Salvezza

di Anna Tentori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sofferenza ***
Capitolo 2: *** Oscurità, Acqua, Fuoco, Aria, Vento ***
Capitolo 3: *** Sogni ***
Capitolo 4: *** Il ciondolo ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni ***
Capitolo 6: *** Helvat ***
Capitolo 7: *** Il Prescelto ***
Capitolo 8: *** Fuggire non è la soluzione ***
Capitolo 9: *** Occhi grigi ***
Capitolo 10: *** Il momento è giunto ***
Capitolo 11: *** Imladris ***
Capitolo 12: *** Il Mezzelfo ***
Capitolo 13: *** Una nuova vita ( Parte 1 ) ***
Capitolo 14: *** Una nuova vita ( Parte 2 ) ***
Capitolo 15: *** La svolta ***
Capitolo 16: *** L'Anello ***
Capitolo 17: *** Il Consiglio di Elrond ***



Capitolo 1
*** Sofferenza ***


Capitolo 1:
Solitudine

"Sola".

Si, forse è proprio questa la parola che descrive al meglio come mi sento in questo periodo.
È una sensazione che non si può spiegare a parole, "Sola" è quella che si avvicina di più. Ma non è abbastanza.
Sto soffrendo molto.
Da molto tempo navigo nel grande mare della depressione, acque insidiose e burrascose che stanno mettendo a dura prova la mia esistenza.
Da ormai due anni la mia vita é dominata dall'insicurezza e dalla poca stima verso me stessa.
Non riesco ad apprezzarmi e ad essere fiera di ciò che sono, mi sento inutile e inferiore a tutti.
Poco a poco ho iniziato a isolarmi dal resto del mondo e a chiudermi in me stessa perché convinta di non essere accettata e di essere rifiutata.

Mi sento intrappolata in un infinito tunnel buio, cammino e cammino inconsapevole di dove mi stia dirigendo. Non conosco più la luce e il sapore della felicità.
Molte volte piango convinta di essere sola; molte volte urlo senza lasciar uscire alcun suono dalle mie labbra socchiuse; molte volte nascondo la mia sofferenza dietro un falso sorriso, una falsa risata.
I ricordi del passato pugnalano il mio cuore provocando fitte di dolore.
Periodi stupendi, felici e pieni di luce.
Quei ricordi paiono appartenere a un'altra vita, a un'altra persona.
Per colpa di uno sbaglio che poteva essere evitato tutto mi é scivolato via come l'acqua tra le mani, tutto é svanito come il fumo nell'aria.

Tutto questo dolore é rinchiuso all'interno della mia tormentata anima, nascosto a tutti.
Torno a casa pronta a scoppiare e a dare sfogo alla mia sofferenza ma tutto quello che posso fare é rinchiudermi in bagno e disperarmi silenziosamente.
Mi guardo allo specchio, osservo le lacrime che rigano il mio pallido volto sentendo il loro sapore tra le labbra. Fisso l'immagine dei miei occhi umidi riflessi nello specchio: sono gonfi e rossi, stanchi e disperati.
Soffoco i sussulti e i singhiozzi per evitare che qualcuno mi possa sentire, che qualcuno possa scoprire la mia sofferenza.
Guardo il mio bianco e bagnato volto mentre un turbine di pensieri e domande mi attraversano la mente.

-Perché?...-
-Perché io?...-
-Perché a me?...-
-Cosa ho fatto di male?...-
-Cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?...-

Non so a chi mi rivolgo, cerco risposte dall'alto ma queste non arrivano, e come possono?
So che non posso aspettarmi niente da lassù, non c'é nessuno.
Come può esserci? Come può esistere Dio se il mondo va a pezzi lacerato dalle guerre, dalla sofferenza, dall'ingiustizia, dalla crudeltà e dal male...
No, se esistesse veramente a tutto ciò non sarebbe concesso di esistere.
Da piccola avevo creduto veramente a Dio, a Gesù Cristo e a tutto ciò che il cristianesimo afferma; ma crescendo, apprendendo come realmente va il mondo, quella ferma convinzione si é poco a poco sgretolata lasciando il posto al vuoto.
Ma la cosa peggiore è chiudere tutto questo dentro di me. Non per cercare di celare la mia sofferenza a coloro che mi stanno attorno, no, per cercare di celarla a me stessa.
Nascondo tutto per convincermi che non stia accadendo veramente, che non stia veramente soffrendo.
Rido, scherzo, faccio cazzate non per nascondermi dagli altri, ma per nascondermi da me stessa.
Questa è la cosa peggiore che una persona possa fare a se stessa, perché così, in questo modo, non riuscirà a liberarsi da questa gabbia.
Capisco che tutto ciò possa apparire strano e irreale, ma è così. Io ne sono totalmente consapevole ma non ho la forza per reagire, non ho più la forza per reagire dopo tanti tentativi.
Ed è per questo che involontariamente credo che la cosa giusta da fare sia seppellire i miei sentimenti sempre più a fondo, sperando che un giorno me ne dimentichi.

Sono i libri il luogo in cui mi rifugio e dove trovo un briciolo di felicità. Grazie a loro ho vissuto mille avventure e conosciuto altrettanti mondi.
Ogni volta che apro un libro cesso per un po' di vivere nella realtà e mi immergo in un mondo fantastico e pieno di magia.
Ho vissuto più vite rispetto a una persona normale, attraverso la lettura ho contribuito a grandi imprese.
Ho sconfitto Voldemort insieme a Harry; ho pianto e sofferto con gli abitanti dei Sette Regni; con Katniss ho sofferto e lottato contro l'ingiustizia per riportare la libertà nei Distretti di Panem...

Tutto questo e molto altro ho fatto con l'immaginazione.
Solo con l'immaginazione.
È questo che mi brucia dentro: "Solo con l'immaginazione".
È tutto quello che posso fare, non mi è permesso di entrare a far parte realmente a quelle avventure.

Questo é quello che sogno, poter realmente contribuire a quelle grandi e magiche imprese.
In ogni momento buco della giornata mi immergo nella mia fantasia sognando e risognando di entrare in quei mondi e vivere mille imprese.
In questi momenti provo un sentimento intenso, un misto tra felicità e dolore: felicità di prendere, anche se solo con l'immaginazione, parte a grandi storie; dolore nel rendermi conto che mai tutto ciò potrà accadere.

E' un periodo molto difficile e doloroso, non ricordo di essere mai stata così triste.

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Capitolo 2
*** Oscurità, Acqua, Fuoco, Aria, Vento ***


Capitolo 2:

Oscurità’, Acqua, Fuoco, Aria, Vento

 

Come previsto il ridotto esercito Lannister cadde nella trappola segnando la propria sconfitta.
In lontananza potevo sentire i rumori della battaglia in corso: spade che cozzavano le une sulle altre, bestemmie, zoccoli che pestavano sul terreno, nitriti, imprecazioni, urla di dolore, suppliche, versi, uomini che morivano...

L'ansia aumentava sempre di più, la paura di una sconfitta opprimeva il mio cuore.
All'improvviso i rumori cessarono e un silenzio di tomba invase tutta la foresta.
Non potevo vedere niente perché ero nascosta dalla fitta boscaglia. 
Poco a poco iniziai a sentire passi che si avvicinavano velocemente.
Quale tra i due eserciti era riuscito a prevalere?
Finalmente, attraverso gli occhi della Lady Catelyn Stark, vidi uscire dalla boscaglia i superstiti dell'Esercito del Nord e con loro Robb Stark.

Soddisfatta richiusi il libro, diedi un'occhiata alla strana macchia rosa sul braccio sinistro e sospirando rimasi sdraiata sul morbido materasso ripensando alla straordinaria storia che stavo leggendo. "Il Grande Inverno" era uno dei tanti libri che costituivano "Le Cronache del ghiaccio e del fuoco" di George R. R. Martin, un racconto magnifico pieno di inganni, tradimenti, amore, onore, colpi di scena, complessi piani e misteri.
Un'altra fantastica storia e avventura da aggiungere alla mia collezione.
Mentre leggevo contribuivo alla dura lotta che gli Stark di Grande Inverno stavano vivendo, e condividevo il dolore che provavano dopo la perdita di Eddard Stark.
L'evento mi aveva scosso molto, il Lord del Nord era stato fin dall'inizio uno dei miei personaggi preferiti.
Non so quanti di voi mi potranno capire ma, durante la lettura di una storia, mi affezionavo subito ai protagonisti, buoni e cattivi, che diventavano parte della mia vita.
Mi sembrava di conoscerli benissimo, come se realmente vivessero accanto a me. Con loro ridevo, scherzavo, soffrivo, piangevo, provavo paura e dolore...
Sembra una cosa strana, ma con loro vivevo. Sono stati loro ad affiancarmi e ad aiutarmi nel periodo più brutto della mia vita; sono stati loro che nonostante tutto mi hanno trasmesso importanti valori e che infondevano in me la forza di andare avanti.

 

"Eryn Raisi!"
"Si mamma?" risposi tornando bruscamente alla realtà. 
"È la millesima volta che ti chiamo! Vieni subito a tavola, la cena è pronta"
Sospirando mi alzai dal comodo letto e mi avviai verso il salotto.
"È possibile che ti debba chiamare trecento volte prima che tu risponda?" disse irritata.
"Non erano mille?" risposi sbadigliando.
"Non fare la spiritosa!"
"Scusi!" ribattei sedendomi.

L'ampio soggiorno era illuminato dalla tenue luce del tramonto ed era pervaso dal profumo della carne che cuoceva ancora sul fuoco.
Un piccolo tavolo rotondo in legno massiccio era posto al centro, coperto da una tovaglia a quadretti bianchi e verdi, sopra la quale erano posti ordinatamente le posate in argento inossidabile, piatti in ceramica e bicchieri in vetro colorato.
Attorno ad esso sedeva la mia famigli: mio padre stava ripiegando il giornale appena letto; mia madre stava servendo il primo nei vari piatti (pasta al tonno e mozzarella); mia sorella Giada era impegnata a scrivere un messaggio con il suo dannato cellulare; mio fratello invece si era già fiondato sul piatto fumante.

"Come va il braccio?" chiese mio padre.
"Sta peggiorando" risposi guardando la grande macchia rossa che si stava espandendo sulla parte inferiore del mio esile polso.
"Stai continuando a mettere la crema che ti ho comprato?" si intromise mia madre.
"Si ma non serve a un cavolo, più la metto più la macchia si espande".
"Niente servirà a mandarla via" disse mio padre distrattamente, la moglie in tutta risposta lo fulminò con uno sguardo.
"Perché non dovrebbe sparire?" chiesi sospettosa guardando entrambi.
"Magari è l'inizio di una malattia grave!" disse Giada spaventata.
"Ma non sparare cavolata!" si intromise Max sempre più annoiato dalla conversazione.



Seguì un lungo silenzio durante il quale mia madre continuò a guardare male il marito.
Infastidita ruppi il silenzio chiedendo spiegazioni ma i due genitori si limitarono a guardarmi con aria fintamente innocente, alla fine mi arresi e rivolsi tutta la mia attenzione al piatto fumante.

 

 

Mi sdraiai sul grande letto e mi voltai sulla schiena guardando attentamente la macchia rossa: era grande come una pallina da ping-pong e aveva una strana forma irregolare. All'inizio si era presentata come un piccolo puntino e avevamo creduto fosse un insignificante morso di ragno, ma la macchietta invece di sparire aveva iniziato, poco a poco, ad espandersi. Non sentivo dolore ma un costante, leggero e fastidioso prurito; a volte era fredda, altre invece più calda.
All'inizio mia madre aveva insistito perché la facessi esaminare da un dermatologo ma mio padre aveva ribattuto che non sarebbe servito a niente e che con il tempo sarebbe andato via da sola. Così mi avevano rifilato una strana crema che invece di migliorare la situazione la peggiorava.

Il comportamento dei miei genitori mi aveva lasciata molto perplessa, sembrava che mi stessero nascondendo qualcosa.

Magari è l'inizio di una malattia grave

Le parole di Giada risuonarono nella mia mente ma subito le scacciai scuotendo il capo.

Allungai il braccio e presi il grande libro dal comodino, mi immersi nuovamente nella storia dei Sette Regni e tra fantasia e realtà mi addormentai.

 

L'oscurità era l'unica cosa che potevo vedere, un buio intenso e opprimente, non avevo mia visto un nero così nero. Le tenebre mi avvolgevano e dominavano, la loro ferrea morsa mi impediva di compiere qualsiasi movimento e mi impediva, quasi del tutto, di respirare.
Il freddo era insopportabile, sembrava fossi immersa completamente in un lago ghiacciato,

Improvvisamente un dolore lacerante colpì il mio polso e il freddo iniziò a diminuire lasciando posto al caldo.
Intorno a me si alzarono lingue di fuoco rosse, gialle e blu. Iniziarono ad avvolgere il mio corpo con una rovente presa.
Il caldo continuava ad aumentare, ogni centimetro della mia pelle bruciava e fumava come il carbone in un braciere. 
Rimpiangevo il freddo e la gelida morsa dell'oscurità. 
Urlavo senza riuscire a emettere alcun suono mentre il calore aumentava insopportabilmente fino a raggiungere il culmine.

Un'altra fitta di dolore avvampò sul mio polso e mi ritrovai immersa nell'acqua gelida.
Non riuscivo a respirare, cercai con tutte le forze di muovermi per risalire a galla ma il corpo ignorava i comandi che il mio cervello gli inviava.

Nuovamente dolore e un violento vento mi investì tramutandosi in una tromba d'aria.

Altro dolore e finii avvolta dalla terra.

Come era iniziato, tutto finì nell'oscurità e mi risvegliai improvvisamente nel cuore della notte fradicia di sudore per poi riaddormentarmi.



Un debole e piacevole calore investì il mio viso, interrompendo un sonno tormentato.
Aprì lentamente gli stanchi occhi cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante, timorosa di trovarmi ancora imprigionata nell'oscurità o nel fuoco, nell'aria, nel vento o sommersa dalla terra.
Con sollievo mi resi conto di essere nella mia stanza, illuminata completamente dai deboli raggi del sole mattutino. Al centro, un grande tappeto bianco aveva assunto un colore giallognolo a causa della luce e ricopriva quasi del tutto il pavimento in parquet. I muri erano coperti da grandi armadi e scaffali contenenti ogni sorta di oggetti e vestiti, tra di essi spiccava un'enorme libreria colma di libri riguardanti qualsiasi genere letterario. Una piccola scrivania era sommersa da varie cianfrusaglie che nascondevano un grigio computer portatile, mentre il pavimento era cosparso di vestiti stropicciati e accartocciati.
Non sono mai stata una ragazza molto ordinata e questo credo l'abbiate capito, spesso discutevo furiosamente con mia madre convinta della mia tesi: "Tanto anche se la riordinassi ritornerebbe comunque disordinata"; ma questo, ovviamente, non riusciva a smuovere mia madre.

Non appena fui completamente sveglia un dolore intenso e insopportabile investì il mio polso.
Trattenni un urlo di dolore e le lacrime iniziarono a rigare il mio volto sofferente.
Rimasi immobile per qualche minuto, poi, con fatica, aprii gli occhi e avvicinai il polso al viso.
Non appena essi si soffermarono sul braccio si sprigionò un'intensa e abbagliante luce bluastra che mi costrinse a chiudere nuovamente gli occhi.
All'improvviso la testa iniziò a girarmi velocemente, l'oscurità ritornò ad avvolgermi e persi i sensi.

 

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Capitolo 3
*** Sogni ***


Capitolo 3:

Sogni

Un'intensa luce blu mi accecava impedendomi di guardare e capire cosa stesse succedendo. Il polso pulsava di dolore senza lasciarmi tregua. All'improvviso la luce bluastra si ritrasse riducendosi solo ad illuminare il polso. Mi accorsi di stare fluttuando nell'aria, ero distante chilometri dalla terra ferma. Piano piano iniziai a perdere quota e sotto di me la morfologia della terra cominciò a delinearsi più chiaramente.
Il continente si avvicinava sempre più e montagne, fiumi, laghi, colline comparvero sotto i miei piedi. La mia velocità aumentava senza sosta e la paura di schiantarmi a terra iniziò a dominarmi. Mancavano pochi metri, pochissimi allo schianto quando una voce rimbombò nella mia testa.



"Eryn"

Era una voce familiare.
"Eryn!"

Continuava a chiamarmi incessantemente.
Mi fermai di colpo e la terra sotto di me si sgretolò in mille pezzi.
"Eryn! Svegliati!"

Mi alzai di scatto dal letto urlando a pieni polmoni, per poco non pestai la testa contro mia madre.
Iniziai a tremare esageratamente e un senso di nausea mi invase. Mia mamma mi guardava preoccupata, bianca in viso.

"Ery, cos'hai? Guardami."



Mi sentivo come isolata dal resto del mondo, suoni e parole mi apparivano lontane e fievoli. Sentì un tocco freddo sulla fronte e mia mamma uscì dalla stanza dicendo qualcosa che non compresi.
Sprofondai nel letto e chiusi gli occhi. La testa mi girava moltissimo, la nausea mi impediva di aprir bocca e parlare, un caldo insopportabile mi invadeva. Sull'interno nero della palpebra apparivano dei simboli bluastri indefiniti, che poi si unirono a formarne uno più grande. In quel momento un dolore lacerante si diffuse a partire da quell’odiatissimo polso.

"La situazione sta peggiorando Marco! Trema come una foglia, è bollente in modo innaturale e sembra in uno stato di trance! Non si può andare avanti così!"

"Lo so, ma io non ci posso fare niente. Dobbiamo solo aspettare, è questione di tempo".



In lontananza sentivo le voci dei miei genitori, il loro tono di voce aveva in se una nota di preoccupazione.
Una mano iniziò ad accarezzarmi i capelli fradici di sudore mentre un'altra mi prese il braccio dolorante.



"Ormai è quasi del tutto sviluppato. Presto anche il dolore cesserà"
"Non c'è niente che possiamo fare? Niente che possiamo dargli? Guarda in che stato è. Povera la mia bambina" mia mamma sembrava sul punto di piangere.
"Assolutamente no. Hai visto come la crema ha peggiorato la situazione. Fin dalla sua nascita sapevamo che sarebbe successo e che non avremmo potuto fare niente. Stai tranquilla, tutto ciò non la danneggerà.”

Entrambi mi diedero un bacio sulla fronte sudata e uscirono dalla stanza.

Tutto quello che avevano detto non aveva senso, cosa significava? Cosa sanno fin dalla notte in qui venni alla luce? In che senso è questione di tempo?

Cosa mi nascondono? Cosa mi hanno celato per diciotto anni?

Più pensavo più il male alla testa aumentava. Avevo una voglia sfrenata di aprire gli occhi ma qualcosa me lo impediva. Mi sentivo come immobilizzata sul letto, senza alcuna possibilità di muovermi. All’improvviso un dolore lancinante investì prima il polso e poi la testa. Immagini che sembravano appartenere ad un video frammentato mi apparvero davanti agli occhi: colline verdi, un bosco in fiamme, bellissime luci, fiamme indomabili, volti bellissimi e sorridenti, visi deformati e orribili, un bianco albero, lo stesso albero in fiamme, praterie sconfinate, villaggi depredati. L’ultima immagine che vidi fu una terribile figura mascherata che si trasformò in un occhio infuocato. Paura mi invase e inizia ad urlare.

Sentii qualcuno correre nella mia stanza gridando cose che non riuscivo a comprendere. Qualcuno mi sollevò dal letto e in tutta fretta mi trasportò in bagno, mi mise nella vasca e iniziò a bagnarmi con acqua gelata.

La sensazione che provai fu fantastica. Il mio corpo sembrava stesse bruciando e l’acqua fredda diede sollievo. Piano piano il dolore, sia alla testa che al polso, diminuì ed iniziai a sentirmi meglio.

Mio padre, dopo avermi asciugato e cambiato vestiti, mi adagiò dolcemente sul divano.

“E’ più potente di quanto pensassi. Sembra come se stessero accelerando i tempi, qualcosa non va. Chiama immediatamente mio padre”

Queste furono le ultime parole che riuscì a sentire perché sprofondai nuovamente nel sonno.

Quello che sognai fu magnifico: bellissime creature dalle orecchie a punta, lunghi capelli e visi di una bellezza stupefacente; donne e uomini dai capelli color fuoco intenso come i loro grandi occhi, bellissimi sorrisi e visi spensierati; piccole creature dai capelli ricci, vestiti verdi e gialli, visi gioviali, ventri prominenti ed enormi piedi nudi; rozzi e bassi guerrieri dalle folte barbe lunghe e dagli occhi ardenti; uomini di tutti gli aspetti con donne e bambini che si rincorrevano per bianche strade; uno stregone dalla barba bianca, cappello a punta blu e un enorme mantello grigio. Sognai posti meravigliosi e incantati.

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Capitolo 4
*** Il ciondolo ***


Capitolo 4

Il ciondolo

 

 

Eryn” Jenna sussurrò al mio orecchio.


“Che cosa vuoi?” chiesi alzando la testa intorpidita.


Non appena misi a fuoco il luogo circostante vidi la professoressa che mi guardava con aria severa.


“Signorina Raisi, vedo che è molto attenta alla lezione. Mi dica, in che anno Bernini iniziò a costruire il Colonnato di San Pietro? Anzi, troppo facile. Mi dica tutto sulla magnifica opera di questo artista seicentesco!”


Guardai con aria di sfida la professoressa di Storia dell’Arte, mi misi dritta sulla sedia ed iniziai a parlare con sicurezza.


