Remember me di taisa (/viewuser.php?uid=14713)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Progetti per la giornata ***
Capitolo 2: *** Un lavoro impegnativo ***
Capitolo 3: *** E’ una promessa! ***
Capitolo 4: *** Gli abiti che indossi ***
Capitolo 5: *** Panico ***
Capitolo 6: *** Voglio una spiegazione! ***
Capitolo 7: *** Un po’ più di tempo ***
Capitolo 8: *** Fuori posto ***
Capitolo 9: *** Nuova generazione ***
Capitolo 1 *** Progetti per la giornata ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Progetti per la giornata
*
Il rumore che lo distolse
dai suoi sogni risultò quello della sveglia. Tuttavia, il bello addormentato,
non sembrò interessato in alcun modo a destarsi. Mugugnò sonnolento, volgendosi
dal lato opposto e sparendo sotto le coperte.
Si rigirò per diverse volte
prima di stabilire, in maniera più logica, che spegnere quel dannato apparecchio
si sarebbe certamente rivelata un’ottima idea. La sua mano tastò il comodino, in
ricerca della radiosveglia, allo scopo di zittirla.
Quando infine ritornò il
silenzio si rese conto, suo malgrado, che i suoi sogni erano ormai lontani.
Sollevò il busto dal materasso, sedendosi sul giaciglio, ancora avvolto dalle
sue calde coperte. Con una mano si toccò il capo, scompigliando i capelli già
ribelli.
La scelta migliore, a quel
punto, era quella di alzarsi definitivamente allo scopo di cominciare la
giornata. Il suo stomaco, inoltre, gli suggerì che mettere qualcosa sotto i
denti sarebbe stata una brillante idea. Quantomeno sarebbe riuscito a porre fine
a quei gorgogli insistenti.
Posò i piedi sul freddo
pavimento alla ricerca delle sue pantofole. Gesto che fu accompagnato da un
sonoro sbadiglio.
S’incamminò barcollando
verso la cucina, in uno stato di semi-incoscienza, muovendosi con un’andatura
che poteva facilmente essere paragonata a quella di uno zombie. A dargli il
colpo di grazia fu la luce e il vociferare concitato che sembrò provenire dalla
stanza nella quale era diretto.
L’odore di brioche calde,
appena sfornate, sembrò ricordargli che, in fin dei conti, la realtà non era
così male in confronto al suo mondo di fantasia creato sotto le sue soffici
coperte.
La scena che si presentò ai
suoi occhi, ancora semichiusi a causa del sonno, risultò essere quella
quotidiana e famigliare che era abituato a vivere tutti i giorni. Il rumore dei
fornelli, la caffettiera che risuonava facendo capire a tutti che la bevanda era
ormai pronta; i chiacchierii dei commensali, seduti attorno al tavolo e immersi
in conversazioni più o meno importanti. La sua colazione, sistemata con cura
dalla persona che per prima si era svegliata e che si era premurata di servirgli
tutto il necessario per un buon inizio di giornata.
Tale famigliarità gli bastò
per acutizzare i suoi sensi e tornare nuovamente a far parte del mondo dei vivi.
“Buongiorno Trunks, dormito bene?” lo accolse la voce della nonna, intenta a
preparare la colazione anche agli altri membri della famiglia.
Il giovane Trunks mugugnò
qualcosa di vago in segno di saluto, accomodandosi su quella che era la propria
sedia. Era sveglio, questo sì, ma la voglia di parlare o relazionarsi con il
resto del mondo era attualmente pari a zero.
“Buongiorno tesoro” fu il
saluto, un po’ distratto, della madre; che solo per un istante distolse la sua
attenzione da un progetto apparentemente rilevante. Secondo la sua esperienza,
Trunks aveva imparato a comprendere i valori d’importanza che sua madre, e suo
nonno, davano al loro lavoro. La differenza stava, semplicemente, nell’orario in
cui si professavano nel compito del momento.
La teoria del giovane
Saiyan era che, se erano già all’opera al mattino presto l’urgenza era di alto
grado. Ciò comportava inoltre un notevole via vai di pezzi e una presenza quasi
evanescente dei due scienziati dalle attività famigliari o giornaliere.
La riprova di tale
concentrazione fu infatti che, il Dottor Brief, nemmeno si accorse dell’entrata
in scena del nipote, troppo impegnato a comprendere i dati scritti velocemente a
matita dalla mano della figlia.
“Ben alzato anche a te”
esordì nuovamente la signora Brief, questa volta per salutare l’ultimo
componente della famigliola. Il borbottio che seguì fu quasi come un simpatico
deja-vù che richiamava gli eventi di appena pochi istanti prima.
Trunks rivolse ora lo
sguardo al padre, che con altrettanta svogliatezza si andò a sedere di fronte al
ragazzo. Il bambino osservò il genitore per qualche istante, poi afferrò una
scatola di cereali allo scopo di riempirsi la ciotola che gli era già stata
assegnata.
I suoi piccoli occhi
azzurri fissarono per pochi secondi la scodella, prima di essere attratto dalla
discussione apparentemente incomprensibile tra la madre ed il nonno. Infine
tornò ad osservare la confezione, leggendo la pubblicità che vi era stampata
sopra.
“Tieni il tuo caffè Vegeta”
annunciò la donna dai capelli biondi, posando di fronte al genero una tazza
riempita dell’espresso che quotidianamente beveva allo scopo di ridestarsi.
