Sexy waiter

di InoHaruna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ~ Un disastro di serata ~ ***
Capitolo 2: *** ~ Tra lacrime, castighi, piani di fuga e vecchie conoscenze ~ ***
Capitolo 3: *** ~ Dolci canzoni veneziane e visioni piu` o meno angeliche ~ ***
Capitolo 4: *** ~ Emozioni incontrollabili ~ ***



Capitolo 1
*** ~ Un disastro di serata ~ ***



Sexy waiter
 
 
 
~  Un disastro di serata  ~
Bianca’s centric
 
 
 
- BIANCAAA! –
Mia madre mi stava chiamando, o meglio, mi stava gridando di muovermi e uscire dal bagno. Con uno sbuffo presi una forcina e cercai di acconciare nel modo migliore i miei indomabili riccioli in un semplice chignon, cosa che stavo tentando di fare da circa un quarto d’ora.
Il risultato era deprimente: ciocche che mi cadevano sul viso e quello che doveva essere un morbido chignon sembrava il nido di un uccello. Sbuffai stressata guardandomi nello specchio come se stessi guardando il mio peggior nemico.
Indossavo uno stupido vestito rosso bordeaux con le spalline che non mi piaceva per niente. Lo indossavo soltanto per far felice mia madre, che me lo aveva regalato sperando di suscitare in me una certa femminilita`.
Missione fallita, mummy.
Quelle maledette scarpe con il tacco le indossavo solo da dieci minuti, e i miei poveri piedi gia` mi imploravano di lanciarle fuori dalla finestra. Lo avrei fatto volentieri, ma erano le scarpe di mamma.
Purtroppo quella sera dovevo andare a cena fuori con i miei, per festeggiare il loro anniversario. Quando me lo dissero mi ero ribellata, ovviamente, dicendo che era il loro anniversario e che io sarei stata di troppo. Ma alla fine mi convinsero dicendo che non sarei mai stata un peso, che ero la loro figliola, il loro cucciolo e roba varia.
Sbuffai per l’ennesima volta quella sera, osservando la ragazza con il vestito rosso e un nido d’uccelli in testa riflessa nello specchio. Non mi piaceva. Soprattutto quel vestito, il mio outfit giornaliero che indossavo anche quando andavo alle feste comprendeva un jeans e una maglietta (di solito nera) e scarpe comode.  
All’improvviso qualcuno busso` in modo brusco alla porta, facendomi sobbalzare e per poco non caddi all’indietro nella vasca per colpa dei trampoli che avevo ai piedi.
- BIANCAAA! –
La graziosa voce di mia madre (pari a quella di un cinghiale che grunisce) mi fece aprire la porta.
Nel suo vestito blu e i biondi capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle, mi rivolse uno sguardo stizzito, poi sorrise contenta di vedermi con quel pezzo di stoffa addosso, e infine rabbrividi alla vista nel mio nido in testa.
- Che c’e` mamma? Non sono abbastanza carina? – chiesi con voce falsamente innocente.
- Bianca... – sussurro` senza fiato mia madre non staccando gli occhi dalla mia testa. Manco fosse il nido di uno Pterodattilo!!
- Dove credi di andare con i capelli conciati in quel modo, eh??! – mi lancio` un’occhiata minacciosa, che non mi spavento` per niente. Scrollai le spalle indifferente.
- Non ho saputo fare di meglio. Mica ti vergogni di me? – chiesi con la mia finta voce angelica. Mia madre mi rispose spingendomi nel bagno, cercando di scogliere il nodo che avevo fatto. Non senza farmi male, ovviamente.
- Mamma! Ahi, mi fai malee!! – mi ribellai cercando di staccare le sua mani che mi stavano strappando i capelli. Solo le donne possono capire il dolore...
Dopo una decina di minuti uscimmo dal bagno. I miei capelli non sembravano piu` il nido di uno pterodattilo, ma un vero e proprio chignon dorato. Mi piaceva, ma non lo dissi a mia madre. Piuttosto le dissi che era meglio il mio nido.
Alla fine salimmo in macchina, dove il mio babbo ci stava pazientemente aspettando.
Durante il tragitto ignorai i miei che si comportavano con due fidanzatini che avevano appena compiuto un mese, e pensai che mio padre doveva essere un uomo davvero paziente e tollerante per sopportare una donna come mia madre. E me, ovviamente.
 
Il ristorante mi piacque subito. La sala era ben’illuminata, eleganti tavolate e sedie in legno naturale, enormi finestre con delle bellissime tende color arancio, con un piccolo palco e dei violinisti che suonavano, e c’era persino un piccolo e confortevole camino in mattoni a riscaldare la sala e rendere il tutto molto accogliente e gradevole.
Mio babbo condusse me e mamma ad un tavolo dalla tovaglia bianca e le posate argentate, vicino a una vetrata che mostrava le acque di Venezia. Un posto davvero bellissimo, e all’improvviso fui molto felice che mi avessero portato con loro.
Mi sedetti in malo modo al mio posto, perche` stavo per cadere a causa delle scarpe. Mamma mi rivolse un’occhiata ma niente piu`, mio babbo invece mi sorrise, il viso incorniciato dalla barba castana e i folti capelli del medesimo colore. Poi sorrise anche a mamma, e io inarcai un sopracciglio leggermente gelosa.
“Cominciamo bene.” pensai cercando di resistere alla tentazione di levarmi le scarpe. Non ce la facevo proprio piu` con quei tacchi.
Sospirai di nuovo guardandomi in torno in attesa che arrivasse il cameriere per prendere le ordinazioni, e intanto diedi un’occhiata al menu`.
Dato che era cucina casalinga, optai per un bel pollo e patatine fritte. E mentre cercavo di ignorare quei due piccioncini dinanzi a me che sembravano essersi dimenticati che c’era anche la loro figliola a quel tavolo, arrivo` il cameriere.
 
- Desiderate? –
 
E che cameriere!
Rimasi spiazzata.
Le spalle ampie erano fasciate dalla camicia bianca, con le maniche ripiegate fino ai gomiti, un farfallino nero allacciato alla base della gola che faceva risaltare il mento e le labbra piegate in un sorriso cordiale. Due grandi occhi blu cobalto si posarono gentilmente su di me facendomi arrossire. Poi rivolse lo stesso sguardo a mia madre e sorrise anche a lei. E inarcai di nuovo un sopracciglio, gelosa.
- Il piatto della casa per me e la mia signora, e un pollo con patatine fritte per la mia golosona qui. – disse mio padre indicandomi e facendomi diventare piu` rossa del vestito che indossavo.
- Ottimo. Volete dare un’occhiata ai vini? -  chiese quello schianto di cameriere.
- Volentieri! – rispose mia madre prendendogli la carta dalle mani del cameriere, che aspetto` pazientemente che i miei decidessero. Intanto io avevo la testa china, a torturarmi le mani e con le guance e le orecchie che mi andavano a fuoco.
Mi stupì di me stessa, non era da me quel comportamento così... sottomesso.
 
