An Arrow and an Apple

di ale_lu_maguire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I was afraid... ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: You'll never be alone ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: a man somewhat unique ***



Capitolo 1
*** I was afraid... ***


Capitolo I: I was afraid...
 
“Dalle più alte stelle,
discende uno splendore
chiamato amore”
-Bacio perugina n°113
 
 
Pensava ancora a quel giorno, il giorno in cui una fata combina guai ma che voleva aiutarla, si presentò salvandole la vita. Pensava a quell'uomo con il leone tatuato sul polso, ma doveva dimenticarlo, lo aveva rifiutato e adesso per non pensarci doveva semplicemente darsi da fare, crearsi un passatempo, come ad esempio distruggere Biancaneve. Era semplicemente seduta su quella sedia davanti alla sua specchiera, che si guardava e riguardava per capire cosa diamine non andasse in lei.
-Dammi una ragione per la quale non dovrei distruggere questo reame!- disse la mora con i capelli raccolti in un tuppo lasciando cadere solo un ciuffo alla sua destra.
-Vostra maestá cosa vi turba?- chiese un anziano signore vestito di nero.
-Ho detto di darmi una ragione, un maledetto motivo per la quale non dovrei distruggere questo reame!- disse nuovamente la donna muovendo le dita della mano sulla specchiera, e quel piccolo rumore delle sue unghie che ticchettavano era capace di far innervosire anche se stessa.
-Non saprei come rispondervi vostra maestá. Ma ditemi, a cosa state pensando?- disse pochi secondi dopo l’uomo avvicinandosi a lei per poi darle un bicchiere d’acqua.
-Padre, vi ricordate quella volta che venne a teovarmi una fata?- chiese la donna voltandosi verso di lui per poi smettere di muovere le dita.
-Sí, mi avete accennato che era venuta una certa, Trilli. Non rammento cosa volesse da voi- rispose Henry guardandola negli occhi, cosa che non faceva da tanto tempo.
-Voleva aiutarmi, voleva semplicemente aiutarmi- rispose la Regina Cattiva con un tono alquanto dispiaciuto, come se le dispiacesse di non averla ascoltata.
-Aiutarvi? In cosa?- chiese l’uomo stranito dalla risposta.
-A trovare il vero amore. A trovare la mia anima gemella- rispose Regina abbassando la voce, come se ogni sentimento, come se ogni emozione volesse saltar fuori.
-Era un uomo con un leone tatuato sul braccio, sogno tutte le notti la stessa scena, la stessa maledettissima scena padre!- esclamò lei dopo aver afferrato il bicchiere.
-Sfogatevi- aggiunse semplicemente l’uomo.
-Una taverna, giú al villaggio, una luce o meglio una scia verde che illumina un’uomo seduto di spalle e che con la mano destra solleva un bicchiere di birra mostrando un tatuaggio nero sul polso. Trilli lo chiamava l’uomo con il leone tatuato sul polso. La ragazza mi disse di entrare dopo essersene andata- spiegò lei continuando ad osservarsi allo specchio.
-Lo avete fatto?- chiese il padre appoggiando una mano sulla spalla della figlia.
-Credi che se lo avessi fatto fossi qui? Avevo paura- rispose semplicemente ma con un tono alquanto strano, un misto tra collera e rimorso.
-Paura? Di cosa, se posso chiedere- chiese lui timoroso per la risposta o per la reazione della donna che aveva davanti, ovvero sua figlia.
