Il Canto della Vittoria {Requiem for the winners}

di Romanova
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quanto ci metti a morire? ***
Capitolo 2: *** Slacciare il corsetto ***
Capitolo 3: *** Requiem {99 palloncini rossi ***
Capitolo 4: *** Un modo per piacersi. ***
Capitolo 5: *** Bassa marea ***



Capitolo 1
*** Quanto ci metti a morire? ***


Note introduttive: è una Gale/Cressida, leggera e spero simpatica, senza nessun intento particolare: mi diverto a shipparli e li immagino così, sempre impegnati a bisticciare e lui che fa il finto burbero e lei che gli fa dispetti su dispetti per tenerlo allegro. 
E' ambientata in parte prima della presa di Capitol City da parte dei ribelli, nelle fogne in cui Finnick muore, la successiva cinque anni dopo, nel Distretto Due, dove il nostro minatore è andato a vivere con Cressida.

"Suturati, Hawthorne".
Ah, lei.
Ancora, ma era possibile che finissero sempre nelle stesse squadre? Aveva fatto esplicita richiesta di essere con Katniss, non con lei.
Sbuffò e quando vide qualcuno che le lanciava ago e filo e chirurgici sobbalzò sul posto.
Erano in missione, doveva essere all'altezza della situazione e cercare di creare il minimo possibile di dissapori, non era professionale anteporre le antipatie -o presunte tali-all'esito del lavoro.
Dovevano rovesciare Capitol e Snow, erano lì per quello, non per fare salotto.
Non si era nemmeno accorto che la donna gli stava suturando la mano, talmente era delicata.
"Ho un'amica sarta che mi ha insegnato qualche trucco, se il motivo del tuo fissarmi improvvisamente sorpreso è questo, Hawthorne..." disse la regista in un mormorio leggero per non svegliare gli altri membri della squadra.
"I sarti non insegnano le suture chirurgiche"sibilò lui"e potresti essere più gentile".
La bionda rise.
"Perchè? Mi hai preso per tua madre, forse? O per Katniss?" domandò"piantala di lamentarti come una ragazzina e di fissare lei, è inquietante se l'altra persona dorme" gli fece notare divertita e sarcastica.
Gli passò il disinfettante sui punti appena dati e chiusi.
II moro si sfregò il viso con le mani sbuffando pesantemente.
"E' dal primo minuto che ci siamo visti che sei attaccata a me, mi spieghi cosa vuoi esattamente?"mugugnò ricaricando la sua arma pur di avere una buona scusa per ignorarla.
Ovviamente la sua arma era più che approntata.
"Dovresti lasciarla perdere, ti stai solo facendo del male gratuitamente e per quanto tu sia poco più di un bambolotto con un cervello che è nato per la guerra, valuta di impiegarti in altro, perché le guerre non durano sempre, non per lei".
Che belle parole, per lei era facile, lei non era mai stata nei Giochi. Lei non aveva mai dovuto vivere quello che loro stavano passando da quando erano al mondo, non sapeva davvero cosa fosse la guerr-

Si era messa sulle sue gambe.
"Potremmo non parlare di Katniss? Dio, sei...deconcentrante! Parli talmente tanto che non ricordo i piani per domani"sbottò il ragazzo sforzandosi seriamente di essere civile.
"Vediamo se riesco a completare l'opera e distrarti del tutto, sembri averne molto bisogno".
Non appena quella piccola elfa malvagia di Cressida si era seduta su di lui il suo corpo aveva più che reagito, era banalmente scattato come una molla sfogando la sua frustrazione e premendosela contro in un gesto rude e sgarbato, ma possessivo.
"Non ti sopporto più, elfo avvisato mezzo salvato".
"Il tuo corpo dice il contrario, sai? Per me ti faresti pure Tigris se ti si offrisse".
Gale non era una persona violenta, ma seguì irrazionalmente l'impulso di tirarle forte i capelli.
Bastò un bacio per cancellare ogni velleità di protesta nel ventenne e lei proseguì nel gioco fino alla fine più logica e ovvia.
Fece meno male di quanto supponeva,non senza Katniss, ma con Cressida.
*
"Siamo ancora qui, è strano, eh?"il comandante Hawthorne si girò di scatto.
"Non sei ancora morta?"si fece sfuggire perdendo il contegno professionale che di solito lo caratterizzava.
"E' il giorno dei veterani, dovresti amarmi e rispettarmi e salutarmi con un inchino,baciamano e rinfresco".
Cressida era elegantissima in un abito corto color champagne una pochette bianca in mano, su tacchi color della neve, un anello al dito, un bracciale di anelli dipinti d'oro al polso.
"Lo faccio già il resto dell'anno, perché senti il bisogno di tormentarmi anche qui?"chiese il ventiseienne.
"Per distrarti e..."allungò morbidamente una gamba facendolo finire lungo e disteso"un militare che inciampa vale poco"ridacchiò prendendolo al volo"vuoi sposarmi?"
"Perchè non dici le cose importanti subito?"
"Perché mi ami per questo?" 
Risero entrambi e si divisero dopo essersi baciati.
"Fanculo, Cressida" dichiarò il ragazzo recuperando l'equilibrio" ti ci voleva tanto a dirmi che avevi davvero intenzione di rompermi le palle a vita?"

