Half a heart

di alaskha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Old life ***
Capitolo 2: *** Newlyweds ***
Capitolo 3: *** Meet again ***
Capitolo 4: *** Still hurts ***
Capitolo 5: *** Brokenhearted ***
Capitolo 6: *** Fire starter ***
Capitolo 7: *** Black sweater ***
Capitolo 8: *** My missus ***
Capitolo 9: *** Nothing like us ***
Capitolo 10: *** Forgive ***
Capitolo 11: *** It's time ***
Capitolo 12: *** I promise you ***
Capitolo 13: *** Kiss me slowly ***
Capitolo 14: *** Let her go ***
Capitolo 15: *** Game over ***
Capitolo 16: *** Breathe ***
Capitolo 17: *** Story of my life ***
Capitolo 18: *** Don't leave me lonely ***
Capitolo 19: *** Cold coffee ***
Capitolo 20: *** White dress ***
Capitolo 21: *** Forever and always ***
Capitolo 22: *** Millwall ***
Capitolo 23: *** Sixth street ***
Capitolo 24: *** Ti amo o ti ammazzo ***
Capitolo 25: *** Pictures of us ***
Capitolo 26: *** Promises ***
Capitolo 27: *** Milano ***
Capitolo 28: *** For the first time ***
Capitolo 29: *** Fireproof ***
Capitolo 30: *** Half a heart ***



Capitolo 1
*** Old life ***





 

Half a heart
Chapter one - Old life

 
Parigi, 20 Maggio 2017

Dove diavolo avevo messo quelle fotocopie? Danielle mi avrebbe uccisa, ma uccisa sul serio: quella donna doveva lavorare sul suo autocontrollo. Controllai e ricontrollai sulla scrivania, ma nulla. Così mi arresi e portandomi una mano sul fianco, decisi di chiedere aiuto a Michael, sperando non stesse nuovamente dando di matto nel suo ufficio.
“Ehi, Mike..”
“Dannata stampante! Perché non funzioni mai? Ho chiamato il tecnico una settimana fa, cos’è, hai per caso fatto finta di essere tornata come nuova?”
La voce di Mike era pressoché simile a quella di uno psicopatico, così ci ripensai: volevo davvero chiedere aiuto a lui? Ma poi mi strinsi nelle spalle, a chi importava? Ero pur sempre Natalie Shade, forse con qualche anno di più, ma sempre la paladina dei casi disperati.
“Natalie! – sobbalzò, tornando alla postura di una persona normale – hai bisogno di qualcosa?”
“Stavi parlando con la stampante?” gli chiesi, divertita.
“In un certo senso”
“Ed è molto simpatica? – lo presi in giro – posso farci due chiacchiere anche io?”
Ma lui mi guardò male, avanzando qualche passo verso di me.
“Non sei simpatica, Shade”
“Oh no dai, un po’ lo sono, Bennet”
Lui sorrise, perché aveva imparato a conoscermi dopo un anno di lavoro insieme allo studio fotografico La Roche, nel centro di Parigi. Io e Michael Bennet eravamo gli unici due inglesi che Danielle La Roche aveva scelto per il suo studio, facendoci trasferire immediatamente in Francia. Insieme a noi c’erano una ragazza, Julia, ed un altro ragazzo, Jacque. Andavo d’accordo con entrambi, chi più, chi meno, chi molto più..
Comunque sia, una volta finito il liceo, avevo studiato per due anni fotografia a Londra, desiderando ardentemente di lasciare quella maledetta città. Non ne potevo più, perché la mia vita era cambiata in tutto e per tutto. Positivamente, certo, avevo tutto ciò che avevo sempre sognato: Parigi, la fotografia, un appartamento nel centro della città dell’amore.. Ma sapevo, anche se non lo avrei mai ammesso, che a ventun’anni compiuti, la mia vita da diciassettenne, continuava a mancarmi.
“Concesso – disse Mike, riscuotendomi dai miei pensieri – come mai qui nel mio umile ufficio?”
Scossi la testa, tornando al presente, evitando di ripiombare in uno dei miei momenti flashback che mi facevano ingrassare di venti chili, dato che correndo ai ripari, mi sparavo vaschette di gelato francese al cioccolato sul divano, davanti a Glee, come ai vecchi tempi.
“Non riesco a trovare quelle stupide fotocopie che Danielle mi aveva dato, quelle per il matrimonio dei Monnier – dissi, mentre Michael mi faceva dei gesti sospetti, scuotendo freneticamente la testa – dannazione Mike, sto già impazzendo di mio, non c’è bisogno che ti agiti tanto!”
“Se ritieni che quelle fotocopie siano tanto stupide, puoi fartene di tue, stilando una scaletta e proponendomela, da quando sono diventata così tiranna?”
La voce di Danielle alle mie spalle, mi fece sussultare. Perché quel cretino di Mike non mi aveva avvisata? Tutti a me gli idioti, ed io che credevo di essermene liberata, lasciando mio fratello Manuel a casa a Londra.
“No, Danielle, stavo solo dicendo che..” tentai di giustificarmi, ma lei mi liquidò con un gesto della mano – perché non mi hai avvisata?” tuonai sottovoce rivolta a Mike.
“Non ti preoccupare Natalie, i segnali di fumo di Michael erano anche abbastanza evidenti – m’interruppe lei – piuttosto, c’è una lettera per te”
Aggrottai le sopracciglia, confusa. Una lettera per me? Da quanto ricevevo lettere? Mio padre era troppo pigro e si limitava alle telefonate che duravano due ore e passa, lamentandosi poi del costo. Manuel non ero neanche sicura sapesse scrivere e Jane non si ricordava della mia esistenza.
Lui poi era in Italia, e non mi aveva mai cercata, mai in nessuna occasione: era rimasto a Milano per tutti quei quattro anni, magari trovandosi una bella fidanzata italiana dalle curve prorompenti e l’accento volgare. Non era mai tornato a casa neanche per Natale e quando chiamava Manuel, non chiedeva di me.
Beh tanto meglio, a me di lui non importava nulla e non volevo né parlargli e né tanto meno parlarne. Zayn Malik era un capitolo chiuso della mia vita.. un capitolo molto bello, certo, ma pur sempre chiuso.
“Allora? Non vuoi leggerla?” mi chiese Danielle, porgendomi la busta bianca.
Annuii, afferrandola, dopodiché incontrai i loro sguardi: Danielle, Michael e tutto il resto dell’equipe erano diventati come una famiglia, la mia famiglia di Parigi. Ma volevo comunque restare sola in quel momento, di chiunque fosse quella lettera.
“Scusate”
Loro mi sorrisero, ed io camminai fino al mio ufficio, impaziente. Mi fiondai sulla mia sedia girevole, dietro la scrivania e guardai quella busta bianca, immacolata. Non c’era scritto nulla, così mi strinsi nelle spalle, e l’aprii. Estrassi confusa un cartoncino avorio, rigido. Mi ricordava tanto una..
Oh dannazione, oh no, oh no, oddio mio, oh mamma, ma che diavolo?
Mi alzai di scatto, lanciando quel cartoncino sulla scrivania e forse anche un urlo, dato che Mike e Danielle corsero nel mio ufficio, con una faccia preoccupata.
“Cosa c’era in quella busta? Satana?” domandò stranito Mike.
Non ebbi neanche la prontezza di rispondergli con una battutaccia tagliente delle mie, tanto che ero scioccata.
“Non essere sciocco, Michael - lo riprese Danielle, venendomi incontro – Natalie, che succede? Brutte notizie?”
Scossi la testa, senza parlare.
“Chiunque abbia zittito Natale Shade, merita il mio rispetto  - disse Mike, andando verso la mia scrivania, dalla quale io ero scappata, sulla quale era ancora posato quel cartoncino – posso vedere?”
Annuii, con lo sguardo perso nel vuoto, mentre Danielle mi circondava le spalle con un braccio, sorridendomi dolcemente.
“Harry Styles e Louis Tomlinson – lesse Mike, mentre io mi portavo una mano alla bocca, per non urlare nuovamente – sono felici di annunciare – sentii le lacrime agli occhi, mentre lui continuava a leggere quel cartoncino – il loro matrimonio..”
Non ressi più, iniziai a saltellare freneticamente come una povera pazza psicopatica scappata da chissà quale remoto centro di recupero.
“Natalie, ti senti bene?” mi chiese Danielle.
Non dissi niente, continuai ad agitarmi.
“Posso continuare o devi dare di matto ancora per molto?” commentò simpaticamente Mike, ma ero troppo felice per arrabbiarmi.
“Sì, per favore” lo supplicai, con un gran sorriso.
“Il giorno 28 Luglio 2017, all’Hotel Palace Gardens, Notthing Hill” posò il cartoncino sulla scrivania, guardandomi.
“Non ci posso credere” riuscii a dire, tra le lacrime.
“Natalie, perché piangi?” mi chiese Mike.
“I ragazzi di cui hai letto l’invito al matrimonio  - spiegai, sorridendo – sono i miei migliori amici e non sai quanto hanno lottato, per arrivare a questo punto”
“È meraviglioso, no Natalie?” mi chiese Danielle, sorridendo a sua volta.
“Meraviglioso, sì, ma comunque incredibile – convenni – ricordo quando Harry non sapeva neanche come dichiararsi a Louis, ricordo ogni cosa, ogni preoccupazione, ogni parola, ogni confessione.. e adesso?”
“Adesso?” ripetè Mike, aspettando la mia risposta.
“Adesso si sposano, e mi vogliono insieme a loro, nel giorno più bello della loro vita” dissi, commossa.
Danielle annuì e Mike sorrise.
“Hanno legalizzato la legge a Londra, è vero – mi ricordò – non sapevo avessi amici gay, Natalie”
“Oh sì, Natalie non fa altro che parlare dei suoi amici Henry e Leeroy.. giusto?”
Jacque Raymond entrò nel mio ufficio, passandosi una mano tra i ricci neri, con la sua solita aria da sbruffone. Eravamo fidanzati da poco meno di un anno, era stato il primo che avevo conosciuto una volta arrivata nella capitale francese. Jacque era il clichè dello scrittore maledetto di Parigi, che mi aveva incantato con tutte le sue belle parole sulla città dell’amore. Non gli avevo mai parlato di Zayn, e mai l’avrei fatto: la sua vita ormai era in Italia, probabilmente non l’avrei neanche mai rivisto.
“Harry e Louis, Jacque” lo corressi.
“Chi sono Harry e Louis? E perché ne stiamo parlando?”
Intervenne Julia Chevalier, una parigina tutta capelli biondi, labbra rosse e scarpe col tacco. Andavamo d’accordo, non eravamo migliori amiche, ma convivevamo civilmente nello stesso studio fotografico. Avevo imparato ad accettare i suoi modi da altezzosa francesina senza fare troppi commenti sarcastici e decisamente cattivi.. se non alle sue spalle, insieme a Mike.
“Perché si sposano, i migliori amici gay di Natalie si sposano” la informò Mike.
“Si sposano?” mi chiese Jacque, stupito.
“Danielle, detesto chiederti giorni di permesso, ma è troppo importante per me” dissi ignorando i due, rivolgendomi al mio capo.
“Lo credo bene, Natalie – convenne lei – vai a Londra, vai dai tuoi amici”
Le sorrisi, abbracciandola poi forte.
“Ti ringrazio molto – dissi, per poi camminare verso la mia scrivania e rimettere il cartoncino della partecipazione nella busta bianca – allora io andrei a prepararmi per il viaggio, partirò il prima possibile”
Danielle acconsentì ed i ragazzi si dileguarono nei loro uffici, mentre io portavo la lettera alle labbra, sorridendo come una cretina. Il fatto era che non ci potevo davvero credere: Harry e Louis si stavano per sposare! Tutte le cose che saremmo tornati a fare insieme, mi facevano girare la testa. I loro vestiti, l’organizzazione del matrimonio, le bomboniere, gli invitati, l’adrenalina pre – matrimonio, ma soprattutto, loro, mi facevano tornare in mente quali erano le cose che amavo di Londra, perché quelle cose, erano proprio loro. Erano Louis ed Harry, Dyana, la mia famiglia, in tutte le sue stranezze, ed era.. nessuno, nessun’altro che non fossero loro.
Ero pronta, pronta per tornare alla mia vecchia vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
Milano, 20 Maggio 2017

“Zayn, vieni un po’ qui”
Lavorare con Massimiliano Allegri rispecchiava alla perfezione tutte le mie ambizioni, tutti i miei sogni. Lui era ciò che volevo diventare, e ci ero vicinissimo: diceva sempre che ero l’aiuto allenatore più giovane di tutta la Serie A. La panchina del Milan era diventata la mia nuova casa, ed io ci stavo bene.
Lo raggiunsi proprio in panchina, mentre la squadra si allenava e mi portai una sigaretta alle labbra, pensando ai quattro anni passati in Italia, a vivere il sogno. La pasta, la gente, l’italiano, le donne, la bella vita.. Era il mio paradiso che, istintivamente, mi faceva pensare alla mia vecchia vita di Londra. Era cambiato tutto e non sapevo decidere se in meglio, o in peggio.
A volte mi mancava tutto della mia vita: Manuel, la mia famiglia, Londra.. Natalie. L’ultima volta che l’avevo vista eravamo entrambi innamorati, ed io le avevo detto che sarei stato via per l’estate, o forse per un anno, ma non per quattro interi anni, senza mai fare ritorno. Comunque sapevo che lei si era trasferita a Parigi e che lavorava in uno studio fotografico: ero felice, perché almeno sapevo che anche lei aveva avuto tutto ciò che aveva sempre desiderato dalla vita.
Perché anche io avevo conseguito tutti i miei obiettivi, meno uno.
“Che succede?” domandai.
Stavo allenando il mio italiano, oltre che la squadra del Milan. I miei coinquilini dei primi tempi in Italia, Federico ed Andrea, mi avevano aiutato molto e ci eravamo divertiti da morire. Eravamo rimasti molto amici, anche se adesso abitavo nel residence della squadra rossonera.
“C’è una lettera per te” mi rispose il mister.
“Chi la manda?”
Lui si strinse nelle spalle “Non c’è scritto nulla, qui”
Così annuii, prendendo la busta completamente bianca dalle sue mani.
“Grazie”
Mi sedetti in panchina, prendendo un tiro dalla mia sigaretta e rigirandomi quella lettera tra le mani. Chi poteva essere? Mia madre no di certo, si era convertita al progresso ed alla tecnologia, mandandomi messaggi su Whatsapp ad ogni occasione. Mio padre stava alle informazioni di mamma, le mie sorelle non ero neanche sicuro che sapessero dell’esistenza della possibilità di scrivere e mandare lettere e Manuel lo sentivo per telefono. Rimaneva lei, ma non poteva essere: non ci eravamo mai cercati, dall’ultima volta, quattro anni prima, nel 2013.
Incastrai nuovamente la sigaretta tra le labbra, sospirando, come ogni volta che pensavo a Natalie. Ne avevo parlato più volte a Federico ed Andrea, gliene avevo parlato sempre come la mia piccolina, con un sorriso dolce sul viso. Ma loro avevano continuato a dire comunque ‘Che bona!’, davanti ad una sua foto che tenevo nel mio appartamento a Milano. Ma erano italiani, ormai avevo imparato a conoscere ed innamorarmi dei loro modi di fare.
Mi decisi ad aprire quella busta, calpestando il mozzicone di sigaretta sul prato del campo da calcio, che se Massimiliano mi avesse visto, mi avrebbe anche sgridato a morte.
Ne estrassi un cartoncino rigido che, Dio mio, mi fece venire i brividi a fior di pelle: “Harry Styles e Louis Tomlinson sono felici di annunciare il loro matrimonio, il giorno 28 Luglio 2017, Hotel Palace Gardens, Notthing Hill” lessi nella mia mente.
Era impossibile, da non crederci, sorrisi così tanto che se qualcuno mi avesse visto avrebbe pensato che fossi impazzito. Era un sorriso da Londra, quello, nessuno a Milano aveva mai visto quel mio sorriso.
“Zayn, tutto bene? Buone notizie da Londra?” si stupì infatti Massimiliano.
“Sì mister, ottime notizie” risposi io, alzandomi.
“Bene, no? – disse sorridendo, ed io annuii – beh, di che si tratta?” mi chiese.
“A Londra è stata legalizzata la legge sui matrimoni gay” spiegai.
“Oh, fantastico, non pensavo che tu fossi..” interpretò male il mister.
“Oh  no, no, no – smentii – non sono io, due miei amici, si sposano”
“E ti è arrivato l’invito?”
Annuii, continuando a sorridere.
“Beh, immagino ti servano giorni di permesso”
“Sì ma il matrimonio sarà a luglio, posso restare qui, per adesso” misi in chiaro, anche se tutti quei pensieri mi avevano fatto venire una strana voglia di rivedere Londra, di rivedere casa mia.
“Non hai voglia di rivedere la tua famiglia ed i tuoi amici in Inghilterra?” mi domandò infatti lui.
“Eccome, mister” confessai.
“Beh, che ci fai ancora qui?” disse allora lui.
Lo ringraziai e tornai a sedermi sulla panchina, per prendermi qualche secondo di tempo. Louis ed Harry sposati, wow, ricordavo ancora il giorno del loro ballo scolastico, quando Harry confessò il suo amore per Louis. Natalie era scoppiata a piangere, tra le mie braccia, e quanto era bella. Pensai che ci sarebbe stata anche lei, sicuramente: lei ed Harry erano uniti come due fratelli, anzi, forse era più legata a lui che a Manuel.
Mentre io ed Harry ci eravamo odiati, in principio, ma grazie a lei, grazie a Natalie, avevo trovato un amico splendido.. anzi, due amici splendidi, con Louis.
Mi scappò un sorriso divertito, al suo ricordo: Natalie era bella, divertente, ironica, tagliente, odiosa se non riuscivi a prenderla nel verso giusto. Ma era riuscita a farmi innamorare con la sua innocenza che le piaceva tanto nascondere. Non l’avevo mai cercata, e mi faceva male la nostra lontananza, anche se tentavo sempre di non darlo a vedere.
Comunque ero pronto, pronto per tornare alla mia vecchia vita.

 




who cares?
'sera dolcezze, come state? se siete qui è perchè avete letto l'ultimissima pagina di skinny love
come promesso, ecco qui il continuo, che prende il nome da una splendida canzone: Half a heart ssdfjsdh
se volete un'anteprima, ascoltatela, è davvero stupenda 
spero siate contente, come avete visto sono passati quattro anni dall'ultima volta..
siamo niente di meno che nel futuro, nel lontano 2017, in cui Natalie ha 21 anni e lavora e vive a Parigi..
mentre Zayn ne ha 25 e lavora e vive a Milano..
ci sono nuovi personaggi che imparerete a conoscere, intanto vi presento i più importanti: Jacque e Mike (quanto l'ho amato in catching fire)
a Federico ed Andrea, gli amici italiani di Zayn, non posso dare un volto, dato che ho precisamente nella mia testa la loro immagine..
per il resto spero vi piaccia, rimerrete con me?
vi saluto :)
Simo.
p.s: vi lascio twitter
p.p.s: marti, so che hai apprezzato la gif di Josh
p.p.p.s: sarti is real like larry


 

 


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Capitolo 2
*** Newlyweds ***





 
Half a heart
Chapter two - Newlyweds


 
Parigi, 21 Maggio 2017

Le mie diciannovemila magliette, i miei settecento paia di skinny jeans, i miei ventisettemiliardi di maglioni extralarge, i centocinquantasette pigiami comodi, i settecentodiciotto pantaloni della tuta e le converse bianche. Sembrava esserci tutto, nella mia valigia.
“Viaggi leggera, Shade”
Mike era sdraiato sul mio letto, nel mio appartamento a Parigi, quello che condividevo con Jacque da qualche mese. Stava distrattamente sfogliando un libro, più che altro un po’ mi faceva compagnia ed un po’ rompeva i coglioni, 50 e 50, fifty – fifty.
“Sempre, Bennet”
Mike scoccò un sorriso, mentre io tentavo di chiudere quella dannatissima valigia. Nel frattempo, il mio migliore amico versione Francia, si era raddrizzato un po’ sul mio letto, con uno sguardo confuso.
“Non corrucciarti, aiutami piuttosto, ho bisogno della tua forza bruta da uomo”
Uomo.. si fa per dire, ciò che si avvicina di più al concetto di persona umana di sesso maschile.
“Che diavolo è questa?” disse, con la voce più confusa del suo sguardo.
“Libro Mike, si chiama libro – dissi continuando a  litigare con la mia valigia rossa – le persone acculturate come me ogni tanto leggono, sai?”
“Non parlo del tuo libro – chiarì – ma di questa”
Alzai lo sguardo per capire di che cosa stesse parlando, quel ragazzo un po’ fuori dal normale. Ma quando la vidi, rimasi ferma immobile, forse smisi anche di respirare.
“Natalie? Ti senti bene? Stai per morire? – Mike si alzò dal letto, recitando quelle parole in tono melodrammatico – oddio, ti ho uccisa, cos’ho fatto?”
“Piantala, cretino  - anche in quei momenti riusciva a tirare fuori il mio lato cattivo – fa’ vedere”
Presi la fotografia che teneva stretta tra le mani, guardandola e riguardandola, sotto lo sguardo stranito di Michael.
“Chi è quel ragazzo, Natalie?” mi chiese poi.
Lo guardai negli occhi, sorridendo lievemente, per poi tornare alla fotografia: portavo una sua maglietta, mi stava larga ma non importava, perché era impregnata del suo profumo, vaniglia e sigarette. Lui indossava il suo sorriso migliore, privo della maglia che aveva dato a me: era più bello che mai. Era stato proprio lui, Zayn, a scattare quella fotografia, mentre ci baciavamo, sul suo divano letto, dopo una notte passata a dormire abbracciati.
“È Zayn”
“Ok - disse, non soddisfatto della mia risposta – ma chi è, per te?”
Alzai nuovamente lo sguardo nei suoi occhi, Mike era vicino a me, che cercava di capirne qualcosa, cercava di capire perché fossi così legata a quella fotografia, a quel ricordo.. a lui.
“Io e Zayn stavamo insieme” spiegai.
“Questo lo vedo - disse alludendo al bacio che ci scambiavamo – ma perché hai una vostra fotografia, con te?”
“Forse perché non sono ancora pronta per dirgli addio”
“Che ne è stato di voi?” mi domandò, curioso.
“Abbiamo preso strade diverse – mi strinsi nelle spalle – la nostra storia non è mai stata semplice, anzi..”
“Che vuoi dire? Spiegati meglio”
“Zayn è il migliore amico di Manuel, ed è come, o meglio, era come se fosse un altro dei miei fratelli maggiori, insomma, mi ha vista nascere, praticamente” spiegai, confusionaria.
“E poi vi siete innamorati?” mi chiese Mike.
Io annuii, semplicemente.
“Sì Mike, poi ci siamo innamorati”
“Mi dispiace”
“No – scossi la testa, sorridendo al mio amico – non dispiacerti, lui per primo non lo fa”
“Non vi siete mai cercati, dall’ultima volta che vi siete visti?”
Scossi nuovamente la testa, in risposta alla sua domanda.
“Beh, tu adesso hai Jacque però, no?”
“Certo – annuii, poco convinta – io ho Jacque”
“Lui lo sa?”
“Che cosa?” chiesi, confusa.
“Di questo Zayn, lo sa?”
Scossi freneticamente la testa, improvvisamente nervosa.
“Assolutamente no e non deve saperlo, promettimelo Mike, promettimi che non gli dirai nulla”
“Certo che te lo prometto, sai che mi piace proprio poco quel Raymond”
E quando si parla del diavolo, spuntano le corna.. era così il detto? Comunque sia, dare del diavolo al mio fidanzato non era certo il giusto inizio per dimenticare del tutto Zayn e dare il via ad una relazione seria, vi pare?
“Natalie? Sei qui? Ti ho cercata ovunque – ovvero, nella sua lingua, da nessuna parte – ma dov’eri finita?”
Guardai allarmata Mike, e nascosi immediatamente la fotografia dietro le mie spalle.
“Solo a casa, Jacque” gli risposi con una vocina stridula, baciando leggermente le sue labbra.
“Ah, c’è anche Mike” disse, notando il mio amico.
Mike imitò un saluto al generale, perché a lui non era mai piaciuto Jacque e me lo aveva sempre detto. Ma io ero una stupida superficiale e facilmente impressionabile, per questo ci ero caduta, quando mi aveva portata a cena sulla Senna. Dannato francese.
“Che hai dietro la schiena?” cercò di sbirciare, ma io mi allontanai.
“Io? Niente! Perché lo chiedi?” feci finta di nulla, continuando con quella mia vocina stridula ed anche molto irritante, dio, dava fastidio persino a me.
“Hai le mani dietro la schiena – disse ovvio, stringendosi nelle spalle – dai, fa’ vedere” insistette, e prima che potessi andare nel panico più totale, Mike mi salvò.
“Ehi Jacque, ma poi sei andato a vederla quella partita del Paris Saint Germain?”
Dio benedica Michael Bennet, quando Jacque sentiva le parole ‘Paris Saint Germain’, impazziva. Per questo ero fermamente convinta che sarebbe andato d’accordo con Manuel e papà, e perché no, anche con lui, se non fosse impossibile per cause di forza maggiore. Ma tanto Jacque non avrebbe mai scoperto dell’esistenza di Zayn Malik.
Dannazione, avevo pronunciato il suo nome nella mia mente. Pensare a lui per me, era un grossissimo NO.
E mentre gli uomini intavolavano una discussione sul calcio, ovvero la storia della mia vita, il mio iPhone squillò. Lo afferrai dal comodino e mi fiondai sul letto, sorridendo come una cretina, quando vidi quel nome lampeggiare sul display.
“Ehi sposino!” esclamai io.
“Ciao Natalie –mi rispose la voce felice di Harry – devo dedurre che tu abbia ricevuto la partecipazione”
“Esattamente” risposi, senza smettere di sorridere.
M’immaginai Harry a casa sua, nella sua sala, con una giacca blu da gentleman inglese ed i suoi fedeli skinny jeans. Accanto a lui probabilmente c’era Louis, sdraiato sul divano e con un’ enorme ciotola di pop corn sul petto, davanti alla TV. Desiderai essere lì con loro, sdraiata accanto a Lou, mentre Harry ci urlava contro perché gli unti pop – corn finivano sul suo preziosissimo divano grigio.
“C’è Lou qui con me, ti saluta”
“Salutami l’altro sposino, allora”
“La pianti di chiamarci così?” disse Harry, ridendo.
“No, non posso – confessai – sono troppo felice, tu non puoi capire”
“Ah no? – mi chiese, scettico – sono io, quello che si sposa”
Roteai gli occhi al cielo, infastidita.
“Perché hai il potere d’irritarmi anche a 200 Km di distanza, com’è possibile?” gli chiesi, retorica.
“Sono 450, i Km” puntualizzò quel perfettino rompi palle del mio migliore amico.
“A chi importa?  - domandai scocciata – piuttosto, vuoi raccontarmi qualcosa di questo matrimonio?”
“Quando tornerai a Londra, finalmente aggiungerei, avremo tutto il tempo per parlarne – cominciò lui – perché torni, vero?”
“Certo che torno a Londra! – urlai, alzandomi dal letto – credi che potrei mai perdermi il matrimonio dei miei migliori amici?”
“Non si sa mai – si giustificò Harry – porterai anche Jacque con te?”
Pronunciò il suo nome sprezzante, perché lui continuava ad essere uno ‘Zatalie shipper’, così si definivano lui ed il suo futuro marito tutte le volte che mi chiamavano. Così io mi arrabbiavo e chiudevo loro il telefono in faccia.
“Sì Harry, porterò anche Jacque” risposi, roteando gli occhi al cielo per la sua solita reazione.
“A proposito di questo, per il matrimonio io e Lou avremo bisogno di un fotografo..”
“Non ci pensare neanche – lo interruppi – non lavorerò il giorno del vostro matrimonio, toglitelo dalla testa”
“Se tu mi lasciassi finire di parlare, magari – mi disse lui, con il suo solito tono da superiore – potresti chiedere alla tua equipe dello studio La Roche, che ne dici?”
“Sì! Che bella idea! L’ha avuta Louis, non è vero?”
“No” rispose Harry indignato.
“E invece sì Natalie, non dargli ascolto” sentii dire alla voce di Lou, in sottofondo.
“Immaginavo” dissi, sorridendo.
“Stronza”
“Vaffanculo”
“Natalie?”
“Sì?”
“Mi manchi”
“Anche tu, da morire”
Lottai contro le lacrime che minacciavano di scivolare lente sul mio viso ogni qual volta quei due chiamassero da Londra.
“Non vedo l’ora che torni, quando hai il volo?” mi chiese Harry.
“Mike dice che ce n’è uno per domani, alle tre e mezza del pomeriggio” risposi io.
“Ah, Mike..” disse lui, leggermente contrario alla sua presenza.
Dannazione ad Harry Styles ed alle sue gelosie da migliore amica.
“Cretino, sei stato tu a chiedermi se la mia equipe potesse fare le foto al tuo matrimonio, lo sai benissimo che Mike lavora allo studio di Danielle insieme a me”
“Sì, lo so, ma quello lì sta cercando di portarti via da me” disse lui, possessivo.
“Smettila Harry, torna in te” gli consigliai.
“D’accordo, allora ti aspetto domani, io e Lou verremo a prenderti al London City Airport, mi raccomando, puntuale”
“Non dipende da me la puntualità del mio aereo, Harry” gli ricordai.
“Che importa? Tu sii puntuale, non resisto un secondo di più senza di te” disse in tono dolce.
Così sorrisi, e prima di chiudere la telefonata, lo richiamai.
“Styles?”
“Che c’è, Natalie?”
“Grazie per non aver invitato Zayn, te ne sono molto grata”
“Ma Natalie, io..”
Quando chiusi la chiamata Harry stava ancora parlando.. sarà stato qualcosa d’importante?

Nah, che importa?
 
 
 
 
 
 
Milano, 21 Maggio 2017

“Dove diavolo ho messo quel maglione?”
Cercai e ricercai il mio maglione nero nell’appartamento del residence del Milan, ma era come scomparso. Forse l’avevo lasciato a Londra..
“Parli da solo, Malik?”
Sentii la porta sbattere, dopodiché vidi i miei amici farsi avanti.
“Federico, Andrea – dissi, sorridendo loro – che ci fate qui?”
“Ritieni fortunato a vederci – disse Andrea – senza di noi ti sei ridotto in uno stato pietoso,  che cazzo dovrebbe significarmi quella barba?”
Perché gli italiani dovevano mettere ‘Cazzo’ ovunque?
“E parla anche da solo” convenne Federico.
Andrea Romano e Federico Mandelli erano i personaggi più ambigui che avessi mai visto, e per uno che era amico di Harry Styles, ce ne voleva.
Andrea era un rapper, gli piaceva scrivere rime, per poi trasformarle in canzoni. Mi aveva fatto ascoltare i suoi artisti preferiti: i Club Dogo. Non erano male, certo, ma una canzone dedicata interamente al gioco della Play Station Pes potevano anche risparmiarsela.
Gioco per cui Federico andava matto: lui era fissato con i videogiochi, sarebbe stato capace di stare davanti alla Play anche tutto il giorno. Il suo preferito era Assasin’s Creed ma, per sua sfortuna, anche il mio. Il guaio era che Federico non sapeva perdere.
“Ragazzi, non è che ho lasciato a casa da voi il mio maglione?”
“Quale maglione, mister?” mi prese in giro Federico.
“Quello nero, coglione”
“Ma come siamo simpatici – convenne Andrea – siamo in astinenza?”
Mi limita a guardarlo male, Andrea era il coglione più coglione che avessi mai conosciuto. Anche più di Federico.
“In astinenza? Lui? – chiese Federico, scoppiando a ridere – ma non credo proprio, sai? Se le è passate un po’ tutte, le tue compagne di università”
“Ah, hai capito l’inglesino innamorato pazzo” disse Andrea, stravaccandosi sul mio letto.
“Fossi in te Andre, mi alzerei da quel letto, Zayn non mi sembra tanto tipo da cambiare lenzuola, dopo..” disse Federico, molto simpaticamente, facendo scoppiare a ridere Andrea.
“Piantatela, bastardi – dissi loro, chiudendo la mia valigia – ma poi, innamorato pazzo di chi?”
Andrea si strinse nelle spalle, giocando con la zip della sua felpa grigia.
“Di quella Natalie, no?”
Scossi la testa, continuando a cercare il mio maglione, usandolo come diversivo. Non volevo tornare sull’argomento, e loro lo sapevano.
“D’accordo, lo sappiamo, scusaci – disse poi Federico – lo sai che Andrea è stupido, ma non può farci nulla, lui è fatto così”
Mi strappò un sorriso, così smisi l’infinita ricerca del mio maglione, appuntandomi mentalmente di cercarlo a casa mia.
“Ehi Zayn – mi richiamò Andrea – quando partirai per Londra?”
“Posso venire anche io?” mi chiese poi Federico.
Andrea non avrebbe potuto pormi domanda più azzeccata, dato che proprio in quel momento sentii il mio iPhone 5 (ci tengo a puntualizzare 5 perché è stato un regalo da parte della squadra) squillare. Così lo afferrai dalla scrivania e mi sdraiai sul letto, accanto ad Andrea.
“Amico, non ti sembra una cosa un po’ gay sdraiarci insieme sul tuo letto?”
“Chiudi la bocca, Andrea – lo ripresi – sono al telefono con il mio amico gay, quello del matrimonio”
“Oh” fu l’intelligente commento di Andrea.
“Che figura di merda” decretò Federico.
“Sì, ti ringrazio molto Zayn” disse Louis.
“Ciao Tomlinson, come te la passi?”  mi rivolsi a lui, finalmente, aggiungerei.
“Io alla grande”
“Ci credo – convenni – allora vi sposate, eh?”
“Sì, io ed Harry ci sposiamo” rispose, dolcemente.
“Sono felice pe voi Louis, davvero”
“Grazie – mi rispose sinceramente – ma verrai al matrimonio, non è vero?”
“Certo! – esclamai indignato – non potrei mai perdermi l’evento dell’anno e poi, diciamocelo, che matrimonio sarebbe senza di me?”
“Il solito modesto, Malik..”
“Cosa credevi? Che l’Italia potesse in qualche modo cambiarmi?”  domandai, divertito.
“Beh, in un certo senso – cominciò Louis – non sei mai più tornato, l’ultimo ricordo che ho di te sai qual è, Zayn?”
“Quale?” chiesi, totalmente preso dalle sue parole.
“Nella stanza d’ospedale di Dyana, il giorno in cui scoprimmo che era malata di polmonite – mi disse – ti ricordo che parli con Natalie, mentre io chiudo la porta”
Annuii, pensandoci su: era vero, aveva ragione.
“Lo so”
“Perché, Malik? – mi chiese – perché non sei mai tornato, neanche per Natale o per il compleanno delle tue sorelle? Ci manchi, Zayn” mi confessò.
Ero stato un cretino a non tornare mai, neanche una volta a casa mia, a Londra.  Il fatto era che, non ce la facevo proprio a tornare, lei era lì, ed io avrei dovuto lottare contro l'istinto di correre a casa sua.
“Anche voi ragazzi, mi mancate tutti quanti”
“Chi di più di altri, non è vero?” mi domandò lui, tagliente.
“Lou, ti prego, non ho voglia di parlarne”
“Tu non hai mai voglia di parlarne, e lei nemmeno – disse – ma non potete andare avanti così, lo sapete entrambi che non potete stare separati, perché continuate con questa farsa del ‘Non me ne frega niente’? Non è così e lo sappiamo tutti quanti, voi per primi”
Dannazione, perché aveva così tanta ragione? Natalie mi mancava terribilmente e Dio solo sapeva quanto avessi voglia di vederla. Ma non potevo farmi vedere fragile, non volevo la loro compassione, non avevo voglia che mi compatissero. Per questo non ne parlavo mai.
“Non importa, Lou – liquidai il tutto così, riacquistando il tono felice di prima o, almeno, provandoci – ho prenotato il volo per domani alle tre e mezza del pomeriggio”
“Saremo lì con il tappeto rosso, Malik” scherzò Louis.
Risi insieme a lui, mentre Federico mi esortava a chiedere se anche loro sarebbero potuti venire a Londra con me.
“Non ho voglia di portarvi dietro, Fede” gli dissi, sinceramente.
“Chi è Fede?” mi chiese Louis.
“Un cretino, lascia perdere”
“Se vuole venire a Londra, portalo pure, più gente c’è al matrimonio, meglio è, no?”
“Se viene Federico automaticamente si aggiunge anche Andrea, Tomlinson – lo avvertii – sono come un paghi uno prendi due, non puoi liberartene”
Louis rise ed Andrea mi mandò a quel paese, alla maniera italiana.
“Andrea è quel tuo amico italiano omofobo?” mi chiese Lou.
“Proprio lui”
“Portali tutti e due, ci divertiremo”.

 






 
who cares?
ciao bellissime, sono molto di fretta, qundi scusate se sarò un pò sbrigativa
ho voluto postare il secondo oggi perchè non vedevo l'ora di sapere che cosa ne pensaste..
Natalie e Zayn tra poco torneranno a Londra, seguiti dai nuovi personaggi shfgsd
ora vorrei dilungarmi un sacco, ma davvero, non posso
perchè Zayn dovesse 'combattere contro l'istinto di correre a casa sua', citandolo, ve lo chiarirò dopo sfhdfhg
adesso devo proprio andare, vi amo e vi ringrazio un sacco per le 9 recensioni al primo capitolo <3<3<3
addio.

 


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Capitolo 3
*** Meet again ***


Half a heart
Chapter three - Meet again



Londra, 22 Maggio 2017, Zayn

La voce metallica del pilota avvisò tutti i passeggeri dell’aereo che tempo due minuti e saremmo atterrati. Mi chiesi se fossi pronto, pronto a respirare l’aria di Londra: quell’aria di casa che non sentivo più sulla mia pelle da quattro interi anni.
“Andrea, svegliati, coglione”
Federico, come tutti gli italiani, non sapeva neanche dove fosse di casa, la finezza.
“Federico – lo richiamai, abbozzando un sorriso divertito – adesso dovreste smetterla con l’italiano, no?”
“E che ci vuole? Lo sai che sono nato nella terra sbagliata” si pavoneggiò lui.
“Sì, la terra dei coglioni” lo canzonò Andrea, svegliandosi dal suo sonno profondo.
“Non chiamarmi coglione” gracchiò Federico.
“L’hai fatto tu, per primo” rispose ovvio, Andrea.
Scossi la testa , arreso, chiedendomi perché diavolo li avessi portati con me a Londra. Dopodiché, cessati i vuoti d’aria, il pilota ci avvertì nuovamente, ma stavolta del fatto che eravamo arrivati. Tolsi le cuffie dalle orecchie, fermando Afterlife degli Avanged Sevenfold.
“Londra, stiamo arrivando” disse Federico, alzandosi in piedi e dirigendosi verso l’uscita dell’aereo.
“Eh certo – dissi io – perché ci mancavano i cretini”
“Che simpatico”
Non dissi più nulla e rinfilai una cuffietta nell’orecchio sinistro, continuando ad ascoltare quella canzone che riusciva a darmi una carica assurda. Sfilai i Rayban neri dalla maglietta e li indossai, sistemandomi poi anche il cappello e lo zaino in spalla.
Quando scesi le scale dell’aereo e presi una boccata d’aria inglese, un sorriso si dipinse d’istinto sul mio volto. Ero tornato, e solo toccando il suo londinese con le mie vecchie converse nere, riuscii a rendermi conto di quanto diavolo mi fosse mancata la mia città. Milano era bella e dell’Italia mi ero innamorato, ma ero a casa, e nessun posto sarebbe mai stato così bello come Londra in quel momento.
“Malik? Ma sei davvero tu? Mi ero anche dimenticato la tua faccia, in questi ultimi anni!”
Come non riconoscere quella voce? Sorrisi al mio interlocutore, voltandomi verso di lui: Harry Styles era lì, con una maglietta bianca a mezze maniche scollata sul petto, che lasciava intravedere dei tatuaggi che non conoscevo. Gli skinny jeans neri non mancavano mai e le sue scarpe eleganti neanche. Incredibile come mi fosse mancata anche la sua curiosa immagine.
Come avevo fatto senza Harry Styles, per quattro interi anni?
“Styles? Ma che cazzo hai in testa?” dissi, alludendo alla fascia verde militare tra i capelli ricci.
Gli italiani mi avevano contagiato, con quel cazzo di ‘Cazzo’. Harry comunque non perse il sorriso, venendomi incontro.
“Posso abbracciarti, Malik?” mi chiese, con le braccia già aperte.
“C’è da chiedere?” gli risposi, per poi stringerlo in un abbraccio.
Forse era il primo abbraccio che ci scambiavamo, io ed Harry Styles. E mentre facevo quelle considerazioni sicuramente troppo smielate, sentii qualcuno schiarirsi la voce.
“Tomlinson?” domandai.
“Presente” rispose lui.
Così gli andai incontro, scambiando con lui un cinque e dopo un abbraccio. Mi erano mancati quei ragazzi, nonostante non lo avessi mai fatto presente a nessuno, in Italia.
Come avevo fatto senza Louis Tomlinson per quattro interi anni?
“Ma che hai fatto ai capelli?” dissi, ridendo.
“E tu? Ti sei scordato dell’esistenza del rasoio?” mi rispose Louis a tono.
“Ma che avete tutti contro la mia barba? Io la trovo sexy” mi difesi.
“Certo Malik, molto sexy” continuò a prendermi in giro Harry.
“E quei tatuaggi, Styles?”
Lui si strinse nelle spalle, con un mezzo sorriso.
“Sono collegati, non vedi?”
Styles e Tomlinson mi mostrarono le loro braccia, ed io guardai quei tatuaggi che avevano in comune, ammirato.
“Gli uccelli e la gabbia” mi spiegò Louis.
“La bussola e la nave” continuò Harry.
“Sono bellissimi, ragazzi”
“Grazie Malik – disse Louis – ma vedo che tu non ti sei risparmiato, dove diavolo è finito il tuo braccio?”
Mi ero dato alla pazza gioia anche io in Italia, con i tatuaggi. Ma non feci in tempo a dire nulla, perché due voci anche troppo familiari esplosero nel London City Airport.
“Ehi Zayn, ma dove scappi?” urlò Federico.
“Ma chi è?” mi chiese Styles.
“Ti vergogni di noi, per caso?” gli diede poi corda Andrea.
“Ragazzi, piantatela con l’italiano, chiaro?” li ripresi io, una volta raggiunti.
“Chiaro, papà” mi prese in giro Andrea.
“Ma che lingua parlate?” mi domandò Louis.
“E chi diavolo sono loro?” chiese Harry, confuso.
“Non gliel’hai detto?” mi rivolsi al suo futuro sposo.
Lou non disse nulla: non gliel’aveva detto.
“Detto cosa, Louis?”
Harry iniziò a battere il piede, e quando Harry Styles batteva il piede, erano cazzi. Dannazione, ero stato davvero troppo in Italia.
“Scusa Harry, te l’avrei detto, è che mi sono dimenticato” si giustificò Louis.
“Ti sei dimenticato di avvisarmi che avremmo avuto due nuovi invitati italiani? Guarda che c’è sempre tempo per annullare il matrimonio” lo minacciò Harry, ma tutti quanti sapevamo che non l’avrebbe mai fatto: erano la coppia più innamorata che conoscessi.
“Ragazzi, state per assistere ad una crisi isterica gay” avvertii i miei amici italiani.
“Piacere, io sono Louis” si presentò per primo.
“Andrea”
“Federico, piacere”
Si strinsero la mano e quando sentii Federico ed Andrea parlare inglese con il loro solito accento da mafioso, mi scappò una risata.
“E lui è Harry – lo presentò sempre Lou – il mio fidanzato”
Li guardai conoscersi, dopodiché mi sembrò di sentire una voce, anche quella familiare, arrivare alle mie orecchie. Era come sognare, non so, non ero sicuro che fosse proprio la voce a cui avevo pensato. Stava discutendo con qualcuno, forse qualcuno che si chiamava Mike. Ma non poteva essere lei..
“Natalie!” esplose Harry, correndole incontro.
Invece era proprio lei ed anche se sapevo che l’avrei rivista, non pensavo così presto. Ma non appena la vidi, non potei fare altro che chiedermi una cosa: come avevo fatto senza Natalie Shade per quattro interi anni?
 
 
 
 
 
 
 
Londra, 22 Maggio 2017, Natalie

Finalmente eravamo arrivati: non tornavo a Londra da Natale, ed erano passati esattamente cinque mesi. Mi mancavano la mia famiglia ed i miei amici, per cui, quando l’aereo atterrò, tirai un sospiro di sollievo e sfoderai un sorriso, che ero sicura avrei tenuto per tutto il giorno.
“No, non ci credo, non trovano la mia valigia”
Dannato Michael.
“Che significa che non trovano la tua valigia?” gli chiesi, cercando di rimanere calma.
“Che non trovano la mia valigia Natalie – ribadì lui, scocciato – cosa potrà mai significare?”
“Senti Mike, intanto ti calmi” lo avvertii io.
Jacque roteò gli occhi al cielo.
“Si può che perdi sempre tutto, tu?”
“Non è stata colpa mia!” si difese Mike.
“Ragazzi, cerchiamo di mantenere la calma?” consigliò Danielle, raggiungendoci.
“Certo, tanto non è la vostra valigia che è stata persa, non è vero?”
“Dai Mike, non ti scaldare – gli consigliò Julia – la ritroveranno, forse..”
“Ma puoi anche solamente immaginare quante scenate avresti fatto tu, se avessero perso la tua, di valigia?” le disse Mike.
“Dio del cielo, ti ringrazio per aver scelto quella di Mike” dissi, guardando verso l’alto.
“Cos’hai detto, scusa?” mi domandò Julia, sul piede di guerra.
“Ragazze – s’intromise Danielle – io eviterei, avete visto in che stato d’isteria è Michael? Un vostro litigio non è proprio l’ideale, adesso”
“Stato d’isteria?” chiese retorico, con una vocina stridula.
“Scusate, chi è il Signor Michael Bennet?” chiese un uomo.
“Sono io” si fece avanti Mike.
“Abbiamo trovato la sua valigia, è questa qui? - chiese , mostrandogliela – bianca e piccola”
Mike annuì ed abbracciò l’uomo, facendosi prendere dalla troppa gioia.
“Mi lasci!” urlò l’abbracciato indignato.
“Scusi, è la felicità” si giustificò Mike.
Camminammo lungo il corridoio del London City Airport, ed io andai avanti ad insultarlo ed imprecare contro di lui.
“Dannato Mike, faresti perdere tempo a chiunque tu, lo sai che ore sono? Le quattro e mezza, siamo in ritardo di un’ora, lo sai a chi farà il culo adesso quel rompi palle di Tomlinson? A me!”
“Natalie!”
Mi voltai, non appena sentii quella voce chiamarmi.
“Harry!”
Gli corsi incontro, abbracciandolo stretto e forte, come se non lo volessi più lasciar andare. Ed infatti era così, ogni volta che tornavo a Londra, mi veniva voglia di mandare tutto a puttane e restarmene lì, insieme a lui.
“Sei bellissima piccola, diventi sempre più bella ogni cinque mesi che passano”
“Ma smettila - feci la modesta – Harry, diavolo, stai per sposarti”
Lui annuì, sorridendo felice.
“E dov’è il tuo futuro sposo?” gli chiesi.
Così lui si voltò, indicandomi Louis, ed il mio cuore perse un battito. La testa iniziò a girarmi vorticosamente, avevo bisogno di sedermi.
“Natalie? Ti senti bene?” la voce di Harry arrivò ovattata alle mie orecchie.
Riuscii solo a scuotere la testa, e tutto ciò che vidi, furono le sue mani togliersi i Rayban neri, rivelando gli occhi che nascondevano. Non c’era più nulla attorno a me, se non quegli occhi che non vedevo da quattro anni. Il suo sguardo aveva intercettato il mio già da un po’, e rimanemmo a guardarci per istanti davvero lunghi, senza fare assolutamente nulla, senza muoverci, senza neanche respirare.
Non mi sembrava reale averlo davanti agli occhi, Zayn per me era come se fosse stato solo un sogno. Un bellissimo sogno da cui però mi ero svegliata, e dovevo svegliarmi, anche in quel momento.
“Natalie! Ti prego! Rispondi!” era Harry, che urlava.
“Perché gridi? – gli chiesi, guardandolo poi negli occhi – sono qui”
“Cretina, mi hai fatto spaventare” disse lui, guardandomi male.
“Non t’azzardare a guardarmi così, traditore”
“Che ho fatto?” domandò, ingenuamente.
Così gli tirai uno schiaffo sulla spalla, che si massaggiò prontamente.
“E questo per cos’era?”
“Per avermi detto che non avresti invitato Zayn – dissi, arrabbiata – quello chi è? Un suo sosia con la barba?”
“Veramente io non ti ho mai detto nulla, sei tu che hai fatto tutto da sola” si giustificò, il traditore”
“Giuda” gl’imprecai contro.
Zayn era cresciuto, aveva 25 anni, ed era 25 volte più bello di come lo ricordassi. Aveva più tatuaggi, aveva la barba.. ma aveva perso qualcosa, aveva perso quella scintilla negli occhi che aveva sempre. Dov’era finita, quella scintilla?
“Vieni, andiamo da Louis”
Camminammo verso di loro, ed i nostri occhi rimasero incatenati, dopo tutti quegli anni passati senza incontrarsi mai, neanche una volta.
“Natalie, piccola, ciao”
Louis mi strinse in un abbraccio in cui mi rintanai.
“Ciao Lou, non ci posso credere che vi state per sposare”
Loro risero, mentre una versione mal riuscita di Robin Thicke con una cuffia nell’orecchio e l’altra no ed un bambino cresciuto con gli occhi verdi, si facevano avanti.
“Piacere, io sono Andrea” si presentò, stringendomi la mano.
“Natalie” dissi, guardandolo stranita.
“Ed io sono Federico” e si presentò anche lui, imitando Robin.
“Sì, ma chi siete?”
“Amici di Zayn” mi spiegò il secondo.
Annuii, mentre sentivo la voce lamentosa di Mike farsi avanti.
“Non sto dicendo che a Parigi siano meno servizievoli, sto solo dicendo che..”
“Ah, voi dovete essere l’equipe dello studio fotografico La Roche – intervenne Harry – io ed il mio fidanzato Louis siamo molto felici di aver scelto voi”
“Voi siete gli sposi!” esclamò Mike.
E da lì iniziò tutto un presentarsi ed un conoscersi molto rumoroso, ma i miei occhi non avevano nessuna intenzione di spostarsi verso qualcosa che non fossero i suoi.
Però non ce la facevo, era più forte di me. Abbassai lo sguardo e corsi via, lontano da lui. Presi due respiri lunghi, che riuscirono a calmarmi, fino a che non sentii quell’inconfondibile tocco sulla mia mano. Socchiusi gli occhi per qualche impercettibile secondo, prima di voltarmi verso di lui.
“Ciao, piccoletta”
La gola mi si seccò ed i ricordi m’investirono, dolorosamente. Mi passarono davanti mesi di segreti, segreti che ci eravamo impegnati a mantenere. Mi passarono davanti momenti irripetibili, che non avevo mai scordato, insieme al ragazzo che in quel momento era davanti a me, con quella voce meravigliosa, capace di toccarti il cuore.
“Ciao, Zayn”.






 
who cares?
ciao ragazze :)
stavo giusto per andarmene a letto, quando mi sono ricordata che oggi avrei dovuto postare..
così eccomi qui e so che il capitolo è più corto rispetto agli altri, ma non potevo mettere tutto insieme, poi capirete sdjhd
allora, cos'abbiamo qui? gli Zatalie che si ri incontrano shfgsdfg 
e vi piacciono i nuovi personaggi? io personalmente adoro Mike, è adorabile sjdfdsg
adesso vi presento Julia e Danielle, e Andrea e Federico, ve l'ho già detto, sono nella mia testa
bene, scusate ma ho sonno, ci sentiamo lunedì, quando posterò il quarto capitolo :)
vi amo <3





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Capitolo 4
*** Still hurts ***


 
quando trovate l'asterisco ascoltate 'Still hurts' dei Lawson

 
Half a heart
Chapter four - Still hurts
 
E mi stava davanti, mi stava davanti guardandomi come se quei quattro anni li avessimo vissuti insieme, come se fossimo rimasti l’uno accanto all’altro. In fondo era la nostra speranza, no? Fare come se al nostro fianco, ci fosse l’altro. E Zayn io lo sentivo in ogni passeggiata per Parigi, in ogni risata insieme a Mike.. Zayn lo sentivo in ogni scatto, in ogni bella fotografia: lo sentivo in ogni grande soddisfazione.
“Come stai?”
Fu lui ad interrompere il silenzio ed io avrei tanto voluto dargli una risposta epica, del tipo: ‘Benissimo, senza di te’. Perché non volevo che pensasse che senza di lui io non fossi nulla, ed anche se quelle parole avrebbero rispecchiato una parte di realtà, non volevo comunque farglielo sapere. Zayn Malik sapeva essere molto presuntuoso, se solo lo voleva.
“Sto bene”
Così mi limitai a dire quelle due parole, guardandolo negli occhi, mentre lui annuiva. Che avremmo dovuto dirci?
“Mi sei mancata”
Incredibilmente, mi si formò un groppo in gola, qualcosa che si sarebbe sciolto solo con un mare di lacrime. Ma volevo essere forte, non volevo crollare davanti a lui.
“Non si direbbe”
Colsi la nota di confusione nel suo sguardo e, dannazione, mi venne una voglia matta di fiondarmi tra le sue braccia e lasciarmi stringere, anche solo per un secondo.
O per tutta la vita.
“È molto più complicato di quello che pensi, Natalie”
Alzai le sopracciglia, scettica. Ma nonostante tutto quel risentimento che provavo nei suoi riguardi, non smettevo di pensare a quanto avrei voluto  ancora baciare quelle labbra fino a consumarle, ascoltare la sua voce pronunciare il mio nome e passare ogni singolo istante insieme a lui, per tutti i giorni, fino all’ultimo.
“Sarebbe bastata una chiamata, Zayn”
“No, invece – ribattè – non sarebbe bastata affatto, una chiamata”
“A me sì” affermai.
Mi sarebbe bastato qualsiasi cosa, da scambiare con un silenzio durato quattro anni.
“E dopo quella chiamata? Cosa pensi che sarebbe successo? Pensi che qualcosa sarebbe cambiato? No, nessuno dei due voleva rinunciare ai propri sogni”
“Siamo due egoisti, allora”
“Sì Natalie, lo siamo – annuì lui, deciso – ma Dio solo sa cos’avrei dato per passare anche solo un minuto insieme a te”
“Perché allora non sei tornato, mai, neanche una volta?”
“Perché dopo non sarei più ripartito, Natalie”
“Che vuoi dire?” chiesi, aggrottando confusa le sopracciglia.
“Voglio dire che una volta tornato da te, poi non avrei più trovato la forza per lascarti ancora”
Distruggeva tutti i miei muri, quel ragazzo. Distruggeva la mia forza, la mia determinazione a restare calma, a non gettargli le braccia al collo: lui distruggeva me.
“Avevi detto che saresti rimasto in Italia soltanto un anno”
“La squadra ha gradito il mio lavoro”
“Sono contenta per te”
Lui annuì, restando qualche attimo in silenzio. Forse avrei dovuto urlargli contro, ma a che scopo? A che cosa sarebbe servito? Zayn non mi ascoltava mai, non l’avrebbe di certo fatto in quell’aeroporto, dopo quattro anni.
“E tu? Com’è Parigi?” mi chiese poi.
“Splendida” risposi solamente.
“Sono contento per te, allora”
La situazione iniziava ad appesantirsi, entrambi volevamo dirci un fiume di parole senza fine, ma nessuno dei due aveva voglia di iniziare per primo.
“Zayn..” così iniziai io, o almeno, ci provai.
“Natalie! Ma dov’eri finita? - urlò Jacque, comparendo dal nulla, circondandomi le spalle con un braccio – quei tuoi amici sono un po’ sopra le righe, ma non sono male, soprattutto Leeroy..”
“Louis”  lo corressi irritata, dannazione, lo sbagliava sempre.
“Ah già, Louis..”
I miei occhi incontrarono quelli di Zayn, confusi.
“Jacque lui è Zayn” dissi.
“Zayn? Oh beh, piacere – disse porgendogli la mano, mentre Zayn lo squadrava dall’alto in basso, senza la minima intenzione di stringergliela – io sono Jacque”
“Jacque? – chiese, retorico – e chi saresti, tu?”
Lo pregai con gli occhi di smetterla, ma il suo sorrisetto beffardo era già comparso sul suo volto.
“Il ragazzo di Natalie”
Zayn apprese quella notizia, senza fare nulla, non cambiò neanche espressione. Semplicemente mi guardava, ed io guardavo lui, incapace di fare altro.
“Com’è che vi conoscete, voi due?” mi domandò Jacque, forse percependo un po’ di tensione.
“Zayn è.. – il primo amore della mia vita -  il migliore amico di Manuel” mi limitai a dire.  
Zayn improvvisò una risata amara.
“Sì, io sono il migliore amico di Manuel, suo fratello – ripetè – nient’altro, giusto Natalie?”
Abbassai lo sguardo, incapace di reggere ancora il suo.
“Giusto” sussurrai.
Così Zayn sorrise falsamente, scuotendo la testa, contrariato.
“Piacere di averti conosciuto, Jacque”
Si avvicinò a me, improvvisando un abbraccio, accostando le sue labbra al mio orecchio.
“Non ti crede nessuno, Natalie”.
 
 
 
 
 
Quello fu sicuramente il viaggio in macchina più brutto della mia vita, compressa tra quei due cretini italiani che Zayn si era portato dietro. Ok, non erano così male ed io stavo facendo un po’ troppo la stronza, ma ero arrabbiata con me stessa per essermi comportata così da idiota. Ero risultata troppo debole, ed io non volevo essere debole, ma forte, forte contro di lui. Non volevo che mi abbattesse, io volevo solo fargli vedere che potevo farcela benissimo, anche senza di lui.
“Wow, qui è tutto così inglese!” urlò uno dei due mangia – pasta.
“Deduzioni dell’ultimo minuto” lo prese in giro l’altro, quello simile ad un bimbo cresciuto.
Io ridacchiai sommessamente, ed intercettai lo sguardo di Harry dallo specchietto retrovisore, mentre guidava. Lui e Louis erano venuti a prenderci con due macchine differenti, dato che mi ero portata dietro tutta la popolazione di Parigi.
“È carino il tuo fidanzato” mi disse proprio Harry.
“Sei ironico? No, perché se lo sei giuro che dopo ti schiaffeggio” lo avvertii.
“Allora non lo sono - si difese, mentre Mike ridacchiava, seduto affianco a lui sul sedile del passeggero – che hai da ridere, francese?”
“Harry, te l’ho già detto venti volte e sono a Londra da soli trenta minuti – disse Mike, infastidito – io sono inglese, come te, d’accordo?”
“Mh – disse Harry, che ancora non si fidava del tutto – il tuo accento non mi convince ancora molto”
Mike sbuffò, ed io pensai che un viaggio London City Airport – casa mia con quattro cretini, era una punizione abbastanza dolorosa. Quindi decisi di perdonarmi, per il mio comportamento di prima.
“Quand’è che vi siete conosciuti?” chiesi ad Harry, curiosa.
“Prima – rispose stringendosi nelle spalle – tu non c’eri, tu eri con Zayn”
“Oh, già..” ricordai.
I suoi occhi verdi cercarono ancora i miei, ed io annuii, perché Harry dopo avrebbe voluto il resoconto del nostro incontro: dannazione a lui ed alle sue manie da migliore amica invadente.
“Ehi Natalie – mi richiamò il bambino cresciuto (Federico) – senti qui”
Mi allungò una delle sue cuffiette, ed io la infilai nell'orecchio destro: volevo dare una possibilità ai maccheroni giganti.
“Se è qualche artistetto italiano, apro la portiera della macchina e ti faccio cadere in autostrada”
“Zayn ci aveva parlato del tuo ambiguo senso dell’umorismo” mi disse Robin (Andrea), concentrato sul suo iPhone.
“Zayn vi ha parlato di me?” chiesi, indugiando con la cuffia a mezz’aria.
Robin annuì, per poi infilarsi le cuffie da calciatore (insomma, quelle da Dj, quelle che usano i calciatori) e sparire nel suo magico mondo fatto di pasta e scadenti partite di calcio.
Rimasi a fissare il vuoto per qualche secondo, pensando al fatto che Zayn avesse parlato di me a loro, in Italia, durante quei quattro anni senza né vederci e né sentirci. Allora non mi aveva cancellato dalla sua memoria, lui parlava di me, lui mi aveva pensata.. esattamente come avevo fatto io.
“Davvero Natalie, non è affatto un artistetto italiano” la voce di Federico ho vent’anni ma ne dimostro tredici, mi riscosse dal mio stato di trance.
Così portai la sua cuffietta al mio orecchio, sistemandola al meglio, pronta ad aprire in ogni caso la portiera della macchina: fuori un mangia – pasta.
Ma non appena sentii quella canzone, il mio cuore si fermò. D’un tratto non mi trovavo più in quella macchina, ma nel campo dietro casa mia, in quel posto di cui nessuno conosceva l’esistenza, solo io e, grazie a me, solo noi. Io e Zayn sdraiati sull’erba secca, Bruno Mars che canta Just the way you are nelle nostre orecchie e le nostre mani che s’intrecciano, le une alle altre, sperando che quel momento fosse durato in eterno.
Ma non era stato così, anzi.
Tolsi con violenza la cuffia dal mio orecchio, quasi volessi liberarmi di Zayn una volta per tutte: non volevo più vivere così, volevo essere abbastanza per me stessa, volevo cancellarlo dalla mia vita e ce l’avrei fatta, in un modo o nell’altro. Lui aveva vissuto quattro anni senza preoccuparsi minimamente di me, e quello era il mio turno.
“Non ti piace?” mi domandò Federico, infilandosi anche la mia cuffietta.
“Anche troppo”.
 
 
 
 
 
 
Cinque mesi senza vedere casa mia, e mio padre la trasforma in un loft per diciottenni amanti della Marijuana. Forse sapeva dell’arrivo di Robin Andrea?
Chiusi la porta dietro le mie spalle, mentre i due italiani e Mike si guardavano intorno. Harry posò la valigia sul pavimento della sala, aspettando che papà ci ricevesse.
“Ragazzi, ciao, finalmente siete arrivati”
Ed ecco Tyler Shade in tutto il suo splendore, era come rinato: gli faceva bene la solitudine.
“Papà, che ne è stato del tuo spirito da padrone di casa?” lo rimproverai, mentre lo abbracciavo.
“Ciao piccola, tutto bene il viaggio?”
“Tutto bene, ho rischiato di vomitare solo due volte addosso al mio capo” gli mostrai due pollici, in segno di ‘Ok’, ed un sorriso radioso.
Tyler scosse la testa, divertito.
“Ah, ma guarda, hai portato Jacque con te, finalmente ti conosco..” mio padre strinse imbarazzantemente la mano di Mike, convinto che lui fosse il mio fidanzato.
“Papà, il giorno in cui mi fidanzerò con uno gnomo alto un metro e venticinque te lo farò sapere”
Mike mi fece il verso, mentre Harry ridacchiava sommessamente.
“Ciao Harry” lo salutò mio padre.
“Ciao Tyler, scommetto che muori dalla voglia di sapere come mai Natalie è più simpatica e carina del solito, non è vero?”
“In effetti sì, me lo stavo domandando – disse sinceramente mio padre – non che di solito non sia simpatica e carina, s’intende”
“S’intende” disse Harry, difendendosi insieme a mio padre dalla mia ira funesta.
Me ne stavo lì a guardarli, appoggiata al muro della sala, respirando un po’ di aria di casa. Dopodichè Harry si avvicinò a mio padre, raggiungendo il suo orecchio, sussurrando poi: “Zayn è qui”.
“Styles, ti prego” tuonai, io.
Lui alzò le mani in segno di resa, mentre mio padre annuiva, guardandomi apprensivo. Io scossi la testa, cercando di tranquillizzarlo.
“Non è un problema, davvero” dissi.
Così lui annuì, ancora, guardando gli altri due ragazzi che si aggiravano come bambini in uno zoo per casa nostra.
“Sei tu Jacque?” chiese poi papà al mangia – pasta dagli occhi verdi.
Federico scosse la testa, così a mio padre rimase una sola alternativa, voltandosi verso Robin.
“Ti prego, dimmi che non sei tu”
Soffocai una risata, mentre il mangia – pasta perennemente con le cuffie nelle orecchie, tendeva una mano verso l’uomo che non sapeva arredare le case.
“No, sono Andrea, sono italiano ed i francesi li odio dal 9 luglio 2006, piacere”
“Piacere” disse mio padre interdetto, stringendo la sua madre.
“Sono Federico” si presentò poi anche Mr. Occhi verdi.
“Tyler – mio padre ci pensò un po’ su, dopodiché tirò la sua conclusione più intelligente – siete amici di Zayn?”
I due annuirono, ed io improvvisai un applauso.
“Bravo papà, sfortunatamente non hai vinto nulla, adesso vai a renderti decente prima che arrivino tutti e ti vedano così” cercai di trascinarlo per un braccio, ma il campanello suonò rovinosamente.
Mi portai una mano alla fronte, imprecando.
“Dannazione”
Vidi Harry avvicinarsi alla porta e fare gli onori di casa al posto nostro, accogliendo gli ospiti dalla remota Francia (e Italia, certo).
“Ciao Tyler” per primo entrò Louis, sorridendo a mio padre.
“Ehi Lou, ho saputo della bella notizia, fatti abbracciare” disse mio padre, abbracciando uno dei miei due migliori amici.
Erano diventati come padre e figlio, tutti e tre. Anche Zayn aveva quel tipo di rapporto con mio padre, per questo quando entrò dalla porta, in tutta la sua maledetta radiosità, corse a salutarlo.
“Tyler, ciao” disse, sorridendo.
“Zayn, diavolo, che non ti salti più in mente di non farti vedere per così tanto tempo!” lo sgridò paternamente Tyler.
Faceva uno strano effetto guardarli dopo tutto quel tempo, ancora tutti insieme, ma non c’era tempo per perdersi in monologhi nostalgici tra me e me, casa mia si stava trasformando in un ritrovo per strani europei.
“Papà – cominciai io – lei è Danielle La Roche, il mio capo”
Danielle si avvicinò a mio padre, per stringergli la mano, ma lui la sorprese, portandosela alle labbra e baciandola delicatamente.
“Natalie, non mi avevi detto che tuo padre fosse un gentiluomo” disse Danielle, compiaciuta.
Chissà da quanto tempo un uomo non le mostrava anche un minimo interesse, per pensare che mio padre fosse un gentiluomo.
“Comunque sia – cercai di tagliare corto io – lei è Julia non ti dico il suo cognome tanto non saresti in grado di pronunciarlo e, lo gnomo, è Mike”
“Piacere signore” si presentò Mike.
“Piacere mio, non prenderla sul personale, mia figlia è fatta così: ironia allo stato puro”
“Non si preoccupi, ho imparato a conoscere bene Natalie” lo avvertì Mike.
“Chiamami Tyler, Mike, e dammi del tu”
“Sì, ok, prima che Harry e Louis inizino a shipparvi insieme – riportai l’attenzione su di me – papà, lui è Jacque, il mio fidanzato”
*Quando dissi quelle parole, sentii tutto il peso dello sguardo di Zayn addosso. E quando mio padre e Jacque iniziarono a chiacchierare e conoscersi meglio, lo vidi sparire di sopra, così decisi di seguirlo. Lanciai uno sguardo prima ad Harry e poi a Mike, entrambi annuirono, così non ci pensai due volte e lo raggiunsi.
Vidi la porta della mia camera semichiusa, ed intravidi la sua figura all’interno di essa. In quei quattro anni, quelle volte in cui ero tornata a Londra, a casa mia, non avevo mai messo piede nella mia camera. C’erano troppi ricordi, il piumone sul mio letto era ancora quello dove io e Zayn avevamo dormito insieme, più e più volte, ed il suo profumo era ancora lì.
E le nostre fotografie, anche.
Comunque presi un grande respiro, ed entrai, raggiungendolo. Era in piedi davanti alla parete, ammirava le nostre vecchie fotografie, ammirava i nostri sorrisi e probabilmente come me pensava a quanto le cose fossero cambiate.
“Fa ancora male” disse poi, percependo la mia presenza dietro di sé, senza però voltarsi.
“Che cosa?” domandai.
Si voltò verso di me, venendomi incontro, incastrando quei suoi dannatissimi occhi nei miei.
“Io e te, Natalie”
Abbassai lo sguardo, ma lui sfiorò il mio mento con due dita, obbligandomi a guardare nuovamente i suoi occhi.
“Cosa dovremmo fare, adesso?” chiesi, sinceramente confusa.
Lui si strinse nelle spalle, confuso esattamente quanto me.
“Non possiamo dimenticare tutto questo – disse guardandosi intorno – e, a dirla tutta, non ne ho assolutamente voglia”
“Sai una cosa, Zayn? Io sì, invece”
Zayn improvvisò una risata, guardando altrove.
“Te l’ho detto prima, Natalie, non ti crede nessuno e tanto meno io – mi avvertì – forse te ne sei dimenticata, ma sono quello che ti conosce meglio di chiunque altro, anche meglio di Harry, se te lo stavi chiedendo”
“Sono cambiate troppe cose, Zayn”
“Come per esempio?”
“Come per esempio io, ho un fidanzato adesso”
“Ah, già, dimenticavo – fece Zayn – tu adesso hai Jacque”
Mi limitai ad annuire, mentre invece lui scuoteva la testa, contrariato.
“Tu lo ami?”
“Che cosa?” presi tempo.
“Tu, Natalie, lo ami?” mi chiese lui, ancora.
Lo guardai negli occhi per qualche istante, senza dire nulla, e quella voglia di farmi stringere tra le sue braccia crebbe a dismisura. Ma non potevo chiedergli una cosa del genere ed aspettarmi che credesse ancora alle mie parole.
“Certo che lo amo” mentii.
“Menti”
E infatti..
Era convinto di ciò che diceva, perché Zayn mi conosceva davvero bene.
“Lo sai che mi irriti quando pensi di aver capito tutto di una situazione, Zayn” gli ricordai.
“Ma sai anche che raramente mi sbaglio”
“Ma cosa credi, eh? Che dopo quattro anni io possa comportarmi come se non fosse successo nulla?”
“Te l’ho già detto, tornare sarebbe stato complicato” ribadì lui, tra i denti.
“Anche stare lontana da te per quattro anni è stato complicato, Zayn”
“Lo so, è per questo che non posso credere alla tua grande storia d’amore”
Scossi la testa.
“Tu non capisci” sussurrai, sull’orlo di una crisi di pianto.
“Capisco eccome, invece - mi contraddisse, lui – perché continui a pensare che tu non mi sia mancata? Diavolo Natalie, è stata la prima cosa che ti ho detto”
“Lo so – annuii – ma non mi basta, non ha senso adesso, è ovvio che anche tu mi sia mancato”
“Lì, senza di te, ero totalmente diverso dal ragazzo che ricordi – mi spiegò – e lo sai perché? Perché sono un’altra persona, quando ci sei tu, una persona migliore”
Non poteva dirmi quelle cose, dopo quattro anni di silenzio.
“Avresti potuto pensarci prima, comunque”
“D’accordo, fai pure l’incazzata quanto ti pare – sbottò Zayn – ma tu, Natalie, non lo amerai mai quanto hai amato me”
E mi lasciò da sola con tutti i nostri ricordi, sbattendo la porta di camera mia, scendendo con forza le scale. Zayn non era cambiato di una virgola, era rimasto il solito presuntuoso, incazzoso e convinto Zayn che conoscevo.. e che amavo.
Per cui sì, aveva ragione lui, ma il problema non era Jacque. Il fatto era che non avrei mai amato nessun’altro, come amavo lui.
 