Dal canto suo, Vegeta, non
più sveglio del figlio, fissò il bicchiere per alcuni istanti, come se ne stesse
contemplando il contenuto. Al suo fianco anche a lui giungevano parole
incomprensibili su un progetto della quale non capiva nulla e che nemmeno gli
interessava. A dire il vero, appena sveglio, non sarebbe nemmeno riuscito a
distinguere un discorso sul livello di combattimento di un potenziale nemico.
Questo da quando abitava sulla Terra.
“Papà” lo chiamò il piccolo
Trunks che, al contrario, sembrò essersi completamente riscosso dal torpore che
finalmente lo aveva abbandonato. Vegeta gli rivolse l’attenzione, senza
aggiungere nemmeno un brontolio, attendendo di conoscere le richieste del
figlio.
Il piccolo Saiyan additò la
confezione di cereali, che ancora non aveva abbandonato la sua mano, ed osservò
l’uomo con un’espressione colma di speranza. “Fino a lunedì ci sono le giostre
in città… mi porti?” gli domandò tutto d’un fiato.
Le attività dei presenti si
congelarono all’istante, tutti in attesa di conoscere il responso del Principe
degli addormentati, che tuttavia sembrò immerso in riflessioni ben lontane.
Vegeta restò immobile ad osservare il figlio; non era chiaro se nella sua mente
stesse valutando l’idea o se stesse cercando di comprendere lentamente le sue
parole.
Bulma fissò il compagno per
pochi istanti. Esasperata dall’attesa decise di agire concretamente. Gli
punzecchiò un braccio con la matita, ben affilata, che stava adoperando per
scrivere.
“Che diavolo fai?!” sbottò
Vegeta, finalmente sveglio, all’indirizzo della donna che si vide costretta a
rifare la punta alla matita, ora ridotta del cinquanta percento a causa della
lieve pressione fatta su un pezzo di marmo. “Tuo figlio ti sta
chiedendo se lo accompagni alle giostre, rispondigli” ordinò assumendo
un’espressione saccente, senza tuttavia guardarlo negli occhi e tornando poi al
suo progetto.
Il Saiyan le lanciò
un’occhiata bieca, non troppo contento di essersi svegliato bruscamente. Tornò
poi ad osservare il bambino, che ancora non aveva smesso di fissare speranzoso
il padre. “Sei un po’ troppo grande per queste idiozie” si lamentò Vegeta,
tornato ad essere il solito padre burbero e scontroso.
Trunks s’imbronciò, un po’
deluso, “Ma ho solo dieci anni!” gli ricordò lagnoso, attendendo un’altra
risposta da parte del padre, possibilmente positiva. “Certo che ti accompagna,
puoi stare tranquillo Trunks” intervenne la madre, che si guadagnò la seconda
occhiataccia in meno di un minuto da parte del compagno.
“Evviva! Lo sapevo! Il mio
papà è il migliore del mondo!” esultò il piccolo Saiyan, alzando le braccia al
cielo. “Trunks, caro, credo che dovresti andare a prepararti o farai tardi a
scuola” gli ricordò la nonna, ottenendo un cenno d’assenso da parte del
ragazzino, che tuttavia tornò a rivolgersi al padre. “Quando torno andiamo alle
gioiste, vero?” domandò per avere l’ennesima conferma, che giunse tramite uno
strano borbottio incomprensibile. Soddisfatto, il piccolo Trunks, uscì dalla
cucina quasi di corsa. Prima andava a scuola e prima tornava a casa!
Vegeta sorseggiò la sua
bevanda tra un brusio e l’altro, suscitando nella compagna un sorriso. Bulma non
riuscì a nascondere la soddisfazione di assistere ad una scena del genere.
“Bulma tesoro” fu ora la
madre a richiedere la sua attenzione, e lei si voltò a guardarla, “Dimmi” la
esortò a parlare. “Se non ti spiace accompagnerei io Trunks a scuola oggi. In
questo modo posso andare a fare anche la spesa, così tu e papà potete
concentrarvi sul vostro lavoro” si offrì sorridente.
*
“Papà, questi pezzi sono
antiquati. Non otterremo mai il circuito che vogliamo” brontolò Bulma,
osservando i progetti sparpagliati sul banco di lavoro del laboratorio. Al suo
fianco, il Dottor Brief aspirò alla sigaretta che stava fumando, poggiandosi la
mano al mento con una strana espressione in volto. Chi lo conosceva bene sapeva
che quello strano modo d’inarcare il sopracciglio era sintomo che il suo
cervello era entrato in funzione alla massima velocità. Pertanto, Bulma
intersecò le braccia ed attese, conscia che entro pochi secondi suo padre
avrebbe certamente espresso le proprie idee. “E se cambiassimo questo pezzo con
uno più potente?” suggerì additando quello che sembrava essere solo uno
scarabocchio sul pezzo di carta che entrambi erano occupati a fissare. La figlia
guardò il disegno, elaborando a sua volta pensieri e formule. Dopo alcuni
secondi scosse il capo in segno di diniego, “No, non è possibile, interferirebbe
col sistema di accelerazione del motore” spiegò, cercando tra i vari progetti
quello appartenente al meccanismo propulsore “Ora ti faccio vedere” annunciò un
secondo più tardi.