“Bianca Presti non s’imbarazza in quel modo solo per un cameriere.
Bianca Presti non diventa improvvisamente un cucciolo bisognoso di coccole.
Bianca Presti non indossa vestiti e tacchi e sorride come un ebete.
Bianca Presti gioca a calcio con una banda di ragazzi, in campo urla e saltava come una scimmia, fa quotidianamente a botte con i maschi, cosi come le gare di rutto e di sputo, mangia sempre schifezze e se ne frega altamente se le sue coscie sono un po` troppo formose e sproporzionate.
Bianca e` tutto fuorche` femminile.” pensai, sempre giocando con le dita.
 
Per questo litigavo sempre con mia madre. Non sopportava il fatto di avere un’unica figlia che si vestiva e si comportava come un maschio.
 
Strinsi in un pugno il bordo del mio vestito, cercando di essere il piu` naturale possibile. Ma in realta` sembravo solo un robot malfunzionante. Le mie braccia e il resto del mio corpo improvvisamente non voleva piu` rispondere ai miei comandi, di conseguenza cominciai a muovermi a scatti. Avevo un groppo in gola, che cercai di mandare giu` tossendo un po`, ma parve quasi come mandare giu` un rutto.
Il tizio colpevole di tutti i miei sintomi, mi rivolse un’occhiata curiosa. A quel punto il mio corpo dal collo in giu` si blocco` completamente, e dal collo in su` fino ai capelli divenni rossa. Rossa, rossa, rossa.
Lui continuava a guardarmi di sottecchi mentre io guardavo la mia forchetta, fingendo uno strano interesse per le posate. A quel punto lui assottiglio` gli occhi guardandomi ancora, cosa che fece capire al mio cervello che stava pensando che fossi una pazza.
Perfetto.
Ero andata in tilt, come se il mio cervelo stesse cuocendo in un forno. E stavo avendo seriemente problemi a respirare, e con quella poca lucidita` che mi era rimasta, decisi di chiedere aiuto a mio padre, altrimenti sarei svenuta ai piedi di quel fottuto, affascinante e sexy cameriere.
- Babbo... – sibilai in un fil di voce.
- Strawberry Hill! Grazie mille. – escalmo` ignorandomi del tutto. Cosa che mi offese, e non poco.
- Perfetto, le ordinazioni arriveranno tra meno di dieci minuti. –.
Sorrise il cameriere, versandomi un po` d’acqua nel bicchiere. Cosa che mi soprese molto... Poi mi fece l’occhiolino stando bene attento a non farsi vedere dai miei genitori e si dileguo`.
Ora potevo morire in pace.
Mi vergognavo di me stessa per la figura fatta, ed ero arrabbiata con i miei genitori che non si erano accorti che stavo seriamente male, lì a nemmeno un metro da loro.
Presi il bicchiere pieno d’acqua e lo bevvi fino all’ultima goccia, provando immediatamente un sollievo sia fisico che mentale. Ne bevvi un’altro bicchiere e la mia pelle si schiarì di nuovo. Infine presi un bel respiro profondo ed ecco Bianca Presti resuscitata.
I miei genitori bisbigliavano tra loro, scambiandosi sorrisi e risatine maliziose cercando di non farsi notare troppo da me.
Missione fallita, cari mamma e papa`. Anche perche` ero proprio di fronte a loro.
Inarcai un sopracciglio irritata. Perche` mi avevano portato al loro fianco se poi m’ignoravano e mi facevano sentire di troppo?
Ero il loro cucciolo eh?! Bene, allora ero il loro cucciolo monello.
Decisamente arrabbiata, decisi di mandare all’aria i miei buoni propositi di comportarmi bene con loro, e da brava signorina di diciasette anni.
Sbuffai sonoramente stiracchiandomi per bene sulla sedia, mi levai le odiose scarpe a spillo sotto il tavolo liberando i miei piedi da quella tortura e incrociai le braccia sporgendomi sul tavolo come un barrista.
La cosa diede molto fastidio sia a mamma che a papa`. La prima mi lancio` un’occhiata che conoscevo bene: “A casa faremo i conti.”. Mentre il secondo mi guardava incredulo e forse un po` deluso dal mio comportamento.
Pazienza daddy, hai deluso anche me.
Mi guardai intorno cercando con lo sguardo il cameriere. Non lo vidi da nessuna parte, e solo in quel momento mi ricordai che sarebbe ritornato con i piatti da un momento all’altro.
E io mi ero appena tolta le scarpe...
Mi diedi della stolta e della cafona cercando immediatamente di rimetterle. Cosa difficile dato che le avevo lanciate da qualche parte sotto la sedia di papa`.
Mamma aveva ragione, sarei dovuta nascere maschio e non femmina. Sarebbe stato piu` facile per tutti, per lei soprattutto, che proprio non mi accettava.
Alla fine le trovai sotto la finestra, ma c’era un altro ostacolo. Le scarpe avevano le cinghie, e quindi rimetterle ad occhi chiusi e senza l’aiuto delle mani sarebbe stato difficile. Parecchio difficile.
Lanciai un’occhiata lampo dietro di me, o meglio, alla porta delle cucine, giusto per controllare se il mio cameriere non stesse arrivando e mi buttai letteralmente sotto il tavolo nel tentativo di infilare quelle dannate scarpe. Il tutto si fece piu` difficile quando mia madre inizio` a darmi dei calci gridandomi a bassa voce di uscire immediatamente altrimenti mi avrebbe uccisa di botte a casa.
Allacciai le scarpe ed esultai mentalmente, ma qualcosa di appuntito mi colpi` alla base della schiena facendomi sbattere la testa sotto il tavolo e lanciare un piccolo gridolino di sorpresa mista a dolore. Sbucai da sotto il tavolo e la prima cosa che feci fu ringhiare a mia madre. E poi vidi lui, il cameriere che mi stava servendo il piatto guardandomi proprio come se fossi una pazza. Come non dargli torto?
Papa` ignorava il cameriere e guardava me con gli occhi fuori dalle orbite, incredulo e confuso, cercando di capire che cosa diavolo mi fosse saltato in mente, mamma invece sorrideva nervosa cercando di allegerire la corda tesa che si era creata in tutta la sala. Sì, tutti, ma prorpio tutti ci stavano guardando in un silenzio decisamente imbarazzante. Persino i violinisti avevano smesso di suonare.  
Mi maledii mentalmente in ogni modo, diventando di nuovo tutta rossa. Il mio babbo sembrava pietrificato, mamma civettava con il mio cameriere agitata e ridendo senza senso. E il ragazzo non mi staccava gli occhi di dosso, come se avessi scritto in fronte “Disagiata”.
Ottimo, volevo di nuovo nascondermi sotto il tavolo. Stavolta pero` anche il mio babbo mi avrebbe preso a calci.
E non avevamo neanche incominciato a mangiare.
Abbassai lo sguardo mortificata, iniziando a piluccare il cibo. Il cameriere sparì velocemente capendo che la situazione non era delle migliori. Mio padre mi guardava con uno sguardo triste e deluso che mi fece sentire malissimo.
Odiavo deluderlo e litigare con lui.
Lui, mi proteggeva sempre quando mamma se la prendeva con me, mi consolava quando ero triste, mi abbracciava quando mi sentivo sola. Semplicemente lui mi accettava per quello che ero, ovvero una ragazzaccia impulsiva e gelosa. E la cosa piu` bella di lui e che lui mi amava immensamente.
E gli avevo appena rovinato l’anniversario.
Mi venne da piangere, quindi dopo aver finito di mangiare mi alzai lentamente e senza dare nell’occhio feci per andare nel bagno, ma, mia madre mi chiamo` subito.
- Dove vai?! – disse gelida stringendo in un pugno la forchetta che aveva in mano.
- In bagno. – risposi gelida anch’io.
Poteva andare a farsi fottere. La odiavo. Non poteva capitarmi una madre peggiore.
Camminai faticosamente su quei tacchi, i piedi mi si erano gonfiati e facevano un male cane, avevo poco equilibrio e sembravo gobba. Insomma, una bella sfilata fino alle toilette.
Entrai in un corridoio barcollando, c’erano due porte: una per le donne e una per gli uomoni.
Senza fare troppa attenzione, afferrai una maniglia ed entrai in bagno.
Sbagliai porta, ovviamente.
Un tipo uscì da una cabina chiudendosi la cerniera dei pantaloni lanciandomi uno sguardo sorpreso. Imbarazzata feci qualche passo all’indietro per uscire, ma feci una brutta storta. Per mia grossa fortuna qualcuno dietro mi afferro` giusto in tempo, altrimenti avrei chiuso la serata dei miei in bellezza, in ospedale con una figlia in coma.
- Aah!! Oddio la r-ringrazio! – balbettai come un ebete ringraziando il mio salvatore.
Un cameriere.
Non il mio.
Un’altro ragazzo che avevo visto quella sera servire gli altri tavoli.
Il tipo dagli occhi chiari e freddi mi fece un sorriso strano, che non seppi decifrare. Aveva un codino basso dietro la nuca, splendidi capelli neri come il carbone, lisci e che ti facevano venir voglia di accarezzarli.
- Si figuri. Piacere, Gianluca. – mi porse elegantemente la mano continuando a sorridere.
- Bianca Presti. – gliela strinsi sorridendo un po` diffidente, mentre il tizio nel bagno ci stava ancora osservando.
Quel ristorante aveva un personale davvero affascinante.
- Sei la ragazzina che si era nascosta sotto il tavolo per non so quale motivo e le stava prendendo da sua madre? – mi chiese con voce innocente, che tanto innocente non mi sembrava.
Non risposi, mi limitai a guardarlo incredula e di nuovo imbarazzata.
Fantastico, davvero magnifico.
Ora tutto il ristorante, compresi i clienti mi conoscevano come la ragazzina presa a calci da sua madre sotto il tavolo.
Una figura di m... erda da aggiungere alla mia collezione.
- E quindi voi mi stavate prendendo in giro? – chiesi a testa bassa, tossendo un po`. Quel comportamento non era decisamente da me, di solito se qualcuno mi prendeva per i fondelli, io lo prendevo per i capelli. Forse mi stavano per venire le mie cose... Si spiegherebbe tutta la mia agitazione.
- Un po` dai, pero` ci hai fatto ridere tutti. – rise un po` quel tipo strano, e mi sentii di nuovo le orecchie andarmi a fuoco.
Sì, mi stavano arrivando le mie cose, decisamente.
- O-okey, io vado. Ciao. – lo salutai timidamente, entrando nel bagno giusto.
- Arrivederci, Bianca. – mi saluto` tornandosene nelle cucine.
Quel arrivederci non mi presagiva nulla di buono. Perche` mai ci saremmo dovuti ridevere? Non avrei mai piu` messo piede in quel ristorante una volta uscita fuori. Anche perche` c’era la possibilita` che mamma mi mettesse in punizione a vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Okey, c’e` l’ho fatta!
Non ci credo, non mi sembra verooo!
E da un po` che volevo scrivere su Bianca, la mia ragazzaccia! E sul quel Sexy waiter di Paolo...
Per gli ignoranti di inglese come la sottoscritta che in materia ha quattro, Sexy waiter significa: Cameriere sexy.
Dai, lo ci vedo troppo in questo mestiere.
Bene ragazzi, grazie per essere passati e magari se viva lasciate un commento!
Ah, un’altra cosa:
mi scuso per l’uso di questo segno ( ` ), purtroppo dalla mia tastiera non ho le lettere accentate, quindi mi arrangio come posso. Ho anche pensato di cambiare la tastiera ma... In poche parole e` troppo difficile.
Mi scuso di nuovo e buona serata.
InoHaruna.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** ~ Tra lacrime, castighi, piani di fuga e vecchie conoscenze ~ ***



