Inazuma E. Go: Faces Life

di Donixmadness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Takuto ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Prologo - Masaki ***
Capitolo 13: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo - Takuto ***



*Prologo*

Takuto





Non capisco.
È l’unica cosa che riesco a ripetermi nella mente, ormai vuota e in bianco.
Fino a tre giorni fa, non avrei mai potuto immaginare che una cosa simile sarebbe successa a me. Di questi tempi è abbastanza comune, ma che capitasse proprio a me non me lo aspettavo.
Andiamo, come reagireste voi se un giorno, all’improvviso, vostra madre entrasse con nella vostra camera e dicesse: “ Io lascio questa casa. Tuo padre ed io non stiamo più assieme”?
Per me fu una pugnalata dritta al cuore. Neanche ora saprei definire l’espressione di quel momento, ma sicuramente era di puro sgomento.
Rimasi per un momento a fissarla basito, sbattendo più volte le palpebre. Nei miei occhi c’era solo delineata la figura esile della donna che mi ha messo al mondo. Ancora mi sconvolgono la visione del suo viso cereo tirato in un’espressione che tradiva i tremiti del pianto, ancora mi lacerano i suoi occhi lucidi e arrossati.
Ricordo ancora quando, alzandomi di scatto dallo sgabello, le chiesi spiegazioni, tempestandola di ogni tipo di domanda. Ricordo ancora quanto pianse sulla mia spalla e di quanto mi sentii tradito io, dopo aver ascoltato il suo racconto.
Mio padre : la persona che ha contribuito alla mia nascita, l’uomo verso cui ho sempre nutrito una profonda  e sincera stima, colui che ho sempre ammirato e mi ha trasmesso la passione per la musica … è soltanto un traditore.
Shindou Daiichi, il leggendario e talentuoso pianista,  è andato a letto con una sua vecchia fiamma! Quando si dice classe …
Ripensandoci bene, è quasi ironico! Sì, insomma, sembra la trama di una telenovela!
Che schifo! Che amarezza! In questo momento ho soltanto voglia di vomitare.
Ci sono così tante domande senza risposta che vorticano nella mia testa.
Se è giunto a una cosa del genere vuol dire che ci ha sempre mentito? Quei sorrisi erano falsi? Il suo comportamento nei miei confronti era una maschera?
Tanti interrogativi ma neanche uno straccio di certezza. È proprio vero che si può cadere dalla stelle e atterrare nelle stalle. Basta davvero un niente anche se quell’uomo l’ha combinata grossa.
Non appena appresi la veridicità della notizia, mi fiondai di corsa nell’ufficio di mio padre. Lo trovai seduto alla scrivania , i gomiti sul tavolo e il capo chino fra le mani. Quando si accorse della mia presenza alzò lo sguardo vacuo, ma all’apparenza lucido: doveva aver bevuto considerata la bottiglia di scoch e il bicchiere rotto sulla moquette.
-Te l’ha detto?- mi chiese atono fissando le venature del noce della scrivania. Io strinsi i pugni fino a sbiancare le nocche.
-Sì.
Non volevo piangere, non di fronte a lui!! Così ricacciai indietro tutta quella patetica sensibilità che mi è sempre  appartenuta e, per la prima volta, lo affrontai a viso scoperto.
-Da quanto … Dimmi, da quanto va avanti questa storia?! – domandai con tutto il fiato che avevo nei polmoni, gli occhi mi pizzicavano e il cuore batteva a mille.
-Un mese … - rispose meccanicamente. L’impulso di saltargli addosso si impossessò di me e con uno scatto azzerai le distanze , prendendolo per il colletto della camicia:
-Tu! Maledetto!! – ringhiai, ma lui neanche una piega.
Strinsi con maggiore veemenza la stoffa  bianca: avevo voglia di mollargli un pugno e di urlargli quanto fosse ripugnante e schifoso e … idiota.
Lui si limitò semplicemente ad abbassare lo sguardo: non aveva nulla da dire.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto la mia famiglia, in realtà, fosse solo una maschera angelica che celava un volto diabolico. Ora che la protezione è in frantumi quel volto può mostrarsi in tutta la sua bieca meschinità.
Solo adesso mi rendo conto che vivevo in una bolla illusoria: come ho potuto credere che andasse tutto bene? Di solito nelle famiglie facoltose capita che i genitori non sappiano nulla dei figli, ma per me era l’esatto contrario.
Ero io a non sapere nulla di loro.
Dopo qualche minuto, lasciai la presa sul colletto sgualcito e ferreo mi ricomposi: volevo mantenere le distanze da quell’essere infame, ormai per me è questo.
-Che farai?
-Me ne vado anch’io … con mia madre. Andrò a vivere con lei.
Ci fissammo un’ultima volta negli occhi. I miei stessi occhi: era come guardarsi allo specchio. Ma decisi che non sarei tornato indietro sui miei passi, stavolta avrei tirato dritto e a testa alta. Così girai i tacchi e chiusi la porta , mentre con la coda dell’occhio lo vidi di nuovo chinare il capo.
Che strana la vita! A volte è così sfuggente e imprevedibile che , fino a quando non si interrompe bruscamente il suo flusso, non ti accorgi del suo scorrere continuo.
Ora sono seduto sulle scale di un anonimo appartamento in città, il quale da questo momento in poi sarà la mia nuova casa.
Dietro di me ci sono un mucchio di scatoloni, davanti alla nostra porta, con cose che devono ancora essere sistemate.
Fisso un punto imprecisato del granito. Fisso qualcosa che non c’è e mai ci sarà. Mi porto una mano dietro la nuca e mi accascio sulle ginocchia. Mi sento così frustrato…
A un certo punto un ronzio mi riscuote: il mio cellulare, poggiato sul gradino, vibra.
Lo prendo e so già chi è che chiama.
-Kirino-kun .
-Shindou, sono qui davanti all’appartamento che mi hai detto, ma tu dove sei?
-Sali. È aperto …
-Umh … ok. Vengo subito.
Con il mio migliore amico non ho bisogno di spendere molte parole, ci conosciamo da una vita ormai. Lui è l’unica cosa buona che mi rimane in questo momento.
Non devo attendere molto prima di scorgere due codini rosa fare capolino dalla rampa di scale. Non appena si volta, Kirino mi trova qui, poco più su rispetto a lui. Segue un attimo di silenzio, in cui ci scrutiamo soltanto, l’uno negli occhi dell’altro.
Devo ammettere che mi è mancato vedere le sue iridi azzurre come il cielo, così rassicuranti e gioiose. Il mio migliore amico mi ha sempre confortato e trasmesso serenità con il suo sguardo, e anche adesso è qui di fronte a me. Con me.
Sarò sempre grato per avere una persona come lui al mio fianco, almeno lui.
-Allora è vero … - mormora lui, incredulo quasi quanto me.
-Sì, questa è la mia nuova dimora. Benvenuto.- accenno ad un mezzo sorriso, ma non mi riesce nemmeno di sdrammatizzare.
Senza aggiungere altro, Kirino sale le scale e si siede accanto a me. Con un braccio mi cinge le spalle e china lievemente la testa sulla mia spalla.  Io mi limito a guardare dritto con le dita incrociate tra loro.
-Ci ha abbandonati … Mi ha abbandonato… - è l’unica cosa che riesco a dire.
-Lo so. Mi dispiace. –mi dice, rammaricato.
-Grazie di essere sempre con me, Kirino-kun.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Eccomi qui con una nuova storia, una long per la precisione e spero tanto che vi appassionate.
Per il prologo ho scelto di raccontarlo dal punto di vista di Shindou, giusto per rompere il ghiaccio! ^-^
Spero continuerete a seguirmi! 
Ciao <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***



*Capitolo 1*





Un giovane dai capelli ondulati vaga  senza meta per le vie di Inazuma-Cho .
Lo sguardo castano e pensieroso osserva assente la strada davanti a sé. Con la mente viaggia nei meandri del suo passato, quando, amareggiato e impotente, si sforzava di giocare il calcio del Quinto Settore. Allora quello era la sua unica priorità, la sua unica croce, ma al tempo stesso non si accorgeva di cosa stesse accadendo nella sua famiglia.
“Che stupido!” .
Dopo averlo aiutato a sistemare un po’ di cose nell’appartamento, Kirino  si era trattenuto ancora un po’ con lui, sino al ritorno di sua madre. Rivedere un , seppur timido, sorriso piegare le labbra della mamma, l’ha reso per un attimo felice.
Senza contare che lei ha sempre adorato Ranmaru e, solo in quel momento, si rese conto che erano secoli che non passavano un po’ di tempo insieme. I vari impegni di sua madre la trattenevano solo per qualche ora a casa, niente di più.
Precisamente, è da quando lui e Kirino andavano all’asilo che la donna non trascorreva un po’ di tempo in loro compagnia. A Takuto parve di ritornare indietro negli anni, quando la mamma giocava a nascondino con loro due.
Volge gli occhi verso il cielo rosso del tramonto ripensando con tristezza, ma anche con rabbia, all’indelicatezza di quell’uomo. Lei è la donna più gentile e buona che conosca, a volte un po’ goffa, però sempre elegante e aggraziata come una ballerina.
Yasuko Minazaki è una celebre cantante d’opera, infatti è famosa per la sua voce stupenda e anche per la bellezza. Sua madre ha sempre lavorato nei teatri e anche recitato in numerose opere. È giovane e, soprattutto, tanto dolce.
Com’ è possibile, si chiede, che lui non abbia avuto la minima delicatezza nei suoi riguardi?
Ha ancora il voltastomaco al solo pensiero di come l’abbia trattata per tutto questo tempo: suo padre gli disse che aveva un’altra relazione da circa un mese, ma, da come era sconvolta sua madre, lui non se la bevve.
Piangeva nervosamente, era distrutta  e si notava benissimo che nel suo racconto aveva omesso alcuni particolari.
Aggrotta la fronte continuando a fissare il cielo, ma poi si blocca e china il capo a pugni stretti: non vuole pensare a quanto sia viscido quell’uomo!
Ora lui deve essere forte per sua madre e anche per continuare la rivoluzione della Raimon.
“Non piangerò stavolta, non ne ho motivo! Sarò forte e non mi lascerò condizionare facilmente da questa cosa. Sarà la nascita di un nuovo Takuto”.
Questa è la solenne promessa che si fa il ragazzo davanti al tramonto: camminando, assorto in queste riflessioni, è giunto sino al campo vicino al fiume.
Una brezza gli scompiglia leggermente le ciocche ondulate, mentre affonda ancora di più le mani nelle tasche della tuta.
Ad un certo punto, però, si accorge di non essere completamente solo in quel luogo. Abbassa lo sguardo verso il campo da calcio e nota la presenza di un ragazzino, il quale sta tirando in porta. Ode in maniera distinta la voce di quello che impiega energie nel tirare e, deve dire, anche piuttosto egregiamente.
I tiri sono mirati agli angoli, precisi e abbastanza potenti.
“Però, non è niente male …” pensa il capitano della Raimon, il quale si ritrova a sedersi sui gradini ad osservarlo.
Segue i movimenti scattanti e, allo stesso tempo leggiadri, del ragazzo dai capelli corvini. In seguito, quello fa un tiro più potente, ma sbaglia: la palla prende il palo e rotola ai piedi della scalinata. Subito accorre a riprenderla e quando solleva lo sguardo si accorge di Takuto. 
Le iridi ghiaccio dello sconosciuto sorprendono Shindou, che all’improvviso vede tutta l’attenzione su di sé. Per la prima volta, si sente stranamente  a soggezione  per via dell’espressione incuriosita di quello. Poi lo sconosciuto accenna ad un sorriso e gli rivolge la parola:
-Ti piace il calcio?- chiede.
È una domanda abbastanza diretta per uno sconosciuto, senza contare che non sa nemmeno il suo nome, né lui il suo. Per tale motivo, Takuto  rimane leggermente basito da quella domanda. Tuttavia non può non rispondere con sincerità.
-Sì, molto.- e, come per magia, sboccia un piccolo sorriso sulle sue labbra. Probabilmente il suo amore per il calcio è l’unica cosa che in questo momento può lenire le sue ferite.
-Bene! Allora che ne dici di fare due tiri con me? – propone allegramente il ragazzo e Shindou non può che accettare.
Davanti alla palla migliaia di emozioni si accentrano nel suo cuore: rabbia, tristezza, dolore, delusione ... tutte insieme e il castano si sente ribollire il sangue. Così, dopo una breve rincorsa, calcia il pallone con tutta la forza. Esso va in piena rete come un proiettile perforante.
-Ehi! Ma sei bravo!! – si complimenta quello, Shindou sorride di circostanza ringraziando, ma la verità è che si sente un vero schifo e vorrebbe urlare a squarciagola. Tanto si agita che si fa prendere la mano e continua a tempestare la porta di pallonate. Il ragazzo si fianco a lui rimane in silenzio ad osservarlo: aveva capito già dal suo sguardo che qualcosa non andava.
E una e due, tre, quattro, cinque … il numero nove della Raimon non accenna a smettere: ogni tiro viene calciato con maggiore veemenza del precedente, un vero e proprio assedio ad una porta vuota.
Smette soltanto quando il pallone colpisce la traversa. Ha il fiatone e si regge sulla ginocchia, tutto questo sotto gli occhi imperscrutabili di quel ragazzo incontrato per caso.
-Devi scusarmi … Non ti sto facendo giocare … - dice poco dopo, affannato, Shindou.
-Oh non scusarti!- gli risponde l’altro recuperando il pallone – E’ sempre elettrizzante vedere un po’ di azione!
Takuto lo osserva leggermente stranito, mentre il corvino si prepara a sferrare un nuovo tiro.
Rincorsa e calcio. Ne esce fuori un colpo davvero potente, forse anche di più di quelli fatti da Shindou sin’ora. Il capitano della Raimon rimane in un certo senso affascinato  dalle sue abilità, tanto che non può fare a meno di distendere le labbra in un lieve sorriso.
-Sai … – comincia il ragazzo – io quando non sono nell’umore metto tutto sotto sopra, ma riesco a calmare gli animi con dei bei tiri in porta. Esattamente come te.-afferma e il pianista lo guarda quasi scioccato.
Come ha fatto a capirlo? Oppure è semplicemente troppo evidente?
-Però … è sempre bello dare un calcio al pallone! – aggiunge con entusiasmo, sorridendogli.
-Sì, sono d’accordo con te. – risponde il castano, il quale sente stranamente il cuore più leggero.
-Bene! Allora continuiamo?
E così fanno sino al giungere del vespero e della prima stella della sera. Entrambi sfiniti si stendono sulla terra battuta a riprendere fiato. Solo l’eco lontano di un aereo spezza il silenzio e la tranquillità della sera.
-Beh, adesso basta … - commenta il ragazzo sedendosi a gambe incrociate.
- Anch’io, sono stanco. – conferma Shindou, mettendosi anche lui seduto.
Il capitano, per un certo verso, è stupito: è la prima persona, dopo Kirino, con cui si sente a suo agio. Sta per chiedere il suo nome quando una suoneria lo interrompe.
-Scusami. – fa l’altro rispondendo al cellulare.
-Pronto? Ah, sei tu … Cosa?! Ohh!! Ma proprio adesso!?? … Va bene, va bene vengo! Ciao! – chiude la chiamata, sospirando seccato.
-Mi dispiace, ma ora devo proprio correre! - annuncia alzandosi in piedi e Shindou lo imita.
-E’ stato bello giocare con te! Sei davvero bravo.- confida con sincerità il castano.
-Lo stesso vale per te. Beh! Ci vediamo!! – e dopo aver recuperato il pallone corre via come un fulmine. Gli occhi nocciola fissano la figura allontanarsi, ma il giovane si accorge di aver dimenticato una cosa importante:
-Aspetta!! Non so come ti chiami!! – gli urla.
-Tranquillo!! Ci rivedremo presto!- risponde quello, già lontano.
Shindou osserva la sua figura rimpicciolirsi sempre più, sino a svanire all’orizzonte.
Ora è solo, di nuovo, e si sta anche facendo tardi.
“Meglio tornare a casa …”.
Quando rientra a casa trova la luce accesa del salotto e viene accolto dalla parlantina di una giornalista in tv. Lì trova sua madre accovacciata sul divano che dorme.
Sorride appena a guardarla, poi , facendo meno rumore possibile, raccoglie le varie scartoffie su cui stava lavorando e va a recuperare una coperta calda dall’armadio.
Non appena l’appoggia sulle spalle, il viso della donna si distende sereno.
Takuto rimane un po’ a rimirala: ha le guance lievemente umide e arrossate; forse deve aver pianto. Shindou non si è mai sentito così impotente come ora.
“ Cosa non darei per poterti aiutare …” pensa mentre le porta una ciocca bionda dietro l’orecchio. Quel gesto delicato risveglia la donna, la quale apre gli occhi ametista con lentezza.
-Takuto … sei tu … non ti ho sentito arrivare … - mormora con la voce impastata dal sonno.
-Non ti alzare … - l’ammonisce prendendola per le fragili spalle – Sarai stanca .
-Ma la cena … - cerca di replicare, ma il figlio la sospinge di nuovo a stendersi.
Scuote il capo: - Non preoccuparti, mi basta il cibo d’asporto che abbiamo acquistato e poi non ho tutta questa fame. Quindi adesso spengo la tv e ti rimetti a dormire.
Per tutta risposta, Yasuko mugola in segno di disappunto, ma è costretta ad obbedire. Così, Takuto le rimbocca nuovamente la coperta, ma prima che vada la mano affusolata lo afferra per la manica.
-Tesoro … mi dispiace tanto, per tutto quello che è successo. Se … se vuoi non sei costretto a vivere con me …
-Ma che dici?! – la interrompe bruscamente il castano, il quale si siede accanto a lei sul sofà – È questa la mia casa adesso. È solo questione di tempo e vedrai che sistemeremo tutto. -  dice, sorridendo dolcemente e la stampa un lieve baco sulla guancia. La donna sorride felice a affonda nel calduccio della coperta mormorando un : - Grazie, amore mio .
Così Shindou spegne la tv e la luce e si prepara per andare a dormire. Al momento non ha ancora il letto, poiché dovrebbe arrivare il giorno dopo, così tira fuori dall’armadio a muro un comodo futon e lo stende al centro della sua nuova stanza.
E’ abbastanza spoglia, infatti c’è solo la scrivania, l’armadio e a un angolo ha appoggiato la cartella e il borsone del club di calcio.
Si stende con migliaia di pensieri che gli vorticano nella mente, ma poi il sonno gli appesantisce le palpebre finché non cade tra le braccia di Morfeo.
 
Il mattino seguente, si è svegliato molto presto e con sua grande sorpresa Kirino e venuto a prenderlo portando anche la colazione.
-Non avresti dovuto! – gli dice Shindou, anche se profondamente riconoscente.
-Ah! Ma non dirlo nemmeno! Dopo il trambusto di questi giorni, ve la meritavate una colazione coi fiocchi, modestamente. – commenta il rosa, fiero del suo operato.
Il capitano ha sempre invidiato le capacità culinarie dell’amico, senza contare che hanno il frigo vuoto e né lui e né sua madre sanno cucinare.
-Grazie mille lo stesso! Lo apprezziamo molto!
-Ehi, qualsiasi cosa io ci sono. – lo rassicura poggiandogli una mano sulla spalla. E Takuto gli sorride ancora riconoscente.
Continuano a chiacchierare per tutto il tragitto, fino all’ingresso della Raimon. Lì Shindou  si blocca all’improvviso e Kirino si volta a guardarlo.
-Che c’è? – gli chiede l’amico.
-Senti, Kirino-kun , vorrei che per il momento non facessi cenno agli altri di quello che mi è accaduto. Non voglio che si preoccupino e perdano la concentrazione, soprattutto adesso, in un momento così fondamentale .
Il rosa sorride sereno: - Tranquillo, per adesso non ne farò parola con nessuno. Ma non credo che l’anonimato durerà a lungo.
-Lo so. Considerata l’importanza della famiglia Shindou, ben presto si saprà. Ma adesso è meglio non dire nulla, abbiamo una rivoluzione da portare avanti e non possiamo fermarci proprio adesso!- afferma con determinazione.
-Sì capitano! Ma attento a non trascurare anche te, eh! – raccomanda il rosa puntellando le mani sui fianchi, come una mamma. Shindou ridacchia divertito.
-Sta tranquillo! – e detto questo i due si avviano alla sede del club per l’allenamento mattutino.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ehilà! Ecco il secondo capitolo di questa long. Credo che a questo punto la situazione di Shindou sia abbastanza chiara adesso?
Ma che cosa gli capiterà? E chi è questo strambo quanto misterioso ragazzo? E chi sono gli altri protagonisti da me scelti e i quali devo ancora torturare?
Seguitemi e lo scoprirete! Baci baci <3
PS: Approfitto delle note per ringraziare Nuvoletta_Di_Condensa per aver recensito il precedente capitolo. Spero che questo ti piaccia.
Ciao ciao.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***







 

*Capitolo 2*
 




Sono quasi le otto e il cortile della Raimon JH è affollato da un via vai di studenti, i quali si affrettano ad entrare in classe. Il vocìo dei ragazzi giunge ovattato dalle finestre della  2-C, che si trova al secondo piano.
Shindou  ha le braccia incrociate sul banco e guarda all’esterno i sorrisi, ma anche le smorfie lamentose dei ragazzi lì fuori.
Stamani ha dato il meglio di sé in allenamento, cercando di non pensare ai suoi problemi e concentrandosi solo sul calcio. Kirino vegliava su di lui con fare apprensivo e più volte lo riscuoteva durante la pausa, quando si perdeva nei suoi pensieri.
Sospira ancora cercando di esalare le sue angosce, poi sente una mano sulla spalla.
-Kirino …
-Va tutto bene? – chiede, preoccupato.
-Sì … credo. Il fatto è che mi devo ancora abituare … a questa mia nuova condizione.
Il rosa sta per rispondergli, ma il suono della campanella lo interrompe. Tutti i ragazzi vanno a sedersi ai loro posti in attesa che entri il professore. Kirino fa lo stesso, non dopo aver dato un’ultima pacca sulla spalla dell’amico.
Dopo qualche minuto il professore entra in classe e tutti si alzano in piedi per l’inchino.
-Buongiorno professore!
-Buongiorno a voi ragazzi. – risponde e con un cenno invita tutti a sedersi.
-Da oggi, avrete un nuovo compagno di classe.- annuncia e volge attenzione alla porta- Su, entra.
Gli occhi di tutti fissano l’ingresso, il quale viene attraversato da un ragazzino di media statura. Quando lo vede, Shindou non può credere ai suoi occhi:
“ Ma quello è …”.
Il nuovo arrivato si mette di fianco alla cattedra, con le mani dietro alla schiena e un piccolo sorriso a incurvagli le labbra. I lineamenti delicati sono incorniciati da due ciuffi neri che partono dall’attaccatura vicino alle orecchie. Altre ciocche nero pece gli ricadono più lunghe sul lato destro, ma non celano la luce chiara che emanano le sue iridi azzurre. Rispetto alla sera precedente, adesso Shindou può notare come siano piuttosto marcati il contorno dell’iride e la pupilla, i quali sono in netto contrasto con il chiarore degli occhi stessi.
Anche tutti gli altri compagni lo osservano incuriositi, mentre qualche ragazza ha già intorno qualche cuoricino volante. Intanto, il professore ha scritto il suo nome alla lavagna: - Bene ragazzi, lui è Hoshino Rin. Si è appena trasferito in questa città, quindi siate gentili con lui.
-Mi chiamo Hoshino Rin, piacere di conoscervi. – e si china, ma poi anche lui nota Takuto e saluta con un lieve cenno della mano. Kirino, incuriosito dall’intesa dei due ragazzi, si sporge verso Shindou, mentre Hoshino prende posto nella fila centrale.
-Ehi , lo conosci? – bisbiglia con la mano vicino alla bocca.
-Sì, è il ragazzo di cui ti ho parlato. Quello che ho incontrato al campo sul fiume.
-Ahh … - soffia Ranmaru, con stupore – Proprio una bella coincidenza.
-Già.
Dopo il richiamo del professore, comincia la lezione e così termina la breve conversazione.
Stranamente le ore scorrono velocemente e suona la campanella della pausa. Hoshino si stiracchia beatamente sulla sedia sbadigliando. Saluta gentilmente tutti quelli che si avvicinano al suo banco: viene letteralmente tempestato di domande a cui risponde in lieve difficoltà, considerando la quantità. Poi a poco a poco gli studenti si dileguano: sembrano un gregge di pecore che dopo aver avuto da mangiare si allontanano tutte insieme. Il ragazzo sfinito si accascia sul banco, ha un espressione buffa che fa sorridere divertiti Shindou e Kirino, rimasti in disparte fino ad ora. I due compagni si avvicinano e Hoshino , con la testa sul banco, alza le mani in segno di resa.
-Chiunque voi siate, non concedo autografi!
Shindou ridacchia divertito, per poi rispondergli: -E’ un po’ che non ci si vede, eh?
Riconoscendo la voce, il corvino alza la testa e incontra la presenza dei due ragazzi.
-Ah! Sei tu! Beh, visto? Adesso sai qual è il mio nome.
-Già. Io sono … - il castano sta per presentarsi, ma viene interrotto dall’altro.
-ALT! So già chi sei. – e così si alza dalla sedia, guardandoli dalla stessa altezza – Tu sei Shindou Takuto, il capitano della squadra di calcio della Raimon … E tu Kirino Ranmaru , uno dei difensori. – aggiunge, infine, indicando il rosa.
-Ci conosci già?- domanda retoricamente il ragazzo coi codini, non poco stupito.
-Beh, sai: Holy Road? Torneo cittadino? La tv la guardo anch’io. – risponde con ovvietà.  Kirino sorride alla risposta, velatamente ironica di Rin : lo trova simpatico.
-Hai già deciso in quale club ti vuoi iscrivere? Shindou mi ha detto che non sei niente male a tirare! – esordisce Kirino, sempre radioso.
-Mmhh … hai già spifferato tutto, eh? – risponde scherzosamente, Hoshino, guardando sottecchi Takuto. Come la sera precedente, anche adesso il capitano non può omettere di trovarsi bene con questo ragazzo. Senza contare che, ora che lo sta conoscendo a fondo, la sua punta sarcastica e scherzosa lo stuzzica in maniera divertente.
-Comunque, pensavo di iscrivermi al club di calcio.
- Sei il benvenuto allora! – lo accoglie Shindou.
- Arigatou!  
 
Alla fine delle lezioni, il nuovo trio di amici si avvia verso la sede del club. Hoshino l’ammira ad occhi sbarrati per quanto è grande.
-Ecco, questa è la sala del club. – annuncia Shindou, appena varcata la soglia. Lì ci sono tutti i componenti della Raimon  con le manager (Akane ha cominciato a scattare foto al capitano).
-Buongiorno sempai! – saluta Tenma, su di giri come sempre.
-Ehi! Chi è il ragazzo?-  domanda curioso Nishki , attirando l’attenzione di tutti gli altri.
-Piacere di conoscervi, sono Hoshino Rin e mi piacerebbe entrare nel club di calcio. – si presenta il nuovo arrivato con un inchino.
-Oh! Abbiamo un nuovo aspirante! – esordisce una voce matura alle sue spalle.
-Kidou –kantoku .
-Sei il benvenuto,  ma dimmi hai mai giocato a calcio? – chiede l’ex- regista dell’Inazuma Japan.
-Sì, signore. Giocavo nel club di calcio della mia vecchia scuola, in diversi ruoli.
Diciamo che ero un libero …
-Un libero! Fantastico!! – commenta Matsukase con gli occhi luccicanti.
-Bene, allora vediamo un po’ che sai fare. – annuncia il rasta con un cenno che Shindou definirebbe … complice.
-Grazie mille, allenatore! – Hoshino si inchina nuovamente, in segno di riconoscenza.
Dopo le varie presentazioni, Otonashi-sensei consegna la divisa al corvino, la maglia numero 21. Ma non si avvia subito agli spogliatoi con gli altri, infatti accampa una scusa dicendo di dover fare prima una telefonata urgente, tuttavia assicurando che sarebbe rientrato in campo per tempo. E così Hoshino schizza fuori alla velocità della luce, lasciando la donna e le altre ragazze ad un palmo dal naso.
Intanto i ragazzi si stanno già cambiando con la solita euforia, ma solo uno non sembra essere particolarmente entusiasta.
Takuto si allaccia la scarpa sul bordo della panca, ha lo sguardo accigliato di uno che si sta sforzando di non pensare e Kirino lo nota subito. Conosce Shindou dall’infanzia e sa benissimo che cosa gli passa per la testa. Stavolta, però,  non vuole avvicinarsi, ci sono anche gli altri si accorgerebbero subito che c’è qualcosa che non va. Dunque , si limita solo a vegliare da lontano.
-C’è qualcosa che non va, Kirino-sempai ?
Ovviamente non poteva mancare quel tono di voce sprezzante e quella cadenza del suo nome fino all’inverosimile. Il rosa chiude gli occhi metabolizzando la calma, poi li riapre e si trova davanti lo sguardo fintamente innocente di Kariya Masaki.
-No, niente. – si limita a rispondere, sospirando.
Kariya ghigna malefico, come solo lui sa fare: -Ohhh! Davvero sempai?
Kirino aggrotta la fronte corrucciato: “Seccatore …”.
-Allora perché sei lì impalato davanti alla porta?  Stai ostruendo il passaggio. – fa notare il kohai impeccabilmente saccente, come al solito del resto.
Solo allora Ranmaru si accorge di altri occhi puntati su di lui.
-Oh! Scusate ragazzi ero sovrappensiero! – dice spostandosi.
- Sempai, devi andare a letto presto la sera! – lo stuzzica ancora il blu.
- Kariya!- ed ecco che comincia la solita rincorsa prima degli allenamenti.
 
Una volta in campo i ragazzi si riscaldano e li raggiunge anche Hoshino che si scusa per l’inconveniente. Kidou decide di schierarlo a centrocampo e vedere un po’ come si muove. Avendo due portieri si simula una partita.
Shindou corre subito dribblando col la palla, il nuovo membro si trova nella squadra avversaria .
Kurama corre subito a rubare palla, ma il capitano la passa velocemente a destra in direzione di Tema, senza successo però. Con un balzo fulmineo Rin la intercetta e scatta in avanti veloce.
-Cosa? ! – è l’unica cosa che riescono a dire il numero nove e il numero otto della Raimon.
Il ragazzo non si ferma , continua a correre a velocità pazzesca verso la porta di Sangoku.  Amagi gli si para davanti.
-Non passerai!
Il corvino sorride beffardo, come non aveva mai fatto prima. Calcia la palla in alto, sorprendendo il difensore, e se la riprende spiccando un salto da paura. Infatti si libra leggero in aria e riacciuffa con i piedi il pallone, in posizione verticale.
Tocca il suolo e riparte di nuovo. Evita una scivolata di Kirino e spazza via la palla verso Kageyama, il quale si stava muovendo lungo la fascia scoperta.
I giocatori erano così concentrati a centro campo che hanno lasciato sguarnite le fasce e a Shindou viene il sospetto che Hoshino l’avesse previsto.
Hikaru tira da posizione angolata, ma Sangoku  riesce a parare in tuffo.
La prestazione  del ragazzo ha lasciato a bocca aperta tutti, perfino Otonashi-sensei e le altre tre ragazze sono rimaste basite. Akane non ha fatto altro che scattare fotografie una dopo l’altra ritraendo, soprattutto, l’espressione stupefatta del suo Shin-sama.
Tutti circondano Hoshino , il quale è il leggero imbarazzo tempestato da tutti quei complimenti.
-Sei stato figo! – il commento di Shinsuke, appoggiato da Tenma che annuisce come un bambino.
-La tua velocità e il tuo equilibrio non sono niente male.- aggiunge Kirino.
-Beh! Grazie! – sorride Rin, con un delizioso rossore a coloragli le gote.
Kidou ha guardato in silenzio, studiando ogni mossa fatta dal ragazzo.
-E’ una sorpresa! Vero Nii-san? – commenta Haruna, ma Yuuto non le risponde
– Nii-san …
L’allenamento ha continuato a svolgersi così, con vari capovolgimenti di fronte. Più volte Shindou e Hoshino si sono contrastati tenacemente per il possesso di palla: dribblava uno e dribblava l’altro, tirava uno e bloccava l’altro.
 
Finito l’allenamento i ragazzi si salutano davanti al cancello della Raimon. I tre compagni di classe, Takuto, Kirino e Rin, fanno un tratto di strada insieme.
Ora che sta parlando di calcio, il capitano si sente più tranquillo e spensierato e anche Ranmaru può felicemente notarlo.
-Io ora devo girare da questa parte. – esordisce il rosa, una volta giunti all’incrocio.
-D’accordo.- fa il pianista, sorridendo per rassicurarlo. E si salutano.
Il corvino e Shindou percorrono un altro tratto di strada insieme, continuando a parlare del torneo e il castano accenna anche la rivoluzione della Raimon.
-Neh, Hoshino, tu dove abiti? – domanda il numero nove.
-Non molto lontano, però devo prima andare al supermercato a fare la spesa. Tu invece?
-Io devo girare infondo alla via. – indica il giovane.
-Ok, allora le nostre strade si dividono qui.
-Già.
-Allora ciao, Capitano. Ci vediamo domani!
-A domani, Hoshino-kun. – e prendono strade diverse.
Adesso Shindou  è di nuovo solo e quel senso di angoscia sembra pervaderlo nuovamente. Affretta il passo verso il suo palazzo, il quale raggiunge in pochi minuti.
Sale le scale di fretta, tira fuori le chiavi, apre la porta scivolando sulla soglia. Richiude, sospira.
-Sono tornato! – annuncia e la voce di sua madre non si fa attendere. Corre fuori dalla porta della stanza da pranzo e va ad abbracciare il figlio.
-Bentornato tesoro!- esclama Yasuko, stringendolo a sé.
Takuto inspira il suo odore, felice, accolto e al sicuro. Poi la donna si stacca e guarda suo figlio un bellissimo sguardo ametista.
-Come è andata oggi?
-Bene! Ma … cos’è questa puzza di bruciato? – domanda, inarcando un sopracciglio.
-Beh … ecco … avevo messo a riscaldare la cena , però si è bruciata. Comunque ho rimediato comprando cibo cinese, so che a te piace.
-Sì, molto! Però uno di noi due dovrà imparare a cucinare prima o poi …
-Prenderò lezioni, lo giuro! – alza la mano la donna – In ogni caso ho una bella notizia per te! – annuncia prendendo la tracolla del figlio.
-Ah sì? Quale?
-Sono arrivati sia i letti che il frigorifero.
-Grandioso ! – esclama allegro. Sì, lui è felice di stare con sua madre.
-Coraggio andiamo a mangiare altrimenti si fredda!
 E così, madre e figlio hanno cenato assieme quella sera. Comodamente seduti sul divano a guardare un film in tv.
 
 
 
Il giorno dopo …
 
-Io vado!
-Buona giornata! – l’accompagna una voce femminile dal’interno.
Non appena apre la porta, Takuto incrocia due occhi azzurri di fronte a lui, sgranati dalla sorpresa.
-Sh-Shindou …?
-Ho-Hoshino …?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***



*Capitolo 3*





-Io vado! – esclama Takuto, aprendo la porta.
-Buona giornata!- risponde la voce di sua madre, tutta affannata a sistemare le cose in cucina e a scrostare la padella del giorno prima.
Non appena aperta la soglia, però, il castano sgrana gli occhi incredulo e sorpreso. Infatti, di fronte a sé, ci sono un paio di iridi azzurre che lo fissano con la stessa identica espressione.
-Sh –Shindou …?
-Ho-Hoshino …? 
Balbettano entrambi esterrefatti, nel momento in cui apprendono che si trovano a meno di 2,98 m di distanza, nello stesso palazzo e nello stesso pianerottolo.
Shindou e sua madre abitano in quel condominio in città da circa cinque giorni: avevano conosciuto solo alcuni dei loro condomini, tuttavia non avendo mai visto la porta di fronte alla loro aperta, hanno avuto l’impressione di essere soli sul piano.
Invece, a quanto pare, non è così. Nell’appartamento n° 6, speculare in tutto e per tutto al n°5, vive Hoshino Rin, il suo nuovo compagno di classe e da ieri anche di squadra. Ma la cosa, sicuramente, più allucinante è come hanno fatto a non incontrarsi il giorno prima al rientro da scuola!
I due ragazzi, ancora un po’ sorpresi, restano immobili l’uno di fronte all’altro con la mano agganciata alla maniglia della propria porta. A un certo punto, una risata spezza il silenzio tombale: il covino non ne può più di trattenersi.
-Noo!! Dai! Non ci credo! Non dirmi che abiti qui!- esordisce e Takuto sorride.
-Abito qui. – conferma il castano, ridacchiando anche lui.
Il primo volto, il quale incrocia non appena uscito di casa, gli fa sbocciare un sorriso sereno e gli provoca una risata di gusto: “Davvero incredibile!” si ritrova a pensare.
-Così, oltre ad essere compagni di classe e quant’altro siamo anche vicini di porta? – gli domanda Hoshino, chiudendo l’ingresso e Shindou lo imita.
-A quanto pare !
-Che coincidenza assurda!! – risponde sempre il moro, mentre si gratta la nuca.
-Puoi dirlo! – incalza Shindou che, effettivamente, è ancora scioccato dalla vicenda.
I ragazzi scendono le scale fianco a fianco.
-A quanto pare … - dice Hoshino, saltando dagli ultimi due gradini – staremo insieme più tempo del previsto.
-Mi domando che faccia farà Kirino quando ci vedrà insieme e scoprirà la verità... – afferma con aria pensierosa, il capitano della Raimon.
-Di sicuro non potrà avere delle facce più scioccate delle nostre! – commenta Rin, facendo sorridere ancora Shindou.
I due calciatori chiacchierano del più e del meno per tutto il tragitto: Takuto ha raccontato del suo trasferimento (tralasciando la causa e vari particolari) e lo stesso ha fatto Hoshino. Quest’ultimo gli ha confessato di vivere praticamente da solo a casa, per via degli impegni dei suoi.
-Davvero? Non ti senti un po’ solo senza i tuoi  genitori? – domanda discretamente il castano, corrugando leggermente la fronte. In effetti è una cosa un po’ insolita per un ragazzino della sua stessa età, tuttavia non vuole correre il rischio di essere troppo invadente.
-Ma no! – tranquillizza il moro – Mi sento ogni giorno con loro! – ridacchia un po’ nervoso. Shindou continua a guardarlo perplesso, ma i suoi dubbi vengono subito spazzati via non appena intravede Kirino all’angolo della strada, il loro nuovo punto di incontro.
-Buongiorno ragazzi! – saluta il rosa.
-Buongiono Kirino-kun. – ricambia Shindou, mentre Hoshino fa un cenno con la mano.
-Vedo che avete fatto la strada insieme. Abitate vicino? – chiede curioso Ranmaru.
-Credimi, più vicini di così si muore! – commenta scherzoso, Hoshino, il quale gesticola con fare teatrale. Kirino chiede spiegazioni con un’occhiata perplessa e così Shindou gli parla della fortuita coincidenza.
-Non ci posso credere! Come avete fatto a non incontrarvi! – esclama divertito il ragazzo coi codini. Il capitano alza gli occhi al cielo e sospira: -Non lo sappiamo nemmeno noi!
Dopo di che segue una risata collettiva, la quale si interrompe all’ingresso di scuola.
 
