Call it Magic, when I'm with you

di Kerri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Gennaio ***
Capitolo 2: *** II. Febbraio ***
Capitolo 3: *** III. Marzo ***
Capitolo 4: *** IV. Aprile ***
Capitolo 5: *** V. Maggio ***
Capitolo 6: *** VI. Giugno ***
Capitolo 7: *** VII. Luglio ***
Capitolo 8: *** VIII. Agosto ***
Capitolo 9: *** IX. Settembre ***
Capitolo 10: *** X. Ottobre ***
Capitolo 11: *** XI. Novembre ***
Capitolo 12: *** XII. Dicembre ***



Capitolo 1
*** I. Gennaio ***


Call it Magic, when I’m with you
 
I. Gennaio
 
Okey, doveva ammettere che non era stata una delle sue più brillanti idee. Non che di solito si reputasse una persona geniale e con le risposte pronte. Anzi.
Piuttosto impulsiva e intraprendente.
Ma con tutto quello che era accaduto con Lady Marian, credeva che almeno un po’ fosse cambiata, che avesse imparato a riflettere sulle sue decisioni.
Ma si sa, le abitudini sono dure a morire.
 
Quel giorno, una pigra domenica di Gennaio, si erano svegliati sotto una coltre bianchissima di neve. Dopo l’esperienza con la Snow Queen e dopo la partenza di Elsa, Anna e Kristoff, non aveva più nevicato così tanto.
Emma era entusiasta e stranamente felice. Dopo la solita tazza di cioccolata calda, panna e cannella da Granny, si precipitò immediatamente in strada con suo figlio, dando inizio ad una vera e propria guerra.
Di palle di neve, ovviamente.
Una persona, non molto tempo prima, le aveva insegnato ad approfittare di quei piccoli e rari istanti di pace, così distanti dalla solita realtà di Storybrooke e da quel giorno cercava di non lasciarsi sfuggire più niente. Anche un istante, se trascorso con le persone che amiamo, è importante. La vita è bizzarra, può donarci tutto e il giorno dopo tornare a chiedere il conto.
Poco dopo, quella stessa persona, si materializzò al suo fianco, quasi per magia.
« Ciao, splendore! » esordì l’uomo, scansando per un soffio una palla di neve lanciata da Henry.
« Salve anche a te, ragazzino! » continuò Killian, cercando di farsi largo per raggiungere quella che, ancora a stento, cominciava a chiamare “la sua famiglia”.
Emma si prese un istante per squadrarlo da sopra la sciarpa di lana. Le guance arrossate dal freddo e i lunghi capelli biondi, lasciati sciolti sulle spalle. Ad ogni suo respiro, fuoriusciva una tiepida nuvoletta di vapore.   
«KILLIAN! Ma sei impazzito?! Vuoi per caso prenderti un’influenza?! »
L’uomo la guardò stranito, con il suo solito sguardo da “non capisco un accidente di quello che stai dicendo, Swan”.
Di solito, lo sfoggiava quando la sua Swan, accennava a parole come “microonde”, “termosifone” o “budino”.
Emma sospirò.
« Dovresti indossare qualcosa di più pesante Killian! Ha nevicato, fa freddo e potresti ammalarti!»
Gli occhi di Killian si illuminarono e il suo cuore si riscaldò. Sapere che Emma si preoccupava per lui, sì proprio per la sua salute, lo mise di buonumore, più di quanto non avesse già fatto la neve.
« Non preoccuparti per me, Swan! » disse, posizionandosi di fronte a lei e schioccandole un bacio sulla guancia fredda.
Emma gli sorrise poi si rivolse a suo figlio.
« Henry, per favore, va’ a cercare una sciarpa per Killian, un cappello, qualcosa che lo tenga al caldo insomma! Prova a chiedere a David, ma non dirgli che sono per lui! » disse, ammiccando in direzione di Killian e facendo l’occhiolino a suo figlio.
Henry annuì e si diresse verso la casa dei nonni.
« Ah, ricorda anche di prendere i pattini! » gridò Emma, perché il ragazzino potesse sentirla. Lui alzò un pollice in segno d’assenso e sparì dietro l’angolo.
Emma si voltò verso l’uomo, sorridente.
Le braccia incrociate e il sopracciglio alzato, gli conferivano quasi un’aria buffa. La interrogò con lo sguardo ed Emma capì che il capitano più temuto dei sette mari, non aveva mai pattinato in vita sua.
« Vedrai capitano! Ci divertiremo! »
 
Henry arrivò poco dopo con una sciarpa e un guanto. La sciarpa era giallo ocra, di lana e profumava di vaniglia.  
« Stai scherzando?! Non la metterò mai! » esclamò il capitano, guardando lo scialle.
« È per il tuo bene! E poi non è così male … » disse Emma sistemandogli la sciarpa attorno al collo.
« Ragazzino sei sicuro di aver chiesto a David? Perché a giudicare dal colore e dalla puzza, sembra più lo stile di Mary Margaret! »
« Per una volta smettila di lamentarti e seguimi! »
Killian si arrese, si sistemò ancora una volta la sciarpa e la seguì. Che poi era ciò che faceva praticamente da un anno a quella parte. Seguire quella bellissima donna dagli occhi verdi, che lo aveva stregato sin dal primo sguardo.
Insieme si diressero al lago. La vista era mozzafiato, Emma non aveva mai visto niente di più bello. La superficie dell’acqua si era gelata, restando limpida e trasparente. Henry era entusiasta, si infilò i pattini e si avviò sul lago. A New York, qualche volta, Emma lo aveva portato a pattinare per cui se la cavava abbastanza bene.
« Sta’ attento, ragazzino! » lo ammonì Emma, prima di dedicarsi completamente a Killian, che la guardava stupito.
« Ho capito, Swan! Quei cosi, quegli aggeggi che Henry ha ai piedi, gli permettono di camminare sull’acqua!»
Emma rise di cuore di fronte ai tentativi dell’uomo di cercare di comprendere “gli aggeggi infernali del ventunesimo secolo”.
« Sì, una cosa del genere. Allora, capitano, ti va di provare?! »
Lui annuì, non troppo convinto.
Si sedettero su una panchina ed Emma aiutò Killian ad indossare i pattini. Non fu un’impresa facile ma alla fine, dopo svariati tentativi, ci riuscirono e insieme si diressero verso la pista da ghiaccio improvvisata.
Emma intrecciò le dita alle sue e gli riservò uno dei suoi sorrisi più belli, per incoraggiarlo. Molto cautamente lo trascinò sulla pista, lasciando che si abituasse al ghiaccio e a quella strana, nuova sensazione.
« Non te la cavi poi così male. Adesso io vado laggiù – disse indicando un punto di qualche metro più lontano – e tu mi raggiungi … te la senti? »
L’uomo alzò un sopracciglio.
« Certo, che me la sento Swan! Non sono mica un pappamolle! »
« Chi ti ha insegnato cosa vuol dire “pappamolle”? » chiese Emma, divertita, prima di voltarsi e dirigersi verso il punto che aveva indicato prima.
Scivolava sul ghiaccio leggera, come una ballerina, come se fosse una piuma leggera.
Quando la donna si fu sistemata, Killian emise un lungo sospiro e cercò di muoversi verso di lei. Ma qualcosa andò storto, fece un movimento troppo affrettato e si ritrovò disteso sul ghiaccio.
Sicuramente aveva sbattuto la testa e la schiena. Si massaggiò le tempie, cercando di mettere a fuoco ciò che stava accadendo.
« Swan, puoi anche smetterla di ridere e aiutarmi! »
Ma la donna non lo ascoltò.
« Devi rimetterti in piedi da solo, solo così imparerai! Fidati di me! »
Mi fido di te, Swan.
Non mi fido di questi aggeggi.
Distese le gambe per appurare che non ci fosse niente di rotto o dolorante, poi si alzò.
O meglio, cercò di alzarsi.
Quando finalmente riuscì a rimettersi in posizione eretta, ad Emma faceva male la pancia per aver riso troppo.
Provò a fare un passo, poi un altro e poi un altro ancora. Non era difficile, tutta questione di equilibrio.
« Finalmente! » disse Emma, girandogli attorno.
« Qual è il mio premio? » chiese speranzoso e malizioso. Aveva attraversato un mare gelato con delle lame ai piedi, qualcosa doveva pur meritarla.
Emma rise divertita. Quell’uomo era incorreggibile.
Gli lasciò un piccolo bacio all’angolo delle labbra e poi si rivolse a suo figlio.
« Henry, stiamo per tornare a casa! »
Il figlio protestò un po’, avrebbe voluto divertirsi un altro po’, anche se si ripromise che ci sarebbe ritornato il giorno dopo, chissà magari con Grace.
« Scherzi Swan! Non dirmi che adesso devo ritornare laggiù! Dopo tutta la fatica che ho fatto …  »
« A meno che tu non sappia volare, e da quanto mi risulta, non lo sai fare,  credo proprio che dovrai pattinare! »
La donna si diresse verso la riva, assieme a suo figlio. Killian la vide scivolare elegantemente sul ghiaccio, poi prese un bel respiro e cercò di seguirla.
Sembrava che tutto stesse andando per il meglio, non era caduto neanche una volta ed era quasi a metà strada, ma ad un tratto perse l’equilibrio e per salvarsi, proteggersi o semplicemente per riflesso, sbatté violentemente l’uncino per terra, conficcandolo nel ghiaccio.
Tutto accadde in pochi secondi.
Il ghiaccio si crepò e si frantumò sotto il suo peso.
Si ritrovò nell’acqua gelata, con quegli aggeggi infernali ai piedi e una pesante sciarpa di lana al collo.
« Killian! »
Non riusciva a nuotare, l’acqua gli era entrata in gola, negli occhi.
I pattini non gli permettevano di risalire a galla per riprendere un po’ d’aria. I polmoni gli bruciavano e tutto quello che riusciva a fare era pensare alla pessima figura che aveva fatto di fronte ad Emma. Non riusciva a pensare ad altro. Doveva sopravvivere, doveva farlo a tutti i costi.
Per prima cosa perché glielo aveva promesso.
E poi, non poteva morire così, da “pappamolle”, un pirata che muore affogato in un lago, non è un pirata.
« Killian! Killian! Torna da me, torna da me! »
L’uomo tossì un po’ e constatò che si trovava, finalmente, sulla terra ferma.
« Emma! »
« Sono qui! Sono qui! Henry, va’ ad accendere il riscaldamento in macchina. Arriviamo! »
« Mamma, sei stata grande! La magia ormai è parte di te! »
Henry le baciò la guancia, fiero, prima di dirigersi verso la macchina.
Emma non poteva fare a meno di pensare che Regina avesse ragione, che la sua magia si manifestava in situazioni di pericolo, situazioni in cui le persone che amava rischiavano di morire. Avrebbe voluto controllarla meglio, chissà magari avrebbe potuto evitare quello sfacelo.  
La donna gli sfilò i pattini e si sforzò di riutilizzare la magia per asciugare i suoi vestiti, ma con scarsi risultati.
« Maledizione! » mormorò a denti stretti.
« Ce la fai a camminare? » gli chiese e l’uomo annuì, mettendosi in piedi.
« Okey, appoggiati a me »
Si diressero verso il maggiolino giallo di Emma. Killian insisté per sedersi al suo solito posto, accanto al guidatore.  Henry, invece, trattenendo a stento una risata, si sedette dietro.
« Scusa, Killian! È colpa mia! Avrei dovuto aiutarti, stavi per morire! Dio, mi dispiace tantissimo! Mi dispiace, davvero! »
Emma era in preda al panico. Non si sarebbe mai perdonata di aver commesso un errore tanto grave. Stava rischiando di perderlo per la seconda volta, nel giro di un mese!
Tuttavia, doveva ammettere, che credeva che quell’uomo fosse leggermente più coordinato! Diamine, aveva vissuto quasi tutta la sua vita su una nave, un minimo di equilibrio era necessario!
Killian, invece, sembrava non possederne nemmeno un po’. Probabilmente era sparito insieme alla sua nave e questo la faceva sentire ancora più in colpa.
« N-n non è c-colpa t-tua, tesoro! » disse Killian sbattendo i denti.
Arrivarono a casa così velocemente, che se lo sceriffo non fosse stata lei stessa, sicuramente l’avrebbero multata per eccesso di velocità.
Emma fece sedere Killian accanto al camino, che accese con uno schiocco di dita. Una delle poche cose che aveva imparato a fare in quei giorni.
Le fiamme divamparono, rosse e calde, riscaldando il povero pirata congelato.
« Henry, vai a prendere qualche coperta per favore » ordinò a suo figlio.
L’uomo sbatteva ancora i denti per il freddo ed era attraversato da brividi, flebili tentativi del suo stesso corpo per ritornare alla normale temperatura corporea.  
« Togliti questi abiti bagnati e infilati questi! » disse Emma, porgendogli un pantalone di tuta e una maglione.  Killian non poté fare a meno di sorridere.
« S-se il t-tuo s-scopo era s-spogliarmi, potevamo e-evitare tutto il r-resto! »
Emma sospirò, nascondendo il velo di imbarazzo che quella affermazione le aveva provocato. Non sarebbe mai cambiato, mai. Incorreggibile.
Mentre l’uomo si vestiva, andò in cucina per preparargli qualcosa di caldo. Nel frattempo, Henry aveva aiutato il pirata a stendersi sul divano e lo aveva coperto con tutte le coperte che aveva trovato in giro per la casa.
« Grazie, ragazzino! » disse Killian riconoscente, notando con piacere che i suoi denti avevano smesso di muoversi a loro piacimento.
Quando Emma tornò in salotto, stringendo una zuppa, non poté fare a meno di sorridere.
« Sembri una mummia! »
« Una che?! »
« Lascia perdere! » disse sedendosi sul bordo del divano e porgendogli la minestra.
Killian si mise a sedere e annusò quel liquido arancione. Aveva imparato a non avere pregiudizi riguardo al cibo di quel secolo, aveva scoperto una folle passione per la crema al cioccolato e la pizza. Ma, quel liquido, non aveva un aspetto così invitante.
« Bevilo, ti farà bene! »
Killian ci soffiò sopra e ne assaggiò un sorso. Non era male, anche se preferiva di gran lunga la pizza.
« Swan »
« Dimmi »
« Se pattinare, cadere nell’acqua ghiacciata e rischiare di morire annegato mi farà ottenere tutta questa considerazione da parte tua, possiamo anche ritornarci domani! »
Emma sorrise. Era proprio un bambino. Tuttavia capì che lo fece per allentare la tensione che, inevitabilmente, si era creata. Emma non poteva più rischiare di sbagliare ancora. Il prossimo errore, sarebbe potuto essere l’ultimo. E lei non poteva permettersi di perdere ancora una persona a cui teneva, una persona con cui finalmente aveva abbattuto ogni muro, ogni barriera che il suo cuore aveva eretto dopo essere stata ferita troppe volte si era sbriciolata. Non poteva permettersi di perderlo.
« Ho ancora freddo » disse l’uomo, rabbrividendo un po’ sotto gli strati di coperte e riscuotendola dai suoi pensieri.  
« Aspettami qui, vado a prendere il termometro »
Killian preferì non chiedere cosa fosse, la parola non gli diceva niente, mai sentita prima.  
Emma tornò poco dopo con uno strano oggetto allungato con il quale armeggiò un po’ e che dopo mise sotto il suo braccio.
« Non ti muovere! »
Killian non capì cosa la donna avesse intenzione di fare, si abbandonò sui cuscini e chiuse gli occhi.
Biiip
« Swan! Questo coso è vivo! » urlò Killian, in preda al panico.
Emma ritornò subito dopo, prese il termometro dal suo braccio e lesse le cifre sul piccolo schermo.
« Killian, hai la febbre! » constatò, massaggiandosi un po’ le tempie.
« Fantastico … sono in pericolo di vita? »
« Certo che no! Aspettami qui! »
Emma si allontanò di nuovo, dirigendosi verso il bagno. Quando avrebbe cominciato a capire quella donna, sarebbe stato troppo tardi. Ma l’amava anche per questo.
Chiuse gli occhi e poco dopo sentì dei passi avvicinarsi.
« Sei proprio messo male, Kill. Mi dispiace! »
« Ragazzino, non infierire! E soprattutto non raccontare a nessuno ciò che hai visto oggi! Dovrà restare un segreto tra me e te, intesi? »
« Intendi le tue spettacolari cadute e il tuffo in acqua? Tranquillo, terrò la bocca chiusa » disse facendogli l’occhiolino. Quello sguardo furbo e birichino, gli ricordava terribilmente quello di sua madre ed era in momenti come quello, in cui si notava la straordinaria somiglianza tra madre e figlio.
« Henry non disturbarlo, ha la febbre! » lo ammonì sua madre, stringendo qualche scatola in mano e dirigendosi in cucina per prendere un bicchiere d’acqua per l’ammalato.
Henry la seguì.
« A proposito, volevo dirti che dormirò da Regina, sai per evitare che mi ammali anch’io, e poi alla mamma farà piacere un po’ di compagnia »
Emma annuì.
« Sì, vai. Ho già un bambino da accudire, non me ne serve un altro! » disse scompigliandogli i capelli.
« SWAN! »
« Appunto » sospirò Emma, dirigendosi verso il divano, pensando ad un modo per fargli bere quella dannata medicina.
« Ciao mamma! Ciao Killian! » li salutò Henry, afferrando al volo lo zaino, abbandonato sulla poltrona.
« Occhi aperti, ragazzino! » lo salutò Emma di rimando.
La porta si chiuse alle spalle del bambino, lasciando la casa in un silenzio assordante, rotto solo dal crepitio del fuoco nel camino.
« Okey, capitano. Siamo rimasti io, te e questa » disse Emma, indicando il bicchiere che stringeva in mano.
« Devi berla, e dopo ti sentirai meglio »
Killian mugugnò, ma portò alle labbra il bicchiere e ingurgitò quella sostanza effervescente.
Una smorfia di disgusto di dipinse sul suo viso, ma Emma non ci badò.
« Dov’è andato Henry? » chiese l’uomo, dopo aver posato il bicchiere sul pavimento.
« Da Regina. Non voleva ammalarsi anche lui. » gli rispose Emma, stendendosi al suo fianco.
L’uomo si spostò leggermente  e accolse con piacere il corpo caldo della donna che amava, accanto a lui. Le sensazioni che provava in momenti come quello erano indescrivibili, mai provate prima. Anche se, fisicamente si sentiva uno straccio, moralmente si sentiva l’uomo più felice del mondo.
La donna si accoccolò al suo fianco, coprendosi con un po’ delle coperte dell’uomo. Poteva sentire perfettamente il suo respiro caldo, il suo cuore, i capelli che gli solleticavano il braccio.
« Quindi, Swan, so che non avresti mai pensato di sentirmelo dire, ma non dovresti starmi così vicina … non voglio che anche tu debba prendere quell’intruglio orribile che mi hai dato poco fa! »
Emma gli si fece ancora più vicina e chiuse gli occhi.
« Correrò il rischio, Jones. Correrò il rischio. »
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice!
Buonasera a tutti! :) So che pensavate di esservi liberati di me, ma leggendo questa iniziativa non ho potuto fare a meno di frenare le mille idee che mi ronzavano per la testa!
Prima di tutto vorrei ringraziare lo splendido gruppo che ha creato questa bella sfida! Spero che possano aderirvi più persone possibili! Ho già letto alcune storie che sono a dir poco fantastiche e vorrei complimentarmi con tutte!
E adesso è il momento di ringraziare ognuno di voi per essere arrivato fin qui. So che probabilmente è un po’ troppo lunga e non so se le altre saranno così lunghe o più corte o più lunghe ancora…
Insomma dipenderà dal momento! Perdonate eventuali errori di battitura. Dopo averlo riletto dieci volte, i miei occhi mi hanno implorato di smetterla! xD
Spero che questa prima storia vi sia piaciuta e vi abbia divertito. L’intento è quello di far passare il tempo, in modo tale che Marzo arrivi il prima possibile e con esso, la nostra amata serie tv! Mi manca troppo! *Sigh*
Ah, un’ultima cosa e poi giuro mi dissolvo: il titolo è ovviamente ispirato alla canzone dei Coldplay. Non so se qualcuno l’abbia già usato. In tal caso, mi scuso tantissimo e spero che non ci siano problemi! Non so se sarà quello definitivo, ho un anno per pensarci! :D
Fatemi sapere se la storia vi è piaciuta, se ci sono critiche o punti da migliorare. So che probabilmente i personaggi sono un po’ OOC, soprattutto Killian! Non so, fatemi sapere! Una recensione è sempre gradita! <3
Vi abbraccio tutti,
Kerri
 

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Capitolo 2
*** II. Febbraio ***