Sexy waiter

 
~ Tra lacrime, castighi, piani di fuga e vecchie conoscenze  ~

 

~*~

 
 
 

La quiete prima della tempesta.
Era l’atmosfera che aleggiava in auto, di ritorno a casa.
Sedevo al mio posto posteriore, con la testa china a torturarmi le mani, mamma sedeva davanti in un pericoloso silenzio glaciale, con le braccia conserte e il collo rigido mentre mio babbo guidava senza proferir parola, non staccando gli occhi dalla strada.
Mi sentivo in colpa, avevo rovinato il loro diciottesimo anniversario e non mi ero creato una bella reputazione al ristorante.
Quando mio padre parcheggio` l’auto nel vialetto di casa, presi un bel respiro profondo preparandomi al peggio.
Una volta entrati in casa, mamma lancio`  la sua pochette in malo modo sul divano e mi si pianto` davanti con fare minaccioso.
- Tu. Non sei una ragazza. Tu sei un maschiaccio. Un maschio nel corpo di una femmina! – sbraito` mia madre guardandomi con occhi glaciali.
- Mamma... Aspetta, io poss--. – cercai di giustificarmi alzando le mani in segno di innocenza.
- NO! Tu... mi hai rovinato l’anniversario. Tu, mi hai fatto fare una figuraccia, l’ennesima per colpa tua! – sbraito`.
- Mamma, d-davvero, io... -. M’interruppe di nuovo, ed ebbi paura.
- Tu, hai rovinato la mia reputazione di signora! TU MI HAI ROVINATO LA VITA!!! -. grido` isterica.  
- Lucinda!! – la rimprovero` mio padre, slacciandosi la cravatta, guardandola sconcertato, incredulo che sua moglie potesse aver pronunciato quella frase.
Io tacqui. Con il viso in fiamme, gli occhi che mi pizzicavano e la gola secca.
- M-mamma io, non... N-non volevo! Giuro! E` stato u-un--. – mi bloccai. Mi diede un ceffone che avrei ricordato per il resto della mia vita.
- Lucinda... – la rimprovero` di nuovo mio padre coprendosi il viso con una mano, sospirando pesantemente.
La guancia mi bruciava, ma trattenni le lacrime. Non le avrei mai e poi mai dato la soddisfazione di vedermi piangere.
- Da questo momento in poi, niente piu` soldi. Niente piu` cellulare, computer e televisione. Niente piu` calcetto. Solo scuola, compiti e pulizie in casa. Chiaro? – sibilo` fredda, una volta calmatasi.
Guardai mio padre con gli occhi lucidi, implorandolo in silenzio di aiutarmi. Ma lui abbasso lo sguardo, scuotendo piano la testa.
A quel punto mi sentii completamente sconfitta.
- E ora fila in camera tua. – disse infine mia madre girandomi le spalle.
Girai i tacchi e salii lentamente le scale, con le lacrime che mi rigavano il viso.
- Ti odio. – sibilai a denti stretti sul proncito di una crisi isterica.
Me na filai in camera mia a piangere e singhiozzare, con una rabbia dentro che sembravo Goku sul proncito di trasformarsi per la prima volta in Super Sayan. Buttai le scarpe nel corridoio così che quella se le potesse riprendere senza darmi fastidio, mi levai il vestito cosi in fretta che lo stracciai. Lo buttai a terra e con un calcio lo lanciai sotto il letto (dove giacevano tutte le cose che non mi servivano ma che mia madre si ostinava a farmi tenere), mi sciolsi il chignon e finalmente libera mi buttai sul letto a piangere, a sfogarmi e deprimermi su quanto faceva schifo la mia vita e su quanto aveva ragione mia madre.
Io non ero una femmina, ero un maschio nel corpo di una femmina.
Alla fine, con gli occhi gonfi e un brutto mal di testa mi addormentai.
 
