Stella d'Estate ~ Natsu No Hoshi

di H a n a e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



 

“ La Vita non è uno spettacolo muto o in bianco e nero. È un arcobaleno inesauribile di colori, un concerto interminabile di rumori, un caos fantasmagorico di voci e di volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi che determinano il nostro personale destino.”
-
Oriana Fallaci





Un incidente.
Era iniziato tutto per un semplice incidente avvenuto in un normalissimo giorno d’inverno.
Lucy stava camminando per le strade di Magnolia, deserte a causa del gelo che quell’anno aveva colpito la piccola cittadina.
Il giorno precedente aveva piovuto tantissimo, e ciò aveva causato l’allagamento di molte strade della città, così nessuno era fuori, a parte qualche temerario o qualcuno – come Lucy – costretto ad andare a lavorare.
Era uscita in ritardo e la caffetteria in cui aveva trovato un lavoro part-time distava alcuni chilometri da casa sua.
Di solito prendeva l’autobus, ma quel giorno a causa del brutto tempo doveva farsela a piedi.
Il cappotto che indossava non era abbastanza, forse avrebbe dovuto mettersi anche un cappello e una sciarpa, ma per la fretta non ne aveva avuto il tempo.
Mancavano ancora pochi minuti di cammino, così la ragazza accelerò il passo.
Il marciapiede sul quale camminava era abbastanza stretto e pieno di buche oramai divenute piccole pozzanghere.
Sentì delle gocce caderle sul naso e si diede mentalmente della stupida per non essersi portata dietro un ombrello, ma adesso poco importava, tanto fra poco sarebbe stata al coperto.
Sentì un rumore di passi e si voltò per vedere da dove arrivassero, quando si accorse che qualcuno stava correndo proprio sulla strada dove stava passando lei.
“Pistaaaa!” Urlò la voce di un ragazzo.
Non poteva scansarsi dal marciapiede perché c’era un’enorme pozza d’acqua e purtroppo venne travolta dalla persona che stava correndo, facendola cadere nella pozzanghera e inzuppandola completamente dalla testa ai piedi.
Avrebbe voluto mettersi a piangere e urlare a quel maleducato tutti gli insulti che conosceva, e stava anche per farlo, però le parole le morirono in gola quando si accorse che il responsabile stava tornando indietro, per poi fermarsi proprio davanti a lei. La sua timidezza non aveva limiti.
Alzò la testa e vide una mano tesa di fronte a sé, con lo sguardo percorse tutta la lunghezza dell’arto, per poi incontrare il volto di un ragazzo.
Afferrò la mano e si tirò su, la pelle del giovane scottava.
Il ragazzo doveva avere all’incirca la sua età, i capelli erano ribelli e di un bizzarro color rosa ciliegio. Aveva grandi occhi color verde prato e al collo una sciarpa bianca. Era più alto di lei di una spanna e indossava solamente una felpa rossa e dei jeans nonostante la bassa temperatura.
Aveva un’aria familiare... ma sì, certo, Lucy lo conosceva! Quello era Natsu Dragneel, capitano della squadra di basket della sua scuola. Frequentavano lo stesso anno ma in sezioni diverse.
Lo aveva incontrato sì e no qualche volta per i corridoi dell’edificio scolastico.
Rimase a fissarlo per diversi attimi, incredula del fatto che fra tante persone avesse incontrato proprio lui.
Riabbassò lo sguardo quando un brivido di freddo le percosse tutto il corpo facendola tremare.
Natsu la guardò a sua volta e si sfilò la felpa per poi porgergliela, rimanendo solo con una maglietta a maniche corte.
“Mi dispiace di averti bagnata.” Si scusò il ragazzo sfoggiando un sorriso luminoso e passandosi una mano dietro la testa, scompigliandosi ancora di più i capelli.
“D-dovresti a-andare più piano.” Cercò di rimproverarlo poco convinta, afferrando la felpa per sostituirla con il suo cappotto ormai zuppo. Le dispiaceva farlo rimanere solo con la maglietta, ma non riusciva più a resistere.
“Se vuoi ti riaccompagno a casa, non puoi rimanere così o ti prenderai un malanno.”
“N-non preoccuparti. Abito lontano e poi anche tu ti ammalerai se non ti metti subito qualcosa.”
“Allora vieni a casa mia, non è molto lontana da qui.” Le propose Natsu con un enorme sorriso.
“M-ma n-non ci conosciamo nemmeno!” protestò Lucy imbarazzata.
“Sì, invece! Andiamo nella stessa scuola. Tu sei Lucy Heartphilia.”
Lucy rimase scioccata dalla dichiarazione del ragazzo; in quei quattro anni di liceo si erano visti raramente e frequentavano gruppi differenti di amici.
“Allora? Vuoi rimanere così ancora per molto? Qui fuori si gela.” La richiamò Natsu.
“V-va bene...” Acconsentì Lucy.
Il ragazzo l’afferrò per un polso e la tirò con sé, iniziando a correre verso casa.


















Angolo autrice:
Ohayo minna! Come potete ben notare sono nuova qui nel fandom e questa è la mia prima fic! ^.^ Sono molto emozionata perché rappresenta il mio debutto in questo fantastico fandom.
Beh cosa dire di me? Come potete intuire dal mio nick sono Hanae, sono qui su Efp da gennaio e mi sono concentrata principalmente sul fandom di Naruto 
(nonché mio grande amore) con il nome di Leilah Valdez e poi Blue Light .  Poi quest'estate in una calda giornata ho scoperto Fairy Tail e da lì è stato amore a primo episodio. Come avrete intuito questa AU sarà una NaLu. Ho anche inserito l'OOC perché in quanto prima storia non sono molto sicura che siano IC...
Nelle introduzioni faccio un po' pena quindi non ne rimarrei molto sorpresa se nessuno passasse a leggere questa storia, però spero lo stesso che almeno un pochino vi possa interessare.
Il prologo è un po' corto, ma ehi, non è così che dovrebbe essere? 
Il banner che trovate prima di queste noiosissime e terribili note d'autrice l'ho fatto io ^.^ ovviamente ho preso l'immagine dal web e poi l'ho modificata io e devo dire che ne sono abbastanza soddisfatta.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti non sarò mai costante, però, conoscendomi prima di iniziare a pubblicare ho scritto diversi capitoli, quindi al massimo dovrete attendere due settimane prima del prossimo aggiornamento, ma se tutto va bene dovrei pubblicare una volta a settimana, più precisamente il lunedì.
Prima di lasciarvi vorrei ringraziare la mia Beta AnnabethJackson che come sempre svolge un ottimo lavoro 
❤ 
Se la storia vi è piaciuta mi farebbe piacere saperlo in una piccola recensione, ovviamente i consigli sono ben accetti come anche le critiche.
Buona lettura,

Hanae 💙

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1



 
 
 
Natsu l’aveva fatta correre come non faceva da tempo.
Le aveva detto che prima sarebbero arrivati a casa prima si sarebbe asciugata.
Durante tutto il tragitto le loro mani erano state unite e non si erano mai sciolte e questo Lucy lo aveva notato. Per lei anche il più piccolo gesto era prezioso.
Natsu era un bel ragazzo e molte sue coetanee gli andavano dietro. Lei però non ci aveva mai fatto caso più di tanto, non le era mai importato di spiccare in mezzo alla ‘massa’, non lo riteneva necessario.
Le bastavano le poche persone che conosceva perché sapeva che le volevano bene e che l’accettavano per quello che era.
Lui però sembrava non rendersi conto che suscitasse un certo effetto sul sesso opposto, così come non si era accorto di aver appena trascinato in casa sua una sconosciuta, o come aveva detto lui “una sua compagna di scuola”; per quanto ne sapeva Lucy fino a qualche minuto prima Natsu non sapeva nemmeno della sua esistenza.
Il ragazzo abitava in una palazzina di quattro piani e il suo appartamento era al secondo.
La casa non era molto grande, ma giusta per una sola persona; solo che sembrava più piccola a causa del caos che regnava sovrano in quell’appartamento.
Vestiti sparsi sul pavimento, scatole di ramen istantaneo ammucchiate vicino alla pattumiera e infine un gatto acciambellato sul tavolo della cucina: un disastro insomma.
“Non fare caso al disordine, non ho avuto il tempo di sistemare. Comunque fai come se fossi a casa tua.” Natsu lasciò la mano di Lucy e si avviò verso una delle stanze della casa.
Lucy si sentiva a disagio: a causa di quella situazione non sapeva come comportarsi.
Decise di sedersi sul divano per riprendere fiato e riposarsi: era ancora molto provata dalla corsa che aveva appena fatto.
Poggiò il suo cappotto su uno dei braccioli del sofà e ci si lasciò cadere sopra sospirando.
“Ma perché capitano tutte a me?” domandò a se stessa facendo pressione con le dita sulle tempie.
Chiuse gli occhi per qualche istante e li riaprì immediatamente quando avvertì una presenza sulle sue gambe.
Il gatto che prima si trovava sul tavolo adesso era accoccolato sulle sue cosce e faceva le fusa.
Lucy iniziò ad accarezzarlo sulla testa e a fargli qualche grattino su tutto il corpo. Quando era piccola e viveva ancora con i suoi genitori aveva un gattino e adorava dedicargli quel tipo di attenzioni.
Natsu tornò nel salotto con un asciugamano e alcuni indumenti piegati sulle braccia.
“Ecco a te. Se vuoi farti una doccia il bagno è l’ultima porta a destra. Qui c’è anche una tuta con una maglietta e una felpa, spero ti vadano bene.”
Aveva perennemente quel sorriso stampato sul volto e Lucy si chiese come faceva a non essere mai triste o a non sentire il bisogno di far risposare i muscoli della faccia.
“Vedo che Happy ti ha preso in simpatia. Di solito non fa subito amicizia con tutti.” Le spiegò andando a sedersi accanto a lei. Happy si era subito spostato sulle gambe del ragazzo.
“Grazie...” disse Lucy in un sussurro.
“Come?”
“Ho detto grazie. Grazie per avermi aiutata, sono una sconosciuta e nonostante tutto tu-”
“Te l’ho detto, io ti conosco. Andiamo a scuola insieme.” La interruppe Natsu serio.
I due si guardarono negli occhi e Lucy notò che quelli del rosa erano molto particolari, di un bel verde prato acceso e qualche pagliuzza nera che creavano un contrasto particolare e molto attraente.
Sarebbe rimasta a guardare quegli occhi all’infinito.
“Credo sia il caso che ti cambi.” Disse Natsu imbarazzato quanto lei: erano rimasti per alcuni istanti a fissarsi senza una ragione precisa.
“Ah, eh, giusto, scusami.” Lucy si alzò in fretta dal divano, le sue guance si erano imporporate “Faccio in un attimo.”
Mezz’ora dopo Lucy era pulita, profumata e soprattutto asciutta. Aveva indossato i vestiti che le aveva dato Natsu, ai quali aveva dovuto fare un paio di  risvolti per non farli cadere ed era ritornata in salotto.
Lo avrebbe ringraziato, preso le sue cose e se ne sarebbe andata finalmente a casa.
Natsu però sembrava aver capito le sue intenzioni e fermò sul nascere ogni suo tentativo.
“Puoi restare a cena qui, ormai si è fatto buio fuori ed è pericoloso andare in giro a quest’ora.”
“Ti ho già dato tanto disturbo oggi, non serve che mi ospiti anche a cena.” Ribatté la ragazza con tono deciso. Voleva mettere la parola fine a quella giornata che sembrava non finire mai.
“Guarda che un po’ di compagnia non mi fa male,” Rispose Natsu con il suo solito sorriso “e poi possiamo approfittarne per conoscerci meglio. Non mi risulta che in questi quattro anni abbiamo mai parlato.”
Le guance di Lucy si colorarono di nuovo di rosso e annuì arrendevole alla proposta del ragazzo, tutti i suoi buoni propositi erano spariti.
Brava Lucy così arriverai lontano.
Si sedette al tavolo e aspettò che Natsu la raggiungesse con i due piatti per mangiare.
Quando le fu vicino inaspettatamente le prese una ciocca di capelli biondi fra le dita, facendo prendere un colpo a Lucy.
“C-che cosa stai facendo?” chiese allarmata dallo strano comportamento del rosa.
“Sono bagnati, è meglio che li asciughi.” Le disse lasciando andare i lunghi fili dorati.
“Non serve, non lo faccio mai.”
Natsu si andò a sedere alla sua destra e iniziò a mangiare il suo riso “Come preferisci.”
Le fece qualche domanda alle quali Lucy rispose con dei monosillabi e questo diede abbastanza fastidio al ragazzo.
Non voleva essere maleducata con lui dopo tutta la gentilezza che aveva mostrato nei suoi confronti, però per lei era strano parlare proprio con Natsu – sogno di mezza popolazione femminile di Magnolia -, e poi si sentiva ancora in totale imbarazzo per ciò che era successo solo qualche ora prima.
Un paio di minuti dopo avevano concluso la cena e questa volta Lucy era decisa ad andarsene a casa. Quella situazione le stava sfuggendo di mano.
“Adesso devo proprio andare, grazie ancora per tutto. Se vuoi posso passare domani mattina a riportarti i vestiti.” Gli disse afferrando la maniglia della porta d’ingresso.
“Puoi darmeli la settimana prossima quando ricomincia la scuola.” Rispose sorridendo e avvicinandosi sempre di più a lei.
Natsu la metteva a disagio, con lui non sapeva come comportarsi, qualunque cosa facesse lei non sapeva come rispondere. Eppure non era mai stata timida, o per lo meno non più del necessario, anche con i ragazzi.
Lui però aveva quel qualcosa che le faceva perdere la ragione e mandare in tilt il cervello. Non sapeva se fosse una cosa positiva o no.
Intanto Natsu si faceva sempre più vicino, fino a quando non se lo ritrovò proprio a qualche centimetro da lei, e fissò ancora una volta i suoi meravigliosi occhi.
“Cosa stai aspettando? Dai che ti accompagno.”
Ah ecco, tutta quell’agitazione per niente, e lei che si era fatta i suoi soliti film mentali.
Si rigirò verso la porta per cercare di nascondere l’imbarazzo, abbassò la maniglia e mise un piede fuori, ma fece immediatamente dietro-front non appena un lampo illuminò tutto il pianerottolo.
Sin da piccola detestava i lampi e ne aveva il terrore.
Quando si girò andò a sbattere contro qualcosa di duro e pensò che fosse un muro – anche se sarebbe stato molto più doloroso -, ma il ‘muro’ l’afferrò appena in tempo, evitandole un’altra caduta.
I due si ritrovarono nuovamente a pochi centimetri di distanza e Lucy arrossì per l’ennesima volta. Non appena realizzò quando fossero vicini, il suo petto era incollato a quello marmoreo di Natsu.
Si divincolò fra le sue braccia, con il risultato di inciampare nei suoi stessi piedi e perdere l’equilibrio, sbattendo il sedere sul marmo gelido.
Una risata riecheggiò per tutto il piano e la bionda non ci mise molto a capire chi fosse il proprietario.
Di bene in meglio Lucy...
“Non è affatto divertente.” Disse piccata rialzandosi da terra.
Natsu non smetteva di ridere e per poco non cadde anche lui.
“Scusami.” Le disse sistemandole una ciocca di capelli fuori posto a causa della caduta.
Lucy incrociò le braccia sotto il seno prosperoso e lo guardò accigliata:
“Non è stato carino ridere.”
“Era impossibile non farlo, sei così buffa.” Le rispose scompigliandole i capelli in modo affettuoso.
Lucy gonfiò le guance e Natsu rise di nuovo.
“Dai adesso torna dentro, per questa notte rimarrai qui.” La ragazza boccheggiò e venne trascinata di nuovo in casa dal rosa, considerando la sua non risposta un ‘sì’.
Lucy ancora non poteva sapere che accettando quel semplice atto di gentilezza la sua vita sarebbe cambiata completamente.
















        



Angolo autrice:
Ehilà!
Siccome lunedì non potrò aggirnare (per vari motivi) come vi avevo detto nel prologo, lo faccio ora ^.^ per vostra fortuna o sfortuna.
La storia è ufficialmente iniziata!
Su questo capitolo non ho nulla da dire, anzi sono abbastanza contenta di come sia venuto fuori nonostante ci sono molte cose che sicuramente cambierei, ma per il momento credo vada bene.
Vorrei ringraziare tutte le 13 persone che hanno messo la storia fra le seguite, le 4 fra le preferite, tutti i lettori silenziosi e soprattutto le che hanno recensito ^.^ Non mi aspettavo tutto questo successo con un prologo così striminzito. Mi avete resa davvero molto felice! ❤
Ad ogni capitolo inserirò un'immagine NaLu perché molte volte i miei capitoli sono stati ispirati da fanart che ho visto in giro e semplicemente per condividerele con voi.
Spero che questo primo capitolo abbia soddisfatto tutte (o almeno in parte) le vostre aspettavive e se avete qualche consiglio, domanda o qualunque altra cosa magari fatemelo sapere in una piccola recensione che non guasta mai  ^.^ 
Ci si vede lunedì se tutto va bene, un bacio,

Hanae 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


 
 

Più che dormire, quella notte Lucy la passò con le palpebre abbassate e con la costante ansia che potesse succedere qualche cosa – cosa poi era un mistero anche per la ragazza.
Natsu, a differenza sua, aveva dormito come un ghiro e non si era fatto il minimo problema: Lucy era riuscita a sentirlo russare anche dal salotto.
Non appena vide che la sveglia segnava un orario quantomeno accettabile per rendere credibile la sua uscita di scena, raccolse le sue cose e lasciò un biglietto al ragazzo, ringraziandolo per l’ennesima volta e dicendogli che sarebbe tornata a casa.
Non appena mise piede fuori dal palazzo, un vento gelido le fece battere i denti, ma per fortuna quella mattina c’era il sole che contribuiva almeno un po’ a creare del piacevole tepore.
Ci mise un bel po’ a tornare al suo appartamento: nonostante i mezzi fossero disponibili aveva deciso di farsi una bella camminata per poter schiarirsi le idee.
Quando fu finalmente a casa e varcò la soglia del suo appartamento si lasciò scivolare contro la porta e buttò fuori un lungo sospiro:
“Finalmente sono a casa.”
Tutto quanto era andato storto il giorno prima: si era svegliata in ritardo, non era andata a lavoro e aveva incontrato Natsu.
Già Natsu...
Perché Lucy si sentiva così a disagio? Eppure non era successo niente di così grave per farla sentire in quel modo.
Non riusciva proprio a spiegarsi quel suo comportamento, quella sua ansia costante, quella sensazione di imbarazzo che puntualmente le faceva colorare le guance.
Le spiegazioni più logiche erano due: aveva la febbre e non riusciva a controllarsi o stava impazzendo; la seconda opzione forse era quella più ragionevole, ma decise di optare per la prima – ci mancava solamente che dubitasse della sua sanità mentale.
Si alzò dal pavimento freddo e decise di prepararsi un bel bagno caldo, quello l’avrebbe sicuramente aiutata a rilassarsi.
Mentre aspettava che la vasca si riempisse decise di fare una chiamata, compose il numero sul display del telefonino e lo mise all’orecchio, in attesa di una risposta dall’altra parte.
Sì pronto? Questo è il Fairy Tail bar, come posso aiutarla?” Dall’altro lato della cornetta rispose la voce di una giovane donna.
“Pronto Kinana-chan, sono Lucy. Ti chiamavo per scusarmi, ieri non mi sono presentata a lavoro e non ho nemmeno chiamato per avvisare. Ti prego di perdonarmi, ma purtroppo ho avuto un contrattempo.”
Oh Lucy sei tu? Non preoccuparti per ieri, Cobra non c’era quindi non si è accorto di nulla.”
“Se non è un problema vorrei recuperare il tempo perso di ieri”
Ma certo! Domani avrei proprio bisogno del tuo aiuto”
“Perfetto! Allora a domani”
A domani Lucy”
La bionda chiuse la telefonata e ritornò in bagno, dove si spogliò e si immerse nella vasca.
Come sempre finì per addormentarsi, cullata dal vapore e dagli odori che i suoi saponi rilasciavano con il vapore dell’acqua bollente.
Quando si ridestò l’acqua era ormai diventata fredda e così di malavoglia fu costretta ad uscire.
Si vestì e aprì il suo computer: era ora ricominciare a studiare, mancava solo una settimana alla fine della vacanze invernali e Lucy non aveva ancora iniziato nulla.
Era stata molto impegnata con il lavoro alla caffetteria, ma aveva fatto tutto ciò per riuscire ad avere una settimana di totale riposo.
Qualche ora dopo non ne poté più di studiare, così decise di svagarsi un po’ continuando il suo romanzo. Il suo sogno era quello di diventare una scrittrice e per farlo avrebbe dovuto lasciare Magnolia.
 




 





 
֎
 











Il mattino seguente alle 9:00 era già dietro al solito bancone del bar a servire i clienti.
“Grazie mille Lucy per essere venuta. Non ce l’avrei fatta da sola, oggi Yukino non poteva proprio.” Le disse Kinana mentre si allacciava il grembiule.
“Grazie a te Kinana-chan.” Lucy le sorrise e lo stesso fece la ragazza.
Kinana era più grande di Lucy e lavorava lì dai tempi del liceo e anche dopo averlo finito aveva deciso di rimanere per stare accanto al suo ragazzo: Cobra, nonché proprietario del bar.
Lucy frequentava la Fairy Tail High School, una delle più prestigiose scuole private di tutta Magnolia e la ragazza era stata costretta a trovare un lavoro, e non appena aveva saputo che la scuola aveva anche un bar poco distante da essa aveva subito deciso di provare a trovare lavoro lì.
Nonostante fosse una cameriera part-time il suo stipendio era abbastanza alto da permetterle il necessario.
Si fece l’ora di pranzo e Kinana le diede il cambio dietro al bancone: ora toccava a lei servire i tavoli.
Il solito tintinnio del campanello suonò e ne entrò un cliente.
Lucy aveva creduto che la sua sfortuna fosse finita il giorno prima, ma a quanto pareva si sbagliava; il cliente che era appena entrato ne era la prova.
Cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva chiedere a nessuno di andare al suo posto, Yukino non c’era e Kinana era dietro al bancone.
Cosa doveva fare, ignorarlo? Fare finta di nulla? Fingersi malata e chiudersi in bagno fino a quando non se ne fosse andato?
“Ehi, Lucy!”
Ecco perfetto, l’aveva vista.
Si strinse il vassoio al petto e, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva, si avvicinò al tavolo.
“C-ciao Natsu.”
“Ieri mattina sei scappata! Ho letto il tuo biglietto, potevi svegliarmi.”
“I-io avevo da fare.” Liquidò la domanda con la prima scusa che le venne in mente.
“Comunque, cosa ci fai qui?” Le domandò sorpreso di vederla lì.
“Io ci lavoro.” Rispose torturando i bordi del vassoio che continuava a tenere stretto al petto.
“Davvero? Non ti ho mai vista qui. Eppure ci vengo sempre! Tranne quando ho gli allenamenti, in quei giorni sono talmente stanco che vado direttamente a casa e ordino una pizza.” Spiegò poggiando un gomito su un tavolo.
“Oh, beh, come posso esserti d’aiuto? Vuoi ordinare qualcosa?” Prima prendeva la sua ordinazione e prima quella situazione imbarazzante sarebbe finita.
“Oh, sì, certo! Allora, vorrei quattro panini al pollo doppia porzione e salsa piccante e anche dell’acqua. Oggi non ho molta fame, ma devo comunque mangiare” disse ridendo.
Lucy spalancò la bocca formando una ‘o’ e per poco non fece cadere il blocco degli appunti. Quattro panini? Quattro panini?! Chi mai potrebbe mangiare quattro panini doppia porzione?
Avrebbe voluto dirgli che era impazzito, ma preferì fare semplicemente il suo lavoro. Quella sensazione di disagio doveva assolutamente finire e per farlo avrebbe dovuto evitare qualunque tipo di contatto con lui.
“Certo, torno subito” rispose con un sorriso, per poi ritornare da Kinana e dare l’ordinazione.
10 minuti dopo i quattro panini erano pronti e Natsu li stava già mangiando felice e contento.
Lucy tirò un altro sospiro di sollievo e guardò il grande orologio appeso alla parete: Natsu intanto se n’era andato dopo aver pagato e ringraziato per l’ottimo pranzo consumato.
I minuti passarono in fretta e Lucy in un batter d’occhio era già pronta per lasciare il Fairy Tail, salutò Kinana e le augurò buon Natale e uscì finalmente dal locale.
Come prima cosa appena tornata a casa avrebbe telefonato a Levy per sapere cosa avrebbero fatto a Capodanno, ne stavano parlando da quando erano tornate a scuola dalle vacanze estive.
Il vento gelido come sempre le si insinuò nelle ossa, causandole il famoso brivido che provava ogni volta: l’inverno non era proprio la sua stagione.
Si strinse il cappotto alla gola e si avviò verso casa.
Iniziò a nevicare e Lucy aprì l’ombrello che aveva messo precedentemente nella borsa.
I fiocchi di neve cadevano velocemente sul terreno, creando ben presto una coperta bianca sull’asfalto nero.
Prima di rincasare però voleva passare in un posto. Forse non avrebbe avuto tempo nei giorni a seguire, così era meglio farlo prima per sicurezza.
Non le era mai piaciuto andare in quel posto, ma doveva; ogni volta anche solo il pensiero le metteva tristezza e le si stringeva il cuore.
I pedi però ormai si muovevano da soli, conoscevano la strada a memoria.
Passò dal solito fioraio che come sempre le regalò un paio di fiori in più per decorare la sua abitazione e poi si diresse – finalmente – all’ultima tappa.
La solita scritta era lì appesa al grande cancello di ferro battuto ad attendere lei e tutti i suoi visitatori.
Cimitero.
Quanto odiava quel luogo, eppure ci passava quasi la maggior parte del suo tempo libero, ne conosceva ogni angolo e la maggior parte dei nomi delle persone che erano seppellite lì, o come piaceva credere a Lucy –  tanto per addolcire la triste verità – delle persone che riposavano in quel luogo.
Erano troppe le volte in cui ci aveva fatto avanti indietro e troppe quelle in cui ci era uscita non in lacrime, Lucy aveva i condotti lacrimali sensibili – ennesima scusa che la bionda continuava a ripetersi – e la nostalgia ogni volta prendeva il sopravvento su tutte le altre emozioni.
La neve aveva ricoperto quasi tutto il sentiero e se non si conosceva a memoria la strada giusta si rischiava di andare a finire chissà dove.
Sempre dritto per altri 15 passi, poi svolta a sinistra e subito dopo a destra, poi di nuovo a destra.
Inquietante vero? Forse stava impazzendo, chi mai contava i proprio passi per arrivare una tomba?
Adesso si trovava davanti alle due lapidi.
“Ciao mamma, ciao papà.” disse con un sorriso amaro.
Il tempo sembrò fermarsi per alcuni istanti, permettendo così a Lucy di rivedere i volti sorridenti e felici dei sui genitori: Layla e Jude Heartphilia.
Una lacrima solitaria le rigò il volto, andando a infrangersi poi sul tessuto del cappotto.
“Che fai, parli con i morti?” le domandò qualcuno ridendo.
Si asciugò in fretta la guancia e rivolse la sua attenzione alla persona che aveva parlato.
“Natsu…” Quel ragazzo era ovunque, anche al cimitero “c-cosa ci fai qui?”
“Beh, quello che fai tu credo.”
“Mi hai seguita?” chiese sorpresa Lucy girandosi completamente verso il rosa.
“Non sono un maniaco, anche io sono venuto qui per visitare qualcuno.” Calò un silenzio alquanto fastidioso fra i due, nessuno sapeva cosa dire – o almeno Lucy.
“Sono i tuoi genitori quelli?” le domandò facendo un cenno con il mento per indicare le due tombe.
“Sì, e quello è…?”
“Questo è mio padre.” Questa volta aveva un’espressione che la bionda non gli aveva mai visto in volto, il sorriso c’era sempre, solo che era vuoto; non il solito allegro e spensierato che lo contraddistingueva, ma uno nostalgico e triste, simile a uno di quelli che Lucy aveva tutte le volte che andava al cimitero.
“Come è successo?” domandò titubante.
A lei di solito non piaceva quella domanda e quando gliela ponevano evitava di rispondere, perciò non si sarebbe sorpresa nel vedere la stessa reazione.
“Disperso, non si sa dove sia. Qui non c’è nemmeno il corpo. Un giorno è partito e non è più tornato, non mi ha mai detto quale fosse la destinazione.” Lucy lo vide stringere i denti. “E tu invece? Come sono morti?”
A quella domanda Lucy boccheggiò, non sapeva se rispondere o no, solo la sua amica Levy conosceva la verità e Natsu invece era… era… Natsu era come lei, avevano sofferto per le stesse cose.
“La mamma è morta di malattia quando ero piccola, mentre papà tre anni fa in un incidente; stava tornando dal lavoro ed era molto stanco, ha perso il controllo dell’auto e lo schianto gli è stato fatale…” le lacrime le pizzicavano gli occhi e sarebbero presto uscite.
Si voltò e strinse i denti per trattenersi, nascose il viso nel cappotto e ritornò a guardare la tomba dei suoi genitori.
In mano aveva ancora i fiori presi poco prima, li guardò ancora una volta e poi depose ciascun mazzo sulla rispettiva tomba.
Le erano rimasti i fiori che il fioraio le aveva gentilmente regalato. Vide Natsu guardarla e poi riposare lo sguardo sulla lapide del padre.
Aveva ancora impressa nella mente l’espressione di poco prima del rosa, quel suo sorriso vuoto e lo sguardo perso, quell’espressione che non gli apparteneva per niente. Suo padre doveva significare molto per lui.
Strinse fra le mani i gambi dei fiori e si avvicinò al ragazzo, il quale la guardò perplesso. Si posizionò accanto a lui e poi si inginocchiò.
Natsu la fissava e non riusciva a capire cosa Lucy avesse in mente.
La ragazza fece una cosa che sorprese lui quanto lei: posò i fiori sulla tomba.
Natsu la guardava con le labbra leggermente incurvate, felice per l’azione inaspettata.
Lucy lo guardò a sua volta e per la prima volta in quei due giorni di incontri casuali gli sorrise, lui alzò un braccio e le posò una mano sui capelli biondi, sorridendo ancora di più e tornando quello di prima.
Lucy arrossì a quel gesto e in quel momento decise che non c’era ragione per allontanarlo da lei solo per le sue paranoie, Natsu era simpatico e la faceva sentire bene per la prima volta.