 






 
who cares?
ciao ragazze :))
spero che la canzone vi sia piaciuta, io la adoro sdhsfs
comunque sia, amatemi perchè sono rimasta viva dopo un'interrogazione di matematica
mi sono offerta volontaria ed ho preso anche 6, il che equivale a vincere gli hunger games sdjhgdf
per quanto riguarda il capitolo, volevo che fosse tutto perfetto, ditemi voi se sono riuscita nel mio intento..
e volevo avvisarvi che il matrimonio dei Larry sarà alla fine di tutto, ho visto che molte di voi non l'avevano capito sdhfgd
non importa, ci sono io che vi chiarisco tutti i dubbi :)
ma quant'è bella Towers delle Little Mix? vi giuro, sto male sdhfgds
e nulla, vi saluto, a giovedì con il 5, vi voglio tantissimo bene <3<3<3

 
 





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Capitolo 5
*** Brokenhearted ***



quando trovate l'asterisco ascoltate 'Brokenhearted' dei Lawson

 
Half a heart
Chapter five - Brokenhearted

 
Scesi con un piccolo salto l’ultimo gradino delle scale di casa mia, raggiungendo poi Harry. Lanciai un’occhiata fugace a Zayn, che maneggiava distrattamente il suo iPhone, appoggiato obliquamente alla parete della sala.
Intorno a noi gli altri parlavano animatamente: Louis stava ridendo con Mike, Julia e Danielle scambiavano due chiacchiere con gli italiani e mio padre conosceva Jacque. Al mio fianco, invece c’era Harry, che con i suoi occhi verdi mi chiedeva spiegazioni.
“È tutto così complicato, Harry” gli confidai, sottovoce.
“Lo so, piccola – mi tranquillizzò lui  - ma cosa ti aspettavi?”
“Non lo so – mi strinsi nelle spalle – cerco di fargli capire che non è facile, che mi sono sentita abbandonata e lui mi urla contro, che dovrei fare?”
“Lui urla perché è arrabbiato, Natalie”
“Ok, ma perché diavolo se la prende con me?”
“No, intendevo arrabbiato con se stesso, perché non riesce a farti capire quanto per lui sia difficile”
“Difficile che cosa, Harry?” sbottai, cercando però di contenere la voce.
“Vederti insieme ad un altro, conosco Zayn, e so per certo che è ancora totalmente innamorato di te – disse convinto, per poi guardarmi di sottecchi – ed anche tu lo sei”
Non feci in tempo a ribattere, che una chioma di capelli ricci neri si frappose tra me ed il mio migliore amico.
“Tuo padre è simpatico” disse Jacque.
“Sì, finchè non è lui che ti ha cresciuto” ironizzai.
Non appena Jacque mi si avvicinò, Zayn alzò lo sguardo su di noi.
“Quel tipo, Zayn, è un po’ inquietante, non credi? – mi disse nell’orecchio – non fa altro che fissarti”
“Non parlare di lui, Jacque” gl’intimai, fulminandolo con lo sguardo.
“Perché la prendi così sul personale? Non ho detto nulla”
“È come se fosse mio fratello – tentai di giustificarmi – non mi va che si dicano certe cose di lui”
“Come ti pare” acconsentì lui alla fine.
A proposito di fratelli..
“Ehi, papà, che fine ha fatto Manuel?” gli chiesi.
“Harry e Louis non te l’hanno detto?”
“Detto cosa? È deceduto, per caso?” chiesi, poco preoccupata.
“Natalie!” mi riprese mio padre.
“Chiedevo” dissi, stringendomi nelle spalle, mentre Zayn abbozzava una risatina.
Sorrisi istintivamente, mi piaceva ancora la sua risata.
“Manuel è andato a vivere con Dyana” disse proprio lui.
“Che cosa? E perché io non ne sapevo nulla?” domandai, indignata.
“Da quando t’importa di Manuel?” mi chiese Harry, confuso.
“Beh, io infatti parlavo di Dyana, quella brutta spagnola ingrata”
Dopodiché Danielle mi si avvicinò.
“Natalie, noi dovremmo andare in albergo, adesso”
Annuii.
“Ma certo, volete che vi accompagni?”
“Ci penso io” disse Louis.
“D’accordo, grazie Lou”
I francesi ci congedarono e quando Jacque si avvicinò per baciarmi le labbra, mi voltai all’ultimo secondo, porgendogli solamente la guancia. Il sorriso compiaciuto di Zayn non tardò ad arrivare.
“Ok – disse poi – Andrea, Federico.. è ora di conoscere la mia famiglia”
“Oh, li porti già a casa tua? State insieme da un po’, allora”
“Infatti, è lo stesso per te e Jacque?”
Touchè, dannazione.
“Signor Shade, è stato un piacere conoscerla” disse mangia  -  pasta numero uno (Federico)  ignorando il nostro poco carino scambio di battute.
“Piacere mio, ragazzi – disse papà ai due italiani – siete i benvenuti a casa nostra”
Gli ha dato di volta il cervello?
Mangia – pasta numero due (Andrea) sorrise riconoscente.
“E Zayn – disse poi mio padre – la camera di Manuel è sempre libera e dato che Jane starà in campeggio per tutta l’estate, se qualche volta ti andasse di fermarti qui, sei più che un ospite gradito”
Ok, mio padre non ce l’aveva un cervello.
“Grazie, Tyler – gli sorrise, prima di spingere fuori dalla porta Federico ed Andrea, per poi avvicinarsi a me – e a te, andrebbe se io mi fermassi qui, qualche notte?”
Zayn si morse il labbro inferiore, giusto perché aveva deciso di farmi impazzire e perché il suo respiro caldo sul mio collo non bastava. Indugiai con lo sguardo sulle sue labbra, respirando il suo profumo di fumo e vaniglia.
“Come ti pare, Zayn” risposi poi, sussurrando.
Lui annuì, sorridendo beffardamente, per poi allontanarsi verso la porta. Ma una strana sensazione si fece largo dentro di me: era paura, perché io non volevo che se ne andasse. Così gli afferrai la manica della maglia, fermandolo.
“Che fai, Natalie?” mi domandò, confuso.
“Tornerai, vero?”
Lui sospirò, per poi mostrarmi il suo sorriso più bello, più sincero: quello che mi era mancato di più in assoluto.
“Solo gli stupidi commettono due volte lo stesso errore”.
 
 
 
 
 
 
 
*Non mi ero potuta godere neanche una mezz’ora in santa pace a casa mia, dato che il mio stupido iPhone aveva iniziato a vibrare come un pazzo: Harry mi chiedeva di raggiungere lui e Louis al Palace Gardens. Mi chiesi se non avrei passato l’estate in quell’hotel, con tutto il matrimonio da organizzare.
Scesi dalla macchina che papà mi aveva regalato per il mio ventunesimo compleanno, una volta ottenuta vittoriosamente la patente. Infilai le chiavi nella borsa ed iniziai a saltellare verso l’entrata dell’hotel, con quell’allegria che avevo avuto solo a diciassette anni. Che l’avesse riportata Zayn, con sé?
Mi strinsi nelle spalle e sorrisi al portiere, entrando poi nella grande hall del Palace Gardens. Mi guardai intorno: era davvero un gran bel posto, ottima scelta per un matrimonio.
“Natalie?”
Che diavolo ci fa qui, lui?
“Malik? Ma che cosa..? – cercai di capire, andandogli incontro – quei due stanno cercando di farci diventare i protagonisti di un qualche film americano da quattro soldi?”
“Ma che diavolo dici, piccoletta?” mi chiese lui, visibilmente confuso.
“Sai, quando gli amici chiamano sia lei che lui, per farli incontrare nello stesso posto – spiegai, leggermente confusionaria – non fare quella faccia, dai che hai capito”
“Sì, sì, ho capito..” mi assecondò.
Lo guardai, accorgendomi che la sua abitudine da psicopatico di farsi una doccia alle sette e mezza di sera, non era cambiata. I capelli neri erano ancora leggermente bagnati, portava la sua maglietta di Batman di cui ero assurdamente invaghita ed indossava con un’innata eleganza degli skinny jeans neri, il tutto accompagnato dalle sue immancabili converse nere.
Le converse nere di Zayn erano un po’ come le fasce nei capelli ricci di Harry: erano sempre presenti, le associavo ad ogni tipo di ricordo. Ricordavo quelle scarpe sul pavimento di camera mia, mentre noi eravamo abbracciati sul mio letto. Le ricordavo mentre camminavano velocemente verso la sua Panda Station Wagon, quando Manuel scoprì tutto e le ricordavo quel giorno al Fire Starter, quanto tutto ebbe inizio.
“Bella macchina -  disse poi lui – te l’ha comprata il fidanzato?”
Non feci in tempo a rispondere con qualcosa di molto cattivo, che la voce squillante di Louis arrivò alle mie orecchie.
“Ecco i nostri testimoni”
Mi voltai verso di lui, trovandolo accanto ad Harry, mentre si stringevano dolcemente la mano. Aggrottai le sopracciglia confusa, affiancando Zayn.
“Di che parli, Tomlinson?” domandò Malik, confuso quanto me.
“Volevamo dirvelo di persona, e prima c’era troppa gente, non è certo un segreto, ma ci piaceva l’idea che fossimo solo noi quattro, quando l’avreste saputo” spiegò Harry, sorridente.
“Quindi voi ci vorreste come testimoni? – chiesi – noi due? Io e Zayn? Malik ed io? Batman e me?”
“Credo che il concetto sia chiaro, Natalie” mi sussurrò Zayn.
“Sì, chiarissimo Zayn – scherzò Louis – e comunque sì, nessun altro sarebbe più adatto di voi due, ragazzi”
“Siete i nostri migliori amici, insomma, che vi aspettavate?” ci chiese Harry, ridendo.
“Ne saremmo onorati, davvero” risposi io, abbracciando prima Harry e poi Lou.
“Da quando parli in prima persona plurale?” mi chiese Zayn, sempre molto simpaticamente.
Roteai gli occhi al cielo, sbuffando.
“Ti odio quando rovini momenti come questo” gli feci presente.
“Mi sembra di capire che mi odi un po’ troppo spesso, in questo periodo dell’anno”
“Mah, chissà come mai, prova a pensarci un po’”
Harry e Louis si guardarono eloquentemente, mentre Malik rideva ironicamente, ed io pensavo a centouno modi per ucciderlo.. e poi riportarlo in vita, dato che senza di lui il mondo sarebbe stato una noia mortale.
Ma quanto ero contraddittoria?
“Ragazzi – Harry si schiarì la voce – io e Lou andiamo a.. insomma.. noi andiamo”
“Sì, a dopo, voi continuate pure a.. insomma.. continuate” Louis passava decisamente troppo tempo con il suo fidanzato, stava iniziando ad essere analfabeta quasi quanto lui.
“Volevano lasciarci soli, secondo te?” mi domandò Zayn, mentre guardavamo i nostri amici sparire verso una delle mille sale del Palace Gardens.
“Tu che dici?”
“Come diavolo sei diventata così fredda, Natalie?”
Sparò quella domanda, voltandosi verso di me, puntando quei suoi occhi maledettamente belli nei miei.
“Fredda? – chiesi, confusa – hai fumato qualcosa, Malik?”
“Non scherzare, sono serio”
“Wow, quale grande inatteso momento”
Zayn mi rifilò un’occhiataccia, ed sospirai.
“Ok, d’accordo, forse non è vero che voglio dimenticarti, ho esagerato, io non ne sarei capace di cancellarti dalla mia vita” spiegai, sincera.
“E queste cose quando me le avresti dette?” mi chiese lui, totalmente disorientato.
“Non te le ho dette, davvero?” domandai, disorientata quanto lui.
Zayn scosse la testa, con un sorrisetto sulle labbra.
“Allora le ho solo pensate, dannazione”
“Dannazione cosa? Non avrei dovuto saperlo, per caso?”
“Erano solo pensieri”
“Pensieri che mi riguardano”
“È ovvio che ti riguardino, sono miei”
Il sorriso di Zayn si trasformò da beffardo a meraviglioso, sincero, senza ombra di arroganza o malizia. Era semplicemente il suo bel sorriso per cui, puntualmente, morivo.
“Tu non riusciresti ad odiarmi, piccoletta” affermò, convinto.
“Non finchè mi chiamerai piccoletta, no” gli diedi ragione.
“Tregua?”
Zayn mi allungò la mano, che inizialmente guardai scettica, poi però sorrisi, facendo per stringergliela. Ma lui mi attirò a sé, stringendomi tra le sue braccia, come avevo desiderato che facesse dal primo momento in cui i miei occhi avevano ri incontrato i suoi.
“Il primo abbraccio dopo quattro anni” sussurrò, al mio orecchio.
Appoggiai le mani sul suo petto, aggrappandomi alla maglietta di Batman, mentre lui posava le sue labbra sui miei capelli, com’era solito fare anni fa.
“Mi hai spezzato il cuore, Zayn” dissi, contro il suo petto.
Lui annuì.
“Lo so, piccoletta”
Mi staccai lievemente da lui, stringendogli i fianchi con le mani, mentre lui mi accarezzava il viso e giocava con qualche ciocca dei miei capelli sfuggita allo chignon disordinato.
“E tu hai spezzato il mio” disse poi.
“In che modo?”
“Portando qui il tuo francesino, ecco in che modo” rispose, tra i denti.
Mi allontanai da lui, guardandolo scettica.
“Non mi vorrai dire che in questi quattro anni, non c’è stata nessuna ragazza – dissi - già t’immagino in Italia, con quei due mangia – pasta, ad abbordare qualsiasi persona di sesso femminile che respiri”
Zayn rise, amaramente.
“Certo, qualcuna c’è stata, ma storia di una notte soltanto – rispose, sincero – e la sai una cosa?”
“Che cosa?”
“Ho pensato a te, sempre”
Rimanemmo a guardarci per qualche secondo, senza dire nulla. Dopodichè roteai gli occhi al cielo, sbuffando ed arrabbiandomi con me stessa.
“Dannazione a te, Zayn Malik! – imprecai contro di lui – perché sei così maledettamente te stesso, smettila di essere così tanto te stesso ed inizia ad esserlo di meno, se no non ne usciamo vivi”
“Non ha senso la metà delle cose che dici, ciò significa che non sei cambiata poi così tanto”
Mi disse, guardandomi dolcemente. Io gli restituii l’occhiata, per poi colpirlo con degli imbarazzanti pugni sul petto: così tanto imbarazzanti da farlo scoppiare a ridere. Dio, quella risata, quanto mi era mancata.
“Perché – pugno – non hai – altro pugno – mai – ancora pugno – chiamato!”
Zayn mi afferrò i polsi, guardandomi poi negli occhi.
“Che importa? Sono qui, adesso”
“Giura che resterai, questa volta per davvero”
“Lo giuro, piccoletta”.
 
 
 
 
 
 
 
“Sono a casa! – urlai felice, lanciando la borsa sul divano, con l’intento di lanciare anche me, sul divano – e ci resterò per almeno cinque giorni di fila, senza uscire più”
“Natalie..” mio padre arrivò dalla cucina, con un viso strano, come se dovesse dirmi qualcosa.
“Che c’è?” chiesi, stranita.
E poi alle sue spalle sbucò Jacque, con un cipiglio incazzato: Dio quanto lo odiavo quando si arrabbiava, diventava insopportabile.  Zayn invece iniziava a torturarsi i capelli, quando era arrabbiato per qualcosa. Quando invece ce l’aveva con me, riusciva a rimanere incazzato per qualche minuto, dopodiché io lo facevo ridere, e finivamo sul letto abbracciati a fare pace.
Comunque sia, scossi la testa e decisi che non avrei più fatto paragoni inutili di quel genere.
“Ciao Jacque – dissi, fingendo allegria – che ci fai qui? Credevo fossi in hotel con gli altri!”
Lo studio La Roche finanziava il viaggio a Londra ed anche l’alloggio in uno degli hotel più in del centro. Ma allora che ci faceva lui a casa mia? Volevo riposare, dannazione.
“Ciao Natalie – mi salutò – vieni di sopra, dobbiamo parlare”
Mentre il mio fidanzato saliva le scale, io rivolsi uno sguardo confuso a mio padre.
“Mi dispiace Natalie, lui ha tanto insistito, non ho potuto fare nulla..” disse.
Insistito per che cosa? Non riuscii a contenere la curiosità e corsi sulle scale, arrivando davanti alla mia camera, semichiusa. Dannazione, Jacque era stato nella mia stanza.
“Che cosa significa?” mi chiese, indicando la parete.
“Sono solo fotografie” spiegai io, sulla difensiva.
“No Natalie, non sono solo fotografie, ho visto come vi guardate tu e quell’extra – comunitario” urlò, sprezzante.
Andai su tutte le furie, gli rivolsi un’occhiata fulminante, avvicinandomi a lui e puntandogli un dito contro il petto, minacciosa.
“Non ti permettere mai più” sussurrai tra i denti, fuori di me.
“Altrimenti?” mi sfidò.
“Altrimenti te ne pentirai, Zayn non ama essere insultato per le sue origini” lo avvertii.
Zayn – ripetè, vagando per la stanza – ma si può sapere chi diavolo è questo  Zayn? E non dirmi ‘Il migliore amico di mio fratello’, Natalie, so che è molto più di questo, l’ho capito”
“Ok, d’accordo, lui non è solo il migliore amico di Manuel, lui era il mio secondo fratello maggiore, e poi..”
“Poi?” mi esortò lui.
“Poi le cose sono cambiate”
“In che modo?”
“Io e Zayn stavamo insieme, Jacque, lui è stato il mio primo amore e scusa se non riesco ad essergli totalmente indifferente” spiegai, irritata.
“Beh, allora le cose devono cambiare un’altra volta, Natalie” disse lui, autoritario.
“Ed in che modo?” fui io a chiederlo, questa volta.
“Non voglio che tu lo riveda”
Scossi la testa, aggrottando le sopracciglia, incredula.
“Non puoi impedirmelo, io sono molto legata a Zayn e non solo sotto quel punto di vista, è da quattro anni che non ci vediamo, non posso ignorarlo – feci una pausa – non voglio ignorarlo”
“Non si discute, mon amour, ti ho detto che non lo rivedrai”
“Impossibile, Harry e Louis ci hanno scelto come testimoni, saremmo costretti a passare tanto tempo insieme e tu dovrai fartene una ragione”ribattei.
“D’accordo allora, se non per questioni riguardanti il matrimonio, voi non vi frequenterete più, non mi va che gli altri ti vedano con quello lì”
“Quello lì è importante per me, Jacque, ti prego, cerca di capire”
“Non m’importa, sei la mia fidanzata, ed io ho deciso così”
Non mi lasciò tempo di ribattere, forse perché non voleva sentir ragione ed uscì di fretta dalla mia camera. Ma non mi aveva lasciato il tempo di dirgli che lui, purtroppo, non aveva il diritto di decidere con chi io avrei passato il mio tempo.
Ti è andata male, mon amour. 

 
 





 
who cares?
ciao ragazze, sono stra di fretta, quindi mi sbrigo.
ho sempre l'impressione di ringraziarvi poco o niente, e questa cosa non va bene..
è importantissimo il supporto che mi date, se non fosse per voi io non credo che andrei avanti a scrivere.
e siete fantastiche, davvero, perchè avete sempre delle belle parole per me.
ed io non rispondo alle vostre recensioni semplicemente perchè mi manca il tempo..
sto facendo di tutto per andare bene a scuola quest'anno, e non come gli altri.
vorrei farcela almeno al quarto anno, ad uscire senza debiti.. per cui, scusate, spero capiate.
mi sto dilungando e mia mamma mi sta urlando dietro in una maniera allucinante..
spero vi sia piaciuto il capitolo, fatemi sapere e scleriamo un pò insieme sfhdsg
vi amo <3<3<3
p.s: dio, i miei Zatalie quando si abbracciano sjfhsdfg




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Capitolo 6
*** Fire starter ***





 
Half a heart
Chapter six - Fire starter

 
Appena mi svegliai ebbi come l’impressione di essere stata catapultata all’inferno, per tutto il casino che quegli indegni stavano facendo. Ma dico io, c’è gente che ha appena affrontato un viaggio di ben due ore in aereo, volete tacere?
Provai e riprovai a riaddormentarmi in tutte le svariate posizioni che il mio vecchio letto aveva da offrirmi, ma niente, le loro voci erano troppo alte: neanche fossero stati bimbi incapaci di contenere la loro gioia. 
Mi alzai e non mi guardai neanche allo specchio, spalancai la porta di camera mia e scesi molto molto molto molto molto lentamente le scale. Ventisette anni dopo raggiunsi la cucina, ovvero il luogo dove stavano scatenando l’inferno.
“Avete finito di fare tutto questo rumore? Stavo cercando di dormire, io” tuonai, con la mia vocina irritante nonché infastidita.
“Sei adorabile, piccoletta”
Strabuzzai gli occhi quando sentii quella voce calda e calma, come avevo fatto a non riconoscerla? Mi voltai verso di lui, con un falso sorriso stampato sulle labbra.
“Zayn, ma non ti mancava casa tua? Ecco, vacci allora” replicai, acida.
“Mi mancavi di più tu, in effetti” concluse, con un sorriso angelico.
Ma mi suonava tanto di presa in giro, così roteai gli occhi al cielo e mi sedetti su uno dei miei vecchi alti sgabelli, appoggiandomi con i gomiti al tavolo della cucina. Mio padre era indaffarato: stava preparando i pancakes, perché voleva darci un bentornato come si deve.
“Ehi, Natalie, buongiorno!”
Mi voltai verso di lui, stirando un sorriso.
“Mikey! – lo chiamai, affettuosamente – che ci fai anche tu qui?”
“Anche? – mi chiese, scherzosamente indignato – che significa anche? So di non essere un aitante pakistano, ma quell’anche mi ha ferito, sappilo”
Sentii Zayn ridere, e lo osservai mentre spegneva la sua sigaretta nel portacenere di fronte  a lui. Tyler lo lasciava fumare in casa, come se fosse figlio suo.
“Questo significa che avete fatto amicizia?” domandai ai due.
“Per forza – disse Mike – Zayn è un grande, non mi avevi detto che allenava il Milan, la squadra italiana d’eccellenza – fece una pausa, pensandoci un po’ – in realtà non mi avevi detto proprio niente, di lui”
A quell’affermazione, Zayn volse lo sguardo verso di me, ed io feci lo stesso, ma per un secondo soltanto, tornando poi a giocherellare con le mie stesse mani. Notai con la coda dell’occhio che aggrottò le sopracciglia, ed ero sicura che stesse per dire qualcosa.
“I pancakes sono pronti!”
Ma per fortuna mio padre esplose in grida di gioia per la colazione che ci aveva preparato con tanto amore. Almeno spero, stavo morendo di fame.
“Tu non hai mai parlato di me? Con nessuno?” mi chiese Zayn, stupito, senza farsi intimidire dalla presenza di papà o di Mike.
“Io.. beh.. non lo ritenevo necessario” tentennai un po’.
I due si guardarono, sentendosi di troppo, così papà escogitò un piano: non me lo sarei mai aspettato, dall’uomo tanto ambiguo che mi crebbe.
“Mike, ti va di vedere il resto della casa? Abbiamo una veranda spettacolare”
Mike ingoiò rumorosamente un pezzo di pancake, per poi lasciare la cucina insieme a Tyler, lasciando me e Zayn completamente da soli.
“Non lo ritenevi necessario, eh?” riprese lui.
Scossi la testa, mentre lo guardavo estrarre dal suo pacchetto di sigarette un’altra Marlboro.
“Non hai perso il vizio” notai.
“Ne ho tanti di vizi io, Natalie, e non ne perderò mai neanche uno” confermò, incastrandola tra le labbra.
“Per esempio?” chiesi, curiosa.
“Per esempio il fumo, no?” disse ovvio.
“Fammi un altro esempio” insistetti, alzandomi con l’intento di preparare un caffè.
“Ne vuoi un altro? – annuii, mentre lui pensava – mh, fammi pensare..”
“Avanti – lo esortai, prendendo due tazze dalla credenza – se dici di avere così tanti vizi, almeno un altro ti deve venire in mente”
Così Zayn sorrise, accendendosi la sigaretta ed aspirando profondamente. Guardai le sue braccia scoperte dalla maglietta a mezze maniche appoggiate al tavolo, e notai nuovi tatuaggi, probabilmente Made in Italy.
“Tu, per esempio”
Aggrottai le sopracciglia, stupita, posando la sua tazza davanti a lui. Mi ringraziò con un cenno del capo, dopodiché tornai a sedermi, sorseggiando un po’ del mio caffè.
“Io? Ma come faccio ad essere un tuo vizio, io?”
“Dopo quattro anni, non ho perso la voglia che ho di te – mi spiegò, bevendo – come la mettiamo?”
Sorrisi, davanti al suo sguardo eloquente.
“Sono una bomba, Malik” mi giustificai, stringendomi nelle spalle.
Lui aspirò del fumo, abbozzando una risata.
“No, sei fuori di testa, che è diverso”
“Non per altro sono innamorata di te”
Zayn prese l’ultimo tiro, spegnendo poi la sigaretta nel solito portacenere, guardandomi lusingato: la scintilla nei suoi occhi era tornata.
“Quindi sei innamorata di me” ripetè.
Mi morsi il labbro, per essermi lasciata scappare una cosa del genere, di quei tempi non era proprio il caso.
“Ero” mi corressi.
“No, piccoletta, ti ho sentita bene” disse lui, convinto.
Ed infatti aveva ragione, ma dovevo negare negare e negare fino alla morte.
“No – scossi la testa – io ti odio” sostenni.
“Ah sì? – mi chiese divertito - e perché passi da un estremo all’altro così facilmente?”
“Mi hai fatto litigare con Jacque, ieri sera” lo informai, finendo il mio caffè.
“Io? Che centro io? Non sapevo neanche che vi foste visti” si difese.
“Ha visto le nostre fotografie, non vuole che ti veda più, se non per questioni riguardanti il matrimonio” lo citai alla fine, imitando tristemente la sua voce, giocando con i motivi del legno del mio tavolo.
“Che cosa?” chiese Zayn, retorico.
Così io annuii e lui posizionò due dita sotto il mio mento, costringendomi a guardarlo negli occhi. Ad accogliermi trovai un bel sorriso rincuorante, che mi fece sorridere di riflesso.
“Il tuo fidanzato è un coglione, piccoletta  - sostenne Zayn – scusa, ma nessuno, tanto meno lui, riuscirà mai a tenermi lontano da te”
Certo, tranne te stesso.
Ma lo tenni per me, non avevo voglia di litigare.
“Non voglio, Zayn” confessai.
Così lui scosse la testa, convinto.
“No, infatti, staremo insieme tutti i giorni a partire da oggi – mi promise – anche a costo di spaccargli la faccia, piccoletta”
Gli sorrisi, con il desiderio di cacciare papà e Mike di casa, chiudere a chiave la porta e rintanarmi tra le sue braccia per tutto il resto della giornata.
“Federico ed Andrea vogliono vedere la città, oggi” m’informò, finendo a sua volta il caffè che gli avevo preparato.
“Entrerai nei panni di una di quelle guide che sollevano un ombrello per farsi seguire?”
“Simpatica, sul serio” mi prese in giro.
Lo guardai alzarsi dallo sgabello, così feci lo stesso.
“Ok, d’accordo, scusa – dissi, alzando le mani in segno di resa – credo che anche Mike e gli altri vogliano fare un giro per Londra”
“Bene – Zayn si strinse nelle spalle – Mike, il tuo capo e quella ragazza bionda sono le benvenute nel nostro gruppo di turisti”
“Zayn – lo ripresi, notando un solo nome mancante alla sua lista – lo so che tu e Jacque non andrete mai d’accordo, ma almeno provaci, fallo per me”
“No, piccoletta, non posso farlo, neanche per te, e sai perché?”
“Dimmelo tu, Malik”
“Perché è lui la causa del fatto che tra noi non potrà tornare tutto come prima, lui e solo lui”.
 
 
 
 
 
 
“È da una vita che non metto piede al Fire Starter, come sta Nick?” chiesi ad Harry, che mi camminava affianco, con le mani nelle tasche.
“È il solito Nick” mi rispose, stringendosi nelle spalle.
Annuii, mentre Harry apriva la porta del locale lasciandomi entrare per prima come un vero gentiluomo. Adocchiai il nostro vecchio solito tavolo, e quando notai che era già occupato da circa un migliaio di persone, aggrottai le sopracciglia.
“Ma che diavolo..?” cominciai.
“Oh, abbiamo compagnia” continuò il mio migliore amico.
Vidi Mike sventolare la mano in aria, per farsi notare da noi, suppongo.. o forse aveva solo spasmi muscolari dovuti alla sua mancata sanità mentale. E, con ogni probabilità, si trattava della seconda opzione.
“Ciao ragazzi, Londra è spettacolare! Voi non potete capire!” disse mangia – pasta dagli occhi verdi.
“Tu dici, Federico? – chiesi, scettica, accomodandomi affianco a lui – io ci vivevo a Londra!”
“Oh, giusto..” convenne.
“Che cretino” sentenziò mangia – pasta Thicke.
Scossi la testa divertita da quei due casi umani, per poi notare che il posto accanto al mio non occupato da Federico, era vuoto.
“Ciao piccola”
Ah, c’era anche lui? Mi sforzai di sorridere, rispondendo al bacio del mio fidanzato.
“Ciao tesoro, vista Londra?” gli chiesi.
Lui annuì.
“Certo, è bella ma – commento inopportuno in arrivo – Parigi non la batte nessuno”
Mike roteò gli occhi al cielo, ed io mi sforzai di non fare lo stesso.
“Tu sì che sei aperto a nuovi orizzonti” scherzai.
“Ecco qui – intervenne la voce di Louis, che scoprii si stava improvvisando cameriere – la coca cola di Mike, il succo di Julia, le due porzioni di patatine fritte per gli italiani e caffè alla francese per Jacque”
“Caffè alla francese? Ma fai sul serio?” gli chiesi.
Lui si strinse nelle spalle, giustificandosi.
“Lo sai che sono molto patriottico”
Ed anche molto idiota.
Ma quel commento me lo tenni per me, onde evitare stupiti litigi davanti a tutti: Jacque non era molto auto ironico.
Louis alzò le sopracciglia scettico, facendomi soffocare una risata.
“E per il mio fidanzato, the freddo”
Lou baciò dolcemente le labbra di Harry, porgendogli il bicchiere tra le mani.
“Grazie amore”
Quanto amore erano quei due ragazzi, mi scioglievo ogni volta che Louis lo guardava in quel modo.
“Ah, eccovi qui, siete arrivati”
Oh, no, diavolo, dannazione, tutti i santi, ma perché a me? Jacque e Zayn nello stesso posto no, non ero ancora capace di gestirli. Già che fossero nella stessa città, nello stesso stato, nello stesso continente e sullo stesso pianeta, mi creava qualche problema. Figurarsi a respirare la stessa aria.
“Natalie, mi sono preso la libertà di prenderti un caffè – disse Zayn, porgendomi la tazza fumante – non sarà buono come il tuo, ma anche questo può andare”
Presi la tazza dalle sue mani, guardandolo male, cercando di rimproverarlo con lo sguardo. Ma lui mi fece l’occhiolino, ed io sperai con tutto il cuore che Jacque non lo avesse notato.
“Parigi sarà pure bella – disse Julia, distogliendomi da quella scomoda situazione – ma Londra, con una guida come Zayn, riesce di gran lunga a superarla”
Zayn le sorrise riconoscente e dal modo in cui Julia se lo stava letteralmente mangiando con gli occhi, decisi d’intervenire dato che Malik era mio e solo mio. Insomma, avrebbe almeno dovuto chiedermi il permesso.. che non le avrei comunque accordato, ovvio.
“Oh sì Julia, che carina che sei – cominciai, sorridendo falsamente – ma ti prego, parlaci un po’ del tuo ragazzo che ti aspetta in Francia, come vanno le cose?”
Vidi Mike soffocare una risatina, mentre Julia m’inceneriva con lo sguardo e Zayn cercava d’intercettare il mio. Quando incontrai i suoi occhi, notai un’ombra di strana serietà. Lo vidi avvicinarsi, per poi prendere posto accanto a me.
Jacque strinse un po’ più forte la presa del suo braccio sulle mie spalle, facendomi sbuffare.
“Fammi capire – cominciò Zayn sottovoce, mettendo mano al suo pacchetto di Marlboro – tu puoi fartela con un francese ma nessuna ragazza può neanche lontanamente muovere un apprezzamento verso di me?”
Stava cercando di confondermi con l’uso degli avverbi, ma io ero più furba di lui.
“Esattamente” convenni, sorridendogli.
“Certo, resta pure nella tua convinzione, piccoletta” disse, con la sigaretta incastrata tra le labbra.
Così mi adirai, raddrizzandomi sulla sedia e sfilandogli con forza la Marlboro dalla bocca.
“Zayn, guardami un po’” dissi, dura.
“Che vuoi?” mi chiese lui, vagamente scocciato.
E certo che era scocciato: Jacque mi stringeva esattamente come era solito fare lui, anni fa. Così abbassai lo sguardo, addolcendomi solo un po’.
“Julia è una stronza, tutto qui”
Tornai al mio posto, giocherellando con la sua sigaretta, continuando comunque a sentire il suo sguardo addosso. Gli altri non c’erano più, erano scomparsi, come succedeva ogni volta che io e Zayn eravamo insieme: solo noi due, tutto il resto del mondo non contava.
“Natalie?” mi richiamò.
“Sì?” risposi, speranzosa.
“Posso riavere la mia sigaretta?”
“Oh – dissi, un po’ delusa – certo, tieni”
Si accese la Marlboro, lui che era l’unico cliente del Fire Starter che si poteva permettere di fumare all’interno del locale, senza che Nick andasse in escandescenza: tutto merito del suo fascino irresistibile.
“E, piccoletta..”
Sentii la sua mano cercare la mia, e lasciai che le sue dita s’intrecciassero alle mie. Voltai il viso verso il suo, incontrando i suoi occhi ed il suo bellissimo sorriso. Con le due dita della mano libera sfilò la sigaretta dalle labbra, prendendo un profondo tiro. Avrei voluto restare così per sempre, con le nostre mani intrecciate ed i nostri occhi a guardarci, in ogni nostra piccola sfaccettatura che conoscevamo ormai a memoria.
“Pensavo lo sapessi” disse, poi.
“Che cosa?” domandai, visibilmente confusa.
“Che c’è solo una stronza, di cui sono innamorato”
Che parlasse della sottoscritta non era certo un segreto, per me.
“Malik! Natalie! Siete a Londra e nessuno ci dice niente? Questa può essere opera solo di Styles e Tomlinson, senza ombra di dubbio”
Conoscevo quella voce che interruppe quel nostro momento, e non ci pensai due volte, prima di alzarmi e corrergli incontro, abbracciandolo.
“Liam! Sei qui!”
“Certo piccola, se mai sei tu che sei qui” mi corresse.
“Gli sposini volevano tenerti tutta per loro, non è vero?” e conoscevo anche quella, di voce.
“Niall!”
Corsi incontro all’irlandese, lasciandomi stringere anche da lui.
“E guarda un po’, Malik che fa finta di non vederci, troppo occupato a fumarsi la sua dannatissima Marlboro – disse poi Liam – non sei cambiato di una virgola, eh?”
Alla fine eravamo cresciuti, ed eravamo un solo, unico e grande gruppo. Liam e Niall erano dei ragazzi meravigliosi che avevo imparato a conoscere prima di partire per la Francia, trovando in loro due fantastici amici.
“Avevi dubbi?” disse Zayn.
Liam scosse la testa, divertito.
“Avete compagnia, vedo” disse poi.
“Payne, questi sono i miei amici, direttamente dall’Italia – Zayn fece le presentazioni – Federico ed Andrea”
“Piacere, ragazzi, sono Liam”
“E loro sono i colleghi francesi di Natalie – disse Harry – Mike, Julia e Jacque, il suo fidanzato”
A quelle sue parole, Liam voltò immediatamente lo sguardo verso Zayn, che si limitò a spegnere la sua sigaretta nel portacenere di fronte a lui. Rimasi a guardare la scena, fino a che non sentii il braccio di Niall attirarmi a sé.
“Fidanzato?” mi chiese, scettico.
“A quanto pare”
“Ma che significa?” continuò, confuso.
“Significa che stiamo insieme, no?”
“E tu e Zayn?”
“Quella è storia, Niall”.

 




 
who cares?
ciao belle :)
sono di frettissima anche oggi, la batteria del computer ci sta abbandonando.
sono in vacanzaaaaaaa smfgsfhdsgf
what about you? 
bene bene bene, cosa accade in questo capitolo?
arrivano Niall e Liam, che faranno parte della storia, contrariamente a Skinny love.
e poi? poi poi poi Julia che inizia a diventare una nota molesta (Glee a parte).
adesso scusate, ma prima che muoia il computer, volevo ringraziarti ancora ancora e ancora.
vi amo, addio <3




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Capitolo 7
*** Black sweater ***







Half a heart
Chapter seven - Black sweater 

 
“Papà, è finito il caffè! – urlai, nella speranza che Tyler mi sentisse – Zayn sarà qui a momenti, e lo sai come diventa se non prende il caffè la mattina!”
E mi domandai, ma quel ragazzo non ce l’aveva una casa? Dannazione, eravamo tornati da una settimana ed era da esattamente lo stesso periodo di tempo, che ogni santa mattina, facevamo colazione con un caffè caldo a casa mia.
“Papà!” continuai a strillare, raggiungendo la cucina, scalza e con il maglione nero soltanto addosso.
Era giugno, faceva caldo, ma io continuavo comunque a dormire con quel maglione.
“Natalie, hai 21 anni ed hai ancora bisogno del tuo papà?”
Conoscevo quella voce sempre pronta a canzonarmi, così mi voltai di scatto e trovai quella testa bionda di mio fratello appoggiato alla parete della cucina. Gli saltai in braccio, stringendolo forte.
“Brutto idiota”
“Mi sei mancata anche tu, sorellina” scherzò.
“Perché non mi hai detto niente?” gli chiesi, mollando la presa sulle sue spalle.
“Riguardo a che cosa?”
“Riguardo te e Dyana, non sapevo viveste insieme, adesso”
“Ah – ah – annuì Manuel – e tu cosa aspettavi a dirmi del tuo fantomatico fidanzato francese? Tu e papà siete due ingrati, non mi avete detto niente di niente”
“Oh, sta’ tranquillo, non c’è niente da sapere su Jacque” dissi, tornando a cercare il caffè.
“Jacque, è così che si chiama – disse con un tono stupido, appoggiandosi al tavolo – preferivi il fascino orientale, un tempo”
Stupida ameba bionda, non era cambiato di una virgola.. purtroppo o per fortuna?
“Esatto, un tempo” puntualizzai.
“No, sul serio Natalie, che è successo?” mi chiese, improvvisamente perdendo tutta l’aurea di stupidità che lo circondava.
Rimasi ferma con le mani a mezz’aria, nella mia disperata ricerca del caffè, e gli occhi azzurri di Manuel fissi su di me. Mi voltai lentamente verso di lui, abbassando lo sguardo.
“Beh – cominciai – è molto semplice, ci ha pensato la distanza a dividerci, non stiamo più insieme punto e basta”
Manuel annuì lentamente, recapitando le informazioni.
“Quindi tra voi due è finita e non per colpa mia, dico bene?”
“Dici bene” annuii.
“Ed è quello che vuoi?”
Che domanda del cazzo, lo odiavo quando raramente riusciva a mettermi in difficoltà. Che avrei dovuto rispondere? “Certo, lo odio con tutta me stessa” oppure “No, ovviamente no, lo amo ancora e non smetterò mai di farlo”.
Stavo appunto per scegliere quale tra le due alternative sarebbe stata la più adatta alla mia situazione, quando fortunatamente Tyler fece la sua entrata trionfale in cucina.
“Natalie, il caffè è nel secondo ripiano a destra, di fianco alla pasta, come fai a dimenticarti sempre tutto? – disse, prima di vederci insieme – oh, ma guarda, i miei due figli maggiori, fa strano vedervi insieme, ragazzi”
Nessuno dei due disse o fece niente, scatenando così una reazione confusa da parte di papà.
“Ragazzi, di che diavolo stavate parlando? Avete una faccia da funerale, fate quasi paura!”
Lo vidi camminare fino al secondo ripiano, quello vicino alla pasta che gli piaceva tanto, per poi consegnarmi le cialde del caffè che avrei dovuto preparare.
“No, nulla, parlavamo dei vecchi tempi” disse semplicemente Manuel, sorridendo.
“Ah, cari vecchi tempi! – disse papà nostalgico – com’è che mancano a tutti?”
“Forse perché era tutto così semplice?”
Amavo il suo modo di materializzarsi in casa nostra.. o amavo lui e basta? Comunque non mi voltai neanche, e scossi la testa per scacciare quei pensieri, continuando a preparare i nostri caffè.
“Amico! Ma che fine hai fatto?” esplose Manuel, abbracciando il suo fratello acquisito.
“Io sono a Londra da una settimana, amico” scherzò Zayn, sciogliendo l’abbraccio.
“E che mi dici degli ultimi quattro anni?”
Ma Manuel si era trasformato in un distributore di domande scomode e che facevano riflettere sulla propria vita? Dio, era anche più fastidioso del solito.
“Il caffè!” m’intromisi io.
“Grazie, piccoletta”
Presi a bere dalla mia tazza, malamente seduta su uno degli sgabelli.
“E per me? Dov’è il mio caffè?” mi chiese Manuel, stranito.
“Oh, non ci sperare – disse papà al suo figlio maggiore – è da una settimana a questa parte che Natalie prepara il caffè solo ed esclusivamente per lei e Zayn”
“Ah, allora avevo ragione io” affermò mio fratello.
“Manuel – intervenne Zayn, prossimo all’accendersi una sigaretta – devo ricordarti che fine abbiamo fatto l’ultima volta che hai provato ad improvvisarti Detective Conan?”
Manuel ci pensò un po’ su, facendomi ridacchiare.
“No, lascia stare” disse alla fine.
“Ecco, appunto” concluse Malik.
Il cui sguardo sentivo sempre di più su di me.
“Natalie, ma quello non è..?” lasciò la domanda in sospeso, ed io mi guardai, dato che i suoi occhi erano all’altezza del mio petto.
Dannazione, mi aveva scoperta. Era da quattro anni che lo avevo con me, non glielo avrei certo restituito in quel momento. Ormai era mio, punto e basta, caso chiuso, anzi, archiviato.
“No, assolutamente no” dissi sbrigativa e poco credibile, mettendo mano al mio iPhone.
“Invece sì, ladra, è da anni che lo cerco!” m’incriminò.
“Non chiamarmi ladra, d’accordo? – dissi, guardandolo – è l’unica cosa che in Franca riusciva in qualche modo a ricondurmi a te, puoi biasimarmi?”
Forse non avrei dovuto essere così schietta, ma mi stava incriminando per un suo dannatissimo sbaglio. Che colpa ne avevo io se mi piaceva sentire il suo profumo addosso anche se lui, apparentemente, non era lì con me?
Manuel e papà si guardarono eloquentemente, un po’ a disagio.
“Che cosa te ne fai del mio maglione?” domandò, abbandonando ogni traccia d’incriminazione.
“Cerco di dormirci più notti possibili”.
 
 
 
“Palace Gardens” dissi, mentre Zayn parcheggiava.
Stava tenendo fede alla sua promessa: passavamo ogni giorno insieme, confinati tra le mura di quell’hotel, insieme a Louis ed Harry, gli sposini. Ogni tanto Mike e gli italiani ci facevano un po’ di compagnia, e quando c’erano anche Liam e Niall con loro, le risate erano assicurate.
Ma nella sua Panda Station Wagon, in quel momento, c’eravamo solo io e Zayn.
“Ci dormi ancora adesso, con il mio maglione?” mi chiese, a freddo.
“Certo – annuii – lo rivuoi?”
Lui voltò lo sguardo verso di me, scuotendo però la testa.
“Comunque non te l’avrei ridato” confessai.
Zayn annuì, con un sorriso divertito sulle labbra.
“Un po’ come questo – lo guardai indicare il mio elastico al suo polso – è diventato il mio portafortuna”
“E la tua matita la uso sempre al lavoro, è nello studio fotografico – ci pensai un po’ su, rettificando – anzi no, adesso è nella mia valigia”
“La matita che usavamo per le lezioni di fisica? Te la porti ancora dietro?” mi chiese, stupito.
“Certo – annuii – come potrei non farlo? Quella matita sei tu”
“E da quando sei così smielata, piccoletta? Se non fossi così dolce ed adorabile quando arrossisci mentre mi dici queste cose, ti direi quasi che ti preferisco da stronza”
Scossi la testa, un po’ divertita ed un po’ arresa all’idiota che era.
“Andiamo – dissi, controllando l’iPhone – Harry ha appena avuto una crisi dovuta al tema dei tavoli e Louis non ce la fa da solo” lo avvisai, citando il messaggio appena arrivato da parte di Lou.
Così Zayn annuì, ed insieme scendemmo dalla macchina. Spalancò le grandi porte in vetro del Palace Gardens e mi lasciò entrare per prima. Raggiunsi velocemente la solita sala in cui ormai eravamo soliti trovarci tutti i santi giorni.
“Rinforzi in arrivo” informai i due.
Lo scenario non era dei migliori: Harry vagava per la sala e Louis tentava di non uccidersi.
“Grazie al cielo! – urlò teatralmente Harry, correndomi incontro – finalmente sei qui, Natalie!”
“Grazie della considerazione, Styles” disse Zayn, ironico.
Ma lui lo ignorò, e non era proprio da Harry ignorare Zayn ed i suoi commenti poco carini.
“Ok, la situazione è grave se non lo insulti neanche un pochino” notai.
“Grave? – urlò Louis, visibilmente stressato – la situazione è molto più che grave! Harry sta impazzendo, piccola, ed io non lo reggo più”
“Cerchiamo di calmarci, adesso – intervenne Zayn, pacato – qual è il problema? Il sottoscritto troverà una soluzione”
Tutti e tre lo guardammo scettici.
“Menomale che ci sei tu a rallegrare gli umori, Malik”
“Sai Natalie, non dovevi prendermi sul serio prima, quando ti ho detto che ti preferisco stronza”
“Troppo tardi, impara a dosare le parole”
“Scusate? – c’interruppe Harry – potreste rimandare a dopo? Qui abbiamo un problema, un grosso problema!”
“Harry – intervenne Louis – il tema di questi dannatissimi tavoli non è un problema, d’accordo? Il razzismo, le guerre ed il colore della maglietta di Natalie sono dei problemi!”
“Ehi!” m’indignai.
“Piazzaci i nomi dei fiori e basta, no? Non si fa così ai matrimoni?” disse Zayn, ignorandomi.
Non l’avesse mai detto. Harry s’innervosì ancora di più, se possibile, ma tentò di mantenere la calma, prendendo a camminare come una pazza furiosa per tutta la sala.
“Proprio non volete capire, voi – iniziò la checca isterica – quanto è importante per me, è da quando sono bambino che fantastico sul tema dei tavoli del mio matrimonio”
“Ok, d’accordo – annuii, tentando di riportare calma – adesso respiriamo tutti e quattro, ci calmiamo e pensiamo a delle idee che potrebbero andare, va bene?”
Harry annuì, respirando profondamente come da me consigliato. Mentre Zayn, invece, scuoteva la testa rassegnato e sfilava una sigaretta dal suo pacchetto di Marlboro.
“È per questo che odio i matrimoni” disse, tra i denti, occupato con le labbra a tenere stretta la sua sigaretta.
Fui io a scuotere la testa, per poi lasciarlo perdere.
“Che ne dite delle canzoni?” sparò Louis.
Ma Harry scosse la testa.
“Troppo banale” e declinò l’idea del suo fidanzato.
“I film?” dissi poi io.
“Nah, sai che non sono un grande amante del cinema” disse Lou.
“Che ne dite dei supereroi?”
Io, Louis ed Harry ci girammo verso Zayn, che prese una lunga boccata di fumo. Doveva smetterla comunque di fumare nei locali chiusi, non è che per lui la legge non valeva solo perché era Zayn Malik.
“Beh, non è male come idea” disse Lou.
Ed uno sposino era andato, il guaio ora era convincere quella testa bacata di Harry.
“E tu, Styles, che ne pensi?” chiese Zayn.
“Sì, potrebbe andare”e concordò anche Harry.
“Stronzi, ve l’avevo detto che avrei trovato una soluzione” disse Zayn, stringendosi nelle spalle.
“Ok, d’accordo, questa volta ci sei stato utile, ma solo questa volta” puntualizzò Harry.
“Vaffanculo” berciò Zayn, spegnendo la sigaretta in un portacenere a caso.
“Adesso abbiamo il tema dei tavoli, quale sarà il prossimo passo, oh grande Wedding Planner Styles?” scherzai.
“La disposizione degli invitati ai tavoli, no?”.
 
 
 
 
 
 
Zayn mi aveva portata a casa sua, un po’ perché aveva insistito, un po’ perché volevo rivedere Trisha e le ragazze. Ed un po’ anche perché volevo passare altro tempo con lui.
“Natalie! Piccola! Fatti abbracciare!” urlò la Signora Malik, non appena io e suo figlio entrammo in casa.
“Ciao anche a te, mamma” la salutò Zayn, mentre la donna mi stringeva forte tra le sue braccia.
“E guarda come sei bella, finalmente vi vedo ancora insieme”
Probabilmente Trisha non lo sapeva, così Zayn la guardò e scosse la testa, senza dire nulla.
“Oh – disse lei eloquentemente – scusate, io pensavo che..”
“Tranquilla Trisha, non c’è problema” le dissi, sorridendole.
“Vieni piccola, le ragazze saranno felicissime di vederti”
Mi lasciai condurre da lei in sala, dove Waliya e Safaa stavano guardando la TV, comodamente stravaccate sul divano.
“Ehi, voi due – le richiamò il fratello maggiore – c’è qualcuno che vuole salutarvi”
“Non rompere Zayn, non vedi che sto guardando una cosa?” disse Waliya, indicando con il telecomando un programma su MTV che riguardava ragazzine incinta, o qualcosa del genere.
“Neanche se si tratta di una vecchia amica?” intervenni io, notando la poca attenzione che le ragazze prestavano a Malik.
Safaa fu la prima a girarsi e non appena mi vide, mi corse incontro e sua sorella maggiore fece lo stesso.
“Natalie! – disse, una delle quattro bellissime donne dei Malik – che bello che sei qui!”
Le abbracciai, per poi notare quanto fossero cresciute.
“Vale lo stesso per me, Waliya”
“C’è aria di festa, qui?” e così arrivarono anche i mangia – pasta.
“Andrea – cominciò Zayn – lo sai che non voglio che tu stia a meno di due metri da mia sorella”
Lo guardai stranita, mentre Waliya sbuffava scocciata. No, un momento..
“Stai dicendo che..? -  e capii tutto, non appena Zayn annuì, rassegnato -  oddio, non ci posso credere!”
Scoppiai a ridere, buttandomi praticamente addosso a Federico, che era appena arrivato.
“Hai bisogno di supporto morale, Natalie?” mi chiese Mr. Occhi verdi.
“Che hai da ridere? – mi chiese Malik, serio – è una tragedia per me”
“Esagerato” disse Andrea, che a quanto pare si era aggiudicato il cuore della piccola Waliya.
“Ok, scusa Zayn, giuro che adesso la smetto – dissi tra le risate, mentre Federico mi reggeva gentilmente, con un braccio intorno alle mie spalle – quindi tra poco assisteremo ad un altro matrimonio in casa Malik?”
“Natalie, non sei divertente, chiaro?” smentì subito Zayn.
Safaa ridacchiò.
“Vi sposate voi due?” chiese la piccola, innocentemente.
“Ok, qui le cose stanno degenerando – affermò Malik – noi adesso ce ne andiamo”
Detto fatto, e dato che non riuscivo ancora a reggermi in piedi per le troppe risate, Zayn mi caricò sulla sua spalla, tenendomi stretta con le braccia. In circostanze normali avrei colto l’occasione al volo per prenderlo a pugni sulla schiena, ma mi lasciai semplicemente portare in camera sua, dove mi adagiò sul suo letto, trovandosi poi rovinosamente ad un centimetro dal mio viso.
“Se in questa camera non ci fossero due paia di occhi italiani a fissarci, sappi che ora ti bacerei, fregandomene del tuo fidanzato” confessò Zayn.
Gli accarezzai il viso, notando con piacere che aveva ripreso ad utilizzare il rasoio, eliminando totalmente dal suo bel volto ogni traccia di barba da evaso dal carcere.
“E pensi che io te lo lascerei fare?”
“Senza ombra di dubbio” annuì convinto.
Abbozzai un sorriso, giocando con i suoi capelli e beandomi del suo profumo. Fino a che non arrivarono loro.
“Allarme rosso, baby”
“Non chiamarmi ‘Baby’, Fede”
Occhi verdi sbuffò e Zayn si ricompose a fatica, alzandosi, mentre io mi mettevo a sedere sul suo letto. Su quel piumone verde impregnato di vaniglia e fumo, che tanto mi era mancato. Dopodiché, mentre Andrea cazzeggiava sul suo iPhone, Federico federicheggiava qua e là e Zayn vagava per la sua camera, sentimmo la porta aprirsi.
“Eh certo, ci mancavano solo Horan e Payne per completare il quadretto di idioti” disse Zayn.
“Ti ringrazio per avermi dato dell’idiota, Malik” dissi.
Zayn mi guardò male, mentre Niall e Liam si mettevano comodi affianco a me.
“Allora, come vanno le cose?” chiese l’irlandese.
“Andrea chiederà la mano di Waliya” disse Federico, prestando poca attenzione.
E mentre io scoppiavo inevitabilmente a ridere data l’occhiataccia di Zayn nei suoi confronti, Niall e Liam mi seguivano a ruota.
“Stai scherzando?” chiese Liam.
“Affatto” confermò Occhi verdi.
“Wow, doppio matrimonio quest’anno” disse ancora Liam.
“Payne, non ti ci mettere anche tu, già siete tutti qui in camera mia abusivamente” disse Zayn, accendendosi una sigaretta alla finestra.
“Quanto la fai lunga, Malik” disse Niall, tranquillamente.
“Horan, quanto vorrei vivere nel tuo mondo delle favole” fu l’ultima cosa che disse Malik, prima di sparire, appoggiando i gomiti al davanzale della finestra.
E mentre i quattro ragazzi improvvisavano un torneo a Pes alla Play Station, io rimasi a guardare Zayn, decidendo poi di seguirlo. Camminai con i calzini fino a alla sua finestra, imitandolo poi, appoggiando i gomiti al davanzale della finestra di camera sua esattamente come lui.
“Zayn, com’è che solo a casa tua ti preoccupi di fumare all’aperto?”
Potrebbe sembrare una cosa stupida, ma mi piaceva pronunciare il suo nome, quando eravamo solo io e lui. Comunque lui si voltò verso di me, non appena parlai, ed abbozzò un sorriso.
“Non lo so” rispose, sinceramente.
“Va tutto bene?”
“No, per niente”
“È colpa mia?”
“Nostra, credo”
Lo guardai prendere una profonda boccata di fumo, per poi sospirare e portare i suoi occhi nei miei.
“Nostra?” domandai, confusa da quei suoi discorsi contorti.
Ma lui annuì, convinto.
“Continuiamo a negare la realtà”
“E quale sarebbe, questa realtà?”
“Tu sei innamorata di me, ma ti ostini a portare avanti questa farsa con il francese – cominciò – perché, Natalie? Voglio solo sapere il perché, non ti sto chiedendo di lasciarlo per me”
 “Perché tu non c’eri, Zayn, se tu ci fossi stato, sempre, adesso sarebbe tutto completamente diverso” confessai.
“Quindi è colpa mia?”
“Nostra, credo”.   

 






 
who cares?
buona sera ragazze :)
come state? come stanno andando le vacanze?
vi giuro che non c'è cosa che io ami di più delle vacanze.
ieri sono andata a dormire alle cinque e oggi mi sono svegliata alle quattro del pomerggio, wow.
comunque, come avete passato il Natale, la vigilia e Santo Stefano?
io tra i miei parenti mangioni e chiassosi, ricordate che sono terrona, no?
e se domani non partissi per la Toscana con le mie amiche, andremmo avanti a festeggiare così fino al sei gennaio.
comunque, voi cosa farete per capodanno? tell me.
e dato che parto, questo sarà l'ultimo capitolo che posto prima del 2 gennaio.
e niente, spero che come addio tra me e voi per *conta scandalosamente con le dita* cinque o sei giorni, vi vada bene.
per il resto vi amo e vi ringrazio, siete carinissime e molto dolci quando mi contatatte su Twitter.
alla prossima bimbe <3<3<3.


 

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Capitolo 8
*** My missus ***





 
Half a heart
Chapter eight - My missus


“Quindi la zia Margarita vuoi metterla allo stesso tavolo di zio Joel?”
“Hai una zia che si chiama Margarita?” chiesi stupita a Louis.
Eravamo, tanto per cambiare, al Palace Gardens. Stavamo occupando uno dei mille tavoli della sala dove avrebbe avuto luogo il matrimonio. Io, Zayn e gli sposini stavamo ragionando sulla disposizione degli invitati ai tavoli, mentre Liam, Niall, gli italiani, Mike e mio fratello, non avevo la minima idea di che cosa stessero facendo. Si trovavano disgustosamente bene tra di loro, tutti quanti, quasi m’irritava tutta quella amicizia.
“Oh sì, la conoscerai – rispose Lou, riportandomi alla nostra realtà – ha quattro figli ed è italo – spagnola”
“Non pensavo avessi origini latine” considerai, continuando ad evidenziare nomi ed a posizionarli in svariati tavoli, decidendo poi  in definitiva dove metterli.
In realtà mi sentivo molto professionale, per questo continuavo ad evidenziare. Zayn mi aveva già sgridata venti volte, ma ora sembrava piuttosto concentrato.
“Suo marito è indiano, come Zayn – disse poi Harry – credo che vi troverete bene, in fatto di uomini avete gusti in comune”
Simpatico, davvero.. Comunque commentai solo nella mia mente, tra me e me, evitando di parlare, almeno una volta nella mia vita. Ci pensò Zayn ad alzare gli occhi dal suo foglio con i nomi degli invitati che Harry e Louis gli avevano affidato.
“Credo che tua Zia Margarita vada benissimo al tavolo con lo zio di Styles, Lou” disse rivolto a quest’ultimo, guardando però Harry.
Mi schiarii la gola, attirando la sua attenzione. Portò i suoi occhi nei miei, ed abbozzò un sorriso.
“Cos’è tutto questo buonumore, Zayn?” gli domandai, evidenziando.
“Smettila di evidenziare, Natalie, dannazione – imprecò Harry – tutto quel giallo fluorescente è un attentato ai miei poveri occhi”
Roteai gli occhi al cielo, mentre Zayn era tornato a concentrarsi sui suoi invitati.
“Stavo pensando – disse, evidenziando a sua volta – è da un po’ che non parliamo”
“Io e te? Ma stai scherzando? – domandai retorica, alzando la voce di qualche ottava – passiamo insieme praticamente ogni giorno!”
“Stiamo recuperando i nostri quattro anni persi, no?”
“Credo di sì”
In pochi giorni Zayn sarebbe stato capace di darmi il doppio delle emozioni che avevo provato con Jacque, in quattro effettivi anni.
“Parliamo certo, ma di cazzate – spiegò, facendo qualche scarabocchio incomprensibile sul foglio – e per lo più ci insultiamo, anzi tu mi insulti, con la tua stupida ironia”
“Smettila di fare il bambino” gli consigliai, scocciata.
Una volta era il contrario: era lui a riprendermi come se fosse mio padre, facendomi solo arrabbiare.
“Che ne dici di pranzare insieme, dopo?” mi domandò di getto, alzando gli occhi da quel maledettissimo foglio degli invitati.
Rimasi a guardarlo per qualche istante, senza dire nulla, mentre accanto a noi Harry e Louis litigavano per qualche zia che non parlava con qualche nipote.
“Io e te?”
Zayn annuì, dopodiché una pallina di carta mi finì dritta in testa. Così la raccolsi dal tavolo su cui era poi caduta e mi girai verso quel branco di idioti patentati.
“Chi è stato di voi sei cretini?” chiesi, arrabbiata.
Liam indicò Niall, che a sua volta indicò Manuel, che si girò verso Mike, che diede la colpa ad Andrea che ripiegò su Federico: la maturità, insomma.
Ma non feci in tempo ad alzarmi e prenderli tutti e sei malamente a calci che vidi Zayn afferrare quella pallina e tirarla in faccia a Federico, mentre gli altri cinque cretini ridacchiavano e Louis ed Harry continuavano a litigare.
Il mondo andava avanti, la gente vinceva premi Nobel, Federico bestemmiava in italiano dietro Malik, i mari cambiavano le correnti ed i venti direzione, ma Louis ed Harry continuavano a litigare, sempre e comunque.
“Come facevi a sapere che si trattasse di Occhi Verdi?” gli chiesi.
 “Solo lui può avere una mira così di merda – spiegò Zayn stringendosi nelle spalle – allora, che ne dici riguardo al pranzo di cui ti parlavo?”
“Credo sia un’ottima idea, così avremmo del tempo per parlare, seriamente” risposi, senza trattenere un sorriso.
“Ed il fidanzato?”
“Vuoi che venga anche Jacque? Sul serio?” chiesi, stranita.
“No, idiota – lo guardai male – non ci rimarrà male?”
“Che importa?”
Da quando gliene importava qualcosa, dello stato d’animo del mio ragazzo?
“Lo spero, sai? – disse poi, con un sorrisetto inquietante – così magari farà irruzione nel ristorante ed io sarò costretto a prenderlo a pugni”
Ah, ecco di cosa gli importava..
“Zayn?”
“Sì?”
“Chiamami idiota un’altra volta, e sarò io quella costretta a prenderti a pugni”.
 
 
 
 
 
“Il The Ledbury? Sul serio? Tu sei pazzo, Zayn! Siamo fortunati se non ci fanno pagare anche l’aria che respiriamo, qua dentro” dissi, raggiungendo il pakistano fuori di testa: camminava troppo veloce.
“È per questo che mangeremo fuori” convenne lui, stupidamente.
“Cretino” gli berciai contro.
Ma lui sorrise comunque, andando incontro a quello che doveva essere un cameriere. Perché doveva essere sempre così bello? Anche con quel cappello inguardabile?
“Salve signore, un tavolo per due?” gli chiese il pinguino.
Zayn annuì, facendosi scortare al nostro tavolo: un delizioso posticino solo per noi due, vicino al fiume.
“Molto gentile, grazie” lo liquidò poi Malik, con quel sorriso sulle labbra.
“La pianti di sorridere? Mi fai venire il mal di testa”
Mi sedetti, mentre Zayn era troppo occupato a guardarmi male.
“Ti odio quando fai così la stronza”
Mi strinsi nelle spalle, guardando distrattamente il menù, mentre lui si sedeva di fronte  a me. Non mi odiava affatto, non saremmo riusciti ad odiarci neanche provandoci con tutte le nostre forze.
“Ma, aspetta un momento..” dissi io allarmata, leggendo bene.
“Che succede? Dio ti ha punita per la tua troppa sfacciataggine?” commentò lui, senza prestarmi troppa attenzione, impegnato con il suo iPhone.
“Tu non credi in Dio”
“Che importa?”
E mentre lui si stringeva nelle spalle, io roteavo gli occhi al cielo, pensando a quanto fosse stupido quel ragazzo.
“Mi hai portata in un ristorante francese” dissi a freddo.
La sua reazione fu abbastanza divertente: scostò di scatto gli occhi dal suo nuovissimo iPhone 5, portandoli nei miei. Feci fatica a nascondere una risatina, dato il suo sguardo da killer professionista.
“Fanculo, anche qui me lo devo ritrovare il francese?”
“A quanto pare è destino” considerai io, chiudendo il menù.
“Sì, come ti pare – mi liquidò lui – allora, hai deciso cosa prendere?”
“Ma non lo so Malik, qui è tutto così francese e sofisticato, quanto credi che la pagheremo una semplice pizza margherita?”
“Non badare troppo al costo, piccola – disse lui tranquillo – ti sei dimenticata che lavoro faccio?”
Ah già, il cretino era l’allenatore del Milan, perché continuavo a pensare di essere tornata nel passato? Zayn aveva 25 anni ed era pressoché un ricco sfondato.
“Bene, hai firmato la tua condanna”
“No Natalie, quella l’ho firmata qualche anno fa”
Aprii la bocca per dire qualcosa, davanti a quello sguardo che conoscevo anche fin troppo bene, ma il pinguino di qualche minuto fa si materializzò davanti a noi.
“Siete pronti per ordinare, signori?”
“Certo – dissi fingendo sicurezza – allora, da bere ci può portare una bottiglia di vino rosso, la migliore che avete, io ed il mio signore non badiamo a spese”
Mi fermai, solo perché davanti al mezzo sorriso di Zayn, avevo perso le parole per un secondo.
“Dopo, signorina?” che pinguino insistente.
“Mh, mi faccia pensare  -consultai il menù, mentre Zayn ridacchiava ed io cercavo di trattenere le risate: quanto era stupido – ho voglia di scampi, ce ne può portare qualcuno insieme a del burro da spalmare sul pane caldo? E delle bruschette, magari..”
“Certo” il pinguino scriveva, man mano che io ordinavo.
“Ti vanno le bruschette, Zayn?”
“Certo, piccoletta”
“Ok, a posto così per adesso – dissi io, consegnando il menù nelle mani del pinguino – grazie mille”
“A voi”
E se ne andò, lasciandoci soli.
“Perché mi fissi?” gli chiesi.
“Ti dà fastidio?”
“Il contrario, mi piace quando mi guardi” confessai.
Così lui annuì, togliendosi il cappello e passandosi una mano tra i capelli arruffati.
“Ti piace qui?” mi domandò, guardandosi intorno.
“Molto, come l’hai scoperto questo ristornate in di Notthing Hill? – gli chiesi stranita – insomma guardati, sembri un barbone di Serie B, non un allenatore della squadra più forte d’Italia”
“Ti ringrazio molto, Natalie” disse lui, sarcastico.
“E di che?” risposi ironica, mentre il pinguino versava il vino nei bicchieri.
Zayn ringraziò silenziosamente con un cenno del capo, mentre io stiravo un sorriso.
“Sembri quasi serio” gli dissi.
“È un peccato sprecare tutto questo” disse, sorridendo a sua volta.
“Questo cosa? Non ci hanno ancora portato da mangiare Zayn, non abbiamo sprecato nulla – gli feci notare – meno canne, tesoro”
“Intendevo il nostro rapporto, cretina – spiegò lui – ci viene così naturale stare insieme”
“Chiamami cretina un’altra volta e ti tiro il bicchiere di vino su quel bel faccino che ti ritrovi”
“Sei tu che m’ispiri gli insulti, non posso farci nulla” si giustificò.
“Ecco i vostri scampi e le bruschette, signori, ed il pane con il burro – il pinguino ci lasciò il cibo sul tavolo, con un piccolo inchino – se posso esservi utile in qualche altro modo”
E se ne andò, mentre lo fissavo sconcertata.
“Ma dove diavolo siamo finiti?”
“Non sei abituata alla classe, tu” disse lui, fiondandosi su di un povero scampo indifeso.
“Perché tu sì?” gli chiesi, retorica.
Lui annuì, ingoiando rumorosamente.
“Si vede” risposi ironica.
“Con la squadra frequentavamo i posti più esclusivi di Milano e dell’Italia in generale, sai, quando eravamo in trasferta” spiegò, bevendo un po’ di vino.
“Figo”
Mi limitai a dire quello, perché quando lui parlava della sua vita in Italia gli brillavano gli occhi, ed io non riuscivo a nascondere un moto di fastidio. Non era invidia, era semplicemente gelosia: mi dava fastidio che io non fossi stata insieme a lui, in circostanze che gli facevano brillare così tanto gli occhi.
“Sai piccola, avrei voluto che fossi con me, sempre, in qualsiasi luogo la squadra mi portasse”
“Già, anche a me piacerebbe portarti davanti alla Torre Eiffel e..”
“E?” mi chiese Zayn, spronandomi ad andare avanti.
Ma non potevo, di fatto, andare avanti. Stavo per confessargli una cosa che non doveva essere confessata, perché quando io e Jacque ci eravamo scambiati il primo bacio, lì davanti alla Torre Eiffel, non avevo fatto altro che pensare: vorrei che ci fosse Zayn, al suo posto.
“No, nulla” dissi, infine.
“D’accordo – si arrese lui, con un’alzata di spalle – assaggia questo”
“Malik se fai qualche cazzata ti butto nel Tamigi”
Lui roteò gli occhi al cielo, per poi imboccarmi con un pezzo del suo scampo.
“Com’è?” mi chiese, mentre masticavo.
“Ho gusto, non c’è che dire” mi pavoneggiai per la scelta.
“Certo, la mia signora ha gusto soprattutto in fatto di uomini – disse, pavoneggiandosi a sua volta – non da quattro anni a questa parte, ovviamente”
“Non sei simpatico”
“Non volevo essere simpatico, infatti”
Scossi la testa, sorridendo vagamente, pensando a quanto stessi bene lì con lui. Ma ogni volta che facevo un pensiero di quel genere, mi ricordavo di Jacque.
“Che situazione del cazzo” considerai.
“Che pensiero elaborato, piccola”
“Dico davvero, Malik”
“Lo so – annuì alla fine – lo penso ogni giorno, il fatto è che mi sembra di sprecare tempo”
“Anche adesso?”
“No, piccola, quando tu sei con lui e non con me, ecco quando” spiegò, dolcemente.
Sorrisi, guardandolo bere un po’ di vino: le sue labbra erano così belle.
“Sai di cosa avrei voglia, adesso?” mi domandò.
Scossi la testa, chiedendomi se fosse la stessa cosa a cui stavo pensando io.
“Di un tuo bacio”
“Allora mi leggi nel pensiero”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante, in silenzio, incerti sul da farsi. I nostri visi si stavano avvicinando sempre di più, forse per qualche reazione naturale, non so. Eravamo ormai a pochi centimetri di distanza, ed indugiavamo l’uno con lo sguardo fisso sulle labbra dell’altro.
“Se lo faccio mi odierai, dopo” disse Zayn, saggiamente.
“Con ogni probabilità” confermai.
“Allora dobbiamo trovare una soluzione, perché così non resisto”
“Non esiste una soluzione a questo problema, Zayn”
“Certo che esiste, piccola”
“E sarebbe?”
“Lascialo e torna da me – sussurrò sulle mie labbra – semplice, ma efficace”
“Non posso”
“E perché mai? Siete sposati per caso?”
Scossi la testa.
“Non lo so se mi fido ancora”
“Di me?”
“Di te” acconsentii.
“Allora devo trovare il modo di riconquistare la tua fiducia”
“Auguri”.




 
who cares?
buon anno a tutteeeeeeee :)
come vi sembrano questi due primi giorni del 2014?
io mi sento un danno umano, peggio del solito fhsdgfh
comunque sia, in teoria sto morendo di sonno, in pratica ho finito il capitolo proprio adesso.
e sapete perchè? perchè due rompi palle di nome Ilenia ed Alessia, non la smettevano di rompere.
quindi eccovi il capitolo, spero vi piaccia e scusate se sono così di poche parole.
qui potete trovare la mia nuova mini fic su capodanno Four Days and three nights.
e qui il mio Twitter.
nothing more to say.
vi amo <3<3<3



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Capitolo 9
*** Nothing like us ***


quando trovate l'asterisco ascoltate Nothing Like Us di Justin Bieber

Half a heart
Chapter nine - Nothing like us

 
“Dannazione Harry, perché non stai un po’ fermo!” urlai, tentando di sistemargli l’orlo dei pantaloni eleganti.
“Ti sembra una cosa facile? – sbottò lui – questi cosi non starebbero neanche a tua sorella Jane, per quanto sono stretti!”
Mi allontanai da lui, andando a sbattere contro Zayn, ma lo ignorai. Rimasi in contemplazioni di Harry con quei pantaloni neri eleganti, leggermente piegato in avanti.
“Stai dritto” gli consigliai.
“Stai dritto? – ripetè lui, ironico – facile a dirlo, non è vero Natalie?”
Roteai gli occhi al cielo.
“Quanto sei teatrale, Harry”
Zayn ridacchiò, ed il suo braccio mi circondò le spalle. Mi voltai di qualche centimetro, per guardarlo: aveva un’imbarazzante sigaretta incastrata dietro l’orecchio. E dannazione, se proprio la sua guancia doveva toccare la mia, se la voleva fare o no quella barba?
“Ma a te mica piacevano gli skinny jeans, Styles?” domandò proprio Zayn.
“D’accordo, ma non così skinny” ribattè Harry, facendomi ridere.
Riccio man stava per urlarmi dietro di tutto e di più, per quelle mie risate inopportune. Ma poi, per fortuna di tutti i presenti dotati di orecchie, Louis fece la sua entrata trionfale nella sala di quel negozio chiamato ‘Deborah’, ovvero un negozio per abiti da cerimonia, maschili e femminili.
“Wow, Lou, sei fantastico” dissi io, senza trattenermi.
“Vi piaccio?” chiese, facendo una piroetta su se stesso.
Harry si voltò verso il suo fidanzato, ed un sorriso si dipinse sul suo volto: erano bellissimi, e non era merito dei vestiti eleganti. Era quell’amore puro che provavano l’uno per l’altro, a renderli così dannatamente belli.
“Non vedo l’ora di camminare verso di te all’altare, Lou”
“Cosa ti fa pensare che sarai tu a camminare verso di me, Haz?”
“Oh dai, lo sai che è il mio desiderio di tutta la vita!” si ribellò Harry.
“Sì, lo so – annuì Louis – e ti amo troppo per privarti di una cosa che vuoi così tanto”
Perché dovevo rischiare la commozione ogni volta che quei due si baciavano? Ma al diavolo i Larry!
“Tutto ok?”
La voce di Zayn così vicina al mio orecchio, mi fece tremare.
“Sì, credo”
“Cos’è che ti fa dire quel ‘credo’?”
“Non lo so -  dissi, confusa – anche io vorrei un lieto fine di questo tipo”
“Dovrei chiederti di sposarmi?”
“Il punto non è se dovresti – puntualizzai – il punto è, vorresti farlo?”
Mi voltai verso di lui, così da ritrovarci occhi negli occhi.
“Sposarti significherebbe passare il resto della mia vita insieme a te”
Annuii, confermando ciò che aveva detto.
“Allora il punto diventa un altro”
“Ovvero?”
“Ovvero, c’è qualcosa che vorrei di più al mondo, se non questo?”
Sorrisi davanti a quelle parole, come poteva essere così dolce quella testa di cazzo? Dio se lo odiavo.
“Ehi Haz, questo momento Zatalie non te lo puoi perdere”
Mi voltai immediatamente verso gli sposini, con una voglia di spaccare la faccia ad entrambi, per quei commenti che potevano benissimo tenersi per loro.
“Tu sei un idiota” dissi a Louis.
“E tu in vena di complimenti, Nat”
Louis amava dare soprannomi a tutti quanti: era l’unico a chiamare Harry ‘Haz’ e l’unico a chiamare me ‘Nat’. Era più forte di lui, ne aveva diversi anche per Zayn.
“Devi sempre rovinare tutto, Tomlinson” disse Malik.
“Un po’ come te, Pakistan”
Tipo questo, per esempio.
“Ehi, ragazzi, occhi a me! – ci richiamò Harry Primadonna Styles – come lo risolviamo il mio problema con questi pantaloni?”
“Chiedendo al commesso palesemente più gay di voi una taglia in più?” domandai ovvia.
“Oppure Styles potrebbe provare un vestito bianco da sposa, che ne dite?” consigliò Zayn.
E probabilmente non sarei dovuta scoppiare a ridere, ma fu più forte di me. Mi voltai verso Zayn e le nostre risate si mischiarono tra di esse, mentre Lou tentava di non seguirci a ruota.
“Dio Harry, giuro che ti pago se lo fai!” dissi, tra una risata e l’altra.
 
