There is a pirate in my world ... again!

di Hi Im a Kupo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Sono i primi di ottobre.
A questo punto non posso che dichiarare ufficialmente finita la seconda estate senza loro.
Il ricordo dei giorni passati con i tre pirati è ancora vivido nella mia mente, fin troppo, tanto da non esserci stato un solo giorno in cui non abbia pensato a loro.
I primi tempi dopo la separazione, beh, un inferno. Alternavo momenti di serenità a momenti di tristezza improvvisi, che scaturivano appena vedevo qualche cosa di anche solo vagamente riconducibile a loro.
Ogni mattina, da quando se ne erano andati, mi svegliavo con la foga di correre subito in sala, aspettandomi di trovarli ancora lì, occupati nelle loro solite cose. Ma non c'è stata nessuna maledetta volta in cui questo è successo.
Ogni mattina, io arrivavo in sala correndo, per poi trascinarmi in cucina con pesantezza. Qualche volta mi sono addirittura lasciata scappare un paio di lacrime.
Poi è cominciata la scuola, e allora avevo altri impegni, ma non smettevo di sperare. Ad ogni rumore, ogni bisbiglio che sentivo, scattavo come una molla. Mi aspettavo di vederli comparire ovunque, quasi da scambiare ogni persona tra la folla per uno di loro, ricomponendomi poi alla realtà.
Era arrivata una nuova estate, e le mie speranze erano cresciute a dismisura. 
Ma poi anche l'estate era finita, e allora esse hanno ricominciato a crollare.
Un altro anno, ma nessuna novità.
Più il tempo passava e meno ci credevo, più il tempo passa e meno ci credo.
Quest estate è stato diverso, infatti. Non mi sono più alzata tutte le mattine con la speranza di vederli, ho smesso di scambiarli per gli sconosciuti per strada, l'ho finita con le sciocche lacrime e le futili attese.
Ho ricominciato a dare più importanza agli amici, quelli veri, in carne ed ossa. Sono uscita più spesso con loro. Ho riso di più, e pensato di meno.
Ho avuto anche una storia, si.
Qualche mese, con un ragazzo che mi ha presentato Laura. Non è stato male, ma non era giusto per me. Mancava qualcosa in lui, un qualcosa che mi sapevo spiegare benissimo ma che mi rifiutavo di ammetterlo, così, per uno stupido capriccio, nascosta dietro ad una banale scusa, ho messo fine alla nostra relazione.
Ho preso la patente, ho finito il liceo. Ho litigato con amiche e me ne sono trovate di nuove. 
Ho anche trovato un lavoretto come cameriera, in uno stupido bar di paese.
Ho rifiutato un ragazzo, e sono andata dietro ad un altro, che ahimè, ha rifiutato me.
Ma credo di poter dire che, finalmente, dopo due anni, sto sempre meglio. 
Ho pensato a loro, certo, ma il ricordo ha fatto sempre meno male. Era sempre più lontano, più sfocato.
Ogni giorno mi rendo conto di migliorare, neanche fosse una lenta ripresa da una lunga e debilitante malattia. 
Ed oggi, il 6 di Ottobre, mi sono resa conto di sorridere davanti alla lettura di una fanfiction sul compleanno del dottore. Sono felice, si.
Felice perché convinta che lui stia bene lo stesso, e finalmente decisa a star bene anche io.
Non vivo più coi miei, o meglio, non sto da loro tutto il tempo. Ho co-affittato un appartamento nella città dove frequento l'università insieme ad una ragazza, trovata a caso grazie ad un annuncio sulla bacheca scolastica.
È simpatica, rispetta i miei spazi, non fa troppe domande, e non mi stressa. Ci alterniamo per cucinare, fare la spesa, lavare, e le altre faccende domestiche, da brave coinquiline.
Oggi è uscita col moroso, fanno un giro in centro, e io aspetto quieta dietro al pc e ad una tazza di the che arrivino le 18.30, orario in cui uscirò raggiungendo la compagnia per un aperitivo al bar. In realtà, neanche ci volevo andare fuori casa stasera, ma è un accordo non scritto tra me e Sara, la ragazza della convivenza di cui ho parlato prima prima, che impone la liberazione di casa a favore dei momenti di intimità dell altra, quando la situazione lo richiede.
E ora, dopo due settimane che lei non vedeva il suo ragazzo, mi ha quasi implorato di andarmene, così che potessero avere libertà d'azione e un letto comodo su cui consumare la loro felicità.
Così come io lo faccio per lei, lei l'ha fatto per me. 
Anche se per quanto mi riguarda, non era andata troppo bene. Dopo i primi baci e le prime coccole timide, ma sempre un po più spinte, io mi ero alzata di scatto dal letto, quasi arrabbiata. 
Non l'ho lasciato avvicinare a me e toccarmi ulteriormente per tutto il pomeriggio, che abbiamo speso in silenzio, seduti a braccia incrociate uno a fianco all altra, a guardare uno stupido programma televisivo.
Ed è stato dopo questo che l'ho lasciato.
Nonostante mi sentissi una stupida a voler mantenere una promessa mai fatta e a negarmi il piacere della relazione soltanto in onore di un ricordo lontano e di una speranza impossibile, non avevo avuto il coraggio di andare oltre, anzi.
E per questo ero arrabbiata in quel momento. Lo ero con me, e lo ero anche con lui, Trafalgar Law, per non essere stato al posto di quel povero sfortunato andato in bianco.
Quindi, mentre finisco il mio the leggendo le ultime frasi di quella storia, che mi lascia con un misto di felicità ed amarezza, per non essere là a fargli personalmente gli auguri, mi mordo dolcemente il labbro avvolta dai pensieri.
Una volta concluso chiudo distrattamente il portatile abbandonandolo sul tavolino e mi sollevo con lentezza, andandomi a preparare e ad avvolgermi dentro il mio bel parka verde scuro, prima di prendere le chiavi dimenticate dentro alla borsa per poi uscire, chiudendomi la porta alle spalle.
Cammino lenta lungo al marciapiede, le mani in tasca ed il viso basso a guardare i miei piedi che si muovono con calma, un passo dopo l'altro.
La gente che mi passa a fianco sembra non curarsi di me, come è normale che sia, e continua a ridere e chiacchierare, spensierata, mentre io non mi curo di loro.
Mi sento chiamare a un certo punto, vedo i ragazzi della compagnia che strillano il mio nome sbracciandosi verso di me, ed io sollevo un sopracciglio nella loro direzione, prima di aprirmi in un sorriso e salutarli con un rapido gesto della mano, aumentando il passo per avvicinarmi a loro.
Passiamo un ora seduti attorno al tavolo di un bar a mangiar noccioline e sparare cazzate, ridere, e commentare le ultime avventure capitatoci.
Mi sento bene con loro, mi fanno sentire rilassata, mi alleviano la testa da tutti quei fastidiosi pensieri che di solito la assillano, e la cosa mi va più che a genio.
Ho passato il tempo seduta a fianco a Nicola, un ragazzo a posto, suona anche in un gruppo, è ok. E credo di piacergli. Ogni volta che usciamo insiste per riaccompagnarmi a casa, ed io, dopo l'ultima disastrosa storia, costantemente rifiuto.
Ma questa sera no.
Ho deciso, dopo l'ennesima occhiata lanciataci e il suo solito sorriso dolce, che mi regala costantemente senza riserve, di dargli una possibilità.
Quando lui mi ha fatto la sua solita richiesta, io ho accettato, lasciandolo quasi impreparato, stordito direi. Ma si è ripreso subito, quando ho cominciato ad avviarmi verso l'uscita e lui si è affrettato a seguirmi.
Il tragitto non è stato male, anzi. Abbiamo riso e scherzato, quasi non mi è sembrata di farla la strada fino al portone della palazzina in cui sto.
Ma alla fine, siamo arrivati.
Ed ora siamo qua, fermi ed impacciati a trascinare l'ultimo discorso ormai morente. 
Giusto per distrarmi, per impegnare magari quel fastidioso silenzio carico di attesa che si sta creando fra di noi, comincio a ravanare dentro alla borsa, troppo grande per permettermi di trovare le chiavi al primo colpo.
Con la coda dell occhio vedo il suo piede muoversi in un passo verso di me.
Sollevo lo sguardo, confusa. So benissimo cosa sarebbe capitato accettando la sua proposta, ma non so come, mi sento come se non me lo aspettassi davvero.
Porta una mano al mio mento, e con delicatezza mi solleva il viso verso il suo mentre io mollo le chiavi appena ritrovate, che tintinnano scontrandosi con lo scatolino di caramelle abbandonato da non so quanto dentro a quell antro del mistero.
Sposto una mano contro al suo petto, mentre mi lascio spingere dolcemente contro il portone di casa.
Il suo volto che si avvicina sempre di più, accompagnato dalla sua altra mano che ora mi accarezza la testa scivolando lenta contro i miei capelli, lasciando che le sue dita si infilino tra di essi.
Ho un flash.
Il primo bacio con Law.
Tutta quella rabbia, quel desiderio, quella forza. Non c'era dolcezza, solo istinto. 
Le mie spalle che cozzavano malamente contro la porta della taverna, l'impeto travolgente del suo bacio, il contrasto tra rifiuto e desiderio, il suo prendersi ciò che voleva con o senza permesso, il suo non aspettare, il suo sorprendermi. Il suo farmi arrabbiare, che mi ha fatto innamorare così tanto di lui.
Un brivido mi percorre la schiena.
Impongo forza ora, col braccio che stava mollemente appoggiato a Nicola, creando una resistenza tra di noi.
Si ferma lui, mi guarda confuso negli occhi.
Ed io abbasso i miei.
"Scusami, è che non posso, non ci riesco.."
Mi stacco da lui, lasciando cadere il braccio lungo al mio fianco, affrontando coraggiosamente il suo sguardo deluso, ferito potrei dire.
Accenno un sorriso flebile, mi rendo conto di non poter fare o dire altro. Ho già combinato abbastanza.
Fa un passo indietro, si allontana da me, e percepisco quel vuoto creatosi fra di noi pesarmi incredibilmente addosso.
"Capisco.." lo vedo infilarsi le mani in tasca, guardarsi i piedi e poi rivolgere nuovamente lo sguardo a me. 
Arriccio le labbra sollevando le spalle, non sapendo come comportarmi.
"Mi spiace, davvero" dico solo, sentendomi più stupida di quanto già mi renda conto di essere.
"Non importa Ginevra, dovevo immaginarmelo."
La sua voce è più fredda ora, mentre mi guarda con distacco, allontanandosi ulteriormente.
"Buonanotte allora" conclude lui, mentre una strana contrazione allo stomaco mi fa sentire ancora peggio.
"Buonanotte anche a te"
Prendo un profondo respiro, maledicendo me stessa, girandogli le spalle e recuperando le chiavi da quella merda di borsa, che ora si fanno trovare subito.
Le inserisco nella toppa con rabbia mentre sento i suoi passi allontanarsi. Mi insulto nei peggiori modi possibili.
Fino a quando non vengo fermata da una voce.
Una voce che conosco bene, ma che non sento da talmente tanto tempo da sembrarmi straniera.
E allora mi fermo.
Con la mano ancora sulla chiave e gli occhi puntati contro alla porta.
"Sono felice che tu l'abbia rifiutato, dopo tutta la fatica che mi hai fatto fare per conquistare quel dottore da quattro soldi!"
Una risata, da dietro di me.
Mi giro, nel modo più lento possibile, e ciò che vedo mi fa mancare il fiato.
Dall altra parte della strada, con la schiena appoggiata al muro scrostato dell ennesima palazzina e le braccia incrociate al petto, vedo lui. Capelli verdi, fisico muscoloso, ghigno provocatorio.
E allora mi metto a ridere. Non so il perché lo faccio, ma lo faccio e basta. Rido, e non riesco a smettere.
La felicità di vederlo lì, davanti a me, ha chiuso ogni mia capacità razionale e intellettiva, e semplicemente rido.
Mi metto a correre, attraverso la strada deserta senza guardare e gli volo addosso, senza pensarci. 
È reale, è tangibile, è davvero lui. Profuma di Zoro e ne ha la stessa consistenza. Non è più una mia illusione, è lui.
Lo stringo forte, mentre anche lui si libera in una risata calda.
Non riesco quasi a crederci, mi sembra troppo impossibile per essere vero.
Mi stacco, lo guardo negli occhi, e mi mordo il labbro estasiata dall averlo qua davanti a me.
Inutile negare che il mio pensiero navighi rapidamente verso il chirurgo della morte, accompagnato da uno strano fremito di impazienza all idea di vederlo.
"Su donna, ho una buona notizia per te"
E con quelle parole, la mia testa impazzisce.




