Non è mai troppo tardi.

di Lu_15_TVD
(/viewuser.php?uid=557489)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Il sole sta tramontando anche su Chicago, ma ancora non mi sento a mio agio, non dopo le sconvolgenti scoperte dell'ultimo periodo.

Mi sorprendo a pensare ai primi giorni in cui arrivai in questa città, e al tempo che avevo passato prima di allora. Agli anni basati sulle menzogne, a tutte quelle esperienze brutte, ma soprattutto a quelle belle, perché in realtà avrei voluto rimuovere tutta quella fase della mia vita, in fondo era solo stata una colossale bugia.

In questi anni ho sempre provato a dimenticare quel periodo della mia vita, o quanto meno a non pensarci, ma non sempre ne sono stata capace. Adesso, invece, sono costretta a riesumare ogni cosa, ogni singolo momento importante della mia vita, del mio passato, per poter capire come affrontare il mio futuro.

Vedere scomparire il sole dietro gli alti palazzi della mia città mi ha sempre fatto bene, ma, a quanto pare, questo caso è diverso. La situazione è troppo complicata perché bastino pochi minuti per essere risolta. Mi appoggio alla ringhiera senza alcun tentennamento, ormai l'altezza non mi fa più alcun effetto. Mi sono lasciata quella zavorra dietro da un bel po', e sinceramente adesso tutto è più bello, soprattutto guardare il panorama dal mio appartamento al quarantottesimo piano.

Guardo sotto di me e vedo le macchine affollarsi per le strade, e uno strano senso di disgusto mi coglie impreparata, il caos delle grandi città è una delle poche cose che non riesco ancora a farmi piacere, anche se da un certo punto di vista è anche un lato positivo. Confondersi nella confusione di Chicago non è difficile, anzi, per la mia vita attuale nascondermi nell'anonimato della folla è l'unico modo per sopravvivere.

La tensione sta raggiungendo livelli troppo elevati. Il tempo per decidere è ormai agli sgoccioli. Questo è uno di quei momenti in cui vorrei urlare, sfogando così ogni mia preoccupazione, ogni peso che mi affligge. Poi, però, penso che anche urlare non mi sarebbe di alcuna utilità e rimango immobile, sulla terrazza del mio costosissimo appartamento a osservare il tramonto e i giochi di luce che formano gli ultimi raggi del giorno sui palazzi della mia città.

Uno spettacolo che ogni volta mi lascia senza parole e che non mi stanco mai di guardare.

Sento una leggera pressione sulla schiena. Non sono affatto sorpresa della sua presenza, tutt'altro, mi sarei sbalordita solo se non si fosse fatto vivo. Ho sentito i suoi passi felpati prima ancora che mi fosse tanto vicino da sfiorarmi, ma ho preferito fingere di non essermene accorta e rimanere immersa nei miei pensieri ancora per un po'. In fondo è anche grazie a me se è diventato così bravo, ma dovrebbe sapere che non ha alcuna speranza di sorprendermi.

Scivolo di lato e mi distanzio da lui. Lo guardo in viso. È sereno, come se non avesse fatto nulla di male, come se non mi avesse mentito per tutto il tempo.

Appena però, vede il mio sguardo accusatorio, la sua espressione s'incrina un attimo, poi torna ad essere tranquillo come poco prima, anche se dalla voce non si direbbe affatto. -Quindi lo hai saputo.- Non è una domanda, solo una precisazione.

Vorrei dirgli così tante cose, ma sono consapevole del fatto che non gli direi quello che devo, ho bisogno di calmarmi un po' prima, e di riflettere su cosa fare.

-Ti prego vattene. Ho bisogno di stare da sola.- La voce mi esce strozzata, più bassa di un sussurro, ma sono sicura che lui sia riuscito ad afferrare ogni parola e ogni significato possibile.

Mi lancia un ultimo sguardo disperato prima di voltarsi e sparire dentro casa. Osservo ancora per un minuto il panorama della città, fino a quando il sole non è tramontato del tutto. Poi rientro in casa anch'io, pronta ad affrontare un'altra serata colma di ricordi, e speranzosa che almeno questo mi aiuti a prendere la decisione giusta.
 

______________

Ciao a tutti! Spero che questo prologo via sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate. Aggiornerò a breve.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 

Si stava facendo buio ormai. Paige sarebbe dovuta passare a prendermi intorno alle sette e trenta, ma come al solito era in ritardo. E pensare che adesso aveva anche una macchina tutta sua. Un tempo era sempre lei a venire da me, aspettavamo Mike, mio fratello, per farci dare un passaggio con la sua auto, e poi uscivamo. Non era un granché, soprattutto per me che dovevo aspettare quei due. Alla fine mi ero anche abituata, ma adesso credevo che sarebbe cambiato. Potevo capire che Paige facesse tardi quando era a piedi, perché in fondo non abitavamo proprio così vicine, ma ora non aveva più alcuna giustificazione.

Se solo avessi saputo allora il vero motivo del suo ritardo... Beh, forse in quel caso sarebbe stato anche peggio.

Appena sentii il rombo tanto conosciuto della sua Audi una strano brivido mi colse impreparata. Senza nemmeno sbirciare dalla finestra della mia camera per constatare che fosse veramente lei, cominciai a radunare velocemente le mie cose, e a infilarle dentro la borsa beige che avevo già tirato fuori dall'armadio. Diedi un'ultima occhiata allo specchio accanto al mio letto e mi vidi interamente. Indossavo un vestitino di pizzo bianco, corto, che lasciava le spalle scoperte, vi era poi un'ampia scollatura davanti e una ancora maggiore sulla schiena. Ricordai per un attimo il giorno in cui ero andata con Paige per fare shopping in vista di questa serata. Appena lo avevo visto non ero più riuscita a trovare nulla di più bello, un amore a prima vista, e le lusinghe della mia amica che continuava a ripetermi che era quello giusto non fecero che velocizzare il tutto. Poi non dovetti far altro che trovare un paio di zeppe beige da abbinare alla borsa che già avevo e il gioco era fatto.

I capelli castani mi cadevano dolci sulle spalle, una parte erano invece acconciati in qualche modo complicato sulla testa. Era stata ovviamente mia madre a pensare a quello, io non avevo fatto altro che scegliere il trucco adatto all'occasione.

Percepii la presenza della mia amica prima ancora che irrompesse nella mia stanza. Spalancò la porta, e come al solito entrò nella mia camera come un tornado. Nemmeno i tacchi vertiginosi che portava potevano rallentarla, per non parlare del vestitino aderente che aveva scelto. Le sue gambe infinite si mossero velocemente verso di me, per permetterle di abbracciarmi con decisione, prima che ci incamminassimo verso la sua auto. Non mi sarei mai aspettata una dimostrazione di affetto così esagerata, non da lei almeno, soprattutto perché la conoscevo, e sapevo che non sopportava rovinarsi il trucco prima di uscire.

Ricambiai l'abbraccio con la tenerezza di sempre, prima di staccarmi e andare verso la porta.

-Aspetta Sarah,- così dicendo la mia amica mi fermò sulla soglia della porta. -Non penserai di uscire così?-

Io la guardai dubbiosa, non riuscivo proprio a capire. -Cosa intendi dire?-

-Fuori fa un freddo cane, e dalle nuvole pare proprio che potrebbe mettersi a piovere, quindi ti consiglio di prendere la tua giacca di jeans.- Me lo disse con la sua voce da mammina, quella tutta preoccupata che ti prenda un malanno. La prendevo sempre in giro quando parlava così, ma in questo caso preferii evitare, per paura di perdere ancora troppo tempo.

Presi la giacca che mi aveva consigliato dall'armadio. -Perfetto. Tu, invece? Ne vuoi una anche tu?-

-No, tranquilla. La mia l'ho lasciata in macchina. Adesso andiamo, sto proprio morendo di fame.-

Tipico di Paige, prima perdeva un sacco di tempo a prepararsi e poi si comportava come se fosse stata mia la causa di quel ritardo. La conoscevo così bene, o almeno ero convita di ciò.

Salimmo in auto e partimmo dritte per la pizzeria più vicina. Ci sedemmo al primo tavolo libero che trovammo e così cominciammo a festeggiare la fine del liceo.

Passammo due ore piacevoli, chiacchierando del più e del meno come nostro solito, ma la serata non era ancora terminata, tutt'altro, quello era solo l'inizio. Dopo aver pagato il conto che erano quasi le dieci, tornammo verso l'auto per poterci finalmente dirigere al pub che Paige aveva prenotato per chiudere l'anno in bellezza.

Quella, sarebbe stata l'ultima occasione in cui li avrei visti, insomma, l'ultima chance per poter dire addio agli amici che mi avevano accompagnato per tutti quegli anni, sia a scuola che le sere quando ci riunivamo a bere qualcosa o semplicemente a ingannare il tempo. Se solo lo avessi saputo prima, magari avrei fatto le cose diversamente.

Paige, essendo la presidentessa, aveva organizzato tutto, e come in ogni occasione che si deve, lei arrivava per ultima. Quando entrammo nel locale era talmente pieno che quasi non c'era posto per lasciare le nostre giacche. La borsa la portai con me ovviamente, primo perché non mi fidavo, e secondo perché anche se avevamo prenotato il posto, l'alcool non era gratis, quindi non ci sarebbe stato altro modo di bere. A Paige, invece, bastava infilare le banconote nel reggiseno.

La serata era solo all'inizio, ma già c'era qualcuno che ubriaco saliva sul palco a fare una performance, chi cantando con il karaoke, chi spinto da un'insolita ebbrezza si metteva a fare battute stupide alle quali rideva solo lui stesso.

Io e la mia amica andammo dritte al bancone, a ordinare due tequile. Quale miglior modo per cominciare una serata?

Le bevemmo tutto d'un sorso e ne ordinammo subito altri due.

A questo punto avevamo bevuto abbastanza per andare in pista a ballare, non eravamo il genere di persone che si sedevano nei tavoli a ridere di quelli che salivano sul palco.

Paige non dovette faticare molto per convincermi a ballare, era la nostra serata speciale, non potevo non divertirmi almeno questa volta. Mi lasciai trascinare facilmente nella calca di ragazzi che ballavano. Molti di loro erano già ubriachi, compresi quelli che di solito si trattenevano, quelli che non bevevano molto perché il giorno dopo avevano sempre qualcosa da studiare. Quella sera tutti si lasciavano andare, finalmente per una volta tutti si stavano divertendo.

Non era mai stato un mio obbiettivo ubriacarmi, mi piaceva bere, ma mai fino a non potere avere il pieno controllo di me stessa. In questo cosa, invece, bere fino ad arrivare a quel punto era come un legge non scritta, ma che comunque doveva essere rispettata.

Non ho mai amato la musica da discoteca, e per questo non ci andavo mai, è sempre stato difficile convincermi a ballare. Paige, invece, non faceva alcuna distinzione, per lei bastava che fosse musica, riusciva a ballare su tutto, non per niente questo era il suo grande sogno e la sua più grande ambizione. La sua preferita era la musica classica, ma non sdegnava tutto il resto, ogni volta si lasciava andare quando si trattava di ballare, e ovviamente tra le due era l'unica a non fare figuracce.

Nemmeno quella sera era diverso, lei non aveva neanche bisogno di bere per scatenarsi, lo faceva solo per farmi compagnia in un certo senso. Io cercavo sempre di seguire i suoi passi per come potevo, ma non era così facile in realtà.

Ad un certo punto, credetti di vedere Jeremy, era da giorni che non si faceva sentire e credevo di vederlo ogni volta che mi giravo. Questa volta, però, ero certa che fosse lui, non mi ero nemmeno accorta che avevo smesso di ballare e mi stavo avvicinando sempre di più a lui, finché qualcuno non mi afferrò per il braccio.

Noah, il mio ex, stava davanti a me, e mi fissava in un modo che non oso descrivere. Ogni volta che mi guardava sembrava che mi stesse mangiando con gli occhi, ci credo che nessuna ragazza potesse resistergli se le fissava tutte così. Diciamo che era uno di quei playboy con il quale tutte vorrebbero passare una notte, ma che nessuna veramente vorrebbe come fidanzato. Non solo perché è uno che non riesce ad avere una sola ragazza alla volta, ma proprio perché nessuna riesce a resistergli, quindi è difficile non esserne gelosa.

Il mio caso era stato un po' diverso, è vero che sono stata sedotta come tutte, ma mi sono avvicinata a lui per il semplice fatto che non riuscivo a dimenticare Jeremy, il mio amore di sempre. E Noah, con il suo fascino da cattivo ragazzo era l'unico che veramente era riuscito a conquistarmi e a farmi dimenticare in parte Jeremy.

Noah si avvicinò a me fino a sussurrarmi all'orecchio. -Mi concedi almeno un ballo?-

Nonostante nessuna riuscisse a resistergli, io non mi ero mai legata così strettamente a Noah da fare tutto quello che mi chiedeva. In quel caso però non fui in grado di digli di no, forse perché in parte lo desideravo anch'io. -Soltanto uno.- Risposi non allontanandomi di un centimetro.

Lui, imperturbabile, mi strinse ancora di più a se, poi prese le mie braccia fino a portarle al suo collo, e le sue finirono nella mia schiena. Sarebbe stato un comportamento ridicolo per qualsiasi ragazzo ballare come se fosse un lento, ma questo non includeva Noah. Lui era capace di fare anche la cosa più pazza e nessuno osava fiatare. Non che fosse così benvoluto da tutti, al massimo lo era Jeremy, lui era più il tipo da essere considerato come un capo-banda, quello che insomma dettava legge e che tutti prendevano come esempio per sentirsi popolare o anche solo per cercare vanamente di attrarre le ragazze come solo lui sapeva fare.

Mentre ci muovevamo lentamente e lui trasmetteva quella sua sensualità che attirava tutte le ragazze, non riuscivo a pensare a nient'altro che a noi due e al periodo in cui avevo pensato di essermi innamorata di aver finalmente dimenticato Jeremy.

Mi sentivo così in pace tra le sue braccia muscolose. Riusciva sempre a sorprendermi quando stavamo insieme, il modo in cui snobbava le ragazze mi lasciava a bocca aperta, nessuno se lo sarebbe aspettato da lui, forse nemmeno lui stesso. Quando però ridusse i pochi centimetri che ci separavano fino a baciarmi non rimasi per niente stupita dal suo comportamento. Tutt'altro. Era da quando mi aveva chiesto di ballare che non aspettavo altro.

Come c'era da immaginarsi anche quando si trattava di baciare Noah era un fuoriclasse, era come rimanere stregati da un incantesimo, non riuscivi più ad allontanarti da lui, a meno che...

A meno che qualcuno non vi separava, e Paige era quella che si assumeva sempre questo arduo compito, e quella volta non fu da meno.

Mi prese per un braccio e mi trascinò fino al bagno delle donne.

-Che cazzo stai facendo? Vuoi ricadere in quel giro?- Le urla della mia amica quasi mi rompevano i timpani, evidentemente l'alcool che aveva in corpo non le faceva rendere conto del tono che stava usando.

Tutta quella situazione mi ricordò il brutto di essere stata fidanzata con Noah. Ero fatta in ogni momento, tanto che quando riuscii finalmente ad uscirne mi chiesi se quello che era successo con Noah era autentico. Fu davvero un brutto periodo quello, le liti con i miei migliori amici, con Mike. Avevo rischiato di essere espulsa, e tutto per un ragazzo che non amavo veramente, che mi ero solo costretta a credere di amare.

-Mi giro un attimo e non ti vedo più, ti cerco nella folla e ti vedo che stai baciando quello stronzo. Ma ti rendi conto di quello che ho provato? Mi sono sentita delusa, tradita.- La sua voce avvalorava ogni sua parola.

-Paige.. mi dispiace... Io non volevo ferirti, sai che è così, non avrei mai voluto farti rivivere tutto quello che abbiamo passato. Non ho pensato alle conseguenze. Mi sono solo messa a ballare con lui e una cosa tira l'altra.-

-Basta. Non ti ho portato qui perché tu ti giustificassi, volevo solo portarti via di lì, farti capire che non sei giustificata a comportarti così solo perché sei innamorata di Jer...- Fu interrotta dal rumore di uno scarico e poi una ragazza uscì da un bagno.

Kelly, tranquillamente, si avvicinò a uno specchio per ritoccarsi il trucco, era vestita proprio come un buttana quella sera, e se solo avessi bevuto un po' di più probabilmente glielo avrei anche detto in faccia, rischiando di scatenare un putiferio. Non avevo mai sopportato quella ragazza.

-È venuta davvero una bella festa Paige, alla fine non è stato un male che sia stata eletta tu.- Ah, già. Nemmeno lei ci sopportava perché Paige l'aveva battuta nelle elezioni. L'ostilità che provava nei nostri confronti era palpabile, così com'era percepibile anche la nostra avversione per lei.

Appena quella stronza uscì dal bagno io e la mia amica scoppiammo a ridere, e solo quando ci fummo calmate tornammo alla festa.

Sarei subito tornata a ballare probabilmente, se non avessi voluto evitare Noah per un po', quando si trattava di lui non agivo mai razionalmente. Così andammo dritte al bancone per prendere un altro giro di tequila. Paige mi seguì senza discutere e prese posto accanto a me.

A parte noi, c'era solo un altro ragazzo al bancone, che per altro era anche abbastanza strano. All'inizio essendo di spalle non capii cosa ci fosse di tanto inconsueto in lui o nel suo comportamento. Poi, quando si voltò e cominciò a passare in rassegna tutti gli alcolici mi accorsi subito di non averlo mai visto a scuola. Senza contare che quel ragazzo non sembrava affatto di quelle parti, mi chiesi cosa ci facesse un estraneo al nostro party esclusivo e soprattutto come avesse fatto ad entrare.

Dopo aver ispezionato per bene tutte le bottiglie visibili, fece un cenno al barista che si affrettò a raggiungerlo e una volta che seppe quello il cliente desiderava cominciò a preparare un cocktail che non sembrava per niente semplice data la varietà di alcolici che stava mescolando. Una volta finito, poggiò il bicchiere davanti al ragazzo, che gli allungò una banconota e gli disse due parole alle orecchie, come se cercasse di non farsi sentire da nessun altro.

