Crazy Love

di Destinycantbechanged
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My stupid mouth ***
Capitolo 2: *** Love, Crazy Love. ***
Capitolo 3: *** We are to sexy for the fight. ***



Capitolo 1
*** My stupid mouth ***


CRAZY LOVE

 
 
 
 
 
Jensen era seduto sul divanetto del suo camerino, stanco dopo una giornata di riprese e nulla di concluso.
La 8x17 si stava rivelando piuttosto difficile come episodio.
La scena principale l’avevano girata almeno tre volte quel giorno, ma Misha ogni volta sul più bello scoppiava a ridere, cercando anche di avvicinarsi fisicamente a Jensen.
Sarà stato le stress, i ritmi frenetici delle riprese, ma Jensen non sentì neanche bussare alla sua porta.
Adesso Misha era di fronte a lui, lo stava semplicemente salutando per dirgli che si sarebbero visti l’indomani sul set.


Silenzio.

Misha capì che c’era qualcosa che non andava, lo capiva dalla postura di Jensen e gli fu chiaro quando quest’ultimo  gli lanciò un’occhiataccia.
 Se gli sguardi avessero avuto il potere di  uccidere probabilmente sarebbe morto da un paio di minuti.

“Jensen che succede?”

“Hai pure il coraggio di chiedermi che succede, come se non lo sapessi già che mi prende. Lo sai che non mi piace che ti comporti così sul set.”

“Jensen, andiamo,  stavo solo scherzando, l’hanno capito tutti, nessuno ha pensato a qualche mio machiavellico piano per portarti a letto, eravamo solo due attori sul set, due amici che si stavano divertendo. Dovresti rilassarti, e poi se sapessero la verità saprebbero che non ho dovuto creare nessuno piano machiavellico per portarti a letto, è stato piuttosto facile” -rise, prima di aggiungere-  “dai, non te la prendere,  ti chiedo scusa, anche se ad essere onesti non è completamente colpa mia, lo sai che se tu mi guardi in quel modo, io poi…”
Misha non riuscì a terminare la frase.  Jensen lo fulminò con lo sguardo e senza tanti giri di parole gli disse di lasciarlo da solo nel suo camerino.
 
“Vai via Misha.”
 
“Ma…”
 
“Ma cosa? Non sei per nulla simpatico come, invece, credi di essere e non me ne frega un cazzo se stavi solo scherzando, non me ne fotte un cazzo se gli altri hanno riso alla tua patetica scenetta. Sai quale è il tuo problema?  Il tuo problema è che pensi che siano tutti come te, beh, notizia flash, io non sono così, non sono come te”

La frase gli era uscita di getto e con un tono più velenoso del previsto.  Si accorse che quella frase poteva avere un significato ambivalente quando, guardando negli occhi di Misha, scorse il dolore.
 
Se a Misha avessero dato una pugnalata al cuore avrebbe sicuramente fatto meno male.
Abbozzò una risatina isterica, guardando verso il basso e senza dire una parola, girò su se stesso e se ne andò, deluso.

“Misha, aspetta, non era” ma era troppo tardi, Misha era già corso lontano da lui “quello che intendevo” disse sottovoce, a se stesso.

Che diavolo era appena successo?
Il dolore che Misha aveva provato alle parole di Jensen non era paragonabile a nulla, quelle parole gli risuonavano nella testa come una cantilena “non sono come te” e lo sguardo negli occhi di Jensen, quello sguardo non lo avrebbe mai dimenticato.
Doveva andarsene, almeno per qualche giorno. Doveva riordinare le idee. Non potevano andare avanti così. Doveva trovare una soluzione, anche se forse di soluzioni, stavolta, non c’erano. Non dopo le parole di Jensen. 
Forse erano arrivati al capolinea.

Misha arrivò al suo camerino, non sapendo neppure lui come, prese il borsone da sotto il letto ci infilò qualche vestito e uscì.
Quando fu sulla porta si fermò un momento a riflettere, poi tornò dentro e prese il suo costume.
Sulla faccia della terra c’era un solo luogo che gli trasmetteva la sicurezza e la tranquillità di cui, al momento, aveva bisogno: il mare o meglio la “loro” casa in riva al mare.
Salì in macchina spense il telefono e partì.