Call it Magic, when I’m with you
 
II. February
 
«…quindi – disse il pirata massaggiandosi le tempie e cercando di tirare le somme di ciò che aveva appena ascoltato - se ho capito bene, tua madre e tuo padre sono al ristorante per festeggiare i loro decenni insieme, Henry è a casa di un suo compagno travestito e io e te siamo rinchiusi in questo loft, per fare da balie a Neal Junior, che fortunatamente, dorme beato nel suo giaciglio… giusto Swan? »
Emma sorrise di fronte al tentativo del pirata di riassumere la loro serata. Serata che sarebbe stata piuttosto noiosa se non avesse avuto lui al suo fianco.
« Culla Killian, si chiama culla e sì, hai capito bene… più o meno… » disse stiracchiandosi.
Era tornata da poco a casa e come ogni giorno, aveva trovato il pirata ad aspettarla, con il suo solito ghigno sorridente e le sue solite battute pungenti.
Non che questo le dispiacesse.
Le piaceva passare del tempo con lui, le piaceva sentirsi, per la prima volta nella sua vita, amata e accettata. Questa volta però, insieme all’uomo, aveva trovato anche un neonato e un quasi-adolescente in crisi di panico. Insomma, pacchetto completo. 
Sorrise ripensando alla scena di poco prima.
Hansel, un compagno di classe di Henry, aveva organizzato una grande festa in maschera in occasione del suo compleanno e di quello di sua sorella Gretel. Henry, però, non aveva ancora trovato cosa indossare, così aveva chiesto aiuto a Killian che era stato più che felice nel prestargli qualche suo vecchio vestito.
Febbraio era arrivato da qualche settimana e con esso, grandi e piccini erano stati risucchiati nel vortice colorato e chiassoso del Carnevale. Tuttavia i grandi fremevano più per un’altra festa, festa che arrivò prima che Emma potesse anche solo accorgersene: San Valentino.
San Valentino era una festa molto sentita a Storybrooke, soprattutto a casa Charmings. Per Mary Margaret era uno dei giorni in cui poteva mostrare al mondo il suo lato più romantico. Il primo febbraio, mentre tutti gli altri si godevano la partita del Super Bowl, lei aveva tirato fuori i suoi scatoloni dalla soffitta e canticchiando aveva cominciato ad addobbare la casa con cuori di ogni colore e forma possibile, sotto lo sguardo stranito di Emma e Killian. David ormai ci aveva fatto l’abitudine e non ci badava più di tanto. Sapeva perché sua moglie tenesse tanto a quella festa e non era soltanto per via dei fiori e cioccolatini. Quel giorno di tanti e tanti anni prima, Biancaneve e il Principe Azzurro, avevano unito le loro vite indissolubilmente, finché la morte non li avrebbe separati. Da allora, cominciò la storia che noi tutti conosciamo, la storia di un sortilegio e di una Salvatrice. La storia di Emma e di Sotrybrooke.
Ovviamente, nella Foresta Incantata, nessuno sapeva cosa fosse San Valentino, eppure per puro caso, o forse per destino, fu lo stesso giorno del loro matrimonio.
Emma, dal canto suo, non aveva mai amato né il Carnevale, né San Valentino. Non amava fingersi un’altra persona, non amava travestirsi e non riusciva a capire cosa ci trovassero le persone di così divertente nell’indossare fastidiose parrucche e vestiti da principessa. La trovava una cosa abbastanza ipocrita. Anche se, doveva ammettere che nel corso della sua vita, le era capitato più volte di fingersi qualcun’altra. Prima che la magia entrasse nella sua vita, prima di Henry, prima di Storybrooke, il suo lavoro la costringeva, qualche volta, a fingere di essere qualcun altro, per poter arrestare criminali e delinquenti di ogni genere.
Forse era per questo che odiava le maschere dopotutto. Perché per troppo tempo ne aveva indossata una, senza neanche accorgersene. Henry però, le aveva riaperto gli occhi, riportandola a casa.
Odiava San Valentino, un po’ per gli stessi motivi. Credeva che l’amore non dovesse essere dimostrato soltanto un giorno all’anno, ma continuamente. Non con stupidi pupazzetti e parole sdolcinate, ma con semplici gesti quotidiani. Una carezza, una parola di conforto, un abbraccio, un bacio.
La mano di Killian sulla sua guanci la riscosse da questi pensieri e la riportò alla realtà.
« Sei sicuro che per te non sia stato un problema? So quanto quegli oggetti fossero importanti per te, non dovevi farlo per forza Killian! »
« Swan, un panciotto e un gilet in meno non mi manderanno certo in bancarotta. So che sono un tipo sentimentale ma non fino a questo punto! E poi mi ha fatto piacere, il ragazzino sembrava così entusiasta… »
L’immagine di Henry con indosso i vecchi vestiti da pirata di Killian si dipinse nella mente della Salvatrice, che non poté fare a meno di sorridere.
« Sì, sembrava davvero felice! » commentò Emma pensierosa.
« … e sembrava un vero pirata! » concluse Killian, sapendo che quelle parole avrebbero toccato uno dei punti deboli della Salvatrice.
«Mio figlio non è un pirata» sibilò tirandogli un pugno sul braccio.
Piccola, irascibile Swan. Ormai ti conosco meglio della mia nave.
« Andiamo, Emma – continuò Killian sornione – devi ammettere che i pirati non sono poi così male.  Soprattutto se stiamo parlando del sottoscritto… »
Emma sospirò di fronte all’ennesima dimostrazione del suo ego, più che smisurato.
« Sì sì, lo so… il pirata più maledettamente e diabolicamente affascinante dei sette mari… Ma smettila! » disse tirandogli il cuscino più vicino. Killian lo afferrò al volo e se lo sistemò dietro la schiena. Erano stesi sul divano, cercando di guardare la tv.
« Eppure neanche Voi, Altezza, siete rimasta immune al suddetto fascino… » disse con un sorriso di trionfo.
Oh, ma era proprio un bambino.
« Sei tu, che non hai resistito al mio fascino, pirata! » disse Emma decidendo di stare al suo gioco, avvicinandosi pericolosamente alle sue labbra. Pochi millimetri li separavano, riusciva a sentire il suo respiro. Sapeva che non avrebbe resistito a lungo, i suoi occhi continuavano a fissare bramosi le sue labbra. Killian resisté più a lungo che poté, ma Emma e le sue dannate morbide labbra erano divenute la più dolce delle droghe. Si sporse in avanti per bruciare finalmente quella poca distanza che li separava ma Emma fu più veloce, si spostò alzandosi prontamente.
« Oh, andiamo Swan! Giochi sporco! »
« Chi è che non resiste capitano?! » disse la donna ridendo, dirigendosi verso la cucina.
Killian si prese due minuti per ammirare la sua donna mentre armeggiava con qualche pentola in cucina, poi si alzò e la raggiunse.
« Hai fame? »
« Mia dolce Swan, la mia fame è ben altra! » disse ammiccando e passandosi la lingua sui perfetti denti bianchi.
« Ritenta Jones, sarai più fortunato! » rispose la donna, prendendo un vasetto di marmellata dal frigorifero.
« Adesso mangeremo qualcosa e poi dovremmo andarcene. Io, te e il bambino. Mia madre e mio padre stanno per tornare dalla loro romantica cenetta e sono sicura che gradirebbero la casa libera, almeno per stasera…»
« Tua madre e tuo padre hanno intenzione di darti un altro fratellino?! » rispose Killian ridendo, ripensando per una frazione di secondo all’anno dimenticato da tutti, anno in cui avevano dovuto affrontare ogni genere di pericoli.
Emma finse di restare sconvolta a quelle parole che in realtà, la divertirono non poco.
« KILLIAN! – rispose con il tono più scioccato che riuscì a dare alla sua voce– un po’ di intimità non vuol dire avere intenzione di procreare! Da te, questa proprio non me l’aspettavo…  Quindi, se la metti così, vorrà dire che io e te non avremo molta “intimità” nei prossimi giorni, visto che la Salvatrice non può prendersi nove mesi di vacanza! »
Touché.
« Swan, continui a giocare sporco » commentò il pirata sorridendo  «Tuttavia, devo ammettere di essere colpito – disse cogliendo l’occasione al volo e cercando di rigirare la situazione a suo favore – hai appena ammesso che vorresti un figlio, se solo avessi un po’ di “tempo libero”… Questo vuol dire che ho una seria possibilità. »
Emma gli sorrise. Ecco che in momenti come quello, momenti in cui si sforzava di continuare a fare il duro e lo sbruffone, la sua maschera cadeva e restava solamente un uomo desideroso di sentirsi amato, accettato e ricambiato. Killian ripeteva sempre quanto bravo fosse a capirla ma anche lui, era divenuto per Emma un libro aperto di cui finalmente aveva cominciato a decifrare la scrittura.
« Facciamo così, pirata. Se a Storybrooke, non ci saranno ragazzini con manie di grandezza, donne-gelato e streghe verdi con crisi di mezza età, per almeno sei mesi, io potrei anche, in futuro, prendere in considerazione le tue offerte. »
Quelle parole riscaldarono il cuore di Killian e gli dipinsero un sorriso che gli illuminò il volto. Attirò a sé la donna con il suo uncino e fece quello che avrebbe voluto fare da quando l’aveva vista: posò le labbra sulle sue. Emma sorrise e gli circondò il collo, abbandonandosi a quel bacio. Mai avrebbe creduto di poter essere così felice.
Entrambi avrebbero voluto che quell’istante durasse in eterno, ma il pianto di un bimbo squarciò l’aria. Emma dovette impiegare tutta la forza di volontà che aveva per staccarsi da quel morbido contatto e salire a controllare il suo piccolo fratellino. Salì in fretta le scale e irruppe nella sua stanzetta, lo prese in braccio e cominciò a cullarlo.
Sentì dei passi avvicinarsi e poco dopo Killian comparve al suo fianco. Emma continuò a dondolarsi, cercando di rassicurare il piccolo che però, continuava ad agitare le braccia, urlando disperato. La donna allora, intonò una dolce melodia, un vago ricordo di una delle case famiglia in cui era stata, probabilmente uno dei più felici. Sentiva lo sguardo di Killian su di sé e per un attimo, per un istante, desiderò davvero di avere tutto quello e di poterlo condividere con lui. Per un attimo vide quella come una vera possibilità in un futuro, non poi così lontano. Solo un attimo perché dopo sentì dei rumori provenire dal piano inferiore.
Qualcuno stava armeggiando con la serratura.
Questo voleva dire due cose: o Mary Margaret e David erano già tornati o Will Scarlet era talmente tanto stupido o ubriaco o entrambe le cose, da tentare un furto nella casa degli sceriffi della città.
Neal, nel frattempo, si era nuovamente calmato e i suoi occhietti tondi erano fissi sul volto di Emma in attesa di una qualche reazione da parte della donna. Lei lo ripose con cura nella sua culletta accanto a due, dei tanti pupazzi che Mary Margaret gli aveva comprato. Killian restò immobile, fissando la donna di fronte a lui. Tutto quello che faceva, ogni minimo gesto, lo ipnotizzava. Non si era accorto di niente, riusciva soltanto a pensare a lei. Era una calamita, un faro luminoso nel buio della notte che lo riportava sempre a casa. La amava, la amava come mai aveva amato prima, di un amore così puro e giusto che non avrebbe mai creduto di poter provare. E l’immagine di un bimbo dagli occhi verdi e folti capelli corvini, si dipinse nella sua mente.
« Killian, ma sei scemo! Vieni qui! »
Quelle parole lo riscossero e lo riportarono alla realtà. Guardò interrogativo la donna, alzando un sopracciglio. Quella le fece segno di restare in silenzio e di ascoltare. Sentirono dei passi e poi delle voci.
« Voglio controllarlo, David! Aspettami, arrivo tra un minuto! »
« Merda, sono loro! Avevo promesso a mio padre che saremmo spariti! Non possono trovarci qui! » imprecò Emma sottovoce, ringraziando mentalmente che Neal fosse ancora troppo giovane per capire le parolacce.
« Che facciamo allora? » chiese Killian con voce roca.
« Zitto e vieni qui! » disse Emma trascinandolo accanto alla culla del bambino. Gli prese la mano e intrecciò le dita alle sue, poi prese la manina di Neal.
Non era sicura di potercela fare, non l’aveva mai fatto prima d’ora. Aveva paura di dover poi raccogliere i pezzi qui e lì, chissà dove. Eppure desiderava davvero che i suoi genitori passassero una bella serata, un buon San Valentino, un bell’anniversario.
Chiuse gli occhi e sentì la magia scorrerle dentro. All’improvviso una nuvola bianca li avvolse, trasportandoli tutti e tre nella piccola stanza che Killian aveva affittato. Non era molto grande e la culla del bambino, che fortunatamente era integra, occupava buona parte dello spazio.
« Wow! » disse Emma, controllando che Neal fosse tutto intero. Fortunatamente, il piccolo sembrava gradire il teletrasporto, tant’è che si era persino addormentato. Lo stesso, però, non si poteva dire di Killian che sembrava dovesse svenire da un momento all’altro.
« Killian, tutto ok? Dimmi di sì! Ti prego! » gli chiese preoccupata Emma.
L’uomo annuì, ancora un po’ scombussolato. Non aveva mai amato quel tipo di viaggi, gli provocano sempre un senso di nausea e spossatezza. Si stese sul piccolo letto ad una piazza e mezzo e si massaggiò le tempie, chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì, Emma era stesa al suo fianco e stava armeggiando con uno di quei moderni aggeggi del XXI secolo.
« Che fai, Swan? » disse sbirciando e fissando il piccolo schermo illuminato del cellulare.
« Scrivo un messaggio a David per rassicurarlo. Conoscendo mia madre, sarà entrata in panico non vedendo Neal.
« Sì, domani dovrai spiegare loro come hai fatto a trasportare Neal e la sua colla, qui da me. »
« Culla, Killian! Si chiama culla, non è poi così difficile... »
Killian annuì sovrappensiero, conscio che si sarebbe dimenticato il nome di quell’affare dopo neanche cinque minuti. Lesse velocemente quelle poche righe prima che il messaggio fosse inghiottito e inviato, chissà come, a David. Si sarebbe mai abituato a questo strano mondo?
Emma ripose il telefono sul comodino e si stese accanto a Killian.
Finalmente regnava il silenzio, le urla di Neal si erano calmate ed Emma poteva finalmente chiudere gli occhi e mettere fine a quell’estenuante giornata. Ma c’era ancora qualcosa che teneva sveglio il pirata.
« Swan, sei sveglia? Posso farti una domanda? »
Ottenne un mugolio di risposta, segno che non stava ancora dormendo così continuò.
« Mi spieghi chi è questo San Valentino di cui tutti parlano? Un nuovo nemico? »
Emma dovette tapparsi la bocca con una mano per non scoppiare a ridere e rischiare di svegliare il piccolo Neal e soprattutto, di ferire i sentimenti del suo pirata.
Fece alcuni respiri per calmarsi prima di rispondere.
« No, Killian. San Valentino, è una festa. Di solito, gli innamorati si scambiano regali, cuori, lettere, poesie, cioccolatini, biglietti per dimostrarsi a vicenda il proprio amore… »
« Perché non me lo hai detto prima? Avremmo potuto festeggiarlo anche noi… » rispose Killian un po’ deluso. Emma si tirò alla sua altezza, in modo da poterlo guardare in volto.
« Non te l’ho detto semplicemente perché non ci credo. Non credo ai fiori, ai peluche e a tutti quei finti cuori. Non credo che serva una festa o un giorno in particolare, per dimostrare all’altro quanto sia importante. Tu lo fai tutti i giorni, portandomi il caffè in ufficio, restandomi sempre accanto, facendomi ridere e distrarre, semplicemente sopportandomi. Mi hai sopportato per tutto questo tempo, mi sopporti ancora adesso e metti sempre me davanti al resto del mondo. Nessuno l’aveva mai fatto e ogni giorno, mi rendo conto di quanto sia fortunata. Forse non l’ho capito subito e dovrai perdonarmi per questo, ma ascoltami Killian Jones, io non ho bisogno di peluche o lettere d’amore sdolcinate, ho bisogno di certezze e solo tu, fino ad oggi, me le hai date. Non mi serve San Valentino per ricordarmi che ti amo… »
Ecco, l’aveva detto. Ormai era fatta. Si era esposta totalmente, gli aveva rivelato la sé più vera e aveva ammesso quanto importante fosse per lei.
Aspettava una risposta, un segno, qualcosa che la tranquillizzasse ma i secondi passarono, lenti e silenziosi.
« Killian, io, io… » balbettò. Non voleva spaventarlo, probabilmente non era ancora il momento.
Il ragazzo le sigillò le labbra con le sue. Emma carezzò la sua guancia, i suoi capelli e le lacrime le pizzicarono gli occhi.
« Ti amo anch’io, Swan. »
Emma continuò a stringersi a lui e a carezzargli una guancia, finché furono di nuovo interrotti dal pianto del bambino. Killian sbuffò.
« Devo ammettere che il piccoletto ha preso da suo padre… » commentò. Emma gli sorrise. Adesso capiva perché i suoi genitori avessero così bisogno di festeggiare San Valentino. Si trascinò ai piedi del letto e cominciò a dondolare la culla del bambino, mormorandogli paroline dolci, finché i suoi occhietti non si richiusero. Si accertò che dormisse di nuovo e poi ritornò accanto a Killian, gli si accoccolò accanto e chiuse gli occhi.
« Swan »
« Mmmm »
« Se vuoi, possiamo rimandare ancora un po’ la nascita del nostro futuro erede… »
Emma sorrise sulla sua spalla.
« Come vuoi, Capitano. »
« Non che io non voglia avere figli con te… » cercò di scusarsi Killian.
« Shhh, lo so, lo so, ne riparliamo un’altra volta. Buonanotte. »
« Buonanotte »
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Angolo dell’Autrice:
 
Salve a tutte! :)
Finalmente sono riuscita a pubblicare anche il mio capitolo di Febbraio. Era pronto già da un po’ ma purtroppo ho avuto dei problemi con il Wifi e altri impegni vari che non mi hanno permesso di aggiornare prima!
Ci tenevo a fare un buon lavoro per questo mese perché è il mese del mio compleanno! Lo so, il mio compleanno non c’entra niente con la storia ma fa niente, tralasciamo e andiamo avanti! xD
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Colgo l’occasione per ringraziare tutte coloro che hanno recensito il primo capitolo! GRAZIE MILLE! Ricevere i vostri pareri mi fa sempre piacere <3
Per quanto riguarda il capitolo, vorrei precisare che so che al momento Emma non pensa minimamente ad avere figli ma sapete, mi piace sognare! Ahahahah Come hanno detto gli autori, prima o poi dovrà succedere!! **
Come avrete notato, ho scoperto anche io i colori! xD
Adesso vorrei ringraziare voi che state leggendo adesso, che avete speso un po’ del vostro tempo per arrivare fin qui! :) Spero vogliate farmi sapere cosa ne pensate, se c’è qualcosa da migliorare o se vorrete consigliarmi il numero di un bravo psicologo! xD
Un abbraccio a tutti e al prossimo mese!! OUAT will come back!! <3
Un abbraccio
Kerri :*

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Capitolo 3
*** III. Marzo ***


«Emma! Grazie al cielo! »
La donna non si voltò. Sapeva che prima o poi qualcuno l’avrebbe trovata, in cuor suo sapeva anche che sarebbe stato lui come al solito, ma al momento, voleva stare da sola.
Sola con i suoi pensieri.
Sola con le sue paure.
Continuò a dondolarsi pigramente, avanti e indietro, ignorando volontariamente i passi dell’uomo che si facevano sempre più vicini.
Delle piccole lacrime salirono a pizzicarle gli occhi ma lei ignorò anche quelle, stringendo i pugni sulla catena arrugginita dell’altalena. Il rumore cigolante del ferro parve tranquillizzarla.
«Ehi, tesoro, tutto bene?»
Emma si voltò piano, fissandolo mentre si accomodava accanto a lei. Avrebbe dovuto essere felice, avevano appena sconfitto le Regine dell’Oscurità e finalmente la pace era ritornata a Storybrooke. Aveva una famiglia di nuovo riunita, aveva Henry, era riuscita a costruire una nuova strana amicizia con Regina, aveva riscoperto sé stessa e i suoi poteri e infine, aveva lui.
Allora perché si sentiva così? Svuotata, priva di forze o di energie. Uno straccio ambulante alla ricerca di una felicità o solo ciò che credeva fosse la felicità.
Avrebbe dovuto essere felice e allora perché si sentiva così?
«Emma, ti ho cercata dappertutto, perché non sei con gli altri da Granny’s per festeggiare?»
Emma lo fissò imperturbabile e un piccolo sorrisino di scherno si dipinse sul suo viso.
«A che serve Killian?» chiese ironica.
«Che vuoi dire? Abbiamo vinto, Emma!»
Il pirata si illuminò in un sorriso ed Emma, guardandolo, esplose. Balzò in fretta giù dall’altalena e gli si parò davanti.
«Sì, abbiamo vinto! Sai che vittoria! Tra poco meno di due settimane qualcun altro si presenterà in città e Dio solo sa cosa porterà, chi porterà o quali pericoli dovremo affrontare! Sono stanca, Killian! Stanca di vivere con l’angoscia di perdere la mia famiglia, di perdere te, di perdere Henry! Ogni mattina lo accompagno a scuola chiedendomi se lo rivedrò!» urlò, gli occhi ormai pieni di lacrime trattenute troppo a lungo che adesso scivolavano lente sul suo viso.
Killian si alzò e l’avvolse tra le sue braccia. Aveva ragione la sua Emma, aveva dannatamente ragione, così piccola e fragile e allo stesso tempo forte come il mare in tempesta. Più volte, lui stesso, gli aveva ripetuto di godere dei piccoli momenti felici che la vita ci regala perché non sai mai quanto dureranno, soprattutto se stiamo parlando di Storybrooke ma Emma stava per esplodere e niente, nessuna parola di conforto avrebbe potuto alleviare il suo dolore. Così si limitò a stringerla, a farle sentire la sua presenza lì, in quel momento, indissolubile e palpabile.
Cercò di calmarla, cullandola tra le sue braccia e accarezzandole i capelli e la schiena.
Tremava la sua Emma, tremava e non riusciva a fare niente per calmarla.
«Non posso più andare avanti così, non posso, non adesso con…»
La sua voce si spense in un sussurro. Le parole restarono sospese in aria per un po’. Killian attese che Emma continuasse, che finisse ciò che stava cercando di dire. Ma Emma si rannicchiò ancora di più tra le sue braccia, inspirando il suo profumo e continuando a piangere, inzuppandogli la maglia.
Odiava piangere di fronte agli altri, era sintomo di debolezza e lei non era debole. Almeno non agli occhi del resto del mondo.
Ma lui era Killian Jones, l’uomo che si era giocato tutto per vincere il suo cuore di ghiaccio, l’uomo che aveva abbandonato la vendetta e l’odio per lei, che le aveva da sempre dimostrato i suoi sentimenti, che le aveva sempre dato fiducia sin dalla prima volta, sin dalla scalata sulla pianta di fagioli.
L’uomo che si era fatto da parte, che era tornato a riprenderla, che c’era sempre stato, che l’aveva consolata anche solo con una battutina, che l’aveva seguita dappertutto, nel presente e nel passato.
Lui era Killian Jones e non riusciva a nascondergli più nulla. Non poteva.
Le era entrato dentro, come una droga, non poteva più farne a meno. Non riusciva più ad immaginare una giornata senza di lui, senza i suoi sorrisi e i suoi futili modi da gentiluomo che per un po’ la facevano sentire speciale per davvero, senza le sue carezze e senza i suoi baci.
Più volte aveva rischiato di perderlo in quei mesi, prima con Ingrid, poi Gold, le Regine dell’Oscurità, Ursula.
Si sentiva una bambina alla sua prima cotta adolescenziale. La paura di perderlo si mischiava alla gelosia, sentimento che non provava da anni ormai, e all’amore incondizionato e passionale che sembrava provare solo per lui e con lui.
Era felice, nonostante tutto.
Poi quella notizia l’aveva fatta cadere nel baratro.
La paura si era impossessata di lei, le era entrata in circolo come veleno e non riusciva a lavarsela via.
Restarono lì per un po’, Emma non seppe dire quanto tempo passò, se secondi, minuti o perfino ore. Continuava a versare tutte le lacrime che aveva e ad aggrapparsi a Killian come se fosse l’unica sua salvezza, l’unico modo per sopravvivere.
Paura, felicità, sgomento, tristezza, rabbia, codardia, amore.
Non riusciva a definire come si sentisse, non riusciva a scegliere un unico sentimento per quel miscuglio di emozioni contrastanti che provava. Esattamente come l’altalena di fronte a lei, i suoi sentimenti dondolavano, dalla felicità più pura, alla tristezza più oscura.
Killian, dal canto suo, cercava in tutti i modi di calmarla, di capire quale fosse il problema.
Perché aveva capito che c’era dell’altro, che la paura del futuro era solo l’apice, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Va meglio?» chiese premuroso quando Emma si allontanò un po’ da lui per fissarlo negli occhi.
Emma annuì, piano.
«Vuoi dirmi cosa è successo? Sai che non voglio forzarti ma se posso fare qualcosa per te…»
Emma sorrise. Perfino lì, di fronte ad una vecchia altalena arrugginita nella parte più sperduta del parco di Storybrooke, Killian Jones si preoccupava per lei.
Un venticello fresco si alzò e le scompigliò i lunghi capelli biondi, accarezzandole la pelle e entrandole fin nelle ossa e facendola rabbrividire. Marzo si era rifiutato di portare la primavera anche lì, in un piccolo paesino sconosciuto del Maine. Da quando le Regine aveva fatto la loro apparizione il sole si era nascosto chissà dove nel cielo, lasciando il posto alla nebbia e al grigiore plumbeo che contraddistinsero quel mese.
E anche quando tutto sarebbe dovuto ritornare alla normalità, la primavera sembrava ritardare ancora.
«Ho paura Killian, tanta paura. Non si tratta più soltanto di me, di te o di Henry…» disse stancamente, accarezzandosi il ventre.
Killian la guardò confuso poi capì. E gli occhi si illuminarono. E le labbra si aprirono nel più bello dei sorrisi.
«S-sei?» chiese a bassa voce, come se avesse avuto paura che urlandolo sarebbe stato meno vero.
Emma sorrise, abbassando gli occhi.
«Sì, sono incinta»
Non fece in tempo a terminare la frase che l’uomo si fiondò sulle sue labbra. Erano morbide e Emma si rese conto che erano tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento. Soltanto che non l’aveva ancora capito.
 
«Da quanto tempo lo sai? Come funzionano queste cose, dobbiamo sposarci? È maschio o femmina? L’hai detto a tuo padre? Non so come potrebbe reagire, potrebbe uccidermi secondo te? Diavolo, ma ti immagini un mini-Killian?! Diabolicamente affascinante! Vorrei avesse i tuoi occhi…»
Erano di nuovo seduti sull’altalena e dondolavano tenendosi per mano. Killian era euforico, straparlava e Emma notò aveva gli occhi lucidi ed eccitati.
«Lo so da stamattina e no, non dobbiamo sposarci per forza se non vuoi. Non so ancora se sia maschio o femmina Killian, è ancora troppo piccolo…» disse cercando di rispondere alle sue domande, affondando i piedi sul terreno, spingendo il seggiolino indietro.
Dopo alcuni secondi, regnò il silenzio.
Ognuno era immerso nei propri pensieri, pensieri che inevitabilmente includevano anche l’altro.
Killian pensava a quanto Storybrooke ed Emma l’avessero cambiato. Prima di conoscerla, prima di quella folle avventura mai avrebbe immaginato di poter essere così felice, così innamorato e così fortunato.
Mai, neanche con Milah aveva mai accennato alla possibilità di creare una famiglia. All’epoca l’uomo che era in lui era nascosto dietro i vestiti di pelle e il soprannome di Capitan Uncino.
All’epoca desiderava soltanto essere libero, libero di vagare, di esplorare e di conoscere il mondo. E Milah desiderava la stessa cosa. Dopotutto, forse fu per quello che si trovarono, tanti anni or sono, in quella locanda fatiscente.
Ma adesso era diverso, adesso, per quanto impossibile potesse sembrare agli occhi degli altri, si sentiva più libero di prima. Emma non era la catena che lo imprigionava; Emma era la chiave che aveva aperto il forziere di odio e vendetta in cui si era rinchiuso per troppo tempo.
Emma pensava un po’ alle stesse cose. Se qualcuno le avesse detto che si sarebbe perdutamente innamorata di Capitan Uncino, gli avrebbe riso in faccia probabilmente. Considerando che la sua visione di Capitan Uncino, prima di conoscere Killian Jones, era poco carina e soprattutto poco somigliante all’originale.
Non poteva più negare a sé stessa i suoi sentimenti per l’uomo, ormai erano un dato di fatto inconfutabile.
Tuttavia non poteva non ammettere che aveva ancora paura, paura di perdere tutto di nuovo, paura di abbandonarsi completamente alla felicità, paura per quel piccolo esserino che portava in grembo.
«Emma che c’è? Non sei felice?» chiese l’uomo, interrompendo i suoi pensieri.
«Certo che lo sono, Killian. Tu sei una delle cose più belle che mi siano capitate nella vita. Ammetto che non sapevo come avresti reagito e ammetto che ho avuto paura mi lasciassi…»
«Non lo dovevi neanche pensare!»
«Lo so e mi dispiace… ma ho ancora paura, Killian! Chi mi dice che domani non arrivi un altro ragazzino imbottito di steroidi che pianifica di rapire mio figlio? O un folletto svampito? O una strega verde, blu o di qualsiasi altro colore che vuole viaggiare indietro nel tempo usando il mio bambino?» chiese Emma, sull’orlo dell’isteria.
Killian si alzò lentamente e si inginocchiò di fronte a lei. La guardò serio e strinse la sua mano, cercando di trovare le parole adatte.
«Nessuno. Ma se la pensassero tutti così, non ci sarebbero più bambini a questo mondo, Swan. Storybrooke non è il luogo adatto per crescere un bambino ma quale luogo lo è? Quando approdai in quella strana grande città per cercarti… davvero non so come quella possa essere una città sicura! È così caotica e puzzolente e…»
«Killian, ho capito ma…»
«No, Swan lasciami finire. Il punto è che indipendentemente dal luogo, l’unica cosa che serve a questo bambino è amore. E sono sicuro che in nessun altro luogo al mondo, questo bambino possa ricevere quell’amore. Io, io sono spaventato quanto te Emma! Io sono un pirata e sempre lo sarò, mai avrei immaginato di poter avere un figlio, una famiglia, di poter diventare padre… eppure sono convinto che io e te, insieme, potremmo farcela. Perché siamo una bella squadra e questo, se non sbaglio, te l’ho già detto troppe volte, dovrebbe esserti entrato bene in testa…» disse, asciugandole con il pollice una lacrima birichina e approfittandone per lasciarle una tenera carezza sulla guancia.
Emma annuì con le lacrime agli occhi, incapace di proferir parola. L’uomo stava mettendo a nudo tutte le sue paure più profonde e nascoste e l’odiava per questo, ma lo amava anche. Fin troppo.
Non voleva che quel bambino o quella bambina diventasse come lei, un’orfana incapace di fidarsi del mondo. Un’orfana cresciuta senza amore.
No, voleva il meglio per suo figlio. Il meglio che avrebbe voluto dare ad Henry e che avrebbe voluto ricevere per sé stessa.
«Emma Swan, ti prometto che mai, mai vi abbandonerò, che veglierò su di voi fino all’ultimo giorno della mia vita e se mi sarà possibile, anche dopo. »
Le lacrime ormai scivolavano libere sul volto di Emma ma a lei non importava più. Si sentiva, per la prima volta nella sua vita, completa, amata.
«Killian Jones – rispose asciugandosi una lacrima e tirando su col naso – io ti prometto che avrò sempre cura di te e della nostra famiglia. Ti prometto che cercheremo insieme di affrontare qualsiasi ostacolo, qualsiasi difficoltà che la vita ci propone. Ti prometto che ti amerò fino all’ultimo giorno della mia vita e se mi sarà possibile, anche dopo.»
 