Il padre restò per alcuni
secondi in attesa. “Ehi, ma qui mancano dei fogli” protestò Bulma, tornando a
sfogliarli dal primo pezzo di carta. “Ne sei sicura cara?” gli domandò paziente
lo scienziato, osservando a sua volta i piani di lavoro. “Certo che ne sono
sicura!” protestò la donna, accigliandosi in maniera seccata. “Mmm, hai ragione,
mancano alcune pagine. Credo di averle lasciate in cucina” si giustificò
l’anziano, accarezzando distrattamente il gatto sulla propria spalla.
Bulma si appoggiò entrambe
le mani ai fianchi, in segno di rimprovero. Suo padre era davvero una persona
inaffidabile, certe volte. “Non temere, vado subito a prenderli” cercò di
rimediare, avendo riconosciuto la posizione da ramanzina della figlia.
“D’accordo, fai in fretta. Intanto io cerco i pezzi, così ti faccio vedere a
cosa mi riferisco” stabilì la figlia, osservando l’attempato scienziato uscire
dai laboratori.
Rimasta sola, Bulma sospirò
pesantemente. Attese alcuni istanti prima di darsi alla ricerca dei pezzi che
lei stessa aveva definito vecchi. A grandi passi si avviò verso un gigantesco
armadio posto in un angolo della fabbrica. Lo aprì, con molta cautela,
scoprendosi ben presto a fissare innumerevoli scatoloni di progetti vecchi o
scartati.
Negli anni quell’armadio
era diventato una specie di rifugio per tutto ciò che aveva una forma solo su
carta. Ogni scatolone rappresentava l’agglomerato di progetti che avevano avuto
il via, ma che strada facendo erano stati interrotti per i motivi più svariati.
Mentre Bulma cominciò a
tirarli fuori disordinatamente dal ripostiglio si ritrovò a leggere le etichette
dei nomi della quale nemmeno si ricordava più l’esistenza. Uno dei primi
scatoloni che trovò era bollato come Gravity Room 3, con ogni probabilità
uno dei primi progetti dell’attuale camera di allenamento. I pezzi erano ancora
lì, perfettamente utilizzabili, riuniti dopo lo smantellamento della stanza, per
far posto al nuovo modello attualmente funzionante.
Passò poi ad un vecchio
motore innovativo, che risultò tuttavia difettoso, quindi scartato. Una macchina
che non era mai stata lanciata sul mercato; un aereo, troppo costoso da
realizzare, o da comprare eventualmente. Una moto all’ultimo grido, che alla
fine aveva fatto gridare solo lei, vista la quantità di difetti dell’idea
iniziale che l’avevano resa inutilizzabile.
Infine la targhetta segnata
come Time Machine,
iniziata ma mai conclusa. In parte per mancanza di tempo, paradossalmente; in
parte per un fattore di attuale inutilità. L’aveva cominciata per mettersi alla
prova, e i progetti che erano allegati a quello scatolone non fecero altro che
confermare a se stessa quanto era geniale.
Si lasciò rapire per un
attimo dai ricordi, leggendo i dati riportati sui pezzi di carta contenuti in
quello scatolone. Osservò successivamente alcuni meccanismi già montati e pronti
all’uso. Restò a fissarli per diversi secondi prima di udire la porta del
laboratorio aprirsi e richiudersi, procurandole anche un bello spavento.
“Papà, vieni a vedere
cos’ho trov…” disse alzando il capo dai macchinari che stava contemplando.
Tuttavia, la persona che si mostrò, non era colui che si aspettava di vedere.
Dinnanzi a lei apparve la figura seria e autoritaria del compagno, che in
silenzio la fissò dall’alto al basso a braccia conserte. “Oh! Vegeta! Che ci fai
qui?” gli domandò sorpresa. Era diventato raro vederlo gironzolare nei
laboratori, dalla disfatta di Majin-Bu.
Vegeta la guardò assorto
nei suoi, misteriosi, pensieri. La scrutò da capo a piedi, come se non l’avesse
mai vista indossare un’abbondante tuta da lavoro macchiata di chissà quale
liquido di qualche motore. “La Gravity Room ha bisogno di essere riparata, dalle
un’occhiata” si decise a dire dopo alcuni istanti. Benché il suo volesse essere
un ordine, il tono della sua voce risuonò tutt’altro che dispotico. Autoritario,
questo sì, ma d’altro canto questo faceva parte del suo modo di parlare. Quello
che giunse alle orecchie di Bulma non voleva essere un comando impartitole da un
tiranno, bensì solo una richiesta d’aiuto posta in maniera piuttosto singolare.
Alla Vegeta insomma.
Bulma ripose i fogli che
reggeva in mano nel contenitore; si alzò, dopo essere rimasta accucciata tra gli
scatoloni posti al suolo. “Qual è il problema?” gli domandò incrociando le
braccia. Vegeta alzò semplicemente le spalle, “Sei tu che devi dirlo a me”
borbottò aggrottando le sopracciglia, assumendo una tonalità di voce dalle
sfumature sarcastiche. La compagna sbuffò, non aveva alcuna intenzione di
mettersi a discutere con lui, soprattutto visto la mole di lavoro che si
ritrovava a dover svolgere in qui giorni. Restò dunque tranquilla alle sue
provocazioni, incamminandosi verso l’uscita del magazzino. “Andiamo, fammi
vedere cosa c’è che non va” dispose facendo cenno al Saiyan di scortarla, e lui
ubbidì senza replicare. Infondo protestare non sarebbe servito a nulla.
