You're the Music in my Heart

di SofyTrancy
(/viewuser.php?uid=223542)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Edea ~ Il ragazzo più antipatico di sempre ***
Capitolo 3: *** Agnès ~ La mia noiosissima vita ***
Capitolo 4: *** Ringabel ~ Un cuore incapace di amare ***
Capitolo 5: *** Tiz ~ Sembrava un angelo ***
Capitolo 6: *** Edea ~ Quello stupido, stupidissimo test ***
Capitolo 7: *** Agnès ~ Lavanda ***
Capitolo 8: *** Ringabel ~ Il gruppo più potente della storia ***
Capitolo 9: *** Tiz ~ Insieme a lui... di nuovo ***
Capitolo 10: *** Edea ~ Il numero ***
Capitolo 11: *** Agnès ~ PinkCandy ***
Capitolo 12: *** Ringabel ~ Missione “SalviamoEdeaDalManiaco” avviata! ***
Capitolo 13: *** Tiz ~ Quando le tue finte ex ti rovinano la giornata ***
Capitolo 14: *** Edea ~ Stupida ***
Capitolo 15: *** Agnès ~ Bacio ***
Capitolo 16: *** Ringabel ~ Impossibile... o forse no? ***
Capitolo 17: *** Tiz ~ Una ragazza semplice ***
Capitolo 18: *** Edea ~ Ore in comune ***
Capitolo 19: *** Agnès ~ E se a Tiz...? ***
Capitolo 20: *** Ringabel ~ Quando sei l'unica persona normale in mezzo ad un gruppo di soli idioti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~ Edea & Agnès ~

Prologo
 

Edea si guardò allo specchio, cercando di appiattire quel piccolo ciuffo ribelle che ogni mattina le causava problemi.

Sbuffò.

Non aveva tempo da perdere per quella sottigliezza.

Era solo un ciuffo, un piccolo e insignificante ciuffo.

Quando il suo sguardo incontrò l'orologio il suo cuore rischiò l'infarto.

Le 8 meno 5...

Afferrò lo zaino, spalancando la porta del piccolo appartamento e correndo fuori, la colazione (una brioche alla crema ancora impacchettata) in tasca.

Solo lei poteva essere capace di arrivare tardi il primo giorno di scuola.
 

~•~
 

Agnès era già nel cortile della scuola quando la prima campanella suonò.

La castana si sistemò velocemente i grandi occhiali sul naso, per poi correre all'interno dell'edificio.

I ragazzi intorno a lei la mettevano in agitazione.

C'era chi si salutava, chi si abbracciava, chi si rivedeva dopo tanto tempo, chi cercava di fare da subito nuove amicizie.

Lei non rientrava in nessuna di queste categorie.

Voleva stare sola.

Così nessuno avrebbe potuto ferirla, così nessuno avrebbe mai potuto farle del male.

Quindi si sedette in prima fila, poggiò i libri sul banco e pregò che nessuno facesse caso a lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Edea ~ Il ragazzo più antipatico di sempre ***


~ Edea ~

Il ragazzo più antipatico di sempre
 

Corsi all'interno della scuola, fiondandomi su per la scalinata centrale.
La campanella era ormai suonata da un pezzo e fuori dalle aule non c'era anima viva.
Arrivai davanti alla porta della 1°C e la spalancai.
«Scusi prof, sono in ritardo!» urlai, cercando di riprendere fiato.

Un grasso e basso uomo di mezza età si girò verso di me.

Il suo sorriso mi fece venire i brividi.

«In ritardo fin dal primo giorno eh?– disse, con una voce molto familiare –Non che mi aspettassi altro da te, Lee.»

Il sangue mi si gelò nelle vene.

Mister Qada, professore di chimica.

Come facevo io a conoscerlo?

Abitava nell'appartamento sotto al mio, un vicino di casa orribile.

Mi sarei aspettata tutto tranne che diventasse il mio di professore...

Il mio istinto di sopravvivenza mi diceva di scappare, di cambiare non solo scuola, ma regione, stato, continente, pianeta, universo.

«Si sieda velocemente» sibilò.

I miei occhi si posarono su uno dei pochi banchi liberi, ultima fila.

Feci un passo in avanti.

La fortuna era dalla mia parte...

«In prima fila.– aggiunse quel bastardo –Qui.» indicò poi il banco proprio di fronte alla cattedra.

...o forse no.

Sbuffai, sedendomi nel posto a me indicato, accanto ad una piccola e minuta ragazza dai lunghi e lisci capelli castano-scuro.

Due grandi occhiali le incorniciavano due bellissimi occhi color nocciola, puntati verso il basso.

Sembrava... delusa? Irritata?

Non lo so dire con esattezza.

Non era facile capire le sue emozioni.

«Io sono Edea Lee,– dissi sottovoce –tu?»

La ragazzina non si mosse.

Pensai che non mi avesse sentito.

Ripetei la domanda, un poco più forte.

«Lee! Smettila di distrarre la tua compagna!» l'urlo di Qada mi fece sussultare.

La voglia di ucciderlo si fece strada verso di me.

Non era colpa mia se la mia compagna di banco era una di poche, pochissime parole.

«Agnès...» sussurrò la castana.

«Hm?»

«Mi chiamo Agnès Oblige...» aggiunse con un filo di voce.

«Volete essere messe in punizione?!» il prof batté la sua grassa mano sulla cattedra.

Sarà un'ora molto, molto lunga...” pensai, sprofondando la testa tra le braccia poggiate sul banco.

 

La campanella delle 11:10 mi salvò dalla più profonda agonia che quella giornata era diventata.

Tre ore di fila con quello psicopatico... ho rischiato davvero grosso.

Mi alzai, stiracchiandomi le gambe e le braccia.

Agnès stava leggendo un libro... e non volevo disturbarla.

Afferrai il cellulare, notando che vi era una notifica dal blog di PinkCandy.

Mi si illuminarono gli occhi.

Avevo conosciuto quel blog circa quattro mesi prima.

Lo amavo, lo adoravo alla follia.

Il sito era gestito da PinkCandy, una persona anonima che postava canzoni scritte, cantate e suonate da lei stessa.

Gli strumenti che più utilizzava erano il pianoforte e il violino.

Infilai le cuffiette nelle orecchie e sentii il nuovo pezzo direttamente dal cellulare.

Era una canzone lenta, con una piccola punta di malinconia.

Una storia d'amore strappalacrime.

Chiusi gli occhi, dondolandomi a ritmo di musica...

«Stai più attenta!»

Qualcuno mi venne addosso.

Il telefono mi cadde dalle mani, cadendo a terra.

Lo guardai mentre lo schermo si frantumava.

Il mio mondo cadde a pezzi.

«Ma sei scemo?!» urlai, voltandomi.

Rimasi senza fiato, come se fossi stata colpita da un incantesimo.

Un bellissimo ragazzo si trovava davanti a me.

I capelli albini formavano uno strano, ma affascinante ciuffo.

I suoi stupendi occhi marroni incontrarono i miei, il mio cuore accelerò.

Le sue labbra si mossero, le mie guance si tinsero di un leggero rossore...

«Scema sei tu, tieni gli occhi aperti invece di dondolarti!»

...ed ecco finita la magia.

«Mi hai rotto il telefono!» risposi, la rabbia che accresceva.

«Sono fatti tuoi, non miei.» sibilò lui.

Lo afferrai per il colletto della camicia, abbassandolo di 10-15 centimetri, portandolo alla mia stessa altezza.

«Ripagamelo.» dissi, fermamente.

Lui posò le sue labbra sulle mie.

Lo allontanai di scatto, le mie guance non erano mai state tanto rosse.

«Cosa cavolo fai?!»

«Ti pago i danni a modo mio, molte ragazze vogliono essere baciate da me sai?» ridacchiò lui.

La rabbia mi pervase.

La campanella suonò.

«Ringabel sbrigati o la prof si arrabbierà!» una voce arrivò dal corridoio.

«Pare che debba tornare in classe,– aggiunse, passandosi una mano tra i capelli e ravvivandosi il ciuffo –a presto piccolo angelo.» mi fece l'occhiolino.

Avrei voluto tirargli un pugno, ma si allontanò molto prima del previsto.

Lasciandomi lì, come una deficiente.

Da allora il ragazzo chiamato Ringabel fu nella mia “lista nera come la pece”.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Agnès ~ La mia noiosissima vita ***


~ Agnès ~

La mia noiosissima vita
 

«Lo odio!»

Alzai gli occhi al cielo.

Era la decima volta (o la ventesima?) che quella strana ragazza ripeteva quella frase.

E io che volevo stare da sola e in pace...

«E' insopportabile! Non è vivibile.» continuava.

Le lezioni erano finite da circa dieci minuti e io stavo aspettando l'arrivo del bus... quindi perché lei era ancora lì con me?

«Ma lo hai visto?! Insopportabile! Indecente!» urlò nuovamente la bionda.

«Senti...– iniziai io –perché sei qui se non devi prendere il pullman? Torna a casa.»

Ci fu un attimo di silenzio.

Lo sguardo di Edea si addolcì.

«Volevo solo tenerti compagnia...»

Quella frase mi fece, devo ammetterlo, piacere.

Nessuno mi aveva mai voluto come amica... o meglio, nessuno tranne...

Scossi la testa.

«Preferisco stare da sola.» dissi, con voce ferma.

Non volevo più avere amici.

Non volevo più stare male.

Non volevo più fare del male alle persone.

«Ma a nessuno piace stare solo.» mi fece notare la ragazza.

Aveva ragione, terribilmente ragione.
Ma io non potevo avere amici.

Vidi il pullman arrivare da dietro l'edificio scolastico.

Mi alzai, mentre il bus si fermava e apriva le portiere.

«Domani cambia banco, vai accanto a chi vuoi, ma lasciami in pace.» dissi, la voce ferma, salendo sul mezzo di trasporto e sedendomi nel primo posto libero.

Le portiere si chiusero.

Il bus iniziò a muoversi, allontanandomi da colei che voleva essere mia amica.

Ma il mio cuore era ormai stato corrotto da una forza troppo malvagia.

 

Entrai silenziosamente in casa, lanciando uno sguardo alle scale che conducevano a camera mia.

Feci un passo, poi un altro.

Dovevo agire lentamente, o se ne sarebbe accorta...

«Agnès? Sei tu?» mi chiamo mia madre.

Sbuffai.

«Sì mamma.» risposi, lanciando uno sguardo malinconico alle scale e dirigendomi verso la cucina.

«Come è andata a scuola?»

Mia madre era bassa e grassottella... ma no non era la classica mamma dolce e amorevole.

Lei voleva solo la precisione.

Solo quella.

«Bene...» risposi, cercando di evitare il suo sguardo pungente.

«Hai da studiare?»

Le sue mani si muovevano veloci sul portatile davanti a lei.

Molto probabilmente stava lavorando.

«Solo chimica... e non è tantissimo...» il mio sguardo si fece più basso.

«Integra gli appunti e portati avanti col programma.– continuò lei –Sai che non accetto un voto più basso del 9. Dovrai studiare ogni giorno» aggiunse poi tornando ad osservare lo schermo del computer.

«Ma... quest'anno mi avevi promesso...» iniziai.

«Basta con questa storia di voler fare musica, Agnès. Non sei più una bambina.»

Il mondo mi cadde addosso.

Vedete?

Mia madre voleva solo la perfezione.

Non esistevano parole come divertimento o svago nel suo vocabolario.

Abbassai nuovamente lo sguardo.

«Vado ad integrare gli appunti...»

«Bene, io ti saluto.– disse lei –Ho tre riunioni di lavoro una dopo l'altra oggi... non sarò a casa prima delle 10 di sera.»

Un piccolo barlume illuminò quell'orrenda giornata.

Ero libera.

«Ti ho lasciato il pranzo in frigo, riscaldalo.– aggiunse mia madre mettendosi il cappotto –Idem per la cena.»

«Certo mamma.» risposi.

«A dopo tesoro.»

«A dopo.»

La porta si chiuse.

 

Appena sentii la macchina di mia madre allontanarsi, legai i capelli infilandoli sotto ad un largo cappello e mi tolsi gli occhiali, prendendo quelli di ricambio che tenevo in un cassetto del soggiorno.

Presi la carne fredda dal frigo e corsi fuori casa per gettarla nel cassonetto infondo alla strada.

Abbassai ancora di più il cappello.

Se qualcuno mi avesse riconosciuto avrebbe potuto dirlo a mia madre... il che era un vero problema.

Il mio stomaco brontolò.

Presi il mio telefono, decisa a mangiare in un kebab o un Mc Donald, cosa che, con mia madre in casa, era assai difficile.

Quando vidi l'immagine di sfondo rimasi interdetta per un attimo.

Due bambine, abbracciate sorridevano verso l'obbiettivo.

Una aveva lunghi capelli blu, ornati da un delizioso fermaglio a forma di fata.

L'altra capelli castano-scuro, un'espressione felice.

Una scritta recitava “Agnès & Olivia”.

Sorrisi.

Il cibo poteva aspettare.

Prima dovevo andare a trovare la mia unica amica.

 

Varcai il grande cancello e entrai nel lungo viale alberato.

Chissà se Olivia sarebbe stata felice di vedermi...

Per colpa di mia madre non potevo andare a trovarla spesso.

Feci qualche passo avanti finché non la vidi.

Eccola lì.

La seconda sul lato destro.

La foto di una ragazzina era incorniciata su una lapide.

Il nome “Olivia” era inciso sul marmo.

Una lacrima mi scese lungo la guancia.

Erano ormai tre anni da quando lei se n'era andata.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ringabel ~ Un cuore incapace di amare ***


~ Ringabel ~

Un cuore incapace di amare
 

Lanciai lo zaino a terra, buttandomi a peso morto sul letto.

Come era stancante essere così bello!

Anche se era solo il primo giorno avevo ricevuto cinque dichiarazioni d'amore, avevo baciato sei o sette ragazze ed ero stato eletto come il “Principe del Primo Anno”... non che tutto ciò fosse una novità.

«Ringabel!»

Un urlò rabbioso arrivò dal corridoio, qualcosa si stava avvicinando a grandi passi.

A quanto pare mi aveva scoperto...

La porta di camera mia si aprì violentemente, un ragazzo irruppe all'interno della stanza, l'iPhone tra le mani.

«Cosa c'è tesoruccio~?» dissi con voce divertita.

«COSA SONO TUTTI QUESTI MESSAGGI?! TI AVEVO GIA' DETTO DI NON DARE IL MIO NUMERO ALLE RAGAZZE CHE TI CHIEDONO IL TUO!» urlò, lanciandomi il telefono in faccia.

Tiz Arrior.

Capelli corti (molto effeminati sinceramente...) di un colore da far invidia ad un topo morto della peggio malattie da più di tre mesi, occhi color mandorla incorniciati da lunghe ciglia (cosa abbastanza gay...), vestiti che manco il ragazzo meno maschio di questo mondo porterebbe (solo un finocchio potrebbe mettersi quella specie di maglia lunga.).

Io cercavo di trovargli una ragazza e cosa ottenevo? Una cicatrice a forma di iPhone sul volto, il mio perfetto e stupendo volto.

Cosa non si sopporta per amicizia.

«Volevo solo farti un piacere... e poi sai che non né voglia né tempo per dedicarmi a rispondere a quelle ragazzine.»

«E sentiamo: cosa avresti da fare tutto il giorno?!»

Ahi ahi.

Si stava arrabbiando.

«Mettere apposto casa.» azzardai.

«Lo faccio io.»

Uhm...

«Cucinare!»

«Ti ricordo che hai mandato a fuoco la cucina. Tre volte.»

La sua voce era sempre più alterata.

«I compiti...» provai a dire, cercando una via d'uscita da quella situazione.

«Li copi da me dalla prima elementare.»

«Come sei antipatico però! Sto cercando di trovarti una ragazza!» urlai, accendendo la TV per guardarmi il mio programma preferito.

Tiz afferrò il telecomando e spense l'apparecchio.

Avrei voluto ucciderlo.

«Non ho bisogno di una ragazza.– rispose lui freddo –E sai che sto aspettando la ragazza giusta. Quella che mi faccia sentire davvero innamorato.»

Sbuffai.

Quel ragazzo non capiva nulla.

«Hai 15 anni e già a pensare al vero amore! Nemmeno uno di quei vecchietti seduti al bar direbbe così!»

«Sei tu che ne hai 14 appena e sei terribilmente precoce. Da quanto tempo cerchi relazioni?»

Ci pensai su un attimo, cercando di ricordare a che età precisa avessi iniziato a provare quell'interesse verso le ragazze.

«Quando avevo 3 anni detti il mio primo bacio.» risposi poi riaccendendo il televisore.

Il mio coinquilino stacco la spina.

Io fui tentato dal tirare una bestemmia.

«La pianti di rompere?! Ho da vedere chi vince!» gridai.

«Ma possibile che devi passare la giornata a vederti “Ragazze in bikini: la gara”!?»

Rimasi sorpreso da quella affermazione.

«Ma tu sei veramente un ragazzo?»

Un pugno mi arrivò dritto sulla nuca.

Dio se faceva male quando voleva.

«Perché sei così cattivo con me?!» gli urlai mentre lui tornava verso la cucina.

«Perché non sei stato educato per niente e questo è il risultato.» rispose lui.

Sentii il rumore di chiavi.

Stava uscendo...?

«Dove vai...?» cercai di mascherare la paura nella mia voce.

Voleva lasciarmi solo? Abbandonarmi così...?

«Vado al cimitero. Devo cambiare i fiori a mio fratello. Lo sai.»

So che è egoista, ma sì lo ammetto, mi sentii sollevato.

Non se ne sarebbe andato per sempre, come invece tante persone avevano fatto, lasciandomi solo, sempre...

«Va bene!» risposi senza alzarmi dal letto.

«Mangia la carne che ti ho lasciato e non aspettarmi. Se succede qualcosa chiamami.» aggiunse uscendo dall'appartamento.

Il silenzio calò nella piccola casa.

 

Le 4.

Erano le 4.

E Tiz non era ancora tornato.

Mi rigirai nel letto, osservando il programma alla televisione.

Non riuscivo a capire il motivo ma non riuscivo ad interessarmi a tutte quelle belle ragazze che comparivano sullo schermo.

Il mio telefono vibrò.

Osservai l'anteprima del messaggio.

 

Amore:

Lasciamoci. Voglio una storia seria,

non un gioco come questo.”

 

Sbuffai.

Era la quarta in questo mese... oppure la quinta?
Spensi il telefono, nascondendolo sotto il cuscino.

Quello che aveva problemi con le ragazze non era Tiz, ma io.

Nessuna ragazza era giusta per me, nessuna mi aveva mai amato e io non avevo mai amato nessuna.

Erano tutte uguali, guardavano il mio aspetto fisico e si prendevano una cotta per me.

Tutte...

«Cosa cavolo fai?!»”

Sussultai.

La voce di quella ragazza bionda mi tornò in mente.

