Dai Suki ... or not? di Suzue (/viewuser.php?uid=67567)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** / 1 / Calcio d'inizio / ***
Capitolo 2: *** / 2 / Fallo / ***
Capitolo 1 *** / 1 / Calcio d'inizio / ***
Dai
Suki ... or not?
Scritto da Suzue
Disclaimer: Captain Tsubasa è proprietà di Yoichi
Takahashi, della Shueisha, della Star Comics e di tutti gli altri
legittimi detentori dei diritti. Questo scritto non è stato
creato per essere utilizzato a scopo di lucro.
Note: grazie in anticipo a chi leggerà e a chi
commenterà questo mio sforzo. Il significato del titolo (un
misto di giapponese maccheronico e inglese) è 'Mi piaci ...
o no?'
/ 1 / Calcio
d'inizio /
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
Forse un giorno mi guarderà.
Non fa che correre su
e giù per il campo e io sono qui, ogni giorno, a guardarlo.
Per lui
però non esisto.
"Ancora qui?"
Alzo lo sguardo verso
Ayako. Quell'espressione di disapprovazione la conosco.
Non sto facendo nulla
di male e non c'è motivo per cui mi debba fissare in quel
modo. Decido di non rispondere.
"Inutile che stai in
silenzio, ignorarmi non serve, Harumi."
"Ohh, insomma! Quello
che vuoi dirmi lo conosco a memoria, perché insisti a
volerlo ripetere?"
"Perché tu
continui a tornare qui."
"E allora?"
Con un sospiro, si
siede accanto a me. "E allora la devi piantare: o ti
decidi a parlarci o inizi a dimenticarlo. Sono mesi che non possiamo
andare in giro da qualche parte senza prima fare tappa fissa qui. Sono
stufa."
Sto per replicare, ma
in campo lo vedo fare un dribbling e la mia attenzione viene totalmente
catturata.
Ayako inizia a
schioccare impazientemente la lingua.
Se sto zitta forse si
stanca e se ne va. E' solo per oggi, poi domani
non verrò qui, davvero non verrò, ma oggi voglio
assolutamente- "Ahia!" Il pizzicotto ha fatto male! "Ayako, tu non
capisci!"
Infatti mi guarda
condiscendente. "Capisco che hai perso la testa. Ma
Harumi ... Taro Misaki non ha poteri telepatici. Spiegami per quale
motivo stai aspettando che ti noti. Non succederà mai."
Quelle parole mi fanno
male, ma lei continua. "Non fino a che il suo
piccolo fan club continuerà ad assediarlo e tu continuerai a
rimanere seduta qui ogni volta, facendo di tutto per non farti
notare."
Ha ragione, lo so che
ha ragione. E' solo che ... " ... lo sai che sono timida."
Ayako alza gli occhi
al cielo. "Più che altro scema."
Mi alzo in piedi. "Gli
insulti no!"
Il mio tono non la
spaventa affatto. Scatta in piedi anche lei e incontra il mio
sguardo. "Dico la verità. Mi conosci da anni e sai che
sono fatta così. Prendere o lasciare."
"Lascio!"
Mi giro e inizio ad
andare via, accentuando ogni passo. Sono furiosa!
Non mi capisce, non mi
hai mai capito! Che ne sa lei di cosa vuol dire
essere innamorate? La grande Ayako dal cuore di ferro non si
è
mai neanche presa una cotta, non ne sa proprio niente di come mi sento!
Qual è il problema nel volere un po' di magia, eh? Vengo qui
a
guardarlo tutti i giorni, credo che si accorgerà di me prima
o
poi.
Io non sono come le altre, non riesco semplicemente ad andare
lì e a parlargli, non sono come quelle del suo
fan-club, io ...
Mi fermo e mi giro
verso il campo, dove Taro corre in attesa di ricevere la palla.
Io in fondo sono una
codarda.
Mi giro verso Ayako.
E' rimasta ferma dove l'avevo lasciata. Non
è arrabbiata, non è sorpresa: mi
conosce sin troppo
bene, sa che io pure sono fatta in un certo modo. Sono irascibile e
timida. La peggior combinazione.
"Scusa." dico ad alta
voce e torno da lei. "Non verrò più qui nei
pomeriggi, lo giuro."
Lei sbuffa. "Non fare
promesse che non intendi mantenere."
"Giurin giurello."
La faccio ridere e
rido anche io. Ho la fortuna di avere una di quelle
facce un po' infantili e comiche, quando mi ci metto riesco sempre
a
farmi perdonare in fretta.
"Harumi, non ti
assillo perchè tu la smetta di pensare a Misaki. Vorrei solo
vederti agire una volta tanto."
Abbasso lo sguardo.
"Questo non posso prometterlo."
Ayako rimane in silenzio per qualche attimo. "Non voglio che tu lo
prometta.
Però," mi prende a braccetto con fare giocoso, anche se nel
viso
le leggo un misto di preoccupazione e affetto. "Vorrei solo che la
smettessi di farti del male."
Sorrido e inizio a
correre, trascinandola con me. Neanche dieci passi e
iniziamo a inciampare. "Ahhh!" Ayako si ferma all'improvviso.
"Ammettilo che vuoi vendicarti del pizzicotto facendomi rompere una
gamba!"
"Non sia mai." Ma il
mio sorriso malizioso lascia intendere tutt'altra cosa.
Ayako imita la mia
espressione. "Inizia a correre per davvero allora."
Urlando e ridendo,
iniziamo a correre tutte e due, sempre più
lontano dall'erba ai lati del campo da calcio dove ho passato
più di un'ora a sognare Taro Misaki.
"Seriamente, che ha di
speciale?" mi chiede Ayako, leccando il gelato che abbiamo comprato
sulla via di casa.
"Questa sì
che è una domanda stupida."
"E' la domanda più naturale invece. Avanti,
spiegami bene cos'ha di così diverso da tutti gli altri
ragazzi."
"Be' ... per prima
cosa, è così dolce ..."
Ayako tira fuori la
lingua, in faccia un'espressione schifata.
"Finiscila!" La
colpisco su un braccio. "Ammettilo! Non puoi non vedere anche tu
quant'è carino!"
"Appunto, carino. Per
me è solo quello. E' carino e gentile, ma questo non ne fa
niente di speciale."
"Come si vede che non
hai ancora iniziato a fare la spesa nel supermercato dei ragazzi."
Cercando di farmi
vedere come le cascano le braccia, per poco ad Ayako
non cade anche il gelato. "Ma da dove le tiri fuori queste frasi? E
poi, ha parlato l'esperta! La tua esperienza con i ragazzi si limita
agli shojo manga di cui ti cibi."
"Non sono una belva!"
