L'oscuro segreto di Sherlock Holmes

di BlueFlame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’OSCURO SEGRETO DI SHERLOCK HOLMES

 
PROLOGO
"Ho sempre saputo che c'erano cose che il mio amico Sherlock Holmes non mi diceva. Fatti riguardanti la sua vita e la sua infanzia, ma non avrei mai sospettato che il mio amico nascondesse un segreto così grande, fino a quando non la incontrammo, quel giorno scoprii il suo segreto più grande."
 
John Watson smise di scrivere a macchina, prese il foglio con le poche righe che aveva appena scritto, e come quello precedente lo accartocciò e lo butto sul fuoco insieme a tutti gli altri. Era da più di un mese che andava avanti così, iniziava a scrivere, ma arrivato a quel punto si fermava, toglieva il foglio dalla macchina e lo buttava sul fuoco. Una routine ormai quotidiana per il dottore, ma non poteva farci nulla, per lui era difficile, e anche doloroso, continuare a scrivere gli avvenimenti di quell'anno, iniziare quel racconto nella quale avrebbe svelato a tutto il mondo, il segreto del suo amico, e non solo, il quale, in tutti gli anni di convivenza, non gli aveva accennato niente. Il dottore si sedette sulla poltrona accanto al fuoco, accarezzando il suo fedele bulldog, e iniziò a ripensare a tutto quello che era avvenuto in quell'anno, a partire dall'incontro che ebbe sua moglie, all’epoca sua fidanzata, con quella donna, che avrebbe dato inizio a ciò che il dottore avrebbe conosciuto sul conto del suo amico, quello che Sherlock Holmes non gli aveva mai detto, fino ad arrivare al tragico evento che era accaduto solo qualche mese prima.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Era un piovoso pomeriggio di settembre, e Mary, dopo aver girato per tutto il pomeriggio per negozi alla ricerca del suo abito da sposa, si era rintanata in una graziosa pasticceria a bere un buon the caldo per riscaldarsi un po'.
La pasticceria non era molto grande, e tutti i tavolini erano occupati, così Mary stava pensando di uscire e trovare un'altra pasticceria dove fermarsi, ma prima di uscire, al lato della stanza, notò una giovane donna, seduta da sola, intenta a leggere un giornale e a sorseggiare tranquilla del the. Fuori aveva iniziato a piovere ancora più forte, così si avvicinò al tavolo della donna.
-Scusi, è da sola o sta aspettando qualcuno?-chiese Mary un po' titubante.
La giovane donna alzò lo sguardo verso Mary, e dopo averla osservata per pochi secondi con intensità, come se la stesse analizzando, fece un sorriso prima di parlare.
-No, non sto aspettando nessuno, ma prego, si sieda pure.- la donna si rivolse a Mary in tono garbato.
Mary si sedette, mentre la persona di fronte a lei chiamò una cameriera. Dopo che Mary ebbe ordinato, si rivolse alla donna di fronte a lei.
-Mi chiamo Mary Morstan, volevo ringraziarla, mi dispiace averla distolta dalla sua lettura.
-Non si preoccupi, stavo solo leggendo il caso di omicidio che hanno risolto l'altro giorno, e poi mi sembrava scortese rimandarla fuori, sotto quel diluvio... nn c'è neanke bisogno che mi dia del lei, chiamami Lili e mia dia pure del tu.- Lili continuò a sorridere.
Aveva una voce gentile e dal tono utilizzato si capiva che aveva avuto un'istruzione privata, segno che apparteneva ad un rango sociale più alto rispetto a Mary, eppure le aveva detto di rivolgersi a lei dandole del tu. Mary osservò attentamente quella giovane donna. Aveva lunghi capelli neri con riflessi blu, i suoi occhi erano scuri, tendenti al nero, a fare contrasto con essi c'era la sua carnagione chiara, molto chiara. Indossava un grazioso abito sull'azzurro.
Mary iniziò a sentirsi a disagio, non sapeva di cosa parlare con quella sconosciuta.
Si ricordò poi, che lei stava leggendo di un caso di omicidio, e pensò quindi di parlare dell'amico del suo futuro marito.
-Prima hai detto che stavi leggendo la risoluzione di un omicidio, il mio fidanzato è il miglior amico di un brillante investigatore privato, anzi, lui preferisce definirsi consulente investigativo.
-Interessante, anch'io, quando avevo vent'anni, conoscevo un ragazzo che voleva diventare detective ... ma comunque, come si chiama questo fidanzato che ha questo amico detective?- domandò Lili sempre sorridendo.
-Il mio fidanzato si chiama John Watson, è un dottore, anche se il più delle volte segue il signor Holmes, l'amico detective che ti dicevo, nei suoi casi.
Lili parve perdere un attimo il sorriso e diventare titubante quando Mary nominò Sherlock Holmes, ma era stato solo un secondo, poi era tornata sorridente come prima.
-Quindi sta per sposare un buon partito, sono felice per lei.
-Si, beh, non lo sposo perché è un dottore, ma perché lo amo ... poi, non darmi del lei, come io devo darti del tu e chiamarti Lili, vorrei che anche tu facessi lo stesso.
-D'accordo, allora ti chiamerò Mary- disse semplicemente lei.
-Bene.
Il silenzio ricalò a quel tavolo. Mary era tornata a sentirsi a disagio, non sapeva più cosa dire, ma poi, mentre sorseggiava il suo the, che una cameriera le aveva portato poco prima, mentre era intenta nelle conversazione, le venne in mente una domanda.
-Scusa se sono inopportuna, ma sei fidanzata o sposata?
-Nessuna delle due- rispose lei.
-Una bella donna come te? Mi sembra impossibile che nemmeno un uomo ti corteggi- disse Mary stupita.
-No, di uomini ce ne sono, a anche molti. Ma io ho fatto una promessa ad un uomo, l'unico che abbia mai amato, promettendogli che l'avrei, diciamo aspettato, anche se nn è proprio il termine giusto, e la sto mantenendo- il sorriso di Lili parve spegnersi nuovamente mentre pronunciava quelle parole, come se fossero dolorose.
-Ti stai riferendo al ragazzo che voleva diventare detective?- domandò Mary.
Lili, per tutta risposta, fece un semplice cenno di assenso con la testa. Stavolta il suo sorriso non tornò, e Lili si mise ad osservare la pioggia che scendeva dalla finestra a fianco.
Mary si sentì terribilmente in colpa per avergli chiesto se era sposata o fidanzata, dalla quale erano affiorati ricordi tristi per quella donna. Ma in fondo non poteva sapere che quella domanda potesse risvegliare in lei tristi ricordi, in fondo l'aveva conosciuta solo quel pomeriggio.
-Scusami io non volevo, non pensavo che ...
Lili la interruppe con un cenno della mano prima di parlare.
-No, non preoccuparti, tu non hai detto niente di male, mi sono solo venuti alla mente un po' di ricordi del passato, mi è venuto in mente il giorno in cui facemmo quella promessa, tutto qui.
-E non l'hai più rivisto da allora?- Lili tornò a guardare fuori dalla finestra, e Mary si maledisse per aver fatto quella domanda.
-No, da allora non ci siamo più rivisti, o meglio, lui non mi ha più rivista, mentre io, una volta ogni tanto, da lontano lo noto, ma subito cambio direzione ...-Lili aveva gli occhi fissi sempre fuori da quella finestra- gli ho fatto una promessa, e fino a quando non potremmo stare insieme, noi non ci vedremo, anche se continuerò a vegliare su di lui nell'ombra.- alla fine di quella frase, Lili si voltò verso Mary sorridendole, ma notò subito che quel sorriso era carico di tristezza.
Fuori aveva smesso di diluviare, ora scendeva solo una leggera pioggerellina. Lili si fece portare il conto da una cameriera e pagò per entrambe.
-Grazie, ma non dovevi, avrei pagato tranquillamente la mia parte, e poi mi hai già fatto sedere al tuo tavolo- le disse Mary.
-Non preoccuparti, e non angustiarti per avermi fatto ricordare momenti tristi, dopo tanti anni, avevo bisogno di parlarne con qualcuno, o meglio, qualcuno che mi ascolta c'è, ma conosce i fatti avvenuti e ci conosce entrambi, conosce le nostre situazioni, avevo bisogno di parlarne con qualcuno che ne era estraneo, e ora mi sento meglio, quindi mi sentivo in dovere di offrirti il the.- Lili sorrise nuovamente, poi si alzò dal tavolo, ma prima che potesse avviarsi alla porta, aggiunse qualcosa- Ci rivedremo presto!- poi si girò e uscì dalla pasticceria.
Mary rimase un po' interdetta da quelle parole, poi si alzò ed uscì anke lei dal locale, chiamò una carrozza che la riportò a casa.
 
"Quella sera, Mary mi raccontò della giovane donna che incontrò quel pomeriggio. Durante il suo racconto, la interruppi qualche volta per saperne di più, sapendo bene che avrei raccontato ciò al mio amico Sherlock Holmes. Non che gli raccontassi tutto, soprattutto i fatti riguardanti la mia fidanzata, ma quella donna mi era apparsa strana, e poi, la frase con la quale salutò Mary:- Ci rivedremo presto- mi suonava strana, e volevo sapere solo che mi sbagliavo e che non c'era da preoccuparsi. Ma più avanti scoprii che nominare quella donna al mio amico fu un enorme errore, che capii solo quando anch'io la conobbi."

