L'inizio di una leggenda

di Gamora96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alec e Mia ***
Capitolo 2: *** Otto anni dopo ***
Capitolo 3: *** L'arrivo in accademia ***
Capitolo 4: *** La determinazione di Mia ***
Capitolo 5: *** Lo scontro ***
Capitolo 6: *** Uno strano sogno ***
Capitolo 7: *** Il primo giorno ***
Capitolo 8: *** Un nuovo allenatore ***
Capitolo 9: *** Problemi di cuore ***
Capitolo 10: *** L'escluso ***
Capitolo 11: *** Non so chi tu sia ... ***
Capitolo 12: *** Confidenze ***
Capitolo 13: *** L'incubo peggiore ***
Capitolo 14: *** Lacrime ***
Capitolo 15: *** Vendetta e potere ***
Capitolo 16: *** Sangue ***
Capitolo 17: *** Tre anni dopo ***
Capitolo 18: *** La grotta di Aberlon ***
Capitolo 19: *** La creatura misteriosa ***
Capitolo 20: *** Una situazione difficile ***
Capitolo 21: *** Un'essere raccapricciante ***
Capitolo 22: *** Una strana donna ***
Capitolo 23: *** In viaggio ***
Capitolo 24: *** Una voce nella notte ***
Capitolo 25: *** Il nemico ***
Capitolo 26: *** Il gruppo si divide ***
Capitolo 27: *** Rapporto ***
Capitolo 28: *** L'animo di un drago ***
Capitolo 29: *** Sogni ***
Capitolo 30: *** Heilung ***
Capitolo 31: *** Lanciare un messaggio ***
Capitolo 32: *** Il traditore ***
Capitolo 33: *** In volo ***
Capitolo 34: *** Sopravvissuti ***
Capitolo 35: *** Lo fermerò ... non importa come ***
Capitolo 36: *** La Città Imperiale ***
Capitolo 37: *** L'assedio ***
Capitolo 38: *** L'arrivo di Mia ***
Capitolo 39: *** Uccidere innocenti ***
Capitolo 40: *** Incontro ***
Capitolo 41: *** La morte di un sogno ***
Capitolo 42: *** Ti amavo da morire ***
Capitolo 43: *** Un cuore egoista ***
Capitolo 44: *** Un faro nella notte ***
Capitolo 45: *** L'inizio di una leggenda ***



Capitolo 1
*** Alec e Mia ***


L'orfanotrofio di Karis era una struttura lugubre e fatiscente. La maggior parte dei bambini che vi abitavano erano indesiderati. Karis non era certo una grande città, e gran parte della popolazione viveva in totale miseria. Non era dunque una sorpresa che spesso alcuni genitori decidessero di abbandonare i propri figli in orfanotrofio per cercarsi una vita migliore. Se non altro, in questo modo, assicuravano a quei bambini un luogo in cui vivere .... ma a quale prezzo. Sentirsi rifiutati così presto non è facile da accettare. 

Era l'anno 315, e l'orfanotrofio stava per accogliere il suo ultimo acquisto. Si chiamava Alec, aveva otto anni. Era un bambino piuttosto silenzioso per la sua età. Il padre lo aveva cacciato via dopo aver scoperto che la madre lo aveva avuto da un altro uomo. Da allora si era spostato da un orfanotrofio all'altro, senza tregua. Era abituato a quel tipo di ambiente. "Questa è la tua stanza" disse Glatis. Era la responsabile dell'orfanotrofio. Aveva un aspetto molto simpatico, nulla a che vedere col suo carattere severo. Alec sbirciò l'interno della stanza. Ovviamente doveva dividerla con altri compagni. Alcuni bambini lo osservavano divertiti. Non era sicuro di volerli come compagni di stanza "I pasti vengono serviti due volte al giorno. Non fare tardi o non potrai più mangiare. Se ti serve qualcosa rivolgiti ad una delle responsabili, ma sinceramente non credo che serva a molto. Ultimamente siamo un po' a corto di soldi ... ci sono domande?" 

"Devo proprio stare in questa camera?" 
Glatis finse di non aver sentito "Lavati le mani prima di ogni pasto. C'è solo un bagno per piano perciò vedi di non starci troppo. Di notte non è permesso uscire dalle proprie stanze, a meno che non stia succedendo qualcosa di grave" detto questo si voltò e tornò alle sue faccende. Alec entrò in fretta nella stanza. Sapeva per esperienza che non era mai una buona idea guardare i suoi compagni negli occhi. Si avvicinò alla prima branda libera, il più vicino possibile alla porta, e vi appoggiò la sua piccola sacca. Conteneva solo un cambio di vestiti e una vecchia foto di sua madre. Uno dei compagni si avvicinò contrariato "Hei tu! Quella branda è già occupata" 
Alec riprese immediatamente la sua sacca e abbassò lo sguardo "Mi spiace. Potreste indicarmi una branda libera?" 
Il ragazzo si acciaccigliò "Sono tutte occoccupate. Trovati un'un'altra camera" i bambini dietro di lui iniziarono a ridere. Ovviamente non era vero, ma Alec non aveva intenzione di litigare, anche perchè il ragazzo sembrava molto più grande di lui "Sai, abbiamo sentito parlare di te. Dicono che tua madre è stata con molti uomini, e che non sai neppure chi sia tuo padre. Probabilmente un garzone. O un criminale, proprio come lei"
"Mia madre non è una criminale" 
"E come la chiami tu una donna che tradisce il proproprio marito a quel modo? Doveva essere proprio una cagna. Una cagna della peggior specie" Alec arrossì. Gli era capitato spesso di sentirsi dire cose di questo tipo, ma ogni volta quelle parole lo ferivano profondamente
"Sta zitto Luca" Il ragazzo si innervosì. C'era una ragazza accanto alla porta. Doveva avere più o meno la stessa età di Alec, ma il suo sguardo era molto maturo. Aveva i capelli molto scuri e gli occhi color nocciola. Il suo viso era piuttosto ordinario. Sembrava dolce e innocua eppure quando i ragazzi la videro cambiarono subito atteggiamento. 
Luca sbuffò "Facevamo solo conoscenza" uscì dalla sala con sguardo irritato ma ad Alec sembrava piuttosto spaventato.
La ragazza si avvicinò sorridendo "Devi scusarlo. Ognuno di noi qui ha una triste storia. Capita spesso che i ragazzi più grandi si sfoghino con i nuovi arrivati" tese la mano verso di lui "Io sono Mia" 
Alec aspettò un momento prima di stringerla "Mi chiamo Alec" 
"Alec?! Che bel nome! Sembra un nome da cavaliere" gli occhi di Mia si illuminarono ed Alec arrossì di nuovo. Stavolta per un motivo ben diverso. Non gli era mai capitato di sentirsi fare un complimento, la cosa gli fece davvero molto piacere "Andiamo, tra poco è pronta la cena"

Già dal primo momento in cui l'aveva incontrata, Alec aveva capito subito che Mia non gli somigliava affatto. Era una ragazza molto allegra e positiva, nonostante la sua storia. I suoi genitori erano morti quando lei aveva poco più di cinque anni. Erano stati uccisi da un criminale. "Un uomo senza onore" lo aveva definito lei una volta. Andava matta per le vecchie leggende, soprattutto se trattavano di cavalieri e dame in pericolo. Non le piaceva l'azione in se, ma l'eroismo e il coraggio che dimostravano ogni giorno, senza mai chiedere nulla in cambio
"Un giorno anch'io diventerò un cavalcavaliere!" disse con ententusiasmo 
"Sei matta? Le donne non possono diventare cavalieri" ovviamente era stato Luca a parlare "Sono troppo deboli, non riuscirebbero a difendere neppure se stesse. L'unica cosa che possono fare è stare in casa e allevare i propri figli" 
"Non costringermi a picchiarti Luca" replicò Mia di rimando "Sappiamo entrambi che vincerei" tra i due calò il silenzio. A quanto pare Mia non aveva solo la passione per il combattimento, era anche anche molto portata.
"Portami con te" disse Alec timidamente "Anche a me piacerebbe diventare un cavaliere. Diventare forte e sconfiggere i miei nemici. E se sarai tu ad aiutarmi, ce la faremo di sicuro" 
Mia rise, piena di entusiasmo "Bene Alec! Allora lo faremo insieme" alzò il pugno verso l'alto con fare teatrale "Un giorno questi libri parleranno anche di noi e delle nostre gesta. Passeremo alla storia come i più grandi cavalieri mai esistiti. Ed io sarò la primissima donna in assoluto ad essere entrata nell'esercito!" 
Gli altri la guardarono come se fosse pazza. Era impossibile per lei riuscirci. Per quanto potesse essere dotata, una donna era sempre una donna. Non le avrebbero mai permesso di eccellere. L'unico a credere il contrario era Alec. Gli bastava guardarla per capirlo. Quella ragazza sarebbe passata alla storia, e lui l'avrebbe seguita. 
"È ora di spegnere le luci!" gridò Glatis dal corridoio. I bambini si affrettarono a tornare nelle loro camere. Solo Mia non si mosse. Guardò Alec negli occhi, e per la prima volta gli sembrò davvero molto seria "Promettimi che lo faremo insieme. Che ci sosterremo sempre e che non ci arrenderemo mai" 
Alec iniziò a preoccuparsi. Quella era una cosa seria. Non si era mai impegnato a portare a termine una simile impresa, ed era ancora così giovane ...
"Lo prometto" 
Mia sorrise "Buonanotte Alec' lo baciò sulla guancia e si diresse in camera sua.

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Capitolo 2
*** Otto anni dopo ***


Alec cadde a terra per la terza volta. Ormai erano anni che lui e Mia si allenavano e il risultato era sempre lo stesso. Mia lo batteva entro cinque minuti dall'inizio dello scontro
"Dai Alec! Non fare quella faccia! Sei stato molto bravo. Per un attimo ho pensato che mi avresti battuta" la ragazza finse di guardarsi attorno sperando che Alec non lo notasse. Sapeva che, se l'avesse guardata negli occhi, avrebbe capito che stava mentendo. Era vero che il ragazzo stava migliorando molto, ma era ancora lontano dalla vittoria
"Maledizione!" lanciò via il bastone che aveva utilizzato come spada e si mise le mani tra i capelli "Non ce la farò mai ad entrare nell'esercito"
Mia si inginocchiò accanto a lui, allarmata "Non essere sciocco! Li ho visti i ragazzi che allenano all'Accademia. Non sono minimamente alla tua altezza. Entrerai senza problemi" lo prese per mano e lo costrinse a guardarla negli occhi "Devi solo credere in te stesso. Abbattersi non servirà a nulla"
Lui le sfiorò le labbra con le sue. Era una cosa che faceva spesso e Mia non poteva fare a meno di amare quel gesto. Non era mai stata una ragazza romantica. Non le era mai importato nulla di avere una storia d'amore, eppure da quando aveva conosciuto Alec qualcosa era cambiato. All'inizio il ragazzo era una semplice spalla, un compagno che condivideva il suo stesso sogno. Poi, un giorno, si era ritrovata ad arrossire guardando i suoi occhi chiari. Lì per lì penso di essersi ammalata, ma col tempo si rese conto che le accadeva sempre più spesso. E così, in men che non si dica, si era ritrovata ad inseguire due sogni contemporaneamente. Da una parte, voleva diventare un cavaliere per dimostrare che anche una donna poteva essere forte ed aiutare le persone, dall'altra, voleva stare con Alec. Il pensiero di potersi un giorno separare da lui era insopportabile. Non gliene aveva mai parlato apertamente, ma era certa che lui provasse esattamente la stessa cosa. Il giorno del suo tredicesimo compleanno, Alec le aveva dimostrato per la prima volta quello che provava, baciandola sulle labbra. Era stato un bacio molto semplice ed impacciato, ma Mia si era sentita così felice che per un momento aveva smesso di pensare a tutto il resto. Quando poi furono costretti a lasciare l'orfanotrofio lo fecero insieme. Abbandonarono Karis e si misero in viaggio. Vissero in diversi posti, lavorando in alcune botteghe. Un giorno, Mia venne a sapere di un'eccellente accademia, in cui venivano addestrati giovani uomini che desideravano divenire un giorno cavalieri al servizio del re. Lei ed Alec si erano dati subito da fare. Di mattina lavoravano per mettere da parte qualche soldo, nel pomeriggio si allontavano dalla città per allenarsi. Ormai era una routine quotidiana. Avevano trovato un posto perfetto. Una piccola collina immersa nel verde, a pochi passi da casa. Alec le passò le dita tra i capelli "Sono cresciuti molto"
"Già" disse lei pensierosa "Forse dovrei tagliarli. Non sono molto comodi"
"Non farlo! Sono stupendi" sorrise "Sei molto carina coi capelli lunghi" Mia arrossì. Non poteva fare a meno di compiacerlo. Sapeva che probabilmente sarebbe stato molto meglio tagliarli, ma ad Alec piacevano così tanto .... "Sai Mia io ti invidio molto"
La ragazza lo guardò scioccata "Guarda che se vuoi puoi farli crescere anche tu"
Alec rise "Non parlo dei capelli. Tu ... sei sempre così positiva. Sei forte, coraggiosa, nulla ti spaventa! Io non sono come te, non ho la tua sicurezza. Ho paura di qualsiasi cosa ... forse stò seguendo la strada sbagliata ..."
"A volte sei davvero stupido sai?" lo sgridò lei severamente " Esseri coraggiosi non vuol dire non avere mai paura! Vuol dire riconoscere le proprie paure e affrontarle, qualunque cosa accada" poi sorrise "sei solo un po' agitato. Andrà tutto bene"
"Lo spero proprio" sospirò e appoggiò la schiena alla corteccia di un albero. Mia si appoggiò a lui e rimase in silenzio. Non sapeva cosa dire. In realtà anche lei era molto preoccupata. Questo la sconvolse. Aveva passato la maggior parte della sua vita a fantasticare su questo giorno, e se avesse fallito? Non aveva mai affrontato questa eventualità. Non c'è nulla di peggio che dover rinunciare a qualcosa che si ama. Poi guardò Alec, sentì il suo respiro e si consolò. In fondo, anche se non fosse diventata cavaliere, avrebbe avuto sempre lui
"Quand'ero piccola" disse all'improvviso rompendo il silenzio "mio padre mi leggeva sempre un libro. Era una raccolta di leggende, scritte tanto tempo fà. In ogni capitolo, si parlava di grandi uomini, che si sacrificavano ogni giorno per ideali quali la libertà, l'amore, il coraggio. Erano incredibili! Una sera, senza neanche accorgermene, mi ritrovari a immaginare di essere una di loro. Quando lo dissi a mio padre, mi aspettai che ridesse, invece sorrise e disse che avrebbe fatto il tifo per me e che sapeva che un giorno lo avrei reso orgoglioso" Alec sorrise. Mia non gli aveva mai raccontato questa storia "Volevo essere come loro, proteggere le persone che amavo .... eppure la notte in cui i miei sono stati uccisi non ho fatto nulla" silenzio. Non era sicuro di voler affrontare questo argomento. Non era bravo ad aiutare le persone. Era Mia a farlo "Mia madre mi fece nascondere sotto il letto, mi disse di non uscire. Vidi tutta la scena ... e non feci nulla"
"Eri una bambina! Non avresti potuto fare nulla in qualunque caso"
"Avrei dovuto almeno provare" si alzò e riprese la sua arma "Avanti, ancora una volta"

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Capitolo 3
*** L'arrivo in accademia ***


La terra di Vahell era estremamente grande. Il perimetro nord, era occupato da immense catene montuose, che dividevano Vahell dalla terra di Dunkelheit. Questa era una terra dimenticata, un tempo popolata da creature mostruose. Streghe, orchi, goblin ... tutte quelle creature che ogni notte infestavano i sogni degli esseri umani provenivano da quel luogo dimenticato da Dio. Sull'altro lato, a sud, così come ad est e ad ovest, c'era il mare. Un oceano sconfinato che in pochi avevano avuto il coraggio di esplorare. Delle antiche leggende, infatti, dicevano che, da qualche parte nelle profondità dell'Oceano, vivevano creature spaventose, in grado di ammaliare anche il più forte dei marinai e spingerlo a gettarsi negli abissi. Era solo una delle tante leggende che popolavano il regno degli umani. Alcuni uomini credevano che si trattasse solo di semplici storie, inventate da qualche genitore per spaventare i propri figli e farli andare a letto presto. Altri erano convinti che quelle non fossero altro che storie dei tempi andati, vicende realmente accadute, che col tempo erano state mascherate affinché apparissero come semplici favole. Mia apparteneva a questa seconda categoria. O meglio, voleva appartenervi. Anche quando si trattava di creature terrificanti, non poteva fare a meno di rimanerne affascinata. Anche Alec credeva in quelle storie, ma a differenza di Mia, non sentiva questo grande desiderio di ritrovarsi faccia a faccia con un troll di montagna.

Quello era un giorno molto importante per entrambi. L'Accademia di Larss era la più famosa della regione. I migliori cavalieri erano stati addestrati lì. L'edificio era molto grande, il più grande che avessero mai visto. Le pareti un tempo dovevano essere state bianche, ma col tempo si erano ingrigite, donando all'intera struttura un'aria piuttosto severa. Mia si fermò davanti al portone "Direi che ci siamo" sentì il suo corpo tremare leggermente. Alec le sfiorò la mano
"Sono qui". Averlo al suo fianco le dava sicurezza. Fece un respiro profondo ed entrò, guardandosi intorno con stupore. Al centro della struttura c'era una grande piazza circondata da colonne. Alcuni ragazzi si stavano allenando, ma quando videro entrare Alec e Mia si fermarono. "Ci stanno fissando tutti" sussurrò Alec.
Mia sospirò "Non credo che guardino te". Nessuna donna aveva mai varcato i cancelli di quell'Accademia. Persino i servitori e gli addetti alla cucina erano tutti uomini. La ragazza continuò a camminare a testa alta, ignorando i commenti degli osservatori. Se non avesse sentito Alec accanto a lei, probabilmente non sarebbe stata tanto sicura di sè. Un uomo molto alto gli tagliò la strada. La sua divisa era diversa dalla altre, doveva essere un comandante. "Cosa fate voi qui?" si era rivolto direttamente ad Alec, perciò fu lui a rispondere "Vorremmo entrare nell'Accademia".
L'uomo annuì "Per le ammissioni devi rivolgerti a Kador. È lui il responsabile qui" guardò per un attimo Mia, poi si rivolse di nuovo ad Alec "La ragazza deve uscire. Sono le regole".
Mia rimase interdetta "Come sarebbe? Anch'io voglio iscrivermi!"
Finalmente l'uomo le rivolse davvero lo sguardo "Senti ragazzina, non ho tempo per gli scherzi"
"E infatti io non scherzo" gonfiò il petto e raddrizzò la schiena, sperando di apparire più autorevole, ma alcuni ragazzi vedendola scoppiarono a ridere. Alec iniziò a preoccuparsi. Davanti a quell'uomo così robusto, Mia sembrava ancora più minuta.
"Chiami il suo superiore! Kador ... non credo che ci sia una regola scritta in cui si vieta alle donne di entrare nell'esercito"
"Effettivamente non è mai stata scritta" il comandante si irrigidì. Alle sue spalle c'era un secondo uomo, anche lui con una strana divisa, ma a giudicare dal suo sguardo altezzoso e pieno di disprezzo, doveva essere il capo
"Lei è Kador?" chiese Mia sorpresa. Quell'uomo non aveva affatto l'aspetto di un cavaliere. Era molto alto e terribilmente magro. Le sue braccia sembravano talmente fragili da potersi rompere al primo alito di vento. Aveva i capelli molto chiari, tanto da sembrare bianchi, e gli occhi di uno strano azzurro, tendenti al grigio. Per un attimo, Mia penso che non si trattasse neppure di un uomo, ma di qualche strano fantasma.
"Nessuno ha mai scritto una regola come questa perche non c'è alcun bisogno di scriverla. Le donne non hanno le capacità fisiche o intellettuali per affrontare un qualsiasi combattimento" se non fosse stato il capo lo avrebbe già preso a pugni "Sono deboli, sensibili e sciocche. Non si è mai sentito di una donna che sia diventata cavaliere e di certo non se ne sentirà mai" la squadrò da capo a piedi, con aria divertita "Sei così minuta da sembrare una bambina. In battaglia non avresti neanche il tempo di afferrare la spada ... ammesso che tu riesca a sollevarla" il comandante che li aveva accolti rise. Quel suono fece salire l'irritazione di Mia. Non credeva che un cavaliere potesse essere così insolente. Fece un respiro profondo e replicò con fermezza "Con tutto il rispetto signore, lei non ha esattamente il fisico di un cavaliere ... e direi neppure lo spirito, vista l'arroganza con cui mi si rivolge" Kador divenne paonazzo. I ragazzi ormai avevano smesso di allenarsi e si godevano la scena. Ovviamente a nessuno piaceva Mia. L'idea di avere una ragazza come compagna era davvero assurda! D'altra parte, nessuno di loro aveva un'alta opinione di Kador, e sentire quelle parole li aveva fatti esaltare. "Mia!" Alec la guardò allarmato. Che le era preso? Non sarebbe mai riuscita ad entrare in questo modo. Kador non sapeva cosa dire. Lo sguardo sprezzante di quella ragazzina lo mandava in bestia. Alla fine guardò Alec e disse "Tu puoi entrare se vuoi, mi sembri un ragazzo forte. Affronterai il test insieme agli altri candidati ... ma la tua amica resta qui". Non aggiunse altro. Si voltò e tornò nelle proprie stanze. Alec guardò Mia preoccupato, ma la ragazza sorrise "Tranquillo tu vai pure. Io ti raggiungerò a breve". Il ragazzo seguì una delle guardie, sforzandosi di pensare positivo. Mia indietreggiò, raggiunse il centro della piazza e si sedette a terra a gambe incrociate "Ho le stesse capacità di uno qualsiasi dei vostri cadetti, e forse sono anche migliore" alzò il tono della voce in modo che tutti la potessero sentire "Non me ne andrò finché non mi avrete dato una possibilità!"

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Capitolo 4
*** La determinazione di Mia ***


Mia aveva mantenuto la parola. Era rimasta immobile, seduta al centro della piazza, come se nulla fosse. Inizialmente, l'avevano lasciata fare. Non credevano che avrebbe resistito tanto a lungo. Col passare delle ore, però, Kador iniziò a preoccuparsi. La ragazza era davvero molto tenace. Sembrava quasi che non sentisse nulla. Niente fame, niente sete, nessuna stanchezza. Per un attimo ne ebbe quasi paura. Mia, d'altra parte, sentiva eccome la stanchezza, ma cercava di non darlo a vedere. Da piccola le era già capitato di rimanere senza cibo per giorni e giorni, perciò aveva fiducia nelle sue capacità. Una guardia si fece avanti, guardandola dall'alto in basso "Signorina, lei deve uscire" Mia non rispose "Il gioco è durato anche troppo. Se non va via da sola, sarò costretto a buttarla fuori" ancora nessuna risposta. La guardia si innervosì. Andò alle sue spalle e la afferrò per le braccia, pronto a farla alzare. La reazione di Mia fu così veloce che quasi non se ne rese conto. La ragazza roteò su se stessa, afferrò la spada della guardia e gliela puntò al collo, guardandolo con freddezza. L'uomo si irrigidì. Era rimasto senza fiato. Non aveva mai visto nessuno muoversi così velocemente. Mia rimase in quella posizione ancora qualche secondo, lasciando che il soldato sentisse la pressione della lama, poi arretrò lentamente, porgendogli la spada "Non sono ancora pronta ad andare". Il soldato riprese con cautela la proprio arma e indietreggiò, temendo che la ragazza volesse attaccarlo. Questa, invece, si voltò di nuovo e tornò alla sua postazione.
In città, si era sparsa notizia che una giovane ragazza stesse cercando di entrare in Accademia. Molte persone si fermavano ogni giorno davanti ai suoi cancelli per poterla vedere. Alcuni di loro, iniziarono persino a sostenerla! Molte donne cercavano di avvicinarsi a lei per lasciarle qualcosa da mangiare e aiutarla a resistere, ma le guardie non permettevano a nessuno di entrare nella piazza. Ben presto scese la notte, e Mia iniziò a sentire freddo. Una figura le si avvicinò, indossava un mantello nero e la ragazza non riusciva a vederlo in viso. Solo quando fu abbastanza vicino Mia sorrise "Alec!" il ragazzo sedette accanto a lei e le porse un mantello uguale al suo "Ne hanno a centinaia, non credo che se la prenderanno" poi si frugò nelle tasche, e tirò fuori un pezzo di pane "Non è molto ma ... meglio di niente" Mia lo accettò con gratitudine. Al primo morso, si rese conto di quanto fosse affamata, e lo divorò in fretta. Alec era stranamente serio "Sei riuscito ad entrare?"
"Si ... avevi ragione, è stato molto semplice" fece una pausa "Senti Mia ... io farò quello che posso per aiutarti ma ..." abbassò lo sguardo. Sembrava davvero molto preoccupato "Se inizierai a stare male ... ti porterò via da qui io stesso. Non importa quanto potrai protestare! Quegli uomini non ti lasceranno mai entrare, e non puoi restare qui a portare avanti la tua protesta per sempre!" Mia sorrise. Lo faceva sempre, anche nei momenti più difficili. Era questo che amava di lei. Quella ragazza era come un raggio di luce, in grado di illuminare la notte. Era sempre speranzosa, forte, positiva. Non poteva fare a meno di lei. Aveva bisogno di lei. Mia gli sfiorò la guancia dolcemente "Sei troppo buono per fare il soldato" si sporse verso di lui e lo baciò. Alec rimase sorpreso. Era la prima volta che Mia lo faceva. Chiuse gli occhi. Amava il sapore delle sue labbra, il tocco della sua pelle. Avrebbe voluto restare con lei per sempre. Poi Mia si allontanò, e lo sguardo del ragazzo si incupì, offeso "È meglio se rientri. Non credo sarebbero molto felici di sapere che mi stai aiutando" Alec non replicò. Per quanto desiderasse restare con lei, non voleva davvero ricevere qualche strana punizione "Buonanotte Alec"

Kador iniziava a spazientirsi. Quella ragazza gli stava dando parecchio filo da torcere. Tutti gli uomini che tentavano di buttarla fuori, venivano puntualmente respinti. Eppure a quel punto, dopo una notte intera passata seduta al freddo, doveva essere esausta. Una guardia si avvicinò e portò la mano al petto in segno di rispetto "Mi ha fatto chiamare signore?" Kador annuì "Voglio che porti da me Marko. Ho un compito per lui" la guardia non esitò per un solo istante. Fece un piccolo inchino ed uscì dalla stanza. Kador sorrise soddisfatto. Ora che in città si era saputo di questa ragazza, l'Accademia avrebbe sicuramente perso il suo prestigio. Se fossero riusciti a cacciarla via, si sarebbe creato il dissenso, in quanto le regole stabilivano che ad ogni candidato veniva offerta una possibilità. Se fosse morta durante la sua protesta, avrebbero iniziato a dire quanto i cavalieri fossero stati crudeli a lasciare che una giovane ragazza morisse tra le loro mura. Kador perciò aveva deciso di darle una possibilità, ma diversamente dagli altri cadetti, il suo sarebbe stato un vero avversario.
Quando Mia vide Kador scendere in piazza si alzò. Forse l'uomo aveva deciso di prendere in considerazione la sua richiesta. "Il regolamento dell'Accademia stabilisce che, qualunque persona si presenti in questo luogo, debba avere la possibilità di entrarvi come studente. Certo è che fino ad ora non era mai successo che una donna si presentasse alla nostra porta, ma ho deciso comunque di darti una possibilità" lo sguardo di Mia si illuminò. Finalmente avrebbe potuto mostrare a tutti quanto valeva. Alec era in disparte, e guardava la scena insieme ad altri ragazzi. Al di là dell'entrata principale, molte persone erano venute a vedere se la ragazza sarebbe riuscita nella sua impresa. Kador la guardò negli occhi, beffardo "Potrai entrare in Accademia, se batterai l'avversario che ho scelto per te" Mia annuì decisa. Non aveva paura. Si sarebbe battuta anche contro cento uomini per raggiungere il suo sogno. Kador si fece da parte e lasciò che tutti potessero vedere l'avversario che aveva scelto. La volontà di Mia vacillò. Il suo avversario era davvero enorme! Sarà stato alto almeno due metri ed era molto robusto. Non aveva mai visto un troll ma probabilmente lui doveva somigliargli molto. La testa era pelata, e un'enorme cicatrice gli attraversava il petto spoglio. Aveva una spada davvero possente, in grado di tranciare qualsiasi cosa. Attaccata alla cinta c'era una frusta nera che le fece venire i brividi "Questo è Marko. Se riuscirai a batterlo, sarai ufficialmente un membro di quest'Accademia". Mia si aspettava una mossa del genere, ma non credeva che Kador sarebbe stato tanto vile "Non dovrei avere un'arma?". Il comandante sorrise con disprezzo, e le lanciò un piccolo pugnale "Puoi usare questo" Alec si fece largo tra la folla "Questo duello non è leale!" "Un vero cavaliere deve essere in grado di affrontare qualsiasi situazione". Mia non replicò. Sapeva che non sarebbe servito a nulla. Raccolse il pugnale da terra e ne valutò il peso. Non era neppure ben bilanciato "Ovviamente se vuoi rinunciare, nessuno ti giudicherà". Lei non rispose. Si mise in posizione e guardò Marko negli occhi "Vieni pure"

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Capitolo 5
*** Lo scontro ***


- Alec guardò Mia con meraviglia. Aveva battuto Luca come se nulla fosse. Eppure il ragazzo era più grande di lei e probabilmente anche più forte! "Stai bene?" chiese lei tendendogli la mano. Luca lo aveva gettato a terra senza nessun apparente motivo e Mia era subito corsa in suo soccorso "Grazie Mia" rispose lui timidamente "Dove hai imparato a muoverti così?" la ragazza fece spallucce "Vivo in mezzo ai ragazzi da sempre. Ho dovuto imparare a difendermi" sorrise "il mio fisico comunque mi da un vantaggio su di loro". Alec si stupì di quella affermazione "Come può essere? Tu sei molto più piccola di loro, più delicata ... come può essere un vantaggio?" Mia gli diede un pizzico sulla guancia, come faceva sempre quando gli sentiva dire qualcosa di stupido "Mi stupisco di te Alec! Cos'è che ti ho sempre detto? Non si giudica mai un libro dal suo aspetto. La copertina più logora potrebbe nascondere le storie migliori" il ragazzo era sempre più confuso. Lei se ne accorse e sospirò "In uno scontro non contano solo i muscoli. Io non avrò mai la forza che ha un uomo, ma posso contare su altre qualità. La mia agilità per esempio, o il mio cervello" -
In quello scontro però, non bastava avere cervello. Marko aveva una forza inaudita e i suoi attacchi erano davvero brutali. Con il suo piccolo pugnale, Mia non poteva sopraffarlo in un corpo a corpo, e doveva limitarsi a schivare i suoi colpi. Alec si sentiva morire. Aveva sempre pensato che Mia fosse coraggiosa, ma ora gli sembrava solo sciocca. Era chiaro che quell'avversario non era alla sua portata. Mia si gettò a sinistra, schivando per un pelo l'arma dell'uomo, che si abbatte a terra scalfendo il terreno. La ragazza rabbrividì. Quello non era un semplice test. L'uomo di fronte a lei attaccava per uccidere. Sperava che la pesantezza della spada le avrebbe concesso un vantaggio, ma Marko era abituato a quel tipo di armi, e non ne avvertiva il peso. Un nuovo fendente, dal basso verso l'alto. Mia inarcò la schiena e indietreggiò. Imprecò quando si rese conto che un rivolo di sangue le scendeva lungo la guancia. La folla impazzì vedendo la ragazza ferita. Nessuno dei soldati faceva il tifo per lei, ed erano convinti che lo scontro non sarebbe durato a lungo. Mia si piegò all'indietro e, con tutta la forza che aveva, colpì Marko alla testa con lo stivale. L'uomo urlò ed iniziò a barcollare. La ragazza approfittò di quel momento per mettere distanza tra lei e il suo avversario. Respirò a fondo e cercò di recuperare le energie. Questo scontro la stava sfinendo. Era già molto stanca per via della protesta, non era sicura di poter vincere. Marko fece schioccare a terra la frusta, creando il silenzio tra la folla. Mia infilò il pugnale nella cintura e si preparò a schivare un nuovo colpo. La frusta di Marko schiocco ancora, stavolta nella sua direzione. Mia si lanciò di lato e la evitò, e così fece anche per i successivi tre colpi. Si guardava intorno per capire se ci fosse qualcosa che poteva usare, ma non aveva il tempo di pensare. Prima che potesse rendersene conto, la frusta le si attorcigliò intorno alla caviglia, e un violento strattone la fece cadere a terra. Per un attimo non vide più nulla. La botta alla testa l'aveva stordita e la ferita perdeva ancora sangue. Quando riacquistò la vista, vide Marko torreggiare su di lei. L'uomo la colpì allo stomaco, mozzandole il fiato. Mia si piegò in due e iniziò a tossire dolorante. A quel punto, Marko gettò a terra la frusta e sollevò la spada in alto, pronto a darle il colpo di grazia. Ad Alec tremavano le ginocchia. Non sapeva cosa fare. Voleva aiutarla ma quell'uomo era troppo imponente. Se si fosse intromesso sarebbe morto anche lui. Fu allora che Mia si alzò. Con un gesto fulmineo, scattò in piedi ed usò il suo pugnale per ferire Marko ad un braccio. Il sangue iniziò a sgorgare copioso dalla ferita e l'uomo urlò. Lasciò cadere a terra la spada e si allontanò, tenendosi la ferita per fermare il sangue. Mia lo guardò arretrare con freddezza. Afferrò la frusta, rimasta a terra, e la fece schioccare verso di lui. L'uomo cadde a terra, appoggiando la schiena ad una colonna. La ragazza valutò di nuovo il peso del suo pugnale, poi lo lanciò, creando il panico tra i presenti. Marko sentì il coltello ferirlo al viso. Aveva chiuso gli occhi aspettandosi il colpo mortale, ma la ragazza lo aveva mancato. O almeno così aveva pensato all'inizio. Quando guardò Mia negli occhi, e sentì il pugnale conficcarsi nella colonna, si sentì rabbrividire. Era lì che Mia aveva puntato. Se avesse voluto, quella ragazzina avrebbe potuto ucciderlo con un colpo solo. Nella piazza regnava un silenzio assoluto. Kador era rimasto senza parole, e si irrigidì quando sentì lo sguardo di Mia spostarsi su di lui "Direi che ho vinto" disse sorridendo. Dall'altra parte del cancello, alcuni uomini e donne esultarono rompendo quello strano silenzio. Mia rise di gusto, commossa da quella manifestazione d'affetto. Si avvicinò a Marko e gli porse la mano "Tutto bene?". L'uomo la guardò allibito "Mi spiace per la ferita, spero non sia troppo grave". Marko, suo malgrado, si ritrovò a sorridere "Nulla di irreparabile" si alzò in piedi con attenzione e le rivolse uno strano sguardo. Quel tipo di sguardo che Mia aveva sempre sognato di vedere, colmo di rispetto. Si rivolse di nuovo a Kador "Quando posso cominciare?". Il comandante serrò i pugni, pieno di rabbia. Non poteva più tirarsi indietro. Per la prima, nella terra di Vahell, una donna entrava a far parte dell'esercito del Re ...

