Bar da Tony

di La_Ari
(/viewuser.php?uid=104837)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- In cui Rachele esaspera Erika ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- In cui c'è il torneo di biliardo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- In cui Rachele esaspera Erika ***


Pieno pomeriggio di un giorno mediamente caldo, quando o si è nel pieno delle proprie occupazioni o non si ha la minima voglia di far qualcosa. Il bar da Tony a guardarlo con uno sguardo esterno, sembrava molto tranquillo, con i soliti volti noti. Il proprietario, colui che dava il nome al bar, un uomo di mezza età, con capelli e barba lunga e molto orgoglioso della sua pancia, stava seduto dietro il bancone, a guardare il televisore, anche se il sonno e la noia gli faceva di tanto in tanto chiudere gli occhi o sbadigliare. Chiara, la sua barista, un'avvenente ragazza mora e di bell'aspetto, stava leggendo un libro, senza accorgersi che il ragazzo al bancone la stava fissando. In realtà probabilmente non lo notava perché Giacomo, il ragazzo alto e secco e dall'aria da innegabile sfigato, se ne stava sempre a fissarla con i suoi occhi verdi, e tutti avevano chiari i pensieri che gli passavano per la testa quando lei si inumidiva l'indice per voltare la pagina.

Ad un certo punto la porticina posta sulla scala in ferro in fondo alla sala si spalancò. Tutti diedero una fugace occhiata, e sarebbe rimasta veloce se la figura che comparve non fosse stata vestita così com'era. Rachele, una delle ragazze che abitava al piano di sopra, scese i gradini veloce, indossando una vestaglietta rosa a pallini bianchi eccessivamente corta e sui cappelli neri e lunghi aveva calcato un cappellino con il frontino voltato all'indietro. Il cappellino era sicuramente uno dei suoi tratti caratterizzanti, ma l'abbigliamento non di certo, visto che solitamente metteva vestiti larghi, da vero rapper. Giacomo per poco non cadde dallo sgabello mentre la ragazza raggiungeva il bancone, battendoci le mani e sorridendo esageratamente.

“Tony, non è che ci avresti un po' di panna che io e Viola l'abbiamo finita?” chiese indicando con la testa il piano di sopra e riferendosi alla compagna.

In quel momento entrò Erika, la nipote di Tony che abitava di sopra, di ritorno dall'università. Si bloccò sulla porta, guardando la coinquilina conciata a quel modo, che voltandosi le fece un cenno della mano per salutarla, come nulla fosse. Erika imprecò, prima di fare dietrofront ed uscire, lasciando un po' delusa l'altra. Lei era una ragazza non molto alta, dal taglio di capelli particolare, con piercing e tatuaggi, ma nonostante il suo aspetto da ribelle, era una delle persone con più senso morale al mondo.

“A che ti serve la panna montata?” chiese Chiara innocentemente.

Una risatina idiota scaturì da Giacomo, che stava già immaginando le cose a cui poteva servire, oltre a conoscere bene cos'era solita combinare Rachele, visto che era suo coinquilino.

“Eh, la devo usare per metterla su...” iniziò la ragazza senza problemi.

“Non dirlo!” sbucò la testa di Erika dalla porta, fermandola. “Sappiamo benissimo che non è per la cioccolata calda vista la temperatura!” ammiccò un sorrisino prima di uscire di nuovo.

Tony intanto aveva tirato fuori la bomboletta della panna spray e l'aveva passata alla ragazza.

“Al momento non ho spiccioli con me, sai com'è!” Rachele allargò le braccia. “Ma mettila sul mio conto!” allungò il pugno verso di lui, che accettò battendole il proprio contro.

Lei afferrò la panna, scappando via di corsa.

“Viola, ce l'ho, preparati!” urlò eccitata salendo le scale.

Appena si richiuse la porta, Tony si voltò verso l'ingresso.

“Erika, entra pure, via libera!” urlò.

La ragazza comparve sulla soglia, con sguardo sconvolto, facendo un tiro di sigaretta prima di gettarla via.

“Via libera un par di palle, visto che di sopra c'è uno spray party a cui non voglio partecipare.” avanzò frustrata.

“Io sì.” commentò Giacomo, con aria sognante.

Chiara passò per portare delle birre ai ragazzi attorno al bersaglio delle freccette, ma si prese un attimo per tirare una sberla sul coppino al ragazzo.

“Studia!” lo sgridò.

Erika intanto si sedette su uno degli sgabelli, mollando la borsa a terra e afflosciandosi sul tavolo.

“E' incredibile: ogni volta che Viola viene qui è la stessa storia.” sospirò.

“Latte e menta in arrivo!” disse premuroso suo zio preparandoglielo immediatamente.

Lei sollevò la testa, facendo un sorrisino gioioso da bambina a cui si mostra una caramella per farle tornare il buonumore.

“Ma io mi chiedo: se non è sulla cioccolata, a che serve la panna montata?” chiese Valentino, uno dei ragazzi impegnati a giocare a freccette, un tipo basso e riccio, dai denti grandi e lo sguardo sempre perso nell'innocenza più pura.

“Non mi dire che davvero non stai immaginando cosa sta succedendo lì di sopra!” si scandalizzò Ezio, uno dei suoi amici, che era ancora più basso dell'altro, era magrolino e aveva un ciuffo di capelli che gli cadeva sugli occhi e che era il suo orgoglio maggiore.

“Oh, cupcake!” disse l'altro illuminandosi come avesse avuto l'intuizione del secolo.

Tutti gli altri scossero il capo, mentre lui guardava Chiara che stava posando le birre lì accanto, in cerca di aiuto.

“Valentino, l'hai mai avuta una ragazza?” gli accarezzò una guancia, quasi intenerita.

“Sì!” disse indignato, non capendo perché sembravano tutti dubitarne.

Entrò proprio allora Lorenzo, il quarto inquilino del piano di sopra, bello e barbuto, solitamente con il fascino in ogni sua movenza. Ma in quel momento si stava dirigendo a passo svelto verso la scala per il suo appartamento.

“Evviva è arrivato!” esultarono i tre delle freccette.

“Salgo un minuto e sono dei vostri!” rispose lui senza fermarsi. “Preparate il tavolo!”

“No!” cercò invece di fermarlo Erika.

“Devo andare al bagno!” rispose lui scorbutico salendo in fretta gli scalini.

“Te ne pentirai!” urlò la ragazza mentre il coinquilino si chiudeva la porta alle spalle.

“Oh, quanto lo invidio.” sospirò Giacomino, che aveva seguito con lo sguardo lo scatto per lui coraggiosissimo di Lorenzo.

