Regalo di Natale (Carols by Candlelight)

di TheGreedyFox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due Settimane a Natale ***
Capitolo 2: *** Dieci Giorni a Natale ***
Capitolo 3: *** Cinque Giorni a Natale ***
Capitolo 4: *** ... e Infine il Natale Arrivò ***



Capitolo 1
*** Due Settimane a Natale ***



Scopri com'è iniziata la storia di Merlin e Arthur in "Regalo di Compleanno".


Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Regalo di Natale (Carols by Candlelight)

 

 

Avrei dovuto pubblicare questa storia già dall’anno scorso, poi la frenesia dei giorni di festa ha avuto la meglio sulle mie buone intenzioni ed il Natale è passato senza che pubblicassi neanche una riga. Quindi quest’anno mi sono imposta di ritagliarmi con ogni mezzo un po’ di tempo per continuare l’avventura dei miei due ragazzi preferiti e far vivere loro un felice Natale!

Questo è il seguito di “Regalo di Compleanno”, quindi naturalmente troverete molti riferimenti alle vicende narrate in quella storia, ho cercato però di rendere il racconto accessibile anche a chi non avesse letto la prima avventura e volesse solo godersi un po’ di clima natalizio con Merlin, Arthur ed il resto della banda.

Devo dire che sono un po’ emozionata nel presentare questa storia perché, nonostante non abbia mai veramente smesso di scrivere sui nostri beniamini, è davvero tanto tempo che non pubblico qualcosa su Efp. Devo dire che le sensazioni sono sempre le stesse, non importa quanto tempo sia passato. Ora vi lascio alla storia. Spero che vi piaccia e vi lasci un bel sorriso in faccia e un teporino al centro del petto, come ogni brava storia di Natale dovrebbe fare! ; ) Enjoy!

Sofy

 

* “Carols by Candlelight” è una rinomata tradizione australiana risalente al 1938, grazie alla quale le persone erano solite ritrovarsi all’aperto, il più delle volte in un parco, per intonare canti natalizi alla luce delle candele. Col passare del tempo questa tradizione, nata per rendere meno solitario il Natale di chi non aveva nessuno con cui condividere le feste, si è trasformata in un vero e proprio evento che richiama migliaia di persone in tutte le città più importanti dell’Australia e non. Veri e propri concerti a tematica natalizia che di solito hanno la funzione di raccogliere fondi per beneficenza ospitando celebrità famose in tutto il mondo.


 

Due Settimane a Natale

Merlin apre lentamente gli occhi senza curarsi del sole che gli ferisce lo sguardo. Porta pigramente un braccio davanti al volto per cercare un po’ di riparo dalla luce senza però smettere di scrutare la spiaggia e poi oltre.

Non importa quanto il bianco della sabbia davanti a lui sia abbagliante, né quanto l’aria tutt’intorno sia calda e sonnolenta, o quanto l’azzurra bellezza di quel mare riesca ogni volta a bloccargli il respiro.

Lui sta cercando Arthur.

Si alza leggermente dal lettino, lo sguardo che vaga tra la spiaggia e le onde, finché un profilo familiare non arriva a calmargli il cuore, facendolo sentire come sempre a casa anche se in realtà sono dall’altra parte del mondo.

Arthur è impegnato in una partita di pallavolo con un gruppo di ragazzi locali conosciuti giusto quella mattina. Ride e scherza con i suoi compagni di squadra, il volto rilassato e felice, mentre aspetta che l’avversario vada alla battuta.

Merlin rimane a lungo ad osservarlo mentre risponde colpo su colpo agli avversari come se ne andasse del suo buon nome. Lo guarda mentre il suo viso si fa improvvisamente serio, l’attenzione tutta concentrata sul gioco.

Lo guarda gettarsi sulla sabbia nel tentativo di riprendere una palla impossibile, rialzarsi con quel suo sorriso da sbruffone stampato in faccia per essere riuscito nell’impresa.

Lo guarda mentre con occhio attento osserva l’andare e il venire della palla oltre la rete per poi scegliere il momento giusto, il momento perfetto, per lasciare tutti a bocca aperta con una schiacciata che non fa prigionieri.

Lo guarda portare le braccia in aria esultante e poi gettarsi tra le onde in un bagno celebrativo, mentre i compagni lo incitano e gli avversari protestano e si lamentano bonariamente di lui.

Merlin però quasi non avverte le urla e gli schiamazzi che arrivano dalla riva, lui riesce solo a seguire quelle spalle larghe e abbronzate che affiorano dall’acqua, ad ammirare quei capelli biondi che Arthur continua a scostarsi dalla fronte e quel sorriso contagioso che in quel momento probabilmente neanche si accorge di lui, ignaro di quanto riesca a farlo innamorare sempre di più, di momento in momento, uno sguardo alla volta.

Mio.

È questo che pensa guardandolo, quasi sorprendendosi ogni dannata volta, quasi avesse bisogno di quel pensiero per ricordarsi che sì, Arthur è suo, suo come non aveva mai creduto possibile, come fino a sei mesi prima aveva solo creduto di poter sognare.

Era stata la più classica delle storie, la sua e quella di Arthur, e a lungo Merlin aveva creduto che non avrebbe avuto un lieto fine, almeno non per lui.

Amici fin dall’infanzia, crescendo avevano condiviso tutto, ogni segreto, ogni esperienza, ogni momento importante, fin quando Merlin si era accorto di volere di più, di amare Arthur come e più di prima, ma in un modo diverso, un modo che faceva paura.

Aveva tenuto quel segreto fin quando aveva potuto, terrorizzato dal pensiero di rovinare la loro amicizia, si era dichiarato quando era stato ormai ad un passo dal rinunciare a quell’amore, poi però Arthur aveva per fortuna preso in mano la situazione, regalandogli il compleanno più felice che avesse mai avuto.

In quella che si era rivelata la più perfetta delle sorprese, Arthur gli aveva detto che lo amava e aveva messo la sua vita in standby per seguirlo in quel viaggio che Merlin aveva sognato per tutta la vita, ed ora, a sei mesi di distanza, eccoli lì, ad un passo dal Natale, a godersi il sole australiano, innamorati più che mai.

Finora il loro viaggio si era rivelato proprio quell’avventura che Merlin aveva sperato.

La loro prima tappa era stata il Grand Canyon, con i suoi paesaggi mozzafiato e i suoi colori violenti, quasi ultraterreni. Lui e Arthur avevano campeggiato sotto quel cielo punteggiato di stelle, la cui sconfinata bellezza era sembrata quasi troppa da sopportare, e sotto quel cielo antico e silenzioso si erano sussurrati promesse che ora Merlin custodiva gelosamente nel cuore, e a cui ripensava ad ogni risveglio, grato di poter vivere un amore così totalizzante, così speciale.

Lasciato il Grand Canyon, da bravi fan di Stephen King quali erano, si erano diretti nel Maine, dove Arthur l’aveva trascinato in un tour di tutti i luoghi che avevano ispirato momenti nella vasta bibliografia dell’autore, persino il famoso tombino della scena con la barchetta in “It”.

Non era stato molto culturale o avventuroso come giro, ma a Merlin l’idea era piaciuta tantissimo, perché parlava di loro due, delle cose che amavano fare insieme, di tutte quelle mille stupide cose che li rendevano così perfetti l’uno per l’altro.

Manco a dirlo, non avevano dormito molto in quelle notti, e non solo perché stando insieme da così poco erano riusciti con davvero molta difficoltà a staccarsi le mani di dosso.

Non avevano dormito perché, anche se in tanti aspetti della vita di tutti giorni Arthur era coraggioso come pochi, la verità era che mostri e fantasmi lo terrorizzavano, e questo era un segreto di cui solo Merlin e forse Morgana erano a conoscenza.

Merlin ancora rideva di quando un pomeriggio, mentre passeggiavano per le vie di Bangor, Arthur era impallidito di fronte alla vista di un bambino su un triciclo sul marciapiede che portava al loro motel... A Merlin c’era voluto davvero tutto il suo fascino per convincerlo a seguirlo in camera, per poi sentirsi chiedere durante la notte: - Ti è sembrato di sentire un cigolio in corridoio? –

Merlin era quasi caduto dal letto per le risate, anche se Arthur non l’aveva vista nello stesso modo.

Poi, dopo il Maine, erano volati alla volta di New York.

Arthur aveva tenuto particolarmente a quella tappa, perché aveva vissuto per cinque mesi in quella città mentre ancora stava cercando di fare ordine nei suoi sentimenti per Merlin e durante quei giorni solitari aveva fatto una specie di lista: tutti i luoghi in cui avrebbe voluto portare Merlin se solo ne avesse avuta l’opportunità.

- Senza te al mio fianco, ogni giorno mi appariva incredibilmente lungo e privo di scopo, il lavoro quasi intollerabile – gli aveva raccontato un giorno Arthur, mentre gli sedeva accanto su una panchina in Central Park, la testa di Merlin appoggiata sulla sua spalla, le mani intrecciate – quindi, per cercare di sentirmi un po’ meno solo, mi divertivo ad immaginare dove ti avrei portato se solo fossimo stati insieme. Ristoranti, musei, spettacoli teatrali, concerti... Immaginavo la tua reazione ad ogni invito, il tuo sorriso mentre ci divertivamo insieme, i tuoi commenti a fine serata, ed ecco che magicamente la giornata diventava più sopportabile, in qualche modo riuscivo a tirare avanti. Sono stati solo cinque mesi Merlin, ma a me sono sembrati molti, molti di più. – e poi gli aveva stretto forte una mano, quasi ad assicurarsi che lui fosse veramente lì.

Merlin non aveva risposto nulla a quelle parole, gli aveva solo cinto la vita con un braccio e sfregato il naso contro il collo ed erano rimasti seduti così, in silenzio, sentendosi entrambi incredibilmente fortunati ad essere finalmente lì, insieme.

Dopo New York era stato il turno della Louisiana, così affascinante e misteriosa, poi il Messico e da lì Cuba, il Perù, l’Argentina. Era stato un viaggio appagante, emozionante, il Sud America li aveva lasciati senza parole e Cuba, con la sua musica e la sua gente, si era scavata per sempre un posticino speciale nel loro cuore.

Dopo una breve ma intensa sosta in Nuova Zelanda, alla fine erano volati in Australia, più precisamente a Melbourne, perché Arthur aveva pensato che sarebbe stato spettacolare passare un Natale diverso, in spiaggia, a fare surf.

Merlin, anche se non totalmente convinto, l’aveva assecondato, perché Arthur aveva messo tutto se stesso in quel viaggio, nel cercare di renderlo felice, e Merlin aveva voluto rendergli il favore, accontentandolo in quel suo desiderio.

La verità però era che lui aveva sempre adorato i suoi natali londinesi, adorava la neve che non mancava mai di cadere in tempo per la vigilia, i biscotti allo zenzero di sua madre e le maratone a base di vecchi film che condivideva con Will. Amava i tour de force per negozi a cui lo costringeva Morgana, le serate passate con gli amici a chiacchierare davanti al caminetto, accompagnate dal famigerato punch di Gwaine (la cui ricetta era vecchia di generazioni e finora mai nessuno era riuscito a scoprire) e i canti natalizi davanti all’albero addobbato, che rendevano tutto un po’ più magico, speciale.

Se solo avesse avuto voce in capitolo, lui avrebbe preferito cambiare l’itinerario del viaggio in modo da passare il Natale a New York (ebbene sì, gli era piaciuta davvero quella città) oppure in Europa, dove avrebbe sentito più vicina l’atmosfera di casa, ma se Arthur voleva un Natale australiano trascorso su una tavola da surf quello avrebbe avuto, perché la felicità di Arthur veniva prima di tutto, non c’era punch che tenesse.

 

 

Riportando lo sguardo verso la riva Merlin si accorge che la partita è finita. Probabilmente quello di Arthur era stato il punto della vittoria, perché sarebbe stato proprio da lui chiudere l’incontro in bellezza, con un gesto spettacolare.

Arthur però non si vede da nessuna parte, così come i ragazzi che stavano giocando con lui.

Merlin si alza un po’ di più dal lettino appoggiandosi su un braccio, facendo vagare lo sguardo lungo la spiaggia per capire dove sia finito, finché qualcuno con un profumo terribilmente familiare non gli si getta improvvisamente addosso arrivandogli alle spalle, circondandogli il busto con un braccio e affondandogli il viso nel collo, stringendolo a sé come se gli fosse mancato da morire e non avesse nessuna intenzione di lasciarlo più andare.

Merlin sente la pelle di Arthur scaldargli la schiena, la sua mano che gli carezza la spalla, i suoi capelli che gli solleticano la guancia, e allora con un respiro contento si abbandona contro di lui, lasciandolo lì a sostenere il suo peso, felice di averlo finalmente per sé.

- Abbiamo vinto – Gli dice Arthur, nascondendogli malamente un sorriso contro la pelle, cercando di non gongolare. Troppo.

Merlin sente il suo cuore allargarsi davanti a quel tentativo, perché Arthur è uno spaccone, lo è sempre stato, e diventava adorabile quando cerca di trattenersi.

Con una mano va ad arruffargli i capelli mentre con voce divertita e affezionata gli risponde: - Ah sì? – Come se la notizia gli giungesse nuova.

- Sì – Gli risponde Arthur, la voce bassa e calda, come quella sabbia che scotta intorno a loro – ma tu lo sapevi già, perché mi hai osservato per tutto il tempo – e così dicendo lo stringe di più a sé, quasi ad intimargli di non provare a fare il furbo con lui.

Spaccone.

- No, affatto, io ero qui tranquillo a leggere il mio libro... – Dice Merlin, fingendo indifferenza, cercando di tirarsi su a sedere.

Arthur non lo lascia andare, anzi, aggiunge un altro braccio alla presa, giusto per essere sicuro che lui non riesca a scappargli, e adesso è il cuore di Merlin che non può fare a meno di gongolare felice.

- Ah sì, ed allora perché io ho scorto un paio di occhietti curiosi che mi seguivano ad ogni movimento? –

- Non so di cosa tu stia parlando, magari hai le traveggole, sai, con tutto questo sole... –

- Merlin... – Avverte Arthur, con quel tono a cui Merlin non riesce a negare nulla – Non ci provare... –

Merlin allora, nonostante la tentazione di tirare ancora un po’ la corda sia forte, decide di lasciar correre, perché quel momento è davvero troppo perfetto per guastarlo con un battibecco, anche se uno dei loro.

- L’ultimo punto è stato spettacolare – Ammette alla fine e a quel commento Arthur lo lasci andare, solo però per andare a sederglisi a fianco e guardarlo in viso mentre gli chiede: - Vero? – Un sorriso a trentadue denti ad illuminargli il volto, quasi che avesse fatto di tutto per vincere la partita solo per ottenere quel complimento da lui. Solo per farsi dire di essere stato bravo.

Merlin si sente come al solito totalmente inerme davanti a quel sorriso, al modo in cui riesce a scaldarlo da dentro, a farlo sciogliere come un ghiacciolo al sole.

- Vero – Ammette, dandogliela vinta su tutta la linea.

Arthur, soddisfatto della risposta, si protende un po’ verso di lui e gli dice accennando col capo verso un bar poco lontano: - Ho detto ai ragazzi che avrei offerto loro qualcosa, sai, dopo averli battuti così sonoramente... – Aggiunge, cercando di sembrare contrito - Vieni con noi? –

- No, ma tu vai, vai a goderti il tuo momento di gloria, io me ne resterò qui a poltrire e ad abbronzarmi... –

- Ma non ci sarò più io a rallegrarti la vista, ti annoierai! –

- Non ci sperare! Credo di poter reggere una mezz'oretta senza la tua presenza, asino che non sei altro... –

- Credi? Io dico di no... – Dice Arthur, abbassando la voce fino a renderla una carezza vellutata, gli occhi che brillano di divertimento.

- Te ne vuoi andare? – Lo apostrofa Merlin, mentre il cuore inizia a battergli un po’ troppo furiosamente in petto - Vai, vai ad autocelebrarti da un’altra parte, mi stai togliendo tutto il sole... E comunque come facevi a sapere che ti stavo guardando? Non sarà che mi stavi guardando a tua volta? – Aggiunge poi, trionfante, credendo di averlo preso in castagna.

Arthur però si limita a sorridere ancora e a sporgersi verso di lui, aggiungendo prima di baciarlo a lungo e con intenzione: - Certo che sì. Sempre. – Per poi trotterellare via, lasciando un Merlin istupidito e scombussolato alla sua abbronzatura, e a pensare che se vivere un Natale senza neve significa vivere altri momenti del genere, potrebbe facilmente adattarsi.

 

 

È sera, Merlin ha appena finito la sua corsa serale e sta tornando verso il piccolo bungalow sulla spiaggia che lui e Arthur hanno affittato da ormai due settimane, fin dal loro arrivo a Melbourne.

All’inizio del loro viaggio Arthur aveva palesato tutta l’intenzione di soggiornare nei migliori hotel, senza badare a spese, perché voleva che Merlin si godesse quella tanto agognata vacanza senza un pensiero al mondo. Merlin però era riuscito a dissuaderlo, a convincerlo che sarebbe stato più divertente distaccarsi dai soliti cliché turistici, immergersi nella vita del luogo, e quindi fino ad allora avevano soggiornato in bed and breakfast o piccoli appartamenti come quello. Questo perché secondo Merlin, Arthur avrebbe dovuto quanto prima iniziare ad adattarsi ad un tenore di vita un po’ diverso da quello a cui era abituato prima del litigio con suo padre.

Uther Pendragon aveva infatti mantenuto fede alla sua parola quando aveva minacciato Arthur di tagliargli i viveri se avesse deciso di partire con Merlin lasciando il suo prestigioso studio legale di New York, quindi secondo Merlin era davvero il caso che Arthur imparasse a fare economia.

Potevano permettersi il costo dei biglietti aerei e di tutta quella loro avventura perché Arthur aveva risparmiato per anni con l’unico scopo di fargliene dono, però la loro condizione economica al momento poteva definirsi quantomeno precaria. Una volta tornati a Londra avrebbero dovuto cercarsi entrambi al più presto un lavoro e anche un nuovo appartamento da condividere, uno molto diverso da quello in cui avevano convissuto durante l’università.

Merlin era fiducioso, erano entrambi giovani, ben istruiti e determinati, il loro futuro non lo spaventava, ma ancora si sentiva in colpa per quello strappo tra Arthur e suo padre e le conseguenze che questo aveva provocato. Non per i soldi, no, ma perché per quanto bisticciassero, e discutessero, e non riuscissero a stare troppo a lungo nella stessa stanza, Arthur adorava suo padre e suo padre, a suo modo, adorava lui. Arthur era il suo orgoglio e Merlin glielo aveva portato via. Letteralmente.

Eppure Arthur sembrava felice di aver scelto lui, di aver scelto loro due, e neanche una volta in quei sei mesi aveva dato l’impressione di rimpiangere quella decisione, quindi Merlin cercava di non pensarci più di tanto, anche se la situazione non smetteva di farlo sentire a disagio.

 

 

Lo squillo del cellulare arriva tempestivo a distoglierlo da quei tristi pensieri. Gli basta uno sguardo al nome sul display perché un grosso sorriso gli si dipinga in faccia. Giusto la persona di cui aveva bisogno per tirarsi un po’ su di morale.

- Sentiamo, che succede ancora? Sarà la tua quinta telefonata questa settimana. Sto cominciando a pensare che ti manco davvero dopotutto... – Risponde Merlin, senza neanche disturbarsi a salutare.

- Merlin, quella donna va fermata. Tu Devi fare qualcosa. – Replica Will, senza salutare a sua volta, il tono serio e quasi disperato, totalmente esilarante.

- Will, cosa vuoi che faccia? Sono praticamente dall’altra parte del mondo! E comunque porta rispetto. “Quella donna” è pur sempre mia madre. –

- Non ne sono così sicuro sai? La Hunith che ricordo io è una donna dolce ed equilibrata, non un bulldozer in gonnella affetto da un disordine ossessivo compulsivo! Secondo me dopo la tua partenza è successo qualcosa. Sono quasi sicuro che si tratti di un doppleganger* sai?.–

- Will! – Lo apostrofa Merlin, cercando nonostante tutto di non scoppiare a ridere.

- Siamo al sesto vassoio Merlin! Il sesto! In meno di dieci giorni! – Piagnucola Will – Quando prima di partire ti ho detto di non preoccuparti, assicurandoti che avrei fatto le tue veci con lei, non era a questo che mi riferivo! Non ho assolutamente idea di quanti biscotti allo zenzero riuscissi a rimpinzarti tu in questo periodo ma io non ce la faccio più! E mi controlla anche! Quando arriva con una nuova infornata, se vede che non ho spazzolato la razione precedente, mi chiede con quei suoi occhioni dispiaciuti “Oh William, non ti sono piaciuti?”. Mi dici cosa dovrei fare io? Sto iniziando a distribuire vassoi di biscotti ai vicini Merlin! Ai vicini! Al momento sono il ragazzo più popolare di tutta la mia strada! –

- Ed è un male questo? – Gli chiede Merlin sghignazzando – Magari è la volta buona che ti trovi una ragazza. –

- Divertente... Davvero divertente. Io non farei tanto lo spaccone sai? Se Arthur non avesse avuto pietà di te sei mesi fa, ora io e te saremmo ancora nella stessa barca caro mio... –

- Pietà di me! – Esclama Merlin quasi strozzandosi per l’indignazione - Che significa pietà di me? E da quando sei così gentile nei confronti di Arthur? Hai passato due decenni a detestarlo e ora? Non mi piace questo nuovo rapporto tra voi... Non è naturale e a dirla tutta mette un po’ i brividi! Come se le leggi del mondo si fossero sovvertite... Non è che sei tu il doppleganger dopotutto? Confessa mostro! Che ne hai fatto del mio amico Will? –

- Esagerato! – Esclama offeso Will - È vero che ero leggermente ostile nei confronti di Arthur... –

- Leggermente? –

- E che ero un po’ infastidito dalla tua amicizia con lui... –

- Solo un po’? Beh, che sia fulminato se questo non è l’eufemismo dell’anno! –

- Ma questo era prima... – Continua Will, ignorando totalmente Merlin e facendosi scivolare addosso i suoi commenti sarcastici.

