione che non sei altro!”.

Contro la sua volontà alzò lo sguardo e vide Penny imbestialita, più della sera prima, se possibile.

I capelli arrufati erano legati in una crocchia scomposta, il top e i pantaloni che indossava le andavano cortissimi, forse perché appartenevano a Bernadette.

Aveva le occhiaie e gli occhi gonfi di pianto, l’aria distrutta, le labbra screpolate e livide.

Come poteva aver fatto una cosa simile ad una donna che si era presa cura di lui e l’aveva fatto sentire speciale quando il suo mondo stava andando in frantumi?

“Penny, so che non servirà a nulla” iniziò, cauto e porgendosi le mani avanti.”Ma volevo scusarmi e, se possibile, giustificarmi. Ieri ti ho tradito, sì. Amy, tre settimane fa, mi ha detto di amarmi ancora e io l’ho ignorata, ma ho capito che alla fine i miei sentimenti per lei sono ancora lì. Dobbiamo ancora chiarire tante cose e non so cosa accadrà ma ovviamente non mi sembra giusto prenderti in giro” mormorò, scegliendo le parole con cura nonostante non fosse lucidissimo.

“Ah”.

Penny lo guardò con astio e gli si avvicinò, marciando in un modo da far invidia ai migliori marines.

“E dirmelo subito, no, eh? Dirmelo prima di far diventare le tue azioni un tradimento?” urlò, rossissima in volto.

“Il problema” replicò Sheldon, colpevole come non mai, “E’ che quando ieri io e lei stavamo parlando della nascita di Marie, io... Non lo so come dirtelo, ma... Suona orribile, ma l’ho baciata come se fossi libero, non ho pensato un istante a te, al fatto di essere imp...”.

Sheldon non continuò perché aveva appena ricevuto un sonoro schiaffo misto ad uno spintone che lo aveva fatto cozzare contro la porta.

Quando riaprì gli occhi, con la guancia dolorante, Penny era in lacrime, scossa da mille singhiozzi che facevano alzare e abbassare ritmicamente la sua gabbia toracica in maniera inquietante.

“Questa te la potevi risparmiare! Ecco quanto valevo per te, così tanto che hai accidentalmente dimenticato di essere impegnato! Ma sai che ti dico? Avrai quello che ti meriti, lei ti mollerà di nuovo dopo che si sarà scocciata della tua monotona vita, che a me andava bene, perché sono una scema! Abbiamo chiuso! E’ inutile dirlo ma sai com’è, te lo ripeto nel caso te lo dimenticassi!” lo scimmiottò, ridendo in una maniera grottesca che faceva decisamente paura.

“Penny, mi dispiace, io non ti merito e...”.

“Puoi dirlo forte, idiota. Non mi meriti, mi sa che non mi merita nessuno! Sei un coglione che finge di essere il solito bravo ragazzo e poi pugnali una scema come me alle spalle, durante una festa, nel più squallido dei modi. Spero ti abbia mischiato l’HIV con tutti i tizi con cui è stata dopo che ti ha mollato!”.

Detto ciò, Penny tornò a lottare contro la porta e alla fine riuscì ad aprirla, sbattendola con fin troppa furia e lasciandolo immobile, colpito dal corso degli eventi.

Se l’era meritato, decisamente.

Ora doveva solo decidere cosa fare con la sua famiglia, sperando di sopravvivere ai sensi di colpa.

 

*°*°*°*°

Aloha! Ormai aggiorno sempre il martedì, ma meglio prima che dopo, no? xD

Stamattina hanno chiuso le sedi dell’università e stando a casa ho pensato di editare ed aggiornare :D

Coooomunque... Sì, alla fine Sheldon ed Amy non si sono limitati al bacio ma sono andati fino in fondo, avendo modo di capire com’è stare insieme ora, dopo essere stati lontani per anni.

Farli fermare e ragionare non avrebbe avuto senso, alla fine saranno sempre legati l’uno all’altra, in un modo seppur complesso e difficile non hanno mai smesso di amarsi, tanto che in quel momento lui non pensa nemmeno di star tradendo Penny.

Lo “spione” xD era Leonard, che non sopportando di vedere la ragazza tradita quando lui avrebbe pagato oro per averla al suo fianco, la fa andare nel luogo del misfatto con una scusa.

Marie e Joseph... Che ne dite? Nel prossimo capitolo continueranno ad esserci, ovviamente.

Ah, poi volevo dirvi che Raj è momentaneamente assente ma lo inserirò di nuovo, promesso!

Ora sto scrivendo il decimo capitolo e penso che arriveremo massimo a 12 :D

Come sempre, vi lascio qualche anticipazione (preparatevi perché siamo nella parte finale e ci saranno vari "casini"):

 

Sheldon trattenne il respiro e la guardò come se avesse detto una cosa oltraggiosa.

“Al cinema? Ma ti rendi conto? Mandi nostra figlia appena diciannovenne al cinema con un ragazzo?!”.

 

“Papà, no, forse è un caso! Provo a chiamarla io, fammi sciacquare il viso che fa un caldo assurdo e risolviamo la cosa” disse, correndo verso il bagno, più che altro per nascondersi e non mostrare la sua faccia preoccupata.

 

Grazie a chi continua a seguire la storia <3

A Martedì/ Mercoledi xD

 

Milly.

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Capitolo 9
*** Il Cerchio Della Vita ***


9

Capitolo 9

Il Cerchio Della Vita

 

 

Poi un soffio di vento ti sfiora 
E il calore che senti sarà 
La forza di cui hai bisogno. 
Se vuoi resterà forte dentro di te. 
Devi solo sentirti al sicuro, 
C'è qualcuno che è sempre con noi. 
Alza gli occhi e se vuoi 
tu vederlo potrai 
e i perché svaniranno nel blu. 

E' una giostra che va questa vita che 
Gira insieme a noi e non si ferma mai 
E ogni vita lo sa che rinascerà 
In un fiore che vita sarà. 

 

Sheldon firmò alla fine del foglio, lo piegò e lo inserì su una busta, sul cui retro scrisse “Per Penny. Mi dispiace. Sheldon” per poi sigillare il tutto e chiudere il tappo della penna.

Leonard si avvicinò al frigo per prendere una bottiglina d’acqua e notò il tutto, leggendo il destinatario.

“Una lettera per Penny...?” domandò, incredulo. “E io che credevo che stessi facendo i calcoli riguardo quell’idea di cui ti ho parlato sui fasci di luce!”.

Sheldon lo guardò, riservandogli uno sguardo di disprezzo, per poi scuotere il capo con disapprovazione.

“E secondo te ci avrei impiegato quarantacinque minuti? Li ho fatti stamattina a colazione, ci ho impiegato tre minuti e dodici secondi. La busta per te è sulla scrivania e lo avresti notato se avessi lavorato, pigrone!” esclamò, indicando l’oggetto con l’indice.

Il coinquilino sbuffò, guardandolo male.

“Scusami se è quasi il venti luglio e preferisco godermi un po’ di riposo” sbottò. “Comunque, perché la lettera? Sei stufo di mandarmi a fare la spia per non incrociare la tua ex? Finalmente!”.

“Non essere sciocco, dovrai farlo ancora, solo che Marie mi ha dato un’idea. Sai che quella ragazza è geniale ma ultimamente lo è di più, l’amicizia con quel Joseph di Harvard le fa bene. Ha proposto Orgoglio e Pregiudizio come romanzo da leggere e criticare il giovedì sera, con grande disappunto di Amy che lo adora, e mi ha fatto notare che se Darcy è riuscito a riscattarsi con una lettera, chiunque può farlo. Quindi, ecco qui, quattro pagine di semplice onestà in puro stile Cooper. Sono passati nove giorni, magari la rabbia è di meno e potrà comprendermi un po’ di più” spiegò il fisico teorico.

“E affrontarla? Faccia a faccia?” propose Leonard, con aria di ovvietà.

“Sono un fisico Leonard, non un gladiatore!” ribadì Sheldon, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo. “Vado a consegnarla, guardami le spalle!” impose poi, avvicinandosi verso l’uscio.

“Cosa intendi con “consegnarla”, Sheldon?” indagò il fisico sperimentale, seguendolo, non tanto per assecondarlo ma per curiosità.

“Metterla sotto la sua porta, no?”.

“Sheldon, abbi almeno la decenza di consegnarla faccia a faccia come ha fatto Darcy!”.

Sheldon si voltò di scatto e lo guardò con interesse, lasciando presagire qualche futura presa in giro dal suo sguardo.

“Hai letto il libro, signorinella?”.

“Lo hai fatto anche tu!”.

“Sì, ma per prenderlo in giro con mia figlia e Joseph!”.

“Senti, pensa a te e alla tua codardia nel consegnare così la lettera e...”.

“Stai proprio piagnucolando come una signorinella, l’ho sempre detto che il latte di soia ti ha reso una donnina indifesa. Ora fa il tuo dovere e guardami le spalle” sbottò il fisico teorico, aprendo la porta e camminando lentamente, con passo felpato, verso la porta della vicina.

“E poi sarei io la signorinella?!”. Leonard lo guardò torvo e, per vendicarsi dell’offesa subita, urlò: “Penny, apri la portaaa!”.

Il coinquilino si bloccò, pietrificato, con un viso una maschera di puro orrore.

Nel giro di tre secondi, una Penny in jeans e maglietta extra large aprì la porta con aria infastidita e si bloccò nel vedere il suo ex nel mezzo del corridoio, bloccato.

Aveva le braccia incrociate e l’espressione scettica, vedendo Sheldon levò le sopracciglia verso l’alto e si lasciò scappare una risatina.

“Ciao Sheldon, cosa diavolo combini, eh?” sbottò, con lo sguardo che trasudava odio.

“Ti ha scritto una lettera in cui ti spiega tutto e voleva lasciartela sotto la porta” disse Leonard. “Credo tu abbia capito che da più di una settimana mi chiede di controllare se sei in giro per non incrociarti e mi sono scocciato quindi... cresci, Sheldon”.

“Crescere? Ma no, lui tradisce la sua ragazza con l’ex durante le feste, come i sedicenni” lo scimmiottò Penny, sentendosi meglio nel poter sfogarsi un po’ con del sano sarcasmo di fronte a colui che l’aveva fatta soffrire di brutto.

Sheldon deglutì, sentendosi pietrificato.

“Non ci crederai ma sono il primo a sentirsi uno schifo per quel che ti ho fatto” sussurrò, guardandola negli occhi con grande difficoltà.

“Non ci credo altrimenti non avresti avuto questa idea della lettera e mi avresti parlato faccia a faccia”.

“Io avrei anche affrontato la cosa faccia a faccia ma diciamo che conosco la potenza dell’ira femminile e ho preferito evitarla” si giustificò Sheldon, imbarazzato, per poi porgerle la lettera.

Penny rise – una risata triste, vuota – per poi afferrare la busta con un sospiro.

“Attento alle tue spalle, potrei sempre colpirti da dietro” lo prese in giro, fissandolo con disprezzo.

“Infatti ho intenzione di camminare all’indietro come i gamberi” rispose Sheldon, serio.

La ragazza sgranò gli occhi, incredula per quell’affermazione.

“Vedi, è da queste cose che capisci che non è tanto normale e quindi puoi giustificare almeno un dieci percento delle sue azioni” s’intromise Leonard, ironico.

“Giusto, non esco mai con gente normale quindi non vedo perché lui debba fare eccezione. Guardati alle spalle, Cooper, c’è una donna in città la cui ira si è scatenata a causa tua! Ah, salutami la tua dolce Amy tra un incontro sessuale e l’altro!” aggiunse la bionda, la voce intrisa di disprezzo, prima di voltarsi e chiudere la porta rumorosamente.

“Io e Amy stiamo valutando la situazione e non abbiamo nessun tipo di contatto!” esclamò Sheldon in risposta, salvo poi tornare in casa ma camminando sul serio a marcia indietro come i gamberi.

Vedendo ciò, Leonard chiuse la porta e lasciò che l’amico ci sbattesse contro con la schiena per poi protestare.

Nel suo piccolo, era un modo per vendicare le sofferenze di Penny.

 

 

Marie se ne stava ferma da circa un paio d’ore e la cosa iniziava a darle un grande fastidio perché odiava starsene ferma senza far nulla e per di più senza nemmeno poter parlare più di tanto.

Di fronte a lei, nascosto da una tela, Joseph si dilettava nel farle un ritratto con eccessivo impegno e precisione.

Le aveva raccontato della sua passione per il disegno e l’arte, cosa che lo aveva aiutato ad entrare ad Harvard insieme ai suoi ottimi voti, così si era offerto di farle un ritratto da conservare in camera sua e poi appendere nel suo dormitorio ad Harvard.

“Come sta venendo?” chiese ansiosamente Marie, visto che non ne poteva più.

“Bene, fidati. Sarà perfetto nella tua stanza, al college” rispose Joseph, prendendo una pennellata di azzurro per definire meglio le iridi blu della ragazza.

“Mamma tornerà dopo ore ed ore e mi troverà ancora qui, immobile” sbuffò la ragazza.

“E’ stata carina a lasciarci soli, visto che da quel che mi hai detto sono il primo amico che porti a casa” osservò il ragazzo, fingendo un tono casuale nonostante la frase fosse ben mirata ad uno scopo.

“Non è che sei il primo, voglio dire, sei il primo amico che viene a trovarmi da solo”.

“Ne sono onorato. Dopo andiamo al cinema?” aggiunse, improvvisamente più allegro.

Marie annuì, pensando agli stereotipi delle ragazze che vanno al cinema con un ragazzo, vedono un horror e si riparano sulla spalla dell’altro, salvo poi finire a pomiciare nel giro di pochi minuti e ignorare il film.

Lei non era una di quelle, no, lei adorava gli horror e non poteva lasciare la sala senza aver visto ogni minimo secondo della pellicola. Come avrebbe fatto altrimenti a commentarlo dopo e a scrivere una dettagliatissima recensione con tutti i pro e i contro?

Joseph voleva solo vedere un film, ne era convinta, non doveva assolutamente preoccuparsi!

Certo, le scriveva dei messaggi carini, avevano fatto tante passeggiate e lo aveva incluso nella serata “Prendi in giro Scientificamente i Classici della letteratura” con suo padre, ma non c’era altro.

“Cosa vediamo?”.

“Non lo so, decidiamo lì, che dici?”.

“Cosa? Ma sei impazzito per caso? Andare al cinema senza aver letto tutte le trame dei film presenti e ignorando le recensioni? Io non ho tempo da perdere!” esclamò Marie, muovendosi in modo da far protestare il ragazzo.

“Ok, ok, dopo lo scegliamo!”.

“Dopo? Scusami, sono già le cinque, a che ora vuoi andare? E’ un’operazione che richiede ore!”.

Joseph sospirò, si protrasse alla destra della tela e guardò Marie, lo sguardo acceso e determinato e le labbra incrinate. Sembrava buffa ma era molto carina, pensò.

“Dieci minuti e ho finito, su!”.

“Va bene...”.

 

Amy varcò la soglia dell’appartamento di Sheldon e Leonard e sorrise in direzione del primo, notando l’assenza del coinquilino.

“Leonard è in lavanderia a fare il bucato” disse subito Sheldon, comprendendo la domanda inespressa della donna.

“Capisco. Marie è al cinema con Joseph, le ha fatto un bel ritratto, sai?” lo informò la moglie, sorridendo, mentre posava la borsa.