-Paura di soffrire di nuovo, di perdere di nuovo qualcuno che amo. Ho perso Daniel, volevo solo evitare a lui una morte a causa mia- rispose alla domanda, ricordando l’amore che perse molti anni prima, il suo primo amore, il suo Daniel.
-Capisco, ma potevate pur sempre rischiare- forse Henry aveva ragione, o forse no, voleva solo cercare di aiutare sua figlia ma non trovava le parole giuste per dirle che aveva sbagliato.
-Rischiare? Rischiare di perdere un altro amore, un’altra anima gemella? No mai- rispose lei alzandosi per poi lasciare quel bicchiere nelle mani di suo padre e uscire dalla stanza definitivamente. Voleva riparare al suo errore, ma qualcosa le impediva di farlo, aveva semplicemente paura, una paura che le distruggeva il suo cuore e lo indirizzava verso la distrazione, verso l’uccisione di Biancaneve. In fondo, Regina dentro di se sentiva un rimorso, un tremendo rimorso per non essere entrata in quella taverna parecchi anni prima, forse adesso sarebbe li con lui, forse sarebbero seduti davanti al camino stretti in una coperta ad osservare i propri figli giocare. Dopotutto era questo quello che voleva davvero, voleva una famiglia, una semplice famiglia che l’amava per quello che era, ovvero una donna, una semplice donna non molto debole all’apparenza ma molto fragile all’interno e sarebbe bastato un piccolo dolore per distruggerla come un vaso di porcellana che cadeva sul pavimento per poi finire in mille pezzi.
-Chi diamine è quel bambino dentro le mie terre!- esclamò la donna notando un bambino di piu o meno quattro anni, per poi svanire in una nuvola di fumo viola e apparire da lui.
-S-signora voi, voi sapetw dove mi troov?- chiese il bambino con le lacrime agli occhi.
-Sei nel mio castello moccioso- rispose lei spudoratamente.
-Credo di essermi perso- sussurró il piccolo impaurito.
-Beh non sono affari miei- aggiunse la Regina voltando le spalle al bambino che non disse piu nulla. Qualcosa, o per meglio il suo piccolo lato materno la fece voltare verso il bambino e osservarlo per qualche istante.
-Ti va di entrare?- chiese la donna tendendo la mano al bambino che si limitò ad annuire.
-Ehi scusa se ti ho messo paura, non era mia intenziona- aggiunse lei stringendo la manina del bambino.
-Non sei cattiva- Disse il bimbo stringendole la mano, era il primo che le diceva una cosa del genere e lei non fece altro che sorridere a quelle tre parole.
-Vieni dentro ti do dei vestiti puliti e una cioccolata calda- aggiunse sorridendo mentre apriva la porta per entrare all’interno del castello.
-Tieni la tua cioccolata ometto- disse facendo apparire una tazza di cioccolata calda per poi schioccare le dita e far cambisre di abito il bambino.
-Adesso sei un principino. Ma dimmi se vuoi posso aiutarti a trovare il tuo papá- si offrí la Regina sedendosi vicino al bimbo.
-Grazie, come vi chiamo?- chiese il bimbo.
-Beh puoi chiamarmi Regina- rispose la donna sorridendo per poi scompigliargli i capelli.
-Dai finisci la cioccolata ti porto a nanna, domani cerchiamo il tuo papá- aggiunse lei rimanendo a fissare il bambino, era cosi tenero, sentiva che si stava affezionando, e lei sapeva che a chiunque si fosse affezionata non avrebbe vissuto molto a lungo.
 