SPAZIO AUTRICE
Ok, ok.. Avevo detto che avrei aspettato, ma mi è venuto in mente questo inizio e ho sentito il bisogno di metterlo giù!
Beh, che dire, rieccoci con la nostra Ginevra alle prese con i pirati.. quali guai combinerà la nostra ragazza? 
Spero che siate felici di vedere il continuo di questa storia traumatica, spero di sentire i vostri pareri nel corso della storia! Qualsiasi cosa abbiate da dire, non fatevi scrupoli!
E con questo vi dico, alla prossima ragazzi! :D

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mi rendo conto di essere ancora lì, con lo sguardo fisso su di lui e quel sorriso ebete stampato in volto. Lo guardo e ancora non mi sembra reale. Dopo l'infinità di volte in cui ho immaginato di vederli, rendendomi poi conto di non aver fatto altro che seguire delle mere allucinazioni dettate dal dolore della loro mancanza, non riesco a credere di vederlo qui davanti a me.
Sbatto un paio di volte gli occhi, dopo aver udito le sue parole, prima di riprendermi dal momentaneo stato di shock e fissarlo, finalmente seria, negli occhi.
"Dimmi Zoro"
Mi lascio andare in un sorriso compiaciuto quando sento il suo nome scivolare fuori dalle mie labbra, con una naturalezza spiazzante alla quale non sono più abituata.
"Mi hanno mandato a prenderti."
E la sua schiettezza mi apre un cratere nello stomaco. Un brivido di eccitazione mi scorre lungo la schiena e mi porta a mordermi morbidamente il labbro inferiore nel vano tentativo di celare quella gioia immensa che stava prendendo possesso di me così rapidamente.
"Davvero?" 
Non so neanche perché glielo stia chiedendo, so che è vero, so che può essere, lui è lì davanti a me e ora tutto è possibile, ma non riesco ancora a capacitarmi del fatto che tutto ciò stia succedendo davvero. Sento il bisogno dentro di me di esserne certa, di cercare sicurezza nella sua risposta, così da convincermi davvero, definitivamente.
E lui, questa certezza, me la da.
"Direi di sì" 
Ghigna, si diverte a vedermi così spaesata e felice. Ed io non posso fare altro che sorridere, lasciando traspirare la mia incontenibile felicità dagli angoli inarcati della bocca.
"Quando partiamo?"
Stringo i pugni eccitata, imponendomi autocontrollo per evitare di mettermi a saltellare come una bambina davanti allo zucchero filato.
"Ora."
Ora? Corruccio la fronte tentando di accogliere quella risposta così spiazzante e improvvisa. 
Non che mi dispiaccia, ma ho bisogno di fare alcune cose prima di partire. Devo, ad esempio, avvisare i miei che starò via, magari anche Sara, lasciandole un bigliettino sulla scrivania dell'appartamento, e avrei bisogno di racimolare alcuni vestiti e quel poco di oggetti personali che mi potrebbero servire per imboccare questa tortuosa avventura.
Ma ahimè, altro non riesco a fare che spalancare gli occhi dopo aver visto Zoro estrarre la spada con un movimento fluido. Indietreggiare di appena mezzo passo prima di sentire un acuto dolore al braccio accompagnato dal movimento rapido e fulmineo della sua lama. Lasciar uscire appena una sillaba di protesta mentre la sua mano si posa velocemente sulla parte del mio corpo lesa, stringendo con forza tale da causarmi un improvviso bruciore che mi fa stringere le palpebre.
E poi nulla, il buio.
Buio che dura appena un secondo, seguito subito dopo da una luce intensa, quasi accecante.
Sento la sua mano mollarmi, e crollo come un sacco di patate col sedere a terra.
Mi porto la mano agli occhi a ripararmi dal sole cocente che ha preso il posto del tramonto rossiccio della viottola davanti al mio appartamento, e mentre il sangue caldo inzuppa la manica del mio giubbotto, mi sento ribollire di una sorta di fastidio nervoso.
"Cazzo Zoro, potevi aspettare un secondo!" strillo socchiudendo gli occhi per mettere a fuoco la verde figura davanti a me, mentre mi puntello con la mano sul pavimento per sistemarmi in una posizione più dignitosa.
"Benvenuta nel Nuovo Mondo, Gin"
A quelle parole spalanco completamente gli occhi, lasciandomi travolgere dalla luce calda e dall'emozione immensa del vedere dove realmente sono.
Mi lascio sfuggire un sospiro di ammirazione, mentre mi guardo lenta intorno e mi rendo conto del dolce movimento ondulatorio della nave sulla quale mi trovo.
Passo in rassegna il viso di tutte le persone che si trovano vicino a me, e che a loro volta mi guardano incuriosite. E non posso far altro che sorridere, dimenticandomi di tutte le mie preoccupazioni.
"Piacere, Ginevra" 
Ridacchio quasi imbarazzata dall'avere tutti quegli sguardi puntati addosso e mi porto la mano dietro la testa a grattarmi la cute in un gesto automatico, ancora accucciata per terra, in quella posizione scomposta e imbarazzante.
"Gin!" sento la voce di Rufy e immediatamente mi giro verso di lui, presa dall'entusiasmo dell'idea di rivederlo, finalmente.
È lì, in mezzo agli altri, col suo sguardo felice e sicuro. Esplodo dentro quando incrocio i suoi occhi coi miei, dopo tutto quel tempo in cui avevo sperato succedesse. 
Mi alzo facendo leva col braccio sano e mi catapulto verso di lui, finendogli addosso con uno slancio esagerato, tanto da farlo indietreggiare per mantenere l'equilibrio.
Lo sento ridere, e lo stringo forte quanto un orsetto di peluche, dondolandomi felice.
Sento salire una nota di magone, che scaccio via rapidamente. 
Non è certo il momento per lasciarsi andare in smancerie tali, questo.
"Gin, Nami non mi lascia usare ancora il suo waver"
E questo è il mio turno di ridere, mentre mi allontano e gli sistemo alla bell'e meglio la camicia rossa sbottonata, stravolta dal mio tuffo contro di lui.
"E questo mai succederà" sento una nuova voce provenire da oltre le mie spalle, questa volta femminile, e ciò mi porta a girarmi in direzione di essa, in un moto di curiosità.
Rimango allibita vedendo la figura di Nami a pochi passi da me. Bellissima non è abbastanza per descriverla.
I lunghi capelli rossi ondulati, il fisico perfetto e quelle forme da far mancare il fiato.
E che dire, la mia autostima cade a pezzi nell esatto istante in cui poggio gli occhi su di lei.
"Ti giuro che è migliorato" ridacchio amichevolmente mentre percorro la breve distanza fra di noi e le porgo la mano, rispettosa. "Piacere, Ginevra!" concludo lasciandomi andare in un sorriso.
Sorriso al quale mi risponde, fin troppo furbamente per i miei gusti, afferrandomi la mano con sicurezza.
"Nami" 
Completo la stretta e poi mi ritraggo. Avrò bisogno di tempo per sentirmi a mio agio con lei, di questo ne sono sicura.
"Ci hanno parlato molto di te"
Sento una nuova voce, alla quale mi sento di dare molta più fiducia della precedente, e volto la testa nella sua direzione.
Nico Robin, bella quanto, se non di più, di Nami, mi si avvicina con calma e con un sorriso disponibile.
Ho sempre voluto bene a quella ragazza, mi ha sempre ispirato una gran dose di fiducia e rispetto, e mi sento estremamente onorata dall idea di conoscerla dal vivo.
Allargo ancora di più il mio già ampio sorriso quando le stringo la mano presentandomi.
"Mi piacerebbe sapere di più sul tuo mondo e sulla sua storia, se ti andrà"
Incrocia il suo sguardo col mio, amichevolmente.
"Certo!" esclamo felice "magari un giorno ci farai un giro anche tu!"
Ridacchio, molto meno in imbarazzo della presentazione precedente, sicura di potermi fidare di lei. 
È sempre stata il mio personaggio femminile preferito, quello più rispettato in assoluto, probabilmente perché porta con sé tutte le caratteristiche che apprezzo maggiormente nelle persone. 
"Luce dei miei occhi, donna più bella di te non poteva cadere dal cielo!" 
Inutile dire che questa volta il sorriso sul mio viso si gela di un poco, sentendomi strattonare dolcemente il braccio dal biondo ragazzo ora al mio fianco, che si dilunga in un romantico baciamano.
"Oh signore.." balbetto imbarazzata, sentendo assolutamente fuori luogo quell affermazione e quel gesto teatrale, soprattutto davanti alle due ragazze.
"Lasciala in pace sopracciglione, che è la donna del dottore quella lì"
La voce ghignante di Zoro mi sorprende, e mentre i ragazzi cominciano ad insultarsi pesantemente a vicenda, io mi guardo intorno. 
Tra tutta la marea di gente, Law non c'è. 
Parte dell'incondizionata gioia sfuma rapidamente al rendermi conto di questa triste evidenza, e qualcuno, tra la massa, se ne accorge.
"Abbiamo la sua vivre card" 
Un vocino mi distoglie dai miei pensieri, e mi fa concentrare l'attenzione su di lui. 
Chopper, dall aspetto ancora più morbido e dolce di quanto l'anime o il manga l'avessero mai fatto apparire, stava vicino a me, guardandomi con i suoi occhioni.
Aveva capito benissimo dove i miei pensieri si stavano andando ad incastrare, oscurando quell'alone di entusiasmo che mi brillava indistintamente sul viso. 
"Fra pochi giorni sbarchiamo su un isola dove si dovranno trovare anche i pirati Heart." continua lui, mentre una strana speranza comincia a risplendere di nuovo nei miei occhi.
"Davvero?" 
Appoggio le mani sulle ginocchia, inclinandomi in avanti per avvicinarmi maggiormente.
"Si, è stato lui ad organizzare il tuo recupero mentre ancora eravamo su Zou" 
Felicità. Ecco cosa si fa largo nel mio cuore. 
Lo rivedrò, lo rivedrò davvero. E lui non si è dimenticato di me, anzi.
Mi vien da ridere a pensare all'ironia della scelta del chirurgo, nell'aver mandato proprio Zoro a recuperarmi, e così mi lascio travolgere da un sorriso dirompente.
"Grazie Chopper, mi hai sollevato il morale." concludo anche io, accarezzandolo lievemente con la mano, grata, avendo come immediata conseguenza il suo arrossamento e un vago borbottio imbarazzato.
Mi rendo conto solo ora, spostando tutto il peso del busto contro l'arto ferito, del taglio inflitto da Zoro.
"Ginevra, ti devo medicare il braccio!"
Pare essersene accorto anche lui, molto probabilmente seguendo il mio sguardo che si era andato a posare incuriosito alla fonte del dolore.
"Oh.." 
Torno ad indagare sulla ferita e sul mio parka ormai irrimediabilmente macchiato, e maledico mentalmente lo spadaccino per aver rovinato il mio unico giubbotto buono con così tanta leggerezza di spirito.
"Mi farebbe molto piacere, se ti va."
Borbotto sorridendogli, lasciando che il mio povero capo d'abbigliamento scivoli lungo le braccia, facendolo accartocciare a terra esanime, mentre mi arrotolo la manica della maglietta per lasciar libero il taglio, rendendomi conto solo ora dell'effettiva temperatura esterna.
Piena estate. Caldo assurdo.
Mentre la piccola renna mi pulisce, disinfetta e medica la ferita, vengo sommersa da un numero estremo di domande. Usop e Brook si alternano parlandosi l'uno sopra l'altro nella voglia esagerata di essere al centro dell'attenzione.
"Avrai sicuramente sentito parlare di me, sono il gran capitano Usop, colui che ha.."
"Mi scusi signorina, non è che mi può mostrare le sue mutandine, cara?"
Mi metto a ridere, quando Nami mi libera dalle pressioni dello scheletro tirandogli un sonoro schiaffo sulla nuca, o ciò che ne resta.
"Razza di incivile!" gli urla dietro dopo aver appoggiato con severità le mani sui fianchi ampi, provocando uno sbuffo estasiato da parte di Sanji.
"Gin!" 
Mi arriva Rufy di corsa davanti, prima di arrestarsi di colpo e guardarmi con due occhioni innocenti degni del gatto con gli stivali.
Ghigno, nell attesa di sentire la nuova uscita del ragazzo.
"Non è che hai per caso quella cosa buona là, la Nupella?"
Rido, tornando a riappropriarmi del mio braccio appena sistemato dal piccolo medico di bordo.
"No Rufy, non ho la Nutella, mi spiace"