Sheldon trattenne il respiro e la guardò come se avesse detto una cosa oltraggiosa.

“Al cinema? Ma ti rendi conto? Mandi nostra figlia appena diciannovenne al cinema con un ragazzo?!”.

Allibita, Amy lo fissò, senza capire. “Al cinema, Sheldon. Cinema. E’ un luogo pubblico e...”.

“Sì, lo so, eppure ciò non ci ha impiedito di pomiciare selvaggiamente, qualche settimana prima di procreare” le ricordò Sheldon, puntandole l’indice contro.

Contro ogni previsione, Amy rise, per poi annuire.

“Mi ricordo eccome! Mi sentivo così ribelle... Io che baciavo un ragazzo di cui ero pazza in un cinema, fu una serata meravigliosa. Tu mi comprasti i pop corn e me li porgesti in un modo così gentile che pensai “Sposerò lui, ne sono sicura, mi guarda in un modo che mi fa sentire speciale”, sai?”.

“Amy stavamo parlando di Marie...” le fece notare Sheldon, tuttavia raddolcito al solo ricordo.

“E’ adulta e non ha mai baciato un ragazzo, dai! Sa quello che fa ed è responsabile!” gli ricordò Amy.

Sheldon alzò gli occhi al cielo e sbuffò, per poi avvicinarci a Amy.

“E va bene, ma quel Joseph deve solo osare fare mezzo passo falso e userò le mie conoscenze della fisica contro di lui!” sbottò.

La donna annuì, rassegnata.

“Sì, certo. Vedi, io provavo a farti ricordare il passato per parlare di noi e cambi argomento. Sono paziente ma così perdiamo tempo” gli fece notare, prendendo le mani tra le sue.

“Cosa dovrei dirti, Amy, che fu una serata bellissima? Lo fu, davvero. Ma penso che il passato che ci tocca rinvangare sia quello degli ultimi anni” le ricordò.

Amy annuì, sospirando.

“Sì, hai ragione. Scusami, è che questa situazione mi manda in tilt, voglio farmi perdonare ma allo stesso tempo mi manchi. So di non avere alcuna voce in capitolo ma... Lascia che te lo dica, mi manchi, e guardare quel divano mi distrae perché mi fa ricordare ciò che abbiamo fatto una decina di giorni fa”.

“Amy...”.

“Sì, lo so, sono sempre la solita. Posso almeno solo abbracciarti, per favore?” chiese, accarezzandogli il viso con dolcezza.

Non ebbe alcuna risposta verbale, semplicemente si sentì avvolgere dalla braccia dell’uomo, così appoggiò la testa sul suo petto e si lasciò cullare dalla stretta, sentendosi a casa come ogni volta che si verificava un’azione simile.

Sheldon le accarezzò i capelli lentamente, per poi posare il mento sulla sua testa mentre continuava a tenerla tra le braccia.

“Io vorrei davvero tornare alla normalità senza problemi, solo che ho paura. Magari un giorno mi sveglio e scopro che te ne sei fuggita di nuovo e... Non potrei reggerlo” ammise, dando voce ai suoi pensieri più profondi, quello che lo tenevano sveglio la notte.

Amy alzò il capo senza sciogliere l’abbraccio e appoggiò le mani sul viso di Sheldon, guardandolo dritto negli occhi.

“Come potrei abbandonarti? L’ultimo mese è stato folle, l’ho trascorso dandomi della stupida e sperando di tornare indietro di anni! Ho sempre sperato di non averti fatto soffrire tantissimo e ho sbagliato, ma posso giurarti che sapere il tuo dolore mi ha reso una donna consapevole dei suoi errori. Ora mi tocca scontarli ed è giusto che sia così, ma non ti ferirò più, lo prometto” disse, sapendo di star esprimendo qualcosa che aveva già detto molte volte ultimamente.

Aveva deciso che glielo avrebbe ripetuto fino allo sfinimento pur di rassicurarlo.

Suo malgrado, Sheldon sorrise e avvicinò il suo volto a quello di Amy, cercando le sue labbra e dicendo mentalmente addio alla rigidità che si era imposto. Aveva bisogno di baciarla, un bacio non poteva non migliorare la situazione, no?

Amy accolse il bacio con calore, ancora stretta – se non di più – a lui, beandosi di quel contatto più pronfondo rispetto alla formalità degli ultimi giorni.

Starsene così, stretti l’uno all’altra, era la cosa più bella del mondo, e quando si separarono, senza sapere perché, scoppiarono a ridere, come due ragazzini inesperti.

Forse, in fondo, non sarebbero mai, mai cresciuti del tutto.

 

 

Penny fissò il foglio che aveva tra le mani e si sforzò di essere forte e di non piangere, così guardò il calice di vino che aveva riempito in caso di “emergenza”, lo afferrò e ne bevve un sorso, lentamente.

Gustò il sapore della bevanda e poi si accoccolò meglio sul divano, le gambe piegate contro il busto.

La lettera era stata onesta, gentile, piena di sensi di colpa, non era di certo qualcosa a cui era abituata.

Lei era quella a cui si diceva “Non sei tu, sono io”, “Sei fantastica ma voglio stare da solo al momento”, “Non voglio impegnarmi, ti farei soffrire”, magari tramite sms o addirittura un subdolo social network.

La lettera era sempre qualcosa di scritto, ma in maniera differente, era qualcosa che richiedeva più impegno e sincerità e da una parte preferì quel gesto ad un incontro faccia a faccia: non voleva farsi vedere in lacrime, vulnerabile e triste.

Tecnicamente il contenuto non le era nuovo, aveva immaginato tutto; era la lettera di un uomo, un padre, un marito che aveva trascorso degli anni difficili e che aveva trovato un po’ di serenità in lei, salvo poi comprendere di amare perdutamente la moglie, la cattiva della situazione ai suoi occhi.

L’aveva ringraziata per tutte le volte che lo aveva fatto ridere, si scusava per i momenti in cui lui non era stato il massimo, le ricordava che grazie a lei lui e Marie avevano vissuto dei momenti felici dopo i vari problemi familiari e ammetteva di odiarsi ancora per ciò che le aveva fatto perché non era quel tipo di uomo.

“Ho sempre creduto solo ed esclusivamente nella scienza finché non ho incontrato Amy e gli occhi di mia figlia, sai? Non voglio fare il sentimentale nè giustificarmi, ma ormai ho capito che ciò che provo per Amy è un qualcosa che non proverò in futuro con un’altra persona. Ci siamo trovati bene, ma penso tu abbia notato che ero solito non prendere mai l’iniziativa... Ora ho capito perché, scusami. Sono sicuro che, anche se ora ti sembra assurdo, troverai molto presto la persona perfetta per te, quella che ti fa dimenticare del resto del mondo anche sei hai una memoria eidetica. La cosa che più mi dispiace è aver rovinato il rapporto con una vicina simpatica e intelligente che non crede che il Bosone di Higgs sia il nome di un piatto Irlandese. Scusami.

So di non meritare il tuo perdono, posso solo chiederti di provare a comprendere un po’ la situazione e, magari, in futuro, scusarmi.

Ti auguro il meglio, te lo meriti.

S.L.C.”

La lettera finiva così.

“Sì, Dottor Sheldon Cooper, l’amore della mia vita è proprio dietro l’angolo, sì, certo, ora esco di casa e lo incontrerò! Maledizione, devo fare qualcosa o impazzirò!” sbottò la chimica, in uno stato di agitazione perenne.

Vuotò il contenuto del bicchiere e si precipitò fuori l’appartamento, chiudendo la porta con uno scatto.

Di fronte a lei, Leonard usciva a sua volta di casa con una cesta per i panni sporchi in mano.

“Oh, ciao Leonard. Che bello incontrare il coinquilino davvero intelligente” disse, sarcastica.

Leonard si bloccò nel vederla e poi le sorrise timidamente.

“Non ti chiederò come stai ma, se ti va, puoi parlarne con me. Sono la persona adatta con cui sparlare di Sheldon Cooper, te lo assicuro!” propose, facendole l’occhiolino.

Suo malgrado Penny ridacchiò, poi annuì.

“Ti faccio compagnia, allora”.

“Bene, sono pronto ad ascoltarti!”.

 

 

Era ormai il secondo tempo e il film volgeva verso la fine, anche se ormai il giudizio di Marie era stato fatto: non era nulla di che.

Certo, il fatto che Joseph al suo lato non facesse altro che agitarsi e muoversi ogni tre secondi non la aiutava a concentrarsi, così, non potendone più, si girò verso destra e sbottò: “La vuoi smettere? Perché ti muovi ogni tre secondi?”.

Joseph esitò, poi prese un bel respiro e guardò a sua volta verso di lei.

“E’ che... Volevo provare a... Prenderti per mano, ma non avevo il coraggio” ammise, imbarazzato, per poi abbassare lo sguardo e vedere la mano di Marie poggiata sul poggia braccia della sedia.

Deciso come non mai, l’afferrò e la strinse tra la sua, sperando che non risultasse sudaticcia e disgustosa.

Marie sobbalzò a quel contatto, per certi versi le sembrava più intimo di un abbraccio, ma notò che alla fine non le dispiaceva affatto nonostante odiasse quei tipi di contatti con la gente.

Non sapendo cosa fare, così, disse: “Ci voleva tanto?” con un tono un po’ brusco, ma appena si voltò, senza volerlo, sorrise.

Era piacevole, strano, sentiva lo stomaco sussultare e le mani sudate, cosa che le faceva pensare all’amuchina che aveva in borsa e che per cause di forza maggiore non poteva usare per la prima volta in vita sua.

Contro ogni previsione, il film smise di interessarle, si disse che dopotutto non è che fosse nulla di che ma faceva davvero schifo, così si voltò e beccò Joseph che la fissava, come se fosse lei la protagonista per lui.

“Non...  Non vedi il film?” domandò, sussurrando e avvicinandosi un po’ di più per farsi sentire visto che la protagonista stava urlando, inseguita da un serial killer.

“Posso essere onesto?”.

“Sì”.

“Odio il film e volevo semplicemente fare qualcosa con te, in realtà. E’.... E’ bello vederti mentre ti concentri e guardi lo schermo” rivelò. “Nel caso non l’avessi capito, mi piaci” ammise poi, come se fosse una cosa correlata al discorso.

“Cosa?” domandò Marie, visto che la protagonista, una certa Mindy, urlava come una forsennata mentre correva per le campagne isolate del Texas.

Josh sospirò. “Lascia stare...”.

“Joseph, non sento nulla, questa pazza urla e...” provò a dire, ma si bloccò, non potendo dire altro a causa delle labbra di Josh che si erano posate con delicatezza sulle sue.

Era una sensazione nuova visto che era la prima volta che le succedeva e aveva zero esperienza, le sembrava che la sala le stesse girando intorno e lo stomaco proprio non volesse saperne di fermarsi nel girare e girare e girare...

Quando Joseph si allontanò, Mindy aveva smesso di urlare, così provò a dire: “Era per dirti che mi piaci, tanto” per giustificarsi. Era così imbarazzato che si scompigliò i capelli con una mano, senza sapere bene cosa fare.

Ancora sorpresa, Marie annuì, guardando altrove.

“Beh, immagino sia... Reciproco, sì” borbottò, sentendo il viso in fiamme, prima di voltarsi verso lo schermo.

“Uh, Mindy è morta. Sappi che dovrai comprarmi il dvd e farmi vedere la scena che mi hai fatto perdere!” sbottò, un po’ più animata anche se la sua testa vagava altrove, sul profumo di Joseph, le sue labbra soffici e l’approssimativo numero di secondi in cui le loro labbra erano state incollate.

Dal canto suo, Joseph sorrise, continuando a guardarla di nascosto: forse la prima battaglia era vinta.

 

 

 

“La parte peggiore, poi, è stata sentire mia sorella e doverle dire di essere stata mollata” sbottò Penny, mentre piegava una delle magliette di Leonard.

Lui l’aveva pregata di non farlo ma aveva insistito visto che fare qualcosa la distraeva.

“Perché, scusa? Tecnicamente l’hai mollato tu” ragionò Leonard, provando ad incoraggiarla in qualche modo.

“Perché mi ha tradito. Meglio dire di essere stata mollata che, come si suol dire in gergo, cornificata. Sono stufa, stufa di sentirmi dire sempre le stesse cose! Che sono io il problema, che morirò sola... Dovresti saperlo, idiota di una sorella, che tuo marito mi ha palpato il sedere... Il giorno del vostro matrimonio!” urlò Penny, inveendo contro il muro e gettando una maglia per terra con una forza enorme. “Scusa, scusa, te la laverò di nuovo, scusa, io...”.

“Ma no, figurati, Penny, tranquilla, puoi... Penny...!”.

Il cuore di Leonard si sciolse nel vedere quella fantastica creatura piangere, il volto nascosto dai capelli, le spalle sussultanti a causa dei singhiozzi...

Come si poteva farle del male?

Sembrava una donna cazzuta ma in quell’istante Leonard comprese che non lasciava che nessuno vedesse le sue fragilità e che l’unico testimone delle sue lacrime fosse il suo letto insieme al suo divano.

Odiò Sheldon per ciò che aveva scaturito nella vita di quella donna, vederla in quello stato era tremendo.

Le si avvicinò e le appoggiò una mano sulla spalla con cautela.

“Penny è tutto ok, piangi quanto vuoi, resterà tra noi. Sai, io sono un vero piagnucolone, specialmente se si tratta di film animati come Toy Story! E non come te, che piangi per cose reali e vissute sulla tua pelle, sono proprio un disastro!” sussurrò.

Vederla sorridere tra le lacrime fu un sollievo, così le sorrise.

“Ti capisco, davvero. Le tue lacrime al momento non sono dovute solo al presente ma soprattutto a tutto ciò che hai vissuto fino ad ora. Il passato non è mai passato finché un’azione presente ce lo ricorda, si somma agli altri momenti negativi e ci travolge... Posso capirlo, davvero Penny, sfogati” aggiunse lentamente, sperando di infonderle fiducia.

Penny alzò lo sguardo e lo fissò, incredula.

“Tu... Come hai fatto? Cioè, hai descritto come mi sento, io non sto così solo per lui ma perché sono stufa di tutte le delusioni... Voglio dire, allora sono normale, nessuno mi capisce mai e mi prendono tutti per pazza!” esclamò, asciugandosi le lacrime con il polso.

“Sei normalissima, fidati. E’ il tuo ex che non lo è, te lo assicuro” ridacchiò Leonard. “Quando vorrai potrai sfogarti con me, promesso” si offrì, serio più che mai.

Penny sorrise tra le lacrime e annuì. “Grazie, davvero” sussurrò, per poi abbracciarlo, sentendo di aver trovato una persona in grado di capirla senza guardarla come se fosse pazza.

 

 

 

“E’ stato un bel film” disse Joseph, ormai arrivato fuori al palazzo dove abitava Marie, con le mani nelle tasche dei jeans e un sorrisino che la contava lunga.

Marie lo guardò, incredula, tanto che rise.

“Ma se non lo hai guardato...” puntualizzò.

“Ne ho guardato uno tutto mio e mi è piaciuto” si corresse Joseph, scrollando le spalle e prendendo le mani della ragazza tra le sue.

“Qual era il titolo?” indagò lei, spinta dalla voglia di comprendere lo status delle cose dopo quelle ore trascorse insieme.