"Una belva hai detto?
Hmm ... sì, è un bel paragone."
"Sei impossibile!
Torniamo serie."
"Per te tornare serie
significa parlare di ragazzi."
Non
me la prenderò, non me la prenderò,
canticchio
nella mia testa.
"Un ragazzo come Taro è molto più raro di quel
che pensi."
"Io sono solo convinta
di una cosa: il tuo Misaki sarà tanto bravo e carino, ma a
pelle non mi dice molto."
"A pelle?"
"Sì, voglio dire ... sai, dal punto di vista ... " Sta
arrossendo? Sì, sta proprio arrossendo! " ... sessuale,
insomma."
Scoppio a ridere.
"Okay, okay," ride un
po' anche lei. "Me lo merito."
"E anche tanto. Tu che
non parli mai di ragazzi, all'improvviso te ne salti fuori con la
parola 'sessuale'?"
Poterla prendere in
giro è uno di quei rari piaceri della vita, soprattutto
perché è sempre lei a prendere in giro me.
"Abbiamo sedici anni e
quindi sì, a quelle cose ci penso." Il
mio divertimento inizia a infastidirla. "Puoi piantarla ora?"
"Va bene." Cerco di
tornare del tutto seria. Ma mi sfugge una risatina.
"Tu invece sei
così pura e innocente che non ci hai mai pensato?" mi chiede
piccata.
Tocca a me arrossire.
"Sì, cioè, no!" Mi arrendo.
"Sì. Però ... prima arriva l'amore. Quello che
voglio
davvero è innamorarmi."
"Non sei
già innamorata?"
"Giusto. Intendo dire,
vorrei davvero davvero essere ricambiata."
Ayako annuisce e
basta, riprendendo attivamente a mangiare il suo gelato.
"Veramente a te non
interessa innamorarti?" le chiedo.
"No."
"Mai mai?"
Ayako sospira. "Ora
non mi interessa. Che ne so io del futuro?"
"Sei strana." Siamo
amiche, ma anche così diverse. E ci sono
cose che non capisco di lei. Come lei non capisce tutto di me; Taro
Misaki ne è la dimostrazione.
"Se strana significa
che non mi interessa sbavare dietro ai ragazzi, come te e tutte le
altre del nostro anno, pace."
Forse l'unico
argomento su cui l'ho mai trovata davvero suscettibile è
questo.
"Andiamo al cinema,
domani?" propongo. E' proprio ora di cambiare
argomento. Ayako inizia
ad entusiasmarsi e temo di sapere cosa sta per suggerire.
"A vedere il nuovo
film di Bruce Willis?"
Lei e i suoi film d'azione! "Veramente c'era
quella nuova commedia romantica ..."
"Ohh, che noia!" Si
porta una mano alla bocca, in segno di sbadiglio.
"L'altra volta siamo
andati a vedere il tuo film d'azione, Aya!"
"Solo
perchè ho vinto a morra cinese. Non mi hai concesso niente
... Haru."
"Odio Haru."
"Aspettatelo ogni
volta che mi chiami Aya."
"Uffa. Va bene, vada
per la morra cinese. Tre per vincere. Pari!" Mi affretto a dire. Il
pari mi porta fortuna.
"Dispari." Concede
lei.
Quattro mio e zero suo.
Due suo e tre mio.
Cinque suo e zero mio.
Ihh, devo resistere!
Un altro film di pugni e spari, no!
Tre mio e uno suo.
Cinque mio e uno suo.
Evvai! Saltello in
giro, sprizzando gioia da ogni poro.
"Io davvero non ti
capisco. Se vuoi vedere bei ragazzi, nei film d'azione ce ne sono. Meno
tutto lo zucchero."
"Magari è
lo zucchero che mi piace."
Ayako scuote la testa.
"Togli il 'magari'."
Siamo arrivate a casa.
"Non ti lamentare. Hai
perso e devi venire, come ho fatto io l'altra volta." Oltrepasso il
cancelletto di casa mia. "Prometti!"
Dal cancelletto di
casa sua, proprio di fronte al mio, Ayako mi sorride. "Prometto,
prometto. A domani."
Da qualche giorno ho
deciso di iniziare un diario.
Mi sdraio meglio sotto le coperte e sistemo il diario sul cuscino,
preparandomi a scrivere un po'.
Sono una
pessima scrittrice, però ho scoperto di recente che scrivere
mi aiuta a sfogarmi.
In fondo, la mia
migliore amica è Ayako. Lei mi ascolta, ma non
è che ci mettiamo a condividere i nostri
sentimenti.
Soprattutto non, appunto, quando si tratta di ragazzi.
Ayako ha un blocco
emotivo. Ma è la mia migliore amica.
Anche se a volte mi
lamento di lei, molto
più spesso penso che sia stata una fortuna che cinque anni
fa lei e sua madre si siano trasferite davanti a casa mia.
Se avessi
una migliore amica del tutto uguale a me, non ci sarebbe nessuno a
mettere un freno alle mie manie.
E ne ho parecchie.
Ayako mi tiene a
terra. E' divertente e intelligente. E mi vuole bene, quanto le voglio
bene io.
Anche se quando a San
Valentino le ho regalato un biglietto di
amicizia, mi ha chiesto quando avrei iniziato a rubarle il quaderno per
scrivere 'TVTB'.
Usa il sarcasmo per
divertirsi, ma anche quando si sente in colpa. In quell'occasione in
particolare poi ci sono arrivata a capirla: si era sentita in colpa per
non
avermi comprato anche lei
qualcosa.
Comunque, passiamo
a scrivere della star di questa mia giornata (e di tutte le mie
giornate, da tantissimi mesi a questa parte): Taro Misaki.
Taro, solo tanto
carino e tanto gentile? Ha!
E' bellissimo,
intelligente, gentile, compassionevole, dolce, col
sorriso più bello del mondo, un campione di calcio,
insuperabile
a fare il capitano, il miglior ragazzo del mondo!
Rileggo quello che ho
scritto sulla pagina rosa e bianca del mio diario e rido.
Esagero da morire, ma
mi piace così tanto!
E' davvero davvero
dolce. Una volta l'ho visto aiutare un ragazzino
caduto dalla bicicletta ed è stato così ... non
c'è un'altra parola, dolce! L'ha aiutato ad alzarsi, gli ha
parlato in maniera tranquilla e chiara e senza usare quel tono di voce
stupido che altri usano coi bambini. E poi lo ha fatto smettere di
piangere solo accarezzandogli la testa.
Sarà
un ottimo padre in futuro ... ma a che sto pensando!
Comunque, di sicuro
Taro non è come pensa Ayako: non è uno senza
spina dorsale. Non l'ha detto, ma si capiva che lo pensava.
