La figlia non concessa

di FreeMara
(/viewuser.php?uid=870356)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una storia dagli Inferi... giusto per cambiare un po'. ***
Capitolo 2: *** Verso la luce ***
Capitolo 3: *** Non salite sul bolide infernale! ***
Capitolo 4: *** Passato, Presente, Futuro. ***
Capitolo 5: *** La figlia di Thanatos ***



Capitolo 1
*** Una storia dagli Inferi... giusto per cambiare un po'. ***


Tutti pensano che si stia bene nei Campi Elisi. Ma per me non è così.
In realtà non starei bene da nessuna parte, qua sotto.
Ora non pensate che sia una di quelle persone che si presenta qui e inizia a piagnucolare dicendo che si tratta di un errore … sono una semidea, sono consapevole che ogni giorno ho “l’occasione” di morire.
Ma io non DOVEVO morire, profeticamente parlando, mi capite?
Prima mi assegnano una pericolosa impresa, ma “Tranquilla, il signor Sole Splendente ha detto che non morirai” e poi BOOM! Sei morta.
Consiglio, non fidarti mai degli dei.
Adesso potevo stare ancora al Campo, e invece mi ritrovo in mezzo a degli strambi individui che non fanno altro che ridere, passeggiare e fare barbecue… A quanto pare la Ermes Express arriva fin qui con le spedizioni culinarie; o è solo la carne di qualche animaletto di Ade… l’idea mi fa rabbrividire.
Ma torniamo ai fatti, ormai sono qui e devo cercare di godermi l’Elisio; ma è troppo difficile per una ragazza iperattiva stare senza far nulla.
L’unico posto in cui riesco a stare tranquilla è una piccola radura sul lago… Meglio andarci prima che qualcuno mi inviti al Barbecue dell’Amicizia.


Trovo il mio pioppo, il più grande di tutti, e mi abbandono appoggiandomi al tronco. Da qui posso vedere le Isole dei Beati, al centro del lago; chissà com’è la vita lì, rispetto all’Elisio. In fondo, sono stata fortunata a finire qui invece che ai Campi delle Pene o alle Praterie degli Asfodeli; ma il mio posto è ancora quello fuori di qui…
“Rilassati, Kimama” mi dico alla fine “riposati un po’, non pensare più a nulla”
Chiudo gli occhi per un po’, finchè non sento dei passi; ma resto immobile, non voglio seccature.
-Hai tutta la cadaverica morte per dormire, unisciti a noi per divertirti!
Non mi muovo, ma non riesco a fare a meno di sorridere. Solo una persona può dire una cosa simile imitando una delle nonnine del quartiere; infatti apro gli occhi e mi ritrovo di fronte il mio amico.
-Lascio a te tutto il divertimento, Nathan.
-Stesa in quel modo mi sembravi morta, ero preoccupato!
Scoppio a ridere mentre si siede accanto a me. Lui è l’unico qui capace di farmi ancora divertire, e per questo lo adoro.
Nathan in vita doveva essere davvero un bel ragazzo, ma ormai sta qui da molto  tempo, e chissà quanti anni ha. O aveva, quando è morto… se è un semidio, non mi stupirebbe la giovane età, ma non gliel’ho mai chiesto. Non abbiamo più un futuro, perché pensare al passato?
-Allora, che ci fai qui in tutta la tua cadaverica solitudine?
-Sai che è stupido dire per ogni cosa “cadaverica”?
Mi fa il suo solito sorriso idiota. –Ehi, sono morto! Lasciami almeno questo sfizio.
-Okay, come vuoi. Comunque non ne posso più di quelli del quartiere… Stanno diventando più strani del solito.
La sua espressione si fa per un attimo pensierosa, poi torna normale solo per dire: -Vuoi vedere qualcosa di ancora più strano?
Conoscendolo, potrebbe essere qualcosa di preoccupante. E folle. Ma non ho nient’altro da fare, così sono costretta ad accettare; ma qualcosa mi blocca.
-Non è qui all’Elisio, vero? Come hai intenzione di uscire?
Sul volto gli si dipinge un’espressione degna di ogni ladro. –Seguimi.


Arriviamo al margine occidentale della recinzione che circonda i Campi Elisi; nessuno ci arriverebbe perché troppo distante dal blocco abitativo.
Davanti a noi si erge un piccolo bosco di pioppi, davvero ottimo per un picnic a base di carne di Benevole.
Mi allontano un momento da Nathan per addentrarmi tra gli alberi.
–Quando ero bambina, spesso mia madre mi raccontava la storia del primo pioppo: un giorno Ade andò a far visita ad Oceano, e lì in fondo al mare vide una ninfa, Leuce. Si prese una sbandata per lei, ma quando Persefone lo venne a sapere costrinse Ade a liberarsi della ninfa. Però il dio non voleva ucciderla, così la trasformò in un pioppo, alto e pallido proprio come lei. Alla fine mia madre diceva sempre che come morta è molto bella, ma Leuce non è davvero morta. Ha solo concluso la sua prima vita.
Mi giro e vedo Nathan seduto a gambe incrociate e occhi sognanti, proprio come fanno i bambini quando i genitori gli raccontano una favola.
-Scusa, mi sono persa nei ricordi.
Lo aiuto ad alzarsi. –Tranquilla. E’ la prima volta che parli di te.
Forse si aspettava che continuassi a parlarne, ma resto in silenzio, così riprendiamo a camminare mentre mi spiega la nostra via di fuga.
-Dietro questi alberi c’è una piccola crepa nella recinzione che può portarci fuori di qui, e fortunatamente tu sembri abbastanza in forma per passarci.
Non so se prenderlo come un complimento, così lascio perdere. –E tu come avresti fatto a scoprirla?
-Come te, mia cara Mama, mi infastidisce quella gente sempre allegra, così ogni tanto vado in giro alla ricerca di nuovi tesori!
All’improvviso corre verso una roccia lì vicino, e una volta salito sopra, inizia a imitare un pirata con un cannocchiale fatto con le mani.
-Alla ricerca del tesoro, capitano!- gli dico di rimando –e non chiamarmi Mama.
Con un salto scende dalla roccia. -Suona bene, però.
Così arriviamo alla crepa e aveva ragione: solo una persona minuta riesce a passarci.
Subito inizio a guardarmi intorno, alla ricerca di qualche inseguitore.
-Siamo sicuri di volerlo fare, Nat?
Ma quando mi giro verso di lui è già nel piccolo passaggio, con una gamba fuori le mura e l’altra ancora dentro. -Dicevi?
Sospiro, perché a questo punto sono costretta a seguirlo; non voglio stare di nuovo da sola. Passo attraverso la crepa e mi ritrovo fuori accanto a lui, di fronte all’immensità degli Inferi.