 
[x]
 
Era in ginocchio e osservava il piccolo mantello del figlioletto Roland, era arrabbiato, in collera, boleva scoccare freccie a chiuque ma si stava controllando brillantemente.
-Little Johnn dammi un motivo per il quale non dovrei ucciderti!- disse infuriato.
-Mi sono distratto lo so, scusa ma era dietro di me è sparito cosi e non me ne sono accorto!- cercava di giustificarsi Little Johnn.
-Non dire nulla! Adesso raduni tutti e ti dai da fare per ritrovare mio figlio perche se gli succede qualcosa ti uccido con queste mani! Ricorda è un bambino! Adesso chissá dove diamine può essere!- esclamò l’uomo mentre si rialzava per poi raccogliere il piccolo mantellino del figlio.
-Datti da fare- disse Robin passando vicino a lui spingendolo con la spalla.
-Ti troveremo Roland- sussurrò l’uomo stringendo quel piccolo mantello fra i propri pugni chiuso.
-Robin sono tutti pronti per le ricerche- disse Little Johnn avvivinandosi a lui.
-Allora avvia le ricerche adesso!- disse lui alzandosi le maniche per poi iniziare a creare altre freccie per il proprio arco.
-Avanti ragazzi! Andiamo!- esclamò little Johnn allontanandosi con l’allegra brigata.
-Bene- sussurrò Robin non appena li vide allontanarsi tutti verso i boschi.
-Cercherò solo mio figlio- aggiunse poco dopo preparando una sacca con delle provviste, per poi impugnare il proprio arco e le freccie e avviarsi in solitudine verso il piccolo villaggio dal lato opposto dei boschi.
Camminava da piu di tre ore e sinceramente era stanco, ma non sapeva dove fosse finito Roland e non si sarebbe dato pace finchè non lo avesse trovato.
-Cosa vi servo?- chiese una donna con i capelli lunghi e ricci.
-Una birra- rispose Robin sedendosi sullo sgabello di legno, quella taverna gli sembrava molto famigliare come se gia vi ci fosse stato tempo prima.
-Robin Hood!- disse la donna portandogli la birra.
-Ci conosciamo?- chiese lui sorpreso.
-Sono Zelena non ricordi? Sei sempre venuto qui, anzi venivi qualche anno fa, poi da quando hai messo su famiglia non ti abbiamo visto piu- spiegò la donna sedendosi di fornte all’uomo.
-Oh Zelena! Ehm mi serve un favore- chiese l’uomo ancora un po confuso dalle parole della donna.
-Dimmi tutto- rispose lei.
-Uno dei miei uomini, ovvero little Johnn doveva tenere d’occhio Roland, ma è svanito nel nulla- disse il ladro con aria preoccupata.
-Chi little Johnn o Roland?- chiese la donna.
-Roland. Mio figlio è sparito e non so dove è finito, hai per caso visto qualcuno che se lo portava dietro?- chiese.
-No ma ho sentito dire che poche ore fa hanno avvistato la Regina Cattiva con un bambino- rispose lei fissando gli occhi azzurri dell’uomo.
-E dove li hanno visti?- chiese Robin impugnando l’arco.
-Nei giardini reali, a quanto ho capito dalle voci che circolano, la Regina era nel giardino con un bambino dai capelli ricci e scuri, ma poi lo ha portato dentro. Tutti credono che la Regina lo abbia rapito- spiegò la donna.
-Beh cosa ci si può aspettare da una donna del genere, senza cuore e piena di odio- Robin era piu che certo che quel bambino che secondo tutti, la donna teneva prigioniero era suo figlio, e beh avrebbe fatto di tutto pur di riaverlo.
-Dammi una mano a riprendermi mio figlio- disse lui calcando un pugno sul tavolo.
-Beh con la mia magia e il tuo arco, riusciremo a riprenderci tuo figlio. Ma, cosa ci guadagno?- chiese lei con sguardo furbo.
-La testa della Regina. So quanto odio porti verso di lei- disse lui con mezzo sorriso compiaciuto.
-Abbiamo un patto- la donna strinse la mano del fuorilegge, ma nessuno al di fuori di lei sapeva vosa voleva realmente fare con quella donna che portava il nome di Regina Cattiva.
 
 