- Prima di cosa? –

- Prima di scoprire che l’unico motivo per cui sembravi preferirlo a me era che ti eri pateticamente innamorato di lui, cosa che ho avuto il privilegio di scoprire non direttamente da te, il mio migliore amico, no, ma dal tuo fidanzato, il ragazzo che avevo passato il tempo a detestare e che invece si è rivelato un tipo a posto, soprattutto quando ha accettato senza battere ciglio di affidare a me la tua collezione di fumetti... È stato davvero un bel gesto quello... –

- Vorrai dire un furto! È stato un furto bello e buono! E non credere che la faccenda sia chiusa... Perché quando torno... –

- Ah già – Dice Will, tentando di sembrare casuale e del tutto indifferente alla sua risposta - Visto che sei tu a parlarne, quando torni? –

- Will, lo sai, torniamo quest’estate, mancano ancora sei mesi... –

Un silenzio prolungato arriva dall’altro capo del telefono. Poi Will sembra ritrovare la voce, mentre con finta baldanza gli risponde: - Oh bene, meglio così. Quest’anno non avevo nessuna voglia di passare la vigilia di Natale a guardare i Goonies con te, né i Gremlins o il Grinch, ho tanto di meglio da fare io, non credere che... –

- Will, amico – Lo interrompe Merlin, la voce piena d’affetto per quel testardo combinaguai - Mi mancherai anche tu. –

Will tira sospettosamente su col naso per poi riprendere come se niente fosse: - Comunque, riguardo tua madre... –

Per tutta risposta Merlin si porta il telefono più vicino all’orecchio, travolto da un’improvvisa ondata di nostalgia, e rimane a sentire le lamentele di Will senza battere ciglio, sentendosi per la prima volta dall’inizio di quell’avventura, veramente lontano da casa.

 

 

Merlin chiude la telefonata con Will che è ormai davanti la porta del bungalow. Le luci sono tutte spente e non un rumore arriva dall’interno, tanto da spingerlo a chiedersi se Arthur non sia ancora rientrato.

Entrando nell’appartamento però nota la porta finestra che dà sulla spiaggia totalmente spalancata, ed una silhouette familiare appoggiata alla balconata del loro minuscolo portico.

Merlin lascia le chiavi sul tavolino vicino l’ingresso e si dirige verso Arthur con passo sicuro, desideroso di stringere di nuovo a sé il suo profumo, il suo calore.

Arthur dal canto suo sembra quasi non sentirlo entrare e quando Merlin gli arriva vicino e lo stringe a sé sussulta appena, come se si fosse riscosso in quel momento da qualunque cosa gli stesse occupando la mente. Poi, senza neanche una parola di benvenuto, si gira nelle sue braccia e gli prende il viso tra le mani, catturandogli le labbra in un bacio bisognoso, intenso, che va a bruciargli i pensieri.

Poi Arthur allontana con riluttanza le labbra dalle sue e va a sfiorargli la fronte con la propria, una mano ancora tra i suoi capelli, stretta alla base della nuca, il respiro a fondersi caldo col suo.

- Grazie – gli dice, ed ora Merlin sente che c’è pace nella sua voce, come se quel bacio che ha fatto tremare per un attimo il suo mondo, avesse esorcizzato qualunque demone l’avesse tormentato fino a quel momento.

- Di cosa? – Gli chiede allora, baciandolo a sua volta, brevemente, dolcemente – Dovrei essere io a ringraziarti – Aggiunge, felice del sorriso che vede spuntare in risposta al suo.

- Di cosa? Di tutto. Di essere qui. Di essere con me. Di esserci ora. Di esserci sempre stato. –

Merlin lo guarda sbattendo piano le ciglia, emozionato e sorpreso. Da quando sono insieme non è raro che Arthur gli regali esternazioni del genere, Arthur è sempre stato molto diretto nell’esprimere i suoi sentimenti per lui, anche quando erano solo amici, però gli fa sempre un certo effetto sentirlo dire certe cose, sentirlo professare i suoi sentimenti con tanta sicurezza, tanta determinazione.

Quelli sono anche i momenti in cui sente di appartenere veramente ad Arthur. Di essere suo. Per sempre.

- Will ti saluta – Gli dice, allontanandosi appena da lui, una mano che sale ad accarezzargli i capelli.

- Ah! Come sta il caro vecchio William? – Gli chiede Arthur, mentre inclina la testa cercando di seguire la sua mano, assecondandone i movimenti.

- Il solito. Mia madre lo sta facendo impazzire... Credo che stia cercando di compensare in qualche modo la mia assenza rimpinzandolo di dolci... –

- Ed ha il coraggio di lamentarsi anche? I dolci di tua madre sono leggendari! Io mi offrirei volontario in un baleno... –

- Sì, ma per farlo dovresti essere a Londra, e quindi non saresti qui con me... –

- Vero. Tu sei molto meglio dei dolci. – Gli dice, dandogli un piccolo bacio sul naso – Decisamente meglio dei dolci... –

- Secondo me si sente un po’ solo. –

- Chi, William? –

- Sì, è il primo Natale che passeremo separati, e penso che gli dispiaccia più di quanto voglia ammettere. Sono sicuro che alla vigilia si annoierà da matti. Non troverà nessun altro disposto a guardare quei suoi vecchi film con lui... –

- Cosa ci troverete di bello poi... –

Merlin gli dà un piccolo pugno su un braccio.

- Vuoi scherzare! È la nostra tradizione! Che Natale sarebbe senza i Goonies? Avventura, amicizia,un tesoro pirata... – Gli dice, una luce sognante negli occhi.

- Va bene! Va bene! – Dice Arthur, massaggiandosi il braccio e ridendo piano – Ho capito... Sai che faremo? Affitteremo il dvd e lo guarderete in contemporanea. Tu qui a Melbourne e lui a Londra... Così la tradizione sarà rispettata! –

- Arthur... Ci sono undici ore di differenza... Quando da lui sarà sera qui saranno le sei del mattino –

- Ah, è vero... Non mi era venuto in mente... –

- E poi questo sarà il nostro primo Natale insieme e voglio che sia solo nostro... Nessuna intrusione. –

- Davvero? – Gli chiede Arthur, suonando divertito e tremendamente poco convinto.

- Davvero. –

Arthur lo guarda studiandolo per un lungo secondo, come se fosse ancora incerto se credergli oppure no, poi lo attira a sé e lo stringe forte, mettendogli le braccia intorno al collo.

- Tutto quello che vuoi Merlin – E rimane lì, contro di lui, le mani strette al tessuto chiaro della sua maglietta. –

- Arthur, è successo qualcosa? – Gli chiede allora Merlin, perché nonostante adori quando Arthur dimostra di avere così bisogno di lui, sente che qualcosa non va.

- Nulla che non sia accaduto molte altre volte – Gli dice lui, amareggiato ma cercando di nasconderlo.

- Avete litigato? – Continua Merlin, accarezzandogli la schiena, senza perdere tempo a fare il nome di suo padre, come se non ce ne fosse bisogno, come se non ci fosse alternativa possibile.

- Assolutamente no. Per litigare con me dovrebbe effettivamente chiamarmi ma lui non si disturba a fare neanche questo. Mi è solo arrivato l’ennesimo sms. –

Quegli sms erano una novità degli ultimi mesi. Appena dopo la loro partenza il padre di Arthur era stato quantomeno stoico nella sua decisione di far capire al figlio quanto si sentisse deluso da lui, ed anche se Arthur l’aveva cercato varie volte per fargli sapere dov’erano e come stava andando il viaggio, il padre si era categoricamente rifiutato di parlare con lui. Poi dopo circa due mesi erano cominciati ad arrivare i messaggi.

All’inizio si era trattato di episodi sporadici, non più di un messaggio ogni due, tre settimane, poi la cosa era andata aumentando, fino agli ultimi tempi, in cui ne arrivava uno ogni pochi giorni. Negli sms non c’era mai scritto nulla di personale, Uther però aveva ben pensato di tenere aggiornato Arthur su tutto ciò che il suo allontanarsi dall’ufficio aveva comportato.

“Mr. Craig è sembrato molto deluso che non fossi tu a seguire il suo caso”.

“Abbiamo perso la causa contro lo studio Baltham”.

“Ho dovuto affidare il caso Quenteen a Leon”.

“Lance ha avuto la promozione al posto tuo”.

Ogni messaggio rigorosamente impersonale eppure così pieno di biasimo che Merlin temeva che ad un certo punto l’avrebbe visto iniziare a gocciolare dal cellulare, come un ectoplasma malevolo.

Arthur il più delle volte aveva accolto quei commenti con una scrollata di spalle, rifiutandosi con la sua proverbiale determinazione di permettere a suo padre di rovinare il loro viaggio, Merlin però aveva notato che le sere in cui ne riceveva uno Arthur impiegava sempre un po’ più del solito ad addormentarsi, non importava quanto Merlin lo stringesse forte a sé.

E questo a Uther non poteva perdonarlo.

Poteva capire il suo stato d’animo, veramente, e non una sola volta aveva cercato (fallendo miseramente) di spingere Arthur a considerare per un attimo anche il punto di vista di suo padre, ma non sopportava che Uther lo tormentasse in quel modo, anche se, conoscendolo, quello era il suo modo di tentare di fare il bene del figlio.

- La cosa che mi fa impazzire – sbotta Arthur riscuotendosi da quella sua malinconia e allontanandosi un po’ da lui - È che quando tutta questa storia è iniziata credevo sinceramente che avrebbe avuto da ridire su noi due, che non mi avrebbe perdonato la nostra storia. Quello avrei potuto capirlo, non l’avrei accettato ma avrei potuto capirlo. Invece tutto fa pensare, e Morgana è d’accordo con me, che ciò che non riesce a mandare giù è proprio questa nostra vacanza e la mia decisione di prendermi una pausa dal lavoro. Come se non avessi passato gli ultimi anni a farmi in quattro per lui, a dimostrargli quanto valgo, come se non avessi accettato comunque di andare a New York principalmente per farlo contento, anche se partire mi avrebbe tenuto lontano da te. Quando Morgana gli ha chiesto se per caso non si stesse fossilizzando sul lavoro per non dover affrontare l’altra grande questione, noi due, lui l’ha guardata come se non capisse niente, dicendole che lui aveva sempre saputo che prima o poi mi sarei bevuto il cervello a causa tua, sperava solo che il mio senso di responsabilità avrebbe avuto la meglio. Volevo stare con te? Potevo farlo anche dal mio studio di New York. O se proprio non potevo starti lontano, da Londra. Che bisogno c’era, sue testuali parole, di questa fuga da adolescente alla prima cotta? –

Merlin lo osserva infervorarsi a quel modo e qualcosa gli si stringe al centro del petto. Il bisogno di aiutare Arthur, di appianare le cose per lui, di far sì che torni ad essere lo spensierato Arthur di sempre, lo stesso che ha visto giocare quella mattina tra le onde.

Gli passa piano le dita sulle labbra, un po’ per disperdere la sua tensione, un po’ semplicemente per il desiderio di farlo, poi gli accarezza una guancia, la pelle del collo, la spalla e poi giù lungo il braccio fino ad impossessarsi della sua mano. La stringe piano mentre gli chiede fissandolo in volto: - Perché non provi a mandargli anche tu un messaggio per una volta? O a chiamarlo. Se solo vi parlaste magari risolvereste tutto... –

Arthur alza la testa di scatto e lo guarda con una luce pericolosa negli occhi.

- No. – Gli risponde, categorico, definitivo. – Parlerò con mio padre quando sarà il momento e non un giorno prima. –

- Ok – Gli dice allora Merlin - Qualunque cosa tu voglia. – Poi, per alleggerire l’atmosfera, aggiunge in seconda battuta – Sai, dopo averti visto oggi fare il galletto in spiaggia sono sempre più convinto che il nostro Natale da surfisti sia stata un’idea geniale. Voglio assolutamente una foto tua sulla tavola da surf con un berretto da babbo Natale in testa da inviare a tutti i nostri amici come cartolina d’auguri... So che Gwaine apprezzerebbe il pensiero – e quella almeno non è una bugia. Magari un Natale trascorso in spiaggia non era mai stato nella sua “top list”, ma qualunque foto di Arthur in costume da bagno (anche una in cui si rende ridicolo) vale qualche sacrificio, perfino di rinunciare alla neve.

- Questo, caro il mio Merlin, non accadrà mai... –

- Scommetti? – Lo provoca lui, mentre con una mano gli accarezza piano la pelle sotto la maglietta – Vuoi vedere che riesco a convincerti? –

Arthur gli sorride sornione, il viso di nuovo allegro e sereno, come se i brutti pensieri fossero finalmente volati via.

- Fossi in te non ci spererei... – Continua, con un’aria talmente strafottente che Merlin sente prepotente il desiderio di baciarlo fino a fargli scordare il suo nome solo per cancellargliela dalla faccia. - Però nulla ti impedisce di provare... –

- Ok – gli sussurra allora Merlin, ad un soffio dal suo orecchio – Sfida accettata. –

 

 

* Doppleganger: creatura in grado di assumere le sembianze di un altro individuo.

 

Eccoci arrivati alla fine del primo capitolo. Spero che la lettura sia stata piacevole e che coloro tra voi che avevano letto la prima avventura, abbiano ritrovato i ragazzi che ricordavano, magari più abbronzati, più felici, e ancora più innamorati! Grazie per aver dedicato a questa storia un po’ di tempo! Mando un forte abbraccio a tutti!

See you soon!

Sofy

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Capitolo 2
*** Dieci Giorni a Natale ***



Scopri com'è iniziata la storia di Merlin e Arthur in "Regalo di Compleanno".


Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Regalo di Natale (Carols by Candlelight)

 

 

Allora, eccoci al secondo capitolo. Prima di tutto volevo ringraziare Hiromi_chan, RedGeek e GiuliaGiulia88 per le recensioni. Siete state carinissime ragazze, ero un po’ nervosa nel pubblicare dopo tanto tempo e le vostre parole mi hanno reso davvero felice, grazie ancora di cuore!

Per quanto riguarda il capitolo che state per leggere non ho molto da dirvi: naturalmente il Natale si avvicina e tra telefonate lunghissime con gli amici a casa (ma quanto spendono di telefono questi nostri ragazzuoli???), un inaspettato faccia a faccia e tanto, tanto Arthur, il nostro Merlin tenta di destreggiarsi come meglio può, cercando nel frattempo di scoprire se quel terremoto del suo ragazzo ha in mente qualcosa come suo solito...

Riuscirà il nostro eroe nel suo intento? Scopriamolo!

Enjoy!

Sofy

 

Dieci Giorni a Natale

Merlin rientra a casa dopo una nuotata corroborante nell’oceano solo per sentire l’allegra risata di Arthur accoglierlo sulla porta di casa. Sorpreso di trovare il suo dormiglione cronico già alzato, si affretta ad attraversare i pochi passi che lo separano da lui, ansioso di dargli il buongiorno.

Una volta dentro trova il suo bel ragazzo già pronto per la spiaggia, seduto a gambe incrociate sul letto, il portatile di fronte a lui, intento a fare smorfie e boccacce allo schermo, neanche fosse un bambino di cinque anni.

Merlin non impiega più di due secondi ad immaginare con chi stia parlando.

Sentendolo rientrare, Arthur alza un secondo il volto verso di lui, rivolgendogli un sorriso caloroso, invitandolo con un cenno del capo a raggiungerlo.

Merlin si sente per un attimo a corto di fiato e riesce a malapena a non darlo a vedere, perché guardare Arthur quando è così rilassato e felice e non restare imbambolato non è mai un’impresa facile per lui.

Si avvicina al letto e va a sederglisi accanto, cingendogli la vita con le braccia e appoggiandogli il mento su una spalla. Una volta comodo getta lo sguardo al computer di fronte a loro e dallo schermo gli appare sorridente proprio il volto che si era aspettato.

- Come sta la mia ragazza preferita? – Chiede ad una Morgana in forma smagliante, i capelli neri sciolti in tante morbide onde intorno al viso ed un rossetto scarlatto, iper natalizio, a dipingerle le labbra.

Morgana a quel commento cerca malamente di nascondere un sorriso compiaciuto, uno di quei sorrisi che Merlin trova così simili a quelli di Arthur, e si morde un labbro mentre gli dice con finto rimprovero ed un brillio divertito negli occhi: - Sai Merlin, Gwen non sarebbe molto felice di sentirti parlare così... –

- Oh che buffo... – Le risponde Merlin stando al gioco - È la stessa cosa che dice lei di te quando la saluto nello stesso modo... –

- Cascamorto... – Lo apostrofa Morgana, fingendosi offesa.

- È una delle mie tante doti, che posso farci? –

- La volete smettere voi due? – Si intromette Arthur, un’espressione vagamente seccata in viso.

- Che c’è fratellino? Ti senti messo da parte? –

- Certo che no! – Sbotta lui, ma il suo grattarsi il naso infastidito già lo tradisce.

Merlin e Morgana si sorridono a vicenda, complici.

- Allora, quali sono i vostri piani ragazzi? Passerete il Natale a Melbourne? Oppure vi sposterete di nuovo? – Chiede Morgana, cambiando velocemente argomento, non volendo che Arthur si stizzisca ulteriormente.

- Ne abbiamo parlato – Risponde Merlin - E abbiamo convenuto che per noi sarebbe davvero troppo complicato spostarci proprio sotto le feste, trovare un’altra sistemazione ad un soffio dal Natale. E comunque l’idea è di passare la giornata in spiaggia, quindi farlo qui o altrove non cambierebbe poi molto. Partiremo dopo capodanno. –

-E per dove? – Chiede Morgana, tutta intenta ad ammirare la sua perfetta manicure.

- Ancora non abbiamo deciso, probabilmente per l’Asia. Giappone o giù di lì – risponde Arthur, il tono un po’ sbrigativo, come se non volesse permettere alla sorella di ficcare il suo bel nasino nella questione.

Merlin non se ne stupisce: Arthur è sempre molto geloso del loro itinerario, in quei mesi non ha mai accettato suggerimenti da nessuno, anche se i loro amici si erano sbizzarriti con proposte sempre più assurde e fantasiose man mano che il viaggio procedeva.

Quel viaggio apparteneva a loro due, solo a loro due, Arthur non mancava mai di ricordarlo a chiunque e la cosa rendeva Merlin assurdamente felice. Dopo tanti anni passati a dividere Arthur con tutti loro, quel suo volerlo solo per sé lo faceva sentire desiderato. Speciale.

Gli occhi di Morgana brillano di eccitazione nel sentir nominare il Giappone e sta per aggiungere qualcosa (probabilmente pregare per l’ennesima volta Merlin di portarle qualche souvenir) quando, a seguito di un lieve bussare, la porta alle sue spalle si apre e nientemeno che Uther Pendragon si affaccia sull’uscio della camera di sua figlia.

Merlin nota che nonostante indossi un impeccabile completo grigio, abbia i capelli perfettamente pettinati all’indietro ed emani la solita aura di autorità e potere, il padre di Arthur sembra invecchiato. Energico, severo, intimorente come al solito, ma invecchiato.

Merlin sente Arthur trattenere il respiro ed irrigidirsi accanto a lui. Gli cerca veloce una mano e la strige per dargli conforto ma non è neppure certo che Arthur se ne sia accorto, tanta è la tensione che sente emanare da lui.

- Morgana, si sta facendo tardi. Con chi stai parlando? – Chiede Uther, ignaro di tutto, frettoloso, impaziente, leggermente sovrappensiero.

A quella domanda, Morgana lascia passare sul suo volto un’espressione corrucciata, poi, con una leggera scrollata di spalle, torna se stessa nel giro di un battito delle sue lunghe ciglia e si stampa un sorriso arrogante in volto, mentre risponde con voce provocatoria e sicura: - Sono Arthur e Merlin papà. Vuoi venire a salutarli? –

Uther Pendragon, che fino ad un secondo prima era stato tutto intento a sistemarsi il polsino della camicia, alza velocemente lo sguardo, prima sulla figlia e poi sul portatile davanti a lei.

Merlin si chiede cosa riesca a scorgere da quei pochi metri che lo separano dalla scrivania, se riesca a vedere chiaramente il volto di suo figlio, se riesca a vedere anche lui e se la vista di loro due abbracciati non sia più di quanto sia pronto ad affrontare, anche se, a detta di Arthur, il problema di suo padre non è la loro storia.

Uther rimane perfettamente immobile, evidentemente a disagio, in bilico fra la rabbia e qualcos’altro che Merlin identifica come nostalgia. Per un attimo lunghissimo, denso di elettricità, il padre di Arthur sembra avere intenzione di dir loro qualcosa, poi, senza un cenno, senza un saluto, gira le spalle a tutti loro e fa per uscire dalla stanza, dicendo a Morgana mentre si allontana: - Ti aspetto di sotto Morgana. Sbrigati a salutare. Non abbiamo molto tempo. La prenotazione è per le otto. –

E così esce di scena, silenziosamente, chiudendosi la porta alle spalle senza neanche un cigolio, come solo un Pendragon riuscirebbe a fare.