“Se ne pentirà, fidati.” ripeté la ragazza mentre gli arrivava il bicchiere di latte e menta.

“Comunque volete spiegarmi perché entrate sempre nel bar per salire quando avete un portone esterno tutto vostro?” chiese Tony ai due abitanti del piano di sopra presenti.

“Non dobbiamo tirare fuori le chiavi?” chiese retoricamente Erika.

“Perché è comodo.” alzò le spalle Giacomo.

“Nonostante fossi incluso nella domanda, era ovvio non parlasse con te, visto che sei sempre e sempre qui.” commentò Chiara sorridendo acida al ragazzo che rimase deluso.

La porta sopra la scala si aprì ancora e ricomparve Lorenzo, gli occhi spalancati e una mano a reggere la guancia. Iniziò a scendere lentamente le scale.

“Te le sei prese, eh?” sorrise Erika osservandolo, compiacendosi di aver previsto l'accaduto.

“Ebbene sì.” annuì il ragazzo. “Ma ne è valsa decisamente la pena.” fece brillare un sorrisone sornione, scambiandosi un cinque complice con Giacomo.

“Che hai visto?” chiese quest'ultimo, eccitato dai dettagli.

“Le ho beccate che...” iniziò a spiegare.

“Zitto.” ringhiò Chiara. “Non se ne parla nemmeno per scherzo.”

Lorenzo alzò le mani in segno d'innocenza e iniziò ad indietreggiare verso il tavolo da biliardo, ma fece di nascosto un segno con le dita a Giacomo, per comunicargli che lo avrebbe informato più tardi dei dettagli.

 

***

 

Erika se ne stava a ciondolare i piedi dallo sgabello, nettamente più felice mentre se ne stava a bere dalla cannuccia il suo bicchierone di latte e menta. Al tavolo di biliardo, dove i quattro amici delle freccette si erano spostati a giocare, si sentì improvvisamente una stecca cadere a terra. Alessandro, il più alto del gruppo, dai tratti spigolosi e gli occhi terribilmente buoni, si riprese dal fissarla, guardando il legno a terra e gettandosi a raccoglierlo in imbarazzo notando che lei lo guardava.

“Sai... Mani sudate e...” sorrise incerto tirandosi su, lasciandola vagamente schifata.

Lorenzo al suo fianco diede una spinta al ragazzo, facendogli poi un gesto come dire “quanto sei coglione”.

La porticina dell'appartamento si spalancò di nuovo, facendo scattare Giacomo speranzoso. Ne uscì Viola, la ragazza di Rachele. Era una tipa carina, dal viso furbo e le movenze femminili e sinuose, l'esatto opposto della fidanzata. Stiracchiandosi e indossando una felpa enorme che le arrivava quasi al ginocchio, evidentemente di Rachele, scese con calma le scale, mentre il ragazzo cercava di vedere qualcosa sotto il mini abito improvvisato.

“Finalmente posso salire a casa mia a fare una cazzo di doccia.” si alzò Erika, lasciando il bicchiere vuoto sul bancone e recuperando la borsa.

L'altra annuì senza nulla da dire, anche se non pareva capire perché non era salita prima: insomma, non era la prima volta che lei si muoveva per casa con loro a fare i propri affari in camera. O forse era davvero convinta del contrario.

“Ah...” tornò indietro l'altra. “Dimmi almeno che indossi l'intimo.” disse, perché la probabilità che non ce l'avesse la pareva turbare.

Viola si guardò attorno, indecisa su cosa dire. Arricciò le labbra in difficoltà, prima di sciogliersi in un sorriso di simulata disinvoltura.

“Certo che sì, che discorsi!” disse, con un gesto della mano come a minimizzare.

“Lo sapevo.” scosse il capo l'altra sconsolata, tornando sui propri passi. “Rachele, vedi di essere vestita o per domani ti faccio finire per strada a vivere!” urlò salendo le scale. “E per vestita intendo qualcosa più del solo cappellino!” si chiuse con un botto la porta alle spalle.

Intanto Giacomo aveva preso una bustina di zucchero, la prima cosa che gli era capitata a tiro, ed era pronto a farla cadere a terra per controllare se quell'intimo effettivamente non c'era. Chiara gli bloccò il polso, guardandolo minacciosa, facendolo desistere con un brontolio.

“Rachele mi ha detto di scendere a pagare la panna.” finalmente Viola dichiarò ciò per cui era uscita.

“Potevi prendertela con calma!” disse Tony, ancora un po' sconvolto da tutta quella storia.

La ragazza si frugò nella tasca della felpa e tirò fuori qualche moneta, posandola sul bancone. Il gestore batté il prezzo sulla cassa, dandole poi il resto e lo scontrino. Lei ringraziò, ripose tutto in tasca e in tutta tranquillità se ne tornò verso casa. Giacomo ovviamente continuava il tentativo di vedere qualcosa mentre saliva, e dalla parte opposta comparve Valentino, che teneva Ezio sulle spalle, il quale si allungava nel disperato tentativo di fare una foto.

“Visto niente?” chiese Tony appena si chiuse la porta, avendo mantenuto una certa sobrietà fino ad allora.

“No.” sospirò Giacomo, tornando sconsolato sui libri.

“Scattato niente?” chiese speranzoso ai due sul fondo sala.

“Se 'sto deficiente imparasse a stare fermo un pochino!” si lamentò Ezio, ancora sulle spalle di Valentino, guardando la foto venuta orribilmente mossa e lasciando deluso anche Tony che tirò un pugno sul bancone.

“Perché la prossima volta non ti arrangi, nano?” brontolò l'altro da sotto

Ezio tirò un pugno sulla testa di Valentino che con un lamento lo lasciò cadere a terra di botto, cosa a cui l'altro reagì scattando in piedi per picchiarlo.

“Calma ragazzi!” gridò Tony, perché non esagerassero. “Ci pensi tu?” chiese a Chiara, la quale annuì abituata avviandosi con una scopa in mano.

“Basta!” prese a colpirli con il manico di legno per dividerli.

“Quel marrano ha da pagarmela!” alzò un dito in segno di minaccia Ezio.

“Lo abbasso di altri dieci centimetri e poi ho finito!” rispose Valentino.

Chiara alzò la scopa, pronta a caricare un colpo per colpirli entrambi con tutta la forza possibile.

“Ogni tuo desiderio è un ordine!” comparve Alessandro, afferrando Valentino per le ascelle e trascinandolo via.

“Non hai che da chiedere!” Lorenzo prese Ezio per la vita per portarlo via e chiudere quella discussione.

 

***

 

Di sopra Erika era uscita da poco uscita dal bagno e si stava dirigendo verso la propria camera in accappatoio, frizionandosi con un asciugamano i capelli umidi.

