The voices in my head

di LittleDarkAngel
(/viewuser.php?uid=888063)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Era buio. Non vedeva nulla attorno a lei . Aveva paura. Gridava aiuto ma nessuno rispondeva, solamente l'eco della sua voce risuonava attorno a lei. Allungava la mano ma invano. Nessuno che la afferrasse. L'ansia cresceva così come il suono delle sue urla che aumentavano mano a mano che avanzava e agitava le braccia; le lacrime scendevano, il suo corpo tremava...

Continuò per diversi minuti a correre senza andare da nessuna parte, aveva la sensazione di rimanere ferma quindi si arrese buttandosi giù e accovacciandosi rimettendosi a piangere. Una folata di vento la assalí all'improvviso. Non sentiva freddo. " Strano " pensò.

Aprí gli occhi e si alzò di scatto guardandosi attorno confusa cercando di mettere a fuoco. Il battito era accelerato e il respiro affannato quando riuscì a mettere a fuoco.

 Tirò un sospiro di sollievo. Aveva avuto uno dei soliti incubi. Questa volta sentì freddo e notò che la finestra era rimasta aperta. Alzò gli occhi al cielo e si diresse a chiuderla.

Si sedette sul letto, ormai era già diverso tempo che faceva dei sogni simili. " Perché ?.. " continuava a domandarsi... Ma non riusciva a trovare risposta a tale domanda. Si sdraió sul letto e richiuse lentamente gli occhi, "sperando in un domani migliore" pensò.

Quando riaprí gli occhi si voltò verso l'orologio della sveglia ; segnava le 09 : 15, così decise di alzarsi. Si diresse in cucina ma i genitori erano via. Rimase lì ferma per qualche istante e poi tornò in camera. In seguito andò in bagno, si fece una doccia, si cambiò ed uscì di casa.

Fuori c'era molta nebbia e faceva freddo. Ma a Jenny non importava; a lei piaceva quel clima.

Intraprese la strada che portava verso il parco per la sua solita passeggiata. Le piaceva camminare e liberare la mente da tutti i pensieri che la opprimevano. Jenny era solita tenersi tutto dentro. Ogni emozione, negativa o positiva che fosse, ogni problema, ogni dubbio... Lei reprimeva tutto, non poteva sfogarsi o parlare con qualcuno, anzi, non ne aveva proprio il diritto. La sola cosa che era costretta a fare era quella di fingere con il prossimo che tutto le andasse bene. In effetti le altre persone attorno a lei facevano bene a dirle che lei non doveva lamentarsi. In fondo che ne sapeva Jenny ? Lei era solo una ragazzina. Aveva 17 anni e gli adolescenti come lei non possono avere problemi. << ... Quindi evita di fare la donna vissuta! >> questo le ripetevano in continuazione i genitori; quindi provava a cercare conforto con qualche amico, ma quando provava ecco che li perdeva. Non si facevano alcuno scrupolo; o lei doveva per forza ascoltarli senza dire una parola, o loro se ne andavano. Perché lei non poteva, anzi, non doveva sfogarsi e parlare nemmeno con loro. In fondo desiderava davvero tenersi stretta quei pochi amici che aveva.

" Ma allora...Perché sto così ? " Pensò sedendosi su una panchina alzando lo sguardo al cielo. " Perché mi sento così sola ? E perché ogni giorno che passa, il mio desiderio di farla finita aumenta ancor di più ? ". Questi erano gli unici pensieri di cui non riusciva a liberarsi. Ormai era così da diversi anni, neanche si rocordava più la causa di questo suo malessere. Era così e basta. E questo la faceva star male; se le erano comunque rimasti degli amici che motivo avrebbe avuto di sentirsi così? 

Questo la lacerava dentro, stava malissimo e si sentiva in colpa per questo. Si sentiva inutile e di troppo a questo mondo. Era in questi momenti che sentiva una vocina dentro di lei; [ Beh? Cosa ti prende? Perché non agisci? Tanto cosa avresti da perdere ? Fallo. ] Gli diceva. [ Fallo ! Abbandona per sempre questo mondo. A chi vuoi che importi ].

" Già... A chi importa... " pensava dopo aver ascoltato la vocina nella sua testa. Ma lei non ne aveva il coraggio. Era troppo vigliacca pure per togliersi la vita, ma questo non le impediva di pensarci.  Già una volta aveva tentato, erano ferite lievi e che col tempo sarebbero andate via vero, ma quella fu più una richiesta d’aiuto; come se avesse voluto gridare  “ Hey sono qui! Sto male e ho bisogno d’aiuto ! ” ma cosa ottenne invece ? Derisioni e urla contro di lei. Forse era per questo che cercava di resistere alla tentazione di ritentare più pesantemente e per ciò decise che avrebbe atteso il momento giusto per farlo. Stavolta senza cercare di richiamare l’attenzione ; voleva farlo in segreto, tanto nessuno sarebbe tornato in dietro a cercarla.  

