I wanna be known by you

di Harry123
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1964; 4 anni prima


"Cosa dovrei mettere?”

“Non lo so, Luke.” Un sospiro.

“Sono davvero indeciso.”

“E’ questo il tuo problema.” Un sospiro e occhi al cielo.

“Sono nel panico ora.”

“Sbrigati o ti lascio qui tra le tue colorate e floreali camicie e le tue stupide coroncine di fiori. Odio i fiori.” Un sospiro, occhi al cielo e un gemito di frustrazione.

“D’accordo. D’accordo, metterò quella con le margherite, la camicia ocra e i pantaloni neri. Bene, sì. Può andare. Decisamente. Okay. Tutto pronto.” “Finalmente, sei sorprendentemente carino oggi, Luke.”

(forse non così tanto,magari spettinato e appena sveglio Michael ci mette un po’ a capire che si trova sulla Terra, ma Luke non deve saperlo; magari prossimamente, per ora l’altro si limita a sussurrare complimenti decisamente non adatti a definire il suo migliore-amico-per-la-vita-cotta-segreto-da-portare-nella-tomba)

“Ti ho sentito.” Miseriaccia. Lo sapeva. Finito. È finito tutto. Lo perderà. Niente più cibo gratis (biscotti con gocce di cioccolato e pancakes fatti in casa, oddio tragedia.) e niente più visioni celestiali di Luke a qualsiasi ora del giorno e della notte ventiquattr’ore su vent—

“Mi piacciono i fiori e le coroncine di fiori e le camicie di fiori e i miei jeans con il simbolo della pace.”

Respiro profondo.

“Non dovresti dire così ci conosciamo e siamo migliori amici dalle passeggiate nei verdi prati a piedi nudi e tutine e biberon e ciucci.”

Respiro profondo.

Miseriaccia, quel ragazzo lo manderà all’ ospedale prima o poi.

Dovete sapere che la vita del caro Michael Gordon—

(appena raggiunta la maggiore età scapperà in Messico e si farà crescere del grandi e neri baffi per nascondersi e cambierà il suo nome magari in Josè o Pablo o Carlos.)

Già, il suo secondo nome è Gordon.

Dicevamo, la vita di Michael Gordon Clifford fondamentalmente è incentrata sulla spettacolare lunghezza e femminilità delle gambe di Luke Robert Hemmings, i suoi angelici capelli biondi acconciati in un ciuffo che oddio date delle forbici a Michael copre il suo occhio sinistro.

(NOTA: Luke ha dei bellissimiangelicicelestialiipnoticimagnetici occhi azzurri, definizione di qualcuno preso a caso tra il pubblico.)

Ma ciò che fa andare fuori di testa il qui presente ragazzo innamorato sono proprio le coroncine di fiori che fortunatamente oddio l’altro si ostina a mettere. Tulipani, rose, violette e margherite.

Andavano insieme nei verdi prati a fare passeggiate, dapprima con passeggini e le loro madri e poi con le bici e bottigliette di Coca-Cola e panini e tovaglie a quadri rossi e bianchi.

Raccoglievano i fiori e Michael guardava Luke intrecciarli tutto il pomeriggio, fino a quell’orario meglio che torno a casa o mamma mi sgrida e mi manda a letto senza cena, che scocciatura.

Arrivati alla enormepiccola festa i due sembravano usciti da un documentario su koala ed alberi di eucalipto.

(NOTA: eufemismo, già; piccolo segreto: a Michael non dispiace, affatto.)

Ciò che probabilmente li fece dividere fu la giacca del Ragazzo Innamorato, giocatore di football del suo Liceo. Qualche conoscente e qualche chiacchiera intorno al jukebox e Luke si divise da Michael.

Non per molto.

Luke si trovava tutto solo alla ricerca del bagno, leggermente brillo (aveva da poco scoperto che il Martini era una sua grande passione, perché non approfondirla?) e con una vescica piena da scoppiare; molti se ne erano andati a fare baldoria in qualche altro locale e in una frazione di secondo il biondo aveva davanti a sé un Michael decisamente ubriaco che lo pregava di fare qualcosa che non era riuscito a decifrare in mezzo alle parole sbiascicate e momentanei vuoti di memoria.

Insomma, tornati a casa del Ragazzo Innamorato questi gli aveva preso le guance, fronte contro fronte, come quando si dicevano un segreto-segretissimo-promettimi-di-non-dirlo-a-nessuno, ma stavolta quel nessuno era Luke.

“Devi sapere Lukey che—“

“Che…?”

“Devi sapere che io ti amo, tantissimo, tanto quanto—“

“Michael non capisco, sei ubriaco, stai dicendo un mucchio di sciocchezze.”

“Ti prego Lukey credimi, tantissimo, più di Paul—“

“Paul? Chi è Paul? Michael non sto capendo niente, di chi parli?”

“McCartney, Luke! Ti amo più di Paul McCartney!”

(NOTA: Paul McCartney è l’amore per la vita di Michael, dopo Luke ovviamente; non potrebbe essere altrimenti o la Terra non girerebbe nel verso che gira e alla velocità a cui gira, semplice.)

E il Ragazzo Non-Innamorato, purtroppo non lo è, vede il Ragazzo Innamorato come un oddio—respiro profondo— come un amico, e non potrebbe essere altrimenti o non ci sarebbero le quattro stagioni.

(ALLARME ROSSO: non ovunque ci sono quattro stagioni— non vi dirò dove perché nessuno di noi è bravo in Geografia.)

Ma Michael è stufo e ubriaco e stanco ed è indeciso se mettere nella sua To Do List al primo posto la voce “Va’ a dormire, basta con le figuracce!” oppure “Per l’amor del cielo bacialo!”

Non capì mai se la voce che scelse fu giusta o sbagliata, ma dal continuo della storia probabilmente fece la cosa migliore.

(NOTA DI MICHAEL: forse non era poi così ubriaco, sinceramente non se lo ricorda.)

Ed è qui che tutto ha inizio.

Qualcosa di più grande di loro, qualcosa che non conoscevano. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


21 febbraio 1968. 