“Rachele in da' house!” Rachele comparve sulla porta della stanza, con la solita vestaglietta della compagna e il cappellino, ora voltato per davanti, che esibiva una Madonna in multicolor, muovendo le braccia in aria seguendo un ritmo tutto suo.

Erika restò ammutolita per un secondo, mentre Viola compariva dietro l'altra.

“Oh, comunque lo volete capire che non potete scendere giù mezze nude quando vi pare e piace?” si riprese la coinquilina, cogliendo l'occasione di averle entrambe lì.

“Eccola che ricomincia: che sbatti!” fece una smorfia quell'altra. “E non qui, e non lì: cioè, calma zia!” gesticolò.

“Ma zia de che? Già conviviamo con due ragazzi, inoltre vi mettete in mostra davanti a tutti!” s'inalberò.

“Ma che ci vieni a riprendere che stai mezza nuda pure te!” le fece il verso Viola.

“Siete dei casi disperati.” se ne andò, lasciandole stare, tanto sapeva di non poter ottenere risultati.

Si diresse in cucina, per mangiare qualcosa e aprì la credenza in cerca del pacco di biscotti. Quando si rivoltò verso l'isola al centro della cucina, impallidì a trovarsi la bomboletta della panna davanti.

“Ragazze, la panna!” le richiamò.

“Ne abbiamo avanzata!” urlò Rachele dalla camera già nuovamente chiusa.

“Prendila pure se vuoi!” incalzò Viola.

Ovviamente mai una volta che capissero. Quando sconsolata la ragazza si sedette notò qualcosa di strano nel portafrutta. Allungò una mano, sollevando della stoffa rossa: dopo poco mise a fuoco riconoscendo lo straccetto come mutandine. Lanciò via l'indumento, gridando spaventata.

Rachele si precipitò di corsa in cucina guardandosi attorno, mentre si rinfilava il berretto in testa.

“Che succede?” chiese allarmata.

“Sono stata buona sul fatto che l'avete fatto qui in cucina, dove io ora vorrei mangiare.” iniziò Erika, cercando di mantenere la calma. “Ma non so se posso sopportare le mutande di Viola sopra alle mie mele.” disse a denti stretti, indicandole mentre stavano ora a terra.

Rachele rise, raccogliendole divertita.

“Deve essere successo quando io...” cercò di spiegare, con una faccia da beota con i fiocchi.

“Non continuare.” la bloccò subito l'altra, terrorizzata alla sola idea di cosa avrebbe potuto ascoltare.

“Che succede?” sopraggiunse Viola, scocciata di non poter continuare quel pomeriggio in camera.

Le mutandine le vennero velocemente messe sotto al naso dalla sua ragazza.

“Eh, se qualcuno qui la smettesse di giocare a “elastico per lo space shuttle” con le mie mutandine!” si lamentò afferrandole.

“Ecco, questo non lo volevo sapere.” crollò con la fronte sul banco Erika, saltando poi su ricordandosi cosa era successo in quella cucina.

“Abbiamo passato il bancone, stai tranquilla!” sbuffò Viola, quasi infastidita che la credesse così poco attenta. “E anche il tavolo e le sedie.” precisò con un gesto della mano. “Al frigo abbiamo dato una passata, amore?” chiese poi indecisa.

“Io ne ricordo due!” rise. “Badaboom e ribadaboom!” fece uno strano balletto equivoco con il bacino, facendo ridere l'altra ma disperare Erika.

“Avete finito?” piagnucolò questa.

“Certo.” disse Rachele, prendendo l'altra ragazza in braccio. “Ce ne andiamo a giocare a “mandami in orbita”, yo!” urlò correndo in camera.

Dopo poco una delle canzonacce che solo lei ascoltava, rap pieno di volgarità, partì a tutto volume ed Erika comprese che non poteva restare lì. Dopo un minuto si era già rivestita ed era di nuovo giù al bar: non sarà stato un porto molto sicuro, visto gli strani marinai che ci giravano, ma almeno poteva scappare da quelle pazze!

 

***

 

Rachele e Viola dopo un'oretta decisero che era giunto il momento di prendersi una pausa. Ovviamente per loro una pausa significava scendere giù al bar, dove d'altronde c'era sempre un continuo via vai di gente. La solita gente, però.

“Oh, avete finito di già?” commentò annoiata Erika guardandole arrivare, prendendo una manciata di noccioline e mangiandole.

“E soprattutto vi siete vestite, accidenti!” si lamentò Giacomino deluso.

“Abbiamo un annuncio importante da fare.” proclamò Viola, gioiosa.

“Oddio! Non staranno mica aspettando un bimbo!” si portò le mani davanti alla bocca Valentino, sconvolto e al contempo eccitato all'idea.

“Valentino, lo sai che è tecnicamente impossibile, vero?” chiese Alessandro.

Lui aggrottò le sopracciglia non capendo cosa intendesse. Lorenzo al suo fianco si schiarì la voce, guardando in malo modo il più alto.

“No, mi dispiace Valentino, non può essere.” gli passò un braccio attorno alle sue spalle, mentre Alessandro si tirava una pacca sulla fronte come avesse di colpo ricordato qualcosa.

“Perché?” chiese a bocca spalancata.

“Perché hai visto qualche nido di cicogna?” s'inserì Ezio.

“No.” disse Valentino.

“Ecco, quindi nessun bambino in arrivo.” concluse Lorenzo, mettendolo in pace.

“Dicevamo... Abbiamo una notizia.” riprese il discorso Viola. “Mi fermerò qui una settimana!” aggiunse raggiante.

“Cooooosa?” gracchiò Erika sbiancando.

“Clean your ears!” fece Rachele.

“Mi fermerò qui una settimana!” urlò Viola nelle orecchie di Erika.

“Ho capito!” gridò questa. “E' che non sono d'accordo!”

Rachele sorrise alzando le spalle, come non potesse farci niente.

“Ormai ho già avvertito i miei e portato qui i vestiti!” rispose placidamente Viola.

“Santi genitori che non sanno cosa fa la propria figlia qui...” sospirò Chiara.

“Ok, ok...” cercò di calmarsi Erika. “Promettetemi che mi lascerete vivere però? Perché sennò vi uccido. Entrambe.” le minacciò puntando loro il dito.

“Yo, yo, yo! Giuro sul sacro culo di Nicki Minaj: non ti disturberemo!” proclamò Rachele, battendo la mano contro quella di Erika.

 

***

 

Il giorno seguente la situazione era pressoché identica, a parte una solitaria Rachele che continuava ad aggirarsi per il bar come un'anima in pena.

“Ma tu non dovevi essere a far la spesa con mia nipote?” Tony la osservò vagare per il locale.