 
Un sospiro stanco echeggia nell’ufficio. Il presidente, seduto alla scrivania, si porta le mani alla fronte in chiaro segno di esasperazione. Il suo fidato segretario si asciuga il sudore del viso con un fazzoletto: lo fa sempre quando è nervoso oppure quando deve comunicare al dirigente pessime notizie.
-Allora … ci sono notizie dal Quinto Settore? – domanda affranto il vecchio con la testa ad uovo. L’uomo di fronte balbetta un po’ prima di rispondere:
-No … nessuna signore …
-Ma come è possibile! – tuona Kizan battendo i pugni sul tavolo- Come possono permettere che vada avanti questa rivoluzione?!!
Fuyukai si torce le mani irrequieto: non sa nemmeno lui cosa pensare, né ha l’intelligenza giusta per entrare nei ragionamenti contorti del Q.S.
-Siamo rovinati … il prestigio, la reputazione … tutto perduto!-  piagnucola  il dirigente, accasciando la testa sulla scrivania.
A un certo punto però, lo squillo del telefono interrompe la sua lagna. Subito scatta sull’attenti, così come l’assistente.
-Potrebbe essere … - balbetta quello.
-Il Quinto Settore … - così il presidente della commissione non se lo fa ripetere due volte e afferra la cornetta.
-Pronto? Qui è Kizan … EH!
Fuyukai si acciglia a quell’esclamazione, mentre prosegue quella strana telefonata.
-Chi è che parla? – chiede il vecchio aggrottando la fronte - … COSA?! PRONTO? PRONTO??!
E con un sospiro riaggancia.
-Allora ? Chi era al telefono? Il Quinto Settore?– domanda il segretario, troppo ansioso.
-Mmmh … Non esattamente … Non so se fosse proprio del Q.S. , tuttavia la persona che ha parlato sa troppe cose …
Fuyukai deglutisce: - Cioè …?
-C’è una spia nella Raimon e non è del Quinto Settore, ma non ha detto il nome.
-E allora come si fa a rintracciarlo? Se non è del Q. S. potrebbe anche far parte degli oppositori e questo sarebbe un problema …
-Sì, ha ragione … - medita la testa d’uovo digrignando i denti – Portami l’elenco degli alunni trasferiti nelle ultime settimane.
-Ah … ehm … subito.
 
 
Il suono del fischietto echeggia per tutto il campo. È una giornata soleggiata, il vento carezza il manto verde e rinfresca i volti dei giovani calciatori.
-Per stamani l’allenamento finisce qui, riprenderemo dopo le lezioni. – annuncia Kidou kantokun.
I ragazzi intanto si reidratano e si asciugano il sudore con gli asciugamani offerti dalle ragazze. Hoshino è praticamente circondato da un Tenma e un Shinsuke saltellanti e iperattivi, i quali non perdono occasione di elogiare le sue prestazioni in campo.
-Sei stato grande con quel colpo di tacco sempai!! – esclama Matsukase euforico, mentre il piccoletto accanto a lui annuisce convinto.
-Beh, grazie … non è niente di che! A furia di calciare il pallone si acquista una certa confidenza … ehehh – commenta modesto, ma anche divertito dall’esuberanza  delle matricole del primo anno. Intanto parlottando tra di loro, i ragazzi già si dirigono agli spogliatoi: manca circa un quarto d’ora all’inizio delle lezioni.
-Nahh … Ma che hanno da esaltarsi così tanto? – domanda pungente Kariya, osservando la scena da lontano. Kageyama, accanto a lui, fa spallucce alla smorfia contrariata del kohai, mentre, invece, un ragazzo dai codini rosa ha udito il suo commento. Un scintilla malevola brilla negli occhi azzurri di Kirino.
-Non sarai mica geloso, Kariya … - gli soffia all’orecchio, con tono sprezzante. Masaki sobbalza per lo spavento: un brivido gli percorre la schiena e si volta tutto rosso in volto.
-Ce-Certo che no!! – balbetta imbarazzato, mentre il rosa e il viola ridono per la sua reazione.
Shindou osserva i suoi compagni assente, ma tenta di riscuotersi da quel torpore stagnate bevendo un altro sorso d’acqua.
-Ecco … - i passi leggeri di Akane si avvicinano a lui. La ragazza gli porge l’asciugamano con un piccolo sorriso  e un lieve rossore sulle gote.
-Oh, grazie … - accetta cortese.
Dopo di che i ragazzi vanno a cambiarsi per le lezioni. Hoshino, invece, resta ancora un po’ seduto sul prato. Nelle sue iridi specchio si riflettono le doldi nuvole bianche come se avesse il cielo nei suoi occhi. Takuto, già pronto per andare in classe, lo nota ancora sul campo.
-Che ci fai ancora lì?! Le lezioni stanno per cominciare!! – lo richiama da lontano, ma quello gli risponde di andare avanti senza di lui. Così Takuto si avvia assieme a Kirino in classe. Hoshino giunge per un soffio dal suono della campanella, dopodiché entra già il professore.
Sebbene solitamente sia uno degli studenti più attenti e diligenti durante le lezioni, stavolta Shindou ha la testa da un’altra parte. Per quanto gli faccia male non può evitare di pensare alla sua famiglia, cambiata radicalmente da un giorno all’altro. Non può evitare di pesare a suo padre : come dovrebbe comportarsi adesso?
Non rivolgergli la parola e trattarlo con freddezza, oppure capire a fondo i motivi del suo gesto. Ama davvero questa donna oppure è solo un’avventura sessuale arida di qualsiasi sentimento?
Per un momento gli sale un conato di vomito, che ricaccia subito nel suo stomaco. Non vuole nemmeno pensarci … è così … disgustoso
Il continuo vorticare dei suoi pensieri gli ha fatto venire mal di testa, infatti si porta una mano sulla fronte e non sente i continui richiami del professore.
-Shindou! Mi stai ascoltando?! – domanda l’insegnante stizzito, mentre il giovane sobbalza all’improvviso.
-Eh … sì, mi scusi … - risponde mortificato.
-Non è da te essere distratto … non ti senti bene forse? – insiste l’adulto, scrutandolo meglio.
-No, no … sto bene. – si affretta a rispondere e fortunatamente la conversazione si interrompe lì, perché qualcuno bussa alla porta della classe. Dopo il consenso del professore si presentano alla soglia il presidente scortato, come sempre, dal suo ansioso segretario. Tutti gli studenti si alzano al loro ingresso.
-Buongiorno professore . – saluta apatico, Kizan.
-Buongiorno a lei . – ricambia l’uomo, non poco perplesso.
-Con il suo permesso, le porto via un allievo. – annuncia quello, sempre neutro e inflessibile.
-Certo … - il prof non si oppone di certo.
-Hoshino Rin devi seguirci in direzione. – annuncia il segretario.
Il diretto interessato sgrana gli occhi sorpreso, ma si ricompone subito in espressione seria. Shindou e Kirino non l’hanno mai visto così : lo sguardo azzurro sembra essersi fatto più scuro, come se il cielo fosse attraversato da nubi nere e tempestose.
In ogni caso, il ragazzo esegue l’ordine ed esce fuori dall’aula assieme ai due uomini.
Sussurri e borbottii a bassa ronzano nella 2-C. Tutti sono curiosi di sapere cosa sia successo, poiché è davvero molto strano che il Presidente della Commissione, nonché attuale preside della scuola, venga di persona a richiamare l’allievo.
Takuto e Ranmaru si scambiano un’occhiata per niente rassicurante. Cosa potrà mai essere accaduto?
 
Hoshino è stato assente dall’aula per le prime tre ore, il castano e il rosa l’hanno incontrato solo durante l’intervallo, mentre il giovane stava ritornando in classe.
-Ehi! Hoshino! – lo richiama Kirino, andandogli incontro affiancato dal capitano.
-Oh, ciao ragazzi … -gli saluta sorridente, ma Takuto ha notato il suo repentino cambio di espressione. Può sembrare allegro e spensierato, però Shindou sospetta che qualcosa non va.
-Che è successo? Come mai sei stato chiamato in direzione? – domanda preoccupato Takuto.
-Nahh! Niente di che. Volevano solo sapere alcune informazioni sul mio trasferimento. Hanno detto che non riuscivano a trovare alcuni documenti, tutto qui. – conclude raggiante.
-Ah, solo questo? – gli domanda il rosa e Rin annuisce.
-Su andiamo a mangiare. Ho una fame! – annuncia dandosi qualche pacca sullo stomaco, Shindou e Kirino si scambiano un’occhiata ma non dicono nulla.
 Così i tre si avviano in mensa per soddisfare l’appetito.
Al termine delle lezioni i ragazzi si dirigono nella sede del club e, dopo essersi cambiati, raggiungono il campo. Il capitano ancora non concepisce i lievi ritardi di Hoshino: non si è mai cambiato nello spogliatoio della squadra assieme agli altri, il che è piuttosto strano. Ha sempre trovato le scuse più improbabili, stavolta ha detto che doveva andare urgentemente in bagno. Comincia a sospettare che nasconda qualcosa.
Sta per attraversare il campo e raggiunge i suoi compagni quando, una volta messo piede sull’erba, sente tuonare la voce dell’allenatore Kidou.
-Che cosa vuoi tu?!
Shindou si fa subito spazio tra le figure immobili dei suoi compagni e affianca il rasta, il quale è immobile dinnanzi ai suoi giocatori. Il venticinquenne fissa truce una figura in mezzo al campo.
-Kantokun!  Che suc …-  sta per dire il capitano, ma viene interrotto da una voce non sconosciuta.
-Eccolo qui! Il meglio della Raimon!
Takuto si volta di scatto e con sua somma sorpresa trova in mezzo al campo un ragazzo dal caschetto viola: Hayabusa della Tengawara J.H.
-Tu sei … della Tengawara. – mormora.
L’altro ride sommessamente prima di rispondere: - Oh … Ma allora ti ricordi di me!
-Che ci fai qui? – interviene Tsurugi, assottigliando lo sguardo.
Hayabusa ghigna sghembo: - Sono qui per prendere i vostri keshin.
-K-Keshin …? – boccheggia Tenma.
-Esatto! Addio!- e detto questo alza il pallone sui piedi e calcia un tiro potente in direzione dei componenti della Raimon. I ragazzi, presi alla sprovvista, stanno per schivarlo ma un altro pallone giunge dalle tribune. Esso viaggia a velocità impressionante e colpisse l’altro, deviando la traiettoria.
Per un attimo si ha uno spostamento d’aria, il quale quasi fa mancare il respiro ai giocatori. Gli occhi dei ragazzi sono rimasti incollati sul prato davanti a loro, anche dopo che il tiro del SEED è stato annullato. È accaduto tutto così in fretta che non hanno avuto modo di metabolizzare l’accaduto.
-Sei sempre tra i piedi, Hayabusa. Non ti smentisci mai.
Una voce chiara e apatica giunge dagli spalti, riecheggiando solenne.
In cima alla scalinata, Hoshino Rin fronteggia l’avversario con sguardo tagliente. Tutti guardano nella sua direzione e il diretto interessato ride ancora perfido.
-Non vedevo l’ora di incontrarti … Rin.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ebbene eccomi con il quarto capito, che spero riscuota più successo dei precedenti. Potrebbe sembrare la classica storia trita e ritrita, ma se avrete ancora un po’ di pazienza vedrete che non vi deluderò: il bello deve ancora venire. Detto questo, spero di ricevere la vostra opinione in merito.
Bye! <3
P.S: Per chi non se lo ricordasse, vi lascio qui una foto di Hayabusa. :*


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***



*Capitolo 4*







-Sei sempre tra i piedi, Hayabusa. Non ti smentisci mai.
Due specchi di fulgido ghiaccio scrutano dall’alto tutto il perimetro del campo, in particolare si fissano con insistenza su una figura molesta al centro di esso.
Rin, immobile sugli spalti, indossa con portamento fiero la maglia numero 21 della Raimon; il suo sguardo truce risulta tagliente e quasi spietato.  Le nubi bianche viaggiano sul manto azzurro sospinte dal vento, eppure, quando le loro ombre percorrono la figura del ragazzo, appaiono quasi sinistre. Come se qualcosa si fosse spezzato in quella che, ad occhio, potrebbe essere una bellissima giornata.
-Non vedevo l’ora di rivederti … Rin. – il viola sibila il suo nome con un ghigno perfido, come se non aspettasse altro. Il corvino, intanto, è sceso dalle scale ed giunto allo stesso livello dei suoi compagni di squadra, i quali , sbigottiti, lo lasciano passare. Il giovane si ferma accanto a Shindou e l’allenatore.
-Cosa vuoi? – domanda atono, senza la minima inflessione. La sua voce echeggia così amplificata nel silenzio, che inquieta … Sembra una persona completamente diversa. L’altro sogghigna compiaciuto e sicuro di sé:
-Che domande sono queste, Rin? Lo sai benissimo quali sono le mie intenzioni! I keshin, ovviamente...
Stavolta, però, è il ragazzo corvino a sorridere irriverente: -Tu e chi altro?
-Non ti si può nascondere niente, eh Furude-san? – ribatte Hayabusa, chiamandolo con un altro nome, ma Hoshino non fa neanche una piega.
-Furude … - si ritrova a sussurrare Shindou, non meno confuso degli altri. A un certo punto, l’ex giocatore della Tengawara schiocca le dita e si avvicinano altre dieci persone.
Una schiera di SEED si dispone ordinatamente dietro Hayabusa: sui volti l’espressione arrogante di chi ha già la vittoria in tasca.
-Ma voi … - tenta di dire Tsurugi, il quale ha compreso subito chi siano.
-Ci rincontriamo, Tsurugi-kun . – un uomo vestito di nero e con un cappello del medesimo colore, appare dietro agli oscuri ragazzi. Due ciocche ramate ricadono dalla visiera.
-Kuroki-san …- afferma il blu e quello sorride serafico.
-Lasciate che ve li presenti: loro sono il Team Omega. – annuncia l’uomo –Il Quinto Settore ha il preciso scopo di equilibrare il mondo del calcio, pertanto anche il numero di Keshin nella vostra squadra deve essere ridotto.
-Cosa?! – sbotta Kurumada a pugni stretti.
-E si dà il caso che nella vostra squadra ce ne siano ben quattro. – continua Kuroki, mentre Hoshino serra le labbra.
-Che cosa vuoi dire? – interviene  Shindou, stizzito.
-Vuol dire che il vostro nuovo acquisto ne ha uno e anche bello potente.- commenta saccente, con l’ombra di un ghigno stampato in faccia. Al ché, tutti guardano stupiti Rin.
-In sostanza, che avete intenzione di fare?- domanda, infine, Kidou-kantokun.
-Sakka yaroze! – risponde spudorato, Hayabusa, sgranando gli occhi in maniera malsana.
-Non volete solo me. In realtà, sono solo un pretesto, vero? – domanda apatico il corvino, mentre Kuroki gli lancia un’occhiata più che eloquente.
Così, quello che doveva essere un tranquillo e produttivo pomeriggio di allenamento, si trasforma in un vero e proprio conflitto. La tensione tra i giocatori della Raimon è alle stelle, poiché non sanno nulla sugli avversari e le conseguenze della sconfitta sarebbero gravi.
Data la situazione, l’allenatore ha deciso di schierare in campo Hoshino nel ruolo di difensore, al posto di Kurumada. Assieme a lui ci sono Amagi, Kariya e Kirino, mentre a centro campo i soliti Shindou, Tenma, Kurama, Hayami, Hamano. La punta è Tsurugi e Sangoku sta in porta.
Il calcio di inizio spetta al Team Omega: lo SEED  dal caschetto viola ha il piede sulla palla in attesa del fischio di inizio, il quale non tarda ad arrivare.
Subito le due punte del Q.S.  scattano in avanti ad una velocità impressionante, alzando addirittura forti folate di vento al loro passaggio. Così Tsurugi , Shindou e Matsukaze vengono superati. Lo stesso vale per Kurama: i giocatori del Team Omega effettuano dei passaggi rapidissimi, i quali quasi non si vedono ad occhio nudo. Senza che i ragazzi se ne accorgano, la squadra avversaria cambia improvvisamente formazione : i tre-quartisti sono avanzati per bloccare le fasce.
Hayabusa procede dritto verso il centro, Kariya corre a fermarlo, ma il viola lo supera con uno scatto e così anche  per Kirino e Amagi.
Giunge solo davanti al portiere e calcia con tutta la sua forza. Sangoku sta per tuffarsi verso destra, ma un piede blocca il pallone prima di lui. Hoshino colpisce con in il collo del piede, quasi ad un passo dalla porta, tuttavia il pallone stavolta non viene deviato: il tocco del ragazzo, come per magia, fa perdere alla sfera tutta la sua potenza, così il corvino la porta ai piedi con tranquillità.
La Raimon intera è colpita dal suo intervento tempestivo, in particolare Shindou che è impressionato dal suo gioco di gambe. E' come se sapesse il punto esatto dove colpire la palla, quindi non si è fatto male.
Chi è questo ragazzo?”  si domanda ad un certo punto, confuso come non mai.
-Non mi aspettavo niente di meno da te! – commenta il capitano avversario, ovvero lo stesso Hayabusa.
-Cos’è? Dopo la Sakurazaki J.H. avete deciso di prendere di mira la Raimon, disertori? – ribatte algido, Rin.
A quella parola, il ragazzo con il caschetto aggrotta la fronte irritato.
-Siete soltanto degli esibizionisti in cerca di divertimento e smania di potere! – e con quest’ultimo commento, Hoshino scatta improvvisamente davanti  e dribla il viola come niente. Non fa nemmeno in tempo a girasi che l’ha già sorpassato.
Il ragazzo dagli occhi blu prosegue indisturbato a tutto campo, procede da solo senza coinvolgere i suoi compagni. Gli avversari gli si parano davanti, ma con delle finte saltellati li dribbla. E’ veloce, sempre più veloce, forse più dei suoi avversari.
A un certo punto, un mastodontico calciatore gli blocca il passaggio, ma no problem per lui: furbo come una volpe, scivola tra le gambe divaricate di quello e procede indisturbato. Tuttavia, ben quattro difensori  arrestano la sua corsa scivolando due alla volta: i primi li evita con un agile balzo, ma i secondi non fa in tempo a schivarli e il Team Omega riprende il possesso di palla. Parte il contropiede.
Gli avversari giocano duro, infatti non mancano spallate, interventi pericolosi e contrasti da cartellino rosso, ma quello è il Quinto Settore, no?
Nonostante il portiere si sia dimostrato all’altezza della situazione, la porta della Raimon viene praticamente tempestata. I ragazzi sono in balia degli avversari, non riescono a concludere un’azione e sono già affaticati per i continui spostamenti di fronte. Sono in una situazione critica: non riescono ad avanzare a più della metà dell’area avversaria, che già vengono fermati.
La palla è di nuovo a centro campo, Hayabusa  la passa al suo vicino dai capelli biondi e questo tira direttamente in porta a lunga distanza, senza nemmeno sfiorare l’area di rigore. I ragazzi vengono colti di sorpresa, mentre in difesa Kirino e Kariya hanno la peggio: i due vengono travolti dalla potenza del tiro e finiscono a terra, nel tempo Sangoku si tuffa inutilmente. La palla entra a rete piena.
Shindou e gli altri si avvicinano per accertarsi delle loro condizioni. Il rosa e il kohai sono un po’ malconci, ma si rimettono in piedi.
-Tutto bene Kariya? – domanda il sempai Kirino.
-Sì, tutto bene … - risponde fissando truce colui che ha effettuato il tiro.
-Sono incredibilmente forti. Non sembrano nemmeno umani … - asserisce Tenma.
-Non lasciamoci intimidire! Ricordate che non possiamo perdere questa partita. – le parole del capitano Shindou infondono coraggio alla squadra.
Nonostante la buona volontà i ragazzi sono in netta difficoltà, infatti non riescono ad evitare che gli avversari si avvicinino alla porta. Finora hanno evitato di subire altri goal grazie agli interventi di Hoshino, il quale si sta rivelando uno splendido difensore. Tuttavia continuare a difendere non li porterà da nessuna parte, senza contare che stanno subendo duri contrasti a causa del gioco sporco del Team Omega. Spintoni non mancano di farli rovinare a terra, come accade al povero Kurama che perde l’equilibrio dopo un colpo alquanto aggressivo.
L’azzurro si rialza traballando, mentre Hayami gli va incontro: -Kura …
-Non ti fermare! Continua a correre!- ammonisce.
Inutili le proteste dalla panchina su quel gioco crudele, che calcio non è affatto.
In difesa, l’Hunter’s Net del kohai viene abbattuta, ma la porta è ancora salva grazie al moro che blocca senza problemi: la palla va fuori dalla linea laterale.
Il fischio tremante di Aoi echeggia per tutto il campo. Il primo tempo è finito e il Team Omega ritorna compiaciuto verso la panchina. Hayabusa lancia un sorrisetto irriverente in direzione di Rin, il quale ricambia con uno sguardo glaciale.
Le condizioni fisiche dei ragazzi della Raimon non sono delle migliori: tutti stanchi e malconci per il gioco duro di quelli che non sono ragazzi, ma mostri.
Aoi e le altre medicano alcuni con il ghiaccio secco.
-Kidou-kantokun cosa possiamo fare per contrastarli?- domanda Shindou esasperato, soprattutto in seguito all’insuccesso del Kami no Takuto. Il rasta si porta una mano sul mento, in segno di riflessione: -Effettivamente la loro velocità e la loro forza sono di gran lunga superiori alle nostre, però ho notato che si muovono troppo e questo fa sì che lascino molti spazi aperti nella loro metà campo. Però …
-Però, sono così veloci e duri nei contrasti che riescono a coprirli. Ci facciamo intimidire dalla loro forza. – continua il pensiero, Shindou e Kidou annuisce.
-L’unico fino ad ora che ha mantenuto il sangue freddo è Hoshino. – continua l’allenatore e gli occhi di tutti si fissano sul n° 21.
Le iridi profonde specchiano perfettamente un cielo non più azzurro e terso, ma pesante di nubi plumbee. Anche l’aria sembra essersi appesantita.
Il giovane scruta con insistenza gli avversari, puntellando l’estremità della bottiglia contro le labbra umide. Sta elaborando una strategia, però il richiamo del Mr lo ridesta dalle sue congetture. Così si avvicina al rasta.
-Mi dica, kantokun.
-Ascolta Hoshino, al momento sei l’unico in grado di penetrare le difese avversarie quindi starai più avanti, intesi?
-Sì. – annuisce senza protestare. Intanto l’intervallo è terminato e i giocatori rientrano in campo: Kidou ha sostituito Kirino, Kariya e Kurama con Nishizono, Kurumada e Nishki. Il corvino, invece, si posiziona più avanti come ordinato dall’allenatore.
La Raimon calcia al fischio di inizio. Nishki e Tsurugi avanzano coraggiosamente ma il passaggio tra i due viene intercettato uno del Team Omega, il quale passa subito in direzione di Hayabusa. Shindou però anticipa e continua ad avanzare.
Comincia a muovere le braccia con grazia e maestria e fasci di luce cominciano a volteggiare per il campo: il Kami no Takuto.
Hoshino corre dietro la schiera per assicurarsi che non passino. Tuttavia uno dei robusti avversari riesce a buttare giù Tenma, ma Rin gli ruba velocemente palla.
Hoshino sguscia addirittura tra due difensori facendo una ruota, cosa davvero pazzesca!
-Ciao, ciao! – saluta divertito, mentre ne sorprende un altro passando la palla a Tsurugi. Immediatamente il blu scatena il suo Keshin in armatura e si prepara con il Lost Angel.
Il portiere degli Omega non si lascia intimidire e risveglia anch’egli un avatar corazzato, tuttavia non prevede la vera traiettoria della palla. Infatti, il colpo di Kyosuke va a finire tra i piedi di Shindou e il suo Sosha-Maestro.
-Armonics!! – urla il capitano e la palla va in porta a conclusione di una fantastica azione. Subito si elevano gli esulti dalla panchina della Raimon: Kidou ci aveva visto giusto a schierare Hoshino in attacco, ma non è ancora ora di entusiasmarsi troppo.
Rin lo sa bene, per questo ritorna in posizione con uno strano presentimento, specie dopo aver visto le labbra del viola incresparsi in un sorriso lugubre.
Scruta, scruta attentamente ogni singola persone presente in campo, con l’angoscia del cuore: lui conosce perfettamente il Team Omega e sa benissimo che quello che hanno fatto finora è solo un assaggio, sono capaci di peggio.
“Chi vogliono colpire?” pensa con occhi sgranati e tremanti. Le figure dei giocatori specchiano nelle iridi cristalline.
Si prende a centro campo con la palla per il Team Omega, tuttavia, non appena riceve la palla, Hayabusa non si muove di un millimetro. Sorride sghembo ed agghiacciante:
-Ora vi spazzerò via!! Raimon!!
Un’enorme aura blu si scatena attorno a lui, la nube oscura del suo spirito risveglia il suo Keshin. Calcia la palla in alto preparandosi ad una potentissima hissatsu.
Hoshino focalizza i suoi movimenti, così come gli occhi marroni del viola che si spostano verso destra. Rin segue la direzione del suo sguardo e allora comprende.
Scatta in quella direzione.
La temibile aquila di Hayabusa colpisce il pallone con una potenza impressionate. Tutti si aspetterebbero che si dirigesse verso l’angolo della porta, ma devia inaspettatamente in direzione del capitano Shindou.
-Shindou!! – urla Kirino in preda al terrore.
Il castano colto di sorpresa tenta di schivare la palla, ma viene ugualmente travolto dalla potenza devastante di quel tiro che lo scaraventa all’indietro.
-Ahh!! -sta per finire contro il palo della porta, ma qualcosa lo blocca. Le sue gambe strisciano sull’erba, travolte dall’impeto dirompente.
Dopo di che si sente un tonfo: qualcosa di metallico viene colpito bruscamente.
Qualcosa lo stringe possessivo, così lentamente riapre gli occhi. Un enorme solco, vicino a lui, è calcato sul campo da calcio. Vede i volti sconvolti dei suoi compagni, i quali gli corrono incontro per soccorrerlo. È ancora confuso e frastornato, ma un fiato caldo soffia sul suo collo, seguito da una tosse strozzata.
Shindou si volta di scatto, sconvolto.
 
 
 
 





Rieccomi e scusate tanto il ritardo! ^-^ Queste due settimane non finivano più di tormentarmi!
Comunque con questo capitolo, che spero di aver scritto bene, si vine a sapere qualcosa sul misterioso Hoshino.
Ma chi mai sarà questo ragazzo?!
 Beh! Lo scoprirete nel prossimo capitolo e mi auguro che questo vi piaccia! Quindi, vi prego, anche se è tutta azione stavolta: RECENSITE!!

Bye <3
 







 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


*Capitolo 5*






Un braccio dall’apparenza esile gli cinge il torace in una stretta forte, ma protettiva. Una mano è aggrappata alla maglia in corrispondenza del suo petto, il quale rimbomba come un tamburo a causa dello shock.
A Shindou ci vuole qualche minuto per comprendere cosa sia successo: il suo corpo e quello di Hoshino sono schiacciati contro il palo della porta. Il castano è seduto su quel tratto di campo ormai divenuto sterrato, mentre il corvino, dietro di lui, si è chiuso a guscio per proteggerlo. È avvenuto tutto così velocemente che gli è parso un battito di ali. Il rimbalzare quatto del pallone indica che hanno subito un goal.
Immediatamente, Sangoku e gli altri accorrono in loro soccorso. Lui, al contrario, fissa ancora sconvolto il compagno dietro di lui. Le ciocche pece ricadono sulla fronte, quasi appesantite dalla gravità. Non ha emesso un suono fino a quel momento se non quel lieve tossicchio, causato dalla botta subita.
-Ho-Hoshino! Stai bene??! – domanda allarmato Shindou, spostandosi dal corpo dell’amico per lasciarlo respirare. Quello alza il capo schiudendo gli occhi azzurri, poi sospira stancamente abbandonandosi contro il palo.
-Mmh!- abbozza un sorriso – Sei proprio un pasticcione … capitano.- dice con un filo di voce.
-Shindou!! Hoshino!! – richiamano i ragazzi accerchiandoli. Subito Kirino, corso dal bordo campo, allunga la mano verso il migliore amico che si rialza. Allo stesso modo, Tsurugi e il portiere aiutano il corvino a rimettersi in piedi. Dalla panchina tirano sospiri di sollievo.
-Stai bene? – domanda Tsurugi. Rin sorride tranquillo, per poi scostarsi dai due ragazzi: - Sto bene. Non mi sono fatto nulla.
-E tu? Non ti sei fatto male?- continua premuroso nei confronti di Takuto. Il capitano annuisce, ma lo osserva ancora apprensivo.
Kyosuke, invece, che ha l’occhio fin troppo attento, nota il profondo solco sul terreno. Dopo di che, stupito, sposta lo sguardo verso la mano destra di Hoshino: è piena di graffi e alcune unghie stillano piccole gocce di sangue che si infrangono sull’erba come la pioggia estiva. Intanto, tutti fissano truce Hayabusa, il quale è scoppiato in una grassa quanto malsana risata.
-Cooosaaa??! Ti butti per salvare il tuo compagno, invece che evitare il goal?!! Sei proprio un’idiota!! – lo schernisce il viola, con fare quasi infantile.
I giocatori della Raimon stringono i denti adirati. Shindou si sente particolarmente toccato da quelle nefandezze, tanto che non può fare a meno di agitarsi:
-TU! Come ti permetti?!! – sta per andargli incontro, quando la mano di Hoshino gli afferra una spalla, bloccandolo. Il corvino lo sorpassa, piazzandosi davanti a tutti.
Rin solleva il mento in segno di sfida: il bagliore blu dei suoi splendidi occhi trafigge lo stesso Hayabusa, che deglutisce senza un apparente motivo. In realtà, quello sguardo lo mette in soggezione, sospingendolo indifeso all’angolo.
-Ora ascolta bene, inetto!- esordisce con tono fermo e inflessibile –Per voi del Quinto Settore la sconfitta equivale a un’umiliazione peggiore della morte. Chi perde è inutile feccia … Però, chi abbandona un proprio compagno è di una feccia ancora peggiore!
Queste parole arrivano alle orecchie dei presenti taglienti come lame.
Hoshino scruta tutto il Team Omega con occhi brucianti di determinazione, mentre lentamente si avvicina ad Hayabusa e si ferma a pochi centimetri da lui. Il viola digrigna i denti minaccioso, ma l’altro è troppo forte da lasciarsi intimidire da lui.
-Non importa quanto vi sforziate, quanti goal farete … Proteggerò questi ragazzi, fosse l’ultima cosa che faccio. – continua il ragazzo, senza interrompere il contatto visivo con l’avversario. Non vuole ammetterlo ma quegli occhi blu, gli trasmettono paura. Gli paiono quelli di un demone, un demone venuto dall’oltretomba.
Hoshino solleva la mano ferita all’altezza della sua testa: solo allora i ragazzi e, specialmente le ragazze dalla panchina, si rendono conto dei sottili rivoli vermigli scivolati tra le dita.
-Io vi abbatterò! – esclama stringendo con vigore il palmo in un pugno. Tuttavia, da quella stretta scaturisce un’energia davvero potente: un fuoco blu ha cominciato a pervadergli l’intera mano, bruciando con ardore spietato.
-Ma che cos’è? – domanda Sangoku, più a se stesso che agli altri.
-Non è ho idea, ma è impressionate e … potente. – commenta Shindou, sbigottito.
Il corvino, in seguito a un’ultima intensa occhiata di sfida, fa dietro-front dissolvendo quella sconosciuta energia azzurra.
I ragazzi, anche se perplessi, ritornano alle loro postazioni con la sensazione di potersi aspettare di tutto dal nuovo arrivato.
Tsurugi batte il calcio di inizio, ma immediatamente viene sorpreso dal viola che gli ruba palla. Così come prima il SEED dirompe nella metà campo giallo-blu con violenza devastante. Tuttavia un’ombra gli passa davanti: Hoshino ruba palla come niente e si arresta a centro campo.
-Ehi passa!- fa cenno Nishki con la mano, ma interrompe la sua corsa notando l’impassibilità di quello. E ovviamente gli avversari non perdono tempo: un centrocampista sta per entrare il scivolata, quando un forte vento lo respinge, buttandolo all’indietro.
-Cosa?! – esclama ad un certo punto Hayabusa, mentre dalla panchina del Team Omega un sorriso compiaciuto increspa le labbra di Kuroki.
“Eccolo!” pensa quell’uomo così simile ad un becchino.
Una coltre oscura comincia ad emergere dalle membra di Hoshino, avvolgendolo in un vortice impetuoso: infatti un improvviso vento comincia a spirare dalla sua figura avvolta nel mistero. Dopo di che, quell’energia che accompagna sempre l’evocazione di un keshin, diviene una colonna che si staglia nel cielo. Un’energia fortissima, mai vista e da lasciare a bocca aperta tutti i presenti, il cui unico pensiero è: “Che cos’è quello?!”.
Il fumo violaceo, il quale sembra miasma, comincia ad espandersi e ad assumere forma. Quattro possenti zampe si posizionano sul campo da calcio, mentre una testa dalle sembianze canine inizia a spuntare dalla coltre.
-Mi avete davvero rotto! È ora di finirla. – commenta Rin e, in sincronia al movimento del suo braccio, la nube oscura svanisce del tutto rivelando un temibile keshin. Un mastodontico bestione alto circa 4 metri si erge nel campo del cortile della scuola.  Le zampe ben piazzate presentano artigli affilatissimi, il quali danno l’impressione di poter spazzare via tutto con una sola zampata. La bestia è completamente bianca, ha il muso allungato e i denti aguzzi. Le orecchie dritte e all’indietro, come fossero elementi aerodinamici.
Il pelo folto dell’animale demoniaco diviene più ispido e dritto verso l’enorme coda fluente, la quale presenta delle striature azzurrine verso la punta, così come le orecchie. L’unica nota che stona in mezzo a tutto quel candore è il contorno rosso acceso degli occhi, il quale si allunga verso le tempie come un trucco egiziano. E per finire, iridi color dell’ambra scrutano il nemico impazienti, mentre i volti di tutti vengono catturati dalla sottile linea nera che costituisce la pupilla.
-Quello è … il keshin di Hoshino-sempai … - proferisce flebilmente, Tenma, senza altre parole dinnanzi a quell’enormità.
-Siete contenti?- domanda piccato Rin, fulminando con lo sguardo Kuroki che si fa coinvolgere da una risata lugubre.
-Ahahah!! Subarashi!! Finalmente l’hai mostrato a noi!! – esclama euforico e quasi privo di senno, l’uomo.
-Tsk! Vecchio pazzo! – sputa acido il corvino, per poi rivolgersi verso il suo obiettivo. Hayabusa e i componenti della sua squadra lo guardano piuttosto tesi: hanno improvvisamente perso la loro tracotanza di fronte alla bestia.
Rin al contrario si sente al di sopra di ogni dove rispetto a loro, infatti sorride serafico pregustandosi la rivincita:
-Ebbene, Team Omega, sappiate che non siete gli unici a poter effettuare tiri a lungo raggio!- così dicendo alza la palla in alto. Essa giunge dinnanzi alla bocca del demone il quale spalanca le enormi fauci. La sfera brilla di uno splendida luce blu, la quale la fa sembrare una stella, e si carica sempre più di energia. Non appena raggiunto il punto critico salta e, compiendo un mezzo giro, calcia la palla con tutta la sua potenza.
-Akuma no hoko!!! (1)
Ne viene fuori una cannonata azzurra che taglia l’aria ad una velocità incredibile, seguito dall’eco di un vero e proprio ruggito da parte del keshin. La difesa non riesce a contrastare il colpo; il portiere si tuffa inutilmente: la palla perfora la rete con potenza devastate.
Dalla panchina attendono un po’ ad esultare, ma dopo un po’ il sorriso si fa largo sul viso delle manager e dei sensei.
-Sugoi!! Hoshino!! Gliel’hai fatta vedere a quegli sbruffoni!- si esalta Midori battendo un palmo sul braccio. Akane scatta fotografie al nuovo eroe appena arrivato, mentre Aoi soffia nel fischietto decretando così il nuovo punteggio di 1-2.
La partita è ancora tutta da giocare! Soddisfatto rilascia il suo temibile avatar, il quale si dissolve nella stessa coltre in cui è apparso. Rin è completamente rilassato, nessun segno di fatica grava su di lui, nonostante sia un evocatore.
I ragazzi sono ancora un po’ sorpresi da quel giovane che sembra avere numerosi assi nella manica. Gli unici a sbloccarsi, come sempre, sono le matricole, ovvero Tenma e Shinsuke i quali gli vanno incontro.
-Hoshino-sempai!! Sei stato incredibile!- esclamano in coro, buttandosi addosso a lui.
-Ehi! Piano ragazzi! Così mi soffocate!! – si lamenta il ragazzo con una vocetta quasi stridula, scrollandoseli di dosso a fatica. A volte è sconvolgente il suo cambio di personalità: fino a poco tempo prima sembrava un emissario degli inferi, mentre ora si massaggia il collo con un lieve rossore sulle gote.
Hayabusa digrigna i denti irato: “Bene! Vorrà dire che cominceremo a fare sul serio!” pensa il SEED, senza sapere che i suoi propositi non potranno realizzarsi.
-La partita finisce qui!- una voce spezza bruscamente la tensione creatasi. Kuroki oltrepassa la linea del campo, richiamando i suoi giocatori.
-Cosa?! – protesta il viola, contrariato. Ma l’occhiata severa dell’uomo lo ammonisce: - Ce ne andiamo. Questi sono gli ordini.
E così dicendo si volta ritornando su suoi passi: un sorriso lugubre gli increspa il volto. A ruota è seguito dai giocatori del Team Omega, così come il loro capitano che non manca di rivolgere un ultimo sprezzante saluto ad Hayabusa:
-Ci rincontreremo presto … Furude Rin. – proferisce in modo che solo il diretto interessato lo possa udire. Il moro aggrotta la fronte, mentre i suoi specchi blu seguono le oscure figure allontanarsi dal campo.
La Raimon è ancora sconvolta dall’avvenuto: mille domande ronzano in testa ai giocatori, in particolare sono coscienti che la risposta a tutti i loro interrogativi sia proprio il nuovo arrivato.
Così i ragazzi si fermano un attimo in panchina per recuperare le forze e dissetarsi. Prontamente le manager e Otonashi-sensei apprestano le prime cure ai traumi subiti dai ragazzi, ma per fortuna non è nulla di grave. Kidou-kantokun sta intrattenendo una telefonata, probabilmente con Kudo o altri membri della Resistenza.
Intanto, Aoi si è avvicinata a Rin, avendo notato il sangue incrostato sulla mano.
-Hoshino-kun … la tua mano. – indica apprensiva. Il giovane le dà un’occhiata distratta : -Oh già, è vero! Beh, non è niente. – risponde tranquillo e con un sorriso rassicurante. Ma la blu non vuole sentire ragioni e subito apre la valigetta del pronto soccorso, armandosi di tampone e disinfettante.
-Adesso non è niente, ma potrebbe infettarsi!- ribatte convinta, con il suo spirito da crocerossina. Hoshino la squadra un po’ perplesso ma divertito, per poi lasciare la mano (che in realtà si era già presa) alle cure di Aoi.
-Hoshino-kun – si avvicina Takuto, per poi chinarsi –Io volevo ringraziarti per avermi salvato prima. Se non fosse stato per te io …
-Ehi! Calma, calma! Non c’è bisogno di ringraziare!- lo interrompe quello e Shindou solleva il capo sollevato. –E poi è sta una bottarella! Ne ho passate di peggio! Non mi sono fatto niente … - tranquillizza con un ampio sorriso.
-Ne sei sicuro? – la voce matura del rasta si intromette nel discorso.
-Beh… non sento dolore … non più di tanto. –risponde un po’ insicuro. Midori, piuttosto sospettosa al riguardo, si avvicina al ragazzo e gli dà un leggera pacca sulla schiena. Immediatamente Rin si inarca e si alza sulle punte, emettendo un versetto stridulo a denti stretti: -IHHH!!!
-Mmh, sì. Stai davvero bene! – commenta la Seto e il ragazzo gonfia le guance offeso, ma ancora dolorante. I ragazzi sono tutti un po’ preoccupati, specialmente Shindou che si sente responsabile per l’avvenuto.
-Nelle condizioni in cui sei, sarebbe meglio portarti direttamente al pronto-soccorso per un controllo. Non si sa mai. – consiglia saggiamente Kidou, mentre la sorella mettendosi quasi sull’attenti si offre per accompagnarlo in auto.
-Davvero! Non è il caso! – sono gli ultimi vani tentativi di non andare in ospedale.
-Oh! Non se parla! Adesso andiamo!- ribatte il cipiglio cocciuto della sensei, la quale lo trascina per un braccio.
-Aspetti un attimo! Vorrei venire anch’io se è possibile!- il capitano della Raimon si fa avanti con ardore: non sa come sdebitarsi con quel ragazzo.
-Non è necessario.- Kidou tronca di netto i propositi – Adesso vi voglio tutti nella sala del club. C’è qualcosa di molto importante che voglio riferivi.
-Ma io … - tenta di dire il castano.
-Shindou!- la voce del moro richiama la sua attenzione – Non ti preoccupare per me. Starò benissimo, promesso! – esclama sorridendogli in un modo così dolce, da far sciogliere. I suoi tratti delicati e gli occhi blu, lo rendono davvero bello. Qualunque ragazza sverrebbe davanti a uno spettacolo del genere: Aoi, Midori e Akane sono arrossite all’improvviso.
-Mmh…ok.- alla fine Shindou si è arreso: un po’ spiazzato forse da quei magnetici occhi blu.
Così, Hoshino segue Otonashi mentre gli altri ragazzi si recano negli spogliatoi.
 
