Salvezza di Anna Tentori (/viewuser.php?uid=491354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sofferenza ***
Capitolo 2: *** Oscurità, Acqua, Fuoco, Aria, Vento ***
Capitolo 3: *** Sogni ***
Capitolo 4: *** Il ciondolo ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni ***
Capitolo 6: *** Helvat ***
Capitolo 7: *** Il Prescelto ***
Capitolo 8: *** Fuggire non è la soluzione ***
Capitolo 9: *** Occhi grigi ***
Capitolo 10: *** Il momento è giunto ***
Capitolo 11: *** Imladris ***
Capitolo 12: *** Il Mezzelfo ***
Capitolo 13: *** Una nuova vita ( Parte 1 ) ***
Capitolo 14: *** Una nuova vita ( Parte 2 ) ***
Capitolo 15: *** La svolta ***
Capitolo 16: *** L'Anello ***
Capitolo 17: *** Il Consiglio di Elrond ***
Capitolo 1 *** Sofferenza ***
Capitolo
1:
Solitudine
"Sola".
Si,
forse è proprio
questa la parola che descrive al meglio come mi sento in questo periodo.
È una sensazione che non si può spiegare a
parole, "Sola" è quella
che si avvicina di più. Ma non è abbastanza.
Sto soffrendo molto.
Da molto tempo navigo nel grande mare della depressione, acque
insidiose e
burrascose che stanno mettendo a dura prova la mia esistenza.
Da ormai due anni la mia vita é dominata dall'insicurezza e
dalla poca stima
verso me stessa.
Non riesco ad apprezzarmi e ad essere fiera di ciò che sono,
mi sento inutile e
inferiore a tutti.
Poco a poco ho iniziato a isolarmi dal resto del mondo e a chiudermi in
me
stessa perché convinta di non essere accettata e di essere
rifiutata.
Mi
sento intrappolata in
un infinito tunnel buio, cammino e cammino inconsapevole di dove mi
stia
dirigendo. Non conosco più la luce e il sapore della
felicità.
Molte volte piango convinta di essere sola; molte volte urlo senza
lasciar
uscire alcun suono dalle mie labbra socchiuse; molte volte nascondo la
mia
sofferenza dietro un falso sorriso, una falsa risata.
I ricordi del passato pugnalano il mio cuore provocando fitte di dolore.
Periodi stupendi, felici e pieni di luce.
Quei ricordi paiono appartenere a un'altra vita, a un'altra persona.
Per colpa di uno sbaglio che poteva essere evitato tutto mi
é scivolato via
come l'acqua tra le mani, tutto é svanito come il fumo
nell'aria.
Tutto
questo dolore é
rinchiuso all'interno della mia tormentata anima, nascosto a tutti.
Torno a casa pronta a scoppiare e a dare sfogo alla mia sofferenza ma
tutto
quello che posso fare é rinchiudermi in bagno e disperarmi
silenziosamente.
Mi guardo allo specchio, osservo le lacrime che rigano il mio pallido
volto
sentendo il loro sapore tra le labbra. Fisso l'immagine dei miei occhi
umidi
riflessi nello specchio: sono gonfi e rossi, stanchi e disperati.
Soffoco i sussulti e i singhiozzi per evitare che qualcuno mi possa
sentire,
che qualcuno possa scoprire la mia sofferenza.
Guardo il mio bianco e bagnato volto mentre un turbine di pensieri e
domande mi
attraversano la mente.
-Perché?...-
-Perché io?...-
-Perché a me?...-
-Cosa ho fatto di male?...-
-Cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?...-
Non
so a chi mi rivolgo, cerco risposte dall'alto ma queste non arrivano, e
come
possono?
So che non posso aspettarmi niente da lassù, non
c'é nessuno.
Come può esserci? Come può esistere Dio se il
mondo va a pezzi lacerato dalle
guerre, dalla sofferenza, dall'ingiustizia, dalla crudeltà e
dal male...
No, se esistesse veramente a tutto ciò non sarebbe concesso
di esistere.
Da piccola avevo creduto veramente a Dio, a Gesù Cristo e a
tutto ciò che il
cristianesimo afferma; ma crescendo, apprendendo come realmente va il
mondo,
quella ferma convinzione si é poco a poco sgretolata
lasciando il posto al
vuoto.
Ma la cosa peggiore è chiudere tutto questo dentro di me.
Non per cercare di
celare la mia sofferenza a coloro che mi stanno attorno, no, per
cercare di
celarla a me stessa.
Nascondo tutto per convincermi che non stia accadendo veramente, che
non stia
veramente soffrendo.
Rido, scherzo, faccio cazzate non per nascondermi dagli altri, ma per
nascondermi da me stessa.
Questa è la cosa peggiore che una persona possa fare a se
stessa, perché così,
in questo modo, non riuscirà a liberarsi da questa gabbia.
Capisco che tutto ciò possa apparire strano e irreale, ma
è così. Io ne sono
totalmente consapevole ma non ho la forza per reagire, non ho
più la forza per
reagire dopo tanti tentativi.
Ed è per questo che involontariamente credo che la cosa
giusta da fare sia
seppellire i miei sentimenti sempre più a fondo, sperando
che un giorno me ne
dimentichi.
Sono
i libri il luogo in
cui mi rifugio e dove trovo un briciolo di felicità. Grazie
a loro ho vissuto
mille avventure e conosciuto altrettanti mondi.
Ogni volta che apro un libro cesso per un po' di vivere nella
realtà e mi
immergo in un mondo fantastico e pieno di magia.
Ho vissuto più vite rispetto a una persona normale,
attraverso la lettura ho
contribuito a grandi imprese.
Ho sconfitto Voldemort insieme a Harry; ho pianto e sofferto con gli
abitanti
dei Sette Regni; con Katniss ho sofferto e lottato contro l'ingiustizia
per
riportare la libertà nei Distretti di Panem...
Tutto
questo e molto
altro ho fatto con l'immaginazione.
Solo con l'immaginazione.
È questo che mi brucia dentro: "Solo con l'immaginazione".
È tutto quello che posso fare, non mi è permesso
di entrare a far parte
realmente a quelle avventure.
Questo
é quello che
sogno, poter realmente contribuire a quelle grandi e magiche imprese.
In ogni momento buco della giornata mi immergo nella mia fantasia
sognando e
risognando di entrare in quei mondi e vivere mille imprese.
In questi momenti provo un sentimento intenso, un misto tra
felicità e dolore:
felicità di prendere, anche se solo con l'immaginazione,
parte a grandi storie;
dolore nel rendermi conto che mai tutto ciò potrà
accadere.
E'
un periodo molto
difficile e doloroso, non ricordo di essere mai stata così
triste.
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Capitolo 2 *** Oscurità, Acqua, Fuoco, Aria, Vento ***
Capitolo
2:
Oscurità’,
Acqua, Fuoco, Aria, Vento
Come previsto
il ridotto esercito Lannister cadde nella trappola segnando la propria
sconfitta.
In lontananza potevo sentire i rumori della battaglia in corso: spade
che
cozzavano le une sulle altre, bestemmie, zoccoli che pestavano sul
terreno,
nitriti, imprecazioni, urla di dolore, suppliche, versi, uomini che
morivano...
L'ansia
aumentava sempre di più, la paura di una sconfitta opprimeva
il mio cuore.
All'improvviso i rumori cessarono e un silenzio di tomba invase tutta
la
foresta.
Non potevo vedere niente perché ero nascosta dalla fitta
boscaglia.
Poco a poco iniziai a sentire passi che si avvicinavano velocemente.
Quale tra i due eserciti era riuscito a prevalere?
Finalmente, attraverso gli occhi della Lady Catelyn Stark, vidi uscire
dalla
boscaglia i superstiti dell'Esercito del Nord e con loro Robb Stark.
Soddisfatta
richiusi il libro, diedi un'occhiata alla strana macchia rosa sul
braccio
sinistro e sospirando rimasi sdraiata sul morbido materasso ripensando
alla
straordinaria storia che stavo leggendo. "Il Grande Inverno" era uno
dei tanti libri che costituivano "Le Cronache del ghiaccio e del
fuoco" di George R. R. Martin, un racconto magnifico pieno di inganni,
tradimenti, amore, onore, colpi di scena, complessi piani e misteri.
Un'altra fantastica storia e avventura da aggiungere alla mia
collezione.
Mentre leggevo contribuivo alla dura lotta che gli Stark di Grande
Inverno
stavano vivendo, e condividevo il dolore che provavano dopo la perdita
di
Eddard Stark.
L'evento mi aveva scosso molto, il Lord del Nord era stato fin
dall'inizio uno
dei miei personaggi preferiti.
Non so quanti di voi mi potranno capire ma, durante la lettura di una
storia,
mi affezionavo subito ai protagonisti, buoni e cattivi, che diventavano
parte
della mia vita.
Mi sembrava di conoscerli benissimo, come se realmente vivessero
accanto a me.
Con loro ridevo, scherzavo, soffrivo, piangevo, provavo paura e
dolore...
Sembra una cosa strana, ma con loro vivevo. Sono stati loro ad
affiancarmi e ad
aiutarmi nel periodo più brutto della mia vita; sono stati
loro che nonostante
tutto mi hanno trasmesso importanti valori e che infondevano in me la
forza di
andare avanti.
"Eryn
Raisi!"
"Si mamma?" risposi tornando bruscamente alla
realtà.
"È la millesima volta che ti chiamo! Vieni subito a tavola,
la cena è
pronta"
Sospirando mi alzai dal comodo letto e mi avviai verso il salotto.
"È possibile che ti debba chiamare trecento volte prima che
tu
risponda?" disse irritata.
"Non erano mille?" risposi sbadigliando.
"Non fare la spiritosa!"
"Scusi!" ribattei sedendomi.
L'ampio
soggiorno era illuminato dalla tenue luce del tramonto ed era pervaso
dal
profumo della carne che cuoceva ancora sul fuoco.
Un piccolo tavolo rotondo in legno massiccio era posto al centro,
coperto da
una tovaglia a quadretti bianchi e verdi, sopra la quale erano posti
ordinatamente le posate in argento inossidabile, piatti in ceramica e
bicchieri
in vetro colorato.
Attorno ad esso sedeva la mia famigli: mio padre stava ripiegando il
giornale
appena letto; mia madre stava servendo il primo nei vari piatti (pasta
al tonno
e mozzarella); mia sorella Giada era impegnata a scrivere un messaggio
con il
suo dannato cellulare; mio fratello invece si era già
fiondato sul piatto
fumante.
"Come
va il braccio?" chiese mio padre.
"Sta peggiorando" risposi guardando la grande macchia rossa che si
stava espandendo sulla parte inferiore del mio esile polso.
"Stai continuando a mettere la crema che ti ho comprato?" si
intromise mia madre.
"Si ma non serve a un cavolo, più la metto più la
macchia si
espande".
"Niente servirà a mandarla via" disse mio padre
distrattamente, la
moglie in tutta risposta lo fulminò con uno sguardo.
"Perché non dovrebbe sparire?" chiesi sospettosa guardando
entrambi.
"Magari è l'inizio di una malattia grave!" disse Giada
spaventata.
"Ma non sparare cavolata!" si intromise Max sempre più
annoiato dalla
conversazione.
Seguì
un lungo silenzio durante il quale mia madre continuò a
guardare male il
marito.
Infastidita ruppi il silenzio chiedendo spiegazioni ma i due genitori
si
limitarono a guardarmi con aria fintamente innocente, alla fine mi
arresi e
rivolsi tutta la mia attenzione al piatto fumante.
Mi
sdraiai sul grande letto e mi voltai sulla schiena guardando
attentamente la
macchia rossa: era grande come una pallina da ping-pong e aveva una
strana
forma irregolare. All'inizio si era presentata come un piccolo puntino
e
avevamo creduto fosse un insignificante morso di ragno, ma la
macchietta invece
di sparire aveva iniziato, poco a poco, ad espandersi. Non sentivo
dolore ma un
costante, leggero e fastidioso prurito; a volte era fredda, altre
invece più
calda.
All'inizio mia madre aveva insistito perché la facessi
esaminare da un
dermatologo ma mio padre aveva ribattuto che non sarebbe servito a
niente e che
con il tempo sarebbe andato via da sola. Così mi avevano
rifilato una strana
crema che invece di migliorare la situazione la peggiorava.
Il
comportamento dei miei genitori mi aveva lasciata molto perplessa,
sembrava che
mi stessero nascondendo qualcosa.
Magari
è l'inizio di una malattia grave
Le
parole di Giada risuonarono nella mia mente ma subito le scacciai
scuotendo il
capo.
Allungai
il braccio e presi il grande libro dal comodino, mi immersi nuovamente
nella
storia dei Sette Regni e tra fantasia e realtà mi
addormentai.
L'oscurità
era l'unica cosa che potevo vedere, un buio intenso e opprimente, non
avevo mia
visto un nero così nero. Le
tenebre mi avvolgevano e dominavano, la
loro ferrea morsa mi impediva di compiere qualsiasi movimento e mi
impediva,
quasi del tutto, di respirare.
Il freddo era insopportabile, sembrava fossi immersa completamente in
un lago
ghiacciato,
Improvvisamente
un dolore lacerante colpì il mio polso e il freddo
iniziò a diminuire lasciando
posto al caldo.
Intorno a me si alzarono lingue di fuoco rosse, gialle e blu.
Iniziarono ad
avvolgere il mio corpo con una rovente presa.
Il caldo continuava ad aumentare, ogni centimetro della mia pelle
bruciava e
fumava come il carbone in un braciere.
Rimpiangevo il freddo e la gelida morsa
dell'oscurità.
Urlavo senza riuscire a emettere alcun suono mentre il calore aumentava
insopportabilmente fino a raggiungere il culmine.
Un'altra
fitta di dolore avvampò sul mio polso e mi ritrovai immersa
nell'acqua gelida.
Non riuscivo a respirare, cercai con tutte le forze di muovermi per
risalire a
galla ma il corpo ignorava i comandi che il mio cervello gli inviava.
Nuovamente
dolore e un violento vento mi investì tramutandosi in una
tromba d'aria.
Altro
dolore e finii avvolta dalla terra.
Come
era iniziato, tutto finì nell'oscurità e mi
risvegliai improvvisamente nel
cuore della notte fradicia di sudore per poi riaddormentarmi.
Un
debole e piacevole calore investì il mio viso, interrompendo
un sonno
tormentato.
Aprì lentamente gli stanchi occhi cercando di mettere a
fuoco l'ambiente
circostante, timorosa di trovarmi ancora imprigionata
nell'oscurità o nel
fuoco, nell'aria, nel vento o sommersa dalla terra.
Con sollievo mi resi conto di essere nella mia stanza, illuminata
completamente
dai deboli raggi del sole mattutino. Al centro, un grande tappeto
bianco aveva
assunto un colore giallognolo a causa della luce e ricopriva quasi del
tutto il
pavimento in parquet. I muri erano coperti da grandi armadi e scaffali
contenenti ogni sorta di oggetti e vestiti, tra di essi spiccava
un'enorme
libreria colma di libri riguardanti qualsiasi genere letterario. Una
piccola
scrivania era sommersa da varie cianfrusaglie che nascondevano un
grigio
computer portatile, mentre il pavimento era cosparso di vestiti
stropicciati e
accartocciati.
Non sono mai stata una ragazza molto ordinata e questo credo l'abbiate
capito,
spesso discutevo furiosamente con mia madre convinta della mia tesi:
"Tanto
anche se la riordinassi ritornerebbe comunque disordinata"; ma questo,
ovviamente, non riusciva a smuovere mia madre.
Non
appena fui completamente sveglia un dolore intenso e insopportabile
investì il
mio polso.
Trattenni un urlo di dolore e le lacrime iniziarono a rigare il mio
volto
sofferente.
Rimasi immobile per qualche minuto, poi, con fatica, aprii gli occhi e
avvicinai il polso al viso.
Non appena essi si soffermarono sul braccio si sprigionò
un'intensa e abbagliante
luce bluastra che mi costrinse a chiudere nuovamente gli occhi.
All'improvviso la testa iniziò a girarmi velocemente,
l'oscurità ritornò ad
avvolgermi e persi i sensi.
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Capitolo 3 *** Sogni ***
Capitolo
3:
Sogni
Un'intensa
luce blu mi accecava impedendomi di guardare e capire cosa stesse
succedendo. Il polso pulsava di dolore senza lasciarmi tregua.
All'improvviso
la luce bluastra si ritrasse riducendosi solo ad illuminare il polso.
Mi
accorsi di stare fluttuando nell'aria, ero distante chilometri dalla
terra
ferma. Piano piano iniziai a perdere quota e sotto di me la morfologia
della
terra cominciò a delinearsi più chiaramente.
Il continente si avvicinava sempre più e montagne, fiumi,
laghi, colline
comparvero sotto i miei piedi. La mia velocità aumentava
senza sosta e la paura
di schiantarmi a terra iniziò a dominarmi. Mancavano pochi
metri, pochissimi
allo schianto quando una voce rimbombò nella mia testa.
"Eryn"
Era
una voce familiare.
"Eryn!"
Continuava
a chiamarmi incessantemente.
Mi fermai di colpo e la terra sotto di me si sgretolò in
mille pezzi.
"Eryn! Svegliati!"
Mi
alzai di scatto dal letto urlando a
pieni polmoni, per poco non pestai la testa contro mia madre.
Iniziai a tremare esageratamente e un senso di nausea mi invase. Mia
mamma mi
guardava preoccupata, bianca in viso.
"Ery,
cos'hai? Guardami."
Mi
sentivo come isolata dal resto del
mondo, suoni e parole mi apparivano lontane e fievoli. Sentì
un tocco freddo
sulla fronte e mia mamma uscì dalla stanza dicendo qualcosa
che non compresi.
Sprofondai nel letto e chiusi gli occhi. La testa mi girava moltissimo,
la
nausea mi impediva di aprir bocca e parlare, un caldo insopportabile mi
invadeva. Sull'interno nero della palpebra apparivano dei simboli
bluastri
indefiniti, che poi si unirono a formarne uno più grande. In
quel momento un
dolore lacerante si diffuse a partire da quell’odiatissimo
polso.
"La
situazione sta peggiorando Marco! Trema come una foglia, è
bollente in modo
innaturale e sembra in uno stato di trance! Non si può
andare avanti
così!"
"Lo
so, ma io non ci posso fare niente. Dobbiamo solo aspettare,
è questione di
tempo".
In
lontananza sentivo le voci dei miei genitori, il loro tono di voce
aveva in se
una nota di preoccupazione.
Una mano iniziò ad accarezzarmi i capelli fradici di sudore
mentre un'altra mi
prese il braccio dolorante.
"Ormai
è quasi del tutto sviluppato. Presto anche il dolore
cesserà"
"Non c'è niente che possiamo fare? Niente che possiamo
dargli? Guarda in
che stato è. Povera la mia bambina" mia mamma sembrava sul
punto di
piangere.
"Assolutamente no. Hai visto come la crema ha peggiorato la situazione.
Fin dalla sua nascita sapevamo che sarebbe successo e che non avremmo
potuto
fare niente. Stai tranquilla, tutto ciò non la
danneggerà.”
Entrambi
mi diedero un bacio sulla fronte sudata e uscirono dalla stanza.
Tutto
quello che avevano detto non aveva senso, cosa significava? Cosa sanno
fin
dalla notte in qui venni alla luce? In che senso è questione
di tempo?
Cosa
mi nascondono? Cosa mi hanno celato per diciotto anni?
Più
pensavo più il male alla testa aumentava. Avevo una voglia
sfrenata di aprire
gli occhi ma qualcosa me lo impediva. Mi sentivo come immobilizzata sul
letto,
senza alcuna possibilità di muovermi.
All’improvviso un dolore lancinante
investì prima il polso e poi la testa. Immagini che
sembravano appartenere ad
un video frammentato mi apparvero davanti agli occhi: colline verdi, un
bosco
in fiamme, bellissime luci, fiamme indomabili, volti bellissimi e
sorridenti,
visi deformati e orribili, un bianco albero, lo stesso albero in
fiamme,
praterie sconfinate, villaggi depredati. L’ultima immagine
che vidi fu una
terribile figura mascherata che si trasformò in un occhio
infuocato. Paura mi
invase e inizia ad urlare.
Sentii
qualcuno correre nella mia stanza gridando cose che non riuscivo a
comprendere.
Qualcuno mi sollevò dal letto e in tutta fretta mi
trasportò in bagno, mi mise
nella vasca e iniziò a bagnarmi con acqua gelata.
La
sensazione che provai fu fantastica. Il mio corpo sembrava stesse
bruciando e
l’acqua fredda diede sollievo. Piano piano il dolore, sia
alla testa che al
polso, diminuì ed iniziai a sentirmi meglio.
Mio
padre, dopo avermi asciugato e cambiato vestiti, mi adagiò
dolcemente sul
divano.
“E’
più potente di quanto pensassi. Sembra come se stessero
accelerando i tempi,
qualcosa non va. Chiama immediatamente mio padre”
Queste
furono le ultime parole che riuscì a sentire
perché sprofondai nuovamente nel
sonno.
Quello
che sognai fu magnifico: bellissime creature dalle orecchie a punta,
lunghi
capelli e visi di una bellezza stupefacente; donne e uomini dai capelli
color
fuoco intenso come i loro grandi occhi, bellissimi sorrisi e visi
spensierati;
piccole creature dai capelli ricci, vestiti verdi e gialli, visi
gioviali,
ventri prominenti ed enormi piedi nudi; rozzi e bassi guerrieri dalle
folte
barbe lunghe e dagli occhi ardenti; uomini di tutti gli aspetti con
donne e
bambini che si rincorrevano per bianche strade; uno stregone dalla
barba
bianca, cappello a punta blu e un enorme mantello grigio. Sognai posti
meravigliosi e incantati.
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Capitolo 4 *** Il ciondolo ***
Capitolo 4
Il
ciondolo
“Eryn” Jenna
sussurrò al mio orecchio.
“Che
cosa vuoi?” chiesi alzando la testa intorpidita.
Non
appena misi a fuoco il luogo circostante vidi la professoressa che mi
guardava con aria severa.
“Signorina
Raisi, vedo che è molto attenta alla lezione. Mi dica, in
che anno Bernini iniziò a costruire il Colonnato di San
Pietro? Anzi, troppo facile. Mi dica tutto sulla magnifica opera di
questo artista seicentesco!”
Guardai
con aria di sfida la professoressa di Storia dell’Arte, mi
misi dritta sulla sedia ed iniziai a parlare con sicurezza.