Morgana riporta svelta lo sguardo verso lo schermo, il dispiacere per ciò che sta provando Arthur che fa sembrare i suoi occhi ancora più grandi e chiari.

- Arthur... – Inizia col dire, ma Arthur non le dà l’occasione di dire altro. Si alza dal letto scattando come una molla, come se restar seduto davanti a quello schermo potesse fargli fisicamente male.

Merlin si alza con lui, accarezzandogli entrambe le braccia con le mani, cercando di rilassargli i muscoli contratti in una carezza che vorrebbe sia calmarlo che trattenerlo.

Arthur però scappa dal suo tocco e da quel tentativo, prende il primo asciugamano che trova a portata di mano e si avvia verso la porta, salutando entrambi con un: - Vado a farmi una nuotata, ho bisogno di schiarirmi la mente per un po’. Ci sentiamo presto Morgana. – e così dicendo esce dalla stanza, in un modo talmente simile a quello di suo padre che a Merlin, al solo guardarlo, fa male il cuore.

Merlin muove qualche passo in direzione della porta, per seguirlo, ma Morgana lo chiama dallo schermo, il tono stanco ma sicuro: - Lascialo andare Merlin. È meglio se resta da solo per un po’. Lo sai anche tu. –

Sì, Merlin lo sa. Sa che quando Arthur è di questo umore il meglio che può fare per lui è lasciarlo in pace, lasciargli smaltire la rabbia nuotando o correndo, stancando il suo corpo così tanto da non riuscire a pensare a null’altro.

Però saperlo e accettarlo sono due cose molto diverse.

- Per quanto andranno avanti così Morgana? – Le chiede, tornando a sedersi sul letto mentre un sospiro gli scappa dalle labbra.

- E chi lo sa? Li conosci. Sono entrambi così testardi. Non credo che la situazione si risolverà tanto presto Merlin. –

Merlin si morde piano un labbro mentre si tormenta le mani in grembo, poi, titubante, avvicina di più il viso all’immagine di Morgana, quasi volesse confidarle un segreto, la voce incerta mentre propone: - E se tornassimo a casa? –

Butta nel piatto quella proposta di getto, quasi volesse liberarsene, come se gli scottasse tra le labbra, come un pensiero col quale non sa bene che fare, cosa provare al riguardo.

- Magari se tornassimo a Londra – Continua, più sicuro - Se quei due avessero più occasioni di incontrarsi di persona, riuscirebbero a parlarsi. È facile per tuo padre allontanarsi da un computer ma non sarebbe altrettanto facile per lui voltare le spalle ad Arthur, non se fosse lì, nella stessa stanza con lui. Magari... –

- Merlin – Lo interrompe Morgana, lo sguardo verde acceso di determinazione - Non ti azzardare. Non osare proporre ad Arthur una cosa simile. Non risolverebbe la situazione e riusciresti solo a ferire i suoi sentimenti. È Uther che deve fare un passo indietro stavolta. Arthur ha preso una decisione partendo con te. Ha fatto una scelta e mio padre deve imparare a rispettarla. Se Arthur tornasse sui suoi passi adesso sarebbe come dare a mio padre diritto di veto sulle sue scelte anche in futuro e questo non può essere un bene. Per entrambi. –

Merlin torna ad adagiarsi contro i cuscini, sconsolato. Sa che Morgana ha maledettamente ragione. È solo che lo fa impazzire il dover restare con le mani in mano senza poter far nulla per aiutare Arthur.

- Cosa dovremmo fare allora secondo te? – Le chiede, rassegnato a seguire il suo consiglio.

- Aspettare. Possiamo solo aspettare che mio padre senta talmente la mancanza di Arthur da venire a patti con la sua decisione di partire. –

- Non ce lo vedo tuo padre a struggersi e cedere sotto il peso della nostalgia, sai?–

Morgana si mette a ridere, un suono leggero, che gli rasserena un po’ il cuore.

- Chissà Merlin... Potrebbe sempre accadere un miracolo. Un miracolo di Natale! –

- Certo. Come no... – Risponde Merlin, ridendo a sua volta.

- Cambiamo argomento, che dici? Ora che Arthur non c’è e non può lamentarsi perché passiamo il tempo a spettegolare, perché non mi chiedi come sta andando il mio shopping natalizio? –

Merlin a quelle parole alza veloce gli occhi e la guarda per un lungo secondo, l’espressione sospesa tra sorpresa e un pizzico di dispiacere, lo sguardo che gli cade per la prima volta sulla pila di pacchetti accatastati sul letto di lei, in bella vista.

- Vuoi dire che stai procedendo lo stesso col nostro solito giro? Senza di me? –

- Beh – risponde lei, d’un tratto meno gongolante, come se si stesse rendendo conto solo in quel momento che lui avrebbe potuto restarci male - Ho pensato che visto che tu te ne stavi spaparanzato insieme a mio fratello su una spiaggia dell’Australia ad abbronzarti come mai in vita tua, non ci fosse niente di male se io mi concedevo un po’ di sano shopping natalizio... Sai... Per tirarmi su! Che diamine! Tu non ci sei, Arthur non c’è... Mi avete lasciato qui da sola... –

Merlin la ascolta tirare fuori il suo miglior repertorio da regina del dramma mentre lei cerca di spiegargli nel dettaglio quanto vuote e desolate siano le sue giornate senza loro due accanto. Una volta arrivati nel bel mezzo della scena madre però Merlin non può proprio fare a meno di mettersi a ridere, qualunque dispiacere avesse provato pochi minuti prima totalmente spazzato via dall’affetto per lei.

Morgana a volte è davvero identica ad Arthur: hanno entrambi il bisogno patologico di essere al centro dell’attenzione e lui li adora entrambi per questo.

Inoltre non ce l’ha davvero con lei per essere andata, ci mancherebbe altro, è solo che gli dispiace un po’ di aver perso il loro giro.

- Ok, va bene, va bene, sei perdonata! – Le dice agitando le mani davanti a sé come per dirle di non preoccuparsi oltre - Vuol dire che ci rifaremo l’anno prossimo... Sei stata anche ad Hyde Park? –

Gli occhi di Morgana brillano di mal contenuta eccitazione mentre risponde: - Ci sono stata proprio ieri. Perché non mi chiedi cosa ho fatto una volta lì?–

- Ti sei decisa finalmente ad andare a pattinare? – Le chiede lui, sorpreso - Vedi che il non avermi intorno qualcosa di buono ha portato? –

- Non credere... Quest’anno ti avrei convinto... Mi sei sfuggito per un pelo caro... –

Merlin sta quasi per contraddirla e buttarsi in un altro dei loro battibecchi quando un sospetto malandrino gli balugina in testa.

- Morgana... Da chi ti sei fatta accompagnare? –

Morgana lo guarda con un’espressione confusa, che potrebbe passare per autentica se non fosse per l’angolo della bocca che proprio non vuole saperne di non alzarsi in un risolino.

- Come dici? –

- Ragazzina, non fare la finta tonta con me... Da chi ti sei fatta accompagnare nel tuo fantastico giro? Hai trovato qualche nuovo cavalier servente per caso? Com’è che da un po’ non sento più nominare i tuoi soliti spasimanti? –

- Non so di cosa tu stia parlando – risponde Morgana, il bel mento alzato in una posa arrogante - Chi ti dice che non sia andata da sola? –

- Morgana, in tutti questi anni non sei mai andata a Hyde Park a pattinare perché non hai mai voluto farlo senza un partner, dicevi che non si creava la magia, e visto che io non sarei salito manco morto su quegli aggeggi infernali che chiami pattini, hai sempre finito col rinunciare all’idea. Vuoi farmi credere che improvvisamente sei andata sola? Inoltre proprio alle tue spalle c’è la riprova che stai mentendo: ancora un po’ e quel letto rischia di sparire sotto quella marea di pacchetti! Conosco la mole dei tuoi acquisti, so cosa significa per te “acquistare due sciocchezzuole per Natale”. O devo ricordarti che tutta questa nostra tradizione, risalente ormai a otto anni fa, è iniziata perché tu avevi bisogno di due braccia forti che ti aiutassero con i pacchetti, praticamente uno schiavo personale, ed Arthur non avrebbe accettato di accompagnarti neanche sotto tortura? –

- Merlin, quanto sei scortese. Così mi ferisci! Se la metti in questo modo sembra quasi che per tutti questi anni io ti abbia costretto con la forza a seguirmi. – Gli risponde lei, impegnandosi per sembrare dispiaciuta e riuscendo nell’intento.

- Assolutamente no! – La rassicura lui - Lo sai che adoro fare shopping con te! Però ammetterai che è stata una fortunata coincidenza che i nostri interessi coincidessero. Avrei potuto benissimo odiare il seguirti su e giù per le scale di Harrods e girare con te per fiere e mercatini. Quindi non fare la furba con me. Sputa il rospo, chi hai incastrato stavolta? –

A quel punto Morgana lascia cadere ogni facciata di innocenza e gli risponde con quel suo sorriso da gatto del Cheshire che è sempre riuscito allo stesso tempo ad incantarlo e a mettergli i brividi.

- Oh ma non ti si può nascondere proprio niente! Ok, ok, hai ragione. Diciamo che ho trovato un sostituto... –

 

 

Merlin si trova a passeggiare lungo la spiaggia nella speranza di incrociare il suo ragazzo di ritorno dalla sua nuotata, quando il cellulare comincia a squillargli in tasca.

Risponde automaticamente, senza quasi guardare, nella speranza che sia proprio Arthur a chiamarlo.

Ma non è la voce di Arthur quella che sente venire dall’altro capo del telefono.

- Merlin, quella donna va fermata. Tu devi fare qualcosa. –

Merlin allontana per un attimo il cellulare dall’orecchio giusto per controllare il nome impresso sul display ed essere così sicuro di non star parlando con Will ed essere quindi incastrato in uno di quei loop temporali che ti costringono a rivivere più e più volte la stessa giornata, come in quel film con Bill Murray.

Ma il nome è effettivamente quello che si era aspettato e la voce che continua a chiamarlo dicendo: - Merlin! Mi senti? Sei lì? Hai capito ciò cosa ti ho detto? – è effettivamente quella di Gwaine, anche se è una voce più stridula, più sfinita e sicuramente più stressata di quella che ricordava.

Inoltre Merlin non ha la più pallida idea di cosa stia parlando.

- Gwaine, calmo, calmo, prendi un bel respiro e comincia dall’inizio. Di chi stiamo esattamente parlando? Chi deve essere fermato e soprattutto, che diavolo c’entro io in tutta questa faccenda? – Gli dice, costringendosi a non ridere nel frattempo.

Gwaine, obbediente per una volta in vita sua, prende effettivamente un profondo respiro e poi gli risponde digrignando i denti: - Sto parlando di Morgana. –

- Morgana? La nostra Morgana? – Chiede un Merlin sorpreso e ancora più confuso: Gwaine e Morgana, pur conoscendosi da molti anni, non hanno mai avuto moltissime occasioni di frequentarsi e quindi gli sembra strano che l’amico lo stia chiamando per lamentarsi proprio di lei. Anche se, a pensarci bene, con Morgana nulla è impossibile.

- Sì, Morgana. La sorella di Arthur, la tua amica del cuore, la donna che tutti, almeno una volta nella vita, hanno desiderato di strangolare, quante altre Morgana conosci?

- Gwaine, io non... – Comincia a dire Merlin, cercando di spiegare a Gwaine di dover essere un po’ più chiaro se vuole che lui riesca a seguirlo nel suo discorso, poi però si interrompe, come colto da un’illuminazione, ed allora scoppia sonoramente a ridere, piegandosi in due e portandosi una mano allo stomaco per non sentirsi male.

- Tu! – Gli urla in un orecchio - Sei tu il malcapitato! Oh povero Gwaine! Le mie condoglianze! Ma come diavolo è successo? – Gli chiede, per poi riprendere a ridere di gusto, con davvero poco riguardo per le sofferenze di Gwaine.

- Sì, ridi, ridi, ridi pure delle mie sventure! Già il fatto che tu sappia a cosa mi riferisco dimostra che come minimo sei suo complice, se non l’istigatore di tutta la faccenda! – si lamenta Gwaine e poi impostando la voce fino a somigliare a quella di Arthur continua - “Fai un salto di quando in quando a casa mia Gwaine! Butta un occhio a come se la passa Morgana” mi ha detto Arthur prima di partire, ed io, da buon amico, ho fatto esattamente come mi ha chiesto! Ho fatto un salto a casa sua ed ora mi ritrovo incastrato fino a Natale! Ah ma se lo prendo... –

Merlin si asciuga gli angoli degli occhi, umidi per il troppo ridere, poi riprende, la voce ancora un po’ rauca: - Come ha fatto a convincerti? Cos’è, ti sta ricattando per caso? –

Gwaine resta in silenzio per un momento, poi aggiunge, il tono un po’ imbarazzato: - Di questo preferirei non parlarne. –

- Ti sta ricattando eccome! Lo sapevo! Sei fritto amico mio! –

- Nessun ricatto! È che sai... Si sente sola. Tu non ci sei, Arthur non c’è, non hai idea di quanto sia giù per la vostra assenza... Insomma, mi sono impietosito... –

Merlin a quel punto non ce la fa davvero più e scoppia a ridere di nuovo. Solo Gwaine poteva credere alle parole di Morgana, solo lui poteva credere che ci fosse davvero qualcosa a questo mondo in grado di turbare la degna erede di Uther Pendragon. Decide di non svelare la sua messinscena però. Primo perché Gwaine ci resterebbe troppo male e due perché le conseguenze promettono di essere esilaranti.

- Non ridere! Sei consapevole che la colpa di tutto questo pasticcio è solo tua vero? –

- Mia? – Esclama Merlin – ma come, se fino a due secondi fa te la stavi prendendo con Arthur? –

- Arthur ha la sua parte di responsabilità, perché si è approfittato della nostra amicizia per sacrificarmi a sua sorella, ma se tu in tutti questi anni non avessi viziato quella strega accompagnandola in giro per tutta Londra, ora io non sarei costretto a fare le tue veci e a seguirla da Harvey Nichols o ad andare a pattinare ad Hyde Park... –

- Ti ha convinto ad accompagnarla in pista ad Hyde Park? Ti ha detto che eravamo soliti andare a pattinare? – Gli chiede Merlin, non riuscendo a trattenersi, perché Morgana con quella richiesta ha davvero esagerato - Oh povero Gwaine! Mi spiace dirti che ti sei fatto gabbare per bene amico! I negozi ok, i mercatini va bene, ma Hyde Park proprio no! Morgana ha provato a lusingarmi e minacciarmi per anni ma non mi sono mai piegato. Non mi sarei fatto convincere neanche in un milione di anni! –

- Quella strega! Lo sapevo! Lo sapevo che tu non saresti stato così folle. Se penso a tutte le volte in cui sono caduto sul ghiaccio ieri mentre lei mi volteggiava intorno come una fatina dispettosa, anzi, che dico dispettosa, una fatina profondamente crudele! E dimmi, è vero che ogni anno l’accompagni ad un ballo di beneficenza organizzato dal club di suo padre, uno di quelli in cui ci si veste come dei pinguini e si è costretti a ballare il Valzer? Perché anche su quello ho avuto i miei dubbi... –

- Ti ha chiesto di accompagnarla al ballo d’Inverno? – Gli chiede Merlin, sorpreso, perché in tanti anni Morgana non aveva mai espresso il desiderio di andare, anche se Merlin l’avrebbe accompagnata volentieri.

- Sì, è tra una settimana... Ho già affittato lo smoking... Mi ha mentito anche su quello per caso? – Gli chiede Gwaine, appena appena più serio, quasi ferito, come se quella fosse la famosa goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.

- Assolutamente no. Partecipiamo ogni anno. A quello proprio non puoi mancare. – Mente spudoratamente Merlin, la voce ferma e risoluta.

- Ah, ok – Gli risponde Gwaine, stranamente ammansito - Effettivamente non avrebbe osato tanto, sa quanto io odi vestirmi come un manichino. Beh, Penso che allora almeno lì dovrò portarla, se dici che lo fate tutti gli anni non vorrei che perdesse il ballo per colpa mia. Non sarebbe da gentiluomini. –

- Certamente – Risponde Merlin, intenerito dal suo buon cuore e dalla facilità con cui Gwaine sembra aver dimenticato la sua irritazione per correre in soccorso di una donzella in difficoltà, anche se quella donzella è Morgana, che non hai mai avuto bisogno di salvataggi in vita sua, anzi, di solito sono gli altri che devono guardarsi da lei.

- Però basta giri per negozi, basta capatine nei mercatini... Questo sostituto da oggi entra in sciopero... –

- Ci resterà male. –

- Se ne farà una ragione. –

- Troverà il modo di farti fare come dice lei. –

- Che ci provi. – Risponde Gwaine, sembrando quasi ansioso e divertito all’idea.

Merlin sorride tra sé, felice in fondo che i suoi amici abbiano trovato il modo di colmare il vuoto causato dalla loro assenza, anche se con qualcuno di così inaspettato.

- Allora, dov’è Arthur? È lì accanto a te a sbellicarsi dalle risate alle mie spalle?

- No, ci siamo separati poco fa. Quando mi hai chiamato stavo appunto andando a vedere se riuscivo ad incrociarlo al bar per fare colazione. –

- È com’è che voi due piccioncini non siete usciti insieme? –

- Beh, l’idea sarebbe stata quella, poi però c’è stato un incontro fuoriprogramma con Uther durante una videochiamata con Morgana ed Arthur ha avuto bisogno di staccare la mente per un po’ con una nuotata. –

- Si sono parlati finalmente? –

- Macché... Si sono ignorati come solo loro sanno fare e sono fuggiti entrambi a gambe levate. Questa situazione sta diventando ridicola Gwaine. Arthur ci sta male ed io non so proprio che cosa fare... –

- Beh... – Comincia Gwaine, per poi stopparsi senza proferire altro.

- Beh cosa? Hai qualche idea? –

- Forse qualcuno dovrebbe far ragionare Uther. –

- Inutile. Morgana ci prova da mesi. Penso che se insistesse ancora un po’ suo padre finirebbe per diseredare anche lei. –

- Non parlavo di Morgana. –

Merlin si pietrifica sul posto mentre il significato delle parole di Gwaine va a prendere forma nella sua testa.

- Pensi che dovrei parlargli io. – Gli dice, la voce interdetta, perché quell’eventualità non gli era neanche mai passata per la testa.

- Magari riusciresti dove Arthur e Morgana hanno fallito. –

- E cosa ti dà questa sicurezza? Cosa ti fa credere che ascolterebbe proprio me? –

- Non ho nessuna sicurezza Merlin. Anzi, ci sono buone probabilità che Uther mandi al diavolo pure te. Però, se ti fa così male restare con le mani in mano mentre vedi Arthur struggersi per questa storia, forse parlare con suo padre è l’unica cosa che potresti fare per dare a te stesso l’impressione di aver provato ad aiutarlo, e chissà, magari potresti combinare qualcosa di buono nel frattempo. –

- Arthur mi ucciderebbe. –

- Vero. –

- Penserebbe che voglio intromettermi sei suoi affari. –

- Molto probabile. –

- Non sopporta che si cerchi di mettere il naso nelle sue questioni di famiglia. –

- Vero anche questo – dice Gwaine, ragionevole, pacato – però è vero anche che se mai dovesse perdonare questo tipo di intrusione a qualcuno, quel qualcuno saresti tu. –

Detto questo, si stoppa per un secondo che sembra infinito, come per lasciare a Merlin il tempo di soppesare quell’ultima sua osservazione, come un saggio dispensatore di verità che istruisce il suo inesperto discepolo. Poi continua, cercando di suonare allegro e incoraggiante - Sarebbe un bel regalo di Natale se riuscissi ad appianare almeno un po’ le cose con suo padre, non credi? –

- Perché tiri fuori i regali di Natale ora? Che c’entrano con Arthur e Uther? –

- Nulla! Dico solo che sarebbe un bel gesto da parte tua, qualcosa che sicuramente non sfigurerebbe rispetto a qualunque cosa Arthur abbia escogitato per te... –

- Arthur non ha escogitato nulla per me. Ha giurato. Ha giurato di restarsene tranquillo. Niente spese pazze. Niente gesti da romanzo. Solo noi due, la sabbia e l’oceano. Questo è il patto. –

- E tu gli credi? –

- Certo che gli credo. –

- Merlin... È di Arthur che stiamo parlando. –

- Ma... – Comincia a dire Merlin però Gwaine lo interrompe.

- Credi davvero che lascerebbe passare il vostro primo Natale insieme senza organizzare almeno, che so io... Una parata? –

Un terrore freddo e sottile comincia a correre lungo la schiena di Merlin.

- Non oserebbe. –

- Scommetti? –

- Oh Dio, Gwaine, a Natale mancano solo dieci giorni... –

- Sono felice che tra il sole ed Arthur tu sia ancora in grado di percepire il passare del tempo Merlin. Vuol dire che il cervello non ti è ancora andato in pappa... –

Merlin ignora totalmente il maldestro tentativo di Gwaine di fare del sarcasmo. Non ha tempo per quello. Se Gwaine ha ragione, non ha più tempo per alcunché.

- A Natale mancano dieci giorni ed io non ho preparato nulla... –

- Male. Molto male. –

- Tu sai cosa sta architettando. – Non glielo chiede neanche, lo asserisce come un dato di fatto - È per questo che hai voluto avvertirmi, per evitarmi una figuraccia... –

- Ma non ti si può proprio nascondere niente! – Comincia a dire Gwaine, assecondandolo con sufficienza.

