Elastic heart.

di Straightandfast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 'Cause you know I love the players, and you love the game. ***
Capitolo 2: *** E chi non ha mai visto nascere una dea, non lo sa che cos'è, la felicità. ***
Capitolo 3: *** Portami in alto come gli aeroplani. ***
Capitolo 4: *** Not really sure how to feel about it. ***
Capitolo 5: *** But I've got high hopes, it takes me back to when it all first started. ***
Capitolo 6: *** It's been a long day without you my friend. ***
Capitolo 7: *** Do I wanna know? ***
Capitolo 8: *** You've got that kind of look in your eyes, as if no one knows anything about us. ***
Capitolo 9: *** Your smile could light up New York city after dark. ***
Capitolo 10: *** It'll be alright, I'll be home tonight. I'm coming back home. ***
Capitolo 11: *** I'll make this feel like home. ***
Capitolo 12: *** All my tears, they've been used up. ***
Capitolo 13: *** Next to your heartbeat where I should be. ***



Capitolo 1
*** 'Cause you know I love the players, and you love the game. ***




Elastic Heart.

 
 
A Giulia, perché senza i suoi incoraggiamenti
Harry e Bea sarebbero ancora nella mia testa.
Alle mie migliori amiche perché mi conoscono più di chiunque altro
E comunque, mi amano più di chiunque altro.
 
 Beatriz non si abituerà mai allo spettacolo che Londra offre nell'ora del tramonto.
Lo decide un venerdì sera quando, uscendo di casa per andare al lavoro, è costretta a fermarsi in mezzo alla strada nonostante il ritardo per ammirare almeno qualche secondo quella palla arancione in caduta libera sui grattacieli di Londra. Vive lì da poco più di  un anno e in quell'arco di tempo ha avuto modo di vedere quello splendore poco meno di cinque volte a causa delle nuvole che caratterizzano l'Inghilterra, e allora chissenefrega se arriverà sicuramente in ritardo al locale, se Brice le farà il culo o se la sua punizione sarà lavare i cessi, perché lei una cosa così se la deve godere e lo vuole fare per bene. Si siede sul marciapiede, le gambe chilometriche rannicchiate contro il corpo, il viso appoggiato alle ginocchia coperte solo da un sottile strato di collant nere e i capelli che le svolazzano sulle guance a causa del vento freddo di fine Febbraio. Una signora con le borse della spesa passa sul marciapiede di fronte e la guarda un po' con un'aria interrogativa, incuriosita da quella ragazza sui vent’anni che sembra totalmente rapita da qualcosa all'altezza dell'orizzonte, ma poi decide di lasciarla stare, perché il suo viso tutto corrucciato è già uno spettacolo a sé che nessuno ha il coraggio di rovinare.
Beatriz, del tutto noncurante della gente che le passa accanto, osserva con adorazione il tramonto e ne cerca di catturare la meraviglia con la fotocamera del suo Iphone 4s; decide che se Brice sarà tanto incazzato si giustificherà mostrandogli le foto che è riuscita a scattare. Nello stesso tempo decide anche che il rossetto rosso che ha sulle labbra ha bisogno di una ripassata, anche se in realtà è lei che ha bisogno di vedere ancora la scatolina della Mac che lo contiene e che ha comprato giusto poche ore prima. Sua madre le ha sempre detto che il rossetto rosso sta male sulle sue labbra carnose, ma Beatriz può constatare subito che non è l'unica a piacersi con quel trucco addosso ; un ragazzo su uno skater dall'altra parte della strada la sta guardando con un'ammirazione a cui lei è abituata e che l'ha sempre divertita e con i suoi occhi pieni di apprezzamento la rassicura sul fatto che sì, quelle 23 £ sono state spese davvero bene.
Il tramonto è finito e la sera sta iniziando a calare sulle strade familiari del quartiere di Camden, ricordando alla ragazza che il suo turno al locale sarebbe dovuto iniziare dieci minuti prima; Beatriz infila il rossetto nella borsa nera che si finge una Michael Kors originale ma che in realtà ha scovato sulle bancarelle di  un mercato di Istanbul, schiocca le labbra per permettere al rossetto di sistemarsi in modo omogeneo e si alza in piedi con la sensualità che la contraddistingue più o meno da quando aveva dieci anni. Adesso il ragazzo dello skater ha una visuale completa anche delle sue gambe e la sua espressione si fa ancora più ammirata; lei prova quasi tenerezza e, dall'alto del suo metro e settantacinque di altezza, decide di rendere la giornata di quel ragazzino più eccitante. E' un attimo, lei che si volta leggermente verso di lui, un sorriso malizioso che le illumina il viso e l'occhio sinistro che si chiude velocemente in un occhiolino ammiccante che fa arrossire il ragazzo.
Poi, altrettanto velocemente, Beatriz gli da le spalle e si incammina a passo veloce verso il locale, già dimenticatasi dello scambio di sguardi appena avuto, la mente troppo occupata dai suoi pensieri, le sue cose, per pensare a chiunque altro.
 
Beatriz Iniego è una stronza, egoista ed egocentrica a cui interessa solo di se stessa e di pochissime altre persone al mondo, e questo lo sanno tutti. Lo sa perfino Brice, il proprietario del locale per il quale lavora come cameriera, che ormai ha rinunciato a farle i cazziatoni per il ritardo, perché ormai ha capito che lei non la sente nemmeno la gente, quando le parla.
Beatriz Iniego, però, è anche incredibilmente bella, con quei capelli scuri e gli occhi grandi, le gambe lunghe che non finiscono più e l'espressione di chi sa dove vuole andare, e questo è visibile a tutti, soprattutto a Luke, il barman, che se la mangia con gli occhi ogni singola sera e che prima o poi troverà il coraggio di invitarla ad uscire almeno una volta insieme a lui. E' così bella che una sua gigantografia con addosso una camicia da boscaiola è appiccicata sulle pareti di ogni singolo negozio di Abercrombie & Fitch e anche Topshop l'ha ingaggiata per le foto della nuova collezione primavera/estate. E' bella così, Beatriz, senza doversi impegnare tanto. E' bella in un modo che alle altre ragazze dà fastidio, perché se alla bellezza ci aggiungi la sua lingua lunga e la sua sfacciataggine che non tiene mai a freno si arriva ad un mix letale che non risparmia nessun ragazzo.
Lei però se ne frega di non stare simpatica, perché tanto poi arriva a casa e Noah la accoglie con una bottiglia di Corona in mano e una sigaretta nell'altra e si mettono a sparlare sul divano per ore di quelle ochette invidiose, fino a quando Brooke ritorna da uno dei suoi “wild parties” -termine che lui usa impropriamente per indicare un sacco di alcool, erba e figa- e stramazza al suolo di fronte a loro. Non gliene frega niente, perché la gente sa quello che fai ma non perché lo fai, e perché ha capito da tanto tempo che è inutile preoccuparsi degli altri, l'importante è sapere da dove vieni e dove vuoi arrivare, e lei lo sa, lo sa bene.
 
Ed è per questo - perché fondamentalmente lei se ne frega - che quella sera varca la soglia dell' Elephant Bar con un'espressione annoiata, quasi non fosse lei quella in ritardo di ben venti minuti sull'orario di lavoro. Manda un bacio volante a Brice prima di scivolare dietro al bancone ed infilarsi il grembiule e lui, che anche se burbero e parecchio serioso è pur sempre un uomo, finge di non arrossire e decide di fargliela passare. Un'altra volta.
L'Elephant Bar fa parte della schiera di locali che caratterizzano Camden Town e Beatriz ci è entrata per la prima volta perché da fuori aveva visto la scritta mojitos, e lei non poteva crederci che in un locale inglese facessero il suo cocktail preferito, introvabile in tutto il Regno Unito quanto tipico nel suo paese d'origine. All'interno è perfettamente uguale a qualsiasi altro pub della città, disordinato e sporco al punto giusto e con delle deliziose sedie di legno che Beatriz ha adorato sin dal primo istante; in realtà, a causa dell'atteggiamento da turista che non è ancora riuscita a scacciare, nutre una spropositata passione per qualsiasi pub che si affacci sulle strade londinesi perciò il suo parere su di essi, specie proprio su quello in cui lavora, non sarà mai completamente oggettivo.
La sera si riempie sempre di gente, soprattutto al venerdì e al sabato, ovviamente, e il compito di Beatriz è quello di riuscire a destreggiarsi tra gli ordini degli avventori senza farsi palpeggiare eccessivamente dai ragazzini allupati e senza rovesciare nessuna di quelle enormi pinte di birra che gli inglesi bevono come se fosse acqua. Non serve che si metta a contare i bicchieri che ha fatto cadere o le liti che ha scatenato per sapere che lei, come cameriera, fa davvero schifo; ma a lei servono i soldi e a Brice i clienti che vengono all'Elephant solo per le gambe di Beatriz, e allora va bene così.
«Ciao guapa.» Cherry le passa accanto, una strizzatina d'occhi, la mano che le tocca leggermente il sedere e la solita frase incastrata tra i denti che le dice praticamente ogni volta che la vede «Dio, se avessi un culo come il tuo sarei una donna felice.»
Beatriz scoppia a ridere e la  sua è una risata fragorosa, di quelle con la testa all'indietro e la bocca aperta, giusto perché lei è Beatriz Iniego, e, ancora una volta, se ne frega.
«Oh, Chers, con quelle tette non hai di certo bisogno del mio culo per essere felice, fidati.» I suoi occhi sono estremamente divertiti, nell'osservare le diverse reazioni dei suoi colleghi alle sue parole; Luke è incredibilmente imbarazzato, come avviene ogni volta che le due ragazze parlano in modo così esplicito di culi e tette, mentre Cherry si lascia andare ad una risata simile a quella di Beatriz mentre getta un'occhiata di approvazione alla sua quarta di seno che sbuca prepotentemente dal crop top nero.
A Beatriz Cherry piace, con i suoi capelli rosa e gli occhi sempre truccati con una linea di eyeliner perfetta che “mi ci sono voluti anni per imparare a farla, bambolina”. Le piace perché è sincera, perché le guarda le gambe senza invidia e perché ha un fidanzato super famoso ma continua a lavorare in quella merda di Elephant bar, che a lei non interessano i soldi e quelle stronzate là. Le piace quasi quanto le piacciono Brooke e Noah, perché la capisce e sa di essere capita e alla fine a lei basta questo per farsi stare simpatica una persona.
Anche Luke le piace, anche se lo capisce di meno, perché lo ha visto come la guarda ogni volta che gli passa davanti e non riesce davvero ad afferrare il motivo per il quale non l'ha ancora invitata ad uscire insieme; lei probabilmente non accetterebbe, perché insomma, è troppo muscoloso e zarro per poterle piacere sul serio, ma almeno si divertirebbe un po' a flirtare con lui.
«Bea, ci sono dei ragazzi al tavolo 10 che hanno chiesto espressamente di te.» Brice le si avvicina con un sorriso soddisfatto, perché per lui avere una cameriera bella come lei è davvero un colpaccio. «Sono in una quindicina, se ti danno fastidio dimmelo.» Le intima poi, ricevendo in cambio un sorriso riconoscente da parte di Beatriz.
Sanno entrambi che lei non ha bisogno del suo aiuto, è sfacciata ma intelligente e sa come comportarsi se le avance dei ragazzi si fanno troppo insistenti; in fondo in quel corpo ci è nata ed è troppo abituata ad essere così per sapere davvero come ci si senta a  non essere l'oggetto del desiderio di quasi tutta la popolazione maschile.
Prende in mano il vassoio con le ordinazioni  e si stampa in viso un'espressione sicura mentre si dirige con il suo solito passo lento ed ondeggiato verso il gruppo di ragazzi che già la sta osservando con occhi attenti.
Si va in scena.
 
Qualche ora dopo Beatriz è appoggiata contro il muro del retro del locale, una sigaretta incastrata tra l'indice e il medio e gli occhi verso il cielo; le gambe le fanno male, gli occhi le bruciano un po' a causa delle luci psichedeliche del locale e il suo vestitino blu elettrico le continua a salire sui fianchi, costringendola a tirarselo giù almeno una volta al minuto. Lei non ha niente con cui coprirsi contro il gelo londinese, ma dentro al locale faceva così caldo che adesso non le fa altro che piacere sentire l'aria umida che le si appiccica sula sua pelle scura. Ha fregato una Winston blu dalla giacca di pelle di Luke, che tanto lui non se ne accorge, o forse semplicemente non gli danno fastidio questi suoi furti regolari. A Beatriz fumare piace, le dà un senso di tranquillità ma lo fa solo ogni tanto perché non ha nessuna intenzione di essere dipendente da qualcosa, tanto meno dalla nicotina; è una libera, lei.
Non molto lontano da lei ci sono quattro ragazzi che la guardano senza tanto pudore, gli occhi attenti sulle sue curve e il luccichio blu del suo vestito che si riflette nelle loro pupille. Beatriz non ha alcuna voglia di flirtare con loro, perché uno di loro ha la fede al dito e poi perché quello è il suo momento di calma prima di ritornare nella bolgia; così, quando vede che uno muove un passo nella sua direzione per porre fine a quel gioco di sguardi ed iniziare qualcosa di più concreto, carnale, lei con un gesto esperto e comunque malizioso -perché lei è così e proprio non ce la fa a cambiare- tira fuori il cellulare dalla scollatura del vestito e inscena la recita che mette in pratica ogni volta che non ha voglia di essere disturbata.
La destinataria delle sue chiamate immaginarie è sempre Noah, perché fingere di parlare con la sua migliore amica al telefono è molto più semplice se la migliore amica in questione è reale e la si conosce così bene che si può instaurare un monologo con lei anche senza bisogno della sua partecipazione. Beatriz è in preda ad un interessante discorso sui vantaggi dei reggiseni push-up quando, alzando leggermente lo sguardo con aria distratta, nota che i quattro ragazzi si sono dissolti nel nulla, segno che ancora una volta la sua recita è andata a buon segno. In ogni caso, per essere sicura al 100% di non ricevere altre attenzioni indesiderate proprio in quell'arco di tempo che vuole dedicare solo a se stessa, continua la sua messinscena, spostando l'attenzione sulla lista della spesa da fare il giorno dopo perché «domani è domenica e alla Tesco ci sono gli assaggini di sushi gratis!» Sarebbe in grado di parlare dell'argomento per ore perché non c'è quasi niente che lei ami di più del sushi, specie se offerto da un ragazzo così gentile e carino come il commesso della Tesco, ma il suo sproloquio viene troncato sul nascere da una voce calda e incredibilmente vicina.

«Sei una pessima attrice.»
Beatriz si gira di scatto, un'espressione confusa sul viso che si accentua ancora di più quando scorge il proprietario di quella voce. Ora, Beatriz Iniego deve aver sentito parlare di Harry Styles almeno 18585 volte, visto che tutto il Regno Unito sembra aver perso completamente la testa per il suo metro e ottantacinque di puro fascino, occhi verdi e fossette; ma una cosa è sentirne parlare, un'altra è trovarselo di fronte con tanto di profumo maschile decisamente apprezzabile e camicia bianca lasciata ovviamente aperta.
«Come scusa?» Beatriz non finge nemmeno più di essere al telefono, adesso, smascherata nel suo giochetto preferito da un ragazzino qualsiasi e perciò decisamente infastidita dalla sua presenza; mette su un broncio che fa sorridere Harry, mentre aspetta impazientemente che lui le spieghi la sua affermazione.
«Se vuoi far credere di essere davvero al telefono, devi fare qualche pausa, ogni tanto, sai per far credere che la persona con cui stai parlando esista sul serio.» Le spiega lui con un sorriso divertito che gli increspa le labbra e la voce calma e paziente che usa quando parla con le fans, quando risponde alle interviste; la sua cadenza è così lenta e strascicata che a Beatriz da quasi fastidio, perché è così dannatamente inglese e invece lei fa ancora fatica a pronunciare le n correttamente.
«Bè grazie per il consiglio. Lo metterò in pratica la prossima volta che un coglione mi importunerà.» Beatriz non è acida, davvero. Semplicemente lei adora flirtare da lontano, con gli sguardi che si rincorrono e le sue labbra che si dischiudono in modo sensuale, mentre Harry Styles è decisamente troppo vicino e troppo sicuro di sé.
Ed è per questo che, quando lo vede riaprire la bocca per parlare, lo interrompe con un gesto secco della mano e, riappoggiando il cellulare all'orecchio, inizia di nuovo la conversazione che lui aveva interrotto, servendosi dei consigli da lui datole e infilandoci qualche pausa qua e là. Lui la guarda sbalordito, scuotendo la testa mentre una risata sincera esce dalle sue labbra leggermente schiuse.
«Io sono Harry Styles.» Le dice, prepotente con il tono di chi è sicuro che il suo nome sia già conosciuto, togliendole il cellulare di mano e reclamando la sua attenzione con gli occhi verdi puntati sul suo corpo, le sue gambe, quel vestito. Beatriz si muove nervosamente contro il muro di cemento grigio sul quale si è appoggiata con aria annoiata, infastidita dall'insistenza del suo sguardo.
Inarca con perplessità le sopracciglia e mormora un «ma dai?» sarcastico che fa sorridere di nuovo Harry; lei vorrebbe un'altra sigaretta, adesso, mentre sente l'aria fredda che le si insinua sotto il vestito e le dita delle mani che iniziano a tremare per il gelo.
«Tu non mi dici niente?» Le chiede poi il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli in un gesto che le sue fan conoscono a menadito e che, nonostante ciò, è in grado di farle impazzire ogni singola volta. Lo stesso effetto però non fa a Beatriz, che anzi guarda con aria incuriosita e leggermente divertita quei capelli ricci e disordinati, che avrebbero decisamente bisogno di una spuntatina.
«Su di me?» Domanda poi, ricevendo in risposta un cenno di assenso. Mentre guarda Harry Styles inumidirsi le labbra in attesa di una sua risposta, Beatriz si chiede se abbia davvero voglia di continuare una conversazione con lui; dopo aver deciso che parlare con il ragazzo sia un'alternativa più interessante che tornare dentro al locale, risponde alla sua domanda. «Mi chiamo Beatriz Iniego, nata e cresciuta in Spagna, faccio la barista in questo locale e odio le tue canzoni.»
Harry scoppia a ridere di fronte a questa sua ultima informazione, troppo abituato a quel genere di commenti e troppo sicuro di sé per arrivare a prendersela per una simile affermazione; si inumidisce di nuovo le labbra in un gesto automatico, prima di riaprire bocca.
«Fai la cameriera qui all'Elephant? Allora devi conoscere Cherry, sai lei è la ragazza di..» Ma Beatriz non gli fa nemmeno finire la frase, interrompendo la sua voce lenta e davvero roca con un gesto annoiato della mano.
«Di Zayn Malik, lo so. Cherry non fa altro che parlare di lui, di quanto sia bravo a letto e di come le stanno sul cazzo le vostre fans.»
Harry ride di nuovo pensando che -diamine!- quella ragazza è davvero divertente, con quello sguardo poco interessato e il vestito sporco di un liquido che emana l'odore forte di birra.
«Quindi fai la cameriera.» Afferma poi, decidendo seduta stante che quella Beatriz è sicuramente la persona con cui ha avuto più difficoltà a fare conversazione in tutta la sua vita.
«Già. E la modella.» La spagnola inizia a guardarsi attorno con aria irrequieta, perché adesso si è davvero fatto tardi e Brice si sarà sicuramente reso conto della sua assenza e perché ormai si è raffreddata abbastanza ed il sudore che si asciuga con l'aria fredda della notta è una delle cose più sgradevoli dell'universo.
«Oh, avrei dovuto immaginarlo, suppongo.»E la  chiara nota di apprezzamento dedicata al suo corpo non è contenuto solo nella voce, adesso ancora più lenta, ancora più lasciva, ma anche nello sguardo di smeraldo che, scintillante, scivola su ogni centimetro di pelle che il vestito le lascia scoperto. Beatriz si sente pervadere dalla  sensazione che prova ogni volta che sa di avere un ragazzo, un uomo, in pugno; sente l'adrenalina nelle vene e il piacere di essere guardata con desiderio è una delle cose che la fa sentire più viva in assoluto. E' fatta così lei. Ha bisogno di quegli sguardi per vivere davvero.
«Bea, che stai facendo? Almeno cinque clienti hanno chiesto di te e sono rimasti parecchio delusi quando sono stato io a portare i loro ordini. » Gli occhi scuri di Luke si scontrano ostilmente con la figura solida di Harry, ancora impegnato a perlustrare le meraviglie offerte dal corpo di Beatriz.
Lei, dal canto suo, sta ormai quasi morendo di freddo e sa che non può contare troppo sulla bonarietà del suo capo, perciò non si fa ripetere il rimprovero due volte; rivolge un ultimo sorrisetto sghembo ad Harry mormorando un «piacere di averti conosciuto, Styles, » riprendendosi il suo cellulare con prepotenza e poi rientra dentro, la mano posata sul braccio di Luke e una risatina divertita quando lui sobbalza al suo tocco.
Sono ormai passate le quattro di notte quando finalmente Beatriz tocca il suo letto; Noah  è addormentata accanto a lei e Brooke le ha scritto un messaggio farneticando su una festa "della madonna, cazzo" perciò probabilmente non sarà a casa prima dell'alba e lei è davvero troppo stanca per aspettarlo sveglia come ha fatto altre volte. Mette il cellulare in carica e maledice la batteria dell'Iphone, progettata per morire dopo poche ore di vita e nota la spia luminosa che indica l'arrivo di un messaggio.
Lo apre e sorride vittoriosa come una regina sedutasi sul trono per la prima volta.

 
"Perché Harry Styles mi ha appena chiesto di te?"


Decide di non rispondere a Cherry, consapevole del sorriso malizioso che deve aver preso posto sul viso della collega, troppo curiosa per aspettare il giorno successivo e venire informata di ogni cosa a voce.
Spegne il cellulare e abbandona la testa sul cuscino, lasciandosi andare ad un sospiro soddisfatto.
Beatriz è una regina e Harry Styles è appena entrato a far parte del suo regno.

 

Lo so, lo so.
Sto scrivendo un'altra storia, lo so benissimo, non me ne sono dimenticata.
E' solo che Elastic Heart era lì nel mio computer da un sacco di tempo e io letteralmente stavo morendo dalla voglia di farvela leggere a voi tutte.
Per me è importante per così tanti motivi che ad elencarli qui impiegherei tutta la sera; vi basti sapere che è probabilmente una delle poche cose che ho scritte che mi piacciono davvero e sinceramente.
Sono un po' agitata nel pubblicarla, perché è diversa dalle cose che sono abituata a scrivere. Prima di tutto, la protagonista -Beatriz- è completamente l'opposto del mio carattere e, di conseguenza, di tutti i personaggi che ho creato fino ad adesso e per me è davvero difficile scrivere di una come lei. In più, per la prima volta non pubblico in questo fandom una storia con protagonista Zayn Malik ma Harry Styles, ed è un Harry Styles strano, particolare.
Spero davvero vi piaccia, sul serio.
All the love, as always (Mr Styles mi contagia)
Chiara.

p.s fatemi ringraziare di nuovo la meravigliosa, fantastica e stupenda Giulia (Zeta) per i due banner che ha creato apposta per me (il secondo lo metterò nel prossimo capitolo) e per aver amato Beatriz e Harry quasi quanto li amo io. 
I love you, babe.

 

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Capitolo 2
*** E chi non ha mai visto nascere una dea, non lo sa che cos'è, la felicità. ***




Elastic Heart.



Dopo circa due settimane Beatriz è riuscita finalmente ad ottenere il suo primo giorno libero da quando lavora all'Elephant, ossia tre lunghissimi mesi. Prima di lavorare lì aveva intervallato momenti frenetici come cameriera da Starbucks, Costa e Caffè nero (esattamente in quest'ordine) a periodi decisamente più lunghi di svaccamento sul divano insieme a Noah a riflettere su quanto la vita, fondamentalmente, sia una troia, per citare esattamente le parole della sua migliore amica. Dopo tre mesi in cui Beatriz è riuscita a mantenersi un lavoro fisso senza dare della puttana al suo capo e senza prendere a calci nelle parti basse i clienti troppo insistenti nel flirtare insieme a lei, per la spagnola è un'autentica conquista avere finalmente un giorno tutto per sé, nel quale può dire e fare quello che vuole senza dover pensare alle ripercussioni che tutto ciò potrebbe avere con il suo lavoro. Ma al posto di passarlo con Brooke e Noah tra una bancarella dei mercatini di Portobello e un muffin da Starbucks, è stata costretta ad utilizzare quelle poche ore di libertà che le sono state concesse per scattare la nuova campagna primavera/estate di Topshop. Nonostante ormai sia costretta a darsi degli appuntamenti con i suoi amici per riuscire ad incrociarsi almeno nel loro stesso appartamento, a Beatriz non pesa troppo l'idea di dover lavorare anche nell'unico giorno in cui, teoricamente, si sarebbe dovuta godere la sua libertà di ventunenne giovane e bella in una città come Londra.

Lei adora essere fotografata. Il suo ego si nutre in maniera spropositata di tutti quegli sguardi che la seguono in ogni movimento, dell'occhio della macchina che si concentra solo su di lei, perfino delle frasi stupide che certi fotografi le rivolgono per spiegarle che pose assumere; quello è il suo mondo, la sua vita. Sente l'adrenalina scorrere nelle vene già al solo pensiero che chiunque entrerà in un negozio Topshop, tra qualche settimana, la vedrà spalmata su ogni parete con addosso la nuova collezione che, parlando sinceramente, le sta d'incanto. Ha già adocchiato un paio di gonne a fiori che a Noah starebbero altrettanto bene, quindi non esclude che, tra uno scatto e l'altro, le farà finire all'interno del borsone di pelle nera che si è portata dietro proprio per essere pronta ad una simile evenienza; non sa se sua madre apprezzerebbe questo tipo di comportamento, ma già si può immaginare il viso chiaro della sua amica aprirsi in uno dei suoi sorrisi dolcissimi e davvero non può pensare di privarsi di una tale gioia solo per una stupida questione di moralità.
Lo shooting dura in tutto tre orette e mezza, intervallate da qualche battuta che Beatriz rivolge ogni tanto a ciascun membro della crew che, con occhi ammirati, osserva con curiosità come si comporti una vera diva. Lei è semplicemente instancabile; sorride con dolcezza al ragazzo che le porta un caffè latte -tall, mi raccomando!- direttamente dallo Starbucks all'angolo della strada, discute con una commessa del negozio riguardo ai trucchi della Mac, argomento di cui non si stancherà mai, e dà dei consigli al fotografo su degli accostamenti di colore che gli fanno illuminare gli occhi dalla gioia.
Beatriz è una stella, e anche questa volta è riuscita nell'incredibile impresa di conquistare tutto lo staff che le sta attorno, vale a dire 113 persone tipicamente londinesi, dunque per natura scettiche e poco inclini a sentimenti come la gioia o la sorpresa.

Adesso lo shooting è finito e tutte le persone presenti nel negozio stanno osservando ammaliati il risultato di quelle tre ore e mezza di lavoro, tutte incastrate in quelle ventitre fotografie che, ne sono tutti sicuri, rendono pienamente giustizia alla nuova collezione. Beatriz ha appena finito di struccarsi e ora si sta rivestendo, godendo internamente di tutto quello stupore che la sua persona è riuscita a provocare; sa benissimo quello che stanno pensando tutti i presenti, e lei non può che gioire e congratularsi con se stessa per essere riuscita, ancora una volta, a fare con successo ciò che sa fare meglio.
Stupire, ammaliare, affascinare.

«Beatriz, giusto?» La voce squillante di una donna che fino a quel momento era rimasta a guardare da una sediolina posta in un angolo della stanza, le fa alzare il viso, gli occhi ancora pieni di eccitazione e le mani che lottano con la lampo del suo vestito nero rigorosamente Primark. «Sei meravigliosa, sembri nata per stare di fronte alla macchina fotografica. Penso che dovresti puntare più in alto.»
La spagnola si apre in un sorriso dolce, la sua vanità che si riempie sempre più d'orgoglio dentro di sé, anche se ormai ha perso il conto delle volte  in cui si è sentita rivolgere quelle parole; il primo ad aver sottolineato la sua fotogenia, se così la vogliamo chiamare, era stato Andres, uno dei suoi migliori amici di sempre e Beatriz probabilmente lo ha sempre saputo, perciò quella signora non le sta dicendo nulla di nuovo. Il suo viso viene coperto da un'ombra scura, al solo pensare al nome di Andres, ma Beatriz la scaccia subito, ben decisa a non farsi rovinare il suo momento di gloria da dei ricordi decisamente indesiderati.
«Oh, credo proprio che lo farò, grazie!»Finalmente riesce a chiudere quella maledettissima lampo, il viso leggermente arrossato per lo sforzo e in testa la macchinazione del progetto per riuscire a portarsi a casa quelle gonne, che ancora tiene in mano ostentando una certa nonchalance (Brooke probabilmente la chiamerebbe semplice faccia da culo, ma nonchalance rende tutto molto più elegante, dal punto di vista di Beatriz).
«Sto lavorando con molte modelle, in questo momento, ma tu sei di gran lunga la migliore. Sei molto naturale ed istintiva di fronte alla fotocamera, e fisicamente sei davvero perfetta.» La donna continua a soppesarla con lo sguardo, mentre parla, nel vano tentativo di mettere almeno un po' di soggezione a quella ragazzina dall'accento marcatamente spagnolo. «Se hai voglia, chiamami, ti potrei aiutare a puntare molto in alto.»

E mentre Amber Walls le porge il suo biglietto da visita, Beatriz non può fare a meno di pensare che le unghie della donna sono davvero troppo lunghe e la fanno sembrare molto simile ad una moderna Crudelia Demon. Ma è di Amber Walls che si tratta, la manager che ha portato Miranda Kerr e Behati Prinsloo a diventare quella Miranda e quella Behati e perfino una presuntuosa testa di cazzo come Beatriz è cosciente del potere immenso della donna che ha di fronte; così, reprimendo i suoi commenti cattivi sulle unghie rosse della Walls, si limita a sfoderare un sorriso raggiante e ad afferrare con una presa sicura il biglietto da visita rosa.
«Ci conto, non lasciarmi sulle spine, per favore.»
Beatriz ha bisogno di darsi un pizzicotto sul braccio destro per constatare che no, non è un sogno, Amber Walls le ha appena detto di chiamarla, le ha appena fatto un occhiolino amichevole e, cristo, le ha appena chiesto di non lasciarla sulle spine, come se fosse lei la star.
Mentre esce dal negozio di Topshop e si immette in Oxford Street con un sorriso raggiante e due nuove gonne a fiori che spuntano dalla sua borsa, Beatriz pensa per la prima volta da quando è lì che sì, andare  a Londra non è stata poi tanto un'idea del cazzo.

«E così mi ha detto di chiamarla e di non tenerla sulle spine, per favore.» Beatriz è troppo felice per rendersi conto di quanto possa sembrare petulante la sua stessa voce mentre finisce di raccontare l'intera storia a Brooke e Noah. I suoi amici sono entrambi stravaccati sul divano e la ascoltano con gli occhi pieni di gioia mentre lei, seduta in maniera composta a sottolineare ancora di più l'importanza del momento, farnetica da circa venti minuti sulla grandiosità del suo incontro con Amber Walls.
«Ma tu non vuoi fare la modella, B., tu vuoi diventare Karl Lagerfeld al femminile!» Brooke agita la mano destra per sottolineare il suo concetto, mentre le sue due amiche alzano gli occhi al cielo e si lanciano uno sguardo tipico delle donne che, ancora una volta, devono fare i conti con l'incredibile inferiorità intellettuale degli uomini.
«Certo Brooke, ma mentre aspetto di diventare Karl Lagerfeld, non posso divertirmi un po' a fare Cara Delevingne?» Il tono di voce che Beatriz usa è esattamente lo stesso che userebbe per parlare ad una classe di bambini di 5 anni, lento, calmo e vagamente fastidioso per chi ascolta. In effetti, molto simile a quello di Harry Styles.
«Bè, se vuoi fare Cara Delevingne dovrai iniziare a farti stare simpatica i suoi amici.» La voce di Noah giunge leggermente soffocata dai cuscini del divano che ha spiaccicato sul viso, ma Beatriz, che conosce la sua amica meglio di chiunque altro, capisce ogni singola parola e riesce anche a prevedere dove vuole arrivare con il suo discorso. Del resto, ha sempre pensato che lei e Noah fossero telepatiche o qualcosa del genere. «Ad esempio, ho letto che ultimamente è molto vicina  ad Harry Styles, escono spesso insieme.»
Il sorrisetto malizioso che trova spazio sul viso lentigginoso di Noah non scalfisce minimamente Beatriz, troppo a suo agio nei discorsi sui ragazzi per imbarazzarsi al solo sentire pronunciare il nome della sua ultima probabile preda.
«Bè, temo che per una volta Cara dovrà farsi da parte, perché Harry Styles mi ha puntato ed io non ho nessuna intenzione di farmi scappare uno del genere.» Dichiara decisamente soddisfatta, un'espressione gongolante sul viso ma comunque molto controllata, perché lei è Beatriz Iniego e alla fine di Harry Styles le importa solo relativamente.
«Questa è la mia ragazza!» Brooke allunga il braccio oltre il corpo spiaggiato di Noah e dà il cinque ad una sorridente e divertita Beatriz, gli occhi chiari illuminati da una luce serena che ritrova solo quando è con i suoi migliori amici.