 
 
Cinque minuti dopo
“Non ci credo che lo stai facendo per davvero”
Sistemai il lembo di quell’abito bianco bello da far paura, cercando d’ignorare il fatto che la persona a cui stavo dando una mano, fosse Harry.
“Sai perché lo faccio?” mi chiese lui, con un sorriso dolce ed anche un po’ inquietante.
“Perché?”
“Perché vederti stare così bene insieme a Zayn, finalmente, è una gioia” confessò.
“Ti abbraccerei, se solo riuscissi a prenderti sul serio”
“Sei una stupida, Natalie” mi disse, improvvisamente cattivo.
Risi ancora, appoggiandomi alla parete di quell’enorme camerino per spose, ed Harry Styles, ovviamente.
“Sai, lo porti con una certa grazia” considerai.
Harry si guardò allo specchio, afferrando il vestito con le mani, scoprendo le sue converse bianche.
“Tu dici?”
Annuii, passandomi una mano tra i capelli.
“Sai a chi starebbe bene, questo vestito?”
“A tutti meno che a te?”
“Stronza – berciò – dico sul serio”
“A chi?” chiesi, curiosa.
“A te, piccola”
Mi si gelò il sangue nelle vene. Sposarmi.. io?
“E chi si prenderebbe una stronza come me, per moglie?” domandai, divertita.
“Mi viene in mente solo una persona, e non sto parlando del tuo fidanzato Jacque”
“Harry, sul serio, non riesco ad avere una conversazione di questo tipo insieme a te, se non ti togli quel vestito di dosso”
Harry sbuffò, e sentimmo dei passi farsi vicini al nostro camerino.
“Allora, la sposina è pronta?”
“La sposina ti sta per tirare un calcio sui denti, Malik”
“Che sposina aggressiva” scherzò Zayn.
Che due cretini.
“Allora, Haz?” questo era Lou.
Aprii la porta del camerino, ed Harry mosse qualche passo all’esterno di esso: le risate di Louis e Zayn, non le dimenticherò mai.
 
 
 
 
“Stronzi” sputò Harry tra i denti, aprendo la porta di casa mia.
“Ehi! A me piacevi, Haz” si difese Louis.
“Stronzo rimani” ma lui non cedette.
Roteai gli occhi al cielo, abbandonando la mia borsa sul piano della cucina.
“Ciao ragazzi, già di ritorno?” mio padre si materializzò nella cucina.
“Ciao Tyler” lo salutò Zayn, mentre recuperava una lattina di Coca – Cola dal frigorifero.
“Mi sono perso qualcosa?”
“Oh no, solo una principessa” disse Zayn, sorridendo divertito.
Soffocai una risata, mentre Harry cercava qualcosa da tirargli addosso: si accontentò del telecomando della televisione in cucina.
“Quanto sei violento” gli disse Zayn, schivandolo.
“E tu sei un bastardo, il bastardo più bastardo che io abbia mai conosciuto” gli rispose a tono Harry.
“Concordo” convenni.
Zayn si voltò verso di me, pronto per dirmi qualcosa, ma Manuel si materializzò allo stesso modo del padre.
“Ciao a tutti”
Lo salutai con la mano, ingozzandomi di patatine fritte: residui del pranzo di poco prima.
“A chi va una sana partita a Pes?” domandò l’ameba senza uno scopo nella vita.
“Dannazione Manuel, hai una fidanzata a casa tua!” sbottai, andandomene nel soggiorno.
“Che le avete fatto?” chiese mio fratello, indicandomi.
Riuscii a vedere Harry e Louis voltarsi verso Zayn, mentre si stringeva nelle spalle.
“Tua sorella è acida di suo, lo sai”
“Vaffanculo” urlai molto simpaticamente.
Lo vidi scuotere la testa, arreso.
“D’accordo, noi andiamo – disse Louis – abbiamo da ultimare delle cose per la disposizione dei tavoli”
“Volete una mano?” chiesi io, sempre urlando dal soggiorno.
“No, tranquilla Nat, ci vediamo domani, ok?”
E mentre loro ci lasciavano, Zayn si alzò dallo sgabello, raggiungendo Manuel.
“Cosa dicevi prima di quella partita a Pes?”.
 
 
Due ore di partite a Pes, crogiolamenti sul divano e cantate di canzoni dei Rolling Stones da parte di mio padre dopo, il campanello della reggia Shade prese a suonare.
“Papà, vai tu?”
Ero troppo pigra per alzarmi da quel divano, così dannatamente comodo. E poi Sky Cinema 1 stava trasmettendo Mean Girls, insomma, era proprio fuori discussione.
“Oh, ciao Jacque, entra” sentii dire a mio padre.
Jacque? Il mio fidanzato Jacque? Oh no, questo implica attivarsi, ma che palle però..
“Bonjour mon amour” mi salutò, sorridente.
“Bonjour” risposi io.
Si accomodò di fianco a me, rubandomi un bacio, anche troppo lungo e languido.
“Che hai fatto oggi?” mi domandò.
“Assistenza ad una principessa”
“Eh?” mi chiese lui, anche abbastanza confuso.
“Ehi Natalie..” scocciatori ovunque.
“Dimmi, papà”
“Come hai detto che si chiamava il ristorante dove ti ha portata Zayn?”
No, dannazione, no. Cercai di scuotere freneticamente la testa, ma Jacque mi beccò, così finsi un sorriso radioso.
“Natalie, che storia è questa?”
Lanciai uno sguardo a mio padre, rassegnata.
“Oh.. – fu il suo intelligente commento – vi lascio soli”
Certo, lasciaci pure soli, adesso che hai combinato tutto questo casino, traditore.
“Vuoi guardare un po’ di TV?” cercai di sviare.
Ma lui afferrò il telecomando dalla mia mano, spegnendo il televisore: era troppo scaltro quel francese, per cadere nei miei tranelli.
“Mi sembrava di averti detto che quello lì non avresti più dovuto vederlo” cominciò.
“Mi sembrava di averti detto che non sarebbe stata una cosa possibile” cercai di difendermi.
“Mangiare insieme rientrava nelle faccende del matrimonio?” stava iniziando ad arrabbiarsi.
E, soprattutto, perché doveva dire la parola ‘faccende’?, mi irritava non poco. Ma Jacque si alzò, ed io dovetti fare lo stesso.
“Dove vai?” gli chiesi.
“Senti Natalie, sono serio, non voglio che passi del tempo con quello lì”
“Ed io non voglio che tu lo chiami quello lì”
“Perché lo difendi tanto? È finita tra voi, ok?”
“Lo difendo perché io ci tengo a lui, d’accordo?” confessai, alzando un po’ la voce.
“Ah, ci tieni? Davvero? E allora perché continui a stare con me?”
“Ma che cazzo di domanda è? – urlai – vorresti che ti lasciassi?”
“Tu vorresti?”
Lasciai la domanda in sospeso, dal momento in cui sentii i passi di Zayn e Manuel sulle scale. Probabilmente avevano sentito la nostra litigata, anche al piano di sopra.
“Qualcosa non va?” chiese mio fratello, a Jacque.
Zayn mi si affiancò, facendo scontrare la sua spalla con la mia. Avrei voluto gettarmi a capofitto tra le sue braccia, ed annegarci dentro.
“Tutto bene?” mi chiese poi, sottovoce.
Riuscii solamente a guardarlo, dato che Jacque, non appena si accorse del nostro sguardo, s’intromise, spingendo Zayn lontano da me.
“Jacque, ma che cosa diavolo fai?” gli chiesi io, allibita.
Manuel si avvicinò subito ai due, con l’intento di fermare quel qualsiasi cosa stesse capitando.
“E lo difendi pure?” mi chiese evasivo il mio fidanzato.
“Perché non parli con me, Jacque? – lo interruppe Zayn – hai paura, per caso? Ti piace misurarti solo con le persone più deboli di te?”
“Io? Io dovrei avere paura di te? – fece lo sbruffone Jacque – stai molto attento a quello che dici, Malik” lo stava sfidando, e tutti sapevano che, se c’era una cosa da evitare, era proprio sfidare Zayn Jawaad Malik.
“Ragazzi, che ne dite di lasciar perdere, adesso?” Manuel cercò di farli ragionare.
“Non posso lasciar perdere, Manuel” disse Zayn eloquentemente, al suo migliore amico.
“Zayn, ti prego” e tentai anche io.
Così si voltò verso di me, per guardarmi. Ma a Jacque non sembrò andar giù neanche questo, neanche un semplice sguardo.
“Adesso basta, mi dà fastidio anche il modo in cui la guardi”
“Non me ne frega un cazzo, sinceramente” rispose Zayn, tranquillamente.
Jacque scosse la testa, per poi rivolgersi a me.
“Ma che cosa ti potrà mai offrire, uno come lui?”
E fu un commento che fece andare Zayn fuori di testa: lo vidi partire a passo di carica verso di lui, ma io tentai in tutti i modi di evitarlo, così mi misi tra i due.
“Spostati Natalie” mi consigliò Zayn, tra i denti.
“No, non voglio che tu faccia una cosa del genere”
“Hai sentito quello che ha detto? Questo tipo forse non ha capito bene come vanno le cose, qui – disse più arrabbiato che mai- spostati” ripetè poi.
“No” ma io insistetti.
“Finalmente hai capito, Natalie – che diavolo stava dicendo? – hai capito che quello di cui devi preoccuparti sono io, e non lui” concluse con un’occhiata sprezzante verso Zayn.
Zayn fremeva, fremeva dalla voglia di prenderlo a pugni. Ed io mi sentivo terribilmente in colpa, ma non potevo farci nulla.
“Jacque – intervenne Manuel – forse ora dovresti andare, ti accompagno alla porta”
*E quello non era altro che uno stratagemma per lasciarci soli. Così Jacque acconsentì e, quando mi salutò con un bacio sulle labbra, non potei non fare caso alla risata ironica di Zayn.
“Cos’hai da ridere?” gli chiesi, una volta soli, nella mia sala.
“Ultimamente ci ho pensato, Natalie” disse lui, muovendosi lentamente nella stanza.
“A che cosa?” domandai, osservando ogni suo movimento.
“A quello che eravamo – disse, guardandomi – era difficile, certo, ma adesso mi sembra dieci volte più complicato, perché?”
“Forse perché non siamo più niente, Zayn” dissi, sottovoce, abbassando lo sguardo.
Sentii i suoi passi svelti avvicinarsi a me, fino a trovarmelo davanti.
“Abbi il coraggio di dirlo ad alta voce, guardandomi negli occhi” disse, duro.
Ma quel coraggio di cui parlava lui, io non ce l’avevo. Non avevo la forza di dirgli una cosa di quel tipo, non ce la facevo e basta.
“Avanti” insistette lui.
Sentii la sua mano sul mio viso, così alzai gli occhi nei suoi. Trovai ricordi, emozioni, sensazioni, pianti, risate, baci, carezze.. trovai noi.
“Allora? Non siamo più nulla per te, piccola?”
“Non chiamarmi piccola, dannazione”
Mi allontanai da lui, con un’incredibile voglia di piangere.
“Natalie, mi farai impazzire così, lo vuoi capire?” urlò, con una punta di disperazione nella voce.
“Ma cosa vuoi che faccia?” gli chiesi, con la sua stessa disperazione.
Così lui tentò di calmarsi e di avvicinarsi nuovamente a me. Tentò addirittura di stirare un sorriso, ma era difficile, in quelle condizioni.
“Non c’è niente, piccola, niente che mi faccia sentire come fai tu, e sai perché?”
Scossi la testa.
“Perché nessuno, oltre noi due, potrà mai aspirare ad avere un amore così bello, un amore come il nostro – mi spiegò, dolcemente – non c’è niente come noi, niente come me e te, insieme”
Non poteva fare così, mi confondeva, ed io odiavo la confusione, soprattutto quella che mi metteva lui in testa. Così scavai dentro di me, e trovai la forza necessaria per spingerlo via, lontano da me.
“Perché?” mi chiese, arreso.
“Perché tu non c’eri, Zayn – spiegai – tu non c’eri e lui sì”
“Ancora con questa storia”
Si massaggiò la fronte con una mano, stanco.
“Sì Zayn, ancora con questa storia – ripetei le sue parole – se tu ci fossi stato, dannazione, adesso le cose non sarebbero così e sarebbe tutto maledettamente semplice, saremmo io e te”
“Lo siamo già, sei tu che ti ostini a voler credere in qualcosa che non esiste” sostenne.
“Ovvero?”
“Ovvero Jacque, Natalie, tu non lo ami e non lo amerai mai”
“Non finchè ci sarai tu”
“Dovrei andarmene?”
“Che domanda del cazzo”
“Ok, d’accordo – rettificò – vuoi che me ne vada?”
Non risposi, indugiai davanti a quella domanda. Rimanemmo a guardarci per qualche istante, in silenzio, senza dire nulla.
“No, non rispondere, me ne vado da solo”
Dopodiché lui disse quelle parole, che mi trafissero il cuore in un colpo solo. Come poteva un solo ragazzo provocarmi tutte quelle sensazioni? E quando lui sbattè la porta di casa, io caddi a terra, lacerata, in lacrime.
Quella porta chiusa significava che avrei dovuto iniziare la mia vita senza Zayn ma, io, di fatto, non lo sapevo come si vivesse una vita senza di lui.




 
who cares?
piango ragazze, non so perchè, ma piango.
questa canzone mi fa venire i brividi ogni volta che l'ascolto, e piango.
a voi piace? vi prego, ditemi di sì e che non sono l'unica cretina.
comunque spero di aver dato vita a questa canzone come volevo..
vorrei dedicare questo capitolo a delle personcine..
Ilenia, prima di tutto, che mi rompe sempre le palle, lei e gli Zatalie.
poi Alessia, che sclera insieme a lei.
ma adesso posso dirlo: siete le mie disagiate preferite <3
a Mery, che è adorabile e le voglio un sacco di bene.
e poi, ovviamente, a lei, Anita, alla mia bimba.
ti voglio bene e vi voglio bene, a tutte voi.
siete qualcosa di inspiegabile, ragazze, e sto parlando a tutte voi lettrici.
vi amo da impazzire, non scherzo.
addio <3

 


 
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Capitolo 10
*** Forgive ***


quando trovate l'asterisco ascoltate I want you back degli Nsync
 

Half a heart
Chapter ten - Forgive

 
 
 
Casa mia si era popolata, ma Zayn non c’era, e allora mi sembrava vuota. Mio padre e Danielle, il mio capo, sembravano aver instaurato una sintonia che mi faceva alquanto vomitare. E non m’importava di non essere fine, era così, non riuscivo neanche a guardarli. Così smanettavo sul mio iPhone, isolata dal resto del casino che regnava in cucina, seduta sul mio sgabello.
Mike e gli italiani, perché sì c’erano anche loro, stavano mangiando cibo messicano che Tyler aveva cucinato in uno dei suo sfoghi internazionali. Mentre Julia e Jacque, chiacchieravano e ridevano: sarebbero stati la coppia perfetta, ed io con Zayn. Perché allora Jacque non mi mollava? E perché io non riuscivo a vivere la mia vita senza Zayn?
Mi odiavo, in quel momento, ed avevo bisogno dell’unica persona che non era in casa mia. Così smisi di giocare a Candy Crash, tanto non ero capace, e selezionai l’invio di chiamata ad Harry.
Squillò per qualche secondo, dopodiché sentii la voce roca del mio migliore amico rispondere, dall’altro capo del telefono.
“Harry, puoi venire qui? Subito?”.
 
 
E subito fu.
Un quarto d’ora dopo il campanello prese a suonare, così Mike andò ad aprire.
“Oh, ciao Harry, nessuno ti ha invitato, addio”
Fece per chiudergli la porta in faccia, mentre io roteavo gli occhi al cielo per la loro stupida gelosia, alzandomi dallo sgabello.
“Fa’ la finita, Bennet”
Harry fermò la porta con la sua gamba, facendo finta di essere in un film e di non essersi fatto male.
“Eccoti qui Styles – lo acchiappai per la maglietta a mezze maniche bianca e lo trascinai sulle scale – è stato un piacere, ciao, addio” dissi agli altri, prima di sparire in camera mia con il riccio.
“Ehi, me la rovini così – disse sistemando le pieghe della sua maglietta – Louis l’ha appena stirata”
“Ma che m’importa della tua stupida maglietta, Harry” berciai, acida.
“A cosa devo tutto questo buonumore?” disse, accomodandosi sul mio letto, stendendo le gambe.
Sbuffai, perdendo tutta la voglia che avevo di parlarne.
“Tu e Lou vivete già insieme?” così cercai di cambiare discorso.
“Natalie, vieni qui e raccontami cos’è successo”
Ma Harry mi riportò sulla retta vita: dannazione, perché doveva essere il migliore amico perfetto? Era cambiato in quei quattro anni. Salii sul letto, sedendomi affianco a lui, fissando la punta dei suoi stivaletti eleganti neri palesemente gay.
“Come fai a sapere che è successo qualcosa?” gli domandai, con tono innocente.
“È così?”
“Harry, posso sopportare solo due scene da film a giornata – lo informai – e tu hai già superato di gran lunga questo numero”
Così lui sbuffò, passandosi una mano tra i ricci ribelli: probabilmente aveva dimenticato la sua fantomatica fascia, oppure di lavarli.
“Louis ha chiamato Zayn, è parecchio incazzato” mi mise al corrente.
Così io annuii, fissando il vuoto. Fino a che non sentii le sue dita intrecciarsi alle mie, allora alzai lo sguardo nei suoi occhi. Harry stava sorridendo, e di riflesso, due secondi dopo, anche io.
“Ci sono io, Natalie”
Lottai contro le lacrime e l’istinto di prendere a pugni qualcosa, no anzi, di correre a casa di Zayn e prendere a pugni lui.
“Zayn se n’è andato, per sempre, credo”
“Impossibile” Harry scosse la testa, convinto.
“Harry tu non l’hai visto – dissi – abbiamo litigato, pesantemente”
“E allora? – mi chiese, stranito – che abbiate litigato non significa che sia finita, Natalie, lo conosci Zayn, è fatto così”
“Credo mi odi” sussurrai.
“Non ti odia e lo sai meglio di me – mi tranquillizzò, stringendo più forte la mia mano – ha solo bisogno di tempo, sta male”
“Lui sta male? – domandai, allibita – e stava male anche mentre mi urlava contro? Stava male mentre mi sbatteva la porta in faccia?”
“Devi cercare di capirlo – disse saggiamente Harry – tu hai Jacque, e lui? Ci hai mai pensato a lui? Sta male, Natalie” ripetè.
“Perché non me lo dice, allora? Potremmo parlarne, al posto di litigare”
“Malik che parla dei suoi sentimenti? Mi stupisci piccola, pensavo lo conoscessi meglio di chiunque altro”
“Ed è così - dissi annuendo – hai ragione tu”
“Come al solito” schioccò la lingua, pavoneggiandosi.
“Da quando patteggi per lui?” gli chiesi, vagamente offesa.
“Io non patteggio per lui, cretina – mi corresse – io patteggio per voi, lo sai che sono uno Zatalie Shipper”.
 
 
 
 
Jacque voleva uscire un po’, così lo accontentai. Mi chiese quale fosse un posto tranquillo per passare un po’ di tempo insieme, lontano dalle distrazioni. E, soprattutto, da una distrazione bella quanto petulante chiamata Zayn Jawaad Malik. E Zayn era molto, molto bello.
Comunque, l’avevo portato al Fire Starter, ed eccoci qui. Jacque spalancò la porta decadente del locale e lo scenario più che familiare di quel bar, comparve davanti ai miei occhi: Nick era dove l’avevo lasciato, troppo occupato a marpioneggiare con qualsiasi forma vivente di sesso femminile per potermi anche solo salutare. E Zayn e Julia che si fanno gli occhi dolci erano sempre a.. no, un momento, cosa? Zayn e Julia che cosa?
Partendo dal presupposto che ‘Zayn e Julia’ non dovrebbero mai essere nella stessa frase, che diavolo ci faceva quella biondina tutta gengive e sorrisi finti insieme al mio.. beh, ecco.. insieme a Zayn. Oh, al diavolo, Zayn era mio, eccome se lo era!
“Natalie, ma che fai?”
Ah giusto, ero in mezzo al Fire Starter, con la faccia di una che ha visto il diavolo e stavo anche ostruendo il passaggio ai clienti. Beh, ma poco importa l’ultimo punto.
“Nulla, troviamo un posto e sediamoci, ma per favore – dissi guardandolo profondamente – facciamo in fretta ed andiamocene”
“E perché mai dovremmo..?”
Jacque non fece in tempo a pronunciare il resto della frase, perché notandoli, gli morirono le parole in bocca.
“Adesso capisci perché?”
Lui annuì, muovendosi come un ninja verso un tavolo vuoto: finalmente anche Jacque serviva a qualcosa.
“È proprio irritante, no?” mi domandò, una volta seduti uno di fronte all’altro.
“Sì, Julia è una scocciatura” dissi, guardando verso di loro.
Zayn si stava per accendere una sigaretta ed io stavo facendo finta che la cosa non mi stesse mandando in escandescenza. Poteva fumare solo insieme a me, e non con sciatte biondine francesi, no, no e no.
“Io parlavo di Malik, veramente”
“Ah – fu il mio commento intelligente – sì, molto irritante”
Continuavo a fissarli e Zayn che le sorrideva, era anche troppo. Però dannazione, quant’era bello quando sorrideva, sarei stata lì a guardarlo anche per tre giorni di fila, senza stancarmi mai e senza avere bisogno di altro. Solo lui, ed il suo sorriso.
“Natalie, ci sei?”
Jacque mi sventolò una mano davanti agli occhi, ed io lottai contro il mio autocontrollo e contro tutta la voglia di tirargli il contenitore dei tovaglioli sul naso.
“Sì, è solo che mi danno un certo fastidio”
“E perché?” disse, facendosi inquisitorio.
Mi spiace mon amour, c’è già un Detective Conan in città.
“Perché volevo stare sola con te, no?” finsi, sorridendo.
E quando Zayn voltò lo sguardo verso di noi, notandoci, finalmente, gli strinsi anche la mano, improvvisando una risatina.
“Che hai da ridere?” mi chiese Jacque.
Così mi schiarii la voce, continuando comunque a sorridere vittoriosa: Zayn ci stava guardando, ed era anche piuttosto infastidito. Maledetto pakistano, adesso ti faccio vedere io. Non ci eravamo ancora parlati, dopo l’ultimo litigio e quella era la prima volta che lo vedevo. Vederlo insieme a Julia comunque, mi faceva uno strano effetto, un brutto effetto.
“Fanno un buon caffè qui, mon amour?”
“Che?”
“Il caffè, Natalie, com’è qui?”
*Mi strinsi nelle spalle, troppo occupata a guardare quei due. Dopodiché Zayn si alzò, dirigendosi verso la porta ma, prima di uscire, mi fece un cenno con il capo, per dirmi di seguirlo.
“Buono, Jacque, scusa, torno subito” feci per alzarmi.
“Ma dove vai?” ma lui mi bloccò.
“Ho visto una mia amica, corro a salutarla!”
M’inventai quella scusa e corsi fuori, ma quando spalancai la porta del Fire Starter, non lo trovai. Subito dopo, sentii una mano acchiapparmi per il polso e mi ritrovai contro il muro, con Zayn proprio davanti a me ed il suo respiro sul collo.
“Che hai detto a Jacque? Quanto tempo abbiamo?” mi chiese.
“Che dovevo salutare un’amica” risposi.
Così lui annuì, mettendo una mano sul muro, incastrandomi contro il suo corpo, senza lasciarmi via d’uscita.
“Perché sei qui con Julia?” gli chiesi, impaziente di conoscere la risposta.
Sul viso di Zayn comparve il suo sorriso beffardo, che ogni volta era accompagnato da una sigaretta. Così giocai d’anticipo, infilando la mano nella tasca dei suoi jeans ed acchiappando il pacchetto di Marlboro, requisendoglielo.
Così il drogato sbuffò.
“Mi ha chiesto di uscire” disse infine.
“E tu hai detto di sì? – domandai, stranita, urlando un po’ troppo forse – perché hai detto di sì?”
“Perché avrei dovuto dire di no?”
“Ma perché.. perché..” cercai di trovare una scusa plausibile alla mia reazione.
“Allora?” mi spronò lui.
“Perché Julia è una stronza, ed io te l’avevo già detto” conclusi.
“Ho acquisito una certa dimestichezza, con le stronze, non perdere tempo a preoccuparti per me”
“Smettila di fare il cretino”
Puntò i suoi occhi nei miei, facendomi perdere più di qualche semplice battito.
“Adesso voglio la verità”
“Sai benissimo qual è la verità”
“Già – disse, sorridendo in quel suo modo stronzo di sorridere – ma voglio sentirtelo dire”
“Non voglio che tu esca con altre ragazze – confessai, giocando con la sua catenina nera – devo esserci solo io per te”
Zayn rise, amaramente.
“Sei una tale egoista, piccola, che mi sto chiedendo perché diavolo io ti ami così tanto”
Non riuscii a nascondere un sorriso.
“Scusa per l’altra volta, non volevo che te ne andassi, ed avevi ragione, Jacque aveva esagerato” gli dissi, sincera.
Così lui annuì, guardando altrove per un secondo.
“Non importa – disse, riportando gli occhi nei miei – scusa se ho alzato la voce, comunque non sarei dovuto andarmene, te l’avevo promesso che sarei rimasto sempre con te”
“Quella promessa è già stata infranta” gli ricordai.
“L’hai detto tu, le promesse non durano per sempre”
Annuii, pensando a quanto fosse vero.
“Sei ancora arrabbiata con me?” mi chiese, facendosi improvvisamente dolce.
Avrei voluto gettargli le braccia al collo e lasciarmi stringere da lui, ma non potevo, il tempo stava scadendo e Jacque ci avrebbe uccisi, tutti e due.
“Un po’”
“L’altra volta ho detto che ti avrei riconquistata, ebbene – mi spiazzò, inginocchiandosi davanti a me – ci sono alcune cose che devo dirti”
Mi guardai intorno, gi occhi della gente che camminava spensierata per le strade di Londra, erano tutti addosso a noi.
“Zayn, alzati” gli dissi, cercando di trattenere un sorriso.
Mi sentivo leggermente a disagio da una parte ma, dall’altra, volevo sentire cos’aveva da dirmi e mi faceva ridere, quel suo strano modo di farsi perdonare.
Così lui, in tutta risposta, mi afferrò la mano, stringendola nella sua.
“Natalie, piccola, tu sei tutto quello che ho sempre voluto e sì, ci ho messo più di diciassette anni per capirlo ma, adesso lo so – cominciò – quindi dimmi, cosa dovrei fare per farti tornare?”
“Continuare”  gli dissi, sorridendo.
Così sorrise anche lui, ed il mio cuore rischiò la morte.
“So di aver fatto una cosa sbagliata, sono sparito per quattro anni senza dirti niente, senza una chiamata, senza nulla – disse, risentito – ma adesso lo riconosco, è difficile chiedere scusa, vorrei che potessimo riprendere tutto da dove l’abbiamo lasciato ma, purtroppo, non è così semplice”
“No, non lo è” dissi.
“Però se ci pensi non è mai stato semplice, tra di noi – mi fece ragionare – perché allora perdonarmi ti viene così difficile?”
Aprii la bocca per rispondere, ma lui m’interruppe.
“No, lo so che hai sofferto senza di me, non c’è bisogno che tu risponda” ma lui mi lesse nel pensiero.
Si alzò e mi venne incontro, intrappolandomi nuovamente tra il suo corpo ed il muro del Fire Starter. Appoggiò la sua fronte sulla mia, facendo quasi scontrare le nostre labbra.
“Sto impazzendo senza di te, Natalie”
“Per me è lo stesso” confessai.
Così lui si morse un labbro, nascondendo un sorriso.
“Quindi mi perdoni? Fine delle ostilità? Possiamo ricominciare?”
Ed io annuii, gettandogli finalmente le braccia al collo. Mi lasciai stringere da lui, come non faceva più da tanto tempo.
“È un sì?”
“Sì, Zayn, sì – dissi, senza lasciarlo – ti perdono”.
 
 
 
 
 

 





 
who cares?
ciao ragazze :)
ci sono un paio di cose che vi devo dire..
allora, come prima cosa, so che è presto per aggiornare di nuovo, ma non ce la facevo a tenermi questo capitolo per me.
cioè, la scena dove lui s'inginocchia, io boh, non so neanche come faccia a scriverle queste cose!
la seconda cosa, lo so che la canzone degli Nsync è vecchia ma, io sono cresciuta con le mie sorelle, ed insieme ai Backstreet Boys, loro erano praticamente i loro idoli, quindi qualche canzone, anzi, più di qualche canzone, la porto nel cuore anche io :)
e I want you back mi sembrava pressochè perfetta per gli Zatalie.
spero comunque l'abbiate apprezzata..
dopodichè basta, domani si torna a scuola e sono depressa :(((((
oggi poi giornata in famiglia ye
bene, basta, io vi saluterei: vi amo ragazze, addio <3<3<3

 


 
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Capitolo 11
*** It's time ***






 
quando trovate l'asterisco ascoltate It's time degli Imagine dragons
 

Half a heart
Chapter eleven - It's time



Giugno era un mese che mi piaceva particolarmente: eravamo in piena estate, anche a Londra finalmente era arrivato il caldo ed io e Zayn eravamo tornati gli ‘Io e Zayn’ per cui tutti andavano matti. Ovvio, tutti meno Jacque, ma lui non doveva saperlo per forza. Oppure sì, e se ne doveva anche fare una ragione: io e Zayn eravamo fatti per stare insieme, punto e basta, non potevamo essere allontanati.
E dato che era estate, potevo andarmene in giro per casa liberamente con i capelli bagnati, dopo la doccia: lo facevo anche d’inverno, ma Tyler mi urlava cose cattive che un padre non dovrebbe mai neanche pensare di una figlia.
“Buongiorno a tutti!”
Scesi l’ultimo scalino con un piccolo saltello, decisa a fare colazione e , si potrebbe dire che ero anche di buonumore, quel giorno. Certo, buonumore che scomparve, quando trovai Danielle e papà comodamente seduti al tavolo della cucina, a bere una cioccolata insieme.
‘Insieme’, capite? Mio padre ed il mio capo ‘Insieme’! Ma come diavolo gli era venuto in mente? Scossi la testa, pensando che fosse già abbastanza grave il fatto che avessero finito le buste di Ciobar che c’erano in casa.
“Buongiorno, Natalie” mi salutò Danielle.
“Ciao, piccola, dormito bene?”
“Non parlarmi, traditore – dissi, indignata – hai finito la cioccolata senza dirmi nulla, dovrei seriamente istituire la tassa sulla cioccolata calda”
Papà scosse la testa, rassegnato. Ma rassegnato a che cosa? Ero io a dovermi rassegnare, alla meravigliosa storia d’amore che quell’uomo si stava ostinando a portare avanti.
“Natalie – cominciò la mia nuova mamma – spero non ti dispiaccia se rimango a pranzo, sai, tuo padre è stato così gentile con me che..”
“Sì, d’accordo, basta così – la interruppi io, con una faccia schifata – non voglio sapere in che modo lui sia stato gentile con te, Danielle”
Tyler roteò gli occhi al cielo, per poi alzarsi e dirigersi verso di me. Mi cinse i fianchi da dietro, mentre io mi preparavo un the, dato che quei due avevano pensato bene di finire la cioccolata.
“Che vuoi, giuda?” gli chiesi.
“Ringraziarti per non aver dato di matto davanti a lei – mi disse, pensandoci però un po’ su – almeno, non come fai di solito”
“Non ringraziarmi, e non aspettarti che rimanga a pranzo con voi – lo misi al corrente, mentre mi guardava appoggiato al muro della cucina – Manuel vive con Dyana ed ha la sua scusa pronta, ebbene, ne troverò una anche io”
“Ovvero?” mi chiese, mentre versavo il the in una tazza.
“Sta’ a vedere – gli dissi, prima di voltarmi verso il mio capo – mi spiace molto Danielle, ma purtroppo i miei amici Louis ed Harry mi hanno invitato a pranzo proprio oggi”
“Oh beh, vorrà dire che sarà per la prossima volta” disse lei, dispiaciuta.
Io annuii, fingendo un sorriso e stringendomi nel maglione nero di Zayn. Mossi qualche passo verso la porta della cucina, con la voglia di teletrasportarmi sul divano senza dover fare la fatica di camminare.
“Vado a prepararmi per il mio pranzo” avvisai i due.
Papà mi sorrise, mentre io andavo in soggiorno di tutta fretta e, buttandomi a capofitto sul divano, digitai la chiamata per Harry.
“Che vuoi?”
“Perché così simpatico?” gli domandai, ammirandomi le unghie.
“Sto preparando il pranzo della domenica, quindi ripeto, che vuoi?”
“Oh – riflettei, corrugando la fronte – è domenica oggi?”
“Dio, quanto sei stupida Natalie!”
“Ehi, stai molto calmo Harold – lo avvertii – io volevo solo farvi il piacere, a te ed il tuo fidanzato, di pranzare insieme a me oggi”
Rimanemmo in silenzio per qualche istante, dopodiché Harry sospirò.
“Perché stai cercando di scappare da casa tua, stavolta? – mi chiese, capendo la situazione – Manuel e Jane non ci sono, il problema deve essere per forza tuo padre”
“Infatti è così – dissi, allarmata – Harry, lui e Danielle, il mio capo, credo che.. insomma.. credo che loro..” non avevo neanche più parole.
“Ok, ho capito, è abbastanza tragico, non è vero?” mi domandò lui, comprensivo.
“Decisamente”
“D’accordo allora, ti aspettiamo per l’una e mezza, sappi che noi all’una e trentuno blindiamo la porta”.
 
 
 
 
 
“Potevi cucinare anche un po’ di più – dissi io, portando i piatti in cu avevamo mangiato fino allo sfinimento in cucina – no, Harry?”
“Zitta, sei un’ospite anche poco gradito, tu” mi rispose simpatia portami via Styles.
“Haz, piantala di fare l’isterico – gli suggerì il suo ragazzo, spegnendo la sigaretta nel porta cenere affianco a lui, sul divano – Nat, sei la benvenuta qui a casa nostra, lo sai”
Casa Styles – Tomlinson era bellissima: non molto grande, clima familiare, ti faceva venire voglia di stenderti sul loro divano e dormirci fino alla fine dei tuoi giorni. E no, non intendo certo dire che istigasse al suicidio.
“Anche a me piacerebbe avere una casa tutta mia” dissi, stendendo le gambe sulla sedia vuota di fronte a me, affianco a quella di Harry.
“Beh, perché no? – disse Styles, porgendo sia a me che a Louis una tazza di caffè che aveva appena preparato – Londra è piena di case che non vedono l’ora di essere comprate”
“Non so – dissi io, pensandoci su – non ho abbastanza soldi, per permettermi una casa tutta sola e poi quando la userei? Vivo a Parigi ormai, ve ne siete dimenticati?”
“Potresti sempre darla in affitto quando non sarai qui” suggerì Lou.
“E poi adesso c’è Zayn, non avete un futuro in mente, per voi?” mi chiese Harry, tornando a sedersi affianco al suo ragazzo, con la sua tazza di caffè tra le mani.
“Noi? Futuro? – domandai, stranita – ma che stai dicendo, Harry?”
“Beh, pensavo che essendo tornati insieme, adesso..”
“Frena, frena, frena – lo bloccai subito, posando la mia tazza di caffè sul tavolo – tu pensi davvero che noi siamo tornati insieme?”
“Beh – parlò Louis – avete detto di aver fatto pace” concluse, stringendosi nelle spalle.
“No, ragazzi, avete frainteso” corressi i loro pensieri.
“Oh, e noi che pensavamo..” cominciò Harry.
“Pensavate male” lo interruppi, sul nascere.
Rimanemmo in silenzio per qualche istante, dopodiché io sospirai, guardando i miei migliori amici eloquentemente.
“Lo so che cosa state pensando – interpretai i loro sguardi – perché Natalie e Zayn, pur avendo chiarito, non si sono ancora decisi a tornare insieme come una volta?”
E loro annuirono, così io schioccai la lingua.
“Vi siete dimenticati, cari ragazzi, un piccolo e francese particolare”
“Oh, rieccoci con questa storia” disse Harry infastidito, alzandosi dalla sua sedia, deciso a sparecchiare, per fare altro, tenersi occupato e distrarsi.
“Ma che ha?” chiesi a Lou, una volta che il riccio fosse andato in cucina a lavare i piatti.
“Lo sai come diventa, quando si parla di voi due - mi disse Louis, accendendosi un’altra sigaretta – ci tiene troppo e non si metterà l’anima in pace, fino a che non vi vedrà tornare insieme”
Annuii, senza però dire nulla, ammirando come ipnotizzata il fumo che usciva dalle labbra sottili di Louis: com’è che quei ragazzi diventavano così dannatamente sexy, quando fumavano?
“E da quando fumi?” gli chiesi.
“Da quando ho chiesto ad Harry di sposarmi”
“Gliel’hai chiesto tu? Sul serio?”
Lou annuì, prendendo una profonda boccata di fumo dalle sue Marlboro, le stesse di Zayn.
“Da allora sono nervoso” confessò.
“E fumare allevia il tuo nervosismo?” gli chiesi, curiosa.
Così lui annuì.
“Ho preso esempio da Zayn, diciamo – spiegò – sapevo che avesse iniziato per reprimere un po’ di rabbia, così ci ho provato anch’io, ed ha funzionato”
“Zayn fuma troppo”
Louis annuì, d’accordo.
“Haz odia il fatto che io fumi” disse poi, sorridendo dolcemente.
“Sì, infatti” disse Harry, tornando dalla cucina e prendendo con la forza la sigaretta tra le labbra di Louis, per poi spegnerla nel porta cenere, insieme alle altre.
Ridacchiai, pensando a quante volte l’avevo fatto io, con Zayn. Dopodiché sentii il mio iPhone squillare.
“Ciao Malik, stavo pensando a te – risposi – e no, non prenderla come una cosa dolce, stavo pensando a quanto io ti odi”
“Come ti pare, Natalie”
“Mi irriti quando hai le palle girate”
Come iniziare una conversazione con amore, con Natalie Shade su Real Time. Guardai Harry scuotere la testa divertito, mentre Louis accendeva l’ennesima sigaretta.
“Allora, come mai mi hai chiamata?”
“Ma per sentire la tua adorabile voce, no?” finse lui.
“Zayn, piantala di fare il cretino” replicai, acida.
“La dici davvero troppo spesso, questa frase” considerò lui.
“La nostra conversazione è priva di senso logico”
“E cosa c’è di diverso dal solito?” commentò Louis, ironicamente.
“Comunque, a parte Tomlinson ed il suo spiccato senso dell’umorismo – riprese Zayn, dall’altro capo del telefono, che doveva averlo sentito – ti passo a prendere tra cinque minuti, sei da Harry e Louis?”
Annuii, consapevole del fatto che non potesse vedermi.
“Cos’hai in mente?” gli chiesi, curiosa.
“Vedrai”.
 
 
 
 
 
 
*“Harry e Louis ce l’hanno a morte con te”
Dissi, chiudendo la portiera della sua Panda Station Wagon, una volta parcheggiata in una piccola strada del centro londinese. Ancora ignoravo il motivo per cui lui mi avesse portata in quel posto.
“Ah sì?” domandò Zayn, anche vagamente divertito.
Annuii, affiancandolo, mentre camminava verso il fulcro di Londra, dove si riversavano migliaia di persone, tutti per motivi diversi, ma unite in quel momento. Era quello che piaceva ad entrambi, del centro.
“Hanno perfino istituito la giornata contro Zayn” lo informai.
“Cos’ho fatto stavolta?”
Sospirai, cercando d’ignorare il suo evidente problema di vittimismo cronico.
“Sai quanto abbiano a cuore l’ospitalità, quei due – gli spiegai, continuando a camminare al suo fianco – e tu non sei neanche voluto entrare a salutarli”
“Lo sai come sono, Styles e Tomlinson – disse, stringendosi nelle spalle e mettendo le mani nelle tasche dei suoi jeans scuri – la tirano per le lunghe, ed io volevo solo te”
Mi voltai verso di lui, fermandomi a guardarlo.
“Che hai detto?” gli chiesi, stranita.
Lui mi sorrise, tornando a quattro anni fa, offrendomi la sua mano.
“È chiedere troppo, stringerti la mano?”
Indugiai qualche attimo, per poi lasciarmi andare ad un sorriso, intrecciando le mie dita alle sue. Riprendemmo a camminare ma, io continuavo a non sapere cosa diavolo avesse in mente quel pakistano decisamente troppo volubile.
“Perché mi hai portata qui?”
“No, non qui – puntualizzò lui, indicando la terrazza di quello che doveva essere un locale – lì”
Non feci in tempo a fare domande, che mi sentii tirare per il braccio. Mi stava letteralmente trascinando verso quell’alto edificio: possibile che non avessi mai fatto caso alla sua esistenza?
“Ma che ci facciamo noi, qui? - chiesi, mentre Zayn salutava un uomo – e chi era quello?”
“Qui ci lavora mio padre – mi chiarì, stringendosi nelle spalle – ce la fai a chiudere la bocca per due piani di scale?”
“Ma vaffanculo”
Gli lasciai la mano, salendo per conto mio quelle scale. Ma una volta arrivata in cima, su quella terrazza, rimasi a bocca aperta: il panorama era meraviglioso, il cielo di Londra aveva un colore mai visto, o forse ero io, che non facevo mai caso a quelle cose.
Sobbalzai, quando sentii il respiro caldo di Zayn sul collo, mentre con le mani grandi e protettive stringeva i miei fianchi, da dietro, appoggiando poi il mento sulla mia spalla.
“Alla fine sono contento di aver fatto tardi – disse, e scommetto ancora adesso che, in quel momento, stesse sorridendo – ci saremmo persi il tramonto”
Accarezzai le sue mani strette intorno alla mia vita, con le mie, sorridendo a mia volta, ammirando quello spettacolo.
“È bellissimo Zayn, grazie”
Ma non mi voltai, perché si stava così bene, lì, tra le sue braccia, con il suo profumo di vaniglia e sigarette addosso.
“Non avrei mai dovuto lasciare questa città” disse.
“Già – concordai – Londra rimarrà sempre la città più bella, anche più di Parigi, anche più di Milano, e lo sai perché? Perché è casa nostra”
Zayn annuì, piegando leggermente il volto e posando le sue labbra sulla mia spalla nuda, scoperta dalla canottiera.
“Abbiamo fatto la nostra storia, qui” continuò lui.
“Ti ricordi quando desideravamo andarcene? Tutti e due?”
“Sì – disse lui, annuendo – come se fosse ieri”
“Adesso non desidererei altro che tornare indietro e restare qui per tutta la vita, senza cambiare nulla della mia vecchia vita, se non quello stupido desiderio di abbandonare Londra”
“Qui ti sentivi costretta, piccola, tra tutti quei segreti” mi ricordò lui.
“Ma adesso quei segreti non ci sono più – dissi io, voltandomi verso di lui, di scatto, allacciando le braccia intorno al suo collo – adesso sarebbe tutto perfetto, se solo noi non avessimo rovinato tutto”
“Non è troppo tardi – disse Zayn, stringendomi a sé – ricordi cosa dicevo? Qualche anno fa, di Londra?”
Annuii, ridendo e ricordando.
“Che Londra non dorme mai, neanche di notte”
“Esatto – annuì lui, sorridendo, divertito dalle mie risate – e lo penso ancora, Natalie siamo cresciuti, ma siamo sempre gli stessi di prima, pensiamo ancora le stesse cose e, soprattutto – mi prese il mento con due dita, portando il mio volto più vicino al suo – proviamo ancora le stesse cose”
Ero troppo vicina alle sue labbra, dannato Malik, sapeva esattamente quali fossero i miei quattro punti deboli: le sue labbra, il suo profumo di menta e sigarette, lui e le patatine fritte.
“Non pensi sia tempo di ricominciare?” mi chiese, sussurrando quelle parole sulle mie labbra.
“Ricominciare con che cosa? Con i segreti?” risposi, sottovoce.
“No – scosse la testa – ricominciare da dove eravamo rimasti”
“E te lo ricordi, dov’eravamo rimasti?”
“Adesso io sono l’allenatore del Milan e tu sei la migliore fotografa che Parigi abbia mai visto – disse – abbiamo realizzato i nostri sogni, ma qualcosa ci è sfuggito”
“Noi due?” chiesi, accarezzandogli il collo, lentamente, con le dita.
“Sì Natalie, noi due – confermò, annuendo – e me lo ricordo bene dov’eravamo rimasti”
“E cioè?”
“Chiedimi se ti amo, perché è lì che siamo rimasti”
“Mi ami, Zayn?”
“Come potrei non farlo” ripetè le stesse parole di quella mattina in cui ci lasciammo, perché anche io lo ricordavo, e molto bene.
“E poi? Cos’è successo?” finsi.
“Tocca a te, adesso”
Sorrisi, mentre lui faceva lo stesso, lasciandomi un bacio sul collo, dietro l’orecchio.
“Ed io anche, Malik”
“Tu anche che cosa, piccola?”
“Ti amo”.

 
 





 
who cares?
sono stanchissima ragazze, per cui scusate se sarò di poche parole.
ho ultimato questo capitolo stasera per le mie zatalie shippers <3
e mi sembra anche un pò insignificante, comunque boh, è di passaggio.
sappiate che anche se scrivo poco vi amo da morire, alla prossima, addio.



 
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Capitolo 12
*** I promise you ***






 
 
quando trovate l'asterisco ascoltate I promise you di Selena Gomez
 

Half a heart
Chapter twelve - I promise you


 
Avrei voluto essere bella come Demi Lovato, invece ero solamente un’ assonnata e svogliata Natalie Shade. E vagavo per il soggiorno, senza un vero scopo nella vita.
Erano le 14 e 36 e quel 19 Giugno stava scorrendo così lentamente che, a breve, mi sarebbe venuta voglia di mettere fine alla mia esistenza. Harry e Louis erano scomparsi nella loro villetta a fare chissà che, di Manuel non volevo saperne nulla, Mike era in Hotel, Liam e Niall erano impegnati con la primavera del Manchester United e Dyana e Perrie, beh, di loro non sapevo nulla.
“Papà?” chiamai.
“Mh?”
“Dove diavolo sei?”
“Nello sgabuzzino, vieni, devi assolutamente vedere che cosa ho trovato”
Era troppo entusiasta, così corsi (come no) da lui.
“Che hai trovato? Una macchina del tempo? Potrò finalmente incontrare il mio idolo Cesare Borgia?”
“Chi diavolo è Cesare Borgia?” domandò lui, confuso, tirando fuori la testa da quel sacchetto nero enorme in cui stava trafficando.
“Il mio amore platonico”
Tyler si strinse nelle spalle, lasciando perdere quella mia ennesima stranezza.
“Guarda qua, credevo di averlo perso, e invece..”
Papà mi mise sotto gli occhi il fermaglio per capelli che teneva stretto tra le mani: era un gioiello meraviglioso, tempestato di perle e brillanti.
“È stupendo” dissi, ammirandolo.
“Era di tua madre”
Mi rabbuiai, non amavo parlare di lei, se n’era andata troppo presto e senza una valida motivazione. Sempre che ne esistano, di valide motivazioni per abbandonare la propria famiglia.
“Lei avrebbe sicuramente voluto che l’avessi tu” mi confidò poi papà.
“Ne parli come se fosse morta”
Anche se, in realtà, per me era proprio così. Mamma, anzi, Olivia, era morta per me, non esisteva più. Non avevo sue notizie da una vita, ormai, e lei non faceva più parte della mia. Fine.
“Credimi Natalie, tua madre lo portava il giorno delle nostre nozze ed avresti dovuto vederla, era davvero bellissima – ne parlava come se gli mancasse – lei vorrebbe sicuramente che tu fossi bella come lei, nel giorno del tuo matrimonio”
“Il mio matrimonio? Papà, non sono neanche sicura che mi sposerò mai” dissi, con una punta di ilarità nella voce.
“Beh, comunque prendilo, un giorno magari potrebbe tornarti utile – me lo porse – anche se sono sicuro che tu sarai anche più bella di lei, piccola”
Perché diavolo stavo per commuovermi? Perché? Gli gettai le braccia al collo, lasciandomi stringere forte. Io e papà non ci abbracciavamo mai, e forse fu per quello che scoppiai a piangere come una stupida ragazzina.
“Mi dispiace” piagnucolai.
“Non scusarti, ogni tanto fa bene a chiunque piangere un po’, per sfogarsi, sai? – m’informò lui, asciugandomi con dolcezza le lacrime che sgorgavano dai miei occhi – io lo so che sei forte, non hai bisogno di dimostrarlo anche a davanti a me”
“È che non te lo meriti, perché ti ha fatto una cosa del genere? – chiesi, cercando di regolarizzare il respiro – perché se ne è andata? Jane non aveva neanche un anno”
Papà sospirò, accarezzandomi il volto.
“Tua madre ha fatto le sue scelte ma, quello che so, è che la ringrazierò per tutta la vita”
“Ringraziarla? – domandai, stupita – papà, se ci vedesse in strada, non ci saluterebbe neanche”
Tyler rise, amaramente.
“Non parlavo di quello”
“E di cosa, allora?”
“La ringrazierò per sempre perché, nonostante tutto, senza di lei, adesso non avrei voi, non avrei le gioie della mia vita, senza di lei tu ed i tuoi fratelli non sareste qui con me, ed io non sarei l’uomo più felice sulla faccia della terra”
Mi rifiondai tra le sue braccia, piangendo ancora più forte, maledicendomi ad alta voce.
“Sono una cretina”
“Non è solo per mamma, non è vero?”
Lo guardai negli occhi, con il mascara che colava sulle mie guance, rendendole fastidiosamente appiccicose. Così scossi la testa, mentre lui mi aiutava a ripulirmi il viso da tutto quel trucco.
E proprio quando stavo per confessare tutto a mio padre, sentii la porta dello sgabuzzino aprirsi, e dietro di essa vidi Danielle, con un ospite.
“Oh, Tyler, tutto bene?” chiese il mio capo, vedendomi in quelle condizioni.
“Natalie, che diavolo è successo?”
La voce di Zayn era preoccupata, così come il suo viso e così come lo sguardo nei suoi occhi. Così mi gettai a capofitto tra le sue braccia, e lui non perse un secondo: mi strinse come se non avessimo più avuto occasione per abbracciarci, dopo quella volta.
“Vieni Danielle, lasciamoli soli”
Mio padre chiuse la porta, conducendo la sua nuova compagna fuori di lì. Così Zayn mi guardò negli occhi, posando le mani sulle mie spalle.
“Che hai?”
Scossi la testa, cercando di sorridere.
“Guarda cosa mi ha dato mio padre”
Gli mostrai il fermaglio, che era di un’innegabile bellezza.
“Che cos’è?” chiese, rigirandoselo fra le mani.
“Era di mia madre, quando si sono sposati lo portava lei”
Zayn annuì, tornando a guardare i miei occhi.
“È bellissimo, Natalie”  disse, con un sorriso.
“Già” confermai, accarezzandone la superficie, sfiorando le sue dita.
“Piangevi per lei? – mi chiese poi, avvicinando le labbra al mio viso – ti manca molto?”
Scossi la testa.
“No, non mi manca per niente mia madre”
“Lo sai che puoi dirmi tutto”
“Puoi portarmi fuori, Zayn? Solo io e te, però”
Zayn annuì, sorridendo.
“Lascia fare a me”.
 
 
 
 
 
 
*“Chanel? – chiesi, mano nella mano insieme a lui, ferma davanti alla vetrina in New Bond Street – fai sul serio?” rincarai la dose d’incredulità.
“Continui a dimenticarti una cosa”
 “Sì, sì, d’accordo, lo so - roteai gli occhi al cielo: stava iniziando a darsi un po’ troppe arie con questa storia – sei l’allenatore del Milan”
Zayn si abbandonò ad una risatina divertita, dopodiché aprì le porte in vetro di Chanel e mi lasciò entrare per prima, senza mai lasciare la mia mano.
“Non credevo che sarei mai entrata in un posto come questo” confessai, guardandomi intorno, in quell’enorme e sofisticata boutique.
“Ma come? – cominciò lui – Jacque non ti ha mai portata in un negozio elegante del genere, a Parigi?”
“Portarmi da Chanel? Jacque? – domandai, ironica – era già tanto se a Parigi mi offriva un gelato, figurarsi portarmi a fare shopping in un posto del genere” dissi indicando la magnificenza di uno dei negozi della celebre catena Coco Chanel.
“Posso esservi d’aiuto?”
Una donna elegante e raffinata, imbottigliata in un tubino nero, con i capelli biondi legati in uno chignon ordinato ed un rossetto rosa molto delicato, si avvicinò a me e Zayn, con un sorriso radioso in viso.
“Sì, grazie” rispose Zayn gentile, sorridendo in un modo che riuscì a mettere in soggezione anche la donna davanti a noi.
“Beh, molto piacere – disse lei stringendo la mano ad entrambi – io sono Kate, a vostra disposizione”
“Sono Zayn” si presentò lui, a sua volta.
Io mi limitai ad un sorriso, stringendomi sempre di più a Zayn, che sembrava perfettamente a suo agio, contrariamente a me.
“Di che avevate bisogno?” continuò poi lei.
“A breve avremo un matrimonio – iniziò a spiegare Malik – e saremo noi i testimoni degli sposi, così pensavo che qui avremmo potuto trovare il vestito perfetto per lei” finì, indicandomi.
Quel ragazzo aveva una gestualità incredibile, riusciva sempre ad affascinarmi, in qualsiasi occasione. Ma dovetti riprendermi, quando la donna posò i suoi occhi chiari su di me, senza smettere di sorridere.
“Senz’altro – disse, squadrandomi – seguimi cara.. e rilassati” concluse, con un occhiolino.
Zayn mi porse un sorriso, cercando di lasciarmi la mano, ma io la strinsi solo di più.
“Così me la spezzi, piccola” scherzò lui, sottovoce.
“Fottiti Malik – sbottai, sussurrando tra i denti – la prossima volta che decidi di portarmi da Chanel, avvisami tipo due giorni prima”
Lui rise, ed io mi morsi un labbro, per non sorridere troppo: ci tenevo al mio volto, e per la felicità che provavo in quel momento, avrei seriamente rischiato una paralisi facciale.
“D’accordo..” cercò di dire la donna, ma poi si accorse che non conosceva una cosa fondamentale di me.
“Natalie” così gli fornii l’informazione mancante.
“D’accordo Natalie, ho selezionato questi abiti per te – disse indicando qualche vestito elegante – che ne dici di provarli?”
Quello che avevo di fronte, più che un camerino, era una stanza ed era grande esattamente come la mia camera.
“Qui?” chiesi, avanzando lentamente.
Lei annuì.
Era una sala tutta per me, una sala camerino tutta per me! Diedi di matto mentalmente, rimandando i salti di gioia a quando sarei rimasta sola.
“Quando hai finito, chiamami pure” disse lei.
Così io annuii ed entrai in quella stanza dalle pareti rosse, uno specchio enorme ed un’eleganza mai vista. Strinsi l’abito blu al petto, pensando a quanto diavolo fosse bello e speciale trovarsi lì dentro, per me, che avevo sempre fatto acquisti nei negozietti di seconda mano.
Scossi la testa, senza comunque perdere il sorriso, scalciando via i jeans e sfilando velocemente la canottiera bianca. Mi feci scivolare addosso quel meraviglioso abitino blu scuro, ammirandomi allo specchio.
“Fatto, cara?”
Arrivò la voce di Kate, così urlai un “Sì!” deciso e vidi la porta spalancarsi.
“Oh, sei splendida, sul serio”
Certo, lo avrebbe detto per qualsiasi cliente..
“Dici davvero?”
Lei annuì, ammirandomi a sua volta.
“Ti sta molto bene, sono sincera”
E forse lo era davvero, ma m’importava relativamente perché io mi sentivo una principessa in quel vestito.
“Vuoi farti vedere dal tuo ragazzo?”
Gelai sul posto quando sentii quelle parole, strabuzzando poi gli occhi e sentendo un peso enorme crollarmi sulle spalle.
“Lui non è il mio ragazzo” dissi sottovoce, con lo sguardo basso.
“Oh, mi spiace, non volevo..” si scusò lei.
“Tranquilla, non importa”
Spalancai a mia volta la porta della sala – camerino, appoggiandomi allo stipite di essa, esibendo uno sguardo sexy. Ma il cretino era troppo impegnato con il suo iPhone 5, così mi schiarii la voce molto finemente, fino a che non alzò lo sguardo su di me.
“Beh?”
Lo spronai a dire qualcosa, dato che era rimasto lì come un deficiente, senza dire nulla, con le labbra serrate, l’iPhone stretto tra le mani ed un espressione che mi fece sbuffare.
“Ti odio” dissi a mezza bocca.
Feci per rientrare nel camerino, ma lo sentii alzarsi dal divanetto su cui era seduto, e camminare velocemente verso di me, afferrandomi per il polso.
“Sei stupenda”
“E ti ci voleva tanto?”
“È che mi hai lasciato senza parole” confessò.
Lui sorrise, ed io morii.
“Sei serio?” chiesi, sorridendo a mia volta.
“Serissimo – annuì – sono abituato a vederti con i jeans ma, davvero, sei uno spettacolo”
Annuii, lusingata.
“Grazie, Malik”
“Di nulla, piccoletta”
Le sue dita premevano ancora sul mio polso, e le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza. Entrambi avevamo voglia di accorciare quella distanza, volevo poggiare le labbra su quel meraviglioso mezzo sorriso ma..
“Vi piace?”
Kate c’interruppe e Zayn mi lasciò andare.
“Molto” dissi.
Così lei annuì, soddisfatta di aver fatto centro.
“Certo, con le converse non è il massimo” scherzò.
“Natalie è la donna converse, non possiamo farci niente” convenne Zayn, facendo ridere Kate.
Dannazione, hai 50’anni, fai poco la civetta con il mio uomo. No, ok, forse non ne aveva 50, ma il concetto restava quello: scollati.
“Ne proviamo altri? – domandai – giusto per fare qualche confronto”.
 
Ventisette vestiti dopo
“Natalie, ti prego, mi stai prosciugando le forze vitali!” urlò teatralmente Zayn.
“Ta – dà! – urlai per la ventottesima volta – che ne dici?”
“Ma.. non è il primo che hai provato?” mi chiese, stranito e praticamente sdraiato su quel divanetto.
Annuii, ammirandomi allo specchio, nuovamente.
“Mi piace un sacco Zayn, è stupendo, non sai che darei per averlo il giorno del matrimonio”
Così lui sorrise, alzandosi e raggiungendomi.
“Ah sì? Ti piace tanto?”
Domandò, dietro di me.
Annuii ancora, mordendomi un labbro.
“Ma costa decisamente troppo, dovrei vendere la casa per potermelo permettere”
Feci nuovamente per entrare nel camerino e cambiarmi del tutto, tornando nei miei jeans comodi.
“Piccola, fermati un po’”
Ma lui mi bloccò.
“Che c’è?”
“Credi che io ti abbia portata qua per farti provare centocinquanta vestiti e per fallire amaramente a Candy Crush, annoiandomi a morte?”
Lo guardai confusa, senza capire.
“Ma che dici?”
“Questo vestito è tuo Natalie”
“Hai già venduto la mia casa?”
“No, cretina – scosse la testa – è un regalo”
Guardai lui, poi il vestito, poi la mia immagine riflessa nello specchio e poi il prezzo del vestito. Dopodiché mi diressi verso il divanetto, dove Zayn aveva passato tutto il suo pomeriggio, accomodandomici sopra.
“Non puoi, è troppo”
“No, non lo è”
“Non m’importa chi sei, potresti anche essere l’allenatore della nazionale inglese – mi opposi, mentre lui mi raggiungeva, guardandomi dall’alto – non te lo lascerò fare”
“Ascoltami bene – disse, accovacciandosi davanti a me – voglio regalarti questo vestito, tu stavi male prima e mi hai chiesto di portarti fuori, detto fatto”
“Lo so ma..
“Ma niente, Natalie – m’interruppe lui – quando ti ho portata davanti a queste vetrine, davanti a Chanel, io l’ho visto il tuo sorriso”
Lo guardai negli occhi, cercando poi la sua mano.
“E per me è questo ciò che importa, hai capito?”
Strinsi forte la sua mano, completamente rapita dai suoi occhi ed anche un po’ commossa dalle sue parole.
“Perché piangi ancora?”
Mi sciolsi i capelli, rigirandomi nuovamente tra le mani il fermaglio di mamma, come qualche ora fa a casa, con mio padre.
“È per lei?”
“No, non lo so – confessai, con la voce rotta, un’altra volta – è per te, credo”
Lui scosse la testa, intrecciando le sue dita alle mie, baciando il dorso della mia mano.
“Smettila di piangere, io sono qui e non me ne vado”
“Ma abbiamo ancora qualche possibilità?”
“Tu che dici?” disse, stringendosi nelle spalle.
Indugiai, pensando a tutta quella grande storia: c’eravamo io e lui, poi c’erano Harry e Louis, i segreti, mio fratello, due viaggi, due vite differenti di cui nessuno dei due sapeva nulla dell’altro, il ritorno a casa e poi, alla fine, ancora e sempre noi due.
“Io credo di sì” dissi alla fine.
Quella storia era iniziata con noi e, anche se non era ancora del tutto finita, stava continuando con noi due, eravamo noi gli elementi costanti, in tutto quel casino.
“Me lo puoi promettere? – chiese – non voglio una cosa definitiva, voglio solo una certezza in più, per adesso, per dormire un po’ più tranquillo”
Annuii, sorridendo a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Sì, te lo prometto”
Così lui annuì con me, sorridendo di rimando.
“Adesso possiamo andarcene? Diventeremo i clienti dell’anno”
“I clienti dell’anno?” domandai, stranita.
“Le persone che passano più tempo in questo negozio”
“Ma se è la prima volta!”
“Appunto, fatti due domande”
Roteai gli occhi al cielo, evitando di mandarlo volgarmente a quel paese.
“Si può sapere che ore sono?” gli chiesi.
“Guarda tu stessa”
Mi passò l’iPhone, ma io andai dritta alla fotocamera.
“Natalie, non riempirmi la galleria” mi riprese lui, lascivo.
Ma era troppo tardi.
“Voglio immortalare il momento”
“E quella non finirà sulla tua parete?”
“No, la lascio nella tua preziosa galleria fotografica”
Lui rise, scuotendo la testa, arreso.. a cosa poi? Forse a me.
“Scherzavo, comunque – disse poi – puoi riempirla quanto vuoi, la mia galleria”.

  
 
 
 





 
who cares?
sì, lo so che sono una cattiva persona.
sono passati più di dieci giorni e non ho scuse..
no, davvero, stavolta non ne ho.
però eccomi qui, ye
lo so che non è il massimo ma ogni loro piccola parola, è importante.
spero l'abbiate apprezzato, ci sto mettendo l'anima sul serio.
posso dirvi quanto vi amo? ok, tanto.
capito anni? tanto.
e tu, marti, non odiare tutti mio piccolo raggio di luna, io sono qui.
vado via a piangere per P.s. I love you.
addio.




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Capitolo 13
*** Kiss me slowly ***



ascoltate Kiss me slowly dei Parachute quando trovate l'asterisco




Half a heart
Chapter thirteen - Kiss me slowly


 

Harry per me non era un semplice ragazzo, Harry per me era una canzone e, precisamente, Teenagers dei My Chemical Romance. Ogni volta che lo vedevo camminare verso di me, automaticamente nella mia testa iniziavo a canticchiare il motivo di quella canzone.
“Eccomi, fai carte”
“They say those teenagers scare the living shit out of me!”
“Natalie, ci risiamo con questa storia – sbuffò Harry, abituato a quella situazione – smettila di cantare quella dannata canzone, sono solo tornato dal bagno, d’accordo?”
Fui io a sbuffare, facendo carte per due.
“Dov’è Louis?”
“Con Malik” disse semplicemente, concentrato sulle sue carte.
Giocare a Poker in due non era il massimo, ma io e Styles ci divertivamo anche abbastanza, in quel modo.
“Vedo” dissi, assumendo un’aria da esperta giocatrice.
“Rilancio di tre biscotti”
“Se mi finisci gli Oreo ti faccio male, Harry” lo avvertii.
“Pensa a giocare” mi consigliò, con un ghigno odioso.
Scoprii le mie carte, soddisfatta.
“Full”
“Brava, piccola”
“Ho vinto!”
“Non ci giurerei - ma cantai vittoria troppo presto – colore”
Guardai le sue carte, pronta a dargli del ladro barone ed anche imbroglione, ma era effettivamente vero: colore, senza possibilità di obiezioni.
“Fanculo” dissi a mezza bocca, alzandomi poi dalla sedia.
Mi diressi poi in cucina, perché ormai sapevo destreggiarmi alla perfezione in casa Styles – Tomlinson.
“Allora hai preso il vestito per il mio matrimonio?” mi domandò Harry urlando, dalla sala.
“Ah – ah – acconsentii, tornando gloriosamente da lui con il barattolo di burro d’arachidi tra le mani – è uno Chanel, te lo saresti mai immaginato?”
“Beh, quando si è la signora di un allenatore di calcio..”
“Non sono la signora proprio di nessuno, io” lo interruppi.
“In realtà sì – mi contraddisse – ma lo sai quanto poco sopporti Jacque Raymond di chissà quale contea in Francia”
“Parigi, Harry” lo informai, intingendo un Oreo nel burro d’arachidi.
“Ehi, non mangiare il mio trofeo di vittoria” mi ammonì.
Divisi le due metà del biscotto, donandone una parte al mio petulante migliore amico.
“Tieni”
Lui lo accettò volentieri, mangiandone prima i bordi, com’era solito fare.
“Ho una sorpresa per te, Natalie” disse poi, alzandosi, mentre io lo guardavo stranita.
“Che tipo di sorpresa? Lo sai che non vado pazza per gli spogliarellisti”
“E se fosse Malik, a doversi spogliare?” disse lui maliziosamente, dirigendosi alla porta.
Beh, se fosse Malik..
Nulla, se fosse Malik nulla.
“Tu, insieme al tuo fidanzato, siete le persone più stupide che io abbia mai.. Perrie!”
Quando Harry aprì la porta ed io riconobbi la mia amica, non finii neanche d’insultarli, fiondandomi direttamente tra le sue braccia. Era da una vita che non la vedevo e, sinceramente, non sapevo neanche io il perché.
“Ehi, Natalie, mi sei mancata” disse lei, ricambiando il mio abbraccio.
“Dio, quanto sei bella”
“Ti piacciono le mie nuove extension?”
“Cretina” dissi, ridendo insieme a lei.
“Credi che sia finita qui?” c’interruppe poi Harry, con quel suo sorriso compiaciuto, di uno che sa di aver reso felice la propria migliore amica.
“È Natale?” domandai.
Ma prima che qualcuno potesse rispondermi o semplicemente mandarmi a quel paese come succedeva solitamente, vidi Dyana Martinez varcare la porta di casa Styles – Tomlinson.
“Dyana!” urlai, per la seconda volta.
Strinsi forte tra le braccia anche lei, ammirando quanto la convivenza con mio fratello le avesse fatto incredibilmente ed inaspettatamente bene. Insomma, io avevo vissuto con Manuel per diciassette anni e non ero mai stata così magra ed in forma.
“Stai benissimo – la guardai – e non sei incinta!”
“Ma che diavolo dici, Natalie?” si indignò la spagnola.
Vidi Harry ridacchiare.
“Che hai da ridere tu, riccio?”
Dyana ed Harry avevano sviluppato un ottimo rapporto di amicizia: da quando lei non provava più nessun sentimento né strana forma di attrazione fisica verso di lui, andavano molto d’accordo.
“Io? Nulla” si difese Harold, con le mani in alto, in segno di resa.
“No, Styles non centra – intervenni io, mentre Perrie si aggirava per casa, con fare impiccione – io e Liam avevamo questa piccola scommessa e..”
“E?” chiese Dyana, irritata.
“E ha vinto lui”
“Pensavi che fossi incinta? Di tuo fratello? Sul serio?”
“Ah – ah – annuii, mentre la Edwards ed ½ dei padroni di casa bisticciavano – scusa se desidero diventare zia”
Dyana roteò gli occhi al cielo, sorridendo però divertita.
“Perrie! Dammi quella foto!”
Era la voce stridula della checca, quella. Così io e Dyana ci guardammo eloquentemente, decidendo di andare a fermare quel qualsiasi cosa stesse succedendo.
“Harry lasciami! Mi strappi le extension così!”
E questa era indubbiamente Perrie, e quando arrivammo in sala, lo spettacolo a cui fummo costrette ad assistere, non era certo dei migliori: Perrie teneva una fotografia spiegazzata tra le mani ed Harry tentava in tutti i modi di acchiapparla, tirandole anche se necessario i capelli (finti, oltretutto).
“Cosa succede qui? – intervenne autoritaria Dyana – Harry, lascia stare Perrie, sai quanto le abbiamo pagate quelle dannatissime extension?”
I due cretini la ascoltarono subito, lanciandosi sguardi omicidi e ricomponendosi dopo la lotta all’ultimo sangue di cui erano stati protagonisti.
“L’avevo detto io che eri pronta per fare la mamma” scherzai, mica troppo però.
“Natalie” mi riprese lei.
Ma prima che potesse continuare, prestai attenzione ad un dettaglio.
“Che significa ‘abbiamo’?” domandai.
“Oh, Manuel non te l’ha detto?” mi chiese Perrie.
“Detto cosa?”
“Perrie vive con noi, da qualche mese” m’informò Dyana.
“E come mai?” chiesi, curiosa.
Perrie si strinse nelle spalle, rabbuiandosi un po’, ma mantenendo comunque il sorriso sulle labbra.
“Non va troppo bene con mia madre, così Dyana e tuo fratello mi hanno offerto ospitalità, sarei venuta qui da loro – disse, incattivendo il tono ed incenerendo Harry con lo sguardo – se solo questa testa riccia non fosse così tremendamente odiosa”
Harry le fece il verso, da persona matura quale era.
“E perché non da Zayn?” le domandai.
“Non so – si strinse nuovamente nelle spalle – credevo che una volta tornata non l’avresti presa bene”
“Oh.. – incassai la risposta – sei stata gentile, grazie”
Rimanemmo in silenzio per qualche istante, ma poi mi lasciai andare ad una risatina.
“Lo so che morite dalla voglia di sapere qualcosa, pettegole” dissi alle mie amiche, in cui era ovviamente incluso Styles.
“Parla, Shade” disse nervosamente Perrie.
“Io e Zayn non stiamo più insieme”
“Ma questo lo sappiamo, vogliamo i particolari, quelli succulenti” la spagnola stava rischiando uno dei soprammobili dei ragazzi in faccia.
“Mi ha comprato uno Chanel per il matrimonio di Harry e Louis e – presi fiato – lo amo ancora, gliel’ho detto sul terrazzo del ristorante dove lavora suo padre, davanti al tramonto” confessai.
“Sto per piangere” disse Perrie, commossa.
“Smettila, cretina” la ammonii.
“Siete due idioti, posso dirtelo?” aggiunse Dyana.
Così io roteai gli occhi al cielo, aspettando la solita ramanzina rompi palle di Harry sono noioso/a Styles, ma, a quanto pare, era impegnato ad ammirare quella misteriosa fotografia. Così Dyana gliela strappò dalle mani.
“Siamo sentimentali, Styles?”
“Perché citi Piton?” le chiesi.
“Fa’ vedere” s’intrufolò Perrie in quel groviglio di teste.
“Ma.. - dissi io, ammirando la fotografia – da dove salta fuori questa?”
“È di qualche tempo fa” disse Harry.
“Non me la ricordavo neanche” confessò Perrie, sorridendo.
Quattro anni fa, al campo del Millwall, tutti ancora insieme: Perrie era in mezzo ad Harry e Louis e si beava del loro abbraccio, Manuel stringeva teneramente Dyana per i fianchi, da dietro, ed io baciavo la guancia di Zayn, mentre lui faceva una smorfia stupida.
La presi dalle mani di Dyana, per guardarla meglio.
“Perché ce l’hai ancora?” chiesi ad Harry, palesemente commossa.
“Non lo so – si strinse nelle spalle – forse perché mi piace ricordare quando eravamo ancora tutti insieme, senza complicazioni”
“Posso tenerla? La metterò sulla parete”
“Certo” acconsentì Harry, sorridendo.
“Bene ragazzi, è arrivato il momento di un abbraccio di gruppo”
Perrie, la solita sentimentalona. Ci stringemmo forte, tutti e quattro, con nessunissima intenzione di lasciarci.
Ma poi Dyana mosse una richiesta.
“Andiamo a vedere l’hotel del matrimonio?”.
 
