This place is still my first love

di blueneighbourhood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


[Note/Avviso :

la storia contiene scene sia Top!Harry - Bottom!Louis sia Top!Louis - Bottom!Harry] 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I

 

Love, it's hard, I know

All your lights are red, but I'm green to go

Used to see you high, now you're only low

All your lights are red but I'm green to go

 

 

 

 

 

 

 

Quando vede la busta tra la posta in arrivo al suo appartamento, Harry viene a patti col fatto che l’inevitabile non può più essere rimandato. Sa che mancano meno di tre settimane alla sua partenza per Londra, ed è consapevole che sono passati mesi e mesi da quando Liam gli ha dato la notizia, ma rigirandosi la busta contenente l’invito al matrimonio di uno dei suoi migliori amici tra le mani, non può fare a meno che sentire un nodo che si stringe alla bocca dello stomaco.

 

Non è neanche tanto convinto del vero motivo della sua agitazione: Londra è sempre la stessa, i suoi amici anche. Liam e Sophia si erano confermati gli angeli di sempre, facendo in modo che la cosa per lui fosse il più semplice possibile, invitando anche la sua famiglia in modo che passasse tutto in modo indolore. Sophia, poi, gli aveva ripetuto mille volte che se andare in Inghilterra gli risultava troppo difficile, avrebbe tranquillamente potuto saltare il matrimonio, convincendolo del fatto che sia lei che Liam andavano spesso a Los Angeles e che avrebbero potuto vedersi in ogni momento.

 

La verità, per quanto non voglia ammetterlo, è che il calendario pesa sul petto di Harry più di quanto voglia ammettere, e che quattro anni sono tanti nonostante immagini che la città dov’era stato per tanto, forse troppo tempo sia rimasta praticamente uguale, è perfettamente consapevole che dall’altro lato tutto è diverso: sa che Niall ha cambiato casa tre volte, e che Liam e Sophia non vivono più nel grande appartamento a Canary Wharf. Non vede Lou da troppo tempo, ma sa che non si tinge più i capelli e che ha finalmente dato un fratellino a Lux, e non importa quante chiamate su Skype facciano lui e Gemma, non si abituerà mai a vederle quell’anello di fidanzamento al dito. L’altro problema, è anche se sa benissimo che non dovrebbe interessargli, ma non può fare a meno di chiedersi se Liam abbia dato la notizia del suo grande ritorno a qualcun altro oltre che a Niall.

 

Quando i suoi pensieri vengono interrotti dalla porta della cucina che si apre, Harry nasconde la busta con l’invito in mezzo al resto della posta e alza la testa sorridendo.

“Buongiorno,” esclama poi “scusa se non ti ho svegliato stamattina, ma sono andato a correre e sono sicuro che non saresti voluto venire” dice.

 

Harry ha conosciuto David esattamente due anni dopo che si è trasferito definitivamente a Los Angeles, durante un’intervista e anche se a Gemma piace dire che il suo fratellino è fidanzato con un giornalista, non è esattamente così. Si frequentano, e ad Harry piace pensare che non sia solo perché David lo ha corteggiato per settimane dopo che sono diventati amici, ma sa che certi sentimenti non sarà più in grado di provarli e apprezza molto l’accettare di David di fare le cose con calma: vanno spesso a cena insieme, ma è raro che l’uno dorma a casa dell’altro più di una volta a settimana, e la famiglia di David non conosce Harry così come quella di Harry non conosce David, e ad entrambi va bene così.

 

Harry ha imparato sulla sua pelle che a volere tutto e subito in una relazione, ci si ritrova col nulla assoluto.

 

“In effetti non è il tipo di attività fisica che farei con te, lo ammetto” esclama David, baciandogli poi la testa dopo che Harry ha alzato gli occhi al cielo.

 

“Già fatto colazione?” chiede poi l’uomo, ma quando Harry gli risponde con un “devo dirti una cosa”, si siede senza neanche pensarci troppo.

 

“Ti ricordi Liam e Sophia?” chiede Harry, e David annuisce subito.

 

Si sono conosciuti alla festa di compleanno di Harry di quell’anno, nonostante Harry non fosse sicuro di volerlo fare, perché Liam e Sophia sono di famiglia e per lui era fare un passo più lungo della gamba, ma David si era comportato egregiamente e anche se la serata era passata sotto gli sguardi attenti di Liam e Sophia, non fu spiacevole. Harry si sente un po’ in colpa nei confronti dell’uomo che ha davanti, perché allo scadere della tre settimane sa perfettamente cosa succederà e non può neanche perdersi nelle fantasie di come fermerebbe il tempo se fosse in un mondo parallelo, perché in un mondo parallelo lui sarebbe a Los Angeles con un’altra persona, e non avrebbe bisogno di fare questo discorso perché si starebbero preparando insieme alla partenza.

 

Harry fa un sospiro e si passa la lingua sulle labbra, “si sposano e sai q0uanto siamo legati, quindi dovrò tornare a Londra per un po’” dice. David lo guarda per un secondo che sembra un eternità, ma tenta di rimanere composto, “per quanto?” chiede.

 

Ora arriva la parte difficile.

 

“Ho prenotato solo il volo d’andata, è questo il fatto. Ha invitato al matrimonio anche i miei e mia sorella, e so già che mia madre mi convincerà a fare il giro di tutti il Cheshire per salutare tutti e Gemma vorrà sicuramente che passi qualche giorno con lei. Per non parlare di Niall, non lo vedo da più di un anno” spiega Harry tentando di indorare la pillola.

 

“Capisco, è giusto che tu vada, sono i tuoi migliori amici” dice convinto, e Harry si chiede che cosa farebbe lui se i ruoli fossero scambiati.

 

“Speravo capissi, sono quattro anni che non torno veramente a casa e non so neanche se mia madre sa che Liam mi ha invitato al matrimonio, e…” comincia a dire Harry, ma David lo interrompe “tecnicamente sei tornato in Inghilterra” dice con tono fermo.

 

“Sette ore di cui due di concerto e altre due di interviste non le definirei tornare a casa” gli fa presente Harry, e David subito si addolcisce.

 

“Ho solo una domanda da farti.”

 

“Spara.”

 

“Ci sarà anche… Lui?”

 

Louis.

 

“Sì.”

 

David lo guarda nuovamente per un attimo, poi avvicina la sedia a quella di Harry, che fa un sospiro, “non voglio che questa cosa ti faccia sentire a disagio” tenta di spiegare, “è il testimone di Liam, ed è stata la prima cosa che mi ha detto, prima ancora di chiedermi ufficialmente di andare. E non posso non presentarmi, perché Liam…”

 

Come può spiegare a qualcuno qualcosa che non riesce a spiegare neanche a se stesso?

 

“Harry, non preoccuparti!” dice David, interrompendolo “voglio dire, non starai per sempre a Londra, no? Ormai gran parte della tua vita è qui, e non devi darmi spiegazioni. Il passato è passato, giusto?” chiede. Harry annuisce e decide di tagliare la conversazione con un bacio, che David ricambia felice e fa sentire Harry ancora più in colpa.

 

Se per molti il passato è passato, la verità è che Harry molte volte si sente la terra mancare sotto i piedi. Sa che con la sua famiglia e i suoi amici accanto sarebbe molto più facile, ma è come se tutti si fossero dimenticati di quello che è successo tranne lui, e più tenta di ripetersi che la vita va avanti, più si convince che dopo una delusione del genere non ci sia più nulla da fare, e guardando David che prepara la colazione come se fosse il gesto più normale di sempre, si chiede quando ha smesso di credere in qualsiasi cosa.

 

Quando squilla il telefono, qualche minuto dopo, Harry è stranamente contento di leggere il nome di Liam sul display del suo iPhone.

 

“Disturbo?” chiede l’amico allegro. Harry cambia stanza quasi troppo velocemente, “non ci crederai mai ma stamattina ho ricevuto l’invito ad un matrimonio” dice ignorando deliberatamente la domanda sciocca dell’amico.

Liam ride.

 

“Spero tu non abbia impegni. Hai deciso quando arrivare? Niall si è offerto di venire a prenderti in aeroporto, ma so che Gemma non ce lo perdonerebbe mai” dice.

Se c’è una cosa che consola Harry è quanto siano rimaste unite le loro famiglie dopo la fine di tutto.

 

“Gemma mi ha prenotato il volo per il trenta settembre, in modo che avrò tre giorni per riprendermi dal fuso orario, e stare con lei fino a che non ha finito di farmi domande” risponde Harry, “mi hai chiamato solo per avvisarmi della nuova carriera da autista di Niall?” chiede poi.

 

Liam si schiarisce la voce, “devo chiederti una cosa, in effetti, ma non so come la prenderai e soprattutto non so come chiedertelo” dice.

 

Harry ride, “da quando hai paura di me? Spara” esclama poi.

 

L’amico dall’altro capo del telefono sospira, “qualche tempo fa, io e Niall abbiamo trovato una vecchia demo, e purtroppo questa demo è finita tra le mani di Sophia che è ossessionata da questa canzone, che hai inciso troppo tempo fa per ricordarla, credo. Ma se te la passassi via mail, credi che potresti… Cantarla al nostro matrimonio?” chiede.

 

“Ehm” mormora Harry spiazzato, e per un secondo non sa cosa dire, poi però pensa a Liam che inscatola tutta la sua roba e gliela spedisce, pensa a Liam che passa settimane lontano da Sophia per prendersi cura di lui come si farebbe con un bambino, e pensa a Sophia che arriva a Los Angeles una mattina di febbraio in piena settimana della moda londinese, trascinando Niall e lasciando il lavoro, per fargli capire che lui era Harry Styles e che nessuno avrebbe potuto odiarlo davvero. “Certo. Non c’è problema. Che canzone è? Ho ancora qualche vecchia demo in studio, magari ne ho una copia!” chiede.

 

“Si chiama…” dice Liam, chiaramente cercando il titolo della canzone, “oh ecco! If I Could Fly.” Harry rimane in silenzio per troppo tempo, tanto che Liam deve chiamarlo un paio di volte per farlo tornare attento alla conversazione.

 

“Scusa, ci sono” dice poi, e si schiarisce la voce, “non ho bisogno che mi mandi la demo, in ogni caso. Procurami una chitarra e avrai la tua serenata” dice per smorzare la tensione, e dpo mille ringraziamenti da parte di Liam e la promessa che si sarebbero sentiti il giorno seguente, Harry si butta sul divano maledicendosi perché non dovrebbe ricordare ogni sillaba di una canzone scritta cinque anni prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fatto che sua figlia riesca a raccogliergli i capelli in un codino quasi ordinato dovrebbe allarmarlo: ha bisogno di far visita a Lottie molto, molto presto. Pensandoci meglio, Louis non riesce nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui ha permesso a sua sorella di toccargli i capelli. L’unica cosa a cui sembra davvero prestare attenzione ultimamente è la lunghezza della sua barba, non lascia mai che superi i due/tre millimetri. Il matrimonio di Liam, però, è alle porte e dare una sistemata a quella che ormai può definire una vera e propria chioma è diventato perentorio.

 

Anne non sembra essere disturbata dal temporaneo cambiamento di look del suo papà; passa ore intere la sera a giocare con i suoi capelli accarezzandoli e avvolgendoli tra le sue dita fino a quando il sonno non ha la meglio su di lei.

 

Anne Tomlinson è un’adorabile bambina di quattro anni, una chioma di boccoli biondo cenere ad incorniciarle il viso; ha il nasino all’insù e gli occhi azzurri, proprio come suo padre. Sono due gocce d’acqua, non solo fisicamente: più passano i giorni, più tutti continuano a ripetergli che la piccola sta ereditando tutte le sue attitudini. Louis fa finta di niente, nega con il capo ogni volta perché è ancora così piccola, eppure non riesce a frenare il calore che si irradia al centro esatto del suo petto ogni volta che qualcuno glielo dice. Per quanto le condizioni che avevano portato alla nascita di sua figlia fossero state sbagliate, Louis non riusciva a pentirsi di quelle scelte perché Anne era il suo piccolo e personale raggio di sole.

 

“Anne, tesoro, è ora di svegliarsi”, Louis è ancora steso nel suo enorme letto matrimoniale, è girato su un fianco mentre accarezza delicatamente il viso della piccola, che si muove appena tra le lenzuola sotto le carezze del padre. E’ perfettamente consapevole che non dovrebbe abituarla a dormire nel suo letto, sua madre Jay non fa che ripeterglielo, ma ogni sera cede davanti ai suoi occhioni blu e mentre Anne si addormenta non fa che pensare a quanto quel letto sia troppo grande per non essere riempito da due persone. Per ora, dividerlo con sua figlia è più che sufficiente.

 

“Papà…”, la sua vocina è ancora assonnata; la osserva mentre si strofina gli occhi, accennando uno sbadiglio per poi aprire gli occhi lentamente. 

 

“Buongiorno raggio di sole!”, esclama Louis sorridendole teneramente e passandole un braccio intorno al pancino per attirarla a sé. “Sai che giorno è oggi, tesoro?”, passano pochi secondi prima che i suoi occhietti si illuminino, facendosi vispi ed allegri. 

 

“tshopping”, pronuncia la piccola con qualche difficoltà battendo le manine allegramente. E’ decisamente la bambina più tranquilla e pacata del mondo ma quando si tratta di vestiti e trucchi sembra perdere la testa; Louis è piuttosto certo che debba incolpare Lottie ed Eleanor per questo. 

 

“Proprio così”, annuncia, “Sarai la damigella più bella di tutte al matrimonio dello Zio Liam”, sua figlia annuisce seria ma Louis riesce a notare le piccole chiazze rosse che le colorano le guance.  “Ora alziamoci, la nostra colazione preferita non può aspettare giusto principessa?”, se c’è una cosa che non è cambiata da quando i One Direction si sono sciolti è la sua completa incapacità in cucina; per questo sarà sempre grato del fatto che sua madre gli abbia dato una mano con Anne durante il suo primo anno di vita e che adesso abbiano un enorme Starbucks proprio sotto casa. Sua figlia sembra amarlo, proprio come lui, e in questo modo non deve preoccuparsi della colazione. 

 

 

 

 

 

Sono necessarie due ore di prove in tre negozi differenti per trovare l’abito perfetto. Gli occhi vispi di Anne si illuminano ogni volta che le commesse si avvicinano a lei per porgerle nuovi capi ed aiutarla ad entrarvici con attenzione. Louis la osserva dal suo divanetto con un sorriso sulle labbra mentre Liam, seduto accanto a lui, non fa che ripeterle quanto sia bella con ogni singolo abito. Alla fine, però, la scelta ricade su un meraviglioso vestitino color indaco che mette in risalto il colore dei suoi occhi, come se già non fossero due piccole gemme. Anne continua ad osservarsi allo specchio, girando su sé stessa più e più volte come incantata dal modo in cui l’abito si gonfi ad ogni giravolta; Il semplice strato di cotone è sovrastato da uno strato di velo che conferisce volume al vestito, la parte superiore è tempestata da una pioggia di paillettes celesti a forma di stelle che brillano sotto le luci del camerino della boutique. Il vestito è spezzato da una piccola fascia di raso all’altezza dello stomaco e le sue spalle sono coperte appena da un sottilissimo strato di velo. Guardandola, Louis non ha più dubbi: sembra davvero una principessa e sarà la più bella quel giorno. 

 

Trovare le scarpe dello stesso identico colore dell'abito sembra essere la missione più difficile della sua vita, per questo chiede aiuto ad Eleanor con un semplice sms in cui le annuncia di avere bisogno di lei perché non c’è un minuto da perdere.

 

“Definisci emergenza, Louis”, esclama Eleanor incrociando le braccia al petto e osservandolo con gli occhi quasi serrati. 

 

Louis si passa una mano tra i capelli, “Andiamo El, questa è un emergenza”, dice indicando l’abito di sua figlia ordinatamente ripiegato nella busta che ha tra le mani. “Questo posto è enorme, stiamo girando qui dentro da ore e dobbiamo trovare le scarpe perfette, giusto principessa?”, aggiunge rivolgendo uno sguardo a sua figlia, che annuisce sicura e un meraviglioso sorriso quasi supplicante nasce sulle sue labbra. Sta giocando sporco perché sa benissimo che Eleanor non riesce mai a dire di no a sua figlia, ma questo non lo fa minimamente sentire in colpa. Liam osserva la scena divertito, spostando gli occhi da Eleanor ai due diavoli di fronte a lei e pensando a quanto Louis sia bravo con sua figlia. E’ sempre stato bravo con i bambini, ma c’è qualcosa di estremamente diverso e speciale nel modo in cui si comporta con Anne, come se sapesse sempre cosa dire o fare con lei, nonostante tutto quello che ha dovuto affrontare per arrivare a quel punto e la sua giovane età. 

 

“Solo perché amo questo scricciolo”, sbuffa la ragazza piegandosi sulle ginocchia e lasciando un bacio sulla guancia della piccola Anne.  Louis non ricorda di preciso quando Eleanor è piombata di nuovo nella sua vita perché sembra non essersi mai allontanata ed è estremamente felice di averla ritrovata. E’ una splendida amica e la migliore zia che Anne possa avere, insieme a sua sorella Lottie. 

 

Quella ragazza deve avere qualche strana dote perché dopo mezz’ora hanno già risolto l’emergenza scarpe, comprando un paio di deliziose ballerine dello stesso colore dell’abito.  Finiscono nello Starbucks al primo piano di quel centro commerciale perché Anne sembra aver fame e Liam ha qualcosa da comunicargli e preferisce farlo davanti ad una bevanda calda mentre Eleanor si prende cura di sua figlia.

 

“Allora…”, inizia Louis non appena prendono posto in un tavolino piuttosto isolato. “Cosa volevi dirmi?"

 

“Si tratta del matrimonio...”, risponde titubante, passandosi una mano tra i capelli quasi nervosamente.

 

“Liam, ho appena comprato il vestito e le scarpe dei sogni di mia figlia per il tuo fottuto matrimonio”, dice Louis abbassando la voce per evitare che sua figlia senta certe parole, “…non dirmi che ci stai ripensando.”

 

“No, Louis non è-"

 

“Sophia è incinta?”, tenta il più grande, “insomma Liam avreste potut-"

 

“Non è incinta!”, esclama Liam alzando la voce. Il volto di Eleanor scatta nella loro direzione accennando una smorfia, mentre il suo volto del ragazzo si tinge di rosso dall’imbarazzo.

 

“Ho capito…il vostro wedding planner si è licenziato”, dice ammiccante Louis.

 

“HoinvitatoHarryalnostromatrimonio”, esclama l’amico all’improvviso, tutto d’un fiato. 

 

“Scusami, puoi ripetere?”, tenta Louis perché è davvero non può essere, deve aver capito male.

 

“Ho - uhm - insomma, si, ho invitato Harry al nostro matrimonio…”, solo sentirlo nominare fa partire una scarica lungo la sua spina dorsale. E’ un brivido che Louis si è imposto di non provare per anni ormai, si è imposto per così tanto tempo di non pensare a lui che in quel momento gli sembra quasi di parlare di un estraneo. Solo che, Harry non è mai stato un estraneo per lui, nemmeno ai tempi del loro primo incontro nel bagno degli studi di X Factor. C’è sempre stato qualcosa di estremamente familiare in quel ragazzo che tutt’ora gli fa girare la testa, nonostante siano passati quattro anni e lui non l’abbia mai più sentito da quando è fuggito a Los Angeles senza lasciare tracce dopo che, dopo aver scoperto che Louis aspettava un figlio da una sconosciuta. 

 

“Harry. Al tuo matrimonio.”, Louis ripete le parole di Liam lentamente, cercando di mandare giù quel boccone dal sapore dolce-amaro, ma smaltire una notizia del genere è pressoché impossibile. Eleanor gli rivolge un’occhiata preoccupata non appena quelle parole raggiungono le sue orecchie, ma lui cerca di ignorarla.

 

“So che - so che per te è difficile Lou, me ne rendo perfettamente conto e so che sarà strano, in qualche modo ma..”, confessa Liam titubante come se cercasse di mettere insieme le parole giuste per non ferirlo. “…ma Harry c’è sempre stato per me, per Soph così come ci sei sempre stato tu, e Niall e non potevo non chiedergli di esserci quel giorno. Siete come fratelli per me e voglio avervi accanto a me quel giorno, tutti…è- è importante per me. Lo capisci vero, Lou?" 

 

Louis annuisce senza proferire parola, cosa potrebbe dire? cosa vorrebbe dire? Sposta lo sguardo verso la piccola Anne, che sta giocando tranquilla con gli anelli di Eleanor e tutto quello che ha sempre cercato di chiudere in un angolo della sua testa riemerge inesorabilmente. Da quando le cose tra loro sono finite, ha sempre cercato di fare il suo meglio per non pensare ad Harry; farlo, avrebbe significato sentirsi in colpa nei confronti di sua figlia. Se non avesse avuto Anne, probabilmente le cose tra lui ed Harry non sarebbero mai finite in quel modo, probabilmente sarebbero ancora insieme. Avrebbero formato la loro famiglia speciale magari, come avevano sempre immaginato tra una sigaretta ed un bacio rubato nei dietro le quinte di un’apparizione tv e nelle loro camere d’albergo. Quel pensiero ogni tanto si affaccia nella sua testa, quando si concede quei pochi, pochissimi minuti per pensare ad Harry ma poi si costringe ad allontanarli perché Anne è lì, c’è, e non può chiuderla in un cassetto, come fa con tutti quei "e se". 

 

Perché sua figlia non è un senso di colpa.

 

“E’ tutto okay, Liam… È giusto che tu l’abbia invitato”, commenta Louis quando ritrova una briciola di lucidità. 

 

“Tutto qui?”

 

“Cosa ti aspetti che ti dica? Che ti urli contro perché hai invitato il mio ex al tuo matrimonio?”, risponde Louis cercando di rimanere diplomatico, ma è dannatamente difficile. “Hai bisogno di tutti noi, hai ragione, ed è il tuo matrimonio”, aggiunge prendendo un sorso dal suo bicchiere

 

“Sì”, concorda il ragazzo abbassando lo sguardo sulla sua bevanda. “Ho pensato fosse meglio fartelo sapere prima, si insomma…"

 

“E’ stato un pensiero gentile comunque, e ti prometto che non ci saranno problemi”, risponde Louis come se gli stesse leggendo nel pensiero. E’ certo che Liam sta pensando a qualcosa mentre lo guarda annuire ma non ha il coraggio di chiedergli spiegazioni. Probabilmente è meglio così. Ha due settimane di tempo per realizzare che Harry sarà presente al matrimonio di Liam e non ha la più pallida idea di come accettare la cosa. 

 

 

 

 

 

 

 

Quelle tre settimane, per Harry, passano decisamente troppo in fretta: sono un flash tra David, lo studio, il preparare i bagagli e cercare mille modi per perdere il passaporto per poi guardarsi allo specchio e rendersi conto che non ha più sedici anni e che deve essere uomo. Le ore di volo, che ricordava come infinite, passano in quelli che gli sembrano dieci minuti e l’idea di essere in suolo inglese e di doverci stare per più di uno show gli fa mancare l’aria. Si rende conto di essere ridicolo.

 

La ragione principale del suo essersi allontanato dai suoi amici e dalla sua famiglia era Louis, e ora anche solo sfiorare quel ragazzo col pensiero gli fa venire voglia di vomitare. Si sente stupido perché è consapevole che la persona che conosceva ha smesso di esistere quattro anni prima se non di più, e che sicuramente non si ricorda neanche della sua esistenza.

 

Se pensa a Louis, Harry comincia col pensare ai baci rubati prima di uno show, o di mani sfiorate di nascosto, ma qualche secondo dopo finisce con il pensare alle bugie e ai momenti troppo difficili della loro relazione e finisce inevitabilmente col chiedersi se ne valesse davvero la pena.

 

Riesce a smettere di pensarci solo quando vede sua sorella aspettarlo appoggiata alla sua macchina nel parcheggio sotterraneo dell’aeroporto.

 

La prima cosa che Harry nota di lei sono le fossette che la loro famiglia, da parte di madre, ha da sempre come marchio di fabbrica; la seconda è che mentre Lou ha scelto di smettere di tingersi i capelli, il verde sulla testa di Gemma gli fa capire che la sorella non ne ha alcuna intenzione.

L’abbraccio che si scambiano sembra durare un eternità, e Harry si lascia avvolgere dal profumo della sorella, fino a quando lei non si allontana e lo squadra.

 

“Sei cresciuto, baby Harry” dice lei. Harry la guarda per un attimo, per poi aprire il bagagliaio dell’auto e sollevare una delle sue valigie, “Gem, ho smesso di crescere quasi dieci anni fa” esclama poi, rassegnato. Gemma è da sempre la sua più grande amica e confidente, e oltre sua madre è l’unica persona che non l’ha mai fatto sentire come se non potesse fidarsi di lei. La ragazza ride, poi passa l’altro bagaglio ad Harry e mormorando un “aspetterò di arrivare a casa prima di farti il terzo grado” gli da le spalle e sale in macchina.

 

Il viaggio dall’aeroporto a casa di Gemma è breve, e il ragazzo tenta di immagazzinare più notizie possibili sul fidanzamento di sua sorella e sulla sua vita in generale.

 

Gemma non era mai stata il tipo di bambina che sognava una storia d’amore come quelle nei cartoni animati, dove il principe sposava la principessa, era sempre stata molto realista e poco romantica fino al suo incontro con Matthew qualche anno prima. Stavano insieme solo da un anno, ma entrambi erano sicuri di voler fare il grande passo.

 

È Harry che ha sempre voluto sposarsi e avere dei bambini, al contrario di sua sorella, e per un po’ gli era sembrata una prospettiva reale: lui e Louis ne avevano parlato tante volte, tra una sigaretta e una mano tra i capelli, e Harry si sentiva sempre felice quando Louis gli sussurrava nell’orecchio prospettive di vita che entrambi pensavano si sarebbero avverate, perché, ed Harry lo sa bene, a vent’anni non ci si è mai preparati alle cose che cambiano.

 

Arrivati a destinazione, Harry nota che l’appartamento di Gemma era sempre uguale, anche se il passaggio di Matt era evidente.

 

“Sei sicura che non sia un problema che io rimanga qui?” chiede Harry guardandosi intorno. Gemma si butta sul divano, e fa segno a suo fratello di sedersi accanto a lei, chiudendogli occhi ed esclamando un “ignorerò la stupidissima domanda che mi hai fatto, e inizierò a farne io” convinto. Il ragazzo si volta a guardarla e sorride.

 

“Come stai?”

 

Harry sospira, sapendo perfettamente di non poter mentire a Gemma e non solo perché lei se ne sarebbe accorta, ma perché chiunque, anche non conoscendolo, si sarebbe accorto che c’era qualcosa che non andava.

 

 

“Stanco per il volo, felice di essere qui e di rivedere tutti, preoccupato per una serie di cose inutili e stranito” dice sincero, e Gemma gli afferra un dito.

 

“Sono veramente felice per Liam e Soph, però… Sarà strano, vero?” chiede alla sorella, che lo guarda per un attimo e annuisce, “sarà molto più che strano Haz. Però è una giornata, non dovrai parlarci o stare seduto accanto a lui, o guardarlo, no?” dice sicura.

 

“Posso chiederti una cosa io, ora?”

 

“Certo.”

 

“Hai mai visto il bambino?” chiede, ma si pente subito della domanda anche solo per lo sguardo di sua sorella. Gemma è sempre stata molto protettiva nei confronti di Harry, e odia mentirgli.

 

Per un periodo, dopo che Harry si era trasferito a Los Angeles, la ragazza avrebbe volentieri staccato la testa a Louis, solo dopo averlo torturato. Tuttavia, tutto cambiò durante una visita ad Holmes Chapel, quando entrò nella cucina di sua madre un sabato mattina e ci trovò la donna con in braccio una bambina che sicuramente non era stata abbandonata davanti alla porta e Louis coi gomiti appoggiati al tavolo con delle occhiaie che non sembravano neanche vere e gli occhi azzurri che erano molto più spenti rispetto a quelli che ricordava, quelli del ragazzo rumoroso che faceva girare tutti quando entrava in una stanza.

 

Fortunatamente, era sempre stata brava a cambiare discorso, quindi si alzò di scatto, “preferisci cenare con Matt stasera e pranzare con Niall, Liam e Soph domani o viceversa? Non sapevamo cosa volessi fare quindi non abbiamo deciso.” Harry la guarda per un attimo, poco convinto.

 

“E’ una bambina, Haz. Ora buttati sotto la doccia e non pensarci. Pizza e affrontiamo il mondo domani?”

 

Essere a casa, per Harry, è diventato subito un po’ più bello.

 

 

 

 

 

 

 

 

Se c’è una cosa che Louis non ha ancora imparato a gestire, queste sono le malattie di sua figlia. Anne è un angelo, davvero, ma quando ha l’influenza sembra trasformarsi completamente e Louis ci prova a fare del suo meglio e ad essere paziente, nonostante lui sia notoriamente famoso per la sua poca pazienza. Ha trascorso l’intera giornata accanto a lei, assicurandosi che non le mancasse nulla ma nonostante tutto, la piccola continua a lamentarsi.

 

Preparale una cioccolata calda, sai quanto le adori .xxx

 

Louis osserva il messaggio appena ricevuto, per poi lanciare un’occhiata a sua figlia, avvolta tra le coperte e forse, quella proposta potrebbe distrarla per un po’. “Anne, amore, ti va una cioccolata calda?”, suggerisce Louis titubante, ma con un sorriso dolce sulle labbra. La piccola annuisce vigorosamente così Louis si reca verso la cucina senza attendere un minuto di più, digitando velocemente la risposta al messaggio ricevuto.

 

Non ci avevo pensato. Sei un angelo, Gem. Grazie  .xxxxxx

 

Quel pomeriggio, Gemma l’ha chiamato per assicurarsi che tutto andasse bene e che avesse saputo del ritorno di Harry a Londra. Se si ferma un attimo a pensarci, è così strano parlare con Gemma dopo tutto quello che è successo in questi anni. La sua vita ha preso una piega totalmente diversa da quella che lui aveva sempre immaginato e sono davvero poche le cose di cui è davvero fiero, a parte sua figlia: una di queste è il rapporto che ha mantenuto con Gemma ed Anne. Ricorda ancora perfettamente le parole con cui Anne lo aveva rassicurato quel pomeriggio di Gennaio, dicendogli che non sarebbe cambiato nulla tra di loro perché avrebbe sempre considerato Louis come figlio suo “anche se la vita non va sempre come noi vogliamo”.

 

La sua, di vita, non è andata affatto come lui voleva. A diciotto anni immaginava il suo futuro in una villa di Los Angeles con Harry al suo fianco, dei bambini e un gatto magari; pomeriggi trascorsi in studio di registrazione a produrre l’album da solista di Harry e le feste comandate passate in Inghilterra con le loro famiglie. Non importava dove fossero perché bastava Harry per sentirsi a casa; alla fine, era bastato un errore per demolire tutto e lasciarlo con un cumulo di polvere tra le dita.

 

Quindi si, la sua vita non è andata come sperava.

 

Forse è per questo che quando sua figlia è nata, qualche settimana dopo la sua conversazione con la madre di Harry, per Louis è stato naturale chiamarla Anne. Se poi nella sua testa era perfettamente consapevole che era solo stato un modo per sentirsi vicino ad Harry in qualche modo, questo nessuno era tenuto a saperlo.

 

E’ la prima volta da quando Liam gli ha annunciato la notizia che si concede un attimo per pensare ad Harry. Ha lasciato che scorresse una settimana intera allontanandolo dalla sua mente ma è davvero impossibile per Louis non pensare a lui quando ogni cosa gli porta un piccolo ricordo alla mente, nonostante siano passati quattro anni. Non sa se lo spaventi di più il fatto che Harry vedrà Anne per la prima volta quel giorno, o se sia la semplice idea di rivederlo a terrorizzarlo. Si sente uno stupido perché quasi sicuramente Harry è andato avanti con la sua vita mentre lui è ancora lì a cercare di liberarsi di quei ricordi. Vorrebbe sapere se i suoi capelli sono ancora lunghi o se li ha tagliati, se ha scritto nuove canzoni, se è riuscito a sistemare il suo giardino come ha sempre sognato. A volte vorrebbe chiamarlo, o scrivergli un semplice messaggio, solo per sapere che la sua vita sta procedendo per il meglio. Louis è certo che Harry possa essere felice anche senza di lui, peccato che non sia convinto del contrario. 

 

La cioccolata calda funziona, miracolosamente, ed Anne si addormenta dopo mezz’ora tra le braccia di suo padre, avvolta dalle coperte; così Louis si concede qualche vecchia puntata di The Walking Dead, tra un bacio e l’altro lasciato sulla fronte di sua figlia.

 

Il suo sonno è interrotto da piccoli lamenti quella notte. Louis apre gli occhi sbattendo le palpebre più volte per mettere a fuoco l’ambiente; la tazza della cioccolata, ormai fredda, di sua figlia è ancora sul suo comodino, il telecomando è poggiato sulle sue gambe e la televisione è ancora accesa, il volume ridotto al minimo. Dev’essersi addormentato senza accorgersene. Anne sembra dormire profondamente accanto a lui ma continua a muoversi ripetutamente tra le lenzuola così il ragazzo deduce che sia stata lei a lamentarsi nel sonno. Avvicina le labbra alla sua fronte e la febbre deve essersi alzata perché la sua pelle scotta.

 

“Tesoro, ehi… È tutto okay”, sussurra Louis contro la sua fronte non appena la piccola apre gli occhi. Si abbassa maggiormente su di lei, accoccolandosi contro il suo corpicino e facendo sfiorare i loro nasi, come è abituato a fare da quando aveva appena due mesi. Anne allaccia le braccia intorno al suo collo, stringendolo forte a sé. “Hai freddo, amore?”, la sente tremare appena contro di lui così la stringe ancora di più coprendo maggiormente i loro corpi con le coperte. L’orologio appeso alla parete segna le tre e nonostante Logan, il loro pediatra, si sia raccomandato con Louis di chiamarlo ad ogni ora del giorno e della notte, Louis pensa di potersela cavare da solo fino alla mattina successiva.

 

Se deve essere sincero, Louis non ha la più pallida idea di come comportarsi nonostante non sia la prima volta che Anne contrae l’influenza. Non è mai stato bravo con le influenze: è sempre stato Harry quello a prendersi cura di entrambi quando avevano la febbre, o quando faceva troppo freddo fuori per fare qualsiasi cosa. La prima idea che gli salta in testa è quella di inumidire un asciugamano e di passarglielo sulla fronte. La bimba sembra rilassarsi quando il tessuto fresco si scontra contro la sua fronte, e Louis tira un sospiro di sollievo. “Papà… Puoi mettere su la nostra canzone?”, chiede improvvisamente Anne.

