Axis Powers Hetalia -An Unforgettable Night-

di BlueFlyingWolf_13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -A Failed Party- ***
Capitolo 2: *** -A Saved Night...?- ***
Capitolo 3: *** -A Bad Day- ***



Capitolo 1
*** -A Failed Party- ***


CAPITOLO PRIMO: A Failed Party; Una Festa Fallita.

 

-Sabato sera, ore 20:00-

 

“Spero che tu stia scherzando!” esclamò con faccia sorpresa e leggermente innervosita Gilbert, allargando le braccia in segno di incredulità e nervosismo. “Francis, amico, questo non è per nulla meraviglioso: credevo che ci avessi chiamati per un sabato sera all'insegna di alcol e casino a casa d'altri, e non per farti compagnia durante i tuoi lavoretti part-time!”.

“Avevo pure portato le birre...” aggiunse deluso Antonio, posando sulla superficie lucida del tavolo da cucina una quindicina di grosse lattine e incrociando le mani al petto. “Niente fiesta, quindi? Non si sboccia?”.

“Mi dispiace mes amis, niente festa per stasera, volevo solo il vostro sostegno.” si scusò il francese, facendo le spallucce e sperando nella comprensione dei suoi migliori amici. “L'amica di mia madre mi ha affidato i suoi due figli, uno di quattordici e uno di tredici anni. Lei e suo marito hanno un incontro importante e torneranno domani pomeriggio, nel frattempo mi hanno lasciato le chiavi di casa e fatto promettere che avrei badato ai due ragazzini.”.

“Ah.” mormorò con viso un po' colpevole l'adolescente albino, lanciando uno sguardo preoccupato (e ricambiato) ad Antonio. “Ops.”.

“Uh? Che succede, miei cari amici?” non tardò a notare le occhiate angosciate Francis, chinando la testa di lato e domandando il motivo di tale strano comportamento. “Perché quelle facce?”.

“Ecco, vedi... noi credevamo davvero che stessi organizzando una festa.” provò a spiegare lo spagnolo, grattandosi la nuca e arrossendo d'imbarazzo. “Così abbiamo invitato un paio di personcine per fare gruppo.”.

“Cosa?” esclamò basito il francese, sgranando gli occhi e lasciandosi sfuggire un sospiro di rassegnazione. Va beh, per due persone poteva anche lasciar correre. “Non importa, un paio di persone non disturberanno.”.

“Non hai capito. Forse Toni ha leggermente minimizzato la questione... solo leggermente s'intende, kesesesesesese.” si introdusse attentamente nel discorso il prussiano, ridacchiando nervosamente e indicando il portone d'ingresso. “Veramente sarebbero un pochino di più.”.

 

DLIN, DLON!, fece il campanello in quel preciso istante, segnando l'arrivo degli ospiti inattesi e, in un certo senso, indesiderati.

Guardando dalla finestra della cucina, i tre poterono assistere alla comparsa degli invitati.

“Oh bastardi, fateci entrare, muovete il culo!” gridò con rabbia e noia una voce profonda, seguita da alcune bestemmie in dialetto e da alcuni violenti calci al robusto legno della porta d'entrata. “Ohi, sbrigatevi ad aprirmi o me ne vado, già non c'avevo voglia di venire a questa stupida festicciola da quattro soldi!”.

“Romano?”.

“Vee! Doitsu, Doitsu, che belle le feste, mi piacciono così tanto!” esultò invece un'altra voce, molto più allegra e spensierata della prima. “Ci saranno ragazze carine secondo te?”.

“Veneziano?”.

“Bruder, apri la porta, non è bene far aspettare i propri ospiti!” ordinò bruscamente qualcuno, con una voce autoritaria e decisa.

“Ludwig?”.

“Forse dovremmo bussare con più educazione e toglierci le scarpe prima di entrare, non è casa nostra.” consigliò pacatamente qualcuno, riprendendo il comportamento maleducato e rozzo degli amici. “Dopo dovremo scusarci per aver provocato tutto questo trambusto.”.

“Kiku?”.

“Zzz... spero ci siano dei gatti lì dentro.” russò docilmente una voce soporifera, quasi sussurrando le delicate parole che pronunciava. “Tanti gatti con cui riposare e giocare.”.

“Hercules?”.

“E' qui il party?! Durufuuuu!” urlò a squarciagola e con tono fastidiosamente alto un altro, ballando e cantando sotto il portico. “After, after, after, facciamo after! Tutti in piedi sui tavoli!”.

“Alfred?”.

“America, abbassa la voce, stupido! Potresti disturbare la gente!” gli rimbeccò aspramente un'altra voce, molto più pacata ed elegante di quella dell'amico. “Mi vergogno a portarti in giro a volte.”.

“Arthur?”.

“Io ho portato la vodka, da! Voooooooooooodka!” annunciò con intonazione dolce e carina un'altra figura, spiccando in mezzo alle altre per via dell'altezza, sollevando in aria un paio di grosse bottiglie piene dell'alcol trasparente.

“Ivan?”.

“Siete tutti così immaturi, non avrei mai dovuto venire, aru!” protestò animatamente un'altra voce, spazientita e matura. “Finirà che vi ubriacherete tutti e dovrò badare a voi, sono l'unico responsabile qui dentro.”.

“Yao?”.

 

“Sono in nove!?” li contò rapidamente sulla punta delle dita il francese, per poi voltarsi verso i due amici e fulminarli con lo sguardo. “Amici, ma che avete combinato? Perché avete invitato tutta questa gente senza dirmelo? Questa non è casa mia.”.

“Amico, perdonaci... Sono nostri compagni di classe, dovevamo farlo, e poi Romanito es el tomato sexy del mio cuore!” sognò ad occhi aperti l'ispanico, osservando il “suo” sud italiano leggermente incazzato dal vetro. “Volevamo farti una sorpresa.”.

“E poi sono dei tipi tranquilli, sono a posto, non faranno troppo macello.” diede manforte ad Antonio Prussia, dirigendosi senza esitare verso la porta per accogliere gli amici.

“Non sono per niente tranquilli, ragazzi! America comincerà a distruggere la casa e a suonare la sua chitarra elettrica a tutto volume, Romano bestemmierà e prenderà volontariamente a calci i mobili, Veneziano romperà involontariamente qualcosa, Grecia si metterà a dormire nei posti più pericolosi, Germania ci sgriderà tutti col suo vocione, Russia se si arrabbia diventa uno psicopatico e Inghilterra da ubriaco potrebbe essere tranquillamente catalogato come pericolo nazionale.” espose con le braccia incrociate Francia, battendo un piede sulla moquette della hall. “Gli unici tranquilli sono Kiku e Yao, sempre se quest'ultimo non si arrabbi e non parta a sfondare le pareti a calci, pugni e testate.”.

“Ahh, andrà tutto bene, gli spiegheremo tutto noi e cercheremo di contenere le loro bizzarrie!” gli assicurò con un amichevole occhiolino Antonio, per poi voltarsi verso l'ingresso ora aperto e gridare: “Ben arrivati, amigos! Vi stavamo aspettando con ansia.”.

“Allora, dov'è la musica, dove sono le spogliarelliste!?” esultò a pieni polmoni Alfred, balzando dentro senza chiedere il benché minimo permesso e cominciando a girare per la grande casa. “Bel posticino per una festa, davvero niente male!”.

“Ecco, vedete... il meraviglioso me è spiacente di informarvi che purtroppo non ci sarà nessuna festa.” disse dispiaciuto Gilbert, facendo comunque entrare, sedere e accomodare i ragazzi. “Sedetevi, vi spiegheremo tutto.”.

“Cosa?” sbottò burberamente Romano, evidentemente interdetto, inarcando un sopracciglio con fare scocciato e diffidente. “Ci avete presi per il culo? E' uno stupido scherzo da parte del mangia-pomodori, vero?” dedusse poi, guardando male Spagna e facendogli un gestaccio. “Toni, se questo è opera tua ti faccio un culo grande così.”.

“Ehi... Non è carino prendere in giro gli amici, avevo anche comprato la vodka... Kolkolkol.” annuì risentito Ivan, mentre una familiare aura nera cominciava a comparire alle sue spalle.

“Spero ci vogliate dare delle spiegazioni convincenti.” ridusse gli occhi azzurri a due fessure severe Ludwig, guardando suo fratello maggiore. “Ebbene, bruder? Ti ascoltiamo.”.

“Tranquillo West, abbiamo delle ottime ragioni, Francis non c'entra niente con questo.” sostenne convinto l'interessato dai capelli bianchi, schiarendosi la gola e azzardando un: “Beh, preparatevi ad una luuuuuuuuuunga spiegazione...”.

 

-Una luuuuuuuuuunga spiegazione dopo...-

 

“Capisco.” commentò piatto e serio Yao, rompendo il fastidioso silenzio creatosi dopo la fine del racconto. “Capisco, sì... Non importa, può succedere, ma la prossima volta vi prego di riguardare i vostri modi poco onorevoli: invitare una persona, in questo caso nove, è un segnale d'amicizia molto importante, e voi l'avete sottovalutato. Comunque sia, accetto le vostre scuse e sono disposto a dimenticare tutto.”. Anche Kiku si trovò d'accordo con la logica del fratello adottivo e perdonò immediatamente i tre.

“Vee, anche per me non c'è problema, i bambini e i ragazzini mi piacciono tanto, magari vorranno giocare con noi!” sorrise dolcemente Veneziano, dondolandosi sulla poltrona con aria infantile e parecchio stupida. “Vee, è morbida! Doitsu, prova anche tu a dondolarti così! Doitsu, Doitsu, dondolati, dondolati!”.

“Il torto è di minimo impatto, ma avrete il mio perdono solo quando mi sarà passata l'indignazione.” fece l'offeso Inghilterra, difendendo il proprio orgoglio con un gesto superiore e vanitoso della mano. “E' pur vero che con me questo non sarebbe successo, noi inglesi consideriamo molto importante l'ospitalità.”.

“Ma tu mi cacci sempre fuori da casa tua a forza!” mormorò un po' interdetto Alfred, cingendo con un braccio le spalle del ragazzo dalle sopracciglia di proporzioni demenziali con un po' troppa enfasi. “Non ti piacciono le feste, Iggy? Non ti piace quando mi infilo di nascosto nel tuo letto dopo aver guardato un film horror spaventoso? :(”.

“Zitto, scemo! Tu sei un'eccezione fastidiosamente unica!” cercò di spingerselo via con delle manate l'intrappolato, sforzandosi di respirare nonostante la pressione sul suo torace. “Non riesco a respirare, cretino, modera la forza!”.

 

“Se foste persone normali vi avrei già spaccato la testa col mio magico rubinetto metallico del dolore, ma dato che siete miei amici non fa niente!” ritornò alla sua espressione tenera l'enorme ragazzo russo, immergendo il volto paffutello nella sua fedele sciarpa rosa per scaldarsi il collo.

“Argh. Sappi che ho rinunciato ad una serata di allenamenti, bruder, perciò la prossima volta pagherai tu in birreria.” contrattò Germania, lasciando correre il tutto in cambio di un bel boccale schiumoso di birra. “E prenderò il boccale grande.”.

“Il mangia-patate è un bastardo odioso, ma non è poi così scemo: Spagna, tu mi devi quindici chili di pomodori appena raccolti.” si aggiunse al circolo dei ricatti Romano, appoggiando maleducatamente le gambe sul tavolino di vetro del salotto e rilassandosi. “E sceglimeli belli, mi raccomando.”.

“Possiamo mangiarli insieme, Romanito?” chiese speranzoso il coltivatore di pomodori, con un sorriso allegro stampato in faccia al pensiero di una bella cenetta romantica. “Possiamo andare a casa mia, e-”.

“No, sognatelo, sono miei.” fu la risposta secca del sud-italiano, seguita dal suo immancabile: “Bastardo.”.

“Aww, mi spiace un botto non fare casino ma ehi, l'importante è riuscire a divertirsi lo stesso! E poi ci rifaremo con un mega festone da paura sabato prossimo, tutti a casa mia!” promise allegramente l'americano, scolandosi nel frattempo una delle lattine di birra appoggiate sul tavolo della cucina. Anche Ludwig ne prese una e la aprì.

“Anche a me non dispiace, la tranquillità mi rilassa.” annuì con aria assonnata Hercules, accarezzando un micetto comparso da chissà dove e mettendoselo delicatamente sulle gambe. “Comunque mi auguro che ci lascerete restare, non ho voglia di tornare a casa.”.

 

“Merci beaucoup, mes amis!” sospirò di sollievo Francis, rincuorato dal fatto che i compagni avessero già dimenticato l'accaduto. “Potete rimanere di certo, basta che non fate troppo chiasso.”.

“Non preoccuparti, saremo silenziosi come ninja!” gli fece il gesto dell'ok America, per poi guardarsi intorno con trepidazione. “Ti andrebbe di farci conoscere i due marmocchi? Sarei interessato a vederli!”.

“Anche a me piacerebbe salutare i legittimi padroni di casa.” concordò Giappone, desideroso di porgere i suoi onori. “Dopotutto siamo entrati nella loro dimora senza annunciarci o senza portare doni.”.

“Già, bello, dove sono i ragazzini? Nemmeno a noi li hai mostrati!” si trovarono d'accordo anche Prussia e Spagna, curiosi e vitali come al solito. “Dove li nascondi, kesesesesesese? Ci vediamo un film o giochiamo ai videogame con loro, almeno passiamo una bella serata.”.