E mai quanto ora, mi sento davvero a casa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dopo le richieste incuriosite di Sanji riguardo a quello strano ingrediente definito da Rufy come ”incredibilmente buono“, e le ultime presentazioni, in particolare quella estrosa di Franky, sono finalmente riuscita ad avvicinarmi a Zoro e ad infilarmi dietro le sue ampie spalle quasi a cercare protezione da quella marasma di gente sorridente.
Nonostante l'apertura dei ragazzi nei miei confronti, e il loro fare il possibile per amalgamarmi nella ciurma facendomi sentire come se già gli appartenessi, non posso fare altro che sentirmi ancora un poco a disagio.
Io, abituata alla pace ed alla tranquillità della mia vita molto poco movimentata, intervallata solo ogni tanto da qualche sporadica uscita con gli amici nei rari momenti di tempo libero dallo studio, mi sento quasi spaesata di fronte a tutta questa vitalità ed esuberanza, tanto da andare a cercare il mio punto fermo all'interno di essa.
Ed il prescelto è lo spadaccino che con la sua aria decisa riesce a farmi sentire al sicuro, come una bambina nascosta dietro al braccio del padre.
"Io avrei caldo.." mormoro, in un improvviso moto di disagio, con voce talmente bassa da farmi sentire unicamente da lui, mentre tiro mollemente lo scollo della maglia sotto al parka rovinato che mi ero rimessa soltanto per non abbandonarlo per terra, alla ricerca di uno spiraglio di aria.
Lo vedo voltare la testa con un movimento minimo verso di me, sollevare un sopracciglio e ampliare un ghigno divertito sulle sue labbra.
"E che ci posso fare io?"
Ridacchia, scrutandomi negli occhi con aria furba, mentre io assottiglio i miei, in segno di disapprovazione della sua risposta.
Si gira verso il resto della ciurma e non appena lo vedo aprire la bocca per parlare mi aggrappo al suo braccio in un più che vano tentativo di fermalo, arrivando però troppo tardi.
"Nami, da dei vestiti a Ginevra."
Mi sento morire.
Già la ragazza mi mette a disagio di suo, se poi Zoro si impegna a farla innervosire dandole ordini, per di più a nome mio, non so che altro fare se non spalancare gli occhi e guardarla spaesata.
Sto per parlare, con l'intento di placare lo sguardo nevrotico della navigatrice nei confronti dello spadaccino in seguito a quel maledetto ordine, quando la mia attenzione viene spostata su Robin, la quale accenna una risata dolce.
"Non mi era venuto proprio in mente, Ginevra!"
La guardo sorpresa, aprendomi poi in un sorriso amichevole nei suoi confronti, mollando il braccio di Zoro al quale sono ancora attaccata per mettere le mani nelle mie tasche, e sollevare le spalle.
"Non importa, davvero!"
E realmente preferirei che loro non mi prestassero indumenti, sarebbe imbarazzante.
Involontario è infatti il pensiero che viaggia al corpo formoso dell'archeologa e a quello della navigatrice, a confronto dei quali sembro poco più che una bambina delle elementari. Oltre che estremamente succinti, per così dire, quei vestiti mi sarebbero anche estremamente larghi, poiché la mia terza scarsa non è neanche minimamente paragonabile alle loro abnormi taglie.
"Vieni con me" 
Mi sorride una ennesima volta, prima di chiamare educatamente Nami, la quale si era dedicata nel frattempo a battibeccare con lo spadaccino, in un rapido susseguirsi di ”buzzurro“ e ”strega“, per poi voltarsi e guidarmi verso l'interno della loro nave.
Merda. 
Maledico mentalmente Zoro lanciandogli in regalo una delle mie peggiori occhiatacce, mentre mi allontano da lui per raggiungere le ragazze poco distanti.
Zampetto a fianco a Robin, accostandomi a lei, mentre mi perdo nella voglia vorace di voler osservare ogni singolo centimetro di quel posto, avida di non perdermi neanche un granello di polvere di quel sogno diventato, incredibilmente, realtà.
Comunque vada, questo assaggio del loro mondo ha appena fatto sì che ne valga la pena.
"Rufy mi ha detto che persino la geografia del vostro mondo è diversa dalla nostra."
La rossa mi si affianca, osservandomi con curiosità, riportandomi con l'attenzione su di lei.
"Beh si.." sorrido nella sua direzione "ed inoltre ci sono anche varie lingue che differenziano i posti in cui ci si trova."
"Si? Deve essere complicato viaggiare allora.."
Rido, pensando alla mia difficoltà con l'inglese e alle mie peripezie nel far capire a gesti le mie intenzione agli stranieri, quando ero andata all estero con i miei genitori.
"Un po', ma c'è una lingua che più o meno conoscono tutti, e con quella sei piuttosto tranquilla"
"Capisco"
Mi sorride, mentre appoggia la mano sulla maniglia della loro cabina, e apre la porta, lasciandomi a bocca aperta di fronte alla bellezza della camera, distraendomi completamente dal discorso in corso.
Un abnorme letto matrimoniale, in cui ci potrebbero stare benissimo quattro persone stringendosi appena un poco, regna contro la parete, piuttosto centrato, mentre il lato opposto è occupato un immenso armadio di legno ed una bella scrivania accompagnata da una sedia, con un assurda quantità di carte, cartine, matite, penne, e persino un compasso vecchio abbandonato su un disegno incompleto, l'unico segno di possibile disordine. Come si addice infatti ad una camera appartenente alle due ragazze, tutto è a posto, soltanto una maglia ed un reggiseno abbandonati, probabilmente per la fretta, contrastano l'aurea di ordine disciplinato. 
Uguale a camera mia, proprio.
C'è anche uno specchio a muro, tanto grande da comprendere interamente la mia figura e avanzare pure uno spazio vuoto, lasciando intravedere l'oblò affacciato sul mare brillante, opposto ad esso.
"Wow" 
Non riesco a dire altro, estasiata dalla semplicità e dall accoglienza che quella camera rappresenta, appuntandomi mentalmente di complimentarmi con Franky per il suo lavoro sopraffino.
"Su, vediamo cosa darti"
Sposto lo sguardo sulla schiena di Nami, che si avvicina rapida alle ante dell'armadio e le spalanca, mentre un tonfo leggero indica la seduta di Robin sul materasso.
Un accenno di ansia comincia a farsi vivo dentro di me, ma viene spento immediatamente dal profumo di vestiti puliti, mandarini, e brezza marina che inonda la camera avvolgendomi, e beandomi della sua dolcezza frizzantina.
"Secondo me questo ti va bene" 
La vedo estrarre una maglietta a mezze maniche bianca, corta e dall'aria attillata, e dei pantaloni lunghi di un bel verde militare. 
Sorrido, mi si addicono, e sorprendentemente anche la taglia sembra adatta.
Mi avvicino a lei e le prendo gli indumenti dalle mani, rigirandomi il tessuto tra le dita e tastando la loro consistenza.
"Posso?"
La vedo ridere, e mi sento incredibilmente stupida per averle posto quella domanda.
"Si, se no non te li avrei dati"
"Giusto" 
Ridacchio anche io, portandomi una mano alla testa, imbarazzata.
"Beh" mi giro verso Nico Robin, la ragazza che ha appena parlato e che sta continuando a farlo "raggiungici di la, quando sei pronta".
Mi regala un altro sorriso, uno di quelli a cui lei è così affezionata, e poi la vedo alzarsi, per uscire e chiudersi la porta alle spalle, seguita da Nami.
Sola, per la prima volta da quando sono arrivata, prendo un sospiro profondo e mi abbandono sul letto, esattamente dove c'è ancora l'impronta dell'archeologa, facendo aderire tutta la schiena contro le lenzuola, lasciando che i capelli mi si sparpaglino intorno al viso e si spargano sul materasso.
Sorrido.
Sono in un sogno, e sono felice. Finalmente, completamente, felice.
Rimango ancora qualche minuto a fissare il soffitto, persa nei miei pensieri, prima di sollevarmi con uno slancio di addominali, e tornare seduta, portando la mia attenzione sui vestiti che ho ancora in mano.
Li tiro in lungo e in largo, osservandoli curiosa, prima di decidermi finalmente ad alzarmi e spogliarmi.
Abbandono il giubbotto tagliato e sporco in un angolo, seguito poi dalla maglia nelle stesse condizioni e dai jeans, preceduti dalla scarpe. Dopodiché prendo l'indumento nuovo, tutto pulito e profumato, e me lo infilo, facendo la stessa cosa coi pantaloni, lasciandomi avvolgere dalla piacevole sensazione di fresco, per poi infilarmi nuovamente le sneakers nere.
Avanzo, quasi senza rendermene conto, verso lo specchio, ed osservo la mia immagine riflessa nel suo interno. Nonostante non sia paragonabile alla bellezza delle altre due ragazze della ciurma, non mi ritengo così orribile.
Ruoto su me stessa, analizzando il mio corpo che si muove dentro a quella superficie nitida.
L'altezza è sicuramente una nota a mio favore, nonostante da piccola me ne vergognassi molto. Ero più alta di tutte le mie amiche, ed impacciata più di loro, cosicché, lunga e magra, mi sentivo costantemente un cucciolo di stambecco.
Ora che sono cresciuta, il mio metro e settantacinque e il fisico sottile non sono che un vantaggio che non attira più sguardi divertiti bensì interessati. 
Il pantalone verde scuro mi fascia bene le gambe, mettendo in evidenza la forma delle cosce e del sedere, tonificato dalla palestra che ho fatto per occupare il tempo e la mente dopo la separazione.
La maglia invece, mi aderisce al petto tirandosi appena in presenza del seno, lasciando scoperto il ventre piatto e parte delle spalle grazie allo scollo a barca della t-shirt, permettendo così di intravedere parte del piccolo tatuaggio che mi sono fatta fare come regalo dei 18 anni.
Mi giro dando la schiena allo specchio, contorcendomi tutta e tirando lievemente la maglia per scoprire la parte posteriore della spalla macchiata dall inchiostro. In uno stupido ed impulsivo capriccio, dettato dalla frustrazione della loro sparizione, e nel tentativo di sentirmi più vicina a lui, mi ero fatta tatuare il jolly roger dei pirati Heart.
Avevo sentito male nel farlo, ma mi ero ricordata del breve dibattito col ragazzo in piscina, così avevo stretto i denti e sopportato senza far uscire un sibilo, senza lasciar andare una lacrima.
Incurvo le labbra nel vederlo, riempiendomi il cuore di una sensazione strana, finalmente appagata dal poter fare un vero e proprio conto alla rovescia a quando lo rincontrerò, lasciandomi andare in un sorriso impaziente.
Ritorno a fissarmi frontalmente per le ultime sistemazioni, districandomi da quell'assurda posizione, per potermi scrocchiare la schiena ed il collo.
Mi passo le mani tra i capelli scuri, di un intenso color cioccolato che brilla contro i raggi di luce che penetrano dall'oblò lasciandomi riflessi rossicci sulle ciocche più esterne, nel tentativo di domare le onde morbide che mi si appoggiano appena sulle spalle, per poi stropicciarmi il viso in un controllo ultimo del fatto che sia tutto a posto.
Finito tutta la complessa procedura mi decido finalmente ad uscire dalla stanza, e a tentare, in quale arcana maniera, di ritrovare il punto di partenza.
Dopo vari tentativi riesco nell impresa, e rallento tentando di ammorbidire i passi per passare inosservata dal resto della gente.
Vedo Rufy chiacchierare animatamente con Usop, incantato da una qualche mirabolante avventura del cecchino, e decido di dirigermi verso di lui, soddisfatta dall essere riuscita ad avanzare senza aver destato sguardi o ulteriori domande, fino a che..
"Luce della mia vita! Sei ancora più bella del tuo arrivo, e il mio cuore non può che battere per te!"
Merda. Merda. Merda.
Mi giro seccata verso un entusiasta Sanji che mi sta correndo incontro a braccia spalancate, attirando l'attenzione ed i conseguenti commenti del resto della ciurma a riguardo del mio nuovo abbigliamento. 
Oltre al fatto che non sono una persona che apprezza le esagerate attenzioni altrui, anzi, il ragazzo è riuscito pure a rovinare tutto il mio impegno con una sola frase. 
Combatto la voglia di prenderlo a ceffoni lasciandomi strattonare in baciamano e attenzioni di vario tipo da parte del cuoco, regalandogli però un occhiata gelida.
"Sanji.." sussurro lasciando uscire appena un filo di voce "non lo fare mai più."
Come si dice, uomo avvisato mezzo salvato.