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Capitolo 6
*** Uno strano sogno ***


Alec era solo, in piedi, nella sua vecchia casa. Si stupì di quanto la conoscesse bene, considerato il fatto che ci aveva passato così pochi anni della sua vita. Si mosse tra i lunghi corridoi di quella casa sontuosa. Suo padre era una persona molto ricca ed importante, ed era convinto che la grandezza di un uomo si misurasse dalla sontuosità della propria abitazione. Certo, non era esattamente la reggia del Re, ma ci andava molto vicina. La voce di sua madre lo investì, chiara come lo era stata una volta. Seguì il suono di quella voce e si ritrovò davanti ad una grande porta intagliata. Riconosceva quella porta. Dall'altra parte, c'era lo studio di suo padre. L'uomo passava quasi tutta la sua giornata in quella stanza, mentre Alec e sua madre se ne stavano in giardino. Il ragazzo si rese conto che la porta era socchiusa. Si tese in avanti, per sbirciare la camera dall'interno e ciò che vide lo raggelò. Suo padre aveva gettato a terra sua madre e le stava urlando contro. "Come hai potuto donna? Non ti ho forse dato tutto? Una casa, dei bei vestiti, gioielli adatti alla più bella delle regine!?" Alec indietreggiò. Sapeva bene cosa stava per accadere, ma era troppo spaventato per farsi avanti. Sapeva che, se lo avesse fatto, quell'uomo avrebbe fatto del male anche a lui. Lo avrebbe ucciso senza pensarci due volte, e lui non voleva morire. "Codardo" ...
Alec si svegliò di soprassalto. Quel sogno gli era sembrato così vero! Il cuore gli batteva forte nel petto, come se stesse per esplodere. Aveva il fiato corto e la fronte imperlata di sudore. Continuata a sentire quella voce lontana che gli parlava. 'Codardo' aveva detto. Aveva già sentito quella voce prima, ma non riusciva a ricordare di chi fosse. Si guardò intorno per essere sicuro che nessuno lo avesse visto. Era nel dormitorio dell'Accademia, insieme ai nuovi allievi. Il ragazzo nella branda accanto si lamentò "Quello strano si è svegliato". Qualcuno sbuffò e si rigirò nel letto. Fuori era ancora buio, perciò Alec decise di provare a dormire ancora un po'. Da piccolo, ogni volta che faceva un brutto sogno, andava nella camera di Mia e parlava con lei, finché non vedeva sorgere il sole. Quella sera, però, non poteva farlo. Era stata una giornata dura per Mia. La ragazza non aveva prestato la minima attenzione alle vaste sale dell'Accademia. Si era diretta al dormitorio barcollando, e si era gettata sulla prima branda libera. Anche se aveva cercato di non darlo a vedere, lo scontro con Marko era stato molto duro. Alec aveva temuto che la ragazza non potesse farcela ma, come al solito, lei lo aveva lasciato senza parole. Lui non avrebbe mai potuto muoversi in quel modo. Non sarebbe mai stato al suo livello. Come al solito, si era ritrovato ad invidiarla con tutto se stesso. Si rigirò nel letto, inquieto. Non riusciva a prendere sonno. Ogni volta che chiudeva gli occhi, sentiva le urla di sua madre, che cercava in vano di proteggersi da quello che un tempo credeva fosse suo padre. "Codardo! Codardo! Codardo!" Alec si strinse la testa tra le mani. Che cosa gli stava succedendo? Un brivido gli corse lungo la schiena mentre riviveva quella scena ancora, ancora e ancora. Alla fine, si mise a sedere, e guardò l'oscurità di fronte a sè. Sperò che il sole sorgesse presto, per poter guardare di nuovo il sorriso di Mia. In quel momento era l'unica cosa che avrebbe potuto farlo stare meglio

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Capitolo 7
*** Il primo giorno ***


A Mia era capitato spesso di doversi cambiare di fronte a qualche ragazzo, ma stranamente, quel giorno, si sentiva a disagio. In parte probabilmente era dovuto al fatto che nessuno in quel posto apprezzasse la sua presenza. Quando per la prima volta si era svegliata nel dormitorio dell'Accademia, la sua allegria era stata stroncata dagli sguardi accusatori dei suoi compagni. Molti di loro credevano che in qualche modo avesse barato durante lo scontro con Marko. Ad altri, non importava come avesse fatto, non accettavano che ad una donna fosse stato permesso di entrare. Si meravigliavano del fatto che Kador avesse deciso di darle una possibilità. Ovviamente l'uomo si era aspettato che la ragazza perdesse, ma a quanto pare aveva fatto male i suoi conti. L'unico che non la guardava con disprezzo era Alec. Il ragazzo le diede il buongiorno, come sempre, e ignorò i commenti dei suoi compagni. Mia era felice che ci fosse anche lui. Non era abituata a sentirsi indesiderata. Di solito il suo carattere solare le permetteva di fare amicizia facilmente, ma in fondo non era lì per questo, e forse sarebbe stato un bene non avere nessuno intorno che potesse distrarla dal suo obbiettivo.
Dall'interno, l'Accademia sembrava anche più grande di quanto se la fosse immaginata. Le sale d'addestramento erano molto spaziose, e avevano tutto ciò che un giovane cadetto potesse desiderare. Il loro maestro si chiamava Rin. Era piuttosto giovane per essere un comandante, ma si capiva che aveva parecchia esperienza "Benvenuti all'Accademia del Re!" disse con tono solenne "Durante la vostra permanenza qui, vi verrà insegnata l'arte del combattimento e dell'autodifesa. I migliori di voi, potranno scegliere se essere dei semplici soldati al servizio del nostro sovrano, o se diventare dei cavalieri a tutti gli effetti" Mia si emozionò "Se siete venuti qui in cerca di prestigio o, addirittura, di denaro, siete nel posto sbagliato, e lo stesso vale per tutti quei mocciosi che si sono arruolati perchè amano combattere. Non saranno tollerate risse in questo posto. Ciò che vi insegneremo, dovrà servire a proteggere i più deboli, non a proteggere voi stessi. Se non riuscite a capire questo, non potrete mai diventare dei veri cavalieri"
Il cuore di Mia batteva all'impazzata. Quel comandante sembrava essere molto saggio!
L'addestramento fu piuttosto semplice per lei, riuscì anche a divertirsi. Rin non poté fare a meno di sorridere quando vide la destrezza con cui la ragazza maneggiava la propria spada. Gli altri ragazzi avevano diverse difficoltà e dovette riprenderli con una certa frequenza, ma Mia sembrava nata per questo. Si muoveva con grande disinvoltura, e aveva la passione negli occhi. Un ragazzo si fermò, prima di aver completato il suo movimento, e Rin si innervosì "Beh? Sei già stanco? Non mi pare che tu abbia fatto molto" il ragazzo si chiamava Will, ed era uno dei compagni di cui Mia si fidava meno
"Questi esercizi sono inutili" disse con arroganza "In una vera battaglia non avremo il tempo di riflettere sui nostri movimenti"
"Dunque cosa suggerisce la tua mente superiore?"
"Di combattere! Combattere sul serio! Dividiamoci in squadre ed organizziamo qualche duello" ecco un altro ragazzino con la smania della guerra. Rin cercò di non perdere la pazienza. Guardò attentamente tutti gli allievi che fino ad ora avevano seguito la lezione, ed indicò Alec "Tu. Fatti avanti. Vediamo se il tuo amico sa di cosa parla" Alec non replicò, anche se il suo timore era evidente. Qualcuno rise, provocando l'ira di Mia che li fulminò con lo sguardo. Will non aspettò neppure che Alec si fosse messo in guardia. Attaccò velocemente e con grande furia. Alec si spostò di lato, evitando il colpo con facilità. Il ragazzo si voltò, pronto ad attaccare di nuovo, ma Alec parò il fendente con grande maestria e contrattaccò, costringendolo ad indietreggiare. Will rimase sorpreso dall'abilità di Alec e ben presto abbassò la guardia, permettendo al ragazzo di disarmarlo con facilità. Mia sorrise, colma d'orgoglio "In una vera battaglia saresti morto" concluse Rin facendo cenno ad Alec di allontanarsi. Will imprecò. Il suo primo giorno non era andato come si aspettava

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Capitolo 8
*** Un nuovo allenatore ***


Passavano le settimane, e Mia diventava sempre più abile. Ben presto riuscì a battere con facilità tutti i suoi compagni, e a guadagnarsi la stima di Rin, che finalmente iniziava a rivolgerle la parola. Un giorno, dopo una lunga lezione, le chiese di rimanere nella sala. Ad Alec l'idea non piaceva, ma Mia gli disse di non preoccuparsi e lo spedì nella mensa insieme agli altri cadetti. Rin la guidò attraverso l'Accademia fino ad una grande sala attrezzi. Mia non aveva mai visto quella parte dell'edificio "In questa stanza si allenano gli allievi che hanno già raggiunto un certo livello" disse Rin intuendo il suo pensiero "Ovviamente Kador mi ucciderebbe se sapesse cosa sto facendo, ma al livello in cui sei ora, è davvero inutile continuare a farti allenare con gli altri ragazzi" la ragazza arrossì. Era la prima volta da quando si trovava lì che qualcuno le rivolgeva un simile complimento. Naturalmente tutti i suoi compagni sapevano che ormai aveva raggiunto un livello piuttosto alto, ma non lo avrebbero mai ammesso. Avrebbero continuato a guardarla con disprezzo per il resto della sua permanenza in Accademia "Questo è Aaron" Mia alzò lo sguardo sorpresa. Non si era resa conto che ci fosse una terza persona nella sala "È uno dei nostri studenti migliori. Ti allenerai con lui dopo le mie lezioni" Aaron era un ragazzo molto alto, con un fisico asciutto ma forte. Era molto giovane, avrà avuto al massimo una ventina d'anni. Quando Rin uscì dalla sala, lui la studiò attentamente, in silenzio "E così sei tu la donna che ha affrontato Marko" Mia annuì "Sai sono rimasto molto sorpreso quando l'ho saputo. Marko è un comandante forte e spietato. In tutta la sua vita, c'è stata solo un'altra persona che sia riuscita a sconfiggerlo"
"Posso chiedere chi?"
Lui sorrise malizioso "Ce l'hai davanti"
Mia ricambiò il sorriso "Bene perchè sono stufa di combattere contro quei moccioso. Voglio un avversario alla mia altezza"
Aaron rise "Sei molto sicura di te ... mi piace"

Alec se ne stava in un angolo in silenzio. I suoi compagni non gli rivolsero mai la parola, se non per fare battutine sarcastiche sul suo rapporto con Mia "Cos'è?" disse uno di loro "Sei il suo animaletto? Le stai sempre appiccicato come un cane e fai tutto ciò che lei ti chiede. Sei davvero patetico"
Will sorrise e lo guardò con freddezza "Vorresti fartela vero? È per questo che la segui ovunque, che ascolti quello che ti dice, che ti comporti in modo tanto gentile con lei" Alec abbassò lo sguardo cercando di mantenere la calma. Non poteva litigare. Se l'avesse fatto, avrebbe rischiato l'espulsione "Possibile che non te ne rendi conto? Le donne come lei non hanno bisogno di un uomo. È troppo piena di sè per badare alla tua stupida vita. Ti consiglio di fare attenzione perchè prima o poi ti lascerà indietro e non ti resterà niente"
Alec arrossì "Ti sbagli ... Mia è migliore di tutti voi. Pensa sempre agli altri e ..."
Will non lo lasciò finire "Ti conviene fartela subito prima che sia troppo tardi"
Alec si alzò da tavola furioso. Doveva allontanarsi o non avrebbe risposto di se stesso. Camminò spedito verso il dormitorio sperando che nessuno lo seguisse. Aveva davvero bisogno di stare un po' da solo. Si chiuse la porta alle spalle e respirò profondamente, cercando di calmarsi
"Brutta giornata?" Alec sussultò sorpreso. Era convinto che nella stanza non ci fosse nessuno! "Tranquillo non mordo. Non serve agitarsi tanto" Il ragazzo si voltò, per guardare negli occhi il suo interlocutore, e rimase sorpreso quando si rese conto che si trattava di una donna "Chi sei tu? Le donne non possono entrare qui"
"Beh" replicò lei sorridendo "Direi che la tua amica ha cambiato tutto. Sono Lilith, piacere di conoscerti" aveva dei lunghi capelli color cenere e un corpo molto snello. Per un attimo Alec pensò che fosse davvero molto carina. Poi, quando vide i suoi occhi, si irrigidì. Erano di un colore innaturale. Rossi come il sangue, e privi di qualsiasi luce
"Che ... che cosa sei?"
La donna fece spallucce "Credo tu possa definirmi una specie di maga, anche se in molti, maleducatamente, mi chiamano strega"
"Che cosa vuoi?"
"Solo qualcuno con cui parlare" Alec rimase immobile, senza sapere cosa dire. Il suo istinto gli suggeriva di non fidarsi ma in fondo, se Lilith avesse voluto fargli del male, lo avrebbe già fatto. Si avvicinò lentamente, senza distogliere lo sguardo da quei suoi occhi di fiamma. Se Mia lo avesse visto in quel momento, sicuramente si sarebbe arrabbiata a morte. Stava facendo una cosa davvero stupida. Sperò con tutto se stesso di non mettersi nei guai






Angolo dell'autore!!
Eccoci arrivati all'ottavo capitolo! Finalmente potrò dare alla storia un tocco più ... fantasy XD
Ringrazio tutti quelli che fino ad ora mi hanno seguita e spero che continueranno a farlo, perchè Alec e Mia hanno ancora molta strada da fare per raggiungere i loro sogni.
Spero che qualcuno di voi decida di commentare per farmi sapere cosa ne pensa della mia storia e per segnalarmi eventuali errori. Grazie dell'attenzione. Al prossimo capitolo :3

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Capitolo 9
*** Problemi di cuore ***


Quando Mia aveva raccontato ad Alec dei suoi allenamenti con Aaron, il ragazzo non l'aveva presa molto bene
"Cos'è? Sei geloso?" gli aveva chiesto lei sorridendo. Alec non aveva risposto, così Mia gli aveva preso il viso tra le mani e l'aveva costretto a guardarla negli occhi "Hei! Stammi a sentire. Tu sei l'unico per me ... hai capito?"
Alec avevo abbassato lo sguardo imbarazzato. Non gli era mai capitato di dubitare di lei, si sentiva uno stupido. Si avvicinò al suo viso e la baciò, sfiorandola appena con la lingua. Mia si era distesa sul letto, piacevolmente sorpresa. Da quando erano entrati in Accademia non avevano avuto modo di toccarsi, e il contatto con le sue sue labbra le era davvero mancato. Poi però, sentì la mano la di lui infilarsi sotto la maglietta, e si irrigidì "Che fai?" disse scostandolo leggermente
"Cosa faccio secondo te?" chiese lui offeso "È da tanto che non passiamo un po' di tempo da soli ... lo sai che ti amo ..."
Mia si sciolse sotto il calore del suo sguardo. Quando Alec le diceva 'ti amo', non poteva fare a meno di arrossire. Il cuore le batteva così forte che non c'era bisogno di accostarsi al suo petto per poterlo sentire "Ti amo anch'io ..." sollevò di nuovo lo sguardo e lo baciò, con maggiore intensità, per poi scostarsi di nuovo "Ma non possiamo" Alec serrò la mascella, visibilmente irritato "Se entrasse qualcuno? Non siamo soli qui. Potrebbero cacciarci"
"Come vuoi ... scusami"

Gli allenamenti con Aaron erano molto duri ma Mia era felice di avere finalmente un avversario alla sua altezza. Quando il ragazzo aveva visto l'abilità con la quale maneggiava la spada, aveva deciso di farle provare altri tipi di armi. Mia si trovò in difficoltà soprattutto quando dovette maneggiare l'arco. Ci voleva una grande concentrazione e lei non riusciva a rilassarsi. Continuava a pensare ad Alec, e a come era sembrato ferito quando lei lo aveva respinto. Ma cosa si aspettava? Non avevano tempo per queste cose! E poi nel dormitorio dell'Accademia qualcuno li avrebbe visti, e Kador non vedeva l'ora di espellerla
"La tua posizione è completamente sbagliata!" la sgridò Aaron severo "Ma dove hai la testa oggi?"
"Scusami" disse lei mettendo giù l'arco e rilassando le braccia "Oggi non sono concentrata"
"Me ne sono accorto" rispose lui irritato "Stammi a sentire. Diventare cavaliere non significa solo andare in giro su un cavallo bianco a salvare damigelle in pericolo. Se diventerai cavaliere, dovrai essere pronta a tutto. Dovrai scendere in guerra ogni volta che il re lo vorrà, e in quelle situazioni non potrai permetterti distrazioni"
Mia si offese. Sapeva benissimo cosa voleva dire diventare cavaliere, non aveva bisogno che glielo ricordasse. Cercò di concentrarsi, cancellando Alec dalla propria mente. Fece un respiro profondo e tese l'arco, raddrizzando la schiena. Rimase immobile per qualche secondo, sentendo i muscoli tremare per lo sforzo, poi scoccò. La freccia sibilò nell'aria, infrangendosi con violenza contro il bersaglio. Mia sorrise. Un centro perfetto
"Ottimo lavoro" Aaron finalmente sorrise e Mia si sentì un po' meglio "Per oggi abbiamo finito, vai pure a riposare" la ragazza rimise l'arco al suo posto e si avviò per i corridoi dell'Accademia. Doveva rivedere Alec e scusarsi con lui. Doveva fargli capire che lei lo amava e che nulla avrebbe mai cambiato questo sentimento. Quando lo vide il suo sguardo si illuminò. Gli corse incontro e lo abbracciò, incurante degli sguardi dei suoi compagni "Scusami Alec!" disse affondando il viso nella sua maglietta "Non è che io non voglia farlo, è solo che questo non è il momento" il ragazzo la strinse a se sorridendo
"Sono io che devo scusarmi. Sono stato uno stupido"
Mia si sollevò sulle punte e lo baciò, felice di aver risolto tutto, ma stranamente, gli parve che ci fosse qualcosa di diverso nelle sue labbra. Scacciò via questo pensiero quando il ragazzo la guardò negli occhi. Probabilmente era solo molto stanca ...

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Capitolo 10
*** L'escluso ***


Alec teneva la testa bassa mentre camminava. I suoi compagni lo guardavano con ostilità. Il solo fatto di essere legato così tanto a Mia gli aveva impedito, per l'ennesima volta, di farsi degli amici. Era abituato a sentirsi un escluso, ma in passato aveva sempre avuto Mia al suo fianco mentre ora, per via dei suoi allenamenti, riusciva di rado a passare del tempo con lei.
Will gli passò accanto, urtandolo di proposito "Tu guarda, non ti avevo visto" Alec evitò di guardarlo negli occhi. Il suo sguardo così irritante gli avrebbe sicuramente fatto perdere le staffe "Sei piuttosto insignificante senza la tua innamorata. Si è già trovata un altro?" il ragazzo lo ignorò e riprese a camminare. Se pensava che sarebbe potuto rimanere anni chiuso in quel posto tanto orribile si sentiva male. Sperò che Mia terminasse in fretta il suo allenamento

Alec si mosse lentamente tra i corridoi della sua vecchia casa. Tutto era esattamente come se lo ricordava. Si fermò di fronte ad una grande parete, dove un quadro ad olio ritraeva la sua famiglia. Suo padre aveva un'aria molto severa, e la madre, al suo fianco, sorrideva amabilmente, tenendolo tra le braccia. Una voce attirò la sua attenzione. Si diresse verso lo studio di suo padre, dove la porta appena socchiusa gli permise di vedere sua madre che, urlando, veniva gettata a terra da suo marito. Di nuovo, sentì quella voce lontana che gli parlava "Codardo" Questa volta non rimase immobile a guardare. Si voltò, cercando la fonte di quella voce che gli sembrava tanto familiare. Vide una piccola sagoma nell'ombra, di quella che sembrava una bambina. Quando si avvicinò per poterla vedere meglio, si sentì raggelare. Davanti a lui c'era Mia, in quello che una volta era stato il suo corpo da bambina, che lo guardava con freddezza "Sei un codardo" disse severa "Come puoi startene lì immobile e lasciarlo fare?" "Non posso fare nulla!" obbiettò lui con decisione "Se entro in quella stanza morirò anch'io insieme a lei ..."
Mia rise. Una risata macabra e spenta, che lo fece rabbrividire "Tu sei sempre stato così. Sei sempre stato un vigliacco. Non hai il coraggio di affrontare gli altri, perchè hai troppa paura delle conseguenze" il suo aspettò cambiò, tornando quello che lui oramai conosceva così bene "Come potrei mai amare uno come te?"
Alec sobbalzò. Il cuore gli batteva forte nel petto e non riusciva a respirare. L'immagine di Mia che rideva in quel modo era impressa a fuoco nella sua mente. Alzò lo sguardo ed incontrò quello di Lilith. I suoi occhi di fiamma illuminavano la notte. Se ne stava pigramente seduta sul pavimento, e canticchiava una strana canzone. Gli altri ragazzi dormivano tranquillamente, e sembravano non sentirla "Che cosa hai fatto?" chiese Alec ritrovando la voce. La donna lo guardò confusa "Sei tu vero? Sei tu che metti queste immagini nella mia testa"
"Hai fatto un brutto sogno?"
"Rispondi strega!"
La donna si incupì, raddrizzando la schiena "Non sei molto carino, considerando tutto quello che stò facendo per te" Alec non rispose, continuò a fissarla dritto negli occhi, aspettando una risposta "Non sono io la causa dei tuoi incubi. Non entrerei mai nella tua testa a quel modo. I sogni, mio caro ragazzo, sono il frutto della nostra mente. Ci mostrano i nostri desideri più profondi e, molto spesso, le nostre più grandi paure" infilò le dita tra i capelli iniziando a giocherellare con un ciuffo ribelle "Puoi prendertela solo con te stesso"
Il ragazzo si prese la testa tra le mani, terribilmente confuso "Ma che mi stà succedendo?" si irrigidì quando sentì la mano di Lilith sfiorargli appena la schiena. La donna si sedette al suo fianco e lo strinse a se con forza
"Non preoccuparti. Ci sono io qui con te"




Angolo dell'autore!
Eccoci arrivati finalmente al capitolo dieci. Purtroppo ultimamente ho avuto poco tempo per scrivere perciò i miei capitoli escono in date un po' confuse. Ringrazio
EyeoftheKiwi
per essere stata la prima/il primo a mettere la mia storia tra i preferiti *w* e
Yumuz
che l'ha inserita tra quelle da ricordare :D
Grazie di cuore :')

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Capitolo 11
*** Non so chi tu sia ... ***


Mia si sgranchì le gambe prima di cominciare. Era a piedi nudi e Aaron, di fronte a lei, la guardava divertito "Sei sicura di volerlo fare? Potresti farti molto male"
Il ragazzo, dopo varie settimane di allenamento, si era reso conto che Mia era davvero molto abile quand'era armata, ma che il suo fisico delicato le creava uno svantaggio nel combattimento corpo a corpo. Certo, la ragazza era molto agile e veloce, e non era difficile per lei schivare i colpi dell'avversario, ma in un combattimento corpo a corpo, questo non era sufficiente
Mia sbuffò, gonfiando il petto con fierezza "Vedremo chi sarà a farsi male"
Aaron si lanciò su di lei con sicurezza, tentando di colpirla sul viso. La ragazza ebbe appena il tempo di schivare il primo colpo che il ragazzo stava già attaccando di nuovo, stavolta più in basso. Mia si piegò in due quando il pugno di Aaron la colpì allo stomaco, poi alzò le braccia e parò il colpo successivo. Aaron continuò ad attaccare, costringendola ad indietreggiare. Mia non riusciva a riflettere. Il ragazzo colpiva così forte e così in fretta che non aveva il tempo di decidere la sua prossima mossa. Fece un respiro profondo e lo osservò attentamente. Sembrava che ci fosse una specie di schema dietro le sue mosse. Pugno destro, pugno sinistro, calcio ... le braccia iniziarono a farle molto male, per via dei colpi che continuava a ricevere, ma non chiese mai ad Aaron di fermarsi. Poi il ragazzo alzò la gamba destra, pronto a colpirla sul fianco. Mia lo afferrò per la caviglia e lo colpì all'altra gamba, facendolo cadere. Si gettò su di lui e lo bloccò a terra, tenendogli le mani ben piantate sul pavimento. Aaron si ritrovò un momento senza fiato, poi guardò davanti a sè e per un attimo arrossì. Mia era seduta su di lui e gli impediva di muovere le braccia. Il suo viso era incredibilmente vicino e i lunghi capelli gli solleticavano le guance. La ragazza sorrideva selvaggiamente "Direi che ho vinto" Lui inarcò la schiena, tendendo le gambe all'indietro e usandole per afferrare la figura esile della ragazza, che si ritrovò dolorante a pancia all'aria. Aaron rise, rimanendo a terra "Sei ridicolmente leggera" Mia sbuffò irritata. Prima o poi lo avrebbe battuto

Gli allenamenti con Rin ormai erano diventati estremamente noiosi. Mia batteva tutti i suoi avversari con assoluta facilità, dopodiché si sedeva in un angolo e osservava Alec. Il ragazzo stava diventando molto forte, un giorno sarebbe stato un valido avversario. Sorrise quando lo vide disarmare Will per l'ennesima volta. Quei ragazzi non erano minimamente alla sua altezza, e Mia era fiera di questo, dell'uomo che Alec sarebbe diventato.
Un giorno, durante un combattimento, vide qualcosa di molto strano. Alec era in vantaggio sul suo avversario, come sempre, ma qualcosa non andava. Il ragazzo mosse appena le labbra, sussurrando qualcosa che lei non riuscì a capire. Il suo avversario strabuzzò gli occhi confuso e divenne paonazzo, fissando la sua stessa arma con orrore. Saltò all'indietro urlando e lasciando cadere a terra la sua spada come se qualcosa lo avesse appena morso. Alec lo colpì, disegnando una grande ferita sul petto del ragazzo. Gli altri cadetti erano impegnati in altri scontri e non avevano notato nulla, ma Mia non poté fare a meno di osservare con disgusto il sorriso soddisfatto che si dipinse in quel momento sul viso del suo amato

"Cos'era quello?" Alec e Mia camminavano fianco a fianco, cercando di non sfiorarsi. Avevano capito che non era una buona idea mostrare il loro affetto in pubblico
"Di che parli?" chiese lui confuso. Mia si fermò, costringendolo a fare lo stesso
"Sai bene di cosa parlo. Cosa hai fatto a quel ragazzo?" Alec non rispose. Abbassò lo sguardo, per evitare di guardarla negli occhi e questo la fece imbestialire "Da quando in qua hai dei segreti con me?" ancora nessuna risposta "Era magia vero? Non mi hai mai detto di saperla usare"
"Infatti non lo so fare!" replicò lui deciso "Ho solo letto una formula su di un libro ieri sera, e ho deciso di provare"
"Beh hai sbagliato"
"Come sarebbe?"
"Hai usato la magia contro un avversario che non può farlo. Un vero combattimento dovrebbe essere alla pari. Sei stato sleale! E non ce n'era certo bisogno, lo avresti battuto con facilità anche senza usare certi trucchi" Mia era fuori di se, il comportamento di Alec era ingiustificabile, ma la cosa che più la faceva arrabbiare, era la consapevolezza che il ragazzo le nascondeva dei segreti. Lo capiva dal suo sguardo. Non le stava dicendo tutto "Hai anche infierito su di lui!!" esclamò sempre più infuriata "Lo hai colpito nonostante fosse disarmato, e hai provato piacere nel farlo. Non è questo che fa un cavaliere"
"Sai Mia ..." fece lui severo "Sono stanco delle tue critiche. Sei sempre pronta a dirmi cosa devo e non devo fare, e sono veramente stufo di sentirmi comandare da te. Tu cerchi di cambiarmi vero? Perchè così non sono adatto a te. Non corrispondo all'immagine che ti sei fatta da piccola sul tuo perfetto principe azzurro"
Mia sgranò gli occhi sorpresa "Ma cosa stai dicendo? Sei impazzito per caso?"
"Ma tanto te ne sei già trovata un altro vero? Quel tuo allenatore, Aaron" finalmente la guardò, e il suo sguardo la fece raggelare. C'era solo odio nei suoi occhi "Scommetto che vi divertite tanto insieme, tutti soli in quella stanza"
Mia lo schiaffeggiò con violenza, colta all'improvviso da un'immensa rabbia. Come poteva parlare in quel modo? Come poteva pensare così male di lei? "Non so chi tu sia ... ma l'Alec che conosco- e che amo!- non parlerebbe mai in questo modo. Spero di rivederlo" si voltò e andò via in fretta, ricacciando indietro le lacrime

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Capitolo 12
*** Confidenze ***


Mia se ne stava seduta in angolo, con le ginocchia contro il petto. Continuava a pensare agli avvenimenti del giorno prima. Non riusciva a credere a ciò che Alec le aveva detto. Rivedeva mentalmente tutti i passaggi, cercando di capire cos'era andato storto. Ripensò ai momenti passati con lui, al giorno in cui si erano presentati in Accademia e a come lo aveva baciato di fronte a tutti, senza pensare alle conseguenze. Quel giorno si era resa conto che qualcosa non andava, ma non aveva seguito il suo istinto. Credere che Alec potesse nasconderle qualcosa per lei era impensabile. Si prese la testa fra le mani e chiuse gli occhi disperata. Da quando aveva iniziato il suo addestramento per diventare cavaliere, non aveva mai pensato davvero ad Alec. O meglio, aveva pensato a lui ma non gli aveva dedicato abbastanza attenzioni. Si era preoccupata solo di se stessa e lo aveva lasciato solo. Doveva essergli accaduto qualcosa, qualcosa di molto grave, che lo aveva spinto a parlarle in quel modo, ma lei non si era accorta di nulla. Che stupida!
"Eccoti!" Mia alzò lo sguardo, e vide Aaron in piedi di fronte a lei "Che cosa fai qui? Ti ho aspettata per ore"
"Non ho voglia di allenarmi oggi" disse lei sconsolata. Aaron rimase piuttosto sorpreso dalla sua espressione. Non l'aveva mai vista così triste prima. Si sedette accanto a lei e guardò davanti a se in silenzio. Erano di fronte alla piazza centrale, e al di là dei cancelli dell'Accademia la città continuava la sua vita sfrenata. La ragazza sospirò, senza sapere cosa dire. Non riusciva a capire se la presenza di Aaron le facesse piacere o meno. In fondo, era anche un po' colpa sua se Alec si era tanto arrabbiato. Vederle passare tanto tempo con lui lo aveva ingelosito sin dall'inizio, ma non riusciva a credere che davvero potesse pensare che ci fosse qualcosa tra lei e il suo giovane istruttore. Alec era l'unico per Mia, tutta la sua vita. Custodiva i suoi sogni e le sue speranze, e lei lo amava. Non avrebbe mai potuto tradirlo, e credeva che Alec lo avesse capito! A quanto pare si era sbagliata ... "Ho litigato con una persona" si sorprese di poterlo dire. Conosceva Aaron da molto poco, ma sentiva di potergli confidare qualsiasi cosa. Sentiva una grande affinità con quel ragazzo, e sapeva di potersi fidare di lui
"Una persona a cui tieni molto?" Mia non rispose "E qual è il motivo del litigio?"
"Non ne sono sicura ..." fece lei pensierosa "So solo che all'improvviso ha iniziato a comportarsi in modo strano ... e che mi ha detto delle cose orribili. Ma lui è un uomo così buono! Non capisco come sia possibile!"
Aaron riflettè per qualche secondo "Forse è solo un po' stressato. Gli allenamenti sono molto duri e non tutti sono portati come te"
Mia rabbrividì, ripensando allo sguardo colmo di odio che Alec le aveva rivolto "Ho paura che non sia così semplice ..."
Aaron sospirò "Oggi fai una pausa ok? Ci vediamo domani" si alzò, lanciandole un ultimo sguardo "Vedrai che le cose si sistemeranno"

Lilith guardava divertita quella povera ragazza che si logorava al pensiero di essere odiata dal suo amato. Dal primo momento in cui l'aveva vista non era riuscita a sopportarla. Solo guardarla negli occhi, in quegli occhi tanto vivaci e pieni di speranza, le faceva venire il voltastomaco. Le piaceva sempre così tanto giocare con i mortali! Bastava una piccola spinta, e persino i migliori di loro potevano cadere e commettere gli atti più immorali. Si rese conto che anche qualcun'altro la osservava. Alcuni ragazzi la guardavano da lontano, con una strana luce negli occhi. Una luce che Lilith conosceva fin troppo bene. Trattenne a stento una risata. Quella sera si sarebbe divertita molto




Angolo dell'autore!!
La storia stà iniziando a prendere vita! Spero che vi piacciano i nuovi sviluppi e che decidiate di andare avanti con la lettura :3
Dal prossimo capitolo le cose inizieranno a cambiare e si delineerà per bene il tipo di trama che stò scrivendo. Io ovviamente amo tutti i miei personaggi, anche Lilith (beh forse Will non mi va molto a genio, e credo sia lo stesso per tutti voi XD)
Vorrei ringraziare KanondiGemini96 per aver seguito in modo così attivo la mia storia e per le sue splendide recensioni. Spero che i prossimi capitoli ti piacciano :D

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Capitolo 13
*** L'incubo peggiore ***


Mia aveva passato il resto della sua giornata nel dormitorio, cercando invano di rilassarsi. Alec non si era visto per tutto il giorno ed iniziava a preoccuparsi. Da una parte, voleva assolutamente parlare con lui e cercare di risolvere le cose, ma ogni volta che ripensava alle sue parole si bloccava. Sembrava così sincero in quel momento. La odiava davvero così tanto? Non riusciva a capacitarsene. Arrivò la notte e Mia non riusciva ancora a chiudere occhio. Troppi pensieri le affollavano la mente, impedendole di dormire. Alla fine decise di alzarsi, sperando che Kador non lo venisse a sapere. Non si poteva attraversare l'Accademia durante la notte, e se l'uomo l'avesse saputo l'avrebbe espulsa all'istante. I corridoi erano strani di notte. Così bui e silenziosi. Quando Mia ed Alec erano piccoli, lei gli aveva tenuto spesso la mano per fargli coraggio mentre si muovevano nell'oscurità. Il ragazzo aveva sempre avuto una gran paura del buio, e gli altri bambini lo prendevano in giro per questo, ma Mia lo difendeva sempre dicendo loro che non esisteva paura senza coraggio "È affrontando le nostre paure che diventiamo più forti". Una di quelle sere Alec le aveva sorriso e le aveva detto che era lei il suo coraggio. Mia sospirò a quel ricordo tanto dolce. Ne assaporò ogni attimo, sentendo il tocco delle mani di Alec sulle sue. In quel momento lo aveva amato così tanto ...
Mia si bloccò, guardandosi attorno. Le era sembrato di sentire qualcosa.
"Buonasera" si voltò di scatto, terribilmente sorpresa. Will era di fronte a lei, con quel suo sorrisetto viscido ben stampato sulla faccia
"Era una buona serata prima di incontrarti" rispose lei scocciata. Di tutte le persone che poteva incontrare ...
"Ti ho vista tutta sola. Ho pensato volessi compagnia" possibile che l'avesse seguita dal dormitorio? Mia si morse le labbra. Se era così, aveva davvero toccato il fondo. Come aveva fatto a non rendersene conto? L'amore era davvero una bella scocciatura
"Non ce n'è bisogno grazie" fece per andare via, ma Will le bloccò la strada "Togliti di mezzo" nessuna risposta. Il ragazzo continuava a sorridere, e Mia gli avrebbe volentieri strappato quelle labbra dal viso se non fosse stato vietato ed immorale "Dovresti sapere ormai come andrebbe a finire. Non vorrei farti piangere" Will sembrò rifletterci un momento. Per un attimo le parve di vedere uno strano dubbio nei suoi occhi. Il ragazzo si spostò, aprendole la strada. Quando Mia fece per andarsene però, accadde qualcosa di inaspettato. Si sentì colpire alla testa con violenza e per un attimo vide solo oscurità davanti a se. Alcune risate la costrinsero ad aprire gli occhi. Era caduta a terra e la testa le faceva molto male. Nonostante la vista annebbiata, riuscì a distinguere chiaramente due figure maschili accanto a quella di Will. Uno di loro aveva qualcosa tra le mani. Un'asta? Il ragazzo si chinò su di lei e la costrinse a voltarsi, mentre i suoi compagni le tenevano le mani ben piantate a terra per evitare sorprese.
"La solita presuntuosa" disse Will ridendo. Mia provò a rispondere ma le coprirono le labbra. Will iniziò a sollevarle la casacca e le strinse con forza i seni. Mia trattenne un urlo e chiuse gli occhi, piena di odio. Non le importava più del regolamento. Lo avrebbe ucciso "Sai nonostante tutto devo dire che sei molto carina. Potremmo approfittare di questa occasione per conoscerci un po' meglio ... che ne dici?"
La ragazza non attese oltre. Portò le gambe all'indietro, come le aveva insegnato Aaron, e le serrò attorno alla gola di Will, scaraventandolo a terra con tutta la forza che aveva in corpo. Uno dei suoi compagni lasciò andare la presa, sconvolto dagli eventi. Mia si sollevò su un fianco e lo colpì al viso con un calcio, rompendogli il naso che iniziò a sanguinare. Poi rivolse la sua attenzione sul terzo ragazzo. Lo gettò a terra e iniziò a colpirlo al viso, restando comunque abbastanza concentrata da dosare bene la potenza in ogni pugno. Era a Will che spettavano i colpi peggiori. Purtroppo il ragazzo si era rialzato in fretta. Le saltò alle spalle e le portò alla gola l'asta che aveva preso poco prima dalla sala attrezzi. La ragazza cercò di liberarsi, ma la presa sul suo collo era ben salda e le mancava il respiro. Boccheggiò, cercando di pensare ad una possibile via di fuga. I compagni di Will si stavano riprendendo e l'avrebbero aiutato. Non aveva scampo! "Uccisa da idioti come questi?" pensò amaramente "Non potevo immaginare una fine peggiore"
Will si irrigidì all'improvviso sentendo dei passi nel corridoio. Con grande sorpresa di tutti i presenti, Alec si fermò davanti a loro. Sgranò gli occhi, terribilmente confuso, e per un attimo il tempo sembrò fermarsi. Mia non era mai stata così felice di vederlo. L'avrebbe salvata e si sarebbero chiariti. Tutto sarebbe tornato come prima! Poi Alec fece qualcosa che Mia non si sarebbe mai aspettata, neanche nei suoi peggiori incubi. Andò via ...
La ragazza rimase immobile, sperando di aver visto male. Era stata forse un'allucinazione? Will iniziò a ridere così forte da farla rabbrividire "A quanto pare il tuo amato non ti vuole più! Non mi meraviglia, chi la vorrebbe mai una donna così? Lo trattavi come un cane, ma alla fine ti ha abbandonata" lei non lo ascoltava. Continuava a vedere gli occhi di Alec su di se, a vederli andare via. Un dolore immenso cominciò a bruciarle nel petto, espandendosi lentamente in tutto il corpo. Non si curò più di nulla. Quasi non sentiva la presa opprimente che le serrava la gola. Smise di divincolarsi e di respirare. "Alec!"
Ad un tratto, la presa sul suo collo cessò, e si ritrovò a terra a tossendo. Sembrava che ci fosse una lotta attorno a lei, ma non ebbe la forza di guardare. Quando tutto fu finito, qualcuno le si chinò accanto, sfiorandole dolcemente il viso "Mia! Mia stai bene?" la ragazza aprì gli occhi speranzosa. Era Alec? Era tornato indietro a salvarla? Non poté fare a meno di piangere quando si rese conto che gli occhi che la stavano guardando non erano quelli del ragazzo ...