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Capitolo 2
*** Slacciare il corsetto ***


Note introduttive: è un momento puramente fanonico creato per mio sfizio personale e non c'è nemmeno nel libro, se la mia memoria non è traditrice. E' una piccola riflessione su Capitol City, Effie e un passaggio importante della vita di questa donna davvero meravigliosa, che attraversa uno dei percorsi più difficili della storia di Hunger Games.
Quello verso la felicità.
Anche se non proprio sobria, sbarbata e sobria.
 

Era la prima volta che si mostrava senza nessuna maschera,senza trucco,senza colore sui capelli o negli abiti.
Era intimidita dal peso di quell'azione e da ciò che a livello simbolico implicava, perché probabilmente per Haymitch pur essendo difficile, non lo sarebbe stato altrettanto e lo diceva perché conosceva Haymitch ma soprattutto sè stessa.
Si sforzò di pensare che se tutto era come lo immaginava, lui aveva sempre visto oltre il trucco, le parrucche e lo stridulo accento della Capitale, forse aiutato dall'alcool, forse no.
No.
Abernathy era sempre stato un po' lo specchio che rifletteva, pensava all'inizio, tutto quello che non voleva essere o non sarebbe voluta diventare.
Poi aveva compreso lo sbaglio, non importava perché erano così diversi, perché non è solo un abito viola a ricami arancioni a nascondere qualcosa di doloroso, brutto,tragico, poco incline alla vita passiva della Capitale e quella poco raffinata, di brutale sopravvivenza e leggi darwiniane del Dodici.
Katniss aveva ragione, aveva ragione e non avrebbe mai capito quanto se non avesse incontrato la rivoluzione sulla sua strada.

"Siamo tutti fratelli, cugini, rivolgiamo armi contro le nostre stesse famiglie, è questo ciò a cui Snow mira, ricordate chi è il vero nemico!"

Lei lo vedeva tutti i giorni in uno specchio.
Le venne in mente un episodio della sua infanzia, a scuola: era una bambina forte, sicura, personalmente formata presso una nobile famiglia.
Una bambina l'aveva buttata per terra e le aveva calpestato una mano rovinando il suo smalto, prezioso regalo della mamma.
Si era sentita brutta, si era detta che era colpa sua, che la mamma avrebbe fatto bene ad arrabbiarsi come le avevano detto le maestre e aveva pianto.
A quattordici anni aveva scoperto che piangere rovina il trucco, nel senso di maschera e ciò non poteva né doveva accadere.

A quasi cinquant'anni aveva trovato la piccola Katniss sulla sua strada e per due anni erano state in grado di fare la stessa strada, quanto poteva essere complicato percorrere da sola l'ultimo pezzo? E dire che era un -bel- pezzo, ma come poteva? La gente l'avrebbe guardata e giudicata. Di nuovo. La gente giudicava sempre, per questo aveva iniziato a truccarsi, per non far sentire la sua famiglia giudicata aveva iniziato la carriera da impiegata della Capitale, come Mentore volontaria perché sentiva che sarebbe stato un luminoso e sfolgorante percorso.
Era rovinata nel sangue e nella polvere, ma qualcuno le aveva detto che stava meglio coi vestiti sporchi che puliti,sembrava una persona vera così.

Si era domandata se Haymitch vedendola così, sempre che non fosse sbronzo, l'avrebbe amata lo stesso: si guardò i lunghi capelli sciolti sulla schiena, si guardò il viso pulito con gli occhi brillanti e una ruga.
Niente velo, solo pantaloni con una decorazione a farfalla e completo candido.
Quando il suo futuro marito la vide entrare si congelò un istante di tempo.
Poi rise e stappò la sua fiaschetta:"Muoviti, 'sto giro il corsetto te lo slaccio davvero!".
Effie rise.
"Sai che è incredibilmente maleducato tutto questo?"
"Sono uno sbronzo acido e sarcastico da cinquant'anni,speravi davvero cambiassi ora?"
"Prova a cambiare e ti uccido".

