Alone at Night

di Alicetta01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is me ***
Capitolo 2: *** Green Eyes ***
Capitolo 3: *** Confusion ***
Capitolo 4: *** Wolf ***
Capitolo 5: *** Attraction prohibited ***
Capitolo 6: *** Thirst ***
Capitolo 7: *** Says ***
Capitolo 8: *** Same Reason ***
Capitolo 9: *** Deluded ***
Capitolo 10: *** Sad ***
Capitolo 11: *** Friends ***
Capitolo 12: *** Vision ***
Capitolo 13: *** Fire and Ice ***



Capitolo 1
*** This is me ***



"Ciao. Mi chiamo Alice Cullen. Ho 16 anni. I miei genitori sono Isabella ed Edward Cullen. Ho una famiglia numerosa. Mia sorella si chiama Reneesme..."
<< Fa schifo!>> esclamai per la millesima volta. Non credevo che un tema su di me potesse essere così straziante e....difficile. Già,non potevo mica uscirmene scrivendo di essere un vampiro. Nè che i membri della mia famiglia fossero anche loro vampiri. Se avessi presentato una cosa del genere il prof. avrebbe convocato i miei genitori e.... bè, si sarebbe ritrovato dei presunti quarantenni che però avevano l'aspetto di due diciasettenni. Strano no? 
<< Bene,riproviamo>> sospirai un po' irritata.
" Salve. Mi chiamo Alice Cullen. Ho 16 anni. La mia famiglia è abbastanza numerosa. I miei genitori sono Isabella ed Edward Cullen. Mia sorella maggiore invece si chiama Renesmee. Voglio molto bene alla mia famiglia. Sono molto legata a loro..."
<< Balle! Ecco che cosa sto scrivendo! Balle e solo Balle!
gridai,tenendomi la testa tra le mie freddi mani. Stavo scrivendo solo menzogne
Accartocciai di nuovo il foglio dove stavo scrivendo, e lo buttai nel cestino. O da qualche parte lontano da me. Sospirai rumorosamente.  Avevo bisogno di dire chi ero...che cosa ero... Volevo gridare ai quattro venti la verità... Ma io sapevo che era un desiderio irrealizzabile...nessuno doveva sapere che cosa eravamo...per il bene di tutti. 
Il bene di tutti. Nessuno pensava però al mio bene. 
Un pensiero mi lampeggiò in testa. Avrei scritto semplicemente la verità. Per una volta. Tanto poi avrei strappato il foglietto, e avrei strapparo pure la verità. Nessuno deve sapere. Per il loro bene.
" Salve. Mi chiamo Alice Cullen. Sono una vampira. Lo sono anche i miei genitori e il resto della mia famiglia. Io però sono..come dire,un' eccezione. Tutti sono stati umani, oppure sono comunque per metà umani,come nel caso di mia sorella maggiore, Reneesme. Io,invece, non lo sono mai stata. O almeno così mi hanno sempre detto. Una bambina nata vampiro. Non ho mai respirato per il bisogno di farlo. Non ho mai sentito il calore del mio corpo, nè il mio cuore che pompa il sangue. Sangue. Siamo degli esseri dipendenti dal sangue. Senza, probabilmente moriremo di fame. Al contrario di ciò che i miei genitori sostenevano, io riesco a controllare la mia sete. Posso resistere fino a due settimane. Ho battuto tutti i record attuali. La mia famiglia mi odia,e io odio me"
Quando finii di scrivere,tirai un sospiro di sollievo. La verità, come era dolce e amara allo stesso tempo. Sentii delle voci ridere spensierate. Ne riconobbi alcune. Una era certamente di mia sorella, un'altra apparteneva al suo fidanzato-licantropo, Jacob. Ascoltai meglio. Si,avevo ragione. Un'altra era di Alice. Storsi il naso sul fatto che i miei genitori mi avevano chiamato Alice,come la mia sottospecie di zia. L'unica differenza era quella di pronuncia. Il mio nome si leggeva come si scriveva. Quello di zia...si pronunciava tipo "Elis", più all'inglese o all'americana,non so. Per fortuna non mi avevano dato soprannomi come "Alice junior". Non l'avrei proprio sopportato. 
Ancora persa nei miei pensieri osservai le gocce di pioggia scendere imperterrite dal cielo,prima di atterrare a terra. Amavo la pioggia... la trovavo così triste e felice. Lavava tutto ciò che doveva essere lavato via,come le cose cattive. Era come se ti purificasse, mandando lontano da te i pensieri negativi. 
Girai nuovamente la testa,e mi alzai,camminando verso lo specchio che alloggiava in camera mia. Guardai il mio riflesso. Vidi una figura alta,slanciata,con i capelli color rame perennamente arruffati. Vidi anche io mio viso,di carnagione chiara,bianca. L'unica nota di colore,oltre ai capelli, erano i miei occhi. Erano del color del bronzo,ma con sfumature tendenti al rossiccio. Le mie labbra,invece, erano appena rosa. Ma quando guardai il tutto insieme,mi accorsi che vedevo un'estranea,davanti a me. Mi sembrasse che fosse una creatura a parte,intrappolata nello specchio,che non si muoveva come me,anzi, potevo dire che facesse tutto il contrario di quello che facevo io. Negai con la testa,cercando di distorgliermi dai miei pensieri.
Guardai di nuovo verso la finestra. All'improvviso sembrò che la stanza diventasse sempre più piccola,costringendomi ad uscire. Ecco quello che avrei fatto. Presi il foglietto dove ci doveva star scritto il mio tema, e me lo infilai nella tasca de jeans. Corsi verso l'anta della finestra, la aprii, e mi lanciai fuori. Destinazione: la scogliera dove si era lanciata mamma quando era umana.

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Capitolo 2
*** Green Eyes ***


dopo essermi lanciata dalla finestra,cominciai a correre,sempre più veloce, schivando prontamente gli alberi della foresta. Mi guardavo intorno,cercando di cogliere qualche attimo della vita timida degli animali notturni. Se chiudevo gli occhi, sentivo intorno a me mille diversi rumori... Il batter d'ali di una qualche civetta notturna,o lo squittio di un topolino che si rifugiava nella sua tana. Osservai la luna che si intravedeva appena,causa i rami dei pini che la coprivano. Ma dove stavo andando,lì la luna l'avrei vista benissimo. Non c'erano alberi che coprivano la visuale. Non erano passati neanche dieci minuti che ero giunta alla famosa scogliera,che troneggiava potente sulle acque scure del mare. Rallentai un po', ma quando giunsi vicinissima alla fine della scoglierai,mi fermai del tutto. Mi sedetti,con le gambe a penzoloni sul vuoto. Sotto,c'era solo l'acqua quasi nera del mare. Alzai il viso,e contemplai la luna, bianca in tutto il suo splendore. Certo che da qua si vede proprio bene,pensai. Sospirai,pensando a quanto fosse misteriosa la luna. Era misteriosa quanto la mia nascita. Era impossibile che mia madre restasse incinta da vampira. Un brutto scherzo del destino,ecco cosa ero. Respirai a fondo,volendo gustare a pieno l'aria marina. Però,a mia sfortuna,respirai un odore tutt'altro che buono. Sapeva di cane bagnato,ma era mille volte peggio. << Licantropi >> mormorai a bassa voce. Guardai dietro le mie spalle. Niente. Allora girai la testa verso la spiaggia. Si era accampato un gruppo di ragazzini, e avevano acceso un falò. Erano comodamente seduti su dei tronchi disposti attorno al fuoco. Ne erano tanti. Almeno dieci. Sei maschi e quattro femmine. Probabilmente tutti i ragazzi (maschi) erano licantropi e avevano...più o meno la mia età. 16 anni. Qualcuno forse di meno. Ero inspiegabilmente curiosa. Volevo avvicinarmi, ma era meglio restare lì dove ero. Richiusi di nuovo gli occhi,e mi concentrai o meglio,cercavo di concentarmi, sui pochi pensieri positivi che affolavano la mia mente. Era un'impresa difficile. Non avevo molti ricordi positivi. In effetti... ce li avevo? Mi sa proprio di no. Sospirai afflitta,e senza qualcosa a cui pensare nella mia mente si stabilì automaticamente l'immagine dei licantropi che stavano festeggiando sulla spiaggia. Sbuffai. Proprio questo era il mio miglior repertorio?! Girai la testa verso la spiaggia. I licantropi sembravano felici. Sorrisi spontaneamente. Almeno qualcuno si godeva la vita. Una folata di vento mi scompigliò i capelli. Ad un tratto le espressioni dei ragazzi divennero agitate e perplesse. Si girarono tutti verso di me. << Oh cavolo,fai finta di niente. Non ti vedono. Non ti vedono... >> mormoravo a me stessa. Passò qualche minuto. Avevo gli occhi chiusi. Probabilmente non mi avevano visto, sennò avrebbero già cominciato a urlare.... << Ehi tu! Vieni qui! Che ci fai lì?! >> ringhiò una voce maschile. Cavolo. La mia solita sfortuna. Mi alzai lentamente, conscia del fatto che non sarei scappata. Camminai verso di loro, e scivolai giù dalla scogliera, per poi atterrare qualche metro lontano da loro. Ci vedevano bene,eh? Continuai a camminare, sempre piano. Cercai di non badare ai loro pensieri,nonostante non potessi fare a meno di leggere le loro menti. Arrivata a due metri di distanza da loro,sorrisi timidamente. Non ti faranno niente,non preoccuparti, era ciò che pensavo. Alzai il viso e gli guardai. Erano tutti alti e muscolosi,naturale. E loro guardavano tutti me. << Che sei venuta a fare? >> mi domandò la voce che probabilmente mi aveva chiamato quando ero sulla scogliera. << Ero venuta a fare una passeggiata...non volevo disturbarvi. Non mi ero accorta di voi >> risposi io calma. Annusai l'aria. Certo non era il miglior odore del mondo. Però c'era...un profumo,di muschio e sale, che sentivo appena. Era molto buono...ma che stavo dicendo. Quel profumo mi stava facendo impazzire. Squadrai ad uno ad uno i ragazzi, cercando di individuare di chi era quel profumo. Partii da destra. Niente. Ma arrivata quasi al centro,notai un ragazzo,il più alto e probabilmente,pure muscoloso di tutti. Ma ciò che mi colpì fu il colore dei suoi occhi. Verdi,come la foresta. Mi guardava imbambolato,come iptonizzato. Cercai di frugare tra i suoi pensieri.Chi era per riuscire a sfuggire a uno dei miei doni? Lo guardai perplessa. I suoi amici se ne accorsero, e uno di loro gli assestò una gomitata, che lo fece "risvegliare". Non so perchè, ma quella gomitata mi infastidì non poco,come se fosse stata data a me. << Ti consiglio di andartene >> affermò una voce di uno dei ragazzi. Annuii con la testa,e mi girai in direzione del bosco. Prima di addentrarmi nell'oscuro silenzio degli alberi, una voce mi chiamò. Probabilmente fu la voce più bella che sentii in vita mia. Era dolce,ma autoritaria. << Tu vai alla...scuola di...Forks? >> Mi rigirai. Ad aver parlato era stato il ragazzo dagli occhi verdi. << Si... >>risposi io timidamente. Il ragazzo mi sorrise,mostrando i denti bianchi che facevano contrasto con la carnagione abbronzata. Annuì poco dopo. Io sorrisi impacciata a mia volta,e mi addentrai nel bosco. Cavolo. Già il suo profumo mi mancava.