Angolo dell'autore!!
Dunque, che dire ... un grande capovolgimento degli eventi. Spero che non mi odierete troppo per questo XD
Purtroppo avevo già deciso, quando avevo iniziato ad ideare i personaggi, che la mia non sarebbe stata esattamente una storia d'amore alla Twilight. Alla base di questa storia si può dire che ci sia una domanda che mi facevo spesso leggendo i numerosi fantasy che affollano la mia libreria: Com'è che nascono gli eroi? E quand'è che invece un eroe finisce per trasformarsi in un cattivo?
Spero che nonostante tutto il capitolo vi sia piaciuto, e che continuerete a leggere e a seguire le avventure di Alec e Mia :3

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Capitolo 14
*** Lacrime ***


Sembravano passati secoli dall'ultima volta che Mia aveva pianto. Quando i suoi genitori erano morti si era sentita morire con loro. Aveva passato giornate intere con lo sguardo fisso nel vuoto tenendo lontano il mondo intero per paura di pensare. L'avevano portata a Karis, in un vecchio orfanotrofio, e lì avevano tentato invano di farla mangiare. Era rimasta per giorni immobile nel suo letto a chiedersi per quale motivo fosse accaduta una cosa del genere. Poi si era messa a sedere, e aveva tirato fuori un vecchio libro. L'unica cosa che gli era rimasta di suo padre. Il libro che le leggeva sempre prima di andare a dormire. In qualche modo, rileggere quelle storie l'aveva aiutata a tornare in se. Ognuno di quegli uomini prima o poi era stato costretto ad affrontare un momento doloroso, ma nonostante il loro dolore e la continua sofferenza, non si arrendevano mai, e lei voleva essere proprio come loro. Forte e coraggiosa.
Si chiese se leggere quel libro l'avrebbe aiutata di nuovo. Se ne stava distesa sul letto, con gli occhi che, puntualmente, le si riempivano di lacrime. Non si era neppure accorta di quando Aaron l'aveva presa tra le braccia per portarla al sicuro. Il ragazzo aveva cercato di parlarle per confortava, ma Mia non sembrava aver udito la sua voce. Le coperte erano bagnate, per via del fiume di lacrime che aveva versato per tutta la notte. Quando finalmente si decise a guardarsi intorno, si rese conto che era in una piccola stanza a lei sconosciuta. Aaron dormiva sul pavimento, con una coperta sulle spalle, ma doveva avere freddo. Mia non lo aveva neppure ringraziato, ma le pareva di non avere più voce. Si portò una mano al petto, dove il suo cuore batteva lento e sembrava essersi appena squarciato. Si capisce davvero quanto ami una persona nel momento in cui la perdi. Ad un tratto ti sembra che nulla abbia più senso e che sorridere sia terribilmente difficile e sbagliato. È come se, all'improvviso, ti ritrovassi al buio, immerso completamente nell'oscurità. Era Alec la sua luce, e l'aveva abbandonata ...

"Ti senti meglio?" Aaron le porse una piccola tazza con del latte caldo. Mia non era voluta entrare nella mensa per fare colazione. Non se la sentiva di guardare i suoi compagni negli occhi. Non ancora almeno
"Grazie per quello che hai fatto" rispose lei afferrando la tazza "Non eri obbligato"
"Si che lo ero!" obbiettò lui con fermezza "Un cavaliere aiuta sempre le damigelle in pericolo!" sorrise divertito "Ma non c'è bisogno che te lo dica. Tu avresti fatto lo stesso. Sei l'unica qui dentro che abbia davvero la mente e il cuore di un cavaliere"
"A quanto pare siamo in due" provò a ricambiare il suo sorriso ma le venne fuori una strana smorfia ed Aaron si fece serio
"Quei ragazzi sono dei veri mostri. Sono stati dei vigliacchi. Ho chiesto di parlare con Kador, farò in modo che vengano espulsi"
Mia fece spallucce "Non credo che Kador lo farà. Sarà felice di sapere che non sono ben voluta. E comunque ... non mi importa di loro. Non me n'è mai importato"
"Non importa cosa pensa Kador di te. Le regole sono regole. Non sono ammesse risse in questo posto, e quel ragazzino stava per ucciderti"
"Ragazzino?" stavolta riuscì a ridere "Non mi sembri tanto più vecchio di Will" poi si guardò intorno "Ma noto con piacere che hai qualche privilegio. Una stanza singola, che meraviglia"
Aaron le strizzò l'occhio "Beh sai, sono uno dei migliori qui dentro" Mia lo colpì al petto rischiando di farlo cadere dal letto. Lui rise e si alzò "Non so cosa sia ad angosciarti tanto, ma non permettere a nessuno di abbatterti in questo modo. E comunque sei una donna forte perciò non preoccuparti. Ce la farai" Mia rimase a bocca aperta mentre Aaron usciva dalla stanza per lasciarle un po' di intimità. Non l'aveva forzata a raccontare l'accaduto, e non l'avrebbe mai fatto. L'avrebbe semplicemente sostenuta per quello che poteva. Finalmente all'interno dell'Accademia si era trovata un amico.

Mia si guardò intorno decisa. Alla fine era andata a lezione con i suoi compagni, per dimostrare loro che non aveva paura. Il motivo principale per cui era uscita allo scoperto, però, era parlare con Alec. Non aveva la più pallida idea di cosa dire, ma quell'attesa la uccideva. In qualunque caso lei lo amava ed era sicura che anche lui provasse la stessa cosa. Lo cercò a lungo, ma nessuno sapeva dove fosse. Alla fine chiese a Rin che la guardò confuso "Credevo che lo sapessi. Voi due eravate molto vicini"
"Sapere cosa?"
"Alec se n'è andato ... è venuto da me stamattina, molto presto, e mi ha detto che questo non era il posto adatto a lui" Mia non rispose. Sperò di aver capito male. Sperò che fosse tutto un grosso malinteso. Il suo litigio con Alec, il suo sguardo pieno di odio, la sua indifferenza verso le violenze di Will ... chiuse gli occhi con forza sperando di risvegliarsi nel suo letto con la consapevolezza che si era trattato solo di un sogno ma non fu così


Angolo dell'autore!!
E così il duo si separa. Povera Mia. Non c'è niente di peggio delle pene d'amore, ma per fortuna lei è una ragazza forte. Al prossimo capitolo con Alec e Lilith in fuga dall'Accademia e l'incontro con Kador. Buona serata :3

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Capitolo 15
*** Vendetta e potere ***


Alec si sedette a terra esausto. Erano in una foresta, al limitare della città. Lui e Lilith erano andati via dall'Accademia molto presto, per evitare che qualcuno ficcasse il naso nei loro affari. In realtà, Alec era scappato per un altro motivo, che Lilith non riusciva a comprendere, Mia. La sera prima, dopo il suo litigio con la ragazza, non era riuscito a calmarsi e aveva deciso di non rientrare nel dormitorio. Mentre attraversava i corridoi dell'edificio aveva sentito degli strani rumori, e nonostante avesse avuto un terribile presentimento si era avvicinato sempre di più, per capire cosa stesse accadendo. Quello che aveva visto lo aveva lasciato senza parole. Will stava tentando di strozzare Mia con l'aiuto di un'asta. Per un attimo gli era sembrato che il tempo si fosse fermato mentre rifletteva per decidere cosa fare. La sua testa gli imponeva di muoversi, di afferrare Will per i capelli e strapparlo via dalla ragazza che amava, ma il suo corpo rimaneva immobile. Era stato come tornare a quella notte di tanti anni fa, in cui aveva guardato suo padre attaccare la madre senza riuscire a fare nulla
"Ti senti in colpa?" fece Lilith sedendosi di fronte a lui. La donna aveva assistito a tutta la scena da lontano, senza sapere se intervenire o meno. Quando era apparso Alec era stata presa dal panico, ma il ragazzo aveva reagito magnificamente andando via "Che esagerazione! Non l'avrebbero uccisa comunque, volevano solo divertirsi un po' "
"Come puoi parlare così?" rispose lui scioccato "È proprio vero. Sono un codardo. Ho abbandonato l'unica persona di cui mi importasse davvero qualcosa" si coprì il viso con le mani. Si sentiva davvero un verme. Non avrebbe più avuto il coraggio di guardare Mia negli occhi
"Sapevi che sarebbe finita"
"Avrei preferito un finale diverso" da quando Lilith era entrata nella sua vita Alec era stato divorato da molti dubbi. Primo fra tutti, il suo rapporto con Mia. Lui la amava, non c'erano dubbi su questo, ma chissà perchè non riusciva a sentirsi davvero felice. L'aveva sempre seguita, rincorrendo i suoi stessi sogni, senza pensare a cosa voleva davvero. Quella scemenza di diventare cavaliere per proteggere le persone che si amano ... era Mia a volerlo, lui voleva qualcosa di più. L'unica a capirlo era stata Lilith, che aveva iniziato ad insegnargli i segreti della magia e lo aveva fatto riflettere su quali fossero davvero i suoi desideri. Quando aveva lasciato l'Accademia, si era sentito libero. Era stata la prima volta che aveva davvero preso una decisione, senza sentire l'influenza di chi gli stava intorno
"Cos'è che vuoi Lilith? Perchè sei venuta da me?" chiese all'improvviso. La donna lo guardò con i suoi occhi di fiamma, stranamente seria
Incrociò le gambe ed iniziò a parlare "Sai anch'io sono una specie di orfana" disse sorridendo tristemente "Mia madre era una donna estremamente bella, ed era una grande maga. Fu lei ad insegnarmi i princìpi base della magia, come questo" mosse appena la mano destra davanti a se e una piccola fiamma prese vita sul terreno "È risaputo che i sovrani siano soliti circondarsi dei migliori maghi della regione per la loro protezione e, a volte, per chiedere consiglio agli Dei. Mia madre era una di loro, e il Re la teneva sempre al suo fianco" fece una piccola pausa, cercando le parole giuste da dire "Un giorno accadde qualcosa che non si sarebbe mai aspettata. Il re le mise le mani addosso. Era abituata a rifiutare gli uomini e non le importava quanto importante lui fosse. Lo respinse, sperando che questo non avrebbe cambiato il loro rapporto, ma ovviamente non fu così. Il sovrano la accusò di praticare magia nera. Disse che aveva attentato alla sua vita e che doveva essere punita. I suoi soldati irruppero in casa nostra e la portarono via. Quella stessa notte, mia madre venne bruciata viva al centro della piazza della nostra città, perché tutti vedessero ..."
Alec rimase in silenzio. Per la prima volta, pensò che probabilmente anche Lilith aveva dei sentimenti. Ebbe pena di lei, e cercò qualcosa da dire che potesse farla sentire meglio, ma la donna non gliene diede il tempo
"Rimasta ormai sola, decisi di rivolgermi a mio padre, un uomo da cui mia madre aveva sempre cercato di tenermi lontana, ma che rappresentava l'unica cosa che mi era rimasta. Così lo cercai, addentrandomi nelle terre di Dunkelheit" Alec ebbe un brivido e Lilith sorrise "Vedo che le conosci" Ciò che conosceva di quella terra l'aveva appreso grazie a vecchie leggende che Mia gli raccontava quand'erano piccoli. Dunkelheit, la regione delle tenebre, la terra dei mostri, la culla degli incubi ... gli avevano dato molti nomi durante i secoli, ma nessuno sapeva con precisione che cosa ci fosse in quelle terre. L'unica cosa che si sapeva per certo, è che era molto meglio starne alla larga "Mio padre ovviamente non era un comune essere umano, ma mi accolse a braccia aperte e mi aiutò a diventare più forte, in attesa di questo momento ..."
"Quello che vuoi è la vendetta?"
Il sorriso di Lilith si allargò, deformando il suo viso e facendola apparire una specie di spettro. I suoi occhi lampeggiarono, più vivi che mai "Non voglio una semplice vendetta. Voglio vedere quell'uomo strisciare ai miei piedi implorando il mio perdono. Voglio portargli via tutto ciò che ama e costringerlo a guardare mentre distruggo tutto ciò per cui ha lavorato in tutti questi anni"
"Sei pazza davvero ..."
"Non lo siamo forse tutti?" Alec non rispose. Aveva un brutto presentimento. Quello che Lilith voleva fare era folle, e le sue origini lo spaventavano a morte "Ed è qui che arriva il bello. Il re morirà tra le più atroci sofferenze e tu prenderai il suo posto sul trono, al mio fianco"
"Come?!" stava scherzando vero? Lui? Un re? Ridicolo! Sospirò, sempre più stanco "Insomma, una rivoluzione ... hai idea di quali conseguenze potrebbe avere una simile azione? E poi, uccidere delle persone?! Come puoi pensarlo? "
Lilith fece spallucce "Per quanto mi riguarda l'umanità può anche bruciare. Io non ne faccio più parte" quest'affermazione lo lasciò senza parole. Era seria. Sarebbe andata fino in fondo "Andiamo Alec! Non è questo che vuoi? Essere forte, avere potere. Non saresti più un escluso, verresti trattato con adorazione e rispetto. Avresti il mondo ai tuoi piedi" si inginocchiò di fronte a lui e gli passò le dita tra i capelli "Pensaci. Nessun limite, nessuna costrizione. Governemo sul mondo intero, saremo come degli Dei, probabilmente anche migliori"
C'era una grande follia nei suoi occhi ma, chissà perchè, Alec non riuscì a distogliere lo sguardo. Immaginò di sedere sul trono, Lilith, bellissima, accanto a lui, e i soldati che chinavano la testa in segno di rispetto. Tutto quel potere ... non poté fare a meno di desiderarlo "Perche sei venuta da me?"
"Perchè io e te siamo uguali. Abbiamo gli stessi desideri" toccò il suo cuore e capì che lo aveva in pugno. Se suo padre l'avesse vista sarebbe stato fiero di lei. Aveva preso un uomo buono e lo aveva portato dalla sua parte. Alec sarebbe diventato un vero mostro, e le avrebbe permesso di ottenere quel potere che tanto voleva. Doveva solo aspettare "Prima però, c'è una cosa che devi fare, se vuoi essere forte e lasciarti il passato alle spalle"


Angolo dell'autore!!
Sembrano passati anni da quando ho iniziato a scrivere questa storia, e la trama si è notevolmente trasformata. Inizialmente era Mia l'unica protagonista, e la storia era semplice e lineare. Mia entrava in Accademia, si addestrava, diventava un cavaliere. Successivamente la mia mente malata ha iniziato a sfornare nuovi personaggi e a complicare la trama XD
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a leggere :3

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Capitolo 16
*** Sangue ***


Lilith prese Alec per mano e lo costrinse a seguirla. La sua vecchia casa era ormai abbandonata, ma era esattamente come se la ricordava. Il ragazzo cercava di non mostrare la propria paura, ma non gli riusciva molto bene. La donna voleva che diventasse più forte, e lo aveva riportato dove tutto era iniziato, per permettergli di tagliare i ponti col passato. Alec si stupì di quanto sogno e realtà fossero terribilmente simili. Passò per l'ennesima volta di fronte al grande quadro che ritraeva la sua vecchia famiglia, ma stavolta lo stava facendo davvero. C'era un forte odore di chiuso nell'aria, e i mobili erano pieni di polvere. La servitù doveva aver abbandonato la casa molti anni prima. Lilith superò con tranquillità lo studio di suo padre, senza degnarlo di uno sguardo. Sembrava conoscere quei corridoi. Era come se avesse una meta precisa, eppure era la prima volta che entrava in quella casa. Presto si ritrovarono di fronte ad un'altra porta, ben più grande e sontuosa della precedente. Lilith si fermò "Eccoci arrivati" Alec ricordava bene quella stanza. Era la camera da letto dei suoi genitori. Gli rivennero alla mente diversi ricordi. Ogni volta che aveva avuto un incubo, si era diretto in quella camera e la madre lo aveva stretto forte a se per fargli coraggio. Quando il padre se ne rendeva conto lo sgridava, dicendogli che in quel modo non sarebbe mai diventato un vero uomo. Quanto lo aveva odiato ... era stato un sollievo scoprire che in fondo quello non era davvero suo padre. La porta era socchiusa, e all'interno riusciva ad intravedere una strana luce. Entrò nella camera, e si rese conto che c'erano molte candele accese che illuminavano la stanza ormai dall'aria spettrale. Si avvicinò al letto matrimoniale, da cui proveniva uno strano rumore. Una specie di respiro, roco e quasi senza vita. Ciò che vide sul letto lo raggelò. Suo padre era disteso con gli occhi spalancati, e tentava con fatica di respirare. I suoi capelli erano completamente bianchi e la pelle rugosa e terribilmente tirata. Era così magro che riusciva ad intravederne le ossa del viso. Gli occhi parevano incavati e schizzavano in fretta attraverso la stanza, come colti dal panico. Il suo corpo era vecchio e debole ma gli occhi rivelavano la vita che ancora cercava di farsi avanti. Alec rimase senza fiato. Era impossibile che fosse invecchiato tanto. L'ultima volta che lo aveva visto era ancora molto giovane e forte, come poteva essersi ridotto così?
"È malato temo" fece Lilith entrando a sua volta nella stanza "È rimasto solo lui ad infestare questa casa"
"Sei stata tu?"
La donna fece spallucce e un brivido gli corse lungo la schiena. In che guaio si era andato a cacciare? Lilith era fuori di testa e terribilmente potente. Le bastava schioccare le dita per far accadere tutto ciò che voleva, e i suoi desideri erano malsani e crudeli "Che cosa importa? Stà male, dovresti aiutarlo"
Tirò fuori un pugnale dalla cintura e glielo porse sorridendo. Alec indietreggiò "No ... non posso farlo"
La donna si fece seria "Perchè no? Cos'ha mai fatto lui per te? Niente. Non è neppure davvero tuo padre, è un mostro, che ha ucciso l'unica donna che ti amava e ti ha abbandonato e reso un reietto ... non mancherà a nessuno"
"Non importa cosa mi ha fatto!!" Alec era sconvolto. Non si aspettava certo una simile piega degli eventi "Uccidere è sbagliato! Non posso farlo"
Lilith sospirò, grattandosi la testa spazientita "Non capisco proprio perché ti faccia tanti problemi. Morirà comunque, con o senza il tuo aiuto" si avvicinò lentamente, gli occhi che brillavano "Nel momento stesso in cui nasciamo iniziamo inevitabilmente a morire. La vita non è altro che una serie ininterrotta di dolore e sofferenze senza fine. Uccidere non è sbagliato, anzi è quasi un atto d'amore. Ridurresti notevolmente la sua sofferenza e gli permetteresti di raggiungere la pace" gli mise il pugnale tra le mani, accarezzandone dolcemente i dorsi "Avanti Alec, non mentire. Lo so che ci hai pensato spesso. Hai sempre voluto vendicarti di quest'uomo no? È la tua occasione" il ragazzo guardò quello che una volta credeva fosse suo padre e sentì di nuovo quel vecchio odio che in passato aveva alimentato i suoi incubi. Ricordò il suo sguardo severo e pieno di disprezzo, la violenza con cui aveva gettato a terra sua madre. Dopo averla uccisa aveva chiesto alla servitù di seppellirla in giardino come se fosse un cane. Nessuna parola di commiato. L'avevano gettata in quella buca come una bambola ormai troppo vecchia e priva di attrattiva. Poi si era voltato verso il figlio e lo aveva insultato in ogni maniera possibile. Ricordò il vecchio bastone che utilizzava per camminare dopo essersi ferito ad una gamba. Ne aveva ancora alcuni segni sulla schiena. Quell'uomo era il motivo della sua sofferenza, della sua paura. Lo odiava. Voleva vederlo soffrire, così come lui aveva fatto soffrire sua madre. Prese il pugnale e lo sollevò, incurante dello sguardo di supplica rivoltogli dall'uomo. Lilith sorrise quando vide la lama affondargli nel petto, ancora e ancora. Il sangue la raggiunse, macchiandole i vestiti, ma non sembrò farci caso. Alec si coprì il viso con le mani e iniziò a tremare quando si rese conto che l'uomo aveva smesso di respirare. Non sapeva più cosa pensare. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena fatto e alcune lacrime si fecero largo nei occhi. La cosa che più lo sconvolgeva però, era il sorriso che si era disegnato sul suo volto nel momento in cui aveva abbassato la lama ...

Mia si guardò allo specchio con sguardo spento. L'incontro con Kador, ovviamente, non era servito a nulla. L'uomo non aveva cacciato Will e i suoi amici, dicendo che non avevano abbastanza prove "Anche i ragazzi sono feriti" aveva detto "Come facciamo a sapere che non sia stata proprio Mia a cominciare?"
Aaron lo aveva guardato sconvolto, cercando di ribattere, ma Kador li aveva congedati senza neppure rivolgergli lo sguardo. Il ragazzo si era scusato con Mia per non essere riuscito ad aiutarla ma alla ragazza non importava della sorte dei suoi assalitori. Riusciva a pensare solo ad Alec. Dov'era in quel momento? Sentiva la sua mancanza? Osservò i suoi capelli scuri. Li aveva lasciati crescere per lui, perchè le davano un'aria femminile. Ora però, lui non c'era più, e doveva farsene una ragione. Prese il coltello che aveva rubato dalle cucine ed iniziò a reciderne le ciocche, fino alle spalle. Non avrebbe più cercato di compiacere nessuno


Angolo dell'autore!!
E così finisce la prima parte della storia. Nel prossimo capitolo inizieremo con la seconda, con Alec e Mia proiettati nel futuro (un futuro non troppo lontano ovviamente)
Ringrazio astarinthefantasysky e The Birthday Massacre per le loro recensioni :)
Grazie anche a KanondiGemini96 che continua a seguire così attivamente la mia storia :')
Ci vediamo al prossimo capitolo. Buona giornata!!

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Capitolo 17
*** Tre anni dopo ***


Aberlon era una città piuttosto tranquilla, uno di quei posti in cui era raro che accadesse qualcosa. Sorgeva su una piccola collina ed era circondata da alte mura che in passato erano servite a difendere i cittadini dagli attacchi dei loro nemici. La maggior parte delle abitazioni era in legno e, all'esterno, c'erano enormi banchi adibiti al commercio. Aberlon era famosa per la moltitudine di piante che crescevano nella foresta che circondava le mura, con le quali i cittadini creavano impacchi curativi molto efficaci. Da un po' di tempo però, gli abitanti della città avevano smesso di avventurarsi nella foresta e si erano rifugiati in casa. Si diceva infatti, che la grotta fuori dalla città fosse stata recentemente occupata da una creatura spaventosa. Alcuni ritenevano che fosse un semplice orso, o comunque un animale molto grosso, altri credevano si trattasse di una creatura oscura e pericolosa, mai vista prima. L'unica che non aveva paura di queste strane voci era Talula, una bambina di sei anni, che era solita fare lunghe passeggiate nella foresta senza badare ai possibili nemici in agguato dietro ad ogni angolo. Aveva dei capelli di un rosso intenso e fiammeggiante e un carattere allegro e solare. Non passava mai molto tempo in città, perchè non c'era mai nulla di nuovo da vedere, ma quel giorno le cose cambiarono. Alcuni soldati erano stati inviati ad Aberlon per ordine del Re nella speranza di scacciare la creatura che stava tormentando i suoi abitanti. Talula non aveva mai visto dei soldati, se li era solo immaginati leggendo alcune storie. Nella sua fantasia, erano uomini forti e slanciati, con indosso grandi armature luccicanti. Rimase molto delusa quando vide che in realtà non avevano nulla di speciale. Erano dei comuni ragazzi, ancora piuttosto giovani, con indosso delle divise blu a collo alto. In vita avevano una cintura in cuio, alla quale era stata fissata una fondina per le loro spade. Anche queste non avevano nulla di speciale. Non brillavano come ci si poteva aspettare. Talula li osservò uno ad uno, trovandoli piuttosto noiosi, poi uno di loro attirò la sua attenzione. Era una ragazza!! Non credeva che le donne potessero entrare nell'esercito perciò rimase molto sorpresa quando la vide. Aveva uno sguardo forte e fiero ed era molto bella. Alta e snella, con riccioli scuri che le arrivavano alle spalle ed occhi castani. Camminava a testa alta, con passo leggero e sicuro. Talula si irrigidì quando la vide voltarsi verso di lei e sorridere. Aveva un sorriso molto luminoso. Chinò appena la testa, rivolgendole un piccolo inchino. Talula rimase senza fiato. Quella donna era speciale.

Aaron entrò nella tenda di Mia senza parlare. La ragazza quasi non si accorse della sua presenza. Era seduta a terra, su un letto di fortuna, e aveva tra le mani un grosso libro dalla copertina scura.
"Ormai non leggi altro" disse per attirare la sua attenzione
Mia alzò appena lo sguardo solo per tornare poi a leggere "È molto interessante"
Ormai erano parecchi mesi che non alzava la testa da quelle pagine. Il libro in questione era un libro di magia, che aveva trovato per caso in una vecchia libreria dell'Accademia. I cavalieri non avevano mai avuto un grosso interesse per le arti magiche. Erano uomini d'armi, non era portati per quel genere di pratiche, che richiedevano una grande concentrazione. Mia invece, sembrava molto portata, e ancora una volta Aaron si era stupito del suo talento. Il modo in cui la ragazza ci si dedicava, però, aveva qualcosa di strano. Sembrava davvero molto importante per lei "Hai imparato qualcosa di nuovo?"
"È tutta una questione di equilibrio e comprensione della natura. La maggior parte degli incantesimi sono legati a elementi naturali ben precisi e richiedono una buona dose di energie e concentrazione. Se si capisce questo, si può fare qualsiasi cosa"
"Anche uccidere una persona?"
Mia lo guardò finalmente negli occhi, sorpresa da quella sua affermazione "La magia non è fatta per uccidere o ferire, e se ci pensi, questo è un principio che si applica un po' a tutto" poggiò il libro a terra e raccolse la sua spada "Chi ha deciso che questa è un'arma?"
Aaron prese posto di fronte a lei e scrollò le spalle "È in grado di uccidere, perciò è un'arma"
"Ma non è l'unica cosa che può fare. Posso usare la lama per intagliare, o per difendere una persona. Potrei anche fonderla, per creare qualcos'altro. Siamo noi a decidere cosa farne di uno strumento, perciò siamo noi l'unica vera arma. Per la magia è la stessa cosa. Non è finalizzata per fungere da arma, ma ci sono persone che la usano come tale e sfruttano il suo potere per fare del male. Non esistono magia bianca o magia nera. Il cuore è l'unico elemento in grado di influenzarne gli effetti" Aaron sorrise e Mia arrossì imbarazzata "Perchè mi guardi così?"
"Pensavo ... che sei davvero unica. Hai un modo di vedere le cose diverso da tutti gli altri, e questo mi rende un po' geloso"
Mia rise "L'allievo ha superato il maestro" chiuse il libro di magia e si alzò, pronta ad uscire "Spero che ci sia davvero qualcosa di strano in questo villaggio, perchè sono stufa di ricevere gli incarichi più banali" era stato Kador a spedirla ad Aberlon, insieme ad una piccola squadra di giovani reclute. L'uomo era convinto che la creatura di cui gli abitanti parlassero tanto non fosse altro che un orso molto grosso, e non aveva sprecato i suoi soldati migliori per un compito tanto banale. Mia ovviamente era la migliore della sua classe, ma Kador non lo avrebbe mai ammesso. Quando Aaron si era offerto volontario per accompagnarla, poi, erano rimasti tutti scioccati. Un grande soldato come lui che si univa volontariamente ad una missione tanto noiosa!
"In qualunque caso non sarà male passare un po' di tempo lontano dall'Accademia. Ormai era da tempo che non partecipavo ad una missione"
"Tranquillo" fece Mia divertita "Ti proteggerò io. Ormai niente mi spaventa"


Angolo dell'autore!!
E così sono passati ben tre anni da quando Alec e Mia sono entrati in Accademia e ormai Mia è diventata una donna. Kador le assegna sempre missioni molto semplici, ma chissà che questa volta non incappi in qualcosa di grosso ;)
Purtroppo con l'inizio dell'Università ho molto meno tempo per scrivere perciò potrebbe volerci tempo tra l'uscita di un capitolo e l'altro, ma cercherò di non farvi aspettare troppo :3

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Capitolo 18
*** La grotta di Aberlon ***


Lilith guardò il piccolo ragno sulla sua mano. Era incredibile quanto quelle creature fossero facili da controllare. Il piccolo insetto iniziò a risalirle lungo il braccio solleticandole la pelle con le sue zampe sottili. Lilith lo lasciò avvicinare, osservando con attenzione ogni suo movimento
"Dai i brividi" disse Alec osservandola disgustato. Col tempo si era reso conto che tutte le creature che la donna riusciva a controllare erano viscide e repellenti. Una sera, l'aveva vista parlare con un serpente ed osservarlo durante la muta "Non sarebbe meglio usare delle farfalle?"
"Le farfalle non mordono" replicò lei divertita. Alec era molto cambiato nel corso degli anni. Si era lasciato crescere i capelli, che ora gli arrivavano fin quasi alle spalle, neri come la pece, e che contrastavano enormemente con l'azzurro dei suoi occhi. La sua pelle era molto chiara, e anche l'altezza era aumentata. Questi però, erano dei semplici cambiamenti fisici, che chiunque poteva vedere. Lilith sapeva che c'era molto di più. Lo capiva dalla freddezza del suo sguardo e dal battito controllato del suo cuore. Era diventato l'uomo che lei voleva che fosse.

"Io non ci vado" disse Peter sconvolto. Era una delle nuove reclute che Kador aveva inviato ad Aberlon per proteggere gli abitanti dalla creatura che di recente aveva iniziato ad infestare quella piccola città. Erano tre in tutto e, a differenza di Mia ed Aaron, non avevano un minimo di esperienza. La ragazza era già sorpresa di sapere che potevano maneggiare una spada "Un ragazzo mi ha detto di averla vista! Era una creatura orribile, diversa da qualunque altra cosa avesse mai visto! Ha divorato il suo intero bestiame in pochi secondi e se non fosse fuggito probabilmente avrebbe ucciso anche lui"
"Dicono che abbia fauci immense e che sia in grado di volare!" stavolta era stato James a parlare. Era il più giovane dei tre e i suoi compagni in Accademia lo prendevano spesso di mira con scherzi di cattivo gusto. Quando Mia se n'era accorta, aveva iniziato a proteggerlo e a parlare con lui perchè non si sentisse solo. Era sempre stata contro le ingiustizie e proteggere i più deboli era nella sua natura, ma dietro quella sua cortesia c'era qualcosa di più. Quel ragazzo le ricordava molto Alec. Isolato, insicuro ... voleva riuscire ad aiutarlo, a renderlo più forte. Era ciò che avrebbe voluto per Alec, ma purtroppo con lui era finita molto male. Il terzo ragazzo si chiamava Thom. Era un bravo arciere, ma quando si trattava di scontri corpo a corpo entrava nel panico e finiva col commettere una sciocchezza dopo l'altra "Se può volare siamo finiti. Le mura non ci proteggeranno" "Non abbiamo neppure finito l'addestramento!" disse Thom sconvolto "Sarebbe un suicidio!" Aaron si massaggiò le tempie esausto. Avevano deciso di dare la caccia alla creatura che terrorizzava Aberlon, ma poco prima di varcare i cancelli della città i suoi giovani compagni avevano deciso di tirarsi indietro. Non gli era mai capitato nulla del genere. Sembrava che si fossero arruolati per sbaglio.
Mia incrociò le braccia al petto sconvolta "State scherzando vero? Che razza di uomini siete?!" i ragazzi non risposero. Le cose erano cambiate andando avanti con gli anni. In Accademia, Mia suscitava paura e rispetto. Nessuno ormai metteva più in dubbio il suo talento, e le reclute più giovani la consideravano una specie di comandante "Non riesco a credere che l'esercito del re possa contenere degli elementi tanto scadenti! Se volete restarvene al sicuro fate pure, ma io andrò a compiere il mio dovere" si voltò di scatto, sbattendo a terra gli stivali. Aaron si coprì il viso con la mano nel vano tentativo di sopprimere una risata. Non era cambiata affatto

Nel fitto della vegetazione, a poca distanza dalle mura di Aberlon, c'era una piccola grotta, ricavata da una montagna. Nessuno ci aveva mai messo piede, per via di antiche leggende che, di tradizione in tradizione, erano state tramandate nel corso dei secoli. La maggior parte di esse parlavano di un luogo sacro e inviolabile, nel quale un tempo fosse possibile comunicare con gli Dei.
Personalmente, Mia non aveva mai creduto negli Dei ma ritrovarsi di fronte a quella grotta lugubre le aveva fatto cambiare idea. Aaron era al suo fianco "Sai ... non credo si tratti di un orso" disse indicando i segni di artigli sul bordo dell'entrata. La roccia era franata nei punti in cui la misteriosa creatura aveva conficcate le proprie zanne. Mia la osservò con un misto di curiosità e orrore. Da una parte, l'idea di entrare la spaventava a morte ma dall'altra, non aveva mai visto una creatura così grande prima d'ora! Era un'occasione unica! Aaron si chiuse il naso con le dita "Qualunque cosa sia, non ha un buon odore. Sicura di voler entrare?"
La ragazza assentì con sicurezza "Sento di doverlo fare ... non saprei dire perchè, ma so che è la cosa giusta"
"Bene allora" sguainò la spada e le fece segno di seguirlo "Andiamo"


Angolo dell'autore!!
Oggi ho avuto pochissimo tempo per scrivere perciò il capitolo è venuto un po' breve, ma nel prossimo si scoprirà cosa c'è in questa strana caverna XD
E si inizieranno ad intravedere i piani di Lilith :3

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Capitolo 19
*** La creatura misteriosa ***


Il cuore di Mia batteva all'impazzata. Quella grotta era più profonda di quanto pensasse, e al suo interno l'oscurità regnava sovrana. Si era offerta di fare un po' di luce, ma Aaron l'aveva fermata, facendole notare che se la creatura a cui davano la caccia era pericolosa sarebbe stato molto meglio restare nell'ombra. Il ragazzo teneva la spada puntata davanti a se, e si muoveva sul bordo della parete, tastandola con la mano. Mia lo seguiva, distinguendo appena la sua figura nell'oscurità. Si irrigidiva ad ogni piccolo rumore e stringeva con forza l'elsa della sua spada. Aveva una gran voglia di sguainarla e puntarla davanti a sè come aveva già fatto Aaron, ma qualcosa glielo impediva. Non sentiva neppure il bisogno di tastare le pareti. Era come se sapesse già dove andare. Si sentiva attratta come da una calamita verso il centro della caverna e camminava spedita, senza guardarsi indietro.
All'improvviso, Aaron si fermò, e la costrinse a fare lo stesso "Che cos'è?"
Mia tese l'orecchio, restando in silenzio, e avvertì uno strano rumore. All'inizio pensò si trattasse del vento, ma poi capì che non era così. Rabbrividì quando si rese conto che ciò che sentiva era un profondo respiro. Quale creatura poteva produrre un suono simile?
Il respiro era molto forte e aumentava di intensità man mano che i due compagni si avvicinavano alla fonte di quello strano rumore. I capelli di Mia si muovevano leggermente, solleticandole le spalle, ogni volta che la creatura espirava. L'intensità del suo respiro, però, non era l'unica cosa bizzarra. Ogni volta che questo la colpiva infatti, la ragazza si rendeva conto che era stranamente caldo, ed iniziò a temere di rimanere bruciata se fosse avanzata troppo. Aaron si fermò, notando una luce. Lui e Mia cercarono di rimanere nell'oscurità, e sbirciarono quella che sembrava una grande sala scavata nella roccia. In alto, una piccola apertura lasciava entrare quella che sembrava la luce della luna, eppure erano ancora in pieno giorno. Al centro della sala, un piccolo lago argentato brillava sotto quel bizzarro fascio di luce e delineava il contorno di un'immensa figura. Quando gli occhi di Mia riuscirono a distinguerne i particolari, la ragazza rimase a bocca aperta.
"Un drago ..." sussurrò ad Alec piena di meraviglia. L'enorme animale sembrava un grosso rettile, con zampe possenti e artigli affilati. Aveva due immense ali fissate ai lati del corpo e tre corna di diversa grandezza sul muso elegante. Aprì appena le fauci, mettendo in mostra i denti affilati e liberando un piccolo sbuffo di fumo. Non sembrava averli notati. Era disteso a terra, con la testa abbandonata sul bordo del piccolo lago. La luce della luna illuminava le sue scaglie del colore del mare, creando stupendi giochi di luce che lasciarono la ragazza senza fiato. Quando vide lo sguardo di Aaron, così freddo e minaccioso, si sentì morire "Non possiamo ucciderlo!"
Lui la guardò sorpreso "Sei impazzita? È per questo che siamo qui. Non possiamo lasciarlo in vita, potrebbe essere pericoloso!"
"Ma fino ad ora non ha fatto del male a nessuno!" ribattè Mia con sicurezza. Tornò a guardare la figura del drago, e notò che perdeva sangue. C'era una grande ferita sul suo corpo, nel punto in cui le scaglie si interrompevano per lasciare spazio alla pelle morbida "Aspettami qui"
Aaron non fece in tempo a fermarla. La ragazza entrò nella sala, lasciando che la luce la illuminasse. Il drago girò lentamente la testa e ruggì quando vide la figura della donna che si muoveva verso di lui. Il suo ruggito fu così potente che per un momento Aaron sentì le pareti tremare. Mia si fermò, guardandolo negli occhi "Non voglio farti del male"
Si sfilò lentamente la cintura e gettò la spada a terra. Aaron imprecò a bassa voce. Era davvero impazzita! Voleva farsi uccidere? Con sua grande sorpresa, si rese conto che l'animale era rimasto immobile, e guardava con curiosità la donna che aveva ripreso a camminare. Avvicinandosi, Mia riuscì a notare dei nuovi dettagli che da lontano non era riuscita a vedere, come gli occhi del drago, talmente chiari da sembrare quasi bianchi. Le incutevano paura e allo stesso tempo rispetto. Quando fu abbastanza vicina, sostenne il suo sguardo e tese lentamente la mano verso il muso dell'animale. Questo sbuffò, liberando una piccola nuvola di fumo che la colpì sul viso facendola tossire. Mia si ritrovò a sorridere, interpretando quel gesto come una specie di gioco e posò la mano sulla testa del drago, accarezzando appena le sue forti squame. Erano dure al tatto e probabilmente indistruttibili. Non doveva essere semplice ferire una simile creatura, e si chiese perchè qualcuno lo avesse fatto. Era così bella! Le sembrò di udire un'emozione in risposta ai suoi pensieri "Puoi sentirmi?" il drago assentì, scuotendo il muso enorme, e il cuore di Mia ebbe un sussulto. In tutta la vita, mai si sarebbe aspettata di vivere un momento simile. Le parole non potevano descrivere cosa stesse provando in quel momento, di fronte a quella creatura straordinaria. La cosa certa, però, era che per un momento aveva smesso di pensare. Aveva dimenticato tutti i suoi problemi, mettendoli da parte con facilità ed una gioia immensa le aveva preso il cuore.
"Lascia che ti aiuti" disse spostando lo sguardo verso la ferita. Era molto grande ma non sembrava troppo profonda. Scavò nella memoria, cercando di ricordare i vari incantesimi di cui aveva letto sul libro di magia. Avvicinò le dita alla ferita e si concentrò, sussurrando parole in una strana lingua. Il drago mugugnò appena, mentre la ferita si richiudeva con facilità sotto il tocco leggero della dita di Mia. Aaron abbassò finalmente la sua arma e rimase a bocca aperta di fronte a quella scena tanto irreale. Al ritorno in Accademia, non gli avrebbe creduto nessuno