 
 
 
 
 
“Mike, ehi, che ci fate qui?”
Appena entrai nell’hotel, nel grande giardino, vidi la figura di Michael intento a litigare con Julia.
“Natalie, grazie a Dio, mi serve una pausa”
“Michael, dove diavolo vai? – ruggì Danielle – abbiamo bisogno di te”
“Che ne dici di cinque minuti di pausa, Danielle? – poi ci pensò – anzi, facciamo un’oretta e cinque minuti di pausa”
Danielle sbuffò.
“Due minuti” acconsentì poi.
“Dov’è Jacque?” domandai al mio amico, mentre ci dirigevamo al meraviglioso dondolo bianco che sapevo già come avrei decorato per il grande giorno.
“È rimasto in hotel, ha detto che doveva sistemare delle cose”
“Che genere di cose?” mi feci curiosa.
“Ma che ne so io, è il tuo fidanzato, mica il mio”
“Hai le tue cose, Michael?”
“Simpatica, davvero”
Ridacchiai, guardando poi Harry, Dyana e Perrie, discutere animatamente di qualcosa di cui non volevo neanche sapere l’entità.
“Mike, loro sono Dyana e Perrie, le coinquiline di mio fratello Manuel” le presentai.
“Coinquiline? Credevo che tuo fratello avesse una sola fidanzata” disse Mike, stranito.
“Infatti – intervenne Dyana, guardandomi pressoché male – sono Dyana, la ragazza di Manuel, molto piacere”
“Perrie – disse poi la bionda, stringendo la mano a Mike – la sfigata che vive con i piccioncini felici e contenti”
“Già, almeno loro” convenne Mike.
“D’accordo – dissi io, tentando di ignorarlo – perché non andate a vedere dentro? Harry accompagna le ragazze, da bravo”
E così ci liberammo di loro, accomodandoci su quel dondolo di cui parlavo prima.
“Devi dirmi qualcosa?” mi chiese lui.
“No, tu piuttosto”
“Beh, in effetti c’è una cosa che devo dirti – confessò Mike – mi ha leggermente spiazzato, sinceramente”
“Di che si tratta?” domandai, curiosa.
“Di Raymond – si alzò dallo schienale – stamattina abbiamo avuto una strana conversazione, non saprei come classificarla”
“Parli o no?”
“Ti calmi o no? – diede di matto Michael – non rendo sotto pressione, lo sai”
Roteai gli occhi al cielo, infastidita.
“Puoi continuare, ora?” gli chiesi, in un tono falsamente gentile.
“Non so perché si sia avvicinato, io stavo solo mangiando i miei cereali delle undici e mezza in santa pace – spiegò – quando l’ho visto entrare nella hall ed avvicinarsi a me, era pensieroso, ma mai avrei pensato che avesse iniziato una conversazione di quel tipo con me”
“Beh certo, vi odiate”
“Infatti”
“Ti vedo ancora un po’ traumatizzato, in effetti”
“Si è seduto ed ha iniziato a fissarmi, come un maniaco, mentre si torturava le mani, probabilmente stava aspettando che gli chiedessi di confidare tutti i suoi oscuri segreti a zio Michael..”
“E?”
“E allora gli ho chiesto se ci fosse qualcosa che non andava, così ha iniziato a parlare e non ha smesso più – spiegò, guardandomi negli occhi – dice che ha paura di perderti, Natalie”
“Dice questo?” chiesi, strabuzzando gli occhi.
Mike annuì.
“Dice che ha in mente un piano per riconquistarti”
“Ho paura”
“Anche io”
Rimanemmo a fissarci per qualche istante, in silenzio, poi gli tirai una sonora pacca sulla spalla.
“Beh, fa’ qualcosa!” sbottai.
“Ahia! – si lamentò Mike – che dovrei fare? È il tuo fidanzato e te l’ho già detto, è te che vuole riconquistare, non me”
“Dannazione – dissi alzandomi – vado dentro dagli altri, tu torna a lavorare e non pensarci più, d’accordo?”
“D’accordo”
*Lo abbracciai di slancio, camminando verso la porta del Palace Gardens. Presi l’ascensore ed aspettai che raggiungesse il quattordicesimo piano,  quello della solita sala, convinta di vedere Perrie, Dyana ed Harry impegnati in una conversazione, invece non vidi nessuno. O meglio, nessuno di loro.
“Zayn? – domandai, sorpresa – che ci fai qui?”
“Ti aspettavo sarebbe una di quelle risposte da film che odi?” mi chiese lui, di rimando.
“Eh, un tantino”
Mi avvicinai a lui, la stanza era buia e le luci del giorno stavano lentamente scomparendo, dalla grande vetrata che dava su Londra.
“Anche perché non è così”
“Stronzo”
Non ci guardavamo, tenevamo lo sguardo fisso sulla bellezza della nostra città. Ma io mi ero già accorta che non si era fatto la barba, che portava una camicia a quadri rossa e nera come la sua squadra, perché forse gli mancava l’Italia, e che aveva i capelli ancora un po’ bagnati, perché le sette e mezza erano passate.
“Aspettavo Harry e Lou ma..”
“Ti manca Milano?” non lo lasciai finire, voltandomi verso di lui, smaniosa di conoscere la risposta.
“Perché me lo chiedi?”
“Guardami, Zayn, dai”
Si voltò anche lui, incastrando quelle due meraviglie di occhi nei miei.
“No, Natalie, non mi manca”
“E allora perché ti sei vestito così?”
“Questa è di Federico – spiegò, sorridendo vagamente, prendendo un lembo della camicia che portava – la chiama ‘l’acchiappa donne’, lo sai perché?”
Scossi la testa, notando quanto diavolo gli stesse bene.
“Perché è la preferita della sua ragazza, a Milano, e gli piace pensare che è merito di quella camicia se lei si è così innamorata di lui”
Mi piaceva sentirlo parlare, al buio, in tranquillità, solo io e lui.
“Federico ha una ragazza? Sul serio?”
“Certo, ha i capelli neri, di lei so solo questo”
“Non ne parla molto?”
“Ne è troppo geloso” Zayn ridacchiò, al pensiero del suo amico.
“Sai almeno come si chiama?”
“Serena, o forse Simona – ci pensò su – anzi no, sicuramente Simona”
Annuii.
“Beh, adesso che anche Andrea è impegnato..”
"Ehi, frena, frena, frena – mi bloccò Zayn – Andrea non è impegnato proprio con nessuno, tra lui e mia sorella non c’è nulla, ok?”
Mi fece ridere, tutta quell’apprensione da parte sua.
“D’accordo, come vuoi”
“E non ridere di me”
“Devo dirti una cosa”
Gli dissi, di getto.
Lui aggrottò le sopracciglia.
“Devo preoccuparmi?”
“Non lo so nemmeno io”
“Puoi dirmi tutto, lo sai”
Annuii.
“Jacque ha paura di perdermi – spiegai – stamattina ha parlato con Mike, ha detto che ha in mente qualcosa per riconquistarmi, non so..”
“Non sai, cosa?”
“Forse dovrei andarmene”
Ma Zayn scosse prontamente la testa, afferrandomi la mano.
“No, resta con me, piccola”
Annegai nei suoi occhi, spostando poi lo sguardo sul suo mezzo sorriso, ammirando come l’angolo destro della sua bocca si inarcava verso l’alto. Si sentivano solo i nostri respiri, legati li uni agli altri.
“Non potrei desiderarti di più di quanto lo faccia in questo momento” gli confessai.
“Ah sì? Beh, io ti desidero ogni giorno, ogni ora, ogni minuto ed ogni secondo della mia vita – disse, intrecciando le sue dita alle mie ed attirandomi a sé – come la mettiamo, adesso?”
“D’accordo, hai vinto tu, Malik”
“Non sono molto sicuro di quello che succederà, Natalie”
Trattenni il fiato, mentre sussurrava quelle parole sulle mie labbra.
Le nostre bocche erano così vicine ed io riuscivo a sentire chiaramente quel suo dannato profumo di vaniglia e sigarette.
 “Smettila di fumare, ti prego”
“Se non riesco a farlo neanche per te, allora probabilmente morirò da fumatore” considerò ridacchiando.
“Allora smettila di drogarti di Tic – Tac alla menta e vaniglia, questo tuo profumo mi dà alla testa”
“Ed è un problema?”
Sembrava sempre più vicino a me, mentre si inumidiva le labbra con la lingua, ed io non riuscivo a staccare gli occhi da quella bocca perfetta.
“Sì, perché non mi permette di fare finta che tu non mi faccia nessun effetto”
“Tanto non ci crede nessuno”
“Mi baci o no?”
Zayn non perse neanche un secondo, posò le sue labbra sulle mie e la mia lingua cercò la sua, frenetica. Lui mi assecondò, lasciandosi andare ad un bacio carico di passione e disperazione, per poi sorridere sulle mie labbra e staccarsi da me.
“Non andare così di fretta, piccola, baciami lentamente”
“Ma che dici?”
“Baciami lentamente, perché non so quando ancora potremo farlo”.

 






 
who cares?
se fa schifo questo capitolo prendetevela con la rompi palle che l'ha PRETESO.
ok, adesso che ho fatto questa premessa, possiamo parlare tranquillamente.
inizierei col dire che tutte quante, nessuna esclusa, aspettavate questo momento..
a meno che tra di voi non ci sia qualche fan di Jacque, beh, fatemelo sapere, anche se ne dubito.
comunque, tornano Dyana e Perrie e beh sì dai, non giriamoci intorno, gli Zatalie si sono baciati
ye stappiamo le bottiglie di champagne ed abbracciamoci tutti.
direi che vi lascio in compagnia di Zayn (qui sotto) perchè se no la anni non riesce a leggere il capitolo.
pace e amore, anzi, peace and hippy love.

p.s: chiedo scusa per il delirante "who cares?"
 


 
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Capitolo 14
*** Let her go ***


ascoltate Let her go di Passenger quando trovate l'asterisco




Half a heart
Chapter fourteen - Let her go

 

“Ciao donne”
Entrai velocemente in casa Shade – Martinez – Edwards, di cui era più complicato ricordare il nome che la stessa strada per giungervi. Lanciai la borsa sul loro divano chiaro ed ignorai mio fratello, che vi giaceva sopra.
“Ehi!” s’indignò lui.
“Dyana, il vostro divano parla?” le chiesi, raggiungendole in cucina.
Perrie e mia cognata, faceva ancora molto strano chiamarla così, erano sedute intorno al tavolo: la bionda tutta extension e labbra viola si stava passando lo smalto sulle unghie, mentre la spagnola stava distrattamente sfogliando un giornale di cucina.
“Ciao Natalie” mi salutò lei, concentrata.
“Tanto non sai cucinare”
“Come mai così simpatica?” continuò Dyana.
“Mi piace questo colore”
Ma io la ignorai, mostrando entusiasmo per lo smalto di Perrie. Le presi la mano tra la mia, ammirandole le unghie.
“È acquamarina - disse lei, orgogliosa – ti piace?”
“Molto” confermai.
“Perrie! – la riprese mamma (nonna) Dyana – concentrati”
“Che vuoi?”
“Natalie ci sta nascondendo qualcosa, è evidente”
“E da cosa sarebbe evidente?” chiesi, confusa.
“Sei più stronza del solito – iniziò – ed hai ignorato la mia domanda, allora, che succede?”
“Qualcosa mi dice che centra il pakistano”
Perrie tornò al suo smalto, per la seconda passata, ed io mi lasciai scivolare sulla mia sedia, senza dire nulla.
“Oddio Edwards – esclamò Dyana – mi sa che ci hai preso”
“Eh?” fece Perrie, noncurante.
“Natalie ha combinato qualcosa con Zayn!” urlò Dyana, sovra eccitata, battendo le mani e lanciando la sua rivista in qualche angolo sperduto della sua cucina.
“Se dovete parlare di Zayn e Natalie chiudete la porta – urlò Manuel, dalla sala – non ho nessun problema con la loro relazione ma, immaginarmi a letto mia sorella ed il mio migliore amico mi risulta ancora osceno ed estremamente sbagliato”
Dyana e Perrie mi guardarono, in attesa di un mio gesto: se mi fossi alzata per chiudere la porta, ci sarebbero effettivamente state notizie su me e Zayn. Così sbuffai e mi alzai, per soddisfare la richiesta di mio fratello.
“Raccontaci tutto”
Rimasi in silenzio, concentrata sul groviglio che erano le mie mani, poggiate sul tavolo in marmo di Dyana.
“È inutile – disse Perrie, tornando al suo smalto – questa stronza non ci dirà nulla”
“Ci siamo baciati”
Ma io lasciai scorrere quelle parole come un fiume in piena, deludendo le aspettative di Perrie.
“Cosa?” fu la sola ed unica reazione di Dyana.
“Voi cosa?” questa era Perrie.
“Avete capito bene, ci siamo baciati e, beh, mi sono resa conto che era da una vita che non davo un vero ed autentico bacio a qualcuno” confessai.
“Stai dicendo che..?” iniziò Perrie.
“Sì Perrie, sto dicendo esattamente quello”
“E adesso?” mi chiese Dyana, allarmata.
“Non lo so – confessai alle mie amiche – ma non parliamone, vi prego, mi viene un’ansia inimmaginabile”
“Ok, d’accordo, argomento a piacere” disse così Perrie, con un sorriso così bello che fece venire voglia di sorridere perfino a me.
“Ma non dovevi essere da Harry, tu?” mi chiese Dyana.
“Dovevo, esatto”
“Che ha fatto quella checca pazza?”
“Non voglio avere niente a che fare con Harry fino a stasera, e non invidio affatto Louis, obbligato a sopportarlo tutto il giorno”
“E tutta la vita” puntualizzò Dyana.
“È così tanto agitato per stasera?” mi domandò Perrie.
Io annuii.
“D'altronde la propria festa di fidanzamento viene una sola volta nella vita, no?”.
 
 
 
 
 
“Come diavolo..”
Stavo imprecando da oltre mezz’ora, ma quella zip proprio non ne voleva sapere di salire. Quello era il vestito più odioso che avessi mai dovuto indossare. Perché un vestito, poi? Ero così comoda nella mia camicia di jeans.
“Oh, dannazione.. – continuai a parlare da sola nella mia camera – d’accordo, ci vado nuda” dissi rinunciando e lasciando cadere le braccia lungo i miei fianchi.
“Forse sarei il più felice di tutti gli invitati, per questa tua decisione ma, non credo che Styles poi te la perdonerebbe”
Mi girai di scatto, senza nascondere un sorriso e la voglia di buttarmi a capofitto tra le sue braccia.
“E quest’accoglienza così calorosa? A cos’è dovuta?”
Lo guardai esibire il suo miglior mezzo sorriso.
“Malik, non fare il cretino e aiutami, siamo in ritardo”
Mi voltai, dandogli le spalle, aspettando che mettesse al suo posto quella maledetta zip. Ma, con mia grande sorpresa, sentii le sue mani sfiorare i miei fianchi, ed il suo mento appoggiarsi alla mia spalla.
“Zayn..”
“Shh – mi zittì, sussurrando al mio orecchio – lo so che siamo in ritardo, ma è da troppo tempo che io e te non siamo così vicini”
Sorrisi, chiudendo gli occhi ed accarezzando le sue mani con le mie, beandomi delle sue labbra calde, impegnate a lasciare baci mozzafiato sul mio collo.
“Quella zip vuoi che la alzi, o che la abbassi del tutto?”
Aprii immediatamente gli occhi, strabuzzandoli. Dopodiché gli presi le mani tra le mie e le lasciai malamente cadere lungo i miei fianchi, indignata.
“Cretino – berciai contro di lui, mentre ascoltavo la sua risata – allacciami quella zip e facciamola finita”
“Ecco fatto” disse, con un gesto secco.
Mi voltai verso di lui, e non feci in tempo a fare nulla, che le sue mani riacchiapparono i miei fianchi, ancorandomi possessivamente a lui.
“Posso essere molto veloce, piccola, davvero” sussurrò, languidamente.
“Ma ti senti quando parli, razza di pervertito idiota ed anche molto maleducato? – lo ripresi – dobbiamo muoverci, o Harry ci scomunicherà come testimoni”
Non avevo ancora guardato bene Zayn e, dannazione, quanto era bello: aveva dei pantaloni di pelle neri che.. wow, e quella maledettissima maglietta bianca lasciava scoperta la sua pelle ed i suoi tatuaggi. Ma perché a me, eh?
“Tutto bene, piccoletta? Hai dimenticato qualcosa? – mi chiese, notando il mio sguardo perso – ad esempio, il tuo nome?
Scossi la testa, rendendomi conto di quanto mi si fosse seccata la gola.
“Stasera hai proprio tanta voglia di essere picchiato, eh piccoletto?”
Zayn scoppiò in una risata, che venne interrotta dal campanello al piano di sotto.
“Vado io, oh mia dolce figlia”
L’uomo che mi crebbe aprì la porta, accogliendo l’ospite poco gradito.
“Oh, Jacque, entra”
Io e Zayn ci guardammo, immediatamente pietrificati.
“Natalie è di sopra, raggiungila pure”
Ma dico io no, Zayn doveva essere entrato dalla porta, mio padre doveva aver aperto a quella maledettissima porta, quindi sapeva della sua presenza in camera mia. Allora, per quale dannatissimo motivo, stava mandando il mio fidanzato di sopra da me? Con Zayn presente?
“Nasconditi” intimai, nel panico più totale.
“Ci risiamo”.
 
 
 
 
 
*Liam e Niall forse ci stavano andando giù un po’ troppo pesanti, con l’alcool. Sta di fatto che l’irlandese, il caso più irrecuperabile di tutta Londra e dintorni, se ne andava in giro per la sala del Palace Gardens, con una bottiglia di champagne francese (consigliato ovviamente dal nostro amico nazionalista Jacque Raymond). Al suo fianco? Il suo inseparabile compare Liam Payne.
Nel contempo, io ed Harry, chiacchieravamo con gli invitati. Di tanto in tanto mi scappava qualche insulto verso di lui e viceversa, Haz era troppo insopportabile quando si trattava di queste situazioni.
“Styles, ti vuoi dare una cazzo di calmata?”
“Solo se te la dai tu per prima” disse a denti stretti, fingendo un sorriso, mentre salutava la famosa zia Margarita di Lou. A proposito di Lou..
“Perché a Malik è toccato il componente della coppia meno complessato e decisamente non sclerato quanto te?” dissi, guardando Zayn e Louis dall’altro lato della sala, impegnati in una conversazione con mio padre e Danielle: la coppia dell’anno.
“Perché Malik non è la mia migliore amica”
“Harry, non sbattere così tanto le ciglia, mi fai venire il mal di testa – gli consigliai, mentre lui sbuffava, nel suo completo nero elegante – ma con questa frase mi hai conquistata”
Lo guardai sorridere, e mi ricordò un bimbo nel giorno del suo compleanno. E mentre ci muovevamo mano nella mano per la sala, notai che Jacque non si vedeva da un po’.
“Che succede?” mi chiese Harry, notando il mio sguardo.
“Hai visto Jacque?”
“Ah, non ricordavo di averlo invitato alla mia festa di fidanzamento”
Non riuscii a dirgli nulla, dato che gli italiani si materializzarono davanti a noi.
“Federico, Andrea – disse Harry – vi divertite?”
“Da morire!” urlò Andrea, su di giri.
“Quei due – disse Federico, ridendo a sua volta, indicando Liam e Niall – sono due pazzi furiosi”
“Voi siete la loro versione italiana” dissi, stringendomi nelle spalle.
“Cosa sarebbe una festa di fidanzamento senza quattro ubriachi persi?” chiese Harry, retorico, facendomi ridere.
“Voi due stareste piuttosto bene insieme” considerò Federico, il più sano dei due, dato che Andrea si reggeva in piedi per miracolo.
“Già, se solo le gambe di Styles non fossero più sexy e femminili di quelle di Natalie” e scoppiò a ridere.
Harry fece per ribattere ma, poi, pensandoci, si strinse nelle spalle annuendo, trovandosi d’accordo con l’italiano ubriaco.
“Ehi!” così dovetti vedermela da sola.
“Non prendertela Natalie, a me piacciono le tue gambe - disse Federico – ma adesso, Harry, io ed Andrea, anche se parlerò solo io perché lui ora non sarebbe in grado neanche di lavarsi i denti da solo, dobbiamo dirti una cosa importante”
“Fate outing anche voi?” chiesi, inopportunamente, facendo scoppiare a ridere Haz.
“No – disse fermo Federico – riguarda il matrimonio”
“Dimmi pure, Fede” lo esortò Harry.
“Purtroppo io ed Andrea dobbiamo partire per Milano domani stesso ma, proveremo in tutti i modi a raggiungervi qui a Londra per il giorno del matrimonio”
“È successo qualcosa?” chiesi, curiosa.
“Simona sta per laurearsi, finalmente – disse, orgoglioso della sua ragazza – e vorrebbe avermi vicino a lei, capite?”
Harry annuì, sorridendo.
“Non preoccuparti Fede e, se riuscirai a venire al matrimonio, porta anche Simona”
“E Andrea, se rimarrà vivo” considerai io.
Dopodiché, sentimmo qualcuno schiarirsi la voce al microfono (Harry e Louis avevano organizzato un festa molto in grande con tanto di impianto stereo).
“Buonasera a tutti – esordì Lou, sotto gli applausi ed i fischi degli ubriachi di turno – innanzitutto io ed Harry volevamo ringraziarvi per essere qui con noi, stasera”
Harry, intanto, lo aveva raggiunto. Vidi Louis intenzionato a proseguire con il suo discorso ma, con mia grande sorpresa, vidi Jacque, ricomparso. Era arrivato insieme a Mike, così lo guardai, per chiedergli spiegazioni. Ma Michael mi restituì uno sguardo quasi di scuse, quasi di.. dispiacere.
“Potrei dire due parole?”
Louis si scansò, mimando un “certo” con le labbra, che a noi non arrivò. Poi Jacque si schiarì la voce ed io guardai verso Perrie, Dyana e Manuel, che lo guardavano esattamente come me: confusi.
“Potrei chiedere alla mia ragazza Natalie di raggiungermi?”
Guardai Harry e Louis, prima di farmi coraggio e camminare verso il mio ragazzo, Jacque.
“So che per Natalie questa è una serata speciale – cominciò – è la festa di fidanzamento dei suoi migliori amici, e credo che per lei non ci sarebbe momento migliore per chiederle quello che sto per chiederle, se non questo”
“Jacque, ma che diavolo..?” tentai, ma rimasi pietrificata, quando lo vidi inginocchiarsi.
Lui sorrise, estraendo dalla giacca del suo smoking elegante una piccola custodia di velluto nero. Ed io quasi smisi di respirare, a quella vista, proprio sotto ai miei occhi.
“Natalie, guardando i tuoi amici fare il grande passo, credo ti sarai resa conto che non è una cosa da poco, che non è una cosa da tutti i giorni e che non è una cosa da concedere al primo che passa”
Non capivo, non riuscivo a capire il perché di quel gesto e mentre lui parlava, cercavo di combattere contro le lacrime, non sapevo neanche io il perché. Avrei voluto scappare via di lì e rintanarmi tra le braccia di Zayn, che non avevo il coraggio di guardare.
“Ebbene, io credo che non ci sia persona più adatta a me, di te – concluse, aprendo quella piccola custodia, lasciandomi ammirare quello che era l’anello più grande e brillante che avessi mai visto – vuoi sposarmi?”
Quelle due dannatissime parole “Vuoi sposarmi?” mi fecero gelare il sangue nelle vene. Rimasi immobile a fissare quell’anello, e poi gli occhi di Jacque. Sentii parlottare la folla di invitati, così alzai gli occhi su di loro. Harry e Louis erano increduli quasi quanto me e non parlavano, non dicevano niente, mi guardavano e basta. Perrie e Dyana si tenevano per mano, aspettando la mia risposta e mio fratello e mio padre, beh, loro sorridevano, sembravano felici. E poi al loro lato c’era lui, che mi guardava arreso, con gli occhi a pregarmi di non dire quella parola, di non dire quella semplice e breve parole che avrebbe messo fine a quel noi tanto bello, tanto giusto, ma anche tanto, troppo, complicato.
“Ci risiamo”, aveva detto Zayn, qualche ora fa, in camera mia. Ebbene sì, c’eravamo ancora, allo stesso punto di partenza: ci stavamo nascondendo, eravamo solo un altro segreto. Ma potevamo andare avanti così? Eravamo cresciuti d’allora, io non avevo più 17 anni, ed una vita di segreti, non era più quella adatta a noi. Quindi c’era una sola cosa da fare, una sola parola da dire, una sola storia alla quale mettere fine, dovevo solo decidere quale.
Ed i suoi occhi sembrava quasi che dicessero: “Devo lasciarla andare”. Forse perché lui infondo lo sapeva, che cosa di lì a poco la mia voce avrebbe risposto.
“Sì”.

 
 


 




who cares?
lo so che questo capitolo è un sacco sbam e quindi meritrebbe un grande who cares?
ma indovinate? non ho tempo sfjdshfgs
devo sbrigarmi, se no una persona a me carissima che oggi ha avuto una brutta giornata, non riuscirà a leggere questo capitolo.
sappiate solo che volevo scriverlo meglio maaaa non l'ho fatto.
comunque vi amo.
peace and hippy love.

 


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Capitolo 15
*** Game over ***






 
ascoltate Broken Strings di James Morrison e Nelly Furtado quando trovate l'asterisco




Half a heart
Chapter fifteen - Game over


 
*Più volte avevo immaginato quel momento, il momento in cui qualcuno mi avrebbe chiesto di sposarlo. Ed era tutto più meno al suo posto, tutto coincideva abbastanza con i miei sogni: i miei migliori amici, mio fratello, mio padre, il mio bel vestito. Solo una cosa, era totalmente in contrasto: nei miei sogni il ragazzo in ginocchio davanti a me era ben diverso.
Quel ragazzo aveva la pelle scura come quella del caffè che gli preparavo quasi tutte le mattina, dal nostro ritorno. Quel ragazzo aveva un piccolo, impercettibile, neo sul naso: solo chi lo aveva baciato tante volte, poteva accorgersene, ed io, ringraziando il signore, ero una di quelle persone fortunate. Quel ragazzo aveva una piccola macchiolina nell’occhio sinistro, quel ragazzo aveva tanti tatuaggi e sempre quel ragazzo, si chiamava Zayn Malik. Ma tutte queste cose, non coincidevano con la realtà.
Un applauso mi scosse dai pensieri e Jacque si alzò in piedi, cingendomi i fianchi con le grandi mani possessive. Tutti gli occhi erano puntati su di noi, e loro sorridevano, sorridevano felici, tutti, tranne me. Così stirai le labbra in un sorriso anche io, cercando immediatamente l’unico paio di occhi che m’importavano in quel momento. E lo vidi abbassare lo sguardo, sorridere amaramente e scappare via, camminare velocemente verso la porta. Così mi divincolai dalla presa del mio fidanzato, decisa a raggiungerlo.
“Scusa” gli dissi, correndo verso di lui.
Lo seguii fino alla sala affianco, illuminata soltanto dalla luce fioca della luna. Vidi Zayn girato di spalle, con lo sguardo puntato verso la città che si vedeva al di là delle grandi finestre di vetro e le mani in tasca.
“Sì – recitò Zayn – tu hai detto.. sì”
Era come se non ne se capacitasse, e rideva, ma la sua risata era amara e falsa. Perché diventava falso, quando si trattava di amarmi?
“Zayn, io..”
“Zayn che cosa? Eh? – mi domandò, retorico – hai già detto abbastanza, per quanto mi riguarda”
“E da quando un monosillabo sarebbe abbastanza?” ribattei.
“Per me lo è stato”
Si voltò verso di me, avvicinandosi a grandi passi.
“Tu non lo sai cosa c’è dietro quel sì, Zayn”
“Ah, non lo so?” domandò retorico, un’altra volta.
Zayn era spazientito, era arrabbiato, era stanco.. ma più di tutto, era arreso: ormai andava oltre la rabbia, oltre la tristezza, oltre tutto quanto quello che poteva provare.
Scossi la testa.
“Lo so molto meglio di tutti gli altri cretini presenti in sala, Natalie – mi avvertì – che adesso staranno dicendo “Perché se ne è andata? Perché è corsa dietro quel povero sfigato di Malik? Perché?” – recitò – è questo che sono, uno sfigato”
“No, invece”
“E allora cosa? Preferisci sposare un coglione piuttosto che me, che dovrei pensare?”
“Dovresti pensare che sono stanca dei segreti, Zayn, ecco cosa” lo misi al corrente.
“E allora perdonami, se non sono in grado di offrirti la vita che desideri”
Ci guardammo in silenzio per qualche secondo, dopodiché lui sospirò, arreso in quel momento più che mai.
“Non ti chiederò di non sposarlo, se è questo che vuoi sapere” confessò.
“Ah no?”
“No”
“E allora cosa farai? Spaccherai tutto? – improvvisai – continuerai con questa tua scenata? Mi picchierai? Dimmelo Zayn, perché rischio di impazzire”
“Ti lascerò fare le tue scelte Natalie, perché da come parli sembra che io non te l’abbia mai permesso”
“Non è questo..”
“Io credo di sì, invece – replicò – se è sposare lui quello che vuoi, d’accordo, fallo, io non te lo impedirò, non questa volta”
Si avvicinò, sempre di più, lasciando che respirassi il suo familiare profumo di vaniglia e sigarette, e che sentissi il suo fiato caldo sul viso.
“Se è con lui che sarai felice, allora probabilmente col passare del tempo lo sarò anche io” sussurrò sulle mie labbra.
“Puoi prometterlo?”
“È la tua felicità che fa la mia, Natalie – spiegò – adesso vieni qui, fatti stringere per l’ultima volta”
Mi avvolse in un abbraccio, in un vortice di ricordi ed emozioni senza capo né coda da cui avrei desiderato non uscire più.
“Quindi starai bene?”
“Che ti devo dire, Natalie?” mi chiese, guardandomi dall’alto, senza mollare la presa sulle mie spalle.
“La verità”
“La verità è che mi hai spezzato e che quindi non riesco a sentire nulla, lo sarò quando lo sarai anche tu, te l’ho detto”
Mi stava distruggendo, ma era giusto così.
Si allontanò da me, guardandomi.
“Forse è troppo tardi per noi” disse poi.
“Forse”.
 
 
 
 
 
 
 
 
Divano, anello al dito, pop – corn, Grease, Perrie: la situazione attuale.
“Che ne pensi? – mi chiese – vi sposerete a Parigi?”
“Nazionalista com’è Jacque, direttamente sotto l’ Arc de Triomphe” risposi, prendendo una manciata di pop – corn dalla ciotola posizionata sulle sue gambe.
“Che cretina che sei”
Ci concentrammo per qualche istante sul film, precisamente sulla scena in cui Sandy viene presa in giro da tutte le altre, quella in cui cantano.. beh, questo non restringe certo il campo in un musical.
“Perché hai detto sì?” mi chiese, prendendomi in fallo.
“Cosa?”
“Vuoi sposarlo sul serio?”
“Certo! Che domanda cretina! Ovvio che voglio sposare il mio fidanzato!” urlai, indignata.
Lei si strinse nelle spalle.
“È per questo che subito dopo la proposta sei corsa dietro Zayn?”
Che stronza.
“Dovevo spiegargli”
“E come l’ha presa?”
“Bene” rimasi sul vago, fingendo interesse verso quel film che avevo visto sì e no ottanta volte.
Così Perrie, che sembrava stupida ma evidentemente non lo era, spense la televisione, guardandomi intensamente negli occhi.
“Bene? Sul serio?”
Sbuffai.
“È stato dolcissimo, come se me lo meritassi, capito? – sbottai, sull’orlo delle lacrime – mi ha anche abbracciata, dicendo che la sua felicità dipende dalla mia”
“Piccola, vieni qui”
Mi lasciai stringere dalle braccia confortanti di Perrie, mentre le lacrime mi rigavano il viso.
“Non se lo merita, Perrie”
“Smettila di dire così – disse, asciugandomi dolcemente le guance – tu non hai nessuna colpa, il tuo ragazzo ti ha chiesto di sposarlo e tu hai accettato, e dai, tutti avremmo accettato, guarda lì che brillante!”
“Grazie, Perrie” le dissi, sinceramente, sottovoce.
“Non ringraziarmi, sei la mia migliore amica”
Le sorrisi, riconoscente. Dopodiché il campanello della porta suonò e Tyler ci avvisò con un sonoro “Vado io!” che, appunto, sarebbe andato lui ad accogliere il nostro ospite.
“Oh, ciao Harry, le ragazze sono sul divano in salotto” lo avvertì quell’irlandese di mio padre.
Papà e Niall ogni tanto parlavano gaelico, avevo qualcosa come quattordici video di loro ubriachi marci di birra che tra le risate alcoliche, facevano intere chiacchierate in gaelico.
Ed io e Zayn ridevamo, come sottofondo.
“Grazie, Tyler – Shade senior sparì ed Harry ci raggiunse – ciao fidanzata, ciao zitella”
“Non sei simpatico, Styles” berciò Perrie.
“Lo sai che ti amo, Edwards” disse poi lui, salutandola con un bacio a stampo sulle labbra, tanto Harry era come se fosse una di noi.
Quei due riuscivano sempre a farmi ridere, fingendo di starsi ardentemente sui coglioni.
“Ciao, Haz” lo salutai poi io.
Mi diede un lungo bacio sulla guancia, per poi sedersi affianco a me, facendo sì che risultassi in mezzo ai miei due salvatori del momento.
“Allora, come va il tuo primo giorno da fidanzata?”
“Bene, credo” dissi, ammirandomi l’anello.
“Però, è bello grande eh?” disse Harry, ammirandolo.
“Sei geloso?” domandò Perrie.
“A me e Louis non serve, io e lui sappiamo di amarci abbastanza da sposarci anche senza anello al dito” replicò, così Perrie alzò le mani in segno di resa.
“A proposito, dov’è Lou?” chiesi io.
“Da Malik”
“E da quando sono migliori amici, quei due?” domandai, risentita, Tomlinson era mio.
“Anche lui ha bisogno di un amico, ora – spiegò Harry – e dato che io e la pazza scatenata siamo qui con te, Louis ha preferito andare a fare quattro chiacchiere con Malik”
Li immaginai in camera di Zayn, con la finestra spalancata, uno appoggiato al muro e l’altro seduto per terra, a fumare Marlboro e parlare, e probabilmente, se li conoscevo bene, sarebbero andati avanti così per tutta la notte.
Rimanemmo in silenzio, girando intorno all’argomento principale.
“Tu sei proprio sicura di voler sposare Jacque, Natalie?”
“Aspettavo soltanto questa domanda da parte tua, Harry”
“Ed è arrivata – disse – rispondi ora”
“Vado a prendere qualcosa da bere, ne volete?”
“Grazie, Perrie” disse Harry, perché lei aveva capito che era arrivato il momento di lasciare soli i migliori amici storici.
“Sì, Harry, è la cosa giusta da fare”
“Non ti ho chiesto se sia la cosa giusta o meno – ribattè lui – ti ho chiesto se vuoi farlo, oppure no”
“Ed io ti ho detto di sì – replicai a mia volta – Jacque mi ama ed io lo amo, perché non sposarci?”
“E devo anche dirtelo?”
“Zayn è un capitolo chiuso della mia vita, è stato bello, bellissimo – rimuginai – ma è finita e dobbiamo farcene una ragione”
“Non è finita se non vuoi”
“Ritira subito questa frase da film – lo ammonii – ricordati che le odio”
“Cos’è, cambi discorso perché sai che ho ragione?” continuò, con arroganza.
“Puoi cortesemente accettare il mio matrimonio come tutti gli altri?” gli chiesi, anzi, gli implorai.
“Anche Zayn lo accetta?”
“Da quando t’importa della sua opinione?”
“Lo sai che io e Malik siamo amici, e comunque adesso non centra nulla”
“No, lo so – dissi, giocando con un suo anello – Zayn non si opporrà, mi lascerà fare quello che credo, ovvero sposare Jacque”
“D’accordo allora – si arrese anche lui, come Zayn – game over?”
“Game over”.
 

 
 
 







 
who cares?
è tardi, tardisssssimo.
lo so che è corto, ma abbiate pazienza e sperate nel futuro.
cosa sto dicendo?
alloura, partendo dal presupposto che amo i momenti Perrie - Harry - Natalie, voi che ne pensate?
di tutta questa storia, intendo.
Zayn si è arreso, vuole che Natalie viva la sua vita e faccia le sue scelte.. fa bene secondo voi?
ok vado via, vi amo un sacco, addio <3.

 


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Capitolo 16
*** Breathe ***







 
ascoltate Breathe di Taylor Swift quando trovate l'asterisco




Half a heart
Chapter sixteen - Breathe


“Mike, d’accordo che ci siamo portati il lavoro a casa per rilassarci un pò, ma si chiama “lavoro a casa” appunto perché dobbiamo lavorare!”
Casa? Ma sentitela, come parla: quella non era casa sua, né in quel momento e né mai. Danielle La Roche aveva una relazione fin troppo seria, con mio padre, ed io ne avevo anche abbastanza delle relazioni serie. Mi sarebbe piaciuto tornare a quattordici anni, quando potevi limonare con uno diverso a sera.. o a quattordici anni si gioca ancora con le bambole? Beh, che importa ormai? Ne avevo 21 ed ero promessa sposa, non potevo più fare la regina delle cubiste in discoteca.
“Giusto Mike, già è tanto che io vi abbia fatto mettere piede in casa mia” puntualizzai, seduta su uno dei miei sgabelli, nella mia cucina, mangiando il mio gelato a panna e cioccolato, con il mio cucchiaio.
“Il fidanzamento ti rende più stronza di quanto non lo sia già” rispose Michael, sedendosi affianco a me.
“Non parlavo di te – sussurrai al suo orecchio – ma di Julia e Danielle, colei che sta cercando di rubarmi il padre”
“Sei gelosa perfino di tuo padre?”
“Ed di chi alto sarei gelosa?”
“Buongiorno a tutti!” urlettò Jacque, entrando in casa mia, come se non fosse già abbastanza affollata.
Sicuramente non di lui.
“Che hai lì in quel sacchetto?” si fece curioso Mike.
“Cornetti alla marmellata e crema” disse lanciandoglielo nelle mani.
“Ma se sono le sei del pomeriggio” intervenni io, concentrata sulle scartoffie che dovevo compilare per Danielle.
“E allora?”
Quando sentii il respiro caldo e nauseante di Jacque sul collo, mi ritirai subito, fingendo un sorriso e rubando il cornetto alla marmellata di lamponi dalle mani di Mike.
“Ehi!” sbottò indignato Winnie the Pooh.
“Buonissimi, mon amour”
Jacque sorrise lusingato, mentre io cercavo di non vomitare e di non pensare a quanto la marmellata di lamponi mi facesse schifo.
“Che succede qui?” disse mio padre allegro, spuntando dal salotto, affianco a Louis.
Che ci faceva Louis a casa mia? Alle sei del pomeriggio? Perché questa casa doveva essere sempre e comunque un porto?
“Mangiamo cornetti” disse Mike, concentrato a sua volta sui suoi fogli.
“Marmellata? – chiese Louis, stranito – ma tu odi la marmellata, Natalie!”
Gli feci segno di stare zitto, con un indice sulla bocca ed il viso sporco di marmellata.
“Ok, d’accordo, avrei dovuto smettere di fare domande in questa casa tanto tempo fa”
“Concordo” dissi.
Jacque abbandonò la cucina e non scherzo, quando dico che quella casa sembrava sul serio un porto: gente di qua, gente di là, gente che scrive, gente che mangia, gente che amoreggia.. no, un attimo, ma che schifo!
“Papà, signora La Roche.. potreste evitare?” chiesi, un tantino schifata.
“Signora La Roche? – mi domandò, meravigliata – e da quando mi chiami così?”
“Qualcuno deve pur ricordarti il tuo ruolo qui dentro, Danielle”
Mike si voltò verso di me, sorpreso per il tono che avevo usato con lei: nessuno di noi si era mai permesso di parlare in quel modo. Ma andiamo, stava circuendo mio padre, che avrei dovuto fare?
“Natalie! – tuonò Tyler – non ti permetto di parlare così a Danielle!”
“E perché? Non è di certo mia madre!”
La situazione mi stava sfuggendo dalle mani e stavo letteralmente perdendo il controllo.
“E a te non permetto di fumare nella mia cucina” rimproverò poi Louis, sfilandogli la sigaretta dalle labbra.
“Con Zayn lo facevi” sibilai.
E Jacque entrò proprio nel momento sbagliato.
“Che hai detto?”
“Non ti ci mettere anche tu, per favore”
Mi alzai dallo sgabello, sbattendo le mani sul tavolo, fuori di me.
“Dove vai adesso?”
Mi chiese papà, guardandomi allontanarmi verso la porta d’ingresso.
“Lontano da tutti voi!” sbottai.
Non so proprio perché stessi reagendo in quel modo, ma mi sentivo frustrata ed obbligata, così avevo messo in mezzo anche Mike e Louis, che non centravano nulla.
“Da Perrie”
“Perrie, tuo fratello e Dyana sono fuori città” m’informò, brusco.
“Allora da Harry”.
 
 
 
 
Spalancai la porta di casa Styles – Tomlinson, utilizzando la copia delle chiavi che possedevo, udendo rumore di risate, appena entrai.
“Ehi, Harry è entrato qualcuno?”
Era chiaramente la voce di Liam, quella. E probabilmente Harry si strinse nelle spalle, perché sentii i suoi passi farsi sempre più vicini.
“Forse è Lou” suggerì la voce di Niall.
“No – ribattè Harry deciso – Louis è passato da Natalie, ha detto che poi si sarebbe fermato a mangiare a casa dei suoi”
“Avete litigato?” chiese poi Niall, mentre Liam mi guardava negli occhi.
“Ciao, Nat” mi salutò.
Gli sorrisi ed avanzai insieme a lui nella cucina, dove si trovavano i nostri due amici.
“È complicato” sentii dire ad Harry.
“È colpa mia, vero?”
Con quella mia domanda, guadagnai su di me gli occhi di Harry e Niall. L’irlandese si alzò, mentre Harry continuò a stare seduto, sospirando.
“No – dopo alcuni attimi di silenzio scosse la testa, stirando un sorriso – no piccola, tu non centri nulla”
“Non mentirmi Harry, sai che non ne sei capace”
Sostenne il mio sguardo, mentre Liam e Niall iniziavano a sentirsi di troppo, in quella situazione.
“Noi andiamo, d’accordo?” fece Niall.
Harry annuì, ed io sorrisi ai miei due amici.
“Ciao Natalie, chiama se hai bisogno” disse Liam, mentre Niall mi baciava dolcemente una guancia.
Eravamo rimasti solo io e lui, ed a suggerircelo era stata la porta d’ingresso, chiudendosi rumorosamente. Harry si alzò, ed io non ci pensai due volte a buttarmi a capofitto tra le sue braccia.
“Scusami, non volevo farvi litigare, Louis era a casa mia ed io sono stata proprio una stronza!” dissi tutto d’un fiato, lasciandomi abbracciare.
“Non è stata colpa tua piccola, tu non hai fatto nulla – mi rassicurò lui – diciamo che è stata la tua decisione, indirettamente, a farci litigare”
“Perché?”
“Vieni, sediamoci – mi fece accomodare su una delle sedie del tavolo – vuoi qualcosa da bere? Da mangiare? Ho fatto dei muffin al cioccolato”
Annuii, perché i dolci di Harry non si rifiutavano mai. Anzi, i dolci in generale non si rifiutavano mai.
“Sai che non vorrei mai vederti insieme a Jacque, e quel tuo sì mi ha fatto andare fuori di testa – spiegò, porgendomi il mio muffin e sedendosi di fronte a me – ne ho parlato con Lou, poco fa e..”
“E si è incazzato” conclusi io, al posto suo, con la bocca piena.
“È sempre la stessa storia, Natalie, lui non vuole che io mi metta in mezzo, ma non capisce”
“Mi dispiace”
“Fa niente, tornerà tra poco, fa sempre così”
Harry sorrise, ed io continuai ad ingozzarmi con quella meraviglia al cioccolato. Ma poi il mio migliore amica si fece pensieroso, corrugando le sopracciglia.
“In che modo sei stata stronza con Louis?” mi chiese, curioso.
“Mio padre, Danielle, Jacque.. sembra tramino tutti contro il mio buonumore, insomma, quei due potrebbero evitare di sbaciucchiarsi davanti a me?”
“Intendi tuo padre ed il tuo capo? – mi chiese, ed io annuii – beh, in effetti, non hai tutti i torti..” valutò.
“Ti ringrazio”
“E Jacque? Che ha fatto? Oltre al fatto che sia Jacque Raymond, s’intende”
“Appena ho fatto il nome di Zayn, apriti cielo - riportai, ancora nervosa, al solo pensiero – e arrabbiata ho urlato contro tutti, mettendo in mezzo anche Lou e Mike”
Harry rimase in silenzio, con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Perché mi guardi e non dici niente?”
“Vuoi fermarti qui stanotte? Abbiamo una bellissima camera degli ospiti, a posta per te”
“Per me?” chiesi, sorpresa.
Harry annuì, dandomi la mano, per farmi alzare. Mi condusse sulle scale, al secondo piano, mostrandomi un bella camera non troppo grande, con il letto accanto alla finestra, che dava su Londra, come piaceva a me.
“Io e Lou abbiamo voluto farti questo regalo, è tua, quando avrai bisogno di staccare un po’, potrai venire qui da noi, la porta è sempre aperta per te, in qualunque momento”
Gli gettai le braccia al collo, affondando il viso nella sua spalla, troppo felice di avere loro, qualsiasi cosa sarebbe successa.
“Adesso che Danielle vive con papà, non sono più sicura di voler stare a casa mia” gli confessai.
“Ti dà fastidio che tuo padre abbia un’altra donna?”
“Mi dà fastidio che mio padre se la faccia con il mio capo” rettificai.
“Puoi venire a stare da noi, se ti va” mi propose Harry.
“Dici sul serio?”
“Certo – confermò lui, allegro – Louis sarà più che felice”
Continuai a stringerlo forte, sorridendo a più non posso, sul suo collo.
“Grazie Harry, per tutto”.
 
 
 
 
 
“Si può?”
Ero tornata a casa da mio padre per comunicargli la mia scelta, all’inizio l’aveva presa male, aveva cacciato tutti: Jacque, Mike, Julia ed aveva mandato Danielle in cucina, facendole chiudere la porta, così da lasciarci soli in salotto.
Si era messo davanti alla porta d’ingresso ed aveva minacciato di non spostarsi più, che io non mi sarei mossa di lì, per nulla al mondo.
Così io ero corsa in camera mia, avevo fatto la mia borsa con più vestiti possibili, il maglione di Zayn ed avevo staccato tutte le foto dalla mia parete, per portarle con me.
Una volta tornata di sotto, avevo trovato mio padre esattamente dov’era qualche minuto prima. “Finchè non avrai diciotto anni, non ti muoverai di qui”, mi aveva detto. L’avevo guardato con un sopracciglio alzato, informandolo che ne avevo ventuno, di anni, e che lui lo sapeva benissimo.
Così alla fine aveva ceduto, chiedendomi se fosse proprio quello che volevo. E lo era.
“Vieni, Lou”
Stavo sistemando le mie cose, quando Louis bussò alla mia porta.
“Harry mi ha detto”
“Avete fatto pace?”
“Avevamo litigato?” mi chiese, sorpreso.
Così io risi, alzando gli occhi al cielo.
“È sempre tutto così facile per voi due, non litigate mai e se lo fate, fingete che non sia successo nulla, ridendoci sopra, magari con una bella cioccolata calda”
“È per questo che te ne ho portata una tazza anche a te – disse, mostrandomela – con aggiunta di pan di stelle, per dirti che non me la sono presa oggi, so che non ce l’avevi anche con me”
“Dio, ti ringrazio tanto Lou”
Mollai la maglietta che stavo piegando sul mio letto, correndo ad abbracciarlo.
“Come stai, Natalie?” mi chiese poi, aiutandomi a piegare le mie cose e riporle nell’armadio.
“Sto bene”
“La verità” disse lui, fermandomi.
Sospirai, guardando i suoi occhi azzurri.
“Sto bene Louis, sul serio, sto per sposarmi e non vedo l’ora – mentii – probabilmente il mo bouquet sarà di rose bianche, le mie preferite e ci sposeremo in una chiesetta di Parigi, perché Jacque è molto credente, lo sapevi? Io non lo sono, ma non importerà di sicuro a nessuno, tanto meno alla famiglia Raymond, figurarsi poi, quelli non mi hanno mai potuta vedere.. Che altro? Ah certo..”
“Natalie, fermati – m’interruppe Lou – sei sicura di volerlo?”
“Certo” annuii, tirando su col naso, cercando di fermare le lacrime che minacciavano di rigarmi il viso un’altra volta.
“Ok, d’accordo allora – tornò a piegare una delle mie canottiere – ma ricordati che è per tutta la vita”.
 
 
 
*Avevo finito tutto il pacco di pan di stelle, la tazza di cioccolata vuota giaceva sul mobile affianco al letto e di sotto la televisione era accesa, ma sono quasi certamente sicura che Harry stesse dormendo abbracciato a Louis, mentre fumava l’ennesima sigaretta della serata.
Io stavo guardando fuori dalla finestra, vestita del maglione di Zayn, nonostante fosse ormai quasi luglio e la lingua mi scottasse ancora, a causa della cioccolata. Mi sentivo come se avessi perso qualcosa, qualcuno, avete presente quella sensazione di aver perso un amico? Un amico caro, un amico a cui eravate affezionati, un amico che era tutta la vostra vita. Beh, quello era il mio caso, anche se Zayn non era mai stato un mio amico. Ed avevo più che mai bisogno di vederlo.
Scesi dal letto, infilai velocemente le converse e scesi le scale: Harry e Louis stavano dormendo abbracciati sul divano, e mi rubarono un sorriso. Afferrai le chiavi di casa e m’immisi nelle strade di Londra, che ancora pullulavano di gente, nonostante fossero le due di notte.
Camminai svelta verso casa sua, senza sapere che cosa gli avrei detto, ma sentendo un forte bisogno di vederlo ancora, crescere dentro di me.
Quando arrivai davanti alla sua porta, mi accorsi che era tardi e che di casa sua non avevo nessunissima copia delle chiavi, così mi trovai costretta a bussare. Non volevo suonare il campanello, si sarebbero sicuramente svegliati tutti quanti. Arrivai a tirare forti pugni sulla porta, fino a che, finalmente, non la vidi aprirsi, trovando Zayn dietro di essa.
Non aveva la maglietta, portava i pantaloncini della sua vecchia divisa del Millwall e dei calzini neri. Vederlo così mi riempì gli occhi di lacrime: era assonnato e stanco, probabilmente l’avevo svegliato. Mi fece pensare a quanto sarebbe stata fortunata, colei che lo vedrà così, tutte le sante mattine, alle sette, pronti per cominciare una nuova giornata.
Ma poi guardai Tricia, con gli occhi semichiusi, in vestaglia, preoccupata.
“Che succede?” sussurrò.
“Torna a dormire mamma, me ne occupo io” disse Zayn, autoritario, senza staccare gli occhi da me.
“Sei contento, adesso?”
Stava in silenzio, non diceva nulla, mentre io lottavo contro le lacrime e mi rendevo ridicola, nel vialetto di casa sua, alle due di notte.
“Ero sicura che sarei stata in grado di stare lontana da te per tutta la vita, invece eccomi qui, incapace di resistere anche solo per un giorno”
Scoppiai in un vero e proprio pianto liberatorio, così vidi Zayn camminare verso di me e sollevarmi di peso, prendendomi in braccio e portarmi in casa sua. Chiuse la porta, sotto lo sguardo di sua madre, ma lui lasciò perdere, intimandole ancora una volta di tornare a letto. Mi condusse in camera sua e mi poggiò delicatamente sul suo letto, stendendosi poi accanto a me e stringendomi forte tra le sue braccia, tentando di placare i miei singhiozzi, accarezzandomi dolcemente i capelli.
“Sta’ tranquilla Natalie, ci sono io” sussurrava lui, continuando a stringermi.
“Mi dispiace” gli dissi, sincera, continuando a piangere.
“Di cosa?”
“Di non esserne capace, sarebbe molto più semplice per entrambi, per me, per te, per tutti quanti!”
Zayn rise, debolmente, asciugandomi le lacrime dal viso con le sue dita.
“Smettila di piangere, ok? – sussurrò, guardandomi negli occhi – non importa se non ce la fai, probabilmente se non tu fossi venuta qui stanotte, l’avrei fatto io domani”
“E che cosa dovrebbe significare?” dissi, calmandomi un po’.
“Che non devi dannarti l’anima – mi suggerì – perché io e te non siamo capaci di respirare troppo lontani l’uno dall’altra, e non è colpa nostra, è così e basta, d’accordo?”
Annuii, un po’ meno frastornata ed abbattuta di prima, ma forse era solo l’effetto che mi faceva averlo affianco a me, forse una volta a casa, sarebbe tornato tutto come prima.
“Dormi adesso” mi consigliò, lasciandomi appoggiare la mia testa sul suo petto.
“Mi dispiace” ripetei.
E mi addormentai così, stretta a lui, scusandomi, mentre mi accarezzava i capelli, perché lo sapeva che oltre la sua voce, era l’unico modo per calmarmi.






 
who cares?
ciao ragazze :)
avevo già fatto questo "who cares" ma poi l'ho cancellato per sbaglio, santo dio
comunque vi dicevo di ascoltare breathe e che ve la consiglio un sacco jfshfsf
vi è piaciuto il capitolo? spero di sì bimbe
al prossimo, perchè sto litigando su twitter con una ragazza che insulta le little mix AHAHAHAH
addio gioie, vi amo <3



   
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Capitolo 17
*** Story of my life ***


 
quando trovate l'asterisco ascoltate story of my life dei ragazzi
 
Half a heart
Chapter sixteen - Breathe


Alle 9 e 54 del mattino, quando tentai di aprire gli occhi, fui sopraffatta dalla luce che filtrava tra le finestre accostate della camera di Zayn. Così i ricordi della notte precedente si fecero vividi, ed iniziai a percepire il calore delle sue braccia strette attorno ai miei fianchi nudi, scoperti dalla maglietta che indossavo.
Non avrei mai voluto alzarmi da quel letto e scostarmi dal suo corpo a contatto con il mio, ma la vita reale stava iniziando, ed io non avevo più tempo per sogni, favole e tanto meno, per i segreti. Così gli accarezzai il volto, guardandolo dormire, come facevo un tempo con il suo viso da ventunenne.
Lui alzò la palpebra destra con cautela: Zayn odiava la luce del mattino. Dopodiché la richiuse immediatamente, arricciando il naso, così scoppiai inevitabilmente a ridere.
“Piantala di fare quella faccia da cretino, dovrai svegliarti prima o poi” lo avvertii.
“Poi – grugnì, con la voce impastata dal sonno – molto poi”
Scossi la testa, arresa, e feci per scendere dal letto, ma la sua mano fece pressione sui miei fianchi, facendomi sorridere ed obbligandomi a restare ancorata a lui.
“Devo riportarti per forza a casa?” sussurrò, con gli occhi semi aperti.
“Tu che dici?” gli domandai retoricamente, accarezzandogli le labbra con il pollice.
“Io dico che puoi anche restare qui, il mio letto è abbastanza spazioso per entrambi”
“Certo, in una bella storia d’amore con il lieto fine, forse” mi lasciai scappare.
Zayn sbuffò, e si tirò su a sedere, sul suo letto, con la schiena appoggiata al cuscino. Mi guardò per qualche istante, prima di cedere.
“Ricordati che è solo ed unicamente una tua decisione, io sono qui, e mi sembra di avertelo dimostrato molto bene ieri sera”
Non riuscii a decifrare il suo tono, ma sembrava anche vagamente arrabbiato.
“Scusa”
“No, non scusarti – disse, stirando un sorriso – va’a vestirti, prendi qualcosa dal mio armadio”
Scesi dal letto e spalancai le ante del suo armadio, riconoscendo qualunque cosa. Sfilai una camicia da una delle tante stampelle messe in disordine ed afferrando un paio di pantaloni della tuta. Mi sfilai la maglietta e la lasciai cadere a terra, sentendo gli occhi di Zayn addosso.
“Che c’è?” gli domandai.
“Niente” disse, aprendo le braccia.
“Smettila di fare il guardone” scherzai.
Così lui si alzò, sfilando lungo la sua camera con indosso un unico e solo paio di pantaloncini neri da calcio, che usava in tempi remoti per il Millwall.
“Io non faccio il guardone, rompi palle”
Sgranai gli occhi, davanti al suo sorriso beffardo.
“Come mi hai chiamata?” chiesi, incredula.
“Rompi palle – ripetè, tranquillo – muoviti e scendi, vedo di prepararti qualcosa per colazione”
Annuii, riconoscente.
“Qualcosa che non siano i cornetti ai lamponi, ovvio”.
 
 
 
 
 
 
Zayn spense il motore della sua Panda Station Wagon davanti casa Styles – Tomlinson, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Non avevamo ancora parlato di quello che era successo la scorsa notte, ed aspettavo solo che fosse lui, a dire qualcosa.
“Che ci fa un allenatore di Serie A con un catorcio come questo?” dissi alludendo alla sua macchina.
“Non dare del catorcio alla mia bimba”
“Tu stai male”
Zayn rise sommessamente, guardandomi poi negli occhi.
“Ho troppi ricordi legati a questa macchina” confessò, con un sorriso.
“Del tipo?”
“La tua festa del liceo, la sera in cui Manuel scoprì tutto, quella volta in cui cenammo tutti insieme a casa tua e per poco non ci scoprirono, tu eri incazzata con mia madre, ti ricordi?”
“Sì, dannazione, mi ricordo!” esclamai, scoppiando a ridere.
Così lui mi seguì a ruota, e tornammo seri solo dopo qualche istante, persi nella leggerezza dei nostri ricordi.
“Devo andare avanti?”
“No, basta così, ho capito”
“Sei cresciuta Natalie” disse poi, prendendomi alla sprovvista.
“Togliti quello sguardo compiaciuto da padre orgoglioso”
“Scusa se mi prendo una parte di merito”
“Ma merito per che cosa?” sbottai, senza capire, guardandolo negli occhi.
“Per la bellissima donna che sei diventata” sostenne.
“Bellissima? Sul serio? – mi guardai, scettica – ho una tua camicia che mi sta praticamente a vestito, non mi lavo i denti da ieri sera ed a ventun’anni compiuti non riesco neanche ad addormentarmi per conto mio senza correre da te, tu questa la chiami una bellissima donna?”
“In effetti no”
“Allora la prossima volta pesa le tue parole”
Perché diavolo ero così tanto acida? Dannazione, quanto mi stavo sui coglioni.
“Io la chiamo la mia bambina, Natalie”
“La tua macchina?” domandai, imbronciata.
“No, idiota, sei tu”
Gli insulti non si risparmiavano, ma lasciai correre, solo perché era lui.
“Grazie per ieri sera, comunque”
“È sempre un piacere ospitarti tra le mie braccia” rispose, sereno.
“E lo faresti anche ora?”
Lui sospirò.
“Vieni qui”
Mi rintanai tra le sue braccia, l’unico posto in cui avrei voluto essere in quel momento.
“Non lasciarmi mai, metti in moto la macchina e parti”
“Dove vuoi che vada?”
“Dove vuoi – cominciai – andiamo a Milano, a Parigi o anche semplicemente a Brighton, ma andiamoci soli, io e te”
“Non farmi questo genere di richieste Natalie, non ho abbastanza autocontrollo per non farlo”
Sorrisi alzando lo sguardo nei suoi occhi e ritrovandomi a pochi centimetri dalle sue labbra. Non sapevo che fare, non sapevo se premere le mie sulle sue e farla finita lì, partire sul serio e dire addio a tutto quanto, o se affrontare la vita reale.
Mi staccai così di mala voglia da lui, notando un particolare che prima mi era sfuggito.
“Oh dannazione!” dissi, portandomi una mano alla fronte.
“Che c’è?”mi chiese Zayn.
“Guarda là” indicai una macchina di vecchia data, ovviamente francese, parcheggiata sul ciglio della strada.
“E allora?”
“E allora sei stupido! - perché mi accompagnavo a certi soggetti? – lo sai di chi è quella macchina?”
“Di un vecchio signore francese che odia l’Inghilterra e sta cercando un modo per sterminarci tutti? Dai, la maglietta con ‘I love France’ se la poteva risparmiare” considerò Zayn.
“Quasi, è di Jacque”
“Oh, tutto torna allora – disse – che ci fa a casa di Styles e Tomlinson?”
“Sarà andato a cercarmi a casa mia, e Tyler gli avrà detto che adesso vivo qui”
Zayn annuì e fece per scendere dalla macchina.
“Che pensi di fare?” gli domandai, inquisitoria.
“Scendo a salutare Louis ed Harry, dai scendi anche tu che se è giornata buona stanno anche giocando a Monopoli e posso rendere la mia vita migliore, umiliandoli”
“No, no, no – scossi la testa, scendendo velocemente dalla macchina per bloccarlo  -non se ne parla neanche”
Zayn rise, dei miei goffi tentativi di fermarlo.
“Ferma, o ti sloghi un polso”
Disse afferrandolo tra la sua mano destra.
“Ma tu mi ascolti quando parlo o senti solo ‘Bla bla bla?” gli chiesi, retorica.
“Ma che vuoi, Natalie?” mi domandò lui, spazientito, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“Dentro c’è Jacque, vuoi davvero che ci veda insieme? Dio mio, vestita così poi, chissà cosa penserà”
Rimasi a guardare i suoi occhi, improvvisamente velati da sentimenti che non sapevo riconoscere.
“Che c’è?” gli chiesi, confusa.
“Nulla, me ne torno a casa”
“Zayn, ma..”
Rimasi basita, davanti a quel repentino cambio d’umore. Prima era il solito Zayn, strafottente, menefreghista ed estremamente coglione. In un secondo, era diventato triste, fragile ed incazzato.
“Zayn! Torna qui!” urlai.
“Che cosa vuoi, Natalie? Vai da Jacque, ed attenta ad inventarti una buona scusa, altrimenti finirà per pensare che io ti abbia stuprato per strada”
“Ma che diavolo dici, idiota?”
“Ma lasciami perdere”
Sbuffai, rincorrendolo ed aggrappandomi alla sua maglietta.
“Perché te la prendi? Se la tua fidanzata tornasse a casa con i vestiti del suo ex, come giudicheresti la situazione?”
Zayn strabuzzò gli occhi, ed io mi morsi il labbro inferiore.
“Come mi hai chiamato?” domandò, incredulo e tre volte più incazzato di prima.
“Zayn?” chiesi, retorica.
“No, adesso”
“Oh – ritornai sulle mie parole – beh, è quello che sei, no?”
“E così sono il tuo ex?”
Non dissi nulla, mi limitai a guardarlo.
“Rispondi, Natalie”
“Sì, Zayn, sì! Sei il mio ex, d’accordo?” sbottai.
“D’accordo, ricordatelo anche stanotte allora, quando vorrai correre da me”
Fece per aprire la portiera, ma io lo fermai.
“Zayn, perché mi tratti così?” gli chiesi, quasi supplichevole.
“Perché sei un egoista, pensi solo a te stessa, non lo vedi? Non sono un cretino, non puoi chiamarmi solo quando ti servo e pretendere che io sia al tuo servizio”
“Mi stai dicendo che ti sto usando?”
“Non te lo sto dicendo io, è così”
“D’accordo allora, non ti chiamerò mai più, contento?” dissi, incrociando le braccia al petto.
“Non fare la bambina, sai cosa intendo”
“Volevi andartene? Vattene allora!” urlai, forse un po’ troppo forte, dato che la porta di casa si aprì, mostrando Harry dietro di essa.
Lo fissammo entrambi, sia io che Zayn, e non appena lui ci vide, richiuse prontamente la porta.
“Ma siete impazziti? – ci domandò retoricamente – c’è Jacque in casa, ed è meglio che non vi veda così, è già parecchio incazzato con te, Natalie”
“E ti pareva” dissi, sospirando.
“Tranquillo Styles, me ne stavo giusto andando, la signorina Shade non gradisce più la mia presenza”
Harry lo guardò stranito, per poi posare lo sguardo su di me.
Io scossi la testa, arresa.
“Zayn, adesso sei tu che fai il bambino”
“Mi adeguo” disse soltanto.
“È questo che intendevo con quella storia dei segreti, non ne posso più”
“Non ne puoi più di che cosa? Di me?”
 Non risposi, e lui intuii che quel mio silenzio rappresentasse un sì, un sì che io non avevo il coraggio di pronunciare, ed io glielo lasciai credere.
“D’accordo allora, tanti cari auguri e figli maschi”
Quando si mise in macchina, non lo fermai più: era giusto così, non sapevo se era quello che volessi, ma sapevo con certezza che era la cosa giusta da fare.
“Natalie, ma che succede?” mi domandò basito Harry, ancora alla porta.
“Niente Harry, entriamo in casa”
Così lui annuì, intrecciando le dita della sua mano alle mie.
“Ah, eccovi qui”
Non appena entrai, Jacque mi accolse con un abbraccio ed un bacio sulle labbra, così io mi obbligai a sorridere. Andammo dritti in cucina, dove trovammo Louis, intento a fumare.
“Ciao, Lou” lo salutai.
“Oh, ciao piccola” ricambiò lui, prendendo una boccata di fumo, sorridendo.
“Mon amour, sono passato a trovarti per comunicarti che ho pensato a quale potrebbe essere il giorno perfetto per il nostro matrimonio”
Mi sedetti ed aggrottai le sopracciglia, giocherellando con il pacchetto di Winston blu di Louis.
“Ah sì? Non è una cosa che dovremmo decidere insieme?”
“Che ne pensi del prossimo 12 gennaio?” mi chiese, ignorandomi.
“Che cosa?” domandai, sconvolta, alzandomi dalla sedia.
“Non ti piace un matrimonio d’inverno?” domandò, confuso.
“Non è questo, è che..”
“Il 12 gennaio è il compleanno di Zayn” concluse Harry, al posto mio, appoggiato allo stipite della porta.
“E allora? Non penserai di invitare il tuo ex al nostro matrimonio”
Guardai in basso, scuotendo la testa e meravigliandomi di aver usato io stessa, qualche minuto fa, lo stesso appellativo per rivolgermi a Zayn. Così, mortificata, alzai lo sguardo nei suoi occhi  e decisa, sorrisi.
“Zayn ci sarà”
“Non credo proprio” si oppose lui.
“Se Zayn non verrà, io..”
“Tu cosa? – m’interruppe – tu non dirai di sì?”
“Non è questo” ribattei.
“E allora cosa?” fece, brusco.
“Jacque, questa è una casa pacifica - intervenne Louis – se devi parlarle così, ti prego di non farlo davanti a me"
Harry annuì, ed io sorrisi ad entrambi.
“Zayn non è il mio “ex” – virgolettai il termine, scettica – Zayn è uno dei miei migliori amici, ed è troppo importante, lui ci sarà e non ho intenzione di festeggiare il mio matrimonio nel giorno del suo compleanno”
Jacque si arrese, sospirando.
“D’accordo, se è così importante per te allora..”
“Lo è” confermai.
Così lui annuì, sorridendo.
“Decideremo un’altra data, insieme”
Lo abbracciai e lo condussi alla porta, chiedendogli poi un passaggio per casa mia: dovevo prendere delle cose che non avevo avuto il tempo di portare con me, il giorno precedente.
“Nat, ti aspettiamo per cena?” mi chiese Lou, dalla cucina.
“No, credo che mangerò con mio padre  - risposi – a dopo, ragazzi!”.
 
 
 
 
 
 
 
*Aprii la porta di casa mia, infilando poi nuovamente le chiavi nella tasca dei pantaloni della tuta.
“C’è nessuno? Papà? Sei in casa?” chiesi, aggirandomi per il soggiorno.
Fino a che non vidi la figura di Danielle, farsi avanti dalla cucina.
“Ciao, Natalie”
“Oh, ciao Danielle”
Eravamo leggermente in imbarazzo, le cose tra di noi non erano andate esattamente a gonfie vele, in quel periodo. Anzi, a dirla tutta, io ero stata davvero intrattabile con lei.
“C’è mio padre?” domandai, di fretta.
“No – scosse la testa  - è andato a fare la spesa per stasera, vuole cimentarsi nella cucina indiana, così ha chiamato Trisha ed ha pensato bene di farsi dare qualche consiglio”
“Ma Trisha non è indiana” dissi, stranita.
“Ho cercato di dirglielo, ma lo sai come siete fatti voi Shade, intrattabili ed intraprendenti, dovete fare per forza di testa vostra”
Risi insieme a lei, perché aveva usato esattamente lo stesso aggettivo con cui mi ero descritta poco prima.
“Allora tornerò domani, grazie lo stesso”
Feci per andarmene, ma lei mi trattenne.
“Aspetta, Natalie, puoi restare se vuoi”
Certo che posso, è casa mia.
Cercai di far tacere quella parte della mia mente che ragionava da zitella stronza, acida e frustrata.
“D’accordo, come vuoi” acconsentii.
“Eri venuta qui per un motivo preciso?”
“Volevo prendere il resto delle mie foto, quelle che ho lasciato qui” dissi.
Così lei sorrise, un po’ a disagio.
“Che succede? Tyler le ha bruciate? Giuro che lo uccido se scopro che..”
“No – m’interruppe, prima che iniziassi un’invettiva contro l’uomo che mi mise al mondo – vieni con me”
Mi condusse nella mia cucina (come se non sapessi dove si trovasse).
“Aspettami qui, io torno subito”
Nell’attesa, aprii il terzo scaffale, il mio, e misi mano alle mie scorte di patatine alla paprika. Ma Danielle arrivò prima che potessi divorarne qualcuna, così lasciai perdere.
“Che succede, Danielle?”
“Siediti, voglio farti vedere delle cose”
Mi sedetti e Danielle aprì la scatola che aveva portato, e scoprii che conteneva tutte le fotografie che avevo lasciato a casa.
“Conosco queste fotografie Danielle, sono mie, perché le hai tu?”
“Non volevo frugare tra le tue cose, ma entrando nella tua camera, le ho trovate davvero magnifiche”
“Come se non conoscessi già il mio modo di fare” ribattei, cinica, ravvivandomi i capelli con una mano.
“È proprio questo, Natalie – disse lei – le tue fotografie, a Parigi, non sono così”
“Che vuoi dire?” chiesi, senza capire.
Così lei prese tra le mani una fotografia, ritraeva Louis ed Harry, insieme al Millwall, dopo l’ennesima vittoria. Sorrisi, istintivamente.
“Guarda qua – mi fece osservare – guarda la luce, guarda il momento, è tutto perfetto, tutto al posto giusto”
“Mi stai dicendo che le fotografie che ho scattato fino ad ora in Francia fanno schifo?”
“No, Natalie, non ti sto dicendo questo – mise in chiaro – ti sto solo dicendo che qui, a Londra, a casa tua, con queste persone – disse indicando tutte le fotografie – tu sei diversa, qui sei la vera Natalie e dalle foto traspare”
Presi in mano una fotografia che ritraeva Zayn, sulla sua moto, al tramonto, nel vialetto di casa sua, spazientito e con il mio casco in mano. Ricordavo quel momento: era stato espulso quella settimana e non poteva giocare la partita, poteva solo assistere da spettatore, ma stavamo facendo tardi, perché io non la smettevo più di scattargli fotografie.
Risi, da sola, come una cretina, nella mia cucina, davanti al mio capo.
“Adesso capisci?”
Annuii e guardai il resto delle fotografie, dopodiché osservai Danielle.
“Puoi darmi una mano?” le chiesi, sincera.
“Una mano? In che senso?” mi domandò, confusa.
“Con questo – indicai le fotografie sparse sul tavolo – voglio riuscire a mettere le stesse emozioni che metto con loro, in tutte le altre fotografie che scatterò”
“E come posso aiutarti, io?”
“Aiutami a ricostruire la storia della mia vita”.









who cares? 
no, non è un miraggio, sono veramente io.
ci voleva Pasqua per farmi aggiornare..
HAHAHAHA non c'è niente da ridere, sono imperdonabile.
scusate, quasi due mesi d'assenza è veramente troppo..
ma so che voi non mi avete abbandonata, grazie per i messaggi sia qui che su twitter
vi amo ragazze, siete meravigliose
spero che l'attesa ne sia valsa la pena, fatemi sapere
tanto amore a voi <3

 


 
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Capitolo 18
*** Don't leave me lonely ***




quando trovate l'asterisco ascoltate take me home dei midnight red
 
Half a heart
Chapter eighteen - Don't leave me lonely

 
“Oddio, questa me la ricordo!”
Acchiappai una fotografia buttata a caso sul tavolo della mia vecchia cucina, ridendo istintivamente davanti al sorriso di Perrie e Louis, immortalati in un giorno di primavera. Stavamo bene, ma quella era un’altra vita.
“Non c’è dubbio, Natalie – intervenne Danielle – queste fotografie sono tutte splendide, anche quella di tuo fratello mentre copre l’obiettivo con la mano”
Risi, guardandola poi negli occhi. Io e Danielle onoravamo giornalmente il nostro appuntamento al tavolo della cucina di mio padre, dove studiavamo attentamente le mie fotografie, e parlavamo, parlavamo tanto. Mi trovavo bene con lei, avevo fatto una stronzata  a giudicarla senza nemmeno conoscerla, se non sul piano professionale. Ma, d'altronde, quand’è che non faccio stronzate io?
“Come faccio a portare tutto questo – dissi, indicando le fotografie sparse sul tavolo – a Parigi?”
Danielle scosse la testa, prendendo tra le mani alcune fotografie.
“Ho come l’impressione che tu ti sia dimenticata di loro, in Francia”
“Dimenticarmi di loro? – domandai, incredula -  impossibile, loro sono la mia vita”
“Forse involontariamente, per non soffrire ulteriormente per la loro lontananza, non so, sto solo ipotizzando, Natalie” fece lei.
Così annuii, sospirando pesantemente ed affondando una mano nei miei capelli. Dopodichè mi cadde l’occhio su una fotografia, leggermente nascosta dalle altre, così la presi tra le mani e ne accarezzai la superficie.
“Questa..”
“Che succede?” mi chiese Danielle, guardandola a sua volta.
“Questa l’ho scattata esattamente una vita fa – dissi – hai presente quando un momento ti sembra così tanto lontano che inizi quasi a pensare che faccia parte di una delle tue vite precedenti?”
“Sì, una cosa del genere” assentì.
“Ecco, questa fotografia fa parte di una vita in cui ero giovane, spensierata ed innamorata di questo disgraziato con un’asta da biliardo in mano”
“Su Natalie, non esagerare adesso – mi riprese affettuosamente – forse non sarai spensierata, ma giovane ed innamorata lo sei ancora, tesoro”
“Sì, okay, hai ragione” dissi, appoggiandomi con poca grazia allo schienale della sedia.
“E non del tuo futuro marito” si lasciò sfuggire, armeggiando con una fotografia di Liam.
“Che cosa?”
Scattai su con la schiena, guardandola ed innalzando un sopracciglio, scettica.
“Dico solo ciò che penso”
“Pensi cose stupide, allora” considerai, con un’alzata di spalle.
“Natalie – mi rimproverò – te l’ho già detto, non puoi giudicare stupida una cosa solo perché tu non la pensi nello stesso modo”
La guardai incredula, insomma, io sapevo cosa era stupido e cosa no, e quello che aveva detto lo era, eccome se lo era.
“Io giudico quello che voglio, Danielle – le feci presente – ma a parte questo, tu che ne sai di chi sono o non sono innamorata? Se ho un anello al dito ci sarà un motivo”
Danielle sospirò, mantenendo comunque il sorriso.
“Ti racconto una storia”
“Una storia? Aspetta, mancano il falò, i marshmallow da arrostire ed uno sfigato con la chitarra che intona canti sudisti”
La sua occhiata bastò a farmi tacere.
“Quando avevo più o meno la tua età, ero fidanzata con un ragazzo..” cominciò.
“E lui com’era? Bello da morire o uno di quei nerd tutto occhiali e libri sotto l’ascella?”
“Mi fai continuare?”
“Scusa!” dissi, alzando le mani.
Lei strinse le labbra, guardandomi con fare materno, per poi continuare.
“Andrè, così si chiamava, mi aveva chiesto di sposarlo dopo una serata romantica, tutta organizzata da lui, con tanto di rose rosse e candele profumate”
“Wow”
“Già, wow”
“Ma perché me lo racconti? Insomma, cosa centra con me?”
“Non è finita qui, Natalie”
“Oh”
“Gli dissi di sì, che ci saremmo sposati presto, così lui mi ri accompagnò a casa sorridente e soddisfatto, con la macchina che aveva fatto lavare giusto per l’occasione – le si formò un sorriso sulle labbra, mentre raccontava quella storia – ricordo che mentre giravo le chiavi nella serratura, sentii un sospiro familiare dietro le spalle”
“Un servitore del diavolo?”
“Natalie!”
“Scusami Danielle, davvero, adesso sto zitta”
“Non era un servitore del diavolo, era Nash, il mio migliore amico”
“Nash? Come il tuo ex marito?” le chiesi, conoscendo il signor Nash La Roche.
“Ricordo che mi girai e lui mi disse che avevo proprio un bell’anello, dopodiché s’inginocchiò e mi fece la proposta”
“Aspetta..”
“Mi trovavo davanti ad una scelta: Andrè era il mio fidanzato, stavamo insieme da quattro anni e la sua famiglia avrebbe potuto offrirmi una vita da regina, mentre Nash era un povero in canna, con una moto mezza andata e, soprattutto, il mio migliore amico storico – fece una pausa, guardandomi negli occhi – la cosa giusta da fare sarebbe stata sposare Andrè, per non farlo soffrire e per restare fedele alla mia decisione, ma gli occhi azzurri di Nash, il suo sorriso da disgraziato, come dici tu, ed il suo modo di farmi sempre sentire al centro del mondo ed a mio agio in qualsiasi situazione, vinsero sulla parte razionale e la diedero vinta all’amore vero, quello che sentivo dentro”
“Hai detto sì anche a Nash” conclusi.
“Solo, a Nash”
“E che è successo poi?”
“Sono sorti altri problemi, ma io lui lo amavo davvero, e se potessi tornare indietro,  non cambierei nulla di quella notte”
Rimasi in silenzio per due minuti buoni, riflettendo sulla storia di Danielle.
“Zayn non mi ha mai chiesto di sposarlo” dissi, poi.
“E allora? Sai che ti ama alla follia”
Scossi la testa, pensando a Jacque nei panni di Andrè e Zayn in quelli di Nash. Ma se avessi lasciato Jacque e mandato a monte il mio matrimonio, quanto saremmo durati io e Zayn? Non riuscivamo neanche più ad avere una semplice conversazione senza poi litigare.
Sentii la mano di Danielle scivolare sulla mia, dopodiché la guardai negli occhi, riconoscendo finalmente la madre che non avevo mai avuto.
“Natalie, fallo per me, pensaci”.
 