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Erano passati un paio di giorni da quando Mary aveva incontrato quella giovane donna, e quel mattino, Watson era andato a far visita al suo amico Sherlock Holmes all'alloggio che una volta condividevano.
Appena aprì la porta, la signora Hudson gli corse incontro.
-Finalmente è venuto a trovarlo- la sua faccia era sconvolta.
-Cosa ha combinato nuovamente?- chiese John esasperato.
-Sono due settimane che se ne sta chiuso in camera sua, al buio, capisco che è ancora vivo perché si mette a sparare e ...- la signora Hudson non fece in tempo a finire la frase, che si sentirono degli spari al piano superiore.
-O mio dio, oggi è solo la terza volta, la prego, faccia qualcosa- lo pregò disperata la donna.
-Non si preoccupi mrs. Hudson, ci penso io, intanto lei può preparare del the, per favore?
Watson fece un profondo sospiro, poi si avviò nella stanza del suo amico, aprì leggermente la porta per annunciargli la sua presenza.
-Holmes, sono io, Watson, posso entrare?
-Entrate Watson.
Mentre Watson entrava nella stanza, che come al solito era buia e l'aria che si respirava era stantia, Holmes sparò ancora qualche colpo verso il muro.
John, appena entrato dalla porta, si fece dare subito la pistola, dalla quale tolse i proiettili restanti, poi aprì le tende e le finestre.
-Holmes, non si può sempre ridurre in questo stato, da quanto non ha un caso?- chiese Watson dopo aver aperto tutte le finestre.
Sherlock, mentre John stava aprendo le finestre, si era rifugiato nell'unico posto che la luce ancora non raggiungeva.
-E' da un mese che nn c'è nulla di interessante Watson, il mio cervello si sta ribellando- disse lui uscendo gattonando dal suo posto.
-Quindi, se nn avete nulla da fare, posso raccontarle cosa è successo a Mary l'altro giorno- nel mentre si stava sedendo su una poltroncina.
-Da quando mi raccontate di ciò che accade alla vostra fidanzata, Watson?- domandò Sherlock un po' turbato.
-Le è accaduto un fatto insolito, Holmes, e vorrei che voi dissipaste i miei dubbi e timori riguardo ciò- rispose calmo Watson.
-Allora racconti Watson, almeno, forse, il mio cervello avrà da lavorare.
Watson si posizionò meglio sulla poltroncina, poi iniziò a raccontare.
-Un paio di pomeriggi fa, Mary era in giro a fare compere- non disse che erano per il matrimonio, sapendo quanto ciò turbasse il suo amico -finito ciò, stanca e anche infreddolita a causa del maltempo, ha deciso di fermarsi a bere del the in una piccola pasticceria ...
-In che strada si trova la pasticceria?- domandò Holmes interrompendo l'amico.
-Non ne ho idea, Holmes, non gliel'ho chiesto- rispose Watson turbato per l'interruzione.
-E' un peccato, magari facevano un buon the, ma prego, continui.
Watson lo guardò per un momento prima di continuare.
-Purtroppo, tale pasticceria era piena, e Mary stava decidendo di uscire e proseguire fino a quando non ne avrebbe trovata un'altra. Purtroppo fuori aveva cominciato a piovere molto più forte e non aveva molta voglia di uscire fuori, sotto quell'acquazzone, fino a quando non vide una giovane donna seduta ad un tavolo, sola, che leggeva il giornale- John si fermò un attimo, i suoi occhi scrutavano Sherlock da quando aveva iniziato a parlare, che si era seduto su un'altra poltrona anche lui. L'investigatore, invece, si era messo ad osservare un giornale mentre seguiva il racconto dell'amico.
-Per ora non ci vedo nulla di strano Watson- disse semplicemente lui senza distogliere il suo sguardo dalle pagine del giornale.
-Mary ha deciso allora di avvicinarsi a quella giovane donna domandandole se il posto era libero o se aspettava qualcuno ...
-E la giovane donna le ha risposto che non aspettava nessuno e che poteva sedersi- concluse per lui Sherlock senza mai distogliere lo sguardo sul giornale che stava sfogliando.
-Holmes, come avete fatto?-chiese stupito John.
-Andiamo Watson, conoscete i miei metodi, era facile da intuire. Se se ne fosse uscita da quella pasticceria non me l'avreste mai raccontato, quindi è qualcosa successo li dentro che vi ha spinto a dirmelo, e quindi deduco che lì abbia incontrato qualcuno, avete parlato di una giovane donna seduta da sola, quindi è stato l'incontro con lei a portarvi a parlarne con me, come vede, Watson, non era poi complicato arrivare alla conclusione della vostra frase. Mi descriva quindi questa giovane donna, sempre che la vostra fidanzata l'abbia fatto- l'investigatore aveva iniziato a guardare Watson mentre rispondeva alla sua domanda, appoggiando il giornale, che ormai aveva finito di sfogliare, sul tavolino li a fianco.
-Si, me l'ha descritta, capelli lunghi e neri, con riflessi blu, un po' insolito a mio parere, lasciati ricadere liberi, senza acconciarli, anche gli occhi erano molto scuri, quasi neri, e profondi. La cosa insolita che Mary ha notato, che a fare contrasto con ciò, è la sua carnagione chiara, molto chiara, e ha anche un linguaggio dell'alta società. Inoltre le ha detto semplicemente di chiamarla Lili, nessun cognome, niente ...  Holmes, state bene?- Watson aveva chiuso gli occhi per cercare di utilizzare le stesse parole usate dalla sua fidanzata per descriverla, ma appena li aveva aperti, aveva notato il suo amico scioccato, come se avesse detto qualcosa di sbagliato, ma subito, l'espressione del detective tornò quella di sempre, appena John l'aveva vista, facendo così credere al dottore di essersela immaginata.
-Sto bene Watson, non si preoccupi, continuate pure il racconto- Sherlock chiuse gli occhi.
Watson sapeva che quando il suo amico faceva ciò, era per ascoltare meglio e non perdere il discorso, quindi, alla fine, il fatto successo alla sua fidanzata aveva iniziato ad interessargli, ma non poteva certo sapere che in realtà, ciò che aveva acceso il suo interesse, era la giovane donna.
-Dopo essersi seduta ed essersi presentate ed aver ordinato, Mary non sapeva cosa dire, ma poi ha pensato di parlarle di lei, Holmes, visto che la donna, prima, stava leggendo la soluzione di un caso. Parlando di ciò, la giovane donna ha detto che ha conosciuto anche lei un ragazzo, quando aveva circa vent'anni, che voleva diventare investigatore privato. Ha anche parlato di una promessa che si erano fatti, una promessa strana se devo essere sincero- Watson si fermò un minuto ad osservare il suo amico, guardando se aveva qualcosa da commentare o chiedere. Invece, Holmes, rimase fermo e in silenzio per tutto il tempo, attendendo che il dottore proseguisse col suo racconto.
Dopo un attimo, John ricominciò il racconto.
-La promessa che si scambiarono è questa, Holmes, o almeno in parte, non ha specificato, comunque, si sono promessi che lei lo avrebbe aspettato fino a quando non sarebbero potuti stare insieme. Secondo lei non è una strana promessa? Scusi, mi sono dimenticato di dirle che lui non è partito per la guerra, anzi, abita ancora qui a Londra.
Watson si fermò nuovamente, stavolta aspettando che Holmes rispondesse alla sua domanda.
-Vede Watson, non possiamo fare congetture senza conoscere la situazione ... e quindi, non si sono mai più rivisti da quella promessa? Sempre che la sua fidanzata le abbia fatto quella domanda.
Holmes, nel parlare, aveva tenuto sempre gli occhi chiusi.
-Si, Mary gliel'ha domandato, e lei ha risposto che a volte lo nota da lontano, ma che subito cambia direzione per via della promessa, ma che comunque continua a vegliare su di lui.
-Non penso che sia questo a preoccuparla, so che può sembrare strano tutto ciò, ma nulla che mi sembri preoccupante.
Sherlock aveva mantenuto un tono calmo, ed aveva aperto gli occhi, ma appena finito di parlare li richiuse, incitando così John a continuare.
-La frase che ha usato per salutarla, ci rivedremo presto, ecco cosa mi ha preoccupato.
Watson fece un profondo respiro. Ora si sentiva meglio, aveva parlato col suo amico, rimaneva solo da aspettare cosa dicesse il suo amico.
-A parer mio, Watson, non avete nulla di cui preoccuparvi, magari è il suo modo di salutare e spera di rivedere la sua fidanzata per diventare amiche. Secondo me può stare tranquillo.
-Grazie Holmes, ora mi sento meglio. Mi dispiace doverla salutare, ma devo andare. A presto Holmes.
Il dottore si alzò in piedi.
-A presto Watson, direi a sabato, visto che entrambi siamo costretti ad andare a quel noioso ricevimento- salutò Sherlock.
 
“Parlare con il mio amico Sherlock Holmes di tutta la vicenda successa a Mary mi aveva tranquillizzato. Appena uscito sulla strada, per caso, alzai lo sguardo, finendo sulla finestra della stanza di Holmes. Lo vidi assorto nei suoi pensieri, che scrutava attentamente quel tratto di strada. Mi accorsi che nn stava guardando me, stava cercando qualcosa. Non mi preoccupai più di tanto, il mio amico aveva molte stranezze, quindi, chiamai una carrozza e mi avviai al mio studio, dove a breve avrei iniziato a ricevere pazienti. Lasciai quindi il mio amico lì, ad osservare la strada, senza preoccuparmi, e di certo, nn potevo immaginare che stava cercando una figura femminile, la giovane donna di cui avevo parlato, senza riuscire a trovarla.”



Angolo autrice
Scusate se ci ho messo un po' a pubblicare questo capitolo, prometto che il prossimo lo inserirò entro settimana prossima.
Auguro a tutti buon anno nuovo!!! 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