Thom era assorto nei suoi pensieri. Erano passate ore ormai da quando Aaron e Mia era usciti dal villaggio, per dare la caccia alle creatura che terrorizzava i cittadini. Peter e James si erano sentiti dei veri vigliacchi quando i due compagni erano partiti da soli per svolgere la missione, ma non Thom. Lui era tranquillo. Sapeva che due soldati del loro calibro avrebbero ucciso la creatura senza problemi. Era solo nella sua tenda e leggeva un libro che aveva trovato nella biblioteca di Aberlon. Non era mai stato un gran lettore perciò non riusciva a concentrarsi. Saltava interi paragrafi e sfogliava le pagine in cerca di qualche figura. Chiuse il libro e si mise a sedere, terribilmente annoiato. Sperava che la missione finisse presto. Non aveva intenzione di passare il suo tempo in quella strana cittadina.
"Ahi!" si portò una mano dietro al collo dolorante. Qualcosa lo aveva punto. Si massaggiò con le dita, sperando che il dolore passasse in fretta, ma il collo iniziò a bruciare terribilmente. Pian piano, il calore cominciò ad espandersi in tutto il corpo e Thom si sentì mancare. Cadde a terra tremando, ansimando per trovare un po' d'aria, ma era come se la gola gli si fosse chiusa all'improvviso. Ansimò ancora per qualche secondo, poi smise di muoversi


Angolo dell'autore!!
Come promesso ecco svelata la creatura misteriosa! Non potevo creare un fantasy e non inserire un drago, sarebbe stato uno scempio v.v (si adoro i draghi)
Il giovane Thom è durato poco purtroppo XD
Spero che questo capitolo ci sia piaciuto, ci vediamo al prossimo ;)

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Capitolo 20
*** Una situazione difficile ***


Aaron si fece avanti un po' titubante. Non era ancora sicuro di potersi fidare di quel bestione. Quando il drago si accorse della sua presenza, infatti, mostrò i denti dando vita ad un suono gutturale. Aaron si bloccò, temendo un attacco improvviso. Mia accarezzò le squame dell'animale cercando di calmarlo
"Tranquilla, è un amico" il drago smise di ringhiare ma continuò a guardare il ragazzo in cagnesco "Non le stai molto simpatico"
"Si ... lo vedo" la cosa era reciproca. Non si fidava di quelle creature. Molte leggende parlavano di draghi sputafuoco che si aggiravano per le montagne, e nessuna di loro finiva bene. I draghi erano creature mostruose, che radevano al suolo interi villaggi e ne divoravano gli abitanti. Guardare Mia coccolarlo come fosse un animale da compagnia lo lasciava allibito "Come fai a sapere che è una lei?"
La ragazza fece spallucce sorridendo "Non ne sono sicura. È come se lo sentissi"
"Vuoi dire che ti parla?"
Scosse la testa "Non le chiamerei parole, ma piuttosto emozioni. Ogni volta che tocco le sue scaglie, mi pare di sentirla e di capire qualcosa in più su di lei, e credo che anche lei in qualche modo capisca me" Aaron fu tentato di provare, per capire meglio di cosa stesse parlando, ma lo sguardo severo dell'animale gli fece cambiare idea. Una cosa anche lui riusciva a capirla. Se non ci fosse stata Mia, la dragonessa lo avrebbe azzannato senza pensarci due volte
"E ora che facciamo?" chiese senza allentare la presa dall'elsa della sua spada
"Che vuoi dire?"
"Il nostro compito era quello di ucciderla, ma a quanto pare siete diventate amiche"
Mia non poté fare a meno di ridere quanto sentì l'animale sbuffare in direzione di Aaron. Non riusciva a capire per quale motivo provasse tanta ostilità nei suoi confronti, ma sapeva che non era una cosa seria e che non lo avrebbe mai attaccato, nonostante il suo sguardo suggerisse il contrario "Per via della ferita è stata costretta e nascondersi in questa grotta e, ovviamente, ha avuto delle divergenze con gli abitanti di Aberlon, ma ora che stà meglio potrà tornare a casa. Potremmo sempre dire di averla uccisa, nessuno lo verrà a sapere" la dragonessa le sfiorò il fianco con il muso, chiudendo appena le palpebre "Non c'è di che"
Aaron si grattò la testa nervoso. Lo infastidiva vederle comunicare davanti ai suoi occhi senza capire cosa stessero dicendo "Almeno ha un nome questa cosa?"
Il drago sbuffò ancora, stavolta sputando alcune scintille di fuoco che lo costrinsero a indietreggiare "Si chiama Delfine"

Peter e James continuavano a guardarsi intorno preoccupati. Era quasi notte ormai. Il cielo era tinto di rosso e gli abitanti di Aberlon iniziavano a rientrare nelle loro case, dopo una giornata di duro lavoro. Il fatto che Aaron e Mia non fossero ancora tornati li preoccupava. James aveva proposto di andare a cercarli, ma Peter aveva scosso la testa pensieroso. Se fosse accaduto qualcosa di grave, se ne sarebbero già resi conto. Inutile preoccuparsi troppo. Sicuramente sarebbero riapparsi poco dopo lasciandoli tutti a bocca aperta "Avanti rientriamo" disse al ragazzo "Inizia a farsi tardi"
I due soldati camminavano fianco a fianco. James era un ragazzo molto minuto, e notevolmente più basso di Peter. Quest'ultimo, era entrato in Accademia con l'aiuto di suo padre, un uomo piuttosto potente, e si era subito scontrato con tutti i suoi istruttori. Era un ragazzo piuttosto orgoglioso, e non sopportava che gli venissero impartiti ordini, diversamente da James che, pur di non ritrovarsi nei guai, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Sussultarono quando sentirono chiudersi alcune finestre. Era sempre così ad Aberlon. Da quando la creatura misteriosa aveva iniziato ad infestare la loro foresta, al calar del sole si rifugiavano tutti in casa, chiudevano porte e finestre, e non uscivano fino al giorno seguente. Quella forte paura era contagiosa. I due giovani soldati avrebbero voluto qualcosa di più di una piccola tenda per ripararsi dai pericoli della notte, ma purtroppo quello era ciò che Kador gli aveva messo a disposizione "Non vedo l'ora di tornare in Accademia. Non appena Aaron e Mia torneranno butterò giù quella maledetta tenda"
James sospirò esausto. Aberlon non lo faceva impazzire, ma l'idea di tornare in Accademia dove probabilmente i suoi compagni avrebbero passato il loro tempo a prenderlo in giro non lo entusiasmava affatto "Hei Thom! Dov'eri finito?" James alzò lo sguardo sorpreso. Thom era tornato nella sua tenda molto presto senza dire una parola, e da allora non lo avevano più visto. Il ragazzo camminava verso di loro, con estrema lentezza. James lo osservò attentamente, colto all'improvviso da una strana sensazione. Aveva lo sguardo basso ed era stranamente pallido. Barcollava appena, come se fosse ferito ad una caviglia. Peter accelerò, ansioso di raggiungere l'amico. James era troppo silenzioso per i suoi gusti. Quel ragazzino lo annoiava a morte. Quando Thom fu abbastanza vicino, James venne accecato da uno strano bagliore. Il ragazzo aveva qualcosa tra le mani. Sembrava ... "Peter!" esclamò sconvolto. Purtroppo il suo avvertimento arrivò troppo tardi. Thom fendette l'aria col coltello che aveva tra le mani, provocando un'enorme ferita sul petto di Peter. Il sangue gli schizzò sul viso pallido, ma non sembrò farci caso. I suoi occhi erano bianchi, privi di luce. James rabbrividì. Sembravano gli occhi di un cadavere! Vene violacee marcavano i suoi lineamenti e le labbra, semiaperte, avevano assunto un colore verdastro. Peter cadde a terra con un tonfo e iniziò a tossire sangue. Tentò di spostarsi su un lato, ma non riusciva a muoversi, e il sangue che risaliva alla sua gola minacciava di strozzarlo. Thom sollevo il coltello, pronto a colpire ancora, ma James prese la rincorsa e si lanciò su di lui facendolo cadere a terra. Il coltello gli sfuggì di mano, rotolando lontano. James cercò di tenerlo a terra ma il ragazzo era troppo forte. Lo colpì allo stomaco con violenza e lo costrinse a lasciare la presa. Quando James cadde a terra tossendo, Thom afferrò di nuovo il coltello e lo puntò verso il basso per ferire il ragazzo. James rotolò, evitando il colpo, e si rialzò in fretta, bianco in viso. Il movimento improvviso gli fece girare la testa ed iniziò a barcollare. Thom ne approfittò per attaccare. Iniziò a fendere l'aria con la lama, producendo uno strano suono con la gola. James arretrò, tentando di evitare gli attacchi del ragazzo, ma questo era troppo veloce. Serrò i denti quando sentì la pelle lacerarsi sul suo petto. Poi, improvvisamente, Thom lasciò cadere la lama e scattò verso di lui. Lo colpì allo stomaco con un calcio, costringendolo a piegarsi in avanti per via del dolore, poi gli afferrò la testa, piegando il ginocchio verso l'alto, e colpendolo sul naso. Il dolore fu così forte che per un momento non vide più nulla. Quando la vista ritornò, si trovò faccia a faccia con Thom, con quel viso che una volta era stato così familiare e che ora sembrava il viso di un fantasma. Questo gli portò le mani pallide intorno al collo e iniziò a stringere. James si dimenò, tentando di respirare. Non voleva morire così.


Angolo dell'autore!!
Ed eccoci al ventesimo capitolo!! Scusate il ritardo ma gli impegni, invece di diminuire, aumentano.
Sorpresa, Thom è vivo! Beh ... vivo per modo di dire. Il nome che ho dato al drago, Delfine, è il nome di un drago già esistente nella mitologia greca, e ho pensato che potesse andare bene. Spero che il capitolo vi sia piaciuto (mi scuso per eventuali errori ma ho scritto molto in fretta) e che continuerete a leggere. Come al solito, aspetto i vostri pareri ;)

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Capitolo 21
*** Un'essere raccapricciante ***


James tentò con tutte le sue forze di liberarsi, ma la presa del suo avversario era ferrea e non gli lasciava vie di scampo. Cercò Peter con lo sguardo e venne colto da un profondo senso di sollievo quando si rese conto che ancora si muoveva. Era ancora in tempo! Se solo avesse potuto soccorrerlo ... guardò Thom negli occhi e si ritrovò di nuovo a rabbrividire. Che cosa gli era successo? Com'era potuto diventare così? E perché faceva una cosa del genere? Sperò con tutto se stesso che qualcuno scendesse in strada ad aiutarlo, ma nessuno si fece avanti. Rimasero tutti chiusi in casa, al sicuro, fingendo che nulla stesse accadendo. Serrò i pugni con rabbia. Come potevano dimostrarsi tanto indifferenti? Come potevano starsene in disparte mentre due ragazzi stavano per essere uccisi? Poi uno strano pensiero gli attraversò la mente, forte e chiaro. Probabilmente, lui avrebbe fatto la stessa cosa. Quando si era lanciato su Thom, nel disperato tentativo di aiutare Peter, si era stupito di quella sua azione. Non gli era mai capitato di agire così, senza pensare. Per un momento, aveva creduto di poter davvero fare la differenza, di aver finalmente trovato il coraggio che tanto desiderava avere.
"Già" pensò disperato "E guarda com'è finita" la stretta intorno al suo collo aumentò, facendolo sussultare. Ben presto, si sentì mancare, e abbandonò le braccia lunghi i fianchi, esausto. Sarebbe finita così? Non era neppure riuscito a salvare il suo compagno. Se Mia fosse stata lì, lo avrebbe sicuramente sgridato. La vista iniziò ad annebbiarsi e i contorni di quel mostro che un tempo aveva conosciuto così bene divennero terribilmente confusi. Poi, proprio quando pensava che davvero fosse finita, la presa sul suo collo diminuì, e si ritrovò a respirare di nuovo.
Aaron afferrò Thom per i capelli e lo scagliò a terra con furia, staccandolo dal ragazzo. Questo cadde a terra in ginocchio, tossendo terribilmente. Ci era andato davvero vicino. Chiuse gli occhi e cercò di riprendersi mentre il sapore del suo stesso sangue gli esplodeva fra le labbra. Thom fece per rialzarsi, ma Aaron lo infilzò con la sua spada, tranciandogli di netto il cuore. Sapeva bene dove colpire per uccidere una persona. Aveva studiato l'anatomia degli esseri umani per anni, e le numerose battaglie a cui aveva partecipato lo avevano aiutato. Nel frattempo, Mia si era inginocchiata accanto a Peter, che tra i due feriti sembrava il più grave, e aveva osservato con orrore lo squarcio sul suo petto. Gli aveva preso una mano, cercando di tranquillizzarlo, e con l'altra aveva sfiorato la ferita, sussurrando l'incantesimo di guarigione che già aveva usato con Delfine. Questa volta, guarire la ferita fu molto stancante, perchè era terribilmente profonda, ma riuscì comunque nell'impresa. Una volta guarito Peter, si voltò verso i suoi compagni, sospirando esausta, e quello che vide la lasciò senza parole. Thom era steso a terra a pancia in giù, con un lama conficcata nel petto, all'altezza del cuore. Dopo un colpo del genere, sarebbe dovuto morire, eppure si muoveva ancora. Il suo corpo aveva dei piccoli spasmi e le orbite di quelli che una volta erano stati degli occhi umani roteavano velocemente. Portò le braccia dietro le schiena, in una posa innaturale, e iniziò ad allungare le dita in cerca della lama che lo teneva costretto a terra. Quando la trovò, iniziò a sfiorarla, procurandosi dei piccoli tagli sui polpastrelli. Aaron sapeva di dover fare qualcosa, ma la scena lo aveva talmente scioccato che non riusciva a muoversi. Thom si tirò su, portandosi sulle ginocchia, e toccò la punta della spada che gli spuntava dal petto. Mia trattenne il fiato. Aveva la testa leggermente piegata all'indietro e gli occhi bianchi completamente sbarrati. La bocca era spalancata in modo innaturale. Sembrava si fosse slogato la mascella e della saliva colava dagli angoli delle labbra verdastre. La testa le girava terribilmente, e il cuore le batteva all'impazzata. Era da parecchio che non provava una simile paura. L'essere produceva uno strano suono con la gola, simile ad un lamento. Aaron non attese oltre. Sfilò la lama dal petto di Thom e la usò per recidergli la testa dalle spalle. James raggelò alla vista di quel sangue. Era insolitamente scuro, e con una strana consistenza. Il corpo di Thom cadde a terra, finalmente privo di vita, e i quattro compagni fissarono allibiti il piccolo ragno nero che fuoriusciva dai suoi vestiti, fuggendo velocemente.

Lilith rise divertita osservando l'espressione dei presenti quando avevano visto il viso di Thom. Era seduta a terra a gambe incrociate e, davanti a lei, c'era una piccola pozza d'acqua, nella quale si riflettevano tutti gli avvenimenti di Aberlon. A quanto pare la sua idea aveva funzionato. Grazie a quei ragni, poteva giocare con le persone e costringerle a fare ciò che voleva, anche dopo la morte. Peccato che Mia ed Aaron si fossero messi in mezzo. Quando Lilith aveva visto il viso di Mia riflesso nello specchio, si era morsa le labbra con irritazione. Quella ragazza era ovunque. Quando aveva lasciato l'Accademia, aveva sperato di non dover mai più rivedere quel suo sguardo gentile così terribilmente irritante, e invece eccola lì, sempre pronta a fare del bene. Davvero seccante. Se mai l'avesse incontrata di nuovo, non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente.
Si alzò in piedi, muovendo appena le gambe indolenzite. Ormai era da parecchio che Alec l'aveva lasciata sola. Un rumore di passi la fece sorridere, credendo che il ragazzo fosse finalmente tornato. Poi si rese conto che più di qualcuno si stava avvicinando e il suo sorriso svanì


Angolo dell'autore!
Buongiorno popolo di EFP! Come state? È la prima volta che carico un capitolo così presto, e ad un'ora tanto scellerata, ma non potevo lasciare in sospeso l'azione del capitolo precedente. Inizialmente Peter doveva morire ma poi, per pura bontà del mio cuore, ho deciso di salvarlo. Magari così potrà essere utile alla nostra eroina in un secondo momento XD
Spero di caricare presto il prossimo capitolo, in cui si tornerà un po' su Alec e Lilith. Buona giornata e commentate in tanti ;)

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Capitolo 22
*** Una strana donna ***


Lilith guardò con indifferenza i tre uomini di fronte a se. Si stupì del fatto di non essere riuscita a sentire la loro presenza. Erano piuttosto imponenti e avevano uno strano sguardo negli occhi. Si erano diretti con sicurezza verso di lei, sorridendo malignamente. Avevano con sè delle armi molto belle. Sembravano spade da cavaliere, luminose ed affilate, ma Lilith capì immediatamente che non si trattava di cavalieri. Probabilmente le avevano rubate a qualche ufficiale ubriaco
"Guarda un po' che cosa abbiamo" disse uno dei tre uomini. A giudicare dal suo atteggiamento, doveva essere il capo "Non sai che è pericoloso andare in giro tutta sola?"
Uno dei suoi compagni si leccò le labbra, osservandola attentamente dalla testa ai piedi "È da tanto che non vediamo una bella donna passare da queste parti"
Lilith ignorò il commento, indecisa sul da farsi. Non aveva voglia di sporcarsi le mani, ma sarebbe stato inevitabile. Si fece avanti sorridendo, e venne colta da una strana eccitazione quando vide gli sguardi degli uomini che le osservavano con orrore quegli occhi tanto insoliti "Ma cosa sei?" chiese l'uomo sulla sinistra. Fece per indietreggiare ma qualcosa lo bloccò. Alle sue spalle c'era un ragazzo. Indossava un mantello nero e aveva il viso nascosto da un cappuccio. L'unica cosa che riuscì a vedere, prima che lo immobilizzasse, furono i suoi occhi, chiari e freddi come il ghiaccio. Alec gli portò una mano sulle labbra, per soffocare il grido che lanciò nel momento in cui gli affondò il pugnale nella gola. L'uomo non ebbe neppure il tempo di provare a divincolarsi. La lama lo trapassò da parte a parte, e nel momento in cui il ragazzo alle sue spalle allentò la presa, cadde a terra ormai privo di vita. I suoi compagni imprecarono, voltandosi sorpresi. Il secondo uomo, quello che doveva essere il capo di quello sfortunato trio, afferrò la sua spada e tentò di colpirlo alla testa con un poderoso fendente, ma Alec si chinò verso il basso e afferrò il pugnale con entrambe le mani, conficcandoglielo nel fianco. L'uomo gemette, lasciando cadere la sua arma, ed Alec estrasse il pugnale, sporcando il mantello di sangue. Lo colpì ancora, stavolta all'altezza del cuore, e allontanò con un calcio quella che ormai era solo una carcassa priva di vita. L'ultimo rimasto, teneva la spada dritta di fronte a sè, pronto a ricevere l'attacco dell'avversario. Le sue mani tremavano visibilmente ed Alec si chiese se avesse mai impugnato un'arma in vita sua. Fissò l'elsa della spada e sussurrò alcune brevi parole. La lama cambiò colore, accendendosi di un rosso vivo, ed iniziò a bruciare. L'uomo urlò, lasciandola cadere a terra e osservando con orrore i palmi delle sue mani ormai bruciati. Alec approfittò della sua distrazione. Si lanciò su di lui e fendette l'aria con la lama, tagliandogli di netto la gola. Rimase immobile per qualche secondo, osservando in silenzio i cadaveri degli uomini che aveva appena ucciso, e nessuna emozione attraversò il suo volto. Lilith ebbe un brivido e trattenne una risata
"Sei in ritardo" si avvicinò al giovane, scostando il cappuccio per vederlo meglio in viso. Si alzò sulle punte e lo baciò, sfiorangogli appena la lingua. Quando Alec sentì la sua mano scorrergli lungo il petto, verso il basso, la afferrò con fermezza e si allontanò, guardandola con disprezzo
"Non giocare con me"
Lilith si accigliò, atteggiandosi per apparire offesa "Come sei crudele Alec. Così ferisci i miei sentimenti"
Il ragazzo non vi badò "Tu non hai sentimenti"
Lilith, suo malgrado, si ritrovò a sorridere. Guardò i tre uomini stesi a terra. Il loro sangue aveva macchiato il manto erboso della foresta "Sarà meglio eliminare le prove" schioccò le dita, e guardò i loro corpi bruciare. Alec si allontanò senza dire una parola. In tutti questi anni, non si era ancora abituato allo sguardo folle di quella donna. Raccolse da terra una delle spade che in precedenza avevano usato quegli uomini e la osservò attentamente. Era davvero molto bella. C'era un'incisione sulla lama: сила, forza. Doveva essere la spada di un cavaliere. Accarezzò il filo della lama con la punta delle dita, e si ritrovò a pensare a Mia. Ormai erano anni che non aveva sue notizie. Chissà se era cambiata, se era riuscita a realizzare il suo sogno. Si chiese se lo amasse ancora, e se fosse stata disposta a riprenderlo con sè un giorno, ma scacciò immediamente quel pensiero. Ormai avevano preso due strade diverse, riconciliarsi sarebbe stato impossibile. In più, per quanto la amasse, non era sicuro di volerlo.

Mia si rigirò per l'ennesima volta. Non riusciva a dormire. Continuava a rivedere lo sguardo di Thom che tentava di estrarre la spada di Aaron dal suo petto. Lui e Mia erano arrivati appena in tempo per evitare una catastrofe. Erano ancora nella grotta con Delfine quando Thom aveva attaccato i loro compagni. All'improvviso, il drago aveva alzato il muso e le aveva trasmesso una strana inquietudine. Quando la ragazza si era resa conto che stava per accadere qualcosa di brutto si era fiondata ad Aberlon con Aaron, e ciò che aveva visto l'aveva lasciata senza parole. Non poteva fare a meno di sentirsi spaventata. Ciò che era successo non era normale. Sicuramente si era trattato di una specie di incantesimo, e se c'era qualcuno che passava il suo tempo a fare incantesimi simili, doveva stare in guardia, perchè non si sarebbe fermato. Ad un tratto, si ritrovò a pensare ad Alec e al giorno in cui lo aveva visto utilizzare la magia. L'idea di imparare era partita da lui. Era per questo che Mia si era lasciata ossessionare da quel vecchio libro di incantesimi. In qualche modo pensava che leggendolo si sarebbe potuta sentire di nuovo vicina al ragazzo. Ovviamente era stato un pensiero sciocco, e se n'era resa subito conto, ma poi la magia aveva iniziato ad incuriosirla, e non era riuscita a smettere di leggere. Si mise a sedere e si guardò intorno, cercando nella sua piccola tenda qualcosa che potesse esserle utile. Afferrò una ciotola d'argilla che in precedenza aveva riempito d'acqua per potersi sciacquare il viso appena sveglia e la appoggiò di fronte a sè. Respirò a fondo, indecisa sul da farsi. Aveva letto di un incantesimo in grado di mostrarle qualsiasi cosa. Spesso era stata tentata di usarlo per poter rivedere il viso di Alec ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Ora però, non poteva più aspettare. Non riusciva a capirne il perchè, ma sentiva di doverlo fare. Chiuse gli occhi e pensò intensamente ad Alec, alla prima volta che lo aveva visto, a come l'aveva baciata dichiarandole il suo amore. Quando riaprì gli occhi, si rese conto che un'immagine era apparsa sull'increspatura dell'acqua. All'inizio era molto confusa, ma pian piano si fece sempre più nitida, fino a rivelare una figura maschile avvolta in un manto nero. Mia trattenne il respiro. Alec era seduto a terra, con la schiena poggiata sul tronco di un albero, e guardava verso il basso. Aveva uno sguardo molto serio, e i suoi occhi chiari erano diversi da come se li ricordava. Sembravano più maturi. Sorrise quando vide i suoi capelli. Erano cresciuti. Per un attimo le si offuscò la vista, e questo la sorprese. Non immaginava che rivederlo le avrebbe fatto provare ancora delle simili emozioni dopo tanto tempo. Poi notò qualcosa di strano. Alec si stava strofinando le mani, tentando di far sparire delle macchie di sangue. Le stesse macchie erano anche sul suo mantello. Qualcuno gli parlò e il ragazzo alzò lo sguardo. Mia si concentrò, cercando di spostare la visuale all'interno dell'immagine. Di fronte ad Alec c'era una donna. Un donna bellissima, ma allo stempo stranamente inquietante. Aveva dei lunghi capelli biondo cenere e degli occhi di un insolito color rosso fuoco. La osservò attentamente, sempre più confusa. Chiaramente non era umana, e la sua espressione non le piaceva. Sembrava terribilmente crudele. Che ci faceva Alec con una persona del genere? Mille dubbi iniziarono a turbinarle nella mente. Poi la donna si voltò, guardandola dritta negli occhi, e l'immagine svanì


Angolo dell'autore!!
Rieccomi con un nuovo capitolo. Per il prossimo probabilmente ci vorrà un po' perchè le prossime saranno giornate impegnative, ma cercherò di non metterci troppo. Grazie dell'attenzione :3

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Capitolo 23
*** In viaggio ***


James sellò il suo cavallo con attenzione. Non era mai andato molto d'accordo con gli animali ed ogni volta che aveva a che fare con uno di loro cercava di non andare nel panico. Mia era corsa nella sua tenda, nel cuore della notte, svegliandolo in malo modo. Sembrava davvero molto agitata perciò James l'aveva ascoltata con attenzione. La ragazza era ansiosa di tornare a Larss, per fare rapporto a Kador sull'accaduto. Era convinta che ciò che fosse successo a Thom non fosse un caso da sottovalutare, e aveva costretto i suoi compagni a smontare in fretta le proprie tende per poter partire il prima possibile. Aaron non se l'era fatto ripetere due volte. Quando aveva visto lo sguardo sconvolto di Mia, aveva svegliato Peter e sellato il suo cavallo.
"Tutto bene?" fece Mia avvicinandosi a James. Questo assentì, un po' preoccupato. Mia pensava sempre agli altri, ma in quel momento era lei ad aver bisogno di aiuto. Il suo viso era terribilmente pallido e gli occhi stanchi. Quando cercò di sollevare il suo bagaglio le sue braccia tremarono visibilmente per lo sforzo. Era esausta! James si morse le labbra, terribilmente in ansia. Non era normale che la ragazza fosse in quelle condizioni
"Sei sicura di voler partire ora? Non sembri in gran forma ..."
"Non preoccuparti" rispose lei tranquilla "Sono solo un po' stanca. Era la prima volta che usavo la magia ed ha richiesto più energie del previsto. Mi riprenderò in fretta" sorrise, mettendo in mostra la dentatura perfetta "Sono o non sono un grande cavaliere?"
"Beh" fece James arrossendo "Tecnicamente ancora non lo sei"
Mia gli pizzicò la guancia, per poi ridere divertita della sua espressione dolorante "Sono sicura che non manchi molto"
James abbassò lo sguardo. Quella ragazza aveva una tale energia che ogni volta che la guardava negli occhi ne rimaneva quasi abbagliato. Come faceva ad essere sempre così ottimista, così sicura di sè?
"Avanti vediamo di sbrigarci. Voglio arrivare in Accademia il prima possibile"

Peter sbuffò irritato, raggiungendo Aaron ai cancelli della città. Era quasi morto annegando nel suo stesso sangue, e non aveva neppure il tempo di farsi una bella dormita. Purtroppo, per quanto l'idea di partire così presto lo facesse impazzire, Aaron e Mia gli avevano salvato la vita, e sarebbe stato inopportuno da parte sua lamentarsi solo per avere qualche ora di sonno in più. Mia e James li raggiunsero in fretta, in sella ai loro cavalli. Mia non sembrava certo in gran forma, ma anche in quelle condizioni era incredibilmente elegante in groppa al suo cavallo.
"Abbiamo cibo a sufficienza per due giorni di viaggio" disse Aaron chiudendo con cura le sacche legate alla sella della sua cavalcatura "Se tutto va bene, dovremmo arrivare prima della prossima alba" Mia annuì, intimando al cavallo di partire.
I quattro compagni si misero subito in marcia, muovendosi con calma e in fila indiana. Aaron conduceva. Era l'unico che conoscesse quella zona della regione. Era uno dei cadetti più promettenti dell'Accademia di Larss, e le numerose missioni che gli erano state affidate nel corso degli anni gli avevano permesso di viaggiare molto. Era seguito da James, che si guardava intorno, visibilmente agitato. Dopo ciò che era accaduto a Thom, non riusciva a tranquillizzarsi. Ad ogni piccolo rumore si irrigidiva, temendo un attacco imminente da parte di qualche crudele nemico. Per qualche strano motivo si sentiva osservato. Continuava a guardare verso l'alto, terribilmente a disagio. Mia lo osservava preoccupata. La ragazza chiudeva la fila, subito dopo Peter, e teneva la mano sull'elsa della spada. Capitò anche a lei di sentirsi osservata, ma l'istinto le disse di andare avanti e di non farci caso
"A proposito" disse Peter all'improvviso rompendo il silenzio "Alla fine com'è andata con la misteriosa creatura?"
Mia si irrigidì. Delfine! Nella fretta non era più tornata da lei! "Tutto bene" rispose vaga "Era un semplice orso"

Aaron si fermò all'improvviso, colto da una profonda stanchezza. Non si erano riposati un momento. Poco dopo la loro partenza da Aberlon, avevano potuto osservare l'alba fiorire davanti ai loro occhi. Avevano continuato a cavalcare per ore e ore, fermandosi solo per raccogliere un po' d'acqua nei pressi di un ruscello
"Dovremmo fermarci per la notte" disse il ragazzo smontando da cavallo
"Cosa?!" esclamò Mia sorpresa "Non possiamo! Dobbiamo arrivare a Larss il prima possibile"
"Siamo tutti esausti, tu più di tutti"
"Io sto benissimo!"
James e Peter scesero da cavallo, ignorando le proteste della loro compagna "Avanti Mia" fece James andandole incontro "Che vuoi che sia una notte di riposo? Ne abbiamo bisogno"
"Anche i cavalli sono stanchi" aggiunse Peter "Non andremo da nessuna parte in questo modo" il ragazzo non vedeva l'ora di coricarsi. Era veramente a pezzi. Mia era indecisa sul da farsi. Non credeva fosse una buona idea fermarsi per la notte. Sbuffò. Eppure a quell'ora dovevano essere già rientrati. Da ore ormai non vedevano altro che alberi e nessun segno di vita. Chissà quanto mancava ancora ai cancelli dell'Accademia. Ad un tratto sentì una profonda stanchezza gravarle sulle spalle e scese da cavallo, saggiando la terra sotto i suoi piedi "D'accordo ... ma ripartiamo alle prime luci dell'alba

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Capitolo 24
*** Una voce nella notte ***


"Vieni da me"

Mia aprì gli occhi, guardandosi attorno. Il fuoco che avevano acceso per potersi scaldare si era ormai spento da tempo e l'oscurità regnava sovrana. Si stropicciò gli occhi stanchi, cercando di abituare la vista a quelle profonde tenebre. La voce di Alec era ancora vivida nella sua mente. L'aveva sentita così chiaramente, che per un momento aveva creduto fosse stato reale. Quando poi si era resa conto che si era trattato di un semplice sogno, non aveva potuto fare a meno di ricacciare indietro una lacrima. Quanto avrebbe voluto rivederlo, sentire ancora la sua voce, il tocco della sue mani. I suoi compagni stavano dormendo. Inizialmente avevano deciso di fare dei turni di guardia, ma non erano riusciti a mettere in pratica la loro idea. Erano tutti così esausti che si erano addormentati all'istante, appena entrati in contatto col terreno. Mia sorrise sentendo Aaron russare. Gli accarezzò con un dito la guancia ruvida, osservando con indignazione la corta barba che l'uomo aveva deciso di farsi crescere. Sperò che si trattasse di una follia momentanea, perchè non gli donava affatto
"Vieni da me"
Mia sussultò, terribilmente sorpresa. Era senza alcun dubbio la voce di Alec! Non se l'era immaginata! Si alzò in fretta, lasciando cadere a terra la sottile coperta che aveva sulle spalle, e corse nel folto della foresta, nel punto in cui le sembrava di aver udito quella voce. Col tempo, i suoi occhi si abituarono all'oscurità, e poté distinguere chiaramente le figure degli alberi che crescevano nella foresta. Alcuni erano davvero molto belli. Alti e possenti, con chiome folte e stupende. Mia si fermò un momento, notando con meraviglia una piccola luce svolazzare pigramente nella notte. Una lucciola! La piccola creatura si posò sulla corteccia di un immenso albero, brillando appena. La ragazza si avvicinò per osservarla meglio. Non aveva mai visto una lucciola prima. Era davvero molto bella, nella sua semplicità. Poi la voce di Alec la raggiunse di nuovo, ricordandole il motivo per cui era corsa fin lì. Il ragazzo la chiamò a sè con decisione. La sua voce fu come un sussurro, e Mia si trovò a rabbrividire. Riprese a camminare, un po' preoccupata. Si stava allontanando molto, ma l'idea di poter rivedere Alec le offuscava la mente. Non poteva fare a meno di seguire quella voce. Ad un tratto si fermò, aspettando che lui la chiamasse ancora. Gli alberi si diradarono, lasciando spazio ad una piccola radura illuminata dalla luce della luna.
"Alec?" la sua voce era così flebile che stentò a riconoscerla. Quel luogo le faceva paura, e cominciò a capire di aver commesso un grosso errore allontanandosi a quel modo dai suoi compagni. Fece per andarsene, ma qualcosa la bloccò. Inizialmente pensò che quella che sentì fosse la voce di Alec, ma poi si rese conto che non era così. Quella che prima le era apparsa come la voce dell'uomo che amava, ora era notevolmente cambiata, e pronunciava parole che non riusciva a comprendere. La vista le si annebbiò, ed iniziò a girarle la testa. Le gambe si piegarono, sotto il peso del suo corpo, e si ritrovò a terra.