 
 
 
Sette mesi e mezzo dopo, il pianto di un neonato interruppe per un attimo le urla strazianti di sua madre che, tirò un sospiro di sollievo guardando quel piccolo esserino insanguinato sano e salvo, dopo aver scalpitato per così tanto tempo dentro di lei e aver insistito tanto nel conoscere il mondo prima del solito. Suo padre l’accolse tra le sue braccia, timoroso di poter danneggiare quell’inestimabile tesoro e scoprendo che quel piccolo esserino, si incastrava perfettamente tra il suo cuore e le sue braccia.
«Le mie piccole donne, così forti e allo stesso tempo così fragili. Tranquille, papà si prenderà cura di te piccolina, di te e della mamma…»
Sua madre, esausta e sfinita, prima di chiudere gli occhi per abbandonarsi ad un lungo sonno, vide una piccola lacrima solcare il volto sorridente di suo marito e capì che dopotutto, ogni cosa poteva andare per il verso giusto. Serviva soltanto un po’ di buona volontà e spirito di sacrificio. Ma soprattutto tanto tanto amore. E loro, fortunatamente, di amore ne avevano in abbondanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’Autrice:
Ciaoo a tutti!! :)
Spero che anche questa “cosa” vi sia piaciuta! Ho voluto scrivere qualcosa di più “serio”, non so neanche io perché xD
Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e che arriveranno fin qui! Perdonate eventuali errori di grammatica ma come sempre, i miei occhi mi implorano pietà xD
Ringrazio anche tutti voi che avete inserito la storia nelle varie categorie e tutte voi, che spendete un po’ del vostro tempo per lasciarmi una recensione, capace sempre di strapparmi un sorriso!
GRAZIE!!
Finalmente Marzo è arrivato e con esso la nostra fantastica e magica serie!! Che puntata!! **
Mi esimo da eventuali spoiler per non rovinare la sorpresa a chi ancora non l’ha vista! (Fatelo immediatamente, cosa state aspettando? xD)
Ma se volete discuterne o desiderate sclerare in compagnia io sono sempre disponibile! Vi basta mandarmi un messaggio ;)
Un abbraccio a tutti e a presto!! :* 

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Capitolo 4
*** IV. Aprile ***


Salve a tutti! Prima di cominciare vorrei fare una piccola premessa: ho scritto questa storia prima di vedere la puntata di domenica scorsa (Best laid plans), quindi alcune cose forse non sono coerenti ai fatti che sono poi realmente successi. Spero che vi piaccia comunque! :)
 
Aprì gli occhi di scatto e si rizzò a sedere. Il cuore continuava a martellarle nel petto, tappandole le orecchie. Aveva la fronte madida di sudore e il suo corpo fu attraversato da violenti brividi, benché non facesse più tanto freddo fuori. Guardò la finestra spalancata e come ogni notte, si alzò a richiuderla, cercando di non svegliare l’uomo accanto a lei. Aprile era arrivato e con esso si erano ripresentati gli incubi. Ogni notte, qualcuno provava a fare del male a qualcuno a cui voleva bene: Henry, Killian, suo fratello. E ogni notte, si ritrovava sempre le mani insanguinate, sporche del sangue del suo bambino o del suo uomo. A volte, sporche del suo stesso sangue.
Da quando Killian le aveva rivelato il vero piano di Gold, qualcosa dentro di lei era cambiato. Probabilmente, il suo stesso subconscio aveva innescato un meccanismo all’interno del suo cuore, un interruttore che aveva acceso tutti i suoi peggiori incubi, ripresentandoglieli. Sapeva che non era reale, che suo figlio stava bene ed anche Killian.
Per il momento.
Sapeva che era tutto uno stupido scherzo della sua mente, eppure quelle immagine sembravano così vivide, così vere. Avrebbe davvero potuto fare del male a qualcuno a cui teneva? Adesso doveva considerarsi un pericolo per Storybrooke, non più la Salvatrice? Chi diavolo era lei realmente?
Forse la sua, era stata la migliore decisione dopotutto. Forse, lasciare Storybrooke per un po’, le avrebbe fatto bene.
Si stese di nuovo accanto a Killian e si accucciò al suo fianco, cercando di assorbire tutto il calore che quel corpo emanava. Contemplò il suo profilo, in silenzio, stando ben attenta a non svegliarlo e beandosi di quella visione che le sarebbe mancata più di ogni altra cosa. Per una volta, poteva guardarlo bene, i suoi morbidi capelli corvini, la fronte rilassata, le lunghe ciglia nere, il profilo del naso, le labbra semi socchiuse. Cercò di fissare bene a mente quei dettagli che, qualche tempo prima, le sarebbero parsi insignificanti. Adesso, erano tutto ciò che poteva portare con sé del suo amore.
L’uomo, quasi per istinto, strinse Emma tra le sue braccia e sorrise. La donna, guardandolo, sperò che almeno uno dei due stesse sognando qualcosa di bello, glielo augurò con tutto il cuore.
Poi chiuse gli occhi e lentamente, cullata dal suono regolare e rassicurante del respiro dell’uomo accanto a lei, si riaddormentò.
 
Il rumore sordo e fastidioso di una sveglia interruppe, ancora una volta, il suo sonno. Questa volta nessun incubo, il dovere la chiamava. Tese un braccio verso la fonte di quel suono e a tentoni, con gli occhi ancora chiusi, spense la sveglia.
“Buongiorno splendore”
Non riusciva a spiegarsi come facesse Killian ad essere di buonumore appena sveglio. L’uomo aprì la finestra e illuminò la stanza. Emma, per tutta risposta, si tirò le coperte fin sopra i capelli. Non aveva nessuna voglia di andare in centrale, di passare un’altra lunga giornata in compagnia di colui che fino a poco tempo prima credeva suo padre, mentre cercava un modo di parlarle e spiegarsi riguardo il segreto che lui e Mary Margaret le avevano nascosto. No, non ne aveva nessuna voglia.
Desiderava restare in quel letto con Killian per sempre.
Killian però, aveva altri piani. Sentì nell’aria il solito profumo di cioccolata calda, segno che il pirata doveva averla preparata per lei. Da quando gli aveva insegnato a far funzionare qualche attrezzo del ventunesimo secolo, qualche settimana prima che le Regine delle Tenebre arrivassero in città, si era rivelato un ottimo barman.
La sua cioccolata era perfino migliore di quella di Mary Margaret ed Emma non riusciva proprio a resisterle. Così spinta dall’odore invitante della cioccolata e dal forte senso di dovere, spostò le coperte e, a malincuore, si alzò. Cercò da qualche parte un paio di jeans e un maglione pulito e lentamente li indossò. Mentre risistemava il letto, notò il pigiama del pirata, un pantalone di cotone nero e una maglia a maniche corte dello stesso colore, perfettamente piegato sulla poltrona vicino la finestra. Non avrebbe mai creduto che Capitan Uncino fosse un maniaco dell’ordine. Sorrise e si incamminò scalza verso la fonte di quella che, da un paio d’anni, poteva considerare la sua droga, l’unico modo per affrontare al meglio la giornata. Cioccolato.
“Ecco a te, Swan! Una tazza della cioccolata più buona di tutta Storybrooke!”
“Attento, la Nonna potrebbe sentirti…”
Emma afferrò la tazza e si sedette al tavolo, fissando il denso liquido marrone al suo interno.
“Un altro incubo?” chiese Killian, sedendosi di fronte a lei e puntando i suoi occhi blu dritti nei suoi.
Emma si limitò ad annuire.
“Tesoro, non sono reali! Tu sei più forte di Gold, più forte dei tuoi genitori. Non lasciarti abbattere così, altrimenti il Coccodrillo otterrà ciò che vuole!”
“Sai, non sono più poi così sicura di essere forte come credevo… Ho paura, Killian. Paura di ferirti mentre dormi, di fare del male ad Henry, a Neal e quei sogni sono talmente reali che io…”
Killian strinse la sua mano attorno alla tazza di Emma.
“Ascoltami Emma, io ti capisco. So come ci si sente, meglio di chiunque altro. Io sono un cattivo, lo ero e probabilmente, per il resto del mondo, lo sarò per sempre. Tutte le volte che ti stringo, che ti abbraccio, vivo con il terrore di poterti fare del male, di non essere alla tua altezza, di cedere di nuovo all’oscurità. Non sono qui a prenderti in giro Emma, cedere è facile, molto più facile che guarire. Ma tu puoi farcela, Swan. Non ho mai conosciuto una donna così forte e tenace come te, una donna pronta a lottare per proteggere le persone che ama e ogni giorno, mi sento la persona più fortunata del pianeta solo perché posso starti accanto. Emma tu hai portato luce nella mia vita, non dimenticarlo mai questo. Neanche quando ti sembra che le tenebre possano offuscarti la mente. Io ti sarò accanto, qualsiasi cosa accada”.
Ecco, erano in momenti come quelli che ringraziava il cielo, il destino o chicchessia per avergli donato Killian Jones, una persona che l’amava nonostante tutto, una persona pronta a mettere lei perfino davanti a sé stesso.
Da quando stavano insieme, ufficialmente, lui le aveva dimostrato con ogni mezzo il suo amore, la sua piena e totale fedeltà e devozione. E lei? Nel suo cuore sapeva esattamente quanto chiari fossero i suoi sentimenti per quel pirata egocentrico ed esibizionista ma lui lo sapeva?
Senza neanche pensarci si alzò e gli andò vicino, tirandolo su e fiondandosi tra le sue braccia.
“Killian, sono io che dovrei ringraziarti! Dovrei ringraziarti per tutte le volte in cui hai creduto in me, incondizionatamente, per avermi aspettato con pazienza, per non esserti arreso, perché nonostante tutto, sei l’unica persona, insieme ad Henry, che non mi ha mai voltato le spalle” disse fra le lacrime. L’uomo la strinse più forte.
“Emma…”
“No” lo interruppe, staccandosi leggermente dall’abbraccio e guardandolo dritto negli occhi.
“Lascia parlare me, adesso. Tu sei sempre stato così buono con me, accontentandoti di quelle poche briciole che ogni tanto cercavo di darti”
Emma parlava sottovoce, sussurrava quasi. Ciò che aveva intenzione di dirgli erano i suoi sentimenti più profondi, le sue paure più segrete. Emma stava per mettersi a nudo, per la prima volta, abbattendo lei stessa tutte le barriere che aveva costruito nel corso degli anni.
“Non so cosa accadrà Killian, non sarà facile e potrò commettere degli errori, non essere più la stessa Emma che tu ami ma voglio che tu sappia che qualsiasi cosa accadrà, io ti amo Killian Jones e per quanto impossibile possa sembrare al resto del mondo, sei il mio lieto fine”.
Non poté più continuare perché calde lacrime le solcarono il viso. Dopo pochi istanti sentì le labbra di Killian sulle sue ed ebbe la certezza che qualsiasi cosa fosse successa, il loro era Amore, Vero Amore.
 

“Emma, non ti lascerò andare da sola!”
Il pirata la seguì nella sua stanza ed Emma capì che sarebbe stato più difficile di quanto avesse pensato.
Sarebbe stata la cosa migliore. Senza di lei, il pericolo avrebbe abbandonato Storybrooke.
“Ti seguirò Emma, sempre”
“Killian, non voglio che ti succeda qualcosa! E se, attraversando il confine, perdessi i tuoi ricordi? E se non mi riconoscessi più? Non voglio rischiare Killian, è troppo pericoloso!”
“Non succederà Swan! Ho fatto una promessa a te e a me stesso, non ho intenzione di abbandonarti!”
“Non voglio che tu lo faccia Killian!” sbottò la donna, esausta, lasciandosi cadere sul letto della sua camera.
“Non voglio” continuò “Non voglio che tu smetta di amarmi, non voglio perderti, se ti fa stare meglio, non voglio neanche lasciarti! Ma è la cosa giusta! Il mio compito è quello di salvare le persone e il loro lieto fine Killian e se questo comporta abbandonare il mio, non ho intenzione di tirarmi indietro. Sarebbe da egoisti…”
Parlò puntando i suoi grandi occhi tristi e arrossati, dritti nei suoi. Non aveva più energie, non aveva più forze e avrebbe tanto desiderato arrendersi, per la prima volta nella sua vita. Ma non poteva. Tutti i cittadini di Storybrooke contavano su di lei. Henry, August, Belle, Archie, Regina, Ruby, Leroy, perfino Will.
Doveva pensare al loro bene, non al suo. Era questo il suo compito, era questo ciò di cui la Salvatrice avrebbe dovuto preoccuparsi.
L’uomo sapeva cosa passasse nella testa del suo piccolo cigno. Conosceva le sue paure e i suoi incubi, il suo forte senso del dovere e il suo orgoglio.
Anche lui si stava comportando da egoista, ne era pienamente consapevole. Ma non poteva farci niente. Non poteva sopportare di non vedere più i suoi occhi, il suo sorriso, di non sentire la sua voce appena sveglio, non poterle più preparare la cioccolata, non raccogliere più i suoi abiti sparsi sul pavimento.
Non poteva.
Perché questo lo rendeva felice, lei lo rendeva felice.
Si inginocchiò davanti a lei, cercando le parole giuste. Avrebbe voluto gridarle quanto l’amasse, quanto sarebbe stato tutto più oscuro se lei l’avesse lasciato, tutto più vuoto.
“Emma”
Pronunciò il suo nome dolcemente, assaporandolo e gustandone il sapore sul palato. Era una preghiera, la più bella, la sua preghiera.
“Cosa?” chiese la bionda, cercando di trattenere ancora per un po’ le lacrime.
“Emma. Sii Emma per una volta, nient’altro. Non la Salvatrice, non la Bimba Sperduta, non l’eroina, non la cattiva. Soltanto Emma. La donna di cui sono pazzamente innamorato, la donna forte e sfacciata che ha riportato luce nella mia vita. La donna che non si arrenderebbe mai davanti ad un pericolo, anzi! Gli riderebbe in faccia perché non sarebbe mai peggio di ciò che ha passato…”
“Non so se esiste ancora quella persona” lo interruppe la donna sorridendogli tristemente.
L’uomo si alzò di scatto e le si sedette accanto.
“Certo che esiste Swan! Sei tu, sei tu quella donna! Per tutta la vita hai dovuto sopportare molto più dolore di quello che qualsiasi altro essere umano avrebbe dovuto, hai trovato un posto nel mondo, hai conquistato tutto ciò che hai, lottando con le unghie e con i denti. Non puoi arrenderti ora, Swan. Non adesso che non sei più sola, non adesso che ci sono io con te…”
La donna poggiò la testa sulla sua spalla, inspirando il suo profumo, cercando di assimilare e di credere alle parole che l’uomo aveva pronunciato. Aveva ragione, aveva dannatamente ragione. Ma Emma aveva paura.
“Killian, prima ero sola! Ero solo io! Adesso ho la responsabilità di altre persone, adesso ho un figlio! E tutto ciò che devo fare è proteggerlo…”
“Puoi proteggerlo restando qui, Swan! Devi proteggerlo restando qui. La copertura di Regina sta saltando e cosa credi che accadrà quando Gold, Cruella e Maleficent scopriranno il suo inganno? Con chi credi che se la prenderanno?”
Emma fu scossa da un brivido.
“Gold è pur sempre suo nonno! Non può fargli del male…” disse, dubitando perfino lei stessa delle sue parole.
Quell’uomo si era macchiato di colpe ben peggiori.
Cosa doveva fare? Lasciare la città? O restare e affrontarne le conseguenze?
“Resta Emma, insieme potremo affrontare tutto questo, insieme vinceremo”
Le parole dell’uomo restarono sospese nell’aria, così speranzose e ottimiste. Emma giurò di averle persino viste svolazzare davanti a lei, avrebbe potuto toccarle. Lo fece, le assorbì e qualcosa dentro di lei cambiò.
Per istanti interminabili regnò il silenzio, pesante, vuoto. Emma, ancora appoggiata sulla spalla dell’uomo, aveva gli occhi chiusi e cercava di elaborare una soluzione definitiva.
Killian, immobile, continuò a giocherellare con i suoi capelli, lasciandole il suo tempo. Sapeva quanto difficile fosse ciò che Emma stava passando e credeva fermamente che scappare non sarebbe stata la soluzione. Quel giorno cercò di farlo capire anche a lei e sperò con tutto il cuore di esservi riuscito.
Distanti, avrebbero perso.
Insieme avrebbero potuto avere qualche chance in più per vincere anche quella partita.
“Ok”
Fu quasi un sussurro, un respiro impercettibile al resto del mondo, fuorché a Killian.
Emma aveva deciso. Emma sarebbe restata.
Il cuore di Killian fece un balzo e il suo volto si aprì in un sorriso.
Non sarebbe stato facile, ne era più che consapevole. I giorni a venire erano delle incognite oscure, nere come macchie di petrolio. Ma li avrebbero affrontati insieme, con una certezza in più: niente li avrebbe mai separati.
 
 
 
 
 
 
Eccomi di nuovo!
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui!! Spero che anche questa fic vi sia piaciuta! Mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate! :)
Come ho già scritto, la storia è stata scritta prima di vedere la 4x16 (sì, proprio così “Best Laid Plans” è la sedicesima puntata della quarta serie! xD) quindi alcune cose non sono coerenti ma (stranamente) mi piaceva abbastanza quindi ho deciso di non modificarla!
Fatemi sapere se vi è piaciuta, se non vi è piaciuta, se i personaggi sono troppo OOC, se volete soltanto tirarmi qualche pomodoro… xD
Approfitto di questo spazietto per continuare a lamentarmi di quanto sia ingiusta questa pausa di Pasqua!! Non vedo l’ora di vedere il prossimo episodio!! Ne succederanno delle belle!
Ancora GRAZIE a tutti per aver inserito la raccolta nelle varie categorie, per tutte le recensioni (grazie, ogni vostra recensione mi fa sorridere :D) e semplicemente per essere passate a dare un’occhiata!
A presto,
Kerri :*

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Capitolo 5
*** V. Maggio ***


