Mirror of Fortune

di Zenya Shiroyume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 ***
Capitolo 2: *** 02 ***
Capitolo 3: *** 03 ***
Capitolo 4: *** 04 ***



Capitolo 1
*** 01 ***


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Chapter I

La ragazza sedeva a terra al centro della sua stanza, le sue bambole di pezza erano gettate a terra sul folto tappeto turchese, mentre sulla grande finestra la pioggia ticchettava da più di due ore. Aveva ormai quindici anni, lo sapeva benissimo, ma non riusciva a separarsi da quelle figurine di stoffa. Aveva dato loro dei nomi e aveva inventato delle storie: la sua preferita era una bambolina con i capelli legati, di un bel color verde acqua, ed era una ballerina; per lei immaginava gli scenari più belli e i movimenti più eleganti, le piaceva pensare che volteggiasse e saltasse, proprio come una specie di fatina... Diversamente da lei.
Posò poi lo sguardo su un'altra delle sue bambole e l'afferrò delicatamente. Le dita iniziarono a spazzolare i lunghi capelli rosa e di nuovo la sua immaginazione ricominciò a creare gli scenari tipici di quella figurina. Luka, così l'aveva chiamata, era una guerriera capace delle migliori acrobazie e tecniche, sapeva combattere e cavalcare: insomma, era una vera e propria amazzone.

Signorina Rin, posso entrare?” fece una voce dietro la porta chiusa a chiave. Il castello in aria di Rin venne per l'ennesima volta demolito, i suoi sogni da bambina infranti per tornare di nuovo alla realtà. La domestica girò il pomello, ma la porta rimase chiusa. La donna sembrò subito irrigidirsi e chiese se la 'Signorina' stesse bene, la pregò di aprire la porta o come minimo di risponderle.
La pioggia sembrò diventare più forte e un tuono riecheggiò per la stanza. Rin lo associò al padre, severo e minaccioso, perciò decise di andare a girare la chiave ancora infilata nella serratura. Abbandonò quindi Luka sul pavimento, sempre riservandole tutti gli onori e tutta la delicatezza che meritava, e si allungò verso la sedia a rotelle. La guardò con disprezzo e tirò la leva del freno, in modo che potesse arrampicarcisi in tutta sicurezza.
È sempre così, maledizione!
Come sempre, Rin si aggrappò ai braccioli rivestiti di velluto rosso e si mise in ginocchio sul poggiapiedi, per poi issarsi faticosamente a sedere. Appena si assicurò di essersi seduta correttamente, buttò fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, mentre con la mano destra sganciava la leva del freno.
Appena la porta si aprì, il viso dell'anziana domestica iniziò a schizzare su e giù per tutta la lunghezza della ragazza. Il capelli biondi c'erano ancora, gli occhi azzurri erano sempre gli stessi, così come il delicato visino da angelo.

Signorina! Suo padre le ha severamente vietato di chiudere a chiave la porta! Non ha pensato che le potesse succedere qualcosa?!”
Lo so già...” rispose atona. Cosa sapeva già? Che non avrebbe mai potuto camminare? O che nessuno sarebbe mai venuto a trovarla, nemmeno i suoi genitori? Ne aveva fin sopra i capelli di quella storia.
Cosa c'è?”
Suo padre sta tornando al fronte, non vuole andare a salutarlo?”
Rin scosse la testa e si girò, per tornare a contemplare le sue bambole di pezza. Sapeva già che la domestica le avrebbe rinfacciato il fatto che magari suo padre non sarebbe tornato e che sarebbe stato carino, o perlomeno educato, andare a salutarlo. Rin invece sapeva che non gli sarebbe successo nulla, sapeva che non era uno di quei soldati di fanteria che vengono mandati in prima linea a morire: no, lui era uno dei pezzi grossi, quelli che stanno in una tenda a dare direttive.

Signorina...”
Se non hai nient'altro da dire, allora vorrei ritornarmene alle mie faccende!”
L'anziana signora s'inchinò e indietreggiò di pochi passi, ovviamente ricordando alla ragazza di non chiudere la porta. Rin fece spallucce e condusse la sedia a rotelle vicino alle sue bambole, per poi scivolare piano sul tappeto. Se lei non poteva camminare, beh, lo avrebbero fatto i suoi alter ego!
Di nuovo, qualcuno bussò alla porta, minando la pazienza della ragazza che si voltò di scatto. Era ancora la domestica. Questa la guardava con la solita espressione pietosa e amorevole, quella che si usa quando si ha a che fare con un cucciolo ferito, ma subito i lineamenti della donna cambiarono repentinamente: sapeva che Rin odiava essere compatita.

Che cosa vuoi, ancora?”
P-Più tardi passerà un corriere con un regalo per voi da vostro padre... Per favore, quando arriverà ci lasci portare il regalo nella sua stanza...”
La ragazza annuì e tornò a coccolare la sua bambolina preferita, Miku. Dopotutto non le importava quanto suo padre cercasse di comprare il suo amore, tanto era sempre distante.

Ma non lo era sempre stato, così come la mamma. Chissà dove era andata? Il papà le aveva raccontato che era tornata a vivere dai genitori, perché con loro non stava più bene. Allora Rin aveva replicato con un secco e sonoro: “Ma voi vi amate tanto!”
Ci aveva riflettuto tanto, per mesi forse. I due si amavano davvero, ma qualcosa si era frapposto al futuro della loro famiglia. Era iniziata una guerra e il padre era stato costretto a ritornare sul fronte, quindi non aveva più tempo per loro.

Non credo sia per questo...” disse all'unica figurina maschile che aveva, di nome Kaito.
Infatti sapeva che il vero motivo non era quello, ma bensì la sua malattia. Non ricordava mai il nome di quel male, sapeva solo che le impediva di camminare. Era iniziato tutto quando aveva nove anni: un giorno si era alzata e sentiva le gambe formicolare, tutto qui. Aveva chiamato la mamma e lei le aveva detto di non preoccuparsi, che magari si era addormentata in una posizione scomoda. Eppure le cose continuarono per mesi, mentre la piccola Rin sentiva di perdere sempre più sensibilità.
Ma le cose degenerarono completamente dopo la diagnosi del dottore, all'età di soli dodici anni: infatti, il papà aveva rimproverato duramente la mamma per non aver fatto visitare prima la figlioletta e da allora non avevano più smesso di litigare. Sembrava si fossero completamente dimenticati di lei, della sua malattia e di tutto ciò di cui lei aveva bisogno. Per loro era diventato più importante litigare, finché il loro litigi li avevano portati alla separazione.
E gli amici? Rin non ne aveva mai avuti, solo le sue bambole di pezza. Il perché? Perché nessuno aveva mai osato portarla fuori. Già le sue condizioni di salute la costringevano su una sedia a rotelle, ma ci si erano messi anche i suoi genitori, che non volevano farla uscire di casa. Dicevano che non le faceva bene, che si sarebbe ammalata e che poteva essere rischioso. Tutte scuse che l'avevano portata alla solitudine.

Basta rimuginare...” fece stendendosi sul tappeto, con Luka e Miku strette al petto. Diede un'ultima occhiata alla stanza e si chiese cosa le avrebbe regalato di nuovo il suo papà.
Spero siano altre bambole, almeno con loro posso immaginare di essere qualcun altro...
Con quel pensiero, i suoi occhi si chiusero e la ragazza cadde in un sonno profondo.

*****

Il ragazzo sedeva sulla sua poltrona preferita, nella mano destra teneva un bicchiere di delizioso succo d'arancia, mentre gli occhi azzurri erano puntati sui raggi di sole che filtravano dalle tende. La giornata volgeva al termine e il giovane aveva passato il tempo intrattenendo i suoi ospiti, tutti grandi magnati e aristocratici. Era soddisfatto di quello che era riuscito a fare e di dove era riuscito ad arrivare.
Chiuse gli occhi, sul viso angelico si allargava un sorriso soddisfatto, mentre con la mente ritornava a quel periodo buio della sua vita che finalmente aveva lasciato spazio al sole. Suo padre era morto per colpa di un infarto, il medico aveva detto che era stato causato dallo stress legato ai problemi finanziari in cui si trovavano. Scosse la testa a quel ricordo, era ancora doloroso, così come il doversi caricare sulle spalle montagne di debiti. Len aveva imparato a dirigere la fabbrica del padre, spesso lo accompagnava e questo gli aveva insegnato molte cose, mettendo da parte l'infanzia del ragazzino. Da una parte lo aveva ringraziato, dall'altra provava un po' di rancore, ma non troppo. Forse la parte più difficile era stata prendersi cura della madre, completamente distrutta dal dolore.
Len riaprì gli occhi e si diresse verso il suo bel salottino, dove la mamma stava lavorando a maglia. Tutto era migliorato, lei era uscita dalla depressione e i soldi erano tornati nelle casse della famiglia. Insomma, tutti i suoi sforzi erano stati ripagati.
Non hai mica fatto tutto da solo!, disse una voce nella sua testa. Succedeva spesso che sentisse qualcosa, ogni volta che ripensava al miglioramento della sua vita. Sapeva bene di non essere stato l'unico ad aver contribuito a tutto ciò, c'era stato l'intervento di qualcosa fuori da lui, qualcosa di magico che per certi versi voleva la sua parte di merito. Che sia pazzo?, pensò per la centesima volta, mentre schioccava un bacio sulla fronte della madre, la cui bellezza era venuta meno con l'avanzare della depressione.

Ti voglio bene!” disse mentre usciva verso il giardino per godersi il sole tanto agognato. Che fosse anche quello il risultato di quella strana magia? Len pensò che magari fosse solo una coincidenza: dopotutto, quel periodo era stato durissimo e di uscire fuori non se ne parlava... Per lui era come se piovesse sempre, nonostante le sporadiche giornate di sole.
Ora però camminava con le mani dietro la schiena nel suo bel giardino in fiore, il vento gli scompigliava i capelli biondi che scappavano alla presa del suo elastico, mentre fischiettava un motivetto accattivante e allegro. Si era ormai dimenticato di quel giorno lontano, la fortuna aveva iniziato a girare dalla sua parte e questo per Len bastava. Che fosse un atto egoistico il suo lo sapeva, ma che altro avrebbe potuto fare? Forse dimenticare, perché quel ricordo sembrava una pugnalata al cuore.