          




Angolo autrice:
Salve! Come potete ben vedere sono puntuale (più o meno). Ho deciso di pubblicare domenica sera perché non so se avrò tempo domani.
Sarò molto breve perché devo ancora finire di studiare, vorrei ringraziare TUTTI quelli che hanno letto, messo la storia tra le preferite, seguite, ricordate e che hanno recensito! Mi state facendo davvero la persona più felice del mondo. Il vostro supporto è davvero preziosissimo per me! Sapere che aspettate il continuo della storia con ansia mi da la carica che mi serve per avere ispirazione.
Spero davvero che anche questo capitolo vi piaccia e soprattutto che sia abbastanza lungo... Grazie mille ancora per tutte le recensioni e alla prossima settimana (se tutto va bene)!
Prometto che nelle prossime NdA vi diedicherò più tempo e vi ringrazierò a dovere!
Buona lettura,

Hanae

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3



 
 
I giorni passarono e Capodanno arrivò. L’ultima volta che Lucy aveva visto Natsu era stato al cimitero e ogni volta che ci pensava sorrideva al ricordo di quel momento così profondo e importante che avevano condiviso, aprendosi l’uno con l’altra su un argomento molto delicato.
“Ehi, Lucy ci sei?” la voce della sua migliore amica la risvegliò dai suoi pensieri.
“Come?” la bionda scosse la testa e poi guardò nella direzione della piccola Levy che la guardava con le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate.
“Mi stai ascoltando?” le domandò di nuovo.
“S-sì, certo!” sapeva quanto la ragazza odiava essere ignorata mentre parlava.
“Sì sì come no.” la rimproverò Levy sedendosi sul letto accanto a lei.
“Scusami Levy-chan”
Lucy la guardò ancora e stava per aprire bocca quando il campanello della sua porta suonò.
“Eccola!” esclamò Levy.
La ragazza si alzò dal letto e corse fino alla porta, l’aprì e come previsto Juvia si trovava sul pianerottolo.
“Juvia! Come sempre sei in perfetto orario.” le disse Lucy facendosi da parte e permettendole di entrare.
“Juvia non vedeva l’ora che arrivasse questo giorno. Juvia adora il Capodanno!” esclamò la turchina entrando in casa e dirigendosi nella camera di Lucy seguita dalla padrona di casa.
“Levy!”
“Juvia!”
Le due ragazze si salutarono con un abbraccio e Lucy andò ad aprire il suo armadio, richiamando poi l’attenzione delle sue amiche.
Lucy era se stessa solo con Levy e Juvia, con loro si sentiva libera di potersi esprimere liberamente senza essere giudicata.
Con le mani spostò stampella per stampella con i vestiti appesi in cerca di quello che sarebbe andata a indossare quella sera. Era molto emozionata all’idea di passare una serata all’insegna del divertimento.
Quando alla fine lo trovò, sfilò l’abito dall’armadio e con un sorriso si avvicinò alle sue amiche, che nel frattempo si stavano truccando e sistemando i capelli.
Solitamente Lucy non indossava vestiti, preferiva di gran lunga i jeans e all’occasione anche qualche gonna. Quella però era una serata speciale.
Si sfilò in fretta la tuta che indossava poco prima e la lanciò ai piedi del grande letto per indossare subito dopo il vestito.
In sé l’abito non era per nulla appariscente, ma sul corpo formoso e snello di Lucy faceva il suo effetto: un semplice tubino le fasciava il corpo fino a metà coscia, la schiena e le spalle scoperte davano un tocco di sensualità in più e il color lavanda metteva in risalto la sua pelle chiara.
Aveva deciso di abbinarci un cardigan di lana che l’avrebbe tenuta al caldo dal freddo della sera e delle décolleté beige.
Quando Juvia e Levy la videro rimasero a bocca aperta e la riempirono di complimenti, cosa che fece arrossire Lucy.
Le due ragazze si offrirono di acconciarle i capelli e poi truccarla.
Avevano deciso di lasciare i lunghi capelli lisci sciolti e di creare dei morbidi boccoli con l’arriccia capelli che le arrivavano fino al bacino; Juvia propose di mettere solo del semplice mascara, un po’ di blush e un lucidalabbra per valorizzarne la carnosità.
Mezz’ora dopo erano tutte pronte: la piccola Levy aveva raccolto i capelli turchini in una coda morbida e lasciato qualche ciuffo fuori, indossava un tubino anche lei color arancione che le arrivava fino al ginocchio - vista la sua statura -, un golfino bianco sopra e un paio di tacchi del medesimo colore della giacca.
Juvia invece era l’unica che aveva deciso di indossare un mini abito blu fino a mezza coscia con scollo a V sull’abbondante seno, un maglione color panna e degli stivaletti con il tacco. I lunghi capelli blu erano stati piastrati e lasciati sciolti sulle spalle.
Le tre ragazze erano molto emozionate e insieme si diressero verso il luogo d’incontro che avevano deciso con Gajeel Redfox, nonché fidanzato di Levy.
A Lucy all’inizio Gajeel non piaceva per niente, le incuteva timore e la sua fama non era certo una delle migliori; però non aveva potuto impedire a Levy di innamorarsene, e nonostante le avesse confessato tutti i suoi timori lei non l’aveva ascoltata.
Per fortuna però era andato a finire tutto bene, ormai stavano insieme da quasi due anni e Gajeel era sempre molto protettivo con la sua migliore amica; per i primi mesi Lucy non era stata convinta della loro relazione, ma un giorno il ragazzo le aveva dimostrato il contrario proteggendo Levy da dei bulli che la volevano maltrattare.
“Gajeel!” gridò la turchina lanciandosi tra le sue braccia per baciarlo non appena vide l’imponente fidanzato appoggiato al cofano delle sua macchina.
Il ragazzo l’afferrò al volo e ricambiò il bacio.
Lucy e Juvia si fermarono accanto alla macchina: l’azzurra salutò Gajeel con un cenno della mano e un sorriso; loro erano amici di vecchia data dato che Juvia prima di vincere la borsa di studio alla Fairy Tail studiava nelle stessa scuola di Gajeel.
Lucy anche sorrise e lo salutò con un ‘ciao’, al quale il ragazzo rispose con un ringhio e un’alzata di testa. Erano buoni amici ma lui riservava i suoi sorrisi – o ghigni - solo alla piccola Levy.
Nonostante l’aspetto fisico e i modi di fare, Gajeel aveva un grande cuore: era ricoperto di piercing su quasi tutta la faccia e anche sulle braccia.
Nonostante il clima gelido si ostinava a portare le sue solite canottiere attillate che mettevano in risalto il corpo perfettamente palestrato e all’occasione anche qualche felpa, dei jeans e degli anfibi. I lunghi capelli neri erano tenuti fermi da una fascia sulla fronte e alle mani portava dei guanti a mezze dita.
Quella sera però indossava un paio di pantaloni eleganti beige, una camicia con le maniche arrotolate e un paio di Vans: doveva sicuramente esserci lo zampino di Levy, lui non si sarebbe mai vestito in quel modo.
A Lucy venne da sorridere pensando a quanto la sua amica fosse riuscita a cambiare quel ragazzo in meglio.
“Siete in ritardo” disse aprendo la portiera della macchina.
“Scusaci Gajeel” disse Lucy sedendosi nei sedili posteriori dell’auto seguita da Juvia. Levy invece si sedette davanti.
“Guarda che per farci belle ci serve tempo” rispose Levy mettendosi la cintura mentre Gajeel borbottava qualcosa di incomprensibile e partì.
20 minuti dopo erano finalmente arrivati. Entrarono nel locale e trovando una bella sorpresa.
Gajeel fu il primo a varcare la soglia.
“Tu!” gridò attirando l’attenzione di tutti i presenti.
“Tu!” rispose l’altra persona a cui Gajeel aveva gridato.
Lucy si affrettò ad entrare per vedere cosa stesse succedendo e per poco non cadde per terra.
Non poteva essere. Come facesse a trovarsi quel ragazzo ovunque, sarebbe rimasto un mistero per lei.
Natsu e il suo gruppo di amici avevano avuto la loro stessa idea, perciò quella sera avrebbero dovuto dividere il locale – cosa abbastanza complicata.
Si sentì tirare per la manica della giacca e si girò ritrovandosi una Juvia completamente rossa in viso e con la tremarella che fissava un punto preciso della stanza.
Seguì con lo sguardo ciò che l’azzurra guardava e capì: Gray Fullbuster, grande amore di Juvia si trovava lì.
Strinse la mano dell’amica e la staccò delicatamente dal suo braccio, assicurandole che quella serata sarebbe andata alla grande.
Stava ancora cercando di tranquillizzare Juvia quando Natsu si accorse di lei.
“Lucy!”
Perfetto.
“Natsu” rispose con meno entusiasmo del ragazzo.
Tutti i suoi amici si girarono a guardarla, soprattutto Gajeel che rimase a bocca aperta.
Lucy entrò nel panico, arrossì completamente e desiderò sotterrarsi sotto terra. Natsu doveva sempre metterla in quelle situazioni così imbarazzanti?
“Ehi Natsu chi è questa?” al suo fianco comparve all’improvviso una ragazza dai capelli corti e argentati che gli si avvinghiò al braccio.
Lucy provò uno strano fastidio che non riuscì a spiegarsi quando quella ragazza si era appiccicata a lui.
“Ehm, n-noi ci siamo incontrati p-per caso” balbettò abbassando e nascondendo il viso come meglio poteva con la frangetta.
“Diciamo che per sbaglio ho travolto Lucy mentre andavo in palestra e si è bagnata tutta, così l’ho portata a casa mia e le ho dato dei vestiti asciutti” specificò Natsu facendole un sorriso.
Ma doveva proprio dirlo davanti a tutti? Guarda un po’ che situazione.
Lucy sentì ancora di più lo sguardo di tutti quanti su di lei, soprattutto quello dell’albina.
“Oh, beh Natsu è sempre stato così imbranato” disse la giovane dai capelli argentati accanto al rosa, ridacchiando.
“Ehi, ma cosa diavolo dici Lisanna!” protestò Natsu agitando le mani per aria causando l’ilarità di tutti i presenti.
Quindi si chiamava Lisanna… Ah, sì certo, si ricordava di lei. Lisanna era molto popolare, sua sorella era Mirajane Strauss, una famosa modella della loro città.
“Sei davvero così disperato da provarci anche con una povera innocente, fiammifero?” Gray, che fino a quel momento era stato in silenzio, aveva deciso di aprire bocca – meglio se stava zitto –, causando il quasi svenimento di Juvia e tutte le imprecazioni possibili da parte della bionda.
Se il viso di Lucy prima era rosso come un pomodoro, adesso era più bollente della lava.
“Ehi, ghiacciolo, ma cosa dici! Io non sono un maniaco spogliarellista come te!”
“Vuoi botte testa calda?” lo provocò il moro.
“Sono tutto un fuoco!” gridò Natsu battendo i pugni uno contro l’altro.
“Ehi, adesso vi sistemo io pivelli!” urlò Gajeel pronto a immischiarsi nella rissa.
Per fortuna però i tre ragazzi non si picchiarono perché vennero prontamente interrotti dal proprietario, il quale ricordò loro che quello era un locale e non un palestra di boxe.
La sala in cui si trovavano si trasformò in una discoteca privata e tutti si scatenarono.
Levy aveva trascinato Gajeel in pista – contro voglia ovviamente – dopo aver fatto a gara di bevute con Cana, quindi inutile dire che era ubriaca fradicia.
Si strusciava in modo molto provocante su Gajeel – cosa che da sobria non avrebbe mai fatto, non in pubblico almeno – causando l’evidente eccitazione del moro, che però si contenne.
Si sarebbe divertita a raccontarle di come si era comportata quella sera, si sarebbe sicuramente tappata le orecchie per non sentire nulla e sarebbe diventata rossa dalla vergogna.
Juvia anche aveva bevuto e di certo non reggeva bene l’alcool, – questo Lucy lo avrebbe tenuto bene a mente nel caso avessero deciso di rifare un’uscita del genere – Juvia era la classica ubriaca triste, che tra una lacrima e l’altra si scatenava in pista, afferrata ogni minuto da un Gray a petto nudo per evitare di farla cadere rovinosamente a terra. A Juvia sarebbe preso sicuramente un infarto per la felicità una volta appreso dell’accaduto.
Lucy sorrise vedendo le sue amiche che si divertivano spensierate sulla pista da ballo con le persone a cui tenevano di più, appoggiò il mento sulla mano e chiuse gli occhi, bevendo un sorso della sua birra.
Per l’ennesima volta nella sua vita sospirò e quando riaprì gli occhi se ne ritrovò due verdi davanti al volto che la osservavano curiosi.
“Ehi, cosa ci fai qui tutta sola? Sigh”
“N-natsu!” Lucy sobbalzò dalla sedia e finì per alzarsi in piedi e questa volta si ritrovò a un centimetro dal volto del ragazzo. Sentiva il suo respiro sulle labbra e i suoi occhi non ne volevano sapere di staccarsi dalla visione paradisiaca di quelle labbra sottili e di quei grandi occhi.
Un singhiozzo da parte di Natsu le fece capire quanto fossero vicini.
In un secondo sgusciò via dall’altro lato della sedia, ma venne fermata dalla stretta di Natsu sul suo polso.
La pelle sotto le sue dita scottava e un brivido le percorse tutta la schiena.
“Lucy” il ragazzo la richiamò.
Si girò dalla sua parte e il cuore iniziò a battere all’improvviso senza una ragione precisa, era sicura che a momenti sarebbe caduta dai trampoli che portava quella sera.
“Perché scappi sempre da me?”
Il cuore di Lucy perse un battito; Natsu era ubriaco e non avrebbe dovuto formulare nemmeno un pensiero di senso compiuto, invece era riuscito a concepire una frase che a Lucy fece un certo effetto.
“Natsu s-sei ubriaco, non sai quello che stai dicendo”
Si Lucy, bella scusa, dai sempre la colpa agli altri.
Natsu aggrottò le sopracciglia e strinse la presa sul polso di Lucy.
“Natsu ti prego lasciami, mi stai facendo male”
Non smetteva di fissarla e questo la metteva molto a disagio, facendole aumentare ancora di più i battiti del cuore, solo la musica riusciva a sovrastarli.
Lucy definì ciò che accadde dopo come la più grande botta di fortuna/sfortuna della sua vita – sì, avete capito bene -, fino a quel momento: Natsu, prima che riuscisse a dire qualunque altra frase, chiuse gli occhi e cadde a peso morto su Lucy, facendo finire entrambi per terra. Per fortuna non li vide nessuno.
Spostarlo non fu per nulla facile, ne tanto meno alzarlo.
Provò a chiamare Gray o Gajeel, ma con la confusione che c’era lì dentro era impossibile che la sentissero da quella distanza.
Era completamente ubriaco e doveva fare qualcosa: lui l’aveva aiutata quando si era bagnata e non voleva avere debiti con nessuno.
Posò Natsu sulla panca di uno dei tavoli e andò da Gajeel.
Gli spiegò la situazione e lui le disse di andare da Gray, un – non si era scomodato più di tanto a darle un aiuto in più, era troppo concentrato a tenere ferma una Levy completamente felice che saltellava ovunque.
Il ragazzo era sparito e con lui anche Juvia, li cercò dappertutto con lo sguardo, senza però allontanarsi troppo da Natsu che era ancora steso sulla panca.
Quando alla fine li individuò in un angolo del locale li raggiunse; Juvia si era addormentata completamente appoggiata al petto di Gray e il ragazzo se ne stava appoggiato ad un muro con un braccio sugli occhi.
Lucy si chiese come avessero fatto ad addormentarsi nel bel mezzo di quella confusione.
“Gray” lo chiamò una volta, ma non rispose.
“Gray” questa volta invece gli sfiorò il braccio e finalmente attirò la sua attenzione.
Il ragazzo teneva gli occhi socchiusi e con un braccio provava a coprirsi dalla luce che i proiettori emanavano.
“Che c’è?” domandò.
Lucy non gli aveva mai parlato prima di allora, sapeva chi era grazie a Juvia che ne parlava sempre, ma non aveva mai avuto l’opportunità – o il coraggio – di iniziare una conversazione con lui.
“Natsu è ubriaco e si è addormentato, c-cosa devo fare?”
Il moro andò con lo sguardo alla ricerca dell’amico e Lucy lo aiutò a trovarlo.
Quando lo individuò sbuffò e si portò una mano alla tasca dei pantaloni e le porse delle chiavi.
“Queste sono le chiavi della mia macchina, non credo sia in grado di tornare con la bici. Portalo a casa sua, tanto sai dove abita.” Lucy arrossì, vergognandosi del fatto che Gray si ricordasse ancora che lei era stata a casa di Natsu.
“V-va bene,” Rispose afferrando le chiavi “E tu come pensi di tornare?”
“Chiederò un passaggio a Gajeel.”
“E Juvia?”
“Non preoccuparti per lei, ci penso io, verrà a dormire da me”
Lucy avrebbe voluto protestare e dire che ci avrebbe pensato lei a Juvia in qualità di sua amica, ma capì che anche lui proprio come lei provava una certa attrazione nei confronti della ragazza.
Ritornò da Natsu e lo sollevò, facendosi passare un suo braccio sulle spalle e avvolgendo il suo alla sua vita. Di certo non fu una passeggiata visto che non era un fuscello.
Raccolse tutte le loro cose e si tolse anche i tacchi, che avrebbero solo aumentato le già altissime probabilità di farla cadere.
Natsu per fortuna riusciva almeno a camminare: doveva aver bevuto davvero tanto per essersi ridotto in quelle condizioni.
Quando arrivarono alla macchina lo caricò al sedile posteriore e lo fece stendere di nuovo.
Salì anche lei in macchina e partì. Nella sua mente c’era la confusione più totale, avrebbe voluto sbattere la testa al muro e dimenticare tutto.
Da quando aveva incontrato Natsu tutto era diventato più complicato e strano di quanto già non fosse, se prima aveva deciso che non c’era ragione di stargli lontano adesso si diede della sciocca.
Scacciò quei pensieri dalla testa e si concentrò sulla strada: doveva andare a casa di Natsu e lasciarlo lì, oppure portarlo a casa sua e farlo dormire da lei.
La prima opzione sarebbe stata rischiosa e poi lo avrebbe avuto sulla coscienza per tutta la notte, quindi decise di portarlo da lei.
Portarlo su per le scale non fu affatto una cosa facile, aveva dovuto caricarselo sulle spalle.
Quando erano sulla porta di casa Natsu mugugnò qualcosa e si strusciò sulla schiena nuda di Lucy, facendo rabbrividire la ragazza.
Una volta dentro si chiuse la porta alle spalle e trascinò Natsu sul divano, gli avrebbe dato una coperta e un cuscino.
Andò nel piccolo ripostiglio che aveva accanto al bagno e da lì tirò fuori ciò che le serviva. Quando tornò però Natsu non si trovava più sul divano, era magicamente sparito nel nulla.
Posò la coperta e il cuscino e andò a cercarlo – non che la casa fosse un castello – in bagno non c’era, in cucina nemmeno, in salotto non era tornato, nello studio neanche quindi rimaneva solo la sua camera adesso.
Infatti, come previsto il ragazzo si trovava sotto le coperte di Lucy, che dormiva beatamente, come se non fosse mai stato ubriaco. Prese dall’armadio il pigiama e andò in bagno per cambiarsi.
Quando tornò Lucy sorrise e si avvicinò al letto, si sedette su uno dei lati, gli toccò delicatamente la spalla e lo invitò ad andare a dormire sul divano.
Natsu in risposta mugugnò qualcosa di incomprensibile. A quanto pareva quella sera toccava alla ragazza andare a dormire sul divano.
Iniziamo bene il nuovo anno.
Si alzò dal letto sbuffando e si incamminò verso il salotto, quando per la seconda volta in quella notte movimentata Lucy fu bloccata per il polso, si voltò e vide Natsu voltato dalla sua parte e con un occhio aperto.
“Dove vai?” le domandò con la voce impastata dal sonno.
“A dormire sul divano visto che tu hai occupato il mio letto” rispose nel modo più calmo che poté, non voleva di certo farlo sentire in colpa per aver scelto di dormire nel suo letto.
“No, resta qui”
Lucy iniziò a balbettare: “M-ma non c’è abbastanza spazio per entrambi”
“Sì invece che c’è” rispose lui spostandosi più verso il muro, senza mai lasciare il polso della bionda.
Una volta sistematosi comodamente trascinò Lucy sotto le coperte e la strinse a sé.
Lucy stava per esplodere, tutte le cellule del suo corpo erano andate in tilt, il suo cervello non riusciva a formare un solo pensiero concreto e se il suo cuore  non avesse smesso di battere in quel modo rischiava un infarto.
Non riusciva nemmeno a muoversi, si fece sistemare come Natsu voleva: con le mani e la testa appoggiati al suo petto, una sua mano nei capelli e l’altra sotto il cuscino.
Le sue mani erano sul suo petto e solo in quel momento si accorse che Natsu non indossava nulla a parte un paio di pantaloni che aveva preso chissà dove – dovevano essere sicuramente quelli che le aveva prestato la settimana prima e che gli avrebbe restituito all’inizio della scuola.
Lucy poteva sentire con i polpastrelli delle dita la pelle bollente che ricopriva i muscoli del ragazzo e il suo respiro caldo sulla testa.
Tutte quelle sensazioni non le dispiacevano e per la prima volta dopo tempo si sentì protetta. Non provava più imbarazzo per ciò che stava succedendo in quel momento.
L’ultima e unica cosa che riuscì a pensare prima di cadere in un sonno profondo fu che forse qualcosa quella notte era cambiata e che il nuovo anno avrebbe sicuramente portato con sé molte soprese.





























                





Angolo autrice:

Ohayo minna! I'm here again! E ancora una volta in anticipo! Yeah!
Questa volta il capitolo è moooolto più lungo rispetto agli standard di quelli scorsi, sono ben 10 pagine di word.
Dire che questo capitolo mi ha fatto sudare è dire davvero poco, sono stata bloccata per giorni se non addirittura settimane con due righe scritte malamente in attesa del tanto famoso lampo di genio.
La prima parte la considero una specie di transizione (pensate che all'inizio era proprio un capitolo a parte), però poi sarebbe uscito troppo corto e non si sarebbe ricollegato a dovere con l'altro pezzo, così ho deciso di crearne uno unico.
Adesso è toccato a Lucy rimabiare il favore. Ho sempre immaginato Natsu abbastanza resistente all'alcol, perciò come avete 
potuto ben vedere qualcosa di sensato ancora la dice😏 e a quanto pare questo ha sconvolto non poco Lucy, lasciandola senza parole (vediamo se capite a quale frase mi riferisco).
La Juvia che ho in mente è leggermente diversa da quella dell'anime: la mia è leggermente più riservata nei confronti di Gray, anche se alla fine grazie a Cana si è scatenata.
Non so se avete notato ma adesso ho deciso di cambiare un po' l'impaginazione e rendere il capitolo un pochino più carino. L'idea del gattino che si muove l'ho presa da te cara Gnarly 
😂
Adesso è entrata in gioco anche Lisanna anche lei giocherà una parte molto importante dell storia (sempre se non decido di cambiare tutto quanto XD).
Ma adesso passiamo ai ringraziamenti!!!
Grazie alle 28 persone che hanno messo la storia fra le seguite, le 13 nelle ricordate, tutti i lettori silenziosi and last but not least Sayaka chan 94, tanomax & Gnarly (queste sono per te Silvia cara 
😂😏)
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Se avete suggerimenti, supposizioni, se il capitolo vi è piaciuto o meno fatemelo sapere!
Un bacione,

Hanae
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 




Quando Lucy si svegliò non si ricordò che aveva portato Natsu la sera prima a casa sua dopo la festa, così, nel trovarsi completamente incastrata fra le sue braccia andò nel panico.
Quella notte aveva dormito come un sasso e la mattina si sentiva piena di energie.
Guardò la sveglia e vide che era quasi mezzogiorno; piano si alzò dal letto cercando di non svegliare Natsu e si diresse in bagno per farsi una bella doccia calda che l’avrebbe sicuramente rigenerata.
Natsu si rigirò nel letto e infastidito da una strana sensazione aprì gli occhi. Gli era sembrato che fino a qualche minuto prima qualcosa o qualcuno fosse stato tra le sue braccia: doveva essere stato sicuramente Happy che era venuto a cercare del calore da lui.
Posò il braccio nel lato opposto del letto rispetto a dove si trovava lui e sentì che il lenzuolo era tiepido, tastò il tessuto e constatò che una grande parte era calda.
Si alzò di scatto e spalancò gli occhi, con lo sguardo studiò – per quanto fosse possibile considerando le tapparelle abbassate - il luogo in cui si trovava e capì che quella non era per niente la sua stanza, c’era troppo ordine e un odore diverso, annusò l’aria e un dolce profumo di vaniglia gli invase le narici, era sicuro di averlo sentito già da qualche parte quell’aroma così delicato, solo che non se lo ricordava.
Riportò lo sguardo al letto sul quale si trovava, prese il cuscino che si trovava accanto a quello dove aveva dormito lui e, odorandolo risentì lo stesso profumo che lo aveva inebriato sin dal suo risveglio.
Si alzò di scatto e un giramento di testa lo costrinse a risedersi immediatamente per evitare di cadere.
Si portò le mani alle tempie e le strinse forte. Doveva essersi sicuramente ubriacato la sera prima visto che non si ricordava nulla di ciò che era successo né tanto meno di dove si trovava.
Quando finalmente si sentì in grado di potersi alzare decise di andare in esplorazione e magari mettere anche qualcosa sotto i denti visto che il suo stomaco non la smetteva di brontolare.
Aprì la porta della camera da letto e sbirciò con la testa, guardando cosa ci fosse al di fuori di essa.
Dopo aver studiato brevemente il corridoio uscì e andò verso destra, con le mani in tasca aprì tutte le porte che incontrò e ne sbirciò l’interno.
Quando arrivò in salotto si sedé sul divano e posò i piedi sul tavolino, per mettersi più comodo portò anche le mani dietro la testa e le incrociò, creando così una specie di sostegno. Chiuse gli occhi, aveva ancora mal di testa, gli sarebbe davvero servito qualcosa di caldo e un’aspirina in quel momento.
Un rumore improvviso gli fece riaprire gli occhi, si alzò dal divano e stando attento a non fare confusione andò a cercare la fonte del rumore.
Percorse il corridoio al contrario fino all’ultima stanza, l’unica che non aveva ancora esplorato; quello doveva essere sicuramente il bagno visto che durante la sua piccola gita non ci era entrato.
Un rumore di acqua che scendeva gli fece capire che il proprietario della casa era lì.
Poggiò la mano sulla maniglia della porta e stringendo il metallo freddo la abbassò delicatamente aprendola gradualmente; lo scrosciare dell’acqua si era fermato. Non appena Natsu aprì completamente la porta un’enorme nuvola di vapore lo travolse e di nuovo quel profumo alla vaniglia si impossessò delle sue narici.
I suoi occhi in mezzo a tutto quel vapore individuarono subito un corpo sinuoso di una ragazza avvolta da un asciugamano striminzito, che copriva a malapena le curve pronunciate.
Quando con lo sguardo arrivò al viso spalancò gli occhi per la sorpresa, e la ragazza fece altrettanto, diventando anche completamente rossa in volto, cacciando anche un potente urlo e lanciandogli contro tutto ciò che gli capitava sottomano.
“Vai via!”
Natsu richiuse immediatamente la porta e si lasciò scivolare contro di essa fino a sedersi per terra e si massaggiò le testa; lo aveva preso proprio in fronte, gli sarebbe sicuramente venuto il bernoccolo.
“Ahia, che male” borbottò alzandosi e andando poi a sedersi sul pavimento del salotto a gambe incrociate, in attesa che la ragazza che aveva riconosciuto come Lucy venisse fuori.
Quando la bionda lo raggiunse aveva i capelli bagnati legati in una coda alta, i pantaloni di una tuta grigia e una maglietta rosa con una stampa.
Le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate suggerivano che fosse piuttosto arrabbiata.
“Ma come ti è saltato in mente di entrare in bagno così? Non ti hanno insegnato a bussare?”
Natsu trovò che Lucy fosse davvero carina quando si arrabbiava, però evitò di dirlo, non voleva farla infuriare ancora di più di quanto già non fosse.
“Beh, tu potevi anche chiudere la porta a chiave” ribatté lui incrociando le braccia a sua volta e girando il volto di lato.
“Q-quanto hai visto?” Si vergognò a fargli quella domanda, ma doveva assolutamente sapere.
Natsu rigirò la testa nella direzione della bionda: “Non ho visto assolutamente nulla, c’era troppo vapore.” Non poteva di certo dirle che aveva visto – eccome se aveva visto. Natsu poteva vantarsi di una vista più che perfetta e di certo quel vapore non gli aveva impedito di ammirare il corpo di Lucy.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Sotto la doccia aveva pensato molto a ciò che era successo la sera prima e a quello che gli aveva detto. “Perché scappi sempre da me?”  quelle parole le rimbombavano nella testa e non le davano tregua. In più il modo in cui si erano addormentati la sera prima l’aveva scossa parecchio.
Stavano accadendo troppe cose tutte insieme e per Lucy era impossibile riuscire a gestire tutte quelle emozioni: sembrava proprio uno di quei romanzi che amava tanto leggere.
“Ehi, Lu tutto bene?” la voce di Natsu la risvegliò dai suoi mille pensieri, facendole rendere conto che era caduta un’altra volta nel suo mondo.
Lu? L’aveva davvero chiamata in quel modo? Era la prima volta che qualcuno all’infuori di Levy la chiamasse in quel modo affettuoso – con l’aggiunta dell’onorifico all’occasione, tanto per rinfrancare il periodo in cui si erano conosciute.
Posò gli occhi su Natsu e lo studiò per bene: i capelli rosa erano come sempre scompigliati e arruffati, gli occhi verdi erano puntati su di lei e un’aria interrogativa era stampata sul suo volto. Con lo sguardo scese più giù e si rese conto che indossava solo i pantaloni; i muscoli e la pelle abbronzata erano in bella vista e notò che sul fianco sinistro aveva una cicatrice a forma di ‘X’ che trovava estremamente attraente.
Quando si accorse di ciò che stava facendo si coprì il volto ormai diventato completamente rosso e si girò dall’altra parte.
Natsu si allarmò per lo strano comportamento della bionda, e come un fulmine di avvicinò a lei per assicurarsi che stesse bene.
“Lu va tutto bene?” le chiese allarmato.
Lucy si rigirò e per la seconda volta andò a sbattere contro il suo petto, facendo aderire alla perfezione i loro corpi. Per evitare di ripetere la stessa scena di giorni prima involontariamente allacciò le braccia al suo collo e si strinse forte. Anche Natsu ovviamente fece la sua parte e le afferrò la vita portandola vicino a sé. Quel profumo di vaniglia che la ragazza emanava riusciva ad incantare Natsu.
Cliché.
I loro sguardi si incrociarono e il loro respiri diventarono una cosa unica.
Natsu si era completamente innamorato degli enormi occhi color cioccolato della ragazza e li trovava irresistibili.
Lucy non si rese subito conto della posizione in cui si trovavano, ma quando lo realizzò fece di tutto per allontanarsi da lui, ma questa volta Natsu glielo impedì, ricordandosi quello che era successo sul pianerottolo di casa sua. Non voleva che si facesse del male, almeno non quando c’era lui.
Il cervello di Lucy era completamente fuori uso; quella vicinanza non la faceva ragionare e il contatto dei suoi polpastrelli con la pelle bollente del petto di lui non aiutavano di certo.
Cercò di dire qualcosa per riuscire a liberarsi dalla presa del rosa ma tutto quello che fece fu balbettare delle parole sconnesse e senza senso.
“N-natsu… t-tu la m-maglietta”
Il rosa che fino a quel momento si era completamento perso nei suoi occhi sentendo la sua voce imbarazzata la lasciò delicatamente.
“Cosa hai detto?” le domandò non avendo capito la frase di prima.
“L-la tua maglietta…” ripeté Lucy cercando di guardare ovunque tranne che nella sua direzione.
Natsu abbassò la testa e solo in quel momento si accorse di non avere nulla a parte un paio di pantaloni; non aveva nemmeno la sua amata sciarpa.
Come un fulmine corse nella camera della ragazza alla ricerca di un indumento e soprattutto della sciarpa a cui era affezionato.
Quando ritornò trovò Lucy ai fornelli che stava preparando qualcosa.
Lui le andò vicino e da dietro sbirciò ciò che stava cucinando, aveva un certo languorino e non vedeva l’ora di farsi una bella abbuffata.
“Cosa prepari di buono?” la domanda improvvisa di lui la fece sobbalzare.
Calmati Lucy ti ha solo chiesto che stai cucinando.
“Ti sto preparando un caffè amaro.” Rispose controllando l’orologio appeso alla parete.
“Perché?” domandò con una punta di delusione “è quasi ora di pranzo e io ho fame!”
“Sì, ma ieri eri ubriaco fradicio e devi stare attento a quello che mangi oppure poi starai male di nuovo.” Gli spiegò.
“Ma…”
“Niente ma, per oggi mangerai solo cose leggere. E prenderai un’aspirina nel caso tu abbia mal di testa.”
Natsu mise il broncio e incrociò le braccia al petto e questo provocò una risatina da parte di Lucy, che trovava il suo comportamento buffo e infantile. Anche Natsu rise contagiato da Lucy.
“Sai Lu, in questi anni non abbiamo mai parlato.” Disse appoggiandosi al bancone della cucina.
“Già…” rispose lei versando il liquido scuro nella tazzina di ceramica.
“Però adesso che abbiamo finalmente avuto l’occasione di parlare possiamo vederci più spesso!” le disse con un sorriso a trentadue denti, uno dei più luminosi che Lucy avesse mai visto.
“Certo.” Rispose sorridendo a sua volta. Gli passò la tazzina e in un sorso la mandò giù, ignorando l’alta temperatura del liquido.
“Bene, allora questa sera sei ufficialmente invitata a cena fuori con me!”
Lucy per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
“C-come?” balbettò.
“Voglio sdebitarmi con te per il disturbo che ti ho procurato per esserti presa cura di me. E soprattutto per festeggiare insieme il primo giorno dell’anno nuovo!” disse mettendo le mani sulle spalle della ragazza.
“M-ma io…!”
“Ci vediamo questa sera alle 9:00 davanti al Fairy Tail, ti porterò in un ristorante di lusso!” gridò correndo poi nella stanza di Lucy per recuperare i suoi vestiti e dirigersi verso la porta di casa senza lasciarle il tempo di ribattere.
Un face palm non tardò ad arrivare dopo che la furia Natsu uscì da casa sua.
Quel ragazzo era incredibile, non le aveva dato nemmeno il tempo di rispondere che aveva deciso tutto lui. Quindi adesso non le era rimasto nient’altro da fare che iniziare a prepararsi e chiamare Levy per aggiornarla sulle ultime novità e magari anche per chiederle consiglio – cosa di cui si sarebbe sicuramente pentita.


