 

Louis vorrebbe obbedire con entusiasmo alla richiesta di sua figlia, se non fosse che la canzone in questione rappresenta un vero e proprio pozzo di ricordi per lui. Ricordi che fanno male e in cui non vorrebbe ricadere ma non può fare a meno di alzarsi e raggiungere lo stereo e premere play però, perché quello sembra l’unico rimedio naturale contro ogni malessere di sua figlia, fin da quando è nata. Louis si sente mancare quando pensa a quanto sua figlia lo conosca senza averlo mai incontrato; la prima volta in cui Anne ha sentito la sua voce aveva due mesi di vita ed era in preda ad una crisi di pianto. Louis non era riuscito a calmarla, sua madre Johannah aveva provato di tutto e niente sembrava funzionare; non ricorda nemmeno il momento che l’aveva portato a premere play su quello stereo quella sera, nella sua mente c’è vivido soltanto l’esatto istante in cui Anne aveva smesso di piangere non appena la canzone era iniziata, sotto lo sguardo sbalordito di Jay.

 

E’ paradossale che sia proprio If I Could Fly la canzone in questione.

 

Anne arriccia le manine nella sua direzione, invitandolo a raggiungerla di nuovo sul letto mentre le prime note del brano si diffondono nell’aria, che improvvisamente si fa fin troppo pesante per Louis. Non saprebbe quantificare quanti giorni siano passati dalla prima volta in cui ha sentito quella vecchia demo, non è mai stato bravo con la matematica, ma riuscirebbe a contare con precisione quanti battiti perde il suo cuore ogni volta che la ascolta, se qualcuno glielo chiedesse.

 

For your eyes only, I’ll show you my heart, Louis vorrebbe poter reputare Harry un ricordo sfocato della sua mente; al contrario, non c’è momento che lui non ricordi perfettamente come se l’avesse appena vissuto. Giorno dopo giorno, Louis si rende conto che Harry non sarà mai un’immagine sfocata di cui vedrà solo i contorni; Harry è luce e colori ed è sempre stato impossibile per Louis non restarne abbagliato, è impossibile metterlo da parte.

 

Louis ricorda confessioni strappate a suon di baci rubati, lacrime spazzate via da leggere carezze, il loro parlarsi con gli occhi e non può fare a meno di pensare a sua figlia. Ti innamoreresti anche dei suoi occhi, Harry?, quel pensiero fa male ma Louis non riesce a respingerlo.

 

“Mi piace tanto questa canzone papà…”, sussurra Anne distrattamente, lasciandosi andare ad uno sbadiglio, mentre le sue manine giocano con i capelli di suo padre arricciandoli alla base. 

 

“Lo so, tesoro mio”, soffia Louis tra i suoi capelli. Anche a me. Se solo si concede un attimo per chiudere gli occhi, Louis riesce a rivivere perfettamente la prima volta in cui Harry gli ha fatto sentire quella canzone: ricorda il suo giocare nervosamente con le dita delle mani, il suo sistemarsi nervosamente i ricci, i suoi occhi verdi che l’avevano fissato per l’intera durata della canzone e le piccole lacrime che avevano solcato le sue guance durante le note di chiusura. Se solo ci ripensa, Louis ancora non comprende come abbiano fatto a non far rientrare quella canzone nella scaletta finale dell’album.

 

A metà della canzone, il ragazzo si accorge che Anne si è riaddormentata e questa volta, sembra riposare tranquilla.

 

Louis socchiude gli occhi, lasciandosi cullare dalle note finali di quella demo pensando che non dovrebbe ricordare ogni parola di una canzone scritta cinque anni prima e mai incisa in studio; chiamare Logan l’indomani mattina per trovare una soluzione alla febbre di Anne, è solo un pensiero secondario ma in quel momento Louis fa finta di niente.

 

 

 

 

 

 

 

“Perché il dottor Logan viene qui, papà?”, chiede Anne distrattamente mantenendo lo sguardo fisso sulla televisione, stanno trasmettendo il suo cartone animato preferito. Nonostante sia passato solo un giorno, Anne sembra stare decisamente meglio ed ha ripreso parte delle energie anche se la febbre sembra non voler scendere.

 

“Perché non aveva tempo per visitarti nel suo studio oggi ed è stato così gentile da decidere di venire qui a visitarti stasera. Farai la brava, vero tesoro?”, è una parziale verità in fin dei conti: Logan non aveva davvero posto tra i suoi appuntamenti per ricevere anche loro perché a quanto pare questa influenza sta colpendo parecchi bambini - così gli aveva spiegato a telefono - per questo ha insistito per raggiungerli e visitare Anne a casa loro. Louis era rimasto in silenzio per qualche minuto, accettando alla sola condizione che Logan si sarebbe fermato a cena; in segno di ringraziamento e nient’altro, aveva messo in chiaro Louis.

 

“Porterà le caramelle con lo zucchero?”, chiede Anne sognante, Louis annuisce e può sentire sua figlia squittire per la rivelazione. La loro piccola conversazione viene interrotta dal campanello, così Louis lascia la bambina avvolta tra le coperte del letto per raggiungere l’ingresso.

 

Lo trova appoggiato allo stipite della porta di casa: ha gli occhi stanchi e la camicia un po’ stropicciata ma nonostante questo ha un sorriso appena accennato in volto. Si accosta a lui velocemente, lasciandogli un bacio all’angolo delle labbra in segno di saluto prima ancora che Louis possa proferire parola. “Logan...”, soffia rimproverandolo.

 

“Che ho fatto?”, chiede fingendosi innocente, come se non avesse appena cercato di rubargli un bacio. E’ una cosa che lo ha sempre affascinato di quel ragazzo, il suo essere tremendamente sicuro di sé ma eccessivamente dolce e paziente con i suoi piccoli pazienti.

 

“Lo sai che...”

 

“Ehi, sono qui per Anne, okay? Pensiamo a lei adesso”, commenta serio e proprio quando Louis inizia a pensare che le sue intenzioni siano serie, Logan si avvicina di più a lui, accostando la bocca all’orecchio di Louis “parliamo dopo del resto.”

“Sei incorreggibile”, borbotta Louis tra i denti lasciandosi sfuggire un sorriso. Raggiungono la camera da letto in silenzio, poi Louis si fa da parte lasciando che il ragazzo visiti sua figlia. È estremamente professionale e serio con i suoi pazienti ed è così diverso dal Logan che ha imparato a conoscere negli ultimi mesi. E’ stata Lou a fargli il suo nome quando Anne ha iniziato ad avere le prime influenze ma ha iniziato a guardare Logan con occhi diversi solo dopo due anni.

 

Logan non ha mai nascosto il suo interesse per lui e hanno provato a frequentarsi per un po’ ma quando le cose hanno iniziato a farsi serie, Louis si è tirato indietro. Inizia a pensare sia un suo difetto, quello di scappare invece di combattere quando le cose si fanno difficili.

 

“Non c’è niente di cui preoccuparsi”, commenta il dottore dopo aver terminato la visita, riportando Louis alla realtà. “È una semplice influenza, un paio di giorni al massimo e tornerà ad essere di nuovo la principessa di sempre”, aggiunge accarezzandole dolcemente i capelli mentre Louis tira un sospiro di sollievo. Mancano solo cinque giorni al matrimonio. Logan sembra cercare qualcosa nella tasca della sua giacca di pelle, alla fine estrae una manciata di caramelle allo zucchero che Anne adora.

“Ho portato una scorta speciale per te perché sapevo saresti stata bravissima ma ricordi cosa dico sempre a proposito di queste caramelle, Anne?”, dice porgendole il mignolo.

“Una sola alla settimana perché fanno male ai dentini”, afferma sicura fissando gli occhi in quelli di Logan e stringendo il suo mignolo decisamente più piccolo con il suo, come se stessero siglando una sorta di patto mentre Louis osserva intenerito la scena.

 

Anne si addormenta pochi minuti dopo la visita, così i due ragazzi passano il resto della serata nel salotto optando per una semplice pizza a domicilio consumata distrattamente sul divano al posto di una cena vera e propria. “Grazie per aver insistito per venire qui oggi, si insomma - probabilmente io non avrei mai avuto il coraggio di chiedertelo ma ero davvero preoccupato per Anne e-”

 

“Ehi, Louis, ehi! Frena”, lo rassicura Logan voltandosi completamente verso di lui e incrociando le gambe sulla pelle fredda del divano, le scarpe lasciate disordinatamente sul tappeto. “Sono felice di averti dato una mano e di averti rassicurato in qualche modo e poi è il mio lavoro, no?”, il suo tono di voce è dolce, quasi carezzevole, e Louis riesce in parte a tranquillizzarsi con le sue parole.

 

“Avrai avuto sicuramente una giornata pesante con tutti i pazienti e venire qui a visitarla non ha fatto altro che-”

 

“Louis, smettila di preoccuparti. È tutto okay”, afferma sicuro il ragazzo fissando i suoi occhi scuri in quelli di Louis. “E poi, ho anche guadagnato una cena con te”, commenta ammiccante, stemperando la tensione.

 

Louis accenna una smorfia e “Logan…”

 

“Si, si, lo so non è un appuntamento ed è solo il tuo modo di ringraziarmi per quello che ho fatto”, dice imitandolo.

 

“Ehi, io non parlo così!”, esclama l’altro fingendosi offeso.

 

“Oh, sì che lo fai!”, ribatte Logan inarcando un sopracciglio. Louis torna a fissare lo sguardo sulla televisione, continuando a fingersi offeso da quella constatazione; non può prevedere perciò le mosse dell’altro che dopo qualche secondo di silenzio porta velocemente le mani suoi fianchi, solleticandoli, e schiacciandolo di peso contro il divano, torreggiandolo. Louis scoppia a ridere non appena le dita di Logan trovano i suoi punti più sensibili, cerca di divincolarsi ma la presa dell’altro è troppo forte su di lui. “Lo- Logan”, sussurra il ragazzo tra una risata e l’altra mentre ogni pensiero o preoccupazione sembrano essere spariti dalla sua mente.

 

Il ragazzo si ferma di colpo, lasciando il corpo ansante di Louis ma senza spostarsi di un millimetro. Louis sa perfettamente che dovrebbe allontanarlo perché questa situazione può concludersi in solo modo se non si tira indietro adesso ma non riesce a farlo perché gli occhi color pece di Logan sembrano essersi trasformati in magneti e Louis non riesce a distogliere lo sguardo. Così fa l’unica cosa che non dovrebbe fare in quel momento, lo attira a sé facendo scontrare le loro labbra.

 

In quel momento, è impossibile per Louis non pensare ad Harry mentre si lascia baciare da Logan in quel modo. Quella situazione è fastidiosamente familiare perché tra lui ed Harry finiva sempre così, con Louis disteso sul pavimento con le lacrime agli occhi ed Harry che gliele baciava via per poi far scontrare le loro labbra. Al centro esatto del suo petto nasce quella sensazione opprimente con cui ha ormai imparato a convivere e la consapevolezza che probabilmente nessuno reggerà mai il paragone con Harry lo fa sentire anche peggio.

 

“No, Logan aspetta-”, poggia le mani sul suo petto allontanandolo con forza, mentre il ragazzo inarca un sopracciglio con fare interrogativo. “Non posso - io, non posso permettermi questo adesso, ci sono troppe cose che non-”

 

“Ehi, ehi…”, sussurra Logan avvicinandosi di nuovo a lui e avvolgendo le sue braccia intorno al suo busto. “C’è chiaramente qualcosa che ti turba. Ti va di parlarne?”, le mani del ragazzo accarezzano la sua schiena delicate, alleggerendo la tensione di quel momento.

 

Louis prende un profondo respiro, “Tra cinque giorni Liam si sposa”, confessa serio.

 

“Liam…il tuo migliore amico, il tuo compagno di band?”, tenta il ragazzo cercando di estrapolare qualche informazione in più. Louis si limita ad annuire. “E perché questo è un problema?”, chiede Logan incuriosito dalla preoccupazione nella sua voce, Louis resta in silenzio per fin troppo tempo. “Oh, aspetta. Ci sarà anche il tuo ex, Harry, non è così?”

 

Louis sembra farsi sempre più piccolo tra le braccia di Logan e finisce per poggiare la testa sulla sua spalla per poi sospirare pesantemente. Il ragazzo non ha bisogno di una sua risposta. “So che non mi hai mai raccontato l’intera storia ma Lou, sono passati quattro anni.”

 

“Non- non capiresti, è impossibile capire il rapporto che avevamo io ed Harry dall’esterno”, Louis non ha mai raccontato a Logan cosa abbia portato alla loro rottura, sa solo che Anne è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso fin troppo instabile e pieno di crepe.

 

“Probabilmente hai ragione tu ma è passato così tanto ormai, Lou. Non credi sia ora di lasciartela alle spalle?”, Louis l’ha fatto, o almeno ci ha provato. Il fatto è che il ricordo di Harry non sembra sbiadire, non importa quanti sforzi lui faccia.

 

“Ci ho provato, io- ci sto provando davvero”, le sue mani prendono a giocare nervosamente con i lembi della sua felpa.

 

“Non ho mai nascosto i miei sentimenti per te, e lo sai. Tu sei una persona così forte, Lou e mi piaci, parecchio ma sono disposto ad averti nella mia vita in qualunque modo tu voglia”, confessa Logan sincero puntando gli occhi nei suoi e la serietà delle sue parole lo spaventa. Sa di non essere pronto per una relazione seria, così come sa che probabilmente non riuscirà ad innamorarsi di nessuno, non nello stesso modo in cui ha amato Harry.

 

“Non voglio farti soffrire”, ammette Louis abbassando lo sguardo sui loro corpi quasi completamente intrecciati.

 

“So gestire i problemi di cuore, sono un dottore no?”, le mani del ragazzo gli sfiorano delicate il volto, accarezzandolo lentamente. Louis si ritrova quasi a fare le fusa contro la pelle calda e morbida delle mani di Logan e pensa che è da troppo tempo che non riceve attenzioni di questo tipo.

 

“So che non è quello che ti aspetti di sentire da me ma… Ti voglio bene Logan”, confessa Louis avvolgendo le sue braccia attorno a lui e stringendolo contro il suo corpo.

 

“Te ne voglio anche io, Lou”, la sua risposta arriva in un soffio, così come il bacio che riesce a percepire a malapena tra i suoi capelli. Non sono le braccia di Logan quelle che vorrebbe sentire attorno a lui in quel momento, così come non sono le sue le labbra che vorrebbe sentire tra i suoi capelli ma non può continuare a vivere di ricordi e speranze. Socchiudendo gli occhi, riesce a distinguere chiaramente un paio di iridi verdi nella sua mente e mentre stringe la presa sulla schiena del ragazzo di fronte a lui, pensa di provare qualcosa per Logan, ma è piuttosto certo di essere lontano anni luce dall’innamorarsi di nuovo di qualcuno.

 

 

 

 

And I wonder if I ever cross your mind?

For me it happens all the time

 

 


 

Quattro giorni, sette ore e una manciata di minuti scorrono in un battito di ciglia e Louis si ritrova in piedi, accatto a Liam sull’altare e con il suo nuovo taglio di capelli senza comprendere realmente come abbia fatto ad arrivare fino a lì.  Non si spiega come sia possibile che ancora non abbia incrociato Harry nemmeno per sbaglio ma forse è per questo che la cerimonia scivola via tranquillamente, contro ogni previsione. Ha provato a cercarlo distrattamente con lo sguardo, è certo che Harry sia seduto da qualche parte in quella chiesa e questa consapevolezza lo turba.

 

Sophia è meravigliosa nel suo abito firmato Zuhair Murad, probabilmente la sposa più bella che lui abbia mai visto e non è stupito dal fatto che Liam non riesca a staccarle gli occhi di dosso da quando sono diventati ufficialmente marito e moglie, poche ore prima. Il corpetto stretto è tempestato da piccole gemme e pietre preziose che creano un delicato scollo a cuore sul seno, dalla vita in giù parte una meravigliosa gonna in seta che sfuma in uno strascico non troppo lungo. Lou le ha lasciato i capelli sciolti in una cascata di boccoli che le copre quasi interamente le spalle, solo un piccolo diadema ad illuminarle il viso. Riesce a sentire distintamente sua figlia squittire quando Sophia la lascia sedere sulle sue gambe ad un certo punto durante la cerimonia posizionandole quel piccolo gioiello tra i capelli, come se fosse una vera principessa.

 

 

 

“Niall, come vanno le lezioni con Rory?”, chiede Louis curioso mentre rientrano in sala da una loro “pausa sigaretta”.

 

“Bene, questi due mesi sono andati alla grande anche se questo qui sembra non voler darmi tregua”, dice indicando il suo ginocchio destro. Nonostante l’operazione sembrava essere riuscita perfettamente anni prima, era già da qualche mese che i fastidi al ginocchio erano tornati per Niall.

 

“Non credo che allenarti con quel dolore possa farti bene, amico!”, tenta il ragazzo dubbioso.

 

“Non credo che stare fermo possa aiutarmi, in ogni caso”, ribatte il biondo sicuro, come se fossero mai riusciti a far cambiare idea a Niall su qualcosa in tutti questi anni, riesce ad essere così ostinato a volte quel ragazzo. “Tu come stai, Lou?”, aggiunge e Louis sa perfettamente di cosa sta parlando ma gli piace pensare che possa evitare l’argomento in qualche modo.

 

“Alla grande. Anne è un angelo, la casa discografica va benone e Lottie e Fiz hano smesso di occupare il mio divano e si sono finalmente sistemate nel loro nuovo appartamento a Notting Hill”, afferma fingendo un sorriso sereno. Può farcela. 

 

“Lou, come stai davvero?”

 

“Come una qualsiasi persona che deve affrontare il matrimonio del proprio migliore amico in presenza del suo ex”, ammette Louis scrollando appena le spalle.

 

“Mi dispiace per questa situazione, insomma…” Niall lascia che la sua frase si spenga perché sa perfettamente che qualunque cosa lui possa dire risulterà estremamente banale per quella situazione.

 

“E’ tutto okay…come ho detto a Liam, è giusto che lui abbia invitato tutti noi”, commenta Louis. “Riuscirò a superare questa giornata, Nialler”, aggiunge cercando di sembrare quantomeno convincente.

 

“Se lo dici tu”, commenta Niall tra i denti, certo che Louis non possa sentirlo. Poi si separano, raggiungendo ognuno il proprio posto ai tavoli.

 

 

È chiaro agli occhi di Louis che quella giornata è un insieme di divertenti coincidenze, con la sola differenza che questo gioco non gli sta piacendo affatto. È successo tutto nel giro di pochi minuti e Louis, non ha avuto nemmeno il tempo di realizzare quello che stava succedendo per cercare di elaborare una reazione adeguata. Avrebbe dovuto capirlo nel momento in cui Harry ha iniziato ad intonare le note di If I Could Fly su richiesta della sposa, accompagnato da John al piano, che qualcuno si stava divertendo a giocare con la sua vita. Harry è bellissimo, in piedi accanto al pianoforte nero lucido; indossa un completo classico elegante che riesce a mettere in mostra tutte quelle che un tempo erano le sue parti preferite del corpo del riccio, Louis nota con piacere che in quanto a stile Harry continua a non smentirsi mai: indossa un paio di stivaletti Yves Saint Laurent che spezzano completamente con il resto del suo look ma che lui riesce a portare con un’eleganza che lo lascia senza fiato. Lasciandosi andare ad un attimo di debolezza, Louis si domanda se tutt'ora non riesca a separarsi da quegli stivaletti come quando aveva solo ventun anni.

 

Le note di If I Could Fly scorrono in modo dolorosamente lento per lui e la voce di Harry accarezza ogni nota con attenzione e dolcezza, la sua voce non sembra essere cambiata poi molto, riesce a raggiungere le note alte con estrema facilità adesso.  All’improvviso sembra non essere passato un giorno dall’ultima volta in cui l’ha sentita perché quel ragazzo la interpreta esattamente come quattro anni prima; in quel momento fa troppo male continuare ad ascoltarlo. Un tempo, Louis avrebbe sorriso ascoltando quella canzone, pensando a quella volta in cui si erano promessi che quello sarebbe stato il brano con cui avrebbero aperto le danze il giorno del loro matrimonio e se c'è una cosa che Louis ha imparato è che non si deve mai programmare nulla perché il futuro può sempre cambiare, lui l'ha imparato sulla sua pelle.

 

La sua sfortuna, però, sembra non avere fine perché non appena la canzone volge al termine, vede una familiarissima testolina bionda raggiungere Harry: Anne si spinge sulle punte mentre cerca di attirare la sua attenzione tirandogli appena la giacca nera, Harry è decisamente troppo alto per lei. Quando il riccio abbassa lo sguardo verso di lei, sorridendole, Louis sente la terra sotto i suoi piedi sprofondare completamente.

E davvero, lui è quasi pronto a muovere un passo verso Harry ed Anne per interrompere la loro piccola conversazione quando li vede dirigersi verso il centro della sala accanto a Liam e Sophia, che hanno appena iniziato ad ondeggiare seguendo una lenta melodia.

 

Così, Louis si ritrova ad assistere alla scena a cui non avrebbe mai pensato di assistere: le due persone più importanti della sua vita strette in un tenero abbraccio mentre si dondolano sulle note di un lento. La piccola tiene le braccia intorno al collo del ragazzo e Louis riesce a vedere le sue manine quasi aggrappate ai suoi ricci, Harry la tiene tra le sue braccia come se fosse la cosa più leggera e preziosa al mondo mentre le sorride teneramente. Sembrano parlare di qualcosa e Louis vorrebbe davvero sapere di cosa si tratti ma si sente in colpa al solo pensiero di interrompere quel momento. L'unico tra i due, probabilmente. Ai suoi occhi, Anne sembra nata per stare tra le braccia di Harry e diventa così difficile per Louis trattenere le lacrime che si trova costretto ad abbassare lo sguardo perché quella scena, per lui, è troppo da sopportare.

 

Col senno di poi, Harry non sa come abbia fatto a non unire prima i pezzi del puzzle. Soprattutto, non riesce a capire come non sia riuscito a riconoscere quella bambina. Forse, era davvero necessario ritrovarsi lui davanti agli occhi per capirlo perché la somiglianza tra i due è davvero impressionante. Probabilmente avrebbe dovuto allarmarlo il semplice fatto che la piccola sapesse ogni parola di quella canzone, e il solo pensiero gli fa rivoltare lo stomaco perché quello scricciolo sembra abituato a canticchiare quel brano, come se...come se lo ascoltasse regolarmente.

 

"Harry! Ciao...", per un solo istante, sentire pronunciare il suo nome da quella voce lo riporta indietro al tempo in cui sentirsi anche solo nominare da Louis gli faceva venire le farfalle nello stomaco. Le sue mani sono sudate e il cuore gli batte all’impazzata come se avesse ancora sedici anni, come se Louis fosse ancora semplicemente il suo primo amore e non il ragazzo che gli ha spezzato il cuore. Ora, invece, gli sembra di ricevere un gancio in pieno petto e fa dannatamente male. Rispondergli è praticamente impossibile, così si limita a mettere giù la piccola tra le sue braccia sistemandosi la giacca e la camicia, leggermente stropicciate dalle scarpette color indaco della bambina.

 

Louis è cambiato parecchio dall’ultima volta in cui si sono visti, millequattrocentosessanta giorni prima - si, li ha contati tutti. E’ più magro, ha i capelli più corti e un paio di occhiaie che sembrano essere lì da molto più di una nottata. I suoi occhi sono stanchi, non brillano più come un tempo ed Harry vorrebbe davvero restare indifferente, odiarlo se possibile, ma non è mai riuscito a controllarsi quando si tratta di Louis e non crede riuscirà mai farlo. Nonostante il suo volto sembri segnato dai quattro anni in cui non si sono mai visti, né sentiti, è comunque bellissimo ai suoi occhi ed Harry vorrebbe darsi dello stupido per averlo anche solo pensato. 

 

"Papà, papà, hai visto? Lui ha cantato la nostra canzone", i minuti scorrono lenti in religioso silenzio mentre i due ragazzi non fanno altro che osservarsi, come se bastassero un paio di occhiate per recuperare quelle conversazioni mai affrontate, come se i loro occhi potessero dirsi tutto quello che non avevano mai avuto il coraggio di dire ad alta voce; è proprio vero che certe cose non cambiano mai. Harry sembra impallidire a quelle parole, mentre Louis trattiene improvvisamente il fiato maledicendosi per la lingua lunga di sua figlia ed è impossibile dire chi abbia smesso di respirare per primo.

 

"Si, tesoro", Louis annuisce accarezzando delicatamente i capelli di sua figlia, sperando che quella conversazione si spenga da sola.

 

"È la mia canzone preferita", afferma la bambina quasi squittendo, "il mio papà la mette ogni volta ch-"

 

"Anne, non è necess-", Louis cerca di interrompere quel fiume di parole ma la voce del riccio lo gela sul posto, e solo allora si rende conto di averla chiamata per nome e che quella conversazione era un completo disastro; non che si aspettasse qualcosa di diverso.

 

"Anne?", la voce di Harry sembra sorpresa e seria allo stesso tempo ma è assolutamente certo di percepire anche una punta di dolcezza nella sua voce. Gli rivolge la sua completa attenzione, per la prima volta, e riesce a vedere i suoi occhi verdi scrutare il suo completo e chissà se stanno pensando alla stessa cosa, si domanda il più grande. Ricordare il matrimonio di sua madre Johannah in quel momento sembra aprirgli una voragine nel petto erano così dannatamente felici. Se solo prova a ripensarci, gli sembra una vita fa. Louis si limita ad annuire alla sua domanda, incapace di aggiungere altro. "È- uhm, è un nome bellissimo", ammette il riccio schiarendosi la voce.

 

"Già ", soffia in risposta e davvero, è tutto quello che riescono a dirsi? Guardando al passato, Louis non avrebbe mai immaginato che sarebbero arrivati a questo punto. Un paio di formule di cortesia e una pacca sulla spalla. Ma poi Louis ha pensato fosse un'ottima idea distruggere tutte le cose migliori della sua vita.

 

 

 

 

Vedere Louis abbracciare e conversare amichevolmente con sua madre e sua sorella qualche minuto dopo il loro incontro, come se nulla fosse accaduto negli ultimi quattro anni, è una scena che Harry non si sarebbe mai aspettato di vedere.

 

Così, alla fine, la domanda lascia le sue labbra in maniera del tutto naturale ed Harry non fa poi molto per trattenersi.

 

"Non è la prima volta, vero?", chiede Harry distrattamente mentre Liam e Sophia volteggiano al centro della pista per l'ennesimo ballo. Gemma non ha bisogno che Harry esterni i suoi pensieri per rispondergli, non hanno mai avuto di bisogno di questo tra loro, così si limita a scuotere leggermente la testa e anche se il fratello non ha la sua completa attenzione, riesce a vedere il suo lieve diniego con la coda dell'occhio. "Com'è successo?", aggiunge passando la mano tra i capelli distrattamente.

 

"Non è il momento adatto per parlarne, Harry, lo sappiamo entrambi", sussurra Gemma attenta a calibrare il tono della voce così che solo lui possa sentirla. "Hai tutto il diritto di sapere, e ti prometto che ti racconterò quello che vuoi sapere una volta tornati a casa", dice sicura cercando gli occhi del fratello.

 

Harry annuisce e non è davvero sicuro di voler sapere il resto della storia ma in qualche modo non riesce a frenare la curiosità. Cerca di riportare l'attenzione sugli sposi, impegnati a scambiarsi teneri sguardi e baci a fior di labbra ma prima si concede un secondo, uno solo, per lanciare un'occhiata a Louis e alla splendida bambina tra le sue braccia, pensando che sarebbe tutto molto più facile se riuscisse semplicemente ad odiare quella tenera visione. Ma non ci riesce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Harry odia sbagliarsi. Odia sbagliarsi quando ordina qualcosa che pensa di volere al ristorante e poi non è così invitante, odia sbagliarsi quando nella sua testa una canzone che scrive è perfetta ma poi non lo è, odia sbagliarsi per una serie di cose che lo fanno sentire poco razionale. Harry odia sbagliarsi, e lanciandosi sul letto nella camera degli ospiti a casa di Gemma, si rende conto che andare al matrimonio è stata solo l’ultima spunta nella lista delle cose che ha fatto sbagliate.

 

Era deciso: avrebbe aspettato un paio di giorni, giusto il tempo per la cena con Liam e Niall a casa di quest’ultimo, poi sarebbe ripartito per Los Angeles e non si sarebbe più guardato indietro.

 

Aveva sempre adorato i bambini, e non poteva credere che tra tutti quelli presenti alla cerimonia, era stato avvicinato proprio da… Lei.

Forse avrebbe dovuto accorgersene, col senno di poi la bambina aveva tratti molto simili a quelli di Louis, a partire dagli occhi dello stesso identico colore, che solo a ripensarci ad Harry si apre il petto a metà.

 

Anne – Harry ancora non può credere che Louis l’abbia chiamata così, è una bambina bellissima ed è innegabile: il vestito turchese che aveva addosso le stava a pennello, così come le ballerine che aveva ai piedi, i capelli color caramello sono perfettamente acconciati e come se non bastasse era perfettamente educata.

 

Harry si sente stupido anche solo all’idea di odiare una bambina di quattro anni che non ha colpe.

 

Gemma che bussa alla porta della camera lo distrae per un attimo.

 

“Posso entrare?” chiede la ragazza. Harry sospira, e mugugna un “è casa tua” prima che lei irrompa nella camera. Si guardano per un attimo, e Gemma gli fa un sorrisino, “ti avevo promesso che avrei spiegato” dice. Harry fa per ignorarla e lei si siede ai piedi del letto.

 

“Mi hai mentito.”

 

La ragazza annuisce.

 

“Posso davvero spiegare, H.”

 

“Ascolto.”

 

Gemma si lega i capelli velocemente e cerca le parole giuste, poi inizia a parlare.

 

“So che è stato un idiota, e so che ce l’hai con me e con mamma ora, però… Tu sei partito, e lei è arrivata a Londra. Dopo qualche settimana?” ci pensa un secondo, poi riprende a parlare “non lo so, forse meno, Niall mi scrive un sms dicendo che la bambina è nata, che è bellissima e in salute. Per quanto volessi odiare Louis, e credimi se ti dico che se avessi potuto gli avrei staccato la testa, ero felice, però…” alza le spalle, e si avvicina ad Harry, mettendosi accanto a lui, che le appoggia la testa sulla spalla.

 

“Dopo quanto? Un altro mese, forse di più, sono andata ad Holmes Chapel da mamma perché il lavoro in ufficio mi stava uccidendo e sono entrata in cucina e mamma era lì e aveva in braccio la bambina, e Louis era seduto lì e… Non sembrava Louis.”

 

“Perché?” non può fare a meno di chiedere Harry, e nuovamente si ritrova a pensare di essere stupido perché sa di essere ancora furioso con lui, ma l’idea di un Louis distrutto gli spezza il cuore.

 

“Perché Br…”

 

“Non voglio sentire il suo nome.”

 

“Scusa. Perché lei se l’è svignata perché fare la mamma non faceva per lei, e così Louis si è ritrovato con una bambina che, per quanto ora la adori, non voleva, si è ritrovato con la sua famiglia contro perché lo sai che noi eravamo la sua famiglia, e anche Liam e Niall ce l’avevano con lui e… In più l’amore della sua vita l’aveva lasciato con un post-it in un camerino” conclude Gemma.

 

Harry sta zitto per qualche minuto, e Gemma non sa se proseguire. Ci sarebbero troppe cose da raccontare, e non sa se spetta a lei raccontargli di quanto Louis abbia sofferto realmente per la mancanza di Harry, o di quanto non abbia dormito per settimane, e di quante volte loro madre o Jay lo abbiano sentito piangere senza poter fare niente.

 

“Voglio tornare a Los Angeles il prima possibile e non tornare mai più qui” sussurra Harry, e Gemma sa perfettamente anche senza guardarlo che sta piangendo. Gli afferra la mano, “lo so, solo un’altra settimana, okay? Non dovrai vederli mai più.”

 

Harry ignora il fatto che sua sorella abbia usato il plurale.

 

“L’ha chiamata Anne per mamma?” chiede con un filo di voce, vergognandosi anche solo del pensiero. Gemma annuisce, “ma credo che non sia io a doverti raccontare questa storia.” Harry sa che dovrebbe andare oltre, ma da quando l’ha visto non riesce a pensare ad altro. Non riesce a credere ad una serie di cose, tipo che la sua famiglia abbia tenuto i rapporti intatti nascondendoglielo per quasi cinque anni, e non riesce a credere che Anne conosca tutte le parole di quella canzone a memoria. Non era neanche nata quando Harry ha scritto quella canzone.

 

For your eyes only.

 

Si ricorda perfettamente la prima volta che ha fatto ascoltare quella canzone a Louis, quanto si era sentito esposto e quanto gli tremavano le mani, e si ricorda ancora meglio il giorno in cui l’ha scritta. Era un freddissimo giorno di febbraio ed erano ancora a letto, il lenzuolo copriva il minimo indispensabile del corpo nudo di Louis e Harry non si era mai sentito così, amava quel ragazzo così tanto che era convinto che una persona sola non potesse contenere tutto quell’amore.

 

Harry è perfettamente conscio del fatto che non amerà mai nessuno quanto ha amato Louis, e la cosa lo terrorizza perché se Louis è andato avanti, perché lui non ce la fa?

 

“Haz?” lo chiama Gemma dopo un po’.

 

“Mhm?”

 

“Ti voglio bene, è bello che tu sia qui.”

 

“Anche io, Gem.”

 

“E anche mamma e Robin te ne vogliono, okay? E Liam, Niall, Soph, Lou... Okay? Non ce l’abbiamo con te perché sei andato via.”

Harry si sente mancare l’aria per un attimo.

 

“Anche io.” Sa perfettamente di essere fortunato, perché è consapevole di aver voltato le spalle a tutti loro e di essere stato perdonato fin troppo facilmente.

 

 

 

 

 

 

Niall apre la porta del suo appartamento con un sorriso, e non fa neanche parlare Harry: lo abbraccia come se non lo vedesse da mesi, e quando finalmente si decide a lasciarlo entrare in casa, lo squadra dalla testa ai piedi.

Harry, dal canto suo, si guarda intorno per un attimo in quanto non era mai stato nel nuovo loft del suo amico e per un attimo sorride perché Niall è rimasto esattamente come qualche anno prima, quando facevano ancora parte della stessa band. L’amico gli fa vedere ogni angolo della casa e Harry nota con piacere che quell’appartamento è esattamente come quello di qualsiasi scapolo.

 

Da quando gli One Direction avevano smesso di essere una band, sia Liam che Niall si erano dedicati alla scrittura e alla produzione di altri artisti. Niall lavorava molto nel Regno Unito, mentre Liam si concentrava anche su artisti statunitensi.

 

“Verrà anche Liam, quindi?” chiede Harry, mentre Niall gli porge una birra. L’irlandese annuisce, “Sophia lavora fino a tardi, quindi sarà una serata tra soli uomini” dice allegro.