Sì, stava fuggendo.
Stava fuggendo da Jensen, dalle sue parole taglienti come lame, stava fuggendo eppure non si sentiva un codardo, non stavolta, perché non fuggiva per evitare un qualcosa di scomodo ma fuggiva per evitarsi ulteriore dolore.

E poi non puoi essere un codardo se nel momento in cui stai fuggendo il tuo più grande desiderio è quello di essere trovato.

Jensen nel frattempo era ancora nel camerino, immobile. Continuava a ripetersi quelle parole, continuava a vedere gli occhi di Misha sgranarsi, increduli, alle sue parole.
Doveva parlagli.

Corse fuori dalla suo camerino e si diresse, quasi correndo, verso quello di Misha. Bussò ma non gli rispose nessuno.
“Misha sono io, ti prego aprimi, vorrei parlarti” ma niente, nessuna risposta.
Bussò di nuovo, tese l’orecchio e lo appoggiò alla porta, sperando di sentire dei rumori; nel frattempo mise una mano sulla maniglia, provò ad aprirla e scoprì che era aperta, entrò nel camerino dell’amico e lo vide vuoto, con qualche vestito gettato alla rinfusa sul letto.
“Cazzo, non può averlo fatto sul serio”

Se ne era andato.

Tornò nel suo camerino e prese il telefono, compose il suo numero – ormai lo sapeva a memoria- ma non ottenne risposta.
Provò una seconda, una terza e una quarta volta ma senza risultati.
Prese un bel respiro, agitarsi avrebbe solo peggiorato le cose, decise che la soluzione migliore fosse quella di farsi una doccia, questa gli sarebbe servita sia per calmarsi sia per pensare a cosa dire nel messaggio.
Si era ridotto a dover lasciare messaggi in segreteria.

Rimase sotto il getto caldo della doccia più a lungo del previsto, facendosi  cullare dal calore. Sperava che quella doccia potesse lavare via tutto, quelle maledette parole che erano uscite dalla sua bocca, il dolore che avevano causato.
Fece un sospiro, si avvolse un asciugamano intorno alla vita e usci dalla doccia.
Gli ci volle una buona mezzora per trovare il coraggio per prendere il telefono e lasciargli un messaggio.


“Misha ciao, sono io. Senti mi dispiace d’accordo? Non volevo dire quello che ho detto, cioè quello che ho detto non era quello che intendevo, ehm.. Non dovevano assumere quel senso. Hai capito no?
Ti prego Misha rispondi così possiamo parlarne.”

Si versò da bere, era una pessima decisione lo sapeva. Ma tutti quei dispiaceri avevano bisogno di un po’ di alcol per andare giù.
In più sperava che l’alcol lo aiutasse a sentirsi più leggero e meno in colpa per quello che era successo.
Non importa se il giorno seguente sarebbe stato peggio, ci avrebbe pensato a tempo debito, stasera aveva solo bisogno di non pensare.
Ma qualcosa andò storto, l’alcol fece l’effetto opposto; invece di alleggerirgli la coscienza lo rese ancora più depresso e consapevole della stronzata che aveva fatto.

Inoltre l’alcol - e questo lo sapeva da sempre ma tendeva a dimenticarsene - lo rendeva loquace ed eliminava qualsiasi filtro, vomitava pensieri e parole senza freno. Ogni cosa che gli passasse per la testa veniva esplicitata.
Al quinto bicchiere - o forse era il sesto? - aveva perso il conto, si ritrovò con il telefono in mano, ricordava vagamente di aver già mandato un paio di messaggi a Misha, ma non ricordava il contenuto.
Ma adesso che aveva un momento di lucidità, ricompose il numero e urlò nella segreteria dell’altro un “Dannazione Misha, rispondi a questo cazzo di telefono”

Ma il silenzio fu l’unica risposta che ottenne. Frustato lanciò il telefono, che si aprì in diversi pezzi, contro la parete.
“Oh meraviglioso, grazie tante Mish, mi devi anche un telefono nuovo ora”
 
 
 
 
                              ***
 
 
Nel tardo pomeriggio Misha arrivò in spiaggia.
Mise la valigia sul letto e decise di uscire a fare una passeggiata in riva al mare.
Il telefono sempre spento, buttato lì sul comodino.
Un po’ d’aria fresca gli avrebbe sicuramente fatto bene.
Era fine marzo e l’aria era ancora un po’ pungente, ma Misha si sentiva bene, davanti al mare tutto gli sembrava più semplice.
Si tolse le scarpe e i calzini e immerse i piedi nell’acqua.
La sensazione dell’acqua fredda gli riportò alla mente il primo bagno fatto lì con Jensen due anni prima.
Era lo stesso periodo, la loro relazione era iniziata da poco e loro scappavano lì ogni qualvolta ne sentivano il bisogno.