Anche se quest’ attesa la consumava ogni giorno di più, sentiva che questo modo non la voleva e di non farne parte per quanto cercasse di integrarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Cap-1

Guardò l’ora sul suo cellulare, erano già le 11:00; si incamminò verso casa, anche se avrebbe preferito rimanere fuori ancora un po’; non le piaceva stare in casa, tranne quando era da sola nella sua stanza. Arrivata a casa notò che ancora i genitori non erano rientrati, quindi si recò in camera sua buttandosi un po’ sul letto ad ascoltare un po’ di musica. “Quanto vorrei saper cantare anch’io “ pensò;  amava molto la musica, aveva la sensazione che la comprendesse a pieno, e lei aveva un così disperato bisogno di essere compresa; ma a nessuno importava. Tutti con i loro problemi da risolvere e lei che doveva starsene zitta da una parte a fare la “ psicologa”  altrui, ma mai nessuno che avesse fatto lo stesso per lei.

Le scese una lacrima lungo il volto. Aveva voglia di piangere, non lo faceva quasi mai. Neanche piangere le era permesso. << E’ infantile ! >> le dicevano.  Cercò quindi di fare un respiro e di soffocare tutte le altre lacrime che volevano uscire.  Il petto le faceva male, quasi le mancava l’aria tutte le volte che lo faceva; anche se ormai era quasi una routine.  Senza che se ne accorgesse erano già le 12:00, la madre rientrò in casa recandosi velocemente verso la camera della figlia, aprì violentemente la porta : << Cosa ci fai ancora sul letto a poltrire?! Muoviti scendi giù in cucina e inizia ad apparecchiare!!! >> le disse con violenza, tanto che la ragazza ebbe anche i sensi di colpa, ma non riuscì a controbattere. Tanto non l’avrebbe ascoltata, l’avrebbe solo rimproverata ancora di più; quindi chinò la testa e si recò in cucina mentre la madre continuava a lamentarsi : <<  Ma che devo fare con te?! Sei una fannullona e basta ! Ecco cosa sei ! Sempre in camera tua a dormire mentre qui l’unica che si spacca davvero la schiena sono io ! >> continuava a ripetere, ignorando tutto quello che Jenny faceva per aiutare. Puliva le stanze, lavava il pavimento, certe volte aiutava in cucina, insomma, faceva quel che poteva. M a tutto quello che riceveva da sua madre erano tutt’altro che gratificazioni.

<< Ah ! Se almeno fossi come tuo fratello Daniel ! O anche solo la metà ! >> continuava a ribattere mentre Jenny apparecchiava la tavola silenziosamente intenta a subire. “ Eccola che ricomincia con quei dannati paragoni ! “ pensava , << Lui si che è davvero un bravo figlio ! A scuola ha sempre preso ottimi voti, frequenta una prestigiosa università di ingegneria meccanica, e addirittura lavora adesso ! …. >> e continuava , continuava ma Jenny si era stufata di ascoltare e finito di apparecchiare si recò silenziosamente  nel bagno  sedendosi sul pavimento aspettando qualche minuto. Appena sentì che sua madre si era calmata, si lavò le mani ed uscì dal bagno.  Si sedettero entrambe.  Sua madre aveva acceso la TV ed era troppo impegnata a guardare il telegiornale piuttosto che avere un dialogo con la figlia.

<< Papà  lavora oggi ? >> chiese Jenny, << si. >> rispose seccamente lei. In sostanza fu un pasto molto silenzioso a parte qualche domandina qua e là. Jenny provava tutte le volte ad iniziare un argomento ma la madre la zittiva di colpo o si fingeva interessata. Ma non solo lei, praticamente tutti i familiari. Per questo motivo spesso e volentieri era molto taciturna; tanto che se un pomeriggio invitava qualche amica a pranzo dopo la scuola i genitori si stupivano e le facevano domande con voce sarcastica tipo: << Accidenti ! Sembri logorroica oggi, ma che ti è successo? >> e presa dall’imbarazzo smetteva immediatamente di parlare.  E col tempo anche di invitare persone a casa.  Diceva sempre che i suoi genitori non volevano ma in realtà era lei a non volere , dato che ogni volta veniva sminuita e presa in giro che senso aveva? Stava già abbastanza male per conto suo e non voleva stare male anche in compagnia di quei pochi amici che aveva.  

Finito il pranzo Jenny aiutò a sparecchiare , dopodiché si rifugiò nella sua stanza.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


-CAP 2

Jenny si buttò sul letto.