Il laboratorio rimase
deserto e silenzioso per alcuni minuti, poi la porta d’ingresso cigolò
nuovamente, producendo un rumore metallico.
“Avevi ragione tu, cara. Ci
sarebbero delle interferenze” annunciò lo scienziato entrando nell’officina. Il
Dottor Brief avanzò nella stanza prestando più attenzione alle carte che reggeva
tra le dita. Distratto non si accorse pertanto degli scatoloni appoggiati
disordinatamente al suolo.
I suoi piedi incapparono in
uno di questi, che si rovesciò facendo cadere anche molti degli altri, in una
specie di sequenza in stile domino. Mentalmente ringraziò di non essersi
capovolto a sua volta, ma soprattutto ringraziò che alla scena non avesse
assistito anche la figlia. Infatti, dopo aver constatato la sua assenza,
sospirò; riponendo velocemente e senza ordine i pezzi e i meccanismi a casaccio
negli vari scatoloni. Infondo il danno non era grave, erano solo dei progetti
scartati.
*
CONTINUA…
*
*
|
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Capitolo 2 *** Un lavoro impegnativo ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Un lavoro impegnativo
*
Vegeta incrociò le braccia
poggiando la schiena accanto alla porta d’ingresso della Gravity Room. I suoi
occhi si fissarono sulla compagna, alle prese con uno strano groviglio di cavi.
Bulma, intanto, toccava, spostava ed osservava i pezzi metallici che componevano
i meccanismi di quella stanza tanto particolare. Senza una reale ragione, il
Saiyan, si scoprì divertito nell’osservarla lavorare. C’era qualcosa di
particolare in lei mentre si districava con viti e bulloni. Forse era il suo
sguardo, così assorto e concentrato da permetterle di dimenticare tutto il
resto. Inconsciamente paragonò quegli occhi con i suoi, alle prese con gli
allenamenti.
Dal canto suo, Bulma, non
sembrava badare agli occhi scuri che mai avevano smesso di guardarla. Che fosse
per una semplice abitudine o per una totale estraneazione dal resto della
galassia, non era dato sapere. Lei osservava solo il lavoro che stava svolgendo,
vantandosi mentalmente dei progressi che la Gravity Room aveva fatto negli anni,
grazie a lei.
Anche a livello fisico,
oltre che meccanico. L’intero motore era ora situato all’esterno, eliminando
così quel grosso pilastro all’interno della camera, che si era rivelato una
pessima idea. Scomoda soprattutto a causa dei continui scossoni alla quale era
continuamente esposto. Negli anni, ki vaganti erano stati diverse volte la
ragione principale di inceppi tecnici e di scoppi dell’impianto stesso. Per non
parlare al fatto che, in questo modo, i cavi non erano soggetti alla gravità
eccessiva alla quale era sottoposta la Gravity Room.
“Ecco qual è il problema”
esclamò la scienziata osservando e manipolando uno dei pezzi nascosto tra i
mille fili colorati. Bulma staccò velocemente il meccanismo, facendo attenzione
a non toccare altro. “Che cos’è?” domandò incuriosito l’uomo al suo fianco,
cercando di sbirciare oltre la sua spalla, nella speranza di osservare con i
propri occhi il lavoro della compagna, anche se non ci capiva nulla. Il tecnico
di casa si rigirò il pezzo tra le dita, coperte dai guanti da lavoro,
constatandone le condizioni. “La parte che regolava la gravità si è fusa. Ecco
perché era instabile” spiegò vagamente, alzandosi per osservare negli occhi
l’alieno, mostrando anche a lui il meccanismo in questione.
Per Vegeta quello sembrò un
pezzo come un altro, non era davvero in grado di comprendere per cosa
esattamente era stato definito fuso. Dopotutto non spettava certo a lui
stabilire certe cose, quindi si limitò a fidarsi del meccanico in questione,
prendendo per buono che quello strano coso si era in qualche modo rotto.
“E allora?” chiese allo scopo di carpire altre informazioni.
Gli occhi azzurri di Bulma
non si scostarono mai dal materiale che reggeva tra le dita. Si posò
semplicemente una mano al fianco scrutando con attenzione il meccanismo, “Dovrò
sostituirlo con un pezzo nuovo, nulla di serio” spiegò “Vado in laboratorio a
vedere se ne abbiamo uno di riserva” stabilì allontanandosi.
Vegeta la guardò percorrere
il corridoio sentendosi rivolgere un “Aspetta qui, faccio in un attimo” quando
lei era ormai lontana.
*
La porta del laboratorio
produsse un famigliare suono metallico che lasciò intendere all’attempato
scienziato di non essere più solo nella stanza. “Lo sai tesoro? Credo tu abbia
ragione su quei meccanismi, potrebbero davvero interferire con l’impianto del
motore” bofonchiò senza neanche alzare il capo dai fogli disposti
disordinatamente sul proprio tavolo. “Lo so papà, io ho sempre ragione”
stabilì la donna che era appena entrata, avvicinandosi agli scatoloni che aveva
tirato fuori appena pochi minuti prima.
Bulma si fermò a pochi
passi dai recipienti, leggendo distrattamente le etichette. Era sicura di aver
trovato anche qualche vecchio meccanismo della prima Gravity Room. Se era
fortunata avrebbe trovato un sostituto provvisorio con la quale aggiustare
momentaneamente l’attrezzatura della camera d’allenamento.