Aaron si rigirò a terra inquieto. Si era svegliato all'improvviso, colto da uno strano presentimento, ma era così stanco che non riusciva ad aprire gli occhi. Voleva tornare a dormire, e fregarsene di tutto il resto. Allungò un braccio accanto a sè, cercando il corpo di Mia. Voleva sentirla vicina, sapere che c'era. Così forse si sarebbe tranquillizzato, e avrebbe ripreso a dormire. Aprì gli occhi sconvolto quando si rese conto che Mia era sparita


Angolo dell'autore!!
E rieccomi!! Siccome in questi giorni sono stata impegnata ho voluto recuperare pubblicando ben due capitoli in una sola serata. Ovviamente, come mio solito, sono piuttosto corti XD
Ricominciano i guai, e stavolta Mia è sola. Cosa sarà stato ad attirarla all'interno della foresta? Lo scoprirete nella prossima puntata :P

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Capitolo 25
*** Il nemico ***


Mia provò a muoversi ma le risultò impossibile. Le sue membra erano terribilmente pesanti, e la testa continuava a girare, rendendole estremamente difficile tenere gli occhi aperti. C'era una figura accanto a lei. Riusciva a vederne i piedi nudi. Provò a sollevare lo sguardo, per poterla vedere in viso, ma un dolore lancinante la costrinse a restare a terra. La figura piegò le ginocchia e si accovacciò, per poter entrare nel suo campo visivo. Mia rabbrividì quando vide su di sè i suoi occhi di fiamma. Era la donna che aveva visto con Alec la sera prima!
"Buonasera!" disse sorridendo "Finalmente ci incontriamo Mia. Io sono Lilith" tese la mano verso di lei in segno di saluto, ma la ragazza la guardò con disprezzo "Credevo che un cavaliere dovesse mostrare una certa educazione"
"Dov'è ... Alec?" persino parlare le risultava difficile "Che cosa gli hai fatto?"
"Io?" Lilith assunse un'aria sorpresa, come se non sapesse di cosa stesse parlando. Peccato che fosse una pessima attrice "Io non gli ho fatto proprio nulla. Gli ho semplicemente proposto di seguirmi in una piccola impresa, e lui ha accettato" Mia mosse lentamente la mano verso la sua arma, ma Lilith la fulminò, provocandole una straziante fitta al petto. Mia strinse i denti, cercando di sopportare il dolore "Lo so bene cosa stai pensando" continuò la donna tranquilla "Credi che sia colpa Mia se lui ti ha lasciata in quel modo, senza dire una parola. Voi umani siete sempre pronti a dare ad altri la colpa dei vostri errori. Avete persino creato delle idee per questo. Gli dei, il destino ... come se fosse qualcun'altro a controllare le vostre azioni. Certo così è tutto più facile. Potete uccidere miliardi di persone, sterminare interi popoli, nel nome di qualcun'altro" Mia gemette, sentendo il petto bruciare. Sentiva qualcosa scorrere dentro di lei. Un veleno? "Non so se tutto questo funzioni, se incolpare qualcuno delle nostre azioni possa allegerirci in qualche modo la coscienza" sorrise "Ma io sicuramente non ho questo problema. Uccidere gli esseri umani, è un po' come schiacciare una mosca. Le loro vite sono inutili e insignificanti. Anche il tuo Alec lo ha capito. Beh ... il mio Alec adesso"
"Chiudi quella fogna!!" Mia si stupì della potenza della sua voce, nonché della rabbia sprigionata dalle sue parole. Sentire quella strega nominare Alec era davvero insopportabile
Lilith rise così forte da farla sussultare. La sua risata era folle e crudele, e il viso, piegato all'indietro, si deformò, mostrando a Mia il mostro che era "È questo che mi piace di te Mia, la tua impulsività. Alec non è mai stato come te e questo lo ha sempre fatto stare male" si avvicinò appena, costringendola a guardarla negli occhi "Vuoi sapere perchè il tuo innamorato ti ha lasciata? Perchè accanto a te si sentiva una nullità. Voleva essere forte ma non riusciva a diventarlo, oscurato dall'ombra della tua perfezione. Tu eri una spina nel fianco per lui, una figura da odiare e invidiare. Io gli ho dato la libertà che tanto desiderava"
"Io lo amo" la voce le si strozzò in gola. Gli occhi si inumidirono. Non poteva credere a ciò che Lilith le stava dicendo
"Amore? Il tuo?" la donna estrasse la spada che Mia portava al suo fianco e si rigirò la lama tra le dita "Tu non sai amare. Sei un'egoista. Tutti affermano il contrario, ma è così. La verità è che ti importa solo di te stessa e dei tuoi sogni. Tutto ciò che fai è finalizzato a questo. Faresti di tutto pur di raggiungerli. Uccideresti persino"
"Ti sbagli"
"Vorrei tanto dimostrati il contrario, ma temo che non sarà possibile" si alzò, impugnando la spada con entrambe le lami "Non avrei voluto che finisse così, ma quando ti ho sentita spiare i nostri movimenti ieri sera ho capito di doverlo fare. Niente di personale ... beh no, forse un po' lo è. Personale intendo. Ho desiderato farlo dal primo momento in cui ti ho vista" sollevò la spada verso l'alto, tenendo la punta rivolta verso il corpo della ragazza. Una febbrile euforia le attraversò lo sguardo al pensiero che finalmente, dopo tanti anni, avrebbe potuto uccidere quella sciocca ragazzina. Mia cercò disperatamente di muoversi, ma il suo corpo era troppo pesante "Addio Mi..."
Lilith non riuscì a terminare la frase. Una vampata di fuoco illuminò il cielo notturno, squarciando all'improvviso quella profonda oscurità. La donna indietreggiò, osservando con orrore l'immensa figura di un drago puntare nella sua direzione. La creatura atterrò sul manto erboso, facendo tremare il terreno. Lilith cadde a terra e strisciò indietro disperata, cercando di mettere distanza tra lei ed il possente animale. Questo ruggì, rompendo il silenzio e mostrando i denti affilati.
"Delfine" Mia sorrise debolmente. Sollevò il braccio tremante e sfiorò le scaglie della dragonessa, avvertendo la profonda rabbia che provava in quel momento. Quando Delfine sentì il tocco leggero della ragazza, la guardò preoccupata. La rabbia svanì e mugugnò tristemente sfiorandole il viso con il muso ruvido. Avvertì la sua sofferenza, e si avventò contro la donna che l'aveva procurata. Questa si alzò in fretta e scattò di lato urlando, mentre gli artigli della creatura le affondavano nel fianco. Alzò le braccia di fronte a sè e pronunciò un nuovo incantesimo. Delfine sputò fuoco, sgranando le enormi pupille sorpresa quando si rese conto che le fiamme non riuscivano a raggiungere le donna. Il fuoco colpì qualcosa. Una specie di parete, invisibile alla vista, che proteggeva Lilith dagli attacchi della creatura. Questa colpì la parete con gli artigli, cercando di infrangerla, ma senza risultati. Lilith si portò una mano sul fianco sofferente, cercando di fermare il sangue. Guardò Mia, che nel frattempo diventava sempre più pallida e sorrise "Hai detto che mi sbaglio. Che non uccideresti mai solo per raggiungere il tuo sogno, ma sono sicura che lo farai, anche se dovesse trattarsi di qualcuno che ami" Si voltò in fretta e corse via, svanendo nell'oscurità

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Capitolo 26
*** Il gruppo si divide ***


Aaron scrollò i suoi compagni, intimandoli ad alzarsi. James si mise a sedere, allarmato, e Peter sbadigliò, accigliandosi quando si rese conto che era ancora notte fonda "Che succede?" chiese sbuffando. Aaron iniziò a fare i bagagli e si alzò in fretta, terribilmente preoccupato
"Mia è sparita"
"Come?!" James si guardò intorno in cerca della ragazza, e quando si rese conto della sua assenza venne colto da un brivido. Si alzò in piedi, lasciando cadere a terra la coperta che usava per ripararsi dal freddo e si avvicinò ad Aaron. Peter fece lo stesso, con maggiore lentezza. Proprio non riusciva a preoccuparsi davvero per Mia. La stanchezza aveva sempre il sopravvento.
"Dove potrebbe essere?" chiese trattenendo a stento un nuovo sbadiglio. Aaron prese la sua arma e ne osservò la lama affilata brillare nella notte. La terra tremò, e un possente ruggito lo fece sussultare. Peter strabuzzò gli occhi, finalmente sveglio, mentre James si ritrovava ad arretrare terrorizzato.
"Sbrighiamoci"

Quando Peter aveva visto Aaron correre in direzione di quello strano ruggito, lo aveva creduto pazzo. Dovevano allontanarsi dal pericolo, non fiondarcisi in mezzo!! Era rimasto immobile ancora qualche secondo, poi, quando si era reso conto che James aveva seguito il suo comandante, aveva alzato gli occhi al cielo. Se quel coniglio di James trovava il coraggio di affrontare una situazione come quella, lui non poteva certo essere da meno. Sfoderò la sua spada e corse dietro ai suoi compagni.
Man mano che si avvicinavano alla fonte di quello strano rumore, il suo terrore aumentava. Era chiaro che a lanciare quell'enorme ruggito fosse stato un qualche possente animale, e non era sicuro di voler scoprire che tipo di animale fosse. La terra tremò ancora, e uno strano calore lo raggiunse, mettendo a dura prova i suoi nervi. In quella foresta, sembrava tutto terribilmente uguale. Ovunque guardasse, non vedeva altro che immensi alberi sfidare il cielo con le loro grandi chiome. Una strana luce illuminò la foresta, costringendo il piccolo gruppo di soldati ad interrompere la loro marcia.
"Cos'è stato?" chiese James tremante
Aaron non si fermò a riflettere. Accellerò il passo, tenendo la lama della sua spada ritta di fronte a sè. Ben presto la vegetazione si aprì, e ciò che vide lo lasciò senza parole. Davanti a lui c'era una grande radura illuminata dalla luce della luna. Il manto erboso e alcuni alberi erano stati inceneriti, probabilmente colpiti da un incendio. Al centro della radura, un'enorme drago color del mare si lamentava, tenendo gli occhi chiusi. Delfine. Si sorprese nel vederla. Non immaginava che li avrebbe seguiti.
James urlò, e strinse con forza la spada, imitato da Peter. In tutta la sua vita, non aveva mai visto nulla del genere. Aveva letto spesso di draghi nei libri che sua madre gli regalava quand'era piccolo, ma non avrebbe mai immaginato di poterne incontrare uno un giorno. Era pure follia! Aveva sempre pensato che non fossero altro che semplici leggende e che se, al contrario, fossero mai esistiti, ormai si fossero estinti da tempo
"Tranquilli" disse Aaron abbassando la sua arma "Non ci farà del male"
Peter rimase sulla difensiva, guardando Aaron come se fosse pazzo. Abbassare la guardia di fronte ad una simile creatura era davvero da sciocchi. Il ragazzo si accovacciò accanto al corpo dell'immenso drago, notando che stringeva a sè una figura femminile. Delfine scostò appena la testa, permettendogli di osservare meglio. Mia era terribilmente pallida, e respirava appena. Quando le toccò una guancia, nel tentativo di svegliarla, si rese conto che era molto calda "Cos'è successo?" chiese sconvolto. Delfine cominciò a grugnire, emettendo quelle che sembravano essere delle parole ma che per lui non erano altro che forti versi senza senso "Posso?" chiese tendendo la mano verso di lei. La dragonessa ritirò il muso, indecisa sul da farsi, poi lasciò che Aaron le sfiorasse le squame luminose. Il ragazzo rabbrividì quando si rese conto che alcune immagini stavano prendendo vita nella sua mente, accompagnate da forti emozioni che non riusciva a spiegarsi. Vide il viso sofferente di Mia, e quello della donna che lo aveva causato. Avvertì un brivido di piacere nel momento in cui Delfine aveva piantato gli artigli nel suo fianco, e l'aveva sentita urlare. James si avvicinò, un po' titubante, e guardò Mia con apprensione
"Che le è successo?"
"Deve trattarsi di un incantesimo" rispose Aaron scostandosi dal drago "Ma dal modo in cui si presenta si direbbe una specie di veleno. Ha la febbre alta ... le serve aiuto"
"Manca poco ai cancelli di Larss" fece Peter rimanendo al suo posto e continuando a stringere l'elsa della sua spada "Lì possiamo trovare qualcuno che possa aiutarla"
Aaron scuotè la testa "Non ci sono guaritori a Larss ... non così qualificati almeno. Questo non è un semplice veleno. Ho visto la donna che lo ha iniettato. I suoi occhi ... sembravano quelli di un demone dell'Inferno" James abbassò lo sguardo disperato. Che stava dicendo? Che Mia era spacciata? Che non potevano aiutarla? Aaron riflettè attentamente "Heilung!" esclamò all'improvviso "Lì ci sono i migliori guaritori della regione. Loro sapranno cosa fare!"
"Sei pazzo?" ribattè Peter "È a più di cinque giorni di cammino. Non ce la faremo mai"
"A piedi è troppo distante" fece James pensieroso "Ma forse ... in volo ..." alzò lo sguardo verso Delfine, che strabuzzò gli occhi offesa. Permettere a degli umani di cavalcarla? Che cosa ridicola! Si accigliò, fissando James piena di rabbia. Il ragazzo tremò appena "Vo-voglio dire che i draghi sono creature davvero incredibili! In grado di attraversare immense distanze in poco tempo" lo sguardo di Delfine cambiò, passando dalla furia all'orgoglio "Mi sembra di capire che ti importi molto di Mia giusto?" il drago annuì con decisione, emettendo fumo dalle narici "Allora, ti prego ... aiutala ancora una volta"
Delfine guardò Mia, che respirava con fatica, e il suo sguardo si fece triste. Non aveva intenzione di abbandonarla. Ne ora, ne mai. Se per farlo avrebbe dovuto sopportare quegli scioccanti umani, allora avrebbe fatto un piccolo sforzo.

Aaron avvolse Mia nelle coperte e la prese tra le braccia. Salì con cautela sulla schiena di Delfine, tenendola stretta a sè. Fece una smorfia quando le squame del drago gli graffiarono la pelle "Temo che non sarà un viaggio molto piacevole"
Delfine sbuffo irritata. L'unico motivo per cui permetteva a quell'uomo tanto insolente di cavalcarla era Mia. Non appena la ragazza fosse stata fuori pericolo, avrebbe riprese ad odiarlo senza farsi troppi problemi. Aaron guardò i suoi compagni, che sellavano i loro cavalli. James e Peter sarebbero tornati a Larss, per avvertire Kador sull'accaduto, sperando che l'uomo li avrebbe ascoltati. Lui e Mia li avrebbero raggiunti in un secondo momento.
Delfine aprì le ali possenti e spiccò il volo, facendo tremare il terreno. Aaron strinse i denti e si aggrappò ad uno dei corni dell'animale, per mantenere l'equilibrio. Il vento lo colpì al viso con violenza. Aveva chiesto a Delfine di volare più in fretta che poteva, e il drago lo aveva accontentato. A quella velocità, non ci avrebbero messo molto per giungere a destinazione. Sperò solo che Mia resistesse abbastanza a lungo.


Angolo dell'autore!!
Si lo so ... sono terribilmente in ritardo. Ormai stò a lezione dalla mattina alla sera e trovare il tempo per scrivere è terribilmente complicato. Spero che questo non influisca negativamente sulla mia storia. Come al solito ringrazio tutti coloro che la stanno seguendo e che la inseriscono nelle varie categorie. Un ringraziamento speciale va ai ragazzi che recensiscono i miei capitoli. Grazie di cuore, spero di aggiornare al più presto :3

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Capitolo 27
*** Rapporto ***


James era nervoso. Lui e Peter erano arrivati a Larss molto presto ed erano entrati nell'ufficio di Kador, sperando di parlare con l'uomo al più presto. Il capo dell'Accademia, purtroppo, non si era ancora alzato, perciò avevano chiesto ad una guardia di convocarlo e lo avevano atteso nel suo ufficio per quelle che sembrarono ore. Quando Kador entrò nella stanza, sbattendo nervosamente la porta, James si irrigidì. Quell'uomo non gli aveva mai fatto una buona impressione. Era terribilmente severo, e freddo. Ricordava ancora la prima volta che lo aveva visto. Alla fine, aveva deciso di arruolarsi nell'esercito del re per non gravare sulla sua famiglia, e quando si era ritrovato faccia a faccia con Kador aveva avuto un gran brutto presentimento. Si chiese spesso come avesse fatto a conquistare una posizione tanto prestigiosa all'interno dell'Accademia. Non sembrava una persona forte, e non aveva certo lo spirito di un cavaliere. Non che lui fosse diverso. Sapeva bene ciò che i suoi compagni pensavano di lui. Pensavano che fosse debole, che fosse un codardo, e non avevano certo tutti i torti, ma James era deciso a cambiare questo aspetto di sè. Sperò di riuscirci al più presto
"Quando vi ho spediti ad Aberlon non credevo di rivedervi così presto" disse Kador raggiungendo la sua scrivania e mettendosi a sedere "Guarda guarda ... solo in due? Dove sono i vostri compagni?"
Peter prese la parola "Gli eventi di Aberlon sono stati più complicati del previsto. Dopo aver ucciso l'animale che tormentava i cittadini, ci siamo ritrovati ad affrontare una creatura ben diversa"
"Uno dei nostri compagni" fece James prendendo fiato "Thom, ci ha attaccati"
"Thom!?" esclamò Kador sorpreso "Mi meraviglia molto. Sembrava un cadetto promettente ... beh a quanto pare non l'ho valutato attentamente. Può capitare che un ragazzo tanto giovane perda la testa"
"Non ha perso la testa signore!" ribattè James con sicurezza "È stato vittima di un incantesimo"
Peter deglutì, osservando lo sguardo serio di Kador. Persino a lui quella frase sembrava incredibilmente sciocca, eppure aveva visto coi suoi occhi lo sguardo vuoto di Thom mentre lo trafiggeva
"Vedo che non è l'unico ad aver perso il senno"
"Non ho perso il senno! Le assicuro che è vero!" James strinse i pugni. Immaginava che Kador sarebbe stato difficile da convincere "Non sembrava neppure lui. Aveva lo sguardo vuoto di un cadavere. Aaron lo ha trafitto dritto al cuore, ma lui ha continuato a muoversi, a lottare ... ci ha quasi uccisi"
Kador sorrise divertito "Si, immagino che sia stato difficile per te James. Sei ancora molto giovane. Vedere un compagno morire davanti ai tuoi occhi dev'essere stato scioccante"
Il ragazzo guardò il suo compagno, aspettando che dicesse qualcosa per dimostrare che aveva ragione, ma Peter non sapeva cosa dire. Non voleva apparire pazzo agli occhi del suo comandante. "E che fine hanno fatto gli altri due?" continuò Kador rilassato "Aaron e Mia dove sono?" Stavolta fu Peter a parlare "Mentre rientravamo per fare rapporto, qualcuno ci ha attaccati. Mia è rimasta ferita, ed Aaron l'ha portata con sè in cerca d'aiuto" non disse nulla dell'enorme drago che era andato in soccorso della ragazza. Aaron gli aveva chiesto di non farne parola, e probabilmente aveva ragione
"Avrebbero potuto cercare aiuto a Larss. Ci sono dei guaritori molto validi in Accademia" l'uomo si appoggiò allo schienale con un sospiro "Beh ... è una loro scelta ... è tutto?"
Peter rimase a bocca aperta. Se ne stava lavando le mani? Non gli aveva neppure chiesto chi era stato ad attaccarli, se le ferite di Mia erano gravi, se lei ed Aaron sarebbero rientrati presto. Come poteva essere tanto indifferente?
"Deve avvertire il sovrano" disse James facendosi avanti. Kador lo guardò irritato "C'è qualcosa di strano dietro questi avvenimenti. Dobbiamo aumentare le difese all'interno delle città, avvertire i cittadini di fare attenzione"
"Fare attenzione a cosa?" l'uomo stava perdendo la pazienza. Quei ragazzini lo avevano convocato nel bel mezzo della notte per avvertirlo di un pericolo che probabilmente era solo nella loro testa "Per quanto mi riguarda non c'è nulla di cui aver paura. La morte di Thom sconvolgerà tutti, e l'assenza di Aaron dispiacerà a molti, ma fortunatamente sembra che voi stiate bene. Avete fatto il vostro dovere. Potete tornare nelle vostre stanze"
Detto questo li congedò con un gesto della mano. James rimase immobile, sperando che ci ripensasse "Avanti andiamo" disse Peter dirigendosi verso la porta. Il ragazzo guardò ancora l'uomo, che si era voltato verso la grande finestra del suo studio e guardava sorgere il sole, poi si voltò

Kador si ritrovò a sbadigliare. Non era abituato ad alzarsi tanto presto. Il bello di avere una posizione tanto importante, è che non doveva sottostare agli ordini di nessuno.
"Non sembri in gran forma"
L'uomo si voltò, guardando con indifferenza la donna alle sue spalle "Neanche tu"
Lilith aveva il fianco fasciato e il viso pallido. Attraverso le bende candide, l'uomo riusciva a vedere del sangue ancora fresco "Sembra che tu ti sia scontrata con qualcosa di grosso" sorrise divertito "Sembri quasi umana ridotta in questo modo"
Lilith sì accigliò "Ti diverte tanto?"
Kador scrollò le spalle "Non potresti semplicemente guarirti con la magia?"
"Non ho abbastanza energie. Le ho perse quasi completamente, tentando di uccidere quella ragazza insolente" si fece avanti, e sedette sulla scrivania, trattenendo una smorfia quando un dolore acuto la attraversò "Quella maledetta mi ha colta di sorpresa. Aveva un drago dalla sua parte"
"Un drago?!" esclamò Kador sorpreso "Credevo fossero estinti"
"A quanto pare ci sbagliavamo" rispose Lilith pensierosa "Ma la cosa che più mi sorprende, è il fatto che questo drago l'abbia protetta. Sono creature diffidenti. Non amano gli esseri umani ..." incrociò le gambe e giocherellò con una ciocca di capelli "Comunque sarà fuori gioco per un po'"
"Lo spero. Quella ragazza ha la brutta abitudine di mettersi in mezzo quando non dovrebbe. Oggi i suoi amici mi hanno chiesto di avvertire il re. Hai esagerato. Sospettano qualcosa"
"Non preoccuparti, non saranno un problema"
Kador sorrise, pregustando il momento in cui avrebbe visto il sovrano morire davanti ai suoi occhi "Ricordati di darmi la mia parte"
"Ma certo" fece Lilith divertita "Mantengo sempre le mie promesse ... avrai la tua parte" che sciocchi gli umani. Bastava offrirgli un po' di denaro per farli cadere ai propri piedi. Si domandò dove fosse Alec. Quel ragazzo era il suo più grande successo. Non vedeva l'ora di rivederlo

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Capitolo 28
*** L'animo di un drago ***


Will camminava avanti e indietro con assoluta lentezza. Quella sera gli era stato affidato il primo turno di guardia, e non ne aveva certo una gran voglia. Tanto a cosa serviva fare la guardia? Non succedeva mai nulla di nuovo in Accademia. Aveva cercato in ogni modo di non farsi affidare qualche missione, perchè l'idea di rischiare la vita in qualche buco di città non gli piaceva. Will era il tipo d'uomo che si era arruolato nell'esercito per una questione di prestigio e denaro, non ci teneva a servire la patria. Ora, qualcuno potrebbe pensare che Will sia un uomo orribile e senza onore, ma la dura realtà è che la maggior parte degli uomini iscritti all'Accademia erano come lui. In pochi si erano arruolati per pura passione. Era per questo che Mia, col passare del tempo, si era guadagnata una certa posizione, almeno nella mente delle persone. La ragazza metteva il cuore in tutto ciò che faceva e questo non poteva che sorprendere coloro che la guardavano. A poco a poco, anche quegli uomini che inizialmente la odiavano tanto avevano iniziato a temerla e rispettarla. Tutti tranne Will, che si ostinava a guardarla dall'alto in basso in ogni situazione.
Quella sera l'Accademia era particolarmente silenziosa, e questo lo preoccupò. Era normale che fosse tutto così tranquillo? Continuò a camminare, stavolta affrettando il passo. Sperò che il suo turno finisse in fretta per poter tornare nel dormitorio a riposare. Ad un tratto si fermò, sentendosi osservato. Si guardò intorno confuso, sperando si trattasse solo della sua immaginazione, ma una figura attirò la sua attenzione. Un uomo, a distanza, lo guardava, coperto da un mantello nero. Per via del cappuccio non riusciva a vederlo bene in viso "Hei!" fece Will severo "Che fai qui? Non puoi attraversare l'Accademia di notte!" la figura non si mosse e Will iniziò a spazientirsi "Mi hai sentito? Vattene"
L'uomo lasciò cadere il cappuccio, in modo che il cadetto potesse osservarlo per bene. Capelli neri come la pece gli ricaddero sul viso chiaro, in cui due occhi glaciali facevano da padroni. Will indietreggiò sorpreso
"Ma tu guarda!" la preoccupazione di Will svanì quando capì che si trattava di Alec "Non credevo che saresti tornato. Sei qui per la tua donna? Mi spiace ma al momento non c'è"
"Sono qui per te" Will non ebbe il tempo di parlare. In poco meno di un secondo, si ritrovò Alec ad un palmo dal proprio naso e sussultò. Come poteva essere così veloce? Non lo aveva neppure visto muoversi! Alec lo colpì con forza allo stomaco con una potente ginocchiata, costringendolo a piegarsi in due, poi lo gettò a terra, senza cambiare espressione. Will cercò di riprendere fiato, terribilmente sorpreso. Si portò le mani allo stomaco dolorante e cominciò a tossire. Un brivido freddo gli percorse la schiena quando si rese conto di tossire sangue. Alec si voltò lentamente, guardandolo con estrema freddezza "Ti ricordi di questo posto? Io me lo ricordo molto bene" Will si guardò intorno per quanto poteva. Tre anni prima, in quel corridoio, lui e i suoi amici avevano cercato di uccidere Mia ma Aaron era apparso per aiutarla "Cos'è? Ora vorresti vendicarti?" Will cercò di tirarsi su ma non poteva muoversi. Anche parlare era terribilmente difficile "C'eri anche tu quella notte, e non hai fatto niente" sorrise "Sei sempre stato un codardo"
Alec affilò lo sguardo e Will riprese a tossire, più forte di prima "Vedo che non sei cambiato affatto. Hai sempre avuto uno straordinario talento per farmi infuriare" si accovacciò per poterlo vedere meglio "Io non sono più l'uomo che ero, e non me ne dispaccio. Sono esattamente ciò che volevo essere" la tosse di Will si fermò, permettendogli di riprendere fiato "Ma per quanto ci abbia provato, non sono mai riuscito a dimenticare" un sorriso sadico apparve sul suo viso, deformando quella maschera di perfezione "Finalmente potrò ucciderti"

Aaron si tenne forte. Delfine volava davvero in fretta, e la pressione del vento era forte e terribilmente fredda. C'erano momenti in cui gli capitava di perdere l'equilibrio, e allora doveva aggrapparsi al drago e cercare di non perdere la presa. A complicare le cose c'era Mia. La ragazza non accennava a riprendersi, anzi peggiorava. Ormai era talmente pallida da sembrare uno spettro. Tremava terribilmente per via della febbre, che non si decideva a diminuire. Aaron l'aveva avvolta nelle coperte meglio che poteva, in modo che il vento non la raggiungesse, ma non bastava qualche coperta per farla stare meglio. Aaron la strinse a sè con forza quando la ragazza emise dei lunghi e dolorosi lamenti che lo fecero rabbrividire "Resisti Mia" le aveva sussurrato "Io sono qui" Quelle parole sembravano aver fatto un certo effetto. La ragazza si rilassò appena e riprese a respirare regolarmente. Aaron provò a muoversi e le squame di Delfine lo ferirono per l'ennesima volta. Imprecò "Avrei dovuto sellarti" la dragonessa sbuffò offesa. Era già incredibile che gli avesse permesso di cavalcarla, figuriamoci se gli avrebbe mai permesso di rovinare la sua elegante figura con una volgare sella creata da esseri umani. Aaron preferì non rispondere. Per quanto quell'animale lo infastidisse non era una buona idea metterselo contro, soprattutto in un momento come quello. Le bastava un piccolo movimento per farlo precipitare. Mia gemette di nuovo e Aaron la baciò sulla fronte, sentendo il forte calore della sua pelle. Dovevano sbrigarsi

Ci misero poco più di un giorno per arrivare a destinazione. Aaron non poté fare a meno di lodare Delfine per la sua incredibile velocità. Le disse di atterrare ad una certa distanza, al riparo degli alberi. Se gli umani l'avessero vista, sicuramente non l'avrebbero accolta a braccia aperte. L'uomo non aspettò neppure che fosse atterrata. Si lasciò scivolare a terra, tenendo Mia tra le braccia e ignorando il dolore che lo percorse quando le sue gambe ferite toccarono terra "Resta qui" disse rivolto a Delfine "Non so quanto ci vorrà, ma sicuramente Mia vorrà ringraziarti di persona"
La dragonessa alzò il muso con fierezza. Non serviva certo che fosse Aaron a dirglielo. Non avrebbe abbandonato Mia, non finché non avesse saputo che la ragazza stava bene. Lui sorrise. Delfine ci teneva davvero a lei. Era sorprendente, e confortante. Era rimasto così sorpreso quando aveva visto la ragazza interagire con tanta naturalezza con quella creatura. Ora si rendeva conto che in fondo erano molto simili. Avevano la stessa forza, la stessa passione, lo stesso orgoglio. E se mai avesse dovuto paragonare Mia a qualcosa, sicuramente l'avrebbe paragonata ad un drago. Forte, libera e saggia. Si posizionò la ragazza sulla schiena e si diresse verso la città. Nonostante Mia fosse incredibilmente leggera, faticò parecchio, e quando raggiunse i cancelli di Heilung era a pezzi. Un monaco gli corse incontro allarmato e lo aiutò a trasportare la ragazza


Angolo dell'autore!
E alla fine ci lascia anche Will. Non credo che mancherà a qualcuno, ma un po' mi sento in colpa. Li stò uccidendo tutti XD

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Capitolo 29
*** Sogni ***


"L'amore vero non finisce mai. Ce lo portiamo appresso tutta la vita, come un bagaglio che grava sul nostro cuore. Ad ogni battito di ciglia, ad ogni mio respiro, continuerò a vedere il tuo sorriso e a sentire il suono della tua voce, sperando un giorno, di poterti rincontrare"

Buio. Ovunque guardasse, non vedeva altro. Era come precipitare senza fine nell'oscurità, senza avere appigli a cui aggrapparsi. Provò a parlare, ma non aveva voce, non aveva labbra. Non capiva neppure se fosse ancora viva. Quasi amava quel profondo calore che le bruciava le carni. Divampava dentro di lei come un forte incendio destinato a non avere fine. Era doloroso, ma la faceva sentire viva. Una profonda disperazione la colse, mentre continuava a precipitare, sempre più in fondo. E se non si fosse più svegliata? Provò a muoversi, a frenare la caduta, ma non fece altro che aumentare il dolore che le straziava il corpo. Poi, improvvisamente, iniziò a rallentare, e davanti ai suoi occhi una luce si accese, mostrandole un'immagine familiare.
- Era molto piccola, una bambina. Sua madre le aveva preparato una stanza tutta sua. Non aveva mai avuto una camera sua. Era così felice! Si mise a sedere sul letto, seguita da suo padre, che aveva un grande libro tra le mani "Cosa vogliamo leggere stasera?" chiese passando l'indice sui titoli delle storie
"Una storia sui cavalieri!!" esclamò la bambina esaltata
Il padre rise "Ti piacciono molto vero? Vorresti sposarne uno un giorno?"
Mia fece no con la testa, decisa "Non voglio sposare un cavaliere. Voglio essere un cavaliere!"
l'uomo sgranò gli occhi sorpreso. Aveva intuito che quei personaggi le piacessero molto, ma non immaginava che un giorno avrebbe voluto persino emularli. Mia si rese conto di ciò che il padre stava pensando, così si affrettò a dargli spiegazioni "I cavalieri sono forti, coraggiosi e con un gran cuore. Cercano sempre di aiutare gli altri, mettendo da parti se stessi. Sarebbe un vero onore essere una di loro!"
Suo padre rimase in silenzio, la bocca spalancata per l'immensa sorpresa. Poi scoppiò a ridere e Mia si rabbuiò
"Perchè ridi?" chiese furiosa "Io posso farcela!"
L'uomo le scompigliò i capelli sorridendo "Sei davvero sorprendente figlia mia. Così giovane eppure così saggia"
Mia sorrise, mostrando i denti da latte, di cui alcuni erano caduti da poco "È perchè ho un papà come te" -
La scena cambiò
- Mia era sotto il suo letto, come la madre le aveva detto di fare. Un uomo si era introdotto in casa, armato. Sentiva le voci dei suoi genitori, mentre tentavano invano di ragionare con il criminale. Poi delle urla, forti e strazianti. Una pozza di sangue si allargò sul pavimento, macchiandosi le mani appoggiate a terra -
Mia si coprì il viso. Non voleva rivedere quelle immagini, non voleva sentire quelle voci. Nonostante avesse chiuso gli occhi, però, continuava a vederle, marchiate a fuoco nella sua mente. Provò ad urlare, ma era ancora senza voce. Voleva svegliarsi
- "Tutto bene?" Alec era disteso al suo fianco e la teneva stretta a se. Mancavano pochi giorni. Lui e Mia si sarebbero presentati in Accademia, e avrebbero cercato di entrare, per potere un giorno diventare cavalieri
"Si ... Stavo solo pensando"
"A cosa?"
Mia fece spallucce "E se non riuscissi ad entrare?"
Alec le prese il viso tra le mani e la costrinse a guardarlo "Lo so che non sono bravo in queste cose. Tra i due sei sempre stata tu quella forte, quella fiduciosa, in grado di dire sempre la cosa giusta al momento giusto ... non potranno mai rifiutati. Non lo dico solo per compiacenti, so che è così. Non c'è nessuno che sia più qualificato di te per questo. E non parlo solo di abilità militari. Tu hai ... il cuore ... di un cavaliere. Come potresti non entrare?"
Mia rise "Quanti complimenti! C'è qualcosa che vorresti chiedermi?"
Alec la baciò sulle labbra provocandole un lieve rossore "È proprio questo che amo di te" -
La ragazza si toccò le labbra sorpresa. Era come se fosse appena accaduto. Riusciva ancora a sentire il tocco della sua lingua "Una cosa che non sentirai mai più"
Mia si guardò intorno sorpresa, ma non riuscì a vedere nulla. La voce di Lilith la raggiunse, prendendo vita dalla sua stessa mente "Del resto, chi vorrebbe mai una donna come te? Una ragazzina che gioca a fare il soldato. Che cosa bizzarra. Che penserebbe tua madre di te? Del fatto che non sembri neppure una donna?"
"Credevi davvero che potessi amarti?" stavolta era stato Alec a parlare. Era uscito dal suo ricordo e l'aveva guardata con disprezzo "Sempre pronta a dare ordini, sempre pronta a svilire ogni mia parola, ogni mio gesto ... non sono mai stato tanto felice come in questo momento. Liberarmi di te è stata la decisione migliore della mia vita"
Mia guardò con orrore le mani del ragazzo tingersi di rosso. A terra, ai suoi piedi, milioni dì cadaveri volgevano lo sguardo al cielo. La ragazza indietreggiò disperata, quando li vide alzarsi e puntare gli occhi vuoti verso di lei. Si voltò, provando a scappare, ma rimaneva bloccata in un punto. Urlò disperata mentre quei cadaveri la abbracciavano, portandola a fondo. Quando pensò che fosse ormai la fine, una luce la investì, costringendola a chiudere gli occhi ...

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Capitolo 30
*** Heilung ***


Mia si mosse appena, la mente ancora un po' annebbiata. Era in un morbido letto, e quella sensazione le piaceva, era da tempo che non passava la notte in un letto vero e proprio. Aprì gli occhi con attenzione. Si sentiva terribilmente stanca, come se avesse faticato per giorni e giorni, senza mai fermarsi. Si guardò intorno confusa, cercando di capire dove fosse. Era in una piccola stanza, completamente bianca, spoglia di tutto. Di fronte al letto c'era un semplice armadio in legno dall'aria molto vecchia e trascurata. Sulla parete, accanto a lei, si apriva una grande finestra, da cui entrava la luce e illuminava con forza l'intera stanza. Rimase a terra ancora per qualche secondo, cercando di ricordare cosa fosse successo. Quando lo sguardo di Lilith le affiorò alla mente, si mise a sedere, allarmata, tastando ogni parte del suo corpo in cerca di qualche ferita. Oltre allo sguardo freddo della donna, l'unica cosa che ricordava era un forte dolore, che le aveva impedito di muoversi e di parlare. La porta si aprì ed Aaron rimase a bocca aperta. Le corse incontro e la abbracciò, stringendola con forza "Grazie al cielo!" esclamò felice "Temevo non ti saresti più ripresa! Stai bene?"
"Starei meglio" disse lei mugugnando "Se non mi stringessi tanto forte"
Aaron la lasciò andare all'istante, mortificato, e Mia riprese fiato "Scusami ... è che ero davvero preoccupato"
Lei rise "Non preoccuparti. Sono felice di ricevere un simile trattamento" si guardò ancora intorno, cercando di riconoscere qualche elemento a lei familiare "Cos'è successo? Dove siamo?"
Aaron prese posto sul letto accanto a lei, di nuovo serio "Siamo ad Heilung, la città sacra. Qui si trovano i migliori guaritori della regione. La sera in cui abbiamo deciso di accamparci, tu sei sparita. Io e gli altri ti abbiamo cercata nella foresta e ti abbiamo trovata poco dopo in pessime condizioni"
Mia abbassò lo sguardo "Mi dispiace molto. Sono stata una stupida" strinse i pugni, terribilmente contrariata. Ricordava ancora come, abbagliata dalla flebile speranza di ritrovare Alec, si era addentrata in quel luogo sconosciuto, dove aveva incontrato Lilith, la donna che aveva visto insieme al suo vecchio compagno la notte prima. Si era gettata dritta nella sua trappola. Era stata una sciocca
"Sembravi essere stata avvelenata. Avevi la febbre alta e stavi molto male. Ho pensato che un semplice guaritore non bastasse, e avevo ragione. La donna che ti ha fatto questo sapeva quello che faceva. I guaritori di Heilung sono stati in difficoltà. Sei rimasta incosciente per giorni e giorni"
"Giorni?!" Mia rimase senza fiato. Non poteva credere alle sue orecchie. Doveva andarsene! Tornare in Accademia, avvertire Kador, cercare Alec. Ormai era chiaro che gli eventi degli ultimi tempi non erano stati affatto casuali. Doveva essere stata Lilith a scatenarli, e non si sarebbe mai fermata. Doveva avere qualcosa in mente, e qualsiasi cosa fosse non doveva essere niente di buono.
Aaron dovette capire i suoi pensieri, perchè la guardò con severità "Non pensarci nemmeno. Non ti muoverai da questo letto finché non ti sarai rimessa per bene"
"Ma Aaron! Noi ..."
"Ho mandato Peter e James ad avvertire Kador. A quest'ora, dovrebbero avergli già fatto rapporto. Non preoccuparti"
Mia si lasciò cadere sul letto, esausta "Immagino che tu abbia ragione. Beh, non appena starò meglio ci metteremo in cammino"
"Non credo che cammineremo" Aaron si grattò la testa, scompigliandosi i capelli "Sai Heilung ... era piuttosto lontana, e non sapevo se saresti sopravvissuta ad un viaggio tanto lungo, perciò mi sono permesso di chiedere aiuto ad una tua amica"
Mia scattò di nuovo a sedere "Delfine!" la dragonessa era venuta in suo soccorso quando la strega dagli occhi rossi l'aveva attaccata. Le aveva salvato la vita!! "Vuoi dire che ...?"
"Ci ha portati Delfine fin qui. Volare su un drago è davvero spaventoso, ma siamo arrivati in fretta"
"Per tutti i cavalieri!!" esclamò Mia esaltata "Ho volato su un drago! Su un vero drago!" poi si rabbuiò "E non ne ho memoria!!" si portò le mani di fronte al viso disperata "Ho perso una grande occasione. Accidenti a me! Dovrò rimediare al più presto"
Aaron scoppiò a ridere. Una risata fragorosa, che la mise subito di buon'umore "Accidenti Mia. Sei davvero incredibile. Anche in queste situazioni non perdi mai il tuo spirito" posò la mano sulla sua, un po' imbarazzato "È questo che mi piace di te" arrossì, guardando quei suoi meravigliosi occhi marroni, così sinceri e selvaggi. Quante volte l'aveva guardata, sperando che lei notasse il suo sguardo. Non aveva mai incontrato una donna simile. Bellissima, coraggiosa, con un cuore forte ed altruista.
Mia gli strinse la mano sorridendo "Mi piaci anche tu. Sei un ottimo soldato e un buon amico. Non so cos'avrei fatto senza di te"
Aaron perse un po' del suo entusiasmo. Come sospettava, Mia non lo aveva mai visto nel modo in cui sperava


Angolo dell'autore!!
Boom! Aaron viene friendzonato XD
Sinceramente non so se farli stare insieme o meno. Per quanto mi riguarda, ho sempre visto Mia come una donna indipendente, e il suo amore per Alec è troppo forte per svanire così facilmente. Comunque, la storia non è ancora giunta alla fine. Ci sono tante cose che potrebbero ancora succedere. Al prossimo capitolo :3

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Capitolo 31
*** Lanciare un messaggio ***


James venne svegliato dalla luce del mattino. Il giorno prima era stato così stanco da non riuscire a prestare attenzione ad una sola delle lezioni impartitegli da Rin. Non era andato neppure a cena. Semplicemente si era diretto nel dormitorio e aveva dormito come un sasso per ore ed ore. Quando aprì gli occhi, si rese conto che gli altri cadetti erano già vestiti e pronti a cominciare la giornata. Tutti tranne Peter che, come lui, era stanco morto. James si mise a sedere, guardandosi attorno leggermente intontito. Perchè si alzavano tutti così presto?