“Beh, “Quando c’è chimica tra un fisico e una chimica”, direi” azzardò, sperando di non ricevere un ceffone o un rimprovero.

“Non mi piace, mi ricorda mio padre e la sua ex Penny che sono a loro volta un fisico e una chimica. Propongo... “L’estate del mio primo bacio”, no?”.

“Ma esiste già!”.

“Davvero?”.

“Sì, ma immagino non ti interessi il genere. Era sul serio il pr...?”.

“Joseph, non renderlo imbarazzante, ok? Lo so, sono adulta, ma...”.

Marie era rossissima in viso, era buffa con i capelli un po’ gonfi e gli occhiali che quasi le andavano di traverso tanto che era agitata.

“E’ stato un onore e spero sia stata un’esperienza speciale” l’interruppe Joseph, appoggiando una mano sul suo viso.

“Direi di sì visto che è successo mentre Mindy urlava e... Ok, sì, era speciale” asserì infine, incrociando lo sguardo con quelli del ragazzo di fronte a lei.

Joseph sorrise e sospirò.

“Vorrei rifarlo ma tuo padre ci sta guardando...” aggiunse, decisamente intimorito dal pensiero di Sheldon Cooper che lo ammazzava in mille modi improbabili, togliendo subito la mano dal viso della ragazza.

“Potremmo rimandare a domani” propose Marie, incredula per ciò che aveva appena asserito.

Vergognandosi, così, si allontanò qualche passo e salutò con la mano Joseph, che la guardò allontanarsi con un sorriso ebete stampato in faccia.

 

 

Tornare a casa e vedere i suoi genitori che parlavano civilmente era sempre bello, soprattutto perché non era abituata a una cosa simile.

Trovarli intenti nel guardare la tv o bere una tazza di thé era rasserenante, la facevano sentire al sicuro, protetta, oltre che amata come non mai.

Si era così abituata nelle settimane di quella calda estate che la sera del quindici agosto che, quando tornò a casa, con sommo stupore e incredulità notò che suo padre era paonazzo, con il telefono in mano e l’aria preoccupata.

Non lo vedeva così dall’inizio dell’estate, ormai era sempre sereno e sorridente come non mai, simbolo del fatto che in quei tre mesi le cose si fossero evolute in positivo.

“Papà, è successo qualcosa?” domandò, senza capire.

Giusto cinque giorni prima aveva festeggiato con loro il primo mese di “pace”, oltre che il primo mese da diciannovenne.

“Tua madre è scomparsa” sentenziò l’uomo, portandosi una mano sul viso e respirando forte.

“Che cosa?!”.

“Sì, Marie, tua madre è scomparsa! Sono preoccupato, ieri a cena non si sentiva bene, era pallida e ha vomitato il pranzo e non la sento da ieri sera, non risponde alle mie telefonate, non è a casa sua, i vicini non l’hanno vista uscire...” urlò Sheldon, quasi senza fiato. “Non capisco, non abbiamo litigato, anzi, avevamo appena stabilito che le cose stessero andando bene, che avevamo chiarito tante cose e che doveva chiamare l’avvocato per annullare il divorzio... Forse ci ha ripensato...”.

Marie corse verso l’uomo e scosse il capo, decisa, perché non voleva nemmeno pensare a qualcosa di negativo.

Andava tutto bene, si disse, sembravano sul serio una semplice famiglia felice e non era successo nulla di negativo!

“Papà, no, forse è un caso! Provo a chiamarla io, fammi sciacquare il viso che fa un caldo assurdo e risolviamo la cosa” disse, correndo verso il bagno, più che altro per nascondersi e non mostrare la sua faccia preoccupata.

Non poteva succedere di nuovo, no!                     

Che fine avevano fatto i sensi di colpa di sua madre per averli abbandonati, la sua gioia nello stare di nuovo in loro compagnia e la serenità nell’essere di nuovo uniti?

Era come vivere un flashback, sul serio, non poteva verificarsi di nuovo! Le cose andavano bene, no? Perché sua madre si era allontanata?

Si appoggiò sulla vasca per riflettere ma non ci riuscì, presa dalla paura.

Notò alcune lacrime di nervosismo, così prese la carta igienica e si asciugò gli occhi visto che il padre non doveva assolutamente pensare che lei si stesse preoccupando.

Per nascondere ogni prova, prese il fazzoletto usato e lo gettò nel cestino, salvo poi bloccarsi, senza fiato, quando vide il contenuto.

 

 

 

Da sola sulla spiaggia al tramonto – il momento che preferiva – Amy guardava l’orizzonte.

Il cielo era luminoso ma allo stesso tempo opaco e la cosa la attirava decisamente perché sembrava la sua vita, apparentemente semplice ma con le sue ombre.

Quando il cellulare le vibrò si lasciò scappare un sospiro, pensando che fosse l’ennesimo sms di Sheldon, eppure fu sorpresa di vedere che era da parte di sua figlia.

 

Ho capito tutto, fuggire non serve a nulla, sii onesta, dimmi dove sei!

 

Si immobilizzò, la gola improvvisamente secca, ed ebbe la sensazione che, dopotutto, la vita è un cerchio che si ripete all’infinito finché non decidiamo di smettere di percorrerlo.

 

*°*°*°*
Ma salve!

Capitolo nuovo, problemi nuovi!

Il tempo scorre velocemente e siamo a fine agosto, mentre all’inizio eravamo verso il dieci giugno.

E’ stata un’estate movimentata e ora vedremo come terminerà, eheh.

Nel prossimo capitolo torna Raj!

Non commento nulla, sono curiosa di sapere le vostre reazioni e vi chiedo cosa credete che sia successo ad Amy ed il perché della fuga.

 

 

Ecco qualche spoiler dal penultimo capitolo (eh sì, siamo quasi alla fine D: )

 

“Tu... Mi hai organizzato una sorta di appuntamento?” domandò, le mani sui fianchi, indispettita.

 

 

“No, no, tesoro, no, davvero...”.

Non credendolo, Bernadette utilizzò la sua agilità per prendere il telefono, sbloccò lo schermo e guardò ciò che stava scioccando il marito, salvo poi rimanere scioccata a sua volta.

 

Grazie a chi continua a seguirmi! <3

A mercoledì,

milly.

 

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Capitolo 10
*** Belle e Brutte Notizie ***


10

Capitolo 10

Belle e Brutte Sorprese

 

 

Il cervello di Marie era decisamente sopraffatto dall’enorme quantità di informazioni che aveva appreso in meno di dieci minuti.

Suo padre stava dando di matto perché sua madre era scomparsa, lei si stava agitando a sua volta perché ora che la sua famiglia sembrava star raggiungendo la serenità dopo tanto un enorme nuvolone di pioggia rischiava di far crollare tutto e così era andata in bagno per celare il suo stato di panico imminente.

Lì aveva pianto per il nervosismo e dopo aver usato della carta igienica e averla gettata nel cestino aveva notato un oggetto inusuale, che non aveva mai visto dal vivo.

Una striscia di plastica bianca, con un display digitale e la scritta “Incinta di cinque settimane”.

Per la prima volta in vita sua vedeva un test di gravidanza e il suo cervello aveva fatto ciò che le riusciva meglio quando era in uno stato di shock: elaborare, fare calcoli, provare a rispondere a delle domande.

L’unica donna che aveva messo piede in quella casa oltre lei dall’ultima volta che aveva cambiato l’immondizia nel cestino era sua madre, la donna che in effetti cinque settimane prima, durante la festa per i suoi diciannove anni, era andata a letto con suo padre.

Era incinta.

Sua madre era incinta, aveva fatto il test con uno di quei bastoncini super tecnologici, quindi probabilmente era un’informazione sicura e lei aveva reagito scappando!

Forse non era scappata, forse voleva sicuramente del tempo per pensare...

L’idea le fece girare la testa, eppure non riuscì a resistere e le inviò un messaggio, a cui ebbe stranamente una risposta rapida:

 

Non voglio creare casini di nuovo ora che siamo vicine. Se ti va vieni a River’s Beach ma non dirlo a tuo padre, qualsiasi cosa tu abbia capito. Per favore, ho bisogno di un po’ di tempo.

 

Cosa fare?

Apprezzava la fiducia di sua madre nel dirle dove si trovava, significava molto per lei visti i loro trascorsi burrascosi, solo che voleva anche rassicurare suo padre.

Analizzando rapidamente il tutto, le sembrava di capire che forse sua madre voleva semplicemente un po’ di tempo per riflettere e non sfuggire dalle sue responsabilità.

Non riuscendo ad esitare ulteriormente, così, si sciacquò il viso e tornò in soggiorno, dove vide suo padre seduto sul suo amato posto che teneva in mano... Un anello.

Un anello d’oro, sottile, che aveva visto per anni ed anni sull’anulare sinistro di sua madre.

Sheldon avvertì i suoi passi e alzò lo sguardo, con una strana aria, tra il misterioso e il preoccupato.

“Avevo intenzione di ridarlo a tua madre, stasera. Me lo restituì tre anni fa e volevo chiederle di... Marie, onestamente, ho sbagliato qualcosa? Credevo fossimo felici, avessimo appianato le nostre divergenze, per questo avevo pensato di chiederle di rinnovare i nostri voti prima del tuo ritorno al college!” disse rapidamente il fisico.

In quell’istante Marie comprese di dover agire in fretta e furia per non rovinare tutto.

Possibile che il destino fosse così assurdo e bastardo?

Suo padre aveva sposato sua madre in seguito alla gravidanza improvvisa oltre che per amore e ora che lei scopriva di essere incinta di nuovo lui, senza saperlo, voleva ridarle quell’anello.

Doveva sbrigarsi, agire, trovare una via d’azione che non danneggiasse nessuno.

Se fosse stata nei panni di sua madre cosa avrebbe voluto, oltre starsene in pace per un po’?

Di certo non dire all’uomo che si ama di essere incinta e ritrovarsi un anello come conseguenza per la seconda volta!

Quindi le bastò guardare la faccenda al contrario, prendere un bel respiro e dire: “So dove è mamma, stai tranquillo, non voleva assolutamente lasciarci altrimenti non mi avrebbe risposto, no? Ora la raggiungiamo, ma devi promettermi di chiederle di rinnovare i voti subito”.

Sheldon esitò, da una parte felice, dall’altra confuso.

“Perché tu sai dov’è ed io no? E perché devo...”.

“Papà, capirai tutto, ok?! Per favore” lo supplicò Marie, avvicinandosi ed abbracciandolo di slancio, sperando che andasse tutto bene per una volta.

 

 

Leonard prese il bicchiere di vino bianco che Penny gli aveva appena porto e le sorrise apertamente, visto che adorava la prospettiva di passare qualche ora in sua compagnia.

Ormai si vedevano tutti i giorni, condividevano pensieri, racconti quotidiani e del passato, come fanno di solito gli amici.

“Sai, forse la Caltech non mi assumerà per l’inizio delle lezioni, a settembre” rivelò preoccupata Penny, accomodandosi al suo fianco sul divano.

“E perché?”.

“E’ il venti agosto e non mi  hanno detto nulla, ho le ultime quattro lezioni e il corso sarà terminato. Forse non ne hanno parlato bene” mormorò, dispiaciuta. “Forse il mio umore negativo mi ha reso una pessima insegnante”.

“Ma no! Marie ne parla benissimo, potrei chiederle di...”.

“Leonard, Marie è dolcissima ma ho chiuso con i Cooper, davvero” lo bloccò subito la chimica, ponendo le mani avanti. “Ogni cosa andrà come deve andare, lascerò che il mio lavoro parli per me e se non andrà bene, ho un piano di riserva in Florida”.

Leonard quasi fece cadere il bicchiere per terra quando udì ciò, così la guardò, preoccupato.

“Florida?”.

“Sì, c’è uno studio di ricerca che vorrebbe assumermi e devo confermare entro il trentuno” rivelò Penny. “Comunque... Basta parlare di cose noiose, Bernadette mi ha invitato da lei stasera, vuoi venire? C’è anche Howard” disse, con un tono casuale, come se ciò non fosse stato meditato.

Tuttavia, per Leonard ciò subito aprì una porticina con la speranza come destinazione, così si illuminò.

“A cena con una coppia...?”.

“Beh, sì, sono nostri amici, non ti va?”.

“Sì, certo! Per-perfetto, davvero. A che ora?”.

“Tra un’oretta, più o meno”.

Leonard annuì, un po’ più animato ma allo stesso tempo agitato davanti alla prospettiva di andare da un suo amico e sua moglie con la ragazza che gli piaceva.

 

 

Joseph si affrettò a raggiungere casa Cooper e non ebbe nemmeno il tempo di parcheggiare perché vide Marie e Sheldon che andavano incontro la sua macchina, con una strana aria frettolosa ma comunque preoccupata.

Lui e Marie avrebbero dovuto andare a cena fuori – dopo un mese di uscite e qualche bacio pensava di chiederle di essere la sua ragazza – ma tutto era saltato quando lei gli aveva parlato di un’urgentissima emergenza familiare.

Pensò a quanto fosse strana la vita: un giorno stai studiando le teorie di Sheldon Lee Cooper per l’esame di fisica teorica e quello dopo lo conosci, esci con sua figlia e scopri che lui è un casino vivente con le donne.

“Dove dobbiamo andare?” chiese quindi, deciso a sapere qualcosa in più.

“River’s Beach” rispose subito Marie, allacciando la cintura.

“Cosa? In spiaggia? Ti ho detto che molto probabilmente sono allergico al sole, alla tintarella e...”.

“Joseph McKalligan, è un’emergenza, fidati che non andiamo lì a fare il bagno. Ed è il tramonto, ormai, cavoli!” sbottò Marie. “Sei peggio di mio padre”.

“Se è vera la statistica che conferma che le donne tendono a sposare una sorta di copia del padre, posso già darti il benvenuto in famiglia” disse Sheldon, più che altro per non pensare ai suoi problemi e a come affrontarli.

Al momento pensare a un ragazzo che riesce ad accaparrarsi sua figlia era un pensiero più gradevole rispetto alla fuga di Amy.

Perché Marie gli aveva detto di dirle subito dell’anello e del rinnovo dei voti?

Perché Amy aveva parlato con Marie e non con lui?

Gli ultimi due mesi erano stati così caotici, pieni di novità e cambiamenti che gli sembrava alquanto assurdo pensare alla domenica in cui Penny si era trasferita di fronte a lui e Amy gli aveva chiesto il divorzio.

L’unica cosa di cui era certo era che voleva tornare alla sua vita, quella  che non aveva ancora vissuto, in cui lui e sua moglie si svegliavano la mattina, facevano colazione insieme, andavano a lavoro, tornavano a casa e chiamavano la loro bambina ormai al college tramite Skype.

Il solo pensiero lo riempiva di gioia, sapere che il prossimo autunno sarebbe stato gioioso e non colmo di solitudine e nostalgia come il precedente era un vero e proprio toccasana.

Non vedeva l’ora di porre definitivamente fine ai suoi giorni da marito abbandonato, voleva vivere con Amy, fianco a fianco, progettare con lei ogni cosa da vivere insieme e far stare tranquilla sua figlia, farla partire senza pensieri e felice per la piega positiva che le cose stavano prendendo.

Quando arrivarono a River’s Beach bastarono pochi minuti per trovare Amy, la quale se ne stava seduta poco prima della riva, con un lungo prendisole bianco e un foulard azzurro cielo per ripararsi dal lieve venticello che le scompigliava i capelli.