La Via Della Libertà quel giorno pareva essere più affollata del normale. 
La leggera foschia rendeva la vista della città poco chiara, appannata. 
Harry era stretto nel suo giaccone, sembrava quasi sparirci dentro, cosa che solitamente non si sarebbe detta per uno come lui; non a caso era il più alto della sua scuola. 
Le strade quella mattina erano brulicanti di gente da ogni dove, non sembravano nemmeno essere tutti della zona di Palermo. Certo, l'accento era inconfondibilmente siciliano, ma quei volti, per quanto Harry non potesse conoscerli tutti, non erano di quella città, o perlomeno, la maggior parte di questi. 
L'elemento ancora più insolito erano proprio i soggetti in questione.

Ragazzi.

Ragazzi con banidere sventolanti e enormi che a stento reggevano con le mani coperte da guanti pesanti, visto il freddo. Le sciarpe ad avvolegere loro il collo si intrecciavano con lo stesso bastone che reggevano, e i loro giubbini esattamente tutti uguali a quello di Harry. 
L'Eskimo. 
Simbolo del partito di Sinistra, collocabile in tutti coloro che lottavano per la difesa del proprio ceto sociale. 
Quella non sarebbe mai stata una mattina come le altre: un corteo stava per prendere il sopravvento in quella città. Le scuole, università, fabbriche.. tutte occupate.
 
La rivoluzione studentesca stava prendendo avvio anche nella stessa Palermo, in concomitanza con le rivoluzioni che stavano avvenendo in quel momento a Messina. 
Harry conosceva bene i diritti per cui quella mattina avrebbe lottato, eppure qualcosa pareva frenarlo. La paura? No. La paura non poteva essere, lui non ne aveva, lo diceva sempre. 
Non gli piacevano le lotte, rivoluzioni, guerre, semplicemente. 
Voleva arduamente conquistare finalmente quei diritti che anche a lui spettavano, non solo ai più ricchi. Anche lui voleva poter permettersi tutti gli studi. Anche lui, come tanti, voleva diventare qualcuno nella vita futura. 
Il suo più grande sogno era decisamente quello di distruggere, annientare ogni ingiustizia, combattere per il giusto, ma soprattutto amare il prossimo. 
Proprio quest'ultimo punto lo aveva da sempre caratterizzato, ma reso anche schiavo di chi, al contrario, se ne approfittava con ben altre intenzioni. 

Harry Edward Styles, il ragazzo che se vedeva un cane abbandonato per la strada non esitava a portarlo a casa, a sopportare di conseguenza le sgridate -non da niente- di sua madre. Era semplicemente conosciuto per questo, per il suo grande cuore. Ora eccolo lì, a camminare per le strade di quella città, stretto nel suo Eskimo, le mani dentro le ampie tasche di questo e i riccioli scompigliati attorno le sue guance rosee e piene. 
Il naso era leggermente arrossato,come le sue guance, cosa che gli dava un'espressione dolce e innocente allo stesso tempo. 
Non si era munito di qualche bastone, fascia sgargiante -eccetto per i suoi abiti rigorosamente colorati e vivaci - o chissà quale altro ingegno per fare caos. Preferiva il silenzio, le manifestazioni non erano certo per lui, ma come abbiamo detto, i diritti gli stavano particolarmente a cuore, forse perchè se ne occupava proprio in quanto facoltà universitaria. 
Ad un tratto un boato invase e ghiacciò la strada, facendo così voltare con uno scatto il riccio. 
Una massa di studenti si stava avventando verso di lui ed egli era rimasto letteralmente sconvolto da questa visione. 
Le labbra dischiuse in una piccola nuvoletta di fumo per il freddo e le sue iridi verdi leggermente sgranate squadravano la situazione, ma come suo solito la prende con molta calma, infondo sapeva che sarebbe finita così, lo aveva visto nella televisione di amici di famiglia che abitavano vicino il suo quartiere. Motivo per cui sua madre gli aveva raccomandato di restare a casa, ma ovviamente Harry faceva sempre di testa sua. 
Era suo dovere esserci, per quanto odiasse questo genere di cose.
 
Si trattò solo di una frazione di secondo quando egli venne letteralmente trascinato dalla folla, spintonato di qua e di là da tutti gli studenti più inferociti che mai.
 
"Harry! Non ti aspettavamo anche qui!" Gridò un suo compagno del corso di legge, il quale era uno dei pochi che non lo giudicava per la sua tendenza alla culutra hippie, cosa che non per tutti era vista di buon occhio. Motivo per cui adorava quel ragazzo. Luke non ti avrebbe mai giudicato, anzxi ti avrebbe solo appoggiato in qualsiasi cosa. 

"Sarei io a doverti porre la domanda! Hanno accettato a mandarti qui?" Domandò Harry regalandogli uno dei suoi migliori sorrisi, facendo apparire le sue fossette ben incavate nelle paffute guance.
 
"Sbaglio o è nostro dovere esserci? La laurea non intendo prendermela senza aver partecipato ad almeno uno degli eventi che.. rimarranno nella storia. " 

Questa frase Harry non la dimenticò mai, certo però che non avrebbe mai immaginato che loro due avrebbero mai segnato la storia come invece effettivamente accadrà. 

Luke oltre a frequentare la sua stessa università, condivideva con il ragazzo anche gli stessi sogni, interessi, ideali. Erano migliori amici da anni: si erano conosciuti in occasione di una partita di calcio, altro sport ed interesse che li accomunava.

"sono del'idea che facendo rivoluzioni le cose non cambieranno. " Sostenne poi fermamente il riccio, meritandosi una gomitata pesante da parte di uno dei protestanti, il quale indossava rigorosamente il suo Eskimo e sventolava la bandiera che li contraddistingueva. 

"E io sono dell'idea che possiamo cambiare le cose se lo vogliamo. Harry, devi avere più fiducia in tutto questo. In noi. Ricordi?" Sussurrò il ragazzo, ma in modo udibile per il riccio, nonostante il chiasso. 