Tutte... tranne lei.

Scossi violentemente la testa, fermamente convinto che lei non fosse assolutamente il mio tipo.

Antipatica, rude, piatta e che baciava male... per carità!

Mi alzai dal letto.

Avevo la gola secca, dovevo prendere qualcosa da bere.

E in quel momento accadde.

Caddi a terra, l'aria non arrivava più ai polmoni, non riuscivo a respirare.

Iniziai a tastare il comodino, cercando l'erogatore che tenevo sempre a portata di mano per bloccare i miei frequenti attacchi d'asma.

Lo afferrai, inspirandone il contenuto, sentendo l'aria tornare nei polmone, la paura svanire.

Mi alzai dal pavimento, accasciandomi nuovamente sul letto.

Che vita orribile.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tiz ~ Sembrava un angelo ***


~ Tiz ~

Sembrava un angelo
 

Aprii il grosso cancello del cimitero, entrando all'interno del grande giardino pieno di tombe.

Non c'era nessuno, ero solo... (o almeno così credevo).

Mi avvicinai alla tomba più piccola presente lì dentro:
 

“Til Arrior, 5 anni”

 

Osservai la foto di mio fratello, sorridente, felice, vivo.

Ricacciai le lacrime indietro che minacciavano di scivolarmi giù lungo le guance.

Non dovevo piangere.

Glielo avevo promesso poco prima della sua morte.

Una piccola e innocente vita troncata da uno stupido cancro...

Sentii un singhiozzo.

Mi toccai la guancia destra, accertandomi che non ero io a piangere.

Mi guardai intorno, cercando di capire da dove veniva quel quel lamento.

E allora la vidi.

Una ragazza piangeva, accucciata in un angolo; ciuffi castani fuoriuscivano dall'enorme cappello che portava sulla testa, il cellulare in mano.

«Tutto bene...?» domandai, avvicinandomi lentamente a lei.

Lei alzò lo sguardo di scatto.

Il capello cadde a terra, i lunghi capelli le ricaddero sulle spalle.

I miei occhi nocciola si incontrarono con i suoi, due stelle luminose sembravano brillare al loro interno.

Il tempo si fermò.

Il mondo parve farsi più... vivo.

Il mio cuore batteva all'unisono col suo.

Poi parlò:

«S-sì... mi manca s-solo la mia migliore amica... ma lei non è più q-qui.»

Quella voce.

Quella voce era così bella, così melodiosa, così perfetta.

«Ti capisco sai...?– le risposi cercando di rassicurarla –Anche a me manca tanto mio fratello. Però non piango vedi? Perché gli ho promesso che non avrei mai versato una lacrima prima della sua morte.»

Il suo sguardo si fece incerto.

Tirò su col naso, asciugandosi poi gli occhi con la manica della maglia.

«Anche io lo avevo promesso a-a Olivia...» sussurrò poi.

«Allora sorridi! Così vedi?» dissi tirandole su i lati della bocca con le dita.

Lei rise.

Dio quanto se era bella...

«Grazie mille.» disse infine raccogliendo il cappello e alzandosi.

«Prego.» le risposi.

Lei mi mostrò ancora una volta il suo bellissimo sorriso, nascondendo di nuovamente i capelli sotto il vistoso berretto.

«Allora io torno a cas...»

Il suo stomaco brontolò, non facendole finire la frase.

Il suo volto divenne rosso.

Risi.

«Andiamo a mangiare qualcosa? Ho fame anche io.» proposi.

Non volevo separarmi subito da lei.

Volevo conoscerla, volevo cercare di ottenere il suo numero...

Perché non ero perfetto come Ringabel?!

«V-va bene...» rispose lei, il viso ancora rosso per la vergogna.

Ci incamminammo lungo la via, entrando nella prima pizzeria che trovammo.

Chissà cosa avrebbe detto Ringabel dopo aver saputo che io, il suo amico incapace e non interessato alle ragazze, stava per pranzare proprio con una rara bellezza.

 

Ogni minuto che passava scoprivo qualcosa di nuovo su quella misteriosa ragazza.

Si chiamava Agnès Oblige e aveva 14 anni.

Era sbadata, come si notava dal modo in cui mangiava la pizza finendo irrimediabilmente per macchiarsi.

Ma ciò la rendeva solo più dolce di quanto non fosse già.

Inoltre era timida, veramente timida.

Era facile capire a cosa stesse pensando, era come un libro aperto.

Lei diceva di essere chiusa in sé stessa e inespressiva, ma non era così.

O forse, per gli altri non era facile capirlo, solo per me era risultato tanto semplice.

Questo pensiero mi fece piacere.

 

«Cosa fai nel tuo tempo libero?» le chiesi, sedendomi su una delle panchine lungo il fiume.

«Studio.» rispose lei, mettendosi accanto a me.

«E basta?»

«No, ma se mia madre è in casa è l'unica cosa che posso fare...»

Il suo sguardo sembrava triste.

«Allora cosa fai quando lei è fuori?» domandai sorridendole.

«Suono! Amo la musica!» esclamò lei, mentre gli occhi iniziano a illuminarsi, mostrandomi nuovamente quelle due splendide stelle.

«Anche a me piace la musica sai? Scrivo anche delle canzoni a volte.» risposi.

Lei si voltò di scatto verso di me.

Il mio cuore impazzì.

Era vicina, troppo vicina.

«Posso sentirle??» chiese, le stelle ancora più luminose di prima.

Le sorrisi.

«Un giorno te le farò sentire.»

Lei mi osservò, con sguardo incerto.

«Cosa c'è...?»

«E' da prima che volevo chiederti perché sorridi così... devi sorridere col cuore o sembri mentire...»

Fu come se una freccia mi trapassasse il petto.

Se n'era accorta?!

«Ecco...– dissi, distogliendo lo sguardo –Io... ho dimenticato come si sorride seriamente.»

Silenzio.

Ero convinto che se ne sarebbe andata.

E invece...

«Ma che sciocchezze stai dicendo?»

«Eh...?» domandai.

«Se non ti ricordassi come si sorride, non saresti stato capace di farmi tornare il buon umore no?»

Sentii come del calore intorno al cuore.

Un qualcosa di dolce, di bello, rassicurante...

«Devi fare così!!– disse lei, tirando le mie labbra con le sue dita, come avevo fatto io qualche ora prima.

Scoppiai a ridere.

Stavo ridendo.

Stavo ridendo sul serio.

Lei mi guardò, felice.

Finalmente stavo ridendo.

 

«Oddio guarda che ore sono!– esclamò Agnès poco dopo, osservando il cellulare –Devo tornare immediatamente a casa!»

La paura si impadronì di me.

E se non ci fossimo più rivisti...?

Lei afferrò un piccolo block notes a forma di orsacchiotto, scrivendoci sopra qualcosa.

Poi mi tese il fogliettino.

«Appena puoi chiamami!– disse, con quella sua bellissima voce –Ciao Tiz!» aggiunse poi iniziando a correre, scomparendo nei vicoli della città.

«Ciao!» dissi a mia volta, per poi guardare il fogliettino.

 

“Questi sono il mio numero e il mio indirizzo e-mail!

A presto♡!”

Il mio cuore accelerò.

Ero così felice.

Niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento...

«TIZ! DOVE CAZZO TI ERI CACCIATO!»

Tranne quel rompipalle di Ringabel.

Mi voltai verso il ragazzo che veniva velocemente verso di me.

«Non risponde al cellulare e non ti fai sentire per più di quattro ore! Mi stavo preoccupan...– si fermò, osservandomi meravigliato –S-stai sorridendo...?»

Sì, stavo sorridendo.

Dopotutto era grazie a quella ragazza... quella bellissima e stupenda ragazza.

«Sembrava un angelo...» sussurrai voltandomi nuovamente verso il punto in cui lei era scomparsa, lasciandomi alle spalle un Ringabel alquanto confuso.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Edea ~ Quello stupido, stupidissimo test ***


~ Edea ~

Quello stupido, stupidissimo test

 

I suoi occhi erano incatenati ai miei.

Sentivo il suo respiro sul mio collo.

«Allora piccola? Stai ferma?»

La sua voce suadente mi arrivò alle orecchie, sentii il mio corpo irrigidirsi.

Non riuscivo a parlare, ero completamente incantata dal suo sguardo, dalle sue mani ai lati della mia testa, dal suo corpo a contatto col mio.

E poi Ringabel mi baciò...

 

«LEE!»

L'urlo del professor Qada mi fece sussultare.

Aprii gli occhi di scatto, notando di trovarmi con il volto tra le braccia, poggiate sul mio banco di scuola...

Merda...”

«Ti sembra il caso di dormire?! Siamo nel bel mezzo di una lezione!»

«M-mi scusi professore...» balbettai imbarazzata.

Sentii le risatine dei miei compagni di classe, mentre il rossore delle mie guance aumentava al solo ricordo di ciò che stava accadendo in quell'assurdo sogno...

«Per punizione dovrai rimanere a pulire la scuola oggi pomeriggio.» sibilò quel vecchiaccio.

Brutto stronzo.

Stavo per ribattere, quando sentii la mano di Agnès poggiarsi sul mio braccio.

La guardai incuriosita.

Che stesse cercando di aiutarmi? Che volesse evitare di farmi peggiorare la situazione...?

«Comunque,– riprese a parlare Qada –vi stavo parlando del test che svolgerete al suono della campanella e del quale penso che tutti voi siate a conoscenza.»

Annuii leggermente.

Era proprio per quel test che mi ero iscritta al Liceo Musicale Crystal.

Ogni anno i ragazzi delle classi prime venivano smistati nelle quattro sezioni del liceo (A, B, C e D) in modo che nelle sezioni A e B e in quelle C e D ci fossero alternativamente lo stesso numero di studenti.

Le sezioni erano “gemellate” tra di loro, quindi i professori della A avrebbero proposto le stesse verifiche, gli stessi compiti e avrebbero seguito lo stesso programma della B e quelli della C avrebbero fatto lo stesso con la D.

Ogni studente di prima avrebbe fatto un test all'inizio dell'anno scolastico che lo avrebbe unito ad un altro studente della classe “gemellata” con la sua creando così una coppia che avrebbe dovuto fare ricerche e varie materie insieme (in alcuni casi si formava un trio se i ragazzi non erano pari).

Infine, ogni coppia (o trio) veniva unita ad un'altra creando così un gruppo di studio, detto anche squadra.

Insomma un vero e proprio “test dell'affinità” con uno sconosciuto...

La campanella suonò, interrompendo i miei pensieri.

«Andate ragazzi e sperate non vi tocchi uno psicopatico omicida!» disse il professore aprendo la porta.

Uscii velocemente, seguita a ruota da Agnès.

«C-come fai a essere così tranquilla?» mi chiese, con la sua vocina timida.

Mi voltai verso di lei, notando solo allora quanto stesse tremando.

«E' solo un test! E non ci sono neanche i voti!» risposi, aprendo la porta di informatica targata “Sezione C”.

La mia bocca si spalancò.

Non avevo mai visto tanti computer in vita mia: due enormi tavoli riempivano la stanza, ognuno con una decina di computer a destra e una decina a sinistra sopra...

«S-s-s-sedetevi ognuno nel suo posto, in ordine a-a-a-alfabetico.» disse una voce titubante dal fondo dell'aula.

Mi alzai in punta di piedi, notando che si trattava di un vecchietto basso e vestito con un orrendo completo nero.

«A-a-ascoltatemi!» urlò poi, notando che nessuno degli studenti (tranne Agnès ovviamente) aveva seguito il comando richiesto.

Mi sedetti al mio posto, osservando lo schermo del computer.

«Benvenuto! Questo è il test a cui ogni anno la nostra scuola sottopone i nuovi arrivati...» bla bla bla”

Sapevo già tutto ciò che c'era scritto in quella pagina.

Con la punta dell'occhio detti un'occhiata ad Agnès.

...Perché sta prendendo appunti?!”

Stavo per chiamarla quando il vecchietto iniziò a parlare.

«I-i-io sono Ominas Crowe, i-i-il vostro professore d-d-di matematica e-e-e informatica.– spiegò, mentre notavo che tutti si erano seduti al proprio posto –O-ora sono qui per s-s-supervisionarvi durante i-i-il test.– continuò –R-rispondete con la massima s-s-sincerità alle d-domande che vi t-t-troverete davanti, p-p-poiché esse d-determineranno i-i-il vostro p-p-partner e la vostra s-s-squadra per i prossimi c-cinque anni.»

La cosa metteva alquanto ansia, ma era divertente osservare come Agnès reagiva a quelle parole.

Soffocai una risata.

Il suo viso divenne prima rosa scuro e poi di un rosso accesso non appena sentì la parola “partner”... possibile che l'argomento la imbarazzasse tanto?

«U-una volta che avrete finito il t-t-test, il c-c-computer mi dirà c-c-chi di voi chiamare.– aggiunse poi il prof –A-a-a quel punto i-il ragazzo che n-n-nominerò dovrà a-a-attraversare la porta alle mie spalle, accedendo c-così alla s-s-sala comune della IC e ID... d-d-dove troverà il suo partner. Per r-r-rendere il tutto a-ancora più semplice i-io consegnerò allo studente c-chiamato un bigliettino d-del colore che il c-c-computer mi d-dirà, l-l-lo stesso farà la p-professoressa Konoe K-Kikyo con lo studente che c-chiamerà lei. L-le squadre verranno r-r-rivelate in seguito.– fece un respiro profondo, portando lo sguardo all'orologio –P-potete iniziare.»

 

Le domande si rivelarono molto più noiose di quel che mi aspettavo.

Erano tutte domande personali su ciò che mi piaceva e non mi piaceva fare, sulle materie in cui ero più brava e quelle in cui ero più debole, su quale strumento sapessi suonare e altre cose che non sto ad elencare.

Dopo circa mezzora tutti gli studenti della mia classe avevano finito (compresa Agnès, ovviamente l'ultima a chiudere il programma dopo aver ricontrollato mille volte tutte le risposte.)

Bip-Bip.

«A-anche la ID h-ha finito.– disse Crowe, osservando lo schermo del proprio PC –A-Amelia R-Rose oltrepassi l-l-la porta, prego.»

Una ragazzina dai capelli rossi si alzò, dirigendosi poi con passo spedito verso la porta alle spalle del professore e, afferrato il bigliettino verde che questo gli tendeva, la spalancò.

E una è andata.” pensai, mentre la ragazza si chiudeva la porta alle spalle.

Non mi restava che aspettare il mio turno.

 

«E-E-Edea L-Lee, tocca a te!» mi chiamò il professore.

Mi alzai di scatto dalla sedia.

Mi mossi con passo svelto verso la porta.

«E-ecco il t-t-tuo bigliettino...» disse Crowe, consegnandomi un fogliettino rosso.

Rosso... il colore della passione...”

Mentre la mia mano afferrava la maniglia, sperai con tutto il cuore che dietro a quella tavola di legno ci fosse un bellissimo ragazzo biondo, pronto ad essere il mio principe azzurro. Oppure un bel moro abbronzato.

O un affascinante ragazzo dai capelli rossi e gli occhi verdi.

Spinta da questi pensieri positivi, abbassai la maniglia, per poi entrare nella grande sala davanti a me.

La porta si richiuse dietro di me, mentre io mi guardavo intorno, osservando gli studenti seduti intorno ai tavoli rotondi che facevano conoscenza con il proprio compagno di coppia.

Nessuno dei tavoli era occupato da una sola persona.

Mi sedetti al primo vuoto che trovai, attendendo che la persona della D che doveva essere il mio partner mi venisse a cercare.

«Scusa se ti ho fatto aspettare, My Lady!» disse una voce alle mie spalle.

Il mio corpo si irrigidì.

«Non è da me far aspettare una ragazza bella come t...» il ragazzo smise di parlare, mentre io mi giravo verso di lui.

Ringabel si trovava davanti a me: i capelli albini scompigliati, gli occhi color nocciola fissi nei miei, un bigliettino rosso nella mano sinistra.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Agnès ~ Lavanda ***


~ Agnès ~

Lavanda

 

«A-Agnès Oblige!»

Quando il mio nome fu chiamato dal professore, il mio corpo fu scosso da un piccolo sussulto.

Mi alzai dalla mia postazione e mi avvicinai alla cattedra dietro alla quale si trovava il prof, rischiando quasi di inciampare e cadere da quanto barcollavo e tremavo.

Avevo paura.

E se mi ritrovavo in coppia con qualcuno di insopportabile e di completamente opposto da me...? E poi io... io non potevo avere amici.

«T-tenga.» mi disse lo strano vecchietto, tendendomi un bigliettino viola.

Perfetto.

Il colore del mistero e del mutamento.

Sembrava che il destino ce l'avesse con me e cercasse in tutti i modi di prendermi in giro...

Presi il bigliettino e aprii la porta, ritrovandomi in una grande sala piena di tavolo rotondi.

Con la coda dell'occhio vidi Edea che stava già litigando col suo partner.

Sorrisi leggermente notando chi le era capitato.

Io avevo pensato fin da subito che non stavano poi tanto male insieme.

Poi vidi un tavolo più isolato dagli altri, a cui era seduto un ragazzo di spalle.

Controllai più attentamente, notando che stringeva nella mano sinistra un bigliettino dello stesso colore del mio.

Il cuore iniziò a battermi nel petto, mentre con passo titubante mi avvicinavo a lui.

Mano a mano che camminavo, notavo che la sua figura si faceva famigliare: la sua statura, i suoi capelli dalle sfumature grigie, la sua mano che leggermente tremava stringendo quel bigliettino...

«I-io sono Agnès Oblige...– dissi arrivando al tavolo –Piacere d...»

I nostri occhi si incrociarono, mentre riconoscevo il ragazzo che la giornata prima mi aveva tenuto compagnia per tutto il pomeriggio

«Tiz?!» esclamai.

«Agnès?»

In un attimo il mio cuore si fece calmo, come se si fosse sollevato da un terribile peso.

«Quindi siamo compagni?» chiese lui, osservando il mio bigliettino.

«P-pare di sì!– risposi io, felice –Non pensavo che tu fossi in questa scuola!»

«Beh, neanche io mi aspettavo di trovarti qui.» disse lui, alzandosi dalla sedia.

Ero felice.

Incredibilmente felice.

Ero capitata con l'unica persona che mi aveva fatta sentire a mio agio dopo tanti anni, cosa potevo chiedere di meglio?

«Certo che il colore della lavanda non poteva che essere più azzeccato...» sussurrò lui, sorridendo e guardando il bigliettino che stringevo tra le mani, mentre le gote gli diventavano leggermente rosse.

«Lavanda...?– domandai io –Pensavo fosse un normalissimo viola... e poi cosa avrebbe di speciale questo colore?»

Lui scostò lo sguardo dal mio, spostandolo verso le rose dello stesso colore che si trovavano nel vaso sul tavolo.

«N-nulla di importante...» rispose.

Avrei voluto insistere, ma una strana figura si gettò a capo fitto sul ragazzo di fronte a me... facendolo cadere a terra.