V. Maggio - Part of my world


L’aria fredda dell’inverno aveva lasciato il posto ad un caldo venticello quasi estivo. I fiori erano sbocciati, l’erba era di un verde splendente e gli uccellini svolazzavano felici nel cielo blu.
Maggio era ormai cominciato, l’estate si avvicinava e Storybrooke era stranamente tranquilla.
Tutto ciò, non faceva che rendermi inquieta, anche se ormai cercavo di godere di quei pochi istanti di felicità che, ogni tanto, qualcuno mi concedeva.
La mia vita si era stabilizzata, dopo tutti i terribili avvenimenti dei mesi scorsi, potevo ormai considerarmi piuttosto tranquilla e stranamente felice.
Avevo trovato una casa perfetta, con un grande giardino che Henry amava da impazzire. Mi aveva chiesto persino di adottare un cane ma a tutto c’era un limite ed io non ero ancora arrivata al livello della super felicità, tanto da acconsentire a questa sua folle richiesta. Per ora, doveva accontentarsi di Pongo.
Io e i miei genitori avevamo raggiunto una sorta di compromesso. Gli avevo perdonati per avermi tenuto nascosto ciò che avevano fatto, per aver cercato di cambiarmi. Ma non riuscivo ancora a fidarmi totalmente di loro. Avevo bisogno di tempo e loro, l’avevano capito.
Killian, invece, dormiva ormai quasi tutte le notti da me. Aveva il suo cassetto, il suo spazzolino e la sua tazza preferita. Adoravo quella silenziosa routine che si era instaurata tra di noi. Sembrava quasi un tacito accordo che entrambi avevamo stipulato, senza proferire neanche una parola.
All’inizio avevo temuto il peggio, che non avrebbe sopportato il mio malumore la mattina, i miei orari e il mio disordine. Invece si era rivelato tutto talmente semplice…
Insomma, per farla breve, la mia vita poteva considerarsi perfetta e sotto molti punti di vista lo era. Non mancavano i problemi, certo, ma riuscivamo a superarli insieme, a volte a suon di parolacce, altre a suon di baci. Ormai la sua presenza era una costante indispensabile nella mia vita, una dipendenza, qualcosa di cui non potevo più fare a meno.
Tuttavia, c’era un piccolo particolare che da un paio di giorni non mi permetteva di andare a lavoro e mi faceva vagare per la casa come uno zombi: l’allergia.
Non mi era mai successo prima. Forse a New York o a Boston o in tutti gli altri posti in cui ero stata precedentemente, i pollini non erano così tanti come in quella città. Forse il grande giardino giocava la sua parte. Forse il mio organismo si era indebolito dopo gli ultimi avvenimenti o forse stavo semplicemente invecchiando.
Il fatto era che la mia camera era piena di fazzolettini di carta, usati e non, e avevo gli occhi più rossi di un tossico.
E, la maledetta allergia, non avrebbe potuto trovare mese peggiore per manifestarsi, visto che tra un paio di giorni sarebbe stato il compleanno di Henry.
Regina aveva voluto organizzare una piccola festa a sorpresa per nostro figlio. Aveva invitato tutti i suoi compagni di classe e la maggior parte della città, raccomandandosi di non proferir parola con il piccolo. Riuscivo ad immaginarmela intenta a preparare mille tramezzini al tonno, dieci torte di mele e chissà che altra prelibatezza o forse li avrebbe semplicemente fatti apparire con la sua magia.
Fortunatamente non si trattava di un picnic altrimenti io sarei sicuramente morta, in mezzo a tutti i fiori campestri che coloravano il suo immenso giardino.
Quella mattina avevo spedito Killian in farmacia per comprarmi qualcosa, un collirio, qualche pillola che mi facesse almeno uscire di casa, senza dover starnutire ogni due passi.
Gli avevo spiegato pazientemente che la scienza negli ultimi trecento anni aveva fatto passi da gigante e che il mio mal di testa non era dovuto alla presenza di folletti birichini che infestavano la casa.
Sorrisi, ripensando alla sua faccia quando tutte le sue certezze in campo medico e scientifico erano crollate a causa mia.
Sentii qualcuno trafficare con la porta dell’ingresso ma non avevo le forze per andare ad aprire e abbandonare il mio caldo e comodo posticino sul divano.
«Swan, sono tornato!» annunciò l’uomo, stampandomi un bacio in fronte.
«Ho accompagnato Henry a scuola, non sospetta niente della festa, tranquilla, e poi sono passato da quel negozio con la croce verde, fermavia…»
«Farmacia» lo corressi, spostando i cuscini e le coperte e cercando di alzarmi. Lui mi bloccò dalle spalle, imponendomi di restare stesa.
«Dove vuoi andare, dolcezza?» chiese sorridendo.
«Killian, sto bene! È solo allergia…» dissi, un attimo prima di starnutire per la duecentesima volta quella mattina.
Lui tirò fuori dalla busta delle scatoline e me le porse.
«La dottoressa ha detto che dovresti prendere questo una volta al giorno…» disse, alzando una scatola più grande.
«Com’era questa dottoressa?» dissi, improvvisamente infastidita. Non sapevo che la farmacia di Storybrooke avesse una dottoressa, avrei dovuto indagare sul suo conto non appena fossi tornata al lavoro.
Lui alzò un sopracciglio e scosse la testa.
«Gelosa, Swan?»
Lo guardai torva e incrociai le braccia al petto. Va bene, non ero nel massimo della mia forma, i capelli erano un tantino arruffati e indossavo il mio solito pigiama arancione di Winnie The Pooh, che non era esattamente l’emblema della bellezza, però…
«Non era il mio tipo, comunque!» disse, interrompendo il flusso dei miei pensieri e porgendomi l’altra scatolina con un sorriso da mascalzone.
«Quello dovresti metterlo negli occhi, anche se non ho ancora capito come…»
Risi. Di sicuro Killian non sarebbe mai diventato un medico. Almeno, non in questo secolo.
Estrassi la piccola boccettina dalla scatola e mi versai due gocce negli occhi, come avevo visto fare tante volte alle innumerevoli visite oculistiche a cui mi ero sottoposta, principalmente per la patente.
Strizzai gli occhi e mi sistemai meglio sull’enorme quantità di cuscini su cui ero stesa.
Quando dopo pochi secondi, riaprii gli occhi, Killian aveva un’espressione piuttosto divertente.
«Swan…» disse cauto.
«Emma, mi vedi? Dannazione, che hai fatto?» continuò, avvicinandosi ad un palmo dal mio naso.
«Killian, da quando hai gli occhi così blu?»
Quello si ritrasse immediatamente, ormai certo che quella “misteriosa boccettina” non mi avesse procurato nessun danno irrecuperabile alla vista.
«Be’, più o meno, da quando sono nato!» sorrise, grattandosi la nuca con l’uncino.
Risi e lo attirai nuovamente sopra di me. Era un peso che potevo tranquillamente sopportare e che sopportavo più o meno tutte le notti, ma lui era deciso a lasciarmi riposare, così si rotolò su un fianco e mi lasciò accoccolare sul suo petto.
«Mi piacerebbe che tutti i giorni fossero così…» dissi, lasciandomi cullare dal suo respiro.
«Sono tre giorni che non esci di casa, tesoro!»
«Mmmm»
«Sappiamo entrambi che non reggerai per più di un altro giorno… è tutto troppo noioso per la Salvatrice!»
Sorrisi, ormai mi conosceva così bene.
«Forse» ammisi.
Restammo in silenzio per un po’, lui iniziò a giocare con i miei capelli e io disegnai cerchi immaginari sul suo torace, ascoltando il ritmo del suo cuore, cuore che non molto tempo prima avevo stretto tra le mie mani.
«Volevo portarti dei fiori, poi mi sono ricordato che è per quelli che stai così male, o almeno è quello che ho capito…»
Risi.
«Perché volevi portarmi dei fiori?» chiesi, sorpresa.
«Volevo farti un regalo…»
«Ma il mio compleanno è ad ottobre!» gli ricordai, schioccandogli un bacio sulla guancia.
«Volevo fartelo lo stesso, semplicemente perché mi andava» continuò lui.
«Ma non ce n’era alcun bisogno…»
«Chi ha detto che ci deve essere per forza una ricorrenza, perché io possa farti un regalo?»
«Ok, Babbo Natale, hai vinto…» sospirai, rammentando a me stessa quanto fosse testardo, forse più di me visto quanto aveva insistito perché ammettessi anche io, di provare qualcosa per lui.
«Chi?!»
«Lascia perdere» risi. Alzò un sopracciglio e continuò.
«Dicevo, volevo prenderti un regalo, Mary Margaret mi aveva consigliato dei fiori, ma li ho subito scartati viste le tue condizioni»
Tipico da mia madre consigliare un mazzo di fiori. Ma la cosa che più mi inquietava era che il mio uomo aveva chiesto un consiglio a mia madre. Era andato a casa sua? Oppure si erano incontrati da qualche parte?
«Poi ho chiesto a tuo padre che mi ha fatto notare quanto tu fossi golosa (come se non lo sapessi) e mi ha consigliato una scatola di cioccolatini, ma ho scartato anche questa opzione perché non mi convinceva tanto…»
«Non sono golosa! Ho solo un appetito fuori dal normale!» dissi, tirandogli un pugno sul braccio.
«Certo, certo!»
«Perché mi stai dicendo tutte queste cose?»
Non che non mi facesse piacere che lui pensasse a me anche se non ci fosse nessuna ricorrenza in particolare, anzi. Tutto questo mi riempiva il cuore e mi rendeva ancora più felice, perché mai nessuno si era preoccupato di me, mai nessuno mi aveva messo al primo posto prima di lui. Davvero, per ventotto anni, avevo vissuto senza quel pirata da strapazzo?
«Sto cercando di…»
Si alzò e io lo imitai. Aveva una strana espressione, non riuscivo a capire se fosse preoccupato o impaziente o timoroso.
«Killian, tutto bene? Guarda che non ho bisogno di nessun regalo, perché ci sei tu, tu sei il più bel regalo che la vita avrebbe potuto offrirmi!»
Killian sorrise, sembrava un po’ più sicuro ma c’era ancora qualcosa che lo turbava.
«Ecco, è esattamente per quello che ti ho portato questo…» estrasse un piccolo sacchettino di velluto rosso e me lo porse.
«Grazie, ma non dovevi preoccuparti…» dissi, un tantino impaziente.
«Aprilo!»
Slegai il piccolo nastrino e aprii il pacchetto. Il cuore mi batteva forte.
«Un pezzo di legno?!» dissi, un po’ sorpresa. Era un piccolo pezzettino di legno, forse una scheggia e da un lato si intravedeva della vernice scrostata, probabilmente bianca.
Rise.
«È della Jolly Roger» ammise, ritornando a grattarsi la nuca.
«Oh» dissi sorpresa. Inspiegabilmente delle lacrime birichine si erano affacciate, pungendomi gli occhi.
«Mi hai regalato un pezzetto della tua nave?»
«Aye. Non un pezzetto, in realtà. Adesso è tua, o meglio nostra. Puoi venire tutte le volte che vorrai e vorrei che ti sentissi a casa, perché adesso, è anche casa tua!» 
Non riuscendo più a trattenere le lacrime, mi alzai e mi fiondai tra le sue braccia. Cominciai a piangere come una bambina, inzuppandogli tutta la camicia.
«Emma, tutto bene? Se non vuoi, non fa niente… Insomma, dopo avermi fatto dannare per giorni alla ricerca del regalo perfetto, non mi sarei mai aspettato che…»
Lo zittii, mettendogli un dito sulle labbra.
Cercai di asciugarmi gli occhi e tirai su col naso.
«È perfetto Killian! È il più bel regalo che qualcuno mi abbia mai fatto!» dissi, carezzandogli una guancia.
Lui sorrise, abbagliandomi.
Catturò le mie labbra con le sue e io lo lasciai fare, beandomi in quel contatto.
Ogni volta che mi baciava, mi sembrava sempre come se fosse la prima. Con delicatezza, passione, amore. Come solo lui sapeva fare. Nessun bacio era mai stato sprecato, nessuno. C’eravamo noi in quei baci, noi con i nostri difetti, le nostre paure, il nostro passato, le nostre cicatrici. E c’era l’amore che adesso ci legava.
Sorrisi, appoggiandomi alla sua fronte.
«Grazie per aver condiviso la tua casa con me»
«Grazie per aver scelto me»
Ci avevo messo del tempo, è vero. Ma alla fine lo avevo scelto ed era stata la decisione migliore della mia vita.
«Insomma, come avresti potuto dire di no ad un gran bel fusto come me…»
Alzai un sopracciglio. Gran bel fusto?!
«Già, come…» sorrisi, allontanandomi e dandogli un altro buffetto sulla spalla.
«Ma, anche io ho un regalo per te!» dissi improvvisamente, maledicendomi per non averci pensato prima. Come avevo potuto dimenticarlo?!
Corsi in cucina e trafficai per due minuti con i cassetti, alla ricerca del mio regalo misterioso.
Per la fretta inciampai sul tappeto, ma dopo una piccola parolina non proprio adatta ad una signora, riuscii a trovare ciò che stavo cercando.
Tornai in salotto trionfante e gli mostrai cosa stringevo nel pugno della mano.
«Una chiave?» disse, sorpreso.
Annuii.
«Di questa casa!» dissi, lasciandogliela scivolare sul palmo della mano.
In realtà custodivo quella chiave da quando mi ero trasferita e aspettavo soltanto il momento giusto per dargliela.
Il motivo era esattamente identico al suo. Quella non era più soltanto casa mia, ma apparteneva anche un po’ a lui. Era lui che aveva aiutato me ed Henry durante il trasloco e lui che volevo accanto, in ogni momento della mia vita.
«Ma…»
«Per lo stesso motivo, Killian! Ormai vivi qui, dormi qui, ho le tue mutande nel cassetto e due bottiglie di rhum nel frigo! Questa casa ti appartiene e vorrei che ti trasferissi qui, be’, ufficialmente…»
Lui fissò la chiave per qualche secondo, poi alzò gli occhi e mi baciò.
In quel momento pensai a tutto ciò che avremmo dovuto affrontare in futuro, ai pericoli che sicuramente si sarebbero presentati e agli imprevisti, ma non mi fecero più paura. Perché adesso, avevo un’arma, un’arma più potente di qualsiasi altra: il Vero Amore.
E niente, avrebbe potuto togliermelo.
 
 
 
 
Salve a tutti! :)
Come avrete potuto notare sono tornata con le mie fic demenziali/fluff/semi-serie xD
Dopo tutto ciò che sta accadendo nella serie e con il finale di stagione alle porte (NON SONO ANCORA PRONTA), avevo bisogno di qualcosa di più leggero e spensierato! Quindi anche se il capitolo in generale non mi convince molto, ho deciso di pubblicarlo comunque! Spero che a voi piaccia e mi farebbe piacere sentire i vostri pareri!
Per chi segue l’altra mia ff “Maybe it’s all part of a plan”, prometto di aggiornare presto! Il capitolo è quasi pronto ed è mooolto più lungo del previsto! (Basta spoiler!)
Come sempre ringrazio tutte voi che spendete un po’ di tempo per leggere il frutto della mia mente un po’ pazza e ne trovate anche un po’ per lasciarmi una recensione! GRAZIE! :-*
Detto questo mi dileguo,
Un abbraccio a tutti
Kerri <3 

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Capitolo 6
*** VI. Giugno ***


VI. Giugno – Sei tu la mia città

 

«Buongiorno raggio di sole!»
Killian mugugnò qualcosa e si girò dall’altro lato del letto, affondando maggiormente la testa nel cuscino. Emma non si arrese, quel giorno si era svegliata stranamente di buon umore. Si diresse verso la finestra e la spalancò, lasciando che la stanza si illuminasse.
«Andiamo tesoro, altri cinque minuti! A che ora siamo andati a dormire ieri? Le tre?»
«Le due e mezza!» precisò Emma. Le guance le si imporporarono leggermente, al ricordo della notte appena trascorsa.
La luce aveva ormai riempito ogni angolo della camera e Killian non poté fare altro che aprire gli occhi. Si massaggiò un po’ le tempie e si stiracchiò. Poi si alzò a sedere, poggiando la schiena sulla spalliera del letto e solo in quel momento, notò l’enorme vassoio poggiato sul comodino. Vi erano due tazze di cioccolata calda, rigorosamente con cannella e delle fette biscottate.
«Ho preparato la colazione!» spiegò Emma, notando la direzione del suo sguardo. Poi la donna si accomodò accanto a lui, poggiandosi il vassoio sulle gambe nude.
«Pensavo l’avessi preparata per me, tesoro!» costatò l’uomo sorridendo.
Emma aveva già agguantato una fetta biscottata alla marmellata e la stava addentando, affamata.
«Infatti è così! Però il tuo animo è così buono e gentile che ti sei offerto di condividerla con me!»
L’uomo alzò un sopracciglio e rise, sistemandosi meglio sui cuscini.
«Scusa Swan, non ricordo proprio di averlo detto!» disse, afferrando a sua volta un biscotto e portandolo alla bocca. Era strano, non aveva mai mangiato niente del genere. Sembrava pane duro e croccante, con sopra una qualche diavoleria del XXI secolo. Una diavoleria piuttosto buona, doveva ammettere.
«Swan!»
«Mmm» disse, ancora con la bocca piena.
«Credo di aver trovato qualcosa che mi piace più del budino!» disse, felice, infilandosi un’altra fetta biscottata in bocca.
Emma non poté fare a meno di ridere.
«Si chiama marmellata Killian! È di ciliegie… esistono le ciliegie nel vostro mondo?» chiese divertita.
L’uomo ci pensò su. Nel frattempo ingurgitò un altro boccone e bevve un po’ del liquido scuro che la sua Emma aveva preparato per lui, scaldandogli non solo la gola ma anche il cuore.
«Credo di sì…» concluse, poi.
«Mi sembra di averle già sentite nominare, ma sono molto rare. Di certo non si possono trovare a Mistheaven!»
Emma lo fissava, rapita. Amava sentirlo parlare dei suoi viaggi, delle terre sconosciute su cui aveva messo piede, delle mille avventure a cui aveva preso parte.
Doveva averne vissute davvero tante, in compagnia della sua ciurma, della Jolly Roger e le costava ammetterlo, anche di Milah. Lei non avrebbe mai potuto accompagnarlo, non si sarebbe mai addormentata cullata dal rumore del mare aperto, non si sarebbe mai svegliata al suono della sua voce che gridava ordini ai marinai, non lo avrebbe mai aiutato a pescare e perché no, anche ad assaltare qualche nave.
«…Sai, se non sbaglio, sono tipiche della terra da cui proviene Marco, il papà del tuo amico di legno!»
«August non è più di legno, Killian!» lo rimproverò Emma, severa, dimenticando il flusso di pensieri che attraversavano la sua mente e la domanda che avrebbe voluto porgli. L’uomo fece un gesto con la mano, come a voler dire che non aveva nessuna importanza. Lei sbuffò, dandogli un leggero pugno sul braccio.
«Ahi!» si lamentò.
Emma rise, appoggiandosi sulla sua spalla. Killian le cinse la vita e restarono così, ognuno perso nei propri pensieri.
Fu Emma a rompere quell’improvviso silenzio.
«Credi che un giorno potresti portarmici?»
Killian la fissò, non capendo a cosa alludesse.
«Dove, Swan?» chiese.
«Nelle terre di cui mi parli, in questa Mistheaven, ad Arandelle, nel paese di Marco, a Tortuga… Voglio andarci, voglio visitare questi mondi di cui tu parli, voglio visitare il mio mondo e voglio farlo con te...» rispose Emma, appoggiandosi di nuovo sulla sua spalla.
Killian la strinse maggiormente a sé. La sua piccola Swan. Quando avrebbe smesso di sorprenderlo? Probabilmente mai. Ogni suo gesto, ogni sua parola continuavano a stupirlo.
Dio, quanto l’amava!
Chissà come doveva sentirsi… Sentir parlare in continuazione della temibile guerra contro gli orchi, di balli, di folletti e non averne mai visto uno. Per quanto si fosse aperta al mondo, per quanto tutte le sue barriere fossero crollate, continuava a sentirsi una bimba sperduta, un’orfana.
E non importava quante volte fosse capitata ormai nella Foresta Incantata perché ogni volta l’aveva fatto contro la sua volontà, cercando in tutti i modi di ritornare indietro o di evitare che qualcosa compromettesse la sua nascita.
Almeno, nel loro ultimo viaggio nel tempo, era riuscita a prendere parte ad un ballo e nonostante tutto, era felice che fosse toccato proprio a lui, il compito di accompagnarla.
«Tortuga non è il posto adatto ad un signora Swan!» biascicò, spostandole una ciocca ribelle con l’uncino e lasciando scoperto il suo collo pallido, sul quale posò un bacio. Voleva solo stuzzicarla. In cuor suo, si era già ripromesso da tempo che, nonostante tutto, lui l’avrebbe fatta sentire a casa, amata.
«Non mi importa! Io voglio andarci!» rispose risoluta la donna, fissandolo negli occhi.
«Durante il nostro ultimo viaggio nella Foresta Incanta, non abbiamo avuto il tempo di, ehm, visitare qualcosa…» spiegò la donna.
L’uomo non riuscì a trattenere un sorriso.
«Ti ricordo tesoro, che eravamo piuttosto occupati a far incontrare i tuoi genitori!»
«Appunto! Mi piacerebbe vedere i luoghi dove tu sei cresciuto, la tua casa, insomma devi pur averla una casa no?» rispose Emma, piuttosto imbarazzata.
Un velo di tristezza si impossessò del Capitano. Distolse lo sguardo e lo puntò verso l’orizzonte, sulla fila di tetti tutti uguali che si scorgevano dalla finestra di Emma.
«I-io non volevo…» disse la donna, accorgendosi del repentino cambiamento negli occhi dell’uomo e carezzandogli una guancia.
«Sì, Swan, ce l’ho una casa. O almeno, ce l’avevo. Dopo la morte di Liam, però, la mia casa è diventata la Jolly Roger e la mia ciurma, per quanto incapaci e testoni fossero, diventò la mia famiglia…»
«Io voglio solo conoscere un po’ del tuo mondo Killian, così come tu stai conoscendo il mio. Se non sei pronto o se non vuoi, lo capisco…»
Killian catturò la sua mano e vi stampò un bacio.
«Certo che voglio, Swan! Sarebbe un onore poter viaggiare assieme a te!» rispose l’uomo.
Non riusciva a descrivere i sentimenti che provava in quel momento. Il suo cuore, riacquistato da poco, scalpitava nel petto, gonfio e felice.  
«Bene! Allora, non appena riusciamo a trovare il modo di riportare indietro la Jolly Roger, partiamo! Penso di farcela per questa estate…» pensò Emma a voce alta.
«Swan, davvero, possiamo trovare un altro vascello, se sei così impaziente! Dubito tu riesca a trovarla…» le rispose l’uomo. La donna riuscì a cogliere un sottile e nascosto velo di tristezza e nostalgia in quelle parole.  
«NO!» rispose «Non se ne parla proprio! Riuscirò a trovare la tua barca e poi ce ne andremo…»
La verità era che sì, si sentiva ancora un po’ in colpa per ciò che il pirata aveva fatto per lei. Aveva venduto la sua casa per ritrovarla, lo aveva ammesso poco fa. E mai, mai nessuno aveva fatto qualcosa di così speciale per lei, per Emma Swan, l’orfana. Ormai era piuttosto sicura che Killian avrebbe dato la vita, per salvare la sua. E la cosa la spaventava, perché non poteva perdere anche lui, non poteva permettergli che anche lui si sacrificasse per il suo bene. Era piuttosto sicura che ormai, il suo “bene” comprendesse anche lui.
L’uomo non resisté più. Attirò maggiormente la donna a sé e unì le labbra alle sue. Vi erano ancora resti di briciole, sapevano di marmellata e cioccolato. Erano la cosa più buona che avesse mai assaggiato.
«Mistheaven» disse, spostandosi sul suo collo e lasciandoci una fila di umidi baci, quasi leggendo nella domanda, la muta domanda di qualche minuto prima.
«Cosa?»
«La Foresta Incantata, si chiama Mistheaven. Partiremo da lì.» spiegò con voce roca.
«Ah. Me lo prometti?» rispose Emma, felice.
«Te lo prometto, Swan.»
 
 
Dove sei, Swan?
Sei scomparsa in quella nube oscura, sacrificandoti ancora una volta per il bene delle persone che ami. E a me non hai pensato?
Quanto è difficile amarti Emma?
Eppure, sei la cosa migliore che mi sia mai capitata.
Sono al porto, la Jolly Roger è proprio di fronte a me, alla fine sono riuscito a riportarla indietro, hai visto? E anche se, apparentemente, l’ho fatto senza il tuo aiuto, tu mi sei sempre stata vicino, perché dare un lieto fine ad Ursula era un modo per diventare un uomo migliore per te, ed espiare un po’ delle tante colpe di cui mi sono macchiato.
Non appena salii sul ponte principale, quel giorno di qualche settimana fa, pensai alla nostra promessa Swan.
Ci credevo davvero, ci credo ancora. Non posso pensare che tu non ci sia più, che non ci sia più la mia Emma, la donna forte, determinata e allo stesso tempo fragile che ho imparato ad amare.
Non posso crederci, semplicemente perché non è così.
Fisso il pugnale tra le mie mani. Traccio con l’uncino il tuo nome che adesso è inciso su di esso, affilato quasi quanto la lama del coltello.
Mi basta pronunciare quattro stupide parole e tu appariresti qui, di fronte a me. È semplice, devo solo dire “Oscuro, io ti invoco”, non Emma, non Swan, non raggio di sole, non tesoro.
Oscuro.                                                                                              
Oscuro, ti amo anch’io.
Mi vien quasi da ridere di fronte all’assurdità di quest’affermazione. Sì, Emma ti amo anch’io e ti amerò per sempre, fino alla fine dei miei giorni e se mi sarà possibile, anche dopo.
Che n’è stato del tuo cuore Emma? Si è riempito di oscurità? No, non posso pensarlo. Non è possibile. Tu sei più forte. Sono convinto che, nonostante l’oscurità circoli nelle tue vene, tu sia sempre la stessa. Non posso perderti un’altra volta Swan, non adesso che ci siamo appena ritrovati, non adesso che saremmo potuti partire e avremmo potuto goderci un po’ di sano riposo, lontani da questa cittadina.
Ti avrei mostrato la mia vecchia casa di legno, i prati dove da bambino mi piaceva correre e ti avrei condotto ovunque tu volessi.  
Dove sei Emma?
Mi deciderò ad invocarti. Dopotutto solo io posso farlo, solo io devo. Perché so che apparirai tu! Tu! Non l’oscuro! Tu, Emma!
Odio doverti comandare, eppure ho bisogno di vederti, di consolarti, di stringerti e rassicurarti perché troverò questo Merlino Swan, a costo di dover girare mezzo mondo e trascinarlo qui con la forza.   
Te lo giuro. Io lotterò per te, fino alla fine.
«Dark One, I summon thee»
Sento le tue braccia stringermi, sento il tuo corpo caldo e le tue lacrime e poi non sento più niente.
Per stasera siamo soltanto io e te, Killian ed Emma. Insieme.








Eccomii qui! :)
Anche Giugno è arrivato, ormai è quasi un mese che la nostra amata serie tv è finita e io, come potete notare, non mi sono ancora ripresa del tutto! xD Complice forse, il finale season di Outlander che ieri mi ha completamente dilaniata! T.T
Comunque avevo scritto la prima parte quando ancora il mio animo era felice e sano (ovvero primo della 4x22-4x23) quindi, come avrete notato, la parte iniziale è piuttosto spensierata, romantica, fluffosa e come sempre, ritorna il tema “Part of my world” che ho già trattato il mese scorso. È ambientata dopo la sconfitta di Ingrid e la partenza di Elsa e Anna, quando a Storybrooke, le cose erano ritornare piuttosto tranquille.
L’ultima parte, invece, è post-finale ahahaha
Spero davvero che vi sia piaciuto e non vedo l’ora di sentire i vostri pareri!! Come sempre ringrazio chi inserisce la raccolta nelle varie categorie, chi spende del tempo per recensire e chi legge silenziosamente!!
Davvero, Grazie!! Non mi stancherò mai di dirlo!!
Presto aggiornerò anche l’altra storia, tranquilli non sono sparita!! :)
Un forte abbraccio a tutti,
Kerri :*



PS: Il titolo è tratto dall'omonima canzone dei Negramaro. Non è poi così adatta ma a me piace! :)
Vi lascio il link se vi va di ascoltarla 
https://www.youtube.com/watch?v=v930FcNYfVc
 

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Capitolo 7
*** VII. Luglio ***


