Young-X

di Cicciolgeiri
(/viewuser.php?uid=67797)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: New Spring, Texas ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Xavier's Institute for gifted youngsters, Salem ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Spogliatoi dello Xavier's ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: Laboratorio dello Xavier's Institute for gifted youngsters ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro: sotterranei dello Xavier's, laboratorio ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque: Xavier's Institute for gifted youngsters, spogliatoi ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei: Infermeria dello Xavier's ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette: Xavier's Institute for gifted youngsters, infermeria ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto: Xavier's Institute for gifted youngsters, infermeria ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove: Xavier's Institute for gifted youngsters, spogliatoi ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci: Xavier's Institute for gifted youngsters, dormitorio ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici: Xavier's Institute for gifted youngsters, Cerebro ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici: jet, spazio aereo di Salem ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo: New Spring, Texas ***


Prologo: New Spring, Texas


La fresca pioggia estiva cadeva copiosa sui campi coltivati.
Il verde e il giallo dell’erba si confondevano all’orizzonte, mentre un pungente odore di erba bagnata e pioggia si diffondeva nell’aria. Due ragazzi correvano nel campo, tenendosi per mano. Ridevano, affrettandosi con difficoltà in mezzo ai lunghi steli d’erba che arrivavano loro alla vita e sembravano sinceramente felici, nonostante la pioggia che scrosciava su di loro. Ad un certo punto il ragazzo indicò un enorme albero alla ragazza.
<< Ripariamoci sotto la quercia! >> urlò rivolto alla sua ragazza per sovrastare il fragore dell’acqua, i capelli biondi attaccati al viso bagnato.
La ragazza si strinse a lui. << Ma, Ryan, non sarà pericoloso? >> domandò. Anche i suoi capelli, lunghi e color rosso mogano, erano bagnati fino all’inverosimile, eppure i suoi occhi brillavano di felicità e non poteva fare a meno di sorridere.
Ryan la abbracciò e rise. << Ci sono io a proteggerti, Violet! >> e le schioccò un bacio a fior di labbra. I due restarono a guardarsi per un attimo, i topazi di lei negli zaffiri di lui, e poi si baciarono di nuovo, stavolta più a lungo. Il momento perfetto. In quell’istante Violet ebbe la consapevolezza che quel giorno lo avrebbe ricordato per sempre, sarebbe diventato un ricordo fantastico, come quelli che avevano i suoi genitori, i suoi nonni e tutte le persone adulte. Era cresciuta. Sciolse il bacio e guardò Ryan, sorridendo. << Ti amo, Ryan Banks. Sei il migliore! >>
Ryan la abbracciò. << Anche io ti amo, Violet Baudelaire! >>
Poi la riprese per mano e iniziarono a correre verso la quercia. Si inginocchiarono sotto l’albero, riparandosi sotto i rami più bassi. La pioggia non poteva più raggiungerli, ma ormai erano talmente zuppi che non faceva alcuna differenza. Ryan si avvicinò a Violet e si baciarono ancora una volta. Avevano diciassette anni, erano giovani, felici ed erano insieme. Niente li avrebbe divisi, si diceva Violet, stretta al suo ragazzo sotto quel grande albero. Le loro vite erano intrecciate e perfette, perfette come non lo erano mai state.
Ma, si sa, le cose belle non sono fatte per durare. Puoi averne solo un assaggio e poi puoi scegliere se rimpiangerle tutta la vita o andare avanti.
In lontananza si sentì il rumore di un tuono, un rombo cupo e minaccioso a cui i due giovani, però, non prestarono la minima attenzione. Violet si disse che era caduto molto lontano e che non c’era da preoccuparsi, così continuò a baciare Ryan. Era felice, sentiva fremere ogni parte del suo corpo, sentiva l’elettricità. Il rombo del tuono si fece più vicino. I due ragazzi si staccarono l’uno dall’altra e guardarono oltre le fronde della quercia, tenendosi per mano. Violet avvertiva ancora quella sensazione, sentiva i muscoli contratti, l’elettricità nell’aria. E, ad un tratto, si udì il rumore di una scossa elettrica. Ryan si girò a guardarla e sgranò gli occhi azzurri. << Violet! >> la indicò, con mano tremante. Lei non capiva, poi si guardò la mano libera. Lungo il suo braccio si muovevano piccoli archi elettrici, che scoppiettavano rumorosamente. Violet rimase a bocca aperta: più il suo cuore batteva forte in preda al panico, più gli archi diventavano grandi ed estesi in tutto il corpo. La ragazza si alzò in piedi, guardando terrorizzata le sue mani che, contratte in uno spasmo doloroso, producevano scosse elettriche. Ryan ansimò, indietreggiando carponi. Violet si girò verso di lui, ma non sapeva cosa dire, non riusciva ad emettere alcun suono e intanto l’elettricità le danzava attorno crepitando, senza ferirla. Il rombo cupo del tuono divenne vicinissimo e assordante. Una saetta luminosa squarciò il cielo plumbeo, procedendo a zig-zag verso di loro. Il fulmine si abbatté su Violet, che restò impietrita dov’era. I suoi muscoli si irrigidirono e lei fu attraversata da violenti spasmi. Non vedeva niente, solo il bianco accecante della saetta e il rumore fortissimo prodotto dalla scossa non le permetteva neppure di sentire. Tutto era caos. Tutto era veloce ed elettrico. Sentì che le sue mani si muovevano troppo rapidamente e si rese conto che sarebbe già dovuta morire da un pezzo, eppure era ancora lì. Ad un certo punto tutto finì.
Violet cadde a terra in preda alle convulsioni, mentre una moltitudine di archi voltaici si protendevano dal suo corpo e le sue dita si agitavano a una velocità straordinaria. Dove lei era stata colpita dal fulmine si era formato un profondissimo cratere nero. L’enorme quercia secolare era riversa su un fianco, il legno spezzato e fumante. Violet girò a fatica la testa e vide Ryan che, nonostante non fosse stato colpito direttamente, giaceva sull’erba annerita, quasi completamente carbonizzato.
Le cose belle non sono fatte per durare, ma quelle brutte, ti perseguitano per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo uno: Xavier's Institute for gifted youngsters, Salem ***


Capitolo uno: Xavier’s Institute for gifted youngsters, Salem


Cerebro era davvero impressionante, Steve non ci si era mai abituato veramente. Non appena il raggio azzurrino per la scansione della retina l’aveva riconosciuto, la porta di acciaio, lucidissima e con una “X” in rilievo, si era aperta e lui aveva visto davanti a sé il professore.
Indossava il casco di Cerebro. << Buongiorno, Steve. Entra pure >> l’aveva salutato, senza nemmeno voltarsi.
La sua amica Jubilee gli aveva detto che, prima o poi, si sarebbe abituato anche alla telepatia, ma Steve non ne era molto sicuro.
Aveva percorso il ponte delimitato da lampade luminose che lo separava dal professore a passo svelto, stando bene attento a non guardare giù. << E’ proprio un bel camerone rotondo … >> aveva detto Logan un po’ di tempo prima. Steve era d’accordissimo, però c’era da dire che Cerebro non era solo rotondo, ma anche molto, molto profondo. E lui soffriva di vertigini. Deglutì sonoramente avvicinandosi al prof, sperando con tutto sé stesso che non gli stesse frugando nella mente o roba del genere: non gli andava di essere compatito per il fatto di essere piuttosto fifone.
Il professore sorrise, ma non disse nulla. Steve lo ringraziò, è proprio il caso di dirlo, mentalmente, per poi fargli la domanda fatidica con la voce più sicura che gli riuscì:
<< Mi voleva, professore? >> in effetti la voce non era molto sicura, ma meglio di niente.
<< Sì, Steve: ho bisogno del tuo aiuto, oggi. Te la senti? >>
<< Ehm … certo, professore. Almeno credo … >>
<< Perfetto, figliolo: sapevo di poter contare su di te. Questa sarà la tua prima, vera missione. Niente di rischioso naturalmente, ma richiederà un certo autocontrollo da parte tua. Vuoi tentare? >> il professore era sempre molto gentile con lui, che era un novellino, il più giovane degli X-Men. Voleva dimostrare ai suoi compagni di squadra di essere tosto esattamente quanto loro e poi il prof aveva detto che non era pericoloso: ci voleva solo un po’ di autocontrollo. Be’, il suo secondo nome era autocontrollo. Di che cosa poteva mai trattarsi?
<< Sì, professore. Voglio farlo! >> annunciò, gonfiando il petto.
Il professore sorrise ancora una volta e girò la carrozzella verso di lui. << Seguimi >> disse, precedendolo sul ponte. Steve si affrettò dietro di lui e la porta d’acciaio si chiuse alle sue spalle.
<< Allora >> cominciò il prof, attraversando il lungo corridoio che portava alla sala del jet, << grazie a Cerebro ho individuato dell’attività mutante in Texas, a New Spring. Da quanto ho appreso è successo qualcosa di molto grave circa mezz’ora fa. C’è una ragazza in difficoltà: quello che dovete fare è recuperarla e portarla qui per ulteriori accertamenti. Tutto chiaro? >> il professore arrestò la sedia a rotelle proprio davanti alla porta della sala del jet e si voltò verso di lui. A Steve venne un groppo alla gola.
<< Ma non dovrò mica pilotarlo io il jet, vero? >> chiese flebilmente.
Il professore ridacchiò giovialmente. << No Steve, ci penserà Tempesta al jet, tu … Diciamo che tu farai da "supervisore" della missione! >>
Steve si sentì subito sollevato. Il professore lo mandò a mettersi l’uniforme e gli comunicò che con lui sarebbero andati Tempesta, Ciclope, Gas e la dottoressa Grey. Negli spogliatoi incontrò Gas, alias Lucas Gaunt, uno dei suoi migliori amici.
<< Ehi, Luke! >> lo salutò, recuperando la sua uniforme << Sei emozionato? >>
Lucas, che già aveva indossato la sua tuta, si girò a guardarlo con aria minacciosa:
<< Uno >>, disse, << non chiamarmi Luke: in missione si usano i nomi in codice, quindi, per te oggi sarò Gas! Due >> il ragazzo abbandonò l’aria minacciosa e gli diede una sonora pacca sulle spalle, << Non sto più nella pelle! Datti una mossa! >>
Steve scoppiò a ridere e si affrettò ad indossare l’uniforme. Non appena ebbe finito i due ragazzi si precipitarono nella sala del jet, dove c’erano già Tempesta, Ciclope e Jean. Steve non riusciva a capire perché a loro l’uniforme stesse splendidamente e a lui invece desse un’aria da scemo. Bobby Drake, per tutta risposta, gli aveva detto che lui aveva sempre l’aria da scemo e forse non aveva poi tutti i torti: capelli color cacca che pochi avevano il coraggio di definire “castano chiaro”, occhi azzurri che sarebbero anche potuti essere belli se non fossero stati incorniciati da spessi occhiali da secchione e un fisico estremamente smilzo che tutte le ragazze denominavano, a ragion veduta, “moscio”. Ma quello non era il momento di pensare al fisico: era la sua prima missione ufficiale da X-Man e non intendeva rovinarsi l’umore; dopotutto c’era sempre tempo per metter su un po’ di muscoli.
Ciclope e Tempesta aprirono il portellone del jet e fecero salire tutti a bordo, per poi sistemarsi ai posti di comando. Lui, Gas e Jean, invece, occuparono i sedili posteriori.
<< Allacciate le cinture: si parte! >> annunciò Ciclope pigiando una moltitudine di tasti sul pannello di controllo. Tempesta si voltò verso di loro. << Jean, assicurati che i ragazzi le abbiano allacciate bene! >> disse. Era sempre così premurosa. A Steve faceva venire in mente sua sorella maggiore Olivia, anche se Tempesta, ovviamente, era molto più bella.
<< Agli ordini! >> esclamò Jean, per poi rivolgersi a loro due. << Gas, Idro: la cinghia esterna deve essere sempre in tensione, mi raccomando, e poi la fibbia di destra va allacciata nel meccanismo qua sotto: così! >> il meccanismo scattò: la cintura era stata allacciata correttamente. Per Steve fu più difficile del previsto mantenere la cinghia esterna in tensione, ma alla fine ci riuscì e il jet poté decollare. Il campo di basket sopra di loro si aprì, mentre tutti gli studenti che facevano i fatti loro nel parco presero ad indicare e salutare nella loro direzione. Gas non perse l’occasione di salutare un gruppetto di sue ammiratrici che si sbracciavano e gli urlavano cose incomprensibili ad un centinaio di piedi più in basso, poi il jet volò via rombando, cosicché, ben presto, si ritrovarono circondati da un tappeto di nuvole bianche e setose. A Steve non era mai piaciuto un granché volare, ma quel giorno era talmente eccitato e il panorama era talmente bello che lo trovò persino piacevole. Sapeva che il Texas era molto lontano dallo stato di New York, ma sapeva anche che il jet volava a velocità supersonica o giù di lì, quindi non ci sarebbe voluto neanche lontanamente il tempo che avrebbero impiegato utilizzando un normale aereo. Si mise a fantasticare su quanto sarebbe stato comodo che i normali aeroplani di linea venissero sostituiti con dei jet all’avanguardia come il loro, quando la voce di Gas lo riportò alla realtà.
<< Il professor X ti ha detto perché dobbiamo andare in Texas? >> domandò, allargandosi il colletto della tuta << Questa cosa mi sta uccidendo >> aggiunse, aggiustando la cerniera nel tentativo di stare più largo.
<< Sì >> rispose Steve, l’uniforme del quale aveva il problema opposto e sciabordava fin troppo, << dice che grazie a Cerebro ha individuato una mutante a New Spring: è successo qualcosa di serio, ma non mi ha detto cosa. >>
Gas annuì, aggrottando la fronte. << Tu, Jean? Sai qualcosa di più, per caso? >> domandò. Gas era un tipo curioso, non avrebbe resistito a fare tutto il viaggio senza sapere in che consisteva di preciso la missione.
Jean fece di sì col capo. << Una ragazza ha perso il controllo dei suoi poteri, ma non so cosa sia successo esattamente: ho provato a mettermi più volte in contatto con lei, ma è ancora sotto choc; nella sua mente e tutto confuso e non sono riuscita a capire niente. >>
<< Rischia di morire? >> continuò Gas.
<< No, ma è in uno stato catatonico e credo che sia svenuta. >>
<< E noi accorriamo a soccorrere la damigella in difficoltà! >> concluse Gas in tono teatrale << Adoro questo lavoro! >>
<< Non è un lavoro, è una vocazione! >> lo corresse Steve.
<< Liberamente tratto da: “La Bibbia del Mutante”, di Scott Summers! >> aggiunse l’altro ragazzo e Jean e Steve iniziarono a ridacchiare. Ciclope si girò verso di loro con uno scintillio di visore al quarzo e li squadrò con fare indagatore. << Che avete tanto da ridere? Non è da tutti scrivere un best seller del genere! >> scherzò. Nuovamente, tutti risero.

New Spring, Texas

Circa due ore dopo il jet iniziò a scendere di quota.
Stavolta non si vedevano più le nuvole, ma campi e città che correvano velocissimi sotto di loro. Era il tramonto e l’orizzonte era tinto di un rosa acceso.
<< Il professore ci sta inviando le coordinate esatte >> annunciò Tempesta, trafficando con leve e sensori, << siamo quasi arrivati! >>
<< A quest’ora quella poveretta sarà già bella che stecchita! >> bofonchiò Gas, che non riusciva più a stare fermo sul suo seggiolino.
<< Non dire sciocchezze, Gas e non agitarti troppo! >> lo riprese Jean. Steve sperava proprio che avesse ragione: non avrebbe sopportato di fallire alla sua prima missione, tutti l’avrebbero accusato di portare sfortuna e altre cavolate del genere che alcuni ragazzi si inventavano per metterlo in imbarazzo.
<< Un chilometro a est di New Spring, in un campo di grano >> disse Tempesta. Ciclope virò e nel loro campo visivo entrò un immensa distesa d’erba d’un verde pallido, al centro della quale c’era un vasto cratere nero e una quercia secolare abbattuta su un fianco.
<< Cacchio! >> commentò Gas guardando fuori dal finestrino. Il jet atterrò e Ciclope aprì il portellone. Le scalette scesero fino a terra e i cinque X-Men si affrettarono fuori dal velivolo. Gas sublimò e si trasformò in vapore acqueo, dirigendosi verso la quercia divelta sottoforma di spirali di fumo. Una volta nel cratere riprese forma umana e fece segno agli altri di avvicinarsi.
<< E’ successo un manicomio! >> annunciò sconvolto quando tutti lo ebbero raggiunto. Si mise una mano davanti alla bocca e indicò qualcosa ai piedi dell’albero: sembrava una persona, o meglio, quel che restava di una persona. Era un corpo quasi completamente carbonizzato.
<< Mio Dio! >> commentò Tempesta << Steve, forse è meglio se non guardi! >> troppo tardi. Steve sentì la bile in bocca e arricciò le labbra cercando di non vomitare. Voleva dire che era tutto a posto, ma non era vero e forse era meglio non aprire la bocca, non sapeva cosa poteva uscirne. Ciclope si diresse a un metro o due dai resti inceneriti e tutti videro che per terra c’era una ragazza svenuta con i vestiti bruciacchiati.
<< E’ lei >> disse Jean.
<< Jean, credi di poterla sollevare per portarla fino al jet? Potrebbe avere ossa rotte o un’emorragia interna: meglio non
rischiare! >> fece Ciclope e Jean annuì << Bene, allora, Idro e Gas, andate a preparare la barella: svelti! >>
I due ragazzi ubbidirono e Gas trasformò entrambi in vapore per raggiungere prima il jet. Steve odiava sublimare, ma non c’era tempo di lamentarsi, così prepararono la barella per i feriti in fondo al jet.
<< Dici che avrà bisogno di un po’ d’acqua? >> domandò Steve con voce roca.
<< Più che altro credo che tu abbia bisogno di un po’ d’acqua: sei pallido come un lenzuolo e non puoi svenire alla tua prima missione! >> disse Gas.
Steve annuì e guardò dritto davanti a sé: a mezz’aria apparve un piccolo globo d’acqua da cui il ragazzo poté dissetarsi Quando ebbe finito, l’acqua si trasformò in vapore acqueo e sparì.
<< Te l’ho mai detto che l’idrocinesi è forte? >> chiese Gas, che sembrava davvero molto colpito.
<< Sì, qualche volta >> rispose Steve, mentre tornavano fuori. Si sentiva molto meglio, ma non voleva avvicinarsi troppo al cratere nero: il suo stomaco era ancora in subbuglio. Jean fece levitare la ragazza fino all’interno del jet, poi la adagiò piano sulla barella con la forza del pensiero. Tempesta e Ciclope si rimisero ai posti di comando e avvisarono il professore che tutto era andato bene, mentre gli altri tre si sedettero sempre dietro, a poca distanza dalla ragazza, e si allacciarono le cinture. Steve si sentiva ancora stralunato e Gas iniziò a fargli qualche domanda, probabilmente per distrarlo:
<< Allora >> iniziò, mentre il jet decollava, << com’è che funziona esattamente il tuo potere? >>
<< Ehm … riesco a modificare l’ossigeno e l’idrogeno e a trasformarli in acqua e viceversa, detto in modo semplice … >>
<< Quando hai scoperto di essere un mutante? >>
<< Te l’ho detto: a tredici anni! >>
<< Quindi quanti secondi fa, per l’esattezza? >> scherzò Gas, ma non faceva ridere. Steve stava ancora pensando al ragazzo incenerito.
<< Che ne sarà di quel ragazzo, Jean? >> chiese. La donna scosse il capo.
<< Non lo so, Idro. Se avvertiamo le autorità, verranno ad arrestare quella povera ragazza. Potremmo anche non dire niente, ma non mi sembra giusto. Se ne occuperà il professore, ad ogni modo. >>
<< Quel poveraccio deve avere degna sepoltura … >> disse Steve con voce rotta e poi iniziò a rimettere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo due: Spogliatoi dello Xavier's ***


