I'll stand by you

di Em_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Shock ***
Capitolo 3: *** I want you to be happy ***
Capitolo 4: *** The deal ***
Capitolo 5: *** I'll be there with you ***
Capitolo 6: *** You need me alive ***
Capitolo 7: *** Baby Queen ***
Capitolo 8: *** The new mayor ***
Capitolo 9: *** It's over ***
Capitolo 10: *** The three of us ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


I’ll stand by you.





Erano trascorsi circa due mesi e mezzo da quando Oliver ed io eravamo tornati a Star City, anche se emotivamente parlando io non me n’ero mai andata del tutto. Avevo aiutato di nascosto Diggle, Thea e Laurel durante le loro missioni ed Oliver fortunatamente non si era mai accorto di niente, avevo inventato qualche scusa qua e là, il più delle volte suonavano idiote persino a me, ma lui non aveva mai sospettato che stessi facendo una cosa simile. Per me tornare in città era stata una vera e propria ventata d’aria fresca, mi mancava tutto, la società, le missioni notturne, i miei amici. Non che con Oliver non stessi bene, ma se potevo avere entrambe le cose era meglio no?
Come ogni sera chiusi le porte del mio enorme ufficio e mi avviai verso l’ascensore, avrei dovuto essere nel nostro nuovo “covo” in meno di cinque minuti ma era palese che avrei fatto tardi. Ultimamente mi sentivo un po’ rallentata in tutto, facevo un sacco di fatica ad alzarmi la mattina, il più delle volte lavorare alla Palmer Tech e poi aiutare il team nelle missioni risultava davvero sfibrante. Continuavo a ripetermi che sicuramente dipendeva dal fatto che me ne ero stata in vacanza praticamente per cinque mesi, ma sotto sotto non ci credevo neppure io. Sbuffai mentre cercavo il cellulare nella borsa, prima o poi avrei dovuto comprarmene una più piccola o sarei diventata vecchia prima di riuscire a trovare ciò che mi serviva. Arrivata al piano terra fortunatamente scovai il mio telefono e digitai un veloce messaggio a Thea, visto che Oliver certamente non l’avrebbe letto, dicendole che sarei stata lì in meno di dieci minuti. Mi rispose quasi subito con un “non preoccuparti, qui è ancora tutto tranquillo”, tirai un sospiro di sollievo e riuscii a rilassarmi per la prima volta in un’intera giornata.
«Felicity! Eccoti! Ora possiamo andare a prepararci.» disse Thea saltellando, forse un po’ troppo euforica.
«Scusate il ritardo, è stato un vero caos l’ufficio oggi!» affermai sedendomi alla mia postazione di comando «Ora sono pronta all’azione! Che si fa stasera?» chiesi infilandomi l’auricolare.
«Come che si fa? Dobbiamo intercettare e bloccare uno dei camion dei Fantasmi che trasportano droga, non ti ricordi?» mi domandò Dig piuttosto sorpreso dalla mia domanda. In effetti me ne ero scordata, ma era meglio se me ne stavo zitta.
«Sì, certo! Momentanea perdita di memoria, scusa.» mi giustificai buttandola sul ridere.
John mi lanciò un’occhiata dubbiosa ma lo intimai di andarsi a preparare e non badare a me, era strano che mi dimenticassi di cose così importanti effettivamente solo non avevo voglia che si preoccupassero per niente, in particolare Oliver, era già iperprotettivo di suo figuriamoci se avesse notato qualcosa che non andava.
«Ehi, noi andiamo. Ci tieni aggiornati sugli spostamenti?» chiese Oliver spuntando alle mie spalle.
«Come sempre. E state attenti, okay?» gli raccomandai sorridendogli leggermente.
«Come sempre.» ripeté lasciandomi un bacio tra i capelli prima di uscire insieme a Laurel, Dig e Thea.
Erano ormai anni che lo vedevo uscire con il completo verde di Arrow intento a cacciare i criminali della città, ma non mi ero mai abituata del tutto al fatto che quasi ogni notte rischiava la sua vita per proteggere gli abitanti di Star City. Da quando eravamo ufficialmente una coppia un senso d’ansia mi attanagliava finché non lo vedevo rientrare sano e salvo. Non si poteva spiegare a parole, sentivo che in qualunque momento avrei potuto perderlo e questo mi spaventava a morte, naturalmente non glielo avevo mai detto o avrebbe rinunciato di nuovo ad una parte di se stesso.
«Felicity, noi siamo in posizione.» risuonò la voce di Laurel attraverso l’auricolare.
«Ottimo. Il camion si dirige proprio verso di voi, dovrebbe raggiungervi tra circa due minuti. Tenetevi pronti.» risposi guardando il veicolo muoversi sul mio schermo del computer. Mi ero collegata alle telecamere del traffico così da poter avere una migliore visuale e aiutare il team a mettere ko i seguaci di Dahrk.
«Okay, vediamo il camion. Entriamo in azione.» annunciò Diggle poco dopo.
Riuscirono a fermare la corsa dell’abitacolo in un tempo da record, due frecce scagliate da Oliver e Thea direttamente sulle gomme così da rendergli impossibile la fuga, Laurel e Dig si occuparono dei due malviventi al posto di guida che si trovarono stesi a terra neanche cinque minuti dopo, mentre i due fratelli Queen avevano immobilizzato i quattro uomini all’interno del camion.
«Qui dentro ci saranno almeno cinquanta chili di eroina. Chiamo il capitano Lance.» disse Oliver prendendo in mano il cellulare.
Solo in quell’istante mi accorsi che c’era un settimo uomo, si era nascosto tra gli scatoloni che contenevano la droga e dalla mia posizione riuscivo a vederlo nitidamente. Fui presa dal panico per quella che sembrò un’eternità, quell’uomo aveva un fucile decisamente carico e pronto a sparare, così, senza pensarci, urlai «Oliver! Dietro di te!» e sperai solo che riuscisse a cavarsela anche questa volta. Lui si voltò immediatamente ma non fece in tempo a schivare del tutto il colpo. Ci fu uno sparo, vidi Oliver cadere a terra mentre l’uomo veniva immobilizzato con una corda da Diggle. Smisi di respirare, non avevo il coraggio di guardare o chiedere se stava bene, ero come paralizzata. Non mi era mai capitata una cosa simile, Oliver ne aveva passate di peggio ed era sempre sopravvissuto, ma questa volta qualcosa dentro di me si era bloccato.
«Ollie! Stai bene?» sentii Thea domandare al fratello.
“Fa che sia vivo, fa che sia vivo, ti prego.” ripetevo a me stessa senza trovare il coraggio di sbirciare il monitor.
«Sì, tutto bene. Mi ha colpito di striscio sul braccio, un cerotto e sarò come nuovo.» rispose Oliver alla sorella.
Era salvo. Stava bene. 
Il mio battito cardiaco si regolarizzò e mi stesi sulla mia nuova sedia grata a tutti gli angeli del paradiso che fosse andata bene. A parte il piccolo inconveniente con Oliver la missione era stata portata a termine in modo egregio ed avevamo concluso la serata anche ad un’ora relativamente decente. Lance ed i suoi uomini erano giunti sul posto poco dopo la chiamata arrestando tutti i criminali, con un cenno mi aveva persino ringraziata, ormai sapeva che m’infiltravo ovunque ed un po’ era comica la scena.
«Non posso crederci, sono le undici e possiamo già tornarcene a casa! Incredibile.» affermò Laurel rientrando insieme agli altri.
«Ammetti che questa missione è stata un po’ noiosa.» aggiunse Thea mettendo a posto il suo arco.
«Ogni tanto è bello passare una serata, o quasi, a rilassarsi. Potremmo guardarci un film.» propose all’amica.
«Solo se hai i pop corn e le patatine.» le disse.
«Certamente! Qualcuno vuole unirsi?» chiese Laurel rivolgendosi verso Dig, Oliver e me.
«Io passo, ho promesso a Lyla che ci sarei stato per cena.» rispose John.
«Passiamo anche noi, in questo momento ho solo voglia di abbracciare il mio letto.» esclamò Oliver sbadigliando mentre io cercavo di medicargli al meglio la ferita.
«Stai diventando vecchio, fratellone.» lo prese in giro Thea.
«Ehi!» la ammonì lui.
«Beh in effetti non è da te dormire più di quattro ore per notte.» intervenni ridacchiando.
«Quanto siete simpatiche stasera.» ci rispose Oliver sbuffando.
Ci salutammo dandoci la buonanotte ma prima che potessi prendere l’ascensore insieme agli altri Thea mi bloccò chiedendomi di restare un attimo in più. Non capivo il perché di quel gesto, forse aveva bisogno di confidarsi su qualcosa anche se era più probabile che lo facesse con Laurel più che con me. Ero incuriosita e allo stesso tempo spaventata, non avevo davvero idea di che cosa volesse parlarmi.
«Okay, non prenderla male, non voglio assolutamente farmi gli affari vostri, ma… Da quanto lo sapete?» mi domandò.
Aggrottai le sopracciglia ancora più confusa di prima «Sappiamo… Cosa?» buttai lì sperando mi desse qualche altro indizio.
«Aspetta, Ollie non lo sa?» continuò senza darmi uno straccio di spiegazione.
«Thea, davvero, non so di cosa tu stia parlando.» le dissi cercando di farle capire che non avevo la minima idea di ciò che stesse dicendo.
«Tranquilla, non lo dirò a nessuno, lo giuro.» mi promise avvicinandosi a me, ma io ancora non riuscivo a starle dietro.
«Non è che… Potresti darmi qualche indizio? Non ci sto capendo nulla, e sì, è strano detto da una come me.» le feci notare.
«Oh mio dio, quindi non sai nulla neppure tu. I-Io… Ero convinta che tu ed Oliver l’avreste annunciato a breve… M-Mi dispiace… Forse mi sono sbagliata.» balbetto con un’aria incredibilmente sorpresa.
«Thea ti prego, sputa il rospo.» le dissi guardandola negli occhi.
«Beh, ti comporti in modo strano ultimamente, guardi Oliver come se fosse l’ultima volta che lo vedessi e hai smesso di bere quegli enormi milkshake alla fragola…» mi rispose lasciando in sospeso il discorso.
«E quindi?» chiesi ancora.
«Non è che sei incinta, Felicity?» mi domandò cautamente.
Scoppiai a ridere nello stesso momento in cui le sue parole uscirono, ma che cosa cavolo stava dicendo? Io, incinta? Ma dai, era ridicolo! Oliver ed io non avevamo mai nemmeno accennato all’argomento “figli” ed eravamo sempre stati attenti appunto per evitare situazioni spiacevoli.
«Che c’è da ridere?» disse evidentemente sorpresa dalla mia reazione.
«È impossibile, credimi.» affermai convinta.
«Non dirmi che tu e mio fratello non l’avete ancora fatto.» ribatté con un sorrisetto malizioso.
«Cosa? Non… No, io… Cioè sì, ma… È impossibile.» balbettai. Mi metteva un po’ a disagio parlare di sesso con la sorellina del mio ragazzo.
«Okay, okay. Mi arrendo. Mi sarò sbagliata.» annunciò alzando le braccia in segno di resa.
Le sorrisi nervosamente ed entrambe uscimmo dal covo senza aggiungere altro, la conversazione mi aveva decisamente destabilizzata. Davvero mi comportavo in modo così diverso? Ammetto che mi preoccupavo molto di più quando Oliver indossava i panni di Arrow, ma da quando era un sintomo di una gravidanza? E poi prendevo la pillola, come facevo ad essere incinta se usavo un anticoncezionale? In cinque mesi che eravamo stati via non c’erano stati problemi, improvvisamente torniamo in città ed accade una cosa simile? Non potevo essere tanto sfigata.
Salii in auto con Oliver e per tutto il tragitto non spiaccicai parola, quello che Thea mi aveva detto continuava a ronzarmi in testa e non riuscivo a smettere di pensare ai miei cambiamenti nell’ultimo periodo. Avevo sbagliato qualcosa? Appena arrivammo a casa corsi sotto la doccia, non riuscii a non versare qualche lacrima, ero troppo nervosa e agitata. Che cosa avrei fatto se realmente fossi stata incinta? Come l’avrei detto ad Oliver? E soprattutto, come l’avrebbe presa lui? Mi sentivo male solamente a pensarci, non era il momento per un figlio, proprio no.
«Felicity? Posso?» sentii la sua voce che mi chiamava dall’esterno del bagno.
Scossi la testa come per darmi una svegliata «Sì, certo.» gli risposi.
Con la coda dell’occhio lo osservai mentre si avvicinava e si sedeva sul water in parte alla doccia, potevo capirlo dal suo silenzio che era pensieroso ed io certamente non lo stavo aiutando.
«Va tutto bene?» mi chiese ad un certo punto.
«Sì, perché?» dissi con nonchalance continuando a stare sotto il getto dell’acqua calda.
«Non mentirmi, Felicity. Non sei te stessa ultimamente, se c’è qualcosa che hai paura di dirmi… Non lo so, con me puoi parlare. È strano fare questo discorso a te visto che di solito sei tu che mi obblighi ad esternare i miei sentimenti.» disse. Rimasi colpita dalle sue parole, allora Thea aveva ragione, ero davvero strana. Chiusi il rubinetto ed uscii dalla doccia avvolta nel mio accappatoio mentre Oliver mi squadrava da capo a piedi.
«Non mi ero accorta di essere cambiata, lo giuro. Tua sorella mi ha detto le stesse cose prima.» confessai.
«Sul serio?» mi domandò prendendomi delicatamente una mano.
Annuii «Oliver io…» provai ad iniziare un discorso ma non ci riuscii.
«Ehi, va tutto bene. Qualsiasi cosa sia l’affronteremo insieme, promesso.» cercò di confortarmi per poi abbracciarmi forte.
Non credo mi sarei mai abituata a stare tra le sue braccia, era una sensazione che mai avevo provato prima nemmeno quando stavo con Cooper al college. Oliver era diverso, e dopo tutto quello che aveva passato sapere come era cambiato in meglio mi spingeva ad amarlo ancora di più.
«Credo che… I-Io… Penso… Penso che potrei essere incinta.» gli dissi cominciando a singhiozzare contro il suo petto. 
«Felicity.» mi chiamò, ma io non mi staccai da lui, troppo spaventata da quello che avrebbe potuto dire «Felicity, guardami.» a quel punto sollevai lo sguardo e i miei occhi arrossati incontrarono i suoi «Lo sospettavo già da un po’, ma pensavo saresti stata tu a dirmelo. Non credevo non ne sapessi niente.» confessò spostando una ciocca dei miei capelli bagnati dietro l’orecchio.
«Sono terrorizzata, Oliver. Se fosse realmente così che cosa faremo? Non possiamo crescere un bambino adesso.» affermai lasciando che le lacrime mi bagnassero nuovamente le guance.
«Ti fidi di me?» mi domandò afferrandomi il viso.
«Certo.» risposi sicura.
«Allora prendi questo così sapremmo la verità.» disse porgendomi una scatoletta con un test di gravidanza.
«M-Ma… Non sono pronta… Non… Non voglio saperlo…» 
«Ti terrò la mano se ne avrai bisogno.» esclamò sorridendo.
«Non ti farò guardare mentre faccio pipì su un bastoncino.» replicai subito.
«D’accordo, d’accordo. Ti aspetto fuori.» disse baciandomi piano a fior di labbra.
Dire che ero in preda al panico era un eufemismo, un bambino adesso che cosa avrebbe comportato? Non ero nemmeno sicura se in una città del genere nascessero i bambini! Aprii quella scatola e tirai fuori quello stupido test, “fa che sia negativo, ti prego.” mi ripetevo senza sosta. Non è che non volevo un figlio con Oliver, solo speravo che sarebbe passato altro tempo. Probabilmente ero più in ansia io che lui e stavo andando fuori di testa, meglio se evitavo di farmi paranoie inutili prima del tempo.
«Ho finito.» annunciai.
Oliver entrò in bagno e per la fretta quasi inciampò sul tappeto, okay, forse anche lui era in ansia quanto me «Che dice?» mi chiese con voce un po’ tremolante.
«Dobbiamo aspettare circa tre minuti…» risposi torturandomi le mani.
Restammo in silenzio per tutto il tempo finché non ci rendemmo conto che effettivamente il tempo era scaduto. Io non avrei guardato per prima neanche morta, ero troppo spaventata e di sicuro sarei diventata più isterica del solito.
«Guarda prima tu.» dissi ad Oliver che fortunatamente annuì e prese lo stick in mano. Lo fissò per qualche istante e poi me lo mostrò. Presi un gran respiro e guardai.
Due linee rosa. 
Positivo.





Angolo autrice
Ciao! È in assoluto la prima FF che scrivo su Arrow perciò siate clementi lol.
Come ho già anticipato nella descrizione, questa shot se vi piace potrebbe diventare una long, ma dipende da voi (e un po' da me se avrò tempo xD).
Comunque, penso sia chiaro cosa sia successo. Felicity ed Oliver avranno un bambino, non era programmato, nessuno se lo aspettava ma c'è. Thea è stata la prima ad accorgersene però anche Oliver stesso aveva qualche sospetto, l'unica che tra una cosa e l'altra non s'era accorta di nulla è proprio Fel.