Se ne stava immobile, fin troppo assorta nei suoi pensieri, come se nulla potesse turbarla.

Nel vederla così, Sheldon notò il cuore accelerare e poi decelerare, per poi voltarsi verso sua figlia, quasi con aria incerta e preoccupata.

Sentiva di star vivendo un momento importante della sua vita, cruciale, che non avrebbe dimenticato mai, nonostante non sapesse cosa gli sarebbe capitato di lì a breve.

“Vai, dalle l’anello, poi di sicuro saprai tutto” lo incoraggiò la figlia, accarezzandogli il braccio. “Noi siamo qui”.

L’uomo annuì e poi, prima lentamente, poi a passo svelto, andò in direzione di quella che sempre era stata e continuava a ritenere la sua donna.

Amy era lì, così assorta e pensierosa che non lo sentì nemmeno arrivare.

“Amy” la chiamò quando si trovò alla sua destra. “Amy!” la richiamò, per poi decidere di combattere il suo odio per tutto ciò che riguardava la sabbia e sedersi al suo fianco.

Le prese la mano e la vide sobbalzare nel momento in cui lo notò.

“Sheldon! Che ci fai...?”.

“Dovrei essere io quello che fa domande, qui! Marie mi ha detto dov’eri ma non il perché! Possibile, Amy, che con la tua fuga tu abbia rovinato il mio perfetto piano per stasera?” esclamò, stringendo la sua mano con più forza.

Amy si voltò totalmente verso di lui, lo sguardo colpevole.

“Marie non ti ha detto nulla?” insistè.

“No, cosa avrebbe dovuto dirmi? Amy, ero pronto per stasera, io...”.

Sheldon iniziò a frugare in tasca e ne estrasse una scatolina blu che lei aveva già visto anni fa.

“Io volevo ridarti l’anello e chiederti di rinnovare i voti prima del ritorno di Marie ad Harvard! E’ più di un mese che ci siamo riavvicinati e...”.

“Aspetta, aspetta” lo fermò Amy, portandosi una mano alla bocca. “Tu...”. Prese la scatolina, la aprì e rivide l’anello di fidanzamento che lui le aveva dato diciassette anni prima e che non vedeva da ormai tre anni. “Tu non sai nulla e volevi chiedermi di rinnovare i voti, stasera?” domandò, incredula come non mai, il volto quasi trasfigurato dall’emozione.

“Cosa dovrei sapere? Insomma, non capisco...” sbottò Sheldon, chiedendosi sul serio cosa fosse successo di così rilevante.

Amy prese l’anello, lo rigirò tra le dita e sorrise.

Finalmente le cose, stranamente, andavano per il verso giusto!

Si erano rivisti nelle ultime settimane, avevano appianato le loro divergenze e lui le stava porgendo un anello senza sapere della gravidanza.

“Sì, voglio rinnovare i voti e tornare ad essere normalmente tua moglie, Sheldon Lee Cooper. Ti amo, tanto, e non vedo l’ora di recuperare il tempo perso” rivelò, con le lacrime agli occhi per l’emozione.

Incredulo ma decisamente felice, Sheldon prese l’anello e lo infilò all’anulare della donna, rivivendo un’emozione provata per l’ultima volta anni ed anni prima.

Dopotutto, forse la vita è sul serio fatta di batute d’arresto e riprese, è un percorso dove tutto sembra orribile e poi, un po’ per caso e un po’ per fortuna, tutto torna al posto giusto e a splendere, forse ancora più di prima.

“Anche io. Ti amo, Amy” rivelò lui, baciandola.

Lei ricambiò il bacio, poi lo guardò, un po’ colpevole.

“La mia non era una fuga, sarei tornata a casa domani” disse, guardando l’anello e poi il marito.

“Ma perché sei scomparsa? Perché hai risposto a Marie e non a me?” insistè lui. “Ti ho messo un anello al dito per la seconda, anzi, terza volta in vita mia eppure continui a sfuggirmi!”.

Amy si lasciò scappare una risata nervosa prima di annuire.

“Perché Marie probabilmente ha capito tutto e negarle queste informazioni sarebbe stato un grande passo indietro nel nostro rapporto”.

“Ma cosa ha capito Marie che a me è sfuggito?”.

Amy accarezzò il braccio del marito, il viso, i capelli, prese un bel respiro, fissò i suoi occhi e sorrise seppur terrorizzata nel suo intimo per ciò che sarebbe successo da lì a qualche secondo.

“Ricordi cosa abbiamo fatto alla festa di Marie, sul divano del soggiorno?” chiese.

“Mi prendi in giro? Ovvio che...”.

“Ecco” lo interruppe. “Per varie cure non prendo la pillola da due anni e tu, se non ricordo bene, non hai usato nessuna precauzione”.

Sheldon esitò, ricordando gli avvenimenti di quella sera.

No, non aveva usato nulla, troppo preso da ciò che stava accadendo. Aveva dimenticato di star tradendo una donna, figuriamoci di correre in camera a prendere delle precauzioni...

Annuì infine. “Amy...” disse poi, deglutendo.

Era la seconda volta che lei faceva un discorso simile, era molto nel suo stile fare un discorso logico, spiegando le cause per farlo giungere agli effetti.

Anche quasi venti anni prima aveva fatto così, e anche se non portava più l’apparecchio ed era adulta, sembrava quasi la stessa.

Così, Amy annuì a sua volta, consapevole.

“Sì, Sheldon, abbiamo trentacinque anni suonati eppure cinque settimane fa non siamo stati responsabili, avrei dovuto dirti che non prendevo più la pillola ma ero così presa e felice che non ci ho pensato e... Sono incinta, Sheldon. Di cinque settimane, c’è scritto anche sul test. Me lo hanno confermato in clinica. Io so che potresti avere dei dubbi sulla paternità ma l’ultimo ragazzo con cui sono stato prima di te era a inizio giugno e...”.

“Amy, scherzi? Non oserei mettere in dubbio una cosa simile! E... Tu aspetti un bambino! Abbiamo una figlia al college e ne abbiamo fatto un altro la notte del suo compleanno!”.

Sheldon fissava Amy, mentre elaborava il tutto.

Spostò lo sguardo sul mare, poi verso Marie e Joseph, a una ventina di metri di distanza, poi verso il cielo, verso le sue scarpe...

“Ero scappata per metabolizzare la cosa prima di dirtelo. Non mi avevi chiesto ancora di tornare insieme ufficialmente e temevo che ciò significasse costringerti di nuovo a stare con me...”.

Sheldon si voltò di scatto verso Amy e d’istinto le poggiò una mano sul viso, accarezzandola.

“Costringermi? Amy, dopo anni stiamo ancora a questo? Certo, la nostra tempistica fa schifo ma... Ecco perché Marie mi ha consigliato di darti subito l’anello, così non avresti pensato che l’ho fatto per la gravidanza! Quella furbastra! Marie!” urlò poi, voltandosi verso la ragazza. “Vieni!”.

Marie, che aveva appena immortalato il romantico momento dell’anello grazie al cellulare di ultima generazione ricevuto dai genitori per il compleanno, prese un bel respiro e si scusò con Joseph, andando rapidamente in direzione della coppia.

“Avevo capito bene...?” domandò, esitante. “Sei incinta?”.

La madre la guardò, le accarezzò i capelli e sorrise, annuendo. “Se va tutto bene, per Pasqua non sarai più figlia unica. Hai capito tutto e hai fatto agire papà subito in modo che non pensassi che... Non ho parole, tesoro, io... Vieni qui...”.

Amy aveva le lacrime agli occhi e strinse la sua bambina, così Sheldon fece lo stesso e si aggiunse all’abbraccio, stringendo forte le sue donne che finalmente erano in sintonia come non mai.

Il pensiero di dover salutare Marie a breve lo rendeva triste come non mai perché non avrebbe visto il pancione crescere e vissuto tutto il processo precedente alla nascita del bambino, così le strinse ancora più forte, sperando di conservare questo ricordo per i momenti di nostalgia.

 

 

“Ciao, Bernie!”.

“Ciao! Oh, hai portato Leonard”.

Bernadette guardò l’amico con un’espressione strana, come se fosse una sorta di macchia su una camicia super bianca.

“Sì, tutto ok?” domandò il fisico sperimentale, senza capire.

“Ciao, Pe... Oh, Leonard, ci sei anche tu” disse Howard, entrando nell’ingresso e notando a sua volta l’amico con un certo sgomento.

Confuso, Leonard guardò la coppia. “Penny mi ha invitato, non capisco la vostra sorpresa” si giustificò.

“Infatti, ragazzi, cosa...?”.

“Ragazzi, tutto bene?”.

Un ragazzo indiano entrò a sua volta nella stanza e guardò prima i padroni di casa, poi Penny, e sorrise improvvisamente a trentadue denti.

“Ciao, io sono Raj, Bernadette ha detto che mi avrebbe presentato una bella bionda e devo dire che è stata di parola” si presentò, alquanto entusiasta, porgendole la mano.

Penny sgranò gli occhi e guardò l’amica, alquanto senza parole.

“Tu... Mi hai organizzato una sorta di appuntamento?” domandò, le mani sui fianchi, indispettita.

Bernadette sorrise, imbarazzata, ed annuì.

“Ho conosciuto Raj in palestra, è un istruttore, è simpatico, tu sei simpatica, siete entrambi affascinanti, single e...”.

“E quindi io non c’entro nulla, qui, stasera. Ciao ragazzi, buona serata” sbottò Leonard, alquanto ferito.

Si era confidato con Howard, oltre che con Sheldon, quindi lui sapeva della sua cotta per la chimica e non riusciva a credere che avesse deciso di presentarle uno con cui lui non aveva alcuna chance di vincere.

Raj era perfetto, bello, palestrato, esotico, con un accento affascinante, mentre lui a confronto era uno di quei minuscoli soldatini con cui i bambini giocano per un po’ prima di passare ai giochi più divertenti.

Infatti Howard lo guardò e mimò un imbarazzato “Mi dispiace!” mentre Penny continuava a guardare torva Bernadette.

“Un mese fa sono stata tradita ed umiliata, non ho bisogno di un’amica che prova a sistemarmi con uno sconosciuto!” esclamò.

“Ma Penny, era solo per farti passare una serata diversa...”.

La chimica la guardò con aria di sfida, incrociò le braccia e infine annuì, per poi afferrare Leonard con un braccio.

“Ok ma il mio amico cena qui con noi” esclamò.

“Penny, ti ringrazio ma non ho bisogno della tue pietà, divertiti” esclamò Leonard, alquanto arrabbiato.

“Se te ne vai, me ne vado anche io!”.

“Su” s’intromise Bernadette, guardandoli. “Venite, il pollo è pronto!”.

 

 

Marie entrò nel soggiorno di casa sua, dove trovò Joseph seduto sul divano, in attesa.

La guardò, sorridente, perché indossava un abito rosso lungo fino al ginocchio e le solite converse, solo che questa volta erano quelle nuove che Amy aveva insistito nel comprare a sua figlia perché si ostinava a indossare quelle vecchie e logorate di sempre.

“Sei bellissima” esclamò, mentre la vedeva sedersi al suo fianco.

Lei sorrise, pensando quanto fosse strano sentirsi dire una cosa simile da un ragazzo e non da uno dei suoi parenti.

“Avrei voluto indossarne uno arancio, sai, questa era la settimana in cui ogni giorno mi vestivo come uno dei colori dell’arcobaleno per festeggiare le unioni omosessuali accettate in tutti gli Stati Uniti, ma mamma ha insistito, ha detto che questa era un’occasione speciale. Quindi per rispettare la tabella di marcia, stanotte indosserò un pigiama arancio, anche se significherà indossare il pigiama del lunedì e non del venerdì e...”.

“Marie, tu sei pazza...”.

“Eh...?”.

“Sto dicendo che sei pazza eppure... Te l’ho detto tante volte” insistè Joseph, prendendo la mano della ragazza tra le sue, “Mi piaci da morire e... Vuoi essere la mia ragazza?” chiese, ad occhi chiusi per la paura del responso.

Senza fiato, Marie lo guardò, senza riuscire ad articolare nessun suono.

Lui era lì di fronte a lei, impacciato, imbranato, con gli occhiali che quasi scivolavano dal suo naso per l’eccessivo sudore causato dall’imbarazzo e la vergogna, eppure pensò che la sua vita era più colorata da quando quello strano ma gentile, affettuoso, romantico fisico teorico era entrato nella sua vita.

“Apri gli occhi” disse, seppur sussurrando.

Lui, timoroso, obbedì lentamente, giusto in tempo per vederla annuire.

“Sì?” chiese, incredulo, sorridendo.

“Forse da dove vieni annuire ha un significato diverso? Sì, scemo!” esclamò lei, rossissima in volto, sentendosi strana nel dire quella semplice parolina che però, forse, avrebbe cambiato tutto.

“Sì! Ho... Ho una ragazza, allora, sono il ragazzo del Dottor Sheldon Lee Cooper, è fantastica ed è la mia ragazza!” disse Joseph, incredulo.

Guardò Marie prima di accostare il viso a suo e baciarla con dolcezza, appoggiando le mani sul suo volto, come per non farla scappare.

Marie ricambiò il bacio, felice, pensando che solo poco tempo prima tutto ciò era impensabile.

Forse quel sito d’incontri ci aveva visto giusto, perché nessuno le aveva fatto battere il cuore in quel modo, nemmeno la lettera di ammissione ad Harvard, se possibile.

“CHE-COSA-STATE-FACENDO?”.

La neo coppia sobbalzò con uno scatto di paura e notò che Sheldon li stava fissando, lo sguardo scioccato e incredulo.

“Che succede?” esclamò Amy alle sue spalle, preoccupata.

“Lui... Lui baciava la nostra bambina! Come osi, eh? Io...”.

“Papà, lui è il mio fidanzato da circa due minuti quindi smettila. Ti ricordo che torneremo ad Harvard insieme, sai?” lo sfidò Marie, alzandosi e prendendo la mano destra del ragazzo.

Paonazzo, Sheldon si portò una mano alla bocca.

“Sono fidanzati da due minuti e già si baciano, figurati cosa faranno in una settimana e al college, da soli... Amy, perchè non ci trasferiam...”.

“Tesoro, calma, c’è un nuovo bambino in arrivo e ti consentirò di gettare tutta la tua ansia su di lui, ok?” gli consentì Amy, parlando lentamente.

Sheldon chiuse gli occhi e prese un bel respiro.

“E se è femmina un giorno arriverà un Joseph che me la porterà via...”.

“Ok, direi tutti a cena, ok? Si festeggia!” lo interruppe Amy, dandogli un bacio sulla guancia con un grande schiocco, per poi voltarsi e fare l’occhiolino e un segno di approvazione verso i ragazzi.

 

 

Leonard non aveva più fame e si scusò con Bernadette per aver lasciato alcune parti di pollo e delle patate.

Nonostante il primo impatto non fosse stato positivo, Penny si stava divertendo ascoltando i racconti di Raj.

Lui sembrava sicuro di sè, divertente, con mille storie diverse, tutto ciò che una come lei avrebbe apprezzato.

Ci hai provato, Leonard, ma lei ti vedrà sempre come un amico, si disse, in preda allo sconforto.