“Potremmo provare a
cambiare l’impianto di drenaggio con…” provò ad ipotizzare il Dottor Brief,
passandosi una mano sotto il mento. “Non funzionerebbe, ho personalmente
pianificato quell’impianto affinché non entrasse in conflitto con tutto il
resto. Dammi retta papà, non c’è altra soluzione. Cambiamo i pezzi vecchi con
quelli di ultima generazione” lo frenò Bulma, afferrando quello che le sembrava
il rimpiazzo giusto per la camera gravitazionale. Si avvicinò al genitore,
buttando il meccanismo malridotto in una scatola bollata come rifiuti,
adoperata come cestino. Posò una mano sul bancone, osservando a sua volta i
progetti. “Ti dico cosa faremo. Proviamo a costruire i due motori, ma vedrai che
è molto più conveniente come dico io. Tu inizia a raccogliere tutti i materiali,
io vado a sistemare la Gravity Room di Vegeta, appena torno cominciamo” stabilì
la scienziata. Il padre annuì concorde con le sue parole.
*
Esistono molti modi per
descrivere il Dottor Brief. Distratto, disordinato, sognatore, intelligente, ma
anche meticoloso. Seppur le apparenze lo mostrassero un po’ trasandato e sciatto
era una persona che faceva il suo lavoro con estrema precisione. Quando non era
distratto, appunto, dai suoi stessi pensieri.
Se c’era una cosa che aveva
imparato, lavorando con la figlia per tanti anni, era che lei aveva sempre idee
brillanti, divenuti macchinari complessi e molto sofisticati. Assecondare i suoi
capricci o lamentale, dunque, non era più un tentativo di viziare la sua unica
figlia, bensì di riuscire ad ottenere strumenti sempre nuovi sul mercato
mondiale.
Fu per questo che l’anziano
scienziato si trovò a selezionare pezzi e macchinari per elaborare il nuovo
prototipo alla quale stavano lavorando. Su consiglio della sua competente
collega, si ritrovò a selezionare i meccanismi per due tipi di motori.
Due enormi scatole vuote
erano quindi poste al centro della stanza, mentre lui cercava i vari componenti
all’interno dei recipienti che la figlia aveva ritirato fuori dal magazzino.
“Accidenti, questi pezzi
sembrano ridotti piuttosto male” bofonchiò tra sé, rivolgendosi al simpatico
gattino nero che, assolutamente a suo agio, passeggiava tra gli scatoloni. Il
micio, sentendosi preso in considerazione dal padrone, miagolò allo scopo
d’informarlo sulla sua autorevolissima opinione. Il Dottore si voltò ad
osservare l’animaletto domestico per pochi secondi, “Eh, mi sa che hai ragione
vecchio mio, bisogna comprarne di nuovi” concordò col gatto, che miagolò in
accordo a sua volta.
L’anziano si sollevò
incamminandosi verso l’uscita del laboratorio, non prima di aver recuperato il
suo singolare, ed immancabile, passeggero.
*
Il rumore dei ferri
sbattuti tra loro risuonava tra i corridoi della Capsule Corporation. Tuttavia
l’enorme edificio riecheggiava spesso con il tintinnio prodotto dagli strumenti
di lavoro. Nonostante ciò, l’insistente trambusto non era solito provenire da
quell’ala della casa. Almeno negli ultimi anni.
Armata di un cacciavite, e
altri oggetti che il suo silenzioso spettatore di certo non conosceva, Bulma
lavorava allo scopo di aggiustare temporaneamente la camera gravitazionale del
compagno.
“Ehi, Bulma” la richiamò
suo padre, prima di affiancarla. La donna sospese il suo lavoro, volgendo la sua
attenzione al genitore. Sollevò lo sguardo per osservarlo negli occhi, data la
sua posizione accucciata. Anche Vegeta gli rivolse una lieve considerazione,
sebbene la sua espressione risultò quella indolente che sempre gli riservava.
“C’è qualche problema papà?” gli domandò la figlia, esortandolo a parlare. Il
Dottor Brief le mostrò il meccanismo che aveva prelevato dal laboratorio,
“Alcuni pezzi sono un po’ logori. Vado a comprarne altri” la informò
accarezzando il piccolo gattino.
Bulma annuì fermamente,
“Già che ci sei compra anche un paio di circuiti B2. Li abbiamo finiti e ce ne
serviranno un po’ per questo motore” suggerì tornando ad occuparsi della Gravity
Room. “D’accordo cara” assentì l’uomo allontanandosi allo scopo di adempiere al
compito che si era ripromesso di svolgere.
Vegeta restò a guardare il
suocero svanire tra gli immensi corridoi di casa senza proferire parola, immerso
in pensieri che, come al solito, rimasero rinchiusi nella propria mente.
“Ascolta Vegeta, questa è solo una riparazione temporanea” lo ammonì la consorte
senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, troppo impegnata a svolgere il suo
lavoro. Il Principe tornò a volgerle attenzione, in attesa di avere spiegazioni
più concrete. Chiarimenti che non si fecero attendere, “Questo sistema è un po’
vecchio, vorrei cambiare qualche circuito. Quindi per ora sto montando un pezzo
provvisorio. Appena finisco in laboratorio vorrei apportare qualche modifica”
gli spiegò manipolando alcuni fili. “Mi auguro che funzioni, almeno” brontolò un
leggermente sarcastico Saiyan, inarcando un sopraciglio. Bulma colse la punta
beffarda dal tono della sua voce e per tutta risposta interruppe il proprio
incarico per restare alcuni secondi a fissarlo. “Non temere, caro il mio signor
scettico. Io sono un genio, so far funzionare qualsiasi motore
anche con pezzi che potrebbero sembrare fuori posto” ribadì severa increspando
le sopracciglia. Vegeta sbuffò leggermente, chissà quante volte ancora doveva
sentirle certe manifestazioni di spavalderia?