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Capitolo 3
*** Confusion ***


Stavo ancora correndo. O almeno,credevo di correre. Tutto ciò che mi circondava era uguale a quello che avevo visto prima. Che stessi girando intorno? Non lo sapevo. Avevo intuito solo che era passata più di un'ora,ed era impossibile che non fossi già tornata a casa. Dove ero? << Cavolo,riprenditi! >> mi srgidai,mollandomi un ceffone che probabilmente mi doveva risvegliare. Mi accasciai a terra. Questo non era il mio solito comportamento. Respirai a fondo. La traccia del suo profumo era sparita. Sospirai,convincendomi del fatto che semplicemente non volevo tornare a casa. Già. Casa. Quella parola mi suonava strana. Quella non era casa mia. Perchè ci dovevo andare? Per soffrire e per ricordarmi di quanto io sia uno sbaglio?! << Calma Alice. Calma! >> gridai prendendomi la testa tra le mani. Mi alzai insicura,e ricominciai a correre per arrivare,seriamente a casa. Neanche otto minuti che ero già lì. Eppure volevo che quei otto minuti diventassero ore. Mi avvicinai alla porta. La spinsi. Nulla. Era chiusa. Sbuffai irritata. Bene,non si erano nemmeno accorta che io non ero a casa. Mi arrampicai non preoccupandomi di non fare rumore. Chi se ne fregava se avrei svegliata la mia "sorellona" dal suo sonno di bellezza. Arrivata all'altezza della mia finestra, la aprii con un calcio. Mi stesi sul letto,che,stranamente,sembrava scomodo e freddo. << Forse perchè io sono fredda >> sorrisi al mio commento stupido. Visto che c'ero, decisi di preparare i vestiti per il giorno dopo. Scartai i vari abiti costosi,e scelsi una felpa e dei jeans anonimi. Bisogna essere come gli umani. Loro non si devono insospettire. Sbuffai di nuovo. Il mio umore stava peggiorando. Mi rilassai per terra. Ero improvvisamente disgustata dal letto. Chiusi gli occhi e sperai di lasciarmi i problemi alle spalle. Come sempre,però, mi era impossibile. Mi alzai presto. Non avevo voglia di vedere i miei genitori. Neanche il resto della mia famiglia. Feci una smorfia al pensiero dei miei parenti. Mi vestii in fretta, forse per scacciare l'immagine dei miei famigliari felici,sorridenti. Orrendi. Presi lo zaino e uscii dalla finestra. Ormai stava diventando un abitudine. Mi trascinai con passo così lento da poter essere straziante verso la scuola di Forks. Yuppi! Chissà se oggi qualche lezione mi avrebbe fatto riscoprire la voglia di imparare. Cosa impossibile,visto che ciò che devo sapere stava già nel mio cervello. Dopo non so quanto tempo intravidi la sagoma dell'edificio chiamato scuola. Attraversai veloce il parcheggio,senza cercare di dare nell'occhio. Entrai dentro e mi diressi verso la mia classe. Avevo letteratura. Almeno questa materia mi piaceva. Anche se la professoressa era assolutamente antipatica. Le ore delle mie lezioni trascorsero noiose. Ormai ero abituata. Arrivata l'ora di pranzo non persi tempo a uscire dalla classe e a dirigermi con passo svelto verso la mensa. Appena entrata mi accolse il nauseante odore del cibo umano. Che schifo. Però per gli umani il loro cibo poteva sembrare buono. E io non avevo voglia di assaggiarlo. Presi il mio vassoio e presi del cibo a cavolo,senza neanche guardare. Mi accomodai al mio tavolo,da sola. Nessuno si sarebbe avvicinato. Era come se ci fosse un cartello con su scritto "avvicinatemi e vi mangio". Sorrisi alla mia battutina. Certo che avevo proprio un umorismo di schifo. Alzai gli occhi,visibilmente scocciata. Ecco di nuovo. Quell'odore di cane. No,non era possibile. Mi guardai intorno,ed eccoli lì. Sedevano proprio davanti a me. Mi massaggiai le tempie. Solo a me capitavano queste cose. Alzai gli occhi dal cibo,che improvvisamente si era fatto interessante. Un ragazzo del branco mi notò, e si sbracciò per salutarmi. Lo guardai con espressione interrogativa, e lui mi sorrise per poi farmi l'occhiolino. Poverino. Poteva avere si e no 14 anni. Probabilmente si accorse che non capivo,e a stento tratenne un risolino. Poi mi fece cenno con la testa verso la porta della mensa. Mi girai dove lui mi aveva indicato,e non riuscii a trattenere un sorriso. Lui se ne accorse,e sorrise pure lui. Distolsi però lo sguardo dalla porta,per evitare lui mi potesse cogliere in fallo. Un ragazzo alto entrò e si diresse a passo svelto verso i suoi amici. Potei sentire che si scusava per il ritardo,sostenendo che il prof lo aveva trattenuto. Sospirai. Afferrai un pezzo di insalata,me lo portai davanti agli occhi e lo feci cadere sul piatto. Rialzai la testa verso il tavolo dei licantropi,e lo stesso ragazzo che prima mi aveva indicato verso la porta,diede una gomitata al suo vicino,e gli sussurrò qualcosa. Quindi,naturale,il suo amico si girò verso di me mi squadrò con i suoi sguardi verdi. Abbassai la testa,imbarazzata. Mi alzai di scatto,con il vassoio ancora pieno di cibo in mano. Dovevo per forza passare davanti al tavolo dei licantropi. Perfetto. Posso farcela. Ma il ragazzino mi salutò di nuovo,guadagnandosi delle occhiatacce da parte dei suoi amici. Lui sembrò non curarsene molto. Posai per un attimo lo sguardo sul ragazzo-occhi verdi che sedeva al suo fianco. Anche lui aveva un espressione imbarazzata e...scocciata. Ah,questi licantropi. Erano perennemente lunatici. E intendo nel vero senso della parola