 

Niall si fa raccontare di come vanno le cose a Los Angeles: gli chiede del nuovo album, e se ha intenzione di fare un altro tour mondiale e gli chiede come stanno tutte le persone con cui Harry usciva a Los Angeles anche prima di viverci a tutti gli effetti.

 

Dopo la fine degli One Direction, Harry ha inciso altri tre album da solista in cinque anni, e ha fatto altri due tour mondiali, e mentre si trovava in tour pensava spesso che tutto era molto più difficile: dalle interviste, alla promozione, all’incisione, al girare il mondo da solo. Poi pensava al fatto che non aveva più dovuto nascondere la persona che era, che poteva fare il tipo di musica che voleva e allora un peso si levava dal suo petto.

Dopo l’arrivo di Liam, circa mezz’ora dopo l’arrivo di Harry, il ragazzo pensa seriamente che niente potrebbe più andare storto durante la sua permanenza in Inghilterra, ma come al solito da quando ha messo piede in quella parte del mondo, si sbaglia.

 

“ZIO NIALL!”

 

Una voce che ad Harry non dovrebbe risuonare così familiare rimbomba all’interno dell’appartamento, mentre lui rimane paralizzato con la bottiglia di birra a mezz’aria. Sia Liam che Niall si alzano di scatto, guardandosi, ed entrambi vanno verso l’ingresso senza dire niente.

 

“Anne, quante volte ti ho detto che non sì può entrare in casa delle persone senza bussare?” la voce di Louis risuona nell’atrio dell’appartamento, “che ci fai qui, Lì?” domanda. Harry non riesce a sentire la risposta di Liam, ma riesce a sentire perfettamente quello che dice Louis, e cioè un mortificato “è un problema se ci fermiamo a cena? Dovevamo andare da Eleanor ma Max l’ha incastrata per farsi accompagnare ad una cena di lavoro e quanta pizza può immagazzinare una bambina così piccola?” chiede.

 

Harry non fa in tempo a concentrarsi sulla risposta, perché la testa di Anne fa capolino in salotto, e quando nota il ragazzo seduto sul divano si illumina come un albero di Natale, gli corre incontro urlando “HARRY!” e Harry fa solo in tempo ad appoggiare la birra sul tavolino, che la bambina gli si butta addosso costringendolo ad appoggiare le spalle contro lo schienale del divano, finendo praticamente sdraiato. Anne lo abbraccia come se lo conoscesse da sempre, e Harry non se la sente di non ricambiare. Louis non è preparato a vedere la scena quando entra in salotto, non solo perché non è per niente preparato a vedere il suo ex fidanzato seduto su un divano fin troppo familiare e dove Harry non era mai stato presente. Con lui era così: ci aveva messo secoli a crearsi dei nuovi ricordi dove Harry non era incluso, ma comunque continuava a rimanere una macchina nera ovunque Louis andasse.

 

“Harry, ciao.”

 

Anne si allontana da Harry per avvicinarsi rapidamente a suo padre e si nasconde dietro al suo braccio, improvvisamente imbarazzata. Harry la guarda per un altro secondo, poi volge il suo sguardo a Louis.

 

“Ciao.”

 

C’è un attimo di silenzio, troppo pesante e imbarazzante, ma Niall e Liam arrivano subito in soccorso, uno con in mano un’altra bottiglia di birra per Louis, e l’altro con un succo di frutta per la bimba.

Entrambi cercano di osservare l’altro mentre non guarda, ma non sempre funziona, e per tutti tranne che per Anne è molto strano: Harry e Louis non sono mai stati veramente solo amici, quindi la situazione era pesante anche per Liam e Niall che tentavano di fare conversazione come se fosse la cosa più normale di sempre.

La situazione diventa ancora più tesa, almeno per Harry, una volta seduti a tavola poco dopo.

 

Anne si era seduta felice accanto tra Niall e Louis, mentre Harry era davanti a quest’ultimo con Liam seduto al suo fianco. I tre parlavano dei loro progetti e di quello che avrebbero fatto di lì a poco, mentre Harry mangiava in silenzio e parlava solo se interpellato perché Anne gli chiedeva qualcosa o raccontava qualche aneddoto. È lei, nella sua innocenza, che fa cambiare la serata di male in peggio. Nessuno sa come la bambina finisca con l’esclamare un “e poi sia zia Gemma che zia Eleanor continuavano a dire a papà di farmi la cioccolata però non funzionava così il dottor Logan è venuto a cena a casa nostra e mi ha visitata”, ma quando lo fa il gelo cala sul tavolo.

 

Harry non sa per cosa sentirsi male prima: se per il fatto che Anne chiama Gemma zia, se per Eleanor, che fa ancora parte del quadretto famigliare o per le guance improvvisamente rosse di Louis gli han fatto capire che questo Logan non doveva essere semplicemente il pediatra di Anne.

Harry sa che non può essere geloso perché il tempo in cui aveva quel diritto è passato da tempo, ma non può far a meno di credere che nessuno sarà mai capace di conoscere il corpo di Louis come lo conosce lui, perché se ad Harry venisse data la possibilità di rivivere una sera con Louis, saprebbe ancora perfettamente dove baciare e toccare per far stare bene il ragazzo, ed è fermamente convinto che nessuno potrebbe farlo meglio di lui.

 

“…Però io non ho cenato con loro, perché il dottor Logan mi ha dato le caramelle e poi io mi sono addormentata! Prima papà mi ha dato l’ultima caramella del dottor Logan! E dice che ne dovrei mangiare una a settimana perché altrimenti mi fanno male i dentini!” dice allegra, e le gambe di Harry si muovono da sole, facendolo alzare di scatto.

 

“H?” chiede Liam confuso, ma il ragazzo sorride ed esclama un “devo andare un secondo in bagno” prima che la nausea abbia la meglio.

 

Una volta in bagno si sciacqua la faccia troppe volte per essere contate e si guarda allo specchio e pensa che se sei anni prima gli avessero detto che si sarebbe trovato alla soglia dei suoi venticinque anni chiuso in un bagno sull’orlo delle lacrime per ogni cosa andata storta nella sua vita, avrebbe riso senza crederci perché anche allora, come in quel momento, avrebbe saputo che non aveva colpe.

 

La cosa più ridicola, poi, è che Eleanor è chiaramente una presenza fissa nella vita di Louis e di Anne, e Harry proprio non riesce a pensare a come sia possibile, perché non può credere che tutto quello che hanno passato quando lei era una presenza forzata all’interno delle loro vite sia stato cancellato.

 

Si odia, perché ancora una volta la vita gli sta dimostrando che tutti sono andati avanti tranne lui.

 

Quando si siede nuovamente a tavola, sia Liam che Niall lo guardano curiosi, poi è quello seduto accanto a lui a prendere parola.

“Haz, non te l’ho ancora chiesto da quando sei tornato! Come sta Dave?”

 

La verità è che Harry non aveva pensato neanche per un minuto a David da quando era tornato se non quando era costretto a rispondere a qualche sporadico SMS.

 

“Giusto! David, vero?” chiede Niall curioso, e Louis si siede dritto sulla sedia come fa sempre quando è teso.

 

“Sta benone! Non mi ricordavo che il fuso orario fosse così difficile da sopportare, ma infondo non starò qui ancora per molto” risponde Harry sorridendo.

 

“Ah no?” chiede Louis, ed è la prima vera frase che gli rivolge da quando sono entrambi nello stesso appartamento a parte il ciao iniziale.

 

“Sì. Sono venuto qui solo per il matrimonio, casa è Los Angeles ormai. Anche perché sto terminando l’album, quindi dovrò tornare per forza.”

 

“Esistono studi di registrazione anche a Londra” risponde secco Louis, e quando Niall fa per dire qualcosa, ma Harry è più veloce di lui, “non c’è motivo per il quale io debba rimanere qui, e in ogni caso non sono affari tuoi.” Louis si rende conto di aver superato il limite, così lascia cadere il discorso, ma la gelosia si fa spazio dentro di lui come se tutto quel tempo non fosse mai passato. La verità è che l’idea di sapere che Harry sta con qualcun altro lo fa tremare di rabbia, perché non importa quanto tempo sia passato, Louis si sente ancora come se Harry fosse roba sua, come quando erano più piccoli e innamorati e il più grande lo marchiava con dei succhiotti che nessuno poteva vedere se non lui.

 

La serata prosegue tranquilla, entrambi fanno un accordo silenzioso di non rivolgersi più la parola se non strettamente necessario, mentre Liam e Niall tentano di fare come se niente fosse, mentre Anne mangiava tranquilla raccontando altri aneddoti.

 

Harry, tuttavia, aveva sempre avuto difficoltà a dire di no a quegli occhi azzurri, così quando Anne si avvicina dopo cena mentre Liam e Louis fumano una sigaretta e Niall si occupa del caricare la lavastoviglie, chiedendogli di giocare con lei, non sa tirarsi indietro. Non riusciva a dire di no a Louis che era adulto, figuriamoci ad una bambina che era più simile ad una bambolina e dolce come lo zucchero.

Louis li trova così, mezz’ora dopo, nella camera degli ospiti, e non riesce ad interromperli: Harry seduto sul pavimento mentre la bambina dietro di lui gli fa una treccia.

Harry, pensa Louis, è sempre stato incredibilmente bello: i ricci, le fossette che erano dei crateri, il sorriso incredibilmente sincero. Louis non ha mai incontrato qualcuno di così bello, e vederlo giocare con sua figlia gli stringe il cuore perché non passa una giornata in cui non si chieda come sarebbe stato se… Ama Anne con tutto se stesso, non sapeva neanche di poter contenere tanto amore dopo la dipartita di Harry, ma lui aveva la sua vita programmata già a vent’anni: sarebbe arrivata la pausa dagli One Direction, e finalmente liberi avrebbero raccontato al mondo della loro relazione, e si sarebbero sposati e poi avrebbero adottato dei bambini. Era semplice, indolore. Amava Harry, e Harry amava Louis e niente era complicato.

 

Invece eccolo lì, cinque anni dopo, appoggiato ad una porta mentre guarda sua figlia che pettina i capelli dell’ex amore della sua vita, che è seduto per terra con le sue gambe chilometriche in jeans troppo stretti e una camicia che doveva essere necessariamente allacciata con un paio di bottoni in più. È Anne che si accorge della sua presenza.

 

“Papà, papà!” dice agitata, e Harry fa per alzarsi ma Anne ricomincia a mettere le sue manine nei suoi capelli impedendogli il movimento, “Harry ha i capelli lunghi quasi come zia Eleanor! Però zia Eleanor non mi fa giocare coi suoi capelli perché li lega sempre, e poi non so se sono così morbidi! Harry ha dei capelli bellissimi!” dice, “vieni! Tocca!” esclama allegra e Louis si pietrifica all’istante.

 

Harry lo guarda e alza gli occhi al cielo, e Louis sa che è il segno che può avvicinarsi. Anne gli ordina di sedersi accanto a lui, e poi di nuovo di toccare i capelli di Harry, e Louis non sa esattamente il motivo per cui asseconda la figlia, ma mette la mano tra i capelli del ragazzo e gli accarezza la testa un paio di volte prima di alzarsi di scatto e uscire dalla stanza, avvisando la bambina che da lì a poco sarebbero dovuti andare via.

 

 

 


It's a quarter after one, I'm a little drunk and I need you now.

Said I wouldn't call but I've lost all control and I need you now.

 

 

 

 

Niall è fin troppo bravo nel fare certe cose, tra cui giocare a golf, cucinare, rimorchiare e convincere Harry a fare qualsiasi cosa, così tra un cocktail e un altro, non si sa come, Harry finisce con l’accettare la proposta di Niall di rimanere a Londra un po’ più del previsto. Harry è convinto di essere ubriaco mentre accetta.

 

A Niall basta convincerlo che l’album può finirlo anche a Londra con l’aiuto suo e di Liam, che non c’è niente a Los Angeles che non può essere rimandato, per poi concludere facendo il nome di sua madre un paio di volte. Non c’è bisogno, per Niall, di nominare Louis. Così Harry finisce incredibilmente sbronzo in un club decisamente troppo pieno di gente, e non ci vuole troppo prima che i due amici si perdano. Harry non si ubriacava così da anni, e nonostante non ci sia più abituato è una bella sensazione: la testa leggera, così come le gambe, gli fanno credere di essere invincibile così non si rende conto delle conseguenze del suo gesto quando riesce ad uscire dal locale e tira fuori il telefono dalla tasca dei jeans.

Non sa neanche se il numero della persona che sta chiamando è ancora lo stesso, ma ci prova comunque.

 

Ciao, sono Louis! Ora non posso rispondere, ma se lasci un messaggio ti richiamerò al più presto.”

 

Il beep risuona nell’orecchio di Harry, che sta zitto per un secondo e poi comincia a parlare.

 

“Sono passati quattro anni e non ti sei neanche preoccu… Preoccupato di cambiare numero di cellulare?” chiede sbalordito.

 

Sa che non ha bisogno di annunciarsi, perché Louis riconoscerebbe la sua voce ovunque.

 

“Vedo che anche su questo sei rimasto un ragazzino egoista. Potevi cambiare numero di cellulare, e evitarmi l’umiliazione. E invece no, ridicolizziamo Harry fino alla fine!” esclama il ragazzo arrabbiato, e poi decide di non fermarsi più e di non trattenere il fiume di parole che ha dentro di se.

 

“Ti amo così tanto. Amavo. Amavo. Non amo. Perché tu non mi hai mai amato davvero perché non avresti mai fatto una cosa del genere a me, lo sai? E ora ti odio. Ma non ti odio solo perché sono ubriaco, sai bene perché. O forse no. Ti odio anche perché tua figlia è adorabile, capisci? Non posso odiarla, ha solo quattro anni e non posso odiarla, però posso odiare te. E Niall… Niall mi ha convinto, rimango a Londra per un po’. Non è una cosa che ti dovrebbe interessare, ma io non sono come te e voglio che tu lo sappia perché non sono come te. A me interessa come sta la gente intorno a me. Non sono egoista.”

Non sa neanche come si ritrova a piangere contro il muro all’uscita di una discoteca.

 

“Non importa. Voglio solo che tu sappia che non so se potrò mai perdonarti. Okay? Però è una bella bambina. Ed è educata e gentile, ed è adorabile. Hai fatto un ottimo lavoro. Sono fiero di te, Louis. Ma questa era una cosa che dovevamo fare insieme? Ti ricordi? Però non…”

 

Fa per dire qualcos’altro ma il suo tempo finisce e la voce metallica dell’operatrice telefonica gli comunica che il messaggio è stato inviato. Harry sospira e fissa il vuoto davanti a lui per qualche minuto, ma non riesce a pentirsi di quello che ha fatto.

 

Il suo post sbornia, la mattina dopo, ci penserà da solo.

 

 

Guess I'd rather hurt than feel nothing at all

 

 


Quando Harry comunica a sua madre che rimarrà in Inghilterra per un po’, Anne piange. Harry non sa esattamente perché succede, ma si ritrova sul divano nella casa in cui non entrava da anni abbracciato a sua madre che gli sussurra nell’orecchio quanto è fiera di lui. Era una cosa che Anne faceva spesso, il dire sia a lui che a Gemma che era fiera di loro senza una ragione precisa.

 

Tuttavia, senza dirlo ad alta voce, Harry sa che non c’è nulla per cui essere fieri di lui.

 

È passata poco più di una settimana da quando ha lasciato quel messaggio in segreteria, e anche se non gli piace ammetterlo, ha chiamato all’incirca dieci volte l’operatore telefonico di Louis per chiedere se fosse possibile cancellare il messaggio che aveva lasciato. Alla fine si è rassegnato, e Louis non deve averci fatto troppo caso, perché non aveva fatto niente per rintracciarlo e rispondere alle accuse.

 

Quando gli squilla il cellulare, è il decimo giorno dalla sua uscita con Niall, e il settimo che Harry passa a Holmes Chapel, e quando legge il nome di Louis sullo schermo, per un secondo gli si ferma il cuore.

 

Ci mette un paio di squilli di troppo a decidere che è bene rispondere.

 

“Pronto?”

La voce gli esce appena dalla bocca.

 

“Ehi” nota con piacere che il tono di voce del ragazzo dall’altra parte del telefono non è tanto diverso dal suo, “come va?” chiede Louis.

 

Harry sospira, “tutto nella norma, tu?” domanda di rimando, e si ritrova a pensare che è la prima conversazione vera e civile che fanno in quattro anni, e si odia perché mai nella vita avrebbe immaginato che parlare con Louis si sarebbe rivelato così complicato.

 

“Tutto bene” esclama Louis troppo in fretta, e Harry immagina che si aspetti delle scuse, o almeno una spiegazione, ma è Louis a parlare per primo.

 

“Ho ricevuto un sacco di messaggi in segreteria durante la mia vita, e credimi se ti dico che il tuo è stato il più interessante” esclama sarcastico, e Harry sente subito le sue guance andare a fuoco.

 

“Mi dispiace.”

 

“Non preoccuparti, Haz” mormora Louis, ed entrambi, dai lati opposti del telefono, sorridono per il nomignolo.

 

La verità, anche se a Louis non piace ammetterlo, è che quando ha sentito il messaggio vocale di Harry ha pianto, e ancora meno gli piaceva ammettere che non era la prima volta che piangeva per via di Harry. Il sentire la voce di Harry che dice quelle cose, seppur non nel pieno delle sue facoltà, lo ha fatto riflettere molto.

 

“Ci ho messo un po’ a richiamarti perché non avevo il coraggio di chiedere agli altri il tuo numero di cellulare e immaginavo non fosse più lo stesso” ammette Louis, e Harry si alza, andando verso il giardino.

 

“È stata la prima cosa che ho fatto quando sono arrivato a LA.”

 

Louis sospira.

 

“Devo chiederti una cosa, anche se non sono sicuro di averne il diritto.”

 

“Già, hai perso il diritto di farmi domande molto tempo fa.”

 

“Lo so.”

 

“Però puoi provarci.”

 

Louis sta zitto per un istante, per provare a cercare le parole.

 

“Mi chiedevo se ti andasse di venire a cena qui.”

 

“Qui?”

 

“A casa mia. Ci sarà anche Anne, ovviamente.” Quando Harry non gli risponde, Louis riprende a parlare.

 

“Sai che le mie doti culinarie non sono eccellenti, ma potremmo ordinare qualcosa? Anne mangia di tutto. E parlare.” Harry guarda il gatto correre per il giardino, prima di rispondere.

 

“Sono a Holmes Chapel ora. Torno sabato.” Louis raccoglie un paio di scarpe di Anne dal pavimento, e si aspetta che Harry gli attacchi il telefono in faccia, non che gli risponda un “se va bene sabato sera, è okay. Posso cucinare qualcosa io, se ti fidi delle mie, di doti culinarie.” Louis non riesce a non fare uno sbuffo sorpreso.

 

“Okay? Ti mando il mio indirizzo via sms.”

 

“Perfetto. A sabato, allora?”

 

“A sabato.”

 

Louis ringrazia che Anne sia a scuola e non possa vederlo saltellare per la sua camera.

  

Sabato arriva decisamente troppo in fretta per Harry, ma ancora di più per Louis.

“Farai la brava?” chiede ad Anne, mentre le spazzola i capelli. La bimba batte le mani felice, “io sono sempre brava, papà!” Louis non può non sorridere all’affermazione, pensando che la figlia passa decisamente troppo tempo con Lottie, Eleanor, Sophia e Gemma.

 

 

“Certo, tesoro. Ma stasera dovrai essere extra brava.”

 

“Più di quanto sono brava quando mi porti da nonna Jay?”

 

“Sì. Ci riuscirai?” Louis le lega i capelli e la bambina si gira di scatto, e lo abbraccia.

 

“Tra quanto arriva ‘rry?” chiede poi, e Louis guarda l’orologio, “tra poco. Vai a giocare in camera tua” le ordina, e la bambina obbedisce subito, felice di poter riorganizzare per l’ennesima volta la casa delle bambole che Babbo Natale le aveva portato l’anno prima.

 

Louis sa di essere nervoso, e sa anche di averne tutte le ragioni. Ha aspettato di spiegarsi con Harry tutti i giorni per gli ultimi quattro anni e finalmente ne avrà la possibilità, e come si dice? O la va o la spacca.

La verità è che Louis vuole che Harry faccia parte della vita di Anne: è consapevole che è un pensiero malsano visto tutto quello che è successo, ma non può fare a meno di pensare che se conoscesse bene la bambina se ne innamorerebbe. L’Harry che conosce non saprebbe mai dire di no a quegli occhioni azzurri. Però Louis non sa più che persona è Harry, perché sono passati cinque anni da quando si tenevano la mano ovunque gli fosse possibile, da quando si completavano le frasi a vicenda o si sussurravano promesse di vita insieme durante la notte, da quando Louis poteva sentire Harry muoversi dentro di lui mentre facevano l’amore.

 

Forse Harry lo odiava davvero, ora.

 

Sicuramente, se in un altro universo Harry avesse fatto a Louis quello che in realtà era il più grande ad aver fatto, Louis non l’avrebbe perdonato.

Ma in un altro universo, niente di tutto questo sarebbe successo. In un altro universo Louis si sveglierebbe tutte le mattine con accanto Harry.

 

Il citofono suona qualche minuto dopo, e Louis si alza dal divano quasi come un automa: si avvicina per verificare che quello fuori dal cancello sia effettivamente Harry, e quando riconosce la macchina di Gemma apre il cancello e aspetta che l’auto entri, prima di richiuderlo.

 

Harry parcheggia la macchina dietro un Range Rover, e fa un sospiro stringendo il volante dell’auto ormai spenta fino a che le nocche non gli diventano bianche: quando decide che è passato troppo tempo, recupera la giacca che ha appoggiato sul sedile del passeggero ed esce dalla macchina, camminando lentamente verso l’ingresso.

 

È Anne ad accoglierlo: gli fa un sorriso a 32 denti e quando Harry nota la tuta fucsia dell’Adidas che ha addosso, per la prima volta in anni, si ritrova a voler tirare un pugno a Louis.

 

“Ciao Harry!” dice allegra la bambina abbracciandolo. Harry si abbassa di poco per ricambiare l’abbraccio.

 

Louis rimane in disparte ad assistere alla scena, pensa che sarà la serata più lunga della sua vita e si ferma a pensare anche che vorrebbe tanto smettere di credere che Harry sia il ragazzo, ormai uomo, più bello che lui abbia mai visto.

Le sue gambe erano sempre state la sua cosa preferita, e vederle avvolte nei jeans bianchi che Harry sta indossando non gli fa bene, soprattutto se abbinati ad una camicia che Louis conosceva bene: erano passati secoli da quando Harry era tornato a casa con mille borse e ridendo gli aveva spiegato che Grimmy aveva fatto una collezione per Topman e che ovviamente a lui piaceva tutto e quindi aveva comprato almeno una cosa di ogni pezzo. Inutile dire che Louis gli aveva messo il broncio per tutta la sera, fino a che Harry non si era fatto perdonare, e Louis un po’ lo odia perché sa bene che Harry sa che riconosce la camicia che ha addosso.

 

Harry lo saluta con un cenno della mano, e Louis decide che è ora di togliergli la giacca dalle mani.

 

“Anne, porta Harry in cucina okay? Arrivo subito!”

 

Anne prende per mano il ragazzo felice e obbedisce a Louis, che appena Harry si volta, si sfila il cellulare dalla tasca dei jeans.

 

A: Eleanor

Sono una persona cattiva se gli dico che ci ho ripensato e che non credo di poter sostenere una serata da solo con lui?

 

Lei risponde subito.

 

Ce la farai, e in ogni caso non abitiamo così distanti.

 

Louis sorride, e fa un sospiro prima di entrare in cucina dove trova Anne seduta sull’isola di granito dov’era solita fare colazione ogni mattina prima di andare a scuola con davanti Harry e la bambina sicuramente gli sta facendo qualche faccia buffa com’era solita fare, perché Harry ha un enorme stampato in faccia.

 

“Anne, perché non vai a giocare?” esclama Louis, quando decide che è il momento adatto per interromperli.

“Posso portare Harry in camera mia?” ribatte subito la bimba.

 

Louis alza gli occhi al cielo.

 

“Intendevo da sola” dice Louis, e Harry si gira prendendola per i fianchi facendola scendere dal tavolo, e lei saltellando esce dalla cucina.

 

“Scusala!” esclama Louis avvicinandosi, “quando conosce qualcuno di nuovo e che le sta simpatico è difficile staccarla da questa persona” spiega, e Harry alza le spalle, “è adorabile.”

 

“Sì, me lo dicono tutti quelli che non la conoscono così bene” scherza Louis, poi alza gli occhi e incrocia lo sguardo di Harry.

 

Il più piccolo si guarda intorno curioso, fino a che il suo sguardo non finisce su una foto attaccata al frigorifero on una calamita blu.

 

“Sono Doris ed Ernest quelli?” indica due bambini nella foto. Harry non può fare a meno di sorridere quando riconosce Daisy e Phoebe, sedute tra Lottie e Fizzy. Erano cresciuti tutti tantissimo.

 

Louis annuisce, “ebbene sì. Ce l’ha scattata Dan quando siamo andati a Doncaster per il compleanno di mamma.”

 

“Ormai hanno… Sei anni?”

 

“Sì. L’anno scorso mamma pensava di essere rimasta incinta di nuovo, è stato esilarante.”

 

Harry non può trattenersi, e anche se un po’ imbarazzato chiede “come stanno tutti?” e Louis gli fa cenno di sedersi, “vuoi qualcosa da bere, prima di diventare un concorrente di Masterchef? Birra, the, ho ogni genere di succo di frutta e di bevanda gassata.”

 

Harry annuisce, chiedendo una Coca, e una volta avergliela passata, Louis si siede di fronte a lui.

 

“Stanno tutti bene, tranne mamma che credo pianga ogni giorno perché casa è vuota ora che anche i gemelli vanno a scuola. Doris gioca a calcio. Oh, mamma ha comprato un cane... Si chiama Candy!” spiega Louis, giocherellando con la lattina di Coca-Cola che aveva tra le mani. Harry sorride.

 

Calcio?”

 

“Sì, quando aveva due anni e mezzo ha iniziato a tirare calci a qualsiasi cosa, così io e Dan le abbiamo messo davanti un pallone per scherzo e la passione è cresciuta con lei.”

 

Harry sorride, immaginando Doris che corre per il giardino in cui lui stesso era stato mille volte.

 

“E Charlotte e Félicité?” Louis ride.

 

“Non le hai mai chiamate così! Se ti sentissero probabilmente ti rovescerebbero l’intera lattina in testa” dice convinto, poi beve un sorso della bibita e sorride, “vivono insieme, a Notthing Hill! Fiz si è trasferita definitivamente qui a Londra per l’università e Lottie ha cambiato all’incirca venti colori di capelli e lavora ancora con Lou” racconta, e Harry pensa che dovrebbe scusarsi almeno con loro.

 

Jay lo aveva accolto subito come un figlio, e le ragazze lo avevano fatto sentire di famiglia fin dal primo momento, e insieme a veramente poca altra gente, non l’avevano mai fatto sentire fuori posto o diverso.

 

“Tu invece?” Harry lo guarda corrugando la fronte.

 

“Cosa?” Louis alza le spalle, “avrai fatto qualcosa a Los Angeles oltre che incidere album.”

 

Louis lo sta facendo solo per gentilezza, perché se non per le cose che non è mai riuscito a trovare su internet, sa tutto di Harry. Non l’ha perso di vista neanche un momento, anche se non ne va particolarmente fiero.

 

“Ho venduto casa” comincia a spiegare Harry, e il nostra rimane sospeso “ora ne ho un’altra molto più piccola a Santa Monica! E onestamente a parte album e tour, la mia vita è rimasta più o meno la stessa.” Louis non può fare a meno di chiederlo.

 

“E David?” Harry lo guarda.

 

“Dritto al punto” esclama sarcastico, “mi ha intervistato quando ho fatto uscire il mio secondo album, e siamo diventati amici. Mi ha corteggiato per un po’ e allora alla fine ho ceduto e usciamo insieme, ma non è niente di serio. Ho capito che le relazioni non sono fatte per me” conclude, pensando che potendo direbbe volentieri le relazioni che non sono con te. In quel momento Anne entra in cucina sorridendo con la faccia sporca di pennarello ovunque e i due scoppiano a ridere, “ho fame” annuncia la bambina.

Louis si alza e la prende in braccio, “che hai fatto in faccia?” le chiede toccandole il naso con un dito mentre le sorride. Anne ricambia il sorriso, “ho fatto un disegno!”

 

“Sulla faccia?”

 

“No, sciocco! Su un foglio!” Harry osserva la scena in silenzio e non può fare a meno di sorridere nel guardarli interagire: ogni volta che Harry ha incontrato gli occhi di Louis da quando è arrivato a Londra, li ha sempre trovati spenti, o comunque diversi da quelli che amava tanto, ma ogni volta che lo vede interagire con Anne c’è qualcosa di diverso nel suo sguardo.

 

“Allora,” esclama Harry alzandosi da dov’era seduto, “cosa vogliamo mangiare?” Padre e figlia si girano a guardarlo sorridendo, e a Louis sembrava quasi normale avere Harry nella sua cucina.

 

Harry si fa aiutare da Anne a cucinare: ordina a Louis di metterle una sua maglietta che ovviamente le sta enorme, e Louis rimane seduto su una sedia a guardare sua figlia che cucina col suo ex fidanzato come se fosse la cosa più normale di sempre.

Sa che sbaglia, perché Harry prima o poi andrà via e non si guarderà più indietro e lui dovrà spiegarle la ragione, un po’ come quando era andato a prenderla all’asilo qualche settimana dopo che era cominciato, e l’ha trovata in lacrime seduta al suo banco e una volta arrivati a casa gli ha chiesto perché tutte le sue amiche avevano una mamma mentre lei solo un papà.

Louis le aveva spiegato che lei aveva un sacco di gente che le voleva bene, e Anne, nel suo piccolo, lo sapeva. Louis non sapeva quando sarebbe arrivato il momento di spiegarle perché lei non avesse una mamma, ma sperava che sarebbe arrivato il più tardi possibile.

 

“Perché non ci facciamo aiutare anche da papà?” chiede Anne ad un certo punto, mentre Harry le lascia girare il sugo. Il ragazzo ride, “perché non mi fido ancora di papà così tanto da mangiare qualcosa su cui lui mette mano!” Anne gli sorride.

 

“Ma a me prepara sempre qualcosa da mangiare! I pancakes, e i cereali la mattina, e i sandwich per il pranzo quando vado a scuola e…”

Louis ride ascoltando il discorso, “voi due, andateci piano coi complimenti!”

 

La serata passa stranamente tranquilla, ed entrambi i ragazzi si rilassano notevolmente: forse per la presenza di Anne, forse perché la situazione in sé e molto più tranquilla rispetto alle altre e hanno avuto molto più tempo per prepararsi mentalmente. Cenano chiacchierando del più e del meno, la maggior parte del tempo intrattenuti da Anne che racconta della scuola e delle sue amiche e di quando zia Sophia le ha organizzato una festa a sorpresa col tema delle principesse Disney.

Harry non può negare che Louis abbia fatto un lavoro meraviglioso con Anne. Mentre Louis e Anne tolgono i piatti dal tavolo, il telefono comincia a squillare ma Louis decide di lasciare scattare la segreteria.

 

Ciao a tutti! Siamo Louis…

E Anne!

"Ora non possiamo rispondere, ma se lasci un messaggio ti richiameremo al più presto!

 

C’è un secondo di silenzio, poi “Lou, so che sei a casa! Per favore rispondi, mi si è fermata la macchina e piove e Max è a Glasgow per lavoro e…”

 

Louis non fa finire Eleanor di parlare che tira su il telefono, “dove sei?” chiede. Parlano per qualche minuto, e quando Louis attacca il telefono guarda Harry.

 

“Ci metterò massimo mezz’ora, giuro. Puoi…” indica con lo sguardo Anne, e Harry annuisce subito, “Anne, devi mettere il pigiama e lavare i denti, okay?” La bambina gli da un bacio sulla guancia e corre in camera sua, e Louis alza lo sguardo verso Harry.

 

“Quando torni possiamo… Parlare?” chiede Harry. Louis annuisce, sapendo che comunque, prima o poi, quel momento sarebbe arrivato

 

 

 

 

 

 

Una volta che Louis esce dalla porta di casa, Harry si siede sul divano aspettando che la bambina finisca di fare ciò che il padre le aveva ordinato. Quando torna in salotto è sorridente, e si siede sul divano accanto ad Harry a guardare un vecchio cartone animato che la pay tv sta trasmettendo.

 

“Harry, ti piace prendere l’aereo?” chiede ad un certo punto la bambina. Harry la guarda, corrugando la fronte, “non particolarmente. Mi si tappano le orecchie!” spiega, e Anne ride, poi sbadiglia.

 

“Posso chiederti una cosa?” fa poi la bambina, e Harry pensa che non potrebbe mai dirle di no, nonostante l’abbia vista solo tre volte.

 

“Certo!”

 

Anne si avvicina, “mi canti la canzone che mi piace tanto?” chiede innocentemente, e Harry non ci pensa neanche un secondo a farla sedere sulle sue gambe. La bimba si mette a cavalcioni e appoggia la testa sul petto di Harry, che inizia a cantare e ad accarezzarle i capelli, ma solo dopo aver spento la televisione.

 

Per un secondo, Harry si chiede come sarebbe andata se quel pomeriggio non fosse andato lui a prendere Jay e le ragazze in aeroporto, e soprattutto si chiede cosa sarebbe successo se lui e Louis non si fossero mai lasciati: si sarebbero sposati, e sicuramente avrebbero comprato una casa enorme fuori Londra, e si chiede quanto ci avrebbe messo a convincere Louis a comprare un cane. Sicuramente avrebbero passato la metà delle loro mattine a fare l’amore, perché quando stavano insieme era il loro momento preferito. E sicuramente ci sarebbero stati dei bambini. Un sacco di bambini.

 

Continua ad accarezzare i capelli di Anne, che ormai si è addormenta, ma continua comunque a cantare abbassando sempre di più la voce.

 

Dopo circa venti minuti Louis riapre la porta di casa, e quando si affaccia al salotto controllare il motivo di tanto silenzio sente l’aria mancargli nel vedere la scena.

Harry lo nota quasi subito, e lo saluta con la mano non occupata ad accarezzare la testa della bambina, “so che non è appropriato ma continuava a sbadigliare e poi… Ti ha già chiesto un pony? Spero non lo faccia mai perché ti ritroveresti sicuramente con un pony in salotto. Non si può dire di no a questi occhi!” dice, cercando di mantenere un tono di voce basso. Louis ride avvicinandosi, e la prende in braccio per portarla a letto.

