Le cinque cose che non sai di Sherlock Holmes + 1

di Billie Edith Sebster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


LE CINQUE COSE CHE NON SAI DI SHERLOCK HOLMES + 1 --- A Sherlock piace ascoltare John che legge

 

Ti stai annoiando. Non che sia una novità e non che sia peggio del solito, ma Mycroft ha la peculiare capacità di tediarti in modo del tutto esclusivo. Ovverosia, con le cose importanti.

Sa che stai cominciando ad irritarti. Lo vede dal modo in cui le tue mani si sono lentamente spostate da giunte sotto al mento come di norma sarebbero e si sono abbandonate stancamente sulle cosce. Lo vede anche dal modo in cui picchietti il tacco sul pavimento. Detesti trapelare questi indizi, e anche di più che tuo fratello sia abbastanza intelligente da notarli, ma mica puoi defenestrarlo e filartela come se nulla fosse.

(Beh, tecnicamente potresti, con un po' d'impegno e la consapevolezza di dover smuovere le montagne per scrollarti i suoi amici del governo di dosso, ma non è questo il punto).

Detesti annoiarti con le cose importanti perché dovrebbero avere peso anche per te . Specialmente se si tratta di un dinamitardo che ha quasi svuotato il Tamigi con qualche chilo di tritolo, ma d'altra parte non ami prendere il traghetto per passare da una parte all'altra di Londra, quindi non lo consideri nemmeno l'aspetto peggiore dell'intera situazione.

Insomma, Mycroft va avanti con la tiritera da ormai due ore, John è a casa da solo e, visto che lo spaventapasseri qui davanti ti ha sistematicamente sequestrato ogni mezzo di comunicazione, non puoi nemmeno far sapere al tuo coinquilino che non hai fatto la spesa come lui ti aveva cortesemente chiesto di fare.

“… Più immischiare nei casi di mia competenza, a meno che non sia io a permettertelo esplicitamente. Sono stato chiaro?”

Sollevi lo sguardo. Ti rendi conto solo ora di aver tenuto la mandibola dolorosamente serrata e sei stato troppo impegnato a pensare quanto ti stessi annoiando per prestare effettivamente attenzione al suo interminabile sproloquio . Non puoi farci granché se il livello di rilevanza del discorso si è abbassato vergognosamente, è un fattore che non dipende da te.

“Non mi stavi ascoltando, vero?”

“Temo di no.”

“Intendi farlo?”

Ci rifletti. “Sei troppo noioso perché riesca a seguirti. Non mi è di alcuna utilità perdere del tempo adesso, penso che me ne andrò. Ho faccende private da svolgere”.

Tuo fratello si abbandona contro lo schienale della sedia girevole, che geme malinconica – oggi non gli hai ancora ricordato della sua compulsiva procrastinazione della dieta, quando intendi darti questa piacevole soddisfazione? - ti fissa con sguardo mezzo sconsolato, anche se sai che non lo è poi così tanto. Ti vuole fuori dal suo ufficio tanto quanto ti ci vuoi tu.

“Non si tratta di privarti di un semplice hobby, Sherlock. Tu e il tuo amico Watson dovete stare alla larga dai fascicoli del Governo, hai capito?” consideri di toglierti una scarpa e lanciargliela sul naso, ma poi dovresti andare a riprenderla e tuo fratello rimarrebbe ferito nell'orgoglio (in realtà, del suo orgoglio non te ne frega proprio nulla, vuoi solo evitare accuratamente che se ne vada a piangere dalla mamma, la quale ti telefonerebbe subito dopo e vi costringerebbe a fare pace preparando una torta di carote corretta con troppo vino bianco. E proprio, no).

“Faccende private?” domanda poi, inarcando un sopracciglio con rinnovato interesse. “Che genere di faccende?”

Vuoi rispondergli con sufficienza, solo accennando al fatto che devi davvero andare da Tesco e che non è poi sempre bello avere a che fare con un John affamato, ma gli darebbe un motivo valido per canzonarti un po' prima che tu te ne vada.

“Niente che tu debba sapere” gli propini, sperando che ingoi tutto il bicchiere senza fare storie. Naturalmente, Mycroft deve capire di cosa è fatta la pillola prima di buttarla giù, indorata o meno che sia.