Era una fredda e piovosa serata di dicembre e, come al solito, sedeva da solo nel salotto. La mamma era rinchiusa nella sua stanza, non voleva nemmeno parlare al figlio, che sedeva sulla sua poltrona a fissare i lampi che illuminavano la stanza immersa nel buio. Si era detto che non avrebbe sprecato nemmeno un ciocco di legno per il camino, sarebbe rimasto al freddo pur di non usare le ultime risorse della sua famiglia. Allora pensava a come poter tirare avanti, cosa fare per riportare il regno economico ereditato dal padre in auge, senza però dover ricorrere a metodi drastici come la prostituzione o lo strozzinaggio. Aveva immediatamente rifiutato quelle idee, si sentiva addirittura sporco per averci pensato, ma non vedeva altre possibilità. Tutti si erano infatti rifiutati di aiutare una società sull'orlo del declino, perciò il povero Len era rimasto da solo.
Fu allora che alla sua porta bussò qualcuno. Si era alzato per aprire con il corpo pesante, come fosse stato svuotato di tutte le energie, come se non volesse più lasciare la sua poltrona in stile Barocco e volesse morire là sopra.
Len si mise a ridere ricordando la depressione in cui era sprofondato perché ora tutto andava per il verso giusto, ma un brivido lo attraversò da capo a piedi, quando gli sovvenne il sorriso cinico del suo ospite. Era in piedi davanti la porta, coperto da un mantello grondante di pioggia, mentre la mano era poggiata su un oggetto nascosto da un grosso telo.
Il ragazzo non sapeva che fare, non voleva farlo entrare, eppure l'uomo riuscì ad infilarsi in casa con un movimento fulmineo.

Mi aveva chiesto se conoscessi il motivo della mia sfortuna... -fece tra sé e sé- Come avrei mai potuto sospettarlo?”
Infatti l'uomo gli aveva posto una domanda stranissima, a cui nessuno avrebbe potuto rispondere. Continuava a sorridere, a guardarsi attorno, mentre aspettava che Len dicesse qualcosa. Fu quando il giovane iniziò a perdere la pazienza che mostrò l'oggetto che l'accompagnava.

Se vuoi sapere chi ha rubato tutta la tua fortuna, prova a guardare in questo specchio!”
All'inizio era scettico, era convinto che quell'uomo fosse l'ennesimo ciarlatano pronto a togliergli quei pochi soldi rimasti. Era tutta questione di denaro? Per l'uomo, doveva essere solo una questione di divertimento, il biondino lo aveva sospettato dal principio.
L'uomo aveva un ghigno sul volto, poi lo invitò ad avvicinarsi, mentre al posto del riflesso del ragazzo appariva l'immagine di una giovane che per qualche motivo gli assomigliava in modo impressionante.

Che fai? Ti abbandoni ai ricordi?”
Len si voltò e vide l'uomo a cui stava pensando, con accanto il suo specchio. La sua espressione non era diversa da quella dei ricordi del ragazzo che indietreggiò di pochi passi, scettico e sospettoso.

Che ci fai qui?!” chiese aggredendolo con lo sguardo.
Dovresti mostrare un pochino di gratitudine per quello che ho fatto per te!”
Il misterioso ospite riprese a ghignare e a muovere la testa in tutte le direzioni, compiacendosi dei risultati raggiunti dal giovane imprenditore. Iniziò a complimentarsi per la bella casa e per il giardino ben curato, iniziò a fare moine riguardo al nuovo staff e ai nuovi abiti che Len indossava.

Quindi? Cosa vorresti dire con questo?” chiese il biondo.
Che questo è il risultato della decisione di quella notte!”
Len socchiuse gli occhi e aspettò che proseguisse. Ancora una volta, però, non riusciva a decifrare quel volto, nascosto in parte dal cappuccio del mantello. Quanti anni avrà?, pensò poi, cercando di capire meglio il suo interlocutore. Un singolo particolare del viso avrebbe potuto fargli capire che persona fosse, ma purtroppo per lui l'unica parte visibile era la bocca, affiancata da un paio di ciuffi di capelli quasi bianchi.
La misteriosa figura fece un passo avanti e fece un cenno al ragazzo, invitandolo a mettersi di fronte allo specchio. Chi avrebbe visto questa volta? Perché si sarebbe dovuto specchiare di nuovo? Purtroppo non lo sapeva e aveva paura di scoprirlo.

Avanti, vieni a vedere!”
Len deglutì e si posizionò davanti la lastra di vetro riflettente. Al posto del suo riflesso, vi era l'immagine di una ragazza dai capelli biondi, seduta a terra e circondata da diverse bambole di pezza. Sullo sfondo c'era una sedia a rotelle.
Il giovane imprenditore ebbe un sussulto e si voltò di scatto verso l'uomo: “Che dovrebbe significare?!”

Ti ricordi di lei, non è vero? Ti avevo detto che era colpa sua, se la sfortuna si era abbattuta su di te... Ora tu sei felice, mentre lei si è sobbarcata tutte le tue sventure! Cosa pensi possa significare?”
Len non rispose, era ancora intento a fissare quella ragazza, privo di parole.

Come, non lo sai? Con il nostro accordo, la ruota della fortuna ha ripreso a girare in tuo favore... Ma non può andare bene per tutti! E lei non fa eccezione.”
S-Stai insinuando che il suo dolore sia... C-Colpa mia?” chiese titubante.
Lo specchio rappresenta le due facce di una medaglia, luce e oscurità, bene e male... Fortuna e sfortuna. Cosa hai intenzione di fare? Lasciare che le cose procedano così, oppure vuoi metterti contro lo stesso scorrere del destino per salvarla? La scelta è solo tua!”

Angolo di Zenya ^^
Aaaaallora! Magari qualcuno si ricorda di me col nome di Dark Sun o per la storia The Servant's Story, o magari è la prima volta che leggete una mia storia... Nel caso, ciao a tutti!
Finalmente una nuova storia, eh? Come si suol dire, nuovo nome, nuova storia! Che ne pensate? Spero che il primo capitolo di questa double o triple shot vi sia piaciuto (sì, devo ancora decidere quanti capitoli saranno, ma direi pochi) e vi invito a lasciare una recensione, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate ^^ dopotutto questa storia si è letteralmente scritta da sola :P
Beh, alla prossima e un bacione a tutti i lettori, silenziosi e non!

Angoletto dello Spam :P
  • The Servant's Story     http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2652590&i=1
  • E se non ci fosse un Eroe?     http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2957402&i=1
  • Kingdom Hearts: the Last Princess    http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3258304&i=1

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Capitolo 2
*** 02 ***


Chapter II

La notte era ormai inoltrata, ma nella sontuosa villa del giovane imprenditore qualcuno rifiutava di abbandonarsi all'abbraccio di Morfeo. Se ne stava sdraiato sul suo letto, con le coperte leggermente poggiate sul torace nudo, mentre si rigirava tra le dita un curioso orologio da taschino dorato.
Continuava a tenerlo chiuso, rimirandone le particolari incisioni floreali. Glielo aveva dato il misterioso uomo dello specchio e ancora non capiva cosa dovesse fare. Per un attimo, sentì che la sua fortuna stava lentamente scivolando via dalle sue dita e ne ebbe paura, una paura che proveniva da più profondo del suo cuore e che lo attraversava come uno stiletto. Non voleva che quel bellissimo periodo finisse, aveva lavorato fin troppo per arrivare fin lì, per far sorridere di nuovo la madre e sostituire, non solo per lei ma per i tanti lavoratori che dipendevano dalla sua impresa, il defunto padre. Aveva lottato contro il dolore e la solitudine, contro la fatica e la paura di perdere tutto, dalla casa alla dignità. Non avrebbe rinunciato alla sua vita, non dopo tutti i suoi sforzi.

Prima di tutto, mi credi?” aveva poi chiesto l'uomo, quando lesse sul viso di Len l'incertezza e lo scetticismo. Il ragazzo aveva scosso la testa e aveva risposto che magari la sua fortuna era stata una semplice coincidenza, perché di tutto ciò che aveva sentito da quell'uomo nulla sembrava essere lontanamente possibile; inoltre, da una parte non credeva nell'esistenza della ragazza nello specchio.
Lo avrà sicuramente manomesso...” fece alla stanza illuminata da una splendida luna piena, quando nella sua mente apparve l'immagine di quella giovane. Per quanto ci provasse non riusciva a dimenticarla, pareva troppo reale perché fosse solo un'illusione: il suo volto triste, gli occhi spenti e quasi sul punto di riempirsi di lacrime e quella sedia a rotelle, spinta non troppo lontana da lei, come a ricordarle costantemente il suo male, di cui da sola non sarebbe mai riuscita a trovare la causa.
Len si disse di provare sicuramente pena per la ragazza, era l'unica cosa che gli veniva in mente, ma non avrebbe mai osato dire di compatirla, anche se non era sicuro che le due parole avessero lo stesso significato.
Chiuse gli occhi, poggiando l'orologio sul petto: la sensazione del metallo freddo sulla pelle nuda lo fece sussultare, perciò si issò a sedere, ricordando quella strana conversazione.

In che senso la scelta è solo mia?” aveva chiesto, sperando che ad un certo punto sullo specchio sarebbe tornato a vedere il suo riflesso. La cosa però non accadde.
Puoi scegliere se lasciare che il destino scorra così, dandoti tutte le cose belle della vita e lasciando che lei continui a vivere così, sola, malata e senza nessuno!”
Perché non dovrebbe avere anche lei una vita migliore?” fece allora, poco convinto dell'esistenza di lei e confuso dalle strane leggi che quell'uomo diceva di amministrare. La legge della fortuna e degli opposti, così l'aveva definita. Ad un primo acchito Len non aveva capito, ma l'uomo riprese a parlare con quella sua voce melliflua e allo stesso tempo incredibilmente cinica.
Come aveva detto?” si chiese, quasi sul punto di aprire il piccolo orologio. Si trattenne però dal farlo quando gli tornarono alla mente le sue parole. Aveva detto che lo specchio non solo rappresentava le due facce di una medaglia, ma anche il limite che esiste tra due universi: aveva precisato che per ogni individuo esiste un opposto, che come tale era costretto a vivere al contrario la vita dell'altro, che fosse essa ricca di gioia oppure piena di dolore e sofferenza. Da quelle parole, Len intuì che se la sua vita ora andava a gonfie vele, allora la sua doveva essere terribile.
È esattamente come per la luce e l'oscurità: una non può esistere se l'altra manca, ma allo stesso tempo esse sono opposte e contrarie... -aveva detto, mentre un sorrisetto compiaciuto inarcava le sottili labbra- Voi due non fate eccezione!”
In quel momento Len sentì che le sue certezze stavano cominciando a vacillare, tutte le sue teorie che la sua fortuna fosse stata una mera coincidenza e un dono del cielo stavano sprofondando inesorabilmente in un baratro nella sua testa. Ma la cosa che più lo fece infuriare, che più aveva alimentato il senso di colpa nel suo cuore, misto ad un egoismo di cui non era conscio, fu il motivo che aveva spinto l'uomo a raccontargli tutte quelle cose: il semplice e puro divertimento, semplicemente un passatempo di colui che può manovrare il corso del destino.