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Era buffo cone un semplice bambino riuscisse a cambiare radicalmente il carattere di una persona, Regina era li ferma che guardava il bambino giocare con la panna che si trovava sulla cioccolata calda. Aveva un semplice sorrisetto materno dipinto sul volto quando vide il bambino sporcarsi le labbra di panna, in silenzio si avvicinò a lui e con un semplice fazzoletto bianco pulí quelle sottili labbra da bambino innocente.
-Grazie- disse il piccolo mostrando i suoi bei dentini bianchi che fecero ridere persino la cameriera.
-Ma lo sai che sei un bel bambino?- disse la donna toccandogli il naso accennando ancora di piu il proprio sorriso.
-E tu sei una bella signora- rispose il piccolo.
-Prima di portarti a dormire, voglio scoprire il tuo nome- disse lei ridendo per poi mettersi dietro di lui e iniziare a punzecchiarlo per fargli solletico.
-Roland, il mio nome è Roland- rispose lui educatamente mentre rideva.
-Dai saliamo sopra, se ti va puoi dormire con me nel mio letto- disse lei mentre il bimbo si alzava e le prendeva la mano, un gesto che lasciò la donna un po scossa.
-Vi da fastidio?- chiese il bimbo stringendo la mano di lei.
-Cosa?- chiese a sua volta Regina con un sorriso.
-Se vi prendo la mano. Lo faccio sempre con il mio papá- rispose Roland.
-No certo che no mi fa piacere- rispose stringendo la manina del bambino per poi mettersi alla sua altezza.
-E poi puoi chiamarmi Regina- aggiunse dopo avergli dato un tenero bacio sulla guancia.
-Regina posso dormire con te?- chiese poco dopo.
-Te lo avevo detto prima, certo che puoi- disse lei aprendo la porta della stanza.
-Wow! È enorme!- Roland corse subito sul letto di Regina ma prima di salirvi si tolse le scarpe.
-Ti diverti? Ti piace stare con me?- chiese mentre Roland saltava sull’enorme lettone.
-Se mi piace? È bello stare con te- per un attimo Regina credette che il bambino volesse rimanere con lei per sempre, credeva che nessuno gli avesse portato via quel piccolo ometto che l’aveva fatta cambiare in poco meno di mezza giornata.
-Ma domani cerchiamo il mio papá- aggiunse alcuni secondi dopo lasciandosi cadere sui morbidi cuscini.
-Certo. La vuoi una cosa?- chiese la mora avvicinandosi al letto per poi schioccare le dita e cambiarsi d’abito.
-Certo!- disse il bimbo annuendo.
-Bene- si limitò lei con mezzo sorriso, Regina schioccò le dita e attraverso una piccola nube viola apparve un pupazzo, un semplice pupazzo grigio a forma di scimmia.
-È bellissimo!- esclamò il bambino.
-È tuo- sussurrò lei dando il pupazzo a Roland.
-Stai bene?- chiese Roland lasciando cadere il pupazzo sul letto per poi avvicinarsi a lei e mettersi in ginocchio e con le sue tenere manine le alzò il viso.
-Si sto bene, è solo che quando troveremo il tuo papá tornerò ad essere sola- rispose lei.
-Ma non importa, ciò che importa è che adesso tu dorma domani ci divertiamo- aggiunse sorridendo per poi alzare l’enorme piumone del letto facendo entrare un piccolo Roland insieme a una scimmietta.
-Dai perche ti ho dato quella?- chiese lei rimboccando le coperte al bambino dopo essersi messa vicino a lui.
-No- rispose assonnato.
-Per ricordarti di me anche quando andrai via. Almeno avrai un pezzo di questa Regina Cattiva- Regina non si avvicinò al bambino, anzi stava alla giusta distanza, non voleva rimpiazzare sua madre o suo padre, voleva solo prendersi cura di quel piccolo ometto che la faceva sorridere.
-Mi ricorderò sempre di te- sussurrò il piccolo lasciando andare la scimmietta da un lato del letto per poi stringersi a Regina e stringerla a se.
-Non sarai mai sola, giá ti voglio bene mamma- quelle parole fermarono il cuore della donna per qualche istante, ma era ben consapevole che anche se l’aveva chiamata mamma, lo aveva fatto perche era mezzo addormentato e non per altro.
-Buona notte scimmietta- sussurrò lei continuando ad osservare quanto fosse bello quel bambino mentre dormiva accoccolato a se.