SPAZIO AUTRICE
Salve ragazzi, sono comparsa in una breve nota autrice, come un animaletto selvatico.
Nulla, volevo soltanto parlare di quella che secondo me è una sorpresa, inserita in questo capitolo: la descrizione di Ginevra.
Non ho idea di come possa essere venuta, ho sempre faticato nelle descrizioni del corpo e per evitare di farla risultare come un insieme indefinito di dati, mi ci sono scervellata.. ma mi rimangono comunque dei dubbi.
Spero che a voi sia piaciuta, anche solo un pochino.
Ho incentrato questo capitolo su quello, sui primi passi della ragazza nel nuovo mondo, e sugli inizi delle relazioni che andrà via via a consolidare, giusto per dipingere una bozza iniziale di questa avventura.
Bene, ora che vi ho annoiato abbastanza, posso salutarvi.
Grazie mille per aver letto il capitolo, grazie a chi recensisce e a chi mi segue, e anche a tutti gli altri.
Alla prossima :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Dopo l'aggressione di Sanji, il quale è poi scivolato rapidamente via per rifugiarsi in cucina dietro alla scusa di volermi prepararmi un delizioso cocktail, sono riuscita finalmente ad avvicinarmi a Rufy ed a sedermi a fianco a lui.
Usop ci sta parlando dell'enorme pesce palla che lo ha aggredito tempo addietro, mentre era andato a cercare del cibo a bordo di una zattera per procurare nutrimento a due poveri orfani, da circa un ora ed io mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa di meglio da fare. Il mio sguardo si è già ripetutamente posato su Nami e Robin che prendono il sole su due sdraio, accompagnate da vari stuzzichini incredibilmente invitanti posati su un tavolino tra di loro, ed è anche andato a finire anche su Zoro, che esegue flessioni su flessioni, giusto per modellare ancora un po' di più i suoi abnormi muscoli. Ha viaggiato poi fino a Chopper, che legge un massiccio libro di medicina, e a Franky e Brook, intenti a chiacchierare di non so cosa, ma sicuramente più interessante dell'attuale ed ennesima emozionante battaglia che il ragazzo ha dovuto affrontare contro quel maledettissimo pesce. 
Ma nonostante tutto, non ho altre possibilità che sorbirmi la storia per intero, con ogni mezzo particolare spiegato alla perfezione, roba che neanche i migliori scrittori sono in grado di fare, visto che ad ogni tentativo di andarmene vengo tirata nuovamente a terra da Rufy, emozionantissimo.
E questo ha fatto sì che rinunciassi.
Sto qui, a regalare sorrisi distratti ad Usop ogni volta che i suoi occhi si incrociano coi miei, e a perdermi nei pensieri, lasciando che il mio sguardo vaghi lungo la linea dell orizzonte, appena la sua attenzione si distoglie da me.
È così bella e netta quella separazione da mare a cielo tanto da attirare la mia attenzione quasi fosse un magnete, così nitida da sembrare allo stesso tempo estremamente vicina e lontana, di due azzurri tanto diversi quanto brillanti, da luccicare entrambi sotto la luce del sole mentre io mi perdo ad ammirarli.
Sorrido da sola, estasiata dall'idea di trovarmi realmente in questo luogo paradisiaco, ed involontariamente mi ritrovo a pensare a lui. Law. A quello stupido che si nega la possibilità di vedere tale spettacolo chiuso dentro al suo opprimente sottomarino, ma che ora è così vicino a me da rendere superflua ogni altra cosa.
"Luce dei miei occhi, la tua bevanda è pronta!"
Mi giro verso la voce proveniente oltre le mie spalle e mi allargo in un sorriso, per la prima volta davvero entusiasta di vedere quel biondo fuori di testa.
"Non ti disturbare, vengo io!" 
Lo blocco nel suo avanzare verso di me con un gesto frettoloso della mano, per poi fare immediatamente leva a terra e sollevarmi dalla mia posizione. Mi volto indietro, verso i due ragazzi che mi guardano sorpresi, e con delle rapide scuse mi congedo, dileguandomi verso il cuoco.
Mentre lo raggiungo sento la voce di Usop riprendere la narrazione dal punto in cui l'ho interrotta, e Rufy tornare a concentrare la sua attenzione su di lui.
"Ecco mia regina!"
Appena gli arrivo accanto Sanji mi porge il cocktail accompagnato da un immensa serie di smancerie del tutto inutili, che non causano altro che il sollevarsi indispettito di un mio sopracciglio.
"Grazie Sanji" afferro il bicchiere lasciandogli in cambio un sorriso di cortesia "ma ti sarei grata se usassi il mio nome, lo preferisco."
Visto che il concetto pare non entrargli in testa, scelgo di tentare con la diplomazia.
"Va bene, dolcezza"
Ha capito tutto. Sicuro.
Sbuffo, allontanandomi da lui rassegnata all'evidenza dei fatti, per poi andarmi ad appoggiare alla fiancata della nave, in cerca di calma. Gli avambracci posati sul suo bordo mi sorreggono mentre mi inclino lievemente in avanti per sporgermi ed osservare l'infrangersi delle onde contro la struttura di legno.
Inspiro profondamente, beandomi dell'odore dell'acqua salmastra che mi solletica le narici, mentre mi lascio accarezzare dai raggi caldi del sole che mi scivolano sulla pelle. Resterei qui per sempre. 
Le voci ovattate dei ragazzi mi arrivano lontane alle orecchie, in un insieme confuso di parole e suoni. Sorrido.
Sono felice di essere qui, lo sono davvero, con quelle persone bellissime a pochi passi da me, ma nonostante tutto, mi sento più a mio agio ora che sono qui, da sola, avvolta nella mia quiete.
La mia attenzione viene attratta dal piccolo ombrellino di carta all'interno del bicchiere che oscilla distrattamente mosso dalle mie dita, il quale, in un morbido movimento ondulatorio increspa il liquido ancora intatto.
Inclino la testa, seguendo l'oscillare della bevanda, perdendomi per un attimo nei suoi riflessi, prima di avvicinare il cocktail alle labbra e bagnarcele dentro. Il gusto agrumato dell'arancia mi accarezza le papille gustative accompagnato dall'inconfondibile sapore del alcool. 
Mi sorprendo, lasciando disegnare un piccolo sorrisetto furbo sul mio viso. Non mi sarei mai aspettata un drink alcolico da parte del cuoco, devo ammettere che ha saputo come colpirmi.
Dondolo ancora un po' il bicchiere prima di prenderne un altro sorso, assottigliando gli occhi per poter ammirare meglio i riflessi dorati della luce contro le piccole onde che sto andando a creare, quando vengo attratta da un altro tipo di luccichio, quello del mio anello. Una piccola fedina di oro bianco, alla quale sono talmente abituata da non rendermene neanche più conto, scintilla sul mio pollice. 
Ruoto la mano, analizzandolo da ogni direzione. Me l'avevano regalato i miei per il mio compleanno scorso, e da allora l'ho portato ogni giorno, rifiutandomi però categoricamente di portarlo sull'anulare. Aria troppo impegnativa tenerlo li, a mio parere. Anzi, per quanto mi riguarda, quel dito potrebbe stare nudo per sempre. Nessun matrimonio, nessun legame, nessuna costrizione, nessun simbolo di niente di tutto questo.
"Cosa fai qua?"
Sussulto, distolta così violentemente dai miei pensieri da quella voce.
Mi basta voltare di poco la testa per vedere il suo proprietario, Zoro, appoggiato anch'esso alla fiancata poco distante da me, con lo sguardo fisso contro il blu delle acque.
"Scappo da Usop e Rufy, tu?" gli sorrido, prendendo un altro sorso della mia bevanda, lasciando che l'alcol mi scivoli lungo la gola, bruciandola lievemente.
"Niente."
Ridacchio, non mi aspettavo altra risposta che questa. Inutile chiedere allo spadaccino per sapere più di quello che lui stesso dice spontaneamente.
"Finito di far finta di farti i muscoli?"
Rido, quando il suo sguardo si posa sul mio, sollevando un sopracciglio.
"Su, lo sappiamo tutti che sono finti quei pesi che usi." continuo, strizzandogli l'occhio con fare d'intesa. Lo vedo abbozzare un ghigno furbo, prima di girarsi e tornare a fissare il mare.
"Si"
Gli sorrido con spontaneità, prima di imitarlo e tornare a guardare l'infrangersi delle onde. Mi sento bene con lui, ho più intesa che con chiunque altro, ed è quello con cui sicuramente mi sento più a mio agio, dopo tutte le giornate passate insieme a far scorrere il tempo in qualche modo.
"Sei cambiata sai?"
La sua voce mi arriva nuovamente alle orecchie, e mi volto verso di lui.
"Ah sì?" 
Mi guardo istintivamente il corpo, per poi tornare a puntare gli occhi sullo spadaccino.
"Si"
Rido, sistemandomi i pantaloni che mi sono accorta essere lievemente scesi, barcollando da un piede all altro per facilitare lo scorrimento del tessuto.
"Tu no, invece" 
Gli faccio la lingua in modo scherzoso, girandomi su me stessa per appoggiare stavolta la schiena al parapetto, e scrocchiarmi le ossa.
"Beh, ovvio"
Inclino la testa all'udire le sue parole e sollevo un sopracciglio sorpresa.
"Ovvio?"
Non riesco ad afferrare l'ovvietà della questione. Due anni sono sempre due anni, e benché ormai ci si trovi in un età in cui il cambiamento non è più poi così evidente, un po ci si trasforma lo stesso. Il mio corpo, il mio viso, soprattutto il mio carattere, sono mutati col passare dei giorni, dandomi un aspetto più maturo, ma in effetti il ragazzo in fronte a me non sembra esse incorso in alcun tipo di modifica.
"Si"
Prendo un sospiro profondo, cercando il contatto visivo del ragazzo sempre intento ad osservare qualcosa di indeterminato oltre l'orizzonte.
"So che ce la puoi fare a spiegarti meglio, ho fiducia in te, dai"
Lo vedo girare il viso in mia direzione, incrociando finalmente lo sguardo col mio, per poi ghignare in quel modo del tutto tipico di lui.
"Il tempo passa diversamente nei due universi. Ce ne siamo accorti quando siamo tornati dal tuo mondo."
Sollevo un sopracciglio, nettamente confusa ora.
"Cioè?"
"Tsk" sbuffa, divertito o dalla situazione, o dalla mia espressione allibita. "In questo universo il tempo scorre più lentamente. Quando siamo tornati erano passati appena tre giorni, mentre da te erano trascorse settimane."
"Oh."
La notizia che apprendo mi scombussola alquanto le idee, mi pare assurdo, irreale forse. La relatività del tempo è sempre stata un concetto al di fuori della mia comprensione, ed ora, averci a che fare, mi confonde.
"È passato appena un mese e mezzo dallo scontro a Dressrosa. Ed il tuo dottore si è subito applicato per recuperarti"
Conclude lo spadaccino, con un ghigno ben troppo furbo sulla faccia, e un tono provocatorio.
Rido, spostando lo sguardo al cielo sopra la mia testa e distogliendolo dai suoi occhi scuri.
"Oh beh, mi fa piacere che vi siate ricordati di me dopo tutto questo tempo"
Mi sento sollevata. L'ultima frase di Zoro mi ha solleticato lo stomaco carezzevolmente, lasciandomi una curiosa sensazione di leggerezza. Ho voglia di ridere, sono felice, quasi quasi che ora mi piace questa questione del tempo sfasato.
Alla fine, mi ha appena dimostrato che manco anche io a quel sadico, fastidioso, freddo ed un tantino inquietante ragazzo. E che questo stesso ragazzo si è anche impegnato per far sì che tornassi da lui, nonostante tutto.
Sorrido, accompagnata dalla risata del ragazzo al mio fianco, mentre continuo a fissare i contorni di quella candida nuvola che sta passando con lentezza sopra alla mia testa.
Alla fine, quel gelido ragazzo dagli occhi di ghiaccio, così gelido non è.
 