“Sono in camera, hanno detto che dovevano mettersi il pigiama.” rispose il francese, facendo a tutti cenno di seguirlo al piano di sopra. “Venite con me amici, ve li presento subito.”.

Dopo aver salito le scale e percorso un corto corridoio illuminato, i dodici ragazzi si trovarono davanti a una porta di legno bianca. Prima di aprirla, Francia bussò tre volte e annunciò: “Ecco a voi Antoine e Fabrice!”.

...

“... Ma oggi vi siete fumati il cervello o cosa?” sbottò Romano dopo un istante di silenzio generale, mollando un calcio negli stinchi a Spagna per sfogarsi. “Branco di rincoglioniti mentali, questa stanza è vuota! Mi avete fatto scomodare dal divano per un cazzo, e che du' paia de cojoni!”.

“Ahi, Romanito! Mi hai fatto male, ahi!” guaì di dolore il povero capro espiatorio dagli occhi verdi, saltellando sulla gamba rimasta sana per tutto il corridoio.

 

“Cosa!? Ma erano qui, mi avevano detto che sarebbero andati a mettersi il pigiama, giuro!” si precipitò all'interno della cameretta Francis, piegandosi sulle ginocchia e cercando sotto ogni mobile i due giovani affidatigli. Niente. “Antoine, Fabrice, rispondete! Dove vi siete nascosti?”.

“Aiutiamolo, per l'amor della Gran Bretagna: se non li troviamo ci denunceranno tutti per smarrimento di minori.” mormorò con tono annoiato e disperato Inghilterra, sbuffando e mettendosi a cercare a sua volta. “Io vado a cercare nelle altre stanze, voi fate lo stesso. Probabilmente ci staranno facendo uno scherzo.”.

“Cercherò anch'io da un'altra parte, il miglior modo per scovare dei fuggitivi è seguirne i precedenti spostamenti e le tracce lasciate.” disse militarmente Germania, controllando il pavimento per cercare segni o impronte. “Qui sembra non esserci niente.”.

“Io vado con Doitsu e il fratellone!” trotterellò a fianco del tedesco Veneziano, afferrando anche la mano di suo fratello per tirarselo dietro, sollevando ogni oggetto gli capitasse a tiro (riviste, fermacarte o penne comprese) per cercare i ragazzini. “Siete qui?”.

“Se li trovo li picchio, non si fanno questi brutti scherzi a degli amici...” mormorò in modo assai inquietante Russia, tirando fuori dal suo lungo cappotto un affilato piccone. “Vado anch'io!”.

“Da dove l'hai-... Ahh, lasciamo perdere! Aspetta, vengo con te, aru!” gli si precipitò dietro Cina, afferrandolo per l'estremità della sciarpa per rallentarlo ed evitare un omicidio colposo. “Noi due cerchiamo al piano di sotto, in cucina e nello sgabuzzino.”.

“Andiamo Grecia-san, aiutiamoli anche noi.” spronò gentilmente l'amico greco il giapponese, aprendo una porta laterale e sbirciando dentro. “Mi rincresce ficcare il naso in casa d'altri, ma è veramente necessario.”.

“Va bene, arrivo...” acconsentì con inespressività Hercules, appoggiandosi in testa il gattino che fino a poco prima aveva in braccio e mettendosi alla ricerca degli scomparsi. “Ti aiuto, allora...”.

 

-

 

Pochi minuti dopo l'inizio della “caccia all'uomo versione baby”, la voce poderosa di Germania attirò l'attenzione generale: “Venite qua! Ci sono delle tracce qui!”.

“Uh? Viene dal giardino, andiamo!” riuscì a localizzare la provenienza del richiamo Arthur, precipitandosi sul posto insieme agli altri con tale rapidità da farsi venire il fiatone. “Hai scoperto qualcosa, crucco?”.

“Ja. Ci sono due tracce di ruote che partono dal garage aperto e che finiscono in direzione della strada. Sono ruote di bicicletta, come potete vedere.” espose professionalmente Ludwig, indicando le linee incriminate scavate nel terriccio. “Se ne sono andati pochi minuti fa, a giudicare dalla freschezza dei solchi.”.

“Mon dieu, se ne sono andati!?” si colpì la fronte con un gesto tragico e teatrale Francia, pensando alle punizioni che gli sarebbero toccate se non avesse riportato a casa i due ribelli. “Sicuri che non siano in casa? Magari si sono solo nascosti per farci uno scherzo!”.

“No, abbiamo cercato dappertutto, in casa non ci sono.” negò categoricamente Giappone, pensando ad una soluzione ragionevole per qualche secondo. “Dobbiamo andarli a cercare, non abbiamo altra scelta, sono troppo giovani per cavarsela da soli di notte. Potrebbero farsi male.”.

“Ma raga, ragionate, non sappiamo manco dove siano andati!” obbiettò giustamente Gilbert, grattandosi la testa con confusione e aggiungendo: “E' come cercare un ago in un pagliaio, o meglio, è come cercare un altro meraviglioso me nel mondo: è impossibile trovarne uno uguale, è un'impresa inutile! Cosa dovremmo fare, andare in giro per la città camminando e urlando “Dove siete?” come dei disadattati sociali?”.

“Ehi, io ho il mio furgone, bros! Possiamo usare quello per cercarli, non c'è bisogno di girare mezzo paese a piedi!” rimembrò all'istante Alfred, prendendo in mano le chiavi, estratte dalla tasca del suo morbido cappotto da aviatore, e mostrandole al gruppo con un sorriso. “E poi non se ne sono andati da tanto a detta di Ludwig, ricordate? Li raggiungeremo in un battibaleno col mio gioiellino!”.

“Ma sì, andiamo a cercarli, almeno avrò qualche coglione da prendere a sberle stasera. Ci si diverte con quel che si ha, stronzi.” approvò Romano, scrocchiandosi le nocche con desiderio di pestare duro. “E poi non voglio di certo finire nei casini solo perché un paio di lattanti che puzzano ancora di borotalco per culetti hanno fatto la bravata!”.

“Questo es hablar, Lovino!” gioì eccitato l'adolescente spagnolo, chiudendo le mani a pugno per manifestare la sua convinzione. “Saremo di ritorno prima ancora che possiate dire pomodoro, ne soy sicuro! Siamo una squadra troppo forte!”.

“Allora è deciso, muoviamoci!” ordinò rapidamente il tedesco, dirigendosi verso il mezzo di trasporto e decidendo lui stesso le disposizioni. “Chiudete la casa e montate a bordo in fretta. America alla guida, dopotutto il mezzo è tuo, Inghilterra vicino a lui per controllare la strada. Gli altri dietro insieme a me con occhi e finestrini aperti, ogni singolo rametto spezzato potrebbe rivelarsi una buona pista!”.

 

“Mettiti la cintura e vai piano, mi raccomando! Vedi di non ammazzarti e di non farci ammazzare!” rimproverò prontamente l'americano Arthur, preoccupandosi per la sua sicurezza prima ancora che il poveretto infilasse le chiavi. “E stai dritto con la schiena!”.

“Ohh, ma quanto sei vecchio! Divertiti e rilassati!” alzò gli occhi al cielo Alfred, facendo comunque come gli era stato imposto (si mise la cintura per la seconda volta nella sua vita, clamoroso) e mettendo in moto il furgoncino. “Non preoccuparti, Artie, ho la patente e poi il biondino mi ha detto di andare praticamente a cinque all'ora. Da, da, da...”.

“Vorrei proprio conoscere chi te l'ha data, guidi come un pazzo scatenato!” rimbeccò acidamente l'inglese, affondando le unghie nell'imbottitura del suo sedile per la paura. “Non mi fido di te, sei capace di partire in quarta da un momento all'altro!”.

“Non è il momento di litigare, è il momento di concentrarsi!” sbottò severamente Ludwig, sporgendo la testa da un finestrino e osservando attentamente l'ambiente circostante. “Italia; dato che stiamo andando a passo d'uomo, chiedi indicazioni a tutti i passanti che vedi: potrebbero aver visto due ragazzini in bicicletta! Giappone, tu invece aiutami a controllare questo tratto di strada!”.

“Signorsì, vee!” fece il saluto militare Veneziano, per poi mettersi al lavoro senza perdere un attimo: socializzare non gli dispiaceva affatto e per questo compito non erano richieste molte energie, perciò tanto vale darsi da fare. “Vee, scusami! Hai per caso visto due ragazzini in bici passare da queste parti? … No? Non importa, grazie. Oh, ciao bella! Come va? Ciao, ciao, bacio, bacio!”.

“VENEZIANO, NON DISTRARTI SE VEDI UNA BELLA RAGAZZA!” gli gridò bruscamente il tedesco, per poi girarsi e tirargli un leggero schiaffo sulla fronte. “Resta concentrato, altrimenti facciamo dietrofront e ti riportiamo a casa!”.

“Ahia, scusami Doitsu!” piagnucolò tristemente l'italiano, tenendosi il punto colpito con ambedue le mani e facendo il labbruccio da cane bastonato. “Non lo faccio più, prometto di stare bravo.”.

“Oh, brutto stronzo di un mangia-patate pompato, non osare picchiare mio fratello, solo io posso farlo! Se ci proverai di nuovo, dovrai scontrarti col potere dei miei invincibili baffi!” lo minacciò Romano, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni dei baffi finti e iniziando a sventolarli in faccia al tedesco. “Assaggia il vero potere, figlio de 'na mignotta!”.

“Lovi, smettila dai...” lo ammonì pazientemente Antonio, afferrandolo per le spalle e cercando di calmarlo un po' con un massaggino azzardato. “Fusosososososo... Fusosososososo... trova il tuo angolino felice...”.

Germania si schiaffeggiò mentalmente la fronte, rassegnato. Che combriccola di svitati.

 

-

 

“Ragazzi, ma quella è...” mormorò improvvisamente Cina, sporgendosi dal finestrino, strabuzzando gli occhi ambrati e indicando una figura femminile che stava camminando lentamente sul marciapiede. “... è Ungheria, per caso? La mia vista non è più quella di una volta, potrei anche sbagliarmi.”.

“Lizzy?” si animò immediatamente Prussia, cercando di sbirciare a sua volta facendosi forzatamente largo fra gli amici. “Ma sì, è proprio Elizabeta, c'hai visto giusto nonnetto! Ohi, ragazzi: suonatele il clacson, così si spaventa e cade! Kesesesesesese!” scoppiò a ridere all'idea dello scherzo il prussiano, guadagnandosi un'occhiataccia generale (a parte Spagna e Francia, che si unirono ai cori di scherno). “Che c'è, il divertimento non esiste più?”.

Ignorando il suo ultimo e stupido commento, i ragazzi decisero di fermare il mezzo proprio di fianco alla ragazza. “Ehi ciao, Ungheria!”.

“Oh, ciao ragazzi, come va?” ricambiò allegramente il saluto l'adolescente, facendo poi una smorfia disgustata alla vista di Gilbert, suo arcano rivale/migliore amico di cazzate. “Ah, meraviglioso. C'è anche colui che parla alle galline.”.

“E' ovvio che ci parlo, ti sei mai chiesta perché riesco a comunicare con te? Kesesesesese, becca a porta a casa, o nel pollaio, come preferisci!” le fece una linguaccia il ragazzo, riducendo i suoi occhi rossi a due fessure divertite. Adorava prendere in giro Elizabeta, era il suo passatempo preferito. “Se non esistessi non avresti un senso.”.

“Vai a strozzarti con un petto di pollo, microcefalo.” lo mandò solennemente a fanculo lei, per poi riportare la sua attenzione agli altri undici. “Cosa ci fate tutti ammassati lì dentro, ragazzi? Avete fretta o state facendo una gita notturna?”.

“Stiamo cercando due ragazzini scappati da poco mon chèri, li hai visti per caso?” le chiese gentilmente Francia, dando nel frattempo qualche pacca sulla spalla di Prussia. “Uno di tredici e uno di quattordici anni.”.

“Due ragazzini scappati da poco, due ragazzini... ne ho visti passare un po', dopotutto è sabato sera ed escono a far festa, ma mi ricordo che alcuni erano in moto, altri a piedi e un paio in bici.” si sforzò Ungheria, spostandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio.

“In bici! Sì, erano in bici quelli che cerchiamo! Hai visto dove sono andati, cara!?” si rizzò immediatamente e completamente in piedi Francis, vedendo un barlume di speranza davanti a sé. Forse non tutto era perduto!

“Beh, sì, tutti i ragazzini si dirigevano verso uno dei pochi posti giovanili in città: la Sala Giochi.” fece le spallucce Liz, con un sorrisetto fiero stampato in faccia. “Posso condurvi lì, se volete. Non è molto lontano.”.

 

“Salta su, amica! C'è posto per tutti!” la invitò senza troppi preamboli America, felice di poter finalmente accelerare ora che sapevano il luogo esatto in cui andare. “La strada è mia, durufuuuuuuu!”.

“Ho detto guida piano, imbecille cronico!” lo tempestò di pugni Inghilterra, sentendo la cena (disgustosa) da poco consumata risalirgli lentamente l'esofago al cambio di velocità. “Vuoi che vomito!?”.

“Ahiaaa! Iggy, mi fai male, smettila di picchiarmi!” piagnucolò innervosito e dolorante il povero conducente, facendosi piccolo piccolo e raggomitolandosi per attutire i colpi. “Sei cattivo!”.

“Ungheria, carissima, sei una grande! Se un mio certo grande amico non avesse interessi su di te, ti bacerei all'istante!” si complimentò sinceramente Francia, ora molto più tranquillo di prima, dando leggermente di gomito a Gilbert nel pronunciare l'ultima frase. “Vero, mon ami?”.