«Tiz, aiutami!» urlò, stringendo ancora di più il povero malcapitato.

«Togliti dai piedi Ringabel!– gli gridò Tiz di rimando –Mi fai male!»

«GUARDA CHE NON MI SCAPPI!»

La voce di Edea arrivò alle mie orecchie.

Mi voltai velocemente verso di lei, notando che stava venendo velocemente verso di noi, il vaso di fiori d'acacia che era sul suo tavolo tra le mani.

«Quella vuole uccidermi! Aiutami!» continuava ad urlare l'albino, mentre Edea si avvicinava sempre di più.

«E-Edea che stai facendo?» le chiesi io.

«Gli voglio solo rompere questo vaso in testa!» urlò la bionda, alzando il vaso sopra la propria testa.

Le afferrai il braccio, cercando di fermare l'omicidio che da lì a poco sarebbe avvenuto sotto gli occhi di tutti i presenti nella sala.

«Si può sapere che ti prende?» domandai, mentre le afferravo il vaso.

«Mi provoca!»

«IO NON HO FATTO NULLA!» urlò di rimando Ringabel, che nel frattempo si era alzato e si era messo dietro Tiz per proteggersi.

«Nulla?! NULLA?! Prima mi hai rotto il telefono, poi mi hai baciata e una volta che ci siamo incontrati qui non solo hai scritto il tuo numero sul mio bigliettino rosso facendolo diventare un origami a forma di cuore, ma mi hai anche fatto notare il significato di questi fiori che ora ho solo voglia di tirarti su quella testa insieme all'intero vaso!» gridò lei, cercando di liberarsi dalla mia presa.

«Ringabel...» sussurrò Tiz, la voce leggermente minacciosa.

«N-non è colpa mia se si è seduta davanti alle acacie. E non sono neanche stato io a scegliere il colore della passione...» cercò di difendersi l'albino.

«Io ti ammazzo!» gridò nuovamente Edea.

«Aiutami Tiz!»

«Lasciami Ringabel!»

Osservai stranita la scena che avevo di fronte a me.

Possibile fare così tanto casino?

«Si può sapere cosa significano i fiori d'acacia?» chiesi, osservando i bellissimi fiori gialli che erano nel vaso tra le mie mani.

«Amore segreto.» rispose Ringabel, ricevendo un calcio dalla bionda.

«Ahia!»

«NON OSARE RIDIRLO!» gridò nuovamente lei.

«Magari ora è lei ha provare un amore segreto per me, che ne sai?»

Sta volta il calcio fu di Tiz.

«AHIA!»

«Chiudi quella bocca e fine!»

«Tutti gli studenti sono pregati di uscire dalla stanza e di andare in palestra, dove presto annunceremo i vari gruppi di studio.»

La voce di una donna (doveva essere la preside) arrivò dall'altoparlante che stava in alto a sinistra, interrompendo lo strano litigio che stava avvenendo nella sala.

«Vogliamo andare?» mi chiese Tiz.

«Sì.» risposi sorridendogli.

Lui prese una delle rose color lavanda dal vaso e, dopo aver controllato che non ci fossero spine, me la mise tra i capelli.

«In ricordo di questa giornata.» spiegò, mentre le mie guance diventavano rosse.

«Come sei audace Tiz.– ridacchiò l'albino, superandoci –Una rosa color lavanda...»

«S-sta zitto!»

Guardai Edea con sguardo interrogativo e lei alzò le spalle, come per dirmi che non sapeva di cosa stessero parlando.

Ancora infatti non sapevo che il color lavanda, e più specificatamente la rosa di quel colore, stavano a significare “amore a prima vista”.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Ringabel ~ Il gruppo più potente della storia ***


~ Ringabel ~

Il gruppo più potente della storia

 

«Senti...» provai a dire.

«Zitto.»

«Volevo solo...»

«Zitto.»

Era impossibile.

Qualsiasi parola provassi a dirle mi respingeva con una semplice e sola parola secca... inaccettabile.

Osservai Tiz e Agnès che camminavano tranquilli poco più avanti, parlando tranquillamente.

Da quanto quello aveva più successo di me con le donne?!

Il mio sguardo tornò sulla bionda che guardava quasi irritata una specie di telefono che aveva tra le mani... nemmeno mia nonna aveva un modello così vecchio.

«Cos'è quello?» le chiesi, facendo un passo avanti e mettendomi di fianco a lei.

«Ti sei forse dimenticato che mi hai rotto il telefono?» mi domandò, con una punta di acidità nella voce.

«Senti... se è per questo che mi odi tanto, te lo ripago io.» provai a dire, cercando di apparire il più gentile possibile.

«Con un altro bacio? No, grazie.»

La freddezza della sua voce era sconcertante.

«Mio Angelo, ti sei innamorata così tanto di me da dover fare la fredda per respingermi?»

Successe tutto in un attimo.

La bionda si voltò, colpendomi dritto al viso con la sua mano destra.

«Il mio nome è Edea Lee, e no, non mi sono innamorata di te.» dichiarò, gli occhi color del cielo che si fissarono nei miei, le guance leggermente rosse.

Mi portai una mano al viso, sentendo la guancia calda per il colpo appena subito.

Si può sapere cosa stava succedendo?! Di solito bastavano un sorriso e due parole per far cadere tutte le ragazze ai miei piedi!

«Forse siamo partiti con il piede sbagliato.» dissi, continuando a fissarla negli occhi.

«A mio parere non potevi presentarmi meglio invece.» rispose lei, una punta di nero sarcasmo nella voce.

Sbuffai.

Sarebbe stata una lunga giornata.

 

Una volta entrati nell'enorme palestra, Edea si sedette a terra insieme agli altri ragazzi che erano arrivati prima di noi. Mi misi di fianco a lei, mentre la bionda continuava ad armeggiare col telefonino.

«Un po' povero di numeri.» osservai, notando i soli tre contatti che aveva in rubrica.

Il suo sguardo di ghiaccio si posò nuovamente su di me.

«La mia micro-sim non è compatibile con questo ferro vecchio.– disse, con una leggera punta di tristezza nella voce –Quindi finché non potrò comprarne uno nuovo dovrò accontentarmi.»

I nostri occhi si incrociarono di nuovo e una strana sensazione si fece spazio nel mio cuore.

Senza lasciarle il tempo di protestare, afferrai il telefono che teneva nella mano destra e aprii nuovamente la rubrica.

«Ehy! Vuoi rompermi anche questo?!» urlò Edea, sporgendosi verso di me e cercando di riprendersi il cellulare mentre io lo tenevo lontano dalla sua portata.

«Aspetta solo un secondo!» le dissi, mentre scrivevo velocemente il mio numero e lo salvavo nella memoria del telefonino.

«Restituiscimelo subito!» gridò lei, sporgendosi ancora di più verso di me.

«Ecco, ecco.» risposi, abbassando lo sguardo verso di lei.

Le mie guance si tinsero di rosso.

Edea era praticamente sdraiata sopra di me, mentre con la tendendo la mano destra in avanti per afferrare il cellulare.

Glielo restituii, mentre sentivo il cuore iniziare a battere quasi all'impazzata.

Cosa mi stava succedendo?!
«Cosa è questo numero? Come hai osato salvarti in rubrica?!» esclamò lei, rimettendosi a sedere e cercando a cancellare il mio numero senza successo.

«Guarda che di solito do il numero di Tiz invece del mio, quindi dovresti ritenerti fortunata.»

«PREFERISCO IL NUMERO DI TIZ AL TUO!»

Sbuffai.

«Certo che sei proprio una ragazza difficile.»

«Sei tu ad essere insop...» la sua voce si fermò e notai che stava osservando con la punta dell'occhio la porta alle mie spalle.

Mi voltai, vedendo una ragazzina piccola e minuta entrare nella palestra, facendo dondolare ad ogni passo le sue grandi code castane.

Dietro di lei c'era un uomo alto e interamente vestito di bianco, con lunghi capelli grigi raccolti in una grande e lunga coda.

«Buongiorno.– disse quest'ultimo fermandosi al centro della stanza e sistemandosi gli occhiali –Io sono il professore Victor S. Court, vicepreside della scuola, e lei è...»

«Victoria F. Stein. Preside.»

Osservai perplesso quella che mi sembrava essere solo una bambina, credendo che quasi tutti quelli nella sala stessero pensando lo stesso.

«Sono qui per annunciare i gruppi che dovrete formare.– continuò, afferrando la lunga lista che il vicepreside le tendeva –Iniziamo.»

La palestra si svuotò lentamente, mano a mano che la preside chiamava le varie coppie e svelava i gruppi che poi uscivano all'esterno.

«Edea Lee e Ringabel Dim.» esclamò ad un certo punto.

«Sta chiamando noi, mio Angelo.»

«Ti ho già detto di non chiamarmi così!»

«Evitando di litigare, grazie.» ci riprese il vicepreside con voce fredda.

Ci alzammo dal nostro posto, dirigendoci verso la preside che dopo averci sorriso disse con voce decisa:

«Voi siete in coppia con Tiz Arrior e Agnès Oblige.»

Tiz si alzò dal suo posto, aiutando la ragazza al suo fianco.

I miei occhi incrociarono quelli dell'unico e vero amico che avessi mai avuto, mentre un sorriso si dipingeva sul mio volto.

Forse quel gruppo non sarebbe poi stato un grande disastro.




ANGOLO AUTRICE:
Ehy! Sono tornata!
Mi scuso per il ritardo ma non ho molto tempo con la scuola e tutto... giuro che da giugno in poi inizierò ad aggiornare più spesso! Spero che questo capitolo vi piaccia anche se è di passaggio!
Enjoy!
~SofyTrancy

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Tiz ~ Insieme a lui... di nuovo ***


~ Tiz ~

Insieme a lui... di nuovo

 

Quando la preside chiamò il mio nome, pensai che fosse tutto uno scherzo. Era dalla prima elementare che qualsiasi ricerca o lavoro di gruppo lo dovevo fare con quell'idiota. Eravamo anche finiti ad abitare insieme!

Ma quando il mio sguardo si posò sul sorriso di Ringabel capii che era tutto vero.

«Adesso andate fuori a fare conoscenza.»

«Come se ce ne fosse bisogno...» sussurrai, dirigendomi verso la porta seguito da Agnès, Ringabel e la ragazza di cui ancora non sapevo il nome.

«Tiz! Siamo di nuovo in gruppo insieme!» esclamò l'albino, saltandomi letteralmente al collo.

Sentii Agnès ridacchiare mentre ci osservava.

«Sinceramente mi ero già sorpreso del fatto che il test non ci avesse messo insieme come coppia anche se siamo nella stessa classe.– risposi, sospirando –Pare che noi due siamo inseparabili, eh?»

«Evidentemente è così.– si intromise la bionda, facendo un passo in avanti –Non mi sono ancora presentata, Edea Lee, compagna di banco di Agnès.» aggiunse, tendendomi la mano.

Mi scollai l'albino di dosso, per poi stringerla nella mia.

«Tiz Arrior, miglior amico di Ringabel fin dalla prima elementare nonché suo coinquilino da circa tre mesi. Molto piacere.»

«I-io sono Agnès Oblige.– sussurrò la castana al mio fianco, presentandosi all'albino e abbassando lo sguardo –P-piacere.»

Dio se era carina quando faceva così.

«So chi sei.– le rispose Ringabel, inginocchiandosi di fronte a lei e facendole il baciamano –Gli angeli del cielo mi hanno informato del tuo arrivo.»

«A-angeli?» chiese lei, le guance che si tingevano di un bellissimo rosso.

«Se non sei una di loro, devi essere una Dea!»

. . .

«N-non capisco.»

«Non c'è niente da capire, piccola Dea.» disse quell'idiota facendole l'occhiolino.

Piccola Dea. Occhiolino.

Ok, voleva morire.

Afferrai l'albino per la camicia, facendolo alzare da terra.

«Ehy, ehy, ehy! Che stai facendo Tiz?!» protestò lui, dimenandosi.

«Smettila di fare il cascamorto con tutte!» lo rimproverai io.

«Mio Angelo!– esclamò Ringabel, avvicinandosi ad Edea –Tiz è cattivo con me!»

«NON CHIAMARMI COSI'!» urlò la bionda.

Osservai la ragazza puntare il suo indice accusatorio verso Ringabel, avvicinando il suo viso per sgridarlo meglio, mentre l'albino...

I miei occhi si spalancarono.

Ringabel... stava arrossendo?!

«C-comunque, –Agnès riprese la parola, facendomi voltare subito verso di lei e sentendo un colpo al cuore vedendola così vicina a me –Cosa dovremo fare come gruppo?»

«Non ci avevo pensato...» ammisi, continuando a guardare quei bellissimi occhi incorniciati dai lunghi capelli castani.

Era così... bella.

«Tiz.»

Le guance ancora leggermente rosse, le labbra rosee, il suo stupendo sguardo.

«Tiz...»

Sentii l'impulso irrefrenabile di avvicinarmi a lei, di posare le mie labbra sulle sue...

«TIZ!»

Mi riscossi dai miei pensieri, voltandomi immediatamente verso Ringabel.

«C-che c'è?!» domandai, le guance in fiamme.

«Ho detto che io so cosa dobbiamo fare.– disse, mettendomi il broncio –Per una volta che so una cosa in più di te, non mi ascolti.»

Sbuffai, non sapendo se prenderlo a calci o ringraziarlo per avermi risvegliato dal mio stato di trance.

Osservai il suo viso imbronciato.

«Allora dicci cosa dobbiamo fare.»

Il suo volto si illuminò.

«Neanche un bambino è così insopportabile.» sussurrò Edea.

Ringabel fece finta di non sentirla e iniziò a spiegare:

«Dobbiamo fare varie ricerche insieme, in più faremo tutto ciò che riguarda la musica e anche le ore di ginnastica insieme. Inoltre anche le gite le faremo in gruppo.»

Vidi la bionda sbiancare.

«Per cinque anni? CON TE?!» esclamò.

«Esattamente, mio Angelo!»

Mi passai una mano sul volto, osservando i suoi che avevano ricominciato a litigare.

Sarebbero stati cinque anni molto lunghi.

 

«Tiz, dopo cena lavori?» mi chiese l'albino, non staccando gli occhi dallo schermo del DS che teneva tra le mani.

«Sì.» risposi, bevendomi il caffè-latte che mi ero preparato.

«Posso venire?»

«No.»

Silenzio.

«PERCHE'?!» esclamò poi, alzando lo sguardo verso di me.

Ci trovavamo nella cucina del nostro appartamento, erano le 6 del pomeriggio e non avevo alcuna voglia di parlare con quell'idiota.

«Dovresti saperlo.» ribattei, senza guardarlo.

Silenzio, di nuovo.

«Oh... ho capito.– disse Ringabel, iniziando a ridacchiare –“Piccola Dea” eh? E' questo il problema.»

Sentii le mie guance diventare rosse e io mi coprii come meglio potevo con giornale che tenevo nella mano destra.

«No!»

Sì.”

«Ti sei innamorato!» esclamò lui.

«Non è vero!» gridai di rimando io.

«E in questo momento non stai neanche leggendo, fai solo finta ma in realtà pensi a lei!» continuò.

«NON E' VERO!»

Silenzio, ancora.

«E allora perché tieni il giornale al contrario?»

Merda.

«Ok, ok.– mi arresi –Forse, e sottolineo FORSE, mi sono preso una leggera cotta.»

«Per me più che cotto sei bruciato.»

«Stai mettendo a dura prova la mia pazienza.» risposi, scandendo bene le parole e poggiando il giornale sul tavolo.

Non lo avessi mai fatto...

«Oddio! Sei tutto rosso! Che carino!»

«STA ZITTO!»

Mi alzai dal tavolo, dirigendomi a passi veloci verso i fornelli, mentre Ringabel ridacchiava.

«C-cosa vuoi mangiare stasera?» chiesi, aprendo uno degli sportelli e osservando cosa c'era nella dispensa.

«Non cambiare in discorso!»

Sbuffai.

«Vogliamo parlare di te allora?!– dissi poi, voltandomi verso di lui –Tu non sei attratto da Edea?»

Ringabel mi guardò, le guance che leggermente si arrossavano.

Neanche una mosca volava nella stanza.

Poi...

«Puoi farmi un hamburger?»

«ORA SEI TU A CAMBIARE DISCORSO!»

Ringabel sbuffò, iniziando a dondolarsi sulla sedia.

«Non lo so, ok? Non è il mio tipo.– rispose poi –Evidentemente mi ha solo sorpreso il fatto che non cada ai miei piedi come tutte le altre. Ma non mi va di parlarne.»

Continuai a guardarlo per una manciata di secondi, sperando che avesse altro da dire.

Sospirai.

«Come lo vuoi l'hamburger?» domandai, voltandomi nuovamente verso la dispensa.

«Con lattuga, pomodoro, maionese e cetriolini sottaceto!» disse l'albino, la voce quasi eccitata.

«Va bene.» sorrisi, mettendo la griglia sui fornelli.

«Tiz...»

«Sì?»

«Posso venire con te dopo?» mi chiese, la voce leggermente supplichevole.

«Certo.» risposi, iniziando a tostare il pane.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Edea ~ Il numero ***


Edea

Il numero
 

Osservai l'orologio sulla parete della classe, notando che erano già le cinque del pomeriggio.

Sbuffai.

Era tutta colpa di Qada se mi trovavo a riordinare tutti i documenti sparsi nella sala insegnanti. Possibile che doveva vedermi proprio mentre dormivo?!

«Certo che per essere il secondo giorno di scuola c'è già abbastanza casino.» mi fede notare Agnès mentre riordinava i vari moduli di iscrizione che erano spassi sul tavolo.

La guardai, non capendo perché era rimasta lì con me ad aiutarmi.

Dopotutto era stata lei stessa a cercare di allontanarmi il giorno prima...

La castana alzò lo sguardo e sospirò notando che i miei erano puntati su di lei.

«So cosa stai pensando.– disse, sistemandosi gli occhiali –Mi dispiace per ieri, pensavo che stare sola mi piacesse, ma ho incontrato una persona che mi ha fatto cambiare idea.»

Sorrisi, sapendo già la risposta alla domanda che stavo per porle.

«E chi sarebbe questa persona?»

Le sue guance si tinsero di rosso.

«N-non la conosci!» esclamò.

«Tiz.»

I suoi occhi si spalancarono.

«C-come hai fatto a capirlo?!» mi chiese poi, il viso in fiamme.

Risi.

«Era abbastanza palese.– osservai, finendo di sistemare gli spartiti musicali –Ed è anche palese che gli piaci, come lui piace a te.»

«A-a me non piace Tiz!» urlò la castana, iniziando a gesticolare.

«E io sono la regina d'Inghilterra.– dissi, sbuffando –Non c'è niente di male se sei attratta da lui, è anche carino e gentile!»

La ragazza abbassò lo sguardo, cercando di nascondere le guance che erano più rosse di un pomodoro.