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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


A detta di Nami dovremmo arrivare sull'isola prescelta come punto di ritrovo un giorno prima del previsto, grazie ad un'imprevista corrente favorevole. Ed oggi è quel giorno.
Mi sto sporgendo dal parapetto come una bambina agitata, quasi a protendermi verso quella terra rigogliosa sempre più vicina.
Il caldo opprimente che continua a diffondersi sempre di più nell'aria è una peculiare caratteristica delle isole estive, come quella su cui ci stiamo dirigendo. 
Dalla distanza a cui ci troviamo si cominciano a delineare i lineamenti di una spiaggia sabbiosa e bianchissima e di una folta boscaglia verdeggiante e florida che fa da sfondo a quel paesaggio caraibico. Sono estasiata da tale panorama, entusiasta di scendere a terra e toccare quella sabbia dall'aria così soffice, e tale felicità non fa altro che accrescere con l'avvicinarsi della nave all'isola.
"Ragazzi, si attracca!" 
La voce decisa di Nami riecheggia sul ponte mentre i ragazzi si preparano ad ancorare la nave in un posto sicuro, ed io, ancora più impaziente, saltello per vedere l'acqua trasparente oltre la fiancata della nave.
"Nami, è profonda l'acqua qui?"
Mi giro con un sorriso a trentadue denti, elettrizzata dalla nuova, malsana idea che mi è passata per la mente.
"Abbastanza, perché?"
La navigatrice non si volta nemmeno verso di me per rispondere alla mia domanda, mentre impone ordini agli altri per sistemare le ultime cose ed io, più che appagata dalle sue parole, mi lascio pervadere da brividi di eccitazione che mi scivolano lungo la schiena.
Mi tolgo le scarpe con rapidità, per poi arrampicarmi, spingendomi con le braccia, sul parapetto e drizzarmi in piedi tenendo a fatica l'equilibrio sul suo stretto spessore.
"Ma che?"  
L'ultima cosa che sento sono le parole sorprese di Zoro, prima di darmi un forte slancio con le gambe e lanciarmi in uno scoordinato tuffo di testa verso le acque cristalline di quel mare calmissimo. Inebriante è la sensazione di libertà che mi scivola veloce sui muscoli insieme allo sferzare dell'aria contro la mia pelle durante quella caduta libera, e ancora migliore è la sensazione di freddo che mi investe appena il mio corpo si immerge completamente, inzuppandomi i capelli ed i vestiti.
Peccato che presa dall'entusiasmo di quel piccolo gesto di ribellione, mi sia dimenticata di tapparmi il naso.
Riemergo con una spinta delle gambe ed appena la mia testa fuoriesce dall'acqua mi dedico ad una forsennata ricerca di aria, tra un colpo di tosse e l'altro, soffiando forte col naso e strofinandomi vigorosamente gli occhi. Questi ultimi, appena riesco a riaprirli, mi permettono la visuale di alcuni dei ragazzi sporti dalla nave per constatare la mia incolumità.
"Ginevra, stai bene?" 
Il vocino preoccupato di Chopper, appeso al parapetto nel tentativo di vederci oltre, mi giunge alle orecchie alquanto ovattato a causa dell'acqua che ancora me le tappa fastidiosamente. Con un colpo di anche sollevo le gambe per potermi lasciar galleggiare comodamente a morto sulla superficie marina, mentre mi sciolgo in una risata liberatoria.
"Mai stata meglio! Ci vediamo a riva!" ed ancora ridacchiando, ruoto a pancia in giù, prendo un respiro profondo, e comincio a dare forti bracciate per dirigermi verso quella così invitante spiaggia.
Gli schizzi d'acqua che mi investono la schiena mi schiaffeggiano la pelle, e le gocce che mi scivolano sul viso mi fanno rendere conto che non mi sono mai sentita più viva di così.
Dopo un ignoto numero di bracciate arrivo abbastanza vicino a riva da potermi alzare in piedi e procedere in posizione eretta, affrontando la fatica del camminare opponendomi al reflusso dell'acqua. Naturalmente, quando riesco ad uscire e ad immergere i piedi nella soffice e calda sabbia asciutta, gli altri sono già tutti arrivati da tempo. In mia discolpa posso dire di aver perso tempo ad osservare i coloratissimi pesci che passavano sotto di me.
Alcuni dei ragazzi mi sorridono amichevolmente mentre mi tiro ripetute botterelle alla testa nel tentativo di liberare le orecchie dall'acqua in eccesso, avanzando verso di loro. In particolare due dei ragazzi attirano maggiormente la mia attenzione: il cuoco e lo scheletro.
La risata divertita di Brook e lo strano sguardo di Sanji mi portano infatti ad intuire la presenza di un qualche problema addosso a me, che si rivela rapidamente essere la trasparenza della mia maglia bianca ormai fradicia, che lascia intravedere senza difficoltà il reggiseno nero.
"Ops" mi porto una mano alla testa ridacchiando, guardandoli divertita. "Su, è così strano vedere qualcuno in reggiseno? Non mi pare."
Gli indico con la mano le due ragazze, per poi portarmela ai capelli, raccoglierli in una coda, e strizzarli forte. Un rivolo di acqua fresca mi gronda sulle spalle, lasciando una scia di freddo lungo la pelle umida.
Nico Robin si lascia andare in un risolino divertito all'udire il mio discorso verso i ragazzi, e si avvicina a me sollevando appena delle nuvolette di sabbia coi piedi durante la sua avanzata.
"Ginevra, credo che tu abbia bisogno di un costume, se intendi ancora buttarti giù dalla nave.."
Abbasso lo sguardo sul mio corpo, e mi strattono leggermente la maglia completamente appiccicata alla pelle. Muovo le gambe, sollevandone prima una e poi l'altra sentendo la stoffa del pantalone aderirmi contro in un modo del tutto fastidioso. 
"Forse.." 
Ridacchio un poco imbarazzata, portandomi le mani al seno e premendo, causando un nuovo scrosciare di acqua gelida contro la mia pancia. Maledetti reggiseni imbottiti.
Lei mi osserva divertita, emettendo una flebile risata prima di sorridermi ed indicarmi con un cenno del capo la nave ormeggiata poco lontano.
"Seguimi"
Prendo un sospiro profondo, per poi muovermi ed andarle dietro, lasciando orme bagnate sulla sabbia calda con i piedi ormai completamente ricoperti di fastidiosi granulini bianchi.
Una volta salite a bordo mi accompagna alla loro stanza, dove, dopo aver brevemente cercato dentro alla cassettiera, estrae un bel costume da bagno nero.
"Ecco" 
Mi sorride amichevolmente, mentre io sbianco nel prendere l'indumento che mi sta porgendo con tanta gentilezza.
"Beh, ecco.. non credo di poter accettare io.."
Guardo allibita il pezzo sopra del bikini, di qualcosa come una decina di taglie in più della mia, con la mandibola che sta lì e lì per cadere.
"Oh figurati! A dopo!"
"No, ecco.." 
Non riesco a finire la frase che la ragazza mi ha già dato le spalle, lasciandomi da sola in stanza, sgocciolante e spaesata. 
Sollevo il pezzo di stoffa davanti ai miei occhi, che penzola tra le mie dita con quelle sue coppe enormi. Guardo il mio seno. Guardo le coppe. Ripeto.
Impossibile, non mi starà mai.
Lo mollo, lasciandolo cadere ai miei piedi mente mi volto verso lo specchio guardando malamente la mia figura riflessa. Prendo un respiro profondo, raccolgo l'abnorme costume, e strascinando i piedi me ne vado verso il gigantesco bagno della nave.
Durante la mia traversata fino alla stanza precedentemente nominata, lascio dietro di me una scia di goccioline dalle varie dimensioni, roba che neanche Hansel e Gretel sarebbero riusciti a fare meglio.
Giunta davanti alla porta la apro, la varco, e me la chiudo alle spalle, abbandonando il costume sul ripiano del lavandino per poi fissarlo delusa per qualche secondo quasi a provare a modificarlo col pensiero, azione che, come logico sia, non si verifica.
Sospiro, mentre afferro i bordi della maglietta per sfilarmela, rabbrividendo al contatto del freddo tessuto contro al mio viso già asciutto, e la strizzo sopra al lavandino. Dopodiché la mollo, mi porto le mani dietro alla schiena e slaccio il reggiseno, abbandonandolo sopra alla maglietta, entrambi completamente fradici, all'interno del lavello.
Osservo il mio petto nudo allo specchio, per poi prendere il pezzo sopra del costume e portarmelo davanti, sovrapponendo la sua figura riflessa alla mia. Assolutamente impossibile. Non può che venirmi in mente una piccola me alle prese col costume di sua mamma, arrampicata sul letto dei genitori e addobbata di un enorme bikini (che penzola da tutti i lati, oltretutto), entusiasta come pochi.
Sospiro, rassegnata all'evidenza dei fatti, e questa volta affatto entusiasta, mettendo in atto uno scarno tentativo di indossare suddetto indumento. Ruoto le coppe triangolari dietro alla schiena e tiro i laccetti con decisione, allacciandoli in un fiocchetto morbido, per poi riportare il reggiseno in posizione iniziale a imitare l'azione precedentemente compiuta per fissarlo anche dietro al collo.
Sollevo nuovamente la testa ad osservare la mia figura riflessa, e dopo una sistemazione ai triangoli di stoffa, così da arricciarli un po' per evitare che mi coprano l'intero petto, ho un aspetto abbastanza decente. Sorrido soddisfatta dalla mia opera, e passo alla parte inferiore. Slaccio il bottoncino dei pantaloni (il triplo più pesanti a causa dell'acqua assorbita) e faccio scorrere la breve zip, sfilandomeli poi dalle gambe, seguiti velocemente dagli slip neri.
Questi ultimi vengono sostituiti da quelli del costume, quasi del tutto simili a quelli precedentemente indossati, differenti unicamente nel tessuto di costituzione.
Nuovamente abbigliata, abbandono finalmente il bagno, e superando il corridoio interno della nave mi trovo rapidamente al suo esterno, investita dalla secca aria estiva dell'isola su cui ci troviamo.
Appena vedo i ragazzi mi apro in un sorriso felice e gli corro incontro, sollevando nuvolette di sabbia chiarissima che mi si appiccica fastidiosamente alle gambe, solleticandomele. Una volta giunta vicino a loro, in particolare a Robin che ringrazio nuovamente, curioso le azioni del resto della ciurma. 
Nami, coricata su un telo, prende il sole accavallando e scavallando le longilinee gambe alla ricerca della posizione perfetta, ammirata da Sanji, seduto poco distante, intento a lodarla e chiederle come poterle essere utile. Brook, invece, suona qualcosa di simile ad un ukulele, affiancato da Chopper e Usop che cantano una qualche canzone stonandola estremamente, mentre Franky nuota, piuttosto al largo, esaminando quel mare azzurrissimo. Zoro, quale novità, dormicchia appoggiato ad una roccia a caso, all'ombra degli alberi della boscaglia retrostante, e Rufy.. Rufy non lo vedo.
Giro su me stessa alla ricerca di cappello di paglia, quando lo individuo accucciato sulla sabbia, appollaiato sulle punte dei suoi piedi, intento a giocherellare con qualcosa di indefinito e rossiccio, ma che pare avere un incredibile voglia di scappargli. Così lo raggiungo, incuriosita.
"Dove l'hai trovato?"
Mi ci accuccio a fianco, lasciandomi cedere sulla sabbia calda, in ginocchio, scrutando l'animaletto poco distante.
"L'ho catturato!"  Mi sorride tutto fiero di se. "Era là, vicino a riva" 
Indica col dito un punto confuso tra mare e sabbia, dove le onde si infrangono morbidamente ritraendosi in uno specchio d'acqua.
"Ne vado a cercare uno anche io"
Mi alzo di scatto, decisa come non mai a darmi da fare, pulendomi rapidamente le gambe con le mani prima di mettermi in marcia per andare a caccia.
"Vengo anche io!"
Il ragazzo si alza, raggiungendomi, lasciando il povero granchio fatto prigioniero libero al suo destino, che non aspetta mezzo secondo prima di fuggire alla ricerca di un nuovo posto sicuro.
Ci avviciniamo appena all'acqua, lasciando che essa ci sfiori i piedi, prima di buttarci in ginocchio ed affrontare gli schizzi dispettosi delle onde.
Rimaniamo così per non so quanto, a gattonare lungo il bagnasciuga e a farci dispetti come due bambini, quando vedo qualcosa muoversi poco lontano da me.
"Rufy" strillo felice gettandomi in avanti "l'ho trovato!"
Dopo vari tastoni alla sabbia umida del fondale, sento sotto al palmo della mano qualcosa di diverso, di più liscio, scivoloso. Lo aggrappo con forza e lo sollevo in un gesto secco, mostrandolo entusiasta al ragazzo di fianco a me.
"Brava Gin! Fa vedere!" 
Lo vedo alzarsi in piedi ed avvicinarsi rapidamente con un sorrisone esagitato, mentre allungo il braccio verso di lui per cedergli la mia povera preda, che viene agguantata in men che non si dica.
"Non è giusto, questo è più grande del mio!" 
Lo vedo imbronciarsi mentre si rigira l'animale tra le mani, il quale muove nervosamente le piccole chele rossastre.
Rido, sollevandomi finalmente in piedi e portandomi le mani ai fianchi in un gesto saccente.
"Beh, ovvio" lo schernisco, aumentando il tono della mia risata nel vedere il viso contrariato del pirata.
"Dammelo, che lo voglio vedere anche io" continuo poi, avvicinandomi di un passo per riprendere il granchio tra le mani, quando vengo distratta da delle voci provenienti oltre la schiena di Rufy.
"Ragazzi, cosa fate?" 
Chopper e Usop si avvicinano a passo di marcia, gesticolando in un esagerato tentativo di attirare la nostra attenzione, mentre il ragazzo al mio fianco si gira di scatto, portando in un rapido gesto l'animaletto in alto per mostrarlo agli altri, o almeno, provandoci. Infatti il suo gesto viene bloccato da un doloroso imprevisto, se non altro, doloroso per me.
Il povero cretaceo, in un disperato tentativo di salvezza ha aperto e chiuso le sue chele durante lo strattonamento, riuscendo ad aggrapparsi in non so quale modo ad una mia ciocca di capelli, che è stata bruscamente tirata di conseguenza. 
"Rufy!" strillo nevroticamente con le lacrime agli occhi, per far cessare il ragazzo di tirare, mentre mi porto le mani alla testa afferrando a mia volta la ciocca.
"Oh, scusa!" 
Appena il ragazzo si volta e vede la critica situazione, oltre a dilungarsi in inutili scuse, molla di scatto il granchio in un vano tentativo di aiutarmi, causandomi però un nuovo dolore. L'animaletto infatti ha fermato la sua caduta aggrappandosi più forte ai capelli, cosicchè, invece di cadere sulla sabbia è rimasto appeso alla ciocca, dandomi un ennesimo strattone.
"Rufy.." mugolo lamentosamente, recuperando l'animale penzolante ai lati della mia testa.
"Ti do una mano!" anche Usop è arrivato sul luogo del delitto, tutto convinto ed armato di buona volontà, guardato però da me con terrore. 
"R-ragazzi, davvero, faccio io" li provo a convincere mollemente, messa subito a tacere da Rufy, deciso a rimediare al suo errore.
Vengo strattonata, tirata, urtata, ma tutto sembra essere vano. Persino Chopper, che ha provato a comunicare col granchio implorandolo di mollarmi, ha fallito miseramente. Così, eterni minuti e mugolii dopo, decidiamo di optare per la più drastica delle soluzioni.
In una sorta di bizzarro corteo avanziamo verso un dormiente Zoro, o meglio, Rufy (che porta imperioso il granchio) avanza trainandomi dietro, neanche fossi al guinzaglio, accompagnato dagli altri due compari.
"Zoro!"
Il ragazzo apre appena l'occhio in risposta alla voce del capitano, scrutando annoiato la scena che gli si presenta davanti. Io gli sorrido imbarazzata, piegata in avanti con le mani a tenere fermi i capelli, tentando di diminuire il dolore dei frequenti strattoni.
"Puoi tagliare, per favore?"
Anche Rufy mostra un sorriso innocente, completando la sua richiesta tutto soddisfatto.
"Il granchio?" Domanda confuso lo spadaccino, passando in rassegna lo sguardo su ognuno di noi.
"Assolutamente no! I capelli!" 
A questo punto, nonostante l'idea di perdere un'intera ciocca non mi aggradi particolarmente, tutto va bene pur di far cessare questa maledetta tortura.
"Tsk" sbuffa il ragazzo dai capelli verdi, portando una mano alla spada al suo fianco, estraendola con calma e con un rapido gesto amputando quella povera ciocca, che si ammoscia tristemente su se stessa, una volta staccata dalla testa.
"Ci manca ancora che debba fare il parrucchiere" Borbotta Zoro, prima di ritirare la katana, ed incrociare le braccia al petto, chiudendo gli occhi per tornare ad estraniarsi dal mondo.
Mi porto rapida le mani alla testa, tastandomi i capelli, in particolare quello stupido ciuffo nettamente più corto degli altri che spunta bizzarramente da un lato.
"Non andrò mai più a caccia di granchi."
Sbuffo innervosita, guardando malissimo il crostaceo tra le mani di Rufy, che appena staccato dalla mia testa ha immediatamente mollato il mazzetto di capelli, lasciandoli spargere a terra, sulla sabbia.
"Su dai, è stato divertente!" 
La risata di Rufy mi distrae dai miei pensieri omicidi riguardo una buona pasta con sugo di granchio, e mi fa concentrare l'attenzione su di lui.
"Divertente?" Ringhio in un modo per niente amichevole "Scappa Rufy, che se ti prendo t'affoggo."
E mentre in un primo momento il sorriso del ragazzo traballa nel vedere la mia espressione nevrotica, subito dopo riprende tutto il suo entusiasmo, scoppiando in una risata rumorosa mentre comincia a correre, tenendosi fermo il cappello di paglia con una mano. E così, a disturbare tutto il resto della ciurma ci pensiamo noi, correndo in mezzo alla gente, tirandogli sabbia contro, urlando come un branco di gabbiani impazziti, Rufy in testa con me alle calcagna, seguita da Usop e Chopper che tentano inutilmente di fermarmi.
Anche lo spadaccino incrina le sue labbra in un sorriso, nello spiare da una fessura dell'occhio la comica scenetta che gli si sta parando davanti.
Nonostante tutto, ammettiamolo, non posso negare che questa sia la migliore giornata al mare che io abbia mai passato. 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 

La giornata in spiaggia è tranquillamente proseguita in un alternarsi di risate e di bagni a mare (per quanto riguarda i non possessori di frutti) durante i quali ho avuto la possibilità di applicarmi in entusiasmanti tuffi grazie all'aiuto di Franky. Ora, ormai in fronte ad uno spettacolare tramonto che si riflette sull'orizzonte marino, ci siamo accampati tutti insieme su dei teli godendo di una deliziosa cena al sacco preparata dal cuoco di bordo, Sanji.

Non posso negare di essere rimasta stupita dall'abbondanza di cibo estratta da quei piccoli cestini, tanta da occupare buona parte di un ennesimo telo da spiaggia messo al centro del nostro improvvisato accampamento.

“Complimenti allo Chef” mugolo con la bocca piena di cibo, puntando felicemente il pollice alzato verso il cuoco. Io, che mi sono sempre definita una persona dai gusti difficili, non sono ancora riuscita a trovare qualcosa di spiacevole tra tutto quel ben di dio che mi si presenta a disposizione.

“I complimenti di una così bella donna sono la migliore paga all'impegno, mia adorata”

Tiro le labbra in un imbarazzato sorriso mentre mi porto il dorso della mano ad asciugarmi una goccia del sugo di contorno che mi sta scivolando lungo la linea del mento.

“Oh signore..” ridacchio svuotando gradualmente le guance piene di delizioso mangiare “Non capisco dove tu mi veda bella, soprattutto ora.”

Le labbra imbrattate di briciole e sugo, che ha raggiunto persino la punta del naso, non mi danno esattamente un'aria regale, anzi, al massimo posso sembrare un bambino alle prese con le prime pappe.

“Non posso che vedere la realtà di quello che sei” il ragazzo si avvicina a me, sporgendosi per prendermi la mano e dedicarsi ad un romantico baciamano galante, incrociando gli occhi coi miei.

Non posso che sentirmi in imbarazzo davanti a tale smanceria, nonostante essa sia completamente ignorata dal resto della ciurma, abituati al curioso comportamento del cuoco, ad eccetto di Zoro che ci guarda con un ghigno fin troppo furbo.

“Ehi, sopracciglia a ricciolo.” mi volto anche io verso lo spadaccino, precedendo di poco il biondo, già pronto a ribattere a tale affermazione del compagno “io ti avevo avvisato.”

Guardo confusa Zoro, mentre realizzo fin troppo lentamente le parole che ho appena udito.

“Cosa vuoi, testa d'alga?” ringhia Sanji, mollando la mia mano per gonfiare il petto contro l'altro ragazzo, come un gallo che difende la propria autorità nel pollaio.

Ghigna il primo, concedendo come risposta un breve cenno della testa ad indicare oltre le nostre spalle.

Un brivido mi scorre rapido lungo la colonna vertebrale appena intuisco il significato delle sue parole, ed una curiosa sensazione di vuoto mi dilaga nello stomaco, contraendolo.

Ogni respiro che compio mi sembra freddo e fin troppo rumoroso, confuso con il battito del mio cuore che rimbomba sempre più forte nelle mie orecchie.

Ho capito ormai chi si trova dietro di me, a pochi passi da me, ma è come se non riuscissi ad accettare la verità dei fatti. Così tante volte ho sognato, immaginato, di poterlo abbracciare ancora, ed ora che è qui non riesco a togliermi dalla mente l'ottenebrante paura che sia ancora solo un'illusione.

Stringo i pugni, mentre mi mordo con forza un labbro imponendomi di non voltarmi, continuando ad osservare con sguardo vacuo gli altri ragazzi della ciurma, ancora inconsci della situazione attuale. Aguzzo l'udito, rimanendo in ascolto anche del più piccolo rumore di un respiro o di passi, ma l'unica cosa che riesco a sentire è il pompare sempre più rapido del sangue nelle mie vene. Nonostante tutto, so che è lì. Una parte di me è sicura della sua presenza, del suo essere realmente qualche metro poco più in là, oltre la mia schiena, ma l'altra parte, quella diventata dubbiosa delle mie certezze dopo il tempo passato a crederci ciecamente, lasciandomi travolgere troppo spesso dall'impeto delle emozioni, resta restia all'idea di girarsi ed assicurarsi che non sia soltanto un altro flebile sogno.