Angolo autrice:
Ohayo minna e buon anno! anche se in ritardo.
Lo so, sono sparita senza avvisare, però durante queste vacanze me la sono presa comoda, infatti non ho toccato un libro e non ho fatto altro che mangiare, mangiare e mangiare. Sono diventata una balena!
Ma non preoccupatevi! Il quinto capitolo è quasi pronto, perciò la prossima settimana credo proprio che uscirà senza ritardi si spera.
Avevo intenzione di avvisarvi che non avrei aggornato durante le vacanze, ma me ne sono proprio dimeticata!
Questo capitolo è pronto da almeno un secolo, infatti all'inizio avevo intenzione di accorparlo al terzo, ma poi mi sembrava una cosa troppo lunga e noiosa, perciò ho deciso di fare un capitolo a parte (tanto capitolo più capitolo meno!).
Rispetto a quello precedente sarà mooolto più corto sono solo quattro pagine e mezze di word, perciò non aspettetevi che succeda granché (anche se io ci ho provato fino all'ultimo a mettere quel qualcosa che faccia emozionare almeno un minimo il lettore).
Questo, perciò, lo possiamo chiamare un 'capitolo di transizione'. Finalmente Natsu e Lucy interagiscono di più, senza "l'aiuto" di quegli incidenti puramente casuali 
😏
e il nostro bel rosa la invita a cena fuori. Questo però crea ancora più confusione di quanta già non ce ne sia nella testa di Lucy, così, a mali estremi, estremi rimedi: decide di chiamare Levy e beh, per sapere come continua dovrete rimanere sintonizzati!
Però, come sempre, prima di lasciarvi definitivamente vorrei ringraziare le 14 persone che hanno la storia nei preferiti, le nelle ricordate e le 31 nelle seguite ^.^ E ovviamenteDark_Angel_love, Gnarly (Silvia cara, questa è la tua faccina per oggi:
😱), tanomax Sayaka chan. Grazie mille per il vostro supporto! Per me conta davvero molto 💕
Un bacio e alla prossima,

Hanae
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 
 
“Pronto, chi parla?” uno sbadiglio dall’altra parte del telefono fece capire a Lucy che la sua amica si era appena svegliata.
“Levy-chan, sono Lucy.”
“Oh, Lucy…”
“Se sei abbastanza sveglia dovrei parlarti di una cosa…” le disse, per venire poi interrotta da un grugnito e intuì che quello fosse Gajeel: la scorsa notte evidentemente si erano divertiti “…però sento che sei alquanto impegnata.” Terminò ridacchiando.
“M-ma cosa stai dicendo?!” rispose la turchina con uno squittio imbarazzato.
Lucy ridacchiò e riuscì ad immaginare la faccia completamente rossa dell’amica.
“Dammi dieci minuti e ti richiamo Lucy-chan” si salutarono e Lucy posò il cellulare sul tavolinetto in vetro del salotto posizionato ai piedi del grande divano rosso.
Afferrò la coperta che aveva lasciato la sera prima e se la mise sulle gambe. Iniziò a giocherellare con l’elastico per capelli che aveva al polso e pensò a come Natsu – con troppa semplicità – l’aveva invitata a cena fuori.
Era vero che lei la sera prima lo aveva accudito e ospitato per la notte, però non riusciva a spiegarsi come facesse quel ragazzo da essere così gentile ed estroverso con tutti.
Quelle poche volte che stava in sua compagnia si sentiva felice e spensierata. Tutte quelle cose che aveva per la mente, i troppi fantasmi alle spalle superati solo in parte, le troppe responsabilità e anche la troppa paura di rischiare sembravano lasciate in un angolino sperduto della mente di Lucy.
“La vita non la vivi appieno fino a quando non rischi il tutto per tutto.” Le aveva detto una volta sua madre.
Ci aveva provato tante volte a mettersi in gioco, a provare nuove cose, a rischiare; qualcosa però dentro di sé l’aveva sempre frenata e ormai aveva quasi rinunciato.
Lo squillo del cellulare interruppe il flusso infinito dei suoi pensieri e si affrettò a rispondere.
“Lu! Cosa dovevi dirmi?”
Si vergognava un po’ a raccontargli di ciò che era successo, però aveva bisogno di aiuto “Natsu mi ha invitata ad uscire a cena fuori…” disse in un sussurro.
“Come?!” ci mancò poco che Lucy rimanesse sorda ad un orecchio, “Stiamo parlando di quel Natsu, quello capitano della squadra di basket, quello desiderato da tutta la scuola?!”
“Proprio quel Natsu.” Rispose arrossendo. Levy a volte aveva qualche problemino di autocontrollo su certi tipi di notizie: leggeva troppi romanzi d’amore. Infatti, non dovette attendere molto per essere sommersa da supposizioni per quella serata “… E dopo lui ti porterà in un posto isolato e ti confesserà il suo amore. Poi avrete tanti bambini e vivrete felici e contenti.” Concluse sognante.
“L-levy basta!” Lucy non ne poteva più, un’altra idea di quelle della turchina e sarebbe esplosa dalla vergogna! In quel modo non la rassicurava di certo, anzi faceva anche peggio.
Prima che riiniziasse a dire qualunque altra cosa che l’avrebbe sicuramente messa in imbarazzo le raccontò di come si erano conosciuti e di tutta la serie di eventi che si erano susseguiti a quel giorno; le confessò anche tutte le sue paure, le sue emozioni e le sensazioni che provava ogni volta che Natsu la toccasse o le sorridesse, dei suoi cambi d’umore repentini – di come passasse dal puro imbarazzo all’essere del tutto naturale - e del suo cuore che accelerava ogni volta che avvertiva la sua presenza. Le parlò anche della confusione che aveva in testa, di cosa non capisse e di cosa invece avrebbe voluto comprendere.
Alla fine della storia Levy sospirò e ridacchiò: “Sai Lu-chan, ti facevo un pochino più sveglia.”
“Ehi!” protestò Lucy.
“Ascolta Lu, secondo me ti piace,” disse Levy, bloccando sul nascere ogni protesta della bionda “e magari anche tu piaci a lui.”
“Ma se ci conosciamo da pochissimo!”
“Questo non vuol dire nulla. Molto probabilmente vi siete presi una cotta l’uno per l’altra.”
“Non è possibile…” No, Levy si stava sbagliando di grosso. Tra loro due non c’era assolutamente nulla.
“Sai, non tutti i ragazzi ti invitano a cena fuori così di punto in bianco, anzi a volte devi essere proprio tu a proporglielo!” quell’ultima frase era sicuramente riferita a Gajeel, che di galante e romantico aveva ben poco.
“Quindi tu dici che mi sono innamorata di lui?” domandò, stringendo i lembi della coperta. Se era davvero così allora era stata una stupida a non rendersene conto da sola; ma soprattutto per averlo fatto in così poco tempo.
“Nah, per il momento credo che tu abbia preso solo una piccola cotta. L’amore è qualcosa di più grande; un sentimento più forte, così intenso che puoi arrivare a non poter fare a meno di lui.”
Lucy deglutì abbastanza rumorosamente. Ci mancava solo che si innamorasse, “Ne sei sicura?”
“Mi sono mai sbagliata?” le chiese con voce dolce la sua amica.
“No.” Le rispose.
Un breve silenzio calò fra le due, ma venne presto interrotto dalla piccola Levy:
“Bene. Adesso non ti resta che andare a preparati e divertirti! Quando mai ti ricapiterà un’occasione del genere? Sappi che se hai ancora bisogno di qualunque cosa io sono a tua disposizione, Lu-chan.”
“Grazie mille Levy-chan.” Le rispose con un sorriso. Levy riusciva sempre a tirarle su il morale e a aiutarla nei momenti di difficoltà, donandole preziosi consigli che ogni volta le tornavano utili.
“Ah! E ricordati di indossare il completo che abbiamo comprato l’altro giorno! Farai un figurone!”
Rimasero ancora a parla di alcune cose banalissime e poi si salutarono, per Lucy era quasi ora di andare.
“Ci sentiamo presto Lu-chan!”
“Certo, Levy. E saluta Gajeel.”
Non appena riattaccò la telefonata si lasciò cadere all’indietro sul divano e iniziò a fissare il soffitto: e così aveva davvero una cotta per Natsu? Beh, non poteva certo negare il fatto che fosse un bel ragazzo, e non solo di aspetto.
Però credeva che Levy esagerasse, definire tutte quelle emozioni confusionarie come una cotta era forse troppo. A lei non interessava Natsu, certo le faceva piacere passare del tempo in sua compagnia – anche se alcune volte avrebbe evitato volentieri. Nei buoni propositi dello scorso anno c’era anche quello di evitare il più possibile figuracce.
Comunque adesso non poteva di certo tirarsi indietro e non presentarsi alla cena. Infondo era solo una cosa tra amici. Un modo per conoscersi meglio e passare una serata diversa dalle altre.
Guardò il grande orologio alla parete della cucina, e quando si rese conto che non avrebbe fatto in tempo a prepararsi e ad arrivare in tempo all’appuntamento si alzò dal divano e corse in camera a prepararsi.
 
 

Come sempre trovare l’abbigliamento giusto da indossare all’occasione adatta non fu impresa facile.
Aveva scartato pantaloni, gonne e vestiti. Poi alla fine si ricordò delle parole di Levy: “Metti il completo che abbiamo comprato insieme! ” 
Anche se lo trovava eccessivamente elegante e avrebbe optato molto più volentieri per una gonna e un top, decise comunque di seguire il consiglio di Levy, così in un angolo dell’enorme armadio ritrovò il vestito in questione: un abitino da cocktail grigio a maniche lunghe che le arrivava fino a metà coscia. Lo abbinò allo stesso paio di décolleté beige della sera prima, il cappotto nero, la pochette dello stesso colore e via: pronta per l’appuntamento.
Un leggero velo di mascara le valorizzava le lunghe ciglia e un rossetto lucido idratava e illuminava le labbra. I capelli come sempre erano stati trattenuti da un nastrino nero in una coda alta, che puntualmente le andava a finire sul lato destro della testa.
Prima di uscire da casa si guardò allo specchio un’ultima volta, di solito era molto autocritica sul proprio abbigliamento e finiva per cambiarsi milioni di volte prima di trovare il giusto outfit. E così, senza accorgersene – ancora una volta - si ritrovò a studiare ogni minimo particolare della sua figura riflessa nello specchio e per la prima volta si sentì bellissima. Non riusciva a trovare niente fuori posto. Aveva proprio ragione Levy a dire che non sbagliava mai. A Natsu sarebbe sicuramente piaciuto quell’abito. Diciamo che almeno un pochino ci sperava…
Ma no, cosa andava a pensare. Tutti quei discorsi con Levy le avevano fatto montare la testa.
Ricontrollò per l’ennesima volta di avere le chiavi di casa e il cellulare, per poi chiudere la porta e fare i consueti tre giri di chiave.
Mancavano solo 20 minuti all’appuntamento e lei era ancora sul pianerottolo di casa. Non poteva fare tardi.
Prese il telefonino dalla tasca interna della borsa e digitò rapidamente il numero del taxi. Si sarebbe fatta venire a prendere sotto casa, con l’autobus ci avrebbe impiegato troppo tempo e di prendere la metro non se ne parlava proprio. Magnolia era sì una cittadina tranquilla, dove non accadeva mai nulla di strano, ma a quell’ora della sera non girava gente molto raccomandabile.
Arrivati a destinazione pagò il tassista e lo ringraziò; recuperate le sue cose dal sedile posteriore della macchina scese e - per quanto le fosse possibile - corse fino all’entrata del Fairy Tail, luogo d’incontro dell’appuntamento.
Si appoggiò alla colonna del grande portone del locale e tirò un sospiro di sollievo: non era in ritardo e per fortuna di Natsu non c’era ancora nessuna traccia.
Controllò ancora una volta l’orario al telefono e vide che segnava le 20:57, avrebbe dovuto aspettare soltanto 3 minuti. Sperando che Natsu fosse un tipo puntale.
A quell’ora della sera faceva sempre un freddo cane e Lucy ogni volta desiderava che fosse sempre estate. Amava le alte temperature, il sole cocente, l’odore dell’oceano e il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Quello si che era il paradiso.
Se ci pensava in modo più approfondito tutte quelle sensazioni le ricordavano Natsu…
No, ma cosa stava pensando! E poi come le era venuto in mentre proprio lui? Poteva pensare a tantissime altre cose e invece...
No Lucy, smettila!
Era, ancora una volta, tutta colpa di Levy e delle sue stupide idee romantiche.
Guardò di nuovo l’ora e il display segnava le 21:20. Dove diavolo era finito? E se le avesse dato buca? Magari quello era tutto uno scherzo per umiliarla.
Le lacrime le pungevano già gli occhi e le iniziò a crescere una tale rabbia dentro che non appena gli fosse capitato a tiro lo avrebbe colpito talmente tanto forte da fargli dimenticare chi fosse. Era stata una stupida a illudersi che ci potesse essere qualcosa. Quelli come lui non uscivano con quelle come lei. L’ennesima umiliazione da aggiungere alla collezione.
Idiota!
“Lucy!” si sentì chiamare da lontano. Una strana felicità le si fece largo nel suo cuore quando lo vide correrle incontro con un largo sorriso.
“Natsu” rispose a sua volta salutandolo con un cenno della mano. Allora non le aveva dato buca, era venuto veramente! Era stata una stupida anche solo a pensare che lui l’abbandonasse, Natsu non era il tipo.
Nel vederselo arrivare incontro un enorme sorriso le si dipinse sul volto e di certo nulla in quel momento avrebbe potuto cancellarglielo. Era quello l’effetto che Natsu le faceva.
Il ragazzo quando le fu davanti si piegò in due e appoggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, doveva aver fatto una bella corsa.
“Scusami per il ritardo.” Disse mentre si tirava su.
“Oh, non preoccuparti, sono arrivata da poco anche io.” Mentì sorridendo. Non gli avrebbe di certo fatto pesare il fatto che lei, da brava idiota paranoica pessimista quale era, avesse creduto che lui le tirasse un bel bidone.
“Bene! Io propongo di andare. Qui fuori si congela, e poi ho una fame!” Esclamò il ragazzo strofinando le mani sulle braccia per procurarsi un po’ di calore. Lucy ridacchiò e si strinse ancora di più nel suo cappottino.
I due iniziarono a camminare verso il ristorante, che per fortuna distava pochissimo, chiacchierando di cose del tutto normali “Assaggerai la carne migliore della tua vita!” le aveva annunciato tra una parola e l’altra.
 Arrivati davanti all’entrata Natsu le aprì la porta, e così facendo fece inevitabilmente arrossire Lucy, che lo ringraziò timidamente. Apprezzava sempre che le persone le donassero piccoli gesti di gentilezza come quelli.
Il cameriere – dall’aspetto molto discutibile - li condusse al loro tavolo e i due si spogliarono dei loro cappotti, che prese in custodia. I lunghi capelli verdi del giovane erano davvero stravaganti, ma ormai Lucy era abituata a vedere capelli dalle tonalità più bizzarre. Sembrava essere sulla ventina e l’unica cosa che sembrava avesse di normale era il completo da cameriere.
Natsu fu il primo a togliersi la giacca e Lucy poté ammirare la sua bellezza in abiti formali. Adesso capiva cosa ci trovavano in lui le sue compagne di classe. Non che non avesse mai notato che fosse un bel ragazzo, sia chiaro. I pantaloni neri e la camicia bianca risaltavano il fisico slanciato del giovane e gli donavano un’aria molto più matura e attraente. La sciarpa poi completava il tutto e dava quel tocco ‘alla Natsu’ che non poteva di certo mancare.
Si ritrovò a fissarlo e quando se ne accorse scrollò impercettibilmente la testa e tolse anche lei il cappotto. Se prima era sicura del vestito che indossava in quel momento le sembrò troppo attillato e troppo fuori luogo.
“Wow, Lucy, sei uno schianto!” il complimento di Natsu le fece sobbalzare il cuore. Davvero lo pensava? Magari stava mentendo per non offenderla. Il classico complimento di cortesia.
Si stava facendo troppe paranoie, doveva smetterla o non si sarebbe goduta la serata. Sapeva che Natsu era tanto gentile quanto sincero e che quindi, non avrebbe avuto motivo di prenderla in giro.
Ricambiò con un sorriso e porse - finalmente – il suo cappotto al cameriere che, poverino, aveva dovuto attendere che lei si decidesse a scendere nel loro mondo.
Così, una volta consegnati loro i Menù e con le giacche in mane si dileguò, in attesa di una loro chiamata.
Il loro tavolo era posizionato in un angolo della sala, abbastanza appartato e riservato. Come sedie avevano dei divanetti a “L” che circondavano per metà il tavolo, permettendo ai due ragazzi di stare vicini, ma di guardarsi comunque in faccia. Le luci soffuse poi creavano un’atmosfera intima e romantica.
Un momento; non era proprio quello che Levy aveva previsto?! Ecco che adesso andava nel panico. Le mani le iniziarono a sudare e per il nervosismo iniziò ad arricciare una delle lunghe ciocche dorate che le ricadevano fino alla vita.
Cercava di guardare ovunque tranne che Natsu, ma ogni volta lo sguardo finiva inevitabilmente su di lui, perciò decise di imitarlo e di iniziare a scegliere dal Menù.
Iniziò a sfogliarlo e trovò tantissimi piatti che solo dal nome sembravano deliziosi, però erano tutti molto cari. Non voleva fargli spendere un patrimonio.
Intanto il cameriere si era riavvicinato a loro in attesa di prendere ordinazione.
Natsu fu il primo a parlare: “Io prendo un piatto di riso al curry piccante e poi due porzioni di Shabu shabu [1] per entrambi. Tu invece?” le domandò.
“I-io?”
Natsu annuì e le fece l’occhiolino: “Puoi scegliere ciò che vuoi, il proprietario è mio amico”
“Vacci piano Natsu, il Raijinshuu non è di certo uno dei soliti locali in cui sei solito recarti. Questo è un ristorante di lusso. Laxus non ti farà di certo andare via senza aver pagato.” Lo ammonì il cameriere di prima.
“Oh, adiamo Freed! Ho già parlato con Laxus” gli rispose ghignando.
Freed sembrò leggermente irritato da quelle parole, ma non si scompose oltre, anche se Lucy sospettò che lo avrebbe volentieri cacciato da lì.
“Lei signorina, che cosa prende?” le domandò cordialmente.
“O-oh, io credo proprio che prenderò…” era rimasta a fissare il Menù per un sacco di tempo senza leggere nulla, e adesso non aveva la minima idea di cosa prendere.
“Se posso suggerirle, le consiglio i nostri dango [2]. Vengono preparati giornalmente e serviti con una salsa particolare adattata ad ogni stagione, con l’aggiunta di una tazza di tè verde.”
Sbirciò con la coda dell’occhio nella direzione di Natsu e lo vide intento a osservarla. Riportò la sua attenzione sul cameriere e diede finalmente la sua risposta: “I dango vanno benissimo.”
Freed scrisse velocemente le ordinazione sul taccuino che aveva in mano e si dileguò nelle cucine, ringraziandoli per aver ordinato, non prima però di aver lanciato una rapida occhiataccia a Natsu.
Lucy aveva seguito attentamente quello scambio di sguardi fulminanti che i due si erano lanciati ed era curiosa di sapere chi fosse.
“Lo conosci?”
“Freed? Andavamo alle medie insieme, lui era qualche classe avanti a me,” spiegò scrollando le spalle “il proprietario del ristorante anche è mio amico, è il nipote di Makarov. È lui a possedere i due bar Fairy Tail della città.”
“Intendi dire che Laxus è il nipote del nostro preside?!” chiese stupita Lucy.
“Esattamente,” annuì energetico il ragazzo “dopo essersi diplomati Laxus e i Raijinshuu – Freed, Bixlow e Evergreen – hanno deciso di aprire un locale. Sono partiti dal Fairy Tail, vecchio bar posseduto dal vecchietto, e dopo aver avuto successo Laxus ha aperto questo ristorante.”
Lucy ne rimase sorpresa, in pratica stava mangiando nel ristorante del suo capo. Però non le tornava una cosa:
“Ma il Fairy Tail non appartiene a Cobra?”
“In un certo senso sì, è lui che se ne occupa adesso. Laxus è troppo impegnato per badare anche a quello.” A Lucy parve che l’ultima frase pronunciata dal ragazzo avesse una nota di risentimento.
Avrebbe voluto chiedergli altro, ma i loro piatti arrivarono e, ovviamente, Natsu non perse tempo a ingozzarsi.
Lucy trovò quei dango strepitosi, il sapore dolciastro della salsa era una goduria per il suo palato e l’impasto era morbido e saporito, quasi si scioglieva in bocca.
Tra un boccone e l’altro Natsu le raccontò di alcuni aneddoti sui suoi amici, che, in alcuni casi, fecero sbellicare Lucy dalle risate – sì insomma, nessuno avrebbe resistito dall’immaginarsi un Gray vestito da femmina a causa di un errore della madre quando avevano 6 anni.
“Natsu, posso farti una domanda?” chiese Lucy ricomponendosi. L’immagine dell’amico del rosa in quelle condizioni era troppo esilarante. Lo avrebbe sicuramente raccontato a Juvia.
“Certo, tutto quello che vuoi” rispose posando le posate ai lati del piatto. Aveva ancora le labbra piegate in un ampio sorriso dovuto alle risate di poco prima.
“Come vi siete conosciuti tu e Gajeel?” sin dalla sera prima quella domanda le ronzava nella testa. Sapeva che Gajeel avesse molte conoscenze, ma non credeva che all’infuori di lei, Levy e Juvia conoscesse qualcun altro che frequentasse la Fairy Tail.
“Ci allenavamo nella stessa palestra,” rispose alzando la testa verso di lei “da piccoli eravamo nella stessa squadra, poi però io ho vinto una borsa di studio per giocare alla Fairy Tail e lui invece per Phantom Lord, da lì siamo diventati amici-avversari. Più avversari che amici a dire il vero.”
Lucy rimase sorpresa da quel racconto, nonostante conoscesse Gajeel da un paio d’anni non era a conoscenza di tutte quelle informazioni – per gran parte doveva ringraziare anche Levy. “E adesso?”
Natsu fece spallucce e si grattò la zazzera rosa “Adesso ci capita spesso di giocare l’uno contro l’altro. Ogni tanto ci troviamo per caso in palestra per fare due tiri, ma nulla di più.”
“Non immaginavo che voi due vi conosceste. Gajeel non ha mai parlato di te.”
Natsu aggrottò le sopracciglia “Credo sia normale, Phantom è una scuola molto rigida e vietano un qualunque tipo di interazione con noi.”
Juvia e Gajeel non le avevano mai raccontato nulla di tutto ciò. Sospettava però che quello fosse uno dei motivi per il quale aveva deciso di cambiare scuola.
“Ma questa è una cosa insensata!” esclamò.
Natsu le lanciò un rapido sguardo carico di tristezza; per lui gli amici dovevano contare molto più di qualsiasi cosa. Lo aveva notato in quegli anni che aveva trascorso lì, in quella scuola. Lo aveva osservato molto, anche di nascosto e a volte senza rendersene conto.
Capì che era arrivato il momento di cambiare discorso quando vide Natsu giocherellare con delle mollichine di pane. Doveva trovare un argomento più interessante, uno di cui avrebbero potuto parlare insieme, magari un qualcosa di più allegro; solo che gli argomenti erano un po’ limitati.
Mentre Lucy cercava di pensare a qualcosa di cui parlare Natsu l’anticipò: “Dovresti venire a vederci qualche volta. Giochiamo quasi ogni sabato.”
“C-come?” aveva capito male o la stava invitando ad andare a vedere una sua partita?
“Sì insomma, da quando sei arrivata non credo di averti mai vista tra gli spalti a fare il tifo per noi,” le fece notare “solo quella tua amica dai capelli blu. Quella che va pazza per Gray.”
“H-hai ragione…” ammise abbassando leggermente il capo imbarazzata. Aveva accompagnato qualche volta Juvia, ma dopo solo qualche minuto era dovuta scappare per andare a lavorare nonostante le sarebbe piaciuto molto rimanere.
“Allora, ci verrai? Mi farebbe molto piacere.” Le confessò mettendo una mano dietro la nuca.
Lucy rialzò immediatamente la testa e sbarrò gli occhi. A Natsu faceva piacere che lei andasse a fare il tifo per lui?
“Certo!” esclamò senza pensarci. Sapere che lui la voleva le riempiva il cuore di gioia.
Continuarono a chiacchierare per tutta la durata della cena e il cuore di Lucy non poté fare a meno di fare le acrobazie. Era arrivata alla conclusione che Natsu la faceva stare bene, le trasmetteva allegria e le dava l’impressione che ogni cosa avesse fatto lui l’avrebbe capita e ci sarebbe stato. Riusciva a ridere come non faceva da tempo e a provare emozioni che credeva aver dimenticato.
Forse Levy aveva ragione: Natsu le piaceva. Magari non come intendeva lei, non credeva di provare ancora quel tipo di sentimento verso di lui. Avevano passato troppo poco tempo insieme per poter dire che avesse una cotta per lui. Era però sicura del fatto che avrebbe approfondito quel sentimento a cui lei non riusciva ancora a dare un nome.
“Wow che mangiata!” esclamò Natsu tenendosi la panica gonfia.
Lucy ridacchiò e guardò anche la sua di pancia: “Non mi sono mai sentita così piena!”
Dopo aver finito la cena, aver pagato – e discusso con Freed sul prezzo e un intervento da parte di Laxus –, i due giovani, pieni come dei draghi dopo una bella scorpacciata, decisero di fare una passeggiata digestiva prima di rincasare.
“Ti porterò in un posto stupendo!” le aveva annunciato Natsu prima di uscire dal ristorante.
Ed ora si stavano dirigendo proprio lì: in un posto che sembrava isolato dal mondo e che a piedi ci avrebbero impiegato un’eternità. Lucy avrebbe volentieri preso un taxi, o la macchina di Natsu – se solo ne avesse una -, ma purtroppo era venuta a conoscenza del fatto che il rosa soffrisse di Chinetosi acuta – adesso si spiegava come mai tutte quelle fermate extra e non dovute all’alcool che era stata costretta a fare la sera prima mentre tornavano a casa.
Perciò erano stati costretti a farsela a piedi e Lucy credette di non arrivare più e – tanto per non farsi mancare nulla – aveva rischiato di cadere svariate volte, tanto che Natsu, ridendo, si era offerto di prenderla sottobraccio e farle da sostegno. Okay, doveva ammetterlo, le era piaciuto stare così vicino a lui e poter usufruire di tutto quel calore che emanava.
Dopo svariate imprecazione, svariate tappe e molteplici quasi cadute Natsu le annunciò che erano finalmente arrivati. Lucy si guardò intorno e tutto ciò che vide fu una montagnola verde e due pali della luce contati, con una panchina situata proprio in mezzo all’unica fonte luminosa. Lucy domandò a Natsu se fossero arrivati per davvero e lui le rispose di sì e aggiunse che doveva chiudere gli occhi.
“Ma sei matto?! Non riesco a camminare a occhi aperti e con la luce del sole con questi tacchi, figuriamoci di notte!” aveva quasi urlato agitata all’idea di ciò che le sarebbe potuto accadere. Non ci pensava nemmeno a chiudere gli occhi e farsi guidare senza sapere dove doveva andare, per dipiù in un posto completamente sconosciuto e al buio.
“Fidati di me. Non ti farò mai cadere, per nessuna ragione al mondo.” Bastarono quelle parole e un sorriso per farla sciogliere e acconsentire alla strana richiesta del ragazzo.
E il tuo “non ci penso nemmeno” dov’è finito? Eh Lucy?!
Gliel’aveva promesso, l’avrebbe sostenuta lui, perciò non c’era niente di cui preoccuparsi.
Prese un bel respiro e serrò gli occhi, mosse un passo e si sentì afferrare le mani da una paio decisamente più grandi e callose. Il calore che le trasmettevano la riscaldò tutta e una scarica di adrenalina le percorse tutto il copro, desiderosa di poter mantenere quel contatto per sempre. Le strinse sempre di più con le sue.
“Cammina piano, qui c’è una salita.”
“Si può sapere dove mi stai portando?” domandò Lucy. Ormai stava perdendo la voglia di sapere dove stessero andando. Sentiva solo i piedi doloranti e il vento farsi sempre più forte e soprattutto più freddo. Sospettava che l’avesse fatta salire su quella collinetta con la panchina che aveva visto poco prima; la luce che passava attraverso le sue palpebre ne era una prova.
Natsu si fermò e così anche Lucy, le lasciò le mani e le disse di continuare a tenere gli occhi chiusi. Quando anche l’ultimo lembo di pelle che era in contatto venne separato Lucy si sentì improvvisamente delusa: avrebbe voluto che non la lasciasse mai.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e strinse la stoffa del cappotto. Serrò ancora di più gli occhi al tocco improvviso di Natsu sul suo viso: aveva portato una sua mano a coprirle gli occhi e aveva avvicinato il volto ai capelli di Lucy. Adesso poteva sentire chiaramente il respiro caldo del ragazzo.
Il suo odore di muschio e cannella stordì completamente i sensi di Lucy, facendole così perdere il controllo di sé stessa e trattenere il respiro.
Voleva di più. Voleva avere un contatto più intenso con lui.
Natsu continuava a tenerle gli occhi coperti e il volto accanto al suo per poter inebriarsi di quel profumo di vaniglia che per lui era diventato come una potente droga. Intanto con la mano era sceso fino a trovare quella piccola e morbida della ragazza e fece intrecciare le loro dita.
Sentiva fremerla sotto il suo tocco e pensò che finalmente fosse arrivato il momento che più aspettava: poterla baciare. Sin da quando l’aveva vista, quattro anni prima, nei corridoi della scuola aveva desiderato poterla conoscere e quando per puro caso si erano scontrati aveva bramato le sue labbra più di ogni altra cosa e adesso che si trovava lì non poteva più resistere.
Strinse le sue dite con quelle di Lucy e finalmente le lasciò gli occhi scoperti. La vide aprire gli occhi piano – per farli abituare alla luce dei lampioni – e aspettò che si accorgesse di dove l’aveva portata.
Un ‘Ohh’ di sorpresa gli fece capire che la biondina aveva apprezzato la sua sorpresa.
Quello era uno dei suoi posti preferiti: da lì si poteva ammirare tutta Magnolia. Le luci della cittadina erano uno spettacolo più unico che raro e, a volte, se si era abbastanza fortunati si potevano ammirare le stelle cadenti.
“Questo posto è… è semplicemente magnifico!” esclamò Lucy estasiata.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuto” le sussurrò in un orecchio facendola rabbrividire. Non riusciva più ad aspettare, doveva scoprire che sapore avessero quelle labbra.
Piano le lasciò la mano e si staccò leggermente da lei per poterla girare verso di lui e guardarla negli occhi.
Lucy nel frattempo era andata nel panico più totale e era completamente rapita da Natsu. Aveva uno sguardo serissimo e quegli occhi verdi erano come una calamita per i suoi; con quella luce poteva vedere chiaramente ogni pagliuzza nera.
Aveva cercato di concentrarsi sul paesaggio per evitare di perdere il controllo di sé stessa, ma quando lui la girò verso di lui non capì più nulla e non fece altro che farsi guidare dal suo istinto.
Le mano che non era intrecciata con la sua venne posizionata sotto il collo di Lucy e con il pollice Natsu le accarezzò la pelle morbida della guancia rosea e poi le labbra.
Lucy non sapeva più che cosa stava accadendo, tutto ciò che riusciva a capire era che stava accadendo qualcosa che non sarebbe dovuto esserci.
Natsu si fece sempre più vicino, ormai i loro respiri si erano fusi e erano diventati una cosa sola.
Quello che accadde dopo fu questione di un lampo, ma fu indimenticabile.
Il rosa appoggiò le sua labbra su quella carnose e rosa di lei, saggiandone la morbidezza e la delicatezza e Lucy provò una scarica di emozioni mai provate prima. Si lasciò trasportare da quel bacio che inconsciamente aveva desiderato da sempre.
Si trovava in paradiso, ne era sicura.
Però si sa, prima o poi si rimettono i piedi per terra.
Quando sentì la lingua umida di Natsu premere sulle sue labbra spalancò gli occhi e si staccò di colpo da lui, facendolo rimanere con un’aria interrogativa e sbalordita in volto. Non riusciva a capire che cosa fosse andato storto in quel bacio, e forse non lo sapeva nemmeno lei.
Aveva rimesso i piedi per terra e si era resa conto di ciò che stava succedendo e per quanto avesse voluto continuare e approfondire quel bacio sapeva che c’era dentro di sé qualcosa che non andava.
Si era vergognata tantissimo e soprattutto sapeva che non era ancora il momento, non aveva ancora messo in chiaro i suoi sentimenti e non voleva di certo illuderlo. Ci teneva molto a Natsu e non voleva di certo perderlo.
Aveva bisogno di più tempo.
“I-io m-mi dispiace!” quasi urlò con voce strozzata.
Si sentiva così in colpa per averlo lasciato in quel modo, ma sapeva che non era ancora il momento.
Adesso doveva solo andare a casa e fare chiarezza con i suoi sentimenti.
Lo ringraziò per tutto quanto e si scusò ancora una volta, assicurandogli che non era colpa sua e più imbarazzata che mai se ne andò via, lasciandolo lì, da solo.
Sapeva che forse aveva appena rovinato tutto, però confidò in Natsu e sperò che lui capisse la sua azione, perdonandola.
 