Capitolo due: Xavier’s Institute for gifted younger


<< Credo di aver vomitato pure l’anima! >> annunciò Steve nello spogliatoio, mentre Lucas ripuliva gli scarponcini della sua uniforme da quello che era stato il pranzo dell’amico. << E’ stato il viaggio peggiore della mia vita! >> esclamò per tutta risposta, guardandolo storto.
<< Comunque me lo sentivo che alla tua prima missione avresti combinato qualcosa di imbarazzante: come farti la pipì addosso o rimettere. E la seconda ipotesi era quella giusta; forse oltre che sublimare, posso anche leggere nel pensiero! >> si mise gli indici sulle tempie, stringendo gli occhi per lo sforzo << No, niente! >> concluse dopo un po’, sarcastico.
<< Non lo dirai a nessuno, vero Luke? Siamo amici! >> lo scongiurò Steve.
<< Ma certo, Vomitino! Racconterò a tutti che sei stato davvero tosto! Soprattutto a Rogue! Le farò una testa così sulla tua tostaggine! >>
Steve rise, sollevato. Poi si rese conto che l’amico aveva fatto un’allusione alla sua cotta colossale per la sopraccitata ragazza ed esclamò:
<< Ehi! >>
<< Sempre a scoppio ritardato tu, eh? Proprio come col vomito! >> fece notare Lucas in tono divertito, infilandosi una T-shirt bianca con scritto: “I’m with the burk” . Steve indossò i jeans.
<< Uno >> disse, << il mio potere è quello di controllare l’acqua, non il vomito. Due, togliti quella maglietta all’istante! >>


Steve e Lucas presero posto al tavolo assieme a Jubes, Colosso, Bobby, Kitty e Rogue e subito tutti iniziarono a tartassarlo di domande sulla sua prima missione: se era stato emozionante, se la ragazza che avevano salvato l’aveva baciato per ringraziarlo, se gli avevano fatto guidare il jet e cose del genere. Steve rispose a tutti in modo vago e cercò di parlare sempre a bocca piena per non fare capire quello che diceva: aveva paura che scappasse fuori la storia del vomito, di cui però non parlò nessuno, tantomeno Lucas (che si era messo una maglietta normale), il quale mantenne la promessa, raccontando a tutti di quanto fosse stato forte e di come si fosse reso indispensabile al buon esito della missione. Steve sorrideva ogni volta che l’amico diceva una cosa del tipo: << … e quando Ciclope gli ha chiesto di farci vedere come si allacciava la cintura di sicurezza lui è stato disponibilissimo! >> oppure << Jean era talmente allibita che non riusciva a muoversi, ma Idro ha subito preso in mano la situazione ed è andato tutto per il meglio! >>
Quando ebbero finito di mangiare le costolette, attaccarono le ali di pollo e le patatine fritte: Steve se ne servì tre porzioni di seguito, ma non riuscì comunque a battere Colosso, che si riempì ben dodici volte il piatto. Alla fine Rogue propose un brindisi all’aranciata in onore di Lucas e Steve, il quale si sentì avvampare, per poi sperare con tutto il cuore che la ragazza non se ne fosse accorta.
Finirono di mangiare più tardi del solito, anche perché l’indomani era sabato e poi andarono tutti nella Sala Comune a vedere il film che Bobby aveva noleggiato, cioè “Alien vs Predator”. Alcune scene erano talmente ributtanti, che Steve ebbe il serio timore di rigettare di nuovo, mentre Jubes sembrava spassarsela alla grande. << Spappolagli le budella a quel bastardo! Vai, sei forte! >> urlò a un certo punto, per poi scoppiare a ridere. La sua passione per gli spappolamenti era nota a tutti, ma sentirla gioire quando qualcuno veniva squartato era, comunque, piuttosto strano.
<< Scusate, ma questo film è troppo schifoso per me! Me ne vado a letto, ciao! >> Kitty se l’era data a gambe prima che la nausea prendesse il sopravvento sul suo stomaco, come era prevedibile: lei non era proprio il tipo da “porcherie cinematografiche del venerdì sera”. Proprio nel momento in cui Kitty uscì, nella stanza si affacciò Logan. << Si può sapere che avete da gridare? C’è gente che cerca di dormire, qua! >> disse, appoggiandosi allo stipite della porta a braccia conserte. La sua tipica mossa da fico. Steve aveva provato ad imitarlo un paio di volte, ma quando non sei alto due metri e non hai alcuna massa muscolare non susciti lo stesso effetto sulle ragazze.
<< Ehi, Logan! Vieni qua: questo film ti piace di sicuro! >> esclamò Jubes, facendogli segno di avvicinarsi. Lui entrò nella stanza e appoggiò le mani sul divano. Guardò per un po’ il film, poi alzò un sopracciglio.
<< Non siete ancora un po’ troppo piccoli per guardare queste cose? Se qualcuno ha intenzione di avere gli incubi sappiate che io non preparo camomille e non do baci
della buonanotte! >>
<< Guarda che siamo grandi abbastanza per questi film da strapazzo e poi io non ci tengo a farmi baciare da te: non sei il mio tipo! >> commentò Lucas, voltandosi per parlare con l’uomo.
<< Neanche tu, ragazzino, sta sicuro! >> esclamò quest’ultimo divertito, premendo in un punto preciso sulla spalla del ragazzo.
<< Ahi, ahi! >> si lamentò Luke tra le risate generali.
<< Non fai più tanto lo spiritoso, eh? >> chiese Logan sarcastico, mollandogli la spalla.
<< No, tu non hai senso dell’umorismo! >> concluse Gas con tono teatrale, massaggiandosi il punto dolente, mentre un alieno, dentro lo schermo della televisione, ringhiava piano.
<< Come cavolo hai fatto? >> chiese Steve.
<< Più facile a farlo che a dirlo … >> spiegò Logan sedendosi sul bracciolo del divano.
Steve pizzicò la spalla a Colosso, che stava seduto accanto a lui, ma non successe niente. << No, non credo >> concluse questi, fissando Steve di sbieco. Steve ridacchiò nervosamente. Quando sei magrolino quella è la tua unica arma di difesa: l’avversario ti trova talmente ridicolo che scoppia a ridere e tu hai il tempo di scappare. Proprio quello che successe: Colosso si mise a ridere e Steve tirò un sospiro di sollievo. Intanto in tv a un tizio era saltata in aria la testa. Rogue rabbrividì e Bobby le cinse le spalle con un braccio. Steve serrò la mascella e Gas si sgomitò con Logan.
<< Io … io mi sa che vado a letto! >> annunciò Steve, cercando di mantenere un tono tranquillo. Anche Gas e Jubes si alzarono. << Andiamo anche noi >> disse Gas. << Be’ allora, anch’io >> fece Logan. I quattro salutarono e uscirono dalla Sala Comune. Quando furono nel corridoio Steve fece un respiro profondo e si bloccò. Logan quasi gli sbatté addosso.
<< Ehi, ragazzino: metti le quattro frecce quando ti fermi! >> esclamò.
<< Scusa >> mormorò Steve tristemente.
<< Sei ancora fissato con Rogue, vero? >> domandò Jubes. Steve annuì e Logan sospirò.
<< Be’ io me ne vado a letto, ci vediamo domani in palestra! >>
<< Cosa? >> gracchiò Lucas.
<< Non ve l’hanno detto? Domani lo sostituisco io Ciclopico: riposate bene stanotte, vi servirà! >> e se ne andò. Jubes sospirò, sconsolata, e neppure Steve era contento della notizia: Logan li faceva correre per ore ed ore e non faceva che ripetere loro che erano flaccidi e si dovevano allenare. Invece con Scott non era così dura: lui era molto più clemente e almeno non urlava a tutti che sembravi un bradipo coi reumatismi mentre correvi, cosa che, invece, gli era successa ad una delle lezioni di Logan.
<< Ma che deve fare domani Scott? Perché non può venire a lezione? >> chiese Jubes << Voi due sapete qualcosa? >> Gas scosse il capo.
<< Non ci ha detto niente >> confermò Steve. Poi i tre ragazzi ripresero a camminare nel corridoio. Prima di andare dalla parte delle ragazze, Jubes disse:
<< Ragazzi? >>
<< Sì? >> fece Gas.
<< Quelle cose che hai detto di Idro a cena sono scemenze, vero? >> chiese.
<< Sì, Jubes: in realtà ho pure vomitato! >> asserì Steve tristemente: ormai si sentiva come uno di quegli alieni spappolati, peggio di così non poteva andare, tanto valeva dire la verità.
<< Comunque non lo dico a nessuno. Sai, volevo solo essere sicura di non essermi persa la tua trasformazione da secchione a X-Man! ‘Notte! >> e sparì in camera sua, la stessa camera in cui dormiva anche Rogue. Steve sospirò: Rogue era la sua vita, invece per Rogue lui non era la sua vita. La vita di Rogue era Bobby, l’Uomo Ghiacciolo al Limone. Antipatico, ipocrita, idiota, scemo, maleducato, freddo, insensibile e una miriade di altri epiteti ben peggiori.
<< Dai, Steve! Coraggio! >> disse Gas, mentre si avviavano verso la camera che dividevano con John Allerdyce << Ci sono tante ragazze in questa scuola: non ti fossilizzare proprio su quella che non puoi avere! E non parlo solo di Mr Frigido: Rogue non si può toccare, o te lo sei scordato? >>
<< Non me ne frega niente! >> sibilò Steve aprendo la porta della camera. John non c’era, così accese la luce e si buttò sul letto sotto la finestra, il suo. Le pareti verde malva erano tappezzate da una moltitudine di poster diversi, colorati e confusi, che davano all’ambiente un aspetto caotico. A Steve non erano mai andati a genio, infatti la sua parte di camera ne era libera. Gas si sedette sul suo letto a gambe incrociate:
<< E invece dovrebbe fregartene, perché, anche se ammettiamo che forse tra cento anni vi potreste mettere insieme, non riuscireste nemmeno a baciarvi o a passeggiare mano nella mano come persone normali! >> esclamò.
<< Noi non siamo persone normali: siamo mutanti! >> brontolò Steve, mettendo la testa sotto al cuscino, senza nemmeno togliersi gli occhiali. L’ultima cosa che sentì fu il: “come ti pare” di Gas, poi si addormentò vestito di tutto punto e con tanto di Converse ai piedi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo tre: Laboratorio dello Xavier's Institute for gifted youngsters ***


Capitolo tre: Laboratorio dello Xavier’s Institute for gifted youngsters



Aprì gli occhi piano. Inizialmente fu accecata dalla luce, poi riuscì a mettere a fuoco un’enorme lampada al neon che le pendeva sopra la testa. Aggrottò la fronte. Dove diavolo era? Sulla testa sentiva qualcosa di pesante, un casco forse, e le avevano attaccato degli affari appiccicaticci dappertutto che le tiravano la pelle e le davano fastidio. Cercò di muovere le mani, ma non ci riuscì, non era neanche tanto sicura di avercele ancora, delle mani. Le doleva dappertutto, come se avesse corso per miglia e miglia. Intanto, un piano sopra di lei, qualcuno stava correndo per davvero.

Palestra interna numero due dello Xavier’s

Steve Mackenzie alias Idro e tutti i suoi compagni di corso arrancavano a fatica nell’ampia palestra. Logan non si era smentito: era da quarantasette minuti che giravano in tondo per la sala da ginnastica. Steve era convinto che se continuavano così avrebbero fatto un solco profondissimo nel pavimento. Dalla palestra si levavano dei: << Basta! >> o degli << Augh! >> inarticolati di gente a cui era venuto un crampo, ma a nessuno era permesso di fermarsi. << La vita di una persona è articolata in varie fasi! >> aveva esordito Logan quella mattina, prima di farli cominciare a correre << Voi, adesso, siete nella fase “mammoletta”. Se volete i risultati dovete impegnarvi o credete che questi siano venuti per magia? >> e mostrò i bicipiti. Dalle ragazze si levarono fischi di ammirazione e commenti vari.
<< E tu in che fase sei, Logan? >> aveva chiesto maliziosamente Jubes.
<< Quando sarai più grande te lo dirò, per ora correte e zitti, se non volete cascare per terra dopo due secondi! >>
<< Io lo so in che fase è, ma non posso dirlo! >> aveva detto Kitty mordendosi un labbro.
<< Io invece lo dico: è in fase “stronzo”, non può pretendere di farci fare i Marines solo perché è fissato! >> aveva esclamato Gas affiancandosi alla ragazza.
<< Guarda che ti sente! Quello è peggio di un … ehm … Steve, lo conosci un animale che ci sente benissimo? >> gli aveva chiesto Kitty, che aveva già il fiatone.
<< Ehm … la lince? >>
<< Ecco, sì! Quello è peggio di una lince! >>
<< Ma la lince non era quella che ci vedeva bene? >> aveva fatto notare Gas.
<< Ah, non importa, è il concetto che conta e il concetto è: non parlare perché ti sente! >> aveva tagliato corto Kitty.
Steve respirava piano e a fondo e in effetti la tecnica funzionava, anche se aveva ancora troppo caldo: si levò la maglietta, la appallottolò ben bene e la lanciò su una delle panchine che stavano a bordo palestra, restando in canottiera. Si disse che, tra qualche anno, quando l’avrebbe rifatto, nessuno avrebbe avuto il coraggio di prenderlo in giro, perché con tutto quell’allenarsi, per allora, sarebbe già diventato più o meno come Logan, anche se era solo un sogno ad occhi aperti. Adesso che era più leggero si sentiva molto meglio. Stava quasi iniziando a divertirsi, quando dal piano di sotto provenne un boato allucinante. Non aveva fatto nemmeno in tempo a togliersi la maglia che già qualcuno aveva tentato di suicidarsi, pensò. Tutti ne approfittarono per fermarsi. Le lampade al neon ebbero un calo di tensione e poi si spensero, mentre un altro boato risuonava nell’aria e il pavimento vibrava.
<< Ti prego Steve, stai facendo crollare la struttura: non ce la fa a reggere tanto! Copriti! >> sbraitò Gas.
<< Ma non sono stato io! Non c’entro niente! >> rispose lui.
<< No, per favore Steve: questo è veramente troppo, non ti si può guardare! Sei riuscito a far fulminare i neon! Ragazze: mettetevi gli occhiali, è letale! Al riparo, state lontani da lui! >> urlò il ragazzo tra l’ilarità generale, buttandosi dietro i materassi della palestra per ripararsi << Svelti, seguitemi, da questa parte! Speriamo attutiscano le schegge! >>
<< La vuoi piantare di fare casino, Gas? Non è colpa di Steve, è il vapore del tuo cervello fuori controllo! Questo deve essere opera dell’ultima arrivata! >> disse Logan, grattandosi la barba << Mi toccherà andare a vedere. Ehi, mezze cartucce, dico a voi: fermi tutti dove siete e non uscite dalla palestra. Cercate di non toccare cose di metallo e rimanete sul linoleum, fa da isolante >> e, detto questo, uscì.
<< L’ultima arrivata >> ripeté Bobby, << intendeva dire la ragazza che avete ripescato in Texas ieri? >>
<< Mi sa proprio di sì >> disse Steve, mentre Gas usciva da dietro i materassini e qualcuno rideva ancora come un matto.
<< Caspita, è una di quelle toste !>> osservò Jubes con una certa ammirazione << Ma perché dobbiamo isolarci stando sul linoleum, è elettrica, per caso? >>
<< Sì, è elettrocinetica: ha arrostito un tipo e ha abbattuto una quercia emettendo energia elettrica… Deve essere parecchio forte >> spiegò Steve. Proprio in quel momento si sentì un’altra scossa al piano di sotto e Kitty grugnì, stringendosi a Colosso.
<< Non ci farà mica saltare in aria, vero? >> domandò spaventata.
<< Spero proprio di no, sono troppo bello per morire! >> annunciò Gas, beccandosi una manata da Steve.
<< Certo che Logan è stato proprio coraggioso ad andare a controllare … >> sospirò Jubes con aria sognante << Non come voi poppanti, che ve la fate sotto da soli! >>
<< Anche io se fossi grosso quanto lui, avessi gli artigli e mi rigenerassi non mi preoccuperei di dare un’occhiata! >> gracchiò Bobby. A lui non andava molto a genio che Logan fosse l’idolo delle folle.
<< Non fare il ghiacciolo acido, biondo! >> lo rimbeccò Jubes, arricciando il naso.
<< E tu non fare la fan sfegatata! >>
<< Ti senti punto sul vivo, eh Sorbetto alla Vaniglia? >>
<< Non mi sento punto proprio su niente, è solo che … >>
<< … che sei geloso, perché Rogue ha una cotta per lui! >> completò Jubilee con un sorrisetto.
Steve, Bobby e Rogue esclamarono un: << Ehi! >> all’unisono.
<< Non è vero che ho una cotta per lui! >> disse Rogue. Colosso si lasciò sfuggire una risata e Rogue incrociò le braccia, infastidita. << Non è assolutamente vero, chiaro? >>
Un'altra scossa, stavolta davvero forte, li distolse dal discorso.
<< Cavolo! >> commentò Jubes. Il panico iniziava a diffondersi nella palestra. Steve stava per dire che forse sarebbe stato meglio andare anche loro a controllare, ma uno scoppio improvviso soffocò le sue flebili parole.
<< Cacchio! >> esclamò Gas, la voce in falsetto per la paura << Va a finire che qui saltiamo veramente in aria, se non mandano a nanna Miss Permanente! >>

Sotterranei dello Xavier’s, Laboratorio

Non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato da quando era stata colpita dal fulmine, da quando sarebbe dovuta morire. Eppure non era morta. Era sdraiata su una specie di lettino di ferro, in un’ampia camera rivestita d’acciaio luccicante piena zeppa di macchinari che avevano tutta l’aria di essere molto tecnologici. Sembrava uno studio medico all’avanguardia e forse lo era veramente, ma come c’era arrivata? Fu allora che iniziò ad avere paura. Era ancora troppo debole per riuscire a muoversi, non capiva dov’era, era stata colpita da un fulmine e non era finita all’altro mondo e non sapeva cosa fosse successo a Ryan. Quel nome fece capolino nella sua testa come se niente fosse e d’un tratto si ricordò che con lei, sotto la quercia, c’era anche Ryan. Cosa gli era successo? Stava bene? Era rimasto ferito a causa sua? Non si ricordava niente.
Provò a chiamarlo, ma dalla bocca le uscirono solo mormorii senza senso. Forse si era sbagliata: era morta e quello era il Paradiso. Eppure quella grande lampada al neon non era una cosa che avrebbe collocato in Paradiso: se l’era immaginato di più come un bel campo pieno di fiori colorati e cose del genere. Forse era all’Inferno, allora. Ma anche con l’Inferno lampade al neon e lettini da studio medico avevano poco a che fare.
Fece un respiro profondo e fu come se le orecchie le si fossero stappate: improvvisamente sentì il rumore intermittente di un elettrocardiogramma e delle voci, distorte e inquietanti. Il battito dell’elettrocardiogramma aumentò freneticamente: di chi erano quelle voci? Andò in iper ventilazione, mentre suoni e gemiti nella sua testa si mescolavano tra loro, facendosi sempre più forti e confusi. Lampi di luce accecanti fecero irruzione nella sua visuale e rivide chiaramente la quercia, la pioggia che cadeva copiosa, Ryan che le sorrideva e le si avvicinava. Gli occhi azzurri di Ryan. I capelli biondi di Ryan. La pelle bianca di Ryan. E poi luci abbaglianti, l’elettricità che si agitava attorno alle sue mani, contratte come artigli, il lampo che squarciava il cielo cinereo, e una carcassa ai piedi di un albero fulminato: il corpo incenerito di Ryan. Fu allora che sentì di nuovo l’elettricità, la saetta che l’attraversava da parte a parte, la potenza del fulmine, troppo forte per poter essere controllata. Una moltitudine di archi voltaici iniziarono a protendersi dal suo corpo, come tanti tentacoli luminosi. L’elettricità danzava per la stanza in tutte le direzioni, zigzagando impazzita, distruggendo e incendiando ogni cosa. Boati ed esplosioni, rumore, luce. Violet svenne, mentre il suo esile corpo veniva scosso da tremende convulsioni e trafitto dalle saette.