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Capitolo 4
*** Wolf ***


Ma che stavo dicendo...ero solo irritata. Improvvisamente. Mi sa che mi stavano contagiando con la loro lunacità. Non lo so. All'improvviso volevo spaccare qualcosa. O qualcuno. Ero delusa. Buttai il cibo nell'apposito cestino e poggiai stufata il vassoio. Mi incamminai verso la mia prossima lezione. Inglese. Ce la posso fare. Dopo avevo educazione fisica. Sbuffai e quando giunsi davanti alla porta della mia classe andai a sedermi in fondo. Presi il libro e lessi qualcosa svogliatamente. Dopo pochi minuti entrò pure l'insegnante,e i miei "compagni" andarono a sedersi ai loro posti. Straordinariamente la lezione passò velocemente. Non ascoltai neanche una parola di ciò che il professore diceva. C'era un pensiero che si ripresentava nella mia mente. Però,quando ci facevo caso,e cercavo di capire che cosa rappresentava, scompariva. << Maledetta mente bacata! >> mormorai a me stessa,sicura che nessuno mi avesse sentito. Cavolo,neanche nella mia testa c'era qualcosa di giusto. Bene. Probabilmente i miei pensieri erano schifati da me,tanto che mi sfuggivano. Quando trillò la campanella,tutti si alzarono e si precipitarono fuori. Solo io rimasi ferma,seduta ancora, con un'espressione che avrebbe fatto invidia all'uomo del "il pensatore". Il professore si schiarì la gola,come per dire: "te ne devi andare". Quindi mi alzai e mi diressi in palestra,certa che avrei fatto tardi. Mi spogliai velocemente,anche se era un po' assurdo. Noi vampiri non sudiamo. E non puzziamo. Bè...anche se i licantropi hanno da ridire sul nostro odore,noi non puzziamo. Entrai nella palestra e... parli del diavolo e spuntano le corna. << Perfetto >> sbuffai acida. Il gruppetto di muscolosi si stava allenando. Alzai gli occhi. Poi dicono a noi esibizionisti. Tutte le mie compagne ora sembravano delle tredicenni in preda agli ormoni. Gli guardai meglio. C'erano tutti. Il ragazzino si voltò e quando mi vide mi salutò. Mi portai una mano davanti agli occhi. << Proprio a me. Non potevo starli antipatica,no? >> mormorai. Quando rialzai gli occhi mi accorsi che mi stavano tutti guardavano. E il ragazzino era davanti a me. Perfetto. Mi sorrise timido. << Scusa per ieri alla spiaggia. Siamo stati bruschi>> disse. << Uhm,ha ragione,non puzzi più del tanto >> aggiunse. Restai con gli occhi spalancati. Però almeno si era scusato. << Scuse accettate >> risposi,cercando di sorridere e di sorvolare sul suo commento stupido. Si voltò e raggiunse gli altri. Sorrisi spontaneamente. Forse non erano così cattivi. Dopo un po' di allenamento iniziammo a giocare a pallavolo. << Niente scatti improvvisi. Se la palla è troppo lontana non prenderla. >> ricordai a me stessa. Quando la lezione finì,andai a rivestirmi. Quindi uscii per andare ad incamminarmi verso casa. Notai una Volvo nera parcheggiata proprio davanti alla palestra. Mi avvicinai. Mi rivordava una delle tante macchine della mia famiglia. Arrivata davanti al finestrino guardai meglio. Sul sedile del guidatore c'era un foglio con su scritto: "le chiavi stanno sotto al sedile. P.S.: la prossima volta non andare a piedi" Sospirai. Era certamente di Emmeet. Forse era l'unico della famiglia che mi andasse giù. Aprii la portiera e mi accomodai sul sedile. Raccolsi la chiavi e le infilai per far partire il motore. Alzai lo sguardo. << Oh no. Ancora loro. >> sbuffai. Infatti il branco era uscito. Il ragazzino,di nuovo, mi sorrise e mimò un "bella macchina". Sorrisi di rimando,ma mi accorsi che il ragazzo-occhi verdi gli aveva dato una gomitata. Alzai gli occhi al cielo e finalmente accesi la macchina. Guidai fino a casa mia. Cavolo. Come era possibile che una sola parola potesse provocare così tanto dolore. Eppure era dannatamente possibile. Non la dovevo dire più. Quella non era casa mia. Sbuffai di nuovo quando parcheggiai nel garage dell'edificio... Scesi e mi affrettai ad entrare a casa. << Ti prego fa che gli alieni gli abbiano catturati >> pregai riferendomi al fatto che volevo che la mia famiglia non fosse a casa. << Catturati chi? >> mi sorprese una voce. Mi girai. Era Emmeet. << La prossima volta usa la macchina >> mi disse sorridendo. Sospirai e andai in cucina. Lì trovai come sempre Reneesme e i miei genitori. Usare quel nome mi fece venire il voltastomaco. Mi sedetti in una delle tante sedie della sala da pranzo. Bella,che dovrebbe essere mia madre,mi porse un bicchiere di sangue. Bè,il verbo poggiare non era proprio quello più adatto. Sarebbe meglio dire che sbattè il bicchiere sul tavolo davanti a me,visibilmente scocciata. Non so che cosa mi trattenne dallo sbuffare rumorosamente. Poco dopo sbucò pure Edward,che mi rimproverò dicendo: << Ehi,si dice grazie >> Evitai di rispondere,ma luì ringhiò di nuovo: << Signorina,verranno degli ospiti. Vedi di comportarti bene,capito?! >> Come fossi io la peste della casa. Non contento continuò: << Lo so che sei felice che io non possa leggerti nella mente vero, meticcia? >> Oh,no,quello non doveva dirlo. << Si hai ragione,almeno qualcosa di utile me l'avete dato >> risposi io. Lessi nella sua mente: mi stava rivolgendo tutti i peggior insulti che conosceva. Feci per andarmene,ma mi prese il braccio,stringendomelo. Lo guardai male,e,siccome stava stringendo la presa, lo sbattei contro la parete, riuscendo a liberarmi. Corsi verso la porta. La aprii sbattendola forte. Uscii,correndo,correndo con tutte le mie forze. Ero arrabbiata. Non mi meritavo quelle parole. Loro facevano di tutto pur di farmi credere che io fossi un mostro. E ci stavano riuscendo. Rallentai,perchè ero arrivata al confine. Dopo,era terra dei licantropi. Mi accasciai a terra,osservando il fosso dove scorreva un fiumiciattolo che divideva il confine. Portai la testa all'indietro. Se avessi potuto piangere,in quel momento l'avrei fatto,sicuramente. Sentii un rumore di foglie schiacciate dall'altra sponda. Il rumore proveniva dal territorio dei licantropi. Poco dopo uscì dal bosco un lupo gigante. Dire che era gigante era un'offesa. Era più grande di un cavallo,e aveva una muscolatura impressionante. Lo guardai. Mi attraeva. Aveva il pelo color bronzo,con sfumature rossicce e marroni. Mi soffermai sulla sua posizione. Fiera,sicura. Guardai gli occhi. Cavolo. Erano verdi. Respirai, e venni a contatto con il profumo che certamente non aveva niente a che fare con l'odore di cane bagnato. Il suo profumo sapeva di muschio e di...legno. Era lui. Se ne accorse che lo stavo guardando,e abbassò lo sguardo. Chiusi gli occhi. << Non varco il confine,non temere >> mormorai. Anche se avevo gli occhi chiusi,sapevo che il licantropo mi stava guardando. Cavolo. Se non ci fosse stato il confine,probabilmente mi sarei incamminata verso di lui, e non avrei resistito alla voglia di passare le dita tra il suo pelo. Aprii gli occhi di scatto, e lui non gradì. Ringhiò e si allontanò. Sospirai,con ancora la mente annebbiata dal suo profumo. Se la storia vi piace,commentate! Ok, la finisco di essere odiosa. Adesso per i primi capitoli aggiornerò abbastanza spesso,visto che ho ancora molto libero. Poi se vedo che i capitoli vi piacciono (e soprattutto non sono pietosi) aggiornerò una volta alla settimana o anche più volte.
 

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Capitolo 5
*** Attraction prohibited ***


A chi ha già letto gli altri capitoli da un bel po',consiglio di rileggerli ,perché mi sono accorta che i dialoghi erano spariti...Ma ora si possono finalmente leggere. detto questo vi lascio al capitolo  Il lupo se ne era andato. Ero rimasta da sola. Come sempre. Sospirai. Mi accorsi di avere nella mente ancora l'immagine di due occhi verdi. Non potevo negarlo. Quell'area di mistero che aveva occhi-verdi mi attraeva come le mosche sono attratte dal cibo. Cibo. Non avevo mangiato niente,anche se il termine "mangiare" non era quello più appropriato. Però non avevo fame. E poi non volevo assolutamente tornare in quella sottospecie di casa degli orrori...
<< Come sono esagerata >>mormorai a me stessa.
Mi alzai incerta,e cominciai a correre...ma ad un tratto mi fermai. Dove stavo andando? Non lo sapevo. E lì,come avevo stabilito prima,non ci sarei ritornata.
Probabilmente avrei cacciato tutta la notte: un'ottima scusa per non pensare troppo.