Beh che dire? Ringrazio già chi leggerà e soprattutto chi vorrà lasciarmi una recensione, ho bisogno di sapere che ne pensate! :')
Da Olicity sfegatata quale sono non potevo non immaginarmi un futuro piccoletto uguale a loro che scorrazza per casa!
Mi raccomando fatemi sapere!
A presto!
Anna

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Capitolo 2
*** Shock ***


Capitolo 1 - Shock




Felicity
Stavo fissando quello stupido test da almeno cinque minuti, continuavo a guardarlo intensamente sperando di cambiarne il risultato anche se in cuor mio sapevo che non poteva magicamente tramutarsi in qualcos’altro. Oliver era rimasto in bagno insieme a me, nessuno dei due aveva proferito parola, gli avevo strappato letteralmente di mano lo stick e da quel momento ero nella stessa posizione a, appunto, fissarlo. Lui mi aveva lasciata fare, forse anch’egli troppo sconvolto per iniziare una qualche specie di conversazione. Non riuscivo nemmeno a descrivere come mi sentivo, forse incredula era il termine che s’avvicinava di più perché se avessi solamente pensato a parole come “terrore”, “ansia” o quant’altro sarei uscita di testa. Quando finalmente tornai un po’ in me buttai il test dentro al cestino dei rifiuti, non volevo più vederlo o la mia sanità mentale ne avrebbe risentito. Casualmente incrociai lo sguardo stupito di Oliver ma non ci feci troppo caso e andai in camera nostra per vestirmi visto che cominciavo a sentire freddo con solo l’accappatoio addosso. Mi infilai mutande, reggiseno, un paio di pantaloni di tuta e una felpa, sembrava che persino il mio corpo pretendesse un po’ di relax, al diavolo la moda!
«Non credi che dovremmo parlarne?» mi domandò Oliver all’improvviso spuntando sulla soglia della stanza.
«No.» risposi secca sedendomi sul bordo del letto per infilarmi le pantofole con il pelo.
«Felicity, non fare la bambina ti prego.» esclamò con tono pacato.
In quel momento non so esattamente che cosa mi prese, ma reagii piuttosto male alle sue parole «Bambina, Oliver? Non sei tu quello incinto mi pare! Ti rendi conto in che casino mi hai messa?» sbraitai.
«Scusa? Non credo di aver capito bene.» disse con aria decisamente irritata. Sì, probabilmente avevo esagerato dicendo quelle cose ma ero troppo scossa per ragionare lucidamente.
«Lascia stare.» tagliai corto per poi scendere in cucina senza neanche ascoltarlo. 
Sentii i suoi passi seguirmi di sotto e cercai di non badarci troppo, non volevo litigare con lui e nemmeno parlare ancora di questo. Avevo bisogno di stare da sola e metabolizzare pian piano la questione.
«Non puoi scappare in quel modo quando in ballo c’è qualcosa di così importante.» affermò.
«Oliver, per favore, non mi va di parlarne.» replicai prendendomi un bicchiere d’acqua.
«Non capisco perché ti comporti così e te la prendi con me, ci siamo dentro entrambi.» mi disse poggiandomi una mano sulla spalla.
Io ero di schiena, non potevo guardarlo negli occhi o sarei scoppiata in lacrime «È tardi e sono stanca, vorrei andare a letto se me lo permetti.»
«D’accordo, Felicity. Fa’ come credi.» mi rispose con tono infastidito.
Avrei dovuto scusarmi, fargli capire che non gli stavo dando la colpa, anzi io mi sentivo in colpa. Mi ci ero messa da sola in questo pasticcio e Oliver aveva solo tentato di rassicurarmi, esattamente non capivo neanche io perché avessi reagito in quella maniera. Era palese che lo avevo ferito, me ne rendevo conto benissimo, ma avevo bisogno di rimanere un po’ da sola senza dover rispondere a mille domande. 
Mi stesi sul divano coprendomi con la mia solita copertina in pile, accesi la televisione giusto per avere compagnia, non m’interessava guardare i programmi che davano a mezzanotte e mezza. Ancora non credevo di essere realmente incinta, quanto irresponsabile ero stata? Una sola cosa dovevo fare e non l’ho fatta. Ho persino incolpato Oliver che in realtà non ha nulla a che fare con questo sbaglio ed ora non so nemmeno come farmi perdonare. Mi ero comportata da bambina, aveva perfettamente ragione a definirmi così, speravo solo che magari domani avremmo avuto l’occasione di chiarirci.
Quando aprii gli occhi mi resi conto di non essere più sul divano in salotto ma nel mio letto, come cavolo ci ero arrivata fino a lì? Non è che… Sì, decisamente era stato Oliver. Nonostante fosse chiaramente arrabbiato non aveva rinunciato al mio benessere ed ora logicamente mi sentivo ancora più stupida per essermi comportata male con lui ieri. Mi alzai dal letto e andai in bagno a darmi una sciacquata alla faccia, dire che avevo delle pessime occhiaie era poco. Provai comunque a rendermi presentabile indossando una gonna alta e una camicetta, mi raccolsi velocemente i capelli in una coda e scesi giù per mangiare qualcosa. Speravo vivamente di trovare Oliver ma lui non c’era, di sicuro era uscito presto per andare a correre così decisi di mangiare un frutto al volo e di correre in ufficio.


Oliver
Fortunatamente Felicity non si era mai svegliata durante la notte, l’avevo riportata in camera semplicemente perché non faceva bene né a lei né al bambino dormire una notte intera sul divano. Di certo ero ancora più che offeso per come si era comportata e avevo preferito uscire prima di lei per non dover discutere di nuovo. Non mi aspettavo una reazione simile, anzi ero piuttosto certo che avrebbe pianto o urlato ma non credevo avrebbe mostrato quell’indifferenza di fronte ad un nostro futuro figlio. Capivo che era spaventata e che di certo non l’avevamo previsto però avremmo potuto risolvere la questione insieme invece che finire per litigare. 
Quando rientrai nell’attico Felicity non c’era, era già andata alla Palmer Tech e da un lato forse era meglio così. Se le acque si fossero calmate da sole sarebbe stato un vantaggio per entrambi. Decisi quindi di farmi una veloce doccia e di prepararmi per seguire la mia campagna elettorale insieme a Thea. Ero certo che mia sorella avesse capito tutto, aveva una specie di sesto senso per queste cose ma speravo caldamente che non avrebbe tirato fuori l’argomento.
«Oliver! Possibile che la puntualità non sia nei tuoi geni?» mi rimproverò Thea non appena varcai la soglia della stanza.
«Scusami, pessima nottata.» risposi pentendomi all’istante di averlo detto.
«Va tutto bene?» mi chiese. “Ecco appunto, ora indagherà finché non avrà scoperto tutto”.
«Sì, benissimo. Ora che sono qui mettiamoci all’opera.» dissi provando a cambiare discorso.
«Ollie.» mi chiamò.
«Thea, per favore, non ora.» la pregai.
«Va bene, va bene.» affermò lasciando finalmente cadere il discorso, sapevo che non si sarebbe arresta però almeno per un paio d’ore ero salvo «Comunque, ho chiamato Alex, ha detto che d’ora in avanti indagheranno parecchio sul tuo passato e che proveranno a screditarti, quindi cerca di mantenere sempre la calma e soprattutto non rispondere a nulla, okay?»
«Sì, sì, ho capito. Altro?» chiesi provando ad incanalare tutta la mia attenzione sulla campagna.
«Sì, oggi pomeriggio hai un’intervista alla Palmer Tech. Come ex proprietario della compagnia vogliono sapere cosa ti ha spinto a rinunciare, come ti senti visto che potresti intraprendere la carriera di sindaco e bla bla bla… Le solite cose.» concluse gesticolando.
Il mio pensiero si era fermato non appena Thea aveva nominato l’azienda, era proprio il momento perfetto per presentarmi lì con una miriade di giornalisti e la mia ragazza incinta, se lo avessero scoperto sarebbe stata la fine e Felicity non me l’avrebbe mai perdonato. Oltretutto rischiavo di metterla in serio pericolo, tra gli uomini di Darhk e gli oppositori della campagna non sapevo chi fosse peggio, entrambe le categorie avrebbero potuto prendere di mira le persone a me care e di sicuro la prima della lista era proprio Felicity.
«Oliver? Terra chiama Oliver, ci sei?» mi richiamò mia sorella svegliandomi dai miei pensieri.
«Sì, ti ascolto.» le dissi annuendo.
«Cosa ti ho appena detto?» mi domandò incrociando le braccia al petto.
«Dell’intervista alla Palmer Tech. Vedi, ti ascolto.» risposi convinto.
«Intendo tutto ciò che ho aggiunto dopo.» esclamò alzando gli occhi al cielo «È meglio se andiamo a mangiare qualcosa così magari mi spieghi cosa ti prende.»
«Ma c’è del lavoro da fare…» le ricordai.
«Hai la testa tra le nuvole, Oliver. Magari con un caffè ritorni tra noi. Avanti, offro io.» continuò porgendomi la mano ed invitandomi ad alzarmi.
Alla fine mi arresi e le afferrai la mano lasciando che mi trascinasse fuori dall’edificio. Ci fermammo in una caffetteria lì vicino e Thea ordinò per entrambi un espresso e una brioche calda. Forse distrarmi un po’ era la cosa migliore da fare nonostante il pensiero di Felicity non mi abbandonasse mai. 
«Allora, mi vuoi dire cos’è successo tra te e Felicity?» mi chiese Thea come nulla fosse.
Io per poco non rovesciai tutto il caffè sul tavolo, da quando mia sorella mi conosceva così bene? «Non è successo niente.» tagliai corto.
«Menti peggio di un bambino di cinque anni.» mi disse ridacchiando.
«Abbiamo solo discusso, niente di che.» affermai poi.
«Mi dispiace… Vuoi rimandare la conferenza? Se non te la senti non c’è problema, magari aspettiamo che tu e Felicity risolviate.» propose.
«Non credo sarà una cosa breve, Thea.» sospirai.
«Scusami, non volevo andare troppo oltre.» si scusò. Anche se infondo non aveva fatto nulla di male.
«No, non è colpa tua. È solo un momento un po’… Incasinato. Ed io non so come comportarmi.»
«Stalle vicino, Ollie, non devi far altro. Anche se lei ti respinge o ti urla contro, fallo e basta. Non è facile affrontare una gravidanza.»
«E tu come lo sai?» chiesi incredulo. Sapevo che Thea capiva quando nascondevo qualcosa, ma da lì ad indovinare il fulcro del problema ce ne voleva. Forse aveva parlato direttamente con Felicity, anche se ne dubito visto che lei non aveva voluto parlarne nemmeno con me.
«È da almeno un mese che me ne sono accorta, anzi pensavo lo sapeste anche voi…»
«In realtà ne abbiamo avuto la conferma ieri notte…» confessai «Ma Felicity non sembra averla presa bene.»
«Sii paziente, almeno per qualche giorno. Vedrai che andrà tutto bene e sarete dei genitori stupendi.» mi sorrise quasi commossa «Sto per diventare zia!» esultò infine.
Mi limitai a ridere sotto i baffi, sembrava lei quella che stava per avere un figlio e non io! D’altro canto ero certo che avrei seguito il suo consiglio, era inutile pressare Felicity quando era chiaro che voleva un po’ di spazio. Probabilmente tra qualche giorno si sarebbe risolto tutto tra noi. Speravo solamente di non farle saltare i nervi con l’improvvisa conferenza che Alex mi aveva piazzato nella, ormai, sua azienda…






Angolo autrice
Ciao! Come potete vedere ho deciso di continuare questa FF visto il riscontro positivo! :)
Iniziano già i problemi come potete notare, sì, sono cattiva xD nulla di grave, ma diciamo che Felicity non sembra molto entusiasta all'idea di diventare mamma tanto che se la prende con Oliver.. Lui decide semplicemente di lasciarla tranquilla e provare a darle un po' di spazio, ma non finisce qui... Alex ha piazzato una conferenza dove? Alla Palmer Tech logicamente ahahah!
Thea invece ha già capito tutto da brava sorella e consiglia ad Oliver di stare vicino a Fel nonostante tutto. Che succederà ora che Oliver e una marea di giornalisti si presenteranno in azienda? Come reagirà Felicity? :)

Grazie veramente alle 15 fantastiche persone che mi hanno motivato ad andare avanti! Spero mi lascerete un'opinione anche su questo capitolo ;)

Alla prossima!
Anna
 

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Capitolo 3
*** I want you to be happy ***


Capitolo 2 - I want you to be happy





Oliver
Entrai alla Palmer Tech insieme a Thea ed Alex senza farmi notare troppo, fortunatamente fotografi e giornalisti non erano ancora stati autorizzati ad entrare o sarebbe stato l’inferno. Speravo che Alex avesse avvertito Felicity ma non ci contavo più di tanto così chiesi a mia sorella di preparare la sala conferenze mentre io mi recavo di sopra nell’ufficio della mia ragazza. Prima di bussare all’enorme porta in vetro rimasi fermo ad osservarla, era seduta alla scrivania con le gambe incrociate sotto al tavolo, stava digitando velocemente qualcosa al pc ed era particolarmente concentrata, mi molto piaceva osservarla quando lavorava. Qualche minuto dopo mi decisi a bussare e la vidi alzare la testa, rimase immobile quando si accorse chi ero ma mi fece comunque cenno di entrare. Senza dire nulla ci sedemmo sul divano di pelle e notai quando Felicity fosse nervosa, non sapevo se per la conferenza o se per quanto era successo ieri.
«Sono venuto solo ad avvertirti che Alex mi ha piazzato una conferenza qui tra mezz’ora, non ero sicuro lo sapessi.» iniziai a dirle.
«In realtà non ho controllato i messaggi stamattina, ma non fa niente, fate pure.» mi rispose torturandosi le mani. Quando era agitata lo faceva di continuo, di solito parlava anche a sproposito ma questo non era decisamente il momento.
Le presi la mano istintivamente così che finalmente mi guardasse negli occhi, sembrava dispiaciuta e aveva un’aria piuttosto malinconica. Sapevo che la scoperta della gravidanza l’aveva sconvolta ma non credevo fino a questo punto, avrei voluto abbracciarla e rassicurarla ma non ero certo di come avrebbe reagito.
«Scusami per ieri, non era mia intenzione prendermela con te.» disse soltanto.
Le sorrisi, ero felice che si fosse resa conto che io per lei c’ero e ci sarei sempre stato «Ti perdono.» replicai stampandole un leggero bacio sulla fronte.
«Ma non sono pronta a dirlo agli altri e ti prego non accennarlo ai giornalisti, non voglio che mi stiano addosso o che mi seguano, soprattutto mentre lavoro e…»
«Felicity, respira.» la bloccai «Non è mai stata mia intenzione dirlo a qualcuno, tantomeno alla stampa. Solo Thea lo sa.»
«Sì, lo so. L’aveva capito prima di me.» mi disse sospirando.
«Mia sorella è una qualche specie di sensitiva quando si tratta di questo genere di cose.» le spiegai sorridendo.
«Persino tu avevi dei sospetti!» esclamò sconsolata.
«Solo perché l’avevo già vissuto, tutto qua.» risposi alzando le spalle.
«C-Che vuoi dire? Tu e Laurel per caso… Oh dio!» balbetto facendomi ridere.
«No, Felicity, niente del genere. Solamente mi ricordo come stava mia madre quand’era incinta di Thea ed ecco perché avevo dei dubbi.»
«Oh… Mi dispiace.» si scusò.
«Non preoccuparti, è acqua passata.» le dissi sbirciando l’orologio «È ora che io vada, ci vediamo a casa stasera, okay?»
Lei annuì piegando le sue labbra in un piccolo sorriso, se non altro si era scusata e tra noi andava molto meglio, non sarebbe stato per nulla semplice gestire questa gravidanza ma sapevo che insieme avremmo potuto fare qualsiasi cosa. 
Lasciai l’ufficio di Felicity ed entrai in sala conferenze, era già colma di persone che non appena mi videro iniziarono a scattare un milione di fotografie. Per quanto dovesse essere una cosa “piccola” mi ero ritrovato davanti almeno una ventina di persone che a malapena entravano nella stanza. Thea ed Alex erano in piedi in parte a me mentre io mi ero accomodato nella prima sedia a capo del tavolo. Presi un grosso respiro e feci cenno ai giornalisti che potevano cominciare, non sapevo che tipo di domande mi avrebbero posto e il che mi agitava parecchio, speravo solamente non uscisse nessun argomento riguardante i bambini o i figli.
«Signor Queen, come prima domanda volevo sapere come mai ha deciso di abbandonare completamente la direzione dell’azienda, voglio dire, una volta apparteneva alla sua famiglia mentre adesso non c’è nemmeno un suo parente all’interno.» chiese una giornalista dai capelli rossi. In quel momento avvertii lo scricchiolio della porta che si apriva e con mio grande stupore vidi entrare proprio Felicity.
«Innanzitutto come ben saprete non sono un uomo d’affari, non lo sono mai stato e credo che se avessi continuato a dirigere la ex Queen Consolidated sarebbe fallita nel giro di qualche mese. La cosa migliore che poteva capitare a questa azienda era sicuramente affidarla alla direzione di Ray Palmer, quello che è accaduto è stato tragico, ma Ray sapeva che tutto ciò che aveva portato a termine non sarebbe andato perduto, ecco perché aveva deciso di affidare la compagnia alla signorina Smoak. Penso che Felicity sia perfettamente in grado di portare avanti la attuale Palmer Technologies anche senza uno dei Queen.» conclusi.
«Crede di poter fare la differenza come sindaco? Come lei ha accennato non è un uomo d’affari, ma neanche un uomo di politica da quel che mi risulta. In poche parole, come pensa di cambiare questa città?» chiese successivamente un signore con i capelli brizzolati e gli occhiali sul naso.
«Ha ragione, non sono uno che s’intende particolarmente di politica, ma se ci pensa un attimo a questa città non servono uomini politici, a questa città serve una guida. Dev’essere completamente ricostruita, e non parlo degli edifici, parlo della fiducia tra i cittadini soprattutto. Chi si aiuta più a Star City? Nessuno. Tutti hanno paura di essere rapinati, feriti o addirittura uccisi. Una normale realtà del ventunesimo secolo non dovrebbe essere assolutamente così, o sbaglio? Quindi, quello che voglio fare è aiutare le persone a trovare la giusta strada per riparare la nostra città.» risposi sperando di essere stato sufficientemente convincente.
«Le sue parole sono ammirevoli signor Queen, sul serio. Ma quello che in molti si chiedono è: potremmo mai fare affidamento su un uomo come lei? Mi spiego meglio, fin da giovane è sempre stato il classico figlio di papà viziato, era un noto playboy e sembrava che l’unica cosa importante fosse fare festa. Ecco, mi dica, cos’è cambiato? Oltretutto ha avuto parecchie storie, ma mai nessuna realmente seria, ha intenzione di sposarsi prima o poi?» domandò una donna sulla cinquantina.
Inizialmente ridacchiai sentendo Felicity borbottare qualcosa, poi però decisi di rispondere alla domanda «Quand’ero ragazzo senza dubbio ero più spensierato, non avevo responsabilità né freni e questo mi andava bene, ma dopo essere stato cinque anni lontano da casa le cose sono cambiate. Io sono cambiato. Tutto ciò che era importante all’epoca ora non lo è più, le mie priorità sono ben altre ora come ora. E sì, ho avuto delle storie, alcune importante altre meno, ma non vedo come questo possa nuocere ai cittadini se diventassi sindaco. Inoltre, per quanto riguarda il matrimonio, non credo sia opportuno risponderle visto che la mia ragazza è qui dietro di me. Sa, non vorrei rovinarle una possibile sorpresa.» dissi infastidendo la giornalista apposta.
«Bene, credo che per oggi Oliver vi abbia soddisfatto abbastanza. La conferenza è terminata.» intervenne Thea invitando gentilmente i presenti ad andarsene.
Quando tutti se ne furono andati mia sorella mi guardò con una faccia dispiaciuta, non capivo esattamente perché, insomma, l’intervista sembrava essere andata bene, ero stato educato e formale, che c’era che non andava?
«Non pensavo si sarebbero spinti così sul personale.» si lamentò sedendosi accanto a me.
«Oh, avanti Thea, non era nulla di che.» la rassicurai.
«Che gli importa se tu e Felicity vi sposerete o meno?» mi chiese sbuffando.
«Non lo so e non m’importa.» risposi alzando le spalle.
«Glielo chiederai prima o poi vero? Mi sono accorta che l’anello di mamma non c’è più.» esclamò spiazzandomi, sapeva della gravidanza e adesso pure dell’anello? Dovevo seriamente imparare a nascondere meglio le cose.
«Ti farò sapere i miei progetti.» dissi semplicemente, restando sul vago.