 
Era passata una settimana da quella serata disastrosa, e avevo passato una settimana all’insegna di pulizie di casa, scuola, compiti e noia. Niente calcetto il pomeriggio, niente film dell’orrore la sera, niente chattate fino a mezzanotte con il cellulare, niente musica, niente computer e niente televisione.
Insomma, una galera.
Il tempo libero lo passavo a guardare le mosche in camera mia, stesa sul letto senza far niente e rimuginare su quanto detestassi quella donna che mi aveva messo al mondo.
Non parlavo con papa`, ero molto arrabbiata anche con lui. E non c’era cosa peggiore per il mio babbo, dell’indifferenza della sua figliola. Niente coccole, niente abbracci, niente serate passate insieme a poltrire sul divano a mangiare schifezze, niente chiacchere, niente passaggi con il pallone in casa, niente di niente. Solo pesanti silenzi e indifferenza da parte mia. Con mamma invece battibeccavo sempre:
“E spolvera il salotto”
“E lava il pavimento”
“E fai la lavatrice”
“E stendi i panni”
“E fai il letto”
“E fai quello, e fai questo”
Mi aveva presa per una serva o cosa?
Fu la settimana piu` stressante e faticosa della mia vita.
E come se non bastasse, certe volte mi capitava di pensare a quel cameriere. Quel tizio che mi aveva versato un po` d’acqua nel bicchiere, l’unico che si era accorto che non stavo bene. I miei erano troppo occupati a sbaciucchiarsi.
In verita`, lo pensavo spesso. Sotto la doccia, quando stendevo i panni, mentre mangiavo, e lo sognai pure una notte. E quando succedeva sentivo le famose farfalle nello stomaco... Ma poi cercavo di convincermi che era solo indigestione. La solita cucina di mamma.
Il lunedì della settimana successiva, uscendo di casa per andare a scuola non percorsi la solita strada principale. Ne scelsi una piu` piccola e riservata che, di solito era sempre deserta. Avevo in mente di marinare la scuola. La mia destinazione?
Il ristorante “La ballerina”.
Si, esatto. Quel ristorante.
Il motivo non lo sapevo di preciso, sapevo solo che volevo rivedere quel ragazzo... Avevo pensato moltissimo a lui, e volevo assolutamente incontrarlo. Nessun ragazzo mi aveva fatto passare quello che mi aveva fatto passare lui. E poi avevo voglia di po` d’aria fresca.
Diavolo, una settimana intera passata a pulire lo spazio tra le mattonelle del pavimento di tutta la casa e a studiare come due piu` due facesse cinque.
Avevo bisogno di un po` di svago e di liberta`.
Non sapevo se sarei entrata sì o no nel ristorante, non sapevo cosa gli avrei detto se l’avrei incontrato, non sapevo nemmeno se l’avrei trovato!
Insomma, un po` come andare a raccogliere i funghi ma non sai se crescono o sulle nuvole o in acqua.
Durante il tragitto piuttosto lungo a piedi, rimuginai sulla cavolata che stavo facendo. Se mamma mi scopriva, era meglio se non tornavo proprio a casa.
 
“Forse lui e` fidanzato, e la fidanzata lavora li con lui!
Forse ha tren’anni, magari ha anche dei figli...
Forse e` gay! Oddio, potrebbe essere!
Oh no...
Mi manderebbe semplicemente a quel paese.” pensai mangiucchiandomi le unghie.
 