 
Il sole ormai sta per essere completamente inghiottito dall’orizzonte. Il manto scuro del vespro ha ancora delle sfumature violacee e aranciate: il tramonto di Inazuma-Cho è sempre stupendo. Stormi di uccelli attraversano il cielo per giungere nei loro nidi. I giovanissimi calciatori della Raimon, invece, devono attendere un po’ prima di poter ritornare nelle loro dimore. Sono tutti riuniti nella sala-video del club in attesa che arrivi l’allenatore.
Shinsuke, seduto su un banco, dondola le gambe nel vuoto mentre volge lo sguardo trasognato verso la finestra. Il suo inseparabile amico, invece, è vicino a lui e ha il capo abbandonato il legno. La tensione e la stanchezza accumulate cominciano a farsi sentire, per questo motivo sono tutti un po’ fiacchi, tuttavia sono anche determinati a conoscere la verità. Quindi attenderanno tutto il tempo necessario.
Per fortuna, tale attesa è destinata a finire presto: la porta automatica si apre rivelando Kidou-kantokun assieme a Kudou. Quest’ultimo fa un passo in avanti salutano i presenti: - E’ da un po’ che non ci vediamo.
-Kudou-kantokun!! – esclamano quasi in coro i presenti.
 
 
Nel frattempo, dall’altra parte della città Otonashi e Hoshino vengono richiamati da un’infermiera, la quale li invita ad entrare in stanza per la visita.
-Il dottore arriverà a momenti. Intanto compilate questo modulo.-annuncia consegnando il foglio. Haruna ringrazia e quella chiude la porta scorrevole.
Rin si siede sul lettino e comincia torcersi le mani: è piuttosto nervoso e ha gli occhi puntati sul pavimento puntiglioso. L’odore di alcool e medicinali gli fa storcere il naso, mentre a scatti guarda la sensei firmare il modulo. La donna se ne accorge e gli indirizza un’occhiata perplessa: -Non c’è bisogno di essere nervosi, Hoshino-kun! Sono certa che non è nulla di grave.
-Beh … non è per questo … - balbetta, mentre la sudorazione dei palmi aumenta.
-E allora cos’è?
-Non amo molto gli ospedali e … No! Non è questo!- esclama tutto ad un tratto. Balza giù dal lettino puntando i suoi supplicanti occhi azzurri sull’insegnate. Haruna, inconsciamente, china il capo di lato in un’espressione interrogativa.
-O-Otonashi-sensei, lei sa mantenere un segreto?
 
 
 
 
 
 
 (1): Akuma no hoko = Ruggito del demone

 
 
 
 
Rieccomi con il 6°capitolo (wow! Sto andando forte!! XD).
Spero che vi sia piaciuto e ancora non manco di esortarvi a recensire (è una minaccia, no scherzo!! XD).
Non aggiungo altro, altrimenti mi linciate!!!
Ciauuuuu <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 

*Capitolo 6*





Nella sala riunioni del club di calcio è sceso un silenzio tombale. Lo sguardo di tutti è fisso su un uomo di circa quarant’anni, il quale ha appena rivelato una sconvolgente verità.
-Kudou- kantokun … sta parlando sul serio? – domanda flebilmente Shindou, le cui iridi nocciola tremano dallo stupore. Sono giorni in cui i ragazzi non fanno altro che boccheggiare per le continue sorprese, ma questa … Oh! Questa le batte tutte.
L’uomo interpellato si limita ad un tacito cenno del capo.
È una storia talmente assurda che il Raimon-Chimu (1) stenta a crederci.
-Il vostro nuovo compagno di squadra è  un infiltrato della Sakurazaki J.H. , il cui club è stato chiuso dal Quinto Settore per insubordinazione. Sono stato io a mandare Rin nella Raimon, per scongiurare qualsiasi tentativo di attacco da parte della God Eden. –spiega Kudou, apatico.
-Per questo volevano i nostri keshin? Per incrementare il loro esercito di SEED. - interviene Tsurugi, giunto alle conclusioni. Il rasta e l’ex-allenatore annuiscono.
-Sì … ma anche così, è incredibile … -afferma tremolante Hayami, sollevando gli occhiali sul naso.
-Già! Chi l’avrebbe mai detto? L’ha nascosto proprio bene!- commenta Nishki a braccia conserte.
-Certo! Ma comunque Hoshino-sempai è davvero forte!!- esclama Matsukaze, con la solita euforia.
-Non hai sentito forse? È Furude! Si chiama Furude!- ribatte piccato Kurama, lanciando un’occhiata esasperata verso Tenma, che ridacchia imbarazzato.
-Eh già, è vero.- risponde grattandosi la nuca.
Intanto, Kudou-kantokun suggerisce a Yuuto di chiamare la sorella e dirle portare qui Rin, in modo che la questione possa risolversi definitivamente. Il ragazzo non se lo fa ripetere due volte e prende in mano il cellulare, intanto si innalza un lieve brusio di sottofondo: i giovani calciatori cominciano a parlottare tra loro.
Takuto è immerso nei suoi pensieri: ora si spiega il motivo dei suo continui ritardi, delle sue assenze negli spogliatoi. A tutto avrebbe pensato fuorché a questo.
“ Furude Rin …” pronuncia mentalmente, ma qualcosa interrompe il filo dei suoi pensieri. La mano di Kirino si posa sulla sua spalla e lui si volta nella sua direzione:
-Sei ancora scioccato?- gli domanda.
-Beh, un po’… - ammette, abbozzando lieve un sorriso – Piuttosto mi chiedo come stia. Se non fosse stato per il suo intervento, non so cosa sarebbe successo …
Subito l’immagine di Rin, che gli sorride rassicurante, gli si fa nitida nella mente.
-Shindou … - sussurra l’amico.
L’allenatore Kidou guarda l’orologio da polso, quasi contando i secondi.
-Dovrebbero arrivare a momenti.- annuncia e tutti si ammutoliscono.
Detto fatto: la porta automatica si apre con uno scatto, rivelando così Otonashi-sensei accompagnato da Furude Rin. Entrambi fanno un passo avanti.
-Kudou-san … - proferisce piano Haruna, notandolo. Rin, invece, scocca subito un’occhiata indispettita verso l’uomo. Si porta una busta bianca, la quale ha con sé, dalla mano su una spalla. Un ghigno sprezzante piega le labbra:
-Ancora tu Kudou? Guarda che gli amici del club di canasta ti stanno aspettando! – esordisce con aspro sarcasmo. Il quarantenne dal ciuffo violetto si limita ad inarcare un sopracciglio.
-Ahh!!- sospira spossato, Furude, dopo aver sceso alcuni gradini e poggiato il sacchetto su uno dei banchi.
– Hai fatto già lo spione? Hai detto a tutti che sono una ragazza?
Domanda retoricamente a braccia conserte e squadra l’allenatore, assumendo l’atteggiamento tipico della madre che ‘sgama’ il figlio. Un quadretto davvero irrisorio, il quale, tuttavia, non ha scaturito la risata di nessuno: i presenti sono rimasti lì sul posto, muti spettatori della scena.
-Io lo sapevo che quel piano faceva acqua da tutte le parti! – continua pungente, rovistando nella busta come nulla fosse.
-Lo sai meglio di me che non potevano scoprire la tua identità. Avrebbero subito compreso che provenivi dalla Sakurazaki J.H. – spiega l’uomo mantenendo il suo incrollabile zelo.
-Sì!- esclama, tirando fuori un panino incartato –Ma è stato un fallimento totale! Già il secondo giorno di scuola, il presidente ha scoperto chi sono. Probabilmente è stato Kuroki. – afferma tranquilla.
La giovane comincia a rimuovere l’involucro del suo spuntino, ma si blocca non appena si accorge di essere osservata. Solleva lo sguardo azzurro penetrante e lo fa scorrere, da sinistra verso destra, sui volti sbigottiti dei ragazzi.
La voce del ragazzo ora è un po’ più delicata e femminile; gli occhi color del cielo privo di nubi sono limpidi come quelli di una fanciulla e labbra più rosee del previsto: stranamente solo ora si notano tutti questi particolari.
-Ohh … giusto.- mormora, per poi fulminare Kudou con lo sguardo – Certo che avresti potuto anche aspettarmi! Avrei spiegato la situazione con più calma!
Lo riprende, ma l’uomo si limita solo ad osservala, assolutamente incurante della sua opinione. Una vena pulsante sporge sulla tempia della corvina: “Insopportabile!” impreca mentalmente, per poi sospirare nuovamente.
-Ormai il danno è fatto!- annuncia, scendendo gli ultimi gradini e si volta verso i ragazzi – Mi sembra il caso di fare delle dovute ri-presentazioni. Il mio nome è Furude Rin e fino a poco tempo fa giocavo nella Sakurazaki J.H., piacere di conoscervi. – si china, infine.
I ragazzi sbattono un po’ le palpebre incerti, tuttavia è Sangoku a rompere quell’infinito silenzio: - Sì, è un piacere anche per noi. Vero, ragazzi?
È a quel punto che i compagni sorridono soddisfatti e complici: può essere l’inizio di una muova avventura, no?
La ragazza sospira sollevata, ma poi indica Kudou-kantokun facendo segno con il pollice: -Per quanto mi riguarda, ribadisco che quella di nascondere il mio sesso è stata una sua idea. – afferma ironica, ma si fa subito seria – Anch’io come voi desidero riportare il vecchio calcio, voglio distruggere ciò che ha reso questo splendido sport corrotto e quindi vi chiedo di unirmi a voi, amici della Raimon. Vi prego, io voglio che anche il mio club, la Sakurazaki, possa risorgere grazie ai venti della rivoluzione!- conclude chinandosi nuovamente.
-Certo, assolutamente! – afferma con convinzione, Tenma, trascinando tutti gli altri.
-Fai già parte del club di calcio della Raimon.- rassicura Shindou, incrociando il suo sguardo con quello di Furude.
-Grazie!- sorride sollevata, la giovane. Sta per addentare il suo agognato panino, quando la voce del castano la interrompe bruscamente.
-A proposito, come è andata dal dottore? Cosa ti ha detto? È forse grave?- parla tutto d’un fiato, maledettamente apprensivo. Rin inarca un sopracciglio scettica e inizia a fissarlo con insistenza. Takuto rimane un po’ perplesso dal suo atteggiamento.
La ragazza si avvicina a lui, senza interrompere il contatto visivo. Shindou sta per aprire bocca, ma qualcosa di soffice si frappone tra le sue labbra: Furude, con molta nonchalance, gli ha inforcato il panino in bocca, zittendolo.
-Hai finito adesso?- domanda con lieve sufficienza. Takuto ha ancora gli occhi sbarrati, ma poi aggrotta la fronte dinnanzi a quella smorfia di disappunto.
-Sto. Be.ne. –scandisce a chiare lettere – Il dottore mi ha prescritto solo una pomata per il dolore. Si tratta si un semplice livido, non mi sembra il caso di farla tanto lunga. Solo perché sono una ragazza, non significa che sia fragile come una fottuta bambolina di cristallo! – conclude puntellando le mani sui fianchi.
Tutti osservano la scena basiti: nessuno si è mai permesso di parlare in questi termini ad un sempai, soprattutto nei confronti del capitano. Shindou annuisce meccanicamente, non potendo parlare.
-Bene. Ora restituiscimi il panino. – esorta perentoria, come se lo avesse preso lui. Il castano, lievemente imbarazzato, la guarda confuso.
-Ahh … -sospira – Dai un morso, no? – suggerisce e il capitano addenta l’hamburger, mentre Rin già si rimpossessa del fantomatico spuntino. Shindou ne assapora il boccone, quasi fosse un critico gastronomico: pomodori, insalata, pancetta, maionese e ovviamente manzo.
-Buono ... – pronuncia senza accorgersene.
-Ti piace?- chiede la corvina, che a stento nasconde un sorrisino divertito. Un click, proveniente da una macchina fotografica, riscuote i presenti: ancora una volta, Akane ha immortalato un altro momento del suo Shin-sama. Infatti, sorride angelica mentre fiorellini le svolazzano intorno: -Steki!*- commenta, come suo solito.
Midori si gratta il capo esasperata, mentre Aoi ridacchia divertita.
-Ehm, ehm ... – Kidou richiama, con un colpo di tosse, l’attenzione di tutti.
-Comunque non è il momento di rilassarsi.- esordisce apatico –Anche se noi sappiamo la verità, il presidente rimane comunque un ostacolo. Non esiterà a cacciarti via.
-Ohhh! Io non mi preoccuperei più di tanto. – risponde la ragazza con un accenno diabolico nel suo tono – Quando sarò io a parlare con il direttore, domani, le assicuro che sarà ben disposto a lasciarmi nella squadra.
-Ma come fai ad esserne sicura?- interviene la Otonashi. Rin le sorride serafica:
-Diciamo pure … che abbiamo fatto una già una chiacchierata. – ha un certo non so che di sadico nella voce, ma Shindou si convince che sia soltanto un’impressione.
-Fidatevi!- conclude dando, finalmente, un bel morso all’hamburger.
Yamana sobbalza leggermente pensando ad una sorta di “bacio indiretto” tra la ragazza e il suo adorato capitano.
Alla fine, quello strano colloquio i ragazzi salutano calorosamente Furude, raccomandandosi di rivedersi il giorno dopo per gli allenamenti.
Come l’ultima volta Kirino, Shindou e Rin percorrono un tratto di strada insieme, parlando del più e del meno: la ragazza dai capelli corti racconta della sua squadra di calcio, la Sakurazaki J.H., di come sia stato ingiustamente chiuso il club, ma di come sono pronti a fare di tutto per ripristinare il calcio vero.
-Ma … - esordisce poi il sempai dai codini rosa – Come farai a convincere il presidente? Non è un uomo di grandi vedute.
La ragazza lo guarda serafica: - State tranquilli … diciamo pure che ho un asso nella manica. – afferma rimanendo sul vago, mentre Shindou e Kirino si scambiano un’occhiata perplessa. Infine i tre giungono all’ormai consueto angolo di strada in cui il rosa svolta salutandoli.
-E rimasero in due.- accenna Furude mettendo le mani dietro la schiena assieme alla sua busta.
-Già.- risponde Shindou, abbozzando un lieve sorriso. Tra i due scende un’insolito silenzio, più che altro perché non sanno che dirsi. Non è proprio imbarazzante, soltanto strano: fino a pochi minuti fa, quando c’era Kirino, stavano amabilmente parlando.
-Senti … - esordisce di punto in bianco, Rin, tuttavia con un tono di voce che non ostenta la sicurezza di oggi pomeriggio. Shindou le rivolge uno sguardo curioso, ma la tempo stesso quasi sollevato per il mutismo spezzato.
-Mi dispiace di aver mentito. – proferisce flebilmente, a sguardo basso. Takuto sbatte un attimo le palpebre, per poi sorridere ancora. Si fermano.
-Non c’è bisogno che ti scusi, conosciamo il motivo del tuo gesto. Poi non hai ribadito tu stessa che è stata un’iniziativa di Kudou-kantokun? – risponde tranquillo, ma la giovane corvina aggrotta la fronte quando cita l’allenatore.
-Ti prego, non me lo nominare! Non pronunciare il nome di quell’uomo insopportabile, mi viene il prurito! – afferma con improvvisa stizza, suscitando l’ilarità del capitano.
-Cosa ridi? È la verità! Cosa penseresti di uno che, all’improvviso, bussa alla tua porta e dice : “ Abbiamo un piano. Ci serve il tuo aiuto. Dovrai fingerti maschio.”?
Takuto non si trattiene più e scoppia in una risata divertita: questa ragazza è davvero buffa, come lo era Hoshino Rin, d’altronde.
-Beato te che ridi!- commenta esasperata, ma poi si unisce anche lei a quel momento di spensieratezza.
-A quanto vedo conosci bene Kudou-san, posso sapere come mai? – domanda asciugandosi qualche lacrima impigliata nelle ciglia. Le iridi cielo della mora lo scrutano sorpresa: - Ma come non lo sai? Kudou è stato allenatore della Sakurazaki J.H., esattamente l’anno scorso. Quindi posso dire che sia stato il mio coach.
- Sul serio? – domanda sbigottito e Rin annuisce. Così nasce un’animata conversazione tra i due, la quale li accompagna per tutto il tragitto fino al loro palazzo.
 
Con un sospiro stanco abbandona il mazzo di chiavi sul mobile all’ingresso. La donna apre il ripostiglio e si toglie il cappotto, che appende alla gruccia, e poi le scarpe con il tacco. Oggi è stata una giornata molto impegnativa che ha visto la giovane madre scarrozzare da una parte all’altra della città: dal lavoro in teatro, in banca e infine dall’avvocato per le carte del divorzio. Oramai è ufficiale, lei e Daiichi Shindou non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro se non loro figlio.
Con questi pensieri, poggia una mano allo stipite e si massaggia i talloni doloranti, ancora avvolti dai collant neri. Poi infila le pantofole e richiude lo sgabuzzino.
Si dirige silenziosa come un’ombra ad accendere la luce del salotto e la tv: sono circa le otto di sera e c’è il notiziario, ma Yasuko non lo sta a sentire. Piuttosto libera i capelli biondi dalla crocchia con cui li aveva acconciati stamattina e preme il pulsante della segreteria del telefonica. Segue una carrellata di messaggi, la maggior parte della sua manager-assistente, che le ricorda i vari impegni di lavoro. Ma all’ultimo messaggio sobbalza all’improvviso. Una voce sconosciuta, neutra le comunica:
Buongiorno Signora Minazaki. Sono Saburo Hayato, l’avvocato di Shindou Daiichi. La chiamo per comunicarle che lunedì prossimo è fissato il colloquio con il giudice, per le ultime valutazioni sul divorzio e l’affidamento di suo figlio. Sarà il suo avvocato a comunicarle l’ora precisa dell’incontro. Arrivederci..
Dopo il segnale acustico l’apparecchio va in standby. La donna è rimasta immobile per tutta la durata del messaggio, il capo chino e gli occhi ametista velati. Tuttavia qualche lacrima sfugge al suo controllo e subito si affretta a toglierle con la mano.
- No. Non posso mettermi a piangere … Takuto ha bisogno del mio sostegno adesso … -si ammonisce tirando su col naso, una scia umida gli imperla gli zigomi.
In un certo senso, nel profondo, vorrebbe evitare di andare in tribunale quel giorno, poiché significherebbe ufficializzare definitivamente la separazione. Quella del divorzio è stata una scelta sofferta e costretta perché, anche se ha cominciato a disprezzare il suo ex-marito, Yasuko non avrebbe voluto dare al figlio un tale dispiacere. Ma restare vicini e facendo finta di nulla era troppo per lei, così ha chiesto il divorzio e Shindou-senior non si è opposto: una separazione consensuale.
Minazaki-san è sempre stata una persona solare, positiva, intelligente e molto, molto buona. Di quella bonarietà dolce che carezza l’animo, però, a volte, anche ingenua poiché si lascia ammaliare. Preserva ancora quei ricordi sepolti nel suo cuore, non se ne è disfatta, almeno non ancora. Non ce la fa a dimenticare la prima volta che incontrò il suo sguardo profondo. Quegli occhi castani dai riflessi vermigli, i quali un tempo avevano il potere di incantarla, ora sono vacui, spenti e non la guardano più come un tempo. La prima volta che incontrò Daiichi fu in teatro, un incontro del tutto casuale, ma non appena posò lo sguardo su di lui se ne innamorò perdutamente.
All’epoca era soltanto una ragazzina appassionata di canto e arte drammatica, aveva ottenuto con fatica un posto come assistente dietro le quinte, soprattutto per i costumi di scena. Era una maschera bianca in mezzo a tante variopinte, assolutamente anonima: lei era solo quella che portava il decaffeinato al regista esigente, solo la ragazza che assisteva nei trucchi e nelle acconciature di donne dall’aria tanto fine quanto il loro spessore morale.
Shindou fu solo una delle poche persone a credere nel suo talento, ma ora che è successo? Dov’è finito l’uomo caparbio e leale che ha sempre ammirato e conosciuto? Era solo una recita. Una finizione, come in teatro. Nulla più.
A volte si sente proprio una stupida, si sa che lo spirito è pronto ma la carne è debole, no?
Si passa ancora una volta una mano sugli occhi, sbavando irrimediabilmente il trucco.
“Basta, non si può andare avanti così”.
In seguito un vocio, seppure ovattato, giunge alle orecchie: probabilmente suo figlio sta per rientrare, così corre in bagno a sciacquarsi il viso e ricomporsi. Dopo aver legato i capelli in una coda bassa esce in corridoio, ma Takuto ancora non rientra.
Le pare, anzi, è sicura di sentire la voce di suo figlio: sembra stia parlando con qualcuno. Timorosa (più che altro, ha paura di risultare un’impicciona) apre la porta di ingresso e scorge Takuto in compagnia di un altro ragazzino. O meglio, ragazzina perché la sua voce risulta possedere un timbro femminile, ma, osservando meglio, si può comprendere subito che si tratta di una lei. In effetti, non è la prima volta che la vede: infatti, l’aveva incrociata tre giorni fa all’ingresso del palazzo. Stava chiudendo con fatica la cassetta della posta (portava pesanti buste con sé), quando distrattamente sfuggirono di mano le lettere e quella gentile signorina le raccolse per lei.  Si erano scambiati reciproci ringraziamenti, nulla più. Tuttavia il suo viso era rimasto particolarmente impresso nella mente di Yasuko.
Takuto è di spalle rispetto a lei e sta chiacchierando animatamente con la corvina. Abbozza un lieve sorriso: pare che suo figlio sia spensierato e questo la rincuora non poco. Sta per richiudere la porta silenziosamente, ma una voce squillante le fa quasi prendere un colpo: -Mamma!
Ora l’attenzione di suo figlio e della ragazzina è diretta a lei, per cui ingoia l’imbarazzo e mette su uno dei più cordiali sorrisi a disposizione.
-Ciao, Takuto! Scusami tesoro, avevo sentito la tua voce e così ho aperto.- Yasuko trattiene a stento una risatina nervosa. È quasi nel panico, perché crede di aver fatto un’orribile gaffe: “Spero che non pensino che li stavo spiando!”.
-Kombawa.- Furude si china educatamente e la giovane donna la imita, quasi ringraziandola mentalmente.
-Scusa ci eravamo fermati a chiacchierare, comunque lei è Furude Rin, una mia compagna di classe appena trasferita.- spiega Shindou, presentandola.
-Piacere di conoscerla. – si china nuovamente.
Yasuko sorride di cuore: -Se non sbaglio ci siamo incontrate, per puro caso, all’ingresso, vero?
-Sì, ricordo. – risponde mite la corvina, la quale sembra catturata dal fascino e dalla dolcezza di quello sguardo ametista.
-Comunque io sono Minazaki Yasuko. Il piacere è tutto mio Rin. – si presenta con molta naturalezza.
-Credo che la vedrai molto spesso, mamma. Lei abita proprio di fronte a noi. – la informa Takuto indicando la porta opposta alla loro. Al ché, la bionda rimane piuttosto sorpresa.
-Bene, ora io devo proprio rientrare. – esordisce Furude, con occhi un po’ assonati.
-Non vuoi fermarti a bere un te?- propone il castano, come se volesse prolungare la sua permanenza con lui.
-No, vi ringrazio. Siete molto gentili, ma sono piuttosto stanca. Non credo che cenerò stasera. Anzi, direi che me ne andrò proprio a letto, domani ci attende un’altra giornata. –spiega la ragazza.
-Già è vero. Beh, allora buonanotte.- saluta il capitano.
-Sì,buonanotte. E piacere di averla conosciuta Minazaki-san.
-Il piacere è stato tutto mio. – risponde, gentile, la donna. Dopo di che, la ragazza si avvia verso la sua porta e prima di entrare saluta un’ultima volta Shindou:
-Ci si vede domani, Capitano.
-Sì, a domani. – e detto questo Rin si rinchiude nel suo appartamento, dove l’attende un bel sonno ristoratore.
-Mmh … carina quella ragazza. – lo stuzzica, Yasuko, con un sorriso ammiccante. Le guance di Takuto si imporporano all’istante e subito parte con le smentite:
-Che-che dici mamma?! – domanda in imbarazzo. La donna ridacchia divertita esubito porta la conversazione su un altro versante.
-Ve bene! Che cosa vuoi per cena?- domanda con occhi luccicanti di determinazione. All’inizio Shindou si spaventa per questo suo atteggiamento, ma poi esprime il suo desiderio.
-Ichijusansai (2) va più che bene. – sorride infine. Per tutta risposta la donna si solleva le maniche fino ai gomiti, esclamando:
-E sia!!

 
 
 
 
 
 
(1): Raimon-Chimu = Team Raimon. Lo volevo esprimere in giapponese.
(2): Ichijusansai = Piatto tipico giapponese che consiste in una scodella di riso, zuppa di miso (a parte) e tre piccole porzioni di pesce o carne (pollo oppure maiale).

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***



*Capitolo 7*





Lo scatto di una macchina fotografica riecheggia tra i pannelli bianchi dello studio. Una donna in bikini guarda accattivante l’obiettivo, mentre la sua figura si imprime ancora nella pellicola della reflex.
La modella, stesa su un divano allestito per il servizio fotografico, accavalla seducente le gambe e mostra una fila di denti bianchissimi tra le labbra rosso rubino.
-Vai così, ora stendi le braccia verso l’alto … così! – le indica il fotografo immortalando l’ennesima posa della giornata.
-Benissimo ora …
-Ahhhhh!! Stooop!! Fermiamoci! Fermiamoci!! – strepita quella, alzandosi di scatto sui tacchi a spillo.
Il trentenne con la fotocamera appesa al collo alza gli occhi al cielo, evidentemente seccato: - Che altro c’è adesso?
-Che altro c’è?!!- squittisce isterica –Guarda che braccia bianche! Dammi dell’altra polvere dorata!! Ecco, lo sapevo che dovevo prendere più sole!- piagnucola come una bambina a cui hanno tolto la bambola.
-Fidati Kyomi! Sei stupenda! Vedrai che questo servizio sarà un successo!- tenta di rassicurala, ma quando quella “donna” si mette in testa qualcosa non c’è verso di farla ragionare: -Ho detto: dammi la polvere dorata.
-Ok, ok. Adesso chiamo Miky e te la faccio portare. – sospira rassegnato, grattandosi la nuca, mentre “miss più celebre soubrette del paese” si lega un pareo di tulle in vita e si ravviva i capelli neri mossi.
-Eccomi Kyomi, la tua acqua. – un’altra giovane donna, in jeans e maglietta, porge una bottiglietta di acqua al soggetto del servizio fotografico che, tra l’altro, non si degna neanche di ringraziare.
-E porta anche la porporina dorata, ce ne un disperato bisogno!- accenna ironico il fotografo, ma quella non sembra dargli retta. Miky, l’assistente della soubrette, annuisce accondiscendente, sapendo che le aspetta un altro viaggio verso il camerino.
Sta per andare a soddisfare la capricciosa richiesta, quando un verso disgustato la fa desistere:
- Bleah! E questa la chiami acqua? – si lamenta ancora la modella, sbattendo allibita le ciglia finte e brillantine.
-Non era quella che volevi? – domanda pacata l’altra, alzando gli occhiali sul naso: ormai è fin troppo a abituata alle esigenze da super star viziata e, se non fosse che ha bisogno di soldi, l’avrebbe già mandata a quel paese!
-Ti ho detto minerale! Non naturale!- ribatte piccata quella, porgendo con un gesto stizzito la bottiglietta.
-E va bene! Ti prendo quella minerale!- risponde esasperata, Michy, riacciuffando la plastica, ma prima le dà dei fogli: -A proposito, è arrivato questo per te.
- Cos’è?! – domanda stranita, con una smorfia che increspa il bel visino. L’assistente fa spallucce, segno che non ne sa nulla.
-Documenti di trasferimento … - legge - … Raimon? Ma che diavolo è?!
-L’ultimo sfizio della tua bambina. Mi ha anche raccomandato di dirti di firmarla e farla consegnare alla segreteria della scuola. – informa Michy, con un lieve sorrisetto compiaciuto. L’ambiente lavorativo strariperà pure di ipocrisia, ma vedere quella stangona senza cervello passare dal rosso al violetto non ha prezzo.
-Uff! Che seccatura! E’ va bene, passami una penna. L’importante è che non venga a chiedermi altri favori. Non faccio la buona Samaritana! – commenta acida, mentre imprime una firma illeggibile sul foglio.
-Tieni! –dice restituendo velocemente carta e penna, l’assistente le afferra per niente sorpresa dal suo atteggiamento e, senza che quella gallina aggiunga altro, si affretta a prenderle ciò che serve.
 
 
Il fischio segna la fine dell’allenamento mattutino. I ragazzi si radunano in panchina per idratarsi. Sembrano tutti molto concentrati e rilassati, questo è davvero positivo data la delicata situazione che si sta affrontando.
Shindou si passa l’asciugamano bianco sul volto sudato e Furude si avvicina, porgendogli da bere.
-Ah, grazie. – accetta di buon grado e la ragazza gli sorride.
-Bel allenamento, eh Shindou? – chiede volgendo lo sguardo al campo da calcio.
-Già, non mi aspettavo che fossimo così carichi.- commenta, ma in realtà alludeva più a se stesso che agli altri.
-Beh, meglio così. - una leggera brezza muove l’erba del campo. Da lontano, Kirino osserva la scena con vivo interesse. Ha come il sospetto che la presenza di quella ragazza possa influenzare in qualche modo il suo amico, che, tra l’altro, non manca di parlare bene di lei. Per esempio, ieri sera gli ha telefonato a casa per sapere se andasse tutto bene e da lì ha saputo parecchie cose su Rin. Senza contare, l’insolito entusiasmo che aveva nella voce: davvero molto strano.
Sorride inconsapevolmente, mentre guarda i due ragazzi, tuttavia si spegne subito al pensiero di cosa attende a Takuto: “La bomba deve ancora esplodere …” riflette.
In quel labirinto di sguardi celati, si aggiungono anche gli occhi ambrati di Kariya, il quale ha osservato sottecchi il cambiamento repentino delle espressioni del sempai.
Prima sorride e poi no? Sta forse impazzendo? Poi segue la direzione del suo sguardo e nota Shindou e Furude parlare tra loro. Inarca un sopracciglio confuso: non ci sta capendo niente. Così getta la spugna e beve un altro sorso d’acqua.
Dei passi si avvicinano al gruppo e Kidou aggrotta la fronte: Fuyukai-sensei attira l’attenzione dei presenti con un colpo di tosse. I giocatori si voltano nella sua direzione scrutandolo curiosi; Rin sapeva che sarebbe arrivato il momento.
-Furude Rin. – esordisce alzando gli occhiali sul naso –Il presidente Kizan ti attende in ufficio.
Dal canto suo, la ragazza reclina il capo di lato e lo guarda stranita: -Ma come! Proprio adesso che si va in classe!- ribatte ironica, lasciandolo di stucco.
-Sì, devi andare adesso.- risponde, riacquistando un briciolo di sicurezza.
-Ok. - afferma tranquilla, assolutamente indifferente a qualsiasi minaccia. Si toglie l’asciugamano da dietro il collo e lo lancia sulla panchina vuota accanto.
-Andiamo. – afferma incamminandosi e superando l’uomo. Fuyukai-sensei accenna ad un sorriso beffardo: -Potete dire addio al club di calcio, non credo che …
-Allora?! Che ci fa ancora lì? Si dia una mossa! – il richiamo brusco ed ineducato di Rin, lo interrompe nel bel mezzo della sua battuta. La giovane, girata di tre quarti, fissa scocciata l’uomo. Lo intimidiscono i suoi occhi azzurri e l’espressione contratta: subito si porta una mano agli occhiali, lo fa sempre quando è nervoso.
-Non vai a cambiarti? Vuoi incontrare il direttore con la divisa da calcio? – lo dice come se fosse un’imperdonabile sacrilegio.
-Ci vuole pure il reggicalze per andare dal direttore?- sputa acida e sprezzante – Non ho tempo per le formalità! Non aveva detto che era urgente? Quindi si muova: guardi che il mio tempo vale quanto il suo. – e dopo la bella ramanzina, si volta riprendendo il percorso e ignorando praticamente una risposta qualsiasi da parte del sensei.
Quest’ultimo stringe i denti e la segue.
Non ci sono altre parole, invece, per descrivere le espressioni intontite dei presenti, allenatore a consulente compresi.
-Mph! Ha proprio un bel fegato! – commenta Kariya, incrociando le mani dietro la nuca, mentre gli altri la osservano da lontano preoccupati.
 
 
Due colpetti al legno chiaro della porta sono sufficienti per far entrare i due. Il presidente Kizan, seduto alla scrivania come al solito, intreccia le mani davanti al volto e osserva sottecchi l’alunna prendere posto di fronte a lui.
Rin si accomoda in tutta tranquillità, sbattendo un paio di volte le palpebre e il direttore chiude un attimo gli occhi e si mette composto. La ragazza, al contrario, si poggia sullo schienale e accenna ad un mezzo sorriso:
-Allora ha deciso, sì o no?
-No. Non sono riuscito a mettermi in contatto con tua madre o tuo padre e stamattina ci è arrivata questa via corriere. – asserisce sollevando dalla scrivania il modulo di iscrizione, compilato e firmato.
-Glielo dico con il cuore: è inutile che si sforza tanto di trovare una scusa per cacciarmi, perché non ha uno straccio di prova.- commenta serafica e per niente turbata.
-Beh … potremmo sempre dire che non sei idonea a questo istituto, date le tue precedenti esperienze. Sai, ho fatto fare qualche ricerca. – ghigna l’uomo dalla sgargiante giacca gialla.
-Sì, ha ragione. Non ho un buon curriculum … - comincia lei. Si alza dalla sedia e cammina attorno all’ufficio, dando le spalle al presidente. La stizza inizia a farsi sentire, però Kizan cerca di mantenersi su un terreno neutro.
-Però deve considerare che se mi caccia, l’istituto Raimon corre un bel rischio! Ci pensi un attimo: con che faccia si presenterà davanti alla commissione quando il nome della scuola finirà su tutti i giornali?
-Cosa?!
-I giornalisti ucciderebbero per avere un titolo del tipo: “La figlia di Kyomi Kedeshiko diffamata in un istituto di prim’ordine!!”. Bello no? – sia il sensei che il presidente sbiancano davanti a quella prospettiva, per la quale potrebbero essere benissimo cacciati a pedate.
-Quinto Settore o no, sareste comunque fregati. E chissà, potrebbero anche venire a galla gli altarini! – continua imperterrita, ineducata e maledettamente sadica.
-Che vorresti dire?!! – sbotta angosciato, il vicepreside.
-Qualche vocio sul calcio pilotato potrebbe venire fuori, no?
-Questo è impossibile! Vorresti metterti contro una simile organizzazione?!!- ringhia la testa calva.
-No. Ma la stampa potrebbe sempre scoprire qualcosa e sarebbe davvero la fine. – ribatte secca, senza il minimo tremore nella voce. Si aspettava che avrebbero tentato di mandarla via dalla scuola, invece si sono scavati la fossa da soli.
-Però … - esordisce, ad un certo punto, Kizan – Tu hai mentito. Ti sei presentata come un ragazzo e, anche se  adesso hai consegnato il modulo con i dati giusti, i professori e i tuoi compagni di classe non ne sanno nulla.
-Oh! Giusto! – dà man forte Fuyukai. Rin aggrotta la fronte.
-Non potrebbe essere questo un motivo sufficiente? – ghigna compiaciuto la testa d’uovo – Se vuoi rimanere nella Raimon dovrai dire la verità davanti a tutta la classe.
Gli occhi azzurri della ragazza si fissano un attimo sulle figure dei due uomini, i quali reputano di averla già messa sotto scacco.
-Per me va bene. – sorride in seguito, tranquilla, e i due sobbalzano –Tanto prima o poi la verità l’avrebbero saputa comunque. Quindi meglio adesso che più tardi, vero presidente Kizan ≈? – domanda in maniera melliflua e sprezzante.
-Mmh … - mugugna indispettito e si alza dalla girevole – Tuttavia saremo presenti anche noi e dovrai dirlo davanti a tutti i tuoi compagni, insegnanti compresi! – puntualizza vanamente, nella speranza che faccia marcia indietro. Ma l’altra, tutta pimpante, sorride radiosa: -Non ho nulla in contrario!
 
 
La campanella delle lezioni è suonata da un pezzo e gli alunni della 2C sono già seduti ai propri posti. Il professore non è ancora entrato in aula, così i ragazzi ne approfittano per scambiare due chiacchiere tra loro oppure ripassare le materie per l’interrogazione.
Shindou rigira nervosamente la penna tra le mani, mentre ha gli occhi puntati sull’equazione sul quaderno. Ma non è per l’esercizio che si sta agitando, del resto è risolto correttamente sul foglio a quadretti. Gira il capo verso destra e fissa il banco ancora vuoto.
“Ma dove sarà finita?” si chiede allarmato.