Non avrebbe potuto confondersi neanche volendo, il suo atteggiamento, il modo in cui era vestito, non lasciavano scampo, senza contare che era più grande della gente che si ammassava quella sera al locale. Con quel completo nero aveva un che di misterioso, a prima vista poteva sembrare che venisse da una giornata di lavoro in ufficio, ma se lo si osservava meglio si capiva che non era così, che aveva qualcosa da nascondere.

La cosa più insolita nel suo comportamento era che non provava ad integrarsi, come se non gli importasse che qualcuno notasse la sua presenza, tutt'altro, sembrava quasi che stesse cercando qualcuno dal modo in cui si guardava intorno. Con il bicchiere pieno si voltò nuovamente verso la folla è cominciò a perlustrare ogni volto da lontano. Non sapevo chi stava cercando, ma avevo l'intenzione di scoprirlo, solo non subito, non potevo lasciare Paige da sola.

Così ordinai le nostre tequile e aspettai che furono pronte, poi Paige fece uno dei suoi interminabili brindisi. Quando poggiai il bicchiere vuoto sul bancone, mi scappò un altro sguardo verso quello strano ragazzo, che in quel momento ci stava fissando, come se avesse trovato quello che cercava, poi però puntò gli occhi in un'altra direzione. Cercai di pagare il conto perché era il mio turno, ma il barista mi fermò. -Ha già pagato quel ragazzo laggiù per voi.- Disse indicando lo sconosciuto che da un po' tenevo d'occhio.

A quel punto fui stanca, volevo scoprire assolutamente chi stava cercando e perché si trovasse lì.

Spedii la mia amica verso la pista, assicurandole che in breve l'avrei raggiunta, e quando mi alzai per dirigermi dall'estraneo notai che era sparito.

Mi guardai intorno finché non notai un'ombra salire al piano di sopra, convinta che fosse lui, mi diressi verso le scale, pronta a scoprire la verità. 
 

____________

Ed eccomi con il primo vero capitolo, spero che la storia vi coinvolga come coinvolge me nello scriverla. Fatemi sapere cosa ne pensate con le vostre recensione sono veramente curiosa di conoscere le vostre opinioni :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Salii velocemente, poi mi guardai intorno senza sapere bene dove andare, in quel piano c'erano solo i bagni, che escludevo a prescindere, non poteva essere salito solo per questo, il resto dello spazio era occupato da una saletta con dei divanetti in cui si poteva stare a parlare più appartati e da una cucina che non veniva usata in serate come questa.

Oltrepassai quindi i bagni, e percorsi il corridoio, dritta verso la saletta privata, ma quando svoltai l'angolo ciò che vidi mi lasciò impreparata. Fossero stati due ragazzi qualsiasi non mi avrebbero impressionata più di tanto, li avrei superati tranquillamente, ma vedere Jeremy, ubriaco per quanto poteva essere, baciare in quel modo una ragazza.. non potevo reggere quella vista. Quando poi mi accorsi che la ragazza in questione era quella stronza di Kelly, il mondo sembrò crollarmi addosso.

Lentamente indietreggiai e corsi di sotto, volevo dimenticare tutto, affogando i dispiaceri nella tequila. E così feci, andai a prendere due bicchierini di tequila, poi li portai con me verso la pista, decisa a trovare Paige e a brindare alla mia splendida vita sentimentale.

Non fu facile trovare la mia amica, adesso soprattutto che i ragazzi si accalcavano sempre di più verso il palco, dove una band a me sconosciuta stava suonando qualche pezzo rock. Paige aveva proprio fatto del suo meglio per organizzare la serata.

Quando finalmente riuscii a raggiungere la mia amica, lei mi squadrò dalla testa ai piedi prima di lanciarmi una delle sue occhiate eloquenti. -Su, dimmi cos'è successo.- Mi gridò all'orecchio per sovrastare la musica.

-Come sai che è successo qualcosa?- La interrogai io stupita dalla sua perspicacia.

-Per quale altro motivo altrimenti dovresti avere due bicchieri vuoti?- Odiavo le sue domande retoriche, però devo dire di non essermi resa conto di averli bevuti entrambi prima che lei me lo facesse notare. Credo che in quel caso fui più sorpresa io stessa dal mio comportamento, Paige, invece, mi conosceva tanto bene da aver inquadrato la situazione all'istante.

-Direi che adesso hai trovato un motivo più che valido per ubriacarti. Cos'ha fatto quello stronzo?- Il suo sguardo premuroso e allarmato mi inchiodò con i piedi per terra.

-Preferisco non parlarne in questo momento.- Cercai io di tagliare corto, ma lei non sembrò far caso alle mie parole.

-Sai, dovresti lasciar perdere con lui. Jeremy non è il ragazzo per te, puoi avere di meglio. E in questo momento dovresti solo pensare a divertirti e non tormentarti per uno stronzo che non ti merita.-

Sapevo perfettamente che Paige aveva ragione, ma non per questo riuscii a togliermelo dalla testa. Non c'ero riuscita per anni, come potevo sperare di riuscirci in pochi minuti?

Fortunatamente mi sbagliavo, non sarebbe stato così dura smettere di pensare a lui, almeno non in quella notte.

Cominciai a ballare con Paige senza rendermene conto. Poi un ragazzo, di cui non ricordo nemmeno il viso mi si avvicinò e cominciò a ballarmi in torno e io senza alcun ritegno mi avvicinavo al suo corpo e mi muovevo in un modo pericolosamente seducente. L'alcool aveva fatto effetto come mai prima di quel momento.

Appena la mia amica se ne accorse non perse un secondo per tirarmi fuori da quella situazione, mi portò vicino al bancone, mi fece sedere sulle scale per verificare che fossi ancora in me. -Ti porto un bicchiere d'acqua, tu non muoverti di qui. D'accordo?-

Annuii.

Lei si allontanò velocemente, e nel giro di un minuto tornò con in mano un enorme bicchiere che mi costrinse a bere fino in fondo. -Sto bene,- dissi più per tranquillizzarla che per altro. -Ora torna a ballare, non voglio rovinarti la serata.-

-Non posso lasciarti qui da sola.-

-Certo che puoi.- E per dimostrarle che adesso stavo bene mi alzai e la spinsi verso la pista da ballo. Paige, constatando che riuscivo a reggermi in piedi mi sorrise e tornò a ballare come solo lei sapeva fare.

Io mi resi piacevolmente conto che mi ero ripresa veramente, anche se non del tutto.

Ritrovandomi da sola cominciai a pensare a quello che avevo visto al piano di sopra e a quanto mi aveva fatto sentire male, non potevo credere che Jeremy appartenesse a quel genere di ragazzi, quelli che se la fanno con tutte, soprattutto con puttane come Kelly.

In fondo erano fatti per stare insieme, uno più stronzo dell'altra.

Non pensavo veramente quelle cose, avevo sempre reputato Jeremy come uno dei ragazzi più dolci che conoscessi, eppure quella sera non potevo fare a meno di convincermi del contrario. Era il modo più semplice per affrontare la situazione. Convincermi che fosse uno stronzo era molto più facile di persuadermi che avesse trovato una ragazza più carina.

Se ripensavo ai miei primi giorni al liceo e a come era stato gentile nei miei confronti tutto si complicava.

Lui era stato il primo ad avvicinarmi, ero così timida allora, stavo sempre per i fatti miei, respingendo qualsiasi tentativo di amicizia da parte di chiunque. Poi, però, vedendo che un ragazzo così carino e popolare si allontanava dai suoi amici per passare dieci minuti con me e convincermi che in realtà il liceo non era così male, non riuscivo a resistergli.

Mi inculcò quella sicurezza che poi mi avrebbe spinto a fare amicizia con Paige e a dare una possibilità anche agli altri. In un certo senso mi aveva aiutata ad aprire il mio cuore anche agli altri.

Cosa che se ora ci ripeso, non avrei dovuto fare. C'era un motivo se non mi fidavo di nessuno, era perché non c'era alcuna persona che meritasse la mia più completa stima.

A quanto pare il mio sesto senso aveva avuto ragione fin dall'inizio, peccato che l'ho capito troppo tardi. Ormai non conta più ciò che è successo nel passato, o almeno così credevo, se lui non fosse entrato così nella mia vita non avrei avuto bisogno di rivivere il mio passato per prendere una cazzo di decisione. Mi sarebbe bastato andare avanti con la mia vita e dimenticarmi tutto il resto.

Stavo tenendo d'occhio Paige quando improvvisamente vidi il ragazzo misterioso di prima avvicinarsi a lei. Non riuscivo a fidarmi di lui, non era per il suo aspetto o che so altro, ma per qualche starno motivo il dubbio si stava insinuando dentro di me. Qualcosa mi diceva che dietro quella facciata da ragazzo curato che si veste bene e che vuole solo flirtare come ogni persona normale della sua età, c'era dell'altro, un segreto così grande che a forza di mentire finiva per crederci anche lui.

Poi, però, ricordandomi il modo in cui ci fissava, e il fatto che ci avesse offerto da bere, cominciai a convincermi che in fondo voleva veramente solo flirtare. Forse ero semplicemente gelosa che fosse stata la mia amica e non io ad attirare l'attenzione di un ragazzo così affascinante.

Quando lui le fu abbastanza vicina da poterle parlare, lei si voltò, e sorpresa ma per niente intimorita, cominciò a rispondere alle sue domande. Adesso, però, c'era un che di insolito nel suo comportamento, non si sentiva più a suo agio, come se le parole di lui la turbassero.

Non so come feci, ma riuscii ad alzarmi e con una sicurezza e una calma che non mi erano mai appartenute cominciai ad avvicinarmi a quei due, cercando di non farmi notare. Il modo in cui lo feci, la naturalezza che scaturiva da quei movimenti, come se fossi nata per fare la spia, mi sconvolsero.

Mi accostai a loro quel tanto che serviva per sentire quello che dicevano, ma non abbastanza per farmi scoprire. Da lì potevo vedere abbastanza bene il sudore sul collo di Paige dovuto a tutto quel movimento e forse un po' anche all'agitazione causata dall'estraneo. Lui, invece, era calmo, completamente padrone della situazione.

Non mi ero resa conto di quanto fosse carino, i capelli corvini erano disordinati come dopo una rissa e gli occhi verdi fissavano la mia amica con quella speranza che hai paura di deludere. I lineamenti del viso erano dolci, ora più che mai, sembrava che stesse raggiungendo lo scopo della sua vita.

E la sua voce, anche quella lasciava senza fiato, come tutto di lui. -Quindi sei tu oppure no?-

-Non ti dirò niente se non mi dici cosa vuoi.- Paige sembrava preoccupata.

-Ho bisogno di parlare con lei, ma non so chi sia, cioè, non la vedo da così tanto tempo che non sarei nemmeno in grado di riconoscerla.- Qui la voce di lui s'incrinò per un secondo.

-Non mi hai ancora detto chi sei tu.- La mia amica era così tenace, non si lasciava intimidire tanto facilmente.

-Non ha importanza. Devo solo sapere se Sarah sei tu o è quell'altra ragazza con cui sei arrivata.-

Quando sentii pronunciare il mio nome il tempo parve fermarsi. Un mare di pensieri mi attraversarono la testa. Per quale motivo stava cercando proprio me? E perché era così deciso a trovarmi? Ma soprattutto lui chi era? E come poteva dire che non mi vedeva da tanto tempo se io non lo conoscevo?

Per qualche minuto rimasi immobile, non sapendo cosa fare, come comportarmi. Non fui nemmeno in grado di continuare ad ascoltare la loro conversazione.

Appena mi ripresi capii che non potevo stare impalata lì ad aspettare chissà cosa, così, decisi di allontanarmi. E con la stessa destrezza di prima attraversai la folla fino a tornare alle scale. Da lì potevo gestire meglio la situazione, avevo una visuale completa della stanza, ma purtroppo anche loro potevano vedermi. Infatti, non mi meravigliai quando Paige mi indicò e lo sconosciuto si voltò verso il luogo in cui mi trovavo fino a posare lo sguardo su di me. Mi fissò per qualche secondo, sorpreso ma allo stesso tempo compiaciuto, come se non avesse potuto aspettarsi niente di diverso.

Quando mi resi conto che stava venendo verso di me era troppo tardi per scappare. Mi guardai intorno, valutando la situazione e cercando inutilmente una scappatoia o un modo per sfuggirgli.

In breve mi raggiunse e a quel punto capii che non potevo evitare il problema, e allo stesso tempo mi resi conto che in fondo non era quello che volevo fare. L'unica convinzione che avevo in quel momento era di fare tutto il possibile per scoprire la verità.

-Finalmente ti ho trovata.- Stava parlando tra se. L'emozione sembrò travolgerlo per un attimo, vidi che si stava avvicinando come per abbracciarmi, ma poi si fermò e mi tese la mano.

-Io sono Tyler comunque.- Era ovvio che non sapeva come comportarsi. E se non lo sapeva lui, figuriamoci io, che in quel momento ero più confusa che dopo un esame di matematica.

E agitata com'ero per tutta la situazione, ovviamente mi sono comportata nel modo più stupido che potesse passarmi per la testa. Gli strinsi la mano e ingenuamente mi presentai, come se fossimo degli sconosciuti, cosa che in realtà eravamo, almeno per quanto riguardava il mio punto di vista.

-Piacere, io sono Sarah..- Subito dopo aver detto quelle parole me ne pentii. -Ma questo tu lo sai già. O forse mi sbaglio?- Era strano con lui, in quel momento mi sentivo come se potessi dire tutto quello che volevo. Era una sensazione magnifica, che provi solo con le persone che tengono davvero a te, persone delle quali sei certa che ti ameranno sempre e comunque.

-No, non ti sbagli. Dovrei chiederti come facevi a sospettare di me, di tutta questa situazione, ma per tua fortuna conosco già la risposta.- Adesso sembrava più che compiaciuto, come se tutte le sue speranze si fossero appena realizzate.

-Di cosa stai parlando?-

-Niente, poi magari più avanti ti spiego, forse è meglio cominciare dal principio, non credi?-

-L'unica cosa che credo è che voglio sapere la verità adesso, e non fra qualche giorno o più avanti. Ora. Tutta questa attesa è snervante, soprattutto il modo in cui tu cerchi di prendere tempo. Penso di avere il diritto di sapere perché mi stavi cercando e chi sei veramente.- Buttai lì tutto d'un fiato, e la cosa migliore è che per me fu come una sorta di sfogo dopo tutta la tensione della serata.

-Certo. Hai completamente ragione. Solo che questo non è il posto né il momento migliore per raccontarti tutto.- Il modo in cui si scusava era adorabile.

-Tu proprio non capisci. Devo sapere la verità ora, non posso più aspettare.- Mai parole più vere mi erano uscite dalla bocca prima di quel momento.

-D'accordo, allora andiamo in un posto in cui possiamo parlare con calma e senza la preoccupazione che qualcuno possa ascoltarci.-

Mi rilassai visibilmente quando gli sentii pronunciare quelle parole, ma contemporaneamente ero agitata e impaziente. -Seguimi.-

Salimmo le scale con una lentezza impressionante. Con tutta la calma che mi serviva per decidere dove andare, anche se alla fine furono i miei piedi a fare tutto il lavoro. Mi ritrovai, infatti, davanti la porta che conduceva al tetto senza quasi essermene resa conto. Provai a girare la maniglia, ma era chiusa a chiave.

Tyler stava per farsi avanti, quando io, non so perché tirai fuori una forcina. -Ci penso io.-

Non so da dove mi venne in mente o come ne fui capace, ma in qualche modo riuscii ad aprire quella maledetta porta. Alla fine non so se la più sorpresa ero io o Tyler che alle mie spalle mi guardava sbalordito.

Uscii di scatto senza riflettere. Fui travolta da una ventata d'aria gelida, un po' insolita per il periodo, che quasi mi fece venire voglia di tornare indietro. E dico quasi perché ormai niente mi avrebbe più fatto cambiare idea, ero più che decisa a scoprire la verità.

-Sarah, avrai capito che quello che devo dirti è molto importante, è una questione un po' delicata e io non so se saprò usare le parole giuste. È da così tanto tempo che ti cerco che quasi non ci credevo più di trovarti, ora infatti mi ritrovo qui davanti a te senza sapere da dove cominciare. Forse l'unica opzione possibile è partire dal principio... Beh, dopo la morte dei tuoi io sono rimasto scioccato, non sapevo cosa fare, avevo solo sei anni..- Tyler s'interruppe improvvisamente, forse aveva visto qualcosa che non andava nella mia espressione. -Sarah, cos'hai?-

Io non riuscivo quasi a spiccicare una parola. -Che significa la morte dei miei? Com'è successo? Sta mattina stavano bene sembrava tutto così normale..- Non riuscii a finire di parlare, gli occhi mi si stavano riempiendo di lacrime, la vista mi si appannava e mi veniva male a pronunciare una frase di senso compiuto.

Tyler sembrò intuire ciò che stava succedendo e una rabbia cieca gli montò improvvisamente.

-Oddio, non ci posso credere. Non ti hanno detto niente? Come hanno potuto? Potevo capire se non ti parlavano di me, ma nasconderti tutto. Sono stati dei vigliacchi, avevano paura di perderti non è così? Temevano che una volta che avresti saputo tutta la verità te ne saresti andata, non è forse vero?-

Io non riuscivo a capire di cosa stesse parlando, sembrava comunicasse con un'altra lingua. E soprattutto non riuscivo a comprendere perché fosse tanto infuriato.

-Tu sei maggiorenne, no? Hai già compiuto diciotto anni?-

-Sì, certo, ma ora cosa c'entra?-

-Avevano il dovere di dirti tutto,- sembrava quasi che non mi stesse più a sentire, come se riflettesse su cosa era meglio fare. -Mi sentiranno, non gliela farò passare liscia.-

Intanto i miei occhi non smettevano di lacrimare. -Vuoi spiegarti? Non ci sto capendo niente, anzi mi stai confondendo ancora di più.-

Lui sembrò ritornare in sé, come se si fosse risvegliato da un incubo, e solo in quel momento si stesse rendendo conto di cosa era successo nel frattempo. Appena si rese accorse che stavo ancora piangendo si avvicinò, mi afferrò le braccia e cercò di attirare la mia attenzione per farmi calmare.