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Capitolo 3
*** Requiem {99 palloncini rossi ***


Note introduttive: Qui si scende più nel drammatico, nel pesante: sono stata ispirata dalla canzone "99 Palloncini rossi", se volete ascoltarla mentre leggete per me funziona. Comunque Katniss rende omaggio con dei palloncini a ogni vittima, lasciando a ciascuno di loro un palloncino rosso.
Spero non sia fuori luogo, mal scritta. Peeta è morto, qui.
Alcuni anni dopo gli Hunger Games e il Canto della Rivolta, Katniss passeggia in un cimitero.


Era rimasta al Distretto Due per un tempo che le pareva interminabile prima di prendere la decisione di cominciare a camminare. 
Non era una giornata piovosa o umida,per quanto fredda fosse. 
Avevano ripulito quel posto e avevano ripulito le strade dai cadaveri,ricostruito tutto quanto era crollato,lentamente le industrie erano ripartite e l'economia era tornata a marciare.
La guerra era un ricordo lontano,o almeno così aveva sperato sino a quel lunedì mattina in cui passando di là aveva sentito la necessità di dover scendere dal treno. 
Si era incamminata per le strade con le mani nelle tasche del pesante giaccone e fasciata in una gonna grigia sopra il ginocchio,le collant pesanti e gli stivaletti che scricchiolavano sulla neve. 
Si era presa tempo per vagare,camminare,misurare e immaginare ciò che voleva dire vivere lì,fra rischi di problemi permanenti ai polmoni in cambio di una sfavillante ricchezza.
Ora poteva essere un fantasma e lo era volentieri,si prendeva il suo tempo. 
Peeta non era sopravvissuto al veleno e al depistaggio,il suo cuore era esploso durante una crisi.

Glielo aveva detto un freddo foglio di un ospedale capitolino,poche righe che avevano distrutto ogni velleità di lotta in lei,ma fortunatamente quando tutto era finito e Haymitch la aveva abbracciata mentre piangeva,le aveva suggerito di farsi un giro e verso le dieci aveva accettato. 
Si sentiva vuota e con una lunga scheggia di vetro nel cuore:ovunque andasse aveva seppellito qualcuno,perciò forse era tempo di conoscere chi aveva inumato.
Decise di entrare nel cimitero e trovò un uomo,un uomo anziano con un carretto sgangherato e dalle ruote cigolanti che vendeva palloncini rossi velluto,lucidi e sfavillanti.

La morte di Peeta era paradossalmente qualcosa che aveva già affrontato tante volte,ma faceva male ugualmente.
A voi non farebbe male lo strappare via metà della vostra anima?
Aveva le cordicelle legate alle dita,come anelli di spago sottile e dieci cuori,perché sua mamma le aveva insegnato a fare un gioco:"ci sono dieci cuori in ognuno di noi,ognuno da riservare a una persona amata e importante "diceva sempre"almeno possiamo amarle tutte come meritano e questi cuori sono leggeri come palloncini e profumati come le more di bosco".
Saltò su una panchina,la percorse e vi ridiscese,la gente mormorava che era la Ghiandaia.
Alzò lo sguardo.
"Sono Katniss Everdeen,Distretto Dodici"dichiarò agli sguardi"e voi?"
Non attese di sentire una risposta e se andò.

Camminò a capo chino fra le tombe,pensosa,accennando ogni tanto un mezzo passo di danza.
Prim sapeva ballare,non lei.
Cantò la canzone dell'Albero degli Impiccati,le rispose la folla di volti nel marmo e qualcuno di quelli di carne.
Tutti quelli di carne le rivolsero un saluto.
Lei salutò ognuno sollevando anche i palloncini verso il cielo. 
I posti più in vista erano quelli migliori per scomparire,forse sarebbe rimasta al Due per qualche ragione che non comprendeva appieno,era Natale. Un viandante le regalò un lumino,lei gli diede qualche moneta e il nome di un ricovero. 

Era Natale e della sua famiglia non era rimasto nessuno.
Protesse il lumino dal vento e dai fiocchi candidi,si fermò davanti alle tombe gemelle di Cato e Clove,probabilmente vuote.
Se si lascia andare un palloncino ,si invia un pensiero a un'anima. 
Provò a immaginare come avrebbero passato Clove e Cato il Natale,forse a baciarsi e forse ad allenarsi,perché non entrambi?Dopotutto non puoi vietare niente alle anime.

Lasciò andare il primo palloncino. 
"Siete nati morti,ma morti liberi".

Passò a raddrizzare un vaso di violette caduto.