Anche Kirino che stava tentando di ripassare storia, non riesce a concentrarsi: indirizza un’occhiata a quel banco nella fila centrale e poi si alza e raggiunge l’amico più avanti.
-Sei preoccupato? – domanda, ma conosce già la risposta, come sempre. Il castano si limita ad annuire, mentre continua a fissare lo stesso punto. Tuttavia, il filo delle sue riflessioni viene interrotto dall’ingresso del professore e il rosa è costretto a tornare al suo posto.
Saranno passati due minuti circa dall’inizio delle lezioni, quando la porta della classe viene riaperta nuovamente e gli alunni sono costretti a rialzarsi. Shindou e Kirino non potevano crederci quando l’hanno vista: Rin  entra in classe in compagnia del presidente Kizan e del direttore Fuyukai.
-Buongiorno professore, scusi l’interruzione ma si tratta di una cosa urgente.- esordisce l’uomo con la giacca gialla.
-Prego, che succede? – chiede l’insegnante, alquanto sorpreso.
-L’alunno Hoshino … - comincia indicando la corvina – avrebbe qualcosa da dire a tutti voi.
Ed è in quel momento che la ragazza dagli occhi azzurri sente su di sé gli sguardi di tutti. Dal posto il capitano e il rosa trattengono il fiato, impotenti: sanno perfettamente di non poter dire o fare nulla e questo è frustrante.
Ad un certo punto Rin prende il gesso e comincia a scrivere il suo nome, il suo vero nome alla lavagna. Dopo di che si volta in direzione dei suoi compagni, tira un sospiro e comincia:
-Minna-san (1), il mio vero nome è Furude Rin e sono una ragazza. Vi prego di perdonarmi se ho mentito!! – annuncia tutto d’un fiato, inchinandosi.
Tutti sono a bocca aperta, professore compreso, per non parlare di quelle tre ragazzine in classe che si erano fatte tante fantasie sul nuove arrivato. Mormorii sommessi cominciano a diffondersi in aula, tanto che l’insegnate è costretto a richiamare l’attenzione.
-Silenzio per favore! Allora possiamo, a questo punto, sapere il motivo del tuo gesto?- domanda in seguito.
-Beh … ecco. Come posso dire? – Furude si gratta un po’ il collo nervosa – Non so se ci crederete o meno, ma sono la figlia di Kyomi Kadeshiko. Eehh …
A quel nome i presenti sbattono le palpebre accigliati, perfino il prof, il quale stava pensando ad ogni genere di motivazione, è rimasto scioccato.
-Ma … ma come? La védette? Quella Kyomi? – continua sconcertato e Rin annuisce.
-Ultimamente mia madre è rimasta coinvolta in parecchi scandali. I paparazzi non fanno altro che perseguitarla, così visto che dovevo cambiare scuola ho cambiato “identità” … per essere più sicura.- afferma virgolettando con le dita.
-Scusate se ho mentito.- aggiunge chinando il capo con rammarico.
-Beh, in questo caso … - comincia il professore, ma viene interrotto presto da un’orda di ragazzini i quali si sono avvicinati alla cattedra con gli occhi scintillanti. Tutti che chiedono autografi e tempestano di domande la povera Rin, così l’insegnate richiama nuovamente all'ordine.
-Allora ragazzi, a questo punto possiamo dare il benvenuto alla nostra nuova compagna di classe.
-Sì!!- rispondono esagitati gli alunni i quali applaudono anche. Shindou e Kirino si guardano un momento e tirano un sospiro di sollievo.
-Arigatou gozaimasu!! (2)- si inchina nuovamente, commossa.
Intanto il presidente Kizan stringe i denti adirato: non era quello l’effetto che sperava. Sottecchi la ragazza lo fulmina con occhiata sprezzante e quello risponde con una smorfia, tuttavia si ricompone subito.
-Bene, dato che la questione è risolta … possiamo andare.– asserisce e si dirige fuori dall’aula seguito dal suo fedele cagnolino, Fuyukai. Ma una frase della giovane lo impietrisce all'istante: -Grazie mille presidente! Se non fosse stato per lei, non avrei trovato il coraggio!! Grazie davvero!!- esclama quasi con le lacrime agli occhi. Kizan si limita a sollevare il palmo, dopo di che la porta si richiude. Nessuno chiaramente avrebbe potuto cogliere il sarcasmo traboccante di quelle parole, tranne, ovviamente, chi sa la verità.
Solo in quel momento Shindou e Kirino si rendono conto del reale carattere di Rin: spigliata, forte, ironica e molto coraggiosa. Nessuno di loro due si sarebbe azzardato a rispondere così e per questo ne sono rimasti affascinati. Takuto più del rosa, di preciso. Quando ritorna a posto, la corvina rivolge un sorriso ai due ragazzi e fa segno di vittoria: ora è tutto a posto.






(1): Significa "Ragazzi" oppure "Tutti voi" in giapponese.
(2): "Grazie mille" in giapponese.





Eccomi che posto, spero che anche questo vi piaccia :*

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


 

*Capitolo 8*






La luna risplende alta nel cielo. La luce candida e soffusa le dà le sembianze dell’occhio di una ninfa o di una qualche divinità femminile, la quale osserva curiosa dall’alto. Eh sì, quella sera pare dedicata al gentil sesso, in quanto il teatro di Tokyo è gremito di gente impaziente di udire la sua voce melodiosa.
Dietro le quinte è tutto un fermento: collaboratori vanno a destra e sinistra dando indicazioni e appuntandosi le operazioni già svolte; gli assistenti ai costumi trasportano lungo lo stretto corridoio grucce di abiti elegantissimi da portare nei camerini. Anche gli acconciatori non sono da meno, infatti il grande salone è pervaso da un odore di lacca e shampoo che pregna l’aria in maniera quasi insopportabile. Dall’altro lato, invece, troviamo abili truccatrici che, come pittori, rifiniscono le loro opere con abili pennellate.
In seguito ai capelli, acconciati in un elegante raccolto che lascia sfuggire qualche boccolo d’oro, Yasuko passa subito al trucco.
-Quindi che ha proposto il tuo ex-marito?- domanda la make-up artist, non che amica fidata da anni. Minazaki alza gli occhi all’insù per permetterle di tracciare il contorno con la matita nera.
-Avresti dovuto vederlo … sembrava che stesse trattando i suoi affari, quasi Takuto fosse un oggetto! Una persona completamente diversa, ecco cosa si celava sotto la maschera!- commenta, trattenendosi dal mordere il labbro a sangue.
-In parole povere cosa ha chiesto?
-Ha detto che vuole che nostro figlio si rechi a casa sua almeno una volta alla settimana e inoltre ha aggiunto che se deve seguire le lezioni di pianoforte, lo dovrà fare a casa sua. Diciamo che al giudice non è piaciuto molto il tono con cui si è espresso, ma ovviamente ha assunto la veste di grande gentiluomo e padre apprensivo, affermando che non vuole perdere contatti con il figlio. E' come se temesse che io lo possa influenzare in qualche modo … Non sai quanta rabbia provo verso di lui!!- dice portandosi una mano sulla fronte, mentre con occhi rossi guarda la sua immagine riflessa nello specchio.
-Ne hai parlato con Takuto-kun?- domanda l’altra donna, carezzandole comprensiva la schiena.
-Non ancora … - asserisce la bionda tirando un po’ su con il naso – Itomi ho paura!- ammette senza più indugi, voltandosi per incrociare il suo sguardo. Gli occhi ametista gonfi di lacrime, le quali si impedisce di versare per non rovinare il trucco o, semplicemente, per orgoglio: vuole essere forte.
-Oh, tesoro … - sussurra dolcemente la truccatrice e le porge una mano sulla guancia.
-Ho paura che mi porti via mio figlio!! Temo che possa strapparmi la tutela!
-Ohh, ma questo è impossibile! Per legge spetta alla madre stare con i figli in seguito ad un divorzio. Inoltre sei idonea alla sua tutela! Non sei di certo disturbata o drogata!- cerca di tranquillizzarla, ma Yasuko non sembra esserne convinta.
-Ah, questo non lo so! Non posso esserne così sicura, perché quell’uomo è potente e non so cosa potrebbe fare! Ormai, non si tratta più della stessa persona di cui mi sono innamorata tanti anni fa … in fondo, è sempre stato un amore a senso unico. – si rammarica tenendo lo sguardo basso.
-E tu lo ami ancora?- domanda Itomi, inginocchiandosi di fronte a lei che è seduta.
La giovane madre solleva il capo, nella sua espressione si legge tanta confusione e smarrimento.
-Non più come prima, ho solo nostalgia delle mie illusioni … - ammette con tono amaro. Stringe le mani in grembo in cerca di un qualche tipo di conforto, poi riprende: - E’ stato un errore fin dall’inizio … eravamo troppo giovani ed inesperti per sposarci. Ma sai qual è la cosa davvero ironica? – domanda mestamente.
Itomi si limita a fissarla senza dire niente.
-Io ho rinunciato a tutto per lui. Ho persino tagliato i ponti con i miei genitori pur di stargli accanto … e lui … - stringe le mani sul l’abito di seta rossa, pervasa da tremiti di sofferenza. Le braccia dell’amica le cingono amorevolmente le spalle, mentre quest’ultima le sussurra parole incoraggianti.
-Lo so, lo so. Però non puoi lacerarti in questo modo: andrà tutto bene vedrai. Ora pensa solo allo spettacolo, tra poco si va in scena. – dice cercando di riportarla alla realtà. La bionda annuisce, ringraziando di cuore e dopo gli ultimi ritocchi è pronta per salire sul palcoscenico.
Un attimo ed occupa già il suo posto, in attesa che il concerto comici. I musicisti, nel frattempo, accordano i loro strumenti, i quali producono un suono fatato. Yasuko sgombra la mente da qualsiasi pensiero: sospira e chiude gli occhi, tentando di rilassarsi. Chissà se Daiichi è tra il pubblico di quella sera, chi può dirlo? Ma lei non ci pensa più, né vuole ancora soffermarcisi.
Conta mentalmente i secondi che la separano dal pubblico in sala.
 
Uno … due … tre.
 
Il sipario finalmente si alza tra applausi scroscianti. Riapre le sue ametiste, che quasi non vengono accecate dalle forti luci del teatro. La musica parte e, dal quel momento in poi, sarà solo la sua voce a parlare.
 
 
 
I raggi luminosi gli feriscono gli occhi. Pigro si porta un braccio a schermare il viso, mentre, lentamente, solleva le palpebre e mette a fuoco i contorni della sua nuova stanza. Shindou, come sempre, si ridesta cinque minuti prima rispetto alla sveglia, la quale ticchetta inesorabile verso l’ora prestabilita.
Non volendo sentirla “strillare”, la spegne e si rigira dall’altro lato: la primavera è una stagione che concilia il sonno, anche per un tipo mattiniero come lui.
Ma, nonostante l’intenzione di crogiolarsi nel suo cantuccio, sa bene che deve alzarsi: ieri sera sua madre è rientrata tardissimo dallo spettacolo in teatro, quindi è molto probabile che dorma per tutto il giorno.
Quindi con un sospiro stanco scosta le coperte e si mette seduto, mentre intanto gli sfugge uno sbadiglio. Guardando la camera quasi ha non un vuoto di memoria: non se la ricordava così piccola, ma poi realizza ritornando alla realtà.
Per non farsi cogliere dal magone mattutino, decide di alzarsi recandosi in bagno e, dopo aver indossato la divisa scolastica e preparato la sacca, è pronto per fare colazione. Prima di andare in cucina, socchiude la porta della camera da letto di sua madre. Sta ancora dormendo, così la richiude per non disturbarla.
Vuole prepararle le colazione, ma davanti ai fornelli si trova completamente spaesato. Sospira grattandosi il capo confuso:
-Accidenti, non possiamo mangiare solo del riso bollito a colazione!
Infine, afferra le chiavi ed esce fuori a comprare qualcosa, senza fretta, visto che ha molto tempo a disposizione. Acquista dei deliziosi croissant in un bar, in modo da poterli mangiare con un succo di frutta e poi prende anche degli onighiri, come semplice pasto per la scuola.
Quando entra nell’atrio del condominio, gli balzano agli occhi una pila di giornali sotto le cassette postali: evidentemente quella mattina il postino andava di fretta per poterli inserire nelle buche. Ne prende uno e, colto da un certo presentimento, apre direttamente la pagina dello spettacolo. Boccheggia, in un primo momento, nel leggere il titolo a caratteri cubitali:
 
“Separazione certa tra Shindou Daiichi e Minazaki Yasuko”
 
Più esplicito di così non può essere. Per non parlare di una foto scattata al gala di ieri sera, la quale ritrae sua madre dietro al finestrino della limousine.
D’istinto conficca le unghie nella carta e serra le labbra: del resto se lo doveva aspettare considerata la fama della sua famiglia.
Famiglia … che strana questa parola, non ha lo stesso sapore di un tempo.
Sa di amaro.
Si costringe a non leggere l’articolo, perché può facilmente immaginare cosa vi è scritto e quali siano gli ennesimi pettegolezzi ricamati dai giornalisti, quindi se li risparmia. Arrotola il giornale e lo inserisce in una delle buste che ha in mano, sarebbe inutile nasconderlo. Si accinge a salire le scale, tuttavia una voce sopraggiunge alle sue orecchie.
-Ehi Shindou-kun, buongiorno!- la sua vicina di porta dagli occhi turchesi lo saluta allegramente, accompagnando anche un gesto della mano. Indossa scarpe da ginnastica e bermuda aderenti, mentre sopra una semplice felpa grigia. A giudicare dal viso lievemente sudato e le guance rosee, deve aver corso.
-Oh, buongiorno Furude-san.- ricambia con un sorriso tirato, il quale vuole ostentare la solita cordialità. Ma Rin, da buona osservatrice, nota subito qualcosa di insolito nel suo atteggiamento, però non indaga.
-Sei andata a correre? – domanda il castano.
-Sì, stamattina mi sono svegliata più presto del solito. E credimi è difficile per una pigrona come me! Comunque volevo sgranchirmi un po’ le gambe prima dell’allenamento mattutino.- spiega togliendosi gli auricolari dell’i-Pod.
-Capisco. – asserisce l’altro.
-Hai fatto la spesa? – domanda la ragazza, accennando ai sacchetti.
-Eh sì. Purtroppo non siamo molto pratici in cucina. – ammette quasi con rassegnazione, buttandola un po’ sul ridere. Rin inarca un sopracciglio e risponde, in un certo senso, apprensiva: - Ma scusa! Non potevi dirmelo prima?!! Vi avrei dato volentieri una mano!
-Beh … ecco … non è necessario! – balbetta spiazzato, il ragazzo.
-Ohhhh! Ma non dire stupidaggini!- sbotta cocciuta, mentre gli afferra il polso e lo trascina su per le scale.
-Fu-Furude-san! Davvero non … Ma dove mi stai portando? – domanda Shindou, spaesato. L’altra dapprima lo fulmina con lo sguardo, ma poi sorride dolce.
-A casa mia. Ti preparo il bento, dato che ho ancora del riso a disposizione e un po’ di condimenti. – spiega e arrivano alla porta di ingresso. Takuto subito si ritrae di scatto dalla sua presa, quasi si fosse scottato, mentre la corvina traffica con il mazzo di chiavi.
-Sul serio, non voglio approfittare! E poi ho già comprato quello che mi serve!! – si giustifica con i palmi alzati. La fanciulla lo osserva di sbieco, arricciando il naso, ma poi si sporge un po’ buttando un occhio sul contenuto delle buste.
-Mmh … E tu sei convinto davvero di poter campare con questa miseria?- Rin è palesemente scettica al riguardo. Shindou si ammutolisce un momento, ma poi riprende poco convinto: -Per oggi mi basta, inoltre …
-Tu non hai la minima idea di come si fa la spesa, vero? – domanda l’altra con un ghigno divertito e Takuto sprofonda nell’imbarazzo: ha fatto centro.
-Coraggio vieni!- esorta aprendo finalmente l’ingresso – Non mi rechi alcun disturbo.- gli sorride dolcemente e varca la soglia.
-Allora … Grazie mille! – ringrazia dal profondo del cuore. Così, varca la soglia della sua vicina e infila ciabatte, come consuetudine fare.
-Solo … non fare caso al disordine. - aggiunge Rin, dirigendosi verso la cucina e Takuto la segue a ruota.
Guarda un po’ attorno: l’appartamento di Furude è identico al suo. L’ingresso ha una forma rettangolare con una comoda scarpiera a un lato, non molto grande, e accanto si trova il ripostiglio. Poi segue un corridoio, abbastanza largo, lungo cui si trovano le porte delle altre stanze. Così come casa sua, dopo qualche passo, svoltando a destra si apre un grande salotto con tavolo, sedie e divano. Accanto, aprendo la porta scorrevole, c’è la cucina delle stesse dimensioni. Per quanto riguarda i fornelli veri e propri, sono in moderno acciaio inossidabile e seguono una serie di pensili, lavastoviglie compresa, tutti dello stesso stile. Tutto sommato, il mobilio di quella casa è alquanto moderno rispetto al suo, però la trova molto spoglia.
La corvina gli fa cenno di sedersi al tavolo della cucina e Takuto ubbidisce, stranamente a soggezione: è la prima volta che qualcun altro, che non sia una delle sue domestiche, gli prepara il pranzo. Più volte Yasuko ci aveva provato, ma il risultato non era mai dei migliori. Ma a lui non importava, perché, veleno o no, quelle rare volte in cui la mamma cucinava lui mangiava tutto fino all’ultimo. Qualcuno potrebbe biasimarlo di essere un  masochista, però nulla vale il sorriso gioioso della donna e l’amore, l’impegno che impiega nel preparare.
Purtroppo il lavoro di Minazaki-san gli ha concesso pochi momenti intimi come quelli.
- Hai fatto colazione?- chiede la ragazza, aprendo il  bollitore del riso. Shindou scuote la testa in segno di diniego: -Però ho comprato i croissant al bar, quindi …
-Ok, ok. Mi scomoderò a preparare solo il bento! Comunque sappi che non ci perdo niente, infatti devo fare anche il mio. – aggiunge la corvina, aprendo due contenitori neri a scomparti. Nel quadrato più grande mette il riso, mentre in quelli più piccoli aggiunge i condimenti.
-Ah, puoi aggiungere anche le polpette di riso anche nel tuo bento. – il ragazzo le porge la busta con immancabile testardaggine, tanto che a Rin sfugge un sorrisetto divertito.
-E va bene.- si arrende e con il telecomando, poggiato lì accanto, accende la tv. Le notizie scorrono nel telegiornale del mattino, il quale si sofferma anche a parlare della Holy Road. Shindou si distrae un attimo a guardare la televisione, però non si sa ancora quale sarà il loro prossimo avversario.
-Ecco! Ho finito!- esclama trionfante la ragazza, sollevando i cestini del pranzo –Guardali! – aggiunge poi, mostrandoli a un Takuto più che divertito.
-Oh, sì. Hanno davvero un aspetto invitante!- esclama il castano che ha un certo languorino. Rin annuisce soddisfatta e con una punta di orgoglio, ma quando le iridi azzurre incrociano le lancette dall’orologio, per poco non si strozza.
-Ahhhh!! E’ tardissimo!!- il capitano si volta di scatto verso il cerchio appeso al muro: mancano venti minuti all’inizio dell’allenamento mattutino.
-Già è vero!
-Forza prendi!! – gli intima Furude che, dopo aver avvolto il cestino in fazzoletto, glielo dà praticamente addosso.
-G-Grazie … - balbetta – Io adesso vado a fare colazione. – annuncia, mentre la giovane lo spinge verso l’ingresso.
-Scusami Shindou, ma cerca di capire devo ancora farmi la doccia e sistemare la sacca. Faremo tardi!!! – spiega, correndo sul posto.
-Sì, vero. Hai ragione … allora ci vediamo dopo.- si congeda il ragazzo, trattenendo una risatina.
-Sicuro! Dammi dieci minuti e poi andiamo a scuola insieme!- asserisce quella, sorridendo.
-Ok a dopo. – detto questo, il ragazzo richiude la porta della sua vicina, mentre quella già si è fiondata in bagno.
Quando il numero nove dalla Raimon rientra nel suo appartamento, trova Yasuko stringersi nella vestaglia e versare del caffè in una tazza.
-Ehi ma dove eri finito? – chiede la donna, non appena lo vede. Il figlio così le spiega la sua capatina al bar, tuttavia non si accorge di aver appoggiato il bento sul tavolo, in bella mostra allo sguardo ametista.
-E quello? – chiede la madre.
-Eh? – Takuto non si accorge a cosa si riferisce, finchè non segue il suo sguardo. Ed ecco che gli deve una spiegazione abbastanza contorta, mentre la bionda si gusta il suo croissant con gusto, ma soprattutto con un sorrisetto malizioso.
-Come è gentile quella ragazza!- esclama facendo imbarazzare il figlio.
-Non farti strane idee mamma … è una amica.- si giustifica.
-Ma io non ti ho detto nulla, Takuto. – ridacchia divertita la donna e Shindou sgrana gli occhi colto nel sacco.
Finita la colazione prende la sacca con i libri e corre all’ingresso in tutta fretta, la madre lo segue allo stipite e gli scocca un bacio sulla guancia.
Intanto, anche Rin esce di casa tutta affannata e stavolta con la divisa femminile indosso. Quando incrocia le figure di Takuto e sua madre, avvampa di imbarazzo desiderando di chiudersi nuovamente in casa.
-Ciao cara. – saluta Yasuko, con un dolce sorriso.
La giovane si inchina balbettando un saluto. Indossa la gonna azzurrina della visa scolastica, ma sotto porta anche dei pantaloncini neri, i cui lembi sporgono lievemente dall’orlo. Poi sopra c’è la camicia a mezza manica bianca, uscita fuori dalla gonna però, con il fiocco legato alla buona e meglio.
Shindou ha un attimo di smarrimento: fino a poco tempo fa era un ragazzo e indossava la divisa maschile; è comprensibile che gli faccia un po’ effetto!
-Non guardarmi così!!- sbotta Furude in preda ad un senso di vergogna: non è mai andata d’accordo con certi “abiti femminili”.
-Piuttosto sbrighiamoci o faremo tardi!!- si affretta a dire per poi trascinare Takuto giù per le scale (non senza aver prima salutato la donna). Dall’alto Yasuko incrocia le braccia al petto e osserva i due ragazzi allontanarsi.
 
 
Contro ogni aspettativa sono arrivati in tempo e hanno incrociato anche Kirino a metà strada. L’allenamento si è svolto nel migliore dei modi e lo stesso si può dire delle prime ore di lezione.
Arrivata la pausa pranzo, come di consueto, gli studenti escono fuori o per i corridoi a sgranchirsi un po’. Furude viene praticamente trascinata fuori da un gruppo di compagne di classe che vogliono pranzare con lei a qualsiasi costo. È costretta a seguirle e, di conseguenza, il famigerato trio del club di calcio della 2-C – Rin ha soprannominato in questo modo loro tre e i ragazzi sono scoppiati a ridere – deve momentaneamente sciogliersi.
Kirino e Shindou, quindi, si ritrovano a mangiare insieme, però il castano non si sente affatto tranquillo per via di certe occhiate da parte dei suoi compagni.
-Hai letto il giornale? – esordisce di punto in bianco e il rosa sobbalza sorpreso. Poi abbassa lo sguardo, mormorando: -Sì … non sai quanto mi dispiace Shindou.
Il capitano accenna ad un mesto sorriso: -Non ti preoccupare, sapevo che prima o poi sarebbe accaduto.
“Ecco…” pensa Kirino “ la bomba è scoppiata”.
Il pianista scaccia via i pensieri con un profondo sospiro e prende il suo bento dalla tracolla. Il giovane dai codini rosa si acciglia un attimo: - E quello da dove salta fuori? L’ha preparato tua madre? – chiede stranito, sapendo perfettamente che Minazaki-san non è una campionessa ai fornelli.
Stavolta Takuto sorride divertito: - Se ti dico chi me l’ha preparato, non ci crederesti mai!








Rieccomi con un altro aggiornamento e spero che vi piaccia. 
Stiamo entrando più vivamente nel storia dei personaggi, nuovi e non. Spero che non cosideriate questa fic come l'ennesimo polpettone rosa trito e ritrito!!

Mi auguro di leggere anche le vostre recensioni.

Kisses :*


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***




 

*Capitolo 9*
 






-Non voglio! Io e quell’uomo non abbiamo più nulla a che fare!

-Cerca di ragionare, non dipende da me … è un suo diritto vederti.

-Però … Ma ti rendi conto di che cosa ha fatto?!! È imperdonabile! Pensa di riacquistare il mio affetto come nulla fosse?!!

-Lo so Takuto, ma non possiamo farci niente è la legge!!

-Da quando sei diventata tanto accondiscendente?


-BASTA COSI’ TAKUTO!! La situazione è già abbastanza difficile!


 

La discussione di qualche minuto fa rimbomba nella testa come una litania continua, una cassetta che riproduce sempre lo stesso suono. Quando ha saputo le condizioni riguardo l’affidamento, Shindou è sprofondato nell’oblio: la terra è tremata una seconda volta sotto di lui.
Che cosa è che vuole? Che si vedano una volta a settimana? Il venerdì sera a cena? Con lui? Ah … non ha capito proprio un bel niente! Vuole tagliare i ponti definitivamente, punto e basta. Senza contare che dovrebbe farsi vivo lui, non il contrario!!
Poi cosa ha detto riguardo alle lezioni di pianoforte?? Come se non fosse capace di studiare per conto suo, magari a scuola nell’aula di musica. Oppure sempre a casa, con un nuovo piano – se non può comprarne uno si arrangerà, perché non vuole prendersi lo strumento che sta nella sua vecchia dimora –  e far venire lì il suo insegnate. Perché da lui?
Troppe domande. Troppe congetture … Vuole tagliarci corto! E ci si mette pure sua madre con la legge o roba simile. Eppure Shindou non è stupido: è perfettamente a conoscenza delle procedure che si effettuano in certi casi e sa bene che Yasuko ha ragione, ma … non può sopportarlo! Proprio non ce la fa a mandare giù un boccone così amaro. Del resto come si dovrebbe comportare?? Non lo vuole vedere neanche in fotografia suo padre! Si sente così frustrato e … deluso.
Sospira seccato passandosi nervosamente le mani tra i capelli. È seduto, come la prima volta che Kirino venne da lui, sulle scale dell’appartamento. Annichilito e con una spalla appoggiata alla parete accanto, quello sembra essere diventato il posto ideale per commiserarsi. China mestamente il capo con gli occhi che gli bruciano da morire, però, per qualche insensato motivo, si trattiene ancora  dal piangere.
Da quando è cominciata questa storia, non si è mai sfogato, nemmeno con Ranmaru: probabilmente perché credeva che sarebbe risultato una palla al piede con i suoi continui piagnistei. Ha preso, quindi, il capriccio di farsi carico del suo stesso fardello, senza gravarlo sugli altri. Ma non può andate avanti così …
Non appena la vista comincia ad annebbiarsi, cala la testa sulle ginocchia trattenendo quanto più possibile i singulti. Conficca le unghie nella manica della maglia: si vergogna di essere così dannatamente debole.
“Accidenti!!” impreca mentalmente e sprofonda ancora di più il capo tra le braccia incrociate.
Che umiliazione! È così che si sente ... umiliato.
Il giovane si stringe nelle spalle e i ricordi gli affollano la mente, inesorabili, dolorosi, nostalgici … Non potrà mai dimenticare il sorriso di suo padre quando toccò per la prima volta il tasto di un pianoforte, oppure quando disputò la sua prima partita di calcio. Lui era lì, sugli spalti, a fare il tifo per suo figlio.
“Possibile che non abbia mai capito cosa provasse veramente?” si domanda ancora più confuso: tra due facce della stessa medaglia, non ha proprio idea di quale sia quella reale. Forse entrambe, chissà.
Nel tempo però, non si è accorto che, ai piedi della rampa, qualcuno lo sta osservando e stavolta non si tratta di Kirino. Ma Takuto è talmente sconvolto ed amareggiato, che non sente nemmeno il rumore di passi, i quali si avvicinano.
-Cerchi un po’ di fresco oppure non hai le chiavi?- una voce nota giunge alle sue orecchie. Alza improvvisamente il capo di scatto, incrociando il suo sguardo azzurro.
-Fu-Furude-san … - mormora stupefatto, ma subito si passa energicamente la manica sul volto per celare le sue debolezze. La ragazza si siede accanto a lui.
-Che ci fai qui? – domanda il castano con un tono di voce basso, cercando di concentrare la sua attenzione sul granito delle scale.
-Beh, io ci abito. – risponde con ovvietà e leggerezza, tentando di smorzare la pesantezza. Shindou annuisce meccanicamente, tuttavia non aggiunge altro.
Trascorrono minuti di silenzio, in cui nessuno spiccica una parola: forse sarebbe troppo banale, inopportuno. Restano lì immobili, mentre fissano il vuoto.
-Scusami. – spezza quell’innaturale mutismo, Rin –Non sono di certo affari miei, ma … Si sono separati, vero? Intendo i tuoi genitori. – la giovane ha preferito non girarci troppo intorno, essendo, come prevede la sua indole, abbastanza diretta.
Takuto all’inizio la guarda sorpreso, dopo di ché abbassa il capo pronunciando un flebile: -Sì …
-Lo immaginavo. – si limita ad dire la corvina. Shindou non fa domande su come l’abbia scoperto, senza contare che è ormai sulla bocca di tutti. Ma non gli importa affatto, piuttosto affonda parte del viso nell’incavo creato dalle braccia e riprende a guardare lo stesso punto di prima. Neanche la ragazza accanto a lui aggiunge altro: ritorna nuovamente quel silenzio malinconico.
-Furude-san …? – stavolta è la voce di Shindou a echeggiare per le scale. Anche trattandosi di un mero sussurro, risulta amplificato a causa dell’eco. Rin posa semplicemente lo sguardo su di lui e il capitano continua:
-Perché vivi da sola?
La compagna abbozza un mezzo sorriso. È fin troppo evidente.
-Perché non sono in buoni rapporti con i miei genitori e né io sono sempre stata una ragazzina tanto ubbidiente. Per cui, quando ho detto “Voglio andarmene di casa” mi hanno comprato un appartamento in città, lontano da loro.
Takuto sgrana gli occhi nell’udire tali parole: come possono un padre e una madre trattare così la propria figlia?
-Ovviamente non è questa la mia vera casa. – aggiunge, riferendosi all’attuale appartamento – Sono in affitto qui, per via del trasferimento alla Raimon.
-Ah … mi dispiace. Non volevo essere indiscreto. – si rammarica Shindou, dal profondo del cuore. Furude, invece, fa spallucce asserendo che non è nulla.
-Mio padre … ha tradito mia madre. – confida, a un certo punto, il castano, probabilmente più a suo agio in quel clima diventato, in qualche modo, più intimo.
Da parte sua, Rin non è affatto scossa dalla notizia, piuttosto riconferma i suoi presentimenti. Non ha saputo della separazione dai giornali, dalle riviste di gossip o dai pettegolezzi a scuola. Semplicemente l’ha appreso la prima volta che ha incontrato Shindou insieme a sua madre: escludendo a priori che sapesse già chi era il capitano, il bagliore ametista negli occhi di Minazaki-san era fin troppo palese.
La ragazzina dai capelli corti e neri sospira, poggiando una guancia su un palmo:
-Eh, lo so. È dura quando un padre getta la maschera. Potrebbe stare a braccetto con il mio, credimi.
-Perché è così difficile?- domanda l’altro, trattenendo a stento un tremito.
-Non so. In realtà, i miei non si sono mai sposati. Appartengono a due mondi completamente diversi e, oltretutto, non si amano affatto. Io sono soltanto il frutto di uno “sfortunato incidente” avvenuto tra una famosa védette e un imprenditore di successo. Né più, né meno.
A quel punto Shindou rivolge i suoi opali scuri a Furude, la quale si guarda la punta delle scarpe. Vorrebbe dire qualcosa, ma non gli esce alcun suono. Sa soltanto che le lacrime minacciano di solcargli il viso.
-Però … - riprende Rin, dopo interminabili minuti di silenzio– Non devi pensare che sarai solo. Hai tantissimi amici che ti vogliono bene e pure tua madre. Anche se … il dolore di perdere qualcuno rimane, non puoi farci niente. So quanto sia difficile accettare che un genitore, all’improvviso, cambi atteggiamento diventando quasi uno sconosciuto. Queste sono, purtroppo, le situazioni che non possiamo cambiare: non si può cambiare una persona se questa non è disposta a farlo.
Le sue parole risuonano pacate e sagge, tanto che Takuto non può fare a meno di darle ragione: di certo, però, non immaginava la disastrosa situazione famigliare dell’amica.
-Ehi … Shindou? – soffia la giovane dopo un po’. Il ragazzo solleva il capo per ascoltarla: -Ti sei mai sfogato prima?
Quella domanda lo colpisce come un secchio di acqua gelata; serra le labbra pronunciando appena un : -No … nemmeno con Kirino. – aggiunge poi, anticipando la risposta alla –sicuramente– domanda successiva.  
-Capisco … Non credi sia il momento?
Takuto sgrana appena gli occhi, mentre piccole stille salate cominciano ad affiorare dalle palpebre inferiori. Ed eccola: la prima lacrima adamantina scivolare lungo il profilo del viso. Poi un’altra e un’altra ancora … Finché i singulti e i tremiti non si trasformano in un pianto liberatorio.
Il castano sta per affondare nuovamente il viso sulle le ginocchia, ma una mano di Rin gli porta il capo contro il suo. Il ragazzo rimane un po’ sorpreso da quel gesto, tuttavia non si oppone, continuando sommessamente ad abbandonarsi al dolore.
La ragazzina rimane immobile accanto al suo amico, le dita intrecciate tra le ciocche ondulate. Le iridi azzurre perse nel vuoto. Solo singhiozzi mal trattenuti risuonano.
Lo sfogo di Shindou non è straziante, ma tacito e composto: non per un senso di vergogna, ma più che altro per quei rivoli salati così brucianti da togliergli il fiato.
Le spalle sussultano leggermente scosse da piccoli tremiti.
 
 
Saranno passati minuti –ore forse …? – da quando le lacrime hanno cessato di cadere.
Adesso non sono più vicini come prima, ma entrambi ancora seduti l’uno di fianco all’altro. Il capitano si passa un’ultima volta la manica sugli occhi arrossati:
-Grazie davvero … - pronuncia, stavolta, con un tono più alto della voce.
-Figurati. – gli sorride dolcemente la giovane, per poi alzarsi e spazzolarsi i pantaloni della tuta.
-Su!- incita allungando la mano. Takuto dapprima sbatte le palpebre sorpreso, poi l’afferra e si rialza. La mano di Rin emana un tepore rassicurante, ma più che altro è rimasto incantato dalla sua immagine riflessa negli occhi cristallini dell’amica. Con la luce del tramonto divengono chiari, quasi trasparenti come un sottile velo, mentre il contorno dell’iride è di un nero intenso che va ad incorniciare il cielo più terso.
Il colore dei suoi occhi è indefinibile: cambia a seconda della luce e questo lo colpisce molto. Tanto che non si è nemmeno accorto di averle lasciato la mano e di come le sopracciglia di Furude siano contratte. Uno schiocco di dita lo fa riprendere all’improvviso:
-Ehi ti sei incantato? – domanda divertita e anche un po’ stranita.
-No, no …
-E quindi? Sì o no? – incalza l’altra.
-Eh?
-Uff … Lo vedi che ti eri incantato? Ti ho chiesto se vuoi una tazza di tè.
-Ah … Certo, se non ti dispiace … - riprende il filo del discorso barcollando un po’. La numero ventuno della Raimon arriccia un po’ il naso, ma poi si volta verso la porta di casa. Così per la seconda volta, Takuto entra in casa sua.
Rin lo fa accomodare nel piccolo salottino, in cui c’è una tv a schermo piatto e un tavolo con delle sedie a sinistra della stanza. In seguito, la corvina esce fuori dalla cucina con due tazze fumanti.
Si risiede nuovamente accanto a lui sorseggiando il tè e mangiando qualche biscotto. Viene a crearsi una strana pace in cui, finalmente, Shindou può sgombrare la mente da ogni cattivo pensiero. Sarà che il tè caldo è rilassante, ma forse è merito della compagnia di quella ragazza se ora può vedere la situazione da un’altra prospettiva.
-Va meglio? – chiede, appunto, quest’ultima bevendo un sorso di tè.
-Sì. Grazie. – afferma tranquillo.
“E’ così gentile …” si ritrova a pensare, ammaliato.
-Ma promettimi che non te ne uscirai con cavolate del tipo: “mi vergogno di aver pianto davanti ad una ragazza”! Perché non le sopporto!!- minaccia in seguito, tagliente. Shindou si limita ad un cenno del capo, segno che ha afferrato il concetto.
“ Appunto … è gentile …” ripensa il ragazzo, ridacchiando tra sé e sé.
Passano i minuti successivi parlando del più e del meno: l’aria non è più pensante come prima e chiacchierano come se nulla fosse accaduto.
Consumate bevande e biscotti, Rin si alza per riporre le tazze in cucina, ma un richiamo di Takuto la fa voltare.
-E quella? – indica con il capo una foto appoggiata su un mobile – E’ la tua squadra?– chiede incuriosito, il capitano.
Furude fissa le figure di sedici ragazzini con le espressioni più buffe dipinte sui volti: -Già . –asserisce poco dopo. Prende la cornice in mano e osserva con sguardo perso la foto. Le labbra si piegano all’insù :
-Sì, questa è la Sakurazaki Junior High, Shindou … - riconferma mostrandogli la foto- La mia famiglia …












Rieccomi con il capitolo, diciamo, "cult" della prima parte della storia.
Sì cari lettori, siamo ancora all'inizio di questa schifezza!! XD

Però un commentino non mi dispiacerebbe!! Vi preeeeeeegooooooo :'(

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


 

*Capitolo 10*





Dopo gli allenamenti pomeridiani, Rin si è trattenuta ancora un po’ sul campo per esercitarsi con il dribbling. Per quanto il suo possa sembrare perfetto, ha ancora molto da imparare, inoltre aiutare la Raimon a vincere l’Holy Road è una sua priorità.
La figura esile, ma agile, si riflette sulle lenti verdi dell’allenatore Kidou, il quale le ha assegnato un menù di esercizi da completare e la ragazza non si è di certo tirata indietro. Il rasta segue con attenzione i suoi movimenti: una pila di coni è disposta lungo il centro campo e arriva quasi al limite dell’aria di rigore. Furude parte dall’altro lato a grande velocità: un dribbling come si deve conta molto sulla rapidità e il controllo di palla, cosa che, a quanto pare, a quella ragazza non manca proprio. Talmente è versatile come giocatore, che Kidou non è ancora riuscito ad individuare un suo posto ideale in campo, lo stesso Kudou gli disse che qualsiasi posizione sarebbe andata bene, perché a lei importa di vincere con i suoi compagni.
-Furude! – richiama.
-Sì allenatore! – risponde mentre continua l’esercizio: lui non le ha detto di fermarsi. E il kantokun lo nota.
-Al prossimo giro di dribbling, tira in porta. – ordina a braccia conserte.
-Sì! – afferma riprendendo di nuovo il percorso: scansa i coni ad una velocità incredibile, poi giunta all’ultimo ostacolo calcia con tutta la sua forza. Il tiro è preciso e non ha perso potenza.
-Mira di più agli angoli!
-Certo!
Intanto, i ragazzi hanno finito di cambiarsi e sono usciti dalla sede del club. Passando così vicino al campo, era inevitabile per loro assistere alla sua performance.
-Chiuka (1), si sta ancora allenando? – chiede Hamano.
-Kidou – kantokun ha le ha riservato degli esercizi da svolgere. – gli risponde Sangoku, concentrato.
“ Agilità, passo leggero … possibile …” medita il portiere e i suoi compagni di classe, Kurumada e Amagi, lo guardano perplessi.
-Siete ancora qui?- domanda Kuruma, non appena li vede.
-A quanto pare siamo tutti curiosi … - accenna il numero due della squadra e l’azzurrino si volta verso la fonte dell’attenzione di tutti.
Alla fine si aggiungono tutte le matricole del primo anno e anche il capitano e Kirino.
Tsurugi la osserva attentamente pensando che, come attaccante, ha un buon piede. Aggrotta un attimo la fronte: “ Sembra quasi un SEED”, rimugina.
-Che c’è Tsurugi-kun? – il kohai si avvicina di soppiatto a lui – Hai paura di perdere il posto di titolare? – ghigna, come al solito, Kariya.
Kyosuke non risponde, gli lancia un occhiataccia e poi ritorna a guardare il punto di prima. Il difensore ridacchia, ma subito si becca  uno sbuffo sulla nuca dal rosa.
-Ahi! Sempai! – si lamenta.
-Taci.- fa secco, Kirino.
Shindou, invece, non commenta. Piuttosto vaga nei ricordi della sera precedente.
-Vedi Shindou-kun, la Sakurazaki non è soltanto il mio team … è davvero la mia famiglia …
Affermò sorridente e il castano rimase davvero sorpreso da quelle parole: lui non aveva mai considerato la Raimon in quel senso specifico, eppure erano grandi amici. Cominciò, dunque, a parlagli dei suoi compagni, di quegli idioti dei suoi compagni, come li chiamava lei: non mancò di raccontagli qualche aneddoto molto divertente e dei caratteri più disparati dei suoi amici. Gli ha anche confessato che, nonostante il club sia stato chiuso, loro continuano ad allenarsi insieme, fuori dalla scuola. Non si sono arresi e per questo lei vorrebbe fare tutto il possibile per aiutare i venti della rivoluzione a sollevarsi.
-Bene! Basta così! – annuncia il coach e Rin può finalmente stendersi sull’erba a riprendere fiato. Subito le manager accorrono da lei e Kidou va via.
-Bel lavoro, Rin-san! – si complimenta Aoi, porgendole una bottiglietta d’acqua fresca. La corvina accetta di buon grado e ringrazia: aveva proprio sete!
-Ehi, a quanto pare c’è anche un bel pubblico!- commenta Midori voltandosi a guardare i ragazzi, i quali sobbalzano.
Furude sbatte un attimo le palpebre per poi scoppiare a ridere.
-Ahahahh … Che facce! Akane scatta una foto!! – e la ragazzina con le trecce non se lo fa ripetere due volte. Alcuni arrossiscono nell’essere stati beccati; altri, come Kurama, si voltano stizziti e si dileguano; altri ancora, come Tenma e Shinsuke, salutano in un modo a dir poco esagerato.
-Ciao!! Ci vediamo domani!! – saluta di rimando, agitando una mano. Anche Kirino e Shindou ricambiano, avviandosi verso l’uscita. Yamana ne approfitta per fotografare l’ultima posa del capitano al tramonto e la sua compagna rossiccia sospira.
-Beh, ragazze. Io ho bisogno proprio di una doccia!- annuncia rialzandosi. E le manager decidono di comune accordo di accompagnarla negli spogliatoi, ormai deserti. Così, mentre Furude è sotto il getto caldo, le amiche chiacchierano tra di loro ( in realtà, Akane spulcia nella memory – card le immagini di Shin-sama ).
Quando esce, Midori le passa gentilmente i vestiti: trova molto simpatica la nuova arrivata, non a caso ha fatto subito amicizia con lei. Probabilmente perché hanno caratteri affini. La corvina acconsente con un pizzico di riluttanza - o imbarazzo - il suo aiuto e si cambia nella stanza delle docce: prova un senso di inferiorità nei confronti del suo corpo. Ma dopo aver infilato una bella maglia larga e dei bermuda di jeans si sente molto meglio. Con l’asciugamano ancora sui capelli, raggiunge le altre sedute sulle panche.
Improvvisamente, si sente lo squillo di un cellulare echeggiare per la stanza, Rin si affretta a frugare nel borsone e afferra l’apparecchio. Legge il nome sul display prima di rispondere: -Finalmente!! Ma dov’eri finita?! È tutto il giorno che ti cerco …
Le giovani si scambiano un’occhiata interrogativa e la corvina continua.
-Ah sì … Beh, ascolta … Cosa? No, questa volta la vecchia non c’entra. È a me che devi fare un gran favore! Bene: devi trovarmi il numero della ditta di traslochi … Sì, sì quella dell’altra volta: l’ho perso nella confusione. Domani torno in città per controllare casa e devo assolutamente portare nell’appartamento una cosa … No, Michy (2), domani stesso! Un altro giorno non posso. – Furude fa una pausa.
-Oh! Grazie, grazie! – cinguetta poi, con gli occhi che brillano – Sei un tesoro, Michy! … Va bene, a domani. Ti mando un bacino … Ciao, ciao!
E chiude la chiamata con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
-Traslochi …? – fa eco Aoi, curiosa.
-Eheh … - ridacchia la corvina – Segreto!!
 