Sa essere autoritario:
in squadra lo ascoltano tutti, tanto kohai quanto i senpai.
Tutta la Nankatsu sa
bene che Taro è il punto di forza della squadra. Se l'anno
scorso siamo
arrivati a disputare la finale nazionale per le superiori è
stato
solo
merito suo. Ed è merito suo pure che io conosca
tutti sti termini calcistici.
Come ala destra
secondo me è insuperabile. Vorrei poter dire che
è il più forte giocatore che io abbia mai visto,
però credo che anche Taro direbbe che ce ne sono di
migliori: l'anno scorso è stato battuto dalla squadra di
Kojiro Hyuga. E il campione e grandissima promessa del calcio
giapponese è senza dubbio Tsubasa Ozora. So che lui e Taro
sono stati grandi amici, ma fino all'anno scorso andavo a scuola da
tutt'altra parte e inoltre ho un anno meno di Taro, quindi non ho mai
visto Tsubasa personalmente.
Sì, insomma, mi sono informata. E' stato anche interessante.
Da quando vado a vedere quasi tutti gli
allenamenti di Taro, ho scoperto che il calcio mi piace come gioco.
La penna resta a mezz'aria.
Guardo sempre gli allenamenti da lontano. Non mi siedo sulle poche
panchine disponibili nel campo degli allenamenti. Mi metto seduta
sull'erba, accuratamente distante dalla porta più vicina.
Me ne rendo conto anche io che così Taro ... non mi
noterà mai.
Appoggio la penna fra le pagine del diario e lo chiudo. Lo appoggio sul
comodino accanto al mio letto.
Non credo avrei il coraggio di mettere per iscritto quello che sto
pensando.
Mi sto autosabotando.
Taro neanche sa come mi chiamo e la
verità ... la verità è che forse mi
piace di più poter sognare di stare con lui che rischiare di
vedermi respinta.
Mi è già capitato una volta.
In sesta elementare. Ed è ridicolo che una cosa come quella
mi condizioni adesso, ben cinque anni dopo.
E' solo che ... ero andata dietro a Kyo per quasi tre anni. Eravamo
stati amici e lui era stato il mio primo amore.
Ma quando gliel'ho confessato, lui mi ha riso in faccia.
Non avevo mai notato quella vena di crudeltà in Kyo, fino a
quel giorno. L'ho scoperta solo in quel preciso momento.
Per molti mesi dopo quell'episodio, ho faticato a fidarmi di nuovo di
qualcuno. Anche con Ayako, che ho conosciuto giusto in quel periodo,
all'inizio sono andata molto cauta.
Spengo la lampada appoggiata sul comodino e mi sistemo meglio sotto le
coperte.
Non posso continuare a dare la colpa di come mi comporto a quel singolo
episodio. Ero una bambina. Kyo era un bambino.
La verità è che sono sempre stata una che
sognatrice. Solo adesso però inizio a sentirlo come un peso.
Forse dovrei davvero dare retta ad Ayako.
So che se seguissi i suoi consigli, le cose cambierebbero sul serio. E'
così brutto però non essere certa di volerlo.
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"Ayako, è pronta la tua colazione!"
"Sì, tra poco scendo!" urlo di rimando, continuando a
fissarmi allo specchio.
Oggi questa gonna ha qualcosa che non va ... cavolo! E' più
corta!
"Mamma!" corro di sotto e la trovo seduta a tavola.
"Che c'è?"
"Mi hai di nuovo ristretto i vestiti!"
"Non è vero! Sono stata attenta questa volta-" Si ferma
quando mi vede alzare l'orlo della gonna. "Scusa."
La fisso feroce.
"Guarda il lato positivo, non ti lamentavi che era un po' larga in
vita? Dovevi sempre indossare una cintura."
Scuoto la testa, sedendomi a tavola. "La prossima volta non toccare il
bucato, ci penserò io."
"Volevo solo fare qualcosa da mamma per una volta."
"Tu scrivi, mamma. Sappiamo entrambe che hai sempre troppo per la testa
per fare per bene le altre cose."
"Cucino bene però."
"Quei due piatti in croce che conosci."
"Tutto quel sarcasmo non l'hai preso da me."
"No, l'ho preso da papà."
Sospira. "Sì, decisamente."
Lei e papà non si
sono mai sposati e si sono separati quando avevo neanche tre
anni.
Una famiglia poco convenzionale la mia, ma almeno non ho vissuto il
dramma di alcun divorzio. I miei stanno benissimo separati e hanno
fatto più che bene a non sposarsi mai. Anzi, non capisco
proprio che ci facessero insieme, un tempo.
Vivere con mamma non è sempre facile. Non è mai
stata una madre modello, almeno nel senso tradizionale del termine.
Ma mi ha insegnato a pensare e mi ha sempre lasciato ampia
libertà di movimento, pur mettendomi dei limiti.
Ce la intendiamo bene, o almeno finora non abbiamo mai avuto litigi
particolarmente intensi.
Comunque può dire che il sarcasmo l'ho preso da
papà, ma da lei però ho sicuramente preso la
pigrizia.
Sono le undici passate di sabato e stiamo appena facendo colazione.
E io devo uscire con Harumi tra venti minuti. Andiamo sempre a mangiare
fuori quando andiamo al cinema e sugli orari non abbiamo nemmeno
più bisogno di accordarci.
So anche che purtroppo lei ha il difetto di essere puntualmente in
anticipo e di venire a bussare alla porta di casa mia.
Per cui sono già in ritardo.
Cerco di mangiare poco e abbastanza in fretta, perchè devo
assolutamente avere il tempo di indossare qualcos'altro. Dei jeans,
forse. Il campanello suona proprio mentre mi sto lavando i denti.
"Buongiorno, signora Itsuko!" la voce squillante di Harumi mi arriva
chiara fino al bagno.
"Ciao Harumi, come stai?"
Le sento iniziare il solito scambio di più che cordiali
convenevoli. Non so se si rendono conto di essere praticamente anime
affini. Curioso che come migliore amica io abbia scelto una che
somiglia
tanto a mia madre.
Esco dal bagno. "Devo tornare su a cambiarmi, aspetta un attimo."
"Ehi!"
Mi giro, non comprendendo l'entusiasmo che le ho sentito nella voce.
"Stai benissimo così!" Harumi mi guarda con occhi entusiasti.
"Ma figurati, ora salgo a mettere dei jeans."
"Ma no, dai! Non metti mai gonne così corte, puoi fare
un'eccezione. A proposito, quando l'hai presa?"
Mia madre si intromette. "Veramente è il frutto di un
piccolo incidente ..." Lascia in sospeso la frase, ma Harumi mi ha
sentita lamentarmi un numero sufficiente di volte per capire al volo
cosa intende dire.