 
Era giunto sabato sera, il giorno del ricevimento a casa di un ufficiale dell'esercito britannico, dove, sia Watson con la sua fidanzata, sia Holmes, erano costretti ad andare. Il primo, essendo stato medico dell'esercito, aveva conosciuto quell'ufficiale, quindi era ben lieto di andare, il secondo era stato costretto dal fratello. Oltre a loro, c'era anche una terza persona costretta dalla sorella maggiore, a partecipare a quel ricevimento, per fare un po' di vita mondana.
Sherlock, appena notato John, si era subito avvicinato all'amico, salutando la fidanzata del dottore con cortesia. Subito si misero a chiacchierare di come avevano passato questi giorni, dall'ultima visita di Watson, ma poi, come suo solito, Holmes si era messo ad osservare le persone presenti in sala, facendo il punto della situazione all'amico.
Dall'altra parte della sala, nascosta dalla vista dell'investigatore, una giovane donna stava sbuffando per la noia.
-Smettila di sbuffare, sorellina, non sta bene, comportati più educatamente.
-Sapevi benissimo come mi sarei comportata, non avresti dovuto portarmi.- rispose la giovane donna alla sorella.
Le due sorelle nn si assomigliavano molto, a parte la carnagione chiara, non avevano altro in comune. La maggiore era bionda, occhi verdi, sguardo severo. La minore aveva capelli neri e occhi neri, e il suo sguardo era più dolce.
-Devi fare un po' di vita mondana, partecipare a qualche festa, trovare un buon partito per sposarti, non vorrai rimanere zitella a vita. Inoltre, non puoi passare la maggior parte del tempo a vagare nei bassifondi dell'East End, non si addice ad una ragazza del tuo rango, uno in famiglia basta e avanza.
La sorella minore si guardò attorno, stavolta senza rispondere alla sorella maggiore. Ad un tratto, il suo sguardo si rivolse sopra ad un uomo dall'altra parte della sala. Quell'uomo era Sherlock Holmes, e la giovane donna rimase sorpresa di vederlo lì. Per sua fortuna, sembrava che lui non l'avesse vista, anzi, era intento in una movimentata conversazione con un altro uomo, più alto di lui, capelli castani e corti, e aveva i baffi. Quindi, ignorando la sorella che si era messa a conversare con altri partecipanti al ricevimento, si mise in un luogo più appartato ad osservare Sherlock Holmes.
Passata circa un'ora, Sherlock Holmes e John Watson se n'erano andati dalla sala principale.
Mary, annoiata perché Holmes aveva preso il suo fidanzato, si era messa a chiacchierare un po' con le persone presenti nella sala, fino a quando, la giovane donna che lei aveva conosciuto di recente, non le si era avvicinata.
-Buonasera Mary, come mai sei sola?- domandò la nuova venuta.
-Buonasera Lili. Diciamo che il mio fidanzato è stato prelevato dal suo amico Sherlock Holmes. Sono usciti da dieci minuti dicendo che tornavano subito e non sono ancora tornati- rispose Mary un po' seccata.
-Se posso esserti d'aiuto, possiamo andare a cercarli- suggerì la giovane.
-Mi sembra un'ottima idea. Ho visto che si avviavano fuori quella porta, assieme ad un signore- disse Mary
Le due donne si avviarono verso la porta indicata da Mary, venendo più volte interrotte da degli uomini di alta società intenti a voler conversare con loro. Lili, tutte le volte, aveva gentilmente rifiutato l'invito, mostrando quanto fosse abituata a parlare con persone di quel rango sociale.
Riuscirono a raggiungere la porta e lasciare la sala principale. La porta conduceva ad un ampio corridoio, probabilmente quello principale della casa. Vi era qualche persona qua e la, intenta a chiacchierare, molto probabilmente parlavano di affari, ma non vi era traccia ne del detective, ne del dottore.
-Probabilmente si sono inoltrati di più nella casa, oppure sono entrati in qualche stanza- disse Lili dopo aver attraversato metà corridoio e non vedendo traccia dei due.
-Probabile-rispose Mary. Quel silenzio la metteva in imbarazzo, così cercò di conversare un po' durante la ricerca-Come mai sei venuta a questo ricevimento? Conosci forse l'ufficiale?
-Più o meno, in verità sono stata costretta a venire qui da mia sorella maggiore. Crede che io abbia bisogno di fare un po' di più di vita sociale, di conoscere un uomo, di fidanzarmi, un giorno di sposarmi e avere figli- rispose tutto d'un getto Lili.
-Ho visto che prima hai rifiutato garbatamente quei gentiluomini, ho notato che ci sai fare con gli aristocratici, sei per caso ...- Mary non fece in tempo a finire la frase che Lili la zittì, poi si avvicinò alla finestra leggermente aperta che c'era alla sua destra.
-Sento delle voci provenire dall'alto- e si mise a guardare fuori dalla finestra sporgendosi verso l'alto.
Vide una figura che stava per cadere, come se qualcuno stesse cercando di buttarlo giù. Improvvisamente, vide quella figura precipitare, così, senza nemmeno riflettere, con la mano destra afferrò un anello di ferro inchiodato al muro che serviva per legare le tende, mentre la mano sinistra riuscì ad allungarla fuori dalla finestra appena in tempo per afferrare il polso dell'uomo che stava precipitando, che a sua volta strinse il polso della persona che l'aveva afferrato.
-Mary, presto, dammi una mano, non so ancora per quanto tempo riuscirò a reggerlo- le disse Lili con tono ordinatorio.
Mary si avvicinò di corsa alla finestra, e quando vide l’uomo, lo riconobbe subito, si trattava di Sherlock Holmes.
-Signor Holmes, afferri la mia mano, così in due dovremmo riuscire a tirarlo su.
Sherlock afferrò anche la mano di Mary, e in due tentarono di tirarlo su. Purtroppo, facevano fatica, anche se Mary utilizzava entrambe le mani, Lili aveva ancora la mano destra che teneva ben salda all'anello.
Ad un certo punto, però, qualcuno afferrò il braccio di Holmes, quello che teneva Lili, e quello era Watson, così riuscirono finalmente a tirare su l'investigatore.
Watson aveva il fiatone per la corsa fatta per aiutare il suo amico, mentre le due donne erano affaticate per lo sforzo appena fatto. Lili si era appoggiata al muro, piegata lievemente in avanti, con le mani appoggiate alle gambe.
-Si può essere così idioti da farsi buttare giù da un balcone durante un ricevimento? E per cosa poi, per aver fatto qualche commento non gradito- disse poi Lili, parlando più con se stessa che con il diretto interessato.
-Ho solo detto a Watson che quel signore, che è un avvocato, tradiva la moglie con un'attricetta di poco conto, che si trovava qui alla festa, pensando a come potesse comportarsi normalmente sapendo che le due donne si trovavano nella stessa stanza. L'avvocato mi ha sentito e mi ha chiesto di seguirlo, abbiamo avuto una discussione e mi ha spinto giù. Questo è tutto- disse calmo il detective.
-Questo è tutto? Avete solo questo da dire Holmes? Io direi che era un'accesa discussione, quell'uomo era molto arrabbiato con voi-Watson era arrabbiato e anche preoccupato-sareste potuto morire se non ci fossero state Mary e questa giovane donna.
-Sherlock Holmes è fatto così, si butta senza pensare alle conseguenze-disse Lili.
-Giovane donna, Watson?-disse calmo Holmes-Ma se ha la mia età-concluse pacato senza lasciarlo parlare.
Sia Mary, sia John, rimasero sorpresi dalle frasi dette da entrambi, e stavano per dire qualcosa, quando qualcuno richiamò la loro attenzione, o almeno una in particolare.
-Buonasera zia Lili, mai non eravate insieme alla zia Francis?
A parlare fu un ragazzo di 13anni, non molto alto, capelli corti grigio blu, carnagione chiara, vestito sul blu e una benda sull'occhio destro. Il ragazzo era accompagnato da un uomo affascinante, il suo maggiordomo, molto più alto del suo padrone, capelli neri e scalati sul davanti, occhi rossi e uno strano sorriso quasi maligno. Fece un inchino e salutò cortesemente Lili.
-Buonasera milady.
-Buonasera Ciel, buonasera Sebastian ... mi stavo annoiando assieme a mia sorella, queste feste non fanno proprio per me. Tu invece stai tornando a casa?- domandò la zia.
-Si, sono stanco. Volete un passaggio per tornare casa? O preferite che vi accompagni all'ospedale? Il vostro amico sembra ferito.
Lili si mise finalmente a guardare Sherlock Holmes, il quale, in effetti, aveva parecchie ferite, causa la presa per non farlo cadere, si era scontrato col muro.
-Non c'è problema, sono un medico, posso pensarci io al mio amico- rispose John al posto di Lili.
-Allora potete fermarvi a casa mia, non è molto distante. Prima lo medicate, meglio è, no?- domandò sorridente il piccolo.
-Non c'è problema, puoi accompagnarli a casa, avrà sicuramente gli attrezzi migliori per curarlo- rispose Lili in tutta fretta.
-Volentieri, grazie, non penso che Watson abbia bisogno dei suoi strumenti, basterà del disinfettante e qualche benda. Accettiamo volentieri la vostra proposta, anche perché le ferite iniziano a farmi male- rispose Sherlock ignorando quello che Lili aveva detto e ricevendo un'occhiataccia da quest'ultima.
-Perfetto, allora seguitemi, o, ma scusate, non mi sono ancora presentato, io sono il conte Ciel Phantomhive, mentre lui è il mio maggiordomo Sebastian- si presentò Ciel, indicando poi il suo maggiordomo.
-Conte? Quindi anche voi siete una contessa, Lili?- domandò Mary stupita mentre iniziarono a dirigersi verso l'uscita, seguendo il piccolo conte.
-Si, ma non darmi del voi, continua a darmi del tu- rispose Lili sospirando.
Giunsero alla carrozza di Ciel e salirono tutti, facendo prima salire il piccolo conte, poi le donne e infine gli uomini.
Appena iniziato il viaggio.
-Scusate ancora, prima non vi ho chiesto il vostro nome- disse Ciel rivolto ai suoi ospiti.
-No, scusate voi, siamo noi a non esserci presentati. Io sono John Watson, mentre lei è- indicando la donna alla sua destra-la mia fidanzata, Mary Morstan, mentre il mio amico qui a fianco è ...- venne interrotto dall'uomo seduto alla sua sinistra.
-Io sono Sherlock Holmes, piacere piccolo.
-Sherlock Holmes ... ho sentito parlare di voi- disse sorridendo Ciel.
-Immagino già da chi- disse Holmes dando un'occhiata a Lili, prima di girarsi verso il finestrino e guardare fuori.
Il tragitto durò appena quindici minuti, poi arrivarono ad una grande villa di città, dove percorsero una breve stradina prima di arrivare all'entrata.
 
"La prima impressione che ebbi di Lili Phantomhive fu quella di una persona sicura di se proprio come il mio amico Sherlock Holmes, ma anche molto dolce e sensibile, che comunque non ha problemi a tenergli testa. Non sapevo cosa mi aspettava quella sera, non avrei mai immaginato di conoscere il più grande segreto del mio amico, ciò che mi aveva tenuto nascosto in tutti quegli anni di conoscenza. Un segreto che non riguardava solo lui, ma anche la famiglia Phantomhive ... e tutta l’Inghilterra. E così, inconsapevole di ciò che mi attendeva, entrammo nella dimora del diavolo."

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Appena videro l'esterno della Town House, Mary e John rimasero stupiti dalle dimensioni della casa.
-Piccolo, i tuoi genitori sono in casa o sono ancora alla festa? E se sono ancora là, sei sicuro di poterci far entrare?-domandò Watson.
-Non chiamarmi piccolo, io sono il conte Ciel Phantomhive ... e non preoccuparti dei miei genitori, sono morti in un incendio tre anni fa- rispose pacato il piccolo conte.
Quando ebbe finito di parlare, Watson fece per fare le sue scuse, ma il maggiordomo aprì la porta di casa facendoli entrare.
Ciel diede le indicazioni, e John e Sherlock vennero accompagnati in una camera che il dottore avrebbe utilizzato per medicare il suo amico.
Ciel, Lili e Mary, si sistemarono invece in un salotto.
-Ciel, finalmente sei tornato da quel ricevimento, stavo iniziando ad annoiarmi-disse un ragazzo indiano che si era precipitato ad abbracciare Ciel-ma loro chi sono?-domandò poi, dopo aver notato le due donne.
-Loro sono mia zia Lili-indicando la zia- e la sua amica Mary Morstan-indicando poi l'altra donna.
-Piacere zia di Ciel, io sono il principe Soma, il suo migliore amico-disse tutto allegro stringendole la mano-ehi Agni, vieni a conoscere la zia di Ciel- urlò poi, rivolto al piano superiore, dove spuntò un altro ragazzo indiano.
-Piacere di conoscerti Soma, sono stupita, ma anche felice, di vedere che Ciel ha fatto amicizia con un principe-rispose lei cordialmente.
-Già, ma non sapevo che lui avesse una zia così bella ... ma siete sola? Dov'è il vostro khansama?
-Non adulare mia zia, è già impegnata, inoltre è più grande di te-si intromise Ciel col suo solito tono scocciato-però ha ragione, come mai siete sola?-domandò poi alla zia più cortesemente.
-Mia sorella ha ritenuto più opportuno che rimanesse a casa, sai com'è fatta ... comunque, più tardi, Sebastian può portargli un messaggio? Se non mi vede tornare a casa inizia a preoccuparsi, e poi esce a cercarmi.
-Certamente, se mi scrivi il messaggio glielo faccio recapitare subito.
-Grazie Ciel, e ora scusatemi, vado a vedere come sta Sherlock.
Lili si avviò al piano superiore, e quando fu arrivata davanti alla camera dove si trovavano Sherlock e il suo amico, bussò.
-Avanti- disse una voce al suo interno.
Lili aprì la porta ed entrò nella stanza.
-Come va il paziente?-domandò poi.
-Sta bene, non è nulla di grave, ha solo qualche graffio-rispose il dottore.
-Sono felice-disse rivolta a Watson, poi si girò verso il detective-Perché hai accettato di venire qui? Potevamo benissimo portarvi a casa- il suo tono appariva calmo, ma il suo sguardo faceva capire che era arrabbiata.
-Watson, potete scusarci un attimo?
John osservò per un attimo il suo amico, erano poche le volte in cui aveva chiesto di lasciarlo solo quando doveva parlare con qualcuno, specialmente se si trattava di una donna.
-Certamente Holmes, miss Phantomhive.
-Aspetti Watson, chiamatemi Lili, lasciate stare le formalità-gli disse prima che Watson uscisse dalla stanza.
Mentre John stava per chiudere del tutto la porta, sentì dire una cosa dal suo amico.
-Vedo che non hai perso l'abitudine di farti chiamare Lili senza dire il tuo nome completo.
-Sai benissimo che il mio nome completo è quello di un demone ... comunque, non era questo quello di cui volevo parlarti ...- Lili non riuscì a terminare la frase, che qualcuno bussò alla porta.
-Avanti- dissero entrambi.
Quando la porta si aprì, entrò il maggiordomo di Ciel.
-Milady, ha chiesto il signorino Ciel se vi fermate qui stanotte, e se devo preparare la stanze anche ai vostri amici.
-Si grazie, se non è di troppo disturbo, si è fatto tardi per tornare a casa-rispose Sherlock al posto di Lili, ricevendo un'occhiataccia da quest'ultima.
-Mi ha anche detto che dovevo consegnare un messaggio.
-Te lo scrivo subito, Sebastian.
Lili aprì  un cassetto della scrivania che si trovava nella camera, prese un foglio di carta da lettere, l'inchiostro e il pennino, scrisse qualche riga, aspettò un attimo che si asciugasse l'inchiostro, poi piegò il foglio e lo mise in una busta che porse poi a Sebastian.
-Allora, come sta?-domandò Sherlock dopo che il maggiordomo fu uscito dalla stanza.
-Sta bene-rispose Lili-ma non era di questo che ti volevo parlare … stavo dicendo …
-Si, si, ne parliamo più tardi, ora avvisiamo Watson che stasera ci fermiamo qui-la interruppe Sherlock avvicinandosi alla porta.
-Aspetta!-ma ormai era troppo tardi, l’investigatore era ormai uscito dalla camera e si era diretto al piano inferiore, così Lili fu costretta a seguirlo.
Arrivati in salotto, dove si trovavano gli altri, Sherlock riferì a Watson il piano per quella notte.
-Watson, il piccolo conte ci ha invitati a dormire qui, ed io ho risposto di si, spero non le dispiaccia.
-Holmes, non vorremmo disturbare-rispose Watson.
-Nessun disturbo, questa casa ha molte camere, quindi non preoccupatevi, Sebastian le sta già preparando.
-Inoltre Agni gli sta dando una mano-disse allegro Soma.
Sherlock rimase a riflettere per qualche secondo, prima di parlare nuovamente.
-Scusate, ma il vostro maggiordomo, quello che si chiama Sebastian, non era uscito per andare a portare una lettera circa cinque minuti fa?-domandò un po’ confuso ma anche incuriosito.
Lili guardò Ciel, il quale non aveva battuto ciglio alla domanda del detective.
-Zia Lili non abita molto lontano da qui, quindi, utilizzando un cavallo, Sebastian non ha impiegato molto tempo a portare a termine la commissione che gli era stata data-rispose il piccolo conte tranquillamente.
L’investigatore fece un segno di assenso con la testa, anche se non era del tutto convinto che quello che gli avesse detto corrispondesse alla verità.
Chiacchierarono ancora qualche minuto in salotto, prima che i due maggiordomi arrivassero per comunicare che le camere erano pronte se gli ospiti volevano coricarsi.
Sherlock, John e Mary decisero di seguire Sebastian per sistemarsi nelle loro stanze. Anche Soma e Agni decisero che si era fatto tardi ed era ora di andare a dormire.
Nel salotto rimasero Lili e Ciel.
-Perché li hai invitati qui? Perché gli hai anche chiesto di restare?-domandò la zia fissando il nipote-eppure sai che è un grande detective … inoltre sa di cosa si occupa la nostra famiglia …
-Pensavo fossi contenta di stare nuovamente con lui, anche se per poco … io li ho solo invitati per cortesia, io non ho fatto nessuna promessa con quell’uomo, sei stata tu a farla, zia Lili, quindi era lui che avrebbe dovuto rifiutare il mio invito. Credo quindi che tu debba domandarlo a lui, non a me-rispose pacato il piccolo conte.
-Lo so, ma quando ho tentato di parlargli siamo stati interrotti da Sebastian, così lui ha trovato la scusa per non affrontare il discorso-sbuffò lei lasciandosi andare sulla poltrona.
-Affrontalo adesso, allora, vai nella sua camera e stai li fino a quando non si decide a parlare con te, di certo da li non scapperà.
-Anche tu stai cercando di non affrontare la questione, prima, sul fatto della lettera e di Sebastian si è insospettito-si alzò in piedi-però, sei fortunato, in questo momento è lui la mia priorità, ma non pensare di cavartela così, ne riparleremo … buonanotte Ciel-uscì dalla stanza e si diresse ai piani superiori.
-Buonanotte anche a te zia Lili-rispose Ciel non appena l’ebbe salutato. Poi si alzò anche lui per dirigersi nella sua camera, seguito da Sebastian che aveva ormai finito di svolgere i propri compiti.
Nello stesso istante, in una delle camere superiori, John era andato nella stanza della sua fidanzata per parlarle di ciò che lo turbava.
-John, cosa ti preoccupa?-domandò la fidanzata con tono dolce, sedendosi sul letto imparte a lui e posandogli una mano sulle sue.
-Sono preoccupato per Holmes. Da quando ha visto Lili è diventato strano, non che prima il suo comportamento fosse normale, ma ora è diverso. Mi ha chiesto di lasciarlo solo con lei, e io so che a lui non piace molto la vicinanza delle donne, e di solito mi lascia ascoltare i suoi dialoghi, ma stavolta mi ha chiesto di uscire dalla stanza-fa una breve pausa, per poi ricominciare-poi è strana la frase che gli ho sentito dire non appena stavo chiudendo la porta, che lei non ha perso l’abitudine di farsi chiamare solo Lili, quindi deduco che si conoscano da tanto … quindi mi chiedo perché non me ne abbia mai parlato? Perché mi tiene nascoste delle cose? Cosa lo lega a quella donna?-finì di dire tristemente Watson.
-Perché non glielo chiedi?-chiese Mary.
-Perché non sono sicuro che mi risponderebbe-affermò il dottore.
-Invece io credo che arrivati a questo punto te ne parlerà. Se non ti ha detto niente fino ad ora avrà avuto i suoi buoni motivi, ma ora, credo che abbia bisogno del suo amico per poterne parlare-fece una breve pausa per fare un respiro profondo e cambiare tono di voce, che prima era calmo e premuroso-e se non sarà il signor Holmes a fare il primo passo e parlartene, allora sarai tu, John, ad andare a chiedergli di parlartene, capito?-ora il suo tono era apparso più autoritario e fece sorridere il dottore.
-Hai ragione Mary, andrò subito a parlargli.
 