 
È sabato, Shindou rientra a casa dopo gli allenamenti pomeridiani. Finalmente può respirare l’aria della sua nuova dimora, ormai diventata famigliare per lui: ieri, invece, è rimasto a dormire da Kirino.
Per tutto il tragitto, non ha fatto altro che domandarsi perché Furude non si sia presentata agli allenamenti, soprattutto alla vigilia di una partita così importante.
Lascia la cartella vicino all’ingresso, sbuffando stanco: ultimamente è teso come una corda di violino. Infatti, le vicende si sono susseguite così in fretta, che non ha avuto nemmeno un attimo per staccare la spina, sia dalla rivoluzione che dalla sua situazione famigliare.
Sta per salutare sua madre, quando sente delle voci provenire dal salotto. Non appena si affaccia sgrana gli occhi sorpreso: Yasuko e Rin stanno chiacchierando amabilmente e sembra stiano guardando qualcosa.
-Mamma …? – richiama incerto e le due si voltano nella sua direzione.
-Oh, Takuto! Bentornato!- esclama felice la donna. Il figlio la guarda un po’ perplesso, così domanda: - Che succede?
-Vieni a vedere.- lo invita la bionda con un cenno della mano e il castano ubbidisce.
Accanto alla finestra, illuminato dalla luce del crepuscolo, troneggia un pianoforte a muro, in noce. I  tasti sono bianchissimi e spiccano sul bruno del legno lucido e levigato. Takuto rimane a bocca aperta per qualche secondo, senza fiatare, ma poi assume un’espressione corrucciata e comincia a guardare truce sua madre.
-Ti avevo detto che non era necessario un nuovo pianoforte! Perché l’hai comprato?
La donna ridacchia prima di rispondergli: -Ma non l’ho comprato!- e il figlio fa una faccia stranita.
-Glielo dato io. –interviene, per la prima volta, Rin e Shindou si sorprende.
-Tu? – riesce solo a dire il ragazzo e l’altra coglie la palla al balzo, prima che possa replicare.
-Minazaki-san stava cercando un pianoforte e io le ho proposto di darle il mio.- spiega rivolgendo le sue pozze azzurre allo strumento – Lo tenevo nella mia vecchia casa. Non lo uso da parecchi anni, quindi … beh, eccolo qui.
Per quanto si sforzi di mettere assieme i pezzi, ancora non riesce a crederci. Non si tratta di conforto oppure di una semplice pacca sulla spalla, ma di un pianoforte!
-Ma … perché? Insomma, potevamo trasferire quello vecchio qui. Non era necessario tutto questo …
Yasuko-san, allora, scuote il capo: -Ci avevo pensato, ma si tratta di un pianoforte a corde ed è troppo grande. Non ci sta in nessuna stanza di questa casa. – spiega e solo ora Takuto comprende il motivo, tuttavia non sa come sentirsi nei confronti di quella ragazza: se in debito, oppure semplicemente grato. Eppure, nonostante si conoscano da poco, ha fatto già così tanto per lui che sarebbe troppo accettare.
Prima che potesse replicare sua madre gli scocca un bacio sulla guancia dicendo che deve scappare in teatro. Ma prima di andare, abbraccia calorosamente la ragazza ringraziandola commossa. Le guance di Rin  si imporporano appena, sorpresa da quell’improvviso affetto a cui non è avvezza.
-Ma no … non è niente di che! – si giustifica modestamente, mentre da delle lievi pacche sulla spalla di Minazaki-san.
La donna dopo un po’ si stacca e le ordina perentoria: -Stasera tu ceni con noi e non voglio obiezioni. Sei d’accordo Takuto? – fa poi verso il figlio, il quale mugugna un “sì” confuso. Allora Furude si arrende.
-Va bene. – afferma e la bionda sorride soddisfatta. Dopo di che, infilata la giacca, esce di casa salutando i due. Così i ragazzi rimangono da soli.
-Furude-san  io … insomma, ti ringrazio davvero … - esordisce Shindou che carezza i tasti immacolati – Però non posso accettare! – asserisce cocciutamente.
La giovane sospira: - Non ti piace più suonare?
-N-No , non è questo solo … - tenta di replicare vanamente.
-Mettiamola così: questo non è assolutamente un regalo. Questa è una cosa di cui, prima o poi, me ne sarei volentieri sbarazzata. Era ingombrante, non era suonato mai e soprattutto stava nella mia vecchia casa a fare la polvere. Tutto qui. – ribatte inflessibile, quasi fosse un generale. Takuto è ancora un po’ a disagio.
-Ma non sarebbe troppo darlo via? Voglio dire che un pianoforte vale una fortuna. - protesta poco convinto.
-Non me ne faccio niente dei soldi ... Ne abbiamo così tanti che potremmo buttarli! - risponde, quasi aspramente.
-Quindi ... tu suoni il piano? – continua il ragazzo che intanto si è seduto sullo sgabello. Rin si accosta allo strumento e incrocia le braccia sul ripiano di legno.
-Suonavo, ma è roba di tanti anni fa. Non ho una passione particolare per il pianoforte, anche se mi piace molto la musica.- afferma con un tono di voce stanco, quasi rassegnato. Shindou rimane immobile senza fiatare e la ragazza poggia il capo sulle braccia. Sospira : -Sarà che a furia di essere costretta a suonarlo, mi ha dato alla nausea …
Ed ecco che ancora una volta il capitano rimane trafitto dalle sue parole, dai suoi pensieri intrisi di dolore: per questo riesce a comprenderlo così facilmente.
Furude gli rivolge le sue pozze chiare e fa un mezzo sorriso per la sua espressione lievemente contrita. Decide di dargli qualche delucidazione:
-Fin dall’infanzia ho sempre frequentato un collegio cattolico femminile … beh, in realtà ne ho cambiati parecchi, perché non andavo bene a nessuno. L’ultima scuola privata, ad esempio, non mi ha ammesso alle superiori (3) a causa del mio comportamento violento ...
Fa una piccola pausa, giusto per permettere all’altro di assimilare il concetto. Ovviamente nella mente di Shindou è balzato subito il significato del binomio “comportamento violento”. È evidente che c’è qualcosa che ancora non sa, tuttavia, non riesce a concepire come si possa definire in questi termini una ragazza così dolce e gentile.
-In quei collegi era obbligatorio suonare il piano e non a caso mio padre mi iscrisse lì. Anche se non gli andava a genio il fatto che fossi la figlia di una védette, fu costretto a riconoscermi, poiché fa parte di un’elite di tutto rispetto.
Per farla breve, pretese di occuparsi lui della mia educazione: non accettava che mi immischiassi con gente bacata come mia madre.
Progettava per me un futuro prospero, con un’educazione impeccabile e suonare uno strumento come il pianoforte, si sa, è fonte di prestigio. Mi esercitavo in continuazione a scuola e privatamente a casa, durante il weekend. Per un attimo, soddisfare le sue aspettative divenne quasi una missione per me. Ingenuamente pensavo che fosse il modo giusto per conquistarmi il suo affetto. Poi arrivò il momento della verità: il mio primo saggio di pianoforte. Avevo circa cinque anni e quando arrivai sul palcoscenico mi assalì il panico: vidi l’espressione austera di mio padre, il quale si aspettava il massimo da me. Tutti avevano gli occhi fissi su di me, così davanti ai tasti dimenticai completamente il brano e suonai allo sbaraglio … Il resto te lo lascio immaginare, ti vedo già abbastanza sconvolto. – ridacchia infine, tanto per smorzare la tensione.
Takuto, invece, rimane a fissarla commentando semplicemente:
-Che cosa triste, mi dispiace . – che altro avrebbe potuto dire?
-E’ passato tanto tempo … non ci penso più visto che sono subentrati altri interessi. – risponde con una lieve malinconia nello sguardo.
Shindou preme con un dito un tasto a caso. Un suono cristallino si diffonde nell’aria confermando che, nonostante non sia usato da parecchio, lo strumento è perfettamente accordato. Il castano comunque è assorto in molte riflessioni: suo padre non si è mai comportato così con lui. Anche quando sbagliava una nota o un passaggio, non si è mai adirato: gli ha sempre mostrato quanto fosse bello, appagante e divertente suonare uno strumento. Creare musica che arrivasse al cuore delle persone … Non ha mai pensato al pianoforte come una tortura.
-Neh, Shindou-kun? – la voce di Furude lo riscuote all’improvviso.
-Dimmi …
-Ti va di suonarmi qualcosa? Dicono che sei bravo, quindi sono proprio curiosa di ascoltare la tua musica. – e glielo chiede tranquilla, con un sorriso ad incurvarle le labbra. Alla fine anche l’espressione di Takuto si distende più serena.
-Ok. Ma non avevi detto di odiare il piano?
-Non mi piace suonarlo, ma non ascoltarlo. Io adoro la musica, mi piace tantissimo.
-Siamo in due allora. Cosa vuoi sentire? – domanda mettendosi in posizione.
-Quello che vuoi tu. – asserisce, mentre affonda la testa sulle braccia e concentra la sua attenzione sul ragazzo.
-Bene. Allora …
Note leggere e soavi cominciano a echeggiare per la stanza e pervadono anche l’udito di Rin, la quale ascolta in silenzio. Si tratta di una musica bella, disimpegnata che carezza l’animo: ha scelto, infatti, un pezzo di Mozart, senza sapere che uno degli artisti classici preferiti della ragazza. Però lei non dice nulla. Resta in silenzio, lasciandosi trasportare da quella musica sublime e aggraziata.
 
 
-Furude-san?
-Umh …?
-Ti piacerebbe fare colazione e venire a cena da noi, d’ora in poi?
-Beh … ecco …
-Non accetto risposte negative.
-E va bene. Come preferisci …







(1): La solita espressione che usa Hamano.
(2): Michy è l'assistente-manager di Kyomi Kadeshiko, la madre di Rin.
(3): Si intende le scuole medie, come a dire "le classi superiori".






E rieccomi veloce veloce con un altro capitolo. Con questo vi annuncio che si conclude la prima parte ( o primo atto, come volete) della fic. Si parlava della storia di Shindou, in qualche modo intrecciata con quella dell'OC di mia invenzione, appunto Furude Rin. Spero non sia troppo scontato! xD
Come già anticipato nell'introduzione, i principali protagonisti sono quattro adolescenti della serie IE Go (con accenni a un'altra coppia), di cui uno inventato e gli altri noti. Quindi se si è parlato di Shindou, nel prossimo capitolo (WARNING :Spoiler!) si parlerà di un altro personaggio dell'anime...
Chi sarà? Diciamo che devo anche soddisfare la richiesta che mi ha fatto _ali_ccc_ , la quale voleva la RanMasa. Ebbene dal prossimo capitolo si partirà dal nostrao dispettoso kohai.
Ladies and Gentelmen ... SPOILER : Masaki! 
Beh, dovevo dirlo! u.u
Comunque concludo questo interminabile angolino (?) dell'autrice con un rigraziamento speciale ad _ali_ccc_ e Hakai Chinmoku, le quali hanno avuto il coraggio (?) di recensiere.
Grazie davvero <3 e alla prossima.
Ciauuuu <3


 

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Capitolo 12
*** Prologo - Masaki ***



*Prologo*
 

Masaki
 
 
 



Mi stendo sul letto sbuffando. Non ho proprio voglia di fare i compiti, tanto domani è domenica. Piuttosto mi infilo le cuffie dell’iPod nelle orecchie e ascolto la musica a tutto volume.
Domani giocheremo con la Kidokawa e ho bisogno di svuotare il cervello: intendiamoci, non che io sia preoccupato per la mia prestazione, tutt’altro! Solo voglio scacciare via dalla testa i continui richiami di quel dannato senpai.
Perfettino, mai fuori dagli schemi … insomma una vera rottura!
Devo ammettere che non è più divertente stuzzicarlo mettendogli in testa il tarlo che io sia un SEED. Rido ancora per la faccia che fece quando glielo dissi, durante l’incontro contro la Gassan! Attonito, ahahah …
Però, ora che ci rifletto bene, se riavvolgo la mia vita come il nastro di una cassetta, mi rendo conto di quante cose siano cambiate.
Quando varcai per la prima volta la soglia del Sun Garden, mi imposi di non fidarmi mai di nessuno, per quanto gentile si mostrasse. E invece ora?
Sono stato adottato da due tizi che –ne sono certo– non hanno tutte le rotelle apposto, frequento la Raimon e ho perfino dei compagni di squadra, dei quali mi fido.
O almeno credo. Tenma dice che siamo “amici”.
Sì, forse. Ma credo che sarà il tempo a stabilire se sia davvero così. Alla fine io il vizio non l’ho perso, ma come si dice … sto smettendo, no?
Per quanto riguarda la mia nuova famiglia, beh … meglio stendere un velo pietoso. Non posso dire che mi trattino male, ma sono davvero fuori dal comune!
A cominciare dal giovane uomo che venne a trovarmi in orfanotrofio quasi tutti i giorni, sebbene fossimo dei perfetti estranei: Hiroto Kiyama.
E chi se lo immaginava che fosse quel Kiyama che giocò dieci anni fa nell’Inazuma Japan! Io non di certo.
Quel rosso impiccione, un giorno –lui dice “casualmente”, ma io non me la bevo– salì sul tetto del Sun Garden e lì ci incontrammo per la prima volta. Non ci dicemmo nulla di particolare: mi salutò con un semplice “ciao”, mentre io non ricambiai.
Voltai la testa di scatto, stringendo le ginocchia al petto. Da quel giorno, Hiroto venne sempre a trovarmi e, in modo o in un’altro, riuscì a snocciolarmi qualche parola dalla bocca, però io ero davvero un osso duro se si trattava di fare l’indifferente o stare alla larga dagli altri. È stata una dura lotta, ma alla fine ha vinto lui.
Quando poi lo vidi giocare nel campetto vicino all’orfanotrofio, ne rimasi affascinato: era bravissimo, d’altronde non potevo aspettarmi niente di meno da un veterano, però a quei tempi che ne potevo sapere io?!!
Per farla breve, finimmo per allenarci insieme e io non avrei mai pensato di condividere il gioco del calcio, che consideravo esclusivamente mio, con qualcun altro. E così l’anno scorso fui adottato: non che l’idea mi facesse impazzire, tuttavia non era cattiva. Solo successivamente, quando Kiyama venne a prelevarmi dall’istituto e a firmare le carte per l’affidamento, scoprii che non sarebbe stato l’unico a occuparsi di me.
Midorikawa Ryuuji, il numero tredici dell’Inazuma Japan, giocò nella fase preliminare del Football Frontier International.
All’inizio il suo viso non mi diceva niente di nuovo, anzi, piuttosto faticavo a capire se fosse davvero un ragazzo, considerate le sembianze vagamente femminili.
Ovviamente quando si presentò non ci furono più dubbi, tuttavia, di primo acchito, mi diede l’impressione di essere uno smidollato.
Insomma, carattere mite e gentile, predisposizione alla cucina, maniaco dell’ordine e della pulizia … una mogliettina coi fiocchi. Per non parlare del fatto che va ripescare da autori quasi sconosciuti citazioni tra le più improbabili, eppure sempre maledettamente azzeccate! In questo è davvero un fenomeno, tanto che a volte mi chiedo se il ragazzo porti sfiga: Midorikawa-san dice una cosa e quella accade.
Con il tempo ho capito che più che nemico dovevo farmelo amico, poiché la vera croce è sempre Hiroto. Il suo livello di infantilità, a volte, rasenta il ridicolo e mi chiedo spesso se sono finito in una “famiglia” oppure in un circo!
Quando si sveglia di prima mattina sembra uno zombie: fa spavento con i capelli rossi sparati, gli occhi semichiusi ed impastati dal sonno e un rivolo si saliva seccata ad un angolo della bocca. L’unico suono che riesce ad emettere, se gli dai il “buongiorno” e lui è in quello stato, è un grugnito grottesco. A quel punto non sai se ridere o fuggire terrorizzato, nel dubbio io evito di salutarlo quando è in quelle condizioni. Ma la cosa allucinante è che ritorna pimpante e fresco come una rosa non appena beve una tazza di caffè: in pratica, diventa il rompiscatole di sempre!
Beato lui, perché io al mattino non mi riprendo nemmeno con una damigiana di quella roba! Inoltre, non è di certo lui a prepararsi la colazione: come potrebbe stonato com’è?
Ci pensa Ryuuji-san, sempre e solo lui: alla fine ho apprezzato la sua grande abilità ai fornelli, visto che io non so nemmeno come si accende il gas e poi –lo ammetto– mi  fa davvero comodo. Sarà egoista, ma non sono l’unico, anche Hiroto è dello stesso avviso. È affetto dal mio stesso morbo: lui è sicuramente il più pericoloso ai fornelli.
Tirando le somme, se non ci fosse il verde, io e quel lunatico saremmo spacciati.
Inoltre riconosco che Midorikawa non è così ingenuo come può sembrare: riesce a raggirare Kiyama e i suoi “schizzi” con una maestria degna di nota.
Tra i due è sicuramente quello più normale, l’unico momento in cui mi sta antipatico è quando mi intima di fare i compiti. A volte sembra una mamma … già.
Che tra quei tipi ci fosse un feeling particolare, l’avevo intuito già dopo un mese di convivenza, tuttavia non mi sarei aspettato un legame così … profondo.
Lo scoprii, mio malgrado, un giorno quando rientrai a casa: forse per il volume troppo alto della televisione non mi sentirono arrivare. Comunque, stavo per entrare in salotto ma mi bloccai subito di fronte a quella scena: Hiroto che prendeva per i fianchi Ryuuji e lo baciava con passione.
Si staccarono solo quando Midorikawa mi notò e diede una sonora gomitata al rosso, per farlo allontanare. A quel punto gli occhi dei miei tutori si fissarono su di me, sbalorditi, mentre io non riuscivo a formulare un pensiero che avesse il ben che minimo senso. Con le guance infiammate di imbarazzo e il formicolio in tutto il corpo, riuscii solo a balbettare: -Scu-scusate … va-vado ...i-in …camera.
E così feci, chiudendo pure la porta a chiave. In un primo momento, furono inutili i continui richiami dei miei tutori, confinati all’esterno. Ma alla fine riuscirono a trascinarmi fuori e proprio in salotto –con me seduto sul divano e loro di fronte, in piedi– affrontai la conversazione più strana e imbarazzante della mia vita.
Volevo morire, ma credo che per loro fosse lo stesso: non avrei mai immaginato una cosa simile, però da lì cominciai a collegare parecchi pezzi che prima non mi tornavano. Non posso definirmi una persona di strette vedute, ma non nascondo che all’inizio rimasi scioccato. Non me l’aspettavo! Insomma, ero impreparato a una simile evenienza … ecco. Con il tempo mi sono abituato a questa novità, tuttavia la dolcezza diabetica che mostrano in alcuni momenti è davvero insopportabile.
È quasi sempre il rosso ad attaccarsi come una piovra al verde, comunque ho ribadito a tutti e due di limitare le stomachevoli smancerie, almeno in mia presenza.
E ringraziando il cielo che non li sorpresi a fare … altro.
Scuoto la testa e un brivido mi attraversa la schiena: non ci voglio nemmeno pensare!
Piuttosto, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla musica: sto ascoltando la mia canzone preferita, mugolando le parole a bocca chiusa.
Arriva il ritornello –la parte migliore– quando …
-Masaki!!! Scendi, è pronta la cena!!- urla il mio tutore dai capelli verdi.
Lui e il suo solito tempismo!
Mi rannicchio su me stesso, tentando di concentrarmi sulla canzone: niente, il rumore della tv, anche se da lontano, mi distoglie e i richiami si fanno più concitati. Probabilmente si sarà affacciato sulle scale, ma non gliela do vinta tanto facilmente! Alla fine, non sento più la sua voce –ha rinunciato a sgolarsi– però non posso godermi il mio momento di relax in santa pace, perché un certo rosso bussa e poi entra.
-Masaki, guarda che la cena è pronta! Sbrigati o si fredderà!- mi annuncia con fare bonario. A me ormai è passata la voglia di sentire la musica sull’iPod, così mi sollevo scocciato: -Non dovresti aspettare che chi sta dentro dica “avanti”, prima di aprire la porta? – domando con fare seccato. Lui mi liquida con uno dei suoi soliti sorrisetti angelici, ribadendo solo: -Coraggio scendi!- e mi precede.
Io sospiro: se mi arrendo adesso non mi becco una delle solite ramanzine di Midorikawa-san. Che palle!
Ciabatto stizzosamente giù per le scale e giungo in cucina dove la tavola è già apparecchiata.
-Era ora! - esclama il verde, ma io svio lo sguardo ignorandolo. Quello inarca un sopracciglio e sospira: dopo un anno e passa di convivenza, trovano ancora difficoltà a prendermi nel verso giusto. D’altronde, io non faccio nulla per rendere le cose più conciliabili.
Mi siedo a tavola e stacco le bacchette: stasera Ryuuji-san ha preparato il pollo teriyaki (1) accompagnato da una ciotola di zuppa di miso. Adesso che ho gli occhi sul piatto, ammetto di avere un certo languorino.
Intanto Hiroto alza il volume della televisione per ascoltare le notizie. La giornalista dalle notizie di politica passa poi a quelle sullo sport, accennando all’Holy Road e alla partita di domani.
-Molti tifosi attendono con impazienza domani per un’altra partita del torneo Holy Road. Infatti, sarà una disputa tra la vincitrice dell’edizione scorsa, la Kidokawa Seishuu, e la intraprendente Raimon. Si prospetta un mach emozionante!
Tsk! Se solo sapessero che i punteggi sono già prestabiliti, di sicuro non si presenterebbe nessuno allo stadio per assistere a una recita.
-E’ così domani è il grande giorno!- esclama Hiroto alzando lo sguardo su di me. Io mi limito a mugugnare in segno di approvazione, dato che sto masticando e poi non voglio dargli tanta soddisfazione.
-Non abbassate la guardia, quei tipi sono degli ossi duri.- commenta Ryuuji, prendendo un boccone di pollo.
-Lo so benissimo, state tranquilli!- rispondo saccente e non mi sfuggono le loro occhiate divertite.
-E alla fine i tuoi due compagni di squadra sono riusciti a completare la tecnica(2)?- domanda il rosso, curioso: si è spazzolato il piatto e adesso con la pancia piena vuole sentire anche un po’ di pettegolezzi? Petulante.
Rispondo ugualmente, infondo se c’è una cosa che in questa casa non manca è il silenzio. A volte è un male, ma altre volte … forse il più delle volte è un bene.
-Ma che! Quei due sono dei disastri! Spero non combinino qualcosa domani!- sospiro ripensando alle rovinose cadute che hanno fatto per tutto l’allenamento. Ma poi sghignazzo, infatti mi viene in mente quando gli ho sorpresi con quella pallonata.
-Che hai da ridacchiare a quel modo?- mi domanda Midorikawa, un po’ confuso.
-Niente, niente!
Terminata la cena, il verde comincia a sparecchiare e il rosso gli dà una mano. Io, invece, mi crogiolo un po’ a guardare la tv. Dopo il disastro che combinai l’ultima volta, quando furono costretti a ricomprare un intero servizio di piatti, il giovane dagli occhi neri non me ne fa toccare nemmeno uno. Tuttavia mi affibbierà sicuramente qualche faccenda: figuriamoci se mi fa impigrire!
-Comunque se resterete uniti, nessuno potrà fermare il vento della Raimon!- proclama Kiyama, solenne e con le braccia conserte. Lo guardo stranito: non è normale quello lì.
-Ryuuji-san è molto più bravo di te a fare il profeta!- gli scocco una frecciatina per quel commento sentimentale e il verde ride.
-Ahahah, questa sì che è bella!
-Mmh … - mugugna il rosso, in segno di disappunto.
Butto un occhio all’orologio sul soffitto e sgrano gli occhi allibito. O mio dio! Sono le nove questo significa che c’è Junjun(3) sul canale 48! Mi brillano immediatamente gli occhi e afferro veloce il telecomando: non posso perdermelo!!
Inizia la sigla e io alzo il volume. Hiroto scrolla la tovaglia scuotendo il capo con un sorriso divertito, ma lo ignoro. Niente e nessuno mi impedirà di ammirare la mia idol in tutto il suo splendore! Compare sullo schermo e quasi non mi cola la bava dalla bocca …
-Ehi, Ryuuji passami un secchio. Masaki sta sbavando come un Sanbernardo!- ironizza il rompiscatole, ma io non ho occhi che per lo schermo.
-Più che un secchio gli devo dare il sacco della spazzatura!- dice perentorio e si piazza davanti a me con la busta nera in mano. Mi dondolo a destra e a sinistra per scorgere il quadrante della tv, ma niente da fare! Ha bloccato la visuale.
-Ohhh! Ma proprio adesso?! – mi lagno, visibilmente scocciato. Però il linguaggio del corpo non tradisce: fermo e duro come una roccia. E lo sguardo è più che eloquente: “o vai adesso, o vai adesso”. Sbuffo sonoramente e mi rialzo pigro.
-Non ce l’ho con te, ma l’ultima volta te ne sei dimenticato e il giorno dopo sono inciampato tra due sacchi pieni di immondizia. Che si sono aperti. E io ho dovuto ripulire tutto. – eccolo che ricomincia.
-Va bene, va bene! Ho capito!- taglio corto, agguantando la busta. Il verde sorride soddisfatto: -Grazie!- e ritorna in cucina.
Per fortuna, c’è la pubblicità però mi sono perso la prima parte!! Accidenti a lui e alla sua mania delle pulizie!
Così esco dalla porta sul retro e mi ritrovo in giardino. Non ci sono cassonetti, ma in questo quartiere c’è la raccolta rifiuti, per cui devo lasciare il sacco all’ingresso.
Apro il cancelletto e lo lascio all’angolo. Mi spazzolo le mani: ecco fatto!
Sto per rientrare quando noto qualcosa di insolito.
Illuminato appena dalla luce di un lampione, c’è un uomo appoggiato alla parete che sta guardando verso l’alto. Indossa un soprabito nero e pare avere uno sguardo perso.
Mi chiedo che cosa stia fissando. È un ladro, un ubriaco, un drogato? Stranamente non mi dà questa parvenza. Mi appiattisco al cancelletto per scrutarlo meglio, ma quando abbassa lo sguardo i nostri occhi si incrociano per una frazione di secondo.
Mi sembrano molto … familiari.
Istintivamente si alza il colletto della giacca e sguscia via girando l’angolo.
Invece, io rimango impalmato a fissare il punto da cui è sparito.
 

 
 
 
 







(1) pollo teriyaki : un piatto giapponese molto semplice. 
(2) è riferito ad una tecnica speciale che Tenma e Shinsuke stavano provando con l'aiuto di Kariya (episodio 29).
(3) Junjun è una idol della tv per la quale Masaki stravede. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 1 ***



*Capitolo 1*




Masaki sbatte le palpebre sorpreso. Si è dileguato. Sparito.
Confuso, fissa con i suoi occhi felini il punto in cui c’era l’uomo.
“Beh! Meglio così … forse era un ubriaco …” eppure c’è qualcosa che lo lascia decisamente perplesso. Una strana sensazione, ma la scaccia via subito etichettandola come insignificante, però …
-Mi sto fasciando troppo la testa … - mormora tra sé e sé grattandosi la nuca, ma poi all’improvviso si blocca: si ricorda di una cosa molto importante.
-JunJun!!! Ohh!! Accidenti! Come ho potuto dimenticarlo!!- esclama ritornando sui suoi passi e correndo per il cortile a grandi falcate.
La prospettiva di perdersi il suo programma preferito – e soprattutto la sua adorata idol – gli fanno scordare l’irrequietudine di poco fa. Eppure, ingenuamente, Masaki non può sapere che quella sensazione tornerà molto presto ad albergare nel suo cuore.
 
 
La sveglia squilla prepotente sul comodino e un braccio penzolante spunta fuori dalle coltri. La mano tasta a tentoni la superficie finché non trova l’oggetto incriminato e lo spegne. Masaki è completamente immerso sotto le coperte e, ovviamente, non ha alcuna voglia di alzarsi. Si crogiola in quel cantuccio dimentico di tutti i suoi impegni: quindi della partita. Sta per appisolarsi di nuovo quando ode distintamente dei passi fuori dalla sua porta.
“No ti prego! Vattene via! Non mi svegliare!” supplica mentalmente, sapendo già che cosa accadrà. Infatti, la porta si spalanca all’improvviso e la figura di Midorikawa troneggia sulla soglia. Il verde sbuffa nel vedere il figlioccio ancora sotto le coperte.
-Avanti Masaki, è ora di alzarsi!- annuncia avvicinandosi al letto. Per tutta risposta il kohai si raggomitola ancora di più sotto le coltri.
Ryuuji sospira per l’ennesima volta, contrariato, e comincia a tirare le coperte:
-Andiamo!! Alzati! Ti ricordo che oggi hai la partita!
-Mhmm!!!- mugugna quello, testardo. Alle fine di quella dura lotta vince il tutore, il quale tira via con uno scatto fulmineo la trapunta, lasciando completamente scoperto il povero difensore. Subito il freddo pungente del mattino lo colpisce e per reazione si raggomitola su se stesso come un gattino.
“Un gattino petulante e lamentoso …” si ritrova a pensare Midorikawa che lo sveglia tutte le sante mattine e si ritrova davanti sempre la stessa scena.
-Naahhh! Ryuuji-san! La coperta!- si lagna stropicciandosi gli occhi.
-Per l’ultima volta: alzati e scendi giù. La colazione è pronta!- e così dicendo scende di nuovo in cucina, premurandosi però di lasciare la porta della camera aperta, perché, in caso contrario, il furbacchione ne approfitterebbe per infilarsi sotto le coperte.
Controvoglia, il kohai si mette seduto al bordo del letto, ma la testa è più di là che di qua. Sbadiglia sonoramente per poi stiracchiarsi: ha dolori dappertutto, infatti ieri l’allenamento è stato più intenso proprio perché era la vigilia di una partita molto importante.
-Ehi! Masaki! Guarda che è pronto! Scendi!! – la voce squillante di Midorikawa gli arriva alle orecchie, quasi stordendolo.
-Sì, sì! Arrivo!!- risponde altrettanto e si alza.
“Cavolo! Ma come fa ad essere così sveglio e lucido di primo mattino?!” si chiede con stizza e scende le scale diretto in cucina.
Quando varca la soglia la scena è famigliare: la tv è accesa sul notiziario, sul tavolo c’è la sua colazione con una abbondante ciotola di riso e, seduto al solito posto, c’è Hiroto che legge il giornale.
Masaki sbuffa già a vederlo, infatti si aspetta che lo saluterà con il suo solito modo di fare: cioè pimpante e allegro come una scolaretta. Si trascina così a sedere e meccanicamente prende ciotola e bacchette.
-Oh, buongiorno. – lo saluta il rosso, come da copione. Il tredicenne, fin troppo assonnato, risponde con un tacito cenno del capo. Spera con tutto il cuore che non inizi il discorso, perché non ha nemmeno la forza di rispondergli.
-Elettrizzato? Oggi c’è la partita.- continua il rosso. Ecco, come non detto.
-Mmh- risponde con un mugugno, masticando un altro boccone di riso. Dal canto suo, sebbene Masaki non ne sia entusiasta, il rosso lo guarda divertito e per niente offeso dalla sua mancanza di comunicazione. In fondo, non è mai stato un ragazzo espansivo e il rapporto che sono riusciti a tessere in un solo anno di convivenza è già di per sé un enorme passo avanti. In effetti, rispetto a quando viveva in orfanotrofio, c’è stato un notevole miglioramento. Ma Kiyama non ha fretta: sa perfettamente come vanno queste cose e comunque ha fiducia che, con l’andare del tempo, il loro legame diverrà più profondo.
-Mi raccomando! Date del vostro meglio!!- dice ancora con un sorriso e il kohai lo scruta a metà tra l’annoiato e lo scocciato. Sa benissimo che cosa deve fare, non c’è bisogno che glielo dica lui!
Con una foga dettata dalla stizza, termina la ciotola di riso e passa alle uova, tuttavia quadruplica la sua velocità quando butta un occhio sull’orologio.
-NO! Sono già le sette e mezza!! – esclama e si getta con furia sul cibo.
-Io te l’avevo detto di alzarti subito, pigrone!- lo rimbecca Ryuuji con un sospiro stanco e rassegnato, mentre Hiroto sghignazza dietro le pagine del giornale. Masaki se ne è accorto, ma è troppo occupato per indirizzargli uno sguardo raggelante.
Finita la colazione si precipita subito in bagno e poi, una volta indossata la tuta, ficca velocemente la divisa da calcio nel borsone (giusto per precisare: il verde gli ha fatto trovare tutto pronto sul letto e Kariya si è ritrovato a ringraziare il cielo per la presenza di quel ragazzo!). Sicuramente, dato che è un tipo preciso, Ryuuji-san al posto suo avrebbe preparato già tutto la sera prima, mentre lui, invece, è troppo sfaticato per pensare con lungimiranza.
Infine è pronto per le sette meno dieci, ma andando a piedi, anche di corsa, non farà mai in tempo. Per cui è costretto ad accettare un passaggio dai suoi tutori. Con la rombante Porche di Hiroto, arrivano nei pressi della Raimon J.H. appena in tempo.
-Fermati qui!- ammonisce Kariya, prima che arrivino davanti al cancello. È domenica, non c’è nessuno in giro, però Masaki non vuole rischiare che lo vedano insieme a loro. Non che si vergogni – almeno così dice – solo  che vuole evitare di rispondere ad eventuali domande sul suo conto. Ma, checché lui dica, la verità è che gli dà fastidio farsi vedere con loro: uno dei suoi maggiori difetti, purtroppo, è che ha sempre paura di cosa possano pensare o dire gli altri di lui. Quindi fa in modo si attirare l’attenzione il meno possibile, come un’ombra.
-D’accordo.- lo accontenta il rosso, frenando a qualche metro dall’ingresso e il ragazzo scende dall’auto.
-Mi raccomando date il massimo eh!- lo incoraggia ancora Kiyama e il tredicenne svia lo sguardo grattandosi la nuca.
-Certo. Tranquillo!- tra le più calorose risposte del suo repertorio. Fra i tre, Ryuuji però è quello che lo guarda più preoccupato, tuttavia non dice nulla limitandosi soltanto a salutarlo. E così i due ex-giocatori dell’Inazuma Japan sfrecciano via, lasciando indietro il loro figlio adottivo.
Dopo già qualche minuto, Midorikawa abbassa lo sguardo, assorto, ma Hiroto se ne accorge subito: -Sei preoccupato, vero?
L’altro lo guarda un po’ sorpreso, per poi rispondere: -Sì … è solo che … ho paura che non si fiderà mai completamente di noi. Sai a questo punto saremmo dovuti essere più vicini, invece, lo sento ancora distante. Come se non fosse evidente che si vergogna a farsi vedere con noi … In fondo, per tutti gli altri, siamo semplicemente i suoi tutori.- confessa esalando un sospiro. Kiyama assottiglia lo sguardo, il quale rimane fisso sulla strada.
-Credimi, comprendo come ti senti e non posso negare di provare anch’io la stessa sensazione. Ma lo sai com’è Masaki: lui non si lega subito alle persone, ha bisogno di tempo … ti ricordo che ha subito una grande delusione.
-Questo lo so! Ma temo che non riuscirà mai ad accettarci ed ad affezionarsi completamente … o meglio, parlo per me, perché con te si apre di più anche se in certi limiti.
-E’ questo che ti tormenta? Hai paura di non piacergli? – domanda il rosso con un sorriso comprensivo.
-Beh … praticamente sì. – ammette infine, sconsolato. Arrivati al semaforo rosso, l’auto si ferma.
-Lo sai che quel che dici non ha alcun senso? Sei la persona più in gamba e gentile che conosca, non penso proprio che ti odi! – gli risponde con sicurezza, ma il verde non sembra del tutto persuaso da queste parole.
-Mah! Non so! È così difficile per me!! –esclama disperato, Ryuuji.
-Sta tranquillo e lascia che il tempo faccia il suo corso. La nostra piccola peste non è cattiva, a cuor più leggero riuscirà a relazionarsi meglio con noi. Adesso gioca a calcio e soprattutto ha dei compagni che lo sostengono, penso che dobbiamo essere grati di questo. Non è più chiuso in se stesso, almeno non come prima.
Midorikawa annuisce più sollevato e riprende il suo sorriso.
-Hai ragione! Non devo avere fretta! – e l’auto riparte diretta alla Kira Company.
-Non penso ti odierà mai: se vincono la partita, stasera tu gli farai trovare una bella torta alle fragole!- ridacchia il rosso seguito dal suo amato.
-Credimi, gliela avrei preparata comunque!
 