VII. Luglio - Unbirthday


«Chiudi gli occhi!» esclamò la bionda, saltando giù dal letto.
Anche quel giorno di metà Luglio, Storybrooke era preda di un altro attacco, l’ennesimo. Emma Swan, però, sembrava aver deciso di fare uno strappo alla regola, mettendo da parte gli altri e dedicandosi per un po’ soltanto a se stessa.
Be’ se stessa e qualcun altro.
«Swan, andiamo, cosa hai in mente?» domandò l’uomo, fingendosi scocciato ma chiaramente curioso di quali fossero le intenzioni della donna.
«Lo scoprirai soltanto vivendo, Jones!» trillò lei, afferrando al volo una sciarpa e bendandolo.
«Se te la togli, giuro che ti taglio l’altra mano!»
Le piaceva, ogni tanto, fingere di non essere la Salvatrice, scampata all’Oscurità, di non avere nessuna responsabilità gravarle sulle spalle ed essere soltanto Emma, la trentenne alla disperata ricerca di passare dieci minuti di tranquillità con il suo uomo o con le persone a lei care, senza che nessuno tentasse di ucciderli.
Killian decise di stare al gioco. Dopotutto, sapeva che contraddire la sua Swan non era molto saggio e non si sarebbe di certo messo nei pasticci da solo. Era curioso e allo stesso tempo eccitato.
Dalla sciarpa con la quale lo aveva bendato, riusciva a sentire il suo profumo, quel misto di fiori e cioccolato che ormai conosceva a memoria.
«Ok, quante dita ti sto mostrando?» chiese Emma, una volta finito di armeggiare con il nodo.
«Sei per caso impazzita? Non vedo niente! Qui non sono io ad avere poteri magici, tesoro!»
Emma sorrise.
«Bene, era soltanto un modo per controllare che non vedessi niente realmente…»
Killian sentì la sua piccola mano afferrare la propria e di nuovo, un misto di emozioni a cui non riuscì a dare un nome, lo assalì.
Era felice, finalmente.
Sì, “felice” probabilmente era l’aggettivo giusto.
«Dove andiamo?»
Quel giorno, come tutti da quando Emma era ritornata la Salvatrice, aveva dormito da lei, nel piccolo appartamento che aveva preso in affitto, poco lontano da casa dei suoi genitori.
Si erano svegliati di buon’ora, nonostante la notte prima si fossero dedicati ad attività estremamente piacevoli e si erano addormentanti piuttosto tardi.
Dopo colazione, Emma aveva cominciato a saltellare da una parte all’altra, sembrava piuttosto nervosa. Aveva completamente ignorato le domande di Killian, al contrario, bendandolo.
Quindi sì, aveva sicuramente in mente qualcosa…
Il problema era scoprire cosa ed era ciò che Killian stava cercando di fare… con scarsi risultati!
«Se te lo dico, che sorpresa è?» chiese la donna candidamente.
«Be’ sai che non sono proprio un fan delle sorprese… Ahi! Dannazione Emma…»
Emma si era dimenticata di ricordargli dell’ultimo gradino prima del portone di ingresso e Killian era caduto rovinosamente a terra.
Emma trattenne una risata e si precipitò ad aiutarlo a rialzarsi.
«Ops! Scusa! E comunque… chi ti ha insegnato la parola “fan” ?!»
Vide Killian alzare la spalle pensieroso. Ormai non ricordava più chi gli insegnava questa o quell’altra parola. Qualche giorno prima David aveva cominciato a spiegargli qualcosa su un certo passatempo… Football o una cosa del genere, non ricordava proprio. E poi, Emma voleva insegnargli a prepararsi il caffè ma ci aveva rinunciato dopo l’ennesima caffettiera (si chiamava così?!) bruciata.
«Boh, forse tuo padre o molto più probabilmente tuo figlio… sì, forse proprio Henry…»
Emma sorrise di fronte all’ulteriore conferma del ruolo che Killian aveva assunto nella vita di Henry. Il ragazzino non lo chiamava “papà” e né Emma, né tantomeno Killian avrebbero voluto che lo facesse. Henry aveva un padre, Neal, e non doveva dimenticarlo. Tuttavia, il pirata, pian piano aveva acquistato la sua fiducia, diventando per lui un compagno di giochi, un amico e un confidente. Si rivolgeva a lui sempre più spesso, per un consiglio o semplicemente per insegnargli a giocare ai videogiochi. A volte, avevano persino organizzato qualcosa alle spalle di Emma… e lei si era ritrovata a sorseggiare cioccolata calda al peperoncino, non esattamente di suo gradimento.
Emma lo condusse verso il maggiolino, si rese conto che avrebbe anche potuto bendarlo in quel momento, ma non ci badò più di tanto. Era divertente vederlo così… impacciato! Non l’aveva mai visto così, escludendo la falsa realtà in cui Killian era morto sotto i suoi occhi, incapace di maneggiare una spada e allergico al rhum…
Killian Jones, il pirata dall’ego smisurato, poteva essere anche goffo, chi l’avrebbe mai detto?!
Finalmente, dopo l’ennesimo “Siamo arrivati?!” pronunciato dall’uomo, Emma spense l’auto.
La donna intimò a Hook di non provare a muoversi.
«Come desidera, milady»
Sorrise e poi corse a prendere la grande borsa che aveva lasciato sui sedili posteriori, si diresse verso lo sportello dell’uomo e lo aprì, guidandolo verso il luogo misterioso.
«Siamo sulla spiaggia!» esclamò Killian trionfante.
«Sì tesoro, perspicace! Saresti potuto arrivarci prima visto che stamattina ti ho fatto indossare il costume da bagno…» sorrise Emma.
«Cosa? E quando mi avresti infilato quegli strani mutandoni?»  
A quel punto Emma non si trattenne più e scoppiò in una fragorosa risata.
«Non ti sei accorto che i tuoi pantaloncini sono più corti del solito? E che indossi ancora le infradito?»
Killian scrollò le spalle. In realtà sì, se n’era accorto, come avrebbe potuto non farlo?!, però non ci aveva badato troppo. Emma gli aveva regalato quei pantaloncini all’inizio dell’estate, affermando che le persone, in quel mondo, usassero quella roba per andare a mare. Sì ricordò che le aveva detto qualcosa come “A cosa servono? Possiamo farlo nudi?” ed Emma gli aveva tirato qualcosa in testa… Sì, adesso ricordava.
E poi andiamo, tutti di prima mattina sono un po’ assonnati e il temibile Capitan Uncino non era da meno…
La donna, continuando a ridere, lo condusse verso la riva.
«Tra un po’ ti tolgo la benda…» annunciò.
«Sarà meglio principessa! Sa cosa accade a chi si prende gioco del Capitano, vero?»
«Passerella!» esclamarono in coro.
«Esattamente…»
«Fidati di me» rispose Emma invece, avvicinandosi alle sue labbra e stampandogli un bacio a sorpresa.
Killian mugugnò qualcosa, poi lasciò che Emma continuasse a trafficare con qualsiasi cosa stesse facendo.
Si sedette sulla spiaggia, un po’ goffamente ma fortunatamente nessun altro all’infuori di Emma lo vide.
«Il mare è dall’altro lato Killian…» rise di nuovo la donna.
«Uhm, sì, certo, giusto…» bofonchiò girandosi, questa volta, dalla parte giusta. 
La situazione era piuttosto comica, doveva ammetterlo. Qualche anno fa non avrebbe mai immaginato che si sarebbe fatto bendare da una donna, che per di più continuava a farsi beffe di lui, su una spiaggia.
Qualche anno fa, tutto ciò di cui credeva aver bisogno era vendicarsi per la morte di Milah, uccidere quel mostro che gliel’aveva portata via.
Quante cose sono cambiate nel frattempo?
Adesso c’era lei, Emma Swan, che illuminava la sua vita. E lui stava cercando di essere un uomo migliore per lei.
Non era stato facile mettere da parte il suo orgoglio, il suo personale senso di protezione e provare ad essere un “eroe”.
Rabbrividì pensando ai momenti in cui persino Emma Swan aveva ceduto a quelle tenebre e l’unica luce che ancora gli illuminava la strada, si era spenta.
L’oscurità l’aveva tentato più volte in quel periodo, Emma stessa continuava a chiedergli di unirsi a lei. Il mostro dentro di lui si stava risvegliando ma fu più forte e riuscì a tenerlo a bada, ad incatenarlo di nuovo, in nome di ciò che provava per quella donna. Il suo unico obiettivo divenne salvarla… perché a volte anche la Salvatrice ha bisogno di essere salvata.
Killian assaporò, ancora bendato, l’odore famigliare del mare, il suo rumore. Dopotutto gli mancava… anche se non avrebbe esitato neppure un attimo nello scegliere tra la sua vita con Emma e quella sulla Jolly Roger. L’aveva già fatto, quando decise di scambiare la sua nave per lei e avrebbe rifatto quella scelta se fosse tornato indietro.
Un caldo venticello gli accarezzò i capelli. La benda diventava sempre più fastidiosa, cominciava a sudare. L’estate a Storybrooke si stava rivelando più calda di quanto i suoi cittadini si sarebbero mai aspettati. Soprattutto dopo il freddo e il gelo portato in città da Elsa e Ingrid…
Però quel paesino, così come i suoi abitanti, si era ormai abituato a vivere negli imprevisti e nei paradossi.
Fortunatamente si erano lasciati alle spalle il periodo oscuro dopo il viaggio nell’universo di Isaac, anche se qualcos’altro sembrava adesso minacciare la città. Qualcosa o qualcuno dovevano ancora scoprirlo…
«Hai finito?» mormorò Killian, ormai divorato dalla curiosità.
«Quasi…Manca ancora un piccolo…Ecco! Ho finito! Non ti azzardare a toglierti la benda… Devo farlo io!»
Emma si alzò, armeggiò un po’ con il nodo troppo stretto, poi decise di sfilargliela.
«Chiudi gli occhi e aprili quando te lo dico!»
Killian annuì. Ormai, aveva cominciato a giocare, tanto valeva continuare!
«Ok, apri!»
Killian aprì gli occhi e li strizzò qualche volta per farli abituare alla luce del sole. Si guardò intorno ed effettivamente si trovavano su una spiaggia. Il mare, più calmo di quanto Killian avesse immaginato, si apriva di fronte ai suoi occhi, immenso e smisurato. Spostò poi lo sguardo verso la donna, chiedendosi cosa avesse architettato di tanto importante e misterioso.
«Che diavolo…?»
Davanti a lui, Emma aveva sistemato una piccola tovaglia a quadretti rossi. Sopra di essa c’era una vaschetta immensa di gelato al cioccolato, sulla quale spiccavano tre candele.
«Che significa?» chiese Killian, puntando i suoi occhi blu in quelli verdi della donna.
«Be’, visto che non so quand’è il tuo compleanno ho deciso che l’avremmo festeggiato oggi…» rispose Emma, alzando le spalle.
I sentimenti che Killian provò in quel momento furono piuttosto difficili da descrivere. Era felice, commosso, divertito e allo stesso tempo intenerito dalla dolcezza che la sua Swan riusciva a nascondere da qualche parte dentro di sé. Dolcezza che era stata destinata a lui, Killian Jones, Capitan Uncino, terrore dei sette mari…
«I-io… Nessuno aveva mai fatto una cosa così per me…» ammise l’uomo, abbassando lo sguardo e grattandosi la nuca.
«Bene, dovrai abituartici… - rispose la giovane, sorridendo di fronte all’imbarazzo dell’uomo - è uno stupido modo per ringraziarti Killian, per tutto ciò che hai fatto per me…» disse accarezzandogli una guancia.
«Emma…» cominciò lui. Avrebbe voluto dirle tante cose, che l’amava, che tutto ciò che aveva fatto l’avrebbe rifatto ancora e ancora se fosse stato necessario, ma lei lo zittì.
«Shh, adesso soffia! Ed esprimi un desiderio!»
L’uomo sorrise e fece ciò che la sua Swan gli aveva ordinato.
«Che cosa hai desiderato?»
«Se te lo dico, non si avvererà…» le ricordò Killian.
La donna sbuffò.
«Speravo l’avessi dimenticato!» disse, porgendogli un cucchiaino e cominciando ad assaggiare il dolce.
«Comunque, per l’esattezza, ho 309 anni, non 320! Non sono così vecchio!»
Emma rise.
«Anno più, anno meno, cosa vuoi che sia…»
«Riuscirai mai a smetterla di prendermi in giro sulla mia età?» rise Killian, sapendo per certo che la donna aveva comprato le candeline sbagliate di proposito.
«Credo di no!»
«In realtà – ammise continuando a parlare e ingoiando un altro cucchiaino di gelato – per festeggiare un compleanno avrei dovuto prepararti una torta, come quella che Regina fece ad Henry, ricordi?»
Killian annuì, assaggiando un po’ di gelato a sua volta.
«Ma sono stata parecchio…occupata… Quindi dovrai accontentarti del gelato!»
L’uomo rise, capendo al volo cosa “occupata” significasse.
«Be’, se proprio lo vuoi sapere sono felice tu sia stata occupata e mi accontento del gelato, mi accontento di qualsiasi cosa se ci sei tu con me…»
Emma sorrise.
Si rese conto, ancora una volta, di quanto fosse fortunata. Preparargli quella piccola sorpresa era il minimo che poteva fare per ringraziarlo. Ringraziarlo per non essersene mai andato, per aver creduto in lei perfino quando lei stessa non riusciva più a trovarsi, a ritrovarsi.
«Che fai ora?» chiese Killian, incuriosito dai movimenti della donna di fronte a sé. Avevano finito di mangiare il gelato e adesso Emma stava cercando qualcos’altro nella grande borsa arancione che si era portata.
«Sto cercando…Ecco!» esclamò trionfante, estraendo il piccolo tubetto di crema solare. Il sole era forte, soprattutto a quell’ora e non voleva rischiare di diventare rossa come un pomodoro. Non aveva avuto il tempo di chiedere ai suoi genitori se avessero un ombrellone da qualche parte, visto che aveva deciso tutto all’ultimo momento.
Si spalmò un po’ di crema sul viso, sotto lo sguardo attento di Killian, poi sulle braccia e infine sulle gambe.
«Spogliati…» disse, prendendo un po’ di crema sulla mano.
«Adoro quando vuoi prendere il controllo!» rise Killian ed Emma alzò gli occhi al cielo.
«Non intendevo in quel senso, idiota! Togliti la maglia…»
«In quale senso?» chiese Killian, candidamente, facendo ciò che la giovane gli aveva ordinato.
«Sei proprio incorreggibile!» mormorò Emma, stendendogli la crema sulle spalle e sulla schiena, poi sul viso e sulle braccia.
Sentiva Killian fremere ad ogni suo tocco e questo le diede parecchia soddisfazione. Non importava quanto tempo sarebbe passato, quanti anni o quanto vecchi sarebbero diventati, sentiva la strana e preoccupante certezza che lui l’avrebbe amata nonostante tutto, che ogni volta che l’avrebbe anche solo sfiorato sarebbe stata sempre come la prima.
«Dio Emma, potrei saltarti addosso – letteralmente – da un momento all’altro…»
La donna si limitò a sorridere ulteriormente, poi si alzò e cominciò a sfilarsi i vestiti.
«Vado a farmi un bagno…» rispose, all’occhiata più che eloquente che Killian le riservò.
«Devo ammetterlo, mi piace il costume da bagno delle donne di questo mondo… Ti sta d’incanto Swan!»
Emma abbassò gli occhi, le guance le divennero rosse.
«Vieni?»
Killian si alzò, afferrando la piccola mano di Emma.
Corsero verso il bagnasciuga e la donna si tuffò per prima, chiedendosi da quanto tempo non si concedeva un bagno in mare. Forse troppo.
L’uomo restò a guardarla nuotare, come una sirena, i capelli bagnati incollati alle spalle, quel costume rosso che risaltava sulla sua pelle pallida, quel sorriso gioioso quasi fosse una bambina.
«Che c’è Capitano? Non dirmi che non sa nuotare?»
Killian le riservò uno degli sguardi più maliziosi e sghembi dacché l’aveva conosciuta e poi si tuffò anche lui.
Restarono lì, a nuotare, a ridere, a baciarsi e ad amarsi per tutto il pomeriggio. Indisturbati, in un angolo di spiaggia deserto, che quel giorno, apparteneva soltanto a loro. Forse per la prima volta riuscirono a passare una bella giornata, da soli, riuscirono a godersi un attimo di pace, a staccare dai problemi di Storybrooke.
Anche se, forse, avevano cantato vittoria troppo presto.
All’improvviso il cielo divenne di colpo oscuro, grigio e un fulmine squarciò il cielo. Fu tutto troppo repentino perché si trattasse di un normale temporale estivo.
Emma sospirò, indugiando sulle labbra salate di Killian.
«Credo che il dovere ci chiama, Capitano!»
Uscirono e in pochi secondi, grazie alla magia di Emma, furono asciutti e vestiti, pronti ad affrontare l’ennesimo pericolo, insieme.
«Emma…»
«Sì?»
«È stato il più bel Non-Compleanno che abbia mai festeggiato…»
«Non hai mai festeggiato un Non-Compleanno!» rise Emma.
«Hai ragione – ammise - ma sono felice di averlo fatto con te!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Salvee a tutti! :)
Stranamente oggi sono abbastanza puntuale, no?! xD Spero davvero che questa shot vi sia piaciuta! Ho cercato di farmi perdonare per lo shock dello scorso mese e quindi è molto fluff e romantica!
Emma e Killian si godono un po’ di meritato riposo, dopo aver risolto il problema dell’Oscurità di Emma e nonostante ci sia già qualcosa o qualcuno, pronto a minare quella pacata tranquillità a cui i cittadini di Storybrooke cominciavano ad abituarsi! Vorrei precisare che non so l'età di Killian con precisione e 309 è soltanto un numero approssimativo, mooolto approssimativo xD
Sarei davvero felice di ricevere i vostri pareri, se vi è piaciuta, se non vi è piaciuta… Insomma, tutto ciò che volete! Mi rendo conto che forse i personaggi sono un po’ OOC… :/
Niente, grazie ancora a tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, a tutte quelle che leggono e basta e a chi inserisce la raccolta nelle varie categorie! Lo ripeto tutte le volte, è vero, ma non posso non farlo perché ognuno di voi mi rende felicissima! Grazie! <3
Un fortissimo abbraccio a tutti e a presto,
Kerri :*
 
 
 
 
Ps: cosa pensate del nuovo Artù? Io me lo immaginavo biondo! xD E guardandolo, non posso fare a meno di ricordare l’odioso Alfred dei “Pilastri della Terra”…Però sono molto curiosaaa!! *-*

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Capitolo 8
*** VIII. Agosto ***


VIII. Agosto – Even my dark heart loves you

 
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Emma lo sapeva, sapeva cosa lui provasse nei suoi confronti.
Per questo, quel giorno, gli aveva chiesto di incontrarsi al porto, perché voleva sfruttare quegli assurdi sentimenti a suo favore.
E ci era quasi riuscita.
Davvero, era ad un passo dalla vittoria.
Poi, però, la situazione le era sfuggita di mano.
Si sporse maggiormente dalla balaustra, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra e conscia che se fosse caduta, non sarebbe morta. Una certezza che le provocò un leggero brivido sulle pelle.
Fu tentata dal provarci.
Perché no?!
L’Oscuro, dopotutto, non poteva morire.
Avrebbe sperimentato anche quello, prima o poi. Avrebbe preso in giro anche la morte, dopo aver finito con gli esseri umani.
Puntò i suoi grandi occhi in quell’acqua azzurra, illuminata dagli ultimi raggi di sole della giornata e la sua mente ritornò all’incontro di quel pomeriggio.
«So che sei ancora lì dentro, Emma e ti giuro che ti riporterò indietro, dovesse costarmi la vita»
Che assurdità!
Quell’uomo era così testardo e stupido e…
Davvero, si illudeva di poter far tornare indietro la vecchia Emma?
Idiota.
Eppure quelle parole avevano mosso qualcosa dentro di lei, risvegliato dei sentimenti sopiti. O almeno così credeva.
Furono quelle parole a farla indietreggiare, a farle mollare la presa sul colletto della sua giacca di pelle e sparire in una nuvola grigia.
L’Oscuro, quel pomeriggio, venne sconfitto da delle parole…
No, non poteva permetterlo. Aveva una reputazione da mantenere! Non poteva permettere che la città credesse di potersi prendere gioco di lei! Doveva trovare un modo per fargliela pagare…
Alzò lo sguardo verso il cielo, l’orizzonte ancora tinto di un pallido rosso, il sole un cerchio di fuoco che affondava nell’oceano.
Su, da qualche parte, vide risplendere la prima stella della sera.
«Sapevo di trovarti qui»
Quella voce.
Quella voce di nuovo, la voce dei suoi sogni e dei suoi incubi. Ed era strano, perché l’Oscuro non dormiva, né sognava.
Si voltò lentamente, stendendo il volto nella solita smorfia di superiorità che la contraddistingueva da qualche tempo a quella parte.
L’Oscuro non ha paura, di niente e di nessuno.
Lui avrebbe dovuto averne, piuttosto.
Ed era questa la cosa che più la spiazzava…
Lui non ne aveva.
Non aveva mai visto il suo volto spaventato, non aveva mai visto quegli occhi cobalto vacillare neppure un istante. Né quando si era ripresa il pugnale, né quando aveva frantumato un cuore sotto i suoi occhi.
Aveva troppa fiducia in lei, o meglio, in Emma, in ciò che era stata.
Ma Emma non esisteva più. E lui, come tutti gli altri in città, non l’aveva ancora capito.
«Capitano! – esclamò - A cosa devo l’onore?» chiese, infilando le mani nelle tasche del lungo cappotto nero che indossava.
Vide sul volto dell’uomo l’ombra di un sorriso. Perché diamine rideva di lei?
Avrebbe voluto togliergli quell’espressione dalla faccia!
Hook si avvicinò, lentamente, puntando i suoi occhi dritti in quelli della donna. Emma cominciò a sentire una strana sensazione di calore invaderle il corpo, una sensazione che partiva da dove avrebbe dovuto trovarsi il suo “puro” cuore, e che arrivava fin alla punta dei piedi.
Lo detestava!
Non lo sopportava!
Perché non riusciva a controllare quelle sensazioni in sua presenza?
Tutto, tutto usciva dal suo controllo quando c’era lui nei paraggi! La distraeva e lei non poteva fare niente per evitarlo! Sembrava una sorta di calamita. Era attratta da lui e non riusciva a capirne il motivo.
Perché riusciva ad esercitare tutta quell’influenza su di lei?!
Oh, avrebbe voluto distruggergli il cuore con le sue stesse mani.
Perché allora, non si limitava ad infilargli una mano nel petto e schiacciargli il cuore, senza troppi complimenti?
«Sono qui per parlarti Emma» disse, non distogliendo lo sguardo per un secondo.
Fu Emma a farlo, maledicendosi da sola. Non riusciva a sostenerlo, le ricordava troppo quelle acque nelle quali avrebbe voluto tuffarsi poco prima.
Si voltò, puntando di nuovo lo sguardo verso l’orizzonte.
Il mare era calmo, ormai del tutto azzurro, per qualche altro minuti, prima di tingersi del colore delle tenebre. Altre stelle si erano accese nel cielo, ma l’Oscura Signora non vi badò, troppo intenta a squadrare i movimenti dell’uomo, così tranquilli e così maledettamente familiari.
«Allora… hai rivalutato la mia offerta?» chiese la donna, alludendo a ciò di cui avevano parlato quel pomeriggio, prima che lui le facesse perdere del tutto il controllo.
«No Emma, non me ne andrò…» rispose quello, fissando a sua volta il mare sotto di lui. Da qualche parte, poco distante da lì, era attraccata la Jolly Roger.
«Peccato…» mormorò lei.
Se l’aspettava dopotutto, anzi era perfino felice di quella risposta. Almeno, si sarebbe divertita di più.
Sapeva che era un osso duro e che non sarebbe stato così facile sbarazzarsi di lui.
Ma se non poteva sbarazzarsene, poteva sicuramente sfruttarlo in qualche altro modo…
«Allora, ti propongo un’altra cosa…» disse, voltandosi.
L’uomo alzò un sopracciglio.
«Sentiamo…»
«Unisciti a me, ritorna Capitan Uncino, riprenditi la Jolly Roger e la tua ciurma e torna ad essere chi sei veramente, un pirata! Non uno stupido eroe che fa tutto quello che gli viene ordinato di fare, ritorna ad essere libero, riprenditi la tua libertà!»
Killian sapeva che, prima o poi, avrebbe sentito quelle parole fuoriuscire dalla sua bocca e sapeva che avrebbe fatto male, dannatamente male.
Ma non fu così.
Il suo tono fu dolce, tentatore, seduttore. Sembrava miele. Sembrava acqua, dopo mesi nel deserto.  
Sarebbe stato tutto così facile, così maledettamente facile lasciarsi andare, dirle di sì e seguirla in quel tunnel oscuro. Lei era l’unica luce che illuminava la sua rotta.
Cosa succede se un faro si spegne?
La barca avanza nel buio, alla cieca, finché si frantuma sulle rocce.
Bene, in quel momento, Killian si sentì andare in pezzi.
Non seppe dire con quale forza riuscì a risponderle, eppure lo fece.
«No» disse, scuotendo la testa e guardandola dritta negli occhi, continuando a ringraziare mentalmente chi o cosa, in quel momento gli permetteva ancora di reggersi in piedi e autocontrollarsi.
«Saremo insieme» mormorò la donna, avvicinandosi pericolosamente, esattamente come qualche ora prima.
«Per sempre» continuò.
«…No… tu non lo vorresti… non in questo modo…»
«Oh, lo voglio Killian – sottolineò il suo nome suadente, consapevole di ciò che questo provocò in lui – ti voglio…»
E se quel pomeriggio erano stati tanto vicini dallo sfiorarsi, quella sera nessuno dei due si tirò indietro.
Le loro labbra si scontrarono, con forza e desiderio, spinte da uno strano bisogno che entrambi sentivano dentro di loro.
Emma non riusciva a capirne il motivo.
Killian lo sapeva bene.
Una parte di lui sperò che il bacio del vero amore rompesse quell’assurda maledizione che la sua Swan aveva deciso di trasportare sulle spalle.
L’altra però, godette di quel momento. E si sentì bene, completo, come un drogato che, dopo mesi di astinenza, ritorna a gustare ciò che si era ripromesso di non toccare più.
«Stai con me, Killian. Rimani con me, ci vendicheremo di tutti coloro che ci hanno fatto soffrire, ci vendicheremo del Coccodrillo!» mormorò, il tono dolce e suadente di poco prima.
L’uomo poggiò la fronte sulla sua, gli occhi chiusi.
Dentro di lui era da poco scoppiata una guerra invisibile.
«Emma non lo capisci? Io devo salvarti…»
«Perché?» urlò la donna, rabbiosa, spingendolo via.
«Perché?! – ripeté - Sai, credevo tu fossi diverso dai miei genitori! Credevo che tu avresti capito, perché tu l’hai provato sulla tua pelle! Ma no, sei esattamente come loro, ti hanno fatto il lavaggio del cervello!»
«Di cosa stai parlando?»
«Non lo capisci?! Io non voglio essere salvata! Io sto bene, dopo anni e anni a preoccuparmi per il mondo intero, sto bene! Sono libera, finalmente! Libera di poter fare ciò che voglio, libera di poter essere chi voglio!»
«È l’Oscurità che parla per te, Emma! Non sei tu!»
«Forse! Ma non mi sono mai sentita meglio!»
«Non pensi a Henry?» chiese allora il pirata, sperando di riuscire a farla ragionare.
Forse ci riuscì, perché al nome del bambino, gli occhi le si spalancarono. Fu un secondo, poi ritornò ad indossare la maschera dietro la quale si era barricata da ben due settimane.
Un secondo che però non sfuggì all’occhio acuto di Killian.
«No… Per la prima volta nella mia vita, metto me prima degli altri!»
«Bene, anche io! Da quando ti conosco Swan, da quando ho capito cosa provo per te, ho sempre messo te davanti a tutto. Sei sempre stata la mia prima scelta, il mio primo pensiero, l’unica per la quale avrei donato la vita se fosse stato necessario. E adesso, le cose non sono cambiate. Non mi interessa ciò che dici Emma, io ti giuro su tutte le divinità dei sette mari, sugli dei antichi e nuovi che ti riporterò indietro, perché ti amo, maledizione! Ti amo e tu sei scappata prima che potessi dirtelo anch’io! Voglio dirtelo! Rivoglio il mio lieto fine!» urlò Killian, in preda alla rabbia, esternando tutti i sentimenti che aveva tenuto nascosti in quelle settimane.
Il volto di Emma rimase impassibile, glaciale.
«Ti avevo offerto una possibilità per vivere assieme a me, ma tu l’hai rifiutata…»
«Perché non…»
«Non mi interessa Hook, tenta quanto vuoi. Tu, i miei genitori, Henry, Regina… fate ciò che volete! Ma non permettetevi ad interferire più con la mia vita…» disse, guardandolo dritto negli occhi, prima di scomparire.
 