 

Quando torna in salotto Harry ha il telefono in mano, e attira la sua attenzione esclamando un “non mi ha ancora chiesto un pony, però mi ha chiesto di portarla a Machu Picchu per i suoi quattro anni. Aveva visto un documentario con Niall e non c’è stato modo di toglierglielo dalla testa per settimane.” Harry ride, e se Louis non si sentisse adulto abbastanza, avrebbe già messo un dito dentro una delle sue fossette.

 

“Allora… Avrai delle domande, immagino” mormora Louis, e Harry lo guarda, quasi spaventato all’idea di sapere.

 

“Tante? Ma vorrei sentirti spiegare.”

 

Louis si siede a gambe incrociate sul divano, guardandolo, e sospira.

 

“Quando abbiamo litigato, quella sera, Liam ha deciso di portarmi fuori. Perché io ti avevo detto delle cose, e altre le avevi dette tu ed era diventato un gran casino, no?”

 

“Tu sai che quando sono arrabbiato non penso troppo” ribatte Harry, già nervoso, “non posso credere che tu...”

 

“E quando siamo andati nel locale ho bevuto ed è solo successo e non ha significato niente, e la mattina dopo quando sono tornato a casa tu eri sul divano e si vedeva che eri preoccupato perché non ero tornato a dormire e io volevo dirti quello che era successo ma non sapevo come” spiega Louis senza riuscire a guardare Harry negli occhi.

 

“È stata una cosa senza valore, e ho deciso di non dirtelo, perché sapevo che non mi avresti più guardato con gli stessi occhi e sai che quello che pensi… Pensavi di me, era importante” continua a spiegare, “così ho semplicemente lasciato perdere.”

 

“Un tradimento dopo una litigata del genere avrei potuto perdonarlo, perché so che la nostra relazione vale-valeva qualcosa per te. Ma il resto?” Louis finalmente alza lo sguardo e incrocia quello evidentemente arrabbiato di Harry, così riprende a parlare.

 

“Poi mi ha chiamato per dirmi che era incinta, e io sono andato nel panico più totale. Non la conoscevo, non sapevo chi fosse in realtà e non potevo sapere se fosse davvero mio, no?” mormora, “così sono andato a Los Angeles per vederla. Tu eri rimasto a Londra perché c’era il tour e dovevamo finire di registrare delle parti di una canzone e insomma.”

 

Harry si ricorda perfettamente quella mattina, lo aveva addirittura accompagnato in aeroporto perché dopo le paparazzate di quella sera a Los Angeles, il management aveva deciso che era una buona pubblicità. O almeno così aveva detto Louis.

 

“Bri...”

 

“Non voglio sentire il suo nome.”

 

“Scusa. Era nel panico anche lei, ed era sicura che fosse mio, e io non sapevo cosa dire o cosa fare. Non solo ti avevo tradito, ma ti avevo anche mentito e stavo per diventare padre. Così quando sono tornato a Londra ho parlato con qualcuno del management e mi hanno assicurato che ci avrebbero pensato loro. Che avrebbero rilasciato qualche articolo dopo qualche settimana, e che avrebbero fatto in modo di non far combaciare le cose in modo che sembrasse davvero uno stunt fatto male. E io avrei avuto tempo per spiegarti che le cose non erano esattamente così.”

 

“Ma hai detto anche a me che erano uno stunt, e che ti avevano chiamato loro in ufficio per dirtelo e che…” prova a dire Harry, ma Louis lo interrompe subito, “so cosa ti ho detto, okay? Ma sono andato nel panico. Ero scioccato. Perché quella era una cosa che avremmo dovuto fare insieme, no? Un figlio. Era una cosa nostra” dice triste.

 

Harry sente un improvviso senso di nausea colpirlo.

 

“Eri nel panico e hai deciso di mentire a tutti, chiedendo alla tua famiglia di fare lo stesso? Perché hai guardato in faccia me, Liam e Niall e ci hai detto che era tutta una farsa, che non era vero niente. E hai mentito anche a praticamente tutta la gente che lavora con noi, e per noi, e l’hai fatto per otto mesi. Otto” dice arrabbiato. Louis annuisce, “lo so. Ma quando mamma ti ha detto la verità io stavo per dirtelo e non oso immaginare come tu ti sia sentito.”

 

Harry lo guarda, “vuoi saperlo? Mi sono sentito tradito, arrabbiato, triste e avrei voluto ucciderti. Ma sai soprattutto cosa provavo? Paura. E mi sentivo solo, perché avevo passato cinque anni della mia vita con una persona che evidentemente non conoscevo e che mi aveva mentito guardandomi negli occhi. Tutte le volte che mi hai detto che mi amavi, o che volevi passare la tua vita con me, o quando parlavamo di come avremmo organizzato il nostro matrimonio. Era tutto andato via, cancellato con una frase detta da tua madre come se fosse un “ehi, a cena mangiamo una pizza?” e credimi non vorrei mai far sentire qualcuno così” dice triste, “quindi aggiungici lo sconforto di sapere che era l’amore della mia vita ad avermi fatto questo.”

 

Louis sa perfettamente che tra tutte le scelte pessime che aveva fatto durante la sua vita, quella era la peggiore.

 

“Mi dispiace” riesce a dire solo Louis e sa che non è abbastanza ancora prima che Harry glielo dica, “non puoi aspettarti che io ti perdoni così, e comunque sicuramente avrai qualcosa di più da raccontarmi.”

 

Louis annuisce, “quando tu te ne sei andato mi è crollato il mondo addosso. Tu non c’eri, e gli altri ce l’avevano con me, persino la mia famiglia, e sapevo che ne avevano tutto il diritto così mi sono chiuso in casa per quasi tre settimane. Poi Liam e Niall sono venuti qui e abbiamo chiarito. Mamma mi parlava come se stesse scrivendo un telegramma, e poi… C’era tua madre. Lei è venuta qui il giorno dopo che te ne sei andato e abbiamo parlato per ore e quando le ho finalmente chiesto di te mi ha detto che eri a Los Angeles, e che Gemma stava per raggiungerti e che per un po’ non saresti tornato. Quando Liam è venuto ad impacchettare la tua roba ho pianto per giorni” spiega. Harry abbassa finalmente lo sguardo.

 

“Poi è arrivata lei qui, e poco dopo è nata Anne e per qualche giorno sembrava funzionare, però poi… Se n’è andata, dicendo che non la sua vita non doveva andare così, che non l’aveva chiesto, che era troppo giovane per una bambina nata per sbaglio” dice, “però Anne era così piccola e indifesa ed era bellissima e… Ammetto che mi è crollato il mondo addosso. Ero da solo, con una bambina e tu non volevi parlarmi e così ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente.”

 

“Cioè?”

 

“Mamma aveva già da fare con i bambini e così... Sono andato ad Holmes Chapel e i tuoi mi hanno accolto e così sono rimasto lì per un po’.”

 

“Quanto?”

 

“Giusto il tempo di rendermi conto che non saresti apparso magicamente dalla porta solo perché lo volevo.”

 

Harry lo guarda per un po’ e decide che Louis sembra sinceramente dispiaciuto per tutto il male che gli ha causato, però decide che non ha tutte le risposte che cerca.

 

“Perché l’hai chiamata Anne?” chiede finalmente. Louis alza le spalle, “perché quando è venuta da me dopo che tu te n’eri andato, abbiamo parlato davvero per ore e mi ha detto che non dovevo preoccuparmi di niente, che mi voleva bene ancora come me ne voleva prima di sapere tutto quello che era successo e perché alla fine lei mi è stata sempre vicina anche quando mia madre non poteva” dice sincero.

Harry crede che si sia sotto dell’altro ma decide di non indagare.

 

“E Anne come fa a conoscere quella canzone?”

 

“Quando aveva pochi mesi non riuscivo a farla smettere di piangere e così ho messo su della musica e avevo ancora la canzone in un vecchio telefono, e si è calmata quasi subito. Da allora non ha mai smesso di ascoltarla.” Harry annuisce cercando di essere comprensivo.

 

“Ed Eleanor?” chiede finalmente. Louis si arrende all’eventualità che Harry prima della fine della serata sappia tutto, così comincia a parlare, “non ricordo in che occasione, ma tu sei andato a New York durante una pausa dal tour e lei era a Los Angeles così ci siamo visti, leggevo di quanto la gente la tirasse in mezzo per la storia del bambino così le ho raccontato la verità. So che non era una cosa che le riguardava, non eravamo neanche amici davvero mentre fingevamo di stare insieme, ma cosa potevo fare?” Harry si alza e lo guarda mettendosi le mani sui fianchi.

 

“Vuoi dirmi davvero che Eleanor sapeva del bambino praticamente dall’inizio?” chiede incredulo, e Louis non può fare altro che annuire, però si alza anche lui e cerca di avvicinarsi ad Harry, “non sai quanto mi dispiace Harry, davvero. Non mi pento di avere Anne, però se potessi tornare indietro…”

 

Allunga la mano cercando quella di Harry, che però fa subito un passo indietro, “non posso credere che tu mi abbia fatto questo, non posso credere che tu sia stato così egoista da pensare solo a te stesso.”

 

“Non l’ho fatto!”

 

“No? Davvero? Hai mentito dal momento in cui mi hai tradito, hai mentito e costretto altra gente a mentire! Hai mentito ai tuoi migliori amici, alla tua famiglia e tutto per cosa? Perché avevi paura di quello che avremmo pensato tutti! Potevamo trovare una soluzione insieme, io e te! E invece no, tu hai pensato solo a te stesso. Come fai sempre quando fai qualcosa che sai perfettamente qualcuno potrebbe non accettare.” Harry incrocia le braccia e Louis accusa il colpo sapendo di non poter ribattere.

 

“Mi dispiace Louis, ma non credo di poterlo fare.”

 

“Cosa?”

 

“Esserti amico. Fare finta di niente, come se fosse una cosa normale. Come se tu non avessi fatto quello che hai fatto, come se non ci fossimo mai amati.”

Louis lo guarda incredulo, “tu non mi hai mai dato modo di spiegare” dice. Harry lo guarda spalancando la bocca, “come?”

 

“Tu mi hai lasciato un biglietto. Tre righe per dirmi che non volevi più saperne niente e ti sei trasferito in un altro continente e non rispondevi alle mie telefonate. Se tu mi avessi lasciato spiegare…”

 

“Oh quindi è colpa mia? Hai avuto nove mesi per spiegare, e ora è troppo tardi” dice arrabbiato.

 

“Perché?” chiede finalmente Louis.

 

“Perché mi hai pugnalato alle spalle, perché mi hai spezzato il cuore, perché mi chiedo tutti i giorni se amerò qualcuno quanto amo... Ho amato te. O se vorrò mai con qualcuno quello che volevo con te. E ogni giorno la risposta è che non succederà mai.” Louis rimane spiazzato dalle parole del più piccolo, ma non riesce a dire niente che Harry riprende a parlare.

 

“È stata una pessima idea venire qui, mi dispiace” dice, prima di voltarsi e prendere la giacca da dove era stata appoggiata da Louis ed esce senza guardarsi indietro, non sapendo che mentre si siede in macchina con le lacrime agli occhi, dentro la casa da cui è appena uscito c’è una persona nella stessa situazione ed entrambi si chiedono se mai smetterà di fare male. 

 

 

 

I want you

I'll colour me blue

 



 


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Capitolo 2
*** II ***


 

 

 

 

 

II

 

 

It's hard to admit that

Everything just takes me back

To when you were there

To when you were there

 

 

 

 

 

 

Tre mattine dopo, Harry si ritrova davanti l'appartamento di Louis senza avergli dato il minimo preavviso. Non ci ha riflettuto molto, questo deve ammetterlo; ha indossato di fretta i suoi inseparabili stivaletti neri in pelle firmati Yves Saint Laurent, un jeans nero, una vecchia macchia dello stesso colore consumata da troppe ore di volo e un cappotto a righe grigio e nero. Non ha avuto tempo per sistemare i capelli ma questo non è mai stato un problema per lui. Tra le mani ha un piccolo sacco marroncino, di cartone ed è lacerato per quanta pressione Harry imprime su di esso inconsapevolmente con le mani.

 

Quando Louis quella mattina apre la porta di casa non si aspetta assolutamente di trovarselo davanti. È pronto per accompagnare Anne a scuola e sono anche piuttosto in ritardo, come al solito. Indossa un paio di Vans nere, un jeans attillato dello stesso colore e un maglione grigio ghiaccio ed Harry ricorda perfettamente la prima volta che l'ha visto indossarlo, durante una delle prime date dell'On The Road Again Tour in Inghilterra. Proprio a Londra, se la memoria non lo inganna.

 

“Ehi..."

 

"Louis io - uhm - scusa se mi sono presentato qui così, avrei dovuto avvisarti lo so...", dice grattandosi la nuca nervosamente. "Solo che… Non sapevo davvero che fare? Così venire qui mi è sembrata l'unica cosa sensata", la sua voce è bassa, si perde facilmente nel freddo e nella nebbia di Londra di quella mattina.

 

Louis lo guarda spaesato per qualche secondo prima di rispondergli. "È tutto okay! Solo che - uhm - ora dovrei portare Anne a scuola, siamo in ritardo e…", è perfettamente consapevole di quanto quelle parole suonino come delle patetiche scuse e non può davvero dirsi sorpreso dello sguardo sconfitto che Harry gli rivolge subito dopo.

 

"Oh, uhm - si, chiaro. Io non - davvero, lo capisco", il fatto è che Harry vorrebbe avere qualcosa di brillante da dire in quel momento, un bel discorso già pronto, ma non ce l'ha. "Solo...io volevo davvero scusarmi con te e..parlare, se ti va", si sente come se il suo cervello potesse esplodere da un momento all'altro per la quantità di cose che vorrebbe dirgli, quattro anni di pensieri sono parecchi in fin dei conti. Vorrebbe urlargli contro, di nuovo, che ha sbagliato, vorrebbe dirgli che avrebbe voluto decidere da solo se perdonarlo, se Louis gli avesse raccontato subito la verità, vorrebbe aver avuto il tempo e la possibilità di pensare a quello che gli stava succedendo, vorrebbe dirgli che ha sbagliato anche lui e che gli dispiace. Quei pensieri, però, sembrano bloccati da qualche parte ed è difficile farli uscire. ”Non avrei dovuto reagire in quel modo l'altra sera, sono stato io a chiederti di raccontarmi cosa fosse successo e reagire in quel modo è stato completamente fuori luogo io no-“

 

"Harry, aspetta, fermati...lo so che quello che ti ho appena detto può sembrare un'enorme, banale scusa per non passare del tempo insieme a te ma davvero, siamo in ritardo ed Anne dovrebbe essere già a scuola a quest'ora", Louis interrompe il fiume di parole di Harry di getto, preoccupato che i suoi gesti potessero essere fraintesi in qualche modo; come se ci fosse qualcosa da salvare tra di loro. Lancia un’occhiata rapida all’orologio appeso nel salotto e "Vorrei davvero avere il tempo di parlare di quello che è successo e di chiarire le cose adesso ma non posso…"

 

"Potrei venire con voi?”, le parole gli sfuggono velocemente e con naturalezza, Harry si porta le mani davanti la bocca sorpreso subito dopo averle pronunciate. “O - uhm - aspettarti qui se per te non è un problema...vorrei davvero, davvero chiarire…", dice poi aggiustando il tiro e Louis si chiede come sia possibile che Harry abbia quel potere su di lui nonostante siano passati quattro anni, nonostante non stiano più insieme.

 

"Uhm…", si concede qualche minuto per pensare, analizzare tutte le opzioni possibili ma nel momento in cui i suoi occhi incrociano quelli di Harry, sa che temporeggiare è inutile.  Quegli occhi gli hanno sempre giocato brutti scherzi. “Credo sia meglio se tu mi aspetti qui, sai...", non c'è bisogno che Louis termini la frase perché lui ha già capito. "Non ci metterò molto, promesso", aggiunge e per la prima volta da quando si sono rivisti, nasce un lieve sorriso sulle labbra di entrambi.

 

"HARRY!!", Anne si fionda tra le sue braccia non appena i suoi occhi vispi mettono a fuoco la sua figura slanciata. Harry la accoglie tranquillamente, come se non fosse in grado di fare altro; c'è un filo sottilissimo a legarli che si fa più spesso giorno dopo giorno, ed Harry non riesce a spiegarsi come quel piccolo scricciolo sia riuscito a fare breccia nel suo cuore, nonostante rappresenti tutto quello da cui lui ha cercato di allontanarsi negli ultimi quattro anni. "Vieni con noi?", chiede sognante la piccola alzando gli occhi nei suoi.

 

"Oggi no, scricciolo. Magari un'altra volta...se a tuo padre sta bene, che ne dici?”

 

 

 


And a part of me keeps holding on

Just in case it hasn't gone

 

 

 

 

"È così strano...", sussurra Louis dando voce ai pensieri di entrambi. Sono seduti al tavolo della cucina perché quando è rientrato a casa, ha scoperto che Harry ha preparato la colazione ad entrambi e Louis non se l'è sentita di dirgli che ha già preso il caffè, e che ha smesso di fare colazione a casa da anni perché i ricordi iniziavano a diventare pesanti e le sue spalle sono sempre state troppo delicate .

 

Alla fine, quella busta di cartone conteneva pancakes al cioccolato, i preferiti di Louis.

 

Non dirlo a me, pensa Harry senza dirlo ad alta voce. 

 

"Harry, io..."

 

"No, Louis aspetta", lo interrompe Harry prima che l'altro possa dire qualcosa, scombinando i suoi piani. "Sono qui per chiederti scusa, ed è quello che intendo fare. Non avrei dovuto reagire in quel modo, volevo davvero sapere cosa fosse successo, sapere cosa mi ero perso e- e non era mio diritto dire e fare quello che ho fatto..."

 

"Sei sempre stato il più maturo dei due, nonostante l'età... Certe cose non cambiano mai", commenta Louis quasi amareggiato, ma con una punta di dolcezza nella voce. "Non c'è niente di cui tu debba scusarti, avevi tutto il diritto di reagire in quel modo, Haz", è la seconda volta che quel nomignolo abbandona le sue labbra con fin troppa naturalezza negli ultimi giorni e Louis si morde la lingua nervoso. "Sono io che devo scusarmi con te, ancora una volta"

 

“Ho avuto del tempo per pensare e abbiamo sbagliato entrambi", ammette il più piccolo e Louis non sa se si stia riferendo solo alla discussione di tre giorni prima così annuisce, spaventato dall'idea di rovinare di nuovo quella fase di calma apparente. "Non posso dirti che riusciremo a tornare amici, o che io riesca a perdonarti per quello che è successo perché non sono certo che succederà mai... Ma a sono disposto a ricominciare da capo e riaverti nella mia vita, in qualsiasi maniera, perché mi manchi in modo impossibile da immaginare, Lou", è la prima volta che Harry usa quel soprannome e, nonostante tutto, non gli sembra poi così sbagliato. 

 

Il più piccolo prende a grattarsi nervosamente le dita, facendo maggiore pressione nei punti in cui fino a qualche anno prima c'erano un paio di anelli. Quelli che era sicuro avrebbe portato per il resto della sua vita ma di cui ha dovuto disfarsi da un giorno all'altro, quando ha dovuto rifugiarsi a Los Angeles perché il mondo iniziava a crollargli addosso. C'è un anello in particolare che gli manca indossare più di tutti e non si sarebbe mai aspettato di ritrovarlo nell'appartamento di Louis. 

 

Ad Harry piace curiosare e non è mai riuscito a stabilire se questo fosse un difetto o una qualità; dipende da cosa trovi, si è sempre detto.  Per questo, quando Louis si era chiuso la porta di casa sua alle spalle lasciandolo da solo in quell’enorme appartamento, si era improvvisamente convinto che quella di aspettarlo lì fosse stata una delle peggiori idee che potesse mai avere ma ormai il danno era stato fatto. Non era davvero stupito di trovarsi nella camera da letto di Louis dopo una manciata di minuti, perché davvero lui non era riuscito a trattenersi, doveva fare qualcosa. E non era nemmeno stupito di essersi messo a curiosare nei cassetti del suo comodino, solo per noia. Non era riuscito a trattenersi, però, quando quell'anello era comparso davanti ai suoi occhi, seppellito da un cumulo di vecchie fotografie, qualche elastico per capelli e un paio di plettri. Le gemme azzurre brillavano ancora, come quando l'aveva indossato l'ultima volta, come se qualcuno ne avesse avuto piena cura durante quei quattro anni. Harry non era riuscito a trattenere un singhiozzo a quella vista, perché probabilmente era sempre stato lì, sepolto tra piccoli scorci di quotidianità del suo ex fidanzato. Realizza di aver fatto parte della vita di Louis negli ultimi quattro anni e mezzo, in qualche modo, e fa più male di quanto lui voglia ammettere. È probabilmente in quel momento che Harry capisce di aver iniziato a perdonarlo giorno dopo giorno, da quando si sono rivisti. 

 

"Harry, mi stai ascoltando?", la voce di Louis lo riporta alla realtà, lui scuote la testa concentrandosi sul ragazzo. 

 

"L'hai tenuto", commenta prendendolo alla sprovvista. 

 

"Che cosa?"

 

"L'anello. L'hai tenuto con te", soffia.

 

"Come hai fatto a... No, lasciamo stare", risponde Louis con un sorriso imbarazzato sulle labbra. "Immagino- uhm, credo di non aver mai voluto gettare via quella parte di noi”

 

"Quale?", 

 

"Quella bella", accenna il più grande con un soffio di voce e disarmante sincerità. "Stavamo bene insieme, mhm?"

 

"Eravamo perfetti insieme, Lou", quelle parole fanno male ma, per Louis, non sembrano più macigni e non sa spiegarsi perché. 

 

"Possiamo riprovarci, Harry?"

 

“Possiamo - uhm - potremmo provare a passare questa giornata insieme, che ne dici?", sorridersi non fa più così male adesso. 

 

 

 

 

I guess I still care

Do you still care?

 

 

 

 

C’è un piccolo angolo di Primrose Hill che, fino a qualche anno fa, era il loro posto.

Ci andavano sempre non appena avevano un attimo di pausa dal tour, interviste e studio di registrazione. Non è difficile pensare a quel posto per entrambi, non appena lasciano l’appartamento di Louis senza avere la minima idea di dove siano diretti. Camminano in silenzio uno accanto all’altro, le mani nelle tasche dei loro cappotti perché non si sa mai dove potrebbe portarle la forza dell’abitudine . Prima di arrivare al loro posto, si fermano alla cioccolateria preferita di Louis dove comprano una scatola di cioccolatini, come erano soliti fare.

 

È incredibilmente strano per entrambi notare come riescano a cadere nelle vecchie routine così facilmente.

 

“Prima il fondente”, sussurra Louis mentre Harry apre la scatola poggiata sulle sue gambe; sono seduti sull’erba bagnata d’umidità ma a nessuno dei due importa dei loro pantaloni neri.

 

A Louis non è mai piaciuta la cioccolata fondente: al contrario, è quella preferita di Harry e il più grande era solito provocarlo mangiando i cubetti della sua cioccolata preferita per primi. Il riccio gli rivolge una rapida occhiata divertita così capisce che questa è l’ennesima cosa di Harry che non è cambiata negli anni.

 

A volte si domanda se sia davvero cambiato qualcosa in lui in tutto questo tempo.

 

“No, iniziamo da quella al latte”, le labbra di Harry si curvano in una piccola smorfia. “Facciamo le cose in modo di verso questa volta”, e Louis non è certo che il ragazzo stia parlando soltanto della cioccolata, così annuisce dandogliela vinta.

 

“Magari è quella giusta”, si lascia sfuggire Louis portando alle labbra il cubetto di cioccolata al latte, socchiudendo appena gli occhi quando il suo sapore dolce gli invade la bocca.

 

“E’ buonissima”, commenta il più piccolo poggiando le mani sul prato dietro di lui.

 

“La migliore.”

 

Quella mattina non c’è nebbia, il che permette di godere a pieno della vista di Londra.

 

“Mi è mancato questo posto”, soffia Harry guardandosi attorno.

 

A me sei mancato tu, pensa Louis ma non crede sia il momento di lasciarsi andare a quella rivelazione.   

 

“Non ci sono venuto più molto spesso negli ultimi anni”, rivela il più grande sincero.

 

“Non abitate molto lontano da qui tu ed Anne, però” nota Harry, sorpreso.

 

“Non era lo stesso, Harry”, trascorrono alcuni attimi di imbarazzante silenzio in cui nessuno dei due sa esattamente cosa dire, stanno imparando a conoscersi di nuovo. Anche se non sembra cambiato molto tra loro, sono sempre Harry e Louis dopo tutto.

 

“Uhm… Quando hai comprato quell’appartamento?”, finalmente è giunto per Harry il momento di assaggiare il suo cubetto di cioccolata fondente, mentre Louis si ritrova a storcere il naso.

 

“Subito dopo esser tornato da Holmes Chapel, ho capito che avevo bisogno di ricominciare, dovevo allontanarmi da…”, Louis non ha mai raccontato a nessuno di quel momento della sua vita per questo parlarne ora, al suo ex fidanzato per giunta, fa più male di quanto riesca ad ammettere.

 

“Hai venduto casa…”, nostra, pensa Harry ma, anche in quel caso, quella parola resta intrappolata tra le sue labbra.

 

“No, non ho mai avuto il coraggio di farlo”, sussurra Louis. “Non so se lo troverò mai, sai? C’è troppo lì dentro, non-”

 

“So cosa intendi”, finisce Harry per lui. La verità è che quella casa contiene più ricordi di quanto entrambi vogliano, o riescano ad immaginare. 

 

“Non ci sono più tornato dopo che…”, quella casa li ha sempre visti tornare e riempire quelle quattro mura insieme, Louis non ha più messo piede in quell’appartamento in quei quattro anni e crede sia una delle migliori decisioni degli ultimi anni, anche Harry ne è certo.

 

I cioccolatini finiscono un’ora dopo e la giornata trascorre tranquilla tra passeggiate nei posti che erano soliti frequentare quando erano ancora entrambi a Londra, lunghe chiacchierate e piccoli momenti di imbarazzo. L’unica interruzione arriva all’ora di pranzo, quando Lottie chiama Louis per avvisarlo che avrebbe trascorso lei l’intera giornata con Anne, perché improvvisamente libera da un impegno di lavoro. Louis sorride mentre chiude la chiamata con la ragazza, “è tutto okay” risponde ad Harry quando, preoccupato, gli chiede se fosse successo qualcosa alla piccola.

 

Il fatto che non ci sia nebbia quel giorno, permette loro di fare un giro sul London Eye. Harry l’ha sempre trovato noioso perché è un po’ troppo lento ma è sempre stata una delle attrazioni preferite di Louis in tutta Londra, e ha notato che la cosa non è affatto cambiata perché i suoi occhi si sono illuminati non appena lui gliel’ha proposta. Louis non fa che prenderlo in giro mentre si avvicinano alla loro cabina, ricordando il momento in cui il riccio l’aveva costretto a salire con lui sul una ruota panoramica perché era terrorizzato dall’altezza. Dice di non esserne più così spaventato ma il più grande non vuole crederci, probabilmente è lo stesso motivo per cui non gli piace il London Eye, si ritrova a pensare.

 

“Guarda, si vede l’O2 da qui”, soffia il più piccolo improvvisamente indicando un punto in lontananza.

 

“Sai bene che non riuscirò mai a vederla, vero Harold?”, dice Louis aguzzando la vista e strizzando gli occhi.

 

“Hai portato gli occhiali?”, chiede il riccio e una piccola smorfia gli illumina il volto.

 

“Odio portare gli occhiali quando esco.”

 

“Lo so”, risponde l’altro con sincerità. Un tempo, Harry avrebbe avuto perfino il diritto di ripetergli quando fosse bello ai suoi occhi, anche con gli occhiali e Louis avrebbe sorriso alle sue parole. “Ti ricordi il nostro primo concerto all’O2?”, aggiunge poi cambiando a argomento perché Louis odia essere preso in giro e mettendosi a sedere a gambe incrociate sull’enorme piattaforma al centro della cabina.

 

“Come posso dimenticarlo, Haz, minacciavi di vomitare minuto dopo minuto dall’agitazione”, borbotta sornione Louis, come se la cosa lo avesse infastidito. In realtà, era stata una visione adorabile per lui.

 

Ricordo tutto, avrebbe voluto rispondergli ma ha deciso di tenere quella confessione per sé.

 

“Ehiiiii”, il più piccolo scoppia a ridere al ricordo, seguito da Louis che non può fare molto altro perché la sua risata è sempre stata troppo contagiosa.

 

“Che c’è? E’ vero!”, aggiunge prendendo posto di fronte a lui, imitando la sua posizione. “Ho dovuto baciarti per fermare il tuo attacco di panico”, ognuno si perde nei propri pensieri per qualche attimo, troppo impegnati a ricordare i giorni in cui il loro unico problema era nascondersi dal management per scambiarsi qualche bacio. Nel frattempo la loro cabina raggiunge il punto più alto, lasciando entrambi senza fiato davanti quel meraviglioso panorama.

 

“Wow, non lo ricordavo così alto”, Harry è palesemente agitato, e Louis non riesce a spiegarsi come sia possibile, come faccia a leggere così bene i suoi stati d’animo nonostante tutto.

 

“E’ il tuo tentativo di convincermi a baciarti, Harold?”, lo rimprovera Louis, fingendosi offeso quando in realtà, è la cosa che più desidera da quando lo ha rivisto. Harry non sa quando sia successo, quando sia caduto quel muro d’imbarazzo; soprattutto, non sa come facciano adesso a flirtare in quel modo, come se non fosse passato un giorno.

 

“Non ho mai avuto bisogno di questo per avere un bacio da te, Lou”, commenta il più piccolo senza riuscire a trattenersi ed ha tremendamente ragione.

Deve essere cambiato qualcosa quando sono saliti su quella cabina, c’è una sensazione estremamente familiare nell’aria che fa stringere il petto ad entrambi, i loro sguardi sono cambiati e nessuno dei due riesce a capire quando questo sia successo; quando quello spazio ha smesso di essere una voragine e quando tutto tra loro ha smesso di fare così male.  

 

Louis non riesce ad incolpare se stesso, così come Harry non riesce a prendersela con il suo attacco di panico se hanno iniziato ad avvicinarsi lentamente. “Fallo Harry, ti prego”, soffia il più grande quando i loro corpi combaciano in ogni punto permesso da quella posizione. Anche se non dovrebbero, non ora almeno, le loro labbra si incontrano a metà strada ed Harry si lascia sfuggire un verso strozzato, mentre appoggia entrambe le mani ai lati del volto di Louis, che nasconde tutte le sue preoccupazioni in un angolo lontano della mente e si concentra nel ricambiare quel bacio. Stringe le mani sul suo cappotto e lo trascina in avanti, tirandoselo addosso perché Harry continua ad essere troppo lontano. Il più piccolo cattura il labbro inferiore di Louis tra i denti prima di chinare la testa per tracciargli il contorno dei denti con la lingua. È così diverso baciare Harry adesso, ma allo stesso tempo terribilmente familiare. Le loro lingue si scontrano con facilità, la spina dorsale di Louis è scossa dai brividi mentre continua a baciare e lasciarsi baciare dal più piccolo, ed è come ritornare a casa.

 

Si separano, lasciando un bacio soffiato sull’angolo della bocca dell’altro, dopo minuti interminabili. “Credo che il nostro giro sia finito…”, sussurra Louis contro le sue labbra.

Entrambi sorridono ed Harry non riesce a capire come abbia potuto dimenticare quanto fosse bello Louis in momenti come questo. Dopo quel bacio, è improvvisamente più facile guardarsi negli occhi.

 

 

“Uhm- sono stato davvero bene oggi”, afferma Harry titubante quando raggiungono l’appartamento di Louis.

 

“Mi sei mancato davvero, Haz”, senza lasciargli il tempo di rispondere, il più grande si concede quello che gli è davvero mancato più di tutto: spingendosi sulle punte, allaccia le braccia intorno al collo del più piccolo, tirandoselo addosso e stringendolo in un abbraccio. Nasconde il viso nel suo collo, inspirando il suo profumo quando le mani dell’altro si chiudono sulla vita, tenendolo contro di lui. La forza della memoria, o dell’abitudine, lo spinge a giocare con i boccoli alla base del collo di Harry mentre cerca di memorizzare ogni dettagli di quell’abbraccio.

 

“Ci - uhm - ci sentiamo, mhm?”, chiede separandosi dal suo abbraccio ma mantenendo lo sguardo rivolto verso il basso, non ha il coraggio di incontrare i suoi occhi adesso; non gli lascia il tempo di rispondere perché entra frettolosamente in casa richiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi completamente contro di essa. Rilascia un enorme sospiro passandosi una mano tra i capelli, si sente quasi come una tredicenne alle prese con la sua prima cotta. Si sente quasi uno stupido perché sa perfettamente che non smetterà mai di sentirsi così con lui. Quello che non sa però è che Harry, dall’altro lato della porta sta sorridendo davvero per la prima volta dopo troppo tempo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono passati tre giorni dal suo appuntamento con Louis, e Harry non riesce a smettere di pensare a lui, a quello che si sono detti, agli occhi di Louis che hanno ripreso vivacità e al loro bacio.

 

La prima ad accorgersi che qualcosa è cambiato è Gemma.

 

“Hai bevuto?” chiede la ragazza vedendo il fratello fin troppo allegro.

 

“No?”

 

“Hai vinto alla lotteria?” chiede nuovamente.

 

“No.”

 

Gemma sospira, girando i pancakes che stava cucinando, “e allora?” domanda. Harry sorride.

 

“Martedì scorso sono uscito con Louis.”

 

Gemma lo guarda incredula, “cosa?” chiede, quasi strozzandosi, mentre spegne il fuoco e si siede davanti al fratello, meno preoccupata della sua colazione di quanto sarebbe di solito.

 

Harry annuisce, “mentre ero a Holmes Chapel da mamma, mi ha chiamato” spiega, “e mi ha invitato a cena. Così ci sono andato, e ovviamente abbiamo discusso, però mi ha spiegato e non sto dicendo che ho capito e che lo voglio giustificare, però me ne sono andato veramente male quella sera, così sono tornato e siamo stati insieme e…”

 

Gemma alza un sopracciglio. “Eravamo sul London Eye e ci siamo baciati.”

La ragazza gli sorride, perché non può farne a meno: era sempre stata la più grande fan di Louis ed Harry.

 

“E’ passata più di una settimana, perché non me l’hai detto?! E perché lui non me l’ha detto?” esclama incredula, “posso già fare la guastafeste?” domanda poi, improvvisamente seria. Harry annuisce, “è questo il motivo per cui te l’ho detto.”

Gemma sospira, “ha una figlia, e tu vivi a Los Angeles. E ti ha mentito più e più volte e ti ha spezzato il cuore e…”

 

“Abbiamo parlato anche di questo.” Gemma è poco convinta e gli fa cenno di andare avanti a parlare, così Harry l’accontenta.