Senza che nemmeno me ne rendessi conto, mi ritrovai difronte al ristorante.
Mi prese il batticuore e solo in quel momento mi resi seriamente conto di quello che avevo fatto. A quell’ora dovevo essere in classe a studiare Napoleone, e non a circa quattro chilometri di distanza in un ristorante costruito sull’acqua.
Con il fiato corto e spaventata come una bambina sperduta, feci il giro del ristorante e andai sul molo dove c’erano alcune gondole, e mi sedetti sul legno un po` umido con le gambe che sporgevano sull’acqua.
Guardavo il mio riflesso nell’acqua, i folti capelli biondi sembravano la criniera di un leone.
I capelli erano l’unica cosa che mi piacevano veramente di me stessa.
Dondolavo le gambe, guardando la clientela nel ristorante e cercai con lo sguardo il ragazzo per cui avevo fatto quella pazzia, senza la minima idea di cosa fare. Presi dal mio zaino il panino che mia madre mi aveva preparato e iniziai a mangiucchiarlo. Solo pane e insalata.
Mi aveva anche messo a dieta quella brutta str---.
Lo ributtai nello zaino disgustata. Non ero mica una mucca che dovevo mangiare sempre e solo insalata.
Feci per alzarmi e andarmene, ma qualcosa mi blocco`. O meglio, la voce di qualcuno.
- Guarda guarda... Bianca Presti. – mi girai e fissai il mio interlocutore a bordo di una gondola.
-... Gianluca? – inarcai un sopracciglio riconoscendo il tizio che avevo incontrato al bagno del ristorante una settimana prima.
- Zanardi, Gianluca Zanardi. – salto` sul molo con un balzo felino, ri-porgendomi la mano con fare galante.
- Ehm... Ma tu non sei un cameriere? – chiesi afferandogliela, un po` sorpresa dai suoi modi e dal suo completo da gondoliere.
- Gondoliere di giorno, cameriere di notte. – mi rivolse di nuovo quel sorriso indecifrabile. Un po` malizioso, un po` ironico.
- E tu che ci fai da queste parti? Credevo che non ti avrei mai piu` rivista! – rise prendendomi in giro.
- Io... sto cercando, ehm... lavoro! Si, sto cercando lavoro. – mentii cercando di  nascondere il mio imbarazzo, mica potevo dirgli che mi ero innamorata di un suo collega e avevo marinato la scuola per incontrarlo!
- Lavoro eh? – ripete` poco convinto, rivolgendomi uno sguardo affilato che sembrava leggermi dentro.
- Sai, non sei la prima ragazzina che viene qui per... cercare lavoro. – disse, e iniziai a sudare freddo. Mica conosceva le mie reali intenzioni?
- Non sono una ragazzina. – dissi seria, non sapendo cos’altro dire.
- Ah no? E quanti anni hai? – disse osservandomi con quei strani occhi azzurri.
- Diciasette. – risposi guardandolo negli occhi, sostenendo la silenziosa guerra di sguardi.
- Visto, sei ancora una piccolina. Io ne ho ventidue, e sono un uomo fatto e ri-fatto. Tu ancora puzzi di latte. – mi sorrise, spostandomi una ciocca dal viso.
- Ti sei... Rifatto? – lo presi in giro, mentre le mie orecchie andavano a fuoco.
- Era un modo di dire. – disse serio, non apprezando la mia battuta.
- Nah, secondo me ti sei rifatto il naso! – scherzai tirandogli un piccolo pugno sulla spalla, per vendicarmi del gesto.
- No, la chirurgia plastica costa troppo, non me la potrei mai permettere. E poi, sono gia` perfetto cosi come sono, baby. – ghigno` malizioso, chinandosi ad allacciarmi una scarpa, cosa che mi imbarazzo` parecchio.
- Vai a casa piccola, non fare di nuovo arrabbiare la tua mamma. – mi disse in tono annoiato una volta rialzatosi e avviandosi verso il ristorante, lasciandomi sola.
Rimasi a bocca aperta, incredula.
Era un tipo decisamente lunatico.
Indignata, iniziai a camminare a passo svelto, superandolo. Mi voltai e gli feci il dito medio e una smorfia.
Una volta vendicata, feci per andarmene da quel luogo, ma Gianluca mi fermo`, di nuovo.
- Ehi, piccola! – mi chiamo` fischiando.
Mi girai, pronta a dargli un altro dito medio, ma lui mi sorrise e mi disse:
- Vuoi fare un giro in gondola? -.
Inarcai un sopracciglio sorpresa. Quel tipo era proprio strano, prima mi diceva di tornarmene a casa e poi mi invitava a fare un giro in gondola.
- Okey! – accettai felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Angolo Autrice

Buonasssera, lettori!
Che dire? Non ho mai niente da dire nelle note hahah!
Allora (concentrati Ino), ho aggiornato.
Ma vaah!
E... che ve ne pare? Bianca, la mia Bianchina! Vi piace come lo ‘costruita’?
Nel prossimo capitolo, finalmente apparira` il vero protagonista della storia...
Il Sexy Waiter a cui e` dedicato il titolo.
Signori e signore,
Paolo Bianchi.
E altri personaggi, tra cui Gianluca che gia` conoscete, e poi Marco, Angelo...
Insomma se ne vedranno delle belle!
Ah, me ne dimentico sempre.
Mi scuso per l’obrobrio grammaticale ( ` ), purtroppo, per la sfiga che mi perseguita dappertutto,
nella mia tastiera non ho le lettere accentate. Pardon!
Bene, sono ben volute recensioni.
Au revoir!
InoHaruna.
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 3
*** ~ Dolci canzoni veneziane e visioni piu` o meno angeliche ~ ***



Sexy waiter


~ Dolci canzoni veneziane e visioni piu` o meno angeliche ~ 






Salire sulla gondola non era stato facile.
Nonostante fossi aggrappata a Gianluca come un koala, rischiai piu` volte di cadere in acqua come un salame, e trascinare con me Gianluca. Meno male che lui aveva un equilibrio incredibile e riuscì a tenermi nonostante i miei bei chiletti. Una volta seduta al mio posto con la grazia di un’elefantina (che per poco la gondola non si capovolse), mi aggrappai con entramebe le mani ai bordi della barca, rigida come un pezzo di legno.
- Non sei mai salita s’una gondola eh? – mi chiese il ragazzo in piedi con un equilibrio persino meglio di quello di un gatto.
- Una volta, ma tanto tempo fa.- risposi, cercando di non far oscillare troppo la gondola.
- Era il mio compleanno, e i miei genitori mi avevano organizzato una gita in gondola. Fu un giorno bellissimo. – raccontai ricordando con nostalgia i momenti felici passati da bambina.
Gianluca mi rivolse l’ennesima occhiata indecifrabile, che nascondeva chissa` quali pensieri.
- Tu, non vai molto d’accordo con tua madre, vero? – chiese osservandomi.
- No, infatti...- risposi vaga, senza nessuna voglia di parlare di quell’argomento, iniziava gia` a farmi male la pancia. Succedeva sempre quando ero nervosa.
Gianclua capì al volo, in silenzio inizio` a remare con grazia ed esperienza e la gondola inizio` a scivolare docilmente sull’acqua guidata dalle braccia esperte del ragazzo.
Mi fece fare il giro di tutto il quartiere, tra ponti e canali, e ne approfittai per conoscere meglio la zona dove probabilmente abitava il ragazzo che stavo cercando.
- Allora... – parlo` il corvino dopo un lungo e leggero silenzio e temetti che mi volesse chiedere il motivo della mia “visita” al ristorante, ma per fortuna non fu cosi.
- Vuoi che ti canti una canzone? – aggiunse guardandomi con i suoi occhi azzurri.
- Tu canti? – domandai incredula, inarcando un sopraccicglio sorpresa.
- E parte integrante del mestiere di un gondoliere, saper cantare, baby. – rise.
- Va bene! – accettai curiosa.
Mi aspettai di ascoltare una canzone hit di qualche cantante pop cantata a voce alta in modo da farsi sentire dai passanti, e invece per mia grande e piacevole sorpresa non fu cosi...
 