Perché?” aveva chiesto poi, con i pugni stretti da fargli male. Il misterioso ospite aveva ripreso a ghignare e si era avvicinato minacciosamente, consegnando nelle mani del giovane l'orologio da taschino che ora rigirava nelle mani. Len fece mente locale, voleva ricordare esattamente ogni singola parola legata a quello strano oggetto. Come doveva usarlo? Lui aveva detto che avrebbe potuto cambiare lo scorrere del destino, che la giovane oltre lo specchio avrebbe potuto avere una vita migliore, solo e soltanto se Len avesse deciso di rinunciare alla sua fortuna: dopotutto, entrambi non potevano avere le stesse cose. L'orologio rappresentava l'unico oggetto che avrebbe permesso al giovane imprenditore di cambiare il destino della ragazza nello specchio, ma come doveva usarlo? Len continuava a non capire, ciò che si era presentato di fronte a lui andava oltre al conosciuto e ne aveva paura. Scosse la testa e volse lo sguardo al cielo, alla luna la cui luce azzurrina illuminava la stanza e sospirò profondamente.
Chissà se anche lei sta guardando la luna...” fece senza accorgersi che per lui l'esistenza della giovane stava diventando sempre più una certezza. Nella sua testa, continuava a ripetersi che non voleva essere coinvolto in quel crudele gioco, eppure si sentiva incredibilmente in colpa, poiché lui sarebbe dovuto essere la causa del dolore di quella ragazza.
Mi assomiglia tanto...”
I suoi occhi si posarono sullo specchio appeso nella sua stanza e di nuovo gli sovvennero quegli occhi azzurri e bellissimi, eppure spenti e sul punto di piangere. Per qualche arcano motivo, i lineamenti del suo volto erano quasi identici a quelli dell'imprenditore: la forma del naso e degli occhi, entrambi molto delicati e ancora immaturi, gli stessi capelli biondi, che entrambi tenevano legati, ognuno a modo proprio.

Pare davvero il mio riflesso...” fece stendendosi e facendo scattare il meccanismo per aprire l'orologio. Ciò che vide lo lasciò spiazzato: in esso vi erano quattro lancette, due delle quali ruotavano in senso antiorario. Si chiese perché quell'uomo avrebbe dovuto dargli un oggetto tanto inusuale, ma prima che potesse farsi altre domande, Len ebbe l'impressione di aver capito cosa esso rappresentasse.
Sono contento di non doverti spiegare tutto, sei più sveglio di quanto immaginassi!”
A quella voce tanto cinica, il giovane imprenditore scattò a sedere e si ritrovò a pochi metri dal suo misterioso ospite, la cui capacità di apparire e scomparire era quasi paranormale. Lui sorrideva ancora, la mano destra sempre poggiata sul suo inseparabile specchio, mentre scrutava gli impercettibili movimenti di Len.

Come sei entrato?!”
Credi sia davvero importante? Piuttosto, cosa hai deciso? Non hai molto tempo...”
Il ragazzo si irrigidì e puntò lo sguardo sulle lancette delle ore dell'orologio. Cinque minuti ed entrambe sarebbero scattate, sovrapponendosi. Che si riferisse a quello? Len sapeva già la risposta, ma non sapeva cosa ciò avrebbe comportato. Cosa avrebbe dovuto scegliere? Continuare a vivere la sua vita, ignorando quel misterioso giocatore del destino e convivere con il dubbio e i sensi di colpa legati alla ragazza, oppure rinunciare a ciò per cui aveva sacrificato tanto e permetterle di rifarsi una vita? Le sue mani si strinsero con forza attorno all'oggetto d'oro e prese un profondo respiro. Se solo avesse avuto più tempo per decidere!
Vorrei che mi avesse spiegato tutte le regole di questa farsa! Cosa devo fare?, pensò alzando lo sguardo. Lo specchio magico era stato esposto alla luce della luna, il telo che lo nascondeva giaceva a terra, mentre il suo proprietario gli tendeva la mano filiforme, quasi ossuta.
Fa paura, fu l'ultimo pensiero che attraversò la mente del ragazzo, poi sentì le sue gambe muoversi e scivolare fuori dalle lenzuola, per poi avvertire il freddo del pavimento a contatto con i piedi.

Hai deciso?”
Non voglio rinunciare alla mia vita... -disse più a se stesso che al suo ospite- Ma non voglio nemmeno essere la causa della sua sofferenza!”
Len si alzò facendo cadere le lenzuola a terra e si passò una mano tra i capelli biondi, questa volta liberi dal suo solito codino. Cosa fare? Nello specchio, il suo riflesso scomparve di nuovo e al suo posto c'era di nuovo lei, seduta a terra circondata dalle sue bambole. Sul volto aveva ancora quell'espressione malinconica e spenta, mentre un debole sorriso le inarcava le labbra mentre muoveva piano le braccia di una figurina di stoffa dai capelli color verde acqua.
Len si morse il labbro inferiore, poi decise di interrompere quel terribile silenzio di tomba, con una decisione totalmente inaspettata.

Non voglio che tu sia l'unico a giocare con la ruota del destino... So che puoi farlo, quindi dammi il potere per salvarla!”
Nella stanza, alla luce della luna, venne quindi stipulato un accordo diverso da quello che il giocatore del destino si aspettava, ma questo non sembrava esserne dispiaciuto, anzi! Per tutti gli anni che aveva vissuto, quella era la prima volta che qualcuno decideva di intromettersi di persona e agire di mano propria...

Come desideri... La ruota del destino è nelle tue mani!”

*****

Rin era come suo solito seduta sul tappeto, circondata dalle sue numerose bambole, mentre ne fissava una nuova. Questa era una figurina maschile, con lunghi capelli viola legati in alto. La ragazza la rigirava tra le dita, spazzolandogli la particolare chioma, mentre decideva il nome e in cosa trasformare il suo nuovo alter ego. Buttò un occhio alle figure di Miku e Kaito e già dal primo giorno in cui le aveva tenute in mano, aveva pensato che fossero una bella coppia e ora la stessa cosa stava succedendo con Luka. Le piaceva infatti poter immaginare anche delle storie d'amore, anche se non era sicura di cosa significasse effettivamente amare. Non aveva amici, non aveva nemmeno un animale domestico su cui riversare il proprio affetto: aveva solo delle bambole di pezza e per quanto ci provasse, esse non avrebbero mai potuto rimpiazzare una persona in carne ed ossa.
Sospirò e poggiò Gakupo, il nuovo arrivato, vicino alla sua bambolina dai capelli rosa e si trascinò a fatica verso la finestra. Il cielo era plumbeo e le nuvole parevano fatte di ferro tanto erano pesanti e opprimenti. Da quanto non vedeva una giornata di sole? Rin non lo ricordava nemmeno più.

Sarò costretta a stare così per sempre?” chiese spostando lo sguardo sulle gambe, poggiate malamente sul tappeto. Le labbra della ragazza si contrassero allora in una smorfia di disgusto per quegli arti inermi, privi di forza che le impedivano di vivere una vita normale. Chissà cosa avrebbe dato per vivere come le normali adolescenti della sua età!
Il silenzio era opprimente, la solitudine quasi palpabile, mentre tutto attorno a Rin pareva immobile e dimenticato da tutti. La ragazza passò ancora in rassegna i vari elementi della sua stanza, sperando di trovare qualcosa di diverso che potesse sollecitare la sua curiosità e magari divertirla: il suo solito letto matrimoniale era sempre là, con le coperte di raso giallo che scendevano sul pavimento senza toccarlo; accanto il solito vecchio comodino in stile Barocco, esageratamente decorato come la testiera del letto che affiancava. Tutto nella norma e tutto assolutamente immutato.
Beh, forse c'era qualcosa che effettivamente era cambiato: poco più in là, vicino alla scatola dove conservava i suoi alter ego, era stato posizionato un lungo specchio che avrebbe dovuto riflettere una figura intera in tutta la sua altezza. Rin si era arrabbiata molto con suo padre, aveva urlato contro la servitù e il corriere che con quella faccenda non c'entravano nulla. Tutti loro si erano mossi quasi furtivamente per non svegliare la ragazza, ma quando questa aprì gli occhi, le sue labbra si contrassero in una smorfia di rabbia a risentimento: Rin era indubbiamente una bella ragazza, nessuno avrebbe detto il contrario, ma ella odiava gli specchi con tutta se stessa. Il perché? La ragione era nota a tutti, eppure continuavano a ripeterle che la sua bellezza sarebbe stata sprecata se almeno lei non l'avesse apprezzata.
Rin odiava guardarsi allo specchio e vedere quella ragazza dai capelli biondi seduta a terra, incapace di alzarsi e magari piroettare nel migliore dei suoi abiti. Chi altri avrebbe visto, se non quella figura triste e solitaria? Scosse la testa e immaginò di poter condividere quello specchio con un'amica, divertendosi a immaginare di essere qualcun altro. A quel pensiero rise di una risata amara e provò a trascinarsi verso quel regalo che aveva accompagnato Gakupo tra le sue bambole.
Almeno mi ha preso un'altra bambolina, pensò mentre arrivava di fronte alla lastra di vetro. Sentiva le braccia iniziare a fare male, così come le spalle, ma di prendere la sedia a rotelle per una così breve distanza non se ne parlava. Per quanto fosse costretta, almeno nel suo piccolo mondo avrebbe cercato di essere il più indipendente possibile.