Noah, decisamente infastidita da tutto quel muoversi di quello che da qualche minuto aveva eletto a suo cuscino preferito, alza gli occhi dal suo cellulare solo per scoccare un'occhiata annoiata ai movimenti dei suoi migliori amici. Ha i capelli biondi raccolti in una coda disordinata che sembra aver lottato contro la forza di gravità per rimanere in piedi, indossa una camicia di jeans che Beatriz è sicura di aver visto a Brooke, qualche volta, e i suoi occhi blu sono fissi sullo schermo del suo cellulare da almeno due ore. Beatriz spera che ci sia un motivo quantomeno valido che la tenga incollata al suo Iphone, perché altrimenti non c'è nessuna ragione per la quale avrebbe dovuto liquidare con uno scambio di battute qualsiasi il suo sproloquio su Amber Walls e la sua futura carriera.
«Noah, si può sapere cosa c'è di tanto importante nel tuo cellulare? Ci stai praticamente ignorando.» Bea ha un'espressione minacciosa stampata sul volto, il sopracciglio sinistro alzato in un modo che le deforma leggermente la faccia e che Noah ha sempre trovato incredibilmente buffo. La bionda, infatti, sorride divertita e maliziosa – il suo viso molto simile a quello di Beatriz, adesso- prima di rispondere con soddisfazione alla domanda dell'amica.
«Sto parlando con John, B. Mi ha chiesto di uscire insieme, domani sera.»
Beatriz caccia un urlo degno di una cantante lirica, perché insomma, forse Noah può essere perdonata per non aver prestato grande interesse ai suoi vaneggi di qualche minuto prima. John Walker è in assoluto uno dei ragazzi più belli che la spagnola abbia mai conosciuto, e, se non si trattasse della sua migliore amica, si sentirebbe particolarmente offesa a sapere di non essere stata scelta come sua futura vittima. Ma è di Noah che si parla, una delle poche, pochissime facce amiche che ha in quella città enorme, quella che compra sempre il burro di arachidi anche se a lei fa schifo perché sa che Beatriz ne va matta, quella che ha imparato a fare la paella perché «così magari senti meno la mancanza della tua Barcellona», e lei non può che essere felice per lei.
«Cristo, Noah, e me lo dici così?» Beatriz gattona velocemente verso il divano su cui sono sdraiati i suoi amici, del tutto incurante dei piccoli accenni di fastidio che iniziano a manifestarsi chiaramente sul viso di Brooke. «Hai già deciso come vestirti? E il trucco? Sei andata dall'estetista la scorsa settimana, vero?» La parlantina tipicamente spagnola fa sorridere Noah, pronta a rispondere dettagliatamente alle sue domande. Ma un movimento veloce e deciso di Brooke attira l'attenzione di entrambe; quando Beatriz realizza quello che è successo, il suo migliore amico è già arrivato in camera sua, dopo aver borbottato un «odio queste cazzate da donna» e aver scansato Noah da sopra di lui, facendola cadere con «ahi!» sorpreso sul pavimento del salotto. Le due rimangono per un attimo con la bocca sospesa, tra loro una marea di parole non dette che rimangono lì, sospese tra il soffitto del salotto e il  pavimento pieno di posaceneri, gambe incastrate tra loro e sottintesi mai esplicati ad alta voce. Non passa molto tempo prima che Beatriz, scrollando i capelli in un movimento degno di una pubblicità per shampoo e alzandosi velocemente in piedi, ponga fine a quel momento di strano imbarazzo.
«Ovviamente, se hai bisogno di qualche mio vestito, sai dove trovarli!» Esclama con entusiasmo, alludendo alla sterminata quantità di gonne, magliette e jeans che il suo armadio a due ante è in grado di contenere e dal quale la sua amica accinge molto più spesso del lecito per portare a termine i suoi meravigliosi outfits (pubblicati ogni dannatissima volta sul suo account di Instagram).

Beatriz sente la voce eccitata di Noah che la ringrazia e le manda un bacio, ma ormai lei si trova già nel corridoio, la mano poggiata delicatamente sulla maniglia dell'ultima porta a sinistra, quella di Brooke. Lui è sdraiato sul letto, le cuffie nelle orecchie che sparano musica a tutto volume e il suo preziosissimo Iphone 6 argentato in mano, mentre le sue dita si muovono in maniera a dir poco frenetica sulla tastiera.
«Hai intenzione di fare delle scenate del genere ogni volta che un ragazzo le chiederà di uscire?» Domanda con finta innocenza Beatriz, dopo aver spento l'ipod di Brooke ed essersi sdraiata a pancia in su accanto a lui. Le loro braccia si sfiorano, tanto che lei sente con chiarezza i suoi movimenti nervosi nel comprendere quale sia l'argomento di discussione.
«Non capisco di cosa tu stia parlando, Beatriz.» I muscoli della mascella stretti in una morsa dura e le labbra distese in una linea sottile, però, lasciano trasparire il nervosismo che le sue parole avrebbero voluto nascondere. «Te l'ho detto, odio tutte quelle cagate da donna.»
«Dico solo che non le odi così tanto, quando si tratta di spettegolare dei ragazzi con cui esco io.» Replica con tutta calma Beatriz, incredibilmente divertita nell'osservare con la coda dell'occhio la reazione di pura stizza e fastidio che si dipinge sul bel volto del suo migliore amico.
«Ma è di Noah che si parla!» Esclama infatti lui, alzando leggermente il tono di voce, gli occhi chiari quasi spiritati e la fronte aggrottata. Beatriz, davvero non fatica a capire perché tutte le ragazze di Londra sembrano essere pronte a donare un rene, pur di finire nel letto su cui è momentaneamente sdraiata lei. « E voi eravate così entusiaste e, cristo Bea, vi siete messe a parlare di cerette ed estetiste!» La spagnola non si preoccupa nemmeno di reprimere il suo sorrisetto, soddisfatta di aver raggiunto esattamente il punto che aveva intenzione di raggiungere.
«Pensi davvero che quel coglione di John Walker arriverà a capire se Noah è andata dall'estetista?»
Brooke adesso la guarda con un tormento ben visibile negli occhi blu e allora Beatriz si leva quel sorrisino divertito, perché lei è stronza quanto vuole, ma a Brooke vuole bene come a pochissime persone nell'intero universo, e proprio non le va di vederlo con quell'espressione da perdente dipinta sul suo volto da modello.
«Io penso solo che lei vuole solo te, B. Ma non può aspettarti in eterno, lo sai.»Gli mormora piano all'orecchio, prima di chiudere gli occhi ed appoggiare delicatamente la testa sul petto del ragazzo, cullando entrambi al suono della canzone che, ad un gesto veloce della mano di Beatriz, ha ripreso ad uscire dalle cuffiette.
Anche Brooke chiude gli occhi e pensa che Beatriz parla poche volte sul serio, senza risatine o battute maliziose.
Ma quando lo fa, lo fa per davvero.


Ciao dolcezze!
Innanzitutto, mille grazie, davvero.
Ero un po' ansiata all'idea di pubblicare questa storia, perché ci tengo davvero tanto, e non sapevo che reazioni avrei scatenato.
Invece voi siete state a dir poco dolcissime, davvero, e mi avete spronato a continuare a scrivere sulla mia adorata Beatriz.
Per chi avesse letto le mie altre storie (soprattutto Skinny love, ancora in corso), so che Beatriz è molto diversa dai caratteri che sono abituata a descrivere nelle mie storie, e sono felice che il cambiamento vi abbia stupito ma non scandalizzato :D
Anyway, alcune piccole delucidazioni.
L'idea della storia mi è venuta a Londra, quindi la maggior parte dei posti in cui Beatriz va/di cui Beatriz parla/ o che comunque ci sono nella storia sono quelli che ho visto io quando sono andata a trovare una delle mie migliori amiche che vive lassù, perciò sono tutti posti che esistono, primo fra tutti l'Elephant Bar.
Poiii, Karl Lagerfeld è uno stilista tedesco che io amo follemente, e che attualmente lavora per Chanel e spesso collabora con Cara Delevingne (lei non potete non conoscerla, è meravigliosa). Amber Walls è frutto della mia mente malata, perciò non esiste realmente, mentre la Miranda e la Behati di cui parlo sono due splendide modelle di Victoria's Secret, la seconda delle quali anche sposata con quel figone di Adam Levine dei Maroon Five.
Bene, dovrei avervi detto tutto, vi lascio con le foto dei protagonisti del capitolo (Noah la devo ancora trovare) :3
Siete fantastiche!
Chiara

p.s anche questo banner ci è stato gentilmente offerto da Giulia, che anche se è una scassapalle è la mia cucciolina :3

 
Beatriz (Sara Sampaio)


Brooke (Ash Stymest)

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Capitolo 3
*** Portami in alto come gli aeroplani. ***




Elastic Heart.
 


Beatriz sa che quella sarà una notte speciale.
Lo ha capito già quella mattina quando, durante la pausa di tre minuti, non di più, che Brice le ha concesso, ha letto un messaggio con il quale Cherry le ordinava di uscire con lei quella sera e vestirsi figa -che ho una sorpresa per te!-. Beatriz aveva sorriso soddisfatta, iniziando già a proiettare il cervello all'interno del suo mega armadio, perché non le passa nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea che la sorpresa annunciatale da Cherry non sia Harry Styles.
Noah esce con John Walker – anche se era stata molto tentata di cancellare l'appuntamento, una volta saputo con chi avrebbe passato  la serata la sua migliore amica- e Beatriz sta tentando disperatamente di convincere Brooke ad uscire insieme a lei. Non che abbia bisogno di una spalla per quella serata – Beatriz Iniego non ha mai avuto bisogno di una spalla in tutta la sua vita-, ma teme che, lasciandolo a casa da solo, Brooke possa passare la sera a rimuginare su Noah e John Walker o che, peggio, vada ad una festa a base di coca e alcool.

«Dai, Brooke, sarà divertente! Ci saranno sicuramente delle ragazze fighe, sono la boyband più famosa al mondo, penso che sia tipo parte del loro contratto girare con delle figone sempre intorno!» Beatriz sa di essere incredibilmente subdola nel cercare di fare leva sugli ormoni del suo migliore amico, ma la cosa le interessa solo relativamente; si è prefissa un obiettivo, ed è pienamente determinata nel raggiungerlo ad ogni costo. «Magari ci sarà anche Cara!» Rincara la dose, quando vede l'espressione del suo viso farsi un po' meno corrucciata e i suoi occhi iniziare a squadrarla con molto più interesse.
«Ti odio, Beatriz, giuro che ti odio davvero.» Esala alla fine Brooke, esausto da tutti quegli occhioni dolci con cui Beatriz lo rincorre da almeno mezz'ora e finalmente sconfitto dalla prospettiva di trovare una ragazza con cui impegnare la mente e il letto. Si scosta con decisione quando la sua migliore amica le si attacca al collo con slancio per lasciarle un bacio sulla guancia e finge un'espressione disgustata che entrambi sanno essere profondamente falsa; non c'è niente a cui Brooke tenga più che a Noah e a Beatriz. Assolutamente niente.

Così, circa tre ore dopo, Brooke e Beatriz sono di fronte allo specchio del bagno ad osservare con grande soddisfazione i loro rispettivi outfit; Beatriz ha addosso un vestito di un blu brillante che non passa sicuramente inosservato, con uno scollo che le lascia scoperta la schiena e abbastanza corto per mettere in mostra le sue gambe da modella. I capelli sono mossi e sciolti,  le labbra di nuovo colorate di un rosso fuoco – alla faccia di sua madre- e gli occhi truccati solo con un po' di mascara, 'che Beatriz è sfacciata ma conosce l'eleganza e sa che non bisogna mai strafare.
Brooke, al suo fianco, è fastidiosamente bello, con quell'espressione scazzata che solo raramente lascia il suo viso, una maglietta bianca, dei jeans chiari e un giubbotto di pelle nero. In bocca ha già una sigaretta, che ha acceso con un gesto nervoso quando Noah li ha salutati, lasciando un bacio colorato di rosso sulle guance di entrambi e inondandoli con il profumo che aveva indosso.
Beatriz sente l'adrenalina scorrere nelle vene e muore letteralmente dalla voglia di vedere la faccia di Harry Styles quando la vedrà con quel vestito; se lo immagina già con gli occhi famelici a scorrere su ogni singolo lembo di pelle lasciato scoperto da quel pezzetto di stoffa e già le viene da sorridere, divertita. Brooke, al contrario, è un fascio di nervi, perché okay, probabilmente tornerà a casa in compagnia di qualche modella, quella notte, ma davvero non riesce a togliersi dalla mente la bellezza di Noah quando è uscita di casa. Beatriz lo sa, perché non c'è niente che conosca meglio del viso dei suoi migliori amici, e la vede chiaramente, quella rughetta sulla fronte che si forma solo nei momenti di maggiore nervosismo; solitamente, c'entra sempre Noah.

«Ascoltami bene, B.» Beatriz si sente molto sua madre, o in alternativa sua sorella maggiore Ana, mentre si piazza davanti a Brooke con le mani sui fianchi ed un cipiglio -appunto- molto materno. «E' venerdì sera, noi siamo giovani e belli e dobbiamo divertirci. Noah è uscita con John Walker, che anche se figo non sarà mai bello quanto te, e questo lo so io, lo sai te e lo sa anche lei. In ogni caso, lei è uscita con lui e io e te stiamo per andare in un locale, con un sacco di gente famosa e un sacco di alcool, quindi cerca di levarti quella faccia di cazzo che hai  e divertiamoci.» Okay, forse sua madre o sua sorella non avrebbero mai fatto un discorso del genere, ma a Beatriz non frega proprio niente di quanto ciò che ha detto sia giusto o corretto, perché adesso Brooke le ha regalato un sorriso che raramente compare sul suo viso e la conduce fuori di casa con un braccio attorno alla sua vita e le mormora un "ti voglio bene" appena sussurrato che le fa vibrare il cuore.
E non c'è niente di meglio.

Il locale nel quale si devono vedere con Cherry è nella zona di Soho, quella un po' fighetta radical chic che frequenta sempre Brooke per le sue feste alle quali cerca sempre di portarle senza successo; infatti, non appena Beatriz gli mostra l'indirizzo che le ha inviato la sua amica Brooke fa un cenno di assenso con il capo e si incammina con il suo solito passo deciso verso una stradina leggermente secondaria. Beatriz si guarda attorno con meraviglia, perché ancora non riesce ad abituarsi all'idea di vedere Londra di notte, di scoprire i locali dove vanno davvero i londinesi e di allontanarsi da tutte le trappole per turisti in cui, da buona spagnola trapiantata in Inghilterra, ancora si imbatte. Distoglie lo sguardo dalle luci che la circondano solo quando Brooke le strattona con dolcezza la giacca di jeans che ha indosso, indicandole con l'altra mano il locale che si trova esattamente di fronte a loro; la scritta enorme "The club" troneggia sopra l'entrata e la convince sempre di più della totale mancanza di fantasia degli inglesi. Subito dopo i suoi occhi si posano sulla lunghissima fila che incomincia davanti all'entrata del locale e che continua per tutto il vicolo, arrivando perfino a girare l'angolo della strada, e sorride con soddisfazione, per niente intimorita da qualcosa che non la tocca neanche lontanamente. Seguita da Brooke si dirige a passo svelto verso il primo bodyguard che vede, un omone grosso dalla faccia buona, noncurante di tutte le occhiate che la coppia di cui rappresenta la metà femminile riceve.
«Siamo con Cherry Smith.» Annuncia con un tono di voce sicuro. Il bodyguard li guarda per pochi secondi  e poi fa un cenno d'assenso con il capo, spostandosi di lato per farli passare.
Che la serata abbia inizio.

Appena arrivati nel locale, Beatriz e Brooke individuano con i loro occhi esperti il bancone degli alcoolici e, altrettanto velocemente, vi si dirigono, rispettando fedelmente la regola per la quale nessuna serata può davvero iniziare senza nemmeno un briciolo di alcool nelle vene.
Beatriz sta sorseggiando il suo Margarita quando, dall'altro lato del locale, intercetta uno sguardo verde puntato su di lei. Harry Styles ha un'espressione ammirata mentre lascia scivolare i suoi occhi di smeraldo sulla ragazza spagnola; espressione che viene subito sostituita con un ghigno malizioso quando si accorge di essere stato visto.

«Cristo, ora capisco cosa intendevi quando l'hai definito "famelico"!»Esclama Brooke al suo fianco, anch'egli con gli occhi puntati sulla figura di Harry Styles che, adesso, si sta facendo strada tra i mille corpi che affollano il locale, diretto chiaramente verso di lei. Beatriz sorride lievemente in risposta al suo migliore amico notando con la coda dell'occhio il ghigno divertito che si dipinge sul volto di Brooke al pensiero dello spettacolino a cui sta per assistere; è un predatore almeno quanto lo è Beatriz, se non di più, e non c'è niente che lo diverta quanto osservare la sua amica all'opera.
Nel frattempo, Harry è riuscito a farsi strada nella folla e si è piazzato esattamente di fronte  a loro, la pelle bianca illuminata dalle luci psichedeliche del locale e i ricci raccolti all'indietro che lasciano scoperta la fronte.

«Mi stavo giusto chiedendo se saresti mai arrivata.» Esordisce poi, gli occhi puntati sempre sulla figura di Beatriz, quasi ne venissero attratti come i due poli opposti di una calamita. Lei tira su l'angolo sinistro della bocca, in un mezzo sorriso che fa sorridere a sua volta Brooke, a conoscenza di ogni singolo gesto futuro della sua amica; per questo, si stampa sul viso un'espressione amichevole, mentre già anticipa nella sua mente le parole di Beatriz.
«Lui è Brooke, il mio migliore amico. » Dice infatti la ragazza, indicando l'amico accanto a lei. «Brooke, lui è Harry Styles.»
Harry assottiglia lo sguardo, e annuisce con lentezza mentre lascia che i suoi occhi si allontanino per qualche istante dal viso di Beatriz per puntarli su quello, altrettanto bello ma per lui meno interessante, di Brooke.

«Chers vi sta aspettando.» Mormora poi. Offre una mano calda e leggermente sudata a Beatriz, prima di voltarsi ed incamminarsi verso la zona dalla quale è arrivato; lei si limita a seguirlo e a porgere la mano libera a Brooke che, in un sussurro che sente solo lei, le dice all'orecchio «dal modo in cui ti guardo penso che non resterai ancora per molto qui dentro. »
Beatriz si volta verso di lui, i capelli sulla spalla destra  e gli occhi che scintillano mentre si lascia andare ad una risata.
Brooke ha ragione, e lei lo sa.

Beatriz a Brooke proprio non ci pensa, però, nell'ascensore del palazzo di Harry Styles, con le mani di Harry Styles che la toccano ovunque – sul serio, ovunque-, la lingua di Harry Styles nella sua bocca da almeno venti minuti e il profumo di Harry Styles nel naso. Il suo vestito blu è attorcigliato intorno al suo bacino, i capelli le si sono annodati in modi per i quali piangerà fra qualche ora e ha le guance arrossate in un modo davvero indecente. Indecente, però, è anche il modo in cui Harry la sta baciando, come se ne dipendesse della sua vita, indecenti sono le sue mani che la stanno torturando da quando sono saliti su quel dannatissimo ascensore ed ancora più indecenti sono le parole che lui le sussurra ogni tanto, con tanto di labbra che sfiorano le orecchie e mordono i lobi. Harry Styles è, in tutto e per tutto, indecente. E a Beatriz non potrebbe piacere di più.
Le porte dell'ascensore che si aprono li costringono a staccarsi e mentre lo guarda quasi correre verso la porta del suo appartamento, Beatriz pensa di non aver mai visto niente di più eccitante; Harry ha gli occhi verdi lucidi, il fiatone, le guance di un rosso più brillante del suo e l'irruenza di un uragano. La guarda con un desiderio così grande, così evidente, che per un attimo Beatriz - sì, proprio lei- sente le  gambe tremare e l'aria farsi più pesante intorno a loro; poi lui riesce finalmente ad aprire quella dannatissima porta e la trascina verso la camera da letto, non lasciandole il tempo nè di vedere il resto dell'appartamento nè di farsi prendere da delle ansie che, sul serio, proprio non le si addicono.
Lui le solleva il vestito con una velocità che lascia intendere altre migliaia di vestiti sfilati in quella stessa stanza e lei fa esattamente la stessa cosa con la sua camicia bianca e nera; non hanno bisogno dei preliminari, loro, perché le cose lente e pensate non fanno proprio per Harry e Beatriz, nessuno dei due ha tempo di aspettare nè ha intenzione di posticipare ancora di più il piacere che entrambi sanno di stare per provare.
Non c'è nessuna carezza, nessun bacio nè parole dolci.
Ci sono solo le loro mani che si rincorrono sulla pelle l'uno dell'altra a lasciare segni che non se ne andranno via tanto facilmente. Ci sono solo i gemiti che riempiono quella camera di una musica che quelle quattro pareti non hanno mai sentito prima. Ci sono solo le spinte di Harry dentro Beatriz, le sue dita che si attorcigliano attorno ai seni perfetti della ragazza e i denti di lei che si conficcano nella pelle della spalla di lui quando il piacere diventa davvero troppo, perfino per lei. Ci sono i vicini che magari il giorno dopo si lamenteranno per quelle grida neanche troppo soffocate, e i bambini ancora per strada che chiedono alle mamme cosa sono quelle urla messe in bilico tra il dolore ed il piacere. Ci sono gli occhi spalancati di lei e quelli strizzati di lui, i loro respiri un po' pesanti impregnati di rhum e liquore alle mandorle e l'espressione appagata dipinta sul viso di entrambi.
Beatriz ama fare sesso ancora più di quanto ami farsi fotografare, essere guardata, ritornare nella sua Barcellona o lavarsi i capelli e si dedica con grande passione ad esso il più volte possibile, nel limite della decenza, ovviamente. Perciò si è sempre definita una ragazza abbastanza esperta in quel genere di cose, non di certo una verginella alle prime armi che non sa dove mettere le mani. Ma dio, fare sesso con Harry Styles è qualcosa di nuovo e stupefacente anche per lei. Non saprebbe spiegare con esattezza cosa precisamente ci sia di diverso, cosa la fa boccheggiare per il piacere ad ogni sua singola spinta nè quale sia il motivo per il quale le piaccia effettivamente sdraiarsi accanto a lui quando, raggiunto l'apice, lui rotola sul letto con lo sguardo smeraldo luccicante e un sorriso a metà tra il malizioso e il soddisfatto che gli illumina il viso. Forse è perché lui è davvero gentile come sembra in televisione o sui giornali, non è tutta una finta per apparire come il bravo ragazzo di turno; Harry Styles è gentile, lo è perfino quando fa sesso con violenza come hanno appena fatto, lo è stato quando l'ha sbattuta sul letto e anche quando le ha morso il collo più e più volte. E' una sorta di eleganza che ha e che mantiene in ogni situazione, anche con i capelli un po' imperlati di sudore e tutto il corpo teso a godere di ciò che Beatriz gli ha offerto.

«Di dove sei? Che città, precisamente?» La voce ancora leggermente affaticata rompe il silenzio, provocando una reazione incuriosita da parte di Beatriz che, assolutamente, non si aspettava di fare conversazione. Poi scuote la testa impercettibilmente pensando che, è ovvio che Harry Styles voglia fare conversazione; lui è gentile.
«Barcellona.»Si gira su un fianco per guardarlo meglio, mentre risponde e lui sorride piano nell'osservare con la coda dell'occhio l'assoluta perfezione della ragazza con cui è appena stato a letto.
«E' bella, Barcellona.» Commenta brevemente Harry, ricordando la città in cui è stato tre giorni durante il tour dell'anno prima; nel frattempo poggia la mano sulla coscia sinistra di Beatriz, venendo accolto con un sorriso malizioso. Harry inizia a pensare che Beatriz sia capace di quell'unica espressione di malizia perenne, fino a quando lei non si apre in un sorriso dolcissimo.
«E' la città più bella del mondo.» Mormora quasi con aria sognante, gli occhi spalancati su una realtà, su una città che le manca sempre in un modo che quasi la fa stare male, a volte.
«E come mai hai deciso di andartene?» L'espressione è  realmente interessata, mentre le pone quella domanda, come se davvero la cosa gli importasse qualcosa e questo realmente la stupisce oltre ogni limite. Per quale motivo, Harry Styles dovrebbe essere interessato a qualsiasi dettaglio della sua vita? Poi, di nuovo, si ricorda: lui è gentile.
«Parli troppo, Styles, te l'hanno mai detto?»
Ed Harry nota l'ombra nera che ricopre gli occhi verdi di Beatriz per qualche istante, nel sentire la domanda che lui le ha posto; nota anche il tono con cui taglia corto velocemente, come se davvero quello fosse un argomento da non toccare con nessuno, non solo con lui. Nota davvero tutte queste cose, ma adesso Beatriz gli si è messa a cavalcioni, i suoi capelli gli solleticano il petto e Harry si è appena accorto di un tatuaggio sotto il seno che dio, gli piace da morire; Beatriz è a cavalcioni su di lui, un'espressione inequivocabile sul viso e quel dannatissimo sorriso stampato in faccia, e allora lui proprio non riesce a pensare al fatto che dovrebbe chiederle se tutto va bene, se c'è qualcosa di cui vorrebbe parlare e altre cazzate simili, ma proprio non ci riesce se lei lo distrae a quel modo.
Non riesce proprio a pensare a niente, a dire la verità.

Dopo quattro ore Beatriz decide di alzarsi da quel letto fin troppo comodo, le gambe che le si sono fatte pesanti e i capelli ingarbugliati oltre ogni limite della decenza. In quel periodo di tempo lei ed Harry Styles hanno fatto sesso su qualsiasi superficie si prestasse ai loro bisogni, vale a dire il tavolo della cucina, la lavastoviglie in bagno, il pavimento del salotto, la parete del mini studio di registrazione che lui ha in casa e perfino il lavandino del secondo bagno.
Beatriz sorride mentre si rinfila le mutandine di Victoria's Secret che rendono davvero giustizia al suo lato B e si guarda attorno alla ricerca del suo meraviglioso vestito blu che ha ricevuto complimenti quasi quanto le mutande che Harry le ha sfilate decine di volte in quella sera.
Lui sta dormendo, il viso disteso in un'espressione appagata – e ci mancherebbe, pensa lei!- e le labbra leggermente dischiuse; Beatriz si muove velocemente nella stanza, con un passo leggero che è frutto di tante altre notti e altrettante fughe, ben attenta a non svegliarlo.
Con altrettanta leggerezza e delicatezza, dopo circa due minuti Beatriz Iniego percorre in punta di piedi il corridoio di casa Styles; dopo aver lanciato un'ultima occhiata vagamente nostalgica al piede di Harry che si intravede dalla porta socchiusa della camera, Beatriz esce da quella casa, senza voltarsi indietro.


Hola Amigass :D
Sono in ritardo, ovviamente, e mi scuso moltissimo, ma ho come al solito quintordicimila cose da fare e sto per impazzire.
Anyway, spero che con questo capitolo possiate perdonarmi il ritardo :D
Ho ben poco da dire, in realtà, penso che Harry e Bea siano abbastanza espliciti da soli, senza bisogno di tante altre aggiunte.
Unica cosa: cercate di prestare attenzione a tanti piccoli dettagli che metto qua e là in quasi tutti i capitoli - compreso e soprattutto questo - e che svelano una piccola parte di Beatriz che rimane nascosta quasi sempre :)
Detto questo, vi mando un bacio gigante, siete tutte gentilissime con me e io vi rileggo all'infinito :3
Grazie grazie grazie,

Chiara
The stunning Sara Sampaio/Beatriz Iniego:
The lovely Harry Styles:

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Capitolo 4
*** Not really sure how to feel about it. ***




Skinny love.

La mattina dopo Beatriz è già in giro per le strade di Londra, un sole timido che fa capolino dalle nuvole che caratterizzano le giornate di Londra, Kanye West che spara "Niggas in Paris" dalle cuffiette e la vicinanza di Brooke che si fa sempre più sentire anche sui suoi gusti musicali e non solo; addosso, infatti, ha la giacca di pelle che il suo migliore amico quasi venera e che lei gli ha rubato circa un'oretta prima. Infatti, quando sente il cellulare vibrare nella tasca dietro dei suoi super skinny jeans neri dà per scontato che sia proprio Brooke, pronto a metterla a conoscenza  del suo disappunto con un messaggio carico di una valanga di insulti e di almeno dieci "stronza" buttati qua e là. La sua espressione, però, si fa decisamente più curiosa quando sullo schermo non le compare il nome di Brooke affiancato da una sua foto sbronzo e sdraiato in mezzo alla strada, ma un semplice numero sconosciuto con un sacco di 7.

"Perché sei scappata stanotte? Non ti ho sentita andare via. H."

Beatriz sorride un po' mentre legge il messaggio, perché trova buffa quella "H" messa alla fine, come se potessero esserci dubbi sul mittente; ricorda che qualche sera prima si era divertita a scorgere i tweet di Harry e aveva già riso di quella H così seriosa ed elegante.

"Non dormo mai con i ragazzi, è una specie di regola, niente di personale.
p.s come hai avuto il mio numero?"


Beatriz è tentata di concludere anche lei con una "B", ma poi si convince che quello significherebbe scherzare con Harry Styles, e per lei scherzare significa automaticamente flirtare, e lei non ha più alcun interesse nel farlo con Harry. Invia il messaggio mentre si siede ad uno dei tavolini esterni dello Starbucks di Finchley Road, decidendo che, per quanto sia in ritardo per andare al lavoro, c'è sempre tempo per un caffè latte tall e con una nuvola di cioccolato sopra. Lancia un'occhiata all'orologio che ha sempre allacciato al polso sinistro perché «l'orologio mi fa sembrare una persona intelligente, Noah!>> e pensa che in Spagna sono le nove e mezza del mattino, ossia esattamente l'ora in cui suo padre sta per uscire di casa per andare al lavoro, sua madre sta iniziando a riordinare la casa e sua sorella  sta mettendo fretta a tutti i suoi alunni per farli entrare in classe. Barcellona, in quel periodo dell'anno, è splendida, Beatriz l'ha sempre adorata ancora di più di quanto fa solitamente; l'adorava così tanto che non si possono contare sulle dita di una mano le volte in cui ha marinato scuola da sola, solo per potersi immergere nel Parco della Ciutadella e osservare gli alberi esplodere in mille fiori baciati dal sole primaverile. Con un velo di nostalgia e un sorriso malinconico Beatriz tira di nuovo fuori il suo cellulare, e velocemente digita quel numero che sa a memoria e che riesce a farle venire il magone ogni volta che lo legge.
« Beatriz, sei tu?»La voce di sua mamma è incerta mentre prende parola, quasi non potesse credere al miracolo di poter sentire la voce della sua secondogenita. Nel sentire la felicità segretamente celata nella voce di sua madre, Beatriz si sente tremendamente in colpa e promette a se stessa che non lascerà passare più un mese intero prima di richiamarla.
«Come state?» Chiede, vagamente incerta, mentre uno strano velo bagnato le copre gli occhi nel parlare nuovamente in spagnolo dopo così tanto tempo. Caccia indietro quel principio di lacrime, mentre rivolge un sorriso al ragazzo che le porta il suo adorato cafè latte.
«Oh, noi stiamo bene, nene.» Beatriz sospira nel sentire quel nomignolo affettuoso che ha caratterizzato tutta la sua infanzia. «Tua sorella continua a lamentarsi perché non vuole smettere di lavorare, ma per il resto bene. Tu come stai?» Sua madre parla a mille, come se avesse paura che la chiamata si interrompesse da un momento all'altro e lei non potesse accertarsi sulla salute di sua figlia. Beatriz sa che la paura di sua madre è del tutto giustificata, perché troppo spesso l'ha chiamata solo per sentire il suono della sua voce un po' nasale e poi ha buttato giù dopo pochi scambi di battute.
«Sto bene anche io, mamita. Brice mi fa fare dei turni lunghissimi, ma sotto sotto mi vuole bene. E la scorsa settimana, mentre scattavo la nuova campagna di Topshop, ho conosciuto una persona importante, sai, nel campo della moda.» Ha paura di dire a sua madre che Amber Wall è la manager delle modelle più famose di Victoria's Secret, perché teme la sua reazione; i suoi genitori sono i degni rappresentanti del mondo hippie spagnolo degli anni '70 e l'hanno educata sulle basi solide dell'emancipazione femminile, della maggiore importanza dell'interiorità rispetto all'esteriorità e altri argomenti di questo genere. Ovviamente, anche se con iniziale disgusto e altrettanta sorpresa, avevano accettato, grazie all'aiuto prezioso di sua sorella Ana, il fatto che la loro secondogenita avesse una passione spropositata per la moda e che, fortunatamente, madre natura l'avesse aiutata con un paio di gambe e due occhi in grado di far girare la testa a chiunque. Dopo tanta fatica per convincerli che non si stava prostituendo ma solo posando per qualche foto, Beatriz non ha alcuna intenzione di rovinare tutto parlando loro della possibilità che la loro nene inizi a sfilare in lingerie davanti a tutto il mondo.
«Sono felice per te, tesoro.
»Sua mamma ha la voce ridotta ad un sussurro, mentre le parole le escono un po' tremolanti per via dell'emozione che prova nel parlare, finalmente, con sua figlia. «E Brooke come sta?»Beatriz scoppia a ridere, consapevole dell'incredibile cotta che sua madre nutre per Brooke; dal canto suo, il suo migliore amico ricambia in pieno l'ammirazione per quella bella donna dai lunghi capelli neri e gli occhi vispi.

«Brooke e Noah stanno bene, mamita. Brooke ha fatto un nuovo tatuaggio qualche settimana fa e Noah ha trovato un nuovo lavoro, finalmente.» Parlare di Brooke e di Noah la fa sorridere in modo del tutto spontaneo, e il suo sorriso si allarga nel sentire la risata divertita di sua madre, dall'altro capo del telefono. I suoi genitori trovano incredibilmente divertente la vita di Beatriz a Londra e si divertono sempre moltissimo a sentirla raccontare loro aneddoti riguardanti Brice, Cherry o i suoi migliori amici.
«Ora devo andare, nene, sono in coda dal dottore ed è il mio turno. Prometti che non lascerai passare un altro mese prima di farti sentire, okay?»
«Prometto. Buona giornata mamita.» Beatriz sente il nodo in gola sciogliersi un po', nel chiudere quella telefonata e ritornare alla realtà londinese che la circonda; per qualche secondo si era sentita trasportata nella sua Barcellona, in un bar qualsiasi della Rambla seduta ad aspettare una delle sue amiche dell'infanzia.
Basta un secondo per riportarla alla realtà, un'occhiata al cellulare che ha posato sul tavolo e un nuovo messaggio che si staglia sul suo salvaschermo.