“Yessss, ma appena ho sentito che facevo la crosticina nel forno là fuori, me ne son tornata qui.” sorrise smagliante.

“Giustamente fare il fantasma che vaga per il locale è più utile.” bofonchiò lui.

“Sto aspettando Viola si svegli!” si avvicinò al bancone.

“Ah, non sia mai che stia sola due minuti!” considerò ironicamente Tony.

La porta del locale si aprì di botto e vi comparve Erika trascinandosi dei sacchetti della spesa. Scoprì i denti in un ringhio rivolto a Rachele che distolse lo sguardo con mal dissimulata indifferenza.

“Tu, specie di mollusco con il cappellino....” si avvicinò minacciosa, abbandonando le buste per dirigersi dalla coinquilina e tirare una botta sul cappellino della ragazza e farglierlo volare via.

“Ehi, keep calm zia!” si gettò a raccogliere il copricapo.

“Calma un cazzo!” le calciò via il cappello. “Ho dovuto portarmi da sola le cose, cose che chiaramente mangerai pure tu e pure quella bestia della tua ragazza!” ruggì. “E oltre il danno la beffa: ho fatto metà della strada dell'andata parlando da sola! Ti credevo dietro di me!”

Rachele stava fissando intanto il proprio berretto a terra, poco distante da lei, con un cipiglio concentrato, dando l'impressione di non ascoltare l'amica.

“E mi puoi almeno rispondere testa di rapa?” le diede una botta sulla fronte Erika.

“Mi hai calciato il cappello.” borbottò soltanto, con lo sguardo ferito.

“E lo faccio anc...” fece per caricare il secondo calcio, ma Rachele le si lanciò addosso atterrandola e iniziando una zuffa con lei.

“Ma possibile che sia sempre la stessa storia!” comparve Chiara di ritorno, allargando le braccia. “Marco!” schioccò le dita e un ragazzone silenzioso, che solitamente se ne stava sempre in un angolo del locale a farsi gli affari suoi, si alzò dal tavolino, avanzando con calma.

Prese Rachele di peso, portandosela via, mentre la barista prese per l'orecchio l'altra contendente e la obbligò ad alzarsi.

“Sciò ora!” le cacciò la barista.

Entrambe presero la spesa e si diressero a testa bassa al piano superiore.

 

***

 

Dopo aver sistemato la spesa, ovviamente da sola perché Rachele si era subito dileguta, Erika entrò nella propria camera, ma quando spalancò la porta si ritrovò davanti di colpo Viola, cosa che la fece urlare.

“Mi hai spaventata!” la incolpò Viola.

“Io?? Questa è camera mia!” si lamentò l'altra.
“Quindi?” la guardò la prima sbattendo gli occhi innocenti.

“Quindi te ne vai subito!” la cacciò. “Tu hai accesso limitato agli spazi comuni, alla camera di quella capra del ghetto di là e al massimo al bagno quando ti scappa.”

Viola si allontanò facendole il verso per le continue lamentele. Erika richiuse la porta, lanciandosi sul letto con un sospiro sfinito. Appena sistemata si voltò verso il proprio comodino per recuperare il libro sul suo comodino. Ma nel voltare la testa notò che il cassetto era leggermente in avanti. Lo osservò, lasciando stare il libro e tirandosi su ad osservarlo. Lo aprì sospettosa e dopo alcuni secondi si rese conto dell'accaduto. Si alzò e di corsa si lanciò fuori dalla stanza. Percorse la casa, facendo irruzione in camera di Rachele, beccandola alla finestra con una sigaretta in bocca. Erika le si gettò contro, strappandogliela dalle labbra.

“Yo, wattsaaaap?” allargò le braccia Rachele, non capendo.

“Cervello filante, credi che io non sappia che tu non ti compri MAI le sigarette?” fece un sorriso forzato l'altra.

“Me l'hanno offerta.” scrollò le spalle.

“Certo. Un pacchetto intero.” disse Erika, afferrando spazientita il pacchetto sulla scrivania. “Un consiglio: la prossima volta addestra meglio la tua scimmietta per i furti.” concluse prima di allontanarsi.

“Giiirl! Aspetta!” la fermò Rachele.

Erika la guardò in malo modo voltandosi. L'altra riprese la sigaretta dalle sue dita riportandosela alle labbra.

“Almeno fammela finire!” scrollò le spalle.

Erika fece un suono di gola prima di sparire infuriata e sbattere la porta.

“Deve avere il ciclo.” commentò Viola seduta sul letto osservando la porta.

“Dolce primulina mia, ma pure tu, se ti offri volontaria per prendere le sigarette, almeno fallo bene!” la sgridò Rachele.

“Guarda nel cassetto della scrivania...” bofonchiò l'altra senza badarci e riprendendo a sfogliare una rivista.

La ragazza eseguì l'invito e trovò tutte le sigarette del pacchetto svuotate lì dentro.

“Sei un fucking genius! A motherfucking genius!” spense in fretta la sigaretta per poi lanciarsi su di lei.

 

***

 

“Basta!” si spalancò la porta dell'appartamento. “Ne ho abbastanza!” Erika comparve con passo pestato e piena d'ira, tenendo dei vestiti tra le braccia.

Tutti la guardarono mentre se ne andava verso l'uscita del locale. Intercettò proprio in quel momento il povero Alessandro terrorizzato e lo guardò con quello sguardo arrabbiato.

“E tu che vuoi? Sparisci!” urlò cacciandolo.

Il ragazzo se ne scappò intimorito e in imbarazzo vistoso.

“Che c'è?” chiese lo zio, guardandola preoccupato.

“Aprimi la porta e lasciami fare!” gli disse indicando la porta con la testa.

L'uomo ubbidì, uscendo dal bancone in fretta e aprendole la porta. Erika uscì e si diresse al cassonetto lì davanti, aprendolo pronta a gettarci i vestiti.

“Oooooh! C'mon!” comparve Rachele alla porta, mentre si allacciava i pantaloni. “Non ti sai adattare!”

“Io non mi so adattare?” si voltò verso di lei Erika, incredula a quella parole.

“Yes girl!” allargò le braccia l'altra, come fosse ovvio.

“Io non mi so adattare!” fece ironica la coinquilina.

“Effettivamente c'hai qualche problema di gestione della rabbia!” comparve pure Viola, con aria annoiata a braccia conserte.

“Avevate promesso di lasciarmi in pace! E invece mi state risucchiando l'anima!” gridò ancora fuori, con il cassonetto aperto.

“Almeno potresti tornare dentro con i miei vestiti?” la invitò inacidita Viola.

“Che hanno combinato stavolta?” sbuffò Chiara.