«L-lo ammetto... un pochino mi interessa... ma non so se questo sia amore...»

A me pare proprio di sì.”

Mi sedetti accanto a lei, sorridendole.

«Che ne dici di invitarlo ad uscire? Anche solo come amici.» proposi.

«N-no! Non voglio che p-perda tempo con me...»

Quanto poteva essere ottusa?

«Oh andiamo! Sei capitata pure in coppia con lui! Siete fatti l'uno per l'altra!»

Non lo avessi mai detto...

«Ti ricordo che tu sei capitata con Ringabel.» mi fece notare Agnès.

«Possiamo lasciare stare questo dettaglio?!– sospirai –Cinque anni con quello saranno un inferno!»

La castana ridacchiò.

«Almeno sarà divertente guardarvi.»

 

Quando io e Agnès avevamo finito erano ormai le 8 e lei era dovuta tornare a casa.

Io mi ero invece diretta nei vari supermercati e negozi di animali della città, cercando l'unica marca che la mia gatta amava e che pareva essere sparita dal mercato.

Alle 9:30 passate uscii dall'ultimo supermercato della città, con ciò che avevo cercato finalmente nella mia borsa.

Era da quando mi ero trasferita che Minette aveva smesso di mangiare, in quanto non avevo mai trovato nessun negozio che vendesse la marca che lei voleva.

Sbuffai, osservando i lampioni che si accendevano lungo la strada e i vari negozi che chiudevano.

Almeno adesso sapevo dove andare a comprarle il cibo.

Iniziai a incamminarmi, mentre il buio si faceva sempre più pesante intorno a me.

La strada era deserta, dopotutto mi trovavo nel quartiere commerciale della città che avendo ormai raggiunto l'orario di chiusura di tutti i negozi non presentava un'anima viva.

Svoltai a destra, entrando in una piccola stradina credendo di velocizzare il tragitto verso casa.

Il vento freddo era pungente e si faceva strada addirittura attraverso il cappotto, facendomi venire la pelle d'oca.

Più camminavo e più dubitavo della scelta che avevo preso.

Ero sola; sola in un piccolo e buio vicolo chissà dove all'interno della città... o almeno così credevo.

«Ehy bambola, che ci fai qui tutta sola?»

Una mano mi si posò sulla spalla destra, facendomi sussultare.

«N-non sono affari tuoi.» risposi, cercando di mantenere la voce ferma.

«Dai non essere così cattiva con me!»

Una puzza d'alcol mi arrivò alle narici, facendomi capire che il ragazzo che ci stava provando doveva essere ubriaco fradicio.

Mi voltai, notando il ghigno poco rassicurante che aveva sul volto.

Mi allontanai da lui.

«Ho da fare.» dissi.

Il ragazzo mi afferrò il braccio, gli occhi che brillavano alla luce della luna.

«Tu non vai da nessuna parte. Ora fai ciò che ti dico!» esclamò, puntandomi contro un piccolo coltellino svizzero.

Non persi tempo.

Con un movimento felino tirai un calcio al braccio con cui teneva l'arma, facendogliela volare via.

Il ragazzo perse l'equilibrio e io, cogliendo l'occasione, mi liberai dalla sua presa per poi tirargli un pugno dritto sul volto.

A quel punto iniziai a correre, mentre la paura iniziava a farsi sempre più strada dentro di me.

Lo sentii urlare di rabbia e iniziare a seguirmi.

«Torna qui!»

Uscii dalla stradina, ritrovandomi in un viale che mai avevo visto in vita mia.

Mi guardai velocemente intorno, infilandomi nel primo vicolo che vidi e nascondendomi poi tra i cassonetti.

Con un po' di fortuna non mi avrebbe trovata...

«Vieni fuori! Ti cercherò per tutta la notte se necessario!» urlò il ragazzo, passando vicino al mio nascondiglio e senza vedermi.

In quel momento capii che la Dea Bendata mi aveva già aiutato abbastanza e che dovevo chiedere aiuto, trovare qualcuno da chiamare.

Sentendo la voce del ragazzo farsi più lontana, estrassi il telefonino.

Ok, ma chi potevo chiamare?

Il mio cuore perse un battito, notando i soli 4 numeri salvati in rubrica (tra i quali uno era del mio gestore telefonico).

Scartai immediatamente l'ipotesi di poter chiamare i miei genitori: abitavano a circa un'ora di macchina dalla città in cui mi ero trasferita... e il ragazzo mi avrebbe trovato prima o poi.

I miei occhi si posarono sull'unico numero rimasto.

No.

Non potevo chiamare quell'idi...

«Bambola! Non puoi nasconderti per sempre!»

Schiacciai il tasto verde e mi portai velocemente il telefono all'orecchio sperando che l'albino mi rispondesse.

Tu-tu-tu...

Bip.

«Rin...» iniziai, tenendo la voce bassa.

Una forte musica investì il mio orecchio sinistro, facendomi smettere di parlare.

«Pronto?» rispose una voce femminile.

…Che mi avesse dato il numero sbagliato?

«P-pronto?– dissi, cercando di farmi sentire il meno possibile dal mio aggressore «Sto cercando Ringabel...»

«Oh sì, è qui con me! Te lo passo!» squittì la ragazzina.

Chissà perché ma la trovavo già antipatica.

Ci fu un minuto di silenzio (si fa per dire, visto che la musica non era diminuita neanche un poco) e poi...

«Pronto?» rispose una voce incerta.

«Ringabel!» sussurrai, le lacrime quasi agli occhi.

«Angelo? Sei tu? Che succede?» chiese il ragazzo, sorpreso.

«A-Aiuto...»

Non capivo.

Perché sentire la sua voce mi rendeva così vulnerabile?

«Aiuto?! Edea mi vuoi spiegare che succede?!»

Stavo per rispondere quando la voce del ragazzo torno a farsi più vicina.

«Bambola! Smettila di nasconderti! Se non vuoi che ti faccia male ti conviene uscire subito!» urlava, camminando lungo il viale centrale.

«Chi è che sta parlando?!» mi chiese l'albino, la voce... allarmata?

«U-un ragazzo...– dissi, abbassando ulteriormente la voce –m-mi sta seguendo... n-non so cosa fare...»

«Dimmi dove ti trovi.» mi ordinò Ringabel.

Il mio cuore ebbe un sussulto.

«N-nel quartiere commerciale, sono nascosta in un vicolo vicino ad un'edicola...» risposi.

La musica che prima mi trapanava l'orecchio si fece sempre più bassa, scomparendo del tutto. Sentii una porta sbattere.

«Resta nascosta, non ti muovere per nessun motivo.– disse l'albino dall'altro capo del telefono –Arrivo subito, resisti solo altri cinque minuti.»

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Agnès ~ PinkCandy ***


~ Agnès ~

PinkCandy
 

Aprii la porta di casa in silenzio, notando che erano già le 8:30 passate.

Se mia madre mi avesse scope...

«DOVE SEI STATA?!» urlò la donna, sbucando dalla cucina.

Ecco.

Inventati qualcosa, veloce!”

«Sono stata ad aiutare un'amica con i compiti.– mentii –Non aveva capito un esercizio di matematica e ho dovuto spiegarglielo.»

Il volto di mia madre non si addolcì.

«Vieni a mangiare.– disse, rientrando in cucina –La cena è pronta. Dopo hai il corso serale di storia no?»

«Già.»

Non proprio.”

Entrai nella cucina e mi sedetti al mio posto, mangiando con tranquillità il piatto supermegasalutare che mia madre mi aveva preparato.

«E quella rosa?» chiese ad un certo punto, indicando il fiore che avevo tra i capelli.

Cavolo.

«Ecco... oggi ci sono stati li smistamenti in gruppi e coppie... e sono finita in coppia con questo ragazzo gentilissimo che mi ha regalato questa...» iniziai, continuando a mangiare.

«Ok, ho capito.– rispose lei, lapidaria –Cerca solo di non distrarti dallo studio.»

Annuii leggermente, finendo il mio pasto.

«Io... vado a prepararmi per il corso serale...» dissi, alzandomi in piedi.

«Vai pure.» rispose mia madre.

A quel punto uscii dalla stanza.

 

Non appena fui al piano di sopra, lanciai uno sguardo all'orologio.

Cazzo.

Erano già le 9!

Afferrai lo zaino, infilandoci dentro un meraviglioso vestito che tenevo nascosto tra i vestiti seri e tutti uguali nel mio armadio.

Presi l'astuccio con dentro i trucchi che più mi piacevano e infilai anche quello nella borsa.

Se mia madre avesse saputo dove stavo andando...

Neanche lei sapeva della mia seconda vita dopotutto, di PinkCandy, la blogger musicista.

E come facevo a dirglielo? Per lei la musica era solo una perdita di tempo... un qualcosa che mi poteva distrarre dallo studio...

Osservai il bigliettino di invito che la discoteca della città mi aveva inviato.

«Alla gentile e famosa PinkCandy, siamo lieti di invitarla venerdì sera a cantare nel nostro locale alle 10:30. Speriamo con tutto il cuore che accetterà l'invito.»”

Sorrisi.

E come potevo non accettare?

Quello poteva essere il mio primo passo nel mondo della musica, il primo passo di tanti passi...

Il telefono in tasca vibrò, facendomi risvegliare dai miei pensieri.

Lo afferrai, osservando il messaggio che mi era arrivato.

Le guance mi si tinsero di rosso.

-Tiz: Ehy♡-

Il mio cuore perse qualche battito alla vista del cuoricino che troneggiava a fine parola.

Risposi velocemente.

-Agnès: Ehy!♡-

Sorrisi.

Possibile che mi rendesse così felice il solo parlare via messaggi?

In quel momento le parole di Edea mi risuonarono in testa...

«Che ne dici di invitarlo ad uscire? Anche solo come amici.»”

Afferrai il telefono.

-Agnès: Senti... stasera che fai?-

-Tiz: Lavoro, perché?-

Sospirai. A quanto pare non potevo invitarlo...

-Tiz: Però domani sera sono libero... ti andrebbe di uscire e

prendere un gelato?-

Le mie guance divennero rosse quanto il mio sangue.

Non so cosa mi trattenne dall'urlare di gioia.

Scrissi immediatamente la risposta, il cuore che mi batteva nel petto.

-Agnès: Va bene!-

Poi, mi coprii il volto con le mani cercando di calmare il rossore.

 

Alle 9:30 uscii di casa dirigendomi con passo spedito verso il centro della cittadina in cui abitavo.

Ad ogni passo che facevo, l'ansia si faceva sempre più forte nel mio cuore.

E se avessi sbagliato? E se non fossi piaciuta?

Mi fermai, alzando lo sguardo verso il cielo pieno di stelle.

«Cosa devo fare Olivia...?» sussurrai, portando una mano al ciondolo che lei mi aveva regalato poco prima di andarsene.

Ricordai ciò che la bambina dai capelli blu mi diceva sempre: “«Fai solo del tuo meglio»”

Sorrisi, riprendendo a camminare nel buio della notte.

 

Quando arrivai vicino alla discoteca, la musica che proveniva dal locale iniziò a sfondarmi le orecchie.

Come facevano a tenere un volume tanto alto?

«Tu sei PinkCandy vero?» mi chiese un'uomo alto e robusto vedendomi arrivare.

Sorrisi, leggermente intimidita.

«Sì, sono io...» risposi, cercando di farmi sentire oltre la musica.

Lui annuì.

«Entra dal retro, lì troverai il tuo camerino.– mi disse, tendendomi un foglietto –Mostra questo a Mephilia e dille che ti manda Barbarossa, sono sicuro che non ci saranno problemi!»

«Grazie mille.» sorrisi, dirigendomi nel luogo da lui indicato.

Entrai nel vicolo buio dietro la discoteca, aprendo la porticina su cui vi era scritto “Entrata dipendenti”.

«Permesso...» dissi, entrando all'interno dell'edificio.

Una ragazza dai lunghi capelli verdi alzò gli occhi dalla rivista che stava leggendo, mentre fumava una sigaretta.

«PinkCandy?» domandò, scrutandomi dall'alto in basso.

«Sì.– risposi, mostrandogli il foglio che l'uomo di prima mi aveva consegnato –Me lo ha dato un certo Barbaros...»

«Il tuo camerino è da quella parte.– rispose secca, indicandomi con un cenno del capo il corridoio a destra e tornando poi alla sua lettura –Cambiati in fretta e torna qui appena sei pronta, devi cantare tra circa venti minuti.»

Evidentemente non era un tipo che amava conversare.

La superai, iniziando a camminare per il corridoio e entrando nella stanza su cui c'era scritto il mio nome.

Chiusi la porta a chiave, cambiandomi velocemente d'abito.

Il cuore iniziò a battermi all'impazzata.

Mi guardai allo specchio, mentre con una precisione maestrale mi mettevo il mascara e l'ombretto.

Una volta finito di truccarmi, passai ad acconciare i capelli: feci due piccole treccine ai due lati che di riunivano dietro la testa formando una treccia più grande e coronandomi così il volto.

Sorrisi al mio riflesso.

Notai che dopotutto ero anche abbastanza carina.
“Se solo Tiz potesse vedermi così...”

Le mie guance si tinsero di rosso.

Non era il caso di fare quei pensieri in quel momento!

Qualcuno bussò alla mia porta.

«PinkCandy– disse la voce della ragazza di prima –Tocca a te.»

Feci un lungo respiro.

Era il momento di andare in scena.

 

«E ora, la persona che tutti voi stavate aspettando.– annunciò il presentatore sul piccolo palcoscenico in mezzo alla sala –Una delle più famose cantautrici del web, ecco a voi PinkCandy!»

Entrai velocemente nella grande sala, osservando le tantissime persone che mi guardavano da sotto il palco.

Potevo sentire l'adrenalina scorrermi nelle vene ma la ignorai.

Afferrai il microfono, mentre la base della prima canzone partiva.

Sorpresa da me stessa iniziai a cantare, sorridendo al pubblico che applaudiva e cantava con me.

Non ero mai stata tanto felice in vita mia.

Continuai a cantare le varie canzoni che avevo deciso di portare quella sera, stando ben attenta a non sbagliare neanche una parola.

Il mio sguardo correva su tutte le persone che mi guardavano e ballavano nella grande discoteca.

Tutto stava andando per il meglio, tutto era perfetto...

E poi lo vidi.

I capelli grigi, gli occhi color nocciola, la pelle rosea.

Tiz era lì, in fondo alla sala che parlava tranquillamente con una ragazza dai capelli albini.

Ripensai al messaggio che mi aveva mandato circa un'ora e mezzo prima.

«Stasera lavoro.»”

Mi aveva mentito.

E mentre il mio sguardo si posava sulla bellissima ragazza che aveva al suo fianco, la mia voce, anche se solo per un secondo, si incrinò.



 

NOTE AUTRICE:

Ehy! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!

In caso non ve lo ricordaste (e sarebbe giusto visto il tanto tempo passato) PinkCandy è la cantante che ascoltava Edea nel primo capitolo, e quindi ora sappiamo anche di chi è fan la nostra amata bionda!

Detto questo, mi scuso per il ritardo ma con la scuola non ho avuto molto tempo (fortunatamente ora finisce *^*)

Alla prossima!

~SofyTrancy

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Ringabel ~ Missione “SalviamoEdeaDalManiaco” avviata! ***


~ Ringabel ~

Missione "SalviamoEdeaDalManiaco" avviata!


«U-un ragazzo.. m-mi sta seguendo... n-non so cosa fare...»

Quando sentii queste parole il telefono mi cadde quasi dalle mani.

Sentii il cuore iniziare a battermi del petto.

«Ringabel, andiamo! Chiudi la telefonata e torna a ballare con me!» mi disse Airy, afferrandomi il braccio.

La ignorai.

«Dimmi dove ti trovi.» dissi con voce ferma a Edea.

«N-nel quartiere commerciale, sono nascosta in un vicolo vicino ad un'edicola...»

Iniziai a correre verso l'uscita della discoteca, seguito a ruota dall'albina che continuava a cercare di attirare la mia attenzione.

«Resta nascosta, non ti muovere per nessun motivo.– dissi, uscendo dal locale –Arrivo subito, resisti solo altri cinque minuti.»

Chiusi la chiamata, pronto a partire a corsa verso il quartiere commerciale della nostra città.

«Dove stai andando!?» mi chiese la ragazza.

Mi voltai verso di lei.

Osservai i lunghi capelli bianchi che incorniciavano il suo volto che era bello quanto quello di una fata.

Il rossetto rosso fuoco risaltava sulla pelle candida... e sicuramente l'occhio non poteva evitare di cadere sull'ampia scollatura che stava portando.

«Devo andare Airy.– risposi secco, distogliendo lo sguardo –E poi tu sei qui solo per Tiz, no? Va da lui e evita di usarmi per farlo ingelosire.– aggiunsi poi, iniziando a correre –Ah, e di' a Tiz che ho avuto un impegno improvviso e che stasera torno a casa tardi!»

Osservai il volto della ex del mio migliore amico per un'ultima volta prima di voltarmi completamente verso la direzione in cui stavo correndo.

Già, Airy era la ex di Tiz.

Chi avrebbe mai detto che una stra-figa che portava un vestito più trasparente di un bicchiere potesse essere stata la sua fidanzata, vero?

Ma quello non era il momento di pensarci.

Infilai la mano in tasca.

Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo quando le mie dita sfiorarono quello che doveva essere il mio erogatore.

Potevo correre al massimo delle mie velocità, dopotutto anche in caso di un attacco d'asma avevo il mio salvavita con me.

 

Quando arrivai nel quartiere indicatomi da Edea saranno state circa le 10.

Iniziai a guardarmi intorno, sperando con tutto il cuore che la bionda fosse riuscita a nascondersi per quei pochi minuti che l'avevo fatta attendere.

«Bambola! Vieni fuori!»

Sussultai, sentendo la voce ubriaca del ragazzo che aveva preso di mira Edea farsi più vicina.

Infilai in uno dei tanti vicoli, cominciando a correre al suo interno e cercando la ragazza.

Potevo anche affrontare il tizio, dopotutto avevo studiato le tecniche di autodifesa per abbastanza tempo da riuscire a mettere K.O. tutti quelli che prendevano in giro Tiz alle medie.

Ma quella sera era diverso.

Edea era lì, nascosta da qualche parte, impaurita e indifesa.

Lei aveva la priorità.

Così, anche se le cose si fossero messe male, le avrei potuto dare il tempo di scappare...

«Bambola! Mi sto incazzando!»

Merda.”

Infilai nell'ennesimo vicolo, continuando la mia ricerca.

E poi la vidi.

La bionda era rannicchiata dietro ad uno dei cassonetti e stava guardando tremante la strada principale, dove quel maniaco camminava su e giù chiamandola.

Mi avvicinai, posandole una mano sulla spalla.

Lei sussultò, voltandosi di scatto e iniziando ad agitare le braccia per liberarsi dalla mia presa.

«L-lasciami!»