"Non puoi togliermi il mio nuovo gioco preferito proprio adesso!
p.s per il numero, chiedi a una certa tua collega se ne sa qualcosa.
H."

Beatriz sorride, perché ha saputo fin dal primo istante che era stata Cherry a dare il suo numero a Harry; infila il cellulare nella tasca della giacca di Brooke, stupita di non aver ancora ricevuto un messaggio di protesta del suo amico per quel furto mattutino. Butta il bicchiere del cafè in un cestino della spazzatura lì vicino, perché lei è gentile anche se non quanto Styles, e non lascia mai cose sporche in giro; poi, dopo aver lanciato uno sguardo furbo a due ragazzi della sua età seduti alla fermata del bus, si dirige con passo svelto verso la metro, pregando che questa arrivi alla svelta, che Brice è buono ma fino ad un certo punto.
Ovviamente, non ha alcuna intenzione di rispondere ad Harry, né di continuare quello che lui ha definito "il mio gioco".

Con un ritardo lampante che solo il suo sorriso dolce e il suo "Brice, come sei bello oggi!" possono rendere sopportabile, Beatriz fa la sua apparizione all' "Elephant bar" ondeggiando un po' i capelli e rivolgendo uno sguardo divertito a Luke, gli occhi scuri incantati su un punto dalle parti del suo fondoschiena e il viso rosso di vergogna nel sapere di essere stato colto in flagrante.  Lei si dirige verso il bagno perché non ha ancora imparato a farsi una coda decente senza il supporto di uno specchio, e perché si è macchiata la maglia bianca di caffè e deve in qualche modo rimediare al danno.
Sta giusto chiedendosi dove diavolo sia finita Cherry quando, aprendo la porta dello sgabuzzino adibito a bagno dei dipendenti, la risposta le si presenta in modo lampante e, per lei, incredibilmente divertente.
Cherry Smith è addossata al muro bianco del bagno, la maglietta buttata come uno straccio ai suoi piedi, la gonna sollevata e Zayn Malik completamente sopra di lei; i due si stanno baciando in un modo tale che Beatriz inizia a capire i sospiri della sua collega quando descrive le capacità del suo fidanzato. Non si sono accorti del suo arrivo e lei davvero, passerebbe la mattinata a vedere quei due in azione, ma teme che da un momento all'altro possa arrivare Brice per capire che fine abbiano fatto le sue cameriere. Così, a malincuore, si schiarisce la voce, il solito sorrisetto malizioso che le illumina il viso e le sopracciglia che ammiccano senza ritegno.
Zayn le lancia un'occhiata di sbieco e, quando individua chi lo abbia disturbato in un momento tanto importante, mugugna qualcosa di protesta, il viso affondato nel collo di Cherry e le mani ancora strette a coppa sulla sua quarta di seno. La ragazza, al contrario, si limita a rivolgere alla sua amica un sorriso a trentadue denti e a mormorare qualcosa all'orecchio del suo fidanzato; Beatriz può solo immaginare cosa gli abbia detto, giudicando l'espressione maliziosa che prende posto sul viso di Zayn e il sorriso con cui porge la maglietta a Cherry e lascia il locale con un allegro "ciao Bea!".
«Grazie ad oggi ho constato che Zayn Malik può essere ancora più sexy di quello che uno si immagina.» Dichiara Beatriz, piazzandosi di fronte allo specchio e iniziando la lotta con i suoi capelli.
«Giù le mani dal mio ragazzo, Iniego.» L'occhiata che Cherry le lancia dallo specchio è fulminante, ma il suo viso delicato è aperto in un sorriso felice e appagato che ha solo grazie a Zayn.
«La mia era solo una constatazione innocente!» Si difende Beatriz, dopo essere riuscita nell'impresa di raccogliere i capelli in una coda decente. «La stessa cosa, invece, non si può dire dei tuoi pensieri quando hai dato il mio numero ad Harry Styles.»
Adesso è Cherry quella che alza le spalle con fare menefreghista mentre, ottenuto il posto davanti allo specchio, cerca disperatamente di sistemare i capelli che Zayn, con le sue dannatissime mani, ha deciso di scompigliare in modo irrecuperabile. Beatriz, al suo fianco, ha la fronte aggrottata e le mani poggiate sui fianchi in una posizione che dovrebbe apparire minacciosa.
«Non pensavo ti desse fastidio.» Dice Cherry con fare noncurante, la concentrazione tutta fissata sul suo trucco sbavato, adesso, e sul segno violaceo che quel cretino di Malik le ha lasciato sotto l'orecchio.
«Sai che non voglio mai avere contatti con i ragazzi con cui vado a letto, Chers.» Beatriz parla schietta, un po' perché adesso Brice davvero si starà chiedendo dove diavolo siano finite le sue uniche cameriere, e un po' perché sa che con una come Cherry non c'è bisogno di usare mezze parole o giri strani. Con lei può essere se stessa senza dover aver paura di essere fraintesa.
«Lo so, Bea, ma lui è Harry Styles, capisci? Ho pensato che forse uno come lui lo avresti voluto rivedere.» Spiega Cherry dopo aver concluso il lavoro di restauro del proprio aspetto e iniziando a dirigersi verso la sala principale del locale; sono le undici di mattina, quindi non c'è ancora tanta gente e loro possono continuare a parlare indisturbata senza rischiare di essere fulminate dallo sguardo inceneritore di Brice.
«Appunto, proprio perché è Harry Styles io non ho nessuna intenzione di rivederlo!» Esclama Beatriz, sgranando un po' gli occhi verdi per ribadire il concetto; Cherry la guarda con aria divertita, sempre più innamorata del modo di farneticare di Beatriz che la caratterizzerà sempre come originaria del Sud europa. «Sai quale sia la mia idea sui ragazzi come lui, e il messaggio che mi ha mandato questa mattina non ha fatto altro che rafforzare la mia opinione.»
La voce schietta di Beatriz non ammette repliche e nasconde un passato che Cherry conosce solo in parte e che riaffiora negli occhi della spagnola solo in determinate occasioni; Cherry ha imparato a riconoscere le situazioni che portano la sua amica  ad assumere quell'espressione triste e cerca sempre di evitarle. Ha imparato, ad esempio, che Beatriz non ama che le si chieda della sua vita in Spagna, quando era un'adolescente, e ne parla solo se è lei a deciderlo; inoltre, Cherry non ha potuto fare a meno di notare che ogni volta che parla di Barcellona nomina sempre la città, alcuni ragazzi passeggeri e la sua famiglia, ma mai nessun amico.
Poi ci sono dei momenti, come quello, in cui l'arrivo della tristezza sul viso di Beatriz non è prevedibile, perché apparentemente non succede niente che possa essere anche solo lontanamente collegato ad una delle situazioni che solitamente la rattristano; semplicemente, gli occhi solitamente scintillanti della spagnola si adombrano, il suo sorriso si fa più incerto, quasi traballante e le spalle le si ricurvano tutto ad un tratto, proprio lei che si vanta sempre del suo portamento da fotomodella che Cherry, segretamente, le invidia da sempre.

«Bea, ci sono i tuoi amici! Ti concedo la pausa pranzo insieme a loro, ma rimani qui così se arriva troppa gente puoi aiutare Cherry.» Il vocione di Brice attira l’attenzione delle due ragazze, e riesce a far ritornare il sorriso a Beatriz.
La spagnola, infatti, si volta velocemente verso la porta di entrata del locale felice di quell’inaspettata visita; Brooke e Noah le sorridono con entusiasmo, e lei, vedendoli lì, l’uno accanto all’altra, con quei sorrisi a denti scoperti che le fanno gioire l’anima e il cuore, non può fare a meno di pensare che, cazzo!, se solo smettessero di fare i coglioni in giro potrebbero davvero essere la coppia più bella di sempre, più di Jay Z e Bejoncè.
«Che ci fate qui?» Chiede, mentre li guida verso il suo tavolino preferito, quello all’angolo del locale con le sedie un po’ traballanti e un piccolo vaso di fiori azzurri sopra.
«Noah è venuta a prendermi al lavoro, e abbiamo pensato di farti una sorpresa.» Brooke ha il viso incredibilmente raggiante, mentre sottolinea il fatto che sia stata proprio la bionda a fare un passo verso di lui, e non viceversa. Beatriz si stupisce, conoscendo il carattere orgoglioso di Noah, ma poi si ricorda che quella mattina Brooke avrebbe dovuto far conoscere il suo posto di lavoro ad una nuova collega particolarmente giovane e particolarmente carina, e capisce tutto, sorridendo maliziosamente. Noah la trucida letteralmente con lo sguardo, mentre finge di essere interessata al menù del locale che –comunque- conosce praticamente a memoria per tutte le volte in cui si è rifugiata lì nelle giornate di pioggia o quando semplicemente non sapeva cosa fare della sua vita, ossia molto spesso.
«E poi scusa, pensavi davvero che avremmo fatto passare l’intera giornata senza sapere qualche dettaglio sulla tua notte di fuoco con Mr. Styles?» La voce di Noah è soddisfatta mentre sposta abilmente il centro dell’attenzione dalla sua inaspettata visita al posto di lavoro di Brooke .
Beatriz non può certo dire di non essersi aspettata quella domanda dal momento esatto in cui li ha visti varcare la porta del locale, ma sperava di essersi sbagliata; sinceramente, non ha alcuna voglia di spiegare –per quella che le sembra l’ennesima volta- che sì, è andata a letto con Harry Styles, ma non ha alcuna intenzione di ripetere l’esperienza.
«Non c’è niente da raccontare, Noah, davvero.» Dichiara con aria annoiata Beatriz, completando la sua espressione con un’alzata di occhi, mentre ringrazia Cherry per la birra chiara che le ha appena portato senza neanche bisogno di chiederla.
«Come non c’è niente da raccontare, B! Sei andata a letto con la popstar più famosa al mondo e non c’è niente da raccontare?» Noah suona scandalizzata, mentre guarda l’amica con gli occhioni azzurri azzurri sbarrati, cercando conforto in un Brooke, che si limita a guardarla con indifferenza, alzando le spalle.
«Dio, Noah, è un ragazzo come un altro. E’ solo molto carino e molto ricco, ma per il resto è esattamente uguale agli altri, davvero.» Spiega sempre più infastidita la spagnola, mentre inizia a sorseggiare lentamente la sua birra. Nota comunque lo sguardo sempre più perplessa di Noah, così decide di chiarire ancora di più la sua posizione, aggiungendo un dettaglio che a Cherry non ha fornito. «Stamattina mi ha mandato un messaggio per chiedermi perché me ne fossi andata. Io gli ho detto che non è niente di personale, semplicemente sono abituata a non fermarmi mai a dormire con i ragazzi con cui vado a letto.. Lui mi ha risposto qualcosa del tipo “non puoi continuare a scapparmi” e poi mi ha definita un “gioco”.» Riassume velocemente il contenuto dello scambio di messaggi avvenuto tra lei ed Harry poche ore prima, mentre continua a fissare negli occhi alternativamente Brooke e Noah. Nel suo sguardo verde non passa nemmeno un’emozione, ma i due capiscono qualsiasi cosa senza che lei debba necessariamente esprimerla in modo esplicito.
«Ora capisci?» Chiede poi alla sua amica, gli occhi finalmente abbassati sul tavolo di legno scuro e le mani che si muovono nervosamente attorno al boccale pieno di birra.

Noah si limita ad annuire con forza, improvvisamente pentita di aver continuato ad insistere con la storia di Harry; si appiglia ai begli occhi di Brooke per trovare un argomento con cui sviare la conversazione e alla fine –come sempre- è lui a salvarla da quell’improvviso senso di colpa, iniziando un discorso sul nuovo tatuaggio che ha in mente di fare. Beatriz scoppia a ridere, rimproverandolo bonariamente che “un giorno non ti riconosceremo più, da tutti gli scarabocchi che avrai sul corpo” e Noah si sente un po’ meglio, nel sentire quella risata a bocca aperta. E’ la risata di chi non ha paura, quella di Beatriz, ed è davvero impossibile non venirne contagiati, tanto che perfino una ragazza dallo sguardo triste seduta qualche tavolo più in là non riesce a reprimere un sorriso, nel sentire quel suono sguaiato e spontaneo.
Passano l’ora successiva a parlare di qualsiasi cosa, davvero qualsiasi, dal nuovo taglio di capelli di Scarlet Johanson che a detta di Brooke «è una figa imperiale, ragazze, non potete toccarla con le vostre cattiverie da comuni mortali» all’aumento che forse il ragazzo potrebbe prendere dal mese successivo, rendendo sempre più possibile l’acquisto di quella meravigliosa televisione che ci starebbe proprio bene, nel loro salotto. Parlano di tutto, tranne di Harry Styles.
E’ chiaro a tutti, ormai, che Beatriz non ha alcuna intenzione di rivederlo.

 



Ciao bellezze!
Ho deciso di pubblicare leggermente in anticipo rispetto al solito perché oggi sono un po' giù, e occuparmi di Harry e Bea e soprattutto dei vostri meravigliosi commenti, mi ha fatto tornare un po' il buon umore :3
Siamo già al quarto capitolo, che dire.. Ho letto che molte di voi sono rimaste un po' stupite di ciò che è successo nello scorso, ma giuro che ha un suo senso e, se ci pensate, è perfettamente in linea con il carattere di Beatriz. Indipendentemente dai giudizi personali, lei è fatta così, e se le piace qualcuno/qualcosa, lo vuole provare subito e senza tanti problemi e pensieri. Spero di non avervi deluso con lo scorso capitolo :)
In questo, vediamo che Bea prende le distanze da Harry e - di nuovo - vi assicuro che tutto ha un suo senso. E' un capitolo un po' di passaggio, ma ritroviamo Cherry e Zayn (per la gioia di Giulia) e compaiono Noah e Brooke, che io personalmente adoro.
Spero vi piaccia, sono davvero presa da questa storia e ci tengo moltissimo!
Un bacione a tutte tutte, buon inizio estate,
Chiara

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Capitolo 5
*** But I've got high hopes, it takes me back to when it all first started. ***




Elastic Heart.


Le due di notte, una sigaretta rubata –per l’ennesima volta, già- dalla tasca posteriore dei jeans scuri di Luke, la pioggia che scorre fitta e il retro dell’
Elephant Bar che non le è mai sembrato così bello. Beatriz si sente davvero serena. Così serena che riesce perfino a guardare il cielo scuro punteggiato da alcune stelle offuscate dalle luci di Londra senza sentirsi rabbrividire.
Ha chiesto una pausa a Brice perché dalla finestra della cucina si era accorta che stava iniziando a piovere, quella pioggerellina piccola e fitta fitta che ha visto solo a Londra e che passerebbe ore intere ad osservare, senza muoversi né dire una parola. A Barcellona, quando piove, le gocce sono grandi, enormi, e allora non hai scampo se, come lei, sei abituata a non andare mai in giro con un ombrello in borsa, che anzi, spesso ti manca anche quella. Sono più temporali, quelli della sua città natale, piuttosto che semplice pioggia; durano cinque minuti, massimo dieci, in cui ti fanno sperare di essere sotto il piumone della tua camera da letto, ma poi puff, come sono arrivati finiscono. Lì a Londra, invece, è tutta un’altra cosa, e questo aveva già avuto modo di osservarlo qualche anno prima, quando per la prima volta era stata in Inghilterra con i suoi amici.

Così, quando l’anno prima si era trovata nel salone di ingresso di El Prat – l’aeroporto di Barcellona - con gli occhi lucidi per il pianto, sulle spalle uno zaino mezzo vuoto, in mano il passaporto e una foto un po’ stropicciata e nella testa milioni di destinazioni possibili, le era venuta in mente la pioggia di Londra. Quella lenta, dolce e continua pioggia. Così, senza pensarci oltre, si era asciugata una lacrima con il dorso della mano, aveva comprato un panino per il viaggio ed era salita sull’aereo per Londra, le mani che un po’ le tremavano per la paura del volo –che prima c’era sempre stato lui con lei a tranquillizzarla, e lei come poteva farcela senza di lui? - e il visetto corrucciato in un’espressione determinata. Ricorda che Londra l’aveva accolta esattamente come si era immaginata, fredda e piovosa; lei, ovviamente, non aveva un ombrello ed era partita con addosso una semplice magliettina a maniche corte. Aveva pochissimo soldi con sé, il cellulare con la batteria scarica e solo un cambio per il giorno successivo ma Beatriz, a vedere quella pioggia leggera che le bagnava il viso, le braccia e le gambe, si sentì al sicuro.
Anche adesso, il locale illuminato alle sue spalle e le labbra che si stanno screpolando per il vento freddo che batte sul suo viso, Beatriz sente un sorriso sincero affiorare alla sua bocca; si accuccia piano contro il muro, riparata solo da una tettoia insufficiente per coprirla tutta e, anche adesso che la sigaretta è ridotta ad un mozzicone per terra, decide di prendersi qualche secondo per sé, per pensare. E’ raro che si conceda di farlo, che lasci che il suo cervello si stacchi per un po’ dal vortice al quale lo costringe a stare dietro e si fermi. Non le piace fermarsi, non le piace proprio. E’ una a cui piace guardare solo di fronte a sé, che non parla mai del passato ma solo del futuro e che odia i rimpianti, i nostalgici e i malinconici; quella sera, però, la pioggia che scorre la riporta indietro nel tempo a quella sera di un anno prima, quando ancora Beatriz non era la Beatriz che conoscono tutti a Londra. Sta quasi per lasciarsi trasportare dai ricordi – lei! - quando la porta del locale si apre con leggerezza e Beatriz capisce chi sia venuto a cercarla dal ticchettio metallico delle scarpe sull’asfalto e dal profumo così forte che probabilmente sentirebbe anche a parecchi metri di distanza.

«Mi stai evitando?» Harry Styles la guarda dall’alto, osservando con curiosità la ragazza accucciata per terra, come un gattino. Per un attimo gli sembra di scorgere una piccola lacrime sulla sua guancia, ma poi lei fa un movimento con il capo e si gira di nuovo dall’altra parte, coprendo il viso con i capelli scuri.
«No.» Risponde sincera. E’ ovvio che si è accorta dell’arrivo di Harry Styles e la sua combriccola al locale, ma trova quasi fastidiosa la presunzione con cui il ragazzo tende a pensare che gran parte delle sue azioni siano dovute a lui.
«E allora che ci fai qua fuori?» Che Harry Styles sia incredibilmente curioso, Beatriz lo ha capito nei primi dieci secondi in cui lo ha conosciuto. Probabilmente è la persona più curiosa che abbia mai conosciuto, e la cosa –lo deve ammettere- la diverte oltre ogni limite; ha un modo di osservare la gente come se chiunque avesse un’incredibile storia da raccontare, e quando lui chiede le cose, quando pone delle domande, è perché davvero è interessato alla risposta. Non fa niente solo perché vi è obbligato da delle stupide convenzioni. E’ per questo stesso motivo che mette dei jeans così skinny da sembrare quelli di sua cugina di 14 anni, è per questo che fa crescere i capelli, che va in una televisione nazionale a flirtare con l’intervistatrice o si va fotografare ubriaco dai paparazzi. Harry è libero.
«Guardo la pioggia.» Risponde sincera. Del resto, con Harry il minimo che puoi fare è di essere sincero almeno tanto quanto lui lo è con il mondo.
«E perché?» Aggrotta la fronte passandosi una mano tra i capelli e a Beatriz sembra tanto un bambino che deve capire ancora il senso delle cose.
«Mi piace la pioggia. Mi rilassa.» Spiega lei alzando nuovamente le spalle, guardando di sottecchi il ragazzo che, nel frattempo, si è seduto a terra accanto a lei, le gambe lunghe accartocciate contro il resto del corpo e la mano che prende a giochicchiare con una ciocca dei suoi capelli.
«Ti piace la pioggia?» Il tono della voce è quasi sconcertato mentre, ancora concentrato sui suoi capelli, alza gli occhi verdi sul suo viso; Beatriz quasi non scoppia a ridergli in faccia, perché davvero non c’è niente di più infantile di Harry Styles stupito. La sua espressione, se possibile, si fa ancora più sbalordita quando la ragazza accanto a lui annuisce energicamente rispondendo positivamente alla sua domanda. «Non conosco nessuno a cui piaccia la pioggia. Niall ci è tipo affezionato perché dice che in Irlanda piove ancora di più che qui, ma non gli piace davvero.» Storce un po’ il naso –perfino il naso è infantile!- e strabuzza ancora di più gli occhi mentre la fissa con maggiore intensità; ancora una volta Beatriz ha l’idea che Harry stia cercando di risolvere chissà quale enigma con quei due occhioni verdi puntati su ogni parte del suo viso.
«Bè, conosci gente strana, allora.» Dichiara sicura la ragazza, ricambiando con la stessa intensità il suo sguardo.
Si fissano ancora per qualche istante, e Beatriz si accorge di alcune rughette attorno alla bocca di Harry, dovute probabilmente alla frequenza incredibile con cui la sua bocca si apre per sorridere. Nota anche la pelle leggermente puntellata da brufoli qua e là, cosa che non fa altro che ribadire l’impressione che si è fatta di lui; è davvero un bambino. Con le mani grandi, le gambe lunghe ed il sorriso malizioso, ma pur sempre un bambino.
Il rumore della porta che si apre – di nuovo – li distoglie dalla indagine che ognuno di loro stava compiendo sul viso dell’altro, ed entrambi si girano verso l’entrata del locale dove c’è una Noah particolarmente raggiante che sta chiacchierando amabilmente con Louis Tomlinson e Liam Payne. Tutti e tre tengono una sigaretta tra le mani e Beatriz intuisce, dall’odore che sprigiona, che ciò che sta fumando Louis Tomlinson non è sicuramente tabacco.
«Ero sicura di trovarti qui!» Esclama Noah, dirigendosi a piccoli saltelli verso la sua migliore amica; conosce perfettamente l’effetto che la pioggia ha su Beatriz, anche se non ne conosce il motivo e Dio solo sa quanto vorrebbe chiedere più spiegazioni.
«Non dovevi essere a lavoro?» La spagnola le rivolge un sorriso smagliante, spostandosi un po’ più vicino al corpo di Harry per permettere di fare spazio accanto a sé alla sua amica. Il ragazzo, per niente disturbato dalla nuova vicinanza con Beatriz, le avvolge le spalle con un braccio, rivolgendole uno sguardo tra il divertito e il malizioso.
«Sono appena arrivata, infatti. Ti stavo cercando dentro al locale, poi ho visto che stava piovendo e ho capito che ti avrei trovata qua fuori.» Spiega brevemente Noah, rivolgendo un cenno di saluto veloce ad Harry, il quale –ovviamente- la squadra curioso nel sentire le parole della bionda.
Rimangono tutti e tre in silenzio per qualche istante, gli occhi fissi sulla pioggia che cade e le mani delle ragazze che iniziano a farsi davvero fredde; Beatriz sente di nuovo tutti i suoi muscoli rilassarsi, i pensieri finalmente tranquillizzarsi e perfino le mani non sono più mosse da quel tremore che la contraddistingue in ogni momento da un anno a quella parte.
Si sente in pace, per qualche secondo si sente in pace.

Quel momento idilliaco, però, viene rovinato dalla voce squillante di Louis Tomlinson che, con il suo accento marcato e leggermente fastidioso, irrompe nel loro angolo di paradiso e tranquillità. Tra le labbra sottili ha ancora la stessa canna, ed ora che lo ha più vicino Beatriz deve ammettere che è rollata veramente bene, questo almeno glielo deve concedere; per il resto, Louis le sembra solo un ragazzo viziato, divertente, certo, ma troppo superficiale per poterci costruire una conversazione vera insieme.
«Tu devi essere Beatriz, giusto?» La indica con la mano che regge la canna e Beatriz storce leggermente il naso, mentre annuisce.
«Harry ci ha parlato molto di te.» Liam si avvicina a loro, e i suoi occhi gentili la guardano con un’espressione carica di tenerezza che Beatriz sa per certo rivolge più o meno a tutti. «Piacere, io sono Liam.»
La ragazza si allunga leggermente per stringere la mano che Liam le sta porgendo e non si lascia scappare un’occhiatina maliziosa in direzione di Harry; di certo non le è sfuggito il commento del moro su quanto Harry abbia parlato di lei, e per quanto sia ben sicura di non volerlo vedere più – almeno non nel senso in cui si sono visti qualche sera prima – si sente comunque lusingata dalle attenzioni di uno dei ragazzi più ambiti del Regno Unito.
«Io invece sono Louis, Louis Tomlinson.» Gli occhi azzurri sono fissi sulla sua figura e percorrono ogni centimetro del suo corpo in un modo che Beatriz giudica quantomeno fastidioso; sa di essere ingiusta, perché solitamente le piace essere guardata in quel modo, ma il viso di Louis ha qualcosa di subdolo che costringe tutti i suoi sensi a stare sull’attenti. Sente che da uno come lui non può venire nulla di buono, ma comunque si costringe a sorridere che quella sera non le va di fare l’antipatica. «Vuoi un tiro?»

E Beatriz lo sa che Louis Tomlinson sta solo cercando di essere gentile con lei, e sa anche che non c’è assolutamente niente di male in quello che le ha chiesto, anzi. Qualche anno prima avrebbe accettato con grande entusiasmo e il suo giudizio su quel ragazzo dagli occhi azzurri e i pantaloni con il risvolto si sarebbe ribaltato immediatamente, facendolo passare da possibile nemico a eroe indiscusso nel giro di qualche secondo.
Adesso, invece, la sua reazione è repentina e opposta a quella che avrebbe avuto la Beatriz diciottenne. Proprio qualche secondo prima che Noah possa dichiarare con un po’ di preoccupazione nella voce «no, lei non fuma erba.», i  suoi occhi verdi si spalancano, pieni di un terrore che né Louis né Harry hanno mai visto prima e pochi istanti dopo si velano di lacrime. La bocca dipinta di rosso si apre di scatto e un «no!» pronunciato a gola chiusa ma comunque deciso ne esce fuori. Noah si volta a guardarla e le si para davanti, gli occhi chiari pieni di paura e le mormora qualcosa nell’orecchio; Beatriz, però, scuote la testa con forza e boccheggia, alla ricerca di quel poco di aria che le servirebbe per ricominciare a respirare normalmente ma che non riesce a trovare.
«Prendile il cellulare nella borsa e chiama Brooke. Digli che deve venire all’Elephant immediatamente.» La voce di Noah mentre impartisce questi ordini ad Harry è sicura come non mai, ma i suoi occhi azzurri tradiscono tutta la paura che, anche lei, sta provando. «E tu spegni quella dannatissima canna!» L’espressione di Noah è così incazzata e decisa che Louis – proprio lui, che non sprecherebbe nemmeno un briciolo della sua adorata erba – non ci pensa due volte a buttare per terra il mozzicone e a spegnerlo velocemente con un piede fasciato in una Vans rossa piena di buchi che fa davvero dubitare del suo status di superstar mondiale.
Beatriz, sotto gli occhi terrorizzati di tutti, ha iniziato a tremare in maniera convulsiva ed un sottile strato di sudore si è formato sul viso coprendole quasi interamente fronte e guance; Noah si toglie velocemente la giacca di pelle che ha indosso e la posa sulle braccia tremanti della sua migliore amica. L’ha vista in condizioni simili milioni di altre volte, così riesce a non rivelarsi completamente inutile, ma con loro c’è sempre stato Brooke che, esperto di situazioni del genere, ha sempre salvato tutti occupandosene completamente. Beatriz continua a boccheggiare, le labbra che ormai sono del tutto screpolate e la gola che le si è fatta arida per il continuo tentativo di ricercare almeno un filo di aria; la sensazione di soffocamento è più forte del normale, questa volta, e si sente come se avesse due mani a circondarle il collo e a stringerlo con forza.

«Noah, che succede?» Brooke arriva di corsa nel cortile in cui si trovano, le guance accaldate e i capelli scompigliati, segno che ha fatto il percorso fino a li tutto di corsa. Noah non risponde ma si limita a farsi da parte, lasciando che gli occhi chiari del ragazzo si posino sulla figura di Beatriz, devastata dai tremori e dal freddo che non accenna a smettere nemmeno adesso che sa che Brooke è qui con lei, adesso che sa che è al sicuro.
Brooke sbarra gli occhi quando vede la sua migliore amica ridotta ancora una volta in quelle condizioni e si limita a lanciare un’occhiata ai presenti, chiedendosi chi possa aver scatenato una reazione simile; poi, con il viso ridotto ad una maschera impassibile, si fa strada verso Beatriz. Anche lui toglie la sua giacca e la poggia sul corpo della ragazza, nel tentativo di riscaldarla e di alleviare i brividi che le cospargono tutta la pelle a lui visibile; poi le prende il viso tra le mani e la costringe a guardarlo negli occhi.
«Bea, sono io, Brooke. Io sto bene, Noah sta bene e tu stai bene. Stiamo tutti bene.» Parla piano, la voce ridotta ad un sussurro e gli occhi che non mollano nemmeno per un secondo quelli di Beatriz; lei lo fissa con un’espressione incerta, quasi non fosse convinta delle parole da lui appena pronunciate, e sembra soppesarle con cura e attenzione.
«Stiamo tutti bene.» Mormora lui di nuovo, il soffio caldo della sua voce che si infrange contro le labbra blu e fredde della spagnola.
«E Andres?» Brooke abbassa appena appena lo sguardo, giusto la frazione di un secondo, quando arriva la domanda che lei ogni volta le pone; ogni volta, però, lui spera sempre che quella domanda non arriverà, che non sarà costretto a dirglielo di nuovo, di nuovo e di nuovo ancora.
« Andres non c’è più, B.» Sussurra, gli occhi che gli si fanno lucidi nel vedere le lacrime che scendono copiose e istantanee sulle guance di Beatriz quando apprende – per l’ennesima volta – quella notizia.

«Potreste andare? Fra poco si riprenderà, e non le piacerà sapere che ha dato spettacolo davanti a così tanta gente.»  Noah sorride dolcemente ai tre ragazzi, sperando di suonare il meno maleducata possibile visto che loro, alla fine, non c’entrano un granché in quello che è appena successo.
Louis e Liam annuiscono, rientrando immediatamente nel locale, dal quale proviene una musica assordante che forse, aiutata da un paio di cocktail, riuscirà a distrarli da ciò a cui hanno appena assistito. Harry, invece, tentenna un po’ passando il peso del corpo da una gamba all’altra mentre lancia delle occhiate incerte dietro le spalle di Noah, dove Beatriz è accoccolata sul petto di Brooke e continua a piangere nel modo più disperato che lui abbia avuto modo di vedere. Poi, rivolgendo di nuovo l’attenzione alla bionda di fronte a lui, le porge un bigliettino bianco su cui, stampato a lettere cubitale c’è il suo nome seguito da un numero.

«Questo è il mio numero. Potresti farmi sapere quando arrivate a casa?» 
Noah, se non stesse trattenendo le lacrime da almeno dieci minuti, probabilmente gli scoppierebbe a ridere in faccia perché è assurdo, davvero assurdo, che uno come Harry Styles si preoccupi di Beatriz. Ma gli occhi di lui sembrano davvero preoccupati e l’espressione è seria, segno che non sta scherzando; del resto, Beatriz le ha già parlato della fantomatica gentilezza di Harry, perciò forse non c’è tanto da stupirsi.
Così «Certo, ti mando un messaggio dopo che la mettiamo sotto le coperte.»,  gli promette, ricevendo in cambio un sorriso pieno di gratitudine. Poi, lanciato un ultimo sguardo alla figura ancora tremante di Beatriz, Harry rientra dentro al locale, seguendo i suoi migliori amici nel casino del venerdì sera.
Noah rimane ancora qualche secondo a fissare il punto in cui lui è sparito, il cervello che frulla pieno di idee e le dita che ancora stringono il biglietto da visita carico di promesse che lui le ha dato; poi, lasciandosi andare ad un sorriso sghembo, si volta verso i suoi amici e, quasi correndo, li raggiunge per unirsi al loro abbraccio.

 

Riescono a metterla a letto solo alle cinque e tredici del mattino, dopo aver passato le precedenti ore a cercare di tranquillizzarla in tutti i modi; le hanno offerto tutte le loro sigarette, le hanno preparato una tisana al finocchio con su scritto CALMANTE sopra e hanno guardato un film scemo che solo alle tre di notte può essere trasmesso legalmente. Alla fine, stremata, si è addormentata sul divano e Brooke l’ha portata nel suo letto con una delicatezza tanto struggente che quasi Noah non si è messa davvero a piangere; adesso la bionda è nel suo letto, una mano che accarezza il viso di Beatriz e l’altra che digita poche parole sul cellulare. Sa che Harry sarà sicuramente a dormire, data l’ora, ma una promessa è una promessa, e lei è abituata a mantenerle.

“L’abbiamo messa a letto ora, sta bene.”

Qualche secondo dopo, Noah deve contenere un gridolino pieno di stupore, perché il suo cellulare si è illuminato e il nome di Harry Styles ha riempito lo schermo.

“Okay, grazie. Buonanotte.
H.”

Noah non può fare a meno di chiedersi se sia rimasto sveglio tutta la notta, in attesa.