 

“Lo so perfettamente che c’è Anne ed è la cosa più importante per lui, e so anche che forse non riuscirò mai a perdonarlo completamente, però… È stato così bello, Gem. Mi sono sentito come se non fosse passato neanche un giorno e so che c’è Anne, credimi. È adorabile e le voglio già bene e…” dice, così Gemma, rassegnata, lo blocca chiedendo se l’aveva rivisto.

 

“Mi ha chiesto di vederci oggi pomeriggio.” Gemma si alza e riprende a cucinare, senza dire niente, così Harry la affianca davanti ai fornelli, “che c’è?” chiede poi.

 

“Se vi sposate prima di me, io non vengo alla cerimonia e sarò molto ubriaca al ricevimento.”

 

Quando Louis apre la porta di casa, ha la faccia mortificata.

 

“Tutto bene?” chiede Harry, e Louis si avvicina. Sorride, ma lo abbraccia sussurrandogli uno scusa e solo quando il più piccolo entra in salotto e trova Lottie e Fizzy sedute sul tappeto blu che si trova davanti al divano, circondate da bambole mentre gioca no con Anne, capisce a cos'è dovuto l'espressione dispiaciuta di Louis. 

Appena Anne si accorge della presenza del ragazzo urla un "HAAAAARRYYYY!” senza muoversi da dov’è seduta, così le due ragazze si girano.

 

Entrambe non riescono a non far comparire lo shock sulle loro facce, e quando Harry prova a sorridere, l’unica a ricambiare è Lottie: è sempre la stessa, gli occhioni che caratterizzano la famiglia Tomlinson sono sempre vispi e l’unica cosa cambiata che trova sono i capelli che da biondi come li ricorda, sono diventati blu. Fizzy, invece, è cresciuta notevolmente, ed è diventata una ragazza bellissima e chiaramente è indispettita dalla presenza di Harry nel salotto di suo fratello, e arriccia il naso quando Anne finalmente si alza e salta in braccio ad Harry e lo bacia rumorosamente sulla guancia.

 

“Ti ho fatto un disegno a scuola, oggi!” esclama allegra, “papà ha detto che è bellissimo e poi le zie sono venute a prendermi a scuola, e… Tu le conosci?” domanda.

 

È Lottie la prima ad alzarsi, ma solo quando Harry mette giù Anne.

Si abbracciano in silenzio, e Lottie lo bacia sulla guancia, lasciandogli lo stampo del rossetto rosa che ha addosso.

 

“Come state?” chiede Harry allontanandosi. Fizzy finalmente si alza, e lo squadra, però alla fine si lascia andare in un sorriso. “Ti accetterò di nuovo solo quando mi dirai come diavolo fai ad entrare dentro quei jeans” esclama, chiaramente scherzando, e alla fine anche lei si arrende e lo abbraccia.

 

Tutti, nella famiglia Tomlinson, hanno sempre avuto un debole per Harry.

 

Mettono un cartone animato in TV per Anne, e sedendosi dividendosi tra il divano e le poltrone intorno al tappeto dove la bambina giocava e guardava la TV, si raccontano tutto quello che era possibile far stare in una chiacchierata: Lottie racconta di com’è continuare a lavorare con Lou anche dopo tutti questi anni e di un ragazzo che frequenta da qualche mese, mentre Fizzy gli spiega che studia giornalismo e che adora vivere con Lottie e Harry sorride nell’ascoltare perché non le ricorda così unite.

 

Entrambe vogliono sapere della vita di Harry, e fanno un sacco di domande e sembra davvero come se non fosse passato poi così tanto tempo: Harry gli racconta della casa nuova, di come stanno Jeff e gli altri, e del nuovo album e di quanto è difficile non avere tutte le persone di sempre intorno quando va in tour.

Harry non sa neanche come finisce col braccio intorno alle spalle di Louis, ma sembra un gesto così naturale che non riesce a spostarsi, e quando Louis si appoggia a lui non può fare a meno di sorridere quando si accorge che Lottie e Fizzy l’hanno notato ma non hanno detto niente, perché i loro sguardi valgono più di mille parole.

Le ragazze se ne vanno dopo poco tempo, giusto il tempo di far terminare il dvd che stava guardando Anne. Si abbracciano come se non fosse passato neanche un giorno da quando si erano visti l’ultima volta e si salutano con la promessa di vedersi presto.

 

Quando Louis chiude la porta di casa, Anne gli si attacca alla gamba implorandolo di fare merenda, così viene accontentata: poco dopo è addormentata sul divano come succede sempre, così Louis e Harry si chiudono in cucina per chiacchierare.

Tuttavia, Harry non sa come finisce tra il frigorifero e Louis che lo sta baciando come se la sua vita dipendesse da quello: sanno entrambi che non dovrebbero farlo e che questo sicuramente non è andarci piano, ma ad entrambi sembra così giusto che non riescono ad allontanarsi fino a che l’aria non diventa necessaria.

 

“Harry, io…” prova a dire Louis, ma il respiro affannoso di Harry che non baciava qualcuno così da tempo e le sue labbra rosse fanno vincere la voglia che ha di avere le labbra del più piccolo sulle sue. 

 

“Mi piace baciarti…” si allontana Harry, “così tanto ch-” si interrompe e morde il labbro inferiore di Louis che fa un verso sorpreso e finisce con lo strusciarsi sulla gamba destra di Harry, che geme sorpreso nel sentire l’erezione di Louis premere sulla sua coscia.

 

Non sembrano avere l’intenzione di spostarsi dal frigorifero e Louis si sente un tredicenne alle prime armi, forse perché mentalmente quando è con Harry si sente proprio così. 

 

Quando si stacca dal più piccolo senza smettere di muovere i fianchi verso la sua coscia, lo fissa negli occhi e un secondo dopo si avvicina al suo collo baciandolo, attento a non lasciare segni e Harry sorride, per poi mettere le mani sul sedere di Louis, che si blocca per un attimo ridendo, “da quanto volevi farlo?” chiede ansimando. Harry ride, “da quando ti ho visto al matr…” fa per dire, e la sua erezione ormai dolorosa perché costretta nei jeans si fa sempre più prepotente, “Louis devi fermarti perché…” Louis lo guarda per un istante e lo bacia di nuovo, e quando Harry gli morde nuovamente il labbro, si struscia per l’ultima volta fino a venire nei pantaloni della tuta che ha addosso, ansimando e mormorando il nome di Harry che però non riesce a staccarsi da lui, così rimane fermo contro il frigorifero con il ragazzo addosso.

 

“Do da mangiare a mia figlia in questa cucina” dice Louis. Harry sorride nel vederlo così imbarazzato.

 

“Potresti…” fa per dire, ma Louis scuote la testa.

 

“No?” chiede Harry. Louis gli bacia una guancia e quando gli dice di no, Harry non può fare a meno di chiedergli perché.

 

“Perché così sono sicuro che stasera, quando sarai tutto solo, mi penserai.”

 

 

 

 

 

“Tra una settimana, mamma”, risponde Louis alla domanda di Johannah, dall’altro lato del telefono. Sono settimane che lo implora di andarli a trovare a Doncaster ma tra un impegno e l’altro Louis ha sempre rimandato. La verità è che non vuole allontanarsi da Harry se non quando è strettamente necessario, ora che sembrano aver trovato un equilibrio e tutto sembra andare per il meglio, tanto che Harry passa la metà del suo tempo, quando non è costretto ad andare in studio, con lui e con Anne che ormai sembra guardare il ragazzo come se fosse il suo eroe.

 

“Non pensare di rimandare ancora una volta”, lo rimprovera sua madre mentre lui alza gli occhi al cielo. “Come sta Anne?”

 

“Bene, sto andando a prenderla a danza adesso”, risponde Louis sistemando il telefono tra la spalla e l’orecchio prima di fissare le mani sul volante e sterzare.

 

“Ed Harry? Come va con Harry?”

 

“Come fai tu a sapere che… No, aspetta non me lo dire. Lottie.”, commenta il figlio.

 

“Non prendertela con lei, ti vuole bene e poi sono stata io ad insistere”, ammette sua madre ma Louis sa benissimo che è un inutile tentativo di copertura di sua sorella.

 

“Va bene, va bene! Non voglio sentire altro”, e non riesce a nascondere il lieve sorriso che illumina il suo volto.

 

“Allora?”

 

“Uhm… Ci stiamo lavorando?”, tenta Louis, in realtà non sa nemmeno lui cosa raccontarlo. “E poi c’è Anne…”

 

“Sono certa che Harry sia un angelo con lei”, lo è, pensa Louis ma non osa ammetterlo ad alta voce. “Mi piacerebbe vederli insieme.”

 

“No, mamma! Non ci pensare nemmeno”, esclama il figlio rimproverandola.

 

“Che ci sarebbe di male? Sarebbe solo una visita in fondo! Non vedo Harry da così tanto tempo…”

 

“No, mamma! Non so nemmeno cosa pensi Anne di lui, non posso… Magari Anne in realtà lo detesta, non posso sconvolgere così il suo equilibrio!”

 

“Sono certa che Anne adori Harry”, il fatto è che Louis non ci ha mai pensato davvero fino ad ora e questo lo fa sentire un pessimo padre.

 

In tutto questo tempo non ha mai pensato di chiedere a sua figlia cosa pensasse di Harry. Ha forse sbagliato ad introdurlo in casa sua come se tutto questo tempo non fosse mai passato? Come se tutte quelle bugie e quel dolore non fossero mai esistite?

 

“Mamma non è questo il punto”, borbotta Louis.

 

“Il punto è che tu hai paura di ricaderci, e lo stesso vale per Anne… Mi sbaglio?”, il ragazzo resta in silenzio accusando ogni parola di quella frase. Colpito e affondato.

 

Il problema è che Louis ci è già ricaduto, senza accorgersene ed anche piuttosto velocemente.

Forse complice il fatto che passano di nuovo del tempo insieme, ma ogni volta che Harry gli scrive o si presenta alla sua porta e anche solo lo sfiora, si sente come quando aveva diciannove anni, era innamorato e la sua vita gli sembrava perfetta.

 

“Mamma ora sono arrivato- uhm, ci sentiamo, okay?”, la interrompe Louis chiudendo velocemente la chiamata.

Anne è sempre stata una bambina curiosa, e ha sempre avuto le gambe piuttosto lunghe - e questa è una qualità che Louis non si spiega perché lui non è affatto alto, anche se gli costa una gran fatica ammetterlo. Ha il vizio di poggiare i piedi - e quindi le scarpette - sul cruscotto appena entra in macchina e Louis alza puntualmente gli occhi al cielo perché è una cosa che non sopporta. Anne sogghigna ogni volta, ma obbedisce sistemandosi come meglio può sul sedile. “Come è andata oggi, tesoro?”

 

“Bene, stiamo provando nuovi passi!”, esclama felice la bambina.

 

“Sono felice! Ascolta, papà vorrebbe parlarti di una cosa…”, dice Louis voltando appena lo sguardo verso la piccola, che annuisce prontamente. “Allora, uhm - che te ne pare di Harry?”

 

“‘Arry! Il tuo amico Harry?”, il ragazzo annuisce incapace di decifrare il tono di sua figlia. “Si! Perché, papà?”

 

“Ti dico sempre che gli amici sono importanti, no tesoro?”, chiede Louis, la piccola annuisce immediatamente, “..ed Harry è - uhm - un mio nuovo amico… Volevo sapere tu cosa ne pensassi perché per me è importante saperlo.”

 

Anche se spaventato dalla possibile risposta di Anne, gli viene da ridere perché questa conversazione – lui molto imbarazzato e una persona che sorride dall’altra parte – gli ricorda quella fatta con sua madre anni prima, quando tra lui ed Harry le cose erano diventati subito ufficiali e Louis non sapeva come dare la notizia.

 

“Mi piace ‘Arry!”, cinguetta felice. “E’ simpatico e ha dei capelli strani”, commenta la piccola ma nel momento in cui Louis sta per risponderle, “Harry ti fa sorridere”, commenta poi sincera lasciando Louis sorpreso.

 

“Come, tesoro?”

 

“La zia Eleanor dice che gli amici importanti ti fanno sempre sorridere e Harry ti fa sorridere sempre… Come me e lo zio Niall”, spiega Anne accompagnando le sue parole a piccoli gesti.

 

“La zia Eleanor ha ragione, piccola”, dice Louis. “Allora, dici che possiamo invitarlo a casa un po’ più spesso da oggi in poi?”, chiede poi cercando i suoi occhietti vispi.

 

“E posso giocare con lui?”, Louis annuisce sorridendole dolcemente. “E posso chiamare anche lui zio?”

 

“Puoi chiamarlo come vuoi, tesoro mio”, conclude suo padre mentre parcheggia la macchina sul vialetto di casa loro. Anne batte le mani contenta, facendo sorridere Louis. 

 

 

 

 

 

 

Harry non sa come è finito a Doncaster con Louis e Anne quella mattina. È assolutamente certo, però, di essere preoccupato come la prima volta in cui l’ha presentato a Johannah, con la sola differenza che adesso non stanno insieme. Non dovrebbe assolutamente preoccuparsi quindi; ci stanno lavorando, ma non stanno insieme.

 

Il fatto che si lascino andare a qualche bacio o a qualche effusioni troppo di tanto in tanto, è solo un dettaglio.

 

“Sei sicuro che questa sia una buona idea?”, le sue mani giocano con il bordo sfilacciato del suo maglione nero.

 

“Harry, è la quinta volta che me lo chiedi”, commenta il più grande rivolgendogli un’occhiata veloce mentre fa scendere Anne dal sedile posteriore, che si sistema subito i vestiti che il sedile le aveva stropicciato.

 

“Lo so ma…”

 

“Ma…”, inizia Louis avvicinandosi a lui e poggiandogli una mano sulla spalla “non c’è niente di cui preoccuparsi, non è niente di ufficiale… Volevo solo che tu ci fossi oggi, okay? E poi mamma era disperata perché, e cito, non vedo Harry da troppo tempo”, Harry annuisce perché con il più grande è impossibile discutere, così cerca di mascherare la sua preoccupazione nel migliore dei modi, cioè facendogli un sorriso.

 

“Nonna!”, esclama Anne richiamando la loro attenzione.

 

Johannah è in piedi sotto il portico dell’ingresso della loro enorme casa, aspetta Anne a braccia aperte e la stringe in un tenero abbraccio non appena la piccola la raggiunge. È sempre stata una donna bellissima ma c’è qualcosa di diverso in lei che la rende ancora più raggiante del solito, si ritrova a pensare Harry.

Non sa cosa la donna si aspetti da lui e, soprattutto, lui non ha la più pallida idea di come debba comportarsi con lei, così lascia che sia Louis a salutarla per prima. Quando gli occhi della donna incontrano i suoi, però, Harry pensa che forse non deve preoccuparsi così tanto; Johannah lo avvolge in un abbraccio affettuoso e il ragazzo si ritrova a sospirare di sollievo. “Ci sei mancato, tesoro”, soffia al suo orecchio prima di separarsi da lui e rivolgergli un sorriso appena accennato.

 

Harry nasconde tutte le sue preoccupazioni su quella giornata in un angolo lontano della sua mente nel momento entra in casa e vede le piccole sagome di Ernest e Doris nel salotto. Crede sia sul punto di piangere ad un certo punto perché sono cresciuti così tanto in questi quattro anni e un po’ gli dispiace non aver fatto parte della loro vita in tutto questo tempo.

 

Anne corre tra le braccia di Daisy e Phoebe mentre Louis è il primo a salutare i due gemellini con un bacio sulla fronte di entrambi, poi fa cenno ad Harry di avvicinarsi a loro. “Ernie, Dotty… Vi ricordate di Harry?”, Ernest è il primo a fare cenno di no con la testa così Harry è costretto a mandare giù il primo boccone amaro della giornata. Doris, invece, si prende qualche minuto per osservarlo meglio.

 

“Eravate così piccoli è normale ch-”

 

“‘Arry”, la voce di Doris interrompe la sua frase, lasciando Harry senza parole. La piccola gli sorride, allargando le braccia nella sua direzione e lui non può fare altro che sollevarla e stringerla tra le sue braccia lasciandole teneri baci sulla fronte.

 

“Ti ricordi di me, piccolina?”, Doris non ci pensa due volte ad annuire ed Harry si apre in un magnifico sorriso.

 

“Harry!”, le voci di Daisy e Phoebe risuonano nella stanza facendo voltare entrambi di scatto. Entrambe lo abbracciano per la vita, attente a non fare male a Doris ancora stretta tra le braccia del ragazzo.

 

Louis osserva la scena pensando che quel ragazzo non ha mai smesso di far parte della sua famiglia, nonostante lui abbia cercato di convincersi del contrario per tanto, troppo tempo.

 

“Mi siete mancati tutti così tanto”, soffia il più piccolo tra i capelli delle ragazze socchiudendo appena gli occhi e dopo così tanto tempo, Harry inizia a sentirsi di nuovo a casa.

 

 

 

 

 

Le ragazze non hanno lasciato Harry solo nemmeno per un attimo, coinvolgendolo in qualsiasi tipo di gioco e di attività. Daisy gli ha raccontando della sua passione per la moda, Phoebe di quella per il canto; Doris non ha fatto altro che restare stretta al collo di Harry, ascoltando attenta qualsiasi cosa lui avesse da dirle.

 

“Ragazze, che ne dite di lasciar respirare un attimo Harry e raggiungete i vostri fratelli?”, se deve essere sincero, Harry ha cercato di distrarsi per tutta la giornata, evitando attentamente che questo momento potesse arrivare. Ora, è certo che quel momento che ha tanto temuto è arrivato e che non può rimandarlo ancora.  

 

“Ti va una tazza di thè?” chiede Johannah raggiungendo la cucina. “Allora, come vanno le cose?”

“Bene, ho - sto lavorando ad un nuovo progetto con la casa discografica e ho in piedi alcuni progetti con un paio di organizzazioni di beneficenza”, afferma giocando con il filo della sua bustina di tè. La donna annuisce, “non l’ho mai detto a Louis ma ho sempre continuato a seguirti, e sono certa l’abbia fatto anche lui… Solo- non voleva che nessuno lo sapesse”, confessa sincera la donna sedendosi accanto a lui sugli sgabelli di legno del piano della cucina.

 

Harry non può fare a meno di nascondere il suo essere sorpreso.

 

“Ho sempre pensato di scrivervi, o di chiamare per sapere come stessero le ragazze, Ernest e Doris ma… Credo di non aver mai avuto il coraggio necessario.”

 

“Avresti dovuto farlo, Harry. Ti voglio bene come se nemmeno uno di questi giorni sia passato”, afferma sicura Johannah abbracciandolo appena.

 

“Immagino di sì”, commenta ricambiando la sua stretta. "Louis mi ha detto che le cose con Dan vanno bene, sono davvero felice per te”, aggiunge poi cambiando argomento.

 

“Si, Dan è davvero splendido… Mi ha sempre dato una mano, anche quando ho dovuto stare con Louis a Londra per alcune settimane pochi mesi dopo la nascita di Anne.”

 

“Oh, uhm…come mai?"

 

“Louis mi ha detto che ti ha raccontato la storia, ma immagino non abbia voluto condividere questa parte del racconto con te”, afferma Johannah pensierosa. “Beh, come saprai lei  è andata via poco dopo la nascita della bambina e beh, Louis era nel panico totale. Non sapeva letteralmente cosa fare, così sono rimasta alcune settimane con lui ad insegnargli tutto il possibile."

 

“Avrei voluto esserci, come amico almeno… Sai, a volte mi pento di come siano andate le cose, avrei potuto aiutarlo forse, se – se..." lascia la frase in sospeso, perché la verità è che non sa se sarebbe riuscito a esserci per Louis, in quella circostanza.

 

“Non puoi sapere come sarebbero andate le cose, tesoro.”, lo rassicura Jay. “Louis se l’è cavata alla grande, sono così orgogliosa di lui."

 

“Lo sono anche io, Anne è una bambina splendida.”, confessa Harry dolcemente.  “E’ bello starle accanto."

 

“Quando tornerai a Los Angeles?”, chiede Johannah dopo qualche minuto di silenzio. 

 

“Uhm - io, ancora non ho stabilito una data…”, dice Harry titubante.

 

“Non voglio farti discorsi perché non è mio compito farli, e non voglio difendere Louis perché so benissimo che questo disastro è stato causato da un suo errore”, la donna si ferma un attimo, come se stesse cercando le parole giuste per affrontare il suo discorso, “che intenzioni hai ora con lui, Harry?”, e il suo tono non è serio, o deciso; è carezzevole e dolce, come se stesse parlando con Louis. “Hai intenzione di restare? Louis non potrebbe sopportare di vederti andare via di nuovo” ammette sincera, e Harry non sa perché ma ha la sensazione che vorrebbe raccontargli qualcosa di più sul primo periodo in cui Harry l’ha lasciato.

 

“Jay io… Non lo so, è tutto così difficile. Un minuto prima ero convinto di averla superata e che non lo avrei più rivisto, quello dopo è al matrimonio di Liam e Dio, mi sembra che sia tornato tutto come prima adesso… Dio, è tutto così difficile. Perché è così difficile?”

 

“Non deve esserlo per forza, tesoro. Hai la forza di perdonarlo?”, Harry annuisce perché è certo di averlo perdonato nell’esatto momento in cui ha incontrato il suo sguardo al matrimonio di Liam.

 

“La verità è che non so cosa fare”, per un attimo, uno solo, Harry pensa alla sua casa di Los Angeles, a David e alla vita che ha lasciato lì prima di partire e che gli sembra così fredda e lontana da lui in quel momento. 

 

“Non potete portare avanti una relazione a distanza, questo lo sai”, suggerisce la donna seria, leggendogli nel pensiero. Harry scuote subito la testa, “non glielo chiederei mai”, commenta sincero.

 

“Allora credo tu debba capire cosa sei disposto a fare adesso”, e forse è la consapevolezza di sapere esattamente cosa vuole a spaventarlo così tanto.

Louis torna dal giardino e riesce ad ascoltare solo la fine della loro conversazione e l’unica cosa a cui riesce a pensare in quel momento è che Harry sta mettendo lui al primo posto di nuovo, come se lui non gli avesse spezzato il cuore nel frattempo.

 

 

 

 

 

“Vieni con me”, sussurra Louis al suo orecchio distraendolo dal film in televisione.

 

Ernest e Doris si sono appisolati insieme ad Anne su uno degli enormi divani sotto l’occhio vigile di Jay mentre Daisy e Phoebe sono impegnate con i loro iPhone.

Louis lo guida fuori in giardino, facendolo uscire dal piccolo cancello in legno, quando davanti ai loro occhi compare una piccola pista di pattinaggio gonfiabile.

 

“L’abbiamo fatta montare l’anno scorso”, spiega Louis ancora prima che il ragazzo possa dire qualcosa.

 

“Non crederai che io…”

 

“Assolutamente sì”, lo corregge il più grande con una smorfia divertita in volto, poi lo spinge verso l’ingresso.

 

“Non so se ti ricordi, non sono mai stato un tipo equilibrato…”, borbotta Harry tra i denti.

 

“Ricordo che in questo eri piuttosto bravo, però”, ribatte il più grande porgendogli un paio di pattini.

 

“Non pattino da anni, Lou…”, è già pentito di avergliela data vinta così facilmente. “Los Angeles non offre così tanti spunti per tenersi allenati, sai fa piuttosto caldo lì”, aggiunge alzando gli occhi nei suoi.

 

Louis ricorda perfettamente tutte le volte in cui si svegliava completamente sudato nel cuore della notte a causa del caldo, tutte le settimane passate a bordo piscina della loro enorme villa nella città degli angeli.

 

“Andiamo, eri più divertente di così da piccolo”, Harry sa perfettamente che è una provocazione la sua, gli basta fissare i suoi occhi per qualche secondo per cogliere la sfida.

 

“Non l’hai appena det-”

 

“Oh, sì che l’ho fatto”, ribatte Louis facendogli una linguaccia e alzandosi in piedi dopo aver allacciato i suoi pattini. Harry si alza di scatto dopo aver sistemato i suoi ed inizia a rincorrerlo, dandogliela vinta. Le falcate del più piccolo sono molto più ampie di quelle di Louis ma nonostante questo, il più grande è piuttosto veloce e riesce a sfuggirgli fino a quando la distanza non si fa così sottile che due dei loro pattini si sfiorano appena facendo perdere l’equilibrio ad entrambi che cadono l’uno addosso all’altro.

 

“Preso”, Louis ride di gusto assottigliando gli occhi e arricciando il naso e per Harry non è mai stato più bello di così. “Ora, rimangiati quello che hai detto”, sussurra il più piccolo avvicinando il volto a quello dell’altro.

 

“Non ne ho voglia”, borbotta il più grande alzando gli occhi al cielo.

 

“Potrei sempre costringerti.”

 

“Potresti, ma non lo farai”, commenta Louis appoggiandosi sui gomiti a riducendo le distanze tra i loro volti al minimo, i suoi occhi bruciano in quelli di Harry. 

 

“Potresti fare questo invece”, con uno scatto fa schioccare le loro labbra in un bacio leggero e veloce, come un fiocco di neve.

 

Il più piccolo rincorre le sue labbra senza lasciargli il tempo di prendere fiato, ricadono sulla superficie fredda con un tonfo ma nessuno dei due si cura del resto in quel momento. Harry lambisce le sue labbra dolcemente, sospira soddisfatto portando un palmo dietro la sua nuca mentre Louis incastra le dita tra i suoi boccoli per tenerlo più vicino possibile.

 

Si separano quando entrambi sono ormai senza fiato e le loro labbra pizzicano a causa dei baci e del freddo. Quando Louis apre gli occhi, Harry lo sta guardando: c’è qualcosa di diverso nei suoi occhi, il più grande lo avverte, è come se stesse volesse dirgli qualcosa ma stesse cercando di trattenersi. Poi gli sorride e Louis può giurare di aver sentito il suo cuore smettere di battere perché quello è il suo sorriso.

 

“Sei sempre così bello, Lou”, soffia Harry contro la sua bocca. “I tuoi occhi stanno brillando, lo sai?”, aggiunge disegnandone il contorno con la punta delle dita.

 

“Smetterai mai di essere ossessionato dai miei occhi?”

 

“Non credo, no”, cinguetta Harry vittorioso.

 

Un fiocco di neve si posa proprio sulla punta del naso di Harry, entrambi sorridono e Louis non ci pensa due volte a leccarglielo via con la punta della lingua.

Nessuno dei due sembra intenzionato a spostarsi, al contrario Harry fa forza sulle sue gambe per avvicinare il suo corpo a quello di Louis. Il più piccolo si china sul suo viso, poggiando la fronte sulla sua e lasciando che i loro nasi si sfiorino appena. Continuano a parlare e baciarsi per attimi, minuti interminabili fino a quando non fa troppo freddo per entrambi e sono costretti a rientrare in casa.

 

 

 

 

 

 

“La prossima volta ti porto un completino nuovo, che ne dici Dotty?”, chiede il riccio indicando il completino da calcio della bambina poggiato sulla moquette del salotto perché lei non se ne separa mai. Harry è seduto per terra a gambe incrociate mentre i due gemellini sono seduti esattamente di fronte a lui e lo ascoltano rapiti. Quando quelle parole lasciano le labbra di Harry, Louis non riesce a non pensare che forse il più piccolo ha davvero voglia di restare ed inevitabilmente il suo cuore perde un battito. 

 

Dopo quella breve conversazione con Johannah, le ragazze hanno sequestrato di nuovo il ragazzo e le ultime ore della giornata sembrano essere volate via. Harry lascia un bacio sulla testa di entrambi i gemelli, per poi passare a stringere Daisy e Phoebe tra le sue braccia.

 

“La prossima volta, mhm?”, chiede Louis sornione, cercando di nascondere un sorriso, mentre lasciano casa di Johannah.

 

“Uhm - insomma se a voi, a te fa piacere”, risponde Harry imbarazzato, grattandosi la nuca. “Mi farebbe piacere rivederli”, ammette sincero e quella è probabilmente la frase più vicina a Mi piacerebbe restare che il più piccolo abbia mai detto nell’ultimo periodo.

Louis non ha assolutamente intenzione di fargli pressioni, così si accontenta felice di quella rivelazione.

 

“Sono certo che a loro farà piacere riaverti qui.”

 

“Solo a loro?”, Louis sistema Anne nei sedili posteriori per poi raggiungere Harry dall’altro lato dell’auto, che lo osserva in silenzio.

 

“Credo di no”, soffia sulle sue labbra prima di rubargli un bacio a stampo e correre verso il sedile di guida.

 

Arrivano a Londra più tardi del previsto: Harry dorme nel sedile posteriore ed Anne è appoggiata sulle sue gambe, ha gli occhi socchiusi ma suo padre non è certo stia dormendo. In quel momento, Louis pensa che potrebbe quasi abituarsi a vivere giornate di quel tipo ancora una volta. Il riccio si sveglia non appena Louis spegne la macchina sul vialetto del loro appartamento.

 

“Vuoi fermarti a dormire qui, Harry?”, il più piccolo passa le sue notti con loro da ormai qualche giorno, ma Louis ha smesso di dare le cose per scontate e ha deciso che continuerà a chiederglielo fino a quando non è certo che Harry si senta a casa con loro. 

 

 


But something’s out there calling,

a whisper we call home

 

 

 

 

Da quel giorno in poi, la vita di Harry sembra sorridergli più di quanto abbia mai fatto. Quando torna a dormire da Gemma, fa colazione con lei, e quando la ragazza esce per andare a lavoro, Harry si incontra con Niall e Liam per lavorare all’album, dal momento che la sua casa discografica gli ha finalmente mandato tutto il necessario per completare la registrazione.

Gli hanno chiesto di presenziare ai British Fashion Awards, per avere un po’ di visibilità nel Regno Unito, visto che non si è mai preoccupato veramente di promuovere la sua musica lì. 

 

I pomeriggi li passa sempre con Louis ed Anne, tranne il martedì e il giovedì che sono i giorni in cui la bambina ha il corso di danza e quindi finisce sempre col ritrovarsi a casa Tomlinson, come se non fosse passato un giorno da quando tutto tra lui e Louis è andato perduto.

 

Tuttavia, non sempre riescono a fare finta di niente e spesso finiscono col discutere delle stesse cose ancora e ancora: Harry si sente sempre come se non potesse trovare una ragione per cui non perdonare Louis, anche se sa perfettamente che è troppo difficile fare finta che tutte le lacrime versate e le notti passate in bianco non siano esistite.

 

Altre volte, e quelli sono i momenti che Harry preferisce in assoluto e a quelli a cui pensa più spesso, rimangono sul divano a guardare un film e si sentono entrambi dei ragazzini perché cercano sempre un motivo per toccarsi, e gli sembra di essere tornati ai tempi di X-Factor quando anche solo due dita che si sfioravano erano motivo di sorrisi che duravano ore.

 

“A che ora devi andare a prendere Anne?” chiede Harry, un giovedì pomeriggio. Fa fatica a credere che sia già dicembre.

 

“Uhm, di solito il giovedì vado per le 17.30, così assisto all’ultimo pezzo di lezione, e poi la porto fuori a cena” spiega Louis, e Harry lo guarda sorridendo.

 

Nonostante tutto, Harry è fiero di Louis: sa perfettamente che, anche con tutto l’aiuto del mondo, non sarebbe riuscito a fare un lavoro migliore di Louis, se avesse avuto una bambina.

 

Harry non sa perché lo fa, ma dopo qualche istante… “Posso venire anche io?” chiede. Louis, che è appoggiato alla sua spalla, si tira su quanto basta per guardarlo, sorpreso.

 

“Davvero?”

 

Harry si pente subito di averlo chiesto, e scuote la testa, “non avrei dovuto chiedere, scusa” dice, ma Louis scuote la testa, “Harry, io voglio che tu faccia parte della vita di Anne, okay?” dice convinto, e ora è Harry quello sorpreso. Louis se ne accorge e annuisce convinto, “come amico, zio, non mi interessa? Lei chiaramente ti adora, e si vede che tieni a lei. Non voglio che tu ti senta a disagio intorno ad Anne solo per quello che è successo tra di noi” spiega, “è stato un mio errore, non suo” conclude.

Harry lo guarda e prova a sorridergli.

 

“Non sei convinto” nota Louis. Harry scuote la testa, “non voglio che Anne soffra quando…”

 

“Quando?”

 

“Quando tornerò a Los Angeles.”

 

Louis fa per dire qualcosa, ma il cellulare di Harry comincia a squillare, così il più piccolo si sposta per prenderlo dal tavolino davanti a loro. Entrambi sono sorpresi di leggere il nome di David sullo schermo, così Harry risponde senza riuscire a guardare Louis, che è visibilmente teso accanto a lui.

 

“Ehi, straniero” dice David appena Harry risponde alla telefonata.

 

Non sa esattamente come comportarsi: da quando è tornato a Londra si sono visti un paio di volte su Skype, solo perché Harry si trovava in studio con Liam e l’amico voleva salutarlo, e si sentono solo via SMS.

 

David pensa sia per il fuso orario, Harry sa solo di essere egoista perché non pensava per niente a lui, dal momento che la sua vita era diventata nuovamente un flash fatto di LouisLouisLouis contornato da dagli occhioni azzurri di Anne.

Ogni volta che Harry pensa a Los Angeles, non riesce più a pensare che sia casa sua, e un po’ si detesta per questo.

 

“Dave, come stai?” chiede Harry, sinceramente interessato.

L’uomo, dall’altra parte del telefono, gli racconta qualche aneddoto e Harry non può fare a meno di ridere, non notando le espressioni corrucciate di Louis accanto a lui.

 

“Mi manchi” dice ad un certo punto David, e Harry sa che non può non rispondergli, e il momento in cui gli risponde con “mi manchi anche tu”, è lo stesso momento in cui Louis decide che è giusto che la sua gelosia abbia la meglio e si avvicina ad Harry, dandogli un bacio sul collo.

 

“Ma ti ho chiamato soprattutto per dirti che vengo a Londra per fare qualche intervista sul red carpet dei British Fashion Awards, e volevo sapere se ci vedremo? Starò a Londra solo per poche ore perché devo volare a New York, però…” dice, e Harry non può fare a meno che essere sorpreso, e non solo per la punta della lingua di Louis sulla sua clavicola.

 

“Certo,” dice poi, “e poi ci sarò anche io, ordine arrivato direttamente dalla casa discografica” spiega, e Louis lo bacia di nuovo.

 

Harry ride, e quando David gli chiede se va tutto bene e inizia a riempirlo di domande, la situazione si fa complicata perché Louis richiede tutta la sua attenzione rimanendo con la bocca attaccata al suo collo. Harry cerca di mantenere l’autocontrollo per non scoppiare a ridere per il solletico che la bocca di Louis gli provoca: non lo sta baciando con un secondo fine, ma solo per attirare la sua attenzione, e ci sta riuscendo bene.