Vedo Rufy sollevare lo sguardo sentendosi i miei occhi pesargli addosso, ma spostarlo subito oltre le mie spalle ed allargarsi in un sorriso felice. Un fremito mi scuote dall'interno mentre la voce di Cappello di Paglia mi rimbomba nelle orecchie.

“Ehy Traffy!”

Il capitano si sbraccia in un eccessivo saluto, masticando malamente le parole a causa della bocca estremamente piena, seguito poi dal più moderato saluto del resto della ciurma verso la medesima persona. Ogni singola voce che pronuncia il suo nome rinnova i brividi sulla mia pelle, causando l'appesantirsi istintivo del morso sulle mie labbra in un tentativo, alquanto vano, di tenere a bada le mie emozioni.

“Che fate lì? Unitevi!”

Brooke sorride, accompagno dalla sua curiosa risata, ed io incentro il mio sguardo sulle sue orbite vuote sforzandomi, per non so quale motivo, di trovarle più interessanti che la voglia di voltarmi di scatto ed abbandonarmi agli istinti. Gli hanno parlato, l'hanno visto, è reale, ed è lì, ma io ancora stento a trovare il coraggio di accertarmene di persona. Ho troppa paura di voltarmi e di vedere l'ennesima persona dalle sembianze anche minimamente simili a lui che ammacchi per l'ennesima volta la speranza che conservo dentro di me di rivederlo ancora.

“Voi andate, io devo prima fare una cosa”

Sento dei passi, e vedo poco dopo passarmi a fianco quelli che dovevano essere Bepo, Shachi e Penguin andarsi a sedere su un telo lasciato libero da Robin, spostatasi a fianco a Nami. Sono della sua ciurma, sono reali, deve esserlo per forza anche lui, ma nonostante tutto non riesco a trovare la forza di girarmi ed affrontare le mie paure.

Eppure questa è la sua voce, la riconosco, me la ricordo bene. Il suo tono profondo e intrigante che mi riempie la testa, come mai ha fatto prima d'ora, mi smuove qualcosa dentro. Fanculo alla paura, fanculo alla prudenza, fanculo a tutto.

Mi volto di scatto, dando ora il viso a ciò a cui prima davo la schiena, mordendomi le labbra con più foga quando vedo lui davanti a me.

Il vero lui.

Il mio lui.

Sento gli occhi gonfiarsi del peso delle emozioni confuse e contrastanti che sto provando, le quali gravano fastidiosamente sul mio condotto lacrimale, suscitando la nascita di timide lacrime che ricaccio indietro prima che mi bagnino la pelle.

Mi alzo, facendo peso sul braccio, senza ascoltare più niente e nessuno, neanche il sorpreso “dove vai?” di Rufy, taciuto malamente dalle ragazze della ciurma, cominciando a camminare verso il Chirurgo della Morte. Avanzo ricoprendo quei pochi pochi metri che ci separano senza neanche accorgermene, ritrovandomi improvvisamente a qualche passo da lui. Mi fermo.

“Ciao”

Lo saluto, non so neanche io perché lo faccio, senza riuscire più a muovere neanche di mezzo centimetro le mie gambe. Mi perdo a fissare i suoi occhi grigi, glaciali, così tanto da quasi non accorgermi delle poche sillabe che mi rivolge, incrinando le labbra sottili in un ghigno cosi sexy.

“Ciao” mi risponde, sollevando appena un angolo della bocca in un accenno di sorriso.

“Mi sei mancato” lo guardo senza riuscire a smettere, quasi impaurita dal fatto che potrebbe sparire tra un battito di ciglia e l'altro. È lì, davanti a me, con le sue mani nelle tasche dei jeans stretti e la felpa morbida a coprirgli il petto, il pizzetto ispido ad incorniciargli il viso ed i capelli spettinati. Ancora mi sembra irreale avercelo davanti.

“Lo so”

Mi risponde col suo tono calcolato, mostrandomi un ghigno furbo mentre mi fissa negli occhi con quel suo sguardo indecifrabile. Accenno una risata in seguito alla sua risposta, per poi mordermi un labbro dolcemente e portare le braccia al petto, incrociandole.

“Ed io, non ti sono mancata?”

A questo punto non riesco a smettere di sorridere mentre siamo li fermi, a pochi passi di distanza, a fissarci negli occhi quasi sospettosi senza avere il coraggio, o forse la voglia, di eliminare lo spazio che ci separa.

“Tsk” sbuffa il ragazzo, senza togliersi il ghigno beffardo dalla faccia, inclinando il viso giusto un po', per osservarmi meglio.

“Ah, bene”

Modifico il tono di voce, scurendolo quel tanto che basta per dare un impressione offesa mentre il mio stomaco non la smette di contrarsi, neanche ci fosse dentro un bufalo impazzito.

“Se le cose stanno così, non hai detto che avevi qualcosa da fare? Buona serata, Trafalgar Law” sollevo un sopracciglio mentre pronuncio la prima parte della frase, osservandolo freddamente, per poi dargli le spalle e cominciare a camminare verso il resto della ciurma, ancora seduti sui teli a ridere e scherzare allegramente.

Riesco a fare appena un passo in quella direzione, prima di sentire un movimento veloce oltre la mia schiena, una presa decisa su una mia spalla che mi induce a voltarmi di colpo, e delle labbra schiantarsi contro le mie. Spalanco gli occhi, sorpresa, per poi chiuderli e sollevare le braccia a cingere il ragazzo di fronte a me, avvicinandomici il più possibile a lui, giusto per il gusto di sentirlo più vicino. Anche lui mi avvolge con le sue, facendo scorrere una mano lungo la schiena per poi farla incastrare tra i miei capelli e premere di più la mia testa contro la sua, approfondendo il bacio.

Si sposta, ci stacchiamo. Io ho ancora il fiato corto, che maschero con brevi ma regolari respiri mentre lo guardo sollevare un lato delle labbra in un sorriso tra il furbo ed il soddisfatto.

“Ora ho fatto, possiamo andare”

Rido, ma anche avesse detto qualsiasi altra cosa l'avrei fatto lo stesso poiché il mio cervello pare essere completamente andato in modalità risparmio energetico, da non farmi desiderare altro che lasciarmi andare e ridere, felice come non ero da un po'.

“Tsk” sbuffo divertita, voltandomi con decisione per tornare a camminare verso i ragazzi “me lo ricordavo meglio, sei fuori allenamento Dottore”

Ghigno, mentre gli do la schiena aumentando il passo per fiondarmi a prendere l'ultimo salatino rimasto sul piattino al centro della combriccola, scambiandomi con Rufy uno sguardo di sfida.

Lo sento accennare una risata, mentre col suo solito passo calmo e calcolato mi segue, raggiungendo i suoi più fidati compagni al fianco del resto della ciurma di Cappello di Paglia.

Ci scambiamo uno sguardo segreto, dai due lati opposti di quella sorta di cerchio formato da teli da spiaggia, che senza bisogno di parole mi causa l'aumentare esponenziale di brividi sulla schiena. Prima avevo mentito, in effetti. Non avevo mai ricevuto un bacio migliore di quello di stasera, e solo il pensiero mi smuove qualcosa di indefinito dello stomaco.

“Era mio il salatino, Gin!” mugola Rufy con la bocca ancora piena, distogliendomi dai miei pensieri.

“Ma se te li sei mangiati tutti tu!” lo riprende Usop, guardando sconsolato il suo piatto vuoto da cui il capitano ha appena rubato gli ultimi pezzi di focaccia, che ora gli riempiono interamente la cavità orale, rendendo quasi indecifrabili le parole che pronuncia.

“La prossima volta ti sbrighi” lo sfotto io, portandomi una mano davanti alla bocca per evitare a tutti la visuale del cibo mezzo masticato e mezzo no, con tono saccente. Rido, vedendo l'espressione afflitta del capitano, che prova a consolarsi tentando di rapire i rimasugli dal piatto di Nami, minacciato immediatamente di morte dalla piratessa stessa.

Guardo ancora di nascosto Law, sorridendo tra me e me, prima di essere richiamata da Chopper con l'intento di chiedermi di passargli l'acqua. Mentre mi perdo a ridere e scherzare col resto della ciurma, a cuor leggero senza più la più minima preoccupazione, mi rendo conto di quanto, realmente, ora io sia felice.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***




La serata sta giungendo al termine, io sono ritornata in possesso dei miei vestiti finalmente asciutti, il cibo è finito da tempo ormai e anche le ultime chiacchiere stanno spegnendosi accompagnate da diffusi sbadigli. Zoro già dorme, coricatosi lì dove prima era seduto, mentre Rufy sta lentamente acquietando il suo entusiasmo incessante. Io che scambio ancora qualche parola con Penguin e Shachi, tutti e tre sullo stesso telo, con le gambe incrociate da talmente tanto tempo che quasi non si sentono più.

"Credo sia ora di andare.." Robin sorride materna, sollevandosi in piedi con calma per poi posare gli occhi sul resto della ciurma, attirando gli sguardi assonnati dei ragazzi.

"Certo, mia amata!" Sanji si alza raggiungendola in men che non si dica, seguito poi dagli altri ad eccezione dello spadaccino, che ancora se ne sta beato tra le braccia di Morfeo. Sospiro, osservando i ragazzi che si radunano poco più in là, salutando nella mia mente questa bellissima serata ormai finita.

"Beh, mi sa che è ora" mi volto di nuovo verso i due ragazzi davanti ai quali sono seduta, facendo leva sul braccio per districare le gambe poco coscienti ed alzarmi, salutandoli con una sorta di inchino mal venuto, suscitando così la loro ilarità. Mi congedo allora con un saluto, girandomi per cominciare a camminare in direzione di Zoro, l'unico ancora disteso sul telo. 

Mi viene da sorridere nel vedere l'espressione calma e pacifica dipinta sul suo viso, mentre mi abbasso al suo fianco per scuoterlo leggermente, risvegliandolo contro la sua volontà in un sottofondo di borbottii infastiditi.

"Ginevra." la voce di Law risuona poco più in là, facendo assomigliare il mio nome più ad un ordine, che a una richiesta di voltarmi. Mi giro verso di lui, con un sorrisetto divertito dipinto sul viso.

"Non mi sono dimenticata di te, tranquillo" ghigno felicemente, portandomi le mani ai fianchi con un'aria spavalda.

"Vieni con me" 

Le sue parole mi spiazzano. Avevo certamente preso in considerazione che sarei potuta andare con lui, una volta ritrovatoci, ma ora l'idea di dover scegliere tra lui e loro mi spaventa. Lo guardo, e per un attimo non ho parole. Non voglio rinunciare a nessuno di loro, non ancora per lo meno.

"Servono tre giorni per memorizzare la posizione di quest'isola, quindi vedete di non fare casini" l'ammonimento di Nami verso i suoi compagni mi arriva chiaro alle orecchie, insieme alla netta sensazione che non sia stato detto a caso. Un po' per il tono così casualmente alto che ha usato, e un po' per il sorriso furbo che mi ha rivolto quando mi sono girata verso di lei, forse.

 Il nodo che avevo in gola si scioglie, mi rilasso, distendo i muscoli che avevo prima involontariamente irrigidito, liberando un sorriso soddisfatto.

"Ci sto" mi rivolgo a Law con un'espressione divertita sul viso, cominciando a camminare verso di lui, per poi però fermarmi e voltarmi indietro.

"A domani, allora!" saluto i Mugiwara felicemente con un rapido gesto della mano, girandomi poi nuovamente e coprire velocemente i pochi tratti di spiaggia che mi separando dai pirati Heart. 

"Allora, dove è il sottomarino?"

Un curioso luccichio dei miei occhi indica l'impazienza di vedere quel famoso mezzo subacqueo giallo e di incontrare il resto della sua ciurma, assetata di conoscenza verso tutto ciò che riguarda Trafalgar Law.

"Andate, noi vi raggiungiamo" impone l'ordine ai suoi uomini, lui, ignorando bellamente la mia domanda. Sollevo un sopracciglio infastidita incrociando le braccia al petto, dopo aver salutato controvoglia i ragazzi che ubbidivano all'ordine del loro capitano.

"Perché noi no?" chiedo con una punta di stizza nella voce, guardando la schiene degli altri allontanarsi. 

"Perché no" risponde piccato, come suo solito, per poi cominciare a camminare verso di me e superarmi come neanche fossi stata lì, addentrandosi nella folta boscaglia. "Seguimi".

Prendo un respiro profondo, lavorando sulla mia pazienza e sull'autocontrollo, imponendomi di abituarmi fin da subito ai suoi modi di fare enigmatici e secchi che mi ero quasi dimenticata quanto fossero irritanti, per poi ruotare su me stessa e cominciare a seguirlo.

"Hai intenzione di dirmi dove andiamo?" ringhio infilando le mani nelle tasche dei pantaloni, fissando nervosamente la sua schiena. Lui non risponde, ed io continuo a fissarlo, sperando di infastidirlo in qualche modo. Lo sguardo che scivola dal suo cappello al suo collo, dalle spalle alla schiena, dalla schiena al sedere. Non capisco come, ma il fastidio che mi stava crescendo dentro è andato via via scemando, lasciando posto ad un altra sensazione. Non pacifica, naturalmente, ma neanche rabbiosa. Diciamo che è più facile descriverla come una specie di voglia di mandare a fanculo tutto, compresa questa inutile passeggiata nella boscaglia, e di prendermi qualcuno di quei baci che non ho potuto avere nei due anni passati. O anche qualcosa di meglio, magari.

"No" risponde lui, lanciandomi un fugace sguardo con la coda dell'occhio, tornando poi a fissare dritto davanti a sè. 

"Cos.. Ah. Benissimo." mi riprendo dal momentaneo stato di trans in cui ero finita, divagando così tanto con la mente da essermi dimenticata persino della domanda che gli avevo precedentemente fatto, riacquistando la mia espressione imbronciata.

Aumento il passo per arrivargli a fianco, per poi tornare ad un andatura normale una volta vicina a lui. Continuiamo così, senza scambiarci una parole ma solo poche, fugaci, occhiate l'un l'altra, fino a quando gli alberi non cominciano a diradarsi, lasciando intravedere un piccolo paesino abitato. Case, stradine, qualche lampione che illumina le piccole vie buie.