Il mattino dopo mi lavai la bocca con l'acqua di uno dei tanti ruscelli del bosco,sperando di non avere i vestiti incrostanti da qualche macchia di sangue secca. Salii un attimo in camera mia,giusto per prendere lo zaino e cambiarmi un attimo la maglietta. Mi avviai verso la scuola a piedi,ignorando il consiglio datomi il giorno prima,di prendere la macchina.  Arrivata attraversai il parcheggio,per arrivare a varcare la porta della scuola e dopo,quella della mia classe. 
Stranamente le lezioni passarono velocemente. O la scuola era riuscita a concquistare il mio cuore o,più semplicemente, con l'arrivo dell'inverno le giornate cominciavano ad accorciarsi.
All'ora di pranzo evitai di andare alla mensa. Non ne avevo motivo. Restai,invece,fuori,a cercare di riordinare i miei pensieri.
Anche le ultime ore passarono veloci. Quando uscii,notai i vari ragazzi che allegri fuggivano da quella prigionia. 
Scrutai il parcheggio in cerca di qualche Volvo nera, lasciata lì da qualche vampiro muscoloso. Per fortuna niente.
Guardai in alto. Il cielo era coperto da grigie nuvole. Il tempo perfetto. Sorrisi. Ma il mio improvviso buonumore durò poco. Sentii delle risate femminili. Guardai in direzione del rumore. Eh,già. Rumore. Soprattutto se le risate erano di Reneesme e le sue oche-amiche. Erano fastidiose.
<< Gelosa? >> mi domandò una voce.
Mi girai. Era il ragazzino-lupo. Sorrisi,per poi rispondere:
<< Nah,non ho gusti così poco raffinati. Il mio pancino non gradirebbe >>
Rise e mi feci trascinare anch'io dalla sua risata contagiosa.
<< Sei forte >> disse sorridendo,e nel mentre mi porse il pugno. Lo guardai scettica, ma poi sorrisi e feci sbattere (con più delicatezza possibile) le mie nocche contro le sue.
<< Balalala >> esclamò lui.
Era facile ridere. Non dovevo nascondere per forza chi ero realmente.
Un suono di clacson sovrastò le nostre risate. Ci girammo entrambi,e c'era il ragazzo-occhi verdi che ci guardava scocciato. Mimai un "scusa". Probabilmente gli stavo facendo perdere tempo. Non so perchè ma lui agganciò il suo sguardo al mio,e mi fu impossibile,o anche volere, distogliere i miei occhi dai suoi. Ne ero incredibilmente attratta. 
<< Ehi muoviti! >> esclamò il ragazzino.
Così, occhi-verdi fu costretto a  distogliere lo sguardo. Sorrisi timida, e ricominciai a camminare verso la strada. Ero però sicura di avere ancora i suoi occhi su di me. Quando mi addentrai nel bosco,mi accorsi che qualcosa mi mancava. O forse sarebbe meglio qualcuno.
Mi tirai un pugno allo stomaco,che in effetti mi fece male. 
<< Quanto sono stupida >> mi rimproverai. Non ero attratta da lui. Neanche lo conoscevo. Dovevo smetterla di farmi questi film mentali.

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Capitolo 6
*** Thirst ***


Mi addentrai sempre di più nel bosco. Certo non sarei andata a casa...ci mancherebbe. Le mie alternative erano decisamente poche.
Un'idea assurda si fece spazio nella mia mente. Era decisamente stupida. Però così allettante...no. Non potevo certo riandare al confine per rivedere il lupo occhi-verdi. Rabbrividii. Stavo usando quel nomignolo troppo spesso. Sbuffai. Sarei andata a cavoleggiare e a scovare qualche cervo. Sorrisi al mio spirito d'inventiva.

Camminare per il bosco non era male. C'era tanto da vedere. Fin troppo. C'era molta vita. Arrivata ad un certo punto adocchiai un tronco ricoperto in gran parte da muschio. 
Storsi il naso. Non è che mi andasse poi di sedermi su quella roba verdastra. Nonostante le suppliche dei miei pantaloni,che si sarebbero sporcati, mi accomodai lo stesso sul tronco. Respirai l'odore. Sapeva di bagnato e di legno. Stavo in una foresta piena di alberi,era normale,no?
Non so per quanto tempo restai lì,a fissare il vuoto. Probabilmente molto,visto che il sole era quasi tramontato.
Sentii dei rumori. Guardai nella direzione dei rumori. Un cervo stava tranquillamente passeggiando. Anche se aveva un' aria beata,era sempre vigile. Qualcosa si mosse nello stomaco,e poi nella gola. Sete. Non era una cosa urgente. Ieri avevo cacciato abbondantemente.  
 Però l'istinto reclamava di avere il sopravvento. Non dovevo permetterlo. Prima regola: autocontrollo.
Però potevo fare una cosa. Potevo seguire quel cervo e al momento opportuno lo avrei ucciso. Non subito. Non mi sarei neanche avventata su di lui.
Mi alzai veloce e cercai di braccarlo da dietro,facendo più rumore possibile. Quando la mia vittima se ne accorse,come previsto, cominciò a correre. Non lo avrei rincorso. Mi sarei limitata a camminare velocemente. Quel tanto che bastava per farlo sentire in trappola. 
Il mio piano stava funzionando. Il cervo si stava agitando,sempre di più. Si accorse che lo stavo inseguendo,in una lenta e straziante corsa. Continuai così,fino a quando il cervo,stanco di fermarsi e correre, si sdraiò sfinito. Ecco. Stancare la preda e gustarsi la sua paura. Mi sarei ancora avvicinata,ma mi accorsi che l'animale era proprio vicino al confine. Solo il fosso e il ruscello dividevano le due parti di territorio. 
Quindi il cervo si sarebbe potuto alzare e saltare dall'altra parte. E fu così che fece. Mannaggia. Addio cena. 
Mi accasciai a terra,osservando il cervo che si inoltrava nel fitto bosco.
Un ululato e poi un rumore di carne lacerata spezzò il silenzio. Presto l'odore del sangue coprì quello del muschio e dell'erba. 
Io,perplessa,mi guardai intorno. Da dove era scomparso il cervo,uscì un grosso lupo con l'animale in bocca. Mi guardò guardingo. Io usai la sua stessa espressione con lui. Aveva il pelo color bronzo e gli occhi...cavolo. Erano i suoi occhi verdi. Il lupo si gustò la mia espressione irritata. Poi fece dietro-front e si riaddentrò nel bosco.
Sospirai. Alla fine,quell'idea assurda si era attuata involontariamente. Ero lì,vicino al confine. E avevo rivisto il lupo. Eppure tutto era involontario. Che cosa ti fa fare la coscienza. Ti fa percorrere strade diverse per arrivare sempre allo stesso scopo. Lo dicevo io che la mia mente era bacata. 
Pochi minuti dopo sentii di nuovo un rumore di passi. Questa volta uscì fuori non un lupo. Ma un licantropo sotto forma di "umano". Mi guardò,ed io evitai di ricambiare lo sguardo.
Il ragazzo si incamminò verso la fine del suo confine e si sedette. Come me. Non smetteva di guardarmi. Probabilmente sul mio viso si dipinse un'espressione scocciata,perchè finalmente abbassò lo sguardo,e pronunciò un timido: 
<< Ciao. >>
Evitai di rispondere. Allora lui continuò,sempre un po' impacciato.
<< Sono.... >> prese un bel respiro << L'amico del ragazzino che ti saluta sempre>> Sorrise.
Io però mantenni sempre la mia espressione durà. Annuii,facendo capire che avevo individuato chi fosse. Sbuffai. Certo,bella presentazione. "Sono l'amico del ragazzino che ti saluta sempre". Io avrei detto " Sono quello che ti evita e ti rivolge occhiatacce".
Lui sembrò quasi leggermi nella mente,perchè mormorò,sempre imbarazzato, un:
<< Mi dispiace...se mi sono comportato da maleducato...a scuola >>
Rimasi spiazzata. Davvero si stava scusando con me...il suo nemico?
Sorrisi. Finalmente mi voltai verso di lui. Fu un gesto quasi...naturale. Lui mi restituì un mezzo sorriso. Era proprio bello. 
<< Quindi...pace? >> mi domandò.
<< Uhm...si... >> risposi io.
Mi guardò intensamente. Cercai di rispondere allo sguardo. Era difficile. Sembrava quasi che i suoi occhi scavassero nella tua anima. E questa cosa non era buona. Per niente.