“Come se ci fossero cose che io non so di te. Potrei tirare ad indovinare.”

“Risparmia il fiato.” ti alzi ed esci senza troppe cerimonie, non lo vedi ma ha un sorrisetto malevolo stampato sulla faccia. Lo percepisci, lo conosci abbastanza bene da saperlo, non hai bisogno di guardare.

“Io so tutto di te, Sherlock. Sono pur sempre tuo fratello.”

Hai la decenza di non sbattere la porta, ma decidi lo stesso di chiuderlo dentro. Appena in strada butti la chiave nel primo tombino che trovi. Perlomeno, la nazione inglese non risentirà della sua presenza per almeno un paio d'ore.

 

 

***

 

 

Accoccolato nella tua poltrona, immobile come una sfinge, ti senti immediatamente meglio. John è completamente immerso in un libro con la copertina variopinta, di tanto in tanto aggrotta la fronte o scuote leggermente la testa o sorride. Vorresti chiedergli di leggere qualcosa ad alta voce, ma un orgoglio da difendere ce l'hai anche tu – non andresti dalla mamma come Mycroft, ma oggi sei già stato oltraggiato abbastanza. Ciò ti fa ripensare alla sue parole, e senza nemmeno obbiettare all'idea, la tua mente stila una lista di cose che Mycroft non sa di te.

 

Numero uno:

Da qualche settimana, hai scoperto che è rilassante ascoltare John che legge. Ha questa voce tranquilla, la meravigliosa capacità di allontanare il mondo esterno e fondersi con le parole ed il senso della lunghezza dei suoni. Tutte le singolarità di una semplice lettura non ti avevano mai colpito così tanto prima, forse perché il tono di voce con cui era solito leggere Mycroft era meno entusiasta di quello di un dugongo stitico.

Il suo portamento rigido, militare, ancora attento ed involontariamente vigile nonostante cerchi disperatamente di insediarsi nella quotidianità (che vivendo con te farebbe prima a smettere di cercare) diventa pian piano più morbido, la sua voce si addolcisce, il timbro più basso assume quasi una consistenza soffice.

 

Non resisti più. Al diavolo l'orgoglio e la dignità.

“Cosa stai leggendo?”

John sembra valutare se ignorarti e fare il sordo oppure comportarsi da Coinquilino Modello e darti un minimo di credito. Dannazione, è ancora in grado di resisterti.

“John?”

“Un libro?” fa capolino dalle pagine per un paio di secondi, ti guarda e tu lo guardi.

“Non mi dire. Che libro è?” domandi, appallottolandoti nella poltrona per godere del calore della vestaglia. Il medico si rintana di nuovo nelle pagine, lo senti sghignazzare. Stabilisci di averne abbastanza della gente che ride di te ma non glielo fai sapere perché dovresti anche spiegargli del predicozzo di Mycroft, e potresti non averne abbastanza voglia (ad essere onesto non hai molta voglia di parlare in generale, aspetti solo che John capisca l'antifona).

“Non lo vedi da te?” potrebbe suonare irritato, ma sta ancora sogghignando.

“Dovrei girarmi. Ho raggiunto la posizione che mi garantisce calore costante in ogni zona del corpo e...”

“Non mi starai chiedendo di leggere di nuovo ad alta voce?” ora ha posato il libro sulle gambe, non sembra nemmeno importargli il fatto che ti abbia interrotto nel bel mezzo di un discorso di importante spessore scientifico.

Stringi le gambe al petto, fai spallucce. Fingi che per te non faccia differenza, pregando che il tuouo corpo non ti abbia tradito con una delle sue trovate chimiche come il rossore sugli zigomi o gli occhi più luminosi (stupido organismo che reagisce alle cose stupide!).

“Se ci tieni posso farlo, ma ricomincio d'accapo così potrai capire l'inizio della storia.” asserisce, tornando indietro di qualche pagina.

“Guarda che non è così, io non ci tengo affatto!” salti su all'improvviso, svolgendoti dalla tua aggrovigliata postura per fissarlo con tedio.

“Sherlock.” anche lui ti sta fissando, gli occhi ridotti a fessure. “Stai. Zitto. E ascolta.”