“Il
progetto della piazza e del colonnato fu commissionato al Bernini da
Papa Alessandro VII Chigi e i lavori si svolsero tra il 1657 e il 1667.
Grazie a vari documenti sappiamo che originariamente la piazza doveva
essere a forma di cerchio e non di ellissi come è realmente.
La piazza ellittica é preceduta dalla piazza rettilinea, che
la collega alla Basilica di San Pietro. La piazza rettilinea
è a prospettiva rovesciata, infatti il cono è
più largo in prossimità della basilica e
più stretto al congiungimento con la piazza ellittica.
Questa fu la soluzione che il Bernini trovò per evitare il
senso di lontananza che un fedele poteva provare se guardava la
basilica dalla piazza ellittica. Infatti la prospettiva rovesciata
tende ad avvicinare qualsiasi cosa.
La forma della piazza, insieme alla basilica, si può leggere
in senso metaforico. Come riferì lo stesso Bernini al papa
la cupola rappresenta la testa di S. Pietro, la chiesa il suo corpo e
il colonnato le sue braccia. Questa metafora sta a indicare che la
Chiesa deve accogliere i fedeli, riportare alla fede i protestanti e
accogliere gli infedeli. Infatti come ben sappiamo l’arte
barocca veniva utilizzata come mezzo di propaganda per le dottrine
cattoliche controriformiste.
Il colonn-“
“Va
bene signorina Raisi, può bastare” mi disse e
riprese la lezione da dove si era fermata.
Io
e Jenna trattenemmo una risata e soddisfatte ci battemmo il cinque
sotto il banco.
“Grande
Ery! Non lo da a vedere ma l’hai fregata!”
Ho
sempre amato l’arte. Mi affascina e mi trasmette tantissime
emozioni diverse. Potrei stare ore a fissare una semplice opera alla
ricerca di ogni minimo particolare, di ogni singola pennellata o
scalfittura. Ammiro ogni tipo di corrente o periodo artistico, in
particolar modo l’arte Greca e Romana, ma quella
Rinascimentale é in assoluto la mia preferita.
L’Umanesimo,
il Rinascimento Maturo e il Manierismo hanno un non so che di magico
per me. Tutte quelle opere così belle e naturalistiche mi
fanno sentire orgogliosa del paese in cui vivo. Un paese unico per la
sua storia, la sua cultura e la sua arte.
Studio con facilità la Storia dell’Arte e prendo
sempre il massimo dei voti. Questo perché, oltre a capirla
al volo, mi porto avanti ogni volta con il programma perché
curiosa e impaziente. Grazie a questo mio amore per l'arte sono
già sicura di cosa fare nella vita: cercare di trasmettere
alle altre persone questa mia passione , attraverso l'insegnamento o la
spiegazione in grandi musei o città. È proprio
questo che mi da speranza. Sapere che un giorno potrò
dedicarmi a quello che amo ed essere felice mi da la forza di rialzarmi
e superare questo difficile periodo.
Drin!
Drinnnnnn!
Il
suono della campanella che segnava la fine delle lezioni invase
l’intera scuola rendendo felice ogni singolo studente. Come
un lampo mi infilai lo zaino sulle spalle, presi Jenna per una mano e
scesi velocemente le scale.
“Ery
rallenta!”
“Perderemo
il pullman Jen! Non ho voglia di aspettare un’intera ora che
passi il prossimo”
Ci
dirigemmo velocemente in stazione e per poco non perdemmo il mezzo
pubblico.
Fortunatamente trovammo due posti liberi e li occupammo.
Presi dallo zaino cellulare e cuffie e schiacciai play sulla canzone
"Heaven" di Bryan Adams. La musica dalle orecchie si diffuse in tutto
il corpo e iniziai a pensare.
Ero stata male per tre interi giorni, ma non mi ricordavo niente di
niente. Quelle tre giornate erano avvolte da un alone nero. I miei
genitori mi avevano detto che avevo dormito tutto il tempo svegliandomi
di tanto in tanto in preda a dolori e al panico a causa della febbre
alta. L'unica cosa che ricordavo era il dolore. Appena risvegliata
avevo controllato il polso e con mio grande stupore appresi che
finalmente la macchia era sparita. Tutto era tornato normale.
Salutai
Jenna e mi preparai a scendere dal pullman. Dopo due minuti di cammino
varcai il cancello di casa e salii le scale dove si era diffuso il
profumo invitante del pranzo. Varcai la porta e venni investita da
abbracci e da auguri
di "buon compleanno".
Quel giorno compivo diciotto anni e mia mamma mi aveva preparato un
pranzetto con i fiocchi invitando anche mio nonno paterno e le mie tre
zie con i figli.
Ero
molto legata a Giuseppe, avevamo un legame unico o indistruttibile.
Eravamo simili sia caratterialmente che fisicamente.
Entrambi caparbi, nessuno poteva distoglierci dalle nostre idee;
entrambi grandi sognatori; desiderosi di dare il meglio di noi stessi;
abbastanza timidi e riservati; orgogliosi e incapaci di esprimere i
nostri sentimenti.
Quando stavo con lui non c'era bisogno di parlare. Potevamo restare ore
in silenzio, l'uno accanto all'altro, leggendo o disegnando o
osservando il paesaggio. Ci intendevamo alla perfezione.
Quando era giovane i suoi capelli avevano lo stesso colore dei miei:
rosso fuoco intenso. Il viso, seppur solcato da grandi rughe, aveva la
stessa forma allungata del mio, con stesse lentiggini e stessi occhi.
Occhi grandi e luminosi, dello stesso colore dei capelli. Da giovane
era stato un uomo molte attraente e desiderato dalle donne. Amava la
montagna, amava scalare, amava sentire il profumo della natura
incontaminata.
La sua presenza mi faceva sentire un po' meno sola.
Mio nonno era anche un uomo molto misterioso. Molti anni prima del mio
diciottesimo compleanno, quando lui aveva più o meno la mia
età, era sparito per diversi mesi senza dare spiegazioni a
nessuno all'infuori della sua famiglia. Quando fece ritorno qualcosa in
lui era cambiato ma nessuno seppe mai dove fosse andato, neppure a me e
ai miei fratelli fu detto il motivo.
Il
pomeriggio passò velocemente tra cibo, risate e regali.
Verso le sei di sera le mie zie e i loro bambini ci salutarono e
tornarono a casa. Max e Giada invece dissero che dovevano andare a
trovare un loro amico in comune che era all'ospedale a causa di un
incidente in moto. Rimase solo mio nonno che assunse un'aria seria,
diversa dal solito.
"Ery,
siediti e ascoltami. È arrivato il momento che tu apprenda
tutta la verità. Sei pronta."
Giuseppe
disse ciò guardandomi dritto negli occhi, e per la prima
volta non seppi riconoscerlo.
"Ma,
cosa vuol dire tutto questo? Che stai farn-" risposi agitata.
"Non
parlare, limitati solo ad ascoltare. Ma prima dobbiamo farti vedere una
cosa"
Mio
padre uscì dalla sua stanza con un cofanetto rettangolare.
Era di colore oro e intagliato a opera d'arte.
Lo mise al centro del tavolo e piano piano lo aprì.
Al
suo interno vidi una specie di ciondolo di forma sferica. Era di un
azzurro intenso e brillava di una strana luce. Al centro erano incise
tre lettere che si intrecciavano: una H, una V e una X. Tutto intorno
dei grossi fili argentati lo avvolgevano formando strani simboli. Era
di una bellezza stratosferica e pareva essere molto antico.
Dopo
pochi secondi si sprigionò un’intensa luce, il
polso mi pulsò di dolore e proprio li comparve lo stesso
simbolo presente sul ciondolo.
|
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Capitolo 5 *** Rivelazioni ***
Capitolo 5
Rivelazioni
“Cosa significa
tutto questo? Cosa mi sta succedendo?”
Grosse
lacrime mi rigavano le guance. Stringevo i denti dal dolore. Il polso
sembrava aver preso fuoco, ci mettevo tutta me stessa per non urlare.
Mi tremava tutto il corpo e faticavo a parlare, ero sovrastata da
singhiozzi.
Di
colpo mi tornò alla mente tutto quello che era successo in
quei tre giorni dolorosi.
“
Tranquilla Ery” mi disse mio nonno.
“
Come faccio a stare tranquilla?!” gli urlai contro,
“ Come faccio a stare calma se mi stanno succedendo tutte
queste cose anormali?! Quei
sogni, questo maledetto polso, il dolore!”
Ero
in preda al panico, volevo solo che tutto questo smettesse. Volevo
risvegliarmi da questo maledetto incubo e apprendere
che era tutto un sogni. Ma non mi svegliavo.
“Ery
calm-
“Basta!
Non
ne posso più! Piantatela di dirmi di stare calma! Ho tutto
il diritto di spaventarmi! Tutto il diritto!”
“Ery
devi ascoltarci. E’ molto importante. Per favore!”
Mia
madre si avvicino piano, mi abbracciò e mi accompagno al
tavolo. Mi sedetti lentamente sulla sedia continuando a tremare. Piano
piano il dolore si stava attenuando.
“Okay,
vi ascolterò” dissi sospirando.
“
Questo amuleto appartiene da molti secoli alla nostra
famiglia” disse mio nonno.
“E
fin qui ci ero arrivata!” ribattei ancora irritata.
“Per
favore non interrompermi” mi disse guardandomi con
rimprovero. Feci cenno di assenso con la testa e lui riprese a parlare.
“Questo
amuleto appartiene da molti secoli alla nostra famiglia. Ci appartiene
dal principio, quando i nostri avi si rifugiarono in queste recenti
Ere”
“Si
rifugiarono in queste recenti Ere? cosa stai farneticando?”
interruppi accigliata.
In
tutta risposta Giuseppe mi fulminò con uno sguardo e
abbassai lo sguardo timorosa.
“Si,
proprio così. I nostri antenati provengono da un passato
molto lontano, quando la terra era molto di versa da quella che
conosciamo. Un passato ormai dimenticato e diventato inesistente per
l’uomo.
Arda
è il nome che il nostro mondo aveva
all’origine”
“Piantatela
di prendermi in giro! Ti rendi conto di quello che stai dicendo?
“ dissi scocciata e spaventata.
“Ery!
Mi credi capace di fare una cosa del genere? Voi sapere cosa ti sta
succedendo si o no?”
Annui
con la testa.
“Allora
smettila e ascoltami con molta attenzione!”
“Ascolta
tuo nonno, lo so che può sembrarti tutto così
irreale ma è così” si intromise
dolcemente mio padre.
“Posso
continuare? Bene!
Prima della nascita
dell’universo, quando il nulla dominava tutto,
l’unica e sola identità, Eru Ilùvatar,
creò spiriti divini, gli Ainur, che lo avrebbero aiutato a
realizzare il suo disegno. Il progetto era quello di creare il mondo
attraverso una Grande Musica: fece cantare agli Ainur una melodia che
contenesse tutte le loro sensazioni e i loro pensieri.
Trasformò ciò prima in visioni e poi, con
l’utilizzo della Fiamma Imperitura, o Fuoco Segreto, gli
conferì esistenza materiale. Ma, quando li fece cantare, uno
degli Ainur, Melkor, era così impegnato a cercare il Fuoco
Segreto, per mettere in atto scopi personali, che distrattamente non
cantava insieme agli altri e non ascoltava la loro musica.
Sviluppò quindi idee differenti i fece modifiche alla
melodia, da lui risultarono suoni sgradevoli e non intonati, che nella
visione divina presero forma delle molteplici espressioni del male.
Nacque così il mondo. Alcuni degli
Ainur rimasero con Ilùvatar mentre altri discesero nel mondo
prendendo il nome di Valar. I Valar misero in atto le opere di cui
avevano avuto la visione durante la Grande Musica creando cosi Arda, la
Terra.
“Ma tutto questo è ridicolo!
E il Dio in cui credete? Come fate a credere in lui se credete anche in
questa realtà?” chiesi confusa.
“ Perché Ilùvatar
è il nostro dio. Devi capire che sono la stessa cosa. Dio
veniva chiamato Ilùvatar prima che iniziasse il mondo che
tutti gli uomini di oggi conoscono. In quelle Ere qualsiasi essere
vivente era a conoscenza dell’esistenza
dell’entità che aveva dato inizio a tutto. Ma, a
causa di ragioni che non ci sono permesse di conoscere, Egli decise di
nascondere la usa esistenza ai nuovi abitanti ma lasciando in loro
qualcosa che li spingesse a cercarlo. E’ per questo che
esistono numerose religioni, esse cercano di saziare la nostra voglia
di conoscerlo e cercarlo. Le religioni monoteiste hanno cercato di
spiegare solo l’esistenza di Ilùvatar mentre
quelle politeiste, come avrai già capito, hanno cercato di
spiegare anche l’esistenza degli Ainur. Ti è
chiaro? Posso continuare?”
Feci cenno di si con la testa, anche se in
realtà ero piuttosto confusa e diffidente a quelle parole.
“Perfetto. Allora, poco dopo
l’arrivo dei Valar nel mondo, Melkor pretese di essere
l’unico Valar di Arda. Così ebbe inizio la Prima
Guerra di Arda. Essa mise in difficoltà la generazione dei
continenti e degli oceani impedendo ai Valar di rendere concreta la
Grande Musica,
La
guerra ebbe fine grazi all’avvento di Tulkas che fece fuggire
Melkor nel vuoto di Eä, l’universo.
E così la creazione continuò.
Non ti racconterò cosa altro successe
perché è molto lunga, lo scoprirai se lo vorrai.
Prima di dirti quello che realmente ti interessa
devi sapere che creature popolavano la nostra Terra in quelle remote
Ere.”
“Creature?” chiedi incuriosita
“Si proprio così. In
principio vi erano altri popoli che convivevano con gli uomini. Per
primi furono creati gli Elfi le più belle creature della
Terra di Mezzo. Avevano i sensi di gran lunga più sviluppati
degli uomini e una vita eterna. Erano le creature più sagge
di tutte e in loro era riposta tutta la conoscenza. Insieme a loro
comparvero sulla terra gli Ent, sono creature a metà strada tra alberi
e uomini, con una natura vegetale ma in grado di pensare, muoversi e
parlare. Successivamente nacquero gli Uomini. Gli Uomini erano simili
agli elfi ma con minore splendore e saggezza. Erano mortali ma con una
vita più lunga rispetto a ora.
In realtà i primi esseri viventi creati
furono i Nani. Creati in segreto da Aulë, uno dei grandi
Valar.
nell'oscurità della terra
perché egli non riusciva più a sopportare
l'attesa dell'avvento dei Figli di Ilùvatar, Elfi
e Uomini. Fisicamente rano robusti, muscolosi e tozzi. Molto bassi e
con folte barbe. Vivevano fino a 800 anni. Erano caparbi ed orgogliosi,
amanti dell’oro e di tutto ciò che veniva creato
dalle loro mani. Gli Orchi furono il risultato di torture afflitte agli
elfi corrotti da Melkor. Erano creature deformi e ripugnanti, dalla
pelle verde scuro e con lunghe braccia. Infine gli Hobbit, creature
piccolissime e agili. Non si conosce la loro origine ma si sa che erano
imparentati con gli Uomini. Erano creature pacifiche e spensierate.
Amanti della tranquillità, della terra e del cibo. Capelli
ricci, enormi piedi resistenti e ventri prominenti li caratterizzavano.
Creature oziose ma con un’anima forte.”
“ Tutto quello che mi stai dicendo
è impossibile! Elfi, Nani, Orchi e tutte quelle cose
appartengono alle fiabe. Se questo è uno scherzo non vi sta
riuscendo bene!”
“Aspetta
di sapere cosa centra la nostra famiglia con ciò e poi tutto
questo non ti sembrerà più un brutto scherzo.
Aspetta di sapere i quel popolo che hai sognato. Aspetta di conoscere
la storia degli Helvat!”
Angolo
dell’autrice:
Allora cari lettori. Sono consapevole della
lunghezza di questo capitolo e del fatto che racconto ciò
che già sapete. Ho dedicato questo capitolo alla creazione
di Arda solo perché Eryn doveva conoscerla. Spero di non
avervi annoiato! Nel prossimo capitolo
saprete tutto degli Helvat e apprenderete la storia della famigli di
Eryn!
Vi invito a lasciare qualche recensione
così che possa capire come sto andando! Grazie e alla
prossima!
AnnaJ
|
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Capitolo 6 *** Helvat ***
Capitolo 6:
Helvat
"Ora basta!
Tutto questo ha raggiunto il limite dell'assurdo, non voglio
più sentire niente su 'sta storia. Non sono più
una bambina a cui raccontare fiabe."
"E
dimmi allora Ery, come spieghi ciò che hai sul braccio?" mi
disse mio nonno con tono di sfida.
Il
polso.
Me ne
ero completamente dimenticata. Ero così assorta
nell'assurdità della situazione che mi ero dimenticata di
cosa era comparso al posto di quella stramaledettissima macchia.
"Io...
Non... Io non so" risposi in preda al panico e incapace di aggiungere
altro.
Abbassai lo sguardo per esaminare quello strano fenomeno. Tre lettere
intrecciate (una H, una V e una X) erano incise nella mia pelle. Erano
di colore azzurro intenso ed emanavano una strana luce quasi
impercettibile.
" Non
lo sai eh... E vediamo come spieghi quelle strane visioni e quei sogni
che hai fatto? " mi domandò.
"Solo
sogni" risposi con decisione.
"Dici?
Sogni molto strani direi. L'oscurità, il fuoco, l'aria,
l'acqua, la terra; un continente che si sgretola sotto di te; strani
posti; paesaggi magnifici; strane creature; distruzione; la paura nel
vedere quell'occhio di fuoco.
Si sogni molto strani" disse guardandomi divertito e con aria sognante.
"E tu
come fai a sapere tutto questo?" chiesi spaventata e spiazzata.
Come era possibile che sapesse tutto quello che avevo visto? Fino a
poco prima neanche io me ne ricordavo. Pensai che magari avessi parlato
nel sonno ma scartai subito l'ipotesi, durante quei sogni non avevo
proferito parola.
"Semplicemente
perché anche io molti anni fa vidi tutto ciò"
Dicendo
cosi alzò la manica del maglione e girò il
braccio.
Con sgomento vidi che sul suo polso era inciso lo stesso simbolo che
avevo e che era rappresentato sul ciondolo.
La stessa H, la stessa V e la stessa X. L'unica cosa diversa era che
non emanavano alcuna luce ed erano di un blu notte.
Un senso di smarrimento mi pervase. Non capivo più nulla, mi
sentivo come se tutto quello che ero stata in quei 18 anni fosse
crollato all'improvviso. Ogni convinzione si perse e un desiderio di
conoscenza mi afferrò.
"Ma
come? Tu?... Cosa?...Ma?..."
"Ora mi
credi? Continuerai ad ascoltarmi senza dire una parola e accettando
tutto questo?" mi chiese dolcemente.
"Okay"
"Ti
capisco benissimo piccola mia. Anche io a mio tempo mi sono ritrovato
nella tua stessa situazione. É difficile da accettare ma
poco a poco diventerà una certezza.
Siamo speciali, tutta la nostra famiglia lo é. Non devi
avere paura, dobbiamo essere orgogliosi di ciò che siamo.
Discendiamo da quelle creature dai capelli rosso fuoco, gli occhi
grandi dello stesso colore e dalla pelle d'avorio che hai sognato.
Basta che ti guardi allo specchio e questo avrà un senso.
Helvat erano chiamati un tempo.
Quel popolo non fu creato dagli Ainur come gli Elfi, gli Uomini, i Nani
e gli Ent. Furono frutto di unioni proprio come gli Hobbit. Ma la cosa
fu più complicata.
Comparvero per la prima volta ad Arda alla fine della Seconda Era.
L'era in cui Melkor fu sconfitto definitivamente, in cui ci fu la
caduta di Numenor, continente di Arda, e la Terra di Mezzo, il
continente che ospitò la nostra antica storia, fu
conquistata da Sauron.
Sauron fu allievo di Melkor e dopo la sua sconfitta irretì
gli uomini..."
"Irri-che?
Cosa significa?" chiesi sentendomi un po' stupida.
"Irretire
significa "prendere con la rete", nel senso di indurre con l'inganno o
con lusinghe"
"Ohhh...
Okay"
"Bene
continuiamo. Irretì gli uomini, in particolare quelli di
Numenor portando il regno alla distruzione. Il desiderio di Sauron non
era quello di dominare tutta Arda ma, a differenza del mastro, di
dominare solo la Terra di Mezzo.
I Valar, per contestare Sauron, inviarono degli Stregoni simili in
aspetto agli uomini ma più longevoli e con grandi poteri,
Istari venivano chiamati. Avevano il compito di andare contro a Sauron
riunendo tutti i popoli che volevano resistergli. Erano cinque e
formavano "l'Ordine", l'Heren Istarion. Erano Saruman il Bianco, i due
Stregoni Blu, Radagast il Bruno e Gandalf il Grigio.
Arrivarono nella Terra di Mezzo alla fine della Seconda Era. Il loro
scopo non era solo quello di contrastare Sauron ma gli venne dato
l'ordine di dare vita a una nuova razza, che sarebbe stata determinante
per la completa disfatta di Sauron. Come ordinato gli Istari presero un
Elfo e un Uomo, con una potente magia, datagli dallo stesso Iluvatar,
li unirono dando vita a una via di mezzo tra le due razze.
Successivamente ognuno dei cinque membri diede uno specifico potere a
quell'essere: Saruman gli donò il potere di controllare
l'aria, i due Stregoni Blu il potere di dominare l'acqua, Radagast la
terra mentre Gandalf il fuoco. Però non devi fraintendere,
gli Helvat non erano in grado di dominare gli elementi completamente ma
solo in parte, ricorda essi non potranno mai essere dominati del tutto.
Dopo divisero l'essere appena creato dando vita a una donna.
Così essi si moltiplicarono dando inizio a un intero popolo.
Dagli Elfi acquisirono una lunga vita ma non immortale a causa della
parentela con gli Uomini. Erano bellissimi e saggi, ma mai come gli
Elfi. Erano in balia delle emozioni proprio come gli Uomini, ma non
così facilmente corruttibili.
Si stanziarono in una terra disabitata al centro dell'Eriador,
delimitata dal fiume Brandivino.
Gli Helvat si unirono agli Elfi e al gruppo di Numenoreani fedeli
sopravvissuti alla distruzione dell'isola e guidati da Elendil e dai
figli Isildur e Anarion per distruggere Sauron.