«Sono io.» dissi, afferrandole i polsi.

Il mio cuore ebbe un sussulto.

«R-Ringabel...?» sussurrò la bionda, gli occhi pieni di lacrime.

Non avrei mai immaginato che potesse essere tanto spaventata...

«Sì...» sussurrai a mia volta, sorridendole.

Lei mi si fiondò letteralmente al petto e io arrossii.

«G-grazie...– disse, tra le lacrime –g-grazie per essere v-venuto a salvarmi...»

Portai una mano alla sua testa, accarezzandole con dolcezza i capelli.

Come potevo non averci pensato prima?

Edea era una ragazza come tutte le altre, per quanto potesse essere irascibile e dalla lingua velenosa...

«Ora ti porto via da qui, ok?– la rassicurai, alzandomi con cautela e iniziando a indietreggiare verso il punto dal quale ero venuto –Tu devi solo rimanere con me. Non ti succederà nulla.»

La bionda annui, prendendomi la mano e iniziando a seguirmi lungo il vicolo poco illuminato, mentre con l'altra si asciugava le lacrime che continuavano a rigarle il volto.

«Eccoti bambola!»

Sentii la presa di Edea farsi più forte sulla mia mano.

Mi voltai di scatto, tirando la ragazza dietro di me.

Il ragazzo stava di fronte a noi, un coltellino svizzero nella mano destra.

«E questo chi è? Un tuo amico?» chiese poi, barcollando per l'alcol che aveva ingerito e facendo un passo verso di noi.

«L-lasciami stare...» sussurrò la bionda, nascondendosi meglio dietro di me e iniziando a tremare.

Lasciai andare la sua mano, intenzionato a mandare anche in coma il ragazzo che avevo di fronte a me.

«Ti conviene andartene.» dissi, la voce ferma.

«Ehy bello, non darmi ordini e consegnami la ragazza!» esclamò quello, ridendo.

«Non sto scherzando. Se osi anche solo fare un altro passo prima ti riduco a brandelli e poi ti uccido.»

Sentii Edea sussultare non appena pronunciai le ultime parole.

Il ragazzo scoppiò a ridere, puntandomi il coltellino contro.

«Se provi a combattere contro di me, rischi grosso.» esclamò, facendo un passo avanti.

Non ancora...” pensai, tra me e me.

«Allora ragazzino? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» continuò quello, avvicinandosi ulteriormente.

Non ancora...”

«Dai, su, consegnami la ragazza da bravo.» disse, facendo un altro passo verso di noi.

Ora!”

Mi lanciai verso il basso, colpendolo dritto al ginocchio col piede.

Lui barcollò, perdendo l'equilibrio e io ne approfittai per tornare verso l'alto e tirare una testata contro la sua mascella.

«Maledetto ragazzino!!» gridò lui, stringendo il coltello e mirando al mio petto.

Mi scansai di lato.

Il sangue mi si raggelò nelle vene, notando che così avevo lasciato scoperta Edea.

La ragazza urlò, coprendosi il viso con le braccia.

«NO!» urlai, scagliandomi sul ragazzo e buttandolo a terra, facendogli battere la testa.

Un dolore lancinante mi arrivò dal braccio destro.

«Ringabel!» gridò la bionda, correndo al mio fianco.

Mi portai la mano sinistra verso il coltellino svizzero conficcato nella carne, estraendolo e osservando il sangue uscire dalla ferita.

«Sono contento che tu stia bene...» sussurrai, guardando il viso sconvolto di Edea.

Poi tutto divenne buio. 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Tiz ~ Quando le tue finte ex ti rovinano la giornata ***


Tiz

Quando le tue finte ex ti rovinano la giornata
 

La musica mi trapassava i timpani, mentre me ne stavo seduto al bancone delle bibite della discoteca in cui lavoravo da qualche mese.

Allungai il collo, cercando di vedere la figura di Ringabel.

«”Vado a ballare per cinque minuti e torno.”» sussurrai, scimmiottandolo.

Ogni volta che lo portavo lì era sempre la solita storia: lui si trovava qualche ragazza, ci ballava tutta la notte e poi le dava il mio numero.

Sbuffai, poteva andare peggio di così?

«Tiiiiiiiiz!~» mi salutò una ragazza avvicinandosi.

Oh cazzo.”

Evidentemente si.

«Ciao Airy...– risposi, senza nessun entusiasmo –Che ci fai qui?»

«Sono qui per te no?» disse lei, mostrando il suo sorriso da ragazzina innocente.

Rabbrividii.

«Sto bene da solo, grazie.– risposi prontamente io –E poi non eri con Ringabel?» aggiunsi, ricordandomi che l'albino mi aveva promesso di tenerla lontana da me.

«Ringabel ha ricevuto una chiamata ed è corso via... ha detto che tornava tardi...– si passò la lingua sulle labbra – Quindi ho pensato di stare qui con te...» disse, la voce provocante.

TRADITORE.”

«Ripeto: sto bene da solo, cercato qualcun altro.»

«Oh, dai, non essere così cattivo!!– esclamò lei, sporgendosi sul bancone e avvicinando il suo viso al mio –Che ne dici di passare la serata insieme?» disse poi, sussurrandomi sulle labbra e facendomi l'occhiolino.

Osservai il reggiseno nero, ben visibile sotto il vestito quasi trasparente.

«Perché non fai questa domanda ad una maglietta? Penso che accetterebbe.»

Lei sbuffò, ritirandosi e tornando al di là dal bancone.

Bene, almeno avevo una barriera che poteva proteggermi dai suoi attacchi.

«Sei ancora arrabbiato con me?» disse l'albina, guardandomi con il suo “sguardo da cerbiatto”.

«Non sono mai stato arrabbiato con te.»

«E allora perché non vuoi tornare a stare con me?!» mugolò lei, battendo i piedi a terra.

Sbuffai.

«Quante volte devo dirti che non siamo mai stati insieme?!– sbottai, non sopportandola più –Il fatto che da bambini giocassimo insieme a mamma e papà non significa che eravamo fidanzati!»

«E invece sì!– urlò lei, poggiando le mani sul tavolo e piegandosi in avanti –Me lo hai promesso tu!»

Guardai la posizione in cui si trovava.

Ma quanto è troia?”

Era ovvio che lo faceva apposta!

«Oh, stai pensando cose poco carine su di me a vedermi così?» disse, mordendosi il labbro inferiore.

«Più o meno...» ammisi, omettendo il fatto che non erano le stesse cose che pensava lei.

Lei stava per ribattere, avendo colto il sarcasmo della mia affermazione quando la musica si fermò di botto.

«E ora, la persona che tutti voi stavate aspettando!» si sentì dall'altra parte del locale.

«Che sta succedendo?» mi chiese Airy, rimettendosi (finalmente) in una posizione decente.

«Penso sia arrivata la cantante di questa sera.– le risposi io, scavalcando il bancone e mettendoci sopra il cartellino “Torno Subito” –Doveva essere una certa PinkCandy... volevo andare a conoscerla.» aggiunsi poi.

«Andiamoci insieme!» esclamò l'albina, attaccandosi al mio braccio.

Sbuffai.

Evidentemente non avevo altra scelta.

 

Mi feci strada tra la folla, cercando di vedere la ragazza che stava sopra al palcoscenico ma senza successo.

Eppure la sua voce era così familiare...

«Tiiiiz! Aspettami!!» mi urlò Airy, mentre tentava di seguirmi.

La ignorai, aumentando il passo.

Dovevo vedere chi era su quel palco... dovevo capire perché la sua voce mi intrigava tanto...

«Preso!» esclamò l'albina, afferrandomi nuovamente il braccio.

Sospirai.

«Mettiamoci qui e aspettiamo che la folla diminuisca, poi proveremo ad avvicinarci.» dissi, voltandomi verso di lei.

«Va bene!»

E in quel momento accadde.

Anche se solo per un istante, la voce di PinkCandy si incrinò, e io voltai la testa di scatto verso il palcoscenico.

E allora la vidi.

Agnès era lì, in piedi quasi sul bordo del palco, l'unica posizione in cui io potevo riuscire a vedere lei e lei poteva riuscire a vedere me.

Il suo sguardo era posato su di me, o meglio sul braccio che Airy mi stava stritolando.

Feci un passo avanti, cercando di avvicinarmi a lei e di liberarmi dalla stretta dell'albina.

Ma la castana distolse lo sguardo, finendo di cantare le poche note che le mancavano.

A quel punto si inchinò, evitando di incrociare il mio sguardo.

Infine, si ritirò dietro le quinte.

E in quel momento il mondo mi cadde addosso.

 

«Dove stai andando, tesoro?» mi chiese Airy, seguendomi.

Non risposi.

Dovevo assolutamente raggiungere il camerino di Agnès e spiegarle il gigantesco malinteso che si era venuto a creare.

Osservai l'orologio che tenevo al polso: solo altri 20 minuti e avrei finito il mio turno... magari potevo anche andare a fare un giro con lei...

«Tesoro! Rispondimi!» urlò l'albina, cercando di attirare la mia attenzione.

«Non chiamarmi così!– le dissi io, aprendo la porta che mi avrebbe portato dietro le quinte, verso i camerini, e iniziando a camminare nel corridoio –Devo andare da Agn... cioè PinkCandy.»

La ragazza sbuffò, senza smettere di seguirmi.

«Ma io volevo ballare con te...»

«E io no!» risposi, quasi esasperato.

«Che cos'è tutta questa confusione?»

Mi voltai di scatto, incontrando i meravigliosi occhi della ragazza che stavo cercando di raggiungere.

«Agnès...» iniziai, la voce tremante.

«Sì?» mi chiese lei.

Qualcosa non andava.

Non c'era neanche la minima ombra di rabbia o tristezza nel suo sguardo.

Niente che facesse intendere che ce l'aveva con me...

Le sue labbra si incresparono in un falso sorriso e io ebbi una fitta al cuore.

«Volevi presentarmi la tua ragazza?» mi domandò poi, la voce quasi incrinata.

«N-no lei non è la mia...» iniziai io, allarmato.

«Sono Airy! Piacere!» cinguettò quella.

«PinkCandy, o meglio, Agnès.» rispose l'altra in modo secco.

«Agnès...– dissi io, facendo un passo in avanti –C'è stato un malinteso... se solo puoi farmi spieg...»

La mia voce fu interrotta dallo squillo del cellulare della castana che osservò il numero che l'aveva chiamata.

«Edea?– rispose poi, portandoselo all'orecchio –E' successo qualcosa?»

Ci fu un minuto di silenzio, rotto solo dal brusio della voce della bionda che proveniva dal cellulare.

Agnès sgranò gli occhi.

«Vuoi parlare con Tiz...? Aspetta non importa che ti dia il suo numero... è proprio qui davanti a me...» aggiunse poi, confusa e tendendomi il telefono.

«Pronto?» dissi, dopo averlo afferrato.

«Tiz! R-Ringabel... è-è tutta colpa m-mia...» mi rispose la voce di Edea dall'altro capo del telefono.

«Ringabel? Che cosa è successo?» domandai, perplesso.

La sentii iniziare a singhiozzare.

«L-lui... mi ha difesa...»

«Difesa? E da chi?!» chiesi allarmato.

«Tiz? Tutto bene?» domandò Agnès, notando il mio repentino cambiamento.

«D-da un maniaco.– sussurrò Edea, la voce rotta dal pianto –E' s-stato accoltellato, siamo i-in ospedale... per favore vieni subito...»

Sbiancai, mentre il telefono rischiava di cadermi dalle mani.

«Tiz...?» domandò nuovamente la castana.

«Dobbiamo andare in ospedale. Adesso.» esclamai, afferrandole il braccio e iniziando a correre verso l'uscita sotto lo sguardo perplesso di Airy.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Edea ~ Stupida ***


Edea

Stupida
 

I miei occhi erano fissi sulla figura dell'albino, steso sul letto dell'ospedale.

«Arriviamo subito Edea. Aspettaci lì!»”

Quelle erano state le ultime parole che Tiz aveva pronunciato prima di riagganciare al telefono.

Le lacrime ricominciarono a uscire dai miei occhi.

Non sapevo neanche come ero arrivata in ospedale, tanta era l'ansia e la preoccupazione con cui avevo chiamato l'ambulanza e la polizia...

Che stupida.

Se da subito avessi chiamato la polizia, a Ringabel non sarebbe successo nulla... anzi, forse sarebbe stato a divertirsi con la sua ragazza e non in un letto di ospedale, incosciente.

Il rumorino della macchina a cui era collegato era l'unica cosa che rompeva il silenzio della camera, che io ormai percepivo come una prigione.

Era tutta colpa mia se lui si trovava lì.

Singhiozzai nuovamente, portando le gambe al petto.

Ero stata terribilmente stupida.

Stupida ogni volta che avevo osato pensare che l'albino fosse una cattiva persona, stupida ogni volta che l'avevo trattato male, stupida quando l'avevo respinto mentre mi baciava...

Le mie guance si tinsero di un rosso scarlatto, realizzando ciò che avevo appena pensato.

Mi colpii con forza il viso con entrambe le mani.

Non era certo il momento di pensare a quelle cose! Stupida, stupida, stupida!

Ringabel era su quel letto, con una pugnalata al braccio e io ero lì a pensare a quelle stupidaggini!

«Edea!»

La voce di Agnès arrivò dal corridoio, facendomi voltare giusto in tempo per vedere Tiz spalancare la porta e precipitarsi nella stanza.

«A-Agnès... T-Tiz...» sussurrai, non smettendo di piangere.

Il ragazzo si avvicinò al letto, posando lo sguardo su Ringabel.

«Se la caverà.– mi disse poi, voltandosi verso di me e sorridendomi dolcemente –L-lui non è un tipo che si fa facilmente uccidere.» aggiunse, la voce che si lasciava sfuggire un tremito.

«E' t-tutta colpa mia...» risposi io, notando gli occhi lucidi del ragazzo di fronte a me.

«Non dirlo neanche per scherzo!– esclamò Agnès, il viso già rigato dalle lacrime –A-anche io se fossi stata nella tua s-situazione avrei chiamato aiuto!!»

Scossi la testa, accucciandomi ancora di più sulla sedia accanto al letto.

«S-sono solo una stupida!– urlai, nascondendo il viso e ricominciando a piangere –P-per colpa mia Ringabel è q-quasi morto e-e i-io...»

«N-non mi mettere nella tomba prima ancora che ci debba finire, Angelo.»

Alzai immediatamente lo sguardo, incrociandolo con quello dell'albino.

«R-Ringabel...!» esclamai, alzandomi in piedi e correndo al suo fianco.

«In c-carne ed ossa.– mi rispose lui, sorridendomi sofferente –Sono tutto d'un pezzo... più o meno...» aggiunse poi, ridacchiando.

Senza smettere di piangere portai le mie braccia al suo collo, stringendolo con forza.

«E-ehy... Edea...»

«Zitto!– urlai, aumentando la presa e non smettendo di piangere –N-non fiatare!»

Lo sentii soffocare una risata, per poi iniziare ad accarezzarmi dolcemente la schiena con la mano del braccio sano.

«Non sai quanto ci hai fatto preoccupare Ringabel...» disse Agnès, asciugandosi le guance bagnate dalle lacrime.

Mi staccai velocemente dal ragazzo, le guance rosse per l'imbarazzo.

Cazzo. Mi ero dimenticata che c'erano anche loro due...

«Oh, ci sei pure tu piccola Dea.» esclamò l'albino, mettendosi seduto.

Tiz si avvicinò velocemente al lettino, facendo nuovamente sdraiare il ragazzo con la forza.

«Ahia Tiz!– si lamentò Ringabel, massaggiandosi la testa –Mi fai male!»

«Sta giù e zitto.» rispose sorridendo l'altro in modo poco raccomandabile.

«Piccola Dea... Tiz è cattivo con m...» iniziò il ragazzo, piagnucolando.

«ZITTO.» ripeté l'altro aumentando la presa.

Soffocai una risata, mentre la castana guardava la scena senza capire che stesse succedendo.

«Certo però...– mi intromisi –non mi aspettavo certo di fare qui il primo incontro di gruppo...» ammisi, asciugandomi gli occhi e smettendo finalmente di piangere.

«Noi siamo un gruppo speciale, e quindi ci ritroviamo in posti speciali.» rispose prontamente Ringabel, facendomi l'occhiolino.

«Non siamo noi ad essere speciali, sei tu ad essere un idiota.»

«Tiz! Perché sei così cattivo!– piagnucolò nuovamente l'albino –Lo sai che ti voglio bene!»

«Io no.»

«Tu...!»

«Signori,– l'infermiera si affacciò alla porta, gli occhi assonnati –è quasi mezzanotte. Non potete fare tutta questa confusione...»

«Scusi, ce ne stavamo giusto andando.» le rispose dolcemente Agnès, sorridendole.

«Te ne vai di già piccola Dea?» chiese Ringabel, leggermente deluso.

Notai Tiz stringere i pugni.

«Sì, ho il coprifuoco.» spiegò la castana, sorridendo nuovamente.

C'era qualcosa che non andava in quel sorriso...

Era... falso? Triste?

«Ti accompagno a casa.– disse Tiz, facendo un passo in avanti –Edea, puoi rimanere con Ringabel finché non torno? Poi ci passo io la notte con lui...»

Annui, notando per la prima volta l'affetto che il ragazzo provava nei confronti dell'albino... un affetto quasi fraterno.

«Non ce n'è bisogno.» rispose Agnès lapidaria.

I miei occhi si spalancarono, mentre mi voltavo verso la castana con sguardo interrogativo.

Cosa cavolo era successo per renderla così fredda nei suoi confronti?

«Agnès...»

«Ciao.» disse poi, uscendo dalla stanza.

 

«Cosa hai combinato, Tiz?» chiese Ringabel, una volta che la castana se ne era andata.

In risposta il ragazzo lo colpì in testa.

«Ahia! E questo per cosa era?!»

«Per non aver badato a quella troia di Airy come ti avevo chiesto.» rispose, guardandolo male.

«Non potevo certo portarla con me mentre andavo ad aiutare Edea! E poi che cosa avrà mai combinato? E' solo la tua ex!»

Cazzo.

«No, fermi tutti... Agnès ha conosciuto la tua ex?!» esclamai.

«NON E' LA MIA EX!»

«Signori!– l'infermiera aprì nuovamente la porta –Se dovete litigare andate fuori di qui!»

«Ci scusi...» dissi io, dispiaciuta.

«Non è la mia ex.– ripeté con più calma Tiz, una volta che la donna se ne era andata –E' solo una che pensa di esserlo.»

«Non ti seguo...»

«Comunque,– si intromise Ringabel –non vedo quanti danni possa aver fatto...»

«Ne ha fatti eccome. Hai visto pure tu come mi tratta adesso Agnès!– disse l'altro, voltandosi verso di lui –Ah, a proposito.» aggiunse poi, colpendo nuovamente l'albino.

«Ahia! E questo?!» piagnucolò lui, massaggiandosi la fronte.