 
 
 
 
 
“Dannazione a te e a tutto ciò che ti riguarda al mondo, Harold Edward Styles!”
Come sottofondo alle mie gioiose imprecazioni verso il mio migliore amico, io ed il cretino in questione sentimmo delle chiavi girare lentamente nella serratura.
“Ehi, che succede qui? Non posso neanche più assentarmi per meno di dieci minuti?”
Louis si palesò in cucina, davanti a noi, mentre io cercavo di mantenere la calma ed Harry, affianco a me, si posava una mano sul fianco, irritato fino alla morte.
“Se tu la smettessi di fumare, magari, non saresti più costretto ad assentarti per meno di dieci minuti” replicò il suo fidanzato.
Se non fosse stato biologicamente impossibile, sarei stata più che sicura che Harry avesse le sue cose, quel giorno di luglio.
Louis guardò prima me, che mi strinsi nelle spalle, dopodiché sfilò una Diana dal suo pacchetto e passò affianco ad Harry, ammiccando nella sua direzione.
“E ti chiedi ancora perché io fumi? – gli chiese, retoricamente – come faccio a sopportarti senza le mie piccole amiche?”
Harry roteò gli occhi al cielo, e se io non fossi stata così dannatamente incazzata, avrei perfino riso.
“Adesso – fece Louis – volete spiegarmi che diavolo avete combinato?”
Harry si diresse in sala, ma io lo seguii, non avevo intenzione di fargliela passare liscia anche quella volta. Harry stava davvero esagerando, in tutta quella storia.
“Ma dove credi di andare?” gli domandai, retoricamente.
“Lasciami in pace, Natalie, d’accordo? Io faccio quello che faccio solo ed unicamente perché a te ci tengo, non t’immagini neanche quanto” sbottò lui.
“Ragazzi, adesso mi state spaventando – s’intromise Louis – Haz, dimmi che non hai ucciso nessuno, per favore”
Per fortuna c’era Louis.
Mi appoggiai ad una parete della sala, mentre Harry si passava una mano tra i capelli, incredibilmente lunghi.
“Silenzio stampa – continuò Lou, rivolgendosi poi a me – Nat?” cercando di ottenere una risposta.
“Oh no, io non parlerò – misi in chiaro, alzando le mani in segno di resa – è il tuo fidanzato che ha combinato questo casino, sarà lui a riferirtelo”
Harry sbuffò, ormai esasperato.
“Che hai fatto, amore?”
“Beh, stasera siamo al The Electric, no? – Louis annuì – ho pensato di invitare anche Zayn”
Louis sospirò, valutando la situazione.
“E, di grazia, dì a Louis perché lo avresti fatto, Harry” dissi poi io.
“Perché siamo amici, no? Mi fa piacere che ci sia anche lui” finse.
“Non sai recitare né tanto meno mentire” lo ammonii.
“Okay, d’accordo, lo ammetto! – sbottò una seconda volta –non vi parlate da una settimana e so che ne soffrite molto entrambi, così ho pensato che il mio sarebbe stato un gesto carino, scusa se mi preoccupo per te”
“Non fare la vittima, Styles – ribattei – io non soffro affatto, sto benissimo”
“Certo, come no – fu il suo commento, avvicinandosi a me di molti centimetri – dillo a tutti i pacchi di pan di stelle finiti dentro lo scaffale”
“Questo che centra?” domandai, stranita.
“Tutti quanti sappiamo che saresti in grado di mangiare quantità industriali di pan di stelle, quando sei triste – mi tenne testa – negalo”
Lo guardai negli occhi per qualche istante, prima di arrendermi e sospirare.
“Okay, d’accordo, hai ragione tu – ammisi poi – ma scommetto che a lui non importa granchè, anzi, sono sicura che sta meglio senza di me, da una settimana a questa parte”
“In realtà.. – fece Louis, avvicinandosi a sua volta – ho visto Zayn spesso, in questi giorni”
“E..?” domandai, fingendo che non mi importasse.
Ma la realtà era che di lui mi importava, forse anche troppo e, come Harry, non ero capace di recitare, né tanto meno di mentire.
E loro due lo sapevano bene.
“E fuma più del solito – disse – non ho mai visto tanti pacchetti di Marlboro consumati, in camera sua”
“E tutti sappiamo che la quantità di pan di stelle che tu potresti mangiare quando sei triste, è direttamente proporzionale alla quantità di sigarette che Zayn sarebbe in grado di fumare” concluse Harry.
Sbuffai, rintanandomi tra le sue braccia.
Lo sentii sorridere.
“Scusa se ti ho urlato contro”
Harry mi lasciò un bacio sulla nuca, dolcemente, lasciandosi andare ad una risatina.
“Lo sai che sono l’unica persona contro la quale potresti urlare fino a consumarti le corde vocali, ma che comunque non se ne andrebbe mai”
Louis ci strinse entrambi in un grande abbraccio, ed io feci finta di non essermi commossa a quelle parole.
“Così mi piacete, bimbi”.
 
 
 
 
 
 
 
 
Harry aveva insistito per guidare, quella sera. Io me ne stavo seduta sul sedile posteriore, mentre Louis teneva il braccio fuori dal finestrino, ed una sigaretta pendeva dalle sue dita. Parcheggiammo il Range Rover vicino al locale, al nostro solito posto, ed Harry, che quella sera sembrava uscito da un rodeo, mi aprì la portiera, aiutandomi a scendere.
“Grazie, cowboy” lo apostrofai.
“Non voglio che tu faccia una brutta caduta – disse, lasciando che mi arpionassi al suo braccio – ci manca questa, in questo posto”
Mi guardai il tacco 15, e ricordai quando avevo diciassette anni e frequentavamo quel posto: indossavo le converse, e non c’era una serata che non fosse finita disastrosamente.
Louis ridacchiò.
“Siamo grandi adesso, le cose cambiano per tutti, anche per noi” fece l’esperto, offrendomi anche il suo braccio.
Io scossi la testa, senza nascondere un sorrisino, mentre facevamo la nostra entrata al The Electric.
“Sì, come no”.
 
 
“Liam!” esplosi, forse già un po’ troppo ubriaca.
“Piccola! Dio mio!” e lui era nelle mie stesse condizioni.
“Che diavolo avete da urlare? – ci chiese Harry – ci siamo dati appuntamento qui, siamo usciti insieme, sapevate che vi sareste visti”
Louis scosse la testa, ridendo di noi.
“Lasciali stare Haz – ci difese – piuttosto, bevi qui, mi sembri troppo nervoso per il contesto in cui ci troviamo, non pensavo che stessi per sposare una vecchia isterica nevrotica”
Io e Liam scoppiammo a ridere, mentre con Lou facevamo tintinnare i nostri boccali di birra, in un brindisi alla calunnia detta ad Harry.
“Dai qua – fece Harry, sfilando dalle mani del suo fidanzato il bicchiere di whiskey – non vedo Zayn, ed io spero davvero tanto che stasera quei due idioti facciano pace, voglio mettere fine a questa storia una volta per tutte”
“Tu ti fai troppe paranoie” lo rincuorò Louis.
“Forse”
Detto fatto, vuotò il bicchiere in un solo colpo.
“Vacci piano, Harry” lo ammonì Lou.
“Oh, ecco Zayn” disse poi la causa dei miei attacchi di cuore.
Se non fosse stato per Harry, Zayn non sarebbe mai venuto al The Electric, quella sera.
Vuotai a mia volta il mio boccale di birra, arricciando le labbra e facendo ridere Liam.
“Sei una visione, Natalie”
“Dov’è Niall? – chiesi al mio amico – ho bisogno dell’irlandese per prendermi una sbronza da paura”
“È arrivato insieme a Malik” disse incolore, bevendo la sua birra e tornando a chiacchierare con Louis.
“Dannazione..” imprecai a denti stretti.
Non sapevo che fare: stavo sudando freddo, ero ubriaca, mezza andata ed il mio cervello ragionava sempre più lentamente. Così mandai tutto al diavolo ed andai incontro alla mia salvezza, che in quel caso era bionda, occhi azzurri e portava una camicia bianca.
“Niall!” urlai, tirandolo per una manica nella folla di gente.
“Natalie, ciao, che diavolo fai? Mi hai fatto prendere un colpo” disse lui, sistemandosi vagamente la camicia.
“Scusa – farfugliai – ho bisogno che tu mi faccia prendere una sbronza colossale”
“E perché? – mi chiese, squadrandomi – mi sembra che tu ci sia già riuscita bene anche da sola, a dire la verità mi sento un po’ tradito”
Roteai gli occhi al cielo.
“Ma fammi il piacere”
“Piuttosto, perché dovrei farti ubriacare? Sei una dolce ragazzina, deve esserci un motivo valido, in più sei venuta qui con i tuoi due padri in incognito, non vorrei mai rischiare un pugno in faccia da Tomlinson”
“Perché voglio evitare di essere lucida, quando dovrò parlare con..”
Mi fermai, alla vista di quei tatuaggi illuminati dalle luci accecanti della discoteca.
“Con chi, piccoletta?”.
 
 
 
*“Sei contento, adesso?” gli chiesi, sempre meno lucida.
Zayn si passò una mano tra i capelli, che fra lui ed Harry ancora non sapevo chi fosse più ridicolo. Cos’avevano contro i parrucchieri, quei due? Per la serie: long hair, don’t care.
“Adesso che ti sei seduta qui accanto a me? – domandò, retoricamente – oh, sì, decisamente”
Sbuffai, avevo provato a opporre resistenza, ma data la mia scarsa capacità di reggere l’alcool ed il mio innato amore verso di esso, alla sua proposta: “Ti offro da bere”, non avevo saputo dire di no.
E poi, dannazione, si era messo la maglietta a mezze maniche bianca, ed a quella non avrei mai potuto dire di no.
“Cosa vi porto, ragazzi?” chiese la sedicenne con una fascia tra i capelli, masticando rumorosamente un chewingum alla fragola che le si incastrava puntualmente sul piercing che portava sulla lingua.
“Per me un Margarita, anzi, due” risi poi, da sola.
Zayn scosse la testa, guardando la ragazza.
“Solo uno”
Lei annuì.
“E a te, che porto?” lei si passò la lingua sulle labbra, ed io smisi di ridere, improvvisamente.
“Un Jack Daniels, grazie”
“Hai capito? Ha detto un Jack Daniels, non la tua vagina! – le urlai dietro – quindi tienitela stretta e, soprattutto, lontano da lui!”
“Che stronza!” mi liquidò la ragazza.
“Troia!” urlai a mia volta.
Avevo attirato non poche occhiate, e Zayn rideva.
“Che hai da ridere?” gli domandai.
“Sei alquanto ridicola, sai?”
“Puoi evitare di dire parole come “alquanto”, per favore? Mi indisponi da morire”
“Devo comportarmi come se stessi parlando con un bimbo di cinque anni?”
Annuii.
“Al solito, quindi”
“Stronzo” berciai.
“Ecco a voi” e comparve un ragazzo sulla ventina, con le nostre ordinazioni.
Evidentemente la troia si era spaventata per la mia scenata, ed aveva paura che vuotassi tutto d’un sorso il mio Margarita, solo per tirarle il bicchiere in fronte.
Mi attaccai al mio drink, stringendomi poi nelle spalle.
“Vuoi smetterla di bere come se fossi un’alcolizzata in astinenza? Mi metti in imbarazzo, dannazione, tu e le tue scenate di gelosia”
Vuotò d’un fiato il bicchiere di Jack Daniels.
“E poi dici a me? Bevi quella roba come se fosse acqua”
“Io sono io, e tu sei tu – chiarì – non mi va che bevi così tanto, quindi dai qua”
Mi portò via il Margarita, finendo anche quello d’un solo sorso.
“Ma..” tentai io.
“Come stai?” mi chiese lui, sinceramente interessato.
“Che t’importa?”
“Non fare la bambina, Natalie, lo sai che m’importa”
“Non sembrava t’importasse, mentre te ne andavi con la tua macchina, lontano da me, incazzato nero e senza rivolgermi la parola per una settimana intera”
Zayn improvvisò una risata.
“Non ti rendi conto di quanto tu sia irrimediabilmente egoista”
“Io sarei quella egoista?”
“Cazzo, sì – disse, tra i denti – non immagini neanche quanto faccia male, vederti programmare la tua vita con quel coglione francese”
“Non posso fare altrimenti”
Rimuginai sulla storia di Danielle, e ripensai a Nash ed Andrè.
“So che ti stai vedendo con Danielle, Louis mi ha detto che siete diventate grandi amiche”
Annuii.
“Lei mi aiuta a crescere in campo artistico”
“E come?”
“Guardiamo le mie vecchie fotografie e cerchiamo di capire quale sia l’elemento che mi manca a Parigi, per realizzarne di altrettanto belle” spiegai, e parlare con lui tornò la cosa più naturale di tutte.
“Credo di sapere quale sia”
“E sarebbe?” domandai, pronta alla cazzata del secolo.
“Moi”
Rimasi senza parole.
Non mi aspettavo che dicesse una cosa tanto giusta.
“Basta parlare, andiamo a ballare”
Non mi opposi neanche, mi lasciai trascinare in pista, stretta a lui. Forse un po’ troppo stretta a lui. Le nostre labbra erano ad una pericolosa vicinanza, e dio solo sa quanto desiderai quella bocca rossa ardente sulla mia.
Così mi lasciai scivolare quella parole.
“Portami a casa”.
 
 
 
 
 
 
A casa non c’era ancora nessuno, Louis ed Harry erano rimasti al The Electric. C’eravamo solo io, Zayn e la mia lussuria. Stavo ardendo di desiderio.. ed alcool, ovvio.
“Dovremmo avere una bottiglia di vino, in cucina..”
Dissi, diretta proprio lì.
“Oh, frena, frena, frena, piccoletta..”
Zayn mi prese per il polso, attirandomi a sé. Allacciai le mie braccia al suo collo, mentre le sue mani stringevano possessivamente i miei fianchi, ancorandomi al suo bacino, facendomelo desiderare così tanto da sentirmi male.
“Ti voglio, Zayn”
Mi avvicinai famelica alle sue labbra, ma lui voltò il viso, ed io lo guardai perplessa.
“Non è vero, non lo vuoi tu – replicò, ma dalla sua voce non sembrava trasparire delusione – è l’alcool che sta parlando, non tu, e cadrai a terra addormentata tra meno di dieci minuti, se non ti porto subito a letto”
“Sì, esatto, è a letto che voglio andare! Con te!” cercai di ribattere, ma la mia voce sembrava davvero quella di una bimba capricciosa di cinque anni.
Zayn sembrava tranquillissimo, era molto pacato mentre rideva di me e delle mie scenate.
“Vieni qui, bella addormentata”
Mi prese in braccio e si avviò verso la mia camera.
“Perché non mi dai un bacio? Solo uno, ti prego!”
Se solo mi fossi ascoltata da sana, avrei voluto tirarmi un pugno in faccia ed insultarmi fino alla fine dei miei giorni. Ma ero ubriaca, ubriaca persa.
Zayn si sporse verso di me, lasciandomi un tenero bacio tra i capelli.
Io sbuffai, mandandolo al diavolo sì e no tre o quattro volte.
Una volta arrivati in camera mia, mi adagiò sul mio letto, sedendosi accanto a me e mi accarezzò i capelli, mentre mi guardava prendere posizione sulle calde lenzuola.
Passammo qualche istante senza muoverci di un millimetro, fino a quando Zayn forse pensò che mi ero addormentata e fece per alzarsi, ma io lo trattenni, facendo pressione con la mano sulla sua gamba destra.
“No, non lasciarmi sola”
Lo guardai mentre sorrideva, dopodiché si stese accanto a me, offrendomi il suo petto da cuscino, e stringendomi poi protettivo tra le sue braccia.
“Ti amo” gli dissi, tra uno sbadiglio e l’altro, senza ragionare.
“Ti amo anch’io, piccola”.








who cares? 
vorrei scomparire dalla faccia della terra, non so proprio come scusarmi.
non ve lo meritate neanche perchè siete meravigliose, cioè, è davvero dal venti aprile che non pubblico?
non avevo neanche diciotto anni!
adesso sì dfjdhsfjsdg okay basta, spero accettiate le mie scuse.
sono scuse sincere, davvero, non succederà mai più.
dovete assolutamente guardare cosa mi ha ispirata e spinta a scrivere: andate qui
ringraziamo tutti Zayn, soprattutto io, che dovrei ringraziarlo per un sacco di cose..
ma bando alle ciance! che ne pensate di questi zatalie?
spero di non avervi delusa, dopo tutta quest'attesa poi..
non mi avete abbandonata, vero?
io continuo ad amarvi e giuro che sarò molto più presente, croce sul cuore.
dedico questo capitolo a Ilenia, grazie piccola, di tutto <3




 
 
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Capitolo 19
*** Cold coffee ***





 
quando trovate l'asterisco ascoltate cold coffee di ed sheeran
 
Half a heart
Chapter nineteen - Cold coffee


 
Ero nel deserto del Sahara o..?
Cercai di inumidirmi le labbra, ma era come se nella mia bocca fosse scoppiato uno di quei grandi periodi di siccità, tipici della Florida, o forse della California, bah che importa..
Ma che ore erano?
Mi sentivo una cretina, almeno me lo ricordavo il mio nome?
Natalie Marie Shade.
Okay, non sono così andata allora.
Cercai di alzarmi, ma sentii qualcosa fare pressione su di me. Che diavolo era? Un alieno? Volevano uccidermi? Prelevarmi e portarmi alla navicella madre? Quando scoprii che si trattava solamente di un braccio, mi sentii molto sollevata.
Per cinque secondi, ovvio, dopodiché mi chiesi con chi diavolo avessi dormito quella notte. Se con il mio futuro marito, o qualcun altro.
“’Giorno, bella addormentata”
Dio solo sa quanto urlai, al sentire quella voce.
Era la sua tipica voce da appena sveglio, ed io mi tirai le lenzuola del mio letto fin sopra il petto, non conoscendo le mie condizioni.
“Che diavolo ci fai nel mio letto, Zayn Malik?”
Si stiracchiò, grattandosi la testa, in quella foresta che erano i suoi capelli.
“È inutile che ti copri, sei vestita – replicò, tranquillo, ancora un po’ nel mondo dei sogni – e comunque non ce ne sarebbe bisogno, l’hai rimosso o te lo ricordi ancora che sono stato il primo ragazzo a vederti nuda?”
Mollai le coperte e sospirai, lasciandomi andare sul letto e tornando a chiudere gli occhi.
“Chiudi quella bocca e lasciami morire”
Zayn schioccò la lingua sulle labbra, deciso a non demordere.
“Dovresti ringraziarmi, sai?”
“E perché mai dovrei?” domandai, senza aprire gli occhi.
“Sono pochi quelli che non si sarebbero approfittati di te, nelle condizioni in cui ti trovavi ieri sera”
“E tu l’hai fatto?”
Ero curiosa di conoscere la risposta.
“Nonostante le tue penose preghiere ed i tuoi tragici tentativi di portarmi a letto, hai tutti quanti i tuoi vestiti addosso”
Desiderai sprofondare nel pavimento, desiderai che si aprisse una grande botola che mi permettesse di scomparire da lì. Perché non ricordavo assolutamente nulla di quella notte?
“Io ti avrei pregato di.. – rimuginai, sbattendomi una mano sulla fronte, arresa – dannazione, non ci posso credere”
 “Ti sei anche messa in ginocchio, sai? E quanto mi hai adulato, lo hai fatto per un’ora di fila” continuò lui.
“Io ti ho adulato?”
“Oh sì – sostenne – com’è che mi chiamavi? Ah sì, ecco, oh Zayn la tua bellezza è equiparabile a quella di un Dio Greco, Apollo ti avrebbe fatto una pippa”
“Oh mio dio” scandii per bene, sempre più in imbarazzo.
“Okay no, questo me lo sono appena inventato – ammise – ma la parte delle preghiere e tutto il resto è vero, ho resistito alla grande, piccola”
“Idiota - berciai, coprendomi la faccia con un cuscino – raccontami di ieri sera, al posto di fare il cretino, ovvero te stesso”
“No, non così – disse, mettendosi in piedi -  vado a preparare un caffè”
“No, io preferisco..”
“Un the caldo e due zollette di zucchero, lo so”.
 
 
 
 
*“Ed ho detto proprio così? Di tenere la sua vagina lontana da te? – domandai, venendo a conoscenza del mio pietoso stato della notte scorsa – oh mio dio, scusa Zayn”
“Scusa di che? Per aver tentato di portarmi a letto? Niall collassato alla festa di fidanzamento di Harry e Louis era più seducente di te”
“Stronzo” dissi, mangiucchiando il quarto biscotto al cioccolato, mentre lui finiva il suo caffè.
“Ho cercato i pan di stelle, so che li adori a colazione, ma ne ho trovato solo un pacco mezzo vuoto in fondo allo scaffale – spiegò – che è successo? Un branco di bambini affamati ha saccheggiato la vostra credenza?”
“Perché usi parole come credenza?”
“Perché sono la tua fata madrina, ecco perché”
“Smettila di autoproclamarti mia fata madrina, ci sono già Lou ed Harry per questo”
“E io chi sarei? Uno sfigato qualsiasi? – domandò, retoricamente – ah no, c’è già Jacque per quello, hai ragione”
“Il mio principe azzurro”
Mi sorrise, ed io feci lo stesso. Sembrava tutto tranquillo, tutto come una volta, tutto dannatamente bello e giusto, nonostante fare colazione con lui fosse la cosa più sbagliata che potesse capitarmi.
“Che fine hanno fatto i pan di stelle?”
“Harry dice che ne mangio sempre troppi, quando sono triste”
“E sei triste, adesso?”
Scossi la testa, non lo ero, perché c’era lui con me.
“Che fine hanno fatto le tue sigarette? Louis dice che fumi di più, quando sei triste”
“Ma non sono triste adesso” disse, con un mezzo sorriso, sporgendosi più vicino a me.
“Lo sarai?”
Lui annuì, guardando in basso, con i gomiti appoggiati al ripiano della cucina.
“E tu?”
“Non finchè tu starai qui con me, no”
“Posso restare con te per sempre, lo sai”
Lo guardai, con un mezzo sorriso, senza dire nulla.
“O almeno per ora, come preferisci”
“Vorrei non dover mangiare più un solo pan di stelle”
“Oh no, io le voglio ancora fumare le mie Marlboro”
Risi di lui, portandomi dietro anche lui.
“Grazie, per ieri sera intendo”
“Oh figurati, è stato facile resisterti – scherzò – avevi seriamente bisogno di uno spazzolino da denti ed una dose abbondante di dentifricio alla menta”
Dopodiché si sporse ancora di più verso di me, facendomi segno di avvicinarmi. Lo guardai negli occhi, per qualche magico istante, dopodiché lui poggiò le sue labbra sul mio orecchio, e dovetti socchiudere gli occhi, per trattenere tutti quei dannati brividi.
“In realtà – sussurrò – ne avresti bisogno anche adesso”
Strabuzzai gli occhi, coprendomi la bocca con la mano.
“Stronzo!” urlai, tirandogli un pugno sulla spalla.
Lui si strinse nelle spalle, neanche minimamente ferito dal mio colpo.
“Dopo tutto quello che hai bevuto, piccola..”
“Stronzo rimani”
Urlai, già in corridoio, diretta al bagno per lavarmi i denti, in effetti non aveva tutti i torti: avevo avuto aliti migliori.
Lo sentii armeggiare con le tazze in cucina, dopodiché sentii i suoi passi avvicinarsi, mentre io passavo alla seconda proficua spazzolata.
“Sei sexy, sai?” disse, appoggiandosi allo stipite della porta.
“Sparisci”
“Come ti pare” rispose, alzando le mani in segno di resa e facendo per andarsene.
Scossi la testa, arrabbiata con me stessa, perché non riuscivo neanche a farlo allontanare di qualche centimetro da me?
“Zayn..” lo richiamai.
“Sì, principessa?”
Sorrisi, istintivamente.
“Nulla, resta con me”
“E guardarti mentre ti lavi i denti? Oh, piccola, abbiamo fatto cose più entusiasmanti in passato!” si lamentò.
“Ah sì? – domandai, avvicinandomi a lui ed assumendo un tono di voce basso e sensuale – tipo?”
“Scommetto che te lo ricordi” disse con tono suadente, ammiccando.
Sporsi le mie labbra verso le sue, e quando lui chiuse gli occhi, in attesa di un bacio mai arrivato, gli spalmai le mie dita sporche di dentifricio sulla faccia, ridendo a più non posso.
“Stronza.. – sussurrò tra i denti, cercando di pulirsi – adesso me la paghi”
Ma io ero già scappata, correndo ed urlando per la casa, mentre lui, sporco di dentifricio, mi rincorreva con i calzini, attento a non scivolare da qualche parte sul pavimento.
La casa si riempì di risate e di giochi, fino a che lui non mi acchiappò, ed io, arresa, mi rintanai tra le sue braccia.
Zayn mi adagiò sul divano, ed io lo tirai per la maglietta, facendo sì che si trovasse sopra di me, tra le mie gambe, ancora fasciate dai jeans scuri della scorsa sera.
“Non sei più ubriaca, Natalie”
“Ma tu sei ancora il mio principe azzurro, ed hai del dentifricio sulla bocca”
Lui sorrise, e le nostre labbra si incontrarono in un bacio dolce e scanzonato, come dato per gioco. Zayn appoggiò la sua fronte sulla mia, ad occhi socchiusi, assaporando il momento, proprio come me.
“Non pentirtene”
“Torniamo a dormire e non svegliamoci più”
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso e divertito.
“Da quando sei diventata un’aspirante suicida?”
“Scemo” lo ripresi, ridendo insieme a lui.
“Vieni qui”
Ci baciammo ancora, perché non ci bastavamo mai.
Le mie mani corsero istintivamente all’orlo della sua maglietta, e la sfilarono con facilità, come se fossi tornata a quattro anni fa, nella mia vecchia camera da letto. Zayn mi afferrò per i fianchi e, senza smettere di baciarmi, mi fece sedere su di lui. Sentivo le sue labbra lungo il collo, e poi adagiate sul mio orecchio.
“Sei sicura?” mi domandò, ansimante.
Annuii, freneticamente.
“Non sono mai stata più sicura di una cosa in vita mia”
Sentii i suoi denti sulla pelle del mio collo, segno che stava ridendo, ed io, istintivamente, sorrisi, cercando nuovamente le sue labbra.
Ma, di botto, il mio telefono si mise a squillare. Zayn sbuffò e mi sussurrò di non rispondere, continuando a baciarmi sul collo. Allungai la mano ed afferrai il mio iPhone, buttato a caso sul divano, insieme a noi.
“Mike? Ma che vuoi?”
“Natalie, sono le dieci del mattino e non vorrei fare il rompi coglioni, ma qualcuno deve pur ricordarti che hai un lavoro”
“Cazzo! – mi portai una mano alla fronte, ed improvvisamente tornata alla vita reale, scesi da Zayn e cercai di reggermi in piedi – Danielle è già lì?”
“Sì, ci sono anche Harry e Louis – dopodiché abbassò il tono di voce – mi hanno detto che tu e Zayn dormivate di sopra, che non hanno voluto svegliarvi”
Chiusi gli occhi, cercando di non prendermi a schiaffi, ripensando a quanto ero stata incosciente e ragazzina.
“Dammi venti minuti e sono lì”
Chiusi la chiamata e cercai disperatamente le mie scarpe, dopodiché vidi Zayn davanti a me.
“Chi era? Mike?”
Annuii, prendendomi la testa tra le mani.
Lui sbuffò, rimettendosi la maglietta.
 “Che fai?” gli chiesi.
“Mi rivesto, immaginando i tuoi pensieri”
“Che sarebbero?”
“Abbiamo fatto una stronzata e, soprattutto, ne stavamo per fare una colossale proprio sul divano di casa tua – disse – non tentare neanche di negarlo, non ci riusciresti comunque”
“Ogni singola parola che ti ho detto, da quando sono tornata sana ad ora, non erano stronzate”
Zayn camminò verso di me, con passo spedito, lui e le sue converse nere.
“Sai cosa dicono degli ubriachi, Natalie?”
“Che sono dei pazzi senza speranza?”
“No – scosse la testa – che dicono sempre la verità”
Rimasi in silenzio, mentre lui rilassava il viso e le labbra, quasi aperte in un sorriso.
“Ma tu non te lo ricordi quello che mi hai detto, ieri notte, ed è questo il brutto degli ubriachi: dicono la verità, ma il giorno dopo se ne dimenticano”
Sospirai, mentre lui mi dava le spalle.
“Pensavo lo sapessi, che ti amo, e che non posso dimenticarmene, neanche dopo tutti i Margarita del mondo”.
 
 
 
 
 
“Natalie mi passi quel foglio, per favore?”
Non mi ero pettinata i capelli e Zayn mi aveva accompagnata al Palace Gardens con la Panda Station Wagon. Jacque mi aveva accolto con un bacio sulle labbra, cancellando il sapore che mi avevano lasciato quelle di Zayn.
Scossi la testa, cercando di riprendermi dal post – sbronza e, soprattutto, dal post – Zayn.
“Natalie? Ma mi ascolti?”
“Mike? – domandai, frastornata – che vuoi? Mi hai detto qualcosa?”
“Ti ho chiesto se mi passi quel foglio – ribadì – ma a quanto pare c’è bisogno di una pausa”
Danielle si lamentò, quando Michael annunciò dieci minuti di pausa per tutti, dal momento che lui non era il capo e non aveva nessun potere per decidere quando mandarci in pausa. Dopodiché sparirono tutti al bar a prendere un caffè, tranne Harry, che ci raggiunse al tavolo dove eravamo accomodati.
“Allora? Quando hai intenzione di parlare, Natalie?” mi punzecchiò.
Sospirai, sotto gli occhi indagatori dei miei amici.
“Non c’è nulla da dire – minimizzai – ero ubriaca ed ho pregato di Zayn di venire a letto con me..”
Lasciai la frase in sospeso, mentre loro morivano dalla voglia di sapere se, di fatto, avevamo o no scopato quella notte.
“Ma non è successo, lui ha resistito, non ha ceduto alle mie stupide preghiere”
“Ti ama” sostenne Mike.
“Lo dico da anni, o sbaglio?” gli diede man forte Harry.
“Solo perché non è venuto a letto con me?  - domandai – magari non ne aveva voglia, o semplicemente mi trovava ridicola”
“No, piccola – fece contrario Harry – un uomo di venticinque anni, specialmente Zayn, non rinuncerebbe mai ad una sana scopata con una ragazza sexy come te, lasciatelo dire”
“E tu che ne sai? Sei gay”
Mike soffocò una risatina, ed Harry mi guardò male.
“Ti ignoro – disse – non ha approfittato di te e scommetto che ti ha anche fatto il caffè, stamattina”
“Il the” lo corressi.
“Perché ti conosce e, ribadisco, ti ama”
“Okay, d’accordo, mi ama, e allora? Non fate altro che dirmi che mi ama, tutti quanti! Lo so che mi ama, e sai perché lo so? Perché lo amo anche io, lo amo da pazzi, lo amo fino quasi a sentirmi male!” sbottai.
“E allora, dannazione – sbottò anche Harry – perché diavolo ti ostini a portare avanti questa farsa del matrimonio con Jacque? Io non ti capisco, Natalie!”
“Non c’è bisogno che tu capisca, Harry – gli spiegai, in piedi davanti a lui – mando avanti questa farsa del matrimonio perché è giusto così: è giusto che io sposi Jacque, è giusto che io torni a Parigi a lavorare allo studio di fotografia ed è giusto che io abbia la mia vita lì”
Harry cercò di mantenere la calma, massaggiandosi le tempie con le dita.
“Senti, fai quello che ti pare, okay? Ma non mandare a monte la tua vita, fallo per me, per favore, ci tengo troppo e non vorrei mai vederti insoddisfatta a quarant’anni”
“Non succederà” replicai, decisa.
“Sì, se sposi lui”.
 
 
 
 
 
La litigata con Harry era l’ultima cosa che volevo, da quella giornata. Avevo rifiutato il passaggio di Jacque ed anche quello di Danielle, perché avevo bisogno di stare un po’ da sola. Camminavo verso casa, ripensando a tutte le parole di Harry ed alla mattinata passata insieme a Zayn.
E pensando a lui, sentii il bisogno di averlo lì con me, così lo chiamai.
Rispose al primo squillo.
“Natalie?”
“Zayn, ciao..”
Ero scoppiata in lacrime, al sentire il suono della sua voce.
“Natalie, piccola, ma che succede? Perché piangi?”
“Non lo so, Zayn, io non lo so proprio, mi dispiace, non volevo, io..”
“Okay, cerca di calmarti – cominciò lui, preoccupato, cercando di far trasparire tranquillità dalla voce, per non farmi agitare ulteriormente – dove sei adesso?”
“Vicino a casa mia”
“Non ti muovere da lì, sto arrivando”.
 
 
Quando vidi la Panda Station Wagon svoltare l’angolo, mi asciugai le lacrime e mi alzai dal marciapiede su cui ero seduta. Sentii la portiera sbattere e Zayn mi venne incontro, avvolgendomi poi in un abbraccio.
Non parlava, stava in silenzio, mi ascoltava piangere e mi stringeva forte.
“Vieni con me” disse poi.
“Dove vuoi portarmi?” chiesi, tirando su col naso.
“Volevo farti una sorpresa, ma dato che stai così, magari riesco a tirarti un po’ su di morale”
“Andiamo a Disneyland?” chiesi, salendo in macchina, ironica.
“Il giorno che mi vedrai mettere piede in Francia, o lo farò da ostaggio di qualche terrorista, o sarò molto, molto ubriaco”.
 
 
“Portobello Road? – domandai, sconcertata –  ma che ci facciamo qui?”
“Non è la parte che preferisci di Londra?”  mi chiese di rimando lui, parcheggiando e mettendo il freno a mano.
“Sì, d’accordo, ma perché siamo qui?”
“Vieni”
Mi porse la mano, che strinsi prontamente. Mi lasciai condurre ovunque lui volesse, in silenzio.
“Eccoci qua” annunciò lui, fermo davanti ad una casa colorata di rosa.
“Cos’è? Il nido d’amore di Harry e Louis?”
“Lascia perdere il colore delle pareti, quello è da rifare, i lavori inizieranno questo lunedì”
“Lavori? – domandai, confusa – Zayn, frena, ma che stai dicendo? Di chi è questa casa?”
“Mia, cioè nostra, l’ho comprata qualche settimana fa”
“Nostra? Ma ti sei completamente rincoglionito?” domandai, quasi stridula.
Ma lui non perse comunque il sorriso.
“Louis mi ha detto che ti sarebbe piaciuto avere una casa tutta per te – spiegò, stringendosi nelle spalle – così te l’ho comprata”
Mi portai le mani davanti alla bocca, cercando di soffocare urla e pianti isterici. Così gli gettai le braccia al collo, stringendolo forte, ascoltando la su risata.
“Non avresti dovuto, è troppo costosa Portobello Road per noi”
Zayn sbuffò, estraendo qualcosa dalla tasca posteriore dei suoi jeans.
“Tieni, te lo regalo, così smetterai di farti problemi e dimenticarti cosa faccio nella vita”
Era tipo un tesserino rossonero, me lo rigirai tra le mani, guardando la sua imbarazzante fotografia  e ridendo di lui.
“Zayn Jawaad Malik – recitai – allenatore dell’A.C. Milan e persona migliore del mondo”
“Questa me l’ero persa”
Mentre ammiravamo la nuova casa, con lo sguardo fisso sulle pareti assurdamente dipinte di rosa, cercai la sua mano, accarezzando prima il suo braccio, per poi intrecciare le mie dita alle sue.
“Potremmo anche lasciarla così” dissi.
“Così come? Rosa checca? – domandò, stranito – poi non credi che dovremmo fare cambio con casa vostra? Tua, di Harry e Louis?”
“Non fare lo scemo – replicai – è bella, a me piace, è colorata, è diversa”
“Non starai dicendo sul serio, vero Natalie?”
Mi voltai a guardarlo, ed incontrai i suoi occhi.
Dopodiché annuii.
“Non potremo viverci insieme, non credo che il mio futuro marito sarebbe poi così tanto d’accordo”
“Lo so – disse, annuendo – ma potrai venirci quando vorrai, io sarò qui, sì insomma, prima di tornare in Italia”
“Quindi non ci vedremo più per altri quattro anni, fino a che qualcuno dei nostri amici non si sposerà?”
“C’è sempre il tuo, di matrimonio” mi fece notare lui.
“Già”
“Già”.

 
 
 
 
 



 
who cares?
ciao bimbe :)
sono qui solo dopo tre giorni, e non è un miraggio.
allooooooora, vi è piaciuto il capitolo? zayn e natalie sempre più vicini
lo sapete che io mi sono innamorata di questi personaggi?
cioè ormai è diventato naturale scrivere di loro, come se fossero miei amici..
vorrei che non finisse mai, ma purtroppo finirà.
bene, lascio a voi i commenti.
vi amo molto <3

 



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Capitolo 20
*** White dress ***





 
quando trovate l'asterisco ascoltate white dress dei parachute
 
 
Half a heart
Chapter twenty - White dress


 
L’intera faccenda mi stava sfuggendo dalle mani, ma io e Zayn non andavamo così d’amore e d’accordo da.. beh, da una vita. Era da quando avevo io diciassette anni e lui ventuno, che non stavamo così bene, che non litigavamo più, che non ci mandavamo facilmente al diavolo almeno una volta al giorno.
“Oh, va’ al diavolo Natalie”
Ecco, appunto.
Ma quello non era Zayn.
“Per quanto vorrai tenermi il muso? – continuò Harry – ti ho già chiesto scusa, ma lo sai che non posso fare a meno di intromettermi nella tua vita”
Alzai le sopracciglia, scettica, mentre Louis se ne stava appoggiato alla parete della cucina, con una Diana incastrata tra le labbra ed una risata soffocata in gola.
“Natalie, non resisto più senza sentire la tua fastidiosa voce in giro per casa, ti prego, torna a parlarmi e giuro che farò qualsiasi cosa”
“Un week – end al mare, io, te e Louis.. – ci pensai su, teatralmente – in Messico!”
Lou scoppiò a ridere, ed Harry mi guardò sconcertato.
“Ma sei pazza, per caso?”
“Sei stato tu a dirmi, cito testualmente, qualsiasi cosa” dissi, imitando la sua voce.
Lo guardai sorridere sornione, con un’espressione soddisfatta in volto: ma quanto dannazione era bello, quel ragazzo?
“Che hai da ridere come uno scemo? Ti ho chiesto un week – end al mare in Messico, non una nuova macchina che faccia le granite – ci pensai – anche se, non sarebbe affatto una cattiva idea”
“Se non altro mi stai parlando, Natalie, te ne comprerei anche due di macchine che fanno le granite”
“Mi stai dicendo che possiamo fare anche una settimana, in Messico?” domandai, speranzosa.
“Non esagerare, ti voglio bene e farei qualunque cosa per te, ma io e Louis non siamo Angelina Jolie e Brad Pitt” chiarì Harry.
“Ah no? Ci somigli, vagamente” disse Lou, spegnendo la sigaretta nel posacenere.
“A Brad Pitt?” domandò Harry.
“No, ad Angelina”
Scoppiai a ridere, seguita a ruota da Louis.
“Stronzi” berciò Harry, guardandoci male.
Passammo qualche secondo in silenzio: istanti davvero molto rari in quella casa. Harry stava lavorando all’impasto per dei biscotti al cioccolato da brava massaia che era, probabilmente aveva intenzione di invitare qualcuno a cena. Forse Zayn, dato che era uno stronzo senza cuore. Io facevo zapping alla televisione in cucina, senza avere un vero scopo in quella giornata vuota, e Louis se ne stava fermo con la sigaretta quasi del tutto consumata tra le dita, con un’espressione vagamente confusa.
“Ma quindi – cominciò, fissando un punto indefinito della cucina – andiamo in Messico?”
Io roteai gli occhi al cielo, scuotendo la testa e sorridendo divertita, davanti a tutta quella stupidità. E prima che Harry potesse tirargli in testa il mestolo che teneva tra le mani, il campanello di casa prese a suonare come impazzito.
“LA PORTAAAA!” urlai io, teatralmente, mettendomi comoda con le gambe sul tavolo.
“Messico, vai tu va’” disse Harry, scuotendo la testa a sua volta e ridendo del suo fidanzato.
Louis sparì all’ingresso, per accogliere il nostro ospite.
“Dolce Lou, chi è la candida anima che fa visita alla nostra dimora, rallegrando questa nostra giornata di luglio?”
Harry neanche si voltò per guardarmi sconcertato o anche solo spaventato, ormai era tutto normale per lui.
“Qualcuno che conosci bene, dolce Nat – disse Lou, facendo ritorno in cucina, con il nostro benamato ospite – e te l’ho detto dieci volte, di non chiamarmi così”
“Come ti pare, dolce Lou”
Lui mi guardò male, ed il viso dell’uomo che mi crebbe si palesò in cucina.
“Ah, sei tu  - feci io – che noia”
“Anche io sono contento di vederti, Natalie”
Gli feci un cenno con la mano, affondando un dito nell’impasto al cioccolato di Harry.
“Lasciala perdere Tyler, lei è.. – cominciò proprio Harry, cercando di trovare una spiegazione a.. beh, a me – è Natalie” appunto.
Tyler rise, salutando poi Lou ed Haz con un abbraccio di slancio.
“Come state ragazzi? – chiese papà ai miei due coinquilini barra migliori amici barra presto sposi – vi vedo bene”
“Vieni al dunque – lo interruppi io, tenendo lo sguardo fisso sulla televisione e continuando a mangiare quell’ottimo impasto – che ti serve papà?”
Harry mi rubò dalle mani la sua preziosa ciotola azzurra, con sguardo indignato.
“Se te lo mangi tutto, con che cosa li faccio poi io i biscotti?” replicò, offeso.
Gli feci il verso, mentre mio padre, come Harry, s’indignava.
“Un padre non può più far visita a sua figlia ed i suoi migliori amici con cui vive? Mi ferisci così, piccola” recitò, colui che mi mise al mondo.
Lo guardai di sottecchi, dopodiché mio padre sospirò, dandomela vinta.
“D’accordo, hai ragione, sono qui con uno scopo preciso” ammise.
“Ah, gli Shade – dissi io, spegnendo la TV –siamo tutti così dannatamente simili e geniali, tranne Manuel, non so cosa sia successo a lui”
Lou ridacchiò, accendendosi un’altra sigaretta, sotto lo sguardo molesto di Harry, che continuava a mescolare innervosito quel dannato impasto. E mentre mio padre prendeva posto di fronte a me ad una delle sedie del tavolo, io non vedevo l’ora che il matrimonio arrivasse, perché davvero, la situazione Styles sposina irritabile perennemente con le sue cose, stava iniziando a sfuggirci di mano.
“Allora, Tyler – cominciò Lou, curioso come la pettegola che era il suo fidanzato – di cosa volevi parlarci?”
“Beh, è una cosa abbastanza seria e delicata”
“Oh mio dio – dissi io – Manuel lascia il paese? O sei tu a lasciarlo? O entrambi? Ti prego fa che sia entrambi”
Sentii la risatina di Harry, ancora impegnato, girato verso il ripiano della cucina.
“E anche se fosse? Tra qualche settimana sarai tu a lasciarlo, il paese” replicò mio padre.
“Oh, già” ragionai, con una punta di tristezza.
Guardai in basso, dopodiché Louis mi toccò una spalla, comprensivo.
“Piccola, che ci pensi a fare adesso? Abbiamo ancora tre splendide settimane da passare insieme! E poi Angelina ci porterà in Messico, no?”
Scoppiai a ridere insieme a lui, sotto lo sguardo confuso di papà.
Harry si girò stile serial killer verso di noi, e devo ammettere che faceva un po’ paura, con quell’affare per i dolci tra le mani.
Aiuto.
“Dite un po’ voi due, volete essere buttati fuori di casa adesso o dopo?”
“Ragazzi – ci riprese mio padre – e poi vi chiedete perché non vengo spesso a trovarvi? Insomma, che storia è questa del Messico?”
Scossi la testa, riprendendo il filo del discorso, mentre Louis spegneva l’ennesimo mozzicone nel posacenere e si appoggiava al mobile della cucina, affianco ad Haz.
“C’è tempo per parlare del Messico, papà, concentriamoci su una cosa alla volta”
“Giusto – mi assecondò lui – allora, sapete tutti che io e Danielle viviamo insieme ormai da un po’,  ed io avrei bisogno di un consiglio”
“E lo vorresti da noi?” chiesi, stranita, indicando tutti e tre.
Papà ci guardò, forse pentendosi di quella decisione.
“Sentite, sono disperato, o voi o Dyana e Perrie – ci fece notare – credete che sia stata facile come scelta? Sono andato ad esclusione, sono circondato da ragazzini!”
Io sbuffai e Louis prese in mano la situazione.
“Che tipo di consiglio ti serve?”
Nell’attesa, mi alzai per prendere un bicchiere di the freddo e passando accanto ad Harry, rubai un altro po’ di impasto con il dito, scatenando una scenata da parte del cuoco provetto, che mi picchiò sulla mano con quel dannatissimo mestolo.
“Vorrei chiedere a Danielle di sposarmi”
Per poco non mi andò di traverso il the.
Iniziai a tossicchiare come una dannata, come se un intero cucchiaio mi si fosse incastrato in gola. Louis mi tirò qualche pacca dietro la schiena.
“Perché sei sempre così melodrammatica, Natalie?” mi chiese papà.
“Scusa se stavo per morire, eh”
“Allora? Che ne pensate?”
Mio padre mi ignorò, guardandoci, uno per uno.
“Credo sia un’ottima idea – cominciò Lou – Danielle è adorabile e state benissimo insieme”
Tyler annuì, sorridente.
“Harry?”
Il mio best friend for ever finalmente si girò verso di noi, con uno straccio in mano stile casalinga disperata e sexy.
“Perché no?” fece, sorridendo.
Dopodiché papà si voltò verso di me, che ancora cercavo di riprendermi da quel brutto attacco di tosse.
“E tu, Natalie? Che pensi? Ti sembra una buona idea?”
Lo fissai per qualche istante, chiedendomi se quella potesse essere davvero una buona idea. Poi scossi la testa, alzandomi di scatto dalla sedia e dirigendomi verso la porta.
“Meravigliosa”.
 
 
 
 
 
 
“Ehi..”
Mi girai, e vidi mio padre, che mi raggiunse sull’ultimo scalino di casa mia.
“È inutile che mi saluti, ci siamo visti pochi minuti fa, condividendo pochi metri quadrati”
“Primo: ehi non è considerato da tutti un saluto – cominciò, facendomi vagamente ridere – e secondo: non essere così  dura con la tua nuova casa, sono sicuro che sono molto più di pochi metri quadrati”
Lo guardai divertita per qualche istante, dopodiché mi appoggiai alla sua spalla.
“Ma non poteva capitarmi un padre normale? – domandai, retoricamente – tutto “Fai i compiti e vai in camera tua!” o, che so io, che mi proibisse di baciare altri ragazzi mentre sto per sposarmi” buttai lì.
Tyler rise, dopodiché realizzò e mi guardò negli occhi, confuso.
“Tu hai..? Oh, sei proprio una bambina cattiva, Natalie!”
“Ah, lo so, pensa che non sono neanche arrivata vergine al matrimonio”
“E Jacque lo sa?”
Ci guardammo negli occhi, per poi scoppiare sguaiatamente a ridere.
“Ti voglio bene, lo sai?”
“Wow, fa strano sentirlo da te, non sarà la prima volta che me lo dici?”
Mi strinsi nelle spalle.
“Probabilmente”
“Non sei come Manuel, tu – disse, cingendomi le spalle con un braccio – quel ragazzino mi si attaccava sempre alla gamba e non c’era verso di farlo scollare da lì”
Sorrisi, un po’ nostalgica dei vecchi tempi da bambini.
“Mi manca”
“Cosa?”
“Tutto quanto”
Tyler annuì, stringendomi di più, lasciando che potessi appoggiare la testa al suo petto.
“Anche a me, piccola”
Passammo qualche istante così, abbracciati, in silenzio, e mi mancò davvero tutto. Sentii una strana paura farsi largo dentro di me, all’improvviso.
“Quand’è che tu e Zayn vi siete baciati?” mi domandò, di getto.
“E tu come fai a sapere che..?”
“Hai detto di aver baciato un altro ragazzo – mi interruppe – non baceresti nessuno che non sia Zayn”
“Già – acconsentii, guardando in basso, increspando le labbra – ho paura, papà”
“Lo so piccola, è normale – mi accarezzò i capelli – stai per sposarti, chi non ne avrebbe? Guarda Harry e Louis! State diventando grandi, davanti ai miei occhi..”
“Anche tu stai per sposarti” gli ricordai, guardandolo negli occhi.
“Sei d’accordo?” mi domandò, stranito.
Annuii, giocherellando con le mie mani.
“Danielle va bene, mi piace”
“E allora cos’era tutta quella scenata, in casa?”
“È strano vederti con un’altra donna, scusa, ci farò l’abitudine”
“Non scusarti, è importante per me il vostro appoggio, il tuo, quello di Manuel e quello di Jane” mi spiegò.
“Non ti sposeresti senza il nostro consenso?” domandai, stupita.
“Mai, piccola, voi siete la mia vita”.
 
 
 
 
 
 
 
Ero in camera mia, in mutande e reggiseno, mentre decidevo che cosa indossare per la cena con papà, Danielle, Manuel e Dyana di quella sera. Quando Harry arrivò, con una fascia rosa tra i capelli e gli occhi vispi: ecco, la mia fata madrina compare sempre quando ne ho più bisogno.
“Ah, Haz, menomale che ci sei tu! – gli mostrai i vestiti che tenevo in mano – che ne dici?  Vestitino nero o maglietta a righe e jeans semplici?”
“Vestito, senza ombra di dubbio – disse, sbrigativo – ci sarà anche Jacque stasera?”
“Perché dovrebbe?” domandai corrucciata, mentre mi infilavo il vestito.
Harry si passò una mano tra i capelli.
“Eh, non lo so, perché è il tuo fidanzato forse?” domandò, retoricamente, con quel suo tono ironico che faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi in faccia.
“Perché devi essere sempre così simpatico? Piuttosto, va’ a scegliermi un paio di scarpe decenti, sono stanca di uscire sempre con le Vans di Lou”
Harry si diresse verso la mia scarpiera (uno spazio della mia camera tra la finestra ed il letto).
“Dato che non è un periodo tutto rose e fiori per noi due – cominciò, con la testa tra la mie scarpe, impegnato nella ricerca – che ne diresti di andare a fare un po’ di shopping?”
“Shopping? Ora?” domandai, stranita.
“Ah – ah – assentì, riemergendo dagli abissi della mia “scarpiera” – Jeffrey Campbell, adoro”
Scossi la testa ridacchiando, afferrando le mie scarpe col tacco alto: un regalo pretenzioso di Zayn mi piace sfoggiare la mia ricchezza tranne che per il mio abbigliamento da barbone Malik.
“E dove vorresti andare? Al centro commerciale? Beh, allora avrò bisogno di un paio di pantaloni e delle Vans di Louis”
“Certo, ma non intendevo dello shopping normale”
Quel ghigno sul suo viso mi mise non poca paura.
“Harry, che hai in mente?” chiesi, spaventata.
“Lo scoprirai – disse, diretto alla porta di casa, urlando – prendi le chiavi della Bmw e chiama Perrie e Dyana, vedrai quanto sarai contenta!”.
 
 
 
 
 
 
*“Stai scherzando, vero?”
Volevo uccidere Harry Styles, volevo uccidere lui e le sue scarpe nere con i brillantini. Lo volevo uccidere lì, nel luogo dove mi aveva portata, da Deborah’s, in quel dannatissimo negozio di abiti da cerimonia.
“Piantala di fare la rompi palle, Natalie! – mi riprese Perrie, sovraeccitata, accarezzando il tessuto degli abiti candidi da sposa – adoro questo posto, chissà quando toccherà a me!”
Dyana roteò gli occhi al cielo, andando a recuperare la nostra amica senza speranza, tutta bei capelli biondi ed aspetto di una Dea con il rossetto rosso.
“Non sei contenta? – mi chiese Harry, allargando le braccia – ti sposi tra meno di sei mesi e non hai ancora un abito da sposa!”
Lo guardai di sottecchi, facendo cadere la mia borsa per terra.
“E da quando sei entusiasta del mio matrimonio? Tu sei il presidente del partito contro Jacque” gli ricordai.
“Ed io il vice presidente” si aggiunse Perrie.
Guardammo tutti e tre nella direzione di Dyana, che alzò le mani in segno di resa.
“Adoro Zayn, ma tu sei la mia migliore amica, e sono con te, qualsiasi scelta deciderai di prendere”
“Dyana è la mia preferita, stop” feci presente agli altri due.
“Se ti piacciono i lecchini” fece Perrie.
Dyana le fece il verso, mentre Harry mi tirava per la maglietta.
“Questo – disse il mio migliore amico, allargando le braccia – è l’unica cosa che mi renderà mai entusiasta del tuo matrimonio con Jacque”
Roteai gli occhi al cielo, ed una signora sulla quarantina con i capelli viola, si avvicinò a noi. Sembrava una pazza furiosa, sorrideva a 23123 denti e fissava proprio noi, con quei suoi occhietti azzurri e vispi.
“Salve a tutti! – fece lei, urlettando – io sono Deborah!”
Per poco Harry non svenne lì.
“Lei è Deborah? Quella Deborah? La Deborah del negozio?”
“Sì Harry, credo sia chiaro” intervenne Dyana.
“Certo tesoro, c'est moi !”
“Oh, direi che ha centrato il punto con il francese – dissi io, interrompendo il fangirlare eccessivo di Styles – salve Deborah, sono venuta qui con le mie amiche per cercare un abito da sposa che faccia al caso mio”
Deborah squadrò Harry, Dyana e Perrie, probabilmente perché avevo usato la parola “amiche” per definire un gruppo di non sole donne ma, beh, Harry non poteva considerarsi un uomo, suvvia: aveva una fascia rosa nei capelli e delle scarpe con i brillantini, siamo realisti.
“Oh mio dio! – che il signore ci aiuti, quella era Perrie che urlava – adoro i suoi capelli! Vorrei farli anche io esattamente così, o forse di qualche tonalità più chiara..”
Deborah rise, dopodiché prese me ed Harry a braccetto.
“Ragazzi, siete venuti nel posto giusto”.
 
 
 
“Ehi! Qualcuno potrebbe darmi una mano? La lampo fa i capricci!” urlai, dal camerino.
Avevo provato almeno dodici abiti: a sirena, a principessa ed un milione di cose che mi aveva suggerito Styles. Avevo ascoltato Dyana ed Harry parlare delle loro vite a Deborah, mentre Perrie mangiava patatine alla paprika nel camerino con me ed io non riuscivo ad immaginarmi a camminare verso l’altare e Jacque, con nessuno di quegli abiti.
“Eccomi”
E la mia fata madrina entrò nel camerino in cui ci sarebbero potute stare cinquanta persone, Deborah ci aveva anche offerto dello champagne.
“Oh, finalmente, non riesco a respirare”
Ma Harry, non appena mi vide, si bloccò e sbarrò gli occhi.
“Natalie, sei incredibile, sei meravigliosa, sei..”
“Incapace di respirare, se non mi tiri su questa maledettissima lampo!”
Harry si affrettò ad aiutarmi, dopodiché mi fece guardare nello specchio e, mio dio, finalmente riuscii a sentirmi una vera sposa.
“Ma sono.. bellissima”
Non c’era ombra di vanità nella mia voce, era uno di quei momenti magici alla Say yes to the dress in cui la sposa ha quella strana sintonia con il suo abito.
E, inevitabilmente, finisce per commuoversi.
“Lo sei, piccola”
Mentre Harry mi cingeva i fianchi da dietro, riuscii ad immaginarmi a camminare verso l’altare. Il mio abito perfetto, un bouquet di rose bianche, tutti gli invitati lì per noi ed i miei occhi fissi su di lui. Bellissimo, impeccabile come sempre e mi guarda, sorridente, come se fossi la cosa più bella al mondo.
Ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo ad immaginare Jacque, lì con me, pronto a stringermi la mano alla fine della mia camminata, per evitare una mia caduta rovinosa dovuta ai tacchi troppo alti.
Lì ad aspettarmi all’altare ci vedevo solo Zayn, per questo scoppiai a piangere, lì, nel camerino, assieme ad Harry, che preoccupato mi si parò davanti.
“Natalie? Che succede adesso? Perché piangi?”
“Guarda questo vestito bianco – dissi, ammirandolo, tra i singhiozzi - è bellissimo ed io vorrei potermi immaginare vestita così mentre cammino verso Jacque, pronti per iniziare una vita insieme, ma non posso fare a meno di desiderare che al posto suo in realtà ci sia Zayn, e non lui, non il mio collega nello studio a Parigi! Solo Zayn, Zayn e basta!”
Harry mi strinse tra le sue braccia, lasciandomi reprimere il pianto sulla sua spalla, come aveva già fatto in passato.
“Sta’ calma Natalie” mi sussurrava, tra i capelli.
“Sì, hai ragione, scusa – cercai di sorridere, per lui – ho solo bisogno di restare un po’ sola, tu va’ da Dyana e Perrie, dì loro che Manuel mi ha chiamata e che tra pochi minuti vi farò vedere il vestito”
Harry annuì e senza più dire nulla, mi lasciò sola, come da me richiesto.
Afferrai velocemente l’iPhone dalla tasca dei jeans e cercai di fretta il suo nome. Rimasi in attesa, mangiucchiandomi le unghie.
“Pronto”
Un colpo al cuore, la sua voce fu un colpo al cuore.
“Natalie?”
Mi richiamò, ed io presi un sospiro.
“Zayn”
“Tutto a posto?”  mi domandò, stranito.
“Vorrei che tu fossi qui”
Non riuscii a reprimere i singhiozzi, e scoppiai a piangere, ancora, al telefono con lui.
“Natalie, la devi smettere di chiamarmi mentre piangi”
Ridacchiai, nonostante tutto.
“Sto indossando il mio abito da sposa, Harry ha portato me e le ragazze a comprarne uno e credo che sceglierò questo”
“E qual è il problema? Credi che a Jacque non piacerà?” domandò, scocciato.
“No, non è questo”
“Farei carte false per essere io, Natalie, ad aspettarti all’altare”
Passammo qualche istante in silenzio, ad ascoltare solo i nostri respiri, fino a che Perrie non mi richiamò.
“Zayn, devo andare”
“Vuoi che venga lì?”
“No – risposi – sarebbe tutto dieci volte più complicato”
“Perché?”
“Perché è già difficile ora immaginarmi all’altare insieme a qualcuno che non sia tu, figuriamoci se fossi qui accanto a me”.

 






 
who cares?
allora, partendo dal fatto che non avrei dovuto aggiornare oggi, ma domani
è che sono troppo contenta perchè SONO STATA PROMOSSAAAA! SONO IN QUINTAAAA!
prima stavo rileggendo un pò i vari capitoli, ed ho trovato il momento in cui vi avevo detto che ero in quarta..
wow ragazze, come passa il tempo *lacrimuccia*
okay basta, pensiamo a zayn, natalie, haz, lou e compagnia bella
che ne dite? vi piace questo capitolo? spero di sì, ho già il 21esimo pronto, se tutto va bene dovrei postare.. lunedì o martedì
bene, vi amo molto ciao.


 

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Capitolo 21
*** Forever and always ***


 
quando trovate l'asterisco ascoltate "Forever and always" dei Parachute 


 
Half a heart
Chapter Twenty-one - Forever and always

 
Mandai al diavolo un ausiliare del traffico, domandandomi se il loro incarico in realtà non fosse quello di rompere i coglioni a noi comuni mortali. Scossi la testa, buttando le chiavi della macchina nel casino della mia borsa e lasciandomi alle spalle quel brutto incontro con quel cafone. Entrai nel ristorante scelto da mio padre, pronta per la cena di famiglia.
Pronta, certo, si fa per dire. Chi è mai davvero pronto per una cena di famiglia? Almeno Jacque non c’era, si stava occupando con Julia e Mike di cose per il matrimonio di Lou ed Haz, ormai alle porte.
“Natalie! – disse Danielle, allegra, venendomi incontro a braccia aperte – che bello vederti, è da un po’ che non vieni a casa”
La abbracciai, ammirandola nel suo abitino giallo: era davvero una donna stupenda, e bravo Tyler.
“Ciao Danielle”
“Ma quella non è la mia splendida figlia?”
“Papà, smettila” lo liquidai.
“Sorellina! È da una vita che non ci sentiamo né vediamo!” esclamò Manuel, non appena mi vide.
“Non vi siete sentiti al telefono meno di due ore fa, Natalie, al negozio di abiti da sposa?” domandò Dyana, mentre mi ritraevo dall’abbraccio con mio fratello.
“Io.. beh..” tentai di giustificarmi, mentre la mia migliore amica mi guardava inquisitoria.
Dannata spagnola, non le sfuggiva mai nulla.
“Ah sì? – intervenne Ameba Shade – ci siamo telefonati, prima?” mi chiese, stranito.
Gli tirai un calcio, cercando di non farmi vedere.
“Ahia! Ma sei impazzita?” si lamentò mio fratello.
“Abiti da sposa? – Dio benedica Danielle La Roche – oh mio dio, sediamoci, devi raccontarmi tutto Natalie!”.
 
 
 
“Ti dico di sì! – esclamò Dyana – ieri Manuel ha addirittura fatto una lavatrice, a casa!”
Mio padre finì il terzo bicchiere di vino, scuotendo la testa, allibito da quelle parole.
“Papà – mi sporsi verso di lui, seduta alla sua destra – siamo solo all’antipasto, ed abbiamo chiamato il sommelier quattro volte, a te sembra una cosa normale?”
“Siamo irlandesi piccola – mi ricordò, con una pacca sulla spalla – e poi quando ci ricapita di trovarci tutti insieme a cena in un ristorante tanto elegante? Devo ringraziare Zayn, per avermelo consigliato”
Persi un battito quando disse il suo nome.
“A proposito – intervenne Manuel – perché Zayn non c’è?”
“Chiedilo a tua sorella” disse Dyana.
La fulminai con lo sguardo, mettendo poi mano alla mia borsa.
“Io vado ad incipriarmi il naso, mi fai compagnia, Dyana?” escogitai un diversivo.
“Ma certo, Natalie”
Ci alzammo e ci dirigemmo insieme al bagno, ed una volta lì, chiusi la porta a chiave, strattonandola per un braccio.
“Ahia! Mi fai male così, pazza!”
“Non voglio che si sappia che provo ancora qualcosa per Zayn, nonostante io sia ufficialmente fidanzata con un altro”
“Come se non lo sapessero già tutti quanti: Manuel, tuo padre, Danielle – si mise ad elencare – perfino Jacque, se ne è accorto”
“Non riesco ad immaginarmi mentre cammino verso di lui all’altare, Dyana, nella mia mente riesco a vedere solo il viso di Zayn, al posto di quello di Jacque, che dovrei fare?”
“Prendere una bella decisione, amica mia, è arrivato il momento”
Sospirai, mentre lei si passava il suo lucidalabbra rosso, fissandosi allo specchio. Quant’era bella Dyana, bella da vivere.
“Già, come se non lo sapessi, passa qua”
La imitai, ripassando a mia volta lo strato di lucidalabbra che già portavo.
Dyana si appoggiò al lavandino, guardandomi.
“Non sei costretta  a sposare Jacque, quell’anello non è incollato al tuo dito, puoi sempre sfilartelo e tirarlo addosso al tuo presunto futuro marito, correndo poi tra le braccia di Zayn e vivere felici e contenti nella vostra nuova casa rosa”
“Tu sai della casa rosa? Ma come..?”
“Manuel bocca larga colpisce ancora”
Feci schioccare la lingua, pensando a quanto mio fratello fosse pettegola, forse anche più dello stesso Harry. No, un momento, non esageriamo.
“Quindi?” mi esortò Dyana.
“Quindi cosa?”
“Il matrimonio o la casa rosa?”
“Devo decidere ora?”
“No, ma più presto deciderai, meno male vi farete”.
 
 
 
Eravamo finalmente arrivati al dolce e , con esso, alla fine della serata in famiglia. Mio padre si era scolato minimo due litri di vino rosso, e Manuel aveva mangiato qualsiasi cosa i camerieri mettessero sul tavolo.
Ecco perché una volta a casa, avrei mangiato tutti i biscotti al cioccolato di Harry.
“Manuel, Dyana, io e Danielle avremmo qualcosa da dirvi” disse Tyler, schiarendosi la voce.
“Questa la voglio proprio vedere” dissi io, facendomi curiosa, immaginando quale sarebbe stato di lì a poco l’argomento di discussione.
Danielle rise, stringendosi sotto il braccio di papà, che le cingeva le spalle. Mi sciolsi nel vederli così belli ed innamorati, mi ricordarono me e Zayn qualche anno fa.
“E di che si tratta?” chiese mio fratello, curioso.
“È una cosa davvero importante per te” continuò papà.
“Okay, così mi spaventate, volete parlare o aspettare altri sei mesi? Vi ricordo che abbiamo due matrimoni a cui partecipare, ed uno è quello di tua figlia, papà”
“Tre matrimoni” lo corresse il signor Shade.
Manuel aggrottò le sopracciglia, mentre Dyana sorrise, intuendo, essendo lei molto più furba del suo ragazzo.
Guardai il mio capo barra mamma, curiosa.
“Manuel, io e tuo padre ci sposiamo” continuò proprio Danielle.
“Ah – fece Manuel – no, un momento, che cosa?”
Dyana si alzò dalla sedia, abbracciando entrambi, entusiasta della notizia.
“Sono contentissima per voi, davvero!”
“Grazie Dyana” fece Danielle.
“Manuel? – Tyler si assicurò che il suo primogenito respirasse ancora – non farmi preoccupare, dai un segno di vita”
“No, okay, è fantastico, davvero, mi avete solo colto di sorpresa”
Si alzò anche lui, stringendo la mano di papà e baciando Danielle sulla guancia.
“L’hai presa bene” dissi io, rivolta a mio fratello, mentre Dyana, Danielle e papà intrattenevano una conversazione sulle future nozze.
“Perché tu lo sapevi già?”
“Papà è venuto ieri a chiederci un consiglio, a me ed i ragazzi”
“Un consiglio?”
“Sul da farsi – spiegai – ci ha chiesto se secondo noi fosse una buona idea, sposare Danielle”
“È sempre una buona idea, sposare colui o colei di cui sei innamorato” disse mio fratello, saggiamente.
“Già, non sai quanto hai ragione, Manuel”
Passammo qualche istante in silenzio, guardando la felicità di Danielle e papà.
“Tu non lo ami, Natalie” se ne uscì poi lui, dal nulla.
“Non dire sciocchezze, lo amo più della mia stessa vita”
Mi voltai verso Manuel, che mi guardava con un mezzo sorriso.
“Parlavo di Jacque”.
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo ero a casa, seduta al tavolo della cucina, assieme al mio fidanzato. In sala Harry e Lou stavano dando una festa e le special guests erano Liam e Niall, intenti nello sfidarsi ad un emozionante torneo di Pes.
Attenzione, non sapevo quale delle due attività fosse più noiosa: la loro, o la nostra. Più precisamente, confezionare miliardi di bomboniere per il nostro molto futuro matrimonio.
“Non credi che sia un po’ presto, Jacque? Insomma, perché hai fatto arrivare le bomboniere da Parigi a Londra, potevamo aspettare”
Jacque lavorava come un matto, su quei maledetti sacchettini arancioni. Mi faceva anche vomitare tra l’altro, l’arancione.
Mon amour – cominciò – non è mai troppo presto, per il nostro matrimonio, pensavo lo sapessi che..”
“Sì, sì  - lo liquidai, roteando gli occhi al cielo – vuoi che sia tutto perfetto, d’accordo, mi metto al lavoro”
Jacque sorrise, dandomi un tenero bacio sulle labbra.
Sorrisi anche io, impacchettando l’ennesimo sacchettino di quel colore fastidioso, faceva male agli occhi, dannazione.
“GOOOOOOOOAL! - esplose, la voce di Niall – campioni del mondo, signori, campioni del mondo!”
“Siediti Horan, e contieni la tua gioia – gl’intimo Liam – solo a Pes, l’Irlanda potrebbe vincere ai mondiali di calcio”
“Stronzo”
Sentii le risate di Harry e Louis, ed inevitabilmente, mi lasciai andare ad una risata.
“I tuoi amici hanno un senso dell’umorismo particolare, Natalie”
Nonostante tutto, mi piaceva il modo in cui Jacque pronunciava il mio nome: Natalì.
“In che senso?” chiesi, senza staccare gli occhi dalle bomboniere.
“Nel senso che sono qui da più di un mese, ed ancora non capisco che ci trovino da ridere in tutto quello che si dicono”
Mi strinsi nelle spalle, sorridendo, guardandoli divertirsi in sala.
Stavo per dire qualcosa, quando il campanello suonò.
“Natalie! – urlò Lou – vai tu?”
“Certo! Perché mi sono trasferita qui, se non per andare ad aprire alla porta mentre voi siete impegnatissimi a giocare alla play?” dissi, ironicamente.
“Ti ringrazio, piccola” rispose Louis, ignorando il mio sarcasmo.
Mi alzai dalla sedia, sbuffando. Strisciai i piedi fino alla porta, e quando vidi il volto del nostro ospite, la richiusi alle mie spalle, uscendo a mia volta sul pianerottolo.
“Che diavolo ci fai qui?”
Spingendolo in avanti, ero finita tra le sue braccia.
“Ci vengo più spesso, se l’accoglienza è sempre questa”
“Zayn! C’è Jacque dentro!”
“E? – mi chiese lui – non sono qui per te, mi ha chiamato Styles”
“Oh – valutai – pensavo che..”
“Non essere così egocentrica, piccola”
Mi scoccò un bacio veloce sulle labbra, spalancando la porta di casa ed entrando nella dimora Styles – Tomlinson – Shade.
“Bella Raymond, che si dice?”
Sentii il suo saluto al mio fidanzato, così mi affrettai ad entrare. Zayn era già sparito in sala con gli altri, e quando Jacque mi vide spaesata, aggrottò le sopracciglia.
Natalì – cominciò, indicando un ipotetico Zayn nella stanza accanto – perché sei sparita fuori con Malik?”
Feci finta di niente, tornando a sedermi al mio posto, sbrigativa.
“Ma che film ti fai, mon amour? Non sono sparita proprio con nessuno, adesso diamoci una mossa con queste bomboniere, agosto dell’anno prossimo è alle porte!”
Jacque mi guardò interrogativo per qualche secondo, dopodiché si strinse nelle spalle, tornando ad impacchettare quegli orribili sacchettini arancioni.
Ma per quanto mi concentrassi sulle mie dita martoriate e sul lavoro che stavo facendo, non riuscivo a non pensare all’arrivo di Zayn di pochi momenti prima. Il suo bacio mi aveva scombussolata del tutto.
Così escogitai un diversivo.
“Non trovi faccia freddo qui, Jacque?”
Lui scosse la testa, senza degnarmi di uno sguardo.
“Non saprei, Natalì”
“Beh, io lo so, ed ho freddo – ribadii – corro in camera a mettermi qualcosa, torno subito”
Gli mandai un bacio volante, a cui lui rispose con un sorriso. Dopodiché passai volutamente dalla sala, lanciando uno sguardo complice a Zayn, prima di sparire sulle scale.
Mi chiusi la porta di camera mia dietro le spalle, aspettando qualche istante. Era impossibile che quella testa di cazzo non avesse capito, i miei sguardi erano stati davvero molto allusivi al fatto che lo volessi nella mia camera in pochi minuti.
Quando sentii bussare, aprii impercettibilmente la porta e lo afferrai per il polso, tirandolo dentro.
“Ma sei impazzita, Natalie? – mi domandò, sistemandosi la camicia che portava – dovrò farti rinchiudere, un giorno di questi”
“Non ce la faccio più, Zayn, guarda qua”
Lo ignorai, mettendogli le mie mani sotto gli occhi.
“Beh? Cosa dovrei guardare?”
“Ho le dita martoriate, mi viene la depressione al solo pensiero di dover impacchettare altri di quegli orribili sacchettini arancioni” mi lamentai, come una bimba.
“Che storia è, questa?” chiese, stranito.
“Jacque ha fatto arrivare le bomboniere del nostro matrimonio, da Parigi, ovviamente, la stoffa londinese è troppo poco di qualità, per lui”
“Vuoi una mano? – mi chiese, sotto il mio sguardo sconcertato – a distruggerle, intendo”
Scossi la testa, restando poi a guardarlo, in silenzio.
Passarono i minuti, gli anni, i secoli, i millenni, e lui stava fermo lì.
“Beh? – sbottai, colpendolo sulla spalla – fa’ qualcosa, no?”
“Che vuoi che faccia? Che lo prenda a pugni? Oh, beh, d’accordo, ogni tuo desiderio è un ordine per me, piccola” fece per muoversi verso la porta, ma gli afferrai la mano.
“Non fare il cretino – lo ripresi, ferma – trova un modo per uscire di qui”
“Dalla tua camera o da casa tua?”
“Zayn rischi una converse in faccia, ti avviso”
Lui sbuffò, mettendo mano alla maniglia, ma io lo bloccai.
“Mi fai uscire o no?”
“Prima voglio essere a conoscenza del tuo piano” lo avvertii.
“Fidati di me”.
 