Ma ci fu un traditore tra di loro che, per sete di potere, si
schierò con l'Oscuro Signore rivelandogli dell'esistenza del
nuovo popolo e del loro scopo. Sauron riuscì così
ad architettare un piano per eliminare gli Helvat. Non si sa quale
fosse questo piano ma di sicuro usò l’Unico
Anello.”
“Cos’è
l’Unico Anello?”
“L’Unico
è un anello forgiato da Sauron per dominare tutti gli altri
anelli che aveva, creato con l’aiuto del fabbro Celebrimbor,
donati agli Uomini, ai Nani e agli Elfi.
« Tre Anelli ai Re degli Elfi
sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi
dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini
Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro
Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di
Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per
domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per
ghermirli e nel buio incatenarli.
Nella Terra di
Mordor, dove l'Ombra cupa scende. »
Tutto chiaro?”
Feci cenno di si.
“Durante
l’ultima battaglia l’esercito Helvat si
indebolì all’improvviso e furono tutti
massacrati. Tutti tranne due, coloro che erano stati creati per primi.
I loro nomi erano Nimris e Ambrey. Per la loro sicurezza gli Istari
decisero di farli sparire e nel mezzo della battaglia i due scomparvero
senza lasciare traccia. Poco dopo Isildur sconfisse Sauron togliendoli
dal dito l’Unico Anello che andò perduto.
I due
sopravvissuti furono catapultati insieme a Gandalf il Grigio alla fine
del Medioevo, se vogliamo essere precisi quando venne scoperta
l’America nel 1492.
Ora
inizia la nostra storia.”
Angolo
dell’Aurice:
Salve
cari lettori, poco a poco vi sto rivelando tutto il passato che
riguarda Eryn. Ovviamente ho fatto in modo che gli Istari arrivassero
ad Arda un po’ prima di come scrisse Tolkien per inserire
meglio questo nuovo popolo.
Detto questo vi saluto, alla prossima J
|
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Capitolo 7 *** Il Prescelto ***
CAPITOLO 7:
Il prescelto
"Ma perché
Nam... No, Nimm.... Am... Ab...."
"Nimris e
Ambrey" mi suggerì divertito mio nonno.
"Ecco, quei due!
Perché proprio in quel periodo storico?" chiesi incuriosita.
"A questa
domanda non so risponderti, sai?" disse sospirando, "Ma quello che so
è che centrarono qualcosa nella scoperta del Nuovo
Continente!"
"Davvero? Dici
sul serio?" chiesi sorpresa e divertita allo stesso tempo.
"Oh si! Direi
proprio che ne erano completamente coinvolti!
Sai, arrivando in quell'Era i due fecero molta fatica ad adattarsi alla
vita lineare degli uomini. Loro erano abituati al movimento, alla magia
e all'avventura che caratterizzavano la Terra di Mezzo. Puoi ben capire
che non c'era paragone tra il Mondo "Antico" e quello "Nuovo". Erano
continuamente in cerca di qualche avvenimento che potesse saziare la
loro sete di avventura e così girarono per tutto il Vecchio
Continente fino a quando non si imbatterono in un uomo in Spagna che
cercava l'appoggio della corona per intraprendere un lungo viaggio in
nave, credo tu abbia capito di chi sto parlando!"
"Certamente!
Cristoforo Colombo!"
"E
così partirono con lui! Tornati qui decisero che era ora di
compiere il loro dovere, quello che Gandalf gli aveva illustrato"
Drin, Drin,
Drinnnn...
Il campanello
suonò.
"Presto! Mettete via il ciondolo! Ery vai a mettere una felpa per
coprire il polso, presto!!" disse mia madre in preda al panico.
Ero appena entrata in camera mia quando la porta si aprì.
"Ah, siete voi!"
disse sollevata mia madre.
Misi la felpa e
tornai in salotto. Max e Giada guardavano con espressioni interrogative
la madre ancora bianca in volto per lo spavento. ma ormai sollevata.
"Cosa sta
succedendo qui?" chiese Max incuriosito.
"Stavamo
spiegando a Ery quello che tu sai già" rispose mio nonno.
"Oh, okay"
"Cosa gli
stavate spiegando?" disse Giada sentendosi escluso.
"Tanto vale
dirlo anche a lei ormai. Non possiamo escluderla e presto
inizierà a fare domande" constatò papà.
"Si hai ragione,
gli farò un riassunto di quello che ho detto fino ad ora
così poi potremo continuare tranquillamente".
Detto
questo mio nonno sintetizzò il discorso appena fatto.
Fortunatamente Giada credeva facilmente a tutto, anche alle cose
più assurde, e non interruppe Giuseppe neanche una volta.
"Cavolo!
É fantastico!" esultò mia sorella.
"Ma
perché né io, né mamma, né
Max, né papà abbiamo quel simbolo?" chiese un po'
delusa.
"Fammi finire il
racconto e poi tutto sarà più chiaro.
Allora, stavo dicendo, prima che questi due ragazzetti ci
interrompessero, che Gandalf il
Grigio aveva dato un compiti ai due superstiti. Dovevano creare una
discendenza in modo da non segnare definitivamente la fine degli Helvat
, e impedendo così il compimento del loro dovere:
distruggere Sauron. Perché vedete, Isildur, sottraendo
l'Anello all'Oscuro Signore, non aveva determinato la sua disfatta ma
solo il suo ritiro. Sauron sarebbe tornato."
"Ma aspetta!"
dissi, "Se sapevano che Sauron sarebbe tornato, perché non
hanno lasciato i due nella stessa Era ma li hanno catapultati nel "
futuro "?".
" Nimris e
Ambrey sfuggirono alla distruzione del popolo ma vennero comunque
colpiti dal maleficio. Gli Helvat si indebolirono perché
qualcosa prosciugò all'istante i loro poteri, molto
probabilmente l'Anello. Se i due sopravvissuti fossero rimasti nella
Seconda Era questo processo di prosciugamento, che in qualche modo li
aveva colpiti di striscio, sarebbe continuato. Gli Istari capirono che
non potevamo rimanere lì, chiesero aiuto ai Valar che,
consapevoli del futuro, gli dissero che dopo molte Ere il mondo sarebbe
cambiato e la magia sarebbe scomparsa. Decisero allora di catapultarli
nel Medioevo speranzosi che il maleficio si fermasse. Ma arrivati
costatarono che, anche se molto più lentamente, i poteri
venivano ancora prosciugati. Ed é cosi che Gandalf
trasferì i poteri di Nimris e Ambrey in questo
ciondolo" dicendo così nonno Giuseppe prese lo strano
gioiello e ce lo mostrò nuovamente.
"Quindi tutti
quei poteri sono li dentro!" disse eccitata Giada.
"Proprio
così. Sono custoditi nel ciondolo da 522 anni, in attesa che
il giusto discendente li possa acquisire"
"Il giusto
discendente?" chiesi incuriosita.
"Si.
Prima di lasciare i due Helvat, Gandalf rivelò loro una
profezia. Essa diceva che Sauron sarebbe ritornato e che un Helvat non
puro, ciò un discendente di Nimris e Ambrey, lo avrebbe
distrutto definitivamente.”
“Con
non puro intendi dire una persona metà Helvat e
metà uomo?” chiesi.
“Non
esattamente. Solo i figli dei figli dei due possono essere descritti
come metà Helvat e metà uomini. Ma mano a mano
che si va avanti con la discendenza la parte Helvat diminuisce sempre
di più, infatti in noi è minima”
“Posso
fare una domanda nonno?” chiese Max.
Giuseppe
annuì e mio fratello continuò a parlare.
“Quando
l’anno scorso mi avevi spiegato tutto non afferrai una cosa.
Tu mi avevi detto che la loro durata di vita era molto lunga, che
poteva superare i 5000 anni. Perché allora Nimris e Ambrey
sono morti?”
“Questo
perché, insieme ai poteri, venne racchiusa anche la loro
lunga durata per adattarli al Nuovo Mondo”
“Ma
quindi questa storia viene raccontata ad ogni membro della
famiglia?” chiesi.
“No.
Viene raccontata al primogenito, ma saltando una generazione. Questo
serve per tener viva la memoria. Viene mostrato loro il ciondolo e gli
viene posta una domanda: se vogliono essere istruiti o no. Se
l’interessato accetta il ciondolo lo attirerà a se
per un certo periodo insegnandogli lingua, tradizione e storia del
popolo Helvat. Io scelsi di si, per questo sparii per qualche mese. Tuo
fratello ha preferito aspettare la fine del Liceo.
Ecco
perché ho il simbolo, e lo ha anche tuo fratello”
Detto
questo Massimilian ci fece vedere il suo togliendo la benda che portava
sempre. Non mi ero mai chiesta perché la portasse, avevo
dedotto che fosse una questione di stile visto che mio fratello era un
ragazzo molto attento all’aspetto. Notai però che
anche il suo simbolo era spento e di un blu notte.
Come
mai?
Ma
soprattutto, se solo i primogeniti, saltando una generazione, potevano
essere messi a conoscenza, istruiti e marchiati con il simbolo, come
mai tutto questo stava accadendo anche a me?
“So
a cosa stai pensando” disse dolcemente Giuseppe.
“Come mai sta succedendo questo anche a te? E’
semplice la risposta, e so che la conosci già”
Non
poteva essere vero, io?
“Ma
è impossibile! Io? Cioè, non sono niente
… come?...”
“Eppure
la cosa è evidente, sin dalla tua nascita”
“Voi
lo sapevate da sempre?”
“Certamente.
La cosa che non vi ho ancora detto è che il ciondolo ha
anche la funzione di riconoscere il prescelto. Ad ogni nuovo nato viene
posto al collo, se si illumina vuol dire che il tempo è
giunto. Facemmo la stessa cosa alla tua nascita e il ciondolo si
illuminò”
Non
riuscivo a crederci. Come potevo io, una semplice e mediocre ragazza,
ad essere la prescelta? Come potevo essere colei il cui destino era
legato alla distruzione Sauron? No avevo nulla di speciale, proprio
nulla.
“Capisco
che tu possa essere spaventata ma è così e non
possiamo farci niente. Quel ciondolo ora è tuo e con lui
tutti i poteri al suo interno. Non sapevamo quando il simbolo sarebbe
apparso sul tuo polso, ma è evidente che ormai sei pronta. E
non sappiamo neanche cosa succederà o quando
succederà. Dobbiamo solo aspettare, intanto, se vuoi, ti
insegnerò tutto quello che so.”
“No,
non posso. Cioè io … perché?
Perché tutto questo peso, questa responsabilità
è stata scaricata su di me? Come farò? Ho paura,
non posso farcela …”
Scoppiai
in lacrime, ero spaventata e disorientata. Mia madre mi si
avvicinò tentando di consolarmi ma era inutile.
Pensai alle cose
spaventose che avevo visto e rabbrividì. Ancora una volta mi
ritrovai a sperare che fosse tutto un sogno, ma non era
così. Avevo sempre sperato di vivere avventure, di
affiancare i miei eroi durante le loro imprese. Ma ora che una mi si
parava davanti non ero più sicura di volerlo. Tutto mi
spaventava a morte e la paura di non farcela mi opprimeva.
Il silenzio era
calato in sala, tutti decisi a non intromettersi nel mio shock, e gli
ero infinitamente grata, non mi è mai piaciuto
l’essere confortata.
Sapevo
però che tutti cercavano di risponder a una e sola domanda:
Quando? Quando sarebbe giunto il momento?
Angolo
dell’Autrice:
Salve
a tutti. Prima di tutto volevo ringraziare _Veronica95_ ed evelyn80 che
continuano ha darmi i loro pareri e anche TheDarkAngel che
ha iniziato a seguire la mia storia e ha lasciato una prima recensione
allo scorso capitolo. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e li
invito a commentare la storia.
Detto
questo volevo avvisarvi che ho deciso di cambiare una cosa: nella
storia Eryn non conosce il Signore degli Anelli come libro e film
perché non sono stati ne scritti e ne realizzati.
Finalmente
è stato tutto svelato. Eryn ovviamente è
spaventata e disorientata ma presto diventerà consapevole
del suo destino. Tra qualche capitolo verrà catapultata
nella Terza Era e l’avventura inizierà!
Spero
vi sia piaciuto anche questo capitolo, alla prossima!
Anna J
|
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Capitolo 8 *** Fuggire non è la soluzione ***
CAPITOLO 8:
Fuggire
non è la soluzione
"Non
puoi sfuggire al destino, puoi solo vincerlo"
(Socrate)
Vedevo
riflessa dinanzi a me l'immagine del
mio corpo quasi del tutto nudo, eccezion fatta per la biancheria intima.
Con la mano sfioravo ogni centimetro della pancia, ogni millimetro
delle mie
cosce.
Inizialmente il tocco era delicato ma poco a poco divenne sempre
più veloce e
violento. Cercavo di strappare ogni imperfezione presente in quel corpo
così
odiato, quelle che credevo fossero imperfezioni.
Dal nulla avevo iniziato a guardarmi
così
tanto allo specchio e a dare peso ai giudizi degli altri che avevo
analizzato
l'intero mio corpo alla ricerca di ogni più piccola
imperfezione per poi
ingigantirle e vederle per quello che in realtà non erano.
Avevo pensato così
tanto che il mio corpo fosse un disastro, paragonandolo a quello delle
modelle
e delle bellissime attrici, che quell'idea si era radicata nella mia
mente ed
era cresciuta.
Mi guardavo allo specchio e mi odiavo,
odiavo ogni millimetro del mio corpo, odiavo quel corpo che in
realtà non era il
mio. Mi guardavo allo specchio e vedevo solo ciò che volevo,
vedevo solo ciò
che credevo di vedere. Cercavo di trattenere le lacrime, ma con rabbia
costatavo che esse sgorgavano comunque dai miei occhi bagnandomi le
guance e
facendomi sentire stupida.
Come poteva
una persona come me appartenere a quel popolo così bello?
Come potevo
appartenere a quei volti bianchi e perfetti dominati da smaglianti
sorrisi?
Come potevo appartenere a quei corpi magri e slanciati.
Doveva esserci sicuramente un errore.
Io, una ragazza insicura, sola, imperfetta,
spaventata non potevo far parte di quella gente così bella e
perfetta, felice e
coraggiosa.
-Basta che ti guardi allo specchio e questo
avrà un senso-
Questo aveva detto mio nonno.
Bhe, mi stavo guardando allo specchio ma niente acquistava un senso,
appariva
tutto ancora più insensato.
Fissai il
simbolo sul polso e poi iniziai a tartassarlo con rabbia cercando di
levarlo,
di strapparlo dalla mia pelle.
*
Era passata ormai una settimana dalle
inaspettate rivelazione. Non era ancora successo niente. Avevamo
continuato
tutti a vivere normalmente, come se nulla fosse successo.
Nascondevo al resto del mondo il simbolo
con una fascia, fingendo di essermi slogata la mano sinistra.
Non avevo ancora dato nessuna risposta a mio nonno.
Ero spaesata e incredula.
Non avevo ancora assimilato il tutto, ero
ancora troppo spaventata e dubbiosa per affrontare ciò che
Giuseppe voleva
insegnarmi.
Da quella sera non avevamo più
affrontato
l'argomento, erano tutti consapevoli del fatto che non ero ancora
pronta per
parlarne nuovamente. Persino Giada, eccitata per il tutto e vogliosa di
parlarne, aveva capito la situazione. Max certe volte mi guardava
preoccupato,
convinto che da un momento all'altro sarei scoppiata. E non aveva tutti
i torti
a preoccuparsi.
Andavo avanti e continuavo la mia solita
vita, ma ormai in maniera più distaccata. Mi sembrava di
essere perennemente in
una bolla, divisa da quella che un tempo mi sembrava la mia
realtà.
Mi sentivo più fuoriposto
più che mai. I
miei pensieri erano sempre rivolti a quella sera e ai sogni che
continuavo a
fare. Il giorno ero tormentata dai pensieri, di notte dalle visioni.
Continuavo a sognare l’enorme occhio di
fuoco, villaggi depredati, boschi in fiamme, battaglie sanguinose.
Andavo a scuola e non seguivo le lezioni,
tornavo a casa e uscivo poco dopo in cerca della solitudine.
Camminavo per il paese con le cuffie nelle
orecchie e una sigaretta tra le dita disinteressata a ciò
che avevo intorno,
concentrata sui miei pensieri.
Continuavo a domandarmi quando qualcosa
sarebbe successo, se qualcosa sarebbe successo.
Avevo come la sensazione di essere
osservata, di essere sorvegliata. Sentivo intorno a me una presenza che
però
non mi impauriva, al contrario, mi infondeva sicurezza.
*
Stavo camminando, come tutti i giorni, per
il parco. Era un luogo veramente bello che affiancava il fiume. Sulla
riva era
stata costruita una pista ciclabile che si snodava per qualche
chilometro. Da
parte ad essa il terreno era coperto di erba di un bellissimo verde su
cui
spiccavano enormi alberi.
D'estate era un posto molto visitato, pieno
di persone che facevano il picnic, giocavano con la palla, prendevano
il sole e
percorrevano la pista.
In questo periodo dell'anno, quando
l’inverno
lasciava poco a poco il posto alla primavera, il
parco era abbastanza vuoto, si potevano
solo vedere persone che passeggiavano o andavano i bici sulla stradina.
Individuai una panchina e mi sedetti
tirando fuori il pacchetto di Marlboro. Accesi la sigaretta e iniziai a
guardare
il fiume davanti a me. L'acqua scorreva pigra lungo il letto creando
delicati
suono. I raggi del sole si riflettevano nell’acqua dando vita
a bellissimi
giochi di luce. Amavo guardare il fiume scorrere. Era per me come un
antistress, mi calmava e dava pace al mio spirito.
"Sai, fuggire non è la soluzione"
Sobbalzai al suono di quella voce profonda
e calda. Mi girai di scatto e davanti a me vidi un volto dagli occhi
grigi,
solcato da profonde rughe. Una lunga barba argentata gli copriva il
mento, il
collo e gran parte del petto. La testa da cui spuntavano capelli
lunghi, dello
stesso colore della barba, era coperta con una leggera berretta nera.
Ero cosi concentrata a guardare le piccole
onde che si formavano che non mi ero accorta della sua presenza.
"Nessuno può fuggire dal proprio
destino, prima o poi bisogna affrontarlo. Fuggire non é la
soluzione. Puoi solo
guardarlo in faccia e vincerlo"
Continuavo a
guardarlo incredula.
"Gli
ostacoli sono frequenti durante la vita" continuò, "ma
l'uomo
preferisce non affrontarli e piuttosto decide di fermarsi davanti a
loro e
molte volte torna sui propri passi".
Si girò lentamente
e iniziò a fissare il lago.
"
Ognuno ha il proprio destino. Quando questo si rivela l'uomo non esita
ad avere
paura senza fermarsi a riflettere e a capirlo fino infondo. Esso ci
segue
ovunque andiamo e prima o poi ci sbatteremo contro. Ed è
meglio essere
preparati a ciò che fuggire in continuazione"
Non sapevo
cosa dire, continuavo a guardare quel volto rivolto verso il fiume. Si,
gli
occhi erano grigi, ma caldi e rassicuranti.
"È
meraviglioso questo posto"
Distolsi gli
occhi dal vecchio per ammirare con un mezzo sorriso il panorama. Si,
era
veramente bellissimo.
"Mi
ricorda la Contea" disse con voce piena di amore.
Contea?
Mi voltai con espressione
interrogativa, pronta chiedergli
cosa fosse
quel luogo, ma l'anziano uomo era sparito, e al suo posto era comparso
un
bellissimo fiore bianco.
*
“Pronto?” disse la voce
rispondendo alla mia chiamata.
“Emm… nonno, sono
Ery”
“Dimmi”
“Ho deciso, voglio che tu mi
insegni tutto quello che sai”
Ci fu una pausa dall’altra parte.
“Bene. Non ho dubitato neanche un
secondo che non ti saresti tirata indietro”
“ Fuggire non é la
soluzione”
dissi ricordando quei caldi occhi grigi.
“No non lo è”
rispose con affetto.
Angolo
dell’Autrice:
Salve
cari lettori. Ringrazio the little strange elf, evelyn80, _Veronica95_, alice frost e TheDarkAngel per le recensioni
che hanno lasciato allo scorso capitolo. Ringrazio anche
tutti i lettori silenziosi e li invito a lasciare il loro parere sulla
storia!
Presto
potrete vedere l'aspetto di Eryn perchè ho deciso di fare un
disegno da mostrarvi!
Bene questo
l’ho dedicato più ai sentimenti di Eryn e alla sua
situazione interiore dopo la grande scoperta, spero l’abbiate
capita! Inoltre
fa uno strano incontro che è decisivo per lei e che la
convince ad affrontare
il suo destino. Credo proprio che abbiate capito di chi si tratta!
Volevo spiegarvi
che Eryn è una bellissima ragazza, essendo discendente e
prescelta degli Helvat. Ma a causa di alcuni eventi, che forse verranno
svelati
più avanti, non vede ciò che realmente
è.
Spero che il
capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!
Anna J
|
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Capitolo 9 *** Occhi grigi ***
CAPITOLO
9:
Occhi
grigi
"Searching
to find myself
But
all I find is you
I
can hardly stand myself
So
what am I to you?"
(Imagine
Dragons-Every Night)
Il bellissimo
fiore bianco era dolcemente adagiato sul comodino. Dopo
l’incontro con il misterioso vecchio l’avevo posato
sul mobiletto dimenticandomi di metterlo in un vaso pieno
d’acqua. La cosa sorprendente era stata che, al ritorno in
camera dopo svariate ore, non avevo ritrovato il fiore appassito come
sarebbe dovuto succedere, ma ancora in tutto il suo splendore. Era un
fiore veramente bellissimo. Aveva un lungo stelo e petali
più bianchi della neve. Ogni volta che ponevo lo sguardo su
di esso nella mia mente riaffioravano i grigi occhi di quel misterioso
vecchio che mi aveva aiutato a raccogliere tutto il mio coraggio ed
affrontare il mio destino.
mi ero
così decisa di chiamare mio nonno dicendogli che desideravo
apprendere tutto quello che lui, a sua volta, aveva imparato grazie
all’antico ciondolo. Erano ormai quattro giorni che passavo
ore e ore chiusa in camera con Giuseppe saltando scuola. Non riuscivo
ancora a convincermi di ciò che realmente ero, ma mi
impegnavo come non avevo mai fatto prima di allora per imparare ogni
singola cosa che lui mi diceva.