“Questa settimana pare sia dedicata allo spazio: le ho trovate a fare il cosiddetto “astronauta in assenza di gravità”!” sbraitò in risposta Erika tornando dentro.

“Ah, figo quello!” commentò sornione Lorenzo.

“Yo, man, ti straccio like paper se facciamo una gara!” lo sfidò Rachele orgogliosa.

“Per favore Lorenzo non mettertici anche tu!” roteò gli occhi al cielo Erika. “Qui si tratta di me che trovo queste due a fare porcate o qualsiasi altro tipo di delinquenza contro di me! E non ce la faccio più!”

“C'mon... esageri!” gesticolò l'altra.

“Non credo proprio.” ringhiò la prima. “Sto impazzendo. Io vivo con te, e già questo non è facile. Ma se poi aggiungiamo Viola che ogni santo giorno viene qui, usa il mio spazzolino, mangia le mie cose... Oh, e dimentico tutte le volte in cui gira nuda per casa!” strepitò.

“Ehi, perché non ci sono mai in casa in questi casi?” fece sorpreso Giacomo.

“Perché sei sempre qui, semplice!” rispose snervata Chiara.

“Ho tutto il diritto di farla venire a casa!” si lamentò Rachele. “E con venire ovviamente è chiaro ciò che intendo!” ammiccò scema.

“No. Direi che il diritto non ce l'hai!” gridò Erika. “Sono stanca e non ne posso più! Certo non posso impedire che vi amiate, ma o imparate il rispetto, cosa che credo sia impossibile, o quel pidocchio diminuisce le visite!”

“Come l'hai chiamata?” si lanciò di corsa verso di lei Rachele, affrontandola faccia a faccia.

“Pi-doc-chio.” soffiò imbestialita l'altra.

Rachele la spinse inferocita. Erika mollò a terra i vestiti, pronta a rispondere.

“No!” Chiara urlò, interrompendole. “Non vi permetterò nuovamente di picchiarvi.” le ammonì.

“E gentilmente potreste smetterla di calpestare i miei vestiti?” fece Viola.

“Scusa honey!” Rachele si levò immediatamente.

Erika la guardò con sguardo di sfida e si pulì le scarpe sulla stoffa per sfogare la rabbia.

“Sia chiaro, quando torno vi conviene non entrare più nel mio campo visivo, o la prossima volta butto voi due nel cassonetto!” le avvertì prima di dirigersi verso l'uscita.

“E dove vai?” chiese Tony.

“Non lo so, ovunque non ci siano loro due!” rispose prima di sparire.

Viola intanto si era avvicinata ai vestiti e ne aveva raccolto uno.

“Il mio povero maglioncino...” piagnucolò guardandolo.

“Te ne ricompro un altro eh baby?” fece Rachele per rincuorarla.

“No, me la pagherà.” alzò uno sguardo freddo e vagamente da serial killer l'altra.

“Non me ne frega delle vostre guerre, ma o fate sparire entro due minuti quei vestiti da terra o finiscono tutti come stracci del locale!” le avvertì Tony tornando al bancone.

 

***

 

Quella sera Rachele se ne stava al bar a sgranocchiare delle patatine, condividendole con Viola, seduta al suo fianco. Vide tornare Erika che, dopo essersi fermata al bancone, prese posto ad un tavolo portandosi una birra. Non pareva di buon umore e tanto meno intenzionata a parlare con qualcuno. Ma Rachele non badò alla sua espressione ancora infuriata e si alzò per avvicinarsi a lei, sfoderando un mezzo sorriso.

“Ah-ehm...” ne attirò l'attenzione.

“Che vuoi sgorbio?” chiese l'altra indifferente.

“Ti ho portato queste!” fece comparire un altro pacchetto di patatine dalla tasca della felpa.

“Mi vuoi comprare con delle patatine?” rispose con un'occhiataccia.

“I know it, non apprezzi le patate...” fece per riprendersi il pacchetto, ma Erika la fermò.

“No, andranno benissimo.” prese il sacchettino per aprirlo. “Ma ti avevo detto che non vi volevo più avere nel mio campo visivo, quindi sciò.”

“Yo nigga... Rewind e go!” la indicò.

Erika la fissò senza capire.

“Amiche come prima?” chiese semplicemente Rachele.

“Non siamo mai state amiche, quindi vai. Tanto l'avrai sempre vinta tu e continuerai a farmi vedere lo sculettio di Viola e le tue facce da idiota, lo so.” sospirò Erika aprendosi le patatine.

Rachele ridacchiò sistemandosi il cappellino orgogliosa.

“Sai anche tu com'è la faccenda!” le fece l'occhiolino.

“Sparisci.” soffiò Erika, facendola finalmente decidere ad andarsene.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2- In cui c'è il torneo di biliardo ***


Il bar di Tony dava sempre l'illusione di apparire uguale ogni giorno. Invece ci si preparava sempre a qualcosa di speciale.

Erika, appena tornata dall'università, aveva fatto una sosta per bersi un bicchiere del suo amato latte e menta. Mentre lo sorseggiava era stata magicamente assorbita dal film che in quel momento davano alla tv e si era sistemata tra Angelo e Antonio, i due uomini che erano soliti stare al tavolino davanti al televisore. Erano due omaccioni sposati, il primo biondo, dagli occhi azzurri e il viso buono oltre che dalla lacrima facile. Il secondo era moro e barbuto, un orsetto che ispirava fiducia. Insieme spiegavano di tanto in tanto ad Erika le cose che si era persa e le permettevano di comprendere il proseguimento della storia.

Intanto i quattro amici che stavano fissi a giocare al tavolo da biliardo, quel giorno erano nel bel mezzo del loro allenamento per una partita che ci sarebbe stata contro un altro bar della zona. Alessandro, però, da quando era entrata Erika, continuava a saltare il proprio turno perché ipnotizzato dal suo modo di mordicchiare concentrata la cannuccia, facendo arrabbiare Ezio che era in squadra con lui. Il ragazzo gli tirò una steccata in testa contrariato, cercando di riportarlo sulla terra.

“Smettila!” si grattò la parte colpita Alessandro.

“Te lo meriti, sempre a pensare alle zozzerie!” gli fece una smorfia Ezio, che comunque si era nel frattempo allontanato da lui per evitare di essere picchiato e per apprestarsi a fare la sua giocata tattica.

Una volta fatto, Valentino si piegò allora sul tavolo, pronto a tirare il colpo successivo, per tentare di buttare la palla in buca con aria concentrata. I visi di Ezio e Lorenzo comparvero affianco al suo.

“E' il tiro che ci può dare la vittoria.” sussurrò il primo.