 

“No, Dave! È stato…” fa per dire Harry, ma Louis lo morde e il ragazzo non riesce a non fare un sospiro sorpreso.

 

“Tutto bene, Haz?” chiede David, e Harry alza gli occhi al cielo, “sì, certo. Scusa ma non sto molto bene e stasera devo uscire a cena con Gemma e prima che tu chiamassi stavo per addormentarmi” mente. Louis sorride, e Harry riesce a sentire le sue labbra che si incurvano sul suo collo. Fortunatamente David abbocca e dopo qualche secondo lo saluta, promettendogli di scrivergli al più presto.

 

Harry lascia cadere il cellulare sul divano, e Louis finalmente si allontana.

 

“Quel tizio non mi piace” dice convinto, alzandosi. Harry scuote la testa ridendo, “perché?” domanda.

 

Louis si mette davanti a lui, per poi piegarsi e appoggiargli le mani sulle cosce e avvicinarsi, fino a che non si trovano faccia a faccia. “So che non dovrei ma…”

 

“Ma?”, Louis lo bacia, e una volta soddisfatto si stacca ma rimane comunque vicinissimo ad Harry, “mio” sussurra poi, come se fosse la cosa più naturale di sempre.

 

Non gli da il tempo di risponde alla cosa che si allontana e lo guarda, “allora?! Andiamo a prendere Anne?”

 


 

Louis non ricorda un tempo in cui non è stato geloso di Harry.

Lo infastidiva se qualcuno guardava il più piccolo per troppo tempo, o se mentre si trovavano sul palco una fan cercava di attirare l’attenzione del ragazzo per secondi fini e a volte si infastidiva anche se Niall scherzava troppo con Harry, quindi vederlo flirtare con David sul red carpet di quegli stupidi awards, gli faceva vedere rosso.

Louis ha sempre saputo che la sua gelosia era infondata, perché Harry non era mai stato il tipo da tradire la persona con cui stava, anche se l’unica vera relazione che avesse mai avuto era stata quella con Louis, e Louis sa perfettamente che almeno in questo caso, non ha nessun diritto di essere geloso.

È vero, Harry tecnicamente ha tradito David, ma per come Harry ha spiegato la sua relazione con l’uomo, non stavano davvero insieme. Anche se, a giudicare dalle immagini che Louis stava guardando su Twitter, David probabilmente non era a conoscenza della vera natura della sua relazione con Harry.

 

Louis, dal canto suo, non può che sentirsi arrabbiato: non sa se lo è con Harry, con David o con se stesso, anche se sa perfettamente che ha poco tempo per sbollire la rabbia perché Harry gli ha promesso che dopo gli awards avrebbe fatto una piccola apparizione ad un after party, e poi sarebbe andato da lui.

 

La verità è che, anche se a Louis non piace pensarlo, si sente a disagio la metà del tempo quando è con Harry. Non è per qualcosa che Harry fa, o dice, perché sono tutte cose che vengono fuori molto naturalmente, ma il punto per Louis è che non sono mai stati solo amici e che per lui è difficile andarci piano e coi piedi di piombo.

È consapevole di aver ferito Harry e che non è una ferita che si rimarginerà da un giorno all’altro.

A Louis piace pensare che stanno arrivando al punto in cui Harry riuscirà a guardarlo senza pensare alle bugie e al dolore che gli ha provocato, perché Harry lo guarda sempre con lo sguardo che l’ha sempre fatto sentire vivo, e che in cinque anni ha sentito soltanto grazie ad Anne, anche se in modo diverso.

 

Sono quasi le due del mattino quando Harry bussa alla porta di casa Tomlinson. Louis non ha ancora sbollito la rabbia scaturita dalla gelosia, ma quando gli apre e si trova Harry davanti con il cappotto in mano, fa un sospiro perché pensa non sia giusto che sia così tanto bello, e pensa che dovrebbe odiarlo perché chi metterebbe mai una camicia con il proprio cognome ricamato? Harry Styles, ovviamente.

 

Si siedono sul divano e dopo almeno cinque minuti di assoluto silenzio, Harry si decide a parlare.

 

“Tutto bene, Lou?” chiede, pur sapendo con certezza che qualcosa che non va.

Per qualche minuto Louis riesce a fare finta che vada tutto bene, chiedendo ad Harry se vuole qualcosa da bere e iniziando conversazioni che non hanno né capo né coda, ma purtroppo per lui il riccio sa essere molto perseverante.

 

“Perché sei così silenzioso?” chiede, e Louis si limita ad alzare le spalle, “sono solo stanco, Anne ha voluto giocare tutta sera e non pensavo che una bambina potesse fissarsi così tanto con un videogame” esclama convinto. Harry lo guarda, slacciandosi i primi tre bottoni della camicia, “Bugia” dice poi. Fa per dire qualcos’altro ma Louis lo guarda con la coda dell’occhio, “Harry, lascia perdere, okay?” dice scontroso.

 

Ovviamente viene ignorato.

 

“Sarà pur successo qualcosa, no?” domanda insistente Harry, e Louis si alza dal divano, guardandolo, “David, ecco tutto” dice incrociando le braccia.

 

Harry non può fare a meno di scoppiare a ridere. “David?” chiede.

 

Louis annuisce, “so che non dovrei, lo so” borbotta “ma ti guardava come…” esattamente come ti guardo io, vorrebbe dire, ma decide di usare altre parole quando riprende a parlare, “so che non ho il diritto di essere geloso e so che ho già sbagliato abbastanza ma Dio, ti guardava come avesse voluto spogliarti e tu… Tu stavi al gioco! Perché stavi al gioco?” domanda arrabbiato, “hai tutto il diritto di volerlo spogliare, è un bell’uomo per carità, ma…” si blocca, un po' perché si sente ridicolo, ma soprattutto perché Harry scoppia a ridere di nuovo. 

 

“Pensavo fosse chiaro” dice Harry, una volta che si è calmato. Louis lo guarda confuso, ma ancora nervoso, “cosa?” domanda.

 

“Oh, quindi non è chiaro che non è David, quello che voglio spogliare?”, domanda Harry sorridendo anche se un po' imbarazzato, e Louis non può fare a meno di rimanere a bocca aperta, sorpreso. “Chiaramente non è così… Mhm”, sussurra il riccio pensieroso, incrociando le braccia al petto. “Forse dovrei fare qualcosa per dimostrartelo”, aggiunge muovendo pochi passi verso di lui sotto lo sguardo attento del più grande.

 

Solo in quel momento, mette a fuoco i pettorali lasciati scoperti dai bottoni slacciati della camicia e si ritrova a ingoiare a vuoto un paio di volte, la bocca improvvisamente asciutta.

 

"Non so come fai a farmi questo effetto,”, Harry mormora mentre una delle sue mani striscia sulla parte bassa della sua schiena.

 

“Quale effetto?”, domanda Louis, la voce ridotta ad un sussurro.

 

“Mi fai sempre sentire in questo modo”, Harry soffia. Louis si irrigidisce stringendo la mano in un pugno. “Tu - tu mi fai impazzire. Io - io ti voglio così tanto, sempre”. Harry tiene gli occhi socchiusi, mentre una sua mano raggiunge la guancia di Louis. “Come se non fosse passato un solo giorno” e le sue mani, decisamente più piccole, raggiungono il suo petto.

 

“Harry, io...”

 

“No”, Harry sussurra prontamente interrompendolo, preme maggiormente verso la base della sua schiena per avvicinarlo a sé. “Non importa, non ora”, dopodiché Louis sente solo labbra soffici sulle sue e lo schiocco dei loro baci. Le sue mani scivolano con naturalezza tra i riccioli di Harry, cerca di premere il corpo contro il suo perché quella vicinanza non sembra mai abbastanza. Il bacio cambia d’intensità in quelli che sembrano pochi secondi.

 

“Dio”, Louis sussulta quando Harry rompe il contatto per lasciare una scia di baci sul collo, succhiandolo e mordendolo. Harry pizzica con i denti la pelle alla base della sua gola, abbastanza forte da convincere Louis che spunterà un segno in quel punto nel giro di qualche ora, e il pensiero invia un flusso di calore lungo il suo corpo, così inarca la schiena, strusciandosi appena contro il corpo di Harry, che emette una gemito strozzato.

 

“Harry, noi non- Anne”, la voce del ragazzo è ridotta ad un sussurro. “Non qui…”, è l’unico pensiero che riesce ad elaborare ed esprimere perché l’altro non sembra intenzionato a mollare la presa sul suo corpo. Intreccia le loro dita, trascinandolo velocemente verso la sua camera da letto, ma non fa in tempo a richiudere la porta alle sue spalle che Harry lo spinge contro di essa, torreggiandolo. La pressione dei loro corpi porta Louis ad alzarsi sulle punte e ad avvolgere le gambe intorno ai fianchi di Harry, che è pronto a sorreggerlo, dopo pochi secondi. È così familiare stare con lui in quel modo così intimo e Dio, Harry aveva ragione. Non sembra essere passato un singolo giorno; è quasi soffocante avere la consapevolezza che, invece, ne sono passati di anni dall’ultima volta in cui Louis ha avuto la possibilità di stringere Harry tra le sue braccia in quel modo. Afferra una ciocca dei suoi capelli tirandoli leggermente, un po’ cercare un appiglio, un po’ per averlo impossibilmente vicino.

 

“Posso - posso spogliarti, Lou?”, la voce di Harry è roca, supplicante e Louis non crede di averla mai sentita così. “Pensavo non me l’avresti mai chiesto”, commenta sorridendo sulle sue labbra prima che il riccio lo travolga in un nuovo bacio.

Louis riesce a slacciargli la camicia mentre continuano a baciarsi distrattamente ed Harry sa di alcool e nuove promesse.

 

“Sai di alcool...”, commenta mordicchiandogli il labbro inferiore con forza.

 

“Ti piaceva un tempo”, soffia in risposta sornione, Louis fa scivolare una mano tra i suoi capelli, tirandoli con più forza questa volta perché Harry ha tremendamente ragione. Nonostante sia tutto diverso adesso, Harry riesce a fargli perdere il controllo ora come allora.

 

Harry riesce a lanciare la sua camicia di lato, senza separare i loro corpi per poi tornare a baciare la parte inferiore della sua mascella.

Quando le mani grandi del più piccolo scivolano sotto la sua maglia, Louis trattiene il sospiro rafforzando la presa delle gambe intorno al suo bacino per incitarlo a liberarlo dell’indumento. Harry rompe il bacio e la maglia finisce sul pavimento accanto alla sua camicia; nella manciata di secondi successivi, le mani di Harry trovano il petto di Louis, finendo sui suoi capezzoli. Louis rilascia un gemito e socchiude gli occhi perché Dio, quanto gli era mancato sentirsi così. È incredibile come lui sia l’unica persona in grado di ridurlo in quello stato.

 

Fa intrecciare le sue dita con quelle di Louis baciando ogni nocca e solo in quel momento nota la minuscola macchiolina nera sul suo anulare; smette di respirare per qualche secondo mentre il suo cuore batte all’impazzata. Louis nota lo sguardo del più piccolo fisso sulla sua mano sinistra, una smorfia consapevole si affaccia sulle sue labbra.

 

“Louis… Tu… Quando l’hai fatto?”, la voce di Harry trema appena mentre i suoi occhi non sembrano voler lasciare quella minuscola H tatuata in corsivo sull’anulare dell’altro.

 

“Uhm” Louis ora è ancora più imbarazzato, “due anni fa, più o meno. Era il compleanno di Niall, avevo bevuto e credo mi mancassi più del solito”, dice in un soffio, Harry non crede di averlo mai visto così vulnerabile come in quel momento.

 

“Dio, mi sei mancato così tanto”, mormora Harry contro il suo petto.

 

“Anche tu, anch- anche tu”, il fiato caldo del più piccolo si scontra contro la sua pelle rendendola bollente. “Haz, ti prego… Fa qualcosa adesso”, afferma Louis fissandolo senza vergogna. Harry non aspetta un minuto di più, stringendolo di più tra le braccia raggiunge il letto, in cui sprofondano facendolo scricchiolare appena.

 

Harry si piega a baciargli entrambi i fianchi, prima di spogliarlo completamente. “Harry, io… Uhm - voglio che tu… Voglio che sia tu..”, dice Louis timidamente ma Harry  capisce comunque, resta in silenzio limitandosi ad annuire. “Non ho mai voluto essere di nessuno che non fossi tu”, Harry sorride contro le sue labbra perché è lo stesso motivo per cui ha sempre lasciato fare tutto a David, perché non voleva che nessuno fosse suo come Louis lo era stato.

 

Louis allunga un braccio per afferrare il flacone di lubrificante nel comodino e lo apre sollevando il tappo con il pollice; ne versa un po’ sulle dita di Harry e butta il flacone sul letto senza nemmeno chiuderlo. Harry continua ad annuire e a sorridere ad ogni parola che esce dalle sue labbra, ancora incredulo che stia succedendo davvero.

 

“Ti amo”, Louis trattiene il fiato quando Harry si piega su di lui per baciarlo e poi fa scivolare un dito dentro di lui, un po’ per il freddo un po’ perché è la prima volta che ascolta di nuovo quelle due parole. “…Così tanto” continua Harry.

 

Louis inarca la schiena, buttando indietro la testa sul cuscino e tappandosi la bocca con il palmo di una mano per impedirsi di fare rumore perché c’è Anne nella stanza accanto; si abbandona completamente alle attenzioni del più piccolo, Harry potrebbe fare del suo corpo qualunque cosa lui voglia in quel momento perché lui è certo che non riuscirebbe a fare una sola mossa; Harry è l’unica cosa a cui riesce a pensare, è ovunque intorno a lui e a Louis è mancato davvero troppo.  Il più piccolo aggiunge un secondo dito prima che il più grande possa anche solo pensare di dirgli qualcosa, il che non fa che aumentare i suoi gemiti sommessi.

 

Dopo alcuni minuti, Harry estrae le sue dita ricevendo un lamento da parte di Louis in risposta. “Stai bene?”, chiede il più piccolo cercando rassicurazione nei suoi occhi, anche se il più grande è piuttosto certo che sia Harry a dover essere rassicurato, può sentirlo tremare contro il suo corpo.

 

“Sì”, dice sicuro Louis. “Tu?”, gli occhi di Harry sono dilatati e ricciolo ricade dalla sua fronte ed è una vera e propria visione.

 

Si morde il labbro prima di rispondergli. “Si, uhm - si”, inizia, “Non voglio rovinare le cose, io non-”

 

“Ehi, ehi non succederà”, Louis sussurra, cercando di calmarlo. “Te lo prometto, okay?”, afferma sistemandogli quel ricciolo ribelle dietro l’orecchio.

 

“Va bene”, Harry srotola il preservativo, indossandolo velocemente. Entra in lui lentamente, socchiudendo gli occhi non appena è completamente dentro di lui. Louis prende respiri profondi, le sue gambe tremano ed Harry deve accorgersene perché prende ad accarezzarle con cura.

 

“Haz...”, geme Louis, andando incontro alle sue spinte. Si sente diciottenne di nuovo, ed è tremendamente bello.

Si concede alcuni minuti per osservarlo e per pensare a quanto tutto questo gli sia mancato. Il modo in cui i capelli ricadono sulle sue spalle, le gocce di sudore che gli bagnano la fronte, i muscoli delle spalle che guizzano dopo ogni spinta, le loro mani intrecciate sul cuscino, accanto al suo viso. Gli graffia le pelle della schiena, sentendosi di nuovo completo. Per un attimo, uno solo, Louis spera di non doverne mai più farne a meno perché non riuscirebbe a sopportare di perderlo di nuovo.

C’è un momento, poco prima dell’orgasmo, in cui Harry geme un sei bellissimo sulle sue labbra e Louis vorrebbe piangere perché lui è sempre stato l’unico in grado di farlo sentire davvero così. Troppo stanchi per fare altro, si stendono l’uno accanto all’altro: Harry prende ad accarezzare la schiena di Louis mentre lui rimane contro il suo petto.

 

C’è ancora parecchia strada da fare e probabilmente non ne hanno fatta ancora metà, ma staranno bene, Louis lo sa.

 

 

 

 

In the dark, when you sound the alarm

We'll find each other's arms

For your love, all you are

I'd start a riot

 

 


 

Quando Harry apre gli occhi la mattina successiva, sbattendo le palpebre più volte per mettere a fuoco la stanza in cui si trova, fa freddo. È solo e le lenzuola sono rigide accanto a lui, segno che il corpo di Louis manca da tempo ormai. Non vorrebbe pensarci, davvero, ma è inevitabile che il pensiero gli sfiori la mente: non può credere che Louis l'abbia fatto, non può credere che l'abbia lasciato solo in quel letto dopo quella stupida discussione, non dopo aver fatto l'amore.

Harry vorrebbe sorridere al solo pensiero ma non riesce a farlo in quel momento, nonostante tutto però non riesce a prendersela con Louis. Conoscendolo, avrebbe dovuto aspettarsi una reazione del genere e forse avrebbe dovuto dirgli che David avrebbe partecipato a quell'evento; ma come avrebbe potuto pensarci se Louis e la piccola Anne erano l'unico pensiero fisso delle sue giornate nelle ultime settimane?

 

I suoi pensieri vengono interrotti dal rumore della porta di casa che scricchiola seguita dal tintinnio metallico delle chiavi e dopo qualche minuto, la figura di Louis fa capolino nella camera da letto e wow è tutto quello a cui Harry riesce a pensare.

Indossa la camicia che lui ha indossato la sera precedente ai British Fashion Awards, nonostante gli stia palesemente grande, e Harry non può fare a meno di pensare al passato, a quando il mondo sarebbe letteralmente esploso all’idea di vedere Louis con addosso una camicia del genere.

 

“Oh, uhm- sei qui…”, è ciò che dice quando in realtà l’unica cosa che vorrebbe davvero fare è strappargliela di dosso.

 

"Dove altro dovrei essere?", chiede Louis con una smorfia divertita in volto.

 

"Oh, io pensavo che - uhm", non è certo di voler esprimere le sue insicurezze ma, in qualche modo, Louis riesce a captare qualcosa dai suoi occhi.

 

"No, no, no, Harry", il più grande poggia un ginocchio sul letto, fa scivolare via le sue scarpe per sedersi a gambe incrociate davanti a lui. "Dovevo accompagnare Anne a scuola, Haz...", ammette Louis e il suo tono di voce è così dolce che il riccio si rilassa immediatamente.

 

"Oh…", gli occhi di Louis brillano così come il suo sorriso ed Harry si concede qualche minuto per osservarlo meglio, ora che è di nuovo così vicino.

 

"Già", sorride divertito spostando il ciuffo di capelli dalla fronte con un movimento del capo. Louis lancia un'occhiata al ragazzo, notando che i suoi occhi sono ancora assonnati e c'è un adorabile solco sulla sua guancia sinistra, segno che deve essersi svegliato da poco. "Sei sveglio da molto? Ho portato la colazione, la tua preferita..ti va?", chiede Louis ed è così rilassato e raggiante che Harry non ci pensa due volte ad annuire. "Okay, non muoverti…", con uno scatto, Louis è fuori dalla camera, Harry lo sente armeggiare in cucina e dopo qualche minuto appare con un enorme vassoio tra le mani.

 

Louis si libera del jeans prima di piombare di nuovo sul letto, proprio accanto ad Harry ed ora indossa solo la sua camicia. Il riccio ingoia a vuoto, deve concentrarsi sulla colazione ora. "Lo sai che odio i jeans..", commenta notando che gli occhi del ragazzo non sembrano voler abbandonare la sua figura.

 

"Odi anche le camicie eppure...", Louis ha un sorriso sornione stampato sul volto ed Harry vorrebbe baciargliela via.

 

"Questa ha un qualcosa di diverso, però...", le dita di Louis sfiorano appena la scritta Styles cucita in bianco, senza interrompere il loro gioco di sguardi. "Hai fame?", Harry si limita ad annuire, incapace di dire altro perché l'unica cosa a cui riesce a pensare è liberare Louis da quella camicia e marchiare ogni centimetro della sua pelle. "Abbiamo un muffin al cioccolato, uno al limone con i semi di papavero... Lo so che è ancora il tuo preferito. Poi, uhm - frappuccino al caramello e un cappuccino classico", spiega Louis indicando ogni involucro sul vassoio.

Harry sorride mostrando le sue adorabili fossette mentre lo ascolta, dandosi dello stupido per aver anche solo pensato che Louis potesse averlo abbandonato quella mattina. Passano la mezz'ora successiva a fare colazione, gambe intrecciate e sorrisi mal celati fino a quando Harry decide che ne ha avuto abbastanza e che preferisce vedere Louis senza la sua camicia addosso.

 

Quando il più grande finisce di schiena tra le lenzuola con i capelli disordinati sul cuscino e le dita intrecciate alle sue, Harry decide che si, quella è decisamente la sua visione preferita.

 

Se poi finiscono per passare il resto della mattinata a letto, nessuno è tenuto a saperlo.

“Bene, bene, beeeene.”

 

Harry non aveva messo in conto che Sophia riusciva ad essere molto insistente, così quando un paio di giorni dopo Harry entra a casa Payne e la trova lì insieme a Liam e Niall, non può fare altro che provare a fingere per un po’.

 

“David?” chiede la ragazza corrugando la fronte, e Harry sa benissimo che si riferisce al segno che ha sul collo. Niall e Liam assistono allo scambio tra l’amico e Sophia sorridendo, ma entrambi sono scioccati quando Harry scuote la testa, “Louis?” dice incerto.

 

Sophia sorride soddisfatta, e porge una mano a Liam, che in silenzio prende il portafoglio dalla tasca dei jeans e le porge 20£. Niall scoppia a ridere mentre guarda la faccia provata di Harry, che esclama un “davvero?” però non può fare a meno di pensare a quanto sia fortunato.

 

“Allora?” chiede Sophia, facendo segno al ragazzo di sedersi accanto a lei. Harry alza le spalle, “non ho idea di che cosa tu voglia sapere, ma anche se ce l’avessi non ti direi nulla” dice, fingendosi offeso, poi si volta verso Liam “e tu?!” lo indica, “pensavo ci tenessi a me e Lou, hai scommesso solo 20£?” domanda incredulo.

 

“Lou?” domanda nuovamente Sophia, “siamo passati dal non poterlo nominare a Lou?” dice.

 

Harry guarda Niall, che alza le spalle, “amico, se ti può consolare io avevo puntato 100£, ma poi mi sono tirato indietro. Sapevo come sarebbe andata dal momento in cui Liam mi ha comunicato che ci saresti stato anche tu al matrimonio” esclama, “quindi, dobbiamo chiamare Lou , per sapere cosa è successo?” dice.

 

“Non è successo niente che vi riguardi, e poi, al massimo, dovreste essere contenti per noi?”

 

“Noi?”

 

Sophia non è proprio il tipo di donna che lascia perdere.

 

“Soph, lo sai che ti voglio bene ma…” fa per dire Harry, ma lei lo interrompe, “mi merito di sapere” esclama fingendosi offesa, e Harry pensa per un attimo che quelli davanti a lui suoi più cari amici e che se sapessero sarebbero contentissimi, così cede e “continuo a credere che non siano affari vostri, ma comunque… Abbiamo fatto sesso, l’altra sera. E ieri mattina” dice sorridendo, e Sophia non può fare a meno di abbracciarlo, soddisfatta. Niall sorride e Liam lo fa lo stesso, “quindi ora diventerete nuovamente insopportabili come quando stavate insieme?” chiede quest’ultimo. Harry scuote la testa, “non stiamo insieme, Li” dice.

 

I tre lo guardano spalancando la bocca.

 

“No?” chiede Niall, poco convinto.

 

“Non dovremmo andare in studio?” Liam scuote la testa, “non te la caverai così facilmente” dice, “e poi se chiedessi a Louis userebbe Anne come scusa come fa ogni volta che affrontiamo un argomento che non gli piace” dice.

 

Sophia annuisce convinta, e Harry si arrende al fatto che le uniche persone con cui può parlare davvero, sono loro tre. Lo farebbe con Gemma, o con sua madre, ma sa già che cosa gli direbbero: che la vita è sua, che deve fare quello che si sente, che Louis è un bravo ragazzo e che lo ama eccetera, eccetera.

 

“Sto bene con lui, davvero” dice, “ma non posso fare finta di niente, capite? Lui…”

 

“E’ stato uno stronzo, sì” conclude Sophia, facendolo ridere, ma poi annuisce, “lo sapete cosa voglio dire. E poi c’è Anne, non possiamo sottovalutare la cosa!” dice.

 

“Louis ama Anne più di qualsiasi altra cosa” dice Liam convinto, “non voglio difenderlo o giustificarlo, ma se non sei convinto di quello che stai facendo…” lascia la frase a metà perché Harry sa perfettamente cosa sta per dire.

 

Se non sei sicuro di quello che stai facendo, fatti da parte.

 

“Adoro Anne,” si giustifica Harry.

Niall si accorge che Harry sta già riflettendo a tutti gli errori che ha commesso nella sua intera esistenza, quindi “dobbiamo festeggiare” esclama.

 

“Cosa?” chiedono Liam e Sophia in coro. Niall alza le spalle, “Harry che è stato a Londra più di dieci minuti, il fatto che lui e Louis sono in rapporti talmente buoni che riescono ancora a togliersi le mutande e… Non ricordavo che ci servisse una scusa per bere!” dice. I tre, davanti a lui, ridono e Harry pensa che anche se non ci fosse di nuovo Louis nella sua vita, sarebbe fortunato anche solo così e si sente stupido all’aver perso tutto il tempo che ha perso lontano da Londra e dalla sua famiglia.

 

 

 

 

 

Harry si è dimenticato dell’esistenza di Eleanor Calder e riesce ad ammetterlo senza problemi, quindi quando arriva seguito da Gemma e Matthew e la vede seduta al tavolo che Niall aveva sapientemente prenotato nel club di un suo amico, non può fare a meno di essere sorpreso.

Eleanor si alza subito per salutarlo, e non è per niente tesa, cosa che invece è Harry: la ragazza lo abbraccia come non avrebbe mai fatto qualche anno prima, gli chiede come sta e Harry si rende conto che la conosce da ormai quasi dieci anni e che non sa praticamente nulla di lei, così prende la decisione di sedersi tra lei e Sophia, dal momento che di Louis non era ancora arrivato.

Fa un paio di domande ad Eleanor, e scopre che ha fatto del blog che aveva aperto qualche anno prima un vero e proprio lavoro, tanto che aveva fatto addirittura una collezione per Topshop, e soprattutto, anche se non è una sorpresa, scopre che sta con Max da poco più di un anno.

 

È già al secondo shot offerto da Matthew quando Louis arriva. Si annuncia con uno “scusate per il ritardo, ma io ed Anne abbiamo avuto un diverbio su che cosa fosse meglio portare a casa di zia Lottie e zia Fiz, visto che stare senza le sue trecento barbie fino a domani pomeriggio sarebbe stato troppo complicato” dice sbuffando, “quindi, visto che gli zii della bambina sono quasi tutti presenti, direi che Babbo Natale quest’anno porterà solo vestiti, mhm?” dice.

Sophia, Gemma ed Eleanor si lanciano un’occhiata fin troppo saccente, così Louis sorride, “detto questo, lui è Logan” esclama indicando l’uomo accanto a lui, “è il pediatra di Anne ed è anche un mio grande amico, quindi tentate di non spaventarlo, okay?” chiede, facendo ridere tutti.

Logan li saluta con la mano, così Louis fa un veloce giro di nomi, poi si volta verso l’uomo, e gli chiede qualcosa che Harry non riesce a sentire.

 

Sa perfettamente di avere il suo sguardo da serial killer stampato in faccia, ma non riesce a farne a meno.

 

Forse dovrebbe pentirsi di aver fatto sesso con Louis, e forse dovrebbe anche pentirsi di essersi lasciato andare così tanto con lui, visto che chiaramente per Louis non significava niente. Sophia si accorge che qualcosa non va, così gli appoggia una mano sulla coscia fermando un cameriere, e quando questo ritorna, lei passa un bicchierino dei due che gli sono stati portati ad Harry, “ai serial killer, mhm?” chiede, facendo ridere il ragazzo, che fa toccare i due bicchierini per brindare.

 

Sa che l’alcol non è la risposta in queste circostanze, ma tanto avrebbe guidato sicuramente Gemma, che non era mai stata una grande bevitrice.

 

Per la prima metà della serata, Louis fa di tutto per non dare troppa attenzione ad Harry, anche se non riesce a pensare ad altro a quello che era successo un paio di giorni prima: alle sue mani che lo toccano, a Harry che si fa spazio dentro di lui come se non fosse passato neanche un giorno dall’ultima volta che l’aveva fatto, alla colazione della mattina seguente e quanto era stato bello vedere Harry assonnato e preoccupato che l’avesse lasciato da solo per un motivo diverso da Anne che doveva andare a scuola, e soprattutto Louis non poteva fare a meno di pensare al ti amo che era stato detto. Non sa esattamente perché prova a non dare tutta l’attenzione che può ad Harry, forse perché si sente imbarazzato all’idea di non aver fatto le cose come Harry merita, resta il fatto che quando Logan gli chiede di ballare, Louis non dice di no.

Ballano per almeno 10 minuti, ma Louis in realtà non perde mai di vista Harry, che scherza e ride con gli altri – persino con Eleanor, e non lo guarda neanche una volta, salvo per un attimo, quando si alza e va verso il bagno.

 

Quando Harry entra nel bagno, ringrazia Dio che sia praticamente vuoto. Si avvicina ad un lavandino e si guarda allo specchio per un attimo, per poi sciacquarsi la faccia cercando invano di riprendersi. La verità, anche se dura, era che gli dava fastidio vedere Louis comportarsi come se non fosse successo niente, e gli dava ancora più fastidio vederlo insieme a quel Logan. Non si aspetta di vedere Louis che lo fissa appoggiato al muro, quando si gira. Il bagno è ormai vuoto salvo un ragazzo che si sta lavando le mani, che esce prima ancora che Louis dica qualcosa. 

 

Quando si richiude la porta, finalmente parla. “Sei arrabbiato?” chiede senza dire altro, e Harry scuote la testa. Louis si avvicina, “sai in cosa non sei cambiato per niente?” domanda senza arrendersi, e Harry ripete il gesto di qualche istante prima, ricevendo un “si vede lontano un miglio quando stai mentendo, e quando sei arrabbiato, quindi… Perché sei arrabbiato?” 

 

Harry lo guarda incredulo, “da quando sei arrivato mi hai a malapena parlato, o addirittura guardato in faccia, e non fraintendermi non credevo che Eleanor potesse essere così adorabile, ma… Pensavo che l’altra sera avesse significato qualcosa per te, ma chiaramente non è così e...”

 

Il senso di nausea arriva a Louis prima di qualsiasi altro pensiero.

 

“No, no..” dice subito, “pensi davvero che aver fatto l’amore con te non significhi niente, per me?” esclama, praticamente nel panico. Harry alza le spalle, “non lo so, ha significato qualcosa?” chiede. Louis lo guarda e sorride, “tutto, ti basta?” domanda di rimando, e Harry corruga la fronte, “sono sicuro che non fosse necessaria la presenza di Logan, stasera” mugugna, incrociando le braccia al petto. Louis ride.

 

“È Logan, il problema?”

 

“David lo è per te, perché non dovrebbe essere lo stesso?”

 

Louis non sa esattamente cosa lo spinge a girarsi e a chiudere la porta del bagno a chiave, e francamente, mentre si inginocchia davanti ad Harry, non gli importa neanche di tutte le persone che hanno bisogno di usarlo.

 

“Louis, ma cosa…”, Louis non lo calcola mentre gli slaccia i jeans e li abbassa di poco, “quando inizierai a metterti dei pantaloni che non bloccano la circolazione?” chiede passandosi la lingua sulle labbra, e Harry vorrebbe tanto rispondergli qualcosa che non sia un gemito, ma Louis sta chiaramente cercando di ucciderlo mentre passa la lingua su tutta la lunghezza dell’intimità di Harry, che rimane aggrappato al lavandino con la paura di spostare le mani perché non sicuro di potersi sostenere.

 

“Louis n...” prova a dire, ma un po’ non riesce a trovare la forza di formulare una frase di senso compiuto, un po’ non può credere che stia succedendo davvero, e soprattutto Louis sta usando la bocca su di lui come se fosse l’ultima cosa che ha scelto di fare prima di morire, senza mai togliere lo sguardo da Harry che finalmente gli mette una mano tra i capelli, tirandoli, e Louis fa un gemito, che è soffocato fin troppo dalla presenza di Harry nella sua bocca. Ci vuole poco prima che l’orgasmo di Harry si palesi, non fa neanche in tempo ad avvisare Louis che però non si lamenta. Quando il più grande si alza, aspetta che Harry si rivesta prima di riaprire la porta del bagno, e girarsi per baciarlo.

 

“Casa tua. Ora.” Louis ride, e Harry riesce solo a prenderlo per mano e trascinarlo fuori da lì.

 

 

Un paio d’ore dopo sono nudi, nel letto di Louis, che si trova sopra Harry con la testa appoggiata sul suo petto, mentre il più piccolo gli accarezza la schiena.

 

“Mi sei mancato così tanto,” sussurra Louis “a volte pensavo di non riuscire a respirare” ammette. Harry non può fare a meno di sorridere, “quando sono arrivato a Los Angeles, non ero ancora uscito dall’aeroporto che volevo già tornare indietro” dice poi, “volevo ucciderti, però volevo tornare indietro e dormire nel nostro letto e svegliarmi con te, e riaddormentarmi con te la sera dopo. Ha senso?” chiede.

Louis si tira su, senza muoversi dal corpo di Harry, giusto quanto basta per guardarlo in faccia.

 

“Dicevi sul serio?” domanda, “l’altra sera, quando abbiamo fatto l’amore, hai detto che...” prova a dire, ma Harry ha già capito e annuisce, “ho detto che ti amo, lo so. Non ho mai smesso davvero” esclama convinto. Louis appoggia di nuovo la testa sul petto di Harry, soddisfatto, prima di sussurrare un “ti amo anch’io” convinto, seguito da un “grazie”.

 

“Per cosa?” chiede Harry, e Louis gli prende la mano che non sta usando per accarezzargli la schiena, “per essere tornato, per non avermi trattato davvero come mi meritavo, e per non aver trattato Anne come se fosse la figlia di Satana, per i tre orgasmi delle ultime due ore e per essere mio” dice convinto. Harry ride, “sapevo che gli orgasmi erano una delle cose per cui mi avresti ringraziato” esclama, e l’altro gli bacia il petto, sorridendo.

 

“Lou?”

 

“Mhm?”

 

“Se ci addormentiamo ora, domani mattina dovremo stare mezz’ora nella doccia.”

 

“Se ci stiamo insieme, è okay.”

 

“E Louis?”

 

“Sì?”