Hola chicas!
Lo so sono in ritardo - di nuovo -, ma anche se gli esami sono finiti ho davvero pochissimo tempo per stare dietro alla mia adorata storia, scusatemi.
Questo è IL capitolo.
Dovrebbe segnare un po' la svolta nella storia, secondo i miei piani. Fino ad ora abbiamo visto una Beatriz pressochè invincibile, bella e sicura di sè, che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e che sa bene quello che vuole. Questo capitolo, invece, la mette sotto una luce completamente diversa.
E' fragile, fragilissima, e solo perché Louis Tomlinson le ha offerto un tiro dalla sua canna (giuro che spiegherò il motivo di tanta paura apparentemente insensata). Ho sperimentato direttamente gli attacchi di panico (spero davvero che a voi non sia mai successo) ma non li ho mai vissuti dall'esterno, quindi è stato difficile descriverli con un occhio oggettivo e non coinvolto dalla situazione, spero comunque di aver fatto un bel lavoro.
Noah e Brooke li amo particolarmente in questo capitolo, perché sono troppo dolcini :3 (E' importante la scena tra Brooke e Bea, quando lui le assicura che stiano tutti bene, e lei chiede di Andres, su cui il mistero, forse, si è un
Anche Harry, comunque, ha la sua buona parte di dolciosità, lo ammetto; sottolineo, però, quanto l'Harry Styles della mia storia - e io me lo immagino così anche nella realtà - sia incredibilmente gentile con tutti e che sarebbe stato preoccupato per chiunque, al di là del suo parziale coinvolgimento con Beatriz. Niente castelli mentali, sorry :3
In ogni caso, sono molto felice che la storia vi stia piacendo, vi giuro che vi abbraccerei una ad una se potessi, e vi penso sempre mentre scrivo!
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio
Chiara

 
Questo è il mio adorabile Elephant Bar (si trova in Camden Town, se vi interessasse) che ho scoperto e amato all'istante quando ci sono finita per caso quest'inverno, e nel quale mi è venuto l'idea di scrivere questa storia :3
 


 
 
 

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Capitolo 6
*** It's been a long day without you my friend. ***




Elastic H
eart.


E’ mercoledì mattina, fuori c’è un temporale con tanto di lampi e fulmini e Beatriz è stravaccata sul divano, la televisione accesa sulle repliche di X factor e il cellulare tra le mani fisso su Tumblr da almeno mezz’ora. Brooke è a lavoro, Noah è sotto la doccia e lei si gode quei rari momenti di totale nulla facenza; sta aspettando che lo smalto che ha applicato sulle unghie delle mani si asciughino, e nel frattempo si diverte ad immergersi nel magico e a volte inquietante mondo di Tumblr.
Sta analizzando tutti gli abiti indossati sopra le passerelle della Paris Fashion Week e il suo spirito da aspirante stilista gioisce ogni volta che sotto gli occhi le capita un vestito disegnato da quel mago di Karl Lagerfeld. Evita invece l’intera collezione di Dolce & Gabbana, che lei era una di quelle spagnole che si è battuta per eliminare quell’orribile pubblicità che inneggiava allo stupro da ogni angolo della terra.
L’acqua della doccia di Noah smette di scorrere e la bionda, avvolta in un asciugamano marrone e con i capelli gocciolanti, pochi secondi dopo compare in salotto, sedendosi per terra e accendendosi una sigaretta.
«John Walker è un coglione.» Decreta la bionda, libera di parlare tranquillamente, data l’assenza di Brooke in quella casa.
Beatriz chiude la pagina di Tumblr e si rotola su un fianco per dedicare tutta la sua attenzione alla sua migliore amica, capendo sin da subito che il suo momento di tranquillità è già bello che finito. Osserva con attenzione lo sguardo assorto di Noah, mentre ruba un tiro dalla sua sigaretta e stiracchia leggermente le gambe.
«E questo dovrebbe stupirmi perché esattamente?» Le chiede poi, alzando il sopracciglio destro con stupore. Insomma, John Walker sarà anche il Brad Pitt dei poveri, ma in quanto ad intelligenza ha sempre lasciato a desiderare, considerando l’imbarazzante numero di volte in cui Beatriz le ha dovuto spiegare che Barcellona è in Spagna, non in Portogallo o in Italia. Noah le rifila una gomitata dritta dritta nelle costole, reprimendo a stento un sorrisino divertito.
«E’ arrivato in ritardo di tipo venti minuti, e tutti sanno quanto io odi aspettare. Poi mi ha portato in un ristorante costosissimo e al momento di pagare ha finto di essersi dimenticato il portafoglio a casa, dopo aver ordinato il piatto più costoso in assoluto dell’intero menù.» Beatriz non riesce a non ridere di fronte all’espressione di Noah che si fa sempre più scura man mano che continua il racconto; la spagnola si sente un po’ in colpa per aver spinto l’amica tra le braccia di quello che si è dimostrato essere un vero e proprio cafone. «Alla fine, ha cercato in tutti i modi di portarmi a casa sua e di infilarsi dentro alle mie mutande. Penso seriamente che sia stato l’appuntamento peggiore della mia vita.» Borbotta, realmente frustrata dal fatto che uno con un viso e un fisico come quello di John Walker si sia dimostrato un vero e proprio idiota.
Beatriz le lascia un bacio tra i capelli, abbracciandola velocemente e sapendo che, in qualità di migliore amica, non può non farle notare l’incongruenza che c’è tra il suo racconto e quello che ha raccontato loro qualche sera prima. Così, ancora stretta nell’abbraccio, la guarda negli occhi con sguardo curioso, prima di parlare.
«E allora perché l’altra sera hai detto che era stato l’appuntamento più bello della tua vita?» Le chiede; nei suoi occhi c’è già una scintilla divertita e maliziosa, perché entrambe sanno che Beatriz conosce già perfettamente la risposta della sua amica che, infatti, arriva poco dopo.
«Bè, perché Brooke non aveva fatto altro che parlare di quanto fosse carina e gentile la sua nuova collega, e io davvero non potevo dire che il mio appuntamento era andato così di merda!» Esclama Noah, le guance leggermente rosse per l’agitazione e per l’implicita rivelazione contenuta nelle sue parole.
«Oh bè, certo, non avresti potuto dire una cosa del genere..» Commenta tra le risate Beatriz; non li capirà mai quei due che si piacciono dal primo giorno e, nonostante ciò, continuano a lanciarsi queste frecciatine a vicenda. Noah sta per aprire bocca per dire qualcosa in sua difesa e per impedire alle sue guance di trasformarsi completamente in due pomodori maturi, ma la sua voce sottile e vagamente isterica viene coperta dall’assurda suoneria che Brooke ha impostato sul cellulare di Beatriz.
Lei, con un grugnito infastidito per quel suono carico di campanellini e altri strani rumori, si allunga verso il tavolino per afferrare il cellulare e contemporaneamente rispondere alla chiamata.

«Pronto?» Mugugna, ancora leggermente irritata dagli stupidi scherzi con cui Brooke la tortura continuamente da quando si conoscono.
«Perché mi stai evitando?» La voce di Harry Styles le sembra ancora più strascicata, quella mattina, ed il suo accento ancora più british, se possibile. Intuisce che il ragazzo sia in mezzo ad una strada trafficata, visto che le sue orecchie vengono più volte assordate con suoni di clacson e bambini che piangono e si chiede cosa l’abbia spinto fuori dal letto con una giornata simile.
«Non ti sto evitando, Harry.» Beatriz si sforza di non essere acida e di non fargli notare che, quando si chiama una persona, sarebbe almeno carino iniziare con dei convenevoli, prima di aggredirla con le proprie strane domande. Noah, al suo fianco e con un orecchio appoggiato al suo cellulare per origliare la conversazione, ridacchia tra sé e sé, perfettamente conscia dei pensieri che stanno passando per la testa della sua migliore amica.
«E allora perché non rispondi alle mie chiamate o ai miei messaggi? Ho dovuto chiamarti con il cellulare di Louis per poter parlare con te!» Beatriz stringe le labbra in una linea sottile, a sentire il nome di quel Peter Pan dagli occhi azzurri; sa benissimo che ciò che è successo qualche settimana prima non è assolutamente colpa del ragazzo, ma non può fare a meno di tendersi come una corda di violino ogni volta che qualcuno ne pronuncia il nome, anche se in modo del tutto casuale come ha appena fatto Harry.
«Questo è perché non ho alcuna intenzione di uscire con te.»Chiarisce subito, profondamente lusingata dall’insistenza di Harry ma ancora ben ferma nelle sue posizioni.
«E’ per quello che è successo quella sera? Non ti chiederò niente, se è questo quello che vuoi.»Incalza Harry, mentre i rumori di sottofondo si fanno un po’ meno assordanti adesso, segno che probabilmente è entrato in un posto chiuso; la voce di una ragazza che urla “Un Frappuccino per il ragazzo!” non fa altro che confermare la sua ipotesi e la fa sorridere, nonostante tutto. Un Frappuccino è senza dubbio la scelta meno azzeccata, con una giornata piovosa e fredda come quella ma, d’altra parte, da uno come Harry non ci si può assolutamente aspettare la banalità.
«No, non è per quello.» Risponde lei sincera; certo, il fatto che tutti quegli estranei l’abbiano vista in condizioni che lei stessa definirebbe pessime non aiuta, ma la decisione di non uscire più con Harry Styles prescinde da tutto ciò, ed è stata presa molto prima di quella sera.
«E allora perché?»Se solo non sapesse che è di Harry Styles che stanno parlando, Beatriz potrebbe pensare che ci sia una nota esasperata nella sua voce, quasi irritata mentre pronuncia quelle parole. Ma Harry Styles è gentile, non si arrabbia né innervosisce mai, lui.
«Ho fatto una promessa, tempo fa. Ed è per questo che non intendo uscire con te.>> Spiega alla fine Beatriz, dopo essere giunta alla conclusione che forse, con una spiegazione sincera, Harry si rassegnerà e andrà a cercare la sua notte di svago altrove.
Dall’altra parte del telefono c’è un momento di silenzio, seguito da un lieve sospiro, e Beatriz ha quasi l’impressione di sentire le rotelle del cervello di Harry lavorare sull’informazione appena acquisita. La cosa la diverte e le fa spuntare un sorrisino sghembo sul viso.
«Che promessa? E cosa c’entra con me e te e il nostro uscire insieme?»Chiede alla fine, finalmente arresosi all’evidenza che Beatriz, per lui, rimane sempre un mistero tutto da svelare. E non solo perché è la prima ragazza a rifiutare di uscire con lui, da quando è un membro dei One Direction.
«Oh, Styles, sei davvero troppo curioso.» Lo riprende divertita Beatriz, sicura di essersi già fatta scappare fin troppo e determinata a non lasciargli altri dettagli su cui far lavorare il cervello. «Non ho voglia di condividere questi dettagli della mia vita con te, non lo faccio con nessuno. Sappi solo che ho una motivazione valida per non uscire con il solo ed unico Harry Styles.» Dichiara, alzandosi finalmente dal divano in cui ha passato l’intera mattinata e recandosi in cucina per bere un bicchiere d’acqua; parlare al telefono con Harry è più stancante di quanto pensasse.
«Lo sai vero che non ti lascerò stare finché non saprò questa motivazione?» Beatriz scoppia a ridere, perché in fondo doveva aspettarselo che non si sarebbe arreso così facilmente; quello che invece lui dovrebbe prevedere, invece, è che lei è la persona più determinata e testarda sulla faccia della terra.
«Bè, dovresti.» Borbotta, divertita nonostante tutto. Poi, con un’ultima risata, chiude la telefonata.
Sotto lo sguardo insistente di Noah beve un secondo bicchiere d’acqua, sciacqua il suo bicchiere – che se no chi lo sente Brooke che si lamenta di dover sempre lavare i piatti per tutti- e si dirige con passo di danza verso la sua camera, pronta ad immergersi in un’ora di musica. Si sdraia sul suo letto, accartocciandosi sotto al piumino a pois rosso e bianchi che le hanno regalato i suoi coinquilini quando è andata a vivere con loro e si infila le cuffiette dell’i-pod nelle orecchie. See you again parte a mille, mandando Beatriz in uno stato di trance che solo grazie alla musica riesce a raggiungere; la canzone è giusto giusto appena arrivata al pezzo di Whiz Khalifa – per il quale lei ha una cotta imbarazzante da tutta la vita, e chissenefrega se ha un figlio – quando casualmente apre gli occhi e si accorge di non essere da sola in quella stanza. Noah, infatti, è seduta sul bordo del letto, le gambe accavallate che battono il tempo al ritmo della canzone che esce a tutto volume dalle cuffiette di Beatriz e gli occhi fissi su di lei, in attesa.
«Dio, Noah, sei inquietante!» Esclama Beatriz, mettendosi a sedere sul letto con una mano sul cuore, giusto perché la sua melodrammaticità non riesce proprio ad evitarla mai; le lancia un’occhiata truce mentre spegne velocemente l’I-pod, interrompendo suo malgrado la voce di Whiz Khalifa, e incrocia le braccia, in attesa.
«Ti ho sentita parlare al telefono con Hary Styles, prima.» Noah parla tranquillamente, decidendo di ignorare con nonchalance l’infarto appena rischiato dalla sua migliore amica, ben determinata ad arrivare al sodo senza tanti giri di parole. Si è preparata il discorso nella sua mente nel tragitto tra il salotto e la stanza di Beatriz, ma ora che se la trova davanti e deve dirle ciò che le preme, non ricorda nemmeno una parola di ciò che aveva concordato con se stessa pochi secondi prima.
«Sì, e quindi?» Beatriz  assottiglia lo sguardo rendendolo, se possibile, ancora più truce ed è già sulla difensiva, perché teme di sapere perfettamente dove vuole arrivare la bionda al suo fianco, con quegli occhi azzurri indagatori e il dito puntato verso di lei con aria accusatrice. Tra sé e sé maledice Harry Styles e le spiegazioni che, anche se meritate, ha dovuto dargli.
«Davvero, Bea? Davvero pensi ancora a quella stupida promessa?» Sbotta alla fine Noah, tirando fuori il motivo della sua preoccupazione; si pente delle parole utilizzate qualche secondo dopo averle pronunciate, ma sa che ormai è troppo tardi. Beatriz, infatti, ha sussultato notevolmente, alzandosi in piedi e allontanandosi da lei, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e il corpo della sua migliore amica, che le appare così ostile, adesso. La fissa con gli occhioni verdi sbarrati, stupita che proprio lei abbia tirato fuori quell’argomento che sa essere assolutamente off limits.
«Non c’è niente di stupido nella promessa che ho fatto, Noah.»  La sua voce è dura e colpisce la bionda con la potenza di un proiettile sparato da pochi centimetri di distanza; Beatriz la squadra con ostilità, le braccia attorno al corpo come a cercare di auto proteggersi dalla cattiveria delle sue parole, mentre il suo cervello si deve sforzare di concentrarsi sul presente, e non su quella sera.
«No, hai ragione, non c’è niente di stupido.» Noah le si fa vicina, negli occhi un’espressione carica di dispiacere per quella parola che non sa neanche come le sia potuto sfuggire dalla bocca. «Solo che.. Sei sicura che fosse questo che Andres intendeva, quella sera? Rimanere sola?» Noah parla a bassa voce, il viso pieno di affetto rivolto verso di lei e una mano che corre ad accarezzarle il braccio quando Beatriz chiude istintivamente gli occhi, nel sentir pronunciare quel nome spagnolo così fuori luogo sulle labbra inglesi di Noah.
La bionda scruta il suo viso pieno di incertezze con i suoi occhi blu, terrorizzata all’idea di aver commesso un passo falso, di essersi spinta un po’ troppo in là; sa perfettamente che quello è un terreno incerto sul quale avventurarsi, un pezzo di cuore in cui Beatriz non lascia entrare nessuno.
Quello che lei e Brooke sanno è frutto di un anno intero di convivenza insieme, di piccole confessioni pronunciate alle quattro di notte, quando il sonno latitava e le lacrime rendevano più fragili e coraggiosi insieme. E’ il risultato di milioni di attacchi di panico, spesso anche più forti di quello a cui hanno assistito parte dei One Direction, e di ammissioni che Beatriz doveva loro, se non altro per averla accolta in casa loro quando lei ancora non aveva né un soldo né tantomeno un lavoro, solo una fotografia spiegazzata in mano e uno zaino pieno di vestiti solo a metà. Per questo, per quello che sa e per quello che non sa, è cosciente di trovarsi in bilico, in una posizione pericolosa che potrebbe cambiare solo con l’aiuto di Beatriz.
La spagnola abbassa lo sguardo, sentendosi debole, mentre si lascia accarezzare il braccio da Noah e si sforza di non far uscire i lacrimoni che minacciano di scendere e di impiastricciarle il viso.
«Ma io non sono sola.. Ho te e Brooke, ho la mia famiglia..» Sussurra piano, un grumo di pianto che le si deposita in gola, costringendola a deglutire innumerevoli volte prima di permetterle di comporre una frase come si deve.
«Certo che hai noi, B.» Noah trova naturale abbassare anche il suo tono di voce e parlarle con leggerezza, come si farebbe con una bambina che ha appena realizzato che Babbo Natale non esiste; Beatriz non è quasi mai così debole,  ma quando lo è, quando elimina la sua facciata e si mostra per come è, è la persona più fragile del mondo, e questo Noah lo sa bene. «Ma ogni tanto, non ti viene voglia di avere una persona al fianco, una sola, che si prenda cura solo di te, che ami solo te e che ti guardi come se fossi la creatura più meravigliosa mai nata sulla terra?»
Beatriz alza il viso con un’espressione stupita, perché conosce fin troppo bene la sua amica, e sa benissimo che non sta parlando solo per lei, ma anche per se stessa.
«A te viene questa voglia?» Le chiede con la stessa delicatezza ostentata da Noah fino a quel momento, già a conoscenza della sua riposta, in ogni caso.
«Sì, a me a volte sì.» Confessa poi, costringendosi a non abbassare lo sguardo e a fissare i suoi occhi blu in quelli verdi della sua migliore amica; sa perfettamente che se vuole che lei si apra, deve essere la prima a fare un passo avanti, perché non c’è davvero nessuno, al mondo, più orgoglioso e testardo di Beatriz Iniego.
«Bè, anche a me..»  Giocherella nervosamente con le dita della mano, mentre ammette questa sua ennesima debolezza. «Ma è troppo presto. Davvero troppo presto..»  Esala poi, mentre perde definitivamente la lotta con le sue lacrime che, copiose, le scendono sulle guance, inondando di acqua il suo viso ed il suo cuore.
Noah si allunga verso di lei per chiuderla in un abbraccio carico di affetto, un sorriso che comunque si apre sul suo viso, perché forse ci è riuscita, ci è riuscita davvero a far aprire un po’ di più Beatriz. E’ davvero convinta che questo sia solo l’inizio del percorso di crescita di Bea che, finalmente, potrebbe allontanarsi da quel passato che tanto le fa male e la distrugge silenziosamente.
Qualche minuto sentono il rumore di una chiave infilarsi nella toppa della porta di ingresso, segno che Brooke è tornato a casa per mangiare con “le sue donne” nella pausa pranzo e Noah si alza in piedi di scatto, sull’attenti, dirigendosi verso camera sua per rendersi quantomeno presentabile. Beatriz sorride, osservandola agitarsi come non mai solo per l’arrivo di Brooke a casa e, prima che lei esca la richiama.
«Noah?»  Dice infatti, facendola girare con un’espressione incerta sul viso. «Brooke ti guarda davvero come se fossi la creatura più meravigliosa nata sulla terra.» 
Noah arrossisce un po’, e sta per dire qualcosa. Ma poi, Brooke dal corridoio urla un «Sono tornato, dolcezze!»  che fa ridere entrambe, e non c’è proprio più niente da dire.


Hola guapas!
Allora, qui da me si muore di caldo (del tipo che sto sudando anche con davanti un ventilatore enorme) quindi sarò rapida e concisa, o almeno ci proverò.
Questo è un capitolo un po' di passaggio anche se, come al solito, ho cercato di seminare pezzi di informazioni importanti sul mistero "Beatriz".
Allora prima di tutto:
  1. Harry chiama Bea e le chiede perché lo continui ad evitare. So che glielo ha già chiesto più o meno altre mille volte, ma ho cercato di usare sempre le stesse parole appositamente per far capire quanto Harry non si arrenda e continui ad insistere con lei
  2. Bea nomina per la prima volta una promessa che ha fatto e, poi, quando parla con Noah si intende che questa promessa l'ha fatta a il famoso Andres
  3. L'appuntamento tra Noah e John Walker è andato una merda e lei e Brooke sono i miei preferiti, quindi amateli!
Vi ringrazio moltissimo per tutti i commenti/apprezzamenti, siete meravigliose come sempre!
Buon weekend,
Chiara


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Capitolo 7
*** Do I wanna know? ***



Elastic Heart.




«Sei in Greenland Road, B?» La voce di Brooke le giunge un po’ attutita a causa del rumore che circonda il suo amico; tra il casino e le voci Beatriz distingue con chiarezza quella già un po’ alticcia di Noah, che la fa sorridere con grande divertimento. «Okay, allora basta che giri a sinistra, su Adelaide Road, e sei davanti al Fabric. Io e Noah ti aspettiamo qui fuori.»
Beatriz annuisce, anche se sa benissimo che Brooke, dall’altra parte del telefono, non può vederla, e spegne velocemente la chiamata, riponendo il suo cellulare nella borsa nera che ha rubato dall’armadio di Noah.
Sta vagando per le strade di Londra da sola, invece che essere già al locale insieme ai suoi amici, semplicemente perché Brice ha deciso di schiavizzarla e di farle pagare tutti i ritardi accumulati in un anno proprio quella sera. Il locale era pieno di gente – ancora più del solito – e la mancanza di Cherry, ufficialmente nel suo giorno libero, si è fatta parecchio sentire; Beatriz ha passato l’intera giornata a correre da un tavolo all’altro per riuscire in qualche modo a stare dietro a tutte le ordinazioni che, in ogni ora della giornata, hanno sommerso lei e Luke. C’era così tanta gente che perfino Brice, che si è sempre rifiutato di servire ai tavoli, ha dovuto indossare uno dei grembiuli neri con stampato un piccolo elefantino e aiutare i due camerieri.
Beatriz  è  riuscita per miracolo a mandare un messaggio a Brooke dicendogli di andare già al Fabric e di spiegarle semplicemente la strada per arrivarci; non è un asso per quanto riguarda il senso dell’orientamento, perciò si è già persa almeno tre volte, costretta a chiamare il suo amico ogni cinque minuti per non rischiare di arrivarci a serata finita, al locale. Adesso è abbastanza sicura di essere sulla strada giusta, rassicurata anche dalle parole confortanti dell’amico e segue le sue istruzioni, obbediente, arrivando in Adelaide Road.
Da lontano vede Brooke e Noah parlottare vivacemente ed interrompersi immediatamente non appena la notano in fondo alla via; sorride tra sé e sé, felice di non essere giudicata degna delle loro chiacchere da innamorati, segno che forse, tra loro, qualcosa si sta finalmente smuovendo. Addosso ha una semplice gonna lunga nera ed un crop top bianco che le lascia scoperto un piccolo lembo di pelle; è quasi completamente struccata e i capelli sono raccolti in quella che quella mattina era una pettinatura elaborata e adesso solo una cascata disordinata tenuta su da qualche molletta precaria. Vorrebbe tanto essere sotto le coperte e addormentarsi di fronte ad un bel film, ma è davvero tanto tempo che non passa una serata insieme a Noah e Brooke e nel corso degli anni ha imparato che, per mantenere viva un’amicizia, è necessario un piccolo sacrificio, ogni tanto. Così eccola lì, un sorriso smagliante e la stanchezza che le scivola via dal viso non appena Noah e Brooke la avvolgono in un abbraccio veloce e la conducono all’interno del Fabric; Noah ha addosso un vestitino giallo cortissimo che fa girare molte teste, una volta dentro al locale, e Beatriz si gode le occhiate inferocite di Brooke dirette a chiunque punti gli occhi sulla biondina. Noah non se ne accorge, troppo impegnata a raccontare alla spagnola della ragazza che ha conosciuto quel giorno al lavoro e che dio, è così simpatica che se la stava quasi per fare addosso dal ridere; nel frattempo, si lasciano guidare da Brooke che, oltre a lanciare occhiate omicide a tutto spiano, si dirige con passo sicuro verso un punto preciso del locale.
Beatriz era convinta sarebbe stata una serata solo per loro tre, ma non si stupisce troppo né si infastidisce quando, giunti ad un tavolo posto all’angolo del locale, Brooke si ferma e si siede su uno dei divanetti, accanto a Niall Horan. Beatriz fa scorrere i suoi occhi verdi su tutti coloro che sono seduti al tavolo e rivolge un sorriso gentile a tutti, mentre si fa spazio accanto a Cherry; Louis Tomlinson le regala un sorriso un po’ incerto che lei ricambia con un cenno veloce della mano come a dire
«non importa», e decide istantaneamente di perdonarlo perché sì, infondo non è colpa sua se la sua voce squillante la manda sui nervi, se le labbra sottili come le sue non le sono mai piaciute o se quella sera le ha offerto una canna.
Anche Liam Payne e Niall Horan la salutano, un sorriso caloroso sui loro volti perennemente allegri e lievemente stanchi, mentre Zayn Malik è troppo impegnato a infilare una mano sotto la gonna di Cherry  per rendersi davvero conto di quello che sta succedendo intorno a lui e alla sua bellissima ragazza. Beatriz sorride divertita dalla scena, mentre si volta nuovamente verso Noah che, con la parlantina che la caratterizza, ha iniziato a parlare con Niall Horan, altro chiacchierone certificato.
Sente, ovviamente, lo sguardo di Harry Styles puntato su di sé, ma è davvero troppo stanca ed esausta per anche solo pensare di iniziare una possibile conversazione con lui, richiederebbe troppe energie; per tutta la sera si limita a partecipare con brevi commenti a discorsi degli altri, gli occhi che le si fanno ogni minuto più pesanti per il sonno e le occhiaie che iniziano a raggiungere livelli quasi paranormali. Alla fine, per cercare di svegliarsi un po’, si alza in piedi dicendo
«vado a prendere da bere» ed accoglie con un sorriso curioso la voce squillante di Louis Tomlinson che «ti aiuto!» esclama, seguendola verso il bancone.

«Sembri stanca. Hai delle occhiaie da far paura.» Louis si appoggia al bancone del bar e la squadra con uno sguardo assorto dalla testa ai piedi; Beatriz ride, divertita, perché ha capito che Louis non è certo uno che te le manda a dire e la cosa, in fondo, le piace.
«Lo sono, infatti. In questo momento vorrei essere a letto da almeno tre ore.»  Conferma poi, iniziando a sorseggiare il margarita che ha ordinato pochi secondi prima. «Sono qui solo per Brooke e Noah.» Aggiunge, scollando gli occhi dal viso sorridente e tranquillo di Louis per lasciarli vagare nel locale, affollato da ragazze con vestitini inguinali e uomini con camice bianche. Se solo non fosse così sicura di sé, si sentirebbe certamente fuori luogo, con il suo viso struccato, i capelli raccolti alla bene meglio e la gonna lunga con le vans. Ma lei, di fatto, è incredibilmente sicura di sé, e sa di non aver bisogno di tacchi o vestiti attillati per attirare l’attenzione della gente; inoltre, dopo pochi secondi, arriva la voce allegra di Louis a confermare la sua convinzione.
«Sei molto carina anche così, comunque.» Afferma infatti, mentre ordina i drink per il resto della tavolata. Beatriz si gira verso di lui per rivolgergli un sorriso di ringraziamento che è davvero sincero perché è raro ricevere dei complimenti così naturalmente disinteressati se non da parte di Brooke o Noah, e perché adora essere definita “molto carina”; per qualche motivo le sembra sempre che si intenda anche simpatica, con quei termini.
Stanno qualche momento in silenzio, mentre aspettano che le ordinazioni siano pronte, ed entrambi si divertono a guardare la strana folla che riempie il locale; in particolare, Beatriz si diverte ad osservare le ragazze che passano loro accanto, tutte impegnate a sistemarsi i capelli e il vestito nella speranza di potere essere guardate dal bello e famoso Louis Tomlinson.

«Harry ci guarda come se volesse trucidarci all’istante.»   Commenta Louis, divertito. Beatriz sposta lo sguardo da una folla di ragazzine al tavolo occupato dai suoi amici e i suoi occhi incontrano quelli incredibilmente irritati di Harry; lui capendo di essere stato notato, non accenna minimamente ad abbassare lo sguardo, ma continua a fissare i loro corpi vicini, la mano di Louis sul braccio di Beatriz e il sorriso sul viso di lei.
«Lo vedo.» Sorride divertita, troppo stanca per avere le forze di lanciare degli sguardi maliziosi qua e là per farlo infastidire ancora di più; in fondo, quel gioco non le interessa granché e non ha voglia di giocarci, specie quella sera.
«Perché non vuoi uscire con lui?» Gli occhi azzurri di Louis sono puntati sul suo viso con curiosità e un po’ di divertimento, come se l’ipotesi che una ragazza non voglia uscire con Harry Styles lo divertisse infinitamente.
«Ho fatto una promessa, un anno fa. E la voglio mantenere.»  Beatriz alza le spalle, finendo di sorseggiare il suo Margarita e rivolgendo nuovamente la sua piena attenzione al barman che sta quasi finendo di preparare tutti i cocktail che hanno ordinato.
«Sì, questo me lo ha detto Harry.» La cosa fa alzare le sopracciglia in segno di stupore a Beatriz, che sì, insomma, non pensava che la cosa lo avesse turbato al punto di dirlo a qualcun altro. «Sappi che Harry ci sta uscendo di testa, per cercare di capire per quale motivo non vuoi uscire con lui un’altra volta.»
Beatriz sospira un po’, perché okay, ha rivalutato Louis, ma non al punto di diventare migliori amici, raccontargli tutti i suoi segreti più profondi e fare un pigiama party a raccontare dei traumi adolescenziali che entrambi hanno vissuto.
«Voi One Direction siete una band davvero insistente, se posso dire.- commenta con un’aria di finto rimprovero stampata sul viso- Come ti ho già detto, ho fatto una promessa un anno fa, di cui sono a conoscenza solo Noah e Brooke. Questo è quanto.» Conclude, prendendo, grazie alle sue capacità da cameriera, quattro bicchieri pieni di cocktail finalmente pronti.
«Scusami se sono stato troppo invadente. E scusami anche per l’altra sera.» Louis la ferma prendendole per il braccio con una mano, i suoi occhi sempre sorridenti che si fanno improvvisamente seri, mentre il suo viso esprime un dispiacere così sincero che Beatriz non può fare a meno di sorridere e dire, sicura «non importa Louis. E poi a me piacciono le persone invadenti.»
Poi, liberandosi dalla sua stretta, si dirige verso il tavolo dei suoi amici dove Brooke sta raccontando qualcosa di molto divertente, a giudicare dalle risate che scatena in tutti coloro che sono seduti al tavolo.
Harry Styles, ovviamente, la sta ancora fissando.

Dopo quasi un’oretta, Beatriz è arriva al limite di sopportazione.
E’ così stanca che non ha nemmeno la forza di ridere alle battute di Louis Tomlinson che, ora che ha iniziato a vederlo sotto una luce diversa, è davvero una delle persone più divertenti che abbia mai conosciuto. Noah e Brooke, ovviamente, se ne accorgono e, dopo aver bevuto un ultimo giro di shots, annunciano all’intera combriccola la loro volontà di andarsene. Beatriz si lascia andare ad un sospiro di sollievo e si alza insieme a loro, dirigendosi già verso l’esterno del locale da sola, mentre Noah e Brooke vanno a salutare un gruppo di amici seduti ad un tavolo vicino all’uscita e promettono di raggiungerla in pochi minuti.
Fuori, ovviamente, sta piovendo. E’ quell’adorabile pioggerellina che distende i nervi e, anche se Beatriz è già notevolmente rilassata, apprezza il suo lento cadere sul marciapiede con un sorriso sereno. Poco dopo la porta del locale dal quale è appena uscita si apre con un lento cigolio, e alcuni passi ticchettanti annunciano l’arrivo di qualcuno, posizionatosi proprio ad alcuni centimetri da lei. Lei reprime a stento un sorrisetto, perché dio, quel ragazzo è così prevedibile che potrebbe scrivere un intera paginata sulle sue azioni future senza sbagliare una sola parola.

«Odi solo me o anche tutto il resto della popolazione maschile?>> La voce di Harry Styles la raggiunge con presunzione, e Beatriz non si trattiene affatto dall’alzare gli occhi al cielo; l’arroganza di quel ragazzo è davvero infinita.
«Cosa ti fa pensare che io ti odi?» Domanda lei, continuando a guardare dritta davanti a sé, noncurante del profumo forte che la giacca del ragazzo emana né della pioggia che le sta iniziando a bagnare i capelli scuri. Chiude gli occhi, apprezzandone l’odore e il rumore al massimo.
«Mi eviti in continuazione.» E a Beatriz sembra di avergli sentito dire quelle parole così tante volte, in quei giorni, che potrebbe senza dubbio ripeterle con la sua stessa gravità, il suo stesso tono di voce risentito e le stesse rughette infastidite intorno agli occhi.
«Io non ti odio, Harry. E nemmeno ti sto evitando. Semplicemente non voglio venire di nuovo a letto con te.» Spiega, nella speranza che mettendo le cose in chiaro lui plachi quella assurda curiosità che sembra avere nei suoi confronti; adesso volta il viso verso quello di lui, perché vuole farglielo davvero capire che non è nulla di personale, quello che lei ha contro di lui.
«E perché? E non parlarmi ancora di quella promessa, perché davvero non potrei sopportare di sentirtela nominare di nuovo.» Harry la guarda negli occhi con quel suo sguardo a metà tra l’infantile e il malizioso per cui le ragazzine su Tumblr perdono intere nottate a scrivere note poetiche e a lei –forse – verrebbe un po’ da baciarlo, e fanculo ai suoi principi.
Poi, però, si ricorda perché lei uno come Styles lo deve tenere lontano, lontanissimo, e si limita a scuotere la testa, mentre getta per terra la cicca della sigaretta che lui le ha offerto qualche momento prima.
Si sente stremata come non mai e ringrazia con tutta se stessa Noah e Brooke che escono dal locale proprio in quel momento perché lei, con le forze a terra e la testa che le pulsa, non riesce proprio a trovare un modo per respingere dignitosamente e per l’ennesima volta Harry.
Rivolgendogli un ultimo sorriso e un’occhiata di sbieco si allontana, dirigendosi verso le figure dei suoi migliori amici, avviatisi già verso casa per lasciare soli quelli che loro chiamano “i due piccioncini”.
Poi, prima che Harry rientri dentro al Fabric e scompaia dalla sua vista, Beatriz si volta un secondo, le mani infilate nelle tasche della giacca e le gambe che si ricoprono di brividi per il freddo.