Passò al Quattro,alla tomba di Finnick e immaginò Annie senza nessuno a cui chiedere "vero o falso?"e la trovò lì.
Le regalò un palloncino e lei la guardò sorridendo. 
Faceva male,la aiutò a rialzarsi e bevvero una cioccolata,aveva ancora otto palloncini. 

Ne lasciò uno per Prim e Peeta che si erano cercati e conosciuti bene durante la sua malattia in fase acuta. 
"Ora non smetterai più di dipingerci,eh Peeta?"domandò al Cielo. Vide il proprio volto riflesso in una finestra del pub e capì di essere entrata in nuovo quadro.
Grazie.

Uscirono e spiegò la sua storia a Annie,che chiese un palloncino per sé e Johanna. 
Johanna era viva,aveva obiettato Katniss.
Johanna era una vittima ,aveva bisogno di pace come i morti avevano bisogno di ricordo.

"Non esiste un'ascia che possa abbatterla da questo mondo"

Tornarono a casa di Annie,si salutarono con un bacio sulle guance. 

Tornò al Dodici,tornò e trovò silenzio e gente affaccendata nel lavoro quotidiano.
Haymitch la aspettava sulla porta,l'aveva abbracciata,era sobrio. Effie anche,ma nel senso che quantomeno era vestita monocromatica. 
Entrarono e Katniss diede loro un palloncino. 
Sorrise dopo tanto.


"Vuoi la cioccolata? Giochiamo alle sciarade?".
Effie struccata era bella da togliere il fiato,capì perché Haymitch se ne era innamorato.
"Giochiamo alle sciarade,comincio io".

Non esisteva Natale per chi non aveva famiglia,temeva da bambina,per quello Katniss aveva la fobia del buio.
Perché buio era fine e solitudine, lei era rimasta spesso sola.
Mise il lumino sul tavolo,sistemò i palloncini annodandoli sullo schienale dell
a sedia per la cordicella.

Erano passate tante morti,tanti Natali e tanti palloncini rossi.
Un giorno Katniss si era presentata con in braccio una bambina dai capelli neri e i grandi occhi verdi bosco. Verde Prato.
Effie aveva una ruga in più all'angolo della bocca,Haymitch brizzolato.
Con lei c'era Gale.
"Noi domani ci sposiamo".
Effie pianse e servì cioccolata per tutti.

Si addormentarono dopo aver lasciato fuori dalla porta i biscotti per Babbo Natale e il latte che di sicuro si sarebbe mangiato Ranuncolo senza rimorso di coscienza particolare.
Era il miglior Natale del mondo, era un giorno di magia e di serenità, di dolore e di condivisione, che superava ogni barriera possibile e immaginabile di tempo e spazio rinfrancando le anime di tutti coloro che vi prendevano parte.
Era Natale, era il Natale di Katniss con la sua famiglia, ed era meraviglioso.
Perchè famiglia non è chi ti mette al mondo, per mille motivi uno più serio dell'altro, semplicemente famiglia è chi ti ama e condivide con te un po' del suo tempo per essere meno tristi, se non proprio felici, tutti insieme.

Katniss liberò i palloncini rossi, ma lasciò acceso il lume, che diede a Gale.
"Per te, per sempre".
La baciò.
"Per sempre, per ogni Natale".
Era il loro nuovo fuoco di cui aver cura, la nuova scintilla da proteggere per un futuro diverso, per qualcosa di migliore.
Era la loro bambina, era la felicità di Effie e Haymitch,era il loro matrimonio.
Non era la pace, non era la felicità, non era dominio di Gale e Katniss, sorrisero alla loro figlia.
"Lux, ciao" disse Katniss dandole un bacino. 
La bambina fece un risolino tranquillo.
Rientrarono a casa e misero la bambina a dormire, tranquilli dopo anni.
Era il futuro,quella scintilla, quel lumino, e apparteneva a Lux.
Era il ricordo, quel lumino, e apparteneva a tutti. 
Sembrava un gioco quel Natale, pareva un gioco senza fine come la memoria e come la storia.
Ma almeno, i Giochi più pericolosi a cui avevano giocato, erano appena finiti.

 

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Capitolo 4
*** Un modo per piacersi. ***


Note introduttive: questo è un capitolo femslash, seppur minimamente accennato, l'ho scritto di getto perchè Johanna meritava un tributo per il suo carisma e la sua durezza.
Johanna è un albero che non può essere sradicato, ma che ha comunque bisogno come ogni altro albero, di mettere radici. La domanda è :dove?