Felicity
Rientrai a casa dopo un’altra lunga giornata di lavoro, ero praticamente sfinita ed anche se adoravo ciò che facevo a volte rimpiangevo il tempo passato lontana da tutto insieme ad Oliver. Appoggiai la borsa sul tavolo e lanciai via le scarpe col tacco, i miei piedi chiedevano pietà da ore! Non feci in tempo a voltarmi che mi ritrovai tra le braccia di Oliver, risi non appena mi sfiorò le costole, sapeva bene quanto soffrivo il solletico in quel punto e non si risparmiava ogni volta che poteva farmelo. “Maledetta quella volta che gli ho detto il mio punto debole!” pensai mentre mi divincolavo. Dopo la discussione che avevamo avuto era bello sapere che tra noi andava tutto molto meglio e che le cose pian piano si sarebbero risolte.
«Giuro che scoprirò anche io dove soffri il solletico!» esclamai seguendolo in cucina.
«Non ce la farai mai, mi dispiace.» ribatté lui continuando a cucinare quella che doveva essere la nostra cena. C’era un profumino delizioso nell’aria, Oliver era un cuoco strepitoso al contrario della sottoscritta che a stento sapeva prepararsi un tramezzino.
«Che cos’hai cucinato?» chiesi avvicinandomi al mio chef personale.
«Pollo arrosto con riso bianco, madame.» mi rispose facendomi assaggiare un po’ di sugo che il pollo aveva lasciato sulla pentola.
«Tu mi farai seriamente diventare una balena se continui a viziarmi così.» constatai beandomi del cibo che avevo in bocca.
«Ora come ora credo che mangiare ti faccia bene.» mi disse alludendo alla gravidanza. Già, il bambino.
«Credo di sì.» affermai solamente.
«Non ho avuto ancora l’occasione di chiederti come ti senti, fisicamente intendo.» provò a dire sperando di riuscire a farmi parlare della questione.
«Sto bene, sul serio. Sono solo un po’ più stanca del solito.» 
«Forse dovresti alleggerire gli orari in azienda… Che ne pensi?» mi domandò.
«No. Non ancora se non altro. Finché mi sento bene vorrei continuare.» risposi convinta. Almeno con il lavoro riuscivo a distrarmi.
«Certo, hai ragione.» acconsentì. Ci fu qualche istante di silenzio poi fu di nuovo lui a parlare «Felicity, posso chiederti una cosa? Però rispondi sinceramente.» mi chiese mettendomi leggermente in agitazione.
«Prometto che sarò sincera.» affermai posando la forchetta sul tavolo per un momento.
«Lo vuoi questo bambino? Perché non sembra affatto che tu l’abbia presa bene, anzi. Ed io non voglio farti pressioni, voglio solo che tu sia felice.» disse guardandomi dritta negli occhi.
«I-Io… Non è che non lo voglio, insomma, desidero avere dei figli solo… Solo non credevo sarebbe successo così presto. Sono spaventata a morte, Oliver, e non so davvero come comportarmi perché vorrei davvero essere una brava mamma, ma non sono come fare, non ne ho la minima idea! Capisci che il solo pensiero di crescere mio figlio nel modo sbagliato mi uccide?» confessai.
«Credi che io abbia idea di come si fa il padre? Felicity, siamo nella stessa barca credimi. Ho fatto così tanti sbagli nella mia vita che anche a me spaventa l’idea di avere un figlio e non dargli tutto ciò che merita. Se penso che potrebbe passare anche solo la metà delle cose che ho passato io mi sento male, sul serio.»
«Ho paura di non essere brava abbastanza.»
«Lo so, è lo stesso per me, ma… Potremmo avere paura insieme piuttosto che separatamente, che ne dici?» mi chiese sorridendo.
«Direi che si può fare.» risposi stringendogli la mano.
Passammo la serata sul divano a mangiare pop corn mentre proiettavano per l’ennesima volta la saga di Star Wars, avevo scoperto che persino Oliver aveva un lato nerd, amava questi film quanto me e appena ne avevamo l’occasione ci facevamo una maratona di ore. Erano circa le undici quando arrivò una chiamata da parte di Diggle: c’era una rapina in corso alla Starling National Bank. Oliver corse subito a prendere la giacca ed io feci lo stesso.
«Resta a casa, sei stanca e non voglio che ti sforzi ulteriormente anche stasera.» mi disse Oliver prima di uscire.
«Ma!» ribattei infastidita.
«Felicity, ti prego. Solo per questa volta, è una cosa da niente.» mi pregò con quell’espressione a cui non sapevo resistere.
«Solo. Per. Questa. Volta.» risposi scandendo bene le parole.
«Promesso.» affermò baciandomi sulla fronte.
Lo lasciai andare e sbuffando mi rimisi sul divano, non mi andava molto a genio che mi tenesse lontana dalle missioni solo perché ero incinta, ma per questa volta lo lasciai fare, in effetti ero piuttosto stanca…
Non feci in tempo ad appisolarmi che avvertii un rumore proveniente dalla cucina, mi alzai lentamente ed accesi la luce. Urlai non appena vidi chi mi era apparso davanti, non potevo crederci.
Damien Darhk. 
Qui. 
In casa mia.
Che diavolo voleva da me?






Angolo autrice
Ed eccoci qui con il secondo capitolo!
Qui c'è la tanto attesa conferenza in cui ad Oliver vengono poste domande anche pittosto personali, ma lui non si lascia distrarre e alla fine porta a termine una buona intervista. Le cose tra lui e Fel si stanno risolvendo, lei si è scusata ed hanno parlato apertamente riguardo il bambino.
Ma non appena lui esce Felicity si ritrova alle prese con qualcosa di più serio... Damien Darhk. Che vorrà l'uomo da lei? Beh lo saprete nel prossimo! :')

Grazie alle 7 ragazze che mi hanno recensito! Spero di ricevere altrettanti pareri anche qui, fatemi sapere mi raccomando! :)

A presto!
Anna

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Capitolo 4
*** The deal ***


Capitolo 3 - The deal





Felicity
Rimasi immobile per qualche istante a fissare quell’uomo con un ghigno sinistro in volto, non potevo davvero credere che fosse lui, qui, davanti a me. Indietreggiai verso il divano dove era appoggiato il mio cellulare, forse se fossi stata abbastanza veloce sarei riuscita a chiamare aiuto.
«Non provi a prendere il telefono, signorina Smoak, non servirebbe.» esclamò con un tono che mi fece rabbrividire.
Mi fermai capendo che avrebbe potuto farmi del male in qualsiasi momento, rivolsi di nuovo lo sguardo sulla sua figura e lui fece qualche passo verso di me. Non mi mossi da dove ero aspettando di vedere cosa aveva in mente.
«Ha proprio una bella casa, la invidio.» aggiunse poi guardandosi intorno. Mi chiedevo se mi stesse prendendo in giro o se volesse direttamente uccidermi.
«Grazie.» ribattei non sapendo che altro dire.
«Sono certo che si starà chiedendo come mai sono qui, quindi vedrò di soddisfare questa sua curiosità. Ho bisogno del suo aiuto, sa, non me ne intendo molto in campo informatico e nemmeno i miei uomini sono all’altezza del compito che gli ho affidato. Ho sentito molto parlare di lei e sono a conoscenza che è a capo della Palmer Technologies, ha sicuramente grandi capacità signorina Smoak e sono proprio alla ricerca di una come lei.» affermò guardandomi dritta negli occhi.
«Non ho la minima intenzione di aiutare un uomo come lei, signor Darhk.» risposi cercando di rimanere calma e sicura di me.
«Immaginavo non sarebbe stato semplice convincerla, in molti mi hanno detto che è particolarmente cocciuta.» sentenziò avvicinandosi ancora a me. Non prometteva nulla di buono, ma non potevo fare altro che rimanere ferma e ascoltarlo, di certo non potevo mettermi contro di lui.
«Non credo ci siano speranze che lei mi convinca, mi dispiace.» gli dissi sperando in vano che se ne andasse.
«Oh, io credo proprio di sì. Se lei non mi aiuterà farò sparire dalla sua vita il suo bel fidanzatino, sì, proprio lui, vuole candidarsi a sindaco giusto? Che peccato sarebbe per la città perdere l’unico volontario, non crede? Per non parlare della signorina Queen, le spezzerebbe il cuore perdere un’altra volta il fratello! Quindi, Felicity, posso chiamarla Felicity vero? Credo che lei debba decisamente accettare la mia offerta, in cambio non torcerò un capello a nessuno.» concluse.
Ancora non so come restai in piedi in quell’istante, aveva minacciato Oliver così spudoratamente che mi si era gelato il sangue, non potevo permettere che gli facesse del male perché per quanto Oliver sapesse badare a se stesso contro un esercito non avevo idea di quanto avrebbe resistito. Non avevo alternative anche se il solo pensiero di dover lavorare per Damien Darhk mi faceva venire il voltastomaco. Non potevo rischiare di perdere Oliver per una mia scelta sbagliata, non potevo far soffrire Thea come aveva sofferto in quei cinque anni, avrei fatto tutto il possibile per proteggere l’uomo che amavo, a qualunque costo. Per una volta dovevo essere io a mettere da parte l’orgoglio e il buon senso, Damien avrebbe dovuto passare sul mio cadavere prima di arrivare ad Oliver.
«Ha preso una decisione?» mi chiese squadrandomi. Sorrideva pure, come se sapesse di aver centrato perfettamente l’obietto e in fin dei conti non aveva torto, avrei ceduto.
«Va bene.» dissi solo, abbassando lo sguardo.
«Vedo che siamo giunti ad un buon accordo.» affermò.
«Cosa vuole che faccia?» domandai rassegnata, non sarebbe stato nulla di divertente questo era certo.
«Ho bisogno di un buon hacker che violi tutti i sistemi di sicurezza e sorveglianza della città, devo poter controllare la polizia, i vigili del fuoco e i paramedici con le ambulanze. Voglio che acceda a sistemi d’allarme, telecamere del traffico e telecamere ospedaliere.»
«Non ci vuole un genio per accedere a queste cose.» dissi.
«Lo so, ma i miei uomini sono addestrati ad altro, sono più gente da combattimento, non so se mi spiego.» rispose.
«Capisco.»
«Bene, grazie della collaborazione Felicity. Mi farò vivo io.» fece per andarsene quando si voltò nuovamente verso di me «Ah, dimenticavo, congratulazioni! Sono proprio curioso di sapere se è maschio o femmina!» poi svanì, così come era arrivato ora non c’era più.
Mi sedetti sul divano con la testa fra le mani, ero totalmente sconvolta e di certo gli ormoni che mi giravano in corpo non facevano che peggiorare la situazione. Lavorare con Darhk mi preoccupava, certo, ma ciò di cui avevo il terrore era dover mentire spudoratamente ad Oliver e agli altri, ero più che convinta che quell’uomo meschino non mi avrebbe lasciata in pace dopo aver completato le sue richieste. Mi chiedevo fin dove avrebbe avuto il coraggio di spingersi… Non osavo nemmeno immaginare cosa avrebbe potuto fare se avessi rifiutato. Aveva chiaramente toccato il mio punto debole, sapeva che non avrei permesso che facesse del male ad Oliver e ne aveva approfittato alla grande. Quello che ancora non capivo era perché avesse voluto proprio me, insomma ciò che mi aveva richiesto non era nulla d’impossibile, sicuramente c’erano altre persone in grado di farlo. Credo abbia ben altro in mente purtroppo.
Mi trascinai fino in camera da letto e dopo essermi messa il pigiama mi infilai sotto le coperte, avevo paura di non riuscire a gestire la situazione soprattutto ora che aspettavo un bambino. Ero a conoscenza del fatto che lo stress sicuramente non mi avrebbe aiutata, ma che altra scelta avevo? Avrei dovuto resistere ad ogni costo, non c’erano altre soluzioni.
«Ehi, dormi già?» mi chiese una voce familiare. Non mi ero neanche accorta che fosse rientrato.
«No, ti aspettavo.» risposi lasciando che mi avvolgesse in un abbraccio «Com’è andata stasera?»
«Tutto bene, anzi, fin troppo facile. Siamo davvero una bella squadra.» affermò Oliver entusiasta «Credo però che John si stia insospettendo, ho cercato di dirgli che non stavi molto bene ma si è limitato a sorridere.»
«Oliver, sei un pessimo bugiardo. Sul serio.» gli dissi stringendolo ancora di più a me.
«C’è qualcosa che non va? Mi sembri, non lo so, triste…» 
«Sono solo stanca, non preoccuparti.» mentii. Dovevo evitare di lasciar trapelare tutte le mie emozioni o avrebbe capito tutto nel giro di dieci minuti.
«D’accordo, allora buonanotte.» esclamò dolcemente.
«Buonanotte.» risposi lasciando che mi cullasse per tutta la notte, naturalmente non chiusi occhio ma non me ne stupii per niente.
Osservai la sveglia sul mio comodino che segnava le sei del mattino, avevo visto i minuti scorrere per tutta la notte, mi sentivo davvero spossata e stanca ma il mio cervello sembrava non volersi spegnere. Decisi di alzarmi per andare a mangiare qualcosa ma me ne pentii all’istante, non appena fui seduta il mio stomaco sembrò rivoltarsi e dovetti correre veloce almeno quanto Barry per arrivare in tempo al bagno. Tutta la cena di ieri finì nel cesso, letteralmente! Dio, ci mancava pure questa. Tirai lo sciacquone e mi stesi sul tappeto, non avevo intenzione di alzarmi o avrei vomitato anche la cena di due settimane fa. Qualche secondo dopo avvertii dei passi dirigersi verso di me, perfetto, avevo svegliato anche Oliver.
«Felicity?» mi chiamò bussando alla porta.
«Sì, sono qui.» risposi ad occhi chiusi, sempre seduta per terra.
«Che ci fai per terra? Stai male?» mi domandò abbassandosi.
«Il tuo magnifico pollo è appena finito giù per lo scarico.» lo informai amareggiata.
«Oh… Mi dispiace… Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare?» chiese con aria preoccupata.
«Ti prego non parlarmi di cibo o mi sento male sul serio.» lo avvertii.
«Hai una faccia terribile, Felicity… Senza offesa.» mi disse accennando un sorriso.
«Grazie, sei davvero gentile.» ribattei riuscendo a ridere.
«Sicura di star bene comunque? Da quando sono tornato ieri sera sei un po’ strana, è per caso successo qualcosa?» chiese.
«No, va tutto bene. È solo che non ho dormito molto e poi, beh, la nausea non aiuta.» risposi cercando di essere il più convincente possibile. Dopo neanche ventiquattro ore l’avevo già insospettito, ottimo. Ero pessima quanto lui a mentire.