Merlin aggrotta la fronte a quell’espressione, sentendo l’influenza negativa di Morgana farsi strada nel suo amico. Quella loro nuova amicizia non avrebbe portato nulla, ma proprio nulla di buono.

- Forza, dimmi tutto! Con cosa devo confrontarmi? –

- Frena i cavalli cowboy! Io non so proprio un bel niente! E anche se sapessi qualcosa non te lo direi... Arthur mi toglierebbe il saluto e si riprenderebbe il bel televisore che mi ha regalato prima della vostra partenza. In un caso o nell’altro, ho le labbra cucite. –

- Ma Gwaine –

- Niente Gwaine! Non parliamo più di questo argomento. –

- Spero che Morgana ti trascini su e giù per le scale di Harrods finché non ti si consumeranno le suole... –

- Già fatto amico mio – gli risponde fingendosi dolorante Gwaine - Già fatto. –

- Non puoi dirmi proprio nulla? –

- Nulla. Però posso darti un consiglio alla luce degli eventi passati. –

- Dimmi – gli dice Merlin, al tempo stesso speranzoso e riconoscente.

- Fossi in te controllerei il cassetto dei calzini. E per bene stavolta. Non ripetiamo l’errore di sei mesi fa, va bene? –

Merlin gli chiude il telefono in faccia augurandogli altre due settimane di shopping tra le grinfie ben fornite di carte di credito di Morgana. Magari così gli sarebbe passata la voglia di fare lo spiritoso.

 

 

Alla fine Merlin trova Arthur in spiaggia, in un tratto non troppo frequentato che ha indicato loro il gestore del bar dove si recano di solito a far colazione. Un punto sconosciuto ai turisti dove i ragazzi locali si ritrovano per fare surf, perché a quanto sembra è lì che si trovano le onde migliori.

Merlin non sa perché il gestore abbia voluto condividere quell’informazione con loro, in fondo anche loro sono dei turisti. Forse, si dice Merlin, è stato il racconto del loro viaggio a convincerlo, il modo in cui entrambi hanno salutato le loro vite per regalarsi quell’anno insieme, forse la loro sete d’avventura l’ha colpito favorevolmente.

Arthur si è innamorato di quel tratto al solo guardarlo e da allora non un solo giorno è passato senza che vi si recasse a surfare.

Merlin si dà dello stupido ad averlo cercato in lungo ed in largo: avrebbe dovuto capirlo subito che l’avrebbe trovato lì.

A quell’ora del mattino, e in un giorno feriale per di più, in spiaggia non c’è nessuno a parte loro due. Arthur è in acqua, tutto intento ad affrontare le onde come forse avrebbe voluto fare con suo padre solo un’ora prima.

In presenza di Uther, Arthur non ha reagito, ma Merlin sa che non è proprio nella sua natura non combattere per le cose a cui tiene. Se è rimasto zitto e muto seduto su quel letto, senza proferir parola, senza un gesto, è perché quello è il modo in cui Arthur ha scelto di combattere quella sua battaglia.

Ciò però non significa che per lui sia facile.

Ecco perché ora continua a remare contro quelle onde con così tanta energia e sembra inseguire il momento in cui salire sulla tavola come se non accettasse di venirne sconfitto, di piegarsi al suo volere.

Perché Merlin sa che quella guerra silenziosa con suo padre lo sta logorando e quindi Arthur deve trovare qualcos’altro contro cui battersi, fossero anche solo il vento ed il mare.

Merlin arriva sul limitare del bagnasciuga che ancora Arthur non si è accorto di lui. Si spoglia senza fretta, lasciando cadere a terra la maglietta e abbandonando le infradito vicino ai vestiti che Arthur ha, a sua volta, lasciato ammonticchiati alla meno peggio vicino la riva, poi inizia lentamente ad entrare in acqua, gli occhi sempre concentrati su di lui, attirati dalla sua forza e dalla sua vitalità, dal suo essere in ogni occasione quel concentrato di fragilità e fierezza che con tanta facilità, giorno dopo giorno, continua ad incantargli il cuore.

Quando l’acqua gli arriva ormai alla cintola ecco che Arthur lo scorge da lontano e il vederlo lì, in mare insieme a lui, gli fa perdere la concentrazione. Merlin lo vede allora sbilanciarsi, scivolare sulla tavola e cadere in acqua, sparire per un attimo tra i flutti per poi tornare a galla ridendo, tirandosi via i capelli dal volto con una mano, mentre con l’altra va ad aggrapparsi veloce alla tavola per evitare che scivoli via.

Merlin a quel punto inizia a nuotare verso di lui, accelerando il ritmo, perché il bisogno di averlo vicino d’improvviso è tanto forte da farlo vibrare, perché Arthur è la sua boa, il suo punto di riferimento quando ogni altra cosa smette di avere un senso, e quando loro due sono insieme il resto del mondo può anche andare al diavolo.

Lo raggiunge con poche veloci bracciate, poi, con solo la tavola ormai tra di loro, Merlin si appoggia a quella superficie bianca incrociando le braccia sotto il mento, mimando la posa di Arthur, che continua a guardarlo senza dir nulla, sorridendogli, mentre una goccia d’acqua gli corre in bilico sul naso.

- Ciao – gli dice piano Merlin, sorridendogli a sua volta, rapito dal colore di quegli occhi che ora lo guardano intenti, togliendogli un po’ il respiro.

- Ciao – gli risponde Arthur - Che ci fai qui? – E il suo sorriso mentre glielo chiede diventa tenero e affezionato, quasi sapesse già la risposta a quella domanda ma volesse comunque sentirla dalle sue labbra.

Merlin scrolla appena le spalle.

- Mi mancavi – ammette.

- Mi hai raggiunto perché ti mancavo? Sicuro? – Lo prende in giro lui - Non perché eri preoccupato per me? – Gli chiede alla fine, allungando una mano verso il suo viso per scostargli una ciocca di capelli bagnati dalla fronte.

Merlin gli sorride colpevole, come se Arthur l’avesse beccato con le mani nel sacco.

- Magari anche per quello – gli risponde, affatto stupito di come Arthur riesca a leggerlo senza sforzo.

Arthur al suo commento non dice nulla, lo guarda e basta, con un'intensità da cui lui si sente quasi consumare, e mentre sta pensando che è così che deve essersi sentito Icaro avvicinandosi troppo al sole, Arthur si sporge verso di lui e gli cattura le labbra in un bacio dolce e lento, che sa di sale e di sole, di casa, di loro due.

Merlin sente il cuore sfarfallargli nel petto a quel contatto. Le labbra di Arthur si muovono elettriche e sicure contro le sue, ed è una sensazione così stupenda e totalizzante da fargli quasi male.

Dalla sua mente ogni cosa intorno a loro sembra pian piano sparire: la ruvidezza della tavola, il rumore del vento, i brividi sulla pelle bagnata, il verso dei gabbiani, tutto cancellato dal modo in cui lui sembra chiamarlo a sé, reclamando la sua mente ed il cuore, un tocco alla volta, un bacio alla volta.

Nulla esiste. Nulla importa. Ci sono solo loro due e quel sentimento maestoso che Merlin sa che non proverà mai per nessun altro.

Il mare continua a alzarsi e abbassarsi intorno a loro, cullandoli in una danza tutta sua, ora avvicinandoli, ora allontanandoli, rendendo quel loro bacio una dolce tortura.

Quando un’onda appena più forte li colpisce, ecco che Merlin sente le labbra di Arthur quasi scappare dalle sue, allora gli si aggrappa forte alla nuca nel tentativo di non farlo allontanare, di tenerlo lì con lui, di essere saldo e forte per tutti e due, mentre cerca di prolungare quel momento il più a lungo possibile.

Non vuole che il bacio si interrompa.

Vuole tenere Arthur lì con sé, al sicuro, vuole che Arthur smetta di pensare, vuole che Arthur smetta di soffrire, vuole che sappia di non essere solo, non con lui al suo fianco, che ricordi che in lui avrà sempre una casa, un porto tranquillo in cui riposare.

Ed Arthur fa proprio questo, si abbandona in quel suo abbraccio, Merlin lo sente rilassarsi e sospirare, come se il loro stare insieme fosse la risposta ad ogni sua domanda. E non può fare a meno di amarlo un po’ di più per questo, per la fiducia che sempre ripone in lui.

Alla fine, quando quel bisogno di sentirlo suo sembra essersi placato, lascia che la presa in cui l’aveva stretto si trasformi in una carezza. Gli sfiora piano i capelli e poi la guancia, fino a catturargli col pollice l’angolo della bocca, dandogli un ultimo piccolo bacio prima di separarsi definitivamente da lui.

- Mi dispiace per tuo padre – gli dice, gli occhi fissi nei suoi, mentre Arthur annuisce piano, lo sguardo più sereno, in pace.

Merlin gli mette una mano su un braccio e glielo stringe per un attimo in una gesto confortante, poi, insieme, si avviano verso riva, uno accanto all’altro, proprio come deve essere, così com’è sempre stato.

 

 

Sono seduti sulla spiaggia già da un po’, l’asciugamano di Arthur steso sotto di loro per evitare che si imbrattino entrambi di sabbia. Merlin ha una mano poggiata pigramente su quella di Arthur e gli accarezza piano il dorso con il pollice, in un gesto intimo, familiare.

- Che vuoi fare dopo? – Gli chiede Merlin, gettando appena la testa all’indietro e girandosi a guardarlo.

- Mi piacerebbe restare qui se non ti dispiace. Magari potresti fare un salto da Fred e noleggiare una tavola anche tu. Potremmo surfare ancora, più tardi, se ti va. –

- Perfetto. – Risponde Merlin, pregustando già la giornata che li aspetta.

Poi però, le parole di Gwaine sulla misteriosa sorpresa di Arthur iniziano ad addensarglisi pericolosamente in testa, come un temporale che minaccia di sorprenderlo all’improvviso, e Merlin cerca di pensare ad un modo per introdurre l’argomento.

- Visto che siamo in vena di pianificazioni – gli chiede con aria innocente, come se quel pensiero l’avesse colto solo in quel momento - Allora che vogliamo organizzare per Natale? –

- Organizzare? – Gli chiede Arthur aggrottando la fronte.

- Sì, beh – continua Merlin, un po’ meno sicuro nel leggere la sua espressione - Per esempio... Che vogliamo fare per pranzo? Vogliamo andare a mangiare fuori da qualche parte, o organizzare qualcosa solo noi due? –

- Qualunque cosa tu voglia a me sta bene. Nulla di troppo complicato o che coinvolga altra gente però. Quest’anno ti voglio solo per me. –

Merlin gli sorride quasi di riflesso, però intanto la sua mente sta correndo a tutta birra. Arthur sembra davvero rilassato e totalmente indifferente alla cosa, forse quella di Gwaine era una balla bella e buona, forse quel disgraziato, mettendogli la pulce nell’orecchio, voleva solo rendergli pan per focaccia per tutta la storia di Morgana.

- Stavo pensando che mi sarebbe piaciuto fare un pic-nic in spiaggia, sandwich di tacchino, insalata e macedonia da portarci dietro e poi passare la giornata qui a surfare. Tu che dici? –

- Sarebbe perfetto. – Acconsente Arthur, il viso calmo e privo d’espressione, e Merlin a questo punto non sa proprio che pensare.

- Sai, prima ha chiamato Gwaine - Gli dice allora, per vedere se nominare l’amico avrebbe causato in lui qualche reazione.

- Che ha combinato stavolta? – Gli chiede Arthur, il tono divertito e rassegnato insieme.

- Lui niente. Però sembra che sia caduto vittima di un’approfittatrice priva di scrupoli... –

- E chi? – Interviene subito Arthur, preoccupato.

- Tua sorella. – Risponde Merlin ridendo.

- Morgana? –

- La sola e unica. –

- Cosa può mai volere Morgana da Gwaine? –

- Se siamo fortunati solo che la scarrozzi in giro per Londra al posto mio. –

- Gwaine si è offerto di accompagnarla? – Arthur non potrebbe suonare più sorpreso neanche se ci provasse.

- Ora, dire “offerto” è forse voler travisare i fatti. Diciamo che Morgana ha giocato bene le sue carte e l’ha fatto capitolare... –

- E quindi ora lui ti sta sostituendo? Vuoi dire in quella fiera dello shopping in cui vi gettate voi due ogni anno? Ed è ancora vivo per raccontarlo? Sto provando un rispetto tutto nuovo per Gwaine, sai? Puoi dirglielo quando lo risenti. –

Merlin ride piano a quella battuta, il cuore leggero nel sentire di nuovo Arthur scherzare.

Rimangono in silenzio per un po’, poi Arthur aggiunge: - Sai Merlin, non so se mi piace l’idea di mia sorella da sola in giro per Londra con Gwaine... –

Merlin scoppia a ridere.

- Davvero? Io non so se mi piace l’idea di Gwaine tutto da solo in giro per Londra con Morgana! È per lui che dovremmo preoccuparci, non credi? –

Arthur finge di rifletterci su un secondo.

- Forse hai ragione – ammette, poi si gira verso di lui e gli chiede dolcemente: - Ti dispiace di non esserci tu al suo posto? –

- E rinunciare a tutto questo – dice Merlin indicando con la mano il panorama di fronte a loro - Per scorrazzare come un forsennato per le vie trafficate della città con Morgana alle calcagna? Sei matto? –

- Certo, come no... – Gli risponde Arthur, tirandoselo vicino, un braccio stretto intorno alle spalle – Così come non ti dispiace esserti perso la tua maratona di film di Natale con Will o i biscotti di tua madre, o addobbare l’albero nel nostro appartamento o passare la notte della vigilia davanti al caminetto ad osservare la neve cadere... Come se non ti conoscessi Merlin... Non c’è nessuno che ama l’atmosfera natalizia più di te. Se dipendesse da te, vivremmo tutti perennemente in un romanzo di Dickens! Tu vai pazzo per le luci e i canti e la magia e so che avresti preferito passare il Natale a New York o in Europa... Non pensare di riuscire a darmela a bere. –

- Se rinunciare al mio “Natale tipo” significa stare su questa spiaggia qui con te no che non mi dispiace. – Gli dice Merlin, la voce ferma e sicura, senza un briciolo di dubbio a farla vacillare.

- Grazie – gli dice Arthur, più serio – Lo so che stai facendo tutto questo per me, non credere che non l’abbia notato. –

- Io non sto facendo proprio un bel niente per te! La vuoi smettere? In questi giorni non fai altro che ringraziarmi, stai diventando così sdolcinato che sto seriamente pensando che tutto questo sole ti abbia dato alla testa. –

- Sono seduto su una spiaggia da sogno accanto al ragazzo che mi ha rubato il cuore. Posso essere sdolcinato quanto mi pare. Posso esserlo anche di più se voglio. –

- Penso che tu abbia già raggiunto il tuo limite... –

- Ah sì? Senti questo allora. Ti faccio una promessa: magari non potrò farti avere le maratone con Will o il giro per negozi con Morgana, sicuramente non potrò farti avere la neve, però, caro il mio Merlin, farò in modo che tu abbia la magia. Che ne dici? È abbastanza sdolcinato per te come pensiero? –

Merlin per un attimo non gli risponde niente, neanche gli rammenta che si erano promessi di non farsi regali o organizzare chissà cosa per Natale. Sa che sarebbe fiato sprecato. Inoltre, nella foga del momento, Arthur probabilmente neanche si è accorto di aver lasciato trapelare più di quanto forse avrebbe voluto.

Gwaine naturalmente aveva ragione.

Per quel loro primo Natale insieme Arthur stava preparando una sorpresa con i fiocchi e Merlin avrebbe dovuto darsi da fare se non voleva ritrovarsi ad essere l’unico senza un regalo degno di tale nome. Però a quello avrebbe pensato l’indomani, perché tutto quello che voleva in quel momento era che Arthur sapesse quanto lo avevano reso felice le sue parole e quanto pazzamente fosse innamorato di lui.

- Se ci sei tu accanto a me, io ho tutta la magia di cui ho bisogno. – Gli dice, ed accidenti a lui, è vero.

A quella risposta, così sentita ed appassionata, Arthur gli riserva un sorriso luminoso, uno di quei sorrisi che Merlin passerebbe tutto il giorno a guardare, per poi chiedergli divertito: - Ouch, Merlin! Chi è lo sdolcinato adesso? – Dandogli una piccola gomitata sul fianco.

Per tutta risposta Merlin alza gli occhi al cielo, perché mai una volta che quell’asino rinunci ad avere l’ultima parola, e gli risponde esasperato: - Oh per la barba di Babbo Natale Arthur, sta’ zitto e baciami. –

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Capitolo 3
*** Cinque Giorni a Natale ***



Scopri com'è iniziata la storia di Merlin e Arthur in "Regalo di Compleanno".


Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Regalo di Natale (Carols by Candlelight)

 

 


Terzo capitolo! Grazie di cuore a coloro che mi hanno lasciato un pensiero e un'opinione su quanto scritto finora e anche a chi sta solo seguendo le avventure australiane di Merlin e Arthur. Con questa fanfiction sto facendo qualcosa che, conoscendomi, non avrei mai pensato di riuscire a fare: pubblicare una storia in corso d'opera, e cioè senza aver finito di scriverla, ed il vostro affettuoso sostegno mi sta dando la carica per proseguire!

Il Natale dei nostri ragazzi si avvicina! Buona lettura!

Enjoy!

Sofy

 

Cinque Giorni a Natale

Merlin si lascia cadere a peso morto sul letto e si porta esasperato le mani ai capelli. Chiude per un attimo gli occhi, scoraggiato, poi li riapre e rimane fermo lì a fissare il soffitto, la mente che continua a sbuffare pensieri come una piccola, lanciatissima locomotiva.

Cosa diavolo si era inventato quel benedetto ragazzo quella volta?

Erano ormai passati diversi giorni (cinque per la precisione... Ma chi li contava?) da quel mattino sulla spiaggia. Il mattino dell’incontro virtuale con Uther, della telefonata con Gwaine e della conversazione avuta con Arthur dopo la loro nuotata, quella in cui Merlin aveva potuto accertare con sicurezza che Arthur stesse davvero architettando un piano segreto per Natale, un piano che lui doveva scoprire a tutti i costi se non voleva rischiare di sfigurare come suo solito.

A dir la verità, per ben quasi mezza giornata, Merlin aveva cercato di convincersi di non avere davvero bisogno di scoprire cosa stesse organizzando Arthur per preparare una bella sorpresa a sua volta, insomma, Gwaine l’aveva messo in guardia e lui si sarebbe fatto trovare pronto, non c’era davvero bisogno di mettere in campo le sue doti da detective per scoprire quale bislacca idea stesse partorendo la bella testolina bionda del suo fidanzato.

Però...

Sì... C’era sempre quel “però” che non riusciva a farlo rilassare.

E se Arthur, data l’occasione, avesse dato fondo a tutta la sua inventiva?

E se Merlin, restando all’oscuro di tutto, non fosse stato in grado di eguagliarlo?

E se Arthur, pur fingendo il contrario, ci fosse rimasto male?

Per una volta voleva essere lui a fare le cose per bene. Voleva essere lui a sorprenderlo, a renderlo felice, a lasciarlo senza parole. E se per farlo avrebbe dovuto tradire la sua fiducia, rovistare fra la sua roba e spiare i suoi movimenti neanche fosse uno stalker di professione beh... L’avrebbe fatto. Del resto che il fine giustificava i mezzi ormai lo sapevano anche ai bambini.

Solo che c’era un piccolo problema: la sua, ehm... Ricerca... Non stava andando affatto bene.

Merlin non aveva idea se Arthur avesse subodorato qualcosa, se Gwaine alla fine se la fosse cantata o se, semplicemente, lui non fosse un detective poi così bravo come invece aveva sempre creduto... Sta di fatto che in cinque giorni non era riuscito a scoprire un bel niente. Non aveva trovato scontrini rivelatori in giro, non aveva scoperto pacchi sospetti nell’armadio, Arthur non aveva praticamente mai usato il telefono se non per chiacchierare con Lance, Gwaine, (incredibile a dirsi) Will, o Morgana e la cronologia del portatile non riportava sospette transazioni online...

Le cose erano due: o aveva cancellato ogni traccia dei suoi movimenti manco fosse una spia russa oppure Arthur non aveva ancora iniziato nessun preparativo. Se quello era il caso, la cosa rendeva Merlin estremamente nervoso: un Arthur che pianificava poco era forse peggio di un Arthur che si metteva in moto con settimane d’anticipo, perché di solito una pianificazione breve stava a significare che Arthur avesse trovato un’idea allo stesso tempo semplice e geniale, qualcosa contro la quale lui non avrebbe avuto nessuna chance.

 

Sentendosi stranamente agitato e sempre più a terra, Merlin si gira sullo stomaco e mette entrambe le mani sotto il mento, uno sospiro scontento che gli scappa dalle labbra.

Poi, come guidato da una forza superiore, lo sguardo gli cade sul comodino di Arthur e più precisamente sul cassetto che contiene tutta la sua biancheria.

L’unico possibile nascondiglio di tutto il bungalow in cui fino ad allora si è testardamente imposto di non frugare.

Primo perché Arthur non avrebbe mai potuto essere così sconsiderato per due volte di fila e poi perché il commento derisorio di Gwaine sul fatto di iniziare la ricerca proprio da lì ancora gli brucia e Merlin ha perciò deciso di non dare soddisfazione a quello sciocco.

Però...

Ancora un “però”, accidenti.

Merlin stava decisamente iniziando ad odiarla quella parola.

 

Si tira su con un sospiro svogliato, stizzito dal dover assecondare quel dubbio improvviso.