In piazza, regnava il silenzio. I giovani soldati, così come i loro maestri e diversi capitani, osservavano immobili e con orrore la scena che si presentava davanti ai loro occhi. Uno dei loro compagni era stato ucciso la sera prima, e lasciato in bella vista, in modo che tutti potessero vedere. Tutti lo conoscevano. Il giovane Will. Il corpo del ragazzo era stato appoggiato alla parete. Le braccia aperte erano state fissate al muro bianco usando dei coltelli e la testa gli ricadeva sull'addome. Gli era stata tagliata la gola, e il sangue che aveva versato era stato utilizzato per comporre una parola sulla parete alle sue spalle: Morte
Alcuni ragazzi si allontarono dalla scena, con gambe tremolanti, altri ancora si portarono una mano alle labbra, colti da una nausea improvvisa. Chi mai poteva aver fatto una cosa del genere? Kador si fece avanti, spingendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Quando vide Will ridotto in quelle condizioni, il suo volto si oscurò, pieno di collera
"Che cosa significa?" chiese con un tono di voce abbastanza alto da permettere a tutti i presenti di ascoltarlo "Venga fuori il responsabile! Alla svelta!" alcuni cadetti rimasero a bocca aperta. Possibile che fosse stato uno di loro? Possibile che uno di quei ragazzi avesse ucciso brutalmente il suo compagno e messo su una scena del genere? I soldati più giovani scossero la testa contrariati. Non poteva essere! Era ridicolo!
"Vacci piano Kador" James si voltò verso il nuovo arrivato. Un uomo possente, alto almeno due metri, con una corporatura vigorosa e la testa calva. Aveva due grandi cicatrice che lo misero in soggezione. Una sul petto, e l'altra sul braccio destro. Dovevano essere state ferite molto gravi per lasciare delle simili cicatrici "Non hai il diritto di accusare nessuno di loro"
Peter sgranò gli occhi con incredulità quando si rese conto di chi fosse quell'uomo, e quando disse il suo nome a James, anche il giovane assunse la sua stessa espressione. Marko. Uno dei soldati più forti e più spietati che avesse mai messo piede in Accademia. Non si vedeva spesso da quelle parti, perchè il re in persona insisteva per averlo tra i suoi ranghi, a palazzo. Più di una volta gli era stato proposto di diventare Cavaliere, ma lui aveva sempre rifiutato, ritenendosi più adatto al ruolo di soldato di soldato semplice. James aveva sentito che fosse stato proprio lui ad affrontare Mia il primo giorno, per determinare se la ragazza potesse entrare o meno in Accademia, e il fatto che avesse battuto un soldato di quel livello dava un'idea delle sue abilità militari.
"Come osi rivolgerti a me in questo modo?" chiese Kador sconvolto. L'uomo gli aveva sempre dimostrato un certo rispetto, dato il suo grado nettamente superiore. Non si aspettava di certo una simile reazione
"Gli uomini del re sono uomini d'onore, onesti e leali" continuò Marko con severità "Nessuno di loro avrebbe mai ucciso in questo modo" guardò Will con aria triste. Non gli era mai piaciuto quel ragazzo, e aveva capito subito che un giorno si sarebbe messo nei guai, ma vederlo morto non gli faceva certo piacere. Era ancora così giovane "È chiaro che qualcuno ha voluto mandarci un messaggio, e non mi sembra nulla di buono"
"Un messaggio?" disse Kador ridendo "Ma per favore. Qualche ragazzo insolente avrà deciso di vendicarsi di questo cadetto. Non era molto ben voluto. Beh ... ragazzo ... o ragazza"
Marko lo fulminò con lo sguardo, e il comandante si ritrovò ad indietreggiare impaurito. Da quel giorno di tre anni prima, non amava che qualcuno facesse commenti offensivi nei confronti di Mia. Per quanto lo riguardava, quella donna era il soldato migliore che avesse mai incontrato "Pensala come vuoi" guardò i due ragazzi al suo fianco "Tirate giù quel poveretto. Seppellitelo come si deve e tornate alle vostre attività. Qualcuno si occupi di ripulire quella parete"

Lilith guardava la luna imbronciata. Si annoiava a morte. Si era aspettata più scena dopo la morte di Will, invece dopo aver seppellito il corpo i cadetti erano tornati alle loro attività come se nulla fosse. Ovviamente Kador non aveva fatto nulla, nonostante in molti avessero capito che c'era da preoccuparsi dopo un avvenimento del genere
"Non ti avevo chiesto di ucciderlo" disse Lilith all'uomo alle sue spalle.
Alec si fece avanti e sedette accanto a lei, sul cornicione "Dovevo togliermi questo peso" osservò la grande piazza di fronte ai suoi occhi, dove un tempo aveva passato il suo tempo a camminare con Mia "La maggior parte dei soldati in questo posto mi odiavano. Non facevano altro che prendermi di mira, fare battute sciocche ... non mi mancheranno affatto"
Lilith sorrise e battè le mani allegramente, estasiata. Quella sarebbe stata una serata molto importante. Aspettava da tanto quel momento. Tese la mano destra di fronte a sè e si concentrò. Centinaia di piccoli ragni iniziarono a strisciare attraverso le pareti dell'Accademia, infilandosi in ogni pertugio, alla ricerca dei dormitori. Alec sospirò "Fai davvero paura"


Angolo dell'autore!!
Ringrazio Mark91 per la sua recensione :D (e ovviamente tutti gli altri che continuano a recensire facendomi sorridere :') )
Eccoci al capitolo 31. Ritornano gli odiosi ragni di Lilith, solo che stavolta sono molti di più. Si mette male per i nostri eroi! Riuscirà Mia a ristabilirsi prima che Lilith abbia portato a termine il suo piano? Se volete scoprirlo continuate a leggere XD

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Capitolo 32
*** Il traditore ***


Peter si svegliò di soprassalto, sentendosi strattonare. Quando aprì gli occhi si rese conto che era notte fonda, e cercò di distinguere la figura dell'uomo che aveva deciso di svegliarlo. Quando si rese che l'uomo in questione era il giovane James, ne fu particolarmente seccato, ma lo sguardo spaventato del ragazzo lo costrinse a mettersi all'erta. James si portò un dito sulle labbra, intimandogli di fare silenzio, e lo costrinse a scendere dalla propria branda. Peter lo seguì senza fare storie, rendendosi conto solo ora che il dormitorio era vuoto. Delle urla, provenienti dall'esterno, lo allarmarono. Si irrigidì, cercando di fare meno rumore possibile. James tremava visibilmente, ma cercava di non farsi prendere dal panico. I due ragazzi si appiattirono contro la parete, accanto alla porta. James porse a Peter la sua spada e si posizionò l'arco e le frecce sulla schiena. Thom aveva iniziato a dargli lezioni prima di morire, e il ragazzo imparava in fretta, soprattutto perchè, l'idea di poter affrontare i nemici a distanza invece che doversela vedere con loro faccia a faccia, lo allettava parecchio
"Che stà succedendo?" chiese Peter facendo attenzione al timbro della voce
"Non ne sono sicuro" fece James stringendo i pugni così forte da far sbiancare le nocche "So solo che ho sentito degli strani rumori e poi ... ho visto un soldato uscire dalla stanza, ma il suo sguardo era orribile"
Peter deglutì, preoccupato. Lui e James dovevano lasciare il dormitorio, ma i rumori provenienti dall'esterno non erano certo invitanti. Aprì lentamente la porta, guardandosi intorno con attenzione. Quello che vide lo raggelò. Fu come tornare indietro nel tempo. I soldati dell'Accademia si muovevano in modo scomposto. La carnagione terribilmente chiara che lasciava intravedere vene violacee sotto la pelle. I loro occhi, bianchi e vuoti, si muovevano convulsamente alla ricerca di una preda. Erano esattamente come Thom, ma era un intero esercito!! A terra, alcuni uomini erano stati brutalmente uccisi, probabilmente cercando di dare l'allarme. Quando James gli chiese cosa ci fosse all'esterno, Peter rabbrividì, senza sapere cosa dire. Non sarebbe stato facile uscire di lì senza essere visti.

Lilith saltellò allegramente al centro della piazza, finalmente libera di muoversi per quello spazio senza doversi nascondere. I suoi ragni avevano fatto uno splendido lavoro. La maggior parte dei cadetti dell'Accademia era sotto il suo controllo, e quei pochi sopravvissuti che non erano stati morsi sarebbero stati uccisi con facilità. Alec guardava quelle creature con disgusto. In fondo era pur sempre un umano, e agli occhi di un umano quella scena non doveva essere molto piacevole. Alcuni soldati barcollarono verso di lei, gli occhi vuoti, spingendo Kador a terra. L'uomo cadde in ginocchio e guardò Lilith con rabbia "Che cosa significa? Di a questi mostri di fermarsi!"
La donna sorrise malignamente "E perchè mai dovrei farlo?"
"Io sono dalla tua parte strega maledetta! Avevamo fatto un accordo"
"E credevi che lo avrebbe onorato?" stavolta era stato Alec a parlare "Fidarsi del diavolo per poi lamentarsi quando questo ci si rivolta contro ... tipico"
Kador lo guardò attentamente, cercando di capire chi fosse. Furono i suoi occhi freddi a farglielo capire "Tu!" disse sorpreso "Mi ricordo di te! Eri il ragazzo che stava sempre con Mia" rabbrividì quando si rese conto di quanto fosse cambiato. Il suo sguardo, una volta caldo e gentile, era divenuto freddo e crudele
Lilith si accovacciò, guardandolo in viso. I suoi occhi rossi brillavano nella notte "Ti ringrazio molto per la tua collaborazione, ma purtroppo non mi sei più utile"
I suoi occhi si accesero, incandescenti e crudeli, e Kador si piegò in due, colto da un violento dolore. Il suo corpo iniziò a dimagrire, la pelle si fece sottile e rugosa, mentre le ossa del suo scheletro diventavano sempre più evidenti e pronunciate. Gli occhi si incavarono e la bocca si rinsecchì, perdendo il suo colore. Kador riuscì a lanciare un ultimo grido disperato prima di cadere a terra privo di vita.
Alec guardò disgustato la carcassa dell'uomo "Non potevi semplicemente pugnalarlo?"
"Non essere sciocco" replicò lei divertita "Lo sai che amo la teatralità"

James si portò una mano alle labbra, cercando di non urlare. Doveva essere quella la donna che aveva attaccato Mia, e quanto pare era stata lei a causare anche la morte di Thom, ma chi era l'uomo al suo fianco? Kador non aveva detto il suo nome, ma aveva nominato Mia. Cosa poteva mai avere a che fare un uomo del genere con lei? Kador ... a quanto pare l'uomo era un traditore, per questo non li aveva voluti ascoltare quando lo avevano avvertito del pericolo. Ma a quanto pare aveva avuto ciò che meritava. James si tenne la testa con le mani. Troppe informazioni in un colpo solo. Era confuso. Peter lo riportò in sè, facendogli segno di seguirlo.

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Capitolo 33
*** In volo ***


Mia si riprendeva davvero molto in fretta, tanto che i guaritori rimasero a bocca aperta. Quella ragazza non era normale! A fine giornata, dopo un pasto come si deve, aveva già recuperato gran parte delle sue energie. Aaron guardava divertito l'espressione dei preti che, di tanto in tanto, le facevano visita. Si aspettavano di trovarsi di fronte una ragazza in fin di vita, così debole da non riuscire neppure ad alzarsi dal letto, invece Mia era più allegra che mai. Si alzava spesso, sperando di poter vedere quella città di cui aveva tanto sentito parlare ma i guaritori non le permettevano di uscire. Gli venne un colpo quando la trovarono a terra ad allenare i muscoli
"Non vedo dove fosse il problema" disse offesa rimettendosi a letto "Finirò per rammollirmi se resto ferma a letto un altro giorno"
"Cerca di capire" fece Aaron trattenendo una risata "Si preoccupano per te. Vogliono essere sicuri che tu stia bene prima di mandarti via"
Mia sbuffò "Io stò benissimo. Ci vuole ben altro per uccidermi"
Aaron aveva abbassato lo sguardo "Non scherzare ... ci sei andata davvero vicina"
"Hai ragione scusa" la ragazza sospirò e si lasciò cadere sul morbido materasso "È che vorrei partire al più presto. Sento che stà per accadere qualcosa di terribile, e quest'immobilità mi fa impazzire ... hai avuto notizie da Larss?"
L'uomo scosse la testa "Nulla. Heilung è molto lontana dall'Accademia. Se anche James e Peter ci avessero mandato un messaggio, ci avrebbe messo parecchio ad arrivare"
Mia si morse le labbra, nervosa. Ormai erano passati quasi cinque giorni da quando il loro gruppo si era separato. Era troppo tempo! Questo la preoccupava. Doveva convincere i guaritori a lasciarla andare. Non sopportava l'idea che potesse accadere qualcosa di grave, e di non essere presente per dare una mano. Si morse così tanto le labbra, che ben presto sentì in bocca il sapore del suo stesso sangue. Guardò Aaron con decisione "Non importa cosa diranno. Entro stasera, ci metteremo in cammino"

I preti di Heilung erano tutti molto gentili. Insistettero perchè Mia restasse al letto ancora qualche giorno, ma la ragazza rifiutò quella generosa offerta. Era rimasta immobile fin troppo a lungo. Uno dei guaritori, offrì ai ragazzi una sacca con alcune provviste. Aaron lo ringraziò e Mia si proruppe in un profondo inchino, lasciando ricadere i ricci scuri in avanti "Mi avete salvato la vita. Non vi ringrazierò mai abbastanza" si tirò su e li guardò tutti negli occhi con decisione "Se mai aveste bisogno di aiuto, non esitate a chiedere"
Durante il viaggio verso i cancelli della città, la ragazza poté godere di un po' del suo splendore. Così come gli interni, anche gli esterni degli edifici erano bianchi e luminosi. Le strutture erano povere e molto semplici, collegate le une alle altre da piccoli viottoli. Nonostante ci si trovare all'interno della mura, i preti avevano lasciato che la vegetazione crescesse libera. Alcuni edifici erano circondati da alte piante, le cui foglie e fiori finivano per seguire la forma delle loro pareti. Per quanto fosse semplice e povera, aveva un certo fascino. Le mura erano basse, appena accennate, e i cancelli erano sempre aperti, per accogliere chiunque ne avesse bisogno. Ad Heilung, tutti i cittadini erano guaritori, alcuni più in gamba di altri. Ognuno di loro si prodigava per aiutare le persone in difficoltà, di chiunque si trattasse. Era l'unico luogo della Regione dove non vi erano mai state battaglie. I guaritori non si schieravano con nessuno, e prestavano i loro servigi a chiunque, cavalieri o ladri che fossero. Nessuno si sarebbe mai permesso di profanare un simile luogo, così vicino agli Dei. Una volta varcati i cancelli di quella splendida città, invece, tutto poteva accadere. Mia ed Aaron attraversarono la foresta esterna, addentrandosi sempre più in profondità. Mia seguiva Aaron, che sembrava sapere con esattezza quale strada fare. Quando nel folto della vegetazione la ragazza vide delinearsi l'immensa figura di un drago, un'enorme sorriso le si stampò sul viso "Delfine!!"
Corse verso di lei, stringendole appena il collo in quello che doveva essere un abbraccio affettuoso. La dragonessa mugugnò, piacevolmente sorpresa. Le fece capire quanto fosse felice di vederla, e che per lei era stato difficile starle lontano tanto a lungo. Poi fece qualche commento sgradevole su Aaron, e sul fatto che l'aveva lasciata da sola in mezzo a quella fitta vegetazione senza neppure un piccolo cinghiale da mettere sotto i denti. Alla fine le era toccato cacciare qualche coniglio, ma era stato difficile farlo senza farsi notare dagli esseri umani. Inoltre quelle piccole creature erano sfuggenti. Mia rise ascoltando le lamentele dell'animale. Aaron le guardò offeso, come al solito tenuto fuori da quella conversazione. Lo sguardo di Delfine nei suoi confronti era ancora pieno di odio. Tossì, per attirare la loro attenzione "Dovremmo andare non credete?" Delfine alzò gli occhi al cielo. Il ragazzo le mostrò una grande sella che gli avevano lasciato i guaritori "Prima però dovresti indossare questa"
Mia rimase a bocca aperta "Scherzi? È una sella orribile! Delfine non può indossarla!" la dragonessa sorrise mostrando i denti aguzzi. Lei si che la capiva. Aaron sbuffò. Erano proprio una coppia perfetta
"Credimi Mia" disse deciso "Il viaggio non sarebbe affatto piacevole senza questa"

Alla fine Delfine si lasciò sellare. Quando Mia salì sulla sua schiena, sentì il suo cuore battere all'impazzata. Quasi non si accorse che Aaron, dietro di lei, la stava abbracciando per non cadere. Afferrò uno dei corni sul muso dell'animale e si tenne stretta, facendo un respiro profondo. Delfine aspettò che i due fossero pronti, poi aprì le ali, piegò le zampe verso il basso e saltò in alto, sbattendo le ali possenti con forza. Mia si piegò, colpita dal vento, ed Aaron si strinse a lei con forza. La ragazza chiuse gli occhi, aspettando che l'animale si sollevasse. Sentiva i suoi muscoli possenti muoversi sotto le sue gambe. Quando aprì gli occhi, rimase a bocca aperta. Di fronte a lei, un cielo azzurro, immenso, si estendeva all'orizzonte, avvolgendola completamente. Le nuvole erano stupende viste da quella distanza. Guardò verso il basso e il panorama la ammaliò. Era tutto così lontano, così piccolo. Le persone somigliavano a piccole formiche, che si muovevano lentamente, confondendosi con la vegetazione. Si raddrizzò, per poter vedere meglio il cielo di fronte a sè, e con cautela lasciò andare il corno a cui si sorreggeva
"Sei pazza?!" fece Aaron sconvolto. L'uomo tremava, terribilmente preoccupato. Anche se aveva già affrontato quel tipo di viaggio, non poteva fare a meno di averne paura "Tieniti! Potresti cadere!" Mia non lo ascoltò. Aprì le braccia verso l'esterno, come per immergersi completamente in quell'immensità. Il vento le muoveva con forza i ricci scuri, che le frustavano il viso. Si ritrovò a sorridere, poi a ridere. Nonostante quel forte vento le disturbasse la vista, non voleva chiudere gli occhi, per non perdere neanche un secondo di quello spettacolo meraviglioso. Urlò, esprimendo tutta la gioia che aveva nel cuore. Delfine, sentendo quell'urlo selvaggio, sputò fuoco, illuminando il paesaggio. Il fuoco si spense al loro passaggio, trasformandosi in semplice fumo che costrinse i ragazzi a tossire. Aaron si irrigidì, sempre più nervoso, mentre Mia continuava a ridere


Angolo dell'autore!!
Che dire, chi non vorrebbe cavalcare un drago? Sarebbe un vero sogno *w*
Come al solito ringrazio tutti i recensori e coloro che seguono la mia storia. Caricherò al più presto un nuovo capitolo :3

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Capitolo 34
*** Sopravvissuti ***


Ancor prima di arrivare a destinazione, Mia notò che c'era qualcosa di strano nel panorama. Quando avvistò Larss all'orizzonte, si ritrovò senza fiato, osservando la sottile linea di fumo nero che saliva verso il cielo. Delfine rallentò, indecisa sul da farsi. Aveva avuto intenzione di atterrare ad una certa distanza, per tenersi lontana dagli umani, ma non avvertiva voci o altri suoni all'interno della città. Quello strano silenzio la spiazzava. Alla fine, atterrò al centro della piazza dell'Accademia, facendo attenzione a non urtare eventuali detriti. Aaron scivolò a terra, gli occhi sbarrati. L'Accademia era stata completamente distrutta. Le pareti, un tempo bianche, erano state incenerite da quello che probabilmente era stato un grande incendio. Il cornicione era crollato, e le vetrate erano in frantumi. Abbandonato in un angolo, c'era il corpo di un uomo. Questo era così magro e annerito da risultare irriconoscibile. L'unica cosa che Aaron riuscì a distinguere, provando uno strano senso di deja vu, furono gli occhi, incredibilmente chiari. Mia si mosse con cautela, osservando con disperazione crescente lo spettacolo di fronte ai suoi occhi. Tutto avrebbe potuto aspettarsi, ma non questo. Non quella desolazione. Si diresse verso i cancelli, ormai ridotti in cenere, e osservò quello che una volta era stato il villaggio di Larss. Una strana rabbia prese vita nel suo petto, man mano che esplorava vari angoli, ormai distrutti, della città. La bottega in cui anni prima aveva lavorato insieme ad Alec per guadagnare qualche soldo, era stata completamente rasa al suolo e saccheggiata. La locanda in cui erano stati soliti alloggiare emanava ancora un forte odore di bruciato. La rabbia di Mia raggiunse il culmine quando, tra le macerie, intravide il corpo martoriato di una ragazza, lasciato a terra, come una vecchia bambola che aveva ormai perso ogni sua attrattiva. Si inginocchiò al suo fianco, e cercò di tirare fuori il corpo dalle macerie. Le sue braccia erano fredde come il ghiaccio e Mia dovette ricacciare indietro le lacrime "Mia ..." Aaron si avvicinò, osservando tristemente la scena "Forse dovremmo ... andare via"
"Và seppellita" disse la ragazza con fermezza cercando di sollevare una grossa trave. Delfine la afferrò con le immense fauci, sollevandola con facilità "Grazie Delfine"

Aaron la aiutò a scavare, con non poca difficoltà. Dopo averla seppellita, Mia sussurrò alcune brevi parole, e uno stupendo fiore bianco iniziò a crescere nel terreno, in corrispondenza della tomba improvvisata. La ragazza strinse i pugni, cercando di mandare via la rabbia. Chiunque avesse fatto questo, l'avrebbe pagata cara. Aaron si voltò di scatto, sentendosi osservato. Delfine fece lo stesso. Annusò l'aria ed esaminò il terreno, in cerca dell'intruso. Alla fine si avvicinò ad un cumulo di macerie, e una piccola sagoma scattò fuori da esse, correndo impaurita. Cadde a terra, rivelando una folta massa di ricci chiari e occhi color del cielo. Mia si avvicinò alla bambina sorridendo "He! Tranquilla non vogliamo farti del male" la piccola continuava a fissare il drago con occhi spaventati, ed Aaron pensò che ne aveva tutte le ragioni "Non preoccuparti. Delfine è innocua"
Il drago avvicinò il muso alla bambina che si irrigidì, indecisa sul da farsi. Guardò quegli immensi occhi per qualche minuto, pronta a fuggire al minimo movimento. Mia distese la mano verso di lei, e le accarezzò dolcemente le squame "Vedi? È nostra amica"
La bambina alzò la piccola mano verso l'alto, toccando con cautela le squame brillanti, e si ritrovò a ridere quando le emozioni dell'animale la raggiunsero, forti e confortevoli "Io sono Mia, e questo è il mio amico Aaron" indicò il ragazzo che nel frattempo si era fatto avanti. Quella scena l'aveva colpito. Non immaginava che Delfine fosse in grado di comprendere una situazione come quella "E tu chi sei?"
"Mi chiamo Tania" disse la bimba asciugandosi il naso col dorso della manica
"Tania! Che nome splendido! Sai dirmi cos'è successo in questo posto?"
La bambina annuì tristemente "I soldati ci hanno attaccato" quella frase lasciò Mia ed Aaron senza parole
"Come sarebbe?" fece Aaron sconvolto "Sono stati i soldati a fare questo?"
"Hanno combattuto tra di loro, distrutto gli edifici ... hanno ucciso tante persone" si ritrovò di nuovo con le lacrime agli occhi e Mia la abbracciò, cercando di darle conforto. Tania ricambiò l'abbraccio, felice che ci fosse quella ragazza insieme a lei "Facevano tanta paura. Avevano degli occhi strani ... e si rialzavano dopo ogni colpo" la ragazza ebbe un brivido. Guardò Aaron, che aveva avuto il suo stesso pensiero "Solo alcuni soldati ci hanno aiutato"
"Qualcuno è ancora vivo?!" esclamò Mia speranzosa "Ci sono sopravvissuti?"
Tania annuì "Posso portarvi da loro se volete"

La biblioteca di Larss era molto grande, ed era uno dei pochi edifici che non era stato completamente raso al suolo. Ovviamente era ridotta male, ma era meglio di niente. Quando James e Peter erano riusciti a fuggire dall'Accademia, avevano incontrato Marko che li aveva spronati a proteggere i cittadini dai soldati ormai impazziti. Avevano salvato più persone che potevano, ma la maggior parte dei cittadini era stata fatta a pezzi. James non riusciva ancora a crederci. Continuava a sentire le urla di quegli innocenti, l'odore di corpi bruciati ... un urlo lo riportò in sè. Corse verso l'ingresso impugnando il suo arco, pronto a difendere i pochi sopravvissuti, poi lo mise giù, quando si rese conto di chi aveva davanti "Mia!" corse verso di lei e la abbracciò, ignorando l'imbarazzo della ragazza "Credevo non saresti più tornata"
Mia sorrise e ricambiò l'abbraccio, scompigliandogli appena i capelli "Tranquillo ragazzino. Non sono facile da uccidere"
"Ma che scena toccante" Aaron lo afferrò per la camicia e lo tirò a sè, staccandolo dal corpo della ragazza irritato
James arrossì "Scusate"
Delfine, dietro di lui, emise un verso gutturale, che sembrava una specie di risata. James si irrigidì. Come aveva potuto non notarla? Eppure era enorme! Doveva essere lei la causa delle urla di poco prima. Il giovane si voltò verso i cittadini, che tremavano dinnanzi a quella possente creatura "Tranquilli. Sono con noi!" era davvero felice che fossero tornati. Ora forse, le cose sarebbero andate un po' meglio

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Capitolo 35
*** Lo fermerò ... non importa come ***


Marko guardò Mia con un sorriso "Sembri migliorata"
La ragazza rise "Si, anche tu. Mi chiedo chi vincerebbe in uno scontro alla pari"
Si erano visti molto poco dal giorno della sfida. Marko non andava mai in Accademia, se non per controllare che fosse tutto in ordine e segnalare al sovrano eventuali cadetti per la sua corte. Marko aveva un gran rispetto per Mia, era evidente da come le parlava, da come la guardava. James era sempre più incantato da quella donna. Ovunque andasse, si guadagnava il rispetto e l'amore di tutti. Era un emblema. Un punto di riferimento. Era convinto che, semmai fosse riuscita a diventare cavaliere, sarebbe stata in grado di riunire tutti i popoli della Regione sotto un'unica bandiera senza il minimo sforzo. Peter aveva mostrato ai nuovi arrivati la loro attuale sistemazione. La biblioteca era l'unico edificio che, in qualche modo, era ancora vivibile. I libri erano stati bruciati, e questo provocò in Mia una nuova ondata di rabbia "Distruggere un libro è come gettare al vento un pezzo di storia. È come banalizzare il passato e le sue figure. L'unico modo che ha un uomo di essere immortale è attraverso la memoria di coloro che verranno dopo di lui. Chissà quanti nomi sono andati spazzati via, perdendo l'opportunità di essere ricordati"
Delfine, ovviamente, era troppo grande per starsene tra quelle stanze, perciò rimaneva all'esterno, sbuffando fumo di tanto in tanto per spaventare gli umani che provavano ad avvicinarsi. L'unica a cui permetteva di guardarla era Tania. La piccola si avvicinava spesso per parlare con l'animale, nonostante sua madre la guardasse con disperazione e la pregasse di mettersi al riparo.
I cinque soldati si guardarono intorno, osservando quelle poche persone che erano riusciti a salvare. Saranno stati poco più di un centinaio, il che stava a significare che più della metà del popolo di Larss era morta in quel terribile attacco
"Erano esattamente come Thom" disse Peter serio, ripensando a quella notte "Sembravano cadaveri, si muovevano sconnessamente e guardavano senza vedere. Attaccavano in gruppo, uccidendo chiunque capitasse sul loro percorso. Molti uomini hanno cercato di difendere se stessi e le loro famiglie ... ma come potete vedere sono in pochi ad essersi salvati"
Aaron annuì, pensieroso. Mia pose una mano sulla spalla di James, che nel frattempo aveva abbassato lo sguardo "Avete fatto del vostro meglio"
"Siete riusciti a salvare queste persone" disse il ragazzo sorridendo "Avete fatto un ottimo lavoro"
James guardò Marko quasi con venerazione "È merito suo. Se non fosse intervenuto saremmo morti tutti"
Marko mostrò i denti, in quello che apparve come un sorriso terribile ed animalesco "Devo dire che questo tipo di nemici non mi dispiacciono. Sono più difficili da uccidere, ma è qui che stà il divertimento"
Aaron e Mia risero divertiti, mentre James e Peter rabbrividivano al pensiero di ciò che simili soldati avrebbero potuto fare in una battaglia del genere. Mia smise di sorridere, e si rivolse ai due ragazzi, improvvisamente seria "Avete visto chi è stato a causare tutto questo?"
James assentì, cercando di ricordare più particolari possibile di quella notte spaventosa "C'era una donna nella piazza. Era alta e ... bella ... ma aveva qualcosa che non andava. I suoi occhi avevano il colore del sangue" Peter strinse i pugni ripensando al momento in cui l'aveva vista. Non aveva mai avuto così tanta paura in tutta la sua vita. Per un attimo era rimasto immobile, incapace di muoversi e di pensare, incapace persino di fuggire "Rideva osservando le persone morire. Ha riso anche quando Kador è morto" Aaron ebbe un flesh. Un cadavere a terra, martoriato e carbonizzato, completamente irriconosibile, eccetto che per gli occhi ... "Comunque non ha agito da sola. C'era un uomo con lei" Mia si irrigidì e Marko sembrò notarlo, ma non parlò "Aveva dei lunghi capelli neri e occhi azzurri freddi come il ghiaccio" guardò là ragazza che nel frattempo era sbiancata ascoltando le sue parole "Non ho capito bene cosa stessero dicendo, ma quell'uomo aveva qualcosa a che fare con te"
L'attenzione dei pesenti si rivolse verso di lei. Mia rimase impassibile, nonostante il mare di emozioni che iniziava ad agitarsi dentro di lei "Non importa chi sia, lo fermerò ... non importa come"

Mia camminava sempre più in fretta. La sua mente era in confusione, il cuore sembrava sul punto di esplodere. Doveva allontanarsi da quel posto, rimanere da sola a pensare. Non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Alec aveva partecipato. Aveva guardato mentre quei mostri facevano a pezzi la città e uccidevano centinaia di innocenti, donne e bambini! Si fermò all'improvviso, tenendosi il petto e cercando dì regolarizzare il respiro. Le rivenne in mente una scena che aveva visto in sogno: Alec in piedi su una pila di cadaveri con le mani sporche di sangue. Raddrizzò la schiena con decisione e fissò il vuoto di fronte a sè. Iniziò a parlare, pronunciando ogni parola con chiarezza. Usò la mano destra per tranciare l'aria che aveva di fronte. Uno squarco si aprì davanti ai suoi occhi, mostrandole ciò che voleva vedere

Alec rimase a bocca aperta, osservando con stupore lo squarcio che sì era aperto davanti ai suoi occhi. Era come uno specchio, chiaro e sottile, ma al suo interno si delineava la figura dì Mia. All'inizio pensò che si trattasse di un miraggio, ma era così perfetto. Non credeva che Mia fosse in grado di usare la magia. Quel particolare tipo di incantesimo, poi, era molto complesso. L'istinto gli suggerì di allontanarsi, di impedirle di vederlo, ma quando la guardò negli occhi non riuscì a muoversi. Era da così tanto che non la vedeva. Osservò la sua figura snella, i suoi riccioli scuri, le sue labbra perfette. Era così bella. Non avrebbe mai creduto potesse diventare ancor più bella di quanto lo era stata in passato. I suoi occhi erano lucidi e tremava appena mentre lo guardava. Alec ebbe una fitta al cuore. Era proprio questo ciò che non avrebbe voluto. La parte che non sarebbe riuscito a sopportare. Era quello il suo posto, lo sapeva, ma dover guardare Mia in quel modo, consapevole del fatto che il loro amore era ormai finito lo faceva stare male. Non l'avrebbe mai convinta a passare dalla sua parte. Non ora comunque. Tese le mano verso lo specchio, come per poterla toccare, ed ebbe un brivido quando lei fece lo stesso. Le loro dita si sfiorarono per pochi secondi. Poi Alec parlò "Mi dispiace" lo specchio si richiuse e il ragazzo si rabbuiò. La prossima volta che si sarebbero visti, sarebbero stati nemici.

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Capitolo 36
*** La Città Imperiale ***


Marko guardò con indecisione l'enorme drago addormentato all'ingresso della biblioteca. Se non altro, nessun nemico avrebbe avuto il coraggio di entrare, anche se dubitava che quel tipo di nemici pensassero abbastanza da capire situazioni di pericolo come quella. Mia non era rientrata, ed iniziava seriamente a preoccuparsi. Non perchè la credesse in pericolo - era più facile pensare che fosse lei a mettere in pericolo qualcuno - ma perché temeva che avrebbe fatto qualche sciocchezza. Quando James aveva nominato quell'uomo il suo viso era cambiato. L'aveva vista irrigidirsi, tremare leggermente. Non era da lei reagire in quel modo. Gli altri non sembravano averci fatto caso, o forse non davano semplicemente peso all'accaduto. Per tutti loro Mia era una donna forte, che non si lasciava abbattere da niente e da nessuno, ma lui sapeva molto bene che anche le persone più forti a volte avevano bisogno d'aiuto.
La trovò poco dopo, seduta accanto a delle rovine di quella che una volta doveva essere stata una vecchia bottega di spezie. Di fronte a lei, una piccola fiammella illuminava la notte, disegnando cerchi ed altre piccole forme a mezz'aria. Mia guardava con aria assente quello spettacolo di luci, tenendosi le ginocchia al petto. Era fuori da ore ormai. Non sentiva freddo?
"Davvero stupendo" disse Marko rompendo il silenzio. La ragazza sussultò, e la fiamma si spense davanti ai suoi occhi "Mi ha sempre affascinato molto la magia, ma non sono mai riuscito ad usarla. Il mio maestro diceva che per poterlo fare dovevo trovare un equilibrio tra il mio corpo e la mia mente ... ma non mi sono mai dedicato molto alla mente"
Mia sorrise divertita "Beh, il tuo era un bravo maestro"
Gli fece segno di sedersi e Marko si accomodò accanto a lei con un sospiro "È lui vero?" chiese all'improvviso facendola irrigidire "Ricordo di avervi visto una volta, camminare nei corridoi dell'Accademia fianco a fianco. Non eravate troppo vicini, per evitare di toccarvi, ma lo eravate abbastanza da sentire la presenza l'uno dell'altra. Vi siete sfiorati appena e quando lo avete fatto i tuoi occhi si sono illuminati"
Mia sospirò a sua volta "Che buon osservatore" tornò a guardare di nuovo di fronte a sè e il suo sguardo si perse nel vuoto "Alec è il suo nome. Siamo cresciuti insieme. Non so esattamente cosa sia successo, so solo che un giorno è andato via ... ciò che ha fatto in questo posto, insieme a quella donna, è imperdonabile"
"Quindi lo ucciderai?" quella domanda la fece sussultare. Per un attimo le mancò il respiro. Ricordò le parole di Lilith, quando le aveva detto che avrebbe fatto di tutto pur di diventare cavaliere, anche uccidere le persone che amava. Possibile che si riferisse proprio a questo?
Strinse i denti, cercando di contenere la rabbia. Il punto ora non era diventare cavaliere, ma fare quello che era giusto. Aveva capito subito, guardando quegli occhi di fiamma, che Lilith non si sarebbe mai fermata. Avrebbe ucciso chiunque si fosse frapposto fra lei e l'oggetto del suo desiderio. Non poteva permetterlo! E se Alec avrebbe continuato ad aiutarla ... non avrebbe avuto altra scelta
"Secondo te cos'hanno intenzione di fare?" si affrettò a chiedere l'uomo notando il suo disagio "Devono volere qualcosa. Queste azioni non possono non avere un senso"
Mia ci riflettè per qualche secondo, poi si irrigidì "Il palazzo! Vogliono uccidere il sovrano"
"Come ...?"
"Non hai mai letto un libro di avventure? Cos'è che vogliono sempre i nemici fuori di testa? Vogliono il potere ovviamente" si alzò in fretta, colta dal panico "Hanno un intero esercito, immortale per giunta ... faranno una strage" si tenne la testa con le mani, cercando di riprendere la calma. Marko si alzò e la sorresse, rendendosi conto per la prima volta di quanto fosse seria la situazione
"Hanno due giorni di vantaggio. Non arriveremo mai in tempo"
"Sveglia gli altri. Mettetevi subito in viaggio. Non caricate troppo i cavalli o li rallenterete" fece un respiro profondo e raddrizzò il petto con fierezza "Io e Delfine vi precederemo" Marko si irrigidì "Scherzi?!" esclamò furioso "Non puoi andare da sola!"
Mia sorrise, ritrovando il suo spirito combattivo "Non sarò sola. Avrò Delfine con me! Che c'è di meglio di un'enorme drago sputafuoco per sgominare un esercito?" Marko non sembrava ancora convinto "Non possiamo lasciar morire tutte quelle persone. Io e Delfine guadagneremo un po' di tempo, voi ci raggiungerete il prima possibile" l'uomo guardò impotente la ragazza correre verso la biblioteca. Ad Aaron questa situazione non sarebbe piaciuta affatto.