«E’ una caccia.» La sua voce forte e ancora più traballante sull’inglese data la sua stanchezza attira l’attenzione di Harry, che si volta verso di lei con uno sguardo confuso. «La tua, nei miei confronti, è solo una caccia. Mi vuoi solo perché ti ho respinto.>> Spiega meglio, notando la sua espressione interrogativa.
«Ma è divertente! » Protesta lui, indispettito come un bambino a cui hanno negato il suo giochino preferito. Terribilmente carino quanto infantile, pensa lei.
«Appunto, per te è solo un gioco. E io davvero, non ho più le forze di giocare.» Ammette, prima di rivolgergli un’occhiata mesta che davvero, non le appartiene, e di girare l’angolo, diretta verso il vociare di Noah che cerca di coprirsi inutilmente con la giacca di Brooke.

Poco dopo, quando finalmente si infila sotto le coperte e appoggia la testa sul cuscino, non riesce a fare a meno di pensare ad Harry, e al motivo per il quale sta rifiutando con così tanta determinazione il suo corteggiamento continuo.
Mentre una piccola lacrima le si forma all’angolo dell’occhio destro e un’altra le cade sulla guancia, apre piano il cassetto del comodino, tirando fuori con familiarità la stessa fotografia stropicciata che porta con sé da un anno a quella parte. Mentre i suoi occhi chiari si posano sulle due figure della foto, nonostante la tristezza, riesce a sorridere spontaneamente. L’istantanea le restituisce l’immagine di una se stessa leggermente più giovane, una Beatriz diciassettenne  che sorride senza malizia all’obbiettivo, gli occhi chiari coperti da un paio di occhiali scuri e il viso che esprime tutta la felicità del mondo. Accanto a lei un ragazzo alto alto, gli occhi blu e i capelli ricci e neri, lo stesso sorriso allegro sul volto e una mano posata sui fianchi della ragazza vicino a lui.
Se chiude gli occhi e si sforza un po’, riesce ancora a sentire distintamente le loro risate risuonarle nella testa, intrecciate ed armonizzate in un modo che  solo dopo tanti e tanti anni di conoscenza può essere raggiunto.

Ha perso il conto delle volte in cui si è persa ad osservare quella fotografia, ma ogni volta è davvero come se fosse la prima; scruta il modo dolce con cui lui la guarda, la tenerezza di cui i suoi occhi blu si riempiono quando si infrangono sulla sua figura, il modo possessivo e allo stesso tempo naturale con cui le stringe un fianco, come se fosse la cosa più normale del mondo, come se quello fosse l’unico posto possibile al mondo per la sua mano. Si sofferma sul suo sorriso che dio, le manca così tanto, e sui capelli scuri che – al momento della foto – aveva appena tagliato, con i ricci neri appena appena visibili. La maglietta indossata dal ragazzo gliela ha regalata lei per il suo sedicesimo compleanno, e i jeans scuri li hanno comprati insieme in una delle giornate di intenso shopping a cui Beatriz lo sottoponeva periodicamente.
Quando sente Noah, nel letto accanto al suo, borbottare e mugugnare qualcosa nel sonno e rigirarsi, ripone velocemente la foto nel cassetto, chiudendolo e stando ben attenta a non fare rumore; non ha alcuna voglia di farsi beccare in flagrante da Noah, non potrebbe sopportare ciò che ne verrebbe fuori, che comprenderebbe l’intera nottata spesa a parlare delle sue mancanze e dei suoi traumi, con un gelato alla panna in una mano e una sigaretta girata male nell’altra.
Con un sospiro pieno di cose – tristezza, malinconia, nostalgia, affetto – posa di nuovo la testa sul cuscino, sistemandosi meglio nel letto.
E’ pronta a sognarlo per il resto della notte.


Hola chicas :)
Come state? Come procedono le vostre vacanze? Siete andate al mare/montagna?
Io sto abbastanza bene, anche se il caldo mi sta sfiancando, ma per fortuna abito in una città di mare quindi yeee mega iuppi :)
Ho avuto dei problemi con la connessione (e ne ho ancora  .-.) quindi ho fatto un po' di difficoltà a pubblicare, ma mercoledì prossimo parto e quindi vorrei pubblicare ancora un altro capitolo prima di partire :)
Anche questo è un po' di passaggio, ma è comunque importante per 2 motivi.
  • Si rivede un po' la figura di Louis, che nei capitoli precedenti avevo presentato un po' male, e che in questo invece si dimostra molto gentile e anche abbastanza sensibile nei confronti di Bea
  • Harry insiste ancora, e Bea spiega un po' meglio il motivo del suo distacco e il fatto che per Harry, secondo lei, la loro pseudorelazione è solo una caccia, cioè lui la vuole solo perché lei lo ha rifiutato.
Spero che vi piaccia, fatemi sapere che sono super curiosa di ricevere vostri pareri 
:3
Un bacione enorme, love you all

Chiara
Non ci credo, Sara Sampaio (Beatriz) e Harry insieme a New York. I miei bimbi :3
 

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Capitolo 8
*** You've got that kind of look in your eyes, as if no one knows anything about us. ***




Elastic Heart.
 

«Dove porca puttana sono le chiavi di casa?» Borbotta Beatriz tra sé e sé, l’orologio che ha al polso che segna le 16.14 e lei che sarebbe dovuta essere fuori di casa almeno quattordici minuti prima. Gira come una trottola nell’appartamento vuoto, le gambe fasciate da un paio di skinny jeans chiari a vita alta che si muovono velocemente e il viso che si distende in un sorriso sollevato quando finalmente riesce a scovare le “dannatissime chiavi di casa”.
Mentre scende velocemente le scale del palazzo in cui abita, si chiede cosa possa volere da lei Brooke a quell’ora del pomeriggio; le ha mandato un messaggio quella mattina chiedendole di accompagnarlo a fare una cosa importantissima, senza darle ulteriori dettagli, cosa che l’ha irritata notevolmente, considerato il suo carattere incredibilmente curioso. Esce dal portone con una sigaretta già incastrata tra i denti, mentre con le dita lunghe delle mani attorciglia i capelli in uno chignon molto spettinato; appena arriva sulla strada si guarda attorno, alla ricerca di una testa di capelli neri, un giubbotto di jeans e un viso perennemente scazzato. Assottiglia lo sguardo, stupita, quando non lo trova; Brooke non è mai in ritardo, mai, e il fatto che a quattordici minuti dal loro appuntamento non sia ancora sotto casa, la stupisce e la preoccupa.

«Brooke non arriverà.» Harry Styles indossa un beanie azzurro e un cappotto marrone cammello di cui Beatriz si innamora perdutamente e all’istante; nonostante per una volta debba ammettere che sia vestito decentemente, nulla le impedisce di inarcare lo sopracciglia con stupore e lanciargli un’occhiata indispettita.
«Cosa intendi con “Brooke non arriverà”? Gli è successo qualcosa?» Boccheggia, mentre osserva il viso ormai familiare di Harry Styles addolcire l’espressione nel notare la sua preoccupazione.
«No, non gli è successo nulla.» La tranquillizza, mentre inizia ad occhieggiare e a destra e a sinistra, preoccupato di venire riconosciuto da una delle persone che affollano la strada; fortunatamente nessuno sembra prestare grande attenzione a loro due, e lui può nuovamente rivolgere l’attenzione al visetto indispettito di Beatriz. «Semplicemente non arriverà. Gli ho chiesto io di mandarti un messaggio e fingere di dover fare qualcosa di importante insieme a te.» Le spiega lentamente, mentre prendendola delicatamente per un braccio la porta verso la sua macchina. Teme la reazione di Beatriz – quella ragazza è molto simile ad una bomba ad orologeria – e non ci tiene ad avere una sua scenata isterica in mezzo alla strada; può già immaginare i titoli dei giornali del giorno dopo, così con decisione le apre la porta del passeggero e la fa sistemare sul sedile.
«Voi due siete.. siete dei luridi bastardi!» Esclama Beatriz quando anche lui prende posto sul sedile dell’autista; è così sbalordita e sorpresa – dio, proprio non se lo aspettava – che non riesce nemmeno a trovare qualcosa di più intelligente o cattivo da dire.
L’hanno fregata, l’hanno proprio fregata.
«Era l’unico modo per avere la possibilità di uscire con lei, Sua Altezza.» La prende in giro lui, un sorrisetto furbo stampato in faccia che mette in risalto le fossette e gli occhi verdi puntati sulla strada mentre si immette nella circolazione. Beatriz lo squadra indignata – e forse anche un po’ lusingata – mentre si sforza di trovare un insulto che possa abbinarsi a quel ragazzo sfacciato con un’espressione di soddisfazione stampata sul volto in maniera esplicita. La sua ricerca però, fallisce miseramente e così decide di cercare almeno di capire dove diavolo si trova; i finestrini della macchina però, ovviamente, sono completamente oscurati e lei riesce a distinguere davvero poche cose al di fuori di essi.
«Si può sapere almeno dove stiamo andando?» Cede alla fine, rivolgendosi all’Harry Styles più divertito che abbia mai visto.
«No, mi spiace.» Risponde lui, togliendo velocemente lo sguardo dalla strada per lanciarle un’occhiata derisoria e affettuosa al tempo stesso; lei sbuffa, non riuscendo comunque a rimanere completamente immune al suo sorriso raggiante.

Decide di non rivolgergli più la parola per tutto il resto del viaggio, irritata da questo rapimento improvviso e non programmato, e manda un messaggio a quel traditore di Brooke; digita un semplice “sei uno stronzo.” e poi invia. E’ sicura che il bastardo capirà immediatamente a cosa si riferisce ed infatti, dopo qualche minuto, il suo cellulare si illumina e la risposta di Brooke compare nella loro conversazione di Whatsapp.

 

“Prova a dargli una chance. Sta davvero provando a piacerti.”

La macchina di Harry Styles profuma di buono, ha i sedili posteriori pieni di briciole di patatine, una bottiglietta di acqua ammaccata e vuota tra i suoi piedi ed è sicuramente la più costosa su cui Beatriz sia mai salita; le verrebbe da chiedergli come ci si sente ad avere solo ventun anni ed essere una delle popstar più famoso al mondo. Come ci si sente ad avere più soldi di quelli che si sarebbero mai immaginati da bambini, a non dover preoccuparsi dell’affitto a fine mese o di usare le ultime due sterline in un caffè di Starbucks? Come ci si sente a girare perennemente in macchine del genere, a vedere città di tutto il mondo senza nemmeno dover pagare e a viaggiare così tanto che non ci si ricorda nemmeno di che colore sono le piastrelle della propria cucina, l’asciugamano in bagno o in quale cassetto tieni i biscotti?
E’ curiosa, è curiosa da matti, perché più vede, osserva, esce e parla con Harry Styles più non lo capisce, più lui rimane un mistero per lei; è davvero così gentile come sembra, così menefreghista e in pace con sé stesso come appare o è tutta una montatura per fare qualche soldo in più? Ha davvero questo interesse esagerato per le persone, che lo porta a fare domande su domande a chiunque gli capiti a tiro e poi ad ascoltare la risposta con interesse sincero? Si sente mai in colpa per tutto quello che ha, tutte le cose effimere che lo circondano – case, soldi, macchine, ragazze – e che altri solo sognano? Si sente mai solo, ma solo per davvero?

«Bea?» Harry la richiama usando il suo nomignolo, e lei sorride nel sentire come la “e” del suo nome assomigli sempre ad una “i”, quando è lui a pronunciarla. «Siamo arrivati.» Annuncia con un sorriso allegro e un po’ incuriosito. Come al solito, vorrebbe avere la capacità di entrare nella testa di Beatriz e cercare di capire a cosa stesse pensando fino a qualche secondo prima, con le labbra arricciate e gli occhi pensierosi.
«Dove siamo?» Beatriz si guarda attorno curiosa, mentre scende dalla macchina aiutata da una mano di Harry; sono in una delle migliaia di stradine laterali di Londra, all’angolo c’è un piccolo pub – ma dai? – e un paio di ragazzi stanno provando a fare un’evoluzione con lo skateboard su un muretto.
Harry non le risponde, si limita a lanciarle un sorrisetto furbo e a stringerle un po’ di più la mano, mentre la trascina verso l’altro lato della strada; pochi secondi dopo, entrano in un negozio piccolo, con le pareti nere ricoperte di disegni e un tavolino di legno traballante in un angolo. E’ il negozio di tatuaggi più piccolo che Beatriz abbia mai visto, eppure le dà subito l’impressione di essere accogliente; trasuda amore e passione da ogni – minuscolo – angolo, con i disegni appesi con attenzione e un vaso di fiori rossi sul tavolino.
«Che ci facciamo qui?» Dopo la sua attenta perlustrazione rivolge di nuovo il suo sguardo verde ad Harry, che la fissa con il solito sorriso allegro.
«Ora lo vedi.» Risponde lui criptico, le fossette che indicano il suo divertimento e la mano che ancora non lascia la sua; Beatriz vorrebbe mantenere le distanze, ma sta davvero morendo dalla curiosità, e lui l’ha stupita al punto che non riesce a concentrarsi su quale sia il problema delle loro mani unite.

«Ciao popstar!» Un ragazzo di circa 30 anni esce da una porta laterale e fa il suo ingresso nella stanza, rivolgendo un caloroso sorriso ad Harry e un’occhiata maliziosa in direzione di Beatriz. «Sei in ritardo di un quarto d’ora, ma dal momento che hai portato questa meravigliosa creatura insieme a te, penso che ti perdonerò.» Beatriz sorride smagliante al ragazzo, sentendosi completamente nel suo, sotto quello sguardo ammirato.
«Sono solo dieci minuti, Trev.» Protesta Harry, togliendosi il beanie e la giacca e posandola su una sedia che Beatriz non aveva notato. «E lei è Beatriz.»
«Io sono Trev, molto piacere.» Beatriz gli sorride di nuovo, mentre gli stringe la mano e spiega che sì, in realtà è spagnola e no, non è la nuova fidanzata di Harry. Trev già le piace, perché ha un accento tipicamente londinese che lo rende incredibilmente simpatico e una maglietta con dei polpi rosa che la fanno sorridere; sembra uno che non si prende molto sul serio e, pensandoci, è perfetto per essere amico di Harry. «Venite pure di là, è già tutto pronto!» 
Trev si dirige nuovamente verso la porta da cui è uscito qualche minuto prima ed Harry, dopo aver preso la mano di Beatriz e averle rivolto un sorriso raggiante, lo segue con passo sicuro, muovendosi in quello studio incasinato con una sicurezza che presuppone che i migliaia di tatuaggi sparsi sul suo corpo siano stati fatti – almeno in parte – proprio lì. Lei muore dalla voglia di chiederli cosa ha in mente di tatuarsi, ma il sorrisetto enigmatico che lui le dedica quando si sdraia sul lettino, le fa capire che no, anche questa volta non ha alcuna intenzione di placare la sua curiosità; Beatriz sbuffa, e gli lancia un’occhiata di sbieco mentre si sistema sullo sgabello che Trev ha portato per lei. Oltre le spalle del tatuatore, riesce a scorgere il punto in cui Harry vuole essere tatuato e poco altro; solo il lembo della maglietta alzato a scoprire il fianco, le mani esperte di Trev che spalmano la crema sulla pelle e il rumore della macchinetta che invade lo studio. Trev è uno di quelli che parlano molto, mentre lavorano, e non chiude nemmeno per un secondo la bocca; Beatriz è sempre più divertita da lui, dalle sue battute sulle spagnole che ha conosciuto in precedenza e sul modo affettuoso e un po’ scontroso che ha di rivolgersi ad Harry. Il riccio, dal canto suo, non batte ciglio mentre la sua pelle viene toccata dall’ago, e conversa animatamente con il tatuatore, ridendo all’espressione curiosa di Beatriz che, diavolo, è curiosa da morire.
Finalmente, dopo venti minuti di tentativi di sbirciare oltre le spalle di Trev e fallimenti miserabili, il tatuatore si alza dalla sua postazione e stiracchia le braccia, lasciando libero campo a Beatriz; lei saltella verso il lettino su cui è sdraiato Harry, prima che lui possa ricoprire il nuovo tatuaggio con la maglietta, e i suoi occhi si spalancano per lo stupore. Credeva che l’immagine scelta da Harry fosse un altro animale disgustoso, una donna nuda o un qualche disegno tamarro e un po’ inquietante; invece, sul fianco bianco del ragazzo, a lettere brillanti, chiare e leggermente arrossate, campeggiano tre scritte, una sotto l’altra che rispondono ai quesiti che Beatriz si è posta un’oretta prima in macchina.

Who I am.
Famous.
Nice

Alza il viso lentamente, cercando di metabolizzare il fatto che Harry sia, effettivamente e senza alcun dubbio, la persona più sorprendente che abbia mai conosciuto; lui la guarda con degli occhi sorridenti, cercando di decifrare la sua espressione.
«Vieni, vado a pagare e poi ti riporto a casa.» Con un gesto veloce tira giù la maglietta, scende dal lettino e si dirige verso Trev che, seduto al tavolino nella sala di ingresso, sta scarabocchiando qualcosa su un nuovo foglio. Accoglie i soldi che Harry gli sta porgendo con un sorriso divertito e un «quando la smetterai di cercare di pagarmi a tutti i costi!» e un segno di diniego. Harry scuote la testa e gli mormora qualcosa con una voce così bassa che Beatriz non riesce a distinguere nemmeno una parola; Trev sorride, il volto da duro stravolto dall’affetto, ma comunque tiene le mani chiuse in un pugno, rifiutandosi di accettare i suoi soldi. Harry sbuffa, lo saluta con un “ciao” allegro e gli lascia le banconote sulla scrivania; prima che Trev possa protestare in qualsiasi modo, sono già usciti dallo studio e diretti verso la macchina. Una volta seduti all’interno dell’abitacolo, Harry mette in moto velocemente la macchina, sgommando con le ruote posteriori e cercando di immettersi nel traffico il più velocemente possibile. Con la coda dell’occhio scorge un’espressione di puro terrore prendere campo sul viso di Beatriz e, stupito da un’emozione che non pensava appartenesse a quella ragazza spavalda e sicura di sé, le rivolge un sorriso dolce.
«Scusa per la velocità, ma non escludo che Trev ci stia seguendo, in questo momento, per ridarmi indietro i miei soldi.» Spiega, mentre le lancia un’altra occhiata di sbieco; la nota trattenere il fiato e rispondere solo con un semplice movimento del capo alla sua affermazione. Nessuna parola, nessun sorrisetto malizioso, niente di niente. Solo un colorito pallido che si è preso possesso del suo corpo e le mani che giocherellano nervosamente con la zip della sua giacca.  Nel vederla in quelle condizioni, Harry decide all’istante che okay, forse non è proprio così importante seminare Trev ed evitare di farsi indietro i soldi; rallenta piano e dolcemente, non smettendo un secondo di intervallare occhiate alla strada a sguardi nella direzione di Beatriz. Lei sospira piano, mentre sente la velocità abbassarsi, e smette perfino di giocare con la cerniera della giacca.
«Mi piace molto, il tuo tatuaggio.» Riesce a dire alla fine, il paesaggio fuori dal finestrino che si fa molto più delineato adesso che la velocità è diminuita notevolmente; sente perfino la pelle riprendere il colorito normale e il cuore tornare a battere ad un ritmo quasi umano.
«Ti ringrazio.» Lui le sorride ancora, felice di risentirla a suo agio come l’ha sempre vista. «La gente tende a classificarmi sempre come famoso, a presentarmi come quello famoso ed è una cosa che.. mi fa incazzare da matti. Perché quando conosco una nuova persona e sono gentile con lei, la prima cosa che tutti pensano è che io sia famoso e non semplicemente che io sia, effettivamente, un ragazzo simpatico, gentile e carino? Mi fa incazzare da morire, sta cosa.»
Beatriz osserva il viso di Harry indurirsi in un’espressione irritata, mentre spiega ciò che lei già aveva capito; accoglie le sue parole con un sorriso, pensando che a sua madre piacerebbe, quel ragazzo gentile ed educato che si arrabbia se ciò non gli viene riconosciuto. Piacerebbe anche ad Andres, se solo avessero la possibilità di conoscersi; adorerebbe le sue fasce in mezzo ai capelli, gli stivaletti consumati e il modo di fare alla mano, tranquillo.
«Tutto bene?» Harry nota di nuovo il suo volto adombrarsi di un’ombra scura che le oscura il verde degli occhi e le spinge gli angoli della bocca in giù.
«Sì, scusami..» Risponde lei, distendendo la fronte precedentemente aggrottata e rivolgendogli un grande sorriso. «A volte mi capita di pensare a Barcellona, e a quello che ho lasciato lì.» Spiega, aprendosi molto più di quello che avrebbe mai pensato.
Il fatto è che si è resa conto che Harry non è così male quando non cerca a tutti i costi di ottenere un altro appuntamento con lei ma si limita ad essere se stesso.
«Da quanto tempo non ci torni?» Harry la capisce, la capisce benissimo. Ogni tanto, mentre è su un aereo in volo sopra all’ennesima città che non avrà la possibilità di visitare come vorrebbe, diretto su un palco che lo fa sentire felice e piccolo come non mai, anche a lui viene da pensare ad Holmes Chapel e alla sua vita di prima. Conosce la stretta allo stomaco che quei pensieri provocano, e sa il dolore che si prova.
«Non vedo la Spagna da poco più di un anno.» La risposta è quasi sussurrata, il viso e gli occhi rivolti verso la strada di fronte a lei, ma la mente persa in chissà quali pensieri; Barcellona non le è mai mancata come in quel momento.
«E non ti viene mai voglia di ritornarci, di vedere cosa è cambiato e cosa è rimasto?»  Harry è stupito, perché vorrebbe chiederle cosa la trattiene, cosa la tiene lontana dal suo Paese, dalla sua città, cosa la costringe ad essere un esule. Parcheggia la macchina in doppia fila, di fronte al palazzo in cui abita Beatriz e che Brooke gli ha indicato qualche ora prima; se pensa ai casini che ha fatto per riuscire a trovare il numero dell’amico di Bea, gli viene da sorridere di se stesso.

Beatriz trattiene il respiro perché – diavolo! – se ha voglia di tornare nella sua città, di fare una passeggiata sulla Rambla piena di turisti e di sedersi ai piedi della statua di Cristoforo Colombo; muore dalla voglia di infilarsi in uno dei negozietti vintage del Barrio Gotico e di ridere dei ragazzini che rubano il Wifi davanti al negozio della Apple. Muore dalla voglia di parlare la sua lingua, di sentirsi parte di una città meravigliosa, di vedere spuntare ad ogni passo un palazzo costruito da Gaudì e di poter affermare con tranquillità e fierezza che sì, lo sa dove si trova Placa de Espanya, perché lei è di Barcellona.
Sospira piano, posizionandosi la borsa su una spalla e tirando già fuori le chiavi di casa. Poi rivolge la sua piena attenzione ad Harry, alla sua espressione interessata e curiosa e alla sua domanda che l’ha un po’ spiazzata.
«Muoio dalla voglia, sì. Ma volte la paura di vedere cosa è cambiato, impedisce di gioire per ciò che invece è rimasto.» Lo guarda negli occhi e anche se la sua frase è quantomeno enigmatica, sa che se c’è una persona che può capirla, è lui. «Grazie per la giornata, mi sono divertita.»
E poi, con un ultimo sorriso e bacio sulla guancia – si può essere maliziosi anche con uno stupido bacio sulla guancia? si chiede Harry – esce dalla macchina e poco dopo sparisce dalla sua visuale.
Harry scuote la testa, sorridendo tra sé e sé, sicuro di un’unica cosa; Beatriz è molto più di quello che vuole fare vedere.


 


Hola guapas!
Spero che le vostre vacanze stiano procedendo al meglio :)
Io sono immersa nei preparativi, stasera parto con il mio ragazzo, faremo un road-trip ed io sono la bimba più felice del mondo :)
Anyway, questo è il nuovo capitolo, ed io ci tengo parecchio per diversi motivi:
  • Harry smette di usare mezzucci da adolescente .-chiamate, messaggi - e decide di passare all'azione, "rapendo" Bea :3
  • Chiunque mi conosca sa della mia passione/ossessione per tatuaggi e tatuatori, quindi non potevo non piazzarcene uno anche in questa storia, spero abbiate gradito (il discorso che Harry fa a Bea per spiegarle il motivo del tatuaggio è in parte estrapolato da una frase che Harry Styles dice in "This is us" in merito all'essere famoso)
  • La parte finale, il discorso tra Harry e Beatriz e ciò che lei dice a proposito della sua città e del motivo della sua lontananza forzata :)
Bene, spero abbiate apprezzato il capitolo, purtroppo non ho avuto tempo per correggerlo e spero non ci siano troppi errori o incongruenze, nel caso scusatemi :3
Tornerò la settimana prossima ma dopo due giorni riparto, perciò non sono sicura di riuscire ad aggiornare, prometto che farò il possibile!
Un bacione, grazie di tutto
Chiara

 

 
Chiedo umilmente perdono per la vostra autostima :3

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Capitolo 9
*** Your smile could light up New York city after dark. ***




Elastic Heart.
 

Beatriz attraversa la strada velocemente, rischiando come al solito di essere messa sotto da almeno tre macchine perché, diavolo, non riesce ancora a ricordare che, in Inghilterra, tutto funziona al contrario, perfino la circolazione, e così guarda sempre dalla parte sbagliata della strada. Sono le sei del pomeriggio e il cielo – fino a qualche minuto prima coperto da un banco di nuvole bianche – si sta piano piano oscurando, lasciando come sempre perplessa Beatriz che, a distanza di un anno, non riesce ancora a capacitarsi dell’incredibile brevità delle giornate londinesi.
Si stringe nella giacca di camoscio marrone che ha indossato prima di uscire di casa, perché insieme alla sera arriva anche un vento fastidioso, che si infiltra al di sotto dei vestiti e ti entra nelle ossa, e lei lo sa bene; ci combatte dal primo giorno in cui ha messo piede a Londra, e ancora non è riuscita a trovare un modo per scongiurarne la presenza. Sorride, rasserenata, pensando che fra soli dieci minuti sarà all’Elephant, e, con un po’ di fortuna, Brice avrà acceso il riscaldamento e Cherry le avrà preparato una cioccolata calda; loro sono londinesi fino al midollo, perciò sono in grado di uscire in maniche corte anche con 5 gradi, ma – fortunatamente – le vogliono troppo bene per lasciare morire di freddo la loro espanolita preferita.
Con questa prospettiva in mente, affretta il passo, cercando di non immergere i suoi nuovi stivali neri in una delle numerosissime pozzanghere che costellano il suo cammino; addosso ha un paio di skinny jeans a vita alta e un maglione bordeaux largo che ha comprato molti anni prima durante un viaggio a Parigi. Quel maglione è l’unico ricordo positivo che ha di quella città, che, per il resto, ha odiato con tutta se stessa fin dal primo momento in cui è scesa dall’aereo e vi ha messo piede.

L’Elephant Bar, con tutte le luci accese  e la porta principale appena riverniciata di un verde brillante, le sembra un rifugio sicuro e, scorgendone da distante l’insegna che Cherry ha disegnato qualche mese prima, sente un familiare calore cospargersi per tutto il suo corpo. Sa che non è un granché, riconosce che si tratta solo di uno stupido pub, uguale ad altri cento, in quella città, ma ogni volta che lo vede, ogni volta che individua il piccolo elefantino disegnato sulla porta, o le finestre leggermente impolverate, non riesce a fare a meno di sentire quello strano magone che la tormenta sempre attenuarsi un po’.
In poche falcate raggiunge il locale e pochi secondi dopo fa il suo ingresso nel suo meraviglioso pub; come si era immaginata, Brice ha acceso i caloriferi e un soffice e confortevole calore rende la stanza ancora più accogliente del solito, ai suoi occhi.

«Grazie Brice. Stavo morendo di freddo, là fuori.» Gli rivolge un sorriso caloroso, mentre, con lo sguardo fisso sulle sue mani e un’espressione corrucciata, cerca di disincastrare la sciarpa dal suo collo e dall’aggancio della sua borsa. Brice, in cambio, le dedica un sorriso un po’ impacciato, perché uno scontroso come lui viene privato di tutte le sue armi, davanti al sorriso aperto di Beatriz e al suo grazie con la s finale chiaramente andalusa.
«Ci sono più di dodici gradi, Bea! Come fai ad avere freddo?» Luke si diverte sempre a prenderla in giro sul suo essere incredibilmente freddolosa, è forse l’unico argomento sul quale si sente abbastanza coraggioso per provocarla. Fino a quando, come al solito, Beatriz non lo smonta, con il suo carico di malizia, bellezza, ed ironia in grado di stendere chiunque, figuriamoci lui che ha una irrimediabile cotta per lei da un anno intero.
«Vuoi riscaldarmi te, Luke?» Dice infatti Bea, sorridendogli maliziosamente mentre si toglie il cappotto e lo getta su una sedia poco distante da loro; Luke arrossisce di botto e abbassa lo sguardo perché, cazzo sì, vorrebbe davvero riscaldarla lui, soprattutto se lei lo guarda negli occhi con tanta sfrontatezza e con quel sorriso aperto. Imbarazzato, inizia a pulire con uno strofinaccio il bancone, benché lo abbia pulito pochi minuti prima, e si concentra su una macchiolina che probabilmente è lì da anni e sempre ci rimarrà.
«Abbiamo ospiti, comunque.» Borbotta poi, ben deciso ad allontanare l’attenzione da sé, indicando con la mano che tiene lo strofinaccio un punto indefinito all’interno del locale.
Beatriz, curiosa, fa qualche passo in avanti, mentre si allaccia il grembiule, cercando di individuare chi siano “gli ospiti” e sorride, quando lo capisce. Zayn Malik è in piedi, di fronte a Cherry e la guarda con l’espressione più dolce che Beatriz abbia mai visto, mentre con le dita le accarezza la guancia destra con tenerezza; Cherry è appoggiata con la schiena al bancone, tiene una mano ben ferma sul fianco del suo ragazzo, e ricambia lo sguardo con la stessa intensità, un rossore mai visto prima che invece questa volta è ben visibile sulle sue guance. Non si dicono nulla, ma sembrano immersi in un magico mondo fatto di sguardi, piccoli contatti, e un grandissimo ed evidente amore; Beatriz sarebbe davvero curiosa di sapere cosa si stiano dicendo, in quel linguaggio silenzioso, ma la scena è troppo intima perfino per lei, e non si sente di rovinarla con il suo arrivo. Così, distoglie velocemente lo sguardo, facendolo vagare sul resto del locale; la maggior parte dei tavolini sono vuoti e perfettamente puliti – quella è l’ora in cui la gente torna a casa dal lavoro, ed è difficile che qualcuno si rifugi all’Elephant – fatta eccezione per uno, posto in un angolo e con una sedia verde che cattura subito l’attenzione, occupato da un ragazzo che dà da loro le spalle.
Beatriz non ha bisogno di vederlo in faccia per capire chi è, perché i suoi capelli lunghi e ancora più disordinati del solito e gli stivaletti marroni e leggermente rovinati in punta sono inequivocabili. Inarca il sopracciglio in un gesto di sorpresa, perché tutto si aspettava tranne trovarsi Harry Styles sul posto di lavoro, dopo due settimane di totale scomparsa da parte del ragazzo.