 
Intanto, più indietro, Masaki rimane solo sul marciapiede mentre pochi metri lo distanziano dall’ingresso. Sta per affrettarsi a varcarlo quando una voce lo pietrifica, bloccandolo seduta stante:
-Kariya!
E il kohai si volta meccanicamente, come un automa: tra tutte le persone che potevano arrivare, si chiede il tredicenne, perché proprio lui ? Ma, soprattutto, perché proprio adesso?
Ovviamente nel suo campo visivo, spuntano due inconfondibili codini rosa e il suo sguardo azzurro, il quale lo osserva un po’ perplesso.
-Oh … Buongiorno Kirino-senpai!- saluta nel tentativo di ricomporsi, ma è palese quanto sia nervoso.
“Speriamo non mi abbia visto! Speriamo non mi abbia visto!! Ti prego, ti prego!” è l’unico pensiero che gli martella in testa.
-E’ tardi.- afferma Ranmaru muovendo qualche passo, tuttavia Masaki non comprende appieno le sue intenzioni.
-E’ già.- risponde, con un sorrisetto palesemente falso, mentre rimane fermo nella sua posizione.
-E allora andiamo!!- lo sveglia Kirino prendendolo per un braccio.
-Ah sì certo! – risponde subito, caduto dalle nuvole, ma mentalmente tira un sospiro di sollievo: “Meno male! Niente domande!”.
Per cui, ormai sicuro di sé, riprende il suo atteggiamento strafottente:
-Oggi solo? Non c’è Shindou-senpai con te?- domanda con il solito ghignetto. Il rosa gli invia un’occhiata distratta, mentre entrambi corrono verso il campo esterno dove c’è l’autobus.
-No. Oggi no. – taglia corto il senpai, mantenendo l’autocontrollo.
-Strano! Di solito state sempre insieme!!- rincara con tono canzonatorio e il numero tre alza gli occhi al cielo.
-Guarda che anche se siamo migliori amici, non vuol dire che stiamo appiccicati ventiquattrore su ventiquattro! – replica esasperato. Kariya sghignazza.
-Oh! Ma non era mia intenzione insinuare questo, senpai ~ - e marca con finta innocenza l’ultima parola. Per fortuna arrivano dagli altri, i quali stanno già davanti al pullman insieme all’allenatore Kidou, per cui il discorso cade.
“Finalmente!” pensa Kirino “Altrimenti l’avrei strozzato!”.
-Ehi! Siete in ritardo!- gli riprende Kurumada, puntellando le mani sui fianchi.
-Scusate.- asserisce il rosa -Allora partiamo!
-Non ancora.- gli dice Sangoku -Mancano Shindou e Furude.
-Cosa? Sul serio? Mi aveva avvertito che era un po’ in ritardo, ma pensavo che fosse arrivato prima di me! Che strano …
Il difensore non fa in tempo ad esprimere le sue perplessità, quando da lontano si ode uno scampanellio accompagnato da delle voci.
-Pista!! Siamo arrivati! Siamo arrivati!!
-Sì! Ma vai piano!
-Guarda che facciamo tardi!
-Siamo già in ritardo! E comunque non ci tengo a schiantarmi.
-Non ti schianterai!!
E con una virata, particolarmente pericolosa, Takuto e Rin fanno il loro ingresso trionfale a bordo di una bicicletta.
I componenti della squadra rimangono a bocca aperta di fronte a tale scena. Nessuno se lo aspettava, di certo non da un tipo come Shindou, il quale era sempre stato impeccabile praticamente in tutto. Invece il capitano si è ridotto ad accettare un passaggio in bici dalla nuova componete della squadra, la quale è lei a pedalare e quindi guidare il mezzo.
-Ehi ragazzi ci siamo! Scusate il ritardo!!- Furude agita energicamente una mano, mentre solo l’altra è sul manubrio. Al numero nove per poco non prende un infarto, visto che lui è seduto sul sellino con due borsoni in spalla mentre lei è in piedi sui pedali. La due ruote frena a poca distanza dal gruppo, ma per precauzione i ragazzi fanno un passo indietro: non si sa mai!
-Buongiorno a tutti. Kanto-kun.- saluta Rin, accennando anche a Kidou. Shindou, intanto, tira un sospiro di sollievo: infatti, ancora un po’ pallido, scende dalla bicicletta e poggia i borsoni a terra.
-Scusate il ritardo.- rammarica con un sospiro stanco e i suoi compagni lo guardano divertiti.
-Questa me la devi proprio spiegare! – gli sussurra Kirino, quando gli si avvicina.
-Lascia perdere! E’ una lunga storia!- risponde al migliore amico, tagliando corto.
-Accidenti! Quanto la fai lunga! – si lamenta Furude, scrutandolo con uno sguardo indispettito.
-Sì certo, però … ahhh! Sbrigati a lasciare la bici, abbiamo una partita che ci aspetta!- ribatte, tentando di darsi un contegno in qualità di capitano della Raimon.
-Agli ordini!!- gli dice la ragazza con tanto di saluto militare e ridacchiando va a legare la bici ad un palo lì vicino.
Dietro i ragazzi, l’unica a non essere proprio divertita è Akane, la quale focalizza l’obiettivo sul bel volto del pianista, tuttavia non riesce a premere il tasto di scatto.
Il motivo è sconosciuto anche a lei, ma i suoi occhi si velano di una insolita malinconia che non sa definire.
-Akane? Ci sei Akane? – Midori le poggia una mano sulla spalla, riscuotendola. La giovane fotografa si gira e guarda confusa l’amica.
-Dobbiamo salire.- spiega la Seto.
-Mmh … - è l’unica cosa che riesce a pronunciare mentre tutti gli altri prendono posto nell’autobus del club.
Una volta pronti e allacciate le cinture, il mezzo parte verso lo Stadio Roulette.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Cavolo! Eccomi dopo un’infinità di tempo ad aggiornare questa storia, la quale vedo che vi sta piacendo. Non sapete quanto questo mi renda soddisfatta del mio operato! XD
Non che sia il massimo … ma comunque! Ancora non è stata svelata l’identità dell’uomo misterioso –che avverrà presto– per cui mi sono permessa questo capitolino per descrivere un po’ il rapporto nella HiroMidoMasa –Family *0* . Sì, loro sono i miei preferiti e i primi accenni –diciamo inesistenti- alla RanMasa. Come avete visto non ho eliminato completamente la questione di Shindou e Rin, la quale si vedrà … si vedrà. Niente Spoiler stavolta! XD
Concludo qui questo sclero e ringrazio ancora chi ha recensito fin’ora. Un bacione <3   

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Capitolo 14
*** Capitolo 2 ***


*Capitolo 2*





Water World Stadium, un campo interamente fatto di travi di legno e infissi. Apparentemente innocuo rispetto agli altri terreni di gioco finora riscontrati, tranne per il fatto che, in un tempo non precisato, parti del campo vengono sommersi dall’acqua. Nessuno se lo aspettava, nemmeno la Kidokawa e quindi Afrhodi.
Amagi è rimasto tutto il tempo a brontolare tra sé e sé sul fatto di essere stato tagliato fuori dalla formazione, i ragazzi invece si dissetano ma sono comunque tesi.
Anche Rin non è entrata in campo, piuttosto ha guardato tutto lo svolgimento della partita appoggiata ad un palo che sostiene il tettuccio della panchina.
Prevedeva che il Quinto Settore fosse ingegnoso in fatto di trabocchetti, ma nemmeno lei non immaginava fino a che punto.
All’inizio del secondo tempo, tutta la panchina della Raimon ha esultato: Nishki ha liberato il suo keshin, Sengoku-shin Musashi, pareggiando subito.
-Aveva la possibilità di usare un keshin già da molto tempo. Questo è il risultato del suo allenamento … - commenta Someoka-san(1), il maestro del centrocampista.
Ora è la Kidokawa che si prepara ad attaccare, ma pare che ci siano ancora delle discordie in campo. Subito il numero dieci della Kidokawa, Taki Sosuke, ruba palla ai suoi stessi compagni e si lancia subito all’attacco, ma ancora una volta l’azione viene fermata dall’acqua.
-Chissà perché discutono? – si chiede Akane, reclinando il capo in modo grazioso.
-Beh! Una buona occasione per la Raimon! – esulta soddisfatta, Midori.
“Sarà davvero così semplice?” si domanda Furude, con la coda dell’occhio rivolta ai ragazzi elettrizzati in panchina. Poi si riconcentra sulla partita: adesso che hanno pareggiato si muovono molto meglio e i continui trabocchetti del campo non li spaventano più, tuttavia è pur vero che se non comprendono quali parti del terreno di gioco sprofondano le azioni vengono comunque interrotte. E ogni interruzione è una buona chance per la Kidokawa.
Ancora Taki Sosuke tenta l’attacco, ignorando i suoi compagni: stavolta Sangoku è uscito fuori dalla sua area e l’attaccante prova un pallonetto. Il portiere non fa in tempo … ma colpo di scena! Shinsuke spicca un salto e devia con un tempestivo colpo di testa.
-Ehi! È bravo quel piccoletto!- esclama Someoka con un sorriso.
Kidou annuisce: -Già.
Così grazie a Nishizono la Raimon si è salvata per un soffio. La partita prosegue, però prima c’è un cambio tra le file avversarie: Afhrodi sostituisce un giocatore con Taki Yoshinko, il fratello minore di Sosuke. Tuttavia per un certo periodo di tempo le cose continuano a rimanere le stesse, ovvero quando il numero dieci della Seishuu ha la palla fa di testa sua. Ma nel momento in cui si ritrova accerchiato la passa al fratello minore, il quale tira.  
-Shinsuke-kun! Andiamo!!- urla Kariya, andando incontro al pallone, il piccoletto lo raggiunge ed effettuano una hissatsu: Nishizono fa combaciare i piedi con quelli di Masaki, il quale lo spinge come una molla.
-Buttobi Defence(2)!! – urlano entrambi e il numero cinque viene sparato a razzo verso il pallone che devia con un colpo di testa: tipico di Shinsuke.
-Ehi! In qualche modo ce l’abbiamo fatta!- afferma il kohai, con la sua finta aria innocente.
-Sì! Tenma!- chiama ed effettua un passaggio verso il compagno, ma questo viene subito sorpreso dall’acqua! Matsukaze cerca di mandare la palla a Nishki però nel farlo perde l’equilibrio prendendosi una storta. Il tentativo va a vuoto e la sfera finisce in fallo laterale.
L’arbitro fischia fermando il gioco: il numero 8 fa un po’ di fatica ad alzarsi.
-Tenma! Stai bene?- chiede Shindou avvicinandosi.
-Beh … più o meno … Mi dispiace capitano. – si scusa con un sorriso impacciato.
Takuto non indugia oltre: -Kanto-kun!- richiama Yuuto che gli fa un cenno del capo.
“Anche se abbiamo pareggiato, non possiamo rischiare …” medita il rasta, dopo di ché rivolge lo sguardo alla sua sinistra.
-Furude!
La giovane, appoggiata allo stipite e con le braccia ancora incrociate, si volta.
-Entrerai al posto di Matsukaze.- annuncia solenne e quella si stacca dalla sua posizione.
-Sì! – afferma con un sorriso e va verso il bordo campo.
-OH! Al novantunesimo Kidou sostituisce Matsukaze con Furude Rin! Questo giocatore debutta per la prima volta nell’Holy Road e non sappiamo praticamente nulla sul suo conto. Come cambierà ora il corso della partita? Il punteggio è fermo sul 2-2, si andrà ai supplementari??- commenta con enfasi il cronista.
Intanto Shindou accompagna Tenma a bordo campo: -Fa del tuo meglio senpai!
-Lo farò!- risponde con un sorriso rassicurante, la ragazza.
E così Rin entra in campo per la prima volta, quindi cui adesso può adempire appieno al suo compito.
“Vediamo cosa sai fare in una partita vera” pensa l’allenatore, squadrandola. Il gioco riprende con la rimessa laterale della Kidokawa. Prontamente Shindou soffia la palla e la passa alla numero ventuno: -Furude-san!
Il passaggio è millimetrico e Rin fionda a centro campo. Proprio quando sta per passare a Nishki viene sorpresa dall’acqua, ma con un’elegante capriola all’indietro evita di finire in acqua e mantiene il possesso di palla.
-Wow!- esclama Midori.
-Sugoi!- accompagna Aoi, anche lei sbalordita.
Adesso il campo da calcio è completamente diviso a metà. Gli avversari si trovano tutti dall’altro lato e, a questo punto, anche i compagni. Cosa fare con i difensori soltanto? Il Flying Route Pass(3) è impossibile da effettuare.
-Marcate il numero quattordici!- ordina Kishibe(4) e subito tre giocatori vanno a chiudere la strada a Nishki, il quale era il più vicino dall’altra parte.
-Accidenti! Non è una buona occasione per la Raimon! Furude è chiusa all’esterno e non può passare: i giocatori della Kidokawa Seishuu si dispongono in maniera tale da impedire i passaggi con i compagni. E intanto i minuti scorrono!!
Rin scruta tutto il campo, poi alza un attimo gli occhi azzurri sulle alte tribune. Folgora con sguardo glaciale il Grande Imperatore, Ishido Shuuji, tuttavia è solo un istante. Piuttosto, dalle panchine si accorgono che quella porzione di campo è sommersa da troppo tempo.
-Ahhh … I soliti trucchetti, eh?- sospira Rin e incrocia le espressioni determinate dei marcatori di Ryoma. Sorride beffarda verso quelli, scuotendo l’indice in segno di diniego. Fa qualche passo indietro, mentre la palla si trova al limite del legno.
-Ehi! Tsurugi!!- chiama il numero dieci, il più lontano di tutti -Scatta!!
Dopo una breve rincorsa, calcia il pallone raso terra e ad una velocità incredibile. Al passaggio della sfera si alza addirittura l’acqua! Prosegue imperterrita, facendo tunnel tra gli avversari, tracciando una linea obliqua che termina proprio ai piedi di Tsurugi.
-Incredibile! Era un passaggio dritto verso Tsurugi!- il commentatore è incredulo.
-Vai! Tira!!- incita la ragazza e Kyosuke non se lo fa ripetere due volte: Kensei Lancelot affonda la rete con il Lost Angel.
Non appena il tabellone segna il vantaggio della Raimon, arriva il triplice fischio: la partita è terminata e tutta la panchina esulta. In seguito al straordinario assist e al goal della vittoria, i compagni in maglia gialla si riprendono dallo shock.
-Ma che cazzo di passaggio era quello?- si chiede Kurama più a se stesso che ai suoi compagni Hayami e Hamano.
Intanto il campo ritorna al suo posto: Rin, accovacciata, bussa con le nocche la zona che poco prima era sommersa. Alza nuovamente il capo verso la tribuna e nota che non c’è più nessuno.
 
 
Alcuni giorni dopo la Raimon si allena all’aperto. Sangoku a bordo campo guarda pensieroso le nuove matricole, in particolare Shinsuke. Il suo intervento è stato davvero provvidenziale e il portiere ha già una mezza idea. Intanto, il capitano accanto a lui dà istruzioni a Tenma.
-E’ una bella squadra!- esordisce ad un certo punto, rivolgendosi al castano.
-Già.- afferma l’altro con un sorriso.
-In realtà, sono un po’ preoccupato … intendo per il posto di portiere. Quando me ne sarò andato chi difenderà la porta della Raimon?
-Sangoku-san …
-Ho intenzione di lasciare una sorta di eredità per quelli che verranno dopo, in modo tale che tutti possano continuare quello che abbiamo iniziato. Che tutti possano riconoscere i nostri sforzi nel riportare il vero calcio.- ammette determinato.
-Sta tranquillo. Sono sicuro che chi verrà saprà portare questa eredità.- gli risponde Shindou.
-A dire il vero … ci sarebbe un candidato.- confessa il maggiore e il regista lo guarda un po’ sorpreso.
-Per il posto di portiere?
-Mmh, mmh … - annuisce -Ed ha anche un bel talento!
-Non dirmi che stai parlando di Shinsuke?!- chiede sorpreso e posa lo sguardo sul piccolo difensore.
-Andrà bene! Riuscirà a difendere la porta della Raimon, ne sono certo!- afferma convinto.
-E per quanto riguarda te?- una voce alle loro spalle si intromette. Entrambi si girano e incrociano la figura di Rin, la quale si avvicina.
-In che liceo hai intenzione di andare?- domanda curiosa mettendo le mani dietro la schiena come una bambina.
-Beh … stavo pensando l’Okinaki.
-Wow! Allora ti devi dar da fare, senpai. Ho sentito che la squadra di quella scuola non è niente male.
-Già, lo so.
-Beh! Fa del tuo meglio!- incoraggia con una pacca sulla spalla, dopo ciò raggiunge i suoi compagni in campo.
Gli occhi nocciola del pianista osservano la ragazzina allontanarsi, mille pensieri gli affollano la mente. Tanti dubbi che non trovano mai risposta e nel cuore permane ancora quella sensazione: un misto di ammirazione e allo stesso tempo annientamento … No, non è gelosia, ma nemmeno lui sa bene come definirlo.
-E’ davvero brava, non trovi?- Sangoku interrompe il filo dei suoi pensieri.
-Già … sono sorpreso. Penso, anzi, sono sicuro che ci riserverà altre sorprese … - commenta Takuto, assorto.
-Coraggio!- il portiere, posandogli una mano sulla spalla -Andiamo anche noi.
Il capitano fa un cenno del capo ed insieme entrano in campo.
 
 
Terminato l’allenamento i ragazzi si cambiano negli spogliatoi –ovviamente l’unico membro femminile non è nella stessa stanza– parlottando su quanto fosse stato duro e faticoso, ma sui volti sono dipinti sorrisi soddisfatti e felici.
Kariya, intanto, si abbottona la divisa cercando di ignorare la parlantina di Hamano e i sospiri affranti di Hayami. Quei due sono l’uno l’opposto dell’altro e ancora si chiede come facciano ad essere amici o meglio: come faccia Hamano a sopportare il pessimismo del rosso e –soprattutto– come faccia lo stesso Hayami a stare dietro ai discorsi del senpai. Masaki si è sempre figurato nella sua testa il moro euforico e l’altro che sale su una sedia per impiccarsi. Se ci ripensa quasi gli viene da ridere, però il momento di ilarità viene spezzato da una nube oscura peggiore di quella del senpai con gli occhiali: accanto a lui Kageyama sospira preoccupato guardando un punto non precisato dello spogliatoio. Il kohai segue la direzione del suo sguardo, ma non nota nulla di particolare. Così fa spallucce e chiude l’armadietto infilandosi la tracolla. Intanto Kirino rientra con un asciugamano in testa: è uno dei pochi ad essersi fatto la doccia in sede ed è anche raro vederlo con i capelli sciolti.
Masaki, che non può proprio farne a meno, gli indirizza un’occhiata divertita per poi attaccare a stuzzicarlo:
-Dopo ti passi anche la piastra, Kirino-senpai ~ ?
Ranmaru lo trafigge con lo sguardo azzurro, prima che un sorriso sadico si dipinga sul bel volto:
-Ah. Ah. Molto spiritoso Kariya.- e, con la scusa di passargli accanto, gli frustra il braccio con l’asciugamano.
-Ahi!- si lamenta e il rosa gli rivolge un sorriso innocente.
-Scusami! Non volevo!- per tutta risposta il kohai sbuffa irritato.
“Permaloso …” pensa.
Una volta fuori, prosegue per un tratto di strada con i suoi compagni di classe, ma arrivati al solito bivio si dividono. Diciamo che non gli dispiace stare insieme a loro, ma certe volte è snervante tenere il passo con l’entusiasmo di Tenma e Shinsuke, i quali considera dei bimbi ingenui.
La quantità di chiacchiere che le sue povere orecchie devono costantemente sorbirsi è davvero ingente: a cominciare dal mattino presto con Hiroto, continuando poi con le lezioni dei prof e infine ci sono loro due.
Sospira stanco: anche questa giornata è passata, tuttavia, al pensiero che deve svolgere ancora i compiti, gli viene male.
Lungo la via di casa passa sempre davanti ad un parco giochi. A volte si sofferma a guardare le altalene illuminate dalla luce calda del tramonto, mentre bambini schiamazzano gioiosi facendole muovere. In più occasioni ha anche visto i genitori dei piccoli che si divertivano con loro oppure li prendevano per mano per ritornare a casa.
Stavolta il parco è deserto, solo una leggera brezza muove i giochi e il kohai è pervaso sempre da una strana nostalgia quando passa di lì. Spesso si riscuote ripetendosi che è ridicolo, eppure la tristezza non accenna a dissolversi: si attacca al suo cuore in una morsa fastidiosa, come un rapace, e non lo abbandona finché non torna a casa.
Gli occhi dorati scrutano ogni minimo dettaglio di quel luogo, il quale conosce ormai a memoria, e scorre fino al grande albero troneggiante. Proprio sulla corteccia nota qualcosa di insolito: intravede un uomo appoggiato ad essa, il quale guarda verso l’alto. Probabilmente fissa il vespero giungere … forse.
Sta per girare i tacchi e andarsene, ma la curiosità lo divora. Cosa davvero insolita per un tipo menefreghista come lui, ma le sue azioni non sono collegate con la ragione in questo momento. Le gambe si muovono da sole. Masaki entra nel parco.
Man mano che si avvicina, gli sembra che quel tizio abbia un’aria piuttosto famigliare. Sembra che non l’abbia notato, ma a un certo punto si blocca scioccato.
“Ma che sto facendo?? Perché mi sto avvicinando?! Non ci conosciamo e non ho niente da dirgli!!”.
Poi lo scruta meglio: “Diamine! Ma non è per caso quello di qualche giorno fa?! L’ubriaco … o almeno credo!”.
Non appena lo sconosciuto si volta per potersene andare si ritrova faccia a faccia con Masaki. Quella sera il ragazzino non l’aveva visto bene in volto, però gli abiti sono gli stessi.
Il tredicenne sgrana gli occhi sconcertato e boccheggia allibito. L’uomo, sorpreso di trovarselo davanti all’improvviso, dapprima assume un’espressione simile alla sua, ma poi fa mezzo passo indietro. Serra le labbra.
Kariya aggrotta la fronte e comincia a tremare visibilmente.
 
 
 
 
 
“Non è possibile …”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(1): Someoka-san = Compare nell’episodio 29, infatti ritorna in Giappone per verificare i progressi di Nishki.
(2): Buttobi Defence = La hissatsu che stavano sperimentando Tenma e Shinsuke. Viene eseguita nell’episodio 31.
(3): Flying Route Pass = Tecnica che consiste in una serie di passaggi aerei.
(4): Kishibe = Il capitano della Kidokawa Seishuu.

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Capitolo 15
*** Capitolo 3 ***



*Capitolo 3*




Una leggera brezza scuote le fronde della grande quercia. Il sole sta calando lentamente in un bellissimo tramonto, infatti i raggi colpiscono i tetti delle case e le strade realizzando un panorama suggestivo.
La luce riflette anche nelle iridi ambrate di quell’uomo che Masaki sta fissando da più di un minuto: in effetti, per lui è un po’ come guardarsi allo specchio.
-Non è possibile … - mormora, mentre un altro alito di vento fa ondeggiare le sue punte azzurre.
Il quarantenne abbassa un attimo il capo, interrompendo il contatto visivo, come se fosse dispiaciuto o non avesse voluto incontrarlo. Capelli di un celeste argenteo, occhi dorati dal taglio particolarmente felino, incarnato appena olivastro: è questo il suo aspetto e dio solo sa quante volte Kariya ha desiderato poterlo incontrare.
-Ciao, Masaki. È passato del tempo, eh?- lo saluta in maniera impacciata e il tredicenne si riprende da quell’attimo di stupore.
-Papà! Che … Che ci fai qui?!- domanda, abbastanza allarmato.
Ma dov’è finito il Masaki Kariya che tutti conoscono? Quello sprezzante, dispettoso, chiuso e saccente? Ovunque egli sia, adesso c’è solo un ragazzino fragile e sensibile, che sta cercando in tutti i modi di ricacciare indietro le lacrime ed evitare di abbracciare suo padre. Vorrebbe, ma il sapore amaro e terribile di quella delusione è dura da mandar via.
-Insomma … Non eri …
-In prigione?- continua l’uomo la domanda del figlio -C’è stata una sorta di rivalutazione nel processo. Nuove informazioni circa la bancarotta dell’impresa, così sono stato momentaneamente prosciolto … Ma non sono libero, al momento sono in libertà vigilata. Posso uscire solo un’ora al giorno e c’è sempre una pattuglia a controllarmi.
Il kohai serra le labbra improvvisamente secche e guarda l’erba ai suoi piedi.
-A te, come vanno le cose?- chiede piano, Kariya senior.
A quel punto, l’azzurro non ci vede più e i suoi nervi scattano come una molla:
-Solo ora ti degni di chiedermelo?!! In quasi due anni che non ci siamo visti più, non ti sei fatto sentire nemmeno una volta!! Che c’è?! In prigione non si possono fare più le telefonate?!!- urla furente, gli occhi pizzicano.
Quello non ribatte, si limita a chinare il capo, non sapendo che dire. Masaki, invece, ha il fiatone: nemmeno lui si aspettava la sua stessa reazione o che dalla sua bocca uscissero tali parole.
-Hai ragione. Perdonami … Il fatto è che credevo che non mi volessi più parlare, visto quel che è successo.- gli spiega, non poco amareggiato. Incontrare suo figlio, dopo tutto quel tempo, non rientrava nei suoi piani. Quando ha saputo dove abita con la sua nuova famiglia adottiva, il suo cuore l’ha spinto davanti a quella casa, tuttavia solo per guardarlo da lontano. Voleva sapere come stava, ma non desiderava farsi notare dal ragazzino, come è successo qualche sera fa. Ricorda ancora come sia sfuggito al suo sguardo, per non farsi riconoscere e di come abbia pianto in silenzio, pensando a quanto fosse cresciuto suo figlio.
Masaki rimane zitto, con la fastidiosa consapevolezza che se fosse stato al suo posto avrebbe fatto lo stesso: sarebbe scappato, impaurito dalle difficoltà.
-Comunque non ti costava niente fare un saluto.- borbotta a mezza voce, troppo orgoglioso per ammettere che quella confessione l’ha spiazzato.
Sul volto maturo dell’altro si distende un pallido sorriso: il suo piccolo diavoletto non è cambiato affatto; fa sempre così quando è in imbarazzo.
-La mamma come sta? L’hai sentita?- gli chiede poi, con una fitta al cuore.
Anche il tredicenne si rabbuia prima di rispondere:
-Ultimamente poco, comunque stanno bene tutte e due. Il fatto è che non sempre prende il cellulare da quelle zone … E poi quando chiamo la clinica, mi dicono quasi sempre che non può rispondere al telefono.
-Capisco.- asserisce l’uomo. Posa lo sguardo sul figlio, ma questo svia subito il suo. Di nuovo silenzio cala tra di loro, interrotto solo dal cigolio dell’altalena.
In seguito, quella pesantezza viene scacciata da un intervento di Kariya senior, che si sofferma a guardare la divisa del più piccolo:
-Quella è l’uniforme della Raimon, vero?
Il kohai alza improvvisamente il capo a quella domanda inaspettata.
-Beh … ecco … sì. - gli risponde incerto e l’uomo fa un abbozza un sorriso.
-Ti ho visto giocare in tv. Sei davvero bravo.- dice sincero e Masaki avvampa di colpo. La frangetta azzurrina ricade sugli occhi, in un vano tentativo di nascondere l’imbarazzo, ma, soprattutto, la sua felicità nel sentire tali parole pronunciate dal padre. Effettivamente il gioco del calcio lo ha sempre affascinato, tuttavia è merito dell’uomo, un  grande appassionato che non se la cavava male con il pallone.
I ricordi più belli che ha sono quelli in cui gioca a calcio insieme a lui.
-G-Grazie … - mormora infine, tenendo i pugni stoicamente stretti alla tracolla.
-Adesso devo andare … -annuncia il padre, un po’ melanconico in realtà. Scambiare due parole con suo figlio per lui è un sogno diventato realtà, tuttavia non vuole riempirgli la testa con inutili scuse su quello che ha fatto. Si sente ancora tremendamente in colpa: non è stato in grado di proteggere la sua famiglia dallo sgretolamento.
-Anche io … Si è fatto tardi.- risponde l’altro, un po’ goffo, grattandosi il capo. Ma a Kariya senior va benissimo così, in fondo non credeva che si sarebbe addolcito dopo la sfuriata di poco fa.
-Allora io vado … Ciao Masaki.
-Ciao … Papà …
E con le mani nelle tasche della giacca si incammina verso l’uscita del parco, oltrepassando la figura del figlio.
-Papà! Aspetta!!- contro ogni logica, si gira di scatto e il quarantenne si blocca sul posto. Si volta nella sua direzione.
Il tredicenne esita di fronte allo sguardo di lui, ma alla fine riesce, sebbene non lo guardi direttamente in volto, a fargli una semplice raccomandazione:
-Fatti sentire … okay? Stavolta non sparire … fatti vivo ogni tanto …
L’uomo sgrana gli occhi stupito, però ugualmente commosso da quel ragazzino che, nonostante tutto, gli ha lasciato un piccolo spiraglio aperto. Non l’ha cacciato, non l’ha trattato male o rinnegato … anzi, gli ha donato un raggio di speranza.
“Figlio mio … tu sei sempre troppo buono …” pensa.
-Se a te non dà fastidio, lo farò. - e dopo quest’ultima frase, Kariya-san va via dal luogo di quell’inatteso incontro.
Intanto, Masaki rimane lì, fermo a fissare l’ingresso del parco, ormai vuoto.
 
 
Arriva a casa alle sette di sera, ma non gli importa più di tanto dei rimproveri di Midorikawa-san. Ha altro per la testa, mentre tanta inquietudine nel cuore. Nel tragitto non ha fatto altro che pensare a suo padre e al loro incontro improvviso.
La sua mente si è focalizzata sulle parole dell’uomo: la sua condizione di libertà vigilata vuole forse presagire la scagione?
Non dovrebbe importagli più di tanto, in fondo, eppure non riesce a pensare ad altro e lui stesso non sa bene il perché.
-Oh! Sei arrivato! Stavo quasi per chiamarti.- Ryuuji si affaccia all’ingresso, mentre il kohai si siede sul gradino per togliersi le scarpe.
-Sì. Oggi … l’allenamento è durato più del previsto.- gli risponde dandogli ancora le spalle: non ha intenzione di dire nulla a nessuno dei due. Prova una strana angoscia a tenersi tutto dentro, ma non vuole sentire altre proibizioni, visto che loro non sono i suoi veri genitori.
-Mmh … capisco. Comunque la cena è quasi pronta.- informa. Sta per ritornare in cucina, però la risposta del figlioccio lo fa capitolare.
-Grazie, ma stasera non ho fame. - risponde con un insolito tono monocorde. Il verde inarca un sopracciglio, leggermente perplesso: -Come mai?
-Niente! Sono stanco e non ho fame! Punto!- sbotta all’improvviso, cambiando umore. Tuttavia questo non scuote minimamente il tutore, sebbene sia un po’ confuso dalla sua reazione. Piuttosto si insospettisce:
-E’ successo qualcosa??- chiede, giustamente. Non si è mai comportato così con loro, o meglio, con lui. Almeno rispetto alla poca confidenza che hanno.
-Niente! Niente! Non ho appetito e me ne vado in camera. Tutto qui!- risponde di nuovo a tono e sale velocemente le scale, per poi sbattere la porta della sua stanza.
Midorikawa rimane leggermente spiazzato, tuttavia preferisce non intromettersi, non ora perlomeno. Non sa di preciso cosa gli prende, ma se adesso insistesse sarebbe comunque tutto inutile: non risponderebbe.
Si perde un momento ad osservare le scale di parquet, salite di fretta dal giovane koahi, purtroppo non gli viene in mente nessun modo per ammansirlo un po’. In un certo senso è timoroso nel confronto con lui, perché ha paura di compiere un passo falso e di spezzare il già labile legame che li unisce.
Così, con un sospiro, ritorna in cucina a finire di preparare la cena. Butta un occhio all’orologio: Hiroto dovrebbe essere di ritorno a momenti. Si è trattenuto un attimo in ufficio per sistemare delle pratiche e Ryuuji avrebbe volentieri dato una mano, se non avesse insistito tanto a farlo tornare a casa. Che testone!!
Spegne la fiamma e, di conseguenza, scema lo sfrigolio dell’olio: ha preparato onighiri assieme a dei gustosi condimenti. Le verdure fritte piacciono molto a Masaki, anche se di solito non esplicita il suo apprezzamento.
Sospira ancora, sentendosi un vero codardo a non salire in camera a non provare a parlare con lui. In fondo, anche questo è il compito di un tutore!
Invece, sta vigliaccamente aspettando il ritorno di Hiroto, il quale sicuramente è più bravo ad approcciarsi con il ragazzino.
Seccato dal suo esitare, lascia la padella e si dirige a grandi passi verso le scale, tuttavia, proprio mentre sta per salire, la serratura dell’ingresso scatta.
Hiroto arriva nel momento meno opportuno, o forse il più opportuno, il verde non lo sa.
-Ciao!- saluta vedendolo davanti a sé.
-Ciao … - ricambia con meno enfasi, l’altro.
-Che succede?- domanda perplesso -Masaki è tornato?
Ryuuji si mette una mano su un fianco: -Sì, è tornato. E se l’è filata subito in camera.
-Mmh … Come mai?- infatti, è piuttosto strano per il rosso.
-Non lo so … Ha detto che non ha fame. - fa spallucce -Ed era di pessimo umore a giudicare dal tono.
-E’ successo qualcosa.- sentenzia il capo della Kira Company -Gli hai parlato?
-Veramente stavo per salire, ma sei arrivato tu.- ammette, non poco a disagio.
-Credo che se salissimo adesso, visto quello che mi hai detto, lo faremmo soltanto infuriare … Forse è meglio lasciarlo in pace, anzi sono sicuro che quando avrà fame scenderà a mangiare.- cerca di rassicurarlo.
-Tu dici?- Midorikawa è un po’ scettico al riguardo.
Hiroto gli sorride e si sfila la giacca per poi appenderla al muro:
-Non è il caso di stargli con il fiato sul collo, ha tredici anni ed è in un’età difficile. Anche noi ci siamo passati, no?
Gli occhi cinerei del ragazzo lo scrutano poco convinti, ma infine si arrende non sapendo cosa pensare:
-Spero sia come dici tu.- asserisce in un sospiro.
-Dai su, andiamo a mangiare che ho una fame da lupi!- esclama con l’acquolina e Mido-chan si indispettisce.
-Comoda come scusa quella di sbrigare le pratiche, per mandarmi a casa a cucinare!- lo rimbecca e Hiroto si trova con le mani nel sacco. Gratta la chioma rossa imbarazzato. Ryuuji lo fissa truce, tanto quello sguardo da cucciolo bastonato con lui non attacca.
-Beh! Ormai è fatta! Ma non salterai più un turno, la prossima volta ti tocca per due volte, altrimenti preparerò per conto mio e tu rimarrai a bocca asciutta.
-Sì, signore!- asserisce con un saluto militare e al verde non può non scappare una risata.
 
 
Sbattuta la porta, Masaki si è tolto con uno scatto la cartella e si è buttato sul letto, stremato. L’ultima cosa che vuole è sentire le domande e le raccomandazioni del verde, il quale –a parer suo– gli sembra tutto fuorché un uomo.
Stringe la stoffa del cuscino: “Perché ci sto ancora pensando?” si chiede. Proprio adesso che si è abituato a vivere lontano dai suoi veri genitori, ecco che spunta suo padre in libertà vigilata.
Si gira su un fianco: quanto vorrebbe trovarsi altrove, in qualsiasi altra parte del mondo tranne che lì. A volte ha persino immaginato come sarebbe la sua vita in una famiglia normale, perché sia la precedente che l’attuale –soprattutto– non crede si possano definire normali.
Il vocio della televisione di sotto e il rumore delle posate gli comunicano che i suoi tutori stanno cenando. A quel pensiero il suo stomaco brontola, tuttavia non ha né la voglia, né la forza di mangiare. Considerando che per farlo deve scendere giù e incontrare quei due.
“Piuttosto la morte!” si dice e si raggomitola ancora di più. Non c’è l’ha con Hiroto o Ryuuji in particolare, ma è tutta quella situazione che gli fa davvero rabbia.
E’ stato abbandonato in tutti i sensi: suo padre con quella transazione illecita è finito in galera, mentre il giudice ha predisposto l’allontanamento da sua madre. Sì sentito uno scarto, un rifiuto, come una seconda scelta. Inoltre, è cinicamente convinto che anche il fatto di essere stato adottato faccia di lui un figlio di seconda scelta.
In fondo, non è così? Tutte quelle coppie che arrivavano al Sun Garden per adottare un bambino gli hanno sempre dato repulsione: è come se venissero a scegliersi il cucciolo di razza o, se sono particolarmente sensibili, un meticcio nel canile.
“E’ solo una farsa! Nessuna famiglia sarà mai accogliente e sicura come l’originale!” almeno nel suo caso la pensa così.
Così preso dai pensieri nefasti, non si accorge che si sta facendo tardi e che non ha ancora fatto i compiti: poco male, al massimo si beccherà un due oppure, se la sua mente diabolica lo assisterà, forse riuscirà a trovare una scusa convincente da dire alla prof.
 