“Il progetto della piazza e del colonnato fu commissionato al Bernini da Papa Alessandro VII Chigi e i lavori si svolsero tra il 1657 e il 1667. Grazie a vari documenti sappiamo che originariamente la piazza doveva essere a forma di cerchio e non di ellissi come è realmente. La piazza ellittica é preceduta dalla piazza rettilinea, che la collega alla Basilica di San Pietro. La piazza rettilinea è a prospettiva rovesciata, infatti il cono è più largo in prossimità della basilica e più stretto al congiungimento con la piazza ellittica. Questa fu la soluzione che il Bernini trovò per evitare il senso di lontananza che un fedele poteva provare se guardava la basilica dalla piazza ellittica. Infatti la prospettiva rovesciata tende ad avvicinare qualsiasi cosa.
La forma della piazza, insieme alla basilica, si può leggere in senso metaforico. Come riferì lo stesso Bernini al papa la cupola rappresenta la testa di S. Pietro, la chiesa il suo corpo e il colonnato le sue braccia. Questa metafora sta a indicare che la Chiesa deve accogliere i fedeli, riportare alla fede i protestanti e accogliere gli infedeli. Infatti come ben sappiamo l’arte barocca veniva utilizzata come mezzo di propaganda per le dottrine cattoliche controriformiste.
Il colonn-“


“Va bene signorina Raisi, può bastare” mi disse e riprese la lezione da dove si era fermata.


Io e Jenna trattenemmo una risata e soddisfatte ci battemmo il cinque sotto il banco.


“Grande Ery! Non lo da a vedere ma l’hai fregata!”

 

 

 

Ho sempre amato l’arte. Mi affascina e mi trasmette tantissime emozioni diverse. Potrei stare ore a fissare una semplice opera alla ricerca di ogni minimo particolare, di ogni singola pennellata o scalfittura. Ammiro ogni tipo di corrente o periodo artistico, in particolar modo l’arte Greca e Romana, ma quella Rinascimentale é in assoluto la mia preferita.

L’Umanesimo, il Rinascimento Maturo e il Manierismo hanno un non so che di magico per me. Tutte quelle opere così belle e naturalistiche mi fanno sentire orgogliosa del paese in cui vivo. Un paese unico per la sua storia, la sua cultura e la sua arte. 
Studio con facilità la Storia dell’Arte e prendo sempre il massimo dei voti. Questo perché, oltre a capirla al volo, mi porto avanti ogni volta con il programma perché curiosa e impaziente. Grazie a questo mio amore per l'arte sono già sicura di cosa fare nella vita: cercare di trasmettere alle altre persone questa mia passione , attraverso l'insegnamento o la spiegazione in grandi musei o città. È proprio questo che mi da speranza. Sapere che un giorno potrò dedicarmi a quello che amo ed essere felice mi da la forza di rialzarmi e superare questo difficile periodo.

 

 

Drin! Drinnnnnn!


Il suono della campanella che segnava la fine delle lezioni invase l’intera scuola rendendo felice ogni singolo studente. Come un lampo mi infilai lo zaino sulle spalle, presi Jenna per una mano e scesi velocemente le scale.


“Ery rallenta!”


“Perderemo il pullman Jen! Non ho voglia di aspettare un’intera ora che passi il prossimo”


Ci dirigemmo velocemente in stazione e per poco non perdemmo il mezzo pubblico.
Fortunatamente trovammo due posti liberi e li occupammo.
Presi dallo zaino cellulare e cuffie e schiacciai play sulla canzone "Heaven" di Bryan Adams. La musica dalle orecchie si diffuse in tutto il corpo e iniziai a pensare.
Ero stata male per tre interi giorni, ma non mi ricordavo niente di niente. Quelle tre giornate erano avvolte da un alone nero. I miei genitori mi avevano detto che avevo dormito tutto il tempo svegliandomi di tanto in tanto in preda a dolori e al panico a causa della febbre alta. L'unica cosa che ricordavo era il dolore. Appena risvegliata avevo controllato il polso e con mio grande stupore appresi che finalmente la macchia era sparita. Tutto era tornato normale.

 

Salutai Jenna e mi preparai a scendere dal pullman. Dopo due minuti di cammino varcai il cancello di casa e salii le scale dove si era diffuso il profumo invitante del pranzo. Varcai la porta e venni investita da abbracci e da  auguri di "buon compleanno".
Quel giorno compivo diciotto anni e mia mamma mi aveva preparato un pranzetto con i fiocchi invitando anche mio nonno paterno e le mie tre zie con i figli.


Ero molto legata a Giuseppe, avevamo un legame unico o indistruttibile. Eravamo simili sia caratterialmente che fisicamente.
Entrambi caparbi, nessuno poteva distoglierci dalle nostre idee; entrambi grandi sognatori; desiderosi di dare il meglio di noi stessi; abbastanza timidi e riservati; orgogliosi e incapaci di esprimere i nostri sentimenti.
Quando stavo con lui non c'era bisogno di parlare. Potevamo restare ore in silenzio, l'uno accanto all'altro, leggendo o disegnando o osservando il paesaggio. Ci intendevamo alla perfezione.
Quando era giovane i suoi capelli avevano lo stesso colore dei miei: rosso fuoco intenso. Il viso, seppur solcato da grandi rughe, aveva la stessa forma allungata del mio, con stesse lentiggini e stessi occhi. Occhi grandi e luminosi, dello stesso colore dei capelli. Da giovane era stato un uomo molte attraente e desiderato dalle donne. Amava la montagna, amava scalare, amava sentire il profumo della natura incontaminata.
La sua presenza mi faceva sentire un po' meno sola.
Mio nonno era anche un uomo molto misterioso. Molti anni prima del mio diciottesimo compleanno, quando lui aveva più o meno la mia età, era sparito per diversi mesi senza dare spiegazioni a nessuno all'infuori della sua famiglia. Quando fece ritorno qualcosa in lui era cambiato ma nessuno seppe mai dove fosse andato, neppure a me e ai miei fratelli fu detto il motivo.

 

 

Il pomeriggio passò velocemente tra cibo, risate e regali. Verso le sei di sera le mie zie e i loro bambini ci salutarono e tornarono a casa. Max e Giada invece dissero che dovevano andare a trovare un loro amico in comune che era all'ospedale a causa di un incidente in moto. Rimase solo mio nonno che assunse un'aria seria, diversa dal solito.

 

"Ery, siediti e ascoltami. È arrivato il momento che tu apprenda tutta la verità. Sei pronta."


Giuseppe disse ciò guardandomi dritto negli occhi, e per la prima volta non seppi riconoscerlo.


"Ma, cosa vuol dire tutto questo? Che stai farn-" risposi agitata.


"Non parlare, limitati solo ad ascoltare. Ma prima dobbiamo farti vedere una cosa"


Mio padre uscì dalla sua stanza con un cofanetto rettangolare. Era di colore oro e intagliato a opera d'arte.
Lo mise al centro del tavolo e piano piano lo aprì.

Al suo interno vidi una specie di ciondolo di forma sferica. Era di un azzurro intenso e brillava di una strana luce. Al centro erano incise tre lettere che si intrecciavano: una H, una V e una X. Tutto intorno dei grossi fili argentati lo avvolgevano formando strani simboli. Era di una bellezza stratosferica e pareva essere molto antico.

Dopo pochi secondi si sprigionò un’intensa luce, il polso mi pulsò di dolore e proprio li comparve lo stesso simbolo presente sul ciondolo.

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Capitolo 5
*** Rivelazioni ***


Capitolo 5

Rivelazioni

Cosa significa tutto questo? Cosa mi sta succedendo?”

Grosse lacrime mi rigavano le guance. Stringevo i denti dal dolore. Il polso sembrava aver preso fuoco, ci mettevo tutta me stessa per non urlare. Mi tremava tutto il corpo e faticavo a parlare, ero sovrastata da singhiozzi.

Di colpo mi tornò alla mente tutto quello che era successo in quei tre giorni dolorosi.

“ Tranquilla Ery” mi disse mio nonno.

“ Come faccio a stare tranquilla?!” gli urlai contro, “ Come faccio a stare calma se mi stanno succedendo tutte queste cose anormali?! Quei sogni, questo maledetto polso, il dolore!”

Ero in preda al panico, volevo solo che tutto questo smettesse. Volevo risvegliarmi da questo maledetto incubo e apprendere che era tutto un sogni. Ma non mi svegliavo.

“Ery calm-

“Basta! Non ne posso più! Piantatela di dirmi di stare calma! Ho tutto il diritto di spaventarmi! Tutto il diritto!”

“Ery devi ascoltarci. E’ molto importante. Per favore!”

Mia madre si avvicino piano, mi abbracciò e mi accompagno al tavolo. Mi sedetti lentamente sulla sedia continuando a tremare. Piano piano il dolore si stava attenuando.

“Okay, vi ascolterò” dissi sospirando.

“ Questo amuleto appartiene da molti secoli alla nostra famiglia” disse mio nonno.

“E fin qui ci ero arrivata!” ribattei ancora irritata.

“Per favore non interrompermi” mi disse guardandomi con rimprovero. Feci cenno di assenso con la testa e lui riprese a parlare.

“Questo amuleto appartiene da molti secoli alla nostra famiglia. Ci appartiene dal principio, quando i nostri avi si rifugiarono in queste recenti Ere”

“Si rifugiarono in queste recenti Ere? cosa stai farneticando?” interruppi accigliata.

In tutta risposta Giuseppe mi fulminò con uno sguardo e abbassai lo sguardo timorosa.

“Si, proprio così. I nostri antenati provengono da un passato molto lontano, quando la terra era molto di versa da quella che conosciamo. Un passato ormai dimenticato e diventato inesistente per l’uomo.

Arda è il nome che il nostro mondo aveva all’origine”

“Piantatela di prendermi in giro! Ti rendi conto di quello che stai dicendo? “ dissi scocciata e spaventata.

“Ery! Mi credi capace di fare una cosa del genere? Voi sapere cosa ti sta succedendo si o no?”

Annui con la testa.

“Allora smettila e ascoltami con molta attenzione!”

“Ascolta tuo nonno, lo so che può sembrarti tutto così irreale ma è così” si intromise dolcemente mio padre.

“Posso continuare? Bene!

Prima della nascita dell’universo, quando il nulla dominava tutto, l’unica e sola identità, Eru Ilùvatar, creò spiriti divini, gli Ainur, che lo avrebbero aiutato a realizzare il suo disegno. Il progetto era quello di creare il mondo attraverso una Grande Musica: fece cantare agli Ainur una melodia che contenesse tutte le loro sensazioni e i loro pensieri. Trasformò ciò prima in visioni e poi, con l’utilizzo della Fiamma Imperitura, o Fuoco Segreto, gli conferì esistenza materiale. Ma, quando li fece cantare, uno degli Ainur, Melkor, era così impegnato a cercare il Fuoco Segreto, per mettere in atto scopi personali, che distrattamente non cantava insieme agli altri e non ascoltava la loro musica. Sviluppò quindi idee differenti i fece modifiche alla melodia, da lui risultarono suoni sgradevoli e non intonati, che nella visione divina presero forma delle molteplici espressioni del male.

Nacque così il mondo. Alcuni degli Ainur rimasero con Ilùvatar mentre altri discesero nel mondo prendendo il nome di Valar. I Valar misero in atto le opere di cui avevano avuto la visione durante la Grande Musica creando cosi Arda, la Terra.

“Ma tutto questo è ridicolo! E il Dio in cui credete? Come fate a credere in lui se credete anche in questa realtà?” chiesi confusa.

“ Perché Ilùvatar è il nostro dio. Devi capire che sono la stessa cosa. Dio veniva chiamato Ilùvatar prima che iniziasse il mondo che tutti gli uomini di oggi conoscono. In quelle Ere qualsiasi essere vivente era a conoscenza dell’esistenza dell’entità che aveva dato inizio a tutto. Ma, a causa di ragioni che non ci sono permesse di conoscere, Egli decise di nascondere la usa esistenza ai nuovi abitanti ma lasciando in loro qualcosa che li spingesse a cercarlo. E’ per questo che esistono numerose religioni, esse cercano di saziare la nostra voglia di conoscerlo e cercarlo. Le religioni monoteiste hanno cercato di spiegare solo l’esistenza di Ilùvatar mentre quelle politeiste, come avrai già capito, hanno cercato di spiegare anche l’esistenza degli Ainur. Ti è chiaro? Posso continuare?”

Feci cenno di si con la testa, anche se in realtà ero piuttosto confusa e diffidente a quelle parole.

“Perfetto. Allora, poco dopo l’arrivo dei Valar nel mondo, Melkor pretese di essere l’unico Valar di Arda. Così ebbe inizio la Prima Guerra di Arda. Essa mise in difficoltà la generazione dei continenti e degli oceani impedendo ai Valar di rendere concreta la Grande Musica, La guerra ebbe fine grazi all’avvento di Tulkas che fece fuggire Melkor nel vuoto di Eä, l’universo.

E così la creazione continuò.

Non ti racconterò cosa altro successe perché è molto lunga, lo scoprirai se lo vorrai.

Prima di dirti quello che realmente ti interessa devi sapere che creature popolavano la nostra Terra in quelle remote Ere.”

“Creature?” chiedi incuriosita

“Si proprio così. In principio vi erano altri popoli che convivevano con gli uomini. Per primi furono creati gli Elfi le più belle creature della Terra di Mezzo. Avevano i sensi di gran lunga più sviluppati degli uomini e una vita eterna. Erano le creature più sagge di tutte e in loro era riposta tutta la conoscenza. Insieme a loro comparvero sulla terra gli Ent, sono creature a metà strada tra alberi e uomini, con una natura vegetale ma in grado di pensare, muoversi e parlare. Successivamente nacquero gli Uomini. Gli Uomini erano simili agli elfi ma con minore splendore e saggezza. Erano mortali ma con una vita più lunga rispetto a ora.

In realtà i primi esseri viventi creati furono i Nani. Creati in segreto da Aulë, uno dei grandi Valar.

nell'oscurità della terra perché egli non riusciva più a sopportare l'attesa dell'avvento dei Figli di Ilùvatar, Elfi e Uomini. Fisicamente rano robusti, muscolosi e tozzi. Molto bassi e con folte barbe. Vivevano fino a 800 anni. Erano caparbi ed orgogliosi, amanti dell’oro e di tutto ciò che veniva creato dalle loro mani. Gli Orchi furono il risultato di torture afflitte agli elfi corrotti da Melkor. Erano creature deformi e ripugnanti, dalla pelle verde scuro e con lunghe braccia. Infine gli Hobbit, creature piccolissime e agili. Non si conosce la loro origine ma si sa che erano imparentati con gli Uomini. Erano creature pacifiche e spensierate. Amanti della tranquillità, della terra e del cibo. Capelli ricci, enormi piedi resistenti e ventri prominenti li caratterizzavano. Creature oziose ma con un’anima forte.”

“ Tutto quello che mi stai dicendo è impossibile! Elfi, Nani, Orchi e tutte quelle cose appartengono alle fiabe. Se questo è uno scherzo non vi sta riuscendo bene!”

“Aspetta di sapere cosa centra la nostra famiglia con ciò e poi tutto questo non ti sembrerà più un brutto scherzo. Aspetta di sapere i quel popolo che hai sognato. Aspetta di conoscere la storia degli Helvat!”

Angolo dell’autrice:

Allora cari lettori. Sono consapevole della lunghezza di questo capitolo e del fatto che racconto ciò che già sapete. Ho dedicato questo capitolo alla creazione di Arda solo perché Eryn doveva conoscerla. Spero di non avervi annoiato!  Nel prossimo capitolo saprete tutto degli Helvat e apprenderete la storia della famigli di Eryn!

Vi invito a lasciare qualche recensione così che possa capire come sto andando! Grazie e alla prossima!

AnnaJ

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Capitolo 6
*** Helvat ***


Capitolo 6:

Helvat

 

 

"Ora basta! Tutto questo ha raggiunto il limite dell'assurdo, non voglio più sentire niente su 'sta storia. Non sono più una bambina a cui raccontare fiabe."

"E dimmi allora Ery, come spieghi ciò che hai sul braccio?" mi disse mio nonno con tono di sfida.

Il polso.

Me ne ero completamente dimenticata. Ero così assorta nell'assurdità della situazione che mi ero dimenticata di cosa era comparso al posto di quella stramaledettissima macchia.

"Io... Non... Io non so" risposi in preda al panico e incapace di aggiungere altro.
Abbassai lo sguardo per esaminare quello strano fenomeno. Tre lettere intrecciate (una H, una V e una X) erano incise nella mia pelle. Erano di colore azzurro intenso ed emanavano una strana luce quasi impercettibile.

" Non lo sai eh... E vediamo come spieghi quelle strane visioni e quei sogni che hai fatto? " mi domandò.

"Solo sogni" risposi con decisione.

"Dici? Sogni molto strani direi. L'oscurità, il fuoco, l'aria, l'acqua, la terra; un continente che si sgretola sotto di te; strani posti; paesaggi magnifici; strane creature; distruzione; la paura nel vedere quell'occhio di fuoco.
Si sogni molto strani" disse guardandomi divertito e con aria sognante.

"E tu come fai a sapere tutto questo?" chiesi spaventata e spiazzata.
Come era possibile che sapesse tutto quello che avevo visto? Fino a poco prima neanche io me ne ricordavo. Pensai che magari avessi parlato nel sonno ma scartai subito l'ipotesi, durante quei sogni non avevo proferito parola.

"Semplicemente perché anche io molti anni fa vidi tutto ciò"

Dicendo cosi alzò la manica del maglione e girò il braccio.
Con sgomento vidi che sul suo polso era inciso lo stesso simbolo che avevo e che era rappresentato sul ciondolo.
La stessa H, la stessa V e la stessa X. L'unica cosa diversa era che non emanavano alcuna luce ed erano di un blu notte.
Un senso di smarrimento mi pervase. Non capivo più nulla, mi sentivo come se tutto quello che ero stata in quei 18 anni fosse crollato all'improvviso. Ogni convinzione si perse e un desiderio di conoscenza mi afferrò.

"Ma come? Tu?... Cosa?...Ma?..."

"Ora mi credi? Continuerai ad ascoltarmi senza dire una parola e accettando tutto questo?" mi chiese dolcemente.

"Okay"

"Ti capisco benissimo piccola mia. Anche io a mio tempo mi sono ritrovato nella tua stessa situazione. É difficile da accettare ma poco a poco diventerà una certezza.
Siamo speciali, tutta la nostra famiglia lo é. Non devi avere paura, dobbiamo essere orgogliosi di ciò che siamo.
Discendiamo da quelle creature dai capelli rosso fuoco, gli occhi grandi dello stesso colore e dalla pelle d'avorio che hai sognato. Basta che ti guardi allo specchio e questo avrà un senso. Helvat erano chiamati un tempo.
Quel popolo non fu creato dagli Ainur come gli Elfi, gli Uomini, i Nani e gli Ent. Furono frutto di unioni proprio come gli Hobbit. Ma la cosa fu più complicata.
Comparvero per la prima volta ad Arda alla fine della Seconda Era. L'era in cui Melkor fu sconfitto definitivamente, in cui ci fu la caduta di Numenor, continente di Arda, e la Terra di Mezzo, il continente che ospitò la nostra antica storia, fu conquistata da Sauron.
Sauron fu allievo di Melkor e dopo la sua sconfitta irretì gli uomini..."

"Irri-che? Cosa significa?" chiesi sentendomi un po' stupida.

"Irretire significa "prendere con la rete", nel senso di indurre con l'inganno o con lusinghe"

"Ohhh... Okay"

"Bene continuiamo. Irretì gli uomini, in particolare quelli di Numenor portando il regno alla distruzione. Il desiderio di Sauron non era quello di dominare tutta Arda ma, a differenza del mastro, di dominare solo la Terra di Mezzo.
I Valar, per contestare Sauron, inviarono degli Stregoni simili in aspetto agli uomini ma più longevoli e con grandi poteri, Istari venivano chiamati. Avevano il compito di andare contro a Sauron riunendo tutti i popoli che volevano resistergli. Erano cinque e formavano "l'Ordine", l'Heren Istarion. Erano Saruman il Bianco, i due Stregoni Blu, Radagast il Bruno e Gandalf il Grigio.
Arrivarono nella Terra di Mezzo alla fine della Seconda Era. Il loro scopo non era solo quello di contrastare Sauron ma gli venne dato l'ordine di dare vita a una nuova razza, che sarebbe stata determinante per la completa disfatta di Sauron. Come ordinato gli Istari presero un Elfo e un Uomo, con una potente magia, datagli dallo stesso Iluvatar, li unirono dando vita a una via di mezzo tra le due razze. Successivamente ognuno dei cinque membri diede uno specifico potere a quell'essere: Saruman gli donò il potere di controllare l'aria, i due Stregoni Blu il potere di dominare l'acqua, Radagast la terra mentre Gandalf il fuoco. Però non devi fraintendere, gli Helvat non erano in grado di dominare gli elementi completamente ma solo in parte, ricorda essi non potranno mai essere dominati del tutto. Dopo divisero l'essere appena creato dando vita a una donna. Così essi si moltiplicarono dando inizio a un intero popolo.
Dagli Elfi acquisirono una lunga vita ma non immortale a causa della parentela con gli Uomini. Erano bellissimi e saggi, ma mai come gli Elfi. Erano in balia delle emozioni proprio come gli Uomini, ma non così facilmente corruttibili.
Si stanziarono in una terra disabitata al centro dell'Eriador, delimitata dal fiume Brandivino. 
Gli Helvat si unirono agli Elfi e al gruppo di Numenoreani fedeli sopravvissuti alla distruzione dell'isola e guidati da Elendil e dai figli Isildur e Anarion per distruggere Sauron.
Ma ci fu un traditore tra di loro che, per sete di potere, si schierò con l'Oscuro Signore rivelandogli dell'esistenza del nuovo popolo e del loro scopo. Sauron riuscì così ad architettare un piano per eliminare gli Helvat. Non si sa quale fosse questo piano ma di sicuro usò l’Unico Anello.”