Ti odio...” mormorò di fronte al suo riflesso, che come il resto della stanza pareva essere immutato. Di nuovo, udì la pioggia ticchettare sul vetro della finestra e un tuono riecheggiare per la stanza. Nemmeno la natura sembrava volerle dare un minimo di sollievo da quell'opprimente vita che era costretta a vivere; da un lato, però, era contenta di non dover vedere il sole, perché quello sì, sarebbe stato un duro colpo da mandare giù: vedere il cielo azzurro e il sole brillare senza poterne beneficiare, sicuramente non lo avrebbe sopportato.
La mano destra si alzò quasi inconsciamente e fece per calare sullo specchio, all'altezza del riflesso del suo volto, eppure qualcosa mutò. Rin non lo vide immediatamente, per un istante sentì come se non fosse più sola, ma che ci fosse qualcuno con lei. Si guardò velocemente attorno, il cuore iniziò a martellarle nel petto e un brivido le percorse la schiena quasi fino alle punte dei piedi, dove credeva di non avere più sensibilità.

C-C'è qualcuno?” chiese con la paura nella voce. Ma di cosa ho paura?, pensò poi, ritrovandosi per l'ennesima volta da sola. La possibilità che qualcuno potesse essere lì con lei e spezzare la monotonia della sua vita la spaventava, non era abituata alla compagnia e temeva ciò che sarebbe potuto seguire.
Dopo essersi guardata ancora attorno e aver verificato che nessuno fosse entrato nel suo piccolo mondo, Rin tornò a fissare la sua immagine riflessa e ciò che vide la lasciò a bocca aperta. Oltre lo specchio, c'era la figura di un giovane ragazzo dai lineamenti identici ai suoi e dai medesimi capelli biondi, spettinati sulla fronte e legati dietro da un codino. Il ragazzo era in piedi e la guardava con un mesto sorriso sulle labbra, mentre le mani spuntavano da un lungo mantello nero come la notte. Il silenzio calò, assieme alla tempesta che infuriava fuori, mentre quei due misteriosi occhi azzurri guizzavano da un capo all'altro della stanza. In essi, Rin notò una scintilla di disagio e dispiacere.

C-Chi sei?” mormorò la ragazza, confusa e spaventata. Che significa? Chi è questo ragazzo e dov'è il mio riflesso?
Lui non rispose, si limitò semplicemente a guardare le gambe della ragazza che cercò immediatamente di nascondere sotto la gonna del suo abito. Si sentì mortificata da quello sguardo, perché magari quel misterioso ospite si aspettava che scattasse in piedi per lo spavento e scappasse via, ma nemmeno un suono uscì dalla bocca della ragazza. Ella abbassò quindi gli occhi e li chiuse, con la speranza che quando li avesse riaperti, sarebbe tornata a vedere solo l'immagine di se stessa.
Uno... Due... Tre... contò mentalmente, Quattro... Cinque... Sei...
Il cuore iniziò a rallentare, il respiro a farsi meno affannoso, mentre le mani avevano iniziato a rilassarsi. Temeva stesse avendo un'allucinazione, temeva che il male che la costringeva sulla sedia a rotelle stesse degenerando e cercò di mantenere il sangue freddo, eppure, quando i suoi occhi si riaprirono, l'immagine del ragazzo era ancora là.
Lui s'era chinato e poggiava la mano destra, avvolta in un raffinato guanto bianco, sulla lastra che lo separava da Rin, mentre questa cercava ancora di dare una spiegazione a quella strana apparizione. Il suo sguardo era dolce e allo stesso tempo intenso, così strano da far cedere la ragazza che si riempì i polmoni per urlare.
Repentinamente, il giovane si portò l'indice della mano sinistra alle labbra e le fece segno di fare silenzio. Stranamente, lei obbedì e per un istante si sentì a suo agio.

Chi sei?” chiese in un sussurro.
Con questa notte, inizia la 'Notte degli Opposti' e tutti i tuoi desideri verranno garantiti, in quanto sono un mago venuto a posta per te!”

Angolo di Zenya ^^

Salve a tuttti, cari lettori! Come va la vita? Io sono già traumatizzata dal ritorno in facoltà e dal piccone che si è portato il prof di storia antica :/ Vabbè, sono stranamente in anticipo con questo capitolo, eppure non so più dove mettere le mani, visto che quello che scrivo mi soddisfa subito... Sarà una cosa buona? Boh, questo sta a voi lettori dirlo e spero apprezzerete alcune piccole licenze poetiche che mi sono concessa u.u

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Capitolo 3
*** 03 ***


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Chapter III

Il cuore di Rin parve fermarsi per un istante, i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quella figura maschile che aveva sostituito il suo riflesso, mentre questo continuava a sorridere con un sorriso identico a quello della ragazza.
Non capiva cosa significasse, si chiese di nuovo perché le assomigliasse così tanto e cosa ci facesse all'interno del suo specchio; puntò lo sguardo verso la mano destra e con la sinistra si pizzicò un lembo di pelle, con la speranza di risvegliarsi da quell'assurdo sogno.

Non stai sognando!” incalzò il giovane, distraendola dai suoi pensieri. Rin non lo aveva notato, ma mentre lei cercava di fare ordine tra i suoi pensieri, lui si era seduto con le gambe incrociate e le mani poggiate sulle ginocchia. Il suo sguardo era di nuovo puntato sulla sua figura, ma questa volta il giovane evitò le sue gambe avendo notato la reazione di Rin.
C-Chi sei?” chiese in un sussurro appena percettibile.
Te l'ho già detto, sono un mago venuto apposta per te! Esaudirò tutti i tuoi desideri, basta solo che tu dica una parola!”
Come f-faccio a crederti?” La mano di Rin si avvicinò inconsciamente verso la lastra di vetro, verso la gamba destra del misterioso mago, il cui sorriso le ricordò il suo di quando la sua vita andava a gonfie vele. Provò uno strano senso di nostalgia nel vedere quel viso, le tornò alla mente il periodo precedente alla sua malattia e sentì gli occhi inumidirsi: sentì crescere forte la nostalgia e i ricordi ripresero a riaffiorare, soprattutto quelli legati alla separazione dei suoi genitori, i cui litigi parevano aver aperto una voragine nel suo cuore.
Così!” rispose il ragazzo, che con un movimento leggero della mano indicò un punto alle sue spalle, dove sedevano le sue amate bamboline di pezza.
La ragazza si voltò in quella direzione e vide la figurina di Miku muovere le piccole braccia di stoffa per mettersi in piedi e andare verso Kaito. Gli occhi della ragazza si spalancarono, seguendo il suo piccolo alter ego muoversi goffamente e aiutare il suo
amichetto ad alzarsi. Queste si mossero poi verso le altre due e le presero per mano, invitandole ad alzarsi e a unirsi al loro gioioso girotondo.
Tutte e quattro parevano divertirsi un mondo, ridere e scherzare, cosa che Rin invidiò moltissimo. Si voltò quindi verso il suo misterioso ospite, le cui mani si muovevano come quelle di un direttore di orchestra, e si morse il labbro inferiore, incerta su cosa dire o fare.
Avrebbe urlato e chiesto aiuto? E se fosse accorso qualcuno, cosa avrebbe detto? Che c'era un ragazzo dietro lo specchio che ha animato le sue bambole con la magia? Se avesse mai raccontato quelle cose a qualcuno, sarebbe stata probabilmente presa per pazza. Se non riusciva nemmeno lei a crederci, come avrebbero potuto gli altri?

Allora, non dici niente?” chiese il riflesso, pacato.
Sei davvero un mago...”
Rin mormorò quelle quattro parole più a se stessa come se cercasse di auto-convincersi, più che rispondere al giovane di cui non sapeva nemmeno il nome. Glielo avrebbe chiesto? Per un attimo pensò che non sarebbe stato importante, si disse che presto o tardi si sarebbe risvegliata da quel sogno e che presto lo avrebbe dimenticato, oppure che tra un paio di minuti quella sua allucinazione sarebbe finita e la sua vita sarebbe tornata al suo corso naturale, ma ci provò lo stesso perché quella situazione aveva un non so che di piacevole e stimolante.

C-Come ti chiami?”
Le bambole iniziarono ad avvicinarsi alla ragazza, tutte e quattro si tenevano per mano, mentre i loro volti cuciti si contraevano in un dolce e amichevole sorriso, tutto per la loro amata padroncina. La figurina di Luka fu la prima ad avvicinarsi e le poggiò la manina di stoffa sulla caviglia, accarezzandola piano. Per la prima volta dopo anni, Rin rise di gusto e non si sentì a disagio, non ebbe nemmeno paura di quello strano contatto perché quello era ciò che aveva sempre desiderato dal più profondo del suo cuore. Quel giovane, in quell'unico istante, era riuscito a renderla più felice di qualunque regalo le abbiano mai fatto i suoi genitori da quando si era ammalata.

Sono felice di averti fatto sorridere... Io mi chiamo Len!”
Le labbra di Rin si contrassero nuovamente, mentre un tenue rossore le colorava le guance pallide come porcellana. Mentre le bamboline le giravano intorno, guardando Len, sentì il cuore iniziare a batterle più velocemente e un brivido percorrerle la spina dorsale. Per quanto il balletto dei suoi unici amici fosse coinvolgente e spensierato, non riusciva a distogliere gli occhi dal volto di quel ragazzo, che sussultò sentendosi osservato.
Il giovane piegò la testa di lato, sbirciando la ragazza che aveva rivolto nuovamente i suoi occhi al piccolo quartetto di stoffa. Len bussò sulla lastra di vetro e cercò di attirare la sua attenzione.

S-Sì?” chiese colta alla sprovvista.
Non mi hai ancora detto il tuo nome!”
S-Scusami! I-Io sono Rin...”
Piacere di conoscerti, Rin! Allora, cosa desideri?”
Ancora quella domanda a cui la ragazza non sapeva dare una risposta. Aveva passato notti intere a pensare a cosa desiderasse davvero, spesso passava le ore a fissare le stelle, quelle poche che riusciva a vedere oltre la coltre di nuvole, esprimendo desideri che ora, di fronte a Len, non ricordava più. Scosse quindi la testa, con gli occhi di nuovo sul punto di riempirsi di lacrime a causa della confusione, ma decise di farsi forza e si riempì i polmoni della solita aria di tutti i giorni.