 
 










 
 [1] dangoIl dango è una sorta di gnocco giapponese ricavato da farina di riso e da quella di riso glutinoso. Viene spesso servito con tè verde. I dango vengono mangiati tutto l'anno, ma le differenti varietà sono tradizionalmente mangiate in determinate stagioni. Da tre a quattro dango sono spesso serviti in uno spiedo. ~[Fonte: Wikipedia]
[2] shabu shabu: Fettine di carne di vitello e maiale molto sottili lessate direttamente al tavolo in un brodo leggero. Generalmente vengono accompagnate da diverse varietà di salse speciali […] L'analogia consiste nella cottura direttamente al tavolo, con una pentola posta sopra un fornello portatile. ~[Fonte: Wikipedia]
























Angolo autrice:

Ohayo minna!
Vi prego di non uccidermi, ma questo capitolo è stato davvero un parto! C'erano tante cose che avrei voluto aggiungere e che però non mi convincevano e altre che sono state aggiunte all'ultimo momento.
So che sto aggiornando dopo quasi tre settimane dall'ultimo capitolo, ma ho avuto alcuni esami che sono durati ben 15 giorni. 15 capite?! Da uscirne pazzi! forse anche più pazza di quello che sono normalmente.
Comunque per farmi perdonare come avete potuto ben leggere sono accadute 
delle cose 😏 e se proprio volete sapere la verità non vedevo l'ora di far uscire questo capitolo, però, c'è sempre un però nelle mie NdA non ho ricontrollato alla perfezione il capitolo, quindi potrebbero (ma che dico, ci saranno sicuramente) degli errori, che siano di battitura che di ortografia o altro. Mi dispiace tanto ma non ne ho avuto davvero il tempo di ricontrollare attentamente, e poi mi avrebbe preso sicuramente un'altra settimana😂 e non mi andava di farvi attendere oltre. State tranquille che non appena trovo un po' di tempo libero ricontrollo tutto, voi comunque se trovate qualcosa che non vi convince o che non capite fatemelo sapere. Segnalate anche il minimo errore!
Spero che con la lunghezza di quasi 10 pagine di Word mi sia fatta perdonare e che apprezziate l'impegno che ci ho messo nello scrivere questo capitolo 💕.
Prima di sparire voglio annunciarvi che il capitolo 6 è già pronto e che aspetta solo di essere revisionato :) e in oltre voglio ringraziare la dolcissima tanomax, la putnualissima Sayaka chan e, dulcis in fundo, la mia carissima Gnarly, oltre a tutte quelle persone che hanno aggiunto la storia alle preferite, ricordate o seguite. Grazie mille di tutto!
Un bacio e alla prossima,

Hanae
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6





 
“Cosaaa?! Vi siete baciati?!”
“Sì, Levy, e vedi non urlarlo a tutto il mondo!” rispose in un sussurro Lucy mentre tentava inutilmente di coprire la bocca della turchina.
“E quando è successo?!” aveva iniziato ad agitare le mani al vento e a camminare per la stanza. Sembrava arrabbiata, o ancora peggio: delusa. “Dovevi chiamarmi subito!”
“Preferivo dirtelo di persona…” Rispose torturandosi le mani per il nervosismo. Poi le sarebbe toccato doverlo dire a Juvia e sperò che almeno lei non si infuriasse per non averla contatta.
Levy aveva iniziato a parlare e parlare e Lucy sapeva che non si sarebbe fermata fino a quando non fosse stata costretta. Sapeva che stava facendo tutto quello per lei, però si sentiva oppressa. Aveva bisogno di decidere per se stessa quella volta, senza nessun suggerimento o aiuto. Doveva essere lei a sentire di volerlo.
Era l’intervallo e Lucy e Levy erano le uniche ad essere rimaste in classe a parlare; non volevano che qualcuno le sentisse. La bionda era seduta su uno dei banchi dell’aula e da quando avevano iniziato quella conversazione non aveva fatto altro che tormentarsi le mani e ogni tanto ad attorcigliare un lembo della gonna della divisa scolastica e guardare in basso. Sapeva che Levy non l’avrebbe perdonata facilmente per non averla chiamata nel momento del bisogno e sapeva anche che adesso l’aspettava una bella ramanzina sul fatto che dovevano sostenersi a vicenda, parlare dei loro problemi e di ciò che le tormentava insieme. Solo che quella volta Lucy sentiva che quel sentimento avrebbe dovuto tenerlo per sé e scoprirlo piano piano, imparando a comprenderlo e a interpretarlo.
Le faceva piacere che le sue amiche si preoccupassero per lei, perché dalla morte dei genitori ne aveva proprio bisogno di qualcuno su cui contare e poter fare affidamento. Levy e Juvia c’erano sempre state per lei e lo stesso cercava di fare con loro. Levy poi era diventata un po’ troppo iperprotettiva da quando si era lasciata con il suo fidanzato delle medie: Jackal, un tipo sadico e fiero, che aveva però attratto Lucy fin dal primo momento, arrivando a anche provare un certo interesse per lui.
L’aveva tratta male e l’aveva abbandonata quando tutto ciò che lei cercava era stabilità e affetto. Le aveva spezzato il cuore e fatta chiudere in sé stessa.
Solo con l’aiuto delle due ragazze era riuscita a superare tutto e accantonare quella delusione amorosa in un angolino del suo cuore.
Nonostante per Lucy non fosse la prima volta che si era riscoperta interessata a un ragazzo aveva passato tutta l’ultima settimana di vacanze a pensare a cosa fare. Il sentimento che provava per Jackal sapeva che era ben diverso da quello che sentiva per Natsu. Quest’ultimo era sempre nei suoi pensieri e il ricordo di quel bacio era ancora vivo nella sua mente.
Ricordava perfettamente le sue labbra sottili sulle proprie, le sue mani intrecciate alle proprie e il pollice sulla sua guancia.
Aveva pensato tante volte a chiamare una delle due ragazze per avere qualche consiglio o anche solo per distrarsi qualche minuto. Però, dopo aver composto i numeri li cancellava subito e dentro di sé si ripeteva che quella era una cosa a cui avrebbe dovuto pensare da sola. Era lei che doveva capire che cosa provasse per Natsu, non Levy o Juvia.
“Levy, mi dispiace di non aver chiamato te o Juvia… Però sento che questa è una cosa che devo affrontare da sola. Se mi piace e questo sentimento diventerà più intenso devo essere io ad accorgermene,” le disse decisa Lucy prendendole le mani fa le sue e stringendole appena, “so che ti stai preoccupando per me e lo apprezzo davvero tanto. E tu lo sai. È stato grazie a te se mi sono accorta di provare qualcosa per lui. Sei stata tu a darmi lo slancio per partire però…”
“Però adesso vuoi fare da sola. Non è vero, Lu?” concluse per lei Levy, che la guardava con un sorriso intenerito.
Lucy annuì e inclinò leggermente la testa rispondendo al sorriso dell’amica.
Sapeva che se avesse avuto bisogno di aiuto lei ci sarebbe stata, ma aveva capito che quello era il momento di mettersi da parte e lasciarle fare i suoi errori e le sue esperienze.
Levy dopo il lutto di Lucy si era sempre sentita in dovere di proteggerla e fungere da sorella maggiore, però adesso quei tempi erano parte del passato ed era arrivato il momento che Lucy si difendesse da sola e vivesse veramente.
Layla le aveva sempre raccontato di quanto l’amore e l’amicizia fossero potenti, insegnandole che uno dei grandi passi della vita è proprio l’innamorarsi. Un passaggio delicato e molto potente, ma che andava affrontato e Lucy aveva tutte le intenzioni di buttarsi e viverlo fino in fondo adesso che sembrava averlo finalmente trovato.
Sentiva che Natsu aveva qualcosa di speciale e che poteva fidarsi di lui, solo che aveva intenzione di farlo gradualmente. Sapeva che se non fosse andata a finire bene poi ne sarebbe rimasta distrutta e non ne poteva più di soffrire e rimanere sola. Perciò riteneva più che giusto procedere un passo alla volta.
Lucy scese dal banco sul quale era seduta e strinse Levy in una abbraccio soffocante, nel quale la turchina era praticamente compressa contro il suo corpo.
Il suono della campanella fece staccare le due ragazze, che con l’arrivo di tutti i compagni e della loro insegnante ritornarono ai loro posti.
Lucy durante tutta la lezione di storia non fece altro che rimuginare all’incontro che avrebbe avuto con il rosa; dopo tutto gli doveva ancora delle spiegazioni. Sempre se non ci era rimasto troppo male da non volerle parlare più. Quel pensiero fece attorcigliare le budella di Lucy, però doveva farlo, anche se al solo pensiero si sentiva male.
Quando anche l’ultima ora di scuola terminò tutti gli studenti uscirono di corsa dall’aula. Lucy con calma raccolse le sue cose e dopo aver indossato il cappotto, messa la borsa con i libri in spalla e salutato Levy si diresse verso il portone principale della scuola; da lì poi sarebbe andata a lavorare.
Aveva già varcato gli enormi cancelli in ferro battuto della recinsione che delimitava i territori della scuola e si trovava già sul grande marciapiede quando si sentì chiamare.
Si voltò e vide Natsu correrle incontro con una mano al vento, la zazzera rosa ancora più scompigliata e il bianco sorriso stampato in faccia.
“Ciao, Natsu” disse rossa in volto. Era felicissima di vederselo arrivare incontro.
“Stai andando a casa?” le domandò mentre con una mano si sistemava la tracolla di stoffa rossa strapiena di libri sulla spalla e riprendeva fiato.
“No, oggi ho il turno al locale,” spiegò “tu invece, cosa fai?”
“Prima di andare a casa avevo pensato di passare al Fairy Tail, a mangiare qualcosa.”
Un sentimento di felicità si fece largo nel cuore di Lucy; anche solo fare la stessa strada la faceva sentire come una bambina il giorno di Natale.
I due ragazzi ripresero a camminare insieme lungo il marciapiede in silenzio, Lucy però voleva approfittare di quel momento per potersi scusare e dargli una spiegazione quantomeno accettabile – e soprattutto credibile.
“Senti, Natsu, a proposito della-”
“Natsu!” una voce femminile richiamò l’attenzione dei due giovani interrompendo il discorso della bionda.
A Lucy quella voce sembrò familiare ed era sicura di averla già sentita prima di allora. “Lisanna!” rispose Natsu.
Lucy si voltò e vide l’albina corrergli incontro.
“Natsu, avevi detto che ci andavamo insieme a mangiare!” lo rimproverò la ragazza dagli occhi blu.
Come tutta quella gioia era arrivata nello stesso modo se n’era andata. La frase pronunciata da Lisanna aveva appena distrutto tutti i propositi di Lucy di passare del tempo con Natsu e di potersi chiarire. Lucy si portò una mano al cuore e strinse la stoffa della giacca.
“Oh, sì, scusami Lisanna. Me ne ero proprio dimenticato, sai volevo parlare un attimo di una cosa con Lucy” si giustificò il rosa scompigliandosi i capelli con una mano e guardando con la coda dell’occhio la bionda accanto a lui.
La presa sulla giacca di Lucy si fece ancora più salda quando Natsu confessò le sue vere intenzioni.
Lisanna rimase sorpresa da tale risposta e Lucy la vide serrare appena la mascella “Ma avevi promesso che venivi a mangiare con me!” continuò l’albina afferrando con una mano la manica del cappotto di Natsu.
“Dai, oggi c’è anche Mira-nee a casa. Sono sicura che non vede l’ora di salutarti.” Insisté.
“A dire il vero io-” A Natsu non venne data alcuna possibilità di controbattere perché Lisanna l’aveva trascinato con lei nella direzione opposta alla quale si stavano dirigendo loro due fino a qualche attimo fa.
 “A-aspetta Lisanna” tentò Natsu guardando la bionda.
Finse che non importava, perciò per fargli capire che era tutto okay gli mimò con le labbra un “Non fa nulla” e poi gli sorrise; Natsu, in risposta, la guardò intensamente negli occhi, per poi essere bruscamente trascinato via dalla Strauss.
“Mi dispiace Lucy, sono costretta a rubartelo per oggi!” esclamò Lisanna facendole l’occhiolino.
Lucy rispose con un flebile “Sì” e seguì con lo sguardo i due che si allontanavano.
Aveva notato quanto fossero amici anche negli anni passati, arrivando addirittura a sospettare che stessero insieme. Il modo in cui Lisanna guardava Natsu era davvero unico, era come se le brillassero gli occhi tutte le volte che si posavano sulla figura del rosa.
In quel momento Lucy era triste e delusa. Voleva parlare con Natsu, passare del tempo con lui. Aveva però come l’impressione di essere di troppo.
Forse si era illusa anche quella volta.
Si portò una mano alle labbra. E quel bacio allora, che cosa significava?
Non ne aveva davvero la più pallida idea, sperava solo di non essere stata ingannata.
Guardò un’ultima volta il punto in cui i due erano spariti e poi riprese a camminare verso il Fairy Tail.
 
 

Il turno al locale sembrò non finire mai, era come se l’orologio avesse deciso di fermarsi e non ripartire più. Lucy aveva la mente da tutt’altra parte, infatti combinò diversi guai, provocando l’ira di Cobra, già poco paziente di suo.
“È il caso che ti prenda una pausa” le aveva intimato il suo capo lanciandole uno sguardo infuriato.
Lucy si sedette ad uno dei tavolini accanto al bancone e poggiò la testa sul legno duro, battendola leggermente.
Kinana dopo aver rimproverato Cobra per essere stato troppo duro con lei le si avvicinò e cercò di confortarla: “Non preoccuparti, capita a tutti di avere una giornata no”
Lucy sollevò leggermente il capo e la guardò con la coda dell’occhio:
“È una settimana che mi capita di avere la giornata no” le rispose con una nota d’irritazione, estranea al suo carattere solare e dolce.
Kinana la guardò preoccupata, avrebbe voluto rimanere e magari parlare un po’, ma un “Cameriera” pronunciato da un cliente le fece capire che non aveva tempo. Si alzò dalla sedia accanto a quella della biondina e le lasciò una carezza sui capelli biondi.
Lucy era stanca, era una settimana che si sentiva uno schifo. Non aveva più potuto parlare con Natsu dopo che l’ultima volta Lisanna l’aveva letteralmente trascinato via con sé, lasciando Lucy da sola. L’albina era diventata ancora più presente e ogni qualvolta Lucy provasse ad avvicinarsi al rosa lei si frapponeva tra i due e lo portava da tutt’altra parte.
In più Levy era partita per una vacanza studio di sue settimane a Tokyo e non sarebbe tornata prima della prossima settimana. Juvia invece era stata impegnatissima con le sue gare di nuoto e non avevano avuto nemmeno un minuto da passere insieme per un caffè. Per non parlare di tutta la montagna di compiti che le erano stati assegnati.
Percepì qualcuno sedersi accanto a lei e, alzando leggermente il braccio destro riconobbe Yukino: i corti capelli azzurro chiaro le solleticavano il collo e le frangetta le ricopriva buona parte della fronte, lasciando però i grandi occhi marroni scoperti.
“Yukino” la ragazza in risposta sorrise, accostando di più la sedia al tavolino rotondo.
“Va tutto bene?” le domandò slacciandosi il grembiule.
“Potrebbe andare meglio,” rispose voltando la testa verso la sua interlocutrice. “Tu invece?”
“Io sto benissimo. Fra tre giorni festeggerò un anno con Sting!” Yukino arrossì e congiunse le mani e se le portò al cuore, sorridendo al solo pensiero del fidanzato.
Anche Lucy sorrise, sapeva benissimo che cosa aveva passato per poter stare finalmente insieme a lui.
“Sono felice per voi.”
“Grazie mille, Lucy.”
“Sai, in quest’ultimo periodo ho notato che sei un po’ giù di morale, come mai? Posso fare qualcosa per te?” Yukino aveva appoggiato i gomiti sul tavolo e con le mani si sosteneva la testa leggermente inclinata, intenta a osservare Lucy.
La ragazza si sollevò completamente con il busto dal tavolo e con gli occhi puntati sul legno si morse il labbro inferire, le mani posate in grembo impegnate a pasticciarsi fra di loro.
Non sapeva se era il caso di dirglielo, la situazione era alquanto delicata e soprattutto lunga da raccontare.
Lucy le lanciò una breve occhiata e alla fine abbandonandosi allo schienale della sedia sospirò: “C’è un ragazzo…”
Yukino si posizionò meglio sulla sua sedia e si sporse di più verso la bionda, incitandola timidamente a andare avanti.
“E credo anche di piacergli – o almeno questo è quello che dice Levy e potrei anche azzardare a confermare la cosa visto che ci siamo baciati -, però in quest’ultima settimana è sempre stato con un’altra e io… Io non so cosa fare…” concluse Lucy in un sospiro di frustrazione.
Quella situazione la stava facendo impazzire, tutta quella tensione la metteva in forte disagio e la mandava in confusione; stava andando tutto a rotoli.
L’azzurra le prese una delle mani sottili e la strinse nelle sue ancora più piccole e candide. La guardò dritta negli occhi e poi le sorrise.
“Non devi abbatterti per ciò, devi solo dare tempo al tempo. Prima o poi le cose si aggiusteranno, sono sicura che se questo ragazzo ti ha baciata ci tiene molto a te.”
Lucy guardò l’amica e le sorrise, aveva apprezzato il fatto che avesse provato a tirarla su di morale, anche se non era abbastanza e che quel vuoto che sentiva dentro non si sarebbe colmato così facilmente: con il solo pensare che Natsu tenesse a lei.
“Grazie, Yukino” rispose la bionda alzandosi dal tavolino, pronta per tornare a servire i tavoli.
Quando il turnò finì e il locale chiuse erano già le 22:00. Lucy con fatica si trascinò fino a casa e con estrema lentezza aprì la porta, richiudendola subito dopo; ci si accasciò contro e chinando la testa all’indietro scivolò sul pavimento freddo del suo appartamento.
Portò le ginocchia al petto e si slacciò gli stivali, lanciandoli poco lontano da dove si trovava; gli occhi rivolti verso il soffitto bianco illuminato solo dalla flebile luce della luna che proveniva dalla finestra della cucina; quella che non abbassava mai.
I riscaldamenti erano stati spenti per tutto il giorno e il contatto delle cosce nude, sperate solo dal leggero tessuto del collant nero con il parquet freddo le provocava piccoli brividi per tutto il corpo.
Era stanca di stare a guardare Natsu e Lisanna sempre insieme, aveva anche provato ad accettarlo, ma giorno dopo giorno anche solo il pensiero le faceva chiudere lo stomaco.
Aveva visto Natsu osservarla qualche volta, di sfuggita, quando si incontravano in mensa o per i corridoi e tutte le volte che i loro occhi venivano in contatto, lei, spostava subito i suoi da un’altra parte, per ripotarlo immediatamente su di lui.
Una lacrima scese dal suo occhio sinistro e proseguì fino alla mandibola, lasciando una scia umida e salata sulla pelle di Lucy.
Chinò la testa e la nascose tra le ginocchia: avrebbe tanto voluto che bastasse solo il tempo a sistemare le cose, proprio come aveva detto Yukino, ma ne dubitava; il dolore della morte dei suoi genitori era ancora vivo dentro di sé, anche a distanza di molti anni e non aveva per niente voglia di aggiungere anche quello di un amore non corrisposto alla lista.
Soffrire a volte significa solamente soffrire. Non è come molti dicono. Non rende più forte. Non aiuta a crescere e non forma il carattere. Fa solo male.
E Lucy era stanca di soffrire e basta, quella situazione la stava distruggendo.

















Angolo autrice:

Ohayo minna!
Gioite gioite (?) miei carissimi lettori e lettrici! Questa volta sono puntualeeee! Yeeee!
Questa volta non ho molto da dire sul capitolo visto che è breve e non accade quasi nulla di significativo, a parte il fatto che si scopre un pochino di più sul passato di Lucy e fa finalmente chiarimento con i suoi sentimenti. Credo lo stavamo aspettando tutti
 😂 

Non chiedetemi da quale parte ancora sana del mio cervello mi sia venuta immente l'idea di Midnight e Lucy insieme perché non lo so nenanche io. Stavo cercando un candidato a caso e siccome non riesco a vedere nessun altro all'infuori di Natsu con Lucy, allora ho deciso di prendere uno degli ultimi personaggi che vedrei con lei.
Se non si fosse capito io adoro il rapporto di amiciza/sorellanza (passatemi il termine, pls) che c'è tra Lucy e Levy. Sono adorabili! Quindi aspettatevi altri momenti del genere!
Io vorrei ringraziarvi di cuore perché nello scorso capitolo abbiamo superato il numero di recensioni per capitolo! Non ci posso credere! Sono felicissima. Grazie mille, davvero.
Vi ringrazio in ogni capitolo, ma nonostante ciò mi sembra sempre poco e vorrei fare qualcosa di più per dimostrarvelo.
Quindi dico grazie a tanomaxDreamworkDaimler, Gnarly, naku_kun 94 e Simplegirl001.
Come obiettivo finale sto cercando di puntare alla categoria "Più popolari" del fandom XD. So che sembra una pazia ma sarebbe una cosa davvero fenomenale per me: un sogno che si avvera.
Spero che anche questa capitolo vi sia piaciuto.
Un bacione,

Hanae

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7





 
Quel mercoledì mattina si poteva chiaramente sentire il vento gelido imperversare contro le finestre dei palazzi facendole tremare bruscamente.
La notte prima una tempesta si era abbattuta su Magnolia e aveva causato parecchi danni: sradicato alberi bloccando molte strade, allagato case e uffici.
Pochissimi studenti erano venuti a scuola, e tra quei pochi, guarda caso, c’erano anche Lucy e Natsu. Non aveva notato la presenza di Lisanna e un briciolo di speranza le si fece largo nel cuore; forse quella era la volta buona.
Non era che la odiasse dato che non aveva mai avuto la possibilità di esserle amica e di intraprendere una conversazione con lei, però nei giorni precedenti non era stata di grande aiuto, ecco. Per la prima volta Lucy aveva desiderato che Lisanna sparisse, anche solo per qualche ora e questo pensiero la spaventava, perché sapeva che in realtà non era così, però non poteva fare a meno di pensare che forse senza di lei Natsu in quel momento sarebbe stato con lei.
Con le braccia incrociate sul banco freddo e la testa adagiata sopra di esse guardava fuori dalla finestra lo scosciare della pioggia sul vetro, ormai completamente pieno di tante piccole goccioline che giocavano a rincorrersi tra di loro.
La poche foglie che erano ancora attaccate agli alberi lottavano per non essere brutalmente strappate via dal loro ramo.

“Buongiorno ragazzi” esordì Roubaul, il loro anziano professore di chimica “come potete ben vedere quest’oggi la scuola è deserta a causa di questo brutto tempo” spiegò lisciandosi la lunga barba bianca e candida come la neve appena caduta; da quando ne aveva memoria Lucy lo aveva sempre fatto.
“E visto che in ogni classe siete all’incirca quattro o cinque: il Preside Makarov ha deciso di unire alcune classi, per darvi modo di riuscire a imparare qualcosa anche con questo cataclisma.” Concluse lanciando un’occhiata preoccupata al temporale fuori dalla finestra.
Lucy non aveva nemmeno voltato la testa per ascoltare ciò che il professore diceva, troppo immersa nel groviglio che erano i suoi pensieri.
Non si accorse nemmeno del fatto che si erano aggiunti altri studenti a loro. Tutto ciò che le fece alzare il capo fu una piccola corrente d’aria che passò proprio accanto a lei e che alzò un profumo che non avrebbe mai potuto dimenticare: quell’odore dolciastro di cannella era inconfondibile.
Con il cuore a mille si voltò lentamente e quello che si trovò davanti fu forse una delle cose più belle che le fossero capitate nell’ultima settimana: Natsu era lì, seduto proprio dietro di lei, un gomito appoggiato sul banco e il volto sorretto dalla stessa mano, leggermente inclinato e alcuni lembi della lunga sciarpa adagiati sul banco. I suoi occhi verdi, completamente dedicati a osservarla, e il sorriso larghissimo e splendente erano la cosa più bella che avesse mai visto; per non parlare di quell’adorabile fossetta sulla guancia destra.
“Ehi, Lu”
“N-natsu!” squittì con un’ottava forse più elevata del normale.
Ritrovarselo dietro era una sorpresa, una delle più belle a dire il vero.
Rimasero a guardarsi per quella che a Lucy parve un’eternità e sicuramente non avrebbe potuto desiderare di meglio.
In quel momento Natsu sembrava il primo raggio di sole dopo una tempesta: la tempesta che imperversava nella sua testa e nel suo cuore.
Sorrise anche lei, socchiudendo gli occhi e inclinando la testa. Lo faceva sempre quando era felice, glielo aveva fatto notare una volta Juvia.
Durante la spiegazione di chimica a Lucy sembrava impossibile concentrarsi su quello che diceva il professore. Era come se le fosse impedito; tutto ciò che voleva fare era girarsi e rimanere a guardare fino all’infinito Natsu.
Purtroppo però non poteva farlo, nonostante la voglia fosse incontrollabile c’era una piccola parte di lei che si vergognava. Se da un lato faceva i salti gioia quando lo vedeva, dall’altra avrebbe voluto nascondersi dietro il primo angolino che trovava.
I suoi occhi lo cercavano bramosi, ma non appena i loro sguardi si incontravano lei distoglieva il suo, per riportarlo immediatamente su di lui.
Lucy stava cercando di prendere quanti più appunti poteva, almeno poi a casa avrebbe solo dovuto rileggerli e, magari ci avrebbe anche capito qualcosa.
La sua mano si muoveva senza fermarsi sul foglio, quasi le doleva per tutto quel movimento. Poi però un brivido la fece fermare di colpo.
Fece cadere la penna che aveva in mano sul foglio completamente coperto di inchiostro blu e girò impercettibilmente la testa e con la coda dell’occhio cercò di guardare dietro di sé, perché sapeva chi fosse il responsabile e cosa stesse facendo.
Portò le mani in grembo e strinse forte i lembi della gonna, quasi fino a far sbiancare le nocche e prese un respiro profondo.
Sempre con un occhio girato dietro di sé riuscì a vedere Natsu che giocherellava con le punte dei suoi capelli. Per lei i capelli erano un punto debole, bastava anche solo sfiorarglieli che si rilassava e non capiva più nulla, era come se le stessero facendo il più bello dei massaggi.
Natsu era concentrato a intrecciare i lisci fili dorati tra le sue dita e a lasciarli cadere lentamente per vedere i riflessi che la luce del giorno gli davano.
Aveva la testa posata sulla mano sinistra ed era annoiato a morte, aveva sempre odiato la chimica e tutte le materie scolastiche in generale. Non che l’ambiante non gli piacesse, aveva tanti amici ed era anche abbastanza popolare, solo che preferiva mille volte di più passare un’intera giornata ad allenarsi in palestra che stare lì fermo a non fare nulla. Lui era un tipo che preferiva l’azione.
Era così concentrato sui capelli di Lucy da non accorgersi che proprio la ragazza si era voltata nella sua direzione e aveva iniziato a guardarlo, sbalordita.
Natsu istintivamente lasciò andare i ciuffi che aveva in mano e sbatté un paio di volte le palpebre.
Non si era proprio reso conto che Lucy lo stesse fissando interrogativa.
Passò una mano tra i capelli rosa, come faceva tutte le volte che era nervoso, e poi le sorrise. Ma solo quello sapeva fare quando c’era lei? Davvero il suo cervello andava così in pappa?
Dopo essersi reso conto di aver appena fatto una figuraccia biascicò delle scuse:
“Mi dispiace, non volevo infastidirti,” ridacchiò “è solo che mi stavo annoiando a morte e i tuoi capelli erano così belli che non ho resistito a non toccarli.”
Lucy arrossì e con un sorriso timido si rigirò davanti.
Ma cosa diavolo stava facendo? Se iniziava a vergognarsi già da adesso come avrebbe fatto quando dopo la lezione gli avrebbe parlato.
Prese un respiro profondo e si ripeté che era tutto sotto controllo, anzi, quella era forse l’unica cosa di cui non si sarebbe dovuta sentire in imbarazzo. Infondo le aveva solo toccato i capelli perché si stava annoiando. Però tutte le volte che avevano avuto anche il minimo contatto fisico la reazione era stata la stessa.
Maledetti ormoni! 
Maledetto Natsu!
 