“Cos’è l’Unico Anello?”

“L’Unico è un anello forgiato da Sauron per dominare tutti gli altri anelli che aveva, creato con l’aiuto del fabbro Celebrimbor, donati agli Uomini, ai Nani e agli Elfi.

   « Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende. »

Tutto chiaro?”

Feci cenno di si.

 

“Durante l’ultima battaglia l’esercito Helvat si indebolì all’improvviso e  furono tutti massacrati. Tutti tranne due, coloro che erano stati creati per primi. I loro nomi erano Nimris e Ambrey. Per la loro sicurezza gli Istari decisero di farli sparire e nel mezzo della battaglia i due scomparvero senza lasciare traccia. Poco dopo Isildur sconfisse Sauron togliendoli dal dito l’Unico Anello che andò perduto.

I due sopravvissuti furono catapultati insieme a Gandalf il Grigio alla fine del Medioevo, se vogliamo essere precisi quando venne scoperta l’America nel 1492.

Ora inizia la nostra storia.”

 

 

 

Angolo dell’Aurice:

 

Salve cari lettori, poco a poco vi sto rivelando tutto il passato che riguarda Eryn. Ovviamente ho fatto in modo che gli Istari arrivassero ad Arda un po’ prima di come scrisse Tolkien per inserire meglio questo nuovo popolo.

Detto questo vi saluto, alla prossima J

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Capitolo 7
*** Il Prescelto ***


CAPITOLO 7:

Il prescelto

 

 

"Ma perché Nam... No, Nimm.... Am... Ab...."


"Nimris e Ambrey" mi suggerì divertito mio nonno.


"Ecco, quei due! Perché proprio in quel periodo storico?" chiesi incuriosita.


"A questa domanda non so risponderti, sai?" disse sospirando, "Ma quello che so è che centrarono qualcosa nella scoperta del Nuovo Continente!"


"Davvero? Dici sul serio?" chiesi sorpresa e divertita allo stesso tempo.


"Oh si! Direi proprio che ne erano completamente coinvolti! 
Sai, arrivando in quell'Era i due fecero molta fatica ad adattarsi alla vita lineare degli uomini. Loro erano abituati al movimento, alla magia e all'avventura che caratterizzavano la Terra di Mezzo. Puoi ben capire che non c'era paragone tra il Mondo "Antico" e quello "Nuovo". Erano continuamente in cerca di qualche avvenimento che potesse saziare la loro sete di avventura e così girarono per tutto il Vecchio Continente fino a quando non si imbatterono in un uomo in Spagna che cercava l'appoggio della corona per intraprendere un lungo viaggio in nave, credo tu abbia capito di chi sto parlando!"



"Certamente! Cristoforo Colombo!"


"E così partirono con lui! Tornati qui decisero che era ora di compiere il loro dovere, quello che Gandalf gli aveva illustrato"

 

Drin, Drin, Drinnnn...

 

Il campanello suonò.
"Presto! Mettete via il ciondolo! Ery vai a mettere una felpa per coprire il polso, presto!!" disse mia madre in preda al panico.
Ero appena entrata in camera mia quando la porta si aprì.


"Ah, siete voi!" disse sollevata mia madre.


Misi la felpa e tornai in salotto. Max e Giada guardavano con espressioni interrogative la madre ancora bianca in volto per lo spavento. ma ormai sollevata.


"Cosa sta succedendo qui?" chiese Max incuriosito.


"Stavamo spiegando a Ery quello che tu sai già" rispose mio nonno.


"Oh, okay"


"Cosa gli stavate spiegando?" disse Giada sentendosi escluso.


"Tanto vale dirlo anche a lei ormai. Non possiamo escluderla e presto inizierà a fare domande" constatò papà.


"Si hai ragione, gli farò un riassunto di quello che ho detto fino ad ora così poi potremo continuare tranquillamente".


Detto questo mio nonno sintetizzò il discorso appena fatto. Fortunatamente Giada credeva facilmente a tutto, anche alle cose più assurde, e non interruppe Giuseppe neanche una volta.

"Cavolo! É fantastico!" esultò mia sorella.


"Ma perché né io, né mamma, né Max, né papà abbiamo quel simbolo?" chiese un po' delusa.


"Fammi finire il racconto e poi tutto sarà più chiaro.
Allora, stavo dicendo, prima che questi due ragazzetti ci interrompessero, che Gandalf  il Grigio aveva dato un compiti ai due superstiti. Dovevano creare una discendenza in modo da non segnare definitivamente la fine degli Helvat , e impedendo così il compimento del loro dovere: distruggere Sauron. Perché vedete, Isildur, sottraendo l'Anello all'Oscuro Signore, non aveva determinato la sua disfatta ma solo il suo ritiro. Sauron sarebbe tornato."



"Ma aspetta!" dissi, "Se sapevano che Sauron sarebbe tornato, perché non hanno lasciato i due nella stessa Era ma li hanno catapultati nel " futuro "?".


" Nimris e Ambrey sfuggirono alla distruzione del popolo ma vennero comunque colpiti dal maleficio. Gli Helvat si indebolirono perché qualcosa prosciugò all'istante i loro poteri, molto probabilmente l'Anello. Se i due sopravvissuti fossero rimasti nella Seconda Era questo processo di prosciugamento, che in qualche modo li aveva colpiti di striscio, sarebbe continuato. Gli Istari capirono che non potevamo rimanere lì, chiesero aiuto ai Valar che, consapevoli del futuro, gli dissero che dopo molte Ere il mondo sarebbe cambiato e la magia sarebbe scomparsa. Decisero allora di catapultarli nel Medioevo speranzosi che il maleficio si fermasse. Ma arrivati costatarono che, anche se molto più lentamente, i poteri venivano ancora prosciugati. Ed é cosi che Gandalf trasferì i poteri di Nimris e Ambrey  in questo ciondolo" dicendo così nonno Giuseppe prese lo strano gioiello e ce lo mostrò nuovamente.


"Quindi tutti quei poteri sono li dentro!" disse eccitata Giada.


"Proprio così. Sono custoditi nel ciondolo da 522 anni, in attesa che il giusto discendente li possa acquisire"


"Il giusto discendente?" chiesi incuriosita.


"Si. Prima di lasciare i due Helvat, Gandalf rivelò loro una profezia. Essa diceva che Sauron sarebbe ritornato e che un Helvat non puro, ciò un discendente di Nimris e Ambrey, lo avrebbe distrutto definitivamente.”

“Con non puro intendi dire una persona metà Helvat e metà uomo?” chiesi.

“Non esattamente. Solo i figli dei figli dei due possono essere descritti come metà Helvat e metà uomini. Ma mano a mano che si va avanti con la discendenza la parte Helvat diminuisce sempre di più, infatti in noi è minima”

“Posso fare una domanda nonno?” chiese Max.

Giuseppe annuì e mio fratello continuò a parlare.

“Quando l’anno scorso mi avevi spiegato tutto non afferrai una cosa. Tu mi avevi detto che la loro durata di vita era molto lunga, che poteva superare i 5000 anni. Perché allora Nimris e Ambrey sono morti?”

“Questo perché, insieme ai poteri, venne racchiusa anche la loro lunga durata per adattarli al Nuovo Mondo”

“Ma quindi questa storia viene raccontata ad ogni membro della famiglia?” chiesi.

“No. Viene raccontata al primogenito, ma saltando una generazione. Questo serve per tener viva la memoria. Viene mostrato loro il ciondolo e gli viene posta una domanda: se vogliono essere istruiti o no. Se l’interessato accetta il ciondolo lo attirerà a se per un certo periodo insegnandogli lingua, tradizione e storia del popolo Helvat. Io scelsi di si, per questo sparii per qualche mese. Tuo fratello ha preferito aspettare la fine del Liceo.

Ecco perché ho il simbolo, e lo ha anche tuo fratello”

Detto questo Massimilian ci fece vedere il suo togliendo la benda che portava sempre. Non mi ero mai chiesta perché la portasse, avevo dedotto che fosse una questione di stile visto che mio fratello era un ragazzo molto attento all’aspetto. Notai però che anche il suo simbolo era spento e di un blu notte.

Come mai?

Ma soprattutto, se solo i primogeniti, saltando una generazione, potevano essere messi a conoscenza, istruiti e marchiati con il simbolo, come mai tutto questo stava accadendo anche a me?

“So a cosa stai pensando” disse dolcemente Giuseppe. “Come mai sta succedendo questo anche a te? E’ semplice la risposta, e so che la conosci già”

Non poteva essere vero, io?

“Ma è impossibile! Io? Cioè, non sono niente … come?...”

“Eppure la cosa è evidente, sin dalla tua nascita”

“Voi lo sapevate da sempre?”

“Certamente. La cosa che non vi ho ancora detto è che il ciondolo ha anche la funzione di riconoscere il prescelto. Ad ogni nuovo nato viene posto al collo, se si illumina vuol dire che il tempo è giunto. Facemmo la stessa cosa alla tua nascita e il ciondolo si illuminò”

Non riuscivo a crederci. Come potevo io, una semplice e mediocre ragazza, ad essere la prescelta? Come potevo essere colei il cui destino era legato alla distruzione Sauron? No avevo nulla di speciale, proprio nulla.

“Capisco che tu possa essere spaventata ma è così e non possiamo farci niente. Quel ciondolo ora è tuo e con lui tutti i poteri al suo interno. Non sapevamo quando il simbolo sarebbe apparso sul tuo polso, ma è evidente che ormai sei pronta. E non sappiamo neanche cosa succederà o quando succederà. Dobbiamo solo aspettare, intanto, se vuoi, ti insegnerò tutto quello che so.”

“No, non posso. Cioè io … perché? Perché tutto questo peso, questa responsabilità è stata scaricata su di me? Come farò? Ho paura, non posso farcela …”

Scoppiai in lacrime, ero spaventata e disorientata. Mia madre mi si avvicinò tentando di consolarmi ma era inutile.

Pensai alle cose spaventose che avevo visto e rabbrividì. Ancora una volta mi ritrovai a sperare che fosse tutto un sogno, ma non era così. Avevo sempre sperato di vivere avventure, di affiancare i miei eroi durante le loro imprese. Ma ora che una mi si parava davanti non ero più sicura di volerlo. Tutto mi spaventava a morte e la paura di non farcela mi opprimeva.

Il silenzio era calato in sala, tutti decisi a non intromettersi nel mio shock, e gli ero infinitamente grata, non mi è mai piaciuto l’essere confortata.

Sapevo però che tutti cercavano di risponder a una e sola domanda: Quando? Quando sarebbe giunto il momento?

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

Salve a tutti. Prima di tutto volevo ringraziare _Veronica95_ ed evelyn80 che continuano ha darmi i loro pareri e anche TheDarkAngel che ha iniziato a seguire la mia storia e ha lasciato una prima recensione allo scorso capitolo. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e li invito a commentare la storia.

Detto questo volevo avvisarvi che ho deciso di cambiare una cosa: nella storia Eryn non conosce il Signore degli Anelli come libro e film perché non sono stati ne scritti e ne realizzati.

Finalmente è stato tutto svelato. Eryn ovviamente è spaventata e disorientata ma presto diventerà consapevole del suo destino. Tra qualche capitolo verrà catapultata nella Terza Era e l’avventura inizierà!

Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, alla prossima!

 

Anna J

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Capitolo 8
*** Fuggire non è la soluzione ***


CAPITOLO 8:

Fuggire non è la soluzione

 

"Non puoi sfuggire al destino, puoi solo vincerlo"
(Socrate)

 

Vedevo riflessa dinanzi a me l'immagine del mio corpo quasi del tutto nudo, eccezion fatta per la biancheria intima.
Con la mano sfioravo ogni centimetro della pancia, ogni millimetro delle mie cosce. 
Inizialmente il tocco era delicato ma poco a poco divenne sempre più veloce e violento. Cercavo di strappare ogni imperfezione presente in quel corpo così odiato, quelle che credevo fossero imperfezioni.

 

Dal nulla avevo iniziato a guardarmi così tanto allo specchio e a dare peso ai giudizi degli altri che avevo analizzato l'intero mio corpo alla ricerca di ogni più piccola imperfezione per poi ingigantirle e vederle per quello che in realtà non erano. Avevo pensato così tanto che il mio corpo fosse un disastro, paragonandolo a quello delle modelle e delle bellissime attrici, che quell'idea si era radicata nella mia mente ed era cresciuta.

Mi guardavo allo specchio e mi odiavo, odiavo ogni millimetro del mio corpo, odiavo quel corpo che in realtà non era il mio. Mi guardavo allo specchio e vedevo solo ciò che volevo, vedevo solo ciò che credevo di vedere. Cercavo di trattenere le lacrime, ma con rabbia costatavo che esse sgorgavano comunque dai miei occhi bagnandomi le guance e facendomi sentire stupida.

Come poteva una persona come me appartenere a quel popolo così bello? Come potevo appartenere a quei volti bianchi e perfetti dominati da smaglianti sorrisi? Come potevo appartenere a quei corpi magri e slanciati.

Doveva esserci sicuramente un errore.

Io, una ragazza insicura, sola, imperfetta, spaventata non potevo far parte di quella gente così bella e perfetta, felice e coraggiosa.

 

-Basta che ti guardi allo specchio e questo avrà un senso-

 

Questo aveva detto mio nonno.
Bhe, mi stavo guardando allo specchio ma niente acquistava un senso, appariva tutto ancora più insensato.

Fissai il simbolo sul polso e poi iniziai a tartassarlo con rabbia cercando di levarlo, di strapparlo dalla mia pelle.

 

 

                                                                          *

 

Era passata ormai una settimana dalle inaspettate rivelazione. Non era ancora successo niente. Avevamo continuato tutti a vivere normalmente, come se nulla fosse successo.

Nascondevo al resto del mondo il simbolo con una fascia, fingendo di essermi slogata la mano sinistra. 
Non avevo ancora dato nessuna risposta a mio nonno.

Ero spaesata e incredula.

Non avevo ancora assimilato il tutto, ero ancora troppo spaventata e dubbiosa per affrontare ciò che Giuseppe voleva insegnarmi.

Da quella sera non avevamo più affrontato l'argomento, erano tutti consapevoli del fatto che non ero ancora pronta per parlarne nuovamente. Persino Giada, eccitata per il tutto e vogliosa di parlarne, aveva capito la situazione. Max certe volte mi guardava preoccupato, convinto che da un momento all'altro sarei scoppiata. E non aveva tutti i torti a preoccuparsi.

Andavo avanti e continuavo la mia solita vita, ma ormai in maniera più distaccata. Mi sembrava di essere perennemente in una bolla, divisa da quella che un tempo mi sembrava la mia realtà.

Mi sentivo più fuoriposto più che mai. I miei pensieri erano sempre rivolti a quella sera e ai sogni che continuavo a fare. Il giorno ero tormentata dai pensieri, di notte dalle visioni.

Continuavo a sognare l’enorme occhio di fuoco, villaggi depredati, boschi in fiamme, battaglie sanguinose.

 

Andavo a scuola e non seguivo le lezioni, tornavo a casa e uscivo poco dopo in cerca della solitudine.

Camminavo per il paese con le cuffie nelle orecchie e una sigaretta tra le dita disinteressata a ciò che avevo intorno, concentrata sui miei pensieri.

Continuavo a domandarmi quando qualcosa sarebbe successo, se qualcosa sarebbe successo.

Avevo come la sensazione di essere osservata, di essere sorvegliata. Sentivo intorno a me una presenza che però non mi impauriva, al contrario, mi infondeva sicurezza.

 

                                                                       *

 

Stavo camminando, come tutti i giorni, per il parco. Era un luogo veramente bello che affiancava il fiume. Sulla riva era stata costruita una pista ciclabile che si snodava per qualche chilometro. Da parte ad essa il terreno era coperto di erba di un bellissimo verde su cui spiccavano enormi alberi.

D'estate era un posto molto visitato, pieno di persone che facevano il picnic, giocavano con la palla, prendevano il sole e percorrevano la pista.

In questo periodo dell'anno, quando l’inverno lasciava poco a poco il posto alla primavera,  il parco era abbastanza vuoto, si potevano solo vedere persone che passeggiavano o andavano i bici sulla stradina.

Individuai una panchina e mi sedetti tirando fuori il pacchetto di Marlboro. Accesi la sigaretta e iniziai a guardare il fiume davanti a me. L'acqua scorreva pigra lungo il letto creando delicati suono. I raggi del sole si riflettevano nell’acqua dando vita a bellissimi giochi di luce. Amavo guardare il fiume scorrere. Era per me come un antistress, mi calmava e dava pace al mio spirito.

 

"Sai, fuggire non è la soluzione"

 

Sobbalzai al suono di quella voce profonda e calda. Mi girai di scatto e davanti a me vidi un volto dagli occhi grigi, solcato da profonde rughe. Una lunga barba argentata gli copriva il mento, il collo e gran parte del petto. La testa da cui spuntavano capelli lunghi, dello stesso colore della barba, era coperta con una leggera berretta nera.

Ero cosi concentrata a guardare le piccole onde che si formavano che non mi ero accorta della sua presenza.

 

"Nessuno può fuggire dal proprio destino, prima o poi bisogna affrontarlo. Fuggire non é la soluzione. Puoi solo guardarlo in faccia e vincerlo"

Continuavo a guardarlo incredula.

"Gli ostacoli sono frequenti durante la vita" continuò, "ma l'uomo preferisce non affrontarli e piuttosto decide di fermarsi davanti a loro e molte volte torna sui propri passi".

Si girò lentamente e iniziò a fissare il lago.

" Ognuno ha il proprio destino. Quando questo si rivela l'uomo non esita ad avere paura senza fermarsi a riflettere e a capirlo fino infondo. Esso ci segue ovunque andiamo e prima o poi ci sbatteremo contro. Ed è meglio essere preparati a ciò che fuggire in continuazione"

Non sapevo cosa dire, continuavo a guardare quel volto rivolto verso il fiume. Si, gli occhi erano grigi, ma caldi e rassicuranti.

"È meraviglioso questo posto"

Distolsi gli occhi dal vecchio per ammirare con un mezzo sorriso il panorama. Si, era veramente bellissimo.

"Mi ricorda la Contea" disse con voce piena di amore.

 

Contea?

 

Mi voltai con espressione interrogativa, pronta  chiedergli cosa fosse quel luogo, ma l'anziano uomo era sparito, e al suo posto era comparso un bellissimo fiore bianco.

 

                                                                    *

 

“Pronto?” disse la voce rispondendo alla mia chiamata.

“Emm… nonno, sono Ery”

“Dimmi”

“Ho deciso, voglio che tu mi insegni tutto quello che sai”

Ci fu una pausa dall’altra parte.

“Bene. Non ho dubitato neanche un secondo che non ti saresti tirata indietro”

“ Fuggire non é la soluzione” dissi ricordando quei caldi occhi grigi.

“No non lo è” rispose con affetto.

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Salve cari lettori. Ringrazio the little strange elf, evelyn80, _Veronica95_, alice frost e TheDarkAngel per le recensioni che hanno lasciato allo scorso capitolo. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e li invito a lasciare il loro parere sulla storia!

Presto potrete vedere l'aspetto di Eryn perchè ho deciso di fare un disegno da mostrarvi!

 

Bene questo l’ho dedicato più ai sentimenti di Eryn e alla sua situazione interiore dopo la grande scoperta, spero l’abbiate capita! Inoltre fa uno strano incontro che è decisivo per lei e che la convince ad affrontare il suo destino. Credo proprio che abbiate capito di chi si tratta!

 

Volevo spiegarvi che Eryn è una bellissima ragazza, essendo discendente e prescelta degli Helvat. Ma a causa di alcuni eventi, che forse verranno svelati più avanti, non vede ciò che realmente è.

 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!

 

Anna J

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Occhi grigi ***


CAPITOLO 9:

Occhi grigi

"Searching to find myself
But all I find is you
I can hardly stand myself
So what am I to you?"

(Imagine Dragons-Every Night)


    


Il bellissimo fiore bianco era dolcemente adagiato sul comodino. Dopo l’incontro con il misterioso vecchio l’avevo posato sul mobiletto dimenticandomi di metterlo in un vaso pieno d’acqua. La cosa sorprendente era stata che, al ritorno in camera dopo svariate ore, non avevo ritrovato il fiore appassito come sarebbe dovuto succedere, ma ancora in tutto il suo splendore. Era un fiore veramente bellissimo. Aveva un lungo stelo e petali più bianchi della neve. Ogni volta che ponevo lo sguardo su di esso nella mia mente riaffioravano i grigi occhi di quel misterioso vecchio che mi aveva aiutato a raccogliere tutto il mio coraggio ed affrontare il mio destino.

mi ero così decisa di chiamare mio nonno dicendogli che desideravo apprendere tutto quello che lui, a sua volta, aveva imparato grazie all’antico ciondolo. Erano ormai quattro giorni che passavo ore e ore chiusa in camera con Giuseppe saltando scuola. Non riuscivo ancora a convincermi di ciò che realmente ero, ma mi impegnavo come non avevo mai fatto prima di allora per imparare ogni singola cosa che lui mi diceva.

I primi due giorni l’anziano uomo aveva aggiunto dettagli a tutto quello che già mi aveva rivelato in quella memorabile sera.