-Sarah, mi hai frainteso. Le persone che tu credi siano i tuoi genitori in realtà non lo sono, e benché siano dei completi imbecilli loro sono vivi.-

-Ma tu mi hai detto..-

-Quello che ti ho detto poco fa, purtroppo è vero. I tuoi veri genitori sono morti più di diciassette anni fa, in un incidente. Tu all'epoca non avevi nemmeno un anno. Ci hanno portati entrambi all'orfanotrofio, ma quando ti hanno adottato io non ho potuto fare niente. Quel luogo non faceva più per me così sono scappato, volevo cercarti, ma ero così piccolo, non era una missione adatta a un bambino. Tu però, devi credermi. Io non ti ho mai dimenticata. Ripensavo spesso alle faccine buffe e sbalordite che facevi quando ti mostravo delle cartoline che trovavo in giro. Il modo in cui guardavi curiosa la cicatrice che ti avevano fatto appena nata a causa di alcuni problemi alla milza. Tu eri l'unica cosa che mi era rimasta di loro.-

Non riuscivo più ad aprire bocca, adesso sì che la situazione si era fatta strana.

Non potevo credere a una sola parola di quell'estraneo, come potevo fidarmi di lui? Non lo avevo mai visto prima d'ora e improvvisamente si presentava davanti a me con la convinzione che io potessi credergli.

Non riuscii a stare lì un attimo di più. Indietreggiai lentamente e, arrivata alla porta, corsi di sotto. Avrei indubbiamente preferito non perdere tempo con quell'insulsa storia, specialmente quella sera. Avrei dovuto spassarmela, divertirmi con i miei amici e invece si presentava quello a rovinare tutto.

Volevo tornare da Paige e fu quello che feci. Provai a divertirmi, a dimenticare tutto quello che mi aveva detto. Bevvi qualche altra tequila per aiutare la mia mente a fare quello che volevo. A dimenticare.

Fu tutto inutile, tutt'altro, l'alcool mi faceva diventare paranoica, mi faceva passare per la testa idee a dir poco assurde. Mi convinsi che in fondo poteva anche essere vero quello che mi aveva raccontato, soprattutto se tenevo conto dello strano comportamento dei miei negli ultimi tempi.

Per un momento mi immaginai in un'altra città, con una nuova vita, a trascorrere le serate chiacchierando con Tyler, chiedendogli di parlarmi dei miei.

Capii che non potevo continuare così. Mi allontanai dalla pista da ballo, recuperai il mio giubbotto e uscii senza avvertire nessuno.

A quel punto mi resi conto che non potevo tornare a casa a piedi, era troppo lontano e per di più era notte fonda e io era stanca e ubriaca, così feci l'unica cosa che potevo fare, chiamai mio fratello.

-Mike, puoi venirmi a prendere?-
 

_______________

Ecco un altro capitolo! Spero che le novità siano di vostro gradimento, fatemi sapere la vostra opinione. Probabilmente aggiornerò domani.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Quella mattina non so se a svegliarmi fu il casino che faceva sempre Mike quando si alzava o il sole che filtrava dalla finestra, e che a ogni minuto si avvicinava placido al mio viso.

Rimasi quasi un mezz'ora ferma, immobile con gli occhi chiusi a cercare di ricordare cos'era successo la sera prima, ma l'alcol mi annebbiava la mente. Solo quando i raggi del sole arrivarono fino alle mie palpebre mi convinsi ad aprire gli occhi e ad alzarmi.

Mi guardai un attimo in torno e notai che la mia stanza era più ordinata del solito, probabilmente mia madre l'aveva sistemata quando era uscita con Paige la sera prima. Ovviamente si vedevano i segni del mio passaggio prima di andare a letto, i vestiti messi sulla sedia della scrivania alla bell'è meglio, le scarpe non molto distanti dalla porta giacevano in una posizione pericolosa per chiunque volesse entrare nella mia camera senza accendere la luce.

Mi strofinai gli occhi per cercare di svegliarmi, e quando vidi le mani nere rimasi interdetta, solitamente mi struccavo prima di andare a letto. Mi avviai verso la porta del bagno e quando alzai lo sguardo rimasi sbigottita.

Una ragazza dall'aspetto pietoso mi fissava. Le occhiaie erano enormi, ma questo non era il problema maggiore. Chiunque avrebbe capito subito, vedendomi, che non avevo passato una notte serena, era ovvio che avevo pianto per tutto il tempo. E non ero ancora sicura di ricordarmi bene il perché.

Per un attimo un'immagine mi attraversò la testa, Jeremy avvinghiato a quella puttana di Kelly. Solo che non riuscivo a capire come potesse bastare una cosa del genere a ridurmi in quello stato, in fondo era da anni che avevo accettato di non essere il tipo di Jeremy e che non saremmo mai stati insieme.

Lasciai perdere per un po' la faccenda e mi misi sotto la doccia, sperando di rinfrescarmi le idee in qualche modo. Fu davvero utile, ma non al mio scopo. Mi sentii rinascere sotto quel getto d'acqua fredda. Appena fui uscita afferrai la tovaglia e cominciai ad asciugarmi. Quando passai la tovaglia sopra la cicatrice che avevo da sempre a sinistra, all'altezza della milza cominciai a ricordare ogni cosa. Dallo strano incontro con Tyler a quando aveva cercato di dirmi la verità, e io che non gli avevo creduto. Ora mi sembrava tutto così vero, come se solo la presenza di quella cicatrice avesse avvalorato ogni sua parola. Non mi aveva mai vista prima, a quanto ne sapevo, quindi era impossibile che sapesse della sua esistenza, senza contare che era passato così tanto tempo che ormai era difficile da localizzare senza sapere precisamente dove guardare. Era così piccola e con l'abbronzatura riusciva anche a nascondersi meglio.

Buffo come una cosa che avevo sempre odiato risultava essere l'unica cosa vera di tutta la mia vita.

Non persi altro tempo, mi misi qualcosa addosso e scesi di sotto, ero pronta a fare di tutto pur di farli confessare, ero disposta a fare carte false pur di scoprire perché mi avevano mentito per diciotto anni.

Il salotto era vuoto, così andai dritta in cucina. Mia madre era ai fornelli e Mike, al suo fianco preparava i pancake che solo lui faceva così bene, mio padre, invece, seduto sul tavolo, come al suo solito stava leggendo il giornale. Mi sedetti di fronte a lui, lo fissai per qualche minuto, senza che lui se ne accorgesse, quasi sperando che questo lo avrebbe convinto in qualche modo ad introdurre l'argomento. Non ero molto propensa ad avviare io stessa la questione, avrei preferito che lo facessero qualcuno di loro, ma come potevo sperare che mi rivelassero tutto se in diciotto anni non avevano aperto bocca?

-Quanti pancake vuoi Sarah?- Mike era sempre stato così gentile con me.

-Non ho molta fame sta mattina, mi accontenterò di un toast.- Risposi riluttante, avrei sicuramente preferito non mangiare nulla, un nodo allo stomaco non era molto favorevole a farmi fare una colazione come si doveva.

Mike rimase di stucco, non dicevo mai di no ai suoi pancake, ma non aprì bocca. Mia madre, anch'essa stupita, mi mise davanti il toast che avevo chiesto e del burro, che spalmai con una lentezza teatrale.

Quando furono tutti seduti con la loro colazione davanti, capii che era il momento di dire qualcosa.

-L'altro giorno stavo cercando alcune mie foto di quando ero piccola, magari con Mike, per portarmene qualcuna al college, ma non ne ho trovate molte. Le più vecchie risalivano a quando avevo all'incirca un anno.- Buttai lì la frase come se niente fosse.

miei si guardarono preoccupati. Mio padre, mise da parte il giornale e mi mentì guardandomi dritta negli occhi. -Tesoro è possibile che non hai controllato bene, magari sono finite in cantina dentro qualche scatolone. Posso sapere perché stavi cercando foto di quando eri così piccola?- Il modo in cui mi raccontava menzogne mi faceva paura, non batteva ciglio, mantenendo il contatto visivo, credo che se gli avessi sentito le pulsazioni probabilmente non avrei sentito nulla di strano. Penso che fosse stato così abile perché quando uno racconta una bugia per quasi metà della sua vita alla fine finisce per crederci.

-Te l'ho detto, solo per portare qualche foto con me, e cercando mi sono appunta resa conto che le più vecchie risalgono a quando avevo un anno e sono rimasta disorientata, tutto qui.- Volevo spingerli a dirmi tutto.

-Oh, capisco.- Rispose semplicemente mio padre.

A questo punto nessuno aprì bocca per i seguenti dieci minuti, finche Mike, stanco di quell'insolito silenzio non tirò fuori uno dei suoi stupidi argomenti, quelli che adottava ogni qual volta che la situazione pareva farsi critica.

Io, stanca della loro ipocrisia, e senza assaggiare il mio toast, mi alzai dal tavolo e me ne andai. Stavo salendo le scale quando decisi di tornare indietro. Con il passo felpato che mai avevo avuto la necessità di usare, e senza provocare alcun tipo di suono che potesse essere udito da altre orecchie se non le mie, ridiscesi le scale fino ad arrivare in cucina. Mi nascosi dietro il muro che separava il salotto dalla cucina e rimasi immobile, acuendo i sensi il più possibile.

Mia madre parlava sottovoce, ma nonostante questo riuscii a sentire ogni parola. -Kevin, te lo avevo detto che avrebbe cominciato a sospettare qualcosa prima o poi, avremmo dovuto dirglielo.-

-No, invece. Sai benissimo cosa succederebbe se lo facessimo.- Rispose convinto mio padre.

-Ma..-

-Niente ma. Eri d'accordo anche tu fino a qualche giorno fa, non è il momento giusto per dirle la verità.-

-So che non è il momento giusto,- concordò mia madre. -È ancora così giovane, e io non sono ancora pronta a perderla, ma non credi che abbiamo sbagliato? Se le avessimo detto la verità fin dall'inizio, forse non sarebbe voluta andare via, forse sarebbe rimasta con noi nonostante tutto.- Ribatté con la speranza che trapelava dalla sua voce.

-Non puoi saperlo cara. Non puoi sapere cosa sarebbe successo. Non possiamo controllare il passato, ma il futuro invece sì, e sai perfettamente che non è ancora abbastanza matura da comprendere la situazione.-

-Sì, lo so..- Cercò di continuare mia madre.

Non riuscii più a stare solo ad ascoltare, in fondo avevo ottenuto quello che volevo, una confessione, anche se non spontanea e volontaria del loro errore. In realtà non avevo veramente messo in dubbio le parole di Tyler, solo che sentivo il bisogno che questa storia venisse confermata, in un certo senso sembrava troppo folle per essere vera.

-Quando sarei stata pronta a sapere la verità per voi? Mi avete mentito per tutta la vita e ancora continuate a credere di non aver sbagliato, di aver fatto tutto questo solo per me. Siete solo degli ipocriti. Mi avete cresciuta dicendomi che la sincerità era la cosa più importante e poi vengo a sapere che tutta la mia vita è solo una menzogna. Avete costruito un rapporto basato sulle bugie, e sapete una cosa? Rapporti del genere non durano, finiscono per crollare come castelli di sabbia, basta un'onda un po' più forte per buttarli giù.

Tyler aveva ragione dicendo che avevate paura che me ne sarei andata una volta saputa tutta la verità. Beh, i vostri timori stanno per realizzarsi, da oggi in poi voi non siete più niente per me. Questa non è più la mia casa, anzi, vado a fare subito i bagagli non ho intenzione di rimanere in questo posto più del dovuto.-

Fu il discorso più difficile della mia vita, ma appena ebbi finito mi sentii finalmente leggera, mi ero liberata di un peso enorme, un peso che mi opprimeva da più di quanto potessi immaginare.

Loro mi guardarono impauriti e pentiti. Avevano le lacrime agli occhi, proprio come era successo a me la sera prima quando mi veniva rivelata la verità. È questa la reazione che causa la sincerità, la maggior parte delle volte ferisce le persone a cui vuoi bene, ma se non aspetti tutto questo tempo, se sei sincero fin dall'inizio farà sicuramente meno male che dopo anni di menzogne.

I miei avrebbero dovuto capirlo prima, mi avrebbero risparmiato il dolore atroce che provavo, e magari saremmo anche potuti rimanere in buoni rapporti.

A quel punto girai i tacchi e mi diressi verso la mia camera. Mi chiusi a chiave e tirai fuori la valigia.

 

_______________

Ciaoo a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere recensendo. Aggiornerò presto ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

La lettera, ormai pronta, giaceva solitaria sulla scrivania. Avevo strappato e buttato tutte le foto e le cartoline dei posti che avevo visitato fino ad allora con quella famiglia di cui non facevo più parte.

La pareti di quella che era le mia stanza erano così spoglie adesso, senza tutte quelle foto in cui un tempo non si riusciva più a trovare un qualche ordine logico o temporale. Proprio accanto alla scrivania avevo appeso un enorme mappa geografica dei cinque continenti, segnando con le puntine blu i posti in cui ero stata, e con quelle rosse quelle in cui volevo andare.

Mi pare superfluo descrivere come quel pezzo di carta fosse punteggiato di puntini rossi e di come lo avessi fatto a pezzi. Rappresentava i miei sogni, la città in cui sarei potuta andare a studiare, quella in cui avrei potuto passare le vacanze, insomma simboleggiava delle aspirazioni che non mi appartenevano più. Ora, l'unica cosa che potevo sperare era di riuscire a fuggire il più in fretta possibile da quella cittadella sperduta in California e partire con Tyler.

Tyler era la mia unica possibilità, in realtà non mi ero soffermata granché a pensare a come sarebbe andata la mia vita d'ora in avanti, o se questo presunto fratello mi volesse veramente con se, ma sinceramente non avevo nemmeno tempo di riflettere. Quello avrei potuto farlo anche in seguito, e infatti così fu.

Comunque sia non ci misi molto a preparare la valigia, non ci infilai dentro molta roba, solo lo stretto necessario. Una volta cominciata la mia nuova vita mi sarei sbarazzata anche degli ultimi residui di quella precedente, quindi non era molto sensato che mi portassi tutto.

Stavo chiudendo la mia piccola valigia azzurra che sentii il clacson dell'auto di Paige. Per una volta era puntuale.

Infilai la lettera che avevo scritto per lei in borsa, presi il mio carico e diedi un ultimo sguardo alla stanza in cui ero cresciuta, poi chiusi la porta e corsi di sotto. Evitai lo sguardo preoccupato dei miei, che da quasi mezz'ora cercavano di farmi ragionare dicendo cose che non avevano mai pensato. Parlando di sentimenti e provando inutilmente a convincermi riguardo il loro pentimento non facevano altro che rendersi ridicoli.

Li sorpassai senza degnarli di uno sguardo. Mike, che si trovava giù non sapeva proprio come reagire, così, prima che decidesse di fare qualcosa aprii la porta d'ingresso, la sbattei per l'ultima volta e mi infilai velocemente nell'auto dell'unica persona di cui credevo di potermi ancora fidare.

Paige partì senza che ci fosse bisogno di dire nulla, come se lei potesse comprendere tutta la situazione, come se vi fosse immischiata anche lei.

-Vuoi parlare Sarah?-

-Io... io non lo so.- La sua domanda era così semplice, eppure trovare una risposta era così difficile.

-D'accordo. Almeno posso sapere dove stiamo andando?- Chiese paziente lei.

-In realtà non so nemmeno questo..- Feci un respiro profondo. -Ma credo che tu lo sappia.-

-Cosa vuoi dire?- Mi guardò sorpresa, distogliendo per un attimo l'attenzione dalla strada.

-Voglio che tu mi porti da Tyler, e so che sai dove si trova.-

Senza ribattere Paige accelerò e mi portò fino al motel che si trovava lungo la strada che portava fuori dalla cittadina. Parcheggiò in uno dei tanti posti liberi, poi tolse la cintura di sicurezza e si girò verso di me.

-Adesso credo che sia arrivato il momento in cui tu dica qualcosa. Sarah sai che con me puoi parlare, che io ci sarò sempre.-

Quelle erano le parole perfette, proprio quello che mi serviva per tirare fuori la verità il più in fretta possibile, come un cerotto che si strappa all'improvviso. -I Richards non sono i miei veri genitori. Mi hanno mentito per tutta la vita.-

Lo sguardo che mi lanciò la mia amica a quel punto, era così carico di compassione, di tristezza, ma soprattutto di rimorso. Mi accorsi subito che c'era qualcosa che non andava, come se Paige in un certo senso se lo fosse aspettato, come se lo avesse sospettato fin dall'inizio.

-Tu lo sapevi.- Non era una domanda, semplicemente una precisazione, i suoi occhi mi confermarono che ci avevo visto giusto. Tornai a fissare davanti a me, non riuscivo più a sostenere il suo sguardo devastato dal rimpianto e dall'orrore che provava per se stessa.

Compresi ogni cosa in quel momento. Il motivo per cui faceva sempre così tardi anche da quando aveva l'auto, il suo strano comportamento quando c'era mio fratello nei paraggi, il fatto che volesse sempre venire a dormire da me e non il contrario, e che ogni volta mi pregava di frequentare gli stessi locali di Mike.

-Tu hai una relazione con Mike. Con mio fratello.- Ci volle qualche minuto per metabolizzare la notizia. -Come hai potuto farmi una cosa del genere?-

-Volevamo dirtelo, volevamo raccontarti, anche a costo di dirti la verità sui tuoi, ma non era mai il momento giusto, non sembravi mai pronta ad accettare la notizia nel modo giusto. Prima c'è stata la storia con Jeremy e quando pensavo che avessi smesso di pensare a lui era solo perché ti vedevi con Noah, e quando sei stata con lui era anche peggio, uscire da quella brutta situazione per te è stata così dura. Tutti i problemi che hai dovuto affrontare, non volevamo caricarti un altro peso addosso, così abbiamo preferito tenerti all'oscuro.- Quelle parole mi uccisero. Furono come una pugnalata al cuore, o forse alle spalle. Sta di fatto che non riuscivo a sopportare nuovamente le scusanti dalle persone che più amavo, che mi avevano mentito per tutta la vita e che mi avevano trattata come se non fossi abbastanza matura da accettare la vera e cruda realtà. Mi veniva quasi voglia di comportarmi da immatura, visto che loro credevano che non fossi preparata ad accettare la verità, tanto valeva vendicarsi comportandomi come avevano previsto.