Adesso, chiusa nella cabina della Jolly Roger, si chiese cosa diavolo stesse facendo lì. Perché, tra tanti posti, aveva deciso di rifugiarsi proprio sulla nave di quel… di quel…
Oh, non sapeva neppure come chiamarlo.
Se prima lo detestava, dopo la discussione di quel pomeriggio lo odiava con tutta se stessa.
Aveva osato rifiutare una sua offerta.
Si era esposta con quel pirata da strapazzo come non lo aveva fatto con nessuno da quando l’Oscurità scorreva nelle sue vene.
Che idiota!
Prima di salire su quella barca, la sua malsana curiosità l’aveva costretta a restare, per fissarlo, guardare cosa avrebbe fatto.
Lo vide imprecare e sferrare un pugno alla ringhiera dove, poco prima, erano appoggiati entrambi.
Se ne andò, nel petto ancora quella strana e stupida sensazione di calore.
Perché non riusciva a dimenticarlo?
Perché, una delle sue missioni era diventata quella di convincerlo a seguirla in quel mare di oscurità in cui lei stessa stava navigando?
Lo capì, quando lo vide varcare la soglia di quella che, presupponeva, fosse la sua cabina.
Perché, per quanto nero fosse il suo cuore, non poteva fare a meno di lui.
«Che ci fai qui?» chiese e non sembrava poi così tanto sorpreso di vederla.
La donna si alzò, silenziosa come un gatto.
«Se non verrai con me con le buone… allora, utilizzerò altri rimedi…» disse, prima di fiondarsi sulle sue labbra, ancora e ancora, bisognosa di appagare quell’insistente e fastidioso desiderio alla bocca dello stomaco. Oppure era lì, vicino al cuore?
Killian si staccò da lei, facendo appello a chissà quale delle tante forze che lo stava aiutando quel giorno.
Perché, nonostante cercasse di cambiare idea, quella era pur sempre la sua Emma. La donna forte, sicura e allo stesso tempo sola, che aveva imparato a conoscere e ad amare.
«Perché? Perché spendi così tante energie per me? Chi sono Emma?»
La donna lo guardò in volto, gli occhi cerchiati e stanchi, ma così chiari e sicuri.
«Sei Killian Jones – mormorò, poggiando una mano all’altezza del suo cuore – l’uomo che, per qualche assurdo e sconosciuto e misterioso motivo, credo di amare…»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Buonasera a tutti!! (O buonanotte! xD)
Buon Primo Agosto!! :)
Prima di partire, non potevo non lasciarvi la mia shot di questo mese e spero davvero che vi piaccia!
Come avete potuto notare, non potevo non scrivere anche io dei DarkCaptainSwan (*-*) e dopo aver visto le foto dal set, la nuova casa di Emma e dopo che il mio cervello e il mio povero cuore si sono ripresi un po’ ho scritto questa piccola storia! Alla fine, credo anche io che Emma tenterà di trascinare Killian con sé, ma spero che lui riesca a resisterle! Anche se non mi dispiacerebbe poi tanto vederli in versione oscura xD
Come sempre, non posso non ringraziare voi tutti che leggete, inserite nelle varie categorie e recensite!! E per lo scorso capitolo, ho ricevuto ben otto recensioni!!! Lo so che sono logorroica ma, GRAZIE!!!
Se vi fa piacere, fatemi sapere anche cosa pensate di questa storia!!
Un abbraccio a tutti e buone vacanze,
Kerri :*
 
 
PS: se volete potete dare un’occhiata alle altre storie che sto scrivendo, una delle quali una fic a quattro mani con la mia cara amica Erin!! (<3)
Maybe it’s all part of a plan
I can’t lose you too
(Ovviamente entrambe rigorosamente CS xD)
Un bacio a tutti! :*
E grazie in anticipo per chi lo farà!
-K
 
PSS: Ma guardateli! *-*
 
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Okey la smetto xD 
(Le immagini non sono mie, le ho trovate su internet!)

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Capitolo 9
*** IX. Settembre ***


IX. Settembre


Will you marry me?



Sentiva il vento fra i capelli, sulla pelle, sul viso. Sentiva una strana sensazione di libertà, libertà che da tempo non assaporava appieno.
Sentiva le sue piccole e forti braccia cingergli la vita e sentiva che non avrebbe potuto trovarsi in un posto migliore.
Sentiva il peso della scatolina di velluto nella taschino della giacca, sentiva l’ansia e allo stesso tempo l’eccitazione per il fatidico momento in cui glielo avrebbe chiesto, le avrebbe chiesto ufficialmente di diventare la signora Jones.
Aveva preparato tutto nei minimi dettagli, desiderava che, almeno per una volta, tutto seguisse i suoi piani e non si presentassero mostri giganti, orchi o streghe arcobaleno a disturbarli. Insomma, non voleva imprevisti.
Erano passati due anni dal giorno in cui Emma aveva trionfato sull’Oscurità, grazie all’aiuto di tutti i suoi cari, di Merlino e soprattutto di Killian.
Da quel momento, stranamente, a Storybrooke non si era presentato più nessun “Cattivo” pronto a radere al suolo la città, minacciando tutti i suoi abitanti.
Certo, escludendo Regina.
Lei minacciava il piccolo paesino ogni qual volta la sua dolce sorellina si presentava a casa sua con il piccolo Rowan e una torta di carote. E la cosa peggiore era che il bimbo era così piccolo e innocente che Regina ce la metteva tutta ad odiarlo, ma proprio non ce la faceva.
Odiava la sorella, questo sì.
Ma questa è un’altra storia…
Killian doveva restare focalizzato sul suo piano.
Con la sconfitta dell’oscurità, viaggiare tra i mondi divenne molto più facile. Nessuno riusciva a capirne il motivo, ma un giorno, improvvisamente, Jefferson si presentò a casa Swan con uno dei suoi cappelli, sostenendo di poter partire immediatamente verso casa.
Subito si scatenò il delirio, ma Emma, ormai ritornata lo sceriffo della città, aveva preso la situazione in mano. Regina aveva immediatamente convocato il consiglio comunale e insieme, avevano deciso che, per chi volesse tornare nella Foresta Incantata i portali erano aperti, ma una volta lì, non avrebbero più potuto fare ritorno. Qualcuno decise di trasferirsi, la maggior parte di restare a Storybrooke.
Questo, tuttavia, non impediva loro di fare qualche scappatella nel mondo di là, come aveva cominciato a chiamarlo Roland. Si recavano spesso lì, per partecipare a qualche ballo e per rivedere tutti i loro amici, vecchi e nuovi: Anna, Elsa e Kristoff, Artù, Merida e perfino Mulan.
Questa volta, però, Killian aveva convinto Emma a partire per puro piacere, per passare tre giorni diversi, insieme, lontano da tutto e tutti. Come ai vecchi tempi, insomma.
Ovviamente, quasi tutta la famiglia Charmings era al corrente del vero scopo di quel viaggio e c’era mancato veramente poco perché Mary Margaret, come al solito, non rivelasse tutto alla figlia.
David, però, le aveva tappato la bocca in tempo.
«Killian, sai dove stiamo andando, vero?»
La voce di Emma lo ridestò dai suoi pensieri, riportandolo alla realtà.
Anello, matrimonio, proposta.
Dio!
«Certo Swan, siamo quasi arrivati! Sei stanca?»
«Continua a cavalcare, Jones!» rise e a Killian parve il suono più bello esistente sulla faccia della terra.
Ultimamente, gli capitava di ripensare spesso al periodo successivo alla sconfitta dell’oscurità, a quanto gli era mancata, all’epoca, la risata cristallina della sua Swan. Emma aveva eretto daccapo tutti i suoi muri, barricandovisi dietro, convincendosi di non meritare tutto l’amore che riceveva ogni giorno.
Era stato difficile, convincerla del contrario. Non l’aveva lasciata sola neanche un attimo, rassicurandola con la sua presenza, a volte, anche solo col silenzio.
Scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri.
Ormai era tutto passato, ormai Emma era ritornata Emma, la sua Emma.
Si guardò intorno e attuò che erano finalmente arrivati.
Tirò le redini e il cavallo rallentò, fino quasi a fermarsi del tutto.
Killian scese e porse la mano ad Emma. La donna la fissò, sorrise. Sapeva che avrebbe potuto facilmente scendere da sola ma, da un po’, aveva imparato che, qualche volta, è bello affidarsi agli altri e non solamente a se stessi.
L’afferrò.
«Ti va una passeggiata?» chiese Killian, continuando a stringere la sua mano.
Emma annuì.
Si guardò intorno e non riconobbe nessun luogo familiare. Si trovavano nel bel mezzo della foresta, attorno a loro solo alberi e qualche ramo spezzato.
Per quella scampagnata, sua madre aveva insistito nel farle indossare un completo bianco, molto simile a quello che indossava lei, anni addietro. Poi, le aveva messo sulle spalle un mantello dello stesso colore e l’aveva guardata con occhi lucidi. Stava per cominciare a parlare, Emma si aspettava qualcosa come “Sei bellissima tesoro” o “Ho sempre voluto che indossassi questo completo” ma David glielo impedì, tirandola per un braccio e trascinandola in cucina.
Le era parso alquanto strano, al momento. Forse tramavano qualcosa?
Oh, non aveva importanza, ci avrebbe pensato al suo ritorno.
 «Allora dove stiamo andando?» chiese, probabilmente per la duecentesima volta quel giorno.
Killian sorrise.
«Sorpresa!»
«Ma io odio le sorprese…» si lamentò la giovane, continuando a camminare.
«Motivo in più per fartele!»
Emma sospirò. Sapeva che non le avrebbe mai detto nulla, quindi decise di cambiare argomento. Qualcosa lampeggiò nella sua mente, insistente e fastidiosa.
La voglia di dirglielo, lì, su due piedi ritornò e dovette fare uno sforzo piuttosto considerevole per controllarsi.
«Killian, dobbiamo parlare!» riuscì solo a dire, mordendosi il labbro.
«Aspetta, ci siamo quasi…»
L’uomo la tirò più forte, lei sbuffò e si lasciò trascinare. Scostò un ramo, troppo lungo e ciò che vide, le mozzò il fiato.
Si trovavano in un’immensa e sconfinata radura punteggiata di fiori dai colori più strani. Ce n’erano di tutti i tipi, alcuni del tutto sconosciuti agli occhi della giovane. Il cielo, azzurro come gli occhi dell’uomo al suo fianco, risplendeva sopra di loro, chiaro e limpido, senza neanche una nuvola.
«È bellissimo» mormorò.
Killian sorrise. Almeno la prima parte del piano era riuscita senza intoppi.
Vide Emma correre verso il centro della radura, felice e spensierata come la bambina che non era mai stata e che avrebbe tanto voluto essere.
Il cuore gli si gonfiò, soddisfatto, pieno d’amore, come tutte le volte in cui era la causa del sorriso della donna.
La seguì, come ormai faceva da anni e come, ne era sicuro, avrebbe fatto sempre.
«È bellissimo!» ripeté la giovane, accovacciandosi sull’erba e annusando i fiori. Di colpo, le venne la strana voglia di raccoglierli, di intrecciarli, di portarli a casa e lei non era mai stata tipa da raccogliere fiori in una radura. Ma dopotutto, era pur sempre la figlia di Biancaneve, no? Anche se dubitava si sarebbe mai messa a parlare con gli uccellini e le colombe.
«Vieni, troviamo un posto all’ombra! Ho un’altra sorpresa!»
Emma alzò gli occhi al cielo. Quando sarebbero finite le sorprese, quel giorno?
Afferrò la mano dell’uomo. Dopo aver girovagato un po’, scelsero un posticino appartato, al lato della radura, all’ombra di una grande quercia. Da lì, riuscivano a godere di un bellissimo panorama.
«Qui può andar bene!» mormorò l’uomo, lasciando cadere la sacca che portava a tracolla sull’erba.
Emma annuì e si sedette. Tanto, se il mantello si fosse sporcato, avrebbe sempre potuto pulirlo con la magia. Era diventata piuttosto brava, doveva ammetterlo, e la magia le ritornava molto utile per pulire l’enorme casa dove aveva deciso di trasferirsi.
«Allora?!» chiese, impaziente, guardando Killian sedersi affianco a lei.
«So che la pazienza non è esattamente il tuo forte, Swan, ma…»
«Tutta questa attività fisica mi ha messo fame!» esclamò la donna «Spero che in quella borsa ci sia del cibo!»
Afferrò la borsa, prima che l’uomo potesse replicare e cominciò a sbirciarci dentro.
«Ma non c’è niente!»
Killian rise, riprese la borsa e vi frugò dentro.
«Ringrazia Regina! L’ha incantata cosicché solo io potessi vedere cosa ci sia dentro!»
«Grazie Regina, molto simpatica!» borbottò Emma, afferrando la busta che l’uomo le stava porgendo.
«Poiché sono previdente e sapevo che avresti avuto fame, ho chiesto a Granny di prepararci dei panini!»
«Ti amo, lo sai vero?!» mormorò la donna, già con la bocca piena.
«Aspetta di vedere questo…» rise l’uomo, poi frugò nella borsa e ne uscì una bottiglia di vino, due calici e un pezzo di torta al cioccolato.
«Adesso sei ufficialmente il mio eroe!»
«Non so se tuo padre sarebbe così felice di cedermi il suo posto! Soprattutto sapendo che ti ho comprato con qualche panino e la torta al cioccolato!»
«E chi dice che lo verrà a sapere?!» disse, prima di scoppiare a ridere.
Killian si unì a lei.
«Comunque adesso ormai gli sei simpatico…»
«Be’ sì, dopo parecchie minacce e dopo avermi ucciso, posso dire finalmente di essere entrato nelle sue grazie!» mormorò lui, ripensando a quando aveva detto al principe di voler chiedere la mano di sua figlia. Stavano bevendo da Granny e lui, per poco non si era strozzato col suo caffè nero bollente.
«Perché ridi?» chiese Emma, curiosa.
«No, niente…»
Una leggera brezza fresca scompigliò loro i capelli, portando il profumo dei fiori fin lì.
«A proposito di mio padre, stamattina, lui e Mary Margaret si comportavano in modo strano…»
«Dici?! A me sembrava tutto normale…» disse, con il tono più indifferente che riuscì a riprodurre.
«Non so… Secondo me tramano qualcosa… Oh no!»
«Che c’è?» chiese, allarmato.
«Ho capito tutto!»
«Davvero?» domandò Killian, sempre più nervoso. Per un attimo si chiese se Emma riuscisse a sentire il suo cuore scalpitare nel petto o a vedere le goccioline di sudore dietro la sua schiena.
«Sì! Tra un mese è il mio compleanno! Sanno che non voglio festeggiarlo e approfitteranno della mia assenza per organizzarmi qualcosa…»
Killian tirò un sospiro di sollievo. In senso metaforico, ovviamente.
«Suppongo che lo scopriremo soltanto vivendo!»
«Tu non sai niente, vero?»
«No, tesoro, niente di niente!» disse, alzando le spalle e versandosi un po’ di vino. Ne avrebbe avuto bisogno per ciò che aveva intenzione di fare.
Emma allungò il suo bicchiere e l’uomo glielo riempì.
«Killian, dobbiamo parlare…» ripeté, gli occhi fissi nel liquido scuro. Non era mai stata un’amante del vino, preferiva la birra o al massimo liquori e cocktail, ma ne aveva bisogno per quello che aveva intenzione di dirgli.
«Sì, Emma… Però prima…» cominciò, alzandosi in piedi e oscurando il sole. Toccò la scatolina che fortunatamente non si era mossa dal taschino.
Era giunto il momento.
«No, Killian! È da tutta la settimana che cerco di parlarti perché davvero, non ce la faccio più a tenertelo nascosto… Sono incinta!»
Il cuore dell’uomo sembrò fermarsi per qualche secondo, per poi riprendere a battere più forte di prima. Sentiva il sangue scorrergli nelle vene, caldo, bollente.
«T-tu… tu sei cosa?!» chiese, accasciandosi al suo fianco.
«Killian, va tutto bene?»
Stava per chiederle di sposarlo, era logico che aveva messo in conto che prima o poi avrebbero avuto dei figli. Ma aveva sempre pensato più ad un poi che ad un prima.
«S-sì, credo… Da quando lo sai?» chiese, provando a ricordarsi come si faceva a respirare. Giusto, inspira, espira, inspira, espira…
«Da lunedì e credimi, avrei voluto dirtelo nell’esatto momento in cui l’ho scoperto ma tu eri troppo preso da questo viaggio, così ho pensato di parlartene mentre venivamo qui ma…»
«Emma…»
«Lo so che non l’avevamo previsto Killian e che sei spaventato, io lo sono più di te! Non so come vanno queste cose, non so da che parte cominciare, non so neanche se ne sarò all’altezza… Anche se ho già Henry, è stata Regina a occuparsi di lui e…»
«Emma, Emma calmati! Va tutto bene, davvero! Sono solo…sorpreso, ecco!»
«Sei felice?» chiese la donna, dopo qualche secondo di silenzio.
«Ovvio che lo sono Emma! E sono anche spaventato da morire! Ma è questo ciò che voglio: passare il resto della mia vita con te!» disse, abbracciandola e baciandole una tempia.
«Bene, sono felice di sentirtelo dire… A questo proposito avevo pensato ad un’altra cosa…» cominciò la donna, ancora ad occhi chiusi.
«Cosa amore?»
«Sei seduto?» chiese, aprendo gli occhi di scatto e puntandoli dritti in quelli dell’uomo.
«Bene – continuò, abbassandoli – avevo pensato che sì, insomma, visto che stiamo insieme da un po’ e che stiamo per avere un figlio o una figlia… be’ stavo pensando… che ne pensi di sposarci?»
Cosa?
Per qualche secondo, regnò il silenzio. Emma sapeva che aveva rischiato davvero grosso, prima con la notizia della gravidanza e ora con questo. Killian, accanto a sé, sembrava pietrificato.
«Killian?» provò a scuoterlo. Quello, puntò i suoi occhi nel verde di quelli di lei e fece l’ultima cosa che Emma si sarebbe mai aspettata.
Scoppiò a ridere.
Rise, rise forte e di gusto, con le lacrime agli occhi, scuotendo la testa.
Emma lo guardava incredula. Di certo, non si sarebbe aspettata una reazione del genere da parte sua.
Non riusciva a decidere se sentirsi offesa o lasciarsi contagiare dalle sue risa.
Poi, del tutto inaspettatamente, Killian unì le labbra alle sue ed Emma pensò che dopotutto, l’avrebbe perdonato comunque.
«Sai qual è il vero motivo per cui ho deciso di partire?» chiese l’uomo accarezzandole una guancia.
Emma alzò un sopracciglio.
Aprì gli occhi e lo vide frugare nella tasca della giacca. Ne estrasse una piccola scatolina di velluto blu e il cuore di Emma fece una capriola non appena le sue mani toccarono quel tessuto.
Killian glielo fece scivolare sul palmo. Lei, non si accorse che le sue mani tremavano fino a quel momento, quando, titubante, aprì la scatola.
Incapace di proferir parola, fissò incredula il piccolo anello. Il collo di un cigno e un uncino, formavano un cuore proprio nel centro.
«Ti ho portato qui per chiederti di sposarmi, Swan! E per evitare che qualcuno potesse rovinare la sorpresa… non avrei mai immaginato che, come sempre, tu mi avresti anticipato!» rise ancora, rievocando il loro primo appuntamento e solo allora, l’uomo si accorse che Emma aveva gli occhi lucidi.
«Avevo perfino pensato ad una dichiarazione perfetta e strappalacrime, per ricordarti quanto è grande il mio amore per te! Ma ormai, non mi resta nient’altro da dire se non, sì Emma Swan, voglio sposarti!»
A quel punto Emma si gettò tra le sue braccia, incapace di trattenere ancora le lacrime.
«Piangi?!»
«Tutta colpa degli ormoni! – disse, tirando su col naso – scusa, per averti rovinato la sorpresa! Ma non potevo proprio aspettare che diventassi una bignè ripieno per indossare il mio vestito da sposa!»
«Hai già comprato il vestito?» chiese, sbalordito.
«No, certo che no… ma ne ho visto uno perfetto!»
L’uomo alzò un sopracciglio.
«Bene, forse è meglio che torniamo a casa! Abbiamo molte novità da annunciare…»
«Sperando che tuo padre, questa volta, non mi uccida per davvero!»
«Killian?!»
«Che c’è amore?»
«Possiamo mangiare la torta prima di andare?!»

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti! :)
Finalmente sono tornata! So che in fondo, siete felici anche voi!! Ahahah
Scherzo! Finalmente è cominciato settembre e con esso, comincerà anche la nostra amata serie tv! Ormai manca davvero poco e io non vedo l’ora!!
Quindi, per prepararci a tutto l’angst che dovremo affrontare, ho deciso di scrivere qualcosa di dolce e zuccheroso per questo mese: la proposta di matrimonio di Killian!
Ma anche se il poverino ha organizzato tutto nei minimi dettagli, c’è sempre Emma pronta a scombussolarglieli!
Ho preso spunto dalle foto dal set akjijdshjcdcnh *-* (insomma, you know what I mean xD)
Come sempre, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto, se non vi è piaciuto, se desiderate solo spedirmi di nuovo in mezzo al mare… xD
Ringrazio tutti coloro che lo faranno, che l’hanno già fatto, che inseriscono la storia nelle varie categorie o che leggono silenziosamente!!
Al prossimo mese!
Un bacione
Kerri :*
 
 
 
 
PS: per il figlio di Zelena, che non sappiamo ancora se sarà un maschietto o una femminuccia, ho deciso di utilizzare lo stesso nome con cui la mia cara amica Erin l’ha battezzato nella sua fantastica fanfic! Spero che a lei non dispiaccia, ma ormai nella mia testa, si chiama così! xD 
 

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Capitolo 10
*** X. Ottobre ***