Gli Helvat potevano vivere per ben 5000 anni. Per buona parte della loro esistenza erano immuni ad ogni sorta di malattia e avevano l’aspetto di giovani donne e giovani uomini sui trent’anni. Ma, mano a mano che si avvicinavano ai 5000 anni, il loro corpo iniziava ad invecchiare diventando sempre più debole e soggetto a malattie.

Erano tutti caratterizzati da folti capelli tra la tonalità del rosso accesso e del bronzo. Avevano vivaci occhi grandi, più di qualsiasi altro essere vivente, che assumevano ogni tipo di sfumatura rossa a seconda dell’individuo. La loro pelle era perfettamente liscia, di un bianco avorio, e le guance erano costellate da piccole lentiggini poco più scure del loro incarnato. Avevano corpi slanciati e perfetti, proprio come gli Elfi.

Erano creature principalmente gioiose, amavano sorridere e fare qualsiasi cosa li rendesse felici. Ma questa felicità era visibile sui loro volti solo nei momenti di pace, infatti si contrapponeva un carattere più serio e propenso alla guerra a causa del loro importante compito.

Amavano la natura, proprio come il loro cugini Elfi, soprattutto tutto quello che essa produceva e che serviva come nutrimento. Erano grandi esperti culinari capaci di preparare alla perfezione ogni cibo.

Nonostante i loro singolari poteri erano abili nell’arte della guerra prediligendo spade e lance e allenandosi duramente.

Erano molto intelligenti e saggi, ma  mai come gli Elfi. Erano soggetti ad ogni sorta di emozione proprio come gli Uomini e in loro era presente sia oscurità sia luce, sia ratio sia furor. Essendo creature create per portare la pace la parte giusta in loro dominava, ma come sapete ci sono sempre delle eccezioni. In questo caso fu il traditore che decise di schierarsi con Sauron rivelandogli ogni più piccolo segreto sugli Helvat, Naezys era il suo nome.

 

Non erano in grado di controllare completamente gli elementi.

“ Gli elementi sono alla base dell’ordine delle cose e dell’Universo” aveva detto mio nonno, “Controllarli sarebbe come controllare tutto, e questo non ci è permesso. Solo Ilùvatar ha la forza di dominarli tutti completamente.”

Aveva anche aggiunto che questi poteri derivavano dall’interno dei corpi Helvat, dentro i quali erano presenti parte dei nuclei dei quattro elementi: piccole sfere luminose dai diversi colori: rosso per il nucleo del fuoco, cristallino per il nucleo dell’aria, azzurro per il nucleo dell’acqua e verde per il nucleo della terra.

Ogni qualvolta che usufruivano di un certo elemento il nucleo corrispondente si attivava prevalendo sugli alti. Era impossibile controllarli tutti allo stesso tempo e soprattutto pericoloso, il loro corpo non era abbastanza forte per attivare allo stesso tempo così tanto potere. Se questo accadeva, l’individuo veniva disintegrato all’istante.

Furono proprio questi nuclei ad essere trasportati nell’antico ciondolo, custoditi fino a quando il legittimo discendente non li avrebbe accettati nel suo corpo.

A quel punto mi venne spontanea una domanda: perché il particolare pendaglio brillava solo d’azzurro?

Mio nonno mi rispose così:

Ogni Helvat aveva una maggiore attitudine verso un elemento in particolare. Mi spiego meglio, li dominavano tutti e quattro ma uno di questi con maggiore abilità. Questo perché il nucleo di quell’elemento era più grande e splendente degli altri. Nimris e Ambrey prediligevano l’acqua, simbolo della vita, essendo loro i primi Helvat creati”

“Allora anche io sarò più versata verso l’acqua?” avevo chiesto.

“Questo non è detto. Non so come risponderti, mi dispiace. Ma presto lo scoprirai da te”

Giuseppe mi aveva inoltre descritto il luogo in cui avevano vissuto. Era una regione dell 'Arthedain disabitata prima che si stabilissero loro, al centro dell'Eriador, delimitata dal fiume Baranduin ad est. Prima del loro arrivo era una terra desolata e lasciata al suo rude destino. Loro riuscirono a ridargli vita rendendola una delle regioni più belle della Terra di Mezzo. Era pervasa di aromi floreali, le colline erano coperte da piccole foreste e verdi e coltivati campi. Era un luogo di pace e serenità abitato da numerose specie animali che vivevano armoniosamente insieme agli Helvat.

Molte cose mi aveva rivelato mio nonno, troppe per essere raccontate tutte insieme.

 

I due giorni successivi si era impegnato ad insegnarmi la loro elaborata lingua ma niente era servito per farmela entrare in testa. Era l’unione del linguaggio Elfico e di quello Umano, colmo di complicate regole e componenti.

                                                                                     *

“Da dove proviene questo bellissimo fiore” mi chiese meravigliata mia madre prendendo delicatamente in mano la piantina.

“Non toccarlo!” dissi ansiosa che gli succedesse qualcosa

“Scusa” rispose riponendolo sul comodino con aria offesa.

“L’ho trovato al parco”

“Al parco? Strano, è un fiore che non conosco e non ho mai visto lì”

Mia madre era un’amante e grande esperta di botanica, conosceva ogni pianta e ogni fiore. Aveva adibito una stanza della casa come una serra, dove passava il suo tempo libero accudendo amorevolmente le sue piante.

“Diciamo che in verità me l’ha dato uno strano vecchietto”

“Cosa?” mi chiese guardandomi con uno sguardo che racchiudevano curiosità mista a stupore.

“Si, ero seduta tranquillamente su una panchina e si è avvicinato”

“Ti ha fatto qualcosa?” chiese questa volta preoccupata.

“Ma va! E comunque so difendermi. No no, mi ha detto delle frasi che mi sono sembrate strane in quel momento” dissi cercando di ricordarmi alla perfezione le parole.

“E…”

“Mi ha detto che fuggire non è la soluzione, che nessuno può fuggire dal suo destino e che prima o poi dovremo tutti affrontarlo. Ha detto che gli ostacoli sono frequenti durante la vita e non bisogna fermarsi davanti ad essi ma superarli”

Mia madre mi ascoltava con attenzione senza interrompermi.

"Poi ha detto che il parco è meraviglioso e che gli ricorda un posto, ma adesso non mi ricorda quale. Credo iniziasse con la C. C…. Ca, no… Co…Contea!”

“Contea? mai sentita” disse pensierosa, “Va beh, se dici che non ti ha fatto niente allora non c’è alcun motivo di preoccuparsi. E ora riordina questa stanza, è un putiferio!”

“Ma dai! Tanto tra neanche un’ora tornerà così!” dissi ribellandomi.

“Non mi importa. Allora non laveremo più i piatti perché tanto li riutilizziamo?”

“Ma non è la stessa cosa!”

“Invece si!” e così dicendo uscì dalla stanza.

“Ma uffa!!”

Con malavoglia iniziai a raccogliere dal pavimento i vestiti per piegarli e riporli negli armadi. Ero concentrata su una maledettissima maglia che non riuscivo a piegare quando alzai lo sguardo sulla finestra e vidi due occhi grigi che mi fissavano. Sobbalzai emettendo un forte urlo. Il vecchio si sciolse in un sorriso mentre il mio cuore batteva ancora per lo spavento.

Sentii passi che si affrettavano verso la mia camera.

“Ery cosa è success-. Non è possibile”

Mi voltai e vidi mio padre immobilizzato sulla soglia della porta, sembrava aver visto un fantasma. Corsi immediatamente verso di lui in cerca di sicurezza.

Con un sussurrò dalla sua bocca uscì il nome Gandalf il Grigio.

 

 

Angolo dell’Autrice:

Salve carissimi! evelyn80, _Veronica95_, alice frost e TheDarkAngel per le recensioni che hanno lasciato allo scorso capitolo. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e li invito a lasciare il loro parere sulla storia!

Gandalf si è finalmente rivelato e molto probabilmente Eryn andrà nella Terra di Mezzo durante il prossimo capitolo!

 

Alla prossima.

AnnaJ

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Capitolo 10
*** Il momento è giunto ***


Capitolo 10:

Il momento è giunto

 

I miei occhi non si discostavano neanche per un secondo dalla slanciata e antica figura seduta dall’altra parte del tavolo. Ormai il mio battito cardiaco era tornato alla normalità dopo lo spavento.

Gandalf il Grigio aveva sussurrato mio padre con grande meraviglia e sorpresa.

Era dunque lui uno degli Istari, colui che aveva aiutato i miei antenati nel Nuovo Mondo istruendoli su ciò che avrebbero dovuto fare.

Alla vista del grande Stregone ogni mia incertezza era svanita e finalmente la realtà si era mostrata davanti a me impaurendomi maggiormente. Fino a quell’apparizione nel terrazzo ero combattuta tra la realtà delle cose e il mio scetticismo. Qualcosa dentro di  me mi diceva che tutto quello che avevo scoperto nel giorno del mio diciottesimo compleanno era reale, ma la mia testa rifiutava la verità e mi convinceva  che fosse irreale. Ma nonostante rifiutassi tutto in me cresceva un senso di paura che si manifestò in tutta la sua natura alla vista dello Stregone Grigio.

Indossava abiti differenti rispetto a quelli che gli avevo visto indosso durante il nostro strano incontro al parco. Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita, e immensi stivali neri. Aveva lunghi capelli bianchi e folte sopracciglia che conferivano maggior profondità al suo sguardo.

Un lungo e maestoso bastone dal colore scuro del legno era appoggiato al muro torreggiando su tutti i presenti.

Senza proferir parola Gandalf era entrato dalla finestra e si era diretto nel salotto, seguito da un incredulo padre e dalla scioccata figlia. Alla vista dello Stregone che varcava la porta mia madre aveva emesso un suono stridulo facendo cadere un piatto che era andato in frantumi. Giada, sdraiata sul divano impegnata al cellulare, in un primo momento non si era accorta dell’estranea presenza ma sentendo la reazione della madre aveva alzato lo sguardo riempitosi di meraviglia. Massimilian, rintanato nella sua camera, si era precipitato nella stanza dopo aver udito il rumore del piatto che si era frantumato e a bocca aperta aveva posato lo sguardo sullo Stregone.

L’espressione di Gandalf il Grigio non faceva presupporre un sentimento di imbarazzo dinanzi a tutte quelle persone che lo fissavano increduli, sembrava invece divertirlo. Con un mezzo sorrisetto iniziò a scrutarci tutti, con uno sguardo che faceva intendere che non si limitava a osservarci, ma a penetrarci a fondo. Mi lasciò per ultima e quando pose i grigi occhi  su di me non li tolse più. Cercai in tutti i modi di sostenere il suo sguardo, ma, dopo pochi secondi, distolsi i miei occhi dai suoi a disagio.

“Per quale motivo hai timore di guardarmi Eryn?” mi domandò con profonda voce, rompendo il pesante silenzio che si era creato nella stanza.

“Hai paura di me o di quello che rappresento per la tua vita?”

Tutti i presenti guardarono prima Gandalf e poi me. Incapace di alzare la testa cercavo in tutti i modi di concentrarmi sulla pellicina che infastidiva il lato della mia unghia per evitare un crollo di nervi. La profonda voce ripeté un’altra volta la domanda con estrema tranquillità.

“Hai paura di me o di quello che rappresento per la tua vita Ery?”

Per quello che rappresentava e ancora rappresenta per la mia vita.

Era quella la risposta. Fissare quegli occhi grigi significava per me accettare quello da cui avevo cercato di fuggire e affrontare il mio reale destino. Dopo l’incontro nel parco sembravo aver acquistato consapevolezza ma mano a mando che Giuseppe mi istruiva l’insicurezza e l’incredulità erano tornati.

Ma in quel momento sostenere il suo sguardo significava accogliere definitivamente il mio futuro. Significa accettare quello che il destino aveva in serbo per me. Voleva dire caricarmi di un grosso peso, una grande responsabilità.

Continuai a tacere e chiusi gli occhi. La testa iniziò a pesarmi impedendomi di sollevarla, il mio corpo non rispondeva ai miei comandi.

Terrore.

Era quella la sensazione che mi aveva pietrificata. Le terribili immagini sognate esplosero nella mia testa sostituendo il nero delle palpebre. Di scatto aprii gli occhi e un senso di nausea mi pervase.

"Sai, fuggire non è la soluzione. Ricordi?"

E come potevo non ricordarmi delle sue parole?

Nessuno può fuggire dal proprio destino, prima o poi bisogna affrontarlo. Fuggire non é la soluzione. Puoi solo guardarlo in faccia e vincerlo. Gli ostacoli sono frequenti durante la vita, ma l'uomo preferisce non affrontarli e piuttosto decide di fermarsi davanti a loro e molte volte torna sui propri passi. Ognuno ha il proprio destino. Quando questo si rivela l'uomo non esita ad avere paura senza fermarsi a riflettere e a capirlo fino infondo. Esso ci segue ovunque andiamo e prima o poi ci sbatteremo contro. Ed è meglio essere preparati a ciò che fuggire in continuazione.

 

Questo aveva detto seduto su quella panchina contemplando le cristalline acque del lago.

 

… Esso ci segue ovunque andiamo e prima o poi ci sbatteremo contro …

Aveva ragione, prima o poi, in un modo o nell’altro, sarei incappata nella mia sorte. Era inevitabile.

 

Presi un grosso respiro raccogliendo tutto il mio coraggio, poi lentamente alzai la testa.

Come previsto, quando immersi i miei bronzei occhi nei suoi grigi, ogni cosa assunse un senso e ogni minima incertezza si dissolse.

Alla vista dell’austero ma dolce e rassicurante volto la paura si attenuò sorpassata da un senso di sicurezza e tranquillità.

Le rugose labbra si schiusero in un dolce sorriso che mi contagiò.

“Fantastico. Non ho mai dubitato del tuo coraggio.” disse lo Stregone.

Proprio in quel momento la porta d’ingresso si spalancò lasciando entrare l’ansioso nonno.

Alla vista di Gandalf Giuseppe si paralizzò. Molto probabilmente, senza che io me ne accorgessi, mio padre lo aveva avvisato della situazione e lui si era precipitato subito da noi.

“Bene! Tu devi essere il più recente Custode” disse Gandalf girandosi verso di lui.

“E’ un onore potervi conoscere” rispose Giuseppe con voce tremante.

“L’onore è tutto mio!”

Lentamente mio nonno si avvicinò a me, si sedette sulla sedia accanto e mi prese la mano. Apprezzai molto quel gesto di affetto, in quel momento ne avevo bisogno più di qualsiasi cosa.

“E’ giunta l’ora Eryn. Non abbiamo più tempo. Anche se il Custode ti ha rivelato molte cose non sono che una minima parte di quello che dovrai apprendere. Non bastano quelle conoscenze. Dovrai imparare a padroneggiare i tuoi poteri e dovrai essere addestrata nell’arte della guerra. Dovrai dire subito addio alla tua famiglia e seguirmi nel tuo legittimo posto”

Bom!

La paura mi investì di nuovo. Il fatto che dovevo partire immediatamente mi aveva spiazzato. Non sapevo cosa sarebbe accaduto ma non pensavo di dover lasciare così presto la mia casa. Senza accorgermene stinsi con maggiore forza la rugosa mano iniziando a sudare.

L’idea di abbandonare il luogo in cui ero nata e cresciuta, l’dea di lasciare le persone più importanti della mia vita diede origine a un misto di sentimenti negativi che mi pietrificarono nuovamente.

La notizia aveva colpito in piena faccia anche i miei familiari. Gli occhi di Giada e quelli di mia madre si riempirono di lacrime; Max si irrigidì senza togliere gli occhi dallo Stregone; mio padre e mio nonno si scambiarono un’occhiata carica di tensione e anche loro si irrigidirono.

L’aria nella stanza sembrò ghiacciarsi e il silenzio piombò su tutti i presenti.

L’espressione di Gandalf si fece seria ma con una nota di comprensione.

“Sono consapevole del fatto di avervi spiazzato ma ripeto, non abbiamo tempo. Mi è stato permesso solo un anno prima che gli eventi a cui andrai incontro si manifestassero di venirti a prendere e più tempo trascorriamo qui più tempo trascorre anche la. Dobbiamo partire in questo preciso momento.” disse con tono grave.

Prese il lungo bastone e fece un gesto accennato. In quel momento, i muscoli che mi parevano essersi irrigiditi si sciolsero permettendomi di alzarmi.

Non aveva senso indugiare, più esitavo e più il coraggio veniva a mancare. Abbracciai uno a uno coloro con cui ero cresciuta e con cui avevo condiviso tutti i momenti felici della mia vita. Giada e mia madre mi strinsero dolcemente a loro bagnandomi con le loro lacrime; mio padre mi avvolse con le possenti braccia sussurrandomi un ti voglio bene e un sono fiera di te, so che non fallirai; Giuseppe mi guardò profondamente scostando i capelli dal mio cereo viso e poi mi baciò la fronte, non c’era nient’altro da aggiungere; infine mi voltai verso Massimilian che mi abbracciò stringendo il suo perfetto corpo contro il mio, restammo lì per qualche secondo e poi lentamente ci separammo. Era il primo vero contatto fisico che avevo avuto con lui, il rapporto tra di noi era sempre stato abbastanza distaccato.

Raggiunsi Gandalf al centro della stanza, mi voltai verso i miei familiari cercando di trattenere le lacrime. Non dovevo apparire impaurita e scossa, dovevo dimostrargli di avere coraggio e che avrei affrontato in pieno ciò che mi attendeva.

“Ah, dimenticavo!” disse lo Stregone, “ Se è tuo desiderio potrai accompagnarla in questa avventura, Massimilian”

Con stupore guardai l’antico uomo e poi lo sbalordito giovane.

Prima di parlare Max esitò guardando i genitori ma poi si mosse più deciso avvicinandosi a noi. Anche Giada, Giuseppe e i miei genitori ci raggiunsero, salutarono Massimilian e senza aggiungere altro si allontanarono.

“Bene, possiamo andare!”

“Aspettate” dissi mia madre e corse nella sua camera. Quando riemerse portava tra le mani il bellissimo cofanetto che conteneva il ciondolo.

“Che sciocco” disse Gandalf con una lieve risata, “Come abbiamo fatto a dimenticarcene?”

Mia madre mi porse il contenitore, lo aprii e indossai il ciondolo che si illuminò. Lo Stregone disse incomprensibili parole muovendo circolarmente il bastone. Si formò uno squarcio nel vuoto che emanava luce bianca. Max mi prese la mano e entrambi, trattenendo il respiro, seguimmo Gandalf  e fummo inghiottiti dalla splendente luce bianca.

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Eccomi finalmente con un nuovo capitolo. Scusate per l’attesa ma in questo periodo sono molto impegnata, ed è per questo che il capitolo è abbastanza breve.

Come al solito ringrazio tutte le persone che mi hanno lasciato una recensione e invito i lettori silenziosi a lasciarmi un parere.

 La desrizione di Gandalf è sottolineata perchè ho usato le precise parole di Tolkien!

Per quanto riguarda il disegno mi sa che dovrete aspettare ancora un po’ per vederlo!

 

Detto questo, alla prossima!

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Capitolo 11
*** Imladris ***


CAPITOLO 11:

Imladris

In un primo momento fui accecata da quell’intensa luminosità, a stento riuscivo a tenere gli occhi aperti. Quello che ci circondava sembrava fatto solamente di luce, pura e bellissima. Quando i miei occhi si abituarono feci un giro su me stessa alla ricerca di qualche cosa, qualche dettaglio, ma niente vidi oltre al bagliore.

All’improvviso il bianco si ritrasse riducendosi a piccoli puntini luminosi che parevano cuciti su un intenso manto blu - notte. Con sgomento mi accorsi di fluttuare nel vuoto, il panico mi invase e iniziai a divincolarmi. Fortunatamente Max era accanto a me e con fermezza mi afferrò avvicinandomi il più possibile a se, istintivamente mi aggrappai a lui che mi strinse dolcemente. Contemporaneamente abbassammo la testa e con stupore scoprimmo di trovarci proprio sopra la Terra, una visione mozzafiato. Una piccola parte era oscurata mentre il resto era caratterizzato dal blu intenso dell’oceano, fatta eccezione per qualche striatura bianca e una macchia bruna che costituiva l’America del Nord e parte dell’America del Sud. Molte foto scattate dal satellite avevo visto sui libri di scuola e su internet, ma non erano minimamente paragonabili all’immagine che si prostrava davanti ai miei occhi. Mi guardai intorno individuando gli altri corpi celesti che costituivano il Sistema Solare, accennai un sorriso meravigliata da tutto quello che i miei occhi ammiravano.

Tutto quello che avevo studiato durante gli anni scolastici mi riaffiorò nella mente. Tra questi la mancanza di ossigeno.

Ma come era possibile che riuscissi a respirare?

Mi volta in cerca dello sguardo dello Stregone, quando lo intercettai lui mi sorrise.

“Siamo circondati da una bolla d’aria, per questo non soffochiamo”

Appreso ciò rivolsi nuovamente la mia attenzione al globo sotto di me la cu velocità iniziò, poco a poco, ad aumentare procurandomi un fastidioso senso di nausea. La Terra girava e girava velocissimamente e iniziò a emanare luce, la stessa che precedentemente ci aveva accolti e accecati. Tenni gli irritati occhi chiusi fino a quando Massimilian mi disse che era tutto finito. Lentamente li riaprì e quello che vidi fu un’immensa sala bianca di cui non era possibile vedere le pareti.

“Vi starete chiedendo dove ci troviamo, giusto?”

Senza aspettare una risposta Gandalf procedette, “Questo è il Limbo che divide il Vecchio Mondo dal Nuovo Mondo. Nulla esiste. Tutto è stato distrutto e niente ricostruito.”