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Capitolo 7
*** Says ***


<< Che ci fai qui? >> mi domandò nuovamente il ragazzo lupo,distogliendomi dai miei pensieri.
<< Niente. Non sono fatti tuoi >> risposi apatica << E tu?>>
<< Niente. Non sono fatti tuoi >> disse il licantropo copiando le mie stesse parole. Ehi, così non vale. Il lupo era un tipetto tosto.
Lo guardaì sbalordita. Lui sogghignò.
Restammo qualche minuto in silenzio. Non era un silenzio imbarazzante...ma neanche piacevole.
<< Hai litigato di nuovo con i tuoi genitori? È successo pure ieri >> mi domandò. Come lo faceva a sapere? Non ricordo di averlo detto.
<< Ah....non credo che tu  voglia raccontare la tua storia a uno sconosciuto... >> affermò il ragazzo che sedeva qualche metro davanti a me, con lo sguardo su di me.
Sospirai. Lui probabilmente lo intese come un sì, perchè poco dopo disse piano:
<< Mi chiamo.... Jackson. Ma tu puoi chiamarmi come vuoi.
Il suo nome suonava familiare...
<< Assomiglia vagamente a Jacob >>
<< In effetti... mia madre è una specie di fanatica delle imprese di Jacob... >> mi spiegò.
<< Ti chiamerò Jacks >> affermai convinta. Mi piaceva il suo nome... era insolito.
<< Mi piace >> annunciò soddisfatto Jacks. 
<< Io sono Alice...per favore, pronuncialo come me, ok? Non mi va di essere scambiata per mia zia... >>
<< Alice... >> cavolo. Mi piaceva come lo diceva. Sorrisi.
<< Quindi... tu e la tua famiglia non siete proprio pappa e ciccia, eh? >> affermò sarcastico Jacks.
Sospirai. Come era possibile che avesse capito?
<< Esatto... >> risposi triste io.
La sua espressione si fece perplessa e poi pensierosa.
<< Racconta >>
<< È una storia lunga... >> lo avvertii io.
<< Mi piacciono le storie lunghe. E poi scommetto che tu le fai diventare interessanti >> esclamò Jacks, sfoderando un mezzo sorriso, che di sicuro avrebbe sciolto ogni ragazza. A me invece fece scatenare un moto di agitazione, che si concentrò sul petto, a sinistra, all'altezza del cuore.


Scusate per il capitolo cortino... Non ho avuto molto tempo. Spero che vi piaccia comunque. E spero che sia di vostro gradimento anche il nome " Jackson".... Non avevo molte idee...  Quindi accetto consigli. Come al solito, se vi va, recensite.
Al prossimo capitolo ( si spera) 
 

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Capitolo 8
*** Same Reason ***


Dal capitolo precedente 
<< Racconta >>
<< È una storia lunga... >> lo avvertii io.
<< Mi piacciono le storie lunghe. E poi scommetto che tu le fai diventare interessanti >> esclamò Jacks, sfoderando un mezzo sorriso, che di sicuro avrebbe sciolto ogni ragazza. A me invece fece scatenare un moto di agitazione, che si concentrò sul petto, a sinistra, all'altezza del cuore.
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Rimasi per un attimo in silenzio. Non era il caso di raccontare a un quasi sconosciuto, i fatti miei. Ma c'era qualcosa in lui che mi spingeva a fidarmi. 
Sbuffai. Lui però restò sempre fermo, impassibile, con le gambe incrociate e con la mano sotto al mento.
Lo scrutai cercando di decifrare la sua espressione. Curiosa? Speranzosa? Scocciata? Per me quegli occhi verdi erano un autentico mistero. E il fatto di non poter leggerli la mente non aiutava.
Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe. Erano sporche di terriccio, ed erano pure molto vecchie. Jacks intanto restava fermo, come se avesse tutto il tempo di questo Mondo.
<< Perchè ti interessa? >> sbottai all' improvviso.
Lui restò interdetto, come se non sapesse cosa rispondere.
<< Bè... >> disse << mi sento attratto da te, come se ti conoscessi da....sempre >>
Sorrise. Mi colpì la sua sincerità. In me si scatenarano mille dubbi. In che senso si sentiva attratto da me? 
<< Uhm... non è una buona giustificazione... >> obbiettai. In effetti non poteva avanzare pretese sul fatto che gli raccontassi qualcosa su di me.
<< Sono... curioso. Prendila così >>
Sospirai,ancora. Non riuscivo a capirlo. Eppure, una parte di me, quella umana, per quanto potesse essere possibile, voleva aprirsi a lui. Non capivo il perchè.
Presu un bel respiro, preparandomi a raccontare.
<< Non sono mai stata... umana. Mia madre mi ha partorito che ero già... vampiro >> dissi, veloce. Così tanto che non ero neanche sicura che Jacks mi avesse sentito.
Sul viso del ragazzo si formò un' espressione corrucciata, poi pensierosa.
<< Per questo ti odiano? >> esclamò. Aveva fatto centro. Colpita e affondata.
<< Loro... non mi odiano >>
<< Uhm, si, ci credo >> 
<< Dovresti, invece >> risposi seccata.
<< E visto che ti vogliono così bene >> sputò sarcastico << Perchè ti permettono di parlare con un cane?! >> indicò se stesso.
<< Tu non sai niente! >> gridai alzandomi.
Si alzò pure lui,guardandomi allibito.
Ero veramente seccata e arrabbiata. Ma qualcosa nei suoi occhi mi... confuse. Era come se semplicemente guardando quei pozzi verdi potessi calmarmi. 
Lo osservai per bene. I lineamenti duri della mascella contrastavano con le guance un po' paffute. Mi ricordava Jacob. Solo, Jacks era più bello. Decisamente più bello. E poi aveva degli insoliti occhi verdi. Un' insolita caratteristica per un licantropo. Lui si accorse che lo stavo guardando.
<< Scusa >> mormorò piano, ritornando a sedersi.
Lo scrutai in volto. Era sincero. Sorrisi, cercando di rassicurarlo.
<< Fa niente.... solo, non so perchè parli con me >> dissi piano.
<< Non so perchè anche tu parli con me..... >> rispose in un soffio.
Rimasi colpita. Davvero lui si stava preoccupando di ciò che pensavo? 
Sorrisi.
<< Può essere lo stesse motivo >> mormorai.
<< Si... può essere >> disse. Sorrise sincero.
Un' altra fitta all'altezza del cuore.


Saalve! Ecco a voi un altro capitolo! Ho allegato anche l'immagine della "storia". Spero che vi piaccia. Ci sono Jacks e Alice. Detto questo, se vi va, commentate.
Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 9
*** Deluded ***


Ecco a voi un nuovo capitolo! Avevo proprio voglia di pubblicarne uno. Inoltre questo è un passo fondamentale, o almeno io penso così. Spero che vi piaccia.  Okay, ora mi dileguo...




Ero in camera mia. Alla fine avevo ceduto nel rientrare a casa. Straordinariamente nessuno aveva fatto commenti. Nemmeno Reneesme sfoderò il suo sarcasmo. 
Fissavo da molto la parete davanti al mio letto. Come se lì ci fossero le risposte a tutte le mie domande. Cosa decisamente impossibile. 
Accarezzai le coperte. Erano morbide, fredde. Come me. Solo che io non ero morbida. Proprio per niente.   


Il sole si innalzò nel cielo, segno che era mattino. In altre parti si sarebbe visto. Ma qui, a Forks, il cielo nuvoloso e la pioggia erano quasi permanenti.
Arrivai a scuola puntuale, come sempre. E come sempre mi diressi verso la mia classe. E come sempre ascoltai poco e, ancora, come sempre andai verso la mensa. La mia solita routine mi stava stancando. Tutto mi stava stancando. Avevo bisogno di aria nuova.
E sarebbe continuata la mia solita routine se, durante il pranzo, un ragazzo non si fosse seduto al mio tavolo.
Alzai gli occhi sorpresa, e trovai due occhi nocciola intenti a guardarmi. Oh no.
<< Ciao succhiasangue! >> mi disse il ragazzo. No, adesso era diventato il ragazzo-licantropo. 
<< Ciao >> lo salutai a mia volta, con aria moscia. Il ragazzo davanti a me mi squadrò serio.
<< Sai, Jacks mi ha raccontato del vostro appuntamento... >> sgignazzò.
Io spalancai gli occchi, e trattenni a stento una voglia omicida.
Mi presi la testa tra le mani. Lo guardai furiosa. Lui in risposta rise.
<< No dai, scherzo >> disse tranquillo.
Sospirai sollevata.
<< È solo che quando siamo in forma lupesca, ognuno può sbirciare nei pensieri dell' altro e..... Jacks ha pensato spesso a te >> continuò.
Io sorrisi.
<< In che senso mi ha pensato? >> domandai curiosa.
<< Nel senso che ha pensato il vostro incontro >>
Mi sporsi oltre di lui, per vedere il resto del branco darsi gomitate e lanciarci occhiate assassine. Jacks era di spalle, ma potei vedere i muscoli tesi. Stava stringendo i pugni.
<< Probabilmente ti uccideranno >> affermai.
<< Nah... sono il più piccolo del gruppo. Sono troppo adorabile! >> disse facendo gli occhi da cucciolo. Non era proprio piccolo. Era almeno il doppio di me.
<< Come ti chiami? >> domandai.
<< Andy >> rispose orgoglioso << Tu Alice, vero? >>
<< Come lo fai a sapere?! >> esclamai. Possibile che tutti sapevano tutto di me?
<< Lui ti ha pensato molto >> mormorò.
Non potei ribattere ulteriormente, perchè si alzò e con passo svelto si avviò verso l'uscita della mensa. Il resto del suo branco lo seguì, ma non prima di avermi rivolto ognuno occhiatacce irritate. Tutti tranne Jacks. Lui non mi guardò nemmeno. E fu questa sensazione a fare male. Volevo il suo sguardo su di me. I suoi occhi verdi che mi scrutavano attenti...
Mi alzai di scatto, interrompendo il flusso dei miei pensieri.