"Oh, però le sta molto bene."
Sbatto le mani in aria, impaziente. "Sì, sì, non
mi interessa. Devo andare a
cambiarmi."
"Aspetta, aspetta! Oggi siamo in ritardo. Il cinema inizia prima."
"Ma è solo un minuto ..."
Harumi sale fin sulle scale e mi trascina giù. Ho appena il
tempo di prendere la borsa dal divano.
"Ci vediamo signora!"
Mia madre ci guarda sorridente. La saluto con la mano, già
detestando l'idea di trovarmi in giro con quella gonna così
corta. Non è che sia proprio cortissima, ma mi fa sentire
... scoperta.
"Allora, a che ora inizia questo tuo film?"
"Mezz'ora prima del solito, per questo sono arrivata da te prima."
"Quella è una cosa normale, mi pare."
"Vabbe', dobbiamo muoverci per prendere il treno, inizia a correre."
"Se inizio davvero a correre, arrivo cinque minuti buoni prima di te."
Se c'è una cosa che so fare, è correre.
Harumi mi lancia uno sguardo insolitamente sicuro. "Con quella
gonnellina vezzosa, io starei attenta a non fare movimenti
troppo bruschi."
Si allontana con uno scatto improvviso e mi distanzia in pochi attimi.
Sa bene che un commento del genere non glielo
perdonerò. Mi lancio in corsa dietro di lei, fregandomene
della gonna. Non mi si vede niente, non è certo
così corta!
Ma mentre corro sento un sacco d'aria là sotto e per
sicurezza cerco di tenere la gonna giù con entrambe le mani.
La borsa a tracolla dondola pericolosamente avanti e indietro,
minacciando di farmi cadere.
Che è esattamente quello che fa la bicicletta che mi investe
qualche secondo dopo.
Finisco col sedere a terra.
Il ragazzo che guidava la bicicletta è riuscito a frenare e
a sterzare e mi ha colpito alla gamba solo con una ruota.
Più che altro ho perso l'equilibrio, ma cavolo se fa male!
"Ehi! Questa è una pista ciclabile!" urla.
Porto lo sguardo e le mani alla gamba. "Ora mi serve a molto saperlo!"
A lui non è successo nulla,
che ha da gridare?
"Se non frenavo, potevi farti molto male."
"Che bravo!" Mi strofino dal ginocchio fino alla caviglia con entrambe
le mani, cercando di lenire il dolore.
Lo sento fare uno strano suono, poi scende dalla bicicletta e mi si
avvicina. "Riesci ad alzarti?"
Appurato che non ho niente di rotto, annuisco disinteressatamente.
"Sì, non è un problema." Anche perché
Harumi sta tornando di corsa.
"Passa la mano." mi dice lui, con tono di grande sufficienza.
Alzo lo sguardo. "Posso fare da sola."
Mi fissa come se fossi deficiente, poi mi afferra lo stesso il braccio
e mi tira su.
"Ehi!" Appena sono in piedi tolgo subito il braccio dalla sua stretta.
Ci mancava solo di finire a fare la donzella in pericolo.
Mi guarda con disapprovazione. "Ah, grazie del 'grazie'." Non cerca di
nascondere il tono di scherno.
Mi sta dando della maleducata! "Tu ancora non ti sei scusato!"
Harumi si è fermata a pochi passi da noi.
Quello invece di scusarsi si gira e monta sulla sua bicicletta. Solo
allora parla di nuovo. "Scusa." Ma di pentimento non vedo
alcuna traccia.
E poi la maleducata sarei io. "Grazie." Ma è sottointeso che
la gratitudine se la può scordare.
"Sei stata tu a venirmi addosso e a non guardare dove andavi. La
prossima volta che decidi di farti investire, ragazza, magari mettiti
una gonna meno indecente."
E ancora prima di finire la frase, sgomma via.
Sto buttando fumo come quattro ciminiere.
"Ehm ... "
"Che c'è?!" E' stata tutta colpa di Harumi! Lei mi ha
convinta a uscire a di casa con questa gonna e stavo correndo solo per
colpa sua.
"Quello lo conosco."
"Ah sì?" Raccolgo la mia borsa da terra e riprendo a
camminare verso la stazione del treno, senza neanche aspettarla. La
gamba mi dà un po' fastidio, ma adesso nemmeno lo
sento
quel dolore.
"Non ti interessa sapere chi è?" insiste Harumi.
"No."
"E io te lo dico lo stesso. L'ho visto giocare contro Taro."
"Interessante!" sottolineo, grondando acidità.
"Non capisci, lui è un campione, Ayako. Ha giocato assieme a
Taro e Tsubasa Ozora nella nazionale!"
Ah sì, quegli esaltati che ci hanno fatto vincere quel
torneo giovanile mondiale un paio d'anni fa.
Va bene, non sono proprio degli esaltati. Ho esultato come tutti gli
altri
alla vittoria del nostro paese, ma associare quell'individuo a quella
squadra ... Mi giro verso Harumi. "Quello non sa cosa siano le buone
maniere, Harumi; non mi interessa sapere il suo nome. E ora muoviti o
perdiamo il tuo film."
Discorso chiuso.
Fu così che non mi feci dire da Harumi che il
ragazzo della bicicletta si chiamava Kojiro Hyuga.
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
/ Continua
... /
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Capitolo 2 *** / 2 / Fallo / ***
daisukiornot2
Dai
Suki ... or not?
Scritto da Suzue
Disclaimer: Captain Tsubasa è proprietà di Yoichi
Takahashi, della Shueisha, della Star Comics e di tutti gli altri
legittimi detentori dei diritti. Questo scritto non è stato
creato per essere utilizzato a scopo di lucro.
Note: ehi, grazie mille per le recensioni Manila, Martyx1988 e Mila83!
Grazie per il benvenuto e per i complimenti. Sono felice che la mia
storia vi sia piaciuta. So che questo secondo capitolo è un
po'
più cupo, ma mi serviva per tornare su toni più
allegri dopo.
/ 2 / Fallo /
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Forza Harumi, forza, devi muoverti.
Passa davanti a quelle e guardalo in faccia, per una volta.
Sento le guance iniziare a prendere fuoco.
Sono una scema, una scema!
Mi riappoggio contro l'albero.
L'allenamento sta per finire e oggi mi sono ripromessa di sedermi su
una delle prime panchine e tentare di incrociare lo sguardo di Taro.
Mi sono spinta troppo in là coi propositi: ce l'ho fatta a
sedermi su una delle panchine più visibili dal campo, ma me
ne
sono andata neanche qualche minuto dopo.