“Questo potrebbe diventare il nostro posto”
Aveva esordito Jensen.
Stava fissando il mare e aveva le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo perso all’orizzonte, su quel magnifico tramonto.
Misha lo aveva abbracciato.
Gli aveva stampato un bacio sulle labbra e quel sì glielo aveva sussurrato tra un bacio e un altro.
 
Delle gocce d’acqua riportarono Misha alla realtà.
Stava piovendo.
Misha rimase lì, in piedi di fronte al mare.
Alzò i palmi delle mani aspettando che la pioggia battesse su di essi.
Era una pioggia primaverile, che finì dopo pochi minuti.
Un breve acquazzone.
Coi capelli un po’ bagnati e con la delusione ancora viva dentro di se, Misha tornò nella casetta vicino la spiaggia.
La loro casa.
Fece una lunga doccia calda, si mise una vecchia tuta e accese il telefono, seduto sul divano.
La voglia di sentire Jensen, nonostante tutto , era forte, ma decise di non cedere.
Non poteva comportarsi sempre così. Jensen non poteva ridurlo sempre in quel modo.
Vide che c’erano dei messaggi in segreteria, ma decise di non ascoltarli, poteva già saperne il contenuto.
Delle semplici scuse non sarebbero bastate.


Faceva male stare senza di lui in quel posto, ma faceva ancora più male sapere che Jensen poteva raggiungerlo, ma ancora non lo stava facendo.
 
Misha prese uno di quei plaid dall’armadio e decise di dormire sul divano.
In quel letto da solo non sarebbe mai riuscito a dormire.
Anche quel plaid aveva l’odore di Jensen e forse andare lì senza di lui non si stava rivelando una grande idea.
Ma Misha scivolò presto nel sonno.
Domani avrebbe pensato a tutto.
 








 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nota delle autrici.
Una fan fiction a quattro mani (anzi sempre a due tastiere) insieme alla mia fedele compagna di scleri e deliri DemonoftheLord (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=861524). Ebbene sì, siamo di nuovo noi , questa volta con la Cockles, che no, non ci ossessiona per niente.
L’unica avvertenza che vogliamo darvi è che il rating diventerà – molto probabilmente – rosso nell’ultimo capitolo.
Per il resto, grazie a chi leggerà la nostra storia.

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Capitolo 2
*** Love, Crazy Love. ***


Love, Crazy Love.
 

Jensen si svegliò sdraiato sul pavimento,  in un bagno di sudore e con la bocca impastata.
Il mal di testa stava per ucciderlo.
Che era successo? Come si era ridotto in quello stato? Bastarono pochi secondi alla sua mente per attivarsi e di conseguenza pochi secondi prima che la consapevolezza di quanto accaduto la sera precedente lo colpisse in pieno volto. 

"Cazzo Misha"
Cercò il telefono ma quando vide un pezzo dello schermo del telefono sul pavimento si ricordò che la sera prima frustrato dalla mancanza di risposte lo aveva scagliato contro il muro.
"Pessima decisione Ackles" si disse.  "Beh una delle tante che hai preso ultimamente.”
Doveva rimettersi in sesto e andare a riprendersi Misha.
Prima cosa si sarebbe fatto una bella doccia rigenerante, poi sarebbe uscito a comprarsi un telefono nuovo. Chissà se Misha lo aveva cercato.
 
La delusione che comparve sul suo volto quando vide che di Misha non vi era nessun messaggio e nessuna chiamata fu tanta.
L'aveva ferito profondamente stavolta, lo  sapeva.
Ma sperava che Misha capisse, che lo cercasse.
Fu in quel momento si rese conto di quanto stronzo fosse, di quanto egoista.
Era stato lui a ferirlo eppure pretendeva che l'altro lo richiamasse.
Doveva darsi una mossa, doveva farsi perdonare e non sarebbero bastate le solite scuse, i soliti "lo sai, sono fatto così", stavolta doveva farsi crescere le palle e dimostrargli finalmente qualcosa.
 