H-Ho sempre vissuto d-da sola... Diventeresti... Mio amico?”
Len annuì, sul viso il suo sorriso continuava a splendere come fosse un sole, poi la sua mano si poggiò sulla lastra di vetro, in attesa che Rin facesse qualcosa. La ragazza avvicinò le dita verso quella mano e la sfiorò titubante, aspettandosi di avvertire il freddo dello specchio, ma incredibilmente sentì un calore mai provato prima.
Il cuore accelerò di nuovo e, per un istante, lei ebbe l'impressione che lo specchio si dissolvesse e che Len le afferrasse la mano, ma ciò non accadde. Fu allora che avvertì una specie di brivido, simile ad un buon presentimento secondo il quale la sua vita sarebbe esponenzialmente migliorata.

Guarda! Guarda come splendono le stelle!” fece poi il ragazzo, quando notò Rin fissare intensamente la sua mano, come fosse rimasta incantata da qualcosa che non aveva nulla di magico. La ragazza alzò di scatto la testa e il cielo che vide la lasciò senza parole. Non si era nemmeno resa conto che la notte era calata da un pezzo, che dietro alla coltre di nuvole si fosse alzata una splendida luna piena, che per la prima volta illuminava la sua stanza di quella tenue luce argentea.
Bella, vero?”
Questo è opera tua?” chiese sorpresa e felice, come avesse appena ricevuto un bellissimo dono.
Len annuì e ancora, con le mani, trovò un modo per sorprendere e stupire la giovane donna che aveva davanti. Per lei pareva che il mago si divertisse un mondo nel mostrarle questa volta dei fiori, che sbucarono e sbocciarono dalla parete accanto allo specchio su cui era disegnata la sagoma stilizzata della pianta. Tutto pareva un sogno, le cose più assurde si stavano avverando sotto ai suoi occhi e un pensiero sfrecciò tra gli altri rivolti alle meraviglie di quel giovane.
Egli aveva lanciato una magia di cui non le importava la provenienza, né tanto meno le motivazioni che lo avevano spinto a compiere un gesto simile, ma sentì che qualcosa aveva iniziato a muoversi, non solo dentro di lei, ma tutto intorno, come se la sua stessa vita si fosse preparata ad un grande cambiamento.

Puoi d-davvero esaudire tutti i miei desideri?”
Certo! E immagino di sapere cosa vorresti!”

*****

Len si guardava attorno nella stanza vuota, illuminata appena dalla luce di una luna seminascosta dalle nuvole. Il ragazzo sedeva a terra in quella dimensione a cui ora apparteneva, in bilico tra il suo mondo e quello di Rin, dove la legge degli opposti sembrava non vigere. Se ne era infatti accorto, la ragazza sorrideva di fronte a lui, mentre lui faceva la stessa cosa. Ne fu piacevolmente sorpreso, ma allo stesso tempo lo confuse. Era davvero sicuro di averle fatto del bene? Oppure quello che aveva visto era causato semplicemente dalla sua presenza?
Alla fine, non importa poi così tanto!” fece al buio che lo avvolgeva. Rin dormiva profondamente e lui aveva l'occasione di fare quello che voleva. Len provò a chiudere gli occhi, con la speranza di riuscire a dormire e recuperare le forze, ma sentì che la cosa non gli era possibile.
O non mi è concesso?”
Probabilmente non era ancora abbastanza stanco, perciò estrasse dalla tasca dei pantaloni, nascosti dal caldo mantello nero, il misterioso orologio da taschino. Fece scattare per l'ennesima volta il meccanismo e osservò le lancette che continuavano a procedere nel loro eterno giro. Il giovane chiuse allora gli occhi, ripensando alla fatidica notte in cui aveva acquisito quei poteri in grado di rendere felice Rin.

Lo strano giocatore del destino si era inchinato, consegnando a Len un mantello apparso magicamente tra le sue mani da scheletro, illuminate anch'esse dalla luce della luna. Aveva detto che quel pezzo di stoffa possedeva un grandissimo potere, utilizzabile solo in quella dimensione in bilico che aveva chiamato Limbo. Il ragazzo aveva poi chiesto come doverlo usare e lui non aveva detto niente, perché secondo lui il giovane avrebbe subito capito come fare.
La magia non ha bisogno di spiegazioni! Saprai farcela, ma vuoi davvero rinunciare alla tua vita?”
Quella domanda aveva spaventato Len nel più profondo del suo cuore e si ritrovò un groppo in gola, che non gli permise di rispondere immediatamente. L'ospite ghignò e annunciò trionfante che il giovane imprenditore avrebbe perso la sua libertà fino allo scadere del tempo, che avrebbe dovuto lasciare la madre e sparire nel nulla. Infatti, nel suo mondo, il tempo avrebbe continuato a scorrere e lui sarebbe sparito, causando problemi a tutti, come se la fortuna avesse abbandonato la sua vita di tutti i giorni.

Allora, ci stai ripensando?”
Di nuovo Len venne colto alla sprovvista dal misterioso uomo dello specchio e questa volta non poté fare a meno di aggredirlo: per quanto volesse salvare Rin dalla dannazione in cui l'aveva gettata a causa del suo egoismo, continuava a provare un profondo odio per quella persona. Il giovane era scattato in piedi come un fulmine e si era avvicinato all'uomo, che però svanì prima che le sue dita lo raggiungessero.

Di qua, amico mio!”
Non sono tuo amico!” rispose il ragazzo girandosi.
Non mi aspettavo fossi tanto arrabbiato... Vuoi rinunciare e riprendere le redini della tua vita? Sei liberissimo di farlo, se lo desideri...”
Len si morse il labbro, insicuro sul da farsi, poiché l'unica conseguenza alla sua rinuncia sarebbe stata la dannazione della giovane oltre lo specchio. L'aveva vista ed era stato testimone della sua vita, anche se solo per poche ore: solitudine, rancore, paura. Queste cose avevano smosso il cuore del giovane, la crudeltà del destino di Rin aveva fatto vacillare la sua anima e sentì che non sarebbe stato in grado di vivere con un tale peso sulle spalle, nonostante quelli che aveva dovuto sopportare da solo nel suo mondo. Per un paio di secondi, lasciò i suoi pensieri rinchiusi nella sua testa e rimase in silenzio, ponderando ogni prossima mossa.
Intanto l'uomo faceva pressione al giovane imprenditore affinché rispondesse, lo incitava e invitava a prendere una decisione con un tono decisamente provocatorio, che però il ragazzo cercò di sopportare come meglio poteva, degnando il suo sfidante di qualche occhiata diffidente.
Dalla sua, invece, il giocatore del destino pareva divertito e soddisfatto, l'adrenalina per una sfida come quella sembrava schizzare alle stelle e le sue mani tremavano in preda all'eccitazione. Sul viso nascosto dal cappuccio, spiccava il suo solito ghigno da iena.

Ti ha già chiesto di guarirla dal suo male?” chiese indicando la ragazza che dormiva profondamente nel grosso letto matrimoniale.
Len scosse la testa: “Ancora non mi crede, vuole prima essere certa che io esista, perché teme di aver semplicemente sognato...”

Decisione saggia, per una ragazza così giovane! Ma avrà pensato al momento in cui tu te ne dovrai andare?”
Len ebbe un sussulto e non capì a cosa si riferisse l'uomo. Insomma, aveva dato per scontato che presto o tardi se ne sarebbe tornato nel suo mondo, non appena tutti i desideri di Rin si sarebbero realizzati e lui avesse fatto ammenda, ma non aveva di certo pensato a lei. Cosa avrebbe fatto? Len non la conosceva ancora abbastanza bene per poter azzardare delle ipotesi, ma temette un suo crollo psicologico: da quanto aveva capito, Rin non aveva amici e i genitori erano assenti, perciò temette che la sua partenza potesse rigettarla nella depressione, riportandola esattamente a come era prima che lui intervenisse.
Il giovane non ci volle pensare, sarebbe stato costretto a rimanere ancora e forse a restare per sempre, diventando causa di enormi problemi nella vita delle persone a lui care.

Tu sapevi che sarebbe andata a finire così? Sapevi che questa situazione si sarebbe risolta in un loop infinito?!”
Ci sei arrivato tardi, ma perché non continui a giocare con me? -chiese in tono di sfida, mostrando due file di denti bianche e quasi affilati- Non sia mai che tu riesca a rompere questo equilibrio... Ma ricordati che il tempo non è dalla tua parte, perché quando esso scadrà, sarai intrappolato qui per sempre!”
Il giovane fece per dire qualcosa, ma la figura che aveva davanti venne avvolta dall'oscurità che caratterizzava il Limbo e sparì, lasciando dietro di sé null'altro che una nuvoletta grigia.
Il pugni di Len si strinsero con forza e le unghia si conficcarono nei palmi. Rimase in silenzio, facendo scorrere lo sguardo sul luogo in cui si trovava e portarlo poi all'esterno, nella camera della ragazza che dormiva profondamente. Lei era avvolta da calde coperte giallo pastello, la testa era poggiata su un cuscino rivestito di raso dello stesso colore, mentre tra le braccia stringeva Miku e Luka, che per effetto della magia del ragazzo erano vive e dormivano come fossero bambini. Infatti i loro piccoli petti si alzavano e abbassavano piano e regolari, cercando di muoversi il meno possibile per non svegliare Rin.

Sono davvero così egoista da andarmene prima del tempo?”
Sei sempre stato egoista, fece la sua coscienza e il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro, ricordando il primo incontro con quell'uomo, che lo aveva convinto a riprendersi la sua fortuna rubata da quella bellissima ragazza che allora aveva tutto ciò che desiderava.

Cosa devo fare? Sono davvero in grado di sopportare tutto ciò?”

*****

Rin fissava il sole brillare alto in un cielo azzurrissimo, simile ai suoi occhi, beandosi del calore che questo emanava. La finestra era spalancata, le tende danzavano tra i raggi con leggerezza e grazia come i movimenti che la ragazza immaginava per Miku.
Ella sorrideva, si sentiva fin troppo bene per credere che quello che stava provando fosse vero, eppure eccola là a fissare il sole.

Ti piace?” chiese Len, seduto a terra mentre il quartetto di bambole danzava secondo i suoi ordini. Rin annuì e inspirò profondamente l'aria fresca di primavera.
Le esili mani della ragazza scorrevano sul tessuto morbido della sua gonna, poi si poggiarono sui cerchi di ferro che usava per spostare la sedia a rotelle.