Si siede sul bordo del letto, tendendo bene l’orecchio al possibile click della porta d’ingresso nel caso Arthur rientri all’improvviso.

Poi allunga una mano verso il cassetto, l’apre con gesto deciso, vi infila la mano e inizia a scostare delicatamente i costumi e la biancheria di Arthur, stando bene attento a non lasciare l’impressione che delle dita curiose si siano effettivamente avventurate lì dentro.

Poi, dal nulla, la sua mano tocca qualcosa, un involucro di carta, e Merlin sente partigli dallo stomaco una forte sensazione di déjà-vu. Chiude gli occhi un secondo, maledicendo contemporaneamente la prevedibilità di Arthur, lo stupido senso dell’umorismo di Gwaine e la propria, cieca testardaggine.

Non poteva essere. Non poteva proprio essere. Non di nuovo.

Ed invece eccola lì, una busta nascosta nel cassetto di Arthur, una busta contenente quelli che sembravano un paio di biglietti. Per cosa, Merlin non avrebbe davvero saputo immaginarlo.

Forse la prossima tappa del loro viaggio? Poteva essere così semplice?

Conoscendo Arthur probabilmente no.

Con curiosa trepidazione Merlin apre piano la busta e ne estrae il misterioso contenuto, e non fa in tempo a buttare un occhio sulle parole impresse sui biglietti che un’ondata di affetto, di sorpresa e di profondo scoramento non va ad acciambellarsi comodamente intorno al suo cuore.

Sì perché Arthur (accidenti, accidenti a lui) aveva come al solito trovato il regalo perfetto.

E lui era irrimediabilmente fregato.

 

 

Una settimana prima

 

- Arthur! Ti muovi? Facciamo tardi! –

Merlin si mette in tasca il portafoglio, prende le chiavi del bungalow dal tavolino accanto alla porta e rimane lì, fermo al centro della stanza, ad aspettare che quel vanesio del suo ragazzo finisca di rimirare la sua immagine nello specchio del bagno.

In tutti quegli anni di convivenza Merlin è diventato un maestro della pianificazione e riesce a prepararsi con accurata efficienza nel giro di cinque minuti. La sua, più che una vera inclinazione alla rapidità, va considerata più che altro una questione di sopravvivenza, un’abilità necessaria che ha dovuto affinare nel tempo per non rischiare alcune mattine di dover uscire di casa ancora con i capelli sconvolti e senza essere riuscito a fare una doccia.

Sì perché la verità è che quando Arthur entra in bagno per prepararsi non si sa mai davvero quando ne uscirà.

Se poi si pensa che il loro vecchio appartamento di bagni ne ha due allora la capacità di Arthur di occuparli entrambi inizia a sconfinare nel soprannaturale.

- Guarda che ti lascio qui! Non scherzo! – Lo minaccia Merlin, anche se sa di suonare infinitamente poco credibile persino alle sue stesse orecchie.

- La perfezione richiede tempo Merlin. Quando lo capirai sarà sempre troppo tardi. – Gli risponde Arthur uscendo dal bagno, un tono pigro ed accondiscendente nella voce.

Merlin si gira verso di lui per rispondergli per le rime ma le parole gli muoiono in gola.

Arthur è lì, a pochi passi da lui, che sembra appena uscito dalle pagine di una rivista: i jeans chiari che gli ha regalato Morgana lo scorso anno per Natale che si incollano come un guanto alla sua figura e che davvero, davvero, dovrebbero essere dichiarati illegali in almeno un paio di stati, una polo blu scuro che fa sembrare le sue spalle ancora più salde e imponenti e quei suoi dannati capelli così biondi e lucidi, ora perfettamente acconciati, che fanno improvvisamente venire a Merlin la voglia di passarci le mani solo per scompigliarglieli, solo per il gusto di metterli in disordine.

Questo è un altro motivo per il quale Merlin cerca sempre di prepararsi in tempo: perché quando Arthur esce dal bagno con quell’aria tutta linda e profumata, può capitare che a volte Merlin non abbia più voglia di uscire affatto, e cerchi di convincere Arthur a fare altrettanto, e una cosa tira l’altra finiscono entrambi per essere di nuovo in disordine. E in ritardo.

- Cos’è – gli chiede un Arthur particolarmente divertito e soddisfatto – il gatto ti ha mangiato la lingua Merlin? Ora non strepiti più? –

- Ora non ce n’è bisogno. Sei qui. – Gli dice, la voce piatta e priva d’espressione, mentre cerca internamente di redarguirsi e di intimarsi di non coprire la distanza che lo separa da Arthur e zittire con un bacio quella sua bella bocca impertinente.

Perché sarebbe come dargliela vinta ed Arthur al momento non ha davvero bisogno di un’altra iniezione di fiducia in se stesso. È già troppo contento di sé così com’è.

Fa per girarsi allora verso la porta con un: - Andiamo forza, che voglio fermarmi a comprare una bottiglia di vino lungo la strada – quando la mano di Arthur si chiude intorno al suo polso, calda e sicura e così familiare.

- Non vuoi neanche darmi un bacio prima di uscire? – Gli chiede lui, quasi mettendo il muso – Non credo che avrai più occasione di farlo per le prossime ore. Per quanto Mick e Alice siano gentili e di ampie vedute, e siano stati carini ad invitarci a cena, sono sempre due vecchietti a modo e non credo che apprezzerebbero se ci mettessimo a sbaciucchiarci nel loro salotto. –

- Posso stare qualche ora senza baciarti Arthur – risponde Merlin, fingendosi totalmente disinteressato alla cosa, giusto per il gusto di vederlo arruffare le penne.

Arthur però non si indigna, non protesta, non gli tira neanche una gomitata nelle costole per scherzo come invece lui si sarebbe aspettato. Stringe solo un po’ più forte la mano intorno al suo polso, copre rapido l’ultimo passo che lo separa da lui e gli risponde ad un soffio dalle sue labbra: - Beh, io no. – Ed il cuore di Merlin perde un battito nel sentirlo.

Perché Arthur naturalmente ha ragione e nel momento stesso in cui la sua bocca si posa sulla sua Merlin si chiede come abbia potuto pensare di sopravvivere all’intera serata senza sentirlo così vicino, senza trattenere sulle labbra il ricordo del suo sapore o la sensazione di quelle mani forti, grandi, che gli si stringono alla vita.

Baciare Arthur per lui è sempre un’esperienza nuova, sempre così viva, così stordente, così totalmente appagante che lui sente di averne bisogno più del cibo, più dell’aria, e sarebbe davvero un terribile cliché se non fosse anche così vero.

E quindi Merlin si arrende, perché, sinceramente, che altro potrebbe fare? Stringendo ancora il mazzo di chiavi in mano si abbandona al bacio e ad Arthur, e porta le braccia alle sue spalle per stringersi a lui, senza più pensare al tempo e al ritardo o a nient’altro per quanto lo riguarda.

Quando una sua mano va a giocare con le corte ciocche bionde che coprono la nuca di Arthur questi si discosta un po’ da lui e con tono allarmato gli dice: - Merlin attento! I capelli! –

Merlin si allontana di poco anche lui, confuso, poi però gli basta uno sguardo al sorriso ghignante di Arthur per rispondergli: - Ma piantala! – E mettergli poi una mano davanti alla faccia, spingendolo via.

Infine si gira verso la porta e riesce finalmente ad uscire di casa, la risata di Arthur alle sue spalle morbida come una carezza che gli arriva dritta dritta al cuore.

 

Merlin e Arthur si trovano seduti e a loro agio, con un bicchiere di limonata in mano, sul divano di Mick e Alice, i due vecchietti che hanno affittato loro il bungalow e che dal loro arrivo si sono comportati con loro come una coppia di premurose mamme chiocce (anche se Alice è un’elegante e sofisticata signora e Mick è un australiano alto quasi un metro e novanta, con un abbronzatura da surfista, ancora piacente per la sua età e con l’atteggiamento di uno di quegli eroi da film western), ricoprendoli di carinerie e inviti a cena e scorte su scorte di cibo.

I due non hanno battuto ciglio quando Arthur appena arrivati ha detto loro senza mezzi termini che lui e Merlin stavano insieme, anzi, Alice si era detta commossa dalla loro storia e Mick aveva dimostrato un certo rispetto verso Arthur quando questi gli aveva raccontato di aver praticamente rinunciato ad un’eredità milionaria per poter partire per quell’avventura.

Perché era così che si sarebbe comportato un vero uomo, aveva asserito Mick, soddisfatto.

La cena, manco a dirlo, era stata squisita ed ora stavano chiacchierando del più e del meno quando il discorso era caduto sulle particolarità del Natale australiano e quanto potesse essere destabilizzante per chi, come loro, veniva dall’Inghilterra.

- La cosa più strana è sicuramente il caldo – Dice Merlin - Insomma, per chi è abituato in questo periodo a indossare pesanti sciarpe di lana e a passare le serate accoccolato davanti al caminetto a guardare le luci dell’albero è alquanto strano ritrovarsi in costume da bagno, seduto in veranda a pianificare la prossima volta in cui si andrà a fare surf. Bello a suo modo, certamente, ma... Strano. – Conclude, stringendosi nelle spalle.

Arthur allunga una mano verso di lui e gli scompiglia per gioco i capelli, come se Merlin fosse un ragazzino adorabile che avesse appena recitato la sua prima poesia di Natale. Lui gli lascia un’occhiataccia ma Arthur, in alcun modo impressionato, se possibile gli sorride ancora di più.

- Non badate a Merlin – annuncia ai suoi ospiti – per lui Natale significa Inghilterra. Significa casa. Dategli ancora qualche giorno, lasciate che passino le feste e tornerà entusiasta dell’Australia come lo era al nostro arrivo. –

- Io sono entusiasta dell’Australia e non ho niente contro il passare il Natale qui! Non mettermi in bocca cose che non ho detto! È solo che sto avendo qualche problema ad immergermi nell’atmosfera natalizia, tutto qui... –

- Eppure anche qui da noi ci sono delle tradizioni molto belle e coinvolgenti, sai caro? – si inserisce Alice, mentre da brava padrona di casa corre a riempire di nuovo i bicchieri dei due ragazzi. Merlin la guarda grato: la sua limonata è davvero di un altro pianeta.

- Ci puoi scommettere che è così! – Aggiunge Mick, portandosi la birra alla bocca e mimando un piccolo brindisi in omaggio a sua moglie.

Una cosa che Merlin ha adorato subito di quei due è che, nonostante abbiano entrambi chiaramente passato la settantina, sono ancora palesemente innamorati. Alice guarda Mick come se fosse ancora il capitano della squadra di football e Mick scherza e flirta con lei in continuazione, con la sua voce da baritono e gli occhi ammiccanti. Merlin ne è totalmente conquistato.

- E quali? – Chiede Arthur, improvvisamente attento, mentre si tira su a sedere e rivolge ad Alice un sorriso incoraggiante, una silenziosa richiesta a continuare che Alice, naturalmente, accontenta, perché nessuno è esperto nell’arte del conquistare il cuore di una vecchia signora come Arthur, e Merlin, anche se non l’ammetterebbe mai con lui, trova la cosa estremamente adorabile.

- Beh... Ci sarebbe questo evento... “Carols by Candlelight” lo chiamiamo, in cui ci si ritrova insieme nella settimana precedente al Natale, a intonare canti natalizi nei parchi cittadini tenendo in mano delle candele. È una tradizione vecchia almeno settant’anni, nata proprio qui a Melbourne, che nel tempo è diventata una vera istituzione. Ormai si organizzano veri e propri concerti a scopo benefico trasmessi sulla tv nazionale ed è bellissimo quando scende la sera e il parco si riempie di luci e tutti i presenti iniziano a cantare con le celebrità accorse per l’occasione i canti natalizi della propria infanzia. È tutto estremamente magico e romantico... Io e Mick – aggiunge arrossendo – ci siamo dichiarati proprio durante uno di questi eventi, la vigilia di Natale di tanti, tanti anni fa. –

- Il miglior Natale della mia vita – aggiunge Mick, la voce calma e sicura, un’espressione adorante in volto mentre guarda la moglie.

A quel punto Merlin sente la mano di Arthur chiudersi rassicurante intorno alla sua e Merlin, per un secondo, si chiede come potrebbe essere, di lì a quarant’anni, stare seduto in un salotto accanto ad Arthur, a raccontare a qualcuno molto più giovane di lui di come, tanti anni prima, i loro cuori erano diventati uno.

Quella che gli si imprime nella mente è un’immagine così dolce e bella da fargli nascere uno strano groppo in gola, soprattutto perché qualcosa in fondo al suo cuore, una voce che non riesce mai a tacere quando la questione riguarda lui e Arthur, gli dice che potrebbe essere un’immagine concreta, possibile.

Il cuore di Merlin sorride contento a qual pensiero.

 

- Sei silenzioso. Cos’hai? – Gli chiede Arthur, mentre stanno passeggiando lungo la spiaggia per tornare al loro bungalow dopo la cena.

Merlin non gli risponde, si gira solo verso di lui, un sorriso accennato in viso, la mano che cerca la sua.

- E anche stranamente reticente – lo stuzzica Arthur, scrollando piano la mano che lui gli ha appena stretto, cercando di spingerlo a parlare.

- Nulla. Non ho nulla. Pensavo. –

- A cosa? – Gli chiede allora lui, tirandoselo vicino e sussurrandogli la domanda all’orecchio, facendogli il solletico.

Merlin lo spinge via ridendo.

- Se continui così non lo saprai mai! –

Arthur torna serio in un baleno, impostando la voce neanche stesse per leggere le notizie al telegiornale.

- No. Veramente. A che pensavi? –

Merlin fa per aprire la bocca ma la richiude immediatamente, sentendo il coraggio necessario per rispondere alla domanda di Arthur fuggirgli via in un soffio.

Lui e Arthur non hanno mai parlato di futuro. Quasi che il loro avvenire fosse scontato, qualcosa che non valesse neanche la pena menzionare. Ora però, con l’immagine di Mick e Alice ancora davanti agli occhi, Merlin improvvisamente ha voglia di parlarne, vuole sentire Arthur parlare di futuri compleanni e Natali e viaggi e di tanti, tanti anni felici da passare insieme, però non sa come tirare fuori il discorso, perché teme di sembrare sciocco, o smielato, o un po’ tutti e due.

- Merlin ti prego parla! Dimmi qualcosa! – Gli chiede Arthur tra il divertito e l’esasperato – Non può essere nulla di così terribile no? – E si ferma davanti a lui impedendogli di procedere oltre, tutte e due le mani strette nelle sue, la luce della luna a mettere in ombra il suo viso.

Merlin allora alzando gli occhi al cielo in segno di resa e gli dice – Va bene, va bene, parlo! Non ti agitare! Non è nulla di ché... Una cosa stupida in realtà... È solo che riflettevo... Pensavo... Che in fondo tra tanti, tanti anni, anche noi due potremmo essere come loro, sai, ancora innamorati e felici, ancora insieme... e mi stavo chiedendo cosa ne pensassi tu... –

Arthur lo guarda per un secondo senza dir niente, poi fa una strana smorfia con la faccia mentre gli lascia andare una mano e si rimette a camminare accanto a lui, spronandolo a seguirlo.

- Chissà che mi credevo... Sei davvero ridicolo certe volte, sai Merlin? Non deve essere affatto facile vivere dentro la tua testa... –

- Ehi, senti un po’... – comincia a dire Merlin, oltraggiato, ma Arthur non gli dà possibilità di continuare perché gli mette un braccio intorno alle spalle e continuando a camminare lo stringe a sé per poi dirgli: - Come se in questa o in qualunque altra vita tu potessi mai liberarti di me! – E gli dà un bacio su una tempia mentre il cuore di Merlin comincia a fare capriole sotto la luna, ebbro di felicità.

 

 

“Farò in modo che tu abbia la magia”.

Ecco a cosa si riferiva quello stupido quella sera, pensa Merlin stringendo tra le mani i due biglietti per il “Carols by Candlelight” del Natale di quell’anno, che Arthur aveva acquistato probabilmente la mattina successiva la cena con Mick e Alice e che erano rimasti tutto quel tempo sapientemente nascosti tra i suoi boxer.

O forse, come al solito, lo stupido era lui per non esser riuscito a guardare più in là del suo naso.

Portandosi i biglietti al petto Merlin si lascia cadere di nuovo sul letto, sbuffando nuovamente ma per un motivo totalmente diverso stavolta.

Cosa mai poteva competere con una notte magica passata sotto le stelle e la promessa di un futuro insieme?

Molto poco.

Nulla a dir la verità.

Le sue possibilità di uguagliare il regalo di Arthur scendevano precipitosamente vicino allo zero. Avrebbe dovuto davvero farsi venire al più presto un’idea o sarebbero stati guai.

 

 

Con il passare delle giornata l’umore di Merlin non resta tetro a lungo. Ha passato parte della mattinata per le vie di Melbourne cercando di trovare il regalo perfetto per Arthur ed anche se non ha ancora acquistato niente, gli sono venute almeno una o due idee decenti, nulla in grado di far sentire Arthur come se fosse atterrato direttamente sulla luna ma abbastanza da rendere chiaro che lui almeno aveva tentato.

La verità è che si sente troppo bene per continuare ad arrovellarsi su quella questione.

La scoperta del regalo di Arthur gli ha come lasciato uno strascico d’estate nel cuore, una sensazione calda e persistente, che si insinua nei momenti meno opportuni anche nei suoi pensieri, facendolo sorridere come uno sciocco senza un vero motivo.

- Cosa c’è di tanto divertente? – Gli chiede infatti Arthur, steso accanto a lui sulla sabbia mentre sono ambedue intenti a prendere il sole, probabilmente incuriosito dalla sua espressione imbambolata mentre avrebbe invece dovuto essere impegnato in una chattata via cellulare con Morgana.

Merlin, riscuotendosi improvvisamente dai suoi sogni ad occhi aperti, stacca gli occhi dal cellulare, gira finalmente il viso verso di lui, si stringe nelle spalle e gli risponde un intelligentissimo: - Niente. –

Arthur lo guarda come se di intelligente quella risposta non avesse proprio nulla.

- Mi sembrava avessimo appurato che come risposta “Niente” non è accettabile in nessun caso, Merlin... O devo rammentarti cos’è successo l’ultima volta che hai tentato di fare il vago con me? –

Merlin ha la buona grazia di arrossire fino alla punta delle orecchie, perché no, probabilmente non avrebbe potuto dimenticare quella notte neanche volendolo, ma non era quello il punto, il punto era che, anche se si sentiva terribilmente arrendevole nei confronti di Arthur ed era tutto il giorno che si sentiva tutto strano quando lui chiamava il suo nome, lasciare Arthur a crogiolarsi nella propria tracotanza non era mai una buona idea. Quindi gli risponde dispettoso: - Vorresti dire che se mi chiedessero per esempio cosa cambieresti nel tuo ragazzo non sarei tecnicamente autorizzato a rispondere “Niente”? Insomma, sarei dispensato dal cercare di salvarti la faccia e lasciato libero di dire la mia. A scegliere tra i tuoi tanti, ma davvero tanti, difetti... Come in una specie di legge non scritta? È questo che vuoi dire Arthur? –

E gli fa un sorriso furbo, uno di quelli che di solito Arthur cerca in un modo o nell’altro di cancellargli dalla faccia, il più delle volte con qualche frase impertinente o con un bacio.

Arthur alza un sopracciglio indignato, così tanto che Merlin ha paura di vederlo arrivare a sfiorare l’attaccatura dei capelli, poi la sua espressione si trasforma in un ghigno malefico e Merlin non fa in tempo a sospettare cosa sta per capitargli che si ritrova un Arthur molto offeso e molto determinato a fargliela pagare addosso, sdraiato sopra di lui, ad ingabbiarlo tra le sue forti braccia, impedendogli ogni via di fuga.

Sì, certo, come se Merlin volesse trovarsi da qualunque altra parte.

- Stavi dicendo, Merlin? – Chiede Arthur – Sono davvero curioso di sentire come continua il tuo discorso... Stavamo parlando dei miei tanti difetti... Perché non mi illustri la tua opinione in proposito? – E quasi per incitarlo a continuare gli dà un colpetto sul naso col suo.

- Opinione? – Gli dice Merlin, sentendosi improvvisamente a corto di fiato – Ti sbagli. Mai avuto opinioni in vita mia. –

- Ah ecco, volevo ben dire – continua Arthur, sfoggiando il suo solito sorriso arrogante, anche se... A guardarlo bene e così da vicino, quel divertimento che Arthur cerca di infondere nella sua voce e nelle sue azioni non sembra arrivare davvero ad illuminargli gli occhi, che rimangono come un po’ lontani, come se stesse agendo col pilota automatico ma non fosse veramente lì, a tu per tu con lui.

- Cosa c’è? – Gli chiede Merlin, la voce più dolce e seria, senza più nessuna voglia di scherzare.

Arthur fa per aprire la bocca e dalla sua espressione provocatoria già immagina cosa stia per rispondergli, quindi lo anticipa: - E non dire “niente”. Non dire niente solo per rendermi pan per focaccia e farmi arrabbiare. Sono serio. Voglio davvero saperlo. –

Arthur rimane immobile sopra di lui, a fissarlo da così vicino che Merlin si chiede cosa veda davvero, se anche lui si stia concentrando su un particolare del suo volto come lui sta facendo a sua volta, squadrando la piccola ruga perplessa che si forma nello spazio tra le sopracciglia di Arthur come se dovesse imprimersela nella memoria. Merlin non è un fan di quella ruga. Perché quando compare significa che il cuore di Arthur è pesante, in tempesta, anche se lui vuol far credere altrimenti.