- Piccola fata bruna, sulla laguna di stelle d’or, spunta di gia` la luna e il tuo balcon non s’apre ancor... e andiamo in gondola, mentre la notte viene sulla laguna e cantano le sirene. Amore amor ti cantero`, tra il cielo e il mar, il mio immenso amor...–  cantava, anzi, quasi sussurava con voce dolce e calda, in un lieve accento veneziano, attirando l’attenzione delle giovani donne che passeggiavano sui ponti.
- E in queste acque, e in questa terra, e in questa citta`, o amore mio, in un bacio ti faro` l’amor... – aveva proprio una bella voce, e mentre canticchiava mi guardava, facendomi arrossire.
A fine canzone gli feci l’applauso che si meritava, meravigliata e sorpresa.
- Wuaao Gianluca! Questa non me l’aspettavo.– mi complimentai sincera con lui.
- Modestamente, non sono diventato un gondoliere per puro caso. Ho iniziato ad esercitarmi a cantare a quattordici anni, quando decisi che avrei fatto il gondoliere nella vita. – disse orgoglioso di se stesso, e io non potei che guardarlo con ammirazione.
In quel momento pensai ai miei quattordici anni passati a rincorrere un pallone con altri dieci deficenti, fregandomene del futuro e vivendo la giornata alla cavolo, tra panini ripieni, patatine fritte e serate passate a poltrire sul divano a guardare stupide telenovele.
Risultato? Che stavo quasi per compiere diciotto anni e ancora non sapevo che cosa volevo dalla vita.
Invidiai Gianluca, che aveva realizzato il suo sogno.
E mentre mi perdevo nei miei pensieri deprimenti, un tizio s’una sponda poco distante grido` a Gianluca.
- Ehi ZanZan! – grido` un ragazzo dai riccioli rossi, in jeans e camicia a quadri e uno zaino in spalla.
- Ehila` sguattero dei miei stivali! – lo saluto` “amichevolmente” Gianluca avvicinandosi con la gondola.
- Sempre a rimorchiare... – disse il tipo rivolgendomi una breve occhiata, rimproverando Gianluca con lo sguardo.
- Non si chiama rimorchiare, si chiama lavorare. E poi, chi lei?? Per niente, e` solo una ragazzina che ho trovato sul molo dietro il ristorante che si deprimeva perche` la mamma le aveva messo nel panino solo una misera foglia d’insalata. – m’indico` prendendomi in giro.
- E fammi indovinare: le hai fatto fare un giro in gondola per consolarla? – chiese ironico il rosso, sorridendomi.
- Esattamente. – ghigno` Gianluca.
- Ehm, io in realta` stavo cercando lavoro... – cercai di giustificarmi, piu` rossa dei capelli del ragazzo.
- A proposito, che maleducato... Marco lei e` Bianca Presti. Piccola, lui e` Marco.- disse il corvino marcando il nomignolo ‘piccola’, cosa che m’indispettì un po`. Non mi piaceva essere considerata una ‘piccola’.
- E` la ragazza che si era nascosta sotto il tavolo quella sera, ricordi? – disse con non curanza Gianluca.
- Oh sì, ciao Bianca. – mi saluto` timidamente Marco, stringendomi gentilmente la mano.
- Hei! – lo salutai impacciata, mentre nella mia testa pensavo ad un modo per uccidere Gianluca.
- E così, sei la ragazza di quella sera. – mi disse un po` impacciato anche lui.
- Si purtroppo... C’eri anche tu lì? – chiesi scendendo dalla gondola (con notevoli difficolta`) e affiancando Marco.
- Lavoro anch’io lì, faccio l’aiuto cuoco. – disse passandosi una mano tra i riccioli sorridendomi.
“Fantastico!” pensai, un altro suo collega. Ma di lui nessuna traccia.
- E sei anche uno studente, se non mi sbaglio. – dissi indicando il suo zaino.
- Oh sì, frequento l’universita` qui dietro. – disse indicando un enorme istituto giallo sepe dietro l’angolo gremito di giovani ragazzi.
D’istinto, i miei occhi iniziarono a vagare, soffermandosi sui ragazzi dagli occhi chiari e i capelli scuri. Ma di lui nessuna traccia.
- E una volta la frequentava anche il tizio qui presente. – disse Marco guardando il gondoliere che stava lanciando degli sguardi ammicanti ad una donna seduta s’una panchina dietro di noi.
- Tu andavi all’universita`? – chiesi un po` dubbiosa.
- Certo, cosa credi? Che solo i figli di papa` come te possono andare all’universita`? – disse un po` stizzito facendo l’occhiolino alla ragazza dietro di me.
- E perche` hai smesso? – chiesi ignorando l’offesa.
Lui taque, guardando altrove con la gote leggermente rossa.
- Allora? – inarcai un sopracciglio, presa improvvisamente da una forte curiosita`.
Se Gianluca arrossiva invece di rispondere, voleva dire che c’era qualcosa di grosso sotto, e di cui lui si vergognava.  
- Ehm... Gianluca, ha fatto una ‘cosa’ con una professoressa e... Diciamo che non e` andata bene! – tossì Marco rosso in viso al mio fianco.
Avvampai immediatamente.
- Tu non chiudi mai la bocca, eh?! – disse acido il gondoliere.
- Sorry. – chino` la testa amareggiato il riccio.
E mentre cercavo di immaginare nella mia mente che cosa potesse aver fatto Gianluca con una professoressa, i miei occhi cadettero s’un ponte lì vicino. E solo in quel momento, mi accorsi che c’era un tipo che assomigliava molto al mio cameriere, e mi stava osservando da lontano, appoggiato con le braccia sul bordo in mattone del ponte, e sorrideva lievemente mentre i suoi occhi riflettevano la luce del sole.
Mi si mozzo` il fiato.
Era lui.
All’improvviso vidi tutto sfocato e il cuore inizio` a martellarmi nel petto e temetti davvero che sarebbe esploso da un momento all’altro.
Mi aggrappai al braccio di Marco, altrimenti sarei caduta in acqua.
- Che hai? – mi chiese Gianluca rivolgendomi uno sguardo confuso.
- Tutto bene? – chiese il rosso reggendomi per il braccio.
- I-io... Oh, si. Tutto bene, ho solo mal di testa. – dissi stropicciandomi gli occhi stordita, spaventata e confusa.
Avevo avuto una visione angelica o cosa?
Forse ero impazzita... Iniziavo a vederlo in giro quel tipo.
Presi dei profondi respiri e lentamente mi girai a guardare sul ponte dove lo avevo visto.
Era ancora lì e stava ridacchiando per non so cosa.
Sgranai gli occhi, incredula.
Ok, Dio aveva esaudito le mie preghiere.
Lo avevo trovato, o meglio. Lui aveva trovato me.
Presa dall’ansia mi paralizzai come una statua, senza nemmeno la forza di muovere un dito. E in un posa per niente carina, sembravo un animale imbalsamato in modo spaventato.
Lui mi stava guardando...
Guradava me.
... O forse stava guardando la bella rossa dietro di me con cui prima Gianluca stava flirtando, e non si era nemmeno accorto della mia presenza.
Gianluca incuriosito, si giro` indietro cercando con lo sguardo il motivo della mia reazione improvvisa. Poi, vedendo il suo collega sul ponte che lo salutava, si giro` verso di me ghignando malefico.
Mi guardo` negli occhi e disse:
- ... ora ho capito tutto. -.
Sgranai gli occhi paurosa.
- C-cosa? – sibilai con un groppo in gola.
 Lui non rispose, si limito` a fare un sorrisetto pericoloso, poi si giro` di spalle e con un fischio saluto` il ragazzo sul ponte, intimandogli di raggiungerci.
“NOOOO!” il mio cervello era gia` andato in tilt.
 