 

Quando la campana finalmente suonò e il professore ripose le sue cose, tutti gli studenti, si alzarono immediatamente dalle proprie sedie e si accalcarono a guardare fuori dalle finestre, speranzosi di vedere qualche genitore arrivare.
Lucy chiuse il suo quaderno e si guardò intorno alla ricerca di Natsu, solo che sembrava sparito nel nulla. Pensò che magari era uscito fuori dalla classe per farsi un giro o per andare in bagno.
Si alzò di fretta e corse fino alla porta. Per un soffio intravide la testa di Natsu svoltare l’angolo verso uno dei corridoi bui. Per raggiungerlo, visto che c’era abbastanza distanza fra di loro accelerò il passo e, anche lei, girò nella stessa direzione del rosa.
Lo vide camminare goffamente al centro del corridoio con le mani in tasca, mentre fischiettava una qualche melodia.
Non fece in tempo a chiamarlo che in un secondo era già sparito, questa volta però dentro una delle classi.
Okay, sapeva come andavano a finire queste cose; le aveva viste tante volte nei film horror.
La bionda che va in un posto buio per seguire un ragazzo, le urla e poi fine: tutti morti. Forse era il caso che lei e Juvia cambiassero genere cinematografico, si stava facendo suggestionare troppo.
Nonostante la voglia che aveva prima di seguirlo si era attenuata continuò lo stesso a camminare lungo il corridoio fino alla stanza dove anche Natsu era entrato.
Si appoggiò allo stipite della porta e, seminascosta, sbirciò all’intero dell’aula per vedere che cosa stesse facendo il ragazzo.
Rimase sorpresa quando lo trovò allungato su una fila di banchi con un braccio a coprirgli gli occhi e le cuffiette nelle orecchie con la musica ad alto volume – ne riusciva a sentire il ritmo martellante.
Rimase a contemplarlo per un bel po’, sembrava che stesse dormendo visto che il petto si alzava e abbassava lentamente.
Con lo sguardo seguì il suo profilo, partendo da una delle braccia muscolose appoggiata sullo stomaco, fino ad arrivare alle spalle larghe e alla mascella definita. Le labbra erano semiaperte e illuminate dalla luce del display del cellulare, sembravano così invitanti; avrebbe voluto toccargliele, se non baciargliele. Era come se gridassero: “Vieni Lucy. Ti stiamo aspettando!”
No no, ma cosa andava a pensare. Era proprio fuori di testa.
I capelli erano sparsi su tutto il tavolo, creando così una specie di corona rosa attorno alla sua testa.
Sarebbe rimaste le ore a guardarlo, però aveva cose molto più importanti da fare in quel momento e doveva anche darsi una mossa.
Mosse un piede all’interno della classe e con passo lento e silenzioso si avvicinò sempre di più a lui, fino a ritrovarsi a qualche centimetro di distanza. Si abbassò alla sua altezza e, sostenendosi sulla parte anteriore dei piedi avvolse le braccia intorno alle ginocchia.
I seni erano completamente compressi contro le cosce e il viso era proteso verso di lui.
Provò a debolmente a chiamarlo ma non rispose: “Natsu…”
Forse doveva lasciarlo in pace, infondo se era venuto a stare lì da solo un motivo ci doveva essere. Però era sicura che un’altra occasione del genere non le sarebbe mai più capitata, e poi non poteva portare avanti quella storia fino all’infinito, fino a quando entrambi non avrebbero deciso di mollare.
Non poteva permetterlo.
Natsu aveva fatto la prima mossa baciandola e adesso toccava a lei, lei doveva rimediare a quel momento rovinato, tutto per la sua stupida timidezza e per la sua insicurezza.
Aveva già perso troppe cose per poter arrendersi anche con lui.
Si sentiva una stupida a non riuscire nemmeno a chiamarlo.
Con un dito gli sfiorò appena la manica della felpa e pronunciò ancora il suo nome, questa volta con più decisione: “Natsu.”
Fu una questione di istanti: Natsu spostò di colpo il braccio e aprì gl’occhi, girandosi nella direzione di Lucy. La ragazza quasi sobbalzò nel ritrovarsi a pochi millimetri dal ragazzo; le punte dei loro nasi si sfioravano.
“Lucy…” pronunciò con voce roca che la fece quasi impazzire e per poco non perse l’equilibrio.
“N-natsu,” balbettò “i-io devo parlarti.”
Era fatta, aveva fatto il primo gradino, adesso però le mancava ancora tutta la rampa.
Natsu diventò serio e con uno scatto agile riuscì a sedersi su i banchi, dando ancora le spalle a Lucy. La ragazza attese che si girasse verso di lei per poter avere la sua totale attenzione.
Le mani le avevano iniziato a sudare e improvvisamente si sentiva la gola secca.
Mentre Natsu si girava verso di lei Lucy si era avvicinata alla finestra e l’aveva aperta, lasciando entrare l’aria fredda accompagnata da qualche goccia di pioggia che le bagnava appena il viso. Però non le importava, in quel momento tutto ciò di cui aveva bisogno era di aria fresca.
Le tende sottili svolazzavano a seconda del vento e lo stesso facevano i suoi capelli.
“Di cosa vuoi parlarmi” domandò Natsu vedendo che Lucy non aveva ancora pronunciato una sola parola.
Lucy posò le mani sul davanzale della finestra e strinse il marmo freddo e, dopo aver preso un bel respiro profondo iniziò a parlare.
“Io volevo parlarti di questo già la settimana scorsa. Quando stavamo andando al locale ma…” faceva male ricordare quella settimana fatta di lacrime e tristezza, quindi preferì non terminare la frase e lasciare che intuisse da solo di che giorno stesse parlando.
“Io voglio scusarmi con te, Natsu…”
“E di cosa?” rispose divertito il ragazzo.
“Di averti lasciato da solo sulla collina” sussurrò Lucy nervosissima. Poteva sentire chiaramente i battiti del suo cuore. “Mi sono comportata malissimo quella sera quando ti ho lasciato in quel modo, così, così maleducato e brusco!”
Non aveva il coraggio di guardarlo in faccia e l’unica cosa che riuscì a fare fu guardare davanti a sé, in un punto fuori dalla finestra e parlare, perché in quel momento le sembrava difficilissimo.
“Io non volevo farti rimanere male e darti l’impressione di non essere interessata a te… Tutto ciò che c’è stato fra noi è accaduto così in fretta che non me ne sono nemmeno resa conto. E questo credo mi abbia spaventata.”
Confessare i suoi sentimenti stava risultando più complicato e difficile di quello che si aspettava. Voleva dirgli tante altre cose, però in quel momento sembrava avere un vuoto di memoria e qualunque parola le sembrava completamente superflua. Non aveva la più pallida idea di cosa dire o fare.
Natsu sembrava essersi chiuso in un mutismo innaturale, chiaramente non da lui che aveva sempre qualcosa da dire e Lucy pensò che quello non doveva essere un buon segno.
Avrebbe voluto alzare lo sguardo e vedere che cosa stesse facendo, ma non ci riusciva, non poteva girarsi perché molto probabilmente sarebbe scoppiata a piangere come una bambina e poi sarebbe stato tutto ancora più difficile.
La campana che segnò la fine della ricreazione suonò, però a loro due non importava di non tornare in classe, in quel momento tutto quello che contava era chiarirsi.
Un annuncio da parte del preside fu l’unica cosa che fece voltare Lucy.
“Buongiorno ragazzi, come avete ben potuto vedere quest’oggi il tempo ci è contro. Perciò, per ragioni di sicurezza, le lezioni terminano qui. Abbiamo già avvisato i vostri genitori e alcuni di loro dovrebbero essere qui a momenti. Passate una buona giornata e speriamo che questa tempesta passi il prima possibile in modo da riprendere le lezioni regolarmente.”
L’unica nota positiva di quel discorso era che avevano tutti il tempo che volevano. Adesso non avevano più nessuna scusa per tirarsi indietro.
Lucy ormai era sul punto di piangere, sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi e sapeva che non sarebbe più riuscita a trattenerle. Natsu doveva dire qualcosa. Anche la più insignificante.
Davvero sarebbe finita in quel modo?
Natsu, ti prego, dì qualcosa. Fai qualcosa!
Sentì che il ragazzo si era alzato e si stava muovendo e sperò con tutto il suo cuore che non se ne andasse.
Tutto quello che voleva in quel momento era essere capita e farsi perdonare.
Natsu non sapeva cosa dire, per tutto il tempo era rimasta zitto, incapace di dire qualunque cosa. E questo non era da lui, insomma: lui era Natsu Dragneel! Lui avevasempre qualcosa da dire.
Solo gli sembrava di non riuscire a trovare le parole adatte per rispondere a Lucy.
“Lucy,” disse in un sussurro roco.
Perciò fece ciò che gli sembrava più logico.
Si alzò da quel banco e con passo lento si avvicinò a lei. La vide stringersi nelle spalle e fare lo stesso con la presa sul davanzale della finestra.
Si era fermato a guardarla, Lucy era così dolce e solare, i suoi sorrisi erano una delle cose più belle che avesse mai visto e adesso vederla lì, in quel modo, con i sensi di colpa per aver semplicemente avuto paura, era una cosa che gli faceva male e che non poteva sopportare.
L’unica cosa che gli venne in mente fu quella di andarle accanto, e aprire la finestra vicino alla sua, con solo le tende svolazzanti a separarli.
Con la coda dell’occhio la osservava e le sembrava così triste.
“Lu, guardami...” Fu l’unica cosa che riuscì a dire.
La ragazza girò la testa solo di un quarto e alternava lo sguardo da lui al paesaggio al di fuori della finestra.
“Lu, guardami.” Ripeté con un tono più duro che fece sobbalzare la bionda, che non si voltò comunque di più.
Stava per perdere la calma ed era infuriato con sé stesso, Lucy non doveva pensare che lui non tenesse a lei. Perciò seguì il suo istinto e, per la seconda volta, compié una delle azioni più irrazionali che avesse ma fatto in vita sua.
Scostò la tenda con un movimento brusco e prese Lucy per le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi.
Il marrone delle sue iridi era così caldo che ogni volta rischiava di perdersi nel guardarli. Era come se stesse nuotando in un’enorme tazza stracolma di dolce cioccolato fuso.
Lucy aveva gli occhi spalancati e lo guardava sbalordita, come la sera di quasi due settimane prima.
Natsu le lasciò delicatamente le spalle e con una mano le accarezzò la testa.
“Io non sono arrabbiato con te. Come potrei esserlo?” pronunciò il più dolce possibile con un sorriso sgembo.
La vide asciugarsi una lacrima con un lembo del maglione e poi riportare lo sguardo nel suo, con un sorriso timido sulle labbra carnose.
“Natsu…” disse singhiozzando “io credevo che tu ce l’avessi con me per non averti lasciato in quel modo. Non era mia intenzione credimi… Io ero solo-”
Natsu la fermò e le impedì di dire qualunque altra cosa perché sapeva che sarebbe scoppiata in lacrime e l’ultima cosa che voleva era vederla piangere.
Voleva solo vederla sorridere.
“Sai, Natsu, ogni volta che siamo vicini, per qualche strana ragione desidero sempre che ci sia una prossima volta. Credo che ci sia qualcosa di sbagliato in me. Non lo credi anche tu?” domandò inclinando la testa.
Natsu non poté fare a meno di sorriderle, “Vuoi sapere un’altra cosa, Lu? Provo la stessa identica sensazione. Forse c’è qualcosa di sbagliato anche in me. Credo però che insieme riusciremo a capirne il perché, ti va di provare?”
Il ragazzo con il braccio destro afferrò la tenda che aveva scostato prima e la tené tesa fra di loro.
Il tessuto non era molto spesso e potevano intravedersi.
Lucy lo guardava interrogativa, non aveva assolutamente idea di cosa avesse in mente.
Natsu le si avvicinò di scatto e posò le sue labbra su quelle di lei, lasciandola senza parole e sbalordita.
Il bacio non durò molto e fu un semplice bacio a stampo, che però era riuscito a sistemare tutto.
Natsu dopo qualche secondo si staccò e con un sorriso con tanto di fossetta se ne andò via, lasciando Lucy nella stanza, da sola, con un sorriso da ebete stampato sul volto e una mano a stringersi una porzione di maglione, proprio sopra il cuore.
Lucy guardò un’ultima volta fuori dalla finestra e vide che per fortuna aveva smesso di piovere come prima e una leggera pioggerellina aveva preso il suo posto.
Natsu era già uscito fuori dall’edificio scolastico e stava correndo per il vialetto nel tentativo di non bagnarsi, ma quando i loro occhi si incontrarono di nuovo non poté fare a meno di fermarsi e di sventolare la mano al vento, con tanto di sorriso a trentadue denti.
Adesso le cose si erano aggiustate e si erano lasciati con una nuova promessa e una nuova speranza. Una speranza che non sarebbe morta tanto facilmente.



























Angolo autrice:
Ehilà minnaaa!!!!
E anche questa volta non sono in ritardo! Un applauso per me! Yeahh!
Parto con il dirvi che questo capitolo non mi piace per niente, nella mia testa avevo tutt'altra idea e ho come l'impressione di non essermi espressa bene e di essere stata superficile nelle descrizioni dei sentimenti dei personaggi e/o dei luoghi.
Avrei voluto dedicari più tempo, ma se quel capitolo non veniva postato entro oggi l'avrei cancellato. Quindi eccomi qui a presentarvi questa cagatina!
Lo scorso capitolo ha avuto un sacco di successo e vi ringrazio di cuore per questo!
In questo avrei voluto che succedesse qualcosa di talmente magnifico che anche alla fine della storia ve ne sareste ricordati, ma ne dubito 
😂😂
Diciamo che questo dovrebbe essere il mio regalo di San Valentino per voi ❤❤ l'ennesimo che passo da sola, tra l'altro.😂 Sad life.
Forse alcuni di voi avranno notato che ho modificato il nome, ma state tranquilli, potete continuare a chiamarmi Hanae chan ^.^ infondo sono sempre io. L'ho fatto per il semplice motivo che non mi sono mi firmata Hanae chan, quindi mi sembrava superfluo tenerlo lì
 😂
Prima di dileguarmi ho un annuncio da fare:
Allora, nella recensione allo scorso capitolo, shitberrie, mi ha chiesto della Gruvia e beh, vi devo confessare che purtroppo qui non credo che sarò in grado di dare loro molto spazio. PERÒ, c'è un però, siccome non voglio deludere voi, fan della Gruvia e considerando anche il fatto che ho diverse idee su loro due ho pensato di scrivere uno spin-off solo sulla Gruvia. Quindi una mini-long su come si è evoluto il loro rapporto dopo Capodanno e di come è andata a finire, spiegato molto nel dettaglio. Tutto questo però accadrà solo dopo Stella d'estate, dove verranno citati come coppia già formata, senza scendere nei particolari.
Ah, per la gioia di tutte voi ho modificato il capitolo precedente e cambiato Midnight con Jackal! ^.^

Dopo questo breve avviso credo sia il caso di passare ai ringraziamenti. ^.^
Grazie mille a Sayaka chan 94, Gnarly, tanomax, daimler, shitberrie, Dark_Angel_love e naku_kun94.
Spero davvero di cuore che anche questo capitolo che a me continua a non piacere  sia stato di vostro gradimento e che non vi abbia deluso troppo.
Se trovate qualche errore vi prego di segnalarmelo e magari fatemi sapere che che cosa ne pensate dello spin-off ^.^
Un bacio,

Hanae

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8





 
La scuola rimase chiusa per un’altra settimana, a causa di altri danni arrecati dal brutto tempo il sindaco aveva annunciato la chiusura di uffici e scuole. Ciò voleva dire solo una cosa per Lucy: non aver potuto vedere Natsu.
Da quando si erano lasciati sette giorni prima con quella promessa silenziosa in lei era cresciuta sempre di più la voglia di vederlo. Sentiva che qualcosa di importante era finalmente accaduto.
In quei giorni le era sembrato normalissimo sorridere, anche per la cosa più stupida e, per la prima volta non vedeva l’ora di tornare a scuola.
In più in quei giorni sarebbe anche tornata Levy dalla sua vacanza studio e non vedeva l’ora di raccontarle tutto, sia a lei che a Juvia.
Sognava ogni giorno a occhi aperti sul prossimo incontro che avrebbe avuto con Natsu, però c’era anche una cosa che la preoccupava molto; o meglio, una persona: Lisanna.
Non aveva potuto fare a meno di pensare che fosse stata colpa dell’albina se per quel breve periodo prima della riconciliazione non si fossero parlati, e lei non voleva che fosse così, però quella sensazione l’aveva perseguitata per tutto il tempo e non poteva fare a meno di scervellarsi. Pensava che Lisanna l’avrebbe odiata perché si era messa tra lei e Natsu. Non era di certo ceca e aveva visto benissimo come lo guardasse, i sorrisi che le venivano così naturali ogni volta che lui le parlava, e Lucy ogni volta sentiva una morsa nello stomaco che le faceva desiderare di essere al posto di Lisanna a ricevere tutte quelle attenzioni. Anche Lisanna era innamorata di Natsu e questo era un problema, per entrambe, perché alla fine una delle due ne sarebbe uscita distrutta. Si sentiva come se fosse una spina nel fianco arrivata per distruggere il loro rapporto. In un certo senso aveva anche paura della Strauss, lei rappresentava tutte le qualità che un ragazzo cercava: popolarità, grazia, gentilezza, intelligenza, femminilità e bellezza. Lei a malapena ne possedeva due di quelle caratteristiche.
Doveva smetterla di pensarci, doveva trovare un buon passatempo o quegli ultimi giorni di vacanze forzate non sarebbero finiti mai.
Le uniche cose possibile da fare era mettersi a leggere un bel libro, guardare la TV o cucinare qualche dolce. Ovviamente optò per la prima opzione; se accendeva la televisione era sicura che le sarebbero capitati tutti film romantici ed erano l’ultima cosa che le serviva per risollevarle il morale. Di cucinare non avrebbe dovuto pensarci nemmeno, ai fornelli era un disastro e non ci teneva per niente a far esplodere la cucina o a morire per un’intossicazione alimentare.
Si alzò dal divano sul quale era stata seduta per quasi tutta la mattinata e entrò nella sua camera, dirigendosi alla grande libreria che occupava buona parte di quelle quattro mura.
Era intenta a leggere le copertine dei libri quando il campanello del suo appartamento suonò.
Chi poteva mai essere? Nessuno sarebbe mai uscito con quel tempo.
Posò il libro che aveva scelto sul comodino bianco accanto al suo letto e con passo veloce si diresse verso la porta.
“Arrivo!” gridò dal corridoio visto che la persona dall’altra parte continuava a suonarlo senza sosta.
Afferrò la maniglia della porta e con un movimento veloce la abbassò, aprendo la porta.
Si sarebbe aspettata di trovare chiunque sul pianerottolo, ma di certo l’ultima persona era proprio Natsu.
Quando si rese finalmente conto di chi aveva difronte rimase pietrificata dallo stupore. Come diavolo faceva a sapere dove abitava?
“Ehilà” disse il ragazzo salutandola con  il braccio sinistro alzato e due dita unite vicino alla fronte.
“N-natsu!” esclamò con la voce più acuta del solito “c-che ci fai qua? Non dovresti essere a casa tua?” e sottolineò bene il ‘tua’, perché nel caso non se ne fosse reso conto quella non era per niente il suo appartamento.
“Ero appena uscito dalla palestra quando ha iniziato a piovere e casa tua era più vicina della mia, così sono venuto qui. Spero non ti dispiaccia.” Spiegò ridacchiando ed entrando dentro, come se fosse appunto casa sua.
Lucy fu costretta a spostarsi di lato e lasciarlo passare visto che non aveva scelta. Richiuse la porta e lo guardò posare la borsa rossa completamente bagnata della palestra accanto al divano, creando una piccola pozza d’acqua intorno ad essa.
“Fa come se fossi a casa tua…” disse sarcasticamente in un sussurro.
Natsu intanto si guardava intorno e ispezionava da lontano la cucina.
“Come hai fatto a sapere dove abitavo?” gli domandò prendendo la sua borsa per spostarla vicino alla porta.
“Ci sono già stato una volta, ricordi?”
Ma quanto diavolo pesava quella stupida borsa?
“Quella volta eri ubriaco fradicio, è impossibile che ti ricordi la posizione esatta!”
“Ti sembrerà strano, ma per qualche ragione so esattamente dove si trova,” rispose slacciandosi le scarpe anch’esse completamente zuppe dandole le spalle “forse è perché ha a che fare con te.”
Il cuore di Lucy perse un battito e quasi non si schiacciò i piedi con il borsone. Non ci poteva credere che avesse detto una cosa del genere con così tanta leggerezza.
Dall’ultima volta che l’aveva visto le sembrava una persona completamente diversa; era ritornato a essere il ragazzo che aveva osservato per tanti anni da lontano scherzare con i suoi amici e di cui si era anche innamorata.
Uno starnuto da parte del rosa la fece tornare con i piedi per terra.
“Credo sia il caso che ti faccia una doccia, non puoi restare di certo zuppo.”
Natsu sorrise pieno di gratitudine e si iniziò a slacciare la felpa che aveva aderito perfettamente al suo corpo fino a qualche istante prima. Si sfilò anche la maglietta, la sciarpa e i pantaloncini, rimanendo solo con un paio di boxer molto, molto aderenti che lasciavano davvero troppo poco all’immaginazione di Lucy.
Non che le dispiacesse, anche prima era rimasta a osservare incantata come quei vestiti completamente appiccicati al suo corpo lo rendessero ancora più attraente e bello. Tutti si suoi muscoli venivano messi in risalto e le veniva una voglia quasi incontrollata di toccarli e sentire ogni curva e avvallamento di quel petto e quelle braccia. Quando però il suo sguardo cadde un po’ più in basso si vergognò tantissimo, non avrebbe mai dovuto guardare, insomma, si vedeva tutto. Tutto!
E il bello è che lui sembrava farlo a posta.
Baka.
In quel momento si sentì stranamente accaldata.
Diventò rossa come un pomodoro e rimase senza parole dalla totale mancanza di pudore del ragazzo.
Doppiamente baka.
“Ma cosa diavolo fai?!” urlò tirandogli una delle sue scarpe contro quando aveva iniziato a tirarsi giù anche i boxer.
 
 
“Non ti hanno insegnato che ci si toglie i vestiti in bagno?!” lo rimproverò picchiettando nervosamente il dito indice sull’avambraccio da dietro la porta del bagno dopo avergli portato un asciugamano pulito e aver raccolto tutti i suoi vestiti sparsi per la casa e averli anche stesi.
Non ricevette nessuna risposta dal ragazzo e si spazientì perché sapeva che l’aveva sentita, l’acqua non scorreva più ed era sicura di aver usato un tono di voce abbastanza alto.
Quando decretò che era passato troppo tempo da quando gli aveva passato l’asciugamano si girò verso la porta di legno e alzò il pugno chiuso per bussare e vedere che cosa stesse accadendo, magari era scivolato e si era fatto male. Doveva assicurarsi che stesse bene.
Stava per girare la manopola della maniglia quando Natsu, dall’altra parte fece lo stesso, facendo perdere l’equilibrio a Lucy, che un momento prima si ritrovò con il naso spiaccicato sui pettorali di Natsu e quello dopo con il sedere sul pavimento – tanto per cambiare.
Dovevano smettere di fare quei tipi di incontri, per la sua salute fisica e mentale, soprattutto mentale. Tutto quel ben di Dio doveva restare coperto, almeno per un altro po’.
Alzare la testa per guardarlo in faccia fu una delle cose più sbagliate che decise di fare perché era praticamente mezzo nudo, con solo uno striminzito asciugamano a coprire le sue grazie.
Rischiò uno svenimento da pressione sanguigna troppo alta, non solamente per la vampata di calore che le era arrivata in faccia dal bagno, ma anche da altro.
“Ehi, tutto bene?” le domandò abbassandosi alla sua altezza.
“Sì, sì certo!” rispose spalancando gli occhi.
“Che cosa ci facevi dietro alla porta?” chiese ghignando divertito.
“I-io niente! Volevo solo assicurarmi che stessi bene visto che non rispondevi!” squittì agitando le mani davanti al viso.
Natsu ridacchiò divertito e si alzò da terra, prendendo per un polso anche Lucy in modo da aiutarla a tirarsi su con sé.
“In bagno ho trovato una cosa molto interessante” riprese con uno sguardo stranamente malizioso e un braccio nascosto dietro la schiena “ho trovato questo” concluse mostrandole ciò che teneva in mano.
A Lucy per poco non prese un infarto: Natsu stava tenendo in mano un suo reggiseno, un suo stramaledettissimo reggiseno!
Il suono di un sonoro schiaffo rimbombò per tutto l’appartamento.
“Ahi, guarda che mi hai fatto male.”
“E ti sta bene!” Lucy era molto arrabbiata con Natsu, più che arrabbiata si vergognava da morire. Lui doveva essere l’ultima persona a vedere uno dei reggiseni.
Tutta colpa del suo disordine.
Erano ancora davanti alla porta del bagno e lo guardava ancora imbronciata quando ad un tratto scoppiò a ridere. Aveva iniziato a ridere senza potersi fermare.
Natsu la guardò interrogativo e molto probabilmente pensò che fosse matta, però la sua risata era così bella e contagiosa che non poté fare a meno di ridere anche lui.
“Sai, questa scena mi sembra molto familiare” Lucy era costretta a tenersi lo stomaco per il troppo sforzo.
“Dici?”
“Sì, solo che quella mezza nuda ero io” disse tra una risata e l’altra.
“Però quello con la cinquina sulla faccia sono sempre io”
“Te la sei meritata, in entrambi i casi.”
I due smisero di ridere, con le guance che dolevano a entrambi per lo sforzo eccessivo e i muscoli dello stomaco nelle stesse condizioni.
Adesso si guardavano negli occhi ed entrambi sorridevano spensierati, ognuno perso nello sguardo dell’altra.
Natsu voleva sentire ancora un volta la risata cristallina della ragazza perché era così bella e pura che lo coinvolgeva a pieno.
Le si fece più vicino e con le mani avanti e un mezzo sorriso agitò le dita verso la sua pancia.
“Oh no, tu non oserai” lo minacciò Lucy schiacciandosi contro il muro, se c’era una cosa a cui non poteva resistere era il solletico. Lo aveva sempre sofferto, fin da piccola era stato il suo punto debole.
Natsu però accorciò ancora di più le distanze fra di loro e quando finalmente la incastrò tra il muro e il suo corpo le sue dita veloci le provocarono delle sonore risate, così contagiose da far ridere ancora una volta lui.
Lucy non riusciva a controllarsi e stava per perdere la testa, non solamente per il solletico, ma anche perché le dita di Natsu sulla sua pelle le facevano andare in tilt il cervello.
E come quel gioco di risate era iniziato nello stesso modo era anche finito con loro due più vicini del solito, circondati dal silenzio e gli occhi impegnati a studiarsi.
Era così vicino a lei che anche volendo non sarebbe riuscita ad andare via da quella morsa. Natsu aveva smesso di farle il solletico e aveva appoggiato le sue dita sui suoi fianchi morbidi. Si guardavano negli occhi e l’unico rumore udibile in quel momento era l’eco della pioggia che sbatteva contro i vetri delle finestre e i loro cuori che battevano. Lucy aveva poggiato le mani sottili su quelle grandi di Natsu e lui le aveva afferrato le punte della dita, stringendole appena.
Il ragazzo non ero molto più alto di lei, ma lo era per quel poco che bastava per farla sentire protetta. Quei quindici venti centimetri di differenza permisero a Natsu di abbassare la testa e poggiare la propria fronte su quella di Lucy; chiuse gli occhi e aspirò il suo profumo. Lucy anche chiuse gli occhi e, staccando le mani da quelle del rosa le fece scorrere lungo i suoi avambracci, avanti e indietro, percependo una leggera peluria che le solleticava i polpastrelli sensibili. Le mani salirono più sopra, fino a raggiungere anche le spalle e mentre faceva su e giù sentiva la forma ben definita di ogni suo muscolo.
Natsu intanto continuava a tenere gli occhi chiusi e la testa appoggiata su quella della biondina, beandosi di ogni suo tocco così delicato e appagante. Le sue mani adesso erano arrivate anche al collo e piano, un po’ incerte scesero anche sul petto, tracciando linee dritte tra i solchi dei muscoli, per poi soffermarsi sul fianco sinistro. Con il dito seguì i solchi di quella strana cicatrice e forma di “X” che aveva notato tempo prima ma che non aveva mai saputo da cosa fosse stata causata.
Il ragazzo aveva ancora solamente l’asciugamano, ma a Lucy non importava più, in quel momento tutto l’imbarazzo sembrava essere sparito e tutto ciò che voleva era continuare quel contatto.
Natsu staccò la testa da lei e le iniziò ad accarezzare una guancia con un pollice. Lucy ripercorse a ritroso il sentiero che le sue dita avevano tracciato poco prima sul petto di Natsu e le riportò sui suoi pettorali. Era anche in grado di sentire il suo cuore battere sotto la sua pelle.
Entrambi fecero incontrare i loro sguardi e, con grande sorpresa del ragazzo Lucy fu la prima ad avventarsi famelica sulle sue labbra in un appassionante bacio.
Quel bacio era diverso dagli altri che si erano scambiati fino a quel momento, quello era un bacio che entrambi bramavano da tempo, uno dato con la consapevolezza di essere corrisposto nella stessa appassionante maniera.
Le mani calde di Natsu si erano spostate dai fianchi e le avevano iniziato ad accarezzare il collo e le guance, lasciando delle scie bollenti.
Le dita sottili di Lucy si erano intrufolate nei capelli rosa ancora umidi di Natsu tirandone ogni tanto qualche morbida ciocca e, alzandosi in punta di piedi per raggiungere meglio le labbra del ragazzo si aggrappò al suo collo, continuando a strattonargli i capelli.
Si staccarono solo quando entrambi sembravano non avere più fiato e, ansimanti, si spostarono sul divano, per continuare ciò che avevano iniziato.
Era un continuo danzare di lingue e baci umidi dati ai lati della bocca.
Lucy finì sopra di lui e continuarono a baciarsi, per tutto il pomeriggio, fino a quando gli stomachi di entrambi non reclamarono del cibo.
Dopo aver mangiato un rapido ramen e, un cambio d’abito necessario da parte di Natsu che indossò di nuovo i pantaloni della palestra e la maglietta ormai asciutti si sedettero sul divano per vedere un film.
Lucy aveva le labbra gonfie e dolenti, infondo avevano appena passato le ultime ore ad essere torturate dai denti di Natsu senza sosta.
La ragazza si sentiva la persona più felice del mondo in quel momento e le sembrava quasi che lei e Natsu fossero una coppia, intenta a fare cose da coppia, in un normalissimo giorno di coppia.
Però lei e Natsu non erano una coppia, o almeno non ancora.
Per tutta la durata del film non avevano fatto altro che tenersi per mano e scambiarsi ogni tanto qualche sguardo divertito e soddisfatto. Lucy con la coda dell’occhio aveva passato quasi i tre quarti del film a osservarlo. Era rimasta ancora una volta incantata da quel suo profilo scolpito però con ancora quei tratti morbidi tipici di un adolescente, le sue labbra gonfie di baci e il suo sorriso, che prendeva il sopravvento ogni tre per due, facendola sentire orgogliosa di sé e felice di essere lì in quel momento.
Alla fine terminò per addormentarsi sulla spalla di Natsu e lo stesso fece lui. Venne svegliata da un tuono molto potente e, stropicciandosi gli occhi ancora assonnati cercò di vedere che ora fosse. L’orologio segnava le 3:00 del mattino, era tardissimo e lei si sentiva stanchissima, sarebbe voluta rimanere a dormire sul divano con Natsu, però aveva bisogno del suo letto più di ogni altra cosa.
Si alzò piano e dopo essere riuscita a far allungare il ragazzo lo coprì con un plaid posato su uno dei braccioli del divano.
Mentre andava in camera sua si fermò all’inizio del corridoio e si appoggiò allo stipite della porta e osservò Natsu. Le venne da ridere perché mentre dormiva assumeva una posa davvero buffa, le braccia buttate sopra la testa, le gambe e la bocca aperta. Davvero molto elegante si disse ridacchiando.
Quando sentì che si sarebbe potuta addormentare in piedi si costrinse ad andare a letto; si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi, che però riaprì pochi minuti dopo.
Iniziò a girarsi e rigirarsi nel letto senza trovare una posizione comoda per potersi finalmente addormentare. Sbuffò scocciata e aprì gli occhi, puntandoli sul muro accanto a sé, dove si era rigirata l’ultima volta.
Riprovò a chiudere gli occhi ma niente, non c’era verso di addormentarsi.
Sentì un rumore di passi, uno spostamento d’aria sotto le coperte e un istante dopo si ritrovò stretta nell’abbraccio di Natsu. La sua schiena contro il suo petto e le braccia intorno alla vita.
Quando se l’era ritrovato davanti alla porta di casa non poteva crede che fosse davvero lui. Però c’era una cosa che non tornava nei ragionamenti di Lucy, perché sì, lei ci aveva pensato mentre Natsu si lavava per quale motivo fosse andato proprio da lei; primo, nessuno sarebbe uscito con quel tempo a meno che non fosse stata una cosa di vitale importanza e, secondo, sapeva che l’unica palestra in tutta Magnolia era più vicina alla scuola, e questo voleva dire che era anche più vicina alla casa di Lisanna Strauss. Li aveva visti dove si dirigevano e quelle poche volte in cui aveva preso quella direzione Lisanna percorreva sempre la stessa strada. Quindi la sua domanda principale era:
“Natsu, perché non sei andato da Lisanna?”
Il ragazzo aprì un occhio, stanco e Lucy ne approfittò per girarsi verso di lui, in modo da poterlo guardare in faccia.
“Perché sarei dovuto andare da lei?” domandò con voce roca.
“Perché so che casa sua era più vicina.”
Natsu non rispose e con un braccio avvicinò Lucy a sé, affondando il viso nei suo capelli. Lucy però voleva sapere come mai.
Era vero che ormai a entrambi era palese che si piacessero a vicenda, però aveva anche capito che per lui Lisanna era importante e per quanto ne sapeva si conoscevano da anni.
“Volevo passare del tempo con te” mugugnò svogliatamente, stava chiaramente cercando di evitare il discorso.
“Natsu” lo richiamò facendo leva sui gomiti per mettersi dritta.
Il ragazzo con un sbuffo annoiato si stese su un fianco e le diede finalmente l’attenzione che desiderava.
“Abbiamo litigato. Ieri era venuta da me e ha provato a baciarmi, io però l’ho fermata e beh, non è finita bene…” disse massaggiandosi la guancia opposta a quella che aveva schiaffeggiato la bionda poco prima.
Lucy aveva preso un lembo della sua maglietta e aveva iniziato ad attorcigliarlo tra le dita nervosamente perché si sentiva in colpa per quello che era successo tra loro, era colpa sua se Lisanna si era arrabbiata e adesso avevano litigato.
“Mi dispiace…” sussurrò “credo sia colpa mia se Lisanna ti abbia trattato così. Infondo anche lei è innamorata di te…”
Natsu trasalì all’ultima frase e si mise dritto in un secondo, come se tutta la stanchezza di prima fosse solo uno strano ricordo legato al passato
“C-come hai detto? Lisanna innamorata di me? Ahahah questa è bella Lu, io e Lisanna ci conosciamo da una vita è impossibile che-” lo sguardo di Natsu si era perso nel vuoto ed era rimasto a bocca aperta, incapace di concretizzare la teoria che Lucy e, per ultimo lui stesso avevano appena realizzato “non ci credo…”
“Davvero non l’avevi capito?” domandò Lucy sfiorandogli la spalla con un sorriso triste. Si era appena sentita triste per lei perché sapeva cosa voleva dire soffrire in silenzio e nonostante la Strauss aveva avuto molte occasioni per provargli i suoi sentimenti Natsu non ne aveva colta nemmeno una.
A volte riusciva ad essere davvero un bambino ingenuo.
Il ragazzo scosse la testa in risposta alla domanda della bionda e la guardò con uno sguardo perso e quasi disperato.
Gli accarezzò una guancia e cercò di rassicurarlo abbracciandolo “Tutto si sistemerà. Non credere che solo perché tu non hai mai capito che cosa provasse per te lei ti odia. Infondo è pur sempre Lisanna, no? Sono sicura che prima o poi capirà e presto farete pace.”
Natsu le circondò la vita con le braccia e affondò il viso nel suo collo.
“Grazie” sussurrò facendo sorridere Lucy.












































Angolo autrice:
Ehilà! Da quanto tempo, eh? È quasi un mese che non aggiornavo e beh, è davvero tanto.
Non girerò troppo intorno al fatto che l'ispirazione era poca e che sono arrivata a un punto cruciale della storia dove se non mi scrivo le idee per ogni capitolo poi me le scordo e addio storia.
Questo infatti è ciò che è successo con questo capitolo più o meno. Forse avrei voluto far accadere cose diverse, però non sono scontenta di come sia uscito fuori, anzi per essere un capitolo di-passaggio-intesamente-Nalu è venuto fuori più che bene.