Uscii svelta dalla scuola. Finalmente le mie lezioni erano terminate. 
Tirai un sospiro di sollievo, attraversando il parcheggio. 
Ma il sollievo durò poco, perchè i miei pensieri ripresero a tormentarmi la testa.
" Lui ti ha pensato molto "..... Rimuginai molto sulle parole dette da Andy, il licantropo, che si era seduto al mio tavolo. Chi ere "lui"? Anche una scema ci sarebbe arrivata. Solo,non volevo farmi illusioni. Era l'ennesimo scherzo.
<< Ehi! >> mi chiamò una voce.
Ma io, troppo impegnata nei miei pensieri,non mi voltai nemmeno. Continuai a camminare. Certo,era stato uno stupido scherzo. Nessuno mi avrebbe pensato. Figuriamoci un licantropo.
<< Scusa! >> questa volta la voce era vicina. Ma io continuai a camminare. Nessuno mi voleva..
<< Alice! >> una mano calda mi afferrò il polso. Mi girai di scatto, pronta a far volare di qualche metro chi mi aveva toccata.
Un ragazzo dalla pelle abbronzata si trovava davanti a me, con gli occhi che mi scrutavano... preoccupati.
Io posai lo sguardo sulla mano che teneva ben saldo il mio polso, e non accennava a mollarlo. Il contrasto con la pelle abbronzata e con la mia bianca alabastro era impressionante. Ma più impressionante era il tocco caldo, delicato, che avvolgeva la mia pelle. 
Il ragazzo se ne accorse, e lentamente mollò la presa.
Il tocco mi mancò, come se mi avessero tolto un pezzo di pelle.
Dal mio polso riportai il mio sguardo sul viso del ragazzo. Naso dritto, guance paffute e occhi...verdi.
 Mi morsi l'interno guancia, gli occhi fissi in quelli del ragazzo.
<< Ciao >> mi sorrise debolmente.
<< Ciao, Jacks >> lo salutai piano.
<< Te lo ricordi veramente il mio nome? >> domandò sorspreso.
<< Perchè non dovrei? >>
<< Pensavo fossi arrabbiata con...me >> mormorò imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli neri, con qualche riflesso castano.
<< Non lo sono >> sorrisi.
Sorrise pure lui, mettendo in mostra i denti bianchi.
<< Ne sono felice... >>
Ci fu silenzio. Probabilmente non trovava le parole giusta per dirmi qualcosa.
<< Perchè mi hai... chiamata? >> lo aiutai io.
Sospirò un attimo, guardando verso il cielo.
<< Bè, ecco... ci tenevo a dirti che qualunque cosa ti abbia detto Andy... non è vera >> disse imbarazzato. 
Annaspai.
<< Ah >> fui solo in grado di dire.
Vidi nei suoi occhi un lampo di tristezza,che però se ne andò veloce, così come era venuto.
<< Ci si vede >> dissi infine abbattuta, voltandomi e avviandomi verso casa. 
Quindi erano tutte bugie. Lui non mi aveva pensato, nessuno lo aveva fatto.
Se avessi potuto, avrei pianto.
Mi ero solo illusa. Ma alla fine le persone sono fatte così. Ti illudono e ti gettano poi via. Anche gli sconosciuti lo fanno.
Solo, che a me era capitato troppe volte.

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Capitolo 10
*** Sad ***


Mi sentivo triste. Semplicemente, triste. Anche delusa. E i sentimenti diventavano più forti quando gironzolava Jacks. Ormai nessuno dei due osava parlare all'altro.
Troppo orgogliosi o forse troppo imbarazzati.
Ma alla fine che pretendevo. Era solo uno sconosciuto.
E mi ripetevo che era solo uno sconosciuto pure quando il sole fece capolino, scacciando via la luna, e lo vidi insieme a due ragazze che se lo stavano a mangiare con gli occhi.
Qualcosa si formò in me, come un vuoto. Ma mi impegnai a scacciarlo subito.
È solo uno sconosciuto.


La scuola passò lenta, interminabile. Andy durante il pranzo mi cercò con gli occhi, e quando mi trovò sul suo viso si dipinse un'espressione di tristezza. Non volli neanche leggere i suoi pensieri. Non volevo sentire le sue scuse, per il suo scherzo. Nessuno ti ha pensato. Ecco, di nuovo quella sensazione. Un vuoto, qualcosa che mancava.
Le mie pene furono interrotte da delle risate che provenivano dal bosco. Annusai l'aria. Era impregnata di profumo dolciastro, nauseante.
Mi diressi verso la fonte. La curiosità mi stava divorando. 
Camminai veloce, con ancora lo zaino in spalla. Mi fermai appena intravidi delle figure.
Due ragazze e due ragazzi. Rimasi lì ferma, a guardarli. 
Una ragazza si girò e smise di ridere. L'altra si accorse del cambiamento di umore della sua amica, e mi guardò perplessa. A quel punto anche gli altri due ragazzi si girarono. 
Mi morsi l'interno guancia, mentre mi guardavano di sottecchi.
Io risposi alle occhiatacce. Un ragazzo si schiarì la voce, come per spezzare la tensione. Io lo guardai ancora più irritata. 
Il ragazzo avanzò cauto. In pochi passi fu davanti a me. Sul suo viso c'era dispiacere.
<< Andy, il patto >> sibilai a bassa voce.
<< Lo so, non ci avvicineremo di più, stai tranquilla >>
Sospirai, guardando dietro alle sue spalle. Jacks mi guardava irritato. Ancora quella sensazione di vuoto, che scacciai prima di perdere il mio contegno.
<< Meglio così, non le voglio quelle due nei paraggi. Qui cacciamo >> continuai.
Jacks scattò come una molla. A farlo arrabbiare ancora di più fu probabilmente il mio tono di scherno verso le due ragazze. 
Si avvicinò verso di me, affiancando Andy, che stava a testa bassa.
<< Che c'è, non sono di tuo gradimento, eh,succhiasangue? >> disse acido Jacks.
Mi sentii debole, colpita. Il suo tono e la rabbia nei suoi occhi verdi mi fecero sentire di troppo. E una nuova sensazione si aggiunse. Dolore.
Vacillai un attimo. Non capivo il suo improvviso odio. 
Abbai lo sguardo a terra, per poi alzarlo e guardare di nuovo Jacks.
<< Non vorrei che venissero...aggredite>> risposi abbassando la voce.
Il viso di Jacks si rilassò un po'.
Sospirai, girandomi e riavviandomi verso casa, affranta.
Guardai un'altra volta Jacks e Andy, mormorando un "buon divertimento". Potei giurare di vedere un'ombra di tristezza passare per il volto del primo, seguito da un sospiro.
La verità era che non volevo che stesse insieme a quelle due.
Dovevo smetterla di preoccuparmi degli sconosciuti.
<< È solo uno sconosciuto >> mormorai a me stessa.


 