Non fui più capace di attendere oltre. Afferrai la valigia con presa salda, aprii la portiera e me ne andai, senza dire addio alla mia migliore amica o a quello che era stata per me fino all'istante in cui avevo scoperto l'enormità delle bugie che mi aveva raccontato.

Non ci volle molto per trovare la camera in cui alloggiava Tyler.

Appena la trovai mi accorsi di non sapere come comportarmi con lui, cosa dirgli, ma non mi meravigliai quando vidi la mia mano bussare alla sua porta prima ancora che avessi preso una decisione. Dopo nemmeno un minuto lo vidi comparire, non so cosa provassi in quel momento, se gioia o dolore, so solo che avevo bisogno di qualcuno e lui era lì. Lo abbraccia senza pensare alle conseguenze. Mi sentivo così al sicuro adesso, non potei fare a meno di mettermi a piangere.

Tutta quella situazione era troppo per me, troppa tensione tutta insieme, non riuscivo a reggerla da sola.

-Tranquilla, va tutto bene.- Tyler mi accarezzava la schiena con fare protettivo. Dopo qualche secondo decise di sdrammatizzare con una battutina. -Capisco che piangere è umano ma mi stai macchiando tutta la camicia.-

Scoppiò a ridere e io con lui. Era tanto che non facevo una risata sana e sincera come quella.

Quando mi calmai, Tyler mi fece entrare, prese la mia valigia e chiuse la porta.

Non mi disse niente, semplicemente mi accompagnò fino al letto e si sedette accanto a me.

Stava aspettando che fossi io a parlare, così lo feci. -Voglio che tu mi porti con te.- Lui si voltò improvvisamente a guardami, come se non potesse credere alle sue orecchie.

-Non riesco più a stare in mezzo a persone che mi hanno mentito per tutta la vita, non posso vivere qui. Non c'è la posso fare ad andare avanti dopo quello che ho scoperto, non qui almeno.- Continuai a parlare come se dovessi convincerlo che volevo veramente andare con lui, che ne avevo bisogno per davvero.

Per risposta lui si alzò e cominciò a radunare le sue cose.

-C'è ne andiamo subito?- Chiesi io stupita.

-Perché hai qualcos'altro da fare prima?- Si fermò a guardarmi.

-No, è che io... Non credevo che ti fosse sufficiente solo questo, che ti bastasse decidere di andare via e farlo subito.-

-È questo il bello della mia vita. Io sono libero di fare quello che voglio quando voglio. Ed è una sensazione magnifica, puoi esserne certa.- Sembrava così felice in quel momento.

-D'accordo, però...- Fu il mio stomaco a parlare, si fece sentire e Tyler capì al volo. Andò verso il telefono e ordinò una pizza. Poi continuò a preparare le sue cose.

Mezz'ora dopo, quando arrivò la pizza, le valigie erano già sistemate in macchina, Tyler aveva pagato il proprietario del motel e avevamo lasciato la camera.

La pizza era calda e buona e il mio stomaco ringraziava. Non avevo mai mangiato una pizza appoggiata al cofano di un'auto, ma non andò male per essere la mia prima volta.

Tyler mangiava con me e mi fissava, come se non potesse credere che io fossi lì con lui, e che se solo distoglieva lo sguardo per un attimo il sogno sarebbe svanito. Io non mi sentivo affatto in imbarazzo, anzi, ero... felice. Sì, ero davvero felice.

Subito dopo aver finito di mangiare partimmo e io non ero affatto preoccupata di quello che mi aspettava, anche se non sapevo come sarebbe stata la mia vita d'ora in avanti, anche se non sapevo nemmeno dove avrei vissuto, non importava perché non ero nervosa. Ero semplicemente soddisfatta, soddisfatta che finalmente qualcosa cominciava ad andare per il verso giusto nella mia vita.

 

______________

Eccomi con un altro capitolo, e altri incredibili colpi di scena. Voi cosa ne dite? Siete rimasti sorpresi? Fatemi sapere cosa ne pesate. Alla prossima! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 

L'auto procedeva velocemente lungo la strada da ore. Cominciavo ad essere stanca di stare seduta, non che la macchina fosse scomoda, e in fondo parlare con Tyler del più e del meno faceva volare il tempo. Avevamo parlato di gusti musicali, giungendo alla conclusione che qualcosa in comune avevamo, poi avevamo chiarito che gli sport non mi interessano, e anche se avevo praticato nuoto per sette anni della mia vita non amavo guardare le gare. In realtà non passavo mai molto tempo davanti la televisione, salvo casi particolari, e questo era un ottima notizia per Tyler, che invece era un patito del basket. A me interessava solo il nuoto, ma l'unica cosa che contava per me di quello sport era il senso di libertà che provavo ogni volta che entravo in acqua.

Purtroppo avevo dovuto rinunciare anche a quello per dedicarmi allo studio e ai miei amici, e l'unica cosa che mi mancava veramente era appunto quell'indipendenza che non potevo provare in nessun altro aspetto della mia vita.

Si era già fatto buio quando Tyler accostò davanti una locanda. Era quel che si dice un posto rustico, ma non era male. La maggior parte dei tavoli era vuota, probabilmente perché era tardi, ma l'odore di cibo che ancora permeava l'aria era davvero delizioso. Ci sedemmo al primo tavolo che trovammo, uno di fronte all'altra. Ordinammo due hamburger e una coca.

-Tyler, quando pensi che arriveremo a casa tua?- Ero un po' stanca del viaggio anche se la sua compagnia era la migliore che potesse capitarmi, e il fatto che avevamo subito preso confidenza era anche meglio.

Lui ci pensò su qualche secondo prima di rispondere. -Allora, prima di ripartire chiederò quanto dista il motel più vicino, e così ci fermeremo per la notte. Poi credo che arriveremo nel primo pomeriggio. Non troppo tardi spero, ma questo dipende dal traffico.-

Non sapevo se sentirmi sollevata o abbattuta dalla notizia. -Buono a sapersi.- Dissi semplicemente.

Appena arrivò la nostra cena, Tyler fermò la cameriera per chiederle delle informazioni. -Mi scusi, saprebbe dirmi quanto dista il prossimo motel?-

La ragazza, che probabilmente era più giovane di me, e anche piuttosto carina, rimase un attimo incantata da Tyler prima di rispondere. -Oh, non è lontano, circa dieci chilometri.- Rispose lei per poi sgattaiolare in cucina.

Io e Tyler finimmo la nostra cena in pochi minuti, e dopo che lui ebbe pagato tornammo in auto, ci aspettava un brevissimo viaggio prima di poter raggiungere il motel.

Quando arrivammo non mi sorpresi di quanto squallido fosse quel posto, ma l'unica che mi interessava era una doccia calda e un letto decente, quindi potevo anche adattarmi.

Appena entrammo nella stanza che avevamo preso, io mi buttai su uno dei due letti, Tyler invece andò dritto a farsi una doccia. Non ci mise molto e quando finì fu il mio turno di rilassarmi un po'.

Mi sentivo quasi come se con l'acqua calda potessi lavare via tutti i ricordi di quegli anni che andavano cancellati. Era come se quel getto d'acqua potesse purificarmi e in un certo senso prepararmi all'esistenza spensierata che mi attendeva. Mentre mi insaponavo passai la mano sopra la cicatrice, quella che per molto tempo avevo odiato perché mi rendeva diversa e debole, ma che ora non era altro che il lasciapassare per una vita migliore e basata sulla sincerità. O almeno così credevo.

Uscita dal bagno trovai Tyler disteso sul letto a guardare il soffitto, mi distesi accanto a lui e lo imitai. -Sai, i tuoi ti amavano veramente.- Lo disse come se fossero anni che aspettava questo momento e adesso finalmente potesse assaporarlo.

-Parlami di loro.- Proposi io, convinta che fosse l'unica cosa sensata che potessi dire in quel momento.

-Erano delle brave persone tutto sommato, e adoravano i bambini, non sai quanto tenessero ad averne uno tutto loro. Sai, loro si erano conosciuti da giovani, ma per qualche strana ragione si sono dovuti separare. E poi anni dopo, si sono rincontrati e si sono resi conto che nessuno dei due aveva mai dimenticato l'altro. Così hanno cominciato finalmente a vivere la loro felicità, come se fosse l'unica cosa che contava. Si sono sposati dopo qualche settimana, erano veramente innamorati. Ad un certo punto hanno deciso che era il momento di avere un bambino. Ci hanno provato per mesi, ma senza alcun risultato. Poi mi hanno trovato, avevo solo quattro anni allora, ma ricordo perfettamente che prima di loro la mia vita era un inferno. Mia madre era una drogata, che non riusciva a prendersi cura di me e mio padre ci aveva abbandonati.

Quando sono arrivati i tuoi, però, ho capito che la famiglia non è solo quella con cui hai una parentela, la famiglia è quella che ti ama, quella che ti fa sentire a casa e che si prende cura di te. Loro erano la mia famiglia..- Si fermò un attimo si girò a guardami. Aveva le lacrime agli occhi.

-E cosa c'entro io con tutta questa storia?- Non riuscii a trattenere la domanda.

-Tu sei tutto quello che resta della mia famiglia.- Rispose Tyler, quasi fosse la cosa più ovvia del mondo, poi continuò il racconto. -Qualche mese dopo che mi ebbero adottato con tutta la faccenda delle carte e il resto, tua madre rimase finalmente incinta. All'inizio io credetti che con il tuo arrivo si sarebbero dimenticati di me, che mi avrebbero abbandonato. Ti odiavo per questo, prima ancora che tu nascessi, ma quando sei arrivata tutto cambiò. In meglio. Eri così bella, dolce e indifesa. E sembravi così debole a causa dei problemi che avevi avuto alla nascita, l'operazione per sistemare la milza... Comunque sia, la prima volta ce ti vidi dimenticai ogni genere di rancore che potesse provare un bambino di cinque anni. I tuoi erano così contenti che andavamo d'accordo. La nostra vita era così perfetta, il periodo con i tuoi fu il più felice di tutta la mia vita. Era quasi un sogno, ma tutti i sogni prima o poi finiscono. Il nostro terminò nel luglio del 1994, prima ancora che tu compissi un anno. Noi eravamo a casa da soli. Ricordo che era notte, erano usciti per non so quale motivo e non sono più tornati. Il giorno dopo venne a farci visita la polizia, ma trovando in casa solo due bambini e non avendo nessuno familiare da contattare chiamarono i servizi sociali.-

Non riusciva più a continuare il racconto, me ne rendevo conto. Avrei tanto voluto sapere il resto della storia, anche se diciamo che qualcosa me l'aveva già anticipata il giorno prima, ma se non riusciva più immergersi nel mondo dei ricordi, forse era meglio fermarlo.

-Ty, se non ti va più di parlare possiamo anche continuare un altro giorno. Non ti devi sentire costretto a raccontarmi tutto oggi. E poi, magari, ti sentirai stanco.- Dovevo fargli capire che non era obbligato a dirmi tutto in quel momento, ma lui non sembrò sentire una sola parola di quello che dissi, come se in realtà non si fosse mai destato dal mondo dei ricordi in cui si era immerso.

-Poi, come ti avevo già accennato, fummo spediti in un orfanotrofio, dove per qualche mese fummo liberi di stare per i conti nostri, ma insieme. Io andavo a scuola la mattina, quella delle suore, anche se già tua madre mi aveva insegnato molto. Tu invece dormivi. Poi il pomeriggio lo trascorrevamo insieme, e la notte dormivo accanto a te. Non era un granché, ma finché non avevamo altra scelta poteva anche andarmi bene, purché rimanessimo insieme. Quando arrivò quella coppia con un bambino, che all'incirca era della mia età, capii che dovevo fare di tutto affinché non decidessero di adottarmi. Appena però scoprii che avevano già avviato le pratiche per adottare te, mi resi conto che stavo per perdere tutto quello che mi restava. Cercai di prenderti con me, e di scappare, ma ero ancora troppo piccolo, e quando mi scoprirono ti affidarono subito a quella coppia per evitare che combinassi qualcos'altro. Quello fu il secondo giorno più brutto della mia vita, dopo la morte dei tuoi. 

Senza di te la mia vita divenne vuota. A scuola non davo più il meglio e il pomeriggio stavo ore rinchiuso da solo nella stanza in cui passavamo sempre il tempo insieme. Mesi dopo riuscii a fuggire, e quando mi ritrovai per strada da solo dovetti arrangiarmi come potevo.

Solo quando fui più grande cominciai a cercarti. Per anni provai senza sosta, poi mi arresi deluso dal mio fallimento. Qualche settimana fa, però, un mio vecchio contatto mi disse di avere qualche pista fattibile, così le ho verificate tutte, fino a trovarti.-

Io rimasi in silenzio. Non sapevo cosa dire. Tutto quello che aveva passato era terribile. Io invece avevo vissuto una vita tranquilla e spensierata, anche se non ero felice veramente. Credevo di esserlo, ma non lo ero.

L'unica cosa che fui capace di dire fu: -Grazie.-

Grazie per avermi cercato così a lungo. Per non essersi mai arreso del tutto. Per essere stato vicino a me quando non avevo nessun altro. Per avermi raccontato la verità, ma soprattutto per avermi liberato da una vita che non era la mia e che non mi permetteva di essere me stessa.

E grazie per essere la mia famiglia, perché era veramente solo questo ciò di cui avevo bisogno.
 

_________________

Sono tornata con un altro capitolo, ho deciso di cominciare a introdurvi la storia della famiglia di Sarah, ma questo è solo l'inizio, se volete scoprire il resto continuate a leggere. Vorrei sapere cosa ne pensate della mia storia. :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 

Stranamente quel giorno mi svegliai alle quattro e mezzo di mattina, cosa che non era mai successa prima, fatta eccezione forse per le volte in cui dovevo alzarmi presto per fare lunghi viaggi.

Quando notai che dalla finestra non entrava nemmeno un raggio di sole e mi voltai a controllare l'orario nella sveglia rimasi scioccata. Per altri dieci minuti rimasi a letto, tentando di riaddormentarmi, ma ormai era tardi. Cominciai a pensare alle parole di Tyler, mi ero convinta che fosse mio fratello che ci fosse qualcosa a legarci, qualcosa che ci avrebbe sempre tenuti insieme, nonostante tutto, e invece.. Invece avevo scoperto che non c'era alcun legame di sangue, solo quando ne fui pianamente consapevole mi resi conto che in fondo non era così importante. Lui mi aveva cercata nonostante tutto, aveva fatto di tutto e di più per trovarmi, e alla fine c'era riuscito, solo questo contava. Non avevo bisogno di un fratello, avevo bisogno di Tyler. E lui adesso era lì, a un metro di distanza.

Mi alzai silenziosamente e continuando a non fare un solo rumore mi misi qualcosa addosso.

Tyler dormiva profondamente, o almeno così sembrava, e non mi andava di svegliarlo.

Una volta fuori mi sentii meglio, la frescura della notte che ancora aleggiava in aria mi faceva respirare abbastanza bene. Non sapevo che fare. Già la notte prima quel posto mi era sembrato un deserto, ma a quell'ora era anche peggio.

Feci un giro, tanto per ammazzare il tempo. Mi imbattei in una macchinetta, ma ovviamente non avevo soldi con me, così continuai il mio cammino. Era ancora buio quando mi incrociai una coppia che stava discutendo. Loro non mi avevano nemmeno visto, non sapevano che li stessi ascoltando.

A quanto pareva, stavano andando dai genitori di lui, ma lei era agitata, non sapeva come comportarsi e aveva paura di non piacergli. Il ragazzo non sembrava curarsi dei timori della fidanzata, anzi, l'unica cosa che gli interessava era arrivare in tempo per il pranzo. Solo alla fine lui riuscì a farle capire che quello che pensavano i suoi non gli interessava, gli importava solo di stare con lei.

Erano problemi così banali. Quella ragazza doveva solo premurarsi di piacere ai genitori del fidanzato per trovarsi meglio durante le vacanze, io invece avrei dovuto piacere a un ragazzo che era tutta la mia famiglia, e che volendo avrebbe potuto buttarmi fuori dalla casa che ancora non avevo visto, prima ancora che io mi abituassi all'idea di vivere lì.

Senza contare le complicazioni di un convivenza tra persone che nemmeno si conoscono. Tyler magari si sarebbe accorto che gli ricordavo troppo i miei e mi avrebbe cacciato. Bastava un non nulla per rovinare il resto della mia vita.

Mi allontanai da quella coppia quasi senza accorgermene, ero così agitata che non avevo dormito, e ora non ero nemmeno in grado di controllare le mia azioni.

Tornai davanti alla camera che aveva preso Tyler e mi fermai guardando verso il cielo che cominciava a colorarsi. Stava per sorgere l'alba. Era la prima volta che la vedevo, non mi era mai successo prima di assistere a una cosa così straordinaria, ma che era sottovalutata.

Essendo un fenomeno quotidiano difficilmente qualcuno ci fa caso, e si ferma a guardare impressionato quell'attimo in cui la notte cede il posto al giorno. Eppure ci sono sempre così tante persone che si svegliano presto per lavorare ma non si fermano un attimo ad osservare l'alba.

Quello fu il risveglio più bello di sempre. E il sorgere del sole non significava solo l'inizio di una bella giornata, ma anche di una nuova vita.

Rimasi lì altri cinque minuti, poi Tyler uscì dalla stanza e mi raggiunse. -Bello, vero?-

Io ero appoggiata alla ringhiera e quasi non sentivo le vertigini che mi attanagliavano la gola, per una volta stavo provando a combatterle, perché sapevo che d'ora in avanti avrei dovuto lottare ogni giorno, quindi tanto valeva cominciare.