“Ad ogni modo…” riprese
Bulma, tornando al suo operato, “… fino a quando non avrò sistemato le cose la
gravità sarà un po’ limitata” chiarì riacquistando la sua tonalità seria di
voce. Il signor scettico assunse un’espressione tale da valergli il suo nuovo
soprannome, “Che significa?” domandò un po’ seccato. La compagna tornò a
rivolgergli lo sguardo, “Significa che non potrai usare la gravità oltre un
certo limite, e soprattutto non potrai abusarne per i prossimi tre o quattro
giorni. Ci siamo capiti?” puntualizzo infine.
Vegeta sembrò leggermente
contrariato dai nuovi limiti appena imposti ai suoi allenamenti, tuttavia non
protestò minimamente, se non per quel piccolo broncio che gli dipinse il volto.
Per la prima volta da
quando aveva cominciato ad occuparsi della Gravity Room, Bulma si distrasse. In
quel breve istante i suoi occhi si scostano sul compagno allo scopo di
contemplarne l’espressione. Le sue mani, però, non si fermarono per un solo
istante, nonostante la sua deconcentrazione.
Tanto bastò al meccanismo
delicato della particolare stanza per emettere una scintilla. L’elettricità in
tutta la casa si spense completamente. Bulma imprecò a denti stretti, ma non
fece in tempo a dire o fare altro prima che la luce tornò ad illuminare
completamente l’abitazione.
La scienziata stessa sembrò
un po’ sbalordita dallo strano avvenimento, diede un’occhiata rapida ai circuiti
senza riscontrare alcun problema tecnico.
Purtroppo non si accorse
della strana spia luminosa accesasi sul nuovo pezzo da lei appena aggiunto.
*
CONTINUA…
*
*
giusiemo291: Francamente
non credo di essere poi così brava, ma sono molto felice di sapere che le mie
storie ti piacciano. Non posso fare altro che ringraziarti sentitamente per i
complimenti, nella speranza di non deluderti.
*
tety: Direi che Trunks ha
imparato come chiedere favori a suo padre, con molto coraggio aggiungerei. Ti
ringrazio per i complimenti, spero che il tuo interesse, dopo questo secondo
capitolo, non si affievolisca.
*
ka93: Per vedere Vegeta che
pota al Luna Park il figlio c’è da aspettare che la piccola peste torni da
scuola… almeno. Ti ringrazio per i complimenti.
*
scImMIA: Non so se le mie
storie sono davvero un “+” nel fandom, però mi lusinga il fatto che tu lo abbia
anche solo pensato. Più che altro mi auguro che questo “special” non diventi un
“-” XD. In ogni caso non posso fare altro che ringraziarti. Riguardo alla storia
invece, attualmente è ancora tutto piuttosto vago, ma spero che anche questo
secondo capitolo riesca a catturare la tua curiosità. Vedremo se ci sarà davvero
un riferimento a Mirai Trunks. Chi lo sa…
|
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Capitolo 3 *** E’ una promessa! ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
E’ una promessa!
*
Nonostante il nuovo limite
appena impostogli dalla moglie, Vegeta, non sembrò affatto preoccuparsi. Il
gioco della gravità era ormai diventata un’abitudine, pur non essendo più
qualcosa che doveva fare sempre e tutti i giorni. Era divenuto, col tempo, solo
un passatempo o qualcosa con cui sfogarsi e permettergli di allentare lo stress.
Per tal motivo si limitò a prendere atto che la Gravity Room aveva ora nuove
demarcazioni, seppur temporanee.
I suoi occhi si fissarono
sul pannello di controllo posto sulla parete appena all’interno della stanza, in
contemplazione dei pulsanti. A braccia conserte non sembrava intenzionato ad
azionare la macchina, nonostante tutto. Una strana sensazione lo colse
all’improvviso che non riuscì a spiegarsi completamente.
Non era una di quelle
percezioni terribilmente negative, quelle che ti lasciano un senso di disagio
della quale non riesci minimamente a liberarti. Eppure non era nemmeno
un’impressione positiva. Era qualcosa che stava nel mezzo.
Lo strano comportamento che
la camera gravitazionale aveva assunto durante il collaudo sembrava non essere
un problema. Bulma gli aveva assicurato che era tutto sotto controllo, che non
correva nessun pericolo ad utilizzare la stanza. Lui l’aveva guardata con uno
sguardo offeso ed oltraggiato. Il Principe dei Saiyan non teme nessun pericolo!
Tuttavia, ora sembrava
indugiare di fronte a pulsanti e comandi che facevano parte della sua
quotidianità da più di dieci anni ormai. Chissà perché poi?
Mentalmente si maledisse da
solo. Che diavolo stava aspettando ancora? Non era certo un rammollito
terrestre, lui. A quel pensiero così umiliante, ancor di più se era lui
stesso a considero, la sua mano di mosse automaticamente, come se volesse
ricordare a se stesso le proprie origini; dimenticate per un solo istante.