I primi due giorni
l’anziano uomo aveva aggiunto dettagli a tutto quello che
già mi aveva rivelato in quella memorabile sera.
Gli Helvat potevano
vivere per ben 5000 anni. Per buona parte della loro esistenza erano
immuni ad ogni sorta di malattia e avevano l’aspetto di
giovani donne e giovani uomini sui trent’anni. Ma, mano a
mano che si avvicinavano ai 5000 anni, il loro corpo iniziava ad
invecchiare diventando sempre più debole e soggetto a
malattie.
Erano tutti
caratterizzati da folti capelli tra la tonalità del rosso
accesso e del bronzo. Avevano vivaci occhi grandi, più di
qualsiasi altro essere vivente, che assumevano ogni tipo di sfumatura
rossa a seconda dell’individuo. La loro pelle era
perfettamente liscia, di un bianco avorio, e le guance erano costellate
da piccole lentiggini poco più scure del loro incarnato.
Avevano corpi slanciati e perfetti, proprio come gli Elfi.
Erano creature
principalmente gioiose, amavano sorridere e fare qualsiasi cosa li
rendesse felici. Ma questa felicità era visibile sui loro
volti solo nei momenti di pace, infatti si contrapponeva un carattere
più serio e propenso alla guerra a causa del loro importante
compito.
Amavano la natura,
proprio come il loro cugini Elfi, soprattutto tutto quello che essa
produceva e che serviva come nutrimento. Erano grandi esperti culinari
capaci di preparare alla perfezione ogni cibo.
Nonostante i loro
singolari poteri erano abili nell’arte della guerra
prediligendo spade e lance e allenandosi duramente.
Erano molto
intelligenti e saggi, ma mai
come gli Elfi. Erano soggetti ad ogni sorta di emozione proprio come
gli Uomini e in loro era presente sia oscurità sia luce, sia
ratio sia furor. Essendo creature create per portare la pace la parte
giusta in loro dominava, ma come sapete ci sono sempre delle eccezioni.
In questo caso fu il traditore che decise di schierarsi con Sauron
rivelandogli ogni più piccolo segreto sugli Helvat, Naezys
era il suo nome.
Non erano in grado di
controllare completamente gli elementi.
“ Gli
elementi sono alla base dell’ordine delle cose e
dell’Universo” aveva
detto mio nonno, “Controllarli
sarebbe come controllare tutto, e questo non ci è permesso.
Solo Ilùvatar ha la forza di dominarli tutti
completamente.”
Aveva anche aggiunto
che questi poteri derivavano dall’interno dei corpi Helvat,
dentro i quali erano presenti parte dei nuclei dei quattro elementi:
piccole sfere luminose dai diversi colori: rosso per il nucleo del
fuoco, cristallino per il nucleo dell’aria, azzurro per il
nucleo dell’acqua e verde per il nucleo della terra.
Ogni qualvolta che
usufruivano di un certo elemento il nucleo corrispondente si attivava
prevalendo sugli alti. Era impossibile controllarli tutti allo stesso
tempo e soprattutto pericoloso, il loro corpo non era abbastanza forte
per attivare allo stesso tempo così tanto potere. Se questo
accadeva, l’individuo veniva disintegrato
all’istante.
Furono proprio questi
nuclei ad essere trasportati nell’antico ciondolo, custoditi
fino a quando il legittimo discendente non li avrebbe accettati nel suo
corpo.
A quel punto mi venne
spontanea una domanda: perché il particolare pendaglio
brillava solo d’azzurro?
Mio nonno mi rispose
così:
“Ogni
Helvat aveva una maggiore attitudine verso un elemento in particolare.
Mi spiego meglio, li dominavano tutti e quattro ma uno di questi con
maggiore abilità. Questo perché il nucleo di
quell’elemento era più grande e splendente degli
altri. Nimris e Ambrey
prediligevano l’acqua,
simbolo della vita, essendo loro i primi Helvat creati”
“Allora
anche io sarò più versata verso
l’acqua?” avevo chiesto.
“Questo non
è detto. Non so come risponderti, mi dispiace. Ma presto lo
scoprirai da te”
Giuseppe mi aveva
inoltre descritto il luogo in cui avevano vissuto. Era una regione dell 'Arthedain disabitata
prima che si stabilissero loro, al centro dell'Eriador,
delimitata dal fiume Baranduin ad est.
Prima del loro arrivo era una terra desolata e lasciata al suo rude
destino. Loro riuscirono a ridargli vita rendendola una delle regioni
più belle della Terra di Mezzo. Era pervasa di aromi
floreali, le colline erano coperte da piccole foreste e verdi e
coltivati campi. Era un luogo di pace e serenità abitato da
numerose specie animali che vivevano armoniosamente insieme agli Helvat.
Molte cose mi aveva
rivelato mio nonno, troppe per essere raccontate tutte insieme.
I due giorni
successivi si era impegnato ad insegnarmi la loro elaborata lingua ma
niente era servito per farmela entrare in testa. Era l’unione
del linguaggio Elfico e di quello Umano, colmo di complicate regole e
componenti.
*
“Da dove
proviene questo bellissimo fiore” mi chiese meravigliata mia
madre prendendo delicatamente in mano la piantina.
“Non
toccarlo!” dissi ansiosa che gli succedesse qualcosa
“Scusa”
rispose riponendolo sul comodino con aria offesa.
“L’ho
trovato al parco”
“Al parco?
Strano, è un fiore che non conosco e non ho mai visto
lì”
Mia madre era
un’amante e grande esperta di botanica, conosceva ogni pianta
e ogni fiore. Aveva adibito una stanza della casa come una serra, dove
passava il suo tempo libero accudendo amorevolmente le sue piante.
“Diciamo
che in verità me l’ha dato uno strano
vecchietto”
“Cosa?”
mi chiese guardandomi con uno sguardo che racchiudevano
curiosità mista a stupore.
“Si, ero
seduta tranquillamente su una panchina e si è
avvicinato”
“Ti ha
fatto qualcosa?” chiese questa volta preoccupata.
“Ma va! E
comunque so difendermi. No no, mi ha detto delle frasi che mi sono
sembrate strane in quel momento” dissi cercando di ricordarmi
alla perfezione le parole.
“E…”
“Mi ha
detto che fuggire non è la soluzione, che nessuno
può fuggire dal suo destino e che prima o poi dovremo tutti
affrontarlo. Ha detto che gli ostacoli sono frequenti durante la vita e
non bisogna fermarsi davanti ad essi ma superarli”
Mia madre mi
ascoltava con attenzione senza interrompermi.
"Poi ha detto che il
parco è meraviglioso e che gli ricorda un posto, ma adesso
non mi ricorda quale. Credo iniziasse con la C. C…. Ca,
no… Co…Contea!”
“Contea?
mai sentita” disse pensierosa, “Va beh, se dici che
non ti ha fatto niente allora non c’è alcun motivo
di preoccuparsi. E ora riordina questa stanza, è un
putiferio!”
“Ma dai!
Tanto tra neanche un’ora tornerà
così!” dissi ribellandomi.
“Non mi
importa. Allora non laveremo più i piatti perché
tanto li riutilizziamo?”
“Ma non
è la stessa cosa!”
“Invece
si!” e così dicendo uscì dalla stanza.
“Ma
uffa!!”
Con malavoglia
iniziai a raccogliere dal pavimento i vestiti per piegarli e riporli
negli armadi. Ero concentrata su una maledettissima maglia che non
riuscivo a piegare quando alzai lo sguardo sulla finestra e vidi due
occhi grigi che mi fissavano. Sobbalzai emettendo un forte urlo. Il
vecchio si sciolse in un sorriso mentre il mio cuore batteva ancora per
lo spavento.
Sentii passi che si
affrettavano verso la mia camera.
“Ery cosa
è success-. Non è possibile”
Mi voltai e vidi mio
padre immobilizzato sulla soglia della porta, sembrava aver visto un
fantasma. Corsi immediatamente verso di lui in cerca di sicurezza.
Con un
sussurrò dalla sua bocca uscì il nome Gandalf il
Grigio.
Angolo
dell’Autrice:
Salve carissimi! evelyn80, _Veronica95_, alice
frost e TheDarkAngel per le recensioni che
hanno lasciato allo scorso capitolo. Ringrazio anche tutti i lettori
silenziosi e li invito a lasciare il loro parere sulla storia!
Gandalf si
è finalmente rivelato e molto probabilmente Eryn
andrà nella Terra di Mezzo durante il prossimo capitolo!
Alla prossima.
AnnaJ
|
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Capitolo 10 *** Il momento è giunto ***
Capitolo
10:
Il momento
è giunto
I
miei occhi non si discostavano
neanche per un secondo dalla slanciata e antica figura seduta
dall’altra parte
del tavolo. Ormai il mio battito cardiaco era tornato alla
normalità dopo lo
spavento.
Gandalf il Grigio aveva sussurrato mio padre con
grande meraviglia e sorpresa.
Era dunque lui uno degli
Istari, colui che aveva aiutato i miei antenati nel Nuovo Mondo
istruendoli su
ciò che avrebbero dovuto fare.
Alla vista del grande
Stregone ogni mia incertezza era svanita e finalmente la
realtà si era mostrata
davanti a me impaurendomi maggiormente. Fino a
quell’apparizione nel terrazzo
ero combattuta tra la realtà delle cose e il mio
scetticismo. Qualcosa dentro
di me mi diceva che
tutto quello che
avevo scoperto nel giorno del mio diciottesimo compleanno era reale, ma
la mia
testa rifiutava la verità e mi convinceva che
fosse irreale. Ma nonostante rifiutassi
tutto in me cresceva un senso di paura che si manifestò in
tutta la sua natura alla
vista dello Stregone Grigio.
Indossava abiti
differenti rispetto a quelli che gli avevo visto indosso durante il
nostro
strano incontro al parco. Aveva un alto cappello blu a punta,
un lungo
mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca
ricadeva fin sotto la vita, e immensi stivali neri. Aveva
lunghi capelli
bianchi e folte sopracciglia che conferivano maggior
profondità al suo sguardo.
Un lungo e maestoso bastone
dal colore scuro del legno era appoggiato al muro torreggiando su tutti
i
presenti.
Senza proferir parola
Gandalf era entrato dalla finestra e si era diretto nel salotto,
seguito da un
incredulo padre e dalla scioccata figlia. Alla vista dello Stregone che
varcava
la porta mia madre aveva emesso un suono stridulo facendo cadere un
piatto che era
andato in frantumi. Giada, sdraiata sul divano impegnata al cellulare,
in un
primo momento non si era accorta dell’estranea presenza ma
sentendo la
reazione della madre aveva alzato lo sguardo riempitosi di meraviglia.
Massimilian, rintanato nella sua camera, si era precipitato nella
stanza dopo
aver udito il rumore del piatto che si era frantumato e a bocca aperta
aveva
posato lo sguardo sullo Stregone.
L’espressione di Gandalf
il Grigio non faceva presupporre un sentimento di imbarazzo dinanzi a
tutte
quelle persone che lo fissavano increduli, sembrava
invece divertirlo.
Con un mezzo sorrisetto iniziò a scrutarci tutti, con uno
sguardo che faceva
intendere che non si limitava a osservarci, ma a penetrarci a fondo. Mi
lasciò
per ultima e quando pose i grigi occhi su
di me non li tolse più. Cercai in tutti i
modi di sostenere il suo sguardo, ma, dopo pochi secondi, distolsi i
miei occhi
dai suoi a disagio.
“Per quale motivo hai
timore di guardarmi Eryn?” mi domandò con profonda
voce, rompendo il pesante
silenzio che si era creato nella stanza.
“Hai paura di me o di
quello che rappresento per la tua vita?”
Tutti i presenti
guardarono prima Gandalf e poi me. Incapace di alzare la testa cercavo
in tutti
i modi di concentrarmi sulla pellicina che infastidiva il lato della
mia unghia
per evitare un crollo di nervi. La profonda voce ripeté
un’altra volta la
domanda con estrema tranquillità.
“Hai paura di me o di
quello che rappresento per la tua vita Ery?”
Per quello che
rappresentava e ancora rappresenta per la mia vita.
Era quella la risposta.
Fissare quegli occhi grigi significava per me accettare quello da cui
avevo
cercato di fuggire e affrontare il mio reale destino. Dopo
l’incontro nel parco
sembravo aver acquistato consapevolezza ma mano a mando che Giuseppe mi
istruiva l’insicurezza e l’incredulità
erano tornati.
Ma in quel momento
sostenere il suo sguardo significava accogliere definitivamente il mio
futuro.
Significa accettare quello che il destino aveva in serbo per me. Voleva
dire
caricarmi di un grosso peso, una grande responsabilità.
Continuai a tacere e
chiusi gli occhi. La testa iniziò a pesarmi impedendomi di
sollevarla, il mio
corpo non rispondeva ai miei comandi.
Terrore.
Era quella la sensazione
che mi aveva pietrificata. Le terribili immagini sognate esplosero
nella mia
testa sostituendo il nero delle palpebre. Di scatto aprii gli occhi e
un senso
di nausea mi pervase.
"Sai, fuggire non è la
soluzione. Ricordi?"
E come potevo non ricordarmi
delle sue parole?
Nessuno può fuggire dal proprio
destino, prima o poi bisogna affrontarlo.
Fuggire non é la soluzione. Puoi solo guardarlo in faccia e
vincerlo. Gli
ostacoli sono frequenti durante la vita, ma l'uomo preferisce non
affrontarli e
piuttosto decide di fermarsi davanti a loro e molte volte torna sui
propri
passi. Ognuno ha il proprio
destino. Quando questo si rivela l'uomo non esita ad avere paura senza
fermarsi
a riflettere e a capirlo fino infondo. Esso ci segue ovunque andiamo e
prima o
poi ci sbatteremo contro. Ed è meglio essere preparati a
ciò che fuggire in
continuazione.
Questo
aveva detto seduto su quella panchina contemplando le cristalline acque
del
lago.
… Esso ci segue ovunque andiamo e prima
o poi ci sbatteremo contro …
Aveva
ragione, prima o poi, in un modo o nell’altro, sarei
incappata nella mia sorte.
Era inevitabile.
Presi
un grosso respiro raccogliendo tutto il mio coraggio, poi lentamente
alzai la
testa.
Come
previsto, quando immersi i miei bronzei occhi nei suoi grigi, ogni cosa
assunse
un senso e ogni minima incertezza si dissolse.
Alla
vista dell’austero ma dolce e rassicurante volto la paura si
attenuò sorpassata
da un senso di sicurezza e tranquillità.
Le
rugose labbra si schiusero in un dolce sorriso che mi
contagiò.
“Fantastico.
Non ho mai dubitato del tuo coraggio.” disse lo Stregone.
Proprio
in quel momento la porta d’ingresso si spalancò
lasciando entrare l’ansioso
nonno.
Alla
vista di Gandalf Giuseppe si paralizzò. Molto probabilmente,
senza che io me ne
accorgessi, mio padre lo aveva avvisato della situazione e lui si era
precipitato subito da noi.
“Bene!
Tu devi essere il più recente Custode” disse
Gandalf girandosi verso di lui.
“E’
un onore potervi conoscere” rispose Giuseppe con voce
tremante.
“L’onore
è tutto mio!”
Lentamente
mio nonno si avvicinò a me, si sedette sulla sedia accanto e
mi prese la mano.
Apprezzai molto quel gesto di affetto, in quel momento ne avevo bisogno
più di
qualsiasi cosa.
“E’
giunta l’ora Eryn. Non abbiamo più tempo. Anche se
il Custode ti ha rivelato
molte cose non sono che una minima parte di quello che dovrai
apprendere. Non
bastano quelle conoscenze. Dovrai imparare a padroneggiare i tuoi
poteri e
dovrai essere addestrata nell’arte della guerra. Dovrai dire
subito addio alla
tua famiglia e seguirmi nel tuo legittimo posto”
Bom!
La
paura mi investì di nuovo. Il fatto che dovevo partire
immediatamente mi aveva
spiazzato. Non sapevo cosa sarebbe accaduto ma non pensavo di dover
lasciare
così presto la mia casa. Senza accorgermene stinsi con
maggiore forza la rugosa
mano iniziando a sudare.
L’idea
di abbandonare il luogo in cui ero nata e cresciuta, l’dea di
lasciare le
persone più importanti della mia vita diede origine a un
misto di sentimenti
negativi che mi pietrificarono nuovamente.
La
notizia aveva colpito in piena faccia anche i miei familiari. Gli occhi
di
Giada e quelli di mia madre si riempirono di lacrime; Max si
irrigidì senza
togliere gli occhi dallo Stregone; mio padre e mio nonno si scambiarono
un’occhiata carica di tensione e anche loro si irrigidirono.
L’aria
nella stanza sembrò ghiacciarsi e il silenzio
piombò su tutti i presenti.
L’espressione
di Gandalf si fece seria ma con una nota di comprensione.
“Sono
consapevole del fatto di avervi spiazzato ma ripeto, non abbiamo tempo.
Mi è
stato permesso solo un anno prima che gli eventi a cui andrai incontro
si
manifestassero di venirti a prendere e più tempo trascorriamo qui più
tempo trascorre anche la.
Dobbiamo partire in questo preciso momento.” disse con tono
grave.
Prese
il lungo bastone e fece un gesto accennato. In quel momento, i muscoli
che mi
parevano essersi irrigiditi si sciolsero permettendomi di alzarmi.
Non
aveva senso indugiare, più esitavo e più il
coraggio veniva a mancare.
Abbracciai uno a uno coloro con cui ero cresciuta e con cui avevo
condiviso
tutti i momenti felici della mia vita. Giada e mia madre mi strinsero
dolcemente
a loro bagnandomi con le loro lacrime; mio padre mi avvolse con le
possenti
braccia sussurrandomi un ti voglio bene e un sono
fiera di te, so che
non fallirai; Giuseppe mi guardò profondamente
scostando i capelli dal mio
cereo viso e poi mi baciò la fronte, non c’era
nient’altro da aggiungere;
infine mi voltai verso Massimilian che mi abbracciò
stringendo il suo perfetto
corpo contro il mio, restammo lì per qualche secondo e poi
lentamente ci
separammo. Era il primo vero contatto fisico che avevo avuto con lui,
il
rapporto tra di noi era sempre stato abbastanza distaccato.
Raggiunsi
Gandalf al centro della stanza, mi voltai verso i miei familiari
cercando di
trattenere le lacrime. Non dovevo apparire impaurita e scossa, dovevo
dimostrargli di avere coraggio e che avrei affrontato in pieno
ciò che mi
attendeva.
“Ah,
dimenticavo!” disse lo Stregone, “ Se è
tuo desiderio potrai accompagnarla in
questa avventura, Massimilian”
Con
stupore guardai l’antico uomo e poi lo sbalordito giovane.
Prima
di parlare Max esitò guardando i genitori ma poi si mosse
più deciso
avvicinandosi a noi. Anche Giada, Giuseppe e i miei genitori ci
raggiunsero,
salutarono Massimilian e senza aggiungere altro si allontanarono.
“Bene,
possiamo andare!”
“Aspettate”
dissi mia madre e corse nella sua camera. Quando riemerse portava tra
le mani
il bellissimo cofanetto che conteneva il ciondolo.
“Che
sciocco” disse Gandalf con una lieve risata, “Come
abbiamo fatto a
dimenticarcene?”
Mia
madre mi porse il contenitore, lo aprii e indossai il ciondolo che si
illuminò.
Lo Stregone disse incomprensibili parole muovendo circolarmente il
bastone. Si
formò uno squarcio nel vuoto che emanava luce bianca. Max mi
prese la mano e
entrambi, trattenendo il respiro, seguimmo Gandalf e
fummo inghiottiti dalla splendente luce
bianca.
Angolo
dell’Autrice:
Eccomi
finalmente con un nuovo capitolo. Scusate per l’attesa ma in
questo periodo
sono molto impegnata, ed è per questo che il capitolo
è abbastanza breve.
Come
al solito ringrazio tutte le persone che mi hanno lasciato una
recensione e
invito i lettori silenziosi a lasciarmi un parere.
La desrizione di Gandalf
è sottolineata perchè ho usato le precise parole
di Tolkien!
Per
quanto riguarda il disegno mi sa che dovrete aspettare ancora un
po’ per
vederlo!
Detto
questo, alla prossima!
|
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Capitolo 11 *** Imladris ***
CAPITOLO
11:
Imladris
In un primo
momento fui
accecata da quell’intensa luminosità, a stento
riuscivo a tenere gli occhi
aperti. Quello che ci circondava sembrava fatto solamente di luce, pura
e
bellissima. Quando i miei occhi si abituarono feci un giro su me stessa
alla
ricerca di qualche cosa, qualche dettaglio, ma niente vidi oltre al
bagliore.
All’improvviso il bianco
si ritrasse riducendosi a piccoli puntini luminosi che parevano cuciti
su un
intenso manto blu - notte. Con sgomento mi accorsi di fluttuare nel
vuoto, il
panico mi invase e iniziai a divincolarmi. Fortunatamente Max era
accanto a me
e con fermezza mi afferrò avvicinandomi il più
possibile a se, istintivamente mi
aggrappai a lui che mi strinse dolcemente. Contemporaneamente
abbassammo
la testa e con stupore scoprimmo di trovarci proprio sopra la Terra,
una
visione mozzafiato. Una piccola parte era oscurata mentre il resto era
caratterizzato dal blu intenso dell’oceano, fatta eccezione
per qualche
striatura bianca e una macchia bruna che costituiva l’America
del Nord e parte
dell’America del Sud. Molte foto scattate dal satellite avevo
visto sui libri
di scuola e su internet, ma non erano minimamente paragonabili
all’immagine che
si prostrava davanti ai miei occhi. Mi guardai intorno individuando gli
altri
corpi celesti che costituivano il Sistema Solare, accennai un sorriso
meravigliata da tutto quello che i miei occhi ammiravano.
Tutto quello che avevo
studiato durante gli anni scolastici mi riaffiorò nella
mente. Tra questi la
mancanza di ossigeno.
Ma come era possibile
che riuscissi a respirare?
Mi volta in cerca dello
sguardo dello Stregone, quando lo intercettai lui mi sorrise.
“Siamo circondati da una
bolla d’aria, per questo non soffochiamo”
Appreso ciò rivolsi
nuovamente la mia attenzione al globo sotto di me la cu
velocità iniziò, poco a
poco, ad aumentare procurandomi un fastidioso senso di nausea. La Terra
girava
e girava velocissimamente e iniziò a emanare luce, la stessa
che
precedentemente ci aveva accolti e accecati. Tenni gli irritati occhi
chiusi
fino a quando Massimilian mi disse che era tutto finito. Lentamente li
riaprì
e quello che vidi fu un’immensa sala bianca di cui non era
possibile vedere le
pareti.