 
Contro le aspettative di Hiroto, Masaki non è sceso a cenare ed entrambi hanno già terminato da un pezzo. I piatti e la padella gocciolano nel lavabo.
Ryuuji si siede accanto al suo compagno con un’aria affranta:
-Non è sceso per la cena. - constata osservando il piatto di onighiri che ha messo da parte. Hiroto incrocia le braccia pensieroso: è ancora più grave di quanto pensi.
Si alza gli occhiali sul naso, come a riflettere, ma poi si alza allungandosi a prendere il piatto sul tavolo.
-Che fai?- domanda Midorikawa.
-Vado a portargli la cena. Non può restare a stomaco vuoto.- spiega e allora il verde scatta in piedi e gli afferra il braccio.
-Aspetta! Ci vado io. - afferma deciso e il rosso acconsente.
-Ok. Come vuoi.
Quando Ryuuji giunge davanti alla porta del kohai gli sembra di avere il cuore in gola, ma poi scuote il capo e bussa. Nessuna risposta si ode dall’interno, così con discrezione apre l’uscio che cigola appena. La stanza è buia e solo la luce del corridoio illumina con un fascio. L’uniforme è giace sul pavimento, mentre sul letto una figura raggomitolata si è tirata le coperte fin sopra la testa.
-Masaki? Sei sveglio?- chiama Midorikawa, cauto, ma dal ragazzino nessuna risposta. Il verde fa qualche passo all’interno e raccoglie la divisa poggiandola sulla sedia girevole.
-Guarda che qui c’è la cena!- esclama con un po’ di enfasi, tuttavia dalla coltri non si ode nemmeno un mugugno. Il venticinquenne ne è certo: sta fingendo di dormire.
-Te la lascio qui, sulla scrivania.- continua e poggia il piatto avvolto dalla pellicola per alimenti. Dopo ciò, non avendo ottenuto risultati e non potendo costringerlo a parlare, esce fuori chiudendo la porta.
-Allora, buonanotte … - dice solo e il buio ritorna di nuovo in camera.
 
 
     
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non ho tempo per scrivere note lunghissime, vista l’ora.
Ma spero che vi sia piaciuto!! ;)
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 4 ***



*Capitolo 4*





Il suono della campana comunica la fine delle lezioni, gli studenti rivolgono l’ultimo rispettoso saluto all’insegnate, dopo di ché sono liberi di tornare a casa oppure si recano nei club. Oggi è stata una giornata particolarmente noiosa per Masaki, tralasciando che c’erano le materie più barbose, le spiegazioni sono state di una lentezza incredibile. Non ha capito nulla di quello che ha detto la befana di storia, ma, dato che ha i riflessi paragonabili a quelli di un bradipo, non l’ha beccato a guardare fuori dalla finestra.
-Ragazzi! Andiamo al club di calcio!!- esclama Tenma con il solito entusiasmo. Il castano raccatta il materiale alla rinfusa e lo infila nella cartella.
-Aspettami Tenma!!- lo richiama Shinsuke, anche lui preso dalla fretta.
-Sbrighiamoci! Altrimenti gli altri arriveranno prima di noi!!- ribatte il centrocampista fiondandosi fuori dall’aula, seguito a ruota dal piccolo difensore. Questa insulsa gara su chi arriva prima al club di calcio Masaki la trova ridicola e fastidiosa: che senso ha correre se hanno un margine di ben quindici minuti prima dell’inizio degli allenamenti?
-Oh! Uffa!! Accidenti a quei due! Ma perché non mi aspettano mai?- si lamenta un banco più avanti di lui, Aoi, mentre tenta in tutti i modi chiudere la cerniera, ma pare che si sia inceppata.
-Ah! E va bene!!- sbotta arrendendosi e alla fine decide di portarla aperta. La blu sta per andarsene quando si volta nella sua direzione.
-Kariya-kun, non vieni?- gli domanda candidamente e, come al solito, l’azzurro veste la sua espressione mite e gentile.
-Sì, ma vai avanti tu. Poi vi raggiungo!- assente con un sorriso. Sorano sbatte un paio di volte le palpebre, dopo di ché fa un cenno con la mano:
-Allora ci vediamo dopo. Ciao!- e va di corsa in corridoio. Una volta sparita anche lei, sul volto di Kariya ritorna la smorfia annoiata ed infastidita di sempre.
Oggi però è più accentuata rispetto agli altri giorni: infatti già da stamani si è alzato con una pesantezza incredibile, sia per il corpo che per la mente.
La sera precedente Midorikawa gli ha portato la cena, ma il piatto di onighiri è rimasto intoccato tutta la notte. Era tardi e lo stomaco gli si era chiuso in una morsa letale, così non ha voluto mangiare nulla.
Inoltre, ha dormito pochissimo: non ha fatto altro che voltarsi e girarsi alla ricerca di una posizione più comoda. Per farla breve, è riuscito ad appisolarsi giusto alle prime luci dell’alba, poi la sveglia è suonata interrompendo bruscamente l’attimo di pace.
Come sempre l’ha spenta stizzito e si è immerso nelle coltri in un disperato tentativo di riprendere sonno, ma oramai era sveglio. Addirittura, quando Ryuuji è venuto in camera per smuoverlo dal letto, non ha fatto le solite scenate: ha scostato la coperta di scatto e si è chiuso in bagno biascicando a mala pena un “buongiorno”.
Al “è successo qualcosa?” di Hiroto, ha semplicemente risposto che ha dormito male.
Scuote il capo per scacciare quei pensieri: adesso deve concentrarsi solo sull’allenamento, non deve pensare ad altro.
Chiude in uno scatto il piccolo astuccio e lo infila nella tracolla assieme ai libri. Dà un’ultima occhiata sotto il banco, per non dimenticare nulla, poi corre verso la sede del club. E pensare che prima aveva criticato Tenma e Shinsuke per la loro stupida fretta, invece adesso anche lui si ritrova a correre e stavolta con il rischio di fare veramente tardi.
 
La porta automatica si apre, Masaki entra che ha quasi il fiatone, tuttavia non si trova davanti la solita scena. Innanzitutto, nello spogliatoio sono presenti solo Kidou, Haruna, i suoi compagni di classe e i senpai del terzo anno. Quelli del secondo anno, invece, non sono ancora arrivati.
In realtà, la cosa che lo lascia un po’ perplesso è che tutti stanno fissando il maxi schermo della stanza. Si avvicina incuriosito:
-Che succede?- domanda, mentre sull’ LCD si susseguono le immagini di una partita.
-Oh, Kariya!- Tenma si riprende dal suo stato di trance e gli risponde -Guarda! E’ davvero incredibile!!
Allora rivolge i suoi opali ocra verso la fonte dell’attenzione di tutti: è il video di una partita di calcio e, a giudicare dai commenti del cronista, pare sia la finale di un torneo. La cosa che apprende, a primo impatto, è che la squadra con la maglia bianca sta letteralmente massacrando l’avversaria, la quale è in balia del loro gioco.
Ciò che lo colpisce di più è soprattutto l’alternanza tra tecniche individuali, combinate e gioco di squadra.
Quando inquadrano l’aria di rigore, si sofferma a guardare il portiere della squadra bianca: altezza nella media, lunghi capelli neri raccolti in una coda alta, occhi azzurri fissi sui movimenti della palla …
-Ma … ma è …
-Furude.- assente Kidou, pacato.
-Io non ci posso ancora credere … - aggiunge Sangoku che, seduto sul divanetto semicircolare, ha ancora il telecomando in mano.
-Avevo intenzione di farvelo vedere da un po’ di tempo, ma dato che mi avete chiesto della Sakurazaki JH, allora ho colto l’occasione.- spiega il rasta nel suo tono neutro.
-Ma di che si tratta esattamente?- domanda Aoi, curiosa come gli altri.
-Si tratta di un torneo per club che si è svolto l’anno scorso. Le squadre che hanno partecipato sono state estratte a sorte. Gira voce che si è trattato di una specie di prova, magari per un altro tipo di torneo.- spiega Haruna, inforcando gli occhiali rossi e leggendo dal palmare le notizie.
-Oh!- fa eco la blu assieme a Tenma e Shinsuke.
-Il torneo si chiamava Superball International. Infatti le squadre convocate erano tutte di nazionalità diverse … diciamo un mini Mondiale.- continua Kidou.
-Un mini Mondiale?- ripete Matsukaze.  
-E’ un po’ strano in effetti, non si capisce nemmeno secondo quale criterio siano state sorteggiate le squadre che, tra l’altro, sono molto forti. Comunque, un fatto è certo … - Haruna fa una breve pausa sfilandosi gli occhiali da lettura -Questo campionato è stato indetto dal Quinto Settore.
-Che cosa?! Il Q.S.??!- esclamano all’unisono tutti i ragazzi, scioccati.
-Ci deve essere senza dubbio un motivo per organizzare una cosa del genere, tuttavia resta ancora un mistero.- nel momento in cui Kidou pronuncia queste parole, i senpai del secondo anno fanno il loro ingresso nella sede del club.
-Buongiorno!! Scusateci per il ritardo!!- saluta energico Nishki, ma la sua esuberanza si spegne con i rimproveri di Midori.
-Che zuccone! Guarda che è proprio colpa tua se abbiamo fatto tardi! Tu e le tue solite sciocchezze da samurai!!- rimbecca la rossa.
-Fatela finita voi due!- taglia corto, Kurama -Che succede?- domanda poi scostandosi dal gruppetto.
-Stavamo guardando una partita.- informa Kurumada, facendo interessare gli ignari.
-Una partita?- fa eco Shindou.
-Dell’Holy Road?- chiede poi Kirino.
-No, si tratta di un altro torneo giovanile!- risponde eccitato Tenma, scuotendo i pugni chiusi -Si chiama …
-Superball International … - interrompe Rin, gli occhi azzurri leggermente spalancati per la sorpresa.
-Davvero?- fa il capitano, stupito anche lui.
-Furude-senpai!!!- ancora una volta Tenma e Shinsuke si avvicinano alla ragazza con i loro occhioni scintillanti. Tanto che la giovane indietreggia impaurita.
-Senpai!! Kakkoī (1)!!- esultano entrambi e metà della squadra non sa ancora il perché.
Rin fa da prima un’espressione confusa, ma poi si rabbuia in un certo senso infastidita.
-Da dove l’avete tirata fuori quella registrazione?- domanda, apparentemente calma.
-L’ho mostrata io. Avevo fatto qualche ricerca sulla Sakurazaki tempo fa. - ammette l’allenatore, assolutamente tranquillo. Furude, invece, lo fulmina con uno sguardo accusatorio.
-Era proprio necessario?- ribatte, piuttosto contrariata.
-Hanno chiesto loro qualche informazione sulla tua squadra.- Kidou le risponde abbozzando un lieve sorriso, il quale alla mora è parso sardonico.
-Ahh … beh ormai … - si rassegna alla fine.
-Allora è vero che l’anno scorso giocavi come portiere della tua squadra?- domanda Sangoku, scatenando lo stupore dei compagni.
La ragazza fa spallucce in segno di affermazione, tuttavia vorrebbe dare anche lei delle ulteriori spiegazioni, prima che tutti comincino a farsi castelli in aria.
-Non pensare chissà che cosa! Il più delle volte ho avuto fortuna e i miei compagni mi hanno sempre aiutata. Inoltre, fin dall’inizio, Kudou-san mi ha messo in porta perché, per quanto ci provassi, non riuscivo mai a calciare nello specchio della porta.- dice mentre si gratta la nuca, un po’ in imbarazzo in effetti.
Il numero uno della Raimon non si aspettava una simile risposta, perché era chiaro che la motivazione più ovvia e scontata fosse che lei ha talento. Invece, pare proprio essere andato fuori pista.
-Non essere modesta! Sei stata bravissima in quella partita!- si complimenta sinceramente, essendo un esperto, e anche gli amici Amagi e Kurumada lo appoggiano. La corvina arriccia il naso poco convinta, poi sposta le iridi cerulee verso la schermata del video che è in pausa.
-Ma come sei passata a diventare un libero, a questo punto?- chiede Tenma, sollevando inconsapevolmente il dubbio anche negli altri.
-E’ vero! Come hai fatto senpai?- calca la questione, Shinsuke.
Allora Rin sfila il telecomando dalla mano di Sangoku e mette in play il video. I rumori da stadio riecheggiano nello spogliatoio, in cui nessuno dei presenti fiata.
La squadra blu ha ottenuto un calcio d’angolo, di conseguenza quelli in maglia bianca, la Sakurazaki, sono ammassati nell’area piccola.
L’arbitro fischia, c’è cross, inutile colpo di testa, la palla va a finire ai piedi dell’attaccante. Questo, per il pressing asfissiante, non controlla bene l’equilibrio, ma riesce a calciare. Il portiere bianco si tuffa in estremo salvataggio con il pugno. Riesce a sventare il pericolo. Purtroppo, quello stesso giocatore poggia male il piede che slitta sull’erba, così cade di peso sul braccio della ragazza. Subito parte forte il fischio del direttore di gara.
-Oh mamma mia! Che brutta botta!- esclama Aoi molto impressionata, portando istintivamente una mano davanti alla bocca.
-Puoi dirlo forte, amica mia! Pesava cinquantacinque chili!!- risponde Furude premendo stop sul telecomando, il quale butta sul divanetto beige.
-Quell’infortunio ti è costato parecchio, immagino.- interviene Kidou sempre a braccia incrociate sul petto.
-Già.- asserisce toccandosi il polso sinistro -Una frattura davvero strana. Quando mi sono ripresa gli esercizi si sono ridotti drasticamente. Anche adesso, pure dopo la riabilitazione, se lo sforzo eccessivamente mi fa male.- spiega, roteando la giuntura.
-Per rispondere alla vostra domanda … - e si rivolge soprattutto a Tenma e Shinsuke
-Se volevo continuare a giocare allora dovevo imparare anche a destreggiarmi in mezzo al campo, ma grazie a Kudou kanto-kun e al sostegno dei ragazzi è stato più veloce del previsto!- sorride, infine, rassicurante, eppure Shindou riesce a scorgere un’insolita forzatura.
Con un battito di mani la sensei richiama l’attenzione dei ragazzi:
- Bene! Direi che è ora di allenarsi!- il fratello fa solo un cenno del capo e poi va fuori in campo.
-Forza ragazzi! Mettiamoci all’opera!!- esulta il numero due con un pugno alzato. E ovviamente a seguire è il coro entusiasta dei giovani calciatori. Tuttavia a quel simbolo di amicizia e spirito di squadra non partecipa Masaki, il quale si volta indifferente verso il proprio armadietto. Sicuro di non essere osservato, ma nulla sfugge agli occhi vigili e vispi del difensore dai codini rosa.
 
 
Durante l’allenamento il kohai è concentrato, forse fin troppo. I suoi contrasti duri in difesa ne sono una dimostrazione e a Kirino gli sembra di essere tornato agli inizi, quando faceva tutto di testa sua.
-Kariya!- grida raggiungendo la panchina, vicino alla quale l’azzurro si sta dissetando. Il ragazzino fa finta di non averlo sentito. Il rosa gli si avvicina.
-Che ti succede?- domanda ovviamente.
Il tredicenne aggrotta la fronte infastidito: ormai sono due giorni che gli chiedono sempre la stessa cosa, non ne può più.
“Sto bene! Non mi succede proprio niente!!” pensa irritato e al limite della pazienza.
Beve un altro sorso d’acqua: -Niente … - mormora in modo che lo senta solo lui.
-Non mi sembra … non giochi come al solito.- insiste il difensore, preoccupato.
La stretta sulla bottiglietta si fa più forte, stavolta fingere è molto più difficile.
-Allora devi aver visto male senpai!!- sbotta girandosi furente verso il più grande. Kirino rimane sorpreso da quell’improvviso cambio di atteggiamento, ma, soprattutto, è trafitto dallo sguardo del kohai. È carico di … odio.
Il rosa rimane davvero senza parole: non si è mai rivolto a lui in questo modo.
Subito gli occhi ambrati si accorgono delle occhiate perplesse di Kidou –l’unico impassibile in verità– e delle manager. Svia immediatamente lo sguardo con la vergogna che lo assale, intingendogli le guance.
-Kariya … - tenta di dire Kirino, però Masaki lo interrompe.
-Gomen(2)senpai … - sussurra con il capo chino -Va tutto bene.
E ritorna in campo correndo, senza lasciare il tempo a Ranmaru di dire qualcosa. Nei restanti minuti di allenamento pare essere lo stesso di sempre, ma il numero tre non ne è affatto convinto.
Dopo il fischio i ragazzi ritornano negli spogliatoi. Non scambia una parola con nessuno, piuttosto si riveste in fretta: vuole andarsene di lì il prima possibile.
Infila la tracolla e chiude l’armadietto con un rapido scatto.
-Kariya!!- ancora la voce squillante di Tenma gli assorda le orecchie. Fa appello a tutta la sua buona volontà per non urlagli in faccia.
-Torniamo a casa insieme?- chiede col suo fare innocente. Il kohai tira su un mezzo sorriso.
-No, oggi devo andare a casa presto.- si inventa una scusa e l’ingenuo centrocampista non può che abboccare.
-Ok. Allora ci vediamo domani.
-Sì … Ciao. - saluta e si dirige a grandi falcate verso l’uscita.
Kirino, da lontano, segue la scena con un certo interesse, inoltre, lo sente a pelle che c’è qualcosa che turba il suo compagno. Il problema è se lasciare tutto come sta oppure …
“Oppure cosa?” rimugina e, nel frattempo, si prepara anche lui per rincasare.
Escono tutti fuori, nello spogliatoio non rimane più nessuno. Shindou e Rin sono di fianco a lui e come tutti i giorni fanno la strada insieme. Conversano animatamente, ma non sta ascoltando neanche una parola.
Ripensa allo sguardo di Masaki, ancora non riesce a togliersi dalla mente quell’immagine … Quelle iridi color dell’oro erano colme di odio, rabbia, rancore …
Per quanto possa essere insopportabile e dispettoso, non ha mai mostrato di nutrire tali sentimenti. Conosce solo a tratti la sua situazione famigliare: sa solo che è finito in orfanotrofio quando aveva undici anni, ma che poi è stato adottato.
Forse c’è qualcosa di molto più grande di un semplice capriccio, come all’inizio aveva pensato.
Si blocca all’improvviso: no, deve sapere cosa sta succedendo.
-Che c’è Kirino?- domanda il suo migliore amico, qualche passo più avanti, affiancato dalla ragazza.
-No, niente … E’ che mi sono appena ricordato che devo passare da una parte prima di andare a casa.- dice.
-Ah ok. Allora ci vediamo domani.- risponde infine, Shindou, con un sorriso.
-Ciao ragazzi.- saluta entrambi i giovani, i quali ricambiano, e corre spedito imboccando una stradina. Più o meno si ricorda dove abita: anche se non c’è mai stato, dai discorsi dei compagni del primo anno ha capito che la casa si trova dalle parti di un parco giochi.
 
 
Non appena è uscito fuori dalla scuola, ha tirato un sospiro di sollievo. Non ne poteva più di tutta quella gente che gli sta appiccicata, ultimamente più de solito.
Adesso che è ben lontano dall’edificio, rallenta il passo come se tutta quella fretta si fosse consumata all’improvviso. Oggi è proprio una giornata no, in tutti i sensi.
Il malumore, per lui assolutamente ingiustificato, è peggiorato durante tutto l’arco della giornata. Sospira: l’apice è stato raggiunto dopo l’ennesimo richiamo di Kirino.
“Tsk! Senpai impiccione!” brontola mentalmente, tuttavia non si accorge che i suoi piedi lo riportano di nuovo davanti a quel parco.
Alza lo sguardo verso la sua destra: non ci sono più i bambini che giocano, ma solo una persona siede sull’altalena a fissare il tramonto. Masaki lo riconosce subito e attraversa il parco con insolita pacatezza.
Quando si avvicina all’uomo, quest’ultimo si gira e gli sorride timidamente.
-Ciao Masaki.- lo saluta, è davvero lieto che sia arrivato.
-Che ci fai qui?- domanda l’altro, leggermente confuso. Allora il padre si alza dall’altalena e fa qualche passo verso di lui.
-Niente di che … Mi piace guardare il tramonto, qui si vede benissimo.- commenta rivolgendo lo sguardo al sole calante.
-E poi … - continua titubante -Speravo che passassi di qui, come hai fatto ieri … - ammette grattandosi la nuca imbarazzato, come fa sempre suo figlio.
La loro somiglianza è sconcertante, di questo si accorge Masaki che lo guada un po’ smarrito.
-Ah capisco … Io passo sempre di qui, è una strada più veloce per andare a casa. - spiega, anche lui con non poca reticenza. E’ una situazione strana quella, però all’azzurro fa inspiegabilmente piacere stare con lui.
Cala un silenzio imbarazzante, in cui nessuno dei due sa che dire perché troppo intenti a fissare l’orizzonte o la punta delle proprie scarpe. A un certo punto, Kariya senior nota un oggetto sferoidale sotto una panchina, così si allontana sotto lo sguardo perplesso del figlio.
-Guarda.- dice raccogliendolo -Qualcuno ha lasciato un pallone!- si rialza con una vera palla da calcio fra le mani. Masaki è sorpreso: sembra quasi fatto apposta per loro due, ma preferisce non rivelare questo pensiero.
Allora l’uomo sorride, stavolta più convinto, e dice:
-Ti va di giocare?
Il tredicenne viene travolto dalla nostalgia e solo adesso si rende conto di quanto gli sia mancato giocare con suo padre, vivere questi momenti spensierati assieme …
Solo ora si accorge di quanto gli sia mancato …
Infine sorride, sorride sinceramente e dal profondo del cuore. Sorride felice.
La tracolla scivola dalla spalla cadendo sul prato verde.
-Perché no?
 

 
 
 
 
 
(1) Kakkoī: significa “fantastico” oppure in gergo “figo”.
(2)Gomen: significa “scusa”.

 
 
 
 
 
  
 
 
 
Ola!! Amigos!!
Capitolo lunghetto eh? Beh devo comunque attenermi ad una tabella di marcia!!
Comunque spero che vi sia piaciuto, attendo le vostre opinioni.

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Capitolo 17
*** Capitolo 5 ***




 

*Capitolo 5*






I codini frustrano l’aria al ritmo della sua corsa. Kirino ormai ha il fiatone dopo lo scatto improvviso con cui si è allontanato dai suoi amici. Perché tutta questa fretta, poi, non lo sa, ma percepisce un senso di angoscia e disagio. Come un presentimento e, sin da bambino –Shindou ne è testimone–, sa che quando ha una “brutta sensazione” qualcosa deve succedere.
Il ragazzino spera vivamente che stavolta sia solo una stupida impressione, un mero scherzo della sua fantasia mista all’apprensione che l’ha sempre caratterizzato. Svoltando la stradina che ha preso, si apre ad un incrocio e lui distingue perfettamente le chiome degli alberi. Così rallenta la sua corsa fino a riprendere il passo da camminata: logicamente è un po’ fiacco dopo due ore di allenamento.
Percorre il muretto di cinta del parco giochi, guardandosi un po’ attorno: nemmeno l’ombra di Kariya.
“Forse è già tornato a casa …” pensa un po’ sconsolato e solo adesso si rende conto che si è lanciato all’inseguimento senza sapere cosa fare. Spiarlo da lontano oppure andare a parlargli? E di cosa poi?
Non gli direbbe nulla nemmeno se si presentasse a casa sua, la quale non sa neanche dov’è. Si maledice per non aver chiesto a Tenma o a qualche altro l’indirizzo preciso, ma, considerato il caratteraccio del kohai, non crede gli farebbe piacere una sua visita. Anzi, causerebbe solo fastidio e il sorriso forzato, di circostanza che sfoggia quando non ne vuole parlare o, comunque, quando vuole che ti togli dalle scatole. Ranmaru l’ha appreso, suo malgrado: Kariya continua a fidarsi poco del prossimo, non cede mai la sua completa fiducia come si fa tra amici. Sta sempre sull’attenti, in guardia –questo lo nasconde bene agli altri, ma lui l’ha notato lo stesso– come se avesse paura di scottarsi.
Gli occhi azzurro cielo guardano l’ombra proiettata dal sole alle sue spalle. Sta per gettare la spugna e tornare indietro con la coda fra le gambe, quando ode una voce fin troppo famigliare. Si blocca di colpo e si gira a guardare l’ingresso del parco.
È una voce che ha sentito milioni di volte, tuttavia essa giunge come modificata alle sue orecchie: è più gioiosa, spensierata … Però Masaki, da che lo conosce, è tutto tranne che spensierato. Eppure quel pensiero gli aggroviglia il cervello con la sottile e invasiva insinuazione del: “E se fosse lui?”.
Ranmaru ci conta poco, in realtà. Forse perché, riflettendoci attentamente, si è un po’ scoraggiato, ma nulla gli vieta di togliersi il dubbio. Così si avvicina all’ingresso, fermandosi proprio ai cardini del cancelletto aperto. Sgrana gli occhi. Bingo!
Una zazzera di capelli azzurri fluttua ad ogni movimento. Con la pelle lievemente lucida di sudore ed un insolito quanto felice sorriso sulle labbra, Masaki muove la palla tra i piedi. La cosa che sorprende di più Kirino è il fatto che non sta giocando da solo. C’è un uomo –non l’ha mai visto prima–, il quale si sta contendendo il pallone con lui. Anche lo sconosciuto sembra contento come il kohai.
Il senpai non muove un passo, resta lì nascosto a guardare la scena.
-Ahahha!! Ti sei arrugginito, lo sai?- ride scherzoso, Masaki, sottraendogli il pallone.
-Non mi sottovalutare, ragazzino!- esclama l’altro con la stessa euforia e lo insegue per riprendersi il pallone. Riesce inaspettatamente a sottrargli la palla, ma gli occhi d’ambra del difensore lo intercettano ugualmente.
Si fermano un di fronte all’altro, un po’ stanchi ma ancora sorridenti.
-Bravo! Sei più coriaceo di quanto pensassi!- si complimenta ancora l’uomo dai capelli argentei.
-Mmhp! Avevi dubbi?- risponde orgoglioso gonfiando il petto e alzando il mento, tuttavia sempre con il sorriso stampato sulle labbra. Kirino riconosce di non aver mai visto un’espressione simile perdurare così a lungo sul suo volto. Il rosa può giurarlo: Masaki trasmette gioia e sembra divertirsi molto, più di quando giocano in campo.
Istintivamente si sofferma anche a guardare l’uomo: nota con meraviglia che hanno lo stesso taglio degli occhi e i loro profili per un certo verso si somigliano.
“Non è possibile che sia il padre! Non era in prigione?! ... Forse può essere qualche suo parente …” il senpai cerca di darsi qualche spiegazione plausibile.
-Allora, sei già stanco?- domanda l’azzurro divertito.
E l’adulto gli risponde sorridendo:
-Niente affatto! Pronto?- così riprendono subito a giocare, ancora più energici di prima se si può.
Ranmaru intanto si appiattisce di più contro la parete, perché è ovvio che se Kariya lo scopre sono guai. Non riesce ad immaginarsi la sua reazione ad una tale eventualità, ma preferisce evitarla. Sicuramente, se in quel momento lo vedesse, laverebbe subito via quel sorriso sincero dal volto e lui non desidera rovinare il suo angolo di paradiso.
Perché è davvero così che gli appare lo scorbutico e cinico difensore: in paradiso, in un luogo di pace e serenità.
I due, nel mentre, continuano a ricorrersi spensierati per parecchi minuti, tanto che si fanno quasi le sette di sera. Lo si nota dall’eminente crepuscolo all’orizzonte.
Esausti si stendono sul prato verde a riprendere fiato, sopra di loro le fronde della grande quercia concedono ancora un po’ d’ombra prima che il sole cali del tutto.
-Basta! Sono esausto … - si arrende l’uomo spossato e abbastanza sudato. L’azzurro accanto a lui ridacchia divertito e non manca di punzecchiarlo un po’:
-Ehehe … Te l’avevo detto che sei vecchio! Rassegnati, non hai più l’età!- commenta saccente e allora Kariya senior gli cinge le spalle con il braccio e lo avvicina a sé per scompigliargli la chioma azzurrina.
-Tu … piccolo diavoletto!- comincia a strofinargli amorevolmente il palmo su quella testolina calda: per certi versi suo figlio non è cambiato per niente, tuttavia quella è soltanto una delle tante sfaccettature del suo carattere e il quarantenne lo sa bene.
-No dai! Basta!- lo supplica lamentoso, però niente affatto infastidito. L’uomo smette e, ancora racchiusi in quel goffo abbraccio, lo scruta con occhi profondi.
Ma quel ragazzino non si accorge del cambio di atteggiamento, troppo impegnato forse a risistemarsi la frangia disordinata.
-Ti voglio bene … - sussurra come se temesse di pronunciare quelle parole così semplici, così forti che ha custodito nel suo cuore per troppo tempo. Le pronuncia con cautela, come se si vergognasse di mostrare il suo affetto, ma in verità l’unica cosa che teme l’uomo è che il figlio le trovi fuori luogo oppure ipocrite.
Invece Masaki, non appena ha udito, si è voltato di scatto a guardarlo con occhi spalancati dalla sorpresa. Kariya senior si imbarazza un po’ per questo suo azzardo e non dice nulla. Al silenzio si accoda anche il ragazzino che, spiazzato, non sa come reagire. E pensare che una volta era così semplice rispondergli, al contrario adesso sembra quasi impossibile.
Le labbra del tredicenne tremano appena in un tentativo di risposta e l’uomo comprende la sua difficoltà: devono essere stati davvero duri questi due anni per lui.
Con lo sguardo d’oro adombrato dal senso di colpa, si alza e spazzola i pantaloni.
-Beh, direi che si è fatto tardi … - esordisce e solo adesso Masaki si rende conto dell’ora. Si alza anche lui.
-Già è vero.- si limita a dire, raccogliendo la sacca della scuola un po’ mogio. Si sente un vile per non avergli detto più nulla. Va bene non fidarsi, ma addirittura del proprio padre!
“Ma non è per questo che ho cominciato a diventare così? Scontroso ed egoista?” pensa mordendosi automaticamente il labbro inferiore. Rimettono a posto la palla lì dove l’hanno trovata e si dirigono verso l’uscita.
Non appena vede i due avvicinarsi, Kirino corre a nascondersi dietro un grosso lampione accanto a cui –per fortuna del cielo– vi sono dei sacchi della spazzatura.
L’uomo misterioso e il kohai si fermano proprio all’ingresso del parco.
-E’ stato davvero divertente! Mi hai fatto sudare, sai?- esclama il quarantenne cercando di smorzare la tensione. Il piccolo fa un sorriso tirato, sforzandosi di essere pienamente contento.
-Già.- risponde senza alcun accenno all’ironia, stavolta.
Kariya senior si inginocchia davanti a lui e gli porge una mano su una guancia, la quale trova incredibilmente morbida. Quanto gli è mancato quel contatto così ravvicinato con suo figlio. Il piccolo rimane immobile sotto al suo tocco.
-Ascolta Masaki. Non devi sentirti in colpa di niente!… Capisco come ti senti e non ti costringo a dirmi nulla, ma sappi che io parlo con sincerità. Ti voglio bene, davvero.- dichiara infine, più sicuro e riesce perfino a sorridere con naturalezza.
L’azzurro incurva appena le labbra all’in su, forse un po’ più sollevato.
-Anche io … - confessa senza più timori. Al padre questo è più che sufficiente, anzi, è più del dovuto vista la grave situazione … Ma forse c’è speranza, una piccola quanto tremula stella ha deciso di illuminare, anche se con la poca luce a disposizione, il suo oscuro cammino. E magari, in fondo a quel sentiero c’è proprio suo figlio con un pallone da calcio ad aspettarlo.
-Allora ci vediamo … - fa poi l’uomo, rialzatosi.
-Che ne dici qui alla stessa ora di oggi?- propone coraggiosamente il tredicenne, mal celando il rossore sulle gote -Sempre se ti va … - continua incerto, prendendo a fissare la punta delle scarpe; quindi non scorge del sorriso a trentadue denti che si stampa sulla faccia di suo padre.
-Certo che mi va! Allora ci vediamo domani.
-Sì, sì … a domani.- per il ragazzino è incredibile tutto ciò: non l’avrebbe neanche lontanamente immaginato!
-Ciao Masaki.- saluta un ultima volta prima di voltarsi.
-Ciao … - ricambia anche con un cenno della mano.
E rimane lì a fissare la schiena di suo padre svoltare il primo angolo a destra del parco.
Sospira. Se non altro l’angoscia e la rabbia di poco fa sembrano svanite, tanto che per la prima volta può dire di tornare a casa a cuor più leggero.
Così, fa retro-front e si allontana dal parco giochi passando proprio davanti al senpai, il quale rimane accovacciato dietro i grandi sacchi neri –per fortuna non sembrano contenere l’umido–. Il kohai non lo nota e svolta al primo incrocio a destra.
Quando è andato via, Ranmaru esce dal suo nascondiglio con mille pensieri che gli vorticano la testa.
Ma di due cose, in particolare, è certo: la prima è che non si tratta del solito capriccio; la seconda è che, chiunque fosse quell’uomo, conosce l’azzurro e sembra avere un legame speciale con lui.
-Che ti sta capitando … Kariya?- sussurra questa domanda al vento, il quale purtroppo non può dargli le risposte che cerca.
 
 
Una volta nei pressi di casa, rallenta la corsa fino a fermarsi del tutto. È davvero incredibile quello che è successo! Non si sarebbe mai immaginato di rincontrarlo di nuovo lì, in quel parco. Masaki non può nascondere a se stesso che ne è intimamente felice –solo un po’ eh!–, anche perché ha potuto di nuovo giocare con lui ed è stato bello. Non si era mai sentito così libero prima d’ora, come se si fosse finalmente tolto un peso dal cuore! Come se nulla di ciò che è accaduto alla sua famiglia fosse mai successo.
“Già …” sospira mentalmente mentre infila le chiavi nella toppa del cancelletto. Quando lo richiude alle sue spalle si sofferma a guardare la nuova casa in cui vive adesso: completamente diversa rispetto al piccolo appartamento in viveva.
Attraversa il cortile con ampie falcate e arriva al portone dell’abitazione. Traffica con il mazzo di chiavi finché non trova quella giusta, sta per infilarla nella serratura ma si blocca un momento. Adesso che ha rincontrato suo padre, gli pare di vivere con dei perfetti estranei i quali credono di conoscerlo, ma in verità non sanno nulla di lui.
Abbassa il capo azzurro esalando un lungo sospiro: non ci deve pensare!
L’unica cosa che deve fare adesso è mettere su la solita maschera di sempre e nessuno dei suoi tutori se ne accorgerà. Per cui, prende coraggio ed apre l’ingresso.
-Sono tornato!- annuncia e si siede subito per togliersi le scarpe. Stranamente Ryuuji non si è affacciato al corridoio come fa di solito quando arriva. Kariya rimane un po’ perplesso: dubita fortemente di essere solo, dato che sente il rumore della TV accesa e anche il cozzare delle stoviglie.
Non dovrebbe importagli più di tanto, comunque fa capolino in cucina. Naturalmente trova Midorikawa già ai fornelli, il quale si accorge solo in un secondo momento della sua presenza.
-Oh, ciao Masaki! Scusa, non ti ho sentito arrivare!- si giustifica accendendo il gas. L’azzurro fa spallucce per dire che non è nulla.
-Dov’è Hiroto-san?- domanda, in un certo senso per precauzione, odia vederlo sbucare all’improvviso.
-Nello studio. Sta sistemando alcune cose. -  risponde mentre affetta le carote -Sono le sette, anche oggi avete fatto tardi?- riprende, poi, senza staccagli gli occhi da quello che sta facendo.
Masaki trasale un momento, ma si riprende subito accennando ad un vago:
-Già … - Midorikawa non lo sta guardando, però ha la netta sensazione che può scrutarlo senza che lui se ne accorga -Vado in camera a cambiarmi … - aggiunge,
trovando un’ottima scusa per cavarsi d’impiccio.
-Ok. La cena comunque fra un po’ sarà pronta.- informa il verde e il ragazzino esce dalla cucina.
-Ah! Masaki!- il richiamo del tutore lo blocca proprio ad un passo dal corridoio. Stavolta Ryuuji si affaccia, come d’abitudine, allo stipite con in volto l’espressione più serafica possibile.
-Va tutto bene?- domanda inaspettatamente e Kariya deglutisce a vuoto.
-Per–Perché me lo chiedi?- ricaccia indietro la questione. Il verde inarca un sopracciglio, come solo lui sa fare, ed incrocia le braccia al petto.
-No niente. Il fatto è che ieri sei salito in camera senza nemmeno aver cenato … Ci siamo preoccupati, tutto qui.- afferma l’ultima parte con una certa cautela. Masaki si rilassa intimamente, ma non può fare a meno di provare un lieve senso di colpa. 
-Ah quello? Non era niente! Ero solo molto stanco.- mente dinnanzi pozzi bui di Midorikawa.
-Ok. Se è tutto a posto, allora va bene.- afferma infine accennando ad un sorriso -Non voglio di certo starti addosso … Però, Masaki … - e quel “però” gli suona tanto male -Qualsiasi siano i tuoi problemi oppure le tue angosce, beh! Sappi che puoi parlare tranquillamente o a me o a Hiroto, se ne hai voglia. D’accordo?
Praticamente è un modo elegante di dirgli che nessuno dei due è disposto a bersi la scusa della stanchezza. Ad ogni modo annuisce a quella raccomandazione o informazione –assolutamente non richiesta– che ha già udito milioni di volte nei film con le famiglie dei genitori single o divorziati. Gli viene la nausea a pensarci, eppure in quel momento lo sguardo del suo tutore appare così risoluto che non se la sente proprio di paragonarlo ad uno di quei polpettoni che danno in TV.
-Bene! Solo questo. Adesso vai a cambiarti e lavati bene le mani, fra poco è pronto.- riprende sorridendo, come se nulla fosse accaduto.
Così ognuno prosegue per la sua strada e quando si chiude alle spalle la porta di camera sua, il tredicenne tira un sospiro di sollievo.
Si cambia velocemente ed indossa i pantaloni di una tuta ed una felpa bianca con le spalle nere, la cui stoffa forma una fascia fino ai polsi.
Manca abbastanza prima di cenare e, contro ogni logica, decide di mettersi a fare i compiti.
“Devo stare proprio male per decidere di fare i compiti adesso!” pensa preoccupato e, in un certo senso, timoroso da se stesso. Lui è il tipo che si riduce all’ultimo momento, cioè studia dopo cena anche se non con grandissimi risultati. Ma l’ultimo discorso di Midorikawa gli ha fatto passare la voglia di fare il lavativo!
Se ha qualche problema? Si può confidare? E che cosa mai dovrebbe confidare?!
Scuote energicamente il capo: l’incontro con suo padre non centra nulla, non è una cosa grave … è successo e basta. E poi non vede il motivo per cui dovrebbe dirlo proprio a loro!
Così, scacciando via questi pensieri apre il libro di matematica.
 
Alla fine la cena si è svolta come al solito, senza intoppi di alcun tipo. Hanno appena finito di mangiare il secondo e nessuno dei suoi tutori vuole approfondire la questione –che questione poi?– e Maski pensa sia meglio per lui.
Ad un certo punto squilla il telefono di casa, il quale si sovrappone alle voci di un programma televisivo.
-Vado io.- dice il rosso con alla bocca un tovagliolo che lascia sul tavolo per alzarsi.
Quando raggiunge l’apparecchio, Midorikawa abbassa il volume della TV per non disturbare la telefonata. Di là si sente solo:
-Sì, sono io. Chi parla?- il verde cerca di seguire da lontano la conversazione, visto che gli sembra strano che dei colleghi di lavoro chiamino a quest’ora e soprattutto al telefono di casa, non al cellulare.
Vi è una lunga pausa in cui il presidente della Kira Company rimane in ascolto. Persino Masaki, che ha appena terminato la sua ciotola di riso, smette di mangiare incuriosito da quella strana telefonata.
-Sì. Ho capito. Attenda un attimo in linea, prego.- si sente dire di là e pochi istanti dopo compare Hiroto.
-Masaki ti vogliono al telefono.- annuncia con insolita pacatezza. L’azzurro rimane alquanto sorpreso: chi mai sarà? E che cosa vuole da lui?
Se si trattasse di Tenma o un altro dei suoi compagni glielo avrebbe detto subito. Il rosso lo guarda con espressione indecifrabile, tanto che ha persino paua di chiedergli chi è al telefono.
Si alza di scatto dalla sedia diretto al mobile su cui è appoggiato l’apparecchio telefonico. Con una tensione di cui non sa il motivo, alza cauto la cornetta appoggiandola all’orecchio destro.
-Pronto?
- …P-Pronto? Masaki? - dall’altro capo una voce gli risponde titubante e il ragazzino rimane per parecchi minuti ad occhi sgranati e bocca aperta, incapace di emettere suono. E nella sua mente quella voce, che non ode da tanto tempo, gli rimbomba in testa scoperchiando così una valanga di ricordi.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rieccomi in ritardo, ma ci sono. Non ho molto tempo, ma mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto! :* Kisses.