Poi Arthur sorride e chiude piano gli occhi, dandogli un altro colpo col naso, stavolta meno giocoso e più tenero, quasi una carezza.

- Sei incredibile – Gli dice, e Merlin, nonostante la preoccupazione, sorride contento a quel commento - Nessuno a questo mondo mi conosce come te. Forse neanche io conosco me stesso quanto mi conosci tu. –

Merlin gli porta le braccia intorno al collo e lo stringe forte per un attimo, sentendo la sua pelle calda che gli scotta contro i palmi, solo per lasciarlo andare il secondo successivo e cercare di nuovo i suoi occhi mentre gli dice sorridendo: - Ho passato tutta la vita a guardarti Arthur. Come potrebbe essere altrimenti? –

Arthur si lascia scappare uno sbuffo divertito, poi lascia cadere la testa in avanti, una ciocca di capelli che va a sfiorare la pelle di Merlin, facendola rabbrividire.

- Penso che si sia arreso sai? – Gli dice poi, piano, quasi in un sussurro.

Merlin trattiene per un attimo il respiro, poi gli chiede: - Chi? Tuo padre? In che senso arreso? - Perché in realtà potrebbe essere una buona cosa se finalmente il padre di Arthur avesse abbandonato le sue posizioni e non capisce perché Arthur dovrebbe soffrire per questo.

- Non nel senso che ha accettato la mia decisione... Che mi abbia “perdonato”, se vogliamo usare questo termine. Penso che si sia arreso nel senso che ha gettato la spugna Merlin, che abbia rinunciato a me. –

- Cosa te lo fa pensare? – Gli chiede Merlin, salendo con una mano ad accarezzargli piano i capelli, per consolarlo o spingerlo a continuare, non lo sa bene neanche lui.

- Da quando... – Comincia a dire Arthur prima che gli si pezzi un po’ la voce – da quando c’è stata quella videochiamata, da quando ci ha voltato le spalle come se non contassimo nulla per lui, non mi è più arrivato neanche un suo messaggio. Sai quegli odiosi messaggi sull’ufficio che mi ero convinto di odiare? Non ne è arrivato più neanche uno. E pensa un po’? Non la sto prendendo bene come vorrei... –

Arthur prende un gran respiro, come se si apprestasse a fare una confessione troppo grande per lui, poi continua – Forse, per tutto questo tempo, una parte di me ha continuato a credere che finché quei messaggi fossero continuati ad arrivare forse voleva significare che papà stava cercando di comunicare con me, in un modo ipercritico ed autoritario, come suo solito, ma che stesse cercando un dialogo, e che nel momento in cui io mi fossi deciso a rispondere a mia volta, forse avremmo una possibilità di... Sai... Appianare le cose... Però a quanto pare mi sono sbagliato. Penso di averlo deluso una volta per tutte Merlin. E so che non è giusto e che non dovrebbe importarmene... Però... M’importa. M’importa e non sai quanto questo mi faccia arrabbiare... –

Conclude stringendo un pugno sulla sabbia, un po’ di granelli dorati che vanno a sporcargli le guance.

Merlin stringe un po’ di più le dita tra i suoi capelli, cercando disperatamente qualcosa da dire per far si ché smetta di soffrire così.

- È normale che t’importi Arthur. È tuo padre. Sarebbe strano il contrario. –

- Bel padre davvero... –

- Non dire così! Uther ti vuole bene, lo sai. Anzi, forse le cose tra voi sono arrivate a questo punto perché te ne vuole troppo. Ti adora. –

- Bel modo di dimostrarlo. – Risponde Arthur, sarcastico, amareggiato.

- Dagli tempo. Vedrai che capirà. –

Arthur finalmente rialza il viso verso di lui, gli occhi appena più luminosi di come erano stati pochi minuti prima, come se l’essersi sfogato avesse spalmato un balsamo sulle sue ferite.

- Certo che gli darò tempo. Gli darò tutto il tempo che vuole. Del resto, che altro potrei fare? – Gli chiede con un mesto sorriso, prima di chinarsi a baciarlo di nuovo.

Già”, pensa Merlin, “che altro potresti fare?” E mentre risponde piano al suo bacio le parole di Gwaine tornano ad affacciarsi nei suoi pensieri.

Forse qualcuno dovrebbe far ragionare Uther”.

Sì, pensa Merlin, forse qualcuno avrebbe davvero dovuto tentare. Non importava quanto la cosa lo terrorizzasse e avesse il potere di paralizzargli il respiro in gola.

Arthur non poteva andare avanti così.

Qualcuno avrebbe davvero dovuto fare qualcosa.

E quel qualcuno, naturalmente, sarebbe stato lui.

 

 

Merlin prende in mano il cellulare mentre un vago senso di nausea va ad infilarglisi in un punto imprecisato tra il battito del cuore ed il suo respiro e una mezza idea di abbandonare tutta la faccenda si fa strada a sgomitate nel suo cervello, diretta proprio lì dove si addensano le sue peggiori paure.

E se con quel gesto avesse finito per fare più male che bene?

E se Arthur non avesse apprezzato la sua intromissione?

L’idea di riparlare con Uther a così tanti mesi di distanza lo paralizza, soprattutto perché la sua ultima conversazione col padre di Arthur risale ad ancor prima che Arthur decidesse di partire con lui.

Il giorno successivo alla grande sorpresa Merlin era stato davvero troppo felice per indugiare in pensieri sul padre del suo nuovo ragazzo e poi non c’era più stato tempo per chiarire, tempo per spiegare... Sei mesi prima era salito sull’aereo che li avrebbe portati in America senza troppi rimpianti, convinto che le cose si sarebbero sistemate da sole.

Uther invece aveva continuato a minacciare per un intero giorno di tagliare fuori Arthur dall’eredità, aveva minacciato di licenziarlo, aveva minacciato di tagliargli i viveri (beh, quella promessa l’aveva mantenuta: tutte le carte di credito collegate ai soldi della sua famiglia erano state annullate ancor prima che mettessero piede sul suolo americano), poi aveva smesso di minacciare e si era chiuso in un regale silenzio, la sua dignità offesa davanti al rifiuto del figlio di seguire la sua volontà.

E Merlin sospetta che in fondo al cuore Uther dia a lui tutta la colpa.

Ma questo non può fermarlo. Non importa quali epiteti il padre di Arthur gli lancerà addosso.

Arthur viene prima di tutto. Sicuramente prima del suo orgoglio.

Senza stare a pensarci ulteriormente, e prima di perdere totalmente il coraggio, Merlin fa partire la chiamata, pregando silenziosamente dentro di sé che Uther risponda, che non sia così cieco nella sua rabbia da voltare le spalle al suo tentativo.

Sorprendentemente, la voce di Uther arriva chiara al suo orecchio dopo neanche uno squillo, come se fosse stato praticamente attaccato al telefono. Beh, visto il lavoro che fa probabilmente la cosa non è neanche tanto strana.

- Pronto – dice Uther, il tono rigido e riservato, freddo, sulle sue.

- Mr. Pendragon, salve, sono io, Merlin – aggiunge alla fine, sentendosi un po’ sciocco nel precisare il suo nome, (anche perché Uther conosce benissimo il suo numero) ma sentendo di aver bisogno di guadagnare qualche secondo per racimolare le idee.

Forse chiamare così d’impulso non è stata una grande idea.

Era stato così concentrato sull’opportunità di fare quella telefonata che non si era preparato nessun discorso e, purtroppo per lui, l’improvvisare davanti a Uther non era mai stato il suo forte, in qualche modo era sempre finito con l’impappinarsi, come quella volta che lui e Arthur (avranno avuto più o meno nove anni) avevano rotto con una palla da baseball il fanale della limousine di famiglia e sotto quegli occhi gelidi che chiedevano spiegazioni Merlin non era riuscito ad inventarsi nulla di meglio di una storia assurda che coinvolgeva uno scoiattolo dispettoso, Morgana e gli alieni. In quest’ordine.

Uther Pendragon, del tutto ignaro dell’attacco di panico a cui Merlin stava rischiando di soccombere, rispose con quella sua voce arrogante, così simile a quella del figlio: - Certo che ce ne vuole di faccia tosta nel chiamarmi così, dopo sei mesi di silenzio. Dopo che te ne sei partito con mio figlio senza neanche una parola. Quando ho visto il nome sul display del cellulare non ci volevo credere. Anche se comunque c’è sempre stata una vena d’insolenza in te Merlin, forse, tutto considerato, non dovrei essere così sorpreso.

- Mr. Pendragon... – Cerca di replicare Merlin ma Uther è più lesto di lui.

- E chiamami Uther, idiota che non sei altro! – Lo interrompe il padre di Arthur - O forse vuoi farmi credere che tutti gli anni che hai trascorso in casa mia, a farmi venire i capelli bianchi insieme ad Arthur e Morgana, sono stati solo un parto della mia immaginazione? Non mi chiami più Mr. Pendragon da quando avevi dodici anni, ragazzo, quando mi hai detto che ormai tu eri abbastanza grande e noi ci conoscevamo abbastanza bene da far cadere i formalismi. Tze! I formalismi! Mi dici quale ragazzo dodicenne parla così? Sei sempre stato strano, su questo non c’è che dire. Forza, non farmi sentire come se fossi improvvisamente un estraneo. Non sono io quello in torto qui. –

Merlin rimane ammutolito davanti a quella tirata. È forse il discorso più lungo che Uther abbia mai fatto con lui da quando lo conosce. Inoltre il padre di Arthur non sembra esattamente ostile... Sorpreso certo, ancora arrabbiato, può darsi, ma non ostile, almeno non quanto Merlin si era aspettato.

Cerca di scrollarsi di dosso lo stupore il più velocemente possibile e tiene ferma la voce più che può nel dirgli: - Ok... Uther... Ho chiamato perché dobbiamo parlare di Arthur. –

- Che è successo? È nei guai? Gli è accaduto qualcosa? - E l’allarme che Merlin sente nella sua voce va a pungergli il cuore.

- No, no, niente del genere – si affretta a spiegare, maledicendosi per trovare le parole. Poi prende un bel respiro e riprende in un soffio - È solo che... Questa cosa tra voi... –

- Questa cosa tra noi non è affar tuo Merlin. È una questione tra Arthur e me. – Il tono di Uther cambia nel giro di poche parole, fino a diventare tagliente come una lama, freddo come l’acciaio.

- E qui si sbaglia! Mi riguarda eccome! Mi riguarda perché io sto insieme a suo figlio, mi riguarda perché io sono forse la causa di questo vostro litigio, perché lui è partito con me, è venuto fin quaggiù per far felice me, e sinceramente non so quanto a lungo potrò ancora sopportare di vederlo logorarsi perché suo padre, che avrebbe dovuto stargli accanto in un momento così importante della sua vita è troppo cieco e troppo orgoglioso per vedere quanto la sua testardaggine ed il suo rifiuto lo stiano ferendo, quanto lo stiano allontanando da lui. È questo che vuole davvero? La sua voglia di punire Arthur per aver scelto me è più forte dell’affetto che so con certezza prova per lui? –

Tutta la rabbia trattenuta in quei sei mesi, tutta la tristezza e la preoccupazione per Arthur, alla fine sembrano trovare rifugio in quelle sue parole. Merlin gliele urla praticamente contro, come non aveva mai osato fare in passato e come spera non dovrà fare mai più.

Quando finisce il suo discorso le mani gli tremano ed il cuore sembra rombargli nelle orecchie ma non importa. Non si pente di quello che ha detto. Lo ridirebbe di nuovo, ancora più forte, se fosse necessario.

Quasi non ricorda più di cosa abbia avuto tanta paura. Prendere le difese di Arthur è la cosa più naturale del mondo, perché Arthur merita ogni sua parola e di più.

- Punire? – La voce di Uther si inserisce prepotente tra i suoi pensieri – Cosa ti fa credere che io lo voglia punire? È stato lui a dirti così? –

- L’ha tagliato praticamente fuori dalla sua vita Uther, se questo non è punire non so cos’altro possa esserlo. –

- Io gli sto insegnando cosa significhi essere responsabile. Io gli sto insegnando cosa significhi assumersi le proprie responsabilità, oppure, nel suo caso, non farlo! Non siete degli adolescenti Merlin. Questa vostra “fuga” è una stupidaggine. –

- Una stupidaggine... – Mormora Merlin quasi tra sé – Una stupidaggine, certo... Eppure è una stupidaggine di cui entrambi avevamo bisogno. Perché la nostra vecchia vita si è intromessa tra noi così a lungo Uther che quasi abbiamo rischiato di non trovarci... Di non... Capire... Non sa quanto sono andato vicino a perdere suo figlio, a non capire mai cosa potevamo essere l’uno per l’altro. Arthur è felice qui, Uther, è felice con me. E questo dovrà pur contare qualcosa. –

- Ho sempre saputo che eri innamorato di lui ragazzo, non credere che sia stata una novità per me. E ho sempre saputo che prima o poi Arthur avrebbe finito col ricambiare. Non credere che mi abbia sorpreso nemmeno questo. –

- E allora perché... –

- Perché lui aveva preso un impegno e invece ha lasciato tutto per seguirti in quella tua folle avventura! Non è così che si sta al mondo Merlin. Non è così che sta al mondo un Pendragon, soprattutto non il ragazzo che io ho cresciuto. –

- Lei sa – Gli dice accorato Merlin – Lei sa che tra sei mesi, nel momento in cui scenderemo da quell’aereo, Arthur indosserà di nuovo il suo bel completo, si taglierà i capelli come lei vuole e tornerà a fare il suo dovere senza che lei debba neanche sollevare un sopracciglio. Lei sa che cercherà di recuperare ogni giorno perso, ogni cliente mancato e soprattutto sa che la renderà di nuovo orgoglioso e soprattutto sa che sarà felice di farlo, perché quella è la strada che Arthur vuole per sé, che ha scelto. Perché non può lasciare che si goda quest’ultimo periodo come una meritata vacanza premio, come qualcosa che lei gli ha concesso, invece di tormentarlo con i suoi stupidi messaggi ed il suo stupido rigore? –

- Io voglio solo il bene di mio figlio Merlin. –

- E allora lo faccia, faccia questo passo, perché Arthur pensa di non potere più, pensa che lei abbia ormai buttato la spugna con lui, di averla delusa una volta e per sempre. Lo chiami Uther. La prego. Faccia ad entrambi questo regalo. –

Merlin sente il cuore pesante mentre gli fa quella richiesta, quasi che esprimere ad alta voce quel suo desiderio potesse in qualche modo non farlo avverare.

Uther rimane un secondo in silenzio, poi si schiarisce la voce e con tono sbrigativo, quasi non volesse permettere al suo cuore di sentire, di pensare, risponde: - Non posso prometterti nulla Merlin. Non so se... Io non... Ci penserò, va bene? Posso prometterti che ci penserò. –

- Per ora è abbastanza. – Risponde Merlin, perché non può fare altro, deve farselo bastare.

- Allora ciao. –

- Uther? –

- Sì? –

- Se dovesse decidere di chiamarlo... Potrebbe non far parola di questa nostra telefonata? –

Uther sembra quasi sorridere mentre gli chiede: - E potrei sapere perché? –

- Perché se mai dovesse decidere di fare quel passo penso che per Arthur varrebbe di più se pensasse che sia stata una sua idea. –

Uther si lascia scappare un sospiro che sembra quasi rassegnato: - Lo ami proprio tanto, non è così? –

- Più di ogni altra cosa – e mentre saluta il padre di Arthur con l’animo diviso tra speranza e trepidazione, Merlin pensa che sarebbe davvero il regalo più bello di tutti se Uther decidesse davvero di seguire il suo consiglio, anche se Arthur non venisse mai a sapere il suo ruolo in tutta quella storia.

 

- Forza Babbo Natale - Sospira all’aria intorno a lui – dammi una mano, va bene? –

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Capitolo 4
*** ... e Infine il Natale Arrivò ***



Scopri com'è iniziata la storia di Merlin e Arthur in "Regalo di Compleanno".


Questa storia fa parte della serie "You Take My Heart by Surprise".



Regalo di Natale (Carols by Candlelight)

 



Il Natale per i nostri ragazzi è infine arrivato... con qualche giorno di ritardo! Mi è davvero dispiaciuto non riuscire a pubblicare seguendo il tempo della storia ma tra parenti, amici e impegni vari non sono davvero riuscita a terminare per il 25!

Siamo arrivati all'ultimo capitolo. Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno seguito questa storia, spero di cuore che vi sia piaciuta e che il Natale che ho scelto per i nostri Merlin e Arthur vi abbia tenuto compagnia e vi abbia scaldato un po' il cuore.

Vi abbraccio tutti indistintamente! A presto! Anzi, a prestissimo!

Sofy

 

... E Infine il Natale Arrivò.

 

Mattina di Natale.

Merlin apre lentamente gli occhi. Una. Due volte.

Qualcosa lo ha svegliato. Non un rumore o un movimento... Più una sensazione...

Come una voce interiore che lo esortava ad alzarsi, a non restare ad indugiare nei sogni come un babbeo quando invece, se solo avesse avuto il buonsenso di sbattere le ciglia, avrebbe trovato qualcosa di stupendo ad attenderlo nel mondo reale.

Confuso, ancora intontito, sbatte le palpebre un’ultima volta cercando di mettere a fuoco il mondo intorno a sé ed eccolo lì, il suo “qualcosa di stupendo”, che lo attende a pochi centimetri da lui, steso su un fianco, la testa poggiata su una mano, un’espressione pensosa in volto, quasi un broncio, baciabile e bellissimo.

- Ce ne hai messo di tempo per svegliarti... – Dice Arthur, che cerca di suonare irritato senza riuscirci molto bene.

- Aspettavi da molto? È stata dura? – Chiede con un sorriso Merlin, che sta morendo dalla voglia di baciarlo e dargli il buongiorno ma si trattiene, perché vuol vedere dove il suo asino voglia andare a parare con quella recita.

- Per esattamente ventidue minuti sono rimasto fermo in questa posizione aspettando che aprissi gli occhi e mi trovassi così... Tira tu le somme... – Gli risponde Arthur, petulante.

- Quanta precisione! Cosa sei? Un orologio svizzero? – Lo prende in giro lui, facendogli un po’ di solletico con un dito.

- Diciamo che la sveglia digitale sul comodino mi ha tenuto compagnia. – Lo rimprovera Arthur, come se la sua lunga attesa fosse effettivamente colpa di Merlin e non della sua testarda testa bacata.

- Ed io che pensavo che avessi passato tutto il tempo a guardare me... – Replica allora Merlin fingendosi lievemente offeso.

- Ti ho guardato! Giuro! Ti ho guardato! I primi minuti è stato davvero bellissimo... Lo sai che le tue palpebre tremano appena mentre sogni? Sembravano tipo ali di farfalla... – E Arthur mima uno strano movimento con le dita, come se la sua mano fosse davvero una farfalla in volo, un’espressione dolce e rapita nello sguardo.

Merlin, pur non volendolo, non ce la fa più a trattenersi e scoppia a ridere e Arthur gli tira un piccolo pugno su una spalla.

- Sta zitto. – Gli intima.

- Va bene, va bene, la smetto! Dicevi? –

- Dov’ero rimasto? –

- Alle ali di farfalla. –

- Ah, ok. Insomma, era tutto molto romantico all’inizio ma dopo una decina di minuti mi si è intorpidita la mano, poi ha iniziato a prudermi il naso, poi mi è venuta sete... Guarda Merlin, se non ti fossi svegliato nel giro di cinque minuti avevo giurato a me stesso che te l’avrei fatta pagare molto cara. –

- Potevi sempre alzarti. – Gli dice lui, scrollando le spalle.

- No. –

- No? Che vuol dire no? Non potevi? –

- Certo che no. – Gli dice Arthur, guardandolo come se fosse l’essere più assurdo sulla faccia della terra.

- E perché di grazia? – Chiede ancora Merlin, sempre più divertito ma attento a non darlo a vedere.

- Perché se mi fossi alzato, o anche solo mosso, tu ti saresti svegliato ed io non sarei stato lì davanti a te in quel momento, ed allora avrei fatto tanta fatica per niente perché non avrei potuto... –

- Potuto cosa? –

- Fare questo – e gli poggia sulle labbra un bacio leggero, quasi una carezza, poi alza gli occhi verso di lui e gli sorride, mentre il cuore di Merlin inizia a battere come un forsennato, pazzo di gioia per il semplice fatto di averlo lì, su quelle lenzuola bianche con lui.

- Buon Natale Merlin – gli dice allora Arthur e gli si rannicchia con quel suo grande corpo da orso addosso, un braccio a stringergli la vita, il viso sulla spalla, i capelli che gli solleticano il collo.

Merlin allora gli circonda le spalle e lo stringe di più a sé, poi gli poggia la guancia sul capo e contento gli risponde: - Buon Natale a te Arthur. –

 

 

Mattina di Natale. Più Tardi.

- Si può sapere dove mi stai portando? – Chiede un Arthur che si finge recalcitrante ed annoiato mentre cerca invece di nascondere un ampio sorriso.

- Non chiedermelo ancora! È una sorpresa! – Risponde Merlin, prendendolo per un braccio e forzandolo per gioco a seguirlo sul sentiero che porta alla loro solita spiaggia.

È stato relativamente facile convincere Arthur ad alzarsi di buon mattino e uscire presto di casa, una specie di miracolo natalizio, e Merlin si sente davvero molto grato per quel suo umore arrendevole.

Del resto quell'asino vanesio ultimamente era stato così affettuoso, felice e su di giri che Merlin era arrivato a chiedersi se Arthur non avesse una scorta di dolciumi assortiti nascosta in quel suo cassetto delle meraviglie e non andasse a farle visita di notte, quando Merlin dormiva, così da essere ormai in totale dipendenza da zuccheri, tanto era iperattivo ed esagitato.