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Capitolo 2
*** Capitolo II: You'll never be alone ***


 
“Guardami negli occhi,
è dove si nascondono i miei demoni.”
Demons - Image Dragons
 
 
 
Era notte fonda quando sentì una vocina pronunciare il suo nome, non era ne la voce di suo padre, ne la voce dello specchio, era semplicemente la voce di un bambino che attirava la sua attenzione nel bel mezzo della notte, una notte leggermente movimentata visto che pioveva a dirotto da quando aveva messo a letto il piccolo Roland.
-R-regina?- sussurrò il bambino sbucando da sotto le morbide coperte del lettone dove la donna stava dormendo pochi minuti prima.
-Roland? chiese Regina, era la prima volta che non si svegliava arrabbiata o irritata per qualcosa.
-H-ho paura- disse appena mettendosi seduto sul grande letto.
-Vieni qui, avvicinati- disse lei mettendosi appena seduta per stringerlo a se.
-Ho paura di questo temporale- disse il piccolo nascondendo gli occhietti dietro le piccole manine.
-Ehi non devi aver paura, e sai perché? Perche non sei solo e ricorda che la maledizione peggiore è rimanere soli- disse lei guardandolo mentre gli scompigliava quei capelli scuri.
-Tu sei sola?- chiese il piccolo ingenuamente mentre con quelle tre parole lo sguardo di Regina mutò in un istante, lasciando come risposta un assordante silenzio.
-Ho detto qualcosa di sbagliato signora?- chiese Roland tornando a darle del lei mentre abbassava lo sguardo timoroso di averla fatta rattristare e innervosire.
-Ehi no, no guardami- disse lei mentre gli sollevava il viso per guardarlo negli occhi e fargli un tenero sorriso.
-Non hai detto e non hai fatto, nulla che non andasse. Sono io quella sbagliata- disse lei mentre gli accarezzava il viso.
-P-posso chiamarvi di nuovo Regina?- chiese il piccolo arrossendo.
-Non puoi, devi farlo semplicemente. Siamo amici adesso vero?- disse Regina sorridendo.
-Amici- sussurrò lui per poi abbracciarla.
-Mi racconti una favola? La tua favola?- domandò Roland mentre si accoccolava vicino a lei.
-Mm sei sicuro di volerla sapere? Risponderà alla tua domanda di prima- rispose lei mettendosi di fianco per poi sostenersi con il gomito.
-Sicuro- annuì sicuro di se mentre Regina lo copriva.
-Bene- sussurrò lei sistemando bene la coperta, non sapeva se era davvero pronta a parlare con qualcuno –tantomeno così piccolo- di se stessa e del suo passato.
-C’era una volta, una ragazza…- iniziò lei.
-Come si chiama la ragazza?- chiese il piccolo interrompendo l’inizio della storia.
-Lo capirai dalla storia- rispose lei.
-Posso continuare piccolo?- chiese Regina.
-Si certo!- rispose a tono il bambino,stappando un sorriso alla donna.
-Questa ragazza viveva in un enorme castello, un castello bellissimo degno di una regina, e non a caso la ragazza era la figlia della regina Cora e del principe Henry- si fermò un attimo, cercando di trovare le parole giuste per non spaventare il piccolo quando sarebbe arrivata al punto più doloroso da raccontare.
-La storia di questa principessa ha l’aria di essere molto triste- disse il piccolo, beh aveva azzeccato letteralmente tutto.
-Beh questa ragazza si era innamorata dello stalliere reale, un ragazzo davvero gentile, educato e tutto. Ma il loro amore non era abbastanza forte per sopportare la regina, Cora- aggiunse lei alla storia.
-Cosa succede dopo?- chiese il piccolo interessato alla storia.
-La regina Cora li scoprì a causa di una bambina capricciosa e viziata, e allora la sera in cui i due innamorati stavano scappando lei si presentò nelle scuderie reali. La madre aveva detto che li avrebbe lasciati in pace e che voleva la felicità della figlia, ma queste, beh queste erano solo bugie, delle sporche bugie per ingannare il giovare stalliere. Si avvicinò a lui e gli strappò il cuore e senza pietà, ma con tutto la cattiveria che aveva lo stritolò ridendo, e sempre ridendo guardava il ragazzo morire fra le braccia della figlia- disse lei cercando di trattenere le lacrime, cercando di non mostrare quanto ancora facesse male nonostante fossero passati anni.
-Che cosa è successo alla ragazza?- chiese il piccolo tristemente per l’infelice ragazza della storia.
-Beh era costretta a sposare un uomo vecchio  e che non amava, quindi trovò la forza per mandare la madre in un mondo dove non avrebbe potuto farle più del male- spiegò la donna mentre toccava i capelli del bambino.
-Poi?- chiese il bimbo ansioso di sapere come andasse avanti la storia.
-La ragazza addolorata per la perdita dell’uomo che amava, sposò quell’uomo vecchio, quel re che guarda caso era il padre della ragazzina che aveva spifferato tutto a Cora, lo sposò solo per un motivo. Vendetta. Semplice e pura vendetta verso quella ragazzina che non sapeva tenere la boccaccia chiusa- rispose Regina.
-Allora è diventata cattiva?- chiese ingenuo Roland un po’ preoccupato se voleva ancora sapere chi fosse quella ragazza.
-Ancora no, ma una sera una fatina, una di quelle buone le andò a fare visita e le mostrò che se voleva poteva essere felice. Una felicità che ancora lei cerca nonostante la sua solitudine- si mise accanto al piccolo e appoggiò la testa sul morbido cuscino.
-Adesso a nanna su- aggiunse poco dopo Regina mentre Roland girava la testa verso di lei.
-La ragazza sei tu vero?- chiese il piccolo, Regina non rispose lasciò spazio nuovamente a un silenzio assordante.
-Regina non sei sola- disse il piccolo mettendosi sdraiato sul proprio fianco.
-Lo sono Roland- rispose lei evitando lo sguardo del bambino.
-Sai perché non sei sola?- chiese il bambino stringendole la mano.
-No, perché?- chiese Regina.
-Perché adesso ci sono io. E anche se sono piccolo cercherò di non lasciarti più- disse il piccolo Roland sbadigliando mentre Regina lo guardava negli occhi.
-Ti voglio bene piccolino- sussurrò Regina mentre il piccolo si addormentava davanti ai propri occhi, quel bambino stava risvegliando in lei la felicità, un piccolo barlume di felicità che la rendeva un po’ completa, una sensazione che sperava durasse per sempre perché quel bambino era l’unico a guardarla negli occhi e che riuscisse a capire che dietro ad essi si nascondevano i suoi demoni.
 