Era trascorsa una settimana da quando Darhk mi aveva costretta ad accettare il suo accordo e ancora non si era fatto vivo. Oliver mi teneva d’occhio molto più di prima, anzi diciamo che era iperprotettivo a livelli quasi esagerati ma da un lato mi piaceva, era bello che si prendesse cura di me stando attento ad ogni minima cosa. Non avevo idea di come gestisse me, la campagna e le missioni notturne, io già faticavo a tenere un segreto figuriamoci a fare mille cose contemporaneamente. Avevo detto a Curtis della gravidanza per ovvi motivi, mi aveva vista vomitare almeno cinque volte e aveva notato che non bevevo più tanto caffè, oltretutto era il mio assistente ed inventare scuse non sarebbe servito a molto. Mi fidavo di lui e sapevo che sarebbe stato discreto, quando glielo avevo confermato mi aveva abbracciata congratulandosi per almeno un’ora per poi alludere a quanto il bambino sarebbe stato bello. Se non fosse stato sposato probabilmente sarei stata gelosa di come guardava Oliver ogni tanto.
«Signorina Smoak, mi spiace disturbarla, c’è un signore che insiste per vederla. Ho provato a dissuaderlo ma non c’è stato verso…» mi disse Allison, la mia segretaria.
«Lo faccia entrare, non c’è problema. Grazie Allison.» le risposi.
Lei annuì e uscì di corsa dal mio ufficio, io mi sistemai un po’ i capelli e la scrivania e attesi l’arrivo dell’uomo. Speravo vivamente non fosse qualche investitore o roba simile, non avevo voglia di annoiarmi. Diciamo che pochi secondi dopo le mie preghiere furono esaudite visto che chi mi si presentò davanti non era un investitore, bensì Damien Darhk in persona. Che ci faceva nel mio ufficio? Dio, se Oliver l’avesse visto avrebbe capito ogni cosa!
«Che ci fa lei qui?» chiesi schietta con tono tutt’altro che amichevole.
«Sono solo venuto a controllare come sta la mia collaboratrice.» rispose guardandosi intorno.
«Come sto? Non faceva parte dell’accordo controllarmi.» replicai infastidita.
«So bene che lei ha dei contatti con Green Arrow e la sua squadra, volevo assicurarmi che non ci fossero spiacevoli imprevisti. Le ho già detto che ci andrebbe di mezzo…»
«Oliver. Lo so. Crede che non l’abbia sentita quella sera?» domandai.
«Sono sicuro di sì, ma la prudenza non è mai troppa, no?» disse retoricamente «Tenga, qui c’è tutto il necessario.» continuò porgendomi un biglietto «Buona giornata, signorina Smoak.» concluse lasciandomi nel mio ufficio da sola.
Aprii quello stupido foglietto e ne lessi attentamente il contenuto, feci in tempo a metterlo via quando vidi Diggle entrare con una faccia pressoché sconvolta. Oh dio, era successo qualcosa? Qualcuno era morto?
«Ehi.» esclamai per salutarlo.
«Felicity, che ci faceva Damien Darhk nel tuo ufficio?» mi chiese lasciandomi pietrificata sulla sedia.







Angolo autrice
Salve! Sono tornata :) perdonatemi se ci metto un po' di più ma con lo studio sono un po' incasinata.
Comunque, eccovi svelato cosa vuole Darhk dalla nostra Felicity... Ma sarà tutto? Lei è sospettosa, voi? xD Oliver si è accorto subito che lei è un po' strana, sospetterà qualcosa?
Nonostante tutto sembra non essere finita, quali indicazione le avrà fornito Damien? E Diggle invece? Ha capito che sta succedendo qualcosa?
Beh scoprirete tutto più avanti ovviamente ahah :)

Grazie mille per le otto bellissime recensioni! Ne attendo altrettante! ;)

Un bacio e a presto!
Anna

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Capitolo 5
*** I'll be there with you ***


Capitolo 4 - I’ll be there with you





Felicity
Per quella che sembrò un’eternità rimasi ritta e immobile sulla sedia, non sapevo che scusa inventarmi, non sapevo se potevo dirgli la verità, non sapevo nemmeno formulare una frase di senso compiuto. John mi stava squadrando perché giustamente pretendeva una risposta da parte mia che però di questo passo non sarebbe mai arrivata.
«Felicity? Sto aspettando.» esclamò incrociando le braccia al petto. “Brutto segno, decisamente un brutto segno.” pensai tra me e me.
«I-Io… Cioè lui… Non sapevo… Non sapevo sarebbe venuto…» balbettai maledicendomi da sola, di solito ero abbastanza brava a tirare fuori scuse plausibili ma stavolta mi risultava veramente impossibile.
«Che voleva?» mi chiese sempre con aria piuttosto arrabbiata.
«Niente.» risposi provando ad essere convincente.
«Non me la bevo, mi dispiace. Sai quanto pericoloso e manipolatore è quell’uomo, quindi ora dimmi che sta succedendo.» affermò poggiando entrambe le mani sulla scrivania. Non avevo mai visto Dig così arrabbiato con me, so che lo faceva perché ci teneva a me ma non potevo dirgli che avevo un accordo con Damien. 
«Non sta succedendo un bel niente, John.» mentii.
«Vuoi continuare questo gioco per quanto ancora? Non mi muovo da qui finché non mi dici la verità, Felicity.» disse con tono duro.
Alzai gli occhi al cielo e mi alzai dalla sedia per uscire dall’ufficio quando lui mi si parò davanti bloccandomi la via «Ma che fai?» domandai provando a passare.
«Non ho detto che ti avrei lasciata uscire.» iniziò «Sei una delle mie più care amiche e sapere che Damien Darhk è venuto qui mi mette i brividi, non oso immaginare se lo sapesse Oliver.» concluse. No, non potevo permettere che lo dicesse ad Oliver. Ne andava della sua vita, non potevo rischiare tanto.
«Dig, ascolta, non è successo niente. Lo giuro. Ti prego non dirlo ad Oliver, te lo chiedo per favore.» lo pregai.
«Felicity, prometto che non dirò niente ad Oliver, ma tu devi dirmi la verità. Voglio solo aiutarti.» 
«Non posso.» risposi abbassando lo sguardo.
«Ha minacciato qualcuno vero?» mi limitai ad annuire «Sta usando lo stesso metodo che ha utilizzato con il capitano Lance, maledetto! Devi dirmi cosa ti ha chiesto, almeno posso proteggerti in qualche modo.»
«Non ce n’è bisogno, Dig. So quello che faccio.» affermai schietta.
«Lo so benissimo, ma di lui non mi fido.»
«E va bene.» acconsentii «Mi ha chiesto di accedere a tutti i sistemi di sicurezza della città, compresi quelli ospedalieri.»
«E tu hai accettato, giusto?» mi domandò, ora con tono molto più pacato e comprensivo.
«Ho dovuto.» replicai rassegnata «Ha minacciato di uccidere Oliver.»
«In che casino ti sei ficcata, Felicity?» mi disse abbracciandomi. 
Non sapevo neanche come descrivere il modo in cui mi sentivo, oltretutto John non sapeva della gravidanza e se l’avesse scoperto mi avrebbe uccisa sul serio. Era già molto preoccupato adesso figuriamoci se avesse saputo che portavo in grembo un bambino. Speravo solamente che tenesse la bocca chiusa con Oliver o sarebbe scoppiato un disastro.
«Mi ha lasciato un biglietto con ora, data e luogo dove recarmi.» aggiunsi, ormai era inutile mentire ancora.
«Okay, fammi vedere.» esclamò.
Presi il fogliettino e lessi il contenuto «29 novembre, ore 16.00, Johnson Street.»
«È tra pochi giorni… Non ti lascerò andare da sola.»
«John, non puoi venire con me.» gli feci notare.
«No, ma posso tenerti d’occhio. Felicity, già il fatto di dover nascondere una cosa tanto grande ad Oliver non mi va a genio, se dovesse succederti qualcosa non me lo perdonerei mai.»
«Lo capisco, e mi dispiace di averti coinvolto.» affermai sospirando.
«Sono contento di saperlo invece, collaborare con Darhk non è qualcosa di sicuro.» 

Oliver
Il viaggio in ascensore sembrava infinito, ero parecchio nervoso perché non sapevo come Felicity avrebbe preso la notizia che stavo per darle. Le opzioni erano due: o mi avrebbe urlato in faccia o ne sarebbe stata contenta, ed ero quasi certo che mi sarebbe capitata la prima. Percorsi in velocità il corridoio fino al suo ufficio soffermandomi qua e là a salutare qualche impiegato, aprii la porta senza neanche bussare convinto di trovarla da sola, ma con mio enorme stupore la trovai a parlare con Dig.
«Ehi, amico. Che ci fai qui?» chiesi sorridendo ad entrambi.
«Oh, niente. Ero solo venuto ad informare Felicity che stasera si prospetta una lunga notte, i Fantasmi hanno organizzato un nuovo colpo.» mi rispose, non convincendomi del tutto.
«Sì, infatti. Non me lo avevi accennato l’altra sera, Oliver.» aggiunse lei.
«Ero certo di averlo fatto, mi spiace.» mi giustificai nonostante fossi convinto praticamente al cento per cento di averle detto ogni cosa.
«Bene, tolgo il disturbo allora. A stasera ragazzi.» ci salutò Dig dileguandosi.
C’era qualcosa che sicuramente mi tenevano nascosto, non avevo idea di cosa fosse ma speravo che prima o poi saltasse fuori, di certo non gli aveva detto della gravidanza o John si sarebbe sicuramente congratulato con me, poco ma sicuro. Avrei indagato discretamente per conto mio perché nonostante tutto sapevo che Dig avrebbe sempre protetto Felicity a qualunque costo.
«Perché non ti siedi?» le chiesi poi riportando la mia attenzione su di lei.
«Va bene… Ma così mi spaventi… È successo qualcosa?» domandò a sua volta facendomi ridere sotto i baffi.
«No. Ti ho solo prenotato una visita dal ginecologo…» risposi con nonchalance.
«Tu cosa?!» mi urlò. Ecco, come non detto, sapevo sarebbe finita così.
«È uno dei medici di fiducia che aveva mia madre, non dirà nulla tranquilla.» dissi provando a calmarla.
«Non avevi il diritto di farlo senza chiedermelo! E se si venisse a sapere? Credi di poter condurre la tua vita notturna se i giornalisti sapessero che la tua ragazza aspetta un figlio da te? Ma che ti dice il cervello, Oliver?» sbraitò. Questa volta però mi fece tenerezza, non mi arrabbiai anzi quasi mi venne da ridere.
«Felicity, rilassati, è solamente una visita di routine, non ti sto chiedendo di fare altri tre figli.» replicai poggiando le mani sulle sue spalle.
«Ci mancherebbe altro!» affermò fulminandomi con lo sguardo.
«È oggi alle cinque, non dimenticartene per favore. Ti passo a prendere alle quattro e mezza.»
«Oliver, possiamo rimandare?» mi chiese all’improvviso con uno sguardo serio.
«Perché dovremmo?» ribattei confuso.
«Non… Non me la sento…» rispose fissandosi le scarpe.
«So che sei spaventata, ma è solo un controllo, sarò lì con te tutto il tempo.» le dissi sollevandole il mento con un dito.
«Promesso?» domandò. 
«Promesso.» confermai.
La vidi rilassarsi leggermente e questo rasserenò anche me, poi avvertii le sue morbide labbra sulle mie e la sua mano accarezzarmi i capelli, risposi al bacio stringendola a me con le mani sulla sua schiena. Ci volle poco perché quel piccolo innocente bacio si trasformasse in qualcosa di decisamente più appassionato e fui io a staccarmi da lei per primo controvoglia. La sentii lamentarsi e ridacchiai, ma non era il luogo adatto per determinate effusioni.
«Mi devi un bacio.» protestò.
«Avrà tutto ciò che desidera stasera, signorina Smoak.» la presi in giro ammiccando.
«Sa essere molto provocante, signor Queen.» mi rispose sistemandomi la camicia.
La attirai nuovamente vicino a me «Non hai ancora visto niente.» le sussurrai.
Lei scoppiò a ridere «Mi hai già messa incinta, più di così.» disse facendo inevitabilmente sorridere anche me.

Felicity
Il mio cellulare segnava già le quattro e venticinque, erano almeno dieci minuti che me ne stavo seduta sul divano dell’ufficio facendo grossi respiri per tranquillizzarmi, neanche fossi in travaglio! Ero davvero agitatissima per la visita, avrebbe resto tutto troppo reale e non sapevo se ero pronta, e se il bambino avesse avuto due teste e quattro mani? Cercavo di auto convincermi che sarebbe andato tutto bene ma l’ansia continuava ad attanagliarmi senza sosta.
«Sei pronta?» mi chiese una voce dandomi saltare dalla paura.
«Dio, Oliver! Mi hai fatto venire un infarto!» mi lamentai.
«Scusami, pensavo ti fossi accorta che ero qui.» disse alzando le spalle.
Durante il viaggio in macchina rimasi in una sorta di trans, il mio cervello si era praticamente spento e non sapevo se fosse un bene o un male. Oliver sembrava sereno, mi chiedevo come facesse a reggere tutta questa tensione ed essere così bello. Stavo decisamente divagando, non potevo pensare a lui in quel senso adesso. Ma che mi prendeva?
«Siamo arrivati.» esclamò toccandomi la spalla.
Annuii e scesi dall’auto un po’ traballante, la clinica era splendida, un edificio enorme con migliaia di sale di tutti i generi e un sacco di personale disponibile. Ci chiamarono dopo circa due minuti, non avevo mai visto tanta puntualità e non volevo nemmeno sapere quanto Oliver aveva speso per questa visita, di sicuro erano cifre fuori dal normale.
«Accomodatevi pure nella stanza la dottoressa sta arrivando.» ci informò una ragazza sui venticinque anni con un camice rosa pastello.
Senza dire nulla mi sedetti sul lettino, rigorosamente senza togliermi nulla, se avessi pure dovuto spogliarmi avrei ucciso Oliver una volta per tutte. Certo, ero già andata dal ginecologo molte volte ma stavolta era diverso.
«Salve, sono la dottoressa Evans. Oliver, è bello rivederti, sei cresciuto parecchio dall’ultima volta! E tu devi essere Felicity, giusto? Ti ho vista in televisione.» disse tutto d’un fiato, se non altro era simpatica.
«Sì, sono io.» risposi porgendole la mano.
Poi si rivolse ad Oliver «L’ultima volta che ti ho visto di persona avevi circa dieci anni, non sei cambiato più di tanto, a parte l’altezza.»
«Sì mi ricordo, era appena nata Thea, mi aveva accompagnato mio padre.» affermò lui.
«So che avevate paura che si sapesse in giro, ma non dovete preoccuparvi sarò il più discreta possibile.» ci disse mentre prendeva quello che mi sembrava un ecografo «Beh, per prima cosa faremo un’ecografia per stabilire a quante settimane sei, poi vi farò ascoltare il battito, d’accordo?»
Annuii e strinsi la mano di Oliver mentre la dottoressa sollevava lievemente la mia camicetta per spalmarci il gel. Era fin troppo appiccicoso per i miei gusti ma mi limitai a starmene buona e fissare lo schermo, poco dopo apparve un’immagine grigiastra che sicuramente era il mio utero.
«Ecco, è piccolino ma c’è.» esclamò indicando il puntino all’interno di una specie di sacco «Dovresti essere di circa sette settimane.»
Mi girai verso Oliver che stava sorridendo mentre fissava quello che sarebbe diventato nostro figlio, stranamente fui colpita da un’ondata di felicità ed entusiasmo, lui era così contento e non volevo togliergli questa gioia con la mia negatività. Oltretutto vedere fisicamente il bambino mi aveva rassicurata e non spaventata come credevo, era la volta buona che avrei accettato questa gravidanza?
«Ora con questo strumento vi farò ascoltare il cuore, dovrebbe sentirsi bene.» proseguì la ginecologa. Si sentì immediatamente un rumore regolare e veloce «Il battito è forte, il bambino sta bene.»
«È… Lui… È vivo.» balbettai affascinata.
«Te l’avevo detto che sarebbe andato tutto bene.» mi rispose Oliver.
«Grazie per avermi convinta.» gli dissi sorridendo.
«Non c’è di che.» esclamò lasciandomi un bacio tra i capelli.