Così, bevve un ultimo sorso d’acqua, guardò il cellulare e disse: “Ragazzi, scusate ma è tardi, ho delle cose da fare prima di domani”, alzandosi con uno scatto.

Penny si voltò e lo guardò. “Cosa? Ma sono solo le dieci!”.

“Devo rispondere ad alcune email per delle questioni di lavoro. Tanto ti lascio in buona compagnia, no? Era tutto ottimo, .Bernadette, buon proseguimento, ragazzi”.

Strinse la mano di Howard ed uscì con Bernadette che lo seguì, dispiaciuta.

“Leonard, io...”.

“Sei solo una buona amica, grazie ancora per la cena” la liquidò, aprendo da solo la porta ed uscendo rapidamente.

Un po’ in colpa, Bernadette iniziò a pensare che forse aveva commesso un errore nel reclutare Raj per quella sorta di doppio appuntamento.

Leonard sembrava davvero pazzo di Penny, la rispettava, la sosteneva...

Pensando a un modo di farsi perdonare, decise di tornare in cucina per servire il dolce, ma appena mise piede nella stanza notò qualcosa di diverso.

Howard fissava il cellulare, impietrito, e Penny e Raj sembravano aver notato quella strana espressione.

“Amore, cosa è successo?” domandò quindi, preoccupata.

Howard alzò lo sguardo, scrollò le spalle e fece uno strano sorriso contorto.

“Niente, niente, continuate pure, io... Mi assento un secondo, vado in bagno...”.

“Cosa? Howard, mi nascondi qualcosa?” esclamò la donna. “Hai controllato il saldo della carta di credito e...”.

“No, no, tesoro, no, davvero...”.

Non credendolo, Bernadette utilizzò la sua agilità per prendere il telefono, sbloccò lo schermo e guardò ciò che stava scioccando il marito, salvo poi rimanere scioccata a sua volta.

Era un messaggio di Marie con una foto che ritraeva Sheldon ed Amy abbracciati, con lei che metteva in mostra un anello.

 

“Zio Howard, è con grande gioia che annunciamo a te e Bernadette che papà e mamma hanno deciso di riconfermare i voti questa domenica. In più, preparati, diventerai di nuovo zio... Mamma è incinta!”

 

Non riuscendo a contenere lo stupore, Bernadette spalancò la bocca e poi guardò meccanicamente in direzione di Penny.

“Perchè guardi me? Oh, no! C’entra Sheldon, vero?” sbottò la bionda, facendo due più due.

Senza pensarci, prese il telefono dalle mani dell’amica con aria furiosa e fissò il display, incredula, con Raj al suo fianco.

“E’ incinta?” esclamò in un sussurro, incredula.

Raj, dal canto suo, urlò improvvisamente, spiazzando tutti.

“Ehi, amico, che ti urli?” sbottò Howard senza capire, temendo una reazione furiosa di Penny, non una sua quasi atterrita.

Raj si alzò, si portò le mani alla testa e la scosse rapidamente, come chi sta vivendo un incubo.

“Quella è Amy! Ho avuto una storia con lei fino a due mesi fa! E adesso è incinta!”.

A quella notizia, la cucina sarebbe piombata nel silenzio più totale se non fosse stato per le urla dell’indiano.

 

*°*°*°*

Taaaaadaaaan.

Che dire, scrivere questo capitolo mi ha emozionato non poco e allo stesso tempo mi sono divertita. Siamo alle battute finali e il prossimo capitolo (che devo ancora scrivere, sigh) sarà l’ultimo.

Vi è piaciuto il modo in cui ho inserito Raj di  nuovo? Bernadette va in palestra e, non sapendo nulla della questione Raj/Amy, lo invita a cena per fargli conscere Penny.

I Josmarie sono ormai una coppia e a Sheldon ciò non va giù, da gran gelosone qual è. E Amy è incinta, sì! Ho lasciato indizi ovvi nello scorso capitolo quindi credo abbiate indovinato tutti.

Che dire, niente spoiler perchè il capitolo è da scrivere, ma spero che questo vi sia piaciuto :D

A presto (spero!),

milly.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Siamo una Famiglia ***


11

Godetevi l'ultimo capitolo e l'Epilogo :D

In occasione della fine, ecco un semplice banner in cui vi mostro come immagino Marie (Jessica Stroup).

Buona Lettura ^_^

Capitolo 11

Siamo una Famiglia

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Visto che tutti erano impietriti dalla recente scoperta, per Raj non fu difficile tenere il cellulare in mano senza restituirlo e provare a fare qualcosa che potesse aiutarlo a risolvere la situazione: comprendendo che si trattasse di una nipote di Howard, scrisse come risposta: “Che bello, dove siete che vengo a farvi gli auguri di persona?”.

Aveva appena inviato il messaggio, paonazzo, ansioso, sotto lo sguardo attonito di tutti, quando notò la foto della mittente e il suo nome.

Era una ragazza bruna, con dei profondi occhi blu celati da degli occhiali scuri e la pelle chiarissima...

“Ditemi che sto sognando” esclamò poi, con le mani che gli tremavano tanto che gli ci volle uno sforzo immane per non far cadere il cellulare dalle sue mani.

Tutti sembravano troppo timorosi per osare chiedere cosa stesse succedendo, ancora spaventati dal precedente eccesso di urla, tranne Penny che non esitò prima di togliergli il cellulare dalle mani e leggere meglio il tutto.

Scoppiò in una risata vuota, spaventosa, per poi sedersi su una sedia e passarsi le mani tra i capelli, scompigliandoli un bel po’.

“E fu così che Marie ebbe un fratellino!” esclamò, falsamente felice e battendo addirittura le mani.

Raj la guardò, ancora più paonazzo, deglutendo.

“Quindi... Quella del messaggio si chiama Marie? Marie è la figlia...”.

“Giusto, tu eri l’istruttore di Marie! E... Scusami tu ti vedevi con...  sua madre, Amy?” provò a ragionare Bernadette, sentendo di aver dato vita ad una sorta di cena con delitto.

Il suo tono si sforzava di essere carino e comprensivo, quando in realtà le sembrava di non capirci nulla.

Raj la guardò, portandosi le mani nei capelli e respirando affannosamente.

“Sono stato tre mesi con Amy, fino a giugno, ma ci vedevamo solo per... Insomma, non sapevo nulla di lei, ho scoperto del suo matrimonio per caso, quando una ragazza ha trovato la sua carta di identità negli spogliatoi, così l’ho mollata... E ho conosciuto quella che apparentemente è sua figlia e ci ho anche provato con lei, ma mi ha rifiutato!”.

“L’ho sempre detto che Marie ha più giudizio di sua madre, dopotutto è una mia alunna” ironizzò Penny, a cui sembrava di essere finita in una sorta di messa in scena del teatro dell’assurdo.

Prese la bottiglia di vino e iniziò a bere un generoso sorso senza nemmeno versare il tutto nel bicchiere, bevendo direttamente dalla bottiglia. Si pulì le labbra con il polso e rise di nuovo, mentre Bernadette e Howard studiavano la sua reazione senza parole.

“Amica mia, dovresti sapere che il mio tipo ideale deve avere come primo requisito il non avere avuto una relazione con Amy e non averla ingravidata” disse, ironica ma acida allo stesso tempo.

“Penny, dai, Raj sta dando di matto ma credo che il figlio sia di Sheldon!”.

“Che ne sai? Lo ha preso in giro mille volte, mentire sulla paternità non sarà difficile!”.

Mentre discutevano, l’indiano riprese il cellulare e lesse la risposta di Marie.

 

“Stiamo festeggiando al “Living”, venite per il dolce, ci fa piacere!”.

 

Non ragionando, pensò di dover subito affrontare la situazione e approfittò della discussione per svignarsela. Conosceva quel ristorante, era a un paio di chilometri da lì, ci avrebbe messo poco ad arrivare...

“Amico, dove corri?” lo fermò Howard, l’unico che se ne era stato zitto ed immobile fino a quel momento.

Fermò l’istrutture per il braccio e notò quanto fosse sudato e accaldato, con un’espressione alquanto sconvolta.

“Dove pensi che stia andando? A scoprire la verità, no?” sbottò, liberandosi dalla sua presa usando un minimo di forza e percorrendo rapidamente l’ingresso.

“Raj, ragiona, io non credo che il bambino sia tuo e...”.

“Che ne sai?”.

“Senti” provò a fermarlo Howard, mettendosi davanti la porta anche se temeva la forza di quel ragazzo muscoloso e di sicuro abituato a sollevare pesi anche maggiori della sua massa corporea. “Hai detto che tra te ed Amy non c’è stato nulla di serio, era una cosa fisica e l’hai mollata appena hai saputo la verità su di lei, quindi dubito ci siano dei sentimenti in ballo. Se fosse stato tuo ti avrebbe avvisato, no? Sta per rinnovare i voti con il marito, finalmente le cose vanno bene e non credo tu debba sconvolgere le cose! Al massimo tra nove mesi ti mando la foto del bambino e se sarà mulatto beh, faremo due più due...”.

“Ma ti senti quando parli? Sei scemo per caso?” urlò Raj, gli occhi quasi fuori dalle orbite.

“Ehi, sono la prima a dare dell’idiota a mio marito ma per una volta ha ragione, di sicuro Amy te ne avrebbe parlato!” s’intromise Bernadette, che se ne stava alle loro spalle con Penny, la quale si lasciò scappare una risata sarcastica.

“E tu, Penny” aggiunse la microbiologa, voltandosi verso l’amica, “Per favore, evita di fare questi versetti stupidi. Hai il cuore spezzato, sì, Amy ha commesso degli errori, decisamente sì, ma non credo possa ingannare suo marito!”.

“Ma ti senti? Erano sposati e si è fatta mezza Beverly Hills, se non tutta!”.

“Ehi, io sono di Pasadena centro” disse Raj.

Penny socchiuse gli occhi, come per invocare la pazienza che non aveva più, e quando li riaprì si rivoltò verso Bernadette.

“Sul serio, uno più scemo non potevi presentarmelo. Grazie per la serata e la cena, ma penso che per me il divertimento finisca qui” esclamò, tornando rapidamente in cucina per prendere la borsa.

“Ci ho provato almeno” sussurrò l’amica, scrollando le spalle. “Penny” aggiunse, mentre la guardava chiudere la borsa con un’aria alquanto sbattuta, “Io credo che... Per me conosci già un uomo che ti rispetta e ti adora come meriti, apri gli occhi. Non parlo di quello scemo di Raj, ovviamente”.

“Il postino? Sai, mi controlla sempre le tette ed è gentilissimo come non mai” sbottò sarcastica la donna, per poi avviarsi verso l’ingresso. “Non ci provare più a sistemarmi con qualcuno, davvero” aggiunse, per poi spostare Howard dalla porta con un minimo sforzo ed uscendo, senza salutare nessuno.

 

 

La cena era stata deliziosa, proprio come l’atmosfera e l’allegria che aleggiavano al tavolo 11.

Marie non poteva essere più felice nel vedere i suoi genitori ridere e abbracciarsi e avvertire Joseph che le prendeva di nascosto la mano sotto al tavolo per stringerla, come per dirle che lui era lì e non l’avrebbe abbandonata.

Inoltre, l’idea di sapere che la primavera successiva non sarebbe più stata figlia unica la elettrizzava: sperava fosse un maschietto, così ci sarebbero state più possibilità nel farlo appassionare ai film di genere sci-fi e avrebbe potuto giocare ai Lego con lui, anche se una sorellina con queste stesse passioni non era male.

Era triste nel dover tornare ad Harvard, certo, ma sua madre le aveva appena promesso di comprarle un biglietto aereo una volta al mese, così sarebbe tornata in California spesso e avrebbe visto il pancione crescere con i suoi stessi occhi e non solo tramite il monitor di un computer.

“Dovremmo decidere come organizzarci per domenica, mancano solo quattro giorni!” disse la ragazza, mentre  assaggiava la sua deliziosa cheesecake.

Amy annuì mentre masticava un pezzo della sua doppia porzione di torta al cioccolato con glassa fatta di cioccolato bianco.

Sì pulì le labbra con un fazzoletto e le sorrise apertamente. “Ovviamente la mia damigella d’onore sei tu!” esclamò.

Marie esitò, non solo perché quelle due paroline evocavano il triste ricordo di un abito sfarzoso e tacchi dolorosissimi, ma anche perché aveva pensato a quella situazione poco prima e quel ruolo, nella sua mente, era ricoperto da un’altra persona.

“Ti ringrazio, mamma, ma credo tu debba chiederlo a  una persona che lo merita di più, molto di più di me” disse.

“E chi può meritarlo più di mia figlia?”.

“Bernadette”.

La risposta era uscita dalla bocca di Sheldon, il quale rispose con aria di ovvietà.

Amy lo guardò, un po’ stupita, e lui annuì.

“Quando... Insomma, nei momenti difficili Bernadette è sempre stata presente, è venuta con me e Leonard ad Harvard ad accompagnare Marie, le ha fatto compagnia, le ha dato mille consigli, ma soprattuto è riuscita dove io non potevo, preso dal... Momento difficile” spiegò.

Amy deglutì e prese un bel respiro, portandosi una mano alla tempia.

“Che sciocca che sono, non l’ho mai ringraziata! E’ stata lei a farti da madre per tre anni, ricordo quando in palestra mi dicesti che avevate fatto shopping, ti ha convinto ad andare in palestra...” si autocommiserò, posando la forchetta con uno scatto.

“Sono stati dei mesi intensi, è tutto ok” la rassicurò la figlia, sorridendole.

“No! Ero così presa dal volere mettere tutto al suo posto con voi che ho dimenticato il resto e...”.

“AMY!”.

Fu interrotta dal suo nome urlato per tutta la sala, tanto che sobbalzò, spaventata.

Sheldon si guardò intorno, mentre Marie e Joseph si voltarono, giusto in tempo per vedere Raj correre per la sala, seguito da Howard e Bernadette.

“Raj?” dissero in coro madre e figlia, alquanto sconcertate.

“Chi è Raj?” chiesero in coro a loro volta Sheldon e Joseph.

“Un ex di mamma che ci ha provato anche con me” disse Marie, decisa a non creare problemi con Joseph sin dal primo giorno insieme.

“CHE COSA?!” urlò Sheldon, mentre Joseph sembrava tramortito.

“Non è come sembra, è che... Oh, si sta avvicinando!” squittì Amy, scioccata da quell’improvvisa apparizione.

“Amy, sii onesta, il bambino è mio? Potrebbe essere dopotutto, sii sincera, devo saperlo!” urlò l’istruttore, tutto sudato e attirando le occhiate di tutti i tavoli vicini, senza nemmeno salutare.

Sheldon si alzò di scatto ed Amy lo imitò, alquanto sconcertata.

“Come osi interrompere una cena con la mia famiglia? E cosa ne sai tu...?”.

“Era a cena da noi perché volevamo fargli conoscere Penny, ha visto il messaggio che Marie ha inviato a Howard e... Insomma, smentisci così si dà pace” spiegò Bernadette, a disagio per quella figuraccia che stavano facendo con il resto del ristorante.

“Qualcuno mi spiega...?” sbottò Sheldon, alquanto irritato. “Cioè, mia figlia ha detto che ci hai provato anche con lei!”.

“Calma, bello, non sapevo che fossero madre e figlia! Sono stato con Amy da marzo a giugno e...”.