“Kesesesesese, c-che dici, nessuno sano di mente andrebbe dietro a quella strega mestruata.” gonfiò il petto orgogliosamente l'albino, voltandosi di lato e facendo uno sbuffo superiore per ricomporsi. “Il meraviglioso me è indignato e indispettito nel condividere un mezzo di trasporto con lei.”.

“L'unico mezzo di trasporto adatto a te è un trasportino per animali rabbiosi da abbattere!” lo contro-insultò Elizabeta, dandogli una spallata e facendogli anche il medio. Tipico di loro due beccarsi e bisticciare ventiquattro ore su ventiquattro. “Idiota.”.

“Stronza.”.

“Cretino.”.

“Asina.”.

“Minchione.”.

“Perdente.”.

“Pirla.”.

“Bagascia.”.

“Puttaniere.”.

 

“Continueranno così per tutta la durata del viaggio, non è vero?” domandò disperato Inghilterra, seppellendosi il viso fra le mani e cercando di tapparsi le orecchie. In fondo al suo cuore conosceva già la drammatica risposta...

“Sì.” commentarono tutti all'unisono, sospirando con noia e frustrazione. “Non li si può lasciare insieme: cinque secondi e cominciano a picchiarsi e insultarsi come selvaggi, in classe la situazione diventa invivibile.”.

“Beh, quantomeno non stiamo andando troppo lontano!” cercò di risollevare il morale di tutti Spagna, facendo un sorrisetto abbastanza falso e tirato. “Arriveremo presto, non temete!”.

“Ah, a me non infastidisce troppo, da! Mi piace sentire la gente che discute, mi ricorda che c'è ancora qualcuno in giro!” disse felicemente Ivan, assistendo alla litigata con evidente interesse e partecipazione. Però poi, dal nulla, la sua espressione cambiò e si rabbuiò: “Ma quando questi ultimi esagerano e continuano per troppo tempo... io mi arrabbio e divento nervoso... e la gente non vuole che io sia nervoso, dicono che non mi faccia bene... Kolkolkolkolkol...”.

Dopo quella frase minacciosa tutti, anche i due acerrimi litiganti, si misero all'istante ben composti e rigarono dritto per tutto il viaggio.

“Doitsu... provo un vago senso di inquietudine.” fu l'ultimo commento che si udì all'interno del furgoncino...

 

“Eccoci, siamo arrivati!” annunciò neanche dieci minuti dopo Ungheria, indicando un locale con un'insegna illuminata che recitava: -Arcade-. “Scommetto che sono venuti qui, a tutti i ragazzini piace frequentare questa sala piena di slot e inediti giochi di ruolo.”.

“A tutti i ragazzini più alla nostra cara Elizabeta, dico bene?” sollevò un sopracciglio con fare sapiente e superiore Gilbert, che più volte aveva perso ai videogiochi contro l'ungherese. Era una continua guerra di supremazia fra loro. “Vieni ad allenarti spesso qui, maschiaccio?”.

“Stai zitto, sei solo invidioso della mia innata bravura.” si vantò fieramente la ragazza, scendendo dal grande mezzo insieme agli amici. “Dovresti allenarti anche tu, detto fra noi sei davvero una mezzasega con un joystick in mano.”.

“Aru, ed eccoli che stanno ricominciando...” constatò tristemente Yao, scuotendo lentamente la testa in segno di diniego. “Mi fanno scoppiare la testa, sono fisicamente condizionabile.”.

“Pensa a me che ci vivo insieme, queste scenate le considero all'ordine del giorno.” gli fece notare Germania, ormai abituato al clima perennemente litigioso e teso fra i due.

“Vedremo quando mi comprerò Fifa e ti sfiderò, brutta-” incalzò aspro l'albino, per poi essere interrotto da una voce professionale e leggermente timida: una guardia di sicurezza.

“Salve signori, l-l'entrata costa dieci dollari a testa al sabato sera.” li informò gentilmente il ragazzo di guardia all'entrata, allentandosi leggermente il nodo della cravatta che portava al collo. “Siete in... tredici, giusto? Sì, tredici, quindi fanno 130$.”.

“Cosa, 130$? Non abbiamo intenzione di sborsare tutta quella grana per accedere a 'sto posto della minchia, quindi facci passare se non vuoi problemi, nanerottolo!” si fece avanti con spavalderia Romano, per nulla propenso a pagare il ticket d'ingresso. “Non vorrai avere rogne, eh? Non vorrai avere rogne!? Cerchi le botte per caso? No, perché con me le trovi!”.

“Fratellone, non essere così scortese con lui, vee...” lo trattenne con tutte le sue forze Veneziano, cercando di fermare le ire incontrollate del sud-italiano. “Non voleva fare niente di male...”.

“M-mi dispiace signore, purtroppo non posso lasciarvi entrare senza che voi paghiate. Se farete altre storie sarò costretto a chiamare la sicurezza interna.” si ricompose leggermente il dipendente, sperando nella comprensione degli altri membri del gruppo. “Non abbiamo quasi mai avuto la necessità di farlo, spero che non l'avremo nemmeno stasera.”.

 

“Non abbiamo tutto quel denaro, perciò solo uno o due di noi dovranno entrare.” propose diligentemente Kiku, ragionando sul prescelto/sui prescelti ideale/i. “Secondo me i favoriti dovrebbero essere Francia e Ungheria: Francis conosce i volti dei due ragazzini ed Elizabeta conosce bene il locale, li troveranno subito se cooperano.”.

“Buona idea, amico!” gli diede immediatamente ragione America, controllando furtivamente nel proprio portafoglio... vuoto e polveroso. “Però io sono al verde, ragazzi. Qualcuno ha soldi da prestare?”.

“Io no, li ho spesi tutti comprando la vodka per la festa...” li informò innocentemente Russia dopo un'infruttuosa ricerca nel suo lungo cappotto multitasche e pieno di bottiglie di vetro nascoste. “Nemmeno un centesimo.”.

“Anch'io non ho soldi, non ricevo mance da una vita...” scosse la testa con impotenza Spagna, indicando le proprie braghe vuote.

“Il mio micio ha trovato cinque dollari per terra, se possono servire.” mormorò silenziosamente Grecia, prendendo dalla bocca del suo fedele gattino il denaro e porgendolo al giapponese.

“Grazie Grecia-san, questi ci saranno molto utili.” lo ringraziò Giappone, tranquillo e calmo come al solito. “Ora abbiamo metà di una quota. Qualcun altro? Io non ho nulla da offrire.”.

“E io ne ho trovati sette, bastardi!” consegnò la cifra al basso ragazzo asiatico Romano, dondolandosi sui talloni con fare indifferente e fischiettante. “Oggi un sacco di gente perde i soldi, chi l'avrebbe mai detto! Dev'essere la nostra serata fortunata!”.

“Li hai trovati o li hai rubati dalle tasche di qualche povero bambino, Romanito?” sollevò un sopracciglio Antonio, scettico e sospettoso su questa strana giornata durante la quale si perdevano soldi. “Dovresti smetterla di borseggiare i piccoli e le vecchiette di ritorno dal supermercato per racimolare pochi spiccioli, ormai mezza città sa che sei tu a compiere i furti e aspetta il momento propizio per beccarti con le mani nel sacco.”.

“Che palle che sei, non importa dove io li abbia presi, dopotutto il fine giustifica i mezzi! E poi non avete prove certe che sia io a rubare, potrebbe essere chiunque!” negò categoricamente la sua colpevolezza l'italiano, sbuffando rumorosamente. “Parliamo del fatto che tu blocchi sempre la circolazione perché vuoi venire a scuola a cavallo di Toro, bastardo? Gli sbirri vorrebbero ammazzarti a suon di manganellate.”.

 

“Io ho quindici dollari, mi porto sempre dietro qualcosa per ogni evenienza.” interruppe la lite Ludwig, estraendo dal portafoglio le misere banconote. “Li rivoglio indietro lunedì, comunque sia.”.

“Vee, Lud è sempre così preparato a tutto!” disse con ammirazione Veneziano, guardando con grandi occhioni fiduciosi il tedesco. “Vee, ora vai da quel ragazzo e fai entrare il fratellone Francia e Liz!”.

“Faccio sempre del mio meglio, Italia...” bofonchiò a bassa voce Germania, un po' imbarazzato dal complimento inaspettato. Afferrò tutto il denaro procurato e si diresse senza esitazione verso la guardia, sfoderando un sorriso a suo parere cordiale... ma che si rivelò la smorfia più spaventosa e inquietante che il povero dipendente avesse mai visto durante l'arco della sua intera carriera. “T-t-tenga... ecco a l-l-l-lei...”.

“AHHH!” gridò terrorizzato il poveretto, cominciando a tremare come una foglia e alzando le mani al cielo in segno di resa e sottomissione. “Non fa niente, non fa niente, si tenga pure il denaro! Vada, potete entrare tutti quanti senza pagare, solo... andate via, andate dentro, via, via, via!” gli indicò istericamente l'entrata infine, schiacciandosi contro la parete del corridoio per farli passare tutti e tredici. “Non ditelo al mio principale, però!”.

“Oh, ma che gentile, danke!” si rianimò immediatamente il biondo, felice di aver raggiunto tale risultato con facilità, voltandosi verso gli amici con un sorrisetto. “Chissà perché tutti sono sempre così gentili con me, forse la gente di questa città ha rispetto per noi tedeschi e amano regalarci le cose.”.

“Già... o forse hanno solo paura.” commentò a bassissima voce Inghilterra, seguendo il gruppo di amici all'interno della Sala Giochi. “Va beh, let's go inside.”.

 

-

 

“Eccoli là, sono loro!” indicò improvvisamente due ragazzini in coda Francia, dopo aver girato attentamente tutto l'Arcade insieme ai dodici. “Antoine, Fabrice, ecco dov'eravate! Ci avete fatto preoccupare tantissimo, non sapete in che guaio ci avete messi con la vostra irresponsabilità!”.

“Uh, Francis... non credo siano molto felici di vederci, sai-” provò ad avvertirlo Arthur, non tardando a notare le espressioni di negativo stupore e frustrazione dipinte sui volti dei due preadolescenti in fuga. Provò a fermare l'amico-nemico, ma lo fece troppo tardi.

Con un grido di falsa paura e impotenza, il più grande dei due gridò a squarciagola: “Aiuto, quei tizi ci vogliono rapire! Fermateli prima che ci narcotizzino e ci usino come schiavi minorenni!”. Il gelido silenzio calò nel locale, tutti i volti furono sui tredici innocenti.

“Oh, cazzo.” fu il commento secco di Romano, messo a disagio da tutte quelle occhiatacce storte. “Ma che cazzo vi guardate, minchioni? Tornate a giocare e a sprecare il vostro inutile tempo!”.

Approfittando dell'attimo di smarrimento, Antoine e Fabrice si diedero alla rapida fuga dal retro del locale.

“Ehi, fermatevi, qualcuno fermi quei-” provò a tagliargli la ritirata il francese, venendo però bloccato da un'energica manata sul petto da parte di un ragazzo lì vicino, che lo fece retrocedere. “Uh?”.

 

“Avete qualche problema da risolvere?” sbottò a gran voce l'aggressore (maggiorenne e pompato), evidentemente mezzo ubriaco e molto aggressivo, facendo qualche barcollante passo in avanti verso le nazioni. “Ve la prendete con dei ragazzini? Fate schifo, fatte pena, qualcuno dovrebbe mettervi la testa a posto una volta per tutte.”. Citazione puramente casuale e per niente minacciosa, wow.

“E tu chi saresti, scusa?” gli domandò con tono superiore Elizabeta, che non aveva alcun timore di qualche semplice festaiolo ormonale che osava fare il fighetto con lei: non per niente lei era la migliore nella squadra di pugilato della scuola, spaccava i culi che era una meraviglia durante i tornei amichevoli. “Non sono affari che ti riguardano, quei due sono sotto la nostra responsabilità e intendiamo riportarli a casa.”.

“E chi ci crede? Potreste essere delinquenti rapitori! E poi te l'ho detto chi sono. Sono quello che, insieme ai miei compari, vi rimetterà la testa a posto e vi smonterà tutto il resto.” si scrocchiò ogni osso e stirò ogni muscolo il tipo, richiamando a sé una quindicina di amici con gesto della mano. “Sedici contro tredici, non è completamente pulito ma può andare.”.

“Ohi! 'Sti stronzi cercano rogne, West, le cercano proprio! E non ho nemmeno iniziato io questa volta!” si fece immediatamente avanti Prussia, stendendo un braccio davanti al suo gruppo in segno protettivo. “Senti bello, non so chi diamine ti credi di essere, ma se osi fare un solo passo avanti il magnifico me ti prende a calci in culo, ok?”.

“Sì, dici davvero? Tu e chi altri?” lo sfidò apertamente l'avversario, ridacchiando con scherno e superiorità alla vista “dell'esercito” nemico. “Bella compagnia! Mi sembrate tutti fifoni, mingherlini, nani o rincoglioniti.”.

“Con tutti noi.” gli si schierò prontamente a fianco Spagna, seguito a ruota da Francia. Non lo avrebbero mai abbandonato. “Noi tre siamo il mitico Bad Touch Trio, e non lasciamo un amico in difficoltà.”.

“Pfui. Avete le palle, ma non la forza di batterci tutti.” scosse lentamente la testa il tipo, singhiozzando di tanto in tanto a causa dell'alcol in circolo nel suo organismo. “E ve lo dimostreremo subito, sfigati.”.