-Non ti senti più libera, Kimama?
E anche questa volta devo dargli ragione, mi sento davvero libera dopo tanto tempo.
-Ma qualcuno non vedrà la crepa? Anche se dall’interno è coperta dagli alberi, qui fuori non c’è nulla.
-Tutti sono troppo occupati per notare una piccola crepa. Hai paura?
-Certo che no.
Mi sorride. -Allora andiamo.


Siamo arrivati alle Praterie degli Asfodeli e diretti chissà dove; ma intanto sto pensando a un suo ipotetico genitore divino e a tutte le maledizioni che potrei dirgli se ci prenderanno. -Finiremo per farci ammazzare.
-La vedo dura dal momento che lo siamo già.
-Diamo nell’occhio rispetto agli altri morti, e potrebbero sempre mandarci ai Campi delle Pene.
Il mio sguardo si abbassa sulle nostre tuniche; sono uguali a quelle degli altri morti, così come la nostra pelle: sbiadita come una vecchia foto. Ma noi fortunati dell’Elisio abbiamo un aspetto più “curato” rispetto agli altri morti.
Nat alza le spalle. -Ne dubito. Come ti ho detto, hanno altro da fare. Non hai notato l’assenza di sentinelle?
-Si, ma a volte può capitare.
Ma non ne sono davvero convinta, così continuiamo a camminare; ma più mi guardo intorno, più noto che qualcosa non va.
-C’è… così poca gente. Dove sono?
-Ci stiamo andando. Datti una mossa!
Ed è in quel momento che inizio a sentire dei mormorii in lontananza, e mi blocco per ascoltare meglio, ma Nathan mi prende la mano per farmi muovere.
Avvicinandoci, le voci si fanno più forti; ma sono gutturali, altre invece stridule, come quelle degli spiriti delle Praterie degli Asfodeli.
-Che ci fanno lì que…
-Shhh! Abbassati!
Siamo nascosti dietro delle rocce, ma da quella posizione sono comunque in grado di mettere a fuoco la scena: poco più in basso di noi ci sono centinaia di spiriti ammassati, che reclamano qualcosa davanti a loro.
Non sapevo che facessero concerti negli Inferi, ma quello deve essere stato sicuramente annullato, date le lamentele. Chissà se Caronte sa cantare…
Ma Nathan interrompe subito i miei pensieri sul traghettatore in veste di cantante rock. -E’ da giorni che questa cosa va avanti.
-E tu sai di cosa di tratta?
Fa cenno di no. –Ho solo una teoria.
-Quale?
A quel punto si gira verso di me. –Qual è la cosa che ogni morto vorrebbe ad ogni costo, pur di sfidare gli dei?
Sento le lamentele sempre più forti dei morti, che si accalcano, e quasi le voci dei dannati dai Campi delle Pene. Tra le loro urla, Sisifo è inconfondibile.
-Scappare da qui.
Qualcosa deve essersi aperto perché tutti iniziano a corrervi contro.
-Tornare in vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Verso la luce ***


-Non è possibile, gli dei lo saprebbero! E’ questo che continuo a ripetere a Nathan mentre corriamo verso l’Elisio, attraversando di nuovo le Praterie degli Asfodeli; ma ogni tanto mi costringo a rallentare per girarmi per vedere se qualcuno ci segue. Finalmente il mio amico mi risponde. –Ma infatti lo sanno, Ade non è poi così stupido. -E non fa nulla? -Non credi che ci sia qualcosa di più potente al di sopra di Ade? Qualcuno di più antico… -Aspetta! Mi fermo a riprendere fiato, colta all’improvviso da un pensiero… quasi una rivelazione dei miei pensieri. –Tu sa degli dei?! Sei un semidio! Pochi passi avanti a me anche Nathan si è fermato a riposare, appoggiandosi alle ginocchia. -Ti facevo più sveglia, Kim.- mi fa l’occhiolino, vedendo la mia faccia offesa –Dai, andiamo. Ne riparleremo ai Campi Elisi. Riprendiamo a correre, in silenzio; ma così ho l’occasione di pensare. Quindi avevo ragione, è un semidio come me. Che sia morto in un’impresa, in una delle estati al Campo? Sempre se è stato al Campo… Forse glielo chiederò, prima o poi, ma intanto realizzo che ora non sono più sola: ho qualcuno che potrebbe capire la mia situazione. E, più importante, trovare una spiegazione per ciò che sta accadendo qui. Finalmente si erge davanti a noi la recinzione dei Campi Elisi, così ci fermiamo per dirigerci cautamente alla crepa. Nonostante tutti i discorsi di Nathan sulla scarsa sicurezza, meglio non rischiare… Entro per prima, seguita da Nat, e con un silenzioso accordo andiamo verso il nostro rifugio sul lago, all’ombra dei pioppi. Come al solito, io mi appoggio a quello più grande, con il mio amico seduto di fronte a gambe incrociate. -Allora, abbiamo un gruppo di morti che, secondo la tua teoria, scappa da una qualche porta aperta da una forza addirittura superiore agli dei. -Vedo che impari in fretta! Gli do un calcio per zittirlo, ma il mio tono assume un tono divertito. –Hai fatto altre scoperte, sapientone? -In realtà no. Se Ade o uno dei suoi scagnozzi sa qualcosa, non dicono o fanno trapelare nulla. Nessuna notizia. Dubito anche che gli uccelli canterini che abitano qui sappiano qualcosa. Capisco solo in un secondo momento il motivo del nomignolo riferito a quelli del quartiere: anche se prima non ci avevo fatto caso, ora sento in lontananza le loro voci, intonare chissà quale canzone. -Ma non potrà durare a lungo. Quanto credi ci vorrà prima che la notizia si sparga anche qui? -Dipende da quanti sono i morti col desiderio di scappare. Se la notizia non andrà da loro, saranno loro a trovarla, magari mentre cercano una via di fuga. -Perché qualcuno dovrebbe scappare dall’Elisio? -Non è mica il paradiso, Kim. Tu non scapperesti? Mi guardo intorno… la radura dei pioppi, le Isole dei Beati al centro del lago sono diventati parte della mia vita qui, ma adesso potrei davvero lasciarli? Scappare da qui e tornare in vita? Molte volte avevo già preso in considerazione l’idea di rinascere, ma sarei dovuta passare per il Lete, perdendo ogni ricordo che ho e la possibilità di scoprire quelli che ancora mi mancano. I ricordi che la morte mi ha tenuto nascosto. -Potremmo… potremmo davvero scappare? Sul viso di Nathan di dipinge di nuovo un sorriso furtivo, quello che ogni persona sana di mente chiamerebbe “da delinquente” -Certo che potremmo! Hai visto come hanno fatto quelli delle Praterie. In una parte del mio cervello una piccola voce chiamata “buonsenso”mi dice che forse non è una buona idea, e potrebbe portare a molti rischi e pericoli. Ma ogni semidio impara ad ignorarla, ad un certo punto della propria vita; l’istinto prende il sopravvento. Sorrido alla prospettiva di una “nuova vita”. –Quando si va? Non vedevo Nathan così euforico da… beh, mai. Anche se abbiamo passato momenti divertenti qui, nessuno è paragonabile a questa folle idea. Ma io ne sono convinta, devo cercare la verità sul mio passato. Ignoro soltanto il motivo che spinge Nat a rischiare tutto per tornare alla luce del sole… Il sole, quanto mi manca! Adoravo stare stesa sul prato, in estate, vicino ai campi di