E' che ... mi sono fatta talmente tanti viaggi mentali che
al solo stare seduta lì stavo diventando più
nervosa di
quanto non fossi mai stata.
Cose tipo ... se ora mi guarda, sicuramente mi sorriderà,
perché è fatto così, lui è
gentile. E poi
magari, sempre per gentilezza, un altro giorno mi vedrà e mi
farà un saluto e poi io farò una delle mie solite
figure
e non sarò in grado di spiccicare parola e lui
penserà
che sono stupida e ...
Sospiro disperata.
Forse oggi non è giornata.
Ma perché non posso già conoscere tutti quelli
che vorrei conoscere?
Quando conosco una persona la smetto con tutte queste sciocchezze, mi
sciolgo un po'.
Ho troppo paura del giudizio altrui.
Ho provato così tanto a dirmi che non conta nulla, ma alla
resa
dei conti non riesco a non pensarci, vince la voglia di fare buona
impressione, di non fare un solo errore e inevitabilmente finisco per
fare tutto quello che non vorrei.
Scuoto la testa.
Dietro di me inizio a sentire un chiacchiericcio sempre
più
insistente e una delle ragazze del fan club di Taro lancia un piccolo
urlo.
Non perdo tempo e guardo verso il campo.
Oh, dio ... si è tolto la maglietta.
Non ho nemmeno la bava alla bocca, è totalmente prosciugata.
Quelle impiccione mi si mettono davanti e senza pensarci mi sposto di
lato e salgo su una delle panchine più
alte, per vederlo.
Si è già messo un'altra maglietta. Peccato. Mi
sfugge
involontario uno sbuffo scocciato e inizio a ridacchiare da sola della
mia stessa reazione.
Be', oggi l'ho visto a torso nudo. Direi che come passo avanti
può andare.
Okay, non ci ho parlato, non mi ha visto, ma sfidare la sorte non
è un bene, no?
Sì, non è bene. Deciso!
Indietreggio.
E inciampo, rotolando su me stessa.
"Ahhi!!" urlo.
Che stupida, scema! Neanche da una panchina so scendere!
Controllo il danno e vedo che la pelle del ginocchio è tutta
graffiata e perde sangue.
Mi viene da piangere! Dalle elementari non mi capitava!
Inizio a tirarmi su, dolorante. Ho dell'acqua nella
cartella e devo disinf-
"Tutto bene?"
Rimango immobile.
Taro mi giro intorno fino a potermi guardare in faccia e ripete, "Tutto
bene?"
Lo fisso solamente. Lui invece guarda il mio ginocchio, quindi mi
prende
per le spalle, aiutandomi a sedermi.
"Non è una bella ferita." Sorride. "Hai lanciato un
bell'urlo. Dovresti stare più attenta."
Mi ha toccata. Mi ha TOCCATA!
Riesco solo ad annuire e lui continua. "Devi disinfettare."
Si guarda intorno e verso la panchina, poi mi fissa dubbioso.
Già, non ce la faccio ad arrivare rapidamente fino a
là. Forse
ora mi prenderà in braccio, oddio, oddio ...
"Ishizaki! Portami del disinfettante!"
Come no.
Sbuffo e lui si gira subito verso di me, facendomi sussultare.
"Non ti preoccupare, ora arriva subito." mi dice.
Annuisco di nuovo, abbassando lo sguardo.
Non ce le faccio a fissarlo in faccia, devo trovarmi qualcosa da fare,
qualcosa di intelligente possibilmente ... la ferita! Inizio a
guardarmi la
ferita con fare apprensivo.
Taro si abbassa appena e anche lui mi osserva il ginocchio, con fare
esperto.
"Non
rimarrà neanche la cicatrice. Ne ho viste di ferite come
queste."
Di lato scorgo le ragazze del suo fan club e vedo che sono verdi
d'invidia. A causa mia!
Muovo bruscamente la testa e mi accorgo che è
incredibilmente vicina a quella di Taro. Lui si scosta subito. "Scusa."
Ishizaki arriva con il disinfettante e dell'acqua, accompagnato da una
ragazza. E' una delle manager. Lei gli toglie di mano le due
bottigliette.
"Lascia faccio io."
Taro si alza. "Allora ci pensi tu, Yukari?"
Lei annuisce solerte e inizia a versarmi dell'acqua sulla sbucciatura
del ginocchio.
Brucia un po', ma Taro sta per andarsene ed è l'unica cosa
che
riesce ad attirare la mia attenzione.
"Allora ciao." mi dice lui. Lo vedo allontanarsi con Ishizaki verso lo
spogliatoio.
C'è un lungo istante in cui non riesco a pensare a niente.
La manager mi parla, mentre mi applica il disinfettante con del cotone.
"Il segno rosso andrà via presto, non credo
rimarrà
nessun segno."
Mi giro verso di lei solo dopo un po' e mi accorgo di non averle
risposto. Lei mi fissa in modo strano, poi guarda di sfuggita
in
direzione degli spogliatoi. Mi sorride condiscendente e si alza per
andarsene.
Ha capito tutto.
"Grazie." riesco finalmente a dire.
"Di nulla." Mi sembra di sentire un po' di ... pietà
nella sua voce.
Se ne va, mentre io arrossisco per la vergogna.
Ora è una cosa degna di pietà avere una cotta?
E' una cosa bella invece!
Chissenefrega se per lui non è scattato nulla quando mi ha
vista?
Abbasso le spalle che avevo alzato appena due secondi prima.
E' stato così gentile. Ma ... non mi è sembrato
interessato.
Be' .... è stato un grandissimo passo avanti, no?
Cerco di nascondere quel pizzico di delusione che sento, ripensando
invece a come mi ha parlato, a quando mi ha aiutata ad alzarmi.
Sì, la prossima volta che lo vedo lo
ringrazierò!
Visto, è facile! Non dovrò nemmeno pensare a cosa
dirgli, ci ho già pensato ora.
Un bel 'grazie'. Quando mi guarderà, mi
riconoscerà e io
gli passerò accanto solo ringraziando. Non dovrò
inventarmi altri discorsi o dire chissà cos'altro,
dovrò solo scandire quelle poche sillabe.
Mi rialzo di scatto piena di baldoria e sento subito la pelle del
ginocchio tirare.
Faccio una smorfia e provo di nuovo a fare un passo rapido, ma non
posso ignorare il dolore.
Mi fermo e decido di prendermela comoda.
Di solito vado a casa a piedi ma oggi sarà meglio prendere
l'autobus.
Uffa, ed era una così bella giornata.
Scuoto la testa, sorridendo ... chi se ne importa! Oggi ho parlato con
Taro! Grazie ferita!