“Mary aveva ragione, era inutile continuare a tormentarsi, la cosa migliore da fare era andare a parlarne direttamente col mio amico. Domandargli come si erano conosciuti, il rapporto che c’era tra loro, perché non me ne aveva mai parlato, e molto altro ancora. Volevo sapere, e ora che anch’io avevo conosciuto quella donna, il mio amico non poteva di certo rifiutarsi di parlarmene.
E con queste domande e molte altre ancora, mi ero avviato verso la stanza di Sherlock Holmes, ignaro che il mio amico non fosse solo.”

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

 
Lili bussò alla porta della camera di Sherlock Holmes, sicura che fosse ancora sveglio.
-Avanti-disse l’uomo al suo interno-sapevo saresti venuta-concluse la frase non appena lei fosse entrata.
Sherlock era appoggiato al davanzale della finestra e stava guardando fuori.
-A differenza di questa, la vostra casa a Farnham non è molto grande-mentre parlava, non aveva cambiato posizione.
-Quella è solo una casa di villeggiatura dove non andavamo spesso, quindi era inutile farla molto grande, mentre questa è la casa di città. Però ne abbiamo una molto più grande, la Manor House-con un sospiro si era avvicinata a lui, ma non troppo-comunque, non sono qui per parlare della grandezza delle case della mia famiglia, ma…
Sherlock, che si era girato a guardarla, la zittì posandogli un dito sulle labbra.
-Lo so di cosa vuoi parlarmi, oltre che a parole, me l’hai ripetuto più volte anche con lo sguardo, ma dovresti esserti accorta che non era il momento adatto per parlarne-le rispose fissandola dritta negli occhi.
Lei si staccò subito da quel contatto, che troppo a lungo le era mancato.
-Visto che lo sai, cosa voglio dirti, rispondi!
L’investigatore sbuffò e ritrasse la mano prima di risponderle.
-Avevo voglia di vederti, tutto qui!-aveva utilizzato il suo solito tono che infastidiva anche le persone più calme.
-C’eravamo scambiati una promessa, mi sembra-Lili stava iniziando ad irritarsi-inoltre sei stato tu a chiudere con me!-precisò lei.
-Anche questo è vero, ma sei stata tu ad infrangerla per prima parlando con la fidanzata di Watson-continuò lui appoggiandosi nuovamente al davanzale della finestra a braccia incrociate.
-L’ho incontrata per caso, e fino a quando non ti ha nominato, non sapevo neanche chi fosse-anche lei incrociò le braccia.
-Non mentirmi, sapevi benissimo chi fosse, visto che mi tieni d’occhio … pensi che dalla vostra chiacchierata, dalle parole che vi siete dette, non abbia capito che mi stavi mandando un messaggio?-Sherlock tenne continuamente il suo sguardo puntato su quello di Lili-che il tuo “ci rivedremo presto”, in realtà non era riferito a me? Andiamo, mi stai forse sottovalutando? Eppure tu sei una delle persone che meglio mi conosce, sei una di coloro che mi è rimasta vicino mentre stavo diventando un investigatore!-concluse l’investigatore.
-Hai ragione, lo sapevo che era la fidanzata del tuo amico Watson, ma il messaggio che ti ho lasciato dentro quelle parole, era …
Sherlock l’aveva bloccata nuovamente, solo che ora era più vicino a lei.
-Io sto bene, so che anche tu stai bene, mi sento triste ad osservarti da lontano, ma è quello che ci siamo promessi, ci rivedremo presto-disse il detective in un sussurro-è questo il messaggio che mi stavi mandando.
Lili arrossì per la poca distanza che li divideva, e si allontanò da lui.
Sherlock continuò ad osservarla, ma non si avvicinò, sapeva che lei non avrebbe voluto.
-Era vero quando ho detto che volevo vederti, sapere da quel messaggio che tu mi osservi, mentre io no …
-Ma non avresti comunque dovuto accettare quest’invito, è da anni ormai che tento di non far incontrare i tuoi casi con quelli che si occupa Ciel, e tu, invece, hai appena reso vani tutti i miei sforzi-interruppe lei con disappunto-forse ho sbagliato a far sedere Mary al mio tavolo, a parlare di te con lei per mandarti quel messaggio-aveva aggiunto poi, con tono più triste.
-Per me hai fatto bene, mi sono domandato spesso come stavi, ho avuto spesso voglia di vederti, e quindi non mi pento di ciò che ho fatto-fece una pausa, per poi assumere il suo tono da detective-ma se tu non mi vuoi qui, vuol dire che la tua famiglia nasconde altri segreti oltre a quelli di cui venni a conoscenza anni fa.
-Non è per quello, è vero che la mia famiglia possa nascondere molto altro, ma tu sei un investigatore, questa casa, queste persone, questa famiglia-si girò per non guardare Sherlock negli occhi-non possiamo finire sui racconti delle tue avventure, lo sai anche tu-Lili riuscì finalmente a trovare le parole per concludere la frase.
Il detective osservò la figura di spalle di Lili, non era mutata molto dall’ultima volta che l’aveva vista. Era stata la primavera dei loro 25anni, quando lui le disse che era meglio che non si frequentassero più. Si erano fatti allora quella promessa, una promessa che nessuno dei due ebbe più dimenticato. Si erano poi detti addio, e lei si era voltata per andarsene, e come allora i suoi capelli erano lunghi e lisci, non portava acconciature, anzi, a pensarci bene, lei aveva sempre lasciato i capelli sciolti, anche quando si erano conosciuti da ragazzi. Non aveva mai potuto dimenticare la sua figura girata di spalle che se ne andava, certo che stesse piangendo. E ora erano di nuovo li, con lei triste, girata di spalle, e la questione era la stessa di quegli anni, il segreto della sua famiglia.
-Lo so, per questo non ho mai raccontato a Watson di te, di noi-disse lui, distogliendo lo sguardo dalla sua figura.
-Ma ora mi ha conosciuta, avrà trovato strano il tuo comportamento, si starà facendo delle domande, vorrà delle risposte, cosa pensi di fare, negargliele?-si girò per guardarlo.
-No, ora gli racconterò tutto, ma gli dirò che quello che verrà a sapere non dovrà mai rivelarlo a nessuno, mai, te lo prometto-anche lui si era girato a guardarla.
-Bene, allora domani andatevene, e facciamo tornare tutto come prima!
Lili si girò nuovamente per uscire dalla stanza, ma Sherlock fu più veloce e le afferrò un polso, poi, con un gesto delicato ma deciso, l’avvicinò a se. Con la mano, le prese il volto e lo avvicinò al suo, baciandola, prima più dolcemente. Lei non ricambiò subito il bacio, era combattuta, ma poi, iniziò ricambiarlo. Lili gli portò le mani tra i capelli, mentre lui aveva schiuso le labbra e aveva iniziato a leccarle le labbra. Anche lei schiuse le labbra per concedere alla lingua di lui di entrare nella sua bocca.
Incuranti del fatto che Lili avesse lasciato la porta socchiusa quando era entrata, i due avevano iniziato a baciarsi più appassionatamente.
Watson, che era andato nella camera di Holmes per parlargli, nell’aprire leggermente di più, vide il suo amico che stava baciando la contessa di casa Phantomhive. John rimase allibito davanti a quella scena che mai si sarebbe immaginato di vedere. Era capitato proprio nel momento in cui lui l’aveva afferrata e poi baciata, lasciandolo così di stucco.
Il medico ritornò sui suoi passi, capendo che in quel momento il suo amico non gli avrebbe raccontato nulla. Prima di andarsene, però, delicatamente, senza fare alcun rumore, il dottore chiuse la porta, per lasciare ai due amanti un po’ di privacy nel caso che fosse passato qualcuno.
 