«Mi pare di averti detto di non chiamarla piccola Dea.»

Soffocai una risata, mentre le guance di Tiz diventavano leggermente rosse per l'imbarazzo.

Ringabel alzò gli occhi al cielo.

«Perché invece di stare a lamentarti con me non provi a seguirla? Magari riesci a farci pace...»

«Mi eviterà sicuramente...– sussurrò il ragazzo, abbassando lo sguardo –e poi, oramai sarà tornata a casa...»

Afferrai la borsa, tirando fuori un bigliettino rosa e lo tesi a Tiz.

«Cosa...?»

«Qui ci sono scritti numero di telefono e indirizzo di Agnès, se non me ne fossi ricordata non avrei neanche potuto avvertirvi del fatto che eravamo qui in ospedale...– gli spiegai, sorridendogli –Prova ad andare lì, tentar non nuoce.»

Il ragazzo afferrò il fogliettino.

«Grazie!» mi disse, sorridendo a sua volta.

«Adesso vai a conquistare il suo cuore soldato!» esclamò Ringabel.

«Ah, prima che me ne dimentichi...» iniziò Tiz, avvicinandosi nuovamente all'albino.

«Sì?» chiese quello.

Altro colpo in testa.

«AHIA! Mi spieghi che ti ho fatto adesso?!»

L'altro non rispose, avviandosi verso la porta e aprendola.

Poco prima di mettere il piede fuori dalla stanza però, si voltò.

«Mi hai fatto preoccupare. Ecco cosa hai fatto.» disse poi, uscendo dalla camera mentre un piccolo sorriso si formava sulle labbra dell'albino.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Agnès ~ Bacio ***


Agnès

Bacio
 

Uscii velocemente dall'ospedale, sistemandomi in spalla la chitarra che avevo lasciato nella sala d'attesa.

In quel momento il cellulare squillò e il sangue mi si gelò nelle vene.

Afferrai il telefonino dalla tasca in cui si trovava, leggendo il numero sul display e tirando un sospiro di sollievo.

Non era Tiz.

«Pronto, mamma?» risposi, portandomi l'apparecchio telefonico all'orecchio.

«Agnès! E' tardissimo! Si può sapere dove sei?!» mi sgridò lei, dall'altro capo del telefono.

«Scusami mamma, al corso abbiamo deciso di fare un gioco che riguardava la storia e abbiamo perso la cognizione del tempo.– mentii –Sto tornando a casa, sono quasi arrivata.» aggiunsi poi.

Sentii mia madre sospirare.

«Ti perdono solo per oggi. La prossima volta devi avvertirmi prima.– disse, sbadigliando –Ti aspetto.»

«Va bene, a tra poco.»

«A tra poco.»

Chiusi la chiamata, passandomi una mano stanca sul volto.

L'ospedale non era poi così lontano da casa mia, in 5-10 minuti sarei arrivata alla mia destinazione...

«Agnès!»

...salvo imprevisti.

Mi voltai verso il ragazzo che si stava avvicinando a corsa.

«Che c'è Tiz?» chiesi, in maniera fredda.

Il ragazzo si fermò di fronte a me, cercando di riprendere fiato.

«D-devo ancora c-chiarire con te...» disse, le mani appoggiate sulle ginocchia.

Osservai la strada che ci separava dall'ospedale.

100 metri? 200?

Certo che non aveva proprio un briciolo di resistenza...

«Non c'è niente da chiarire.– risposi, voltandomi e ricominciando a camminare –Adesso chiama la tua ragazza che potrebbe essere in pensiero.»

«Airy non è la mia ragazza!!– gridò lui, afferrandomi il braccio. –Agnès, sul serio. Airy e io non stiamo insieme.»

Mi voltai, le lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi.

«Lasciami il braccio. E smettila di mentirmi.» dissi, incrociando il suo sguardo.

«Non ti sto mentendo!»

«Lasciami!» urlai, strattonando il braccio per liberarmi dalla sua presa.

«Smettila di fare la bambina!» gridò Tiz, tirandomi verso di lui.

Persi l'equilibrio, ritrovandomi tra le sue braccia e facendo cadere anche lui a terra con me.

«Ti sei fatta ma...» le parole di Tiz si bloccarono, quando le mie labbra si posarono su quelle del ragazzo a causa del peso della chitarra che mi aveva spinto in avanti.

Mi allontanai di scatto, le guance ormai in fiamme.

«A-Agnès...» la voce del ragazzo mi chiamò ma io non lo ascoltai.

Nascosi il viso tra le mani, le lacrime che iniziavano ad uscire dai miei occhi.

Complimenti Agnès.“ pensai, cercando di nascondere il rossore delle guance e le lacrime che mi solcavano il volto “Hai appena baciato un qualcosa che non sarà mai tuo...”

«Agnès...– Tiz si alzò, avvicinandosi –E' s-stato un incidente...»

E in quel momento, corsi via.

 

Arrivata a casa, nascosi la chitarra in garage e entrai dalla porta di ingresso, salutando velocemente mia mamma e correndo su in camera mia.

Non volevo restare a parlare con lei neanche per un minuto... o avrebbe potuto notare gli occhi lucidi e il trucco (che non avevo appena ero uscita) colato.

Mi lanciai sul letto, infilandomi velocemente il pigiama.

Quella serata era stata solo un disastro...

Prima avevo scoperto che Tiz era fidanzato, poi Ringabel era stato pugnalato e infine...

Le mie guancie tornarono rosse e io nascosi il viso sotto le coperte, spengendo con una mano la luce della mia stanza.

Volevo solo dormire, dormire e dimenticare tutto quello che era successo...

Toc... toc... toc...

Ignorai il rumore che proveniva dall'esterno.

Sapevo da cosa era causato: da dei sassolini.

Sassolini che QUALCUNO (per non fare nomi) stava lanciando contro il vetro della mia finestra.

Non volevo alzarmi, volevo solo essere lasciata in pace.

Il cellulare sul cuscino vibrò.

Guardai con rabbia il messaggio.

-Tiz: Scendi tu o salgo io?-

-Agnès: Vattene.-

-Tiz: Ok, salgo io.-

Un leggero tonfo mi fece sussultare.

Accesi la luce e mi avvicinai alla porta-finestra.

Il mio cuore ebbe un sussulto.

Tiz era lì, sopra alla terrazza di camera mia.

Aprii la porta-finestra, guardandolo perplessa.

«Cosa ci fai qu...» non riuscii a finire la frase.

Le sue labbra si posarono sulle mie, mentre le sue braccia mi attiravano contro il suo corpo.

Contro ogni mia aspettativa, non lo allontanai... ma anzi, gli portai una mano dietro la nuca, stringendolo più a me.

Il bacio si fece più appassionato, mentre Tiz mi sollevava delicatamente da terra e mi portava all'interno della camera.

«T-Tiz...» sussurrai, mentre il ragazzo iniziava a baciarmi il collo e le spalle scoperte.

Cosa stava succedendo?

Dovevo fermarlo... e in fretta!

Eppure il mio corpo non si muoveva, tremava solo sotto il tocco delle labbra di lui...

In poco tempo mi ritrovai distesa sul letto, con il ragazzo sopra di me.

«Ti amo, Agnès...» mi sussurrò all'orecchio, passando poi a mordicchiarne il lobo.

Toc... toc... toc...

«Ti amo...» ripeté, tornando poi a baciare il mio collo e iniziando a sbottonarmi il sopra del pigiama.
Toc... toc... toc...

«A-anch'io...» risposi, baciandolo nuovamente.

Toc... toc... toc... TOC

Aprii gli occhi di scatto, ritrovandomi sul letto, la fronte sudata... le labbra posate sul cuscino.

Mi misi a sedere, sentendo le guance in fiamme.

Che sogni andavo a fare?!

Mi passai una mano sul volto, cercando di smettere di pensare a quel sogno così realistico, quando...

Toc... toc... toc...

Mi alzai di scatto, accedendo la luce della camera e correndo alla porta-finestra.

La aprii, uscendo dalla camera e ritrovandomi sulla terrazza.

«Agnès! Sono qui!»

Mi affacciai, vedendo il ragazzo accanto all'albero di fronte alla mia terrazza.

«Che ci fai qui Tiz?– chiesi, cercando di nascondere il rossore nelle mie guance –E' tardi. E non ho molta voglia di parlare con te.»

«Sono venuto a darti una cosa... per farmi perdonare...– rispose lui ingenuamente –Scendi tu o salgo io?»

Peccato che io dopo il sogno che avevo fatto pensavo a tutto tranne che a cose ingenue.

«Vattene.»

«Ok, salgo io.» disse allora, afferrando i rami più bassi dell'albero e iniziando ad arrampicarsi.

Lo vidi mentre si tirava su, arrivando in pochi secondi sulla mia terrazza.

Feci un passo indietro.

Oh andiamo Agnès... è ovvio che non vuole darti... q-quello...” pensai, cercando di rassicurarmi.

Il ragazzo mi tese una scatolina, mentre vagava con gli occhi a destra e a sinistra per non incrociare il mio sguardo.

«So che non è un granché... ma a quest'ora sono aperti solo i 24 ore su 24... quindi non ho potuto comprarti qualcosa di più carino...» disse, leggermente rosso in volto.

Presi la scatolina che mi tendeva, rimanendo comunque all'erta.

La aprii, ritrovandomi davanti una meravigliosa collana con un ciondolo a forma di violino.

«E-e questa per cosa è...?» chiesi, sentendo le lacrime nuovamente tentare di uscire dai miei occhi.

«P-per il bacio che ti ho rubato...– rispose lui, abbassando lo sguardo –Mi dispiace... è-è stato un incidente...»

Portai le mie braccia al suo collo, stringendolo a me e scoppiando a piangere sulla sua spalla.

«A-Agnès...?» domandò il ragazzo, quasi pietrificato.

«S-scusami... ti ho trattato malissimo... s-scusami...» dissi tra le lacrime.

Che stupida ero stata.

Lui sorrise, accarezzandomi la testa.

«Sta tranquilla, non sono arrabbiato...– mi rassicurò –e tornando al discorso di prima... Airy non è davvero la mia fidanzata... è solo una ragazza che beh... pensa di essere la mia ex da quando giocavamo all'asilo a mamma e papà...» continuò poi.

Ridacchiai, stringendolo di più.

«Quindi pace fatta?» chiesi.

«Mi credi?»

«Certo.»

«Allora pace fatta.» rispose lui, stringendomi a sua volta nell'abbraccio.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Ringabel ~ Impossibile... o forse no? ***


~ Ringabel ~

Impossibile... o forse no?
 

Sorrisi, osservando Tiz correre fuori dalla camera dell'ospedale e inseguire Agnès.

Era così ovvio che era cotto di lei...

«Ringabel...»

Mi voltai verso Edea, notando immediatamente la preoccupazione che aveva nei suoi occhi.

«Che succede...?» le chiesi, accomodandomi meglio a sedere sul letto.

La bionda abbassò lo sguardo, mentre le lacrime rischiavano di uscire dai suoi occhi.

Il mio sguardo era fermo su di lei.

Forse...

«Quel maniaco ti ha fatto qualcosa?!» esclamai ad un certo punto, mentre stringevo le mani in due pugni.

«Cosa...?»

«Quando sono svenuto, lui era ancora cosciente?! Ti ha fatto del male?!» chiesi, quasi urlando.

Lei scosse la testa.

«N-no! Non mi ha n-neanche sfiorata!» rispose prontamente.

Tirai un sospiro di sollievo.

«E allora perché stai per piangere?» domandai con voce più dolce.

Edea alzò lo sguardo e i miei occhi si rifletterono in quelli lucidi di lei.

Una lacrima le solcò la guancia.

«E' t-tutta colpa mia...– sussurrò, portandosi le mani al volto e nascondendolo tra di esse –E' t-tutta colpa mia se tu... s-sei qui...»

Sentii il cuore come trafitto da mille lance.

Le afferrai il braccio e la tirai verso di me, facendola alzare dalla sedia e finire tra le mie braccia.

Ignorai la fitta di dolore che mi colpì la spalla destra e strinsi la ragazza a me.

«R-Ringabel...?»

«Non è colpa tua. Hai fatto bene a chiamarmi.– la rassicurai –Non ti devi incolpare, ok? Come vedi sto bene. So che hai avuto paura e mi dispiace... se hai bisogno di sfogarti puoi piangere se vuoi.– aggiunsi poi, passandole una mano sulla nuca –Io non ti giudicherò.»

La sentii premere le sue esili braccia contro la mia schiena, mentre silenziosamente iniziava a piangere sulla mia spalla sana.

«H-ho avuto tanta paura.» singhiozzò, premendo ancora di più il viso contro di me.

«Lo so...» sussurrai io, continuando ad accarezzarle la testa.

Non so per quanto tempo restammo in quella posizione.

In quel momento, era come se il tempo si fosse congelato.

Non esisteva niente al mondo tranne noi, niente tranne Edea che tremante si rannicchiava sempre di più tre le mie braccia.

«G-Grazie...– disse la bionda ad un certo punto, allentando la presa –O-ora va meglio.»

Sorrisi, liberandola dalla mia stretta e asciugandole le lacrime con la manica della maglia.

I nostri sguardi si incrociarono.

Il cuore iniziò a battermi all'impazzata, come se mi stesse quasi implorando di farlo uscire dal petto.

Eravamo vicinissimi.

I nostri volti quasi si sfioravano, i nostri respiri si sovrapponevano l'uno all'altro.

Il mio corpo iniziò a muoversi da solo.

Feci scivolare la mano sinistra dagli occhi alla guancia di Edea, accarezzandogliela dolcemente.

Lei continuò a guardarmi, portando la sua sulla mia mano destra e stringendola tra le dita, facendole incrociare.

Iniziai ad avvicinarmi e lei fece lo stesso.

La vidi chiudere gli occhi, mentre un leggero rossore si impadroniva delle sue guance.

Eravamo così vicini, le nostre labbra quasi si sfioravano...

«Dovete spegnere la luce, è tard...oh, ho interrotto qualcosa?»

La voce della cameriera mi fece riscuotere.

Mi allontanai velocemente da Edea e lei fece lo stesso, lasciando immediatamente andare la mia mano.

«N-non si preoccupi.– balbettò la ragazza, alzandosi –V-vado a prendere qualcosa da bere e p-poi a-aspetterò Tiz qui da b-brava.»

«Edea...»

«T-tu intanto prova a dormire!» esclamò lei, spegnendo la luce e correndo fuori dalla porta, seguita dall'infermiera.

 

Mi sdraiai sul letto, battendomi una mano al viso.

Possibile che fossi così stupido?!

Come potevo aver tentato di baciarla dopo tutto quello che le era successo quella sera?!

E soprattutto... che mi era preso?! Non era da me perdere il controllo in quel modo!

La scena di poco prima mi tornò in mente e io sentii le guance andarmi in fiamme.

Mi voltai a pancia in giù, affondando il volto nel cuscino.

Dovevo riuscire a dormire e smettere di pensare a ciò che era successo...

Mi misi di lato, a osservare il muro della stanza, pronto a chiudere gli occhi ed ad entrare nel mondo di Morfeo, quando la porta della camera si aprii.

«Ringabel... stai dormendo?»

La voce di Edea mi arrivò alle orecchie e io non risposi, continuando a tenere gli occhi fissi sulla parete nel buio della stanza.

«Pare di sì...» disse lei, sedendosi sulla sedia (o almeno così potei intuire dai rumori).

Il silenzio cadde nella stanza, rotto solo dal ticchettio dell'orologio.

Lo osservai con la punta dell'occhio: erano quasi le 2 e Tiz non era ancora tornato...

Che avesse finalmente compiuto il grande passo e fosse diventato un adulto?

No ok era impossibile. Sia per un tipo come lui che per una come Agnès.

Quei due lo faranno a cinquant'anni...”

«Sai...– Edea tornò a parlare, interrompendo i miei pensieri –ti ho rivalutato molto...»

La sentii alzarsi e fare qualche passo verso di me, per poi mettersi accanto al letto.

«Ora non sei più nella “lista nera come la pece”...– sussurrò, ridacchiando –ma neanche in quella “bianca come la neve”.»

Ok, non la seguivo più.

«Insomma, il punto è che... mi ha fatto piacere che tu mi abbia aiutato... anzi... ne sono felicissima.– la sua voce era dolce –Grazie di tutto Ringabel... sono felice di essere finita in coppia con te.» aggiunse infine, prima di tacere.

A sentire le ultime parole, il cuore iniziò a battermi nuovamente nel petto.

Perché? Perché sapere che lei era felice di essere in coppia con me mi faceva quell'effetto?

Mi voltai.

Le mie guance arrossirono tutte di un colpo, rischiando quasi di andare a fuoco.

Edea si trovava in ginocchio accanto al letto, la testa poggiata sulle braccia, un dolce sorriso sul volto.

Per poco il cuore non rischiò di uscirmi dal petto.

Si è addormentata...” pensai, spostandole una ciocca di capelli che le copriva il volto.

Mi lasciai sfuggire una risata, notando che al mio tocco nascose ancor di più il volto tra le due braccia.

Beh, infondo... era carina...

Le guance tornarono in fiamme non appena formulai quel pensiero.

Ma cosa cavolo mi stava succedendo?
Non ero certo il tipo che arrossiva se pensava che una ragazza era carina!

Ripensai a come mi ero comportato poco prima, mentre i miei occhi si spalancarono.

Cosa cavolo mi stava succedendo? Io non avevo mai trattato una ragazza così dolcemente!

Forse... mi ero innamorato...?

Impossibile!”

Tornai a osservare il viso addormentato di Edea, cercando di scacciare quei pensieri.

Ma, quando sentii l'impulso di piegarmi in avanti per darle un bacio sulla fronte e di augurarle la buonanotte, non potei più negare l'evidenza.

Quella ragazza era riuscita a conquistare il mio cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Tiz ~ Una ragazza semplice ***


~ Tiz ~

Una ragazza semplice

 

Guardai Agnès salutarmi dalla terrazza, entrando poi in camera e chiudendo la porta finestra.

Sorrisi, cominciando poi a camminare lungo la strada che mi avrebbe portato all'ospedale.

Devo riaccompagnare Edea a casa... non è sicuro lasciarla tornare da sola.” pensai, ricordandomi ciò che le stava per succedere poche ore prima.

Chissà se avevo fatto bene a lasciarla da sola con Ringabel...

Beh, io il bacio l'ho avuto, quindi per me è andata bene di sicuro.”

Avvampai, rendendomi conto del pensiero che avevo appena formulato.

Non era certo il momento per pensare a cose simili! In più Agnès non era molto felice di quel che era successo...

Mi portai una mano al volto.

Evidentemente la castana non provava gli stessi sentimenti che provavo io...

Mi colpii le guance con le mani.

Non dovevo deprimermi.

Sarei riuscito a conquistarla... in un modo o nell'altro.