Ma Merlin sa il vero motivo di tutta quell'eccitazione, così come dei sorrisi estatici che Arthur gli lancia di continuo da un paio di giorni a quella parte: Arthur stava avvertendo l’approssimarsi del giorno di Natale (e quindi della sua grande sorpresa) come un grosso gatto avverte l’avvicinarsi di un temporale, però al contrario. Invece che essere agitato e nervoso, Arthur riusciva a malapena a nascondere la sua contentezza, tanta era la voglia che arrivasse il suo momento, il momento in cui avrebbe lasciato Merlin a bocca aperta con quel suo regalo profondamente sentito e romantico.

Inoltre Merlin è ormai sicuro che Arthur si aspetti un qualche regalo da parte sua: Gwaine infatti doveva essersi lasciato scappare qualcosa e avergli raccontato del suo epico tentativo di trovare un regalo decente in così poco tempo, perché quando ad Arthur era arrivato un suo sms due giorni prima, lui era rimasto a fissare lo schermo a lungo, un sorriso a trentadue denti in volto, poi era andato da Merlin, guardandolo come se fosse l’ottava meraviglia del mondo o una cosa così, e infine lo aveva baciato fino a inebetirgli il cervello e gli aveva detto: - Ti amo Merlin, lo sai? –

Domanda che Merlin aveva bellamente ignorato per riprendere a baciarlo a sua volta.

Quindi in un certo senso la sorpresa era ormai rovinata e l’ansia di Merlin era in compenso cresciuta a dismisura, perché ora che Arthur si aspettava qualcosa, essere all’altezza delle sue aspettative era diventato un timore molto reale.

Però Merlin quella mattina ha deciso di non pensare a tutto quello, di smetterla di agitarsi e di godersi la giornata.

In fondo sta aspettando quel momento da ben quattro giorni, da quando ha trovato al negozio di Fred il regalo perfetto per Arthur, e quindi ora non ha nessuna intenzione di sciupare del tutto la sorpresa. Per questo rimane in silenzio, la bocca cucita, mentre Arthur continua a bersagliarlo di domande, agitato come un cucciolo estremamente determinato e curioso.

Quando finalmente arrivano a destinazione Merlin gli indica un angolo di spiaggia tranquillo, non brulicante di bagnanti, e con voce allegra e un po’ autoritaria gli dice: - Ecco, siamo arrivati. Ora fai il bravo, prendi l’asciugamano e vatti a sedere laggiù. Io arriverò il prima possibile. Dammi un quarto d’ora e sarò di ritorno. –

- Un quarto d’ora? E cosa dovrei fare io nel frattempo? –

- Non lo so. Conta le onde, fai un castello di sabbia... Fai quello che ti pare, solo resta fermo lì e aspettami! –

- Che bel piano Merlin! Non c’è che dire! Studiato nei minimi dettagli! Mi sento lusingato. – Esclama Arthur, divertito ma alzando teatralmente le braccia al cielo.

- Insomma, vuoi andarti a stendere al sole? Oppure vuoi che qualcun altro ci rubi il posto? Poi non metterti a brontolare di non riuscire a stendere l’asciugamano senza inciampare in un grosso surfista australiano incazzoso! –

- Merlin! – esclama Arthur portandosi una mano davanti la bocca e sgranando gli occhi - E hai il coraggio di baciare tua madre e me con quella bocca? –

- Stupido asino. Fa’ come ti pare! – e così dicendo Merlin gli volta le spalle, determinato a non lasciare che l’umorismo da quattro soldi di Arthur lo distolga dal suo buonumore.

- Merlin? –

- Che c’è adesso? –

- Ma dov’è che stai andando? Stai tornando a casa per caso? –

- No, perché? –

- Niente... Ho dimenticato gli occhiali da sole. Se stavi tornando a casa potevi riportarmeli. –

- Arthur... –

- Sì Merlin? –

- I tuoi occhiali da sole sono proprio lì, ben saldi sulla tua testa. –

Arthur si porta prontamente le mani al capo e quando le sue dita artigliano gli occhiali ha la buona grazia di arrossire.

- Mi hai trascinato fuori dall’appartamento così di corsa... Non me ne sono reso conto. – Si difende.

- Oh mamma mia – esclama Merlin – che vecchiaia mi aspetta! –

- Tu mi ami da morire e lo sai. – Risponde Arthur, facendogli l’occhiolino ed esibendo il suo miglior sorriso da sbruffone e Merlin, suo malgrado, al solo guardarlo sente il suo cuore liquefarsi manco fosse fatto di marshmallow ed Arthur fosse uno scoppiettante falò.

- Adesso che abbiamo appurato che io ti amo e che tu hai i tuoi occhiali, puoi, per favore, andare ad aspettarmi da bravo in quel punto? –

- Ok. Non metterci troppo però! –

- Sarò da te in un battibaleno. – E corre via veloce, il cuore che batte al ritmo dei suoi stessi passi, stranamente emozionato, mentre spera con tutto se stesso di aver azzeccato quel benedetto regalo.

 

 

Mattina di Natale. Ancora più Tardi.

Merlin torna trafelato in spiaggia solo per trovare Arthur buffamente accucciato a terra, tutto intento a rimirare il suo castello di sabbia. Sta anche parlando al cellulare, probabilmente con Gwaine, per aggiornarlo sui progressi natalizi di Merlin o solo per vantarsi della sua bravura nel costruire castelli.

Per Arthur ogni motivo è buono per vantarsi con Gwaine.

Inoltre, a dir la verità, c’è da dire che ha un certo talento per quelle cose. Ha anche costruito un piccolo ponte levatoio!

Merlin avvicinandosi lo guarda divertito per un minuto poi finalmente gli arriva alle spalle e gli dice con tono allegro: - Bravo ragazzo... Non pensavo che avresti seguito il mio consiglio! –

Al suono della sua voce Arthur è così sorpreso che lascia cadere il cellulare a terra. Lo recupera con una mossa degna di un ninja prima che riesca a toccare la sabbia e se lo porta veloce all’orecchio dicendo: - Gwaine, è arrivato Merlin, ti richiamo più tardi - E poi fa per girarsi verso di lui ma Merlin lo anticipa intimandogli: - No! Non girarti ancora! Siediti con lo sguardo rivolto verso il mare e chiudi gli occhi. –

- Merlin... Ma dobbiamo farlo veramente? Mi sento un po’ stupido... Non ho cinque anni! –

- Proprio tu vieni a fare a me questo discorso? Tu, che ogni anno mi coinvolgi in qualche folle impresa, tu che un anno mi hai costretto a seguirti come un forsennato, su e giù per l’università mezza vuota, con uno stupido cappellino da festeggiato in testa ed una maglietta con su scritto “Birthday boy”, in quella tua malnata caccia al tesoro che ci ha quasi guadagnato un’espulsione? – Gli risponde Merlin indignato. - Gira subito quel tuo brutto muso verso il mare e serra bene quelle palpebre! Se ti becco a sbirciare niente regalo! Puoi giocartici la camicia!–

- Va bene! Va bene! – Accetta Arthur, stranamente arrendevole, solo per poi aggiungere con un ghigno dispettoso e la chiara intenzione di provocarlo: - Ma non avevamo detto niente regali? –

- Ti credi tanto furbo vero? – Gli chiede Merlin.

- Qualche volta sì. –

- Beh, mi dispiace per te, ma stavolta io lo sono stato di più! –

- Davvero? Ma non mi dire... Sono shockato... –

- Resterai a bocca aperta. –

- Sto aspettando... – Gli dice Arthur cantilenando la sua risposta proprio come un ragazzino.

Merlin prende un bel respiro, manco si stesse apprestando ad eseguire un tuffo carpiato davanti ad una piscina gremita, e dopo essersi accertato che il suo ragazzo non stia effettivamente sbirciando, si mette esattamente davanti a lui e infilza la tavola da surf che porta sotto il braccio nella sabbia.

Il colore rosso acceso della tavola spicca come non mai contro la sabbia chiara ed il drago dorato che le si avviluppa intorno, come una specie di serpente marino, si erge regale e bellissimo contro lo scintillante paesaggio australiano.

Merlin si ferma un attimo a guardarla, stupito e felice di come quell’immagine riesca ad emozionarlo e grato della fortuna avuta. Quando qualche giorno prima si era recato con poche speranze al negozio di Fred mai avrebbe pensato di riuscire a trovare quello splendore.

Fred era il ragazzo che aveva affittato le tavole da surf a lui ed Arthur fin da quando erano arrivati a Melbourne ma Fred non si limitava solo ad affittarle, era anche un artigiano, un artista, e Merlin sapeva che ne produceva di bellissime su ordinazione. Quando si era reso conto di dover fare un regalo ad Arthur, visto il modo in cui il suo ragazzo si era totalmente innamorato di quello sport, una tavola da surf personalizzata era stato effettivamente il suo primo pensiero, però il tempo limitato di cui disponeva gli aveva fatto temporaneamente accantonare l’idea. Sarebbe stato un regalo perfetto ma avrebbe dovuto pensarci molto tempo prima.

Solo ad un passo dal Natale, a mani ancora vuote ed ormai disperato, si era deciso a recarsi al negozio in cerca di un miracolo e si era imbattuto in quella meraviglia.

Fred gli aveva detto che un cliente, un certo Mr. Kilgharrah, aveva ordinato la tavola diverse settimane prima ma poi aveva disdetto l’ordinazione senza tante spiegazioni, pagandolo comunque per il tempo perso.

Merlin, che era rimasto folgorato dalla tavola non appena l’aveva vista (perché qualcosa in lei gridava “Arthur” al suo cuore talmente forte che si era detto disposto a pagare qualunque prezzo pur di averla) alla fine era riuscito ad acquistarla per una miseria.

Si avvicina emozionato ad Arthur, ansioso di vedere il suo bel sorriso illuminargli il volto e sperando che capisca il significato profondo di quel regalo, ciò che lo ha spinto a sceglierlo tra tanti.

Gli mette una mano su una spalla e gli dice: - Ok. Apri gli occhi adesso. –

Arthur fa come gli è stato detto e per pochi lunghissimi istanti a Merlin non sembra nemmeno di sentirlo respirare.

In passato quella reazione lo avrebbe preoccupato non poco ma in quei mesi Merlin ha imparato che non sempre il silenzio di Arthur è una cattiva cosa, perché Arthur ha il vizio di pianificare ogni cosa nella sua testa e, quando qualcosa lo sorprende davvero, ha bisogno di restare qualche momento in silenzio per riorganizzare i pensieri, richiamare le truppe a rapporto e stilare un nuovo piano d’azione, proprio com’era successo sei mesi prima al momento della sua dichiarazione.

Arthur gli aveva raccontato che quando lui gli aveva finalmente confessato di amarlo, bruciandolo così sul tempo, il suo primo istinto era stato quello di buttargli le braccia al collo e di baciarlo proprio lì nel loro corridoio, e che se poi se ne era invece rimasto impassibile a lasciarlo parlare era stato perché una parte di lui aveva voluto essere egoista e sentire la dichiarazione di Merlin fino in fondo, perché sapeva che quello sarebbe stato un attimo che non avrebbe rivissuto mai più, ma anche perché non aveva voluto rovinare la propria sorpresa, perché voleva riuscire a portare avanti il gioco fino in fondo, anche se il suo cuore era impazzito nel frattempo per lo sforzo di mantenersi abbastanza calmo da non fargli tremare la voce e tradire così le sue emozioni.

Arthur era il migliore degli strateghi, anche quando si trattava di sentimenti, quindi non era un male che ora se ne stesse zitto e muto davanti alla sua tavola nuova. Poteva benissimo essere che Merlin l’avesse lasciato letteralmente senza parole.

Arthur si alza lentamente e muove qualche passo verso la tavola.

Merlin rimane dietro di lui e lo osserva mentre alza un braccio e ne sfiora la lucida superficie, seguendo le linee che definiscono il drago. In quel momento Arthur gli sembra così bello, così in armonia con la natura che li circonda, che per un attimo Merlin sente il bisogno di distogliere gli occhi da lui, tanta è l’emozione che gli assale il cuore ed il desiderio di vivere ancora mille e mille momenti del genere, solo loro due.

La voce di Arthur però lo porta ad alzare gli occhi di nuovo.

- È mia? – chiede, stranamente esitante.

- Certo. – Gli risponde piano Merlin, la voce dolce, un sorriso appena accennato a curvargli le labbra.

Arthur si gira di nuovo ammirato verso la tavola solo per poi allontanarsene definitivamente e compiere pochi passi veloci verso Merlin, fino a fermarsi davanti a lui cercandogli le mani, intrappolandogliele entrambe nella sua forte presa.

- È bellissima... Il drago... – Inizia a dire ma Merlin lo interrompe, perché il bisogno di spiegare all’improvviso è troppo forte, perché lui vuole che Arthur capisca, che sappia cosa c’è davvero in fondo al suo cuore.

- È così che io ti vedo. – Gli dice, sentendosi un po’ stupido e un po’ sdolcinato ma pensando che in fondo va bene così, perché è Natale, il loro primo Natale insieme, e allora non c’è nulla di male ad essere sdolcinati. Domani sarebbero tornati a beccarsi come al solito. Magari sarebbe accaduto nei successivi cinque minuti.

Però voleva che quel momento fosse per loro uno di quelli in grado di metterti a nudo il cuore.

- Come un drago? – Gli chiede Arthur sorridendo.

- Come qualcosa di eterno. – E non appena lo dice, la sua voce, bastarda, lo tradisce - Perché tu sei il mio passato e la mia memoria Arthur. Perché ci sei sempre stato, sin da quando ti sei avvicinato a me in quel cortile e mi hai sfidato a volare più in alto di te con l’altalena, ormai quasi vent’anni fa. Da allora mi sei stato accanto ogni giorno e sei stato il miglior amico che potessi desiderare. Poi, senza che avessi quasi voce in capitolo, mi hai fatto innamorare di te e così sei divenuto parte del mio cuore. Quando sei mesi fa mi ha accolto nel tuo sei diventato anche il mio futuro. Ed io ti voglio accanto a me, forte, allegro, testardo, pazzo, vanesio, generoso, arrogante e asino, soprattutto asino, come sei adesso. Quando ho visto quel drago impresso sulla tavola ho pensato a te che surfi tra le onde, così spericolato e vivo, a te che ti rivolgi ad una giuria in tribunale, al modo in cui affronti qualunque cosa si metta sulla tua strada, al modo in cui proteggi i tuoi amici, il coraggio che mi dimostri ogni giorno, semplicemente restandomi accanto, e mi sono detto “Ecco, quello è il mio Arthur e deve venire a casa con me, il suo posto è a casa nostra.” – E conclude distogliendo gli occhi da lui, sentendosi stranamente timido.

Arthur, dal canto suo, per la seconda volta da quella mattina sembra essere rimasto a corto di parole.

Gli stringe appena le mani, poi tira Merlin verso di sé e gli mette le braccia al collo.

- Di’ un po’, hai forse deciso di farmi piangere? Non lo farò. Non importa quanto tu ti impegni. Non te la darò vinta, non credere. –

- Beh, se a me è permesso commuovermi come una femminuccia il giorno del mio compleanno direi che a te può essere permesso commuoverti a Natale! –

- Vuoi dire... Come in una specie di nostra nuova tradizione? –

- Tu e le tue tradizioni! Ma non ti stanchi mai? –

- Che posso dirti. Mi piace avere cose che siano soltanto nostre. –

Merlin a quelle parole si sente sciogliere come una ragazzina.

- Il problema con te è che sei un dannato ruffiano. Sai sempre quale sia la cosa giusta da dire... –

- Hai ragione. È proprio così... So sempre qual è la cosa giusta da dire. Ed ora so che la cosa giusta da dire a te è grazie. –

- Allora ti piace? –

- Sì, da matti. Ma non dovevi. Hai già fatto così tanto... Fai sempre così tanto per me Merlin. –

- Non ho fatto poi molto. Ho solo trovato una tavola da surf... –

Arthur però non gli risponde più, lo stringe solo più forte, e Merlin allora si abbandona a quell’abbraccio, il volto appoggiato sulla spalla di Arthur, lo sguardo fisso sul drago davanti a loro, che nella strana luce del mattino australiano sembra quasi sorridere, come un silenzioso testimone della loro felicità.

 

 

Decidono di tornare al bungalow che è ormai ora di pranzo. Arthur aveva prima insistito per restare a surfare tutta la mattina, perché a suo dire la tavola nuova meritava un battesimo degno di lei. Merlin era anche riuscito a farsi prestare un berretto da babbo Natale da uno degli altri bagnanti ed alla fine, dopo molte minacce e qualche lusinga, alla fine Arthur aveva acconsentito a farsi fotografare con accanto la tavola da surf, che per come la stringeva poteva essere benissimo diventata la sua nuova coperta di Linus. Poi, quando il sole si era fatto alto nel cielo e lo stomaco aveva iniziato a brontolare, il suo stupidone si era sentito improvvisamente “stanco” ed aveva espresso il desiderio di tornare a casa.

Merlin lo aveva assecondato, perché Arthur era un pessimo attore e Merlin avrebbe scommesso tutto ciò che possedeva sul fatto che, ora che aveva avuto il suo regalo, Arthur non stesse più nella pelle dal desiderio di dargli il proprio.

O quello o voleva saltargli addosso e Merlin non avrebbe opposto resistenza in entrambi i casi.

Mentre si affrettano sulla via del ritorno il cellulare di Arthur continua a trillare in continuazione perché qualcuno (sicuramente Gwaine) lo sta bersagliando di messaggini.

Davanti all’ennesimo squillo Merlin guarda Arthur accigliato e gli dice: - Ma insomma! Cos’ha Gwaine da messaggiarti senza pietà? È davvero così in ansia che abbia fatto un pasticcio col tuo regalo? Rispondigli per favore e digli che è tutto a posto, mi sta facendo impazzire con tutti quegli avvisi! Inoltre mi fa piacere che possa letteralmente prosciugare il suo credito telefonico per scrivere complete sciocchezze a te però non si degna di inviare a me un piccolo sms di auguri... Che vergogna... –

- Che devo dirti? Lo sai, sono io il suo preferito... –

- Solo perché gli hai regalato il televisore... Chi altro ti ha scritto? – Gli chiede fingendosi indifferente ma allo stesso tempo ansioso di sapere, perché la verità è che per tutta la mattina il suo cellulare è rimasto tristemente muto.

Arthur si lascia scappare un pigro sorriso grondante autocompiacimento mentre comincia a contare sulla punta delle dita: - Vediamo... Praticamente un po’ tutti... Lance e Gwen – E qui Merlin si lascia scappare uno sbuffo stizzito – Gwaine e Morgana naturalmente... –

- Naturalmente... Chi li separa più quei due... –

Arthur si stoppa di botto.

- Che vorresti dire? – Gli chiede sospettoso.

- Niente. Solo che chi si somiglia si piglia. Non preoccupartene - Gli risponde frettoloso Merlin – Continua. Chi altri? –

- Chi altri? Beh, mentre tu non c’eri mi ha mandato un messaggio Will... -

- William? Il mio William? – Cerca di interromperlo indignato Merlin ma Arthur si fa scivolare la sua voce addosso - E poi, inutile dirlo, tua madre. – Continua Arthur, lanciando quella bomba proprio alla fine.

- Mia madre? Mia madre ti ha scritto per farti gli auguri? -

- Certo. Che c’è di strano? Tua madre mi adora. –

- Non c’è assolutamente nulla di strano tranne per il fatto che non li ha ancora nemmeno fatti a me! Suo figlio! Carne della sua carne! E la stessa cosa vale per Will! E Morgana e Gwen, quelle due traditrici! E non farmi iniziare con Lance, che fino a prova contraria è stato il mio coinquilino al college! –

- Che devo dirti Merlin? Probabilmente sono il preferito di tutti... –

Merlin gli riserva un’occhiataccia degna delle grandi occasioni.

- Oppure – continua Arthur, conciliante – magari hanno pensato che, ora che siamo una coppia, sarebbe bastato mandare a me gli auguri per tutti e due... –

- Non difenderli adesso! Sono troppo arrabbiato! Ah ma mi sentiranno! Vedrai se non mi sentiranno! Mi farò restituire la collezione di fumetti da Will seduta stante, me li farò inviare qui! E poi ce li trascineremo dietro fino alla fine del viaggio! Stessa cosa per il televisore di Gwaine! E Morgana può scordarsi il souvenir che avevo deciso di comprarle a Tokyo, non se lo merita affatto! –

E così dicendo Merlin apre la porta del loro bungalow solo per essere accolto da una voce grondante divertimento che chiede con tono fintamente offeso: - Cos’è che non mi meriterei, eh Merlin?

Merlin arretra veloce di un passo per la sorpresa, togliendo la mano dalla maniglia come se si fosse scottato e andando a sbattere contro l’ampio petto di Arthur che prontamente lo afferra per le braccia, impedendogli di cadere. Merlin fa appena in tempo a registrare le sue dita calde che gli sfiorano la pelle prima che un attonito stupore si impadronisca completamente di lui.

La scena che gli si para dinnanzi è così strabiliante che deve ricordarsi di chiudere la bocca per non restarsene lì a emettere suoni inarticolati e a boccheggiare come un pesce.