Ti rimetti seduto raccogliendo le ginocchia al petto fingendoti offeso (cosa che sei decisamente bravo a fare, ma John non ci crede più ormai), vi incroci sopra le braccia ed infine appoggi il mento assicurandoti di essere perfettamente involtinato nella vestaglia. Sin dalla prima parola, senti una cortina di pace che cala su di te e per un momenti ti vergogni di tutta questa fragilità. Per il resto, stai solo attento alla storia.

Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano...”[*]

 

 

 

 

 

* Per chi non l'avesse riconosciuto, si tratta dell'esordio della saga di Harry Potter

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Le cinque cose che non sai di Sherlock Holmes + 1

Parte seconda – Sherlock ha un fetish per gli ascensori (panoramici)

 

Per quanto Mycroft sia un pretenzioso rompipalle (John ha usato questa espressione per descrivere te, ma a pensarci si adatta meglio a tuo fratello) e ti abbia letteralmente rapito costringendoti nel suo ufficio come un ostaggio senza alcun mezzo di comunicazione, decidi di ignorare bellamente ogni sua raccomandazione e riprendi ad indagare sul caso. In fin dei conti ne hai ogni sacrosanto diritto dal momento che avete entrambi appurato il tuo totale ed irreversibile disinteressamento per le sue parole.

Al momento ti trovi al piano terra di un edificio di cui hai ignorato il nome alla periferia della City di Londra, e stai curiosando fra le carte di quello presumi sia il vostro uomo. Un certo Rickard Chadwick, imprenditore finanziario misteriosamente sparito dalla circolazione per poi essere avvistato dopo qualche settimana imbracciando una doppietta e aprendo il fuoco contro un monumento pubblico a Piccadilly Circus. Sercondo il Governo (oppure solo i pinguini rimbambiti sotto il comando di tuo fratello) potrebbe trattarsi di un avvertimento in vista di un attacco terroristico, ma personalmente non puoi fare altro che dubitarne.

John sta cercando fra i file del computer (gli hai insegnato come decriptare le password numeriche, sei più orgoglioso di lui che di te stesso), piegando le labbra in quella buffissima angolatura che – no, Sherlock, tu non stai arrossendo e nemmeno sorridendo, concentrati sul numero di serie dell'auto.

Dopo una manciata di minuti sollevi di scatto la testa. Stai perdendo la pazienza, il suo ufficio è l'ultimo posto sulla tua lista Dove Andare A Rovistare e Al Diavolo Mycroft, e non avete trovato altro che scartoffie di varia sorta dei suoi clienti. L'unica cosa riconducibile a Chadwick è la cartellina con i documenti dell'attestato di proprietà dell'auto, che sai essere rimasta inutilizzata dal giorno della sparizione. E sulla quale hai approfittato di fare un giro perché andiamo, quel tizio ha una stramaledetta Porche, inoltre dovevi pur verificare che non ci fosse il corpo di qualcuno o peggio ancora, il suo, tagliato a pezzettini e nascosto nei pistoni del motore. Avevi il benedetto dovere (o piacere personale, ma facciamo finta di no) di provare quella macchina (senza patente – un brevetto da pilota basta e avanza).

John non ha notato il tuo disappunto, sta ancora aprendo e chiudendo finestre con il mento appoggiato alla mano, sembra sul punto di squagliarsi sulla scrivania.

Non ti accorgi nemmeno che l'unica cosa che in realtà si sta squagliando è il tuo cervello, perché ti ritrovi a pensare ancora a quanto il tuo amico sia carino con il broncio e ha una fossetta sulla guancia destra ed il sole gli illumina i capelli che sono ancora più biondi e SHERLOCK.

D'un tratto la prospettiva di affidarti alle reazioni chimiche del tuo corpo è fuori questione. Prima di cadere di nuovo in quella trappola ti scuoti, salti in piedi e annunci di voler fare un giro di domande nel piano terra dell'edificio, decretandolo l'estremo tentativo assolutamente e inconfutabilmente necessario perché andiamo, lo ha detto anche la Regina al TG, John, vedi di informarti.

Non che lo sia davvero, in fondo sai benissimo che non troverai niente, vuoi solo una scusa per uscire e chiederti che cosa diavolo tu abbia in questo periodo.

 

Numero due: questa è imbarazzante.