Prima dei ringraziamenti vorrei solo spammarmi una One che ho scritto ultimamente e che tengo davvero a farvela leggere: Hold On, Natsu. Non è nulla di che, solo un piccolo sfogo per cercare di sbloccarmi.
Come sempre vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno recensito, quindi grazie mille a Lilla_1309, tanomax, Sayaka chan 94, Dark_Angel_love e naku_kun94.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che non abbia deluso troppo le vostre aspettative visto che siete stati costretti ad aspettare un'eternità ^.^
Un bacio,

Hanae 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9






 
Per le due settimane seguenti al loro primo incontro segreto si erano susseguite molte altre situazioni del genere e ogni volta che i loro sguardi si incontravano o si trovavano vicini, sgattaiolavano via per andare in un posto più appartato per baciarsi. Le labbra di Lucy erano diventati due canotti gonfiabili.
Ormai era diventato quasi un bisogno vedersi e scambiarsi quei caldi baci.
Natsu a volte era anche venuto a trovarla a sorpresa a casa, entrando da quella finestra che ogni volta dimenticava di chiudere, facendole prendere degli spaventi allucinanti.
A scuola nessuno sapeva di loro e di ciò che era successo, nemmeno Juvia e Levy, che però, secondo la bionda iniziavano a sospettare qualcosa - le labbra gonfie, il lucida labbra sbavato, i capelli arruffati e i vestiti spiegazzati non erano per niente un indizio. No, no.
E nemmeno quel costante sorriso da ebete stampato sulle labbra.
Averlo accanto a sé e sentirlo quasi suo la faceva sentire al settimo cielo. Nonostante tutto andasse bene c'era una cosa che la turbava, a dire il vero erano ben due: prima di tutto ancora non sapeva in che rapporti fosse con lui. Cioè, lo sapeva, ovviamente, però non l'aveva ancora definito, ecco. Non sapeva se fossero conoscenti, amanti o, nel peggiore dei casi amici con dei benefici e se le cose stavano davvero in quel modo quasi si sentiva male al solo pensiero perché voleva dire che non l’amasse...
E poi Lisanna, con lei non sapeva cosa fosse successo dopo che Natsu era andato a casa sua. Aveva provato molte volte a estorcergli qualche informazione, però lui cambiava sempre discorso o iniziava a baciarla e lei, da brava ragazza innamorata quale era, si scordava di ogni buon proposito e si lasciava dominare da quelle labbra che ad ogni loro passaggio lasciavano dei marchi rossi tendenti al violaceo. 
L'unica cosa che era riuscita a capire era che i due ancora non si parlassero, solo lo stretto necessario. Poteva vedere che entrambi ne soffrivano e di conseguenza ci stava male pure lei, passava le nottate intere a sentirsi in colpa per stare con il rosato e a ripensare agli occhi tristi e peni di lacrime dell'albina nonostante sapeva che non doveva starci male accadeva tutto il contrario. Si rivedeva in lei e in parte si sentiva anche in colpa, perché se non fosse arrivata e soprattutto se si fosse stata zitta adesso Natsu non si sarebbe accorto dell'amore di Lisanna e per lei sarebbe stato tutto più facile - o per lo meno avrebbe avuto qualche senso di colpa in meno.
Avrebbe voluto avvicinarsi a Lisanna e parlarle, ma lei per prima non avrebbe provato a socializzare con la persona che le aveva rubato il suo potenziale e quasi certo fidanzato.
Eppure Natsu in tutti quegli anni non si era accorto di niente e aveva finito per innamorarsi di lei e questo doveva rassicurarla, però quel suo cuore tenero che tante volte era stato una sua debolezza l'aveva tradita ancora. Avrebbe dovuto provare pena per sé stessa per non aver ancora fatto capire a Natsu che magari voleva andare oltre quegli incontri fatti solo di baci di nascosto. Lei voleva una relazione seria.
In quel momento però doveva concentrarsi su storia e non pensare a Natsu e Lisanna!
Forza Lucy, concentrati.
Concentrati!
Si sentì picchiettare dietro la schiena da qualcuno e quando si girò vide Juvia chiederle se stesse bene, perché le sembrava più distratta del solito.
Lucy le fece segno di sì con la testa e si rigirò davanti cercando di prendere appunti, però era tutto inutile, non ce la faceva proprio a seguire le spiegazioni del professore e non solo perché aveva la testa tra le nuvole ed era stanca, forse era il caso di prendere una boccata d’aria.
“Sensei, posso andare in bagno?”
I corridoi della scuola erano deserti e siccome il bagno delle ragazze al loro piano era fuori uso fu costretta ad andare a quello del piano superiore, dove erano situate anche le altre sezioni del suo anno.
Spinse la porta color rosa antico dei bagni femminili e vi ci entrò, avvicinandosi agli specchi per aggiustarsi i capelli e controllare in che condizioni fossero le sue occhiaie – l’aveva detto che non ci dormiva la notte.
Era intenta a sistemarsi alcuni ciuffi ribelli sfuggiti al controllo del fiocco blu quando le sembrò di sentire singhiozzare. Tese bene l’orecchio per accertarsi di aver sentito bene – ci mancava solo che fosse anche mezza sorda e si immaginasse le cose.
Con passo leggero percorse tutta la fila dei bagni, guardando attraverso il piccolo spazietto sotto ogni porta e solo quando arrivò alla fine vide un paio di scarpe sbucare da sotto e sentì dei singhiozzi stozzati e mal trattenuti.
Provò a concentrarsi per vedere se riusciva a riconoscerne la voce e, quando finalmente associò chi fosse la persona in lacrime dentro quel bagno le si strinse il cuore e fu costretta a cercare un appoggio alla parete.
Non riusciva a capacitarsi che ci fosse Lisanna dentro quel bagno, probabilmente con due occhi più gonfi di due canotti gonfiabili e il naso colante.
Attese alcuni istanti ancora saldamente incollata alla parete fredda delle mattonelle prima di avvicinarsi alla porta e cercare di ascoltare e capire se fosse successo qualcosa di più serio rispetto a quello che aveva in mente.
Purtroppo però i suoi sospetti diventarono fondati e capì che Lisanna stesse piangendo per Natsu. Si sentiva tremendamente in colpa e una terribile morsa al cuore che lo faceva rimbombare nelle sue orecchie insieme all’eco incontrollabile che ormai era diventato il suono dei singhiozzi dell’albina.
Doveva fare qualcosa per far smettere quella terribile sensazione o avrebbe finito per collassare dal senso di colpa.
Ovviamente non poteva fare molto e forse era la persona più sbagliata per consolarla, però non poteva stare lì ferma, dietro quella porta come una codarda a origliare un momento così delicato e privato.
Spostò il peso del suo corpo sull’altro piede e avvicinò il pungo chiuso sul legno della porta per bussare, aveva le mani completamente sudate.
Mancavano pochissimi millimetri prima che le sue nocche risuonassero sorde nel bagno, quando venne interrotta da una voce maschile molto profonda al di fuori della stanza.
“Lisanna! Ehi, Lisanna mi senti? So che sei lì dentro, esci per favore.”
Lucy ritrasse subito la mano e, silenziosamente come prima sgattaiolò fuori dal bagno, andando a sbattere contro uno studente che bussava insistentemente nel tentativo di richiamare Lisanna.
Quando mise a fuoco chi fosse sbiancò dalla paura: un omone alto almeno due metri con gli stessi capelli argentati e occhi blu della Strauss con un principio di basette molto folte ai lati delle orecchie e muscoli a non finire era lì.
Lucy deglutì rumorosamente perché aveva capito chi fosse ed era un cattivo segno, anzi, cattivissimo: il fratello di Lisanna, Elfman sapeva.
Era morta e in tante piccole parti. Già vedeva la sua lapide al cimitero, accanto a quella dei suoi.
Elfman non aveva di certo la fama di essere un tipo tranquillo, da quello che sapeva, aveva picchiato diversi ragazzi che ci avevano provato con sua sorella maggiore o che avessero solo provato a rivolgergli la parola.
La guardò con le sopracciglia aggrottate dall’alto al basso.
“Ehi, tu. Hai per caso visto mia sorella lì dentro?”
Lucy trasalì, presa dal panico e troppo impegnata a cercare mentalmente una via di fuga dimenticò anche che avesse il dono della parola, per cui rispose scrollando energicamente la testa di no, che non l’aveva vista.
Il ragazzo evidentemente stranito dalla sua reazione la guardò interrogativo per poi riprendere a chiamare.
Lucy come un razzo schizzò via e girò il corridoio, infilandosi sotto lo sguardo interrogativo di alunni e insegnante.
Era nei guai, guai grossi. Se quell’energumeno veniva a sapere che lei era una delle possibili – ma che dico, quasi certa – causa della sofferenza della sua amata sorellina minore era morta, non le rimaneva altro che sperare che non picchiasse le ragazze e che non sapesse di lei.
Si mise le mani nei capelli e ne tirò qualche ciocca per il nervosismo e chiuse gli occhi e quando li riaprì, trovò un bigliettino accartocciato sotto il suo naso.

 
“Farai meglio a dirci che sta succedendo perché sei più strana del solito.
Ci vediamo dopo scuola al solito bar, non prendere impegni.
E non mancare!”

-Levy e Juvia

Guardò alle sue spalle e fu fulminata dagli sguardi severi delle due ragazze che pretendevano di sapere.
 
 
 
 
Dopo scuola, con riluttanza, si avviò verso il bar dove aveva appuntamento con Levy e Juvia. Al suo arrivo le due ragazze erano già sedute su dei comodi divanetti color ocra, quelli che di solito occupavano. Stavano parlando fittamente tra loro e molto probabilmente non era buon segno, soprattutto quando la videro sulla porta e la incitarono un po’ troppo vivacemente a raggiungerle.
Si sedette con calma, sotto lo sguardo attento delle due, che non appena posò comodamente i glutei la iniziarono a sommergere di domande.
“Ragazze, calma. Vi sto dicendo che non è successo niente.”
“Non raccontarci frottole, sappiamo entrambe che è successo qualcosa con Natsu.” Esclamò Levy bevendo un lungo sorso dal suo tè.
Lucy divenne rossa come la red velvet che aveva ordinato e abbassò il capo. Anche se loro erano le sue amiche si vergognava comunque a parlarne, soprattutto se poi doveva raccontare di ciò che aveva visto oggi nel bagno.
“So che ci hai detto di non immischiarci, però Juvia e Levy sono preoccupate per Lucy” disse l’azzurra che era stata messa al corrente da poco tempo degli ultimi avvenimenti.
Forse le due ragazze avevano ragione, un aiuto in quel momento non sarebbe stato affatto male.
Alla fine decise di vuotare il sacco e raccontare quanto più dettagliatamente poteva – sotto richiesta delle due – ogni situazione.
Di certo non rimasero sorprese nello scoprire che anche Lisanna fosse innamorata di Natsu, anzi, Levy affermò che sin dall’asilo quei due erano legati e che lei aveva una cotta per lui.
Furono però abbastanza preoccupate nello scoprire che Elfman fosse a conoscenza di tutto ciò, perché sapevano entrambe che aveva problemi a controllare la rabbia e, anche se dubitassero fortemente che arrivasse a picchiare una ragazza, c’era comunque il rischio che combinasse qualcosa. Quando c’erano di mezzo le sorelle quel ragazzo perdeva la ragione e faceva di tutto per proteggerle.
“Juvia e Levy hanno fatto bene a farti venire qui. Questa è una cosa grave!”
“Ha ragione, perché se Elfman arriva a farti del male allora qui si va oltre voi tre,” spiegò Levy “è sempre meglio che in queste situazione ci sia qualcuno a sapere cosa sia successo; per intervenire in caso di bisogno.”
“Forse avete ragione,” rifletté “però l’ultima cosa che voglio è che qualcuno si faccia male, sia fisicamente che emotivamente.”
“Ma in questo caso non si può evitare; il male emotivo intendo. Sei tu o Lisanna e a quanto pare Natsu ha scelto te.” Le fece notare Levy sistemandosi la fascia arancione dietro alle orecchie coordinata al cappotto.
“Ma io non voglio che soffra! Non è giusto, forse quella che più merita Natsu è proprio lei…”
“Ma cosa diavolo dici!” la interruppe Levy “nessuno merita nessuno, qui è una questione di cuore. Se Natsu ama te non puoi farci niente e poi anche tu ti meriti un po’ di felicità. Non puoi essere sempre quella che soffre.”
“Juvia la pensa esattamente come Levy e crede anche che Lucy a volte debba essere un po’ più egoista su alcune cose.”
Lucy che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi fissi sul suo piatto li aveva improvvisamente spalancati, colpita dalla profondità delle loro parole.
Se doveva essere sincera si aspettava di tutto, tranne che quello; le avevano appena sbattuto in faccia la realtà che lei aveva sempre cercato di non vedere.
Erano state più le volte in cui era stata felice per un conoscente che per sé stessa, aveva rinunciato a tante cose nella vita e affrontate altrettante e sì, avevano ragione, in quel momento era giusto che fosse egoista. Lisanna aveva già avuto la sua occasione.
“Avete ragione,” disse decisa in un sorriso “avete dannatamente ragione. Adesso tocca anche a me essere felice e vivere la mia storia d’amore, con o senza sensi di colpa.”
Levy e Juvia si illuminarono e, fiere del cambiamento di Lucy la strinsero forte, facendola quasi soffocare.
“Levy e Juvia colpiscono ancora a quanto pare” scherzò la turchina tirando una gomitata d’intesa a Juvia, alla quale tutte e tre risero di gusto.
Lucy posò per caso lo sguardo sull’orologio e si ricordò che doveva andare a lavoro e che era tradissimo.
Si alzò in fretta dalla sedia e lasciò i soldi sul tavolo, biascicando che doveva andarsene o Cobra l’avrebbe licenziata veramente quella volta.
Mentre correva il più veloce che poteva con i capelli scompigliati al vento e la gonna che a momenti si alzava completamente il suo cellulare iniziò a squillare e fu un miracolo che lo ritrovò nella borsa prima che smettesse di suonare.

“Ehi Lucy…”
“Natsu! Ehi Natsu ti senti bene? Mi sembri strano” gli domandò preoccupata, aveva una voce nasale e roca, molto roca.
“Sì sì” rispose trattenendo un colpo di tosse che non passò inosservato alla ragazza.
“Sicuro? A me sembra il contrario.”
“No tranquilla, volevo solo dirti che ‘sta sera non posso passare da te perché ho un allenamento imp-” non riuscì a terminare la frase che la voce gli venne spezzata da un colpo di tosse potentissimo seguito da uno starnuto altrettanto forte.
“Tu non vai da nessuna parte. Adesso vengo da te con dei medicinali,” gli disse iniziando ad imboccare la strada per la farmacia “perciò non muoverti da lì e dato che ci sei mettiti a letto” si premurò di ricordargli, anche perché conoscendolo quel testone sarebbe stato capace di aspettarla in piedi davanti alla porta.
 
 
 
“No Lucy non serve!-” non fece in tempo a dirglielo che la ragazza aveva già richiuso la telefonata, facendolo sbuffare dalla frustrazione.
Lo sapeva, era meglio se non la chiamava così non la faceva preoccupare per correre da lui. Non ne aveva bisogno, stava bene, aveva solo un po’ di tosse; motivo non valido per saltare l’allenamento, soprattutto se si trattava di quello che avrebbe segnato il suo futuro per sempre.
Lanciò il cellulare sulla poltrona, abbastanza frustrato e, con uno scatto brusco si alzò in fretta per andarsi a preparare, però un fortissimo giramento di testa lo costrinse ad appoggiarsi alla parete per stabilizzarsi.
Forse doveva smetterla di intrufolarsi a casa di Lucy anche con la pioggia, però per lui ormai era diventato impossibile starle lontano, da quando l’aveva vista per la prima volta l’aveva catturato, con quei suoi occhioni da cerbiatta e i suoi movimenti delicati da farla sembrare così fragile che anche il più piccolo soffio di vento l’avrebbe potuta rompere, spezzare e, portare via da lui. Era la creatura più bella che avesse mai visto.
Lucy era molto importante per lui e non voleva perderla, solo che era troppo stupido per riuscire a dichiararsi apertamente per diventare una coppia. E poi adesso che sapeva anche dei sentimenti di Lisanna tutto quanto si era complicato.
Non voleva che nessuna delle due ragazze soffrisse per colpa sua. Lui voleva bene ad entrambe ed entrambe erano importanti per lui, solo in modi diversi…
Ahh! Queste seghe mentali non erano per lui.
Ma non era più facile agire d’istinto? 
Quando finalmente il giramento di testa finì si staccò dal muro e proseguì per il corridoio fino alla sua stanza, dove con grande fatica si spogliò della tuta e indossò i pantaloncini da basket e una canottiera. Stranamente sentiva un gran caldo e tutto il suo corpo scottava terribilmente, anche più del solito.
Allacciò le scarpe con gran difficoltà e si mise una felpa e i soliti polsini, oltre che la sua immancabile sciarpa.
“Miaoo!” 
Il suo gatto, Happy, si era appeso con gli artigli alla manica della sua felpa e pareva non volerne sapere di lasciarlo andare.
“Che c’è bello?” gli accarezzò la testolina dal pelo morbido mentre con l’altra mano gli prese la zampa con cui aveva artigliato il tessuto della felpa e la staccò.
Happy però non sembrava contento e continuava insistentemente a miagolare, correndo tra le sue gambe facendolo quasi inciampare.
Natsu stava per perdere la pazienza, doveva andare subito o avrebbe fatto tardi all’allenamento da cui dipendeva il futuro della sua carriera da giocare di basket.
Dopo essere riuscito a distrarlo con una manciata dei suoi croccantini al pesce preferiti, chiuse frettolosamente la porta di casa con qualche giro di chiave e prese a correre verso la scuola.
Lungo la strada non si sentiva per niente bene, ad ogni passo le ossa gli facevano malissimo e anche il minimo contatto della sua pelle con l’aria gelida era doloroso. Ignorò i dolori e continuò per la sua strada, una volta fatto l’allenamento sarebbe tornato a casa e magari avrebbe anche passato del tempo con Lucy; doveva solo resistere.
 
 
 
Lucy rimise il cellulare in borsa e si fermò un attimo per cercare di orientarsi e capire dove trovare la farmacia più vicina; se non sbagliava ce ne doveva essere una proprio a due chilometri da lì.
Avrebbe preso un taxi per raggiungerla più velocemente, il pensiero di Natsu malato e capace di combinare qualunque pazzia la faceva preoccupare parecchio, soprattutto perché al telefono le era sembrato molto contrariato quando lei le aveva vietato di uscire di casa e andare all’allenamento.
Attraversò il marciapiede e si mise al bordo della strada per aspettare che un tassista la vedesse, nel frattempo prese il portamonete dalla borsa e vide che non aveva neanche più uno spiccio.
Accidenti! Aveva lasciato tutto ciò che aveva al bar, le rimaneva solo la carta di credito per le emergenze e con quella non poteva di certo pagarsi una corsa in taxi.
Si morse il labbro inferire mangiando parte del burro di cacao che aveva messo precedentemente in modo frettoloso.
Ci sarebbe dovuta arrivare a piedi in farmacia. Sistemò la borsa sulla spalla e, pregando che Natsu le avesse dato retta si diresse il più veloce possibile verso la sua destinazione.
Se quell’idiota aveva anche solo osato mettere un piede fuori da quelle quattro mura che erano il suo appartamento ci avrebbe pensato personalmente a picchiarlo.
 
 
Con le mani tese davanti al petto spinse la maniglia a pressione della porta grigia per le emergenze che dava sul retro della palestra. Non avrebbe dovuto usare quell’entrata, ma a dire il vero non gliene fregava più di tanto, soprattutto in quel momento.
Mentre scendeva le scale iniziò a slacciarsi le scarpe per sostituirle con quelle da basket infilate nel borsone. Dopo essere inciampato diverse volte per le scale riuscì a sistemarle e a infilare anche la fascia di spugna per capelli, per non averli davanti agli occhi.
Una volta negli spogliatoi lanciò la borsa rossa su una delle panchine insieme alla felpa e come un lampo uscì fuori, ritrovandosi direttamente sul campo da basket.
Si guardò intorno per vedere se Gildarts fosse da qualche parte, quell’uomo dai capelli rossi era come un padre per lui, ma quando si trattava di basket e della sua futura carriera era davvero severo e lo allenava fino all’ultima goccia di energie che aveva in corpo.
Si lasciò scivolare sul pavimento, completamente distrutto e provato dalla corsa. 
Avrebbe dovuto iniziare a fare due tiri per riscaldarsi, però sentiva tutto il corpo pesante e tenere gli occhi aperti era un’impresa, si sarebbe riposato qualche minuto lì e poi, non appena avrebbe sentito qualcuno arrivare avrebbe preso un pallone e iniziato a riscaldarsi.
Non fece in tempo a finire di pensarlo che riconobbe la voce di Gildarts farsi sempre più vicina dalla stanza dei coach, insieme a una sconosciuta, probabilmente dell’uomo che avrebbe deciso se si meritava o no quella borsa di studio per giocare nelle nazionali giovanili e realizzare il suo sogno.
Per questo motivo era fondamentale essere presente a questo allenamento e dare il meglio di sé stesso, ne parlavano da più di un anno ormai e se fosse stato accettato avrebbe lasciato Magnolia e iniziato a giocare da professionista e fare anche carriera.
Il basket era tutta la sua vita e di certo un po’ di febbre non l’avrebbe fermato. Mancava così poco per farcela.
“E così, come le dicevo questa palestra è stata ristrutturata due anni fa. Fortunatamente non è stata danneggiata dopo l’ultima tempesta abbattutasi su Magnolia” spiegò Gildarts molto entusiasta all’uomo accanto a lui, che studiava tutto ciò che gli capitasse sott’occhio in modo minuzioso. 
“Oh, eccolo qui! Il nostro ragazzo!” esclamò Gildarts tutto orgoglioso indicando Natsu a braccia aperte, per dargli una grande pacca sulla spalla che fece traballare il poverino già in precario equilibrio.
Natsu fece un sorriso tirato, sempre più dolorante, soprattutto dopo la manata.
“Bene Natsu, questo è Purehito Gaebolg, colui che oggi valuterà le tue capacità,” presentò Gildarts “ perciò vedi di dare del tuo meglio!” gli sussurrò in un orecchio subito dopo.
L’uomo aveva un aspetto molto intimidatorio, con i suoi quasi due metri di altezza, i capelli e la barba grigi, lunghi e ben curati se ne stava con una valigetta in mano nel suo completo nero e guardava il rosa con occhio molto critico.
Natsu quello sguardo lo prese come una sfida e, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi si caricò di quell’adrenalina, facendogli dimenticare per un momento tutti i malesseri.
Gildarts con un cenno della testa gli indicò uno dei palloni poggiato accanto ad uno dei canestri.
Natsu fece come gli era stato detto e raggiunse il canestro, si abbassò e raccolse la palla; quando si rialzò la vista gli si appannò e perse l’equilibrio, cadendo come un sacco di patate sul pavimento, con un suono sordo che rimbombò per tutta la palestra.
Gildarts gridò il suo nome allarmato e gli corse subito incontro per aiutarlo, mentre Purehito si avvicinò con passo calmo verso di loro.
“Natsu, si può sapere che cosa diavolo hai?!” domandò l’uomo dai capelli rossi aiutandolo a mettersi quantomeno seduto.
Il ragazzo si teneva le tempie con la testa ed evitò di guardarlo negli occhi, dentro di sé provava rabbia, rabbia per non essere stato in grado di controllare quegli stupidi giramenti di testa dovuti a una stupida febbre.
Gildarts staccò la mano dal suo braccio e la posò sulla fronte, scostando la fascia. 
La sua fronte si corrugò e una smorfia di rabbia si dipinse sul suo volto “Natsu,” chiamò in tono minaccioso, “sei bollente.”
Il ragazzo si strinse su sé stesso ancora di più e continuò a fissare il pavimento.
“Hai la febbre e sei venuto lo stesso. Stai male e sei venuto. A fare cosa poi? A peggiorare la situazione e a buttare nel gabinetto tutti i tuoi sforzi?! Mi hai davvero deluso Natsu, ti credevo più responsabile” concluse alzandosi da terra e andando incontro a Purehito, adesso doveva cercare di riparare la situazione o finiva lì, tutto il loro duro lavoro.
Non l’aveva mai sentito in quel modo, non aveva mai usato quel tono di voce con lui; si era arrabbiato altre volte, ma in quel momento era anche deluso da lui e dal suo comportamento menefreghista nei suoi confronti e quelli della sua salute. Aveva lavorato tanto e adesso cosa aveva fatto? Aveva mandato tutto a quel paese per non aver riconosciuto di essere malato.
Lo sentiva parlare con il supervisore, ma non capiva veramente cosa stessero dicendo, colse solo alcuni pezzi della conversazione, il giusto per capire che aveva appena combinato una cazzata enorme.
“…mi dispiace, non avrebbe mai fatto una cosa del genere se non la riteneva davvero importante. Natsu da sempre il meglio si sé, è per questo che-“
“Signor Clive, il ragazzo non ha dimostrato maturità e diligenza ed è una delle cose che noi cerchiamo in un giocatore, oltre al talento sia chiaro”
“Ma le assicuro che-“
“È stato un piacere tornare a Magnolia dopo tanto tempo, ma adesso è tempo di ripartire. Mi saluti Makarov e gli faccia sapere che sarò qui ancora per qualche giorno, nel caso abbia voglia di fare una chiacchierata. Buona serata.” Concluse lasciando la palestra senza ascoltare nessuna spiegazione.
L’ultimo suono che Natsu sentì prima di buttarsi per terra fu l’eco della porta che si chiudeva.
Gildarts non gli aveva neanche più rivolto la parola se non per un: “va a casa”.
Rimase a fissare il soffitto fatto di travi d’acciaio pensando a quanto fosse stato idiota, non aveva neanche avuto la forza di reagire e far cambiare idea a quello.

Cazzo.
Cazzo, cazzo!
Iniziò a prendere furiosamente a pugni il pavimento e soffocò un urlo di frustrazione, insieme alle lacrime di rabbia.
Piano si rialzò e raggiunse lo spogliatoio, si rivestì con estrema lentezza e cambiò le scarpe; una volta chiuso il borsone lasciò la palestra, con la felpa chiusa fino al collo e le mani in tasca.
Lasciò la porta chiudersi alla sue spalle con un tonfo sordo.
Alzò la testa al cielo ormai stellato, doveva essere tardi e molto probabilmente Lucy era già a casa sua, attaccata al campanello e preoccupatissima con in mano le medicine che gli aveva promesso.
In quel momento però non ce la faceva a vederla, non ce la faceva a vedere nessuno, voleva solo starsene da solo ad autocommiserarsi.
Molto probabilmente quel comportamento non era da lui, anzi, ne fu sorpreso lui stesso, di solito quanto era giù di morale si riempiva di amici e si divertiva.
Sbuffò, lasciando uscire l’aria calda dai polmoni che una volta incontrata quella fredda della sera formò una nuvoletta di vapore acqueo che andò poi a scomparire pochi istanti dopo.
Camminò fino a un lampione e poi si fermò, aveva sentito un rumore di passi, solo che non c’era nessun altro a parte lui lì fuori.
Si girò intorno alla ricerca del proprietario di quei passi, però non vide nessuno.
Era stanco e non ci capiva molto, la testa gli faceva male e molto probabilmente la febbre gli stava anche salendo, quindi doveva esserselo immaginato.
Riprese a camminare per la sua strada quando all’improvviso venne colpito da qualcosa che gli fece perdere l’equilibrio e cadere a terra, facendogli sbattere forte la testa.
Riuscì a ritrovare un po’ di stabilità facendo leva con le braccia sulla breccia del marciapiede; cercò di tenere gli occhi aperti e di individuare chi lo avesse appena colpito, ma la vista gli si stava appannando e la testa gli sembrava che stesse quasi per scoppiargli, senza contare il fatto che aveva il naso sanguinante e un labbro spaccato.
Un altro colpo, un rumore anomalo e un dolore allucinante al braccio gli fece contrarre il viso in una smorfia di dolore.
Riaprì gli occhi e per quel poco che poté mise a fuoco la figura del suo aggressore: i tratti erano sfocati e tutto ciò che vedeva era un corpo gigantesco, due manone enormi e una chioma di capelli di un colore chiaro, quasi argentati.
L’ultima cosa che vide e udì, prima di perdere i sensi fu l’ennesimo colpo in faccia e la voce profonda dell’uomo biascicare qualcosa.
Poi più niente, buio totale.
 
 
“La ringrazio” disse Lucy prendendo i pacchetti in mano per riporli poi nella borsa che aveva sulla spalla.
Per fortuna quella farmacia era ben fornita e aveva trovato tutto quello che cercava, se non anche più del necessario.
Una volta fuori dal negozio cercò il bancomat che la commessa molto gentilmente le aveva indicato e prelevò abbastanza per una corsa in taxi, giusto per arrivare il prima possibile da Natsu.
Aveva una strana sensazione dentro di sé, però pensò che fosse dovuta al fatto che il rosa stesse male a casa da solo.
Quando finalmente trovò un taxi disponibile a quell’ora che l’accompagnò fino all’appartamento di Natsu si era fatto molto tardi.
Trovò il portone del palazzo aperto e percorse le scale abbastanza agitata e bussò alla porta; poteva sentire Happy miagolare nervoso e attese che il ragazzo le venisse ad aprire, però nessuno arrivò e allora a quel puntò iniziò davvero ad agitarsi e a farsi prendere dal panico.
Happy nel frattempo non smetteva di miagolare e aveva anche iniziato a graffiare con le unghie il legno della porta.
Lucy con mani tremanti prese il cellulare dalla borsa e compose il numero del rosa, attenendo che squillasse.
Accostò l’orecchio alla porta per sentire se magari era dentro e si era solo addormentato facendola preoccupare per nulla, però non sentiva nessuna suoneria provenire dall’interno dell’abitazione.
Continuò a bussare e suonare sempre più agitata e in preda al panico; cercò anche una chiave di scorta da qualche parte, magari sotto lo zerbino o in una pianta.
Ad un certo punto le squillò il telefono e per poco non prese un colpo, lo cercò disperatamente nella borsa e quando lo trovò sul display lesse ‘Numero Sconosciuto’.
Rispose con voce tremante: “P-pronto?”
“Salve, è il l’ospedale di Magnolia che parla, cerchiamo Lucy Heartphilia.” Disse la voce dall’altra parte della chiamata.
Il suo cuore perse un battito.
“Sì, sono io Lucy.”
“La chiamiamo per informale che il signor Natsu Dragneel è stato appena ricoverato d’urgenza.”



