-Straordinario.- Lo corressi io.

-Torna dentro, su, e magari prova a dormire un po'. Io torno fra un'oretta.-

-Dove stai andando?- Lo fissai sorpresa, era così insolita la paura di perderlo, soprattutto perché in fondo era ancora un estraneo per me.

-Solo a correre un po', ci vado ogni mattina e per nulla al mondo abbandonerei questa routine.-

Le sue parole mi scaldarono il cuore, magari, con il suo aiuto anch'io presto avrei potuto avere un'abitudine su cui basare ogni mia giornata.

Lo guardai scomparire oltre l'edificio, e solo allora tornai dentro la camera.

A svegliarmi fu il rumore di un clacson.

-Bastardo! Guarda dove vai!- Le urla di Tyler mi fecero trasalire.

Aprii gli occhi e l'unica cosa che vidi fu la strada davanti a me. La macchina procedeva abbastanza velocemente, ma a quanto pareva non eravamo ancora arrivati.

Tyler si voltò un secondo a guardarmi, poi tornò a fissare la strada. -Scusa se ti ho svegliata.-

-Non preoccuparti, non potevo mica dormire tutto il giorno.-

-Beh, forse hai ragione. Penso che quattro ore siano bastate.- Rispose lui tranquillo.

-Quattro? Ma come ho fatto a dormire così tanto?- Ero sorpresa. È vero, però, che non avevo dormito per quasi tutta la notte, quindi tutto sommato era normale.

-Non lo so, ma ti sei risparmiata un po' di viaggio dormendo in macchina, sei stata geniale.- Scoppiammo a ridere e per un momento dimenticai tutti i problemi che mi ero fatta fino ad allora.

Poco dopo vidi un grande cartello con su scritto "Welcome to Chicago". Allora capii quale sarebbe stata la nostra destinazione. Stavo per andare a vivere a Chicago, quasi non credevo ai miei occhi.

Mi voltai verso Tyler, incapace di dire una sola parola. Lui non sembrava rendersi conto di quello che stava succedendo dentro di me, in realtà nemmeno io lo capivo bene, era tutto così nuovo.

Ci volle un po' per arrivare nella casa di Tyler, e solo quando arrivammo riuscii ad aprire bocca. Una volta scesi dall'auto non sapevo in quale palazzo rivolgere il mio sguardo.

-Quindi siamo arrivati?- Chiesi io titubante.

-Sarah, questa è casa nostra. Spero ti piaccia.- Disse indicando un vecchio edificio che non riuscivo proprio a capire come facesse a stare in piedi.

Lo guardai con un sorriso tirato e lo seguii dentro. Salimmo molte rampe di scale prima che Tyler si fermasse davanti una porta e tirasse fuori le chiavi. -Te ne farò una copia il prima possibile.- Disse mentre prendeva una delle chiavi e la infilava dentro la toppa.

L'interno del nostro appartamento era completamente diverso da come me lo aspettavo. Era arredato elegantemente, e lo spazio era così luminoso e accogliente. L'ingresso si apriva davanti un salotto abbastanza grande e una cucina attigua. Tyler condusse le nostre valige in un corridoi che si apriva in prossimità della divisione immaginaria tra cucina e salotto. Lasciò la sua davanti la prima

porta che incontrammo sulla sinistra, poi ne sorpassammo altre due e ci fermammo davanti l'ultima porta.

Tyler la spalancò e io rimasi a bocca aperta. Non era arredata come una stanza per una ragazza, anzi, sembrava piuttosto unisex, probabilmente prima era la camera per gli ospiti. C'era, però, qualcosa di diverso in quel grande spazio. Solo allora notai che l'ampia scrivania sembrava messa lì a caso, lui doveva averla aggiunta quando aveva saputo dove mi trovavo, nella speranza che lo avrei seguito. E così infatti fu.

-È perfetta Tyler. Grazie.-

-Sono felice che ti piaccia. Ora forse è meglio che ti lascio sola, così puoi sistemarti.-

Si stava già allontanando, quando d'un tratto si fermò e tornò indietro. -Ah, dimenticavo. Sta sera dovrei uscire per incontrare alcuni persone, ho delle faccende da sbrigare e sono rimasto indietro con il lavoro, solo che non mi va di lasciarti qui sola, almeno non per oggi.- C'era qualcosa di strano nelle sue parole, come se avesse paura che volassi via da un momento all'altro. -Ti va di accompagnarmi? Non ci metterò molto, poi potremo fare quello che vuoi.-

-Sarei davvero felice di venire con te.- Risposi con tutta sincerità.

-Perfetto. Allora più tardi ordino una pizza così mangiamo qualcosa prima di andare.- Il sorriso che gli spuntò sulle labbra era splendido.

-Okay, vado a fare una doccia ora.-

-Ehm, sì. Il bagno è dentro la tua stanza, quella porta lì.- Disse indicando l'unica altra porta della stanza, poi finalmente se ne andò.

Sistemai le poche cose che avevo voluto portare con me in breve. I vestiti non riempivano nemmeno un decimo dell'armadio e oltre a quelli avevo portato solo due libri enormi che avevo studiato da cima a fondo per entrare nella facoltà di architettura. Erano stati quelli a fare tutto il peso della mia valigia. Li poggiai sulla scrivania e accarezzai le copertine come se fossero parte di bei ricordi, in realtà erano il simbolo di un sogno che difficilmente avrei realizzato adesso.

Andai a fare una doccia veloce, poi lavai i denti e con un asciugamano intorno al corpo e uno in testa tornai in camera. Dall'armadio presi dei pantaloncini neri e una canotta di paiette grigie.

Una volta vestita, tornai in bagno e asciugai i capelli con il phon che trovai. I miei capelli tornarono ad essere mossi, poi mi bastò mettere un po' di mascara ed fui pronta.

Andai in cucina e trovai una pizza calda ad aspettarmi. Tyler stava stappando un paio di birre. -Stavo per venire a chiamarti.-

Quando mi vide strabuzzò gli occhi. Ci conoscevamo da praticamente cinque minuti e già faceva il fratello iperprotettivo. Preferì non dire nulla ma era ovvio che non era d'accordo sul mio abbigliamento. Lui invece indossava una camicia bianca, con l'ultimo bottone sbottonato e dei pantaloni neri. Niente cravatta questa volta.

Bevve un grande sorso dalla sua bottiglia e poi mi avvicinò la mia.

Per tutto il tempo non feci che introdurre argomenti stupidi e insulsi, non riuscivo proprio a sopportare il silenzio in quel momento, perciò non avevo altra scelta.

Tyler mi reggeva il gioco come poteva, senza grandi risultati però. Fu una delle cene più imbarazzanti e veloci della mia vita.

Subito dopo, io avrei voluto dire qualcosa, magari per tranquillizzarlo. Sarei anche andata a cambiarmi, ma si vedeva che aveva fretta, per tanto preferii tenere la bocca chiusa per una volta.

Tyler prese il portafogli e il mazzo di chiavi che stava sul mobiletto all'ingresso, aprì la porta e si fiondò di sotto. Io lo seguii.

 

__________________

Ciaoo! Ecco un altro capitolo, spero che vi sia piaciuto, vorrei sapere cosa ne pensate, recensite se vi va. Aggiornerò il prima possibile. :)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Non ero abituata a passeggiare per le città di sera, ma era uno spettacolo incredibile. Soprattutto in una metropoli come Chicago. Le luci, la musica, la gente. Era tutto così nuovo e diverso. Mi affascinavano, mi tentavano come solo un barattolo di nutella riesce ad ammaliare una ragazza a dieta.

Bastava così poco per finire nella strada sbagliata e io me ne rendevo conto, solo che avevo il desiderio di evitare questo avvertimento. Volevo solo provare a spassarmela, almeno una volta nella vita.

-È bella, non è vero? A me è riuscita ad affascinare fin dal primo momento in cui ci ho messo piede. Ammalia molte persone, che poi non riescono più ad andarsene.- Tyler era così strano in quel momento. Sembrava quasi che fosse agitato per chissà quale motivo, e che stesse cercando in ogni modo possibile di distrarsi.

-Sì, è fantastica.- Le sue parole erano riuscite comunque a distogliere me dai miei pensieri.

-Eccoci, siamo arrivati.- Tyler indicò un di quei pub vecchio stile dal quale proveniva musica jazz e un odore forte di Bourbon, Jack Daniels e Whiskey.

Pareva più un locale da vecchi, e quando entrai constatai che era proprio così. Perfino la band che faceva musica dal vivo era composta da gente che sarebbe dovuta andare in pensione da un bel pezzo.

C'erano solo uomini. Seduti su divanetti e poltrone attorno a bassi tavolini ovali. Bisbigliavano, così che solo chi si potesse trovare al proprio tavolo potesse udirli. Non sapevo cosa pensare quando vidi tutta quella gente, solo questo mi passava per la testa: "che razza di lavoro fa Tyler per entrare a contatto con gente del genere?"

Ovviamente non riuscii a formulare la mia domanda ad alta voce, non ne ebbi l'opportunità, e poi mi passò semplicemente di mente.

Tyler mi condusse fino al bancone. Io mi sedetti quando lui ordinò del Whiskey per sé e un Long Island per me. Poi prese il suo bicchiere, mi mise una mano sulla schiena con fare protettivo e avvicinò la bocca al mio orecchio. -Devo lasciarti per qualche minuto. Questione di affari. Non ci metterò molto. Io comunque sarò laggiù a tenerti d'occhio.-

"D'accordo" mimai con le labbra, per poi concentrarmi sul mio cocktail.

Quando mi voltai lui era già lontano. Lo spiai di sottecchi mentre si avvicinava a un gruppo di vecchi, stringeva qualche mano e si sedeva a discutere con loro.

Improvvisamente il suo viso si era fatto serio. Non lo avevo mai visto così prima di allora, eppure lui sembrava così a suo agio, come se fosse quello il suo vero habitat naturale. Io mi sentivo esclusa da tutto quello, potevo solo osservare senza capire quello che guardavo. In fondo non mi dava così fastidio in quel momento, ero solo un po' curiosa, volevo sapere di più sul mio "fratellone".

Stavo quasi finendo il mio drink quando entrò un ragazzo non molto più grande di me. Rimasi sorpresa nel vedere un giovane a parte me e Tyler, ma ciò che più mi sconvolse era la sua bellezza disarmante. Dal modo in cui si muoveva era ovvio che era consapevole del fascino che emanava e del rispetto che tutta quella gente gli portava.

I capelli, neri come la pece sembravano non avere un ordine apparente, e gli occhi, anche quelli scuri come una notte senza luna erano incantevoli. Girovagarono per la stanza per qualche secondo, come se stessero cerando qualcosa, si soffermarono un attimo su di me, per poi continuare quello che avevano iniziato.

Quando cominciò a muoversi verso di me afferrai il bicchiere e buttai giù quello che rimaneva.

Si sedette a due sedie di distanza, ma anche da lì, e nonostante la musica riuscii a sentire le sue parole. -Del vino rosso per me e un altro drink per la signorina.- Fece un breve cenno verso di me e poi tornò ai suoi pensieri.

Quando il barista poggiò i nostri drink sul bancone, il ragazzo misterioso tornò a guardarmi. -Alla salute.- Alzò il bicchiere nella mia direzione, io feci lo stesso e poi bevvi un lungo sorso.

Provai più volte ad evitare di fissarlo, ma non era in mio potere, ogni volta il mio sguardo ricadeva su quell'adone bellissimo e inconquistabile.

Il mio bicchiere era ancora mezzo pieno quando Tyler mi raggiunse. Si mise tra me e lo sconosciuto, dandogli le spalle. Sembrava quasi intenzionale, come se non lo sopportasse e volesse farlo innervosire.

-Ehi, Tyler è un piacere vederti di nuovo da queste parti. Cos'è successo nelle ultime settimane? Sei stato in vacanza con la tua nuova amica?- Il suo tono deciso e autoritario era senza dubbio smorzato dalla sua strana ironia.

-Sono stato impegnato. Tutto qui.- Era ovvio che Tyler non si sentiva molto a suo agio adesso. Odiava quel tipo, ma in un certo senso era costretto a dargli il rispetto che, a quanto pareva, si era meritato.

-Capisco. Spero che tu sia pronto a rimetterti in carreggiata subito, non vorrei che gli affari ti andassero male.- Rispose quello per provocarlo.

-Non devi preoccuparti dei miei compiti, per quelli ci penso già io.- Sembrava quasi un testa a testa. Come in una partita di ping-pong, la pallina rimbalzava a destra e a sinistra senza mai fermarsi.

-Meglio così, perché non posso sempre pensare a tutto io.-

-Quando mai l'hai fatto? Quando hai rovinato tutto con...?- Tyler avrebbe voluto continuare, ma non lo fece, per qualche strano motivo si trattenne, e lo sconosciuto colse l'occasione al balzo.

-Ohh, adesso ho capito. Non vuoi parlare davanti a lei. Non vi conoscete abbastanza per rivelarle tutti i tuoi segretucci? Ma dai Tyler, sappiamo entrambi come andrà a finire. Non sei mai riuscito ad avere una ragazza fissa.- Adesso giocava con il fuoco.

-Parli proprio tu. Sam, sappiamo benissimo come sei fatto. E comunque, lei non è la mia ragazza, e mia.. sorella.- Gli costò un po' dirlo, ma poi si sentì quasi liberato da un grosso peso.

-Un attimo, non mi dire che lei...?- Si alzò, e si fermò a guardarmi per un momento. -Non posso crederci. È proprio la figlia di Michael, è tale e quale a lui. Anche se l'ho conosciuto quando ero piccolo ricordo ancora la sua faccia.- Non sapeva se essere sconvolto o piacevolmente sorpreso.

-Sì, è lei.- Tyler, vedendo il mio viso corrucciato, mi prese per un braccio e cominciò a camminare. -Adesso, è meglio che noi andiamo, potrai rimanere a bocca aperta un altro giorno Sam.-

Seguii Tyler fuori dal locale, e quando uscii potei finalmente rilassarmi di nuovo. Dopo qualche passo, lo guardai curiosa. Era preoccupato, chissà per quale motivo, ma come faceva sempre, non voleva darlo a vedere. In fondo stavo cominciando a conoscerlo.

-Mi sembra che tu abbia fatto colpo su tutti, non è così?- La sua domanda mi spiazzò per un secondo, non sapevo cosa pensare. L'unica cosa che fui capace di fare fu sorridergli imbarazzata.

 

_______________

Ehii:) Eccomi con un altro nuovo capitolo, vorrei sapere cosa ne pensate, se volete lasciate una recensione. Comunque, piano piano si andranno scoprendo varie cose, e se c'è qualcosa che vi lascia perplessi fatemi sapere. Con questo ho chiuso.:)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Nonostante non fossi abituata a dormire sul mio nuovo letto, andò abbastanza bene. Non mi svegliai finché l'alba non era passata da quasi un'ora.

Mi alzai lentamente, ripensando alla sera precedente. Dopo essere usciti dal locale semplicemente passeggiammo un po', non tornammo tardi a casa, Tyler era stanco per il viaggio e aveva bisogno di riposare.

Fissai per un secondo le pareti bianche e nude della mia stanza, erano così tristi, ci sarebbe voluto un po' per rendere quelle quattro mura accoglienti. Magari con delle foto la situazione poteva migliorare, se solo avessi avuto qualcuno con cui farne, a parte Tyler ovviamente.

Decisi di pensare a questo dopo, al momento, l'unica cosa che veramente mi interessava era mettere qualcosa nello stomaco. Mi diressi dritta in cucina, aprii il frigo e lo trovai vuoto. Pensai che poteva anche essere normale, in fondo era stato via per un po', quindi aveva preferito non riempirlo di cose che sarebbero andate a male. Controllai perciò tutti i ripostigli, ma le uniche cose che trovai furono piatti, bicchieri, posate e qualche vecchia scatoletta di tonno scaduta.

Quella dispensa era un disastro, sempre ammesso che così potessero essere chiamati un insieme di stipetti vuoti.

Stavo per perdere le speranze quando bussarono alla porta.

Non sapevo chi potesse essere, e non credevo nemmeno che Tyler, sempre ammesso che era in casa, potesse sentire i colpi alla porta. Quando diventarono insistenti decisi che avrei sfidato la sorte e sarei andata ad aprire.

Mi ritrovai davanti un biondino alto e muscoloso. Aveva la corporatura simile a Tyler, anche se sembrava ancora più allentato di lui. I suoi occhi nocciola mi squadrarono attenti, dalla testa ai piedi, poi mi sorpassò ed entrò in casa senza dire una parola. Io mi rassegnai al suo comportamento e chiusi la porta. Lo seguii in cucina e mi sedetti di fronte a lui.

Stavo quasi cominciando a fare l'abitudine di ritrovarmi sempre davanti estranei. -Adesso potresti dirmi chi diavolo sei?- La mia voce avrebbe dovuto essere acida, ma ero rimasta un po' incantata dalla sua bellezza e non riuscivo ad essere antipatica come desideravo.

-Sai, sei carina.- Rispose lui senza tener conto del mio ultimatum. -D'altronde Tyler è bravo a trovare nuove amiche con cui giocare, ma mai bravo quanto me. Anche se mi chiedo come mai tu ti trovi ancora qui. Solitamente non rimangono tutta la notte a casa. Devo dirti la verità, io ti farei sicuramente rimanere fino al giorno dopo, così da poterci divertire molto di più.-

Non ero certa che lui stesse parlando con me, anzi, sembrava quasi che stesse solo facendo delle riflessioni ad alta voce, delle riflessioni leggermente imbarazzanti.

-Ti stai sbagliando di grosso. Stai insinuando cose che non dovresti. Tra me e Tyler non c'è niente del genere..-

Non mi fece nemmeno finire di parlare. -Oh, tesoro. Non ti starai immaginando di vivere una storia d'amore con lui? Tyler non è il tipo di ragazzo a cui piacciono le relazioni serie, io lo conosco bene. Tu non sei diversa dalle altre. Per lui sei solo una delle tante..- A questo punto fece una pausa melodrammatica. -Ma io... io non ti vedo così, noi potremmo fare grandi cose insieme se solo lo desiderassi.-

-Cosa hai capito? Ti fai dei film mentali. Lui è mio fratello.- Non c'è la facevo più a sopportare il suo parlare a vanvera, l'unico modo per farlo smettere era lanciare la bomba.