“Vi starete chiedendo
dove ci troviamo, giusto?”
Senza aspettare una
risposta Gandalf procedette, “Questo è il Limbo
che divide il Vecchio Mondo dal
Nuovo Mondo. Nulla esiste. Tutto è stato distrutto e niente
ricostruito.”
Lo guardammo perplessi.
“Non guardatemi in
questo modo, il Custode ve l’avrà sicuramente
riferito! “
Incrociai lo sguardo
confuso di Max.
“Secondo voi perché
parlo di Nuovo Mondo e Vecchio Mondo?”
“Il nonno ci ha detto
che Ilùvatar decise di non rivelarsi ai nuovi abitanti, ma
non ci ha spiegato
cosa ciò vuol dire” risposi riportando la mente
alla fatidica sera.
“Ve lo spiegherò io. Il
Vecchio Mondo conobbe dieci Ere prima della sua distruzione.”
“Aspetta un attimo” lo
interruppe Max, “ Ho un dubbio. Tu sei vissuto durante la
fine della Seconda
Era e parte della Terza, come fai a sapere cosa successe nella
Decima?” chiese
perplesso.
“Devi sapere,
Massimilian, che il nome Istari ci è stato attribuito dagli
abitanti della
Terra di Mezzo. In realtà noi siamo i Maiar, Ainur di grado
minore e di
conseguenza immortali. Ma non è questa la ragione che mi
permette di conoscere
tali cose. Infatti, come dici te, ho vissuto nella Terra di Mezzo solo
durante
la Seconda e la Terza Era. Ma dopo il genocidio degli Helvat, rivelata
la
Profezia, sono stato istruito e messo a corrente degli eventi che
sarebbero
accaduti proprio per portare in salvo Ambrey e Nimris.”
Massimilian annui.
“Venni messo a corrente
che dopo la Decima Era Ilùvatar avrebbe distrutto il mondo
da me conosciuto per
crearne uno nuovo e diverso. La ragione non mi è permessa
saperla. Forse perché
riteneva che l’assenza di magia avrebbe reso il mondo un
posto migliore, o
perché il male ormai dominava tutto. Non so dirvelo e mai lo
saprò. Gli
abitanti del Nuovo Mondo sanno inconsciamente di questo grande evento,
non vi
dice niente l’Arca di Noè?”
“Rappresenta la scelta
di Ilùvatar …” dissi con un filo di
voce.
“Esattamente! E’ un
racconto che simboleggia proprio la distruzione del Mondo Antico. Non
è mai
esistito Noè, ne mai c’è stato un
diluvio universale. Ilùvatar ha deciso di
mettere l’uomo a corrente di quell’evento, ma sotto
forma di racconto.”
”Bene, direi che siamo
stati qui abbastanza”
Lo Stregone iniziò a
fare gli stessi movimenti eseguiti prima di partire e a ripetere le
stesse
sconosciute parole.
Ci ritrovammo nuovamente
nello spazio, sempre sopra la Terra, che iniziò nuovamente a
girare con
velocità. Quando essa finalmente si arrestò
iniziammo a precipitare sempre più
in basso, gridai per la paura mentre ci avvicinavamo sempre di
più al Globo.
Entrammo nell’atmosfera
terrestre e
sotto di me una macchia bruna e verde si ingigantiva velocemente.
Mancava poco
meno di un chilometro allo schianto quando chiusi gli occhi con
terrore. Mi
accorsi che la velocità della nostra caduta diminuiva
lentamente fino a quando
non toccai dolcemente il terreno.
Aprendo gli occhi rimasi
stupefatta dal paesaggio che mi ritrovai dinanzi. Ci trovavamo in una
vallata,
un luogo magnifico protetto da imponenti monti. Bellissimi boschetti
dominavano
il terreno e cristalline cascate si tuffavano in pozze
d’acqua. La candida luce
del tramonto accarezzava ogni singolo elemento presente conferendo al
luogo un
aspetto magico e sovrannaturale. Sul punto più alto della
vallata dimoravano
strani ma maestosi edifici uniti da ponticelli e gallerie e
caratterizzati da
strane forme. Ma la cosa più spettacolare erano i canti che
salivano verso il
cielo. Voci sublimi e cristalline cantavano in una lingua sconosciuta e
una
dolce melodia risuonava per tutta la vallata.
“Benvenuti a Imladris, o
meglio conosciuta come Gran Burrone”.
Angolo
dell’Autice:
Salve a tutti! Lo so,
questo capitolo è abbastanza corto e privo di eventi
significativi. Mi è
servito solo per spiegare il passaggio dal Nuovo Mondo a quello
Vecchio.
Tranquilli, manca pochissimo alla vera avventura!
Spero vi sia piaciuto
anche questo mio capitolo, al prossimo!
AnnaJ
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Capitolo 12 *** Il Mezzelfo ***
CAPITOLO 12:
Il
Mezzelfo
“E’
questo il Prescelto,
dunque”
Al centro della sala,
illuminata dalla calda luce del tramonto, una snella figura ci
attendeva. I
lunghi capelli bruni cadevano dolcemente sulla schiena, mentre il capo
era
cinto da una sottile corona d’argento. Il bel volto era
solcato da leggere
rughe che conferivano maggior fascino all’uomo. Il corpo era
avvolto in una
bellissima e lunga veste dai colori dell’autunno, i bordi
erano decorati con filamenti
color argento che, intrecciandosi, andavano a formare bellissimi motivi
decorativi.
Era una figura imponente
e maestosa, nonché aggraziata e nobile.
Avvicinandomi notai
qualcosa di strano, dai capelli spuntavano due punte dello stesso
colore della pelle.
“Re Elrond!”
Gandalf aumentò il passo
raggiungendo il bellissimo uomo che lo salutò con un
caloroso sorriso e un
abbraccio accennato.
“Eryn, Massimilian,
questo è Elrond Mezzelfo, signore di Imladris e mio caro
amico”
Mezzelfo, non un uomo.
Tutto ebbe un senso da
quel momento: la sua stupefacente bellezza, le orecchie a punta, la
saggezza
millenaria che traspariva dai suoi occhi.
“E’ un onore fare la
vostra conoscenza, da tempo attendevamo questo momento”
Le sue parole erano
sinceramente gentili e la voce limpida, dolce, rassicurante, ma anche
solenne.
In imbarazzo lanciai
un’occhiata a mio fratello ed entrambi, rivolgendoci al re,
facemmo un cenno
con la testa, non trovando le giuste parole da pronunciare.
“Non siate intimiditi,
sono a conoscenza delle vostre condizioni e da dove provenite. Per
qualche
tempo Gran Burrone sarà la vostra casa. Comportatevi con
naturalezza, noi
saremo sempre a vostra disposizione”
Guardai Gandalf che mi
sorrise dolcemente.
“Sentite” disse lo
Stregone, “ Per poco più di un anno vivrete qui.
Sarete addestrati nell’arte
della guerra, istruiti su tutto ciò che riguarda questo
mondo. Apprenderete
come maneggiare una spada, una
lancia, un arco. Imparerete
a difendervi
e a combattere. Studierete la lingua corrente in uso in queste terre e
l’antico
linguaggio Helvat. Voi riuscite a comprenderci e noi a comprendere voi
grazie a
un incantesimo. Esso si spezzerà solo quando padroneggerete
al meglio la nostra
lingua”
“E inoltre il prescelto
apprenderà a utilizzare i suoi poteri, scoprendo il suo
elemento dominante”
aggiunse il Mezzelfo che si avvicinò a noi, ponendosi
davanti a Max.
“Porgimi il tuo amuleto”
gli disse.
“Ce l’ho io”
Il bell’elfo si voltò
verso di me con la fronte leggermente aggrottata. I suoi occhi
intercettarono i
miei. Erano di un colore grigio chiaro, brillavano alla calda luce del
tramonto.
“E’ lei la prescelta,
non Massimilian” gli disse calmo Gandalf.
“Bene, bene. Mi scuso
per il malinteso. Posso?” mi chiese
indicando il mio braccio sinistro. Tremando glielo porsi e
lui lo prese
con grazia. Le sue dita erano lunghe e affusolate, il tocco caldo e
piacevole.
“E’ magnifico”
sussurrò
esaminando l’azzurro simbolo. Con la punta delle bianche dita
lo sfiorò
chiudendo gli occhi. Con delicatezza mi lasciò andare e
rivolse l’attenzione
sul rigonfiamento della maglia sullo stomaco. Lentamente mi sfilai il
ciondolo
e glielo diedi tremando. Il re lo prese tra le sue mani e lo
guardò
intensamente.
“Tra non molto tutto
questo sarà parte di te” e me lo ridiede.
“Perfetto” disse Gandalf
rompendo quel momento quasi solenne, “ Per ora il mio compito
è terminato. Ho
importanti faccende da svolgere, vi lascio nelle mani degli
elfi”
“Ci lasci?!” chiesi
presa dal panico. La paura mi afferrò nuovamente. In quel
luogo mi sentivo
disorientata, fuori posto. Lo Stregone rappresentava per me un punto di
riferimento, un appiglio, una luce nel buio, una persona di cui fidarmi.
“Stai tranquilla Eryn,
non sei sola, con te c’è Massimilian. Non
starò via molto”
Massimilian, giusto.
C’era lui al mio fianco,
nella mia stessa condizione.
Mio fratello si avvicinò
a me e mi cinse le spalle con il suo braccio.
“Calmati” mi
sussurrò,
“saremo insieme”.
Il battito del mio cuore
rallentò e riuscii a calmarmi.
“Eryn, mia figlia Arwen
ti mostrerà le tue stanze e si prenderà cura di
te oggi. Massimilian, lo stesso
faranno i miei due figli Elladan ed Elrohir”
Alle parole di re Elrond
tre elfi fecero ingresso nella sala. Alla destra del Mezzelfo si
posizionò una
fanciulla di straordinaria bellezza. Il suo portamento era regale e la
somiglianza col padre sorprendente. La bianca e perfetta pelle sembrava
d’avorio e irradiava una flebile luce. Il lunghi capelli
corvini le incorniciavano
dolcemente il delicato volto. Due grandi occhi grigi mi scrutavano
attentamente
con dolcezza e interesse. Vestiva con un ampio abito color argento e al
collo pendeva
una bianca gemma simile a una stella.
Alla sinistra invece si
posizionarono due bellissimi elfi identici tra loro. I capelli scuri
come
quelli della sorella ricadevano sulle spalle, occhi grigi dominavano
sui loro
perfetti visi. Entrambi vestivano con vesti d’orate che
mettevano in risalto i
loro fisici perfetti.
Ammaliata da quella
visione non riuscivo a far altro che guardarli con stupore. Ogni volta
che
ponevo lo sguardo su Arwen una stretta allo stomaco mi attanagliava.
Davanti a
così tanta bellezza non facevo altro che deprimermi pensando
a come dovessi
apparire io di fronte a lei. Tutte le insicurezze che già
avevo si fecero
ancora più forti e feci uno sforzo sovrumano per trattenere
le lacrime.
Arwen si mosse, si
avvicinò a me e mi prese la mano.
“Vieni con me Eryn” mi
disse con un dolce sorriso.
Ricambiai e dissi di
aspettare un attimo. Mi avvicinai a Gandalf e lo abbracciai sussurrando
un Grazie
e un Torna presto. Salutai i tre elfi
con un lieve inchino, diedi un
bacio sulla guancia a mio fratello e seguii l’elfa.
Mi condusse per vari
corridoi aperti su un lato permettendomi di ammirare il paesaggio
circostante.
Il tramonto, visibile dietro i monti, era spettacolare. Rosso, giallo e
arancione si tuffavano dolcemente l’uno nell’altro;
una lieve sfumatura
bluastra trapuntata di stelle era già visibile sopra la
vallata.
Finalmente arrivammo
davanti a una porta in legno, decorata con motivi dorati. Arwen
l’aprì ed
entrammo.
Era la stanza più bella
che avessi mai visto. Era più grande della camera che avevo
a casa e aveva una
forma circolare. Tre grandi archi permettevano all’aria e
alla luce di penetrare
e mostravano tre scintillanti cascate. A destra era stato posto un
letto
coperto da bianche lenzuola e bianchi cuscini, affiancato da un
comodino in
legno. Appeso a una parete un enorme specchio ovale rispecchiava il
luogo
circostante; un grande armadio dorato occupava lo spazio vicino alle
tre
finestre. Il resto era caratterizzato da svariati oggetti bellissimi e
da
candide coperte.
“Tra qualche ora mio
padre darà un banchetto in vostro onore. Se me lo
permetterete vi aiuterò a
prepararvi”
Arwen mi portò in un’altra
stanza dove venni lavata e profumata con freschi aromi. Il mio volto fu
massaggiato con diverse creme e i capelli pettinati con cura e
acconciati.
Tornate nella mia stanza Arwen prese dal grande armadio un lungo
vestito, dalle
svariate tonalità dell’azzurro, e me lo mise.
Con gentilezza mi
accompagnò davanti allo specchio e quello che vidi mi
sembrò del tutto estraneo.
La lunga vesta avvolgeva delicatamente il mio corpo che sembrava molto
più
snello di quanto mi ricordassi; il volto appariva perfetto e liscio e
gli occhi
caldi e profondi; i miei lunghi e mossi capelli ricadevano con grazia
sulla schiena
e una sottile cordoncina argentata cingeva il mio capo.
Non potevo credere ai
miei occhi. La fanciulla nello specchio era bellissima e luminosa, una
nuova
luce caratterizzava i suoi occhi.
“Sei bellissima” mi
disse Arwen. E per la prima volta credetti a quelle parole.
Angolo
dell’Autrice:
Eccomi finalmente con un
nuovo capitolo! Scusatemi per la lunga attesa.
Finalmente Eryn e
Massimilian fanno ingresso nella Terra di Mezzo e hanno il loro primo
contatto
con gli abitanti che lì vivono.
Come noterete finalmente
Eryn inizia a prendere coscienza della sua bellezza abbandonando, poco
a poco,
le insicurezze
Puntualizzo che all’inizio
Elrond viene descritto come un uomo perché Eryn pensa che
sia tale.
Nel prossimo capitolo
racconterò a spezzettoni l’anno che i due
trascorreranno a Gran Burrone, e
quindi probabilmente sarà abbastanza lungo.
Spero vi sia piaciuto
anche questo capitolo e aspetto i vostri pareri.
Alla prossima!
AnnaJ
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Capitolo 13 *** Una nuova vita ( Parte 1 ) ***
CAPITOLO
13:
Una nuova vita ( Parte 1 )
“E’
come un terzo braccio. La spada deve essere un
tutt’uno con voi, dovete averne pienamente controllo. Dovete
sentirla vostra,
ascoltarla, è un’amica, una protettrice. Deve
essere salda tra le vostre mani,
percepite il ferro dell’impugnatura, la sua freddezza.
Riscaldatela.
Muovete
le braccia e concentratevi sul peso dell’arma, sulla sua
movenza. E’ la
spada colei che durante un combattimento vi separa dalla morte,
l’unica vostra
difesa se escludiamo la forza fisica.
Si Eryn,
lo so. Ma dimenticati dei tuoi poteri adesso, convinciti di non
poterli usare e che quindi la spada sia l’unico tuo mezzo di
difesa.
Fate
qualche passo muovendo le braccia e concentratevi sul cambiamento del
vostro modo di percepire il peso dell’arma. E’
questo cambiamento che dovrete
sfruttare nelle mosse che andrete a compiere. Qualsiasi cosa facciate
ricordatevi di essere sempre saldi sulle gambe, l’equilibrio
è fondamentale,
perderlo significherebbe dare la possibilità al vostro
avversario di mettervi
in difficoltà.
Ora
osservate le mosse che compiamo io ed Elladan durante il combattimento,
dopo proverete voi.
I
movimenti devono essere sciolti, fluidi. Bisogna avere
il pieno controllo della situazione. La velocità
è fondamentale sia per evitare
i colpi che infliggerli. Dovete imparare a prevedere le azioni
dell’avversario
per contrastarlo.
Bene
tocca a voi.
Ricordate
i movimenti che abbiamo utilizzato: fluidità,
scioltezza, velocità. Non abbiate paura di scontrarvi, non
preoccupatevi. La
paura paralizza. Siate più decisi ma evitate di utilizzare
violenza e ferocia.
Non vi permettono di pensare lucidamente e di agire nel giusto modo.
Osservate
le mosse l’uno dell’altra, non andate alla cieca,
ragionate.
Eryn, usa
meno violenza e più la testa. Massimilian sei troppo lento,
ricorda
la velocità.
Basta
così, ci aspetta un duro lavoro ma diventerete
degli ottimi combattenti. Siete Helvat giusto? Maestri
dell’arte della guerra.
***
“Questo
me lo consegnò Gandalf prima che portasse in
salvo i tuoi avi”
Elrond pose sul tavolo un massiccio volume. Era quattro volte
più grande di un
libro normale e due volte più spesso. La copertina era di un
caldo tono del
marrone, quà e là scolorito. Al centro strane
lettere dorate formavano tre
parole: -Lh’ erssienhze nahwual-.
Era
un libro segnato dal tempo e dalle numerose mani che
l’avevano sfogliato.
“Cosa
vogliono dire quelle parole?” chiesi con una certa
curiosità.
“L’essenze
naturali. In questo volume sono
raccolte tutte le conoscenze sui poteri del tuo popolo. Troverai
istruzioni,
spiegazioni, chiarimenti. E’ contenuto tutto ciò
che ti serve per padroneggiare
il tuo potere. La tua mente è predisposta ad assorbire tutte
queste
informazioni, non preoccuparti”.
Aprì
lentamente il libro e con un tonfo al cuore
constatai che tutto ciò che era scritto non potevo
comprenderlo.
“Ovviamente
dovrai prima apprendere al meglio l’antico
linguaggio helvico. Per tua fortuna io lo appresi molti anni fa e
potrò
aiutarti”
***
“Bene,
molto meglio. State indubbiamente migliorando. Direi quindi che
è il momento di
allontanare il bersaglio. Elrhoir spostalo di 100 piedi!
Non
è
troppo lontano Max. Ricordate che gli Helvat possedevano
caratteristiche
elfiche, tra cui l’acuta vista. Cosa che anche voi possedete!
Guardate
attentamente davanti a voi e lo scoprirete. Per tutto questo tempo non
avete
mai guardato il mondo attraverso la possibilità che sia voi
sia noi abbiamo,
dovete iniziare.
Ora
tendete l’arco, ricordate di ascoltare il vostro respiro e
regolatelo. E’
fondamentale per la precisione.
Concentratevi
e…. scoccate!
Ottimo.
Non è stato difficile. Direi che possiamo passare subito al
bersaglio mobile.
Non fare quella faccia Eryn, in battaglia non troverete un bersaglio
perfettamente immobile. Dovrete imparare a sfruttare i movimenti del
nemico e
prevederli, in modo da non sbagliare.
***
“Fhianagaielse
tseih ien gorhasdo odi ecomsparenmdaiere a paierno eancicto
laingaragoio daele
thuo paopalso e paotherai kcapaisre thuthto caiòh caire
è shthatho naelh
lhibarso”
(Finalmente
sei in grado di comprendere a pieno l’antico linguaggio del
tuo popolo e potrai
capire tutto ciò che è stato trascritto nel libro)
“Thi
rainmgerazhio Elrond”
(Ti
ringrazio Elrond)
“E’
shthatho wune paiecerairae”
( E’
stato un piacere )
Il
Mezzelfo uscì lentamente dalla mia stanza e chiuse
dolcemente la porta.
Non
credevo di potercela fare ma, dopo due intensi mesi di studio, ero
riuscita ad
apprendere al meglio l’antico linguaggio helvico. Finalmente
era giunto il
momento di aprire l’arcaico volume dolcemente adagiato sul
mio letto, avvolto
da un soffice panno scarlatto. Mi alzai avvicinandomi ad esso. Lo
guardai con
timore. Avevo aspettato interi giorni impaziente di sfogliare le aride
pagine
di quel libro ma in quel momento avevo paura anche solo a sfiorarlo. Il
pensiero che dentro fossero racchiuse tutte le conoscenze del mio
popolo mi
spaventava a morte. La curiosità c’era, ma il
timore la sovrastava.
Toc
Toc!
Quel
secco colpo mi distolse dai miei pensieri.
“Avanti!”
Dalla
porta spuntò fuori una testa dai ricci capelli ramati.
“Ti
disturbo Ery?”
“Non
mi disturbi mai Max” dissi sorridendo. Lui entrò
richiudendo la porta dietro di
se. Indossava una tunica dalle tonalità azzurrine e argentee
che arrivava a
metà dei polpacci, stretti pantaloni grigiastri avvolgevano
le muscolose cosce
mentre stivali argentati coprivano le gambe fin sotto le ginocchia. Non
avevo
mai notato quanto fosse bello.
“Cosa
stai combinando”
Lentamente
indirizzai lo sguardo verso l’enorme libro e Massimilian
capì all’istante. Era
impressionante come mi comprendesse perfettamente, cosa che prima non
avevo
notato, forse perché non aveva mai avuto la
possibilità di provarlo.
“Ascoltami.
Ricorda che l’amuleto ha scelto TE. Ha affidato a TE il
compito di custodire i
poteri al suo interno. Sei te il PRESCELTO, è tuo destino
governare i quattro
elementi. Ce la farai ad apprendere tutto quello che è
scritto nel libro. Ora
sei in grado di capirlo. Non convincerti di non essere
all’altezza, ti conosco
e so che sei capace di distruggere la tua forza di volontà
con solo un pensiero
negativo. Sei una grande persona, che farà grandi cose. Io
sarò sempre al tuo
fianco, in qualsiasi circostanza. Credo in te e sono sicuro che non
fallirai.
Lo so, non ti ho mai dimostrato il mio affetto,
c’è sempre stata come una sorta
di barriera tra noi che non ci ha mai permesso di provare cosa vuol
realmente
dire essere fratelli. Ma tutto quello che stiamo vivendo è
molto più forte. Ti
prometto che ti starò sempre accanto, sono orgoglioso di
te”
Ormai
la mia vista era offuscata dalle lacrime e a stento vedevo
l’immagine di
Massimilian. Lui si avvicinò lentamente e mi
abbracciò. Quel contatto mi diede
coraggio e con decisione aprii la prima pagina del libro.