Appena lo vedi senti il bisogno primordiale di usarlo. È un desiderio che hai penato per mantenere nascosto da tuo fratello, Lestrade, John e tante altre brave persone per così tanto tempo che te n'eri praticamente dimenticato, come già detto hai un 'irrinunciabile' senso di dignità e beh. Questo non avrebbe aiutato.

Ma stai avendo una brutta giornata (peggio: una giornata noiosa), la vostra missione di avanscoperta vi ha lasciati con un pugno di mosche e semplicemente, che che sia inverosimile o meno, devi.

Ti avvicini alla struttura: hai già avuto modo di salire su un ascensore di vetro (meglio: panoramico), ma di solito eri accompagnato da qualcuno, quindi non è che potessi metterti a saltellare e perdere la spessa corazza di contegno che hai impiegato anni a rendere degna del nome.

È vuoto, la hall è semideserta, tutti stanno lavorando e tu sei inebetito davanti all'ascensore indeciso se agire o meno. John è ancora nell'ufficio, quindi non ti vedrà e non penserà male di te (cosa che ti sta stranamente a cuore ultimamente, ma non perdi tempo a mettere in discussione te stesso perché di solito finisce male).

Non esiti più, sfoderi un sorrisino emozionato e premi il bottone del cinquantesimo piano, e anche se sai che la receptionist ti sta guardando ti spalmi sul vetro che dà sul Tamigi. Percepisci lo stomaco fare un sobbalzo quando l'ascensore schizza verso l'alto e te ne stai lì quasi tremante, battendo leggermente i piedi come un bambino esaltato. Man mano che sali cerchi di guardare più in là e il tuo sguardo abbraccia sempre più particolari. Appena arrivi al cinquantesimo, schiacci lo zero e ti prepari con un gridolino (di cui nessuno verrà mai a sapere nulla) alla discesa.

 

John's POV

Stai spegnendo il computer e riordinando le carte che Sherlock ha deliberatamente sparso sul pavimento della stanza per poterle studiare dall'angolatura adatta (testuali parole)quando Noemi, la receptionist, fa capolino nella stanza e ti chiama per nome.

Alzi la testa da sotto alla scrivania dove stai tirando su l'ultima cartellina e sfoderi il mandato che avete dovuto elemosinare gentilmente a Lestrade (per Sherlock è stata abbastanza dura da richiedergli mezz'ora di premeditazione), ma lei fa cenno che non è più necessario.

“Signor Watson, temo che debba chiedere personalmente al suo collega di scendere dall'ascensore.”

Temi di aver capito male.

“Come, scusi?”

Lei si stringe le mani, sembra parecchio a disagio ed anche abbastanza irritata.

“Deve dire al signor Holmes di abbandonare l'ascensore.”

aggrotti le sopracciglia, continui a non trovare un nesso logico fra le poche informazioni appena ricevute.

“Non capisco, ha trovato delle prove inerenti alle nostre ricerche… nell'ascensore?”

La receptionist scuote il capo. “Intendo dire che è da mezz'ora che sale fino al cinquantesimo piano e scende senza interruzioni. Avrà un costo esorbitante sulle spese della corrente e in più alcuni impiegati necessitano di usare il mezzo, ma naturalmente non possono.” spiega brevemente.

Fai roteare gli occhi. Quell'uomo non smetterà mai di stupirti nel bene e nel male, ma se vuole davvero usare l'ascensore dell'edificio come personale fonte di divertimento allora è meglio che venga messo al corrente del fatto che pagherà da solo qualunque rimborso venga richiesto.

Segui la donna nella hall. “Ho provato a dirgli di scendere di persona, ma ha avuto parecchio da ridire.”

questa vuoi proprio sentirla. “Cosa, esattamente?”

lei rallenta il passo, imbarazzata. “Beh… ecco…”

Sfoderi un sorriso rassicurante, sentendoti particolarmente comprensivo nei confronti di quella innocente cittadina, e intuendo cosa Sherlock possa aver sentenziato.

“Ha urlato che solo perché io so come funziona il sistema solare non devo necessariamente essere una noiosa impiegata petulante.” Sai che non finisce qui, ma eviti di chiedere ulteriori dettagli perché sembra davvero morire dalla vergogna tutta rossa com'è.