"Certo, lo ricordo." Rispose Harry, accennando un sorriso e annuendo con il capo. Le sue rosee labbra erano nuovamente dischiuse come ad aggiungere qualcosa, quando però Luke troncò le sue nuove parole al fine di indicargli qualcosa che sicuramente lo avrebbe interessato. 
"Harold, guarda un pò laggiù. Dobbiamo andarcene." Affermò Luke a denti stretti, notando un altro corteo opposto al loro, composto da studenti di destra. 
Iniziavano già ad esserci scontri tra i due partiti, seppur questi in certe situazioni collaborassero ancora insieme, infatti sarà solo nel 1° marzo di quello stesso anno la loro ultima esperienza insieme di protesta. 

"Scherzi? Non possono farci niente. Ci sono codici da rispett.." 

"Harry, dico che dobbiamo andarcene da qui. Lo sai che sono il primo che si batte per questo, ma adesso non vedo come noi possiamo evitare un'imminente rissa. E poi chi li sente i nostri genitori? Lo sai quante ce ne diranno se diremo di aver fatto a pugni con uno di.. loro?" Harry scosse il capo prendendosi il labbro inferiore tra i denti, stringendolo tra questi, segno che era nel pieno di qualche sua considerazione veloce. 

"Ormai ci sono dentro, non finirò per alzare le mani, lo sai che sono contro queste cose, ma non ho paura ed ormai ci sono dentro, anzi, ci siamo." 
"Harry, vuoi capire che anche se tu non li toccassi con un dito loro.. " Anche le parole di Luke questa volta vennero troncate, non da Harry però; alcuni ragazzi di destra avevano già attaccato il loro gruppo. 

Come d'istinto allora Harry si era buttato tra i due che in quel momento parevano volersi finire a vicenda, guadagnandoci però solo un colpo in pieno viso, non percependolo affatto. 

"Smettetela! Pensate che la violenza sia il modo giusto per.." 

"Harry, vieni, forza." Gli sussurrò Luke all'orecchio, raccogliendo il ragazzo da terra, il quale però oppose resistenza. 

"La violenza è l'arma dei deboli." Disse con fermezza, riferendosi ad entrambi che avevano già alzato le mani. 

Il mondo era ingiusto per Harry, totalmente ingiusto e sbagliato. Perchè l'uomo doveva reagire così? Era una domanda che si era sempre posto e non smetteva di tormentarlo. 

Doveva farcela. Doveva interrompere tutto questo e di certo se era andato a manifestare lì, era solo a puro scopo rivendicativo e pacifico, non per tutti però, come ben si sà.

"Aspettami al bar." bisigliò poi Harry a Luke, il quale però si voltò verso questo repentivamente.

"Che intendi fare? Harry smettila di fare l'eroino e seguim.." 

"Vai al nostro bar. Luke ascoltami. Sarò lì tra poco, promesso." 

"Harry.. Non fare sciocchezze, esci da qui." Il riccio allora preso dall'infrenabile desiderio di agire in quella situazione, prese il ragazzo dall'avambraccio, trascinandolo così fuori dalla folla. Non voleva che fosse in pericolo, ma l'adrenalina che gli correva addosso era tale da fargli compiere qualsiasi cosa si fosse messo in testa. 
"Luke, ti fidi di me? So badare a me stesso, starò attento, ora tu aspettami lì. Ricordi? nostro dovere." Sussurrò quelle parole lentamente, scandendo soprattutto le lettere dell'ultima, guardando Luke fisso negli occhi, prima di sparire nuovamente tra la folla. 

Si era ben prefissato l'obiettivo di fermare tutta la rissa, ed è così che si era rintrufolato in questa, cercando di far resistenza su altri ragazzi che, a spintoni, volevano attaccare i ragazzi del partito di Sinistra, tra cui Harry stesso. 

Ovviamente le sue forze non furono sufficienti, tanto che forse avrebbe fatto meglio ad ascoltare il suo amico,almeno per una volta. O forse no. Forse proprio quel momento avrebbe per sempre cambiato la sua vita. 

Un tale del partito opposto aveva infatto colpito nuovamente il ragazzo, spintonandolo contro uno dei muri della periferia dove intanto con il corteo si erano spostati. 
Il ragazzo non era mai stato capace di difendersi e purtroppo non era neanche la prima volta che di quei tempi gli capitava. 

Chiuse così gli occhi pronto a ricevere un nuovo colpo quando, per sua sorpresa, questo non arrivò mai. 

"Lascialo pure." Riecchieggiò la voce di Louis, un ragazzo che Harry conosceva solo di vista, non era mai riuscito a scambiarci una parola. Lo vedeva infatti ogni mattina attraverso qualche sbirciata per i corridoi, niente di più. Lui era tra l'altro uno dei più popolari della scuola, uno dei.. ricchi. 

La sua famiglia era alquanto temuta, ma Harry non ne capiva ancora in realtà il perchè, anche se la cosa lo interessava particolarmente. 

Perchè lo stava aiutando? Lui non era neanche dello stesso partito, non ne capiva il motivo, anche se certamente quello sarebbe stato un gesto che mai gli sarebbe parso innosservato. 

"E' meglio se torni a casa o perlomeno che non stai qui." Continuò a dire il ragazzo, una volta che stava già conducendo il più piccolo via da quella bolgia di persone. 
Harry ovviamente non era riuscito a dire nulla per quel tragitto, se non un grazie ripetuto almeno mille volte. Inutile dire che non si aspettava per nulla una simile mossa, non che l'avesse mai desiderata, o beh insomma.. forse immaginata nei suoi sogni, ma no, desiderata no. Harry non lo avrebbe mai ammesso, non possiamo ammetterlo neanche noi. 

Ma se ci basassimo sul suo sguardo, le sue guance avvampate di un rosso intenso, la sua voce smorzata, la sua balbuzia improvvisa e il cuore a mille più di quanto non fosse prima, i punti di vista potrebbero cambiare e lo stesso ragazzo potrebbe finire in una contraddizione più grande di lui stesso.

"Volevo solo poter farli ragionare in.. in qualche modo." Balbettò insicuro il ragazzo, il quale ora non smetteva di tormentarsi il labbro inferiore. 

"Styles, non credo che loro vogliano ascoltare in momenti come questi delle parole. Lo sai, vero?" Domandò retoricamente Louis, il quale gli stava camminando accanto, seppur con un leggero distacco di passo. Lui aveva indosso solo uno giaccone nero e lungo fino le ginocchia, ovviamente non un Eskimo come Harry e non una bandiera tra le dita. 