“Chi non avrebbe la forza di battervi?” domandò con dei mormorii irritati Germania, mettendo in mostra i suoi muscoli scolpiti e ampi senza esitazione. Era chiaro che si stava arrabbiando... ahia, brutto segno. “Sei ubriaco, tornatene a casa e lasciaci passare.”.

“Urca, qui scoppia la rissa... che divertimento, spero esca tanto sangue!” mormorò con eccitazione e emozione Russia, assistendo alla scena con trepidazione e curiosità. Si divertiva un sacco a guardare queste dispute fra compagnie.

 

“Ok, ok, vediamo di calmarci e di non sfociare nella violenza! Qui non scoppierà nessuna rissa!” si contrapposero fra i due gruppi in lite Inghilterra e Cina, cercando di fare da mediatori. Arthur parlò con tono serio: “E' tutto un grande malinteso, quei ragazzini sono davvero fuggiti di casa e noi stiamo cercando di riportarli indietro. Non c'è bisogno di venire alle mani, faremmo solo trambusto e perderemmo tempo prezioso.”.

“Se non hai il coraggio di combattere allora fatti da parte, sopracciglione frocio!” non ascoltò una parola del suo discorso il capo dei nemici, sollevando un pugno e calandolo rapidamente verso la faccia dell'inglese. Ma...

SNAP! Fece la grande mano di Alfred, bloccando appena in tempo il colpo diretto ad Arthur con precisione e forza. “Ehi bro, lasciati dire due parole: se te la prendi con Artie, te la stai prendendo anche con me.” lo minacciò con un sibilo poi, lasciandogli il braccio con un movimento disgustato e risentito.

“E con noi!” gli fecero eco tutte le altre nazioni (Veneziano con meno enfasi e convinzione; era chiaro che si stesse cagando sotto), ora davvero spazientite e pronte a difendersi.

Anche Romano, nonostante la sua natura solitamente vigliacca per quanto riguardava il piano fisico, strinse le mani a pugno e sputò a terra. “Brutti bastardi drogati, ve la facciamo vedere noi chi è il debole!”.

“Oh, ma io vi apro il culo a pugni, stupide merdine...” disse con voce assonnata e apparentemente pacifica Grecia, posando il suo micetto a terra per evitare che lo ferissero durante l'eventuale battaglia. “Provate a ripeterlo ancora una volta e vi ammazzo di legnate, capito?”.

“Aru, davvero, non lo fate! Io continuo a credere che fare a botte sia una pessima idea!” tentò per l'ultima volta a fermare l'imminente massacro il ragazzo cinese, guardando dritto negli occhi l'aggressore più alto. “Vi prego di rivedere le vostre intenzioni prima che sia troppo tardi, qualcuno potrebbe farsi davvero male.”.

“Aww, ora mandate il “Chin Chun Chan” in miniatura a difendervi? Ma tornatene a fabbricare roba tarocca e tossica, cinesino di merda!” lo insultò per tutta risposta l'interessato, mollandogli uno spintone abbastanza energico che lo fece sbattere violentemente contro il petto di Ivan.

 

“... Ok, adesso avete veramente rotto il cazzo pure a me. ^J^” balzò improvvisamente in avanti Russia, mollando un fortissimo cartone sul muso del bulletto senza aggiungere nient'altro: il colpo dell'alto russo fece volare quest'ultimo contro una slot, che si fracassò all'istante a causa dell'impatto violento. “Qualcun altro vuole provare il volo, da?”.

“UGH! FATE FUORI QUELLE MERDE, FATELI FUORI!” istigò i quindici prepotenti rimasti in piedi il colpito, spuntando da una marmaglia di cavi elettrici e componenti di plastica con aspetto orribile e ammaccato. “FATEGLI VEDERE CHI SIAMO, SPACCATEGLI LA FACCIA!”.

“Avete sentito i bastardi!? ADDOSSO, GENTAGLIA! AHHHH!” partì immediatamente al contrattacco con un grido di battaglia Romano, afferrando una sedia di metallo vicina e lanciandola in testa ad un nemico, il quale svenne all'istante. “Sotto a chi tocca!” provocò poi gli altri, sollevando un'altra sedia con aria di sfida.

“Arriba!” gridò a pieni polmoni Spagna, giocoso e battagliero, gettandosi di peso contro gli aggressori che gli capitavano a tiro e cominciando a pestarli a terra. “Caramba, che divertimento!”.

“Aiyah!” si unì fieramente alla battaglia Yao, ripresosi rapidamente dalla spinta, arrabbiandosi davvero tanto e cominciando a mollare calci e testate a destra e manca. “Non è stato per niente gentile, criminali! Aiyah!”.

America cominciò a scazzottare a tutto spiano, abituato alle spassosissime risse nei pub alle quali prendeva sempre parte, schivando i colpi con facilità e atterrando qualche ragazzo. Inghilterra e Francia lo aiutarono a colpi di bottiglie di birra vuote trovate più lontano.

Grecia, malgrado la sua innata pigrizia, si destreggiò magnificamente nella lotta corpo a corpo, sicuro di avere le spalle sempre ben coperte dalle precise mosse di Giappone. Tentò addirittura di spogliarsi per rendere onore all'antica tradizione del suo paese di combattere nudi, ma fortunatamente venne fermato dallo stesso Kiku, scandalizzato.

“Voooooooooooooooodka!” esclamò felicissimo e lanciatissimo Ivan, buttandosi di peso (tanto peso, fidatevi) contro gli avversari precedentemente atterrati per farli soffocare e soffrire ancora di più. Eh, il suo sadismo.

Ungheria prestò gentilmente una padella mezza scassata a Prussia e insieme si occuparono degli ultimi rimasti in piedi spaccando crani e setti nasali. “Attacco combinato, kesesesesesese!”.

 

“Vee, v-vee! Doitsu, ho tanta paura!” piagnucolò spaventatissimo Veneziano, implorando aiuto praticamente al nulla dato che Germania era sparito da alcuni minuti, nascosto furtivamente dietro a un tavolo rovesciato durante la lotta. “Dove sei, Doitsu...?”.

“Ah, eccoti! Tu sei con quella marmaglia di sfigati, ti ho visto in mezzo a loro prima...” lo afferrò prontamente per il colletto della camicia uno dei bulli, sollevandolo in alto e caricando un pugno a mezz'aria. “Ecco il prezzo per esserti messo contro di noi, fifone di un-”.

“Mettilo immediatamente giù.” sibilò scandendo ogni parola Ludwig, comparso dal nulla alle spalle del galletto vanitoso. “Immediatamente.”.

“N-no! E s-se non volessi farlo, c-che mi faresti?” domandò con la poca dignità rimastagli il tizio, cercando di non vacillare davanti a quell'enorme montagna di muscoli e testosterone. “Eh, c-che mi faresti?”.

Inutile dire che tutti in città, ma proprio tutti tutti, sentirono l'eco proveniente dall'Arcade del grido disperato del bulletto, seguito dal rumore di un tonfo sordo e di un cortocircuito.

“Vee, grazie Luddy!” ringraziò affettuosamente il tedesco Veneziano, abbracciandolo con trasporto e abbandonandosi fra le sue braccia protettive e forti. “Sei sempre pronto a salvarmi, vee...”.

 

-Neanche un minuto dopo l'inizio della rissa-

 

“Ecco, beccate e portate a casa, branco di stronze femminucce! E le nazioni vincono, e le nazioni vincono, yahaa!” saltellò in segno di vittoria Gilbert mentre osservava i nemici in fuga, facendosi poi sollevare come un trofeo dagli amici. “Siamo troppo forti, siamo troppo forti, guardate come corrono!”.

“Che pirla che sei, Gil.” alzò gli occhi verdi al cielo Elizabeta, facendosi scappare però una risata di puro divertimento. “Ma sei stato decente in campo di battaglia, almeno.”.

“La vittoria è stata schiacciante e meritata.” annuì tranquillamente Giappone, azzardando un sorriso soddisfatto e sereno. “Per fortuna non ci sono feriti fra di noi...”.

“Feriti!? E chi ci batte, a noi?! Durufuuuuuuu!” festeggiò col suo solito entusiasmo incontrollato America, azzardando un balletto scoordinato e socialmente imbarazzante.

“Sì, siamo stati dei grandi! Siamo dei guerrieri mitici e leggendari, chicos!” batté il cinque a tutti Spagna, fiero di aver combattuto e vinto per i suoi migliori amici. “Romanito, tu sei stato uno dei più mitici, fatti spupazzare tutto!”.

“Non abbracciarmi, bastardo! Staccati, ho detto, sei appiccicoso e sudato! Che schifo, cazzo!” provò a liberarsi con la forza dalla stretta mortale e umida nella quale l'ispanico l'aveva intrappolato Romano, scalciando e scalpitando come un pazzo. “Ti odio, vai via!”.

“Da, è stato bello vincere, però è un peccato non avergli potuto tagliare la gola...” si dispiacque sinceramente Russia, riponendo al suo posto un lungo coltello da macellaio ancora sporco del sangue di chissà cosa... o di chissà chi. “Va beh, sarà per la prossima volta!”.

“Lieto di aver sconfitto quei bruti insieme a voi, mes amis, ma adesso dobbiamo raggiungere Antoine e Fabrice prima che si allontanino troppo!” rimise in modo la ricerca Francis, indicando frettolosamente la luminosa uscita della Sala Giochi. “Venite?”.

“Francia ha ragione, andiamo. Non dobbiamo farci sviare da queste piccole soddisfazioni.” disse con tono profondo Germania, facendo cenno a tutti di muoversi e riprendere la missione. “Forza, ogni secondo è prezioso!”.

Certo, apparentemente la libertà era a loro portata ora, se non per un piccolissimo e alquanto fastidioso particolare...

 

“ECCOLI LI', LORO HANNO DISTRUTTO MEZZO SALONE FACENDO A BOTTE! ACCIUFFATE QUEI DELINQUENTI!” abbaiò con ira un inserviente della sala, presumibilmente il direttore, indicando i tredici malcapitati e mandandogli contro almeno cinque grosse guardie di sicurezza. “E CHIAMATE LA POLIZIA, NON DEVONO PASSARLA LISCIA!”.

“Oh-oh...” commentò alla vista Ivan, chinando la testa di lato e informando gli altri: “Mi sa che quelli là non vogliono fare amicizia, da?”.

“Oh porca vacca, no che non vogliono fare amicizia, quegli scimmioni con lo smoking ci vogliono sbattere in gattabuia! Tutti al furgone, dobbiamo scappare, via dai coglioni tutti quanti!” venne preso dal panico Alfred, cominciando a correre a perdifiato verso il suo mezzo di trasporto e scaraventando a terra chiunque si fosse intromesso nella sua strada verso la libertà. “Muovetevi, muovetevi, muovetevi, se ci prendono siamo finiti!”.

“A-aru ehi, io ho la schiena debole e le gambe doloranti, aspettatemi!” ansimò con fatica Cina, stando dietro ai compari con evidente difficoltà. “Speriamo non mi esca un'ernia...”.

“Vee, arrivano i nemici, waaaaah!”; “Corri, bastardo, corri!”: diedero uno sprint di incredibile velocità le due Italie, superando tutti e distaccandoli di un bel pezzo.

“MA PERCHE' SIETE VELOCI SOLO QUANDO DOVETE SCAPPARE, VOI DUE!?” gli gridò dietro Germania, impressionato dalla rapidità che Romano e Veneziano potevano raggiungere se terrorizzati a morte.

“Taci e shakera il culo, mangia-patate!” trovò un momentino per insultarlo il maggiore, facendogli il gesto dell'ombrello e continuando a correre. “Ecco il furgone, coglioni!”.

“Che situazioni di merda, che situazione di merda!” imprecò spaventato Inghilterra, salendo agilmente al posto del passeggero e allacciandosi rapidamente la cintura di sicurezza. Gli altri si infilarono nel retro e chiusero le portiere. “Ma quando avrà fine questa dannatissima notte da incubo!?”.

 

Oh Arthur, questo è solo l'inizio... solo l'inizio.

 

Fine primo capitolo.

 

 

 

Angolo autrice:

Salve a tutti fans di Hetalia, eccomi all'esordio con la mia prima storia su questo divertente Anime.

Ok, devo ammettere che sono stata combattuta se pubblicarla o meno, la trama mi sembrava priva di senso e poco divertente, ma alla fine l'ho fatto comunque per provare (mettendola fra le Demenziali, ovvio xD).

Spero che la lettura del primo capitolo vi abbia fatti sorridere come ha fatto sorridere me nello scriverlo.

La domanda è... Ce la faranno i tredici coraggiosi a trovare i ragazzini e a fuggire dai proprietari, oppure finiranno nei guai? Dove sono andati i due ribelli?

Lo scoprirete nel prossimo capitolo!

Alla prossima,

un ululato.

 

BlueFlyingWolf_13.

 

 

 

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Capitolo 2
*** -A Saved Night...?- ***


CAPITOLO SECONDO: A Saved Night...?; Una Notte Salvata...?