Lo guardammo perplessi.

“Non guardatemi in questo modo, il Custode ve l’avrà sicuramente riferito! “

Incrociai lo sguardo confuso di Max.

“Secondo voi perché parlo di Nuovo Mondo e Vecchio Mondo?”

“Il nonno ci ha detto che Ilùvatar decise di non rivelarsi ai nuovi abitanti, ma non ci ha spiegato cosa ciò vuol dire” risposi riportando la mente alla fatidica sera.

“Ve lo spiegherò io. Il Vecchio Mondo conobbe dieci Ere prima della sua distruzione.”

“Aspetta un attimo” lo interruppe Max, “ Ho un dubbio. Tu sei vissuto durante la fine della Seconda Era e parte della Terza, come fai a sapere cosa successe nella Decima?” chiese perplesso.

“Devi sapere, Massimilian, che il nome Istari ci è stato attribuito dagli abitanti della Terra di Mezzo. In realtà noi siamo i Maiar, Ainur di grado minore e di conseguenza immortali. Ma non è questa la ragione che mi permette di conoscere tali cose. Infatti, come dici te, ho vissuto nella Terra di Mezzo solo durante la Seconda e la Terza Era. Ma dopo il genocidio degli Helvat, rivelata la Profezia, sono stato istruito e messo a corrente degli eventi che sarebbero accaduti proprio per portare in salvo Ambrey e Nimris.”

Massimilian annui.

“Venni messo a corrente che dopo la Decima Era Ilùvatar avrebbe distrutto il mondo da me conosciuto per crearne uno nuovo e diverso. La ragione non mi è permessa saperla. Forse perché riteneva che l’assenza di magia avrebbe reso il mondo un posto migliore, o perché il male ormai dominava tutto. Non so dirvelo e mai lo saprò. Gli abitanti del Nuovo Mondo sanno inconsciamente di questo grande evento, non vi dice niente l’Arca di Noè?”

“Rappresenta la scelta di Ilùvatar …” dissi con un filo di voce.

“Esattamente! E’ un racconto che simboleggia proprio la distruzione del Mondo Antico. Non è mai esistito Noè, ne mai c’è stato un diluvio universale. Ilùvatar ha deciso di mettere l’uomo a corrente di quell’evento, ma sotto forma di racconto.”

”Bene, direi che siamo stati qui abbastanza”

Lo Stregone iniziò a fare gli stessi movimenti eseguiti prima di partire e a ripetere le stesse sconosciute parole.

Ci ritrovammo nuovamente nello spazio, sempre sopra la Terra, che iniziò nuovamente a girare con velocità. Quando essa finalmente si arrestò iniziammo a precipitare sempre più in basso, gridai per la paura mentre ci avvicinavamo sempre di più al Globo. Entrammo  nell’atmosfera terrestre e sotto di me una macchia bruna e verde si ingigantiva velocemente. Mancava poco meno di un chilometro allo schianto quando chiusi gli occhi con terrore. Mi accorsi che la velocità della nostra caduta diminuiva lentamente fino a quando non toccai dolcemente il terreno.

Aprendo gli occhi rimasi stupefatta dal paesaggio che mi ritrovai dinanzi. Ci trovavamo in una vallata, un luogo magnifico protetto da imponenti monti. Bellissimi boschetti dominavano il terreno e cristalline cascate si tuffavano in pozze d’acqua. La candida luce del tramonto accarezzava ogni singolo elemento presente conferendo al luogo un aspetto magico e sovrannaturale. Sul punto più alto della vallata dimoravano strani ma maestosi edifici uniti da ponticelli e gallerie e caratterizzati da strane forme. Ma la cosa più spettacolare erano i canti che salivano verso il cielo. Voci sublimi e cristalline cantavano in una lingua sconosciuta e una dolce melodia risuonava per tutta la vallata.

“Benvenuti a Imladris, o meglio conosciuta come Gran Burrone”.

 

 

Angolo dell’Autice:

Salve a tutti! Lo so, questo capitolo è abbastanza corto e privo di eventi significativi. Mi è servito solo per spiegare il passaggio dal Nuovo Mondo a quello Vecchio. Tranquilli, manca pochissimo alla vera avventura!

Spero vi sia piaciuto anche questo mio capitolo, al prossimo!

 

AnnaJ

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Capitolo 12
*** Il Mezzelfo ***


CAPITOLO 12:

Il Mezzelfo

 

“E’ questo il Prescelto, dunque”

Al centro della sala, illuminata dalla calda luce del tramonto, una snella figura ci attendeva. I lunghi capelli bruni cadevano dolcemente sulla schiena, mentre il capo era cinto da una sottile corona d’argento. Il bel volto era solcato da leggere rughe che conferivano maggior fascino all’uomo. Il corpo era avvolto in una bellissima e lunga veste dai colori dell’autunno, i bordi erano decorati con filamenti color argento che, intrecciandosi, andavano a formare bellissimi motivi decorativi.

Era una figura imponente e maestosa, nonché aggraziata e nobile.

Avvicinandomi notai qualcosa di strano, dai capelli spuntavano due punte dello stesso colore della pelle.

“Re Elrond!”

Gandalf aumentò il passo raggiungendo il bellissimo uomo che lo salutò con un caloroso sorriso e un abbraccio accennato.

“Eryn, Massimilian, questo è Elrond Mezzelfo, signore di Imladris e mio caro amico”

Mezzelfo, non un uomo.

Tutto ebbe un senso da quel momento: la sua stupefacente bellezza, le orecchie a punta, la saggezza millenaria che traspariva dai suoi occhi.

“E’ un onore fare la vostra conoscenza, da tempo attendevamo questo momento”

Le sue parole erano sinceramente gentili e la voce limpida, dolce, rassicurante, ma anche solenne.

In imbarazzo lanciai un’occhiata a mio fratello ed entrambi, rivolgendoci al re, facemmo un cenno con la testa, non trovando le giuste parole da pronunciare.

“Non siate intimiditi, sono a conoscenza delle vostre condizioni e da dove provenite. Per qualche tempo Gran Burrone sarà la vostra casa. Comportatevi con naturalezza, noi saremo sempre a vostra disposizione”

Guardai Gandalf che mi sorrise dolcemente.

“Sentite” disse lo Stregone, “ Per poco più di un anno vivrete qui. Sarete addestrati nell’arte della guerra, istruiti su tutto ciò che riguarda questo mondo.  Apprenderete come maneggiare una spada, una lancia, un arco.  Imparerete a difendervi e a combattere. Studierete la lingua corrente in uso in queste terre e l’antico linguaggio Helvat. Voi riuscite a comprenderci e noi a comprendere voi grazie a un incantesimo. Esso si spezzerà solo quando padroneggerete al meglio la nostra lingua”

“E inoltre il prescelto apprenderà a utilizzare i suoi poteri, scoprendo il suo elemento dominante” aggiunse il Mezzelfo che si avvicinò a noi, ponendosi davanti a Max.

“Porgimi il tuo amuleto” gli disse.

“Ce l’ho io”

Il bell’elfo si voltò verso di me con la fronte leggermente aggrottata. I suoi occhi intercettarono i miei. Erano di un colore grigio chiaro, brillavano alla calda luce del tramonto.

“E’ lei la prescelta, non Massimilian” gli disse calmo Gandalf.

“Bene, bene. Mi scuso per il malinteso. Posso?” mi chiese  indicando il mio braccio sinistro. Tremando glielo porsi e lui lo prese con grazia. Le sue dita erano lunghe e affusolate, il tocco caldo e piacevole.

“E’ magnifico” sussurrò esaminando l’azzurro simbolo. Con la punta delle bianche dita lo sfiorò chiudendo gli occhi. Con delicatezza mi lasciò andare e rivolse l’attenzione sul rigonfiamento della maglia sullo stomaco. Lentamente mi sfilai il ciondolo e glielo diedi tremando. Il re lo prese tra le sue mani e lo guardò intensamente.

“Tra non molto tutto questo sarà parte di te” e me lo ridiede.

“Perfetto” disse Gandalf rompendo quel momento quasi solenne, “ Per ora il mio compito è terminato. Ho importanti faccende da svolgere, vi lascio nelle mani degli elfi”

“Ci lasci?!” chiesi presa dal panico. La paura mi afferrò nuovamente. In quel luogo mi sentivo disorientata, fuori posto. Lo Stregone rappresentava per me un punto di riferimento, un appiglio, una luce nel buio, una persona di cui fidarmi.

“Stai tranquilla Eryn, non sei sola, con te c’è Massimilian. Non starò via molto”

Massimilian, giusto.

C’era lui al mio fianco, nella mia stessa condizione.            

Mio fratello si avvicinò a me e mi cinse le spalle con il suo braccio.

“Calmati” mi sussurrò, “saremo insieme”.

Il battito del mio cuore rallentò e riuscii a calmarmi.

“Eryn, mia figlia Arwen ti mostrerà le tue stanze e si prenderà cura di te oggi. Massimilian, lo stesso faranno i miei due figli Elladan ed Elrohir”

Alle parole di re Elrond tre elfi fecero ingresso nella sala. Alla destra del Mezzelfo si posizionò una fanciulla di straordinaria bellezza. Il suo portamento era regale e la somiglianza col padre sorprendente. La bianca e perfetta pelle sembrava d’avorio e irradiava una flebile luce. Il lunghi capelli corvini le incorniciavano dolcemente il delicato volto. Due grandi occhi grigi mi scrutavano attentamente con dolcezza e interesse. Vestiva con un ampio abito color argento e al collo pendeva una bianca gemma simile a una stella.

Alla sinistra invece si posizionarono due bellissimi elfi identici tra loro. I capelli scuri come quelli della sorella ricadevano sulle spalle, occhi grigi dominavano sui loro perfetti visi. Entrambi vestivano con vesti d’orate che mettevano in risalto i loro fisici perfetti.

Ammaliata da quella visione non riuscivo a far altro che guardarli con stupore. Ogni volta che ponevo lo sguardo su Arwen una stretta allo stomaco mi attanagliava. Davanti a così tanta bellezza non facevo altro che deprimermi pensando a come dovessi apparire io di fronte a lei. Tutte le insicurezze che già avevo si fecero ancora più forti e feci uno sforzo sovrumano per trattenere le lacrime.

Arwen si mosse, si avvicinò a me e mi prese la mano.

“Vieni con me Eryn” mi disse con un dolce sorriso.

Ricambiai e dissi di aspettare un attimo. Mi avvicinai a Gandalf e lo abbracciai sussurrando un Grazie e un Torna presto. Salutai i tre elfi con un lieve inchino, diedi un bacio sulla guancia a mio fratello e seguii l’elfa.

Mi condusse per vari corridoi aperti su un lato permettendomi di ammirare il paesaggio circostante. Il tramonto, visibile dietro i monti, era spettacolare. Rosso, giallo e arancione si tuffavano dolcemente l’uno nell’altro; una lieve sfumatura bluastra trapuntata di stelle era già visibile sopra la vallata.

Finalmente arrivammo davanti a una porta in legno, decorata con motivi dorati. Arwen l’aprì ed entrammo.

Era la stanza più bella che avessi mai visto. Era più grande della camera che avevo a casa e aveva una forma circolare. Tre grandi archi permettevano all’aria e alla luce di penetrare e mostravano tre scintillanti cascate. A destra era stato posto un letto coperto da bianche lenzuola e bianchi cuscini, affiancato da un comodino in legno. Appeso a una parete un enorme specchio ovale rispecchiava il luogo circostante; un grande armadio dorato occupava lo spazio vicino alle tre finestre. Il resto era caratterizzato da svariati oggetti bellissimi e da candide coperte.

“Tra qualche ora mio padre darà un banchetto in vostro onore. Se me lo permetterete vi aiuterò a prepararvi”

Arwen mi portò in un’altra stanza dove venni lavata e profumata con freschi aromi. Il mio volto fu massaggiato con diverse creme e i capelli pettinati con cura e acconciati. Tornate nella mia stanza Arwen prese dal grande armadio un lungo vestito, dalle svariate tonalità dell’azzurro, e me lo mise.

Con gentilezza mi accompagnò davanti allo specchio e quello che vidi mi sembrò del tutto estraneo. La lunga vesta avvolgeva delicatamente il mio corpo che sembrava molto più snello di quanto mi ricordassi; il volto appariva perfetto e liscio e gli occhi caldi e profondi; i miei lunghi e mossi capelli ricadevano con grazia sulla schiena e una sottile cordoncina argentata cingeva il mio capo.

Non potevo credere ai miei occhi. La fanciulla nello specchio era bellissima e luminosa, una nuova luce caratterizzava i suoi occhi.

“Sei bellissima” mi disse Arwen. E per la prima volta credetti a quelle parole.

 

Angolo dell’Autrice:

Eccomi finalmente con un nuovo capitolo! Scusatemi per la lunga attesa.

Finalmente Eryn e Massimilian fanno ingresso nella Terra di Mezzo e hanno il loro primo contatto con gli abitanti che lì vivono.

Come noterete finalmente Eryn inizia a prendere coscienza della sua bellezza abbandonando, poco a poco, le insicurezze

Puntualizzo che all’inizio Elrond viene descritto come un uomo perché Eryn pensa che sia tale.

Nel prossimo capitolo racconterò a spezzettoni l’anno che i due trascorreranno a Gran Burrone, e quindi probabilmente sarà abbastanza lungo.

Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e aspetto i vostri pareri.

Alla prossima!

AnnaJ

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Capitolo 13
*** Una nuova vita ( Parte 1 ) ***


CAPITOLO 13:

Una nuova vita ( Parte 1 )

 

 

 

“E’ come un terzo braccio. La spada deve essere un tutt’uno con voi, dovete averne pienamente controllo. Dovete sentirla vostra, ascoltarla, è un’amica, una protettrice. Deve essere salda tra le vostre mani, percepite il ferro dell’impugnatura, la sua freddezza. Riscaldatela. 
Muovete le braccia e concentratevi sul peso dell’arma, sulla sua movenza. E’ la spada colei che durante un combattimento vi separa dalla morte, l’unica vostra difesa se escludiamo la forza fisica. 
Si Eryn, lo so. Ma dimenticati dei tuoi poteri adesso, convinciti di non poterli usare e che quindi la spada sia l’unico tuo mezzo di difesa. 
Fate qualche passo muovendo le braccia e concentratevi sul cambiamento del vostro modo di percepire il peso dell’arma. E’ questo cambiamento che dovrete sfruttare nelle mosse che andrete a compiere. Qualsiasi cosa facciate ricordatevi di essere sempre saldi sulle gambe, l’equilibrio è fondamentale, perderlo significherebbe dare la possibilità al vostro avversario di mettervi in difficoltà.
Ora osservate le mosse che compiamo io ed Elladan durante il combattimento, dopo proverete voi. 


I movimenti devono essere sciolti, fluidi. Bisogna avere il pieno controllo della situazione. La velocità è fondamentale sia per evitare i colpi che infliggerli. Dovete imparare a prevedere le azioni dell’avversario per contrastarlo.


Bene tocca a voi.


Ricordate i movimenti che abbiamo utilizzato: fluidità, scioltezza, velocità. Non abbiate paura di scontrarvi, non preoccupatevi. La paura paralizza. Siate più decisi ma evitate di utilizzare violenza e ferocia. Non vi permettono di pensare lucidamente e di agire nel giusto modo. Osservate le mosse l’uno dell’altra, non andate alla cieca, ragionate. 
Eryn, usa meno violenza e più la testa. Massimilian sei troppo lento, ricorda la velocità. 


Basta così, ci aspetta un duro lavoro ma diventerete degli ottimi combattenti. Siete Helvat giusto? Maestri dell’arte della guerra.
                                  

 

 ***

 

 

“Questo me lo consegnò Gandalf prima che portasse in salvo i tuoi avi”
Elrond pose sul tavolo un massiccio volume. Era quattro volte più grande di un libro normale e due volte più spesso. La copertina era di un caldo tono del marrone, quà e là scolorito. Al centro strane lettere dorate formavano tre parole: -Lh’ erssienhze nahwual-.

Era un libro segnato dal tempo e dalle numerose mani che l’avevano sfogliato.


“Cosa vogliono dire quelle parole?” chiesi con una certa curiosità.


L’essenze naturali. In questo volume sono raccolte tutte le conoscenze sui poteri del tuo popolo. Troverai istruzioni, spiegazioni, chiarimenti. E’ contenuto tutto ciò che ti serve per padroneggiare il tuo potere. La tua mente è predisposta ad assorbire tutte queste informazioni, non preoccuparti”.

Aprì lentamente il libro e con un tonfo al cuore constatai che tutto ciò che era scritto non potevo comprenderlo.

“Ovviamente dovrai prima apprendere al meglio l’antico linguaggio helvico. Per tua fortuna io lo appresi molti anni fa e potrò aiutarti”

 

                                   

 

 ***

 

 

“Bene, molto meglio. State indubbiamente migliorando. Direi quindi che è il momento di allontanare il bersaglio. Elrhoir spostalo di 100 piedi!

Non è troppo lontano Max. Ricordate che gli Helvat possedevano caratteristiche elfiche, tra cui l’acuta vista. Cosa che anche voi possedete! Guardate attentamente davanti a voi e lo scoprirete. Per tutto questo tempo non avete mai guardato il mondo attraverso la possibilità che sia voi sia noi abbiamo, dovete iniziare.

Ora tendete l’arco, ricordate di ascoltare il vostro respiro e regolatelo. E’ fondamentale per la precisione.

Concentratevi e…. scoccate!

Ottimo. Non è stato difficile. Direi che possiamo passare subito al bersaglio mobile. Non fare quella faccia Eryn, in battaglia non troverete un bersaglio perfettamente immobile. Dovrete imparare a sfruttare i movimenti del nemico e prevederli, in modo da non sbagliare.

                                   

 

***

 

 

“Fhianagaielse tseih ien gorhasdo odi ecomsparenmdaiere a paierno eancicto laingaragoio daele thuo paopalso e paotherai kcapaisre thuthto caiòh caire è shthatho naelh lhibarso”

(Finalmente sei in grado di comprendere a pieno l’antico linguaggio del tuo popolo e potrai capire tutto ciò che è stato trascritto nel libro)

“Thi rainmgerazhio Elrond”

(Ti ringrazio Elrond)

“E’ shthatho wune paiecerairae”

( E’ stato un piacere )

Il Mezzelfo uscì lentamente dalla mia stanza e chiuse dolcemente la porta.

Non credevo di potercela fare ma, dopo due intensi mesi di studio, ero riuscita ad apprendere al meglio l’antico linguaggio helvico. Finalmente era giunto il momento di aprire l’arcaico volume dolcemente adagiato sul mio letto, avvolto da un soffice panno scarlatto. Mi alzai avvicinandomi ad esso. Lo guardai con timore. Avevo aspettato interi giorni impaziente di sfogliare le aride pagine di quel libro ma in quel momento avevo paura anche solo a sfiorarlo. Il pensiero che dentro fossero racchiuse tutte le conoscenze del mio popolo mi spaventava a morte. La curiosità c’era, ma il timore la sovrastava.

Toc Toc!

Quel secco colpo mi distolse dai miei pensieri.

“Avanti!”

Dalla porta spuntò fuori una testa dai ricci capelli ramati.

“Ti disturbo Ery?”

“Non mi disturbi mai Max” dissi sorridendo. Lui entrò richiudendo la porta dietro di se. Indossava una tunica dalle tonalità azzurrine e argentee che arrivava a metà dei polpacci, stretti pantaloni grigiastri avvolgevano le muscolose cosce mentre stivali argentati coprivano le gambe fin sotto le ginocchia. Non avevo mai notato quanto fosse bello.

“Cosa stai combinando”

Lentamente indirizzai lo sguardo verso l’enorme libro e Massimilian capì all’istante. Era impressionante come mi comprendesse perfettamente, cosa che prima non avevo notato, forse perché non aveva mai avuto la possibilità di provarlo.

“Ascoltami. Ricorda che l’amuleto ha scelto TE. Ha affidato a TE il compito di custodire i poteri al suo interno. Sei te il PRESCELTO, è tuo destino governare i quattro elementi. Ce la farai ad apprendere tutto quello che è scritto nel libro. Ora sei in grado di capirlo. Non convincerti di non essere all’altezza, ti conosco e so che sei capace di distruggere la tua forza di volontà con solo un pensiero negativo. Sei una grande persona, che farà grandi cose. Io sarò sempre al tuo fianco, in qualsiasi circostanza. Credo in te e sono sicuro che non fallirai. Lo so, non ti ho mai dimostrato il mio affetto, c’è sempre stata come una sorta di barriera tra noi che non ci ha mai permesso di provare cosa vuol realmente dire essere fratelli. Ma tutto quello che stiamo vivendo è molto più forte. Ti prometto che ti starò sempre accanto, sono orgoglioso di te”

Ormai la mia vista era offuscata dalle lacrime e a stento vedevo l’immagine di Massimilian. Lui si avvicinò lentamente e mi abbracciò. Quel contatto mi diede coraggio e con decisione aprii la prima pagina del libro.

                                                                                       

 

***

 

 

“E’ giunto il momento di passare al livello successivo. Eryn ti batterai con me mentre Massimilian con Elladan”

“Cosa!?” sbottai sorpresa.

“Pensavi che avresti combattuto perennemente con tuo fratello?” disse divertito Elrhoir.

Pensandoci bene avevo realmente pensato così.