Lui mi fissò per qualche secondo, senza sapere cosa dire, evidentemente lo avevo davvero sconvolto con quella rivelazione improvvisa. -Tyler non ha sorelle, né fratelli. È figlio unico.- Rispose lui non molto sicuro di quello che diceva, ormai niente lo avrebbe più sorpreso.

-E invece eccomi qua.- Adesso sì che riuscii ad essere scontrosa, si era comportato da stronzo tutto il tempo.

Non aprì la bocca per qualche minuto, che impiegò per guardarmi ancora più attentamente. Poi, qualcosa in lui cambiò, come se avesse finalmente capito tutto, e fosse riuscito a risolvere il dilemma. -Sei la figlia di Michael e Jessica.-

Capii che quelli erano i nomi dei miei genitori. Non era la prima volta che sentivo il nome di mio padre, era successa più o meno la stessa cosa la sera prima, ma non avevano nominato mia madre. Adesso che sapevo i loro nomi riuscivo quasi ad immaginarli, mentre cucinavano, o badavano a me quando ero ancora una neonata, o quando si abbracciavano coricati sul divano dopo una lunga giornata.

Non ebbi molto tempo da dedicare alla mia immaginazione che già lo sconosciuto continuava a parlare. -Avevano detto che eri morta. E ora sei qui davanti a me. Non conoscevo i tuoi di presenza e anche se li avessi conosciuti non li ricorderei più oramai, ma sono certo che gli assomigli molto. So che tua madre era bella, una donna magnifica. Tu sembri aver ereditato da lei solo il meglio.- Improvvisamente divenne dolce, come se tutte le cattiverie che mi aveva detto prima fossero rimaste nella sua testa per tutto il tempo.

Adesso ero io quella che non riusciva a dire niente. E come potevo? Cosa avevo da dire?

Qui tutti sembravano conoscere i miei almeno per sentito dire. Io, invece, prima di quel giorno non sapevo nemmeno come si chiamavano, non sapevo niente di loro. È la cosa più triste era che per quasi tutta la mia vita ero stata spensierata, non credevo nemmeno di non avere avuto la possibilità di non conoscere i miei. Lo avevo scoperto tardi, e ora non sapevo nemmeno come recuperare. Volevo riprendere almeno il tempo perduto con Tyler.

-Io.. mi dispiace. Non avrei dovuto parlarti di loro, ti fa ancora soffrire, non è così? Ma dove sei stata in tutti questi anni? Credevano che fossi morta con loro. Dopo quello che è successo nessuno vi ha più visti in giro, né te, né Tyler, almeno finché lui non è ricomparso da solo.- Adesso cercava di essere gentile, ma non gli funzionava molto bene.

-Ascolta..- Mi bloccai, non sapevo nemmeno il suo nome.

Lui sembrò capirmi al volo. -Io sono Kyle. Scusa se non mi sono presentato prima. Se non sbagli tu ti chiami Sarah.-

-Esatto.- Risposi, poi continuai. -Ascolta Kyle, Sei premuroso a preoccuparti di come ho trascorso tutti questi anni lontana da qui, e so che non vuoi ferirmi ancora, ma non mi va di parlarne. Non ti conosco nemmeno e in questo momento non sono in vena di fare chiacchiere.- Forse fui troppo diretta, ma era quello che ci voleva per farlo smettere.

-D'accordo, sì hai ragione. Scusami tanto, non sono abituato a cose del genere.- Era pentito di essersi rivolto in quel modo, ma potevo capirlo, nemmeno io ero avvezza a situazioni simili.

Fu in quel momento che sentimmo la chiave girare nella toppa, e subito dopo la porta si spalancò e comparve Tyler. Era tutto sudato, e stanco. Richiuse la porta e solo allora si rese conto di non essere solo.

Guardò prima Kyle, poi me. Dallo sguardo che mi lanciò, credo che capì subito cosa era successo. Poggiò la scatola e i caffè sul tavolo della cucina, poi si sedette accanto al suo amico.

Io afferrai il primo bicchiere che mi capitò a tiro e cominciai a bere come se mi trovassi assetata in mezzo al deserto. Il caffè, però, non bastava, infatti il mio stomaco si fece sentire e a quel punto Tyler mi avvicinò la scatola. Da lì proveniva un ottimo profumo. Dentro ci trovai delle ciambelle su cui mi buttai senza curami della strana situazione in cui mi trovavo.

Quando stavo per addentare la seconda ciambella, Tyler fece la fatidica domanda. -È successo qualcosa mentre ero via?-

Non ero certa che fosse riferita a me, comunque prima di rispondere lanciai un'occhiata a Kyle, poi alzai le spalle. -Tutto a posto. Tranquillo, abbiamo chiarito ogni cosa.-

Finita la terza ciambella decisi che non potevo stare ancora lì, così dissi la prima scusa che mi passò per la testa. -Se non vi dispiace adesso devo andare a sistemare le mie cose.-

Me la stavo già filando quando Tyler mi fermò, parlò piano, di modo che potessi sentirlo solo io. -Sai che puoi dirmi tutto, vero?-

-Certo.- Risposi io automaticamente.

-Bene. Ehm... senti, ti va di andare a fare un giro più tardi? So che Kyle può sembrare strano, e anche un po' stronzo, ma vedrai che ti piacerà. Devi solo dargli una possibilità, in fondo è una brava persona.- La speranza che apparve nei suoi occhi mi meravigliò, così non riuscii a rifiutare la sua proposta. A quel punto mi lasciò libera di tornare nella mia stanza.
 

_______________

Ciaooo! Spero che questo nuovo personaggio vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate.:)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 

Un'ora più tardi stavamo scendendo le scale, e quando uscimmo ci dirigemmo verso l'auto di Tyler.

Preferii mettermi dietro, cedendo così il posto a Kyle.

Tyler mise in moto. -Ti dispiace se andiamo a vedere qualche macchina prima? Kyle avrebbe bisogno di un'auto nuova.-

-Che dici? La mia macchina è perfetta, viaggia che è una meraviglia.- Kyle sembrava quasi offeso, ma vedendo l'espressione dell'amico quasi ci ripensò. -In realtà è un po' vecchia, forse è il caso che ne cominci a cercare un'altra.-

-Non ci sono problemi, sarà divertente.- Convenni io.

-Divertente non è la parola giusta, io direi illuminante.-

-Smettila Kyle. Sarah, puoi star certa che non ti annoierai. Specie se il mio amico qui davanti continua a fare lo stupido.- Tyler si intromise e diede una spinta amichevole a Kyle.

Ci vollero quasi venti minuti per raggiungere il salone dove erano esposte una quantità considerevole di auto veramente lussuose. Non ero mai stata in un posto in cui la cosa meno costosa si aggirava intono ai centomila dollari. Ero in parte affascinata e in parte intimorita dal quel posto. C'era qualcosa che mi attraeva in quella ricchezza, qualcosa che non avrebbe dovuto richiamare la mia attenzione.

Fu un'esperienza davvero particolare quella. Tyler e Kyle parlavano con il venditore di alcuni modelli che non avevo mai sentito prima. Discutevano di motori, di velocità di reazione, insomma mi sembrava quasi che stessero parlando una lingua tutta loro.

Io, nel frattempo, annoiata da quei discorsi che non riuscivo a comprendere, camminavo in mezzo a quella marea di macchine costose, ammirandole distrattamente, come può fare solo chi non se ne intende. Mi sentivo quasi come se mi trovassi dentro un labirinto in cui non esistevano né un inizio né una fine. Uno strano senso di inquietudine e di solitudine si stava impossessando di me, ma ciò che più temevo era essere sopraffatta dai ricordi, quindi non stava andando così male in realtà.

Mentre girovagavo senza meta, vidi Tyler e gli altri dirigersi verso alcuni uffici, probabilmente dovevano discutere ancora e avevano bisogno di dati più precisi, o magari avevano già deciso quale auto comprare. Anche se l'ultima opzione mi sembrava molto improbabile, quando si tratta di scegliere una macchina gli uomini si comportano come fanno le donne per scegliere un vestito.

Non so nemmeno perché li seguii, lo feci e basta.

Con discrezione, come se stessi ancora camminando senza badare a dove andavo, mi avvicinai sempre di più al luogo in cui erano scomparsi Tyler e gli altri. Sentivo troppo silenzio, credevo di non essere abbastanza vicina da sentire le loro voci, quando il tono profondo di Kyle arrivò fino alle mie orecchie.

-Questo modello qui mi ha colpito maggiormente, anche se sinceramente preferirei un altro tipo di cerchi, e magari abbinamenti di colori differenti.-

-Per questo non deve preoccuparsi.- Rispose il venditore. -Qui potremo farle avere la macchina dei suoi sogni. Deve solo dirci come la vuole.-

Un breve silenzio li avvolse, e a spezzarlo fu Tyler. -Avrei una curiosità, so che può sembrare una domanda stupida, ma quanto tenete al sicuro questi gioiellini? Voglio dire, spero che qui ci sia una sicurezza discreta per questo ben di Dio.-

-Oh, ma certo. Noi teniamo ad ogni nostro prodotto e non permettiamo che succeda nulla di male. Può star certo che abbiamo il miglior sistema di sicurezza, si figuri che resta attivo ventiquattro ore su ventiquattro. Può fidarsi della nostra compagnia.- Dichiarò quello tutto fiero, senza stranirsi per un solo secondo della curiosità di Tyler.

-Ne ero sicuro. Mi scusi comunque, non volevo essere indiscreto. Volevo solo accertarmi che ci stessimo rivolgendo al posto giusto.- Mi parve così bizzarra quella situazione, ma Tyler la faceva sembrare così normale, come se in fondo quello che aveva chiesto era la cosa più banale del mondo.

-Oh, ma naturale. Spero di aver soddisfatto le sue aspettative.- Disse speranzoso.

-Completamente, non poteva essere più chiaro e conciliante di così.- Il tono di Tyler era compiaciuto, come se avesse ottenuto tutto quello che di più desiderava.

-Bene, - s'intromise Kyle. -Adesso dobbiamo andare. Le farò avere mie notizie al più presto, quando avrò scelto tutti i dettagli.-

Sentendo quelle parole mi allontanai il più in fretta possibile, non mi andava proprio di essere beccata ad origliare.

Vedendo Tyler e Kyle stringere la mano del venditore e dirigersi verso di me, mi feci forza e mi calmai. Quando li raggiunsi feci il sorriso migliore che mi venisse fuori, poi li seguii fuori di lì.

Era tardi per andare da qualche altra parte, così Tyler decise di farmi fare un semplice giro turistico della città seduta sul sedile posteriore della sua macchina. Sembrava che più tempo passassi in quella città, più la amavo.

Un'oretta dopo ci fermammo al primo McDonald's a pranzare. Eravamo così affamati che quasi non ci rendemmo conto di quello che mettemmo sotto i denti.

Kyle e Tyler mangiavano come due lupi, finivano tutto in un attimo e sembravano insaziabili. Chiacchieravano animatamente di una corsa. Io seguivo i loro discorsi distrattamente. Sentivo le loro voci, ma non ascoltavo quello che dicevano.

Ad un certo punto entrarono un paio di ragazze, sembravano quasi delle modelle per quanto erano belle, e avevano un corpo da mozzare il fiato. Kyle, infatti, appena le notò non ebbe occhi che per loro. Diede una gomitata all'amico, che stava accanto a lui, e Tyler si voltò un attimo a guardarle.

-Non sono male, davvero.-

-Non sono male? Ma le hai viste? Forse devi andare a fare un controllo oculistico.- Lo prese in giro Kyle.

-Andiamo sono carine e tutto il resto, ma conoscendo questo tipo di ragazze non hanno nulla in testa. Sono belle ma stupide.- Tyler gli rispose con la voce triste, quasi con rammarico.

-Non puoi saperlo, non le hai mai viste prima, magari sono delle ragazze interessanti sotto diversi punti di vista.- Kyle si fermò all'improvviso, come sa avesse capito lo strano comportamento dell'amico e finalmente riuscisse a comprendere la diffidenza che lo spingeva a parlare così male di quelle sconosciute.

-È per Emily, vero?- Continuò Kyle. -Non l'hai ancora dimenticata dopo tutto questo tempo.-

Tyler non rispose subito, prima guardò me, come per accertarsi che non li stessi ascoltando. Io non li fissavo direttamente, non mi andava di essere scoperta, era un po' imbarazzante. Comunque da come mi comportavo nessuno avrebbe detto che stavo prestando attenzione ai loro discorsi.

-No, non sono riuscito a togliermela della testa. E non credo nemmeno che ci riuscirò tanto facilmente. Lei era tutto per me, andava alla grande tra noi prima... prima che scoprisse la verità. A quel punto lei ha perso tutta la fiducia che riponeva in me e non è più riuscita a starmi accanto. Nonostante mi amasse ancora, non ha potuto far altro che lasciarmi.- La voce di Tyler si spezzò.

-Te lo avevo detto fin dall'inizio che non sarebbe andata bene con lei. Non fa parte del nostro mondo, e non ne farà mai parte. È troppo buona e gentile, una ragazza d'oro, intelligente e bella. Infatti non ha tardato molto a scoprire tutto. Non si possono nascondere cose così, dovevi immaginarlo.-

-Lo so, e so anche che tu mi avevi avvertito. Solo che... non potevo non provarci, dovevo almeno sperare che sarebbe andato tutto per il meglio.-

Avevo capito che Tyler era un playboy o cose del genere, ma forse era così solo prima o dopo questa presunta Emily. Una rabbia incontenibile cominciò a crescermi dentro. Se mi fossi trovata davanti quella ragazza le avrei fatto del male. Non potevo sopportare che Tyler soffrisse per una stronza. Perché era una stronza se aveva lascito mio fratello, soprattutto se lo amava. Per il suo amore avrebbe dovuto dimenticare tutto e superare ogni ostacolo.

-Tyler, è arrivato il momento che tu cominci a fare qualcosa per dimenticarla, per andare avanti. Non puoi restare solo per sempre.- Kyle voleva davvero spronarlo ad andare avanti con la su vita, in fondo era un buon amico.

Tyler lo guardò per un attimo, poi si voltò verso le ragazze e si alzò. Pensai che stesse andando verso di loro, invece , si diresse verso la cassa e andò a saldare il conto. Io mi alzai e lo raggiunsi quando aveva già finito.

-Andiamo?- Mi chiese lui con un finto sorriso stampato in faccia.

-E Kyle?- Domandai io.

-Lui non viene, il pomeriggio è tutto nostro.- Rispose sinceramente sollevato.

Mentre stavamo uscendo lanciai uno sguardo verso il tavolo dove eravamo seduti e vidi che era vuoto, poi riuscii a scorgere Kyle che si avvicinava alle ragazze di prima, e con una scusa si sedeva di fronte a loro.
 

_________________

Ed eccomi con un altro capitolo. Vorrei tanto sapere cosa ne pensate, recensite se volete. :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Saliti in macchina non sapevo più dove saremmo andati, e non mi andava nemmeno di chiederglielo. Non perché amassi le sorprese, anzi, le odiavo. Semplicemente volevo lasciarlo un po' in pace, dopo tutto quel parapiglia di poco prima.

Pochi minuti dopo Tyler posteggiò. Una volta scesi dalla macchina mi misi a seguirlo. Solo quando vidi in lontananza una sorte di serra riuscii più o meno a capire dove mi stava portando.

-Ti piace la natura, eh?- Scherzai io con un sorriso stupido stampato in faccia.

-Sì, ma questo posto è speciale perché con i tuoi ci venivamo sempre, soprattutto dopo la tua nascita.- Potevo quasi percepire la malinconia nella sua voce.

Non riuscii a dire più nulla, sentivo che qualsiasi cosa avessi detto sarebbe stata quella sbagliata.

Lui non si scompose più di tanto e continuò a farmi strada. Una volta che ci trovammo dentro il giardino botanico l'atmosfera tra di noi sembrò cambiare. Adesso quello non era più un luogo in cui c'erano dolci ricordi che però facevano soffrire, era solo un posto in cui sentirsi incantati dalle meraviglie della natura.

C'erano delle piante incredibili, e molte di queste erano rare. Non avevo mai visto così tante piante incantevoli e rare messe insieme. C'erano dei fiori veramente strani, ma così belli, e degli alberi davvero insoliti.

Non esistono parole per descrivere uno spettacolo del genere. Riuscivo solamente a guardarlo strabiliata. Era tutto così perfetto, ma la magia di quel posto, di quel momento, non poteva durare all'infinito. Fu una biondina che camminava verso la nostra direzione a spezzarla.

-Tyler! Non posso credere che sei veramente qui, credevo che non ti avrei rivisto mai più.- Corse verso di noi, e appena fu abbastanza vicina gli saltò letteralmente addosso.

Lui se la tolse subito di dosso, non la scaraventò a terra perché in fondo non aveva fatto nulla di male, ma io penso che almeno un po' se lo sarebbe meritato.

-Vanessa, cosa ci fai tu qui?- Tyler era disgustato dal suo comportamento, ma più di tutto era irritato perché era riuscita a interrompere un momento di serenità e pace.

-Oh, Tyler. Sono così felice che tu sia qui. Sono settimane, no mesi, che giro tutti i stupidissimi giardini botanici di questa città solo per avere una minima possibilità di incontrarti. Mi sei mancato così tanto.- A questo punto tentò di avvicinarsi nuovamente per poterlo abbracciare, ma lui la schivò.

Tyler era veramente in collera con lei, sicuramente per il modo in cui aveva parlato di quel posto tanto speciale per lui. Era come se in un certo senso avesse osato disonorare i suoi ricordi. -Non avresti dovuto farlo. Non dovevi venire qui. C'è stato un motivo se ci siamo allontanati.- Non voleva essere molto cattivo, voleva farglielo capire senza essere troppo diretto, ma evidentemente lei era una di quelle ragazze carine ma stupide.