"Oh, non pensavo.." rimango sorpresa dal vedere quelle abitazioni, così simili ai disegni dei manga, nascoste qua nell'entroterra da quell'anello di alberi così fitti da non lasciar immaginare la presenza di tale, piccolo, sprazzo di vita civile. Socchiudo le labbra, soffermandomi con gli occhi su ogni particolare, ingorda di non lasciarmi sfuggire neanche il minimo dettaglio fino a quando non sento un lieve sbuffo divertito al mio fianco, proveniente dal ragazzo che ora mi sta fissando con un sorrisetto furbo.

"Che vuoi?" ridacchio imbarazzata, ricomponendomi e passandomi una mano tra i capelli, in un vano tentativo di domare il ciuffetto dispettoso che continua a solleticarmi la guancia. 

"Niente" sofferma ancora un po' lo sguardo su di me, per poi alzare la mano verso il paesino indicandomi quello che sembra essere un locale, con la piccola insegna in legno piuttosto sgangherata. "È la che stiamo andando."

Sollevo un sopracciglio.

"Là?" guardo prima il locale, poi lui, poi di nuovo il locale. Scrollo le spalle. "E va bene, che là sia."

Dopo pochi passi ci troviamo già seduti al bancone, con davanti un bicchiere di qualcosa che sinceramente non ho idea di cosa sia. Lo sollevo, lo esamino, e poi lo annuso. L'odore pungente che mi pizzica le narici mi fa spostare indietro la testa di scatto, con un tremendo prurito al naso.

"Ma che diamine è?" borbotto più al bicchiere che al ragazzo, per poi prendere coraggio e mandarne giù un bel sorso, che dopo il bruciore iniziale lungo la gola, non sembra essere così male. Faccio passare la lingua sulle labbra, soddisfatta, sollevando lo sguardo verso Law ed incrociando i miei occhi coi suoi.

"Allora? Perché non siamo andati con loro?" lo scruto indagatoria, mentre mi porto nuovamente il bicchiere alla bocca distrattamente, rifacendo la stessa domanda di prima, nella speranza di un esito diverso.

"Parlare" risponde solamente, imitando il mio gesto con naturalezza.

"E di cosa?" Non stacco lo sguardo da lui, inclinando appena la testa in un moto di curiosità, soddisfatto già della scarna risposta che ho ottenuto. 

"Sono passati due anni per te, vorrei sapere cosa è successo nel mentre." 

Sospiro, prendendo ancora un sorso di quella cosa che sta cominciando a piacermi, per poi schiarirmi la voce e cominciare il fantastico racconto della mia vita.

"Un po' di tutto, un po' di niente" comincio ripensando alle giornate tremende dei primi tempi dopo la loro partenza, che andavano piano piano a migliorarsi col tempo. "Ho conosciuto persone, amici, mi sono diplomata, vivo da sola.. beh, in realtà ho una coinquilina ma non importa, ho avuto una storiella con un tizio, e.. ah! È morto il gatto." concludo seccamente, buttando giù l'ultimo sorso rimasto nel bicchiere. "E tu?"

Sposto di nuovo lo sguardo su di lui, notandolo improvvisamente serio, gli occhi che piantati sulla mia faccia con un'espressione indecifrabile. Sollevo un sopracciglio in modo interrogativo, squadrandolo con aria confusa.

"Tutto a posto?" chiedo sporgendomi verso di lui posando, quasi casualmente, una mano sulla sua gamba, causando così l'immediata contrazione dei suoi muscoli.

"Quando è stata?" aggrotto le sopracciglia provando a capire il significato delle sue parole, inutilmente. 

"Cosa?" chiedo io piuttosto confusa, nonostante il barlume di un'idea che sta cominciando a farsi strada nella mia mente.

"La storia" la voce così bassa che assomiglia quasi più ad un ringhio, suscita in me l'incontrollabile, e assolutamente inadatta, voglia di ridere. Di quello che ho detto l'unica cosa che sembra aver capito è che ho avuto una storia, se così là si può chiamare, con un tizio. Storia che, oltretutto, è finita ancora prima di cominciare. 

"Tempo fa" sorrido divertita guardando la sua espressione sempre più seria "e non ha portato a niente, così come niente è successo. Era solo un tentativo di togliermi dalla mente il grande Trafalgar Law." continuo ridendo, sottolineando le ultime parole con un movimento maestoso delle mani, giusto per prenderlo in giro un po'. Lo sento sbuffare infastidito, nascondendo la reale tranquillità che invece gli ha infuso ciò che ho detto.

Lo vedo spostare gli occhi su di me, in uno sguardo del tutto differente da quello che mi aveva rivolto prima. "Possiamo andare, ora" 

Sorrido nel sentire la sua richiesta, e mi alzo svelta dallo scomodo sgabello su cui sono seduta.

"Agli ordini capitano!" ridacchio, cominciando a camminare verso l'uscita mentre il ragazzo lascia cadere alcune monete sul bancone, sotto lo sguardo attento dell'oste.

In appena pochi passi siamo fuori, e l'aria frizzante mi punzecchia il viso. Sollevo la testa a guardare la notte stellata mentre continuo a camminare, perdendomi nei luccichii delle stelle fino a quando esse non scompaiono oltre la fitta coltre di foglie. E fino a quando non sento delle mani stringermi la vita e delle labbra appoggiarsi al mio collo.

"Cos..?" la voce mi si spezza in gola soffocata da un gemito basso quando lui fa scorrere la sua mano su di me, infilandola sotto la maglia fino a sfiorare il ferretto del reggiseno. Sento il suo petto contro la mia schiena e il suo respiro sulla pelle. Il pizzetto curato che mi solletica il collo mentre con morsi leggeri scivola verso la clavicola, in una lenta ed eccitante tortura.

"Che fai.." sussurro ad occhi chiusi completamente in sua balia, mentre una mano supera anche l'ostacolo del reggiseno cominciando a massaggiare al di sotto di esso, e l'altra scivola dentro i pantaloni, oltre gli slip, con impazienza e lentezza allo stesso tempo, sconvolgendo le mie sensazioni, avvolti nell'oscurità protettiva della boscaglia.

Improvvisamente si ritrae, afferrandomi per i fianchi e girandomi di scatto. Spalanco gli occhi, con lo sguardo fisso nel suo. Ghigna, mi spinge indietro fino a quando non sento della corteccia contro la mia schiena ed io sussulto.

"Mi sei mancata anche tu" 

Le ultime parole, prima di soffocare il mio sorriso in un bacio quasi violento e di sfilarmi la maglia in un gesto secco.

 

 

 

NOTA AUTRICE

Scusato l'immenso ritardo, ma avevo bisogno di una pausa da One Piece per mettere a posto le idee e ricominciare a scrivere qualcosa di decente (o almeno spero). Ringrazio chi ha avuto ancora voglia di leggere questa storia, nonostante tutto.

Alla prossima :)

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8


"Interessante" una leggera risata roca scivola fuori dalle mie labbra mentre mi infilo nuovamente i pantaloni, abbandonati per un tempo indefinito sul terreno. Sollevo lo sguardo su di lui dopo aver tirato tirato la zip ed allacciato il piccolo bottoncino, con un sorriso furbo dipinto sulle labbra. 
"Sai" riprendo a parlare mentre mi chino a recuperare la maglia, l'unico indumento ancora assente "non mi aspettavo fosse così.. intenso."
Ripenso alle sensazioni che mi hanno travolta nel durante, neanche paragonabili a quelle dei preliminari che già avevo conosciuto. Lui contro di me, la mia schiena contro l'albero ed il mio seno contro il suo petto, le sue labbra sul mio collo, il suo respiro che si faceva man mano più rapido e pesante, una mano contro il tronco dell'albero per sostenersi e una al mio sedere, a reggere la mia gamba avvinghiata al suo bacino. Il dolore dei primi colpi trasformatosi poi in piacere, un piacere forte e avvolgente, inebriante quanto il più intenso dei vini. L'attenzione all'inizio a non farmi male, dolore che mai gli avrei fatto capire di star provando, troppo orgogliosa per mostrarmi fragile, trasformatasi poi in coinvolgimento puro, piacere e passione. 
Sento uno sbuffo provenire poco lontano da me, divertito e furbo, mentre sollevo la testa nella sua direzione appena in tempo per perdermi nei suoi addominali, tesi nell'atto di infilarsi nuovamente la t-shirt nera. Mi mordo un labbro mentre arriccio appena le labbra in un sorriso leggero, lasciando trasparire un po' di quella felicità segretamente custodita dentro di me. Felicità combattuta però, devo dire.
L'esaltazione del momento, dell'essere stata fra le sue braccia e dell'essere stati uniti, si confonde con una paura strana, primordiale. I legami mi spaventano, alla fine. E anche i sentimenti lo fanno. Quello che provo per lui, così poco razionale e troppo intenso, scorre dentro di me in un miscuglio di adrenalina e paura. Non riesco a controllarlo, non riesco a controllarmi, quello che provo va semplice te oltre la mia comprensione, e questo mi spaventa. 
Così sono qua, a guardarlo con questo sorriso traballante, ostentando sicurezza con le parole giusto per non permettergli di vedere quella parte impaurita ed insicura che si cela dentro me, travolta da un oceano di sensazioni. E poi parla, e la sua voce mi scuote dai miei pensieri catapultandomi di nuovo nella realtà attuale con un brivido che mi scivola freddo lungo la schiena.
"Sai cosa è interessante, invece?" mi domanda sollevando un lato della bocca in un ghigno divertito, avvicinandosi a me con passi lenti. Mi sento come se avessi paura, mi sento come se la scelta migliore (o forse la più facile) fosse scappare, negando a me stessa l'intensità dei sentimenti che provo, tutelandomi dalla sofferenza che potrebbero portarmi. Eppure rimango ferma, come se fosse più forte di me, come se all'improvviso, dopo che la sua voce mi ha strappata dai miei assurdi pensieri, non ci fosse più bisogno di essere spaventata. Ferma mentre lui si avvicina a me e mi appoggia le mani sulle spalle con delicatezza, mentre mi gira e abbassa lo scollo posteriore della maglia mettendo in mostra la mia spalla nuda, mentre fa passare le sue dita sottili sulla mia pelle macchiata d'inchiostro nero causandomi una scarica di piccoli brividi freddi. 
"Questo è interessante" continua lui, mentre io chiudo gli occhi al tono basso della sua voce, lasciando scivolare fuori dalle mie labbra un respiro pesante, ricolmo di tutte le ansie che avevano invaso la mia testa. 
"È perché dovrebbe?" sollevo gli angoli della bocca mentre inclino la testa all'indietro appoggiandomi al suo viso, la sua barba ruvida contro la guancia. Il suo profumo che mi riempie le narici rende futile e inadatto ogni pensiero, facendomi semplicemente desiderare che questo momento duri per l'eternità.
"Mi sembrava di ricordare che avevi paura ti facesse male, o sbaglio?" sento il suo ghigno contro la mia pelle, mentre il movimento delle sue labbra accarezza il mio viso. Arretro di quel mezzo passo necessario per appoggiare la mia schiena al suo petto, sollevando le braccia per far passare le mani dietro la sua testa ed infilare le dita fra i suoi capelli scompigliati.
"Sbagli, assolutamente sbagli." sussurro, inclinando la testa all'indietro, lasciando che un sorriso dispettoso mi si dipinga sul viso. Lo sappiamo entrambi che sto mentendo, e mentre mi libero in una risata leggera ruoto su me stessa ritrovandomi di fronte a lui, gli occhi di uno incastrati in quelli dell'altra.
"E poi mica l'ho fatto per te, lo trovavo semplicemente un bel disegno" sbuffo, tirando le labbra in una smorfia saccente, portando in alto il naso.
Sento la sua risata roca soffondersi nell'aria e poi le sue mani staccarsi da me. Sollevo un sopracciglio indispettita, alterata dalla sua decisione di mollarmi da quella sorta di stretta, guardarmi ancora una volta, mettersi le mani in tasca e cominciare a camminare tranquillamente verso la coltre delle piante. Apro la bocca pronta ad urlargli dietro qualcosa, qualche insulto magari, per il suo mancato romanticismo, quando serro nuovamente le labbra, rimanendo per qualche secondo ferma con un'espressione stupida dipinta sul viso fino a quando un'angolo della mia bocca si solleva in un sorrisetto divertito. 
Se le cose saranno sempre così, credo che questa assurda ed impossibile relazione non sarà poi così male.




ANGOLO AUTRICE
 
Eccomi qua! Vi ho lasciato un capitolo piuttosto corto, nonostante la pausa abbastanza lunga fra il precedente e questo, ma spero possa piacervi lo stesso! Volevo dedicare un capitolo solo a questo momento fra loro due, una sorta di omaggio al loro rincontro.
Grazie per aver letto, e buona giornata a tutti :)

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Lo raggiungo accelerando il passo quel tanto che basta per arrivargli al fianco. Mi guardo intorno, la boscaglia si dirama e i primi granelli di sabbia macchiano il terreno scuro ad indicarci la sempre più vicina spiaggia. La luce fioca della luna scivola fra le foglie delle piante, e il chiarore spettrale delle stelle spacca il nero della notte sopra alle nostre teste. Il suo profumo, il suo respiro, la sua sola presenza al mio fianco mi sembrano ancora irreali. Lo stomaco leggero come una piuma è la tangente prova che però, almeno questa volta, non è tutto nella mia testa.
“Law” lo chiamo per il suo nome, continuando a camminare con lo sguardo fisso davanti a me. Fra la vegetazione sempre meno fitta si intravede il mare, le sue acque scure che si muovono calme infrangendosi sulla riva. L’odore salmastro, il rumore delle onde.
Il ragazzo inarca solamente un sopracciglio, voltandosi verso di me in attesa di qualcosa. Qualcosa che in realtà non c’è. Non ho niente da dirgli, volevo solo che il suo nome uscisse dalle mie labbra un’altra volta, volevo accontentare la mia testa che, in fondo, ancora non era certa lui fosse lì. Mi giro verso di lui, i nostri sguardi si incrociano. Mi fermo, si ferma anche lui. Nella sua impassibilità una nota di confusione macchia i bei lineamenti. Non capisce cosa voglio, e forse non lo so neanche io. Un passo in avanti, quel tanto che basta per essere a pochi centimetri da lui. Porto la mano aperta al suo petto, il battito calmo del suo cuore sotto alle mie dita. Stringo il pugno afferrando il tessuto leggero della sua maglia e mi avvicino ancora di più. I visi a pochi centimetri l’uno dall’altro, il suo respiro caldo sulla mia pelle. Un brivido lungo la schiena, le gambe per un istante molli mentre sostengo il suo sguardo di ghiaccio contro al mio. Chiudo gli occhi. Attraverso quell’invisibile barriera che ancora ci tiene separati e appoggio le labbra sulle sue. Un bacio dolce, come mai era stato dato. Nessun bisogno, nessuna necessità. Accarezzo le sue labbra con le mie mentre sollevo l’altra mano verso la sua testa, infilo le dita fra i capelli e stringo appena alcune ciocche mentre mi premo un poco di più contro di lui.
Mi allontano. Apro gli occhi. Sorrido.
“Quindi?”  la sua voce roca soffiata fuori dalle labbra piegate in un sorriso provocante.
“Quindi niente” affermo io, sollevando autoritariamente il mento “Mi andava di farlo”.
Sorrido fiera e ritorno sui miei passi camminando nuovamente verso la spiaggia, precedendo, almeno questa volta, il capitano dei pirati Hearts.
 