I suoi capelli erano raccolti in un ciuffo rivolto all'insù, le guance leggermente incavate,mentre le sue iridi azzurre parevano rispecchiare perfettamente i raggi del sole che oltrepassavano adesso le nuvole che ricoprivano il cielo di Palermo. 

"Tu però lo stai facendo." Notò il ragazzo, accennando un leggero sorriso così da far comparire una fossetta su un lato del suo viso perfettamente delineato, portandosi nuovamente le mani in tasca. 

"Starei facendo cosa, scusami?" Continuò Louis, accigliandosi e precendolo, così da poterlo guardare meglio, inumidendosi velocemente le labbra. 

"Mi stai parlando, mi hai difeso e.. non stai facendo a pugni come loro, semplicemente questo. Quindi mi stai ascoltando, no?" Rispose Harry, stavolta con più prontezza e un velo di soddisfazione nella voce, facendo spallucce e stringendosi nel suo giaccone per un'improvvisa folata di vento. 

"Non ti riuscivi a difendere, non mi sembrava giusto rimanere senza far nulla. Sì insomma.. non era una cosa equa, ecco tutto." Ribattè il giovane, squadrando il ragazzo per poi ridere sonoramente. "E tra l'altro stai gelando dal freddo. Insomma.. Hai un giaccone addosso niente male per queste temperature, eppure tremi come una foglia nel pieno di una tempesta di vento a meno due gradi. Sicuro di non avere della febbre con quel colorito che hai?" Continuò a dire il ragazzo, continuando ad osservare attentamente Harry, il quale sembrava farsi piccolo sotto quel suo sguardo. 

"Sto benissimo, e no, non ho freddo. Beh forse leggermente, sono accaldato? Insomma se ho freddo non posso essere accaldato, se avessi la febbre questo lo capirei, ma giuro non è il mio caso, sarà solo sai.. la situazione, stavo per essere praticamente fatto fuori da quel ragazzo che.. cioè se non lo avessi fermato tu.. insomma lo hai visto e detto anche tu che.." Fafugliò il ragazzo, portandosi poi una mano sul viso, ridendo di se stesso e scuotendo il capo. Che stava combiando? Questo di certo non lo sapeva neanche lui, e non era il caso di farsi mettere in soggezione proprio in quel momento. 

"E deliri come se avessi la febbre. Styles preferisci tornare a casa? L'autobus però non te lo consiglio in questo momento.." Affermò Louis, bloccando il ragazzo e poggiando una mano sulla sua spalla, come a bloccare i suoi passi nonostante la differenza di stature, avviandosi poi ad un bar nelle vicinanze. "Forse è meglio se ti riscaldi un pò qui, non voglio averti sulla coscienza, sappilo." Rise sonoramente il più grande, aprendo la porta quindi della struttura, addentrandosi in questa. 

"Chiamami Harry. Insomma, io so il tuo nome, perchè tu non dovresti sapere il mio?" Domandò con voce innocente il ragazzo, senza essersi conto delle conseguenze che potevano essere estrapolate da quella semplice frase, o perlomeno, quando se ne accorse era già decisamente troppo tardi e si limitò quindi solo a seguire il ragazzo dentro il locale. 

"conosci il mio nome per sentito dire, Styles? o beh, Harry, d'accordo. Ora meglio se prendi qualcosa, di caldo magari, stai gelando vivo e non è esattamente una lieta scena." Sorrise il ragazzo, il quale fece educatamente prendere il posto al ragazzo ad uno dei tavolini rotondi in legno dipinto di un marroncino chiaro, abbinato con tutto lo stile del locale. 

Piccolo, ma accogliente. Certo, ci si poteva avvicinare allo stile del bar Sicilia, quello però stava da tutt'altra parte della città. E se Luke fosse andato lì? oh bene, ora non si ricordava neanche dove avesse mandato l'amico. 

Il loro bar era principalmente quello, ma a dirla tutta questo in cui erano seduti ora i due era il più vicino e viste le condizioni c'erano buone possibilità che Luke avesse scelto di rimanere lì. 

E come non detto, eccolo lì, a pagare qualcosa che aveva preso in precedenza, proprio al fianco di Louis, il quale era appena andato ad ordinare due tazze di caffè caldo senza nemmeno sentire l'opinione del povero Harry, il quale per quanto era sconvolto probabilmente non sarebbe neanche stato in grado di confermare come si chiamasse lui stesso. 

Bastò qualche secondo per Luke per riconoscere la figura di Louis e sbigottito, si voltò per cercare immeditamente Harry, come del resto aveva fatto per tutta l'ultima mezz'ora. 

Non appena infatti gli sguardi dei due amici si incontrarono, Harry riuscì solo a sorridere imbarazzato, sventolato una mano al cielo come in cenno di saluto, sperando vivamente che adesso non gli arrivasse una predica. 

Luke lo conosceva maggiormente rispetto ad Harry, ma non aveva mai detto nulla a proposito, probabilmente era grazie al suo amico, o come lo definiva Harry: piùcheamico Michael. Lui conosceva Louis visto che facevano lo stesso corso di scienze politiche, ma di certo c'era qualcosa che tutti temevano in Louis che mai fu apertamente mostrato. 

"Ci sentiamo stasera. Aspettami a casa Lù." Bisbigliò Harry al ragazzo, non appena questo gli passò -per puro caso- accanto, con un'occhiata poco amichevole. 
Non appena questo, ovviamente esitante, ma ormai rassegnato a discutere con un testardo come Harry, uscì dal locale, Louis tornò con due tazze fumanti di caffè. 
"Questo dovrebbe aiutarti a sentirti meglio. In caso contrario.. non credo effettuino rimborsi, ma io ci provato, no?" Rise dolcemente il ragazzo, per poi portarsi per primo la tazza alle labbra. 

Harry rimase per qualche secondo a guardarlo, seguendo i suoi movimenti, per poi arrossire nuovamente, portandosi anchelui la tazza alle labbra, prendendone un sorso. 