“Sapevo dell’interesse che il mio amico Holmes provava per Irene Adler, ma non avrei mai immaginato di vedere il mio amico baciare in quel modo una donna. Le mie domande ora erano aumentate. Ora volevo sapere il legame che li univa. Per il momento li avrei lasciati soli, con l’intenzione di parlare al mio amico il mattino seguente. Ero ignaro che quello che stava accadendo avrebbe dato moto agli avvenimenti futuri. Ma nessuno conosce il futuro, ci si può solo preoccupare di esso, ma per il momento non me ne stavo preoccupando, anzi, nessuno se ne stava preoccupando, neanche il mio amico. E con ancora mille domande che cercavano risposta, me ne tornai nella mia stanza a dormire.”

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

Quando Lili aprì gli occhi, quella mattina, sorrise per il dolce risveglio. Dopo tanti anni in cui lo osservava da lontano, ora, era abbracciata a lui. Per un attimo non le importò della discussione della sera precedente, ne il resto. Ora, ciò che più le importava, era essere al suo fianco. Si girò verso di lui, che stava ancora dormendo, e si mise ad accarezzargli il viso, poi i capelli. Le era sempre piaciuto guardarlo mentre dormiva, e ora, voleva imprimersi nella mente il suo viso addormentato, far ricordare alle sue dita il calore della sua pelle, la morbidezza dei suoi capelli, e non voleva nemmeno dimenticare il suo profumo. Voleva che il tempo si fermasse, che finisse di scorrere, perché sapeva che appena sveglio, se ne sarebbe andato, e tutto sarebbe tornato come prima.
Si rattristò a quel pensiero, ma era stata una loro scelta.
Le venne in mente l’estate dei loro 14anni, il modo buffo in cui si conobbero, e un sorriso si fece largo sul suo volto. All’epoca era un buffo ragazzino, pensò, anche se molto sveglio, ora invece era un uomo, brillante, ma che non smetteva di cacciarsi nei guai a causa della sua insaziabile curiosità, e del suo brutto vizio di non pensare mai alle conseguenze.
Smise di accarezzarlo, e, cercando di non fare rumore, si alzò. Prese i suoi vestiti e li indossò, prima di uscire dalla stanza. Poi si diresse nella cucina, vista l’ora, sicuramente solo Sebastian era già sveglio.
Infatti, appena entrò, lo vide preparare la colazione per tutti. Ma il maggiordomo non era solo, c’era anche uno dei due indiani, e se Lili ricordava bene, si chiamava Agni.
Sebastian la notò subito appena entrò.
-Buongiorno milady, avete dormito bene? Volete fare colazione?-domandò premuroso il diavolo.
-Mi basta una tazza di tè, per la colazione aspetto che si siano svegliati tutti, grazie-sorrise dolcemente la contessa.
-Come desidera, milady.
-Sebastian, visto che abbiamo finito di preparare la colazione, andrei a svegliare il principe Soma-si rivolse l’indiano al maggiordomo-buongiorno contessa-salutò poi cordialmente Lili.
-Buongiorno anche a te-ricambiò il saluto sorridendo.
-Ecco il vostro tè, milady-disse Sebastian porgendole una tazza di tè-mi dica, come ha passato la nottata?
-Non c’è bisogno che mi dai del voi anche quando siamo soli, sai che mi d’ha fastidio, Sebastian-mentre parlava aveva messo un po’ di latte nel tè-comunque tu e Ciel dovete essere più discreti, Sherlock non è stupido, e se trova qualcosa di interessante su cui indagare, si butta a capofitto fino a quando non ha risolto il mistero-si portò poi la tazza alla bocca e ne bevve un sorso.
-Non è forse compito tuo tenerlo lontano da questa famiglia?-sorrise diabolicamente-quindi io e il mio padrone non vediamo ragione di preoccuparci.
-Ed è quello che farò, non ho intenzione che scopra il segreto che si cela dietro di te e Ciel, è già abbastanza che conosca di cosa si occupi questa famiglia, senza bisogno che conosca il resto-ora, sul suo volto, era comparsa un’espressione malinconica.
-Quindi, come ho detto prima, non ci sono ragioni per cui il mio padroncino non si debba preoccupare-mentre parlava, il suo volto non aveva lasciato il sorriso diabolico-se non ti dispiace, ora andrei a svegliarlo.
-Vai pure, sei pur sempre il suo maggiordomo, io invece andrò a svegliare Sherlock, prima fanno colazione, prima torna tutto com’era-disse lei sospirando tristemente.
Entrambi si avviarono quindi al piano superiore.
Nel frattempo, un quarto d’ora prima, Watson si era svegliato, e aveva pensato di andare a far visita al suo amico per chiedere finalmente chiarimenti su tutto. Quando arrivò, trovò nuovamente la porta socchiusa, e intravide il suo amico che si stava vestendo. Bussò quindi, ma solo per fargli notare la sua presenza. Sentendo bussare, il detective si voltò e vide il suo amico.
-Entrate Watson-disse tranquillo l’investigatore.
John entrò nella stanza, ma esitò un attimo prima di parlare.
-Watson, che avete?-chiese Sherlock notando che il suo amico se ne stava in silenzio senza dire nulla, con sguardo pensieroso.
-Holmes… avrei bisogno di farle alcune domande-rispose il medico tutto d’un fiato.
-Volete sapere di me e di Lili, di cosa ci lega, non è vero?-si era appoggiato ad una sedia situata nella stanza.
-Esatto Holmes-Watson esitò un altro istante, prima di continuare-mi raccontate sempre tutto … inoltre ieri vi ho visti mentre vi baciavate-concluse infine, sentendosi un po’ in imbarazzo, si sentiva come un guardone che avesse spiato il suo amico.
-Sapete Watson, Irene Adler non è stata l’unica donna, non vi ho mai detto nulla per alcuni motivi, ma una volta io e Lili stavamo insieme, l’ho lasciata quando avevamo 25anni, non perché non l’amavo più, ma per altri motivi… è stato allora che ho deciso di non farmi più influenzare sentimentalmente ma di ragionare solo razionalmente-il detective aveva assunto un’aria malinconica. Nel dire quelle parole gli era venuta in mente quella primavera, quanto era stato difficile per lui fare quella scelta.
-Perché non mi avete mai raccontato nulla, Holmes?!
-Perché lei non voleva… Watson, ci sono segreti, in questa famiglia, riguardanti la corona Inglese… capite perché non potevo parlarvene?
-Segreti riguardanti la famiglia reale? Holmes, come ne siete venuti a conoscenza? Centra forse vostro fratello?-si incuriosì John.
-Lo venni a sapere poco dopo averla conosciuta, avevamo 14anni all’epoca, lo scoprì un po’ per caso, poi il resto me lo disse lei-Holmes distolse lo sguardo dal suo amico, posandolo fuori dalla finestra, anche se in verità, Sherlock stava ripensando a quell’estate, l’estate in cui si erano conosciuti.
Il dottore notò lo sguardo vuoto del suo amico. Restò in silenzio per qualche istante, ma il primo a parlare fu proprio l’investigatore.
-Vedete Watson, se volete sapere la verità, il mio legame con Lili… per farvi capire quello che vi ho taciuto, devo partire dalla mia infanzia, dal nostro primo incontro… dall’estate dei nostri 14anni, quando ci conoscemmo-nel parlare non aveva smesso di guardare fuori dalla finestra.
-La ascolto, Holmes-fu tutto quello che riuscì a dire il dottore.
 
“Non avevo mai visto lo sguardo malinconico del mio amico. Capì che teneva molto a Lili e che era stato difficile per lui lasciarla, anche se ancora non ne conoscevo il motivo. Mi sedetti, nell’attesa che il mio Holmes iniziasse il suo racconto. Da esso sapevo che le mie domande avrebbero avuto risposta, anche senza porgergliele. Così attesi, ignaro di venire a conoscenza di fatti segreti, nascosti, oscuri. Sarei venuto a conoscenza della parte oscura, maligna, dell’Inghilterra. Il cui compito di tenerla a bada ricadeva sulle spalle di un ragazzo!”

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Scusate il ritardo, ma con questi capitoli mi è mancata un po’ l’ispirazione, ma che alla fine è tornata. Mi scuso già in anticipo se ho fatto passare i casi in secondo piano, ma ho dovuto fare così altrimenti i capitoli sulle memorie di Sherlock venivano più lunghi della storia…
 

CAPITOLO 7

 
Conobbi Lili nell’estate dei miei 14anni. Quell’estate ero andato a Farnham dai miei zii. I primi giorni mi annoiai non poco, non c’era molto da fare, fino a quando, dopo tre giorni, mentre mi trovavo in mezzo ai boschi, mi imbattei in un ragazzo. Era un ragazzo di strada che disse di chiamarsi Matthew Arnatt, Matty per gli amici. Diventammo subito amici e mi raccontò di una strana nube che si muoveva e andava dove voleva e uccideva le persone giù in città. All’inizio non ci credetti, insomma, una nube che va dove vuole è insolita, ma fu quando conobbi il mio precettore che mi imbattei in quella strana nube e vidi coi miei occhi ciò che Matty mi aveva raccontato.
Io e Matty iniziammo quindi ad indagare, c’erano già due morti, e la cosa ci incuriosiva. All’epoca, Watson, ero sveglio, ma ancora non sapevo come indagare, o almeno non come ora, mi istruii il mio precettore in un certo senso.
Un pomeriggio, io e Matty, ci imbattemmo in uno strano uomo dagli occhi rosa che entrò dentro ad un cancello di legno circondato da un alto muro intonacato. Quello stesso pomeriggio, mentre cercavo il mio amico, mi imbattei in un uomo che era uscito dalla casa dove era stata trovata la prima vittima. Lo seguii e giunsi fino a quel cancello di legno dove entrò. Ero incuriosito dal sapere cosa ci fosse al suo interno, così osservai lungo la recinsione e trovai un punto in cui l’intonaco era sbriciolato e rivelava i mattoni che sporgevano e che potevano aiutarmi a salire il muro. Mi guardai intorno, e non vedendo nessuno iniziai a salire. Dopo essermi arrampicato per mezzo metro, fallai un mattoni e caddi. Per fortuna non mi feci molto male, ma sentii una risata. Quando mi voltai verso la persona che rideva, vidi una ragazza, vestita elegantemente, seduta su un masso sporgente che mi fissava. Come avrete intuito, Watson, quella ragazza era Lili. La osservai per alcuni minuti, restandomene seduto nella stessa posizione in cui ero caduto. Era una bella ragazza, leggermente più giovane, pensai. Capelli lunghi e neri con riflessi sul blu, lisci, e come ora, sciolti. Occhi scuri, tendenti al nero e carnagione chiara.
-Hai intenzione di stare lì per molto?-disse sorridendomi.
Io mi alzai e mi ripulii i vestiti.
-Non si ride delle disgrazie altrui-le dissi con tono lievemente scocciato.
-O, scusami ragazzino, ma se decidi di arrampicarti, dovresti stare più attento a dove appoggi i piedi, e sei fortunato che non ti eri arrampicato di molto-continuò lei tranquilla.
-Non sono un ragazzino-le dissi con tono offeso.
-Perché ti stavi arrampicando, comunque?-lei sembrava non badare al tono con il quale le rispondevo.
-Non penso che siano affari che interessino una bambina-ora, era arrivato il mio turno di offenderla.
-Non sono una bambina, ho 14anni se vuoi saperlo-si alzò, e con le mani appoggiate ai fianchi mi si avvicinò.
-Hai la mia stessa età-ero leggermente sorpreso, avevo creduto fosse più giovane.
-A quanto sembrerebbe…comunque io sono Lili, e tu invece sei?
-Mi chiamo Sherlock Holmes!
-Bene Sherlock, ora puoi dirmi cosa stavi cercando di fare?-mi domandò lei incrociando le mani e utilizzando un tono incuriosito.
-Penso tu abbia sentito dello strano omicidio che è successo in questi giorni.
-Si, mio fratello me ne ha parlato prima di tornare a Londra, ma non è una cosa che gli abbia suscitato molto interesse…quindi?
-Ho appena visto un uomo uscire da quella casa ed entrare lì-le risposi indicandole il grosso muro che stavo cercando di scavalcare.
-E così l’hai pedinato…mm…ho deciso di aiutarti, in fondo mi sto annoiando, andiamo a vedere cosa c’è all’interno di quel magazzino.
-Tu non puoi venire con me!
-Quindi tu puoi introdurti illegalmente mentre io no? Mi dispiace ma vengo anch’io!
Era una ragazza cocciuta, ma dopo aver litigato ancora un po’, alla fine entrammo insieme in quel magazzino.
Come hai potuto ascoltare, Watson, il nostro primo incontro è stato piuttosto movimentato.
Dopo quell’episodio la vidi più spesso, anche insieme a Matty, e diventammo tutti e tre grandi amici.
Indagammo su quel caso e alla fine riuscimmo a risolverlo, anche con un po’ di aiuto, ad essere sincero.
Invece, il mistero che Lili mi aveva portato, era molto più complicato per un ragazzo di quattordici anni.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