«Mi segui, Styles?» Gli si pone di fronte con curiosità, lei ancora in piedi e vestita di tutto punto e lui seduto comodamente con di fronte un libro, una ridicola camicia con qualche strano disegno sopra e i primi tre bottoni slacciati come sempre.
«Forse.» Harry le rivolge un sorriso divertito, mentre chiude il libro e lo mette da parte, indicandole la sedia accanto a lui e invitandola a sedersi; Beatriz si trattiene dal fargli notare che, in qualità di cameriera, sarebbe lei a doverlo invitare ad accomodarsi, ma comunque rimane in piedi, orgogliosa fino al midollo, rifiutando il suo invito con un pizzico di divertimento. Lui accoglie la sua presa di posizione con un sorriso divertito, perché Beatriz Iniego è una delle persone più esilaranti che conosca, e scuote la testa prima di ricominciare a parlare.
«Tutto bene? Ti vedo stanco.» Gli chiede perché okay, lei è sempre stata un’osservatrice abbastanza attenta, ma non ci vuole molto a capire che Harry avrebbe davvero bisogno di un letto o, in alternativa, di una bella dose di caffeina. I suoi occhi un po’ meno luccicanti del solito, le pesanti ombre scure sotto di essi, le mani che corrono spesso a stropicciarsi il viso nel tentativo di mantenersi sveglio urlano “stanchezza” da tutte le parti e lo rendono quasi tenero.
«Lo sono, in effetti.» Conferma lui, non mancando comunque di rivolgerle un sorriso gentile, perché forse è la prima volta che Beatriz gli rivolge una domanda personale e questa, anche se piccola, è una bella conquista. « Fra due ore dobbiamo essere a Stansted e prendere un volo per Parigi. Domani inizia la seconda parte del tour, Zayn è passato a salutare Cherry e così io ho pensato di fare un salto e salutare te.»
Beatriz inarca le sopracciglia, nel tentativo di capire dove voglia arrivare il ragazzo con quel discorso e mormora un «okay.» carico di curiosità; è ovvio che Zayn sia venuto a salutare Cherry, le loro mani vicine e gli occhi incatenati non hanno bisogno di spiegazioni. Quello che Beatriz non si spiega, invece, è cosa ci faccia esattamente Harry Styles lì.
«Staremo via per tre settimane, e in questi ultimi giorni mi è capitato di pensare a quello che ci siamo detti l’ultima volta che ci siamo visti.» Continua Harry, la voce resa ancora più strascicata dalla stanchezza che lo pervade; sono due settimane che non si fermano un attimo, tra interviste, prove e preparativi per la partenza e il ritorno a casa non gli è mai sembrato così faticoso. Dio solo sa quanto desidera un letto, in questo momento, eppure si sforza di mantenere lo sguardo fisso sul visetto pimpante e un po’ infreddolito di Beatriz. Lei, ancora vagamente confusa, ripete un «okay.» sempre meno convinto, perché davvero, non sa cosa dovrebbe aspettarsi da quella conversazione.
«Così, sono passato per lasciarti questa.
» Dice lui, tirando fuori dalla tasca dietro dei suo skinny jeans neri una busta bianca su cui, con una calligrafia elegante, è scritto un “Per Beatriz” che la incuriosisce fino all’inverosimile.
«Cosa è?>> Chiede lei, afferrandola con le sue dita lunghe e smaltate di rosso e portandosela subito davanti al volto; Harry ferma il suo tentativo di aprirla con una mano, stringendole leggermente il polso e attirando di nuovo la sua attenzione su di sé.
«Ti chiederei di leggerla solo il 27 sera.» Il suo viso è una maschera di serietà, mentre le fa questa richiesta, e riesce a non muovere un muscolo nemmeno di fronte allo stupore assoluto che si dipinge sul volto di Beatriz, né davanti alle sue proteste trattenute. «Sappi che puoi scegliere cosa fare del.. del contenuto della busta, non sei obbligata in nessun modo ad accettarlo. Spero solo di averti fatto un piacere.»
Beatriz sente di avere i lineamenti del viso stravolti dallo stupore, perché non c’è niente, niente di più strano di ricevere una busta da Harry Styles, contenente chissà cosa, con l’assurda richiesta di non aprirla prima di dodici giorni.
«Pensi che potresti promettermelo?» Harry si è alzato in piedi, nel frattempo, e la fronteggia con i suoi dieci centimetri in più che non sono mai stati evidenti come in quel momento; i suoi occhi verdi adesso sono privi di qualsiasi segno di stanchezza che precedentemente avevano, e la fissano con una tale intensità e sincerità che Beatriz si trova un po’ spiazzata.
La richiesta di Harry la coglie impreparata, perché dio, muore davvero dalla curiosità di scoprire il contenuto di quella busta bianca che tiene tra le mani e non crede davvero di essere psicologicamente in grado di resistere dodici lunghissimi giorni; dall’altra parte, però, Harry sembra così serio nella sua richiesta, che tanta serietà, tanta intensità richiedono quantomeno una risposta positiva alla sua domanda. Così, consapevole che nei giorni successivi se ne pentirà amaramente al punto da bestemmiare, muove il capo una, due volte in risposta. Il sorriso riconoscente e soddisfatto di Harry appare così all’improvviso, sul suo volto, che sembra ancora più radioso del solito, con le usuali fossette che fanno capolino dalle sue guance e gli occhi che brillano come non mai.

«Grazie, so che ti costerà un po’ di sforzo, ma giuro che ne varrà la pena. O almeno spero.» Si infila il cappotto cammello che aveva già la volta scorsa, e infila il libro nella tasca davanti, non distogliendo mai il suo sguardo smeraldo dal viso – è sempre stata così bella? – ancora leggermente infreddolito di Beatriz. «Allora ci sentiamo nei prossimi giorni, okay?»
E Beatriz davvero non capisce perché quella domanda abbia così tanto il sentore di una promessa, e soprattutto perché lui sia così interessato a lei, al punto di rapirla per un giorno e andarla a trovare sul posto di lavoro per consegnarle quella strana busta. In ogni caso, annuisce di nuovo, iniziando a pensare che forse, il fascino di Harry Styles sta iniziando ad ammaliare anche lei, visto che a malapena riesce a spiccicare parola, completamente sbalordita dai recenti avvenimenti.
«Cerca di non fare troppe stragi di cuori, mentre sono via.» Harry le sorride divertito, mentre le lascia un bacio tra i capelli e le sistema una ciocca dietro l’orecchio; fa qualche passo verso la porta, seguito da uno Zayn dal viso sconsolato per aver dovuto lasciare la sua adorabile fidanzata, prima di venire fermato di nuovo dalla voce squillante di Beatriz.
«Dovrei essere io a dirlo a te!» Esclama, facendo riferimento alla schiera di ragazzine che, a partire dal giorno successivo, saranno sotto al suo palco speranzose di ricevere almeno uno sguardo da lui. Harry scuote la testa con fare divertito, e le rivolge un ultimo sorriso quando lei urla «buon viaggio, comunque!»

Non appena Harry e Zayn spariscono dietro alla porta, Cherry si fionda subito su di lei, seguita da un Luke particolarmente curioso che, continuando a fingere di pulire il bancone, si avvicina sempre di più alle due ragazze per cercare di origliare i loro discorsi.
«Che c’è dentro la busta che ti ha dato?» La incalza subito la ragazza dai capelli rosa, cercando di sbirciare tra le mani di Beatriz, dove giace la busta bianca. Beatriz sorride, mentre ripone velocemente la busta all’interno della sua borsa, promettendosi mentalmente di non toccarla fino al 27 sera.
«Non lo so.» Risponde poi, mentre sorride a due ragazze che fanno ingresso nel locale, probabilmente inconsapevoli di chi avrebbero potuto incontrare, se solo fossero entrate qualche minuto prima. Luke va a prendere le loro ordinazioni, passando loro accanto con le orecchie drizzate pronto a captare ogni loro movimento e respiro. «Mi ha chiesto di non aprirla fino al 27 sera e sì, Cherry, se te lo stai chiedendo, ho intenzione di obbedire.» Afferma, anticipando già la domanda impellente della sua amica, mentre, ricevuto l’ordine da parte di Luke, inizia a fare due caffè per le ragazze che si sono appena sedute.
«Ma Bea! Non muori dalla voglia di sapere cosa c’è dentro?» Protesta Cherry, mettendo su un adorabile broncio che – Beatriz ne è sicura – utilizza ogni qual volta che Zayn le nega qualcosa.
«Certo. Ma glielo ho promesso, e lui sembrava tenerci tanto, così penso che mi tratterrò.» Dice, alzando le spalle in segno di noncuranza, cercando di convincere in primo luogo se stessa, con quelle parole; mette le tazzine piene di caffè fumante su un piattino e si dirige verso il tavolo delle ragazze.
Quando torna al bancone, Cherry è ancora nella stessa posizione in cui l’ha lasciata, e ha un’aria pensierosa stampata sul viso che fa tremare Beatriz; conosce bene quell’espressione e, di solito, non porta nulla di buono. Cherry è una delle persone più intelligenti che la spagnola conosca, dopo Brooke, e quando si decide a mettere in moto quel cervellino dotato che si ritrova, è capace di tirare fuori perle di saggezza degne di quel pensatore indiano di cui Noah divora i libri.

«Harry è strano, quando ci sei tu intorno.» Dichiara poi, puntando lo sguardo sul viso di Beatriz con un misto di curiosità e divertimento, quasi stesse cercando di risolvere un mistero che non la fa rimanere tranquilla.
«Cosa intendi?» Beatriz si appoggia al bordo del bancone, rifacendosi la coda e guardando con un’espressione demoralizzata i suoi stivali neri e nuovi, già rovinati dalla pioggia e dal fango delle strade di Londra.
«E’ meno sicuro di sé, quando sei nei paraggi» Spiega Cherry, continuando a guardarla dritta in faccia, la stessa espressione assorta che ancora non ha abbandonato i suoi lineamenti. «A pensarci bene, anche tu oggi eri meno sicura di te, mentre parlavi con lui.>>
«Se ti riferisci al fatto che non stavo capendo praticamente niente di quello che stava succedendo, allora sì, Chers, ero meno sicura di me.» Beatriz sorride divertita, mentre giocherella con una ciocca di capelli che proprio non ne vuole sapere di stare al suo posto insieme alle altre; nel frattempo, inoltre, cerca di calcolare mentalmente quanto tempo hanno ancora prima che il locale si riempia degli avventori tipici del dopo-cena e decide che sì, ha tutto il tempo di prepararsi un panino con wurstel e maionese e di mangiarselo, prima che l’Elephant diventi un inferno vero e proprio.
«Ah-ah, non mi riferivo a quello, Bea, e lo sai.» Cherry lotta qualche secondo con l’ultimo frammento di smalto che è rimasto attaccato ad un’unghia della mano destra, prima di alzare gli occhi sulla sua collega, un’improvvisa espressione carica di consapevolezza che irradia dal suo viso. «Non è che vi piacete più del normale, voi due?» 
Beatriz scuote la testa, con un’aria profondamente divertita sul volto, mentre si dirige verso il retro del bancone per andare a prepararsi il suo tanto agognato sandwich; Cherry, ignara di tutto e di tutti, continua a scrutarla con un’espressione curiosa, portandola all’esasperazione.
«Chers, io ed Harry non ci piacciamo. Siamo amici.»  Dichiara, mentre impegna tutte le sue forze per far uscire almeno una goccia di maionese dal tubicino che ha trovato abbandonato vicino al lavandino; gioisce internamente e sorride vittoriosa, quando due minuscole macchiette gialle si posano finalmente sul suo panino.
«Mmh, io guarderei il contenuto della busta, prima di dichiarare cose con così tanta sicurezza.»  Pronuncia sibillina Cherry, prima di allontanarsi da lei e mettersi a parlare con Brice, dall’altra parte del locale.
Beatriz la guarda per qualche secondo con la bocca spalancata perché, cristo!, non ci può credere che Cherry sappia cosa ci sia dentro a quella dannatissima busta e perché – ancora cristo! – muore dalla voglia di scoprirlo anche lei, adesso, e fanculo alla promessa che ha fatto ad Harry. A salvarla dal commettere un’azione di cui sicuramente si pentirebbe, c’è una famiglia di turisti italiani, incredibilmente sorridenti e incredibilmente stanchi, che entrano nel pub ed ordinano subito da mangiare; Beatriz schizza verso di loro, rivolgendo un grande sorriso malizioso al ragazzo sui diciotto anni seduto ad un angolo del tavolo, biondino e notevolmente carino, per poi voltarsi verso il resto della famiglia e accontentare le loro richieste.

Dopo cinque ore, apre la porta di casa cercando di fare meno rumore possibile, per evitare di svegliare Noah o Brooke e – sempre silenziosamente – si dirige verso camera sua, buttandosi subito sul letto. Pochi minuti dopo, con ancora i vestiti addosso e il poco trucco che aveva sugli occhi, si addormenta di colpo, felice che quella giornata infinita si sia finalmente conclusa.
La busta è ancora nella borsa, al sicuro.


Ciao bellezzeeee :)
Sono in un ritardo a dir poco imbarazzante, lo so, ma giuro che ho avuto un mare di cose da fare e sono riuscita a caricare questo nuovo capitolo quasi per miracolo. Purtroppo per me le vacanze sono finite per ora, e devo mettermi a studiare per un esame che odio (Informatica :/) e non ho molto tempo per fare altro, perciò Bea e Harry hanno dovuto aspettare un po' più del normale.
Non sono molto soddisfatta di questo capitolo perché non è uscito esattamente come volevo, e non ho avuto tempo di correggerlo (l'ho corretto velocemente in macchina con le mie migliori amiche che cantavano a squarciagola "No church in the wild" perdonatemi gli errori e capitemi, per favore).
E' abbastanza di passaggio, ma spero di avervi un po' incuriosito con la storia della busta misteriosa, e mi piacerebbe moltissimo sapere quali potrebbero essere le vostre ipotesi. Nel prossimo capitolo si capirà tutto :3
Vi mando un bacione one one, spero che le vostre vacanze stiano procedendo al meglio,
All the love as always,
Chiara.


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Capitolo 10
*** It'll be alright, I'll be home tonight. I'm coming back home. ***




Beatriz entra finalmente in casa, lasciandosi andare ad un sospiro di sollievo. Ha passato la mattina all’Elephant, tra cappuccini rovesciati sulla sua meravigliosa maglietta nuova e bagni intasati da cicche e assorbenti, e poi alle tre è andata ad un casting per tentare di diventare il volto della nuova campagna di Forever 21. Inutile dire che al casting c’erano almeno 500 ragazze e che, ovviamente, lei era una delle ultime; la fila, rigorosamente in piedi, per più di cinque ore l’ha stremata, e adesso davvero quasi non riesce a credere di essere arrivata finalmente a casa.
Si toglie la giacca pesante – quella che ha comprato due giorni dopo essere arrivata a Londra – e la appoggia distrattamente all’attaccapanni che Brooke ha montato nell’ingresso, esasperato dall’abitudine delle sue coinquiline di lasciare vestiti sul pavimento o sulle sedie di casa. Dopo essersi tolta le scarpe e averle lanciate in un angolino del corridoio, nella speranza che Brooke non le vedrà mai, zampetta con le sue calze bagnate e bucate verso la cucina, con un’espressione incuriosita sul viso; sa perfettamente che i suoi amici sono in casa, - testimoni della loro presenza sono il pacchetto di sigarette di Brooke sul mobile dell’ingresso e il profumo di Noah nell’appartamento – ed è tremendamente strano che non l’abbiano ancora accolta con urla di gioia, come fanno ogni volta che torna a casa. Lascia le sue impronte bagnate e minuscole – avere il 35 di piede non è comune, per un’aspirante modella – e fa finalmente il suo ingresso in cucina.
Ad aspettarla, ci sono Noelle e Brooke, seduti l’uno accanto all’altra davanti al tavolo di legno pieno di bruciature di sigaretta e briciole del pane tostato che Noah mangia ogni mattina a colazione; i loro visi esprimono una serietà in grado quasi di mettere soggezione a Beatriz, che inarca il sopracciglio con fare interrogativo. Davanti a loro, da un lato, c’è una bottiglia di spumante e una confezione di carta bianca con sopra, a lettere eleganti e corsive, scritto il nome di una pasticceria che Beatriz conosce bene e che, solo al pensiero, le fa venire l’acquolina in bocca. Dall’altro lato, invece, ci sono dei bicchierini da shot – acquisto di cui Brooke e Beatriz vanno particolarmente fieri –, una bottiglia di vodka, una di rhum e una di succo alla pera.
« Ragazzi? E’ normale che io non stia capendo niente di quello che sta succedendo?» Chiede, dopo qualche minuto di silenzio in cui i due si sono limitati a fissarla con degli sguardi seri che, lo deve ammettere, un po’ la inquietano. Si lascia cadere su una sedia di fronte a loro, nel frattempo, e aspetta con pazienza che gli vengano fornite delle delucidazione al riguardo.
« Lo spumante e la torta sono per festeggiare, nel caso ci sia qualcosa da festeggiare. La vodka, il rhum e i bicchierini sono per ubriacarci, nel caso invece ci sia questa necessità» Spiega poi, con una voce carica di ovvietà, Noah, indicando ciò di cui parla con dei gesti veloci delle mani; Beatriz, sempre più confusa, continua a fissarla di rimando, con un’espressione che – ne è sicura – non deve esprimere grande intelligenza. « E’ il 27 sera Bea! Devi aprire la busta!» Trilla ancora Noah in spiegazione, lasciando andare tutta l’eccitazione che, non sa nemmeno lei come, è riuscita a trattenere per tutti quei giorni di attesa. Brooke, accanto a lei, annuisce piano in conferma, sorridendo divertito dall’agitazione di Noah che lui, nemmeno a dirlo, trova adorabile oltre ogni immaginazione.
Beatriz ride, realizzando che sì, è davvero il 27, e lei non solo è riuscita a non aprire quella dannatissima busta prima e a mantenere la promessa fatta ad Harry, ma si stava addirittura dimenticando di aprirla. Ora capisce il messaggio che il riccio le ha mandato quella mattina, in cui le augurava una buona giornata e le chiedeva “ fammi sapere qualcosa, stasera” che lei aveva semplicemente preso per un’altra sua stranezza. Brooke le porge la busta bianca, che dalla sua borsa era passata ad un’anta inutilizzata della cucina, e lei sente un po’ di apprensione prenderle la bocca dello stomaco; maledetto Harry Styles, i suoi modi di fare enigmatici e tutti quei giorni di attesa che non hanno fatto altro che farle aumentare la curiosità e farle supporre milioni di ipotesi su ciò che potrebbe contenere quella dannatissima busta.
Con le mani che le tremano un po’ e gli occhi di Brooke e Noah puntati addosso con una curiosità quasi eccessiva, apre finalmente la busta che ha abitato quasi tutti i suoi pensieri fino a quel momento; la prima cosa che sbuca è un post-it rosa – perché diavolo Harry Styles usa dei post-it rosa? – con su scritto “NON TI INCAZZARE” e, accanto, disegnata una faccina sorridente e un po’ sbilenca che, comunque, la fa sorridere.
Poi, bianchi e leggermente spiegazzati, fuoriescono tre fogli plastificati che – cristo! – Beatriz conosce decisamente bene e che le fanno strabuzzare gli occhi dallo stupore, e dalla paura. Noah e Brooke, di fronte a lei, trattengono il fiato contemporaneamente, e anche i loro occhi quasi escono dalle orbite dallo stupore, mentre pensano entrambi che forse, questa volta, Harry Styles si è spinto un po’ troppo oltre. Infine, tra le mani tremanti di Beatriz e sotto i suoi occhi un po’ lucidi, plana un ultimo foglio di carta, scritto da una calligrafia fitta ed ordinata, che urla “Harry Styles” da ogni parola, virgola e punto.

So che adesso sarai incazzata con me, e ti chiederai che diavolo voglia io da te, ma questo non è il momento per spiegartelo, piccola ed impaziente Beatriz. Ogni cosa troverà il suo momento giusto, fidati di me (se ci riesci).
So solo che ho visto il tuo sguardo malinconico ogni volta che parli della tua città, e io quello sguardo lo conosco; è lo stesso che ho io ogni volta che qualcuno nomina l’Inghilterra ed io non sono lì, ogni volta che sento parlare qualcuno con l’accento tipicamente inglese ed ogni volta che mia mamma mi dice “ti voglio bene”.
Quello sguardo, secondo me, merita di tornare a casa, di riabbracciare la tua città e di mangiarsi una paella come si deve, che qui in Inghilterra non ne trovi una buona neanche a pagarla oro.
Credo di aver capito che c’è qualcosa, non so cosa, che ti allontana dalla tua terra e di cui tu hai una paura matta che non riesci a scacciare; per questo, oltre al tuo biglietto, ce ne sono altri due per Noah e Brooke, perché con loro sarà più semplice rivedere ciò che è rimasto e accettare ciò che invece non c’è più. Se avrai voglia, anche io sarò a Barcellona in questi giorni e potrai scegliere se venire qui e prendermi a schiaffi per la mia invadenza, o mostrarmi un po’ le meraviglie che la tua città offre, oltre a te ovviamente.
In ogni caso, il volo è domani mattina alle 10.30.
Non arrabbiarti troppo,
H.

P.S: Visto che non so quale sia il motivo che ti tiene lontana da Barcellona, ho prenotato anche una stanza d’albergo per te e i tuoi amici, nel caso non avessi voglia di tornare a casa tua.”

Beatriz si accorge che Brooke e Noah si sono alzati e si sono posizionati dietro alle sue spalle solo quando finisce di leggere e, con una lentezza e una calma esasperanti, richiude la lettera e la ripone dentro la busta. I suoi amici si scambiano un’occhiata preoccupata, e poi rivolgono l’attenzione al suo viso imperturbabile, cercando di farsi spazio tra le sue emozioni e capirci qualcosa in più; nessuno dei due sa quale potrebbe essere la reazione di Beatriz ed entrambi, in un modo intimo e totalizzante, la temono. Brooke si allunga leggermente oltre la sua spalla e prende la bottiglia di vodka, versandone una buona dose in uno dei bicchierini, porgendolo poi a Beatriz; lei, sempre senza battere ciglio, chiude gli occhi, inspira un po’ e poi butta giù il liquido in un solo sorso.
Noah ha gli occhioni azzurri che quasi le cadono giù da quanto sono strabuzzati, mentre con voce dolce e rassicurante chiede « Bea? Tutto bene?» e con una mano le accarezza piano i capelli scuri. Lei è come bloccata, e non riesce a formulare nemmeno una frase, e alla fine si limita ad annuire con un cenno d’assenso; sì, sta bene, no, non sta per avere uno dei suoi attacchi di panico, sì, vorrebbe uccidere Harry Styles, no, non sa cosa farsene di quei biglietti aerei con su scritto Barcellona sopra.
« Volete un po’ di torta?»La sua voce, al contrario del suo animo, esce tranquilla e sicura come se dentro di sé non si stesse svolgendo una battaglia senza risparmio di colpi. Brooke e Noah, ancora una volta, si guardano negli occhi con un po’ id incertezza, ma poi annuiscono alla sua domanda, e si precipitano verso l’armadietto nel quale tengono i piatti; la bionda prende le forchettine e ritorna vicino a Beatriz che, scoperta la torta di cioccolata con sopra i pezzettini di fragola, ha iniziato a tagliarla.
Nella sua testa, mille immagini le appannano la vista, tanto che deve concentrarsi davvero per riuscire a tagliare tre fette; vede la Sagrada Familia e i nuovi pezzi che devono aver costruito da quando non torna a casa, vede Barceloneta affollata di turisti che prendono il sole, vede gli occhi scuri di sua mamma e la barba incolta di suo papà, vede il pancione di sua sorella e il figlio che sta per arrivare, vede il bar dove ha lavorato quando era diciassettenne e voleva assolutamente andare al concerto dei Green Day, vede la piazza in cui ha dato il primo bacio, l’appartamentino in soffitta della sua prima volta. Vede Andres, vede i suoi occhi blu come il mare, il suo sorriso sfrontato e capriccioso, le sue mani grandi e bianche, i suoi pantaloni larghi e le braccia magre.

« Voi cosa ne pensate? Cioè, secondo voi cosa dovrei fare?» Beatriz interrompe nuovamente il silenzio, lasciando i suoi amici a bocca aperta perché, davvero, non si è mai visto che la spagnola chieda consiglio sul da farsi, specie su questioni che riguardano i suoi problemi personali. Noah lancia una breve occhiata al viso sorpreso di Brooke, prima di rivolgere di nuovo la sua totale attenzione all’amica e rispondere alla sua domanda con grande serietà.
« Lo so che probabilmente in questo momento vorresti ucciderlo come ti ha suggerito nella lettera ma Bea.. Io penso che Harry non abbia tutti i torti.» Esordisce, fissando Beatriz nei suoi occhi verdi che, mai come in quel momento, affogano nelle incertezze che Harry Styles ha riportato a galla. « Sei lontana da Barcellona, dalla tua famiglia e dalla tua Spagna da troppo tempo e tutti sappiamo quanto ti manchino. Penso.. – vacilla un po’ nel timore di spingersi ancora una volta troppo in là – sì insomma, penso che sia arrivato il momento di affrontare quello da cui stai scappando. Noi saremo con te, e così potrai finalmente andare avanti.» La sua voce è dolce, e sembra accarezzare la pelle del viso di Beatriz che, sotto quel tocco gentile, si rilassa leggermente; si accende una sigaretta, mentre ripensa alle parole della sua migliore amica e corruga la fronte nello sforzo di non piangere.
«Brooke?» La voce è ridotta ad un sussurro, il nome dell’amico che esce dalle sue labbra incerte per sapere anche il suo di parere. Lui avvicina la sedia a lei, e le prende la mano libera dalla sigaretta tra le sue; con il pollice le accarezza il dorso della mano in un gesto così dolce che Beatriz, per la prima volta, riesce a non fare paragoni con qualcos’altro, qualcun altro.
« B., quello che io, Noah o Harry Styles pensiamo non dovrebbe in alcun modo importarti, a mio parere, perché nessuno di noi tre era lì quella sera, e nessuno di noi tre può sapere quello che tu hai provato e quanto sia forte la tua paura di tornare.» Beatriz lo fissa con gli occhi spalancati perché, davvero, non ha mai conosciuto una persona più intelligente di Brooke; tra l’indice e il medio della mano destro, la sigaretta che ha acceso qualche secondo prima si sta consumando da sola, senza che lei la porti alla bocca nemmeno una volta, tanto è concentrata su ciò che Brooke le sta dicendo. « In ogni caso, tu hai chiesto il nostro parere, ed io te lo dirò. – L’attenzione delle due ragazze è completamente catalizzata su di lui, lo sguardo di Beatriz curioso e speranzoso e quello di Noah così adorante e innamorato che, seriamente, è qualcosa di spettacolare. – Io penso che tu abbia bisogno di tornare a Barcellona, e che tu debba affrontare tutto quello che hai lasciato lì un anno fa. Devi cercare di fare pace con il tuo passato, con la Beatriz che ha vissuto lì e che conoscono lì, per poi poter tornare qui a Londra, riuscire a chiamare davvero quella Amber Walls senza cagarti addosso come fai adesso, e vivere davvero. Questa che abbiamo conosciuto noi, non è la vera Bea, e io lo so. Io lo so che la vera Bea non è così egoista, né così superficiale come vuole far credere, ma devi tornare alle tue radici per poterti ritrovare. Lo so io, lo sa Noah e evidentemente lo sa anche Harry Styles, altrimenti non ti avrebbe fatto questo regalo.»
Beatriz ha gli occhioni verdi spalancati mentre, finalmente, avvicina la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone alle labbra e fa un tiro lungo, lo sguardo incerto che passa velocemente dal viso di Brooke a quello di Noah e viceversa. Nei loro lineamenti dolci e carichi di amore, nelle loro parole disinteressate e totalmente rivolte verso il suo bene, trova la risposta alla sua domanda e, alla fine, riesce perfino ad aprirsi in un piccolo sorriso un po’ traballante, ma comunque meraviglioso.

Si alza in piedi con calma, prendendo la busta tra le mani e giocando con un angolo bianco leggermente rovinato; le sembra quasi di sentire il profumo di casa – quel misto di mare, fumo, profumi costosi e frutta – mentre si rigira tra le dita i biglietti dell’aereo.
« A Barcellona fa caldo, ad Aprile.» Dice, poi, gli occhi bassi puntati sul pavimento che non si accorgono dei sorrisi aperti che illuminano il viso di Brooke e Noah. « Ma caldo davvero, non i venti gradi di massima a cui siete abituati qui, quindi portatevi qualcosa di leggero; domani sera si cena con la paella di mia mamma.» 
Poi, con un tremore allo stomaco che non riesce a controllare, lascia la cucina e va in camera sua; adesso che ha deciso, non vede l’ora di rivedere la sua città, la sua famiglia. Ha paura, certo, ma sa che in fondo non può rimandare quel momento per sempre, e che comunque, con lei ci saranno Brooke, Noah, i suoi genitori, Ana. E Harry.
Nei confronti del ragazzo, infatti, non ha ancora capito esattamente quale sentimento provare; è incazzata a morte con lui perché, insomma, uscire insieme qualche volta non gli dà certo il diritto di infilarsi nella sua vita privata come se niente fosse e mandarla in panico come non mai. Dall’altra parte, però, riconosce che gli deve almeno un briciolo di gratitudine, perché se sta preparandosi a tornare in Spagna lo deve solo a lui e alla sua capacità di impicciarsi degli affari degli altri. E’ per questo – perché non ha ancora deciso se sia più forte l’incazzatura o la gratitudine – che non gli scrive alcun messaggio, come invece gli aveva promesso, né risponde alla chiamata che, dopo qualche minuto, riceve.
Al contrario, concentra tutte le sue forze e la sua attenzione sulla valigia da fare, sperando di riuscire a non pensare altro che non siano i vestiti da indossare e le cose da portarsi; con una cura che non ha mai usato, piega i vestitini leggeri che a Londra non è mai riuscita ad indossare e tira fuori i pochi euro che le erano rimasti al momento dell’atterraggio in Inghilterra. Decide anche di non scrivere nulla ai suoi genitori, troppo divertita all’idea di vedere la faccia dei suoi genitori e di Ana a trovarsela sullo zerbino di casa, per preoccuparsi di essere responsabile, una volta ogni tanto. Manda solo un breve messaggio a Cherry per avvisarla della sua imminente solitudine all’Elephant Bar e per spiegarle brevemente il motivo della sua improvvisa partenza; qualcosa, però, le suggerisce che Cherry sappia già tutto e che, in parte, possa aver aiutato Harry a portare a compimento il progetto senza destare troppi sospetti.

Poi, con la valigia color ottanio piena di vestiti, pensieri e paure dritta accanto alla porta e il profumo della sua città già dentro al naso, si sdraia per l’ultima volta nel suo letto londinese.
L’ultima cosa che vede prima di addormentarsi, sono un paio di occhi blu che la scrutano con orgoglio.


Ciao bellezze :)
Che dire, sono leggermente in ritardo, ma giusto un poco, lo so :D
Mi scuso moltissimo, ma quest'ultimo mese ho avuto davvero un milione di cose da fare, tra mini vacanze improvvisate con le mie amiche, il lavoro che chiamava e un esame di informatica orribile da preparare; finalmente, però, sono riuscita a trovare un piccolo momento per aggiornare, e sono davvero davvero contenta.
Sono felice di annunciarvi che come molte di voi avevano ipotizzato, il contenuto della busta sono proprio dei biglietti per Barcellona; questo significa che nel prossimo capitolo Barca sarà la protagonista indiscussa, ed io non vedo l'ora di farvelo leggere e farvi innamorare di quella città come ho fatto io.
Grazie mille per avermi fatto compagnia quest'estate, giuro che ora che ricomincia la solita routine cercherò di aggiornare più regolarmente, intanto auguruo un buon inizio scuola/università/lavoro a tutte :3
Un bacione,
Chiara
p.s ho pubblicato una os su Louis a cui tengo moltissimo, vi lascio il link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3253685&i=1
 


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Capitolo 11
*** I'll make this feel like home. ***


Elastic Heart.


«Cristo, Bea, sembra di stare ai Caraibi!» Noah mette su un finto broncio mentre, sotto gli occhi vigili e attenti di Brooke, si sfila il maglioncino di cotone che aveva addosso e rimane con una semplice canottiera nera. Beatriz sorride e scuote piano la testa, auto imponendosi di non ricordarle – per l’ennesima volta – che lei aveva sottolineato la temperatura eccessiva della sua città natale, almeno un migliaio di volte.

Sono a Barcellona da poco più di venti minuti, e lei si sente già diversa.
E’ stato così bello poter parlare in spagnolo di nuovo, tanto che ha cercato di attaccare bottone con chiunque le capitasse a tiro, con grande gioia degli stewart dell’aereo. Ora sono sul taxi, diretti verso l’albergo che Harry le ha indicato nella fatidica lettera, e lei non riesce nemmeno a guardare fuori dal finestrino; non sa cosa potrebbero provare i suoi occhi, nell’incontrare quel cielo azzurro e senza nuvole che lei, senza nemmeno aver bisogno di dare un’occhiata, sa che c’è. Brooke e Noah le tengono la mano forte, mentre i loro sguardi si poggiano su ogni cosa appaia al di fuori del loro finestrino; sorridono, nel ritrovare ogni cosa descritta da Beatriz, e nel comprendere e assaporare finalmente tutti gli odori, i rumori e le facce di cui lei aveva sempre parlato. Alla fine, dopo ventotto minuti di viaggio in taxi e quasi duecento sobbalzamenti di Beatriz, l’automobile si ferma in una via affollata del centro, Carrer de Les Escudellers, di fronte ad un albergo elegante su cui, ovviamente, la spagnola è costretta a posare lo sguardo. Mentre con un “Gracias” sussurrato ringrazia e paga il tassista e prende le valige dal bagagliaio, deglutisce a fatica, percependo già le goccioline di sudore formarsi per la tensione sulla sua fronte; quella via del centro è una delle più trafficate, essendo incredibilmente vicina alla Rambla, e per lei sarebbe una gioia immensa rivederla, se solo i ricordi la lasciassero in pace. La sua mente e i suoi occhi volano all’edificio bianco qualche metro più avanti, e in particolare alle finestre verdi del quarto piano, quelle dalle quali si divertiva a guardare il mondo passare per le strade di Barcellona; ricorda tutte le volte che si era seduto sulle scale di quello stesso albergo elegante nel quale ora sta per entrare, ad aspettare che Andres scendesse da casa sua, con quel suo passo dinoccolato e con le mani già in movimento a rollare una sigaretta che poi avrebbero condiviso.

«Tutto bene, B.?» Gli occhi chiari e attenti di Noah squadrano il suo viso con affetto, gli occhiali scuri ben sistemati sulla testa per permettere ai loro sguardi di incrociarsi senza alcun impedimento. Beatriz sente di riuscire a respirare un po’ meglio, ora che si è ricordata della presenza dei suoi amici al suo fianco, e annuisce piano riprendendo a camminare ed entrando nell’albergo.
L’atrio è grande  ed incredibilmente lussuoso, come sottolinea Brooke, – cristo Bea, mi sembra quasi di essere ricco! – e i tre ragazzi sono piacevolmente sorpresi dall’aria condizionata che li accoglie non appena vi mettono piede. Beatriz si sta dirigendo a passo deciso verso il banco della reception quando, con la coda dell’occhio, coglie un movimento veloce alla sua destra e, pochi secondi dopo, Harry Styles si è alzato da una delle poltrone dell’ingresso e si è posizionato davanti  a lei.
La squadra con degli occhi attenti, la fronte aggrottata e le mani che sembrano non trovare una posizione giusta; il suo viso è serio, mentre il suo sguardo si posa su ogni centimetro della sua pelle e cerca di capire quale sia lo stato d’animo della ragazza.