Angolo autrice:

Buonasera o buongiorno! Dipende in che momento state leggendo questo capitolo XD
Sono tornata! Yeeee!
Molto probabilmente alcuni di voi mi uccideranno per essere sparita così all’improvviso senza dare notizie per quasi due mesi e vi prego di scusarmi (diciamo che spero di essermi fatta perdonare con l'intenistà e la lunghezza del capitolo :).
Questo capitolo è stato un parto a tutti gli effetti, ho avuto grandissime difficoltà a scriverlo perché richiedeva tempo che io in quel periodo non avevo da dedicare e quindi quel poco che riuscivo a scrivere lo scrivevo male e frettolosamente; ho iniziato ad avere problemi più o meno quando passo al punto di vista di Natsu, perché la parte precedente l’avevo scritta tempo prima non appena avevo pubblicato il capitolo precedente.
Sarà che trovo qualche difficoltà a scrivere dal punto di vista di un personaggio maschio in quanto ragazza e abituata a trattare principalmente con personaggi femminili XD
Comunque non scherzo se dico che non ho avuto tempo per dedicarmi alla scrittura in quest’ultimo periodo se non negli ultimi quattro giorni.
Pubblico all’una di notte perché non ce la faccio più ad aspettare e a far aspettare voi che molto probabilmente aspettavate questo capitolo da secoli.
Non ho molto da dire al riguardo anche perché penso che parli da sé, insomma siamo finalmente alla parte della storia in cui iniziano gli intrecci e le cose si complicano, soprattutto il triangolo Natsu-Lucy-Lisanna.
Questo e il prossimo capitolo credo che saranno quelli in quei ci saranno più chiarimenti possibile, però non dico altro, sennò rovino la sorpresa ;)
Spero si sia capito di chi sia l’aggressore di Natsu. Ah e al riguardo vorrei dire che il rosa non ha potuto reagire e tirare fuori la “sua ira di Dragon Slayer” perché è malato, e da malati si può fare ben poco, perciò è stato steso così facilmente, spero abbia reso l’idea XD
Le parti in corsivo è il punto di vista di Natsu, mentre quelle normali sono sempre Lucy, non mi è venuto nient'altro in mente per distinguerli, quindi se avete qualche idea fatemelo sapere.
Ho scelto Purehito perché mi sembrava perfetto nel ruolo di supervisore severo e dalle regole rigide, mentre Gildarts non poteva mancare, soprattutto perché chi meglio di lui può allenare Natsu e fargli da padre quando non c’è Igneel?
Prima di lasciarvi e mettermi finalmente a dormire vorrei scusarmi con le persone a cui non ho ancora risposto, vi prometto che lo farò presto 😘 e in più voglio ringraziare quelle che hanno recensito il capitolo scorso: Lilla_1309, naku_kun94,  daimler, tanomax , snowfeari, Sayaka chan 94 e Dark Angel Love. Come farei senza il vostro supporto!
Insomma spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e magari fatemelo sapere, soprattutto mi farebbe piacere qualche consiglio su come posso rendere Natsu più IC, visto che ho proprio l’impressione che non lo sia.
Un bacio e buon inizio settimana!
 
Hanae

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10






 
“La chiamiamo per informala che il signor Natsu Dragneel è stato appena ricoverato d’urgenza.”
La paura, il vuoto al cuore e la stratta allo stomaco che Lucy provò nell’udire quelle parole è un ricordo che si sarebbe portata dietro per tutta la vita.
Le spalle sbattute contro il muro grigio e freddo del pianerottolo in cerca urgente di un sostegno solido, capace di sostenerla in quel momento che sembrava surreale.
Le mani le tremavano fortissime e il telefono, stretto compulsivamente tra le dita sottili ormai diventate bianche, rischiava di essere spezzato in due.
Le gambe erano molli e incapaci di reggere il suo peso, perciò fu costretta ad accasciarsi a terra e a stringere le gambe al petto in cerca di un momento per pensare lucidamente.
Le lacrime però scendevano senza controllo e rigavano le guance arrossate per l’agitazione, le sembrava di rivivere l’incubo della morte dei suoi genitori e al solo pensiero di tutto quel dolore le veniva un attacco di panico. Non poteva perdere anche Natsu, non per aver ignorato le sue raccomandazioni ed essere uscito lo stesso debole e malato com’era.
Il respiro sempre più affannato e veloce non l’aiutava a far smettere il cuore di battere e la testa di pulsare. Non riusciva a pensare concretamente.
Il miagolio di Happy da dietro la porta era diventato più forte e Lucy fu costretta a tapparsi le orecchie con le mani, come faceva da bambina ogni volta che un lampo rimbombava per i corridoio di casa sua.
No, no non poteva essere accaduto realmente, quello doveva essere un incubo, Natsu non poteva essere finito all’ospedale.
Doveva fare qualcosa, non poteva starsene lì seduta per terra con le mani in mano a piangere, doveva vederlo assolutamente.
Sì alzò in fretta, raccogliendo la tracolla gettata accanto alla porta e, assicurando a Happy che sarebbe tornata corse fuori.
L’impatto del suo volto bagnato con l’aria fredda della sera la fece sentire più lucida.
Ancora una volta ricorse al servizio dei taxi e si fece portare di corsa in ospedale.
 
 
Una volta scesa e pagato il tassista cercò l’entrata per i visitatori, l’uomo l’aveva lasciata nel parcheggio e adesso non riusciva a ritrovarsi.
Intanto il suo cuore aveva ricominciato a battere forte e le mani a tremare.
Quando riuscì ad entrare prese un respiro profondo e il più veloce che poté si recò al bancone delle informazioni per chiedere di Natsu.
“Salve, come posso aiutarla?” le domandò l’infermiera con il camice bianco e dei buffi capelli lunghi blu elettrico. Era molto giovane per essere lì dentro.
Lucy cercò di apparire il più calma possibile e stringendo i lembi della gonna sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi – più per confortare se stessa che per altro: “Sono qui per vedere Natsu Dragneel, mi avete chiamata per avvertirmi”
L’infermiera alzò lo sguardo su di lei e con un “Oh” pronunciato a fior di labbra prese una cartella clinica e sbucò da dietro il grande tavolo facendo segno a Lucy di seguirla.
La giovane dai capelli lunghi la condusse in un lungo corridoio pieno di stanze numerate, per poi salire le scale di alcuni piani.
Ad ogni passo Lucy sentiva le gambe sempre più molli e il fatto che l’infermiera non avesse detto una parola non la rassicurava affatto, anzi, aveva l’effetto opposto.
“Lei deve essere la signorina Lucy Heartphilia, dico bene?”
“Esattamente” confermò accelerando il passo per riuscire a starle più vicina, lungo il corridoio erano disposte alcune sedie per l’attesa dei visitatori.
“E deduco che lei sia la fidanzata del paziente Dragneel”
Lucy arrossì tutto d’un botto e balbettando cercò di negare, anche se avrebbe voluto che quelle parole fossero vere.
“No no! È-è solo una persona a me molto cara…”
L’infermiera ridacchiò e diede un’occhiata veloce alla carella clinica che teneva accostata al petto per poi fermarsi alla stanza numerata ‘X777’.
Prima di aprire la porta la ragazza si girò verso Lucy e la guardò negli occhi.
“Sei stata la prima persona che abbiamo trovato tra i suoi contatti del cellulare; eri tra i preferiti,” spiegò consegnandole appunto il telefono di Natsu, preso dalle sue mani tremanti.
“Non è messo molto bene e non sappiamo cosa sia successo, stiamo aspettando che si svegli per saperlo, perché ha preso una bella botta in testa, talmente forte da causargli un trauma cranico e farlo svenire; ha alcune costole rotte, una spalla lussata, un occhio nero e un polso slogato, oltre a lividi sparsi per tutto il corpo. I medici hanno dedotto che sia stato picchiato molto forte. Lei ha per caso qualche idea di chi sia stato?”
Lucy scosse la testa in segno di negazione, cercando di trattenere le lacrime che ormai premevano per scendere.
“Ha anche una febbre molto alta, perciò credo che ci voglia molto più tempo del previsto prima che si svegli, nonostante i medicinali adesso non dobbiamo far altro che affidarci al tempo e aspettare.”
Lucy abbassò lo sguardo sempre più abbattuta e preoccupata.
L’infermiera inaspettatamente le prese la mano e la strinse nelle sue regalandole un sorriso caldo e rassicurante; proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
“Adesso devi stare tranquilla, quello è un ragazzo forte, qualche giorno di riposo e si riprenderà, ne sono sicura.”
Lucy si asciugò una lacrima sfuggita al suo controllo con il dorso della mano libera e le fece un sorriso debole ma comunque sincero.
“Di qualunque cosa hai bisogno non esitare a chiamarmi, io sono Wendy.”
Lucy la ringraziò debolmente ma comunque di cuore e una volta entrata quello che vide le frantumò il cuore in mille pezzi.
Natsu era disteso su uno di quei letti bianchi tipici degli ospedali, con la testa fasciata da delle garze bianche con alcune ciocche di capelli rosa ribelli che fuoriuscivano, una flebo e altri aghi attaccati al braccio destro, il polso sinistro fasciato, un occhio nero e altre garze avvolte attorno al busto.
L’odore di disinfettante contribuì a farla scoppiare in un pianto disperato, come se le avessero tagliato delle cipolle sotto gli occhi.
Quell’aspetto non era quello di Natsu, Natsu non aveva quel colorito pallido o quell’espressione tormentata e sofferente.
La ragazza si avvicinò piano al lato del letto, quello libero con una sedia accanto e ci si sedette, sbottonandosi il cappotto e poggiandolo insieme alla tracolla sul letto accanto.
Con la punta delle dita sfiorò quelle di Natsu per poi posare la sua mano su quella di lui, per stringerla nelle sue e portarla alle labbra carnose, quelle labbra che erano state tante volte vittime dei baci passionali di Natsu e ve ne posò uno delicato.
Rimase diverso tempo con le sue dita intrecciate in quelle di Natsu e si beò di quel contatto così rassicurante, di certo non nel migliore dei luoghi o nelle migliori delle circostanze, però l’importante era che adesso fosse lì con lei.
Quando l’avevano chiamata aveva avuto così tanta paura, una paura che conosceva fin troppo bene e sapere che c’era una possibilità di perdere il ragazzo che amava la corrodeva dentro e si sentiva morire al solo pensiero di quella sofferenza così insopportabile.
Con una mano scostò una ciocca di capelli color ciliegio troppo lunga che era andata a posarsi sulla punta del naso, sollevandosi ad ogni boccata d’aria presa dal rosa; aveva proprio bisogno di tagliarseli quei capelli.
Mentre continuava a stare seduta su quella scomoda sedia sentì delle voci provenire dal corridoio e le sembrò anche di riconoscerle.
 

“Come hai potuto!”
“I-io non volevo… non era mia intenzione!”
“Non era tua intenzione?! Guarda che hai combinato!”
“Ma io volevo solo che non ti facesse del male…!”
“Devi smetterla di immischiarti nei fatti miei. Sono grande abbastanza da sapere quello che faccio!”
 

Lucy si alzò di scatto, conscia di chi fossero le persone che stavano litigando proprio lì fuori.
Corse ad aprire la porta, lasciando bruscamente le dita di Natsu.
Una volta aperta l’unica barriera che li separava non ebbe più dubbi sul fatto che quelli fossero Lisanna ed Elfman.
L’albina non appena la vide ammutolì e dopo aver posato lo sguardo prima su di lei e poi sulla stanza in cui era Natsu corse via, verso le scale antincendio, il più lontano possibile.
“Lisanna!” tentò di chiamarla invano, non l’avrebbe mai ascoltata.
Però lei aveva bisogno di parlare assolutamente, non poteva rimandare ancora e fare la codarda, facendo soffrire se stessa e lei.
Così si fece coraggio e iniziò a camminare verso la direzione in cui era scappata, prima a passo lento e poi di corsa, passando anche davanti ad Elfman, che l’aveva guardata in un modo che non si sarebbe mai aspettata.
Aver incontrato i suoi occhi blu era stato come un colpo al cuore e per un momento, per un singolo istante accantonò il fatto che fosse stato lui a far finire Natsu all’ospedale, in gravi condizioni.
Ancora non comprendeva per quale motivo quel ragazzo avesse agito in quel modo, ma sapeva che di certo picchiare qualcuno fino a fargli perdere conoscenza non era la soluzione giusta e lei non lo avrebbe perdonato tanto facilmente; neanche se in quelle pozze blu poteva leggere il pentimento delle sue azioni.
Sapeva che avrebbe dovuto fermarsi a parlare anche con lui, almeno per sapere il perché di tutta quella violenza.
In quel momento la priorità era parlare con Lisanna e visto che entrambe avevano cercato di fuggire da quel giorno che prima o poi sarebbe arrivato ora che lei aveva preso il coraggio che le serviva per parlarle doveva fare la prima mossa.
Accelerò il passo fino a correre; aprì la porta con un colpo di avambraccio e si fermò davanti alle scale antincendio, c’erano due direzioni e non aveva idea di quale Lisanna avesse preso.
Quelle scale le sembrava rappresentassero la sua vita, o la vita delle persone in generale e le scelte, quando si è costretti a decidere fra due strade e si è sempre indecisi, fino alla fine, anche quando ormai si è giunti a destinazione e ci si domanda se l’altra direzione non fosse stata meglio di quella appena presa; perché purtroppo l’uomo avrà sempre dei rimpianti e dei rimorsi con cui convivere e lei, fino ad ora non aveva fatto altro che averne – un po’ per colpa sua e un po’ anche per altre persone e occasioni mancate e momenti non vissuti. Perciò sapeva che questa volta non poteva per forza prendere la strada più facile e ignorare un sentimento forte come l’amore, anche se non era suo. Questa non era lei, andava contro i suo buoni propositi.
Quasi quasi però si faceva indietro e tornava da Natsu, ignorando lo sguardo colpevole di Elfman e l’immagine di Lisanna in lacrime e magari sopprimeva anche quel suo modo di essere una volta per tutte in un angolino remoto della sua anima, consapevole però, che un giorno sarebbe tornato e allora avrebbe dovuto farci i conti per davvero.
Controvoglia – perché lo ammetteva, il solo pensiero di un confronto la terrorizzava – decise di scendere giù per le scale e controllare se fosse uscita dall’edificio, magari con un po’ di fortuna la riusciva ad incontrare; però una volta al piano terra dell’edificio ospedaliero non vide nessuno e pensò davvero che se ne fosse andata, infondo che cosa ci stava a fare lì.
Riprese le scale per tornare da Natsu, in quel momento aveva solo voglia di stargli accanto e stringergli la mano forte, così forte che si sarebbe svegliato dal dolore e le avrebbe sorriso, perché lo faceva sempre.
Mancavano alcuni gradini dalla porta che dava sul corridoio e già da quella distanza riusciva a vedere alcuni ciuffi dei capelli di Elfman, che evidentemente era rimasto lì ad aspettare.
Non sapeva se sarebbe mai entrato e tantomeno credeva che lei lo avrebbe fatto entrare.
Una volta davanti alla porta alzò lo sguardo alle scale che probabilmente portavano al tetto; poteva andare a dare una controllata anche lì sopra, dubitava che fosse andata lì e comunque un po’ di aria fresca l’avrebbe aiutata sicuramente.
Così, gradino per gradino arrivò fino in cima e con sua grande sorpresa trovò Lisanna, seduta su uno dei comignoli con le gambe compresse contro il petto e il mento poggiato sulle ginocchia.
Lucy una volta aver chiuso la porta alle sue spalle rimase a guardarla da dietro, indecisa se andare o no, perché era sicura che preferisse mille volte stare da sola, al freddo e su un tetto di un ospedale che in sua compagnia.
Avrebbe dovuto lasciarla in pace, almeno per il momento e magari aspettare che scendesse, oppure sperare in un qualche tipo di segno nel giro dei prossimo 60 secondi.
Come se l’albina l’avesse letta nel pensiero si girò e trasalì, sorpresa di trovare Lucy lì con lei.
La bionda poté avvertire il forte disagio che c’era nell’aria e che provavano entrambe. Le mani sudate e il continuo muoversi di Lisanna da dove era seduta ne erano una chiara prova.
Visto che non sapeva che dire e ormai era troppo tardi per tornare indietro avanzò di diversi passi, rimanendo comunque lontana da Lisanna.
Mandò giù quel groppo che le era rimasto in gola dal momento in cui l’aveva vista.
“Posso sedermi?” domandò timidamente.
Lisanna le fece un debole cenno di assenso con la testa e si spostò di lato, lasciando tanto spazio quanto bastava per farla sedere.
Lucy si sedé e mantenne la testa bassa sui suoi piedi, come se in quel momento fossero una delle cose più interessanti del mondo. Di tanto in tanto con la coda dell’occhio sbirciava l’albina in cerca di qualche segnale o qualcosa che le desse la possibilità di parlare.
Quella specie di gioco andò avanti per diversi minuti fino a quando entrambe non incrociarono lo sguardo dell’altra e furono costrette a dire qualcosa, qualunque cosa. Quel silenzio stava stretto ad entrambe.
“Mi dispiace…” sussurrò Lisanna.
Lucy la guardò attentamente e Lisanna fece lo stesso. Non riusciva a capire per quale motivo si sentisse dispiaciuta, anzi, era lei che avrebbe dovuto scusarsi.
“È-è tutta colpa mia!” disse ricominciando a piangere e Lucy, abbastanza titubante per cercare di calmarla le appoggiò delicatamente una mano sulla schiena. Lisanna sobbalzò dalla sorpresa e quelle che prima erano lacrime diventarono singhiozzi.
“Io non credo sia colpa tua. A dire il vero non credo sia colpa di nessuno per ciò che è successo…” il debole sorriso che si venne a dipingere sulle labbra di Lucy fu abbastanza inaspettato per le due, “è semplicemente successo che ci siamo innamorate della stessa persona.”
Lisanna girò la testa verso la parte opposta a quella della bionda e prese un lungo respiro, trattenendo il fiato per alcuni istanti, e poi buttò l’aria fuori; creando una nuvoletta di vapore.
“Non è giusto però…” sussurrò “io ci ho provato così tanto, mentre tu sei arrivata e nemmeno il tempo di un battito di ciglia che era già così distante da me; io volevo solo che mi amasse…”
Il cuore di Lucy si fece piccolo piccolo ed ebbe la sensazione che qualcuno glielo stesse comprimendo fino a farlo sbriciolare e diventare polvere.
“Ho anche creduto che ricambiasse, per un breve istante, ma poi vi ho visti insieme, il modo in cui ti guardava e un sorriso che con me non ha mai avuto. È stato allora che ho capito di averlo perso per sempre e il mio cuore si è spezzato.”
Sentire tutte quelle cose, quei sentimenti e quella sofferenza per Lucy fu davvero una tortura. Non poteva neanche immaginare come lei stessa fosse stata in grado di far sentire una persona tanto male.
“Ti ho odiata, sai? Perché eri tu la causa della mia sofferenza; e ho cercato anche di riprendermi Natsu in un modo davvero penoso, ma poi mi sono fatta schifo da sola,” la ragazza dagli occhi blu si girò ancora, questa volta verso di Lucy e con le lacrime agli occhi le disse: “io amo Natsu più di ogni altra cosa; c’è sempre stato per me e anche solo la sua presenza mi rende la giornata migliore. Amo il suo modo di essere, di parlare, di vivere la vita. Credevo che sarei stata io la ragazza che l’avrebbe fatto sentire completo e che lui avrebbe amato, così come io amavo lui; lo credevano tutti” un singhiozzo le spezzò la voce e alcune lacrime scesero “però lui ama te…”
Ormai anche Lucy aveva iniziato a piangere, silenziosamente, perché aveva paura di disturbare e rovinare quell’atmosfera così intima e delicata che si era andata a creare tra le due ragazze.
“Poi le cose mi sono sfuggite di mano e con esse anche i miei sentimenti, fino ad arrivare a questo punto…”
"Lisanna" Lucy le prese le mani e le strinse nelle sue, costringendola a prestarle attenzione "tu non sai quanto io sia dispiaciuta per come ti sei sentita. Mi sono domandata diverse volte nella mia vita se fosse il caso di andarmene e togliere il disturbo per sempre, ma poi ho incontrato Natsu e le cose sono cambiate; per una volta mi sono sentita felice e amata da qualcuno per davvero! Ho iniziato a vedere il mondo con occhi diversi."
A Lucy pizzicavano gli occhi in quel momento, un po' per l'emozione di raccontare a qualcun altro che non sia stata se stessa come si fosse sentita in tutto questo tempo.
"Io ho sofferto con te e per te. Capivo e capisco tutt'ora come ti senti e magari non te ne rendi conto, ma sono state più le volte che avevo i sensi di colpa che quelle in cui ero davvero felice" tutto ciò che sentiva lo stava esprimendo e parola per parola si sentiva più vicina a Lisanna.
"Non appena ho capito i tuoi sentimenti ho pensato che fosse stato meglio lasciar perdere Natsu... ma non ci sono riuscita. Più passavano i giorni e più mi innamoravo di lui" nel suo racconto Lucy non poteva fare a meno di sorridere nostalgicamente, ripensando a tutti quei momenti così speciali.
Lisanna aveva ricominciato a piangere e cercava di trattenere i singhiozzi goffamente, rendendoli ancora più rumorosi. Lucy però continuò a parlare e parlare, con una grinta e determinazione che non aveva fino a poco fa. Non poteva fermarsi proprio ora, non poteva smettere di parlare dell’amore che era nato nel suo cuore e ormai non pensava neanche più che tutta quella conversazione fosse nata per riappacificarsi con Lisanna e per sentirsi più libera dai sensi di colpa, per direi di averci provato, almeno; adesso provava gusto e soddisfazione nel raccontare la sua felicità. Sentiva che era quella la cosa giusta da fare e per una volta non dubitò delle sue scelte.
“Io lo amo Lisanna, lo amo proprio come lo ami tu e mi dispiace, ma io non posso mettermi da parte. Non mi sono mai sentita così felice in tutta la mia vita e non potrei mai essere tanto stupida da lasciar andare via la mia unica occasione.”
“Fino ad ora non ho avuto il coraggio di fronteggiarti e dirti come mi sento; non l’ho mai fatto in tutta la mia vita a dire il vero. Per tutto questo tempo ho pensato a come ti sentissi tu,” disse puntandole un dito contro il petto “e non a come mi sentissi io e ho sbagliato. Perciò mi dispiace immensamente farti soffrire, ma io mai e poi mai rinuncerei a Natsu.”
Gli occhi di Lisanna si spalancarono e più lacrime uscirono, andando a bagnare il maglione che indossava. Lucy le poggiò le mani sulle spalle e delicatamente la spinse contro di sé per abbracciarla e l’albina – per suo grande sollievo – non la respinse, anzi, la strinse forte.
Era sicura del fatto che anche il momento della ragazza di incontrare qualcuno che ricambiasse il suo amore sarebbe arrivato e che doveva solo continuare a crederci.
Sicuramente era stata dura e non aveva programmato che quella ‘chiacchierata’ prendesse quella piega, ma nonostante tutto si sentiva comunque libera e anche più leggera. Magari Lisanna non avrebbe mai accettato quella sua presa di posizione, ma confidò nel fatto che capisse.






































Angolo autrice:
Tadaaaannnnn!
Sono finalmente tornata e non vedevo l'ora!
Che ve ne pare? Vi aspettavate qualcosa del genere oppure uno 'scontro' totalmente diverso tra le due? Molto probabilmente alcune cose non vi saranno ancora totalmente chiare. Tipo il perché Elfman ha fatto ciò che ha fatto, che cosa succederà con Purehito (visto che molti di voi mi hanno chiesto di lui) e molto altro.
Ho già in mente tutto e in massimo uno o due capitolo (magari anche tre ^.^) troverete risposta a tutte le vostre domande e, a questo punto, ritengo necessario annunciarvi che la storia non andrà avanti ancora per molto. Ormai siamo agli sgoccioli! Però non voglio farvi rattristare troppo per il momento!
Diciamo che non ho molto da dire riguardo al capitolo, anche perché penso parli da solo.
Spero che anche questa volta non ho deluso nessuno e un bacio,

Hanae 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11







Ormai era trascorso molto tempo dall'ultima parola che si erano dette e nell'aria c'era solo il rumore dei singhiozzi di Lisanna e delle lievi carezze che Lucy le lasciava sui capelli corti.
Le due ragazze tornarono dentro solo quando iniziarono a sentire talmente tanto freddo da non riuscire a sopportarlo più.
Lei scese le scale per prima, seguita da Lisanna che ogni tanto tirava su con il naso. Una volta davanti alla porta grigia Lucy fece per aprirla, ma Lisanna la fermò afferrandole un polso e concentrando l'attenzione su di sé.
"Vorrei essere io la prima a parlare con mio fratello" disse.
Lucy annuì e si fece da parte per farla entrare per prima. Ammetteva che avrebbe voluto essere lei quella che gli avrebbe parlato, forse perché non si aspettava che la situazione in cui si trovavano prendesse quella piega; però alla sapeva che era meglio così, infondo era una cosa accaduta per un’incomprensione tra fratelli e lei poco c’entrava.
Lisanna più sicura che mai percorse il corridoio a grandi falcate fino alla loro stanza e, sorprendentemente trovarono Elfman a spiare dalla piccola finestrella dell’entrata.
Ancora una volta a Lucy le si strinse il cuore perché lo sguardo che aveva era davvero struggente. Lei molto probabilmente vedendolo in quello stato avrebbe sotterrato tutta la sua spavalderia nel fargli un bel discorso. Lisanna, al contrario, non sembrò farsi condizionare da nulla e con lo stesso sguardo deciso con cui le aveva annunciato le sue intenzioni si rivolse a suo fratello.
“Elf-niichan, dobbiamo parlare” quelle parole, dette con quel tono di voce fecero quasi tremare quell’energumeno dello Strauss, “immediatamente” precisò.
L’argentato mosse finalmente il corpo che sembrava essersi intorpidito e seguì la più piccola con la testa china e la braccia lasciate molle lungo i fianchi, come se non avesse la forza di reagire. A Lucy sembrò che avesse anche gli occhi gonfi e rossi, ma forse si sbagliava.
Una volta che i due abbandonarono il lungo corridoio Lucy si appoggiò alla porta, stanca e provata da tutto. In quel momento avrebbe tanto voluto dormire e per almeno qualche ora lasciarsi quella situazione alle spalle. Lo stress e le lacrime accumulati quel giorno erano troppi da sopportare e l’unica cosa che le permise di non prendere tutte le sue cose e sbarrarsi dentro casa fu pensare al fatto che ormai la cosa che temeva di più l’aveva affrontata. Era fatta. Poteva tirare un sospiro di sollievo e iniziare a pensare che nient’altro avrebbe potuto ostacolare il suo amore per Natsu. Niente li avrebbe più divisi.
Pensò anche che non c’era più alcun bisogno di chiedere ad Elfman spiegazioni e farlo sentire ancora peggio di quanto già non stesse in quel momento: ormai l’aveva capito da sola. Non era di certo stupida e anche se non aveva né fratelli né sorelle poteva comunque immaginare cosa volesse dire vederli soffrire e cercare di fare qualcosa; anche con Levy era un po’ così. Lui voleva solo proteggere Lisanna per evitare di farla soffrire. Un gesto molto nobile se solo non fosse stato messo in atto in quel modo brutale.
Adesso avrebbe dovuto avvertire i loro amici e sapeva che sarebbe stata dura.
Rientrò nella camera che continuava ad avere quell’odioso odore pungente di disinfettante e altri medicinali e prese il telefono. Cercò di non guardare Natsu mentre chiamava perché sarebbe scoppiata a piangere e avrebbe aggravato ancora di più la situazione facendo credere ai loro amici che fosse in punto di morte o qualcosa del genere.
Digitò velocemente il numero di Levy che sarebbe venuta sicuramente con Gajeel. Purtroppo la ragazza non rispose e le lasciò un messaggio nella segreteria telefonica, spiegandole a grandi linee la situazione e chiedendole di richiamarla al più presto. La prossima sarebbe stata Juvia, che a sua volta avrebbe avvisato Gray. Per fortuna la telefonata fu breve perché non aveva molta voglia di parlare, aveva usato tutte le sue ultime energie in quelle poche ore che sembravano essere state l'inferno.
Non seppe dopo quanto si addormentò, sapeva solo che era molto tardi e ricordava di essersi allungata sul letto accanto a quello di Natsu, mentre lo guardava respirare, e il suo petto abbassarsi e alzarsi in modo lento. Le palpebre di Lucy, cullate da quel movimento lento si fecero pesanti e si addormentò.
 
Il mattino seguente si svegliò presto a causa di un messaggio arrivato al suo telefonino. Era da parte di Juvia, diceva che lei e il moro sarebbero passati prima di pranzo.
 
Lisanna ed Elfman erano ritornati il giorno dopo di buon ora, insieme alla sorella Mirajane, che aveva scoperto essere la ragazza di Laxus ed anche ex cameriera del Fairy Tail. Era una ragazza davvero molto gentile e soprattutto bella, conosceva Natsu da una vita e l'aveva praticamente visto crescere. 
Era rimasta poco, perché a momenti doveva ripartire, ma prima di andarsene non fece mancare un lieve bacio sulla fronte del povero Natsu e un abbraccio rapido alla sorella, al fratello e - con sua grande sorpresa - anche a lei.
"Prenditi cura di lui," le sussurrò all'orecchio sinistro, "e perdona mio fratello, è un bravo ragazzo."
Lucy le sorrise e ricambiò l'abbraccio, assicurandole di averlo già fatto.
 
Diverse ore dopo Lucy vide Gray e Juvia arrivare dalla piccola finestrella sulla porta.
Sentì il moro camminare con passo veloce, seguito dal ticchettio degli stivali della ragazza, che cercava di stargli dietro il più possibile.
Infatti non gli ci volle molto per raggiungere la loro stanza e spalancare la porta violentemente, lasciandola poi sbattere alle sue spalle. 
Juvia aveva cercato di afferrargli il braccio con una delle sue mani, ma Gray con una scrollata se l'era tolta di dosso e si era avvicinato con uno sguardo minaccioso e i pugni chiusi a Elfman, il quale non mosse nemmeno un muscolo.
Lucy che fino a poco prima era seduta su una delle sedie accanto a Natsu, insieme a Lisanna si alzò di scatto, facendo strusciare le gambe della sedia  sulle piastrelle del pavimento in un rumore stridulo e fastidioso.
"Brutto stronzo, che cazzo ti è saltato in mente? È tuo amico!" Grido Gray e si scagliò contro di lui ed Elfman non si spostò di un millimetro, pronto ad incassare il colpo che credeva di meritare; strinse solamente gli occhi. Peccato però che le ragazze non erano della stessa opinione.
"Gray, adesso basta!"
Il moro sentendosi richiamare da Lucy voltò appena la testa, come se volesse farle capire che quel richiamo era inutile; mantenne però il pugno pericolosamente vicino alla mascella dell'argentato e la ignorò bellamente.
"Un pugno in faccia è il minimo che si merita" disse glaciale lanciandole uno sguardo altrettanto freddo.
"Non è vero" questa volta fu Juvia a parlare e Lucy ne rimase molto sorpresa, non pensava affatto che la sua amica potesse rivolgersi in quel modo autoritario al suo compagno, e a quanto pare ne fu sorpreso anche lui, "Lucy-chan ha ragione, Gray-sama. Non se lo merita."
Gray incassò la testa nelle spalle e strinse ancora di più il pugno, sbiancando di più le nocche, sembrava pronto a sferrare quel cazzotto. Per fortuna però poi lasciò cadere il braccio lungo il fianco e voltò la testa verso l'amico. Lucy lo vide ridurre gli occhi ad una piccola fessura e conficcare le unghie nei palmi saldamente chiusi. 
Si rendeva conto perfettamente che per lui vedere il suo migliore amico in quelle condizioni era un duro colpo da incassare, soprattutto quando il responsabile era a meno di un metro da lui, però era sicura che Natsu non avrebbe voluto che il moro si sporcasse le mani per qualcosa di cui lui non era responsabile.
Juvia fece un sorriso timido rivolto alla bionda e lei in risposata le mimò un "grazie" con le labbra. Sempre la ragazza dai capelli azzurri si avvicinò a Gray e molto delicatamente gli afferrò un avambraccio con entrambi le piccole mani e, lo invitò ad uscire dalla camera. Gray lanciò un'ultima occhiata minacciosa ad Elfman e a fior di labbra pronuncio qualcosa rivolto a Natsu e che nessun altro probabilmente capì. "Vedi di rimetterti, fiammifero."
I due ragazzi lasciarono la stanza, mano nella mano e Juvia disse che sarebbero tornati a trovarlo domani.
Poco dopo anche Lisanna ed Elfman se ne andarono.
 