“Se imbuchi questa, vinci la partita e noi vinciamo il torneo.” incalzò l'altro con tono serio.

“Tutto è nelle tue mani.” continuò Ezio.

“Se lo sbagli, il nostro sogno si sbriciola.” toccò ancora a Lorenzo.

“Ma lo volete lasciar stare?” li sgridò Alessandro, vedendo il viso pieno d'ansia del povero Valentino.

“No. Deve essere pronto a giocare sotto stress.” si tirò su Lorenzo.

“E noi in quel caso dovremmo essere pronti a tranquillizzarlo, non a mandarlo nel panico!” controbatté l'altro.

“Alessandro, il torneo è fra poche settimane e se Valentino non ci mette tutto sé stesso non possiamo vincere.” disse con tono solenne Ezio.

“Lasciatelo tirare in pace allora!” si lamentò il più alto.

Valentino prese un respiro e tirò, sbagliando la buca. Si tirò su con aria afflitta, facendo tremolare il mento dal dispiacere.

“Noooo!” urlarono gli altri due per l'errore.

“Io... Io... Mi dispiace.” disse pronto a piangere, guardando Ezio, che sospirò abbracciandolo per rincuorarlo.

“Dai, non importa.” gli disse, battendogli una mano sulla schiena.

“Sì che importa!” sbraitò Lorenzo. “Se sbaglia dei colpi così semplici, non vinceremo mai!”

“Sei una bestia senza sentimenti.” commentò Alessandro, facendo gesto ad Ezio di tirare il colpo seguente.

“Grazie, me lo dicono in molti.” rispose l'amico, con una nota di orgoglio, accarezzandosi la barba.

Erika intanto si era alzata per la fine del film e si era diretta al bancone per prendere qualcosa da bere agli altri due con cui stava ora chiacchierando. Il ragazzo si bloccò ad osservarla sognante, lanciando la palla a caso e sbagliando.

“Andiamo bene.” si passò una mano sul viso Lorenzo.

“Scusate.” si ricompose Alessandro.

“Tranquillo, io ti voglio bene lo stesso.” Valentino si lanciò ad abbracciarlo.

“Fortuna che Erika non ci sarà al torneo!” disse Ezio.

“Siete dei deficienti. Erika non c'entra! Mi sono... distratto.” si offese Alessandro.

“Certo, perché stavi sicuramente guardando Tony con quello sguardo.” alzò un sopracciglio Lorenzo. “Quanti sono? Due? Tre anni che vive qui? E tu non sei mai riuscito a comporre una frase di senso logico davanti a lei.”

“Ascoltate: smettetela. Sì, mi piace, ma non sono il suo tipo, mi sembra chiaro.” cercò di tagliar corto il più alto.

“Che ne sai? In realtà non abbiamo mai visto nessun ragazzo con cui è uscita!” cercò invece di farlo ragionare Lorenzo. “Nemmeno io che ci vivo.”

“E se gli piacessero le ragazze?” fece Ezio.

“No, di questo siamo sicuri, visto quante volte ha urlato a Rachele che non gliela avrebbe data perché le piacciono i ragazzi.” rispose Lorenzo saggio.

“E allora chiedigli di uscire!” alzò le spalle il piccoletto.

Alessandro gettò un'occhiata alla ragazza che parlava al bancone con Chiara e Tony.

“Non ho coraggio.” ammise.

Valentino, che fino a quel momento era rimasto ad abbracciare l'amico, lo guardò pensieroso e lo lasciò andare. S'incamminò a passo sicuro verso il bancone. Gli altri tre, spaesati, rimasero a fissarlo per capire cosa stesse per fare. Arrivò da Erika e le diede dei colpetti sulla spalla per attirarne l'attenzione. Lei si voltò un po' curiosa e in parte sorpresa.

“Ah-ehm. Ti devo chiedere una cosa.” disse facendo una faccia seria.

“Dimmi.” annuì Erika, non capendo cosa potesse volere da lei.

Valentino rimase a fissarla, iniziando a fare qualche smorfia per concentrarsi. Poi all'improvviso corse via, tornando dai suoi amici. Erika lo guardò perplessa, mentre Chiara ridacchiava divertita.

“Non sembra un piccolo bambolottino carino?” sorrise la barista.

Intanto Valentino aveva raggiunto gli altri e si era avvicinato a Lorenzo.

“Cos'è che devo chiedere a Erika?” borbottò in difficoltà.

“Di uscire.” sorrise il ragazzo.

“Non con te.” precisò subito Ezio. “Con Alessandro.”

Valentino annuì, come se di colpo avesse ricordato tutto e fece per ripartire di corsa verso la ragazza. Ma Alessandro, che aveva seguito lo scambio di battute tra gli amici in panico, lo afferrò veloce per la vita impedendogli di andare.

“Ma vi siete rimbecilliti tutti?” s'inalberò.

“E lascialo, che almeno ci divertiamo!” sorrise Lorenzo.

“No. E smettetela.” sbatté la stecca a terra imperativo.

“Erika ti sta fissando.” fece notare Ezio.

Alessandro si voltò di scatto, vedendo che era vero e fece un sorrisino imbarazzato.

“Pensa sicuro che sono un deficiente. Grazie.” ringhiò rivoltandosi verso gli altri.

“Non ha tutti i torti.” considerò Lorenzo.

“Lorenzo, pensa a giocare invece di farti i cazzi miei.” sbuffò Alessandro, liberando Valentino per poter sferrare qualche schiaffo volante all'altro.

Questo si protesse con le braccia, ridendo.

“Ok, ok! La smetto!” disse prima di prendere la stecca in mano e venir lasciato in pace. “E vi dimostrerò di poter essere la vostra arma vincente al torneo.” sogghignò, prendendo un sorso di birra prima di calarsi sul tavolo.

Mentre caricava il colpo, la porta dell'appartamento si spalancò di colpo, spaventandolo e facendogli dare una steccata troppo potente.

“'rca puttana Racheleeee!” si lamentò, alzando sempre più la voce fino a urlare.

“Yo, shitty boy, mi hai appena dato della whore?” gracchiò minacciosa lei dal pianerottolo.

“No, credo fosse un: porca puttana, virgola, Rachele.” precisò Alessandro.

“A-man, spero sia così, oppure prendo il tuo amico e lo scintillo.” diede un'occhiata torva al gruppetto.

Assicuratasi che tutto fosse risolto, scese le scale tenendo per mano Viola.

 

***

 

Altro giorno, nuova settimana e il bar vive sempre allo stesso modo.

Lorenzo si fermò a guardare le palle in gioco, prima di tirare il suo colpo. Si fermò a guardare dove la palla rotolava, dopodiché si voltò verso Valentino.