I Saiyan non temono nulla,
tanto più una stanza dalla gravità variabile. E se ancora l’universo intero non
conosceva il suo valore, lo avrebbe dimostrato alla galassia ancora una volta,
premendo quel pulsante.
Le spie luminose si
accesero appena il suo indice spinse il bottone di accensione. I suoi occhi
lessero la gravità, che inizialmente risultava pari a zero, e per istinto, o per
orgoglio, stabilì che avrebbe sfruttato appieno la sua stanza, limiti a parte.
Le cifre rosse che
indicavano il valore attuale salirono vertiginosamente, ad ogni gesto della sua
mano che instancabile premeva i comandi allo scopo di arrivare al massimo.
Sfortunatamente si vide
costretto a fermarsi ben prima di arrivare ad un valore superiore agli
ottocento. I numeri si arrestarono precisamente a settecentosettantasei.
*
Era pieno pomeriggio,
quando il piccolo Trunks spalancò la porta di casa con euforia. Entrò negli
edifici della Capsule Corporation lasciando cadere lo zaino al suolo senza
curarsi minimamente di lasciare libero il passaggio per chi lo seguiva a breve
distanza; sua nonna.
“Papàààà” urlò per i
corridoi, percorrendo con foga le scale. Fortuna che, essendo in parte di
origine aliena, riuscire a saltare i gradini quattro a quattro non era un
problema. Avrebbe fatto molto più in fretta, se sua madre non avesse imposto la
regola niente poteri in casa, che ovviamente gli impedì di evitarle
completamente le scalinate.
Con poteri,
tuttavia, era esclusa la percezione dell’aura. Per Trunks fu quindi uno scherzo
individuare l’importante presenza del padre. Il suo obbiettivo divenne quindi
automaticamente la Gravity Room.
Si fermò per prendere fiato
solo davanti all’enorme portone di metallo, leggendo i dati luminosi scritti su
un monitor aggiunto dalla madre di recente. La gravità era di
settecentosettantaquattro, e fin qui nulla di strano. Il genitore aveva infatti
stabilito mentalmente di non aumentare le impostazioni ad ogni sessione. Un
giorno poteva essere cento e il giorno dopo poteva avere un drastico aumento
fino a ottocentocinquanta, passando poi per un seicento. Per tal motivo il
Saiyan meticcio non si domandò quale potesse esserne la causa. Fu il dato
successivo a dipingere sul suo giovane viso un moto di perplessità.
Secondo i dati, la stanza
risultava in funzione da oltre sette ore! Trunks non escluse a priori che suo
padre avesse più bisogno o più voglia di allenarsi quel giorno, ma sette ore di
allenamento consecutivo non le svolgeva da almeno un paio d’anni.
Non si fermò oltre a
pensare, preso com’era dalla voglia di trascinare il più orgoglioso guerriero di
tutti i tempi con lui alle giostre.
Spalancò la pesante porta
scrutando l’interno della Gravity Room, alla ricerca della figura paterna. I
suoi vispi occhi azzurri si scostarono velocemente in ogni angolo della stanza,
allo scopo d’intercettare i movimenti dell’instancabile ginnasta.
“Papà?” lo chiamò
debolmente, appena intravide l’uomo, invisibile al resto dei comuni mortali.
Vegeta sentì la voce del
figlio, interrompendo i suoi allenamenti ed atterrando elegantemente al suolo;
non prima di aver deviato la traiettoria di un ki blast da lui stesso lanciato.
“Che diavolo vuoi?” brontolò severo in direzione del ragazzino. Trunks gli
sorrise con un’espressione un po’ birichina, “Andiamo?” gli domandò smanioso.
Lo sguardo che si disegnò
sul volto del Principe sembrò piuttosto confuso e dubbioso. Un sopracciglio si
arcuò indeciso, senza però mutare il solito cipiglio severo che non abbandonava
mai il suo viso. “Di cosa stai parlando?” s’informò perplesso.
Anche lo sguardo del
piccolo Trunks divenne incerto, quasi quanto quello del padre, “Non ricordi?
Stamattina mi avevi promesso che mi avresti accompagnato alle giostre” gli
rinfrescò la memoria il ragazzino. “Io non ho detto nulla del genere” stabilì
Vegeta, incrociando le braccia al torace.
Di suo padre si potevano
dire parecchie cose. Che era burbero, scontroso, poco loquace e anche un po’
spietato, ma di certo era una persona che manteneva le promesse.
Tutte le, rare, volte che
gli aveva dato la sua parola di portalo da qualche parte lo aveva sempre fatto,
seppur controvoglia ed accompagnato da continui brontolii. Allora perché
cominciare proprio in quel momento a ritrattare?
“Ma papà, stamattina hai
detto che…” “Piantala di fantasticare, Trunks! Se proprio vuoi andare da qualche
parte chiedi a tua madre. Io non ho tempo da perdere in simili sciocchezze” le
proteste del bambino furono bruscamente e dolorosamente interrotte dal genitore
che non sembrò voler sentire ragione.
Trunks guardò incredulo suo
padre. Deglutì sonoramente, con l’intento di eliminare il nodo che si era
stretto attorno alla sua gola a causa della cocente delusione. “Ma sono sette
ore che ti alleni” ebbe il coraggio di replicare, “E poi me l’hai promesso”
lagnò in un secondo momento, chinando mestamente la testa, in un gesto ben più
che istintivo. Mai chinare il capo, questo era uno degli insegnamenti di suo
padre.