fragole… Ho così tante cose da rifare, che un tempo mi sembravano semplicemente banali. -Qual è il nostro piano, capitano? Un Nathan molto fiero e in posa mi risponde con una voce profonda, palesemente falsa. –Aggireremo pericoli, passando…ehm… per quella crepa! Ci infiltreremo tra le persone… e fuggiremo! -Quindi, praticamente, come abbiamo fatto prima. Questo ragazzo è un idiota; sbuffo, il che attira la sua attenzione. –Hai un’idea migliore? -Beh, no. Ma come facciamo a essere sicuri che quando torneremo ci sarà ancora il passaggio aperto? Potrebbero averlo chiuso o spostato per confondere Ade. -Dubito che si prenderebbero questo disturbo. Sono abbastanza forti da aprire un passaggio, lo sarebbero anche nel caso in cui Ade abbia intenzione di chiuderlo. -Allora, qual è il nostro piano? Questa volta ci pensa su. -Abbiamo solo due opzioni: dividerci, e lasciare che uno resti qui ad aspettare mentre l’altro controllerà l’uscita, e quando noterà qualcosa, dovrà correre subito qui ad avvertire il compagno. Oppure, possiamo scappare insieme e aspettare insieme vicino all’uscita. Penso alla prima opzione e non mi convince molto. Anche se si riuscisse ad avvistare in tempo il raduno dei morti vicino all’uscita, ci vorrebbe troppo per chiamare l’altro. Nathan deve avermi vista pensierosa, perché mi chiede: -Che c’è? Non dirmi che non ti fidi di me! -Può darsi… Scoppiamo inevitabilmente a ridere. –Tranquillo, non è questo il motivo. Solo che vedo molti rischi nella prima opzione. -Quindi cosa vuoi fare? Accamparci fuori finchè non vediamo altri spiriti in fuga? Mi sembra di sentire una nota ironica, come se fosse l’idea peggiore che abbia mai sentito; e infatti aspetto che mi dia per l’ennesima volta della stupida, quando invece… -Mi piace! Ce ne andremo e faremo un campeggio aspettando che si aprano le porte! Sono stupita che sia d’accordo con me, così mi rilasso. –Vorrai dire un cadaverico campeggio! Nathan salta in piedi, aiutandomi ad alzarmi.-Partiamo per un cadaverico campeggio! Continuiamo a “decantare” il nostro campeggio con ogni sinonimo di cadaverico che conosciamo, finchè non torniamo al quartiere, dividendoci per la strada. Dovete sapere che qui negli Inferi non si avverte la differenza tra notte e giorno come avviene normalmente, ma per quelli dell’Elisio deve essere sicuramente notte perché non c’è nessuno in giro a festeggiare chissà cosa. Purtroppo non ho niente da prendere, niente da portare via, così mi limito a una passeggiata tra le strade silenziose prima di tornare al rifugio. Con sorpresa, trovo Nathan seduto con lo sguardo rivolto verso le Isole dei Beati; deve essere tornato subito qui, dopo avermi lasciato in città. -Nemmeno tu hai qualcosa da prendere, vero? -Ho lasciato tutto a casa, qui non ho nulla. Mi siedo accanto a lui. –Ma ora stiamo per tornare a casa e.. Sono costretta a bloccarmi: noi non abbiamo più una casa. Chissà dov’è mia madre, adesso… -So cosa pensi, Kim. Non sappiamo da quanto tempo stiamo qua né dove stanno i nostri genitori. Mi ci rimane ancora una casa, sai? Il Campo. Questo ragazzo è capace di stupirmi ogni volta, non ci sono dubbi. Dopo qualche minuto decidiamo di alzarci. –E’ ora. Ci dirigiamo alla crepa , quella che è stata la nostra porta d’uscita, ma che adesso si chiuderà per sempre alle nostre spalle. Come la prima volta, passa prima Nathan, dandomi il tempo di ammirare per l’ultima volta l’Elisio… non credo meriterò di nuovo questo posto. -Allora, sei sicura di volerlo fare?- Nathan, dall’altra parte della crepa, mi tende la mano. Dico addio al mio rifugio, al lago e perfino a quelli del quartiere; ormai non si torna più indietro. Afferro la mano di Nat e lo seguo fuori. Il viaggio sembra più lungo, con il silenzio a riempire l’aria. Lui non sembra aver bisogno di parlare, ma io si. Non voglio cedere alle preocupazioni, a tutti i pensieri che mi assillano la testa in questo momento. -Quindi sei stato al Campo? Ha uno sguardo assente, ma almeno risponde. –Si, ci sono stato. Anche tu, no? -Si, infatti. Io… Il discorso cade subito, in effetti nessuno vuole continuare. Forse parlare del passato, di quando eravamo vivi, ci fa temere per il viaggio che stiamo intraprendere. La paura di non arrivare alla meta. Per ora arriviamo solo alla misteriosa porta di uscita, e noto subito che non siamo soli: gruppi più o meno piccoli si avviano come noi verso la valle. Avvicinandoci, noto delle lunghe scale che portano a un piccolo passaggio molto in alto; ora capisco il motivo di quell’ingorgo. -Ci vorrà molto tempo prima di arrivare alla porta. -Ma sicuramente ne varrà la pena. Sai dove stiamo andando? Torniamo al nostro mondo! Adesso Nathan è assolutamente felice, radioso; non nota nemmeno l’attesa infinita che sembra separarci dalla libertà. La valle si riempie poco a poco, e mi chiedo quando avranno intenzione di farci passare. Ma soprattutto chi ci farà passare. Non c’è nessuno, a parte i morti. -Ehi, Nat… siamo sicuri che il passaggio sia ancora in funzione? Stiamo aspettando per niente. Purtroppo non sento la sua risposta, perché un fischio irrompe su di noi, e la calca degli spiriti mi spinge lontano dal mio amico. -Nat!! Sento la sua risposta. –Kim!! Vai! Ci vedremo fuori. Non voglio dividermi da lui, ma continua a gridarmi di andare, così mi giro e mi unisco alla folla fino a quando non arrivo alle base delle scale. Ripide e apparentemente scivolose, da questa prospettive. E infinite… Chiedo scusa ai miei piedi per la lunga camminata. “Un gradino verso la libertà. Uno per la vita. Uno per il Campo” Mi costringo a pensare a questo finchè non ne mancano solo una decina; sopra di me, vedo meglio il passaggio: un stretta apertura nella pietra, illuminata dal sole. “Ci siamo quasi!” Sole. Di nuovo il sole sulla mia pelle. Cioè, quella che prima era una patina semitrasparente ma ora è vera pelle rosea. Mi guardo in giro e vedo che anche gli altri morti stanno riprendendo forma umana, prima di disperdersi verso chissà dove. Meglio non perdere un attimo qui sopra, prima che ci richiamino nel sottomondo; ma io devo aspettare il mio compagno di viaggio, così mi siedo vicino al passaggio. Mi siedo su vera erba verde, in mezzo a veri alberi: stiamo in un parco. Che sia Central Park? O forse… -Sta aspettando qualcuno, signorina? Alzo di scatto la testa e vedo Nathan poco avanti a me, così subito balzo in piedi e corro verso di lui, anche se mi trattengo dall’abbracciarlo. -Ce l’abbiamo davvero fatta! -E questo è solo l’inizio. Sei pronta? Non esito un secondo. –Prontissima.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Non salite sul bolide infernale! ***


-Ehi Nat! Siamo a Central Park, giusto?