«Sei venuta.» Constata poi, facendo sorridere con aria di divertimento Noah perché, sul serio, non aveva un’uscita più intelligente da fare?
«Così sembra.» Anche la voce di Beatriz esprime una lieve traccia di divertimento, anche se il suo sguardo rimane serio, a soppesare ogni movimento del ragazzo che le si trova di fronte; non ha ancora deciso come deve sentirsi nei confronti di Harry Styles, e sta cerando di capire come il suo corpo e la sua mente reagiscono alla sua presenza. «Avevi dei dubbi? »
Harry sorride tra sé e sé, facendo spuntare le fossette agli angoli della bocca e passandosi una mano sulla guancia in un gesto sorpreso, ‘che non si aspettava di dover iniziare già la battaglia di parole che intraprende ogniqualvolta ci sia una conversazione tra lui e Beatriz. Poi, posando di nuovo gli occhi sul viso di lei, borbotta un «Ho sempre dei dubbi, quando si parla di te.» che fa aggrottare la fronte di Beatriz in segno di confusione.  Noah e Brooke, dietro di loro, si godono la scena con dei sorrisetti maliziosi stampati sui loro bei visi, scambiandosi qualche occhiatina complice di tanto in tanto; poi, Harry fa un passo verso destra, distogliendo la sua totale attenzione da Beatriz e rivolgendone una parte ai suoi amici, riservando loro un sorriso riconoscente, consapevole del ruolo che devono aver giocato nella decisione della spagnola.
«Ho prenotato una camera al mio stesso piano per voi due, ragazze.- Rivolge un veloce sguardo a Beatriz ed inciampa nei suoi occhi verdi, prima di dedicarsi a Noah. – Mentre, Brooke, se per te non è un problema, ho pensato che potresti dormire in camera mia. Ho un letto in più, dato che Liam è qui con Sophia, e la nostra camera sarebbe proprio di fronte a quella delle ragazze.» Beatriz coglie una stanchezza disumana, nella sua voce strascicata, che riscontra anche nei suoi capelli raccolti malamente e negli occhi un po’ meno brillanti del solito; gli rivolge un sorriso veloce, ringraziandolo mentalmente per averla tolta dall’imbarazzo di condividere una camera insieme a Brooke e Noah.
Brooke, con un sorriso altrettanto riconoscente – perché, insomma, non sa se sarebbe riuscito a sopravvivere in camera con una Noah che dorme in mutande e passa il tempo a parlare di quanto siano fighi i ragazzi spagnoli - , riprende in mano la sua valigia ed inizia a seguire Harry e Beatriz, che già si sono avviati verso gli ascensori.

«La tua famiglia sa che sei qui?» Harry è incerto, mentre pronuncia quella domanda, apparentemente innocua; in fondo non ha idea di cosa tenga Beatriz lontano da Barcellona, e teme di spingersi troppo oltre. Entrano dentro all’ascensore e lui cerca di mascherare la sua incertezza accarezzando lentamente la schiena della ragazza, lasciata scoperta da una maglietta che lui, ne è certo, sognerà per tutta la notte.
«No, in realtà no. Vorrei fare una sorpresa, questa sera.» Il sorriso che si apre sul viso di Beatriz lo tranquillizza notevolmente, e rassicura la sua mano al punto da continuare a passarla sulla pelle morbida di Beatriz. Lei si limita a lanciarle un’occhiata maliziosa, ma non protesta e si lascia accarezzare senza alcuna lamentela, evento più unico che raro. «Penso che mia mamma piangerà, o qualcosa del genere.» Harry la guarda con interesse, mentre la sente nominare per la prima volta un membro della sua famiglia.
«E’ bella come te?» Brooke e Noah, accanto a loro, ridacchiano senza neanche preoccuparsi di nascondersi perché, davvero, è ridicolo quanto quei due non riescano a condurre una conversazione insieme senza un pizzico di malizia.
«Di più.» Beatriz lampeggia orgoglio dagli occhi, mentre nella sua mente si raffigura il bel viso della madre, di cui il suo non è che un pallido tentativo di imitazione.
«Oh, bè, molto bene. Ho sempre avuto un debole per le donne più grandi di me. » Il viso di Harry diventa una maschera carica di malizia, mentre si china per prendere la valigia di Beatriz e la porta fuori dall’ascensore; la sua passione – forse un po’ insana – per le donne di  una certa età è conosciuta a tutto il mondo, e muore letteralmente dalla voglia di conoscere la madre di Beatriz.
La spagnola si limita a ridere e a scuotere la testa, borbottando qualcosa sulla totale adorazione che sua madre prova nei confronti di suo padre, mentre segue Harry e la sua schiena – ha sempre avuto le spalle così larghe? – lungo il corridoio dell’albergo. Alla fine, il ragazzo si ferma davanti alla porta della camera 205 e fa entrare Noah e Beatriz in esplorazione, divertito dai loro sguardi ammirati e incantati; prima di far vedere a Brooke anche la loro stanza, riesce ad afferrare per un polso Bea e farla voltare verso di lui.

«Dopo la cena con i tuoi, ti va di mostrarmi la tua Barcellona?» L’ha girata in lungo e in largo, il giorno prima, insieme a Louis e Niall, e gli è piaciuta, gli è piaciuta davvero; ma è sicuro al cento per cento che, con Beatriz e i suoi occhi pieni di amore al suo fianco, potrebbe davvero diventare la sua città preferita. Beatriz sorride, felice, ancora incredula all’idea di essere lì, nella sua terra. «Okay, allora ti passo a prendere per le dieci e mezza, va bene?»
«No, che hai capito? Stasera sei invitato a casa mia, a cena. Mia madre vorrà sicuramente conoscere l’affascinante giovanotto che mi ha riportato da lei.» Dice, sinceramente; non può immaginare la delusione sul viso di sua madre nel sapere che colui che la ha riportata a casa è a Barcellona e non è andato a cenare da lei.
Harry sbatte le palpebre, lievemente sorpreso dal suo invito, ma poi sorride con tutti i denti fuori e annuisce, prima di entrare nella sua camera; è quasi sicuro di non aver mai visto Beatriz così tranquilla, rilassata e felice, a Londra. Forse è riuscito davvero a fare la cosa giusta, per una volta.
Forse.

Tre ore dopo Brooke, Noah, Harry e Beatriz si trovano di fronte al portone verde della casa di infanzia  ( e adolescenza ) della spagnola; l’appartamento in cui è cresciuta è poco distante dall’albergo in cui hanno passato il pomeriggio, perciò ci sono arrivati a piedi, iniziando già ad assaporare il clima spagnolo. Beatriz sembra ancora più inarrestabile del solito; sorride a destra e a manca senza curarsi di sembrare stupida, parla con chiunque gli capiti a tiro, anche solo per dire “Buenas tardes” e la gioia che prova riesce a trasparire perfino da ogni suo passo. Brooke e Noah si perdono a contemplare i vicoli in cui Bea li conduce con grande sicurezza, mentre Harry si limita a lanciare un’occhiata ogni tanto al viso di Beatriz, intimorito all’idea di trovarvi una qualche traccia di apprensione o nostalgia; per il resto, cerca di guardare per terra e non alzare il viso, che sa essere estremamente riconoscibile in qualunque posto si trovi.
Beatriz, le mani che le tremano vagamente per l’emozione e gli occhi che già le si fanno lucidi, suona con lentezza il campanello di quella che è stata la sua casa per diciotto anni; quando Noah le ha fatto notare che forse sarebbe stato meglio avvisare la madre dell’arrivo di quattro persone per cena, Beatriz aveva liquidato la situazione con un
«Noah, mia madre è spagnola. Tu non ti immagini neanche le porzioni di cibo che cucina ogni giorno; vedrai che ci basterà.» ma ora, perfino lei inizia a preoccuparsi. Harry percepisce il suo cambiamento di umore, vede il suo piede destro iniziare a tamburellare l’asfalto con impazienza e la sua fronte aggrottarsi, e le posa una mano alla base della schiena, lasciandole una carezza impercettibile, facendola sorridere altrettanto impercettibilmente.

«Nene?» La mamma di Beatriz ha i suoi stessi occhi grandi, e questo Harry Styles lo nota nell’istante esatto in cui la donna apre la porta; nota anche i lacrimoni che scendono sulle sue guance non appena si accorge che sì, sua figlia è lì per davvero, e Harry deve guardare in basso, distogliere lo sguardo, perché è stato protagonista di una scena simile così tante volte che sente il bisogno netto di chiamare la sua, di madre.
«Hola, mama.» Beatriz sostiene lo sguardo di sua mamma con fierezza, anche se Noah si accorge del piccolo tremolio della sua voce, nel pronunciare quel piccolo e semplice saluto. Sua madre si lascia andare ad un piccolo sospiro che è così pieno di affetto che fa stringere lo stomaco di Brooke, e poi si fionda sulla figlia, incurante delle sue proteste burbere, soffocandola con il suo abbraccio caloroso.
«Eduardo!» Grida poi, il viso rivolto verso l’interno della casa e le mani che continuano a correre ai capelli della sua bambina, al suo viso così maturo e al suo corpo magro e così cresciuto.
Il padre di Beatriz compare sulla porta di casa con addosso solo dei pantaloni corti, in una mano un pomodoro tagliato per metà e nell’altra un coltello sporco; anche i suoi occhi si spalancano, quando si posano sulla figura che la moglie tiene stretta a sé con tanta gioia e possessività, e annaspa un po’. Gli occhi gli si inumidiscono e nel viso gli compare un sorriso pieno di tutta la gioia del mondo, quando Beatriz allunga una mano fuori dal corpo della madre e lo porta vicino a sé. Harry, Brooke e Noah li sentono parlottare, stretti in quell’abbraccio, una serie di “Oh, mi nene” “Tu tienes que comer, eres demasiado magra” ,“mi nina, te he extranado mucho” e la voce di Beatriz che si lancia in spiegazioni affrettate, che alle loro orecchie suonano semplicemente come un’accozzaglia di suoni stranieri e dolci. Poi, la madre di Beatriz sguscia dall’abbraccio, lasciando il marito a godersi, ammirato, la sua meravigliosa figlia minore, tanto bella quanto fragile, e si pianta di fronte ad Harry; gli prende le mani tra le sue, gli occhi grandi che scrutano quel viso così dichiaratamente inglese, e lo sguardo carico di gratitudine.

«Grazie di cuore.» Il suo inglese è molto più traballante di quello di Beatriz, la sua lingua sembra quasi inciamparsi su quelle sillabe straniere che chiaramente non le appartengono, ma la sua voce è così piena di gioia sincera, che il messaggio arriva chiaro e puntuale. Harry sorride, le fossette che si mostrano ancora più evidenti del solito e lancia un’occhiata veloce a Beatriz, che scopre già a guardarlo, gli occhi un po’ lucidi e il viso rilassato; mormora un «De nada. » felice, mettendo in pratica gli insegnamenti che si è fatto dare dalle fans che ha avuto modo di incontrare nei giorni scorsi, e facendo ridere i presenti di nazionalità spagnola.
Finalmente, poi, gli sguardi dei genitori di Beatriz si posano anche su Brooke e Noah, fino a quel momento solo spettatori della scena, e a loro riservano lo stesso trattamento di loro figlia; poi, borbottando una marea di parole alla velocità della luce, Marìa – ma puoi chiamarmi Mary, Harry! – li conduce concitatamente all’interno della casa, sotto lo sguardo incredibilmente divertito del marito e della figlia che, dopo tanto tempo, si possono nuovamente coalizzare per prenderla in giro.
Dio, quanto le è mancato quel posto.

Tre ore dopo, con la paella di sua madre in pancia e l’odore di casa nelle narici, Beatriz si muove in punta di piedi per i corridoi dell’appartamento in cui è cresciuta, diretta verso il piccolo balconcino che dà su Barcellona. Ha lasciato Brooke e Noah e discutere con i suoi genitori  e sua sorella – è arrivata qualche ora prima con il suo pancione e le sue voglie assurde - delle sue strane abitudini alimentari – non è poi così strano il fatto che il prosciutto le faccia paura, no? – e, con i piedi scalzi e in mano una sigaretta rubata a Brooke, ha deciso di seguire l’unica persona non presente in cucina.
Harry le dà le spalle, è appoggiato con i gomiti alla ringhiera verde che suo padre ha dipinto qualche anno prima e sembra concentrato su un punto impreciso tra le guglie della Sagrada Familia e un edificio particolarmente alto che si staglia tra gli altri. Non dà segno di aver percepito il suo arrivo, né dice nulla quando sente il click leggero dell’accendino risuonare nel silenzio della notte; per qualche secondo stanno immobili a osservare il paesaggio infinito che si estende davanti a loro, ognuno immerso nei propri sentieri.
Poi Beatriz prende un nuovo tiro dalla sigaretta e
«Grazie» dice, spezzando quel silenzio dolce che si era incastrato tra i loro corpi; Harry si volta verso di lei lentamente, la lingua incastrata tra i denti e un’espressione sul viso che le fa ricordare il primo giorno che lo ha visto.
«Di niente.» Si limita a dire, scrutandola con gli occhi socchiusi per il fastidio del fumo che gli va a finire dritto in faccia; Beatriz se ne accorge, stranamente, e decide di non infastidirlo ulteriormente, spostando quindi la sigaretta più lontano da loro. Lui accoglie il gesto con un sorriso riconoscente, mentre la voce bassa di Eduardo che si cimenta con l’inglese, all’interno dell’appartamento, fa sorridere entrambi. «I tuoi genitori e tua sorella sono davvero felici.>> Dice poi, negli occhi ancora l’immagine del padre di Beatriz palesemente commosso e di sua madre incredibilmente agitata.
«Già, lo sono.» Beatriz abbassa il capo, ancora troppo orgogliosa e sicura di sé per potersi permettere di farsi vedere emozionata da Harry Styles ; eppure, come è evidente a tutti nonostante i suoi tentativi di nascondersi, lo è, lo è per davvero.
«E tu? Tu sei felice?» Harry, a modo suo, la capisce, capisce il suo orgoglio e il suo bisogno di non farsi vedere fragile da nessuno, specialmente da lui; così, mentre le pone questa domanda, si volta di nuovo verso il paesaggio, distogliendo lo sguardo dal suo viso struccato e illuminato dalla luce di un lampione.
Beatriz ci deve pensare un po’, prima di rispondere, perché non lo sa, non lo sa per davvero quale sia la risposta; non sa se è felice, non sa ancora se essere venuta a Barcellona sia stata una buona idea o meno, né se domani sarà in grado di camminare tra le strade della sua città, della loro città, senza farsi prendere da attacchi di panico. Pensa al sorriso di sua madre quando l’ha vista sulla porta di casa sua, agli occhi di suo padre che si socchiudono per le troppe lacrime o all’urlo di sua sorella quando, con tanto di pancione e figlio di otto mesi dentro, le si è lanciata addosso senza tanto pensarci. Pensa alla sua città, a Brooke e Noah che ridono insieme alla sua famiglia seduti nella stessa cucina in cui lei ha imparato a fare la torta al cioccolato preferita dalla sua migliore amica, e pensa ad Harry Styles, sul suo balcone con addosso una camicia a fiori improponibile e gli occhi che brillano un po’ più del normale.

«Sono serena.»Risponde, perché felice è una parola grossa, ma serena se la può permettere, ed è già qualcosa. Harry sorride piano, intimamente felice di questa ammissione perché, davvero, serena è uno degli ultimi aggettivi che avrebbe mai pensato di abbinare al viso sempre nostalgico di Beatriz o alle sue mani perennemente in movimento, e invece adesso gli sembra così giusto per lei, che sente il bisogno di accarezzarle una mano.

«Bea? Harry?» La voce di Ana e i suoi occhi puntati sulle loro mani vicine non li imbarazza né li fa muovere dalla loro posizione, ‘che non sono di certo due timidoni, loro due. «Harry, temo che mia madre si sia innamorata di te. Continua a dire quanto sei gentile e ben educato, ed è ore che si chiede dove tu sia finito. » Ana scuote la testa con divertimento, mentre squadra l’espressione tranquilla della sorella minore e si accarezza piano la mano con la pancia. Non le ha ancora detto che sarà un maschio e che il nome è già stato deciso da mesi, perché fondamentalmente teme la reazione di Beatriz.
«Bè, il sentimento è ricambiato. Sappiate che, se sarà d’accordo, ho intenzione di scappare con vostra madre alle Hawaii.» Harry si passa una mano nei capelli, mentre parla, perfettamente a suo agio sotto quella pioggia di complimenti che, da quando è iniziata la serata, lo hanno ricoperto.
«E io che mi illudevo di poterti piacere!» Ana ride, mentre scuote i capelli e finge di flirtare con Harry, per nulla stupito dal suo comportamento; del resto, ha capito già da qualche ora, che l’arte della seduzione e della malizia sono presenti nel DNA di quella famiglia. Basti vedere le lusinghe da cascamorto con le quali Eduardo ha sedotto senza tanti problemi Noah, che ora pende letteralmente dalle sue labbra.
«Oh, ma mi piaci infatti! Se non pensi che sia poco opportuno, sai con il bambino e tutto, sei invitata nella nostra fuga alle Hawaii.» Harry muove qualche passo verso Ana, la mano che le sfiora il viso in modo scherzoso, la pancia ingombrante di lei che incombe tra di loro a ricordare, nel modo più evidente possibile, quanto quello sia effettivamente solo uno scherzo.

Dopo una breve occhiata tra lui ed Ana e prima di rientrare all’interno dell’appartamento, Harry si gira nuovamente verso Beatriz, ancora appoggiata alla ringhiera del balcone, i capelli mossi dal vento e un sorriso divertito sulle labbra carnose che – grazie al cielo per la sua sanità mentale! – ha deciso di non dipingere con nessun tipo di rossetto. Le rivolge un’occhiata giocosa, prima di affermare «Non offenderti, anche tu non sei male e, finalmente, rientrare.
Beatriz scoppia a ridere, seguita da Ana che, anche se con discrezione, scruta con attenzione la reazione di sua sorella, il modo in cui il suo corpo e i suoi nervi sembrano distendersi quando Harry Styles è insieme a lei.
Entrambe ridono perché entrambe sanno che non importa quanto lui cerchi giocosamente di sminuirla, né quanto flirti in giro con chiunque gli capiti in tiro, perché la verità è solo una; Beatriz lo ha in pugno.

 



Ciao ragazze belle :)
Lo so, sono incredibilmente imperdonabile e sono in un ritardo imbarazzante.
Avevo (e ho) una voglia matta di farvi leggere questo capitolo sulla mia Barcellona, sulla fantastica famiglia Iniego e sulla mia bellissima Beatriz che torna finalmente nella sua bellissima città natale e volevo farlo in un momento in cui avessi avuto un po' di tempo per godermelo anche io. In questo periodo non trovo tempo per fare nulla, sul serio, nemmeno per respirare, e per questo mi scuso davvero con voi.
Detto questo, vi lascio con questo capitolo, spero che notiate l'istantaneo rilassamento di Beatriz quando arriva a Barcellona, il modo molto più naturale con cui si avvicina un po' di più ad Harry e la sua felicità nel rivedere tutta la sua famiglia.
Spero davvero che vi piaccia, ci tengo moltissimo.
Un bacione e grazie di tutto,
Chiara

 


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Capitolo 12
*** All my tears, they've been used up. ***




Elastic Heart.
 

Se solo un anno prima le avessero detto che avrebbe passato il sabato sera nel backstage di un concerto dei One Direction – con tanto di VIP pass al collo e Corona ghiacciata tra le mani – probabilmente sarebbe scoppiata a ridere, o qualcosa del genere.
Adesso invece, che effettivamente è nel backstage del concerto dei One Direction con birra e tutto il resto, non le sembra poi così assurda come cosa; Brooke e Noah sono accovacciati per terra a leggere con attenzione quasi maniacale la guida di Barcellona con cui Louis li ha accolti mentre lei è seduta scompostamente su una cassa enorme, probabilmente destinata al trasporto della batteria. Da quella posizione riesce a vedere ben poco della band, giusto i movimenti decisamente poco aggraziati di Harry, Zayn che beve l’acqua o Niall che corre a recuperare la sua chitarra, ma in compenso si può godere la meraviglia della folla inesauribile di fans che, infischiandosene altamente del caldo e di tutto il resto, si sono riunite con grande gioia nello stadio di Barcellona. Beatriz le trova incredibilmente belle, quasi commoventi, mentre le guarda ridere ad ogni cazzata tirata fuori da Louis, gridare con gli ormoni a palla ad ogni mossa di Harry e osservare con attenzione spasmodica tutti quanti.
La sera prima sono usciti di casa dei suoi genitori solo all’una di notte, quando finalmente sua madre li ha lasciati nuovamente liberi, e perciò non è riuscita ad accompagnare Harry per le strade della sua città, come gli aveva promesso; così, lui l’ha invitata al loro concerto per poi, una volta finito, portarlo dove aveva progettato la sera prima. Lei ha addosso un vestitino leggero azzurro, ha i capelli legati in una coda disordinata e negli occhi ancora la meraviglia di riscoprire la sua città, dopo così tanto tempo; quel pomeriggio ha portato i suoi migliori amici a visitare la Sagrada Familia, Casa Batllò, e il Parc Guell, riuscendo a godere forse per la prima volta di quelle che fino all’anno prima aveva considerato solo come mere e semplici trappole per turisti. Dopo un giorno intero a Barcellona, si sente convinta nel confermare ciò che ha detto ad Harry la sera prima.
E’ serena.

Il concerto finisce un’ora dopo, i ragazzi scendono dal palco con l’adrenalina a mille e i capelli e vestiti tutti bagnati, perché durante lo spettacolo hanno improvvisato battaglie d’acqua come bambini di tre anni al parco giochi; Harry si avvicina a Beatriz con gli occhi brillanti di aspettativa, e rivolge un breve cenno di saluto ai suoi compagni diretti in una discoteca di cui la spagnola ha sempre sentito parlare ma che si è sempre dimostrata un po’ troppo costosa per le sue tasche. Beatriz sorride divertita, di fronte all’entusiasmo infantile di Harry, come se lei avesse in serbo per lui chissà quali meraviglie; saluta anche lei gli altri membri dei One Direction e abbraccia calorosamente Noah e Brooke, sperando vivamente che l’idea di Brooke di uscire solo con Noah sia un qualche passo in avanti verso una loro possibile relazione. Poi, con la mano di Harry gentilmente posata sulla schiena che la sospinge verso un taxi, entra dentro il veicolo e pronuncia velocemente e rigorosamente in catalano la destinazione, sbuffando divertita di fronte alla faccia leggermente indispettita di Harry, desideroso di essere messo a parte dei suoi progetti.
Per sua fortuna, il viaggio in taxi dura relativamente poco, e dopo circa quaranta minuti i due scendono dall’auto, venendo accolti da una brezza marina che li fa rabbrividire leggermente, nei loro abiti estivi; di fronte a loro si estende la spiaggia della Barceloneta, con la sua sabbia dorata e il mare piatto e scuro. Beatriz sorride con tutto il viso, e con tutto il corpo, mentre guarda quello che è stato il suo paesaggio preferito per i suoi primi diciotto anni di vita; la spiaggia di Barcellona è una delle cose che ama di più della sua città, con i mille turisti che la invadono d’estate, gli ambulanti che passano a vendere mojitos e sangria, e gli spagnoli che fingono di esserne infastiditi ma che in realtà sono pieni di orgoglio.
«E’ bellissimo.» Gli occhi di Harry riflettono le onde di mare nero, mentre il suo sorriso è così aperto e sincero che Beatriz si chiede da dove lo abbia tirato fuori.
«Lo so.» Conferma lei, concedendosi ancora alcuni istanti per ammirare ciò che si stende di fronte ai suoi occhi. Poi, sfiora con una mano il braccio destro di Harry, dirigendosi verso un angolo della strada, leggermente distante dalla spiaggia; si volta di nuovo verso di lui solo quando arrivano al posto da lei desiderato, perché vuole davvero godersi l’espressione di lui nel vedere dove lo ha portato.
Harry la guarda con aria interrogativa, prima di sollevare lo sguardo e di posarlo su ciò che c’è davanti a lui; gli occhi gli si spalancano inconsciamente, mentre il viso gli si illumina di mille lucine. Davanti a lui c’è il bar più strano e affascinante che abbia mai visto, in assoluto; è di legno chiaro e ovunque sono cosparse delle piccole luci dorate, rendendolo un posto quasi incantato. I tavolini fuori, nella veranda – anch’essa cosparsa di luci, ovviamente – sono pieni di gente che beve, mangia, ride e scherza, mentre camerieri dall’aspetto e la parlantina davvero buffi corrono da un tavolo all’altro urlando le ordinazioni al ragazzo dietro al bancone, all’interno del locale. Una lavagna nera di fronte all’entrata del locale annuncia:

Welcome to Maka Maka
-Burgers
-Salads
-Cocktails
-Smoothies
-Kisses & Fun

Che lo fa sorridere ancora di più: Beatriz, soddisfatta della sua reazione, si incammina all’interno del locale con passo sicuro, felice di essere tornata nell’ambiente che aveva caratterizzato la sua adolescenza. Nonostante quello fosse uno dei posti preferiti di Andres, la cosa non le mette tristezza, almeno non esageratamente; in ogni caso, non fa in tempo a buttarsi nella malinconia che una massa di capelli ricci e scuri la investe con vigore, rischiando quasi di farla cadere.
«Bebe!» Syria Gonzalez è, come al solito, spumeggiante, nella sua gonna blu elettrico e nella camicetta bianca impeccabile e Beatriz non è mai stata felice di vederla, dopo così tanto tempo. «Dio, da quanto tempo! Eravamo tutti preoccupati per te, sai dopo quello che è successo.. Jorje continuava a dire che avremmo dovuto prenderci cura di te, al posto di lasciarti andare..»
«Sto bene, Syria, davvero.» Beatriz, conoscendo bene l’abituale parlantina della ragazza, la interrompe senza tante cerimonie, ben decisa a tranquillizzarla. «Mi dispiace di non avervi più fatto sapere nulla, ma davvero, era meglio così. Ora sto bene». Il suo tono di voce è dolce, e Harry è quasi sicuro di non averla mai sentita parlare in quel modo, se non con Brooke e Noah; squadra con interessa la ragazza che ha di fronte – Syria – nel tentativo di capire che relazione intercorra tra le due.
«Vieni, ti faccio sedere al tuo posto d’onore. Lui chi è?» Syria è buffa, mentre corre tra i tavoli e si insinua tra la gente, diretta ad un angolino della veranda, leggermente isolato rispetto agli altri; mentre passano, Harry si perde ad osservare le pareti del locale, ricoperte da scritte lasciate sulle posate di legno, su dei fazzoletti o direttamente sul muro.
Beatriz si volta finalmente di nuovo verso di lui, rendendosi conto di aver condotto l’intera conversazione in spagnolo, completamente dimenticatasi dell’impossibilità di Harry di comprendere la loro lingua.
«Lui è Harry, un mio amico.» Passa all’inglese, sapendo così di essere capita da entrambi; Syria li squadra con un’occhiata piena di curiosità e malizia, ma poi viene richiamata da dei ragazzi seduti a qualche tavolo più in là e allora, dopo aver stritolato nuovamente Beatriz, si congeda e si allontana correndo.

«Dio, come mi era mancato questo posto..» Commenta Beatriz, quasi tra sé e sé, godendosi il locale in tutto e per tutto, permettendo ai suoi occhi di girovagare liberamente e di posarsi su ogni singolo dettaglio.
«Ci venivi spesso?» Harry le è seduto di fronte, le gambe lunghe che faticano a trovare il loro spazio in quel tavolino minuscolo e le mani incrociate sul tavolo di legno; la guarda con quel solito interesse, a cui però Beatriz sembra ancora non essersi abituata, mentre finge di non accorgersi delle occhiate che qualcuno ha già iniziato a lanciare nella sua direzione.
«Oh, direi proprio di sì, io e Andres ci venivamo praticamente ogni giorno!» Esclama, scoppiando a ridere, mentre con una mano afferra la lista dei cocktails e la capovolge, in modo che Harry possa leggerla al meglio. «Guarda qui. Il cocktail Hot Bebe è stato creato appositamente per me, e quello Messy Andres per lui. Era la nostra seconda casa.» Sorride, ripensando a tutti i momenti trascorsi in quel locale; ci passavano ogni venerdì e sabato sera, ma anche tutti i pomeriggi dopo scuola, cercando di studiare e di ripassare su quei tavolini traballanti.
Harry legge il menù e, tra tutta una serie di cocktail dai nomi divertenti – Hakuna Mojito, Aberzombie, Lady Marmalade, Topless – trova quelli indicati dalla spagnola, uno accanto all’altro e sorride, nel rendersi conto di quanto Beatriz si stia effettivamente aprendo con lui; non solo ha pronunciato il nome di Andres con tranquillità, ma addirittura ha accennato a qualche piccolo dettaglio della loro vita insieme. Syria passa in volata accanto a loro, prendendo le loro ordinazioni – neanche a dirlo, Harry ordina un Hot Bebe, Beatriz, con un goccio di malinconia, un Messy Andres – e porta i loro cocktail poco dopo, un grande sorriso rivolto ad entrambi e le gambe che corrono da un tavolo all’altro.
Harry sorseggia il suo drink con calma, come se grazie ad esso potesse conoscere una parte in più della ragazza che gli dà il nome; prendendone il primo sorso, si rende conto che è esattamente come se lo era immaginato. Subito è fortissimo, brucia la gola e la lingua, esplosivo come solo Beatriz sa essere la prima volta che la conosci – lui ancora si sogna il vestito e il sorriso malizioso che indossava la prima volta che l’ha incontrata – ma poi c’è un retrogusto dolce, zuccherato, che ti fa rivalutare completamente tutto.
« Ti piace?» La voce di Beatriz è squillante, nonostante il sospiro a cui si è lasciata andare non appena le è comparso davanti il cocktail blu – come gli occhi di Andres -, e riesce ad emergere tra il vocio del locale.
«Sì». Risponde lui sicuro, pronto ad aggiungere altro. «Ti assomiglia.» Dice infatti poi, un sorriso grande pieno di sottintesi, che Beatriz accoglie con un’espressione maliziosa. Poi, si abbandona sullo schienale della sedia, alzando gli occhi al cielo e sospirando piano; è arrivato il momento, e lei non sa se è pronta.

«Io e Andres siamo nati insieme, a distanza di tre giorni. Le nostre madri erano migliore amiche dai tempi del liceo, ed erano pronte a tutto pur di farci andare d’accordo. In realtà, però, non ce ne è mai stato bisogno perché io e lui..» La voce le si incrina un po’, ed ha bisogno di deglutire un paio di volte, prima di ritrovare il coraggio di ricominciare. «Non c’è mai stato bisogno di nessuno sforzo perché io e Andres eravamo una cosa sola, nel vero senso della parola. Non eravamo migliori amici, eravamo qualcosa in più. Io ero lui e lui era me.. In ogni momento, ognuno dei due sapeva cosa pensava l’altro, e la maggior parte delle volte non avevamo nemmeno bisogno di parlare. Immagino che fosse perché ci conoscevamo da tutta la vita, ma penso che in parte fosse dovuto al fatto che, io e lui, eravamo davvero anime gemelle. Non nel senso comune del termine, ovviamente, ma a nostro modo lo eravamo.»
Harry ha smesso di sorseggiare il suo cocktail e si è rilassato sulla sedia, le mani ancora incrociate sul tavolo e gli occhi posati con dolcezza sul viso di Beatriz; aspetta questo momento dalla prima volta che l’ha vista, ed adesso che è arrivato è preoccupato della possibilità di fare qualcosa di sbagliato. Così si limita ad ascoltare, con la fronte aggrottata che gli dona un’espressione seria e concentrata, e gli occhi verdi che accarezzano dolcemente i lineamenti di Beatriz per farle capire che sì, è giusto che gli dica ogni cosa.
«Eravamo sempre insieme, sempre. Non c’era giorno che non ci vedessimo, e ci divertivamo sempre moltissimo, qualsiasi cosa facessimo.. Abbiamo frequentato tutte le scuole insieme, tutte, ed insieme abbiamo fatto le nostre prime esperienza.. bè, non proprio tutte ovviamente. – ride tra sé e sé seguita da Harry, perché il solo pensiero di baciare o far l’amore con Andres è sempre riuscita a farla ridere – Le ragazze con cui usciva lui mi odiavano e lo stesso avveniva con i ragazzi che uscivano con me, ma a noi non ci è mai importato poi tanto. Ci piaceva il modo in cui i nostri nomi venivano sempre pronunciati insieme, come uno solo “Andres e Beatriz stanno arrivando” “Andres e Beatriz sono al mare” e così via, ci piaceva andare in spiaggia insieme, passare un sacco di tempo in questo posto, fumare sigarette una dopo l’altra, bere fino a star male e passare notti intere a guardare le stelle. Non eravamo dei ragazzi modello, non esattamente.. C’erano delle sere in cui bevevamo un sacco e vomitavamo l’anima per strada, fumavamo davvero tanta erba insieme e certi giorni decidevamo di partire per Madrid, Ibiza e non lo dicevamo a nessuno, ce ne andavamo e basta.» Harry sorride, immaginandosi quella Beatriz più giovane e si dice che sì, avrebbe adorato la sua follia e la sua impulsività. «Eravamo un po’ estremi forse, ma la verità è che ci volevamo bene, ce ne volevamo davvero tanto.»