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Capitolo 11
*** Friends ***


Erano passate un bel po' di settimane. Il tempo scorreva lento,ma io appena mi ero accorta che giorno era. 
Una parte di me era distrutta, triste, come non lo ero da tempo. L'altra parte di me voleva picchiare la parte che si sentiva infelice. Non sapevo perchè ma mi mancava qualcosa. In compenso, però la mia famiglia non mi dava più fastidio. Alcuni mi sorridevano. Addirittura mia madre si preoccupava di chiedermi come era andata la scuola. E io rispondevo monotona "bene". Era un fatto strano che mi rivolgesse la parola. Sembrava che avesse cambiato idea.
Qualche volta Reneesme cercava di parlarmi, ma io ero troppo impegnata nei miei pensieri per intraprendere una conversazione.
Rosalie si era addolcita un poco, consigliandomi come vestirmi. Ma io,pure in questo caso, mi tenevo lontana dal conversare. Forse essere trattata male per troppo tempo mi spingeva a non fidarmi più. Tutte queste novità erano diventate soffocanti, e pensare che volevo che accadesse qualcosa di nuovo.
Da giorni in casa Cullen si parlava solo dell'arrivo di nuovi ospiti. Era una famigliola. I genitori e un figlio maschio della mia età.
Avevo capito che erano cari amici, ma a me poco importava.
Volsi lo sguardo verso la finestra di camera mia. Stavo sorseggiando del sangue in un bicchiere di carta,con una cannuccia. Non avevo più voglia di cacciare, e così derubavo del sangue dal frigo della cucina.
Era pomeriggio, ma stranamente la luce del sole filtrava dalle nuvole, illuminando il bosco.
Sentii bussare alla porta, e mi misi seduta, per poi mormorare un "avanti".
Entrò in camera mia madre,in tutta la sua bellezza. Sul suo viso era dipinta un'espressione preoccupata, stanca, che compariva più volte nel corso della giornata.
Si sedette sul bordo del mio letto, e mi sorrise timida. Io la guardai perplessa.
<< Ciao >> mormorò.
Io spostai lo sguardo da lei sulle mie mani.
<< Vuoi parlare? >> mi chiese.
Sospirai.
<< Perchè siete tutti così preoccupati per me? Improvvisamente lo siete diventati >> risposi dura.
<< Sono stata una pessima madre >>
Mi girai di scatto verso di lei, sorpresa. 
Mi sorrise appena,chiudendo gli occhi.
<< Perchè? >> mormorai a bassissima voce.
<< Alice...ha visto che tu quando saresti nata....saresti morta >> disse con la voce spezzata.
<< Capisco >> sibilai << Per questo non volevate affezionarvi a me? >>
Lei annuì. Sospirai.
<< Siamo stati stupidi...credendo che ti avremmo reso tutto più semplice >> continuò.
Restammo qualche minuto in silenzio. Ragionai un attimo. Forse loro non erano così cattivi. 
<< Avevate paura di soffrire >>
<< Si.... spero che ci potrai perdonare >>
La guardai. Non mi sembrò la bella vampira, ma solo una donna segnata dal dolore.  Era stata diretta, senza girarci troppo intorno. Per una volta era stata sincera.
<< Chi ti ha convinto a dirmi la verità? >> domandai all'improvviso.
Lei sembrò essere stata colta impreparata, ma si ricompose subito dopo. Fece un rapido cenno verso la finestra. 
Capii tutto. Feci per alzarmi, ma lei mi bloccò.
<< Scusa...perdonami >> disse con voce bassa. Sul suo viso c'era dolore.
<< Le spiegazioni me le darai dopo >> sibilai,allontanandomi.
Corsi per le scale e uscii fuori. 
Nello spiazzo davanti alla casa c'erano due uomini. 
<< Jacob >> chiamai.
Lui si girò, e in contemporanea lo fece pure il ragazzo che stava accanto a lui.
Jacob mi passò affianco, entrando in casa, senza dire una parola.
L'altro ragazzo mi guardò. Non mi avvicinai.
<< Ciao >> disse. Lo squadrai. Vestiva pantaloni strappati e una semplice t-shirt vecchia.
Mi soffermai sul suo viso. Era lui.
<< Che vuoi?! >> gridai acida. Lui guardò le sue scarpe, e si avvicinò lentamente, mantenendo le distanze.
<< Chiederti scusa >> 
Lo guardai scioccata. Mi aveva già ferito. Ad un tratto le tessere del puzzle si ricomposero. Era lui ciò che la mia parte triste reclamava. Era lui che era andato a parlare a mia madre.
Puntai un dito contro di lui.
<< Come puoi? Tu non mi conosci! Te ne dovresti fregare di me! >> dissi alzando la voce. Prima mi evitava e poi mi creava problemi.
Lui riportò i suoi occhi verdi su di me. Sentii un pezzo di me scogliersi.
<< Ed è proprio questo il punto >> rispose a denti stretti << Dovrei fregarmene di te,ma non ci riesco! >> si passò furiosamente la mano tra i capelli.
Rimasi sbalordita.
<< Che cosa vuoi da me? >> mormorai incredula.
<< Non lo so..voglio te,forse..non lo so! >> esclamò prendendosi la testa tra le mani.
"Voglio te". Quelle due parole suonavano nella mia mente come la più dolce delle melodie.
Lo guardai annaspando. L'impulso di abbracciarlo si fece spazio in me.
Gli toccai un braccio. Lui si irrigidì. Gli accarezzai una spalla. Aveva i muscoli ancora tesi. Ero calamitata da lui. Dovevo resistere. Qualcosa in me mi attraeva a lui.
Mi avvicinai un poco, lui aveva ancora la testa bassa e tra le mani. Non sapevo cosa dire. Aprii la bocca, ma la richiusi subito dopo. Le parole non volevano uscire. 
Gli accarezzai i capelli. Erano ispidi, spettinati, ma erano piacevoli al tatto. 
<< Jacks... >> mormorai con voce spezzata. Lui alzò la testa, e mi scrutò con i suoi occhi verdi. Io avevo la mano ancora sulla sua testa.
Ci guardammo a lungo. Mi potevo perdere nei suoi occhi. Lui alzò un braccio e tolse la mia mano dalla sua testa, per appoggiarla sulla sua guancia. Abbassai la testa imbarazzata. Lui mantenne gli occhi su di me. Mi accarezzò le nocche della mia mano sulla sua guancia. Aveva un tocco delicato, che mi provocò diversi brividi.
Jacks sospirò. Il suo sospiro era caldo, come lui.
Si avvicinò e io sentii di poter cedere. Mi alzò il mento, e si fece più vicino al mio viso. Eravamo vicinissimi. Osservai le sue labbra carnose, ma non troppo. Le vidi arrivare sempre più vicino alla mia bocca, per poi cambiare direzione, e salire. Si appoggiarono sulla mia fronte.
Sentii qualcosa risvegliarsi in me. Un colpo all'altezza del mio cuore che non batteva più. 
<< Possiamo essere almeno amici e non odiarci? >> mi domandò sempre con le labbra sulla mia fronte.
<< Va bene >> mormorai. Lui si staccò e mi guardò. Non so per quanto avrei ancora resistito. Mi sorrise.
<< Ci vediamo domani a scuola >> e detto questo si allontanò nel bosco.
Respirai. Il suo odore di muschio e legno era dappertutto. Le mie gambe cedettero e mi accasciai a terra. 
Guardai l'erba. Era verde, proprio come i suoi occhi.

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Capitolo 12
*** Vision ***


Non lo so, una parte di me mi spingeva a fare cavolate. Ecco, per esempio, questa era una di queste.
<< E sai, Anne era uno sballo >> disse ghignando Andy. Cavolo, perchè avevo permesso a lui e a Jacks di sedersi insieme al mio tavolo?
<< Uhm, se lo dici tu >> rispose l'altro.
<< Chi è Anne? >> domandai, cercando di entrare nella conversazione.
Andy mi guardò scioccato, come se dovessi conoscere questa Anne.
<< Anne è la signorina che si fa tutti i ragazzi della riserva >>
Lo guardai allibita. Poggiai il mio sguardo su Jacks che se la rideva. Guardai irritata i due ragazzi, erano uno più immaturo dell'altro.
<< Spero che voi vi siate tenuti alla larga da queste... cose >> mormorai.
<< Jacks si vuole tenere puro per il vero amore >> esclamò Andy, con tono drammatico.
Sospirai. Guardai Jacks. Era divenuto serio e scocciato.
<< E fa bene, sai >> dissi io appoggiando i gomiti sul tavolo.
<< Non dirmi che pure tu? >>
<< Andy smettila >> lo rimproverò Jacks.
In risposta il ragazzino si finse offeso, per finire a ridere insieme all'altro.
<< Come farò con voi due? >> dissi prendendomi la testa tra le mani.
<< Non potrai non amarci >> ghignò Andy.
<< Per questo ti hanno cacciato dal tavolo? >> 
Jacks si intromise, mormorando un "smettetela". Io e Andy ridemmo. 