Una decina di minuti dopo, finalmente, sono quasi arrivata alla fermata
dell'autobus. I graffi al ginocchio oramai li sento poco.
Mi guardo intorno con aria decisamente sognante.
Dalla parte opposta della strada arriva l'autobus. Lo guardo
distrattamente, mentre arrivo ad appoggiarmi al palo della mia fermata.
"Taro!"
Quel nome attira immediatamente la mia attenzione. Una ragazza coi
capelli mossi e castani sta agitando la mano nella direzione da cui
sono venuta.
No, non può essere quel-
Invece è proprio Taro, che arriva correndo.
No, non è proprio quello
che ho sentito nella voce di lei. Saranno conoscenti, saranno ...
Quando Taro si avvicina abbastanza, la ragazza gli getta le braccia al
collo. Li vedo scambiarsi un rapido bacio. Sulla bocca.
Lei gli prende la mano e vanno via tranquilli per una strada laterale.
Quello che mi esce dalla bocca solo molto dopo è uno strano
respiro, la voglia di vivere e morire contemporaneamente.
Morire? Che stupidaggine!
Quando cerco nuovamente di prendere aria però esce solamente
un singhiozzo.
E perché no?
Lascio cadere via dagli occhi lacrime impossibili da contenere oltre.
Eììun pianto ridicolo, misero, le lacrime di
un'illusa.
Fanno lo stesso tanto male.
Lascio cadere la cartella a terra. Non sopporto nemmeno quel peso, ora.
Illusa. Illusa. Illusa.
Ecco cosa succede a vivere di illusioni.
Sono nulla, solo le fantasticherie di una codarda.
Ma le sento ancora quelle mani sulle mie spalle e piango ancora per
quella misera e stupida creatura che lo ha ... amato.
Amavo Taro.
Lo amavo.
Mi abbasso con forza a prendere la cartella da terra, accogliendo quasi
con piacere il dolore al ginocchio.
Ma che amavo! Nemmeno lo conoscevo!
E giù altri singhiozzi.
Tutti quei pensieri su di lui, quei sogni ... e non sapevo neppure che
avesse una ragazza.
Come si fa a sentirsi traditi se mi ha parlato per la prima volta solo
oggi?
Si fa, si fa ...
Le lacrime mi annebbiano la vista e oramai sono costretta ad aprire la
cartella alla ricerca di un fazzoletto, col naso otturato che mi
impedisce di respirare. Soffio sonoramente sulla carta tra le mani.
Avrei solo voglia di sedermi e sprofondare.
Perché non c'è nemmeno una panchina quando serve?
...
So solo lamentarmi.
Alzo lo sguardo sulla via da cui Taro è sparito.
Ha una ragazza. Ci sta insieme.
Era carina, forse ... straniera.
Chiaro. Perché mai avrebbe
dovuto scegliere una giapponese, no, il grande campione di calcio?
Reprimo quell'ira; non è neanche giustificata. Ha avuto
l'unico torto di vivere come fanno tutti gli altri, come non ho mai
fatto io.
No, lui non era una scusa per nascondermi, mi piaceva davvero!
Però ... era tanto comodo non sforzarsi di farmi vedere da
nessun altro, tanto contava solo lui, no? Anche se mi avesse vista,
perché mai avrebbe dovuto scegliere me, dalla faccia anonima
e
con un'anonima coda di cavallo che non sciolgo mai?
Mi strappo l'elastico dai capelli e lo butto per terra.
Esalo un altro faticoso respiro: il punto non sono i capelli, anche se
mi fanno sentire come nuda, così sciolti.
Mi sono sempre sentita come nuda, come se avessi tutto da
nascondere.
E che ho da nascondere?
Nulla, sono come tutti gli altri. Né meglio né
peggio.
Giusto, per niente peggio.
Inspiro l'aria con forza dal naso ora libero e mi asciugo le guance col
dorso della mano.
Sì, non ho nessun difetto particolare. Non sono brutta, non
sono stupida, il resto ... il resto lo posso superare!
Cinque minuti dopo sono ancora lì in attesa.
Ma ad attendere quell'autobus c'è una nuova me.
Vedo la bicicletta di Ayako arrivare dal fondo della strada. "Ehi, sei
qui!" Si
ferma all'improvviso. "Pensavo fossi al campo di calcio e quindi sono
passata di lì per ... che hai?"
"Niente. Mi sono sbucciata un ginocchio. Puoi portarmi a casa?"
Senza aspettare risposta inizio a montare dietro di lei, sistemandomi
alla meglio.
" ... tutto bene? Hai perso l'elastico?"
"Sì, è caduto."
"E non l'hai trovato?"
"Non mi serve più."
Ayako mi fissa interdetta, prima di decidere che forse è
meglio pedalare.
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
E' successo qualcosa ad Harumi.
Ma non ha detto niente ed è sempre lei ad iniziare questi
discorsi, che diavolo!
E adesso non ne parla nemmeno.
Perso l'elastico, un corno.
Non lo vuole più portare. Non l'aveva addosso nemmeno questa
mattina e a casa ne ha una scorta colossale di quegli orribili cosi.
Le ho sempre detto che se i suoi capelli lunghi li voleva portare
sempre legati, tanto valeva che se li tagliasse corti come ho fatto io.
Ma lei niente, insisteva a legarli. Oh, sono felicissima che abbia
mollato la coda, ma non è da lei.
Mi aspetto che entro la fine della giornata scoppi in un pianto
dirotto, altrimenti inizierò a preoccuparmi.
Andrò a trovarla più tardi, magari ha bisogno di
avermi intorno per un po' per lasciarsi andare.
Inizio a farmi girare intorno al corpo il sacchetto della spesa che sto
portando.
E' divertente e se lo faccio abbastanza spesso dovrei migliorare i
muscoli delle braccia.
Non fa mai male essere forti.
Mantenere l'equilibrio così non è molto facile,
ma la sfida mi piace.
Proseguo fino alla fine della strada e giro l'angolo.
"Ahi!"
La voce è infantile. Oddio.
Mollo il sacchetto di arance per terra e mi abbasso subito sulla
bambina che ho fatto cadere.
"Scusa, stai bene?"
"Niisan, mi ha fatto male!"
"Shi, non ti sei fatta niente, in pie- Ancora tu!" Alzo lo sguardo su
una voce che già conosco.
Questa volta non raccolgo giusto perché sono io quella in
errore.
"Sei un pericolo anche per i bambini."
Adesso esagera. Mi rialzo. "Due secondi fa le hai detto che non si era
fatta niente."
Lui si abbassa a mettere in piedi la sorella e mi fissa gelido. "Questo
non ti dà il diritto di farla cadere."
"E chi ha mai detto una cosa simile?" Mi metto le mani sui fianchi,
esaperata.