-Cosa stai dicendo? Stavamo così bene insieme..- Rispose lei con le lacrime agli occhi.

Tyler non voleva essere troppo duro con lei, così mi intromisi io. -Non ti accorgi che ti sta dicendo che tra voi non c'è mai stato niente di serio e che mai ci sarà?-

Lei mi guardo furiosa, sembrava che prima di allora non avesse nemmeno notato la mia presenza. -E tu chi cazzo sei? La sua nuova conquista? Sei perfino brutta. Non sei il suo tipo, lui può avere di meglio. Tu non sai cosa vuole lui, gli piacciono ragazze come me. Io sono perfetta per lui.-

Questa volta Tyler non riuscì a tenere la bocca chiusa. -Non osare parlarle in questo modo. Tu non vali un millesimo di quanto conta lei per me. Tu non sei niente. Sei solo una stupida ragazza che non capisce quando diventa sgradita.-

-Cosa ti ha fatto questa? Sei cambiato. Eri così gentile un tempo. Non mi avresti mai detto cose del genere prima.- Vanessa continuava a piangere in modo ininterrotto.

-Fattene una ragione. Non sono più quello di un tempo. Non mi interessano le ragazze come te.- Finalmente Tyler riuscì ad essere chiaro e a dire quello che pensava. E mentre lei cominciava singhiozzare ancora più forte, mi prese per un braccio e mi portò lontano da quella scena.

Lo ringraziai mentalmente. Quella ragazza mi stava veramente antipatica, e dubito che sarei riuscita a stare lì ancora per molto.

Quando tornammo in macchina si erano fatte le cinque e mezza. -Mi dispiace Sarah.-

-Oh, non devi. Tu non potevi sapere cosa sarebbe successo. Anche tu hai dovuto subire tutta questa situazione.- Non volevo che se ne facesse una colpa.

-Ho rovinato tutto, questo posto era così importante per me, e volevo che lo fosse anche per te.-

-Tyler, tu non hai rovinato niente. È stata quella stronza. Tu non hai colpe.- Sentivo che questo non lo avrebbe calmato così continuai. -Comunque è stata un'esperienza magnifica, prima di... beh, lo sai. Voglio ritornarci. Tanto non penso che si rifarà viva di nuovo.-

A quelle parole Tyler sembrò scoppiare di gioia. Vanessa non era riuscita a rovinarci il nostro momento insieme, lo aveva solo fatto terminare troppo presto.

Avremmo avuto altro tempo per recuperare, e sarebbe anche stata un'esperienza migliore.

Quando Tyler mise in moto cominciammo a scherzarci su, almeno finché non fummo interrotti dal suo telefono che squillava.

-Pronto? Sì, c'è l'ho. Ho già raccolto abbastanza informazioni. Credo che fra qualche giorno potrò completare l'operazione... Certo... Ho tutto sotto controllo, stia tranquillo... Sarò professionale... Bene, allora ci risentiamo.- Riattaccò e mi rivolse un sorriso forzato.

-Lavoro?-

-Sì.- Tagliò corto lui.

Capii che c'era qualcosa di strano, qualcosa che non andava, ma preferii non dire nulla.

Tornammo direttamente all'appartamento, ci mettemmo comodi sul divano e guardammo un film.

Alla prima pubblicità feci una domanda stupida, mi ero dimenticata della scoperta di quella mattina. -Ci sono popcorn?- .

-Ehm. In realtà credo che non ci sia proprio cibo in casa. Mi dispiace.- Era un po' a disagio.

-Non preoccuparti, possiamo sempre andare a fare la spesa domani.-

Lui mi guardò sbalordito. -Che c'è? Non hai mai fatto la spesa prima?- Chiesi io scherzando.

Tyler abbassò lo sguardo senza rispondere.

-Non ci posso credere. Come hai fatto a vivere fin'ora?- Adesso ero io quella impressionata, non potevo immaginare che fosse un caso tanto disperato.

-Ordinavo le cose in pizzeria, nei ristoranti. Dipende da cosa mi andava di mangiare.- Alzò le spalle come a scusarsi in qualche modo.

-D'accordo. D'ora in poi ci penserò io ai pasti allora.- Dissi convinta.

-Se proprio lo desideri.- Tyler in realtà sembrava quasi soddisfatto. -Se vuoi almeno domani ti accompagno io al supermercato, di mattina non sono impegnato.-

La sua proposta non mi sorprese, ero certa che lo avrebbe detto. -Perfetto.-
 

_____________________

Spero che il capitolo sia abbastanza interessante, anche se a me non ha preso molto. Resensite se vi va e fatemi sapere cosa ne pensate della mia storia..:)

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
 

Anche quella notte riuscii a dormire come si doveva, e quando mi svegliai mi sentii completamente rinata. Era cambiato tutto nella mia vita, ma presto sarei riuscita a raggiungere una monotonia che avrebbe reso tutto più facile. Ne ero certa.

Mi preparai in pochi minuti, poi andai dritta in cucina.

Non mi ero nemmeno resa conto che stavo camminando con passo felpato finché non arrivai alla fine del corridoio e non sentii la voce di Tyler. Lui non si era accorto che ero sveglia, a pochi metri da dove si trovava e potevo sentire ogni cosa che diceva.

-No, non sono riuscito a dirle niente. Avrei voluto avere il coraggio, lo sai, ma non è una cosa facile da accettare, potrebbe andarsene.- Fece una piccola pausa, poi riprese a parlare. -Cazzo, Kyle. Non ho bisogno che me lo dica anche tu. So benissimo di essere un codardo. E non voglio comportarmi come quegli stronzi dei suoi genitori adottivi, ma vorrei solo poter... Tu non capisci. Io non voglio perderla prima ancora di averla conosciuta. Loro hanno avuto tutto il tempo per imparare a capire il suo comportamento, le sue reazioni, per trovare il modo migliore per dirle la verità e non l'hanno fatto... Io non sto agendo allo stesso modo. Ho solo bisogno di capire come affrontare l'argomento senza spaventarla.-

Le sue parole adesso sì che mi stavano facendo paura. Non riuscivo a immaginare cosa potesse esserci di tanto grande e brutto da non potermi dire la verità subito. Credevo di potermi fidare di Tyler, e che lui potesse fare altrettanto. Se solo avessi saputo cosa fare.

Avrei tanto voluto spuntare fuori all'improvviso, e imporgli di dirmi la verità, ma c'erano così tante cose che me lo impedivano. Non volevo farmi scoprire ad origliare, cosa che ultimamente facevo troppo spesso, e soprattutto non ero più tanto sicura di voler scoprire questa famosa verità. Avrei solo voluto avere una vita semplice e normale, senza complicazioni, ma era impossibile.

La voce di Tyler aumentò improvvisamente il tono. -Ma sei impazzito?! Non ho nessuna intenzione di coinvolgerla nella nostra vita.- Sbirciai un attimo dal muro, e lo vidi fare avanti e indietro per la stanza, era visibilmente agitato, e la rabbia stava anche cominciando a montare. -E spero che tu mi ascolterai e rispetterai la mia decisione. Se osi dirle qualcosa che non dovresti... Ti giuro che se provi a convincerla ad entrare in tutto questo ti farò rimpiangere di essere nato... Non mi interessa che sei il mio migliore amico.-

L'ira di Tyler adesso era incontenibile, avrei tanto voluto sapere cosa fare.

-Bene, spero che almeno questa volta manterrai la promessa.- A quel punto terminò la chiamata.

Tyler scagliò il telefono contro il divano e si mise le mani tra i capelli.

Per un momento pensai di entrare subito per confortarlo, ma poi capii che non era proprio la migliore idea che mi fosse venuta in mente. Indietreggiai cauta, fino a tornare davanti la mia stanza. Con delicatezza aprii la porta, poi la richiusi più forte, di modo che la potesse sentire anche Tyler. A quel punto riattraversai il corridoio che portava in cucina, e questa volta mi costrinsi a camminare con passi pesanti così che lui si accorgesse della mia presenza prima ancora di vedermi spuntare.

Quando spuntai in cucina lo trovai seduto sulla poltrona a fissare dalla finestra uno scorcio di Chicago. Sembrava che la stesse guardando per la prima volta, la fissava con quella curiosità e quella voglia di perlustrarla da cima a fondo. Non avevo capito fino a quel momento quanto amasse quella città.

-Buon giorno Sarah. Hai dormito bene?- Mi parve così tranquillo e rilassato, come se quello che avevo sentito poco prima e tutta l'agitazione che aveva provato fosse stato tutto frutto della mia immaginazione.

-Alla grande. Mai dormito meglio prima d'ora.- Mi costò una certa fatica fare finta di niente, non ero abituata a fingere in modo tanto spudorato, ma ci avrei anche fatto l'abitudine se sarebbe servito a qualcosa.

-Sono contento...- Finalmente alzò lo sguardo verso di me. Era così abbattuto, per un secondo credetti che sarebbe crollato, ma lui era forte, non si lasciava abbattere alla prima difficoltà. -Spero che tu abbia fame.-

-Certo che ce l'ho.- Fu il primo sorriso sincero della giornata.

-Perfetto, perché io non resisto più. Andiamo a mangiare qualcosa nel caffè all'angolo.- Tyler si alzò all'improvviso, e ogni cosa sparì dal suo viso. L'amarezza, la tristezza, il rimpianto, l'indecisione. Tutto. Era tornato il Tyler di sempre, quello spensierato e premuroso, quello che si preoccupa anche per le stupidaggini, ma che non lo da troppo a vedere. Era quello il Tyler a cui mi ero affezionata e avrei fatto di tutto pur di non perderlo, anche ingoiare la curiosità per quello che mi nascondeva e la rabbia perché continuava a mentirmi.

Non potevo rischiare di perdere quel Tyler, non lo avrei fatto per nulla al mondo. Fu per quel motivo, ma non soltanto, che riuscii a dimenticare tutta quella faccenda. Almeno per il momento.

Tyler afferrò le chiavi e il portafoglio e si fiondò giù. Io lo seguii a mia volta.

Il caffè dove facemmo colazione non era molto lontano. In realtà prendemmo solo due cornetti e un paio di cappuccini. Ci sedemmo a un tavolo e consumammo quel poco che avevamo davanti.

-Il supermercato è vicino, se vuoi possiamo passarci appena abbiamo finito.- Propose lui calmo.

Io lo guardai stupita che si fosse ricordato della promessa della sera prima e annuii contenta.

-Hai già un idea di cosa comprare?-

-Non ne ho bisogno. In casa non c'è niente, quindi mi toccherà svaligiare il supermercato. Spero solo che tu non abbia niente da fare.- Lo provocai un po'.

-Non ho nessun impegno questa mattina, sono tutto per te.- Mi assicurò lui.

-Beh, allora preparati a passare un paio d'ore d'inferno.-

________________

Eccomi con un altro capitolo. So che non è granchè ed è anche corto, ma volevo pubblicarlo comunque. Comunqueo preferito mettere qualche nuovo mistero. Ci vorrà un po' per svelarli tutti, ma spero che avrete la pazienza di continuare a leggerli per svelarli. Fatemi sapere cosa ne pensate della mia storia, e se vi va recensite e datemi dei consigli. :)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 

Giravamo tra i corridoi di quell'enorme supermercato da più di un'ora e ormai il carrello era stracolmo. Stavo quasi per decidere di cominciare ad incamminarci verso la cassa quando spuntò uno strano tizio. Era un uomo sulla sessantina, bassino e robusto, capelli bianchi e baffi lunghi, occhi infossati e viso tondo. Giurai di averlo già visto prima, solo che non riuscivo proprio a capire dove. Ero in quella città solo da qualche giorno, ma ero certa che non era la prima volta che lo vedevo.

Ad un certo punto l'uomo si voltò verso di noi, e appena il suo sguardo si fermò su Tyler lo riconobbe e si avvicinò.

-Dawson. È un piacere rivederti, anche se non mi sarei mai aspettato di incontrati qui.- Non avevo mai sentito qualcuno che lo chiamava in quel modo. Così quello era il suo cognome, il cognome dei miei, e perciò anche il mio. Tyler non me lo aveva detto, probabilmente lo aveva dato per scontato, magari non si era nemmeno reso conto che prima di quel momento non sapevo nemmeno quali fossero le mie origini.

-Già, non è proprio da me.- Rispose Tyler imbarazzato di essere stato colto nel sacco, anche se proprio non riuscivo a capire cosa ci fosse di male nel fare la spesa. Era la cosa più banale che si potesse fare. Magari era proprio per questo, lui non faceva cose così normali e semplici, tutta la sua vita era complicata, a cominciare dal lavoro, che per altro non sapevo nemmeno quale fosse.

-Quindi lei è la famosa Sarah. La figlia scomparsa, quella che tutti credevano morta. Dove sei andato a ripescarla? Scommetto che viene da un lurido paesino incivilizzato.- L'uomo, notando la mia reazione, cercò subito di ritrattare. -Oh, cara. Non era per offenderti. Tyler ti ha fatto un grosso favore a riportarti qui. E ora tu vuoi dare una mano, non è così?- Disse indicando il carrello pieno.

Non mi diede modo di rispondere che già aveva ripreso a parlare. -Ma certo che è così. Sono certo che tu sia una così cara ragazza, proprio come lo era tua madre. Una gran lavoratrice, sotto ogni punto di vista. Ora, però, io devo andare. Passate una bella giornata, mi raccomando.-

Sparì prima ancora che avessi il tempo di metabolizzare quello che aveva detto. Mi chiedevo cosa intendesse dire con "tua madre era una gran lavoratrice, sotto ogni punto di vista". Poteva voler significare che metteva anima e corpo sia nelle faccende di casa, che nella famiglia, che nel lavoro. C'era, però, qualcosa che mi spingeva a credere che non era tutto qui, che ci fosse qualcosa sotto.

-Sarah, andiamo a pagare? Che dici?- Tyler era stanco di tutta quella situazione, o meglio, prima di incontrare quell'uomo andava tutto bene, ora invece c'era qualcosa di strano, di diverso in lui.

-Sì certo.- Andammo dritti alla cassa, e dopo aver pagato, prendemmo un'enorme quantità di sacchetti e ci incamminammo verso casa.

Per un po' nessuno dei due aprì bocca, poi non c'è la feci più e posi la domanda che tanto mi assillava. -Chi era quell'uomo Tyler?-

Lui fece finta di non capire. -Di chi stai parlando?-

-Lo sai benissimo.- Risposi pronta io.

Fece un sospiro profondo, come a rassegnarsi alla situazione, poi cominciò a vuotare il sacco. -Il suo nome è Joseph Reinhold, è solo un uomo andato in pensione troppo presto e che ora non ha niente di meglio da fare che rompere le scatole alla gente.- Taglio corto lui.

-No, voglio dire, che rapporto aveva con i miei, come faceva a conoscerli?-

Quella domanda sembrò spiazzarlo all'improvviso. Non sapeva cosa dire.

-Diciamo che lavoravano nello stesso settore. Si conoscono tutti in questo campo, quando si sceglie un certo tipo di vita si deve rinunciare alla vita privata, almeno in parte.- Non ero sicura che lui sapesse cosa stava dicendo, più che altro metteva delle parole l'una dietro l'altra senza rendersene conto.

-Spiegati meglio. In cosa consisteva precisamente il loro lavoro?- Ero così curiosa in quel momento che il mio istinto non riuscì ad averla vinta, sapevo che non avrei dovuto andare oltre, ma fu più forte di me.

-Sarah, non è così importante. In fondo è passato tanto tempo. E poi non conta che lavoro facessero per tirare avanti, l'unica cosa importante è che erano delle brave persone e lo dimostra il fatto che io ora sono qui con te.-

Le sue parole mi commossero, disse delle cose veramente dolci, ma questo non cambiava il fatto che ancora non avevo scoperto un bel niente su tutto quello che li riguardava, a parte qualche informazione generale. Avevo fame di notizie, cosa che non mi era mai capitata prima. -Tyler, non mi stai dicendo niente.-

-Io... non credo che tu voglia sapere altro, non penso che sia il caso che te lo dica, almeno non adesso.- Aveva lo stesso sguardo, lo stesso tono, la stessa preoccupazione di quando aveva parlato con Kyle quella mattina. Avrei potuto fermarmi a quel punto. Avrei dovuto, ma non lo feci.

-Non ci posso credere. Perché devi tenermi nascosta la verità anche tu? Credevo che fossi diverso da loro, avevi promesso che sarebbe stato differente. Mi ero fidata di te. Come hai potuto farmi questo?- Calde lacrime scendevano lungo le mie guance. Ormai avevo perso totalmente il controllo.

-Sarah, ti prego. Non dire così. L'ho fatto per il tuo bene, per noi. Non volevo perderti prima ancora di averti conosciuta.- Era disperato, voleva rimediare in qualche modo, ma i rapporti familiari non erano il suo forte, non sapeva come comportarsi.

-No. Non osare dire queste cose. Non si può proteggere una persona con le bugie. Servono solo a far soffrire le persone che ami, dovresti saperlo.- Non so perché fossi stata così cattiva con lui. E dire che quella mattina ero anche sollevata di non sapere la verità, perché ne avevo paura. Avevo evitato di spingerlo a confessare quello di cui ancora ero all'oscuro. E ora, invece, mi ritrovavo davanti a lui ad accusarlo per qualcosa dalla quale, in un certo senso, ero fuggita. Ero così confusa. Era tutto così disordinato nella mia testa, e per questo mi sentivo sotto pressione.

Tutta la tensione e lo stress accumulato in quei giorni stava esplodendo tutto in una volta. Non potevo più reggere quel peso, era troppo per me. Così, semplicemente, mollai i sacchetti della spesa e me ne andai.
 

________________________

Ehii! Ciao a tutti. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. È la prima volta che Tyler e Sarah litigano e il motivo è chiaro. La verità è una cosa che causa sempre tanti problemi, eh? :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Non sapevo dove andare. Camminai senza una meta per quasi un'ora poi, ricordandomi che avevo preso la carta di Tyler quando avevamo pagato la spesa alla cassa perché lui aveva le mani impegnate, mi fermai in una rosticceria e presi qualcosa.