***
“E’
giunto il momento di passare al livello successivo. Eryn ti batterai
con me
mentre Massimilian con Elladan”
“Cosa!?”
sbottai sorpresa.
“Pensavi
che avresti combattuto perennemente con tuo fratello?” disse
divertito Elrhoir.
Pensandoci
bene avevo realmente pensato così.
“In
battaglia non vi troverete a combattere l’uno contro
l’altro, ma l’uno a fianco
dell’altro. Non conoscerete il vostro nemico, sarà
molto più difficile.
Combattere contro di noi e sarete ancora facilitati perché
ci avete già visto
in azione e conoscete abbastanza le nostre mosse. Più avanti
vi faremo
combattere con elfi che non avete mai visto in azione per affinare le
vostre
capacità percettive e di previsione”
“Dai
Ery, sarà divertente!” disse Max entusiasta.
Massimilian
era completamente affascinato dall’arte della guerra, passava
tutte le giornate
ad allenarsi, anche quando non avevamo lezione con i due elfi. Si
alzava presto
il mattino e non smetteva fino al tramonto, eccezion fatta per le pause
che
servivano per nutrirsi. Era diventato molto abile.
“Okay”
“Sapete,
non ho ancora capito bene il significato di quella parola”
disse incuriosito
Elladan, “E’ molto strana”
“E’
come ‘va bene’, ‘si’.
E’ un assenso. ‘Okay’.” risposi
divertita.
“Okay”
ripeté l’elfo.
“Possiamo
incominciare ora?” disse spazientito Elrhoir.
Iniziammo
così a combattere. Io contro Elrhoir mente Max contro
Elladan.
Fu più
difficile del previsto. Guardare l’elfo combattere e
affrontarlo erano due cose
totalmente diverse. Sembrava si muovesse più velocemente e
facevo fatica a
prevedere le sue mosse. Nonostante tutto riuscì a tenergli
testa anche se
faticosamente. Massimilian invece se l’era cavata meglio, era
quasi riuscito a
disarmare Elladan.
***
“Veitha
imnalthai”
L’acqua
nella bacinella si mosse lentamente.
“Veitha
imnalthai!”
Si
alzò di qualche millimetro e poi tornò al normale
livello.
“Veitha
imnalthai!!”
Il
braccio alzato tremò e il liquido si sollevò in
aria formando una sfera
d’acqua, per poi ricadere all’interno della
bacinella bagnando il tavolino.
“Si!”
esultai felice.
Era
ormai un’ora che provavo quell’incantesimo ed ero
esausta, ma lo sforzo aveva
dato frutto.
“Max,
Max!”
“Che-Che
c’è?” rispose con voce impastata.
Si
era
adagiato sul mio letto sprofondando nel sonno dalla stanchezza.
“Guarda! Veitha
imnalthai”
L’acqua
si raggruppò nuovamente in una sfera, ma questa volta rimase
a lungo in aria.
Provai così a fare qualcosa in più, mossi
leggermente il braccio a destra e poi
a sinistra e la sfera si mosse nelle stesse direzioni.
“Fantastico!”
urlò Massimilian facendomi perdere la concentrazione.
L’acqua cadde con più
violenza e ci bagnò entrambi.
***
“Tulkas, Il
Valoroso o Il
Forte, è
il
più grande Valar per forza e valore”
La
cristallina voce di Arwen accompagnava dolcemente le numerose
informazioni di
quel fantastico mondo.
“
Ama
la guerra ma non maneggia armi, preferisce utilizzare la forza fisica.
Viene
anche chiamato Astaldo. Fu l’ultimo ad arrivare ad Arda,
arrivò quando seppe
della guerra contro Melkor. Non si adira spesso, ma è lento
a perdonare. Ha un
carattere non molto diplomatico, ma è un fidato amico.
Manwë
è il Signore dei Valar e il fratello di Melkor. Domina
l’aria e i venti, le
grandi Aquile obbediscono a lui. E’ il più grande,
nobile e maestoso degli
Ainur. E’ puro di cuore ed è a lui che Eru ha
affidato il compito di governare
Arda.
Ulmo
è
il signore dei mari e degli oceani. Il suo potere si estende su tutte
le acque,
sia quelle in superficie sia quelle sotterranee.
Aulë, detto Il
Fabbro, è legato a tutto ciò che
è terra, roccia e metallo. Fu
lui impegnato a creare continenti e montagne durante la creazione di
Arda. Il
suo carattere è simile a quello di Melkor ma fortunatamente
non divenne
malvagio ma creò una propria razza perché stanco
dell’attesa della nascita dei Figli
di Ilùvatar, Elfi e Uomini. Per questo Eru lo ammonì
ma decise di non
distruggere la sua opera e quindi ordinò ad Aulë di
nascondere i sette Padri dei
Nani in luoghi remoti dove avrebbero dovuto attendere un momento
più adatto per
il loro risveglio.
Oromë,
conosciuto anche come Aldaron, Araw, Béma,Tauron, Il
Grande Cacciatore, Il Grande Cavaliere e Signore
di Forest, è il
più forte tra i cacciatori.
Mandos,
o Nàmo, è severo e spassionato con una grande
memoria.
Ilmo,
o Lòrien, è il signore delle Visioni e dei Sogni.
Varda
Elentàri è la moglie di Manwë.
E’ troppo bella per essere descritta a parole,
il suo viso risplende della luce di Ilùvatar. E’
la creatrice delle stelle.
Yvanna
Kementàri, è la sposa di Aulë.
E’ la protettrice di tute le piante e i frutti.
Vàna,
è la Signora della Primavera, la Sempregiovane. E’
sposa di Oromë.
Nessa,
detta la Danzatrice, è la Signora
della Femminilità. E’
veloce e agile, comunica con i cervi e ama la danza. Possiede una pura
bellezza
e il suo sguardo suscita amore. E’ la sposa di Tulkas.
Vairë la
Tessitrice, Signora della Storia. Tesse
tele che raffigurano tutta la storia del Mondo ed è
la sposa di Mandos.
Nienna
è la Signora
della Tristezza. Il
suo pianto ha ispirato misericordia verso gli uomini
negli altri Valar.
Estë
la Guaritrice è Signora
della Pace. E’
la sposa di Irmo.”
“Aveva
ragione il nonno” disse Max sfogliando il libro contenente
immagini di tutti i
Valar.
“ I
greci cercarono di spiegare l’esistenza degli Ainur
attraverso gli dei
dell’Olimpo!” riprese.
“Cosa
sono gli dei dell’Olimpo?” chiese curiosa Arwen.
“Nel
Nuovo Mondo vivranno grandi civiltà, come i greci, credenti
in più dei, molto
simili ai Valar. Devi sapere che agli abitanti delle Ere future non
è concesso
di conoscere la realtà di Ilùvatar ma in loro
è rimasto qualcosa che li spinge
a spiegare l’esistenza di entità
superiori” cercai di spiegarle.
“I
greci credono in numerose divinità che risiedono in
un’ alta montagna, la cui
cima è coperta alla vista dell’uomo. E’
l’Olimpo” continuai.
“Manwë
per i greci sarebbe Zeus, il più grande tra gli dei, il dio
del cielo e dei
fulmini; Tulkas è Ares, signore della guerra; Ulmo
è riconducibile a Poseidone,
dio del mare e dei terremoti; Aulë ad Efesto, dio del fuoco,
della tecnologia
dell’ingegneria; e così via” disse Max.
“Raccontatemi
di più su ciò” chiese Arwen illuminata
dalla curiosità e iniziammo così un
viaggio attraverso la fantastica mitologia greca.
Angolo
dell’Autrice:
Salve
a tutti cari lettori. Lo so che mi odiate per il lunghissimo ritardo ma
sono
stata veramente molto impegnata. Non ho trovato il tempo di andare
avanti,
causa è anche il fatto che questo capitolo è
stato impegnativo, ho dovuto
scegliere cosa raccontarvi.
Vi
avviso che ci sarà un altro capitolo simile, se no sarebbe
uscito troppo lungo!
Ma vi prometto che nel giro di pochi giorni sarà pubblicato!
Faccio
solo un appunto sul linguaggio helvico:
Ovviamente
non sono in grado di creare una nuova lingua e per questo ho cercato un
modo
semplice per me e banale. In pratica ho tenuto di ogni parola in
italiano le
vocali così come sono, mentre alle consonanti ho aggiunto
lettere. Esempio:
Vita
inalzati
è
diventato
Veitha
imnalthai
Spero
sia abbastanza chiaro!
Come
sempre aspetto vostri commenti! Alla prossima.
AnnaJ
|
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Capitolo 14 *** Una nuova vita ( Parte 2 ) ***
CAPITOLO
14:
Una
nuova vita ( Parte 2 )
La luna stava cedendo lentamente il posto al
sole; le stelle, incastonate nel roseo cielo, si spegnevano una ad una.
I
primi raggi del nostro luminoso astro illuminavano il cielo scacciando
via le
tenebre della notte e creando tonalità rosate dolci, fonti
di tranquillità e
serenità. L’unico rumore che si udiva era il dolce
canto delle cascate e il
cinguettio degli uccelli ormai svegli.
Il
terrore provato durante la notte mi stava finalmente abbandonando
lasciando il
posto a una certa serenità.
Erano
ormai mesi che incubi e visioni non mi tormentavano, almeno fino a
quella
notte.
La
sera prima ero andata a letto presto, stanca per la dura giornata
all’insegna
di spade e lance; subito mi ero addormentata.
Ero
nuovamente caduta nella profonda e gelida oscurità e lingue
di fuoco mi avevano
circondato avvolgendosi al mio corpo e procurandomi un dolore
accecante. Ogni
centimetro della mia pelle bruciava trasformandosi in puro e nero
carbone. Al
culmine del dolore avevo sentito il mio corpo sbriciolarsi. Non vidi
più niente
fino a quando una voce terrificante pronunciò tre parole,
tre semplici parole
impregnate di malvagità: “Io ti
vedo”
Quello
che si era presentato poi davanti a me era una landa desolata,
circondata da
grandi catene montuose che si disperdevano all’orizzonte. Non
vi era alcun
cenno di vita, come se tutta la natura fosse stata bruciata, spazzata
via. Una
montagna vulcanica e una torre nera si stagliavano verso il cielo rosso
sangue.
Sopra la torre un grande occhio di fuoco sovrastava quelle terre. Mi
osservava.
“Io
ti
vedo”
Un
urlo terrificante nacque dentro di me e proruppe dalle mie labbra. Un
terrore
doloroso, una paura mai provata prima.
Successivamente
mi ero svegliata sudata nel mio letto, ancora dominata da
quell’orrore e nel
buio continuavo a vedere quell’occhio infuocato. Ero poi
uscita all’aria
aperta, erano le prime ore del mattino.
Una
dolce brezza accarezzò il mio viso. Quanto avrei voluto che
Gandalf fosse lì
con me. Erano ormai passati mesi da quando mi aveva lasciato in quel
luogo
incantato, senza tempo. Nessuna notizia ci era arrivata e questo
più volte mi
aveva intimorita; non sapevamo se stesse bene o se fosse in pericolo.
Aveva
detto di dover compiere importanti faccende, ma non ci aveva rivelato
quali.
Sentivo
un forte bisogno di averlo accanto, avevo un forte bisogno di non
sentirmi più
smarrita e in balia della paura. Lui per me rappresentava
l’unico punto di
riferimento in quel mondo sconosciuto, l’unico scoglio a cui
appigliarmi.
Si,
al
mio fianco c’era Max, più vicino che mai, ma non
era la stessa cosa.
Massimilian rappresentava il mio rifugio, potevo contare su di lui, era
sempre
pronto ad aiutarmi ma non poteva darmi delle risposte. Anche lui si
trovava
nella mia situazione, un mondo sconosciuto, tra persone sconosciute. Ma
lui non
aveva bisogno di risposte, lui non aveva il peso del mio destino sulle
spalle.
Gandalf
era l’unico a poter placare i miei dubbi, le mie
preoccupazioni. Neanche re
Elrond ne aveva le capacità, solo lo Stregone aveva visto i
miei avi per
l’ultima volta ed era a lui che Iluvatar aveva rivelato i
segreti del mio
preannunciato fato. E lui non era lì accanto a me.
Voci
cristalline si librarono nell’aria creando una meravigliosa
sinfonia, gli elfi.
Ispirai profondamente l’aria fresca e incontaminata di
Imladris e, ormai in
pace, ritornai nella mia stanza.
*
“Hmbriuctia”
Una
lingua di fuoco simile a un bocciolo si materializzò sul
palmo della mia mano.
Emanava un calore piacevole e delicato. Il bocciolo di fuoco si
librò nell’aria
arrivando all’altezza dei miei occhi. Lentamente iniziai a
compiere con le mani
i movimenti indicati dall’arcaico libro. Realizzavo piccoli
cerchi intorno alla
fiamma che poco a poco si ingrandiva raggiungendo le dimensioni di una
palla da
pallavolo. Con l’indice sfiorai
l’estremità superiore del bocciolo che si
trasformò in un fiore infuocato. Quelli che assomigliavano a
rossi petali si
allungarono avvolgendo il mio corpo e sollevandomi dal terreno. Ero
sospesa a
pochi metri di altezza e con le braccia spalancate giravo su me stessa
accarezzata dal dolce calore del fuoco. Ogni preoccupazione era svanita
dalla
mia mente, ciò che provavo era un senso di calma e
sicurezza; mi sentivo al
sicuro, a mio totale agio.
Continuai
ad alzarmi fino a raggiungere l’altezza giusta per vedere
tutta Imladris. Aprii
gli occhi che fino a quel momento avevo tenuto chiusi. Il sole ardeva
sulla mia
testa sorridendomi. Sotto di me l’incantata foresta dalle
centinaia sfumature
di verde ricopriva l’intera valle mentre la roccia su cui
sorgevano le case
elfiche sovrastava tutto. Era una visione stupefacente, mistica,
magica. Il
cielo era di un azzurro intenso senza macchie, senza nuvole. Era da
molto che
non provavo quella sensazione di pace con il mondo intero, con me
stessa.
Nessuna preoccupazione, nessuna paura, nessuna ansia. La mia mente era
libera,
sgombera da qualsiasi cosa. Mi sentivo realmente me stessa.
Ma
non
potevo provare tutto ciò per sempre. Appena i miei piedi
toccarono terra e il
fuoco si fu estinto tutto ciò che in quei pochi minuti mi
aveva abbandonato mi
investì nuovamente, soffocandomi.
*
“Dai,
dai Ery! Ce la puoi fare!”
Le
urla di incitamento di mio fratello arrivavano deboli alle mie
orecchie. Il
rumore del cozzare della mia spada contro quella del maestoso elfo
sovrastava
ogni cosa. Il sudore rigava il mio volto affaticato mentre le mie
braccia e le
mie gambe lottavano contro il dolore. Non avevo idea di quanto tempo
fosse
passato dall’inizio dell’incontro,
l’unica cosa che sapevo era la forza del mio
avversario. Era molto agile e veloce, schivava i miei colpi senza
alcuna
difficoltà. Era un elfo dai lineamenti duri e bellissimi,
grandi occhi azzurri
e capelli d’orati che scintillavano sotto i raggi del sole.
Il suo corpo
dimostrava venti anni ma i suoi occhi millenni.
Mi
ero
trovata in difficoltà fin dall’inizio, i miei
movimenti non erano ancora del
tutto fluidi e facevo fatica a schivare i suoi colpi.
Sei
figlia degli Helvat, grandi guerrieri. Forza dimostralo!
Quelle
parole si ripetevano nella mia mente. Sapevo che l’unica cosa
che mi mancava
era la convinzione, era la volontà, era la fiducia nelle mie
capacità. Fino a
quando non fossi stata sicura di me stessa sapevo che non avrei avuto
alcuna
possibilità di vincere.
“Eryn
credici, solo quello ti divide dal trionfo” continuava a
ripetermi Elladan.
E
aveva ragione.
Caddi
a terra a causa di un potente colpo subito, l’elfo mi
aspettava in piedi pronto
a ricominciare. Chiusi gli occhi per qualche secondo e provai a
ripensare alle
sensazioni che il fuoco mi aveva fatto provare. Pace,
tranquillità, sicurezza.
Improvvisamente una forza innaturale mi invase. Riaprii gli occhi come
mai
fatto prima. Percepivo l’aria di sfida che emanavano. Mi
rialzai velocemente posizionandomi
saldamente sulle gambe. Un grande ardore avvolse il mio cuore e il
coraggio
prese il sopravvento sul timore.
Mi
scagliai contro l’avversario con tutta la grinta che avevo in
corpo. Movimenti
fluidi e veloci si rigettavano sul biondo elfo costringendolo ad
indietreggiare.
Nonostante la stanchezza continuavo ad attaccare, schivando agilmente
ogni
colpo inflitto da Dreinis. Dalle mie labbra sgorgavano parole
nell’antico
linguaggio helvico conferendomi ancora più farza.
“Jsei
thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”
“Jsei
thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”
“Jsei
thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”
“Jsei
thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”
Prima
che me ne fossi accorta il bell’elfo giaceva a terra, il mio
piede sul suo
perfetto petto, la sua spada a pochi metri dal suo braccio, la mia
puntata al
collo.
Ci
ero
riuscita, avevo dimostrato di essere figli di quei grandi guerrieri.
*
Io
e
Massimilian ridevamo con gusto alla vista dei due elfi gemelli che
cercavano
con scarso successo di capire come funzionassero i gesti della lingua
italiana.
Era ormai un’ora che cercavamo di spiegarli ai due principi
che ci guardavano
con aria smarrita ma molto incuriosita.
Max
proponeva loro delle parole o frasi che dovevano riprodurre con gesti.
Il
risultato erano due elfi straordinariamente e stranamente impacciati
che si
impegnavano al massimo fallendo miseramente. Si lo so, è
strano sentire le
parole “Elfi” e “impacciati”
nella stessa frase, ma credetemi sto dicendo la
verità. Ovviamente impacciati è molto lontana
dall’idea che si crea nella
nostra mente. Erano comunque eleganti e solenni,ma meno del solito. Era
una
piccola differenza che naturalmente saltava subito all’occhio
se eri abituato
alla vista di tali regali creature.
Lo
stomaco e la gola mi facevano male a causa delle risate. Da tempo non
ridevo
così.
*
Era
ormai la terza volta che finivo di leggere l’antico testo.
Ogni parola scritta
era stampata nella mia mente, indimenticabile, al sicuro. Le mie
capacità
magiche erano migliorate notevolmente. Potevo controllare senza
difficoltà ogni
cosa formata da uno dei quattro elementi. Passavo intere giornate ad
esercitarmi all’aria aperta, in una piccola radura al centro
della valle. Mi
tenevano compagnia le creature di quel bellissimo luogo e qualche volta
uno o
due elfi mi osservavano con interesse senza disturbarmi.
Nei
momenti di noia mi divertivo a compiere piccoli scherzi a mio fratello
che però
non si arrabbiava, anzi, ne era entusiasta.
Non
avevo ancora raggiungere l’apice dei miei poteri, ne ero
consapevole, mancava
qualcosa che nel libro non c’era. Certo, controllavo gli
elementi ma non avevo
ancora idea di come utilizzarli per difendermi e combattere.
Più e più volte
avevo provato a realizzare gli incantesimi di maggior livello riportati
nel
libro, ma con scarso successo. Qualcosa mancava, una conoscenza, una
chiave.
Avevo passato ore a cercarla, ma dentro di me sapevo che solo con
l’arrivo di
Gandalf l’avrei trovata.
Ma
lui
non arrivava, le settimane passavano velocemente tra allenamenti con
ogni sorta
di arma e intenso studio di quel mondo, tra incantesimi e scoperte.
Dalla
notte in cui avevo sognato quel desolato luogo gli incubi continuavano
a
tormentarmi. Vedevo morte, distruzione, disperazione, terrore, sangue,
lacrime,
fuoco. Alla fine di ogni visione si materializzava davanti a me il mio
volto,
come se mi dicesse che se avessi fallito avrei causato tutto quello. La
paura
di non essere all’altezza del mio compito mi assillava. Ogni
notte dopo essermi
svegliata dagli incubi uscivo all’aria aperta ma nessuna pace
mi abbracciava
più. I miei occhi divennero sempre più stanchi,
la mia anima sempre più fragile.
Occhi preoccupati mi osservavano, ma senza sapere come fare.
Massimilian
cercava di starmi accanto silenziosamente il più possibile
senza sapere cosa
fare per aiutarmi. Apprezzavo questo anche se non mi dava alcun
sollievo. Il
polso aveva ricominciato a bruciarmi senza pace, aumentando sempre di
più.
Ricordo
che mi trovavo nella radura ad esercitarmi quando un dolore lacerante
colpì il
mio polso e la mia testa. Non capii più niente e caddi a
terra priva di sensi.
Successivamente mi ricordo di aver visto tutto quello che avevo sognato
da
quando avevo scoperto di appartenere a una razza estinta.
Quando
aprii nuovamente gli occhi una luce bianca e accecante mi
investì. Poco a poco
l’ambiente circostante si delineò mostrandomi la
mia stanza. Al mio fianco
sedeva Massimilian addormentato, sul suo volto i segni di stanchezza
causati
dall’attesa del mio risveglio.
Lentamente
cercai di mettermi seduta nonostante le forti fitte che provavo alla
testa. Il
mio polso era fasciato da una candida benda che però
presentava una grossa
macchia bluastra proprio nel punto in cui si trovava il marchio degli
Helvat. Avevo
la testa avvolta da un’altra fascia e pesanti coperte
coprivano le mie gambe.
Avevo passato interi giorni in coma senza dare alcun segno di vita.
Arwen si
era presa costantemente cura di me mentre Max non mi aveva abbandonato
neanche
per un attimo. Mi sentivo distrutta, come se un camion mi fosse passato
sopra,
cosa alquanto impossibile visto che ancora no esistevano.
Mi
strofinai gli occhi e osservai più attentamente la mia
stanza. Seduto davanti
alla mia finestra c’era una grigia figura che osservava le
cascate scintillanti.
Un cappello a punta era poggiato a terra e del fumo usciva da una
grande pipa.
“Gandalf…”
Lo
dissi in un sussurro ma lo Stregone lo sentì e si giro verso
di me
sorridendomi, appariva molto stanco.
“Ciao
Eryn, finalmente ti sei svegliata!”
Angolo
dell’Autrice:
E
finalmente Gandalf è tornato. Adesso inizia la vera e
propria storia.
Spero
che anche questo capitolo, anche se corto, vi sia piaciuto. Scusate la
lunga
attesa, cercherò di aggiornare più velocemente.