“Tocca a te!” indicò il tavolo verde.

“Non mi va.” sbuffò il ragazzo, bevendo un sorso di coca cola.

“Come?” lo guardò, come se non avesse capito.

“Non mi va.” ripeté l'altro. “Sono stanco.”

“Stanco? Sei stanco?” sbottò Lorenzo. “Devi allenarti!”

“Lollo, lascialo riposare due minuti!” allargò le braccia Alessandro.

“No! Dobbiamo impegnarci! Lo scorso torneo di fine estate ricordi come è andata a finire?” si voltò di scatto l'altro adirato.

“Non l'ho fatto apposta!” brontolò Ezio.

“Se vi foste impegnati di più, non avremmo perso alla prima partita!” disse duramente Lorenzo.

“Sono caduto perché non mi reggevano più le gambe! Non mi hai fatto sedere per una settimana per allenarci!” rispose l'altro.

“E lo stiamo rifacendo...” borbottò Valentino con il broncio.

“Ma lo faremo per un mese, quindi arriveremo al torneo con gambe forti e resistenti!” si diede un pugno sulla mano l'altro.

“Senti...” si avvicinò Alessandro. “Perché non ti tagli la barba e ti lasci un baffetto qui? Così magari assomigli di più al tuo amico Hitler!”

Lorenzo lo guardò male.

“Vuoi dirmi che ha una faccia sotto alla barba?” aprì la bocca Valentino, stupito.

“Effettivamente se non lo avessi conosciuto da quando ancora non aveva la barba, me lo chiederei anche io!” disse quello più alto.

“Che vi devo dire? La barba fa fascino e attira le ragazze!” se la accarezzò l'altro, ammiccando.

“O le schifa man.” passò di lì nel momento giusto Rachele.

“Allora, Valentino, muoviti!” urlò Lorenzo, fingendo di non aver sentito. “Tocca a te.” ordinò autoritario.

L'amico lo guardò continuando a bere la sua coca cola con la cannuccia e facendo penzolare i piedi sullo sgabello.

“Muoviti.” ripeté l'altro in tono di sfida.

“Lascialo riposare!” lo spinse Alessandro, sfinito.

“Se non viene qui ad allenarsi entro tre secondi, per me è fuori.” prese un respiro prima di contare. “Uno... Due... Tre... Fuori!”

Valentino spalancò gli occhi stupito.

“Non vale, mi ero distratto al due e non mi sono alzato in tempo!” piagnucolò.

“Non mi frega. Sei fuori.” non accettò repliche Lorenzo.

“Ma non puoi! Deve essere una cosa democratica!” si lamentò Ezio, non accettando l'esclusione dell'amico.

“Esatto! Dobbiamo votare!” Alessandro era d'accordo.

“Va bene. Allora chi è d'accordo per escludere Valentino dal torneo?” chiese Lorenzo, alzando una mano e spingendo il braccio di Ezio verso l'alto con la stecca.

Il piccoletto per evitare di rovesciare la bibita che aveva nel bicchiere che teneva in mano, lo allungò verso l'alto.

“Perfetto, due contro uno. E' fuori!” disse compiaciuto Lorenzo.

Valentino guardò sconvolto Ezio, il quale si gettò verso di lui per scusarsi. Ma fu inutile perché l'altro si alzò per andarsene al tavolo con Antonio e Angelo, senza dir nulla, solo profondamente offeso.

“Lo chiamavano Lorenzo l'Onesto.” sospirò Alessandro. “Beh, piccolo dittatore, come credi di partecipare al torneo senza di lui? Dobbiamo essere per forza in quattro, sennò non possiamo disputare nessuna partita.”

In quel momento si aprì la porta dell'appartamento, facendo comparire Giacomo con lo sguardo assonnato e i libri sotto il braccio.

“Fatto un buon pisolino pomeridiano?” chiese Chiara vedendolo avvicinarsi al bancone.

“Sì. Un caffè e mi metto a studiare come un treno ora!” disse convinto, posando i libri sul bancone.

“Ceeeerto.” affermò lei, preparandogli il caffè.

“Ho la soluzione!” sorrise smagliante Lorenzo, sistemandosi la giacca mentre si avviava verso il coinquilino. “Ehi, Giacomino!” lo salutò vivacemente, dandogli una pacca sulla spalla.

“Ehi...” lo salutò sospettoso l'altro.

“Come va? Come sei messo con lo studio?” chiese fingendosi interessantissimo. “Che esame è?”

“Economia. Sono messo bene, sai devo finire un libro, ripassare un po'...” gesticolò ostentando sicurezza e disinvoltura.

“Non male visto che lo prepari dallo scorso inverno.” commentò Chiara posandogli il caffè davanti.

“Ah, fantastico! Allora visto che sei messo così bene puoi unirti a noi per fare qualche colpo al biliardo!” propose sempre troppo allegro.

Giacomo spalancò la bocca incredulo. “I-io?”

“Proprio tu bello! Su, vieni!” lo incoraggiò.

L'altro bevve di botto il caffè e seguì subito il coinquilino. Non poteva crederci di essere scelto e di potersi unire a loro. Passarono davanti a Valentino che li guardò transitare indignato dell'essere stato sostituito.

 

***

 

Giacomino era accanto al tavolo da biliardo, respirava piano per concentrarsi.

“Su bello, tocca a te!” gli fece un gesto col capo Lorenzo.

“Se sbaglia ancora il tiro, giuro che ti faccio ingoiare le palline del tavolo finché non ti decidi a riammettere Valentino in squadra.” sussurrò Alessandro all'orecchio dell'amico.

Lorenzo gli fece gesto di tacere, con aria scocciata. Giacomino si calò sul tavolo, prese l'ultimo respiro profondo e tirò la palla. Nonostante la semplicità con cui avrebbe potuto tirare la palla in buca, questa fece cilecca attraversando il tavolo a vuoto.

Ezio prese ad urlare disperato, scuotendo la stecca pieno di rabbia. Dopodiché fece per tirarla in testa a Giacomino. Esitò, facendo tremare il corpo adirato, cedendo alla fine per consegnargliela in mano ed andarsene di fretta.

Alessandro strabuzzò gli occhi, posando la stecca al muro.

“Basta mi rifiuto. Volevi la perfezione caro Lorenzo? Adesso faremo la figura dei fessi e basta!” e con questo se ne andò indignato verso il bancone.

Intanto Ezio si era fermato al tavolo dove sedeva Valentino, intento a mangiarsi un panino enorme.

“Ciao...” disse come un bambino timido.

“Ciao.” rispose l'altro a bocca piena, dando un altro morso subito dopo, senza nemmeno aspettare d'ingoiare.