Sai che posso permetterti di tornare a camminare, vero?”
Rin si fermò e abbassò lo sguardo, come se non volesse rispondere al ragazzo che tanto le somigliava, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dargli una risposta. Lo aveva conosciuto solo la sera prima e lui le aveva offerto cose che nessuno era mai stato in grado di darle, eppure non sapeva se potersi veramente fidare o, almeno, credere nella sua esistenza.
Lui, con poche e semplici parole, aveva smosso il suo cuore, l'aveva fatto battere in un modo che lei non credeva possibile e le aveva fatto sentire le farfalle nello stomaco. Vedere un'altra persona, soprattutto della sua età, l'aveva spaventata, si era sentita a disagio, ma questo se ne era andato quando lui aveva accettato di diventare suo amico.

L-Len?”
Il ragazzo distolse lo sguardo dalle bambole e si voltò per guardare Rin, che di nuovo avvertì diversi formicolii in tutto il corpo. Per un istante, vide il ragazzo sorridere sotto ai baffi.

Desideri qualcosa? Sappi che sono qui per realizzare ogni tuo sogno!”
Papà dice che non posso uscire, perché per colpa della guerra fuori è diventato pericoloso... E v-vorrei che lui tornasse a casa... E anche la mamma...”
Il tono di voce utilizzato dalla ragazza pareva quello di un cane bastonato, difficilmente qualcuno non avrebbe provato pena nei suoi confronti, ma lui no. Infatti il giovane si mise in piedi e annuì, agitando le mani con grazia per lanciare l'incantesimo. Rin lo osservò attentamente, mentre dentro di sé si chiedeva come avrebbe reagito al ritorno dei suoi genitori. Ne sarebbe stata felice? E ancora, le avrebbero permesso di vedere il mondo esterno? Molto probabilmente no, ciò le sarebbe stato permesso solo se lei fosse stata in grado di camminare nuovamente.

Posso raccontare di te a qualcuno?”
A chi, per esempio?” chiese il giovane infilando le mani dentro le tasche dei pantaloni.
A m-mamma e p-papà...”
Rin abbassò lo sguardo, puntando gli occhi azzurri sulle gambe inermi, causa di tutte le sofferenze della sua vita. Non volle mostrare a Len le lacrime che stavano lentamente iniziando a salire, se ne sarebbe vergognata a morte anche se non era conscia del fatto che il ragazzo la conoscesse più di quanto lei credeva. La mascella era serrata e intanto si mordeva l'interno della guancia sinistra, rimproverandosi per la stupida domanda appena fatta. Era ovvio che sarebbe stato un errore, i suoi genitori l'avrebbero portata da uno strizzacervelli, altro che il suo medico!

Mi dispiace, ma vorrei che la mia esistenza rimanesse tra noi due... Non è per cattiveria, ma se tu dicessi qualcosa, per entrambi saranno guai grossi! Consideriamolo un nostro piccolo segreto!”
La ragazza sussultò e arrossì all'occhiolino che seguì quell'affermazione, si sentì bene nel poter condividere qualcosa con qualcuno e rispose con un sorriso, identico a quello del giovane mago. In quel preciso istante, sentì che non avrebbe voluto rinunciare alle sensazioni che quel ragazzo era capace di farle provare, perché con lui stava bene. Si chiese poi se quella sensazione di benessere fosse semplicemente provocata dal suo carattere e dalla sua gentilezza, oppure se fosse causata dal semplice fatto che non aveva mai avuto contatti con altri al di fuori di lui? Scosse la testa per non pensarci, poi un pensiero le sfrecciò nella mente, oscurando tutti gli altri: e se gli avesse chiesto di diventare parte integrante della sua vita?
Ma sarà giusto?, si chiese poi fissandolo riprendere il controllo del quartetto di bambole, che parevano divertirsi un mondo con il loro magico padrone. La ragazza rimase in silenzio ad osservare prima i suoi giocattoli, poi i suoi occhi si posarono lentamente sulla sua figura, che la notte prima non ebbe modo di analizzare.
Quel viso le piaceva, lui era indubbiamente il più bel ragazzo che avesse mai visto, forse l'unico, e le piaceva il suo atteggiamento: per quanto da una parte si somigliassero, lui era l'opposto della stessa Rin. Il suo atteggiamento nei suoi confronti e riguardo la vita la faceva sentire bene e sentiva di non volerci rinunciare.

Sarà davvero giusto far così tanto affidamento su di lui?
Rin lasciò quella domanda in sospeso e si avvicinò allo specchio, scivolando quindi ai piedi di Len. La ragazza si sistemò come meglio poteva e poggiò la schiena sul riquadro di legno che incorniciava la 'dimora' del giovane mago.
A lei bastava un suo sguardo per stare bene, i due avevano già una profonda intesa che lei nemmeno poteva sognare e non le serviva altro: finché non avesse capito cosa il suo cuore desiderasse per davvero, allora le sarebbero bastate le sue parole gentili e il suo sorriso, che ora non rappresentava più un vago ricordo del suo passato, all'insegna delle passeggiate con mamma e papà e delle nottate a dormire con loro nel lettone, ma una luce di speranza nell'oblio che aveva inghiottito la sua vita.
A lei bastava questo ed era un tipo di magia che Len non avrebbe mai dovuto lanciare, perché assolutamente naturale.


Angolo di Zenya ^^

Aaaallora! Pubblico sempre come e quando capita, ma in mia difesa sono puntuale, rispetto alla mia prima fic sui Vocaloid u.u Vabbé, volevo fosse una double o triple shot, ma così non è stato quindi la consideriamo una mini long che sta giungndo al termine! Ebbene sì, questo sarà il penultimo capitolo *cof cof* non ne sono sicura *cof cof* di questa storia che ho voluto scrivere un po' a istinto! Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima :D

Oggi niente spam perché non c'ho voglia :P Ma se volete, vi invito a dare un'occhiata alla storia "E se non ci fosse un Eroe?" ;)


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Capitolo 4
*** 04 ***


Magical Mirror pt.4

Chapter IV - Finale

Il tempo passava con leggerezza nella stanza di Rin. La ragazza non era mai stata così bene, non aveva mai riso così tanto, né aveva mai passato le sue giornate con qualcuno. Era seduta per terra, accanto allo specchio della sua stanza, come ormai faceva da tre settimane a quella parte. Teneva le gambe incrociate, la gonna leggermente mossa dal vento primaverile che si insinuava nella sua stanza, mentre le mani tenevano le braccia di una piccola bambola di pezza che danzava.
La figurina di stoffa, Miku, muoveva i piedini a ritmo con la voce di Rin, che cantava una vecchia canzone della sua infanzia.

Canti veramente bene!” disse Len, seduto accanto alla ragazza, ma allo stesso tempo lontanissimo da lei. Poggiò la mano destra sulla lastra di vetro che li separava e si sporse un po' per vedere le altre bambole, che dondolavano la testa estasiati dalla voce della loro padroncina. Sul viso, gli occhi azzurri brillavano di una luce quasi affascinante e misteriosa, diversa da qualsiasi cosa Rin avesse visto nel suo mondo.
Lo pensano anche loro!”
Rin arrossì e smise di cantare, con il disappunto del suo pubblico che emise un leggero verso di tristezza. Miku la guardò con aria interrogativa, con quei suoi dolci occhietti cuciti da qualche esperto artigiano, e la ragazza rispose con un sorriso sommesso, affinché Len non la vedesse e la bambolina non si abbattesse. Rin non aveva mai cantato di fronte a nessuno, lo faceva solo con sua madre quando era piccina, ma da quando era arrivato lui, le cose avevano iniziato a cambiare, forse anche troppo velocemente perché sembrasse reale.
Aveva riflettuto a lungo riguardo a quel cambiamento, quasi ogni notte sotto le lenzuola, ma continuava a non trovare una risposta; forse semplicemente non ce n'era una e quella era diventata la sua quotidianità. Iniziò a dondolare la testa, continuando a pensare a cosa avesse spinto Len a entrare nella sua vita, mentre intanto i suoi piedi avevano iniziato a compiere lo stesso movimento.

Ti sei incantata? Guarda che la mia magia non fallisce mai!” fece con finta superbia il giovane oltre lo specchio, indicando le gambe di Rin ormai guarite e capaci di sorreggerla. Quanto tempo ci aveva messo per chiedergli di realizzare quel desiderio? Lei non ci aveva fatto caso, voleva solo prima essere certa dell'esistenza di quel misterioso mago.
Lo s-so... E t-ti sono grata per quello che h-hai fatto...”
Piuttosto, perché ora non balli assieme alle tue bambole? Posso mettere della musica!”
Il ragazzo s'era messo in piedi e le tese la mano, sapendo che comunque non avrebbe potuto afferrarla, attendendo che la ragazza si alzasse. Gli sembrò titubante, perciò alzò le mani e una splendida melodia iniziò a riecheggiare per la stanza, come fosse prodotta da quel direttore d'orchestra che Len fingeva di essere. Rin non aveva mai sentito una sinfonia di archi e pianoforte così bella, non credeva che nessun artista al mondo potesse comporre qualcosa di simile, ma poi un pensiero le balenò nella testa.
Magari questa musica appartiene al suo mondo, pensò alzandosi e poggiando le mani sullo specchio per paura di cadere. Chiuse gli occhi e continuò ad assaporare quella melodia e la sua mente iniziò a viaggiare verso quello che le sembrò un sogno.
Alte mura di pietra che al sole parevano d'argento, torri e guglie su cui svettavano stendardi e bandiere; intorno, radure e boschetti verdi e rigogliosi dove poter correre e sentire la brezza tra i capelli.