Appena entrati nella Hall, quello che vedi ti lascia completamente indeciso se urlargli di scendere a suon di minacce oppure metterti a ridere e non smettere fino a Pasqua.

Sherlock è abbracciato al vetro e con una mano aggredisce i bottoni colorati con la smania di salire e tornare giù senza alcuna apparente intenzione di fermarsi, esclamando ed additando nomi di edifici, strade, vicoli e addirittura persone (in parte lo puoi addirittura sentire). Sembra sotto l'effetto di una dose di caffeina abbondantemente fuori dal limite del legale, non hai nemmeno controllato se usa dei nuovi cerotti sovradosati anche per quella, immagini di doverglielo chiedere.

D'un tratto realizzi che fa quasi tenerezza. È bello vederlo in preda a cotanta eccitazione per qualcosa che non è un corpo smembrato.

Ti ci vogliono un paio di richiami per convincerlo a scendere, in fondo ti rispetta e di tanto in tanto ti ascolta anche. La segretaria gli lancia un'occhiata velenosa prima di andarsene tutta impettita, ben decisa a non trapelare alcun imbarazzo di fronte al tuo amico.

Ve ne andate senza nemmeno salutare (difficilmente quella avrebbe risposto), lui che ancora sembra in fibrillazione e continua a guardarsi indietro per vedere com'è da fuori l'ascensore.

“Si può sapere che le hai detto?” Domandi, poco più tardi sul taxi verso il 221B, vinto dalla curiosità. Lui piega un angolo della bocca e sfodera il suo sguardo saccente (perché non ha finito di divertirsi, il bastardo), facendosi suonare tremendamente ovvio: “Solo che se lei si sentiva autorizzata a divertirsi con il fratello di suo marito con frequenza settimanale, non avrebbe dovuto criticare gli onesti lavoratori come me che si concedono un piccolo svago di tanto in tanto.”

Scoppi a ridere, decisamente colto alla sprovvista.

“Non posso credere che tu l'abbia detto.” capitoli, cercando di trattenere la risata.

“Insomma, era così evidente, bastava guardare...”

“No, io non posso credere che tu ti sia definito un 'onesto lavoratore', Sherlock, perché credimi, dopo quello che ho visto lavorando e anche vivendo con te la mia opinione dell'onestà lavorativa si è notevolmente ridimensionata.” correggi, felice di poter essere tu a farlo.

Passa qualche lungo istante a scrutarti leggermente smarrito, quasi inebetito, ma devi ammettere a te stesso che non ti senti nemmeno troppo a disagio.

In fondo, oggi l'hai pure visto arrossire, quindi non è stato poi così inutile venire fin qui.

 

 

 

“E comunque non sapevo avessi un fetish per gli ascensori.”

“Non ce l'ho, Jonh.”

“Non lo dirò a Mycroft, se può farti sentire meglio.”

 

 

“Grazie, John.”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Le cose che non sai di Sherlock Holmes + 1: Le candele Natalizie rendono Sherlock stupidamente felice.

 

Mycroft, ancora una volta, è riuscito a coglierti in contropiede, cosa che ovviamente detesti a livello viscerale. Detesti sottostare al suo volere e che il vantaggio d'età lo faccia vincere un considerevole numero di volte (sai che non è propriamente così, ma mica puoi dare la colpa a te stesso), e detesti anche che se ne vanti con Lestrade.

Perché adesso sono molto più vicini di quanto ti ricordassi ed userai il fatto che una volta l'abbia visto al lavoro con una cravatta appartenente al poliziotto (ne sei incondizionatamente certo. Hai indagato) per sbeffeggiarlo un po'. John ti ripete spesso che non dovresti farlo perché “Non c'è niente da prendere per il culo, si vogliono bene e basta” ma tu sai perfettamente che l'esistenza di Myc ha il solo scopo di assillarti e talvolta non puoi negarti il medesimo piacere. Che vi piaccia o no, siete pur sempre fratelli.

Comunque.

Al momento sei relegato (di nuovo) in casa tua, perché ti è stato espressamente vietato di indagare su qualsiasi cosa che non sia la data di scadenza del latte, e il fatto che John si sia di punto in bianco messo a fare il pudding è decisamente una sublime distrazion… – Non l'hai pensato, oh no.