Mentre parla, Beatriz ha l’impressione che Andres sia lì, insieme a lei, e che la stia guardando con i suoi occhioni blu che, quando si posavano su di lei, erano così pieni di affetto e dolcezza che spesso le veniva da piangere, a sapere di essere guardata a quel modo. Per la prima volta da un anno, riesce a sostenere quello sguardo immaginario, riesce a non scoppiare in lacrime al ricordo di quel volto dai lineamenti belli e definiti e si rende conto che forse, parlare con qualcuno – qualcuno come Harry Styles, qualcuno che ti ascolti senza chiedere niente, qualcuno che sembra capirti – non è poi una così cattiva idea, ma anzi, forse è stata proprio la scelta giusta.
Così, rassicurata dagli occhi blu di Andres e dalle mani grandi di Harry, posate sul tavolo con naturalezza, mentre l’anello che porta al dito medio riflette la luce delle mille lampadine sopra di loro, decide che sì, uno come Harry Styles merita di sapere ogni cosa, merita di conoscere fino in fondo la ragione per la quale loro, insieme, non potranno uscire mai. Dopo avergli rivolto un sorrisino malinconico, lascia sul tavolo quindici euro spiegazzati e si alza, intimandogli con una mano di seguirla; Harry, sempre più convinto che Beatriz sia la ragazza più imprevedibile mai conosciuta, si scrolla di dosso tutte le emozioni e sensazioni che il racconto della ragazza gli ha procurato e la segue.

Pochi minuti dopo sono sulla spiaggia, Beatriz ha tirato fuori dalla sua borsa una felpa malconcia e l’ha posata sulla sabbia, sedendocisi sopra e invitando Harry a fare lo stesso; entrambi hanno il viso rivolto verso il mare e Bea ha una sigaretta tra le labbra, mentre cerca un modo per iniziare il discorso.
«Quella sera avevamo bevuto tanto, e Andres aveva appena comprato dell’erba, quindi avevamo anche fumato. Non ricordo quanto, certi dettagli di quella sera mi sfuggono io.. so solo che eravamo più allegri e disinibiti del solito, tanto che ricordo di averlo baciato ad un certo punto. Ci siamo staccati subito, perché ci sembrava una sorta di incesto, e ci siamo messi a ridere come matti.. probabilmente, se fosse qua mi prenderebbe ancora in giro per questa cosa.» Aspira un po’ di fumo dalla sigaretta, accogliendo con una sorta di piacere masochista il bruciore che investe la sua bocca; Harry rimane in silenzio, immobile, attento ad ogni singola parola e ad ogni singolo gesto, improvvisamente spaventato da ciò che Beatriz sta per dire. «Uno dei nostri compagni di classe dava una festa, quella sera, e improvvisamente ci è sembrata un’idea grandiosa andarci con la macchina del padre di Andres. Lui aveva appena preso la patente, ma guidava già bene e noi eravamo troppo stupidi per renderci conto di quanto stessimo rischiando.»

Harry le accarezza la mano con il pollice, piano, mentre la vede prendere un respiro più ampio del solito; improvvisamente sente di sapere benissimo dove andrà a finire quel discorso, e un po’ si pente di averle chiesto di raccontargli ogni cosa. Ormai, però, la bomba è stata innescata, e Beatriz non riesce, non ci riesce proprio, a fermarsi a metà discorso così.
«Eravamo quasi arrivati, casa di Loàn era proprio dietro l’angolo, e noi stavamo cantando la nostra canzone preferita.. All’inizio del ritornello Andres si è girato a guardarmi, per cantarlo insieme a me come facevamo sempre, e non ha visto che il semaforo era diventato rosso.. Andavamo veloci, forse un po’ troppo, ed entrambi eravamo distratti, lui guardava me ed io stavo tirando fuori qualcosa dalla borsa, ora non ricordo, ma penso che fosse dell’erba, sai, non ero molto responsabile all’epoca..» Harry le rivolge un sorriso che sa che servirà ben poco, mentre si stupisce delle frasi costellate di puntini di sospensione; per lui, Beatriz è sempre stato un punto fermo, deciso e assoluto, e adesso doverla rivalutare così completamente lo sconvolge.
«Quando mi sono svegliata pensavo di essere all’interno di un film drammatico americano. Ero su un letto d’ospedale, i miei genitori e mia sorella seduti a fianco a me ma sapevo fin da subito che c’era qualcosa che non andava.. Il modo in cui mi guardavano era.. Erano felici che mi fossi svegliata, certo, ma nei loro occhi c’era un’angoscia, una tristezza che non avevo mai visto prima. Non ho chiesto niente di Andres, non ne avevo bisogno, lo sapevo già.. Sentivo come se la Beatriz che aveva vissuto fino a quel momento fosse morta con lui, so che è banale, ma non so come altro spiegarlo. Sapevo che niente sarebbe più stato lo stesso.» Giocherella con la sabbia, muovendo le dita con nervosismo, mentre Harry le continua ad accarezzare la mano come a dirle “è okay, sono qua”. « Chiunque mi incontrasse mi guardava con gli occhi pieni di pietà, e io mi sentivo impazzire. Il mio migliore amico, la mia anima gemella e il mio confidente non c’erano più, ed io non ero capace di vivere, senza di lui. Non sapevo rollare una sigaretta, senza lui, cucinare una paella decente né bigiare la scuola. Non ero niente. Prima ero qualcuno solo perché lui era mio amico, solo perché lui vedeva qualcosa in me ma senza di lui..- Ha gli occhi pieni di lacrime ma non le combatte, sa che tanto ne nascerebbero altre, ed altre ancora, a sconfiggerla con la loro irruenza. – Sono scappata. Ho lasciato Barcellona quattro giorni dopo, non ho detto niente a nessuno. Mi sentivo sola e.. triste. Mi sembrava che nessuno riuscisse a capire il mio dolore, tutto mi sembrava uno scherzo che qualcuno mi stava giocando malamente. Non sono andata al suo funerale, tanto lui l’avrebbe definito “una cazzata” e non sono più riuscita a dire ad alta voce il suo nome, fatta eccezione per gli attacchi di panico. Grazie a Noah e Brooke sono riuscita a rimettermi in riga, altrimenti non so dove sarei, ora.. Ma, dopo quella notte, non sono più riuscita a sentirmi felice, a sentirmi davvero qualcuno.»
Beatriz ha un nodo in gola, mentre per la prima volta riesce finalmente a spiegare a qualcuno come si sente, a descrivere la sensazione di totale inutilità che sembra non lasciarla libera mai, da quando Andres se ne è andato.
Harry si schiarisce la voce, continuando a tenerle le mani tra le sue, accarezzandone il dorso e le dita con la stessa delicatezza che solitamente riserva solo a sua sorella o a sua madre; la guarda negli occhi mentre le parla, desideroso di farle vedere la verità, di farle capire come la vede lui.

«Beatriz, tu sei decisamente qualcuno. Andres probabilmente aggiungeva qualcosa, ti faceva brillare più di quello che tu fai da sola, ma non potrai mai essere.. – aggrotta la fronte, mentre cerca di ricordare la parola con cui si è descritta poco prima. – Non potrai mai essere niente, sarai sempre qualcosa, qualcuno. Sempre.»
Gli occhi di Harry sono seri, mentre cerca di spiegare a Beatriz quello che a lui è sempre apparso come qualcosa di incredibilmente evidente, ovvio; Beatriz è in grado di brillare sempre, in qualsiasi situazione, e non solo grazie alla sua straordinaria bellezza. Il suo carattere, la sua impulsività e sicurezza riescono a renderla sempre fuori dal comune e diversa da qualsiasi ragazza lui abbia conosciuto prima di lei.

Beatriz sospira, mentre vede il viso di Harry farsi sempre più vicino al suo, il suo respiro che si infrange contro le sue labbra e il profumo forte che lei adora che le entra nel naso; avrebbe tanta voglia di baciarlo, tantissima, perché nessuno – nemmeno Andres – l’ha mai guardata in quel modo, come se lei fosse l’incarnazione di tutte le cose belle del mondo.
«Qualche giorno dopo, quando ero già in Inghilterra, mi sono ricordata le ultime parole di Andres.» Non si allontana fisicamente, il suo viso è sempre a pochi, pochissimi centimetri da quello di Harry, ma rompe il silenzio, decisa a dirgli la verità fino in fondo. «E’ buffo, perché sono sicura che lui sapesse che stava per morire, che quelle sarebbero state le sue ultime parole. Eppure, nonostante ciò, ha pensato a me ancora una volta, per l’ultima volta. Mi ha chiesto di promettergli che non avrei permesso a nessuno di spezzarmi il cuore. Io glielo ho promesso, e non ho alcuna intenzione di tradirlo.» A Beatriz quasi viene da piangere, mentre ricorda gli occhi blu di Andres supplicarla – A nessuno, Bea, a nessuno. – prima di chiuderli per sempre. «E’ per questo che non posso uscire con te.»
Harry la guarda senza capire, ben deciso a non spostarsi di un millimetro e di continuare a godere della visione del volto di Beatriz bello come non mai, così vicino al suo; è con un filo di voce che riprende parola, quasi avesse paura di rompere quell’intimità che si è creata tra di loro.
«Non ho alcuna intenzione di spezzarti il cuore, Bea.» Le promette.

E mentre parla, i suoi occhi verdi sono così puri, sinceri, senza alcuna traccia di menzogna che Beatriz quasi ci crede.
Per una volta, ci crede.

Ciao bellezze!!
Lo so, lo so, sono in un ritardo a dir poco imbarazzante ma dai, su, perdonatemi per favore :)
In fondo il capitolo che ho pubblicato non è solo suuuuuuuper lungo, ma finalmente risolve il mistero intorno alal figura di Andres (sì, lo so, molte di voi probabilmente avevano già capito); e la nostra Beatriz si apre sempre di più con Harry, arrivandogli perfino a parlare di qualcosa di così importante e doloroso per lei.
Io sono particolarmente affezionata a questo capitolo per diversi motivi, a partire dalla fatica che ho impiegato per scriverlo, per arrivare a Barcellona e al bar Maka Maka, dove io e le mie amiche abbiamo trascorso gran parte delle nostre serate, e dove poi sono tornata una volta con il mio ragazzo e un'altra con mia sorella quando lei viveva lì.
E' un bar meraviglioso, per me contiene tutte le cose belle che ci sono al mondo.
Grazie mille per le recensioni, siete splendide, e scusatemi per il ritardo, con le vacanze di Natale spero di riuscire ad essere più costante.
Vi lascio con delle foto del locale, così potete amarlo anche voi!
Chiara




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Capitolo 13
*** Next to your heartbeat where I should be. ***




Elastic Heart.
 

Harry è a dir poco stravolto quando, dopo due ore di concerto, finalmente fa ritorno nella sua stanza di albergo. Il pubblico di Cardiff è stato incredibilmente caloroso e generoso nei loro confronti ma dio solo sa quanto abbia desiderato quel momento; il letto non gli è mai sembrato così comodo ed è così stanco che gli verrebbe voglia di mettersi a dormire così, vestito e con gli stivaletti di pelle ancora ai piedi. Decide di togliersi perlomeno le scarpe e poi si butta nel letto, sprofondando tra le lenzuola bianche e costose e sospirando di sollievo; come fa sempre – almeno da qualche giorno – prima di andare a dormire, controlla il cellulare per assicurarsi che Beatriz non gli abbia scritto alcun messaggio.
Sono tornati da Barcellona due settimane prima e lui è dovuto partire immediatamente per le altre date del tour, ma da allora si sono sempre sentiti almeno una volta al giorno; quello che è successo in Spagna è servito ad entrambi per conoscere e comprendere meglio l’altro. Harry ha dovuto fare i conti con una Beatriz che non pensava nemmeno che esistesse; l’ha accompagnata a casa di Andres, a far visita alla madre e a scusarsi per non esserle stata vicino come avrebbe dovuto. Sono entrati insieme nella vecchia camera del ragazzo – neanche a dirlo, i genitori non sono ancora riusciti a togliere la sua vecchia roba – e lui l’ha consolata quando lei è scoppiata a piangere di fronte alle foto che adornavano le pareti; lei ha voluto prendere una maglietta di Andres e il pacchetto di sigarette mezzo pieno che hanno trovato sulla sua scrivania, sostenendo che quello lo avevano comprato insieme. Per il resto della “vacanza” lei gli ha mostrato le parti più belle della sua città, con un entusiasmo e un amore tali che Harry ha deciso che quella nuova versione di Beatriz gli piace ancora di più di quella conosciuta a Londra.
Non si sono baciati né c’è stato niente tra di loro, ma a lui è bastato.
E’ bastato vederla sorridere come una bambina quando hanno fatto il bagno di notte, è bastato vederla piangere sul letto del suo migliore amico, è bastato vederla fumare una sigaretta del pacchetto di Andres, è bastato portarla a bere di nuovo al Maka Maka, portarla a ballare in una discoteca in centro e tenerle la mano nei vicoli di Barcellona. E’ bastato sapere che forse lei si fida, che forse ha capito che Harry non sa ancora cosa vuole fare con lei, ma sicuramente non ha alcuna intenzione di spezzarle il cuore.

Con sua grande sorpresa, però, sullo schermo un po’ rigato del suo Iphone, non compare nessun messaggio di Beatriz – quelli che ama di più sono quelli della buonanotte, quasi sempre scritta in spagnolo, in cui lei riassume ciò che l’ha divertita di più della giornata appena passata – ma almeno tre chiamate di Noah e due da parte di Brooke.
Harry sente il cuore che gli batte a mille, mentre digita il numero di Noah e si alza velocemente dal letto, sveglio come non è mai stato; la bionda impiega qualche secondo a rispondere alla chiamata e, quando lo fa, la sua voce tremolante e chiaramente preoccupata non lo rassicurano per niente.
«Noah, che succede?» Harry si rende conto di avere una tonalità di voce decisamente più alta del normale, e di aver aggredito la ragazza senza nemmeno chiederle “come stai?” , cosa decisamente inusuale per uno come lui, ma ha il cuore che batte all’impazzata e una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
«Harry, scusami se ti disturbo, lo so che sei in tour ma..» Harry si stupisce nel sentire la voce di Noah rotta da un piccolo singhiozzo, lei che gli è sempre apparsa come una ragazza forte e in grado di gestire qualsiasi cosa. «Beatriz sta avendo un altro attacco di panico, e noi non riusciamo a calmarla.»
Harry si passa nervosamente una mano tra i capelli lunghi, mentre si riabbotona la camicia e sistema i pantaloni; con un’occhiata ritrova gli stivaletti che poco prima aveva lanciato in un angolo della stanza e si dirige a grandi passi verso di essi.
«Brooke è lì? Come mai non riesce a calmarla, è una crisi più forte del solito?» Harry parla velocemente mentre si infila le scarpe e cerca di scacciare dalla sua mente l’immagine di Beatriz scossa dai tremori e pallida come un cadavere; se ripensa alla sera in cui l’ha vista in quelle condizioni l’ansia non fa altro che aumentare e, davvero, in quel momento non ne ha bisogno.
«No non è più forte del solito, sembra più o meno uguale.» Harry sospira di sollievo, mentre, con il telefono incastrato tra la guancia e la spalla, scrive un biglietto che ha intenzione di lasciare davanti alla porta della camera di uno dei ragazzi. «Brooke non riesce a calmarla perché non è di lui che ha bisogno. Chiede di te, Harry, in continuazione.» Harry si blocca sul posto, colpito dall’affermazione di Noah; ci impiega due secondi a riprendersi, rendendosi conto che in quel frangente non può permettersi di farsi sopraffare dalle emozioni e interrogarsi sui significati che potrebbero stare dietro le richieste di Beatriz. « Abbiamo provato a dirle che tu stai bene, che non c’è niente di cui lei si debba preoccupare, ma non c’è verso. Continua a chiedere “Harry sta bene?”, indipendentemente da quello che diciamo noi. Non sappiamo cosa fare, Harry, mi dispiace disturbarti, sarai stanchissimo ma.. Bea..» La voce di Noah si spezza di nuovo, e in quel secondo di silenzio Harry sente distintamente la voce di Beatriz, quasi ridotta ad un sussurro, che con timore e preoccupazione, mormora il suo nome.
«Sto arrivando Noah, mi ci vorrà un po’, ma sto arrivando.»

L’aereo su cui viaggia è un low-cost, e Harry è costretto a chiedere alle sue fans un po’ di privacy, per non rischiare di perdere altro tempo all’arrivo in aeroporto; quasi gli piange il cuore ad infrangere le speranze e i sogni di tutte quelle ragazzine accorse nel cuore della notte solo per lui, ma nella mente ha l’immagine di Beatriz in preda alle convulsioni, e proprio non riesce a scacciarla via. Il taxi su cui sale per raggiungere la casa dei tre ragazzi gli sembra il più lento della storia, e durante il tragitto è così nervoso che non riesce a smettere di tamburellare contro il finestrino e quasi si catapulta fuori dalla vettura quando finalmente arrivano nella strada in cui vive Bea.
Suona il citofono e prende un bel respiro, autoimponendosi di dimostrarsi forte e sicuro di sé, senza lasciarsi prendere dal panico; ad aprirgli la porta è Brooke, il volto pallido e preoccupato che si illumina di un sorriso pieno di sollievo non appena vede Harry Styles sulla porta di casa. Lo fa entrare senza tante cerimonie e lo stringe in un abbraccio pieno di gratitudine che, se possibile, fa preoccupare ancora di più Harry; cerca di sbirciare oltre la spalla di Brooke per scorgere Beatriz, ma il corridoio è vuoto e dalle altre stanze non sembrano provenire altri rumori.

«Scusa Harry, sappiamo che eri fuori Londra per un concerto ma.. Non sapevo cosa fare, davvero.» Brooke si passa una mano tra i capelli scuri, gli occhi chiari che si muovono sul viso del ragazzo che gli sta di fronte, cercando di capirne le emozioni. «Ha avuto la prima crisi un paio di ore fa. Poi si è calmata, ma dopo dieci minuti ha ricominciato e continuava a chiedere di te, penso che sia convinta che ti sia successo qualcosa di grave, non ho idea del perché. Continua a fare così, si sente meglio, si scusa per averci disturbato e poi, quando noi pensiamo che finalmente sia tutto passato, riprendono le convulsioni.» Mentre parla si accende una sigaretta, la voce che gli trema un po’ e l’evidente sollievo di poter parlare con qualcuno e di poter quindi riversare la sua tensione su di lui.
«Dov’è adesso?» Harry continua a cercare di sbirciare oltre le spalle imponenti di Brooke, ma il corridoio è poco illuminato e le porte delle camere sono tutte chiuse, così la sua visuale della casa è decisamente limitata.
«In camera sua, Noah stava cercando di metterla a letto.»
Harry segue la direzione del dito di Brooke, che indica la seconda porta a destra, e vi si dirige senza battere ciglio e senza aspettare oltre; nonostante la fretta che ha di accertarsi che Beatriz stia bene, cerca di aprire la porta con delicatezza, timoroso di spaventarla ulteriormente.

La stanza è illuminata solo da una piccola abat-jour sistemata su un comodino traballante, perciò gli occhi di Harry impiegano qualche secondo in più del dovuto a identificare le figure che riempono la camera; Noah è seduta sul letto, i lunghi capelli biondi che le ricadono sulle spalle e le coprono il viso e le braccia che circondano quello che sembra un fagottino tremante, mentre sussurra qualcosa a voce così bassa che Harry non riesce nemmeno a distinguere le parole l’una dall’altra.
Lui fa qualche passo in più verso di loro, i piedi che si muovono lentamente, nel tentativo di fare meno rumore possibile, e finalmente riesce a distinguere meglio Beatriz; è totalmente avvolta dal corpo della sua migliore amica, il viso appoggiato sul suo petto e gli occhi che sembrano fissi su un punto indefinito oltre la testa di Harry. Trova decisamente inquietante quello sguardo, soprattutto su Beatriz, la sua Beatriz, quella di cui non puoi di certo dimenticare gli occhi, sempre così attenti, maliziosi, vivi.
Noah si accorge finalmente della sua presenza e, con un gesto impercettibile della mano, gli fa segno di avvicinarsi, continuando sempre a voce bassissima a mormorare qualcosa all’orecchio della sua migliore amica; da così vicino, Harry distingue una ninna nanna che gli cantava sempre sua madre per farlo addormentare e, se solo non fosse così preoccupato e spaventato, gli verrebbe da sorridere per la tenerezza del momento.Stavo cercando di metterle il pigiama, ma poi ha avuto un’altra crisi..» Noah parla ancora piano, rivolgendogli un sorrisetto di scuse ed indicando con lo sguardo il corpo di Beatriz, semi nudo; a coprirla – e a far sobbalzare Harry – c’è solo un misero completino azzurro e va bene, lui l’ha già vista nuda in situazioni ben più compromettenti, ma chi diavolo si ricordava che fosse davvero così bella?
Harry sta per replicare qualcosa, dopo aver distolto velocemente lo sguardo dal corpo di Beatriz, quando la ragazza riprende a tremare in maniera evidente tra le braccia di Noah; lo sguardo rimane fisso, dandole un’espressione vacua che fa preoccupare sempre di più Harry e, pochi secondi dopo, inizia a farneticare qualcosa che lui identifica come un «E Harry? Come sta Harry? » e gli fa stringere il cuore.

Velocemente si siede sul letto, facendo sprofondare ulteriormente il materasso e avvolgendo Beatriz tra le sue braccia; Noah, piano piano, si allontana, sciogliendo l’abbraccio e lasciandoli da soli. Prima di uscire dalla porta si gira nuovamente a guardarli e, nonostante tutto, sorride di fronte all’immagine che si riflette nei suoi occhi; Harry stringe forte Beatriz, mentre le accarezza piano i capelli e le lascia dei baci sulla fronte. Le mormora nell’orecchio una cantilena, un «sono qui, sono qui e sto bene>> che, anche se molto lentamente, sembra tranquillizzarla. Anche i singhiozzi, sembrano diminuire sempre di più, man mano che lui prosegue con la sua cantilena, fino a quando si riducono a semplici sospiri, stanchi ed esausti.
Quando anche i tremori cessano completamente, i due rimangono abbracciati ancora per un bel po', lui continua a sussurarle parole dolci e tranquillizzanti nelle orecchie mentre lei rimane in silenzio; Harry cerca di apparire tranquillo, di non mostrare l'agitazione che ha addosso da quando ha visto le chiamate di Brooke e Noah sul cellulare, ma lo tradisce il sospiro di sollievo con cui ha accolto la fine delle convulsioni e la fronte leggermente imperlata di sudore. La prima a staccarsi, ovviamente, è Beatriz, che si allontana un po' dal corpo caldo del ragazzo e, rendendosi conto di indossare solo un paio di mutande ed un reggiseno, tira leggermente il lenzuolo verso di sé, per cercarsi di coprire almeno un minimo; si allunga verso il comodino e afferra una sigaretta e l'accendino, lasciandosi poi ricadere contro la testiera del letto. Harry continua a fissarla con gli occhi verdi puntati con attenzione sul suo viso, le dita delle mani ancora tese e il cappotto ancora addosso; lei accende la sigaretta e accoglie con grande sollievo il fumo che le entra in gola. Non c'è niente in grado di calmarla, dopo una crisi, come quelle sigarette, niente; è il suo modo di riprendere i contatti con il mondo, di sentirsi bruciare, di sentirsi viva. Quella sera, però, c'è un altro elemento, nella stanza, in grado di farla sentire bruciare, in grado di farla sentire viva, e non ha nulla a che fare con il fumo; è lo sguardo verde di Harry sul suo viso, sulle sue guance, sui suoi occhi e sui lembi di pelle che il lenzuolo lascia scoperti, che riesce a farla sentire viva come non mai, a farla sentire presente, perfino.. qualcuno.

«Non ci posso credere. Non posso credere di essere diventata una di quelle ragazze che non riescono a risolvere i propri problemi senza dover chiamare il ragazzo di turno, dovunque sia.» Sospira con frustrazione, incredibilmente infastidita dalle crisi avute, dalle richieste fatte e , ancor di più, da sé stessa. «Non posso credere di averti fatto venire stanotte, tu eri.. cazzo, tu eri in Scozia! Sono patetica. Disgustosamente patetica, cazzo.» Mentre parla agita la mano con cui regge la sigaretta, generando cerchi di fumo che riempono la stanza, per poi dissolversi pochi secondi dopo.
Harry sorride piano – facendola innervosire ancora di più – perché ha gli occhi rossi per il pianto, i capelli che sembrano un nido di uccelli, la bocca spaccata al centro e un'aria da pazza che non donerebbe nessuno; ed è bellissima, straordinariamente bellissima.
«Sei l'unica persona, oltre mia madre e mia sorella, per cui lo avrei mai fatto, se ti può interessare.» Questa sua affermazione, come aveva previsto, la fa brontolare in disapprovazione ma, quella sera, non gli interessa proprio niente delle regole che lei ha deciso di imporre al loro rapporto. «E sei tutt'altro che patetica, se posso dire. Sei molto bella, invece.»
Beatriz cerca di trattenere un sorriso intenerito, nascondendolo dietro ad uno sbuffo di fumo e a un «Harry, lo sai che--» subito interrotto dalla voce di Harry.
«Sì, certo lo so, non posso farti complimenti allusivi, né guardarti in un certo modo, né baciarti o altro, perché poi finiremo per stare insieme e io ti spezzerò il cuore, lo so.» Elenca tutte le regole da lei stabilite con un sorriso divertito, perché – sul serio! - come fa a pensare che lui potrebbe davvero spezzarle il cuore?; per come la vede lui, la cosa più probabile sarebbe che fosse lui, a rimanerci fregato. «Se solo mi ascoltassi, e mi lasciassi spiegare come la penso io, capiresti che potremmo essere una coppia fantastica, insieme.» Conclude.
Beatriz rimane in silenzio, limitandosi a lanciargli un'occhiata penetrante mentre lui, in piedi in mezzo alla stanza, si sfila il cappotto di dosso e lo poggia ordinatamente sulla sedia della scrivania; si leva anche le scarpe e le calze e poi, procedendo a gattoni sul letto a una piazza e mezza della ragazza, si posiziona al suo fianco, sotto le coperte.
«Oh, probabilmente lo saremmo, per un certo periodo. - Beatriz spegne la sigaretta in un bicchiere e poi si gira completamente verso di lui, il corpo appoggiato al fianco destro ed una mano sotto il viso. «Poi però tu mi lasceresti, ed io sarei incredibilmente triste, piangerei per il resto dei miei giorni e diventerei così grassa da non riuscire a passare per la porta di casa.»
«Non credo che questo corpo potrà mai diventare grasso, credimi.» Harry non riesce a trattenere una risata, mentre solleva leggermente il lenzuolo e lancia un'occhiata al corpo di Beatriz. «E poi, non riesco a capire perché sei così fissata con l'idea che sarei io, a lasciarti. Perché non tu» Torna a concentrarsi sulla conversazione principale perché sì, il corpo di Bea è splendido, ma per la prima volta da quando ne hanno parlato per la prima volta stanno seriamente discutendo della possibilità di stare insieme, ne stanno parlando, e non vuole di certo farsi sfuggire una tale possibilità.
«Perché io sono una di quelle persone che se incomincia una cosa, non la molla per il primo problema che incontra. Non sono una che molla, in nessun campo.» Replica immediatamente Beatriz, come se la risposta fosse ovvia, nella sua mente. «Se mi mettessi con te non penso che ti lascerei andare tanto facilmente, non l'ho mai fatto con nessuno, prima.»
Harry sorride, tra sé e sé, perché l'idea di tenere Beatriz con sé per un bel po' di tempo non lo disturba affatto, anzi; avvicina un po' il viso a quello della ragazza perché dai, per quanto tempo può ancora resistere a quella distanza?
«Nemmeno io ti lascerei andare via facilmente, Beatriz. Smettila di pensare che sarebbe così.» La redarguisce con un tono di voce così dolce, che Beatriz si sente tornare bambina, di fronte ai piccoli rimproveri di sua madre; nonostante l'evidente tenerezza da lui usata, cerca di non lasciarsi sfuggire la situazione di mano, e di rimanere lucida.
«Oh, ma stai zitto! Tu sei Harry Styles e io sono solo una che spera di diventare una modella, un giorno. Non cercare di convincermi che non sarebbe esattamente come tutti si immaginano, non sono così stupida.» C'è un filo di rabbia, nella sua voce, e non sa nemmeno a cosa sia dovuto, ma non è niente in confronto al nervosismo che compare sul viso di Harry, nel sentirla pronunciare quelle parole.
Lui si allontana nuovamente da lei e si posiziona a pancia in su, lo sguardo fisso sul soffitto sopra di loro e le mani che giocherellano nervosamente con gli anelli che porta alle dita, sempre gli stessi.
«Oh, ma vaffanculo, Bea, sul serio. Vaffanculo.» Borbotta tra sé e sé, il viso imbronciato e la fronte aggrottata. «Non hai idea di quanto tu mi faccia incazzare, mi farai impazzire, cazzo. Sono qui, sto cercando di convincerti in tutti i modi che voglio te, che vorrò solo te, che non ti lascerò con il cuore spezzato, e tu continui a rifilarmi le solite stronzate che mi hai già ripetuto centinaia di volte e a cui io ho già trovato risposta! Continui a parlarmi di quella scommessa, quando sappiamo entrambi che non c'entra un cazzo con noi, è solo un modo di pararti il culo, di avere una scusa perché la verità è che tu hai paura. Hai paura e mi dispiace, ma io non posso fare altro per convincerti che ti voglio davvero; ti ho inseguita per tutta Londra, ti ho portato a Barcellona, sono venuto da te quando avevi bisogno, non scopo con nessuna ragazza da mesi, non guardo nessuna ragazza da mesi, ma questo non basta! Non basta mai con te!» Beatriz lo guarda con gli occhi sbarrati, perché quella versione di Harry Styles non ha niente a che fare con quello con cui ha avuto a che fare fino a quel momento; non pensava che una rabbia così cieca potesse impadronirsi di lui e dei suoi lineamenti, portandolo ad arricciare il naso con fastidio e a chiudere le mani a pugno con una forza tale da avere le mani bianche per la tensione. «Mi fai così incazzare, cazzo.. Sei probabilmente l'unica ragazza che mi è mai interessata davvero, perlomeno in quel senso, e non te ne frega un cazzo! Pensavo che prima o poi sarei stato in grado di convincerti, di farti vedere come vedo io le cose, ma sono stato un coglione a pensare una cosa del genere perché.. non ti convincerò, non ti convincerò mai, perché non ti interessa.»
La voce di Harry si spegne con un ringhio carico di nervosismo, e le sue parole rabbiose sono seguite solo da un silenzio pesante che cade tra di loro; Harry, gli occhi ancora fissi sul soffitto bianco sopra di lui, teme di essersi spinto un po' troppo in là. In effetti, gridare a quel modo contro una persona – contro Beatriz! - che ha appena avuto una serie infinita di attacchi di panico, non è probabilmente la cosa migliore da fare, e lui, seppur incredibilmente convinto di ciò che ha appena detto, non può fare a meno di preoccuparsi per lei.
Ma proprio quando sta per girarsi verso di lei per assicurarsi di non aver appena innescato un altro attacco di panico, un musino lentigginoso spunta nel suo campo visivo, due occhi verdi che come fari lo osservano con attenzione, una luce piena di sorpresa che li illumina ancora di più del solito. Beatriz ha il viso appoggiato sulla sua spalla, i gomiti appoggiati sul materasso in modo da rimanere leggermente sollevata e le labbra distese in un sorriso.
«Non pensavo fossi capace di incazzarti, incazzarti sul serio.» Ha un'espressione incredibilmente divertita stampata sul bel viso, mentre con le mani giocherella con il colletto della camicia a pois di Harry.
Lui le lancia un'occhiata incredula perché, davvero, non aveva proprio modo migliore per rispondere a tutto quello che gli ha detto? Prenderlo per il culo le sembra la via più giusta per rispondere al fiume in piena che sono state le sue parole?
Vorrebbe mandarla a fanculo, vorrebbe dirle le cose peggiori del mondo, chiamarla con i peggiori appellativi che conosce, ma proprio quando sta per incominciare, quando sta per riversarle nuovamente la sua rabbia addosso, nota qualcosa; negli occhi di Beatriz, in quegli splendidi occhi verdi, oltre al divertimento, c'è molto altro. Oltre al divertimento, oltre alla luce derisoria con cui lo prende in giro, c'è dell'altro; c'è una tenerezza, una dolcezza, che Harry non le hai mai visto e che, ne è sicuro, non c'era qualche minuto prima, prima che lui incominciasse a dirle tutto quello che pensa.
«Sono un ragazzo dalle mille risorse.» Risponde, un piccolo sorriso che fa capolino sul suo viso, perché, nonostante tutto, Beatriz lo sta guardando con gli occhi pieni di dolceza e gli sta accarezzando il collo con le sue mani fredde.
«Già.» Conferma lei, con un'espressione serena, mentre appoggia il viso sul petto di Harry e chiude gli occhi, senza smettere di accarezzarlo. «E per la cronaca, non ce ne era bisogno. Mi hai convinta da un pezzo.» Mormora poi, in un sussurro così sottile che Harry a malapena riesce a sentirla; la sente, però, e deve sbattere almeno una decina di volte gli occhi, per convincersi di non stare sognando, lei ha davvero pronunciato quelle parole.
Le solleva il viso con due dita, facendola tornare alla sua altezza, naso contro naso, occhi contro occhi, labbra contro labbra; la guarda con gli occhi che luccicano più del solito, e a lei viene da ridere, perché mai fino a quel momento le è sembrato così bambino. Si bagna la bocca con la punta della lingua, mentre squadra Beatriz con attenzione, se la guarda e se la gode tutta, perché è uno splendore a cui non pensava avrebbe più avuto accesso, non in quel modo almeno.
E poi «ti sto per baciare» le dice, facendola sorridere.
La bacia.


 


Ciao dolcezze!!!
Sono come al solito davvero di fretta, la palestra mi aspetta :/, ma ci tenevo a pubblicare questo capitolo prima di Natale, perché siete state taaaanto carine con le vostre recensioni e volevo farvi un regalino :) :)
Non ho molto da aggiungere su questo capitolo, mi sembra che dica già tutto di suo, perciò spero davvero che vi sia piaciuto e non vedo l'ora di sapere cosa ne pensiate.
Un bacione grandissimo, e BUON NATALE!!!
I love youu
Chiara

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