 
 
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Era notte fonda e fuori dalla taverna diluviava, Robin era davanti alla finestra che osservava il buio, osservava il buio che circondava quella taverna dove aveva trovato aiuto per cercare Roland, o meglio per raggiungerlo.
-Robin?- disse Zelena avvicinandosi a lui.
-Si?- rispose l’uomo voltandosi verso di lei.
-Che ci fai qui? Cioè ancora sveglio?- chiese la ragazza appoggiando le mani sulle sue spalle.
-Nulla penso a Roland- non voleva un contatto con quella donna, voleva solo ritrovare suo figlio e sbarazzarsi di lei, sperando di non incontrarla mani più.
-Sei sicuro che sia solo questo?- chiese la ragazza dagli occhi chiari quasi come quelli di lui.
-Sicuro- rispose semplicemente Robin alzandosi dalla sedia.
-Dove vai ora?- chiese Zelena.
-Da nessuna parte, vado a dormire. Sempre se riesca a chiudere occhio visto che mio figlio è nelle mani della Regina Cattiva. E beh tu non sei tanto peggio sei la perfida strega dell’ovest, ma dimmi una cosa- disse Robin voltandosi poco dopo verso di lei.
-Come fai a saperlo?- chiese la ragazza.
-Non tutti hanno un colorito verde da queste parti- rispose lui.
-Non sono verde- rispose.
-Guardati le mani- aggiunse lui sistemando la cintura dei pantaloni.
-Ma che- sussurrò lei guardandosi le mani.
-Dimmi cosa vuoi da me e perché cerchi di aiutarmi- disse lui con un tono molto, ma molto irritato per la grandissima presa in giro.
-Evita di manipolare i miei ricordi sappiamo entrambi che l’effetto non dura molto quindi rispondi- disse lui.
-Voglio solo ciò che mi spetta di diritto, quel castello e quella corona- esclamò la ragazza.
-E cosa ti fa capire che tutto quello che ha la Regina Cattiva ti spetti di diritto?- chiese l’uomo incuriosito.
-Beh non do molte spiegazioni a un ladruncolo come te- disse lei agitando la mano per rimuovere gli ultimi istanti dalla mente di Robin.
-Che ci fai qui Zelena?- chiese Robin sbattendo le palpebre dopo che la donna gli ebbe cancellato un quarto di memoria di quella fantastica giornata passata a cercare suo figlio.
-Sono venuta per questo- disse lei avvicinandosi a lui spingendolo verso il muro per poi baciarlo.
-Zelena ma che fai!- esclamò Robin staccandola poco dopo.
-Sei un uomo hai bisogno di una donna, e di conseguenza di una madre per tuo figlio- aggiunse lei cercando di manipolare ancora di più la situazione.
-Non farti strane idee, sei qui solo per aiutarmi a riprendere mio figlio del resto sei solo un’amica- esclamò lui facendo per uscire.
-E con questo che intendi dire?- chiese Zelena.
-Cosa intendo dire? Divertiti con la tua vendetta. Mi riprenderò mio figlio da solo, non ho bisogno di te- esclamò lui uscendo dalla camera.
-Beh i nostri destini, quello mio, quello di Regina e quello tuo si ricongiungeranno di nuovo e molto presto- disse Zelena fra se e se dopo che Robin Hood fosse uscito dalla stanza. Robin scese alla taverna dove trovò il locandiere che serviva le solite birre e decise di prenderne una prima di andare via.
-Uno per favore- disse Robin sedendosi sullo sgabello.
-Prego- disse il locandiere, Robin afferrò quel bicchiere e se lo scolò in pochi secondi.
-Quanto devo lasciare per la stanza e per il resto?- chiese il fuorilegge al locandiere lasciando una busta di monete d’argento.
-Credo che dieci monete possano andare bene- rispose l’uomo.
-Ecco a voi- disse semplicemente Robin alzandosi per poi riprendere le cose che aveva lasciato vicino le scale e uscire fuori dalla locanda.
-Ti vengo a prendere Roland- disse Robin pochi secondi dopo.
-Arrivederci ladro- sussurrò Zelena dalla finestra. Robin sentì una voce alle proprie spalle e non fece altro che voltarsi verso la finestra dove non trovò nessuno che non fosse Zelena che lo osservava.
-Meglio ritornare sui miei passi- disse fra se e se Robin per poi avanzare sul sentiero bagnato dalla pioggia che finalmente aveva smesso di cadere. Avanzava così, con il suo arco, le sue frecce e la sua solitudine, non si sarebbe dato pace finche non avesse preso Roland, finche non avesse salvato suo figlio. Ma in questo caso la cosa che non sapeva era: Roland aveva bisogno di essere salvato?
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III: a man somewhat unique ***


Capitolo III     

 

“Più è difficile avere una cosa,

più la si ama.”