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Capitolo 18
*** Capitolo 6 ***





*Capitolo 6*
 




Masaki rimane immobile con la cornetta ancora attaccata all’orecchio. Non riesce a muovere un muscolo, tanto che gli riesce difficile articolare una sola sillaba. Le labbra tremano. Gli occhi miele si velano.
-Masaki …? Mi senti?- anche la voce all’altro capo è titubante e a quel richiamo il turchese si riprende.
- Mamma … - pronunciano le sue labbra ormai secche. Ryuuji dall’altra stanza ha un sussulto e volge un’occhiata ad Hiroto, il quale però rimane in silenzio a braccia conserte.
-E’ un po’ che non ci sentiamo … - comincia la donna con voce sottile e delicata, la stessa che Masaki ha sperato di poter udire di nuovo negli ultimi due anni.
-Già.- si limita ad affermare.
-Mi dispiace non essermi fatta sentire negli ultimi tempi, ma ci sono state delle tempeste di neve qui nell’Hokkaido che hanno interrotto tutte le vie di comunicazione.- spiega desolata, arricciando il filo attorno al dito.
-Sì, ne ho sentito parlare alla televisione.- risponde il figlio.
-Come stai?- continua la sua interlocutrice.
-Bene … meglio di quel che sembra.- risponde calcando il “bene” come a rassicurala.
Infatti l’altra recepisce il messaggio del figlio: - Capisco. Ne sono contenta …
Cala un profondo silenzio in cui Kariya vorrebbe abbandonare lì il telefono e fuggire in camera sua senza uscirne più. Ma alla fine si limita stringere di più la base della cornetta mentre serra le labbra. Che succede all’improvviso?? Prima spunta dal nulla suo padre e adesso ci si mette anche sua madre?
-Masaki … io- comincia la donna per poi venire interrotta improvvisamente dal ragazzino.
-E lei come sta?- a quella domanda la madre si blocca, le ciglia cominciano ad imperlarsi di lacrime di dolore e commozione allo stesso tempo. Si passa la nocca di un dito sull’occhio, per poi rispondere: -Adesso è tutto a posto, il dottore dice che sta molto meglio e che la cura ha dato i suoi frutti. Se la vedessi … è pimpante ed energica come sempre!- esclama con un lieve sorriso.
-Meno male.- commenta sinceramene sollevato il tredicenne.
-Non ha mai smesso di chiedere di te, la tua sorellina.  
Masaki ha un colpo al cuore. Abbassa il capo deglutendo a vuoto, mentre immagini della sua infanzia riappaiono nella sua mente. Così come quel paio di occhi ambrati, luminosi, così simili ai suoi … Quanta sventura a quella povera bambina! Solo ora si rende conto di quanto sia stato egoista!
Come rianimato da nuovi pensieri, solleva il capo tirando leggermente su col naso:
-Ah, sì? Davvero?- domanda molto dolce.
-Sì. E a proposito di questo … - comincia con un tono più tranquillo la donna -Dato che le sue condizioni sono migliorate, i dottori hanno deciso di dimetterla momentaneamente dalla clinica,  ci andrà solo per controlli periodici.
Gli occhi del ragazzino si sgranano increduli: dopo anni passati avanti e indietro da un ospedale all’altro, finalmente una buona notizia.
-Davvero?! Ma è fantastico!!- esclama euforico, come non aveva mai fatto prima.
A parte rare volte, non ha più avuto notizie o telefonate dirette da parte della madre, né lui riusciva a contattarla in qualche modo. Pensava di essere stato definitivamente abbandonato da entrambe le parti ormai: padre e madre, quest’ultima portandosi anche la sorellina che necessitava di urgenti cure mediche sin dal momento della nascita. In realtà, non si trattò di una decisione della donna: dopo l’arresto del padre e l’evidente difficoltà economica in cui versava la famiglia, per giunta con un invalido sulle spalle, fu il giudice a scegliere cosa fosse meglio per lui. Quindi si era ormai rassegnato all’idea di dover ricominciare una nuova vita lontano da loro, forse, pensava, senza il fardello di un altro figlio a cui badare sarebbero stati meglio.
Ma Masaki era davvero felice in quel momento, felice per la sua sorellina che non vede da due maledettissimi anni. Quando, in realtà, nacque ne fu un po’geloso, però alla fine non durò a lungo, infatti si divertiva a fare boccacce sporgendosi nella culla per farla ridere.
-Inoltre c’è stato concesso anche un permesso per poter viaggiare … insomma, quello che voglio dire è che, sebbene per un breve periodo, possiamo tornare in città. Lì ad Inazuma-cho.
Per la seconda volta dall’inizio della conversazione, Masaki non può che boccheggiare allibito. Davvero non crede alle sue orecchie, tuttavia un senso d’angoscia si impossessa di lui, stringendogli la gola. Se sua madre e sua sorella desiderano rivederlo, vuol dire necessariamente che dovranno conoscere chi si occupa di lui, cioè Hiroto e Ryuuji. Lancia loro uno sguardo voltandosi appena, incrociando così le loro espressioni composte e pensierose al tempo stesso. Non lo stanno fissando con insistenza, tuttavia è evidente una certa preoccupazione la quale, in altre circostanze, avrebbe definito ‘irritante’.
Distoglie lo sguardo ambrato per concentrarlo sulle dita della destra, le quali continuano a tormentare il filo dell’apparecchio. Ha paura, Masaki. Teme che il fatto di essere stato adottato da una coppia gay la possa in qualche modo infastidire, ma non ne è sicuro. Insomma non ha convissuto abbastanza con sua madre tanto da poter conoscere sue opinioni in merito. Ma forse, non è nemmeno questo a preoccuparlo, visto che la donna dovrebbe sapere chi siano i suoi attuali tutori … l’amara verità è che si sentirebbe a disagio comunque. Come dovrebbe comportarsi una volta di fronte a loro? L’idea di rivederle ancora, così come suo padre, non gli era mai passata per l’anticamera del cervello; almeno non adesso che ha tredici anni e fra poco quattordici. Da piccolo appena lasciato alle cure di Hitomiko in orfanotrofio,
fantasticava spesso su una possibile riconciliazione, purtroppo però con il trascorrere dei giorni questo sogno andò via via sfumando.
Cosa dovrebbe dire loro? Come lo troverà sua madre dopo tutto quel tempo? La sua sorellina si ricorderà di lui?
Una valanga di domande cominciano a vorticargli in testa, inghiottendolo in un oblio senza fine in cui non trova risposta. Sta parecchi minuti in silenzio al ché sua madre comincia a preoccuparsi.
-Ehm … Masaki?- domanda timidamente e il turchese ritorna bruscamente alla realtà. Tuttavia prima che possa trovare qualche giustificazione la donna lo interrompe dolcemente.
-Stai tranquillo. Se non te la senti io … capisco.- pronuncia flebilmente e il ragazzino se la immaginava mentre abbassa il capo, sconsolata.
-Fi–Figurati! Non è questo!! Solo … - si affretta a rispondere ma non conclude.
-Tranquillo, non c’è bisogno che ti sforzi. Magari facciamo un’altra volta
Non sa bene il perché, ma a Masaki quel “un’altra volta” non gli è piaciuto per niente. Sente come se non ci sarà un’altra volta.
-No invece! Va benissimo.- risponde fulmineo, senza battere ciglio.
-Ne sei sicuro? Non voglio crearti problemi …
-Davvero, non vedo l’ora di rivedervi.- spezza nuovamente quell’insicurezza con un piccolo sorriso, imperscrutabile ai due uomini lì con lui. Il turchese si volta leggermente verso i suoi tutori i quali hanno capito perfettamente la situazione.
-Per noi va bene.- prende parola Hiroto intuendo già la domanda del figlioccio.
Ryuuji lo appoggia con un cenno del capo: -Ci farebbe piacere.- afferma con il tranquillo sorriso di sempre.
Kariya, un po’ rosso in viso, si volta di scatto e si affretta a rispondere.
-Anche Hiroto-san e Ryuuji-san sono d’accordo. Quindi … - nella foga si è dimenticato di respirare. Dall’altro capo la donna sorride teneramente immaginandosi la reazione del figlio: “Scommetto che è diventato tutto rosso!” pensa.
-Allora vi farò sapere entro questa settimana. E Masaki …- il turchese perde un battito -Grazie per aver risposto.- conclude la donna placida, ma felice.
Calano interminabili minuti di silenzio in cui il tredicenne non riesce a spiccicare parola. La donna sta per congedarsi e chiudere la chiamata, ma repentinamente il il figlio la blocca.
-Sono entrato nel club di calcio della Raimon!- pronuncia tutto d’un fiato. Sentiva il bisogno di dirglielo. Lei sorride intenerita.
-Lo so. Abbiamo visto le partite in tv. Sono rimasta sbalordita! Sei bravissimo Masaki. - si complimenta e per riflesso il piccolo si gratta la nuca imbarazzato.
-Beh … adesso non esagerare … ecco me la cavo.- fa sorprendentemente il modesto, quando normalmente alzerebbe il mento orgoglioso accompagnato da uno dei suoi soliti ghigni stampati in faccia.
-Vorreste venire a vedere la prossima partita?- domanda con lieve timore.
-Ma certo! Ne sarei davvero felice!! E anche la tua sorellina ne sarà entusiasta!!- esclama con un’insolita euforia: sua madre è la sua fan numero uno.
-Bene … allora penso andranno bene dei posti in tribuna, così lei potrà respirar…
-Non è necessario che ci procuri i biglietti!
-Pff!- sbotta -Non dire sciocchezze! Sono stato io ad invitarvi, no? E poi non c’è problema. Li abbiamo gratis i biglietti, noi. Cosa credi?
La donna non ci crede molto ma infine si arrende: - E va bene! Mi fido.- sospira.
-Allora ci vediamo domenica.- conclude a quel punto il piccolo difensore.
-Sì, a domenica … Buonanotte Masaki . Ti voglio bene.
-Mhm … Buonanotte e … ti voglio bene anch’io. - la cornetta viene così riagganciata. Masaki avverte uno strano calore infiammargli le guance e gli occhi pizzicare.
 
 
Il giorno dopo alla porta del club di calcio della Raimon si presentano delle vecchie conoscenze, che vengono accolte con grande entusiasmo di tutti. Ovvero Minamisawa Atsushi e il capitano, nonché portiere, della Gassan Kunimitsu. Una sorpresa alquanto inaspettata, che ha lasciato stupiti e lieti tutti tranne Kariya. Il difensore non li conosce bene, sa solo che il tipo dai capelli viola è stato un ex componente della squadra. Di certo non può di dire di non essere rimasto nel vederli, ma la cosa non lo sfiora più di tanto
-Minamisawa! Che sorpresa!! Cosa ci fai qui?- domanda Sangoku, emozionato.
-Sono passato a vedere come ve la state passando, voi della Raimon.- risponde con non-chalance ravvivandosi il ciuffo viola. “Ah ecco …” pensa intanto il kohai con uno sbuffo. Ma non è l’unico apparentemente irritato dato che Kurama gli lancia occhiate di fuoco, le quali il malva avverte ma ignora palesemente.
-E dato che d’ora in poi le partite si faranno sempre più difficili, ho pensato di darvi una mano con gli allenamenti.- si spiega -Per questo ho portato con me anche Hyuudo.
-E’ un piacere rivedervi.- saluta quest’ultimo facendo un passo in avanti.
-Anche per noi lo è. - risponde ancora una volta Sangoku.
“Quanti convenevoli …” pensa annoiato l’azzurro appoggiando il mento sullo schienale del divanetto. Kageyama accanto a lui, invece, sembra tutto il contrario con quegli occhi sbrilluccicosi.
-In realtà, vorrei che mi aiutaste ad allenare un’altra persona.- accenna il portiere rivolgendo una breve occhiata di assenso a Shindou.
-Di chi si tratta?- domanda  quel punto il suo ex compagno di classe.
-Di Nishizono Shinsuke. Ho visto delle potenzialità in lui e credo che abbia tutte le carte in regola per diventare portiere.
L’ultima affermazione lascia i due ospiti alquanto meravigliati. Nel team, invece, correva da un po’ di giorni la voce che Shinsuke potesse diventare il nuovo portiere della squadra, ma non c’era ancora nulla di ufficiale.
-Che ne dici Hyuudo?- chiede Atsushi al compagno che conferma la sua complicità.
-Io ci sto.- risponde.
-Allora è deciso!- interviene alla fine Takuto, rivolgendosi ai compagni.
Così si cambiano velocemente indossando la divisa da calcio e nel momento in cui Minamisawa e gli altri si avvicinano alla porta questa si apre automaticamente rivelando la figura della new entry della Raimon, ovvero Furude Rin.
-Ah sei arrivata … - esordisce Sangoku, il quale si trovava davanti al gruppo accanto al malva, ma si interrompe osservando l’espressione stupita della ragazza lì ferma sulla soglia a fissare stupita Minamisawa. Quest’ultimo non è da meno, infatti sbatte più volte le palpebre allibito.
-Atsushi …?- parla alla fine la ragazza, ricomponendosi.
-Allora avevo visto giusto! Sei proprio Rin. - le risponde l’altro accennando ad un sorrisetto divertito. La ragazza ribatte con una lieve smorfia di disgusto.
-Ma come vi conoscete?- interviene Kirino per ulteriori chiarimenti.
-Siamo amici di infanzia.- fa spallucce il malva come se stesse parlando di qualcosa di ovvio e scontato. Rin lo guarda con disappunto, limitandosi a sospirare seccata.
Non ha mai sopportato quella faccia di bronzo che si ritrova.
-Vero Ricchan ̴ ?- e anche quel nomignolo fastidiosissimo che pronuncia con quella voce irritante che si ritrova. La giovane con un tic nervoso al sopracciglio si sforza di trattenersi dal prenderlo letteralmente a pugni: “Stai calma Rin …” .
Tuttavia non è proprio nel suo stile non mostrare almeno un minimo di reazione, non con il ragazzo dai capelli viola almeno.
-Come no … - afferma ironica assestandogli un colpo dritto allo stomaco con il borsone da calcio -Spostati idiota!- ribatte brusca entrando nella sala del club.
-Aahaha … Non sei cambiata di una virgola! Sempre molto gentile, eh?- la schernisce ancora un po’ piegato dal colpo.
-Sei l’ultimo che può farmi la paternale!- ribatte stizzita aprendo di scatto la zip della sacca. I ragazzi fissano la scena divertiti e perplessi allo stesso tempo: nessuno di certo si aspettava una cosa simile!
-Bene ora che abbiamo chiarito la situazione direi che possiamo andare.- interviene il senpai Subaru per svegliare gli animi.
-Io arrivo fra un momento.- avvisa la ragazza dalle iridi cristallo, mentre estrae la divisa da calcio.
-D’accordo.- risponde Shindou raggiungendo il gruppo che si avviava, dopo di ché la porta si richiude. Resta sola a guardare per un momento quella lastra di metallo automatizzata, figurandosi in testa la schiena di Atsushi che si allontana con i vecchi amici. Poi si volta e torna a cambiarsi per indossare maglia e pantaloncini.
-Chissà perché ti sei trasferito alla Gassan Kunimitsu … - mormora tra sé e sé.
 
 
Grazie all’aiuto di Hyuudo, di Minamisawa-senpai e dei suoi compagni, Shinsuke è riuscito ad evocare un grandissimo keshin parando addirittura il Lost Angel di Tsurugi.
Adesso è tardo pomeriggio e gli allenamenti si concludono con grandi risultati per il team. I due ospiti della Gassan sono andati via e i ragazzi restano ancora un po’ fuori in panchina a riprendere fiato e dissetarsi.
Furude sta bevendo dalla bottiglia mentre Sangoku le si avvicina.
-Oskaresama*.- dice il ragazzo porgendole un asciugamano.
-Oh … Oskaresama-desu, senpai.- accetta volentieri asciugandosi il viso.
-Oggi abbiamo un altro portiere nella squadra!
-Già, ci hai visto giusto senpai. Io non l’avrei mai detto!- ammette la corvina sistemando l’asciugamano sul collo.
-Anche Minamisawa ne è rimasto soddisfatto.- continua il portiere dando uno sguardo al campo immerso nella luce aranciata del tramonto.
-Visto che lo nomini, posso farti una domanda?- l’altro annuisce incuriosito.
-Perché ha lasciato la Raimon?- chiede seria.
-Beh … All’inizio le cose non andavano affatto bene nel club. Eravamo pressati dal calcio del Q.S. e con i nuovi arrivati e l’allenatore Endou, che volevano giocare per vincere, ha mollato prima dell’inizio del campionato. Non credeva in questa idea di libertà e decise di schierarsi con il calcio del Q.S. . Tuttavia alla fine ha compreso perfettamente le nostre intenzioni.
Rin ascolta assorta quelle parole: “Sarà davvero così?” pensa poco convinta.
-Capisco … - si limita a dire.
-Quindi siete davvero amici di infanzia?- chiede il ragazzo con un’espressione lievemente divertita, ripensando a quella buffa discussione negli spogliatoi. Ma Furude volge lo sguardo di fronte a sé.
-Semplice. Sia mio padre che il padre di Minamisawa sono soci in affari. Ecco perché ci conosciamo da piccoli, non che ci sia tutto questo legame comunque …
Il senpai rimane in silenzio senza toccare più l’argomento.
-Furude? - riprende poi, il più grande.
-Mmh?- si volta in direzione del suo interlocutore.
-Avrei un favore da chiederti.
 
 
Ancora una volta le iridi azzurro cielo spiano dall’ingresso di quel, ormai familiare, parco giochi. Ranmaru sta davvero considerando l’idea di esser diventato uno stalker. Sebbene all’inizio non avesse intenzione di seguirlo, non ha resistito all’idea di passare di nuovo di lì per vedere se il suo compagno ci fosse. E infatti c’è, ma non solo. È di nuovo in compagnia di quell’uomo che, più lo guarda, più si convince che sia il padre. Sospira impotente per quella situazione: non ha poi tutta questa confidenza con Kariya per potersi impicciare nei suoi affari. Del resto non stanno facendo nulla di male. Tuttavia ammette a se stesso di essere rimasto sbalordito dall’atteggiamento del compagno. Anche adesso lo vede, lo sente … felice.
Felice gli pare, ma forse dentro di sé si sente nostalgico o triste, chi lo sa? Non riesce a leggergli dentro alla perfezione e Kirino prova un senso di inettitudine nei confronti del kohai, perché vuol dire che non si fida completamente di loro, figuriamoci di lui.
Ognuno ha i suoi tempi, ma il rosa avrebbe voluto tanto vedere quell’espressione serena e gioiosa sul volto del compagno mentre giocavano a calcio. Come quella che sta mostrando in questo momento con quel uomo: ovviamente, non si intende che si sia trasformato da brontolone all’individuo più ottimista di questo mondo  (tipo Tenma), ci sono quei dettagli, quei maledettissimi e conturbanti dettagli che lo rendono diverso dal solito.
Si stacca un attimo dalla parete, convincendosi che deve smetterla di guardare Kariya come un povero disgraziato solo perché è finito in orfanotrofio. Decide di andarsene e mentre da un’ultima occhiata al quel parco ammette comunque che è un peccato che mostri questa doppia faccia. “Ha un bel sorriso, in fondo”.
Ma il nostro senpai non può di certo sapere quale tragica e nefasta tempesta investirà il fragile equilibrio di Masaki. E quel sorriso che Ranmaru non vuole rovinare tra non molto sarà lavato via dalle lacrime.










Minnnnaaaaa!!! Sono tornata finalmente!!!
Ovviamente sono assolutamente imperdonabile per aver atteso quasi ... un anno? UN ANNO per postare il capitolo successivo! Non ho scusanti ma il 5° anno e la maturità (sono uscita con n bel voto sapete? XD) mi hanno prosciugato tempo e ispirazione ... però a voi non frega niente e perciò ecco qui il capitolo! TADA!! Ok basta -3-
Spero, nonostente tutto, che continuiate a seguirequesta storia e già che ci snon ringarzio a chi l'ha inserita nelle preferite, nelle ricordate, nelle seguite e soprattutto a chi ha ecensioto. Vi ringrazio dal profondo dell'animo! 

Kisses <3<3



 

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Capitolo 19
*** Capitolo 7 ***



*Capitolo 7*
 
 


La porta bussa, ma lui non dà risposta,
racchiuso nel silenzio di quella stanza.
Non vuole vedere e sentire nessuno, desidera solo starsene per conto suo.
Che c’è di male? Sembra che tutto e tutti vogliano compatirlo e consolarlo dal dolore. Ma lui non prova dolore. Sta bene … Sta come sempre …
Nello sguardo vacuo solo carta straccia piena di parole non dette.
Patetiche scuse, sempre e solo quelle. È stanco di questo.
Stanco del mondo.
Da fuori c’è un brusio fastidioso, il quale ignora. Alla fine vi è un attimo di silenzio e spera di essere lasciato in pace. Vanamente.
L’uscio si schiude: non aveva chiuso a chiave.
-Ehi … Masaki.
 
 
La semifinale contro l’Arakumo Gakkuen è ormai alle porte e tutti i membri della Raimon sono su di giri. Si sentono ormai vicino al traguardo, ma proprio per questo dovranno fare maggiore attenzione.
L’allenatore Kidou ha concesso a Sangoku –su richiesta di questo– di  effettuare degli allenamenti intensivi per migliorare le sue tecniche speciali e le sue prestazioni fisiche. Fin qui nulla di strano, ma la giovane Rin si chiede perché -tra tutti- proprio lei! Perché scegliere lei? E non si sta parlando di svolgere il ruolo di “compagna d’allenamento” bensì di coach!
Se pensa a come il senpai si è profondamente inchinato per volgerle quella richiesta: -Onegaishimasu, Furude-san! Allenami!- disse quel giorno, mentre lei stentava a crederci a quello che aveva appena udito. Al chè, l’unica cosa che le parve logico dire fu: -Ti è dato di volta il cervello?!
Insomma nulla è servito fare la difficile, alla fine è riuscito a convincerla (o costringerla) ad accettare. Personalmente la corvina si rifiuta di sottoporre il portiere al quell’estenuante nonché inumano allenamento, il quale lei stessa ha eseguito per raggiungere quel livello. Per questo sta tentando in ogni modo di trovare una via di mezzo. Dato che le tocca preparare il menù degli esercizi, ha deciso di cominciare in anticipo rispetto agli allenamenti mattutini per riscaldarlo con la corsa.
Suo malgrado è costretta ad alzarsi alle cinque del mattino per correre insieme a lui per le vie cittadine, spingendosi sino al tempio. Lì gli fa salire le scale di corsa mentre conta i giri.
All’inizio, ovvero l’altro ieri, Sangoku è rimasto sorpreso quando agli allenamenti Furude si era presentata con i pantaloncini da calcio e una semplice maglia nera annunciandogli che avrebbero iniziato a correre e, su consiglio/ordine della ragazza, aveva indossato qualcosa di più adatto rispetto alla sua divisa.
E da quel momento Rin è stata fantastica, correndo in una forma splendida che, giurava, perfino nel club di atletica leggera se la sarebbero sognata! Percorse tutto il perimetro della scuola per due ore senza mai fermarsi o allentare il passo. Solo allora il ragazzo si accorse di quanto rimanesse indietro rispetto alla sua figura, che era quasi un puntino all’orizzonte. A distanza di due giorni dall’inizio del suo allenamento speciale, è leggermente migliorato, ma la giovane continua sempre a distaccarlo di parecchio: nel poco tempo a disposizione prima della partita è sicuro che non riuscirà mai a raggiungerla.
-Non preoccuparti se stai distante! L’importante è che tu non smetta di tenere questo passo.- rassicura durante la corsa, continuando così dal tempio fino alla Raimon J.H. . Stavolta Sangoku si è fermato solo una volta, prima di tirare dritto fino al campo esterno dove era già ora degli allenamenti mattutini. Ricorda ancora le facce sconvolte dei suoi compagni il primo giorno, quando –appena entrato– crollò sfinito negli spogliatoi. Finalmente i due raggiungono il campo esterno terminando la loro corsa: il portiere è praticamente esausto, mentre la sua coach riprende appena fiato mentre si stabilizza il battito.
-Beh? Come ti è sembrata oggi?- fa la corvina con un leggero sorriso.
-Insomma … direi meglio … di ieri.- risponde il senpai ancora affaticato.
-Vedi di riprendere fiato allora, perché non abbiamo ancora finito.- annuncia perentoria - Ti aspettano una serie di addominali e flessioni mio caro!
Sangoku non può di certo lamentarsi visto che ha chiesto lui tutto questo, per cui si risolleva e ricomincia più determinato di prima. Svolge una serie di trenta addominali e altrettante flessioni: quest’ultime sono state più dure in quanto ha indossato i pesi. Infine si sono concessi una pausa.
Il portiere non riesce quasi ad alzarsi da terra, mentre la ragazza si rinfresca con la borraccia.
-Tieni.- porge all’amico che biascica un ringraziamento. Sangoku non capisce, non svolto nulla di diverso dal solito: ha fatto stretching, corso, eseguito addominali , flessioni. Sono cose che pratica spesso, ma allora perché è già così affaticato?
-Se te lo stai chiedendo: i tuoi ritmi sono radicalmente cambiati.- esordisce la compagna, intuendo i suoi pensieri –Adesso corri di più ed ad un ritmo più sostenuto, svolgi più esercizi fisici rispetto al solito riscaldamento prima dei tiri in porta.
Solo a quel punto il senpai boccheggia, rendendosi realmente conto del significato delle sue parole. Lui non si era mai allenato così sul suo fisico, tranne quella volta con l’allenatore Kidou.
“Questo vuol dire … che Furude fa queste cose da molto più tempo!” tale consapevolezza lo colpisce come un fiume in piena. Guarda la giovane sotto una luce diversa adesso: “Mi domando quali siano le sue reali abilità …”.
-Mi spieghi che cosa ti ha spinto a chiedermi di allenarti?- domanda Rin, non potendosi più trattenere dalla curiosità.
-Beh … in realtà, ho visto molti video di partite giocate dalla tua precente squadra e da lì mi sono fatto un’idea delle tue reali capacità …
-Non dire sciocchezze senpai! Ero una schiappa all’epoca! Sputa il rospo, avanti. Chi te l’ha suggerito?
Aveva detto una mezza verità, ma non le sfugge nulla a quanto pare.
-Kudou kanto-kun … - rivela, un po’ colpevole in un certo senso. La ragazzina non gli risponde, semplicemente si gira e muove qualche passo verso la palestra interna.
-Vieni.- dice solo -Andiamo dentro. Devo mostrarti una cosa.
E senza aggiungere altro la segue all’interno della palestra.
 
 
Intanto la scuola comincia a popolarsi per via di tutti coloro che partecipano alle attività mattutine dei club. Tra questi vi è anche Shindou in compagnia, da un po’ di tempo a questa parte, solo di Kirino. Infatti il capitano era solito recarsi agli allenamenti mattutini anche insieme a Furude. Deve ammettere di sentirsi un po’ solo a colazione e da qualche giorno si è anche imposto di prepararle il bentou, dato che quella ragazza ha a mala pena il tempo per un sorso di the. Non è eccellente come cuoco, ma nemmeno da buttare: si può dire che è grazie a Ranmaru se la sua impeccabile media scolastica si è salvata ad economia domestica. Eppure, non sa se per compiacerlo o meno, Rin pare apprezzare la sua cucina: per esempio, l’ultima volta si è cimentato nel riso fritto –che a dir suo era un po’ bruciato– e la ragazza si è spazzolata tre ciotole senza remore. 
Cammina pensoso, chiedendosi come stia procedendo l’allenamento con Sangoku.
-Ehi! Attento!- si sente tirare a un certo punto per la manica della divisa e solo allora si risveglia dai suoi pensieri. Kirino lo squadra un po’ perplesso prima di dirgli: -Dormi in piedi? Per poco non prendevi il palo!- conclude con un sorrisetto alquanto divertito.
-Oh … grazie. Non me ne ero proprio accorto!
-Eheh … Ho visto!- incalza il migliore amico -Cosa pensi?
-Niente, niente. Andiamo.- svia così il discorso precedendolo di qualche passo. Arrivano agli spogliatoi ancora deserti e cominciano a cambiarsi.
-Secondo te sono ancora in giro quei due?- esordisce Takuto, riferendosi al fatto che i loro compagni non si trovano nemmeno nel campo esterno della scuola. Il rosa volge gli occhi in alto pensandoci un po’ su:
-Può darsi che siano al campo al fiume.- ipotizza e il capitano mugugna una mezza risposta allacciandosi lo scarpino. Ranmaru può constare quanto siano tutti strani ultimamente: insomma prima Kariya, poi Shindou … ci manca solo che anche Tenma si metta a fare il misterioso.
“Forse mi sto scervellando troppo …” pensa il difensore, tuttavia non può scacciare il volto del kouhai a quel pensiero. Si era ripromesso di non impicciarsi negli affari privati dei suoi compagni di squadra, ma la curiosità lo sta quasi uccidendo. Chi sarà mai quell’uomo? Il padre?
Ne ha il forte sospetto data l’indubbia somiglianza, ma non è certo.
-Vado un attimo al campo interno. Ieri ho dimenticato la cartella del kenshu-menù sulla panchina, probabilmente.- annuncia l’amico risvegliandolo bruscamente da quel torpore. Annuisce appena: pensa agli altri, ma forse quello strano è proprio lui ultimamente.
Così Shindou lascia l’amico negli spogliatoi ancora vuoti; stranamente si sono incontrati prima del solito per andare agli allenamenti. Ma ben presto quell’innaturale silenzio verrà colmato dagli schiamazzi dei loro compagni, per fortuna. Raggiunge la panchina e trova subito quello che cercava, ma si blocca nel momento in cui i suoi occhi incrociano il campo. Con sua somma sorpresa lì trova Rin e Sangoku. Lui si sta sistemando i guanti davanti alla porta, mentre lei è nell’area di rigore. Ha una postura ritta, quasi tesa: cosa che –Shindou nota– non è da lei. E nemmeno quell’espressione seria ed impassibile che può scorgere da quell’angolazione sui suoi lineamenti.
-Allora, cosa volevi mostrarmi …? - quando il portiere nota gli occhi algidi della ragazza, l’inflessione pacata della domanda si affievolisce nell’incertezza che assume il suo sguardo.
-Sei davvero sicuro di voler proseguire questo allenamento?- comincia quella, lapidaria.
-Come …?
-Capisco che sia sciocco chiederlo dopo appena tre giorni, ma credimi è importante.
-Sì, certo che voglio!- afferma determinato il senpai. Rin accenna ad un mezzo sorriso.
-Il punto non è desiderarlo solo a parole. Fino a che punto sei disposto a spingerti per diventare più forte?- l’eco della palestra rende ancora più forte quella domanda, che colpisce il portiere dritto allo stomaco.
-Che intendi dire?- inizia a sentirsi a disagio a quel discorso, ma Furude continua imperterrita.
-Ho saputo che siete stati alla God Eden, nella cosiddetta Isola del calcio.
-Esatto.- afferma l’altro.
-E anche che avete affrontato sia la Unlimited Shining che il Team Zero, composto anche da alcuni giocatori dell’Ancient Dark.
Al divulgo di tutte quelle informazioni, Sangoku e Shindou rimangono basiti.
“Come fa a sapere tutto questo?” si chiede il capitano, alquanto allarmato. Da quel che sa solo una ristretta cerchia di persone ne è a conoscenza, ma pensandoci bene potrebbe averlo saputo proprio tramite questi.
-Beh!- esclama poi, a braccia conserte -Vi sarete fatti certamente un’idea sul tipo di avversari che dovrete affrontare.
Inevitabile è il ricordo per entrambi di quei giorni infernali su l’isola e dello scontro titanico avvenuto tra le due squadre. Di certo, se Endou e i suoi compagni non fossero intervenuti, sarebbero finiti per soccombere.
-Ti dirò una cosa: se pensate davvero che sia finita lì, vi sbagliate di grosso! Se credete davvero che in quella partita il Q.S. abbia raggiunto l’apice della potenza, commettete un grave errore.
Il portiere sgrana gli occhi a quelle parole pensanti come macigni e non di certo alleggerite dal tono secco e lo sguardo austero di lei.
-Ti sto … anzi, vi sto semplicemente avvisando. Non sottovalutateli, a maggior ragione se hanno deciso di farvi proseguire con questa rivoluzione quasi indisturbati. È vero, le partite le avete vinte tutte e le vittorie sono più che meritate, ma se avessero davvero voluto togliervi di mezzo avrebbero chiuso il club senza troppe cerimonie.- continua con fermezza socchiudendo le palpebre.
“E’ vero …” riflette il pianista, in disparte “ Più volte me lo sono domandato senza risposta”.
-Per cui, ti riformulo la domanda: sei disposto a dare tutto per diventare più forte? Anzi … Sei disposto diventare più forte per proteggere i tuoi compagni?!
Non ha detto squadra, ma compagni. È sottinteso che i compagni siano comunque la squadra, la Raimon, tuttavia a Shindou è parso che si riferisse a qualcosa di più personale.
-Naturalmente!- è la decisa risposta di Sangoku e Rin sorride.
-Bene, allora preparati …
Dal nulla, una lieve fluorescenza azzurra comincia a fuoriuscire dal suo corpo. A tratti emerge dalle braccia, dai polpacci, perfino da sotto gli occhi cristallini, i quali risplendono ancora di più grazie a quell’inquietante lucore. Poi un enorme flusso, della stessa consistenza, si espande  dalla schiena ingrossandosi verso l’alto come una nube densa. L’espressione del senpai è indecifrabile. Istintivamente fa mezzo passo indietro, mentre quelle iridi brillano di un azzurro vivido che rasenta il demoniaco.
-Preparati … - ripete - Perché non avrò pietà!
Poi un’enorme boato, vapore. Ciò che emerge fuori fa solo tremare il portiere e pietrificare il castano sul posto.
Così Furude Rin palesa, per la prima volta, il demone che c’è in lei.
 
 
Finalmente il grande giorno è arrivato e Masaki siede sul divano a torcersi le mani. In tutto il pomeriggio non è riuscito a concludere nulla. Infatti, terminati gli allenamenti, è filato dritto a casa con un’isolita impazienza. Ha buttato il borsone chissà dove e ha trovato un biglietto di Hiroto e Midorikawa i quali lo avvertivano che sarebbero andati a prendere sua madre e sua sorella dall’aeroporto.
Già, sua madre e sua sorella … ecco il motivo. Non pensava si sarebbe sentito così, ad un passo dal rivederle di nuovo dopo due lunghi anni.
Chissà se sono cambiate o non sono cambiate affatto. Beh … sicuramente la piccola sarà cresciuta e …
-Aahhhhhh!!- grida d’improvviso scarmigliandosi i capelli azzurri.
-Tutta questa agitazione non serve a niente!!- si ripete all’infinito tentando di auto convincersi che non è nulla di ché. Ha provato in ogni modo a distrarsi: ad esempio con la playstation o con le sue canzoni preferite nelle cuffie dell’i-Pod, ma senza successo.
Si alza di scatto dirigendosi verso il frigo, tanto è sicuro che Ryuuji gli abbia lasciato qualcosa da mettere sotto i denti, come sempre. Ci trova un piatto con tre bei onighiri che addenta senza neanche pensarci.
A stomaco pieno si sente un po’ più rilassato, tuttavia quando butta l’occhio sull’orologio si accorge di non poterselo permettere. Sono le sette e mezza, potrebbero arrivare da un momento all’altro e lui ha ancora la tuta da calcio indosso e non si è nemmeno fatto la doccia!
Corre immediatamente in bagno a lavarsi da quel fetore di sudore che ha addosso. Ci mette meno di dieci minuti e già apre l’armadio a prendere un  cambio di vestiti puliti. Ritorna soddisfatto in salotto, ma si batte un palmo sulla faccia per tutto il casino che ha combinato.
-Maledizione!- sbraita affrettandosi a rimettere tutto a posto. Ci riesce, per sua fortuna.
Quando sente lo scatto della serratura gli sale d’improvviso il cuore in gola. Tutto quel darsi da fare era stato un incentivo per non pensare, ma alla fine il momento tanto atteso e temuto è giunto.
Sente la porta aprirsi completamente e delle voci giungere dal corridoio, istintivamente si irrigidisce deglutendo a vuoto.
-Siamo a casa Masaki!- la voce di Hiroto lo richiama dall’ingresso.
Lui si affaccia semplicemente sul corridoio per rispondergli incerto:
-O- Okaeri …
Poi la nota, lì infondo al genkan vi è una figura femminile accompagnata da un’altra più piccola. Una donna dai lunghi capelli castano scuro e gli occhi d’un nero profondo, dolce e quasi stanco. Nonostante il suo lavoro e il continuo occuparsi della figlia nei periodi più ostici della malattia, conserva ancora quella bellezza acqua e sapone non ancora sciupata dal tempo, dai problemi e dai ritmi quotidiani. Piccola e minuta alla fine è come se la ricordava, forse solo i capelli sono più corti rispetto a prima.
Rimane imbambolato a fissarla senza dire nulla, non sa che dire.
Hitomi ricaccia indietro la patina di lacrime dagli occhi, sorridendogli dolcemente.
-Ciao, Masaki.- dice semplicemente.
-Ma…Masaki-nii …- una vocina tremolante giunge dal basso attirando l’attenzione del tredicenne.
La manina della piccola Asuka è ancora stretta a quella della sua mamma mentre lo guarda con ingenua curiosità. Lei è quasi la sua copia al femminile, tranne per i capelli scuri come quelli della madre. L’azzurro rimane catturato da quelle pozze ambrate identiche alle sue, se non ancora più grandi e più dolci. Lo sguardo della sua sorellina gli fa venire in mente tante cose, cose che sanno di casa … Quanto gli sono mancate.
Hiroto e Ryuuji si fanno da parte, lasciando quel momento intimo per loro.
Alla fine si passa in fretta la manica agli occhi per celare la debolezza. Non sa definire quello strano dolore che ha al petto, ma molto probabilmente si tratta di sollievo o di gioia. Sa solo che non ha mai voluto abbracciarle come in quel momento, però si contiene.
-Che fate lì in piedi? Entrate, coraggio!- più che un invito sembrava un mezzo ordine, ma va bene comunque, il messaggio è chiaro.
-Grazie, Masaki …

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E rieccomi ancora a postare, dopo non molto tempo rispetto all’ultima volta ^-^
Stiamo vicini alla fine della parte della storia incentrata su Masaki e pertanto vi pregherei di non perdervi il prossimo capitolo che sarà cruciale!
Mi aspetto delle belle recensioni, perlomeno XD Sto cercando di conciliare gli impegni universitari con questo hobby, per tanto non deludetemi mei seguaci.
;)
 
 
 
 

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