Il resto delle lezioni passò veloce. 
Mi avviai come al solito verso il parcheggio. 
Sorrisi al ricordo dei battibecchi tra me e i ragazzi. Erano simpatici, non potevo negarlo.
Ancora persa nei miei ricordi andai a sbattere contro qualcuno. Mi risvegliai dal mio stato di "trance" e mormorai un: 
<< Scusa >>
Il ragazzo mi offrì la mano a mò di saluto. Io, sorpresa, puntai lo sguardo su di lui. 
<< Tu dovresti essere Alice Cullen? >>
Annuii. 
<< Tu...>>
<< L'ospite >> mi disse.
Sorrisi timida. In effetti era un vampiro. Bello, slanciato. Occhi del colore del bronzo.
<< Bè, ci vediamo dopo >> dissi allontanandomi.
<< Mi avevano detto che eri carina, ma cavolo, tua mamma ti ha fatto bene >>
Lo guardai sorpresa. Non si poteva prendere già tutte quelle confidenze. Era bello sì, ma cavolo, neanche due minuti che ci eravamo conosciuti e già dava voce ai suoi pensieri.
<< Il linguaggio gentile ed educato non è una tua specialità? >> domandai irritata.
<< Sono molte le mie specialità >> ammiccò. Lo avevo solo incontrato e già stavo pianificando come staccarli la testa. Mi avvicinai a lui, digrinando i denti. Sul suo viso apparve un'espressione beffarda. 
Una mano calda mi cinse il polso, prima di mollare al vampiro un ceffone.
Quella mano mi attirò a sè, distanziandomi dal ragazzo odioso che era davanti a me.
Lo osservai diventare serio, e poi disgustato. Mi girai, anche se non avevo bisogno di farlo. Sapevo già chi mi aveva attirato a sè. 
<< Jacks, non c'era bisogno >> mormorai. Lui sorrise, accarezzandomi il polso. Quel gesto mi provocò brividi in tutto il corpo.
<< Non volevo che mi guastassi il divertimento di staccarli la testa >> disse rivolgendosi al vampiro davanti a me.
Il diritto interessato sibilò:
<< Oh, che carino, un cucciolo di cane impacchettato giusto in tempo per Natale... >>
Lo guardai scocciata. Gli idioti capitavano tutti a me.
Mi allontanai seccata, con Jacks al mio seguito.
Ecco. Bene, se quello doveva stare a casa nostra per un po' mi sarei rinchiusa in un bunker. Già sapevo come sarebbe andata a finire.
Pestando i piedi mi avviai verso casa. Jacks mi stava ancora inseguendo.
<< Non c'era bisogno di arrabbiarsi così, Alice! >> mi gridò dietro.
Io mi girai e lo guardai con occhi furiosi. Lui in risposta si mise a ridere. La sua risata era piacevole, cristallina.
Sentii un altro colpo al cuore.
<< Perchè mi guardi con quello sguardo? ...>> mi domandò facendosi serio. 
Mi risvegliai. Sei tu che mi fai quest'effetto. Avrei voluto rispondere. Ma cosa stavo dicendo? Si, ero pazza. 
Jacks, vedendomi ancora immobile e con gli occhi fissi sul vuoto, si avvicinò velocemente. 
Mi sfiorò la guancia, ma ritrasse subito la mano.
<< Ehi, stai bene? >> mi domandò con voce insolitamente dolce.
Lo guardai negli occhi. Caspita quanto sono belli... Okay, stavo dando di matto.
Feci per aprire la bocca, ma la richiusi subito. Le parole mi morivano in gola.
Chiusi gli occhi, concentrandomi. Qualcosa mi spinse a farlo, come se chiudendo le palpebre mi sarebbe arrivato un messaggio. Fu un gesto impulsivo.
Jacks si fece più preoccupato e si avvicinò ancora di più al mio viso.
Mi accarezzò ancora la guancia.
Sentivo solo le sensazioni, e in quel momento  sentivo un calore conosciuto che alloggiava sulla guancia, e che contrastava con il freddo che avvertivo sulle palpebre chiuse, come un velo ghiacciato posto sopra ai miei occhi.Vedevo nero e delle immagini contorte.
Aprii di scatto gli occhi, sorprendendo il licantropo che ritrasse di nuovo la mano che era sulla mia guancia.
<< Ho visto qualcosa... >> mormorai.
Jacks si fece più confuso.
<< Cosa? >>
<< Non lo so... >>
Volevo prima parlarne con qualcuno che ne sapeva più di me.
Jacks mi strinse una mano. 
Una sensazione di confusione mi attanagliò il petto.


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Capitolo 13
*** Fire and Ice ***


Ero lì, che mi rigiravo tra le coperte, perfettamente stirate, del mio letto. Il motivo del mio nervosismo era stata quella specie di visione. Jacks si era preoccupato, e mi aveva accompagnato fino alla porta di casa. Non voleva entrare, certo, un licantropo non era sempre ben accetto. Mi aveva raccomandato di raccontare ciò che avevo visto a qualcuno, ma subito dopo essere rientrata a casa, tutte le buone intenzioni erano letteralmente scomparse. Così, una volta salita in camera, mi era chiusa da sola nella stanza, e mi ero abbandonata sul letto, con la faccia schiacciata sul cuscino. Ma i miei pensieri non mi avevano lasciato, anzi, si erano intensificati, e sembrava che li potessi sentire parlare.
Chiusi gli occhi, mettendomi a pancia in sù. La visione lampeggiò veloce nella mia mente.
Era strana, e, più cercavo di non pensarci, succedeva che invece passavo la maggior parte del tempo sul rimuginarci sopra.
Sbuffai, infastidita. Dovevo tenermi occupata, forse quello sarebbe stato un metodo efficace contro il pensare.
Perciò mi misi a riordinare la mia camera. Potevo sembrare in effetti una maniaca dell'ordine, ma al momento non avevo niente da fare. Sistemai i vestiti, rifeci il letto, catturai ogni singolo batuffolo di polvere. 
Alla fine avevo esaurito pure questa cosa da "fare".
Guardai verso il letto, e decisi di tuffarmici di nuovo, affondando il viso nel cuscino.
La luna era limpida, ed illuminava la foresta attorno alla casa. Tutto era fermo, immobile. Non un rumore, né uno spostamento d'aria. Solo la luce soffusa della luna.
                             
         
                                ******


Il mattino non tardò ad arrivare. E con lui, pure i rumori. La calma quiete della notte era stata sostituita dalla frenetica vita mattiniera. 
Mi alzai barcollando. Poggiai i palmi delle mani sul vetro della finestra. I raggi del sole, però, filtravano appena dallo spesso strato delle nuvole.
Scesi in cucina, e osservai l'immacolata superficie d'acciaio, perennemente pulita e poco utilizzata. 
Mi diressi verso il frigo, per prendere un bicchiere di sangue. Lo bevvi velocemente, assetata. Il sapore ferreo del sangue mi invase la gola. La sete venne calmata. 
Ritornai in camera, per prendere lo zaino e dirigermi verso la scuola.
Anche questa volta decisi di andare a piedi.


Le lezioni passarono lente. La mensa invece, si concluse un po' troppo in fretta. Fui contenta che il tempo passò lento, perchè durante il pranzo Jacks non mi chiese niente sulla visione, e quindi ora, all'uscita, mi sarebbe toccato il terzo grado.
Quando uscii dalla porta della mia ultima lezione, iniziai a giocherellare con i pollicini, mentre andavo verso il parcheggio. Ero ansiosa. Una terribile emozione umana. Se un vampiro mi avesse visto, sono sicura che si sarebbe messo a ridere di fronte alla mia "umanità". Che poi volevo vedere quanto ero  stata effettivamente umana.
Spinsi la porta della scuola, ed una folata di vento mi colpì in pieno. Non mi mossi, ma se fosse capitato ad un umano, egli si sarebbe messo a tremare.
Dovevo smettela di paragonarmi agli umani.
Scrutai il parcheggio. Gli ultimo studenti che erano rimasti, se ne stavano andando. Non vidi nessun bestione dagli occhi verdi in giro. 
Nonostante il licantropo non fosse nei paraggi, non ero sicura di essere stata graziata dall'imminente interrogatoio. L'ansia non era ancora passata. Avevo...non proprio paura...ma non volevo deludere Jacks. Non potevo sapere se avrebbe accettato il fatto che non avessi parlato a nessuno della mia visione. 
Un'altra folata di vento mi scompigliò i capelli. Quasi senza volerlo il profumo del bosco mi entrò dal naso, per poi andarsi a stabilire nel mio cervello.
Mi girai. Eccolo. Con le braccia incrociate e con lo sguardo da poliziotto.
Sbuffai. Cavolo, l'avevo quasi scampata.
Jacks, come se mi avesse letto nel pensiero, mi disse:
<< Mi dispiace, ma adesso mi racconti tutto >>
Mi morsi l'interno guancia. Raccontare la verità? O mentire? Probabilmente se avessi optato per la seconda opzione Jacks mi avrebbe scoperto. Non ero mai stata brava a mentire. Una cosa ereditata molto probabilmente da mia madre.
Sospirai e incrociai le braccia.
<< Ehm... >> iniziai << Non l'ho detto a...nessuno >> chiusi un attimo gli occhi, avendo paura della reazione del licantropo davanti a me. Quando li riaprì, mi ritrovai Jacks più vicino.
<< Perchè? >>
Alzai gli occhi al cielo. Sapeva essere irritante.
<< Non lo so... >>
<< Non è una buona risposta >> affermò con tono seccato.
Ti prego, fa che non sia arrabbiato.
Sbuffai rumorosamente. 
<< Tanto dirlo a qualcuno non avrebbe migliorato le cose >>
<< A me lo vuoi dire? >> mi pregò Jacks, facendo gli occhi dfa cucciolo.
Gli feci la linguaccia, per poi appoggiare la mia mano contro la sua guancia. Chiusi gli occhi concentrandomi sulla visione. Jacks mise la sua mano sulla mia. Quel contatto mi fece trasalire. Era caldo e... estremamente piacevole.
Cercando di visualizzare l'immagine, mi concentrai ancora di più.
Al centro c'è un neonato, con gli occhi rossi. Non piange, non strilla. Solo, scruta l'ambiente circostante. Sopra di lei, a sinistra c'è un cubetto di ghiaccio. A destra, il fuoco che arde.

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