 

“Non dovresti ringraziarmi per essere tuo, non c’è mai stata la possibilità che io diventi di qualcun altro” dice Harry convinto, e Louis sorride di nuovo.

 

È la prima notte in cinque anni in cui entrambi non hanno paura di svegliarsi la mattina dopo.

 

 

 

 

 

 

Harry ha sempre pensato che sua madre avesse un sesto senso per certe cose, così quando lo chiama per chiedergli come stanno andando le cose, la donna avverte subito che c’è qualcosa che non va e quando chiede ad Harry delle spiegazioni, lui non può fare a meno di sfogarsi con lei.

 

“Pensi che io stia facendo un’idiozia?” domanda, e la donna sospira, “tu lo pensi?” chiede di rimando, e Harry alza gli occhi al cielo, contento del fatto che sua madre non possa vederlo.

 

“Non lo so. Sembra tutto troppo perfetto, e l’idea di tornare a Los Angeles mi terrorizza” dice sincero. Quello che non si aspetta è la risposta di sua madre, che esclama un “pensi che lui non sia terrorizzato all’idea di te che lo lasci di nuovo?”

 

“Cosa intendi dire?” Anne si pente subito della frase appena pronunciata, ma si arrende e decide di parlare lo stesso, “non so quanto Louis ti abbia raccontato di come si sentisse, ma anche se non sarà d’accordo, posso farlo io” dice, “Harry, sei mio figlio e lo sai che amo te e Gemma più di qualsiasi altra cosa, ma per te è stato molto più facile di quanto lo è stato per Louis” commenta.

 

Harry non può che essere sorpreso.

 

“Come ben sai, non è venuto subito a casa nostra, quando te ne sei andato. Ha aspettato che nascesse Anne, e credimi se ti dico che quando è arrivato era speranzoso del fatto che tu avessi bisogno solo di tempo. Non dimenticherò mai la faccia di Louis mentre gli spiegavo che non avevi intenzione di tornare a casa,” spiega. Harry si morde il labbro, nervoso.

 

“Tu sei andato avanti. Ti sei fatto una nuova vita, hai proseguito la tua carriera, ed è giusto così. Nessuno merita di essere ferito come ti ha ferito Louis, ma lui? Lui è rimasto qui, con le stesse facce che gli ricordavano quanto avesse perso, in una casa dove tutto gli ricordava di te, e quando gli ho detto che poteva stare qui quanto voleva, ha pianto. E…” Anne si sblocca per un attimo, “conosci Louis meglio di chiunque altro, e sai che non è da lui far vedere le sue emozioni, ma credimi se ti dico che era terrorizzato. Hai mai pensato a questo?” domanda la donna, “Se vuoi tornare a Los Angeles hai tutto il diritto di farlo, ma devi prima parlarne con lui e mettere in conto che se stavolta sarà lui a non volerti più vedere, non potrai opporti.”

 

Harry sospira, “non ho mai smesso di pensare a lui o di amarlo, lo sai.”

 

Anne lo sa bene, per questo evita di raccontare al figlio di quante volte sentiva Louis piangere durante la notte, o di quante volte Jay l’avesse chiamata nel panico perché tutto quello che faceva Louis era occuparsi di Anne e nient’altro, e nessuno ha il coraggio di raccontare ad Harry di quanto il Louis che conosceva sia comparso nuovamente solo con il suo ritorno nella sua vita.

 

“Lo so, per questo ti dico che non stai facendo un’idiozia. Tu ed Anne siete la cosa più importante per lui. Ma tu sei disposto a dimenticare tutto?” chiede.

 

Louis entra in camera in quel momento, sorridendogli, e si siede accanto al ragazzo, guardandolo curioso.

 

“Devo andare, mamma” esclama Harry subito, “Grazie. Ti voglio bene” dice, e una volta che Anne ricambia il saluto attacca il telefono e si gira verso Louis.

 

“Che c’è?” chiede il più grande, confuso. Harry si avvicina e lo bacia, e tenendo la fronte appoggiata a quella di Louis, esclama un “mi sei mancato” che vale più di qualsiasi altra cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quello di quell’anno è il Natale più bello che Louis ed Harry riescano a ricordare.

La mattina della Vigilia, nonché il suo compleanno, Louis si è svegliato sentendo dei rumori in cucina, e una volta entrato nella stanza, ci ha trovato Harry ed Anne che cercavano di preparargli la colazione, e ovviamente non aveva potuto fare a meno di sorridere all’idea di avere un compleanno come quello tutti gli anni a venire. 

 

Addormentarsi tra le braccia di Louis e risvegliarsi nello stesso modo, per Harry è fin troppo semplice e ci si abitua subito, così come si abitua ad avere Anne sempre intorno e gli sembra di non essersi perso neanche un giorno della vita della bambina, che dall’alto dei suoi cinque anni, si comporta con Harry esattamente come si comporta con Louis, e la cosa li rende entrambi felicissimi.

 

Il giorno di Natale si svegliano con Anne che salta sul letto strillando di quanti regali ci fossero sotto l’albero di Natale.

Harry prepara la colazione mentre la bambina apre tutti i pacchetti, e quando il ragazzo entra in salotto e si siede sul divano accanto a Louis, la bambina corre in camera sua tornando con due pacchettini. Quando Louis e Harry aprono i pacchetti si trovano davanti una scatolina che contiene due disegni pressoché simili, che ritraevano la bambina tra Louis ed Harry.

 

Harry deve nascondersi dietro la tazza di caffè per non far vedere a Louis e ad Anne che ha gli occhi lucidi, e pensa che non ha mai ricevuto un regalo così bello.

 

Il giorno di Natale, oltre al fatto che stavano chiaramente diventando una famiglia, Harry si rende conto di quanto anche per le loro famiglie fosse semplice fingere che niente fosse mai successo, e non sa se esserne felice o triste: Jay e Anne si chiudono in cucina per quasi due ore, e quando ne escono al ragazzo sembra di essere tornato nel 2011.

 

A volte, quando rimane da solo perché torna a dormire da Gemma o nota in giro per casa di Louis fotografie di quando Anne era piccola, Harry si chiede se stesse facendo la cosa giusta: Louis gli aveva mentito una volta, cosa lo tratteneva dal fare di nuovo lo stesso errore? Sa che non dovrebbe pensare quelle cose, perché Louis sembra davvero cambiato, ma una piccola parte di lui non riesce proprio ad andare oltre a quello che è successo.

 

La prima volta che Harry si rende conto che vuole stare di nuovo con Louis, è merito di Anne: sono passati due giorni da Natale e la bambina corre in camera urlando che nevica, saltando sul letto come un grillo. Per la prima volta, però, si butta sopra Harry che si sveglia di soprassalto, trovandosi faccia a faccia con la bambina.

 

“NEVICA!” annuncia la bambina. Harry sorride, e lei gli bacia una guancia, “usciamo a giocare?” chiede, guardandolo.

 

“Svegliamo papà?” chiede Harry, e Anne alza le spalle, “non lo so, papà non è tanto 

bravo a giocare con la neve” sussurra convinta, e le basta guardarlo per un secondo prima di convincerlo che Louis si merita mezz’ora di sonno in più.

Ordina alla bambina di vestirsi e lui si costringe a fare lo stesso, e quando si ritrovano in salotto dopo venti minuti, Anne ha in mano il suo cappellino e la sciarpa.

 

“’rry, mi aiuti a metterli?” chiede entusiasta, e Harry le da un bacio sulla fronte, e una volta aiutata, la prende per mano per andare in giardino.

 

Giocano a palle di neve per un po’, fino a che la bambina non decide che devono assolutamente fare un pupazzo di neve che assomigli a Louis. Stanno in silenzio per qualche minuto, accumulando la neve che era caduta, poi Anne parla.

 

“Nonna Anne è la tua mamma, vero?” chiede. Harry la guarda annuendo, “sì, e zia Gemma è mia sorella” le risponde, tentando di non apparire nervoso quando in realtà lo è eccome.

 

“E perché quando papà mi portava da zia o da nonna tu non c’eri?” domanda di nuovo la bambina, e Harry prova a sorriderle, “perché non abito più con la nonna e la zia da tempo, anche se ora momentaneamente dormo da zia Gemma” dice Harry, ma se Anne ha preso un tratto caratteriale dal padre è l’essere terribilmente curiosa.

 

“Però non sei mai venuto ad una mia festa di compleanno? C’erano tutti ma tu no!” dice sospettosa, così Harry si arrende, “perché io non vivo qui a Londra come tutti gli altri, e neanche vicino come nonna Anne o nonna Jay” spiega, e la bambina gli lancia un po’ di neve ridendo, poi gli chiede dove abita ed Harry si trova nuovamente in difficoltà prima di rispondere “a Los Angeles” con un filo di voce. Lei lo guarda per un attimo confusa, “e dov’è?” domanda.

 

“Negli Stati Uniti, precisamente in California” spiega Harry.

 

“Mhm… È lontano?”

 

“Abbastanza.”

 

“E quanto?”

 

“Bisogna prendere l’aereo e starci sopra per un po’. Qui sono le 9, lì è l’1 del mattino” dice. Anne spalanca gli occhi, “e ci tornerai presto?” chiede, senza guardarlo.

 

Harry sospira rumorosamente. “Dovrò farlo, sì. Sono venuto qui solo per il matrimonio di zio Liam e zia Sophia, però poi zio Niall mi ha convinto a restare per fare delle cose.”

Anne abbassa lo sguardo, per poi concentrarsi su Harry.

 

“Ed io e papà?” chiede.

 

“Cosa?”

 

“Verremo anche io e papà con te a Lo Angles?”

 

“Los Angeles,” la corregge Harry, e poi scuote la testa, “no, tesoro. Solo io andrò a Los Angeles. Tu e papà vivete qui, no? Devi andare a scuola, e a danza con le tue amiche e poi papà ha un sacco di cose da fare qui e…”

 

“E non puoi rimanere tu?”

 

“A Los Angeles ci sono tutti i miei amici, e casa mia. Non è facile” dice, ma non è del tutto sincero.

 

Tornerebbe a vivere a Londra in un secondo, se solo non odiasse l’idea di farlo solo per Louis. Non avevano definito del tutto la natura della loro relazione, ma Harry sapeva perfettamente che avrebbe odiato ogni minuto della sua vita a Los Angeles, lontano da Anne e da Louis, e avrebbe odiato ogni minuto della sua vita in Inghilterra se le cose con Louis non fossero andate bene.

 

“Quindi non tornerai mai più qui e non verrai mai ad una mia festa di compleanno?” chiede nuovamente Anne, “e poi papà sarà triste di nuovo come quando tu non c’eri!” conclude.

 

Harry la conosce sufficientemente bene da sapere che sta per scoppiare a piangere, così si mette davanti a lei e si accuccia fino a guardarla negli occhi, tentando di non pensare alla frase che ha appena pronunciato la bambina.

 

“Anne, io ti voglio tanto bene, okay?” dice, “e anche se tornerò a Los Angeles e non ci vedremo più tutti i giorni, questo non vuol dire che mi dimenticherò di te” spiega. Fa un sospiro, poi riprende a parlare, “ci parleremo al telefono e ci vedremo tramite il computer di papà e non ti abbandonerò mai, okay?” dice convinto, “e per quanto riguarda papà… Io voglio molto bene anche a lui, okay? Farò in modo che non sia mai più triste, va bene?” domanda, e Anne tira su col naso, per poi annuire asciugandosi le lacrime coi guanti ormai gelati per via della neve.

 

“Andiamo a vedere se papà si è svegliato?” chiede. Anne un po’ titubante annuisce.

 

Quando entrano in casa sono ormai le 9.35 e la casa è ancora silenziosa, segno che Louis non si è svegliato. Anne corre in camera sua a cambiarsi i calzini ormai gelati, e poi si mette a giocare con uno dei mille giochi che le hanno regalato a Natale. Harry invece entra in camera, e solo quando non vede Louis sdraiato a letto sente la doccia scorrere nel suo bagno. Non esita neanche un secondo ad entrare nella stanza, e Louis nota subito che c’è qualcosa che non va.

 

“Vuoi entrare?” chiede provando a sorridere, e Harry scuote la testa, “come avrai capito Anne è sveglia, sta giocando in camera sua” dice convinto, ma Louis apre comunque il box della doccia, “sappiamo entrambi che tra dieci minuti Anne non avrà ancora finito di giocare, quindi entra qui dentro. Ora.”

Lo dice sorridendo, ma è molto persuasivo, tanto che un minuto dopo è già davanti a Louis nella doccia.

 

“Dove siete andati?” chiede il più grande, e Harry si nasconde sotto il getto della doccia, poi si costringe a rispondere, “in giardino, voleva giocare con la neve” dice, “le cose non sono andate come previsto, però.”

 

“Cioè?” Louis gli bacia una spalla e ad Harry vengono i brividi, così si volta a guardarlo, “mi ha chiesto perché non sono mai stato ad una sua festa di compleanno, e se vivevo a Londra” spiega Harry, “e sono stato sincero, e le ho spiegato che vivo a LA e che è casa mia e così lei mi ha chiesto se ci sarei tornato presto” spiega. Louis rimane in silenzio.

 

“Così sono stato sincero, di nuovo, e le ho detto che ci sarei tornato presto” dice, “e lei mi ha chiesto se sareste venuti anche voi due e gli ho spiegato che non è una cosa possibile” mormora, “così lei mi ha detto che non sarei mai andato ad una sua festa di compleanno e che…” si blocca, poco convinto.

 

“Che?” Harry gli mette le mani sui fianchi, avvicinandolo a sé.

 

“Che tu saresti tornato ad essere triste come quando non c’ero.”

 

Louis strabuzza gli occhi per un istante, poi ride, “non posso crederci” dice nervoso, e Harry scuote la testa, “così le ho spiegato che le voglio moltissimo bene e che non l’avrei mai dimenticata o abbandonata anche se fossi tornato lì domani, e che non ti farò mai più essere triste” conclude Harry, e Louis lo bacia, “odio che tu sia così bravo con lei” dice allontanandosi, “e ti amo davvero tanto, H”, poi lo guarda nervoso, “e ora la mia domanda sorge quasi troppo spontanea” conclude. “E qual è la tua domanda?”

 

Louis sospira, “se io te lo chiedessi, tu torneresti qui? Per… Noi. Per me ed Anne” dice. Harry lo guarda sorpreso.

 

“Harry, sapevo che ti avrebbe amato dal momento in cui ti ho visto al matrimonio quasi tre mesi fa, e ancora non vi eravate conosciuti. Sapevo che ti avrebbe amato quando l’ho vista per la prima volta e tu stavi diventando un ricordo, e soprattutto non è passato un giorno, da quando è nata, in cui io non fossi certo che tu l’avresti trattata come avresti trattato tua figlia quindi… Sì. Per noi. Rimarresti a Londra per noi?” esclama convinto, “non dico di venire a vivere qui perché so che sarebbe troppo presto, anche se bellissimo, però... Abbiamo ancora una casa vuota, no? E io ti amo da impazzire, e lei chiaramente ti adora e tu adori lei e…”

 

“E amo da impazzire te.”

 

Louis sorride, “sì, anche quello” dice e crede che il cuore non gli sia mai battuto così forte, “quindi devo chie-“ Harry lo bacia prima che lui possa terminare la frase.

 

“Non c’è bisogno che tu me lo chieda, okay? Zitto e baciami.” E Louis non è mai stato così felice di fare entrambe le cose.

 

 

 

 

Still high with a little feeling

I see the smile as it starts to creep in

It was there, I saw it in your eyes

 

 

 

 

Decidono di aspettare fin dopo capodanno per dare la notizia del trasferimento di Harry, in quanto al ragazzo spettano ore di chiacchierate con tutta la gente che, nel bene o nel male, gestisce la sua carriera e soprattutto, deve tornare a Los Angeles per occuparsi di alcune cose.

La metà dei suoi vestiti è ormai stipata in dei cassetti nell’armadio in camera di Louis, che non può fare altro che chiamarla camera nostra e non torna da giorni a casa di Gemma che non fa altro che mandargli SMS con l’emoji che fa l’occhiolino. Harry non è mai stato così felice di essere preso in giro da sua sorella.

Anne sembra essersi dimenticata della conversazione fatta con Harry qualche mattina prima, forse un po’ per le vacanze di Natale in corso e un po’ perché ormai si addormenta e sveglia con la presenza di Harry in casa.

Louis, dal canto suo, non può che essere felice: non c’è davvero niente ad impedirgli di stare con Harry, e la cosa gli alleggeriva il cuore in una maniera che non pensava possibile.

 

La partenza di Harry è fissata per il sei gennaio, così decidono di cogliere la palla al balzo e spiegare tutto ad Anne il due, quando la bambina decide di svegliarli saltando sul letto.

 

“Papà, ho deciso che voglio un gatto” dice convinta, e Louis apre gli occhi solo grazie a questo. Harry non può fare a meno di mordersi l’interno delle guance per non ridere.

 

“Buongiorno anche a te, tesoro. Cosa ti ha fatto pensare che fosse una buona idea avere un gatto?” dice assonnato, e la bambina si sdraia tra i due, “sono carini i gattini” esclama sempre più convinta, e Harry non riesce a non trovarla una cosa adorabile, “e poi con lui posso fare i pigiama party! Come te con Harry!” conclude.

I due si guardano per un secondo, prima di scoppiare a ridere. Anne li guarda confusa, infilandosi sotto le coperte.

 

“Ci penseremo, okay?” dice Louis, “che ne pensi, Haz?” chiede poi. Harry lo guarda con la coda dell’occhio, “io sono dalla parte di Annie” conclude. La bambina per tutta risposta gli si butta addosso, abbracciandolo.

 

Louis decide che vuole vedere scene come quella tutte le mattine per il resto della sua esistenza.

 

“Annie, già che sei qui, possiamo parlare un secondo?” chiede Louis serio, e la bimba lo guarda annuendo, senza spostarsi da Harry, che le accarezza i capelli con una mano e con l’altra cerca quella di Louis.

 

“Harry mi ha detto che ti ha spiegato, un po’ di tempo fa, che vive lontano da qui. Ti ricordi?” chiede. Anne annuisce di nuovo, poco convinta, così Louis riprende a parlare, “ecco, vedi, tra poco Harry dovrà tornare a casa sua per un po’ di tempo e volevamo dirt...” non fa in tempo a finire la frase perché i singhiozzi di Anne riempiono la stanza nonostante siano soffocati dal petto di Harry, dove lei sta appoggiando la faccia.

 

Harry guarda il ragazzo accanto a lui nel panico, spalancando gli occhi, così Louis si avvicina tentando di togliere il peso della bambina dal più piccolo, ma lei si rivela essere una bambina di 5 anni incredibilmente forte, e si aggrappa ad Harry come se fosse incollata.

Quando decide che non è più imbarazzata e alza la testa, li guarda seria per un secondo, seppur ancora piangendo e tirando su col naso.

 

“Io non voglio che papà vada via.”

 

Entrambi la guardano confusa, così stavolta è Harry a parlare.

 

“Annie, tesoro, andrò via solo io. Papà rimane qui con te.”

 

La cosa non sembra calmarla, tanto che gli occhioni blu le si riempiono nuovamente di lacrime. “Anche tu sei il mio papà, io non voglio che tu vada via!”

Harry ringrazia di essere in un letto perché sarebbe sicuramente collassato.

 

“Tu mi hai detto che non saresti andato via, e anche papà me lo dice sempre! E poi a Natale abbiamo fatto una foto tutti e tre! Vedi? Zia Eleanor fa la foto con Max, zio Liam e zia Soph la fanno insieme, e anche Matthew e zia Gemma! Perché si vogliono bene e vivono insieme e noi tre l’abbiamo fatta insieme perché ci vogliamo bene e viviamo insieme” dice, e Louis non ricorda di averla mai vista così turbata, “e poi tu prendi sempre la mano a papà e vi sedete sempre vicini e… E… E la mattina quando vengo qui siete sempre abbracciati! E poi papà Louis mi ha detto che posso chiamarti come voglio, quindi… Papà Louis e papà Harry” dice convinta, poi tira su col naso e salta giù dal letto, correndo in camera sua.

 

Louis si siede sul letto e non ha il coraggio di guardare negli occhi Harry, che si siede a sua volta.

 

“Forse dovresti…” sussurra Harry, indicando la porta, ma Louis scuote la testa, “quando fa così è perché vuole stare sola.” Harry si passa la lingua sulle labbra, senza dire niente, anche perché il primo a parlare di nuovo è Louis. 

 

“Io non so cosa le sia preso e mi dispiace che…”

 

“Forse è un errore che io passi così tanto tempo qui” dice Harry, ma Louis fa uno scatto e si mette in ginocchio davanti a lui, gli prende le mani e fa un respiro profondo, poi parla “effettivamente le ho detto che poteva chiamarti come preferiva, ma non pensavo che…” lascia la frase a metà, “come ti senti?” chiede poi.

Harry lo guarda, e Louis nota che ha gli occhi lucidi.

 

“Mi sento triste perché ha pianto, però…”

 

Louis si avvicina e lo bacia, “se per te va bene e lei si sente a suo agio io non voglio che sia diverso, okay? Anzi, sei tu! Potrei volere qualcosa di meglio?” chiede, e Harry sorride, “non pensavo che una semplice parola potesse farmi stare tanto bene” ammette, e Louis ricambia il sorriso, “vado a chiamarla, aspetta qui” dice.

 

Quando entra in camera di Anne, la bambina è nascosta sotto le coperte e Louis non può fare a meno di trovarla una cosa adorabile. Non è per niente preoccupato da quello che ha detto Anne poco prima, perché sa che perfettamente che se c’è una persona adatta a fare il padre, questa è Harry.

 

“Annie?” la chiama, e la bambina tira la testa fuori dalle coperte lentamente e si guarda intorno, come se si aspettasse di vedere Harry. Quando non lo nota, esce più facilmente. Ha la faccia mortificata quando sussurra un “non volevo farvi arrabbiare” e Louis non può fare a meno che abbracciarla e darle un bacio sulla testa, “non siamo arrabbiati” dice rassicurandola. Lei non sembra tanto convinta dalle parole del padre, che le sorride, “Harry ed io siamo molto felici che tu gli voglia bene, perché lui ti adora, okay?” dice.

 

Anne lo guarda un po’ più convinta, e si aggrappa alla maglietta che Louis ha addosso, “non è arrabbiato?” chiede, e Louis scuote subito la testa, “Harry sarebbe molto felice di essere il tuo papà” esclama convinto, “però non voglio che tu ti costringa a chiamarlo così solo perché dorme spesso qui, okay?” dice e la bambina scuote subito la testa, “Harry è bravo con me! E poi fa sempre i pancakes al cioccolato, e ti prende sempre la mano come i principi con le principesse nei cartoni e quando ride ha i buchi sulle guance!” dice, e Louis sorride divertito, “si chiamano fossette” le spiega, e lei annuisce arricciando il naso, “e poi mi porta sempre sulle spalle, e tu sei troppo basso! E poi si mette le magliette con i fiori e a me piacciono i fiori!” continua lei imperterrita, e Louis annuisce.

 

“Annie, quello che volevamo dirti prima è che Harry deve tornare a casa sua perché Harry canta come lavoro, okay? E deve dar conto ad alcune persone, un po’ come tu fai con me! Però poi tornerà qui a Londra e starà qui per sempre, va bene?” chiede e la bambina sembra nuovamente sconfortata dalla notizia, “non possiamo andare con lui? Anche io voglio prendere l’aereo!” dice e Louis si lascia sfiorare per un secondo dall’idea, ma scuote la testa, “mettila così: quando andrà via, se ci andrà da solo, tornerà più in fretta” spiega, poi prende in braccio la bimba che si passa la mano su una guancia, lasciandosi finalmente convincere dalla cosa.

Louis le bacia una guancia, poi la guarda, “quando Harry tornerà a Londra però non vivrà qui con noi, va bene?” domanda. Anne lo guarda confusa, “ma è il mio papà, dobbiamo vivere nella stessa casa!” dice convinta, e a Louis si riempie di nuovo il cuore a sentirla che lo chiama così, “per te andrebbe bene se glielo chiedessi?” domanda, e lei annuisce subito, “e poi gli devi dare l’anello che hai nel cassetto!” esclama entusiasta, e Louis annuisce, “va bene, andiamo da lui ora?” chiede. La bimba gli appoggia le mani sulle guance e gli bacia il naso, e Louis sorride, avviandosi verso la camera.

 

Quando Harry li vede rientrare nella camera, Anne è visibilmente turbata e sembra non abbia il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui quando Louis la appoggia sul letto. Dopo qualche minuto, quando trova il coraggio di guardare Harry, lui spalanca le braccia e lei titubante ci si tuffa dentro, lasciandosi baciare la testa e Louis non può non prendere in mano il cellulare dal comodino e fare una foto alla scena. Quando Anne si allontana, si siede tra le gambe di Harry che sorride.

 

“H?”

 

“Mhm?”

 

“È okay se veniamo anche noi a Los Angeles?” chiede Louis, e sia Harry che Anne si illuminano come un albero di Natale, “per Annie è okay, per te… Ci devo pensare” dice. Louis rotea gli occhi, e Anne ride, “ma no! Deve venire anche papà così stiamo tutti insieme!” dice e Harry annuisce, “vero, insieme come è giusto che sia” esclama, “sempre” conclude poi, e Louis sorride, poi si volta verso il cassetto dove tiene l’anello da sempre ormai e lo prende, “Anne ed io pensavamo fosse giusto ridarti questo” esclama aprendo la mano, e quando Harry vede l’anello per poco non piange.

 

Nessuno lo sa, però in passato avere quell’anello addosso, che fosse al dito o appeso al collo con una catenina, faceva stare bene Harry. Nessuno se non lui e Louis sapevano la vera ragione dell’esistenza di quell’anello, e a volte Harry si metteva a fissarlo anche solo per ricordarsi che tutto sarebbe andato bene.

Ci aveva messo settimane, da quando lo aveva lasciato a Londra insieme a Louis, ad abituarsi alla sua mancanza.

 

“Vi amo così tanto” sussurra Harry, e Anne sorride soddisfatta, poi guarda Louis, “devi fare qualcos’altro!”. Harry li guarda entrambi, confuso.

 

“Vuoi chiederglielo tu?” dice Louis, e la bimba annuisce, poi si gira verso Harry che è curioso e anche un po’ spaventato.

 

“Io e papà vogliamo che tu stai…”

 

“Stia” la corregge Louis, e Anne alza gli occhi al cielo, ignorandolo, “…Vogliamo che tu stia qui con noi quando torniamo da Langeles.”

 

“Los Angeles” esclama di nuovo Louis e stavolta Anne lo guarda, facendogli la linguaccia, poi si rivolge di nuovo ad Harry, “quando torniamo da Los Angeles, va bene? Perché tu ci ami e quindi non puoi vivere lontano da noi e poi sei il mio papà quindi…” alza le spalle, e Harry annuisce, “va bene, non riuscirei a starvi lontano neanche se volessi” esclama convinto e Anne lo abbraccia.

 

Se poi gli mormora un “al gattino ci pensi tu, vero?” nell’orecchio, Louis non dovrà mai saperlo.

Louis non si ricordava che un viaggio di tutte quelle ore potesse essere così faticoso, e soprattutto non poteva immaginare quanto lo sarebbe stato per Anne, che però si era comportata molto meglio di quanto Louis potesse sperare.
Più di tutto, però, Louis non si ricordava di quanto fosse difficile non fare più le cose da solo, quindi quando Harry gli comunica che hanno mandato una macchina per loro in aeroporto, rimane un po’ sorpreso, salvo poi ricordarsi che Harry aveva ancora un grande seguito negli Stati Uniti e che quindi ci sarebbe stato troppo caos se avessero fatto le cose diversamente.

Il nuovo appartamento di Harry non è per niente come se l’era immaginato, ed è molto diverso dalla villa che avevano insieme, ma nota che alcune cose nell’arredo sono rimaste invariate, come il divano e il letto, cosa che anche se senza apparente motivo, lo rende particolarmente felice.
È una casa enorme, e Louis non riesce ad immaginarci Harry da solo, ma si vede che l’ha fatta sua in ogni modo possibile: nel giardino, anche se occupato da un enorme piscina, ci sono un sacco di fiori, e in casa regna l’ordine più totale.

La cosa che più lo ha colpito entrando in camera di Harry, è stata una fotografia che li ritraeva molto più piccoli e innamorati, quando ancora non potevano immaginare che tutto sarebbe stato diverso da lì a poco.

“Non ho avuto il coraggio di buttarla” esclama Harry, notando che Louis la sta fissando da qualche minuto.

Anne dorme nella camera accanto, e la casa è silenziosa.

Harry abbraccia Louis da dietro, e il più grande gli chiede la ragione del suo non riuscire a buttare la foto e Harry sospira, “eravamo piccoli e felici ed era all’inizio, no? Avevamo il mondo ai nostri piedi e io lo avevo anche accanto a me. E’ stato prima di tutto, mhm? Mi piaceva pensare che c’erano stati tempi migliori” confessa, e Louis si gira, abbracciandolo, “vorrà dire che sarà la prima cosa che metteremo via” dice convinto, e Harry annuisce, “ti amo, chiaro?” dice poi, e Louis annuisce, “io amo molto la tua piscina, credi che domani potrò farci un tuffo?” dice ridendo, e Harry arriccia il naso, però sorride “va bene, pensavo che sarebbe bello andare insieme  in spiaggia? Non ha portato molto con cui giocare e non può stare tutto il giorno in giardino!” esclama poi e Louis lo bacia, e quando si stacca annuisce, “va bene, però ora andiamo a dormire! Sono troppo vecchio per sopportare tutte queste ore di jet leg!” dice spingendo Harry sul letto.

Il più piccolo ride, e si alza di poco per prendere Louis per mano e spingerselo sopra, “va bene, vecchietto” esclama sbadigliando.

 

 

 

Quando ormai mancano solo un paio di giorni al compleanno di Anne, Harry è nel panico più totale. Se di comune accordo con Louis hanno deciso di accontentarla e regalarle un gatto, dall’altra parte non ha la più pallida idea di cos’altro comprarle. Sembra tutto banale, e ancora di più sembra banale l’idea di voler a tutti i costi impressionare una bambina di 5 anni che dal canto suo è però molto eccitata all’idea di passare il suo primo compleanno con Harry e soprattutto di passarlo in una città che non conosce come Los Angeles.

L’idea se la fa venire la due sere prima, quando sono seduti sul divano: Louis sta facendo zapping e Anne e molto interessata ai tatuaggi sulle braccia di Harry, mentre è seduta sulle sue gambe.

“Mi piace questo” dice osservando la rosa tatuata sul braccio del ragazzo, per poi passarci sopra un dito, “però anche l’ancora!” dice prendendogli la mano, “però anche la barca!” conclude convinta.

Louis smette di guardare la tv per osservarli divertito, ma nessuno dei due lo nota, “e papà ha una bussola tatuata ed è il mio preferito” conclude. Louis si avvicina ai due, e guarda Anne, “Harry ha anche una farfalla!” dice sorridendo, e lei spalanca gli occhi sorpresa, così Louis tira su di poco la maglietta di Harry fino a farlo vedere alla bimba che sorride soddisfatta, “okay, questo è il mio preferito! Quando sarò grande anche io avrò tutti questi disegni addosso!” sentenzia e Louis corruga la fronte, “ne riparliamo, mhm?” dice, e stavolta è Harry quello divertito.

La mattina successiva, quando ormai manca solo un giorno al compleanno di Anne, Harry si sveglia con la vista della schiena di Louis piegato su uno scatolone, e si chiede se la vita possa essere meglio di così. La risposta è no.

“Sai che dovremmo farle insieme, le scatole?” mormora. Louis si gira a guardarlo, alzandosi dalla posizione in cui era e Harry nota che ha addosso solo i boxer, ma non fa in tempo a pensare a nulla perché Louis si mette accanto a lui, sorridendo, “sai che se mi parli con questo tono di voce mi viene voglia di legarti al letto?” chiede di rimando. Harry ride, “hai piani per oggi?” domanda poi.

Louis gli bacia una spalla, “in realtà no? L’unica cosa che devo fare è mettermi d’accordo con la persona che ci darà il gatto per Anne, e passare a ritirare la torta” dice cercando di ricordare se stesse dimenticando altro, e Harry annuisce, “okay? E’ un problema se la porto un po’ fuori? Devo fare delle commissioni, e magari la porto a farle vedere qualcosa della città? O magari faccio le commissioni che devo e la portiamo insieme da qualche parte?” chiede. Louis annuisce, “va bene! Vado a svegliarla, ma la colazione è compito tuo!”

 

Un’ora e mezza dopo Anne è ben seduta sul sedile del passeggero della Mercedes color panna di Harry, con il suo fidato zainetto appoggiato sul tappetino, che si guarda intorno divertita dal fatto che la macchina non abbia il tettuccio.

“Allora, sei contenta di compiere gli anni?” chiede Harry, e lei annuisce felice, arricciando il naso per l’aria provocata dalla mancanza del tettuccio, “e poi mi piace tanto stare qui” esclama contenta, “c’è il mare, ci sono i gappiani…”

“Gabbiani” la corregge Harry divertito, e lei annuisce, “e poi c’è la piscina a casa, e poi siamo venuti con te!” conclude, e lui non può fare altro che annuire, per poi dirle di sedersi bene con la schiena appoggiata al sedile.
La bimba obbedisce e passa il resto del viaggio a chiedere le cose più disparate ad Harry, che è felice di rispondere e che ha voglia di urlare ogni volta che lei esclama “papà” per attirare la sua attenzione.

Se qualche mese prima era convinto che la sua vita non sarebbe mai potuta tornare quella di prima, e che non avrebbe mai amato qualcuno più di quanto aveva amato Louis, ora è convinto che quello che prova verso l’uomo ed Anne è qualcosa di più profondo, che gli fa venire voglia di dire a tutti quanto è innamorato della vita con Louis e la loro bambina. Gli fa molto strano definirla così, ma la sera prima Louis è stato chiaro nel dirgli che non avrebbe voluto un padre migliore per la sua bambina, e se ad Harry sono cadute un paio di lacrime, non è affare di nessuno.

La mattinata prosegue tranquilla: Louis avvisa che non sarebbe stato a casa per pranzo perché anche lui occupato da alcune cose, così Harry porta la bimba a pranzo fuori vicino all’oceano, e lei può esserne più contenta, e proseguono con lo shopping. Anne finisce con l’avere un paio di stivaletti identici a quelli di Harry e giocando d’anticipo su Louis, per farsi perdonare, compra alla bimba anche un paio di Vans, per concludere col comprarle mille giochi e il regalo di compleanno mentre lei è distratta.

L’ultimo pit stop lo fanno in un posto che Harry conosce fin troppo bene, e lo fa per due motivi ben precisi. Quello principale è il suo non riuscire a pensare ad altro oltre al fatto che Louis si sia tatuato una H quando tra loro era finita e in un posto che era destinato ad un’altra persona, ogni volta che gli prende la mano, mentre il secondo motivo è che, come per ogni persona importante nella sua vita, anche Anne meritava il suo posto permanente sul corpo di Harry.