“In battaglia non vi troverete a combattere l’uno contro l’altro, ma l’uno a fianco dell’altro. Non conoscerete il vostro nemico, sarà molto più difficile. Combattere contro di noi e sarete ancora facilitati perché ci avete già visto in azione e conoscete abbastanza le nostre mosse. Più avanti vi faremo combattere con elfi che non avete mai visto in azione per affinare le vostre capacità percettive e di previsione”

“Dai Ery, sarà divertente!” disse Max entusiasta.

Massimilian era completamente affascinato dall’arte della guerra, passava tutte le giornate ad allenarsi, anche quando non avevamo lezione con i due elfi. Si alzava presto il mattino e non smetteva fino al tramonto, eccezion fatta per le pause che servivano per nutrirsi. Era diventato molto abile.

“Okay”

“Sapete, non ho ancora capito bene il significato di quella parola” disse incuriosito Elladan, “E’ molto strana”

“E’ come ‘va bene’, ‘si’. E’ un assenso. ‘Okay’.” risposi divertita.

“Okay” ripeté l’elfo.

“Possiamo incominciare ora?” disse spazientito Elrhoir.

Iniziammo così a combattere. Io contro Elrhoir mente Max contro Elladan.

Fu più difficile del previsto. Guardare l’elfo combattere e affrontarlo erano due cose totalmente diverse. Sembrava si muovesse più velocemente e facevo fatica a prevedere le sue mosse. Nonostante tutto riuscì a tenergli testa anche se faticosamente. Massimilian invece se l’era cavata meglio, era quasi riuscito a disarmare Elladan.

                                        

 

***

 

 

Veitha imnalthai

L’acqua nella bacinella si mosse lentamente.

Veitha imnalthai!”

Si alzò di qualche millimetro e poi tornò al normale livello.

Veitha imnalthai!!

Il braccio alzato tremò e il liquido si sollevò in aria formando una sfera d’acqua, per poi ricadere all’interno della bacinella bagnando il tavolino.

“Si!” esultai felice.

Era ormai un’ora che provavo quell’incantesimo ed ero esausta, ma lo sforzo aveva dato frutto.

“Max, Max!”

“Che-Che c’è?” rispose con voce impastata.

Si era adagiato sul mio letto sprofondando nel sonno dalla stanchezza.

“Guarda! Veitha imnalthai”

L’acqua si raggruppò nuovamente in una sfera, ma questa volta rimase a lungo in aria. Provai così a fare qualcosa in più, mossi leggermente il braccio a destra e poi a sinistra e la sfera si mosse nelle stesse direzioni.

“Fantastico!” urlò Massimilian facendomi perdere la concentrazione. L’acqua cadde con più violenza e ci bagnò entrambi.

                                     

 

 ***

 

 

“Tulkas, Il Valoroso o Il Forte, è il più grande Valar per forza e valore”

La cristallina voce di Arwen accompagnava dolcemente le numerose informazioni di quel fantastico mondo.

“ Ama la guerra ma non maneggia armi, preferisce utilizzare la forza fisica. Viene anche chiamato Astaldo. Fu l’ultimo ad arrivare ad Arda, arrivò quando seppe della guerra contro Melkor. Non si adira spesso, ma è lento a perdonare. Ha un carattere non molto diplomatico, ma è un fidato amico.

Manwë è il Signore dei Valar e il fratello di Melkor. Domina l’aria e i venti, le grandi Aquile obbediscono a lui. E’ il più grande, nobile e maestoso degli Ainur. E’ puro di cuore ed è a lui che Eru ha affidato il compito di governare Arda.

Ulmo è il signore dei mari e degli oceani. Il suo potere si estende su tutte le acque, sia quelle in superficie sia quelle sotterranee.

Aulë, detto Il Fabbro, è legato a tutto ciò che è terra, roccia e metallo. Fu lui impegnato a creare continenti e montagne durante la creazione di Arda. Il suo carattere è simile a quello di Melkor ma fortunatamente non divenne malvagio ma creò una propria razza perché stanco dell’attesa della nascita dei Figli di Ilùvatar, Elfi e Uomini. Per questo Eru lo ammonì ma decise di non distruggere la sua opera e quindi ordinò ad Aulë di nascondere i sette Padri dei Nani in luoghi remoti dove avrebbero dovuto attendere un momento più adatto per il loro risveglio.

Oromë, conosciuto anche come AldaronArawBéma,TauronIl Grande CacciatoreIl Grande Cavaliere e Signore di Forest, è il più forte tra i cacciatori.

Mandos, o Nàmo, è severo e spassionato con una grande memoria.

Ilmo, o Lòrien, è il signore delle Visioni e dei Sogni.

Varda Elentàri è la moglie di Manwë. E’ troppo bella per essere descritta a parole, il suo viso risplende della luce di Ilùvatar. E’ la creatrice delle stelle.

Yvanna Kementàri, è la sposa di Aulë. E’ la protettrice di tute le piante e i frutti.

Vàna, è la Signora della Primavera, la Sempregiovane. E’ sposa di Oromë.

Nessa, detta la Danzatrice, è la Signora della Femminilità. E’ veloce e agile, comunica con i cervi e ama la danza. Possiede una pura bellezza e il suo sguardo suscita amore. E’ la sposa di Tulkas.

Vairë la Tessitrice, Signora della Storia. Tesse tele che raffigurano tutta la storia del Mondo ed è la sposa di Mandos.

Nienna è la Signora della Tristezza. Il suo pianto ha ispirato misericordia verso gli uomini negli altri Valar.

Estë la Guaritrice è Signora della Pace. E’ la sposa di Irmo.”

“Aveva ragione il nonno” disse Max sfogliando il libro contenente immagini di tutti i Valar.

“ I greci cercarono di spiegare l’esistenza degli Ainur attraverso gli dei dell’Olimpo!” riprese.

“Cosa sono gli dei dell’Olimpo?” chiese curiosa Arwen.

“Nel Nuovo Mondo vivranno grandi civiltà, come i greci, credenti in più dei, molto simili ai Valar. Devi sapere che agli abitanti delle Ere future non è concesso di conoscere la realtà di Ilùvatar ma in loro è rimasto qualcosa che li spinge a spiegare l’esistenza di entità superiori” cercai di spiegarle.

“I greci credono in numerose divinità che risiedono in un’ alta montagna, la cui cima è coperta alla vista dell’uomo. E’ l’Olimpo” continuai.

“Manwë per i greci sarebbe Zeus, il più grande tra gli dei, il dio del cielo e dei fulmini; Tulkas è Ares, signore della guerra; Ulmo è riconducibile a Poseidone, dio del mare e dei terremoti; Aulë ad Efesto, dio del fuoco, della tecnologia dell’ingegneria; e così via” disse Max.

“Raccontatemi di più su ciò” chiese Arwen illuminata dalla curiosità e iniziammo così un viaggio attraverso la fantastica mitologia greca.

                                     

 



 

 

Angolo dell’Autrice:

Salve a tutti cari lettori. Lo so che mi odiate per il lunghissimo ritardo ma sono stata veramente molto impegnata. Non ho trovato il tempo di andare avanti, causa è anche il fatto che questo capitolo è stato impegnativo, ho dovuto scegliere cosa raccontarvi.

Vi avviso che ci sarà un altro capitolo simile, se no sarebbe uscito troppo lungo! Ma vi prometto che nel giro di pochi giorni sarà pubblicato!

Faccio solo un appunto sul linguaggio helvico:

Ovviamente non sono in grado di creare una nuova lingua e per questo ho cercato un modo semplice per me e banale. In pratica ho tenuto di ogni parola in italiano le vocali così come sono, mentre alle consonanti ho aggiunto lettere. Esempio:

Vita inalzati

è diventato

Veitha imnalthai

Spero sia abbastanza chiaro!

Come sempre aspetto vostri commenti! Alla prossima.

AnnaJ

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Capitolo 14
*** Una nuova vita ( Parte 2 ) ***


CAPITOLO 14:

Una nuova vita ( Parte 2 )

 

 

La luna stava cedendo lentamente il posto al sole; le stelle, incastonate nel roseo cielo, si spegnevano una ad una.

I primi raggi del nostro luminoso astro illuminavano il cielo scacciando via le tenebre della notte e creando tonalità rosate dolci, fonti di tranquillità e serenità. L’unico rumore che si udiva era il dolce canto delle cascate e il cinguettio degli uccelli ormai svegli.

Il terrore provato durante la notte mi stava finalmente abbandonando lasciando il posto a una certa serenità.

Erano ormai mesi che incubi e visioni non mi tormentavano, almeno fino a quella notte.

La sera prima ero andata a letto presto, stanca per la dura giornata all’insegna di spade e lance; subito mi ero addormentata.

Ero nuovamente caduta nella profonda e gelida oscurità e lingue di fuoco mi avevano circondato avvolgendosi al mio corpo e procurandomi un dolore accecante. Ogni centimetro della mia pelle bruciava trasformandosi in puro e nero carbone. Al culmine del dolore avevo sentito il mio corpo sbriciolarsi. Non vidi più niente fino a quando una voce terrificante pronunciò tre parole, tre semplici parole impregnate di malvagità: “Io ti vedo”

Quello che si era presentato poi davanti a me era una landa desolata, circondata da grandi catene montuose che si disperdevano all’orizzonte. Non vi era alcun cenno di vita, come se tutta la natura fosse stata bruciata, spazzata via. Una montagna vulcanica e una torre nera si stagliavano verso il cielo rosso sangue. Sopra la torre un grande occhio di fuoco sovrastava quelle terre. Mi osservava.

“Io ti vedo”

Un urlo terrificante nacque dentro di me e proruppe dalle mie labbra. Un terrore doloroso, una paura mai provata prima.

Successivamente mi ero svegliata sudata nel mio letto, ancora dominata da quell’orrore e nel buio continuavo a vedere quell’occhio infuocato. Ero poi uscita all’aria aperta, erano le prime ore del mattino.

Una dolce brezza accarezzò il mio viso. Quanto avrei voluto che Gandalf fosse lì con me. Erano ormai passati mesi da quando mi aveva lasciato in quel luogo incantato, senza tempo. Nessuna notizia ci era arrivata e questo più volte mi aveva intimorita; non sapevamo se stesse bene o se fosse in pericolo. Aveva detto di dover compiere importanti faccende, ma non ci aveva rivelato quali.

Sentivo un forte bisogno di averlo accanto, avevo un forte bisogno di non sentirmi più smarrita e in balia della paura. Lui per me rappresentava l’unico punto di riferimento in quel mondo sconosciuto, l’unico scoglio a cui appigliarmi.

Si, al mio fianco c’era Max, più vicino che mai, ma non era la stessa cosa. Massimilian rappresentava il mio rifugio, potevo contare su di lui, era sempre pronto ad aiutarmi ma non poteva darmi delle risposte. Anche lui si trovava nella mia situazione, un mondo sconosciuto, tra persone sconosciute. Ma lui non aveva bisogno di risposte, lui non aveva il peso del mio destino sulle spalle.

Gandalf era l’unico a poter placare i miei dubbi, le mie preoccupazioni. Neanche re Elrond ne aveva le capacità, solo lo Stregone aveva visto i miei avi per l’ultima volta ed era a lui che Iluvatar aveva rivelato i segreti del mio preannunciato fato. E lui non era lì accanto a me.

 

Voci cristalline si librarono nell’aria creando una meravigliosa sinfonia, gli elfi. Ispirai profondamente l’aria fresca e incontaminata di Imladris e, ormai in pace, ritornai nella mia stanza.

                                               

 

                                                                *

 

 

 

“Hmbriuctia”

Una lingua di fuoco simile a un bocciolo si materializzò sul palmo della mia mano. Emanava un calore piacevole e delicato. Il bocciolo di fuoco si librò nell’aria arrivando all’altezza dei miei occhi. Lentamente iniziai a compiere con le mani i movimenti indicati dall’arcaico libro. Realizzavo piccoli cerchi intorno alla fiamma che poco a poco si ingrandiva raggiungendo le dimensioni di una palla da pallavolo. Con l’indice sfiorai l’estremità superiore del bocciolo che si trasformò in un fiore infuocato. Quelli che assomigliavano a rossi petali si allungarono avvolgendo il mio corpo e sollevandomi dal terreno. Ero sospesa a pochi metri di altezza e con le braccia spalancate giravo su me stessa accarezzata dal dolce calore del fuoco. Ogni preoccupazione era svanita dalla mia mente, ciò che provavo era un senso di calma e sicurezza; mi sentivo al sicuro, a mio totale agio.

Continuai ad alzarmi fino a raggiungere l’altezza giusta per vedere tutta Imladris. Aprii gli occhi che fino a quel momento avevo tenuto chiusi. Il sole ardeva sulla mia testa sorridendomi. Sotto di me l’incantata foresta dalle centinaia sfumature di verde ricopriva l’intera valle mentre la roccia su cui sorgevano le case elfiche sovrastava tutto. Era una visione stupefacente, mistica, magica. Il cielo era di un azzurro intenso senza macchie, senza nuvole. Era da molto che non provavo quella sensazione di pace con il mondo intero, con me stessa. Nessuna preoccupazione, nessuna paura, nessuna ansia. La mia mente era libera, sgombera da qualsiasi cosa. Mi sentivo realmente me stessa.

Ma non potevo provare tutto ciò per sempre. Appena i miei piedi toccarono terra e il fuoco si fu estinto tutto ciò che in quei pochi minuti mi aveva abbandonato mi investì nuovamente, soffocandomi.

                                              

 

 

                                                               *

 

 

 

“Dai, dai Ery! Ce la puoi fare!”

Le urla di incitamento di mio fratello arrivavano deboli alle mie orecchie. Il rumore del cozzare della mia spada contro quella del maestoso elfo sovrastava ogni cosa. Il sudore rigava il mio volto affaticato mentre le mie braccia e le mie gambe lottavano contro il dolore. Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dall’inizio dell’incontro, l’unica cosa che sapevo era la forza del mio avversario. Era molto agile e veloce, schivava i miei colpi senza alcuna difficoltà. Era un elfo dai lineamenti duri e bellissimi, grandi occhi azzurri e capelli d’orati che scintillavano sotto i raggi del sole. Il suo corpo dimostrava venti anni ma i suoi occhi millenni.

Mi ero trovata in difficoltà fin dall’inizio, i miei movimenti non erano ancora del tutto fluidi e facevo fatica a schivare i suoi colpi.

Sei figlia degli Helvat, grandi guerrieri. Forza dimostralo!

Quelle parole si ripetevano nella mia mente. Sapevo che l’unica cosa che mi mancava era la convinzione, era la volontà, era la fiducia nelle mie capacità. Fino a quando non fossi stata sicura di me stessa sapevo che non avrei avuto alcuna possibilità di vincere.

“Eryn credici, solo quello ti divide dal trionfo” continuava a ripetermi Elladan.

E aveva ragione.

Caddi a terra a causa di un potente colpo subito, l’elfo mi aspettava in piedi pronto a ricominciare. Chiusi gli occhi per qualche secondo e provai a ripensare alle sensazioni che il fuoco mi aveva fatto provare. Pace, tranquillità, sicurezza. Improvvisamente una forza innaturale mi invase. Riaprii gli occhi come mai fatto prima. Percepivo l’aria di sfida che emanavano. Mi rialzai velocemente posizionandomi saldamente sulle gambe. Un grande ardore avvolse il mio cuore e il coraggio prese il sopravvento sul timore.

Mi scagliai contro l’avversario con tutta la grinta che avevo in corpo. Movimenti fluidi e veloci si rigettavano sul biondo elfo costringendolo ad indietreggiare. Nonostante la stanchezza continuavo ad attaccare, schivando agilmente ogni colpo inflitto da Dreinis. Dalle mie labbra sgorgavano parole nell’antico linguaggio helvico conferendomi ancora più farza.

 

“Jsei thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”

“Jsei thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”

“Jsei thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”

“Jsei thigleia Helvat. Dwimnojstalaio”

 

Prima che me ne fossi accorta il bell’elfo giaceva a terra, il mio piede sul suo perfetto petto, la sua spada a pochi metri dal suo braccio, la mia puntata al collo.

Ci ero riuscita, avevo dimostrato di essere figli di quei grandi guerrieri.

                                             

 

 

                                                             *

 

 

 

Io e Massimilian ridevamo con gusto alla vista dei due elfi gemelli che cercavano con scarso successo di capire come funzionassero i gesti della lingua italiana. Era ormai un’ora che cercavamo di spiegarli ai due principi che ci guardavano con aria smarrita ma molto incuriosita.

Max proponeva loro delle parole o frasi che dovevano riprodurre con gesti. Il risultato erano due elfi straordinariamente e stranamente impacciati che si impegnavano al massimo fallendo miseramente. Si lo so, è strano sentire le parole “Elfi” e “impacciati” nella stessa frase, ma credetemi sto dicendo la verità. Ovviamente impacciati è molto lontana dall’idea che si crea nella nostra mente. Erano comunque eleganti e solenni,ma meno del solito. Era una piccola differenza che naturalmente saltava subito all’occhio se eri abituato alla vista di tali regali creature.

Lo stomaco e la gola mi facevano male a causa delle risate. Da tempo non ridevo così.

                                            

 

 

                                                              *

 

 

 

Era ormai la terza volta che finivo di leggere l’antico testo. Ogni parola scritta era stampata nella mia mente, indimenticabile, al sicuro. Le mie capacità magiche erano migliorate notevolmente. Potevo controllare senza difficoltà ogni cosa formata da uno dei quattro elementi. Passavo intere giornate ad esercitarmi all’aria aperta, in una piccola radura al centro della valle. Mi tenevano compagnia le creature di quel bellissimo luogo e qualche volta uno o due elfi mi osservavano con interesse senza disturbarmi.

Nei momenti di noia mi divertivo a compiere piccoli scherzi a mio fratello che però non si arrabbiava, anzi, ne era entusiasta.

Non avevo ancora raggiungere l’apice dei miei poteri, ne ero consapevole, mancava qualcosa che nel libro non c’era. Certo, controllavo gli elementi ma non avevo ancora idea di come utilizzarli per difendermi e combattere. Più e più volte avevo provato a realizzare gli incantesimi di maggior livello riportati nel libro, ma con scarso successo. Qualcosa mancava, una conoscenza, una chiave. Avevo passato ore a cercarla, ma dentro di me sapevo che solo con l’arrivo di Gandalf l’avrei trovata.

Ma lui non arrivava, le settimane passavano velocemente tra allenamenti con ogni sorta di arma e intenso studio di quel mondo, tra incantesimi e scoperte.

Dalla notte in cui avevo sognato quel desolato luogo gli incubi continuavano a tormentarmi. Vedevo morte, distruzione, disperazione, terrore, sangue, lacrime, fuoco. Alla fine di ogni visione si materializzava davanti a me il mio volto, come se mi dicesse che se avessi fallito avrei causato tutto quello. La paura di non essere all’altezza del mio compito mi assillava. Ogni notte dopo essermi svegliata dagli incubi uscivo all’aria aperta ma nessuna pace mi abbracciava più. I miei occhi divennero sempre più stanchi, la mia anima sempre più fragile. Occhi preoccupati mi osservavano, ma senza sapere come fare. Massimilian cercava di starmi accanto silenziosamente il più possibile senza sapere cosa fare per aiutarmi. Apprezzavo questo anche se non mi dava alcun sollievo. Il polso aveva ricominciato a bruciarmi senza pace, aumentando sempre di più.

Ricordo che mi trovavo nella radura ad esercitarmi quando un dolore lacerante colpì il mio polso e la mia testa. Non capii più niente e caddi a terra priva di sensi. Successivamente mi ricordo di aver visto tutto quello che avevo sognato da quando avevo scoperto di appartenere a una razza estinta.

Quando aprii nuovamente gli occhi una luce bianca e accecante mi investì. Poco a poco l’ambiente circostante si delineò mostrandomi la mia stanza. Al mio fianco sedeva Massimilian addormentato, sul suo volto i segni di stanchezza causati dall’attesa del mio risveglio.

Lentamente cercai di mettermi seduta nonostante le forti fitte che provavo alla testa. Il mio polso era fasciato da una candida benda che però presentava una grossa macchia bluastra proprio nel punto in cui si trovava il marchio degli Helvat. Avevo la testa avvolta da un’altra fascia e pesanti coperte coprivano le mie gambe. Avevo passato interi giorni in coma senza dare alcun segno di vita. Arwen si era presa costantemente cura di me mentre Max non mi aveva abbandonato neanche per un attimo. Mi sentivo distrutta, come se un camion mi fosse passato sopra, cosa alquanto impossibile visto che ancora no esistevano.

Mi strofinai gli occhi e osservai più attentamente la mia stanza. Seduto davanti alla mia finestra c’era una grigia figura che osservava le cascate scintillanti. Un cappello a punta era poggiato a terra e del fumo usciva da una grande pipa.

“Gandalf…”

Lo dissi in un sussurro ma lo Stregone lo sentì e si giro verso di me sorridendomi, appariva molto stanco.

“Ciao Eryn, finalmente ti sei svegliata!”

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

E finalmente Gandalf è tornato. Adesso inizia la vera e propria storia.

Spero che anche questo capitolo, anche se corto, vi sia piaciuto. Scusate la lunga attesa, cercherò di aggiornare più velocemente.

Fatemi sapere cosa pensate J

 

AnnaJ

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Capitolo 15
*** La svolta ***


CAPITOLO 15:

La svolta

 

“Non ci posso credere … Sei qui … “

Una piccola lacrima abbandonò l’occhio sinistro e accarezzò la mia guancia.

“Si, ora sono qui”

Lo Stregone si avvicinò lentamente e si sedette accanto a me, sul letto. Mi guardò intensamente attraverso i suoi grigi occhi, come se volesse leggermi nel pensiero. Alzò una mano rugosa e la poggiò sulla mia liscia guancia.