Ora però devo pensare allo stupido che si era fatto accoltellare.” pensai, ricominciando a camminare verso l'ospedale “E poi sono convinto che neanche lui è andato molto lontano con Edea...”

 

Quando arrivai in ospedale, tutti i miei pensieri vennero distrutti.
Guardai Edea che dormiva inginocchiata accanto al letto, mano nella mano con Ringabel che invece era felicemente sdraiato sul materasso con un'espressione appagata sul volto.

Lui era andato lontano con lei eccome.

Mi avvicinai alla “coppietta felice”, inginocchiandomi accanto alla bionda.

«Edea,– la chiamai, scuotendole leggermente il braccio –svegliati per favore.»

Lei aprì lentamente i due occhi celesti.

«Tiz... sei tornato?» chiese poi, passandosi una mano sul volto e sbadigliando.

Sorrisi leggermente.

Tra tutte le ragazze che ci avevano provato con Ringabel... lui si era innamorato (sì, perché anche se lui non voleva ammetterlo io l'avevo capito) della ragazza più semplice e comune?

Niente trucco, niente che mettesse in mostra seno o sedere... e io che pensavo che Ringabel fosse terribilmente perverso.

«Sì e ora ti accompagno a casa.– dissi, aiutandola ad alzarsi –Nè io, né Agnès, né Ringabel vogliamo che tu sia messa di nuovo in pericolo.»

«Grazie! Ma non c'è bisogno, sul serio.– rispose lei, sorridendo –Qui davanti c'è la fermata della metropolitana... e casa mia è proprio accanto ad una stazione metropolitana di questa stessa linea quindi posso andare da sola!»

«In metropolitana?! Da sola a quest'ora?! E' peggio che andare a piedi!» protestai io, volendo evitare di metterla ulteriormente in pericolo.

La bionda abbassò la testa.

«Non voglio che nessuno di voi rimanga nuovamente coinvolto se dovesse succedermi qualcosa...» sussurrò, le mani che tremavano leggermente.

«Edea.» dissi, serio.

Lei alzò lo sguardo, gli occhi leggermente umidi.

«Sì...?»

«Siamo o non siamo un gruppo? Bene, comportiamoci da tale.– le dissi, prendendole il telefono –Prima di tutto, ti do anche il mio numero e poi metto in chiamata rapida i numeri di noi tre.– aggiunsi poi, sotto lo sguardo confuso di lei –Qualsiasi cosa succeda, se premi 1 chiami Ringabel, 2 Agnès e 3 me. Ok?»

Lei sorrise, gli occhi che le si illuminavano.

«G-Grazie!»

«Domani facciamo la stessa cosa anche al mio e a quello degli altri due, così siamo più sicuri.» dissi, contento di essere riuscito a calmarla.

«Ora quindi fatti accompagnare.»

«No grazie, posso andare da sola.– insistette lei, mettendosi il giacchetto e prendendo la borsa –Non ho mica bisogno di una guardia del corpo.»

Dentro di me volli ritirare tutto quello che avevo pensato.

No, Edea non era affatto una ragazza semplice e comune.

Perché non voleva ammettere di essere spaventata?!

«Va bene, allora ti accompagno per conoscerti meglio. Non puoi impedirmelo.» dissi, facendole la linguaccia.

Lei sbuffò.

«Se proprio devi.» disse, uscendo dalla stanza.

Ma mentre la raggiungevo nel corridoio, fui sicuro di sentirla sussurrare un flebile e dolce “grazie”.

 

«Tiz...»

Mi voltai verso la bionda, che improvvisamente mi aveva rivolto la parola.

Erano già 10 minuti che eravamo nel treno della metropolitana e Edea non aveva ancora aperto bocca.

«Sì?» chiesi, sorpreso.

«Ti piace Agnès, vero?» domandò lei, osservandomi.

«Perché mi fate tutti questa domanda?!» esclamai, esasperato.

«Dai! Rispondi!»

Sbuffai.

«Non sono cose che vengo a dire alla prima che me le chiede!» replicai io.

«Ok, sei cotto.»

«N-NON HO DETTO QUESTO!»

Sentii il viso andare in fiamme.

Possibile che tutti arrivassero a quella conclusione?!
«Ok, va bene. Cambiamo argomento... come hai conosciuto Ringabel?» domandò allora la bionda, sorridendo.

La guardai sospettoso.

«Alle elementari, eravamo in classe insieme dalla prima.» risposi.

Silenzio.

«Non capisco...» sussurrò lei.

«Cosa?»

«Tu hai un anno in più di noi no? Eppure sei un anno indietro fin dalle elementari...» mi fece notare lei.

Sentii una stretta allo stomaco.

«Quando stavo per iniziare la prima elementare... mio fratello, un anno più piccolo di me, morì per un cancro. Quindi persi un anno per il lutto.» dissi, distogliendo lo sguardo.

La sentii irrigidirsi al mio fianco.

«S-scusa...– si scusò lei –non pensavo che... m-mi dispiace...»

«Tranquilla, sono passati tanti anni ormai...– la rassicurai –comunque anche Ringabel non era in una grande situazione famigliare, i suoi genitori divorziarono quando andavamo in terza elementare e in quinta lui litigò così tanto con i suoi famigliari che...– presi un profondo respiro –Beh, è venuto a vivere con me.»

«Da allora?!»

«Già.»

Silenzio, di nuovo.

Una voce registrata dichiarò l'arrivo ad una stazione.

«Oh, devo scendere.» disse Edea, alzandosi.

«Sicurissima che posso lasciarti qui?» domandai, nuovamente.

«Sì,– rispose lei –casa mia è proprio accanto all'uscita. Non corro alcun pericolo.»

«Va bene allora.»

Silenzio.

Il treno si fermò.

«Tiz...»

Le porte si aprirono.

«Sì?»

Lei scese, voltandosi e sorridendomi.

«Grazie di tutto, ti aiuterò a metterti con Agnès per sdebitarmi.»

«M-ma...» provai a dire, alzandomi in piedi, mentre le porte si richiudevano e lei si metteva a ridere.

Mi salutò con la mano, per poi dirigersi velocemente verso le scale.

Ricambiai il saluto, tornando a sedermi sulla piccola seggiolina del treno, vedendo le mie supposizioni crollare definitivamente.

Edea Lee non era per niente una ragazza semplice.

 

Quando tornai finalmente in camera di Ringabel, erano le 3 passate.

Mi accasciai sulla sedia accanto al letto, pronto a dormire lì per non lasciare ovviamente l'albino da solo.

«Tiz...? Dove è Edea?»

Non aprii gli occhi.

«L'ho appena riaccompagnata a casa.– risposi –Tu come stai?»

«Molto meglio, gli antidolorifici hanno fatto effetto.– disse lui e io ero convinto che stesse sorridendo –Con Agnès?»

«Abbiamo chiarito.»

«Tutto qui?»

«Beh... più o meno.»

Mi accorsi troppo tardi che avevo parlato troppo.

Cazzo...”

«COSA AVETE FATTO?!» esclamò l'albino, costringendomi ad aprire gli occhi.

«Ci siamo baciati per sbaglio, tutto qui!» dissi, esasperato.

«Voglio i dettagli!»

Te li dico domani! Ora posso dormire? Ho sonno e domani devo andare a scuola!»

«M-mi lasci a casa da solo con u-una ferita alla spalla...?» mugolò lui, facendomi gli occhi da cerbiatto.

«Ok, ok, resto a casa con te. Ma ora fammi dormire per favore...» sospirai, evitando di cercare di convincerlo a lasciarmi andare a scuola.

«Va bene.» rispose lui, mettendomi il broncio.

Silenzio.

Finalmente...

«Ringabel.» dissi ad un certo punto, nonostante la voglia di crollare addormentato.

«Sì?»

«Non ti sei scelto una ragazza per niente semplice.» aggiunsi, chiudendo poi gli occhi e ignorando le domande dell'albino.

Ormai ero già tra le braccia di Morfeo.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Edea ~ Ore in comune ***


~ Edea ~

Ore in comune
 

Uscii dalla metropolitana e il buio della notte mi circondò nuovamente.

Senza perdere tempo mi diressi velocemente verso il palazzo dove si trovava il mio appartamento, guardandomi intorno per essere sicura di non essere seguita da qualche altro maniaco.

Entrai nel condominio, stando attenta a non svegliare i miei vicini (soprattutto Qada).

Salii le scale in punta di piedi, mentre il rumore di alcuni miagolii arrivavano dall'alto.

Minette...” pensai, accelerando leggermente il passo e arrivando al quarto piano.

Misi la chiave nella porta ed entrai nell'appartamento, venendo subito accolta dalle fusa e le lamentele della mia piccola gatta bianca che mi stava attendendo affamata.

Chiusi la porta e mi abbassai per accarezzarla ma lei corse immediatamente verso la ciotola situata in cucina.

«Certo, la tua padrona viene aggredita ma tu pensi solo a mangiare.» sbuffai, aprendo la borsa e tirando fuori la scatoletta di cibo dell'unica marca che piaceva a quell'ingrata e seguendola oltre la porta.

Accesi la luce e le detti da mangiare, dirigendomi poi verso la camera da letto e ignorando il gorgoglio che proveniva dal mio stomaco.

Sono troppo stanca anche per mangiare...” constatai, lanciandomi sul letto e addormentandomi all'istante senza spegnere le luci della cucina e della camera e con addosso ancora jeans e maglietta.

 

«Lee.»

«Lee!»

«LEE!»

Mi riscossi dal mio stato di dormiveglia, posando gli occhi su Victor S. Court, nostro vicepreside nonché professore di italiano.

«Sì...?» borbottai, sbadigliando.

«So che dopo gli eventi di ieri sera sei stanca e capisco il fatto che sia sabato, ma cerca di stare attenta durante la lezione.– mi intimò, posizionandosi gli occhiali sul viso –E la stessa cosa vale per te Oblige: è tutta l'ora che osservi fantasticando la collana che hai al collo!»

Agnès alzò lo sguardo, rossa in volto.

«M-mi scusi!» esclamò poi, lasciando andare il piccolo ciondolo a forma di violino che teneva tra le mani.

Avevo tentato di farmi spiegare chi gliel'aveva regalato, ma lei si era zittita senza accennare a rispondere.

Come se non si capisse che è un regalo di Tiz...”

«Bene, riprendiamo la lezione.» concluse l'uomo, tornando a spiegare.

Sbuffai.

Oramai tutta la scuola sapeva di ciò che era accaduto la sera prima e di perché il “principe” si trovasse in ospedale...

Mi voltai verso le tre ragazze che mi stavano osservando con sguardo assassino, deglutendo.

Non sarebbe stato affatto facile spiegare che non era mia intenzione metterlo in pericolo...

La campanella suonò, annunciando l'inizio della seconda ora.

«Cosa abbiamo adesso?» chiesi ad Agnès, voltandomi verso di lei.

«”Esecuzione e interpretazione” con la professoressa Mephilia Venus.– rispose lei, leggendo nell'orario e sistemandosi gli occhiali –E' la prima lezione che dobbiamo fare nella sala comune insieme alla D...»

«In che senso?» chiesi, stranita.

«Non hai ascoltato il prof?– disse la castana, alzandosi e iniziando a prendere i libri –D'ora in avanti faremo sei materie in contemporanea con la sezione D e quindi dividendoci nei gruppi.– iniziò a spiegarmi mentre io la seguivo fuori dall'aula –Cinque di queste riguardano la musica e le svolgiamo nell'aula in cui abbiamo conosciuto i nostri compagni di coppia, mentre l'ultima è educazione fisica e la facciamo in palestra o all'aperto; dopo ti faccio copiare l'orario visto che stavi dormendo ad occhi aperti.» concluse lei, sorridendomi.

Sorrisi a mia volta.

«Grazie!– risposi, per poi sbuffare –Peccato che non ci siano Tiz e Ringabel oggi, si perderanno le nostre prime materie insieme.»

«Prenderò io appunti per loro e farò lo stesso con l'ora successiva visto che abbiamo “Tecnologie musicali”.» disse Agnès entrando nella stanza.

 

Le due ore di musica passarono molto velocemente: la professoressa Mephilia Venus insieme al professore Hayreddin Barbarossa della ID ci spiegarono come eseguire ed interpretare una canzone e ci avevano assegnato il compito di provare a scrivere il testo di una canzone per lunedì con il nostro gruppo, mentre alla musica ci si pensava successivamente.

L'ora successiva invece avevamo le due sorelle della professoressa Venus: Artemia per la ID e Einhernia per la nostra classe che avevano iniziato a spiegarci i vari effetti musicali e come metterle nelle canzoni.
Durante l'intervallo Agnès prese il telefonino che teneva spento nello zaino.

«Dico a Tiz se possiamo andare da lui e Ringabel oggi?– mi domandò, guardandomi –Così scriviamo la canzone.»

Annuii, addentando il grande panino che avevo portato come merenda.

Era la prima cosa che mangiavo dal pranzo del giorno precedente.

Osservai la castana sorridere quando il telefono vibrò.

Tiz, fatti desiderare un po'... rispondi troppo presto!” pensai, mentre Agnès si voltava felice verso di me.

«Che ha detto?» chiesi, ridacchiando.

«Ci ha invitato a pranzo!– esclamò lei, gli occhi che le brillavano –Mangeremo quello che cucinerà lui!»

Le diedi una leggera gomitata.

«Smettila di fare così o tutta la scuola capirà chi è il ragazzo che ti piace.» dissi, ridendo.

Il suo viso si fece rosso.

«N-non è vero! Non mi piace!» urlò, mentre la campanella suonava, dichiarando l'inizio delle ultime due ore.

«Va bene, va bene.» ridacchiai, dirigendomi verso la classe, mentre la castana continuava a urlarmi dietro.

 

Dopo la noiosissima ora di storia dell'arte con il prof. DeRosso e la soporifera lezione di religione del professor Khint (di questa ricordo solo l'inizio e la fine... ad un certo punto credo di essermi addormentata) uscii finalmente dalla scuola, pronte a passare un sabato pronta a passare un tranquillo sabato pomeriggio con Agnès e gli altri e a dormire fino a tardi la mattina successiva.

«Sai dove è la casa di Tiz e Ringabel?» chiesi alla ragazza che camminava al mio fianco.

Lei annuii.

«Tiz me lo ha spiegato per messaggio, non è molto lontano.– rispose lei, afferrando il cellulare –Puoi aspettare due secondi? Chiamo mia mamma per dirle che non sono a pranzo e a cena a casa.» aggiunse poi, guardandomi.

«Fa' pure.»

La castana sorrise, componendo velocemente il numero e portandosi il telefono all'orecchio.

«Mamma,– disse poi, con la voce leggermente diversa dal solito, quasi... titubante –io devo rimanere a mangiare da amici per fare un compito di gruppo, torno verso le 7 va bene?»

Silenzio.

«Oh... ok, tornerò alle 6, promesso...» disse la castana, leggermente intristita.

«A dopo.» aggiunse poi, chiudendo la chiamata.

La osservai mentre metteva frustata il telefonino nella borsa.

«Tutto ok?» chiesi, leggermente preoccupata.

Lei annuii.

«E' la solita routine. Non le va a genio che io stia troppo fuori casa e mi ci fa stare solo per fare compiti con qualcuno o per andare a qualche corso serale.» rispose irritata, iniziando poi a camminare.
«Mi spiace...»

«E tutto questo da quando...» Agnès si bloccò, accorgendosi di aver parlato troppo.

«Da quando?» domandai.

«No, niente. Lascia perdere.» disse, liquidando l'argomento.
Vedendo il suo sguardo arrabbiato, decisi che era meglio tacere.

E così, in silenzio, ci dirigemmo verso la casa di Tiz e Ringabel.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Agnès ~ E se a Tiz...? ***


~ Agnès ~

E se a Tiz...?
 

Quando arrivammo davanti al condominio dove Tiz e Ringabel abitavano, Edea suonò il campanello.

«Vi apro subito! Salite al terzo piano!» ci urlò Tiz dalla finestra.

La serratura scattò e io e Edea entrammo nel palazzo.

Tutto ad un tratto il cuore iniziò a battermi all'impazzata, accorgendomi che sarei entrata nella casa del ragazzo che mi piaceva, nella sua cucina, nel suo salotto, nella sua camera...

Le mie guance si infiammarono, quando il ragazzo aprì la porta del suo appartamento.

«Buongiorno ragazze!» ci salutò, osservandoci salire le scale.

«B-b-buongiorno...»

«Buongiorno!– rispose Edea –Ringabel?»

Tiz sorrise gentilmente, passandosi una mano tra i capelli.

«In questo momento è sotto la doccia, vado ad avvertirlo che siete arrivate se volete.» disse, dirigendo il suo meraviglioso sorriso verso la bionda.

Una strana sensazione si fece strada dentro di me.

Osservai il modo in cui i due si guardavano.

C'era troppa... fiducia.

«Possiamo entrare?» dissi, facendo riportare l'attenzione di Tiz su di me.

«Certo.» rispose lui, facendosi da parte e facendoci entrare.

Mi guardai intorno, esaminando la piccola stanza in cui ci trovavamo.

Un divano si trovava al centro del salotto, e davanti a esso vi era una grande televisione sopra ad un piccolo cassettone; sulla parete di fronte alla porta vi era una finestra che si affacciava sulla città e che illuminava l'intera stanza.

Posai lo sguardo su una delle foto che si trovavano sulla libreria accanto all'ingresso e sorrisi notando i due bambini (molto probabilmente Tiz e Ringabel) che, sporchi di terra, mostravano fieri il castello di sabbia che avevano costruito ad un terzo bambino seduto su una sedia a rotelle.

Passai velocemente lo sguardo nelle altre foto, notando lo stesso bambino che compariva insistentemente, sempre più stanco e sciupato... fino a quando scomparve del tutto.

«Tiz...» dissi, voltandomi verso di lui.

«Sì, Agnès?» chiese il ragazzo, smettendo di parlare con Edea e sorridendomi.

«Chi è ques...»

«TIZ! Hai visto il fon?»

La voce di Ringabel mi arrivò alle orecchie e l'albino entrò nel salotto con un solo asciugamano legato alla vita.

Arrossii, notando il suo petto completamente nudo.

«Oh, ciao ragazze!» ci salutò poi, portandosi una mano a sistemarsi il ciuffo bagnato.

«VA A VESTIRTI IDIOTA!» gli gridò Edea, rossa in volto.

«Come se tutto questo non ti piacesse Angelo!– le rispose lui in modo sarcastico, facendo l'occhiolino –La piccola Dea pare apprezzar...»

Il ragazzo dai capelli grigi lo colpì con un pugno sulla nuca.

«Tiz! Sei idiota? Mi hai fatto male!» si lamentò l'albino, voltandosi verso il coinquilino.

Quando incrociò il suo sguardo lo sentii deglutire.

«Va a vestirti.» gli ordinò questo, lapidario.

«Ma...»

«VAI!» disse con gli occhi che lo minacciavano di morte.

«V-va bene! Ma non arrabbiarti!» rispose allora Ringabel, uscendo poi dalla stanza.