 
 
“Styles! – chiamò Zayn – mia madre ha chiamato, chiede se sei libero per quello scambio di ricette di cui parlavate l’altra sera”
“Oh beh, ho appena perso contro Liam, quindi perché no?”
Haz si alzò dal divano, andando incontro al suo amico.
Io intanto ero rimasta in cima alle scale, sotto suggerimento di Zayn.
“Natalie! – mi chiamò a sua volta Styles – vieni con me? Ho bisogno di te”
“Beh Harry, in realtà io stavo lavorando alle bomboniere con Jacque, non so se..”
“Vai pure Natalì – disse lui – mi aiuterà Niall, non è vero?”
Oltre a ridacchiare per il modo in cui Jacque storpiava il nome del nostro amico irlandese, supplicai proprio lui con lo sguardo, di dire di sì.
“Ma certo, ho sempre sognato di impacchettare sacchettini arancioni” disse lui, seppur guardandomi male.
Lo abbracciai forte e gli scoccai un bacio sulla guancia, sussurrandogli migliaia di grazie nell’orecchio.
“Questa me la pagate, tu e il pakistano”.
 
 
 
“Oh ragazzi siete stati grandi! Grazie Harry!” abbracciai il mio migliore amico, mentre Zayn estraeva le chiavi della macchina dalla tasca posteriore dei jeans neri.
“Figurati piccola, questo ed altro per te e Malik – disse – a proposito, dove pensate di andare?”
“Ho una sorpresa per lei – fece Zayn, parlando come se io non ci fossi – tu, piuttosto Styles, che farai adesso?”
“Penso che andrò da Manuel, Dyana e Perrie” disse, stringendosi nelle spalle.
“Grazie, amico” lo ringraziò sinceramente Zayn.
Harry sorrise, prima di sparire nel suo Range Rover.
Rimanemmo solo io e Zayn.
“Beh, quale sarebbe questa sorpresa?”
Ammirai le sue labbra aprirsi in un meraviglioso sorriso.
“Vedrai”.
 
 
 
*“Che ci facciamo qui?” domandai, perplessa, ancora compressa nella Panda Station Wagon di Malik.
Zayn aveva guidato fino a casa di mio padre, senza dirmi assolutamente nulla. avevo parlato solo io, anzi, più che altro l’ avevo pregato fino allo sfinimento perché mi dicesse dove, di fatto, fossimo diretti.
“Dannazione Natalie, vuoi fare silenzio per due e dico due secondi? Mi innervosisci e lo sai che non sono particolarmente bravo con le curve strette”
Sbuffai, giocherellando con una mia ciocca di capelli.
“Allora comprati una macchina nuova”
Erano le cinque e mezza del pomeriggio, quando capii dove Zayn mi aveva portata.
 
 
 
 
Quel posto non era cambiato di una virgola, eppure era da quattro anni che non ci mettevo piede. Dopo l’ultima volta con lui, non ci ero mai più tornata, neanche durante i miei periodi qui a Londra. Senza di lui era come se quel meraviglioso luogo che un tempo era stato mio e solo mio, non avesse senso.
“Te lo ricordavi così?”
Camminavamo fianco a fianco lungo la salita che conduceva al grande prato, quando Zayn mi fece quella domanda.
“Perché non mi prendi la mano?”
Zayn si strinse nelle spalle, dopodiché intrecciai le mie dita alle sue. Lui cercò di non sorridere, ma invano.
“Adesso sì” risposi alla sua domanda.
Lo guardai scuotere la testa, mentre si lasciava andare ad una bella risata.
“Sei una pazza nevrotica, Natalie”
“Ma dai, ti ringrazio molto”
“Hai così tanti sbalzi d’umore da fare invidia a Dr. Jekyll e Mr. Hyde” scherzò lui, strappandomi un sorriso.
“Sei migliorato con i complimenti” lo presi in giro.
“Sono sempre stato bravo”
Annuii, fermandomi ad ammirare il grande campo di margherite che avevo sempre adorato. Mi sfuggì un sorriso, alla vista di quel posto tanto familiare, per me. Ricordai Bruno Mars e Taylor Swift, e forse Zayn interpretò i miei pensieri, dato che si mise a ridere, senza un valido motivo.
“Non so quante canzoni di Taylor Swift abbia ascoltato, a Milano” confessò.
“Ah sì? – chiesi, sedendomi a terra, accarezzando la superficie di quel soffice tappeto di margherite – e qual è la tua preferita?”
“Qual è la tua?”
“Te l’ho chiesto prima io”
“Non fare la bambina, Natalie”
Sorrisi, ormai avevo perso il conto di quante volte avevo sentito quella frase dalla sua voce.
“Breathe, sempre e comunque Breathe - ammisi – ora dimmi la tua”
“Mine”
“Bellissima”
“Già”
Mi voltai verso di lui, accomodatosi affianco a me.
“C’è un motivo?”
“E te lo devo anche dire?”
Tornai a guardare dritto davanti a me, dopodiché sentii la sua risata amara.
“Che hai da ridere?” gli chiesi.
“Stavo pensando a quanto sia stato banale Jacque, con la sua proposta di matrimonio”
Lo guardai perplessa.
“In che senso?”
“Ma dai, quella dichiarazione al microfono, davanti a tutti, e quell’anello da un milione di euro  - ricordò – è stato ridicolo, lasciatelo dire”
“Tu avresti saputo fare di meglio?” lo punzecchiai.
“E me lo chiedi?”
Annuii, solenne.
Così lui sospirò, alzandosi in piedi.
“D’accordo, ti faccio vedere cos’avrei fatto io”
“Zayn, ma che..?” tentai, ma lui era già in ginocchio.
“Io ti avrei portata proprio qui, e te lo avrei chiesto così, lontano da tutti e tutto, nel posto che preferisci al mondo”
Mi guardò, accennando un sorriso, per poi continuare.
“Ti avrei preso la mano e, beh, probabilmente te lo avrei messo anche io un anello al dito, chiedendoti se volessi passare la tua vita insieme a me, sempre e per sempre”
Sentii gli occhi inumidirsi, ma sorrisi, cacciando indietro le lacrime.
“E poi? Che avresti fatto?”
“Poi sarebbe toccato a te, e qui devi dirmelo tu che avresti risposto”
Passammo qualche istante in silenzio, a guardarci, dopodiché lui riprese parola.
“Vorresti passare la tua vita insieme a me, Natalie, sempre e per sempre?”
Lo guardai negli occhi, sentendo nell’aria profumo di margherite, estate e sigarette e vaniglia. Sorrisi, per poi annuire e gettargli le braccia al collo, atterrando su di lui, sdraiata tra le sue gambe.
“Voglio passare la mia vita insieme a te, Zayn, sempre e per sempre, solo con te, nella nostra casa rosa e con i nostri quattro bambini, anzi, facciamo cinque”
“Perché non un’intera squadra di calcio, piccola?” scherzò, accarezzandomi la schiena, mentre i miei capelli scivolavano lungo il suo viso.
“Non per altro sei un allenatore, amore mio, potrò sfornare tutti i bambini che mi pare”
“Non ti facevo una amante dei bambini”
“Spero somiglino a te”
“Ora sei Dr. Jekyll, aspetto con ansia Mr. Hyde che, non posso negarlo, resta la mia parte preferita di te”
“Vaffanculo”
“Eccoti qua, Mr. Hyde, ci sei mancato”
Scoppiammo entrambi a ridere, l’uno sulle labbra dell’altro, per poi scambiarci un bacio dolce, al sapore delle promesse impossibili da mantenere e dei sogni irraggiungibili.
“Je t’aime, mon amour”
“Ti stai allenando per Jacque?”
“E tu ti stai allenando a fare lo stronzo? – domandai, per poi rispondermi da sola – ah no, aspetta, sei già un maestro in questo”
Lui si strinse nelle spalle, compiaciuto.
“Qualcuno te l’avrà pure insegnato, no?”
“Che cosa?”
“Ad essere la regina delle stronze, piccola”
“E tu la ami, la regina delle stronze?”
“Sempre e per sempre”.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
who cares?
buongiorno bimbe :)
come state? bene vero? anche io, e molto :)
L'AVETE SENTITA "FIREPROOF"? CHE SCLERI DIO MIO PER QUELLA CANZONE
okay scusate, la mia personalità da directioner fangirl adesso sparisce, e parliamo seriamente.
personalmente, spero che questo capitolo vi piaccia, perchè a me, in fondo in fondo, piace..
lo sapete che non mi piace mai nulla di quello che scrivo, ma spero di star facendo un buon lavoro con half a heart..
poi non so, ditemi voi :)
e ditemi anche che classe fate quest'anno dai! ahahaah vi amo un sacco <3


 
  
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Capitolo 22
*** Millwall ***





 
quando trovate l'asterisco ascoltate "Six degrees of separation" dei The Script


 
Half a heart
Chapter Twenty-two - Millwall


 
“Chi di voi ha avuto questa stupida idea?” domandai, ai ragazzi.
Niall, Liam ed Harry mi guardarono come si guarda un genitore che ti ha appena confessato che Babbo Natale non esiste.
“In realtà è stata un’idea del mister” mi rispose Niall.
“Lo chiamate ancora mister? Nonostante siate due giovani promesse del Manchester United? – chiesi, stranita – a proposito di promesse del Manchester, dov’è Louis?”
“Lou è già lì, ci sta aspettando” aggiunse Harry.
Così Liam si alzò dal divano, facendo tintinnare le chiavi della macchina nella mano destra.
“Ma io devo andare al lavoro, da Danielle, Jacque e..” tentai.
“Abbiamo avvisato io e Horan, per loro non ci sono problemi” m’interruppe subito Liam.
“Possiamo andare, adesso?” mi chiese Harry, recuperando la sua vecchia borsa di calcio.
“Ma perché? Dovrò rispondere a tante domande e non ne ho proprio voglia, di spiegare a tutti perché non convoli a nozze con Zayn Malik, ma con Jacque Raymond”
“Beh, tu provaci – disse Harry, stringendosi nelle spalle – magari riesci a spiegarlo anche a te stessa, una buona volta”.
 
 
Rimasi pietrificata all’ingresso del piccolo stadio, e Niall mi venne addosso.
“Natalie, si può sapere che problema hai?”
Scossi la testa, aggrappandomi al suo braccio.
“Scusa Niall – mi scusai – ma a te non fa uno strano effetto? Insomma, non ti vengono mille dejavu qua dentro?”
Io e l’irlandese prendemmo a camminare a braccetto.
“Certo – sostenne lui, stringendosi nelle spalle – qual è il punto?”
“Il punto è che è tutto diverso, e non sono sicura che la mia vita sia cambiata in meglio”
I suoi occhi azzurri m’inchiodarono sul posto.
“Capisci?”
“Piccola – cominciò lui – lo sai che per una sbronza epica ci sono sempre, ma sai anche che per questi discorsi malinconici e strappalacrime non hai bisogno di me, ma di quel soggetto laggiù, lo vedi quello con i capelli alla Raperonzolo?”
Scoppiai a ridere, perché anche se Niall non sapeva essere Harry nelle situazioni in cui lo richiedeva, sapeva sempre farmi stare meglio.
“Grazie, Niall”
Si strinse nelle spalle, cingendomi le spalle con un braccio.
“Figurati”
“Ragazzi, eccovi qua! – vidi Lou venirci incontro, con la vecchia borsa rossa sulla spalla – siete arrivati in ritardo per colpa di Natalie, vero?”
Liam annuì, ed io lo picchiai su di una spalla.
“Ahia!”
Gli feci il verso, e Niall scosse la testa, divertito.
“Fa niente, l’importante è che siete arrivati – convenne diplomatico Louis – la squadra avversaria è già arrivata, andiamo a cambiarci e.. dov’è Malik?”
“Non è con te?” domandai io, stranita.
Lou scosse la testa, dopodiché si strinse nelle spalle.
“Fa sempre così, alle partite”
Li vidi camminare verso il vecchio spogliatoio, Harry mi lasciò un bacio sulla guancia e poi sparì con gli altri. Io rimasi a guardarli, come una volta. Il mister Logan Hemsworth aveva organizzato una rimpatriata del Millwall, e mi sembrò di tornare a quattro meravigliosi anni fa.
“Buongiorno, bella addormentata”
Mi girai di scatto, quando sentii quella voce alle mie spalle.
“Ma dov’eri sparito?”
Zayn si strinse nelle spalle, abbozzando poi un sorriso.
“Le vecchie tradizioni vanno rispettate, non credi? – mi domandò retoricamente – che partita del Millwall sarebbe, se Logan non si incazzasse a morte con me perché sono arrivato in ritardo?”
“Hai 25 anni, Zayn, non più 21” gli feci notare.
“Ma è sempre la solita testa di cazzo” convenne una voce dietro di noi, che conoscevamo bene tutti e due.
Ci voltammo entrambi, scoprendo il volto del nostro misterioso interlocutore.
“Logan!” esplosi, abbracciandolo.
Lui rise, dopodiché si concentrò su entrambi.
“E voi due siete sempre inseparabili, eh? Ricordo quando dovevo chiamare un milione di volte Zayn, fino al fischio dell’arbitro, perché si allontanasse da te, Natalie”
Guardai Zayn, e lui guardò me. Gli sorrisi lievemente, e lui scosse la testa, come arreso al fatto che tutto fosse cambiato. Ed il mister si accorse che, sì, qualcosa era davvero cambiato, e noi non eravamo più i vecchi “Zayn e Natalie” che lui era abituato a conoscere.
“Vado a cambiarmi”  annunciò Zayn.
Guardai la sua schiena allontanarsi verso gli spogliatoi, e sentii lo sguardo del mister addosso. Così mi volta nuovamente verso di lui, porgendogli un sorriso.
“Mi dispiace”
“Per cosa?” chiesi, confusa, aggrottando le sopracciglia.
“Per te e Malik” rispose lui, ovvio.
“ È così evidente?”
Lui sorrise, toccandomi paternamente una spalla.
“Si vede che ci morite”
Non feci in tempo a dire nulla, perché Logan lasciò quelle parole nell’aria, per poi dirigersi in campo e mollarmi lì, come una scema.
“Ehi Nat, non si salutano più le amiche?”
“Ciao Pez, non sapevo neanche che foste qui” risposi, avvicinandomi alle mie due migliori amiche.
“Siamo venute con Manuel – m’informò Dyana, scoccandomi un bacio sulla guancia – come sempre, siamo arrivati mezz’ora prima del dovuto”
“Al solito” convenni io.
“E, come vedi, non sono riuscita a truccarmi!” disse Perrie, indignata.
“Oh mio dio, che disastro!” la presi in giro.
E mentre io e Dyana ridevamo delle nostra amica bionda, i ragazzi uscivano in campo, belli come una volta, belli come quando avevano vent’anni e pochi pensieri per la testa. Mi soffermai su ognuno di loro.
Per primo guardai Louis: una fascia gli tirava indietro i capelli ed aveva un accenno di barba, che probabilmente non aveva fatto in tempo a farsi, perché Harry aveva occupato il bagno per due ore, solo per farsi una semplice doccia. Ma Lou gliele lasciava passare tutte, al suo Haz. Lo guardai in viso, ed era così tremendamente bello e felice: stava per realizzare il suo sogno, dopo tanto tempo sprecato in segreti. Lui ed Harry ce l’avevano fatta, ed erano soltanto da ammirare.
Dopodiché guardai Harry: aveva legato i capelli in un imbarazzante mezzo raccolto, per quanto erano lunghi, i suoi boccoli. Ma quanto era bello, solo dio lo poteva sapere. Haz non era cambiato in nulla, era sempre lui, quel ragazzino un po’ capriccioso che era sempre stato al mio fianco. Il migliore amico del mondo, forse solo un po’ più sciupato e stressato, per il suo imminente matrimonio, con l’amore della sua vita.
E poi guardai Zayn, l’amore della mia vita. Si allenava con Manuel, come ai vecchi tempi, come avevano sempre fatto, da quando erano due ragazzini. Ma erano cresciuti, erano due uomini, anche se il tempo, quel giorno, sembrava essersi fermato. 
Mi appoggiai al muro, senza smettere di guardarlo. Pensai alla nostra storia ed al nostro amore un po’ sballato, pensai a quanto Zayn fumava e a quanto non capissi perché lo facesse, pensai al suo profumo di vaniglia e sigarette  e pensai a quanto dannazione mi mancasse.
E poi c’erano Niall, Liam, mio fratello e.. un momento, dov’era Blake?
“Natalie? Natalie Shade?”
Sorrisi, quando sentii quella voce dietro le mie spalle. E quando vidi i suoi occhi neri, capii che forse, probabilmente, i secondi si erano davvero fermati e noi avevamo viaggiato nel tempo, tornando a quattro anni fa, quanto tutto andava bene e la nostra vita ci piaceva, ci piaceva da matti.
 
 
 
“Allora, che mi racconti?”
La partita era iniziata da qualche minuto, ed io e Blake Lawson eravamo seduti sulle grate, in ultima fila, dietro Pez e Dyana.
“Io? Tu, piuttosto – rettificai – che hai fatto alla gamba?”
“Una brutta distorsione alla caviglia – disse, guardando le stampelle che portava – il dottore dice che dopo un mese di fisioterapia, potrò tornare a giocare, forse”
“Tu giochi?” domandai, sorpresa e contenta, nello stesso tempo.
Lui annuì, sorridente e fiero.
“Mi hanno preso al Chelsea, non sono sempre titolare ma.. me la cavo”
“E ci credo! – dissi, entusiasta – al Chelsea? E che ci fai qui?”
“Non potevo mancare a questa rimpatriata organizzata da Logan, l’ho trovata un’idea molto bella”
“Già, anche io..” mentii.
“Non dire cazzate Natalie, non ne sei mai stata capace”
Lo guardai negli occhi, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
“E va bene, hai ragione, ma adesso che sono qui, beh, non è niente male tornare indietro nel tempo insieme a tutti voi”
Blake sorrise, ed insieme passammo qualche istante di silenzio. Sentii Perrie e Dyana insultare l’arbitro, probabilmente Manuel aveva subito un’ingiustizia, perché quelle due erano il fan club di mio fratello.
“Ho saputo che ti sposi” disse poi, lui.
Io annuii, sorridendo a fatica, ricordando la proposta fatta per gioco di qualche giorno prima di Zayn.
“Già..” sospirai.
“Sai – cominciò – avevo sempre pensato che ti saresti sposata presto, Natalie”
“Ah sì? - gli chiesi, stranita – e perché?”
“Tu e Zayn vi amavate così tanto che tutti quanti pensavamo che sarebbe stato inutile, aspettare ancora tanto”
“Ma io non mi sposo con Zayn” lo misi al corrente.
“Lo so”
“E allora perché..?”
“Perché me lo devi dire tu, Natalie” m’interruppe.
Ed io sospirai, ancora, non ne potevo più.
“Sai Blake, è proprio per questo che non ci volevo venire qui, lo sapevo che tutti quanti mi avreste fatto questo tipo di domande – mi fermai, per respirare – ma io, davvero, non so che dire, io e Zayn ci siamo lasciati e non stiamo più insieme, fine dei giochi”
“È tipico di te” disse, ridacchiando.
“Cosa? Urlare come una pazza in luoghi pubblici? – improvvisai – già, ancora non me lo tolgo questo brutto vizio”
“No, Natalie – scosse la testa – ignorare i problemi, questo è tipico di te”.
 
 
 
 
“La squadra del Millwall al completo! Sogno o son desto?” esplose Blake, felice, fuori dagli spogliatoi, una volta finita la partita.
“Lawson! – urlò Niall – dannazione a te, numero 9 del Chelsea!”
Guardai i ragazzi fare quelle cose da ragazzi quando si incontrano dopo tanto tempo, mentre Dyana e Perrie correvano da Manuel e Liam, per farsi pagare qualcosa al bar, probabilmente, come succedeva ai vecchi tempi dopo la fine di una partita. Harry e Louis invece si tenevano per mano, fieri di poterlo fare finalmente anche in quel piccolo stadio, senza segreti, mentre parlavano e ridevano con il mister.
Io rimasi a guardare tutti loro, incantata, fino a che Zayn non mi si affiancò, sfiorandomi la mano.
“Piaciuta la partita?”
“Sai che ne guardo sempre e solo metà”
Lui rise.
“Ti ricordi quando portavi i libri, qui? Letteratura, storia, arte.. e studiavi, mentre noi ci allenavamo”
“E poi mi portavi a casa, in macchina, e ti fermavi sempre a cena”
Lui annuì, con un sorriso ad increspargli le labbra.
Haz interruppe quel nostro momento, proponendo a tutti quanti di andare a casa nostra, per bere un caffè e magari mangiare una pizza tutti insieme Gli altri acconsentirono, ma Zayn mi guardò, scuotendo la testa.
“Vieni con me”
“Non andiamo con loro?”
“Non stasera”.
 
 
 
*“Che ci facciamo a Portobello? – chiesi, una volta scesi insieme dalla Panda Station Wagon – hai comprato un’altra casa? Magari lilla, stavolta, o arancione, ti prego fa che non sia arancione..”
“Vuoi fare silenzio, Natalie?” mi riprese lui.
Io sbuffai, mentre lui mi prendeva la mano, come solo un padre irritato sapeva fare con la sua bimba petulante.
“Allora? Perché mi hai portata qui?”
“Aspetta e vedrai”
Camminammo in silenzio (davvero molto raro) mano nella mano per qualche minuto, Zayn si era acceso una sigaretta ed io mi ero accorta che stava davvero molto bene, con quel maglioncino verde.
“Sei andato a fare shopping con Harry e Louis, di recente?” gli chiesi.
“Si nota tanto?”
Scoppiai a ridere, mentre lui sorrideva sornione e buttava a terra il mozzicone di Marlboro, spegnendolo poi con la sua converse.
“Eccoci – annunciò Malik – questa è la piazza di Portobello, non è bellissima?”
Annuii, senza dubbio era meraviglioso, io adoravo Portobello Road.
“Sì, okay, d’accordo, ma perché proprio qui?”
“Beh, è qui che abbiamo la casa, giusto? – annuii, lasciandolo parlare – volevo farti vedere come sarebbe la nostra vita, se tu accettassi di trasferirti qui con me”
Rimasi a bocca aperta per qualche secondo, mentre lui mi osservava, con un mezzo sorriso.
“Zayn, lo sai che non possiamo”
“Il punto non è se possiamo o no, il punto è se lo vogliamo – si avvicinò a me – vogliamo passare il resto della nostra vita insieme? Oppure vogliamo lasciar perdere, e tornare alle nostre vite, tu a Parigi, ed io a Milano”
“Non voglio lasciar perdere – risposi – ma devo”
Lui mi guardava, ed io lo guardavo, la distanza che ci divideva era davvero poca e le persone intorno a noi, era come se non esistessero.
“Tu non devi fare niente, piccola, devi solo decidere che cosa vuoi, lascia perdere per un solo minuto cosa sarebbe giusto fare, e concentrati su cosa tu, vorresti davvero”
Lo ascoltai e, inevitabilmente, sorrisi, buttandomi a capofitto tra le sue braccia, ispirando il suo profumo di vaniglia e sigarette, sul suo maglioncino verde.
“È difficile, Zayn, io..”
“Okay, adesso ascoltami  - m’interruppe – non so se qualcuno te l’ha mai detto, ma esistono sei gradi di separazione, e noi li stiamo passando tutti quanti, mano a mano che stiamo insieme”
“Sei gradi di separazione? Ma che..?”
“Il primo: i cuori spezzati – si mise ad elencare, contando con le dita, in mezzo alla gente perplessa – il secondo: tutto quello che viene dopo il cuore spezzato, quelle sensazioni che ti uccidono, te le ricordi?”
Annuii.
“Il terzo: quando il tuo mondo ti crolla addosso – continuò - il quarto: quando da solo, credi che tutto sia tornato al suo posto, che tutto vada finalmente bene e che non ti manchi nulla, il quinto: quando torni, e vedi l’amore della tua vita insieme ad un altro..”
“E il sesto?”
“Il sesto: quando pensi che, forse, hai fatto una cazzata  -fece una pausa – hai fatto una cazzata a non farti sentire né vedere per quattro anni interi”
Rimasi a guardarlo, con le labbra semichiuse e senza sapere cosa dire.
“Zayn..”
“Non dirmi niente, Natalie, non m’importa, dimmi solo, per una dannatissima volta, se sei più felice con lui che con me, ho bisogno di sentirtelo dire”
Scossi la testa, sorridendo vagamente.
Mi avvicinai a lui, accarezzandogli dolcemente il viso.
“Ti amo, okay? E dopo quei sei gradi di separazione, ce ne è un settimo, e quel settimo grado sei tu, sono io, siamo noi”
Mi guardò interrogativo, così risi, allacciando le mie braccia al suo collo.
“Non ci sarà mai nessuno, nel mondo intero, capace di rendermi più felice di quanto non lo faccia tu”
“Credo di essermi perso qualche passaggio”
Ridemmo insieme, abbracciati, nella notte d’estate londinese.
“Ti amo, ed è questo ciò che conta, ti amo sopra tutti quei gradi di separazione”
“Anche io, amore mio”.
 
 
Eravamo arrivati a casa mia, era l’una di notte ed Harry e Louis dormivano beatamente sul divano, come al solito. Era anche stato inutile arredarla, la camera da letto, tanto quei due dormivano sempre e solo sul divano, in sala.
Feci girare lentamente la chiave nella serratura, attenta a non fare troppo rumore, mentre soffocavo delle risate, e Zayn mi lasciava baci lungo tutto il collo.
“La vuoi smettere? Li sveglierai!”
“Okay, d’accordo, usiamo il metodo vecchia scuola”
Zayn mi sollevò da terra, prendendomi in braccio e conducendomi nella mia camera. Mi adagiò sul mio letto e si sdraiò accanto a me, pronto a stringermi al suo petto per tutta la notte. Ma io mi sfilai la maglietta e mi immisi nelle sue gambe, correndo con le mani all’orlo del suo maglioncino.
“Non sono ubriaca, stanotte”
Lui appoggiò i gomiti sul mio letto, tirandosi su col busto, con i capelli scompigliati e gli occhi sbarrati, trovandomi davanti a lui, senza maglietta.
“Sei sicura?”
Io annuii, come l’ultima volta sul divano, ma questa volta nessuno ci avrebbe interrotti.
“Voglio fare l’amore con te, Zayn”
Lui sorrise, ed io baciai le sue belle labbra. Tornammo a quattro anni fa, quando io, inesperta, lasciavo fare tutto a lui. Mi lasciavo spogliare, baciare, accarezzare, toccare, lasciavo che lui esplorasse dolcemente ogni centimetro del mio corpo.
Il suo profumo scottava e la sua pelle era calda, a contatto con la mia. I baci sul collo, i morsi sulle labbra, i sorrisi, le dita nei capelli, i nostri respiri. Eravamo tornati ad essere una cosa sola,  sentivo di amarlo, sentivo di amarlo mentre mi aggrappavo alle lenzuola ed accarezzavo la sua schiena.
Sentivo che quei sei gradi di separazione di cui Zayn parlava, li avevamo annullati, per quel momento e per sempre.

 
 
 
 
 
 
 
 
who cares?
ciao bimbe :)
allora, come prima cosa volevo rispondere ad una domanda che mi avete posto in molte, ovvero: quanti capitoli avrà la storia in totale?
la storia avrà in totale 30 capitoli, esattamente come la prima: Skinny Love.
quindi mancano otto capitoli alla fine, e non dite niente, perchè sono davvero davvero depressa solo all'idea.
infatti pensavo di scrivere qualcosina anche dopo
....
ma non saprei proprio cosa inventarmi, prometto comunque di farci un pensierino.
per quanto riguarda il ventiduesimo capitolo beeeeeeh che ne dite? io spero sempre che quello che scrivo vi piaccia, sul serio.
e a proposito di questo ci tenevo a ringraziare pubblicamente una splendida ragazza: 
_YouAreMyDreams
non credo mi abbia mai lasciato recensioni, prima di quella che ho letto esattamente due minuti fa.
di te non so neanche il nome, ma davvero non so come ringraziarti, mi hai fatto emozionare con quelle parole, quindi davvero davvero davvero grazie.
è per persone come te che continuo a scrivere, scrivo per me stessa ovvio, ma soprattutto per te, per voi.
vi voglio bene ragazze.

p.s: ringraziamo la Ile per avermi passato questa canzone meravigliosa di cui non ero a conoscenza *graaazie tesoro*

 

 


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ma sembra che zayn la guardi OMMIODDIO non era calcolato !!! 
okay ciao.




 

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Capitolo 23
*** Sixth street ***





 
quando trovate l'asterisco ascoltate "Photograph" di Ed Sheeran


 
Half a heart
Chapter Twenty-three - Sixth street

 
Alle 7 e 54 del mattino sentii dei movimenti, e sospettai fosse Harry, che aveva dimenticato qualcosa in camera mia. Probabilmente la testa. Mi voltai, per accoccolarmi al corpo caldo di Zayn ma, con grande dispiacere, trovai il vuoto delle lenzuola fredde.
Mi alzai di scatto, e scoprii che i movimenti che avevo sentito poco fa, non appartenevano a quello smemorato di Harry, ma a Zayn, che se ne stava in piedi, senza maglietta e con i suoi skinny jeans neri.
“Che fai?” gli chiesi, con la voce impastata dal sonno.
Quando sentì la mia voce, alzò la testa dalla ricerca affannata del suo maglioncino verde, e mi sorrise, con un sorriso dolce e tanto bello da guardare.
“Styles e Tomlinson sono già in hotel, hanno chiesto a me ed i ragazzi una mano per gli ultimi allestimenti, il 28 luglio è alle porte” mi spiegò.
“Vengo anche io” feci per alzarmi, ma lui mi fermò.
“No, non ce n’è bisogno, Harry dice che Dyana e Pez verranno qui in mattinata per farti un po’ di compagnia”
Così annuii, tornando a letto, desiderando che lo facesse anche lui.
“Vieni qui con me?”
“Non farmi queste domande Natalie, lo sai che non so dirti di no neanche quando dovrei”
Disse, recuperando vittoriosamente il suo maglioncino da sotto il letto.
Come diavolo ci era finito lì?
Sapevo essere molto fantasiosa, quando lanciavo i vestiti per la mia camera.
“È proprio per questo che te lo chiedo”
Lui mi guardò, e come al solito, cedette.
Camminò verso il mio letto e si stese accanto a me. Non persi tempo e mi strinsi a lui, rifugiandomi con il viso nell’incavo della spalla e del suo collo.
“Zayn..”
“Mh?”
“Stai dormendo?”
“Sei scema?”
“Stronzo”
Lui rise, ed io chiusi gli occhi, beandomi di quel suono quasi angelico.
“Cosa c’è, piccola?”
“Ti amo, lo sapevi?”
“Me ne sono accorto stanotte, ottima performance, bimba” schioccò la lingua, facendomi sentire tremendamente in imbarazzo.
“Quanto ti odio!”
Mi girai dall’altro lato del letto, ma lui mi afferrò per i fianchi e mi fece scivolare sotto di lui. Si morse il labbro, e poi sorrise.
“Due secondi fa mi amavi”
“Sempre, Zayn, nonostante tu sia un irrecuperabile cretino”
“Ti amo anche io, comunque”
Mi sporsi verso le sue labbra, rubandogli un bacio.
“Okay, d’accordo, ci amiamo molto – disse lui sbrigativo – ma adesso devo andare, non ho voglia di sentire Styles che mi fa due coglioni così perché sono arrivato in ritardo”
Lo lasciai andare, e quando mi mandò un bacio volante dalla porta, prima di uscire da camera mia, capii che lo amavo molto più di quanto avessi mai potuto sperare di amare qualcuno, nella mia intera vita.
 
 
 
 
Mi stavo girando e rigirando tra le lenzuola quando, neanche dieci minuti dopo aver sentito il rombo del motore della Panda Station Wagon lasciare casa Styles – Tomlinson –Shade, sentii il campanello trillare di sotto. Cercai di ignorarlo, credendo che fosse qualche rappresentante o testimone di Geova, dato che era davvero troppo presto perché potessero essere Dyana e Pez.
Ma quello continuò imperterrito a suonare come impazzito, così mi armai di pazienza e sbuffi, scendendo lentamente dal letto e dalle scale.
“Eccomi! Eccomi!” tuonai.
Quando aprii finalmente la porta e trovai quella faccia davanti a me, mi sentii terribilmente nuda e scoperta. Ma che avevo fatto? Avevo davvero aperto la porta di casa mia ad un possibile testimone di Geova con addosso solo il lenzuolo del mio letto?
Ma, sfortunatamente, quello non era un banale testimone di Geova.
“Jacque? - domandai, flebile – che ci fai, qui?”
Lui entrò in casa, senza dire nulla, sbattendo le chiavi della sua macchina francese sul tavolo della cucina, con un cipiglio incazzoso.
“Io che ci faccio qui? – domandò lui, retoricamente – dovrei chiederti cosa lui, ci facesse qui, dieci minuti fa, in casa tua, con te conciata in questo modo” disse poi, indicandomi, ed alzando la voce.
“Lui chi?” tentai.
“Non fingere con me Natalie, lo sai benissimo chi”
Non dissi una parola, quasi sull’orlo delle lacrime. Non avevo idea di come comportarmi: negare sarebbe stato da stupidi, confermare da incoscienti.
“Zayn Malik! Dannazione, Natalie, che ci facevi con Zayn Malik vestita di un solo misero lenzuolo a neanche un anno dal nostro matrimonio?” sbottò.
“Io..”
“Tu cosa? Ci sei andata a letto? Te lo sei scopato, Natalie?”
“Non parlarmi così”
“Sono il tuo futuro marito, se te lo fossi dimenticato – disse, afferrandomi con prepotenza il polso – e ho tutto il diritto di parlarti come mi pare”
“Sì, okay? Sì! – sbottai, a mia volta – ci sono andata a letto, sono andata  a letto con Zayn Malik, stanotte, e lo rifarei altre mille volte, se solo potessi tornare indietro!”
Jacque mi guardò in silenzio per qualche istante, prima di fare l’impensabile. Realizzai qualche secondo dopo, che quello che mi aveva appena tirato uno schiaffo sarebbe poi dovuto diventare, di lì ad un anno, mio marito. Mi portai istintivamente la mano sulla guancia destra, quella colpita, guardandolo incredula.
Non poteva averlo fatto davvero, non poteva sul serio avermi picchiata.
“Spero che questo basti, per farti capire che non dovrai rifarlo mai più” disse poi, tranquillo e  pacato, come se non fosse successo nulla.
Ragionai sulle sue parole per qualche istante, dopodiché raccolsi tutte le forze che mi erano rimaste.
“Va’ via di qui” sussurrai.
Lui improvvisò una risata, come a dire “Tu non comandi niente mon amour, non so se te ne sei resa conto”.
Così strinsi i denti ed aprii la porta di casa, invitandolo ad andarsene fuori dai coglioni.
“Forse non hai capito bene, ma devi uscire da qui! – urlai – Sparisci! Va’ fuori da casa mia e sta’ lontano da me!”
Jacque mi guardò , mi promise che non sarebbe finita lì e poi, finalmente, con un sospiro, se ne andò. Sbattei la porta e rimasi ferma per qualche secondo, dopodiché mi accasciai su di essa, sedendomi per terra e prendendomi il viso tra le mani, scoppiando in un pianto liberatorio.
 
 
 
 
“Harry..”  mugugnai, tra le lacrime.
“Natalie? Non ti sento bene, c’è un gran casino qui! – urlò dall’altro capo del telefono – ehi Mike, vuoi fare silenzio? Non riesco a sentire nulla!”
“Harry, ti prego..”
Tirai su col naso, incapace di fermare quel fiume in piena che stava sgorgando sulle mie guance. Immaginai Harry allontanarsi da tutti gli altri, tappandosi l’orecchio non occupato dal suo telefono con le dita, e la sua espressione che si preoccupava lievemente.
“Natalie, ma che succede? Stai piangendo? Che hai?”
Parlò così velocemente da farmi percepire tutta la sua agitazione.
“No, sta’ calmo, non voglio farti preoccupare”
“Beh, troppo pardi, dimmi che diavolo ti è successo”
Ero ancora ferma sul pavimento, con la schiena appoggiata alla porta, come se avessi paura che Jacque potesse tornare e farmi di nuovo male. Non m’importava tanto dello schiaffo e del dolore fisico, ma di ciò che quello aveva comportato al mio cuore.
“Jacque è stato qui, beh, lui mi ha..” non conclusi la frase, perché ero ancora incredula ed ammetterlo ad alta voce faceva troppo male.
“Natalie? Che ti ha fatto?”  mi chiese, fermo, mantenendo la calma.
Presi un bel respiro e confessai tutto al mio migliore amico.
“Mi ha picchiata, Harry, è venuto qui e mi ha tirato uno schiaffo” ammisi, incolore.
Sentii i respiri pesanti di Harry dall’altro capo del telefono e lo immaginai chiudere potentemente gli occhi, stringere i pugni e cercare gli occhi azzurri di Louis, perché erano l’unica cosa che riusciva a calmare Harry Styles.
“Perché?”
Riuscì a chiedermi solo quello.
“Stanotte sono stata con Zayn, e lui l’ha visto uscire da casa nostra – spiegai – quando gli ho aperto la porta, non indossavo nulla, se non le coperte del mio letto”
“Non dire una parola di più e non ti muovere di lì, sto arrivando”.
 
 
E non mi mossi, non mi alzai e non mi spostai di un centimetro. Avevo smesso di piangere da almeno dieci minuti ed, impazientemente, aspettavo che Harry arrivasse. Così, quando sentii il rombo del motore della BMW, scattai in piedi, aprii la porta e mi fiondai tra le sue braccia, che prontamente mi strinsero forte.
“Piccola.. - sussurrò al mio orecchio – sei così piccola”
E scoppiai in lacrime, un’altra volta. Harry mi prese il viso tra le mani ed asciugò le mie guance, cercando di calmarmi con un bel sorriso, ma io ci credevo meno di lui, nella sincerità di quel sorriso.
“Chiamo Zayn” disse poi, allontanandosi da me, cercando di mettere mano al suo iPhone.
Ma io lo bloccai, afferrandogli un braccio e facendolo tornare indietro.
“No – dissi – Zayn farebbe qualche stronzata, lo sai”
“È proprio delle stronzate di Malik che abbiamo bisogno, ora – mi disse lui, autoritario  - ti confesso che io stesso vorrei prenderlo a  pugni, ora come ora, non mi fermerebbe neanche il padre eterno, Natalie”
“Non voglio che si metta nei guai”
Harry mi guardò, sospirando, dopodiché poggiò l’iPhone sul tavolo.
“Lo scoprirà  - mi avvertì – e quando lo farà, né tu né io saremmo in grado di fermarlo, e questo lo sai meglio di me”
Annuii, ma non m’importava, in quel momento non volevo che Zayn lo sapesse.
“Io non vorrò fermarlo, Natalie – disse, prendendomi le mani – lo capisci, vero? Se lo merita perché quello che ti ha fatto è imperdonabile, ma che razza di uomo è quello che picchia la sua donna?”
Lo osservai mentre mi diceva quelle parole, per poi rintanarmi nuovamente tra le sue braccia protettive, dove mi sentivo al sicuro.
“Ma, soprattutto, che razza di uomo è quello che picchia la mia donna?”
Alzai lo sguardo nei suoi occhi, ed incontrai il suo bel sorriso, questa volta sincero. Mi alzai sulle punte e gli lasciai un bacio dolce sulle labbra sorridenti.
“Ti voglio bene, Harry”
“Te ne voglio anche io piccola, ma adesso è meglio se vai di sopra, che ne dici di una bella doccia calda e della colazione? Ti preparo i pancakes, ti va? E magari chiamo Dyana e Perrie”
“Grazie, sei il migliore”
E mentre salivo le scale, pensai che Harry era davvero il migliore amico, fratello, compagno di vita e qualsiasi cosa di cui avessi bisogno, che rendeva la mia vita sempre più bella.
 
 
Quando uscii da camera mia, indossavo una felpa di Louis e dei jeans anonimi, non mi ero truccata e non avevo un bell’aspetto, ma poco importava. Scesi le scale e sentii lo sfrigolio dei pancakes di Harry e le voci di Lou, Dyana e Pez. Sorrisi e feci il mio ingresso in cucina, senza minimamente aspettarmi di vedere lui.
Si alzò immediatamente dalla sedia su cui era accomodato, affianco a Dyana, ed io cercai lo sguardo di Harry, che scosse la testa.
“L’ho chiamato io” fece Louis.
Io sospirai, arresa.
“Perché, Lou, avevo chiesto esplicitamente ad Harry di non farlo”
“Lo so, ma lui deve saperlo, non credi?” continuò Louis.
 “Adesso basta segreti, parlate chiaro, perché giuro che mi sto incazzando e non poco -  Zayn c’interruppe, confuso – che ti è successo, Natalie?”
“Te lo dico, se mi prometti che rimarrai calmo”
“Non ti prometto niente”
“Zayn, ti prego”
“Natalie, parla”
Sospirai un’altra volta, osservando il modo pazzesco in cui portava quella semplice maglietta nera a mezze maniche. Aveva una sigaretta dietro l’orecchio e non riusciva a stare fermo, era agitato e non sapeva cosa stesse succedendo attorno a lui.
Lessi la disperazione nei suoi occhi accesi.
“Jacque è stato qui stamattina, ti ha visto andartene da casa e poi ha visto me, senza vestiti, ha capito subito ed ha avuto una reazione esagerata”
Zayn si tolse la sigaretta da dietro l’orecchio, appoggiandola non troppo delicatamente sul tavolo della cucina, mentre i nostri amici ci guardavano.
“Cosa significa?”
“Significa che mi ha picchiata, Zayn, Jacque mi ha tirato uno schiaffo, proprio qui, qualche ora fa”
Rimase a guardarmi inespressivo per qualche istante, ma era come se riuscissi a vedere la rabbia crescere dentro di lui. La vidi salire lungo le braccia, mentre stringeva forte i pugni.
“Harry, le chiavi della macchina”
“Che vuoi fare?” gli chiesi io.
Ma lui mi ignorò, mentre afferrava le chiavi della BMW che Harry gli aveva appena lanciato. Camminò verso la porta, così io lo seguii e lo afferrai per la maglietta, costringendolo a voltarsi verso di me.
“Rispondimi!” urlai.
“Cosa vuoi che faccia, eh? Vado a spaccargli la faccia, no? Vado a fargli rimpiangere di essere nato, vado a fargliela pagare”
“No, Zayn, per favore..”
“Non pregarmi Natalie, tanto non me ne frega un cazzo, quel figlio di puttana non ti deve toccare, e adesso lasciami”
Usò un tono che non ammetteva repliche, così lasciai la presa sulla sua maglietta e lo lasciai andare.
“Vengo con te”
Ma prima che potesse uscire di casa, Harry lo fermò.
“No, non voglio metterti nei casini, tu sta’ con lei”
“Ci siamo noi con Natalie, Zayn, lascia che Harry ti accompagni” disse Louis.
“Come vi pare”.
 
 
 
Harry

Zayn non aveva detto nulla, durante il viaggio verso l’hotel di Jacque e gli altri, ma era palesemente leggibile la rabbia nei suoi occhi. Stringeva i pugni lungo i fianchi e fumava avidamente la sua Marlboro, mentre io guidavo velocemente.
“Zayn, cerca di non esagerare”
Vidi i suoi occhi spostarsi verso di me.
“Mi stai davvero chiedendo di non esagerare, Harry? – mi domandò, retorico – hai sentito cosa le ha fatto? Ed io non dovrei esagerare? Non ci pensare neanche”
“Nessuno di noi vuole che tu finisca nei casini a causa di quel coglione, Malik, non fare cazzate”
“Finirei dentro per lei, Styles, lo sai”
Non mi restò che annuire, e parcheggiare lungo la fiancata del Palace Gardens dove Danielle, Mike, Julia e Jacque lavoravano per il mio matrimonio. Non appena scendemmo dalla macchina, li trovammo in giardino. Zayn non perse tempo, lo vidi partire a passo di carica verso Jacque, che lo guardava allibito.
“Malik, ti senti bene?”
“Non rivolgermi la parola, stronzo”
“Ma che.. – fece Danielle, cercando di mettersi tra i due – ragazzi, che state facendo?”
“Danielle, spostati, non voglio metterti in mezzo” le consigliò Zayn.
Così mi avvicinai, infilando le chiavi della macchina nella tasca dei jeans.
“Harry! – urlò Danielle – che succede?”
Non risposi, ma guardai Zayn, ed annuii.
“Malik, tornatene a casa” disse incautamente Jacque, tornando a guardare i suoi fogli.
Così Zayn lo spinse in avanti, per poi gesticolare animatamente  e sorridere in quel suo modo beffardo e fastidioso di sorridere. Quando Zayn sorrideva in quel modo, ti veniva voglia di prenderlo a schiaffi, aveva quella faccia da provocatore capace di farti perdere le staffe in pochi secondi.
“Tu sei solo un figlio di puttana, non vali niente, non la meriti e non l’avrai mai”
Zayn andò sotto Jacque, urlandogli quelle parole in faccia.
“Io e Natalie ci sposeremo, lei diventerà mia moglie e mi spiace che tu questo non riesca ad accettarlo, ma è così, quindi credo che tu debba fartene una ragione”
“Okay, d’accordo – assentì Zayn – come vuoi tu, ma prima che io, beh, come dici tu, me ne faccia una ragione, mi permetti due paroline?”
“Tutto quello che vuoi, purchè dopo tu ti tolga di torno”
Zayn annuì, guardando in basso e grattandosi la guancia, simulando calma. Dopodiché sferrò un pugno sul naso di Jacque, che cadde a terra, per la forza del colpo. Ma a Zayn non bastò, lo guardai sputare nella sua direzione, mentre Jacque si copriva il naso sanguinante con le mani e urlava di dolore.
“Muori, figlio di puttana”
Il mio amico gli urlò quelle parole, e poi tornò da me.
“Adesso possiamo andare”.
 
 
 
Natalie  

Era passata mezz’ora da quando Zayn ed Harry erano usciti di casa, ed io, dalla stessa quantità di tempo, me ne stavo seduta al tavolo della cucina insieme a Louis, Dyana e Pez, sorseggiando caffè.
“Ma quanto ci mettono?” domandai, impaziente.
Dyana si strinse nelle spalle, digitando un messaggio.
“Manuel è incazzato nero, dice che è meglio se Tyler non lo sappia, rischia di avere una reazione più distruttiva di quella di Zayn”
“Difficile, se non impossibile” constatò Louis, e Dyana annuì.
“È normale che dobbiamo aspettare qui che Zayn finisca di picchiare Jacque? Secondo me è una cosa da matti, matti da legare!” sbottai.
“E ti stupisci ancora?” ironizzò Lou.
“Natalie – Perrie mi strinse la mano – sta’ tranquilla, Zayn sa cosa fa”
Annuii, mordendomi il labbro, nervosa.
Dopo qualche istante di agonia, sentimmo la porta d’ingresso aprirsi e poi subito chiudersi. Cercai Zayn dietro le spalle di Harry, ma lui non c’era.
Balzai in piedi, andandogli immediatamente incontro.
“Dov’è?” gli chiesi, impetuosa.
“Voleva stare un po’ da solo”
“Da solo? – riflettei, ad alta voce – ma come da solo? Io, non capisco..”
“Natalie, Zayn è molto.. come dire.. turbato, ora come ora” cercò di tranquillizzarmi Harry.
Scossi la testa, passandomi una mano tra i capelli, cercando di restare calma. Ma ogni sforzo mi sembrava vano: Zayn era chissà dove, magari con un occhio nero e lividi sul corpo, ed era tutta colpa mia.
“Io vado da lui”
Afferrai le chiavi della BMW e mi mossi verso la porta, ma Harry mi afferrò il braccio, per fermarmi e farmi voltare nuovamente verso di lui.
“Non sappiamo neanche dov’è andato”
Fissai i suoi occhi grandi, verdi e preoccupati.
“Credo di saperlo”.
 
 
*Guidai fino alla piccola conca d’acqua fatta di scogli e cascate, dove Zayn mi aveva portata quattro anni fa, con la sua moto, dopo scuola. Ero convinta che si trovasse lì, quando “voleva stare un po’ da solo”, era lì che andava: quello era il suo posto.
Parcheggiai in fondo alla sesta strada, dove si trovava quel paradiso e scesi dalla BMW di Louis. Cercai il telefono nella mia borsa e come una forsennata cercai il suo numero tra i contatti. Portai l’iPhone all’orecchio ed aspettai, mangiucchiandomi la manica della felpa che portavo, nell’ansia dell’attesa.
“Pronto”
Boccheggiai alla ricerca delle parole giuste, dopo il suono della sua voce.
“Pensavo di trovarti in quello che chiami il tuo posto dei pensieri, in fondo alla sesta strada, ma non ci sei, dove sei?”
Avvertii i suoi sospiri.
“Voltati”
Non persi un secondo, feci come mi aveva detto, ed eccolo lì, con il telefono all’orecchio, una Marlboro incastrata tra le labbra ed un sorriso abbozzato. Lasciai scivolare la borsa dalla mia spalla, e rimasi a guardarlo. Eravamo l’uno di fronte all’altro, con i nostri telefoni e le bocche chiuse, parlavano solo gli sguardi.
Mossi qualche passo verso di lui, fino a raggiungerlo completamente, fino a trovarmi a pochi insignificanti centimetri dalle sue labbra, dal suo viso, dai suoi tatuaggi, dalle sue mani, da lui.
“Nessun occhio nero”
Zayn ammiccò, orgoglioso.
“Che ti aspettavi?”
“Come sta lui?”
“Che t’importa? Non ti toccherà mai più, su questo puoi giurarci”
“Che gli hai fatto?”
“Gli ho rotto qualche costola, e forse perderà l’uso del braccio sinistro, ma per il resto nulla”
“Smettila di scherzare”
“Mi fai diventare matto, Natalie, perché t’importa ancora di quel figlio di puttana? Lui non è abbastanza per te, non lo è ora e non lo sarà mai”
“E tu saresti abbastanza, per me?”
Zayn allargò le braccia, buttando la sigaretta a terra e spegnendola con foga con la sua converse nera.
“No, probabilmente no – cominciò – tu eri qui ad aspettarmi, eri a casa nostra ad aspettare che io arrivassi, aspettavi anche solo una semplice chiamata, ma io sono sparito per anni, senza neanche farti sapere se fossi vivo oppure no, eppure eccoti qua Natalie, eccoti qua davanti a me”
Non mi lasciò dire nulla.
“Di me avevi solo le tue fotografie ed era un po’ come se noi fossimo rimasti nei tuoi jeans strappati e nella mia collana di quando avevo ventun’anni, quella che ti piaceva, quella nera, quella con cui giocavi sempre quando sapevi di essere in torto, te la ricordi Natalie?”
“Me la ricordo”
Iniziai a sentire la lacrime bussare ai miei occhi, ma non avevo voglia di aprire, non quella sera, non in quel momento.
“Vuoi che di noi rimangano solo fotografie?”
Le fotografie erano i nostri ricordi, li avevamo creati solo per noi e solo per noi sarebbero rimasti per sempre. Ma non mi bastavano, non mi bastava più Zayn dipinto affianco a me, avevo bisogno di quello vero, autentico, reale, di quello in carne e ossa.
Avevo bisogno dell’amore della mia vita.
Così scossi la testa.
“Voglio sentirtelo dire”
“No, Zayn, io ti amo e non voglio che di noi rimangano solo fotografie – risposi – sono belle, sì, bellissime, ma quelli non siamo più noi, noi siamo cresciuti, cambiati, diversi, ed è ora di costruire nuovi ricordi, sei d’accordo?”
“Sempre, piccoletta”
“E mi ami?”
“Te l’ho detto, sempre”
“Allora baciami”
Sentii le sue labbra dolci sulle mie, ed il sapore del fumo aveva smesso di darmi fastidio. Riuscivo a percepire la sola dolcezza della sua bocca morbida sulla mia, delle sue mani arpionate delicatamente ai miei fianchi e della sua fronte premuta contro la mia.
“Restiamo così per sempre” sussurrai, sulle sue labbra.
Zayn aveva gli occhi chiusi e respirava sulla mia bocca.
“Lo lascerai, Natalie?”
Non risposi, lasciai che il silenzio aleggiasse tra di noi ancora per un po’.
“Rispondi, o giuro che la prossima volta che mi vedrai sarò al manicomio, a causa tua”
“Sì, Zayn, lascerò Jacque”
Lo vidi aprire gli occhi, e non si sforzò neanche di trattenere un sorriso. Mi sollevò in un abbraccio e mi baciò infinite volte, sulle labbra.
“Sei la mia vita, Natalie”
“E tu la mia, sempre e per sempre”.

 




 
who cares?
ciao bimbe :)
come state? spero tutto bene, io sono distrutta, e siamo solo al terzo giorno di scuola, la vedo grigia..
beh per me quest'anno è il senior year ahahaha rido un sacco.
comuque, devo dire che è da quando ho iniziato a scrivere half a heart che non vedevo l'ora di questo capitolo
e a proposito di questo, nell'idea iniziale non volevo descrivere la reazione di Zayn con Jacque, ma dato che voi ci tenete tanto a vedere Jacque picchiato da Zayn, ho deciso di accontentarvi. Daltronde siete le migliorie e ve lo meritate, lo sapete che vi amo.
e nulla, spero non siate rimaste deluse dalla portata del capitolo e vi lascio, mi vado a vedere l'altra donna del re yuhuu
al prossimo capitolo niñas <3


 


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Capitolo 24
*** Ti amo o ti ammazzo ***


 
quando trovate l'asterisco ascoltate "Ti amo o ti ammazzo" degli Articolo 31


 
Half a heart
Chapter Twenty-four - Ti amo o ti ammazzo


Quattordici luglio, ore 05:34 PM, divano di casa mia, coppia di quasi sposini che disturbano la quiete dopo la mia tempesta. Dove con tempesta intendevo una telefonata con Jacque. E con quiete la settima stagione di America’s Next Top Model, aria condizionata a mille ed un’infinita scorta di M&M’s gentilmente regalati da Perrie il giorno precedente. Perché ne comprava a quantità industriali se poi non ne mangiava? Si stava comportando in maniera strana, ultimamente, la bionda. Come se di lì a poco sarebbe scomparsa, come se dovessimo passare tutto il tempo disponibile insieme, come se stesse per finire. Ma cos’è che stava per finire?
“No Louis, non  m’importa, mia zia Julie non può sedersi al tavolo con i tuoi zii americani, dannazione!”
A quanto pare la calma di quella casa, date le urla di Harry.
“Harry, te l’ho già detto tipo un miliardo di volte e puoi immaginare quanto ripetertelo possa entusiasmarmi – cominciò Lou apparentemente calmo, celando una nota isterica nella voce – i miei zii dell’america, come dici tu, sono inglesi, d’accordo? Negli Stati Uniti ci vivono soltanto!”
Sbottò, correndo ai ripari, ovvero dalle sue Diana.
Io, in tutto quel casino, stavo cercando di capire se a vincere la finale sarebbe stata Caridee o Melrose. Pregai dio che non fosse Melrose, quanto era antipatica quella, una so-tutto-io  maniacale. Un po’ come Harry.  Risi da sola per quel mio pensiero.
“Sì, ma Louis, dannazione – ricominciò ad urlare proprio lui – vengono dal Missouri, okay? Non certo da LA o New York! M – I – S – S- O – U – R – I !” fece lo spelling, così da non avere nessun dubbio sul fatto che  il suo futuro marito possa non aver capito.
“E quindi? – rispose Lou, scrollando le spalle, tranquillo – sono sicuro che quella iena isterica di tua zia Julie abbia molto da imparare da quegli zotici dei miei zii del Missouri, come dici tu”
Harry cambiò colore due o tre volte, prima di puntare minaccioso un dito contro il petto di Louis, che lo guardava scettico, con la sigaretta tra le labbra.
“Adesso capisco qual è il problema, mia zia Julie è aristocratica, d’accordo? E sì, Louis, i tuoi zii sono degli zotici, come negarlo? Lo sono e basta!  - sbottò, incontrollato, mentre Lou cercava di non ridergli in faccia – devo ricordati della festa di Natale? Tuo zio Jack e suo cugino Martin hanno usato lo stesso stecchino per togliersi la carne dai denti! Lo stesso!”
Harry era incontrollato, e Louis stava sbuffando, stanco, ancora.  Così sospirai, ed in un atto di coraggio, decisi che anche io dovevo fare la mia parte per evitare la tragedia. Prima che fossero iniziati a volare i coltelli, possibilmente.
“Okay, cerchiamo di calmarci adesso” intervenni, pacata.
“Grazie al cielo” sussurrò Louis, prendendo posto ad una delle sedie del tavolo, in sala.
Harry mi guardò come si guarda un genitore che ti ha appena confessato che quell’anno, per Pasqua, non ci sarà nessun uovo di cioccolato. Ovvero, come uno che ha perso ogni tipo di speranza nel genere umano.
“Natalie..” iniziò.
“Shh – lo zittii – sono stanca di sentire la tua irritante voce da cheerleader del liceo, fammi un favore e siediti anche tu”
Harry mi guardò male, e Lou mi scoccò un mezzo sorriso: sapevo che stava traboccando di gratitudine per me, oppure stava solo pensando al fatto che quella “irritante voce”, avrebbe dovuto ascoltarla per sempre.
“Allora – cominciai, diplomatica  - questa è chiaramente la vostra ennesima crisi prematrimoniale, quindi, cosa facciamo noi quando questo succede?”
Louis mi guardò interrogativo.
“Mandiamo tutto al diavolo e mangiamo qualcosa?” disse Harry, ovvio.
Io schioccai la lingua.
“Risposta giusta, Styles, e per questo ti meriti un biscotto”
Misi mano ai mobili dedicati a tutto ciò che di poco sano per il nostro stomaco esiste a questo mondo, e tirai fuori biscotti menta e cioccolato per Louis, vaniglia per Harry ed, ovviamente, pan di stelle per me.
“E adesso?” fece Louis, sgranocchiando uno dei suoi biscotti.
“Adesso – ripresi io – respiriamo e ne parliamo..”
Harry fece per attaccare, ma io lo fermai, ponendogli una mano davanti al viso.
“..da persone civili, s’intende”
“S’intende” mi diede man forte Louis.
Ci scambiammo un cinque, mentre Harry faceva roteare gli occhi al cielo, come un bellissimo bimbo.
“Harry credo che la tua superiorità nei confronti di Louis solo perché tu hai una zia aristocratica e mezza francese, sia davvero poco opportuna, ma sorvoliamo, vorrei ricordarti, caro migliore amico dalla camicia rosa, che mio padre è un ubriacone irlandese – lui fece per interrompermi – fermo, lasciami finire per una volta senza intrometterti con quella tua boccaccia impertinente – lo stavo riprendendo come faceva lui con me, wow, dopo mi sarei data una pacca sulla spalla da sola – e tu organizzi serate solo voi due, da due anni a questa parte, mentre colui che io dovrò sposare, forse, non lo so, è francese, come la tua cara zia che porti su un piedistallo, e tu lo odi così tanto che se solo lo incontrassi in strada con il tuo Range Rover, lo investiresti senza pensarci troppo, quindi, fatti due conti e riflettici”
Louis era indeciso sul farmi un applauso  o sposare direttamente me al posto suo, mentre Harry mi guardava con un misto di compassione e comprensione negli occhi.
“Non sto per morire Harry, non c’è bisogno che mi guardi così”
“Hai parlato con Jacque, non è vero?”
Rimasi a guardarlo, senza dire nulla, dopodiché sospirai.
“Io vado a prendere Niall – disse Louis, facendo tintinnare le chiavi della BMW – è rimasto a piedi all'Etihad Stadium perché è un coglione di prima categoria, ci vediamo per cena?”
Harry annuì, e Lou ci lasciò soli, perché aveva capito che io ed il ragazzo che somigliava ad un muffin con una fascia tra i capelli, avevamo bisogno di parlare.
“Allora?” mi esortò.
“Allora cosa? Che vuoi che ti dica?”
Harry si strinse nelle spalle, allargando un po’ le gambe sulla sedia.
“Per esempio, cosa vi siete detti tu e Jacque, sappi che se non fosse così tanto poco nel mio stile, la mia reazione sarebbe stata esattamente identica a quella di Zayn”
Al solo sentire pronunciare quel nome, mi venne male al cuore. Io e Zayn avevamo dormito insieme, quella notte, dopo la scenata con Jacque e le nostre promesse nella sesta strada, ma dopo lui aveva ricevuto una telefonata di lavoro di cui non aveva voluto dirmi nulla, ed era sparito.
Sbuffai, lottando ancora contro le lacrime.
“Piccola, avanti, lo so che è difficile, ma tenerti tutto dentro non servirà a niente”
Harry mi strinse una mano, e quel contatto mi restituì tutto il coraggio di cui avevo bisogno.
“Mi ha chiesto di parlare, e sembrava così dispiaciuto Harry, te lo giuro..” esplosi.
“Gli hai detto di sì?”
Annuii.
“Vuoi che venga con te?”
“No”
“Non mi fido di lui, Natalie, non dopo quello che ha fatto”
Harry assunse un cipiglio incazzoso, ma come biasimarlo?
“Lo so ma, è meglio di no, sai, lui potrebbe infastidirsi ed io perdere la calma, abbiamo bisogno di parlare  da soli e come si deve, una volta per tutte”
Quelle parole sembrarono convincere Harry.
“D’accordo, ma se dovesse succedere qualcosa, non esitare a chiamarmi”.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Natalie! – che diavolo aveva da urlare quel microcefalo? – ce lo vuoi il guaca mole?”
Oddio mio fai che Manuel non si sia messo a cucinare messicano, un’altra volta.
“Manuel! Togli le mani dalla mia cucina, dannazione!”
Sempre sia lodato, per fortuna Dyana stava per prendere in mano la situazione.
Quella sera ero a cena da mio fratello e Dyana. Perrie non c’era, e non aveva detto a nessuno dove sarebbe stata, ed io ero sempre più curiosa di sapere cosa ci stesse nascondendo quella bionda tutta occhi azzurri e vestiti hippie anni ’70.
“A TAVOLAAAAAAA!”
Perché urlavano tutti nella mia vita?
Camminai svogliatamente verso la cucina e presi posto di fronte a Manuel e Dyana.
“Ecco, cena messicana per la mia cognata preferita”
“Ringrazia il cielo che Jane non sia ancora tornata dal campeggio, ti avrebbe uccisa”
“T’ignoro”
Dyana mi guardò male, e Manuel abbozzò una risata.
“Allora? – cominciò sempre Dyana, intrecciando le mani sotto al suo mento, guardandomi con quegli occhi neri tanto grandi quasi intimidatori – come vanno le cose con..?”
“Non dire quel nome – la interruppi, con nove pezzi di carne e guaca mole in bocca – non ho voglia di parlarne, né ora né mai”
 “Natalie, dio mio, ingoia” mi riprese nonna Dyana.
La guardai male, prendendo un sorso di Sangria.
“Avete svaligiato una tienda mexicana?”
“No, solo casa di papà” rispose Manuel, che avevo paura si stesse per strozzare, per la foga con cui stava mangiando.
E beh, non faceva una piega, nostro padre era fissato con la cucina messicana da tipo sempre.
“Fratelli Shade, non cambiate argomento”
“Non so neanche di che cosa stiate parlando, amore, e non m’importa – quell’ameba di mio fratello prese il suo piatto in mano e si diresse verso la sala – è martedì e c’è il Bayern Monaco, non urlate e fate le brave”
Sparì, lasciandoci sole.
“Idiota” dissi a mezza bocca.
“Okay, adesso che tuo fratello è fuor combattimento e ci siamo solo noi due, possiamo dare inizio a meeting”
“Oh no, ti prego Dyana, pensavo che solo Harry fosse capace di dare inizio a cose così ridicole e da ragazzine dei telefilm americani”
Dissi, sdraiandomi sullo schienale della sedia.
“Non rompere Natalie, sono la tua migliore amica e voglio sapere”
Sbuffai, giocherellando con uno dei miei anelli.
“Che vuoi sapere?” mi arresi.
“Se hai lasciato Jacque e se sei già tornata tra le braccia di Zayn, semplice” disse lei ovvia, stringendosi nelle spalle, appoggiando i gomiti sul tavolo.
Era così bella, con quei capelli lunghi e mossi ed il mascara ad allungarle le ciglia.
“Mollami Dyana, d’accordo? No, non sono tornata con Zayn e non ho lasciato Jacque, anzi, a dire la verità, sono anche in ritardo”
Feci per alzarmi e prendere la borsa, ma Dyana mi afferrò per un braccio. Era forte quella piccola spagnola.
“In ritardo per cosa, esattamente?” mi scrutò, con gli occhi ridotti a piccole fessure.
“Per andare a parlare con Jacque”
“Cosa?”
Il gelo nella sua voce mi mise quasi paura, ma poi sbuffai, pestando quasi i piedi per terra.
“Hai capito bene”
“Ma perché? Non ti basta quello che ti ha fatto, per farti capire che è un cretino patentato e non merita nemmeno la metà di quello che sei?”
“Voglio sentire cos’ha da dirmi”
Si alzò anche lei.
“Perfetto – disse, incrociando le braccia al petto – allora chiamalo e digli pure che se vuole parlarti, può venire qui, a casa nostra”
“Non dire assurdità Dyana” tentai, ma lei perse completamente il controllo.
“Manuel!” urlò.
“Che vuoi, piccola? Lo sai che il martedì dalle otto e quarantacinque alle dieci e mezza di sera non ci sono per nessuno!”
“Stavolta dovrai esserci, invece – continuò ad urlare, guardandomi negli occhi – blinda la porta ed assicurati che tua sorella non esca di lì, ho permesso già fin troppe stronzate”.
 
 
 
 
“Ora possiamo smetterla, con questa stupida idea del “segreghiamo Natalie a casa nostra”?” dissi, virgolettando.
Ero scocciata, stanca e tremendamente incazzata con quei due idioti dalle idee più assurde nella storie delle idee assurde. Me ne stavo sul divano, con le braccia incrociate al petto e le gambe stese sul tavolino da caffè della loro sala. Erano le nove e mezza e Manuel era ancora preso dalla partita, se avessi distratto quel che bastava Dyana, sarei potuta scappare di lì.
“Non pensarci neanche, Natalie, conosco quello sguardo – mi precedette lei – non scapperai di qui, per nessun motivo al mondo, neanche se David Beckam fosse nella mia cucina”
“Sai che posso farlo accadere, vero? Il tuo fidanzato, nonché mio fratello, è tutt’ora un giocatore del Manchester United” sostenni, fiera.
“Già, peccato che il mio fidanzato nonché tuo fratello, sia dalla mia parte, non è vero Manuel?”
“E passala! Dannazione! Passala!”
Fu la risposta di Manuel.
“Certo, che squadrone che hai messo su” la presi in giro.
Lei mi fece il verso, sedendosi finalmente sulla poltrona di fianco al divano.
“Piuttosto, hai chiamato Jacque?”
Annuii, distratta.
“Dovrebbe arrivare – controllai l’ora sull’iPhone – ora”
E proprio in quel momento, suonò il campanello.
“Almeno è puntuale” disse Dyana.
“Amore, la porta” ci avvisò intelligentemente Manuel.
Io roteai gli occhi al cielo divertita, e Dyana pestò i piedi sul pavimento, mentre camminava, stizzita. Ma quando dalla porta entrò una trafelata Perrie e non chi la mia migliore amica si aspettava di vedere, tirai un sospiro di sollievo.
“Ciao a tutti! – ci salutò, allegra – Natalie! Ci sei anche tu!”
Finsi entusiasmo.
“Già, che gioia vero?”
“Che le è successo?” chiese, mentre scalciava i sandali da qualche parte della casa non identificata.
“Ignorala, sta arrivando Jacque” rispose Dyana.
“Oh, beh, perché? Pensavo fosse finita dal momento in cui..”
La interruppi.
“Sì, okay, d’accordo, chi se ne importa va bene? Piuttosto, tu, bionda, cosa ci stai nascondendo? O hai una relazione segreta con un uomo over 40 o sei entrata a far parte dell’FBI, due sono le cose”
“Io? – domandò Pez, ridendo istericamente – ma che stai dicendo?”
Certo, non l’avrebbe bevuta nemmeno Manuel, se solo si fosse reso conto che oltre a lui, il suo televisore ed il Bayern Monaco, in quel momento, esisteva un mondo.
Ma per fortuna, o sfortuna, a seconda di come la si interpreta, il campanello suonò ancora.
“È lui?” chiese Perrie, andando alla porta.
E sì, beh, era lui.
 