“Cosa è successo Ery?” mi chiese con estrema serietà.

Esitai un attimo, mi feci forza e parlai.

“Il marchio ha iniziato a farmi male, molto male. Era un dolore accecante, mi faceva male la testa. Ho cercato di resistere ma poi ho perso i sensi”

“Cosa è successo prima?”

Non risposi. Avevo paura di rievocare quelle immagini nella mia mente, non volevo che si materializzassero ancora davanti ai miei occhi.

“Eryn, dimmelo”

Iniziai a tremare.

“Parlarne ti aiuterà. Parlarne è essenziale”

Ancora silenzio.

“Eryn, dobbiamo capire”

Chiusi gli occhi e trassi un profondo respiro. Mi feci coraggio e parlai. Raccontai al vecchio Stregone cosa avevo visto la notte in cui gli incubi si erano ripresentati e poi tutto quello che era successo nei giorni successivi.

Tremavo, tremavo come una foglia scossa dal vento gelido. Come mi ero aspettata rievocare quelle visioni mi terrorizzò molto. Avevo gli occhi appannati e le lacrime minacciavano di uscire. Gandalf mi prese le mani tra le sue cercando di placare un po’ il mio stato d’animo. Mi guardava con occhi penetranti, con uno sguardo austero e scrutatore, come se cercasse di più tra le mie parole.

Quando ebbi finito anche il tremore cessò. Uno strano silenzio calò tra di noi. Sfinita appoggiai la testa sul cuscino e mi  riaddormentai all’istante.

                      

                                                                  ***

Le malinconiche note riempivano la mia stanza e danzavano nell’aria con leggerezza.  L’arco del violino, guidato dalla mia mano, sfregava dolcemente sulle corde. Avevo abbandonato la testa sulla mentoniera, inclinata a sinistra. Le dite della mano si muovevano fluidamente lungo il manico.

LA, RE, LA, RE, SI, LA, FA, LA, FA, SOL, FA, SOL, LAAA …

Mi lasciavo cullare da quei suoni carichi di dolore liberando ogni mio minimo sentimento. Con l’immaginazione ero tornata nella mia stanza, la mia vera stanza, quella nel mondo che avevo lasciato per compiere il mio destino. Ero tornata alle ore di esercitazione con quel magnifico ed elegante strumento. Il volto di Chiara, la mia istruttrice, galleggiava nella mia mente. Le volevo molto bene.

Avevo dedicato così tanto a quello strumento che ormai avevo stampato in testa ogni spartito studiato: nota per nota, pausa per pausa, sfumatura per sfumatura.

La musica aveva rappresentato per me un altro rifugio in quei bui giorni. E anche in quel momento lo rappresentava: una via di uscita da quegli incubi.

Suonavo in base al mio umore, e quel giorno era un umore malinconico, scioccato dalle visioni, pieno di tristezza. E quella melodia lo rispecchiava perfettamente:  note potenti, scioccanti, tristi, commoventi …

Avevo suonato mille volte quella colonna sonora ma mai così intensamente e mai come in quel momento mi aveva toccata.

Sentii la porta cigolare ma continuai a suonare ignorando chi fosse entrato.

Continuai a farmi cullare dai suoni che scaturivano dalle sottili corde tenendo saldamente chiusi gli occhi. All’apice della melodia alcune lacrime bagnarono le mie guance arrivando a baciarmi il collo. Piano piano mi avviai a concludere. Diminuii l’intensità delle note fino a quando non si dissolsero nell’aria.

Rimasi per qualche secondo con gli occhi ancora chiusi assaporando il rimbombo di quelle note nella mia testa. Mi decisi poi a girarmi e trovai Massimilian e Arwen seduti sul mio soffice letto che mi guardavano intensamente. Max aveva uno sguardo serio, Arwen gli occhi lucidi.

“E’ bellissima” disse l’incantevole elfa.

“Si lo è” continuò Massimilian.

Annuii leggermente e mi misi davanti a loro seduta su una sedia.

“Di cosa parla?” chiese Arwen, “ Ogni melodia racconta qualcosa: una storia, un sentimento …”

“Emmm … è difficile da spiegare, e anche lunga” dissi con voce flebile.

“ Non mi importa. Sapete quanto le vostre storie mi interessino. Ti prego” supplicò dolcemente.

“Okay. Ma è una storia veramente molto triste e terribile” disse Massimilian.

“L’avevo intuito dalle note malinconiche” rispose lei.

“Vediamo… da dove iniziare?”

“ E’ la colonna sonora di un film” accorse in mio aiuto Max, “ ti ricordi cos’è un film?”

“Si” rispose l’elfa, “E’ la rappresentazione di una storia, giusto? La storia prende vita attraverso le persone che la raccontano”

“Si, più o meno. Bene, questo film parla di uno degli avvenimenti più importanti, devastanti, crudeli della storia dell’uomo, della storia del Nuovo Mondo.

Secondo il nostro calendario è avvenuto, cioè avverrà …non so mai come parlare del mondo da cui proveniamo, se col futuro o il passato” disse seccato Massimilian.

“Comunque” continuai io “ Secondo il nostro calcolo è avvenuto durante il ventesimo secolo, in modo più preciso tra il 1939 al 1945. Visto che ogni vostra Era dura all’incirca 3000 anni direi che l’evento è accaduto nella Prima Era del Nuovo Mondo. Allora, dal ’39 al ’45 ha avuto luogo la Seconda Guerra Mondiale, un evento che ha coinvolto molti paesi, in particolar modo europei”

Fortunatamente avevamo passato molto tempo nei mesi precedenti a raccontare alla curiosa Arwen tutto sul Nuovo Mondo, arrivando pure a disegnare una semplice cartina dell’assetto geografico del globo. Così l’elfa non faticò ad orientarsi.

“ Europa è dove vivete voi, giusto? Dove si trova il vostro paese”

“Si esatto. Viene chiamata seconda perché pochi anni prima si era verificata la Prima Guerra Mondiale. E’ come se la Terra di Mezzo entrasse in conflitto con altre regioni di Arda, più o meno. Durante questa guerra venne messo in atto lo sterminio di un popolo, quello Ebreo. Una popolazione sparsa per tutta Europa  che non aveva una patria. Contro di loro Furono fatte moltissime atrocità. Furono perseguitati e uccisi nei campi di sterminio. Furono spogliati della loro identità, dei loro diritti, furono trasformati in una massa senza volti. Un tale odio fu riversato su di loro, un odio che li portò a tragiche morti. Un vero e proprio crimine contro l’umanità. Un genocidio che ha segnato profondamente la storia del nostro mondo. Un gesto inspiegabile, ingiustificabile che ha causato la morte di circa 6.000.000 persone innocenti.”

“6.000.000 persone spogliate dei loro diritti, delle loro vite, della loro umanità.”

“E’ una cosa terribile” disse con voce spezzata Arwen.

“Si lo è. E il film, a cui la colonna sonora che stavo suonando appartiene, parla proprio di quel periodo. Parla di un tedesco che, rendendosi conto di quello che stava succedendo, salvò moltissime vite.”

 

 

Quanta crudeltà dilaga nel Mondo” disse Arwen.

 

“Molta”, risposi, “Se l’intento di Ilùvatar era quello di ridar vita a un nuovo mondo per spazzare via il male, beh … ha fallito. Nel Nuovo Mondo c’è tanta crudeltà quanta nel Vecchio, forse di più”

 

“Non sapremo mai la volontà del sommo Eru” constatò dolcemente la bellissima elfa.

 

“Mai”

 

“Senti Ery, sei veramente bravissima a suonare. Mi faresti sentire altre melodie provenienti dal Nuovo Mondo?”

 

“Certamente”

 

Passammo l’intero pomeriggio tra melodie e racconti. Suonai la colonna sonora di Braveheart, di Titanic, de Il Gladiatore, de Il Padrino, suonai la Primavera, l’Ave Maria, Canon in D e moltissimi altri componimenti. Ogni volta Arwen mi chiedeva di raccontare la loro storia.

 

                                                               

                                                                ***

 

“Me lo affidarono prima di morire” disse Gandalf guardando l’arcaico volume.

 

Erano passati molti anni dalla loro fuga. All’inizio non sapevamo quanti altri cambiamenti avesse causato il potere dell’anello,ma scoprimmo presto che tra di questi vi era un accorciamento della vita. I tuoi avi vissero altri cento anni prima che abbandonassero definitivamente questo mondo”

 

“Ma perché darti il libro? Non potevano tramandarlo come hanno fatto con il ciondolo?” chiesi perplessa.

 

“Avranno reputato che sarebbe stato più al sicuro con me. Il ciondolo sarebbe stato innocuo fino a quando non sarebbe arrivato al Prescelto. Se invece il libro fosse caduto in mano a sconosciuti non sarebbe stata una cosa buona. Questi incantesimi hanno come una piccola autonomia. Nel senso che se pronunciati anche da qualcuno senza i tuoi poteri potrebbero causare qualcosa. Non so cosa, ma sicuro niente di buono”

 

“Ma spiegami: perché non ti hanno consegnato anche il ciondolo?”

 

“Il ciondolo serviva per riconoscerti, per riconoscere il Prescelto. Ricordi?”

 

“Oh si! Che stupida!”

 

“Si, un po’ lo sei!”

 

Guardai lo Stregone fingendo di essermi offesa. Scoppiammo a ridere, finalmente a ridere.

 

“Comunque” disse, “Ora mi dovrai far vedere quello che hai imparato e da adesso in poi ti eserciterai con me!”

 

                                                                  ***

 

Passarono altri cinque mesi. Io continuavo ad esercitarmi con i miei poteri, e insieme a Massimilian nell’arte della guerra. Apprendemmo sempre più cose riguardanti il Vecchio Mondo: storie, leggende, fatti reali, i diversi popoli, le lingue, la natura …

 

Gandalf non passava tutto il tempo a Gran Burrone, a volte spariva per settimane, non sapevamo il perché.

 

Il mio potere crebbe, e anche le mie abilità belliche. Ormai sia io che Max ci eravamo abituati a vivere in quel luogo fatato e avevamo fatto.

 

Ci legammo molto ad Arwen, Elladan ed Elrohir, un grande affetto ci univa a loro. Più noi imparavamo cose sul Vecchio Mondo più loro le imparavano sul Nuovo.

I giorni scorrevano tranquilli e spensierati insieme a loro.

 

Ormai Gran Burrone era diventata un seconda casa, e i suoi abitanti una seconda famiglia.

 

Non avevamo contatti con il mondo esterno, per noi esisteva solo Imladris, le sue cascate, i suoi alberi, la sua flora e la sua fauna.

 

Erano ormai passati diciassette mesi, dal giorno in cui eravamo arrivati, quando un evento segnò la fine della permanenza a Gran Burrone.

 

Non ricordo il giorno preciso, ma sicuramente era intorno al 20 Ottobre del 3018.

Era una notte scura e pesante, mi ero appena svegliata da uno dei miei incubi, ed ero uscita sul grande terrazzo per prendere una boccata di aria fresca. All’improvviso sentii delle grida raccapriccianti, terribili e spaventose librarsi in aria. Delle urla che mi fecero provare un grande terrore.

Poco tempo dopo il rumore di zoccoli in corsa rimbombarono per la vallata.

Improvvisamente il marchio iniziò a farmi male, molto male. Sembrava stesse andando a fuoco. Più il rumore degli zoccoli si avvicinava più il dolore cresceva.

 

Sentii dei passi provenire fuori dalla mia stanza, passi frettolosi. Decisi di uscire, volevo capire cosa stava succedendo.

 

Elrond si precipitava all’ingresso del grande portone accompagnato dai figli e da uno sfinito Gandalf, era appena tornato da una lunga assenza più stanco che mai. Lo Stregone si girò e mi vide.

 

“Cosa ci fai sveglia Eryn?” mi chiese sbrigativo lo Stregone.

 

“Ho sentito delle orribili urla, e poi rumore di zoccoli. Il marchio mi fa molto male. Aumenta! Cosa succede?” chiesi affannata.

 

“Tutto sta cominciando. E’ arrivata l’ora”

 

Bam! Uno schiaffo in faccia, una secchiata di acqua fredda. Ecco che i miei incubi stavano per prendere vita. In quei mesi avevo cercato ancora di allontanare quella terribile verità, nonostante ogni giorno passato lì me la ricordasse. Ma non potevo più obliarla, rifiutarla. In quella notte mi resi conto realmente di quello che mi aspettava, non potevo più scappare.

 

Arrivata nel grande piazzale vidi un elfo scendere da un bianco cavallo, era Glorfindel. L’avevo intravisto poche volte, ma mai ci avevo parlato. Solo quando scostò il lungo mantello dal petto notai con stupore che reggeva una piccola figura svenuta. Aveva folti capelli bruni e una carnagione cadaverica. Sotto gli occhi chiusi due enormi occhiaie riempivano il volto. Non riuscii a vedere altro perché Elrond e Gandalf si affrettarono a prenderlo preoccupati e lo portarono non so dove.

 

“Dobbiamo fare in fretta Elrond, il suo tempo sta finendo”

 

Rimasi con Arwen e i due gemelli a fissare le due alte figure che si allontanavano. Il dolore stava diminuendo, ma da quel momento non cessò più.

 

Chi era? Cosa stava succedendo? Cosa gli era capitato?

 

Non seppi niente fino al mattino seguente.

 

Ovviamente non riuscii a chiudere occhio. L’immagine di quella piccola creatura mi tormentava senza tregua: il volto sofferente, il corpo minuscolo, le orecchi a punta, gli enormi piedi. Avevo capito che si trattava di un Hobbit, ma chi era? Aveva qualcosa di familiare, ero sicura di averla già vista da qualche parte, ma dove?

Frugai nelle mie memorie ma non trovai niente.

 

Quando le prime luci del mattino sfiorarono le cime degli alberi decisi di uscire dalla mia stanza.

Uno strano silenzio dilagava nella vallata, tutto era stranamente calmo. Vagai per la dimora elfica alla ricerca di qualcuno, ma non trovai anima viva.

Abbandonai la struttura e mi inoltrai nel bosco diretta alla mia radura.

Qualcosa di brutto era accaduto la notte precedente, lo sentivo nell’aria. Gli uccelli non cantavano, e neanche gli elfi.

 

Mi sedetti su un grosso masso, tirai su la manica del braccio sinistro ed osservai il marchio. Mi bruciava ancora, ma era un dolore sopportabile. Però qualcosa non andava. Il colore del simbolo era leggermente cambiato. L’azzurro aveva perso la sua intensità, e aveva acquistato delle sfumature rossastre.

Non appena lo sfiorai con le dita, due piccole scintille fuoriuscirono da esse. Spaventata ritrassi velocemente il braccio.

Non era mai successa una cosa del genere.

Riprovai, e quella volta piccole fiammelle si accesero e si spensero. Continuai così per non so quanto, mentre il marchio diventava sempre più rosso.

 

Quando ormai il sole splendeva alto sulla vallata ritornai nella dimora elfica.

Più mi avvicinavo più sentivo dei mormorii.

Salii l’imponente scalinata e davanti ai miei occhi comparvero tre minuscole figure. Due erano seduti su una delle panchinette, il terzo camminava avanti e indietro preoccupato.

 

“Starà bene Sam” disse uno degli Hobbit seduto, “Gli Elfi lo aiuteranno!”

 

Neanche lui però sembrava molto convinto.

 

Sam era un Hobbit rotondetto dai folti ricci biondi. Aveva un viso paffuto ed enormi occhi marroni.

Gli altri due mezz’uomini gli assomigliavano molto, ma erano più magi. Uno aveva un naso grosso, l’altro più sottile

 

Non si accorsero della mia presenza fino a quando Gandalf non urlò disperato il mio nome.

 

“Eryn! Dove diamine eri finita?!”

 

“Io … io ero alla radura” risposi un po’ perplessa.

 

Non era solo, al suo fianco c’era un uomo.

Era molto alto e di bell’aspetto. I suoi capelli erano scuri con qualche sfumatura di grigio qua e là. Anche i suoi occhi erano grigi, occhi intensi e profondi.

Vestiva di abiti logori e consumati; un verde mantello col cappuccio gli copriva le spalle e la maggior parte del corpo.

 

“Ti abbiamo cercata per ore! Devi venire subito con me”

 

“E dove?” chiesi irritata.

 

“Questa notte volevi sapere cosa stava succedendo, giusto?”

 

Annuii.

 

“Bene, allora seguimi”

 

Senza esitare corsi dietro allo Stregone  e al bell’uomo. Salimmo i gradini e ci inoltrammo nei numerosi corridoi del palazzo elfico. Più mi avvicinavo al luogo in cui lo Stregone voleva portarmi, più il dolore al marchio aumentava. Finalmente Gandalf si fermò davanti a una porta dorata e si girò verso di me, il dolore era al culmine.

 

“Ti ricordi la creatura che hai visto tra le braccia di Glorfindel ieri? Elrond è riuscito a curarlo, ma è ancora in stato di incoscienza”

 

Due grosse lacrime fuoriuscirono dai miei occhi.

 

“Eryn cos’hai?” mi chiese preoccupato.

 

“ Da ieri … da quando abbiamo sentito quelle urla terribili … il polso … ha iniziato a bruciarmi … e non ha più smesso. All’inizio era molto forte … poi … durante la notte è diminuito … ma adesso … non riesco … a … sopportarlo. Mi fa malissimo Gandalf!”

 

Crollai a terra tra lamenti e urla.

 

L’uomo si affrettò a prendermi, e mi rimise in piedi cingendomi le spalle con un braccio. Mi prese dolcemente il braccio sinistro e scostò la manica.

 

“Per tutti i Valar! Gandalf guarda!”

 

Dal polso fuoriusciva del sangue, era rovente. Urlavo come mai avevo fatto, il dolore era insopportabile, non avrei mai immagino che se ne potesse provare così tanto.

Il mio volto era inondato di lacrime, il mio polso di sangue.

 

“Presto Aragorn, dobbiamo portarla da Elrond!”

 

Aragorn mi prese in braccio e iniziò a correre seguito da Gandalf.

 

Non capivo più niente, ero disorientata dal dolore, intravedevo solo macchie confuse che non riuscivo a distinguerle. La corsa mi sembrò interminabile.

 

Finalmente Aragorn si fermò e mi posizionò dolcemente su un morbido letto.

 

“Cosa succede?” la voce preoccupata di Arwen suonava distante.

 

“Il marchio! Sta sanguinando, è rovente. Chiama tuo padre, in fretta!” la voce dell’uomo era ferma e autoritaria.

 

“… M-m- max” farfugliai.

 

“Max” riuscivo a malapena a parlare.

 

“Max!” urlai e altre lacrime mi bagnarono il volto.

 

Qualcosa mi strinse la mano.

 

“Sono qui, ora sono qui!” mio fratello parlava con voce spezzata.

 

“Sono qui, tieni duro Ery. Tieni duro!”

 

“Mio Dio! Gandalf cosa le sta succedendo” urlò disperato.

 

Fu l’ultima cosa che sentii prima di sprofondare tra le tenebre.

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice:

 

Ed eccoci alla svolta decisiva. Aragon e i quattro Hobbit sono arrivati a Gran Burrone. Ma qualcosa non va, più Eryn si avvicina a Frodo, più il marchio le fa male.

 

Nel prossimo capitolo scoprirete il perché ( ma credo che l’abbiate già capito ) e avrà luogo il consiglio di Elrond!

 

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, aspetto con ansia i vostri pareri!

 

Alla prossima!

 

Anna J

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Capitolo 16
*** L'Anello ***


CAPITOLO 16:

L’Anello

Una mano afferrò la mia nell’oscurità prima di perdere la sua forza vitale. Il viso cadaverico di Max si materializzò davanti a me. Occhi spalancati e privi di vita, labbra che si confondevano tra la pelle bianca come il latte.

Urlai senza produrre alcun rumore. Max iniziò ad allontanarsi. Cercai invano di riafferrarlo, fu inghiottito dall’oscurità.

 

“Maaaaaaaaaaaaax!!” Mi sollevai con uno scatto dal soffice letto.

“Sono qui, sono qui” Massimilian con aria spaventata mi abbracciò. Sulla spalla nuda sentii il calore delle sue lacrime.

“Sono qui …” sussurrò ancora.

Max si staccò dolcemente da me dicendo che doveva chiamare Elrond e lo Stregone.

Ero stata incosciente per tre giorni, giorni che per me erano sembrati attimi.

Mi riappoggiai sul morbido materasso cercando di ricordare quanto fosse accaduto, ma senza successo. Ci volle qualche minuto perché mi accorgessi del lieve dolore al polso. Lentamente e con timore portai il braccio all’altezza dei miei occhi. Era fasciato e in corrispondenza del marchio affioravano macchie di sangue. Con cautela levai la stoffa scoprendo il polso.

Il blu era completamente sparito, lasciando il posto a un colore rosso fuoco.

Perché?

Che cosa aveva causato questo cambiamento?

Non ero in grado di rispondere a queste domande.

La porta di aprì lasciando entrare Massimilian seguito dal Re Elfico e da Gandalf.

“Come ti senti?” mi chiese premuroso Gandalf.

“Un po’ intontita” risposi con un mezzo sorriso.

“Hai rischiato molto” disse calmo Elrond “ Pochi minuti ancora e ci avresti lasciati”

Apprendere la notizia che sarei potuta morire mi turbò molto, ma d’altronde chi non lo sarebbe?

“Ma … ma cosa mi è successo?”

L’Elfo e lo Stregone si guardarono e Elrond fece cenno di si.