 

 

 

 

Si sentiva osservata anche se stava dormendo, un sonno leggermente disturbato quello che ebbe la donna quella notte. Aprì leggermente gli occhi e notò il piccolo Roland che dormiva beatamente vicino a lei, anzi era semplicemente stretto fra le sue braccia, il principe Henry la osservava, o meglio, li osservava da più o meno dieci minuti.

-Vostra altezza- disse il principe Henry.

-Sshh! Così lo svegli!- disse lei guardandolo leggermente irritata.

-Vi porgo leggermente le mie scuse- si scusò il principe Henry, prendendo la vestaglia che metteva la donna ogni mattina non appena si alzava dal letto. Regina diede un’occhiata al piccolo, e controllò se stesse ancora bene nonostante avesse passato quasi tutta la notte sveglio.

-Padre, il piccolo non è stato molto bene stanotte- disse la donna alzandosi dal letto per poi chiudere le coperte in modo da non far sentire freddo al piccolo Roland.

-In che senso?- chiese Henry.

-Accusava dei dolori alla pancia, e sinceramente ha anche rimesso un bel po’ di roba che forse aveva mangiato prima- disse lei infilandosi la vestaglia morbida di lana nera.

-Non so se abbia preso qualcosa- disse dispiaciuta.

-Perché vi preoccupate tanto per questo bambino?- chiese Henry timoroso della risposta e della reazione della donna.

-Perché? Perché a parte lui nessuno crede veramente in me. A parte lui nessuno mi ama padre!- esclamò lei alzando il tono della voce, un tono che fece quasi svegliare il piccolo.

-Meglio andare di la a parlarne, evitiamo di svegliarlo- disse Henry avviandosi verso il corridoio.

-Tornerò fra poco scimmietta- sussurrò la donna lasciando un tenero bacetto sulla testolina del piccolo che ancora dormiva, per poi seguire suo padre.

-Allora?- chiese il padre.

-Padre, non credevo che in così poco tempo sarei stata di nuovo così felice- disse lei guardandolo

-Credevo che la vostra felicità fosse uccidere Biancaneve- disse l’uomo. Regina non sapeva cosa rispondere, era davvero ciò che voleva? Voleva davvero uccidere Biancaneve, oppure è come ha sempre detto: Un passatempo.

-Quello che voglio ed essere felice, e la felicità finalmente è arrivata grazia e Roland- rispose sedendosi in quell’enorme sedia davanti all’enorme tavolo di vetro.

-Beh ricordate che il piccolo ha già un padre, deve ritornare da lui- aggiunse Henry.

-Si ma…- abbassò o sguardo, e capì che quello che aveva appena detto suo padre era vero, Roland aveva già un padre dalla quale voleva tornare presto.

-Ma?- chiese Henry avvicinandosi per poi sedersi anche lui.

-Vorrei anche io una famiglia padre. Un bambino, un marito con la quale invecchiare- disse in fine guardandolo.

-Siete ancora in tempo. Non gettate tutto via, siete in tempo per rifarvi una vita, per volere ciò che volete- spiegò il principe Henry.

-Nessuno sarà disposto ad amare un mostro come me, padre- disse dispiaciuta per tutto il male, tutta la cattiveria e l’odio che aveva causato e seminato.

-Potete sempre rimediare- disse il padre della donna.

-Come?- chiese Regina guardandolo.

-Avete un’occasione, non lasciartela sfuggire- disse l’uomo alzandosi poco dopo.

-Aiuterò il piccolo a ritrovare suo padre- aggiunse lei dopo alcuni secondi.

-E poi, cercherò quell’uomo che quella fata mi aveva mostrato anni fa- continuò.

-Uomo? Quello con il leone tatuato?- chiese Henry.

-Si, proprio lui. Come vi ho già detto, la fata mi disse che era destinato ad essere la mia anima gemella- spiegò Regina giocando con i propri pollici mentre pensava ad un modo per trovare il padre del bambino, e l’uomo che le venne mostrato da Trilli.

-Come avete intenzione di trovarlo?- chiese il principe Henry passandole un bicchiere di cristallo con dell’acqua.