Ora vedo da dove siamo usciti: un’apertura triangolare tra un cumulo di massi che non stona per niente tra gli alberi del parco. Davvero un ottimo ingresso per gli Inferi.
-Sì, siamo a Central Park. Avevo sentito di un’entrata da queste parti, ma non pensavo saremmo sbucati proprio qui.
Ma la cosa ha abbastanza senso, dopotutto: una comitiva di morti in fuga non può uscire dagli studi R.I.P. di Los Angeles, sotto il naso di Caronte.
-Forza, Kim. Andiamo!
-Dove vuoi andare?  Chissà quanti anni saranno passati da quando…- mi blocco.
Chissà se i miei amici sono ancora vivi.
-Anche io ci ho pensato, potremmo essere morti da due giorni tanto quanto da cinquanta anni, per questo dobbiamo muoverci a raggiungere il Campo. Prima arriviamo e prima avremo delle risposte.
Sospiro. –Hai ragione, andiamo!
Usciamo da Central Park, una camminata lunga; purtroppo non abbiamo dei soldi mortali con cui pagare un taxi.
Ci abbiamo messo un po’, anche perché siamo indeboliti per la stessa presenza su questo mondo: noi non dovremmo stare qui, e le nostre gambe non perdono occasione per ricordarcelo.
“Ingrate. Eppure prima vi piaceva stare distese al sole, in estate”
Finalmente la distesa di alberi fa spazio a New York; non la ricordavo così grande, ma non mi sembra cambiata affatto. E’ un buon segno!
-E ora, capo?
Nathan è assorto nei suoi pensieri, mentre si gira intorno pensando a un piano; lo sento mormorare a bassa voce, ma riesco a catturare solo “abiti” e “pulci”.
All’improvviso si gira verso di me con un sorriso trionfante. –Andiamo a fare shopping, Kim.
Il mercatino delle pulci. Per degli abiti normali.
E’ vero, stiamo indossando ancora le “cadaveriche” tuniche, che non passano del tutto inosservate.
Ringrazio gli dei che sia estate, almeno dobbiamo temere solo gli sguardi dei curiosi, e non il freddo.
Ho sempre adorato questi mercatini, anche se mia madre non mi ci portava spesso…
Ora che ci penso, da bambina non mi ha portato maia New York; cercava sempre di evitare la città durante i viaggi. L’ho vista per la prima volta quando sono andata al Campo Mezzosangue.
-Che ne pensi?
-E’ un bel mercatino, si. Ma ti ricordo che non abbiamo soldi, Nathan.
Ricompare quell’espressione da furfante. –E chi ha parlato di pagare?
Realizzo che questa volta fa sul serio. –Non possiamo rubare, Nat! Noi…-
Neanche il tempo di finire che gli ritrovo un paio di jeans in mano, e non l’ho nemmeno visto. Nessuno l’ha notato; quel piccolo ladruncolo è veloce.
Mi lancia i jeans. –Dovrebbero andarti. Ora cerchiamo il resto.
Procediamo veloci tra le bancarelle, e in meno di mezz’ora abbiamo entrambi un nuovo completo.
-Ora cerchiamo un posto dove cambiarci, okay?
Poco dopo sembriamo dei veri barboni di New York, ma sempre meglio delle tuniche.
-Ci resta solo un passaggio per il Campo.- la parte più facile.
-Non va bene questo pessimismo, signorina Mama. Ci arriveremo per stasera.
-Ah si? E come? Senza soldi non possiamo prendere taxi o autobus! Vuoi rubare una macchina?
-In effetti si, sei perspicace.
Sono senza parole, mentre lo vedo dirigersi verso la macchina più vicina. –Prima gli abiti, ora la macchina. Sei davvero un piccolo fuorilegge, Nathan.
-E tu sei la mia complice- mi fa l’occhiolino, come se potesse convincermi così. -Ora fammi da palo, per favore.
Sono costretta a coprirlo, mentre lo sento armeggiare per aprire l’auto.
“Scusaci, sconosciuto proprietario della macchina. E’ per una buona causa.”
La macchina sobbalza. –L’hai già accesa?
-Certo, era un gioco da ragazzi.
Saliamo in macchina, e prendo il posto accanto al guidatore. –Avrai esperienza per certe cose, non è vero?
Fa spallucce. –Un po’. E ora in marcia.
-La sai portare, vero?-  Per  darmene conferma, parte alla velocità massima consentita dal trabiccolo che ha appena scassinato.
Devo mantenere lo stomaco, per non lasciarlo indietro tra i vicoli di New York.
Quell’idiota ride come un pazzo. –Certo che la so portare!- “Certo che no”
Ma qualcosa non torna… una macchina normale non potrebbe mai raggiungere una simile velocità, senza nemmeno farsi notare dalla gente sul marciapiede: è del tutto impossibile!
Nathan procede veloce attraverso la città; manca poco per lasciare la città quando vedo una macchina della polizia; ecco, ora ci fermano per guida in stato di pazzia.
Ma contro ogni aspettativa, Nat accelera sempre di più, sfrecciando davanti ai poliziotti.