Il giorno in cui Peter Pan e Uncino bussarono alla mia porta 


 
Avvertenze: AU
 
 
Sbuffando e ignorando il più possibile il dolore ai piedi, Emma continuò a frugare nella borsa, in cerca delle chiavi di casa. Dove diavolo erano finite? Cercava di mantenersi in equilibrio, stringendo tra i denti una piccola bustina e appoggiandosi al muro di fronte. Sperò di non aver fatto suonare il piccolo campanello, o almeno che non ci fosse nessuno nella casa di fronte.
Finalmente, dopo qualche minuto, infilò la chiave nella toppa, chiudendosi immediatamente la porta dietro le spalle. Scalciò via i tacchi alti, lanciò la borsa e le chiavi da qualche parte e, stringendo ancora tra le mani quella bustina, si diresse verso la cucina.
Finalmente un’altra estenuante giornata di lavoro si era conclusa.
Eppure quella, non era esattamente, una giornata come le altre…
Diede un’occhiata al suo vestito nuovo. Quello stronzo, le aveva persino versato del vino addosso! Avrebbe dovuto mandargli il conto della lavanderia!
Certo, passare il giorno del suo ventottesimo compleanno a dare la caccia ad un criminale, non era proprio la sua idea di “festa”, ma si era dovuta accontentare.
Sbuffò ed estrasse dalla bustina, il piccolo cupcake, che aveva comprato prima di tornare a casa.
Bene.
Fortunatamente era ancora tutto intero. La donna lo ammirò, soddisfatta per qualche secondo. Sicuramente era la cosa più vicina ad una torta che avrebbe mai potuto preparare.
L’uomo dietro il bancone, le aveva perfino regalato una piccola candelina.
Da quando, anni prima, era finalmente uscita dal sistema di adozioni, non si era quasi mai soffermata a festeggiare il suo compleanno. Dopo Neal, dopo la prigione, aveva cose ben più importanti a cui pensare.
E poi, probabilmente non l’avrebbe mai ammesso, neanche a se stessa, ma quel giorno, le metteva tristezza, rabbia, solitudine. Quasi come il Natale o la Pasqua.
Quel giorno, più degli altri, le domande che di solito racchiudeva in un angolo remoto della sua mente, si facevano più insistenti, lampeggiavano di più, trascinandola sul fondo delle risposte mai ricevute.
Dopo anni, però, aveva imparato a farsene una ragione. Non avrebbe mai scoperto chi fossero i suoi genitori, né perché quello stesso giorno di ventotto anni prima, avevano deciso di abbandonarla sul ciglio di una strada.
Così, da qualche tempo ormai, aveva deciso di rompere quella stupida tradizione di non festeggiare il suo compleanno. Non aveva mai organizzato nessuna festa (anche perché non avrebbe saputo neanche chi invitare), ma anche lei, Emma Swan, meritava un giorno speciale.
Accese la piccola candelina e si posizionò di fronte al bancone. Fissò quel minuscolo dolcetto per qualche secondo, poi chiuse gli occhi ed espresse un desiderio.
Il suo unico desiderio dacché aveva memoria.
Perché non importava quante bugie dicesse a se stessa, la verità era una soltanto. Nessun essere umano è fatto per restare da solo e di certo, Emma Swan, per quanto cercasse di non darlo a vedere, non era un’eccezione.
Quella sera, circondata da una casa vuota e riscaldata solo dal calore di una piccola candelina, poté abbassare per un po’ quelle solida mura dietro alle quali si era barricata per anni e ammettere che sì, anche lei aveva bisogno di non essere più sola.
Soffiò.
Un’istante dopo, il campanello suonò.
Emma lanciò un’occhiata all’orologio, sorpresa, chi poteva mai essere a quell’ora?
Scalza, si diresse verso la porta.
La spalancò e si guardò intorno. Strano, non c’era nessuno.
«Ehii! Sono quaggiù!»
Emma sobbalzò. Abbassò lo sguardo e incontrò due occhi nocciola intenti a fissarla intensamente.
«Ragazzino! Mi hai fatto spaventare!» mormorò la donna, appoggiandosi allo stipite della porta.
«Grande! Era questo l’intento! Dolcetto o scherzetto?» chiese sorridendo, porgendole un piccolo cestino a forma di zucca.
Solo allora, Emma notò che indossava un piccolo costume da… Peter Pan?
«Sbaglio o sei un po’ in anticipo per Halloween?» domandò, incrociando le braccia al petto.
Proprio in quell’istante, un uomo completamente vestito di nero, si avvicinò correndo verso di loro.
«Henry! Ti avevo detto di aspettarmi!» gridò, fermandosi accanto al ragazzo e scompigliandogli i capelli.
«Scusa Capitan Uncino, ma sei troppo lento per acciuffarmi!» rise, cominciando a punzecchiare l’uomo con il piccolo flauto che aveva attaccato alla cintura.
Emma si permise di fissare l’uomo per qualche secondo. Stava cercando di evitare i colpi del ragazzo, attaccando a sua volta con… un uncino? Oh sì, che fortuna, Peter Pan e Capitan Uncino avevano bussato alla sua porta e non era neanche il giorno giusto.
Si schiarì la gola, così da attirare la loro attenzione.
I due, si fermarono immediatamente.
L’uomo puntò i suoi grandi occhi in quelli della donna e solo allora Emma si accorse che erano di uno strano colore blu, quasi più blu del cielo. Forse la misero in soggezione. Altrimenti perché il suo cuore si ritrovò a battere ad un ritmo più veloce del normale?
«M-mi scusi…» balbettò, grattandosi la nuca con l’uncino e la donna la trovò una delle cose più buffe e allo stesso tempo sexy che avesse mai visto.
«…Sbaglio o Halloween è tra qualche giorno?!» chiese Emma, con il tono più scettico che riuscì a usare.
«Sì! Ma domani io e papà partiamo e non potremo fare “Dolcetto o Scherzetto” sulla nave, così ho chiesto a papà se potevamo vestirci oggi, visto che avevamo già preso i vestiti e…»
«Henry» lo ammonì il padre.
«Ti ho detto tante volte che non puoi annoiare tutte le persone che incontri con la storia della tua vita! La signora non ha sicuramente tempo da perdere…»
«Signorina…» lo corresse Emma, spinta dallo stupido bisogno di dirgli che no, lei non era sposata, figuriamoci!
«Piacere, Emma» porse loro la mano e il bambino l’afferrò immediatamente, riservando una linguaccia al padre che inevitabilmente, alzò gli occhi al cielo.
«Io sono Henry! E questo qui è mio padre, Killian!»
Dopo aver sciolto la presa, Emma strinse la mano dell’uomo, sforzandosi di sorridere. La trovò calda e grande, piena di gioielli perché dopotutto era un pirata, ma rassicurante. Una di quelle mani nelle quali potresti anche perderti. Una di quelle mani che potrebbe perfino ricondurti a casa.
Oh Emma, andiamo, cosa diavolo vai a pensare?!
«Piacere!» mormorò.
«Abitiamo qualche piano sopra questo, ma tu devi essere nuova vero? Non ti abbiamo mai visto… vero papà?» chiese Henry, sbirciando dietro le spalle della donna.
L’uomo scosse la testa, ancora spiazzato da quei grandi occhi verdi che continuavano a fissarlo.
«Sì, mi sono trasferita qui da poco… prego, entrate pure!»
Le parole fuoriuscirono prima che Emma potesse rendersene conto e maledirsi da sola, ma ormai il danno era fatto. Il piccolo era già entrato, accendendo tutte le luci dell’ingresso. Emma lo fissò sorridendo per qualche secondo, poi la voce dell’uomo dietro di lei, la distolse dai suoi pensieri.
«Scusaci ancora… Ce ne andremo non appena riesco a convincere Henry che Capitan Uncino vuole invadere l’Isola-che-non-c ’è!»
Emma rise e Killian pensò che fosse uno dei sorrisi più piccoli che avesse mai visto. Accennato, quasi timoroso di uscire allo scoperto, un semplice movimento di labbra che gli fecero capire che quella donna, nascondeva molta più tristezza di quanta ne avrebbe mai voluta dimostrare. Si insinuò in lui, il folle desiderio, di farla ridere, ridere veramente, con gli occhi, non solo con le labbra. Pensò che sarebbe stata veramente bella, con uno di quei sorrisi dipinti in faccia.
«Non ti preoccupare!» lo rassicurò la donna.
«E questo cos’è?» gridò Henry dalla cucina.
Emma e Killian si diressero verso di lui e lo trovarono intento a fissare il piccolo cupcake abbandonato sul bancone.
«Oh» mormorò la donna, conscia che avrebbe dovuto dar loro una spiegazione.
«Oggi è il mio compleanno…» sussurrò, imbarazzata.  
«Cosa?!» gridarono in coro padre e figlio.
«Auguri!» esclamò il piccolo, precipitandosi ad abbracciarla e stampandole un bacio sulla guancia.
«Grazie…» rispose. Com'era possibile? A quel bambino erano bastati dieci minuti per volerle bene, mentre a lei, a lei servivano giorni interi, forse settimane, mesi, persino anni per voler veramente bene ad una persona.
Percepì la mano calda dell'uomo dietro di lei, sulla spalla e si voltò.
«Auguri!» mormorò anche lui, sorridendo. Di nuovo, quello strano senso di calore, si insinuò in lei.
Sorrise.
Questa volta, Killian se ne accorse, fu un sorriso vero, un sorriso bello e pieno. E lui, come sempre, non aveva fatto niente! Il merito era tutto di quel dongiovanni di suo figlio. Ormai doveva arrendersi all'idea che egli avesse ereditato buona parte del suo patrimonio genetico, compreso il carattere.
Non che gli dispiacesse più di tanto...
«Henry, adesso credo che sia meglio togliere il disturbo...» cominciò, ricordando a se stesso le sue responsabilità.
Il bambino guardò Emma e poi il padre. Poi annuì, tristemente. Quell'Halloween anticipato, si sarebbe concluso senza neanche l'ombra di un dolcetto. Però, tutto sommato, non era stato poi così brutto…
Emma era lì, ferma a fissarli. Una parte di lei, quella razionale forse (anche se non ne era neanche tanto sicura), continuava a ripetersi che era un bene che se ne andassero, che togliessero il disturbo, così che lei potesse finalmente tornare a dedicarsi a quel grigio tepore della sua solitudine.
«No!» urlò, forse un po’ troppo.
I due, si voltarono spaventati.
Emma pensò, per una frazione di secondo, a quanto dovessero sembrare buffi per il resto del mondo: un bambino e un uomo grande e grosso, mascherati, il 23 ottobre. Per lei, invece, erano la cosa più bella che avesse mai visto. Quante volte, da bambina, avrebbe voluto andare a fare “Dolcetto o Scherzetto”, assieme a suo padre?
«Se vi va, potete restare...» cominciò la donna, cercando di sembrare il più convincente possibile.
«Insomma, possiamo dividere il cupcake in tre... è davvero troppo grande e non riuscirei a mangiarlo tutto da sola...»
Una bugia. Killian lo sapeva. Eppure non batté ciglio, sorrise anzi, felice di poter passare più tempo assieme a lei.
Gli occhi di Henry si illuminarono e in men che non si dica, ritornò in cucina e prese posto sullo sgabello dove, qualche minuto prima, Emma aveva espresso il desiderio di non essere più sola.
Gli altri due lo seguirono.
Emma rise ancora.
Killian se ne accorse, ancora.
Certo che quel costume era davvero caldo!
Osservò la donna dividere con minuziosità il dolcetto in tre pezzi. Henry, ne addentò subito il primo, ricevendo un'occhiataccia da parte del padre.
«Prego, serviti pure!»
L'uomo ringraziò, accettando di buon grado il dolce al cioccolato. Prima di portarselo alle labbra però, i suoi occhi incontrarono quelli grandi di suo figlio che chiaramente, lo stavano implorando di lasciargli finire la sua parte di cupcake.
Sbuffò, porgendogli il dolce, che ovviamente, il bambino divorò in un sol boccone.
Emma sorrise ancora, di fronte a quella manifestazione d'amore. Non sapeva come altro definirla, in realtà. Non aveva mai provato l'amore di un genitore, quell'amore vero e incondizionato che non può mai sparire, che, a dispetto del tempo o della distanza, dura per sempre.
I suoi genitori, quell'amore, l'avevano reciso prima ancora che potesse cominciare.
Sorrise, sì, ma tristemente.
Killian alzò lo sguardo su di lei e se ne accorse.
Quanti sorrisi aveva quella donna? In dieci minuti, ne aveva cambiati tre, forse quattro!
Qual era la sua storia?
«Grazie Emma!» mormorò il bambino, leccandosi i baffi.
«Se non fosse stato per te, a quest'ora non avremmo mangiato neanche un dolcetto!»
«Be' sicuramente non ti avrebbe fatto male, visto che ne mangi a quantità industriali tutti i giorni!» lo rimproverò il padre.
«Figurati! - sorrise - mi dispiace soltanto che non ho nient'altro da offrirvi...» mormorò, incamminandosi verso la dispensa che, come si aspettava, era completamente vuota, tranne per qualche biscotto integrale.
«Hai del succo d'arancia?» chiese allora il bambino, dirigendosi verso il frigo.
«Oh, eccolo!» esclamò trionfante, tirando fuori una grande bottiglia di plastica.
«Henry! Ricorda che non sei a casa tua! Scusalo Emma... è un po’ troppo… espansivo…»
«Non c'è problema, davvero...»
Il suono del suo nome, pronunciato dalla sua voce, era una strana combinazione. Non riusciva a capire se le piacesse o meno, o forse non voleva ammetterlo.
Il bambino fissò di colpo l'orologio.
«Oh no! Sono già le nove! Posso accendere la tv? Oggi c'è l'ultima puntata del mio show preferito! Papà come hai fatto a dimenticarlo?!»
Killian strabuzzò gli occhi.
«Non posso ricordarmi sempre tutto, signorino! Gli impegni sono i tuoi, non i miei!»
Il bambino sbuffò e si precipitò in salotto, inciampando su una coperta di pile abbandonata sul tappeto e adagiandosi (poco aggraziatamente) sul divano bianco.
«Ballando con le stelle? Davvero?» rise Emma.
Killian rise con lei.
Cinque sorrisi.
Da quando aveva cominciato a portare il conto?
Alzò le spalle.
«Lo vedeva con sua madre... E' un modo per ricordarla, adesso che lei non c'è più...»
«Oh»
Emma abbassò lo sguardo.
«Mi dispiace…» sussurrò, poggiando la mano su quella di lui, che nel frattempo si era tolto l’impiccio dell’uncino.
«Non preoccuparti...» mormorò, fissando quella strana combinazione di mani.
Il silenzio calò su di loro, non senza imbarazzo. Emma ritirò la mano, chiedendo cosa diavolo le fosse saltato in mente.
Killian sentiva questa strana voglia di confidarsi con lei, di raccontarle tutto.
Voleva conoscere quella donna dai mille sorrisi e voleva che lei conoscesse lui, che si fidasse.
«Sai, qualche anno fa, Henry bussò alla mia porta, sostenendo fosse mio figlio. La sua mamma, purtroppo era morta e lui non aveva più nessuno. Ero sconvolto! Non riuscivo a capire come fosse possibile… Se mi avessi conosciuto prima, avresti saputo che non ero esattamente il tipo adatto a fare il padre...»
«E adesso?»
«Adesso, non posso farne a meno. Ho smesso di farmi domande e ho lasciato che lui entrasse nella mia vita e la sconvolgesse. Adesso, ho messo la testa a posto...» sorrise ancora, grattandosi la nuca.
«Sono felice per te, Killian>> mormorò Emma, gli occhi inspiegabilmente lucidi. Cosa sarebbe successo se fosse capitato a lei? Se un bambino, un giorno, si fosse presentato alla sua porta, sostenendo fosse il suo?
«Che strana la vita, eh?» sussurrò l’uomo, posando gli occhi sulla figura del bambino disteso sul divano bianco.
«E sua madre?» chiese Emma, non riuscendo a contenere quella maledetta curiosità che da sempre la contraddistingueva.
«Cosa le è successo?»
«Gli assistenti sociali dicono sia morta... alle volte, ho qualche dubbio... Io, non la ricordo…»
«Cosa?» urlò Emma, spalancando gli occhi. Già si era immaginata una di quelle storie strappalacrime, in cui i due innamorati sono costretti a separarsi a causa di forze maggiori, non prima di aver condiviso una notte di folle passione e come sempre, aver concepito un figlio.
Questa, sicuramente, era l’ultima cosa che si aspettava.
«Come fai a non ricordarti una donna che hai messo incinta?» sbottò Emma, cercando di abbassare il tono di voce per non far allarmare il bambino nell’altra stanza.
«Non lo so! Credimi, è surreale, me ne rendo conto! Ma più guardo la foto, più mi sembra di non conoscerla…»
«Devi aver avuto davvero molte donne…» mormorò a bassa voce, sperando che non la sentisse.
L'uomo alzò un sopracciglio.
Lei distolse lo sguardo. Dopotutto, a lei non importava, giusto?
«Hai fatto qualche test, immagino...»
«No»
Di nuovo, la sua risposta, la colse alla sprovvista.
Ma cosa aveva quell’uomo? Cosa gli passava per la testa?
Spalancò gli occhi, curiosa. Il verde, di nuovo nell'azzurro.
«No?!» ripeté.
Killian distolse lo sguardo e lo puntò sulla figura del bambino, disteso sul divano.
«Te l’ho detto: ho smesso di farmi domande, ho capito che non mi interessa... Io sono suo padre, Milah era sua madre. Questo mi basta...»
Milah. Che strano nome.
Assunse la solita espressione meditabonda, quella seria e professionale, che utilizzava a lavoro.
«E tu? Qual è la tua storia, Emma?» chiese Killian, ritornando a puntare i suoi occhi in quelli di lei.
La sua voce, la sorprese ancora una volta. Quella strana scelta di parole, come se lei fosse una storia, una storia da raccontare.
Che idiozia!
Forse un horror, una storia da raccontare ai bambini per spaventarli. Un po’ come Cappuccetto Rosso.
Ecco, la sua vita era tutto fuorché una storia, una bella storia da raccontare.
«Non so neanche il tuo cognome, Killian, come pensi che potrei raccontarti la mia storia?» chiese, sforzandosi di sembrare simpatica, divertente e non rivelare il nervosismo dietro quelle parole. Rinforzò i muri, aggiunse qualche mattone. Nessuno sarebbe mai riuscito a scavalcarli.
«Io l'ho fatto» disse, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Tu sei diverso da me…» constatò la donna, alzando le spalle.
«Jones, Killian Jones» mormorò, porgendole la mano, dopo averla studiata per qualche secondo.
«Emma Swan» rispose.  
Afferrò la sua mano, ancora una volta, quasi ci fosse una forza misteriosa che l'attraesse inevitabilmente a lui.
Continuarono a studiarsi, a squadrarsi in silenzio. Killian cercava di leggerle dentro, di capire, di risolvere quel mistero di donna in cui si era imbattuto. Emma invece, si sforzava di non farlo entrare.
«Papi, ho sonno…»  
Henry era ricomparso in cucina, una mano sulla bocca a reprimere uno sbadiglio, interrompendo quella tacita battaglia che era scoppiata tra i due.
«Peter Pan ha già sonno? Non ci posso credere!» rise l'uomo, attirandolo verso di sé e scompigliandogli i capelli.
«Domani dobbiamo partire! Devo essere in forma!» si giustificò il bambino.
«Hai ragione, campione! Su, saluta Emma, ringraziala e torniamo a casa…»
Il bimbo annuì.
«Ciao ragazzino! E' stato un piacere conoscerti!» lo salutò la donna, piegandosi a stringergli la mano.
«Ciao Emma! Grazie per aver condiviso con me e papà il tuo dolcetto di compleanno! Mi dispiace che domani tu non possa partire assieme a noi, saresti la nostra Wendy!»
Emma si sforzò di sorridere.
«Dove andate?» chiese, cercando di sembrare gentile e sì, fissando Killian di sottecchi.
«Papà è il capo...»
«Capitano» lo corresse l'uomo.
«...capitano di una nave e domani parte e siccome io sono piccolo e non posso restare da solo, vado con lui! Papi, sei sicuro che Emma non può venire con noi?»
Killian si grattò la nuca, imbarazzato.
«No… cioè sì… In effetti il posto ci sarebbe ma…»
Cosa?
«Quanto tempo starete via?»
Perché il suo cuore aveva cominciato a battere più veloce del normale? Perché, il suo cervello, non riusciva ad elaborare una facile via di fuga, da quella scomoda situazione?
«Fino al Ringraziamento!»
«Cinque settimane…» lo corresse Killian.
«Ti prego, ti prego! Vieni con noi!» la pregò il bambino ed Emma riconobbe lo stesso sguardo implorante che aveva quando aveva convinto il padre a dargli la sua porzione di dolcetto. Diamine, aveva ragione! Era davvero difficile resistergli!
«I-io, non so se sia il caso...»
«Ti prego!» ripeté il bambino, avvinghiandosi alla sua vita.
Emma guardò Killian in cerca di aiuto. Ma tutto quello che trovò fu un altro paio di occhi che la guardavano con lo stesso sguardo implorante. Scherziamo?
L'uomo sembrò ritornare in sé.
«Henry, non puoi obbligare la gente a fare ciò che vuoi…» mormorò e ad Emma il suo tono parve triste, perfino più di quello di suo figlio. Forse, l’aveva solo immaginato.
«Ti ho obbligato a vestirti da Capitan Uncino!»
«Non è vero, è stata una mia libera decisione!» ribatté il padre.
Il piccolo sbuffò, incrociò le braccia al petto.
«Ti prego!» la pregò un’ultima volta, prima che il padre lo tirasse via.
Emma guardò ancora una volta Killian.
«Sai, puoi venire se vuoi... Partiamo alle otto! Magari sarebbe la giusta occasione per raccontarmi la tua storia, Swan...»
Emma incrociò le braccia al petto.
«Sei davvero così curioso? Credimi, non è una bella storia!»
«Tutte le storie sono belle, alcune più di altre…»
«La tua lo è: hai trovato qualcuno che ti ha salvato la vita...»
«Forse l'hai trovato anche tu! Solo che sei troppo cieca per rendertene conto...»
Le parole aleggiarono per qualche secondo tra di loro.
«Buonanotte, Emma»
«Buonanotte, Killian»
Chiuse la porta, solo quando non riuscì più a scorgere la figura nera dell’uomo. Sbarrò gli occhi.
Tutto quello che riusciva a sentire era il suo muro creparsi.
 
 
Ok, forse nelle “avvertenze” iniziali avrei avvertirvi veramente! xD
Forse vi starete chiedendo cosa avete appena letto! Bene, non lo so neanche io! Il mio cervello ha partorito questa pazza e folle idea e io non ho fatto altro che metterla per iscritto.
Insomma, tutti ci siamo chiesti, almeno una volta, cosa sarebbe successo se il nostro bel Capitano fosse entrato in scena sin dalla prima stagione…
Secondo voi, cosa farebbe Emma se si trovasse in questa situazione? :)
Spero che, nonostante tutto, vi sia piaciuta e sarei davvero felice di leggere i vostri pareri!!
Ringrazio come sempre chi lo farà, chi l’ha già fatto, chi legge silenziosamente e chi inserisce nelle varie categorie! GRAZIE!
La finisco qui!
Buon primo ottobre a tutti!
Un bacione
Kerri :-*
 
 
PS: OUAT è ritornato col botto! Ho adorato la premiere! Questa, si prospetta una lunga e interessante stagione! 

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Capitolo 11
*** XI. Novembre ***


 XI. Novembre

 Please, give me my heart

L’amore esiste solo quando due persone
Si incontrano in mezzo a due viaggi diversi.
-P.C. Freitas
 
 
Cos’è l’amore?
Killian se l’era chiesto più volte.
Dapprima come giovane ragazzo affamato d’avventure, alla ricerca del proprio posto nel mondo, carico di sogni e aspettative. Posto che, di certo, comprendeva suo fratello.
Poi Liam, morì.
Il suo cuore si crepò.
Questo aveva portato il ragazzo a divenire uomo, il tenente a trasformarsi in un pirata. Killian non si sarebbe mai pentito di quella scelta, perché solo indossando quel lungo pastrano di pelle nera, aveva finalmente capito chi fosse e per cosa valeva la pena combattere.
E soprattutto, aveva finalmente conosciuto l’amore.
Quest’ultimo aveva preso le sembianze di una giovane donna, madre e moglie stanca del suo ruolo, alla costante ricerca di nuove esperienze e nuovi mondi.
E Killian l’aveva accontentata. L’aveva amata, con tutto il suo cuore e la sua anima e il loro fu un amore idilliaco, come solo il primo può esserlo.
Poi Milah, morì.
Il suo cuore si ruppe.
Lo rimise insieme con l’oscurità, con la sete di vendetta contro chi gli aveva portato via tutto: il coccodrillo. L’uomo ignobile e codardo che si nascondeva dietro i suoi poteri.
Ci erano voluti trecento anni affinché il suo cuore ritornasse integro. Trecento anni di intrighi, sotterfugi, omicidi, vendetta, oscurità.
Trecento anni in cui toccò il fondo, diventando simile o addirittura peggiore dell’uomo che aveva giurato di uccidere.
E poi, tutto accadde così velocemente che a stento, Killian avrebbe saputo ricostruire gli avvenimenti.
Cora aveva trovato un modo per raggiungere quel vigliacco, doveva solo infiltrarsi nella banda di Biancaneve e la sua altezzosa principessina bionda e tutto sarebbe filato liscio.
Questi erano i piani.
Non impiegò molto a capire che Emma Swan era tutto fuorché una principessa altezzosa.
Non impiegò molto a capire che, al contrario, Emma Swan gli assomigliava, forse troppo.
Non impiegò molto a capire che, forse, Emma Swan, gli avrebbe rivoluzionato la vita.
E in effetti, così fu.
Se la cavava con le parole, dopotutto. Ricordò quando le disse che avrebbe vinto il suo cuore senza sotterfugi e lo sguardo che la donna gli riservò.
Sì, era stato davvero bravo quel giorno.
Se la cavava, ma se fosse stato un poeta, forse le avrebbe detto che gli aveva cambiato la vita, che l’aveva salvato dall’abisso, che gli aveva dato un nuovo scopo nella vita: meritarla.
Era cambiato non perché lei gli avesse chiesto qualcosa, ma perché il suo cuore aveva capito che non avrebbe mai potuto neanche lontanamente essere degno di un suo bacio, se non l’avesse fatto.
Diventare un eroe, non era stato certo facile.
A volte, nel corso dell’anno in cui le era stato lontano, aveva quasi ceduto alle braccia dell’oscurità.
Poi però, eccola lì, di nuovo, quella piccola luce, a rischiarare il suo cammino.
L’amore che provava per lei era cresciuto ogni giorno di più. Aveva anche deciso di farsi da parte, pur di farla felice e questa era una cosa inimmaginabile per il vecchio Capitan Uncino.
Si era accontentato di esserle amico. Le era stato accanto e l’aveva incoraggiata quando anche lei, smetteva di credere in se stessa. E Killian aveva capito che avveniva piuttosto spesso.
Aveva perfino messo da parte la sua sete di vendetta, pur di starle accanto e aiutarla.
E lei, piano piano, gli aveva aperto il suo cuore.
Killian pensava che fosse Vero Amore.
Anzi, non lo pensava, ne era certo.
Poi però, l’oscurità si era di nuovo infiltrata nelle loro vite.
E lei, l’aveva combattuta, come solo Emma Swan avrebbe saputo fare.
Ma, alla fine, si era sacrificata.
Poco dopo di avergli confessato il suo amore, Killian l’aveva persa.
Il suo cuore si sbriciolò.
Non fu come le altre volte.
Questa volta, sentì il suo organo vitale gonfiarsi, gonfiarsi così tanto da andare in frantumi.
Aveva lottato e aveva vinto.
Aveva vinto, ma l’aveva persa.
A cos’era servito? Perché, per una volta, non avrebbe potuto lasciare che qualcun altro si sacrificasse al suo posto?
Eccolo, l’egoismo.
Eccola, l’oscurità che arrivava a corrompere il suo cuore, forse per la prima volta, puro.
No, fare l’eroe non era così facile come dicevano.
E adesso, ammirando l’orizzonte, se ne rendeva conto.
I suoi ricordi erano stati portati via, lasciando al loro posto uno spesso strato di nebbia.
Giusto, lei glieli aveva sottratti.
Cosa ti abbiamo fatto Emma? Cosa è successo a Camelot?
Hai provato a chiederglielo, ma lei stringe le labbra e svia, manipola, schiva.
L’Emma Swan che conoscevi e che hai imparato ad amare, non è più qui.
Eppure, non puoi fare a meno di amare anche lei.
Forse, la tua è una maledizione.
Che bugiardo sei stato quel giorno sulla tua nave.
Ti ho amato.
Sì, e ti amo ancora.
Ma ti illudi, ti costringi a pensare che sia stata la cosa giusta. Non puoi condividere ciò che sta facendo, è sbagliato, ed Emma non lo vorrebbe, lo sai.
Ma quanto è stato difficile…
Cosa ti abbiamo fatto Emma?
Perché non ce ne parli?
La tua famiglia è qui, pronta a perdonarti, pronta a venirti incontro, pronta a chiedere perdono, qualsiasi cosa sia successa.
Io sono pronto.
Se solo tu me ne parlassi…
Ma hai eretto i tuoi muri, più forti di prima.
Stai pur certa, Swan, che li abbatterò, mattone per mattone.
“Ciao”
La tua voce mi fa sobbalzare. Pensavo che non volessi più vedermi. Sono al porto, dove settimane prima ti portai a guardare l’orizzonte. Quanto tempo è passato da allora? Quante cose sono successe?
“Pensavo fossi stato cancellato dalla lista degli amici, ormai…” mi sforzo di dire, con tono duro, spregiudicato, fingendo che non mi importi.
Certo, perché non sono un tuo amico Emma.
Tu accenni un sorriso e ti limiti a fissare l’orizzonte.
Lo faccio anche io.
“Perché?” chiedo e lo so, forse rischio troppo ma non mi importa.
Alzi un sopracciglio.
“Henry”
Mi accorgo che basta il suo nome a farti cambiare espressione.
“Ho dovuto” dici e non ti credo, non sei tu, perché Emma Swan avrebbe sempre trovato un’altra soluzione.
“Domani è il Ringraziamento…”
Le parole escono prima che potessi rendermene conto.
“…Non ho la più pallida idea di cosa sia, quindi non me lo chiedere…”
Il tuo volto si apre in una smorfia che assomiglia ad un sorriso e io penso che sia la più bella smorfia che assomiglia ad un sorriso che abbia mai visto.
“Mary Margaret dice che non possiamo smettere di vivere soltanto perché… sì, insomma, lo sai perché…”
“Perché la Salvatrice è morta? Sì, mia madre direbbe una cosa così…”
“Tu non sei morta”
Questa volta il tono è duro, me ne rendo conto.
“Io non sono la Salvatrice” rispondi, con quella voce bassa che usi adesso.
“Tu sei Emma”
Forse ti sorprendo, perché i tuoi occhi, per una frazione di secondo, si addolciscono. Se non ti conoscessi e ti amassi così, probabilmente non me ne sarei neanche accorto.
“Sì” sussurri.
“Bene…” dico e trovo le parole adatte a dire ciò che sto per dire, per non sembrare uno stupido, più di quanto non lo sia già.
“ …Emma, vorresti venire anche tu? La tua famiglia… noi… vorremmo vederti… Magari potresti parlare con Henry e spiegargli tutto e…”
Mi interrompi prima che possa finire la frase.
 “Non posso, Killian, dovresti saperlo…” dici e sembra quasi ti stiano violentando perché queste parole escano dalle tue labbra. Ti limiti a guardare l’orizzonte e io vorrei abbracciarti.
Forse il mio sguardo si rabbuia, la speranza vacilla.
“Non puoi o…non vuoi?”
Ti giri, finalmente, e posso guardarti.
“Non posso” ripeti e sembra tanto una bugia. Cosa fai, tutta sola, in quell’enorme casa? Sei davvero così impegnata come dici?
“Non è vero”
“Non insistere Killian”
Mi manca la tua voce che pronuncia il mio nome. Puoi dirlo ancora?
“Cosa è successo, Emma?”
Contrai la mascella, stringi i pugni. Lo so, ho capito che odi parlarne, ma ho bisogno di risposte, Emma. Risposte per continuare a lottare per noi, per il nostro futuro, come posso rimediare ai miei errori se non so neanche di averli commessi?
Non rispondi.
“Non smetterò di combattere per noi”
Uno strano senso di déjà-vu mi riempie la mente. I tuoi occhi si annebbiano. Se non ti conoscessi e ti amassi così, probabilmente non me ne sarei neanche accorto.
“Lo so” sussurri, prima di sparire in una nuvola di fumo nero, lasciandomi solo con le mie domande, i miei dubbi e il mio amore per te.
Fisso la nube finché non svanisce.
Hai lasciato qualcosa, Emma.
Un altro dannato acchiappasogni e il petalo di un fiore.
Hai dimenticato qualcosa, Emma.
Il mio cuore.
Ti prego, restituiscimelo.
Ti prego, metti fine a questo dolore.
Ti prego, torna da me.
 