“Gli ho mentito, non gli ho detto di essere sposata e di avere una figlia, Marie ci ha visti e quando ha trovato la mia carta d’identità nello spogliatoio l’ha fatta recapitare a Raj che, scoperto tutto, mi ha mollata ed è scomparso, salvo poi fare lo scemo con Marie prima ad una festa e poi in palestra. Marie si è sentita in colpa, è venuta da me, mi ha detto tutto e ci siamo chiarite” riassunse Amy rapidamente. “Il figlio non è tuo, Raj! Sono più di due mesi che non ti vedo e sono incinta di mio marito,  di sole cinque settimane. Ora vattene!”.

“Come posso crederti? Mi hai già mentito una volta...”.

Amy rise, sprezzante, guardandolo male, mentre Sheldon sembrava indeciso sul da farsi. Guardava Marie, poi Raj poi sua moglie, chiedendosi il perché di quelle informazioni nascoste.

“Scusami, hai saputo che ho una figlia e sei scappato, vuoi dirmi che anche se il bambino fosse tuo cambierebbe qualcosa?” lo sfidò, puntandogli l’indice destro contro.

“Ma che c’entra, io...”.

“C’entra, idiota! Hai una bella faccia tosta a correre qui dopo ciò che hai fatto! Per tua informazione...”, rovistò nella borsa e ne estrasse dei documenti,  quelli che le aveva dato la sua dottoressa quella mattina, “Qui c’è scritto tutto.  Il figlio è di mio marito, tu non c’entri nulla”.

Raj prese il foglio e lesse le varie informazioni che in effetti confermavano ciò che Amy aveva detto. Cinque settimane prima lui era in Europa, a Parigi, impegnato con circa tre francesi diverse e a bere spumante scadente tutte le sere.

“Ok. Dovevo essere certo... Insomma, tu mi avevi detto di aver smesso con la pillola e magari...”.

“Ok, basta parlare della situazione intima di mia moglie, ti dispiace?” sbottò Sheldon. “L’hai lasciata quando hai saputo che era una madre, credevi non fosse adatta ad un idiota come te? E hai anche osato provarci con mia figlia! Non ho mai fatto una cosa del genere ma...” senza rifletterci gli diede un pugno, dritto sul naso, anche se gli costò decisamente fin troppo dolore alla mano.

“Ahia! Ma sei pazzo? Sono un istruttore, potrei ridurre la tua faccia rinsecchita in polpette in tre secondi!” urlò Raj, le mani sul naso, anche se per fortuna la forza del fisico teorico era pochissima.

“E io sono un fisico teorico, potrei...”.

“Amico, insomma, sappiamo tutti che ti metterebbe k.o.! Basta! Piantatela, Amy è incinta, il figlio è di Sheldon e quindi non hai più motivo di stare qui!” s’intromise Howard, frapponendosi coraggiosamente tra i due.

Ancora con le mani sul naso, Raj guardò Sheldon con un’occhiata torva, prima di annuire.

“Allora... Addio. Marie, penso tu abbia capito che non mi interessavi sul serio ma avevo voglia di fare qualcosa di leggero con una teenager...”.

“Sappi che sta per arrivarti un altro pugno e non sarà leggero!” urlò Joseph, sorpassando Marie e usando tutto il suo coraggio per non correre ai ripari di fronte ad un uomo muscoloso ed allenato.

“Ah, immagino sia il tuo ragazzo. Ho capito, volevo solo essere chiaro. Ciao, vado a brindare al fatto di non diventare padre” disse infine, voltandosi verso Howard e Bernadette. “Dite a quella Penny che mi sembra nevrotica e che non voglio rivederla”.

“Non ce ne sarà bisogno, mi ha detto che sei un idiota e non vuole rivederti. Ora vattene” gli impose la microbiologa, indicandogli l’uscita con aria categorica.

Raj sospirò ed uscì, optando per il silenzio, lasciando il gruppetto di amici in pace.

“Ragazzi, mi dispiace, ma è stata una coincidenza, non ne sapevamo nulla...” disse l’ingegnere, mortificato per quel siparietto.

“Perché io non ne sapevo nulla?” sbottò Sheldon.

Era assurdo, gli sembrava che tutto fosse finalmente al suo posto e poi tornava un ex di sua moglie a rovinare tutto, ricordandogli le avventure passate della donna.

“Mi avevi detto di non voler sapere i nomi dei ragazzi con cui sono uscita, ricordi?” disse Amy, spaventata perché temeva una lite.

“Sì, ma questo era importante, cioè, è anche a causa sua che tu e Marie vi siete chiarite! E lui ha osato fare lo scemo con mia figlia!” aggiunse, stringendo i pugni.

“Potrebbe consolarti sapere che l’ho gettato in piscina, alla festa della palestra?” chiese Marie.

“No, tanto di sicuro sa nuotare” sbottò Joseph, indignato quanto Sheldon.

“Ehi, scusate, ma voi due... Insomma, vi vedo... Vicini...” li interruppe Howard, improvvisamente curioso.

Marie sorrise e, senza dire nulla, abbracciò colui che considerava uno zio a tutti gli effetti.

“Stiamo insieme, quest’anno il regalo più bello è stato il tuo, oltre il fratello che pare sia stato concepito proprio durante la festa” disse, ridacchiando.

“Ne sono felice, Marie, mi sembra ok. Insomma, ho chattato con lui prima della festa e non mi ha chiesto nemmeno una volta un selfie senza intimo”.

Mentre parlavano, Amy vide suo marito allontanarsi ed andare verso l’uscita.

Poteva comprenderlo, dopotutto, lei si era logorata l’anima quando aveva saputo di Penny...  Così decise di concedergli qualche minuto e si avvicinò a Bernadette, invitando lei e il marito a sedersi e offrendo loro da bere e il dessert.

“E Sheldon...?” chiese l’amica, preoccupata, guardando verso l’uscita.

“Voglio lasciarlo in santa pace per un po’, non sono nella posizione di assillarlo. Senti, volevo dirti una cosa” aggiunse, schiarendosi la voce.

“Dimmi”.

Amy sorrise in direzione della bionda e le accarezzò il braccio con dolcezza, mentre Howard e i ragazzi ridacchiavano tra loro.

“Volevo ringraziarti. Ti sei sempre presa cura di Marie, mi hai aperto gli occhi tante volte  e come una stupida non ti ho mai detto nulla. Sei stata una mamma per lei, più presente di me negli ultimi anni e... Sarei onorata di averti come damigella d’onore domenica, quando rinnoveremo i voti. Quando ci siamo sposati non ci conoscevamo ancora, ma di certo saresti stata una damigella migliore di Missy” disse la donna, sperando di riuscire a far comprendere sul serio la sua gratitudine verso quella donnina dalla voce un pochino stridula ma che aveva un cuore d’oro. “Ti sei anche presa cura di Penny dopo che Sheldon le ha spezzato il cuore a causa mia, davvero, non so come ricambiare!”.

Bernadette sorrise e, come faceva sempre nei momenti più particolari, si aggiustò gli occhiali sul naso e guardò l’amica.

“L’ho fatto con il cuore, Marie è una ragazza fantastica e dopotutto l’hai cresciuta tu, io le sono solo stata vicino ma anche lei è stata importante per me... Ha un po’ sostituito quell’amica che ho un po’ perso di vista perché aveva alcune questioni irrisolte con se stessa” disse.

“Quell’amica se ne è pentita, ma è meglio che tu non l’abbia vista in certi momenti, triste, ubriaca e sola in un pub mentre fingeva anche fino a dieci anni in meno”.

“Ti avrei supportato, davvero. Promettimi che non ti vergognerai più di te stessa”.

Amy annuì e la abbracciò con calore, stringendola forte.

“E comunque ovvio che voglio essere la tua damigella d’onore!” aggiunse Bernadette, entusiasta.

“Per ringraziarti domani andiamo nella boutique più chic e ti compro l’abito più bello”.

Bernadette rise, sentendo che finalmente poteva dire di avere al suo fianco una delle sue amiche più care, dopo qualche anno di assenza.

 

 

Quando Penny tornò a casa, vide che Leonard se ne stava seduto con la schiena contro la porta del suo appartamento, lo sguardo vago e l’aria un po’ arrabbiata.

Era stato sul terrazzo per godersi un po’ d’aria fresca, poi, una volta tornato, non aveva voglia di entrare in casa e ritrovarsi da solo, visto che aveva ricevuto il messaggio di Marie e sapeva che il suo migliore amico a breve se ne sarebbe andato di casa per tornare a vivere a tutti gli effetti con sua moglie.

“Sei tornata... Da sola...” osservò, mutando l’espressione che divenne incredula.

La donna lo guardò e, senza fare domande, prese posto di fronte a lui.

“Era un idiota.  Amy è incinta” aggiunse.

Leonard annuì, passandosi una mano tra i capelli.

“Ho ricevuto un messaggio da Marie mentre stavo tornando qui”.

“La cosa buffa è che Howard ha ricevuto una foto dei piccioncini con tanto di bella notizia, io e Raj abbiamo letto il tutto e si è scoperto che Raj è un ex amante di Amy che teme di essere il padre del bambino. Cioè, ogni uomo qui sembra aver fatto sesso con quella donna!” esclamò la bionda, con una risata sarcastica.

“Io no, se può consolarti” disse Leonard, scrollando le spalle. “Comunque... Non lo negherò, sono felice per il mio amico, Marie ha sempre voluto un fratellino, ma mi dispiace vederti così, deve essere orribile”.

Penny incrociò le gambe e si torturò le mani, guardando altrove per non incrociare lo sguardo dell’uomo di fronte a lei.

“Meglio così, voglio dire, non ci penserò più, è un segno del destino. Sono stufa, non voglio più perdere bei momenti della mia vita per uno scemo che mi ha tradito. Mi sembra che mi stia sfuggendo qualcosa di bello, non lo so, come se ci fosse qualcosa ad aspettarmi ed io non me ne stia rendendo conto a causa dell’amarezza che mi ha causato la precedente relazione” esclamò. “Bernadette mi ha detto che c’è un uomo che mi rispetta e mi vuole bene e che non me ne rendo conto” aggiunse.

Leonard quasi si strozzò con la sua saliva udendo quelle parole, così la guardò, allarmato.

“Hai... Hai qualche idea?” domandò, sentendo improvvisamente la gola arida.

“Il postino?” ironizzò la ragazza, decidendosi finalmente a guardarlo in faccia. “Seriamente, ho qualche collega all’università ma a stento conosco i loro nomi, ultimamente sto passando il mio tempo solo con t...e...”.

Penny trattenne il fiato, come chi riesce a risolvere un indovinello difficile dopo tanto tempo, e guardò la reazione di Leonard, che sembrava tramortito.

Abbassò lo sguardo, a disagio, cosa che faceva sempre, ogni volta che veniva rifiutato.

Era quello il suo problema, credeva di essere sempre l’ultima scelta, tanto da non provare più nemmeno ad essere felice e a buttarsi in una situazione.

Pensò ad Howard, che non credeva di avere chances con la sua attuale moglie eppure era riuscito a conquistarla, a tutti i suoi amici che si gettavano in nuove relazioni senza pensarci... Mentre lui rimaneva così, immobile, con tanti ripensamenti e rimorsi, anno dopo anno.

Cosa aveva da perdere? Doveva togliersi il dubbio, accidenti, essere amico all’infinito di quella donna lo avrebbe logorato.

Non riusciva a dire nulla, in preda al panico, così provò ad agire, seppur lentamente.

Avrebbe agito poco a poco, così lei avrebbe avuto il tempo di allontanarsi se avesse voluto.

Si mise a gattoni, gattonando verso di lei, fino a ritrovarsi faccia a faccia con la donna che da più di due mesi occupava i suoi pensieri.

Penny era immobile, come una statua, sembrava semplicemente un po’ sorpresa ma non spaventata.

Aveva l’opportunità di allontanarsi, invece non lo aveva ancora fatto, così, lentamente, Leonard appoggiò le labbra sulle sue e, con sua grande sorpresa, non fu respinto.

Rimasero così, lui in ginocchio, lei con le gambe incrociate, fuori i loro appartamenti, intrappolati in un bacio timido che li tenne uniti per qualche minuto.

Quando Leonard si separò, le sorrise.

“Ci sei arrivata, sono... Io. Ma non pretendo nulla, so che pensi ancora a Sheldon e...”.

“Nessuno aveva messo al primo posto me e i miei sentimenti, Leonard” osservò lei, incredula.

Gli poggiò le mani sul viso e gli sorrise.

La guardava in un modo nuovo, come se fosse qualcosa di raro e prezioso, e analizzò l’ultimo mese trascorso in sua compagnia.

Era stato difficile, sì, ma grazie a lui aveva anche sorriso e aveva trovato una persona che la comprendeva ad occhi chiusi.

“C’è sempre una prima volta, immagino, anche quando non si è più ragazzini” mormorò Leonard, ancora incredulo per non essere stato respinto.

Lei annuì, sorridendogli. “Nessuno mi ha mai guardato come mi stai guardando tu. E’ una bella sensazione” ammise, per poi inginocchiarsi a sua volta e appogiarsi al suo petto, lasciandosi abbracciare con dolcezza.

 

 

Quando Sheldon uscì dal bagno e si avvicinò al letto che da ormai una settimana era tornato a condividere con Amy, nell’appartamento di lei, notò un foglio sul cuscino.

“Cos’è?” domandò, prendendolo e mostrandolo alla donna che se ne stava seduta a leggere un romanzo.

“La lista degli uomini con cui sono stata durante la nostra pausa. Avrei dovuto dirti di Raj visto che è stato a causa sua che io e Marie abbiamo parlato, hai ragione, ma sono successe tante cose... Non te l’ho nascosto, semplicemente non è venuto fuori. Ero così presa da ciò che è successo tra noi che ho smesso di pensare al passato” spiegò la donna, sperando di riuscire ad essere compresa. “Forse suonerà stupido, ma quando ho compreso di voler tornare con te tutto il resto è scomparso, anche perché non ha mai avuto importanza! Ora che stiamo per iniziare di nuovo e ufficialmente una vita insieme con un un altro bambino in arrivo, voglio che non ci siano più drammi o problemi tra noi. Puoi chiedermi ciò che vuoi e sarò onesta” disse, posando il libro sul comodino e guardando l’uomo al suo fianco.

Sheldon guardò la lista, esitante, per poi posare lo sguardo su Amy.

“Sono uscito dal ristorante solo per metabolizzare tutto. Un conto è sapere delle tue relazioni, un conto è vederne la prova davanti ai miei occhi, mentre stiamo festeggiando. Mi ha fatto pensare... Beh, e se uno di loro si presenta domenica o in qualsiasi altro giorno? E... Non mi odiare, io mi fido di te, ma mi sono chiesto cosa avrei fatto se il bambino fosse stato di quel tipo” disse lentamente, dando voce ai suoi pensieri.

Temeva la reazione della sua donna, che per fortuna non fu eccessiva o piena di collera.

Infatti,  Amy annuì e si morse lievemente il labbro inferiore.

“Lo comprendo, sul serio, visto che so cosa significa dal momento in cui ho visto te e Penny insieme e non era affatto bello. Comprendo tutto, voglio che tu sia sicuro del rinnovo dei voti, questa volta siamo adulti, non abbiamo dei genitori che ci guardano male perché abbiamo un figlio e abbiamo tutto il tempo del mondo. Se non te la senti, rimandiamo, davvero. Ho deciso che domani andremo dalla dottoressa per la prima ecografia, che dici?”.