Sarah camminava in fretta tra i corridoi del palazzo. Il vestito voluminoso le impediva i movimenti e il corsetto ricamato le mozzava il fiato. Ormai da giorni, messaggeri a cavallo si presentavano a palazzo e chiedevano urgentemente udienza dal re. Questa situazione la preoccupava. Nei villaggi circostanti, si era sparsa voce che un esercito di mostri aveva iniziato ad avanzare verso la Città Imperile, sgominando le difese che il sovrano aveva imposto ai confini dei villaggi mercantili. La notizia della caduta di Larss aveva messo in allarme tutta la Regione e ormai le persone avevano paura ad uscire di casa. Alcuni di loro, avevano abbandonato la Città Imperiale, dirigendosi verso il mare, in cerca di salvezza, altri ancora speravano che l'esercito del re avrebbe sterminato i nuovi invasori e riportato l'ordine e la pace. Sarah non sapeva cosa credere. Sapeva solo che quell'immobilità la faceva impazzire. Suo padre si ostinava a starsene seduto sul suo trono, senza fare nulla, nonostante fosse chiara a tutti la gravità della situazione. La donna spalancò le porte del salone, cogliendo di sorpresa suo padre che, circondato da alcuni servitori, era impegnato nella scelta delle nuove tende da utilizzare a palazzo. Quella vista la riempì di collera. Fece un piccolo inchino, restando fedele all'etichetta, e rimettendosi nervosamente in ordine alcuni ciuffi di capelli. Il re la guardò sconvolto "Sarah! Non dovresti essere a lezione?" non l'aveva mai vista tanto in disordine. I capelli non erano ben acconciati e il corsetto aveva dei nastri fuori posto. Ansimava, come dopo una lunga corsa, il che era sconveniente per qualunque donna in generale, ma per lei in particolare "La figlia del re" disse leggermente seccato "Dovrebbe tenere un comportamento più dignitoso" congedò i servitori intorno a sè con un gesto della mano, e si concentrò su sua figlia "A cosa devo questa inopportuna irruenza?"
"Aberlon è stata attaccata" disse la ragazza senza prendere fiato "Molte persone sono morte ... le case bruciate. Il messaggero parla di demoni senz'anima"
L'uomo sbuffò seccato "E non dirmi che gli credi?" Sarah rimase a bocca aperta. Fece per rispondere ma l'uomo non gliene diede il tempo "Demoni ... cosa devono sentire le mie orecchie. Sono addolorato per ciò che è accaduto ad Aberlon. Risarcirò i suoi abitanti non appena sarà possibile"
"Dovete convocare il consiglio!" l'uomo la fissò interdetto. Crescere senza madre l'aveva davvero resa insolente "A prescindere dal fatto che si tratti di demoni o meno, quest'esercito si stà avvicinando rapidamente. Dobbiamo raddoppiare le difese, riunire i maghi e ..."
"È da più di cento anni che l'ercito della Città Imperiale respinge i nemici che provano ad entrare" disse il sovrano serio "Vedrai che lo farà anche stavolta"
"La vostra follia ci porterà alla rovina" l'uomo la colpì al viso con violenza, e la ragazza barcollò "Non essere insolente. Non sono solo tuo padre, sono il tuo re"
Sarah abbassò lo sguardo, sentendo la guancia in fiamme. Non era mai capitato che suo padre la picchiasse, ma in fondo lei non aveva mai avuto il coraggio di contraddirlo in quel modo "Mi perdoni ... mio re" fece un piccolo inchino e uscì dalla stanza. Il sovrano imprecò. Stavolta l'aveva fatta grossa. Sarah non lo avrebbe mai perdonato.


Angolo dell'autore!!
E finalmente eccoci ad un nuovo capitolo. Ormai siamo quasi alla fine della storia e ho pensato di inserire due nuovi personaggi, Sarah e suo padre, il re. Purtroppo il sovrano è un po' idiota, ma capita spesso che ci siano gli uomini più sciocchi al potere XD

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Capitolo 37
*** L'assedio ***


Sarah si rigirò nel letto sempre più agitata. Quella notte proprio non riusciva a prendere sonno. Gli ultimi avvenimenti l'avevano spaventata, e non poteva che temere il peggio in ogni momento. Ogni volta che chiudeva gli occhi immagini orribili le salivano alla mente. Se quell'esercito di demoni fosse giunto ora alle loro porte, che cosa avrebbero potuto fare? C'erano così pochi soldati e così tanti civili. Doveva evitare che avvenisse una catastrofe.
Si alzò dal letto, tirando via le coperte, e indossò un paio di sandali, per non dover camminare a piedi nudi. Indossava una sottile veste da sera bianca e i capelli castani erano lasciati lunghi sulle spalle. Uscì con furia dalla propria stanza, incurante del proprio aspetto, e si diresse verso il salone. Non degnò di uno sguardo i numerosi ritratti che, appesi alle pareti, la osservavano con severità. Tutti i sovrani che fino ad ora si erano succeduti al trono della Città Imperiale si erano guadagnati un posto di riguardo sulle pareti di quelle stanze. Inutile dire che erano stati tutti uomini. Alle donne non era permesso di governare, e quando sua madre era morta, lasciando a suo padre un'unica figlia femmina, l'uomo ne era rimasto notevolmente contrariato. Desiderava che sua figlia si sposasse al più presto, perchè ci fosse un vero erede al trono di Vahel, ma Sarah non sembrava averne la minima intenzione.
La donna arrivò nell'immenso salone, scura in volto. Le guardie si voltarono verso di lei con sorpresa, arrossendo appena quando si resero conto di com'era vestita "Signorina! Cosa ...?"
La guardia non ebbe il tempo di parlare, Sarah gli si parò davanti con decisione, tirando fuori la sua espressione più autoritaria "Voglio che vegliate sui cancelli della città. Non fate entrare nessuno che possa in qualche modo apparire sospetto"
"Ma signora, abbiamo degli ordini"
"Gli ordini sono cambiati! Fate come vi ho detto!" la rabbia di Sarah si spense quando le campane della Città Imperiale iniziarono a suonare. Era da più di cento anni che quelle campane non venivano toccate. Erano state poste al centro della città, su di un'alta torre di vedetta, per poter avvertire gli abitanti di un potenziale pericolo. La donna rabbrividì "È troppo tardi"

Ovunque regnava il caos. Le campane avevano svegliato i cittadini che, allarmati da quel suono per nulla familiare, si erano lasciati prendere dal panico, e cercavano ad ogni costo di oltrepassare i cancelli della Città Imperiale, per poter fuggire. I pochi soldati rimasti a guardia del cancello, si rifiutavano di aprirlo, ed esortavano i cittadini a mantenere la calma e a rifugiarsi in casa. Al di là dei cancelli, ad una certa distanza dalla città, un gruppo compatto di soldati avanzava strisciando verso il palazzo. La città Imperiale sorge su di una collina, e intorno ad essa si apre un'ampia valle, spoglia di tutto, che permetteva agli uomini di vedetta di avvistare chiunque decidesse di provare ad avvicinarsi. Ora lo vedevano chiaramente, quello strano esercito di non morti che si dirigeva nella loro direzione. Dovevano essere quelli i demoni di cui si era tanto parlato. I loro occhi erano spenti e vuoti, i loro movimenti sconnessi. Molti di loro sembravano feriti, eppure non accennavano a rallentare. Il sovrano osservava quella scena con orrore. Quegli uomini indossavano le uniformi dell'Accademia, e questo lo sconvolgeva "Quale sortilegio è mai questo?"
Sarah era al suo fianco, insieme ad alcuni soldati, e nessuno di loro sembrava più notare l'abbigliamento della donna. Quell'esercito, che ora minacciava la loro città, sembrava essere stato appena sputato dall'inferno. Un alone di morte aleggiava intorno ad esso, rendendo la notte ancora più oscura, uccidendo i pochi germogli che di lì a poco si sarebbero dischiusi sul manto erboso. Sarah fece un respiro profondo, cercando di ignorare la paura che lentamente stava prendendo possesso del suo corpo. Non era quello il momento di lasciarsi prendere dal panico.
"Rafforzate le difese vicino al cancello" disse con decisione "Mettete gli arcieri sul perimetro della città e ditegli di prepararsi a combattere. Armate ogni uomo al di sopra dei sedici anni e cercate di respingere gli aggressori"
"Si signora ..." disse uno dei soldati al suo fianco "Allora dirò agli altri soldati di ..."
"Nessun soldato resterà a palazzo"
Suo padre la guardò interdetto "Sei pazza? Abbiamo bisogno dei soldati a palazzo! Se quei mostri dovessero entrare che cosa faremmo?"
Sarah lo fulminò con lo sguardo "In questo momento, la nostra priorità è proteggere i cittadini. Se quei mostri dovessero entrare ... vorrà dire che ci difenderemo da soli" lo guardò negli occhi con fierezza "Dovresti sapere come si impugna una spada giusto?"

Lilith guardò seccata i cancelli chiusi. I soldati, sotto il suo controllo, iniziarono a spingere, cercando di aprirsi un passaggio, ma gli uomini del re lo tenevano chiuso con attenzione. Ben presto, sulla mura perimetrali, apparvero i primi arcieri, che tempestarono l'esercito di frecce infuocate, ma constatarono con orrore che, anche se trafitti, quei mostri continuavano ad avanzare "Avanti ragazzi" disse la donna annoiata "Non vi lascerete fermare da un simile ostacolo vero?"
A quelle parole, i non morti smisero di spingere. I più vicini al cancello si chinarono verso terra, formando una sorta di scala. Man mano, i soldati iniziarono a salire l'uno sulla schiena dell'altro, arrivando sempre più in alto. Gli arcieri osservarono impotenti quell'ammasso di corpi che, lentamente, si avvicinava alla cima delle mura di pietra. Tentarono invano di fermarli, continuando a scoccare frecce sui loro petti, ma senza risultato. Uno solo di loro cadde a terra, trafitto alla testa, ma nonostante tutto si rialzò poco dopo, muovendosi con più lentezza. Quando i primi non morti cominciarono ad entrare, si scatenò il panico. Quei demoni senz'anima si lanciarono con velocità innaturale verso i loro avversari, affondando le lame nei loro colli e guardando con noncuranza il loro sangue bagnare il terreno. Quando riuscirono ad aprire il cancello, la Città Imperiale sembrò davvero perduta

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Capitolo 38
*** L'arrivo di Mia ***


I cancelli della Città Imperiale vennero fatti a pezzi e l'esercito di non morti avanzò senza difficoltà all'interno della alte mura di pietra. Molti degli uomini e ragazzi a cui era stato imposto di combattere, fuggirono quanto prima, abbandonando i loro posti e le loro famiglie al loro crudele destino. I pochi rimasti, tentarono in ogni modo di tenere a bada quei demoni assetati di sangue, riuscendo però solo a rallentarli. Per quanto li colpissero, quei mostri non arretravano mai. Continuavano a muoversi e ad attaccare. A rendere il tutto più difficile, erano i loro movimenti. Prima di diventare quei mostri senz'anima, erano stati soldati, e nonostante i movimenti piuttosto goffi e limitati dalle numerose ferite, si capiva che erano stati addestrati. Alcuni di loro riuscirono a superare le linee nemiche, ed entrarono nelle case, buttando giù le porte di legno e distruggendo tutto ciò che avevano davanti agli occhi.
L'uomo sulla torre di vedetta non aveva mai amato particolarmente il suo lavoro. Ogni sera se ne doveva stare su quella torre altissima e fredda a guardare sempre lo stesso panorama sperando che nessun nemico si avvicinasse alla città. Quella notte, però, era felice di trovarsi lassù. Sentendo le prime urla di donne che venivano strappate alle loro case e ai loro bambini, l'uomo si sentì un vero codardo. Sarebbe dovuto scendere da quella torre e aiutare i soldati a difendere la città, ma le sue gambe non accennavano a muoversi. Anche se avesse tentato di dare una mano, il suo aiuto non avrebbe fatto alcuna differenza. Era debole, senza addestramento. Sarebbe stato ucciso non appena avesse messo piede sul campo di battaglia. Si rannicchiò in un angolo, sperando che finisse tutto al più presto e che nessuno di quei mostri decidesse di provare a raggiungerlo fin lassù. Si tappò le orecchie, cercando di coprire lo stridio delle spade che cozzavano tra le mani, le urla dei feriti, i versi rauchi di quelle orrende creature. Gli parve che fosse passata un'infinità dall'inizio dell'assedio, quando finalmente, decidendosi a riaprire gli occhi, vide qualcosa di ancor più terrificante. Un'immensa figura alata volava nella loro direzione ad una grande velocità. Per via dell'oscurità, non riusciva a capire bene cosa fosse. Man mano che la figura si avvicinava, iniziò a delinearne i contorni. Le ali possenti, il corpo elegante ricoperto di squame del colore del mare, i denti aguzzi e gli artigli affilati. Quando capì di cosa si trattava, la paura che aveva provato fino a quel momento si trasformò in terrore.
"Drago!!!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e si coprì la testa con le mani, per paura che l'immensa creatura potesse piombargli addosso. Alcuni uomini alzarono gli occhi al cielo, impietriti, fissando l'animale che cadeva in picchiata verso la loro città ad una velocità sorprendente. Prima di toccare terra, l'enorme drago spalancò le sue ali per frenare la caduta e sputò una lunga vampata di fuoco che incenerì i demoni rimasti sul proprio cammino. Nonostante il fuoco gli lambisse le carni, i non morti continuarono a muoversi, sempre più lentamente. Una figura agile e snella si lanciò verso terra, scendendo dalla groppa del drago. Estrasse una spada lunga e sottile, che brillò con la luce del fuoco. La figura corse verso i mostri in fiamme ad una velocità sorprendente, fendendo l'aria con la lama della sua spada. Pochi colpi sicuri bastarono a recidere loro la testa dal petto. Recisa la testa, i corpi caddero a terra, mossi da piccoli spasmi involontari. I soldati rimasero a bocca aperta ad osservare la scena. Quello doveva essere sicuramente un cavaliere. E che cavaliere! Arrivare in volo sulla groppa di un drago e rendere inoffensivi quei mostri che parevano immortali non era certo una cosa da tutti. Il cavaliere, sentendosi osservato, si voltò tenendo alta la sua arma, che abbassò solo quando si rese conto che i soldati che lo fissavano erano dalla sua parte. Quando questi si resero conto che in realtà si trattava di una donna, il loro stupore aumentò. La ragazza sorrise, imbarazzata da quelle improvvise attenzioni. Doveva avere una ventina d'anni al massimo. Si vedeva che era molto giovane. Era alta e snella, con riccioli scuri che le sfioravano le spalle e occhi castani pulsanti di vita. Non indossava neppure un'armatura, o una divisa da militare. Aveva una semplice casacca, piuttosto grande per il suo fisico minuto - probabilmente una casacca da uomo - e dei pantaloni scuri sotto un paio di pesanti stivali di cuoio. Una corda stretta in vita faceva da sostegno alla fodera della sua spada, anch'essa molto semplice e, sul lato opposto, ad un corto pugnale dall'elsa color ambra.
"Salve" disse continuando a sorridere "Avete fatto davvero un ottimo lavoro fino ad ora. La mia amica Delfine vi aiuterà ad uccidere questi mostri" indicò il dragone, che si voltò minacciosamente verso i soldati impauriti, emettendo un suono gutturale che gli mise i brividi "Puntate alla testa" Gli uomini annuirono in silenzio, sempre più sconvolti. Alcune urla li riportarono alla realtà e la ragazza si fece improvvisamente seria, donando ai suoi occhi una luce severa e selvaggia "Muovetevi"
Gli uomini corsero via, le armi in pugno, pronti a ricominciare lo scontro. Mia sfiorò il muso di Delfine, appoggiando la fronte sulle sue squame luminose e chiudendo appena gli occhi "Buona fortuna amica mia. Ci rivedremo quando tutto sarà finito"
La dragonessa le trasmise una miriade di emozioni, che le fecero battere il cuore. Non le augurò buona fortuna, perchè sapeva che non ne aveva bisogno. Era certa che Mia sarebbe uscita da quel palazzo vittoriosa.


Angolo dell'autore!!
Ed ecco Mia che arriva a salvare la situazione!! Ringrazio OldKey per la sua recensione. Sono felice di sapere che i lettori della mia storia stanno aumentando :') al prossimo capitolo!!

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Capitolo 39
*** Uccidere innocenti ***


La Città Imperiale era ormai un campo di battaglia a tutti gli effetti. Ovunque si guardasse, non si vedevano altro che sangue e soldati in lotta gli uni con gli altri. Molte donne avevano preso i loro bambini tra le braccia e cercavano una via di fuga da quell'inferno. Capendo come mettere fuori combattimento i non morti, i pochi soldati rimasti a difesa della città cercarono di riprendere il controllo della situazione, per quanto potevano. Per loro sfortuna, erano in netta minoranza, ma avevano un aiuto da non sottovalutare. Delfine, il drago piovuto dal cielo, uccideva i non morti con estrema facilità. L'enorme animale lanciava vampate di fuoco accecanti che arrostivano chiunque si trovasse sul suo cammino. Spesso recideva loro la testa dal corpo usando le enormi fauci o gli artigli affilati, uccidendo senza difficoltà quegli esseri mostruosi. Per quanto i soldati avessero paura di lei, non potevano che essere felice di averla dalla loro parte.
Mia correva in fretta, lungo la strada principale, osservando il palazzo imperiale alla fine della città. Quando aveva osservato l'assedio dall'alto, le era sembrato strano che i soldati si concentrassero sui civili e che non avanzassero verso il palazzo. Probabilmente quei non morti non erano altro che un diversivo per confondere loro le idee e distrarli dal vero obbiettivo di quella battaglia. Lilith ed Alec erano a palazzo. Ne era certa.
Durante la corsa, si guardò spesso intorno, osservando tristemente le condizioni della città. Quel luogo era noto per i suoi splendidi edifici, tempestati di colori e forme delicate. Vederlo ridotto in quel modo, con edifici rasi al suolo e sangue sparso sulle pareti, era davvero orribile. Spesso si ritrovò faccia a faccia con alcuni non morti, ma li uccise con facilità, fendendo l'aria con la lama della sua spada. Non poteva perdere tempo. Era sicura che, se Lilith fosse morta, anche quei mostri avrebbero smesso di attaccare.
Poi qualcosa interruppe i suoi pensieri. Si fermò all'improvviso, avvertendo il pericolo. Una lama vibrò davanti ai suoi occhi, abbattendosi a terra con violenza, e sfiorandole pericolosamente una ciocca di capelli. Mia riprese fiato, fissando l'uomo che le stava di fronte e che cercava di tirare fuori la spada dal terreno.
"Rin ..." la ragazza arretrò quando i suoi occhi privi di vita incontrarono il suo sguardo. Aveva le labbra leggermente aperte ed emetteva dei versi simili a lamenti che le fecero venire i brividi. Strinse l'elsa della sua spada, pronta ad attaccare, ma poi esitò. Conosceva bene Rin. E se ci fosse stato un modo per salvarlo? Se si fosse potuto rompere quel terribile incantesimo e far tornare quelle persone alla normalità?
L'uomo non le diede il tempo di terminare il suo pensiero. Attaccò ancora, con un fendente orizzontale, all'altezza della gola. La ragazza arretrò appena in tempo, sentendo il suono della lama che tagliava l'aria. Altri due attacchi come quelli e Mia non poté più fare a meno di reagire. Sollevò la sua arma e parò i colpi dell'avversario. Durante l'ultimo affondo del generale, la ragazza roteò di lato, evitando il colpo mortale, e lo colpì alle spalle, chiudendo gli occhi quando la lama venne a contatto con la carne dell'uomo.
Si irrigidì quando avvertì il tonfo sordo del corpo del suo maestro sul pavimento. Aprì gli occhi e guardò con odio il sangue sulla sua spada. Il suo sogno era sempre stato quello di proteggere innocenti, e per colpa di quell'insulsa battaglia era costretta a ucciderli. Dopo Alec, Rin era stato il primo a credere in lei e a darle una possibilità. Si rivolse verso il suo corpo, ormai immobile, e si inchinò profondamente
"È stato un vero onore, maestro"
Si voltò in fretta e riprese la sua corsa, ansiosa di portare a termine ciò che aveva cominciato.

Lilith saltellava allegramente, ascoltando con meraviglia il suono dei suoi tacchi sul pavimento di marmo. Il palazzo imperiale era anche più maestoso di quanto ricordasse. Già dall'esterno si poteva intuire la sfarzosità degli interni, eppure questi lasciavano i visitatori sempre senza fiato.
I pavimenti in marmo erano splendenti, e la donna riusciva a vedere il suo riflesso danzare tra quelle stanze. I corridoi erano lunghi, con finestre molto grandi sul lato esterno, mentre l'interno alternava lucenti armature a ritratti seri e, a suo parere, piuttosto pomposi. Le pareti erano di un verde scuro, in contrasto con le tende di un velluto rosso acceso. La cosa più bella, però, erano i lampadari. Questi erano formati da piccoli diamanti, scolpiti in diverse forme, che durante il giorno dovevano creare giochi di colori davvero incredibili
"Mi ci vedo proprio ad abitare in questo posto. Tu no?" si rivolse ad Alec che sembrò non ascoltarla.
Il ragazzo osservava ogni dettaglio con attenzione, come un bambino che vede ogni cosa per la prima volta. Chissà come sarebbe stato possedere un palazzo simile. Poter regnare sull'intera regione, vedere i sudditi chinare il capo al suo passaggio, non doversi più sottomettere a nessuno ... un vero sogno. Un sogno che aveva sempre inseguito, sin da bambino, e che finalmente avrebbe realizzato.
Una voce maschile li interruppe e il ragazzo si irrigidì. C'era ancora una guardia a palazzo. Questa, li guardava da lontano, senza sapere cosa fare. Quando si rese conto che erano umani, pensò che si trattasse di cittadini in fuga dalla battaglia, così si avvicinò
"Va tutto bene? Non dovreste essere qui"
Alec estrasse il suo pugnale e glielo conficcò nella gola, senza proferir parola. L'uomo emise un flebile rantolo, poi si accasciò a terra, privo di vita
"Ormai sei tu a far paura a me" fece Lilith ridendo con gusto. Gli occhi rossi sfavillarono e il suo viso si deformò. Alec odiava quando le accadeva. Da una parte, quei lineamenti deformati e grotteschi lo spaventavano a morte, ma dall'altra, se ne sentiva davvero affascinato.
La donna guardò all'esterno da una delle grande finestre del palazzo. Osservò la città, che lentamente cadeva a pezzi "Non puoi immaginare quanto questo panorama mi renda felice"


Angolo dell'autore!!
Manca così poco! Un po' mi dispiace concludere, ma ogni storia deve avere una fine.
Ringrazio Vy per le sue recensioni ed i suoi splendidi consigli, che mi renderanno una scrittrice migliore! *musica trionfale*
Spero di pubblicare al più presto il prossimo capitolo e, ovviamente, spero che vi piaccia. Come sempre, aspetto fiduciosa le vostre impressioni sull'evoluzione di questa storia :')
Alla prossima ;)

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Capitolo 40
*** Incontro ***


Il sovrano si tenne la testa con le mani. Era seduto sul suo trono, alla fine del grande salone, ed osservava amareggiato quel sontuoso palazzo che da giovane aveva tanto desiderato. Quella notte, tutto quello sfarzo e il potere che lo accompagnava potevano non appartenergli più. Aveva guardato all'esterno la battaglia che infuriava tra le vie della Città Imperiale e ne era rimasto sconvolto. Chi mai avrebbe potuto fare una cosa del genere? Chi poteva essere così crudele da ingaggiare una battaglia tra i civili, pur di conquistare il potere e salire sul trono?
Chiuse gli occhi e sospirò. Lui non era certo un uomo molto buono. Non lo era mai stato. Sin da giovane, aveva sempre desiderato indossare quella corona dorata ed osservare i suoi sudditi inchinarsi al suo cospetto. Quando suo padre, il vecchio sovrano, era morto, ne era stato quasi felice. Finalmente avrebbe potuto prendere il suo posto e governare sull'intera regione. L'unica cosa buona che avesse mai fatto in tutta la sua vita, era Sarah, la sua unica figlia. Questa era cresciuta buona e saggia, con più attitudine al comando di quanto ne avesse mai avuto uno qualunque dei vecchi uomini che si erano succeduti su quel trono.
Nonostante fosse consapevole di questo, però, non l'aveva mai trattata con rispetto. L'aveva sempre denigrata, resa consapevole del suo status di donna. Nessuna donna era mai salita al potere, e non riteneva possibile che potesse mai accadere.
Si alzò in piedi a fatica, camminando lentamente per l'immensa sala del trono, pensieroso. Mentre si guardava intorno, si ritrovò a pensare con orrore che quella poteva essere l'ultima volta che vedeva quelle stanze, e un brivido freddo gli percorse la schiena. All'improvviso si bloccò, sentendosi osservato. Si voltò lentamente, irrigidendosi quando il suo sguardo si ritrovò a fissare gli occhi di fiamma di una donna biondo cenere.
La donna se ne stava ferma alle sue spalle, così vicina da poterlo toccare, sorridendo maliziosamente
"Ci rivediamo, mio re"
L'uomo indietreggiò con orrore, deciso a mettere più distanza possibile tra lui e quella donna maledetta. Ricordava bene quegli occhi. La prima volta che li aveva visti, era stato anni prima, quando Sarah non era ancora che una bambina. Ricordava il terrore che si era impossessato di lui quando quello sguardo infuocato aveva incontrato il suo, entrandogli fin dentro l'anima, e alimentando le tenebre nel suo cuore.
"Gli occhi di un demone ..." aveva espresso il suo pensiero ad alta voce senza rendersene conto, e Lilith si ritrovò a ridere sentendosi chiamare con quell'appellativo
"Anch'io sono felice di vederti"
L'uomo cadde in ginocchio, improvvisamente colto da un forte dolore allo stomaco. Si piegò in due, tossendo con violenza sul pavimento, e guardando con orrore il sangue che usciva dalle sue labbra, macchiando il marmo chiaro.
"Non hai una bella cera" fece Lilith con falso stupore. Si accovacciò di fronte e lui, tenendosi la testa con le mani e osservando l'uomo che, tra un respiro e l'altro, si ritrovava a sputare sangue. Il sovrano alzò lo sguardo, guardando la donna con disprezzo. Si rese conto che c'era qualcuno con lei. Un uomo, o forse un ragazzo, che lo fissava con indifferenza coi suoi freddi occhi chiari. Lilith gli toccò appena il petto, riportando l'attenzione dell'uomo su di sè "Direi che hai regnato abbastanza a lungo. È ora che qualcuno prenda il tuo posto"
Il sovrano urlò, stringendosi il petto all'altezza del cuore. Questo iniziò a battere ad una velocità sorprendente, provocandogli forti dolori e fitte acutissime. La vista gli si annebbiò, e gli mancò il respiro. Sentì con orrore le ossa del suo petto incrinarsi dolorosamente, spingendo verso l'esterno. Lilith sorrise, senza staccare gli occhi dalla sua vittima per un solo momento. Il rumore delle sue ossa che si rompevano era musica per le sue orecchie. L'uomo emise un ultimo lamento, per poi accasciarsi a terra con gli occhi ancora spalancati e pieni di terrore. La corona gli scivolò dalla testa, rotolando a terra e producendo un rumore metallico. La donna si alzò soddisfatta, voltandosi per guardare il suo compagno negli occhi.
Alec non mostrava nessuna espressione, come sempre quando vedeva morire una persona di cui non gli era mai importato nulla. Poi si voltò verso il corridoio esterno, guardando con sorpresa la donna in camicia da notte che osservava con orrore il corpo del sovrano riverso a terra, in una pozza di sangue.
Lilith tese la mano verso di lei e la attirò a sè. La donna urlò, mentre una forza invisibile la trascinava al centro della sala senza che potesse avere la possibilità di opporsi. Puntò i piedi a terra, cercando di bloccare quell'avanzata inattesa, ma invano. Quando fu abbastanza vicina, Lilith chiuse il pugno, stringendo con forza. La donna sentì una violenta pressione sulla sua gola. Annaspò in cerca di ossigeno, ma la presa era troppo forte perchè potesse respirare
"Tu devi essere Sarah" disse Lilith senza smettere di sorridere "Come sei cresciuta! Sei diventata davvero una splendida donna" piegò la testa di lato e sospirò "È un vero peccato doverti uccidere proprio ora" si voltò verso Alec "Fallo"
Il ragazzo esitò sorpreso. Guardò Sarah, che lo fissava con sguardo implorante. Era così giovane, così innocente. Come poteva ucciderla? Per la prima volta dopo anni, la sua sicurezza vacillò.
"È proprio necessario?"
"Questa donna è la figlia del sovrano, e futura regina di Vahel. Devi ucciderla se vuoi diventare re" Alec esitò ancora e Lilith si accigliò "Cos'è quell'espressione? Hai forse paura?" il ragazzo non rispose e la donna si spazientì "A quanto pare i tuoi compagni avevano ragione. Sei un codardo, e lo sarai tutta la vita" br /> A quelle parole, Alec perse le staffe. Sguainò la sua spada e gliela puntò alla gola, premendo la lama sulla pelle candida "Non osare"
Lilith lasciò andare Sarah, che cadde a terra in ginocchio, tossendo terribilmente e tenendosi la gola martoriata.
"Vorresti uccidermi dunque?"
"Sai che lo farei"
Sarah si alzò a fatica e corse via, approfittando di quell'attimo di tregua. I due compagni non sembrarono farci caso. Se ne stavano in silenzio, uno di fronte all'altro. Lilith sorrise mostrando i denti bianchi. I canini erano affilati, e contribuivano a darle un aspetto meno umano. Si mosse appena, lasciando che la lama puntata sul suo collo le incidesse la carne
"Fallo allora. Cosa aspetti?" Alec non si mosse e la donna riprese a parlare "Non lo farai vero? Certo che no. I tuoi sguardi pieni di disprezzo non possono ingannarmi. Conosco bene il tuo cuore, perchè è simile al mio" gli toccò il petto e Alec si irrigidì. Quando aveva toccato quello del sovrano, la situazione non era stata certo delle migliori. "Tu hai i miei stessi desideri. Forza, potere, libertà ... tutte cose che senza di me non avresti mai potuto ottenere"
La donna afferrò la lama puntata sulla sua gola e la spinse via con delicatezza, ignorando il sangue che lentamente le attraversava il braccio dalla pelle bianca.
"Certo potresti uccidermi. Ora che hai avuto ciò che volevi, non hai più bisogno di me" lasciò andare la lama, mostrando la ferita profonda che si era appena procurata sul palmo della mano "Ma la verità è che tu ami stare con me, non è vero? Non sei in grado di rimanere solo. Non più"
Alec, suo malgrado, si ritrovò a sorridere "Hai sempre una risposta pronta a tutto"
La donna si chinò, raccogliendo da terra la corona dorata caduta dalla testa del sovrano "Ora decidi. Vuoi restare con me? Governare al mio fianco?" il suo sorriso scomparve per un momento "O preferisci andartene per la tua strada?"
Il ragazzo tese una mano verso la corona, senza badare al sangue di Lilith che aveva macchiato l'oro lucente di quell'oggetto meraviglioso
"Credo tu sappia già la mia risposta"
La porta del salone si spalancò all'improvviso, cogliendo di sorpresa i due compagni. Alec si irrigidì, incontrando lo sguardo di Mia. La ragazza ansimava per via della corsa furiosa. I capelli erano in disordine, la casacca che indossava era decisamente fuori misura e le donava un'aria poco curata e quasi divertente, rendendola ancor più minuta di quanto già era. Nonostante tutto, Alec trovò che fosse bellissima. Aveva una profonda rabbia negli occhi, che gli fece venire i brividi. Non l'aveva mai vista tanto furiosa in vita sua, ma immaginava che lo sarebbe stata.
Lilith incrociò le mani al petto, scocciata "Ma come ..."
"Non è difficile capire l'obbiettivo di una pazza come te" rispose Mia con disprezzo. Lilith si accigliò furiosa, notando con un certo fastidio che l'attenzione della ragazza era tutta rivolta verso il suo compagno
"Credo che vi lascerò da soli per ... risolvere questa cosa" disse rivolta al ragazzo. Si voltò verso il corridoio laterale, che portava alle stanze del palazzo reale "Io mi occuperò di un altro problema"


Angolo dell'autore!!
E finalmente Alec e Mia si rincontrano! Peccato che oramai siano nemici, e naturalmente può esserci un solo vincitore. Purtroppo in questi giorni non ho avuto molto tempo per scrivere, perciò dovrò dividere il capitolo e inserire il fatidico scontro finale nel prossimo XD

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Capitolo 41
*** La morte di un sogno ***


Mia guardava tristemente il corpo del sovrano riverso a terra, circondato dal suo stesso sangue che si espandeva lentamente sul pavimento liscio dal marmo chiaro. La sala del trono era molto grande. Un tappeto in velluto rosso conduceva verso la piccola scalinata alla fine della stanza su cui si trovava il trono. Sul soffitto, un enorme lampadario in diamante, più sontuoso di qualunque altro avesse mai visto, creava giochi di luce azzurri grazie alla luce della luna che penetrava dalle grandi finestre prive di tende. Alec era in piedi e la fissava in silenzio, non osando compiere una mossa. Lilith era uscita da una delle porte laterali e li aveva lasciati soli. In un'altra situazione, Mia si sarebbe lanciata al suo inseguimento, ansiosa di staccarle la testa dal collo e sentirle esalare l'ultimo respiro, ma ora le sue attenzioni erano tutte rivolte al suo vecchio compagno. Notò che il pugnale legato alla sua cintura era sporco di sangue, e un'odio immenso la soppresse
"Come hai potuto?" disse con un filo di voce "Come hai potuto fare una cosa del genere? Procurare tanta sofferenza ... non mi sarei mai aspettata un gesto tanto sciocco e crudele da te"
"Sciocco?" Alec si rabbuiò "Ho solo desiderato ciò che ogni uomo vorrebbe, e ho lottato per averlo. Non è ciò che fai anche tu? L'unica differenza tra me e te, è che io desidero cose vere e concrete, mentre tu ti ostini ad inseguire un sogno irreale e privo di significato" Mia strinse i pugni. Come poteva parlare così? Proprio lui, che lei conosceva così bene, a cui aveva donato la propria anima e il proprio cuore
"Dunque non ti penti per quello che hai fatto"
"Perchè dovrei?" fece lui divertito "Per la prima volta in tutta la mia vita, ho pensato davvero a me stesso, a cosa volevo diventare. Sono sempre stato diverso da te. Il mio obbiettivo è sempre stato quello di diventare forte, di elevarmi rispetto a tutti gli altri per non dovermi più sottomettere al volere di nessuno. Io desidero la libertà! Tu invece cosa desideri? Obbedire agli ordini di un re, rischiare la tua vita per persone che neanche conosci e a cui probabilmente non importa nulla di te"
"Libertà ..." Mia abbassò lo sguardo tristemente "Non credo che tu conosca il vero significato di questa parola. Essere liberi, non vuol dire schiacciare gli altri, disprezzarli, renderli schiavi. Un uomo saggio lo capirebbe"
Alec la interruppe "Ora non cominciare con uno dei tuoi stupidi discorsi sul senso della vita. Non li ho mai sopportati" la ragazza si accigliò di nuovo, colta di sorpresa da quell'improvvisa impudenza. Alec non era più come se lo ricordava "Sempre pronta a proteggere gli altri, a difendere il mondo intero. Sveglia Mia! Il mondo non è come lo credi tu! Questo mondo è marcio e crudele. Le persone che ti ostini a voler proteggere potrebbero un giorno decidere di rivoltarsi contro di te, o di commettere uno di quegli atti che ai tuoi occhi appaiono tanto orribili"
"Già" rispose lei tremando leggermente "Tu ne sei la prova"
Il ragazzo sorrise, facendola rabbrividire. Correndo a palazzo, aveva sperato di cogliere qualcosa nel suo sguardo. Pentimento, tristezza, rancore. Non c'era nulla di questo nei suoi occhi, e questo la aiutò a fare ciò che avrebbe dovuto fin dall'inizio. Strinse l'elsa della sua spada, sollevandola davanti ai suoi occhi "Se le cose stanno così, sarò costretta a ucciderti"
Il ragazzo si slegò il mantello nero, chiuso all'altezza del collo da una spilla dorata, e lo lasciò cadere a terra. Tirò fuori la sua spada, bellissima e luminosa, con una stupenda incisione sulla lama
"Provaci pure"

Quando le due lame si incontrarono, alcune scintille piovvero verso il basso. In un normale scontro due contro due, Mia non avrebbe mai fatto la prima mossa. Avrebbe atteso, immobile, studiando il suo avversario ed individuando le sue debolezze. Quella notte, però, non era riuscita a mantenere il suo solito sangue freddo. Si era lanciata sul suo avversario con velocità sorprendente, irrigidendosi quando la sua lama era stata bloccata. Aveva messo in quel colpo tutta la sua furia, fendendo l'aria con violenza. Qualunque avversario avrebbe avuto una certa difficoltà a bloccare un attacco come quello, eppure Alec lo fece senza problemi. Rimasero immobili per qualche secondo, guardandosi negli occhi. Le lame tremavano, tentando di prevalere l'una sull'altra
"Sei migliorato" osservò Mia con un sorriso tirato
"Anche tu"
Alec applicò una certa pressione sulla spada, costringendo Mia a ritirarsi, poi contrattaccò. Le lame cozzavano, entrando in contatto l'una con l'altra numerose volte e con furia incredibile. Se qualcuno li avesse osservati in quel momento, sarebbe rimasto senza parole di fronte a quella strana danza mortale. Bastava un minimo errore, un passo falso, e uno dei due contendenti sarebbe morto.
Entrambi conoscevano perfettamente lo stile di combattimento dell'altro, i suoi punti deboli, così come la sua forza. Alec incalzava Mia con colpi feroci e sfiancanti, che avrebbero sfinito qualunque soldato privo di una certa esperienza. Non era il caso di Mia. La ragazza si muoveva leggera lungo la sala del trono, parando con rapidità e precisione ogni colpo inferto dall'avversario, e rispedendoli al mittente con abilità. Non tratteneva mai un fendente troppo a lungo, per non affaticare le braccia sottili, e non smetteva mai di camminare. Sapeva che, per quanto riguardava la forza bruta, Alec era in netto vantaggio su di lei, e non poteva concedergli nessuna chance di colpirla a mani nude.
Poi accadde qualcosa di inatteso. La sua spada iniziò a tremolare, assottigliandosi e trasformandosi improvvisamente in qualcosa di inaspettato. Un serpente, che si voltò verso di lei sibilando con aria di sfida. Quell'improvviso cambiamento, la fece sussultare. Alec approfittò di quella distrazione per attaccare. Spinse la lama in avanti, puntando dritto verso il cuore della ragazza. Questa, rendendosi conto dell'errore commesso, indietreggiò, scartando di lato.
La lama le ferì una spalla, disegnando un evidente taglio sulla pelle nuda. Mia strinse i denti, sentendo la rabbia montare. Si lanciò su lui, colpendolo al viso con il pugno chiuso a facendogli perdere l'equilibrio
"Dovresti sapere che non amo il gioco sporco"
Attaccò ancora, stavolta con un fendente orizzontale. Alec indietreggiò, ancora confuso per via del colpo alla testa. Sentì il sapore del sangue nelle labbra e sorrise, mentre tentava di evitare i colpi dell'avversaria, sempre più rapidi ed insistenti
"Non sei cambiata affatto"
Sollevò la lama, parando un colpo particolarmente pesante, e i muscoli delle braccia tremarono per un momento. Di nuovo, i due giovani si ritrovarono uno di fronte all'altro, in quella che si poteva definire una situazione di stallo. Lo sguardo di Mia era molto diverso da quello che le aveva visto all'inizio della battaglia. I suoi occhi erano feroci, selvaggi. Alcuni riccioli erano attaccati alla sua pelle, per via del sudore e i muscoli erano in tensione, guizzanti di vita. Un piccolo rivolo di sangue le attraversava il braccio destro, che nonostante tutto teneva con decisione la presa sulla lama.
Alec, dal canto suo, aveva il naso rotto. Il sangue gli colava sulle labbra e i muscoli erano tesi per lo sforzo. Era da tanto che non affrontava uno scontro tanto complesso, eppure la sua espressione era euforica, febbrile, quasi malata.
"È questo che ho sempre amato di te" disse mostrando i denti sporchi di sangue "La tua determinazione, la tua forza. Ne sono sempre stato geloso"
Mia rabbrividì vedendo la pazzia negli occhi del ragazzo "Perchè non la smetti di inseguire quel sogno tanto sciocco? Unisciti a noi! Potremmo stare di nuovo insieme, creare un mondo nuovo e perfetto. Nessuno potrebbe ostacolarci!"
La ragazza si fece triste "Stare con te, era tutto ciò che desideravo" strinse le mani sull'elsa sottile, finché le nocche non le divennero bianche "Ma questo desiderio, è morto da un bel pezzo"
Colpì ancora, stavolta con tanta violenza che la spada di Alec volò a terra, lontano dal suo padrone. Mia lasciò andare la sua arma e lo colpì allo stomaco con un calcio, poi lo gettò a terra, sedendosi sul suo petto. Tirò fuori il pugnale che aveva alla cintura e lo sollevò verso l'alto, vedendo la lama brillare alla luce della luna.
Alec sbattè la testa a terra e la vista gli si annebbiò. L'unica cosa che riuscì a vedere, fu lo sguardo di Mia, pieno d'odio e di terminazione. Sorrise. Dunque era quella la sua fine. Era felice che a donargliela fosse la donna che in tutti quegli anni aveva tanto amato.
Mia esitò ancora un istante, poi abbassò la lama

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Capitolo 42
*** Ti amavo da morire ***


Sarah correva a perdifiato. Non riusciva a credere a ciò che era appena accaduto. Suo padre era morto! Ucciso da una strega con gli occhi rossi. La donna aveva un compagno, che per sua fortuna si era rifiutato di ucciderla e le aveva concesso del tempo per scappare. Erano stati sicuramente loro a scatenare quella guerra apocalittica per le vie della Città Imperiale. Sperò con tutta se stessa che i due compagni finissero per rivoltarsi l'uno contro l'altro e che quella situazione si risolvesse in fretta.
Le sue speranze scomparvero del tutto quando avvertì una voce femminile echeggiare per il lungo corridoio, chiamando il suo nome. Riconosceva bene quella voce. Un brivido freddo le percorse la schiena e si guardò intorno allarmata, cercando disperatamente una via di fuga. Avvertì alcuni passi avvicinarsi, e il cuore impazzì nel suo petto, minacciando di farle fare la stessa orribile fine di suo padre.
Poi si fermò. Quand'era piccola, si nascondeva spesso dietro le pareti dell'immenso palazzo per origliare i discorsi che il re teneva con i suoi ospiti e che lei, ovviamente, non poteva ascoltare. Si accovacciò accanto ad una delle grandi armatura disposte simmetricamente lungo il corridoio, ed iniziò a tastare la parete con le dita. Sudava copiosamente, sempre più agitata, e tremava come non mai. La donna era sempre più vicina. Ora stava ridendo. Una risata macabra e folle che la costrinse a ricacciare indietro le lacrime. Non poteva finire così. Non poteva morire in quel modo! Prima ancora che avesse vissuto davvero! Il suo cuore si fermò per un momento, e trattenne un urlo di gioia quando, finalmente, riuscì a trovare l'apertura che cercava con le dita. Spinse appena contro la parete, avvertendo un piccolo scatto che la fece imprecare. Sperò che la donna non l'avesse sentito. Una piccola porta si aprì davanti ai suoi occhi, rivelandole quello che sembrava un corridoio buio e stretto, che attraversava l'intera tenuta. Da piccola vi entrava senza problemi, ma ora non sarebbe stato affatto piacevole. Purtroppo, però, non aveva scelta. Doveva uscire da lì, cercare aiuto. Fece un respiro profondo ed entrò, richiudendosi la piccola porta alle spalle e piombando nell'oscurità.