 
 
 
 
Quando uscimmo dalla cucina, trovammo Pez, Dyana e Manuel ancora sul divano. Perrie si era legata i capelli in un brutto chignon che la rendeva comunque bellissima, Dyana si mangiava nervosamente le unghie e Manuel, aspettava.
Appena varcammo la soglia della porta, Dyana si alzò in piedi, venendoci incontro. Guardai lei, e poi ancora Perrie e Manuel, tutti e tre con lo sguardo interrogativo, ed una voglia matta di sapere com’erano andate le cose negli occhi.
Di tutta risposta, alzai la mano sinistra, così da mostrare loro il mio anello, ancora sul dito sinistro, contrariamente al giorno prima. Ma nessuno ebbe il tempo di dire o fare nulla, dal momento in cui sentimmo la porta spalancarsi, e c’era solo una persona al mondo che sarebbe entrata così, senza bussare né dire nulla, in quella casa, che non fosse chi, di fatto, lì, ci viveva.
“Ma che..”
Zayn, che indossava una camicia nera elegante, fece il suo ingresso in casa, con sguardo interrogativo, le braccia lungo i fianchi ed i pugni chiusi.
“Zayn..” tentai, io.
“Che cazzo sta succedendo? Perché lui è qui? – si rivolse prima a me, per poi voltarsi verso Manuel, che si era alzato in piedi, affianco a Perrie – Manuel, perché cazzo hai fatto entrare questo qui in casa tua, eh? Me lo spieghi? Credevo di essere stato chiaro”
“Lo sei stato, Zayn, ma non volevo che mia sorella parlasse con Jacque troppo lontano dai miei occhi”
Zayn guardò il suo migliore amico, poi le ragazze, e poi me. Non ci stava capendo nulla, e stava per impazzire.
“Che significa? – chiese poi, a me – che significa che dovevi parlare con Jacque?”
Aprii la bocca per rispondere, ma Zayn mi faceva quasi paura, quando usava quel tono. Ma poi, vidi i suoi occhi spostarsi dai miei, alla mia mano, notando quell’anello di brillanti che splendeva al mio anulare.
“No, zitta, non dire niente, non ho neanche più voglia di ascoltarti”
Rimase in silenzio per un po’, poi si passò stanco una mano tra i capelli, e si voltò verso Dyana, Pez e Manuel, mostrando loro il suo sorriso più debole.
“Ci vediamo”
Li salutò così, e quando Zayn sorrideva in quel modo, mi si spezzava il cuore. Perché era come se le labbra di Zayn fossero state disegnate solo per quello, e quando sorrideva in quel modo, sembrava quasi che stesse sprecando un dono di Dio.
Uscì velocemente dalla porta, sbattendola. Rimasi qualche secondo ferma, immobile, forse trattenni anche il respiro. Dopodichè guardai Jacque, gli sorrisi flebilmente, e lasciai la presa alla sua mano.
“Devo parlare con lui”
Lui annuì, vagamente.
*Non richiusi neanche la porta dietro alle mie spalle, gli corsi incontro, urlando il suo nome.
“Zayn!”
Ma lui niente, non aveva la minima intenzione di starmi a sentire. Così lo afferrai per un braccio e lo feci voltare verso di me, con la forza.
“Che vuoi?”
Mi rispose con rabbia, stava piovendo, ed un ciuffo di capelli gli era finito sul viso.
“Voglio parlarti” risposi solamente.
“Ma io no, d’accordo? Non ho voglia di starti a sentire, Natalie”
Fece per girarsi nuovamente, ma io non glielo permisi, tirandolo verso di me.
“Ascoltami, dannazione, Zayn!”
Sbottai.
Lui mi guardò profondamente, per poi ridere ironicamente, allargando le braccia, sotto la pioggia.
“Mi sono stancato, lo sai? Non ne posso più, Natalie, mi sto fottendo il cervello a starti dietro!”
Lo guardai, senza sapere cosa dire.
“Ma cosa vuoi che faccia?”
“Avevi detto che lo avresti lasciato”
Scossi la testa, guardando in basso.
“No, Natalie, guardami quando ti parlo! Guardami, dannazione!”
Era fuori di sé, non lo avevo mai visto così arrabbiato, così deluso, così stanco e così arreso. Urlava così tanto che mi scoppiava la testa.
“Non urlare, Zayn!”
“Come faccio a non urlare, eh? Come faccio? Preferisci sposare un coglione che ti ha messo le mani addosso piuttosto che stare con me, cosa dovrei fare? Ringraziarti? Continuare a starti dietro? No grazie, me ne sbatterò anche io d’ora in poi, proprio hai sempre fatto tu, chissà che non torni a vivere un po’”
“Come fai a pensare che io me ne sbatta, eh? Zayn, tu non capisci un cazzo!”
Scosse freneticamente la testa, come impazzito.
“Sei così, così.. cazzo, non so neanche più cosa dirti, ti rendi conto?! Porca puttana!”
Era tanto fuori di sé che prese a pugni il muro, scatenando la reazione di uno dei vicini di mio fratello, Dyana e Perrie uno dei tanti che avevano messo la testa fuori dalla finestra, appena avevamo iniziato ad urlare.
“Ehi, ma che diavolo fai, ragazzo?”
“Tu fatti i cazzi tuoi!”  lo liquidò Zayn.
“Ha ragione invece, sei impazzito?” feci per prendergli la mano, ma lui si allontanò.
“Me ne frego, Natalie, tanto ormai..”
 “Tanto ormai cosa? Non puoi davvero non capire, Zayn, sposerò Jacque perché e stato lui a chiedermelo, d’accordo?”
“Il tuo ragazzo è pazzo, Natalie, lo capisci questo?”
Scossi la testa, ma lui non mi lasciò parlare.
“Non sa quello che fa, è completamente impazzito e non ti merita, cazzo, questa è la cosa che più mi fa incazzare, lui non ti merita eppure è lui quello che dorme insieme  a te, e non lo capisce nemmeno”
“Questo non centra, Zayn, lui c’era, c’è sempre stato, ha fatto un errore ed io ho deciso di perdonarlo, ma questi non sono affari tuoi – presi un respiro – tu dov’eri, mentre lui c’era?”
“Non puoi dire davvero, Natalie, non ti riconosco neanche più, non capisco più un cazzo – si passò nervosamente una mano tra i capelli – tu sei solo una ragazzina”
“E tu uno stronzo”
“Certo, tu hai un problema ed io sono lo stronzo, giusto?”
“Che problema avrei adesso, sentiamo?”
“È semplice, non sai prendere una decisione, sei un’eterna indecisa ed ogni scelta che fai è una stronzata bella e buona, Natalie”
“Allora cosa vuoi ancora da me?”
Zayn scosse la testa, massaggiandosi gli occhi, sorridendo poi falsamente, tornando a guardarmi.
“Vorrei ucciderti, in questo momento, dirti che non ti ho dentro, ma mentirei e okay, non voglio farlo”
Mi morsi un labbro.
“Tu vorresti uccidermi, ma io continuo ad amarti”
Zayn mi guardò, arreso, ormai.
“Basta, Natalie, non hai il coraggio di stare insieme a me e voltare le spalle ad uno stronzo di cui ti pentirai non appena salirai su quell’aereo per Parigi e sai che ti dico? Che almeno io, quattro anni fa, la decisione di cancellarti dalla mia vita l’ho presa perché lo volevo”
Lasciai che quella frase aleggiasse nell’aria. La riascoltai qualche volta, come in un replay. Faceva male e risuonava forte nelle orecchie.
“Cos’hai detto?”
“Hai capito, e adesso torna dentro, piccoletta”
Si voltò e se ne andò, così io scoppiai in un pianto isterico.
“Stronzo!” urlai, con tutte le mie forze.
Lui alzò una mano in aria, come in un saluto.
Ma io, per quanto in quel momento lo odiassi e lo volessi uccidere, esattamente come mi aveva detto lui, sentivo comunque che non era ancora finita.
Sentivo che, davvero, non sarebbe mai finita.
E infatti Zayn si fermò, sotto la pioggia, che sembrava annegare le mie lacrime, e tornò indietro.
“E per inciso, è vero, non ti ho mai chiesto di sposarmi – riprese – ma quando avrei dovuto farlo? A vent’anni? Senza un soldo, un lavoro o una casa?”
“Non lo so”
“Certo che non lo sai”
Zayn rideva, ed io non capivo.
“Che hai da ridere adesso?”
Lo vidi armeggiare con le tasche dei suoi jeans, per poi tirarne fuori una custodia nera, di velluto. Mi portai le mani alla bocca, senza crederci.
“Cos’è?” chiesi.
Lui la aprii, senza dire una parola, e quella custodia rivelò un anello, il più bello che avessi mai visto.
“Ecco quando te lo avrei chiesto, stasera, dopo le tue promesse, ancora una volta vane”.




 
who cares?
ciao ragazze,
no, non è un miraggio, sono veramente io, che all'alba del 28 (ormai 29) agosto mi sono messa a postare il 24esimo capitolo.
lo so da me che probabilmente mi odierete e che avrò perso un sacco di lettrici, ma non importa, sono qui per quelle che sono rimaste.
mi dispiace, ma chiedere scusa penso sia superfluo, anche perchè vi meritereste molto più di questo.
ho delle motivazioni per la mia assenza, ma non ho intenzione di scriverle qui, dato che, e non mi faccio problemi a fare nomi: alessiatomass, questa ragazza mi ha scritto "spero che tu abbia delle motivazioni valide", o cose del genere.
beh sì, le ho, ma a queste altezzose ragazzine non ho nulla a cui spiegare. Se qualcuno è curioso di sapere, sono ben disposta.
per il resto nulla, spero che il capitolo vi piaccia e sappiate che sono intenzionata a continuare la storia.
con tutto il mio amore, Simona.


p.s.: questo capitolo è dedicato a tutte voi





 


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Capitolo 25
*** Pictures of us ***




 
quando trovate l'asterisco ascoltate "Pictures of you" The last goodnight


 
Half a heart
Chapter Twenty-five - Pictures of us

 
“Harry, davvero, non ne ho voglia..”
Ero sotto una strana forma di tortura, quel giorno. Harry mi stava addosso, e non figurativamente parlando, era proprio su di me, come un brutto koala insistente.
“E quando mai, Natalie? Non hai mai voglia di fare niente, tu fai i casini ed io devo risolverli”
“Ma chi te l’ha chiesto” fu la mia intelligente risposta.
Mi strinsi nelle spalle e cercai di buttarlo giù dal divano.
“Ahia, mi fai male!” strillò.
“Tu levati e poi giuro che non te ne farò altro!” urlai anche io.
Finì che cademmo entrambi, sul tappeto rosso di casa nostra, mentre Louis faceva la sua trionfale entrata. Aveva il borsone degli allenamenti sulla spalla sinistra, portava la tuta del Manchester ed aveva solo una cuffietta nell’orecchio.
“Ragazzi, è un brutto momento? Volete che passi più tardi? – rimase interdetto sulla porta, ma poi riflettè – dannazione, questa è casa mia, devo restare per forza”
Harry roteò gli occhi al cielo, mettendosi in piedi, pulendosi un po’ la camicia a righe. Aveva perso il suo cappello da cowboy, ed i capelli da princess ricadevano sulle sue spalle.
“Grazie al cielo sei arrivato, Lou – dissi io, correndo da lui – Harry è più psicotico del solito, oggi”
“Difficile a credersi – fece lui, mollando la sua borsa per terra – allora? Cos’è successo stavolta, Haz? Hanno sbagliato il colore dei tovaglioli?”
“No, idiota – disse Harry, al suo quasi sposo – parlavamo della litigata di Zayn e Natalie”
Lo guardai scettica, per poi dirigermi verso la cucina, dato che se dovevo davvero sostenere quella conversazione avevo bisogno della mia più leale compagna: la nutella.
“Noi  non stavamo parlando, Harry – lo corressi, accomodandomi ed intingendo il mio cucchiaio nella nutella – tu stavi usando della violenza fisica”
“L’unica soluzione per farti parlare, tesoro” disse, sorridendomi falsamente.
Appoggiò un braccio allo scaffale della cucina, assumendo una posa da super modello di Los Angeles.
“Cos’è? Gennaio?” lo presi in giro, ridendo da sola.
Louis mi accompagnò, prendendo posto affianco a me.
“Buona questa, Nat”
Ci scambiammo un cinque, e Lou afferrò un cucchiaio per partecipare alla gara per aggiudicarsi il titolo di “più grassone della casa”. Di sicuro non avrebbe vinto Harry, aveva delle gambe così lunghe e magre che Gigi Hadid lo avrebbe invidiato. E poi era sempre così nervoso ed agitato, relax amico.
“Allora? Devo aspettare ancora molto, Natalie?”
Appunto.
“Ma perché parliamo sempre e solo di me?  - sbottai, agitando il cucchiaio e buttando nutella un po’ ovunque – insomma, so di essere l’elemento più interessante della casa, ma insomma, concedete un po’ di tranquillità anche a me”
Harry mi fulminò con lo sguardo, ed io potrei giurare di aver visto del fumo uscire dalle sue orecchie.
“Non fare la cretina, Natalie, voglio solo sapere che vi siete detti e perché non vi parlate da due giorni – fece una piccola pausa, riflettendo – ancora” aggiunse poi.
Io roteai gli occhi al cielo, per poi infilarmi un enorme cucchiaiata di nutella in bocca.
“Mi sfinisci, Styles” conclusi, rassegnata.
“Diventerai una balena, così” berciò perfido, lasciandosi cadere su di una sedia.
Io sbuffai, e Lou guardò entrambi, sorridendo vagamente divertito.
“Quand’è che la smetterete voi due?” ci chiese, giocherellando con la nutella ed il suo cucchiaio.
“Infedele, non si gioca con la mia nutella – dissi, portando il barattolo sotto il mio dominio – e poi smettere di fare cosa? Io non faccio niente, mi limito a vivere, ma ad Harold sembra non andare bene neanche questo”
“No tu non ti limiti a vivere, tu combini un casino dietro l’altro, Natalie – sbottò, spazientito -  e non chiamarmi Harold”
Per qualche impercettibile secondo regnò il silenzio.
“Non ti parlo più” sentenziai poi.
Harry sbuffò.
“Okay bimbi – cominciò Louis – adesso ci diamo una calmata tutti quanti, io mi prendo una sigaretta e voi fate pace, che mi state sul cazzo quando litigate solo perché vi volete troppo bene”
Entrambi avevamo anche smesso di guardarci, Harry stava facendo finta che la sua camicia a righe bianche e nere fosse la cosa più interessante da fissare nella stanza, ed io stavo giocando con la nutella, proprio come Louis, quando lo avevo accusato di essere infedele. Ero anche un ipocrita, oltre che una cogliona, fantastico.
Louis accese una Diana, dopodiché si appoggiò alla parete della cucina, per far sì che la cenere finisse nel lavandino.
“Haz, inizi tu?”
Harry lo guardò negli occhi, profondamente, come a dire: stai scherzando, amore?
“Per una volta, almeno” lo supplicò il suo fidanzato.
Così la sposina sbuffò.
“Mi dispiace Natalie per averti detto che fai solo casini.."
“E..?” lo spronò Louis.
“E cosa? Ho detto tutto!” si lamentò Harry.
“E..?” continuò Louis, deciso a non arrendersi.
“E per starti addosso..”
“Quando?”
“Sempre” concluse, rassegnato.
“Perfetto, molto bravo Harry – si complimentò, spostando lo sguardo su di me – ora, signorina Shade, sarebbe così gentile da proseguire?”
Lo guardai, con le braccia incrociate al petto.
“Devo proprio?”
“Sì, devi proprio piccola, in questa casa non si fa altro che litigare” disse Louis.
Sbuffai, appoggiando le braccia al tavolo e guardando Harry, che ancora non si era deciso a voltare il viso verso il mio. Brutto cowboy testardo.
“D’accordo – iniziai - mi dispiace Harry per non averti ancora raccontato nulla del mio litigio con Zayn, è che solo pensare a quella notte mi fa stare male”
Finalmente Harry mi guardò, e stirò le sue labbra rosse in un sorriso.
“Racconta, sono qui”
Gli sorrisi, stringendo la mano che mi stava porgendo.
“Ed anche io” disse Louis, spegnendo la sigaretta e sedendosi affianco a me.
Eccole, le mie fate madrine da sballo.
“Mi ha detto delle cose terribili, ragazzi – iniziai, giocando con il groviglio che erano le mie mani – urlava, era fuori di sé ed ha perfino tirato un pugno al muro, non potete capire”
“Sai com’è Malik, molto teatrale” mi rassicurò Harry.
“No, Harry, stavolta faceva sul serio”
“Quante altre volte te l’ho sentito dire?”
“Ha ragione Harry, Natalie, tu e Zayn avete sempre litigato e poi fatto pace qualche giorno dopo, dagli tempo e vedrai che si risolverà tutto” mi rassicurò Louis.
“No Lou, non questa volta – dissi, guardandolo negli occhi – ho tradito la sua fiducia per l’ennesima volta”
“Beh, certo che ancora non l’ho capita quella tua decisione di tornare con Jacque..” aggiunse Harry, allusivo.
“Harry, ti prego” dissi soltanto, al mio migliore amico.
Lui alzò le mani in segno di resa.
“No, d’accordo, sto zitto”
Avevamo già affrontato quell’argomento, avevamo già litigato, e già fatto pace davanti ad un pacco di biscotti. Ancora. Aveva ragione Louis, non facevamo altro che litigare e mangiare, in quella casa, ultimamente. Probabilmente era perché tra meno di due settimane sarebbe arrivato il grande giorno, e la vera tensione dell’evento iniziava a farsi sentire sul serio.
 “Che ne dite, preparo dei biscotti?”
Ecco, appunto.
“Perché no, Haz? Muoio di fame” ne fu felice Louis.
“A patto che siano quelli al triplo cioccolato di Nigella”
“Come la principessa desidera”
Disse il cuoco, scoccandomi un bacio sulla fronte.
“Ti adoro”
“Allora.. – cominciò proprio Harry, mentre armeggiava con gli utensili da cucina – come sta andando con i discorsi dei testimoni? Li avete già scritti?”
Dannazione, i discorsi.
 
 
 
 
 
“Harry! E non spingermi!”
Stavo urlando stranamente contro il mio migliore amico, mentre entravo in casa di mio padre.
“E poi ti lamenti che non si fa altro che litigare!- mi gridò contro, tanto per cambiare – ci credo! Sai tra quanti giorni mi sposo, io?”
“Beh, grazie della considerazione, amore” disse Louis.
Come faceva ad essere sempre così bello e tranquillo? Il suo fidanzato quasi sposo era costantemente una ragazzina affetta da sindrome premestruale perenne, e lui si limitava a fare battute ironiche ed essere splendido, in ogni circostanza. Lo invidiavo da morire.
“Mi sposo tra dodici giorni! – lo ignorò Harry, sbattendo la porta di casa Shade – e tu, anzi voi, non avete ancora scritto i vostri discorsi! Ma dico io, vuoi che il mio matrimonio sia un disastro?”
Bla, bla, bla..
Mi sedetti su di uno degli sgabelli alti di quella che un tempo era la cucina di casa mia, prendendomi il viso tra le mani.
“Hai finito?” chiesi, calma.
“Mi farai perdere la testa”
“Troppo tardi” commentò Lou, facendomi ridere.
“Voi due mi manderete al manicomio” disse Harry, sfinito.
“Ehi, ragazzi”
E così si palesò in cucina l’uomo che chiamavo padre da 21 lunghi anni.
“Papà, se l’ospitalità si pagasse in oro, tu saresti il più povero di Londra” lo informai.
“Piccola, è sempre un piacere averti a casa”
Gli mostrai un sorriso a 32 denti, continuando a fare quello che stavo facendo, ovvero ignorare Harry.
“Come va, Tyler?” chiese Louis.
“Tutto normale, Lou, e voi? Tra poco sarà il grande giorno, eh?”
Non l’avesse mai detto.
“Già, e la sai una cosa, Tyler? Tua figlia non ha ancora scritto il discorso del testimone!”
“Beh, non mi sembra una tragedia, Harry – disse mio padre – quanto ci vuole? Un’ora? Due se si è indecisi su come salutare gli ospiti?”
Rimanemmo tutti in silenzio. Io e Louis guardammo prima mio padre, poi Harry, poi ancora mio padre e poi di nuovo Harry, che sembrava stesse per avere un infarto.
“Farò finta di non aver sentito – disse poi, riprendendosi – Natalie, tieni”
Mi porse carta e penna.
“Che ci devo fare?”
“Scrivere, per esempio?”
“Non sei simpatico, sappilo”
Harry roteò gli occhi al cielo.
“T’ignoro – disse poi – Lou, il tuo testimone? Quanto ancora si farà attendere?”
“No, davvero Harry, non posso avere il portatile? Siamo nel 21esimo secolo, non mi va di scrivere a mano!”
“Non fare la viziata” mi riprese, come se fosse mio padre.
Beh, d'altronde ne avevo bisogno, il mio vero padre se ne stava seduto affianco a me, ridendo come un cretino davanti ai messaggi Whatsapp della sua fidanzata, manco avesse 14 anni. Che vita triste.
Ma poi, come se avessi avuto un flash, riflettei.
“No, aspetta, riavvolgi un attimo Styles - dissi, scattando in piedi  - che hai detto a Louis?”
Neanche ebbe il tempo di rispondermi, che la porta di casa mia si spalancò. Questa cosa doveva smettere di accadere, comunque.
“Beh? Qual è l’emergenza? Non mi sembra che nulla stia bruciando”
Quella voce mi fece venire i brividi. Mi immobilizzai, e forse trattenni anche il respiro, quando lo vidi entrare nella mia cucina. Ci guardammo per qualche secondo, senza dire nulla, anche Harry, Louis e mio padre avevano smesso di fare qualsiasi cosa, la tensione era troppo forte.
“D’accordo – disse poi mio padre – io vado, posso lasciarvi casa mia per qualche ora senza che nessun abusivo la occupi?”
“Papà, neanche due mesi fa vivevo qui” gli ricordai.
“Giusto – disse lui, schioccando la lingua – a dopo”
E così sparì. Rimanemmo solo noi quattro, fermi, in silenzio, e senza il coraggio di muovere un muscolo. Fino a che Zayn, non si rivolse ai due sposini.
“Che ci fa lei qui?” chiese.
“Per inciso, come ho detto due secondi fa, io ci vivevo qui, ma nessuno sembra ricordarselo”
Non sembrava neanche la mia voce, quella che avevo appena sentito. Avevo parlato senza nemmeno rendermene conto, era uscita da sola.
“Intendevo nello stesso posto in cui mi trovo io – rispose Zayn, scontroso – era un “qui” figurativo”
Harry lo guardò interrogativo, mentre Louis controllava l’iPhone.
“Certo, come no, Malik – fece, stranito – beh, noi andiamo, giusto Lou?”
Louis, in tutta risposta, rise per qualcosa che doveva aver letto sul suo telefono.
“Louis!” urlò Harry.
“Oh, sì, scusa Haz, Liam è proprio un coglione, dovresti leggere cosa ha scritto a proposito di.. – ma si bloccò, quando notò lo sguardo del suo ragazzo – okay, d’accordo, ho capito, andiamo”
Harry sorrise appena, facendo per andarsene.
“No! Aspetta! – urlai, tirandolo per un braccio – come sarebbe a dire che ve ne andate?”
“Quanti significati ha questa frase, Natalie?”
Lo guardai supplicante.
“Non puoi lasciarmi qui, con lui”
“No, tranquilla, me ne vado anche io” fece Zayn.
“Non se ne parla neanche – si mise in mezzo Louis, autoritario – voi due oggi scriverete quei dannatissimi discorsi dei testimoni, non ho voglia di sentire Harry per un’altra settimana che blatera a proposito di voi due che siete degli irresponsabili perdi tempo”
“Però, ci sai fare con gli insulti, Styles” lo presi in giro.
Harry mi fece il verso.
“Buon lavoro”
E così, i due sposini traditori chiusero la porta, lasciandoci soli. Il silenzio aleggiò per qualche secondo: eravamo entrambi in piedi, io con la mia camicia extra large presa in prestito da Harry e lui con una maglia a maniche lunghe, a luglio. Perché? Sorvolai, per poi sbuffare, dato che il primo passo avrei dovuto farlo io: Zayn era un campione in quanto a mettere il broncio.
“Beh?” cominciai.
Lui mi guardò, dall’alto in basso, increspando le labbra in un minuscolissimo impercettibile sorriso bastardo.
“Anche se dobbiamo convivere momentaneamente in pochi metri quadri, non significa che mi sia tornata voglia di parlarti” disse poi, sentendosi superiore.
“Fa’ un po’ come ti pare”
Feci per salire le scale e raggiungere camera mia.
“Dove vai?”
Ma lui mi fermò, con quelle parole.
“Che t’importa? – gli chiesi, stringendomi nelle spalle – non hai voglia di stare con me, il tuo messaggio è arrivato forte e chiaro, Malik”
“E allora? Dobbiamo scrivere questi maledetti discorsi, e siamo entrambi testimoni, lo faremo insieme”
Lo guardai negli occhi, aspettando che dicesse qualcos’altro, ma Zayn era arrabbiato davvero. Così mi arresi e tornai in cucina, porgendo anche a lui foglio e penna. Neanche a dirlo, non mi ringraziò.
Passarono esattamente cinque minuti da quando avevamo deciso di metterci seriamente al lavoro, ma io stavo già impazzendo.
“Dannazione! – sbottai – c’è troppo silenzio qui dentro!”
Zayn alzò piano la testa dal suo foglio, per guardarmi.
Era bellissimo, si era fatto la barba, ed i suoi capelli neri che aveva evidentemente deciso di non tagliare mai più, erano ancora un po’ umidi per la doccia che doveva essersi fatto.
“Se tu non fossi una ragazzina viziata ed egocentrica, sarebbe più facile passare neanche cinque minuti senza che nessuno ti parli, dandoti più importanza di quella che meriti”
“Smettila di fare così lo stronzo, Zayn”
Lui scosse la testa, quasi rassegnato. Ma io non mi arresi.
“Mi sono stancata di sentirmi insultare da te, fa troppo male e tu sei troppo importante”
Lottai contro le lacrime, e lui se ne accorse, perché cambiò espressione.
“Come devo fare con te, Natalie? – disse, spiazzandomi – pensi che per me sia facile trattarti così? È che voglio che tu smetta di darmi per scontato”
“Io non ti do per scontato” mi difesi.
“Ah no?”
Non risposi, ci pensai su, e forse aveva ragione.
“Mi dispiace”
“Come se bastasse”
“Mi dispiace davvero?” tentai, guardandolo di sottecchi.
Lui trattenne un sorriso, e buttò la penna sul tavolo.
“Sei una stupida, Natalie”
Gli sorrisi, sinceramente.
“Che stai scrivendo per Louis?” domandai, tentando di sbirciare sul suo foglio.
“Vuoi copiarmi? Davvero? – fece, divertito – pensi sul serio che quello che scriverò io per Tomlinson possa valere anche per Styles? Almeno Lou ha vagamente le sembianze di un uomo”
Beh, in effetti, non aveva tutti i torti. Almeno Louis evitava di ostentare la sua omosessualità, andando in giro con eccentriche fasce tra i capelli, orecchini pendenti e camice rosa.
“E poi Harry morirebbe lì sull’altare, se due secondi dopo aver sentito il tuo discorso, sentisse esattamente le stesse parole uscire dalla mia bocca”
Zayn fece schioccare la lingua.
“Giusta osservazione”
Stavamo parlando normalmente, ma mancava qualcosa, tra di noi. Mancava quella classica scintilla firmata Zayn e Natalie, e mi mancava da morire.
“Zayn?”
“Sì?”
Glielo stavo per dire, che mi mancava, che faceva male tutta quella situazione, ma mi bloccai davanti ai suoi occhi. E davanti alla suoneria del mio telefono.
“Che vuoi? - risposi, brusca – oh, sei tu, ciao, no, non me l’ero dimenticato, sto uscendo di casa, sì, adieu mon amour”
Lanciai il telefono sul tavolo, passandomi freneticamente una mano tra i capelli.
“Te l’eri dimenticato, eh?”
La voce di Zayn mi risvegliò da quello stato di trance ed ansia in cui ero caduta, così alzai gli occhi su di lui. Mi stava guardando con le sopracciglia inarcate, scettico.
“Era Jacque” dissi, incolore.
“Sì, l’avevo capito – fece, appoggiando un gomito allo schienale della sedia – il tuo “adieu mon amour”, non lasciava alcun dubbio”
Non risposi, non avevo voglia di litigare, avevo qualcosa di molto più importante a cui dedicare i miei sforzi cerebrali.
“Ho la prima prova del vestito, oggi”
“E?”
Rimasi a guardarlo: noi due, lì nella mia cucina, lui bello da fare male ed io che mi torturavo l’unghia del pollice con i denti.
“E la mia macchina ce l’ha Dyana” continuai.



“Non ci pensare neanche” disse poi, dopo una lunga sequenza di sguardi.
“Io non te l’ho chiesto” dissi, offesa, mettendo mano al mio iPhone.
“Sarà meglio”
Così anche lui prese il suo iPhone ed iniziò a ticchettare sullo schermo, preso dai suoi mille social network: Zayn Malik era un uomo estremamente social. Mentre io, presa dall’agitazione, iniziai a chiamare tutti quanti.
“Pronto? Niall? Ah non puoi parlare? Sei alla partita, oh, okay.. beh, puoi passarmi Liam? Ah sì, giusto, non può parlare nemmeno lui, fa niente, ci vediamo domani, ciao Niall”
Pensai a chi altro avrei potuto chiamare, ed esclusi Perrie, era troppo presa a nasconderci qualcosa.
Ringhiai, mentre Zayn mi guardava di sottecchi.
“Andata male?”
“Non nascondere la tua gioia, Malik”
Dissi, portando nuovamente il telefono all’orecchio.
“No, certo che non la nasconderò, probabilmente se non andrai alla prima prova del tuo vestito lo daranno a qualche altra sposa, e tu, colta da un improvviso sconforto per aver perso l’abito dei tuoi sogni, deciderai di non sposare quel coglione del tuo fidanzato”
“Pronto? Louis? – fu questa la mia risposta al suo monologo – tu ed Harry dovete venire subito qui, no nessuno ha ucciso nessuno, ma ho bisogno di voi, oggi ho la prova generale del vestito da sposa e.. pronto? Lou? Non ascoltare quella pazza di Harry e non riattaccare! Pronto?”
Guardai il mio iPhone, e lottai contro la voglia di lanciarlo contro il muro.
“Stronzi” dissi poi, tra i denti.
Zayn ridacchiò, giocando con le dita con le sue labbra. Cercai di non dare troppo peso al fatto che quel suo passatempo mi stesse letteralmente facendo impazzire.
“Papà? Dio sia lodato, non hai il telefono staccato come al solito, no non m’importa che sei al lago con Danielle, sì, okay d’accordo salutamela tanto anche tu, ma papà, dannazione mi ascolti?, dovete tornare qui e portarmi da Deborah – attimo di silenzio in cui desiderai uccidere l’uomo che mi mise al mondo – ma sei mio padre! Oh, al diavolo, a Natale me ne ricorderò quando sarà il turno del tuo regalo”
E riattaccai, per l’ennesima volta. Possibile che nessuno mi volesse bene al punto da mollare le loro patetiche vite e correre da me?
Stavo per chiamare Manuel, quando vidi Zayn alzarsi dalla sedia ed estrarre le chiavi della Panda Station wagon dalla tasca dei suoi jeans neri strappati.
“Cosa fai?”
“Vieni, ti porto io a questa stupida prova”
“Mi manca Manuel”
“Non renderti ridicola più di quanto tu abbia già fatto”
Detto questo, chiuse la porta dietro le sue spalle. Dopo pochi secondi, sentii il rombo della sua macchina, e lì capii che c’era solo una persona che avrebbe mollato sempre la sua patetica vita, per correre da me.
 
 
 
 
Erano le 03:40 PM quando entrai nel negozio di abiti da sposa, anzi, quando mi fiondai nel negozio di abiti da sposa.
“Buongiorno Deborah! So che sono in ritardo, ma ho fatto casino con la macchina e..”
“Oh, ben trovata Natalie! – mi interruppe lei, scoccandomi due baci sulle guance – non preoccuparti, noi non badiamo mai troppo ai ritardi delle nostre spose”
Le sorrisi riconoscente, per poi legarmi i capelli in una brutta coda, dato la corsa che avevo fatto per entrare lì dentro con almeno meno di trenta minuti di ritardo.
“Odio questa cazzo di strada, ho dovuto lasciare la macchina in seconda fila e se senti qualcuno urlare probabilmente è il proprietario del Mercedes a cui ho ammaccato il lunotto posteriore”
E così Zayn fece la sua entrata trionfale da Deborah’s, passandosi teatralmente una mano tra i capelli ed arricciandosi le maniche della maglietta a maniche lunghe sui gomiti. Quale parte della frase “Zayn è luglio”, non capiva?
Stavo per dire qualcosa, ma Deborah mi precedette.
“Natalie – mi disse, ammiccando e sorridendo maliziosamente – nessuno ti ha mai detto che far vedere l’abito al futuro sposa prima del dovuto, porta sfortuna?”
Il mio viso cambiò quattordici tonalità di rosso, mentre Zayn quasi non si strozzava con la sua stessa saliva.
“No, lui non è, cioè insomma..” tentai.
“Non sono io lo sposo” concluse Zayn, al posto mio, vedendomi in palese difficoltà.
Così gli sorrisi, per ringraziarlo, e lui ricambiò.
“Oh, d’accordo, peccato” si lascò sfuggire Deborah.
Ma peccato cosa, troia? Tieni le mani a posto. Non avevo mai insultato Deborah prima d’ora, ma chissà perché in quel momento lei ed i suoi capelli viola mi stavano dando non poco fastidio. Un po’ come quella Kate, da Chanel, perché le donne di cinquant’anni non sapeva più stare lontane dagli uomini che potrebbero essere figli loro?
La mano di Zayn che si posava sulla mia schiena, mi fece risvegliare da quei pensieri.
“Volete seguirmi di là?”
Annuii e Deborah ci condusse nella sala dei camerini, dove ero già stata con Harry, Pez e Dyana qualche settimana prima.
“Sai Natalie, mi aspettavo di vederti con quel tuo amico, Harry, mi ha spedito molte e-mail”
“Ah sì?” feci, mentre Zayn si accomodava su una delle poltroncine bianche con visuale sui camerini.
Scambiai un’occhiata stranita con lui.
“Sì – disse lei, contenta, mentre trafficava tra gli abiti alla ricerca del mio – si definiva il mio fan numero 1”
Zayn abbozzò una risata, ed io roteai gli occhi al cielo.
“Beh, Harry è un po’.. come dire.. eccentrico?” dissi.
“Sì, me ne sono accorta – rise, porgendomi il mio vestito – ecco a te, cambiati pure con tutta calma, e quando hai finito chiamami”
Mi scoccò un occhiolino e ci lasciò soli. Io entrai nel camerino ed iniziai ad infilarmi il vestito, ma, come l’ultima volta, ebbi non poche difficoltà.
“Zayn?” urlai.
“Cosa c’è?” rispose lui, svogliato.
“Mi daresti una mano? Questa stupida lampo non ne vuole sapere di salire..” dissi, sforzandomi d’ignorare il suo tono scocciato.
Lo sentii sbuffare, e poi vidi il suo viso fare capolino dalla tenda del camerino, mentre la scostava per entrare. Quando però alzò lo sguardo su di me, rimase con le mani a mezz’aria, e con gli occhi fissi sul mio riflesso nello specchio.
“Che c’è? - gli chiesi, scettica – ti sei dimenticato come si tira su una lampo?”
“No, ma, cioè, tu.. cazzo.. Natalie.. – farfugliava cose a caso – sei bellissima” concluse poi.
Non nascosi un sorriso, abbassando lo sguardo sulle mie converse bianche.
“L’ultima volta che sono stata qui, ed ho provato questo vestito, non riuscivo ad immaginare nessuno che non fossi tu, ad aspettarmi all’altare” confessai.
“Lo so, me lo ricordo” disse lui, armeggiando con la mia lampo.
“E adesso che sei qui, con me, mi è ancora più difficile farlo”
Lui sorrise, in quel suo modo di sorridere che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto fermare una guerra secolare.
“Allora non farlo”
Zayn appoggiò il mento sulla mia spalla nuda, ed adagiò le sue mani sui miei fianchi, stringendomi in un lieve abbraccio.
“Immagina me e te – mentre parlava, il suo respiro si infrangeva sul mio collo – è estate, fa caldo, e la cerimonia è sul mare, perché tuo padre mi ha rubato l’idea del lago – ridacchiò, portandosi dietro anche me – io ti sto aspettando, un po’ emozionato ma faccio finta di niente, perché la mia squadra è al matrimonio..”
“E tu sei già abbastanza preoccupato per il fatto che probabilmente i tuoi giocatori non ti porteranno mai rispetto, dato che sono quasi tutti più vecchi te” dissi, senza pensare.
“Rovini tutti i momenti più belli” disse, ridendo.
“Lo so”
“Sta’ zitta”
“Okay, tu continua, però”
Lui sorrise, lasciandomi un piccolissimo bacio a fior di pelle sulla spalla.
“Sono tutti là per noi, e Louis mi ha appena tirato un pugno sulla spalla per incoraggiarmi, perché tu sei arrivata, insieme a tuo padre, e diavolo quanto sei bella, piccola, sei la più bella sposa che si sia mai vista – fece una pausa, mentre io avevo chiuso gli occhi, per immaginare ogni singola parola – Harry sta già piangendo, perché è una checca mega galattica e tu cammini lentamente verso di me, mi guardi, mi sorridi, ed una volta arrivata all’altare..”
“Eccomi qui! La lampo ha fatto cilecca un’altra volta?”
La voce di Deborah interruppe quel momento magico, e Zayn spostò immediatamente le sue mani dai miei fianchi, allontanandosi di qualche centimetro.
“Ho apportato quella piccola modifica che mi avevi detto, Natalie, alle decorazioni in argento, che te ne pare?” mi chiese, a voce alta.
Mi sentivo frastornata, non riuscivo a guardare e pensare a nulla che non fosse lui, e il suo fiato sul mio collo, e quell’immagine di noi al mare.
“Natalie? Ci sei?”
“Sì, scusa Deborah, il vestito è perfetto..” sussurrai, appena, scuotendo la testa.
“E tu? Che ne pensi? – disse poi rivolta a  Zayn – che maleducata! Non ci siamo neanche presentati!”
Ma per favore..
“Piacere, Deborah”
“Avevo immaginato – alluse Zayn, indicando all’enorme insegna del negozio – Zayn Malik”
Io ridacchiai mentre si stringevano la mano, ma Deborah non si diede per vinta.
“Beh, che ne pensi, Zayn?”
Lui annuì, guardandomi.
“Natalie è bellissima, il vestito le sta molto bene ed il suo sposo è fortunato, davvero – lo vidi stringere i denti, mentre cercava di sorridermi – ti aspetto fuori” disse poi, uscendo dal negozio.
Sentii lo sguardo di Deborah addosso, ma io non dissi nulla, non ce ne fu bisogno.
 
 
 
 
Dieci minuti dopo ero fuori da quel negozio completamente bianco, e Zayn era appoggiato al muro dell’edificio, mentre fumava la sua sigaretta quasi finita.
“Allora? L’hai preso?”
Scossi la testa.
“Ho la seconda prova a settembre”
“Come mai queste fretta?”
“Abbiamo anticipato il matrimonio”
Ci fu un attimo di silenzio, in cui Zayn spense il mozzicone di sigaretta sul marciapiede, con rabbia.
“Ah” disse soltanto.
“Ci sposiamo a dicembre”
“Dicembre? – chiese, scettico – ma non avevi sempre detto di volerti sposare in estate?”
“Avevo sempre detto tante cose”
“Già”
Altro attimo di silenzio.
“Quindi dovrai tornare a settembre?”
Annuii.
“Tanto tu sarai in Italia, per altri quattro anni, no?”
Lui non rispose, controllò l’orario sull’iPhone, e si fece scappare una bestemmia.
“Che succede?” chiesi, aggrottando le sopracciglia.
“Sono in un ritardo del cazzo – disse, prendendomi per mano – vieni, dobbiamo andare in un posto e tu devi venire con me, non ho tempo di portarti a casa”
“Lasciami qui, no?”
Zayn mi stava già trascinando verso la sua macchina.
“Non ti lascio per strada, e poi me lo devi, muoviti”.
 
 
 
 
 
*“Cosa ci facciamo all’Old Trafford? – chiesi, mentre Zayn mi trascinava verso la tribuna d’onore, facendosi spazio tra tutte le persone sedute, salutando qualcuno qua e là – non è né il compleanno di Liam né quello di Niall, non dobbiamo venire a vederli giocare per forza”
“Stai un po’ zitta, Natalie? – mi chiese, molto molto sgarbatamente – lo vedi quello? – disse, facendomi voltare ed indicando un signore a caso – quello è Joel Glazer, il presidente del Manchster United, quindi saluta e sorridi”
Feci come mi aveva detto, salutando con la mano e sorridendo quello che, a quanto pare, non era affatto un signore a caso.
“Okay ma, cosa centra con te il Manchster United?”
Ero confusa.
“Lo vedi quello?” ed indicò ancora.
“Malik, nessuno ti ha mai detto che non è buona educazione indicare la gente a caso?”
“È proprio questo il punto! – gridò, entusiasta – non è gente a caso quella che sto indicando, è Louis Van Gaal, l’attuale allenatore del Manchester”
“Continuo a non capire”
“Ma va?” chiese retoricamente, meritandosi un mio schiaffo sulla spalla.
“L’altro giorno, ti ricordi quando quella mattina me ne sono andato da casa tua? – ricordai amaramente ed annuii – avevo un colloquio con Glazer”
“Un colloquio? Tipo un colloquio di lavoro?” chiesi, iniziando a capire.
“Quanti colloqui conosci, Natalie?”
“Che palle che sei – roteai gli occhi al cielo, però poi mi resi conto dell’importanza della situazione – e quindi? Com’è andata?”
“Tu che dici? – chiese retoricamente, ancora una volta -  mi ha invitato qui a vedere Manchester United – Newcastle in tribuna d’onore, pensi che sia andata bene o male?”
Ragionai, guardando il suo sorriso.
“Ma l’Italia? Era il tuo sogno, Zayn”
Lui annuì, guardandosi le mani, e sorridendo appena.
“Ho preso appuntamento con Glazer un paio di giorni fa, quando pensavo che ci saremmo trasferiti definitivamente a Portobello Road e che entrambi avremmo rinunciato a Milano e Parigi”
Girò il volto verso il mio, senza dire più nulla.
“Mi dispiace”
“Stai scherzando? Allenerò i Red Devils, non c’è nulla di cui dispiacersi!” scherzò.
“Hai capito, Zayn” insistei, io.
Lui annuì, appoggiando il gomito al bracciolo del suo seggiolino dello stadio, posando poi la sua mano sulla mia.
“Non importa..”
“Non è vero” mi affrettai a contraddirlo.
“Ferma, fammi finire – m’interruppe – non m’importa perché proprio ieri, stavo pensando a tutte quelle foto appese al tuo muro, hai presente? Te le ricordi?”
“Potrei mai dimenticarle? Quelle foto raccontano la storia di tutti noi”
“E raccontano anche tutte le promesse, i segreti e le bugie che ci sono state tra di noi – disse, con un sorriso amaro ad increspargli le labbra – ma soprattutto, ci raccontano quello che saremmo potuti essere, ed io ho capito che non m’importa, ti tengo anche così”
Alzai gli occhi nei suoi, per poi abbassarli sulle sue labbra.
“Dovremmo farne di nuove, mi hanno stancato tutte quelle vecchie foto, mi fanno solo deprimere”
Lui annuì, d’accordo, sempre più vicino al mio viso.
“Noi siamo cambiati, è giusto che cambino anche le nostre immagini appese alla tua parete”
Annuii, socchiudendo gli occhi. Sentii le sue dita scostare una ciocca di capelli dal mio viso, dietro al mio orecchio.
“Il vestito ti sta d’incanto”
“Questo è un commento da Harry”
“Lo so, ma è così”
Le nostre labbra si stavano per sfiorare, quando tutta la tribuna, esplose in grida di gioia. Niall, aveva segnato, ed io e Zayn rimanemmo a guardarci per qualche secondo, per poi alzarci insieme ed esultare, davanti all’abbraccio di Liam ed Horan, in campo, mentre le nostre mani si stringevano.
E mentre scattavo quella fotografia, non potevo fare a meno di pensare che non ci sarebbe stato modo migliore, di cominciare a costruire nuove immagini di noi.
 

 
 
 
 
 
who cares?
ciao bimbe :)
come state? 
tra poco ricomincia la scuola eeeeeh? che classe farete? io devo aspettare ottobre per l'inizio delle università.
anyway, pensavate che sarei sparita ancora? e invece no, ormai ho ingranato ancora con la scrittura e non me ne vado più.
(so di averlo già detto e poi non rispettato, ma fa niente)
quella tra parentesi è la mia coscienza, ignoratela.
comunque, vi piace il capitolo 25? è lunghissimo! ho notato di avervi spiazzate un pochino con il 24, davvero credevate che Natalie, indecisa com'è, avrebbe mantenuto la sua parola?
ho costruito un personaggio strano.. però davvero, mi sono affezionata un sacco a questa storia, e a voi.
pensare che mancano solo 5 capitoli alla fine mi mette una tristezza enorme addosso. ma non pensiamoci. 
ho già altre idee per nuove storie, e poi mi sa che farò un sacco di missing moments di half a heart ahahah, è il mio grande amore!
detto questo vi saluto, al prossimo capitolo, ciao bimbe <3

p.s: un saluto speciale alla mia Ile
p.p.s: se volete seguirmi o contattarmi su twitter, questo è il mio nick: @Snowhivte




 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** Promises ***




quando trovate l'asterisco ascoltate "Breakeven" dei The Script


 
Half a heart
Chapter Twenty-six - Promises



 
Mi ero rifugiata a casa di mio padre, per questo quando la porta si spalancò, rivelando un vociare molesto, maledissi tutto quanto, sbuffando. Mi sporsi un po’ dal divano con la testa, per scoprire i misteriosi volti degli scocciatori. Riconobbi ovviamente mio padre, Danielle e, con mia sorpresa, Zayn.
“Natalie?” chiese proprio lui, colto alla sprovvista.
“Ragazzi, davvero, dovete smetterla di rimuovere dal vostro cervello che questa è stata casa mia – ricordai loro – soprattutto tu, papà”
Puntai la penna che avevo in mano minacciosamente verso di lui, che si trovò costretto ad alzare le mani in segno di resa.
“Non ho detto nulla, piccola”
Mi scoccò un occhiolino, mentre Danielle chiudeva la porta e si legava i capelli in una coda alta.
“Preparo qualcosa da mangiare?” domandò, maternamente.
“No, noi abbiamo la cena da Manuel e Dyana” dissi.
“Appunto – fece Zayn, guardandomi dall’alto – perché sei ancora così? Sai benissimo che a Styles prende un infarto quando decidi di uscire in pigiama”
Lo fulminai con lo sguardo.
“Solo perché tu lo sappia – cominciai – non è un pigiama”
“Ma ci somiglia molto, quindi fa lo stesso – disse, fingendosi esperto – va’ a cambiarti”
“Okay, papà” finsi il tono di una brava bimba.
Chiusi quel piccolo diario che avevo sulle gambe, sbuffando, facendo per alzarmi dal divano.
“Cos’è?” chiese però Zayn, curioso.
“Oh, nulla, stavo scrivendo la mia promessa”
“Promessa? – aggrottò le sopracciglia – per che cosa?”
“Per il matrimonio – mi strinsi nelle spalle, avvicinandomi alle scale – domani ho la prima prova ufficiale, in chiesa”
“Chiesa? - Zayn era sempre più sconcertato – ma se tu non ci credi, in Dio”
“Jacque ha insistito, e così..”
“E così – riprese lui, interrompendomi - si fa come dice lui, ho capito, come ti pare Natalie, ti aspetto di là”.
 
 
Avevo lasciato qualche vestito, da mio padre, così mi accontentai di quella canottiera nera a cui abbinai una collana che Harry avrebbe sicuramente definito “M-A-G-N-I-F-I-C-A!”, ed un paio di jeans scuri. Feci il mio trionfale ingresso in cucina, trovando Danielle e mio padre ai fornelli, a cucinare insieme da brava coppia affiatata quali erano, e Zayn seduto al tavolo della mia vecchia cucina, mentre fumava una Marlboro e scrutava distratto il suo iPhone. Avrei cercato di farlo irritare il meno possibile, avevamo iniziato nel peggiore dei modi e dovevamo ancora sopravvivere alla cena con tutti quanti a casa di mio fratello. Manuel e Dyana sembravano Tyler e Danielle, versione giovane, con vent’anni di meno, ed avevano deciso di organizzare una cena con tutti i nostri amici fuori di testa.
Interruppi quel momento di quotidianità con il flash di una fotografia che avevo appena scattato.
“Sei pronta?” mi chiese Zayn, alzandosi e recuperando le chiavi della macchina dalla tasca dei jeans.
Non potei fare a meno di osservarlo, era bellissimo, come al solito: aveva indossato una camicia blu scuro, probabilmente Ralph Lauren, perché era ricco lui, dei pantaloni classici neri, il suo impeccabile profumo di vaniglia e sigarette e si era anche legato i capelli in una coda, per quanto erano lunghi. Mancava solo un sorriso ad increspargli le labbra, e poi, nonostante avesse ragione lui ed io non credessi in Dio, avrei tranquillamente potuto credere che fosse una creatura del Signore, per quanto era bello.
Annuii, afferrando la mia borsa e mettendomela in spalla.
“Non bruciate niente – raccomandai ai miei genitori, cioè, a mio padre e la sua donna, ma tanto era uguale  - e fate i bravi, vi ho messo a registrare la quinta stagione di Game of Thrones”
Scoccai loro un sorriso, mentre Zayn li salutava con la mano e si richiudeva la porta alle spalle.
“La mia bambina, sta crescendo”
Quando sentii dire a mio padre quelle parole, ghignando, riaprii la porta ed urlai: “Alla fine Jon Snow muore!” e la chiusi una volta per tutte, ridacchiando.
Ignorai le urla di mio padre e scesi le scale del vialetto, dietro Zayn.
“In realtà, dicono tutti che Jon Snow non sia morto” puntualizzò poi lui.
Mi strinsi nelle spalle.
“Lo so, ma volevo comunque rovinargli il finale”
Non disse nulla, ed io mi misi alla ricerca della sua macchina.
“Zayn?” lo richiamai, senza trovarla.
Misi le mani davanti agli occhi, come a mimare una visiera, aggrottando poi le sopracciglia, senza trovarla.
“Mh?”
“Dov’è la Panda Station Wagon?”
Lui sorrise soddisfatto, piantandosi davanti ad una Lamborghini bianca.
“Dì pure addio alla cara vecchia Panda, e  saluta la mia nuova bambina”
Guardai lui, poi la macchina, poi ancora lui e ripercorsi quella sequenza di sguardi almeno un milione di volte.
“Hai ucciso la Panda, come hai potuto?” urlai, teatralmente.
Forse la vicina si affacciò dalla finestra..
Lui si strinse nelle spalle, aprendo quel mostro bianco.
“Ho sempre voluto uno di questi gioielli – disse, accarezzandone la superficie, come un padre orgoglioso – e poi pensavi davvero che saremmo andati al matrimonio di Styles e Tomlinson con la Panda Station Wagon?”
Inarcai un sopracciglio, arricciando le labbra.
“Da quando ti sei trasformato in un milionario presuntuoso so-tutto-io?” domandai, retoricamente.
“Da quando tu ti sei trasformata nella regina delle stronze – rispose ovvio – dai salta su”
Si mise al posto del guidatore, ed io lo seguii, affiancandolo.
“Dobbiamo darle un nome, allora”
“Come si chiamava la Panda?” chiese, azionando il motore.
Mi sentivo un po’ in Fast and Furious e un po’ la ricca moglie di un uomo d’affari.
“Panda, no?” dissi, ovvia, allacciando la cintura.
“Ci avrai messo un sacco di tempo ad ideare questo nome” commentò sarcastico, partendo alla volta di casa Shade – Martinez – Edwards.
A proposito di Edwards..
“Tu sai cosa nasconde Perrie?” gli domandai, mentre lo guardavo guidare felice la sua nuova macchina. Ci stava proprio bene.
“Perrie nasconde qualcosa?” chiese, stranito.
“Come non detto”
Causa persa, quel ragazzo era una causa persa. Passammo qualche minuto in silenzio, dopodiché ebbi un lampo di genio.
“Ho trovato!”
“Che cosa? Il tuo cervello?”
“T’ignoro”
Lui ridacchiò.
“Margot! – sentenziai poi – la chiameremo Margot”
Lui sorrise, annuendo.
“Mi piace, è elegante”
“Esatto” conclusi, soddisfatta di me stessa.
Ancora silenzio, durante il quale si sentiva solo Margot sfrecciare lungo la strada ed i nostri respiri.
“Come sta venendo la promessa?” mi chiese poi, lui, facendo finta che non gli importasse.
“L’ho finita, credo”
“Bene – disse, tranquillo – posso leggerla?”
Lo guardai abbassare il finestrino della macchina, sfilando una Marlboro dal suo pacchetto e prendendo a fumare. Feci finta che quell’immagine di lui con il braccio fuori dal finestrino e le sue labbra a contatto con la sigaretta, non mi provocasse nessuna emozione.
“Sei impazzito, Zayn?”
“Perché?” chiese, con un sorriso sornione.
“Perché no, sarebbe da fuori di testa fartela leggere” replicai, con la voce un po’ troppo stridula.
“Hai qualcosa da nascondere?” mi chiese.
“No, ma non te la farò leggere comunque"
Zayn girò nella via di mio fratello, e cercò parcheggiò.
“Capirai – disse, spegnendo il motore di Margot e girandosi verso di me, ammiccando – tanto già me la immagino”
“Sono curiosa, Malik”
“Ho scritto questa promessa in un pomeriggio, probabilmente in due ore scarse – recitò – perché in realtà, non so quanto mi importi stare qui dentro, non credo neanche in Dio ma sono nella casa del Signore perché a te, che sei il mio fidanzato, non frega talmente un cazzo di me, che hai pensato solo a quello che volessi tu”
 “Non si dicono parolacce, nella casa del Signore” intervenni.
“Poco importa - disse, stringendosi nelle spalle – quando non ci credi”
“In Dio?”
Lui mi guardò per qualche minuto, in un silenzio eloquente, in cui i suoi occhi mi stavano avvertendo che la risposta che mi avrebbe effettivamente dato, non sarebbe stata quella in cui credeva davvero.
“In Dio”.
 
 
 
Harry e Louis avevano cucinato per un esercito: anche se la casa non era loro, si erano improvvisate lo stesso regine dei fornelli. Perrie aveva gironzolato in cucina, per tutto il tempo, per rubare cibo qua e là, facendo imbestialire i cuochi. Louis era davvero molto sexy, con quel grembiulino bianco, ed una sigaretta dietro l’orecchio. Io e Dyana avevamo apparecchiato in sala per nove, con Niall che aveva persino tentato di darci una mano, ma il risultato fu un bicchiere rotto, e per questo lo spedimmo con Manuel, Zayn e Liam, impegnati in una conversazione sul calcio. Strano, eh? Blake non era potuto venire, il Chelsea aveva una partita importante, quella domenica.
Gli spaghetti al sugo di mare, con vongole, prezzemolo e tanto aglio, erano una specialità di Tyler Shade, il quale aveva saggiamente condiviso la ricetta con i nostri chef per una notte, facendoci gustare la cena più buona degli ultimi mesi. Io, Harry e Louis mangiavamo solo pizze congelate, McDonald’s e pasta con sughi pronti Knorr, da un mese a questa parte: la tensione pre-matrimoniale si era riversata anche sulla propensione naturale che Haz aveva per l’essere una casalinga.
Ci passavamo bottiglie di vino bianco, ridevamo, ci prendevamo in giro e banchettavamo come una grande famiglia felice. Stavamo bene insieme, come quattro prima. Quel tempo passato lontano da casa, sembrava non fosse mai esistito, in quel momento. Ero seduta accanto a Liam e Zayn, con il suo braccio sullo schienale della mia sedia: avevamo lasciato in macchina quel nostro battibecco, decidendo di divertirci insieme a tutti i nostri amici, senza tragedie.
“Propongo un brindisi!” annuncio Niall, alzandosi in piedi, già ubriaco.
Alzammo tutti i nostri calici di vino al cielo, tranne Dyana, che se ne stava abbracciata a Manuel, sorridendo tranquilla, senza dire una parola. Lasciai perdere, me ne sarei occupata dopo.
“A Louis ed Harry ed al loro matrimonio da favola, che possano essere d’esempio per tutti noi!”
Continuò Niall.
Facemmo tintinnare i nostri bicchieri li uni con gli altri, bevendo poi un sorso di vino a testa.
“Sei più saggio quando sei sbronzo, Horan – disse Liam, leccandosi le labbra – chissà che non diventi anche più bravo a calcio”
Ridemmo tutti, mentre Niall gli tirava un tovagliolo, che Liam schivò prontamente.
“Ehi Dyana – intervenni io, rigirando il mio calice tra le mani – perché non hai brindato insieme a noi? Sei ancora segretamente innamorata di Harry?”
Dyana mi guardò sconcertata.
“Ma che diavolo dici, matta?” strillò, vagamente divertita, però.
“Fa’ la finita, Natalie – disse Harry – io e la spagnola siamo ottimi amici, non è vero?”
“Puoi giurarci – intervenne Manuel – attento a te Styles” lo ammonì mio fratello, giocando.
Harry e Louis risero insieme a lui, mentre Dyana si alzava in piedi.
“Okay, tocca a me dire qualcosa, adesso..”
Aggrottai le sopracciglia, voltandomi verso Zayn, ma lui scosse la testa, senza sapere che cosa di lì a poco la mia migliore amica ci avrebbe confessato. Il che voleva dire soltanto una cosa: Manuel bocca larga non aveva colpito, quella volta.
Manuel si alzò insieme a lei, e la mia curiosità crebbe. Guardai Perrie di fronte a me, che già sorrideva allegra: la bionda sapeva.
“Come ha notato la signorina Natalie non mi sfugge nulla Shade – disse, indicandomi con un gesto elegante della mano – non ho brindato con voi, prima, non perché non sia contenta del matrimonio di Harry e Louis, bensì, perché aspetto un bambino”
Iniziai a tossicchiare, e temetti che il sorso di vino che avevo appena preso mi andasse di traverso. Zayn cominciò a tirarmi piccole botte sulla schiena, nel tentativo di evitare una mia morte prematura.
“Tutto apposto, piccola? Finite le convulsioni?”
“Idiota” berciai, riprendendomi.
Dyana mi guardò, con un mezzo sorriso, incerta sul da farsi.
“Beh? – cominciò invece Manuel – non dite niente?”
Zayn, che si stava occupando della mia già precaria sanità mentale, fu il primo ad alzarsi in piedi, per camminare verso Manuel ed abbracciarlo, fraternamente.
“È pazzesco, amico” disse, poi.
Manuel rideva, contento, ed abbracciava i nostri amici, che in successione si congratulavano con lui. Dopo che tutti ebbero abbracciato, baciato, e fatto le feste ai due prossimi genitori, entrambi posarono gli occhi su di me.
“E tu? – chiese mio fratello – non sei contenta, Natalie?”
Sorrisi a 343872 denti, alzandomi e stritolando mio fratello e la mia migliore amica in un abbraccio di gruppo.
“Se sono contenta? – chiesi retoricamente – sono stra contenta! Non vedo l’ora di conoscere mio nipote, ed ovviamente mi aspetto di essere io, a battezzarlo, sono la zia più che figa che potesse sperare di avere, chi altro sarebbe perfetto se non io?”
Dyana e Manuel scoppiarono a ridere, mentre Harry mi riportava gentilmente a posto: lui sapeva quando era il caso di farmi tacere e tranquillizzare, per questo mi tolse il calice di vino da davanti e mi porse un bicchiere d’acqua.
“Noi non lo battezzeremo, sorellina – mi ricordò Manuel, tornando a sedersi affianco a Dyana – non siamo cattolici, ricordi?”
Guardai d’istinto Zayn, che però mi sorrise, stringendosi nelle spalle. Dopodiché fu lui ad alzarsi, con in mano il suo vino, indossando un sorriso mozzafiato.
“Amici, tocca a me”
“Cosa devi dirci, Malik? – continuò Louis al suo posto, con un braccio intorno alle spalle del suo ragazzo – che hai deciso di farti crescere i capelli fino a che non supererai anche il qui presente Harry Styles?”
Harry rise, insieme a me e Zayn, che però tornò serio.
“Oh no – intervenni io – secondo me vuole informarvi del fatto che ha deciso di uccidere la Panda Station Wagon, comprando una nuova, fiammante e bianca Lamborghini”
“Cosa? – chiese Harry, scioccato – la Panda non esiste più?”
“Sei un assassino, Malik” disse poi Perrie.
“Finalmente! – esultò Liam – quel catorcio era da buttare da più di due anni, ed io che credevo di vederti tornare dall’Italia con una Ferrari”
“Per quanto mi scocci ammetterlo – riprese Zayn – Liam ha centrato il punto”
“Ovvero?” chiese curiosa Dyana.
Anche io non avevo idea di quello che voleva dirci.
“L’altro giorno ho avuto un colloquio di lavoro con Joel Glazer – ci informò, anche se questo già lo sapevo – allenerò il Manchester United, portare rispetto al mister, stronzi!” concluse, rivolto a Liam, Niall e Louis.
“Ma che diavolo dici, Malik?” esclamò stranito, Liam.
“Non ci credo, dannazione, fatti abbracciare bastardo!” quello era Niall.
“E con Malik come allenatore, la convocazione ogni domenica è assicurata” disse poi Louis.
Scoppiammo tutti a ridere, insieme.
“Quindi non tornerai in Italia? Resti a Londra? Per sempre?” chiese, Harry.
“Per sempre” annuì sorridendo, Zayn.
 E poi fu il turno di Perrie, ad alzarsi in piedi: finalmente avrei scoperto cosa nascondeva da più di una settimana.
“E dopo aver sentito queste notizie scioccanti, credo proprio tocchi a me”
Fu Dyana a sorridere come una psicopatica, perché nessuno mi diceva più niente? Loro sapevano, e non m’informavano, dannate amiche che non conoscono il codice delle ragazze.
“Finalmente, aggiungerei  - dissi  - è più di una settimana che ti comporti come se fossi un agente segreto dell’FBI, sputa il rospo Edwards”
Perrie sorrise, prendendo poi un bel respiro: era bellissima, aveva raccolto i capelli in uno chignon basso e si era pitturata le labbra di un rosso acceso, indossando una gonna bianca a vita alta e delle scarpe da favola, con tacco alto, nere. Sembrava una modella.
“Durante questa settimana, ho sostenuto degli esami – si prese un secondo, per poi continuare – all’Istituto Marangoni, la scuola di moda più prestigiosa al mondo” disse, con una punta di orgoglio.
“E?” la incitai io, sull’orlo dell’eccitazione.
“E mi hanno presa – annunciò, felice, con le mani sui fianchi stretti – frequenterò due anni qui a Londra, uno a Parigi, uno a Milano e l’ultimo a Shangai, sarà fantastico, già non vedo l’ora! Mi spiace di avervelo tenuto nascosto, ma in caso di fiasco, beh, non avrei saputo che fare..”
“Stai scherzando? – urlai felice, correndo ad abbracciarla – è fantastico, Pez!”
“Diventerai la prossima Coco Chanel!” urlò Harry.
Zayn e Niall si guardarono, ridendo di Harold, che correva a stringerci tutte  e due.
“Che avete da ridere, voi due? – li incenerì Haz – siete solo invidiosi perché vi manca la classe che io invece ho, stronzi”
“Certo Styles, come no” disse Zayn, strafottente, alzando le mani in segno di resa.
“Dai Haz – intervenne Lou – Horan è ubriaco e Malik ha la coda, perché te la prendi?”
Niall e Zayn gli lanciarono degli insulti, ma la vicenda cadde, quando Perrie ricominciò a parlare.
“Credevo che a Milano avrei potuto alloggiare con Zayn, ma poi ci ha dato la fantastica notizia del Manchester – iniziò la bionda – ma sono sicura che a Parigi ci divertiremo un sacco, io e te, Natalie”
Oh, già, Parigi..
Una volta finito il matrimonio di Harry e Louis sarei dovuta partire per Parigi, ancora, separandomi nuovamente dalla mia famiglia, che erano loro, più mio padre. Come avrei fatto a vivere lontano da loro, ancora? Ora che era tutto così bello? Cambiato, certo, ma bellissimo.
Harry vide che mi ero rabbuiata, ed intervenne.
“Siamo cresciuti, eh? – iniziò, prendendomi sotto braccio – insomma, io e Louis ci posiamo, Dyana e Manuel aspettano un bambino, Zayn allenerà i Red Devils e Pez diventerà Coco Chanel! È pazzesco, ragazzi, e sono fiero di tutti noi, davvero”.
 
 
 
 
Il giorno dopo quella cena, tutti quei cambiamenti, mi avevano fatto riflettere. Per questo stavo preparando l’impasto per una torta al cocco, per annegare la mia tristezza nei dolci. Non sapevo che diavolo stessi facendo, ma speravo che Harry sarebbe tornato in fretta, dalla terza sessione estiva di shopping con Dyana e Pez.
Così, quando sentii la porta aprirsi, sorrisi istintivamente.
“Grazie al cielo sei arrivato, Harry!”
Sentii dei passi farsi vicini alla cucina, per poi sentire una presenza dietro di me. Forse Harry voleva uccidermi perché aveva scoperto che avevo usato il suo Range Rover, a sua insaputa.
“Avrò lo stesso quest’accoglienza, anche se, di fatto, non sono Styles?”
Sorrisi ancora, quando sentii la sua voce. Mi voltai, con le mani sporche di impasto, e lo guardai: aveva una camicia bianca e si era sciolto i capelli, perché era sempre così bello? Al diavolo Zayn Jawaad Malik.
“Credo di sì” dissi, mordendomi il labbro.
“Che stai facendo?” domandò.
Presi un panno posato sul lavandino, forse Louis si era dimenticato di metterlo al suo posto, e presi a pulirmi le mani.
“Preparavo una torta” risposi, stringendomi nelle spalle.
“Che? – chiese lui, stranito, mentre intingeva un dito nel mio impasto – tu che cucini? O sei triste da far schifo, o Styles ti ha costretto a farlo, sotto tortura”
Roteai gli occhi al cielo, legandomi i capelli in una coda alta.
“La prima, Malik”
Feci per allontanarmi da lui, sfregando ulteriormente le mani sulla mia canottiera nera, ma mi afferrò per un braccio, facendomi voltare nuovamente nella sua direzione, avvicinandomi al suo corpo.
“E perché saresti triste?”
“Non lo so – spiegai – tutte le notizie di ieri sera, mi hanno fatto pensare..”
“Ho capito – disse, assaggiando quello che era l’impasto sul suo dito – buono, però”
“Ah, ti ringrazio, oh grande boss delle torte, dovrei chiamarti Buddy, che ne dici?” risi, appoggiando le mani al suo petto.
“Dico che è un’ottima idea – concordò – vuoi assaggiare?”
Annuii, e lui avvicinò il suo dito alle mie alle labbra. Non staccai gli occhi dai suoi, mentre leccavo la glassa al cocco dalla sua pelle.
“Com’è?” chiese lui, in tono suadente.
“Sono brava” annunciai.
Lui sorrise, ed avvicino ancora il viso al mio. Dopodichè, intinse ancora il dito nella mia ciotola, e ripetè gli stessi gesti, se non fosse stato però il fatto che, mi sporcò tutta la faccia, con l’intento, forse, di essere picchiato in modo feroce.
“Sei carina, piccola, ti dona!” urlò, mentre lo rincorrevo.
“Vieni qui! Giuda!”
Corremmo per tutta la casa, fino a che, sulle scale per raggiungere camera mia, lui mi acchiappò, stringendomi forte, in un abbraccio da dietro.
“Sono qui” disse, con le labbra premute sul mio orecchio.
“Allora non te ne andare”
“Sei tu quella che deve restare”
In quel momento, sentii il promemoria del mio telefono, squillare. Sbuffai, liberandomi dalla sua presa e scendendo velocemente le scale.
“Giuro che se Louis ha inserito ancora uno dei suoi stupidi promemoria al mio telefono, stavolta lo uccido!”
Raggiunta la cucina, acchiappai il mio iPhone buttato sul tavolo, e lessi quello che era il petulante promemoria, che mi interrompeva in un momento come quello.
“Beh?” chiese Zayn, appoggiato allo stipite della porta che dava sulla sala.
“Non è Louis – dichiarai – ti dispiacerebbe accompagnarmi in un posto?”.
 
 
 
*“Io ti uccido, Natalie Shade”
Zayn fece scivolare le chiavi di Margot nella tasca dei suoi jeans, mentre mi si affiancava.
“Perché la fai così drastica? – dissi, sottovoce – da quanto tempo sarà che non metti piede in una chiesa? Potresti anche prendere fuoco, qui dentro, per quanto mi riguarda”
“Io? Sul serio?  - sussurrò, al mio orecchio – volevo ricordarti che l’adulterio, seppur non più punito con la lapidazione, è ancora considerato peccato, piccola”
Strabuzzai gli occhi, fermandomi in mezzo alla navata della piccola chiesa in centro, che aveva(mo) scelto.
“E da quando sei così informato?  -gli chiesi, retoricamente – sei stato un catechista, nella tua scorsa vita?”
Mentre Zayn mi guardava male, vedemmo la figura di padre Matthew venirci incontro. Non vedevo quell’uomo da quando mia cugina Alice aveva voluto tassativamente lui, per le sue nozze. Ci aveva parlato Jacque, con lui, per prenotare la chiesa, per quel 12 Dicembre.
“Natalie?  - disse lui – sei proprio tu? La figlia di Tyler Shade?”
“Ebbene sì, padre Matthew – dissi, con un piccolo inchino – Natalie Shade in carne ed ossa”
Sentii Zayn ridacchiare.
“E questo bel giovanotto? – chiese poi, rivolto a lui – non ricordavo ti sposassi con Zayn Malik, fatti abbracciare, ragazzo”
Zayn sorrise, ed io lo guardai stranita.
“Da quando frequenti l’ambito ecclesiastico, Zayn?” domandai.
“Mia madre e padre Matthew sono molto amici” m’informò.
“Eh già, mi dispiace non vederti più con Trisha, la domenica – disse, nostalgico dei vecchi tempi  - ma d'altronde crescendo, tutti prendiamo le nostre decisioni, giusto?”
Io e Zayn ci guardammo, ed io abbozzai un sorriso, prima di spostare il mio sguardo verso il basso.
“Beh, ma passiamo alle cose importanti ora – si rallegrò padre Matthew – dov’è Jacque, il tuo fidanzato?”
“Jacque non è potuto venire – spiegai – infatti volevo spostare la prova, a domani, magari”
Mettersi in contatto con i preti era difficile, loro non ce l’avevano un contatto Twitter, Whatsapp o un indirizzo mail.
“Ma qui c’è Zayn, forse può essere così gentile da prendere il suo posto”
Gelai sul posto, a quelle parole.
“Non so se sia il caso, ecco, io..”
“Non c’è problema”
Lo guardai sconcertata, come se gli fosse spuntato un terzo occhio, e padre Matthew batté le mani.
“Perfetto, ragazzi – iniziò, entusiasta – Natalie, raggiungi l’entrata della chiesa, e tu, Zayn, aspetta all’altare l’arrivo della tua sposa”
Deglutii, sentendo migliaia di brividi percorrermi la schiena. Al cenno di padre Matthew, iniziai la mia camminata. Al principio evitavo lo sguardo di Zayn, ma poi fu come se, i suoi occhi, richiamassero i miei. Percorsi la navata con lo sguardo incatenato al suo, mentre lui abbozzava un mezzo sorriso mozzafiato ed io abbassavo un po’ gli occhi, per un secondo, lievemente in imbarazzo. Quando arrivai davanti a lui, Zayn tese la mano verso di me, la strinse, e poi se la portò alle labbra, baciandola dolcemente.
Ci scambiammo un sorriso, ed io quasi mi dimenticai di tutto: era come se quello fosse davvero il nostro grande giorno, mentre lui mi guardava in quel modo, e le mie mani tremavano. Padre Matthew era davanti a noi, e chiese a Zayn se voleva dire qualcosa.
“Posso?”
“Devi” disse, il prete.
Zayn prese un respiro, per poi cominciare.
“Dopo tutto quello che abbiamo passato, mi domando come io faccia ad essere ancora vivo, qui davanti a te – fece una pausa, ma non smise di sorridermi, né di tenermi la mano – ho passato quattro anni, lontano dalla mia vita, dalla mia famiglia, dai miei amici, dalla mia Londra e, soprattutto, lontano da te. Forse è per questo che adesso respiro a malapena, perché tu stai per ripartire, ed io devo ancora riabituarmi all’idea”
Le lacrime stavano iniziando a pungere come spilli incandescenti.
“Mi trovo qui, in questa chiesa – disse, guardandosi in giro – e non credo nemmeno in Dio, ma ammetto che ogni tanto l’ho pregato di tenerti qui con me, di farti ragionare e farti balenare in testa l’idea di restare, ma forse non sono abbastanza bravo, non lo so..”
“Zayn..”
“Non lo interrompere, Natalie” mi disse padre Matthew gentilmente, con un sorriso.
Così lui continuò.
“La parte migliore di me, sei sempre stata tu, amore mio, quella parte dolce ed innocente di me, e cosa dovrei fare io, adesso che te ne vai? Pensare che robabilmente alcuni dei tuoi giorni migliori, saranno alcuni dei miei peggiori, mi uccide. E sai perché? Perché sono stato talmente stronzo con te, che Dio mi perdoni padre – rubò un sorriso ad entrambi, a me, ed al prete – che credi di aver trovato un uomo che metta te davanti a tutto il resto, al contrario di quello che ho sempre fatto io, quando ho preferito seguire i miei sogni, piuttosto che restarti accanto, per tutta la vita”
Mi asciugai una lacrima, che mi stava silenziosamente rigando una guancia.
“Mi hai fatto venire voglia di strappare la mia promessa”
Lui ridacchiò.
 “Volete scambiarvi gli anelli?”  intervenne, il padre.
Zayn afferrò la mia mano, e prese uno dei suoi anelli, infilandolo al mio anulare sinistro.
Poi padre Matthew prese ancora parola.
“Promettete di amarvi l’un l’altro per tutta la vita?”
Il primo a rispondere fu Zayn.
“Prometto”
“Prometto.

 
 




 
who cares?
ciao bimbe :)
eccomi qui in un venerdì sera, a postare il capitolo per voi.
tra poco dovrei uscire, quindi mi muovo e la faccio breve.
è da quando ho iniziato questa storia che non vedo l'ora di questo capitolo, quindi, spero vi sia piaciuto.
sto ignorando un sacco di messaggi per scrivere questo "who cares"
niente fatemi sapere cosa ne pensate, vi amo sempre ciao.


 
 



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Capitolo 27
*** Milano ***





quando trovate l'asterisco ascoltate "Ti scatterò una foto" di Tiziano Ferro. E leggete le note dell'autore, è molto importante!