                                                  ***
 
 
 
Erano le nove del mattino ma Misha era sveglio da almeno un paio d’ore.
Era rimasto avvolto in quel plaid sul divano, con la speranza che Jensen avesse fatto qualcosa per porre fine a quel litigio.
Decise che sarebbe rimasto tutto il giorno lì, non aveva voglia di tornare in città.

Stava preparando il caffè, una tazza del liquido nero e amaro lo avrebbe destato dal torpore della lunga giornata che lo attendeva.
Portò la tazza alle labbra, soffiando di tanto in tanto sulla bevanda bollente.
Accese il cellulare e diede dapprima uno sguardo sui social.
Poi vide – di nuovo – la notifica dei messaggi in segreteria.
Decise di ascoltarli.

“Jensen, quanto sei prevedibile” pensò tra se e se, roteando gli occhi, e buttò il cellulare sul tavolo della cucina.
Prese di nuovo in mano la tazza col caffè e accese distrattamente la tv.
In tv c’era un programma di musica e Misha pensò subito che se lui fosse stato uno dei concorrenti, anche in quel caso avrebbe avuto bisogno del suo compagno, perché certamente Jensen era il più esperto in ambito musicale dei due.
Sul volto gli si stampò involontariamente un sorriso.
Ma era un sorriso amaro.
Misha davvero non era pronto a dire addio a Jensen.
Pensò anche di non essere così catastrofico, ma la situazione stava diventando insostenibile.
Jensen non poteva permettersi ogni volta di tirare fuori la storia che lui non era così.
Ma così come?
Innamorato e idiota come era lui?
Misha si massaggiò le tempie.
La frustrazione lo stava logorando.


Il suono della vibrazione del cellulare lo destò dai suoi pensieri.
Misha si alzò dal divano per recuperare il telefono  che aveva abbandonato in cucina.
“Sono in macchina, mezzora e arrivo”.
Forse dopotutto nemmeno  Jensen  era pronto a rinunciare a tutto. Nemmeno lui, nonostante le sue azioni sembravano dire il contrario era intenzionato a lasciare andare Misha.


In dieci minuti Jensen era pronto, qualche cambio nel borsone la chitarra nel bagagliaio e via pronto per la missione.
In cuor suo sapeva che vi era solo una cosa da fare, prendere la situazione di petto e andare a riprendersi Misha.
Avrebbe mentito  a se stesso se dicesse di non avere paura , ma quest’ultima aveva già perso in partenza dato che l’alternativa era perdere Misha.


Salì in macchina prese il telefono e digitò un messaggio veloce a Misha prima di partire.
Gli aveva detto mezz’ora ma la voglia di vederlo, di chiedergli scusa, di tenerlo tra le sue braccia lo fecero giungere sul posto in 20 minuti.
Rimase per un po’ sul porticato guardando Misha dalla finestra semiaperta.

“Woow, prima i messaggi in segreteria ora lo stalking, sempre meglio Jensen, davvero”

Pensò di averle dette nella sua testa quelle parole ma capì di non averlo fatto quando Misha si voltò e i loro sguardi si incontrarono.
Gli fece un sorriso leggero e vide Misha sospirare in misto di frustrazione e di sollievo.
Il volto di Misha era lo specchio del suo, sollevato alla vista dell’altro ma sofferente.
Entrambi non se l’erano passata bene in quelle ore di lontananza.

Entrò in casa e vide Misha con la tazza in mano che si dirigeva verso il divano, senza degnarlo di uno sguardo.
"Jens che cosa vuoi?"
“Volevo solo chiarire” disse sedendosi accanto, ma vide l’altro allontanarsi.
Fece  un sospiro, non gli stava rendendo le cose facili.
"Misha, per favore, non fare così. Parlarmi, non chiuderti così, non con me."
“Jensen, ascoltami molto attentamente, non puoi arrogarti il diritto di dirmi come comportarmi, specie dopo ieri. Se poi ti lascio avvicinare, finisce che non parliamo – e levati quel sorrisetto del cazzo dalla faccia- e siamo sempre al solito punto. E sono stanco di questa cosa, sono stanco di questa relazione, se così possiamo chiamarla. Ogni passo avanti che facciamo tu ne fai tre indietro, sei estenuante e non hai idea di quanto questo sia frustante per me. Non ti chiedo molto, ti chiedo solo di essere un po’ più aperto, ti chiedo solo di dimostrarmi qualcosa ogni tanto. Ma forse è chiederti troppo, forse semplicemente non ti interessa."
Jensen voleva solo abbracciarlo, gli faceva male sapere quello che Misha pensava, gli faceva male sentire che l’altro pensasse di non essere importante per lui.
Ma capiva come mai lo pensasse e si odiava per averglielo fatto credere.
 