Di certo non capiva cosa ci potesse essere di tanto tenebroso in quel ragazzo, pareva essere anzi molto educato, dolce, sensibile. 

Diverso.

Diverso dagli altri, a partire solo dal modo con cui si era comportato nei suoi confronti. 

Perso nei suoi pensieri, Harry lasciò sbadatamente cadere un goccio di caffè bollente sulla mano appoggiata al tavolino e Louis prontamente gli porse un tovagliolo, così da ripulirla subito. 

"Ti sei scottato? Insomma Harry, sta attento, questa roba sarebbe in grado di bruciare chiunque." Disse Louis, guardando a sua volta il ragazzo, il quale pareva non capire tanta preoccupazione. 

"Non è niente, cioè umh.. giusto un poco. Non mi sono fatto nulla." Sorrise Harry, ripoggiando la tazza sul tavolo, imprecando in realtà mentalmente. Stava facendo brutte figure su brutte figure,non che la cosa lo sorprendesse, era solito farne almeno dieci in una giornata, sempre se si trattasse della sua giornata fortunata.
Quella mattinata si concluse tra una chiacchiera e un'altra, e man mano quel ghiaccio iniziale si ruppe, trasformando quel tono imbarazzato in una calorsa risata, in grado di riscaldare l'anima di chiunque l'avesse sentita. 

Louis si era offerto persino di accomapgnarlo in autobus, non si fidava a lasciarlo da solo viste le scarse capacità di difesa, utilizzando sempre la motivazione del 'non voglio avere altri pesi sulla coscienza.'

"Ci si vede, Styles."

"Harry, ricordi?" Rise il riccio, rimanendo appoggiato di spalle contro il portone di casa, stanziato nel portico con le caviglie incrociate e le braccia conserte sull'addome, mentre i ricci gli svolazzavano sul suo viso che non aveva mai smesso di perdere quel suo colorito intenso. 
"Hai ragione, a presto Harry." 

Sorrise il ragazzo, prima di salire sul primo autobus, prendendo la strada opposta a quella percorsa insieme.




“Prima che ci incontrassimo, vagavo per la vita senza una direzione, senza una ragione. So che, per qualche motivo, ogni passo che ho fatto da quando ho imparato a camminare, era un passo verso di te. Eravamo destinati ad incontrarci.” 
-H. (Cit.)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Gli uccellini cinguettavano felici e contenti, il sole risplendeva (grazie tante Palermo) nel cielo azzurro e limpido, i bambini a giocare nel parco con le loro famiglie
tutti sorridenti
e felici
ma si sa c’è sempre del marcio giù in fondo così come nell’animo di Luke Frena, frena.
Torna indietro.
Indietro ai tempi felici.
Ai tempi piccoli, piccolissimi.

Vedete, c’è quella fase degli esseri umani che li rovina (o li porta al successo) in cui si decide tutto: personalità, scelte, e Elvis Presley o The Beatles? Ecco, Luke (affascinato dallo charm di Elvis, The Beatles chi?) aveva avuto la brillante idea di innamorarsi del suo migliore-amico-per-la-vita nel momento stesso in cui si erano incontrati al parco a quattro anni e Michael, travestito da supereroe, lo aveva difeso da un gruppo di bulli.
Nessuno lo sapeva, neanche lui stesso. E’ successo e basta. Sorriso dopo sorriso. Risata— E blah blah blah, capito, no? A nessuno piacciono le smancerie e le cose mielose-zuccherose-rosa-e-rosso.

Dopo questa digressione torniamo al presente. Luke era complicato.
Indossava ancora camice e fiori su coroncine di cuoio e jeans rattoppati con grandi smiles gialli e sorridenti. Gli piacevano la Cola-Cola e le passeggiate nei verdi prati a piedi nudi. Le tovaglie a quadri rossi e bianchi e un certo Michael Gordon Clifford. Ops.
Meglio tardi che mai.
Ma ormai era troppo tardi.

Lui e Michael erano solo migliori amici, niente flirt, niente allusioni impudiche, niente sguardi maliziosi.
Ma non è umanamente possibile dimenticare chi ti piace.
Nessuno dei due era bravo in quelle cose, sentimenti e cose del genere.Ma decisamente erano sprofondati nel rosso limbo.
Ma ora, Luke aveva una piccola piccolissima relazione con un tale di nome Ashton.
Capelli biondo scuro e qualche ricciolo, occhi nocciola e due fossette. T-shirts colorate e purtroppo per Luke amante di quel gruppo che lui neanche nominava.
Si scambiarono qualche pezzetto di carta in classe.

hey :)
ciao :)
sono ashton, tu? 
luke, piacere pranzeresti con me?
perché no :)

e via discorrendo.

Avete presente quella sensazione in cui tutto ciò che si ha e che si è da quando si è nati sembra a metà, e non perché non avete trovato quella metà.
Quel costante status di incompletezza, di non essere utili. Ma di bastare a se stessi.
Michael era così, felicemente solo con se stesso ma odiandosi. Michael si odiava. Era così diverso da tutti. Era un ribelle ma stava alle regole, era cattivo ma piangeva ogni giorno, si vedeva orribilmente brutto ma fingeva che non gli importasse. Era a metà, metà senza méte e contraddizioni dritte. Credeva di essere depresso (ma non tanto, però), sempre lì, sulla soglia.

Quella sera erano a casa di Troye, un compagno di Università che frequentava Giurisprudenza.
Aveva invitato qualche amico per una birra e una Coca-Cola per rullo di tamburi, una serata film.
Troye era uno dei pochi a possedere una televisione, con le giganti antenne ed il tubo catodico.
Il film del giorno era stato l’agghiacciante ed al contempo affascinante Psyco, di un inizio di decennio che loro ricordavano come piccoli dodicenni alle prese con le prime struggenti storie d’amore e la scoperta della crema per l’acne.
Ora, a vent’anni compiuti, avevano una passione per i film, di qualunque genere.
Tra risate e qualche ma sei stupida? Non farti la doccia in uno sporco motel e Troye porta altra birra! Quando mi arrabbio bevo come una spugna! I ragazzi avevano trovato una loro stabilità, dell’ equilibrio. Ma senza saperlo stavano per fare da sfondo all’ inizio alla storia d’amore più profonda mai vissuta, che tutti conosceranno.
In un angolo Michael e Louis iniziavano a conoscersi. Molte cose i comune. Musica, opinioni politiche, orientamento sessuale.