 

-Ore 23:30, sabato sera-

 

“Ma che cosa credevate di fare scappando in quel modo, voi due!? Sapete che cosa diamine ci avete fatto passare? Siamo dovuti scappare in macchina cercando di seminare quei bruti muscolosi, siamo probabilmente stati segnalati dall'autovelox per eccesso di velocità e vi abbiamo cercati per un'intera serata solo per ritrovarvi qui, tranquilli, a pedalare nel parco cittadino! Avete la minima idea di quanto eravamo preoccupati per voi, e se vi fosse successo qualcosa!?” sbottò arrabbiato e indispettito Francis, in piedi davanti ad Antoine e Fabrice, entrambi tenuti saldamente fermi da Russia. “E smettetela di lamentarvi e di fare quei versi da bambini, Ivan ha il mio totale permesso di tenervi in quel modo!”.

“Da, yee!” annuì energicamente il russo, felice di poter stringere per la collottola quei ribelli dispettosi, sollevandoli leggermente in aria e ridacchiando per il divertimento di vederli contorcere disperatamente. “Li voglio tenere su finché non diventano tutti blu, eheh!”.

“Ivan, non ci provare, aru!” lo riprese severamente e immediatamente Cina, toccandogli e strofinandogli una spalla per farlo acquietare un pochino. “Capisco che sei offeso, lo siamo tutti, ma cerchiamo di non uccidere nessuno, va bene?”.

“Già, hai sentito il nano asiatico!? Lasciaci subito andare, grasso orso bruno!” fece eco al cinese Fabrice, molto più maleducatamente e saccentemente, tentando senza successo di colpire con un poderoso calcio la grossa nazione ricoperta da vestiti invernali. “Lasciami! Lasciami o mi metto ad urlare!”.

“Scusami? Chi hai chiamato “nano asiatico”, brutto stronzetto? ^J^” sibilò malvagiamente e con fare risentito Russia, scrocchiandosi le nocche ed ergendosi in tutta la sua altezza mentre un'inquietante aura nera comparve dal nulla alle sue spalle. “Non è carino dire così, non è affatto bello offendere Yao-Yao... perché se qualcuno lo fa, io mi innervosisco... e se mi innervosisco io divento molto cattivo. Kolkolkolkolkol...”.

“Russia, calmati, mi so difendere benissimo da solo, aru.” lo trattenne senza fatica Cina, afferrandolo con energia per un braccio e bloccando il suo attacco di furia omicida. “Sarà abbastanza gratificante sentire le loro scuse, non serve rivoltarli da dentro a fuori.”.

 

“Esattamente, Yao ha pienamente ragione. E comunque tu non farai proprio niente, ragazzino, ora siete entrambi sotto la nostra responsabilità e noi non abbiamo la minima intenzione di perdervi di vista ancora una volta. L'unica cosa che farete adesso è chiederci sinceramente scusa, poi andremo tutti a casa a dormire.” sottolineò con serietà Francia, incrociando le mani al petto e udendo l'unanime approvazione degli altri dodici. “Vero, mes amis?”.

“Già, kesesesesese! Vogliamo sentirvi implorare perdono, ragazzini viziati e combina-guai.” si trovò subito d'accordo il prussiano, evidentemente molto arrabbiato e risentito per il sabato rovinato. “Di certo il meraviglioso me non spreca volentieri una bella serata: avevamo aspettato questo momento di totale libertà da un'intera settimana di faticose interrogazioni e terribili verifiche!”.

“Strano, perché coi tuoi magnifici comportamenti e atteggiamenti abituali stai direttamente sprecando la vita.” lo prese prontamente in giro Ungheria, facendogli un buffetto dispettoso e malizioso con la lingua. Fantastico, con questo acido commento la sottile linea di pace era stata sicuramente interrotta e spezzata. “E vogliamo discutere dei tuoi “invidiabili” risultati e rendimenti scolastici, Gil? Posso tranquillamente affermare che una crostata di fragole e lamponi ha un quoziente intellettivo molto più alto del tuo.”.

“Piantala, strega!” la contro-insultò l'albino, riducendo i suoi occhi rossi a due fessure irritate. “La tua presenza è socialmente piacevole e apprezzata quanto una lenta e dolorosa morte causata dal tetano.”.

“Ed eccoli che ricominciano per un nonnulla, come al solito.” alzò gli occhi al cielo Ludwig, ormai rassegnato e abituato alle sceneggiate giornaliere dei due contendenti, seppellendosi il viso fra le mani per sfogare la sua disperazione e vergogna. “Mai un attimo di pace con entrambi nello stesso luogo. Ormai tutti, quando vedono che mio fratello e Ungheria non stanno bisticciando, pensano che uno dei due stia male o sia depresso.”.

“Vee... non preoccuparti Doitsu, faranno presto la pace e si vorranno ancora tanto bene!” gli assicurò dolcemente Veneziano, dandogli qualche amichevole pacca sulla spalla e avvolgendolo in un caldo abbraccio per tirargli un po' su il morale.

“Non è questo il problema, italiano.” scosse lentamente il capo il tedesco, sospirando e assistendo alla scena con viso inespressivo e indecifrabile. “Il fatto è che quei due litigano sempre, in ogni momento, eppure fanno di tutto per passare tanto tempo insieme. Non li capisco.”.

“Semplice. Provano gusto a punzecchiarsi a vicenda quando in realtà tengono molto l'uno all'altra, amigo.” scrollò le spalle ed espose il suo punto di vista Spagna, azzardando un mezzo sorriso. “Proprio come Romanito tiene a me, anche se non lo fa mai vedere!” esclamò felicissimo poi, saltando vicino al sud-italiano e provando a dargli qualche amorevole bacino a stampo sulla guancia. “Vieni qui, tomato del mio cuore!”.

“Che cazzo fai, brutto bastardo rimbambito, ti sei bevuto il poco che rimaneva del tuo cervello!? Vattene, mi fai schifo, aria!” lo respinse prontamente Romano, appoggiandogli le mani al petto e allontanandoselo bruscamente di dosso. “Ti sparo un colpo di fucile in culo se non mi lasci in stare, te lo giuro!”.

 

Ignorando completamente l'insopportabile putiferio circostante, Francis ripeté la sua generosa richiesta ai due testardi minorenni con più decisione: “Allora, ragazzi? Stiamo ancora aspettando con ansia le vostre scuse, non chiediamo nient'altro: se ci domanderete perdono dimenticheremo in fretta tutto e non ne riparleremo mai più.”.

“Ah, sì? Mi dispiace dirvelo, ma continuerete ad aspettare e ricordare l'accaduto ancora per molto tempo, belli, perché non abbiamo la minima intenzione di farlo!” si rifiutò categoricamente Antoine, troppo orgoglioso e convinto di essere nel giusto per abbassarsi a tanto, storcendo il naso con fare superiore e spostando lo sguardo altrove, fra gli alberi in fiore.

“Io invece credo che lo farete molto presto.” mormorò convinto il francese, appoggiando le mani ai fianchi e cercando di apparire autoritario. Improvvisarsi padre era più difficile del previsto, cavolo. “Altrimenti informerò personalmente vostra madre e vostro padre di quanto accaduto, non penso saranno molto contenti di sapere che siete fuggiti in piena notte e che avete causato una rissa ai nostri danni. Siate certi che mi crederanno, nutrono in me molta stima e ho qui altri testimoni affidabili e adulti.”.

“Al diavolo i nostri genitori, li odio, non c'hanno permesso di andare alla festa o di uscire, è colpa loro se ce ne siamo andati di nascosto!” se ne fregò altamente il fratello maggiore, scaricando anche vigliaccamente la colpa, mettendo il broncio e stringendo le mani a pugno. “Non ci permettono di fare mai niente coi nostri amici, ci tengono chiusi in casa ogni qualvolta li informiamo di una festa in città! Non mi importa se si arrabbiano o se ci mettono in punizione, tanto è come se lo fossimo ogni giorno!”.

“Lo fanno sicuramente per il vostro bene, alcuni eventi sono molto pericolosi e inadatti per ragazzini della vostra età e loro lo sanno meglio di voi.” intervenne pacatamente Giappone, facendo qualche passo verso i due preadolescenti e cercando di fargli comprendere il punto di vista dei loro parenti. “Una famiglia cerca sempre di proteggere i propri membri, anche applicando alcune limitazioni necessarie e apparentemente egoistiche.”.

“Noi siamo grandi, sappiamo badare perfettamente a noi stessi e non abbiamo bisogno della loro protezione!” assicurò fieramente l'interessato, mantenendosi fermo nella sua decisione e ideale di vita. “E non vi chiederemo scusa, vero fratellino?”.

“Verissimo, non lo faremo mai!” lo appoggiò senza esitazione l'altro, non abbandonandolo in piena “guerra”.

 

“... Cavolo, siete proprio due begli antipatici. Ci credo che non vi fanno uscire, sareste da linciare pubblicamente.” concluse dopo circa un secondo di attenta riflessione America, scandalizzato e confuso da tanta aggressività e astio. “Siete più irritabili di Arthur quando salta accidentalmente il tè delle cinque.”.

“Taci, stupido, idiota, scemo! Ma come ti permetti?” gli mollò immediatamente un sonoro schiaffo sulla nuca l'inglese, prendendo sul personale l'ultima frase pronunciata dall'americano e punendolo di conseguenza. “Magari io sarò preciso sull'orario del tè, ma tu non riesci a resistere per più di due ore senza mangiarti un hamburger formato gigante, e questo è il risultato!” commentò infine, alzandogli di scatto la larga maglietta e prendendo fra le dita un po' di morbida e flaccida ciccetta. “Look at this!”.

“Ahah dai, no, questo è un colpo basso! Smettila Artie, sai bene che soffro un sacco il solletico, lo fai apposta!” ridacchiò di gusto Alfred, cercando di liberare la sua pancia pienotta e sensibile da quella presa decisa. “Ahah, gli eroi non possono farsi la pipì addosso davanti a tutti, Iggy! Lasciami, lasciami, ahahah, mi stai uccidendo!”.

“Che bambino che sei, ti lamenti sempre.” borbottò piatto Inghilterra, non riuscendo però a sopprimere un impercettibile sorrisetto di divertimento, continuando a solleticare energicamente l'allegro ragazzo davanti a sé. “Dov'è che ti fa ridere? … qui, right?”.

“AHAHAH, piantala, smettila! Iggy, dopo mi vendico, lo sai!” minacciò amorevolmente l'inglese Alfred, piangendo dalle risate e sentendosi parecchio impotente e sconfitto. “Poi non ti lamentare, eh! Ahahah!”.

“Sto tremando di paura, non farlo...” ammise con aria davvero terrorizzata e intimidita Arthur, ritraendo di scatto le mani e sollevandole in segno di resa e sottomissione. “Non farmi del male, ti prego, non lo farò mai più, mai più. Anzi, domani ti porto al Game Stop e ti compro un videogioco per farmi perdonare, ok?”.

“Davvero...? Dici sul serio?” chiese speranzoso ed estatico America, sbarrando gli occhi e non credendo alle sue orecchie. Cosa stava succedendo, Artie era diventato improvvisamente gentile? Per caso era tutto un sogno, un meraviglioso e fantastico sogno? Se lo era, sperava di non svegliarsi mai.

“No. Ero ovviamente sarcastico, imbecille credulone. English Humor a te!” svelò il trucco con aria vittoriosa Inghilterra, riprendendo immediatamente a tormentare il ventre scoperto e lasciato irresponsabilmente esposto dell'americano. “Hai ancora molto da imparare, bamboccione: mai lasciare senza protezione i punti deboli!”.

“Eh dai, uffa, sei ingiusto! Ahaha!” ricominciò a ridere come un pazzo Alfred, un po' arrabbiato con sé stesso per essersi lasciato fregare così facilmente. “Questa me la paghi cara, nonnetto!”.

 

“Non avete proprio alcuna intenzione di domandarci scusa, quindi? Dobbiamo proprio finirla così?” sospirò spento Francia, che ormai non sapeva più che fare con quei due. “Preferite davvero che io riferisca tutto ai vostri genitori e che vi faccia mettere in castigo?”.

“Fai pure, tanto non ce ne può fregar di meno! Anzi, perché non vai a cercare una cabina telefonica e non ci lasci in-” incalzò irrispettosamente il minore, per poi essere bruscamente interrotto da una voce infantile e parecchio inquietante, seguita da uno scossone. “Uh?”.

“Sono tanto stanco, da, e voglio andare a casa subito a riposarmi. Ma per colpa vostra mi tocca aspettare qui: a me non piace aspettare, mi rende molto nervoso.” mormorò con rabbia cieca Russia, stringendo la presa sui colli e fissando i prigionieri col suo sorrisetto apparentemente innocente e coi suoi grandi occhi viola, ora iniettati di sangue e pieni di frustrazione e voglia di sgozzare qualcuno. “Io ho un amico che la pensa sempre come me, sapete. Si chiama Mister Pipe, è soggettivamente molto simpatico e gentile, ma quando compare le altre persone si mettono a piangere, implorare pietà e urlare, anche se è totalmente calmo in quel momento... ora, invece, è arrabbiato e nervoso. Voi non volete incontrare un Mister Pipe tanto arrabbiato e nervoso, vero? Potrebbe non essere gentile come al solito e potrebbe rivelarsi un'esperienza poco piacevole... per voi.”.

“AHH, CAZZO!” strillarono all'unisono i due preadolescenti, terrorizzati a morte nel vedersi comparire davanti la riconoscibile e inquietante silhouette di un lungo rubinetto sporco e ancora gocciolante di sangue. “Va bene, e va bene, va benissimo! Scusateci, scusateci davvero, non volevamo causarvi tutti questi problemi o farvi correre per tutta la città! Chiediamo umilmente perdono, non vi faremo mai più preoccupare così tanto!”.