Pare tanto un vecchio ricordo d'infanzia...” fece a bassa voce, avvicinando ancora di più il petto alla lastra di vetro; Len interruppe il movimento delle sue mani e le poggiò su quelle della ragazza. Palmo contro palmo, separati da un sottile strato di vetro che purtroppo per loro rappresentava una barriera invalicabile.
A cosa stai pensando?” chiese il mago, mentre il volume della musica si faceva più flebile, fino a diventare un leggero sottofondo capace di confondersi con il cinguettio degli uccelli e il frusciare delle fronde.
A n-niente!” Solo ad una specie di sogno, in cui io ero la principessa e tu il mio principe... Il principe che mi ha salvata dal drago cattivo e che ora mi sta rendendo felice, concluse nella sua mente, consapevole che quelle parole non gliele avrebbe mai dette.
Rin alzò di scatto la testa e si allontanò, imbarazzata e un po' instabile sulle gambe, cercando di nascondere il viso paonazzo a Len. Intanto, le figurine di Kaito e Luka camminavano a pochi centimetri dai suoi piedi, preoccupati che le gambe della loro padroncina potessero cedere da un momento all'altro; invece, dietro di sé, sentì il mago borbottare qualcosa che la costrinse a voltarsi.
Lo vide sorridere, ma allo stesso tempo sembrava rimproverarla con dolcezza. Rin non seppe come reagire, dentro di lei avrebbe voluto poterlo abbracciare e superare quella barriera che li divideva. Cosa c'è dall'altra parte?

Sai che non puoi mentirmi? Ti conosco più di quanto immagini...”
Il cuore riprese a batterle all'impazzata, il respiro iniziò a farsi corto e irregolare. Ogni suo comportamento e ogni sua azione la lasciavano perplessa e spaesata, non capiva mai come dovesse reagire, ma sentiva che qualcosa mancava, qualcosa che la sua magia non avrebbe mai potuto darle.

Signorina Rin!”
Fuori dalla stanza, probabilmente dalla base delle scale, la ragazza si sentì chiamare dalla domestica, che sicuramente aveva qualcosa da dirle; dal suo tono le sembrò emozionatissima e in fermento, cosa che un po' la preoccupava. Rin incrociò lo sguardo di Len e questo annuì, lasciandola andare da coloro che la stavano chiamando; lui sarebbe rimasto lì ad aspettarla, pronto a realizzare ogni suo desiderio.
Cosa c'è oltre lo specchio? Posso far parte del tuo mondo?
La ragazza si diresse verso la porta della sua stanza con passo incerto, sempre più rapido e sicuro man mano che procedeva sotto lo sguardo soddisfatto del mago dello specchio, che la osservava muovere quei suoi delicati piedini dopo anni di malattia e sofferenze. Ciò che lui era venuto a fare stava dando i suoi frutti.
Non sai quanto ti sono debitrice, fece nella sua testa, senza accorgersi di aver superato la soglia della sua stanza ed essersi ritrovata nel lungo corridoio tappezzato di carta da parati azzurrina. Si fermò un secondo per riprendere fiato, ancora faceva fatica a camminare e i muscoli delle sue gambe non erano più abituati a quegli sforzi. Posso continuare a far affidamento su di lui in questo modo?
Lasciò la domanda in sospeso, non sapeva ancora come rispondere, ma quando i suoi piedi iniziarono a scendere lentamente le scale, si chiese se Len potesse davvero rimanere al suo fianco per sempre. Era vero, lo conosceva da poco, ma si sentiva incredibilmente legata a lui, come se avesse sempre fatto parte della sua vita. Lui aveva fatto veramente moltissimo per lei e la ragazza non sapeva come poter ricambiare, cosa che forse l'avrebbe resa veramente felice o, perlomeno, in pace con se stessa.

Perché sento che manca qualcosa?” fece a voce alta. Rin sapeva già la risposta ed era molto semplice: voleva che quella barriera che prima era un semplice specchio sparisse, per poter sentire, e non solo immaginare, di poter toccare la mano di Len. Lui le aveva dato tantissimo, forse troppo, ma avrebbe rinunciato a tutto pur di poter stare al suo fianco senza quel dannato specchio.
Basterebbe solo quello...”
Le mani si strinsero l'un l'altra all'altezza del petto, che si gonfiò per accogliere un sospiro di rammarico.

R-Rin... Non ci p-posso credere!”
Gli occhi della ragazza si spalancarono e di fronte a lei, poco lontano dalla base delle scale, suo padre la fissava stupefatto, con il suo cappello militare in bilico su due dita. Il viso dell'uomo era contratto in una smorfia che pareva un misto tra felicità e incredulità, mentre gli occhi diventavano sempre più umidi, finché le lacrime non iniziarono a scivolare su quel volto tanto famigliare.
Rin abbassò lo sguardo e si fissò le gambe, un po' come faceva Len e accennò un sorriso, per poi ricambiare l'abbraccio avvolgente del suo papà.
Quello fu il primo passo verso la vita felice che tanto agognava.

*****

Len fissava il piccolo quartetto di bambole, intente a pensare ai fatti propri aspettando che la loro padroncina ritornasse. Queste ridevano e scherzavano, offrendo al giovane mago uno spettacolo piuttosto divertente.
Chissà se Rin avrà ancora bisogno di voi...” fece a voce bassa, passandosi le mani tra i capelli e riflettendo su ciò che sarebbe successo di lì a breve: il tempo, dopotutto, non aspetta nessuno. Tirò infatti fuori l'orologio da taschino e fissò le lancette muoversi lente, ma inesorabili, le une verso le altre, ad indicare la fine del suo soggiorno in quella dimensione dimenticata dal mondo. Ancora un po' di tempo e avrebbe dovuto scegliere se rimanere al suo fianco e abbandonare la sua vita, oppure tornare indietro e sperare che Rin riuscisse a cavarsela senza di lui.
Che ne dici?”
Il ragazzo si voltò e di nuovo si ritrovò al cospetto del misterioso uomo incappucciato. Sul viso la solita espressione, la bocca contratta nella sua solita smorfia divertita, anche se in quel momento pareva volere qualcosa di più che vedere Len costretto a decidere. Non si mosse, Len non rispose. I due lasciarono che il silenzio tornasse ad essere totale, quasi assordante. Dei due, il primo che avrebbe dovuto fare il primo passo, sarebbe dovuto essere Len.

Lei è da suo padre, lo sai?” cominciò l'uomo, fingendo nella voce commozione e empatia.
E con ciò? È stato un suo desiderio... Presto tornerà anche sua madre...”
L'uomo ridacchiò e si passò una mano sulla bocca asciutta, da cui era possibile intravedere l'arcata dei denti superiori. Mosse la testa di lato e mormorò i suoi complimenti al ragazzo che era stato in grado di mantenere il sangue freddo fino a quel momento, sempre in bilico sulla ruota del destino.

Allora? Hai deciso?”
Len gli diede le spalle e tornò a fissare la stanza di Rin, dove presto parte della sua magia sarebbe svanita, sempre a patto che lui decidesse di andarsene. Miku, Kaito, Luka e Gakupo, le sue amate bamboline sarebbero tornate ad essere tali, immobili e inanimate...
Queste avvertirono il disagio di colui che aveva dato loro la vita e lo fissarono intensamente, da una parte confusi e dall'altra determinati a non lasciare la loro padroncina da sola.

Rin non potrà continuare a fare affidamento su di voi in eterno, dovrà trovarsi dei veri amici...”
E qualcuno appartenente al suo mondo da amare, non credi?” aggiunse l'uomo in un ghigno cinico.
Che intendi dire?”
Facile! Magari tu non te ne sei accorto, ma ti guarda proprio con gli occhi di una ragazza innamorata persa!”
Len arrossì e abbassò lo sguardo, stringendo con forza i pugni. Non dovrebbe... Non può succedere... pensò con impresso nella mente il sorriso di Rin quando fu in grado di mettersi in piedi e camminare. Quell'immagine lo aveva accompagnato per tutto il tempo da quando aveva esaudito il suo desiderio: lei pareva un angelo e i suoi occhi azzurri avevo ripreso a brillare di quella luce che le aveva visto per la prima volta quella notte di pioggia, quando la sfortuna lo metteva alla prova ogni singolo giorno della sua vita.

Hai poco tempo per decidere... Questa sarà la notte dove tutto torna alla normalità!
Hai di nuovo intenzione di sparire? Hai detto la tua frase d'effetto, è tempo di lasciare il palco?” fece Len sarcastico, stufo di quella situazione e di tutte le conseguenze che sarebbero derivate dalla sua decisione. L'uomo incappucciato rise di gusto e agitò il dito indice davanti al viso.
Se vuoi che rimanga a farti compagnia, dillo pure!”
Len scosse la testa: “No, grazie... Rispondi solo a una mia domanda, ma non mi fraintendere... Non mi interessa sapere cosa ne sarà di me o perché mi hai coinvolto in questa faccenda... Voglio solo sapere se una volta finito tutto, mi lascerai mai in pace.”

Può darsi, sempre che tu non voglia di nuovo giocare con me!”
Il ragazzo scosse la testa e lo congedò con un 'forse' che parve una promessa campata per aria, senza nessun vero e proprio desiderio di rivederlo. Ciò che in quel momento importava non era ciò che sarebbe successo a lui o ciò che sarebbe venuto dopo: per Rin, lui solo avrebbe potuto prendere la decisione più giusta per entrambi.
Il silenzio era assordante, il vento aveva smesso di soffiare e la luce riflessa dalle tende si era fermata, facendo sprofondare la stanza in un'immobilità quasi innaturale. I suoi occhi azzurri si posarono sulle leggere tende di tulle e sentì il peso della sua decisione gravare sulle sue spalle. Non avrebbe permesso che Rin soffrisse ancora, ma sapeva che sarebbero bastati un altro paio di desideri e la sua vita sarebbe tornata alla normalità, prima che il suo egoismo lo portasse a intromettersi con lo scorrere del destino.

Presto mi dimenticherà... Vivrà la sua vita...” Oppure no? La domanda sorse spontanea nella mente del ragazzo, che in un primo momento non aveva valutato le conseguenze delle sue azioni: ciò che credeva sarebbe successo era che avrebbe fatto ammenda per gli errori che aveva commesso, soprattutto per liberarsi dal senso di colpa dovuto al suo stupido egoismo da una parte anche lecito.
Di nuovo, Len si ritrovò stretto nella morsa del tempo che per la seconda volta non era dalla sua parte. Troppo poco tempo per pensare, troppo poco per decidere e per capire cosa provasse il suo cuore, ma purtroppo per lui la decisione doveva essere presa.