D’un tratto si sentì la porta sbattere e voci concitate.
I due si alzarono in fretta pronti a qualche attacco da parte della fazione opposta.
Ma erano solo Luke ed Harry.
Fermate quell’istante, lo vedete?
La preoccupazione che scema fino a diventare sorriso.
Tutto che diventa sorriso.
Gli occhi si spalancano, il rossore imporpora le guance, lo stomaco si stringe.
Tutti vorremmo che fosse accaduto, ma non fu così.
Michael ci aveva rinunciato, aveva rinunciato a Luke e Louis ancora non capiva, non aveva capito cosa aveva scatenato.
Ma qualcuno li aveva azzurrissimi gli occhi, le guance sempre rosse –ora nascoste nella sciarpa colorata avvolta intorno all’ Eskimo- lo stomaco in una morsa costante.
Ma si costrinse a non guardarlo, a non sospirare mentre urlava nella sua testa voglio essere conosciuto da te!
E un certo riccio pensava la stessa cosa di un certo tizio il cui nome iniziava con la L.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Erano passati giorni da quando Louis ed Harry si erano visti, o meglio parlati, per la prima volta.
Certo, non in condizioni favorevoli, ma benomale proprio grazie a quel piccolo 'contrattempo' Louis si era spinto a difendere il più piccolo.

Harry era un sognatore.
Un sognatore nel vero senso della parola: non era di certo il tipo da voler sognare una di quelle ville immense, una vita perfetta, ma materialista.
No, lui desiderava tutto l'opposto. Una vita perfetta, si, ma con l'amore 'eterno', e con la giustizia, pace. A lui importava questo, ma nessuno sembrava dare importanza ai suoi sogni quando tentava di parlarne. Lo consideravano un illuso, un perdente in partenza, ed Harry non capiva come la gente potesse avere simili pensieri, e probabilmente lo penserebbe ancora, anche ai giorni nostri.
Per queste ragioni Harry da tempo aveva preferito sfogarsi tramite le pagine bianche del suo diario, altro elemento segreto della sua vita.
Harry era un covo di segreti, segreti che probabilmente non saremo mai in grado di rivelare tutti.

Era una calda mattinata quella di un esatto mese dopo quel fatidico giorno, quando Harry, sceso dal suo autobus -rigorosamente malandato e rumoroso che lo avrebbero potuto sentire tutti da almeno venti kilometri di distanza, e davvero, questa non è una semplice iperbole.- si diresse verso la sua Università, con i libri sottobraccio e il suo caldo Eskimo avvolto e stretto attorno il proprio corpo.
Con le guance leggermente arrossate ed un leggero fiatone reduce ancora dalla corsa che si era fatto per raggiungere in tempo la fermata dell'autobus, controllava accuratamente un foglietto che reggeva tra due dita con su scritti gli orari delle varie lezioni giornaliere.
Aula 48, 8.30. Prima lezione di quella prossima giornata. -bene, ho fatto una corsa inutile. Ero convinto che questa fosse alle 8, sono ufficialmente un idiota.- Borbottò tra se e se il ragazzo, mentre a stento tentava di rimettere il foglietto nella tasca dell'Eskimo.
Inutile dire che in quei giorni aveva la testa tra le nuvole, non che prima non l'avesse, ma adesso la sua situazione era sicuramente peggiorata.

"Riccio, a cosa devo la tua puntualità insolita?" Domandò Luke con una voce che pareva apparire dal nulla, accompagnata da una calorosa risata.
"Luke, sei un idiota! Ho solo sbagliato orari.." Ridacchiò Harry, una volta alzato lo sguardo verso l'amico.
"O avevi un appuntamento." Replicò Luke, incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio, totalmente in disaccordo, in risposta ai propri presentimenti sul riccio davanti a sè.
"Luke andiamo, e chi dovrei vedere secondo te?" Sbuffò il ragazzo, roteando i suoi occhioni verdi, passandosi i libri sotto l'altro braccio.
"Elvis Presley?" Rispose il ragazzo ironicamente, ma con un tono quasi da sfida, potremmo dire.
"Mi prendi in giro?" Lo guardò quasi male Harry.

Bene, chissà quale strana idea si era fatto l'amico su di lui. Delle volte proprio non riusciva a comprenderlo.

"Idiota. Secondo te di chi posso parlare?" Domandò retoricamente Luke, sedendosi su una panchina adddossata contro la parete della scuola.
"Di Elvis, no? Come pensi che potrei avere un appuntament.." Rispose innocentemente il ragazzo, prima di venir bloccato dallo sguardo di Luke.
"Sai benissimo che parlo di Louis, razza di perfetto imbecille." Sussurrò a denti stretti Luke, afferrando da un polso il ragazzo, così da costringerlo ad avvicinarsi.
Ecco, ci risiamo.
Luke era perennemente fissato con quel Louis, ma andiamo! Louis a malapena poteva ricordarsi il nome del ragazzo! E nemmeno Harry avrebbe dovuto darci tanto peso: Ma allora perchè stava arrossendo sotto quelle allusioni dell'amico?
"Luke, quando la finirai? E poi, che motivo hai di sussurrare quel nome quasi con timore?" Domandò Harry, con voce più pacata, sedendosi accanto a lui.
"Lo sanno tutti che ha un lato oscuro." Annuì Luke serio, mordendosi l'interno della guancia.
"Non hai prove, Lù."
"Non chiamarmi così, non mi piace." Replicò il ragazzo.
"E da quando?" Ridacchiò Harry, il quale ovviamente sapeva del disprezzo del ragazzo verso ogni sorta di nomignolo.
"Il mio nome è abbastanza corto da non necessitare un altro appellativo, cupcake." Alzò un sopracciglio il ragazzo, prima di farsi sfuggire una risatina.
"Voglio solo che tu gli stia alla larga, Harry. Non voglio vederti nei guai." Affermò con sicurezza Luke, mentre si alzava e riprendeva i propri libri.
"Non ho voglia di mettermi nei guai, Luke" Ribadì il riccio, alzandosi a sua volta, scontrandosi accidentalmente con un ragazzo a caso, cosa che fece alzare gli occhi di Luke verso il cielo.
La lezione passò in fretta, forse perchè fu una delle sue prime lezioni che Harry non seguì con attenzione: aveva scarabocchiato per tutto il tempo parole, disegni senza senso logico, e nomi, o meglio, un nome, senza nemmeno rendersene conto.