"Lucy-chan! Ho ascoltato il tuo messaggio. Tu stai bene? E Natsu?" Domandò l'amica allarmata.
"Levy... Sì adesso stiamo bene, Natsu è qui in ospedale e sta dormendo." Rispose cercando di tranquillizzarla.
"Menomale," sospirò "vado e prendere Gajeel e vi raggiungiamo subito." Disse facendo rumore con le chiavi di casa.
"Certo."
"Voglio che mi racconti tutto per filo e per segno."
Lucy le promise che l'avrebbe fatto e le assicurò ancora una volta che sia lei che Natsu stavano bene.
 
"Lucy!" Esclamò la piccola amica dai capelli blu entrando nella camera come un tornado.
"Levy!" Rispose Lucy al saluto abbracciandola. Le era mancato tanto il suo appoggio in quelle ore terribili e riabbracciarla era stata probabilmente la cosa migliore della giornata.
"Perché non si è ancora svegliato?" Chiese Levy facendo un giro veloce del lettino per dare uno sguardo alle condizioni di Natsu.
"È sotto farmaci e in più è molto stanco, perciò non si sveglia; così è ciò che ha detto l'infermiera." Spiegò.
Wendy era passata poco prima a cambiargli la flebo e, dopo un rapido controllo le aveva assicurato che la febbre era scesa del tutto, però aveva bisogno di riposo e inoltre, i medicinali che aveva assunto causavano molta stanchezza.
"Gajeel non è con te?" Domandò Lucy non vedendo il fidanzato dell'amica - ammetteva che stava cercando di cambiare discorso.
"Oh lui è dovuto andare nella capitale, lo hanno convocato per una partita importante proprio dopo che mi hai dato tu la notizia."
"Certo che hanno un tempismo!" Scherzò l'azzurra.
"Eh sì..." Rispose Lucy.
"Ma passerà a trovarlo. Lo costringerò io a calci se non ci viene di sua volontà."
Adesso che Levy era lì sapeva che avrebbe preteso delle spiegazioni e lei non vedeva l'ora di avere qualcuno con cui sfogarsi e poter chiedere consiglio, perché lei non aveva la più pallida idea di come andare avanti.
Desiderava solo che il rosa si svegliasse da quel lungo sonno e che potesse sentirlo ridere e scherzare come prima.
Però aveva anche paura che addebitasse a lei la colpa per quell'incidente e probabilmente se l'avesse fatto gli avrebbe dato tutte le ragioni possibili. La gelosia di Lisanna e l'iper protettività di Elfman erano state causati dai suoi sentimenti per Natsu, e nonostante ne avesse già parlato con la Strauss non poteva ignorare l'evidente: lei aveva rappresentato un problema.
Si rendeva conto del fatto di essere logorroica con tutti quei pensieri e che il suo cervello non ne poteva più ma fino a quando le acque non si sarebbero calmate lei avrebbe continuato a vivere in quello stato di ansia e disagio.
"Sei sicura di stare bene?" Le domandò apprensiva Levy carezzandole il dorso della mano.
"Dovresti chiederlo a lui" rispose indicando il ragazzo con un debole cenno del capo.
"Io l'ho chiesto a te, Lucy e non ti conviene mentirmi."
Colta sul fatto.
"Devi smetterla di ignorare con ti senti tu. Io e Juvia te lo abbiamo già detto ma a quanto pare le parole ti entrano da una parte e ti escono dall'altra, perciò sono costretta a ripetetelo." Lo sguardo di Levy si era indurito e il tono sembrava anche abbastanza arrabbiato.
Lucy si rendeva conto benissimo da sola che l'amica le avesse ripetuto quelle cose milioni di volte, e le altrettante volte non l'aveva ascoltata.
Lucy sentiva le lacrime pungerle gli occhi e sentiva proprio il bisogno di piangere perché si era tenuta tutto dentro per troppo.
"Io voglio solo che tutto questo finisca," disse tra un singhiozzo e l'altro, "voglio essere felice con Natsu."
Levy l'abbraccio più forte che le sue piccole braccia le permisero e la rassicurò dicendogli che dopo qualsiasi brutto periodo c'è sempre la felicità e che prima o poi avrebbe ricordato quell'esperienza solo come un brutto sogno.
Lucy le credé perché ne aveva bisogno, aveva bisogno di qualcuno che le dicesse quelle cose perché lei non riusciva ancora a crederci.

 
"Devi essere tu a volerlo, prendendo in mano la tua vita e facendola andare come vuoi. Parti dalle piccole cose, aggiustandole al meglio delle tue capacità. Smetti di essere la spettatrice della tua vita."
 
 
 
 
"Signor Purehito," chiamo Lucy in mezzo alla folla, era sicura che fosse lui "signore," ritentò di nuovo e finalmente l'uomo si fermò, però continuò a darle le spalle.
Lucy allora ne approfittò e lo raggiunse, fermandosi sempre alle sue spalle. Ammetteva che quell'uomo le incuteva un certo timore con il suo metro e novanta.
Purehito dopo estenuanti secondi si girò verso la ragazza e la guardò dall'alto al basso con sguardo torvo.
Lucy deglutì ed ebbe la voglia di girare i tacchi e tornarsene a casa.
"Lei è il signor Purehito?" Domandò stritolando la corda della borsetta.
"Cosa ci fa una ragazzina della tua età qui da sola in aeroporto, se posso domandare" l'uomo invece di rispondere alla domanda che gli era stata posta aveva preferito frane un'altra.
"I-io avrei bisogno di parlarle. È importante"
"Signorina, si rende conto che io sto per prendere un volo a momenti?" Sembrava irritato e Lucy se ne accorse dal tono di voce poco garbato che aveva utilizzato, però lei era determinata ad ottenere ciò per cui aveva fatto tanta strada.
"Il suo volo parte tra un'ora, abbiamo tutto il tempo per parlare."
 
 
Il bar che avevano scelto era abbastanza affollato e il continuo brusio delle persone in sottofondo parve irritare Purehito.
"Allora, di cosa vorresti parlarmi di così importante, signorina?" Disse calcando l'ultima parola.
"Mi chiami Lucy, per favore."
"Lucy" ripeté Purehito girando il cucchiaino nel suo caffè amaro.
"Sono qui perché voglio parlare di Natsu Dragneel, il ragazzo che era venuto per valutare ma che-"
"Credo di essere stato abbastanza chiaro con il suo allenatore e con il signorino Dragneel stesso riguardo questa faccenda. Perciò il suo intervento è del tutto irrilevante e fuori luogo." Purehito stava per alzarsi dalla sedia, ma Lucy fu più veloce e lo precedette, puntando i palmi sulla superficie in vetro del tavolinetto, "La prego, mi ascolti. Non le sto chiedendo di cambiare idea, ma almeno senta ciò che ho da dirle."
Purehito riposò la valigetta afferrata poco prima e si riposizionò nella stessa posa plastica e inflessibile di prima.
Anche Lucy si sedette di nuovo e a quel punto iniziò a parlare.
"Penso che abbia già capito per quale motivo io sia venuta fin qui, perciò salterò quella parte e arriverò al sodo: al motivo per il quale lei debba dargli una seconda opportunità"
L'uomo alzò gli occhi al cielo e assunse un'espressione alquanto annoiata, ma nonostante tutto Lucy non demorse e continuò il suo racconto. Gli raccontò del fatto che quel giorno era malato e lei gli aveva detto di stare a casa, ma senza essere ascoltata. Parlò anche del fatto che fosse finito in ospedale e dovette ammettere che non impedì a quel sentimento di colpa che provava per Purehito di fuoriuscire almeno un po' nelle sue parole. Se lui non fosse stato così severo forse la visitina di Natsu all'ospedale poteva essere evitata.
"Quindi la prego, gli dia una seconda chance. Conta molto per lui."
L'uomo fece un verso di scherno e incrociò le mani sorrette dai gomiti sul tavolo.
"Vedo che il signor Dragneel ha giocato la carta della fidanzatina triste. Sappiate però che io non mi faccio impietosire da questi teatrini"
"Natsu non sa neanche che sono qui!" Esclamò Lucy arrabbiata, la stava prendendo per una stupida senza cervello, "sono venuta perché sono io a volerlo. E sempre io ho pensato che lei  potesse aiutarmi!"
"E cose le fa pensare che io voglia dargli una seconda opportunità?" Adesso sembrava interessato dalla reazione di Lucy, se non addirittura divertito.
"Il fatto che lei non è un uomo senza cuore e che capisca le circostanze."
"Sei proprio una ragazzina che vive nel suo mondo. Apra gli occhi e si renda conto che non tutti sono come crede lei, Lucy."
"Senta, tutto ciò che le chiedo è di rivalutare la sua decisione in merito a Natsu, dandogli la possibilità di vedere che cosa sa fare davvero al meglio delle sue capacità" ripose, "Nient'altro. Solo questo."
Purehito non disse nulla per una manciata di minuti e tutto ciò che fece fu sorseggiare il suo caffè.
"Sa, sono colpito dalla sua tenacia. Non se ne vedono di giovani donne così, in giro. Gliene do atto" le stava facendo un complimento? Stava sognando per caso?
"Solitamente sono un uomo che non rivaluta mai le proprio decisioni, ma come le ho detto prima, sono colpito."
Lucy sbarrò gli occhi dalla sorpresa e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
"Perciò dica al signor Dragneel di contattarmi non appena sarà al massimo della sua forma fisica," le porse un bigliettino con tutti i suoi contatti, "Ma tenga bene a mente che potrei anche cambiare idea." Lucy scattò dalla sedia e per poco non lo abbraccio. Aveva appena detto che aveva una seconda possibilità. Non poteva crederci, era così contenta! Non vedeva l'ora di dirlo a Natsu. Se doveva essere sincera neanche lei sapeva per quale motivo l'uomo avesse accettato, però in quel momento non importava.
"Adesso devo andare. È stato sorprendentemente piacevole averla incontrata."
"Anche per me. Non so come ringraziarla!" Cinguettò al settimo cielo.
L'uomo per la prima volta da quando Lucy lo aveva conosciuto accennò un sorriso a mezza bocca.
"A presto, signorina Lucy."





























 
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Angolo autrice:
Salve carissime e carissimi! Sono finalmente riapparsa con un nuovo capitolo, ed è inutile dire che mi scuso per l'immenso ritardo; vi assicuro però che in questo periodo in cui sono scomparsa ho lavorato su altri progetti che non vedo l'ora di potervi mostrare! ^.^
Per chi se lo stesse chiedendo, visto che l'ultima parte del capitolo sembra non c'entrare molto con il resto, quella è una delle piccole azioni che Lucy ha iniziato a compiere per raggiungere quella felicità che tanto brama. Levy, con quella frase le ha fatto che capire che, in poche parole, siamo noi gli artefici del nostro destino e che dobbiamo sempre dare il meglio di noi. È un motto che personalmente cerco sempre di seguire perché credo che sia inutile aspettare che quello che vogliamo ci cadi dal cielo.
Oltre a questo piccolo appunto desidero ringraziare chi ha speso del tempo a recensire lo scorso capitolo, che purtroppo è finito un po' inosservato a causa della Nalu week che ha preso il sopravvento sul fando. Perciò un immenso grazie a daimlertanomaxnag_95 NatsuLucyLove; mi avete davvero risollevato l'umore!
E ricordate che se trovate qualche errore o cosa che non vi convince non dovete farvi problemi a farmelo notare!
A parte questo non ho davvero niente da dire, perciò lascio la parola a voi ^.^

Un bacio,

Hanae

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


 
 





 
Erano passate settimane da quando Lucy aveva parlato con Purehito e altrettanto tempo da quando Natsu era finito all’ospedale, facendole vivere giorni tremendi. Adesso però stava bene e i medici erano rimasti sbalorditi dalla rapidità con la quale il rosa era riuscito a guarire; dicevano che quel ragazzo aveva doti pazzesche.
Quel giorno però, tutta quella storia si sarebbe definitivamente chiusa, proprio come le pesanti porte dell’ospedale che si chiudevano alle loro spalle.
Natsu camminava davanti a lei con le stampelle tutto felice e sorridente, mentre Lucy, carica come un mulo di tutti i loro averi che si erano portati dietro – perché sì, lei aveva deciso di trasferirsi permanentemente su quel mini letto scomodo della stanza X777 per tutto il tempo della permanenza di Natsu in ospedale -, si fermò a guardare ancora una volta il grande edificio grigio che torreggiava sopra le loro teste.
C’era stata troppe volte dentro quel luogo nella sua vita e sperò vivamente che quella fosse l’ultima.
“Lucy, cosa aspetti?” domandò Natsu che si era fermato a guardarla, cercando di capire per quale motivo si fosse fermata e avesse quello sguardo così triste e perso nel vuoto.
Doveva essere felice, proprio come lo era lui. Non c’era più spazio per le lacrime, solo sorrisi e quello che il rosa voleva vedere di più era quello luminoso di Lucy.
La ragazza scosse la testa in segno di negazione e accennò ad un sorrisetto, “Niente!”, esclamò riprendendo a camminare, “assolutamente niente” sussurrò una volta raggiunto.
Il rosa le prese l’unica mano libera e la tirò a sé, adagiando la stampella al suo fianco e Lucy si lasciò trascinare e poi stringere appena il braccio caldo del ragazzo.
Se c’era una cosa che gli era mancata in quelle settimane erano i suoi abbracci e il suo profumo pungente di cannella.
Con la testa appoggiata al suo petto e il cotone della maglietta intrecciato tra le dita, chiuse gli occhi e si beò di quel bacio delicato che le aveva lasciato sulla testa, e poi sulle labbra così affamate di lui che non riusciva a capire come aveva fatto a resistere per tutto quel tempo senza poterle assaporare, senza poter danzare con quelle lingua calda, o senza di suoi morsi sulle labbra carnose con quei canini appuntiti.
Le era mancato tutto di lui.
Il rosa inclinò il collo verso il basso per far combaciare le loro fronti e baciarle il naso, facendole solletico.
“Grazie,” disse, “per tutto quello che hai fatto per me”
Natsu si era reso conto che per tutto quel tempo, dopo tutto quello che Lucy aveva passato a causa sua, lui non si era mai preso un momento per dirle un semplice grazie, stringerla a sé e pensare a quanto fosse fortunato ad averla accanto.
Sapeva che quel semplice ringraziamento non era ancora abbastanza e che ci sarebbe voluto molto di più per sdebitarsi, ma per il momento era tutto quello che poteva offrirle, insieme al suo cuore.
 
 
 
 
 
 
1 Anno Dopo

Seduta sugli spalti della palestra con le gambe tremanti e il cuore a mille gli occhi di Lucy seguivano senza sosta ogni spostamento rapido di Natsu, che sfrecciava da una parte del campo all’altra, eseguendo schemi ed esercizi che Purehito gli ordinava senza sosta.
Il coach Clive osservava insieme a lei la performance del rosa, e anche se all’esterno sembrava calmo e impassibile Lucy sapeva che dentro era tutto il contrario.
Quello era un giorno importante per tutti, un giorno in cui si potevano finalmente vedere i risultati del duro lavoro di Natsu e della sua riabilitazione che aveva richiesto un lungo e doloroso anno, pieno di sacrifici e sudore.
Lucy lo aveva visto, aveva visto la sua determinazione negli occhi verdi, aveva visto quella luce accendersi ogni giorno che passava e aveva anche visto quando quella forza spegnersi, ma che lei era sempre pronta a riaccendere ogni volta senza mai stancarsi.
Natsu aveva davvero lottato per arrivare fino a quel punto e Lucy non poteva essere più fiera di lui e di tutti i suoi progressi.
Con la lingua in mezzo ai denti per la concentrazione e la fronte imperlata di sudore il rosa fece un arresto al centro campo. Con le ginocchia piegate, la palla in costante movimento accanto a lui e lo sguardo fisso sul canestro prese un bel respiro. Quello era il punto finale e doveva essere perfetto.
A Lucy sembrò un po’ esagerata come distanza quella e guardando lo sguardo perplesso di Purehito ebbe l’impressione che la pensassero allo stesso modo.
Natsu però non sembrava minimamente preoccupato e lo stesso il coach Clive, anzi, avevano entrambi un sorriso spavaldo stampato in faccia.
Lucy deglutì e guardo l’uomo accanto a sé, che con un occhiolino la incitò a continuare a guardare la perfomance del rosa.
“Dai, Natsu” disse in un sussurro.
Il ragazzo, come se l’avesse sentita alzò il pollice destro in alto per farle capire che andava tutto bene e che ce l’avrebbe fatta.
Palleggiò qualche altra volta e spostò il peso da un piede all’altro carico di adrenalina. Nella palestra risuonava solo il battere della palla sul pavimento e lo strusciare delle sue scarpe sportive. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, pregustando già quella vittoria che dava per scontato.
Smise di palleggiare e riaprì gli occhi, con un sorriso strafottente e di determinazione stampato sul volto.
Quello era il Natsu che tutti conoscevano e che avrebbe fatto carriera, quello con il fuoco negli occhi e con la lava al posto del sangue nelle vene.
Con un salto lasciò la palla a mezz’aria con una spinta pazzesca.
Il tempo che la palla ci mise per arrivare al tabellone fu infinito, ma una volta colpito e mandato il pallone dentro la rete i pochi presenti non poterono far altro che esultare.
Lucy saltellava dalla gioia, il coach cercava di contenersi ma anche lui non riusciva a stare seduto, mentre Purehito semplicemente applaudì.
Natsu invece urlava come un pazzo e corse incontro al coach che gli diede una stretta di mano e poi un abbraccio per congratularsi.
Aveva appena realizzato un sogno, qualcosa per cui aveva lavorato sodo.
Lucy lo guardava dagli spalti con il sorriso stampato sulle labbra e le lacrime agli occhi per la gioia.
“Congratulazioni, ragazzo” disse Purehito consegnandogli un certificato e una lettera.
“Gliel’avevo detto io che doveva darmi una seconda possibilità!” esclamò Natsu entusiasta.
“Per questo devi ringraziare la tua giovane amica” rispose l’uomo indicando con gli occhi Lucy, la quale non poté far altro che arrossire.
Natsu la guardò a sua volta e avvicinandosi sussurrò un appena udibile “lo so”, che fece sorridere la ragazza.
“Tutto quello che devi sapere è su questa lettera. Sarei stato io a spiegartelo ma sono stato qui anche troppo,” disse l’uomo prendendo la sua valigetta che aveva posato accanto agli spalti “buona fortuna, per tutto.”
 
 
 
“Posso entrare?”
“Natsu, ma quella è la finestra!”
 
 
 
“Allora, cosa farai?” domandò Lucy girandosi verso Natsu che le stava allungato accanto.
Il ragazzo aveva le braccia incrociate dietro la testa e guardava il soffitto bianco illuminato solo dalla luce della luna che arrivava fuori dalla finestra.
Lucy poteva vedere benissimo i suoi occhi verdi guardare la parete pensieroso.
“Non lo so… Cioè, ho ottenuto quello che volevo di più, ma adesso non so cosa viene dopo” rispose il rosa girando la testa sul cuscino per scrutare il volto di Lucy.
La ragazza sapeva benissimo cosa intendesse. Gli prese il volto tra le mani costringendolo a girarsi del tutto verso di lei.
“Tu invece sai perfettamente cosa fare, solo che non vuoi”
Il rosa si mise a sedere e Lucy fece lo stesso. Entrambi sapevano che aveva ragione e proprio per questo era ancora più dura.
Natsu mise un braccio attorno al collo di Lucy e l’avvicinò a sé, abbracciandola forte e lasciandole un bacio suoi capelli biondi.
“Ti amo tanto Lucy”
“Lo so” rispose stringendolo a sua volta e poggiando la testa sul suo petto, “anche io, Natsu”
 
 
 
 
Mi dispiace, non vorrei doverti lasciare, ma non posso rinunciare a questa opportunità e tu lo sai meglio di chiunque altro. Ci ho pensato molto e ho scelto di inseguire il mio sogno.
Lo faccio per me, per Igneel, per il coach Clive e per te.
So che capirai, perché tu mi capisci sempre. So anche che ti spezzerò il cuore e nonostante vorrei chiederti di aspettarmi non lo farò… Potrei stare via anni e tu devi andare avanti.
Spero che non ti arrabbi per averti lasciata dormire, ma non me la sentivo di vederti piangere mentre mi chiudevo la porta di casa alle spalle.
Spero che questo non sia un addio.
Un giorno tornerò e ci rivedremo. Questa è una promessa.
 
 
 
Alcune lacrime andarono ad infrangersi sulle parole scritte in modo frettoloso, sbiadendole e rendendole ancore più illeggibili di quanto già non fossero prima. Lucy strinse la lettera al petto e guardò il letto disfatto che sapeva ancora di lui. Quella notte una piccola parte di lei aveva sperato che lui non se ne andasse, di trovarlo accanto a lei appena sveglia, ma d’altro canto lei stessa lo aveva spinto a scegliere la sua carriera al suo amore per lei.
Per caso si guardò allo specchio che stava attaccato al muro e vide le lacrime scendere copiose e si disse che Natsu aveva ragione: vederla piangere avrebbe solo peggiorato le cose.
Dopo aver riletto la lettera prese un pezzo di carta e una penna e frettolosamente scrisse alcune parole. Con la lettera in mano e il suo foglietto si diresse alla sua finestra e dopo aver staccato due pezzetti di nastro adesivo ce li incollò sopra e poi si allontanò, rimanendo a guardare quelle parole.
 
Un giorno tornerò e ci rivedremo. Questa è una promessa.
Hai promesso, Dragneel.
 
Una promessa era stata fatta e Lucy sapeva che entrambi un giorno l'avrebbero mantenuta.
 
 
 

 
 
FINE









 
Angolo Autrice:
Salve a tutti quanti miei carissimi lettori e lettrici!
Wow, erano mesi che non aggiornavo e adesso eccomi qui con la fine di questo viaggio... o meglio, quasi fine, perché dopo questo capitolo ho intenzione di scrivere un epilogo! Quindi non disperate XD non ancora almeno.
Mi dispiace di aver fatto aspettare chiunque seguisse la storia ma tra la scuola e la mancanza di ispirazione buttavo giù solo qualche riga e anche molto deludente. Spero che la curiosità nello scoprire che cosa succede a Natsu e Lucy sia ancora abbastanza forte da farvi continuare a leggere.
Mi farebbe piacere sapere che cose ne pensate e soprattutto avere il piacere di parlare con voi un'altra volta dopo tanto tempo.
Un bacio,

Hanae

 

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo
 
 





 
Il tintinnio dei tacchi a spillo di Lucy risuonava sordo sui ciottoli di pietra del grande viale del parco di Magnolia e il vento estivo circondava l’aria, segno che tra un po’ sarebbe iniziata la stagione calda.
“Sì, ho detto che sto arrivando. Lo stadio dista solo dieci minuti dal parco, ci metto un attimo ad arrivare.”
Lucy sbuffò e con un gesto stanco e veloce rimise il cellulare nella borsetta piena di appunti relativi ad articoli passati.
Era in ritardo per intervistare i nuovi partecipanti al Torneo Giovanile di Basket di Magnolia, e se non si muoveva il suo capo la licenziava per davvero questa volta, nonostante fosse una delle poche se non l’unica ad accettare commissioni fuori dal mondo.
Ammetteva di aver accettato quell’incarico perché sperava che ci fosse anche lui, non necessariamente per salutarla, ma solo per poterlo rivedere.
Le giornate in quel periodo si erano allungate di parecchio e iniziava a fare davvero caldo, però c’era sempre quel venticello piacevole a rinfrescare l’aria, tipico di quel periodo dell’anno.
Lucy affrettò il passo e nel mentre raccolse i lunghi capelli dorati un po’ bagnaticci nella sua solita coda alta.
In quattro anni l’unica cosa che non aveva cambiato era la sua acconciatura, più per un bisogno che per altro; perché per lei era impossibile non guardarsi allo specchio e rivedere in quei lunghi fili dorati i giorni più felici della sua vita.
Aveva deciso di non dimenticare, perché era sbagliato, era un insulto a ciò che era stata la sua vita un tempo.
Maledì sé stessa per aver deciso di indossare un paio di decolté proprio quel giorno che percorreva quella strada composta praticamente solo da sassi.
Sbuffò ancora una volta perché era sicura che avrebbe avuto le vesciche a fine giornata, perciò rovistò nella borsa in cerca di uno di quei cerotti che portava sempre con sé per evenienze come quelle.
Esultò non appena le sue dita toccarono l’involucro di carta dell’oggetto che l’avrebbe salvata da giorni di dolore atroce.
Scartò la protezione e l’accartocciò nel palmo della mano sinistra; poi si accovacciò e sfilò la scarpa quel tanto che bastava per rendere visibile la parte irritata e dolente del tallone, ci appiccicò il cerotto e si tirò su.
Fece alcune prove per vedere se l’avesse applicato correttamente e, non sentendo alcun dolore passò a spiegazzare la gonna che si era inevitabilmente rovinata a causa della posizione di poco prima.
“Sono bagnati, è meglio che li asciughi”
Se solo non avesse preso due caffè quella mattina l’ipotesi di avere delle allucinazioni non sarebbe stata presa in considerazione, ma visto che recentemente era diventata caffeinomane pensò davvero di averne presi troppi. Non poteva credere ai suoi occhi e a quello, o meglio, a chi aveva davanti. Rimase pietrificata a fissare la persona davanti a lei, senza dire una singola parola, sentendo però il cuore battere troppo forte per essere normale e le lacrime pungerle gli occhi.
 
C’erano cose che non si potevano dimenticare, ed una di quelle era sicuramente il volto di una persona amata. Lucy mai avrebbe potuto dimenticare il volto di Natsu, a partire dalle sue fossette, o dalle piccole cicatrici che aveva sulle braccia e sulle gambe, o alla morbidezza dei suoi capelli e le pagliuzze nere nei suoi occhi.
Quello che Lucy provava per Natsu era un qualcosa che non sarebbe mai riuscita a descrivere a parole se avesse dovuto farlo. L’aveva amato intensamente due anni prima quando si erano conosciuti e adesso che lo aveva davanti a sé con il suo solito sorriso, gli occhi semichiusi e il ciuffo di capelli rosa troppo lungo che si muoveva al ritmo del vento sembrava che il tempo non fosse mai passato, e che il suo amore fosse rimasto immutato.
Il suo corpo si mosse automaticamente: lasciò cadere agenda e borsetta rovesciando parte del contenuto sui ciottoli chiari e corse ad abbracciarlo.
Non voleva sprecare parole che nemmeno aveva per dire qualche cosa che non sarebbe stato abbastanza come stringerselo forte tra le braccia e baciarlo all’infinito.
L’unica cosa di cui aveva bisogno era pronunciare il suo nome per accertarsi che fosse veramente lui.
«Natsu…»
«In persona!»
Lui ovviamente non vedeva l’ora di poter avere un contatto fisico con lei, perciò non poté far altro che aprire la braccia e accoglierla all’interno di esse, per cercare di recuperare tutto quel tempo lontano da lei in un solo ed unico abbraccio.
Quanto le erano mancate le sue labbra e il sapore della lingua di lui. Le era mancato il contatto con la sua pelle bollente, la consistenza dei suoi capelli rosa, la sua voce e il modo con cui la guardava. Ogni singola parte di quel ragazzo le era mancata.
Il bacio che ne seguì fu uno dei più appassionati – e soprattutto lunghi - della vita di Lucy. Le loro labbra erano state affamate per troppo tempo. La biondina afferrò il volto di Natsu tra le mani e gli stampò un bacio sulla fronte, proprio come faceva lui e lo strinse di nuovo a sé.
In quell’anno aveva pensato svariate volte di contattarlo, ma aveva sempre represso quel desiderio per evitare di soffrire ancora di più. Lei voleva solo il meglio per lui e voleva che realizzasse il suo sogno, perciò aveva deciso di mettersi da parte per lui e farlo concentrare sui suoi doveri, rimanendo comunque un punto d’appoggio e sempre pronta a supportarlo.

Lucy si rigirava la cannuccia del suo frullato alla fragola tra le dita, seduta ad un bar appena fuori dal parco in cui aveva trascinato il rosa incurante dei doveri di entrambi. In quel momento passava tutto in secondo piano. Avrebbe trovato una scusa da rifilare al suo capo più tardi. Lucy constatò che era cambiato nell’ultimo anno mentre se lo rimirava per bene intanto che lui raccontava aneddoti sulla sua esperienza. I capelli gli si erano allungati un pochino, i muscoli delle braccia si erano ingrossati, segno dei duri allenamenti, e lo stesso per gli addominali che si intravedevano attraverso la maglietta leggermente appicciata al suo petto a causa del vento. Notò anche la presenza da una piccola cicatrice a forma di X sulla sua guancia che le fece storcere un po’ il naso, ma la trovò comunque carina; le sembrò anche più alto di come se lo ricordava.
«…e così siamo diventati amici nonostante la prima volta che ci siamo incontrati abbiamo fatto a pugni» disse ridendo.
«Dovrei proprio conoscerlo questo tuo nuovo amico allora» rispose entusiasta Lucy.
«Ovvio! Ha anche una ragazza che potrebbe starti molto simpatica»
«Sarebbe fantastico…» disse Lucy appoggiando le mani piccole sul tavolo, coperte subito da quelle di Natsu molto più grandi e callose.
Si guardarono negli occhi per diversi secondi, studiandosi a vicenda come se stessero cercando di leggere ognuno nell’anima dell’altro.
«Mi sei mancato tantissimo»
«Anche tu, Lu»
La ragazza si sporse sul tavolo per depositargli un bacio a fior di labbra.
«Sei tornato per restare?» domandò speranzosa, guardandolo negli occhi e rimettendosi a sedere.
Lui le sorrise, ma non poté fare a meno di guardarla un po’ tristemente, «purtroppo no. Sono solo di passaggio»
Lucy effettivamente si aspettava una risposta del genere, ma comunque ne rimase delusa.
«Però questa volta voglio portarti con me»
Natsu si alzò dalla sua sedia di ferro e sorridente porse la mano a Lucy, invitandola a seguirlo verso una nuova vita insieme.
Una storia iniziata con uno sfortunato incidente si era conclusa con l’inizio di una nuova avventura e di un nuovo amore.
Lucy afferrò la mano di Natsu, accettando così di seguirlo, sicura di poter finalmente vivere una vita felice e piena di colori.


 
 
























Angolo Autrice:
E così, dopo 86 pagine, 37870 parole anche questa storia è giunta al suo termine. Scrivere non è facile se lo si fa con lo scopo di trasmettere qualcosa, ed io, in tutte le mie storie ci lascio un pezzetto di me e delle mie emozioni, che cerco di regalare ad ogni lettore/lettrice. Questa long mi ha accompagnata per davvero molto tempo e mi ha aiutata a crescere e a migliorare le mie tecniche di scrittura. Mi sono innamorata sempre di più dei miei personaggi e abbandonarli sarà davvero difficile, ma sono comunque orgogliosa di loro e del modo in cui è finito il tutto. Non ho voglia di dilungarmi troppo in questo spazio ma ci tenevo a ringraziare le 48 persone che hanno inserito Natsu no Hoshi tra i preferiti, le 7 che l’hanno messa nelle ricordate e le 66 che l’hanno seguita. Siete davvero dei tesori preziosissimi e non potrei far altro che ringraziare ognuno di voi per tutto il vostro supporto durante questo lungo periodo. Un altro grazie speciale va a chiunque abbia recensito la storia anche dopo mesi di silenzio. Grazie per le 73 stupende recensioni e a chiunque mi abbia sopportato e abbia speso del tempo a lasciare anche solo due parole; sappiate che io apprezzo tutto <3 Grazie anche ai lettori silenziosi. Spero che questa storia vi abbia trasmesso qualcosa e che vi abbia fatto provare qualche emozione. Adesso mi metterò al lavoro di 10 Mesi Per Amarti, perciò tornerò presto (si spera, ahah). Grazie mille a tutti quanti, vi voglio un mondo di bene <3 <3 <3 <3

Un bacio enorme,

H a n a e

 
 

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