 
“Beh, credo ti saluterò ora”. Mi fermo al centro della spiaggia, alle mie spalle la nave dei Mugiwara e lui in fronte a me. Mi guarda scettico, le mani tatuate affondate nelle tasche dei jeans.
“Puoi venire con me, se lo vuoi” il suo sguardo fisso contro il mio, la sua proposta, così invitante, che cela un mare di possibilità. Andare con lui, dove? Per quanto tempo? Solo per questa notte, giusto per sentire di nuovo l’ebrezza delle sue braccia calde contro al mio corpo e addormentarmi cullata dal suo respiro, o per sempre, per navigare al suo fianco e vedere nuovi mondi coi miei occhi? La mia mente si affolla di immagini, di idee, di sogni. Ma quel per sempre, forse, non mi sarà mai concesso.
“Non stanotte” gli sorrido facendo un passo verso di lui, ma fermandomi appena compiuto. Giusto un metro o poco più che ci separa, e l’aria frizzantina che ci scivola fra i capelli. “Ci vediamo domani mattina, sia mai che a stare troppo insieme poi ti stufi di me” una risata leggera che rompe la calma della notte, la mia. Sbuffa lui, divertito dall’inezia delle mie parole.
Anche se non mi fosse concesso il per sempre, voglio comunque anelare a raggiungerlo. Andrò con lui quando sarà il momento della separazione, e per questo voglio passare ogni momento possibile con Cappello di Paglia ed i suoi.
“Alla prossima, Capitano!” mi porto la mano alla fronte come un perfetto militare, e giro sui tacchi senza concedergli alcuna possibilità di ribattere. Corro via, un passo dopo l’altro, fino alla nave, e lì ci salgo senza voltarmi indietro. Intanto lo so, questa volta, che quando domani mi risveglierò lui sarà lì. Una sensazione di sollievo si fa largo nel mio stomaco, e sorrido da sola mentre cerco la mia camera fra le stanze della Sunny. Impresa che, a mio discapito, non è poi così facile.
 
 
L’aria salmastra che penetra dalla finestra accompagna il mio risveglio. Allungo le gambe contro il materasso soffice del letto ed inarco la schiena come una gatta, per sentire il rumore sordo delle ossa che scrocchiano. Quella piacevole sensazione di benessere che avvolge le membra appena sveglia mi pervade i muscoli, e mi lascio ricadere sulle lenzuola. Uno sbadiglio ed un colpo di addome e sono seduta a guardarmi intorno, rilassata. Ruoto il busto, lasciando che le gambe abbandonino il comodo appoggio per penzolare a lato del letto, sfiorando il pavimento fresco della stanza. Faccio leva sulle braccia, mi alzo, e con due lenti passi mi avvicino all’oblò. Il mare limpido che si muove calmo, il sole alto nel cielo, e la calda sensazione di una giornata estiva che passa oltre il vetro. È tutto così incredibilmente giusto, ora.
Torno indietro, allontanandomi dalla piccola finestra circolare, e agguanto una maxi maglia che mi doveva essere stata lasciata in stanza la sera prima, probabilmente appartenente ad uno degli uomini della ciurma. Indosso il costume e poi quell’indumento soltanto, che si affloscia sul mio corpo, scoprendo completamente una spalla. Sicuramente tutto molto più comodo dei vestiti del giorno prima, e molto più adatto per dover passare una tranquilla giornata sulle spiagge di quel paradiso tropicale.
Esco dalla mia stanza a piedi nudi, lo smalto nero sulle unghie ancora perfettamente in ordine nonostante la sua non troppo recente applicazione. Quello delle mani invece martoriato dall’acqua di mare e dal mio violento stress pre-esame; poco importa, farò il possibile per aggiustarlo appena ne troverò uno.
Imbocco la strada per arrivare al ponte scoperto, dove probabilmente alcuni della ciurma si stanno rilassando fra una chiacchiera e l’altra. Appena esco la luce del sole mi investe ed i miei occhi faticano ad abituarsi alla nuova luminosità. Mi porto una mano al viso per ripararli, e da sotto la sua infima ombra metto a fuoco le poche persone che ancora si trovano lì: Nami, appoggiata ad un bordo del parapetto con una mappa fra le mani, intenta a segnare chissà cosa su di essa, Usop a chiacchierare amabilmente con Chopper seduti in un ritaglio di ombra, che appena si accorgono di me alzano la mano con foga in un allegro saluto e Sanji, che vedo arrivare appena in tempo per balzare indietro, evitando il suo inquietante inchino di fronte a me. Spalanco gli occhi, impreparata, quando lo vedo inginocchiarsi con eleganza e afferrarmi la mano delicatamente.
“Mia regina, mi auguro tu abbia dormito splendidamente stanotte!” esclama sorridente, puntando gli occhi contro i miei “Come posso migliorare il tuo risveglio portandoti qualcosa da mangiare, o da bere magari?”. Compio un traballante passo indietro, ancora decisamente interdetta e balbetto un incerto “Ma.. veramente..” ancora troppo perplessa per reagire in qualsivoglia altra maniera.
“Oh, non importa Luce mia, faccio io! Ti preparerò una colazione degna della tua bellezza!” continua imperterrito con la foga di un amante impazzito, e prima che io riesca a realizzare davvero quanto successo sparisce dalla mia vista, alle volte della cucina.
Spalanco gli occhi confusa mentre fisso ancora incerta davanti a me. Spiazzata dalla sua reazione, ancora troppo poco sveglia per razionalizzare una risposta sufficientemente aggressiva, prendo un respiro profondo e torno a camminare in direzione della bella navigatrice.
Sorrido avvicinandomi a lei e mi appoggio al parapetto poco distante, abbastanza per non ostacolare il suo lavoro e per riuscire a vedere, al contempo, il suo operato. Lo splendido disegno di quella che apparentemente potrebbe essere la mappa dell’isola, tracciato da una mano sicura e una linea purissima, è contornato da scritte e simboli probabilmente utili per la navigazione o una successiva spedizione ricognitiva al suo interno.
“È davvero bellissima” dico, rivolta più alla carta che a lei, mentre sorride fiera fissando l’inchiostro nero.
“Già, è venuta particolarmente bene in effetti”. Non rispondo più, rimaniamo entrambe a contemplare l’immagine sotto ai nostri occhi finché qualcosa di particolare non attira la mia attenzione.  L’orso polare di Law avanza, terribilmente accaldato, sulla spiaggia. Sorrido, conscia di ciò che tale visione significhi. Poco più in là, infatti, gli altri membri della ciurma dei pirati Hearts, con tanto di capitano al seguito, camminano verso il punto della spiaggia in cui si trovano Rufy e Zoro, appena sbucati dalla vegetazione con un enorme animale morto sulle spalle. Un momento di ribrezzo mi permea le viscere a guardare gli occhi vitrei di quella sorta di bufalo malamente trascinato dai due. Lo ricaccio in gola deglutendo pesantemente, spostando lo sguardo sulla camminata calma di Law. Qualcosa mi si muove dentro, e senza rendermene conto comincio a camminare, un passo dopo l’altro scendo dalla nave, e realizzo appieno ciò che sto facendo solo quando la sensazione calda, anzi, ustionante, della sabbia mi aggredisce le piante dei piedi. Salto come una molla imprecando, mentre attiro l’attenzione dei ragazzi su di me. Troppo concentrata sul dolore per accorgermi di ogni altra cosa, mi riaggrappo alla scaletta della nave come un piccolo koala spaventato. La risata di Zoro arriva limpida alle mie orecchie, e mi giro per rispondergli a tono quando vengo preceduta da qualcun altro nel farlo. Già, il mio già discutibile onore di pulzella in pericolo non viene difeso dal mio tatuato cavaliere, bensì dal cuoco dei Mugiwara, che, abbandonato il vassoio ricolmo di ogni ben di dio predisposto per la mia sontuosa colazione, si butta a precipizio per salvarmi dal temibile nemico. Quando lo vedo arrivare, o meglio, balzare direttamente giù dalla nave, mi stringo ancora di più al mio rifugio sicuro, cominciando a balbettare un impaurito “no, nonono..”. Persa ormai ogni capacità di rispondere per le rime a quel cuoco da strapazzo (si, l’influenza di Zoro su di me è ormai ben tangibile), mi rimane solo una primordiale paura nei suoi confronti, non sapendo più come comportarmi per farlo smettere.
Si avvicina rapidamente sotto al mio sguardo terrorizzato ed un iniziale sconcerto da parte del capitano degli Hearts, e mentre mescola sapientemente imprecazioni di svariato genere verso il marimo e ammalianti complimenti nei miei confronti, mi avvolge con le braccia portandomi con un gesto esperto addosso a lui. Rimango lì, rannicchiata e spaesata con gli occhi spalancati, mentre mi spingo il più possibile (per quanto lo permetta la mia discutibile postazione) lontana da lui. Rassegnata all’inutilità delle minacce o qualsivoglia altra iterazione nei suoi confronti, mi rassegno all’inesorabile destino.
“Sanji” soffio fuori dalle labbra, provando a sembrare meno indispettita di quanto lo sono in realtà “puoi cortesemente mettermi giù?”
Lo sguardo sognante del ragazzo torna immediatamente su di me, distratto per un attimo dall’ennesimo insulto dello spadaccino.
 “Mia principessa, il mio cuore non può sopportare la visione della tua sofferenza” mugola servile.
Mi porto una mano alla fronte grattandola nervosamente, sentendo fisso contro la schiena del cuoco lo sguardo di un pirata di mia intima conoscenza, piuttosto irritato, nascosto dalla mia visuale dal busto del biondo ragazzo.
“Oh, non ti preoccupare, diamine” sbotto un po’ meno tranquilla, mentre mi agito per slanciare le gambe giù dalla sua presa. Prontamente mi libera, sostenendomi nella discesa fino a quando sento i piedi poggiarsi nuovamente a terra.
“Ti ringrazio” tiro le labbra in un sorriso mansueto, mentre mi accingo a superarlo diretta verso lidi assai più interessanti. Incrocio lo sguardo col mio dottore, che solleva un sopracciglio in quello che, per qualunque essere umano al di fuori di lui, si sarebbe potuto definire un moto di stizza.
Alzo una mano per salutarlo, mentre passo dopo passo avanzo verso di lui. Tutto sembra così perfetto: lui, la spiaggia bianca, il rumore delle onde, l’aria solleticante sulla pelle. Tutto perfetto, salvo il terribile impatto facciale con il terreno ustionante, i miei mugolii sofferenti, la sabbia in bocca, ed un terribile male diffuso ormai in tutte le membra. Appena mi riprendo dallo shock, ancora scossa e sofferente, mi giro verso la causa di tale accaduto con parole irripetibili sulle labbra. Rufy, sconquassato pure lui, mi stava sdraiato a peso morto sulla schiena, completamente disinteressato all’accaduto, ma particolarmente preso per l’essere riuscito ad individuare a distanza il dannato granchio del giorno precedente, sicuro che questa volta non l’avrebbe proprio passata liscia. E giusto un secondo dopo questa rapida ed esaustiva spiegazione, un urlo di guerra “Ri-eccolo!” mi trapassa i timpani da parte a parte, accompagnato da una violenta ginocchiata sul costato nel furioso tentativo di rimettersi in piedi il prima possibile e ridarsi alla caccia sfrenata. Le mille colorite sfumature di imprecazioni che mi aleggiano nella mente non riescono fortunatamente ad uscire dalla mia bocca, pervasa dal respiro strozzato che l’ennesimo colpo mi ha causato e da quel mezzo quintale di sabbia che avevo tristemente ingerito dopo questa dolorosa scenetta.
Arrancando sul terreno mi rialzo, lentamente, richiamando alla testa quel poco o niente di concentrazione spirituale che so, provando a rilassarmi. Mi scrollo dalla maglia la sabbia e la risistemo con alcuni strattoni ai bordi, cercando di ridarmi un contegno.
“Non credo sopravvivrai a lungo, così” un sorrisetto ironico splendidamente stampato sulle labbra di Law, mentre non fa assolutamente niente per aiutarmi. È il mio turno, questa volta, di inarcare un sopracciglio.
Sbuffo, camminando verso di lui e superandolo senza degnarlo di uno sguardo, diretta verso il mio improvvisamente nuovo obiettivo: Bepo, seduto tranquillamente contro una pianta poco distante. Alcuni passi dopo, conscia di avere ancora lo sguardo (indispettito, magari?) del capitano addosso, mi giro quel tanto che basta per puntare lo sguardo sul suo viso.
“Se continui a guardarmi il culo così, me lo sciupi” affermo divertita, un angolo della bocca inarcato in un sorriso provocante, prima di girarmi e corricchiare verso lo splendido orso polare.
Sono quasi certa di colto completamente alla sprovvista il suo capitano, per almeno un secondo.
Che le danze abbiano inizio.
 
​SPAZIO AUTRICE
​Buondì,
​a distanza di un'imperdonabile quantità di tempo, pubblico il capitolo successivo. 
​Dubito ci sarà ancora qualcuno disposto a leggere questa pazzia, ma in caso ci fosse lo ringrazio immensamente. 
​Non posso assicurare la regolare pubblicazione di capitoli, in quanto questo stesso è stato scritto in un momento di illuminazione improvvisa, dettata da non so cosa, ma proverò, almeno, a dare una fine a questa storia prima o poi.
Chiedo umilmente il perdono dei poveri santi che mi hanno seguita fino a qui,
​con un mondo di affetto, alla prossima!

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