*****


Non riesco ancora a crederci, Len!” fece Rin portandosi le lenzuola fin sotto il naso, nascondendo un radioso sorriso che avrebbe potuto illuminare la stanza. Il mago oltre lo specchio annuì, sovrappensiero e nascosto nella penombra del suo Limbo. Si morse il labbro e cercò di dire qualcosa, ma le parole gli si bloccarono sul fondo della gola, destando sospetti nella ragazza sdraiata nel letto.
Va tutto bene? Hai realizzato un mio grande desiderio, voglio festeggiare con te il ritorno di papà e la fine della guerra!”
Adesso no... Vai a dormire, è tardi...” mormorò Len, con voce talmente basa da costringerlo a ripetere la frase alla ragazza. Rin bofonchiò qualcosa e saltò giù dal letto come faceva da bambina, prima della malattia, e raggiunse il suo mago, guardandolo con quei dolcissimi occhi da cerbiatta che sembravano voler scrutare l'anima di lui. Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Rin notò sul volto di Len l'insicurezza e la preoccupazione. Il volto sicuro e pieno di sé, capace di farla sentire al sicuro in quel momento non c'era. Volle quindi esprimere il desiderio che tutto ciò che turbava il ragazzo sparisse, ma lui intercettò il suo sguardo con degli occhi talmente tristi da far accapponare la pelle della giovane.
Che ti succede?” chiese poggiando la mano destra sulla lastra di vetro, in cerca di quella del mago che però la ritrasse.
Il tempo passato con te è stato bellissimo...” fu la risposta di Len, che suscitò in Rin un terribile brivido lungo la schiena. Sentì le gambe cedere e la vista appannarsi, spaventata da quello che sarebbe successo. Suo padre era tornato e non se ne sarebbe più dovuto andare, sua madre l'avrebbe raggiunta a breve e avrebbe riavuto di nuovo la sua famiglia, ma non voleva che Len se ne andasse.
L'idea della sua partenza le sorse spontanea, non aveva nulla su cui basarla, ma dentro di sé lo sentiva forte e chiaro; solo, non lo voleva accettare Anche l'altra mano raggiunse quindi lo specchio e chiese, tremante, cosa significassero le sue parole.

Quanto tempo è passato dal nostro primo incontro? Te lo ricordi?”
La ragazza rispose affermativamente. Da quando si erano conosciuti, era passato un mese esatto: un mese in cui lei aveva imparato a conoscere a fondo una persona quando prima era sola al mondo, un mese in cui questo giovane ragazzo aveva fatto battere il cuore della giovane dietro lo specchio in modo diverso, forse con un battito in più che le aveva restituito la voglia di vivere a pieno la propria vita.

T-Te ne vai? -chiese in un sussurro- N-Non p-puoi! Sei stato con me per poco tempo, resta di più!”
Le sue parole uscirono con un crescendo di tristezza, finché le lacrime non iniziarono a rigarle il viso. Perché?, fece nella sua testa. Perché? Non volevo più piangere...
Len rimase in silenzio per una decina di secondi che gli parvero interminabili, come se la sua gola fosse stretta in una morsa che non gli permetteva di parlare. Non poteva raccontarle del suo mondo, del vero motivo per cui aveva fatto irruzione nella sua vita, ma doveva pur dirle qualcosa. Di nuovo si ammonì per il suo egoismo, lo stesso che aveva causato tutte le sventure di Rin e pensò per un attimo di rinunciare alla sua vita e rimanere con lei, ma il pensiero di sua madre lo fece desistere; qualsiasi cosa avrebbe fatto, altre vite avrebbero sofferto, lui in primis, ma ormai aveva parlato e non poteva più tornare indietro. La ruota del destino necessitava di riprendere il proprio corso originario, dopo la brusca svolta del mago.

Dentro di me, ero sicuro che intuissi che questo giorno sarebbe arrivato, dopotutto sei la mia controparte, oltre questo specchio...”
Rin non capì a cosa si riferisse, ma il suo presentimento si rivelò subito fondato, con una concretezza talmente spaventosa che si sentì soffocare. Aveva salutato quegli anni di solitudine con l'arrivo di quel ragazzo dai capelli legati color del grano; i suoi occhi azzurri come il cielo estivo parevano aver scacciato il grigiore della sua vita e pareva che il sole fosse tornato, ma adesso tutto quanto andava sgretolandosi di fronte ai suoi occhi.
Scosse energicamente la testa, trattenendo più possibile la sua disperazione e il grido di dolore legato a quella partenza. Cosa avrebbe visto poi, oltre quello specchio? Solo la sua immagine e nient'altro? Non voleva succedesse, voleva poter continuare a vederlo o magari che riuscisse a superare quella barriera che li divideva.

P-Perché devi andare via? Non puoi restare?”
Lo vorrei tanto, ma se lo facessi si spezzerebbe l'incantesimo...” fu la bugia del giovane mago, che comunque era lecita: si spezzerebbe ciò per cui lui aveva lavorato, sia nel suo mondo, sia per Rin, che si sarebbe ritrovata a dipendere totalmente da lui e a farlo diventare la sua unica fonte di felicità; Len voleva che riprendesse in mano la sua vita e rimanere lì con lei non glielo avrebbe permesso.
N-non mi importa... - replicò tra i singhiozzi- A-Anche se tu f-fossi senza magia, io sarei felice lo s-stesso... Solo perché sei accanto a me...”
Non piangere...”
Come faccio a non piangere?! Mi stai lasciando da sola, non voglio più rimanere sola!”
Rin, ascoltami...”
La ragazza alzò lo sguardo e vide Len sorridere dolcemente, con il dito indice alzato a indicare il volto di lei. La sua espressione era calma e contenuta, era pronto e aveva accettato la situazione; in cuor suo, sapeva che era la cosa giusta. Intanto, nella tasca dei suoi pantaloni, l'orologio ticchettava inesorabile fino all'ora della separazione o della prigionia: aveva poco tempo per i saluti e un secondo in più avrebbe fatto la differenza.

Oltre questo specchio, c'è un mondo dove tutto è al rovescio e come tale i nostri destini non si sarebbero dovuti incrociare... Ti ho fatto un enorme torto e sono venuto qui per rimediare... Ma allo stesso tempo, non ti sto permettendo di riprendere in mano la tua vita...”
N-non capisco... Cosa mi avresti fatto di male?” chiese Rin, che finalmente stava ricevendo la risposta che tanto agognava, ma non nel tipo di situazione che si era immaginata.
Non posso dirtelo, perché altererei ancora di più il corso del destino... Ma sono felice di essermi intromesso, perché così ho avuto l'occasione di conoscere la meravigliosa persona che ho davanti.
Tu magari non te ne sei accorta, ma mi hai dato tantissimo e ti ringrazio... Il tuo sorriso, le tue lacrime, la tua risata... Non potrò mai dimenticarli!”

Rin tentò di fermare il ragazzo, avrebbe voluto esprimere un altro desiderio, ossia quello di farlo rimanere e poi quello di poter finalmente toccare la sua mano, ma sul vetro di fronte alla giovane si formarono diverse crepe, la cui origine si trovava esattamente sul punto colpito dal giovane mago.

Quindi, non dimenticarti di me...”
L-Len...” riuscì appena a pronunciare la ragazza sola in una stanza appena illuminata da un lumino tremolante. Gli occhi erano spalancati, il suo corpo impietrito per lo stupore, mentre di fronte a lei la sua immagine si rifletteva sulle numerose schegge di vetro. Allungò ancora la mano in cerca di quella del ragazzo che non trovò, incontrando solo il riflesso di se stessa. “Non piangere” aveva detto mentre lei lo implorava di restare, ma il tono della voce di lui pareva volerle dire molto di più.
Con le dovute attenzioni, afferrò quindi il pezzo di vetro più grande, con la speranza di rivedere anche per un solo secondo gli occhi di Len, assolutamente identici ai suoi, in quel momento in tutto e per tutto: la luce prima brillava solo in quel cielo racchiuso nello sguardo del mago, ora brillava anche negli occhi di Rin. Una luce che per troppo tempo era mancata, ma che dopo quell'amicizia, forse infatuazione, aveva ripreso a brillare.
Lo aveva capito, non le ci volle molto per arrivarci. Il dolore per quella separazione era grande e spaventoso, simile a quello che aveva sempre provato prima, ma la consapevolezza del perché delle azioni di Len le aveva reso tutto più facile da sopportare. Qualsiasi cosa lui le avesse fatto di male, lui l'aveva cancellata, dandole quella spinta di cui necessitava per riprendere a vivere.

Continuerò a conservare questo specchio per ricordarmi tutto ciò che hai fatto per me... Grazie”
Dette quelle parole, Rin sorrise.



Intanto, oltre lo specchio, un giovane dai capelli dorati guardava in basso, con le mani strette a pugno attorno ad un orologio da taschino dello stesso colore della sua chioma. L'orologio aveva smesso di ticchettare. Fermo, immobile come l'aria della stanza che lo circondava. La luna piena brillava alta, la sua luce di diffondeva con delicatezza colpendo un mucchio di lenzuola bianche gettate a terra. Dei raggi argentei si riflettevano su numerose schegge di vetro, prima appartenenti ad un specchio, di cui era rimasta solo la cornice.
Il ragazzo non disse niente, l'unico suono era quello dl suo respiro irregolare rotto da singhiozzi sommessi. Le spalle si alzavano e abbassavano in continuazione, mentre dentro di sé un grido di dolore veniva intrappolato sul fondo della sua gola.
La stanza pareva essere rimasta esattamente come quando se ne era andato, ma sapeva benissimo che la vita era andata avanti senza di lui. Sapeva di aver fatto soffrire la madre e tutti coloro che dipendevano da lui, ma era tornato pronto a riprendere le redini.
I suoi occhi si spostarono quindi alla luna e gli tornò in mente quel volto, che fece contrarre le sue labbra in un debole sorriso.

Mi chiedo, se oltre lo specchio, tu stia sorridendo...”


Angolo di Zenya

Beh, eccoci qui alla fin fine! Questo è l'ultimo capitolo della mia piccola mini-long, lasciato un po' in sospeso, con un finale abbastanza aperto (?)
Diciamo che non so esattamente cosa dire, ma spero che questa storia vi sia piaciuta, per quanto frammentata e legata ai momenti salienti delle canzoni Magical Mirror e Mirror's Magic.
Vi ringrazio di cuore per aver seguito questo mio lavoro! Un ringraziamento speciale va a _
ClyssiasChange_ che ha recensito e preferito questa storia e a FullMoonEris e RinYumeChan_Yandere che l'hanno messa tra le seguite; e ovviamente un grazie a tutti i lettori silenziosi che sono arrivati alla fine con me!


Alla prossima e grazie ancora!

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