“La creatura arrivata qualche notte fa con Glorfindel si chiama Frodo Baggins, è un Hobbit.” iniziò a spiegarmi Gandalf.

 

“Baggins … ma aspetta anche Bilbo è … “

 

“Esattamente”

 

Bilbo Baggins era un vecchio Hobbit che da anni viveva con gli Elfi. Era una creatura interessante e gentile, adoravo ascoltare le sue avventure.

 

“Ti ha mai raccontato dell’anello?” mi chiese lo Stregone.

 

“ Si certamente! L’anello magico che ha sottratto a Gollum” risposi sicura.

 

“E quell’anello è arrivato tre giorni fa a Gran Burrone, con Frodo Baggins”

 

Rimasi in silenzio cercando di capire cosa mi stesse dicendo.

 

“Eryn, quell’anello è l’Unico, l’Anello del Potere … l’Anello di Sauron”

 

L’Anello di Sauron. L’anello che aveva sterminato il mio popolo, l’anello che aveva costretto i miei antenati a rifugiarsi nel Nuovo Mondo.

 

“Ed è proprio a causa di quell’anello che hai rischiato di morire” aggiunse Gandalf.

 

E tutto quadrava. Se L’Anello in passato aveva cancellato il popolo a cui appartengo era logico che avesse riscontri negativi anche su di me.

 

“La sua presenza ti rende debole e più ti avvicini ad esso più soffri, come abbiamo visto” continuò lo Stregone.

 

“ Quindi basta stargli a debita distanza?” chiese Max.

 

“E’ qui che sorge il grosso problema” rispose Elrond “ Non può stargli a debita distanza. Lei è l’unica che può distruggere l’Anello. Frodo ne è il Portatore, ma lei la Distruttrice.

Solo il suo potere, unito alle fiamme del Monte Fato, può cancellarlo per sempre da questo mondo, e di conseguenza sconfiggere Sauron”

 

“Come faccio a distruggerlo se neanche posso avvicinarmi?” chiesi in panico.

 

“In questi giorni ci siamo dedicati solo a questo problema. Abbiamo discusso, pensato, abbiamo cercato il modo per permetterti di toccare l’Anello.” disse Gandalf.

 

“E…?”

 

“Abbiamo trovato una incantesimo, annotato nel libro che i tuoi antenati mi affidarono. Non so come ci arrivarono ma scoprirono che questa formula avrebbe reso il Prescelto immune agli effetti dell’Anello. Ma è molto complicato, e anche pericoloso. Il minimo sbaglio potrebbe causare gravi conseguenze. Ma è l’unico modo che abbiamo”

                                           

                                                           ***

 

Lentamente girai la pagina dell’arcaico libro e finalmente lo trovai.

Eccolo lì, scarabocchiato, l’incantesimo che mi avrebbe distrutta o aiutata.

“Iirsgsyolahjmi prohktedfgimhi ghaiutsdajmi, sgjconfgdighgi dhetll anhgellsdi il mnhoaligftno pgothsere, rehndjimi imtmhuhne ahl mdahlegficio infcahsnto, chje lga dtuaa fosrdfza mhi ahiuhti nefsi bhui tedhmpgi”

 Non avevo mai visto un incantesimo così complicato. Il linguaggio utilizzato non era semplice helvico, non era quello che avevo imparato. Era molto più antico, molto più difficile.

“Non riesco a capirlo” dissi sconvolta a Gandalf.

“Lo immaginavo. Questo è il linguaggio che veniva utilizzato all’albore della razza helvica, linguaggio che poi venendo a contatto con quelli del resto della Terra di Mezzo è diventato quello che conosci.”

“E come farò a eseguire l’incantesimo se non conosco la lingua?!”

“Ricordati che sei il Prescelto. L’incantesimo è stato creato per te, e per te soltanto.  Nimris e Ambrey non avrebbero ideato un incantesimo che tu non saresti stata in grado di eseguire …”

“Come possiamo esserne certi? Loro non potevano sapere chi sarebbe stato il Prescelto. Come avrebbero potuto realizzare un incantesimo “su misura” per il Distruttore senza conoscerlo?!”

No aveva senso, non aveva decisamente senso ed io stavo andando sempre più in panico.

“Tu hai detto che ho solo una possibilità e che è pericoloso. Hai detto che potrebbe avere gravi conseguenze” iniziai a urlare isterica

“… ma è anche l’unica possibilità che abbiamo” rispose calmo.

“Ma non può essere! Dovrà esserci un altro modo!” dissi disperata e sull’orlo delle lacrime.

 

Ero stanca. Provata da tutto quello che negli ultimi mesi avevo dovuto affrontare. Ero distrutta psicologicamente e l’incertezza cresceva dentro di me.

Come si può mettere un tale fardello sulle spalle di una ragazza. Un’adolescente nel pieno della sua crisi di identità, piena di dubbi, incertezze, domande, paure …

Come può una giovane donna sopportare tale peso quando non è sicura di se stessa e di quello che sarà.

Una ragazza appena uscita dall’infanzia, troppo giovane par fare certe cose e troppo grande per farne altre.

Ma quello era il mio destino, e dovevo subirlo in silenzio. Non c’era niente che potessi fare per allontanarlo. Dovevo solo accettarlo, accoglierlo.

“Eryn, asocltami. E’ l’unico modo. Capisco come tu possa sentirti …”

“No, non puoi! …”

“Si invece”

Si avvicinò lentamente e mi strinse a se. Quel contatto riuscì a calmarmi un po’.

“Senti Eryn, questa è l’unica possibilità che abbiamo, l’unico modo. Lo so che è difficile, ma devi farlo. Per il tuo bene e per quello di tutte le disperate vite costrette a vivere in questi oscuri giorni. Devi farti forza, raccogliere tutto il tuo coraggio e affrontare le prove che ti aspettano.

Sarò sempre al tuo fianco, con tuo fratello. Lo saremo sempre”

“Okay” lacrime iniziarono a rigarmi il volto, “Okay, grazie …”

“Allora sei pronta?” chiese lo Stregone.

“Credo di si …”

“Credi?”

“No, ne sono sicura”

“Ecco questo è lo spirito!”

Ispirai molto profondamente ed espirai cercando di calmarmi.

Eravamo nella mia radura, nel mio rifugio. Gandalf aveva ordinato a tutti gli abitanti, elfi e non, dell’incantata valle di rifugiarsi sulle montagne che la circondavano, per evitare rischi. C’eravamo solo noi in mezzo alla silenziosa natura. Era tutto così strano. Gli uccelli non cantavano, gli elfi non ridevano, gli animali non correvano per la valle, le cascate non emettevano rumori, il vento non soffiava …

Era come se il tempo si fosse fermato, in attesa del mio fallimento.

Il mio fallimento.

Quell’idea mi tormentava.

Se non fossi riuscita a eseguire quell’incantesimo cosa sarebbe successo?

Sarei morta? Avrei disintegrato tutto attorno a me?

Questo non potevo saperlo.

Improvvisamente il dolore scoppiò dal mio polso.

Aprii di scatto gli occhi e vidi davanti a me la piccola creatura arrivata incosciente qualche notte prima.

Frodo Baggins aveva un’aria stanca e provata, ma stava bene ora. I suoi grandi occhi blu mi scrutavano preoccupati. Sul palmo della mano L’Unico Anello giaceva minaccioso.

“G-g-g-Gandalf …” dissi con fatica.

“Resisti Ery. E’ essenziale che l’anello si trovi al tuo cospetto perché l’incantesimo riesca. Utilizza tutto il dolore che provi e riversalo su quel maligno oggetto!”

“M-m-m-ma n-n-nnon p-p-pos-so farcela!” urlai dal dolore.

“Invece si dannazione! Devi crederci!”

“E-e-e lui?!” dissi puntando il dito contro il Portatore, “Ris-sichierà stando qui!”

“Lui deve stare qui! Si rischierà, ma deve essere presente. Ora Eryn!”

Raccolsi tutto il mio coraggio, concentrai tutto il mio dolore sull’Anello e pronunciai con odio quelle parole.

 

“Iirsgsyolahjmi prohktedfgimhi ghaiutsdajmi, sgjconfgdighgi dhetll anhgellsdi il mnhoaligftno pgothsere, rehndjimi imtmhuhne ahl mdahlegficio infcahsnto, chje lga dtuaa fosrdfza mhi ahiuhti nefsi bhui tedhmpgi”

Un lampo di luce bianca si sprigionò dal mio braccio alzato e attraversò veloce tutta la vallata. Frodo e Gandalf furono scaraventati a terra e l’Anello fece un balzo verso il cielo.

Ripetei una seconda volta l’incantesimo e un secondo lampo di luce investì l’anello che si incendiò e cadde a terra.

Il dolore al polso aumentò all’improvviso. Le gambe mi cedettero e caddi a terra in ginocchio, davanti all’Unico in fiamme. La testa iniziò a girarmi. Tutto attorno a me girava, girava velocemente.

D’un tratto davanti a me si materializzarono immagini sfuocate, che non riuscivo a distinguere. Neanche ora riesco a metterle a fuoco.

Alla fine caddi a terra, in uno stato di trans. Vedevo ma non vedevo, sentivo ma non sentivo, capivo ma non capivo.

“Eryn…”

Una voce lontana mi chiamava.

“Eryn …”

“Eryn! …”

Piano paino divenne sempre più chiara, più distinta, più familiare.

Gandalf mi scuoteva, cercando di risvegliarmi. Ci riuscì.

Il dolore era sparito e tutto aveva smesso di vorticare. Lentamente mi misi seduta ed osservai le due figure davanti a me.

Gandalf sembrava illeso ma vedevo l’espressione di dolore sul suo viso; Frodo aveva un taglio sulla guancia, ma per il resto stava bene.

“Sei rimasta in quello stato per tre quarti d’ora” mi comunicò lo Stregone.

“Cosa? Tre quarti d’ora?!” chiesi sconvolta.

“Proprio così! E a quanto pare ce l’hai fatta!” disse sorridente l’Hobbit.

Non ci potevo credere. Era andato tutto bene. Ora l’Anello non aveva alcun effetto su di me.

                                          ***

 

Quell’abito era morbido e comodo.

Indossavo stretti e leggeri pantaloni blu intenso, erano come dei leggins ma di più alta qualità. Spessi stivali dello stesso colore dei pantaloni  coprivano tutti e due i polpacci, fino alle ginocchia. Sulla parte superiore del corpo indossavo una maglia a maniche lunghe, stretta fino all’ombelico e che si allargava fino a toccare metà coscia, era di un blu poco più chiaro. Lo scollo era a cuore e una linea sottile attraversava verticalmente tutto il mio busto decorato con simboli helvici, e su di essa brillavano piccole pietre azzurre. Le spalle e la schiena erano coperte da un pesante mantello blu notte allacciato sotto il collo con un fermaglio che aveva le sembianze del mio marchio.

I capelli erano acconciati con uno strano ed elaborato chignon, mente un sottile e bellissimo diadema mi cingeva il capo, lasciando penzolare una pietra blu a forma di goccia sulla mia fronte.

Il polso sinistro era cinto da un largo bracciale in cuoio, anch’esso blu e che lasciava scoperto il marchio rosso fuoco.

“Sei splendida” disse dolcemente Arwen.

“Sei fatta per indossare questa divisa”

“Grazie sussurrai”

Era bellissima. Elegante, sportiva, funzionale, comoda, adatta al movimento, regale …

Era stata fatta appositamente per me dai migliori sarti di Imladris, e su modello degli antichi abiti del mio popolo. Quello che indossavo io ricordava l’abito da guerrieri per le donne, più precisamente quello della regina.

Era magnifico come le diverse tonalità di blu si fondevano con armonia tra di loro e come le pietre preziose riflettevano la luce.

“E’ ora” ci comunicò’ Max entrando.

“Sei fantastica” disse scrutandomi da cima a fondo e poi mi abbracciò.

Ci dirigemmo tutti e tre verso la sala prescelta e lentamente Arwen aprì la porta del Consiglio di Elrond.

 

 

 

Angolo dell’Autrice

Ciao a tutti! Scusate il mio grande ritardo ma ci ho messo un po’ a scrivere questo capitolo, essendo esso uno di passaggio e piuttosto complicato.

Nel prossimo si terrà il Consiglio di Elrond e scopriremo nuove cose e nuovi personaggi!

Spero vi sia piaciuto, aspetto con ansia i vostri commenti!

 

Anna J

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Capitolo 17
*** Il Consiglio di Elrond ***


CAPITOLO 17:

Il Consiglio di Elrond


La limpida luce autunnale mi investì e la discussione in corso cessò.
Non ci trovavamo in una sala, ma in un bellissimo portico dal quale era possibile ammirare l’incantato paesaggio di Imladris.
In sottofondo gli uccelli cinguettavano e il fiume scorreva lentamente, gorgogliando.
Elrond, affiancato da Frodo, sedeva circondato da persone sconosciute ai miei occhi, fatta eccezione per Glorfindel, Aragorn, Bilbo, Gandalf, Elladan ed Elrohir.
Tutti i presenti mi scrutavano,  alcuni meravigliati, altri perplessi, altri ancora curiosi.

Vampate di calore mi investirono a causa del disagio.

Ho sempre odiato stare al centro dell’attenzione, avere gli occhi degli altri puntati addosso.

Sentì la mano di Max stringere la mia e mi calmai.

Elrond si alzò in piedi e tese un braccio verso di me, invitandomi, ad avvicinarmi.
Con passi incerti raggiunsi il Mezzelfo che mi prese dolcemente la mano.

“Ecco dinanzi a voi, miei cari amici, Eryn Raisi discendente di Nimris e Ambrey, gli unici Helvat che riuscirono a sfuggire all’odio di Sauron, nonché il Prescelto”

Un leggero mormorio dilagò nel portico. Il mio disagio crebbe ancora, il cuore mi batteva forte.

Elrond mi presentò tutti i partecipanti.

C’era il nano Gloin con il figlio Gimli. Erestor, con molti altri consiglieri del Re. Galdor, elfo proveniente dai Rifugi Oscuri. Legolas, uno strano elfo, figlio di Thranduil di Bosco Atro. Boromir, uomo e figlio del Sovrintendente di Gondor.

Troppe persone sedevano davanti a ma, troppe persone mi degnavano del loro interesse.

Mi sentivo stanca, mi mancava l’aria e le gambe parevano fatte di gelatina.

Troppi occhi rivolti verso di me, troppa attenzione.

“E’ questa fanciulla la risposta alle nostre domande” riprese autorevole Elrond.

“L’unico modo che ci permetterà di sconfiggere definitivamente Sauron è distruggere l’Anello.
Ma come già il nostro caro amico Gimli ci ha dimostrato, l’Unico non può essere distrutto facilmente”

Il nano dalla barba rossastra abbassò lo sguardo, si poteva percepire una sorta di disagio.

“E come ho già detto” continuò l’austero Mezzelfo, “ l’Anello dovrà essere buttato tra le fiamme del Monte Fato. Ma questo non basterà.

Fu pronunciata una profezia molto tempo fa.

“Quando tutto sembrerà perduto.
Quando l’oscurità sembrerà vincere su tutto.
Quando la speranza abbandonerà gli impavidi cuori.
Quando il Limbo tra i due mondi accoglierà il cuore pulsante …
… in quel momento il fuoco divamperà e la luce tornerà.
Il figlio perduto dagli occhi di fuoco si ricongiungerà all’Acqua, all’Aria e alla Terra,
e per l’Oscuro Signore il momento della distruzione arriverà.
Il potere dell’antico popolo distruggerà ciò che fu per loro la distruzione.
Nel fuoco della creazione fine verrà posta al maligno Anello.
E la pace tornerà, la luce risplenderà, la vita continuerà.
Ma un duro prezzo pagherà. Ciò che avrà trovato perderà”

Quando la limpida e solenne voce del Mezzelfo pronunciò l’ultima parola della Profezia un intenso silenzio calò.
Era la prima volta che sentivo quelle parole.
Fu come una conferma. Tutto ciò che prima non riuscivo fino in fondo ad accettare ora invece trovava conferma.
Come se due parti destinate a stare insieme si congiungessero per la prima volta, dando un senso l’una all’altra.

La mia vita non era niente senza la Profezia.

La Profezia non era niente senza di me.

Finalmente mi resi veramente conto di quanto il mio destino fosse importante non solo per il mondo che mi era stato affidato, ma soprattutto per me.
Mi dava un senso. Mi completava. Io che sempre mi ero sentita inutile, insignificante, anonima …
Da quel momento sentì di far parte di qualcosa, io che mi ero sentita sempre fuoriposto.
Da quel momento vidi la mia vita acquistare valore, una vita che avevo sempre reputato vuota e irrilevante.
E finalmente sentì di appartenere a quell’antico popolo che dovevo rivendicare. Mi sentì parte di qualcosa di più grande. Mi sentì finalmente in pace con me stessa e la mia esistenza.

Tutto ciò in un attimo, come se un incantesimo fosse sceso su di me dandomi quella sicurezza di cui avevo da sempre avuto bisogno.

Le parole della Profezia ebbero un così grande potere su di me che mi spinsero a chiedermi se tutto non fosse stato previsto. E se  essa non racchiudesse solo il futuro dell’Antico Mondo? E se tra quelle frasi fosse stato impresso un qualcosa che avrebbe aiutato il Prescelto ad accettare tutto ciò?

Qualcosa di simile doveva realmente esserci, se no come spiegare la mia presa di coscienza e sicurezza?

Il silenzio continuava a dilagare tra i presenti, senza lasciar spazio alle parole.

“Dunque” continuò Re Elrond spezzando il silenzio, “ è ormai noto a tutti come l’Unico potrà essere distrutto”.

Tutti annuirono, compresa io.

“L’Anello dovrà essere portato sul Monte Fato, a Mordor, e solo il Portatore potrà farlo” e si girò lentamente verso Frodo, che ricambiò lo sguardo con aria seria, stanca e sofferente.

“ Dovrà essere gettato nella lava da cui fu forgiato, ma poco prima sarà essenziale che il Prescelto pronunci l’incantesimo destinato a porre fine a quel male” e si girò altrettanto lentamente verso di me.

I miei occhi rossastri si tuffarono con decisione nei suoi argentati. Il Mezzelfo accennò un impercettibile sorriso e tornò a rivolgersi ai presenti.

Indirizzai il mio sguardo verso il piccolo e coraggioso Hobbit, mi stava guardando. Sostenni lo sguardo ed entrambi, senza aver mai avuto un reale contatto, ci sentimmo l’uno il sostegno dell’altro.

Si, la Profezia non poteva esistere senza di me e io senza di lei.

Ma entrambe non potevamo essere completa senza di lui, senza Frodo.

Incurante di dove mi trovassi e di chi avessi dinanzi mi mossi, lentamente mi avvicinai all’Hobbit. Lui sorrise stanco, io mi abbassai e accolse il mio abbraccio.
Un legame fatto solo di comprensione e sostegno ci unì. Entrambi capimmo che non eravamo veramente soli nel nostro destino. Io avevo lui e lui aveva me, e chi altro ci avrebbe compresi fino in fondo?

“Non sarete soli in questo difficile viaggio”

Lentamente mi rimisi in piedi stringendo la mano a Frodo.
Gandalf si era avvicinato e ci guardava con affetto.

“Vi aiuterò a portare questo fardello. Finché dovrete portarlo.”

“Se con la mia vita o la mia morte riuscirò a proteggervi, io lo farò. Avete la mia spada.” disse Aragorn avvicinandosi a noi.

“E avete il mio arco.” Legolas ci raggiunse con uno splendido sorriso.

“E la mia ascia.” Gimli posò una possene mano sulla spalla di Frodo e mi guardò.
“Reggete il destino di tutti noi. Se questa è la volontà del Consiglio, allora Gondor la seguirà.” ma c’era qualcosa che non mi convinceva in Boromir.
Infine sentì un bracci cingermi le braccia, mi girai e Max sorridendo mi accarezzò con l’altra mano la guancia.
“Lo sai che non ti lascerò mai sola” e posò la sua fronte sulla mia. Sorrisi e chiusi gli occhi consapevole che niente ci avrebbe più diviso.

“Ehi! Padron Frodo non si muoverà senza di me.”
Da una siepe sbucò fuori uno degli Hobbit che prima di svenire avevo visto agitato all’imponente entrata della dimora elfica.

“No, certo, è quasi impossibile separarvi. Anche quando lui viene convocato ad un Consiglio segreto e tu non lo sei” intervene Re Elrond con una punta di ironia.

“Ehi! Veniamo anche noi!” anche le altre due piccolo creature saltarono fuori.
“Dovrete mandarci a casa legati in un sacco per fermarci.”

“Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questoo genere di... missioni. Ricerche. Cose.”
“Ma così ti autoescludi, Pipino.”

“Undici compagni. E sia!” disse solennemente il Mezzelfo, “ Voi sarete la Compagnia dell'Anello.”

“Grandioso. Dov'è che andiamo?”
Una dolce risata uscì dale mie labbra.





Angolo dell’Autrice:


Ed eccomi dopo mesi e mesi con un nuovo capitolo. Vi porgo sinceramente le mie scuse per questa lunga attesa, sono consapevole di non essere stata corretta nei vostri confronti. Per mancanza di tempo e forse anche per un po’ di paura nel dover finalmente trattare di cose che già conoscete e amate, mi sono bloccata. Ma rieccomi più vogliosa che mai di continuare questa avventura con voi. Già da subito vi avviso che non riuscirò a pubblicare molto spesso, ma farò del mio meglio per soddisfarvi. Sono contenta di essere tornata tra di voi!
Spero che questo corto capitolo vi sia piaciuto! Alla prossima!

Anna 

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