 












 
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 Salve lettori!
Ed ecco per voi il terzo capitolo, un po` in ritardo ma Ok.
Allora, finalmente Bianca ha trovato il suo dolce cameriere... Anzi, lui ha trovato lei.
Ammetto che non volevo gia` farlo comparire, perche` mi sembrava un po` troppo presto,
ma ve lo avevo promesso e io mantengo sempre le mie promesse!
Nel prossimo capitolo, comparira` un altro personaggio oltre a Paolo... Vi piacera`. E spero che questo chappy vi sia piaciuto, come sempre, mi sono impegnata per scriverlo.
La canzone che canta Gianluca l’ho presa da internet, e` un famosa canzone dei gondolieri veneziani. Mi e` piaciuta tantissimo e l’ho messa, spero che non dia fastidio a nessuno. Personalmente, a me non mi piacciono le canzoni inserite nei dialoghi, ma per questa volta ho fatto un’eccezzione!
Mi scuso sempre per le lettere accentate... E anche per eventuali (che di sicuro ci sono) errori.
E un particolare grazie alle mie recensitrici (?)!
 
Shine2002  ~  Bea_BU  Alice_nyan
 
Grazie ragazze!
E grazie a tutti coloro che l'hanno messa tra le seguite, e un grazie speciale alla mia Beta Lila May
InoHaruna



 

 

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Capitolo 4
*** ~ Emozioni incontrollabili ~ ***