-Non ci hanno visti?!- devo gridare per farmi sentire, mentre mi giro a guardarli. –Cosa hai combinato alla macchina?
Nathan fa spallucce:-Qualche trucchetto. Ora stai tranquilla, tra poco staremo al Campo.
Per fortuna rallenta la corsa, così posso davvero rilassarmi, anche se non mi fido dei suoi “trucchetti”.
-Va bene. Svegliami quando arriviamo…- mi preparo per una buona dormita, ma ovviamente non posso essere così fortunata.
Non ho mai dormito per tutta la permanenza all’Elisio, e non speravo subito in uno dei soliti sogni da semidio che ti avvertono su delle catastrofi imminenti…
Ero di nuovo a Central Park, vicino alla fenditura che porta agli Inferi. Intorno a me si stagliavano i grattacieli della città. “Perché sono ancora qui? Che significa?”
Non indossavo la tunica degli Inferi, il che mi rassicurava; ma dall’apertura sentivo chiaramente i lamenti dei morti.
Mi avvicina lentamente alle rocce quando sbuca fuori una farfalla: una sola farfalla nera.
Era così bella, e mi trasmetteva una sensazione familiare. Se l’avessi presa, magari avrei saputo qualcosa del mio passato? Non aveva senso, ma avevo questo presentimento.
Anche la farfalla provava ad avvicinarsi a me, ma qualcosa la bloccava.
All’improvviso il cielo si è oscurato e dalle nubi è emerso un braccio che subito ha strappato via da me la farfalla.
Così come era apparso, quello stesso braccio è scomparso insieme alla farfalla, ed il cielo torna sereno. Ma dalla città si alzavano grida e rumori assordanti che mi costringono a scappare. E l’unico posto dove andare… gli Inferi. No! Non di nuovo!  



-Kim! Ehi Kim, sveglia!
Sento Nathan strattonarmi per una spalla attraverso il finestrino aperto; nonostante il brusco risveglio, sono felice mi abbia portata via da quel sogno.
-Siamo arrivati?
Lo vedo già fuori dalla macchina, girato verso di me in un sorriso. –Vieni a vedere con i tuoi occhi.
Salto subito da quel trabiccolo. Non ci posso credere, siamo davvero arrivati!
E’ il tramonto. Io e Nathan ammiriamo il sole che si staglia alle spalle del Campo: eccolo lì, il Pino di Talia, e riesco a vedere anche la Casa Grande.
Questo odore… sono le fragole dei campi! Il Campo non è cambiato affatto.
Siamo tornati a casa.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Passato, Presente, Futuro. ***


Inizio a correre giù dalla collina. 
Rischio di scivolare un paio di volte mentre Nathan mi grida di fermarmi.
Ma non posso fermarmi, non ora che sono così vicina. Finalmente sono tornata al Campo, a casa mia…
-Kim, fermati!
All’improvviso sento la mano di Nat che mi afferra la spalla, fermando la mia corsa.
Con il fiatone mi giro verso di lui. –Ma tu… tu non stavi sulla collina? Come hai fatto a raggiungermi così in fretta?
-Ho solo corso. Ti avevo detto di fermarti.
Non sembra nemmeno stanco, mentre io immagino di essere sudata… quel ragazzo è un vero mistero per me.
-Ce l’abbiamo fatta, Nat! Siamo finalmente tornati al Campo!
In un attimo la sua espressione si fa pensierosa, come se stesse decidendo se dirmi qualcosa di spiacevole. –E’ vero, siamo di nuovo su questo mondo, ma Kim… Non siamo davvero tornati. Siamo più vicini ai fantasmi che agli esseri umani in carne e ossa.
Mi irrigidisco, con la sua mano ancora sulla mia spalla. –Dove vuoi arrivare?
-Stavo pensando alla barriera. Sai, l’albero di Thalia. Credi ci farà entrare? Non verremo tenuti fuori come i mostri, vero?
Siamo più vicini ai fantasmi che agli esseri umani in carne e ossa
Ma non siamo mostri. Non siamo pericolosi.
-In fondo siamo ancora dei mezzosangue. E’ questo che conta.
Cerco di sorridergli, ma mi costa davvero molto. La felicità, tutta l’emozione di essere tornata: svanita. Perché non sono tornata affatto.
Nat mi da un buffetto sulla guancia. –Non ci resta che provare, no?
Mi afferra la mano e insieme, senza correre, ci avviciniamo al grande pino di Thalia.
-Riesco a vedere il campo. E’ una cosa buona, no?
La Casa Grande si erge accanto ai campi di pallavolo. Dopo il lago ci sono le capanne; avevano sempre formato una grossa U, invece ora sono dei puntini che formano un grosso rettangolo. Il bosco da cui di notte si sentono i versi dei mostri più strani non è cambiato affatto.
I ragazzi sono nel pieno delle attività fino a quando non risuona la conchiglia che annuncia la cena.
Neanche mi accorgo che Nat mi ha accompagnata oltre la barriera. Nessun effetto collaterale da fantasma.
Mi sorride, scherzoso come sempre. -Allora, tu non hai fame?
Aspettiamo qualche minuto prima di scendere la collina, mentre i ragazzi si dirigono in mensa. Perfino da qui si sente l’aroma delle pietanze.
-Credi… cioè, siamo in grado di mangiare? Si può avere fame se non si può mangiare?
Non vorrei sembrare uno di quegli scheletri nei cartoni che tentano di bere  e il liquido si limita a bagnare le costole. Nel mio caso sembrerebbe mi sia fatta la pipì addosso.
-E’ tutto da scoprire.- Si alza, si scrolla il terriccio dai pantaloni e mi tende la mano. –In ogni caso, gli abiti che indossavano i ragazzi sembrano del nostro decennio, non ci sono nemmeno cambiamenti nel Campo, a parte le capanne, mi pare e… non ci sono auto volanti o cose simili.
Trattengo una risata. –Auto volanti o cose simili? Cosa vedi nel tuo futuro?
Sembra pensarci un momento, poi assume quella che potrebbe essere definita “una posa da figo”:- Ovviamente Signore Supremamente Figo degli Dei. Zeus mi porterà da bere mentre siedo sul trono e delle bellissime ninfe  mi faranno compagnia mentre le Muse suoneranno i Coldplay.
-Perché proprio i Coldplay?
Fa spallucce. –La prima band che mi è venuta in mente.
-Ma sentiamo, saresti il dio di cosa?
-Ehi, i dettagli li tengo per dopo. Ora fammi immaginare la scena!
Lo prendo per mano e inizio a correre, mentre lo trascino dietro di me. –Sto morendo di fame e dobbiamo scoprire in che anno siamo! I sogni conservali per stanotte!