E ora passiamo ai ringraziamenti ^^
Grazie di cuore a RIN HISEGAWA che ha recensito lo scorso chap: sono felicissima che la fic ti sia piaciuta, anche perché, come avrai ormai capito, ci tengo molto alla tua opinione!
X quanto riguarda le domande che mi hai fatto: la prima (perché gli X-Men hanno portato via Violet senza dire niente ai suoi?) troverà una risposta tra qualche chappy (dovrai portare un po' di pazienza^^); la seconda (come sono le rifiniture delle tute di Gas e Steve?) quelle di Gas sono grigio molto chiaro, quelle di Steve, invece, sono color acquamarina, cioè azzurro chiarissimo.
PS: Grande idea quella dell'hate club dell'Uomo Ghiacciolo, ci sto^^

Un grazie anche a tutti quelli che leggono senza recensire, baciotti da CICCIOLGEIRI!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo quattro: sotterranei dello Xavier's, laboratorio ***


Capitolo quattro: sotterranei dello Xavier’s, laboratorio



<< Violet? >> una voce rimbombò nella sua testa, chiara, più forte dei rumori che sentiva in sottofondo << Sei al sicuro, Violet, sta tranquilla. Finirà presto. >>
Avrebbe voluto gridare, ma non ci riusciva, non sentiva più il suo corpo, non sentiva niente. Solo tanto dolore, i muscoli contratti in spasmi lancinanti, la paura.
<< Violet >> la voce era dolce e calma, rassicurante << Non ti faremo del male, calmati. >>
Il rumore delle scosse elettriche, quello degli oggetti frantumati e delle esplosioni.
<< Violet! >>

Sotterranei dello Xavier’s, Cerebro

<< Violet! >> esclamò il professore. Aveva gli occhi chiusi e indossava il casco di Cerebro. Stava cercando di mettersi in contatto con la ragazzina che stava facendo saltare tutto in aria nel laboratorio. Logan si era offerto volontario per andare a fermarla, ma il professore glielo aveva vietato, dicendo che se ne sarebbe occupato lui. Eppure era già da un po’ che stavano dentro Cerebro e le esplosioni continuavano. Se andava avanti così, la scuola sarebbe saltata in aria con loro dentro. Il professore aggrottò impercettibilmente la fronte, poi aprì gli occhi.
<< Tra poco smetterà >> annunciò, voltandosi con la carrozzella verso Jean, Logan e Tempesta, << andiamo >> e fece strada, precedendoli sul ponte. La porta di Cerebro si aprì e il gruppetto si diresse verso il laboratorio. Nel corridoio le esplosioni erano amplificate e le luci avevano continui cali di tensione: alcune lampadine erano scoppiate, spargendo vetri a destra e a manca. Ad un tratto, però, la luce tornò fissa e le esplosioni cessarono. La porta del laboratorio era deformata in più punti, ma si aprì comunque al loro passaggio, rivelando il caos più totale: le pareti della stanza, di lucido acciaio, erano fuse in alcuni punti, tutti i congegni elettrici avevano preso fuoco, le apparecchiature mediche erano state scaraventate via. La ragazza stava ancora sdraiata sul lettino, il casco per il monitoraggio dell’attività cerebrale si era incrinato.
<< Logan, valla a prendere! >> disse il professore << Jean, aiutami a contattare tutti quelli che possono darci una mano con l’incendio e, Ororo, controlla che ai piani superiori sia tutto a posto! >> continuò. Tempesta corse lungo il corridoio e sparì, entrando nell’ascensore che portava ai piani alti, mentre Jean e il professore lanciavano messaggi telepatici a tutti quelli che avevano una mutazione utile allo scopo: Idro, Uomo Ghiaccio, Gas e Pyro. Invece Logan entrò nel laboratorio distrutto per recuperare la ragazza. La prese in braccio di peso e una mano le ricadde mollemente lungo un fianco. Sperò che fosse solo svenuta e che non ci fosse rimasta secca: non riusciva a sentirle il respiro, né lei dava segni di coscienza. Il professore gli ordinò via telepatica di portarla subito in infermeria, mentre lui e Jean continuavano il reclutamento e lui obbedì. Mentre correva con la ragazza tra le braccia, notò con sollievo che aveva ripreso a respirare, anche se aveva rischiato di soffocare. Prese l’ascensore e arrivò al secondo piano, all’infermeria, dove Tempesta aveva già preparato l’ossigeno: evidentemente l’avevano avvisata.
<< Come sta? >> chiese, mentre lui adagiava la ragazzina su uno dei letti lungo alla parete.
<< Non ha ustioni e respira, per il resto non lo so >> rispose. Tempesta le appoggiò la mascherina per l’ossigeno sul volto, poi le mise una flebo nel braccio sinistro.
<< Che cos’è? >> chiese Logan, che non aveva mai avuto una grande passione per punture e medicamenti in genere.
<< E’ un sedativo >> gli spiegò Ororo, << così non inizierà di nuovo ad emettere elettricità. >>
<< E quando si sveglierà? Non possiamo tenerla addormentata per sempre! >>
<< Nello stato in cui è ora sarebbe pericolosa sia per sé stessa che per gli altri, quindi, fino a quando non troveremo un modo per tenerla sotto controllo, la terremo sotto sedativi >> era stato il professore a dirlo, le sue parole gli rimbombarono in testa come un’eco. Logan odiava quel genere di cose.
<< Ha ragione il professore >> asserì Tempesta. Anche lei aveva ricevuto il messaggio.
<< Fate come vi pare, allora. Io vado ad aiutare gli altri, tu che fai? >>
<< Tempesta, resta a controllare Violet, non preoccuparti >> disse il professore telepaticamente.
<< Io vado! >> esclamò Logan e corse fuori dalla stanza.

Sotterranei dello Xavier’s, Laboratorio

Non c’era stato tempo di indossare le divise, così Steve, Gas, John e Bobby dovettero correre a dare una mano al professore e a Jean in pantaloncini da ginnastica e T-shirt (nel caso di Steve addirittura in canottiera).
Gas mollò un pugno ad un dei pannelli di legno scuro che rivestivano il corridoio del primo piano e la porta dell’ascensore che portava ai sotterranei si spalancò. I ragazzi si accalcarono dentro all’ascensore, che scese e scese, portandoli al piano di sotto. La porta si aprì di nuovo e si ritrovarono nel lucido corridoio rivestito d’acciaio che portava al laboratorio. Era già pieno di fumo.
<< Diamoci una mossa! >> esclamò Gas, sublimando e confondendosi col fumo denso. Gli altri gli corsero dietro, tenendosi premute contro al naso le magliette. Dopo un po’ si trovarono davanti il professore e Jean, la quale teneva lontano il fuoco e il fumo con la telecinesi.
<< Ragazzi, datemi una mano! >> ordinò loro via telepatica. John, allora, corse dentro il laboratorio e iniziò a risucchiare il fuoco dai macchinari incendiati utilizzando la sua mutazione. Anche Bobby e Steve lo seguirono e i tre iniziarono a domare le fiamme servendosi dei loro poteri. Contemporaneamente Gas volava in giro sottoforma di nebbiolina rosata e inglobava il fumo prodotto dall’incendio, rendendo l’aria di nuovo respirabile.
Proprio mentre Steve stava per sparare un getto d’acqua contro uno strano macchinario argentato che aveva preso fuoco, nei sotterranei arrivò anche Logan, armato di estintore.
<< Logan, sta attento! >> gli gridò dietro Jean. Lei e il professore erano stati portati da Gas in un punto in cui c’era meno fumo e aspettavano che le fiamme fossero domate, non potendo collaborare.
<< Insieme! >> ordinò Logan a Bobby che, col suo ghiaccio, stava provando a spegnere un macchinario incendiato. I due unirono le loro forze e ben presto spensero anche i fuochi che si erano appiccati alle altre macchine, mentre Steve aveva inondato mezzo laboratorio per fermare le fiamme prodotte dai neon esplosi. Quando ebbero finito il fuoco era stato domato, ma il laboratorio e buona parte delle attrezzature erano distrutti. Fortunatamente, però, le altre sale dei sotterranei non avevano riportato alcun danno, come il professore stesso constatò. Dopo essersi assicurati che non ci fosse più alcun pericolo, tutti quanti andarono in infermeria, dove Tempesta, Kitty e Colosso li stavano aspettando.
<< Non si è fatto male nessuno, per fortuna! >> annunciò Gas non appena varcò la soglia. Era tutto sporco di fuliggine, ma non aveva riportato alcun danno. << L’unico che per poco non finiva arrosto è Logan, ma per lui non c’è problema! >> in effetti Logan, per aiutare Bobby, si era un po’ bruciacchiato, ma era guarito subito, naturalmente. Steve pensava che quel potere fosse davvero utile.
<< Ragazzi, ora voglio che vi riposiate qui in infermeria per un po’, avete fatto uno sforzo notevole. Kitty, te ne occupi tu? >> domandò il professore.
Kitty, che era l’assistente di Jean, disse subito di sì e il professore, Jean, Logan e Tempesta tornarono nei sotterranei per valutare l’entità dei danni.
<< E così siete degli eroi! >> esclamò Colosso, porgendo a Gas un asciugamano per pulirsi.
<< Sembrerebbe di sì >> disse John, buttandosi sul letto, << e meno male che il sabato dovrebbe essere il giorno più calmo della
settimana! >>
<< Me lo sentivo che sarebbe successo qualcosa >> fece Gas, << già col fatto che durante l’unica ora che abbiamo oggi c’era Logan, qualche cosa la dovevamo sospettare: abbiamo iniziato proprio col piede sbagliato! >>
<< Intanto siamo stati fortissimi! Se non ci fossimo stati noi a quest’ora la scuola sarebbe saltata per aria! >> fece notare Bobby con orgoglio.
<< Dove sono gli altri, Kitty? >> domandò Steve, era un po’ preoccupato.
<< Il professore ha inviato a tutti un messaggio telepatico e ha detto loro di andare nei dormitori, ma credo che tra poco darà il via libera. Ha permesso di salire in infermeria solo a me e a Colosso, perché siamo gli apprendisti di Jean. >>
<< In effetti è solo lei l’apprendista, ma il prof non la voleva lasciare da sola e mi ha detto di accompagnarla! >> chiarì Colosso. Effettivamente Steve non ce lo vedeva per niente a fare il medico: con quelle mani che si ritrovava invece di fare una piccola incisione, quando usava il bisturi, il povero paziente l’avrebbe squartato.
<< Ehi, Steve! Quella non è la ragazza elettrica? >> esclamò Gas ad un certo punto. Gli indicò uno dei letti sistemati addosso alla parete di fronte a loro: era proprio lei.
<< Ma è morta? >> chiese, alquanto spaventato.
<< No, che dici! >> rispose Kitty << E’ solo svenuta, poverina. Sai, Tempesta mi ha detto che devono tenerla sotto sedativi, perché non appena si sveglia inizia a rilasciare elettricità. >>
<< Poverina?! >> ripeté Gas << Ma se stava per farci tutti alla brace? Avete presente quelle racchette elettriche che servono per ammazzare gli insetti? Ecco, lei è la racchetta e noi siamo gli insetti! Fanno bene a tenerla sedata, è troppo pericolosa! >>
<< Non lo fa apposta, però … >> mormorò Kitty, lanciandole un’occhiata << Deve essere tanto triste per quel che è successo al suo
ragazzo …>>
<< Tempesta ti ha raccontato tutto? >> chiese Steve.
<< Sì: mi ha detto che non è riuscita a controllarsi e ha fulminato il suo ragazzo! >>
<< Eh, già >> sospirò Gas teatralmente, << tra loro deve essere stato un vero e proprio colpo di fulmine! >>



Ciao a tutti! Scusate se ci ho messo tanto (il capitolo era pronto da secoli, ma non ho avuto tempo di pubblicarlo ^^' ), comunque d'ora in poi cercherò di accelerare un po'i tempi, visto che ho già scritto qualche altro chappy!
Ci tengo a dire due cose:
Prima di tutto, grazie a Rin Hisegawa x la sua recensione (grazie cara, sn felice che la fic ti piaccia!)
Secondo: Si può sapere xché cavolo non recensite? L'ultimo cap ha oltre 40 visualizzazioni, allora come mai l'unica che ha recensito è Rin? Sappiate che siete liberi di scrivermi qualsiasi cosa, anche critiche, se la ficcy non dovesse piacervi!!
Detto questo: BUONA LETTURA!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo cinque: Xavier's Institute for gifted youngsters, spogliatoi ***


Capitolo cinque: Xavier’s Institute for gifted youngsters, spogliatoi



Steve si allacciò la tuta e si guardò nello specchio dello spogliatoio dei ragazzi: l’immagine che gli restituì era talmente penosa che, per un istante, temette che il vetro s’incrinasse. Fece un respiro profondo e gonfiò il petto. Ecco, così andava meglio. Si guardò da varie angolazioni e si disse che, per avere un aspetto più consono a un X-Man, bastava che andasse in giro trattenendo il fiato. Lasciò andare l’aria, sgonfiandosi. L’allenamento domenicale nella Stanza del Pericolo lo attendeva e fare tardi non poteva passargli neppure per l’anticamera del cervello: Ciclope li aveva tartassati per tutta la settimana dicendo che l’esercitazione che si sarebbe tenuta quel giorno era importantissima.
<< Gas, hai fatto? >> disse Steve a voce alta, rivolto all’amico << Vado via senza di te, se non ti sbrighi! >>
<< Eccomi, eccomi! >> Gas uscì fuori dai meandri della cabina doccia con solo un asciugamano addosso. Non era un bello spettacolo per Steve, ma doveva ammettere che Gas aveva un fisico centomila volte meglio del suo. Sospirò sconsolato.
<< Scusa, Steve, la smetto subito di umiliarti >> fece Lucas con un sorrisetto, indossando la sua tuta. Si guardò compiaciuto allo specchio.
<< Perdonami, amico, ma non posso farci niente: mi sa proprio che continuerò! >> disse subito dopo, mostrando i bicipiti al suo riflesso
<< Vai, tigre! Stendili tutti! >>
<< Devi continuare ancora per molto? >> sbottò Steve << Non è colpa mia se sono … >>
<< … flaccido? Moscio? Ehm … aspetta, ce n’è un altro … >> Gas si mise un dito sul mento, come se ci stesse pensando su.
<< Ok, ok. Ho capito che faccio schifo, possiamo andare ora? >>
<< Direi proprio di sì, forza! >> esclamò Gas, sciogliendo i muscoli delle spalle. I due ragazzi uscirono dagli spogliatoi e percorsero un breve tratto di corridoio fino ad arrivare all’ingresso della Stanza del Pericolo, dove c’era Rogue.
<< Ciao, Rogue! >> esclamò Steve, facendo il sorriso più avvenente che gli riuscì.
<< Ciao, ragazzi! >> li salutò lei. La tuta le stava splendidamente e Steve avrebbe voluto farle un complimento, ma sembrava che il cavo che collegava il cervello alla bocca fosse scollegato, così si limitò ad annuire con un’espressione ebete dipinta sul volto. Ad un tratto la porta si aprì e i tre ragazzi entrarono. Prima di varcare la soglia Lucas gli sussurrò all’orecchio:
<< Ehi, cerca di non sbavare troppo! >> e poi sublimò non appena Steve tentò di colpirlo, cosicché il ragazzo si ritrovò a tentare di afferrare il fumo a mani nude.
<< Sei un’idiota! >> gli sibilò.
<< E’ un dono di natura, sai com’è … >> rispose Gas, alzando un sopracciglio.
<< Questa me la paghi, Gas! >>
<< E no! L’altra volta il frullato al bar l’ho pagato io: stavolta tocca a te offrire! >> Steve afferrò al volo: quando Gas faceva lo scemo in quel modo non c’era niente da fare, perciò fece silenzio e lo lasciò perdere.
La Stanza del Pericolo era una camera molto grande rivestita di pannelli lucidi realizzati appositamente per rendere le esercitazioni più realistiche. Il soffitto era alto e a cupola e, in un punto, c’era un pannello di vetro con dietro un piccolo locale, la centrale di controllo: il posto da dove l’incaricato del giorno controllava l’andamento della missione e i vari effetti grafici, sonori e quant’altro. Quel giorno l’incaricato alla centrale di controllo doveva essere Ciclope, ma Steve, alzando lo sguardo, nella piccola stanzetta sopra di loro, vide solo Tempesta. Come mai? Di solito Scott non faceva mai tardi.
<< C’è stato un cambio di programma, ragazzi: Ciclope non è potuto venire, perciò oggi sarò io l’addetta alla centrale >> disse loro Tempesta, mentre Jean, Kitty, Colosso, Pyro e tutti gli altri entravano nella Stanza.
<< Oggi che Scott non c’è faremo fare loro un po’ d’allenamento a coppia >> annunciò Jean.
<< Come mai Ciclope manca? E’ malato? >> chiese Rogue.
<< No, cara: aveva da fare >> rispose Jean, alquanto lapidaria.
<< E che doveva fare, esattamente? >> domandò Gas.
<< Se Jean non te l’ha detto vuol dire che non puoi saperlo, tu che dici, nano? >> esclamò Logan, contrariato.
<< Grazie, Logan. Non c’è bisogno che ti arrabbi >> disse Jean.
<< Sì, Logan: sta a cuccia! >> fece Gas.
<< Che mi hai detto, brutto mostro deficiente? >> Logan gli si avvicinò pericolosamente.
<< Come mi hai chiamato? >>
<< Mostro deficiente, perché hai problemi, per caso? >> ripeté Logan. Gas stava per rispondergli poi, però, dovette ricordarsi con chi stava parlando e chiuse la bocca.
Tempesta, dalla centrale di controllo, iniziò a parlare attraverso il microfono:
<< Bene >> esordì, << lo scenario di oggi sarà una base militare. Voi e il vostro compagno siete alla ricerca di documenti top secret di cui vi darò le coordinate prima che il cronometro scatti: vince la gara la coppia che riesce a recuperare per prima i documenti.>>
Colosso alzò la mano.
<< Sì? >> chiese Tempesta.
<< Dovremo lottare tra di noi? >>
<< Solo se vi intralciate la strada a vicenda, altrimenti è vietato infastidire le altre squadre. Tutto chiaro? >>
Dalla stanza si levò un coro di: << Sììììì! >> e il “no” di Logan spiccò subito.
<< Che c’è, Logan? >> domandò Tempesta.
<< Perché dobbiamo fare queste idiozie? >>
<< Perché lo dico io e ora basta: abbiamo perso fin troppo tempo! >> detto questo, la donna fece partire la simulazione. La stanza si trasformò in una foresta buia. Faceva piuttosto freddo e le fronde degli alberi frusciavano, mosse da un vento tagliente. Steve alzò lo sguardo al cielo: dietro lo strato di nubi si poteva intravedere la luce prodotta dal disco lunare. Era incredibile quanto tutto fosse realistico.
<< Le coppie sono >> annunciò Tempesta, << Gas e Idro, Uomo Ghiaccio e Pyro, Rogue e Colosso, Shadowcat e Wolverine, Fenice e Jubilee. Ora andate, le coordinate sono sui vostri orologi. >>
<< Quali … ah! Questi orologi! >> esclamò Gas, osservandosi il polso sinistro, attorno al quale era comparso uno strano orologio argentato. Anche Steve ne aveva uno uguale, solo che il suo era azzurro metallizzato.
<< I colori degli orologi sono gli stessi delle rifiniture delle nostre tute >> osservò, girando il polso per ammirare l’orologio da varie angolazioni.
<< Bel lavoro, Sherlock: diamoci da fare, però! >> disse Gas e, i due, iniziarono a barcamenarsi tra la fitta vegetazione, virtuale, ma lo stesso molto insidiosa.
Gli orologi dicevano che i documenti stavano in uno studio nella base militare collocata ad un chilometro a nord ovest dalla loro posizione attuale. Steve arrancava a fatica dietro Gas che, a un certo punto, si arrestò. In lontananza si sentiva un rumore d’acqua corrente.
<< Quanto ci scommetti che c’è da guadare un fiume? >> chiese Gas, sbuffando.
<< Muoviamoci, allora >> esortò Steve. I due ripresero a camminare e dopo un po’ uscirono dalla vegetazione. Il fiume, largo cinque o sei braccia, scrosciava impetuoso davanti a loro e aveva tutta l’aria di essere gelato. Steve rabbrividì: iniziava a sentire davvero freddo, ma non c’era tempo da perdere. << Che si fa? >> chiese a Gas. Stava per dire che poteva tentare di spostare l’acqua con i suoi poteri, ma Gas lo afferrò per un braccio e sublimarono, oltrepassando in un baleno il fiume.
<< Lo sai che odio sublimare! >> lo rimbrottò Steve: quell’esperienza lo lasciava sempre scombussolato.
<< Sì, lo so, ma dobbiamo fare presto: non posso mica aspettare che tu faccia il Mosè improvvisato! >> esclamò Gas, mentre, superando a passo svelto la riva fangosa, rientravano nella vegetazione. Gas scostava i rami davanti a sé e poi li lasciava all’improvviso, così, più di qualche volta, Steve si ritrovò nell’occhio una fronda finta, ma dolorosa come se fosse vera!
<< Vuoi stare più attento? >> gracchiò, massaggiandosi un occhio << Ci sto io qui dietro! >>
<< Silenzio! Lo senti? >> Steve non sentiva proprio un bel niente.
<< No, che cosa dovrei sentire? >>
<< Niente: è questo il punto. Nessun rumore … >>
<< Tu guardi troppi film di Indiana Jones, cammina! >>
<< A te l’ultimo di Indiana Jones è piaciuto, quello dei teschi di cristallo? >> domandò Lucas, scavalcando un tronco ricoperto di muschio. Steve aggrottò la fronte e lo imitò: << Sai, non mi sembra il momento di parlare di film! >> disse. Gas stava per rispondergli, quando qualcosa gli sibilò ad un soffio dal naso, conficcandosi in un albero.
<< Ma che diavolo … >> mormorò il ragazzo << E’ un ghiacciolo! >> annunciò poi, tastando la lama di ghiaccio piantata nel tronco. Steve si guardò attorno e vide Bobby Drake barcamenarsi tra gli alberi e venire verso di loro.
<< Sei impazzito, per caso? >> gli urlò contro Gas << Stavi per accopparmi! >>
<< Tempesta ha detto che possiamo attaccare, se gli altri ci ostacolano! >> esclamò Bobby per tutta risposta, mentre Pyro compariva dietro di lui.
<< Ma se non vi avevamo neanche visti! >> fece Steve << Non vi stavamo intralciando! >>
<< Be’, ora lo state facendo! >> sibilò Pyro, facendo scattare il coperchio del suo accendino a forma di squalo.
<< Ma fai sul serio? >> chiese Gas, adirato << Vi possiamo stracciare in qualunque momento! Se ci tenete alla pelle, vi consiglio di proseguire dritti! >>
<< E’ una minaccia, Loffia? >> domandò Bobby alzando un sopracciglio chiaro.
<< Mi sa proprio di sì, Frigido! >> rispose Gas. I due si stavano avvicinando pericolosamente. Steve prese l’amico per il gomito.
<< Dai, Gas: non ne vale la pena … >> disse.
<< Che, fai, Gas? Dai retta al tuo ragazzo o combatti? >> domandò Pyro con strafottenza.
<< Questo non avresti dovuto dirlo! >> sibilò Steve, iniziava a perdere le staffe. Che cosa gli era preso a quei due?
<< Se ce l’hai già il fidanzato, perché ci provi con la mia ragazza, eh Pisciatina? >> Bobby lasciò perdere Gas e si voltò verso di lui. Ah, ecco qual’era il problema. << Ho visto come la guardi! Le devi stare lontano! >> continuò.
<< Datti una calmata, ok? Possiamo risolvere tutto da gente civile, senza poteri! >> esclamò Steve, che cercava sempre di essere il più diplomatico possibile.
<< Hai fifa, per caso? >>
<< No, è che non voglio farti male!>>
Bobby e Pyro scoppiarono a ridere:
<< Oddio, me la sono fatta sotto dalla paura! >> esclamò quest’ultimo, asciugandosi le lacrime.
<< Ah, ecco cos’è questa puzza >> disse Gas, << oppure questo è il tuo odore di sempre? >>
<< Ripetilo se hai il coraggio! Se ho sentito bene ti riporteranno in infermeria in una tabacchiera! >> Pyro fece scattare nuovamente il coperchio dell’accendino.
<< Calma i bollenti spiriti, hai sentito benissimo: ho detto che puzzi! >>
<< Te la sei cercata, Loffia! >> ringhiò Pyro. Accese l’accendino e la debole fiammella che ne scaturì si trasformò in una violenta vampata che investì Idro e Gas, che però fece sublimare prontamente entrambi. I due si confusero col fumo e ritornarono in forma umana dietro a Bobby e John, che non ebbero neppure il tempo di voltarsi: Idro li investì con un potente getto d’acqua fredda e finirono gambe all’aria per terra.
<< Ve l’avevo detto che dovevate smammare! >> esclamò Gas, mentre i due tossicchiavano e sputavano l’acqua.
<< Coraggio! >> disse Steve, porgendo la mano a Bobby. Il ragazzo l’afferrò e si rimise in piedi e, a quel punto, fece una cosa che né Gas, né Pyro, né Steve si sarebbero mai aspettati: gli tirò un sonoro gancio alla sprovvista. Steve fece una piroetta, poi barcollò all’indietro e cadde lungo disteso a terra: K.O.