“Posso sedermi?” chiese Ezio con un sorrisino.

Valentino si limitò a scrollare le spalle senza guardarlo.

“Senti, mi dispiace.” iniziò il ragazzo prendendo posto al suo fianco. “Mi dispiace per come ti ha trattato Lorenzo e mi dispiace ti abbia fatto credere che io fossi d'accordo con lui. Ma non è così.” dichiarò accorato.

Valentino gli diede un'occhiata esitante, mollando giù il panino pensieroso.

“Mi manchi.” aggiunse Ezio.

A questo punto il ragazzo gli si gettò al collo, abbracciandolo.

“Lo sapevo! Lo sapevo che non mi avevi tradito!” urlò quasi in lacrime.

“Ti pare?!” lo abbracciò di rimando Ezio, commosso quanto lui.

“Quindi posso tornare?”

“Mmmmh...” fece l'altro guardando al tavolo Lorenzo che continuava a tentare di istruire Giacomino senza nessun risultato. “Lo spero tanto...”

 

***

 

Il giorno del torneo era giunto. I quattro ragazzi, ovviamente tutti vestiti allo stesso modo, stavano attorno al tavolo, pronti alla partita contro altri 4.

“Ok, ragazzi, dobbiamo mettercela tutta.” li incoraggiò Lorenzo.

“Promesso!” si animò Giacomino.

“Dovremo chiedere una benedizione.” scosse il capo Alessandro.

Ezio intanto stava allungando il collo per guardare se tra il piccolo pubblico attorno al tavolo ci fosse pure Valentino. Lo vide apparire di colpo e rimase felicemente meravigliato. Il ragazzo gli fece ciao con la mano, cosa a cui l'altro rispose con entusiasmo.

Anche gli altri videro Valentino e Alessandro si avvicinò immediatamente con Ezio per salutarlo.

“Sei venuto allora!” disse allegro il più alto.

“Mi dispiaceva perdermi la partita... E poi mamma stasera faceva il minestrone, così ho preferito venire qui sapendo che c'era il buffet!” fece un sorrisone.

“Ci porterai fortuna, lo sento!” si gasò Ezio facendo uno strano ballettino, prima di essere richiamato da Tony, giudice della gara, per iniziare la partita.

“Allora stasera siamo al primo incontro del torneo tra i bar del quartiere! A rappresentare il bar da Tony: Alessandro, Lorenzo, Ezio e Giacomino!” annunciò Tony, facendo scoppiare gli applausi del gruppo del bar.

“Giacomo.” precisò il ragazzo.

“Vabbè uguale.” fece un gesto per minimizzare il barista. “E questi quattro qua invece per il bar lì all'angolo...” disse senza entusiasmo.

“Barda Max...” disse l'unica ragazza del quartetto, timidamente.

“Vabbè uguale.” la guardò Tony scocciato.

 

***

 

La partita di biliardo era nel vivo dell'azione. Il punteggio segnava un leggero vantaggio per i quattro del bar da Tony.

“Ok Giacomino, tocca a te.” lo afferrò per una spalla Lorenzo. “Devi dare il meglio e fare tutto ciò che ti ho insegnato così potremo vincere.”

“Lo farò. Sarai orgoglioso di me.” si diede una pacca sul petto Giacomino, pronto ad agire.

Si allontanò verso il tavolo per giocare il proprio turno.

“Sarà un disastro.” sospirò Ezio.

“Siamo fottuti.” annuì Alessandro.

“State zitti e guardate.” li fulminò Lorenzo.

Giacomino tirò il proprio colpo e ovviamente non riuscì ad imbucare.

“Visto?” Ezio fece una smorfia a Lorenzo.

“Oh, gli hai insegnato proprio bene, non c'è che dire!” gli diede una pacca sulla spalla Alessandro.

“Non dovevi cambiare Valentino, lo sai.” disse il primo.

“Invece hai voluto fare il dittatore ed eccoci nella merda!” gli fece un mini applauso il secondo.

“Ok, ho afferrato. Ho la soluzione.” sospirò Lorenzo.

“Ovvero?” fece Ezio curioso.

Lorenzo rimase in silenzio, attendendo il ritorno di Giacomino.

“Scusami...” fece il ragazzo a testa bassa.

Lorenzo non rispose e con forza diede un colpo con la stecca sul piede di questo, che se lo afferrò urlando dolorante.

“Che succede?” fece Tony.

“Eh, mi sa che si è fatto male!” si portò le mani ai fianchi Lorenzo, facendo una faccia preoccupata.

“Mi ha tirato la...” iniziò Giacomino per spiegare le cose.

“Effettivamente non può continuare!” lo interruppe Alessandro.

“Credo proprio ci sia bisogno di una sostituzione!” continuò Ezio.

“Sì, è concesso nel caso uno dei partecipanti non sia in grado di continuare la partita.” annuì Tony.

“Cosa? Non è vero!” si lamentò uno della squadra avversaria.

“E invece sì. Si dà il caso che l'arbitro sia io.” rispose il barista. “Quindi, chi è il sostituto?” si rivolse nuovamente agli altri tre.

“Valentino! Torna in squadra!” annunciò Lorenzo.

Valentino si agitò sul proprio sgabello, incredulo.

“Cosa?” spalancò gli occhi.

“Hai sentito bene!” gli sorrise Alessandro.

Il ragazzo allora si catapultò dagli amici, felice come un bambino.

 

***

 

La partita era continuata ed era il turno di Valentino al tavolo. Il ragazzo stava osservando le palle in gioco attentamente, per decidere la propria mossa. Ezio e Lorenzo apparvero ai due fianchi del ragazzo. Alessandro sospirò senza speranze a vederli.

“E' il tiro che ci può dare la vittoria.” sussurrò il primo.

“Se imbuchi questa, vinci la partita e noi vinciamo il torneo.” incalzò l'altro con tono serio.

“Tutto è nelle tue mani.” continuò Ezio.

“Se lo sbagli, il nostro sogno si sbriciola.” toccò ancora a Lorenzo.

“Non vi deluderò.” Valentino annuì caparbio, sapendo che stavolta le loro parole erano vere.

Si calò sul tavolo e tirò il proprio colpo... che fallì. Valentino si tirò su lentamente, con la faccia più disperata possibile.

Lorenzo iniziò ad urlare e a prendere a calci tutto ciò che gli capitava e ad imprecare, mentre la squadra avversaria festeggiava. Alessandro si avvicinò ad Ezio.

“Prevedo una settimana dura e pesante.” sospirò.

“Almeno quest'anno non sono io che ho rovinato il torneo!” alzò le spalle l'altro bevendo la propria birra.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3332069