Johanna l'aveva baciata con uno slancio che sentiva completamente nuovo,era stata dura e volontariamente.
Lei non faceva domande,lei semplicemente aveva voglia di giocare e le piacevano le regole che stabiliva. 
L'altra non poteva fare molto a parte ballare al suo stesso ritmo.
Non che non apprezzasse Johanna, che quantomeno voleva Katniss e non la Ghiandaia, che voleva carne e sangue e non un fantoccio da manipolare. 


"Se balli per Snow non vedo perché tu non possa concedermi un giro".

Aveva picchiato la testa contro il muro e la aveva lasciato fare, non troppo sicura di sentirsi in colpa per quello che di lì a poco sarebbe successo.
Non che ne avesse paura,Johanna quando era in una giornata buona poteva dirti che avrebbe spaccato il cranio a Mellark e si sarebbe limitata a nascondersi in quella stanza e cercare lei.
Johanna aveva bisogno di annullarsi. 

"Conosciamo le nostre urla a memoria,vediamo se riesco a imparare le tue".

Era una frase equivoca,sconcia,sporca e carica di promesse in cui aveva deciso di credere,di cui aveva deciso di aver bisogno. 
Erano ancora sul letto anche se le avevano tolto il tutore il giorno prima,l'aveva spogliata e così aveva fatto con la Mason.
La stava coinvolgendo in un gioco strano. Qualcosa che avrebbe voluto rifiutare e che la attraeva pericolosamente. 
Johanna era sopravvissuta a Capitol City con tutta la sua lucida brutalità e ora era lì. 
Forse di Johanna era rimasto poco,ma era nata una persona differente.
Aveva bisogno di contatto con una persona,come un albero necessita di radici e lentamente aveva messo radici nel suo animo e nel suo cuore.
Il sesso si era fatto abitudine.

"Vedo che finalmente hai imparato che ci sono cose,in un'amicizia, che si possono condividere".

Si era rimboccata le coperte sulle cosce nude e che le aveva riempito di succhiotti e morsi. 
Le parve di vederla con gli occhi più luminosi,un po' meno sperduti e distanti,meno freddi e sarcastici.
Johanna era crudele,ognuno di loro sapeva esserlo e lo era stato.
"Pensavo mi odiassi"commentò Katnis reclinando lievemente la testa.
"Infatti,mi disgusti"rise la donna"ma piaci a tutti: volevo vedere se c'era almeno un modo di farti piacere anche a me".

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Capitolo 5
*** Bassa marea ***


Note introduttive: so di essere una rompipalle, capitolo slash, capitolo fluff e ambientato nel Distretto 4:Peeta sente che non può tornare da Katniss, che non ne sarà mai in grado,per cui bussa alla porta di qualcuno che pensa possa aiutarlo.
Bussa alla porta di un pescatore, che è sopravvissuto e sa insegnare agli altri come si fa.


Era come lo sciabordare di un'onda sul bagnasciuga,la sua voce nelle orecchie.
Si buttò nuovamente sul materasso sentendo i segni delle iniezioni tirare e prudere insieme alle ferite di guerra,chiuse gli occhi e respirò. C'erano le immagini lucide e fuori fuoco della Capitale e le bombe.
In sottofondo la voce riordinava tutto con la perizia del pescatore che annodava e rammendava la rete dopo la pesca.

Si leccó le labbra e si girò verso di lui sul materasso,rannicchiandosi contro il suo petto,fragile come un neonato in una tempesta e lasciò che fosse il suo profumo di sale e il suo sapore e i suoi gesti sul suo corpo a guidarlo fuori dal tunnel ancora una volta.
Ne aveva bisogno.
Deglutì,era doloroso.
Lo protesse,sentiva la mano sulla sua schiena,superficie piccola,in confronto a quella dell'altro.
Lo baciò aggrappandosi alla sua spalla,la Luna era alta nel cielo.
Tremò e sentì che lo stava baciando,si collegò alle sue labbra come se fossero un ponte per la realtà.
Il pescatore lo coprì e lo scaldò. 
Pescatore con l'alta marea.
Il suo respiro tornò regolare.
"Finnick"chiamò Peeta,affannato e lo baciò"è...reale? Il mare, è reale,vero o falso?"
"Vero".
"Il mare mi ama,vero o falso?"
"Vero".
Il biondo spalancò gli occhi e si sistemò meglio contro di lui:"Bassa marea"sussurrò addormentandosi con lui
Le onde lambivano delicate la battigia. 

Era il loro gioco,parlare di mare con il mare e attraverso il mare quando il buio faceva troppa paura. 
Peeta chiuse gli occhi,fiducioso.
Era bassa marea davvero.
Anche per quella notte.
Si addormentò sorridendo.

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