Ciao a tutti: ecco un'altro chappy! Spero che vi piaccia ... BaCiOtTi da CICCIOLGEIRI.
P.S. In questo chap menziono "Indiana Jones e il Regno dei Teschi di Cristallo" anche se all'epoca in cui è ambientata la fic non era ancora uscito... Prendetela come una mia licenza poetica^^
Buona lettura!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo sei: Infermeria dello Xavier's ***


Capitolo sei: Infermeria dello Xavier’s



Era sdraiato in un letto morbido e confortevole e sentiva un fastidioso dolore al naso. Aprì gli occhi e vide che, seduti ai piedi del letto, c’erano Gas e Pyro. I due, non appena notarono che si era svegliato, iniziarono a parlargli in contemporanea, gesticolando come matti.
<< Ehi! >> li riprese Kitty, avvicinandosi << Non parlate tutt’e due insieme: si è appena svegliato, non capisce niente! >>
<< Come al solito, allora! >> osservò Gas, mentre sul volto di Steve si dipingeva un debole sorriso << Ah, allora sei sveglio! Meno male, mi hai fatto prendere un colpo! >>
<< Che cosa mi è successo? >> chiese Idro, stiracchiandosi e richiudendo le palpebre.
<< Bobby Drake ti ha dato un pugno in faccia e ti ha fratturato il setto nasale >> spiegò Kitty, alquanto imbarazzata. Steve spalancò gli occhi. Setto nasale fratturato. Bobby Drake gli aveva fratturato il setto nasale con un pugno: un motivo in più per ammazzarlo quando sarebbe uscito da lì.
<< Scusa, amico! Non ho fatto in tempo a fermarlo, credevo che non facesse sul serio … >> iniziò Pyro, ma Steve lo bloccò con un cenno della mano.
<< E’ tutto ok >> disse.
<< Comunque sia, per farmi perdonare ti ho portato questi >> proseguì il ragazzo, sollevando da terra una busta piena di caramelle, << spero che le gommose ti piacciano! >>
<< Anche se dovessero non piacergli, non andrebbero comunque sprecate, sta sicuro! >> esclamò Gas con gli occhi che brillavano. Lui adorava i dolcetti.
Steve sorrise, ma subito il sorriso i trasformò in una smorfia di dolore:
<< Il naso! >> esclamò << Che male! >>
<< Ti conviene di non essere troppo espressivo, fino a quando non sarai guarito >> gli suggerì Kitty.
<< Io non sono un tipo vendicativo, ma stavolta giuro che quello lo ammazzo! Ahia! >> Steve si portò una mano alla punta del naso: era fasciato di tutto punto e, a giudicare dal dolore, doveva essersi parecchio gonfiato.
<< Non fare lo scemo! Non sai che canata gli hanno fatto per quello che ti ha combinato! >> esclamò Gas, frugando nella busta di Pyro, per poi addentare una lunga caramella di colore rosso.
<< Sì è vero! >> confermò John, porgendo anche a lui una caramella uguale. Steve la assaggiò (era alla ciliegia) e continuò ad ascoltare. << Tempesta era furiosa, gli ha vietato per tre mesi di fare gli allenamenti con noi e ho sentito Jean parlare di togliergli anche l’uniforme! >>
Steve, suo malgrado, gongolava dalla felicità anche se sapeva che non sarebbe successo niente: tutti, alla fine, avrebbero perdonato Drake, eppure non poteva fare a meno di immaginare che faccia avrebbe fatto se gli avessero davvero sequestrato la tuta.
<< Però, Steve, non arrabbiarti troppo >> disse Kitty,
<< Rogue mi ha detto che si è comportato così, perché il giorno prima avevano discusso e lui era un po’ nervoso. Naturalmente non avrebbe dovuto farlo lo stesso, però … >>
<< Kitty, gli ha spappolato il naso, non so se mi spiego! >> esclamò Gas a bocca piena << E stava quasi per infilzarmi con un ghiacciolo! >>
Kitty si strinse nelle spalle e tornò a fare il lavoro che Jean le aveva lasciato detto, ossia sterilizzare gli strumenti dell’infermeria.
<< Hanno discusso?! >> ripeté Steve con mal celata euforia.
<< Eh, già, Don Giovanni: è il tuo momento! >> esclamò Gas ridacchiando.
Rogue e Bobby avevano litigato. Steve conosceva il detto: “l’amore non è bello se non è litigarello”, ma non poteva fare a meno di sperare che quello fosse un presagio di rottura.
<< Hanno intenzione di … lasciarsi? >> domandò, dando voce ai suoi pensieri. Alla parola “lasciarsi” la sua voce salì di un paio d’ottave.
<< Non saprei >> disse Pyro, facendo spallucce.
<< Sei proprio sicuro, non ti ha detto niente? >>
<< Be’, no … voglio dire: lui non ha intenzione di mollare Rogue, ma non so cosa ne pensi lei. >>
Steve fece un respiro profondo e picchiò la testa contro il cuscino un paio di volte. E se Rogue non volesse più stare con lui? Poteva essere la sua unica chance per conquistarla: doveva saperne di più.
<< Gas >> esclamò, << John! Voglio che voi due indaghiate per conto mio, d’accordo? Dovete scoprire se Drake e Rogue stanno per rompere! >>
Gas alzò le sopracciglia:
<< Vuoi dire che ti dobbiamo fare da investigatori privati? >>
<< Be’, più o meno l’idea è quella! >>
<< Non hai intenzione di pagarci, vero? >>
<< No, però avrete fatto felice un amico: questa non è la migliore delle ricompense? >> Steve sorrise, speranzoso.
<< No >> concluse Gas, << avrei preferito di gran lunga i verdoni … però, visto che sei in fin di vita ti aiuterò! >>
<< Anch’io! >> fece Pyro.
<< Grazie, ragazzi >> disse Steve con riconoscenza, << siete mitici! >> e addentò una caramella.

Xavier’s Institute for gifted younger, cortile

<< Non è possibile che non ci siano da nessuna parte! >> sbottò Pyro, sedendosi sul bordo della fontana.
<< Magari stanno facendo pace, non so se mi spiego! >> disse Gas alzando un sopracciglio.
<< Ah, sì? Se mi spieghi come fanno col … ehm … “problemino” di Rogue, allora sei un genio! >>
<< Io una mezza idea ce l’avrei: prendi dei guanti di lattice, un po’ di carta stagnola … >> iniziò, contando sulla punta delle dita, ma Pyro lo interruppe.
<< Ok, ho capito: stop! >> disse.
<< Che ne dici di andare a controllare al garage? Se non mi ricordo male Bobby voleva occuparsi della vecchia Gran Torino, laggiù! >>
<< Be’, tentar non nuoce: andiamo! >> i due ragazzi si incamminarono verso il garage, dove tutti gli insegnanti e non parcheggiavano i loro trabiccoli (alcuni dei quali, vedi la Mazda RX8 di Ciclope, erano davvero dei gioiellini). Entrarono nell’ampio atrio semideserto e imboccarono la scala che portava all’autorimessa. Pyro fece scattare l’interruttore della luce ed i neon si accesero uno dopo l’altro, producendo un rumore secco.
<< Wow! >> fu il commento di Gas << Su questa ti ci puoi specchiare! >> esclamò, avvicinandosi al lucidissimo cofano rosso fuoco della Hummer di Logan.
<< Venderei mia nonna per una carretta del genere! >> disse Pyro con aria trasognata, affiancandosi all’amico << Secondo te dove li ha presi i soldi per comprarsela? >> chiese poi.
Gas fece spallucce:
<< Non saprei, forse l’ha rubata. In effetti, ce l’ha un po’ la faccia da “ladro di Hummer”: ce lo vedo proprio a soffiarla a qualcuno! >>
Pyro ridacchiò e quel suono riecheggiò per tutto il locale, mentre i due si dividevano per osservare altre vetture: Bobby e Rogue erano passati in secondo piano, come c’era da aspettarsi.
<< Ehi! >> esclamò Gas ad un certo punto, indicando il posto vuoto in cui, di solito, era parcheggiata la moto di Ciclope << Scott non è ancora tornato! >>
<< Chissà, forse il professore gli ha affidato una missione da qualche parte … >> rispose Pyro. La loro conversazione fu interrotta dal ruggito poderoso di un motore e le porte automatiche del garage si spalancarono, lasciando passare Ciclope a bordo della sua Harley Davidson VRSCA V-Rod modificata. Che spettacolo!
<< Eccolo qua >> mormorò Gas, mentre l’uomo scendeva dalla sua due ruote e metteva il cavalletto. I due ragazzi gli si avvicinarono.
<< Ciao, Cyke! >> lo salutò Pyro << Dove eri finito? E’ da sabato che non ti si vede! >>
Scott sorrise. Sembrava piuttosto stanco: Gas era sicuro che sotto gli occhiali al quarzo avesse un bel paio di occhiaie.
<< Ho avuto da fare in Texas >> spiegò, << il professore mi ha chiesto di rintracciare i genitori di Violet Baudelaire e … e ci è voluto più tempo del previsto … >>
<< Quindi sanno già tutto? >> domandò Pyro.
<< No, ho solo accennato loro qualcosa: il professore vuole parlare con loro personalmente, assieme a Violet. >>
<< E che ti ha mandato a fare, allora? >> disse Gas.
<< Ehm … diciamo che sono andato a sondare il terreno. >>
<< Capito. Sono tipi a posto? >>
Ciclope si strinse nelle spalle:
<< Lo scopriremo quando sapranno che loro figlia è una mutante. Ora scusate, ragazzi, ma vado a stendermi: sono esausto! >> e, detto questo, sparì su per le scale, lasciandoli soli.

Infermeria dello Xavier’s

Ciclope varcò la soglia dell’infermeria e si guardò un attimo attorno. Poi il suo sguardo cadde sul letto dove stava sdraiato Steve.
<< Ehi, Steve, che ti è successo? >> chiese.
<< Mi … ehm … mi hanno dato un pugno. E’ stato Bobby Drake >> spiegò Steve, cercando di sorridere.
<< Bobby?! >> ripeté Ciclope, alzando un sopracciglio. Steve annuì.
<< Be’, me ne occuperò io, non preoccuparti. Sai dov’è, Jean? >>
Steve allungò il collo per guardarsi intorno:
<< E’ andata a prendere non so cosa da mettere nella flebo di Violet >> spiegò poi, indicando il letto accanto al suo.
<< Ah, l’hanno ricoverata quassù >> constatò Ciclope, annuendo piano. Tra i due calò un attimo di silenzio, poi nella stanza entrò Jean:
<< Scott! >> esclamò, poggiando alcune fialette sulla scrivania e correndo verso Ciclope. I due si abbracciarono e si scambiarono un lungo bacio. Steve distolse subito lo sguardo e li lasciò fare: odiava essere sempre il terzo incomodo.
<< No >> disse ad un tratto Ciclope, con tono triste, mentre Jean gli accarezzava il viso, << niente di niente! >>
<< Mi dispiace tanto, tesoro! Vedrai che prima o poi … >> la donna si interruppe, lanciando una veloce occhiata a Steve, per poi guardare nuovamente Scott, che annuì.
<< Va bene >> disse e, dopo avere baciato nuovamente Jean, uscì dalla stanza.
Steve aveva capito che dovevano avere avuto una conversazione telepatica per non far sapere a lui i fatti loro e decise di non indagare oltre: se Jean non aveva parlato a voce alta doveva esserci un motivo e infastidirla era proprio l’ultimo dei suoi pensieri. Così, non disse niente e aspettò che Jean sistemasse la flebo di Violet. Non si era accorto subito di essere stato sistemato proprio accanto a lei, ma la cosa non gli dava nessun problema, anzi. Quella ragazza gli faceva tenerezza: aveva provato ad immaginare come dovesse sentirsi, ma non ci riusciva. Era troppo brutto, troppo triste.
<< Come sta? >> chiese a Jean, rigirandosi nel letto per guardarla in faccia.
La donna scosse il capo:
<< I valori sono stabili, ma non è quello che mi preoccupa. Non so proprio come reagirà, quando la faremo svegliare … >> rispose.
<< Come avete intenzione di dirglielo … insomma, che ha ucciso il suo ragazzo, intendo. >>
<< Il professore le sta mandando dei messaggi telepatici in modo che il suo subconscio acquisisca la morte di Ryan. Per evitare che abbia un nuovo attacco e per evitare anche che qualcuno di noi si debba prendere la briga di dirglielo in faccia. Credo sia la cosa migliore per tutti. >>
<< Già. Ma, se non riesce a controllare i suoi poteri … Non c’è il rischio che abbia un attacco quando meno ce lo aspettiamo? >>
<< Sì, ecco perché il professore sta mettendo a punto una speciale tuta isolante da farle indossare. >>
<< Credi che basterà a tenerla sotto controllo? >>
<< Sicuramente. Possiamo fidarci delle creazioni del professore. Vedi, è stato lui a progettare gli occhiali di Ciclope e direi che funzionano a meraviglia. Senza il visore, Scott sarebbe in grado di scavare un cratere in una montagna: quelle lenti sono talmente resistenti da riuscire a tenere sotto controllo tutta quell’energia. >>
<< Wow! >> commentò Steve, sinceramente impressionato.
<< Già >> disse Jean sorridendo.