"Scusa ancora piccola." Me ne vado senza sprecare fiato a salutare lui.
Non ho fatto che pochi passi che sento dietro me, "Le arance ce le
lasci in regalo?"
Mi blocco ma vorrei davvero davvero non dovermi girare.
Gliele lascerei quelle arance pur di non dover fare questa stupida
figura. Ma ne ho bisogno.
Mi giro solo per fermarmi subito.
Il tipo è a due passi da me e mi sta porgendo il sacchetto
delle arance con aria ... meno arcigna del solito. "Tieni."
Cerco di riprendermi la mia roba evitando di toccarlo. Dato che ha le
dita sulla presa del sacchetto, questo mi costringe ad appoggiare una
mano sotto le arance e a chiudere il sacchetto con l'altra ben sotto il
manico. Mi riprendo il tutto.
Lui mi guarda con aperta curiosità: pensa che mi sto
comportando da stupida. In effetti ... sì.
Mi viene un po' da ridere. "Grazie."
Che senso aveva prendermela così tanto? Mi sono abbassata
a
livelli da asilo. Questo qua non è diverso dalla maggior
parte
dei ragazzi: idiota ma non cattivo.
Però ora mi sta fissando le gambe. "Niente gonna oggi?
Scelta intelligente."
Naturalmente dimenticavo che ci sono gli idioti antipatici e pervertiti.
Calma. Calma. Non fare come prima. Non hai più sei anni.
Inspiro per bene. "Spero di non incontrarti mai
più, ma
se succede, vedi di crescere di qualche anno prima di parlare."
E, questa volta, me ne vado sul serio.
"Niisan, perchè l'hai fatta arrabbiare?"
A Kojiro Hyuga non importa erigere difese con sua sorella. "Non mi sono
comportato troppo bene."
"Perché?"
"Ogni tanto succede ai grandi. Non ti fa più male?"
Sua sorella gli sorride allegra e afferra la mano offerta. "No.
Torniamo
dalla mamma?"
"Sì."
"Ciao Ayako."
Mi chiudo dietro il cancelletto di casa. "Ciao Haru."
Harumi inizia a dirigersi verso la scuola senza aspettarmi. Non ha
nemmeno protestato per l' 'Haru'.
Mi metto al passo con lei. "Ieri volevo venire a trovarti solo che ...
sai quel tipo dell'altra volta, quello della bicicletta? Ieri l'ho
incontrato di nuovo e si è comportato anche peggio. Mi ha
messa
di cattivo umore."
"Perché volevi venire a trovarmi?" mi chiede lei.
Ancora una volta, non è da lei non commentare una cosa come
quella che le ho appena raccontato.
"E' successo qualcosa?"
" ... no."
Non ha voglia di parlarne. Cammino per un po' assieme a lei, senza dire
nulla.
La guardo di sottecchi. "I capelli sciolti ti stanno bene."
Sorride! Finalmente.
"Pensi che dovrei acconciarli?"
"Sai che non sono esperta di queste cose. Magari puoi andare da un
parrucchiere e vedere un po' di tagli. Se vuoi ... ti accompagno."
Harumi mi guarda e capisco che riconosce il mio sacrificio. Sa che i
capelli me li taglia mia madre. Non mi fido di nessun altro da quando
un parrucchiere me li ha acconciati in un orribile caschetto quando ero
alle elementari. Non mi fiderei nemmeno di mia madre, ma almeno sa
quello che voglio e si tratta più che altro di spuntarli di
tanto in tanto.
Harumi ridacchia. "Credo che accetterò prima che tu possa
cambiare idea. Oggi
puoi?"
Scuoto la testa. "Anche oggi ho il club."
"Giusto. Facciamo domani allora?"
Annuisco. Avrei preferito poter andare con lei oggi, però.
Non voglio intromettermi, ma credo davvero che abbia bisogno di parlare.
Lei è sempre stata fatta così.
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
Il parrucchiere è una buona idea.
Forse dovrei anche andare a comprare dei vestiti.
Non ho molti soldi però. Bah, non ne ho bisogno.
E' tutta una questione di atteggiamento, alla fine.
Passo accanto al campo di calcio.
E' sempre stato sulla strada di casa.
Se magari fosse stato da tutt'altra parte, non mi sarei mai accorta di
Taro.
Stanno giocando. Vado avanti: ormai quello che
c'è lì non mi interessa più.
Continuo ad avere la mente un po' vuota per diversi minuti. Mi guardo i
piedi mentre cammino.
In fondo, non poteva essere tanto facile, no?
E' successo solo ieri.
Però mi sento meglio, riesco a riconoscerlo. Mi sento libera.
Passo dalla fermata dell'autobus.
"Ehi, ciao."
Mi blocco e alzo lo sguardo.
Taro.
Taro Misaki.
In uniforme, seduto sulla panchina.
Parlo senza elaborare alcun pensiero. "Ciao. Grazie per ieri."
Che strana calma.
"Non ti preoccupare. Capita a tutti." Si tocca la gamba. "Oggi
è toccato alla mia caviglia."
Ha sempre la solita aria gentile e sincera. E' la definizione vivente
di 'bravo ragazzo'.
"E' grave?" chiedo, per gentilezza.
"No, ma il mister ci vuole sani, c'è una partita importante
tra
un paio di settimane. Ma ... lo saprai. Ho visto che sei venuta a
vederci spesso quest'anno."
E così mi aveva notata. Ieri non avrei saltato su
e giù dalla gioia, felice come una pasqua?
"Sì ... il calcio mi piace. E la squadra gioca bene."
"Grazie." Si illumina come se gli avessi fatto il complimento
più bello del mondo.
E' stato bello essere innamorata di lui.
"E' la verità. Allora ... ciao."
Riprendo a camminare senza guardarmi indietro.
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
"Ciao papà, sono tornato a casa." Mi tolgo le scarpe
all'ingresso.
"Ciao Taro. Come mai così presto?"
"Ho preso una storta alla caviglia e il mister non ha voluto che la
sforzassi con gli allenamenti. Sei da solo?"
"Ovviamente."
Ovviamente?
"E Amelie?"
Mio padre posa il pennello con cui stava dipingendo. La sua faccia non
mi piace. "Come, 'e Amelie'? E' partita stamattina, no?"
"Cosa?!"
"Con suo padre. Non ti ha salutato?"
Rimango fermo, come uno stupido.
Sono uno stupido.
La faccia di mio padre è quasi costernata. "Pensavo ti
avesse salutato, io mi sono svegliato tardi e non ho visto
..."
Lo fermo con una mano. "Papà. Lascia stare."
Vado in camera mia.
Non so nemmeno cosa sto provando.