“Amy, ti credo, non ho bisogno della dottoressa per sapere che si tratta di mio figlio!”.

Amy sorrise, togliendosi una ciocca di capelli dalla spalla.

“Lo so, è che sono ansiosa di vederlo e non puoi mancare alla prima ecografia, anche se si tratterà di vedere un puntino di pochi millimetri” esclamò, improvvisamente eccitata, portandosi una mano sul grembo.

Vedendola così raggiante ed entusiasta, Sheldon comprese che era davvero tutto ok, tra loro e in generale; Amy era sul serio al settimo cielo, sembrava aver superato le paure e tutto ciò che l’avevano fatta allontanare visto che il pensiero di essere di nuovo mamma la mandava in estasi e lui sapeva che qualsiasi Raj non avrebbe potuto competere con lui.

“Certo che verrò, non me lo perderei per nulla al mondo. Sarà bello vedere la dottoressa che non ci scambia per i figli di tua madre, siamo grandi ormai, possiamo passare per genitori” ironizzò.

La donna rise di cuore e si accoccolò contro il suo petto, mentre lo vedeva aprire la lista una volta per tutte.

“Uhm. Sei nomi, credevo di peggio, e il primo risale a un anno dopo che te ne sei andata. Entrambi abbiamo avuto un numero di amanti di una sola cifra, dai” provò ad ironizzare, nonostante avesse voluto ammazzare quei tipi con la telecinesi, visto che quella sera era servita a dimostrare che con la forza fisica non era un granché.

“Il più grande tra loro era James, aveva trentuno anni e gli avevo detto di averne ventisette. Ci credevano tutti,  è assurdo! Ero lusingata, ma quando tornavo a casa... Fidati, non voglio più sentirmi così, quella non ero io” continuò la sua invettiva Amy, come se non fosse sicura di essersi scusata del tutto.

“E’ tutto ok, questo è il tuo passato, ora dobbiamo solo pensare al presente, intesi? Sul serio, questa sera ci è servita per fare ulteriore chiarezza, ma ora basta, domenica rinnoviamo i voti,  domani vedremo il bambino per la prima volta e sono sicuro che andrà tutto bene” dichiarò Sheldon, appoggiando lievemente la mano sul grembo della donna.

“Ok”.

Amy lo baciò dolcemente, poi la sua espressione sembrò di nuovo preoccupata.

“Penny ha saputo di noi e della gravidanza” disse poi.

“L’ho sentito...” sussurrò Sheldon. “Spero si senta meglio, il pensiero di farla soffrire mi tortura ancora, sono stato un uomo orribile con lei” rivelò.

“Potresti dirglielo e controllare, magari apprezzerà” tentò Amy, che a sua volta odiava essere la donna che aveva strappato la felicità a un’altra.

“Chiederò a Leonard e se le cose vanno meglio le parlerò” stabilì Shedon. “Non lo ringrazierò mai abbastanza per essersi preso cura di lei...”.

“Lo sai che è cotta di lei, su, non sarà stato un sacrificio!” ironizzò Amy.

Risero entrambi, pensando a un futuro in cui Leonard riusciva a mettersi con Penny e il loro bambino scopriva che tecnicamente il suo papà stava ancora con zia Penny quando era stato concepito.

 

 

“... Quindi grazie a tutti per aver seguito le mie lezioni, siete stati grandiosi, avete superato l’ultimo test brillantemente. Non mi piace fare differenze, lo sapete, ma volevo fare le mie congratulazioni a Marie Cooper per i suoi continui interventi e per il voto finale, visto che non ha sbagliato nulla nell’ultimo test. Nell’ultimo mese ho avuto dei problemi personali e spesso, quando ero un po’ con la testa altrove, come avrete visto, l’ho chiamata alla cattedra per spiegare delle nozioni che tecnicamente tutti avreste dovuto sapere ma che a qualcuno sfuggivano. Senza saperlo, mi ha fatto da assistente. Grazie, Marie, dopo c’è questa pergamena che ti spetta” disse Penny, due giorni dopo.

Era venerdì, l’ultima lezione del corso con grande sorpresa di tutti perché Penny, poche ore prima, era stata nominata insegnante ufficiale di Chimica Nucleare e doveva subito iniziare a lavorare ai programmi del nuovo anno accademico.

Lo aveva annunciato a inizio lezione e aveva già guadagnato i primi iscritti grazie agli studenti di Chimica della Caltech.

Marie, sorpresa, sorrise in sua direzione, mentre tutta la classe si voltava a squadrarla.

Era vero, spesso era stata interrogata alla cattedra con domande specifiche e fuori programma, ma credeva che fosse una sorta di vendetta per ciò che era successo con suo padre, non una richiesta di aiuto.

“E’ stato un piacere, professoressa, la ringrazio” disse quindi, lusingata ma non tanto sorpresa visto che sapeva dalla prima lezione di essere la prima della classe.

La campanella suonò pochi istanti dopo, così tutti raccattarono le proprie cose e salutarono brevemente la giovane insegnante, mentre, come al solito, Marie si attardava perché doveva mettere in ordine di colore tutte le penne.

“Ti aiuto, ormai te l’ho visto fare decine di volte” le venne in soccorso Penny, prendendo una penna.

“Ehm, scusami ma non serve se lo fanno gli altri, devo farlo io, ma grazie per il pensiero” disse Marie, prendendo la penna e mettendola al suo posto.

Penny rise, pensando che Marie sembrava sempre la stessa di giugno, solo che aveva qualche problema in meno.

“Grazie per le tue parole, non me le aspettavo” aggiunse, sistemando le ultime.

“Erano sincere. Inoltre, senza di te, tutto questo non ci sarebbe stato. Mi hai fatto raggiungere il numero sufficiente di iscritti e ora ho un lavoro fisso!” esclamò gioiosa la chimica, sorridendo.

Marie posò l’astuccio in borsa e sorrise a sua volta.

“E’ bello vederti così, davvero. Non ne abbiamo parlato ma volevo dirti che mi dispiace per ciò che papà ha fatto e...”.

“E’ tutto ok” la fermò la donna, sincera. “Ci sono rimasta male ma mi sono data anche della stupida, qualche segnale c’era solo che ero troppo felice e non volevo rovinare nulla. Ho saputo della gravidanza di tua madre” aggiunse.

La ragazza annuì, prendendo la borsa e mettendola in spalla.

“Sono felice, sarà bello avere qualcuno da coccolare e a cui far vedere tutti i film di Star Trek”.

“Ho visto anche che hai un fidanzatino, quel ragazzo della festa...”.

Marie arrossì, annuendo, proprio mentre si mettevano in marcia verso il corridoio.

“Sono felice” disse semplicemente. “Spero lo sia anche tu”.

Penny si lasciò scappare un sorriso enigmatico e circondò le spalle dell’alunna con le braccia, come per abbracciarla.

“Forse lo sarò presto, chissà!”.

 

 

Era tutto pronto.

Quella domenica, tutti i parenti e gli amici più stretti di Sheldon ed Amy erano a River’s Beach per la cerimonia di conferma dei voti.

Avevano scelta di far avere quella spiaggia come luogo perché era il posto in cui tutto era ufficialmente iniziato di nuovo pochi giorni prima, così avevano fatto radunare tutti davanti a un semplice palchetto adornato con rose color pesca su cui c’era Padre Francis, colui che li aveva uniti in matrimonio diciassette anni prima.

Ad insistere era stata Mary, che aveva accettato la cerimonia in spiaggia solo perché era una conferma dei voti e non un vero matrimonio, ma il prezzo da pagare c’era stato comunque visto che gli sposi erano stato costretti a confessarsi per ciò che avevano fatto nel periodo di separazione.

Nessuno sapeva della gravidanza, era troppo presto ed era stato deciso di dirlo dopo il primo trimestre, anche perché probabilmente tutti avrebbero pensato la stessa cosa del “Primo” matrimonio: che questo passo fosse causato solo dalla gravidanza e non dall’amore.

Amy fece il suo ingresso in spiaggia dopo Bernadette e Marie, entrambe splendenti con degli abiti pesca che richiamavano le rose del palchetto, e indossava un semplice tailleur bianco con i capelli raccolti in uno chignon.

Leonard, testimone di Sheldon, li guardava con gioia, consapevole del bellissimo nuovo inizio per i suoi amici, mentre Howard era seduto in prima fila a destra, la stessa occupata dalle madri della coppia.

La cerimonia iniziò con calma, l’emozione si percepiva a tonnellate, e quando fu il momento del rinnovo dei voti cadde un silenzio così profondo che tutte le zie con problemi di udito non avrebbero avuto problemi a sentire il tutto per bene.

“Sheldon” iniziò Amy, “Se siamo qui oggi è a causa di un mio momento di debolezza durato ben tre anni. Vorrei non fosse mai accaduto, ma ammetto anche che tutto ciò mi è servito per capire cosa mi stavo perdendo. Sei un uomo eccezionale, un marito pronto a tutto per la sua famiglia, un padre che farebbe di tutto per i suoi figli, ed io sono la donna più fortunata del mondo ad averti conosciuto, amato, sposato. Ho pensato a cosa prometterti e sono giunta alla conclusione che... Beh, sarò sempre sincera e resterò al tuo fianco, sempre, in ogni momento. Ho sempre avuto i miei dubbi da scienziata, sai, ma spero che ci sia sul serio l’aldilà per continuare a stare con te in eterno” disse, sforzandosi di non far tremare la voce per l’emozione.

Sheldon sembrava sopraffatto dall’emozione a sua volta mentre riceveva di nuovo l’anello nuziale, così si schiarì la voce e guardò Marie prima di fissare gli occhi di Amy e perdercisi dentro. “Amy... Stare lontano da te è la cosa più difficile che mi sia mai successa, quindi spero semplicemente che continueremo a stare insieme senza separarci, come due molecole di idrogeno e ossigeno che sembrano minuscole, eppure riescono a dare luogo a quello spettacolo della natura che abbiamo alla nostra destra” disse, indicando l’oceano con il capo. “Prometto di amarti e sostenerti per sempre, oltre che di insistere e chiederti il perché di qualsiasi atteggiamento, cosa che non ho fatto tre anni fa. Siamo adulti ed è ora di vivere la nostra vita come vogliamo e con chi amiamo, senza riserve”.

Infilò l’anello al dito della donna e a stento sentì Padre Francis dire le ultime parole previste dal rito, preso com’era dall’emozione.

Nel giro di pochi minuti, lui e Amy erano abbracciati con un enorme applauso in sottofondo, con Marie che esultava come se stesse a una partita di calcio e Joseph che rideva come un matto al suo fianco.

Erano una famiglia un po’ strana, sì, ma pur sempre una famiglia.

 

 

Una volta fuori l’uscio della loro casa – che per il momento sarebbe stato l’appartamento di Amy – Sheldon non esitò a prendere sua moglie in braccio, seppur con qualche sforzo.

Sorpresa, lei si aggrappò al suo collo, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso.

“Quando ci siamo sposati ti sei rifiutato di farlo, eppure pesavo circa dieci chili in meno” ricordò la donna, un po’ sorpresa, mentre lo guardava darsi da fare per aprire la porta.

“Diciamo che ora inizia la versione 2.0 del nostro matrimonio dopo un periodo di prova e voglio fare tutto come si deve. Ho capito che ci sono cose che si devono fare anche se magari non le adoriamo e oggi ho voluto rispettare la tradizione” spiegò, cercando di mostrarsi disinvolto anche se si notava che quel pensiero gli fosse costato un bel po’ di fatica.

“Ho il marito migliore del mondo” rispose Amy, che ancora non credeva che da quel momento tutto sarebbe iniziato di nuovo.

Si accoccolò sul petto, finché non giunsero fino alla loro camera e lui l’appoggiò delicatamente sul letto, cercando di non mostrarsi provato dall’impresa.

“Vieni” esclamò lei, indicando il posto al suo fianco.

“Sì, dammi un secondo, mi tolgo la cravatta, è fastidiosissima”.

Amy sorrise nel vederlo impegnato per togliersi l’accessorio, pensando a tutte le volte in cui lo vedeva cinguettare con Penny quando avrebbe voluto solo abbracciarlo e averlo tutto per sé.

“Fai con calma, uno spogliarello è ciò che mi ci vuole” ridacchiò, facendogli l’occhiolino mentre si toglieva quelle fastidiose scarpe con il tacco.

Imbarazzato, l’uomo abbassò lo sguardo: dopotutto non erano mai stati quel tipo di coppia che ha il tempo di stuzzicarsi con giochini e cose simili, troppo presi dal crescere una figlia.

Forse quella era l’occasione per essere ciò che non avevano avuto il modo di essere prima, di sperimentare e non avere vergogna di nulla.

Così, si tolse anche la camicia e la vide togliersi la giacca.

“Ciao, sexy” lo apostrofò.

Con una dinamica a loro ignota, si ritrovarono subito stretti l’uno all’altra, le labbra unite e le mani che si cercavano.

Non si ritrovavano in una situazione così intima dal compleanno di Marie, visto che avevano deciso di essere razionali e non lasciare che il loro rapporto fisico potesse condizionarli.

Le mani di Amy erano già impegnate a slacciare la cintura dei pantaloni mentre la sua bocca era localizzata tra il collo e l’orecchio destro quando lui la fermò, seppur controvoglia.

“Amy, non possiamo, voglio dire, il bambino...”.

“Certo che possiamo! Sei uno scienziato, lo sai che non succede nulla...”.

“Lo so ma, insomma...”.

Amy si separò da lui, si tolse il top elegante e la gonna, fino a ritrovarsi inginocchiata di fronte a lui.

“Tesoro, sono in quella fase in cui la mia pancia non sa di essere incinta mentre il mio seno sì. Ti ricordo che prima di sapere di Marie ci abbiamo dato dentro di brutto eppure non è successo nulla! Tra nove mesi avremo un altro bambino e avremo altri pensieri per la testa, quindi, per favore, approfittiamone!” lo supplicò, accarezzandogli il volto con dolcezza.

Sheldon sorrise, piegando la testa di lato come per intrappolare la mano della donna e non farla andare via.

“Tu che mi supplichi di avere un coito, torniamo alle origini?” la prese in giro, per poi appoggiare una mano sul suo petto e scendere, accarezzandole il seno un po’ ingrossato dalla gravidanza fino ad arrivare ai fianchi.

“Siamo sempre noi, amore, alla fine quei due sedicenni pazzi l’uno dell’altra non ci abbandoneranno mai” gli ricordò, sospirando un po’ più rapidamente a causa del tocco gentile ma carico di desiderio del marito.

“Per sempre”.

“Per sempre”.

Quella volta non ci sarebbe stata nessuna crisi a separarli, avrebbero affrontato qualunque cosa confrontandosi e continuando a crescere inisieme, passo passo, gioia dopo gioia.

 

Epilogo

 

“Sai qual è l’unica pecca di uscire con te, Marie?”.

“Quale?!”.

“Tuo padre. Ha creato un personalissimo seminario online in cui mi illustra cosa potrebbe succedermi se osassi andare oltre con te, aggiungendo informazioni inquietanti riguardo le malattie veneree e le gravidanze inaspettate”.

“E ignoralo!”.

“Non posso, lui vedrà se non lo vedo, devo comunque azionare il video e la sua voce si estende per tutta la casa... Non so perché non posso nemmeno azzerare il volume!”.