«Tiz... non c'era bisogno di essere così duro con lui...» sussurrai, avvicinandomi al ragazzo.

Lui si voltò verso di me, scrutandomi con il suo meraviglioso sguardo.

Vidi il suo volto intristirsi.

«Capisco...– disse poi, distogliendo lo sguardo e iniziando a camminare verso la porta sulla parete di destra –Andiamo in cucina. E' pronto.» aggiunse poi, sparendo oltre la soglia.

Prima che potessi seguirlo Edea mi tirò una leggera gomitata.

«Che...?» chiesi, confusa.

«Fattelo dire, sei un'idiota.» rispose lei seguendo il ragazzo e lasciandomi sola senza spiegarmi cosa dovessi fare.

 

«Allora, su cosa dobbiamo lavorare?» chiese Ringabel, portandosi alle labbra gli spaghetti avvolti intorno alla forchetta.

«Dobbiamo scrivere le parole per una canzone.» risposi, assaporando il gusto del piatto cucinato da Tiz.

Spaghetti alla carbonara: mia mamma non me le avrebbe mai cucinati...

F-forse dovrei dirgli che mi piacciono?” pensai, quasi imbarazzata.

Dopotutto lo avrei reso felice...

«Tiz questi spaghetti sono buonissimi! Come hai fatto a farli così buoni?!»

Alzai lo sguardo, fissandolo su Edea che, quasi urlando, aveva esclamato quelle parole.

«Non esagerare Edea.– rispose lui, ridacchiando e arrossendo leggermente –Non è poi così difficile.»

«Dopo ti va di insegnarmi? Vorrei troppo riuscire a cucinarli anche io!»

Smisi di ascoltare, riprendendo a mangiare in silenzio.

Evidentemente avevo perso il momento di cercare di attirare l'attenzione di Tiz... e Edea era invece riuscita a coglierlo.

E se...

E se a Tiz piacesse Edea?”

Quel pensiero si fece strada nella mia mente, pietrificandomi.

Alzai lo sguardo e lo posai sul ragazzo che, rosso in volto stava spiegando il corretto modo di cucinare il piatto a Edea che stava prendendo appunti.

«E a te piccola Dea piace?– mi chiese all'improvviso Ringabel, sorridendomi –Le uova le ho scelte io! Quindi è tutto merito mio!»

Alzai lo sguardo, posandolo sull'albino.

«Non prenderti meriti di cose che non hai fatto.» lo rimproverò l'altro ragazzo, dandogli una leggera gomitata.

Mi feci scappare un risolino, notando come Ringabel stesse cercando di distrarmi.

«Sì, mi piace tantissimo.» risposi, sorridendo.

Le guance di Tiz si colorarono di un rosso fuoco, facendogli abbassare lo sguardo.

«G-grazie...» balbettò, ricominciando a mangiare.

Lo guardai confusa, mentre Ringabel mi faceva l'occhiolino.

Cosa voleva dimostrarmi...?

«Quale è il tuo piatto preferito?» mi chiese ad un certo punto Tiz, posando i suoi bellissimi occhi nei miei.

Arrossii anch'io, mentre i nostri sguardi si incatenavano.

«M-mi piace tantissimo il cibo piccante.– dissi, mentre sentivo le mie guance andare in fiamme –Soprattutto il pollo piccante...»

«Allora Tiz lo cucinerà stasera per te.» si intromise l'albino.

«Stasera?!» disse Tiz spaesato.

«Sì. Stasera.– ripeté con decisione Ringabel, voltandosi verso di lui –Visto che scrivere una canzone non è affatto facile, potete rimanere a cena e anche a dormire qui no? Io e Tiz dormiremo sul divano-letto.» aggiunse poi, tornando a guardare me e Edea.

I miei occhi si illuminarono.

Non avevo mai fatto un pigiama-party in vita mia.

«Io sotto il tuo stesso tetto non ci dormo.» disse prontamente la bionda, squadrandolo in malo modo.

«Non ti fidi di me nonostante ti abbia salvata? Così mi ferisci Angelo!» piagnucolò lui, attaccandosi al braccio dell'amico.

«Staccati idiota!– lo rimproverò lui, allontanandolo –La sua idea non è male comunque, lo terrò io sottocchio.» aggiunse poi, mentre con la mano sinistra teneva lontano l'albino e con la destra continuava a mangiare.

«Allora ci sto!» esclamò Edea.

«Anch'i...»

Le parole mi si bloccarono in gola, pensando a come mia madre mi aveva vietato di tornare a casa dopo le 6.

Tutta la mia felicità venne spazzata via.

«Io non posso...» sussurrai, trattenendo le lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi.

«Perché...?» mi chiese Tiz, con voce leggermente triste.

«Mia madre vuole che torni a casa entro le 6.» risposi io, cercando di sorridere, mentre in realtà morivo dentro.

«Non possiamo provare a convincerla?» mi domandò Edea, guardandomi in modo compassionevole.

«E' impossibile.– dissi ferma –Sarà per un'altra volta. Voi divertitevi, io vi raggiungerò domattina.» conclusi, alzandomi dalla sedia e mettendo il mio piatto sporco nel lavandino.

Complimenti Agnès, hai appena fatto in modo che Edea e Tiz stiano sotto lo stesso tetto per un'intera notte.” pensai, mentre mi dirigevo verso il mio zaino e iniziavo a tirare fuori i vari appunti che potevano servirci per scrivere la canzone.

 

Il resto della giornata passò troppo in fretta.

Quando ci alzammo dalla tavola erano ormai le 3 passate e iniziammo a fare i compiti seriamente solo da dopo le 4.

Alle 5:30, non avevamo neanche scritto un rigo della canzone ma Ringabel aveva insistito per scriverne una su un personaggio di un libro: una sacerdotessa che dopo aver perso tutto riusciva a trovare il coraggio di andare avanti grazie ai suoi nuovi amici.

Sorrisi, notando che da come la descriveva quella ragazza assomigliava tantissimo a me.

«Sicura che non puoi provare a chiamare a casa?» mi domandò Edea, accompagnandomi verso la porta.

«Meglio di no, mia mamma si arrabbierebbe solo.– risposi, aggiustandomi lo zaino sulle spalle –Per la canzone, voi stasera provate a buttare giù qualcosa, io farò lo stesso. Poi domani ne riparliamo.» aggiunsi poi, sorridendo.

«A domani allora Agnès...» mi salutò Tiz, leggermente giù di morale.

«A domani.» dissi, uscendo dall'appartamento mentre la porta mi si chiudeva alle spalle.

Iniziai a scendere i vari gradini, trattenendo le lacrime che ancora minacciavano di uscire.

Perché toccava a me soffrire tanto?

Perché quella donna non poteva capire che non poteva trattarmi così?

Perché quella donna non voleva capire che io non ero...

Scossi la testa, cercando di eliminare tutti quei pensieri negativi.

Dovevo continuare a stare al suo gioco.

Da quando Olivia era morta le ero rimasta solo io...

Ma ciò non vuol dire che io non possa vivere la mia vita!”

Tirai un calcio al lampione di fronte a me, e solo in quel momento mi accorsi che mi trovavo già in mezzo alla strada.

La prima lacrima iniziò a solcarmi il volto, seguita da una seconda, una terza, una quarta...

Non riuscivo più a sopravvivere in quella situazione.

Non potevo sempre fare solo quello che voleva farmi fare mia madre.

«Io non sono Olivia!» gridai, portandomi le mani al viso.

Perché doveva essere colpa mia se lei era morta?

Perché dovevo essere io la sua sostituta?

Cosa avevo da espiare? Cosa avevo fatto di male!?

Il suono della campana mi arrivò alle orecchie, facendomi capire che erano ormai le 6.

Mi asciugai in fretta le lacrime, iniziando a correre verso casa.

Non dovevo peggiorare ancora la situazione.

Se fossi arrivata in ritardo...

Decisi di non pensarci e continuai a correre.

Mancava poco a casa mia, solo pochi metri e avrei toccato il cancelletto.

Con un ultimo scatto entrai all'interno del vialetto, mettendo una mano sulla maniglia della porta di casa che si aprì all'improvviso.

«Sei in ritardo.» disse fermamente la donna di fronte a me.

Mi fermai, cercando di riprendere fiato.

«S-scusami.» riuscii a dire, poggiando il pesante zaino a terra.

«Fa niente. Sono solo pochi minuti.» rispose lei, posizionandosi la borsa da lavoro sulla spalla destra.

Che stesse... uscendo...?

«Dove vai...?»

«Dovrò star via fino a domani sera per problemi a lavoro, mi hanno chiamato 10 minuti fa.– mi spiegò lei con fare sbrigativo, sorpassandomi e dirigendosi verso la macchina –Ti ho lasciato la cena in frigo, per domani a pranzo puoi benissimo mangiare qualche cibo in scatola. Ricordati di chiudere bene tutte le porte e le finestre prima di andare a dormire.» aggiunse poi, aprendo la portiera.

«Tornerai domani sera...?» chiesi, incredula.

«Sì, te l'ho appena detto. Ci vediamo domani tesoro.» concluse, mettendo in moto e allontanandosi velocemente dall'abitazione.

Al mio cervello ci volle qualche minuto per elaborare ciò che era appena successo.

Se lei se ne era andata... io ero libera di...

Afferrai velocemente il cellulare, aprendo poi la rubrica e chiamando il numero da me desiderato.

Rispondi ti prego!”

«Agnès? E' successo qualcosa?» mi chiese la voce di Tiz.

«Posso venire! Tiz, posso venire!» esclamai io, mentre il cuore mi batteva forte nel petto.

Finalmente ero libera di fare un qualcosa che da anni desideravo.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Ringabel ~ Quando sei l'unica persona normale in mezzo ad un gruppo di soli idioti ***


~ Ringabel ~

Quando sei l'unica persona normale in mezzo ad un gruppo di soli idioti
 

Osservai la castana uscire dalla porta, chiudendosela alle spalle.

«Peccato che Agnès non possa restare...» sussurrò Tiz, passandosi una mano tra i capelli.

«A dire il vero mi pareva molto giù di morale...» fece notare Edea, continuando a fissare il punto da cui era uscita la ragazza.

«Già... chissà perché...» annuì il ragazzo, posando lo sguardo sulla bionda.

«E' colpa vostra idioti.» dissi, colpendoli sulla nuca.

«Ahia!» protestarono i due, posando i loro sguardi su di me.

«Si può sapere cosa abbiamo fatto?!» mi gridò Edea, massaggiandosi il punto colpito.

«Sembravate terribilmente affiatati. Ci mancava poco che vi mettevate a sbaciucchiarvi a tavola.» mi sedetti sulla poltrona, accendendo la TV, ignorando le urla di disapprovazione che la bionda mi lanciava.

«Agnès si è ingelosita?»

Non appena Tiz pronunciò quelle parole il silenzio calò nella

a stanza.

Mi voltai verso di lui, posando lo sguardo sugli occhi color nocciola che brillavano per la sola speranza che la castana si fosse minimamente interessata a come si era comportato.

Sbuffai.

«Ovvio,– risposi, quasi sospirando –Agnès si è ingelosita e non poco.»

Il viso del ragazzo si illuminò, mostrando tutta la sua felicità manco fosse un libro aperto.

«Io non sarei così contento,– si intromise Edea, ridacchiando –adesso è arrabbiata con te.»

Il cambiamento nell'espressione di Tiz fu così repentino che passò da trasudare gioia da tutti pori a osservare depresso il pavimento nel tempo di un battito di ciglia, mentre un solo e silenzioso “Ah...” usciva dalle sue labbra.

«Se per questo, sarà arrabbiata anche con te Edea.» girai il coltello nella piega io, trattenendo le risate quando anche la bionda cadde in uno stato di depressione.

Tornai a guardare la TV, rifacendomi gli occhi su tutte le meravigliose ragazze in costume da bagno che sfilavano davanti ai miei occhi.

«Forse dovrei chiamarla?» sussurrò Tiz alle mie spalle.

«Per dirle cosa?– gli rispose la bionda e anche se non la stavo guardando ero quasi convinto che si stesse passando una mano sul volto (perché me la stavo immaginando mentre compiva quel gesto da niente se di fronte avevo venti ragazze in bikini?!) –Se gli dici che ti dispiace di averla fatta ingelosire la farai arrabbiare ancora di più... a proposito,– la voce della ragazza cambiò, facendosi più interessata –cosa è successo tra voi ieri sera? Agnès non mi ha voluto raccontare nulla, ma la collana che le hai dato è alquanto vistosa.»

Abbassai immediatamente il volume della televisione, voltandomi di scatto verso Tiz.

«E-ecco...» iniziò a balbettare lui, le guance in fiamme.

«Ehi ehi ehi! Quale collana?!– mi intromisi, sorpreso –TIZ! COSA MI NASCONDI?!»

Il ragazzo continuava a balbettare, il viso rosso dall'imbarazzo.

«N-nulla! N-non è s-successo nulla!» esclamò, cercando di fuggire da quella situazione.

«Ora devi raccontarci tutt...»

Le parole mi si fermavano in gola, mentre il telefonino di Tiz iniziava a squillare.

Lo osservai diventare ancora più rosso di prima, mentre si sbrigava velocemente a rispondere.

«Agnès? E' successo qualcosa?» chiese, la voce quasi calma.

«Posso venire! Tiz, posso venire!»

La castana urlò così forte che il ragazzo fu costretto ad allontanare il telefonino dall'orecchio, facendoci sentire la voce chiara della ragazza.

«Davvero?– domandò lui in risposta, il tono molto più felice –Sei sicura?! Vengo a prenderti! Aspettami!» aggiunse poi, chiudendo la chiamata.

«Come mai ora può venire?» disse Edea, incredula.

«Dice che sua madre è fuori per lavoro.– rispose Tiz, afferrando le chiavi del MIO motorino –Io vado a prenderla, tu inizia ad affettare il pollo ok? Cucino il pollo piccante stasera, il preferito di Agnès.»

Lo guardai storto.

«Prima di tutto, quel motorino è mio; in secondo luogo, sono appena le 6 e 10, a che ora hai intenzione di mangiare?!» sbuffai, non capendo cosa volesse fare.

«Alle 8 e mezza, che domande.»

«E pretendi che io prepari il pollo ora?!»

Il ragazzo scosse la testa.

«Porto Agnès a fare un giro fino all'ora di cena.» rispose, alzando le spalle.

«Tu non vai da nessuna parte col mio moto-»

«Divertitevi!» urlò Edea, sovrastando le mie lamentele.

Posai il mio sguardo omicida su di lei.

Tiz aprì la porta, voltandosi verso di me come aspettando un incitamento di qualche tipo.

Sostenni il suo sguardo per qualche secondo, sbuffando poi e buttando fuori l'aria che avevo accumulato nei polmoni.

«Se mi graffi la moto ti uccido, nonostante la ferita al braccio.» sussurrai, mentre il ragazzo scoppiava a ridere e usciva dalla stanza.

 

«Cambiamo canale?»

«No.»

«Dai, è mezzora che stai guardando ragazze in costume da bagno!» piagnucolò Edea, sedendosi accanto a me sul divano.

Alzai gli occhi al cielo.

Erano passati solo dieci minuti da quando Tiz se ne era andato e la bionda non si era zittita neanche un secondo.

Possibile che non capisse che quella situazione mi metteva terribilmente a disagio?! Insomma, stateci voi con uno schianto del genere da soli in casa!

«E' un programma molto educativo.» risposi, continuando a guardare lo schermo e cercando di distrarmi dalla ragazza che avevo al mio fianco.

«Non è vero!»

La sentii afferrare il mio braccio e stringerlo contro il suo piccolo seno, per scuotermi.

Mentre le guance mi si arrossavano leggermente maledii mentalmente il fatto che fino ad un giorno prima non avesse neanche il coraggio di sfiorarmi.

Continuai a ignorarla... e la bionda spense il televisore.

«Dai Edea, restituiscimi il telecomando!»

Mi voltai di scatto verso di lei, incrociando i nostri sguardi.

Era vicina, terribilmente vicina.

«No, voglio parlarti di una cosa seria.» disse, i suoi bellissimi occhi puntati nei miei.

Mi allontanai un poco, ritirando contemporaneamente il braccio.

«Dimmi...» sussurrai, quasi spaventato per ciò che poteva uscire dalla bocca di quella ragazza.

La bionda abbassò leggermente lo sguardo, come se fosse... imbarazzata?

Il mio cuore iniziò ad accelerare.

«E-ecco... io...»

Non era possibile... non poteva essere una...

«I-io volevo sapere se potevamo preparare delle crepe stasera!» esclamò, tornando a osservarmi in volto.

«Tutto qui?»

«Eh?»

Sbuffai, ormai dovevo essere abituato a essere circondato da idioti ormai.

«Va bene.» risposi, annuendo.

All'espressione contenta che si dipinse sul viso della bionda, non potei far altro che arrossire.

«Grazie mille!» disse, sorridendo felice.

Sei troppo carina così...”

Scacciai velocemente quei pensieri, alzandomi in piedi e tossendo leggermente per nascondere l'imbarazzo.

«Andiamo a vedere se abbiamo tutti gli ingredienti, così se manca qualcosa lo andiamo a compra...» le parole mi si fermarono in gola, mentre l'aria iniziava a mancarmi nei polmoni.

«Ringabel...?»

Caddi a terra, cercando di fermare l'attacco d'asma che mi aveva colto completamente alla sprovvista.

Edea urlò, fiondandosi al mio fianco.

«Ringabel! Ringabel che succede?!»

Non le risposi, afferrando l'erogatore che tenevo nella tasca della felpa portandolo alle labbra e inspirandone il contenuto.

L'aria ricominciò a circolare nel polmoni e io mi sedetti con una leggera fatica sul divano, aspettando di riprendere completamente la calma.

«R-Ringabel c-che succede?»

Mi voltai verso Edea, cercando di sorriderle.

Quando però la vidi in volto il mio cuore ebbe un sussulto.

Aveva gli occhi rossi e lucidi e le lacrime che lievemente le solcavano le guance, il viso contratto in un'espressione di paura.

«V-va tutto bene adesso.– risposi, portando una mano alla sua guancia destra e asciugandole le lacrime –Ho solo avuto un attacco d'asma... mi succede spesso.»

Lei non rispose, buttandosi a capofitto tra le mie braccia e affondando la testa nel mio petto.

«E-Edea...?» domandai, mentre sentivo il corpo andare in fiamme.

«S-sei uno stupido! Mi hai fatto spaventare a morte!» singhiozzò lei, stringendomi ancora di più.

Le poggiai una mano sulla nuca, accarezzandola dolcemente.

«Scusami, appena ti sarai calmata cucineremo le crepe e a te farò una doppia razione.» le dissi, ridacchiando.

Lei annuì, non allontanandosi però di neanche un millimetro.

Infondo l'asma non è poi così tanto male...” pensai, continuando ad accarezzare la testa della bionda.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3318603