Fatemi
sapere cosa pensate J
AnnaJ
|
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Capitolo 15 *** La svolta ***
CAPITOLO 15:
La svolta
“Non
ci posso credere … Sei qui … “
Una piccola
lacrima abbandonò l’occhio sinistro e
accarezzò la mia guancia.
“Si,
ora sono qui”
Lo Stregone
si avvicinò lentamente e si sedette accanto a me, sul letto.
Mi guardò
intensamente attraverso i suoi grigi occhi, come se volesse leggermi
nel
pensiero. Alzò una mano rugosa e la poggiò sulla
mia liscia guancia.
“Cosa
è successo Ery?” mi chiese con estrema
serietà.
Esitai
un attimo, mi feci forza e parlai.
“Il
marchio ha iniziato a farmi male, molto male. Era un dolore accecante,
mi faceva
male la testa. Ho cercato di resistere ma poi ho perso i
sensi”
“Cosa
è successo prima?”
Non
risposi. Avevo paura di rievocare quelle immagini nella mia mente, non
volevo
che si materializzassero ancora davanti ai miei occhi.
“Eryn,
dimmelo”
Iniziai
a tremare.
“Parlarne
ti aiuterà. Parlarne è essenziale”
Ancora
silenzio.
“Eryn,
dobbiamo capire”
Chiusi
gli occhi e trassi un profondo respiro. Mi feci coraggio e parlai.
Raccontai al
vecchio Stregone cosa avevo visto la notte in cui gli incubi si erano
ripresentati e poi tutto quello che era successo nei giorni successivi.
Tremavo,
tremavo come una foglia scossa dal vento gelido. Come mi ero aspettata
rievocare quelle visioni mi terrorizzò molto. Avevo gli
occhi appannati e le
lacrime minacciavano di uscire. Gandalf mi prese le mani tra le sue
cercando di
placare un po’ il mio stato d’animo. Mi guardava
con occhi penetranti, con uno
sguardo austero e scrutatore, come se cercasse di più tra le
mie parole.
Quando
ebbi finito anche il tremore cessò. Uno strano silenzio
calò tra di noi.
Sfinita appoggiai la testa sul cuscino e mi
riaddormentai all’istante.
***
Le
malinconiche note riempivano la mia stanza e danzavano
nell’aria con
leggerezza. L’arco
del violino, guidato
dalla mia mano, sfregava dolcemente sulle corde. Avevo abbandonato la
testa sulla
mentoniera, inclinata a sinistra. Le dite della mano si muovevano
fluidamente
lungo il manico.
LA,
RE, LA, RE, SI, LA, FA, LA, FA, SOL, FA, SOL, LAAA …
Mi
lasciavo cullare da quei suoni carichi di dolore liberando ogni mio
minimo
sentimento. Con l’immaginazione ero tornata nella mia stanza,
la mia vera
stanza, quella nel mondo che avevo lasciato per compiere il mio
destino. Ero
tornata alle ore di esercitazione con quel magnifico ed elegante
strumento. Il
volto di Chiara, la mia istruttrice, galleggiava nella mia mente. Le
volevo
molto bene.
Avevo
dedicato così tanto a quello strumento che ormai avevo
stampato in testa ogni
spartito studiato: nota per nota, pausa per pausa, sfumatura per
sfumatura.
La
musica aveva rappresentato per me un altro rifugio in quei bui giorni.
E anche
in quel momento lo rappresentava: una via di uscita da quegli incubi.
Suonavo
in base al mio umore, e quel giorno era un umore malinconico, scioccato
dalle
visioni, pieno di tristezza. E quella melodia lo rispecchiava
perfettamente: note
potenti, scioccanti,
tristi, commoventi …
Avevo
suonato mille volte quella colonna sonora ma mai così
intensamente e mai come
in quel momento mi aveva toccata.
Sentii
la porta cigolare ma continuai a suonare ignorando chi fosse entrato.
Continuai
a farmi cullare dai suoni che scaturivano dalle sottili corde tenendo
saldamente chiusi gli occhi. All’apice della melodia alcune
lacrime bagnarono
le mie guance arrivando a baciarmi il collo. Piano piano mi avviai a
concludere.
Diminuii l’intensità delle note fino a quando non
si dissolsero nell’aria.
Rimasi
per qualche secondo con gli occhi ancora chiusi assaporando il rimbombo
di
quelle note nella mia testa. Mi decisi poi a girarmi e trovai
Massimilian e
Arwen seduti sul mio soffice letto che mi guardavano intensamente. Max
aveva
uno sguardo serio, Arwen gli occhi lucidi.
“E’
bellissima” disse l’incantevole elfa.
“Si lo
è” continuò Massimilian.
Annuii
leggermente e mi misi davanti a loro seduta su una sedia.
“Di
cosa parla?” chiese Arwen, “ Ogni melodia racconta
qualcosa: una storia, un
sentimento …”
“Emmm
… è difficile da spiegare, e anche
lunga” dissi con voce flebile.
“ Non
mi importa. Sapete quanto le vostre storie mi interessino. Ti
prego” supplicò
dolcemente.
“Okay.
Ma è una storia veramente molto triste e
terribile” disse Massimilian.
“L’avevo
intuito dalle note malinconiche” rispose lei.
“Vediamo…
da dove iniziare?”
“ E’
la colonna sonora di un film” accorse in mio aiuto Max,
“ ti ricordi cos’è un
film?”
“Si”
rispose l’elfa, “E’ la rappresentazione
di una storia, giusto? La storia prende
vita attraverso le persone che la raccontano”
“Si,
più o meno. Bene, questo film parla di uno degli avvenimenti
più importanti,
devastanti, crudeli della storia dell’uomo, della storia del
Nuovo Mondo.
Secondo
il nostro calendario è avvenuto, cioè
avverrà …non so mai come parlare del
mondo da cui proveniamo, se col futuro o il passato” disse
seccato Massimilian.
“Comunque”
continuai io “ Secondo il nostro calcolo è
avvenuto durante il ventesimo
secolo, in modo più preciso tra il 1939 al 1945. Visto che
ogni vostra Era dura
all’incirca 3000 anni direi che l’evento
è accaduto nella Prima Era del Nuovo Mondo.
Allora, dal ’39 al ’45 ha avuto luogo la Seconda
Guerra Mondiale, un evento che
ha coinvolto molti paesi, in particolar modo europei”
Fortunatamente
avevamo passato molto tempo nei mesi precedenti a raccontare alla
curiosa Arwen
tutto sul Nuovo Mondo, arrivando pure a disegnare una semplice cartina
dell’assetto
geografico del globo. Così l’elfa non
faticò ad orientarsi.
“
Europa è dove vivete voi, giusto? Dove si trova il vostro
paese”
“Si
esatto. Viene chiamata seconda perché pochi anni prima si
era verificata la
Prima Guerra Mondiale. E’ come se la Terra di Mezzo entrasse
in conflitto con
altre regioni di Arda, più o meno. Durante questa guerra
venne messo in atto lo
sterminio di un popolo, quello Ebreo. Una popolazione sparsa per tutta
Europa che non
aveva una patria. Contro di loro
Furono fatte moltissime atrocità. Furono
perseguitati e uccisi nei campi di
sterminio. Furono spogliati della loro identità, dei loro
diritti, furono
trasformati in una massa senza volti. Un tale odio fu riversato su di
loro, un
odio che li portò a tragiche morti. Un vero e proprio
crimine contro l’umanità.
Un genocidio che ha segnato profondamente la storia del nostro mondo.
Un gesto
inspiegabile, ingiustificabile che ha causato la morte di circa
6.000.000
persone innocenti.”
“6.000.000
persone spogliate dei loro diritti, delle loro vite, della loro
umanità.”
“E’
una cosa terribile” disse con voce spezzata Arwen.
“Si lo è. E il
film, a cui la colonna sonora che stavo suonando appartiene, parla
proprio di
quel periodo. Parla di un tedesco che, rendendosi conto di quello che
stava
succedendo, salvò moltissime vite.”
“Quanta crudeltà dilaga nel
Mondo”
disse Arwen.
“Molta”, risposi,
“Se l’intento di Ilùvatar era quello di
ridar vita a un nuovo mondo per spazzare via il male, beh …
ha fallito. Nel
Nuovo Mondo c’è tanta crudeltà quanta
nel Vecchio, forse di più”
“Non sapremo mai la volontà
del sommo Eru” constatò
dolcemente la bellissima elfa.
“Mai”
“Senti Ery, sei veramente bravissima a
suonare. Mi
faresti sentire altre melodie provenienti dal Nuovo Mondo?”
“Certamente”
Passammo l’intero pomeriggio tra melodie
e racconti. Suonai
la colonna sonora di Braveheart, di Titanic, de Il Gladiatore, de Il
Padrino,
suonai la Primavera, l’Ave Maria, Canon in D e moltissimi
altri componimenti.
Ogni volta Arwen mi chiedeva di raccontare la loro storia.
***
“Me lo affidarono prima di
morire” disse Gandalf
guardando l’arcaico volume.
“Erano passati molti anni dalla loro fuga. All’inizio
non sapevamo
quanti altri cambiamenti avesse causato il potere
dell’anello,ma scoprimmo
presto che tra di questi vi era un accorciamento della vita. I tuoi avi
vissero
altri cento anni prima che abbandonassero definitivamente questo
mondo”
“Ma perché darti il libro?
Non potevano tramandarlo come
hanno fatto con il ciondolo?” chiesi perplessa.
“Avranno reputato che sarebbe stato
più al sicuro con
me. Il ciondolo sarebbe stato innocuo fino a quando non sarebbe
arrivato al
Prescelto. Se invece il libro fosse caduto in mano a sconosciuti non
sarebbe
stata una cosa buona. Questi incantesimi hanno come una piccola
autonomia. Nel
senso che se pronunciati anche da qualcuno senza i tuoi poteri
potrebbero
causare qualcosa. Non so cosa, ma sicuro niente di buono”
“Ma spiegami: perché non ti
hanno consegnato anche il
ciondolo?”
“Il ciondolo serviva per riconoscerti,
per riconoscere
il Prescelto. Ricordi?”
“Oh si! Che stupida!”
“Si, un po’ lo sei!”
Guardai lo Stregone fingendo di essermi offesa.
Scoppiammo a ridere, finalmente a ridere.
“Comunque” disse,
“Ora mi dovrai far vedere quello che
hai imparato e da adesso in poi ti eserciterai con me!”
***
Passarono altri cinque mesi. Io continuavo ad
esercitarmi con i miei poteri, e insieme a Massimilian
nell’arte della guerra.
Apprendemmo sempre più cose riguardanti il Vecchio Mondo:
storie, leggende,
fatti reali, i diversi popoli, le lingue, la natura …
Gandalf non passava tutto il tempo a Gran Burrone,
a
volte spariva per settimane, non sapevamo il perché.
Il mio potere crebbe, e anche le mie
abilità belliche.
Ormai sia io che Max ci eravamo abituati a vivere in quel luogo fatato
e
avevamo fatto.
Ci legammo molto ad Arwen, Elladan ed Elrohir, un
grande
affetto ci univa a loro. Più noi imparavamo cose sul Vecchio
Mondo più loro le
imparavano sul Nuovo.
I giorni scorrevano tranquilli e spensierati
insieme a
loro.
Ormai Gran Burrone era diventata un seconda casa,
e i
suoi abitanti una seconda famiglia.
Non avevamo contatti con il mondo esterno, per noi
esisteva solo Imladris, le sue cascate, i suoi alberi, la sua flora e
la sua
fauna.
Erano ormai passati diciassette mesi, dal giorno
in cui
eravamo arrivati, quando un evento segnò la fine della
permanenza a Gran
Burrone.
Non ricordo il giorno preciso, ma sicuramente era
intorno al 20 Ottobre del 3018.
Era una notte scura e pesante, mi ero appena
svegliata
da uno dei miei incubi, ed ero uscita sul grande terrazzo per prendere
una boccata
di aria fresca. All’improvviso sentii delle grida
raccapriccianti, terribili e
spaventose librarsi in aria. Delle urla che mi fecero provare un grande
terrore.
Poco tempo dopo il rumore di zoccoli in corsa
rimbombarono per la vallata.
Improvvisamente il marchio iniziò a
farmi male, molto
male. Sembrava stesse andando a fuoco. Più il rumore degli
zoccoli si
avvicinava più il dolore cresceva.
Sentii dei passi provenire fuori dalla mia stanza,
passi
frettolosi. Decisi di uscire, volevo capire cosa stava succedendo.
Elrond si precipitava all’ingresso del
grande portone
accompagnato dai figli e da uno sfinito Gandalf, era appena tornato da
una
lunga assenza più stanco che mai. Lo Stregone si
girò e mi vide.
“Cosa ci fai sveglia Eryn?” mi
chiese sbrigativo lo
Stregone.
“Ho sentito delle orribili urla, e poi
rumore di
zoccoli. Il marchio mi fa molto male. Aumenta! Cosa succede?”
chiesi affannata.
“Tutto sta cominciando. E’
arrivata l’ora”
Bam! Uno schiaffo in faccia, una secchiata di
acqua
fredda. Ecco che i miei incubi stavano per prendere vita. In quei mesi
avevo
cercato ancora di allontanare quella terribile verità,
nonostante ogni giorno
passato lì me la ricordasse. Ma non potevo più
obliarla, rifiutarla. In quella
notte mi resi conto realmente di quello che mi aspettava, non potevo
più
scappare.
Arrivata nel grande piazzale vidi un elfo scendere
da un
bianco cavallo, era Glorfindel. L’avevo intravisto poche
volte, ma mai ci avevo
parlato. Solo quando scostò il lungo mantello dal petto
notai con stupore che
reggeva una piccola figura svenuta. Aveva folti capelli bruni e una
carnagione
cadaverica. Sotto gli occhi chiusi due enormi occhiaie riempivano il
volto. Non
riuscii a vedere altro perché Elrond e Gandalf si
affrettarono a prenderlo
preoccupati e lo portarono non so dove.
“Dobbiamo fare in fretta Elrond, il suo
tempo sta
finendo”
Rimasi con Arwen e i due gemelli a fissare le due
alte
figure che si allontanavano. Il dolore stava diminuendo, ma da quel
momento non
cessò più.
Chi era? Cosa stava succedendo? Cosa gli era
capitato?
Non seppi niente fino al mattino seguente.
Ovviamente non riuscii a chiudere occhio.
L’immagine di
quella piccola creatura mi tormentava senza tregua: il volto
sofferente, il
corpo minuscolo, le orecchi a punta, gli enormi piedi. Avevo capito che
si
trattava di un Hobbit, ma chi era? Aveva qualcosa di familiare, ero
sicura di
averla già vista da qualche parte, ma dove?
Frugai nelle mie memorie ma non trovai niente.
Quando le prime luci del mattino sfiorarono le
cime
degli alberi decisi di uscire dalla mia stanza.
Uno strano silenzio dilagava nella vallata, tutto
era
stranamente calmo. Vagai per la dimora elfica alla ricerca di qualcuno,
ma non
trovai anima viva.
Abbandonai la struttura e mi inoltrai nel bosco
diretta
alla mia radura.
Qualcosa di brutto era accaduto la notte
precedente, lo
sentivo nell’aria. Gli uccelli non cantavano, e neanche gli
elfi.
Mi sedetti su un grosso masso, tirai su la manica
del
braccio sinistro ed osservai il marchio. Mi bruciava ancora, ma era un
dolore
sopportabile. Però qualcosa non andava. Il colore del
simbolo era leggermente
cambiato. L’azzurro aveva perso la sua intensità,
e aveva acquistato delle
sfumature rossastre.
Non appena lo sfiorai con le dita, due piccole
scintille
fuoriuscirono da esse. Spaventata ritrassi velocemente il braccio.
Non era mai successa una cosa del genere.
Riprovai, e quella volta piccole fiammelle si
accesero e
si spensero. Continuai così per non so quanto, mentre il
marchio diventava
sempre più rosso.
Quando ormai il sole splendeva alto sulla vallata
ritornai nella dimora elfica.
Più mi avvicinavo più
sentivo dei mormorii.
Salii l’imponente scalinata e davanti ai
miei occhi
comparvero tre minuscole figure. Due erano seduti su una delle
panchinette, il
terzo camminava avanti e indietro preoccupato.
“Starà bene Sam”
disse uno degli Hobbit seduto, “Gli
Elfi lo aiuteranno!”
Neanche lui però sembrava molto
convinto.
Sam era un Hobbit rotondetto dai folti ricci
biondi. Aveva
un viso paffuto ed enormi occhi marroni.
Gli altri due mezz’uomini gli
assomigliavano molto, ma
erano più magi. Uno aveva un naso grosso, l’altro
più sottile
Non si accorsero della mia presenza fino a quando
Gandalf non urlò disperato il mio nome.
“Eryn! Dove diamine eri
finita?!”
“Io … io ero alla
radura” risposi un po’ perplessa.
Non era solo, al suo fianco c’era un
uomo.
Era molto alto e di bell’aspetto. I suoi
capelli erano
scuri con qualche sfumatura di grigio qua e là. Anche i suoi
occhi erano grigi,
occhi intensi e profondi.
Vestiva di abiti logori e consumati; un verde
mantello
col cappuccio gli copriva le spalle e la maggior parte del corpo.
“Ti abbiamo cercata per ore! Devi venire
subito con me”
“E dove?” chiesi irritata.
“Questa notte volevi sapere cosa stava
succedendo, giusto?”
Annuii.
“Bene, allora seguimi”
Senza esitare corsi dietro allo Stregone e al bell’uomo.
Salimmo i gradini e ci
inoltrammo nei numerosi corridoi del palazzo elfico. Più mi
avvicinavo al luogo
in cui lo Stregone voleva portarmi, più il dolore al marchio
aumentava. Finalmente
Gandalf si fermò davanti a una porta dorata e si
girò verso di me, il dolore
era al culmine.
“Ti ricordi la creatura che hai visto
tra le braccia di Glorfindel
ieri? Elrond è riuscito a curarlo, ma è ancora in
stato di incoscienza”
Due grosse lacrime fuoriuscirono dai miei occhi.
“Eryn cos’hai?” mi
chiese preoccupato.
“ Da ieri … da quando abbiamo
sentito quelle urla
terribili … il polso … ha iniziato a bruciarmi
… e non ha più smesso. All’inizio
era molto forte … poi … durante la notte
è diminuito … ma adesso … non riesco
…
a … sopportarlo. Mi fa malissimo Gandalf!”
Crollai a terra tra lamenti e urla.
L’uomo si affrettò a
prendermi, e mi rimise in piedi
cingendomi le spalle con un braccio. Mi prese dolcemente il braccio
sinistro e
scostò la manica.
“Per tutti i Valar! Gandalf
guarda!”
Dal polso fuoriusciva del sangue, era rovente.
Urlavo
come mai avevo fatto, il dolore era insopportabile, non avrei mai
immagino che
se ne potesse provare così tanto.
Il mio volto era inondato di lacrime, il mio polso
di
sangue.
“Presto Aragorn, dobbiamo portarla da
Elrond!”
Aragorn mi prese in braccio e iniziò a
correre seguito
da Gandalf.
Non capivo più niente, ero disorientata
dal dolore,
intravedevo solo macchie confuse che non riuscivo a distinguerle. La
corsa mi
sembrò interminabile.
Finalmente Aragorn si fermò e mi
posizionò dolcemente su
un morbido letto.
“Cosa succede?” la voce
preoccupata di Arwen suonava
distante.
“Il marchio! Sta sanguinando,
è rovente. Chiama tuo
padre, in fretta!” la voce dell’uomo era ferma e
autoritaria.
“… M-m- max”
farfugliai.
“Max” riuscivo a malapena a
parlare.
“Max!” urlai e altre lacrime
mi bagnarono il volto.
Qualcosa mi strinse la mano.
“Sono qui, ora sono qui!” mio
fratello parlava con voce
spezzata.
“Sono qui, tieni duro Ery. Tieni
duro!”
“Mio Dio! Gandalf cosa le sta
succedendo” urlò disperato.
Fu l’ultima cosa che sentii prima di
sprofondare tra le
tenebre.
Angolo
dell’Autrice:
Ed eccoci alla svolta decisiva. Aragon e i quattro
Hobbit sono arrivati a Gran Burrone. Ma qualcosa non va, più
Eryn si avvicina a
Frodo, più il marchio le fa male.
Nel prossimo capitolo scoprirete il
perché ( ma credo
che l’abbiate già capito ) e avrà luogo
il consiglio di Elrond!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto,
aspetto
con ansia i vostri pareri!
Alla prossima!
Anna J
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Capitolo 16 *** L'Anello ***
CAPITOLO 16:
L’Anello
Una mano
afferrò la mia nell’oscurità prima di
perdere la sua forza vitale. Il viso
cadaverico di Max si materializzò davanti a me. Occhi
spalancati e privi di
vita, labbra che si confondevano tra la pelle bianca come il latte.
Urlai
senza produrre alcun rumore. Max iniziò ad allontanarsi.
Cercai invano di
riafferrarlo, fu inghiottito dall’oscurità.
“Maaaaaaaaaaaaax!!”
Mi sollevai con uno scatto dal soffice letto.
“Sono
qui, sono qui” Massimilian con aria spaventata mi
abbracciò. Sulla spalla nuda
sentii il calore delle sue lacrime.
“Sono
qui …” sussurrò ancora.
Max si
staccò dolcemente da me dicendo che doveva chiamare Elrond e
lo Stregone.
Ero
stata incosciente per tre giorni, giorni che per me erano sembrati
attimi.
Mi
riappoggiai sul morbido materasso cercando di ricordare quanto fosse
accaduto,
ma senza successo. Ci volle qualche minuto perché mi
accorgessi del lieve
dolore al polso. Lentamente e con timore portai il braccio
all’altezza dei miei
occhi. Era fasciato e in corrispondenza del marchio affioravano macchie
di
sangue. Con cautela levai la stoffa scoprendo il polso.
Il blu
era completamente sparito, lasciando il posto a un colore rosso fuoco.
Perché?
Che
cosa aveva causato questo cambiamento?
Non
ero in grado di rispondere a queste domande.
La
porta di aprì lasciando entrare Massimilian seguito dal Re
Elfico e da Gandalf.
“Come
ti senti?” mi chiese premuroso Gandalf.
“Un
po’ intontita” risposi con un mezzo sorriso.
“Hai
rischiato molto” disse calmo Elrond “ Pochi minuti
ancora e ci avresti
lasciati”
Apprendere
la notizia che sarei potuta morire mi turbò molto, ma
d’altronde chi non lo
sarebbe?