“Le vostre scuse sono sincere oppure no?” sollevò un sopracciglio Germania, scettico e poco convinto, gonfiando i possenti muscoli e fissando con diffidenza Antoine e Fabrice. “Che domande. So benissimo che non lo sono, siete mossi dalla paura e dalle minacce di morte, ma siamo comunque disposti ad accettarle se le ripeterete con lentezza e guardandoci in faccia. Solo così avrete il nostro perdono, forza.”.

Imprecando fra i denti e impiegando qualche secondo ad inghiottire a fatica l'orgoglio, finalmente i due si decisero: “Ci dispiace tanto per quello che vi abbiamo fatto, speriamo che un giorno possiate perdonarci. Vi offriamo le nostre più sincere scuse e la promessa di comportarci bene la prossima volta.”.

“Ohh, finalmente, bravi i miei ragazzi! Solo così si diventa maturi e adulti responsabili: riconoscendo i propri errori e rimediando anche con delle semplici scuse, a volte ciò è più che sufficiente e caratterizza gli uomini di classe!” sospirò sollevato Francia, felice di sentire il pentimento dei due ragazzini e i mormorii soddisfatti dei dodici amici. “E ora che siamo tutti contenti, si torna a casa e si fila subito a letto, è molto tardi. America, metti in moto il furgoncino, ce ne andiamo subito.”.

“Ok amico, volo e lo faccio in un attimo!” fece il segno dell'ok Alfred, saltando prontamente sul suo adorato mezzo e infilando le chiavi. “Allora, ci muoviamo o no? Che bello, finalmente questa serata è finita, non vedo l'ora di tornarmene a casa!”.

 

Ma i tredici amici non prestarono la dovuta attenzione ai due demoni fino alla fine: mentre tutti montavano a bordo e si allacciavano le cinture, Antoine sussurrò al fratello qualcosa...

“Sistemiamo per bene questi rompicoglioni appena torniamo a casa, ok? Poi andremo alla festa e, dopo, ci fermeremo a dormire dai ragazzi.”.

“Sì... d'accordo.”.

 

-Casa, ore 0:50-

 

“Che serata spossante, bros. E pensare che di solito io non sono mai assonnato, nemmeno dopo un after di quelli potenti.” commentò con stanchezza nella voce America, buttandosi di peso sul morbido divano e abbandonandosi sul morbido tessuto insieme ai dodici amici. “Mi rilasso cinque minuti e poi me ne vado a casa a dormire, gente: domani mattina devo andare al parco a giocare a baseball con Canada e devo essere energico e scattante per dare il meglio, è stato difficilissimo convincerlo e non voglio sprecare l'opportunità.”.

“Ricordati che prima di tornartene a casa mi devi accompagnare, scemo.” gli rimembrò prontamente Inghilterra, passandosi una mano fra i capelli e sulla fronte per lenire il dolore ai suoi stanchi occhi. “Sono distrutto... dannazione... che sonno.”.

“E' vero, uffa... Ehi Iggy, dato che sei abbastanza lontano e siamo entrambi distrutti, perché non ti fermi a casa mia per stanotte? Non ho posti liberi, ma puoi dormire insieme a me nel mio letto!” propose innocentemente Alfred, attirando gli sguardi molto “pervy” di Ungheria e Giappone, fujoshi incalliti e disegnatori di yaoi hard di fama mondiale e di esperienza secolare. “Perché ci fissate in quel modo, ragazzi? Ho detto qualcosa di male, per caso?”.

“Niente, niente di niente, tranquilli...” mormorarono con aria falsamente vaga e distratta i due, lanciandosi però segreti sguardi collaborativi e monelli. Si sussurrarono: “Nuovo materiale per dōjinshi in arrivo, amico mio... dovremo metterci all'opera molto presto.”.

Inghilterra e America, che avevano udito tutto nonostante la discrezione dell'ungherese e del giapponese, si osservarono con aria molto perplessa e confusa, poi scrollarono le spalle con rassegnazione: era bravo chi capiva i loro messaggi in codice, era da anni che l'intera classe provava a decifrarli senza alcun successo... “Bah.”.

 

“Vee... Doitsu, Doitsu, sono tanto stanco... e ho tanta fame, voglio la pasta.” si lamentò con dei vagiti assonnati Veneziano, con la testa comodamente appoggiata alla forte e muscolosa spalla destra del tedesco. “Mi porti a casa, per favore?”.

“Fra poco andiamo, devi solo aspettare tuo fratello Romano.” lo rincuorò con tono gentile e sforzatamente basso Ludwig, passandogli affettuosamente una mano fra i capelli marroncini e morbidi.

“Sì, sì, fratellino impedito e pasta-dipendente, tra poco alziamo il culo e torniamo a casa... lasciami riposare un secondo e poi ce ne andiamo.” disse gesticolando distrattamente il sud-italiano, sdraiato comodamente su Spagna (lo stava praticamente usando come cuscino morbidoso). “Cazzo, stupido mangia-pomodori, qui sei tutto spigoloso e scomodo! Perfetto, sei inutile pure come appoggio, complimenti... bastardo.”.

“Sei stanco anche tu, Grecia-san?” chiese Giappone al greco sonnecchiante, passandogli lievemente una mano sulla schiena e accarezzando il musetto del suo gatto con l'altra. “Dovreste andare a dormire tutti e due.”.

“Mh, aspetta... fermo un secondo.” mugugnò distrattamente Hercules, flettendo la schiena e appoggiando delicatamente la sua testa sulle ginocchia di Kiku, volenteroso di farsi coccolare e massaggiare la nuca e la gola.

“G-Grecia-san, spero che dopo questo gesto tu voglia assumerti le tue responsabilità da uomo!” esclamò scandalizzato e rosso in viso il giapponese, tremando leggermente e coprendosi la bocca: sì, non era molto abituato a queste palesi manifestazioni di amore e affetto. “Non vorrai disonorarmi, v-vero?”.

“Eh?” esordì con aria disorientata e confusa il povero Grecia, che francamente non aveva capito che cazzo intendesse Giappone con quel discorso... Oh beh, Kiku era sempre stato un po' strano, quindi non ci diede troppo peso e richiuse i suoi occhi verdi oliva con serenità. “Non importa, dormiamo...”.

 

“Chi vuole una bella tazza di cioccolata calda appena preparata?” domandarono improvvisamente i due preadolescenti con tono stranamente gentile e zuccheroso, presentandosi davanti alle nazioni umanizzate con un grande vassoio con sopra tredici scodelle di porcellana fumanti e profumate. “Fatta in casa, per farci perdonare!”.

“Cosa?” mormorò con diffidenza e sospetto Germania, squadrando le espressioni “angeliche” dei maliziosi ragazzini viziati. “Perché tutta questa improvvisa generosità? Poco fa ci stavate mancando di rispetto e ora ci offrite del cibo? Perdonatemi, ma non mi convince.”.

“Beh, ne abbiamo parlato fra di noi e siamo giunti alla conclusione che abbiamo esagerato. Davvero tanto. Non vi meritavate il trattamento che vi abbiamo riservato, così abbiamo pensato di farvi questo piccolo favore... di certo avrete molta fame dopo una serata del genere, quindi ecco a voi.” spiegò con un sorrisetto dolce il maggiore, porgendo la cioccolata ad ognuno dei ragazzi con un gesto elegante. “Godetevela, noi andiamo a dormire, siamo molto stanchi.”.

“Allora andate su, coraggio.” si alzò dal divano Francia, guardando gli amici con aria tranquilla e sorridente. “Dai, mes amis, sembrano molto sinceri e dispiaciuti questa volta. Assaggiatela almeno, so che avete molta fame. Se combinano qualcos'altro chiamerò i loro genitori, perciò non temete. Ah, quasi dimenticavo... ho da poco ricevuto un messaggio, devo fare un veloce salto da una persona... li tenete d'occhio voi e me ne conservate una tazza, per favore? Contattatemi senza esitare se succede qualcosa. Posso fidarmi...?”.

“... E va bene, amigo, qualsiasi cosa per un onorevole membro del Bad Touch Trio.” cedette alla richiesta Spagna, trovando l'approvazione generale dopo qualche momento di discussione e lamentele (qualcuno fu più propenso e disponibile, qualcuno molto meno). “La assaggeremo e li terremo d'occhio, ma tu torna presto!”.

“Merci, mi avete salvato, ragazzi! A tra poco amici, divertitevi!” scappò fuori dall'abitazione senza aggiungere altre smancerie o ringraziamenti Francis, quasi dimenticandosi di mettere su la giacca. “E fate come se foste a casa vostra!”.

 

“... Abbiamo veramente intenzione di assaggiarla, aru?” chiese dopo qualche secondo di silenzio generale Yao, annusando con fare sfiduciato e preoccupato la cioccolata calda che aveva in mano. “Insomma... non mi fido molto, non vorrei che fosse un altro scherzo di cattivo gusto.”.

“Dall'odore sembra buona.” commentò pacato Giappone, arricciando leggermente il naso per captare qualche aroma anomalo. Non captò niente, sembrava tutto a posto... “E poi l'abbiamo promesso a Francia, non possiamo venir meno alla nostra parola.”.

“Beh, però questo strano atto di cordialità potrebbe nascondere qualche tranello...” considerò giustamente Ungheria, rigirandosi la tazza fra le mani senza riuscire a prendere una decisione. “Anche se violassimo il giuramento sarebbe per un buon fine: mantenere il nostro benessere fisico.”.

“Quei bastardi me la pagheranno carissima, se è un tiro mancino... Ma ho troppa fame, ne berrò un solo sorso per dimostrare il mio coraggio. E poi suvvia, quei due cretini sono troppo stupidi per metterci nel sacco o escogitare un avvelenamento di massa.” informò tutti Romano, appoggiando con sicurezza le sue labbra contro la porcellana colorata e guardando con decisione gli altri. “Siete con me o vi cagate sotto, femminucce?”.

“Io ci sto, da! Mai mostrare la paura al nemico, bisogna sempre combattere senza mai retrocedere!” annunciò sicuro di sé e fiero Ivan, aderendo al gesto suicida e preparandosi a bere la bevanda infernale.

“E io sono un eroe, e gli eroi non hanno mai paura di niente e di nessuno!” si aggiunse solo allora anche America, raccogliendo tutto il suo coraggio e cercando di non sminuirsi davanti al grosso rivale russo. Non avrebbe mai permesso a quel grosso orso psicopatico di batterlo in qualcosa, mai! “E voi, avete intenzione di farlo?”.

“... Ma sì, facciamolo: siamo nazioni, non abbiamo niente da temere!” si buttarono dopo poco gli altri undici, rivolgendosi un ultimo sguardo prima di prendere il primo sorso... “Alla salute, ragazzi, alla salute...”.

Circa cinque minuti dopo le tazze vennero svuotate e appoggiate delicatamente sul tavolino da salotto di vetro. Sembravano non esserci effetti collaterali, forse quei due ribelli avevano davvero agito per pura gentilezza e-

 

“Bastardo mangia-pomodori...” commentò piatto e burbero come sempre Romano, dando violentemente di gomito allo spagnolo al suo fianco per attirare la sua attenzione. Dopo averla ottenuta, lo fissò. “PORTAMI IN BAGNO!” gridò poi all'improvviso, afferrando la mano di Antonio, facendolo alzare con la forza e saltandogli letteralmente addosso di peso, cingendogli i fianchi con le gambe.

“C-che cosa!? M-ma... cosa stai dicendo?” domandò positivamente stupito e compiaciuto Spagna, reggendo il sud-italiano con facilità e attenzione. “C-che cosa intendi, Romanito? Intendi ciò che io penso tu abbia inteso?”.

“Non fare il finto tonto, lo sai bene cosa intendo! Cos'hai, ti vergogni, hai la disfunzione erettile!? Ovvio che no, quindi muovi il culo e portami in bagno, coglione!” lo implorò Romano, tirandogli qualche pugno sul petto per invogliarlo a smuoversi. “Muoviti!”.

Detto, fatto: con uno scatto che avrebbe fatto invidia a Usain Bolt stesso, Antonio corse verso la toilette insieme all'italiano. Mentre chiudeva la porta, annunciò: “Il bagno è mio e di Romanito per stasera, se vi scappa fatela in giardino, buonanotte!”.

-

“No, non potrete farla lì perché in giardino ci saremo noi.” scosse lentamente la testa Grecia, prendendo tranquillamente in braccio Giappone e dirigendosi a grandi falcate verso l'esterno. “Mi piace farlo con la fresca brezza che mi accarezza la pelle...”.

“G-Grecia-san!”.

-

“Doitsu... andiamo ad “allenarci” anche noi...” cantilenò con tono molto birbante e malizioso Veneziano, prendendo per mano il tedesco e cercando una camera da letto insieme a lui. “Andiamo ad allenare le nostre regioni vitali, Luddy...”.

“Ma I-Italia, che ti prende!? D-d-devi essere impazzito! Cosa d-dici, io n-non...” incalzò inutilmente Ludwig, per tentare disperatamente di fermare ciò che stava per avvenire, per poi essere spinto di forza dentro una stanza e chiuso dentro insieme all'italiano... Ormai era troppo tardi.

-

“Andiamo, sfigato, seguimi...” ghignò Ungheria, prendendo Prussia per il colletto della camicia e guidandolo per i corridoi della casa. “Cerchiamo un posto più tranquillo per “discutere”...”.

“Kesesesesese, per la prima volta mi trovi d'accordo, strega...”.