Sexy waiter

~ Emozioni incontrollabili ~






Il cuore sembrava volermi esplodere nel petto.
Vedere quel ragazzo per cui avevo marinato la scuola, che nell’ultima settimana aveva occupato costantemente i miei pensieri, sbucare all’improvviso da un ponte, mi spavento` a morte. Non ero minimamente pronta a vederlo, e lo avevo capito solo in quel momento quando ormai era troppo tardi... L’impulsivita` era sempre stato uno dei miei difetti maggiori.
Camminava con passo sicuro e lento verso di noi, sorrideva lievemente e sembrava avermi riconosciuto. Gianluca ridacchio` perfido scoccandomi un’occhiata divertita, quel bastardo aveva capito tutto. Aveva un intuito eccezzionale... Giurai che mi sarei vendicata, e quando meno se lo aspettava.
- Ehi capitano... – lo saluto` Marco andandogli incontro.
- Marco, ciao! – ricambio` il ragazzo, e sentire per la prima volta la sua voce ferma e pacata, incredibilmente bella da ascoltare mi destabilizzo`.
Alto, slanciato e dalle spalle larghe, i capelli lisci di un castano scuro, un sottile strato di peluria sotto il mento appena percettibile, andamento sicuro e pacato e i suoi occhi di un azzurro intenso che incontrarono subito i miei, facendomi perdere l’ennesimo battito di cuore. Si avvicino` a me di qualche passo con uno sguardo curioso in viso ignorando bellamente Gianluca.
- Ciao. – mi saluto` sorridendomi amichevolmente e immergendo i suoi occhi nei miei.
- Ciao... – risposi ricambiando con un timido sorriso.
- Ma tu sei... la ragazzina dell’altra volta. Che ci fai con questo sciupafemmine? – mi chiese curioso indicando il gondoliere dietro di lui, che lo fulmino` con lo sguardo.
- I-io stavo, cioe` volevo... – balbettai insicura, non avendo la pallida idea di cosa rispondergli. Ora che me lo ritrovavo davanti, ero senza parole... Mi diedi dell’idiota per non aver preparato un discorso.
- La piccolina ti stava cercando. – disse all’improvviso Gianluca guardandoci con un espressione in viso tra il stizzito e l’annoiato, sorprendendo tutti.
Sgranai gli occhi incredula, come cavolo lo aveva capito?
Il ragazzo inarco` le sopracciglia sorpreso, guardando prima Gianluca e poi me.
- Davvero? – chiese curioso.
Io rimasi allibita e sconcertata, boccheggiando senza ritegno in evidente disagio.
Gianluca leggeva nella mente, non c’era altra spiegazione.
- Ehm... ma non stavi cercando lavoro? – chiese ingenuamente Marco guardandomi perplesso.
- Si certo, lavoro... – ridacchio` ancora quel farabutto di un gondoliere.
Il moretto di fronte a me mi guardo` confuso attendendo una mia risposta, e io tacevo imbarazzata senza parole, cercando di evitare in tutti i modi quei suoi occhi fin troppo curiosi e profondi. Quindi presi un bel respiro profondo, distolsi lo sguardo e glielo dissi.
- Si`, ti stavo cercando... V-volevo parlarti. – dissi riacquistando un po` di lucidita` e mi stupi` di me stessa.
- Ehm, a proposito di cosa? Nemmeno ci conosciamo hahah... – ridacchio` lui inclinando un po` di lato la testa, come fanno i cagnolini quando non capiscono qualcosa.
Lo trovai assolutamente adorabile, ma le sue parole semplici e chiare mi arrivarono come un pugno in pieno viso, lasciandomi l’amaro in bocca. 
Era vero, non ci conoscevamo, non sapevo nemmeno il suo nome come lui non sapeva il mio.
Ma si poteva rimediare.
- ... Piacere, Bianca Presti. – dissi decisa porgendogli la mia mano.
Lui sorrise e mi scocco` un’occhiata divertita, che in quel momento non ne capi` il significato.
- Paolo Bianchi. – rispose afferrandomi la mano con altrettanta decisione, non staccando i suoi occhi dai miei.
Inconsapevolmente sorrisi raggiante al suono del suo nome.
Paolo Bianchi
Rimasi meravigliata, sorpattutto nel sentire la sua sua voce e vedere i movimenti fluidi e invitanti delle sue labbra nel pronunciare il suo nome.
La sua mano che stringeva con sicurezza e allo stesso tempo leggerezza la mia mano e i suoi occhi di quell’azzurro scuro, come quando scende il crepuscolo, mi diedero una scossa elettrica per tutto il corpo.
Tutt’intorno era offuscato, c’era solo lui, i suoi occhi, il suo sorriso, il suo corpo e il suo profumo di ragazzo adulto che m’inebriava le narici come una delle droghe piu` dolci. Era il centro di tutto ed era come se nelle mie vene scorresse un’energia che mi fece vibrare tutto il corpo facendomi sentire in tutti i sensi viva.
- Mi piace il tuo nome... – dissi lasciando a malincuore la sua mano, mentre una strana sicurezza interiore prese il sopravvento su di me.
Lui sorrise, non lasciando i miei occhi nemmeno per un secondo.
- Grazie, anche il tuo mi piace. – disse abbassando il tono di voce, rendendolo piu` rauco e sorridendomi con gli occhi.
Il cuore mi batteva nel petto, il sangue mi scorreva nelle vene talmente veloce che riuscivo a sentirlo, sentivo l’ossigeno entrarmi nel petto, trasformarsi in anidrite carbonica e uscire dalla mia bocca in un sospiro caldo. Udivo il soffio del vento autunnale in un sussurro impercettibile e lo sentivo accarezzarmi la pelle, rinfrescandole lievemente dal calore del corpo che in quel momento, ne ero certa, aveva superato i trentasei gradi.
Riuscire a sentire l’energia della vita scorrermi nelle vene fino a raggiungere il cuore, il motore di tutto, il sarcofago di tutte le emozioni, i sentimenti e le sensazioni che in quel momento stavo provando, era qualcosa di assolutamente incredibile e affascinante. Era come se avessi toccato il cielo con un dito, o come se avessi toccato il fondo degli abissi piu` profondi della terra.
Anche se dentro provavo un tornado di emozioni e sensazioni, fuori ero calma e tranquilla, presa da non so quale sicurezza.
Ora capivo il vero significato della parola amore.
Non era un semplice cotta o una sbandata, mi ero completamente innamorata di Paolo Bianchi.
Ed ero felicissima perche` non mi ero mai sentita cosi` viva nei miei diciasette anni e mezzo.   
- Che cosa volevi dirmi? – disse mantenendo il tono di voce basso e rauco.
La distanza tra noi era minima, una trentina di centimentri in cui riuscivo a sentire il suo fiato caldo e invitante.
- Volevo scusarmi per il mio pessimo comportamento dell’altra sera, sono mortificata, non so cosa mi sia preso. – dissi con naturalezza ma sincero dispiacere.
Lui ridacchio` dolcemente, e le mie guance si tinsero di un rosso accesso. Mi sembro` di capire che anche lui stava provando qualcosa, forse anch’io avevo fatto un certo effetto su di lui. I suoi occhi non avevano mai lasciato i miei, e mi osservava con tale intensita` che mi sembrava di essere nuda al suo sguardo.
- E` stata una serata divertente. – ridacchio` ancora passandosi la lingua sul labbro superiore, quasi come se fosse un invito a baciarlo.
Abbassai lo sguardo imbarazzata portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Per la prima volta in vita mia mi sentivo una femmina. Una ragazza con dei sentimenti, una donna con delle ambizioni, e tutto questo era grazie a lui...  
- Ho fatto una figuraccia! – ridacchiai coprendomi il viso con una mano.
- Nah, sono successe cose peggiori in quel posto, credimi. – disse il moro con fare rassicurante.
- E` vero! Una volta una donna si e` nascosta sotto una tavolo intenta a fare del sesso orale al suo compagno... Credevano che nessuno li avesse notati, e invece... Tutta la sala era al corrente! E` stata una serata assolutamente esilarante! – rise Marco diventando rosso quanto i suoi capelli.
- E quella volta che c’e` stata quella rissa tra due clienti perche` uno di loro aveva osato corteggiare la ragazza dell’altro, te la ricordi? – continuo` Paolo rivolto a Marco.
- Come no, e alla fine Gianluca li ha cacciati fuori entrambi haha! – rise di nuovo il rosso rivolto stavolta al gondoliere, che scuro in viso stava preparando la sua gondola per andarsene.
- Gia` te ne vai? – gli dissi un po` stranita dalla sua espressione apatica e fredda.
- Dove te ne vai? – disse Marco con la sua solita gentilezza che lo contrasttingueva dagli altri due.
- Devo lavorare. – detto questo con il suo solito tono brusco, fece scivolare via la sua gondola sull’acqua, scomparendo sotto i ponti veneziani in un batter d’occhio.
Non seppi spiegarmi il suo comportamento, forse si era offeso che sia io che Paolo lo avevamo completamente ignorato, ma d’altronde si sarebbe dovuto offendere anche Marco dato che non abbiamo considerato molto nemmeno lui. Ma lui no, era tranquillo e sorridente, e forse Gianluca era solo lunatico e un po` permaloso...
- Bah... – si lascio` sfuggire Paolo scuotendo la testa in segno di resa.
- Quello non cambiera` mai. – continuo` guardando altrove, e io non riuscivo a capire il perche` del suo tono d’astio nella sua voce.
- Rassegnati. E` fatto cosi`. – disse improvvisamente serio Marco, guardando un punto indefinito.
Forse tra Paolo e Gianluca non c’era molta simpatia. Come contraddirli d’altronde, erano due ragazzi molto diversi, e altrettanto era diverso Marco. Erano tre pezzi unici e mi piacevano tutti e tre, anche se ovviamente il mio preferito era il ragazzo di cui mi ero appena, follemente innamorata.
- E` stato bello rivederti Bianca Presti, e spero che in futuro ci sia un’altra opportunita` per incontrarci... Ma ora dobbiamo proprio andare, tra pochi minuti inizia la nostra lezione di biologia. – disse Paolo sistemandosi lo zaino in spalla e io gia` iniziavo a sentire la sua mancanza, non volevo che se ne andasse.
- Dobbiamo studiare il comportamento delle rane e osservarle persino durante l’accoppiamento, per poi farne una relazione. Bello vero? Non c’e` nulla di piu` gratificante che scrivere su un pezzo di carta come una rana penetri un’altra rana e farla leggere ai professori solo per prendere una misera sufficienza... – disse sarcasticamente il rosso ormai rassegnato, scatenando in me una risata divertita.
- Spero di rivederti... – mi lasciai sfuggire in un sospiro malinconico, e solo dopo mi resi conto delle parole che uscirono dalla mia bocca.
Paolo non muto` espressione, al contrario, mi sorrise con dolcezza, poi inaspettatamente mi diede un lieve bacio sulla guancia, facendomi provare l’ennesima scossa per tutto il corpo.
- Ci rivedremo. – disse facendomi un ultimo sorriso, poi si giro` e insieme a Marco che mi saluto` con un cenno di mano, iniziarono a dirigersi verso l’universita`.
Io rimasi ferma al mio posto finche` non li vidi scomparire tra la folla lontana.
Era stata una cosa bellissima.
Sentire le sue morbide labbra scoccarmi un bacio sulla guancia, i suoi occhi chiari e allo stesso tempo scuri, il suo calore corporeo che riuscivo a percepire e il suo profumo da uomo che mi estasiava tutti i sensi.
Non avevo mai desiderato in vita mia, un uomo cosi` ardentemente come lui... Lo volevo con tutta me stessa, sarebbe stato mio per tutta la vita come io sarei stata sua per sempre, a incominciare da questo momento.
Sospirai pesantemente con un improvviso vuoto dentro di me.
Non poteva entrarmi cosi` dentro fino all’anima e poi sparire come se nulla fosse.
Il suo “Ci rivedremo” mi diede la speranza che prima o poi lo avrei rivisto di nuovo, e stavo gia` pianificando la mia prossima visita al ristorante dove lavoravano...
 
 
 
 





 
 
 
Sera a tutti!
Scusate l’immenso ritardo... Davvero, ho avuto un buco nero in testo riguardo al continuo di questa fic -.-
Non sapevo se continuarla o no, ma per fortuna... L’isipirazione e` tornata!
Quindi esultiamo tutti insieme! XD
... Bene, allora come al solito il capitolo presenta quest’odioso accento ( ` ), come sempre chiedo vi chiedo scusa. Ma le mie care lettrici gia` sanno che la mia tastiera e` priva delle lettere accentate.
Le ringrazio di cuore:
 
Lily_Rose_Potter  ~ Elise Karol Gigli  ~ Bea_BU  ~ Galaxy Knight 2002  ~
 
E uno in particolare alla mia dolcissima Beta: Lila May.
Spero che questo misero capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima e buone feste,
vostra InoHaruna.
 
 
 
 
 
 
 
 ps. lo so, il titolo fa schifo.
 

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