Jensen era a testa bassa, si sentiva tremendamente in colpa.
Si passò una mano sul volto e guardò il compagno che stava fissando un punto imprecisato della stanza, pur di evitare di incrociare il suo sguardo con quello di Jensen.
Fece un bel respiro e poggiò la sua mano sul ginocchio del moro.

“Misha.”
“Mish”. 
A quel nomignolo Misha si girò di scatto e finalmente si stavano guardando.
"Scusa se non ti ho dato ascolto, scusa se ti evito di proposito, scusa se non riesco a ricambiarti come tu vorresti. Scusami se tu mi ami e io mi comporto come uno stronzo. Però adesso sono qui.
Vuoi davvero sprecare quest'occasione?"

Misha rimase in silenzio, incapace di rispondere o di fare qualsiasi altra cosa.
Si sentiva davvero ferito da tutto questo ma voleva accettare quelle scuse –sincere- e invece rimase lì pietrificato.
 
Jensen lo guardò ancora e ancora.
Alzò le mani in segno di resa.
“Va bene Misha – si alzò dal divano- quando ti passa la sindrome premestruale da sedicenne mi trovi giù in spiaggia”
Adesso Jensen era vicino alla porta, stava per uscire prima di aggiungere “Io sarò uno stronzo, ma tu sei proprio un testardo del cazzo!”
Sbatté la porta dietro di se, andò in macchina , prese la sua chitarra e scese giù in spiaggia.
 
Misha era rimasto sul divano.
Gli occhi velati di lacrime.
In cuor suo aveva già accettato le scuse, Jensen era stato davvero sincero ed era tornato sui suoi passi.
A volte non servivano le parole per dire ti amo.
 
Si accorse dalla finestra che Jensen era seduto sulla sabbia in spiaggia, e decise di raggiungerlo.
Prese al volo il plaid con cui aveva dormito e lo raggiunse.


Il biondo era intento ad accordare la chitarra, quando vide arrivare Misha che prese posto proprio accanto a se.
Lì in silenzio, il dolce suono delle onde del mare e loro finalmente insieme.
Senza dire ancora nulla Misha coprì entrambi con la coperta.
Jensen sentì per un attimo il suo respiro tornare regolare.
Guardò negli occhi Misha e iniziò a suonare qualcosa.
Un minuto dopo arrivarono pure le parole.
Jensen stava cantando per lui.

“I can hear your heart beat for a thousand miles 
And the heavens open every time you smiles 
And when I come to his that's where I belong
Yet I'm running to his like a river's song 

So you give me love, love, love, love, crazy love 
you give me love, love, love, love, crazy love “


Misha appoggiò la testa sulla spalla di Jensen, lasciandosi trasportare dalla sua voce.
Quando finì di cantare Jensen poggiò la chitarra sulla sabbia e abbracciò il compagno, quasi togliendogli il fiato.


“Scusami.”
Glielo stava sussurrando.
Misha gli accarezzava i capelli.
“Ti amo”.
Il moro si staccò dalla presa, accarezzò il viso di Jensen e lo baciò.
Un bacio delicato.
Labbra contro labbra.
“Ti amo anche io”.
 
Misha si alzò, tese il braccio a Jensen e in silenzio tornarono a casa, al sicuro, nel loro posto.






Nota delle autrici.
Ciao a tutti, la canzone è questa: https://youtu.be/6VR6BHjAdfs. Godetevi la meravigliosa voce di Jensen.
Per il resto, grazie a chi leggerà la nostra storia.

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Capitolo 3
*** We are to sexy for the fight. ***


Nota delle autrici.
Ecco a voi il apitolo conclusivo di questa fanfiction a due tastiere. Avvertenza: ROSSA, ROSSA. In pratica solo porno.
Per il resto, grazie a chi leggerà la nostra storia.