-Credi non sia capace di diventare un dio? Sarò il primo mezzosangue di quest’epoca a cui lo chiederanno!
Ora non posso fare altro che ridere. –Non vedo l’ora di assistere alla scena.


Arrivati vicino alla mensa ci nascondiamo dietro le colonne. Alcuni ragazzi sono in fila per bruciare parte del loro piatto agli dei, altri invece si stanno godendo il banchetto.
Di sicuro sono passati degli anni dall’ultima volta, mai la mensa è stata così piena.
-Kim, non possiamo passare tutta la sera spiando la gente che cena.
Mi brontola lo stomaco, ma ora non so se per fame o per paura. –Hai ragione, ma sono terrorizzata.
Nathan mi tende la mano dalla sua colonna. –Allora saremo terrorizzati insieme.
Facciamo solo un paio di passi nella mensa (non mi ero accorta che camminassimo così silenziosamente), ma di sicuro la nostra presenza basta per attirare l’attenzione: poco a poco il vociare diminuisce, gli occhi si affollano addosso a noi e li sento pesanti.
Non sono un mostro, non sono una mortale, sono una semidea come tutti voi.
Cerco di articolare qualche parola anche perché Nathan non sembra sul punto di aprire bocca; ha lo sguardo puntato su qualcuno di fronte a noi, qualcuno munito di zoccoli.
Chirone.
-Kimama, Nathan. Non per essere scortese, ma come fate ad essere qui? Voi siete...- Chirone perde la parola per un attimo, Lo sguardo sorpreso di prima guizza di un’antica tristezza. Noi siamo due nomi nella lista millenaria dei suoi eroi morti; forse anche i più recenti. –Voi siete caduti in missione, quasi cinque anni fa.
Cinque anni. Solo cinque.
Tiro un sospiro di sollievo mentre lascio la mano di Nathan e corro verso Chirone.
Per un secondo ho paura che gli passi attraverso proprio come un fantasma, ma le mie braccia si allacciano attorno alla sua vita, sono troppo bassa per arrivare più in alto.
Una lacrima scende furtiva da un occhio e subito mi stacco dal centauro per asciugarmi il viso. E ora, non so che dirgli.
“Dovremmo essere morti ma non lo siamo. C’è un modo per fuggire dagli Inferi. Che c’è per cena?”
-Noi… ehm…
-Siamo morti, Chirone. Su questo non ci sono dubbi. –Nat si guarda le mani, pallide –ma c’è una falla negli Inferi. Un modo per fuggire. Anzi, una persona che lascia fuggire i morti. Credo che gli dei ne siano a conoscenza, naturalmente.
Chirone indietreggia di un paio di passi, le zampe si muovono nervose. E’ allarmato. –Una falla negli Inferi? Nessuno ne è a conoscenza. Ade non ha mai fatto parola di una cosa simile con gli dei…
-Mio padre non lascerebbe fuggire i morti per irritare gli altri dei, se è questo che pensi, Chirone.
Un ragazzino si è alzato da uno dei tavoli. Potrebbe sembrare un nostro compagno di fuga: è pallido e magro, gli abiti gli ballano addosso, specialmente la giacca da aviatore. I capelli neri gli ricadono sugli occhi, ma riesco comunque a notare lo sguardo penetrante che sta rivolgendo a Chirone.
-Non stavo pensando questo, Nico. Non penserei mai una cosa del genere sul conto di Ade, o qualsiasi altro dio. Al contrario, sono preoccupato che tuo padre non sia in qualche pericolo.
Mi scappa una risatina nervosa. –Un dio in pericolo? Cosa potrebbe mettere in pericolo un dio?
Una voce arriva da uno dei tavoli -Per Era è stato facile farsi rapire , no?
-Sta’ zitto Leo!
-Ragazzi!- il tono autoritario di Chirone zittisce tutti. –Tenete a mente che i giganti sono tornati e Gea si sta ridestando. Dovevamo aspettarci un’altra mossa dopo il rapimento di Era.
Giganti. Gea. Rapimenti di Era. Siamo stati via davvero solo cinque anni?


Mi giro verso Nathan e lo vedo confuso quanto me.
-Chirone, mi sa che dovrebbe aggiornarci un po’ sugli eventi dell’ultimo periodo. Sa, eravamo morti…
-E lo siete ancora. Fuggire così  non vi ha fatto tornare in vita, nessuno può tornare in vita cosi, solo…- Il ragazzo, Nico, si blocca. Stava dicendo qualcosa di troppo, non c’è dubbio. –Comunque, avete ancora la morte addosso, la ragazza più del ragazzo. Ma è strano dire che avete la morte addosso, dal momento che è stata rapita.
Si rivolge al centauro, un po’ dispiaciuto. –Scusa Chirone, avrei dovuto dirtelo in privato.
La notizia del ragazzino però suscita subito un caos di voci.
-La Morte è stata rapita? Parli di Thanatos?
-Come fai a saperlo?
-Come è possibile? Chi è stato?
Chirone riesce a far tornare nuovamente il silenzio. –Grazie dell’informazione, Nico. Ne discuteremo domani mattina in consiglio. Ma ora vorresti dirci cosa intendevi dire riguardo Kimama?
-Che la ragazza sa di morte più del ragazzo? Non so, ma…-
Per un momento, Nico è sembrato il partecipante di un quiz televisivo alla domanda finale di cui non sa la risposta ma che gli viene suggerita in modo da poter vincere. –Ecco cosa intendevo dire.
Ancora una volta sento gli occhi di tutti addosso- no, non addosso. Sopra la testa.
Alzo lo sguardo ed eccolo là. Un simbolo che ho sempre voluto.
Che dimostrasse mio padre. Che mi dicesse a quale capanna appartenevo. Un simbolo, un nome da pronunciare per le mie preghiere.
Eccolo, un simbolo. Ma quello più inaspettato.
Una farfalla nera, la stessa del mio sogno, svolazza attorno ad una torcia.

Nico si avvicina a Chirone, il quale è palesemente sconvolto, e si inginocchia di fronte a me. La sua voce è tetra e sembra rimbombare in un edificio senza pareti.
-Ave, Kimama. Figlia di Thanatos, Colui che governa la Morte.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La figlia di Thanatos ***


Nero.
E’ tutto nero.
Alcuni potrebbero dire “No, è solo il buio, in realtà è tutto colorato.”
Invece no, non proprio. La cabina di Ade ha le pareti di un rosso molto scuro che, ovviamente, al buio sembrerebbe totalmente nero se non fosse per qualche torcia di fuoco greco che brucia tutta la notte. I mobili invece sono semplici, sormontati solo da alcune decorazioni in pietra nera o viola.
Nico mi ha detto di averla ideata personalmente insieme a una certa Annabelle (o era Annabeth?)