 
Quell’estate, mentre stavamo indagando, io e Matty eravamo andati a casa sua. Quella casa non era così grande come questa, ma Lili era sola in quella casa. È la minore di tre fratelli, e aveva perso i genitori in giovane età, così era il fratello maggiore che si occupava di lei. Purtroppo, era dovuto tornare a Londra per affari di lavoro, così aveva dovuto lasciare la sorella con le domestiche ed era dovuto partire.
Le domestiche erano premurose con lei, ma Lili si sentiva sola in quella casa tutto il giorno, e scoprì che quando la conobbi quel giorno era perché era scappata di casa.
Dopo che le domestiche ci ebbero conosciuti, si sentirono più tranquille nel sapere che Lili passava il suo tempo con noi, senza dir loro, ovviamente, che passavamo i pomeriggi ad indagare su casi di omicidio.
Passata quell’estate, era giunto il tempo per me di tornare al collegio, ma prima di lasciarci ci promettemmo che ci saremmo tenuti in contatto.
Lili convinse suo fratello a prendere Matty a casa loro, così che lui non avrebbe più dovuto vivere alla giornata, anche se lui non accettò molto la cosa, in un primo momento, ma poi lei lo convinse dicendogli che avrebbe potuto lavorare per loro per guadagnarsi da vivere, così non si sarebbe dovuto sentire fuori luogo, e lui accettò.
Tornato al collegio le giornate si erano suddivise tra le lezioni e lo studio, mentre di sera, i miei compagno si distraevano parlando di ragazze.
A me quei discorsi non interessavano particolarmente, un po’ come ora.
Ma un giorno di metà dicembre, successe un fatto. Un ragazzo si buttò giù dal tetto dell’istituto. La polizia e gli insegnanti avevano liquidato l’accaduto come suicidio, visto che in camera del ragazzo avevano trovato un quaderno dove il ragazzo aveva annotato tutta la sua disperazione. A me, però, quell’incidente era parso strano, così avevo mandato una lettera a Lili e Matty con scritto tutto.
Il giorno seguente, al nostro istituto arrivò un uomo, alto, di bell’aspetto, un nobile, capelli neri e occhi dello stesso colore, mentre la sua carnagione era chiara. Lo osservai per un po’, e il suo aspetto mi sembrava familiare, ma non riuscivo a ricordarmi a chi assomigliava. Incuriosito da quell’uomo, domandai a qualcuno chi fosse, e mi dissero che era uno dei beneficiare della scuola, Vincent Phantomhive era il suo nome, e inoltre era anche un conte.
Mentre mi stavo dirigendo in biblioteca, andai a sbattere contro qualcuno, ed entrambi cademmo a terra.
-Uffa, sei sempre il solito sbadato, spero che i nostri incontri non siano sempre così, dovresti stare più attento!-mi disse la persona contro cui ero andato a sbattere.
Alzai lievemente il capo per vederla, visto che dalla voce e dal tono utilizzato, non era stato difficile capirlo.
-scusami, non ti avevo vista-mi alzai e le allungai una mano per aiutarla a rialzarsi-ma a proposito, cosa sei venuta a fare qui?
-Secondo te cosa sono venuta a farci?-mi rispose sorridendo e mostrandomi la lettera che le avevo spedito.
-E come hai fatto ad entrare? Non avrai mica scavalcato le mura-che sciocco e ingenuo ragazzino ero allora.
-Pensi che avrei scavalcato le mura vestita in questo modo? E non pensi che non sarei di certo passata inosservata? Sherlock, mi sorprendi.
In effetti aveva ragione, una ragazza nobile, vestita con un ampio abito blu e viola, non sarebbe passata di certo inosservata.
Mentre mi stavo perdendo in riflessioni sul come era entrata, il conte Phantomhive che avevo visto entrare, si era avvicinato a noi.
-Finalmente ti ho trovata, non dovresti andare in giro da sola-aveva utilizzato un tono calmo, ma era chiaro che la stava sgridando.
Mi aveva un po’ infastidito il modo in cui quell’uomo si prendeva tanta confidenza con lei, ma prima che potessi dirgli qualcosa, Lili gli rispose.
-Mi dispiace Vincent, ma sono venuta a parlare un attimo con il mio amico Sherlock, lo sai che sono venuta qui con te solo perché avevo bisogno di vedere lui.
Nel vederli insieme, capii finalmente a chi assomigliava quell’uomo, a Lili.
-Quindi questo è l’amico di cui mi hai parlato in questi ultimi mesi-il conte si girò ad osservarmi e mi sorrise.
-Esatto…-Lili fece un respiro-fratellone, ti presento Sherlock Holmes, Sherlock, ti presento Vincent Phantomhive, mio fratello maggiore.
-Piacere di conoscerti, Sherlock Holmes-allungo una mano nella mia direzione, che io ricambiai.
Avevo appena conosciuto il fratello maggiore di Lili, ma non avevo idea fino a che punto mi avrebbe portato quell’incontro. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Note dell’autrice: Scusate tutti dell’immenso ritardo con cui aggiorno la storia…Sorry…Perdono…
Per farmi perdona aggiungo tre nuovi capitoli…