Salve a tutti: ecco un nuovo chappy! Anche stavolta voglio precisare una cosa; la Hummer rosso fuoco è completamente inventata e non so dove il caro Logan l'abbia potuta recuperare, perciò siete liberi di pensare qualsiasi cosa, anche che sia stato Ciclope a regalargliela ( seeee, col cavolo! ndr Ciclope) ^^
Ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e un grazie speciale va anche a Heather91 x averla inserita nei suoi preferiti (GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE)
BUONA LETTURA

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo sette: Xavier's Institute for gifted youngsters, infermeria ***


Capitolo sette: Xavier’s Institute for gifted youngsters, infermeria



Steve sbuffò. Erano le due e mezza del mattino e per via del naso non riusciva né a dormire, né a respirare, così, per passare il tempo, decise di concentrarsi su Violet, che si agitava nel letto. Non era tranquilla, di sicuro stava avendo un incubo. Jean aveva fatto bene a farle indossare subito la tuta progettata dal professore: meglio prevenire che curare, come si suol dire.

Violet aprì gli occhi. Era buio e dalle ampie finestre della stanza dove si trovava filtrava il debole chiarore della luna. Sbatté più volte le palpebre, finché riuscì a mettere a fuoco l’ambiente circostante: sembrava l’ambulatorio di un ospedale. Molto probabilmente ce l’avevano portata dopo l’incidente. Aggrottò la fronte: non si rammentava un granché e i suoi ricordi vaghi sembravano quasi sogni. Aveva sognato che Ryan fosse morto, poco prima, eppure qualcosa dentro la sua testa, una bizzarra consapevolezza, le diceva che non era stato affatto un sogno, Ryan era morto davvero. Non sapeva cosa credere, forse avrebbe dovuto chiamare un infermiere o chi per lui e farsi dare delle spiegazioni. Deglutì sonoramente e si mise a sedere sul letto, lentamente. Le doleva dappertutto e le avevano messo addosso una strana tuta, molto attillata, simile ad una seconda pelle. Si guardò le mani da varie angolazioni: erano ricoperte da un paio di guanti dello stesso materiale della tuta. Alzò un sopracciglio: strano, davvero strano. A distoglierla dalle sue considerazioni fu un rumore che proveniva dal letto accanto al suo. Girò la testa di scatto e vide che un ragazzo dal naso fasciato la stava fissando con gli occhi sbarrati.

Steve si irrigidì. Ok, ora Violet si stava agitando fin troppo. Forse era il caso di andare a chiamare qualcuno, ma non fece nemmeno in tempo a mettersi seduto: la ragazza aveva aperto gli occhi. Rimase per un po’ immobile, gli occhi spalancati che vagavano nell’oscurità, poi scattò a novanta gradi e iniziò a osservarsi le mani inguantate.
Steve era rimasto paralizzato dallo spavento e annaspò nel buio. La ragazza si girò a guardarlo.

Il ragazzo continuava a fissarla, sembrava spaventato. Violet notò che aveva grandi occhi azzurri, molto simili a quelli di Ryan. Una fitta di dolore le trapassò il petto: che cosa era successo al suo ragazzo? Dov’era? Forse quel suo vicino di letto sapeva, forse poteva darle qualche informazione.

<< Dove mi trovo? >> domandò Violet con voce roca. Steve cercò di calmarsi: dopotutto sembrava tranquilla, probabilmente non c’era pericolo che avesse un altro attacco.
<< Ehm … sei in infermeria … >>

Quel ragazzo balbettò che si trovava in infermeria. Allora era vero che era in un ospedale, eppure, anche stavolta, qualcosa le disse che era in un altro luogo, una specie di scuola, se non ricordava male … Ehi! Ma come cavolo faceva a sapere quelle cose? Magari era impazzita e si stava immaginando tutto.
<< Sei allo Xavier’s Institute, una scuola per giovani dotati >> disse, però, il ragazzo. Ci aveva indovinato, allora non aveva dato fuori di matto.
<< Giovani dotati? >> ripeté, socchiudendo le palpebre.
<< Sì, mutanti, insomma. Sei in una scuola per giovani mutanti! >> spiegò il ragazzo, puntellandosi su un gomito per guardarla meglio.
Non riusciva a capire: che ci faceva lei in una scuola per giovani mutanti? Poi, una nuova consapevolezza si affacciò nella sua mente: quel pomeriggio di quegli che oramai le sembravano millenni fa, un fulmine aveva ucciso Ryan. E lei non si era fatta niente, perché era una mutante. Una mutante. << Sono una mutante? >>

Violet assunse un’aria strana, sembrava scioccata. << Sono una mutante? >> gli chiese in un soffio, gli occhi marroni spalancati. Steve annuì: << Sì, lo sei >> spiegò, << qui lo siamo tutti … >>
Violet restò immobile per un attimo a bocca aperta, poi gli occhi le si riempirono di lacrime. I messaggi del professore avevano funzionato: sapeva tutto. Scese dal letto e fece un paio di passi traballanti verso la porta. Se ne stava andando. Steve si scrollò di dosso le coperte e la raggiunse.
<< Dove credi di andare? Qui sei al sicuro! Andrà tutto bene, ti aiuteremo noi! >> esclamò.
La ragazza si voltò a guardarlo, gli occhi color dell’ambra che scintillavano per via delle lacrime:
<< Ho ucciso Ryan, lo raggiungerò presto >> e corse via.

Corse e corse, superando corridoi, scendendo e salendo le scale, sempre con il ragazzo dal naso fasciato alle calcagna che le chiedeva per favore di fermarsi, di aspettare.
Aspettare? Ryan era morto e anche lei sarebbe dovuta morire assieme a lui, tanto valeva finire il lavoro. Si sarebbe tolta di mezzo, era troppo rischioso restare viva, non poteva mettere in pericolo altre persone innocenti.
Uscì dalla scuola per mutanti e attraversò il giardino velocissima, per poi arrampicarsi sul cancello e saltare in strada. Il ragazzo la imitò, ma era lento e impacciato, non l’avrebbe mai raggiunta.

Steve si arrampicò a fatica sul cancello e spiccò un salto. Atterrò a quattro piedi in strada. Violet era a qualche metro da lui. Di sicuro aveva intenzione di andare nel bosco vicino, stava già per incamminarsi, quando si voltò a guardarlo per un istante.

Violet si voltò un attimo per guardare il ragazzo che la stava inseguendo. Era caduto per terra malamente, sul volto un’espressione di dolore. Lui le restituì l’occhiata. All’improvviso il sonoro rumore di un clacson li distolse l’una dall’altro. Lei era in mezzo alla strada. Si voltò di scatto: un’enorme camion procedeva spedito verso di lei, la luce dei fari che l’abbagliava. Ancora una volta si udì il suono del clacson e poi Violet agì, senza nemmeno pensarci: si sfilò un guanto e tese il braccio con il palmo della mano aperto davanti a lei.

<< Attenta! >> urlò Steve, ma la sua voce fu sopraffatta dal rumore delle lamiere del camion, che fu sbalzato via da Violet producendo un frastuono incredibile e una violenta esplosione una cinquantina di metri più in là. Steve restò paralizzato dov’era, incapace persino di respirare: aveva visto volare in aria un bestione di dieci tonnellate ed era stata Violet a scaraventarlo via, come fosse una piuma.

Con un semplice gesto della mano sbalzò via il veicolo, che volò a diversi metri più in là, verso il bosco, per poi esplodere al contatto col terreno. Le fiamme le illuminarono il viso e le danzarono negli occhi, mentre dalla mano libera dal guanto iniziavano a fuoriuscire archi voltaici. Il potere che scorreva in lei poteva essere canalizzato. Il potere nella sua mano. Chiuse il pugno. Si sentiva bene, l’adrenalina fluiva veloce in lei, non capiva più niente e tutto ad un tratto decise che quello stupido che l’aveva seguita doveva pagare. Si voltò verso di lui, che intanto si era messo in piedi e le stava davanti a braccia spalancate, come a volerle sbarrare la strada. Non sarebbe mai riuscito a fermarla, non ora che aveva il potere in tasca. Allungò la mano verso quell’idiota, mostrandogli il palmo. Gli archi voltaici iniziarono a danzare più in fretta attorno alle sue dita contratte come artigli, mentre il rumore delle scosse elettriche si faceva più forte.
<< Non farlo, Violet. So che non vuoi farlo. Non ne vale la pena: non è stata colpa tua. Anche Ryan lo sa! >> le disse: non sembrava spaventato.
Ma che diavolo stava facendo? Che le era preso? Chiuse la mano a pugno, ma era troppo tardi: non riuscì comunque a fermare una saetta. Essa passò a pochi centimetri dalla testa del ragazzo, che cadde a terra all’istante.
<< No! >> urlò Violet, correndogli incontro. Cosa aveva fatto?

Steve vide il lampo scaturito dalla mano di Violet zigzagargli incontro troppo velocemente per essere evitato. Chiuse gli occhi e sentì un rombo sordo. Poi nient’altro.


Ciao: eccomi qui con un'altro chappy! Come promesso sto accelerando i tempi e, fidatevi, tra poco i nostri eroi ne vedranno davvero delle belle ^^
Ringrazio tutti quelli che mi seguono e un grazie particolare va a
Glance per aver recensito lo scorso capitolo e aver inserito questa ff tra le sue preferite!!!
Buona lettura e a presto, by CICCIOLGEIRI ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo otto: Xavier's Institute for gifted youngsters, infermeria ***


Capitolo otto: Xavier’s Institute for gifted youngsters, infermeria



Non appena aprì gli occhi fu investito da una strana sensazione di dejà-vu. Quante volte ancora sarebbe dovuto finire in infermeria? Se continuava così avrebbero dovuto chiamare qualcuno per inserire il suo nome nel libro dei Records.
<< Steve! >> esclamò Kitty gettandogli le braccia al collo e facendolo quasi soffocare << Meno male, credevamo che tu fossi … e invece … >> e scoppiò a piangere.
<< Di’ un po’: hai intenzione di farci l’abbonamento a quel letto o cosa? >> era stato Gas a parlare. Gli sorrideva, seduto su una seggiola di plastica accanto a lui. Kitty sciolse l’abbraccio e si asciugò le lacrime, mentre anche Jubes, Colosso e Pyro si precipitavano a salutarlo. Quando tutti lo ebbero abbracciato, stando bene attenti a non sfiorargli il naso, Steve vide che vicino al letto c’era anche Rogue. Anche lei era rimasta a fargli compagnia.
<< Ciao! >> gli sussurrò all’orecchio, mentre lo abbracciava velocemente, facendo attenzione a non toccarlo. Per un attimo Steve sentì il profumo dei suoi capelli.
<< Ciao! >> le disse, cercando di non sembrare un’idiota.
<< Io vado a chiamare Jean >> annunciò Pyro, correndo fuori dalla stanza.
<< Come stai, amico? >> gli chiese Lucas << Ci hai fatto prendere un colpo secco! Stavolta c’è mancato davvero poco! >>
Steve si mise a sedere sul letto, ancora tutto indolenzito e frastornato:
<< In effetti sto uno schifo >> biascicò, << me ne sono capitate di tutti i colori in questi giorni … >> poi si guardò attorno.
<< La ragazza elettrica l’hanno portata nei sotterranei, se vuoi saperlo >> gli spiegò Gas, ancora prima che avesse il tempo di chiederlo.
<< Come sta? >> domandò.
L’altro sgranò gli occhi:
<< Che cavolo vuol dire “come sta”? Ti ha quasi ammazzato e mi chiedi come sta? >> esclamò.
<< Non voleva farlo, lei … >>
<< Tutte cavolate! Ti ha fatto i capelli a zero! Se quel fulmine ti avesse colpito, a quest’ora staresti in un posacenere! >> Steve si portò una mano ai capelli: era vero! In mezzo erano tutti bruciacchiati, gli erano rimasti solo ai lati.
<< Be’, così somigli un po’ a Logan … >> azzardò timidamente Kitty, cercando di consolarlo.
Steve stava per ribattere che i capelli erano proprio l’ultima cosa per cui avrebbe voluto assomigliare a Logan, quando lui, Jean e Tempesta entrarono in infermeria seguiti da Pyro.
<< Steve! >> esclamò Ororo, correndo ad abbracciarlo. Subito dopo anche Jean la imitò. Però: non era poi così male essere convalescente, dopotutto.
<< Come va, ragazzino? >> Logan gli diede una pacca sulla spalla che per poco non lo fece cadere dal letto.
<< Ehm … così e così, ad essere sinceri! >> rispose, massaggiandosi il punto dolente cercando di non dare troppo nell’occhio.
<< Ti senti svenire? >> chiese subito Tempesta.
<< No, no: sono solo un po’ stanco! >> si affrettò a dire il ragazzo.
<< Allora, quello che ti ci vuole sono un po’ di sane schifezze! >> esclamò Gas allegramente, per poi prendere dal comodino un enorme pacco di Marshmallows. Sul volto di Steve si dipinse un mezzo sorriso: per qualche ragione si sentiva già molto meglio …

Sotterranei dello Xavier’s, camera di sicurezza

La porta della camera di sicurezza si aprì senza il minimo rumore e Jean entrò nella stanza, tenendo in mano una scatola di cioccolatini. Violet era appoggiata al bordo del letto, lo sguardo perso nel vuoto. Non appena la vide si alzò in piedi e le corse incontro.
<< Come sta Steve? >> domandò, gli occhi castani spalancati. Jean sorrise e le fece segno di sedersi sul letto accanto a lei. La ragazza ubbidì, tormentandosi le mani inguantate.
<< Sta bene: questa mattina si è svegliato, ha mangiato e ha chiacchierato con i suoi amici fino a tardi. Non ce l’ha con te, cara. Stai tranquilla! >> Jean le mise una mano sulla spalla e le porse la scatola di cioccolatini.
<< Per me? >> domandò Violet. Si aspettava che, come minimo, in quella scuola tutti la odiassero per quello che aveva combinato nel giro di pochi giorni, eppure Jean era così premurosa. Le venne da piangere: non si meritava minimamente tutte quelle gentilezze, era un’assassina, un mostro e ne aveva dato conferma l’altra notte, rischiando di ammazzare sia Steve che il conducente del camion, che si era miracolosamente salvato ed era stato ricoverato nell’ospedale più vicino, come il professore le aveva spiegato.
Tirò sonoramente su col naso e aprì la scatola. Subito il profumo del cioccolato la investì, facendole venire l’acquolina in bocca. Addentò uno dei dolcetti e si asciugò gli occhi umidi, mentre il groppo che aveva in gola le impediva di inghiottire.
<< Come sa? >> le chiese Jean.
<< E’ buonissimo! >> urlò Violet, scoppiando a piangere all’improvviso. Naturalmente, non era disperata perché il cioccolatino era buono e Jean lo sapeva, così le cinse i fianchi con un braccio e la abbracciò, cercando di consolarla.
<< Shhh … finirà presto, piccolina. Andrà tutto bene … >> le sussurrò, baciandole il capo. Violet continuò a lamentarsi, mentre la donna la cullava amorevolmente.
<< Io … io … n-no-on v-v-o-ol-lev-o! >> singhiozzò la ragazza, tenendosi stretta a Jean << E’ t-tutt-ta co-olp-a-a m-m-ia! >>
Jean scosse la testa:
<< No, tesoro, non è vero. Tu non c’entri niente! >> disse.
<< T-tu n-on-n ca-pi-isci! Io l’ho uc-ciso! Ryan! Ryan! >> lo chiamò, ma sapeva che nessuno le avrebbe risposto. Nessuno le avrebbe risposto mai più.



Hey, ciao a tutti! Prima di tutto mi scuso per il ritardo (sorry, guys ^^ ), poi vorrei ringraziare le persone che hanno inserito la ficcy nei preferiti, ossia: Ramona37e Zio_Legend! Ringrazio anche tutti quelli che mi seguono senza commentare, anche se una recensione piccola piccola ogni tanto la potreste lasciare *_* mi fareste molto felice! A questo proposito, un mega grazie anche a Glance e a grandjack per aver commentato lo scorso chappy!! Baciotti e alla prossima, by CICCIOLGEIRI!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo nove: Xavier's Institute for gifted youngsters, spogliatoi ***