 Ad alcuni potrebbe non piacere ma io la trovo affascinante mentre dalle finestre entrano i primi raggi di luce che si uniscono al bagliore del fuoco. Deve essere l’alba.
Credevo che dopo cena mi avrebbero rispedito immediatamente da quelli di Ermes, dal momento che Thanatos non ha una cabina, ma Nico mi ha offerto un letto; di certo lo spazio non gli manca e poi Thanatos lavora per Ade, se non ricordo male dalle lezioni di Storia antica.
 Un’altra cosa che ricordo dalle lezioni è che Thanatos non dovrebbe nemmeno avere dei figli: non ce n’è traccia nella storia ed è plausibile dal momento che la Morte non può permettersi una “debolezza” nel suo “lavoro”.
Thanatos.
Per anni, sul pavimento nella cabina di Ermes, ho pensato a chi poteva essere mio padre: certamente non Zeus (non sarei una brava leader) o Poseidone (non so nuotare); sono pessima nei lavori manuali per Efesto e non ho le doti di Apollo. Nei duelli ho sempre fatto la figura della schiappa, così ho eliminato Ares. Odio le feste e ho cancellato anche Dionisio. Non ho mai pensato seriamente ad Ade, nessuno l’ha mai fatto.
Speravo in Ermes o in qualche divinità minore, ma nessuno mi ha mai riconosciuta.
Per questo mi sono fatta avanti per l’impresa, sperando che se avessi trionfato, mio padre si sarebbe voltato e guardandomi avrebbe detto “Eh già, quella è proprio la mia ragazza! Facciamoglielo sapere subito o si sentirà abbandonata per tutta la vita”
E invece no, sono dovuta morire per ricevere un po’ di attenzione.
Certo, è stata una morte gloriosa per salvare i miei amici, ma sono comunque morta senza aver mai conosciuto mio padre; così sono dovuta morire e tornare dalla terra dei morti, incontrare un ragazzino che sembra aver fatto il viaggio insieme a me per sapere che è stato mio padre a uccidermi.
La conchiglia suona, ora di colazione. Sarà una giornata meravigliosa.
Corro in bagno per prepararmi, sorpassando un Nico appena sveglio che si stropiccia gli occhi. Sembra un piccolo fantasma pallido con i capelli arruffati e il pigiama stropicciato.
Chiudo la porta mentre mi ci appoggio, guardandomi allo specchio: indosso ancora i vestiti di ieri sera, in assenza del pigiama; i capelli formano una lunga massa di nodi neri, gli occhi invece assumono un colore rossiccio mentre li strofino che poco si abbina al verde e al grigio.
Non ho un aspetto migliore di Nico.
Appesa su un gancio  c’è una maglia del campo, sfolgorante arancione con un pegaso stampato sopra. Non è di Nico, lui non la indossa. E’ per me.
Butto la vecchia camicetta rubata (Nat direbbe “presa in prestito”) nel cestino e indosso la maglia, dopo cinque anni.
Lavo velocemente la faccia, rendo presentabili i capelli districando i nodi e legandoli in una coda ed esco dal bagno, mentre Nico mi aspetta alla porta.
Ha lo stesso completo di ieri sera, anche se ha lasciato la giacca sul letto e sul fianco gli ricade una spada nera. –Andiamo?
Ci avviamo in silenzio al padiglione della mensa. Nico non sembra un tipo molto socievole,  così cerco con lo sguardo Nathan fra la marea di ragazzi che si sta riversando nella mensa: lui è finito nella cabina di Ermes come indeterminato, così come lo era prima di morire. Ha rincontrato vecchi amici, sembra si stiano divertendo molto.
Io e Nico entriamo per ultimi, aspettando che prima si siedano tutti gli altri. Solo ora mi accorgo di quando sia affollata la mensa! Molti più tavoli, molti più ragazzi. Cabine nuove per gli dei minori e meno indeterminati da Ermes, non stento a credere che ci siano sempre più ragazzi al Campo.
Al tavolo dodici, dove di solito siedono i satiri con il signor D e i suoi due figli, manca ancora Chirone. Brutto segno.
Una mano fredda mi afferra il braccio. –Vieni, c’è un tavolo libero.
Nico mi trascina verso un tavolo vuoto, lontano dagli altri stracolmi di ragazzi.
-Questo è il tuo tavolo? Cioè, è il tavolo di Ade?
Mi fa un mezzo sorriso. –Si, è questo. Ma è sempre vuoto, sono l’unico figlio di Ade e non resto mai molto tempo al Campo.
-E ora perché sei qui?
Per un momento guarda altrove, poi fissa di nuovo gli occhi sul tavolo. –Niente. Questioni diplomatiche.
Cerco di capire dove ha puntato gli occhi prima, ma c’è solo  il tavolo di Afrodite: molte ragazze intente a spettegolare, anche se una di loro, che dovrebbe essere la capocabina, è abbracciata a un ragazzo biondo con gli occhi azzurri e una cicatrice sul labbro. Carino, ma non ha i tratti tipici di Afrodite.
-Se non vuoi stare seduta qui puoi anche andare dal tuo amico.- Nico sta facendo a pezzi quelli che sembrerebbero pancakes. Non deve essere abituato alla compagnia. O all’idea di poter avere compagnia.
Il tavolo di Ermes è vicino a quello di Afrodite ed è uno dei più rumorosi. Non riesco a vedere Nat in mezzo a tanti ragazzi.
Mi giro di nuovo verso Nico. –No, sto bene qui. E poi sedersi ai tavoli delle altre cabine è contro le regole, no?
Gli ricompare quel mezzo sorriso. –Tecnicamente, sei seduta al tavolo di un’altra cabina. Ma Thanatos lavora per Ade, quindi direi che non faccia molta differenza.
-Quindi anche io sono al tuo servizio?
Nico sta per rispondermi quando degli zoccoli fanno tremare il pavimento. Chirone sembra proprio stanco e so che in parte è colpa mia.
Non dice niente, ma mentre si dirige al suo tavolo principale mi lancia un’occhiata di cui conosco il significato.
Deve parlarmi alla Casa Grande.
Finita la colazione tutti i semidei si disperdono verso le loro attività: duelli, lezioni di greco antico, tiro con l’arco. Io invece sono diretta alla Casa Grande
Stranamente Nico si offre di accompagnarmi, e devo ammettere che ne sono felice: non sono mai riuscita a sostenere una discussione con Chirone. Inoltre Nico sembra sapere molte più cose di me su Thanatos.
Per raggiungere la Casa Grande dobbiamo tornare indietro verso le cabine e passare l’armeria e le fucine.