Sei steso sul divano e fissi biecamente lo smile giallo che di recente hai ripreso ad impallinare senza troppi complimenti per la noia, e cerchi disperatamente di non volgere la testa e sbirciare nell'altra stanza, perché okay. È basso e brontola come un vecchio alle volte, ma è carino quando cucina, il sole freddo di dicembre che entra dalla finestra lo illumina debolmente mentre si affaccenda tra gli utensili e tutta quella cioccolata che si è spalmato sulla guancia più l'espressione assorta lo fanno sembrare ad un bambino un po' imbronciato.

Diavolo, ti rendi conto di starlo fissando e ti affretti a raggomitolarti sull'altro lato.

Devi andartene prima che ti scopra, ma la verità è che stai veramente molto comodo ora che il tuo corpo ha scaldato i cuscini e c'è una strana quiete nell'appartamento che non puoi negare di apprezzare. Ovviamente, il lieve clangore di stoviglie che senti non è minimamente equiparabile all'apocalisse che c'è nella tua testa. Accidenti a Mycroft che voleva una scusa per non averti fra i piedi e andare a spassarsela con Lestrade, ora stai perdendo il controllo delle tue facoltà mentali.

Prendi in considerazione l'idea di infrangere la Regola Numero uno Imposta Da Tuo Fratello e svignartela per fare pulizie nel tuo Mind Palace dove non ci sono distrazioni che possano impedirtelo.

 

 

 

Visto che non hai veramente preso in considerazione altre ipotesi più fattibili (tipo rifugiarti da Mrs. Hudson ed occultarti fra i cuscini foderati di tweed del suo sofà, ma sarebbe poco dignitoso), ora sei fuori. Hai preso un taxi, non ricordi bene come ma sei arrivato a Piccadilly Circus. Ci sono alcuni street performers, circondati da un capannello di curiosi e turisti che scattano foto e battono le mani. Ci sono chioschi della cioccolata calda, del tea, e anche uno che vende guanti. C'è un architetto sul punto di divorziare, un bambino rimasto orfano di padre che si aggrappa al braccio della mamma, un turista svedese in fuga da problemi familiari e troppe informazioni che turbinano intorno a te.

Decidi di smettere di pensare agli altri, e cominci a pensare a te stesso.

 

 

numero tre:

Ora hai una vaga idea del perché sei arrivato fino a qui, e le tue gambe cominciano a muoversi fra le fiumane di persone che si avventano nella direzione opposta. Attraversi un paio di vie, procedi per cinque minuti (no, in realtà sono sei minuti e otto secondi, nove, dieci…) e ti fermi dirimpetto alla vetrina. Senti un paio di signore di mezza età bisbigliare fra loro mentre escono e ti vedono, lanciandoti brevi occhiate ammirate. Dannato cappello, non nascondeva un bel niente in quella fotografia. Dovresti adottare un sistema diverso, eppure.

Eppure.

A John stava bene il cappello che si era preso per sé, ti ricordi della sua risolutezza nel venir colto da quel lampo di genio. No, Sherlock, sono dettagli, piccolezze, elimina, elimina, elimina. Inutili minuzie da cestinare.

Sette minuti e trentuno, trentadue, trentatrè.

Sei qui per non pensare a John ed al fatto che si fosse arrotolato le maniche per cucinare.

Entri nel negozio tutto impettito e sei assolutamente deciso a non uscirne a mani vuote.

 

 

***

Ti accorgi dell'assenza di Sherlock solo quando lo vedi rientrare nell'appartamento imbacuccato nel suo cappotto lungo (bavero alzato, normale amministrazione degli zigomi) e la sciarpa avvolta fino al naso. Ha della neve fra i capelli, non sapevi stesse nevicando. Non ti eri accorto nemmeno di questo.

Passa qualche secondo a fissarti con quella sua aria curiosa e scientifica, il sacchetto di cartone rosso e verde ancora stretto al petto come ce l'aveva quando era entrato.

Lo fissi di rimando, ma devi interrompere la gara di sguardi perché una delle due coppette che hai in mano si sta pericolosamente inclinando, e il contenuto minaccia di spappolarsi sul pavimento.

– Hai il cacao su tutta la faccia. – fa, il tono piatto e monocorde. Quasi disincantato.