 
CAPITOLO 9
 
Nell’estate dei miei sedici anni capii di essermi innamorato di lei, ma che una parte di lei rimaneva per me ancora un mistero.
Quell’estate la passai a Londra. Io, Matty e Lili passavamo la maggior parte del nostro tempo assieme, girando ogni quartiere di Londra cercando qualche mistero da risolvere, stando ben lontani dall’East End.
Io e Matty eravamo cresciuti molto di statura dall’estate in cui ci incontrammo, mentre Lili era rimasta la stessa. Matty inoltre si era anche irrobustito e mi aveva anche detto che il fratello di Lili gli stava insegnando a combattere.
Avevo visto Vincent Phantomhive solo l’inverno di due anni prima, e già allora mi aveva fatto una strana impressione. Sinceramente non avevo compreso immediatamente quell’uomo, anzi, non l’ho mai compreso fino a quando non fu Lili stessa a spiegarmi molte cose.
Sa Watson, se allora avessi avuto lo stesso modo di ragionare che ho ora, molto probabilmente avrei cercato di risolvere il mistero che si celava dietro di lui, ma non sarebbe andata molto bene.
Fu una giornata di metà luglio che scoprii la verità su molte cose. Scoprii di essere innamorato di lei, scoprii i suoi segreti, segreti Watson, che sto per rivelarle.
Quella mattina mi sveglia come tutte le altre, feci colazione e mi precipitai fuori, dirigendomi al luogo dell’incontro con i miei amici.
Mentre camminavo per le vie di Londra, mi scontrai con alcuni miei compagni di scuola, proprio vicino al luogo dell’incontro.
-Guarda chi c’è, Daniel, il nostro amico-disse un mio compagno rivolgendosi prima al suo amico e poi a me-Sherlock, come stai?
-Bene Samuel, mi dispiace non potermi fermare a chiacchierare con voi, ma sono in ritardo.
-Dai Sherlock, se sei in ritardo, tanto vale che tu ti fermi un attimo-a parlare stavolta fu Daniel.
Cercai di rifiutare cortesemente, quando ad un tratto, sentii una voce familiare alle mie spalle.
-Ecco dove ti eri cacciato Sherlock, e pensare che ho mandato Matty a casa tua per vedere se ti era accaduto qualcosa, invece tu ti sei fermato a conversare con questi ragazzi-Lili era leggermente offesa, e mentre mi parlava si era avvicinata.
-Ecco perché non volevi fare tardi, Sherlock, dovevi incontrarti con la tua fidanzata.
-No, guardate che vi state sbagliando, Lili è solo un’amica-gli risposi in tono imbarazzato-non è vero?-aggiunsi poi, girandomi verso di lei.
-Si-rispose semplicemente, ma il suo tono era parso malinconico e il suo sguardo si era rattristato.
-Allora spiegaci perché avete un appuntamento voi due, da soli?
-Sherlock, non ce la racconti giusta, ma se non state insieme, potrei corteggiare io la tua amica.
All’inizio non avevo capito il perché quelle parole mi avevano infastidito, ma lo capii a fine giornata.
-Non abbiamo appuntamento da soli, c’è anche un altro nostro amico che ci deve raggiungere, e comunque, anche se io e Lili non stiamo insieme, mi da fastidio se tu la corteggi-presi Lili per mano-e ora scusateci, ma noi dobbiamo andare-li salutai e, tenendo ancora Lili per mano, ci allontanammo da loro.
Ancora leggermente arrabbiato, non mi accorsi di dove stavo andando, e dopo una lunga camminata, ci ritrovammo nei bassifondi di Londra, che pullulavano di gente poco raccomandabile.
-Sherlock, aspetta, fermati, dovremmo tornare indietro.
Quelle parole mi ridestarono dai miei pensieri. Per tutto il tempo non avevo fatto altro che pensare come mai quelle parole mi avevano infastidito, il motivo per cui non volevo che qualcuno corteggiasse Lili, e molti altri pensieri di quel genere.
Ma quando mi ridestai dai miei pensieri, mi accorsi finalmente dove eravamo. Non era un bel posto in cui fare una passeggiata.
-Scusami Lili, hai ragione, meglio tornare indietro-ma quando mi girai per ritornare sui miei passi, vidi un gruppo di uomini che si erano avvicinati a noi.
-Ciao ragazzini, dove pensate di andare?
-Ma guarda che bei vestiti che avete, dovete per forza essere nobili, o almeno benestanti.
-Ma che bella fanciulla che abbiamo qui, potremmo divertirci con lei.
Per riflesso mi misi davanti a lei per proteggerla, non volevo che quegli uomini la toccassero.
-Che bravo ragazzo che sei, proteggi la tua fidanzata, guarda che ne abbiamo anche per te.
Quegli uomini andarono avanti ancora un po’ a parlare, ma poi si avvicinarono a noi. Anche se praticavo scherma e box, all’epoca non ce l’avrei mai fatta contro quegli uomini da solo, ma qualcuno arrivò in nostro soccorso.
-Cosa sta succedendo qua?-domandò una voce alle loro spalle.
Quegli uomini si girarono a vedere chi aveva parlato.
-Guardate qui, abbiamo un altro nobile uomo.
Lili invece, che si era aggrappata ai miei vestiti, nel sentire quella voce si era come rilassata, sussurrando un nome-Vincent.
-Cosa state combinando?-domandò nuovamente il conte.
-Niente di serio, volevamo solo divertirci con questi due giovani amanti-gli rispose uno di loro, forse il più sciocco, o forse il più coraggioso, perché appena il conte ci riconobbe, il suo sguardo si incupì di molto.
-E poi, guarda che bella fanciulla che abbiamo qui, volevo proporle qualche giochetto-optai per la prima impressione, quell’uomo era davvero sciocco per continuare a parlare, perché tutti gli altri avevano iniziato a tremare di paura.
Vincent Phantomhive fece un semplice gesto della mano, ed un uomo, giapponese, il suo maggiordomo, si avvicino all’uomo che aveva parlato e con un semplice movimento delle mani, lo afferrò per la maglia, e, facendo leva col suo corpo, lo capovolse a terra.
-Che questo serva di lezione a tutti, non permetto che nessuno si metta a parlare così di mia sorella, sono stato chiaro?-il suo tono era autoritario.
-C-c-certamente-parlarono in coro gli uomini, che, aiutando il loro amico a rialzarsi, scapparono.
-Ah-ah-ah-si sentì una risata provenire da dietro di noi-un tono autoritario, proprio degno del cane da guardia della regina.
-Undertaker, da quanto tempo sei qui?
-Abbastanza per vedere una scena divertente-continuò lui tutto sorridente, ma poi fece una cosa inaspettata e si avvicinò a Lili-quindi lei è la tua sorellina, si, devo dire che vi assomigliate molto.
-Lasciala stare.
-Ma come siamo gelosi della propria sorella, eppure questo giovanotto la può toccare e tenere per mano.
Arrossii a quelle parole, allora era stato lì fin dall’inizio e aveva visto me e Lili per mano, quell’uomo era alquanto bizzarro, ma molto misterioso.
-Signore, non è meglio spostarci in un altro luogo per parlare? Stiamo attirando molta attenzione.
In effetti, molte persone si erano fermate ad osservarci.
-Il tuo maggiordomo ha ragione, attiri troppo l’attenzione, cane da guardia di sua maestà la regina.
La prima volta che aveva pronunciato quelle parole non ci avevo fatto caso, mentre ora, quelle parole mi avevano colpito e incuriosito, e volevo al più presto capirne il significato.
-Ti sarei grato se non pronunciassi quel soprannome, è anche a causa di quello che stiamo attirando l’attenzione.
-Ops, hai ragione, ma in fondo è il vostro lavoro, conte Phantomhive-gli rispose Undertaker con uno strano sorriso, differente da quelli sfoggiati finora-comunque vi saluto-poi ci guardò ancora per un momento-se avete bisogno di qualcosa, miss Phantomhive, venite pure a trovarmi-e dopo i saluti se ne andò.
Quello strano uomo aveva lasciato in me molti dubbi e molte domande, le stesse che avete voi ora, Watson. Chi era veramente Vincent Phantomhive? Di cosa si occupava? Perché l’aveva chiamato cane da guardia di sua maestà la regina?
Lili lesse i miei dubbi in volto, e, posandomi una mano sulla guancia, mi costrinse a guardarla.
-Sherlock, ascolta, so che ti sto tenendo segrete alcune cose riguardanti la mia famiglia, ma lo sto facendo per il tuo bene-nel sentire ciò rimasi leggermente scioccato. Lili aveva ammesso di tenermi nascoste alcune cose, e se anche lo sapevo, sentirle dire quelle parole mi fece sentire offeso.
-Ragazzi, finalmente vi ho trovati-Matty ci era corso incontro urlando, ma appena visto Vincent aveva fatto un cenno di scuse con la testa e si era ricomposto-signor Phantomhive perché voi vi trovate qui?
-Per lavoro-rispose il maggiordomo al suo posto.
-Per lavoro?-domandai invece io.
Che strano lavoro può venire a fare un nobile conte nell’East End?
-E per fortuna mi trovavo nei paraggi, altrimenti che avresti fatto Lilith Phantomhive? Ti rendi conto in che posto ti trovi?-la rimproverò lui.
-Su, si calmi signore, sono certo che c’è un motivo per cui la signorina Phantomhive si trova qui-il maggiordomo cercò di calmare il conte.
-Mi dispiace Vincent-si scusò lei.
-Uff, mi fai stare in pensiero se vieni in questo quartiere-le si era avvicinato e le aveva posato una mano sui capelli, accarezzandoglieli.
Non so perché, ma all’improvviso mi sentii geloso di quel contatto, sapevo che erano fratello e sorella, lo sapevo, ma mi dava fastidio anche il fatto di non conoscerla a fondo. Non sapevo neanche che il suo vero nome era Lilith, mentre scommetto che Matty lo sapeva, sapeva che lavoro svolgeva il fratello, che sapeva tutto, e mi infastidiva molto essere l’unico ad ignorare tutto ciò.
-Quindi il tuo vero nome è Lilith, tu lo sapevi Matty? Sapevi che il suo vero nome è Lilith? E sai anche di che cosa si occupa la famiglia Phantomhive? D'altronde è normale che tu lo sappia visto che abiti a casa loro-dire che ero arrabbiato era riduttivo, in verità ero furioso e mi stavo accanendo contro il mio migliore amico.
-No, Matty non lo sapeva che mi chiamo Lilith, anche lui sente quel nome per la prima volta, in casa mi chiamano tutti Lili o miss Phantomhive, Vincent è l’unico ad usare il mio nome completo quando deve rimproverarmi, e di solito non lo fa in pubblico, Tanaka è l’unico che l’abbia visto rimproverarmi. E anche mia sorella usa chiamarmi Lilith solo occasionalmente…per quanto riguarda il lavoro che mio fratello svolge, neanche Matty sa di cosa si tratti-mi rivelò Lili.
Rimasi sorpreso della rivelazione che mi ebbe appena fatto.
-Perché?-riuscii solamente a chiedere.
-Perché sono fatti privati riguardanti la nostra famiglia…-fece una breve pausa e si rimise ad accarezzare i capelli di Lili-per quanto riguarda il nome di mia sorella, è lei che non vuole dirlo-concluse il fratello.
-Il mio nome non mi piace, è quello di un demone-disse lei in tono leggermente offeso.
Infatti, amico mio, è per questo motivo che si presenta solo come Lili, mentre invece, per quanto riguarda il suo cognome, il motivo è un altro.
Osservai per alcuni minuti quella strana famiglia, rendendomi conto che ora volevo scoprire il loro segreto, volevo risolvere il mistero chiamato Phantomhive.
Matty mi lesse nel pensiero, così mi si avvicinò per sussurrarmi-Lascia perdere, Sherlock, anch’io, appena trasferitomi a casa loro ho tentato di scoprire il loro segreto, ma poi, ho capito che era meglio lasciar perdere perché le persone che cercano di saperne di più non fanno una bella fine.
-Mi dispiace Matty, ma non posso lasciar perdere-gli dissi sicuro di me.
Ormai, il mio giovane istinto da detective mi aveva spinto ad indagare su quel mistero.
Il maggiordomo, il quale mi stava osservando, si avvicinò al suo padrone e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio. Quest’ultimo si girò a guardarmi a sua volta, poi fece un sospiro, e, continuando ad accarezzare la testa di sua sorella, parlò.
-È vero che il mio “lavoro” riguarda la mia famiglia, ma sembra che quel cocciuto ragazzino sembra interessare molto la mia amata sorellina, quindi, Sherlock, perché non vieni a casa nostra, così ti metterò, anzi, no, scusa, Lili ti, anzi, vi, si, anche tu Matty, vi metterà al corrente di ciò di cui la mia famiglia si occupa-mentre parlava aveva assunto uno strano sorriso che non compresi.
Non prestai subito attenzione al motivo per cui aveva deciso di rivelarci ciò, anzi, non ci badai proprio, ormai ero soddisfatto che la mia curiosità era stata saziata, quindi, non mi accorsi nemmeno del triste sguardo che Lili mi stava rivolgendo.
Ritornammo quindi in un quartiere più sicuro, poi, il loro maggiordomo chiamò una carrozza.
Appena arrivata ci accomodammo sopra e ci dirigemmo alla Town House, visto che si erano trasferiti li momentaneamente.
Arrivati non badai molto alla casa, per essere sincero, la mia attenzione era rivolta a ciò che mi sarebbe stato detto di lì a poco.
Ci accomodammo ad un tavolino in giardino, vista la bella giornata, situato sotto ad un gazebo, mentre il maggiordomo era andato a preparare un tè.
Io e Matty guardammo i due conti con sguardo incuriosito, visto che ci stavano per svelare quel mistero che tanto ci incuriosiva, anche se per Matty il motivo era differente dal mio.
Dopo che il maggiordomo ci ebbe servito il tè con dei pasticcini, Lili fece un respiro profondo, visto che il fratello aveva dato a lei il compito di rivelarci tutto.
-Quello che vi sto per dire, ragazzi, non dovete dirlo a nessuno, nemmeno a tuo fratello, Sherlock-fece una breve pausa e noi le facemmo un accenno di assenso col capo-vedete, in questo paese c’è uno speciale organo segreto controllato dalla regina stessa, è questo che siamo noi, i Phantomhive.
Da generazioni, il capofamiglia si occupa di eliminare le preoccupazioni di sua maestà la regina, e di occultare le malefatte della famiglia reale…siamo l’ombra della corona che non dovrebbe esistere, per questo ci sono stati affibbiati i soprannomi di cane da guardia della regina o nobiltà del male-Lili si fermò un attimo, nel suo sguardo si leggeva una profonda tristezza.
-In pratica è un po’ come la polizia-disse Matty ingenuamente.
-No, perché io mi posso avvalere di qualsiasi metodo per eliminare le preoccupazioni della regina-stavolta a rispondere fu Vincent.
Beh Watson, so che questa rivelazione ti ha scioccato, anch’io rimasi perplesso, ma Lili proseguì.
-I bassofondi di Londra, l’East End, sapete che pullula di membri della malavita, alcuni che provengono da altri paesi…per evitare che essi contaminino la società perbene, è necessaria una grande potenza in grado di tenerli sotto controllo, è di questo ciò di cui ci occupiamo, anzi, di cui si occupa mio fratello-concluse finalmente Lili, lasciandoci tutti senza parole.
Poi, si alzò e se ne andò, lasciandoci col fratello e il maggiordomo.
-Il motivo per cui ho permesso che anche tu ascoltassi, Matty, e anche perché ti sto allenando a combattere, è che voglio che tu protegga mia sorella-prese a parlare il fratello poco dopo che la sorella se ne fu andata.
-Ho capito-rispose semplicemente il mio amico-perché Lili se ne è andata in quel modo?
-La signorina ha solo paura che voi, ma soprattutto il signorino Holmes, dopo essere venuti a conoscenza di cosa si occupi questa famiglia, la trattiate in modo diverso, che vi allontaniate da lei-ci spiegò il maggiordomo.
-Perché si preoccupa così tanto di quello che penso?-domandai grattandomi la testa.
-Sherlock, non dirmi che sei così stupido da non esserti accorto di nulla-mi rispose il mio amico rimproverandomi.
Io lo osservai in tono confuso.
-Non mi sono accorto di cosa?
Vincent sbuffò pesantemente in modo da farsi sentire.
-Certo che sei veramente lento di comprendonio, non ti sei mai accorto che mia sorella è innamorata di te? Ed è per questo motivo che ho acconsentito che tu venissi a conoscenza di tutto! Scommetto quindi che non ti sei mai accorto nemmeno dei tuoi sentimenti.
Proprio così, amico mio, non mi ero mai accorto dei sentimenti di Lili, e nemmeno dei miei fino a quando non me l’ebbero detto.
-Insomma, sei geloso, la proteggi dai malviventi, sei arrossito non appena qualcuno ti ha detto di avervi visti tenere per mano e scommetto che non è la prima volta che ti senti in imbarazzo insieme a lei.
Mi misi a riflettere su ciò che mi aveva appena detto. In effetti quel giorno erano successe varie cose. Non avevo voluto che qualcuno la corteggiasse, ero arrossito non appena quello strano uomo di nome Undertaker aveva accennato a me e Lili che ci tenevamo per mano, ero diventato geloso quando il fratello si prendeva certe libertà con lei, e mi aveva dato fastidio non conoscere fatti riguardanti la sua vita, e come aveva detto Vincent, ultimamente mi sentivo strano quando ero insieme a lei. Mi sentivo in imbarazzo non appena le nostre mani si sfioravano, o quando lei mi stringeva un braccio, piccoli gesti che fino a quel momento non mi avevano mai provocato nulla.
Arrossii nel capire che avevano ragione, io ero innamorato di lei, e non era una cosa improvvisa, ma era già da qualche tempo che lo ero senza essermene mai reso conto, ma forse, la verità, era che mi ero innamorato di lei non appena l’avevo conosciuta.
-Finalmente te ne sei reso conto, e ora, ti consiglio di andare dall’altra parte del giardino, lì, in mezzo hai fiori, c’è una panchina.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10
 