Il cammino è molto silenzioso esattamente come prima, solo la spada di Nico che urta sulla sua gamba a riempire un po’ l’aria.
Passando davanti l’armeria mi chiedo se non dovessi procurarmi una nuova spada. Quella che avevo è andata persa nell’impresa, ma sarebbe inutile procurarmi un’arma se non dovessi restare al Campo.
Arrivati alla Casa Grande vedo che Chirone sta parlando con Nat. Sono stata una stupida a non pensare che avrebbe voluto parlare anche con lui: non si tratta solo di mio padre ma anche della fuga dagli Inferi.
Credo gli stia raccontando proprio di come siamo scappati perché Chirone ascolta molto attentamente mentre Nat parla senza fermarsi, aggiustandosi ogni tanto il ciuffo di capelli biondi che gli ricade sulla fronte.
Si accorgono della nostra presenza solo quando Nathan smette di parlare e si gira verso di me, facendomi l’occhiolino. Intanto Chirone mi si avvicina
-Ah, Kimama! Sono contento tu sia venuta con Nico. Abbiamo molte cose di cui parlare. Vorrei chiederti scusa per come ho reagito ieri sera, ma sai… una figlia di Thanatos è cosa rara. Anzi, -si ferma un attimo, come per mettere insieme le parole giuste. –non dovresti nemmeno esistere. Nel corso dei secoli ci sono sempre stati problemi tra gli dei e la loro progenie. Sicuramente ricorderai il patto tra gli dei maggiori, Zeus, Poseidone e Ade, che promisero di non generare altri figli, anche se quella promessa non durò a lungo. Ma Thanatos è il dio della Morte, è colui che riscuote le anime dei defunti, raccoglie chi deve morire. Dimmi, tu riusciresti ad uccidere tua madre?
Mia madre. Come potrei uccidere mia madre? –No, assolutamente no.
Chirone mi rivolge un piccolo sorriso. –Dopo tanti secoli a contatto con gli umani, gli dei hanno appreso da voi qualcosa di tanto straordinario ma così letale: i sentimenti. Perfino un dio non riuscirebbe ad uccidere qualcuno che gli è a cuore. Immagina la sua stessa figlia. Per gli altri dei sembreresti avvantaggiata dalla Morte. Pensa a questo, affrontare cento battaglie, subire cento ferite e non riuscire mai a morire. Invincibile, quasi immortale. E’ un privilegio che spetta solo agli dei.
Non so che dire, sono cose che già sapevo. Chirone ha ragione , la Morte non può avere debolezze.  -Ma io sono morta. Cinque anni fa, nell’impresa. Thanatos non mi ha fatto alcun favore.
-Non poteva, sarebbe stato scoperto. Solo il fatto che esisti è per lui un crimine, renderlo noto agli altri dei lo avrebbe messo dei guai.
-Quindi è questo che sono per lui, un crimine?
Mi appoggio alla prete, il mio cervello sta esplodendo di pensieri, ma per fortuna Nico riesce a dire quello che sto pensando.
-Quello che ha detto Chirone è giusto, ma allora perché riconoscerla proprio adesso? L’ha ignorata per anni, perché non farlo ancora? Soprattutto dopo la sua fuga dagli Inferi.
Chirone muove gli zoccoli quando è nervoso. Non è proprio cambiato. –Più tardi dovremo discutere di questo, Nico, avrai saputo qualcosa da tuo padre riguardo queste falle negli Inferi, se non è lui stesso in pericolo. In ogni caso penso che Thanatos l’abbia riconosciuta ora perché ha bisogno di lei.
Guardo Chirone sconvolta. –Thanatos avrebbe bisogno di me? Perché?
-In questi ultimi mesi l’Olimpo si è isolato, non abbiamo più notizie o informazioni dagli dei; ho motivo di credere che questi due avvenimenti siano collegati e per questo non c’è da escludere la possibilità che Thanatos sia in qualche guaio. Ade potrebbe sapere qualcosa dal momento che non risiede sull’Olimpo, ma fino a quando non avremo informazioni sicure, possiamo limitarci solo a fare delle congetture. – Chirone fa un lungo sospiro. –Direi che questo è quanto. Nathan, Kimama, siete congedati. Nico, io e te abbiamo molte cose da fare.
-Aspetta un attimo!- Nathan si piazza davanti a Chirone. –Quando avrai detto a Ade di me e Kim, della nostra fuga, che ne sarà di noi? Torneremo negli Inferi?
-Io penso che due semidei fuggiaschi siano l’ultimo dei problemi di Ade, dopo dei buchi nel suo sistema e un probabile dio in pericolo. Finché la situazione non sarà risolta, starete al sicuro qui al Campo.
Mentre Chirone si allontana, Nat mi si avvicina. –Chirone, però tu non credi che la nostra presenza qui al Campo sia giusta, non è vero?
Non riceviamo nessuna risposta.
-E’ questo che pensi, Nat?
Camminando per il Campo molti si girano a fissarci. Siamo quelli morti, quelli fuggiti, quelli un po’ sbiaditi, quelli tornati dalla morte.
-Siamo scappati dagli Inferi, già questo non è esattamente corretto…
-Come se tu sapessi la differenza tra corretto e sbagliato.
-…inoltre pensa a quanti semidei, quanti eroi siano morti ingiustamente, ma noi siamo gli unici ad essere tornati qui. E’ un po’ ingiusto, non credi anche tu?
Ogni tanto anche Nat dice qualcosa di sensato. Non avevo mai pensato a quest’aspetto ma ha perfettamente ragione; ora posso capire anche il perché di tanti sguardi avversi: chissà quanti hanno perso un fratello, un amico, una compagna in battaglia, qualcuno che non rivedranno più, e noi che non abbiamo nessuno siamo tornati al Campo.
-Hai ragione, è un po’ ingiusto. Ma non è colpa nostra, no?
Nat mi sorride, e quando sorride riesce sempre a rassicurarmi. –Certamente non è colpa nostra. Ma lascia fare ai grandi e ti incolperanno anche della guerra di Troia.
Non riesco a fare a meno di ridere, ma c’è qualcosa che non quadra. –Cosa hai in mente, allora?
Si guarda intorno. Siamo di fronte alle fucine, la Casa Grande si erge poco dietro di noi. Nathan ha gli occhi fissi su una delle finestre della soffitta della Casa. Una figura immobile dietro al vetro ci guarda prima di allontanarsi.
Non oserà davvero… Non può davvero pensare a una cosa simile!
-Bene, Kim! Prima dell’impresa ci serviranno delle armi nuove. Che ne dici di fare un giro nelle fucine?
Mi afferra la mano e inizia a correre verso l’edificio, mentre io ho ancora lo sguardo fisso su quella finestra.
L’Oracolo ci sta aspettando.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3316890