“Ma …
ma cosa mi è successo?”
L’Elfo
e lo Stregone si guardarono e Elrond fece cenno di si.
“La creatura arrivata qualche notte fa
con Glorfindel si chiama Frodo Baggins, è un
Hobbit.” iniziò a spiegarmi
Gandalf.
“Baggins … ma aspetta anche
Bilbo è …
“
“Esattamente”
Bilbo Baggins era un vecchio Hobbit
che da anni viveva con gli Elfi. Era una creatura interessante e
gentile,
adoravo ascoltare le sue avventure.
“Ti ha mai raccontato
dell’anello?” mi
chiese lo Stregone.
“ Si certamente! L’anello
magico che
ha sottratto a Gollum” risposi sicura.
“E quell’anello è
arrivato tre giorni
fa a Gran Burrone, con Frodo Baggins”
Rimasi in silenzio cercando di capire
cosa mi stesse dicendo.
“Eryn, quell’anello
è l’Unico,
l’Anello del Potere … l’Anello di
Sauron”
L’Anello di Sauron. L’anello
che aveva
sterminato il mio popolo, l’anello che aveva costretto i miei
antenati a
rifugiarsi nel Nuovo Mondo.
“Ed è proprio a causa di
quell’anello
che hai rischiato di morire” aggiunse Gandalf.
E tutto quadrava. Se L’Anello in
passato aveva cancellato il popolo a cui appartengo era logico che
avesse
riscontri negativi anche su di me.
“La sua presenza ti rende debole e
più
ti avvicini ad esso più soffri, come abbiamo
visto” continuò lo Stregone.
“ Quindi basta stargli a debita
distanza?” chiese Max.
“E’ qui che sorge il grosso
problema”
rispose Elrond “ Non può stargli a debita
distanza. Lei è l’unica che può
distruggere l’Anello. Frodo ne è il Portatore, ma
lei la Distruttrice.
Solo il suo potere, unito alle fiamme
del Monte Fato, può cancellarlo per sempre da questo mondo,
e di conseguenza
sconfiggere Sauron”
“Come faccio a distruggerlo se neanche
posso avvicinarmi?” chiesi in panico.
“In questi giorni ci siamo dedicati
solo a questo problema. Abbiamo discusso, pensato, abbiamo cercato il
modo per
permetterti di toccare l’Anello.” disse Gandalf.
“E…?”
“Abbiamo trovato una incantesimo,
annotato nel libro che i tuoi antenati mi affidarono. Non so come ci
arrivarono
ma scoprirono che questa formula avrebbe reso il Prescelto immune agli
effetti
dell’Anello. Ma è molto complicato, e anche
pericoloso. Il minimo sbaglio
potrebbe causare gravi conseguenze. Ma è l’unico
modo che abbiamo”
***
Lentamente girai la pagina
dell’arcaico libro e finalmente lo trovai.
Eccolo lì, scarabocchiato,
l’incantesimo che mi avrebbe distrutta o aiutata.
“Iirsgsyolahjmi
prohktedfgimhi ghaiutsdajmi, sgjconfgdighgi dhetll anhgellsdi il
mnhoaligftno
pgothsere, rehndjimi imtmhuhne ahl mdahlegficio infcahsnto, chje lga
dtuaa
fosrdfza mhi ahiuhti nefsi bhui tedhmpgi”
Non
avevo mai visto un incantesimo così
complicato. Il linguaggio utilizzato non era semplice helvico, non era
quello
che avevo imparato. Era molto più antico, molto
più difficile.
“Non
riesco a capirlo” dissi sconvolta a Gandalf.
“Lo
immaginavo. Questo è il linguaggio che veniva utilizzato
all’albore della razza
helvica, linguaggio che poi venendo a contatto con quelli del resto
della Terra
di Mezzo è diventato quello che conosci.”
“E
come farò a eseguire l’incantesimo se non conosco
la lingua?!”
“Ricordati
che sei il Prescelto. L’incantesimo è stato creato
per te, e per te soltanto. Nimris e Ambrey non
avrebbero ideato un incantesimo che tu non saresti stata in grado di
eseguire
…”
“Come possiamo esserne certi? Loro non
potevano sapere
chi sarebbe stato il Prescelto. Come avrebbero potuto realizzare un
incantesimo
“su misura” per il Distruttore senza
conoscerlo?!”
No aveva senso, non aveva decisamente senso ed io
stavo
andando sempre più in panico.
“Tu hai detto che ho solo una
possibilità e che è
pericoloso. Hai detto che potrebbe avere gravi conseguenze”
iniziai a urlare
isterica
“… ma è anche
l’unica possibilità che abbiamo” rispose
calmo.
“Ma non può essere!
Dovrà esserci un altro modo!” dissi
disperata e sull’orlo delle lacrime.
Ero stanca. Provata da tutto quello che negli
ultimi mesi
avevo dovuto affrontare. Ero distrutta psicologicamente e
l’incertezza cresceva
dentro di me.
Come si può mettere un tale fardello
sulle spalle di una
ragazza. Un’adolescente nel pieno della sua crisi di
identità, piena di dubbi,
incertezze, domande, paure …
Come può una giovane donna sopportare
tale peso quando
non è sicura di se stessa e di quello che sarà.
Una ragazza appena uscita dall’infanzia,
troppo giovane
par fare certe cose e troppo grande per farne altre.
Ma quello era il mio destino, e dovevo subirlo in
silenzio. Non c’era niente che potessi fare per allontanarlo.
Dovevo solo
accettarlo, accoglierlo.
“Eryn, asocltami. E’
l’unico modo. Capisco come tu possa
sentirti …”
“No, non puoi! …”
“Si invece”
Si avvicinò lentamente e mi strinse a
se. Quel contatto
riuscì a calmarmi un po’.
“Senti Eryn, questa è
l’unica possibilità che abbiamo,
l’unico modo. Lo so che è difficile, ma devi
farlo. Per il tuo bene e per
quello di tutte le disperate vite costrette a vivere in questi oscuri
giorni.
Devi farti forza, raccogliere tutto il tuo coraggio e affrontare le
prove che
ti aspettano.
Sarò sempre al tuo fianco, con tuo
fratello. Lo saremo
sempre”
“Okay” lacrime iniziarono a
rigarmi il volto, “Okay,
grazie …”
“Allora sei pronta?” chiese lo
Stregone.
“Credo di si …”
“Credi?”
“No, ne sono sicura”
“Ecco questo è lo
spirito!”
Ispirai molto profondamente ed espirai cercando di
calmarmi.
Eravamo nella mia radura, nel mio rifugio. Gandalf
aveva
ordinato a tutti gli abitanti, elfi e non, dell’incantata
valle di rifugiarsi
sulle montagne che la circondavano, per evitare rischi.
C’eravamo solo noi in
mezzo alla silenziosa natura. Era tutto così strano. Gli
uccelli non cantavano,
gli elfi non ridevano, gli animali non correvano per la valle, le
cascate non
emettevano rumori, il vento non soffiava …
Era come se il tempo si fosse fermato, in attesa
del mio
fallimento.
Il mio fallimento.
Quell’idea mi tormentava.
Se non fossi riuscita a eseguire
quell’incantesimo cosa
sarebbe successo?
Sarei morta? Avrei disintegrato tutto attorno a me?
Questo non potevo saperlo.
Improvvisamente il dolore scoppiò dal
mio polso.
Aprii di scatto gli occhi e vidi davanti a me la
piccola
creatura arrivata incosciente qualche notte prima.
Frodo Baggins aveva un’aria stanca e
provata, ma stava
bene ora. I suoi grandi occhi blu mi scrutavano preoccupati. Sul palmo
della
mano L’Unico Anello giaceva minaccioso.
“G-g-g-Gandalf …”
dissi con fatica.
“Resisti Ery. E’ essenziale
che l’anello si trovi al tuo
cospetto perché l’incantesimo riesca. Utilizza
tutto il dolore che provi e
riversalo su quel maligno oggetto!”
“M-m-m-ma n-n-nnon p-p-pos-so
farcela!” urlai dal dolore.
“Invece si dannazione! Devi
crederci!”
“E-e-e lui?!” dissi puntando
il dito contro il Portatore,
“Ris-sichierà stando qui!”
“Lui deve stare qui! Si
rischierà, ma deve essere presente.
Ora Eryn!”
Raccolsi tutto il mio coraggio, concentrai tutto
il mio
dolore sull’Anello e pronunciai con odio quelle parole.
“Iirsgsyolahjmi
prohktedfgimhi ghaiutsdajmi, sgjconfgdighgi dhetll anhgellsdi il
mnhoaligftno
pgothsere, rehndjimi imtmhuhne ahl mdahlegficio infcahsnto, chje lga
dtuaa
fosrdfza mhi ahiuhti nefsi bhui tedhmpgi”
Un
lampo di luce bianca si sprigionò dal mio braccio alzato e
attraversò veloce
tutta la vallata. Frodo e Gandalf furono scaraventati a terra e
l’Anello fece
un balzo verso il cielo.
Ripetei
una seconda volta l’incantesimo e un secondo lampo di luce
investì l’anello che
si incendiò e cadde a terra.
Il
dolore al polso aumentò all’improvviso. Le gambe
mi cedettero e caddi a terra
in ginocchio, davanti all’Unico in fiamme. La testa
iniziò a girarmi. Tutto
attorno a me girava, girava velocemente.
D’un
tratto davanti a me si materializzarono immagini sfuocate, che non
riuscivo a
distinguere. Neanche ora riesco a metterle a fuoco.
Alla
fine caddi a terra, in uno stato di trans. Vedevo ma non vedevo,
sentivo ma non
sentivo, capivo ma non capivo.
“Eryn…”
Una
voce lontana mi chiamava.
“Eryn
…”
“Eryn!
…”
Piano
paino divenne sempre più chiara, più distinta,
più familiare.
Gandalf
mi scuoteva, cercando di risvegliarmi. Ci riuscì.
Il dolore
era sparito e tutto aveva smesso di vorticare. Lentamente mi misi
seduta ed
osservai le due figure davanti a me.
Gandalf
sembrava illeso ma vedevo l’espressione di dolore sul suo
viso; Frodo aveva un
taglio sulla guancia, ma per il resto stava bene.
“Sei
rimasta in quello stato per tre quarti d’ora” mi
comunicò lo Stregone.
“Cosa?
Tre quarti d’ora?!” chiesi sconvolta.
“Proprio
così! E a quanto pare ce l’hai fatta!”
disse sorridente l’Hobbit.
Non ci
potevo credere. Era andato tutto bene. Ora l’Anello non aveva
alcun effetto su
di me.
***
Quell’abito
era morbido e comodo.
Indossavo
stretti e leggeri pantaloni blu intenso, erano come dei leggins ma di
più alta
qualità. Spessi stivali dello stesso colore dei pantaloni coprivano tutti e due i
polpacci, fino alle
ginocchia. Sulla parte superiore del corpo indossavo una maglia a
maniche
lunghe, stretta fino all’ombelico e che si allargava fino a
toccare metà
coscia, era di un blu poco più chiaro. Lo scollo era a cuore
e una linea
sottile attraversava verticalmente tutto il mio busto decorato con
simboli
helvici, e su di essa brillavano piccole pietre azzurre. Le spalle e la
schiena
erano coperte da un pesante mantello blu notte allacciato sotto il
collo con un
fermaglio che aveva le sembianze del mio marchio.
I
capelli erano acconciati con uno strano ed elaborato chignon, mente un sottile e bellissimo diadema mi cingeva
il
capo, lasciando penzolare una pietra blu a forma di goccia sulla mia
fronte.
Il polso
sinistro era cinto da un largo bracciale in cuoio, anch’esso
blu e che lasciava
scoperto il marchio rosso fuoco.
“Sei
splendida” disse dolcemente Arwen.
“Sei fatta per
indossare questa divisa”
“Grazie
sussurrai”
Era
bellissima. Elegante, sportiva, funzionale, comoda, adatta al
movimento, regale
…
Era stata
fatta appositamente per me dai migliori sarti di Imladris, e su modello
degli
antichi abiti del mio popolo. Quello che indossavo io ricordava
l’abito da
guerrieri per le donne, più precisamente quello della regina.
Era magnifico
come le diverse tonalità di blu si fondevano con armonia tra
di loro e come le
pietre preziose riflettevano la luce.
“E’ ora” ci
comunicò’ Max entrando.
“Sei
fantastica” disse scrutandomi da cima a fondo e poi mi
abbracciò.
Ci dirigemmo
tutti e tre verso la sala prescelta e lentamente Arwen aprì
la porta del
Consiglio di Elrond.
Angolo dell’Autrice
Ciao a tutti!
Scusate il mio grande ritardo ma ci ho messo un po’ a
scrivere questo capitolo,
essendo esso uno di passaggio e piuttosto complicato.
Nel prossimo
si terrà il Consiglio di Elrond e scopriremo nuove cose e
nuovi personaggi!
Spero vi sia
piaciuto, aspetto con ansia i vostri commenti!
Anna J
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Capitolo 17 *** Il Consiglio di Elrond ***
CAPITOLO
17:
Il Consiglio di Elrond
La
limpida luce autunnale mi investì e la discussione in corso
cessò.
Non ci trovavamo in una sala, ma in un bellissimo portico dal quale era
possibile ammirare l’incantato paesaggio di Imladris.
In sottofondo gli uccelli cinguettavano e il fiume scorreva lentamente,
gorgogliando.
Elrond, affiancato da Frodo, sedeva circondato da persone sconosciute
ai miei occhi, fatta eccezione per Glorfindel, Aragorn, Bilbo, Gandalf,
Elladan ed Elrohir.
Tutti i presenti mi scrutavano, alcuni meravigliati, altri
perplessi, altri ancora curiosi.
Vampate di calore mi investirono a causa del disagio.
Ho sempre odiato stare al centro dell’attenzione, avere gli
occhi degli altri puntati addosso.
Sentì la mano di Max stringere la mia e mi calmai.
Elrond si alzò in piedi e tese un braccio verso di me,
invitandomi, ad avvicinarmi.
Con passi incerti raggiunsi il Mezzelfo che mi prese dolcemente la mano.
“Ecco dinanzi a voi, miei cari amici, Eryn Raisi discendente
di Nimris e Ambrey, gli unici Helvat che riuscirono a sfuggire
all’odio di Sauron, nonché il Prescelto”
Un leggero mormorio dilagò nel portico. Il mio disagio
crebbe ancora, il cuore mi batteva forte.
Elrond mi presentò tutti i partecipanti.
C’era il nano Gloin con il figlio Gimli. Erestor, con molti
altri consiglieri del Re. Galdor, elfo proveniente dai Rifugi Oscuri.
Legolas, uno strano elfo, figlio di Thranduil di Bosco Atro. Boromir,
uomo e figlio del Sovrintendente di Gondor.
Troppe persone sedevano davanti a ma, troppe persone mi degnavano del
loro interesse.
Mi sentivo stanca, mi mancava l’aria e le gambe parevano
fatte di gelatina.
Troppi occhi rivolti verso di me, troppa attenzione.
“E’ questa fanciulla la risposta alle nostre
domande” riprese autorevole Elrond.
“L’unico modo che ci permetterà di
sconfiggere definitivamente Sauron è distruggere
l’Anello.
Ma come già il nostro caro amico Gimli ci ha dimostrato,
l’Unico non può essere distrutto
facilmente”
Il nano dalla barba rossastra abbassò lo sguardo, si poteva
percepire una sorta di disagio.
“E come ho già detto”
continuò l’austero Mezzelfo, “
l’Anello dovrà essere buttato tra le fiamme del
Monte Fato. Ma questo non basterà.
Fu pronunciata una profezia molto tempo fa.
“Quando tutto
sembrerà perduto.
Quando
l’oscurità sembrerà vincere su tutto.
Quando la speranza
abbandonerà gli impavidi cuori.
Quando il Limbo tra i
due mondi accoglierà il cuore pulsante …
… in quel
momento il fuoco divamperà e la luce tornerà.
Il figlio perduto dagli
occhi di fuoco si ricongiungerà all’Acqua,
all’Aria e alla Terra,
e per l’Oscuro
Signore il momento della distruzione arriverà.
Il potere
dell’antico popolo distruggerà ciò che
fu per loro la distruzione.
Nel fuoco della
creazione fine verrà posta al maligno Anello.
E la pace
tornerà, la luce risplenderà, la vita
continuerà.
Ma un duro prezzo
pagherà. Ciò che avrà trovato
perderà”
Quando la limpida e solenne voce del Mezzelfo pronunciò
l’ultima parola della Profezia un intenso silenzio
calò.
Era la prima volta che sentivo quelle parole.
Fu come una conferma. Tutto ciò che prima non riuscivo fino
in fondo ad accettare ora invece trovava conferma.
Come se due parti destinate a stare insieme si congiungessero per la
prima volta, dando un senso l’una all’altra.
La mia vita non era niente senza la Profezia.
La Profezia non era niente senza di me.
Finalmente mi resi veramente conto di quanto il mio destino fosse
importante non solo per il mondo che mi era stato affidato, ma
soprattutto per me.
Mi dava un senso. Mi completava. Io che sempre mi ero sentita inutile,
insignificante, anonima …
Da quel momento sentì di far parte di qualcosa, io che mi
ero sentita sempre fuoriposto.
Da quel momento vidi la mia vita acquistare valore, una vita che avevo
sempre reputato vuota e irrilevante.
E finalmente sentì di appartenere a quell’antico
popolo che dovevo rivendicare. Mi sentì parte di qualcosa di
più grande. Mi sentì finalmente in pace con me
stessa e la mia esistenza.
Tutto ciò in un attimo, come se un incantesimo fosse sceso
su di me dandomi quella sicurezza di cui avevo da sempre avuto bisogno.
Le parole della Profezia ebbero un così grande potere su di
me che mi spinsero a chiedermi se tutto non fosse stato previsto. E
se essa non racchiudesse solo il futuro dell’Antico
Mondo? E se tra quelle frasi fosse stato impresso un qualcosa che
avrebbe aiutato il Prescelto ad accettare tutto ciò?
Qualcosa di simile doveva realmente esserci, se no come spiegare la mia
presa di coscienza e sicurezza?
Il silenzio continuava a dilagare tra i presenti, senza lasciar spazio
alle parole.
“Dunque” continuò Re Elrond spezzando il
silenzio, “ è ormai noto a tutti come
l’Unico potrà essere distrutto”.
Tutti annuirono, compresa io.
“L’Anello dovrà essere portato sul Monte
Fato, a Mordor, e solo il Portatore potrà farlo” e
si girò lentamente verso Frodo, che ricambiò lo
sguardo con aria seria, stanca e sofferente.
“ Dovrà essere gettato nella lava da cui fu
forgiato, ma poco prima sarà essenziale che il Prescelto
pronunci l’incantesimo destinato a porre fine a quel
male” e si girò altrettanto lentamente verso di me.
I miei occhi rossastri si tuffarono con decisione nei suoi argentati.
Il Mezzelfo accennò un impercettibile sorriso e
tornò a rivolgersi ai presenti.
Indirizzai il mio sguardo verso il piccolo e coraggioso Hobbit, mi
stava guardando. Sostenni lo sguardo ed entrambi, senza aver mai avuto
un reale contatto, ci sentimmo l’uno il sostegno
dell’altro.
Si, la Profezia non poteva esistere senza di me e io senza di lei.
Ma entrambe non potevamo essere completa senza di lui, senza Frodo.
Incurante di dove mi trovassi e di chi avessi dinanzi mi mossi,
lentamente mi avvicinai all’Hobbit. Lui sorrise stanco, io mi
abbassai e accolse il mio abbraccio.
Un legame fatto solo di comprensione e sostegno ci unì.
Entrambi capimmo che non eravamo veramente soli nel nostro destino. Io
avevo lui e lui aveva me, e chi altro ci avrebbe compresi fino in fondo?
“Non sarete soli in questo difficile viaggio”
Lentamente mi rimisi in piedi stringendo la mano a Frodo.
Gandalf si era avvicinato e ci guardava con affetto.
“Vi aiuterò a portare questo fardello.
Finché dovrete portarlo.”
“Se con la mia vita o la mia morte riuscirò a
proteggervi, io lo farò. Avete la mia spada.”
disse Aragorn avvicinandosi a noi.
“E avete il mio arco.” Legolas ci raggiunse con uno
splendido sorriso.
“E la mia ascia.” Gimli posò una possene
mano sulla spalla di Frodo e mi guardò.
“Reggete il destino di tutti noi. Se questa è la
volontà del Consiglio, allora Gondor la
seguirà.” ma c’era qualcosa che non mi
convinceva in Boromir.
Infine sentì un bracci cingermi le braccia, mi girai e Max
sorridendo mi accarezzò con l’altra mano la
guancia.
“Lo sai che non ti lascerò mai sola” e
posò la sua fronte sulla mia. Sorrisi e chiusi gli occhi
consapevole che niente ci avrebbe più diviso.
“Ehi! Padron Frodo non si muoverà senza di
me.”
Da una siepe sbucò fuori uno degli Hobbit che prima di
svenire avevo visto agitato all’imponente entrata della
dimora elfica.
“No, certo, è quasi impossibile separarvi. Anche
quando lui viene convocato ad un Consiglio segreto e tu non lo
sei” intervene Re Elrond con una punta di ironia.
“Ehi! Veniamo anche noi!” anche le altre due
piccolo creature saltarono fuori.
“Dovrete mandarci a casa legati in un sacco per
fermarci.”
“Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questoo
genere di... missioni. Ricerche. Cose.”
“Ma così ti autoescludi, Pipino.”
“Undici compagni. E sia!” disse solennemente il
Mezzelfo, “ Voi sarete la Compagnia dell'Anello.”
“Grandioso. Dov'è che andiamo?”
Una dolce risata uscì dale mie labbra.
Angolo
dell’Autrice:
Ed eccomi dopo mesi e mesi con un nuovo capitolo. Vi porgo sinceramente
le mie scuse per questa lunga attesa, sono consapevole di non essere
stata corretta nei vostri confronti. Per mancanza di tempo e forse
anche per un po’ di paura nel dover finalmente trattare di
cose che già conoscete e amate, mi sono bloccata. Ma
rieccomi più vogliosa che mai di continuare questa avventura
con voi. Già da subito vi avviso che non riuscirò
a pubblicare molto spesso, ma farò del mio meglio per
soddisfarvi. Sono contenta di essere tornata tra di voi!
Spero che questo corto capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima!
Anna
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