 
Half a heart
Chapter Twenty-seven - Milano


 
 
Il 26 luglio era un giorno importante: mancavano solo 48 ore al grande giorno. Haz si comportava come se stessimo organizzando il royal wedding di William e Kate, forse stava avendo una crisi di identità e credeva di essere il principe Harry, chissà. Louis fingeva tranquillità, perché almeno uno dei due, doveva dare l’impressione di essere l’elemento normale della coppia. E poi c’ero io, che ammiravo le fotografie appese alla parete, nella mia camera.
Ne avevo aggiunte tante, in quell’ultimo periodo: il mio progetto di costruire nuovi ricordi ed immagini di noi, stava funzionando alla grande.
Persa nei miei pensieri, sentii a malapena il campanello di casa suonare, e sperai che uno tra i due petulanti sposini fosse corso ad aprire. E, fortunatamente, accadde. Non sentii l’ospite salutare Harry e Louis, ma solo dei passi veloci lungo le mie scale. Era un serial killer, che aveva già ucciso i miei migliori amici e di lì a poco avrebbe fatto fuori anche me. Per questo, quando la mia porta si spalancò, mi coprii il viso con le mani.
“Non uccidermi, ti prego!” urlai, teatralmente.
“Ma che diavolo dici, Natalie?”
Mi rilassai e tirai un sospiro di sollievo, appena sentii la sua voce.
“Zayn, mi hai fatto prendere un colpo! – continuai – pensavo fossi un maniaco”
“E i maniaci suonano alla porta?” domandò lui, giustamente.
Aggrottai le sopracciglia, riflettendo.
“Non ci avevo pensato” conclusi, razionalmente.
“Comunque – liquidò il tutto – sono venuto a salutarti, sto partendo”
Oh già, me ne ero quasi scordata: Zayn quel giorno sarebbe partito per Milano, con un volo da Heatrow  a Malpensa, per comunicare a Massimiliano Allegri la sua decisione. Mi faceva ancora un po’ male, sapere che Zayn sarebbe rimasto a Londra, mentre io no.
“D’accordo, per quanto starai via?”
Lui si strine nelle spalle.
“Domani sarò di ritorno”
Annuii, separarmi da lui ormai era doloroso il triplo di quanto non lo fosse mai stato prima.
“Mi verrai a prendere subito?”
“Subito”
“Okay – annuii – ti accompagno alla macchina”
“In realtà – cominciò Zayn, già sulle mie scale – Dyana e Perrie mi hanno chiesto di accompagnarti da loro”
“Oh, come mai?” chiesi.
“E io che ne so – disse, stringendosi nelle spalle – così mi è stato ordinato, e così farò, da quando Dyana è incinta quelle due sembrano le spose di Satana, per quanto sono fuori di testa”
Risi vagamente e presi la borsa nera dal letto, dirigendomi insieme a Zayn verso il salotto. Percepii la voce alta di Harry ed i borbottii di Louis, così mi scappò un sorriso, mentre Zayn roteava gli occhi al cielo.
“Altro che Dyana e Pez, questi due sono le vere spose di Satana” intimai proprio a Zayn.
“Fidati, piccoletta – disse lui, sicuro – non hai ancora passato più di dieci minuti a stretto contatto solo ed esclusivamente con loro in meno di 15 metri quadri, dal giorno in cui Dyana ci ha confessato di aspettare un bambino”
E mentre Zayn stava finendo quella frase, un pacchetto di Diana rosse atterrarono proprio di fronte a noi, sbattendo contro il muro.
“Ne sei ancora così convinto, Malik?”
“Okay, hai vinto – disse, entrando convinto in cucina – sentite, voi, strani soggetti, io e Natalie andiamo, cercate di non distruggere la casa, hasta la vista”
Zayn fece per prendermi per mano e dirigersi verso la porta d’ingresso, ma Harry si avvicinò.
“Non picchiarmi ti prego!” urlai, coprendomi il viso con le braccia.
Haz sbuffò, e Zayn rise.
“Non fare l’idiota, Natalie, volevo solo chiedervi dove stareste andando, voi due”
Louis mosse qualche passo verso di noi, recuperando il suo pacchetto di sigarette che il suo fidanzato aveva lanciato per chissà quale assurda ragione.
“Io vado in aeroporto – tagliò corto Zayn – ho il volo per Milano tra un’ora, e Natalie è richiesta a casa di Manuel”
Così Harry annuì, mi baciò una guancia e ci lasciò andare.
“Buon viaggio!” urlò poi Lou.
Sparimmo alla volta di Margot, e Zayn guidò per dieci minuti in silenzio, ma quando vidi che al posto di svoltare a destra andò dritto deciso, senza mostrare alcun dubbio, lo guardai stranita.
“Zayn, hai dimenticato la strada per arrivare a casa del tuo migliore amico? Okay che recentemente preferiresti spararti un colpo in testa piuttosto che passare del tempo lì dentro, ma così non ti sembra di esagerare?”
Zayn ridacchiò, passandosi una mano tra i capelli e guidando solo con la sinistra.
“Che hai da ridere? – chiesi, improvvisamente allarmata – vuoi uccidermi? Vuoi che nessuno ti scopra? Oddio mio, ed io che pensavo mi avessi amato!”
“E infatti ti ho amata, se no perché ora ti starei portando con me a Milano? – chiese, retorico – ho bisogno di qualcuno, accanto a me, in questa giornata”
Guardai lui, poi la strada per l’aeroporto, poi ancora lui e poi andai definitivamente fuori di testa.
“Sei completamente pazzo, vero?” chiesi, apparentemente tranquilla.
Lui continuò a ridere.
“No, tesoro, non sono mai stato così lucido”
“Hai preso ancora quelle pillole che ti attivano il cervello? – chiesi, dimenticandomi momentaneamente di quell’assurda situazione – quante volte te l’ho detto che la droga non porta a nulla, nella vita? Capisco qualche canna con Niall il venerdì sera, ma così no, Zayn!”
“Hai finito? – mi chiese, indispettito, come solo un padre sapeva essere – resta seduta, c’è la polizia, l’ultima cosa che voglio è guai prima di mettermi su un aereo per l’Italia”
“Ah ma allora eri serio?”
“Serissimo”
Rimasi a bocca aperta, fino a che lui non parcheggiò all’interno dell’apposita area di Heatrow.
“Ma Zayn! Avrei dovuto avvisare mio padre, Harry e Louis, le ragazze, Danielle e tutti quanti! – esplosi in grida isteriche – non ho nemmeno la valigia! Cosa indosserò stasera? La tuta?”
“Piccola, ti calmi? – disse lui, prendendomi il viso tra le mani – Harry mi ha dato il tuo vestito più bello e tutte le cose che ti serviranno per stanotte, sono nella borsa nel bagagliaio”
“Harry lo sa?”
“Certo – lui annuì – Harry e Louis mi hanno aiutato ad organizzare la cosa”
“E con il lavoro? E Jacque? Oh mio dio! Mi uccideranno tutti!”
“Natalie, ti vuoi dare una calmata, porca puttana? – si stava spazientendo anche lui – Danielle e Mike hanno pensato a tutto”
“In che modo?”
“Se te lo spiego poi mi prometti di tranquillizzarti e scendere dalla macchina senza ulteriori scenate?”
“Prometto” proclamai solennemente, con una mano sul cuore.
“Danielle ha mandato Mike a Parigi, per risolvere una questione con il matrimonio dei Monnier o come diavolo si chiamano, e ha detto a Jacque che tu saresti andata con lui”
“Che geni del male, che siete”
Zayn ridacchiò.
“Ora possiamo andare?”
“Andiamo”.
 
 
 
 
 
L’aereo era atterrato a Malpensa alle quattro del pomeriggio, una lussuosissima Maserati nera era venuta a prenderci, ed io mi ero vergognata da morire, nel salirci a bordo con indosso la tuta. Una volta arrivati all’Hotel Bulgari, non spiccicai parola, troppo presa ad ammirare quel meraviglioso edificio.
“5 stelle lusso, madame” fece Zayn, compiaciuto.
“Non parlare francese, rovini tutto” dissi, con ancora il naso all’insù.
“Ti piace?”
“Lo adoro, ma quanto spendi?” gli chiesi, sinceramente preoccupata.
Lui si strinse nelle spalle, come al solito.
“Stavolta nulla, offre il mister”
“Ah, comodo - dissi io, muovendomi verso l’entrata – posso allenare io il Milan, al posto tuo?”
Zayn rise, salutando il ragazzo alla reception. Parlarono una lingua sconosciuta per qualche minuto, poi lui si rivolse a me.
“Eh?” chiesi, guardando Zayn, che si mise inevitabilmente a ridere.
“Ti ha chiesto com’è andato il volo” mi informò.
“Oh – dissi soltanto  - beh, bene grazie”
Il receptionist mi sorrise cordialmente e poi diede le chiavi della camera a Zayn.
“Sei una causa persa, piccoletta”
“Ma che ne so io dell’italiano, per me è tutto accenti strani e gesti ambigui, boh, come fai a capirli? Sembra cantino ogni volta che aprono la bocca” mi difesi, entrando nell’ascensore.
“Finisci per farci l’abitudine” mi rispose velocemente.
Eravamo al quarto piano, alla stanza 365.
“Quante camere ha questa specie di hotel super lusso?”
“Quasi 2000”
“Porca troia”
“Sì, Natalie, vedo che ti sei subito uniformata alla tipica raffinatezza italiana”
“Vai a farti fottere”
“Ecco, appunto”
Risi e poi entrai nella 365.
“Wow  - dissi soltanto – ohmmioddio, la vista è spettacolare, ti prego Zayn, guarda là fuori! E guarda come siamo in alto! Il cielo è bellissimo!”
Zayn si appoggiò allo stipite della porta, guardandomi con dolcezza.
“Conosco a memoria questa stanza, Natalie, la 365 è sempre stata la mia”
“Oh”
Spense vagamente il mio entusiasmo.
“Già”
Il silenzio calò per qualche istante, ma poi Zayn batté le mani, per smorzare la tensione.
“Va bene piccola, fatti una doccia e cambiati, voglio farti vedere Milano”
“E cosa metto?” domandai, spaesata.
“Lì ci sono dei vestiti che Bulgari mi ha gentilmente donato, quando ha saputo che sarei venuto qui con la mia signora” disse, indicando un completo nero su di una poltrona.
Cercai di ignorare la bella sensazione che avevo provato alle parole “La mia signora”, ma non ci riuscii, ed un sorriso si dipinse spontaneo sul mio volto.
“Hai detto Bulgari? – e poi realizzai – dio mio! Dimmi che non è un sogno!”
Zayn rise, mentre io mi precipitavo alla poltrona.
“Ti aspetto di sotto”.
 
 
 
 
San Siro era uno stadio rispettabile, quasi quanto l’Old Trafford e l’Etihad Stadium, ma la sala conferenze era troppo fredda ed angusta per quanto io ne potessi capire.
“Zayn! Che bello vederti!”
Conoscevo quell’uomo, l’avevo visto in televisione: era Massimiliano Allegri, l’allenatore del Milan, e mi stava di fronte.
“Massimiliano! È sempre un piacere tornare qui!”
Si abbracciarono, poi gli occhi del mister si spostarono su di me.
“E tu devi essere Natalie, beh, lasciatelo dire, sei ancora più bella di quanto Zayn diceva”
Divenni rossa, mentre Massimiliano mi dava due baci sulle guance e Zayn rideva, stringendomi a sé.
“Bene  -disse poi, il mister – so perché sei qui, purtroppo, Natalie – poi si rivolse nuovamente a me – ti dispiacerebbe aspettarci fuori?”
“Oh, certo”
Zayn mi sorrise, e mi lasciò andare. Uscii dalla sala conferenze e presi posto su una delle sedie nere all’esterno, quando vidi due figure traballanti.
“Natalie!” urlò uno dei due.
“Federico? – domandai meravigliata – oddio onnipotente, fatti abbracciare!”
“Zayn mi aveva detto che sareste stati qui, a quest’ora, e non voleva che stessi da sola mentre lui avrebbe parlato con il mister, quindi, eccoci qui!”
“Andrea! Sei sempre più tamarro!”
“E tu sempre più bassa!”
Gli feci la linguaccia, poi mi sedetti con loro.
“Allora.. – cominciai – come vanno le cose, a Milano?”
“Tutto bene – mi informò Federico – il secondo anno di giurisprudenza è tosto, ma posso farcela”
“E tu, Andrea? Che stai facendo?”
“Compongo – disse, fiero di se stesso – alcuni rapper italiani, non troppo famosi, sono disposti a registrare insieme a me, e non potrei essere più contento, è la strada per il successo!”
“Sono contenta” dissi, sinceramente.
“Invece tu ti sposi..” introdusse l’argomento, Federico.
“Ebbene sì”
Loro non dissero più nulla.
“Sul serio? Niente da dire?” domandai, sconcertata.
“Tipo?” domandò, Andrea.
“Tipo che siete felici per me!” buttai lì, vagamente offesa.
“Perché dovremmo, scusa? – cominciò proprio Andrea – abbiamo conosciuto Jacque, e poi siamo dalla parte di Zayn”
Roteai gli occhi al cielo, divertita.
“Senti, Natalie – cominciò Federico, il più razionale, il che era davvero tutto dire – per quanto possa valere, non passava giorno in cui Zayn non parlasse di te, dico davvero”
“Già – intervenne Andrea – ed aveva anche una tua fotografia sul comodino, affianco al letto, un po’ da psicopatici certo, ma sono sicuro che Zayn ti ama alla follia”
“Ami” lo corresse Federico.
“E io che ho detto?”
“Ama”
“E quindi? Fa’ lo stesso!” replicò, offeso.
“Siete due pazzi!” dissi, ridendo.
“Sì, ma sappiamo quello che diciamo, inglesina delle nostre snickers da tamarri italiani – disse Federico, facendomi ridere ancora – e nessuno, soprattutto Jacque, ti amerà tanto quanto lo ha fatto Zayn”.
 
 
 
 
 
 
 
 
*“Dove siamo?”
Chiesi a Zayn, aggrappata al suo braccio, guardandomi intorno come una bimba in un grande luna park. Lo vedevo, il suo sorriso, di tanto in tanto.
“Qui siamo in Brera – mi informò – voglio portarti a mangiare in piazza Duomo, il maestoso centro di Milano, vedrai, ti piacerà molto”
Zayn era sexy quando parlava italiano. Cioè, era sexy sempre, ma quando parlava italiano ancora di più. Ai limiti del possibile.
“Questa città è magica – dissi – ora ti capisco”
Lui annuì, guardando in basso, senza nascondere un sorriso: si vedeva che era molto legato, a quel luogo.
“Ehi, Zayn?” lo richiamai, fermandomi in mezzo ad una stradina ciottolata, contornata da immensi edifici altissimi.
Il cielo era argenteo, come piaceva a me: lo scenario perfetto per una fotografia.
“Che c’è?” mi chiese, fermandosi di fronte a me.
“Grazie”
“Per che cosa?” mi chiese, interrogativo.
“Per avermi fatto questa sorpresa, è tutto bellissimo, davvero – cominciai, giocando con la sua catenina – e grazie anche per aver chiamato Federico ed Andrea, mi ha fatto piacere chiacchierare un po’ con loro”
Lui annuì, spostando ancora lo sguardo verso il basso, così io gli presi il viso tra le mani. Era perfetto quanto un modello, così gli scattai una foto, a tradimento.
“Perché questa fotografia?” mi chiese, ridendo.
Il suo sorriso mi fece sciogliere a tal punto che dovetti aggrapparmi totalmente  a lui, che mi strinse prontamente in un abbraccio.
Le nostre labbra erano pericolosamente vicine, sentivo il suo respiro, di vaniglia e sigarette, che premeva contro la mia pelle.
Io e lui, abbracciati, a Milano. Non potevo chiedere nulla di più.
“Tra poco partirò per Parigi, e chissà quando ci rivedremo, così, nell’ansia di perderti, voglio scattarti più foto possibili per avere sempre un piccolo pezzo di te, insieme a me”
I suoi occhi mi trafissero.
“Ogni tanto penso che forse sarebbe meglio dimenticarti” continuai.
“Ci ho provato tante volte – mi assecondò – ma ricorderò comunque, sempre”
Annuii.
“Già”
“Piccola, te ne stai andando così velocemente dalle mie mani, che mi fa quasi ridere, tutto questo”
“Cosa ti fa ridere?”
“Essere qui a Milano con te, aver rinunciato a questo posto solo per te, e adesso tu mi dici che tra poco partirai per Parigi” disse, con la voce spezzata, a tratti, cosa totalmente non da lui.
“Ti sei pentito della tua scelta?”
“No, Londra mi mancava troppo – cominciò – questo era il mio più grande sogno, ma non ha senso viverlo così lontano da casa, ogni tanto è necessario scendere a compromessi”
Annuii, più che d’accordo.
“Ti sposerò, sai?” disse lui, con un sorriso ad increspargli le labbra.
“Cosa stai blaterando, Malik?” chiesi, divertita.
“Non te l’ho mai detto, ma io ti sposerò, in questa vita o nell’altra, lo farò, te lo posso promettere solennemente, davanti al Duomo, guarda”
Mi indicò una cattedrale mozzafiato, e rimasi a bocca aperta.
“Zayn.. – boccheggiai, davanti all’architettura maestosa di quell’edificio – è bellissimo, davvero, io, non so che dire..”
“Non dire niente, allora”
In un secondo, sentii le sue labbra premute sulle mie, in un bacio dolce e disperato allo stesso tempo. Mi lasciai andare totalmente nelle sue braccia, affidandomi completamente a lui.
“Quante ne hai baciate davanti al Duomo?”
“Tante – confessò – ma non pensavo a nessuna  di loro, dopo, ci sempre stata solo tu”
“Sai, a Parigi – cominciai - mi capitava di ritrovarti in qualche passante, e lì e solo lì, capivo che il tuo ricordo non mi bastava più, capivo che l’unica cosa che volevo, in quel momento, era il tuo ritorno”
“Ma è andata diversamente da come l’avevamo programmata”
Annuii, tristemente.
“Mi dispiace” fece lui.
“Non è colpa tua”
“Non avrei dovuto sparire così”
“No, non avresti dovuto”
“Mi dispiace”
“L’hai già detto”
“È così”
“Ti scorderai di me”
“Impossibile”
“Ti amo”
“Non smetterò mai”.
 
 
 
 
 
 
Il ristorante in cui Zayn mi aveva portata si chiamava “Savini”, ed io avevo provato l’esperienza culinaria della vita, lì dentro. Avevo mangiato crostini al caviale giusto per sentirmi aristocratica, bevuto vino rosso ed assaggiato la bistecca al sangue migliore del mondo. Appena varcammo la soglia della  365, mi buttai sul letto, a peso morto.
“Non me ne vado mai più, da qui” proclamai.
“Già, Milano fa quest’effetto”
Zayn si tolse la giacca, restando in camicia bianca, con le maniche arrotolate ai gomiti, ed io mi tirai su con il busto, appoggiando le braccia sulla superficie morbida del nostro letto a due piazze.
“Restiamo qui”
“Ti sposi tra cinque mesi”
“E chi se ne importa”
Zayn rise.
“Guarda là cosa c’è..” dissi sempre io.
“Non rompere niente, Natalie, voglio mantenere una certa immagine di me stesso, in questo posto”
“Stronzo – berciai – l’hai ordinata tu quella bottiglia di champagne?” chiesi, afferrandola.
Lui scosse la testa, avvicinandosi.
“C’è scritto qualcosa”
“Non conosco l’italiano”
“Lo so, dai qua”
Mi strappò la bottiglia di mano, e lesse ad alta voce: “Offerto dal team Bulgari, spero che la permanenza nel nostro hotel sia di vostro gradimento. Buon divertimento!”
“Che dolci” dissi io.
“Divertimento? – fece Zayn, alzando maliziosamente un sopracciglio – beh, il letto è pur sempre a due piazze”
“Non fare l’idiota ed apri quella bottiglia” tagliai corto io.
Lui rise, ed io curiosai un po’ in giro.
“A lei, signorina”
Mi porse un bicchiere di champagne che sorseggiai appena, per poi posare sul comodino. Afferrai il beauty case gentilmente preparato da Harry, e sparii in bagno.
“Che fai?” mi chiese Zayn.
“Mi preparo per la notte”
Lo sentii sbuffare.
“Voi donne siete veramente strane – sostenne – cos’avete da prepararvi per la notte? State andando a dormire, cristo!”
“Non capiffi pfopfio nienfe, fu!” urlai, con il dentifricio in bocca.
“In una lingua percepibile all’udito umano?”
Uscii dal bagno spazzolandomi i capelli, solo con l’intento di guardarlo male. Lui era a letto, senza maglietta, ed io mi ero tolta il vestito stretto, infilandomi la mia comoda camicia da notte bianca.
“Mi lavo i denti, mi strucco, mi detergo il viso ed, infine, mi spazzolo i capelli, per evitare che domattina ti risvegli con uno spaventapasseri al tuo fianco”
“Ti detergi?” mi prese in giro, ridendo.
“Vai a forti fottere, Zayn Malik”
Lui continuò a ridere, ed io tornai in bagno.
“Dai, vieni qui”
Spensi la luce, e non nascosi un sorriso, infilandomi sotto le lenzuola leggere insieme a lui. Mi rannicchiai sul suo petto ed ancora una volta mi lasciai stringere dalle sue braccia.
“Gli ultimi istanti” sussurrò lui, con le labbra sui miei capelli.
“Non dire così” dissi, giocherellando con il contorno di uno dei trentamila tatuaggi.
Alzai gli occhi nei suoi, e lui mi baciò piano le labbra, abbassandosi un po’ su di me.
“Sai di dentifricio”
“Ne hai un po’ sul labbro”
“Sei un disastro, Natalie”
“Senza di te”
“Questo mai”.

 
 
 
 

 
who cares?
holaaaaaaaaaaaa
sono una studentessa universitaria adesso! ho iniziato a scrivere skinny love che ero in terza superiore, mi scende una lacrimuccia se penso a tutto il tempo passato con questa storia.. soprattutto se penso al fatto che tra soli tre capitoli dovrò dire addio a tutti questi personaggi, beh va beh, ci penseremo a tempo debito.
comuuuuuuuunque, ebbene sì donne, Zayn Malik continua ad essere tipo l'uomo perfetto che porta Natalie nei ristoranti di lusso e le fa fare la bella vita a Milano, mica noi con i nostri fidanzati.
passando ad altre cose, vi devo annunciare che sto scrivendo una nuova ff, di cui tra l'altro ho già postato il prologo ma nessuno se l'è cagato, soooo vi lascio il link qui sotto: si chiama Fly Away, cliccateci sopra e leggete per favore.
e niente spero che il capitolo vi sia piaciuto, a presto bimbe, vi amo <3
 
 
 
 
 
 



 
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Fly Away

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Capitolo 28
*** For the first time ***




 


quando trovate l'asterisco ascoltate "For the first time" dei The Script


 
Half a heart
Chapter Twenty-eight - For the first time




 
“Ti odio, e ti odierò per sempre, sappilo – cominciai, girando il cucchiaino nella mia tazza di the caldo alla ciliegia – trovati un’altra testimone, io mi chiamo fuori”
Harry scoppiò a ridere, facendo oscillare quella lunga chioma che si ritrovava.
“E dai, piccola, avresti davvero voluto che te lo dicessi? Rovinandoti così una bella sorpresa?”
Sbuffai, perché Harry Styles sapeva essere molto convincente.
“E poi Malik non me lo avrebbe mai perdonato – continuò – ci ha fatto giurare su ciò che abbiamo di più caro al mondo, non è vero Lou?”
“Mh – mh..” lo assecondò lui, assente.
“Ehi, che sta facendo sposino numero 2?” chiesi io, curiosa, sporgendo un po’ la testa.
“Sono lusingato dal fatto di essere io, lo sposino numero 1” si pavoneggiò, facendomi roteare gli occhi al cielo.
Assaggiai un po’ del mio the, e storsi il naso: odiavo Michael, da quando eravamo a Londra stava coltivando quella stupida passione per il the, che diavolo di significato ha una passione per il the?
“Ragazzi, credete che questo colore stia bene con la tonalità della mia pelle? Non so..”
Così, con queste parole, ci si avvicinò Louis.
Eravamo al Palace Gardens, in teoria avremmo dovuto aiutare Mike e gli altri ad allestire la sala per la mia festa di quella sera, in pratica ce ne stavamo al tavolo a sorseggiare il the delle cinque, mangiare pasticcini e spettegolare.
“Lou? – lo guardai, sconcertata – credevo fosse Harry, la checca della coppia”
“Vaffanculo” berciò Harry, in risposta.
“State facendo un gioco di ruolo, per caso? – chiesi – sappiate che la cosa non mi diverte, ho bisogno della mia migliore amica, e Louis è troppo sexy per esserlo”
Tomlinson roteò gli occhi al cielo e mi mostrò l’iPhone. Guardai attentamente quel completo beige abbinato ad una camicia azzurra, e poi tornai a guardare lui.
“Avevo ragione, state facendo un gioco di ruolo – dissi, alzandomi – beh, vedete di tornare normali entro stasera, vi voglio entrambi belli e profumati, non posso farcela da sola”
“Aspetta – mi fermò Harry – ti accompagno a casa, devo passare dal parrucchiere”
Guardai verso l’alto, con le mani giunte.
“Dio ti ringrazio! – urlai, teatralmente – siete tornati normali prima del previsto!”
Harry ridacchiò e mi prese per un braccio, mentre Louis ci richiamava a gran voce.
“Andava bene o no per stasera, quel completo?” urlò, appunto.
Io ed Harry decidemmo di ignorarlo.
“Natalie! Harry! – quella era la voce incazzata di Mike – dove credete di andare? Abbiamo bisogno anche di voi qui!”
Lo guardai però un po’, dopodiché mi strinsi nelle spalle.
“Penserà a tutto Louis, mi fido di lui”.
 
 
 
 
“Sei agitata per stasera?” mi domandò Harry, spegnendo il motore del Range Rover.
Eravamo davanti al suo parrucchiere di fiducia: palesemente omosessuale, colpi di sole biondi ed accento ispanico. Roy ci sapeva davvero fare, ma io non sapevo che acconciatura avrei dovuto scegliere: avrei voluto farmi i capelli da sola, magari con l’aiuto di Perrie, ma Harry mi aveva praticamente costretta ad andare con lui, prima di tornare a casa.
“No – dissi, ma poi ci pensai su – okay sì, lo sono, è che non so come dovrei comportarmi..”
Harry si mostrò dubbioso.
“Già, com’è che ci si comporta alla messa in scena della propria festa di fidanzamento? - iniziò a massaggiarsi teatralmente il mento – proprio non saprei.. ah già! La si annulla! Che sciocco che sono!”
Lo guardai male e gli tirai uno schiaffo sulla spalla, per poi scendere dalla macchina e sbattere lo sportello, sperando che si graffiasse almeno un po’.
“Non mi sei d’aiuto”
Harry ridacchiò, circondandomi le spalle con un braccio, prima di aprire la porta del saloon.
“Non voglio esserti d’aiuto, infatti”
Mi scoccò un bacio sulla guancia, per poi fare il suo trionfale ingresso. Mentre Harry salutava tutti quanti, anche l’inserviente, pensai a quella sera. La mia festa di fidanzamento sarebbe stata esattamente come tutte le altre: mille persone tra amici e parenti, fiumi di vino rosso e champagne (viva la France), tacchi alti e giacche eleganti. Nulla di che.
“Natalie! Mi Amorcito! Fatti abbracciare!”
Roy sapeva sempre essere sopra le righe.
“Roy, se il mio fidanzato ti sentisse parlare in spagnolo, prima di rabbrividire, ti farebbe rimpatriare” dissi, concludendo l’abbraccio con lui.
Harry ridacchiò, mentre Roy il parrucchiere mi scrutava.
“Non sta scherzando, sai?” disse proprio il mio migliore amico.
“Dev’essere un gran bel personaggio, questo Jacque” sentenziò, Roy.
“Non me ne parlare” commentò poi Haz.
Io roteai gli occhi al cielo, lasciandomi cadere su di una sedia.
“Ma perché parliamo di me? – domandai – domani qualcuno si sposa, qui, o sbaglio?”
Portai tutta l’attenzione su Harry, che arrossì di tredici tonalità, e Roy cominciò a battere le mani.
“Oh mio dio, non potete capire! – esclamò Harry – non vedo l’ora!”
“Tu dici? – domandai, scettica – non hai parlato di altro negli ultimi diciassette mila mesi”
Harry rise, per finta.
“Scusa se ci si sposa una volta sola, nella vita”
“Questa è una stronzata” ribattei, puntandogli un dito contro.
“Certo, a meno che tu non sia una ricca e viziata donna di Los Angeles in crisi di mezza età” spiegò Roy, scrutandoci dall’alto.
Io e Harry ci guardammo, e poi ci stringemmo nelle spalle, d’accordo con lui.
“Allora – cominciò proprio lui – da chi vogliamo iniziare? Dallo sposino o dalla fidanzata fresca fresca?”
Io indicai Harry, e lui indicò me.
“Prima le signore” disse poi il mio migliore amico.
“Ti odio” fissi, tra i denti, fingendo un sorriso.
“Okay mia piccola mujer, lisci, ricci o raccolti?” Roy prese le redini della situazione.
Ci pensai, dopodichè sorrisi, cosciente della mia decisione.
“Sai una cosa, Roy?  - cominciai, guardandolo dallo specchio – mi affido completamente a te, hai carta bianca”
Non c’era cosa che rendesse più felice Roy, dato che aveva già le mani nei miei capelli.
“Sei sicura, Natalie?” mi domandò Harry, preoccupato.
Sorrisi, quasi diabolicamente, al mio riflesso nello specchio.
“Oh, ma certo, Harold”.
 
 
 
 
“Dannazione Harry! Quante volte ti ho detto di non spostare le mie scarpe!” urlai, dal piano di sopra.
“Io non le ho toccate!” protestò.
“Certo – sussurrai tra me e me, mentre cercavo come impazzita le mie Jeffrey Campbell – ed il gay in crisi pre matrimoniale che ogni sera si allena a camminare sulle scarpe da donna sono io, non è vero?”
Fantastico, stavo anche parlando da sola. Al diavolo la mia sanità mentale, scesi le scale infilandomi delle anonime decolleté nere, praticamente correndo.
“Ragazzi, siete pronti? – chiesi, anche se conoscevo già la risposta – sono tremendamente in ritardo! Manuel e Dyana sono arrivati? Perrie è andata a prendere i fiori? Le hai detto rosa perla, non è vero? Oddio, sarà un disastro, Jacque mi ucciderà quando non mi vedrà..”
“Nat? – mi richiamò Louis – ti devi dare una calmata – mi consigliò dolcemente, accompagnandomi sul divano – siediti qui, ti porto un bicchiere d’acqua”
Lo guardai allontanarsi in cucina, mentre mi imponevo calma ed un respiro regolare.
“Maledizione a questi bottoni!” urlò Harry.
In quel momento, Lou ed Haz si palesarono in sala, all’unisono. Così Louis mi porse il bicchiere, che accettai con un sorriso riconoscente.
“Ed una psicopatica l’ho sistemata – disse Louis, cercando di mantenere la calma – tu che problema hai, amore?”
“Non chiamarmi amore, dannazione Louis, ti sembra il momento? – urlò – piuttosto, aiutami con questi bottoni, mi dici a che diavolo servono dei bottoni sulla manica?”
Io e Louis ci guardammo, sconcertati.
“Altro che acqua, qui ci serve vodka, liscia, e doppia”.
 
 
 
 
Il Palace Gardens era illuminato, per l’occasione, ed io mi stavo lentamente tranquillizzando. Scesi dalla BMW di Louis, mentre Harry mi apriva lo sportello. A braccetto con i miei due cavalieri, feci una grande entrata trionfale nell’hotel.
 
 
Sì, mi piacerebbe che fosse andata semplicemente così.
 
 
Qualche minuto prima:
“Cosa cazzo ci fanno le mie Jeffrey qui dietro?” urlai, con una certa isteria.
Alzai le mie scarpe sotto il naso di Harry, che occupava il sedile del passeggero. Eravamo nella BMW di Louis, io sedevo dietro, eravamo appena arrivati al Palace Gardens e gli invitati stavano già entrando nell’hotel.
“E io che ne so? – si difese Harry – ti sembro il proprietario della macchina?”
“Stai davvero cercando di incolparmi?” domandò Louis, sorpreso e sconcertato.
“No, ma soprattutto – mi intromisi io – credi davvero che potrei mai credere al fatto che Louis faccia un uso inappropriato delle mie Jeffrey Campbell?”
“Jeffrey che?” chiese Lou, confuso.
“Ecco, appunto” confermai, io.
Rimanemmo in silenzio, tutti e tre, a guardarci eloquentemente.
“Che diavolo avete da restare in silenzio?!” sbottai io.
“E tu che diavolo hai da urlare in meno di due metri di abitacolo?” ribattè Harry.
“Perché diavolo usi parole come abitacolo?”
“Non farmi lezioni di grammatica, Natalie Shade!”
“Adesso basta! – intervenne Louis – voi due siete pazzi, ed dato che uno di voi domani diventerà il mio compagno di vita, e che l’altra sia una mia coinquilina, devo esserlo anche io, per cui – prese un bel respiro – quindi, dopo il matrimonio, propongo una bella gita alle terme, terapia di gruppo e una sessione intensa di massaggi rilassanti”
Il silenzio regnò per qualche secondo, dopodichè io ed Harry sbuffammo, quasi in sincro.
“Okay – si arrese Louis – facciamo a modo vostro”
Lo vidi trafficare nella tasca interna della sua giacca.
“Quella è una fiaschetta?” domandai, stranita.
Louis annuì.
“Fantastico, domani sposerò un alcolizzato”
“No – lo corresse – domani sposerai qualcuno che ci tiene, alla sua sanità mentale”
Prese un sorso di quella che immaginavo fosse vodka, e la passò ad Harry.
“Manda giù” gli consigliò.
“Alla vostra”
“Ora tocca a te, Natalie”
Ingurgitai qualche sorso di vodka liscia, coprendomi poi la bocca con la mano, scossa dal sapore forte della vodka.
“Adesso mi serve solo un ansiolitico, e poi sono a posto”.
 
 
Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti:
 
Insieme entrammo nell’ampia stanza, sempre la stessa, e notai che c’erano praticamente già tutti. Un applauso ci accolse, al nostro arrivo. Dopodichè vidi il trio delle meraviglie avvicinarsi.
“Le vere dive si fanno attendere, dico bene?” chiese Perrie, retoricamente.
“Dici bene, cara Coco”
Da quando Pez ci aveva comunicato la notizia della scuola di moda, Harry la chiamava solo e solamente così.
“Natalie, papà è già ubriaco” mi informò Manuel.
“Fantastico, quale modo migliore per dare il via alla mia festa di fidanzamento? – chiesi, sarcastica – e adesso dov’è? L’avete già immoblizziato?”
“No – disse Dyana, indicandomelo in fondo alla stanza – sta parlando con Niall, in gaelico, immagino”
“Ommioddio – mi scandalizzai – è la fine di ogni cosa, Louis, ci pensi tu?”
“Certo, tu tranquillizzati e tieni – mi passò sotto banco la fiaschetta – fatene buon uso, tu ed Haz”
Mi scoccò un bacio sulla guancia, ed io mi voltai, dando le spalle a tutti quanti, per parlare con Harry.
“Tieni, il primo sorso è il tuo”
“Sai che non reggo l’alcool”
“Perfetto!”
Harry buttò giù, e poi la passò a me.
Mon amour? Ma dove sei?”
Quando sentii la voce di Jacque, mi attaccai alla vodka, per poi passarla nelle mani agili di Styles, che la fece sparire in men che non si dica.
“Mon amour, ehi, come sei elegante!” lo salutai, con un bacio sulle labbra.
Jacque mi guardò, dubbioso, assaporandosi la bocca.
“Ma hai bevuto?” mi domandò, stranito.
Io scoppiai a ridere, nervosa, così Harry prese il comando della situazione.
“Ma che dici, Jacque? – fece, quasi offeso, prendendomi sotto braccio – io e Natalie andiamo a fare conversazione, quello che dovresti fare anche tu”
E così ci allontanammo.
“Grazie, Harry – dissi, sorridendogli – sinceramente, per tutto”
“Io con te, e tu con me, no?”.
 
 
 
 
La festa stava quasi finendo, la gente stava scemando, ed io ero sempre più incazzata. Durante il corso della serata, avevo chiesto a tutti quanti, più volte, dove diavolo fosse Zayn. Ma nessuno aveva saputo rispondermi: aveva staccato il telefono, il coglione.
“Ehi, piccola – mi avvicinò Mike – hai più trovato Malik?”
Scossi la testa.
“Non so dove sia, Mike, lo odio da morire”
“Già, beh, mi spiace”
Gli sorrisi, nonostante tutto.
“Va’ a riposarti, domani è il grande giorno e c’è molto lavoro da fare”
Annuì, dopodiché mi abbracciò.
“Buonanotte, Natalie, grande festa – mi disse – anche se, l’avrei voluta anche io una fiaschetta come la vostra! Ecco cosa fate a casa!”
“Scemo!” gli urlai dietro, mentre se ne andava, ridendo.
Così rimasi sola, a sbuffare, lasciandomi andare su di una sedia. Mi vibrò il telefono, ed io fui tentata di affogarlo nella limonata che mi stava di fronte. Ma lessi comunque il messaggio.
 
Malik
Esci.
 
 
Strabuzzai gli occhi, e mi alzai di scatto per raggiungere Harry, che stava chiacchierando con non so chi. Lo presi per il braccio, trascinandolo verso di me.
“Sei tremendamente maleducata” disse, lisciandosi la camicia con le mani.
“Zayn è qui”
“Ah, alla buon’ora – guardò dietro le mie spalle, come per cercarlo – ma dov’è? Sono gli effetti della vodka? Vedi i Malik adesso?”
Roteai gli occhi al cielo, scocciata.
“Idiota!  - sbottai – è fuori, mi ha scritto di raggiungerlo”
Mi guardò per un po’, senza dire nulla.
“Beh? – mi incalzò poi – che ci fai ancora qui?”
Gli sorrisi e lo stritolai in un abbraccio.
“Ti adoro!”
Mi allontanai da lui, verso la porta.
“Ricordati che dormo da mia madre, stasera!”.
 
 
 
*Uscii di corsa dall’hotel, e lo vidi subito. Aveva i capelli scompigliati e portava una felpa a righe, larga. Io avevo un abitino blu, ed i capelli in disordine.
“Sei bellissima”
“E tu in ritardo”
Zayn si strinse nelle spalle, come se non gli importasse.
“Non volevo partecipare – mi spiegò – ho deciso di dare un freno al mio lato masochista”
“E allora cosa ci fai qui?”
Mi avvicinai di qualche passo, scendendo gli scalini dell’ingresso. Così notai un particolare che prima non avevo notato: la bottiglia di jack daniels nella sua mano destra.
“Ti stai dando all’alcolismo?” domandai, di getto.
“A quale domanda vuoi che risponda?”
“Alla prima – dissi, arresa – tanto stasera è il festival degli alcolizzati”
Zayn inarcò un sopracciglio, stranito.
“Lo voglio sapere?” mi domandò.
“Secondo me no”
“Perfetto  -fece, annuendo – per rispondere alla tua prima domanda, te l’ho già detto, sto cercando di dare un freno al mio masochismo”
“Continuo a non capire” ammisi.
“Non mi farei il doppio del male, rinunciando a te?”
“Avevo bisogno di te, stasera”
Mi avvicinai ancora di più.
“Eccomi qui – disse, allargando le braccia e lanciando la sua bottiglia vuota chissà dove – un po’ di jack non fa mai male”
Mi fece ridere, così appoggiai le mani sul suo petto, e lui si guardò circospetto intorno.
“Perché non ci stiamo nascondendo come ladri? – domandò – dov’è il fidanzato?”
“Jacque è andato a casa presto, aveva bisogno di risposare per il lavoro di domani”
Zayn cercò di trattenere le risate, con scarsi risultati, ovviamente.
“Sai di essere fidanzata con un ragazzo palesemente gay, vero?”
“Fottiti, Malik” berciai, facendo per allontanarmi.
Ma lui mi afferrò per il polso, attirandomi a sé.
“So io come movimentare la serata”.
 
 
 
 
“Grazie Brian, alla prossima!”
Zayn ringrazio Brian, il ragazzo dell’alimentari dietro casa mia, ed uscì sbattendo la porta in vetro.
“Vino rosso da due soldi?  - domandai, scettica – sarebbe questo il tuo modo di movimentare le serate?”
Lui si strinse nelle spalle, aprendo la bottiglia.
“Io non mi lamenterei oltre – mi porse la bottiglia – a te il primo sorso”
Mi guardai in giro, con una bottiglia di vino rosso in mano, le scarpe buttate a terra, scalza sull’asfalto, presi un lungo sorso.
“A te, futuro allenatore dei Red Devils”
Lui sorrise, prendendo la bottiglia che gli stavo porgendo. Prese un sorso, imitandomi poi nel brindisi.
“A te, futura signora Raymond”
“Sei un guastafeste” lo accusai, sedendomi sul bordo del marciapiede.
Lui mi seguì ed accostò le labbra al mio orecchio.
“Ti si vedono le mutande” sussurrò, languidamente.
Scoppiai a ridere, allungando le gambe, così da nascondere ciò che non doveva vedersi.
“Beh, poco importava, no? – disse, tracannando altro vino – le ho viste migliaia di volte”
Lo guardai male, rubandogli la bottiglia di mano
“Domani Harry e Louis si sposano, ci credi?”
Zayn scosse la testa, sorridendo, quasi malinconico.
“Mi sembra impossibile”
“Già”
Altro vino.
“Loro che si sposano, Perrie che latiterà per il mondo studiando moda, Dyana e Manuel aspettano un bambino, io tra poco allenerò Niall e Liam – fece una pausa, nella quale spostò gli occhi nei miei – e tu? Quando partirai?”
Guardai in basso, incapace di reggere il suo sguardo. Ma lui posò due dita sotto al mio mento, costringendomi alla durezza dei suoi occhi.
“Qualche giorno dopo il matrimonio”
“Cosa significa qualche giorno?”
“Non lo so, Zayn – confessai – è già abbastanza difficile così”
“Difficile?”
Annuii.
“Cosa credi? Che sia facile per me?”
Annuì lui, sorridendo amaramente.
“Beh, sì – confessò – l’hai scelto tu, mica io”
“Alcune scelte non sono poi così facili”
“Se lo dici tu”
Calò il silenzio per qualche minuto.
“Non roviniamoci questi ultimi momenti” dissi poi, io.
Lui annuì, d’accordo, mostrandomi uno dei suoi sorrisi migliori. Dopodichè si alzò in piedi, e mi porse la mano, per aiutarmi ad alzarmi, ma mi colpì subito un capogiro.
“Ehi, piccola, tutto okay?”
Annuii, scoppiando a ridere, tra le sue braccia.
“Mai stata meglio”
“Okay no, sei ubriaca, vieni qui – mi sollevò – scommetto che questa è opera di Tomlinson e delle sue fiaschette”.
 
 
 
“Shhhhhhhh! – gli intimai io, mentre lui apriva la porta di casa mia – Louis dorme!”
“E dov’è Harry?” mi chiese Zayn, chiudendo piano la porta.
“Da sua madre – dissi, scendendo dalle sue braccia – vogliono rispettare questa stupida tradizione”
Zayn annuì, ed insieme attraversammo la sala, notando Louis che dormiva sul divano. Sorrisi istintivamente, dopodichè tornò a girarmi tutto.
“Okay, hai bisogno di un letto, tu”
Zayn mi accompagnò su per le scale, sorreggendomi, ed una volta nella mia camera, mi adagiò sul letto, ma cadde rovinosamente addosso a me. Così gli allacciai le braccia dietro il collo, e mi persi nel suo profumo.
“Provi ancora le stesse cose che provavi la prima volta che mi hai baciata?”
“Completamente”
“Allora baciami, ancora, sempre, all’infinito”
Stavo per incollare le mie labbra alle sue, ma lui si allontanò.
“Non è saggio”
Sbuffai.
“E chi se ne frega?”
“Domani Harry e Louis si sposano e noi siamo ubriachi”
“Non voglio rinunciare a te, amore, non adesso”.

 
 
 
 
 
 
 
 

who cares?
ciao bimbe :)
ce l'ho fattaaaaaaaaaaaaa
come si dice? meglio tardi che mai, no? ecco, appunto.
beh ragazze è da tipo un mese che non posto nulla di half a heart, e mi dispiace, ma avendo iniziato l'università il tempo si è davvero dimezzato.
però eccomi qui!
volevo dirvi che questo capitolo l'ho scritto tutto interamente stasera, mentre guardavo xfactor e poi grande fratello.
spero non vi abbia deluse, fatemi sapere.
vi amo da matti.
 
 
p.s. : dimenticatevi di fly away, non sono pronta. piuttosto, sto lavorando a qualcosa di nuovo, che pubblicherò solo dopo aver finito half a heart, quindi tra due capitoli (ci credete?), niente ditemi se vi incuriosisce.
 
p.p.s : ringraziamo Ilenia per avermi fornito la canzone che mi ha ispirato.




 
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Capitolo 29
*** Fireproof ***


quando trovate l'asterisco ascoltate "Fireproof" dei ragazzi


 
Half a heart
Chapter Twenty-nine - Fireproof


 
 


Aprii un occhio, poi l’altro e ricordo che formulai cinque semplici domande:
  1. Dove diavolo sono?
  2. Con chi diavolo sono?
  3. Perché diavolo sono qui?
  4. Come diavolo ci sono arrivata?
  5. Chi diavolo sono?
 
La quinta era decisamente quella più significativa. Mi stiracchiai e cercai a tentoni il mio telefono, sul comodino affianco al letto. Maledizione, chi aveva alzato al massimo la luminosità dello schermo? Guardai l’orario e: “Cazzo! Cazzo! Cazzo!” urlai, precipitandomi giù dal letto.
Cadendo, ovviamente.
“Gli alieni!” si svegliò così, Zayn Malik.
Lo guardai come si guarda un bambino di tre anni che si rolla una canna, e lui si stropicciò gli occhi, tornando giù con la testa ed il corpo.
“Zayn! – urlai, alzandomi dalla mia rovinosa caduta e tirandomi il più possibile il lenzuolo – sono le nove del mattino, tra due ore Harry e Louis si sposano!”
Zayn alzò un braccio, non so perché, so solo che lo fece. Era completamente nudo, sul mio letto, e proprio in quel momento entrò Louis.
“Natalie, dimmi che sei sveglia o giuro che.. Oh porca puttana!” si bloccò, quando lo vide.
Si coprì immediatamente gli occhi con le mani e: “Ma dai, per favore, la sera prima del mio matrimonio?”
Stavo per rispondergli che, beh, che c’era di male? Ma Zayn mi precedette, con uno sbuffo.
“Che palle, Tomlinson, pensavo fosse Harold quello con le mestruazioni in vista del grande giorno”
Mi astenni dal ridere, Louis era già abbastanza incazzato così.
“Okay – feci io, prima che i due si prendessero a pugni prima della cerimonia, e di certo nessuno voleva uno sposto ammaccato – Zayn mettiti qualcosa addosso, Louis va’ a fare una bella colazione a base di cioccolato ed io, beh io che ci faccio ancora qui? La sposa mi aspetta!”.
 
 
 
“Buongiorno! – urlai, entrando nella casa di mio padre – c’è nessuno?”
Harry aveva scelto quella, come location della sua preparazione. Avrebbe fatto le foto lì, si sarebbe vestito lì e avrebbe dato di matto lì, per l’ultima volta, prima di essere ufficialmente sposato.
“Natalie! – urlò mio padre – dio ti benedica piccola!”
Lo guardai sconcertata, guardando dietro di me.
“C’è qualcun altro che si chiama Natalie che è entrato dopo di me? – chiesi, ironica – non mi riservi un’accoglienza del genere dalla mia ultima recita natalizia, alle medie”
Tyler sbuffò, ed insieme sentimmo le urla di Harry, dal piano di sopra.
“Che succede?” gli chiesi.
“Che succede? – riprese lui le mie parole, retorico – sei tu la sua migliore amica ed Harry Styles si sta per sposare, cosa vuoi che stia succedendo?”
“D’accordo, d’accordo – tagliai corto, prima che gli scoppiasse una vena del collo – ci penso io, tu va’ a prendere Jane in stazione”
Papà mi guardò, confuso.
“Ti ricordi che oggi Jane torna dal campeggio, non è vero, Tyler?”
“Certo, per chi mi hai preso?”
Prese con forza le chiavi della macchina dal tavolo e sparì, nei meandri di Londra. Così io mi rimboccai le maniche e salii le scale, fino a raggiungere camera mia.
“Come sta la sposina?”
Danielle, Pez e Dyana erano tutte intorno ad Harry, che diavolo, non aveva per nulla una bella cera. Aveva i capelli legati in uno chignon disordinato sopra la testa, indossava i pantaloni e la camicia del suo abito, ed era scalzo.
“Ti sembra il momento di provare il costume di Halloween, Styles?”
“Natalie, non adesso – mi ammonì subito – sei in ritardo di almeno dieci minuti, ti sembra il caso? Forza, aiutami tu, queste qui sono delle vere incapaci”
“Va’ a farti fottere, Harry!” s’indignò Pez, ma senza smettere di aiutarlo con i capelli.
Sapevamo tutte che non sarebbe stato facile, ma non lo avremmo abbandonato.
“Io vado a preparare qualcosa da mangiare, che ne dite?” si propose Danielle.
“Magari! – fece la donna incinta – avete del bacon?”
“Dio mio, come fate a pensare a mangiare? – si indignò Harry – io mi sposo, tra meno di due ore! Qualcuno se lo ricorda?”
“Tutti quanti – s’intromise una voce esterna – non ci hai lasciato altra scelta, comunque”
“Liam! – urlai io, correndogli incontro – che ci fai tu, qui? Non dovresti essere da Lou?”
Lui si strinse nelle spalle, bello come non mai.
“Volevo fare un saluto alla sposa, prima di andare”
“Ehi Liam, stai da dio, wow” si complimentò Harry, alzandosi dalla sua postazione.
“Già, non posso dire lo stesso di te”
Sgranai gli occhi, avvicinandomi al suo orecchio per sussurrargli: “Non provocarlo, Liam, Harry stamattina si è svegliato nel corpo della sposa assassina”
“Come non detto, Styles – si corresse, alzando le mani – potresti sfilare per Victoria’s Secret, ed io mi levo di torno, ci vediamo dopo, ciao ragazzi!”
Mi scoccò un bacio sulla guancia e sparì dietro la porta, mentre una nuova tragedia si faceva largo tra di noi: “Chi diavolo ha scambiato il fondotinta con il phard?”.
 
 
 
“Benissimo, adesso facciamone una con la testimone”
Il fotografo era un uomo tutto d’un pezzo, ed Harry aveva appena terminato le foto con la famiglia, quando sentii quelle parole.
“Certo – fece lo sposino – sei solo io avessi ancora una testimone – si lamentò – Natalie dove diavolo sei?”
“Eccomi! Arrivo! – urlai, barcollando sulle scale, infilandomi un tacco quindici – sono qui!”
Haz rimase incantato nel guardarmi, nel mio abito blu, Chanel, quello che avevo comprato insieme a Zayn.
“Malik ha davvero un buon gusto, quando vuole – disse, allungando un braccio verso di me – sia in fatto di abiti, che di donne”
Mi feci abbracciare da lui, ed insieme posammo come due veri fotomodelli degni di Tyra Banks ed America’s Next Top Model.
“Bene, io sono a posto – fece ancora il fotografo – vogliamo dirigerci all’hotel?”
Harry perse un battito, ed io me ne accorsi evidentemente.
“Ehi, Haz, tranquillo – gli dissi, prendendolo da parte – va tutto bene, oggi è il grande giorno, il tuo sogno sta per realizzarsi”
Lui mi mostrò un sorriso meraviglioso, al limite della felicità.
“Lo so – annuì – ed è per questo che sono così agitato, voglio che sia tutto perfetto”
“Ma Harry – cominciai io, prendendogli una mano – vi sposate tu e Louis, come potrebbe non essere tutto già perfetto così com’è?”.
 
 
 
*Il Palace Gardens era stato curato nei minimi dettagli, per quel giorno. Il 28 luglio finalmente era arrivato, e non potevamo essere tutti più felici di così. Tyler guidava la macchina di Harry, ed io ero seduta affianco a lui.
“Guidare una Porsche era uno dei miei più grandi sogni nel cassetto dai tempi del college, non ti ringrazierò mai abbastanza, Harry”
Haz sorrise, passandosi una mano tra i lunghi capelli morbidi.
“Quali erano gli altri?” mi incuriosii io.
“Sei mia figlia, Natalie, e nonostante tu abbia ventun anni, preferisco tenerli per me”
“Immagino che tra questi sogni top secret non compaia accompagnare il migliore amico della propria figlia all’altare, non è vero?”
Io e mio padre lo guardammo meravigliati, e Tyler scoppiò in una risata gioiosa.
“Ma scherzi, Harry? Sarebbe un onore!”
“Allora forza, andiamo – li incentivai io – Louis ci sta aspettando”
Scendemmo dalla macchina e ci dirigemmo tutti e tre alla sala che ormai eravamo soliti frequentare ogni santo giorno. Ma finalmente c’eravamo, era arrivato il momento, ed io non potevo essere più elettrizzata di così.
Quando entrai e li vidi tutti lì, per Harry e Louis, mi mancò il respiro. Raggiunsi la mia postazione e lanciai un’occhiata a Zayn, trovandolo sorridente, come non mai.
Eravamo tutti lì: c’erano mio fratello Manuel e Dyana, in pima fila, accanto a Perrie. Niall e Liam che dannazione, quanto erano belli con i loro smoking neri, li affiancavano. Mio padre e Danielle, con Jane, Julia, Mike (e sì anche Jacque), le famiglia di Harry e Louis. E c’era anche Blake, lì in fondo.
Non potevamo che finire così: tutti insieme, come avevamo iniziato, per festeggiare un evento che era il simbolo della nostra storia, della nostra crescita e della nostra vita insieme. Quella non era la fine, era solo un nuovo inizio.
Le prime note della marcia nuziale si estesero nella grande stanza, ed io guardai Louis, che mi scoccò un occhiolino, per poi concentrarsi sul suo sposo. Quanto erano belli, entrambi, desiderosi di realizzare al più presto il loro sogno più grande, da quando si erano confessati di amarsi, segretamente, al Fire Starter.
Esattamente due vite fa.
“Un caloroso benvenuto a tutti voi – cominciò l’ufficiale dello stato - oggi siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di Louis William Tomlinson e Harold Edwards Styles, che hanno deciso di percorrere questa strada insieme e desiderano condividere con voi questo momento di gioia”
Harry e Louis si scambiarono uno sguardo carico di amore, e le prime lacrime già minacciarono di scendere.
“Sentiamo il testimone dello sposo – continuò, facendo cenno a Zayn di avvicinarsi – prego” concluse, con un sorriso.
Zayn sorrise, a sua volta, schiarendosi la voce, mentre Harry pregava che non dicesse qualche stupidaggine.
“Allora, innanzitutto, buongiorno a tutti quanti – cominciò, cortese – siamo qui oggi per sostenere Harry e Louis che, beh, sarei un ipocrita se vi dicessi che li ho sempre sopportati ed amati come amici”
La sala rise, ed io e gli sposi anche.
“A dire la verità, io e Styles non potevamo proprio vederci e Natalie ve lo saprà confermare – disse, indicandomi – ma poi, grazie a lei, abbiamo imparato ad apprezzarci a vicenda e considerato il fatto che oggi mi trovo proprio qui, io, Zayn Malik, in veste di loro testimone ufficiale, la dice lunga – fece un’altra pausa, accompagnata da un sorriso mozzafiato – qualche giorno fa, questi due sposini, mi hanno forzato a scrivere il discorso del testimone e, se devo essere sincero, non sapevo proprio cosa inventarmi, ma poi ho pensato alla mia esperienza e beh, le parole sono venute fuori così, senza sforzarmi.. – mi lanciò un breve sguardo, e poi continuò – Harry e Louis si sono trovati per caso, frequentavano lo stesso liceo e poi la stessa squadra di calcio, e non è stato facile per loro, non è facile per nessuno, quando ami così tanto una persona. Fai di tutto, per lei, per evitare che ti scivoli via, ma a volte non puoi proprio farci nulla. Combatti, fino alla fine, fino a consumare le tue forze, e lo fai perché lo sai, che tanto ne vale la pena, che tanto anche a costo della morte, andrai avanti, perché lo farai per lei e per nessun altro. E beh, io so che Harry e Louis non hanno mai smesso di combattere, ecco perché oggi siamo qui, solo ed unicamente per merito loro, e sono loro che mi danno la forza di non smettere mai, non smettere mai di lottare”
Le lacrime quella volta non avevano solo minacciato di scendere, erano sgorgate a fiotti sulle mie guance. E mentre Louis sorrideva a Zayn ed Harry gli mimava un “Grazie", con le labbra, io tentai di ricompormi.
“Ed ora, la testimone dell’altro sposo”
L’ufficiale mi sorrise, ed io mi sforzai di cacciare indietro la nuova sessione di lacrime.
“Okay, mi sono mentalmente appuntata di uccidere Zayn, dopo la cerimonia, per questo discorso – dissi, facendo ridere tutti – ma sono pronta”
Mi schiarii la voce, regalando un sorriso agli sposi.
“Coloro che oggi convolano a nozze, sono i miei migliori amici, ed in certe occasioni non avrei proprio saputo come fare, senza di loro – continuai, mentre i due mi sorridevano – correvo da loro piangendo ed in ogni situazione, sapevano sempre cosa dire, cosa fare, come calmarmi ed oggi io mi sento onorata, ad essere qui per loro. Harry e Louis per me sono una fonte d’ispirazione, perché hanno avuto la forza di lottare, cosa che io invece non ho avuto – lanciai uno sguardo a Zayn – Harry è la persona di Louis e Louis di Harry e quando è così, c’è poco da fare, non hai più dubbi. Non c’è nessuno che conosce Louis meglio di Harry e non c’è nessuno che ha salvato Harry, nel modo in cui ha fatto Louis. Vorrei avere la forza di essere come loro, ma come loro non c’è nessuno ed io non posso farci nulla. Posso solo ritenermi fortunata, ad averli nella mia vita. Oggi, qui, festeggiamo una grande vittoria: la vittoria della forza e della tenacia di amare, nonostante tutto. E, lasciatevelo dire da me, non è poco”
Conclusi, tornando alla mia postazione. Zayn mi guardava, un po’ allucinato, ma la cerimonia doveva andare avanti. Passammo allo scambio degli anelli, e neanche a dirlo, mi commossi nuovamente, rovinandomi tutto il trucco.
Fino a che il momento tanto atteso, non arrivo: “Dichiaro in nome della Legge che siete uniti in matrimonio, può baciare lo sposo”
E quel bacio di Louis, ad Harry, lo ricorderò per sempre come mia definizione personale dell’amore, fino a che ne avrò memoria.
 
 
 
 
“..E quindi non ho nient’altro d’aggiungere - disse Niall, in mezzo alla sala con il microfono in mano e qualche bicchiere di spumante di troppo in corpo – Louis ed Harry sono fatti per stare insieme, anche se noi, nonostante condividessimo le docce tre volte a settimana, non ce ne eravamo mai accorti. Viva gli sposi!” 
Scoppiammo tutti a ridere, ed io lanciai uno sguardo agli sposi più belli dell’universo. Harry e Louis si tenevano teneramente la mano, finalmente uniti in matrimonio. Quel momento magico venne spezzato da una canzone lenta, e dal Dj che invitava gli sposi ad unirsi nel loro primo ballo da marito e marito.
Battemmo tutti quanti le mani, e vidi Zayn porgermi la mano. Eravamo tutti quanti al tavolo insieme, ovviamente, e in quel momento Zayn mi stava invitando a ballare. Ed io accettai, alzandomi e raggiungendo insieme a lui la pista, come seconda coppia.
“Gran bel discorso” mi disse lui, stringendomi i fianchi con le sue mani.
“Anche il tuo – gli concessi – niente male”
“Domani partirai” disse poi lui, a freddo.
Le mie mani erano agganciate dietro al suo collo, ed io sgranai gli occhi, quando sentii quella parole.
“Vuoi davvero parlarne adesso? – chiesi, indicando Harry e Louis con un cenno – guarda quanto sono felici, vuoi davvero rovinare un momento come questo?”
“E quando dovremmo parlarne? – domandò, retorico – al telefono? Quando tu sarai già a Parigi ed io ancora qui, a Londra?”
“Non c’è niente da dire, Zayn – feci io – domani parto e basta, di cosa dobbiamo parlare?”
“Ti amo, Natalie”
“E ti amo anche io, ma questo non cambia le cose e tu lo sai”
Zayn annuì, ridendo amaramente.
“Credi che in un’altra vita ce la faremo?” mi chiese, dolcemente.
Gli sorrisi, mantenendo la stessa dolcezza.
“Lo spero tanto”
“Non posso lasciarti partire”
“Devi farlo”
Zayn scosse la testa, contrariato.
“Te ne pentirai, Natalie”
“Io me ne sono già pentita, Zayn, ma ormai è andata così”
“Non è troppo tardi – mi disse, fermando la danza – non è mai troppo tardi”
Rimasi in silenzio ed avrei tanto voluto baciarlo, ma Jacque ci guardava e allora lasciai perdere. Riflettei sulle sue parole, ma qualcuno picchiettò sulla sua spalla.
“Posso?” chiese Harry.
“Ed io con chi dovrei ballare? -  chiese Zayn – con Tomlinson?”
“Ma chi ci vuole ballare con te, Malik – intervenne Louis – andiamo a farci una sigaretta, piuttosto”
“Mio marito è un tossico” si lamentò Harry.
Aveva ripetuto le parole “Mio marito” per tutta la durata del ricevimento. Ma per cose stupide, ad esempio: “Ehi Harry, di che stilista è il tuo abito? È favoloso!” “Di Gucci!” “E quello di Louis?” “Mio marito non ne ha idea!”.
Capite?
“Mi concede questo ballo?”
“Oh, ma certo, persona sposata!”
Io ed Harry ci lanciammo in un ballo classico, guardandoci negli occhi.
“Tra poco potrò dire lo stesso di te, piccola” cominciò lui, facendomi sbuffare.
“Perché volete tutti rovinare questo giorno meraviglioso?”
Harry si strinse nelle spalle, divertito.
“Perché mi mancherai così tanto che probabilmente mi farò fare una tua gigantografia e la metterò in camera nostra, aspettando con ansia Natale”
“Questo è strano” commentai.
Harry scoppiò a ridere, trascinandosi dietro anche me.
“Devo dirti una cosa”
“Devo avere paura?”
“Il contrario” mi tranquillizzò, scuotendo la testa.
“Oh, okay, dimmi allora”
“Io e Louis stiamo seriamente pensando di adottare un bambino”
Per poco non mi misi ad urlare.
“Stai scherzando? – dissi, entusiasta anche più di lui – ma è fantastico, Harry!”
“Già, ne stavamo parlando l’altro giorno..” ricordò, sognante.
“Sarete dei genitori fantastici”
“Lo spero tanto – disse, guardandomi intensamente – sai Natalie, non ti ho mai ringraziato come si deve”
“Per averti sopportato tutti i dannati giorni fino ad oggi? Anche con le crisi pre matrimoniali? Figurati Styles, sono una professionista ormai”
“No, idiota – berciò – senza di te non avrei mai confessato i miei sentimenti a Lou, e quindi oggi non saremmo qui a ballare su questa canzone tremenda, se non fosse stato per te”
“Harry, io..”
“Natalie, sul serio – continuò – sei diventata una delle persone più importanti della mia vita in così poco tempo che me ne stupisco anche io, ma ringrazio il cielo, per questo”
Lo abbracciai stretto, al limite della commozione.
“Ti voglio bene Harry, sei il migliore amico gay del mondo”
“Puoi dirlo forte”.

 
 
 
 
 

 
who cares?
ciao bimbe!
allora, questo è il penultimo capitolo e sì, anche io sto male all'idea di smettere di scrivere degli Zatalie, ma ci penseremo poi.
per quanto riguarda questo capitolo voglio che voi sappiate che l'ho scritto con l'ansia e con gli scleri di Giulia su whatsapp, quindi.. ahahaha
non ci sono molti momenti Zatalie, mi sono concentrata di più sul matrimonio larry e su Harry e Natalie.
mi spiace se non vi è piaciuto, spero di non avervi deluso perchè questo capitolo per me è importante.
è un pò la congiunzione di enrambe le storie.
e niente, ci vediamo alla prossima con l'ultima capitolo (quanto piango)
vi amo, Simona.
 
 
 
 
 
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Capitolo 30
*** Half a heart ***





 
ascoltate "Half a heart" dei ragazzi


 
Half a heart
Chapter Thirty - Half a heart




 
Avevo sempre detestato Heathrow, sin da bambina, ma in quel momento, quel 29 Luglio, mi trovavo esattamente lì, nell'ultimo posto in cui avrei mai voluto trovarmi. 
Mio padre era in macchina, al posto del guidatore, ed Harry e Louis mi stavano aiutando a scaricare le valigie. Avevo già salutato Pez, Dyana e Manuel, eravamo andati a casa di quei tre pazzi furiosi in mattinata. Dopodichè era stato il turno di Liam e Niall, direttamente all'Old Trafford. 
Ed in quel preciso momento, appoggiata al finestrino del guidatore, toccava all'uomo che mi aveva messa al mondo.
"Non scendi?" gli chiesi, inarcando un sopracciglio.
"Non vedi che sono in divieto, Natalie?"
Lo guardai stranita, così lui scoppió a ridere, aprendo lo sportello, per poi stringermi in uno dei suoi abbracci da irlandese.
"Mi mancherai tanto, piccola" disse.
"Vuoi farmi piangere, Tyler? - gli chiesi, scettica - da quando fai il padre affettuoso?"
Papà rise, ed io lo strinsi più forte.
"Ci vediamo a Natale" mi disse.
Io annuii, e lasciai la sua maglietta a mezze maniche, staccandomi di malavoglia da lui.
"A Natale" ripetei.
"Harry, Louis, vi aspetto in macchina!"
E così mio padre risalì, mentre le mie fate madrine ed io entravamo in quello che era l'aeroporto di Heathrow. Raggiungemmo il gate in silenzio, nessuno aveva voglia di addii, ma il momento tanto rimandato era arrivato.
"È questo qui.." disse Louis, fermandosi e posando la valigia a terra.
Io annuii, mentre li guardavo, entrambi davanti a me, belli come non mai: Lou con la tuta del Manchester ed i capelli scompigliati, e suo marito in una camicia blu ed i boccoli legati in uno chignon, dietro la testa. Erano invidiabili, ed erano miei, i miei inconfondibili migliori amici.
"Torna presto, Nat, ho paura di commettere un omicidio senza di te" mi disse Louis, indicando Harry con un cenno del capo.
Haz roteó gli occhi al cielo, mordendosi il labbro per trattenere un sorriso, ed io scoppiai a ridere, abbracciando il calciatore.
"A Natale, Lou - lo informai - puoi farcela?"
Lo abbracciai stretto, e lui annuì.
"Ti aspettiamo - disse, incastrandosi una Diana tra le labbra - la tua stanza sarà sempre lì per te, fai buon viaggio" 
Mi lasció con un occhiolino, scomparendo all'uscita di Heathrow, facendo sì che io ed Harry potessimo salutarci come si deve.
"Beh?" interruppi io il silenzio.
"Beh cosa?" mi chiese lui.
"Beh, abbracciami, idiota"
Scoppiai a piangere soltanto tra le braccia di Harry Styles, che era stato la mia salvezza e la mia forza, fin dai tempi del liceo, fin dai tempi in cui ero una ragazzina innamorata del migliore amico del suo fratellone.
"Sei stata da Zayn?" mi chiese, una volta sciolto l'abbraccio. 
Scossi la testa, asciugandomi le lacrime con il fazzoletto di stoffa che mi aveva appena porto. 
"Non vi siete salutati? - domandó, meravigliato - per niente?"
"No, Harry - chiarii io - è meglio così per entrambi, nessuno di noi due aveva voglia di dirsi addio, ancora"
Fu Harry a scuotere la testa, e: "Non vi capiró mai - fece - almeno vi scriverete? Vi telefonerete?"
Aggrottai le sopracciglia, stupita.
"Scriverci? Tipo le lettere?" 
"No, stupida - spiegó lui - tipo i messaggi, hai presente?" mi prese in giro.
"Simpatico - gli feci il verso - beh questo non lo so - ammisi, stringendomi nelle spalle - magari lui sparirà di nuovo, per i prossimi quattro anni"
"Dubito fortemente che lo farà, Natalie"
Stavo per dire qualcosa, quando la voce di Jacque mi precedette.
"Sei pronta, mon amour?"
Mi voltai verso di lui, incontrando le figure di Mike, Julia e Danielle, che aveva giurato amore eterno a mio padre e, questione di mesi, si sarebbe trasferita in Inghilterra, lasciando lo studio di Parigi a suo nipote Antoine La Roche. 
"Sí, sono pronta" 
Mi voltai nuovamente verso Harry, e ci stringemmo nell'ultimo abbraccio, durante il quale io trattenni le lacrime.
"Natale?" chiese
"Natale".




 
Zayn



Ero alla dodicesima Marlboro, ma erano le 11:07 AM, ed avevo perso il conto. A Londra c'era il sole, ed alcuni raggi filtravano dalle tende bianche della sala di Manuel, Dyana e Perrie. Le ragazze erano andate in giro per negozi, per il bambino, 'che sì, era un maschio, ed io ero rimasto con il mio migliore amico.
Loro avevano salutato Natalie, poco tempo prima, io no: avevamo deciso che era meglio così per entrambi. Ma stavo iniziando a sentire una strana sensazione, come di rimpianto, ed io odiavo i rimpianti. Stavo iniziando a pensare che se non avessi fatto qualcosa in quel momento, me ne sarei pentito per tutta la vita. Così, in un attimo di pura follia, afferrai la giacca di pelle e la indossai distrattamente. Ma nel recuperare le chiavi della Lamborghini, mi scontrai con Manuel e la sua enorme tazza di cereali che teneva tra le mani.
"Ehi, mister - mi fermó - dove vai così di fretta?"
"Da tua sorella" lo informai.
"Ma avevate deciso che non vi sareste visti, non prima del suo ritorno a Londra"
"Lo so - annuii - ma devo provarci fino all'ultimo, Manuel, a riprendermela"
Lo vidi sorridere e: "Cosa fai ancora qui, allora? Corri da quella matta di mia sorella!"
Perchè perfino Manuel, l'aveva sempre saputo, che io e Natalie eravamo fatti per stare insieme.


Lasciai Margot nel grande parcheggio di Heathrow, pregando per la prima volta in vita mia, forse, che quell'aereo per Parigi non fosse ancora partito. Entrai nelle grandi porte in vetro e corsi al gate. Fermai una hostess, con i capelli biondi e le labbra colorate di rosso.
"Mi scusi - chiesi, quasi con il fiatone - il volo Londra - Parigi, delle undici e mezza, è già decollato?"
Lei mi guardó con un mezzo sorriso e: "Propria ora".
Le sorrisi a mia volta e mi allontanai, mi appoggiai ad uno dei tanti muri di Heathrow e sospirai. Avevo perso, avevo perso Natalie e quindi anche una parte di me stesso, la metà esatta di me stesso, di quello che ero. Perchè la metà di Zayn Malik, non poteva che essere lei, Natalie Marie Shade, ed io l'avevo persa, su un volo per Parigi.




 
Natalie



Sarebbe stato un errore, ormai ne ero pienamente convinta. Avevo preso la scelta giusta, e non potevo esserne più sicura di quanto non lo fossi già. Fine della storia. 
Svoltai l'angolo, ma quella giacca di pelle era davvero troppo familiare. Cosa ci faceva lui ad Heathrow?
"Zayn?"
Ed il mio presentimento venne confermato, quando si voltó. Mi guardó un pó allucinato, e poi si avvicinó.
"Natalie? - fece, confuso - che ci fai qui? La hostess mi ha detto che l'aereo sta decollando, perderai il volo.." m'informó, come se già non lo sapessi da me.
Sorrisi impercettibilmente, e fu come se un grosso peso si sollevasse dalle mie spalle, lì, ad Heathrow, con Zayn Malik e la sua giacca di pelle nera davanti a me.
"È quello che sto cercando di fare"
"Cosa significa?"
"Significa che resto, Zayn"
Lo guardai sgranare i suoi grandi occhi scuri, per poi massaggiarsi le tempie e scuotere la testa.
"Dannazione, Natalie - sbottó - ma che stai dicendo?"
Abbozzai una risata, avvicinandomi ancora di più a lui, tanto per sentire il suo profumo di menta e sigarette. Sempre lo stesso, quello che indossavano anche tutti i nostri ricordi.
"Sto dicendo che non parto più, sto dicendo che dico addio a Parigi, e non a te"
Finalmente si lasció andare ad un mezzo sorriso, stringendomi a sè, possessivamente, come se non ci credesse.
"Credevo di averti persa"
"Ed io non credevo che tu saresti venuto fino a qui, nonostante tutto"
"Perchè secondo te io credevo che tu saresti scesa dall'aereo di tua spontanea volontà?"
Ridemmo insieme, e finalmente eravamo tornati, per non andarcene mai più. Sorrisi sulle sue labbra, prima di baciarle con la stessa passione di sempre.
"Ti amo, piccoletta, ti amo come quella sera, quando pioveva ed eravamo sotto casa tua, te lo ricordi? Non volevi neanche guardarmi in faccia"
"Me lo ricordo - feci, sorridendo - e ti amo anche io, Zayn, ti amo come ho sempre fatto, e come faró per sempre"
Zayn rise, lasciandomi un altro bacio sulle labbra. Non avrei fatto altro per tutta la vita, se non baciarlo, ancora, ancora e ancora. 
"Che ne faró del vestito da sposa?"
"Io ho un'idea". 
 





 
who cares?
eccoci. ultimo capitolo di half a heart, ed io davvero non posso crederci.
a triplicare la tristezza del momento c'è love me or leave me delle little mix che sto ascoltando, ma davvero, sto per piangere.
ho iniziato questo lungo percorso con voi, da Skinny Love, quindi nel 2013. e lo concludo qui, adesso, alla fine del 2015.
non so dirvi quante cose siano cambiate, da quel momento, ad ora. probabilmente è cambiato tutto, ma non importa.
spero che questo capitolo via sia piaciuto, spero che sia stato all'altezza di entrambe queste storie, che giuro che grazie a voi sono state motivo di grande soddisfazione, per me stessa. non potete capire quanto io sia orgogliosa di aver scritto qualcosa che vi abbia fatto così sognare e che vi sia piaciuta così tanto.
quindi davvero, il grazie va a voi. siete state magnifiche, e mi spiace abbandonare gli zatalie..
quindi vi annuncio che farò dei missing moments su di loro. sarebbe inutile fare un altro sequel, lo sappiamo tutti, ma dei missing moments perchè no?
e quindi ve li farò, giuro e prometto. che dire ancora? spero resterete con me, dato che ho dei nuovi progetti.
magari alcune di voi avranno già notato che mi sono spostata di più sui 5sos, ovvero che adesso scrivo molto più su di loro. quindi se la cosa può interessarvi, qui vi lascio il nick della mia "nuova" storia: Love runs out.
virgoletto perchè sto per postare l'undicesimo capitolo proprio adesso ahaha
e nulla, ho anche una collaborazione in atto con Giulia, ovvero ilpiercingdiluke su efp, che andate sul suo profilo perchè è fantastica e vi consiglio tutte le sue storie. 
e niente, adesso ho esaurito davvero le parole. vi lascio il mio profilo facebook qui: Alaskha efp. (Giulia mi ha costretta).
passiamo ai ringraziamenti: ringrazio Anita, Ilenia e Giulia, le mie bimbe. e va beh, ovviamente ringrazio Nolo, Genn e Benji, che senza di loro non avrei avuto ispirazione per quest'ultimo capitolo. e poi grazia e tutte voi, T U T T E, indistintamente. vi amo ragazze, siete tutto. 
un bacio grandissimo ad ognuno di voi e tantisssssimi abbracci, la vostra Simona.
p.s: tutti i personaggi si meritano un piccolo spazio, in quest'ultimo capitolo, per cui eccoli qui..
 



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