Angolo autrice
Rieccomi con un altro capitolo!
Alla fine Felicity si è confidata con Dig, quindi speriamo possa aiutarla e proteggerla!
Con la gravidanza sembrano fare progressi, lei pare aver accettato il bambino dopo averlo visto e sentito, mentre Oliver da subito ne era stato felice!
Spero che la storia continui a piacervi! Presto vedremo cosa accadrà all'appuntamento che Damien ha dato a Fel... Che succederà? :)

Come sempre grazie delle recensioni e delle aggiunte alle varie categorie! Attendo i vostri pareri!

Un abbraccio,
Anna

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Capitolo 6
*** You need me alive ***


Capitolo 5 - You need me alive






Felicity
Andava tutto a meraviglia, questi due giorni erano volati ed erano stati i migliori dell’ultimo periodo. Da quando avevo fatto l’ecografia non riuscivo a staccare gli occhi dalla foto di quel minuscolo puntino nella mia pancia, era stranissimo per me provare quest’emozione di felicità incontrollata non appena pensavo a lui, o lei. Mi ero arrabbiata un sacco con Oliver per avermi prenotato la visita senza consultarmi ma dovevo ammettere che aveva fatto più che bene perché mi aveva totalmente cambiato. Adesso ero contenta di questo bambino, anzi ne ero proprio entusiasta! Volevamo annunciarlo agli altri questa sera a casa nostra e speravo vivamente che anche loro l’avrebbero presa bene, specialmente Laurel. L’unica pecca della giornata era il fatto che oggi avrei dovuto incontrare Damien Darhk. Oliver non sapeva nulla logicamente, gli avevo solo riferito che avevo una riunione appena fuori città e che non sapevo quanto sarebbe stata lunga. Fortunatamente avevo Diggle al mio fianco che mi avrebbe tenuta d’occhio da lontano e sinceramente ero sollevata all’idea che lui fosse con me, un po’ mi spaventata andare a quell’incontro anche se non mi sarei mai tirata indietro. Mi infilai un paio di jeans comodi, una maglietta e un cardigan, non potevo di certo andarmene là con il tacco dodici. Aprii la porta di casa e mi ritrovai John davanti, per poco non mi prese un infarto, lui e la sua puntualità!
«Sei pronta?» mi chiese.
«Sì… No… Forse… Non lo so, ma devo farlo.» balbettai.
«Ehi, prendi questo.» mi disse porgendomi un piccolissimo microfono da inserire sotto i vestiti «Così almeno sentirò tutto ciò che succede e se ci saranno dei problemi arriverò subito, okay?»
«Sì, certo. Grazie.» abbozzai un piccolo sorriso mentre raggiungevamo la macchina.
Cominciavo a sentirmi veramente tesa, Damien Darhk in un certo senso mi metteva sotto pressione e sapere che avrebbe potuto fare del male ad Oliver o a me in qualsiasi momento di sicuro non mi rassicurava. Il viaggio fu piuttosto breve, John mi scaricò circa cinquecento metri prima del punto d’incontro così da dimostrare che fossi sola. Mi incamminai provando a restare il più calma possibile anche se risultava molto difficile, il mio battito era decisamente accelerato e mi tremavano le mani, ma nonostante la paura dovevo farlo, se mi fossi rifiutata ci avrebbe rimesso Oliver e sapevamo bene tutti quanti che non poteva farcela da solo contro Darhk.
«Felicity, mi senti?» mi domandò Dig dal microfono attaccato al mio cardigan, l’unicolore invece era ben nascosto nel mio orecchio coperto dai capelli.
«Sì, ti sento.» risposi.
«Sono ancora convinto che sia una pazzia, ne sei davvero sicura?» 
«Devo farlo, lo sai anche tu.» dissi sospirando.
«Stai attenta, d’accordo? Se ti succedesse qualcosa Oliver mi ammazzerebbe.» continuò facendomi sorridere.
«Tranquillo, ucciderebbe prima me.» replicai «Sono arrivata, è meglio se chiudiamo la comunicazione.»
«Buona fortuna, Felicity.» 
Mi sedetti su una panchina in attesa di qualche segno, non vedevo nulla di sospetto, nessun uomo armato e il che forse era un buon segno. Cinque minuti dopo si fermò un auto davanti a me e la portiera posteriore si aprì, intuii subito che sarei dovuta salire così lo feci senza perdere troppo tempo. All’interno non vi era nessuno, solamente l’autista con cui non scambiai neanche una parola, cominciavo ad agitarmi sul serio e tutto questo stress peggiorava solo la situazione, ma soprattutto avrebbe potuto far del male al mio bambino. Il solo pensiero di ferirlo ora come ora mi terrorizzava e iniziavo a pentirmi di non averne parlato con Oliver di nascosto.
«Siamo arrivati, può scendere signorina.» mi avvisò l’uomo alla guida.
«Bene, grazie.» risposi facendomi coraggio.
Mi ritrovai in un garage di quella che sembrava essere una vecchia fabbrica abbandonata, non avevo idea di dove fossi ma sicuramente non lontano visto che il viaggio in macchina era durato poco più di dieci minuti. Mi guardai intorno per un attimo quando avvertii una porta aprirsi e spuntarono due uomini armati e con il passamontagna, erano esattamente come i Fantasmi che combattevamo. Si avvicinarono e uno mi afferrò per un braccio, mi scostai immediatamente infastidita, andava bene tutto ma non questo.
«Non osate toccarmi di nuovo. So camminare anche da sola.» dissi cercando di dimostrarmi sicura.
Vidi i due annuire ed mi fecero cenno di proseguire davanti a loro, uscita dal garage sembrò tutto molto più nuovo, le pareti erano verniciate, i lampadari nuovi di zecca e persino le porte erano moderne, non si poteva assolutamente dire che fosse un posto tutt’ora abbandonato. Era probabilmente il loro quartier generale.
«Signorina Smoak, benvenuta. Sapevo che non si sarebbe tirata indietro.» sentii la voce arrogante di Damien.
«Non che avessi molta scelta.» borbottai.
«Probabilmente no.» ridacchiò entusiasta. Avrei seriamente voluto prenderlo a schiaffi se solo avessi potuto, era insopportabile. «Ho chiesto ai miei uomini di portarle il necessario così potrà svolgere tranquillamente il suo lavoro, poi sarà libera di andare.» concluse.
Mi invitò a sedermi ad una scrivania ed obbedii senza ribattere, uno mi portò un computer portatile ed un altro collegò una chiavetta wifi così che potessi accedere ad internet. Provai ad accendere il computer ma non funzionò ed improvvisamente mi ritrovai le mani legate dietro alla sedia così come le caviglie. Mi voltai di scatto verso Darhk non capendo che diavolo stesse succedendo, lui mi guardò e scosse la testa senza dire nulla.
«Che stai facendo?» chiesi provando a muovere mani e piedi, ma la corda era veramente troppo stretta.
«È stato così facile prendermi gioco di te, Felicity. Credevi davvero che mi servisse un esperto informatico? Suvvia cara, non sono così all’antica da non avere al mio fianco persone laureate. Mi è bastato nominare Oliver Queen per farti cadere nella mia trappola, è proprio vero che l’amore uccide a volte. Però tranquilla, non è il tuo caso, mi servi viva.» mi disse lasciandomi senza fiato. Ero davvero così ingenua e stupida? Dovevo aspettarmelo che avrebbe stravolto i termini del nostro finto accordo.
«Si può sapere che cosa vuoi da me?» domandai rivolgendogli uno sguardo sprezzante.
«Niente di complicato, voglio solo che tu mi dica chi è Green Arrow. Ti ho già detto che so che lavori con lui, quindi risparmiati frasi come “non lo so”, sarà tutto più semplice e indolore.» esclamò.
Ecco il vero motivo per il quale voleva me e ci ero cascata come una pera, sapevo di non poter mentire o l’avrebbe capito in un batter d’occhio ma non potevo nemmeno dire tranquillamente a Damien Darhk chi era Arrow, era fuori discussione. 
«Io non ti dirò un bel niente.» affermai.
«Non partire già con il piede sbagliato, per favore. Odio dovermi sporcare le mani.» ribatté incrociando le braccia.
Le sue parole mi fecero rabbrividire ma decisi di rimanere sicura di me il più possibile «Se ti aspetti che io parli ti sbagli di grosso.»
«Non provocarmi, signorina Smoak. Potresti pentirtene.» mi minacciò.
«Io ti servo viva, lo sai tu e lo so io.» risposi guardandolo dritto negli occhi.
«Mi dispiace dover arrivare alle maniere forti, ma sembra che non ti importi.» disse sfiorandomi la pelle del viso con un dito.
Un brivido mi percorse il corpo dalla testa ai piedi, non sapevo che cosa volesse farmi, non volevo nemmeno saperlo in realtà, pregavo che Dig avesse ascoltato tutto e che venisse a recuperarmi in qualche modo. Ero stata un’egoista a trascinarlo in questo casino perché i Fantasmi avrebbero potuto fargli del male per colpa mia e non mi sarei mai perdonata se Sara e Lyla l’avessero perso.
«Ultima possibilità: chi è Arrow?» mi chiese ancora.
«Non te lo dirò, mi dispiace.» risposi.
«Perché vuoi proteggerlo a tutti i costi?»
«Perché è così che ci si comporta con le persone a cui si tiene, ma ovviamente tu cosa ne vuoi sapere.» risposi.
Mi pentii di quella frase nell’istante in cui mi colpì in piena faccia con uno schiaffo facendomi sanguinare il labbro inferiore. Avrei dovuto starmene zitta, che cosa stavo facendo? Non era da me provocare delle persone del genere e non potevo rischiare di mettere in pericolo mio figlio. Sentivo il sapore metallico del sangue in bocca e cominciavo ad aver paura di sapere fin dove si sarebbe spinto per sapere la verità.
«Non mi piace prendermela con le belle donne, ma tu veramente sai come irritare una persona!» esclamò a denti stretti.
Stavolta rimasi zitta e immobile con lo sguardo basso, il labbro mi faceva male anche se aveva smesso quasi subito di sanguinare fortunatamente, volevo andarmene da qui ma non avevo la forza necessaria né l’esperienza per cavarmela da sola.
«Lo sai vero che potrei far uccidere Oliver in qualunque momento?» mi domandò.
«Sì.» risposi a bassa voce.
«Ma tu puoi far in modo che non accada se mi dici chi è Arrow.»
«Perché t’interessa? Saperlo o meno cosa ti cambia?» chiesi in un momento di totale disperazione. Sapevo bene che con Damien non potevo fare un discorso sensato ma dovevo prendere tempo e sperare che qualcuno venisse a tirarmi fuori dal guaio in cui mi ero cacciata.
«Semplicemente perché conoscendo la sua identità non avrei problemi a far sì che si schieri con me, come ben sai far leva sulle persone care è una buona strategia.»
Sperava davvero che Oliver si sarebbe unito a lui? Aveva sconfitto Ra’s dall’interno, aveva la Lega degli Assassini dalla sua parte, o quasi, non poteva realmente pensare che l’avrebbe fatto.
«Lui non si unirebbe mai a te.» affermai.
«Io non sono Ra’s, non sono uno che si fa prendere in giro così facilmente, mia cara. Ed ora, se non ti dispiace la mia pazienza si sta esaurendo, quindi o parli o ci saranno brutte conseguenze.»
Rimasi in silenzio di nuovo, non avrei mai e poi mai tradito Oliver anche se questo significava essere in pericolo per davvero. Pochi istanti dopo mi sentii tirare per i capelli e la mia testa finì all’indietro, non me l’aspettavo e ogni fibra del mio corpo iniziava a farmi male ma cercai di resistere il più possibile.
«Parla!» mi urlò lasciando finalmente la presa.
Feci “no” con il capo mentre gli occhi mi si velavano di lacrime, ero spaventata a morte ed ora riuscivo ad ammettere di essere davvero preoccupata per la mia vita e quella del bambino. Non volevo fargli del male per colpa della mia testardaggine, non poteva rimetterci lui per una cosa che io avevo scelto. Ricevetti un altro colpo, sempre dallo stesso lato del viso e una lacrima solitaria mi scese lungo la guancia.
«Levale le mani di dosso! Ora!» gridò una voce alla mia destra. 
«Immaginavo saresti venuto in soccorso della tua assistente.» esclamò Darhk.
Quasi mi sembrava un sogno, Oliver era venuto a salvarmi per l’ennesima volta rischiando la vita. Chiusi gli occhi per quella che sembrò un’eternità, non volevo vedere, volevo solo che finisse tutto. Sentii dei colpi, colpi di freccia probabilmente e poi avvertii le mie mani liberarsi dalla corda così come le caviglie. Aprii gli occhi lentamente e vidi il volto di Oliver squadrarmi, era terrorizzato, lo capivo solo vedendo i suoi occhi. Scoppiai a piangere senza controllo e lo abbracciai fortissimo, lui era qui per me, era sempre qui per me ed io avevo rischiato di far uccidere suo figlio, nostro figlio.
«Va tutto bene, è finita Felicity.» mi disse prendendomi in braccio.
«Mi dispiace tanto.» risposi tra un singhiozzo e l’altro lasciando che mi portasse fuori da quell’inferno.






Angolo autrice
Perdonate il ritardo, ma come sapete lo studio chiama purtroppo u.u 
Anyway, eccovi il quinto capitolo di questa storia. Felicity si reca al fatidico appuntamento con Darhk, seguita da Diggle che prova a tenerla al sicuro piazzandole almeno un microfono. Damien come molte di voi immaginavano non voleva un'esperta informatica, aveva ben altri piani... Voleva sapere chi è Arrow, ma Fel non ha ceduto anche se ci ha rimesso abbastanza.
Spero di non aver dato fastidio a nessuno descrivendo la scena in cui Damien le da uno schiaffo, insomma non si sa mai :)
Fortunatamente Oliver ha salvato la situazione e nel prossimo capirete come! Si arrabierà con Fel e Dig? O no?

Grazie come sempre per le recensioni, anche se sono un po' calate nell'ultimo, spero di rifarmi con questo! 

Ps: sono in ansia per il finale di metà stagione di Arrow! Ho paura di vedere quell'episdio ahah xD

A presto!
Anna

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Capitolo 7
*** Baby Queen ***