" È incredibile come quella donna riesce a farmi essere di cattivo umore non appena mi vede ".  Pensava. " Mi chiedo se quando è rimasta incinta sia  stata felice o meno. Ma ne dubito per come mi tratta. "

Il telefono di casa squilla. << Pronto? >> risponde la madre. << Ahhhh! Ciao caro! >> inizia a urlare con voce squillante manco fosse una bambina. Riusciva a sentirla dal piano di sopra, era davvero rumorosa quando "parlava" . << Oh santo cielo! Non puoi nemmeno immaginare quanto non la sopporti quella! Secondo me non è mica normale!  Ma che razza di figlia mi è toccata?! >> e si lamentava col marito.

Jenny alzò gli occhi al cielo. " Wow, cos'è a corto di scoop immagino? " si chiedeva tra sé e sé mentre ascoltava malvolentieri le solite lamentele tutte concentrate su di lei. Passano 10, 15 minuti e Jenny con le lacrime a gli occhi e con una rabbia tale che avrebbe avuto voglia di distruggere tutto, cercò il suo mp3 per cercare di tappare gli insulti squillanti di sua madre con un po' della sua amata musica. Facendo poi i soliti respiri profondi riuscì ancora una volta a far rientrare le lacrime, lo sguardo era fisso al cielo facendo uscire tutti i pensieri. Erano canzoni forti quelle che ascoltava in queste situazioni. Molto forti quanto vere. Per questo riusciva a mantenere la calma in modo da non avere troppe crisi nervose e risultare "pazza" o "da ricovero" per quelli che dovevano essere i suoi genitori. Peccato che era proprio loro la colpa della maggior parte di  quelle crisi e del suo freddo comportamento. Fortunatamente  la musica riuscì a calmarla; si tolse prima una cuffia e sentì che sua madre aveva finalmente smesso di lamentarsi di lei, anzi, aveva smesso di parlare e basta.  Così si alzò e si diresse in salotto, fortunatamente questa settimana le avevano dato pochi compiti quindi aveva più tempo per rilassarsi, ma quando accese la TV ecco che arrivò Daniel; << Che fai ? >> chiese con tono seccante e incredibilmente antipatico; << Pensavo di vedere un po’ TV... >> rispose Jenny; così Daniel ribatté con un fastidioso ghigno, << Ah ovvio, tanto in quella specie di asilo che frequenti pure gli insegnanti sanno che siete così stupidi che non vi danno nemmeno dei compiti... >> .

Jenny alzò gli occhi al cielo, quanto detestava quando la riprendeva così! Con quali pretese poi?!  D’accordo, lui frequentava l’università ma il liceo lo ha frequentato pure lui; ma tanto era inutile controbattere perché sarebbe stata lei ad avere torto; quindi spense la TV e tornò in camera. Tanto era quello l’unico luogo dove poteva rimanere a lungo, o meglio, tranne quando ogni tanto entrava sua madre a fare quello che tutte le madri erano brave a fare: rimproverare il fatto che stesse spesso chiusa in camera o che non rimettesse spesso la propria camera in ordine, ma Jenny ormai aveva imparato; si metteva le cuffie e faceva finta di nulla, lasciandola ai suoi rimproveri finché non se ne andava, riprendendo così a fare ciò che stava facendo in quel momento (studio, progetti di scuola o dipinti), o peggio ancora entrava Daniel con fare da prepotente solo perché essendo il maggiore credeva di avere il potere, e pretendeva di poter prendere il suo PC dicendo di avere del “ lavoro ” da sbrigare ignorando completamente il fatto che anche Jenny avesse i suoi progetti di scuola e le ricerche da sbrigare, non che Daniel non ne avesse uno, ma giusto perché si divertiva a stressare la sorellina, tanto se provava a lamentarsi con i genitori non sarebbe servito perché “ Daniel ha la priorità “ , oppure “ Tuo fratello è il più grande, lui fa l’università, ha voti migliori dei tuoi ! “ … Eh già. Lui l’ha sempre superata in tutto era normale che lo preferissero a lei.

Nel pomeriggio rientrò suo padre a casa. Ovviamente molto nervoso a causa del lavoro di cui non faceva altro che lamentarsi; tanto che alcune volte alzava pure le mani o alla meglio imprecava e se la rifaceva con Jenny contribuendo alla sua bassa autostima e alle sue crisi di nervi. Ma stranamente riusciva ad essere anche tranquillo e sereno, sembrava di vedere Dr.Jekyl e Mr.Hide e per questo Jenny poco sapeva come comportarsi, ma dato che era in camera sua tranquilla e riusciva a sentirlo lamentarsi del lavoro di operaio che tanto odia, preferì rimanere nella sua stanza al sicuro finché non si sarebbe dato una calmata.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3323338