-Non saprei. Forse leggerò negli antichi libri qualche incantesimo per trovare le persone- Regina era presa dal libro che stava leggendo, nessuno dei due si accorse che Roland si era svegliato ed era sulla soglia della porta.

-Mamma?- disse il piccolino, forse era la febbre a parlare per lui. Regina si voltò, come se non avesse capito le parole.

-Roland? Che ci fai sveglio?- disse guardandolo non appena il suo sguardo si posò su di lui.

-Mamma non riesco a dormire- rispose il bambino con la voce assonnata e tremolante.

-Ssh ci sono io qui con te- Regina si avvicinò al bambino e lo prese in braccio, sorrise alle sue parole. L’aveva chiamata mamma e il suo cuore si era sciolto in una maniera incontrollabile.

-Vostra altezza chiamo qualcuno per il bambino?- chiese Henry poco dopo. Bastò un semplice sguardo di Regina a farlo zittire.

-Andiamo a letto, vuoi che dorma con te?- lei sorriseal piccolo mentre lo aveva in braccio e lui fece altrettanto.

-Si mamma, raccontami una storia- le chiese il piccolo, lei sorrise di nuovo e lo portò a letto esaudendo il suo desiderio.

 

 

[Nel frattempo da Robin]

 

-Bene possiamo entrare adesso?- chiese Robin alla sua accompagnatrice.

-Si. Appena dentro uccido la Regina come nel nostro accordo- disse la rossa avvicinandosi con sguardo fiducioso nel suo intento.

-Prima entro io, poi con il mio segnle entri tu- si diresse verso un’entrata, che non sa nemmeno lui il perchè sapeva che ci fosse un’entrata nascosta. Era una di quelle entrate che sai da dove entri e non sai da dove esci, infatti lui non si sa come sbucò nel balcone di Regina. Si appoggiò alla finestra e vide Roland accoccolato a Regina e la cosa gli sembrò alquanto strana. Dormivano entrambi. Entrò silenziosamente e si mise vicino al letto osservando i due dormire.

-Mamma mi fa male la testa- farfugliò Roland mentre dormiva.

-Ssh ci sono io qui Roland-disse Regina passando una mano sulla fronte del bambino. Alzò lo sguardo e vide un uomo, cioè vide Robin.

-Che ci fate voi qui! E chi siete!- disse Regina cercando di non spaventare Roland che nel mentre era sprofondato nel sonno.

-Sono il padre del bambino e preferirei riaverlo indietro!- disse Robin alzando la voce.

-Oh, volevo cercarvi ma non sapevo come fare- disse la Regina alzandosi dal letto.

-Comunque sta bene, ha solo un pò di influenza l’ho capito quando ha iniziato a tossire- Regina cercava di spiegare a Robin lo stato di Roland in modo abbastanza comprensibile.

-Posso portarlo a casa?- chiese Robin.

-Non mi fido di voi, siete cattiva! lo dicono tutti- aggiunse poco dopo.

-La mamma non è cattiva papà- disse Roland non appena aprì gli occhi e vide suo padre.

-Roland dovresti dormire non stai bene ometto- gli disse Regina accarezzandogli una guancia.

-Io non voglio andare via, voglio bene alla mamma- si addormentò poco dopo per il semplice fatto che Regina lo fece addormentare.

-Se non mi ridate mio figlio, faccio entrare qualcuno in grado di uccidervi!- disse Robin pensando a Zelena.

-Io voglio ridarvi vostro figlio, giuro che vi stavo cercando- inutile spiegare al ladro che cosa volesse fare Regina, tanto lui non l’avrebbe ascoltata.

-Zelena!- disse Robin avvicinandosi a Roland e preparando l’arco.

-Mi hai chiamata? Posso prendermi la sua testa?- gli chiese la donna.

-Se non vuoi che Roland si ricordi di me, ecco questo gli cancellerà i ricordi che riguardano me- Robin lo afferrò e con se prese anche Roland.

-Zelena andiamo- la donna sapeva che presto o tardi Regina l’avrebbe cercata e allora decise di andarsene insieme all’uomo., ma prima che svanisse Regina notò sul polso di Robin un tatuaggio. Un Leone.

Regina rimase nella stanza.

Da sola.

Senza Roland.

Senza felicità.

E con un vortice di domande che le frullavano nella testa da quando aveva visto il tatuaggio.

 

 

NDA: scusate se ho pubblicato dopo tanto tempo <3 e beh ringrazio la mia amica Martina per avermi ricordato di farlo <3 

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