Capitolo 6 - Baby Queen






Oliver
Quando Dig mi aveva chiamato più o meno un’ora fa il mondo mi era crollato addosso, sospettavo che Felicity stesse combinando qualcosa ma non mi sarei mai aspettato che avesse accettato un accordo con Darhk, perlopiù senza dirmi niente. Da un lato la capivo, sicuramente l’aveva ricattata però dall’altro non potevo credere che non ne avesse parlato con me. Ero andato a correre dopo essere stato tutta la mattina insieme ad Alex e Thea per la campagna elettorale, poi avevo ricevuto la chiamata sentendomi dire che Felicity era in pericolo. Mi si era gelato il sangue nelle vene e non capivo come fosse successo, non avevo voluto spiegazioni, non in quel momento, ero entrato insieme a John in quella specie di fabbrica e non c’era voluto molto a trovare Damien. Non appena avevo visto Felicity legata a quella sedia avevo quasi perso il controllo delle mie azioni, era ferita e visibilmente sconvolta, se avessi potuto uccidere quell’uomo l’avrei fatto, non era bello ammetterlo ma il solo pensiero che l’avesse sfiorata faceva ribollire la rabbia dentro di me. Era palese che ci avesse lasciato andare, sapevo bene che da solo non l’avrei sconfitto, solo che in quell’istante non m’importava. Lei mi aveva guardato ed era scoppiata in lacrime abbracciandomi, si era scusata almeno cinque volte mentre la tiravo fuori da là ed io mi ero limitato a stringerla così che potesse calmarsi. Ero furioso sia con lei che con Dig ma non avevo ancora detto nulla a nessuno dei due, volevo assicurarmi che Felicity stesse bene prima di farle capire quanto irresponsabile fosse stata.
Le portai una tazza di té fumante, poi presi la coperta del divano per coprirle le spalle e mi sedetti accanto a lei. Era ancora sotto shock, a parte “mi dispiace” non aveva detto nient’altro e non volevo forzarla troppo. Nonostante fossi arrabbiato non rinunciai a starle vicino, non sapevo esattamente cosa le aveva fatto Darhk ma di certo non avevano solo chiacchierato. Qualche minuto dopo posò la tazza su tavolino e appoggiò la testa sulla mia spalla, io l’abbracciai stringendola nuovamente così che potesse sentirsi più sicura.
«Mi dispiace, Oliver.» disse ad un certo punto.
«Lo so, lo hai ripetuto almeno sei volte.» risposi tranquillamente.
«Voglio solo che tu capisca che mi dispiace davvero.» continuò ricominciando a piangere.
«Ti prego non piangere, ehi, ci sono io adesso, è tutto apposto.» affermai facendola sedere sulle mie gambe così da poterla abbracciare meglio.
«Sono un’idiota, per colpa mia avrebbe potuto fare del male al nostro bambino.» replicò singhiozzando.
«Ora sei al sicuro, cerca di calmarti.» provai a rassicurarla.
«Volevo solo proteggerti…» esclamò.
«Che vuoi dire?» chiesi.
Lei alzò lo sguardo, aveva gli occhi rossi e gonfi, mi spezzava il cuore vederla così «Lui ha minacciato di ucciderti se non lo avessi aiutato, non potevo rischiare che ti succedesse qualcosa.»
Provai a dire qualcosa ma le parole non mi uscivano di bocca, lei aveva cercato di proteggermi mettendo a scapito la sua sicurezza e la sua vita. Era la prima volta che mi sentivo così, era la prima volta che la donna che amavo aveva messo a rischio se stessa per il mio bene. Ancora adesso mi chiedevo come avevo fatto a meritarmi una donna del genere, Felicity era fantastica, forse fin troppo.
«Non mi dici niente?» domandò risvegliandomi dai miei pensieri.
«Sei la mia eroina, lo sai? E nonostante sia veramente arrabbiato con te non nego che sapere che l’hai fatto per me mi rende felice.» le confessai carezzandole il viso.
«Immaginavo ti saresti incazzato parecchio.» rispose accennando un piccolo sorriso.
«Non hai idea di quanta paura ho avuto, Felicity.» le feci notare.
«Scusami…» replicò posando la sua fronte contro la mia.
«Ti ha fatto qualcosa?» le chiesi improvvisamente. Lei mi guardò senza proferire parola, ci stavamo fissando dritti negli occhi ma continuava a non parlare. Mi spaventava questo suo silenzio, mi spaventava da morire, ma non potevo obbligarla a parlare perché sapevo bene quanto difficile fosse discutere su determinati argomenti.
La vidi aprire la bocca pronta a dirmi qualcosa quando suonò il campanello, merda, mi ero totalmente dimenticato di disdire l’appuntamento di stasera con gli altri. Dovevamo annunciare la gravidanza e questo era il momento peggiore. Felicity si alzò di corsa e aprì la porta, erano arrivati tutti: Laurel, Thea, John e Lyla con la piccola Sara.
«Ciao ragazzi, accomodatevi!» li invitò Felicity.
Io mi alzai dal divano ancora pensieroso, speravo che avremmo potuto parlarne di nuovo ma non ne ero del tutto sicuro. Oltretutto ero arrabbiato anche con Dig, lui sapeva tutto e non mi aveva detto nulla, sapevo che non voleva immischiarsi tra me e Felicity ma non era una scusa per metterla in pericolo, soprattutto con Damien Darhk.
«Si può sapere che cosa dovete dirci? E non è giusto che Thea sappia già tutto!» disse Laurel facendo la finta offesa.
«Non è colpa mia se sono un genio!» ribatté mia sorella vantandosi.
«È meglio se vi sedete, ho comprato le patatine e ordinato la pizza.» aggiunse Felicity ridacchiando.
«Ollie, sei silenzioso, stai bene?» mi chiese Thea.
«Sì, sto bene.» le sorrisi.
«Non essere nervoso, non è mica una disgrazia!» continuò lei suscitando negli altri sempre più curiosità.
«Okay, eccovi il cibo.» affermò Felicity posando sul tavolino le ciotole con le patatine «Beh, credo sia il momento…»
Mi chiedevo come avesse potuto cambiare umore così velocemente, forse parlare del bambino la faceva stare meglio e se così fosse stato ero grato a quel piccolo esserino. Ci scambiammo uno sguardo per capire chi dei due dovesse parlare ma nessuno sembrava voler cominciare.
«Allora?» ci richiamò Laurel.
«Noi… Sì, insomma…» balbettò la mia ragazza facendomi sorridere.
«Oh dio, vi sposate!» esclamò Laurel lasciando gli altri a bocca aperta.
«Che? No! No, non è quello…» rispose Felicity arrossendo.
«State per avere un bambino?» buttò lì Lyla facendomi quasi andare di traverso una patatina.
«Sei incinta?» chiese Dig a Felicity spalancando gli occhi.
«A quanto pare…» dissi io ricevendo una gomitata da parte della mia ragazza.
«Finalmente ora lo sanno tutti e posso vantarmi che presto diventerò zia.» aggiunse Thea facendo ridere un po’ tutti.
«Ma è bellissimo! Ora Sara avrà un amichetto con cui giocare!» si congratulò Lyla abbracciandoci entrambi.
Dopo aver ricevuto baci e abbracci da tutti ci sedemmo a tavola a mangiare la pizza, sembravano tutti entusiasti della notizia in particolare mia sorella che già stava organizzando i prossimi diciotto anni di mio figlio, che fosse maschio o femmina lei aveva già in mente ogni cosa. Io non sapevo nemmeno da dove cominciare, ero ancora spaventato all’idea di diventare padre ma vedere tutti così felici della novità non poteva che rassicurarmi. 
Prima che ci lasciassero decisi di uscire un paio di minuti e parlare con Laurel, non volevo che fosse imbarazzante tra noi né che compromettesse la fiducia reciproca necessaria nel nostro team.
«Ehi Laurel, posso parlarti?» la fermai nel corridoio.
«Certo, dimmi futuro paparino.» mi rispose prendendomi in giro.
«Speravo solo che non fosse un problema per te tutta questa storia… Non l’avevamo proprio programmato.»
«Oliver, non dire cavolate ti prego! È ovvio che sia contentissima per voi, ti meriti una persona come Felicity e ancora di più ti meriti un bambino che ti ami. Sì, siamo stati insieme, ma questo non significa che io non ti voglia vedere felice!»
«Grazie, davvero. Sei una grande amica.» le dissi abbracciandola.
«Facevamo schifo come fidanzati ma come amici ce la caviamo bene, che dici?» mi domandò ridacchiando.
«Direi che così andiamo benissimo!» risposi a tono.
«Sarai sempre una parte importante della mia vita, Oliver. E sono certa che sarai un papà fantastico.» aggiunse.
«È quello che spero.»
«Buonanotte. Salutami ancora Felicity.»
«Lo farò. Buonanotte Laurel.»
Dopo aver parlato anche con lei mi sentivo davvero bene, questo bambino avrebbe portato gioia a tutti quanti oltre che a Felicity e me. Un po’ com’era stato con la piccola Sara circa un anno fa, lei era stata il segno che nonostante la via frenetica che conducevamo era possibile avere una famiglia. 
«Ehi, che combini?» chiesi rientrando in casa.
«Ho solo dato una sistemata, penso che finirò di sistemare domani perché adesso sono veramente stanca.» mi rispose portando le braccia intorno al mio collo.
«Allora ti porto a letto.» dissi prendendola in braccio senza che potesse ribattere.
«Oliver!» gridò per la sorpresa facendomi ridere.
La lasciai scendere non appena fummo in camera così che potesse mettersi il pigiama, solo quando si tolse la maglia notai i segni che aveva sui polsi, sapevo che Damien l’aveva legata ma non credevo le avrebbe lasciando dei lividi del genere. Felicity ancora non voleva parlarne ma stavo seriamente iniziando a preoccuparmi.
«Non vieni a dormire?» mi domandò.
«Sì, arrivo.» risposi ancora con la mente altrove.
L’abbracciai sotto le coperte e non riuscii a trattenermi più «Felicity, cosa ti ha fatto Darhk?»
Lei sussultò leggermente e distolse lo sguardo «Oliver, non è successo niente.»
«Hai dei lividi sui polsi e il labbro gonfio, credi che non me ne sia accorto?» 
«Voleva sapere chi era Arrow ed io ho solo cercato di deviare il discorso, ma evidentemente a lui non è piaciuta come cosa.»
Adesso era tutto molto più chiaro «Lui… Felicity dimmi che non ti ha toccata. Giuro che gliela farò pagare se solo ha osato sfiorarti.»
«Guardami.» mi disse «Io sto bene, mi sono messa nei casini, me la sono cercata, ma è andato tutto per il meglio. Non voglio più pensarci, okay?»
«Spetta a me proteggerti e ho fallito.» affermai deluso da me stesso.
«Non dire sciocchezze, so badare a me stessa e tu non hai colpe. Mi prometti che non ti incolperai per questo?»
Annuii per poi baciarla piano e dolcemente «Ti amo.»
«Anch’io ti amo.» rispose accoccolandosi sul mio petto.






Angolo autrice
Eccomi qui con il sesto capitolo! Sono ancora distrutta per il finale di Arrow, come farò fino a gennaio? T.T
Comunque... Felicity sta bene, è tornata sana e salva anche se non vuole parlare con Oliver dall'accaduto. Nel momento in cui glielo sta per dire suona il campanello e si presenta il team al completo pronto a sapere le novità.
Tutti hanno preso molto bene la questione della gravidanza, Thea in particolare ahahah :) 
Nell'ultima parte Oliver finalmente capisce cos'è successo ma decidono di non scendere nei particolari.

Spero vi sia piaciuto anche questo! Nel prossimo probabilmente ci sarà un piccolo salto temporale, ma ancora non ne sono certa!
Attendo le vostre recensioni, fatemi sapere mi raccomando :D

A presto,
Anna

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Capitolo 8
*** The new mayor ***


Capitolo 7 - The new mayor 





Quattro mesi dopo

Felicity
Avevo trascorso dei mesi meravigliosi, avevamo festeggiato il primo natale tutti quanti assieme come una vera famiglia, nonostante fossi ebrea mi ero divertita un mondo a fare i regali e a scartarli a mia volta. Oliver aveva insistito perché lo aiutassi a fare l’albero e a decorare l’intero appartamento, aveva persino invitato mia madre per un’intera settimana che all’epoca non sapeva ancora nulla della gravidanza. Avevo aspettato fino all’ultimo per dirglielo, non perché pensavo che ne sarebbe stata scontenta ma proprio per l’esatto contrario, avrebbe iniziato a riempirmi di domande, comprese quelle più imbarazzanti e intime e non ero mentalmente pronta ad un interrogatorio da parte di Donna Smoak. Glielo avevo confessato il 24 dicembre prima di cena, ne era rimasta sconvolta tanto che aveva rotto un piatto, non se lo aspettava minimamente, ma subito dopo si era messa ad urlare come una pazza e mi aveva stritolata dalla gioia. Da quand’era partita, appena prima di capodanno, ci sentivamo spessissimo e questa cosa ci aveva unito ancora di più, non lo credevo possibile, davvero, ma così era stato. Sarebbe dovuta ritornare a Star City oggi in giornata, era il giorno delle elezioni e voleva essere presente anche lei per sostenere Oliver così come tutti noi. Ero più agitata io del mio fidanzato, era un passo enorme per lui, per noi e volevo che fosse tutto perfetto.
«Buongiorno.» sentii sussurrarmi all’orecchio.
«Buongiorno futuro sindaco.» gli risposi lasciando che mi abbracciasse da dietro.
«Non è ancora detto che mi eleggano.» ribatté lui.
«Dai, quell’incompetente di Julian Griffin che si è candidato non ti batterà mai.» dissi ridacchiando. Quest’altro aveva deciso di fare concorrenza ad Oliver ma era evidente che a nessuno piaceva, solamente lui non se n’era reso conto.
«Mh, lo spero proprio… Comunque, parlando di cose più serie… Come sta il mio piccolo principe lì dentro?» mi chiese accarezzandomi la pancia che ormai era tutto tranne che piatta.
«Si muove sempre di notte, dormo a malapena.» mi lamentai. Avevamo scoperto di aspettare un maschietto che da qualche mese non faceva che scalciare e rigirarsi nella mia pancia, di sicuro sarebbe stato un bambino attivo.
Lo sentii ridacchiare e come risposta gli arrivò una gomitata sulle costole «Non prendere in giro una donna incinta, soprattutto quando aspetta tuo figlio!»
«Non mi permetterei mai.» fece il finto tonto.
«Ecco, perché ti ucciderei.» risposi facendolo ridere di nuovo.
«Sì, lo so bene.» esclamò stringendomi contro il suo petto.
«Volevo informarti che mancano tre mesi e ancora non abbiamo scelto un nome.» gli ricordai.
«Lo so, lo so. È solo che ce ne sono così tanti in ballo, giuro che stasera dopo le elezioni, in qualunque modo finiscano, lo scegliamo.» mi promise Oliver.
«Sarebbe bello poterlo chiamare finalmente con il suo nome e non “bambino” o “piccolo Queen” o “mini Arrow”.» aggiunsi sorridendo.
«Beh, “mini Arrow” è carino.» disse lui dandomi un leggero bacio per poi scappare letteralmente dal nostro letto prima che potessi dargli un’altra gomitata.



 
***
 

Avevo guidato fino all’aeroporto per andare a recuperare mia madre che ovviamente stava ancora cercando le sue valigie nel nastro trasportatore, mi chiedevo perché per una volta non potesse mettersi un paio di jeans invece che i suoi soliti vestitini, era ovvio che le ci volesse una vita conciata così. La vidi comparire dopo quaranta minuti tutta sorridente come nulla fosse, un giorno o l’altro l’avrei uccisa, giuro. 
«La mia bambina! Ciao tesoro, come stai? E il mio nipotino? Tutto bene vero?» mi chiese a raffica facendomi inevitabilmente ridere.
«Mamma, calmati. Stiamo benissimo tutti e due.» risposi offrendomi di portarle almeno la borsa.
«Oh, no no. Felicity, cara, tu non devi assolutamente portare pesi, ci penso io.» affermò lei decisa ed io la lasciai fare «E Oliver come sta? Sarà così agitato poverino! Lo hai tranquillizzato vero? Sai, ci sono dei modi perfetti per calmare un uomo…»
«Mamma!» sbraitai «Ti prego non questi discorsi!»
«Avanti, Felicity, credi che non sappia come avete concepito il piccoletto?» mi domandò facendomi diventare viola in faccia. Non mi sarei mai abituata a parlare esplicitamente di sesso con mia madre, mai.
«Sì, immagino tu lo sappia.» commentai mettendomi nuovamente alla guida, questa volta in direzione casa.
Non appena arrivammo all’appartamento lasciai che mia madre si sistemasse nella camera degli ospiti e approfittai per vedere a che punto fosse Oliver con i preparativi. Si era davvero impegnato con tutto se stesso in questo progetto, così come Thea ed Alex e non potevo essere più orgogliosa di lui, se lo meritava sul serio. Oltretutto erano mesi che Damien Darhk era completamente scomparso, l’avevamo cercato intensamente per settimane ma con zero risultati. Per un po’ la cosa ci aveva preoccupato parecchio tanto che Oliver quasi non mi lasciava uscire di casa, dopo l’episodio successo qualche mese fa non si fidava troppo a lasciarmi sola. Fortunatamente lui e Dig si erano chiariti sulla questione, nessuno dei due voleva perdere il legame fraterno che avevano un’altra volta.
“Ehi, come procede laggiù?” digitai sul mio cellulare.
Oliver stranamente mi rispose subito “Siamo quasi pronti, l’unica che sta impazzendo è Thea.”
Sorrisi leggendo il suo messaggio, immaginavo che la piccola Queen avrebbe dato di matto visto che praticamente gli aveva gestito la campagna. “Andrà tutto bene, sarò lì tra poco.”
“Sbrigati che già mi manchi.” mi scrisse facendomi arrossire come una ragazzina.