-

“Yao-Yao diventerà una cosa sola con Russia, da?” domandò con falsa innocenza Ivan al povero Cina, iniziando a togliersi velocemente il cappotto e i suoi pesanti maglioni fino a spogliarsi ma tenendosi su la sua fedele sciarpa, per poi salirgli lentamente sopra e schiacciarlo sotto al suo considerevole peso. “Yao-Yao...?”.

“Aiyah!” esclamò preso alla sprovvista il cinese, cercando di togliersi debolmente di dosso il pesante russo... senza alcun successo. Con uno sbuffo, si arrese.

-

“Vieni qui, mio eroe...” mormorò nell'orecchio di Alfred Inghilterra, questa volta stranamente “il primo” a cominciare, per poi afferrargli senza esitazioni il viso e premere le labbra sulle sue. “Vieni a salvarmi...”.

“Arrivo Iggy, resisti, I'm a Hero!”.

 

Eh, di certo vi starete chiedendo che diamine sia successo.

Posso solo dirvi che se solo quei dodici poveretti si fossero accorti prima della piccola boccetta di plastica ora vuota e appoggiata malamente sulla credenza della cucina... l'avvertenza di non somministrare più di due pastiglie di afrodisiaco gli avrebbe di sicuro fatto sputare quella dannata cioccolata calda.

 

Fine secondo capitolo.  

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Capitolo 3
*** -A Bad Day- ***


CAPITOLO TERZO: A Bad Day; Una Brutta Giornata.

 

-Domenica mattina, ore 11:50-

 

“Cavolo, e adesso cosa gli dico, che mi invento? Saranno arrabbiatissimi e avrebbero tutte le ragioni del mondo di esserlo: poveri amici miei, a causa del mio egoismo e della mia travolgente e incontrollabile passione hanno dovuto badare a quei due demoni per tutta la notte!” disse ad alta voce e con marcata preoccupazione nel tono Francia, in piedi davanti alla massiccia porta d'ingresso della casa, incerto se entrare o meno. “Non ho il coraggio di entrare, non ne ho proprio il coraggio... mi uccideranno, di certo mi faranno fuori, mon dieu!”.

Quando la sera prima il giovane francese aveva detto di dover “andare da una persona”, non aveva accennato al fatto che questa persona fosse una personcina a lui molto “cara”... la quale aveva tutta l'intenzione di passare la notte con lui. Aveva provato a protestare ma ehi, i desideri del proprio innamorato devono sempre essere soddisfatti a dovere e rispettati.

Ora, dopo una serata di sfrenato divertimento, doveva assumersi da uomo le sue responsabilità, che implicavano anche le ire delle altre dodici nazioni. “Non devo farmi intimidire, gli spiegherò tutto con calma e loro capiranno... magari coprirò un po' di verità. Sì, sì, me la caverò, dirò che mi hanno rapito e torturato i proprietari del negozio messicano sotto casa mia, il quale sta fallendo a causa del successo di quello di mio padre... molto bene... andiamo!” si fece coraggio infine, prendendo un respiro profondo, appoggiando una mano sul pomello e aprendo con lentezza e attenzione l'entrata. “Sono a casa, amici!” si introdusse infine, chiudendo gli occhi e aspettando il mare di insulti e mazzate che gli sarebbero spettate. Aspettò un secondo, poi due, poi tre e poi dieci... ma niente. Nulla. Nemmeno un microscopico “Vaffanculo, bastardo!” da parte di Romano. “Uh, ragazzi? Ehi, siete qui?”.

La casa era stranamente silenziosa e calma, non volava una mosca e la televisione e le luci erano state spente. Che se ne fossero tornati a casa alle prime luci dell'alba o addirittura la sera stessa, troppo stanchi per aspettare il suo ritorno? No, alcuni di loro non avrebbero mai lasciato due ragazzini così turbolenti incustoditi o sotto la responsabilità dei più casinisti, non era da Germania, Giappone, Ungheria o Cina.

Il francese cominciò a camminare nella lunga hall, guardandosi intorno e provando un vago senso di inquietudine. Era tutto troppo tranquillo. “Ma dove siete? Siete di sopra? Ragazzi!” domandò ad alta voce, drizzando le orecchie per captare qualche risposta. Nulla. “Se è uno scherzo non è divertente, dai, uscite fuori! Vi chiedo scusa, perdonatemi per ieri! … No? Non lo farete? Molto bene, adesso sto per entrare in salotto e sarà meglio per voi che usciate allo scoperto- OH, MON DIEU!”: Francis rimase con la bocca letteralmente spalancata fino a terra davanti alla visione che gli si parò davanti.

 

In salotto c'erano America, Inghilterra, Russia e Cina, i primi due vicini e sdraiati comodamente a terra sul tappeto, gli altri due invece abbracciati sul divano semidistrutto. Certo, fin qui tutto a posto, l'unica cosa che turbò non poco l'animo del francese fu il fatto di trovarli completamente nudi (beh, almeno Ivan aveva avuto la decenza di coprire il suo corpo e quello del compagno col suo lungo cappotto, probabilmente sotto consiglio dello stesso Yao) e visibilmente reduci da una nottata niente male, a giudicare dalle loro espressioni distrutte ma beate e soddisfatte.

“Oh, cielo, ma qui è stata consumata un'intensa passione mentre io non c'ero! D-devo andare a prendere un po' d'aria fresca, non mi sento bene, non so nemmeno come presentarmi davanti a loro...” si fece teatralmente vento con una mano il francese, correndo in giardino per prendere qualche vitale boccata d'ossigeno... che gli si smorzò immediatamente in gola alla vista di Giappone e Grecia ancora avvinghiati fra la terra e le aiuole di violette e primule. “Ahh! Ma che succede!? Devo andare a cercare Germania, Prussia e Spagna, loro mi sapranno spiegare tutto! Ma dove saranno!?”.

Oh, li trovò poco dopo. Germania era nel letto dei padroni di casa insieme ad Italia, Spagna era sdraiato nella vasca da bagno insieme a Romano e Prussia era appoggiato ad un muro, abbracciato ad Ungheria.

Nessuno di loro pareva molto propenso a svegliarsi, dare spiegazioni o spostarsi.

“Ma che diamine è successo qui!?” chiese praticamente al nulla Francis, mettendosi le mani nei suoi lunghi capelli biondi e camminando avanti e indietro per i corridoi della casa per lenire la tensione, badando bene ad evitare i punti nei quali le varie coppie stavano riposando. “Questo non va bene, non va assolutamente bene, non posso permettere che i ragazzini scendano e trovino i miei amici ridotti così! Lo direbbero ai loro genitori! Ma che gli è preso a quei dodici, si può sapere-”: improvvisamente, come guidato una mano invisibile, il suo sguardo si fermò sul mobiletto della cucina, sul quale era stata malamente appoggiata una boccetta vuota di medicinale. Strano, di solito i signori erano molto ordinati e precisi riguardo alla buona abitudine di gettare immediatamente i rifiuti. “Che cos'è?” chinò la testa il ragazzo, afferrando l'oggetto ed esaminandolo con attenzione. Gli bastò un solo sguardo per capire cosa fosse successo. “Oh, no...”.

 

Il medicinale, così era scritto sull'etichetta, era un potente stimolatore ormonale o, in parole povere, un efficace afrodisiaco: stando alle avvertenze, l'assunzione di una pastiglia o due era in grado di migliorare sensibilmente le prestazioni e la durata di almeno quattro ore... ma quante cavolo ne avevano assunte i suoi poveri amici? E sopratutto come? Di certo non erano stati loro stessi a ingerire le pasticche.

Guardando curiosamente dentro la boccetta svuotata, il francese scorse un piccolo pezzo di carta sul quale c'era scritto:

 

Ciao, sfigati!

 

Entrambi speriamo che il sonnifero che abbiamo aggiunto alla cioccolata (nostra gentilissima concessione, eheh! <3) vi rintontisca almeno fino all'ora di pranzo, perché noi due ci fermeremo a dormire e a fare colazione a casa di amici (visto che siete così pallosi e perennemente preoccupati per noi, vi abbiamo scritto la via dietro al foglietto). Non serve che passiate a prenderci, non è molto lontano.

Comunque non abbiamo intenzione di tornare presto, sia chiaro!

Beh, buon pisolino e tanti saluti! Au revoir!

 

-Antoine e Fabrice-

 

p.s. Se mostrerete questo messaggio ai nostri genitori, noi due diremo che siamo fuggiti perché ci avete molestati.”

 

“Quei due imbecilli ribelli! Questo non è affatto sonnifero, l'avranno di certo rubato da qualche cassetto segreto dei genitori.” si seppellì il viso fra le mani il povero Francia, dando qualche calcio alle sedie della sala da pranzo per sfogarsi. Che brutta situazione. “Che sconsiderati, che egoisti: se i miei amici non fossero stati nazioni, l'assunzione così consistente di medicinale li avrebbe potuti uccidere o mandare in coma! Invece... a quanto pare si è soltanto rafforzato l'effetto... Oh, e ora che faccio?” mugolò infine, sedendosi di peso e sbattendo volutamente la faccia sul lucido tavolino di legno. Fece qualche respiro profondo, poi prese la decisione più razionale possibile: “Innanzitutto devo stare calmo: visto che so che i due ragazzini stanno bene, devo pensare per prima cosa a svegliare i miei cari compagni. Ma saranno distrutti e poco propensi, e a maggior ragione! Ok... ho trovato: adesso vado al supermercato a comprare bibite energetiche e integratori, è il minimo che gli devo per essere stati qui per tutta la notte... a fare altro, ok, ma non importa, sono sicuro che sarebbero rimasti qui a lavorare al posto mio se non fossero stati drogati. C'è un discount qui vicino, ci metterò al massimo venti minuti.”.

 

Venti minuti dopo...

 

“Forza, stalloni, è ora di alzarsi!” accese senza pietà le luci di ogni stanza Francis, tenendo precariamente fra le mani tre sacchetti di plastica pieni di prodotti zuccherosi. “Su, su, su, mes amis: dovete reintegrare i liquidi e i carboidrati persi.”.

Per tutta risposta, i dodici ragazzi grugnirono con tono arrabbiato e risentito e si coprirono prontamente gli occhi con vestiti o, per chi le aveva, coperte. “Lasciaci in pace e zittisciti, stupido mangiatore di rane combinaguai. Vogliamo dormire, siamo tutti stanchi.” bofonchiò burbero come sempre Inghilterra, pigro, distratto e ben poco volenteroso di mettersi in movimento. “Tutto questo è solo colpa tua, almeno rispetta i nostri desideri e bisogni fisiologici. Zzz...”.

“In effetti è vero, amigo, ci hai consigliato tu di fidarci di quei due e questo è il risultato.” fece eco dal bagno Spagna, cominciando lentamente a stiracchiarsi e cacciando un sonoro sbadiglio. “Ahi, ho il culo tutto indolenzito e freddo a causa della ceramica della vasca. Ma non importa, ho qui il mio Romanito che mi scalderà col suo amore!”.

“Stammi lontano di almeno dieci metri, coglione, devo ancora dire i cinquantatré Ave Maria e i novantasette Padre Nostro che mi redimeranno dallo schifo che abbiamo fatto ieri sera!” sibilò istericamente Romano, cercando di divincolarsi dalla presa appiccicosa, soffocante e fin troppo affettuosa dell'ispanico. “Lasciami in pace, non toccarmi, devo pregare e dovresti farlo anche tu! E METTITI SU DEI BOXER, QUEL COSO MI FA SENSO!”.

“Ieri non ti faceva tanto senso, tomato del mio corazón...” lo strinse ancora più forte Antonio, dandogli un bacio a stampo sulla guancia e appoggiando dolcemente la testa sulla sua spalla. “Lasciati fare le coccole, voglio spupazzarti tutto!”.

“Non le voglio le tue fottute coccole da femminuccia, lasciami bastardo!” gridò a pieni polmoni il sud-italiano, spazientito, cominciando a prendere a calci Spagna e a bestemmiare pesantemente. Beh, almeno il suo temperamento deciso non aveva subito effetti collaterali ed era servito a svegliare completamente tutti.

“Vee... Doitsu... perché siamo entrambi completamente nudi e la camera è un macello?” si udì chiaramente la voce di Veneziano proveniente dalla stanza da letto, seguita da un urlo sorpreso da parte del povero Germania. “... e perché Luddy sembra così sconvolto, che cosa succede? … Perché mi fa tanto male il culo, vee?”.

Un altro urlo.

 

“E' STATO UN SOGNO! DITEMI CHE E' STATO TUTTO UN BRUTTO SOGNO!” corse in casa con viso terrorizzato Giappone, rivestendosi rapidamente e raggomitolandosi in un angolino buio per ritrovare la pace interiore. “E' stato solo un sogno, vero...?” domandò infine con più calma, sperando in una risposta affermativa da parte dei compagni di classe. Davanti al cenno di diniego degli amici, il povero giapponese si depresse completamente e cominciò a dondolarsi con aria traumatizzata alla ricerca del suo posticino felice.

“Ma che succede qui? Ho sentito delle urla...” rientrò pochi secondi dopo anche Grecia, con viso tranquillo ma stanchissimo e capelli tutti scompigliati. “Ah, Kiku, ecco dov'eri finito... facciamo un ventunesimo round nel roseto, che ne dici?”.

“G-Grecia-san, che cosa dici? Ora devi solo pensare a fissare la data del nostro matrimonio.” lo avvertì immediatamente il ragazzo dai capelli neri, facendosi piccolo piccolo e puntandogli un dito contro. “Perdonami se ti indico, ma sono davvero sconvolto con te.”.