Mi alzai ed andai dove mi era stato detto. Arrivato, seduta su quella panchina, si trovava Lili. Teneva le gambe accovacciate al petto e la testa appoggiata alle ginocchia.
Lentamente, e anche un po’ titubante, mi avvicinai a lei. Sentendo probabilmente i miei passi, Lili alzò la testa per guardare chi fosse. Non appena il suo viso mi fu visibile e i suoi occhi mi guardarono, notai che erano arrossati e ancora lucidi. Mi sentii in colpa per tutto ciò, a quanto pare aveva veramente il terrore che io e Matty ci saremmo allontanati da lei una volta scoperta le verità, però mi salì lo stesso un moto di rabbia in me che trattenevo, perché questo voleva dire che non aveva molta fiducia in me e che forse non mi conosceva così bene come credevo.
-Cosa ci fai qui?-aveva fatto un respiro prima di parlare, probabilmente per trattenere le lacrime.
Non sapevo cosa rispondere, non sapevo cosa dirle. Parlarle dei sentimenti che grazie a suo fratello mi ero accorto di provare per lei? Dirle che non doveva preoccuparsi, che non mi sarei allontanato da lei anche ora che sapevo di cosa faceva parte la sua famiglia?
Amico mio, quella era una delle rare occasioni in cui non sapevo cosa fare.
Non so quanto tempo era passato mentre noi continuavamo ad osservarci, forse solo pochi minuti, o forse qualche minuto.
Lei fece un altro respiro, poi si alzò dalla panchina. Mi misi ad osservarla più attentamente e notai particolari che non avevo mai notato. Aveva delle lunghe ciglia. Nei suoi occhi scuri si potevano intravedere sprazzi di blu. Desiderai accarezzarle una guancia per sentire la sua pelle che immaginavo essere liscia, volevo… non riflettei più, mi lasciai guidare dall’istinto e la mia mano si mosse da sola, andando ad accarezzarle dapprima una ciocca di capelli che le ricadeva lungo il viso, gliela spostai, mettendola dietro l’orecchio così che le mie dita potessero andare ad accarezzarle la guancia. Come immaginavo la pelle era liscia, morbida. Lei non disse nulla, chiuse semplicemente gli occhi beandosi del contatto con le mie dita. Le passai un dito fra le labbra e lei aprì gli occhi, ma non si scostò, ne parlò. Piano mi avvicinai a lei, fino a che i nostri respiri non si mescolarono l’uno con l’altro. Esitai un attimo, un piccolo secondo, poi chiusi gli occhi e appoggiai definitivamente le miei labbra sulle sue. Lei rimase sorpresa in un primo momento, che durò solo pochi secondi. All’iniziò era un bacio casto, a fior di labbra, ma poi mi feci leggermente più audace e aprii leggermente le labbra, facendo passare la mia lingua sulle sue. Anche lei a sua volta schiuse le labbra, facendo toccare le nostre lingue. Era una sensazione piacevole, mi sentivo bene, e in quel momento non mi importava di nulla, solo di me e di lei.
Ci staccammo solo quando ad entrambi mancò il fiato e subito Lili cambiò direzione al suo sguardo. Osservai il suo viso arrossato e lo trovai veramente adorabile.
-Scusa se sono un po’ ritardato-le dissi per rompere quel silenzio che altrimenti sarebbe diventato insopportabile.
Lei sorrise prima di parlare-Si, beh…meglio tardi che mai!
Era molto bella e ora sapevo anche che l’avrei sempre avuta al mio fianco. Così iniziò la nostra relazione.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11
 
Sapere dell’occupazione della famiglia Phantomhive non mi aveva creato molti problemi nel risolvere i miei casi. Forse era anche perché non mi ero mai scontrato con Vincent Phantomhive. Fino a qualche anno più tardi.
Era l’inverno dei miei vent’anni e in quel periodo mi ero trasferito definitivamente a Londra. Mio fratello mi trascinava spesso a feste o altro, stava cercando di introdurmi in quel mondo, sperando che un giorno arei seguito le sue orme. A me non piaceva molto frequentare quell’ambiente, e nemmeno a Lili, infatti cercavamo sempre una scusa per svignarcela e passare insieme il resto della serata. Era divertente, e inoltre iniziai a risolvere qualche crimine e a farmi un nome nella polizia. Fu in quel periodo che nacque l’idea di diventare un consulente investigativo e non un investigatore privato. Era stato durante un caso, avevo aiutato la polizia con qualche osservazione e l’ispettore di quell’epoca, esasperato, mi disse che non avevano bisogno di altri investigatori privati che si intromettevano, ma Lili gli rispose in modo differente, ricordo ancora quelle parole.
-Vi state sbagliando, ispettore, Sherlock Holmes non è un investigatore privato, ma un consulente investigativo!
L’idea mi piacque molto, consulente investigativo, già, non era per niente male.
Però, come tutte le belle cose, anche quella era destinata a terminare. Come ho già detto, era l’inverno di quell’anno in cui mi imbattei in un caso nel quale stava indagando anche Vincent Phantomhive per conto di sua maestà.
C’era stata una serie di omicidi, erano strani, oscuri, e non si riusciva a trovare il colpevole. La polizia brancolava nel buio, così, alla fine, decise di chiedere il mio aiuto. Ma non avevamo calcolato il fatto che anche la regina si era preoccupata di ciò tanto da sguinzagliare il suo cane da guardia. Fu così che mi imbattei in Vincent Phantomhive durante uno dei suoi lavori.
Lili non ne fu presente, io non volevo che le succedesse qualcosa e anche suo fratello la pensava allo stesso modo, e penso che per questo mi ringraziò. Le indagini le svolgemmo separatamente, ma arrivammo entrambi alla medesima conclusione, arrivando dritti verso il vero colpevole. Un uomo malato, che stava bene solo facendo del male agli altri, nel vederli soffrire fino all’ultimo respiro.
Fu in quello scontro che capii veramente qual era la differenza tra la polizia e il casato Phantomhive. Lui non fece ciò che la polizia avrebbe fatto, anzi, gli fece provare la stessa medicina che lui aveva dato alle sue vittime, e poi lo uccise.
Tentai di fermarlo prima che lui potesse fare ciò e mi ricordo ancora le sue parole.
-Sciocco ragazzino, quell’uomo non si redimerà mai nemmeno se finisse in prigione, prova piacere nel dolore degli altri, prova piacere nel provocare quel dolore…devo fare quindi ciò ce mi è possibile per eliminare questa preoccupazione per sua maestà…un giorno capirai che ciò che ho fatto è stata la decisione più saggia che potessi prendere.
Quelle parole mi fecero innervosire, ma imparai una lezione da lui. Che mettersi contro il cane da guardia della regina non prometteva nulla di buono, soprattutto scontrandosi con lui. Ma aveva anche ragione, certi criminali non sarebbero cambiati mai, ma non per questo bisognava farli fuori, o sbaglio, amico mio?
Dal quel giorno cercai di occuparmi di casi complicati ma che non attirassero l’interesse di Vincente Phantomhive. Era dura, perché ogni volta che leggevo sui giornali di fatti oscuri che potessero provocare preoccupazione in sua maestà ma che si fermavano di colpo senza che nessuno ne sapesse più nulla, sapevo che si era occupato di tutto il fratello di Lili.
Provai a convivere per quasi cinque anni con tutto quella storia. Amavo Lili, ma la questione della sua famiglia mi tormentava molto, così presi una decisione. Sapevo che tale decisione avrebbe fatto star male entrambi, ma non potevo fare altrimenti.
Era una splendida giornata di primavera, e io e Lili stavamo facendo una passeggiata nel parco. Ero turbato, dovevo parlarle, e sapevo che lei aveva percepito il mio turbamento.
-Sherlock, che ti succede? Ti vedo pensieroso, forse sei annoiato perché è da un po’ di tempo che non ci sono casi interessanti?-sorrise lei tentando di confortarmi. In quegli anni era maturata, il suo viso era diventato quello di una donna, ma nel suo sguardo vedevo ancora l’ombra di quella ragazzina di quattordici anni che conobbi.
-No, non mi sto annoiando perché non ci sono casi-le sorrisi prima di prendere un respiro-ma si, sono pensieroso perché ho bisogno di parlarti.
Lili si fermò e si mise ad osservarmi.
-Dimmi-dal suo tono e dal suo sguardo capivo che lei sapeva non le avessi chiesto di sposarmi come si aspettavano tutti, perfino mio fratello, ma bensì di qualcos’altro.
-Per me è difficile trovare le parole giuste, dirti ciò che ti devo dire…-feci una pausa, anche per me era complicato pronunciare quelle parole che mai avrei voluto che uscissero dalle mie labbra-conosco te, la tua famiglia, so cose che gli altri ignorano…
-E?-
-…e io sono un consulente investigativo, indago per risolvere i crimini…
-…e non ti piace molto il modo in cui mio fratello si occupa dei casi affidatogli dalla regina, dico bene?-concluse lei.
-Già, io voglio fare giustizia, ma non credo che quello sia il modo giusto…Lili io non credo di poter continuare così-le confessai mortificato.
-Lo so, lo capisco-comprese lei-è da un po’ che lo sospettavo…sapevo mi avresti lasciata-stava utilizzando un tono calmo, ma sapevo che avrebbe tanto voluto piangere.
-Lili io non vorrei, ma…
-Sherlock, non ti devi preoccupare, ma vorrei che ci facessimo una promessa-mi interruppe lei.
-Che tipo di promessa-ero incuriosito.
-Io ti prometto che farò in modo che tu non ti debba mai scontrare con mio fratello, veglierò su di te nell’ombra facendo in modo che i tuoi casi e quelli di Vincent non si debbano mai incontrare fino a quando entrambi non saremmo troppo vecchi per occuparci di ciò e ci ritireremmo da quella vita, comprando una casetta da qualche parte e passando lì, insieme la nostra vecchiaia.
-Va bene, ma devi promettermi per tutti questi anni non ci dovremmo mai incrociare neppure per sbaglio.
-Si, sarò solo io ad osservarti facendo in modo che tu non debba mai vedermi…aspetterò con calma il momento in cui potremmo stare di nuovo insieme-terminata quella frase si avvicinò a me e mi baciò. Quel bacio suggellò la nostra promessa. Poi si giro, e piano si allontanò, lasciandomi lì ad osservare la sua figura mentre se ne andava, e in quel momento ero certo che non era più riuscita a trattenere le lacrime e che stava sicuramente piangendo.
Fu in quell’istante, mio caro Watson, che decisi che mai più mi sarei lasciato coinvolgere emotivamente da qualcuno come in quegli anni, ma che avrei ragionato solo razionalmente, volevo chiudere il mio cuore ad emozioni umane come l’amore, perché vedere Lili in quello stato era stato il dolore più grande che potessi provare.
Ed è con quest’ultimo avvenimento che termino di raccontarti il nostro incontro, mio caro amico, perché fino ad ora, le nostre strade non si erano più incrociate.

 
 
Note dell’autrice: Con questo capitolo concludiamo finalmente il racconto di Sherlock per poi tornare al tempo originale della storia per scoprire come Watson prenderà tutta questa storia e come andrà avanti.

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