Oliver
Ero decisamente agitato, non lo davo a vedere ma lo ero. Volevo che andasse per il meglio, volevo rendere orgogliosa Felicity, volevo premiare Thea del suo eccellente lavoro e volevo che mio figlio in futuro fosse fiero di avermi come papà. Ancora mi sembrava surreale che tra meno di tre mesi avrei tenuto in braccio mio figlio, ringraziavo chiunque avesse fatto sì che Felicity si fosse dimenticata la pillola perché questo bambino era diventato il mio mondo ancora prima che nascesse.
«Ollie, è ora.» mi chiamò mia sorella distraendomi dai miei pensieri.
«Okay, sono pronto.» risposi prendendo un grosso respiro.
«Non essere nervoso.» mi disse sistemandomi la giacca.
«Da che pulpito, Thea.» ribattei sorridendo visto che era lei quella isterica.
«Io posso esserlo, tu no perché andrai alla grande. È solo una votazione e sappiamo entrambi che vincerai… Hai superato cose ben più dure, no?»
«Sì, penso di sì.»
«Sono davvero fiera di te e se mamma e papà fossero qui lo sarebbero altrettanto. Ti voglio veramente tanto bene, Ollie.» mi disse con gli occhi lucidi.
«Non fare così o farai piangere anche me! Anch’io ti voglio un mondo di bene, Speedy.» risposi abbracciando quella che ormai non era più la bambina che avevo lasciato bensì una splendida e matura ragazza.
«Mi colerà tutto il mascara se continuiamo con tutto questo sentimentalismo.» affermò pulendosi sotto gli occhi.
«Vieni qui.» la tirai vicino a me per abbracciarla forte e speravo capisse quanto le ero grato.
«Ragazzi, è ora.» ci avvertì Alex entrando nella sala.
Guardai mia sorella per un attimo e lei fece lo stesso, poi mi diede una spinta e mi buttò fuori. C’erano un sacco di persone venute per conoscere il nuovo sindaco di Star City e dovevo ammettere che un po’ ero agitato, lo desideravo davvero, era sempre stato il mio obiettivo migliorare la mia città e diventare sindaco sarebbe stato un ottimo punto di partenza. Iniziò il conteggio dei voti da parte degli addetti e l’ansia cominciava a farsi sentire sul serio, Felicity mi aveva raggiunto così come Laurel, Donna, Dig, Lyla e il capitano Lance. L’attesa pareva infinita, mi tremavano le mani, non mi sentivo così da quando avevo diciotto anni e non sapevo se mi sarei potuto diplomare insieme ai miei coetanei.
«Bene, ci siamo, il conteggio è stato completato. Tra qualche minuto annunceremo il vincitore di questa campagna elettorale.» disse una donna mora sulla quarantina.
«Respira Oliver, respira.» mi suggerì Felicity.
«Penso che riprenderò a farlo dopo il verdetto.» risposi stringendole la mano.
«Andrà bene, fidati di me.» affermò stringendo a sua volta la mia mano.
La stessa donna ricomparve più o meno una decina di minuti dopo con una busta in mano. Era arrivato il momento, sì o no, avevo vinto o avevo perso, erano solamente due le alternative.
«Sono lieta di annunciarvi che i cittadini di Star City hanno eletto come loro sindaco il signor… Oliver Queen.» dichiarò.
Rimasi un attimo in trans, come se non avessi sentito le ultime due parole della donna, avevo vinto? Io? Sul serio? Mi ripresi solo quando avvertii le braccia di Felicity intorno al mio collo e un assordante rumore di applausi. Ero scioccato ma pian piano riuscivo a realizzare che tutti avevano creduto in me e che questo mi aveva portato alla vittoria.
«Ce l’hai fatta. Che ti avevo detto?» mi disse Felicity.
«È incredibile.» riuscii a dire.
«Congratulazioni, Oliver.» si complimentò Alex.
«È anche merito tuo, grazie.» risposi porgendogli la mano.
«Ollie, hai vinto! Hai vinto!» gridò la mia sorellina saltandomi letteralmente addosso.
«Ora però vogliamo il discorso, su.» mi incitò Laurel.
Acconsentii solamente perché ero troppo stordito per dire di no «Non so neanche da dove cominciare, vorrei ringraziare tutti per aver creduto in me, è un gesto che ha significato davvero tanto. Diventare sindaco era uno dei miei obiettivi per aiutare in modo reale questa città, non credevo sarebbe stato possibile ma è accaduto e per questo un enorme grazie va alla mia splendida ragazza, Felicity Smoak, per avermi sempre sostenuto, a mia sorella Thea  per aver gestito tutto quanto in modo egregio e ai miei amici per avermi aiutato a realizzare questo progetto. Non sarei qui senza di voi, quindi grazie.» conclusi sperando di aver trovato delle parole perlomeno decenti.
Ci fu un altro applauso e fui sommerso dagli abbracci e dalle congratulazioni da parte di quasi tutti i presenti, anche Walter era venuto a salutarmi e avevo apprezzato che ci fosse stato, era sempre una specie di figura paterna per me nonostante tutto. Era bello per una volta nella vita fare qualcosa di veramente importante alla luce del sole, senza cappuccio, senza maschera e senza arco. Dopo una serie infinita di fotografie e strette di mano riuscii a sfuggire per un momento dalla folla insieme a Felicity, avevo bisogno di abbracciarla e tenerla con me per almeno qualche minuto.
«Scusami, non riuscivo più a liberarmi.» le dissi chiudendo la porta della stanza.
«Non preoccuparti, è pur sempre la tua serata.» rispose passandomi una mano tra i capelli.
«Ti amo, lo sai?» le chiesi sfiorandole le labbra.
«Certo che lo so.» affermò ridacchiando «Anche il piccolo Thomas lo sa.»
«Chi?» domandai confuso.
Lei mi prese una mano e la posizionò sulla sua pancia, ora avevo capito, voleva chiamare il nostro bambino Thomas, come… Tommy. Onorare il mio migliore amico dando il suo nome a mio figlio mi sembrava perfetto, ma non ero sicuro che anche a Felicity stesse bene. Lei infondo non lo conosceva e non sapevo che avesse realmente capito ciò che pensavo.
«Felicity, ne sei sicura?»
«Assolutamente. È perfetto.» esclamò annuendo.
Feci per baciarla quando qualcuno bussò insistentemente alla porta, sbuffai e mi staccai da lei per aprire. Erano Alex e Laurel visibilmente scossi per qualcosa, li osservai ma non capii cosa stava succedendo.
«Oliver, Thea è con te?» mi chiese Alex.
«No, l’ho lasciata di là con gli altri… Perché?» risposi.
«È sparita nel nulla, non risponde al cellulare e per terra ho trovato questo.» disse Laurel facendomi vedere il bracciale che avevo regalato a mia sorella per natale.
«È stato lui.» affermai stringendo i pugni.
Damien Darhk aveva preso Thea.






Angolo autrice
Rieccomi qui con il settimo capitolo. Come vi avevo accennato c'è stato un piccolo salto temporale :)
È il giorno delle elezioni, un giorno molto importante per tutti e alla fine l'obiettivo viene centrato visto che Oliver diventa sindaco! Oltretutto i nostri Olicity scelgono finalmente il nome per il loro piccolino, per onorare Tommy Felicity ha proposto di chiamarlo Thomas ed Oliver non ha potuto che esserne felicissimo!
Sembra andare tutto alla perfezione ma... Thea è sparita. Oliver ha subito intuito che è stato Darhk, sarà vero? Starà bene? Come mai avrà preso proprio la piccola Queen? Ovviamente sarà tutto spiegato nel prossimo xD

Grazie come sempre delle bellissime recensioni, delle aggiunte ai preferiti/ricordati/seguiti :) Sono calate un po' le recensioni rispetto ai primi capitoli, ma spero di rifarmi con questo.
Ultima cosa: la storia non sarà lunghissima, penso non oltre gli 11/12 capitoli, poi ne ho un'altra in cantiere, una AU che sto scrivendo ma è prorpio all'inizio, magari dopo questa se volete la inizierò a postare!

A presto,
Anna

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Capitolo 9
*** It's over ***


Capitolo 8 - It’s over





Oliver
Nell’esatto momento in cui mi resi conto della situazione mollai la festa e insieme al resto del team mi precipitai al covo. Avevo gentilmente chiesto ad Alex ti tenere impegnati i giornalisti, non volevo si preoccupasse troppo e iniziasse a fare domande scomode così gli avevo promesso che non appena avessimo rintracciato Thea glielo avrei comunicato. Sapevo che Damien Darhk non era sparito nel nulla senza motivo per tutti questi mesi, ma non credevo se la sarebbe presa con mia sorella quando l’obiettivo principale ero io. Ero spaventato all’idea che potesse farle del male sul serio, Thea era in grado di difendersi benissimo ma contro di lui persino io facevo fatica e da sola non ce l’avrebbe mai fatta.
Non persi tempo e mi infilai la tuta verde mentre Felicity si era già messa all’opera per provare a rintracciare, in qualche modo, mia sorella.
«Vedrai che la troveremo.» mi disse John posandomi una mano sulla spalla.
«Spero solo stia bene.» risposi.
«Thea sa badare a se stessa, Malcolm l’ha addestrata bene.» continuò.
«Lo so, ma con uno come Darhk non posso di certo stare tranquillo.» affermai.
«Oliver, Dig! Venite.» ci chiamò Felicity.
Ci avvicinammo velocemente alla sua postazione per vedere quello che aveva trovato «L’hai trovata?» chiesi ansioso.
«No, ma alcune telecamere del traffico l’hanno ripresa. Guardate.» ci disse indicando i vari schermi «Pare sia sola, non vedo uomini armati. Sicuri che non sia solo uscita a fare una passeggiata?» 
«Ne sono certo. Non è da Thea comportarsi così, di solito risponde sempre al cellulare e non se ne sarebbe andata in quel modo, specialmente oggi.» continuai.
«Potrebbe averla costretta ad andare volontariamente così che non sembrasse un rapimento ai nostri occhi.» intervenne Laurel.
«In effetti potrebbe essere come dici tu, con me aveva fatto lo stesso.» le rispose Felicity guardandola.
«Il problema è: come la troviamo? Damien Darhk non è rimasto in quella fabbrica, non abbiamo piste su di lui, non abbiamo indizi…» affermai sempre più nervoso.
«Oliver, cerca di calmarti. Non ragioni lucidamente.» mi disse Dig.
«Non dirmi di stare calmo! Mia sorella è chissà dove con un pazzo psicopatico e noi non abbiamo uno straccio di informazione per rintracciarla! Ora dimmi, come posso stare calmo Dig?» sbraitai allontanandomi dal tavolo.
«Oliver, John ha ragione.» esclamò Felicity alzandosi e venendo verso di me «Non puoi urlare contro ai tuoi amici così, anche noi siamo in pensiero per Thea, sai quanto le vogliamo bene, ma dobbiamo lavorare tutti assieme per trovarla.» finì mettendomi una mano sul petto.
Solo lei riusciva a tranquillizzarmi e a farmi ragionare, era da sempre così. Se non avessi avuto Felicity sarei scoppiato e me ne sarei andato per conto mio, magari facendo anche più stupidaggini del dovuto. A volte mi sentivo fin troppo fortunato ad avere una donna come lei al mio fianco, con cui oltretutto stavo per costruire una vera e propria famiglia. Quando avevo Felicity accanto riuscivo a vedere un futuro roseo e felice e nonostante fossi preoccupato per Thea mi sentivo già meglio, ero quasi certo che l’avremmo trovata in qualche modo. Non avrei mai smesso di pensare che la mia fidanzata era colei che mi illuminava le giornate, ogni singolo giorno.
«Mi dispiace.» dissi sospirando.
«Non preoccuparti, ora mettiamoci al lavoro e riportiamo a casa Thea.» mi sorrise Diggle.
Osservammo i filmati delle telecamere del traffico per quasi due ore, ma sembrava tutto scollegato, le immagini non combaciavano tra loro, gli orari neppure, era come se tutto fosse stato messo lì apposta per farci perdere un sacco di tempo. Tempo che non avevamo. Continuavo a fare avanti e indietro nel covo, non ce la facevo a stare fermo, a quest’ora quel bastardo poteva averle fatto chissà cosa ed io non sapevo neppure dove fosse. Perché queste cose dovevano sempre succedere alle persone che amavo? Prima Felicity e adesso Thea, il prossimo chi sarebbe stato? John? Laurel? E la cosa peggiore in assoluto era che mi sentivo impotente di fronte a Darhk, persino con Slade una sorta di piano ce l’avevo, ma con lui no, neanche l’ombra. Sapevo che Felicity ce la stava mettendo tutta e se non ci fosse stata lei sicuramente non avremmo trovato nemmeno quelle foto dalle telecamere, e allora perché tutto mi risultava così inutile? Darhk probabilmente stava organizzando tutto da mesi, non l’avremmo mai trovato di questo passo.
«Non la troveremo mai così.» annunciai ad un certo punto.
«Abbi un po’ di fiducia.» replicò Laurel.
«È sparito per mesi, avrà pianificato ogni cosa nei dettagli. Solo non capisco perché proprio Thea!» dissi alzando la voce.
«Oliver…» mi chiamò la mia amica, sembrava aver avuto una sorta di illuminazione.
«Cosa? Che c’è, Laurel?» le domandai sperando sapesse qualcosa.
«Il Pozzo di Lazzaro.» rispose solamente.
Che cretino ero, mio dio, era ovvio che cercasse Thea per quel motivo! Non avevo idea di come fosse arrivato alla conclusione che fosse mia sorella e nemmeno m’importava. Damien sapeva bene che effetti aveva il Pozzo e sicuramente aveva visto in mia sorella un’opportunità per diventare più forte o per togliersi un problema dai piedi. Dovevo trovarla e alla svelta.
«Aspettate, che centra il Pozzo di Lazzaro?» ci chiese Diggle.
«Tempo fa Thea mi ha detto che quando si è trovata faccia a faccia con Darhk i suoi poteri non hanno avuto effetto su di lei, era come se li respingesse.» spiegò Laurel.
«E quando pensavi di dircelo?» le domandai.
«Oliver, non spettava a me parlarti di questo.»
«La ucciderà.» conclusi sospirando.
«No. Non lo farà.» intervenne Felicity «Sarà anche furbo, ma io lo sono di più e l’ho trovato. Andate a salvarla.» 
«Sul serio?» chiesi stupito.
«Ehi, per chi mi hai presa? Si trova al confine di Star City, tra la Maine e la Jackson, questo è l’edificio.» disse indicando sullo schermo il punto.
La baciai sulle labbra senza preavviso «Ricordami di ringraziarti come si deve quando torniamo.» 
«Prenderò le tue parole alla lettera. Stai attento mi raccomando e riporta Thea a casa.» sorrise.
«Lo prometto.»



 
***



Raggiungemmo in poco tempo il luogo che ci aveva indicato Felicity, probabilmente avevamo infranto metà delle leggi sul codice della strada ma non m’importava granché visto che in ballo c’era la vita della mia sorellina. Capimmo quasi subito che era il luogo giusto visto che fuori dall’entrata e sui tetti c’erano uomini in borghese e armati. Mandai Dig sui tetti di tutti e due gli edifici adiacenti alla strada così che eliminasse i cecchini mentre Laurel ed io ci occupavamo degli uomini all’entrata. Non fu difficile toglierli di mezzo, forse ero talmente arrabbiato e innervosito da tutta questa situazione che le mie abilità erano addirittura aumentate. Sentii la voce di John nell’auricolare confermarci che aveva tolto di mezzo tutti gli uomini così gli dissi di raggiungerci il prima possibile all’interno. Più esploravamo l’edificio più Fantasmi trovavamo, era stancante dover mettere ko tutti quegli uomini ma non potevamo arrenderci, non ora.
«Felicity, quest’edificio è enorme, hai per caso le planimetrie? C’è una qualche sorta di punto in cui potrebbe aver portato Thea?» chiesi.
«Dammi un secondo.» la sentii digitare velocemente «Sì, sì, alla vostra destra ci dovrebbe essere una porta blindata.»
«La vediamo.» risposi.
«Ottimo! All’interno c’è una specie di gigantesca sala, qui non c’è scritto a cosa possa servire ma credo dovreste controllare.»
«Perfetto! Ti adoro!» 
«Lo so, lo so.» rispose lei ridacchiando.
Feci cenno a Laurel di allontanarsi e scagliai una freccia con dell’esplosivo dritta nella porta, quest’ultima datò in aria senza troppi problemi e non persi tempo ad entrare. Rimasi sconvolto nel vedere ciò che c’era all’interno. Uomini imprigionati in delle gabbie come fossero animali con qualche medicinale/droga che veniva loro iniettato per endovena. Osservai attentamente ogni singola cella sperando che Thea fosse lì da qualche parte, ma non la vidi. Dove poteva essere? Dove la teneva?
«Vieni, presto!» sentii Laurel gridare. Giustamente non mi aveva chiamato per nome o mi avrebbero scoperto.
La raggiunsi pochi secondi dopo e rividi mia sorella finalmente, peccato che non fosse sola.
«Hai portato la cavalleria?» domandò Damien Darhk squadrandola in un modo che metteva i brividi.
«Non ne ho bisogno.» rispose lei sfidandolo.
Alzai immediatamente l’arco contro di lui, doveva solo provare ad avvicinarsi alla mia famiglia e non avrei esitato a dare tutto me stesso per farlo fuori. Thea fece un passo verso di lui spaventandomi leggermente, perché si comportava così? Sapeva quant’era diabolico!
«Sai che non puoi farmi del male ragazzina.» la prese in giro.
«Ti sbagli, posso eccome.» ribatté lei.
«Non senza fare del male anche a te stessa.»
Ma di che diavolo stavano parlando? Laurel ed io ci guardammo perplessi senza muoverci mentre Thea avanzava sempre di più verso Darhk. Mi fidavo di lei, ma non volevo rischiare che le facesse del male, non dopo quello che aveva fatto a Felicity, non avrei sopportato che avesse toccato qualcun altro.
Fu quando Darhk alzò un braccio per ferirla che successe il finimondo. Scoccai tre frecce di fila e l’ultima lo ferì alla mano, a quel punto vidi mia sorella spingerlo contro il muro con entrambe le mani. La pelle di Damien sembrava bruciare al contatto con quella di Thea, i suoi poteri non “funzionavano” e non riusciva più a difendersi. Sarebbe stato tutto perfetto se lo stesso effetto non si fosse manifestato anche su Thea, certo, lei non aveva poteri, ma quella cosa, qualunque fosse, le stava risucchiando le energie.
«Thea…» sussurrai provando ad avvicinarmi.
«Stai indietro!» mi urlò contro lei.
«Ti prego lascia stare! Ti sta uccidendo.»
«Lo so. Ma è giusto così, è una minaccia troppo grande.»
«No!» gridai terrorizzato. Volevo fermarla ma qualcosa mi tratteneva. «Per l’amor di dio Dig, lasciami.»
«Non puoi fermarla! Ascoltami!» mi disse.
Perché non mi lasciavano andare? Volevano sul serio che Thea si sacrificasse in quel modo? Era la mia sorellina, non potevo permettere che morisse. La vidi cadere a terra poco dopo così come Darhk, ecco… Era troppo tardi.
«Che avete fatto?» chiesi retoricamente inginocchiandomi.
«Oliver…» provò Laurel.
«State zitti. Per favore.» la interruppi «Mi dispiace tanto di non essere riuscito a proteggerti.» dissi accarezzando il viso di Thea.
«Non ho bisogno di essere protetta, Ollie.» rispose.
«Thea? Tu…»
«Sto bene, non pensare sempre al peggio.» mi sorrise come niente fosse.
«I-Io… Non capisco.»
«È semplice. Non so come, né perché, essere risorta grazie al Pozzo di Lazzaro mi ha resa in grado di togliere i poteri a Damien. Ora è una persona qualunque, potete farlo arrestare.»
«Ma…»
«Niente ma, Oliver. So che la cosa non ti è piaciuta, ma avevo organizzato tutto da tempo insieme a Malcolm, era mio dovere.» spiegò.
«Non farmi mai più una cosa del genere, chiaro?» le dissi serio.
«Sei così tenero quando ti arrabbi.» rispose abbracciandomi.
Non credevo possibile che fosse finita sul serio. Tutto ciò che Thea aveva detto era vero, Darhk non aveva più nessun potere, l’avevano arrestato e sicuramente l’avrebbero condannato per parecchi anni. Non ero ancora del tutto convinto di ciò che era successo, mia sorella mia aveva mentito e aveva lavorato con Malcolm di nascosto, ma non potevo negare che vedere Damien in manette mi aveva riempito d’orgoglio. Lei aveva salvato noi e per una volta ero felice di constatare che ci fosse qualcuno in grado di badare alla città senza problemi. Avrei potuto concentrarmi sul bambino in arrivo, Felicity ed io avremmo avuto una bellissima vita insieme ed oramai il futuro non mi faceva più così paura.