Quando entrano dentro lo studio del tatuatore, Anne sente il tipico ronzio che fanno le macchinette usate per tatuare, e prende la mano di Harry, un pochino spaventata, tanto che quando è il turno del ragazzo, chiede di poter stare seduta nella sala d’attesa. Harry la lascia lì, la grandezza dei tatuaggi che doveva fare non era poi troppo grossa e ci avrebbe messo massimo dieci minuti.

Mentre guarda il tatuatore incidere una L nello stesso posto dove Louis si è tatuato l’H, pensa ad un sacco di cose: pensa a quando si sono conosciuti ed erano due ragazzini nervosi e speranzosi che la loro vita potesse cambiare, pensano al primo bacio rubato poco dopo o alla prima volta che si sono toccati davvero, e Harry tremava sotto le mani di Louis. Pensa al loro primo litigio, e poi pensa a quando è comparsa Eleanor, e a quanto sembrava dura, e poi pensa al viaggio per Los Angeles fatto per non tornare più e non guardarsi più indietro e tutto gli sembra lontano anni luce, anche se non lo è. Gli sembra la vita di qualcun altro, e inevitabilmente, però, non può fare a meno di pensare a lei. Louis sa bene che Harry non vuole neanche sentire il suo nome, ma il riccio non può fare a meno di pensare a come sono andate le cose e finisce col chiedersi se mai si fosse pentita della sua decisione, se pensava ad Anne e se gli stesse davvero bene così. Sa perfettamente che non sono affari suoi, e sa anche che certe domande rimarranno sempre senza risposta, e forse è meglio così.

Quando finisce di tatuarsi e torna nella sala d’aspetto, trova Anne seduta dove l’aveva lasciata, mentre gioca con la sua bambola preferita che ha ovviamente tirato fuori dal suo zainetto. Quando lo vede gli sorride, e Harry le chiede di sistemarsi perché sarebbero usciti da lì a poco.

Tuttavia, Harry tende a dimenticare che certe persone tirano avanti facendogli fotografie, quindi quando prende per mano Anne e esce dal negozio, non può fare a meno di stupirsi quando ci trova dei paparazzi. Fortunatamente è abituato alla situazione, quindi si gira immediatamente e prende la bambina in braccio, ordinandole di appoggiare la testa sulla sua spalla, e avvicinandosi velocemente alla macchina.

Quando riesce finalmente a ripartire, sa che non dovrebbe, ma non riesce a rimanere serio davanti alla faccia confusa di Anne.

Tornano a casa con un paio di buste tra le mani e due enormi sorrisi sulle labbra. Sorriso che abbandona le labbra di Harry non appena incontra lo sguardo di Louis, tornato prima di loro. È palesemente teso anche se il riccio non riesce a spiegarsi il perché; suggerisce ad Anne di andare a giocare nella cameretta degli ospiti con le nuove bambole che hanno comprato insieme quel pomeriggio per poter parlare con suo padre.

“Cosa c’è che non va?”, chiede Harry avvicinandosi cauto a lui.

 

“Cosa c’è che non va? E me lo chiedi?”, Louis alza le braccia al cielo, sbuffando nervosamente. “Mi spieghi come è potuto succedere, come hai potuto anche solo pensare che farti paparazzare con Anne fosse una buona idea?”, aggiunge e un secondo dopo le sue foto mano nella mano con la bambina appaiono davanti ai suoi occhi.

 

“E’ successo tutto all’improvviso, Lou-”, commenta il più piccolo fissando lo schermo illuminato.

 

“No! Non chiamarmi, Lou. Non adesso.”, sbotta il più grande interrompendolo. “Dio, Harry, Anne è così piccola! Non puoi esporla in questo modo”, se solo avesse avuto il tempo di dire di no, di fermare i paparazzi, l’avrebbe fatto senza pensarci due volte.

 

“Non puoi davvero pensare che io abbia commesso una leggerezza del genere volontariamente”, commenta Harry, ora anche lui è serio e teso.

 

“Non volontariamente, no”, sbotta Louis velenoso. “E poi… Un negozio di tatuaggi, Harry davvero? Non avresti potuto aspettare, o andarci da solo o che ne so io? Avresti potuto fare meglio di così, sul serio”, non c’è sarcasmo nella sua voce, solo rabbia. Harry non crede di averlo mai visto così.

 

“Pensi davvero che mi importi così poco di Anne? Pensi che io non possa proteggerla?”, Louis gli rivolge una semplice occhiata torva mentre se ne sta in silenzio, Harry sbuffa.

 

“Mi fa piacere che tu voglia portare avanti qualunque cosa tu stia cercando di fare sulle tue braccia”, dice amareggiato indicando i disegni, come se non avesse anche lui un braccio ricoperto da tatuaggi, come se la metà di questi non fossero combinati con il riccio, “ma non voglio che Anne finisca in mezzo a tutto questo”, Harry sospira rumorosamente, impegnandosi con tutto sé stesso a non alzare gli occhi al cielo. “È una bambina, Harry, la mia bambina. Non posso permettermi che venga esposta a rischi del genere.”

 

“Dio, Louis! È tutto okay, sono stato attento. Io adoro quella bambina, la amo come fosse mia”, esclama esasperato passandosi una mano tra i capelli. “Sarò più piccolo di te, e meno esperto forse ma non significa che io non possa proteggerla”, sente gli occhi inumidirsi dal nervosismo, e si sente decisamente stupido. “Ma non importa giusto? Perché tu non ci credi”, conclude il più piccolo deluso.

 

Perché continua a non capire quanto li ami?

 

“Io… Ci sto provando Harry, okay?”, dice Louis. “Ma è così dannatamente complicato. Sto cercando di fare del mio meglio con lei, con te… Uhm- stava andando tutto così bene e adesso, adesso...”

 

“Riuscirai mai a fidarti completamente di me, di nuovo?”

 

“Non è questo il problema… Dio, che giornata di merda”, sbuffa Louis alzando la voce. Harry capisce dal suo tono che c’è qualcos’altro sotto, che la loro uscita non è il solo problema della sua rabbia.

 

“E’ successo qualcosa, vero? Mentre io ed Anne eravamo via”, non c’è nemmeno bisogno che Louis annuisca a quel punto.

 

“Quel ragazzo…uhm- quel David è stato qui”, si lascia scappare semplicemente. Louis se l’era trovato davanti casa senza capire realmente come fosse accaduto: un minuto prima era in giardino a prendere il sole, quello dopo si è ritrovato sulla soglia di casa con David. Quel Pensavo Harry fosse tornato da solo qui, brucia ancora nella sua testa ed è quasi certo abbia lasciato un segno piuttosto profondo perché non riesce a smettere di pensarci da quando David è sparito dalla sua vista.

 

“Quindi?”, borbotta Harry con leggerezza e Louis non può sopportare quella risposta, non ora.

 

“Smettila, smettila di fare così, Dio! Smettila di fingere che David sia un semplice amico quando è evidente che non è così”, ribatte il più grande perdendo la pazienza. 

 

“Avresti dovuto vederlo come si muoveva a suo agio per questa casa con quel sorriso divertito sulla faccia. Non ce la faccio, okay? Io, davvero, ci sto provando ma voi non mi state rendendo le cose facili”, conclude mentre le sue dita stringono nervosamente il bordo della sua maglia. “Voleva farti gli auguri di Natale, a quanto pare”, dice imitandolo, Harry cerca di reprimere una risata divertita.

 

“Erano dei semplici auguri di Natale, Louis”, commenta il più piccolo.

 

“Sono certo che farti gli auguri non fosse l’unica cosa che volesse fare con te”, sbotta sarcastico incrociando le braccia al petto.

 

“Louis non-”

 

“Glielo hai detto?”, la domanda lascia le labbra di Louis con la stessa velocità con cui il pensiero si forma nella sua mente. Harry inarca un sopracciglio con fare interrogativo. “Gli hai detto che siamo tornati insieme?”, spiega il più grande.

 

“Perché devi sempr-”

 

“Glielo hai detto?”, Louis insiste interrompendolo.

 

“No”, sussurra Harry in risposta. “Non ho avuto il tempo di parlargliene quando ci siamo visti a Londa,”, si sforza di guardare Louis negli occhi prima di dar voce ai suoi pensieri, ma fallisce miseramente. “Non che l’avessimo messo in chiaro comunque…”, si limita a fissarsi le mani con espressione sofferente, forse ha esagerato.

 

“Sono passati due mesi, Harry. Pensavo fosse piuttosto chiaro, ormai”, nonostante la voce di Louis sia ferma e seria, riesce a capire quanto sia deluso da quella frase.

 

“Lo so, okay?”, sbotta il più piccolo. “Il problema è che non riusciv- non riesco a pensare a niente se non a noi, ad Anne, a te Louis. Sei- sei ovunque anche quando non sei accanto a me, mi sembra impossibile anche solo respirare a volte, Dio”, continua ed ogni parola è come un pugno dritto e ben assestato nello stomaco di Louis. “e non accetto che tu continui a non credere in me, quando tutto quello che ho fatto negli ultimi due mesi e mezzo è stato cercare di darci una seconda possibilità”, Louis subisce le sue parole inerme, incapace di fare altro.

 

“Pensi che io non abbia fatto lo stesso? E’ questo che pensi, Harry?”, Ora la figura di Harry è sfocata ai suoi occhi, cerca di trattenere le lacrime che minacciano di scivolare dai suoi occhi. Ho smesso di piangere per lui, pensa e quanto vorrebbe fosse vero.

 

Passano i seguenti minuti a guardarsi negli occhi e quel silenzio non è mai stato così assordante. Louis vorrebbe avvicinarsi a lui per scostare il ricciolo ribelle caduto sulla sua fronte, abbracciarlo e porre fine a quella stupida discussione eppure non riesce a muovere un passo. Nessuno dei due capisce come facciano a finire sempre in quel modo, ad urlarsi addosso sempre le stesse cose. È come tornare indietro nel tempo, e quando è successo tutto questo? Quando hanno smesso di parlare, raccontarsi, fidarsi l’uno dell’altro? Il loro amore è così forte, è lì tra di loro e nessuno dei due sembra riuscire a vederlo chiaramente.

 

“Ho messo da parte ogni cosa per riprovarci Lou…ogni bugia, ogni lacrima versata per te, ogni rancore”, dice Harry. “Mi sto chiedendo quando inizierai a farlo anche tu”, aggiunge concludendo il suo discorso e abbandonando la stanza velocemente. Louis lo guarda andare via per poi lasciarsi andare ad uno sospiro pesante, si chiede quando inizierà a smetterla di sbagliare con Harry.

 

 

 

 


Ci sono tante cose che Louis avrebbe voluto fare in maniera diversa. Avrebbe voluto passare il compleanno di sua figlia - il primo da quando il riccio è con loro - in modo decisamente diverso, per esempio. Il fatto è che Louis vorrebbe parlare con Harry e seppellire quella ridicola discussione di poche ore prima in un angolo lontano della sua mente ma non trova il coraggio per avvicinarlo e parlargli; il fatto è che è spaventato dalla possibilità che possa complicare quella situazione ancora di più perché lui con le parole non è mai stato bravo. Così i secondi, i minuti e le ore di quella giornata passano e lui si limita a vivere la giornata più bella dell’anno per sua figlia quasi da lontano, vivendola in terza persona.

 

“Sei il papà migliore del mondo”, esclama la piccola scartando il suo regalo e trovandosi davanti un piccolo micio, Anne lo aveva letteralmente implorato per giorni interi per averne uno. Passano mezz’ora seduti a gambe incrociate sul tappeto del salotto a sceglierne il nome: Larry finiscono per concordare padre e figlia, o meglio, Anne decide di chiamarlo così perché racchiude i nomi dei suoi papà. Louis trattiene un sorriso ogni volta che sua figlia chiama Harry papà , pensando che probabilmente non ci si abituerà mai.

 

“Come fai a sapere che…”, si lascia scappare Louis confuso.

 

“Lo zio Niall vi chiama sempre così”, spiega sua figlia sincera, stringendo Larry tra le braccia. Louis si porta una mano sul volto teatralmente, pensando che certe cose non cambieranno mai. Il riccio continua a rivolgere le sue attenzioni solo ed esclusivamente alla piccola Anne, ma non riesce a trattenere un sorriso consapevole e spontaneo davanti a quella scena adorabile.

 

Harry è sempre stato più bravo di lui in fatto di regali e Louis è costretto a reprimere le sue lacrime quando sua figlia scarta il suo pacchetto. E’ un ciondolo, una piccola e delicata ballerina sulle punte pende dalla catenina d’argento brillante: indossa un tutù rosa e ha i capelli raccolti in un perfetto chignon. Gli occhi di Anne brillano dalla felicità quando si lancia tra le braccia di Harry e “Grazie, ‘rry”, soffia appena nascondendo il viso nell’incavo del suo collo ma il ragazzo non sembra aver finito di sorprenderli; solleva appena le maniche della sua maglia nera e appena sotto il gomito, un nuovo e piccolo disegno appare agli occhi sorpresi di entrambi. “Sorpresa!”

 

“E’- è come la mia, ‘rry!”, esclama Anne sorpresa, ma estremamente felice, indicando il tatuaggio sul braccio del ragazzo che annuisce prontamente riportando la piccola tra le braccia.

 

“Proprio così”, risponde fissando felice il nuovo disegno che marchia indelebilmente la sua pelle. Ha sempre avuto una strana fissazione per i tatuaggi Harry, al contrario suo. L’idea di avere un ricordo permanente di qualcosa, o di qualcuno, sulla sua pelle l’aveva sempre spaventato. Questo, fino a quando il più piccolo non era entrato nella sua vita.

 

“Lo voglio anche io. Posso, papà?”, chiede Anne ingenuamente rivolgendosi a Louis.

 

Harry le sorride, rispondendole prima che lui possa risponderle. “No tesoro, sei ancora troppo piccola per questo, e sarebbe decisamente troppo doloroso”

 

“A te ha fatto male?”

 

“Un po’, ma ne è valsa la pena”, confessa sincero mentre le dita della piccola sfiorano la sua pelle calcando il contorno del disegno. “Così non importa dove saremo o quanto saremo lontani, avrò sempre la mia piccola ballerina con me”, soffia Harry tra i capelli di Anne, stringendola forte contro il suo petto.

 

Se qualcuno gli avesse detto qualche mese prima che Harry avrebbe avuto un tatuaggio dedicato a sua figlia, Louis sarebbe probabilmente scoppiato a ridere davanti al suo interlocutore per l’assurdità della faccenda. Ora, invece, è costretto a nascondere le lacrime dietro un quadretto di carta regalo verde e blu.

 


 

Lo sta palesemente evitando. Non è mai stata una loro abitudine, andare a letto arrabbiati l’uno con l’altro, non fino ad ora almeno. Louis ha avuto l’occasione di testare il divano perché non trovare il coraggio di dormire accanto ad Harry quella notte, sembrava un’impressa impossibile. Sono passate ventiquattro ore e Harry continua ad ignorarlo e la verità è che a Louis mancano i suoi baci. Give me a long kiss goodnight and everything will be all right, recita Give Me Novocaine dei Green Day e Louis potrebbe aver deciso che quello è il motto delle sue giornate negli ultimi quasi tre mesi. Non sa quando è successo, quando ha iniziato a diventare schiavo di quella sensazione, dello strisciare delle labbra di Harry sulle sue. Sa solo che quello è il loro nuovo modo di dirsi che tutto è tornato al suo posto, che stanno bene e che andrà bene.

 

Anne è a letto da un pezzo, loro sono seduti su estremi opposti del divano e Louis non si è mai sentito così a disagio come in quel momento, neanche il giorno del matrimonio di Liam. Si morde le labbra per il nervosismo - è certo ad un certo punto inizieranno a sanguinare e avrà i segni dei suoi stessi denti il giorno dopo - mentre cerca di trovare una banale scusa per attirare l’attenzione di Harry che sembra impegnato a guardare perfino le previsioni meteorologiche in televisione piuttosto che rivolgergli la parola.

 

Ha passato l’intera serata ad osservarlo sperando che prima o poi avrebbe incrociato i suoi occhi, ma Harry è diventato piuttosto bravo ad evitare il suo sguardo. Così non ha fatto altro che far vagare lo sguardo sul corpo del ragazzo di fronte a lui, perdendo qualche minuto di troppo ad osservare i suoi tatuaggi.

 

“Credo che andrò a letto”, afferma improvvisamente Harry, stanco e forse anche un po’ annoiato, riportando il più grande alla realtà. Louis registra quelle parole rapidamente ed è forse la spinta necessaria che gli serviva perché no, non lascerà che questa situazione si protragga un minuto di più. Non aspetta che Harry muova un solo muscolo e lo raggiunge dall’altro capo del divano quasi gattonando; lo scavalca sedendosi a cavalcioni su di lui, lasciandolo interdetto e con un sopracciglio inarcato.

 

“Non ho intenzione di essere ignorato da te un minuto di più”, la sua voce esce in un sussurro, le sue mani afferrano la maglia di Harry stringendola forte tra le dita. “Puoi-”, si schiarisce appena la voce “possiamo parlare, per favore?”, il suo volto si rabbuia immediatamente.

 

Harry resta in silenzio per qualche secondo prima di rispondergli. “Non sono mai stato bravo ad arrabbiarmi con te, certe cose non cambiano mai”.

 

“Non voglio che tu sia arrabbiato con me”, confessa Louis, spostandogli un ricciolo dalla fronte. “Ho sbagliato a prendermela con te, so quanto sia stato difficile per te affrontare questa situazione, so che stai facendo il tuo meglio…in realtà, sei perfetto con me, e con Anne. Non volevo sottovalutare tutto quello che stai facendo per noi in quel modo, mi dispiace”, confessa tutto d’un fiato.

 

“Avrei dovuto essere più attento, lo so, non mi sono accorto del loro arrivo e- e”

 

“Smettila, non hai colpe”, inizia Louis interrompendo il suo discorso impacciato. “So che hai fatto del tuo meglio, lo fai sempre”, afferma Louis accennando un sorriso. “E ti chiedo scusa per David”, aggiunge grattandosi la nuca. “ma non riesco a togliermi quest’immagine dalla testa..”, confessa tornando improvvisamente serio.

 

“Quale immagine?”, chiede il più piccolo improvvisamente incuriosito.

 

“Voi due insieme”, Louis storce il naso, abbassandosi su di lui e strisciando la punta del naso sulla mascella definita del più piccolo. “Felici, le sue mani sul tuo corpo. Ti ha mai fatto stare bene come faccio io?”, borbotta lasciando un morso sulla pelle tesa del suo collo, prima di continuare a baciare qualsiasi porzione lasciata scoperta dalla sua maglia. “Questo pensiero mi fa impazzire..”

 

“Lou - eh”, Harry sospira rumorosamente, le sue mani trovano i fianchi di Louis automaticamente.

 

“Posso marchiarti adesso, Haz?”, chiede e Harry annuisce immediatamente lasciando che Louis si impossessi di ogni centimetro della sua pelle, baciandola, mordendola e leccandola mentre l’altro cerca di contenersi il più possibile per non svegliare la piccola Anne; è sempre stato piuttosto rumoroso. Louis si allontana da lui dopo qualche minuto con uno sguardo fiero e soddisfatto sul volto, i suoi occhi incrociano una serie di macchie violacee sul collo dell’altro.

 

“Soddisfatto?”

 

Louis annuisce “ora sei ufficialmente mio, di nuovo”.

 

“Mai avuto dubbi a riguardo”, gli sorride con malizia lasciando che le sue mani raggiungano la pelle di Louis, superando il sottile strato di cotone della sua maglia.

 

“Stiamo bene, Harry?”, la verità è che vorrebbe baciarlo subito, allo stesso tempo vuole fare le cose con calma, vuole essere certo che stiano bene davvero prima di fare l’ennesimo passo. Vorrebbe perdere il vizio di sbagliare con Harry.

 

“Stiamo bene”, Louis lo bacia con voracità mentre le sue mani scivolano tra i capelli morbidi di Harry. Il più grande muore dalla voglia di spogliarlo e di sentirlo contro il suo corpo, averlo così vicino e vestito è una tortura in quel momento. Respirano entrambi a fiato corto, sorridendo l’uno sulla bocca dell’altro. Harry capovolge la situazione, sdraiandosi sopra Louis, i gomiti puntellati ai lati del suo viso per sostenere il peso del proprio corpo; quel divano è decisamente troppo stretto per accogliere entrambi ma nessuno dei due sembra farci caso.

 

“Quando sei geloso sei decisamente attraente”, Harry morde la pelle tesa al di sotto dell’orecchio, facendolo fremere di piacere. La sua voce è roca e Louis pensa di essere già completamente eccitato solo sentendolo parlare così muove i fianchi contro i suoi ed Harry emette un gemito strozzato.

 

“Sono le stesse frasi che usavi con-”, quella provocazione sfuma nella sua gola perché Harry gli ha sfilato la maglia con un unico rapido gesto, quasi strappandogliela e tuffandosi a capofitto sulla sua pelle scoperta per baciarla, leccarla, e lasciare marchi come aveva fatto Louis con lui pochi minuti prima. 

 

“Oh, sta’ zitto..”, commenta Harry, la voce più roca che mai. Gli rivolge un’occhiata, alzando gli occhi verso di lui; Louis non se lo fa ripetere ancora, avvicina il volto del più piccolo al suo dalla base della nuca tirandoselo di nuovo addosso. Lo bacia famelico, accarezzando il suo labbro inferiore con la lingua. Harry si separa da lui con uno schiocco a dir poco osceno, facendogli perdere completamente il controllo.

 

Dio, come ha fatto a rinunciare a tutto questo per quattro anni?

 

Restare su quel divano è l’ultima cosa che dovrebbero fare perché Anne potrebbe svegliarsi da un momento all’altro e cercare suo padre ma entrambi sembrano allontanare il pensiero in un angolo molto lontano delle loro menti; il più grande porta le mani alla cintura dei suoi pantaloni, slacciandola con impazienza e facendola uscire dalle asole con facilità, liberando Harry con unico e veloce gesto. Abbandona Harry da solo qualche minuto, il tempo di recuperare il necessario nella camera da letto. Lo prepara rapidamente con l’aiuto del lubrificante con un dito, poi due e infine tre.

 

Vorrebbe aspettare, fare le cose con calma come la prima volta ma Louis è certo che potrebbe impazzire se aspetta un solo secondo in più. Gemono entrambi, quando Louis entra dentro di lui lentamente, ma senza il minimo preavviso perché nessuno dei due ha voglia di fare le cose con calma quella sera. Harry si lascia sfuggire un mugolio di piacere quando le sue mani raggiungono la base della schiena di Louis, per spingerselo contro, per averlo impossibilmente vicino.

Il più grande non da un ritmo preciso alle sue spinte, si limita a girare i fianchi in brevi strattoni mentre Harry non fa che ripetere il suo nome, alternandolo a sospiri e gemiti strozzati. Ha i capelli sparsi sulla pelle del divano ed alcune ciocche sudate gli si sono attaccate alla fronte, i suoi occhi brillano di piacere e Louis può giurare di non aver mai assistito ad uno spettacolo più erotico di quello. 

 

Harry preme la bocca sulla sua mentre l’orgasmo coglie entrambi, lasciandoli senza fiato alcuni minuti dopo. Louis esce da lui e gli scivola accanto dopo che hanno entrambi ripreso fiato, appoggiando le labbra sul suo petto e accoccolandosi contro il suo corpo.

 

“Come hai fatto?”, chiede distrattamente intrecciando le loro dita.

 

“A fare cosa?”

 

“A perdonarmi”, sussurra il più grande, la bocca contro il suo petto caldo. “E a tornare da me.”

 

“Non ho mai avuto una scelta, mh?”, Harry riflette ad alta voce, facendolo sorridere mentre le sue dita disegnano linee immaginarie sulla sua schiena ancora imperlata di sudore. “Dovresti farlo anche tu, sai?”, Louis inarca un sopracciglio interrogativo, alzando il volto verso Harry.

 

“Cosa?”

 

“Perdonarti, Lou”, spiega il riccio e lo schiocco del bacio che gli lascia all’angolo della bocca, fa eco nel suo petto. Si, forse è il momento di farlo.

 

 

 

 

You'll never feel like you're alone

I'll make this feel like home

 

 

 

 

Louis ha scoperto con piacere che la passione di Harry per la fotografia non si è affievolita con il tempo, forse il contrario; ha trovato interi album pieni di polaroid e fotografie, anche piuttosto random e strane. C’è stato un tempo, durante la promozione di Made in the A.M. in cui Harry era arrivato a portare la sua macchina fotografica ovunque andassero perché l’iphone 6s plus non era abbastanza per lui.

 

La sua - adesso loro - camera da letto è infatti tappezzata di fotografie e polaroid: sono per lo più ricordi di quando erano nella band, foto di famiglia e splendidi paesaggi.

 

“Quindi sei a Los Angeles, con lui”, la voce di Logan è piatta ed inespressiva e Louis non riesce ad esserne sorpreso.

 

Sono le dieci di mattina, è seduto al centro del letto ed completamente nudo, coperto per metà dal leggero lenzuolo bianco; Harry è sveglio da più di due ore ormai, ha preparato la colazione per tutti ed è uscito a giocare in giardino con Anne lasciandolo dormire ancora qualche ora. Louis ama svegliarsi tardi la domenica mattina, ed è sorpreso che Harry ricordi ancora questa sua abitudine.

 

“Si, uhm-”, la verità è che Louis non sa come affrontare l’argomento: lui e Logan non sono mai stati davvero insieme, ma sente di dovergli comunque delle spiegazioni su quello che sta succedendo nella sua vita in quel momento.

 

“No Lou, ascoltami”, Logan lo interrompe ancora prima che possa formulare un discorso di senso compiuto. “Va bene così, non siamo mai stati realmente insieme d’altronde”, conclude.

 

“Oh, Dio… Sentirlo è anche peggio”, ribatte lui colpevole. “Ti chiedo scusa Logan. Per tutto.”

 

“Non devi scusarti, sei sempre stato chiaro con me, Lou.”

 

“Si ma questo non significa che mi sia comportato correttamente con te”, lo corregge serio Louis.  

 

“Louis, ascoltami. Ho sempre saputo a cosa andavo incontro, sapevo che se lui fosse tornato non avrei avuto alcuna possibilità”, commenta il ragazzo dall’altro lato del telefono. “Solo, speravo non tornasse così presto.”, confessa sincero facendo sorridere Louis.

 

“Se non ci fosse stato lui ci avrei provato davvero, Logan”, rivela.

 

“Lo prendo come un premio di consolazione”, dice sarcastico il ragazzo. “Sei felice, Lou?”

 

“Si, come cinque anni fa, Logan”, ammette Louis sinceramente.

 

“Immagino sia lui quello giusto allora”, commenta Logan; è sempre stato quello giusto, pensa Louis senza dirlo ad alta voce. Il resto della telefonata scorre leggera e velocemente tra battute e domande di rito e non c’è traccia di imbarazzo tra i due; Louis spera davvero che possano tornare amici una volta tornati a Londra.

 

Chiusa la chiamata, passano pochi minuti prima che Louis inarchi un sopracciglio quando vede Harry entrare nella camera da letto, da solo. “Anne dov’è?”

 

“Jeff e Glenne sono venuti a trovarci, sai com’è Anne, li sta riempiendo di domande e quindi ho pensato di venire a darti il buongiorno”, spiega Harry poggiando un ginocchio sul materasso, lasciandosi poi cadere accanto a lui.

 

Louis cattura le sue labbra in un bacio che dura più del dovuto, come ogni volta in cui le loro labbra si sfiorano. “Buongiorno allora” il più grande sussurra sulla sua bocca, per poi leccarsi le labbra.

 

“Sembrava stessi parlando con qualcuno mentre arrivavo qui. Chi era al telefono?”, chiede Harry, le sue dita accarezzano la pelle chiara di Louis.

 

“Logan”, il tocco si interrompe per un attimo prima che le mani trovino i fianchi del più grande, stringendoli. “Avevamo detto niente più scenate di gelosia”, lo rimprovera quando la sua presa su di lui aumenta.

 

“Lo so…”, Harry accosta le labbra al suo orecchio, “ma tu eri qui, completamente nudo e parlavi con lui al telefono.”

 

“Si, per dirgli che tu sei tornato”, Louis stringe con forza le spalle di Harry, premendoselo addosso. “E che non ho intenzione di fare altro se non stare con te, sempre”, soffia sulla sua bocca prima che le loro labbra si incontrino per la seconda volta quella mattina, in un bacio che di casto ha ben poco. Ad entrambi sfugge un sospiro quando le loro lingue si incontrano.

 

“Cosa mi sono perso questa mattina?”, Louis si lascia cadere di nuovo tra le lenzuola, quando trovano a forza per allontanarsi.

 

Gli prende la mano, e ancora non riesce a credere che ci sia una piccola L tatuata proprio lì dove lui ha l’H, e sorride.

 

“Abbiamo improvvisato un servizio fotografico a bordo piscina, io ed Anne.”, Harry rivela felice. “E’ piuttosto fotogenica, sai? Proprio come suo padre”, commenta mentre una smorfia si forma sulle sue labbra.

 

“Fotogenico, mhm?”, commenta Louis inarcando un sopracciglio. Harry lascia una scia di baci nello spazio tra il suo collo e la sua mascella, Louis lo sente sorridere contro la sua pelle mentre le sue dita scivolano tra i suoi ricci morbidi.

 

“Sei incredibile” mormora Harry in risposta, ridacchiando e sistemandosi meglio tra le sue gambe. Si ferma per un attimo ad osservarlo meglio, facendo vagare lo sguardo sul ragazzo completamente nudo sotto di lui, “Davvero incredibile”, aggiunge leccandosi le labbra.

 

“Potremmo improvvisare un servizio fotografico insieme, un giorno di questi…”, Louis lo sfida senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi mentre le sue mani scivolano sotto la sua maglia con naturalezza, e le sue dita sfiorano la pelle bollente di Harry. Finirà all’inferno a causa di quel corpo , ne è certo ormai.

 

“Non guardarmi così”, commenta il più piccolo soffocando un gemito contro il suo collo quando le sue dita sfiorano i suoi capezzoli. 

 

Louis si morde un labbro, le sue mani scivolano fuori dalla sua maglia per intrecciarsi a quelle grandi del più piccolo. “Abbiamo qualche minuto per noi?” chiede, le sue labbra ancora incastrate tra i denti di Harry, che sembra intenzionato a non lasciarle andare presto. Le sue labbra trovano il collo del più piccolo, inizia a baciare la sua pelle lentamente prendendosi il suo tempo; si allontana con una smorfia soddisfatta quando un paio di macchioline violacee marchiano la pelle diafana del più piccolo.

 

“Cosa hai in mente?”, mentre le sue labbra tornano a schioccare su quelle di Harry, Louis si limita a far scivolare la canotta oltre la sua testa, lanciandola dall’altro lato della stanza. I piani contemplavano che Jeff e Glenne dovessero badare ad Anne mentre Harry e Louis sistemavano tutta, o quasi tutta, la roba di Harry negli scatoloni; nonostante mancassero solo due giorni al ritorno di Harry in Inghilterra e avevano ancora molte, forse troppe cose da sistemare, entrambi sembravano avere piani diversi per quella mattinata.



Otto mesi dopo…

 

 

 

 

 

 

Louis Tomlinson                                            Harry Styles

 

 

annunciano il loro matrimonio…

 

 

Liam smette immediatamente di leggere quell’invito, lo sguardo perso sulle lettere argentate che lo decorano mentre un sorriso fa la sua bella comparsa sulle sue labbra. Liam Payne ha sempre odiato le favole, da bambino non permetteva a nessuno di leggergliene una; che senso ha immedesimarsi in una storia sapendo che niente di tutto quello che viene raccontato è mai accaduto - e mai accadrà - realmente? Preferiva piuttosto guardare cartoni animati, giocare con il suo cane e le sue sorelle in giardino, fare una partita di calcio con i suoi compagni di classe e magari cantare una canzone ogni tanto durante le lezioni di musica a scuola. Poi è cresciuto, ha fatto un provino per il talent show più importante d’Inghilterra perché tutti gli ripetevano quanto talento avesse, è entrato nella band più famosa al mondo e conoscere e trascorrere cinque anni con Harry e Louis, beh, forse quello ha cambiato qualcosa. Perché quello di Harry e Louis, sembra davvero il lieto fine di una delle favole che Liam si rifiutava di ascoltare.

 

Rigira tra le dita quel cartoncino color panna, le lettere incise in argento brillano appena sotto la luce della lampada del suo salotto. Un sorriso increspa le sue labbra, sapeva che ce l'avrebbero fatta. Quando Liam ha invitato Harry al suo matrimonio, sperava che le cose andassero come lui le aveva immaginate. Era difficile, impossibile quasi, ma in cuor suo continuava a sperare.  Credeva di aver fatto la cosa giusta; ora - quasi un anno dopo - ne è assolutamente certo. Si chiede se sarà Harry a prendere il cognome di Louis o viceversa, e ricorda divertito quando questo era l'argomento di discussione dopo diversi concerti, ai tempi dei One Direction e tutti ci scherzavano perché, in fondo, ne avevano di tempo per pensarci. Adesso resta poco più di un mese e Liam non è mai stato così felice di indossare uno smoking in vita sua.

 

  

All that we see's not a fairy tale, a fairy tale

Now it's my time to carry you, I'll carry you

And all this could be

A miracle for us

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

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Ebbene sì, un solo account non ci bastava! 

Io e Simona non abbiamo molto da fare come avete potuto notare e questa storia è nata in una notte di assoluto SCONFORTO, qualche mese fa e siccome ci amiamo molto ma amiamo molto poco noi stesse a quanto pare, abbiamo deciso di scriverla e di rendervi partecipi di questa dose di ordinaria follia. GIURIAMO che abbiamo scritto tutto con le migliori intenzioni e non vogliamo attentare alle vostre giornate, per cui ci prendiamo le nostre responsabilità e vi capiremo se deciderete di bloccarci ovunque vogliate. 

 

Un ringraziamento molto speciale ad Elisa che si è immolata per tutti leggendo per prima questa storia. 

 

Fateci sapere cosa ne pensate, se vi va! Per eventuali reclami o insulti, siamo @burningraynes e @blaahsimmi su Twitter! :) 

 

Alla prossima, perché questa non sarà la nostra unica erede. 

Christa & Simona. 

 

 

P.s. se possono interessarvi, queste sono le canzoni che abbiamo inserito nella storia:

 

  • BLUE - Troye Sivan
  • If I Could Fly - One Direction
  • Need you now - Lady Antebellum
  • When we were young - Adele
  • Start a Riot - BANNERS
  • Home - One Direction
  • Carry her home - Saint Raymond

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