Marie rise e si stese al fianco di Joseph, nella vecchia stanza di suo padre, quella della casa che aveva condiviso con Leonard.

Erano ormai giunte le vacanze di Pasqua e il loro compito era quello di preparare qualcosa per cena, però era presto e la giovane coppia voleva godersi qualche momento senza genitori opprimenti e madri incinte con voglie di cibo assurde e piedi gonfi e doloranti.

“Se papà sapesse cosa abbiamo fatto Harvard a San Valentino...”.

“Mi ammazzerebbe di sicuro!”.

“Lo so, dopotutto hai osato toccare la cosa che più ama al mondo”.

“Sì ma dovrebbe capire che non è di sua proprietà”.

“E’ che ci è affezionato, è la persona più importante per lui, no?”.

“Vorrei poterne parlare con lui a cena, stasera...”.

“Ma sei scemo? Ti ammazzerebbe!”.

“E perché? Cioè, prima mi tolgo il peso, meglio è!”.

“Ma se la prenderebbe con me!”.

“Tu eri d’accordo, anzi, sei stata tu a mettere in mezzo l’argomento...”.

“Mi avevi promesso che non ne avresti parlato con nessuno!”.

“Ma Howard e Leonard lo sanno!”.

“Cosa? Hai osato dire loro che hai interpretato Spock in un’adattamento teatrale di Star Trek?!”.

Joseph annuì, fiero del ricordo di qualche mese prima in cui, spinto dalla fidanzata, aveva preso parte al club di teatro dell’università.

“Certo! E che sei stata tu a suggerirmelo, ovvio”.

“Papà mi ammazzerà per non averglielo detto, avrebbe preso l’aereo di corsa per venire a vederti e criticarti anche se per fortuna c’era la scusa di mamma super incinta”.

“Passando all’altro discorso...” cambiò argomento Joseph, stringendosi di più a Marie e lasciandole una scia di baci sul collo. “Non mi lascerò intimidire dai seminari di tuo padre, quando sarai pronta io sono qui”.

“Lo sai che sono pronta” mormorò Marie, chiudendo gli occhi e beandosi dei baci del suo ragazzo. “E’ che nessun momento sembra giusto, non abbiamo un attimo di tregua...”.

“Ora siamo soli...”.

Marie non obiettò, baciandolo con slancio fino a ritrovarsi a cavalcioni su di lui.

“Ti amo, Marie” sussurrò Joseph, che le aveva rivelato i suoi sentimenti mesi prima, il giorno di Natale.

“Ti amo anche io, Joseph”.

Era bello sentirsi amata e desiderata da un ragazzo così speciale, tanto che non fu difficile dimenticare il resto del mondo e lasciarsi stringere, finché un’insistente vibrazione non li fece sussultare.

Marie sbuffò, ancora a cavalcioni sul ragazzo, e gli mostrò il display del cellulare con aria annoiata.

“Tuo padre, ovviamente. Non è che ha una telecamera in questa stanza?” sbottò il ragazzo, frustrato, guardandosi attorno.

“Non ne sarei sorpresa... Pronto, papà? COSA?”.

Marie quasi cadde dal letto, riuscì a rimanere stabile solo grazie alla presa di Joseph, il quale la vide fare dei movimenti buffi per riuscire ad alzarsi.

“Certo, certo, corriamo subito!”.

La ragazza staccò la chiamata e prese un respiro profondo, mentre si faceva aria con la mano.

“Marie...?”.

“Mamma sta partorendo, è in travaglio! Il piccolo si è anticipato! E’ proprio un Cooper, è precoce in tutto!” esclamò la ragazza, iniziando a camminare per la stanza con aria nervosa.

“Tranquilla, andrà tutto bene, ora ti accompagno!”.

“Avrò un fratello! E... E non lo vedrò tutti i giorni!”.

Joseph si avvicinò alla sua fidanzata e le cirondò le spalle con le braccia per calmarla, sorridendole con fare rassicurante.

“Una cosa per volta, facciamolo nascere e poi affrontiamo il resto!”.

Così, rapidamente, corse a prendere la borsa a tracolla della ragazza e un bicchiere d’acqua per farla calmare, per poi scortarla in soggiorno e farla sedere sul divano, mentre le porgeva l’oggetto.

“Grazie” biascicò lei, prendendo un bel respiro. “E’ che ho quasi venti anni, ho trascorso la mia vita da figlia unica, quindi sapere di avere un fratello mi riempie di pressione. Sarò brava?” domandò, prima di bere un sorso.

“Certo che sì! Già ti ci vedo mentre gli leggi le storie per farlo dormire, gli canti Soffice Kitty quando è malato... Tra meno di due mesi l’anno accademico finirà e potrai stare con lui per tutta l’estate” la rassicurò, sorridendole.

Marie si perse in un’espressione sognante al solo pensiero e si lasciò contagiare dal sorriso, stava per ribattere quando la porta si aprì con uno scatto, rivelando Penny e Leonard o, come li chiamavano tutti, i Lenny, che da ottobre facevano coppia fissa e inondavano Facebook, Istagram, Twitter e tutti gli altri social di foto romantiche e aforismi diabetici.

“Oh, ci siete solo voi” esclamò Penny, delusa. “Credevo ci fossero tutti per la cena...”.

Marie scosse il capo. “No, Penny, vedi...”.

“Va bene, chi se ne frega, lo devo urlare! Leonard mi ha chiesto di sposarlo, siamo fidanzati ufficialmente!” esclamò la chimica, mostrando un bellissimo anello super luminoso e agitando la mano con fare quasi vittorioso.

Leonard annuì con un sorriso a trentadue denti, raggiungendo la fidanzata e circondandole la vita con le braccia.

“Senza volerlo avevi ragione l’anno scorso Marie, riguardo il trovarmi qualcuna e venire alle mie nozze questa estate. E non ho nemmeno dovuto nasconderle i miei mille problemi come l’asma, vi rendete conto?”.

Marie e Joseph dimenticarono per un istante la questione del parto, persi a guardare la coppia di fronte a loro.

I due uscivano insieme da soli otto mesi eppure sembravano conoscersi e amarsi da una vita, vista la complicità che li univa.

Entrambi avevano sofferto molto perché non erano mai stati compresi alla perfezione da nessuno, finché non si erano incontrati e dopo un po’ avevano iniziato a trascorrere del tempo insieme.

Marie ricordava ancora i numerosi messaggi del suo zio acquisito, che a settembre aveva trovato il coraggio di invitare Penny ad uscire e con grande sorpresa aveva notato che la questione con Sheldon si poteva definire ormai archiviata.

“Siete bellissimi, congratulazioni!” esclamò Marie, alzandosi e abbracciandoli.

“Grazie! Non vedo l’ora di dirlo a tutti... E dobbiamo fare un post al riguardo su Facebook! Ci scatti una foto?”.

Penny era troppo, troppo su di giri, i suoi capelli sembravano quasi elettrici, così la ragazza annuì e obbedì, scattando una foto in cui i due si baciavano e la mano con l’anello era in bella mostra, impegnata a stringere il viso dell’uomo.

“Ora, scusatemi, non voglio rubarvi la scena ma...”.

“Cosa? E’ successo qualcosa?”.

Marie annuì, con aria colpevole.

“Mamma è in travaglio, dobbiamo andare in ospedale!”.

“Cosa? Oh, cavoli, che bello, corriamo!” esclamò Leonard, correndo a prendere le chiavi della macchina.

“Anche ora Amy deve rubarmi la scena? Voglio dire, rimanere incinta è semplice e anche piacevole, diciamolo, mentre ricevere la proposta... Ok” sbottò, vedendo l’occhiata del fidanzato, “Andiamo. Sono felice, eh, non mi fraintendete, solo che poi sembrerò egoista se mi metto al centro dell’attenzione”.

“Ma no, tesoro” la rassicurò Leonard, mentre Marie finiva di bere e posava il bicchiere per poi uscire di casa con gli altri, “Amy è incinta, tutti sapevano che quell’esserino sarebbe uscito fuori prima o poi...”.

“Mentre nessuno credeva che avresti trovato il corag... Scusa” disse Joseph, dopo l’occhiataccia della sua ragazza.

“... Quindi anche se lo diciamo non rubiamo nulla,  è un evento scontato” terminò Leonard, fingendo di non aver ascoltato.

 

 

“Come lo chiamerete?” domandò Bernadette, che si stava mordendo le unghie a causa dell’ansia per l’attesa.

Amy era in sala parto da ormai quattro ore e, contro tutti i pronostici, Sheldon era con lei per supportarla.

“C’è stato un lungo, lunghissimo dibattito” rispose Marie, che non smetteva di alzare il collo ogni due minuti per controllare la porta della sala, “Ma alla fine sembra che abbiano optato per Luke”.

“Così Sheldon potrà dirgli “Luke, io sono tuo padre”, giusto?” disse Howard, per nulla sorpreso.

“Esattamente. Mamma poi ha uno zio a cui è affezionata che le ha fatto quasi da padre che si chiama così, quindi...”.

“Che fortuna” biascicò Leonard che, a sua volta, avrebbe voluto chiamare così uno dei suoi figli, in futuro.

“Tesoro, tanto comunque non ti avrei permesso di chiamare nostro figlio così” stabilì Penny, che stava ancora nascondendo la mano con l’anello.

Leonard la guardò, ferito, senza riuscire a replicare.

“... Perché sarebbe stupido, insomma, ti chiami già Leonard, quindi avremmo l’occasione di chiamarlo Leonard Junior come Leonard Nimoy, no?” terminò la chimica, facendo l’occhiolino.

Sorpreso, l’uomo guardò la sua promessa sposa con una gioia indescrivibile e la baciò, stringendola forte a sè.

“Ecco perché sei la donna perfetta e sono felice di sposarti!” esclamò.

“Che-che-che-cosa?!” urlò Bernadette, stringendo il braccio del marito.

“Eh? Ahia, Bernie!” urlò lui di rimando.

Penny e Leonard annuirono, con aria colpevole.

“Ci sposiamo!” esclamò di nuovo – ma per nulla stanca – la chimica, mostrando l’anello.

“Oh, sono così felice per voi!”.

Bernadette e Howard corsero in direzione della coppia per porgere loro le congratulazioni, proprio mentre la porta della sala parto si aprì, rivelando il ginecologo.

Marie corse come una matta verso di lui, esitante.

“Dottore! E’...?”.

“Sì, è nato il tuo fratellino, pesa quasi quattro chili! Il padre ha fatto una battuta sul fatto che sia degno del suo nome, un combattente, ma non ho capito...”.

Ma Marie non lo ascoltò, perché si era già buttata tra le braccia di Joseph, scossa da un pianto carico di emozione e di gioia.

 

 

Marie entrò silenziosamente nella stanza, quasi con timore, senza sapere cosa avrebbe visto da un momento all’altro.

Tecnicamente lo sapeva, ma aveva immaginato questo momento per così tanto tempo che non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva quale dei tanti momenti immaginati si sarebbe avvicinata a quello reale.

Una volta lì, comprese che nessuno dei pensieri si avvicinava a ciò che aveva  davanti a sè: sua madre, provata, reggeva un batuffolino tra le sue braccia e suo padre sorrideva beato verso quello che ormai era il centro della sua attenzione, con l’indice della mano destra intrappolato nella manina dell’esserino.

Marie sentiva di dover essere una sorella maggiore esemplare e non piangere, ma non ci riuscì perché avvertì ulteriori lacrime di gioia pizzicarle gli occhi.

Quando chiuse la porta, il rumore fece distrarre i genitori, che alzarono lo sguardo e sorrisero verso di lei.

“Marie!”.

“Tesoro!”.

“Ehi. Pare che la famiglia Cooper sia al completo” disse semplicemente la ragazza.

“Vieni, vieni a conoscere tuo fratello” la esortò Amy, impaziente.

Marie si godè ogni istante di quel breve percorso, dalla porta al letto, perché erano quelli che precedevano la conoscenza del piccolino che avrebbe cambiato la sua vita.

Poi, in un istante, lo vide: piccolo, con i capelli scuri e gli occhi verdi, che agitava i piedini e continuava a stringere il dito del papà con decisione.

“Luke, ti presento la tua sorellina, Marie” disse Amy, con un tono dolce che fece sciogliere la ragazza.

“Ciao, piccolino. Sono qui per te, ti difenderò dai bambini cattivi che ci sono a scuola. Sono una chimica, sai? Sono abituata agli intrugli disgustosi, quindi saprò cosa aspettarmi quando dovrò cambiarti il pannolino” disse Marie, accarezzando il volto del piccolo, che le riservò un sorrisone sdentato. “E’... E’ un amore, davvero, cioè, è perfetto! Ho un fratello” disse poi, incredula.

“Sarà fortunato ad avere te come esempio. Forse non lo sai” disse suo padre, facendola sedere sulla ginocchia, “Ma per tre anni ti sei presa cura di me proprio come una sorella, quindi hai già superato il test”.

Padre e figlia si guardarono, occhi blu contro occhi blu, memori degli anni difficili passati insieme, a darsi coraggio con serate fatte di film e cibo spazzatura.

“Comunque, non mi sono ancora presentato al piccolo, volevo ci fossimo tutti” aggiunse, sorridendo.

Amy alzò gli occhi al cielo – sapeva perfettamente cosa sarebbe successo a breve – e, lentamente, passò il bambino al marito, che lo accolse tra le sue braccia inizialmente un po’ titubante.

Lo guardò, fiero, felice ed entusiasta, riagganciò di nuovo il suo dito alla manina e disse: “Luke, io sono tuo padre!”, mentre Marie imitava la colonna sonora di Star Trek in sottofondo.

Dopodichè, senza sapere come, tutti e tre si ritrovarono stretti attorno al nuovo arrivato.

Andava tutto bene, la crisi era stata sostituita da tanto amore e un pargoletto che aveva già donato quintali di affetto in pochi minuti.

Erano una famiglia, una bella, incasinata e felice famiglia.

 

Fine

 

Ed eccoci qui con il capitolo finale e un piccolo epilogo, che ho amato scrivere anche se mi ha messo un po’ alla prova. Il risultato sono state queste diciassette pagine, più di 8000 parole, e spero sia stato tutto di vostro gradimento.

Vedere la fine di questa storia per me è una sorta di miracolo perché, come dissi, la iniziai a gennaio e la abbandonai, per poi recuperarla a fine agosto e scrivere cinque capitolo in pochissimi giorni.

Che dire, è la prima volta che scrivo di uno Sheldon e una Amy un (bel) po’ OOC, ma ne è valsa la pena visto che ho avuto modo di parlare di Marie. E’ così che immagino la figlia degli Shamy e spero di avervi strappato qualche piccola emozione ogni tanto ma senza alcuna pretesa.

La fine è semplice, banale, scontata: lo so, ne sono consapevole, ma non poteva essere altrimenti, anche visto il periodo difficile che questa coppia sta attraversando nello show. Qualche gioia ci voleva, ecco xD

Grazie a tutte coloro che, puntuali come un orologio svizzero, hanno commentato tutti i capitoli e mi hanno spronato a continuare, e anche a chi ha semplicemente seguito la storia in silenzio. Se volete farmi sapere cosa ne pensate, sono qui :D
Spero di tornare presto, anche con una semplice OS. Già ne ho una in mente ehehe.

 

Grazie di cuore per aver seguito questo mio sclero <3

Milly.

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