Angolo autrice
Abbastanza puntuale eccomi qui! 
Beh che dire? Alla fine hanno trovato la piccola Queen che sotto sotto non era così in pericolo come credevano. Era tutto programmato, ovviamente con l'aiuto del suo caro papà Malcolm! xD
A quanto pare è stata proprio Thea a trovare il punto debole di Damien e a metterlo fuori gioco una volta per tutte. Ad Oliver non è piaciuta questa "bravata" da parte della sorella ma diciamo che è rimasto soddisfatto del risultato ecco ahahah :')
Il prossimo capitolo sarà interamente Olicity credo, ci sarà la nascita del piccolo Queen!

Un grazie come sempre per le recensioni, è stimolante ricevere bei commenti :)

A presto!
Anna

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Capitolo 10
*** The three of us ***


Capitolo 9 - The three of us





3 Luglio

Felicity
Era una splendida giornata di sole a Star City, non faceva neanche troppo caldo per essere luglio ed io non potevo che esserne felice visto il mio pancione di nove mesi. Thomas sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro visto che il termine scadeva proprio oggi, Oliver era entrato nella modalità “panico” da qualche giorno e non faceva altro che chiedermi come stavo. Lo apprezzavo ma da un lato avrei voluto tirargli una padella in testa e farlo riprendere, capivo la sua ansia perché nemmeno io ero proprio tranquilla solo che a volte esagerava sul serio e tutti questi ormoni in circolo non mi aiutavano per niente.
Sentii la porta di casa aprirsi, segno che Oliver era rientrato dopo aver trascorso la giornata in ufficio. Lo sentii posare le chiavi sul tavolino e venire verso di me, mi girai a guardarlo ed era più bello del solito, aveva la camicia sbottonata sul collo e un paio di jeans che lo fasciavano alla perfezione. Mi sarei mai stancata di Oliver Queen?
«Ehi, bentornato.» lo salutai.
«Che buon profumino, stai davvero cucinando tu?» mi chiese lui prendendomi in giro.
«Sei davvero spiritoso!» dissi alzando gli occhi al cielo.
«Come sta il mio ometto?» domandò abbracciandomi posando entrambe le mani sulla pancia.
«Scalcia. Spero si decida ad uscire.» affermai.
«Arriverà quando meno ce lo aspettiamo.» ridacchiò Oliver.
«È un Queen in fin dei conti no?»
«Giusto.»
«È che sono passati nove mesi e… Voglio vederlo.» esclamai appoggiando il cibo a tavola.
«Ti capisco, anch’io non vedo l’ora!»

5 Luglio

Oliver
Erano trascorsi altri due giorni e ancora niente, nostro figlio sembrava essersela presa davvero comoda. Felicity stava bene, era tranquilla e le contrazioni a detta sua non erano mai arrivate, neanche saltuariamente. Ero felice e agitato allo stesso tempo, non sapevo niente di bambini, biberon, pannolini e sicuramente ci sarebbe stato da ridere. D’altra parte ero eccitato all’idea di vedere finalmente mio figlio in carne ed ossa e non più in un’ecografia, non vedevo l’ora di tenerlo in braccio, coccolarlo e forse anche viziarlo un po’. 
Essendo domenica ero a casa dal lavoro e Felicity mi aveva obbligato a montare la culla del piccolo, “non possiamo farlo dormire per terra, Oliver” mi aveva detto prima di uscire di casa e andare a fare un po’ di shopping con Laurel. Avevano legato moltissimo nell’ultimo periodo e questo non poteva che farmi felice, all’inizio pensavo sarebbe stato strano tra noi ma mi sbagliavo, anzi Tommy aveva unito ancora di più tutti noi prima di nascere.
«Ollie? Dove sei?» mi chiamò mia sorella dal piano di sotto.
«Di sopra!» le urlai sperando mi sentisse.
«Ma che stai facendo?» mi chiese ridendo vedendomi seduto per terra con pezzi di culla ovunque.
«Thea, ti prego, non mettertici pure tu! Non ci capisco niente!» mi lamentai non capendo da dove dovevo iniziare per montare quell’inferno.
«Dove sono le istruzioni?» domandò guardandosi intorno.
«Non lo so, saranno qua in giro.» le risposi alzando le spalle.
«Eccole.» esclamò trovando quel maledetto foglio «Avanti, ti aiuto o di questo passo tuo figlio avrà dodici anni prima che questa culla sia pronta.»

6 Luglio

Felicity
Insieme ad Oliver ero andata dalla dottoressa Evans per controllare che tutto fosse apposto visto che la data del parto era prevista per tre giorni fa. Speravo non ci fossero problemi e che nostro figlio stesse bene altrimenti avrei dato di matto. Ci accomodammo nella solita stanza delle visite, ero nervosa ed Oliver se ne accorse subito, così mi strinse forte la mano per tranquillizzarmi un po’.
«Credi sia tutto okay?» gli domandai.
«Sì, non preoccuparti. Sono passati solo tre giorni.» mi rispose mostrandomi uno dei suoi sorrisi.
«Ciao ragazzi, come state?» disse la dottoressa entrando.
«Bene, grazie. Siamo un po’ impazienti a dir la verità, Thomas sembra stare bene nella mia pancia.» risposi.
«Non sei la prima da cui lo sento, ora diamo una controllata al piccoletto.»
Mosse il solito ecografo su e giù sulla mia pancia mostrandoci il monitor, nostro figlio si stava muovendo e oltre che vederlo potevo anche sentirlo. 
«È tutto perfetto, il bambino sta benissimo, non c’è sofferenza fetale. L’unica cosa che vi consiglio è… Beh, aspettare.» affermò pulendomi dal gel.
«Grazie, dottoressa.» la ringraziò Oliver mentre io mi rivestivo.
«Sono stufa di aspettare.» borbottai.
«Lo so, tesoro. Ma se ti può aiutare a distrarti un po’… Ho montato la culla ieri.» mi disse orgoglioso.
«Davvero? E non me l’hai neanche detto?» chiesi stupita.
«Solo perché ho dovuto farmi aiutare da Thea…» rispose colpevole.
«Abbiamo appurato che non farai mai il falegname.» replicai ridendo.

8 Luglio

Oliver
«Oh mio dio! Oh mio dio!» sentii gridare Felicity. In preda alla preoccupazione mi alzai dal divano come un fulmine e corsi di sopra dove la mia ragazza si stava facendo una doccia.
«Felicity! Stai bene? Cos’è successo?» domandai entrando in bagno.
«Oliver! È successo! È successo!» rispose avvolgendosi nell’accappatoio.
«Cosa?! Felicity, mi stai spaventando!» esclamai guardandola.
«Una contrazione! L’ho sentita!» disse tutta eccitata.
Appena sentii quelle parole sbiancai e il mio cuore smise di battere probabilmente. Voleva dire che Thomas stava per nascere? Voleva dire che di lì a poche ore sarei diventato papà? Ero davvero pronto a tutto?
«Oliver? Tutto okay? Sei pallido.» affermò scuotendomi leggermente.
«S-Sì… Penso di stare… Ho bisogno di sedermi.» balbettai appoggiandomi al bordo della vasca.
«Sei tu a spaventarmi. Che cos’hai?» mi domandò accarezzandomi il viso.
«Niente, davvero. Tu come stai?» cambiai discorso.
«Bene, era solamente una contrazione. È normale. Non mi si sono ancora rotte le acque quindi c’è tempo.»
Tirai un sospiro di sollievo «Oh, grazie a dio.»
«Non sverrai mica in sala parto vero?» mi chiese alzando un sopracciglio.
«No… Almeno spero.»
Felicity si mise a ridere e mi scompigliò i capelli, ero io quello a doverla sostenere e invece era stato il contrario. Fossi stato io al suo posto sarei stato terrorizzato all’idea di dover far uscire un neonato da là sotto, lei invece era tranquilla ed era persino felice di avere le contrazioni.

9 Luglio

Felicity
Ormai era tutta la mattina che avevo fitte continue al ventre, da ieri sera non se n’erano più andate anzi erano via via aumentate sia di frequenza che di intensità. Non avevo specificato ad Oliver ogni quanto le sentissi, era già nervoso di suo e non gli serviva agitarsi ulteriormente. Stavo tranquillamente sistemando la cameretta di mio figlio quando sentii una stranissima sensazione, mi spostai lievemente e mi accorsi che mi si erano rotte le acque sul pavimento della camera. Per un’istante rimasi immobile, ero sola, Oliver era andato in ufficio dopo che l’avevo costretto e non sapevo esattamente cosa fare. Feci tre grandi respiri e andai velocemente in camera a cambiarmi i pantaloncini, fortunatamente stavo abbastanza bene e riuscii a prepararmi e a prendere la borsa. Non me la sentivo affatto di guidare quindi provai a mandare un messaggio a Laurel chiedendole se poteva accompagnarmi. Mi rispose praticamente subito dicendomi che sarebbe stata qui in pochi minuti.
«Ehi! Come ti senti? Oliver dov’è?» mi chiese Laurel mentre ci avviavamo verso l’ospedale.
«Tutto bene, Oliver è in ufficio ma non mi risponde, credo sia in riunione… Non me la sentivo di andare da sola.»
«No, hai fatto benissimo a chiamarmi.» affermò lei continuando a guidare.
«Che palle scatta ancora la segreteria!» mi lamentai mentre provavo a chiamare il mio fidanzato per l’ennesima volta.
«Vedrai che arriverà, tu cerca di rimanere calma.» rispose la mia amica.
«Ci provo.» replicai distrattamente.

Più tardi…

Aspettavo Oliver ormai da mezz’ora, le contrazioni si facevano sempre più intense e dolorose e non avrei retto ancora per molto senza di lui. Nel frattempo era arrivata anche Thea, la sentivo urlare contro il telefono mentre cercava di rintracciare suo fratello e un po’ mi aiutava a distrarmi visto che la scena era piuttosto comica.
«Felicity, mi dispiace, non risponde… Dio, lo uccido appena lo vedo.» mi disse la piccola Queen avvicinandosi.
«Credimi, l’istinto omicida sta crescendo lentamente anche dentro di me.» commentai.
«Provo a chiamarlo io adesso, magari ho fortuna.» affermò Laurel uscendo dalla stanza.
Se non altro non ero sola ed ero molto grata a Thea e Laurel per essermi accanto anche se l’unica persona di cui avevo bisogno era Oliver. Stavo per far nascere suo figlio e lui spariva così nel nulla per ore. Ero frustrata e arrabbiata, l’avrei preso a calci questo era certo!
«Non voglio che si perda la nascita di suo figlio…» dissi.
«Non succederà, te lo prometto.» rispose Thea tenendomi la mano.
«Come fai ad esserne certa?» domandai sospirando.
«Perché conosco mio fratello. Lui arriva sempre dopo, ma alla fine arriva.»
«Non posso farlo da sola, Thea.»
«Ehi, non sei sola. So di non essere molto d’aiuto, ma se hai bisogno di qualsiasi cosa basta che me lo chiedi.» provò a confortarmi.
«Ti ringrazio.» affermai rivolgendole un sorriso.

Oliver
Uscii dalla riunione e la prima cosa che feci fu guardare il cellulare. Avevo diciassette chiamate perse e dodici messaggi che venivano da Thea, Felicity e Laurel. Mi bastò ascoltare il primo per capire come stavano le cose, a Felicity si erano rotte le acque e stava andando in ospedale. Mio figlio stava per nascere ed io come un cretino avevo chiuso il telefono. In quel momento pensai solo a raggiungere la mia fidanzata sfrecciando nel traffico con la moto, rischiavo un incidente ma non m’importava. Dovevo essere lì con lei.
Una delle ostetriche mi accompagnò fino alla stanza di Felicity non appena arrivai in ospedale, vidi in lontananza Laurel che faceva su e giù per il corridoio e quando mi notò per poco non mi prese a pungi.
«È da almeno un’ora che ti chiamiamo! Cristo, Oliver, ma dov’eri?» sbraitò.
«Avevo una riunione, sono imperdonabile lo so.» le dissi.
«Va’ da lei, subito!» mi ammonì.
Entrai nella camera e notai che Felicity era insieme a mia sorella, per fortuna che c’erano lei e Laurel a tenerle compagnia o mi avrebbe ucciso veramente questa volta. Thea mi lanciò un’occhiataccia e diede un bacio sulla fronte a Felicity prima di uscire. Io mi avvicinai ma lei sembrava essere veramente offesa.
«Ti prego perdonami.» le dissi. Ma lei non mi rispose, la vidi fare una smorfia probabilmente per il dolore «Felicity, parlami.»
Poco dopo mi prese la mano e la strinse fortissimo «Non lasciarmi.»
«No, sono qui, andrà tutto bene.»
Qualche minuto dopo arrivò la dottoressa che ci informò che il parto era imminente, il travaglio era durato solo qualche ora e da lì a poco sarebbe nato nostro figlio. Lasciai che la dottoressa e le ostetriche sistemassero Felicity mentre lei continuava a stringermi la mano senza mai lasciarla.
«Ho paura.» mi confessò.
«Ne ho anch’io, ma ce la faremo, insieme.» risposi.
«Felicity, ora ho bisogno che tu spinga forte, va bene?» le chiese la dottoressa Evans.
Lei annuì e seguì le indicazioni, io cercavo di aiutarla come potevo, incoraggiandola e sostenendola. Non mi piaceva vederla soffrire così ma sapevo che era tutto per il nostro bambino.
«Sei bravissima, amore.» esclamai mentre riprendeva fiato.
«Io giuro che ti uccido, Oliver! Come hai potuto farmi questo!» si lamentò.
«Potrai prendermi a calci finché vuoi se questo ti aiuta.»
«Credimi lo farò! Fa un male cane!»
«Coraggio, Felicity, ho bisogno di un’altra bella spinta.» continuò la dottoressa.
«Basta, non ce la faccio più.» disse lei.
«Sì che ce la fai, manca poco.» la incoraggiai.
«Oliver, il prossimo figlio lo partorisci tu!» esclamò Felicity.
«Se potessi lo farei, giuro.»
«Okay, bene, la testa è quasi fuori. Ancora due spinte ed è fatta.» affermò una delle ostetriche.
Felicity mi guardò intensamente ed io feci lo stesso, poi spinse di nuovo e un pianto invase la stanza. La dottoressa alzò il piccolo esserino insanguinato per farcelo vedere e… Fu amore a prima vista. Lo mise subito in braccio a Felicity che scoppiò a piangere mentre io non riuscivo a smettere di sorridere. Era bellissimo e aveva i lineamenti della sua mamma, si era tranquillizzato appena aveva sentito il contatto con Felicity.
«Oliver.» mi chiamò tra un singhiozzo e l’altro «È il nostro bambino.»
«Non posso credere che sia così bello.» risposi accarezzandogli una guancia con un dito.
«Neanche io, è perfetto.» affermò mentre lavavano il nostro bimbo.
«Felicity… Sposami.» sussurrai.
«Cosa?» mi chiese sbalordita.
«Sposami.» ripetei guardandola «Dovevo chiedertelo già da tanto ma poi sono successe troppe cose, ora siamo qui, noi tre e…»
«Sì.» mi interruppe «La mia risposta è sì.»
Feci per baciarla quando l’ostetrica mi mise in braccio Thomas per la prima volta. Era un fagottino minuscolo e adorabile e non potevi non amarlo solo guardandolo. Mi avvicinai a Felicity e lei gli prese una manina.
«Ti amo, Felicity.» le dissi.
«Ti amo anche io, Oliver.»






Angolo autrice
Eccoci qui alla fine di questa breve fanfiction :)
Dopo parecchi giorni d'attesa il piccolo Thomas è nato! Felicity avrebbe preso a calci Oliver per il ritardo ma alla fine anche lei ha ceduto non appena ha visto suo figlio. E sì, Oliver le ha pure chiesto di sposarlo.
Ho riso troppo a scrivere la scena della culla ahahah mi sono immaginata lui disteso per terra che non sa da dove cominciare xD

Beh, spero vi sia piaciuta e vi ringrazio già per tutti i bei commenti ricevuti! Fatemi sapere che ne pensate di questo finale e... Niente GRAZIE di avermi seguito fin qui :)

Se volete, per chi già non la conoscesse, c'è l'altra mia storia Olicity: Better than words

Un bacio a tutti,
Anna

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