Non erano ancora entrati in casa e già si stavano baciando, le mani che vagavano sul corpo dell’altro e si aggrappavano l’uno all’altro come.
Senza staccarsi un momento raggiunsero la camera da letto.

“Misha, so che quello che sto per dire suonerà stupido,  ma sei sicuro?”
Jensen aveva le sopracciglia leggermente aggrottate e si stava inumidendo le labbra con la lingua.
“Jensen mi stai seriamente chiedendo se sono sicuro di voler fare sesso con te?”
Rispose Misha incredulo, senza staccare gli occhi dalle labbra del biondo. “Te l’avevo detto che sarebbe suonato stupido, solo che non vorrei che tu pensassi che sto con te solo per il sesso”
Jensen lo disse tutto di un fiato, quasi imbarazzato.
“Jensen per favore, mi ha dimostrato molto oggi ed inoltre è davvero inappropriato da parte tua.
Prima sei tutto un ‘oh non vorrai sprecare questa occasione’- e Misha stava gesticolando mentre imitava la voce melensa di Jensen nel chiaro tentativo di prenderlo in giro-  e ora ti tiri indietro quando stiamo prendendo al volo l’occasione”
“Ehi ehi, chi ha parlato di tirarsi indietro, volevo solo fare il cavaliere” e il biondo stava palesemente ammiccando.
“Ackles le tue chiacchiere mi hanno stufato, datti da fare” rispose Misha con fare serio e piuttosto sexy.
Jensen si mosse verso Misha e lo circondò con le sue braccia “vieni qui, allora” mormorò al suo orecchio, prima di mordergli il lobo e scendere verso il collo lasciando una scia di baci.
Spinse Misha sul letto e lo segui a ruota, si sistemo tra le sue ginocchia e le mani premute contro le sue guance, Misha infilò le mani sotto la maglietta di Jensen facendo scorrere le mani lungo tutto la schiena di Jensen, provocandogli i brividi.
Jensen baciò con forza le labbra di Misha mentre quest’ultimo cercava di sfilargli la maglietta.
Jensen era riluttante all’idea di staccarsi ma l’altro ora era impaziente, velocemente si staccò e poi tornò ad aggredire le labbra dell’altro.
in poco tempo rimasero solo con i boxer, Jensen roteava il bacino creando sempre una maggiore frizione, il corpo di Misha era scosso dal piacere.
Ma era diverso rispetto al solito non avevano fretta, volevano godersi il momento, volevano godersi il ritrovato equilibrio.
Le loro labbra, che non si erano ancora staccate,  si facevano sempre più fameliche.. La lingua di Misha era quasi completamente nella bocca di Jensen, esplorandola prima di tirarsi indietro, ma Jensen non glielo permise e le loro lingue ora erano un groviglio unico mentre cercavano di imporsi una su quella dell’altro.

La mani di Misha erano aggrappate alle spalle di Jensen, le dita che gli massaggiavano le scapole, sentì il suo corpo rilassarsi e la spossatezza che si faceva sempre più forte, ma cercò di cacciarla.
Jensen, a malapena capì che non si stavano più baciando ma le loro bocche erano semplicemente una sull’altra.
Jensen smise di muovere i fianchi e le mani di Misha smisero di massaggiarlo per stingerlo a se. Prima che potessi spostarsi da sopra Misha si addormentò con la sua guancia contro il mento dell’altro.
 
 
Un paio d’ore dopo Jensen era già sveglio.
Guardava il suo uomo dormire – ancora per poco- sotto il peso del suo corpo.
La sua gamba era incastrata tra le gambe dell’altro, la sua guancia ancora sul mento e un braccio sulla spalla dell’altro.
Misha sembrava veramente un angelo.
Jensen accarezzò piano il volto dell’altro, iniziò a depositare baci leggeri, prima sugli occhi, poi sulla bocca.
Misha sembrava non rispondere alle sue attenzioni.
In quel momento Jensen pensò che forse era il caso di  svegliare adeguatamente il compagno.
Spostò la sua attenzione dal viso, al bacino dell’uomo, in un attimo.
Misha stava ancora indossando solo i boxer.
Jensen iniziò a baciargli il membro sopra la stoffa.
Sentì Misha gemere quasi silenziosamente.
Abbassò quel pezzo di stoffa e continuò quello che aveva iniziato.
Quando la sua lingua fu sul membro di Misha, l’uomo spalancò i suoi occhi blu e istintivamente  mosse i fianchi verso l’altro.
“Cazzo, Jensen” fu la risposta – con la voce non più intorpidita dal sonno- di Misha.
Jensen alzò lo sguardo verso il compagno, continuando a leccare, per poi infilare l’intera asta nella sua gola.
Misha era sveglio da due minuti ed era già pronto per venire.
Mise una mano tra i capelli di Jensen, invitandolo a continuare a muoversi in quel modo.
Strinse forte un ciuffo dei capelli e Jensen capì che era al culmine.
Si staccò dal membro e Misha venne sul suo stomaco.
Il petto che gli si gonfiava per l’eccitazione.
Jensen nel frattempo era tornato su, con il volto in direzione del compagno.
 “Buongiorno principessa, dormito bene?” e quel maledettissimo sorriso beffardo di cui Misha – ancora ansimante- non si sarebbe mai stancato.