 
 
 
 
 
 
Dico solo una cosa: Angst.
Ahahah buonasera a tutti!! :)
Eccomi qui ad aggiornare questa raccolta… Sapete, non ci credo che siamo quasi giunti al termine… Mi sembra passato così poco da quando decisi di cominciarla! E a proposito, colgo l’occasione per ringraziare le ragazze che hanno ideato tutto!! :-*
Btw… dicevamo, angst, che è la parola con la quale descriverei questo capitolo. Mi dispiace, ma era da un po’ che non scrivevo una cosa del genere e le parole sono uscite fuori di getto, quindi forse fa anche un po’ schifo, ma vabbèèè…
Spero che vi piaccia! Ho voluto raccontare i sentimenti di Killian in quest’ultima parte di stagione… e gli spoiler, ciò che sta accadendo nella serie, le teorie, le foto BTS di certo non aiutano la mia sanità mentale!! Di questo passo, non so se quando mi riprenderò!!
Ma vi prometto che il prossimo mese, sarà pieno di fluff e cuoricini fluttuanti!! Ho già qualche idea… *-*
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nel frattempo, e come sempre, ringrazio chi l’ha già fatto, chi lo fa o lo farà!!
Un bacio
Kerri :*
 
 
 
PS: Molti di voi mi hanno chiesto di continuare sulla linea del capitolo di Ottobre. Ci ho pensato tanto (davvero) e credo che un capitolo non sarebbe bastato a mettere per iscritto tutte le mie idee! Quindi prima o poi (forse quando finisco questa) continuerò quella storia creando uno… spin-off (?)  
PSS: BUON OUAT DAY!!! 

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Capitolo 12
*** XII. Dicembre ***


XII. Dicembre

 

You are the beginning of my new life
 

Guardo ancora una volta quel riflesso allo specchio.
Sembra incredibile, ma assomiglia a me.
Anzi, sono davvero io quella donna che mi guarda dall’altro lato del vetro.
Resto immobile a fissare cosa sono diventata, chi sono diventata.
L’orfana, la bimba sperduta, la cacciatrice di taglie, la principessa, la Salvatrice, l’Oscura…
Sono tutte scomparse.
Adesso, sono solo Emma.
Mi volto ancora una volta su me stessa, quasi a voler controllare che niente fosse cambiato dall’ultima volta.
Tutto normale, esattamente come dieci secondi fa.
Bene.
Anzi, no, male.
Molto male.
L’ansia cominciò a riprendere il sopravvento.
Lisciai nervosamente delle pieghe inesistenti sul mio vestito bianco.
Sì, proprio così bianco.
Perché, ancora non riuscivo a crederlo, tra meno di un’ora mi sarei sposata.
Sarei appartenuta completamente ed inesorabilmente a qualcuno.
E, chissà per quale assurdo motivo, la cosa non mi spaventava. Assolutamente.
Non ero in ansia perché tra poco avrei cambiato ufficialmente il mio cognome o perché non ero certa della scelta che avevo preso.
Poche volte ero stata così sicura nella mia vita.
Quando decisi di voler salvare Henry e la mia famiglia, quando decisi di voler salvare Hook.
Per tutta la vita, avevo bramato l’amore, l’affetto e il calore che solo una famiglia possono darti. Per un piccolo periodo della mia vita, ho trovato ciò che stavo cercando accanto all’unico altro uomo che non avrei mai smesso di amare, Neal.
Tuttavia, le cose si complicarono.
Il mio destino era un altro.
Proprio così, in questi anni, ho addirittura cominciato a credere nel destino! Chi ci avrebbe mai creduto!
Eppure non so in che altro modo definire la marea di eventi che mi ha investito, dacché un piccolo bambino con gli occhi grandi e una sciarpa a righe ha bussato alla mia porta.
La mia vita è cambiata, decisamente.
Ho conosciuto i miei veri genitori e ho dato una risposta alla domanda che per anni, ha accompagnato le mie notti e i miei incubi. Mi hanno lasciato, esattamente per la stessa ragione per cui, io stessa anni prima, avevo lasciato Henry. Per darmi un’opportunità migliore.
Ho fatto tanta strada da allora.
Ho combattuto tanti, forse troppi mostri.
Ho combattuto per me e per mio figlio.
E, guardandomi ora, con addosso questo vestito, capisco che ho vinto.
Ho vinto, davvero.
Perché tutto ciò che ho sempre desiderato era un lieto fine.
Da piccola, non osavo neanche ammetterlo a me stessa.
“Come puoi, anche solo pensare, che potrai essere felice un giorno?” mi domandavo, rinchiusa nella camera che mi era stata assegnata, assieme a tanti altri bambini, tutti con il mio stesso destino.
Non ho mai immaginato il giorno del mio matrimonio, non ho immaginato neanche un giorno assieme a delle persone che potessi considerare “famiglia”.
E invece, eccomi qui.
Pronta a sposarmi con l’uomo che amo con tutta me stessa.
Pronta a cominciare a vivere un futuro assieme a lui.
Ho sempre avuto paura di quella parola, ma adesso non la temo più.
Futuro. Futuro. Futuro. Futuro. Futuro.
Potrei ripeterla all’infinito e continuerei ad avere la stessa espressione da ebete che sfoggio al momento e lo stesso sguardo sognante.
È questo, l’effetto che Killian Jones aveva provocato nel mio cuore.
Mi sento una sciocca ragazzina alle prese con la prima cotta adolescenziale ma a differenza della maggior parte di loro, dubito che a me sarebbe mai passata.
Sono completamente, totalmente e irreparabilmente innamorata.
Ecco, sono cambiata anche in questo.
Non ho più paura dei miei sentimenti.
Non ho più paura ad ammettere che anche io amo.
Sempre merito suo…
Dacché Killian Jones è entrato nella mia vita, non ne è mai più uscito.
Mai veramente.
Gli eventi, il destino forse, hanno provato a separarci, a portarlo via da me ma, se c’è una cosa che i miei genitori mi hanno insegnato, è che il vero amore trova sempre un modo.
E noi, l’abbiamo sempre trovato.
Ci troviamo a vicenda, forse qualche anno fa a causa dell’oscurità, ci siamo anche persi, ma mai completamente.
Il vero amore trova sempre un modo, il vero amore lotta, combatte, con le unghie e con i denti, non si arrende.
Ed è ciò che abbiamo fatto noi.
Per questo, sono felice oggi.
Felice perché, per la prima volta in vita mia, sento di essere nel posto giusto, assieme alle persone giuste.
Per la prima volta, mi sento completa.
Non per il matrimonio in sé, quella è solo una formalità, per sottolineare e gridare al mondo che io sono sua e lui è mio.
Completa per ciò che questo giorno rappresenta.
Non è un caso che io abbia scelto proprio questa giornata.
Il 31 Dicembre.
Penso sia stato da sempre uno dei miei giorni preferiti, perfino nella solitudine e nella desolazione di una stanza dell’orfanotrofio.
Il 31 Dicembre è la fine di un anno, di un periodo lungo ben dodici mesi in cui è praticamente impossibile, non essere cambiati almeno un po’.
Il 31 Dicembre però, è anche un inizio.
L’inizio di un nuovo anno. È una promessa rinnovata, speranze, buoni propositi forse anche vani, ma pur sempre buoni. Oggi il bianco e il nero convivono, oggi tutto può succedere.
Ed è questo ciò che questo matrimonio simboleggia per me.
La fine di un’epoca di solitudine, di dolore e crescita ma anche l’inizio di una completamente nuova.
“Emma, sei pronta?”
Mia madre irrompe nella stanza e mette fine alla valanga di pensieri in cui il mio cervello si era imbarcato.
Annuisco, continuando a fissare il mio riflesso allo specchio.
“Sei bellissima” mi dice e forse, per la prima volta nella mia vita, ci credo veramente.
Mi volto e l’abbraccio, cercando di contenere il più possibile le lacrime.
Avevo passato due ore del mio preziosissimo tempo in bagno per cercare di raggiungere un risultato che soddisfacesse lontanamente mia madre e Ruby, di certo non volevo sprecare il frutto del loro lavoro.
Mia madre, però, non sembrava della stessa idea.
“Mamma, ti prego, non piangere… Altrimenti comincio anche io e non voglio cominciare perché so che non mi fermerei più e non voglio arrivare tardi perché non voglio che Killian pensi che me la sia data a gambe e…”
“Emma” mormorò, bloccando il fiume di parole che sgorgavano dalla mia bocca, incontrollate “Respira”
Feci come mi aveva suggerito, ma evidentemente non sortì l’effetto desiderato perché il mio cuore cominciò a battere ancora più velocemente. Lo sentivo dappertutto, in petto, in gola, nelle orecchie…
“Tuo padre sta arrivando… Non voglio che lui veda che sto piangendo!” sussurrò, cercando di tamponare alla bell’e meglio le lacrime.
“Perché?”
David entrò in camera, elegante come poche volte avevo avuto la fortuna di vederlo. Lo smoking sembrava essergli stato cucito addosso e nonostante qualche anno in più sulle spalle, Emma pensò che avesse ancora quel fascino che, nella Foresta Incantata, gli era costato il soprannome che l’avrebbe contraddistinto per il resto della sua vita.
Ma chissà, forse queste, sono cose che non muoiono mai…
“Perché abbiamo fatto una scommessa e tu, mia cara, hai perso!” rise, puntando un dito contro sua moglie.
Alzai gli occhi al cielo, accettando di buon grado il bacio che mio padre mi stampò sulla fronte.
“Emma sei…”
“Possiamo trovare un altro aggettivo?! Bellissima è già stato usato parecchie volte…”
“Stupenda”
“Grazie papà…”
Lasciai che mio padre mi prendesse sotto braccio e mi trascinasse di sotto.
Ovviamente non c’eravamo che noi.
Tutti gli altri erano già pronti nel luogo designato per la cerimonia.
Sì, proprio così, io non ho assolutamente idea di dove sia.
Poiché ho scelto il giorno, Killian si è fissato nel voler scegliere il luogo e accordandosi con mio figlio e la restante parte della famiglia, avevano tenuto tutto segreto.
“Farà freddo secondo voi?”
“Emma è il 31 Dicembre, è logico che farà freddo! E se stai anche solo cercando di farci rivelare qualche dettaglio sulla location, puoi anche arrenderti! Ormai, ci siamo!”
Sbuffai.
Dopo una serie di alti e bassi, dopo qualche omicidio e qualche bicchierino di rhum, mio padre e il mio futuro marito (mi suona ancora un po’ strano dirlo! Marito, marito, marito…) erano diventati dei grandi amiconi.
Inutile dire che la cosa mi faceva piacere anche se, la maggior parte delle volte, David continuava a minacciare Killian se anche solo avesse osato torcere un capello alla sua ‘bambina’.
“Henry?”
“È con Killian e Regina”
Annuì.
Mio figlio era l’altra importante costante della mia vita. Non avrei ciò che ho oggi, senza di lui, il suo coraggio e la sua speranza.
Sono davvero orgogliosa di lui e del cammino che ha voluto intraprendere. Lasciare Storybrooke non deve essere stato facile, ma l’ha fatto con la consapevolezza che, dovunque vada, qui sarà sempre casa sua.
Avrei voluto recarmi al mio matrimonio assieme ad un’altra costante della mia vita: il mio fedele maggiolino giallo.
Tuttavia, Killian, sostenuto da mio padre, mia madre ed anche Regina, avevano convenuto che fosse meglio che non guidassi il giorno del mio matrimonio, anche perché avrei rischiato di rovinare il vestito. Che idiozie!
A malincuore però, ho dovuto ascoltarli.
Presi il piccolo bouquet di camelie rosse.
Quanti ricordi, porta alla mente quel piccolo e perfetto fiore. Li scaccio via, perché, sono più o meno in ritardo…
E perché, sì, devo sposarmi!
“Sei piuttosto tranquilla…” mormora mio padre, una volta in macchina.
“Allora sono brava a mascherare l’ansia!”
“Emma!” mi rimprovera bonariamente mia madre.
“Lo sai tesoro, se non sei sicura…” cominciò mio padre.
“Non sono mai stata così sicura in vita mia”
E forse, è proprio questo che mi spaventa, mi eccita, mi emoziona.
I miei sembrarono aver capito.
Mia madre, in via eccezionale, seduta accanto a me, estrae dalla borsa una piccola benda.
“Credimi, non vorrei farlo dopo tutto il lavoro di oggi pomeriggio, ma Killian, Regina e Henry mi uccidono se non ti bendo quindi…”
Mi lascio bendare.
Dopo poco tempo, la macchina si ferma.
“Siamo arrivati”
Mi lascio guidare dai miei genitori e il cuore comincia a battere sempre più forte. Dovrei sentire freddo, ma il sangue scorre così velocemente nelle vene che al contrario, mi sento piuttosto accaldata.
Quando qualcuno finalmente mi scioglie il nodo, il mio cuore fa una capriola.
Ci siamo.
Mi guardo intorno e scorgo solo una piccola stanza.
“Dove siamo?” chiedo a mio padre che nel frattempo, mi porge il braccio.
“Al tuo matrimonio!”
Mi lascio guidare da lui, cercando di tenere a freno le domande e l’ansia.
Non mi importava veramente in realtà. Tutto ciò che volevo era passare il resto della mia vita accanto a Killian.
“Tua madre è andata ad occupare il suo posto d’onore!” mi informò mio padre ed io annuii. Di certo, stare ad ascoltarlo, non era esattamente tra le mie priorità in quel momento.
O meglio, nelle priorità del mio cervello che viaggiava ad una velocità incontrollata chiedendosi contemporaneamente dove fossimo, come stessero i miei capelli, quanto tempo mancasse ancora e soprattutto, dove fosse Killian.
“Andiamo?” mi chiese ed io mi appoggiai al suo braccio.
“Sai, è strano dover accompagnare mia figlia che ha quasi la mia stessa età all’altare, dritta tra le braccia del più temuto capitano di tutti i mari…”
Risi.
Sapevo che cercava di allentare la tensione.
“Killian è cambiato” puntualizzai.
“Sarà meglio per lui!” commentò minaccioso e io non potei fare altro che sorridere e stampargli un bacio sulla guancia.
Sentii un vocio dall’altra parte del muro e l’inizio di una canzone piuttosto familiare.
Bene.
Era tutto pronto.
Chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
Mio padre aprii la porta e ciò che vidi mi mozzò il fiato.
Avvertivo sicuramente la presenza della magia, ma la mia mente non riusciva ancora a capacitarsene.
La stanza era relativamente piccola e intima, proprio come io e Killian avevamo chiesto. Non volevamo assolutamente dare spettacolo e organizzare il matrimonio dell’anno.
Ogni singolo angolo e muro era addobbato con ghirlande di piccole e grandi camelie bianche e rosa e altri arbusti verdi.
Qui e lì, c’erano anche delle piccole candele che volteggiavano a mezz’aria, sospese nel vuoto.
Sorrisi.
Eppure Killian non aveva mai visto Harry Potter!
Dopo aver ricambiato qualche sorriso, spostai lo sguardo sull’unica persona che mi interessava davvero in quel momento.
Killian.
Il mio quasi marito.00
È lì ed è bellissimo.
Forse sono di parte, ma è così.
Vorrei corrergli incontro e abbracciarlo e baciarlo ma mio padre continua a camminare al mio fianco, forse troppo lentamente per i miei gusti.
Sorride, con la bocca e con gli occhi.
E so che lo sta facendo anche con il cuore.
Lo so, perché il mio sicuramente lo sta facendo.
Finalmente posso prendergli la mano.
Killian sorride anche a mio padre, poi ritorna a guardarmi.
Archie incomincia a parlare, ma non ricordo un granché di ciò che disse.
Ero troppo occupata a ridere alle occhiate del mio futuro marito.
Mi risvegliai quando il piccolo Neal Junior, zampettò fino all’altare per porgerci gli anelli.
Lui prese il mio.
“Emma” cominciò e il mio cuore cominciò a ballare la cucaracha assieme al mio stomaco e chissà chi altro.
“Prima di incontrare te, il mio cuore non era solo stanco dell’amore, ma era completamente sigillato. Avevo sofferto troppo e mai avrei pensato di poter ritornare ad amare di nuovo.
Evidentemente, visto che siamo qui oggi, mi sbagliavo di grosso!”
Sorrisi, gli occhi lucidi, le mani strette.
“Ti amo, ti amo Emma Swan, oggi più di ieri e sicuramente meno di domani! Ti amo perfino quando mi prendi in giro perché non conosco le diavolerie di questo secolo o quando sei nervosa… e chi ti conosce, sa che lo sei molto spesso!”
Gli tirai un pugno.
Lui incassò e rise, assieme a tutti gli altri.
Poteva essere così idiota e adorabile allo stesso tempo?
“Ti amo perché sei la donna più forte e coraggiosa che abbia mai conosciuto, perché hai riportato a galla il mio cuore stanco e mi hai spinto a diventare l’uomo che ho sempre voluto essere.
Ti amo e ti ringrazio per aver scelto me. So che sono incredibilmente e diabolicamente affascinante, ma grazie…”
Sorridendo, mi infilò l’anello al dito, anello che non avrei mai più tolto per il resto della vita.
Presi il suo.
“Killian, mio stupido pirata… Lo so che avresti preferito che cominciassi con qualche parolina dolce ma come sai, non è esattamente il mio genere e in più non voglio aumentare il tuo, già troppo smisurato, ego…”
Risi, perché saremmo stati noi perfino il giorno del nostro matrimonio
Noi con le nostre battute, i nostri sguardi, il nostro prenderci in giro.
“Come sai, non sono molto brava con le parole… Mi ero preparata un bellissimo discorso ma come sempre, mi hai fatto dimenticare tutto! Non fare quella faccia, preparati perché da oggi in poi, sarà sempre colpa tua! – risi e gli carezzai la guancia – Non mi ricordo una parola di ciò che avevo scritto ma il succo era più o meno questo: sei entrato nella mia vita quasi per caso e fin da subito, sei riuscito a leggermi dentro con una facilità disarmante. Come riesci a farlo, ancora oggi, devo ancora riuscire a spiegarmelo! Prima di conoscere te, avevo costruito così tanti muri attorno a me, muri che piano piano stavo riuscendo ad abbattere, grazie ad Henry. Tu, però, li hai scavalcati tutti, sei entrato e non hai chiesto neanche il permesso. Io non avevo bisogno di nessuno, ma tu c’eri sempre, eri sempre lì. Ti ho perso e ti ho ritrovato tante volte ma tu sei rimasto, sempre. Con quel sorriso e le tue idiozie, ci sei sempre stato, pronto a sollevarmi il morale, a salvarmi dall’oscurità… Ti ricordi quando mi hai detto che avresti conquistato il mio cuore, senza sotterfugi? Probabilmente già lo sai, ma lo hai fatto. Ti amo anch’io e penso lo farò per sempre…”
Sorrise.
“Amico, se non finisci non posso baciare la sposa quindi diamoci una mossa!” mormorò guardandomi negli occhi e gli invitati scoppiarono a ridere ancora una volta, e io con loro.
Questo era Killian Jones.
Questo era l’uomo che avevo deciso di sposare, di avere al mio fianco e mai, mai avrei desiderato altro.
Perché nonostante i difetti, le difficoltà, l’oscurità, lui sarebbe sempre stato lì per me ed io per lui.
Il dover condividere un solo cuore aveva solamente rafforzato ciò che c’era già.
Con Killian ero pronta ad invecchiare, persino diventare una balena affamata per nove mesi non mi sarebbe importato perché ero pronta, volevo davvero un figlio con lui.
Con Killian vedevo un futuro, una vita felice nonostante tutto.
Con Killian avevo finalmente trovato il mio lieto fine.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
In super mega extra ritardo, eccomi qui ad aggiornare questa raccolta, con l’ultimo capitolo…
Purtroppo questi giorni sono stati davvero intensi e solo oggi pomeriggio ho potuto mettere nero su bianco le idee che mi frullavano per la testa!
E poi forse, una parte di me non voleva dire addio a questa raccolta! Spero che anche quest’ultima shot vi sia piaciuta… non potevo non scrivere anche io almeno una volta, di un ipotetico matrimonio! (speriamo non proprio troppo ipotetico :P)
Sono stati dodici mesi carichi di emozioni e spero che le mie storie vi abbiano fatto compagnia almeno per un po‘… :)
Ringrazio TUTTE coloro che hanno recensito, inserito la storia nelle varie categorie e tutti coloro che hanno semplicemente letto.
Avrei voluto ringraziarvi una per una ma i miei occhi si stanno chiudendo da soli! Sappiate però che senza di voi, non avrei neanche cominciato a scrivere!
Un ringraziamento speciale va anche alle ideatrici di questa fantastica iniziativa! Grazie per averci dato un appuntamento fisso ogni mese con i nostri amati CaptainSwan! <3
Io ancora non mi sono del tutto ripresa ma pian piano il sei marzo si avvicina e il mio cuore potrà essere del tutto guarito xD Nel frattempo mi nutro quotidianamente di spoiler!
Vi auguro un Buon Natale!
Spero che questo Natale sia diverso dagli altri, che possiate viverlo all’insegna dell’amore e della famiglia.
E (se non ci sentiamo prima) vi auguro anche un Buon Anno!
Anche a me, come ad Emma in questa storia (che casualità xD), il 31 Dicembre è un giorno che mi sta a cuore... 
Un bacio a tutti/e
Vostra
Kerri :*

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