Capitolo nove: Xavier’s Institute for gifted youngsters, spogliatoi



Steve stava in piedi davanti allo specchio degli spogliatoi, la fronte corrugata. Cercava disperatamente un modo per far sembrare decenti i suoi capelli da pseudo punk. Afferrò il pettine e tentò di districare la matassa color fango che aveva in testa, ma nulla. Non c’era niente da fare: erano peggio di prima.
<< Ehi, amico, chi è il tuo parrucchiere? Lady Saetta? >> chiese Gas, raggiungendolo. La sua sagoma si affiancò alla sua all’interno dello specchio.
<< Dimmelo, Gas: sembro un porcospino! >> mugugnò Steve, sfiorandosi la chioma con il dorso della mano.
<< Sembri un porcospino! >> fece Lucas, mettendogli una mano sulla spalla. Steve sospirò sconsolato: i capelli non erano niente in confronto al suo naso ancora gonfio e livido.
<< Dici che Tempesta ti farà allenare con il naso ridotto così? >> domandò Lucas, mentre uscivano dagli spogliatoi e percorrevano il corridoio alla volta della Stanza del Pericolo. Steve stava per rispondergli che non ne aveva idea, quando, passando di fianco alla porta della camera di sicurezza gli venne in mente una cosa:
<< E’ qui che sta Violet, non è vero? >> disse << E’ da una settimana che se ne sta chiusa là dentro, perché non la fanno uscire? >>
<< Non è prigioniera, Steve, è proprio lei che vuole starci. Ha paura di far succedere qualcosa e, sinceramente, io le do ragione: meglio per tutti che se ne stia ferma e buona per
un po’ ! >>
<< Non capisco perché ti sta così antipatica, Gas! Dopotutto … >> iniziò Idro, ma l’altro lo interruppe.
<< Non mi sta antipatica è solo che è pericolosa, bisogna riconoscerlo, e io non ci tengo a finire arrosto! Poi parli proprio tu che stavi per lasciarci le penne! >>
<< Non l’ha fatto apposta. I suoi poteri sono difficili da controllare e poi è distrutta per la morte del suo ragazzo! Vorrei vedere te nella sua stessa situazione! >>
<< Vabbè, tu pensala come vuoi, io la penso come voglio! >> esclamò Lucas. Erano arrivati davanti alla porta della Stanza. Jubes, Kitty e Pyro erano arrivati prima di loro e stavano confabulando di qualcosa in modo così animato che nemmeno li salutarono.
<< Lo dice anche il telegiornale! >> stava dicendo Kitty << Dopo la legge sulla registrazione dei mutanti ci sono alcuni a cui stanno passando strane idee per la testa! Io non mi sento per niente tranquilla … >>
<< Tanto qua c’è il professore, di che ti preoccupi? E poi, cavolo! Abbiamo tutti dei poteri: siamo in grado di difenderci se dovesse venire loro la fantasia di darci fastidio! >> esclamò Jubilee, incrociando le braccia al petto e Pyro annuì con vigore.
<< Giusto! >> asserì.
<< Di che state parlando? >> domandò Gas, avvicinandosi.
<< Ehi, ragazzi! >> li salutò Shadowcat << Scusate! Non vi avevamo visti! >>
<< Sì, ce ne siamo accorti! Allora, perché tutta questa agitazione? >> Lucas non si smentiva mai: sempre il solito curioso, anche se, stavolta, anche Steve era interessato.
<< Jean ci ha detto che il professore è piuttosto preoccupato per non so quale “traccia psichica” >> Jubes fece le virgolette con le dita, << e vuole che ci teniamo in allenamento! >>
<< Traccia psichica? >> ripeté Gas, inarcando un sopracciglio << In che senso? >>
Jubes si strinse nelle spalle: << Non lo so, non hanno detto nient’altro >> mormorò, << però Kitty crede che sia qualcosa che ha a che fare con la notizia che hanno dato ieri
al notiziario … >>
<< Quale notizia? >> Steve, essendo stato in infermeria per ulteriori accertamenti, la sera precedente non aveva avuto modo di guardare la televisione.
<< Hanno detto che a Boston sono spariti dei mutanti e c’era un altro tizio che affermava di essere stato in un posto in cui facevano strani esperimenti a quelli come noi! Per me il professore sa qualcosa riguardo a questa faccenda e vuole che ci manteniamo vigili … >>
<< … e per me, invece, ti fai solo troppi filmini! >> la interruppe Pyro << Quelle sparizioni a Boston, il fatto che i mutanti vengano fatti fuori, insomma, sono cose che capitano ogni santissimo giorno! Solo che i media ci stanno puntando i riflettori addosso solo adesso, perché con la legge sulla registrazione da una parte e l’attentato di Ellis Island dall’altra, in questo ultimo periodo ne sono successe di tutti i colori e di qualcosa si dovrà pur parlare! I giornalisti sono disposti a tutto pur di fare notizia e adesso basta che dici la parola “mutante” e ti aggiudichi il notiziario delle otto! >>
<< Infatti! >> fece Jubes.
<< E allora a che si riferiva il professore con le tracce psichiche? Vi sembra normale che voglia che oggi l’allenamento duri di più solo perché ha localizzato qualcuno? Secondo me no: la cosa è più seria di quanto non vogliano farci credere! >> s’infervorò Kitty, mentre Jubilee, alle sue spalle, alzava gli occhi al cielo e sillabava la parola “noiosa” senza emettere alcun suono.
<< Perché non chiediamo spiegazioni a Jean? >> domandò Steve, ma Kitty scosse il capo.
<< Se davvero ci stanno nascondendo qualcosa Jean si inventerà una scusa qualsiasi per tagliare corto e non ci dirà un bel niente! >> disse.
<< Oddio! >> esclamò Jubes << Non ci sta nascondendo niente! Non appena arriva glielo chiedo, così la pianti! >>
<< Ma tanto non ti dirà nulla, voglio dire … >> Kitty stava per aggiungere qualcosa, ma la porta della Stanza si aprì e nessuno le prestò più attenzione. Intanto erano arrivati anche tutti gli altri e Steve stava per varcare la soglia assieme a loro, quando Tempesta, da dietro, lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla.
<< E tu dove credi di andare? >> gli domandò con tono gentile.
<< Ehm >> Steve si voltò a guardarla e indicò dietro di sé col pollice, << ad allenarmi. >>
<< Con quel naso, Steve? Non credo proprio: per oggi è meglio che tu salti l’esercitazione, non vorrei che ti facessi male. >>
Steve non sapeva se essere felice o dispiaciuto, comunque sia uscì dalla Stanza e si ritrovò in corridoio, mentre la lucida porta d’acciaio si richiudeva alle sue spalle. Senza allenamento aveva la domenica libera, eppure non aveva proprio idea di che cosa fare.
<< Prima di tutto vado a togliermi questa tuta! >> si disse, dirigendosi verso gli spogliatoi. Una volta arrivato si infilò un paio di bermuda neri e una T-Shirt verde con una palla da basket stampata sopra e prese a mettere a posto la sua borsa. Si era portato appresso “Harry Potter e la Pietra Filosofale” per leggerlo mentre aspettava che Lucas si preparasse (infatti, per qualche strana ragione, lui faceva sempre prima di Gas a vestirsi e a pettinarsi, forse perché non c’era molta materia prima su cui lavorare o forse, semplicemente perché era meno vanitoso dell’amico), così si mise la borsa in spalla e il libro sotto braccio e uscì nuovamente nel corridoio, con l’intenzione di fare una capatina nella Sala Comune per leggere un po’ in santa pace. Camminava con calma, perso nei suoi pensieri, quando si ritrovò a passare nuovamente accanto alla porta della camera di sicurezza. Si bloccò un attimo a guardarla, poggiando la sua sacca per terra. Oltre quella porta c’era Violet. E se le avesse fatto una visita? In fondo non c’era nessuno, chi glielo vietava? Prese il coraggio a due mani e, stringendosi il libro al petto, bussò, visto che non conosceva il codice per l’accesso automatico. Da dentro si udì un lieve tramestio e poi la voce ovattata di Violet chiedere chi fosse. Steve deglutì a vuoto e, con la voce più disinvolta che gli riuscì, disse: << Sono Steve. >>
Si sentì per un attimo rumore di passi, poi la porta si aprì e Steve vide Violet incorniciata dallo stipite. << Ciao >> la salutò, sorridendo timidamente.
<< Ciao, stai bene? >> chiese lei, mentre lui annuiva << Sono contenta. Come mai sei venuto? >>
<< Era da un po’ che volevo farlo >> rivelò il ragazzo. Poi si rese conto di avere tra le mani un libro e si affrettò ad aggiungere: << E poi credevo che ti annoiassi a stare qui da sola, così ho portato questo … >> e le porse il volume. Lei lo prese con mano tremante e Steve notò che, sotto i vestiti, indossava la tuta che il professore aveva confezionato per lei, cosa che lo fece sentire molto più a suo agio.
<< Entra >> disse Violet con voce roca, soppesando il libro. Sembrava che stesse per mettersi a piangere da un momento all’altro. Steve si affrettò ad entrare nella stanza e richiuse la porta dietro di sé, mentre Violet si sedeva sul letto senza smettere di fissare il libro.
<< Sei molto gentile >> disse, dopo un attimo di silenzio. Steve le si avvicinò.
<< Stai bene? >> le chiese, sedendosi accanto a lei. Domanda idiota.
<< No >> sussurrò Violet con voce rotta. Una lacrima cadde sulla faccia di Harry Potter.
<< Ehi, ti va di leggere un po’? >> le chiese Steve, mentre lei faceva di sì con la testa lentamente. Il ragazzo le sfilò il libro di mano e, schiarendosi la gola, incominciò a leggere:
<< Capitolo uno: Il bambino sopravvissuto. Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4 … >> la lettura andò avanti per le due ore successive. Steve si aspettava che da un momento all’altro Violet l’avrebbe interrotto, oppure sarebbe scoppiata a piangere e gli avrebbe intimato di andare via, invece lo fece continuare. Arrivarono fino al capitolo quattro, poi la porta della stanza si aprì e Steve schizzò in piedi senza saperne esattamente il motivo: dopotutto non era sicuro che andare a trovare Violet fosse vietato o meno. Jean era entrata. Indossava ancora l’uniforme e sembrava piuttosto sorpresa di vederlo. << Steve! Che ci fai qui? >> domandò.
<< Ehm … io … io ero solo passato a trovare Violet, scusa tanto Jean … non sapevo che fosse vietato … >> farfugliò lui.
<< No, non è vietato è solo che … >> la donna spostò lo sguardo da Violet a Steve << … be’, mi fa piacere che facciate amicizia! >> sorrise. Steve ne fu alquanto sorpreso: come minimo si aspettava una sfuriata coi fiocchi e invece Jean sembrava addirittura contenta.
<< Comunque adesso Violet deve fare una visita ed è meglio che tu vada, Steve, però puoi venire a trovarla quando vuoi! >> fece la donna scortandolo fuori dalla stanza. Prima di chiudere la porta salutò Violet con la mano e poi, insieme, si incamminarono verso l’ascensore che portava ai piani alti. << E’ molto bello quello che stai facendo, Steve >> esordì ad un certo punto, << Violet ha bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. Hai avuto un’ottima idea! >>
<< Quindi posso farle visita quando voglio? >> chiese il ragazzo timidamente, mentre Jean annuiva con un sorriso.
<< Certo, lei ne sarebbe davvero molto felice. Fidati! >> probabilmente le aveva letto nella mente. La donna chiamò l’ascensore e la porta si aprì. << Ciao, Steve! >> lo salutò.
<< Ciao, Jean! >> fece lui di rimando. Non sapeva perché, ma era felice. Sarebbe andato a trovare Violet anche il giorno seguente.





Ciao a tutti, ecco qui un'altro chappy! Come al solito ringrazio tutti quelli che seguono questa storia, in particolare Zio_Legend, che ha commentato lo scorso cap. WoW, sono davvero contenta che questa storia ti piaccia! Mi raccomando, continua a seguire, che ancora non hai visto niente: l'avventura vera arriverà tra qualche chap, eh eh ^^ Detto questo, buona lettura a tutti e continuate a seguire by Cicciolgeiri!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo dieci: Xavier's Institute for gifted youngsters, dormitorio ***


Capitolo dieci: Xavier’s Institute for gifted youngsters, dormitorio



<< Lo sapevo, io! Ho sempre sospettato che c’era qualcosa che non andava! >> esclamò Gas facendo irruzione nella camera, seguito a ruota da John. Steve, che stava leggendo un fumetto sdraiato sul suo letto, alzò lo sguardo. << Cos’è successo? >> chiese, mettendosi a sedere.
<< Crediamo che Scott e Jean abbiano qualcosa da nascondere >> spiegò Pyro.
<< Cioè? >> domandò Steve, aggrottando la fronte. << Allora >> iniziò Luke mettendosi seduto di fronte a lui, << ti ricordi quando ti sei svegliato dopo il cazzotto di Drake? >> Steve annuì ( ovviamente se lo ricordava, dopotutto aveva un pomodoro spiaccicato al posto del naso, anche volendo non avrebbe potuto dimenticarlo! ) e il ragazzo continuò << Hai chiesto a me e a John di andare a cercare lui e Rogue, ma non c’erano da nessuna parte, così abbiamo deciso di andare a controllare nel garage. Ad un certo punto è arrivato Ciclope, gli abbiamo chiesto dove fosse stato per tutto quel tempo e lui ci ha risposto che il prof l’aveva mandato in Texas dai genitori di Violet e che c’era voluto più tempo di quanto avesse previsto.>>
<< E fin qui tutto ok! >> fece Pyro.
<< Già >> continuò Gas, << fin qui tutto ok! Poi, oggi, stavamo per iniziare l’allenamento e Jean se ne esce dicendo che Scott manca di nuovo. Allora Jubes le ha chiesto come mai e lei sai che le ha risposto? >> Steve scosse il capo << Le ha risposto che non c’era, perché il professore l’aveva mandato in Texas dai genitori di Violet! >>
<< Dico io, quante volte ci dovrà andare! >> esclamò John << Per me è una scusa e Ciclope sta facendo ben altro! Magari una missione top-secret! >>
Steve aggrottò le sopracciglia chiare: in effetti era piuttosto strano che Scott fosse stato costretto a tornare in Texas dopo che c’era stato per ben tre giorni, però non si poteva mai sapere.
<< Forse c’è stata un’emergenza ed è dovuto riandare >> azzardò il ragazzo. Poi, però, gli tornò alla mente qualcosa:
<< Aspettate un momento! >> esclamò << Me lo ricordo! Il giorno che mi sono svegliato, dopo che voi due eravate andati via, in infermeria è salito Scott. Lui e Jean hanno avuto una specie di “chiacchierata telepatica” e Ciclope ha detto una cosa del tipo: “no, niente di niente” e sembrava parecchio dispiaciuto. Jean gli stava per dire qualcosa, poi si è ricordata che c’ero anch’io e gliel’ha detto telepaticamente! >>
<< Ecco! Una prova in più che c’è sotto qualcosa! Se fosse davvero andato in Texas non si sarebbe fatta problemi a parlarne davanti a te! >> osservò Pyro.
<< Dobbiamo scoprire dove sparisce in continuazione Scott e perché. Ma come? >> Gas si passò una mano tra i capelli e sbuffò << Odio essere allo scuro! >> disse.
<< Non è che per caso Kitty ha ragione riguardo alle sparizioni? Forse il professore sta mandando Ciclope ad indagare in giro! >> suggerì Steve.
<< Cavolo, mi sa che è così! E’ l’unica spiegazione plausibile! >> Pyro iniziò a misurare a grandi passi il perimetro della stanza << Probabilmente il professore ha mandato Scott nel punto in cui ha individuato le tracce psichiche e oggi ci ha fatto allenare di più, perché ha paura che qualcuno voglia attaccarci qui a scuola! >> concluse.
<< Non fa una piega, ma perché non dirlo a noi? Dopotutto anche noi siamo nel gruppo! Se siamo costretti ad allenarci come degli X-Men a tutti gli effetti, allora abbiamo anche il diritto di sapere! >> esclamò Gas.
<< Dite che dovremmo dirlo agli altri? >> domandò Steve.
<< Non saprei >> fece Lucas, << queste sono solo congetture, non abbiamo niente in mano. E se qualcuno si lasciasse sfuggire qualcosa? Kitty, ad esempio! Quella si spaventerebbe così tanto da andare a piangere da Jean o Tempesta e spiffererebbe
tutto! >>
<< Mi sa che hai ragione, meglio stare zitti finché non abbiamo qualche prova … >> Pyro iniziò a massaggiarsi il mento, pensieroso.
<< Prove, ragazzi? E come facciamo a procurarcele? >> chiese Steve. La faccenda iniziava a somigliare ad una delle avventure di Sherlock Holmes, mancavano solo il morto ammazzato, il maggiordomo sospetto ed il quadretto era completo.
<< Indaghiamo, semplice.>>
<< Sì, Gas, tu la fai facile! Cosa dovremmo fare, scusa? Metterci a seguire qualcuno di nascosto? >> Idro scosse il capo.
<< Be’, è una splendida idea! Non appena torna, pediniamo Scott! >> fece Pyro.
<< Wow, è veramente geniale! Accidenti, Ciclope si è grattato la testa, questo sì che è sospetto! Ma, secondo te si mette a spifferare tutto in mezzo al corridoio, mentre noi lo seguiamo? Come minimo andrà dritto dal professore o da Jean! >> fece notare Steve.
<< Cavolo, ha ragione Acquafresca! >> esclamò Gas << Come si fa? >>
Steve si passò una mano sul viso e Pyro appoggiò i gomiti al davanzale della finestra, la fronte aggrottata. Nella stanza calò il silenzio quando, ad un certo punto, un rombo lontano fece sussultare i tre. Sembrava una moto.
<< E’ lui! E’ Ciclope! >> sbraitò John, facendo segno agli altri due di raggiungerlo alla finestra. Steve allungò il collo per vedere meglio: era vero, Scott era appena entrato nel cortile con la sua moto. << Che facciamo? >> domandò in un soffio.
<< Raggiungiamolo, ma senza dare nell’occhio, mi raccomando! Ho un piano! >> rispose Gas in tono serio.

Xavier’s Institute for gifted youngsters, dormitorio: ala insegnanti

Gas si appiattì contro il muro e bloccò Steve con un braccio, costringendolo a mettersi dietro di lui per non farsi vedere da Ciclope. L’avevano seguito sino alle camere degli insegnanti. << Va alla camera di Jean! >> sussurrò Pyro, che era praticamente abbracciato ad una colonna. Gas fece di sì col capo, poi si girò verso Steve: << Coprimi le spalle! >> ordinò. L’altro annuì in modo professionale, cercando di fare lo sguardo alla James Bond. Ciclope si guardò attorno per un attimo, poi bussò alla porta di Jean. La donna andò ad aprire e subito lo abbracciò. Era il momento. Steve balzò fuori dal suo nascondiglio, facendo più baccano possibile. Scott e Jean si voltarono a guardarlo, lasciando la porta aperta e, a quel punto, Gas sublimò ed entrò nella stanza sottoforma di finissima nebbia senza che nessuno se ne accorgesse. La prima parte del piano era riuscita.
<< Steve, ma che cavolo stai facendo? >> domandò Ciclope, continuando a fissarlo.
<< Sto ballando il tip-tap! >> spiegò il ragazzo allegramente, mentre ballava e John, nascosto dietro alla colonna, cercava in tutti i modi di non ridere. Scott alzò un sopracciglio.
<< Ma perché? >> domandò. Probabilmente credeva che gli fosse saltata qualche rotella.
<< Ehm … per … per la recita di fine anno … Sì, per la recita! >> spiegò Steve, continuando ad agitarsi come un matto. Ma ormai Gas era entrato, così smise di dare spettacolo e corse via. Jean ridacchiò: << Ragazzi! >> disse, prendendo uno Scott alquanto allibito per mano e portandolo nella stanza. La donna chiuse la porta dietro di sé e Steve, che si era nascosto dietro alla colonna assieme a Pyro, tirò un sospiro di sollievo. << Bene >> ansimò, combattendo contro il fiatone, << Non ci resta che
aspettare! >>
<< Speriamo che Lucas non si faccia scoprire … finiremmo tutti nei pasticci! >> bisbigliò John mordicchiandosi il labbro. Steve aggrottò la fronte e annuì: << Speriamo! >>

Lucas si diresse sotto al letto e lì acquisì nuovamente forma umana. Si fece mentalmente i complimenti per la sua estrema abilità, poi aspettò che Jean e Scott entrassero. Non appena Steve smise di ballare il tip-tap in mezzo al corridoio ( scena che, con suo immenso dispiacere, era stato costretto a perdersi ), sentì la porta richiudersi e qualcuno, dai piedi doveva essere Ciclope, si sedette sul letto, facendo vibrare la rete del materasso. Gas trattenne il fiato e si appiattì più che poté contro il pavimento, pregando il cielo che andasse tutto liscio.
<< Come è andata, Scott? >> chiese Jean dolcemente, sedendosi accanto a lui. Scott sospirò sconsolato. << Stanno dando loro la caccia, Jean … ma, almeno adesso so che è ancora vivo … >>
<< Dici che si ricorderà di te? >>
<< Non credo, anche se ci spero, a dire la verità. Quando eravamo bambini i nostri genitori ci hanno fatto una foto insieme e … forse ce l’ha ancora, chissà? >>
<< Sei riuscito a vederlo? >>
<< No, ma dobbiamo trovarlo prima che lo trovi qualcun’ altro, lui e quella ragazza con cui si muove … il professore dice che c’è qualcosa di familiare in lei … >>
<< Sì, me l’ha detto. E anche io l’ho sentita. Credo cha abbia qualcosa a che vedere con … >> Jean si interruppe e Gas, che già era tutto teso, trattenne il respiro: che si fosse accorta di lui?
<< Che c’è? >> domandò Ciclope << Tutto bene, Jean? Jean? >>
<< Il professore! >> spiegò la donna in un sussurro << Sa dove sono Alex e la ragazza! >>
Ciclope scattò in piedi, e aiutò anche Jean ad alzarsi: << Andiamo! >> disse e i due uscirono dalla stanza. Gas aspettò che la porta si richiudesse e rotolò su un fianco, uscendo da sotto il letto. Quando fu sicuro che Jean e Ciclope fossero lontani, si affrettò verso la porta e sublimò, uscendo dal buco della serratura e ritrovandosi in corridoio. << Ragazzi! >> esclamò, guardandosi attorno << Ragazzi! >>

Gas era uscito dalla stanza. Steve e John abbandonarono il loro nascondiglio e gli corsero incontro.
<< Ragazzi, non potete nemmeno immaginare! Cioè … mamma mia! >> farfugliò Lucas, era tutto agitato.
<< Con calma! Che hai scoperto? >> domandò Pyro, mettendogli le mani sulle spalle e dandogli una scrollata.
<< Non qui! >> fece l’altro, liberandosi dalla stretta dell’amico e guardandosi attorno << Andiamo in camera nostra, vi racconterò tutto lì! >>






CIAUZZZZZ A TODOZZZZZZ!!!! Rieccomi con un nuovo chappy, il quale chappy è molto importante ai fini della trama ... eh, eh ... forse qualcuno di voi che ha più dimestichezza coi fumetti avrà già capito chi è il misterioso Alex, ma per gli altri che non hanno idea di chi sia non voglio anticipare niente, tantomeno sulla ragazza che lo accompagna ... scommetto che resterete tutti di stucco quando scoprirete chi è ... MUHAHAHA!!! Cmq, per scoprire la verità vi toccherà continuare a seguire eheh! A questo proposito, come al solito, ringrazio tutti quelli che seguono, tutti quelli che hanno inserito la ficcy nei preferiti e anche tutti quelli che recensiscono!
x Zio_Legend: ^^ Come al solito felicissima che la ficcy ti appassioni e ti piaccia così tanto! X quanto riguarda Violet&Steve dovrai continuare a seguire ... chi lo sa, dopotutto, che non scatti la scintilla tra loro? In fondo l'amore è cieco ( e anche un po' scemo, come disse qualcuno ) ^^
x Vale_san: Eh eh! Me gongola dalla felicità *__* Sono davvero strafelice che questa fic ti piaccia! Eh già, il vecchio Gas è proprio un simpaticone e x quanto riguarda Logan ... be': Logan è Logan! ^^
Mi raccomando: CONTINUATE A SEGUIRE e al prossimo chap!!!!!!! Baci dalla vostra CICCIOLGEIRI!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo undici: Xavier's Institute for gifted youngsters, Cerebro ***


Capitolo undici: Xavier’s Institute for gifted youngsters, Cerebro



<< Che cosa ti hanno fatto? >> il professore aggrottò la fronte, il casco di Cerebro in testa.