– E tu la neve nei capelli. – replichi, posando sul tavolo le ciotole. – Intendi levarti il soprabito prima che ti venga un accidente? – Non sei affatto arrabbiato, tant'è vero che sorridi. Vorresti sapere dove è stato, e anche che cosa ha comprato (con la tua carta di credito probabilmente), ma dopo essersi spogliato dei vestiti umidi si tuffa sul divano ancora stringendo la busta dando segno di non essere troppo in vena di parlare.

Gli offri il pudding, sedendoti accanto a lui e cercando di non fare caso al fatto che sembra incredibilmente soddisfatto del suo acquisto mentre si accinge a sbirciare nel sacchetto. Non vorresti pensare che ha qualcosa di adorabile ma oh. Lo stai pensando eccome. Ciao ciao cervello, abbiamo passato dei bei momenti.

Prende la sua coppetta, mette in bocca una generosa cucchiaiata di pudding. Non lo osservi, sai che non gli piace essere osservato mentre mangia.

– Hai riordinato la cucina?

Non ti aspettavi certo un complimento. Nemmeno una critica, in realtà, ma beh. È Sherlock.

– No, è un vero casino. – ammetti, cominciando a mangiare a tua volta. Sei abbandonato contro al divano mentre lui è leggermente chino in avanti, vorresti dirgli della postura sbagliata, ma suoneresti barboso e non ti darebbe retta. Vedi le sue spalle rilassarsi.

– Ne è valsa la pena. – dice semplicemente.

La cosa ti rende incredibilmente felice, sei al settimo cielo, vorresti abbracciarlo. Non è il primo complimento che ti fa, sa essere una persona apprezzante (solo con te, ecco un dettaglio che hai notato e che contribuisce a farti sorridere), ma beh. È sempre Sherlock. È un pretenzioso bastardo, come detto, mica pretendi troppo in tali circostanze.

Rimanete in silenzio. Sa che stai ancora sorridendo e lo vedi stringere le labbra compiaciuto mentre gusta un'altra cucchiaiata, per poi posare la coppetta e riprendere a scartare il sacchetto.

Ne estrae quello che inizialmente sembra un barattolo (effettivamente lo è), che poi la tua mente cataloga come marmellata di prugne, ma ti rendi conto che a Sherlock non piace la marmellata di prugne e che non si è mai vista una marmellata blu.

Sporgi la testa per vedere.

– Cosa hai preso?

Non risponde, stappa e annusa. Ti ritrovi a sperare che non sia un qualche tipo di nuova droga in circolazione.

Tira fuori dalla tasca un accendino (pensavi di averglieli requisiti tutti, dovrai fare un altro giro di perlustrazione)e lo immerge nella sostanza blu; a questo punto capisci che si tratta di una candela.

Lo stoppino prende quasi subito e dopo pochi secondi l'aria ha un profumo dolce e delicato.

Sherlock la abbandona sul tavolo e si siede scompostamente raccogliendo le ginocchia al petto, con la schiena premuta contro i cuscini dietro di sé, e puoi sentire quanto è calmo e tranquillo (quasi innaturalmente, perché non sembra stare pensando a nulla), finchè non ti accorgi che le vostre spalle si stanno toccando e sei effettivamente rilassato anche tu.

– C'è un motivo particolare per cui sei sparito senza alcun preavviso per comprare una candela da tre chili e mezzo che finiremo in almeno sei mesi?

Sherlock ride. Pianissimo, se non ci fosse quel silenzio misurato fra di voi non lo sentiresti, ma la tua sensibilità militare avverte un debole fremito accanto a te, un respiro più veloce degli altri.

– Buon Natale, John.

Ti volti a guardarlo, non perché sei sorpreso, ma perché sei curioso di vedere che effetto hanno quelle parole su di lui quando te le dice. Purtroppo, l'unica cosa che noti è che siete molto più vicini di prima.

– E tanto perché tu lo sappia, hai ancora la cioccolata su tutta la faccia.

Stavolta suona divertito. E non sia mai che parli forte e chiaro ed ammetta quanto le candele natalizie lo rendano stupidamente felice.

– Buon Natale anche a te, Sherlock.

 

 

 

E buon natale anche a tutti voi :)

 

 

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