Il loro piccolo e spoglio bungalow, quello stesso bungalow che avevano deciso di non addobbare proprio per le sue piccole dimensioni, sembra essere stato invaso da una schiera di elfi molto determinati, che avevano sistemato un albero di Natale in un angolo, organizzato una piccola montagna di pacchetti proprio lì accanto, qualcuno aveva messo su musica natalizia, una delle mille versioni di “Santa Claus is coming to town” (“Una delle preferite di mamma” riesce a pensare Merlin), nella loro piccola veranda era stato sistemato un tavolo, rimediato chissà dove, che ora era ricoperto da tante succulente pietanze, e nell’aria c’era un odore molto sospetto di biscotti allo zenzero.

Ma non è quella la cosa più strabiliante.

La cosa più strabiliante sono i volti che Merlin vede spuntare ora qui ora lì in quella sua veloce ispezione. C’è naturalmente Morgana, la cui voce allegra lo aveva accolto sulla porta, seduta con le sue lunghe gambe elegantemente accavallate sullo sgabello della cucina, c’è Gwaine, che sta trafficando intorno allo stereo e quindi Merlin ipotizza che la musica sia tutta opera sua, ci sono sua madre e Will, che stanno tornando dal portare le cibarie sul tavolo e c’è lo zio Gaius, seduto comodamente sul divano, che sta finendo di impacchettare un regalo.

Per quanto si sforzi, davanti a quella scena Merlin non riesce davvero a dire niente. Perché è come se il suo cuore sia cresciuto di tre taglie e lui, che non si è mai visto nei panni del Grinch, se lo sente quasi scoppiare in gola e per la prima volta si immedesima davvero nell’arcigno brontolone verde.

- Come può essere anche solo possibile? – Riesce a chiedere alla fine, solo per sentire il respiro di Arthur su una guancia mentre gli sussurra in un orecchio – Te l’avevo detto che avrei fatto in modo che tu avessi la magia... E io so che per te non può esservi Natale più magico di quello passato con la nostra grande, pazza, rumorosa famiglia. Buon Natale Merlin. –

E il cuore di Merlin, quel cuore che lui credeva non potesse espandersi ancora, inaspettatamente cresce di una taglia in più.

 

 

- È questo... Il mio regalo... – Ripete sempre più emozionato Merlin – Ma io non capisco... Allora... I biglietti? Non andiamo più a... ? –

- Quali biglietti Merlin? – Gli chiede sornione Arthur mettendosi davanti a lui e prendendolo tra le braccia mentre tutti i presenti iniziano a ridacchiare come ragazzini del liceo. Soprattutto Gwaine, che sembra incapace di restare serio e si lancia in una risata a cuore aperto che dice a Merlin tutto ciò che ha bisogno di sapere sul suo coinvolgimento in quella storia.

- I biglietti che qualcuno mi ha spinto a cercare nel tuo cassetto... Lasciandomi deliberatamente credere che tu potessi essere così stupido due volte... -

- E tu ci sei cascato Merlin? Così mi ferisci! Forse dovrei sentirmi offeso... –

Merlin ignora il tentativo di Arthur di fare dell’umorismo e continua: - Quindi sapevate tutti cosa avevano in mente questi due? Anche tu mamma? Zio Gaius?–

- Merlin, tesoro, Gwaine ti ha dato solo una piccola spinta... Si può dire che il resto tu l’abbia fatto da solo... – Dice Hunith, cercando di trattenersi dal ridere mentre lo zio Gaius annuisce dalla sua postazione sul divano.

Merlin alza gli occhi al cielo, sentendosi in parte felice e in parte un po’ preso in giro, poi però chiede ad Arthur: - Io però i biglietti li ho visti davvero... Non me li sono immaginati. Non vorrai davvero farmi credere che hai acquistato due biglietti di quel calibro solo per sviare i miei sospetti? –

- Sono per Mick e Alice – gli dice Arthur baciandogli il naso – per ringraziarli della loro ospitalità ed amicizia. Eravamo solo due ragazzi nel bel mezzo di un’avventura dall’altra parte del mondo e loro ci hanno fatto sentire a casa. Ho pensato che, per ricambiare, sarebbe stato bello donare loro qualcosa che fosse così legato al loro passato ed al loro amore. –

E a quel commento la mamma di Merlin ed inaspettatamente Gwaine sospirano sognanti.

Merlin si sente come un po’ girare la testa a tutte quelle rivelazioni.

Guarda Arthur con occhi sempre più grandi ed increduli e gli dice: - Tu sei davvero matto, lo sai vero? –

- Ti dovevo una festa a sorpresa mi sembra, o sbaglio? – E gli sorride furbo, quel sorriso che Merlin sente di avere come impresso a fuoco nel cuore, la sua immagine di Arthur preferita, quella che glielo fa sentire più caro.

- Cosa ci fate ancora impalati davanti a quella porta voi due? – Urla dalla veranda Will – C’è un pranzo di Natale a cui fare onore e poi... Maratona di Natale!!!! –

Dal gruppetto alle spalle di Merlin si alza un coro di voci contrastanti.

- Poche storie! – Intima Arthur – Merlin avrà la sua maratona di film squisitamente a tema natalizio e non voglio sentir volare una mosca al riguardo! Ricordatevi che voi tutti siete il suo regalo! – Conclude minaccioso.

- Questo è il mio ragazzo! – Urla Will di rimando.

Ok, pensa Merlin, dov’erano le telecamere? Perché quello doveva essere davvero uno scherzo...

- E domani io e te ce ne andiamo a fare shopping – dice Morgana prendendolo sottobraccio ed allontanandolo da Arthur – sono sicura che qui a Melbourne ci sono negozi fantastici che aspettano soltanto noi. –

- Zio Gaius! – Si sente urlare Gwaine dalla loro minuscola cucina - Il punch era per dopo! – e a quel punto Merlin non ce la fa più e scoppia a ridere, forte e di cuore, perché Arthur aveva avuto ancora una volta fastidiosamente ragione: non sarebbe stato veramente Natale senza la loro famiglia qui con loro e quel suo meraviglioso ragazzo l’aveva capito ben prima di lui.

Peccato che non siano tutti qui” pensa Merlin, mentre il pensiero corre ad un vecchio testardo chiuso nel suo rancore ed allora alza di nuovo il viso verso Arthur e cerca nel suo sguardo tracce di quel dolore che non l’aveva abbandonato un attimo negli ultimi sei mesi.

Non trovandone, Merlin respira più liberamente e quel nodo stretto intorno al suo cuore si allenta un po’, però si rammarica di non essere riuscito in fondo a dare ad Arthur ciò che avrebbe desiderato di più.

A quanto sembrava, le sue parole non erano riuscite a muovere il cuore di Uther e quella sedia vuota che tutti sembravano istintivamente aver lasciato a tavola avrebbe pesato come un’ombra su quel loro felice Natale.

 

 

Finito il pranzo l’allegra brigata ha cominciato di nuovo a disperdersi nell’appartamento. Will sta armeggiando vicino al televisore cercando di collegare il lettore dvd mentre zio Gaius cerca maldestramente di dargli una mano facendo più confusione che altro. Hunith è seduta comodamente sul divano a riposarsi dopo quello che probabilmente era stato un viaggio estenuante, in attesa che inizi il film. Arthur sta finendo di portare alcuni vassoi in cucina mentre Gwaine e Morgana non si vedono da nessuna parte.

Ad un certo punto si sente un rumore di piatti rotti ed un fragoroso: - No! – Esclamato da Arthur proveniente dalla cucina e Merlin non fa in tempo a scattare verso l’entrata per vedere cosa sia accaduto che ecco che Arthur si precipita fuori dalla stanza mentre si mette le mani davanti agli occhi in un modo esageratamente teatrale e ripete: - Cosa mi tocca vedere! E proprio il giorno di Natale! – E Gwaine che cerca di seguirlo a ruota balbettando scuse incoerenti.

Merlin si affaccia per vedere cosa abbia causato tutto quel putiferio solo per trovare uno dei vassoi da portata ormai in frantumi sul pavimento della cucina (dove Arthur per lo shock lo aveva probabilmente lasciato cadere) e una Morgana ghignante, con il volto acceso e gli occhi maliziosi, ferma sotto la porta finestra della cucina dov’è appeso un ramoscello di vischio che Merlin è sicuro non fosse lì prima.

Unendo i puntini in meno di due secondi alza un sopracciglio e dice a Morgana: - Vischio Morgana? Ma fai sul serio? –

- Tu hai i tuoi metodi ed io ho i miei. – Gli risponde lei con un’alzata di spalle.

- E chi lo spiega ad Arthur che sei stata tu a baciare Gwaine e non il contrario? –

- Gwaine sa badare a se stesso e Arthur dovrà farsene una ragione. –

- Ah sì, dovrà? Davvero? Quindi è una cosa seria? –

Morgana non risponde, alza solo il mento in un gesto altezzoso e inizia a giocare con i propri capelli.

- Come’è stato il ballo? – Gli chiede allora Merlin, meno irriverente e più dolce, e a quella domanda ecco che il viso di lei si addolcisce ed il suo sorriso diventa luminoso e bellissimo mentre gli risponde: - Il ballo è stato... Davvero speciale. –

Merlin la guarda per un lungo secondo, impressionato da ciò che vede fiorire davanti ai suoi occhi.

- È un bravo ragazzo... – Dice allora, per spingerla a continuare.

- Sì, lo è, forse anche troppo per me... – Ed il viso di lei si ombra appena.

- Non saprei... Neanche tu sei poi così male... –

- Ah sì? Abbastanza perché mi riporti quel benedetto souvenir che ti ho chiesto? Quello che secondo te non meriterei? – Gli chiede lei, tornando ad essere quel gatto del Cheshire che lui tanto ama.

- Vedremo... Dipende da come giocherai le tue carte... Intanto fila a spiegare ad Arthur la faccenda del vischio... Ho paura che Gwaine se la stia vedendo brutta. –

- Devo proprio? –

- È il tuo ragazzo dopotutto, o sbaglio?. –

- Sì, è il mio ragazzo – Dice lei tutta orgogliosa e così dicendo corre a salvare il suo Gwaine dalle orrende ire di suo fratello mentre Merlin rimane fermo a guardarla, una luce divertita negli occhi chiari, il cuore leggero, sorridente.


 

La giornata sta ormai volgendo al termine e le tonalità morbide e aranciate della sera già si protendono a tingere il cielo australiano. Gwaine e Morgana, forse per farsi perdonare lo shock causato ad Arthur, si sono gentilmente offerti di riordinare. Will sta giocando con zio Gaius e Hunith a carte e Merlin se ne sta tranquillo sul divano con Arthur a guardare pigramente la tv.

Ad un tratto, un bussare alla porta va a guastare inatteso la tranquilla pace di quel momento.

Merlin alza sorpreso la testa dall’incavo della spalla di Arthur, si gira verso di lui e, dopo aver dato un’occhiata all’orologio, con le sopracciglia aggrottate gli chiede: - Chi sarà mai? Mick e Alice ormai saranno già belli che andati al concerto, non possono essere loro... –

Arthur però non gli risponde.

Si alza con il fiato un po’ corto dal divano e dice piano, a mezza voce: - Beh... Inutile star qui a farsi domande... Scopriamolo no? – E cerca di districare le sue lunghe gambe da quelle di Merlin mentre tenta di raggiungere la porta.

Morgana però lo anticipa con un allegro: - Stai buono lì Arthur! Vado io! – Contro cui Arthur non fa in tempo a protestare.

- No, Morgana lascia, faccio i... – Cerca di dire Arthur ma la sua voce viene totalmente sovrastata da quella della sorella che una volta aperta la porta si lancia in un costernato: - Cosa diavolo ci fai tu qui? –

A quel punto tutti gli occhi sono puntati sulla porta dove un sorpreso Uther Pendragon, vestito con un leggero completo di lino chiaro decisamente troppo elegante per il loro piccolo bungalow, guarda la figlia con fare severo e le chiede: - È questo il modo di rivolgerti a tuo padre, ragazzina? –

Morgana gonfia le guance e sembra davvero sul punto di esplodere mentre gli risponde tra i denti senza arretrare di un passo: - Non so cosa credi di fare presentandoti qui così ma non ti permetterò di rovinare le feste a tutti... –

Un sospiro generale si solleva nel silenzio.

Nella stanza nessuno muove un muscolo, non un rumore, non un cigolio, sono tutti così interdetti che sembra che qualcuno abbia lanciato un incantesimo paralizzante su tutta la sala.

Solo il cuore di Merlin sembra voglia uscirgli dalle costole mentre il cervello corre a tutta birra per capire come intervenire in quella situazione.

Deve intromettersi? Dire qualcosa? Arthur è tra lui e la porta, gli dà le spalle, quindi non riesce a vedere il suo viso, ma non serve certo un genio per capire cosa sta passando.

Cosa diavolo era venuto in mente ad Uther di fare quell’improvvisata? E soprattutto, che intenzioni aveva? Le parole di Merlin avevano avuto un qualche effetto su di lui oppure era Morgana ad aver ragione, e quindi il padre di Arthur era lì solo per portare scompiglio?

Uther si irrigidisce come se Morgana gli avesse dato uno schiaffo, per un attimo la sua pelle assume una tonalità paonazza tendente al violetto mentre una vena sulla sua fronte inizia pericolosamente a pulsare, poi però sembra riuscire a calmarsi e assumendo un tono guardingo risponde: - Io... Sono stato invitato. –

La rivelazione di Uther viene accolta da tutti con sguardi sorpresi e guardinghi, tutti gli ospiti si guardano l’un l’altro chiedendosi chi possa aver fatto quell’invito.

Alla fine gli sguardi di tutti si fermano su Merlin.

Merlin fa per alzarsi dal divano, cercando di spiegare: - Non è come credete... Cioè, un po’ sì, è come credete, ma io non ho mai... Non sapevo neanche che voi sareste stati qui... – Finché la voce forte e chiara di Arthur non lo interrompe.

- Sono stato io. Sono io che l’ho invitato. – E poi rivolto a suo padre – Ciao papà. –

- Ciao Arthur – risponde Uther Pendragon, ancora fermo sulla soglia, la ventiquattrore in mano, come se non sapesse bene che farne.

- Mi dispiace essere così in ritardo... Il mio volo... – Continua stranamente a disagio.

- Non fa niente. Adesso ci stavamo riposando... Ma è avanzata così tanta roba... Sono sicuro che tra un po’ saranno di nuovo tutti pronti a ricominciare... – E accenna un lieve sorriso che Uther ricambia.

- Sono davvero contento che tu sia venuto – gli dice, la voce che si spezza a metà della frase per l’emozione.

- Sì – continua Uther, avanzando di un passo e mettendogli una mano su un braccio – Sono contento anch’io. –

Arthur a quel punto avanza ancora verso suo padre, rimane indeciso un secondo, quasi impacciato, poi lo stringe in un abbraccio un po’ goffo, molto maschile, mentre gli dice: - Buon Natale papà. –

- Buon Natale figliolo. –

L’espressione che illumina il viso di Arthur a quell’augurio è quanto di più bello Merlin potesse immaginare.

 

 

- Adesso che sono tutti tranquilli e satolli – Sussurra Merlin ad Arthur mentre seduti fianco a fianco in veranda guardano il loro primo Natale svanire nella notte australiana – vuoi spiegarmi come diavolo siamo arrivati ad avere tuo padre che sonnecchia sul nostro divano? –

Arthur gli sorride mentre cerca la sua mano per stringerla e portarsela al petto.

- Due giorni fa mi è arrivato un suo messaggio. –

- Due giorni fa? – Chiede sorpreso Merlin –

- Sì... Eravamo in spiaggia... Tu mi hai chiesto di chi fosse ed io ti ho risposto che era di Gwaine ma non era vero. Era suo. –

- Perché non me l’hai detto subito? –

- Perché non volevo rovinare questa sorpresa. Papà aveva sentito da Morgana che sarebbero venuti tutti qui per Natale ed allora mi ha scritto per sapere se poteva raggiungerci anche lui. –

- E tu hai accettato così, senza che aggiungesse altro? –

- Mi ha scritto che ammetteva di aver sbagliato. Che era stato ingiusto costringermi a scegliere tra voi due. Soprattutto mi chiedeva scusa per aver dubitato della mia serietà e per molte delle cose che mi aveva urlato durante il nostro litigio. –

A quelle parole Merlin si sente come investire da una brezza leggera che gli soffia nell’animo, come se le scuse di Uther ad Arthur avessero spazzato via ogni nube di preoccupazione dal suo cuore.

Il suo Arthur finalmente sarebbe stato bene. Veramente bene.

Allontana le loro mani intrecciate dal petto di Arthur e se le porta alla bocca, per posarvi un bacio leggero, mentre gli dice: - Sono così felice per te... –

- C’è solo una cosa che non mi spiego... – Continua Arthur.

- Cosa? –

- Cosa gli abbia fatto cambiare idea così su due piedi... –

Merlin si irrigidisce a quelle parole.

- Beh – risponde – sarà stato l’approssimarsi del Natale... A nessuno piace stare lontano dalla famiglia per le feste Arthur, me lo hai insegnato proprio tu... Avrà capito che con la sua testardaggine stava allontanando sia te che Morgana, e senza un vero motivo... –

- Può darsi... – Continua Arthur, suonando poco convinto.

- Che alternativa resta? È sicuramente così Arthur... –

Arthur si gira verso di lui con un sorriso rilassato e soddisfatto in volto, gli occhi pieni di pace.

- Vieni qui – gli dice.

- Qui dove? – Gli chiede Merlin ridendo.

- Vieni qui da me – E lo tira verso di sé fino a farselo sedere in grembo, entrambi semi sdraiati su quella piccola sdraio da giardino davvero troppo leggera per tenerli entrambi.

- Non so quanto sia una buona idea... – Prova a dire Merlin.

Arthur però lo circonda con entrambe le braccia e se lo stringe ancora più vicino sospirando: - A me sembra un ottima idea. –

- Cadremo entrambi a terra. –

- No che non succederà. –

- Ok, come vuoi, però poi non dirmi che non ti avevo avvertito. –

Rimangono per un po’ in quella posizione, stretti l’uno all’altro, il cuore di Arthur che rimbomba piano contro la schiena di Merlin, tanto che a lui sembra quasi di riuscirne a contare i battiti, uno, due, tre...

- Davvero non vuoi confessare, non è così? – Gli sussurra Arthur all’orecchio.

- Come? –

- Merlin... Io lo so. –

- Cosa sai? – Gli chiede, mentre la voce gli tremola in gola.

- Lo so che sei stato tu. –

Merlin sussulta appena e comincia a cercare di alzarsi mentre gli chiede – Cosa ti fa credere che...? – Però Arthur lo stoppa, lo stringe ancora più forte tra le braccia, riavvicinandolo a sé, incollandoselo addosso come un francobollo.

- Papà mi ha detto tutto. Quella era la seconda parte del messaggio. –

- Quella in cui cantava come un uccello a maggio? Gli avevo chiesto di non dirti niente! –

- So anche quello. Penso che gli sia piaciuta particolarmente quella parte di conversazione... –

- Ti ha raccontato tutto quello che ci siamo detti? –

- Ogni singola parola. –

- E... Sei arrabbiato? –

- Arrabbiato? –

- Sì... Perché mi sono intromesso... Lo so che era una cosa tua ma io davvero non potevo più restarmene lì a guardare... –

- Se sono arrabbiato... Che domande! Certo che sono arrabbiato Merlin! Sono così arrabbiato che penso sarò costretto a punirti e tenerti stretto così a me per davvero tanto, tanto, tanto tempo... Non ti lascerò andare da nessuna parte, non ti lascerò pensare a nient’altro che non sia io e non potrai neanche protestare perché sarai troppo occupato a baciarmi per poterlo fare... –

- Sembra terribile... – Gli dice Merlin, rabbrividendo per scherzo mentre invece il suo cuore si mette a ballare la samba.

- Nulla di più di ciò che meriti... – Risponde Arthur, cercando di fargli il solletico su un fianco.

Merlin si divincola appena.

- Davvero? – Gli chiede ridendo.

Arthur però non ride mentre gli risponde: - Assolutamente. Non so cosa farei senza di te, lo sai questo, vero Merlin? –

- Felice che tu l’abbia capito. –

- Non scherzo. –

- Oh... Nemmeno io... –

- Non riesci proprio a lasciarmelo dire senza buttare tutto sul ridere, vero? –

- Dire cosa? –

- Che ti amo da impazzire, che sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, e che voglio passare con te tutti i giorni della mia vita. –

- Cosa sarebbe questa? Una proposta forse? – Gli chiede ridendo.

- Non essere sciocco Merlin – gli risponde risentito Arthur – Una proposta fatta su una spiaggia da sogno, in un paese straniero, sotto un cielo stellato con la benedizione di tutti i nostri amici e parenti che probabilmente stanno origliando nell’altra stanza? Non sarei mai così banale! –

- Giusto, giusto... – Ride Merlin anche se il cuore sembra che stia per esplodergli in petto – niente proposta allora? –

- Assolutamente no – Risponde Arthur, alzandosi dalla sdraio, forse per andare a prendersi da bere.

Merlin lo segue con gli occhi, sentendosi stranamente deluso per come quel momento sia stato bruscamente interrotto.

Poi però Arthur si ferma sulla soglia della porta finestra, si gira verso di lui e facendogli l’occhiolino gli dice: - Non ancora. –

Rimettendosi seduto sulla sdraio Merlin avvolge quelle parole nella migliore carta da regalo che il suo cuore possa produrre e le nasconde in un angolino dentro di sé, dove potrà scartarle ogni volta che ne avrà voglia.

“Non c’è che dire” pensa mentre sente le voci di tutti i suoi amici e familiari prendere in giro Arthur per quella promessa che tutti hanno sentito “Miglior. Natale. Di sempre.”

 


E la storia di Merlin e Arthur non finisce qui... alla prossima avventura! ;)

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