Il buio. Un buio denso e impenetrabile e poi il dolore. Tanto dolore. Alle mani, ai piedi, dappertutto. Cercava di aprire gli occhi, ma non ci riusciva. Il metallo incandescente bruciava sotto la sua pelle. Urlò. Urlò più forte che poté, ma in suo soccorso non arrivò nessuno. E non sarebbe mai arrivato.

<< Dove? >> domandò il professore, stringendo i pugni << Dove? >>

Faceva davvero molto freddo. In Canada faceva sempre davvero molto freddo. La neve scendeva copiosa dal celo livido, ricoprendo ogni cosa, confondendo la base alla vista di occhi indiscreti.

<< Dove? >> ripeté il professore, districandosi tra un groviglio confuso di ricordi.

Ad Alkali Lake. La superficie del lago era ghiacciata in inverno, poteva vederla dagli abbaini del laboratorio. Il metallo incandescente sotto la sua pelle e persone che andavano e venivano, persone che gridavano qualcosa. E poi lui.

<< Chi? >> domandò il professore in un soffio, serrando gli occhi << Chi ti ha fatto questo? >>

William Stryker. Quei piccoli occhi fissi. Così cattivi. Li vedeva bene, nonostante il dolore annebbiasse la sua vista. William Stryker.

Il professore sgranò gli occhi.

Xavier’s Institute, sotterranei

La porta dell’ascensore si aprì e Jean e Scott si ritrovarono nei sotterranei. A passo svelto si diressero verso la porta di Cerebro, che si aprì al loro passaggio. << Professore, ci ha chiamati? >> domandò Jean. Il professore si sfilò il casco lentamente, poi si voltò verso di loro girando la carrozzella.
<< Sì >> disse con voce calma, << sono riuscito a stabilire un contatto psichico con la ragazza che accompagna Alex. Sono ancora qui a New York, Scott. Stanno scappando. >>
<< Io sono pronto, professore. Se lei mi da l’ok vado! >> esclamò deciso. Jean gli si affiancò e gli prese la mano. << Andremo insieme! >> rispose, ma il professore scosse il capo. << E’ una missione che si preannuncia difficile: andrete tutti, anche
Logan >> disse. Jean aggrottò la fronte: “Avevamo ragione, allora, professore?”, chiese telepaticamente.
<< Sì, Jean: avevamo ragione sul fatto che la ragazza avesse qualcosa di familiare. Ha davvero qualche cosa a che vedere con Logan. Anche a lei sono stati fatti degli esperimenti … ho letto nella sua mente … era tutto molto confuso, ma lei, al contrario di Logan, si ricorda. Ho visto delle cose … le hanno fatto delle cose … >> il professore scosse la testa, un’espressione di profondo rammarico dipinta sul volto.
<< E lui lo sa della ragazza? Lo sa che … insomma … che è come lui? >> domandò Scott.
Il professore chiuse gli occhi, per poi riaprirli dopo un istante: << Lui e Ororo stanno arrivando. Logan è stato da poco ad Alkali Lake, forse se gli parliamo della ragazza gli tornerà alla mente qualche ricordo. Voi due intanto preparate il jet! >>
Scott e Jean annuirono e, dopo aver indossato le uniformi, si precipitarono alla sala del jet.
<< Andrà tutto bene, Scott >> sussurrò Jean ad un tratto, mentre la porta si apriva davanti a loro. L’uomo la guardò, il visore al quarzo che scintillava, e le sorrise dolcemente. << Finché tu starai al mio fianco tutto andrà bene. Sempre >> le prese la mano e, insieme, varcarono la soglia.

New York City, ghetto

Alex si irrigidì, guardandosi attorno. Laura stava ritta a pochi metri da lui e annusava l’aria. Aveva sentito qualcuno.
<< Chi è? >> chiese il ragazzo. Contrasse le dita delle mani, pronto a rilasciare un’onda al plasma. Laura scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri. << Non è Stryker >> spiegò, << e nemmeno qualcuno dei suoi … >>
<< E allora chi è? >>
La ragazza sfoderò gli artigli: << Non lo so. >>

Logan si bloccò e annusò l’aria.
<< Cosa c’è? >> chiese Tempesta in un soffio. Lui si guardò attorno. Quell’odore … l’odore dell’adamantio …
<< Logan? >> Ciclope portò una mano al visore al quarzo << C’è qualche problema? >>
<< Sono molto vicini … >> Logan sfoderò gli artigli e iniziò ad avanzare rapido. Tutti gli altri si affrettarono a seguirlo e, in breve, furono inghiottiti nei meandri del vicolo buio.

Era acquattata dietro un cassonetto e respirava piano, gli occhi verdi scrutavano da una parte all’altra nell’oscurità. Qualcuno li stava seguendo. Alex stava accucciato dietro di lei e il suo cuore batteva forte contro la cassa toracica, si sentiva benissimo. Lei sentiva benissimo quel genere di cose. E sentiva benissimo anche l’odore della paura. E quello del sangue. Arricciò le labbra e si mordicchiò l’interno di una guancia, poi si voltò verso Alex. << Voglio che tu resti qui dietro, va bene? Se è qualcuno malintenzionato me ne occuperò io. Tu resta qui! >>
<< Non ci penso nemmeno! >> Alex strabuzzò gli occhi chiari. Lo faceva sempre quando era agitato. Lei notava quel genere di cose. Quei piccoli particolari che variavano da persona a persona. Nel laboratorio tutti indossavano delle mascherine protettive quando venivano a farle visita, i loro volti non si vedevano. Ecco perché adesso che era libera faceva attenzione alle facce, alle espressioni. Essere liberi era così bello. Stare con Alex era così bello. Non glielo avrebbero portato via. Non ce l’avrebbero fatta contro di lei. Avevano creato un mostro e ne avrebbero pagato le conseguenze.

<< E’ chiusa a chiave! >> annuncio Tempesta, armeggiando con la serratura. Stavano davanti ad una piccola porticina verde, tutta scrostata, incorniciata dal muro di mattoni anneriti del palazzo. Alex e la ragazza si erano nascosti lì dentro. << Nessun problema >> esclamò Ciclope, << scansatevi >> gli altri ubbidirono e l’uomo portò una mano al suo visore. Un raggio rosso schizzò in direzione della porta, facendola saltare in aria e liberando loro il passaggio.

Alex sussultò, accucciandosi al fianco di Laura. Avevano fatto saltare per aria la porta ed erano dentro. La ragazza si tirò in piedi molto lentamente e sfoderò gli artigli con altrettanta lentezza in modo che non facessero rumore. Alex la prese per un polso e si mise in piedi anche lui. << Andiamo >> sussurrò con convinzione. La ragazza annuì e, insieme, salirono le scale per uscire dalla cantina dove si erano nascosti. Alex si guardò attorno: l’oscurità densa sembrava deserta, in sottofondo solo l’acuto squittire dei ratti che si erano intrufolati nella bettola. Laura si incamminò davanti a lui senza fare il minimo rumore e lui la seguì. Il corridoio era illuminato dalla flebile luce che proveniva dall’esterno, i resti della porta erano ancora sparsi in terra. Laura ebbe un fremito e iniziò ad annusare in direzione di uno stretto andito alla loro destra. Vi si intrufolò dentro, la schiena appoggiata al muro fradicio e Alex la imitò, la mascella serrata per la tensione. Laura scivolò lungo la parete e si acquattò sul pavimento, facendogli segno di restare fermo. Lui si bloccò immediatamente e lasciò che la ragazza voltasse lentamente l’angolo del corridoio. Non appena gli diede il via libera le si affiancò ed entrambi si guardarono attorno. Dagli abbaini filtravano deboli lame di luce al cui interno danzava la polvere. Sembrava tutto deserto. Alex stava per dire che forse avevano smesso di inseguirli, ma Laura lo zittì con un cenno della mano e lui si bloccò con la bocca aperta. La luce fioca illuminava a tratti gli artigli luccicanti di Laura mentre si incamminava per il corridoio. << Eccoli … >> sibilò con ferocia.

Era strano, l’odore dell’adamantio era talmente forte che sembrava persistere in tutta la casa, tanto da rendergli difficile seguire le tracce. Logan si guardò attorno: dopo aver attraversato il corridoio si erano ritrovati in un ampio locale male illuminato da un neon che penzolava pericolosamente appeso a un filo solo e da una serie di abbaini. Eppure sentiva che erano lì … l’unica cosa che non capiva era come fosse potuto accadere. Come avevano potuto fare quello ad una ragazzina? Il professore gli aveva spiegato ciò che era riuscito a scoprire, sperando che lui ricordasse qualcosa, ma nella sua testa c’era il solito, dannatissimo niente. Era frustrante. E poi c’era il fratello minore di Monocolo: mentre viaggiavano sul jet alla volta di New York, Jean gli aveva raccontato tutta la storia. In pratica, Scott e Alex ( così si chiamava il ragazzo ), avevano perso i genitori da piccoli a causa di un incidente aereo, rimanendo orfani e finendo in adozione a due famiglie differenti. Da quel giorno Ciclope, che all’epoca aveva appena dodici anni, aveva perso le tracce del fratellino di due che, dal canto suo, come testimonianza del fratello maggiore aveva solo una fotografia scattata dal loro padre. Dopo qualche tempo, Scott era riuscito a scoprire che Alex era stato adottato da un prestigioso senatore e dalla sua signora, i quali, però, erano entrambi morti durante un tentato rapimento e del ragazzino non c’era più traccia, così tutti pensarono che fosse morto. Ora, però, il professore era riuscito a rintracciarlo grazie a Cerebro, quindi era vivo e vegeto ( probabilmente si era salvato all’agguato grazie ai suoi poteri ) e adesso dovevano “solo”, si fa per dire, riuscire ad acciuffarlo e portarlo alla scuola. Lui e quella ragazzina che puzzava d’adamantio a un miglio di distanza. Quell’odore gli pizzicò le narici e annusò l’aria: stavolta non poteva sbagliare, c’era qualcuno. Ed era davvero molto vicino. << Eccoli … >> sibilò, sfoderando gli artigli. Tutti gli altri smisero di girovagare per la stanza e si schierarono di fianco a lui, in attesa. Dall’oscurità emerse una figura esile: una ragazzina, poteva avere sì e no diciotto anni, se ne stava ritta davanti a loro, incorniciata dallo stipite della porta. Lo sguardo di Logan cadde sugli artigli lucenti che le trafiggevano le mani: erano due per mano, posti tra le nocche da cui sgorgava il sangue vivo che si arrampicava sul metallo.
<< Laura? >> mormorò Jean. La ragazzina volse di scatto il capo nella sua direzione. << Fuori dalla mia testa >> ordinò con rabbia, il labbro che fremeva e i pugni serrati.
<< Vogliamo solo aiutarti >> proseguì Jean, << te ed Alex >> a quelle parole un ragazzo biondo comparve al fianco di Laura, le dita delle mani contratte tra le quali si agitava un bizzarro bagliore azzurrino. Quello doveva essere Alex. Ciclope ebbe un fremito e fece qualche passo avanti. << Alex … >> mormorò, ma la ragazzina gli si parò davanti. << Lascialo stare! >> urlò. Jean raggiunse Ciclope e sbatté più volte le palpebre, cercando di creare un contatto telepatico con quella ragazza, che, per tutta risposta, lanciò un urlo disumano e le si gettò addosso come una furia ancora prima che qualcuno potesse anche solo pensare lontanamente di fare qualcosa. Jean gridò, ma riuscì a sbalzarla via con la telecinesi, facendola sbattere violentemente contro il muro pericolante, che cadde a pezzi. A quel punto, Alex batté con forza le mani e il bagliore azzurro di poco prima si trasformò in un raggio che li investì con forza, facendoli finire gambe all’aria. Laura si rimise in piedi a fatica, tra calcinacci e polvere, mentre Ciclope, ancora a terra, si portava una mano al visore e puntava nella sua direzione. Alex si stava preparando a rilasciare un’altra scarica di plasma, ma Logan fu più svelto e gli si gettò addosso prima che potesse fare qualsiasi cosa. I due volarono dall’altra parte del muro distrutto assieme a Laura, che, si avventò con ferocia su Logan.
<< Lascialo subito! >> sbraitò la ragazza, trafiggendogli lo stomaco con gli artigli e mettendolo spalle al muro. Logan grugnì dal dolore e la ragazzina affondò ancora nella sua carne, puntandogli gli altri due artigli contro il collo.
<< Hai dimenticato quello di mezzo, piccola >> biascicò lui con un mezzo sorriso. La ragazza alzò un sopracciglio e sollevò la punta di uno degli anfibi che indossava, la quale si lacerò, trafitta da una lunga lama. << Merda >> commentò l’uomo, prima di beccarsi un calcio proprio dove faceva più male e di essere sbalzato via, distruggendo un altro muro. Non appena si fu rimesso in piedi, ancora intontito, la piccola furia tornò all’attacco, i vestiti sporchi di rosso e gli occhi iniettati di sangue: si arrampicò su di lui usando gli artigli dei piedi, poi gli conficcò quelli delle mani nelle spalle e si diede una poderosa spinta, per poi dargli un ultimo calcio, affondandogli la lama in un polmone. Logan cadde a terra in un lago di sangue e la ragazza atterrò con agilità poco distante.
<< Laura, basta! >> urlò Alex, barcamenandosi tra i resti del muro, seguito da Ciclope, Jean e Tempesta << Non vogliono farci del male! Fermati! >> gli occhi della ragazza saettarono nella sua direzione e il ragazzo continuò << Lui è Scott! >> esclamò
<< Lei si chiama Jean e mi ha spiegato tutto via telepatica! Non ci faranno del male: lui è mio fratello, è quello della foto! >>
<< E’ vero! >> assicurò Scott << Dovete venire con noi, Laura! >>
<< Stai calma, tesoro >> mormorò Jean, portandosi le mani alle tempie e avvicinandosi. La ragazza ebbe un fremito e indietreggiò. Tempesta mise una mano sulla spalla dell’amica e le mormorò di aspettare un momento. Intanto Logan si era svegliato e stava cercando di rimettersi in piedi. Lo sguardo di Laura saettava da lui a Jean. << Via gli artigli, Laura! >> supplicò Alex andandole incontro << Mettili via! >> si inginocchiò di fronte a lei e le prese le mani insanguinate. La ragazza sbatté più volte le palpebre, come se si fosse risvegliata da un sogno e si guardò intorno, gli occhi gonfi di lacrime. Nel frattempo Logan si era alzato: piegò la testa da un lato e fece scrocchiare il collo. << Ahia >> commentò, rivolgendo un’occhiataccia alla ragazzina, che aveva retratto gli artigli e si era rimessa in piedi con l’aiuto di Alex. << Devi scusarla >> gli disse questi, tenendola stretta a sé, << ma quando ha paura diventa piuttosto violenta, non è colpa sua >> Logan non disse niente e il gruppo si destreggiò tra i muri crollati, per poi uscire dalla porta fatta saltare in aria poco prima da Ciclope. Si ritrovarono nuovamente nel vicolo squallido e fecero qualche passo in direzione dell’uscita, quando Laura lanciò un urlo terrorizzato e sfoderò nuovamente gli artigli con violenza, sbalzando via Alex. << Che succede? >> sbraitò Ciclope, ma la ragazzina sembrava uscita fuori di testa, continuava a guardarsi attorno, il corpo scosso da fremiti violenti. Alex si rimise in piedi con l’aiuto di Tempesta e mormorò qualcosa con aria spaventata. << Si può sapere che diavolo sta succedendo? >> Logan afferrò la ragazzina psicopatica per le spalle costringendola a voltarsi verso di lui e rimase bloccato guardandola negli occhi: erano … erano uguali ai suoi. Restarono a guardarsi per un istante, finché, all’improvviso, anche lui capì, avvertì quell’odore familiare. << Logan? >> esclamò Ciclope, regolando la potenza del visore.
<< E’ lui … stanno venendo a prendermi … mi porteranno via … è Stryker! >> la ragazzina singhiozzava terrorizzata, il volto rigato di lacrime. << Sta tranquilla, calmati! >> ordinò Logan dandole una scrollata.
<< Scott, che facciamo? >> domandò Jean.
<< Andiamo al jet, sbrighiamoci! >> rispose lui e il gruppo si affrettò ad attraversare il vicolo, per poi raggiungere il velivolo e salire a bordo. Ciclope azionò i motori e schizzarono in cielo alla volta della scuola. Ce l’avevano fatta.



AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!!!!!! QUANTO SONO IN RITARDOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!! Scusate, ragazzi, mi dispiace davvero tanto, è solo che in questo periodo nn ho avuto un attimo di respiro e ho potuto aggiornare solo adesso questo chappy, che è stato particolarmente impegnativo. Come credo che avrete capito, il famigerato Alex altri non è che Havok ( se nn sapete chi è fate un giretto su wikipedia, perché nei film vergognosamente non ce l'hanno messo, SGRUNF!!! ) e la ragazza che lo accompagna è Laura Kinney, alias X-23 ( wikipedia sta sempre là, perché quegli scimuniti del film hanno pensato bene di non mettere questo personaggio ke io trovo meraviglioso neppure in X-Men le origini: Wolverine. AAARGH!!!!!! )Ci tengo a precisare, inoltre, che ho modificato un po' la loro storia in modo da adattarla sia alla mia fic che ai film, spero ke non vi dia fastidio ^^ Ora passiamo ai ringraziamenti:
xZio_Legend: hai indovinato, quello era un capitolo di transizione! Cmq spero che anke questo ti piaccia! Continua a seguire e a presto!!!
xGufo_Tave: Uddiu!!!! Mi dispiace, hai ragione! Ti prego di perdonarmi x questo errore grossolano!!!! Cmq Logan è alto xke la ficcy, come ho già detto, prende spunto dai film e non dai fumetti e nei film Wolvie è interpretato da Hugh Jackman che è mooooooooooolto alto ^^
xMelisanna_: ContentissimA ke tu abbia iniziato a seguire e che la storia ti piaccia! Mi raccomando, continua a seguire e grazie ancora!!!
xalice22: scusa se nn ho potuto aggiornare presto, cara! Spero ke d'ora in poi andrà meglio, cmq nn poxo prometterti nnt! Ma, mi raccomando, continua a seguire e grazie x tutto!
xgrandjack: come al solito contentissima che la fic ti piaccia e grazie dei complimenti!!!
Spero di nn aver scordato nessuno! Baci e a presto col prossimo chap!!! BYEEEEEEEEEE!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo dodici: jet, spazio aereo di Salem ***


A FINE CAPITOLO IMPORTANTE ANNUNCIO

Capitolo dodici: jet, spazio aereo di Salem

L’ultimo componente della sua famiglia ancora in vita, suo fratello Alex, la persona che aveva cercato senza sosta per tutto quel tempo, ora se ne stava seduto sul sedile posteriore del jet. Era in salvo e sarebbe rimasto con lui alla scuola. Scott non poté fare a meno di sorridere, mentre vedeva sfrecciare davanti a sé le nubi. Probabilmente avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma non sapeva proprio cosa. Era da tantissimi anni che non si vedevano e, l’ultima volta che avevano trascorso del tempo assieme, lui era un ragazzino ed Alex poco più di un neonato. Era convinto che non si ricordasse nemmeno di avere un fratello maggiore eppure, prima, a New York aveva detto: “ lui è mio fratello, è quello della foto”, ciò voleva dire che sapeva e che aveva ancora la fotografia.
<< Quanto manca? >> la voce di Logan, distorta per via del mal d’aria, lo riportò alla realtà.
<< Quando staremo per arrivare non mancherà molto >> rispose Scott senza voltarsi. Logan gli mormorò qualcosa di rimando, ma lui non ci fece caso. Finalmente poteva prendersi una piccola rivincita.
<< Ehm … sei … sei bravo >> era Alex. Stavolta Scott si girò subito a guardarlo.
<< Sì, insomma, a pilotare. Sei molto bravo. Anch’io me la cavo, ma non so se sarei in grado di portare un bestione così >> sorrise timidamente. Aveva ancora quella fossetta sulla guancia sinistra, esattamente come quand’era piccolo.
<< Potrei insegnarti io >> gli disse Scott, sorridendo a sua volta, << il Blackbird non è tanto complicato, una volta che ti ci abitui >>
<< Sarebbe … sarebbe bello. I jet sono sempre stati la mia passione! >>
<< Davvero? >> Scott non poteva crederci, erano più simili di quanto sospettasse << Ne hai mai pilotato uno? >>
<< No >> Alex scosse il capo, << ho preso il brevetto da pilota da poco e ho avuto modo di pilotare solo un paio di aerei da turismo, e, una volta,
un idrovolante … >>
<< Lo sai che nostro padre era un maggiore dell’aviazione degli Stati Uniti, vero? >>
<< Sì lo so, ecco perché mi piace così tanto volare, entrare nell’aviazione come lui era il mio sogno. I miei genitori adottivi mi hanno sempre incoraggiato, ma adesso che anche loro non ci sono più credo che lascerò perdere … >> il dolore per quella nuova perdita trapelava da ogni sillaba che pronunciava. A Scott si strinse il cuore: Alex era così giovane, eppure era già rimasto orfano due volte. Aveva sofferto molto di più di quanto un ventiduenne qualsiasi dovesse soffrire, sembrava che la sorte si fosse accanita su di lui.
<< Scommetto che loro non vorrebbero così >> gli fece notare, << se fossero qui vorrebbero che tu seguissi i tuoi sogni >>
<< Ma loro non sono qui. E poi in questo momento ho altro a cui pensare. Adesso sono un fuggitivo >> aveva ragione, purtroppo non c’era tempo per badare ai sogni. Sfortunatamente suo fratello era dovuto crescere prima del tempo. Se lui fosse stato al suo fianco, forse quelle cose terribili non gli sarebbero mai accadute. Se fosse riuscito a trovarlo prima avrebbe potuto aiutarlo come un fratello maggiore dovrebbe fare. Era colpa sua.
Non pensare queste sciocchezze! Jean poggiò una mano sulla barra di comando, sopra la sua, e la strinse. Scott le sorrise tristemente e lei sospirò.
Non è colpa tua, come avresti potuto trovarlo prima che i suoi genitori adottivi venissero uccisi se neanche il professore c’è riuscito?
Lo so, Jean, ma non posso fare a meno di credere che se fossi stato con lui …
La colpa è di quegli assassini. Ed ora basta. Devi essere felice, non voglio che tu pensi queste cose.

<< Come vuoi tu, tesoro >> Scott le baciò la mano inguantata e lei gli sorrise dolcemente.
Bravo, così ti voglio, poi iniziò a controllare le coordinate che il professore stava inviando loro.
<< Prepararsi all’atterraggio >> annunciò Scott, armeggiando con leve e interruttori.
<< Era ora >> grugnì Logan.
<< Ehi, cerca di non rimettere qui dentro, ok? Ci ha già pensato Steve ad inaugurare i sedili! >> Scott rabbrividì al solo pensiero di dover ripulire di nuovo del vomito.
<< A proposito di Steve >> esclamò Jean, << lo sapete che stamattina è andato a trovare Violet nella camera di sicurezza? >>
<< Davvero? >> chiese Tempesta << E com’è andata? >>
<< Oh, benissimo: hanno letto un libro. Mentre la visitavo Violet mi ha detto che le ha fatto molto piacere >>
<< Sono contenta, prima o poi dovrà uscire da quella camera: è bene che inizi a fare amicizia con qualcuno e poi Steve è un ragazzo così buono … >> Tempesta annuì sorridendo.
Il jet scese di quota e, nel suo campo visivo, apparve la scuola. Scott si posizionò sopra il campo di basket e mise i motori al minimo, scendendo nell’hangar. Quando il campo si fu richiuso sopra di loro, fece aprire il portellone.
<< Siamo arrivati >> annunciò.

Xavier’s Institute for gifted youngsters, sotterranei

La prima cosa che notò subito Laura fu come tutto, nella scuola, fosse straordinariamente enorme: il jet, poi i sotterranei e la stanza chiamata Cerebro. Il professor Xavier aveva insistito per far vedere a lei e ad Alex quella che sarebbe stata la loro nuova casa, prima di farli mangiare. Infatti, aveva perfino fatto preparare una cena in loro onore e nessuno aveva mai fatto una cosa simile per lei. Mai.
<< … e queste sono le camere di sicurezza >> spiegò il professore, mentre passavano davanti ad una serie di porte di lucido acciaio. Erano tutte aperte, tranne una, quella di mezzo.
<< Perché quella è chiusa? >> chiese Laura.
<< Perché lì c’è un’ospite: Violet Baudelaire >>
<< L’avete rinchiusa: non mi sembra tanto ospitale! >> a Laura tornò in mente la camera dove la tenevano confinata e un brivido le corse giù lungo la schiena, ma non lo diede a vedere.
<< Non l’abbiamo rinchiusa: lei preferisce stare da sola. Il suo è un potere molto difficile da tenere sotto controllo, Violet è in grado di manipolare l’elettricità e ha avuto un terribile incidente che è costato la vita al suo ragazzo. Per questo si sente in colpa e non vuole uscire >>
Laura aggrottò la fronte, poi si rivolse ad Alex, che stava al suo fianco: << Se per caso io ti facessi del male non credo che riuscirei a sopportarlo >> rivelò. Povera Violet. Adesso capiva perché prima, sul jet, tutti fossero così felici che avesse fatto amicizia con quel certo Steve. Magari anche lei, dopo cena, sarebbe potuta andare a farle visita …

Xavier’s Institute for gifted youngsters, parco

Alex se ne stava seduto sulla panchina al bordo del campo da basket, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli biondi mossi dalla brezza. Scott si bloccò vicino ad un albero: cosa doveva fare? Andare da lui? Farsi gli affari propri e lasciarlo in pace? Prendendo il coraggio a due mani, optò per la prima opzione e si avvicinò con cautela, calpestando con i mocassini l’erba bagnata dalla brina. Alex si voltò nella sua direzione: il bagliore prodotto dai suoi occhiali al quarzo doveva averlo fatto accorgere subito della sua presenza.
<< Ehi >> lo salutò Scott, sedendosi al suo fianco sulla panchina umida.
<< Ciao >> mormorò Alex, facendogli spazio. Tra i due fratelli calò un attimo di silenzio e il minore dei due tornò a rivolgere il suo sguardo azzurro verso la luna che splendeva alta nel cielo, illuminando le nubi scure circostanti di bagliori lattiginosi. Avevano lo stesso colore d’occhi, ma Alex non poteva saperlo; guardando in viso suo fratello avrebbe scorto solamente quel bagliore rosso. Anche Scott rivolse il suo sguardo alla luna. Nell’oscurità gli occhiali speciali lo rendevano quasi completamente ceco, poteva vedere solo indefinite sagome rossastre, ma con la luna era diverso. La vedeva bene, alta e maestosa contro il cielo buio, nonostante sapesse che quella che scorgeva lui non fosse la sua reale colorazione. Poteva vedere la luna, ma non sarebbe stata argentea e pallida. Poteva vedere il cielo, ma non sarebbe stato azzurro. Poteva vedere gli occhi della donna che amava, ma non sarebbero stati verdi. Il suo mondo era una distesa rossa.
<< Scott? >> Alex si voltò a guardarlo. Sembrava molto teso.
<< Sì? >>
<< Prima, a New York, Jean, per convincermi che eri davvero tu, mi ha … mi ha fatto vedere una cosa, mi ha mostrato una cosa nella testa >>
<< Lei è in grado di farlo >> spiegò Scott con un sorriso rassicurante, << non c’è da spaventarsi. Vedi, Jean è capace di … >> ma Alex lo interruppe.
<< No, non intendevo questo >> disse, << non ho avuto paura >>
<< E allora qual è il problema? >> Scott non riusciva a capire dove volesse arrivare.
Alex iniziò a tormentarsi le mani: << Volevo sapere se … se la cosa che mi ha fatto vedere è … è successa davvero >>
Il vento muoveva con delicatezza le fronde degli alberi, facendole frusciare. Scott aggrottò la fronte:
<< Dimmi >>
<< Era … eravamo in un grande salone e … e c’era un albero di Natale bellissimo in un angolo. Nostro padre stava attizzando il fuoco nel camino e nostra madre teneva in braccio un bambino piccolo che … mi sa che ero io a due anni o giù di lì. E poi c’eri anche tu >> Alex si bloccò e serrò la mascella, lottando contro le lacrime, << però non avevi gli occhiali. E … e nostro padre ad un certo punto ci ha fatti mettere insieme e ci ha scattato una foto … >> il ragazzo si frugò nella tasca dei jeans, estraendone subito dopo una fotografia tutta sgualcita. A Scott venne un groppo in gola: aprì e chiuse la bocca un paio di volte, ma da essa non scaturì alcun suono. La foto. La foto del loro ultimo Natale. Alex gliela porse e lui la prese con mano tremante. Indelebilmente impressi sulla carta c’erano un ragazzino magro che sorrideva felice e un bambino paffuto e biondo che gli stava abbarbicato addosso, le manine tra i suoi capelli. Scott sfiorò delicatamente la sagoma di suo fratello e poi la sua. Quanti anni erano passati, quante cose erano cambiate.
<< Questo è stato il nostro ultimo Natale tutti insieme, non è vero? >> domandò Alex. Scott annuì.
<< Sì, Jean ti ha fatto vedere un mio ricordo … il ricordo che ho io di quella sera >> spiegò con voce rotta, riconsegnando la foto a suo fratello, che permise a una lacrima di scendergli lungo il volto.
<< Io mi ricordo di te, Scott >> sussurrò con la voce incrinata dall’emozione, contemplando la fotografia. Scott si voltò a guardarlo.
<< Davvero? >>
<< Sì … tu … sei stato tu che mi hai insegnato a far volare l’aquilone, quel giorno, al parco. Io ero piccolissimo, però me lo ricordo … mi sono sempre ricordato di te e solo adesso mi rendo conto di quanto tu mi sia mancato >>
<< Anche tu mi sei mancato, Alex … io … >> non sapeva cosa dire, ma in quel momento non c’era proprio un bel niente da dire. I due fratelli, dopo troppo tempo, si abbracciarono di nuovo, mentre le nuvole viaggiavano piano, sospinte dal vento fresco. E Alex non poteva vederlo, ma gli occhi azzurri di Scott si riempirono di lacrime.

Xavier’s Institute for gifted youngsters, sotterranei

<< E’ inutile che si ostinino a portarmi da mangiare, tanto io non mangio! Tu di sicuro non mangi, dove sei ora, ovunque tu sia ora. Neanch’io mangerò più … >> la ragazza dentro la camera di sicurezza quelle cose le stava sussurrando appena, ma Laura poteva sentirle come se gliele stesse gridando in un orecchio. Dopo cena si era offerta volontaria per andarle a portare il cibo nella stanza, compito al quale, solitamente, assolveva la donna chiamata Jean. Quella Jean l’aveva fatta rimanere di sasso: nonostante, poche ore prima, avesse tentato di ucciderla, non aveva fatto una piega durante la cena, anzi. Le aveva anche sorriso. La chiamava tesoro. Era davvero gentile. Le ricordava la signora Marta Kinney, la zia di Alex, che l’aveva ospitata in casa sua quando era fuggita da Alkali Lake ed era stata la prima in assoluto a trattarla come una persona e non come un’arma, la prima in assoluto a dimostrarle affetto incondizionato. Ma quei ricordi erano troppo dolorosi da sopportare, così li scacciò via e bussò alla porta della camera di sicurezza. Da dentro si udì la voce di Violet:
<< Va’ via, Jean. Ti prego, non ho fame >>
Mentiva. Avrebbe potuto sentire il brontolio del suo stomaco anche ad un chilometro di distanza.
<< Non sono Jean, mi chiamo Laura >>
Da oltre la soglia provenne un lieve tramestio, poi Violet aprì la porta, un’espressione di sorpresa dipinta sul volto pallido. La situazione era più grave di quanto pensasse: a giudicare dall’aspetto non doveva mangiare da circa due giorni.
<< Dov’è Jean? >> domandò, spostando lo sguardo dal suo viso al vassoio di cibo che teneva in mano.
<< Jean oggi è andata in missione con gli altri, era molto stanca e ha mandato me >> Laura fece un grande sorriso, uno di quei sorrisi accattivanti che aveva visto fare alle ragazze simpatiche dei telefilm guardati a casa Kinney. Violet sembrò tranquillizzarsi e la lasciò entrare richiudendosi la porta alle spalle. Laura poggiò il vassoio sul tavolino al centro della stanza:
<< Vuoi che resti qui con te? O preferisci mangiare da sola? >> domandò.
<< Mangiare? >> ripeté l’altra sedendosi sul letto << Io non mangio, grazie >>
<< Morire di fame non lo riporterà in vita >> le fece notare Laura. Violet si irrigidì e iniziò a guardarla torvamente.
<< Sta zitta! >> sibilò << Chi diavolo sei tu per dirmi quello che devo fare? Chi sei tu per intrometterti? Tu non sai niente, è chiaro? Non sai un bel niente! >>
<< So abbastanza per dire che il tuo ragazzo non vorrebbe che tu ti riduca in questo stato >> proseguì Laura tranquillamente.
<< Finiscila! >> Violet schizzò in piedi: incominciava ad arrabbiarsi sul serio << Fuori di qui! >>
<< Promettimi che mangerai >> disse Laura.
<< Non ti prometto proprio un bel niente, io … >> la ragazza barcollò e ricadde sul letto << … io … >> si prese la testa tra le mani. Aveva avuto un calo di pressione dovuto alla mancanza di zuccheri.
<< Hai visto? Sei debolissima: devi mangiare qualcosa >> Laura prese il vassoio e si sedette di fianco a lei, << il roastbeef è buono, fidati >>
<< Non mi interessa … tu non lo sai che cosa … io sono un’ assassina … ho ucciso … >> Violet gemette, coprendosi il viso con le mani << Sono un mostro! >>
<< Ma davvero? E sentiamo, cos’è che ti rende tanto mostruosa? >> domandò Laura.
Violet la guardò con odio e si sfilò un guanto: << Questo! >> sibilò, mentre una serie di archi voltaici si arrampicavano sulla sua mano. Elettrocinesi.
Laura inarcò un sopracciglio:
<< Mhhh … vuoi vedere che cosa rende me mostruosa? >> detto questo sfoderò gli artigli della mano sinistra. Violet sussultò e per poco non cadde giù dal letto, mentre il sangue colava dalle nocche di Laura e poi giù lungo il braccio. La ragazza rinfoderò le lame.
<< Visto? Non sei l’unico mostro, qui. Anche io ho ucciso delle persone. Molte persone. Ti accorgi che sono davvero tante quando inizi a perdere il conto ed io ho smesso di contare da tanto tempo, ormai >>
Violet aprì e chiuse la bocca, ma da essa non scaturì alcun suono.
<< Scusa, non volevo spaventarti >> Laura iniziò a tagliare il roastbeef.
<< No, scusa tu … io non sapevo che … >> le parole le morirono in gola.
<< Già, nessuno lo sa fino a quando non li vede spuntare fuori >> le sorrise tristemente.
<< A te è mai capitato di fare male ad una persona a cui volevi bene? >> Violet le si avvicinò un po’. L’adrenalina che aveva prodotto per via dello spavento improvviso stava via via abbandonando il suo corpo. Laura annuì, serrando i pugni al ricordo: << Tante volte >> mormorò.
<< Io lo amavo >> sussurrò Violet.
<< E lui amava te. E non vorrebbe che tu rinunciassi alla tua vita per lui. Vorrebbe che tu andassi avanti e fossi felice con qualcun altro. Ormai lui non c’è più e non puoi farci niente, non cambierai questa cosa, ma puoi cambiare qualcos’altro. Sfrutta quello che sai fare per aiutare qualcun altro, non hai potuto salvare lui, ma potrai salvare altre persone. Potrai riscattarti >> così come aveva fatto lei.
<< Ryan è morto >> mormorò l’altra, guardandola con gli occhi castani gonfi di lacrime, << e sono stata io ad ucciderlo, non mi riscatterò mai! >>
<< Forse no, ma potrai renderti utile, avrai uno scopo >> Laura la guardò con un sorriso, mentre addentava un piccolo boccone di carne. Aveva iniziato a mangiare senza nemmeno rendersene conto. << E’ buono, no? >>
<< Già >> bofonchiò lei, asciugandosi gli occhi, << hai ragione >> e Laura capì che, probabilmente, non si stava riferendo al roastbeef.


Innanzitutto scusate l'immenso ritardo, ma trovare del tempo per scrivere sta diventando sempre più complicato ... meno male che la scuola è agli sgoccioli, uff! Non ce la faccio più! Comunque sia, come al solito, ringrazio tutti quelli che recensiscono, che stanno seguendo o che hanno messo nei preferiti la ficcy, anche se vi ricordo x l'ennesima volta che i commenti sono bene accetti!!! P.S. Tra di voi c'è qualcuno che potrebbe avere modo di fare un trailer per questa ficcy?? Io ne ho già preparato uno e se dovessi pubblicarlo vi farò sapere, l'unico problema è che sono una principiante e ci terrei se qualcuno di un po' più esperto ci potesse lavorare! Vi prego fatemi sapere e soprattutto continuate a seguire!! ALLA PROSSIMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** CAPITOLO AVVISO ***


Nonostante sia da mesi che non aggiorno più questa ficcy (alla quale, tra parentesi, tengo tantissimo) non voglio gettare la spugna! Young-X continuerà e finirà, anche! Sì, voglio portarla a termine, visto che, riprendendola in mano e rileggendola, mi è venuto un terribile senso di colpa per avervi lasciati così a metà! Perciò vi chiedo scusa, ma vi prometto che Young-X continuerà!!
Ringrazio tutte le persone che hanno inserito tra i preferiti questa storia:
1 - blackberry666 [Contatta] 2 - Diavoletta93 [Contatta] 3 - Glance [Contatta] 4 - grandjack [Contatta] 5 - Ramona37 [Contatta] 6 - Vale_san [Contatta] 7 - Zio_Legend [Contatta]
E coloro che l'hanno inserita tra i seguiti:
1 - Diavoletta93 [Contatta] 2 - ElizabethMasters [Contatta] 3 - Gufo_Tave [Contatta] 4 - Melisanna_ [Contatta] 5 - soniacristina1989 [Contatta] 6 - Zio_Legend [Contatta] 7 - _Nefer_ [Contatta]
Vi prego, fatemi sapere:
VALE LA PENA DI CONTINUARE SECONDO VOI?

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=332646