Apro la porta. Sul mio letto c'è una busta, in bella vista.
Una lettera.
Una dannata lettera!
Rabbia, ecco cosa devo provare.
Respingo l'impulso di strapparla solo perché devo sapere.
Ma non ci sarà una sola parola o scusa che tenga.
La calligrafia di Amelie mi parla e forse è la prima volta
che noto quanto è arrotondata, infantile.
"Taro ... sai che ti
amo, ma non
stava funzionando. Questi anni sono stati belli, anche così
a
distanza, ma prima che tu tornassi in Francia mancava troppo
tempo
e io ... scusa se non te l'ho detto. Volevo che gli ultimi momenti
della nostra storia fossero felici e non ce l'ho fatta a mentirti oggi
e a dirti che ti avrei aspettato. Non riuscivo a pensare di
confessartelo e
vederti triste. Scusami. So che ho fatto una vigliaccata, ma
scusami. Alla fine, è stato un bene rivederci, poterlo
capire,
no? In un qualche modo, per sempre tua Am-."
Strappo il foglio e, con la gamba sana, do un calcio ai pezzi di carta
che cadono per terra.
Non credo di aver mai provato una tale furia.
Mi sdraio sul letto, perché se non mi costringo a stare
fermo rischio di colpire qualcosa anche con la gamba malata.
Pretendere la verità da lei era chiedere troppo?
Esatto, è stata una vigliaccata.
Del peggior tipo. Un anno e passa insieme e alla fine non meritavo
neanche un discorso in faccia.
O un minimo indizio di quello che stava pensando veramente.
Una che sapeva passare dal dramma all'allegria in due secondi doveva
per forza saper recitare, penso con amarezza.
Chiaramente non la conoscevo abbastanza bene.
Ma che razza di persona è una che fa così?
Continuo a sbollire la rabbia per interi minuti.
Minuti in cui penso che coverò rancore per il resto della
mia vita.
Poteva dirmelo, dannazione!
Poteva dirmelo, è tutto quello a cui riesco a pensare.
Non ... 'mi ha lasciato e ora cosa farò'. Solo .. 'poteva
dirmelo'.
Mi abbasso a prendere il pallone da sotto il letto e lo faccio roteare
sul dito. Mi aiuta a riflettere.
Poteva dirmelo?
Tutto qua il problema?
No, continuo ad essere arrabbiato.
Il problema è 'lasciato così, no'. In ogni modo,
ma così no.
Sbatto il pallone sul materasso e mi alzo.
Se fosse venuta a dirmi che voleva rompere, non avrei provato rabbia.
Non avrei provato ... molto.
Perché stavo assieme a lei?
Perché era carina, divertente. PerchP era comoda.
Quando non la volevo vedere, non c'era. Quando la volevo vedere, c'era.
E una cosa del genere era possibile solo perché la volevo
vedere neanche tre volte l'anno.
'Taro, sai che ti amo'?
Era piacevole sentirmelo dire. Ma io non l'ho mai detto. E lei lo
faceva sempre con troppa facilità.
... ma era bello avere una
ragazza.
E stavo con Amelie solo per questo, me ne rendo conto improvvisamente.
Perché era la mia
ragazza.
Perché avevo una ragazza. E, quando non mi importava, non ce
l'avevo.
Butto il pallone giù dal letto e mi alzo.
E se lei mi avesse amato veramente?
Che persona è uno che si comporta come me?
Mi abbasso a raccogliere i pezzi della lettera di Amelie. Una volta in
mano, li butto nel cestino.
Forse siamo più simili di quanto pensavo.
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
Sento un bussare alla finestra.
Mi giro e trattengo con facilità la sorpresa. "Ayako! Un
giorno ti romperai l'osso del collo e io non
verrò a trovarti in ospedale!"
Quando si
fa
troppo tardi e Ayako vuole venire a trovarmi, scala sempre
l'albero accanto alla mia stanza.
Lei scavalca il davanzale con una gamba. "Tu saresti quella sempre
accanto al letto, invece."
"Appunto. Non ho voglia di perdere le mie giornate così."
Ayako è ormai dentro e unisce le mani, gli occhi al
soffitto. "Piangeresti e mi terresti la mano, dicendo: Ayako, come è potuto
succedere ...?" Piagnucola, imitando la mia voce.
Io rido. "Finiscila. Perché sei qui?"
Si siede sulla sedia della scrivania con inusitata compostezza.
... Okay, questa non è la solita Ayako.
"So che sei sempre tu a fare così, ma ... cos'è
successo Harumi?"
"Io farei sempre cosa?"
"Venirmi a chiedere come sto. E ora ripeto 'cosa c'è
Harumi?'"
"Non c'è niente."
"Se non ci fosse niente, ora diresti 'Perché pensi
che
abbia qualcosa?'. Invece stai solo negando, perché sai
benissimo cosa ti sto chiedendo."
Rimango in silenzio. "Preferisco non parlarne."
Forse è la prima volta che vedo Ayako ferita.
"Non
è per te, è che ..."
Lei scuota la testa. "Se non vuoi parlarne, se davvero non vuoi
parlarne, non ti chiederò più nulla. Ma ... forse
ne so poco di questo genere di cose, ma magari ... magari ti
farà
bene. Non sei più tu dall'altro ieri."
Sospiro. "Non sono più io? Vuoi dire che non sono
più una
sciocca?"
"No, voglio dire che non sembri più felice."
Rimango zitta.
"Starò bene."
"Sì." L'assenso di Ayako è pieno di convinzione.
"Sei sicura?" Da dove deriva tanta sicurezza?
Lei mi si avvicina e mi prende le mani. "Sì. Harumi, tu
prendi
tutto dal mondo, ogni sciocchezza che io non riesco a vedere, per te
è una cosa felice. Qualunque cosa sia accaduta, questo non
può cambiare."
Mi sento crollare le spalle. "A volte fare così non
è un bene. Immaginarsi troppo cose a volte ... fa male."
"Sognare è bello. Be', agire è bello altrettanto,
ma sognare non è mai un male, Harumi."
"Avrei dovuto farlo prima." Le lacrime iniziano a uscirmi dagli occhi.
"Cosa?"
"Agire prima. Se mi fossi dichiarata a lui, avrei saputo da una vita
che aveva la
ragazza, no?"
"Harumi ..." Ayako ha capito benissimo di chi sto parlando.
"Avrei evitato di perdere mesi interi dietro a lui. E' una
cosa
così fa pietà, non credi anche tu? Che stupida
sono
stata." Sto singhiozzando.
Ayako mi abbraccia.
E io piango.
Ancora una volta.
Non mi ero accorta di quanto ne avessi bisogno.
§°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°§
/ Continua
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