Alec era a terra. Suo malgrado, si era ritrovato a chiudere gli occhi quando Mia aveva sollevato il pugnale verso l'alto. Sapeva, dallo sguardo nei suoi occhi, che lo avrebbe ucciso senza esitazione, e non si aspettava nulla di diverso. Lui in fondo non aveva esitato quando ne aveva avuto la possibilità, ma per sua sfortuna, nonostante le abilità acquisite negli ultimi anni grazie a Lilith, Mia continuava a batterlo con facilità. Era sempre un passo avanti, sempre pronta a tutto.
Un lampo di luce lo aveva abbagliato e aveva chiuso gli occhi, attendendo il colpo mortale. Quando si rese conto che questo tardava ad arrivare, non seppe cosa pensare. Non aveva il coraggio di aprire gli occhi, di guardare il viso pieno di odio di Mia. Poi avvertì qualcosa. Qualcosa di caldo e di bagnato che gli cadeva sul viso. Lentamente, socchiuse gli occhi, notando la figura di Mia ancora curva su di lui che però, per qualche motivo, si era fermata.
La ragazza aveva ancora il pugnale tra le mani, ma non era riuscita ad andare fino in fondo. La lama lucente del pugnale era puntata alla gola del ragazzo, che sentì un forte fastidio quando provò a deglutire. I suoi occhi erano pieni di lacrime, talmente lucidi da non riuscire quasi a distinguerne il colore. Lasciò andare la lama, che tintinnò cadendo a terra, e si piegò in due sul petto del ragazzo, lasciando che le lacrime cadessero sui suoi vestiti scuri.
A quella vista, Alec si sentì morire. Non aveva mai visto Mia piangere così. Era sicuro che l'avrebbe ucciso. Doveva farlo! Lui lo avrebbe fatto!
Stranamente, in quel momento, nessuna voce nella sua testa gli suggerì di attaccare. Quella era l'occasione perfetta. Avrebbe potuto afferrare il pugnale accanto al suo viso, gettare la ragazza a terra e finire quella storia una volta per tutte, eppure non ci riuscì. Rimase immobile ad osservarla. Così fragile, così delicata. Non riuscì neppure a parlare
"Non posso" disse Mia con un filo di voce "Non riesco a farlo. Proprio non ci riesco ..."
Sollevò appena lo sguardo, cercando di guardarlo negli occhi per quanto le era possibile. Le lacrime erano tante da offuscarle la vista e la cosa l'avrebbe fatta ridere se non si fosse sentita tanto distrutta.
"Io ... non riesco a credere di essere arrivata fino a questo punto. Stavo per ucciderti! Stavo per farlo davvero!"
Alec fece per sfiorarle il viso, nel tentativo di asciugare le sue lacrime, ma Mia lo sorprese, sferrandogli un poderoso pugno sulla guancia, e stordendolo di nuovo
"È solo colpa tua!!" lo colpì di nuovo, stavolta sull'altra guancia, e così fece per diversi secondi, urlando più che poteva "Come hai potuto fare tutto questo?! Non ti bastava avermi abbandonata?! Non ti bastava avermi spezzato il cuore una volta?! Lo hai dovuto fare di nuovo!!! Hai dovuto umiliarmi!"
Si fermò un momento, cercando di riprendere fiato. Le sue mani erano sporche di sangue, il viso arrossato per la rabbia, e le lacrime non accennavano a diminuire. Alec cercò di ignorare il dolore e chiuse gli occhi
"Io ti amavo" la ragazza si chinò ancora, stavolta appoggiando la testa sul petto del ragazzo "Ti amavo da morire"
Aler rimase in silenzio, sorpreso dalle lacrime che improvvisamente gli erano salite agli occhi. Ripensò a quegli ultimi anni, a tutte le persone che aveva ucciso senza battere ciglio. Non si pentiva della sua decisione di seguire Lilith. Era ciò che voleva, e si era sentito forte, libero, potente. Grazie a lei si era sentito un dio. Aveva smesso di essere l'Alec che tutti conoscevano, debole e codardo, privo di spina dorsale, eppure in qualche modo, ora quel lato di sè gli mancava. Gli mancavano le labbra di Mia, le sue carezze, il modo in cui la sua voce lo svegliava ogni mattina rendendo improvvisamente il mondo un posto migliore.
Non si pentiva di aver seguito Lilith, ma si pentiva di aver abbandonato Mia.
"Mi dispiace"
Riuscì a dire solo questo, poi Mia si asciugò le lacrime e si alzò, guardando altrove "Quello che hai fatto qui è imperdonabile, ma non mi macchierò le mani col tuo sangue. Non commetterò il tuo stesso errore" tirò su col naso tremando leggermente "Ti consiglio di andare via ... e di non farti vedere mai più"
Alec scattò a sedere sorpreso"Scherzi vero? Non posso farlo!"
Mia lo fulminò con lo sguardo, gli occhi arrossati "Non mettere alla prova la mia pazienza. Ti ho risparmiato una volta ma non lo farò di nuovo. Ringrazia che ti permetta di scappare ..." la rabbia riprese il sopravvento ed Alec si irrigidì "Un altro passo falso ... e non avrò problemi a tagliati la gola"

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Capitolo 43
*** Un cuore egoista ***


Sarah continuava a muoversi con fatica. Il passaggio era così stretto che non riusciva neppure a gattonare. Era costretta a strisciare, e ringraziò il cielo che non indossasse uno dei vaporosi vestiti che era solita portare durante la giornata. Solo la gonna sarebbe bastata ad impedirle completamente ogni movimento.
Era così buio che non riusciva a capire dove stesse andando, ma continuava ad avanzare senza farsi domande. La donna che aveva ucciso suo padre probabilmente continuava a cercarla, e avrebbe strisciato ovunque pur di non farsi trovare da lei. Spesso si ritrovò a tossire, soffocata dalla polvere. A volte ancora, i corridoi si dividevano in più direzioni e questo le metteva agitazione. Non ricordava quale fosse la strada giusta. Se continuava in quella maniera, rischiava di rimanere bloccata per quegli stretti corridoi per sempre. Non poteva neppure chiamare aiuto o quelle persone l'avrebbero sentita!
Si fermò un momento cercando di riprendere fiato, per quanto poteva. La gola le faceva ancora male e continuava a rivedere il volto sofferente di suo padre, a sentire lo scricchiolio delle sue ossa che si rompevano. Chiuse gli occhi e si concentrò sul suo respiro, sul battito del suo cuore. Pian piano questo si calmò, tornando ad avere un ritmo lento e regolare.
Non appena fu sicura di essersi calmata, Sarah riprese la marcia, stavolta con più decisione. I suoi occhi iniziarono ad abituarsi all'oscurità e a delineare le pareti di quel piccolo passaggio.
Dopo quelle che le sembrarono ore, la donna si ritrovò di fronte a qualcosa di inaspettato. Un vicolo cieco.
Per un momento, la sua sicurezza vacillò. Si lasciò cogliere dal panico ed iniziò a respirare sempre più in fretta, provocandosi un forte mal di testa. Tastò le pareti ai suoi fianchi con rabbia, sperando che ci fosse un nuovo corridoio o una via d'uscita. Non poteva neppure voltarsi e tornare indietro. Il corridoio era troppo stretto perchè potesse farlo, in più l'idea di ripercorrere l'intero tragitto la faceva impazzire. Poi notò qualcosa. Una piccola luce di fronte a sè. Spinse la parete che aveva davanti agli occhi con tutte le sue forze, stringendo i denti e piantando a terra le palme dei piedi.
Pian piano, la parete iniziò a cedere, fino a rivelarle finalmente una via d'uscita. Si lasciò cadere sul manto erboso, riprendendo fiato e aspettando che il mondo intorno a lei smettesse di girare.
Quando riaprì gli occhi, si rese conto che ce l'aveva fatta. Era uscita da palazzo, e si trovava nel giardino posteriore. Sulla sua testa, alberi di agrumi le coprivano la visuale, riempiendole le narici di un buon odore di aranci e limoni. Come amava quell'odore. Era la cosa che più amava di quella sua casa fin troppo grande. Si alzò in fretta, spolverandosi la camicia da sera ormai logora e piena di polvere. Non aveva idea di cos'avrebbe incontrato lì fuori, ma era sicuramente meglio che tornare nella sala del trono e affrontare quella donna senza cuore!

Mia si avvicinò al corpo del sovrano. I suoi movimenti erano così leggeri che Alec non riusciva quasi a sentire il rumore dei suoi passi. Il ragazzo si era tirato su a fatica, il viso ancora in fiamme. Si pulì il sangue con una manica e fissò la ragazza, che rovesciava il corpo del sovrano e lo portava in posizione supina. L'uomo aveva il viso e il petto sporchi di sangue. Quest'ultimo, sembrava essere stato squarciato. Mia non osò guardare oltre. Abbassò il capo e rimase in silenzio per qualche secondo
"Mi spiace di non essere arrivata in tempo"
Quel gesto sconvolse notevolmente Alec, che non seppe cosa dire. Per un momento, si sentì come se fosse tornato ad essere un bambino. Tutto ciò che conosceva e che aveva conosciuto scomparve davanti ai suoi occhi. Rimase solo Mia che, china su di un uomo che non aveva mai visto, ne onorava la morte con rispetto e semplicità. Ecco qual era la vera differenza che li separava. Il loro cuore.
Le azioni di Mia, in apparenza così semplici, la rendevano unica e speciale. Il suo sogno era quello di diventare un cavaliere, un soldato al servizio del re, eppure non era una persona votata alla guerra, bensì alla pace. Tutto ciò che faceva, tutto ciò che diceva, aveva come unico scopo il bene di qualcun'altro. In quanti potevano dire lo stesso? Sorrise appena, illuminandosi in viso, ed Alec si ritrovò ad amarla di nuovo.
Quando aveva iniziato ad allenarsi con Aaron, lui si era sentito tradito, abbandonato. Aveva pensato che fosse stata un'egoista a lasciarlo solo, che l'unica cosa che davvero contava per lei fosse il raggiungimento del suo obbiettivo. Quanto aveva sbagliato! Mia non avrebbe mai fatto qualcosa solo per se stessa, non lo avrebbe mai abbandonato a se stesso. Quello, semmai, era ciò che aveva fatto lui.
Strinse i pugni con rabbia, sapendo che probabilmente non l'avrebbe mai più rivista. La guardò sollevarsi di nuovo, la figura snella e bellissima, e arrossì.
Voleva tornare indietro, prenderla per mano, passarle le dita tra i riccioli scuri ... ma lei probabilmente si sarebbe ritratta a quel tocco ormai così sgradevole.
Si impresse la sua immagine nella mente così com'era ora, forte, coraggiosa, buona. Fece per andarsene ma qualcosa lo fermò.
Mia si irridì. Un vento gelido si alzò all'improvviso, scompigliandole i capelli che le frustrarono il viso chiaro. Si voltò allarmata, improvvisamente conscia di essere disarmata. Vide lo sguardo di Lilith lampeggiare davanti ai suoi occhi. La donna aveva raccolto la spada della ragazza e si era lanciata su di lei con velocità sorprendente, cogliendo entrambi i presenti di sorpresa. Mia non ebbe neppure il tempo di capire cosa stesse accadendo.
Un gemito la riportò alla realtà, facendola tremare.

Lilith sbuffò, visibilmente scocciata. Aveva dato la caccia a Sarah, decisa ad ucciderla con le sue mani per estirpare anche l'ultimo erede rimasto in vita per il trono di Vahel. Quando si era resa conto che la ragazza era scappata, si era lasciata prendere dallo sconforto. Quella nottata era iniziata così bene! Ed ora all'improvviso le stava andando tutto storto. Aveva deciso di tornare nella sala del trono per poter dare una mano ad Alec, e quello che aveva visto l'aveva lasciata senza parole. Alec guardava Mia con aria rassegnata. Gli occhi chiari si erano improvvisamente illuminati quando aveva visto la ragazza sorridere, e avevano perso quella sicurezza che in tutti quegli anni lei aveva imparato così tanto ad amare.
Quello sciocco non l'avrebbe più uccisa. L'avrebbe lasciata andare via, avrebbe rinunciato al trono, al potere, per quella stupida ragazzina sempre piena di sè. Lei non poteva permetterlo. Non poteva lasciare che quella mocciosetta mandasse all'aria tutti i suoi piani. Se Alec non ce la faceva ad ucciderla, allora lo avrebbe fatto lei.
Lilith aveva afferrato una delle lame rimaste a terra e si era lanciata su Mia, che quasi non si era accorta del pericolo. Aveva sorriso, pregustando già il momento in cui avrebbe affondato la lama nella sua carne. Voleva sentirla implorare. Voleva vedere i suoi occhi spegnersi lentamente, pieni di sofferenza.
Quando si rese conto che, invece, era Alec ad essere stato colpito, venne colta da una profonda delusione. Il ragazzo si era lanciato su di lei appena in tempo, nel tentativo di bloccare il colpo, ma la lama gli aveva trapassato lo stomaco, costringendolo a piegarsi in avanti ansimando, colto da un forte dolore. I capelli scuri gli ricaddero sul viso, e i muscoli delle gambe presero a tremare.
Mia guardò con orrore il sangue scuro ricoprire lentamente il pavimento sotto di lei. La sua mente impazzì. Alec le aveva salvato la vita. Lo aveva fatto davvero!
"Questa non me l'aspettavo" disse Lilith tirando fuori la lama dal corpo del ragazzo, che cadde in ginocchio urlando terribilmente "Ti credevo più furbo Alec. A quanto pare ho sbagliato"

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Capitolo 44
*** Un faro nella notte ***


Sarah non riusciva a credere ai suoi occhi. La Città Imperiale era ormai irriconoscibile. Molti edifici erano stati rasi al suolo e diversi cadaveri erano sotterrati fra le macerie. La maggior parte dei corpi sparsi a terra, sporchi di sangue, erano civili. Uomini e donne, a volte persino bambini. Le lacrime le salirono agli occhi, insieme ad un conato di vomito. Ovunque c'era odore di bruciato, e i corpi dei non morti, già in decomposizione, erano mossi da piccoli spasmi involontari che le fecero venire i brividi. Si mosse lentamente per le vie della città, cercando di non farsi notare. Per sua fortuna, sembrava che in quella zona la battaglia fosse finita da un bel pezzo, ma ancora riusciva a sentire le urla e lo stridio della battaglia che imperversava ad una certa distanza dal palazzo.
Uno strano ruggito la fece irridire, sentendo tremare la terra sotto i suoi piedi. Quale creatura poteva emettere un suono simile? Per un momento pensò di fermarsi. Di trovare rifugio in uno degli edifici rimasti ancora in piedi e restare nascosta fino alla fine della battaglia, ma scartò immediatamente questa alternativa. Doveva trovare aiuto, avvertire il popolo della morte del re e uccidere la donna che cercava di usurpare il trono.
Guardò il cielo notturno, che lentamente iniziava a rischiararsi. La notte oramai era quasi finita e stava per cedere il posto ad una nuova alba. Si chiese se sarebbe riuscita a trovare qualcuno in grado di uccidere quella donna. Ricordò con quanta facilità l'avesse piegata al suo volere, senza neppure aprir bocca. Si sfiorò la gola martoriata e strinse i pugni. Se solo avessero agito prima, forse avrebbero evitato tutto questo.
Un suono gutturale la fece irrigidire, riportandola alla realtà. Di fronte a lei c'era un soldato. Indossava una divisa blu, tipica dell'Accademia di Larss. Il suo sguardo era vuoto e la carnagione troppo chiara le permetteva di distinguerne le vene violacee. La cosa che più le mise i brividi però, fu il fatto che il soldato in questione era privo di un arto superiore. La sua ferita non perdeva sangue, e l'uomo non sembrava neppure farci caso.
Quando si accorse della presenza della ragazza urlò. Un urlo stridulo ed inquietante che la costrinse ad arretrare. Si lanciò su di lei con una velocità sorprendente, protendendo il suo unico braccio verso di lei, nel tentativo di afferrarle la gola. Sarah si voltò, correndo più che poteva, ma ben presto il non morto la afferrò per i capelli spingendola a terra con violenza. La donna si coprì il viso con le mani in un vano tentativo di proteggere se stessa da quel pericoloso aggressore, ma per sua fortuna, questo non ebbe il tempo di attaccare. Un uomo balzò su di lui, rapido ed elegante, recidendogli la testa dal collo con un unico colpo sicuro e pulito. Il corpo del non morto cadde a terra con un tonfo, separato ormai dalla sua testa, che rotolò via per una certa distanza.
L'uomo si voltò verso di lei, tendendole la mano. Aveva dei corti capelli castani leggermente arruffati dal vento, e occhi verdi come la più fitta delle vegetazioni.
"Tutto bene?"
Sarah arrossì, notando il suo abbigliamento trasandato, ma l'uomo non sembrava averci fatto caso. Il suo sguardo era seriamente preoccupato mentre la guardava, e questo la mise in confusione. Non era abituata a sentirsi guardare così. Se quell'uomo avesse saputo chi era, forse, il suo sguardo sarebbe stato diverso.
Accettò la sua mano e si alzò, abbassando timidamente lo sguardo "Vi ringrazio"
"Siete ferita?"
La donna scosse la testa con decisione, nonostante il dolore provato in tutto il corpo
Aaron sorrise "È un sollievo"

Mia si gettò a terra, sostenendo il corpo di Alec che minacciava di cadere. Il ragazzo si teneva la ferita con le mani e tremava in tutto il corpo. Il respiro era sempre più affannato e gli occhi chiari rivelavano un profondo dolore. La ragazza lo strinse a sè con forza, scioccata.
Guardò Lilith con rabbia, improvvisamente desiderosa di uccidere. Fece per alzarsi ma Lilith pronunciò alcune brevi parole e la ragazza si ritrovò a volare per la stanza, spinta da una corrente d'aria improvvisa e violenta. Rotolò velocemente sul pavimento in marmo, fermandosi solo quando la sua schiena incontrò la parete successiva, colpendola con violenza. Si ritrovò senza fiato, e per un momento il mondo intorno a sè divenne buio.
Lilith si accovacciò accanto ad Alec, guardandolo annoiata
"Mi deludi davvero Alec" disse scostandogli i capelli dal viso "Vedo che, nonostante tutto, Mia rimane il tuo punto debole"
Mia provò a tirarsi su ma Lilith distese una mano verso di lei e la costrinse a tornare a terra
"Non essere maleducata. Stò parlando" sorrise appena, cogliendola di sorpresa "Credi di essere l'unica ad essere sconvolta dall'accaduto? Sai io ... non avevo bisogno di aiuto per arrivare fin qui. Ero perfettamente in grado di salire al trono per conto mio, ma quando ho visto Alec, così solo, rifiutato da tutti ... ho pensato che non sarebbe stato male avere qualcuno vicino per una volta. Il suo cuore era così simile al mio ..."
Mia fece leva sulle braccia, sentendo i muscoli tremare per lo sforzo. Era come se un grosso peso gravasse sul suo corpo, ed ogni movimento le costava grande fatica
"Una sola persona gli stava vicino. Tu" fece una pausa, ascoltando il respiro irregolare del ragazzo "Era così strano. Un attimo prima era triste e arrabbiato col mondo intero, poi ti guardava, e il suo cuore batteva così forte! Per quanti poteri possa aver acquisito durante tutti questi anni, non sono mai stata in grado di fare una cosa del genere. Non sono mai riuscita a farmi amare da qualcuno in questo modo"
"Chissà" disse Mia sarcastica "Sarà perchè uccidi senza pietà chiunque si metta sulla tua strada?"
Lilith non sembrò aver sentito quel commento e continuò a parlare "Tu eri la sua luce, un faro nella notte. Tutto questo mi ha resa estremamente gelosa. Volevo prendere il tuo posto, essere il punto di riferimento per qualcuno. Volevo che Alec non potesse vivere senza di me"
Abbassò lo sguardo sul ragazzo che nel frattempo era diventato estremamente pallido, e si accigliò
"Ma hai dovuto rovinare tutto, piccolo ingrato"
Premette la mano sulla sua ferita, sorridendo quando il ragazzo cominciò ad urlare. Alec provò a difendersi ma era troppo debole. Lilith rise di gusto quando sentì la debolezza delle sue mani
"È interessante vederti ridotto in questo modo sai? Ultimamente ti eri montato un po' troppo la testa" strinse la presa sulla ferita, costringendolo ad urlare di nuovo "Musica per le mie orecchie"
"Non lo toccare!!!" Mia si era alzata all'improvviso, correndo verso di lei. Tese la mano verso l'esterno, attirando a sè la spada di Alec. La lama brillò per un momento, poi si abbattè su quella di Lilith.
Gli occhi rossi della donna brillarono di collera, mentre tentava di fermare il colpo della ragazza. Alla fine, la forza di Mia prevalse sulla sua. Perse l'equilibrio, indietreggiando insicura. Mia attaccò ancora, urlando furiosamente, e costringendola ad arretrare. La donna cercò di evitare i suoi attacchi, ma la ragazza era troppo veloce. La ferì ad un fianco, facendola irrigidire.
Lilith strinse i denti per sopportare il dolore e afferrò la spada della sua avversaria con la mano ferita, affondando la carne nella lama lucente. Mia sussultò, colta di sorpresa, e Lilith ne approfittò. La colpì allo stomaco con un calcio, costringendola a lasciare la presa sulla sua arma. Gettò le spade a terra e sferrò un pugno sul viso dell'avversaria.
Mia rovinò a terra dolorante, e Lilith infierì su di lei, colpendola allo stomaco con forza. La ragazza tossi, mentre la donna continuava a colpire, portandola sul punto del collasso.
"Sono stanca di te! Di quel tuo irritante sorriso, della tua positività! Quando avrò finito con te, farò a pezzi il tuo corpo e lo metterò dove tutti possano vedere!!"
Mia cercò di riprendere fiato, ma quei colpi erano troppo violenti. Se continuava in quel modo, l'avrebbe seriamente fatta a pezzi. Sfiorò il pavimento in marmo e si concentrò, sentendo l'energia fluire attraverso il suo corpo.
Quando il pavimento sotto i suoi suoi piedi iniziò a tremare, Lilith indietreggiò sorpresa, perdendo l'equilibrio. Come poteva quella ragazza fare una cosa del genere? Per incantesimi di quel tipo era necessaria una grande energia. Energia che un semplice essere umano non poteva possedere.
Mia si inginocchiò, tenendo i palmi delle mani ben piantati a terra. Aveva il capo chino e gli occhi chiusi, e parlava velocemente, così piano che la donna non riusciva a distinguere le sue parole.
"Cosa fai?" esclamò Lilith furiosa "Ferma!!"
Il cuore di Mia iniziò a batterle velocemente nel petto, offuscandole la vista, ma la ragazza non smise di parlare. Il marmo sotto i suoi piedi si crepò, crollando in più punti e deformando il pavimento. Forti radici salirono verso l'alto, danzando nell'aria con leggerezza. Lilith saltò di lato, quando una delle radici si avventò su di lei, frustando l'aria con violenza e frantumando il marmo sotto i suoi piedi. La donna urlò, colma di rabbia, lanciandosi sulla ragazza che adesso la guardava con decisione, in silenzio. Mia aspettò che la donna si avvicinasse, poi pronunciò una sola, ultima parola. Le radici si fermarono per un istante, restando immobili rivolte verso l'alto, poi la loro traiettoria cambiò. Le enormi piante si lanciarono verso il basso, puntando tutte nella stessa direzione. Lilith non riuscì a raggiungere il suo obbiettivo. Quando la prima radice la trafisse, più affilata di una spada, si ritrovò a sputare sangue. Le altre radici la colpirono, facendola sussultare. Ben presto, i suoi occhi di fiamma persero il loro calore, la loro luce. Quando Lilith emise il suo ultimo respiro, i suoi occhi erano ormai vuoti, come quelli dei mostri che fino ad ora si era divertita a comandare.
Mia guardò il corpo della donna sospeso verso l'alto, e non provò alcun rimorso. L'immagine di Alec la avvolse, prima di perdere conoscenza.

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Capitolo 45
*** L'inizio di una leggenda ***


Le prigioni della Città Imperiale erano piuttosto fredde. Le celle non erano provviste di finestre e questo impediva alla luce di entrare. Erano tutte molto piccole e spoglie, con un semplice giaciglio di paglia che fungeva da letto per il detenuto e un secchio di legno in un angolo, per eventuali bisogni. Mia odiava entrare in quel posto, ma non poteva farne a meno.
Le guardie ormai la conoscevano bene, e la lasciavano entrare con tranquillità. Era passata più di una settimana ormai dalla morte di Lilith e la nuova regina, Sarah, aveva subito offerto il suo aiuto a tutte quelle persone che, malauguratamente, erano rimaste senza casa. La donna li aveva premiati tutti per il loro impegno, lei in particolare, e questo la rendeva immensamente felice.
Quando si era ripresa, James le aveva raccontato cos'era successo. Lui, Peter, Aaron e Marko erano arrivati in città quando lo scontro volgeva ormai al termine, e questo non aveva fatto molto piacere a Marko, che sembrava provare un certo divertimento nello staccare la testa a quei mostri senz'anima. James e Peter si erano dati da fare per quanto potevano, mentre Aaron era corso direttamente verso il palazzo reale, sperando di incontrare Mia. Quando l'aveva trovata a terra, pallida e ferita, di fronte al corpo martoriato di Lilith, si era sentito male. Era subito corso a chiamare aiuto, smontando l'entusiasmo che si era creato quando i non morti avevano iniziato a cadere, privi di vita.
Mia iniziò a guardarsi intorno, come faceva sempre. La maggior parte delle celle erano vuote, ma in alcune di esse i detenuti la fissavano con aria spenta. Si era sempre chiesta che cosa avesse fatto ognuno di loro. Qualcuno probabilmente aveva commesso dei gravi reati, altri invece erano stati rinchiusi ingiustamente. Accelerò il passo, ansiosa di raggiungere la sua destinazione, quando uno dei detenuti si protese verso di lei, sorridendo malevolmente.
Quando vide la cella che cercava, si fermò, rimanendo ad una certa distanza. L'uomo al suo interno si mosse. Era disteso a terra, sul suo giaciglio di paglia, e probabilmente stava dormendo. Mia tossi, per attirare la sua attenzione.
Alec aprì gli occhi immediatamente, sollevandosi a sedere e guardandola attraverso le sbarre. La donna sorrise appena di fronte a quegli occhi così familiari
"Ciao"
"Ciao ..." rispose lui ricambiando il sorriso "E così ce l'hai fatta?"
Mia annuì con decisione, gonfiando il petto con fierezza "Sono ufficialmente un cavaliere. Il primo cavaliere donna della storia probabilmente"
"Sapevo che ce l'avresti fatta" Alec si alzò, e Mia arrossì, irrigidendosi appena. Quando aveva saputo che Alec era ancora vivo ne era stata felice, eppure ogni volta che andava a trovarlo non poteva fare a meno di sentirsi a disagio. Lui la guardava negli occhi con decisione, e lei non riusciva a reggere il suo sguardo. Un tempo era stato diverso. Lei era sempre stata sicura di sè, ferma sulle proprie decisioni, e ancora lo era, ma non quando si trattava di Alec. Lui era da sempre il suo punto debole, così come Mia lo era per lui.
"Vedo che continui a mantenere le distanze" lei non rispose. Rimase immobile, guardando a terra e giocherellando con l'elsa della sua nuova spada. Era robusta e luminosa, con un'incisione sulla lama che significava "forza". L'elsa era minuziosamente lavorata con immagini di creature incantate. Quando Alec le aveva detto di tenerla con sè Mia era rimasta senza parole. Aveva provato a fargli capire che non poteva farlo. Quella era la sua spada, non poteva portargliela via! Lui aveva scrollato le spalle, facendole notare che sarebbe rimasto in quella cella a marcire per anni ed anni e che non ne avrebbe avuto bisogno. "E poi" aveva detto sorridendo "Hai bisogno di una vera spada. Una spada da cavaliere"
Mia ebbe un brivido ripensando a quelle parole. In fondo non le dispiaceva avere qualcosa che le ricordasse Alec da portare sempre con sè. Nonostante tutto il dolore, la sofferenza, i dispiaceri ... era stato l'uomo più importante della sua vita. Era giusto ricordarlo. Tuttavia non riusciva a fidarsi di lui, e probabilmente non l'avrebbe fatto mai più.
"Ti ringrazio per avermi salvato la vita quella notte" disse poi sollevando lo sguardo "Te ne sono molto grata ... ma un solo atto di gentilezza non basta a rimediare a ciò che hai fatto"
Alec rise amaramente "Immaginavo che lo avresti detto. Sei sempre stata piuttosto severa per quanto riguarda cose come questa" rimase qualche secondo in silenzio, guardandola attentamente, poi parlò "Stai per andare via vero?"
Mia sgranò gli occhi sorpresa "Come fai ..."
"L'ho capito dal tuo sguardo"
La ragazza fece un respiro profondo, poi si avvicinò alle sbarre, sfiorandogli appena il viso "Addio" Si allontanò in fretta, ansiosa di uscire da quel posto tanto freddo. Non si voltò mai a guardarlo, diversamente da lui che la seguì per tutto il tempo con lo sguardo, sperando un giorno di rivederla.

La cella di Alec non rimase piena a lungo. Qualche ora dopo, quando alcune guardie scesero a controllare i prigionieri, le sbarre erano state piegate e la piccola cella era vuota. Lo avevano cercato a lungo, senza risultato, facendo girare ovunque la notizia di un pericoloso assassino evaso dalle mura della Città Imperiale. Per quanto lo riguardava, Alec non era mai stato davvero un prigioniero. Avrebbe potuto lasciare la sua cella in ogni momento, in cerca della libertà che tanto disperatamente sognava, ma aveva deciso di restare in città ancora per un po', per assistere alla realizzazione del sogno di Mia. Ora che la ragazza ce l'aveva fatta, non aveva più motivo di rimanere.

Mia allacciò la sella sulla schiena di Delfine. La dragonessa non aveva mai amato farsi sellare dagli esseri umani, ma per la sua compagna avrebbe fatto un'eccezione. Mia aveva fatto fare quella sella su misura, accertandosi che fosse la più bella che avesse mai visto. Aaron guardava l'enorme animale, temendo una sfuriata da parte sua, ma questo non si mosse. Lasciò che Mia lavorasse in pace ed emise qualche piccolo verso compiaciuto quando la ragazza gli sfiorò affettuosamente le scaglie luminose.
"Dunque ci separiamo?"
Mia si voltò sorridendo "Non essere triste, ci rivedremo" Aaron assenti, sovrappensiero "E poi, avrai compagnia no?"
Aaron arrossì violentemente "Non scherzare per favore! Non è proprio il caso!"
Erano giorni ormai che Mia lo tormentava con la storia di Sarah. L'attuale regina, infatti, sembrava nutrire un certo interesse nei confronti di Aaron, tanto da proporgli di rimanere a corte come suo primo ufficiale. L'uomo ovviamente aveva accettato con gratitudine, ignorando i commenti sarcastici di Mia, ed ora si apprestava a salutare la ragazza prima di tornare a palazzo
"Mi mancherai"
"Anche tu"
La ragazza lo abbracciò. Un abbraccio sincero che li avrebbe uniti per sempre. Un giorno si sarebbero rivisti. Era una promessa.
Delfine sbuffò, riportando l'attenzione di sè. Non le piaceva essere ignorata. Mia rise di gusto, staccandosi da Aaron e correndo verso di lei. Saltò sulla sua schiena, sistemandosi per bene sulla sella in cuoio che aveva fatto prepare per lei. Il drago guardò Aaron e chinò appena il capo in segno di rispetto, lasciandolo senza parole. Poi iniziò a correre, cogliendo Mia di sorpresa, che si tenne forte ridendo. Sbattè le ali possenti, prendendo lentamente quota. Quando iniziarono a sollevarsi da terra, Mia chiuse gli occhi sorridendo, avvertendo l'aria sul suo viso e respirando a pieni polmoni. Poi sollevò le braccia verso l'alto urlando con tutto il fiato che aveva il corpo. Era troppo felice per potersi trattenere ancora. Il suo cuore batteva così forte che pensò che il suo petto non lo potesse più contenere. Suo padre sarebbe stato fiero di lei. Ce l'aveva fatta! Aveva realizzato il suo sogno! Delfine disegnò veloci spirali nel cielo, piroettando elegantemente nell'aria mattutina, e Mia urlò di nuovo, sempre più esaltata. Da quel momento in poi, avrebbe avuto inizio la sua storia, la sua leggenda ...

Inseguite i vostri sogni

Fine

Angolo dell'autore!!!
Eccoci arrivati al finale! Immagino che non vedevate l'ora di veder terminare questa storia infinita XD
Ed ora i "dietro le quinte"!! Inizialmente Alec sarebbe dovuto morire. Non vedevo l'ora di distruggere completamente qualsiasi possibile risvolto romantico che potesse esserci tra i due protagonisti (si, sono una vera assassina dell'amore v.v), ma alla fine non me la sono sentita di farlo. Era un vero idiota, ma ucciderlo mi sembrava un po' drastico, perciò gli ho fatto commettere almeno un ultimo gesto di bontà per lasciarlo in vita XD
Ovviamente lui e Mia non potevano restare insieme, e questo lo avevo deciso sin dall'inizio. Mia sarebbe stata una sciocca a restare con lui dopo tutto quello che aveva fatto, e non potrei ma rischiare di far apparire Mia una sciocca. Lei è una donna forte e indipendente, che non ha bisogno proprio di nessuno per essere felice, e l'assenza di Alec non le creerà certo tanti problemi. (Girls power!!)
Ringrazio davvero di cuore tutti quelli che hanno seguito questa mia prima storia su efp e spero che vi sia piaciuta e che continuerete a leggere i miei scritti e ad allietarmi con i vostri consigli e le vostre recensioni. Spero di migliorare sempre di più andando avanti. Grazie ancora e buon Natale a tutti!!

Gamora96

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