Pensando che Tyler, se voleva, avrebbe potuto rintracciarmi perché stavo usando la sua carta, presi il mio panino e uscii di fretta. Mangiai per strada, ancora indecisa sul da farsi.

Ero così stanca che appena mi imbattei in un parco entrai e mi sedetti sulla prima panchina libera che incontrai. Ero sfinita, così mi distesi, e senza rendermene conto mi addormentai.

Quando mi risvegliai erano le cinque passate.

Ripresi a camminare, poi mi venne un'idea. Potevo sempre fare shopping, in fondo avevo la carta di Tyler, e sperperare più soldi di quanti ne avessi mai spesi prima era un'alternativa molto allettante.

Credevo di volergliela fare pagare, ma la verità era che volevo solo essere ritrovata e riportata a casa, non riuscivo più a sopportare quella situazione.

Entrai nei negozi più costosi che incontravo, Gucci, Prada... E ogni volta non ne uscivo prima di spendere un migliaio di dollari. Stavo buttando un sacco di soldi senza alcuna ragione apparente. Volevo solo essere trovata, poi avrei anche restituito tutto se Tyler non poteva permetterselo.

Ma come facevo a saperlo se non conoscevo il suo lavoro? Non sapevo niente di lui.

C'erano momenti in cui la nostalgia era così forte che mi sentivo male davvero, in altri casi, però, quando ricordavo il motivo per il quale mi trovavo in quella situazione, ero sollevata di non essere a casa. Ero totalmente disorientata. Non sapevo cosa pensare, cosa provare. Così compravo vestiti, scarpe, borse e gioielli, per non pensare, per avere quei piccoli attimi in cui tutto spariva.

Mi stavo guardando allo specchio con indosso un costosissimo e indecente vestito rosso, quando notai le occhiate di un commesso veramente carino. Era tanto tempo che non mi sentivo così bene, essere osservata da uno sconosciuto, un tizio mai visto primo, ma che avrei anche potuto rivedere volendo. Non era affatto male, forse non abbastanza muscoloso, ma tutto il resto era più che accettabile.

All'improvviso sentii una voce alle mie spalle. -Quel ragazzo ti sta mangiando con lo sguardo.-

-Tu dici?- Arrossii al solo pensiero.

-E come! Non ti stacca gli occhi di dosso da almeno dieci minuti. Hai proprio fatto colpo.- Mi fermai un attimo a guardare per la prima volta la mia interlocutrice, prima le avevo risposto meccanicamente, quasi senza rendermi conto della sua presenza. La bionda che stava davanti a me era da mozzare il fiato.

Era poco più alta di me, così magra da sembrare quasi anoressica e aveva un viso dolce anche se un po' infantile. Comunque sia, non l'avevo mai vista prima di allora, e non avevo idea di chi potesse essere. -Scusa, ci conosciamo?- Volevo essere certa che fosse una sconosciuta.

-Oh, certo, hai ragione. Mi chiamo Evelyn, è un vero piacere fare la tua conoscenza.- Mi tese la sua mano lunga e affusolata, io la strinsi, leggermente diffidente. Avevo imparato a mie spese a non fidarmi subito di una sconosciuta, soprattutto quando sembrava così affidabile, sono il tipo di persone che riescono ad ingannarti meglio.

-Il piacere è tutto mio. Io sono Sarah.- Avrei voluto fuggire, non andare avanti con quella farsa, ma evidentemente la giornata non voleva andare per il verso giusto.

Evelyn indicò il vestito rosso che indossavo. -Hai intenzione di prenderlo?- Chiese, forse troppo curiosa.

-Credo di sì, anzi vado subito alla cassa, che è tardi.- Stavo provando a congedarmi da quell'assurda situazione, ma quelle parole peggiorarono la situazione.

-Devo andare anch'io.- Rispose lei. -Mi chiedevo, se ti andava di andare a mangiare qualcosa insieme?-

Rimasi interdetta per qualche secondo. -Veramente io...-

-Ma se hai già un altro impegno non fa niente, sarà per un'altra volta.- M'interruppe lei.

-Non ho alcun impegno, ma...-

-Perfetto allora. Andiamo alla cassa e poi usciamo a prendere qualcosa da mettere sotto i denti.- M'interruppe nuovamente, ma questa volta non sapevo proprio come evitare quell'assurdità. Insomma, non ci conoscevamo nemmeno, avrebbe potuto essere anche una serial killer, ma io non potevo saperlo ovviamente. Non mi andava, però, di contraddirla, di deludere le sue aspettative, sembrava così sola e speranzosa. Anche se, a dir la verità, credo che quella speranzosa fossi io, sentivo il bisogno di una figura femminile nella mia vita, un'amica con cui confidarmi, e da quando mi ero trasferita a Chicago non avevo per questo ruolo vacante. Credo fu anche per questo motivo che non mi opposi ad Evelyn.

Mi diressi alla cassa e aspettai il mio turno. Posai l'abito davanti al commesso carino non appena Evelyn pagò. Lui guardò un attimo il vestito, poi me, indeciso se dire qualcosa o stare zitto.

-Ottima scelta, questo vestito le stava veramente d'incanto.- Mi sorrise gentile.

Io arrossii violentemente, così tirai fuori la carta di credito di Tyler per evitare di guardarlo in faccia e gliela passai. -Beh, grazie.-

Era un po' che non ricevevo un complimento da uno sconosciuto che era evidente che fosse attratto da me. Non ero più abituata a queste cose, non sapevo nemmeno come comportarmi. Lui non osò pronunciare un'altra parola, credo che il mio banalissimo grazie gli avesse fatto intendere che non ero interessata. Che peccato!

Quando mi allungò la carta di credito, la presi, poi afferrai la busta con dentro il vestito e imbarazzata uscii di corsa dal negozio.

-Non è andata granché bene. Lui sembrava così interessato, invece tu è quasi come se lo avessi snobbato.- Evelyn non perse tempo a farmi notare i miei errori.

-Non era mia intenzione. Lui è veramente carino, mi sarebbe piaciuto che la cosa non finisse lì, ma è da così tanto tempo che non esco con qualcuno che non sapevo come affrontare la situazione.- Cercai di scusarmi io.

-Oh, beh. Adesso capisco tutto. Comunque, se vuoi posso rimediarti il suo numero, o magari posso fargli avere il tuo.-

Mi sembrava tutto così affrettato. Io non mi comportavo di solito così con i ragazzi, non era il mio genere prima, ma considerando che avevo deciso di cambiare vita, forse era meglio anche rivedere il mio comportamento, e conoscere qualcuno non sarebbe certo stato male, soprattutto se era un ragazzo carino.

-Ti dispiace se ci fermiamo al primo ristorante che incontriamo? Sto veramente morendo di fame.- preferii cambiare discorso, magari potevamo tornare a parlare del commesso carino in seguito.

-Naturalmente.- Rispose Evelyn contenta.

Entrammo nel McDonald's in fondo alla strada e ci sedemmo al primo tavolo libero.

Ero un po' imbarazzata sinceramente, non sapevo se aprire bocca o starmene li muta. Fino a quando la cameriera stava prendendo le nostre ordinazioni mi sentivo al sicuro, anche se non c'era ragione che mi preoccupassi. Non sarebbe successo niente di male se con Evelyn non avessi legato, in fondo Chicago era grande, avrei potuto trovare un'amica ovunque.

-Allora,- disse Evelyn quando la cameriera si allontanò. -So che potrà sembrarti una domanda strana, soprattutto perché non ci conosciamo. Mi chiedevo se sei appena uscita da una relazione difficile. Per il modo in cui ti comportavi con Mark e tutto il resto.-

Mi sentii un po' a disagio, quelli non erano certo argomenti che ero solita affrontare con perfetti sconosciuti. Per qualche strano motivo, però, avevo voglia di parlarne con lei, forse perché mi mancava confidarmi, o semplicemente perché avevo bisogno di distrarmi da tutta quella situazione con Tyler. -Diciamo di sì. In realtà c'era un ragazzo che mi piaceva da un po' di tempo, e poco prima di trasferirmi qui a Chicago l'ho beccato con una troia. Credo sia soprattutto per questo che ho perso fiducia nel genere maschile, e non so quanto ci vorrà prima che mi senta di nuovo pronta a cominciare una relazione.-

Fu come liberarsi d un grosso peso, che ti opprime e non ti permette di respirare, di goderti la giornata come sempre.

-Oh, capisco, ma vedrai che la supererai. A me nemmeno è andata molto bene. Mi piaceva un ragazzo, veramente carino e simpatico, dolce. Insomma perfetto. Per un po' di tempo è andata bene, almeno finché non l'ho scoperto con un'altra, alla fine di perfetto non aveva un bel niente, beh, a parte mentire, in quello era un genio.- Si vedeva che non era molto contenta di parlare di quelle cose, ma il fatto che si fosse comunque aperta con me mi fece molto piacere. Forse il fatto che le nostre situazioni erano simili l'aveva spinta ad aprirsi, comunque sia stavo cominciando a rallegrarmi di essere uscita con lei, forse una cosa nelle mia vita poteva finalmente andare bene.

Parlammo ancora per qualche ora, e mi dimenticai veramente di tutto in quei momenti.

Evelyn cominciava a piacermi sempre più.

Quando fu l'ora di andarsene, lei si offrì di darmi un passaggio con la sua auto, ma io preferii prendere un taxi. Non ero del tutto sicura di tornare da Tyler fino a quando non dissi al tassista l'indirizzo di casa sua.

Quando arrivammo, pagai con quelle poche banconote che avevo con me e, trovando il portone aperto corsi di sopra. Arrivata al piano giusto bussai, e dopo nemmeno un minuto Tyler aprì la porta. Quando mi vide si rilassò visibilmente. -Sarah, finalmente. Sono così felice che tu sia tornata, avevo paura che ti potesse succedere qualcosa.- Era ovvio che era preoccupato, ma io ero così arrabbiata con lui, non mi andava di rassicurarlo, non in quel momento almeno, la mia presenza lì era fin troppo.

Lo sorpassai senza rispondere. Mentre camminavo poggiai la carta di credito sul tavolo della cucina, così continuai a camminare dritta verso la mia stanza.

Poggiai sul letto l'enorme quantità di buste accumulate dal mio pomeriggio di shopping e andai a fare una doccia. Volevo cancellare quella giornata, o quantomeno la prima parte.

 

_________________

Sono tornata con un altro capitolo. Scriverlo non è stato facile, senza considerare che non mi sento ancora convinta. Lo sto pubblicando solo per sapere cosa ne pensate voi, quindi recensite, please. :)

Aggiornerò il prima possibile.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Il giorno dopo non avevo niente di particolare da fare, ero così annoiata che mi misi a sistemare le cose che avevo comprato dentro l'armadio. E per me era una cosa assurda, considerando che avevo sempre vissuto nel disordine più assurdo. Comunque sia non tolsi i cartellini, e conservai tutti gli scontrini, quando la storia con Tyler sarebbe finita avrei anche potuto restituire tutto.

Per tutta la mattina non si fece vivo, così, per l'ansia mi misi a pulire. Avevo paura che non si sarebbe più tornato, che lo avevo spronato ad abbandonarmi. Poi mi convinsi che in fondo quella era casa sua e che non poteva andarsene così.

Solo quando, affamata, mi diressi verso il frigo e trovai un suo biglietto mi rassicurai un po'. Diceva che sarebbe stato tutta la mattina via, ma che sarebbe tornato per il pranzo.

Guardai l'orario: erano ancora le undici e mezza. Non avrei resisto a lungo, non c'è la facevo più a stare da sola, sarei impazzita. Avrei indubbiamente preferito averlo in casa, anche se eravamo ancora litigati. Non sarei stata capace di reggere ancora per molto tutta quella situazione, avevo bisogno di lui, della sua presenza, della sua comprensione e magari anche della sua sincerità, ma in fondo quella poteva aspettare. Per il momento volevo godermi il tempo che potevo passare con lui, il resto lo avremmo deciso in seguito.

Sicura che finalmente tutto poteva mettersi a posto, mi misi a cucinare. Volevo sorprendere Tyler, avevo anche bisogno di risollevarmi il morale e distrarmi mi avrebbe fatto bene, perché se avessi pensato che lui avrebbe potuto troncare tutto e non perdonarmi mi sarei sentita morire.

Cominciai a cucinare il sugo, avevo intenzione di preparare delle lasagne come primo e come secondo delle semplici fettine impanate di pollo. Sinceramente non ero un granché a cucinare, sapevo preparare una quantità limitata di pasti, ma almeno quelli non mi venivano tanto male. E considerando che Tyler era abituato a ordinare sempre il cibo che mangiava, magari si sarebbe accontentato.

Mentre stavo friggendo le fettine, il mio telefono cominciò a squillare. Convinta che fosse Tyler mollai tutto. Corsi a rispondere e rimasi delusa quando sentii la voce di Evelyn dall'altra parte. -Ehii Sarah. Tutto a posto?-

-Evelyn. Ciao. Come mai hai chiamato?- Non ero così propensa a fare quattro chiacchiere in quel momento, quindi avrei preferito andare dritta al sodo, ma ancora non conoscevo Evelyn, lei doveva parlare del più e del meno prima di dire il motivo per cui aveva chiamato.

-Ti ho mandato un sacco di messaggi, ma tu non mi hai risposto.- Era un po' offesa dal mio comportamento, ma cercava di non darlo troppo a vedere.

-Scusami, non ho proprio sentito il telefono, è stata una mattina impegnativa, non mi sono fermata un attimo.-

Lei sembrò consolarsi e fu di nuovo pronta alla carica. -Oh, menomale, avevo paura che mi stessi evitando.-

-Non lo farei mai.- Risposi io un po' stanca e infastidita che non fossimo ancora arrivate al nocciolo della questione.

-Comunque,- riprese subito lei, -volevo semplicemente informarti che Mark, il commesso carino di ieri, mi ha chiesto il tuo numero ieri sera, e allora gliel'ho dato.-

-Ma... Veramente...- Non mi fece nemmeno finire di parlare, che come al solito m'interruppe.

-Tranquilla, non gli ho promesso niente. Lui mi ha detto che ti avrebbe chiamata e che avrebbe provato a chiederti di uscire, e che lo avrebbe fatto anche se non era sicuro che tu avresti acconsentito. So che magari tu non ti senti pronta, ma potresti anche tentare, chi lo sa, magari lui sarà il ragazzo che ti farà ricredere sul genere maschile.- Oh, se solo Evelyn avesse saputo quello che stava dicendo e quello che sarebbe successo, dubito che avrebbe anche solo dato a Mark il mio numero di telefono.

-Non ti assicuro niente,- risposi prontamente io. -Poi vedrò, e ti farò sapere. Promesso. Adesso, però, devo andare, ho un sacco di cose da fare, ci sentiamo dopo.-

-Sì, a dopo. E mi raccomando, pensaci, potrebbe anche andare bene con Mark.-

Con questo staccò e io fui libera di tornare a cucinare.

All'una meno un quarto tutto era pronto. Solo che Tyler non era ancora arrivato. Adesso cominciavo a preoccuparmi veramente. E se non volesse più rivedermi? E se avessi fatto l'errore più grande della mia vita scappando in quel modo da lui senza dargli la possibilità di spiegarsi?

Il biglietto che mi aveva lasciato non mi aiutava più a ricredermi, e nemmeno ripensare alla preoccupazione nel suo volto la sera prima quando ero tornata a casa riusciva a consolarmi.

Solo un'ora dopo, quando sentii qualcuno salire le scale, la speranza tornò a farmi compagnia.

Non feci nemmeno caso a quanto i miei sensi si stessero affinando nell'ultimo periodo, come se incontrare Tyler avesse risvegliato qualcosa dentro di me. Qualcosa che era rimasto dormiente per tutta la mia vita fino ad allora.

Quando Tyler aprì la porta ogni cosa era già sparita. La rabbia e la delusione del giorno prima, la preoccupazione che mi avesse abbandonato e l'angoscia che niente nella mia vita andasse per il verso giusto.

Gli corsi incontro e gli saltai addosso. Lo abbracciai con tutte le mie forze, non riuscivo a non essere sollevata, vederlo mi dava un gioia immensa. Avevo dimenticato tutto quello che era successo il giorno prima. O meglio, ero consapevole di quanto fosse accaduto, ma adesso mi sembrano delle sciocchezze, come se stare insieme a lui, la mia famiglia, fosse l'unica cosa che contava. Ed era veramente così, stare con lui era realmente la sola cosa che mi interessava in quel momento, ed era anche ora che glielo facessi capire.

-Mi dispiace così tanto. Sono stata una stupida ieri, non avrei dovuto comportarmi in quel modo.- Riuscii a pronunciare quelle parole solo con la faccia nella sua camicia e fui sorpresa che riuscì a sentirmi.

Lui, però, era più stupito di me. Non si aspettava quella reazione da parte mia, ma sembrava piacevolmente sorpreso. Si staccò dal mio abbraccio e mi guardò in faccia, aveva bisogno del mio contatto visivo. -No. Sono stato io a sbagliare. Sono stato un completo idiota. Avrei dovuto rispondere alle tue domande. Hai tutto il diritto di sapere la verità.-

-Non ne sento più il bisogno. Almeno non per adesso, per il momento l'unica cosa che conta è recuperare il tempo perso con te.- Risposi io tranquilla. E non gli diedi nemmeno il tempo di controbattere che lo condussi in cucina, avevo bisogno di chiudere l'argomento che ci aveva fatto litigare. Volevo semplicemente tornare al rapporto che avevamo prima. -Su, vieni. Avevo preparato da mangiare un'ora fa. Magari riusciamo ancora a rimediare qualcosa di commestibile.-

 

________________________

Ciaoo! Come al solito sarei lieta di sapere cosa ne pensate del mio capitolo, io ho fatto del mio meglio, anche se non mi convince. Voi cosa ne pensate? Vi sta piacendo il modo in cui sta evolvendo la storia oppure no?

Un bacio a tutti coloro che mi seguono e leggono la mia storia. Vi ringrazio immensamente. Alla prossima!:)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3337950