Misha crollò sul letto, ansimando.
“Wow, è questo risveglio cosa era?” Jensen che si puliva gli angoli della bocca con il dorso della mano era una delle cose più erotiche che avesse visto.
“Immagino di aver fatto un bel sogno”.
Misha ridacchiò “Immagino di si”.
“È il mio turno ora, mi sembra di capire che tu abbia bisogno di una mano li sotto.”
Prima ancora che potesse rispondere la mano di Misha stava già scorrendo verso il basso, strofinando lentamente lo stomaco, andando sempre più in giù.
Misha cominciò ad accarezzare il pene di Jensen, il suo pugno si muoveva su e giù, facendo girare leggermente la punta.
“Oh Dio, Misha” Jensen non poté fare a meno di gemere con le mani aggrappate alle lenzuola e gli occhi strizzati insieme.
I movimenti di Misha si fecero sempre più veloci e la sua mano strinse più forte il pene del compagno
“ed ora immagina cosa potremmo fare se tu non avessi appena fatto venire, le cose che potrei farti.
Immagina che sia dentro di te, le mie spinte che capiscono la tua prostata ogni volta.. Oppure tu sopra di me”
Jensen non poté fare altro che spingere i suoi fianchi verso l’altro assecondando i movimenti di Misha
“Ecco, questo è lo spirito” nel frattempo faceva roteare il pollice sulla punta, “Coraggio, vieni per me”
E Jensen venne nella mano di Misha, con un gemito soffocato.
 
 
I due rimasero a letto ancora un po’ abbracciati, beandosi l’uno della presenza dell’altro.
Misha fece per alzarsi, ma subito Jensen lo bloccò, afferrandolo per la spalla.
“Dove stai andando?” chiese Jensen.
Misha sorrise “Sono tuo prigioniero?”
Jensen non rispose neanche, si limitò a mettere una mano sulla guancia del moro e iniziare a baciarlo appassionatamente.
Misha rispose al bacio esplorando con la lingua la bocca dell’altro.
Presi dalla passione Misha si ritrovò sopra al biondo già ansimante.
Misha dalla bocca si spostò al collo, dando dei piccoli morsi fino a raggiungere i capezzoli, che leccò sapientemente.
Jensen scattò coi fianchi in avanti alla ricerca di maggiore contatto.
“Fai presto Mish” disse l’uomo ansimando.
“Abbiamo tempo Jens” e glielo aveva detto – con voce roca -  mentre con la bocca scendeva verso lo stomaco, lasciando scie di baci.
Misha volutamente non dedicò attenzione all’erezione del compagno, ma preferì baciare tutto intorno – i fianchi, l’interno coscia-  per aumentare il desiderio.
“Misha.. se.. Cazzo… se lo stai facendo apposta non sei simpatico”.
Adesso Misha stava soffiando sull’erezione di Jensen , che faceva fatica anche a pensare.
Dopo una manciata di secondi, che al biondo sembrarono un’eternità, Misha allineò il suo corpo a quello dell’uomo, anche se sembrava un po’ esitante.
 “Che c’è Mish? Qualche problema?”
Misha doveva sbrigarsi o Jensen sarebbe venuto nei prossimi due secondi.
“No è che abbiamo finito i preservativi e io non ne ho.” Rispose Misha tra l’imbarazzo e il piacere.
“Jeans, nella tasca posteriore dovrebbe essercene uno, gli altri sono nella borsa.” La voce era la voce di chi aveva fretta e urgenza di essere soddisfatto.
Misha scoppiò a ridere “Non fraintendermi sono felicissimo che tu li abbia, ma non trovi che sia un pochino presuntuoso da parte tua?”
“Presuntuoso non direi, direi speranzoso, più che altro, e visto che sto per venire con un tredicenne alle prime armi, sei pregato di fare in fretta”.
“Sempre così bisognoso, lasciami fare ti dispiace?” mentre diceva questo roteava i fianchi, provocandolo.
“Per favore”
Misha separò le natiche di Jensen, dando un lieve bacio sulla pelle sensibile, facendo venire i brividi a Jensen.
“Posso?” Chiese più per cortesia, se così possiamo dire, perché Misha sapeva che non si sarebbe sentito dire no.
“Merda, si, per favore”
Misha continuò a baciare e a leccare la sua apertura, felicissimo dei rumori che provenivano dalla bocca di Jensen.
“Sei così reattivo, così sensibile. Fortuna che siamo lontani, altrimenti i vicini potrebbero lamentarsi delle urla. Mentre lo diceva prese il lubrificante, ne mise un po’ sulle dita e inizio a massaggiare l’apertura dell’altro, in maniera delicata.
Jensen mosse i  fianchi in risposta. “Cazzo Mish, stai cercando di uccidermi?”
Abbi pazienza, non mettermi fretta”