“... sei cosa con me?” sollevò un sopracciglio il greco, già confuso e disorientato di prima mattina. Inutile, non capiva mai gli intricati discorsi di Giappone sull'onore e la vita di coppia.

“Sono sconvolto, sai bene che non riesco ad arrabbiarmi se non mi sforzo.” ripeté con più foga Kiku, mentre alcune nuvolette bianche fuoriuscirono a fatica dalla sua testa.

“Aru, la mia povera schiena!” si lamentò a gran voce Cina, mettendosi a sedere, portandosi una mano al dorso e massaggiandosi con cura la regione lombare dolorante. “Ivan, sei un idiota! Sai bene che sono un anziano signore, e pur sapendolo non hai avuto il minimo riguardo l'altra notte!” rimproverò aspramente il russo Yao, svegliandolo con degli energici scossoni e qualche energica pacca sulla pancia. “Svegliati!”.

“D-da? Mh...” si destò solo allora Russia, strabuzzando i suoi occhi viola per abituarsi alla luce e scrocchiandosi le spalle intorpidite. “Yao-Yao!” gioì infine, riconoscendo il cinese e avvolgendolo in uno dei suoi abbracci spaccaossa mattutini. “Dormito bene?”.

“Mi stai soffocando, aru! E no, non ho dormito affatto bene perché russavi come una locomotiva!” boccheggiò disperatamente il povero Cina, bloccato in quell'inespugnabile ma protettiva stretta da orso bruno: non si era ancora abituato a quelle esagerate e materiali manifestazioni di affetto. “Lasciami!”.

 

“Sei. Uno. Stupido. Idiota! Marmocchio. Infantile. Che. Non. Sei. Altro!” scandì ogni parola Inghilterra, sputando veleno e colpendo violentemente in testa America con pugni e scarpate. “Guarda che cosa mi hai fatto, maiale festaiolo! Dovrei spaccarti la schiena a bastonate!”.

“Ma avevi cominciato tu, Iggy, tu mi avevi detto di salvarti, se capisci quello che intendo-! Ahi, ahi, ahi, smettila, mi fai tanto male!” cercò invano di proteggersi alzando le braccia Alfred, sconvolto dal brusco risveglio e dall'ancor più brusco “momento di dolcezza” con Arthur. “Una coppia non dovrebbe accarezzarsi, farsi i massaggi e sussurrarsi dolci paroline all'orecchio dopo una notte del genere? Ahi, ahi, ahi!”.

“Shut up, noi due non siamo una coppia e io ti denuncerò per stupro!” inveì sull'americano con più violenza l'inglese, per sfogarsi e togliersi la soddisfazione di picchiarlo, ormai attività divenuta il suo sport preferito dopo il croquet e il golf. “Sappi che questa me la ricorderò, ti manderò una maledizione non appena metterò piede a casa mia!”.

“ODDIO RAGAZZI, C'E' UN MOSTRO DALLA FACCIA RAGGRINZITA IN CASA, SCAPPATE E METTETEVI IN SALVO! ... Ah no, scherzavo, è solo il culo nudo di Ungheria! Kesesesesese, tutto normale, niente panico, ma siete fortunati a non assistere a quest'ammasso di grinze e ciccia!” si distinse chiaramente la stramba risata di Prussia, seguita da una serie di insulti e rumori metallici. Probabilmente padellate.

“Stai zitto, che l'unico uccello degno di nota che possiedi è Gilbird!” rispose a tono Elizabeta, rincorrendo l'albino per tutte le stanze con la chiara intenzione di smontargli la faccia. “Fatti prendere, brutto cagasotto!”.

“Ahh! West, soccorrimi per favore!” chiese aiuto al fratello minore il prussiano, entrando nella stanza da letto e gettandosi di slancio fra le braccia di Ludwig. “Buongiorno fratellino, ma passiamo alle cose importanti: quell'isterica vuole picchiarmi, aiutami! … Ah, ciao anche a te, Veneziano. Passata una buona serata?”.

“Levati da qui, bruder! Vai a nasconderti da un'altra parte.” lo buttò immediatamente a terra il tedesco, infastidito da tutto quel baccano, lasciandolo deliberatamente alla mercé dell'ungherese imbestialita. “Prenditi le tue colpe e accetta la punizione relativa.”.

“Andiamo, Ludwig, sai meglio di me che quella è pazza da- AHH!” ricominciò a scappare il povero Gilbert, vedendosi apparire dal corridoio un'armata Ungheria decisa a farlo a pezzi. “Aiuto! Qualcuno le spari del sedativo!”.

 

“Che ne dite di appianare le vostre divergenze per un po' e di fare colazione tutti insieme, amici miei?” propose allegramente Francia, porgendo ai compagni di classe le bibite e gli invitanti dolcetti appena comprati. “Andiamo, sono sicuro che avete molta fame e voglia di ristorarvi un pochino dopo uno sforzo fisico di questa portata.”.

“COLAZIONE? Cibo?” si immobilizzarono ed esclamarono immediatamente tutti, chi con più desidero di altri, puntando lo sguardo verso le leccornie a loro offerte.

“Sì, mes amis, cibo. Venite a prendere qualcosa da mettere sotto i denti, coraggio.” li spronò con un sorriso sapiente il francese, che sapeva bene su cosa fare leva (in questo caso, la fame), aprendo scatole di ciambelle, pasticcini, torte, biscotti, meringhe, cioccolato, brioches... “Nel frattempo vi spiegherò anche che cosa è successo-”.

“Le ciambelle al cioccolato sono mie, brutti figli di puttana!” si precipitò a tutta velocità senza nemmeno aspettare la fine della frase Romano, fregandosi un paio di dolcetti e un bicchiere di succo di frutta e preparandosi a difenderli anche a costo di fucilare qualcuno. “Se qualcuno osa toccarmeli, si prepari a ricevere un pugno in culo.”.

“Io vorrei una fetta di torta sacher, per favore.” si avvicinò tranquillamente Germania, con molta più gentilezza e calma del sud-italiano, attirato dall'aroma di cioccolato nell'aria. “Posso farmi anche un caffè? Pulirò la cucina subito dopo. Oh, e prendo anche qualche biscotto per Veneziano, di certo sarà ancora a dormire...”.

“Tranquillo Doitsu, non ce n'è bisogno, sono già qui, vee! Avevo tanta fame, così mi sono alzato subito!” spuntò alle sue spalle del tedesco il ragazzo dai capelli castani, chinandosi sul buffet improvvisato e prendendo un bel po' di cibo. “Qualcun altro vuole favorire, vee? Grazie per tutto questo, fratellone Francia!”.

“Di niente, Feli.” gli fece l'occhiolino il francese, internamente felice di non essere stato rimproverato o linciato vivo dalle dodici nazioni.

 

“Io mi faccio un tè.” commentò piatto e risentito Inghilterra, mollando un ultimo calcio liberatorio ad America prima di alzarsi e stirarsi. “Tu cosa vuoi, brat? Ti ingozzerei di cibo pur di non sentir più le tue lamentele.”.

“Ohi... sei ci sono gli ingredienti in frigo, mi faresti i pancake? Canada me li fa sempre al mattino, sono molto buoni... Ahia, mi fa male la pancia! Iggy, mi hai fatto davvero male con tutte quelle botte!” riuscì a pronunciare fra i vagiti e i mugolii di dolore Alfred, rotolandosi e contorcendosi miseramente sul tappeto del salotto.

“Anch'io voglio mangiare i pancake! Ti aiuto a farli!” ricomparve all'improvviso Prussia, con qualche bernoccolo e taglio sul viso. “Ah, e per caso avete anche un kit medico, qualche benda e del disinfettante, per caso? Ora che ci penso potrei anche essermi preso il tetano con tutte quelle padelle arrugginite che mi sono preso in faccia, farei bene a fare un salto in ospedale, dopo...”.

“Già che ci sei ti consiglio vivamente di fare un salto da uno psicologo bravo, ne avresti il sincero bisogno, Gil.” gli batté amichevolmente la spalla Ungheria, bevendo un bicchiere di succo alla pesca e rivolgendogli uno sguardo superiore.

“Io cucino i churros per tutti!” piombò in cucina anche Spagna, desideroso di mettersi a cucinare quei deliziosi dolcetti. “E poi li intingeremo nella Nutella o nel cioccolato fuso!”.

“Fanne tanti, coglione, ho una fame che ne basta metà.” gli ordinò immediatamente Romano, per poi pensarci su per qualche secondo, sospirare e mettersi al suo fianco. “Anzi, ti aiuto a farli e via. Sei talmente scemo che potresti sbagliare le dosi e mandare a fuoco la cucina...”.

“Sìì, Romanito vuole cucinare insieme a me!” gioì lo spagnolo, al settimo cielo, avvicinandosi tatticamente di qualche passo al sud-italiano.

“Non farti strane idee, pirla!” gli mollò prontamente un calcio negli stinchi lo scorbutico interessato, allontanandosi e cambiando postazione. “Io lavorerò più lontano: ti avverto, se ti avvicini di un solo centimetro me ne vado.”:

“Io prendo i pasticcini per me e Kiku. Ah, e del latte per il mio gattino... vediamo... oh, ecco il microonde, lo scalderò lì.” mormorò pigramente Grecia, preparando una scodella di latte caldo per il suo amato micio.

 

“Yee, dolci e alcol!” esclamò infantilmente Russia, ritrovando immediatamente l'appetito, prendendo qualche biscotto e tracannando contemporaneamente un'intera bottiglia di vodka russa purissima.

“Ivan, bere quell'alcolico, sopratutto in maniera così esagerata e mentre si è ancora sotto effetto di un medicinale, non fa per niente bene! Anche se sei giovane e forte non devi spingerti oltre i tuoi limiti, aru!” cercò di fermarlo Cina, colpendosi la fronte con una mano e cercando di sequestrargli la bottiglia con l'altra.

“Oh, suvvia, un po' di ottima vodka non ha mai fatto male a nessuno, sciocco! In Russia la diamo anche ai bambini di due anni, devono abituarsi il prima possibile a berla.” riuscì a tenersela gelosamente stretta il russo, per poi pensarci su e porgerla con fare deciso e sorridente al cinese. “Ne vuoi un po' anche tu, vero? Forza, ti farà bene, da! Dì “ahh”...”.

“Non la voglio, non la voglio, levamela da davanti!” retrocedette immediatamente Yao, respingendo categoricamente l'offerta e strisciando rapidamente sul divano per sfuggire alle attenzioni dell'enorme ragazzo vodka-dipendente.

“Aww, ma è buona... la mia mamma mi dice sempre di assaggiare prima di rifiutare.” piagnucolò un po' offeso Ivan, gattonando precariamente in avanti per raggiungere Cina e cimentandosi così in una specie di inseguimento a rallentatore con lui. “Tanto prima o poi ti prendo, da! Il divano finirà tra poco...”.

 

Improvvisamente, nel bel mezzo della “felice” colazione fra amici, la porta d'ingresso dell'abitazione si spalancò e rivelò le sagome di Antoine e Fabrice, ridacchianti e spensierati. “Ahah, voglio proprio vedere in che posizione si sono addormentati quegli imbecilli, poi gli disegneremo sulla faccia dei peni, li fotograferemo e infine pubblicheremo le immagini su facebook-” propose con scherno il fratello minore, per poi zittirsi alla raggelante vista dei tredici ragazzi (nessuno escluso) in piedi davanti a loro, col viso buio, indignato e parecchio incazzato. “U-uh... siamo tornati a c-casa, a-avete dormito bene?”.

“... PRENDIAMOLI, NON LASCIAMOLI SCAPPARE!” gridarono all'unisono tutte le nazioni, con Germania fieramente al comando dell'assalto, partendo di corsa per acciuffare quei due demoni. “Ci avete drogati, brutti delinquenti, se vi mettiamo le mani addosso vi daremo una bella lezione di vita! Venite qui!”.

“AHH! Mamma, papà! Qualcuno ci aiuti!” chiesero aiuto al vuoto i due, scappando per le tranquille strade del paesino coi furibondi ragazzi alle calcagna. “Ci vogliono rapire e picchiare, aiuto! Aiuto!”. Le sirene della pattuglia di polizia, allertata dalle grida, si udirono in lontananza.

“P-per l-la prossima uscita di gruppo... pant, pant... io propongo di andare al cinema a vederci un bel film, ragazzi! Mai più una roba del g-genere!” ansimò pesantemente Prussia, cercando di scappare dalle grinfie degli sbirri insieme agli amici. “Sempre se non f-finiremo in... pant, pant... carcere!”.

“Assolutamente, film!” si trovarono d'accordo tutti, annuendo e accelerando il passo per sfuggire alla cattura imminente.

“Tranquilli, sistemo io i poliziotti, ho un kalashnikov nel cappotto, da!”.

“E io ho una pistola e un fucile di precisione nei pantaloni, durufuuuuuuuuu!”.

“Non ci provate, cretini!”.

 

Forse sì, era decisamente meglio non ripetere quel folle, strambo e indimenticabile sabato sera.

 

Fine.

 

Angolo autrice:

Ed ecco qui, finalmente ho finito questa demenziale storia.

Ringrazio sentitamente tutti quelli che l'hanno recensita, messa fra le preferite o semplicemente letta.

Perciò un grazie di cuore a: LittleWhiteFox, Cornelia MoonWinter Witch, Astrobia_13, lastangel e ceci the hedgehog. <3

Alla prossima, un ululato,

 

BlueFlyingWolf_13.

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