Il riccio si trovava a camminare senza meta avanti e indietro per i corridoi, in cerca del suo smarrito foglietto delle lezioni - probabilmente era caduto quando si era scontrato contro quel tale un'ora prima- quando la voce squillante di Louis rieccheggiò per il corridoio.
Un sussulto.
Un respiro smorzato.
Il mondo smise di girare per qualche secondo.
Le guance del ragazzo avvamparono.
Gli occhi verdi quasi parevano illuminarsi.
Era lui, finalmente.
"L-Lou..is! Louis, ehi!" Balbettò il ragazzo sbadatamente, scuotendo il capo come per rimproverare sè stesso, porgendogli successivamente la mano in segno di saluto.
-Oh ma andiamo, sto salutando un vecchio per caso? perchè gli sto dando la mano?- pensò tra sè e sè il povero riccio, il quale si vedeva lontano un miglio quanto imbarazzo provasse.
"E' tuo questo?" Tagliò corto Louis, il quale leccandosi lentamente le labbra e guardandosi intorno, si schiarì improvvisamente la voce, come se avesse camniato radicalmente umore.
Questo turbò leggermente il riccio, il quale  non poteva far altro che incolpare la propria stupidità nell'aver reagito in quel modo.
"Umh, si, si è mio. C'è il mio nome qui.." Indicò ora timidamente Harry, cercando di autocorreggere quel suo tono precedente, imitando in modo pessimo quello del ragazzo davanti a lui.
"E' per questo che l'ho riportato a te, Styles." Rispose Louis, riconsegnando il foglietto per poi allontanarsi insieme al suo solito gruppetto, senza neanche risalutare il ragazzo.
Niente di niente.
Si stava comportando in modo del tutto opposto rispetto a quando si era persino offerto di riaccompagnare Harry a casa durante quel giorno del corteo studentesco.
Che motivo aveva adesso di trattarlo in quel modo?
Harry rimase immobile, deluso, probabilmente. Ma infondo, come poteva pretendere di essere minimamente considerato da un ragazzo..così? No, stavolta si considerava un semplice illuso.
Pensiero che però si interruppe non appena il riccio, ripreso il foglietto, notò una scritta che di certo non riguardava alcuna materia o orario.

'verresti al party di Troye? Con Luke, il tuo amico. Si chiama così no? Ci sarà anche un certo Michael, credo sia amico di Luke, per quanto so. Ore 20.30. non mancare. Louis.'
-

"Ti sei bevuto il cervello Harry? Ammesso che tu ne abbia uno!" Predicò Luke, il quale girava a vuoto nella sua stanza a dir poco incasinata, tappezzata di poster raffiguranti Elvis ovunque.
"Conosci già Louis, lasci uscire Michael con quel tipo, e con me fai storie?" Replicò Harry, mentre, seduto sul letto del ragazzo, si rigirava un vinile tra le mani.
"Michael? Viene anche lui? e poi.. e poi non posso comandare Michael, non credo di poterlo fare." Disse sbadatamente Luke, abbassando stavolta il capo e prendendosi il labbro inferiore tra i denti, quasi a torturarselo.
"E allora perchè con me sei così.. così.. " Si bloccò non trovando come al solito il termine giusto da dire, continuando a girarsi quel vinile tra le dita.
"Harry lascia quel vinile! Lascialo subito!" Sbraitò Luke non appena se ne accorse.
Era chiaramente il suo gioiello, uno dei primi di Elvis, di certo non si scherza!
"Se verrai con me, te lo lascerò, promesso." Replicò Harry, facendo uno dei suoi soliti sorrisetti, prima di lanciare il vinile in aria e riprenderlo al volo, tanto per far prendere qualche infarto a Luke.
Quando non collaborava in qualcosa, qualcosa di veramente importante,doveva pur ricorrere a qualche minaccia.
"Mi stai minacciando, Styles?" Domandò Luke, come se fosse sorpreso, alzando un sopracciglio e passandosi una mano tra i capelli.
"Forse. Prendila come ti pare." Rispose Harry con molta tranquillità e disinvoltura, facendo spallucce e mostrando le sue immancabili fossette.
"Sei un.." Fece per dire Luke prima di venir bloccato dalla risata del ragazzo.
"E adesso cosa ci trovi di tanto divertente?" Domandò nuovamente Luke, con tono leggermente più alto, stizzoso.
"Tu vuoi andarci quanto me." Disse semplicemente Harry prima di aprire l'armadio del ragazzo così da prendere qualche vestito, servendosi del suo raffinato gusto.
"Cosa te lo fa pensare?" Rispose Luke, diventato ora paonazzo, incrociando le braccia al petto.
"Si chiama sesto senso, Hemmings." Ridacchiò il ragazzo, il quale lanciò inseguito i vestiti da lui accuratamente selezionati.
"Il sesto senso non è delle donne?" Rise Luke, squadrando malamente i vestiti scelti dal ragazzo.
"E per la cronaca, hai anche un pessimo gusto nel vestire!" Esclamò quest'ultimo, guardando prima gli abiti che teneva in mano e poi il ragazzo in piedi davanti l'armadio.
"Ti ricordo che ho in ostaggio il tuo amatissimo vinile." Rispose con orgoglio il riccio, prima di riprendersi il suo Eskimo, richiudendone i bottoni.
"Sei impossibile, lo sai?" Borbottò Luke, il quale accompagnò le sue parole con un lungo e pesante sospiro.
"Alle otto e un quarto sotto casa mia, non fare tardi, ci tengo alla puntualità." Ridacchiò soddisfatto il ragazzo, prima di uscire dalla stanza dell'amico, portandosi ovviamente dietro il vinile.