Con un gemito Jensen lascio cadere la sua testa all’indietro sul cuscino. Era duro come il marmo e già c’erano tracce di liquido pre-eiaculatorio, era vicino anche se di concreto non era successo ancora nulla.
Quando il dito di Misha lo penetrò emise un gemito ma non gli importava, il dolore diminuì rapidamente rimpiazzato dal piacere.
Mentre muoveva, delicatamente, il dito avanti e indietro, con l’altra mano gli accarezzava il fianco, la gamba quasi come se volesse rassicurarlo. Jensen si lasciò sfuggire un lamento quando Misha tolse il dito, si sentì vuoto, ma quella sensazione durò poco.
Misha infatti ora stava per inserire un secondo dito, come prima Jensen sibilò per il dolore ma questo durò anche meno rispetto a prima.
Misha aveva trovato la sua prostata e continuava a massaggiarla, lasciando sul punto di venire. Afferrò la base del suo pene per evitarsi di venire.
“Misha per favore, scopami sono così vicino”
“No, non sei ancora pronto”
Si sentì di nuovo svuotato. “Mish” stava per dire quando senti le dita di nuovo dentro di lui, stavolta erano tre.
Un paio di spinte più tardi, Misha si sedette sulle sue ginocchia, infilò il preservativo sulla sua lunghezza e spalmò una generosa quantità di lubrificante.
Mise una mano sull’anca di Jensen mentre con l’altra mano allineava il pene all’apertura e poi si spinse dentro, in un unico movimento.
“Cazzo, muoviti”
“Amo il tuo essere per nulla docile, nonostante ti stia penetrando”
“Sta zitto e muoviti.”
Anche se avesse voluto Misha non sarebbe stato in grado di dire una parola. Tutto ciò che fuoriuscì dalla sua bocca furono ansimi e gemiti.
Jensen non era messo meglio, ansimava e gemeva quanto lui, crogiolandosi nell’immenso piacere dato dalla continua stimolazione della sua prostata.
Non poteva più trattenersi, con la mano raggiunse la sua erezione e comincio a pomparla. “Sto per venire, vieni con me Mish, sono così vicino”
Misha diede altre due o tre spinte prima di venire, nel preservativo. Jensen estasiato del pulsare del pene di Misha dentro di lui, venne pochi istanti dopo, svuotandosi sul suo stomaco e sporcando anche quello dell’altro mentre urlava il suo nome.


“Cazzo” disse appena ebbe recuperato il respiro e la capacità di muoversi, “dovremmo litigare più spesso”.
Misha lo guardò con il suo solito sguardo indecifrabile, inondandolo con il blu dei suoi occhi.
"Ti amo " disse guardandolo negli occhi.
"Lo dici solo perchè ti faccio pompini da urlo" disse Jensen mentre nascondeva il suo viso nell'incavo del collo del compagno, sussurrando "anche io " e Misha lo abbracciò.

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