Eccoli finalmente tutti e cinque davanti allo schermo per Psyco, con bottiglie di birra in mano e alcune di rum proveniente dalla Bacardi, una delle aziende più note di alcolici stranieri.
Harry non amava bere, ma che importava?
Per una sera voleva divertrsi, di certo non conosceva neanche il significato di ebrezza o cosa questo comportasse.
Le sue attenzioni erano perennemente focalizzate sul ragazzo dagli occhi color ghiaccio, un azzurrino così chiaro da sembrare raro, se non unico.
Harry non aveva mai visto nulla di simile.
Louis sembrava essere piuttosto spigliato nel parlare con tutti, eppure in qualche modo stava evitando Harry, il quale era l'unico a non ricevere alcuna parola da parte del ragazzo.
Uno dei momenti più imbarazzanti avveniva quando i loro sguardi si incontravano.

Louis era dall'altra parte del divano rispetto Harry, e dal nulla, per una scusa o l'altra, si ritrovavano a guardarsi.
Secondi interminabili, senza nè un perchè, nè un come.

Luke pareva tenere quello stato di -sono stato obbligato a venire qui, ma non mi dispiace del tutto, devo solo farlo credere ad Harry e a.. tutti. Devo essere un apatico asociale, io sono un apatico asociale.- Ma andiamo, chi vogliamo prendere in giro?
Luke non faceva altro che guardare Michael, il quale pareva essere l'unico, insieme al povero ignaro Troye a seguire il programma.
Procedeva tutto in modo tranquillo, fino a quando Louis non finì la sua quarta bottiglia di birra, seguito a ruota da Troye.
"che ne dite di fare qualcosa?" Propose Louis, con un sorrisetto sulle labbra, per la prima volta rivolto ad Harry, maggiormente ad Harry.
"Tipo guardare il programma per cui siamo venuti?" Sbuffò Luke, il quale si prese una pacca sulla nuca da Michael contrariato e che chiaramente appoggiava la proposta di Louis.
"Il gioco della bottiglia? Sapete come funziona?" propose Troye, afferrando la bottiglia vuota di birra dalle mani di Louis, posizionandola a terra.
"Certamente, siete d'accordo?" Rispose Louis, posizionandosi subito a terra, incrociando le sottili gambe contro il tappeto del soggiorno, prima di aprire l'ennesima bottiglia contenente inevitabilmente un alcolico. "No." Rispose scocciato Luke, non gli piaceva affatto come cosa, il perchè nessuno lo sapeva.
"Avanti Luke!" Esclamò Harry, dopo avergli dato una pacca sulla spalla, avvicinando le labbra ad un suo orecchio.
"Ho ancora il tuo vinile, ricordi?" Gli sussurrò prima di mettersi al suo posto in cerchio, finendo in modo puramente casuale di fronte al ragazzo dagli occhi color ghiaccio.
Sfortuna volle che il primo bersaglio della bottiglia fu proprio Harry, perfetto.
"Nel primo giro accettiamo solo obblighi." Ridacchiò Troye.
Quest'ultimo aveva già capito che Harry e Luke non si sarebbero mai lasciati andare tanto facilmente,quindi perchè non divertirsi un pò con loro?
"Perfetto." Rispose Harry, il quale era stranamente determinato ad apparire nel modo migliore possibile ai loro occhi, specie ovviamente a quelli di Louis: voleva risultargli almeno simpatico, degno di un misero saluto.
"In venti secondi. 15 di questi." Disse solamente Troye, passando ad Harry 15 bicchieri contenenti uno strano liquido di cui il riccio non ne sapeva nemmeno il nome o la provenienza, ma dall'odore doveva essere un alcolico persino peggio della birra.
Egli storse così il naso in disaccordo, dopotutto non era mai andato tanto oltre con l'alcool, ma non poteva nemmeno rifiutare ora come ora, o si sarebbe contraddetto da solo.

-non incontrare lo sgaurdo di Luke, non farlo. Lasciati andare, forza Harry. Fallo. tappati il naso e accontentali. Non succederà nulla, sarà come bere acqua, nè di meno nè di più.-

Parole che Harry pronunciò a sè stesso, prima di prendere il primo bicchiere, mandandolo giù a stento tutto d'un sorso, facendo immediatamente lo stesso con il secondo, poi con il terzo, e così via, sentendo i ragazzi davanti a lui ridere e urlare il suo nome,ma tra queste voci mancava quella di Luke, chiaramente.
La testa aveva preso a farsi stranamente più leggera, la vista non era nemmeno del tutto chiara, quasi offuscata. Per un momento girava tutto, lo stomaco era in subbuglio e la gola bruciava. Un insieme di sensazioni che non aveva mai provato prima.
Ed è da lì che smise di pensare a tutto, se non al solo puro divertimento.
Aveva persino preso a scambiare apertamente battute con Louis, si era decisamente sciolto. 
Questione di minuti che toccò la stessa cosa a Luke, ma i problemi iniziarono a sorgere quando toccò il turno di Troye.
Michael, non meno ubriaco degli altri, gli aveva dato quel fatidico obbligo di baciare Louis.
Troye non si era fatto a dir il vero problemi, infondo a stento si ricordava il suo nome.
Harry nonostante tutto sembrò gelarsi.
Con uno scatto interruppe il momento, avventandosi letteralmente su Louis, attirandolo a sè per i laccetti del cappuccio della felpa che portava, baciando lui il ragazzo, chiudendo gli occhi e premendo le labbra sulle sue.
Louis chiaramente confuso si era lasciato prendere dal momento, portando una mano sul fianco del ragazzo,mentre la mano del minore era poggiata sulla guancia ora bollente del ragazzo color occhi di ghiaccio. Nonostante il suo stato di ebrezza, Harry stava sorridendo.

Aveva sorriso sulle labbra di lui, era cosciente.
Lo stava baciando.
Stava baciando la sua cotta.

Ci era riuscito, ed era persino sicuro che se lo sarebbe ricordato perfettamente anche nei giorni successivi, ma fu proprio quell'alcool in corpo ad averlo spinto a compiere tale gesto.
Un gesto che per sempre lo avrebbe segnato.
Un bacio che senza saperlo, gli avrebbe per sempre cambiato la vita.

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