“Non dire idiozie, se non
ti devi allenare chiudi quella porta e lasciami in pace” fu l’ordine perentorio
che gli impose Vegeta.
La voglia di piangere
assalì incredibilmente il bambino, che tuttavia non poteva in alcun modo
permetterselo, non di fronte al grande Principe dei Saiyan. Mugugnò un timido ed
abbattuto “Va bene” prima di scomparire dietro la porta di metallo.
Restò davanti a quell’uscio
ancora pochi secondi, a testa bassa, cercando di dimenticare una disillusione.
*
Di tutta la Capsule
Corporation c’era un solo posto in cui il piccolo Trunks amava trovare rifugio
ad ogni motivo di sconforto. Forse ci andava più per istinto o per nostalgia, o
semplicemente quel posto aveva il calore che gli serviva per sentirsi un po’
meglio.
Strano pensare come tale
conforto arrivasse da dietro una pesante porta di metallo che richiudeva un
mondo fatto di una lega così fredda. Probabilmente era un motivo da attribuirsi
all’odore di motori che si mischiava con quello della madre, sempre alle prese
con i suoi marchingegni.
L’uscio cigolò in maniera
fastidiosa appena il giovane Saiyan la spalancò sbirciandovi all’interno.
“Mamma?” domandò allo scopo di assicurarsi che lei fosse lì. “Sono qui tesoro”
la sentì rispondere da qualche parte nell’enorme stanza, nascosta sotto un aereo
e dietro una moto, o ancora all’interno di un’astronave. L’importante, pensò
Trunks, era che fosse lì; l’avrebbe cercata con calma, vagando tra i vari
velivoli.
I suoi passi si mossero con
lentezza, schivando bulloni, cavi e pezzi di ricambio poggiati al suolo. Passò
accanto al tavolo da lavoro, dove erano posati i progetti sulla quale, in
teoria, la madre stava lavorando. Almeno fino a quella mattina.
Colto da un’irrefrenabile
curiosità non riuscì ad impedirsi di ficcanasare tra quelle carte. Si arrampicò
sullo sgabello alto allo scopo di leggere sui fogli.
Di tutto quello che lesse
su quei pezzi di carta, Trunks, non ne comprese nemmeno la metà. Era intuitivo,
e ciò gli bastò per comprendere che si trattava di un nuovo prototipo di air-car.
Di questo era sicuro, nella sua giovane vita ne aveva visti già a centinaia di
quei progetti.
Abbandonata l’idea di
comprendere quali modifiche la madre e il nonno avevano apportato al motore del
mezzo decise di tornare alla ricerca della donna. Mentalmente stabilì che
sarebbe stato opportuno cercarla sotto qualche macchina voltante, vista la
natura del suo attuale lavoro.
Sbirciò sotto ogni mezzo
dalle sembianze di un’auto, ma di lei nessuna traccia. Fu il rumore che uno
strumento produsse venendo poggiato al suolo che sembrò indicargli la direzione
corretta.
Quando raggiunse la madre
la trovò lavorare ad un aereo. Inarcò un sopracciglio, riconoscendo le scarpe
della scienziata spuntare da sotto un velivolo così singolare. Il mezzo in sé
non aveva nessuna peculiarità; se non fosse che, il progetto per la quale si era
affannata tanto appena poche ore prima, era attualmente stato abbandonato.
Trunks si avvicinò
titubante e ad ogni passo si ricordò di aver già visto quel prototipo. Era un
vecchio modello che era stato scartato a causa del costo eccessivo. Non si pose
ulteriori domande, si limitò a sedersi accanto all’aereo, sbirciando sotto di
esso per osservare il volto della madre.
“Ciao tesoro, com’è andata
oggi a scuola?” s’informò Bulma, senza smettere di smanettare con il motore.
Trunks esitò per un istante, il volto ancora segnato da un piccolo broncio. “A
scuola…” sottolineò, “… bene” rispose incrociando le braccia, seguendo con lo
sguardo i movimento delle mani materne.
Bulma sbirciò per un
secondo il figlio, notando immediatamente la sua strana espressione, “Se è
andato tutto bene, perché quella faccia?” non poté fare a meno di domandare.
Ancora una volta il ragazzino esitò per qualche secondo, abbassò lo sguardo
sulle sue gambe, intrecciate tra loro. “E’ per papà” ammise un secondo più
tardi, causando uno sbuffo un po’ rassegnato da parte dell’instancabile
lavoratrice. “Avanti, sentiamo. Cos’ha combinato quello zuccone, questa volta?”
volle sapere.
Il giovane guerriero
aggrottò le sopracciglia, assumendo involontariamente un’espressione tipica del
soggetto in questione, “Non vuole portarmi alle giostre, eppure me l’ha
promesso” protestò, senza riuscire a nascondere una punta di rammarico. La
scienziata sbucò da sotto il l’aereo, allo scopo di osservare meglio il figlio,
“Trunks, tesoro, lo sai com’è fatto tuo padre. Si sarà impuntato con i suoi
allenamenti come al solito” ipotizzò, piuttosto correttamente. “Sì, però… me
l’ha promesso” insistette il Saiyan. Bulma sospirò “Lascialo stare per ora, più
tardi gli parlo io, se vuoi” si offrì, “E poi, non ti ha già portato la
settimana scorsa?” sembrò volergli rammentare.
L’affermazione della madre
dipinse sul piccolo volto del guerriero una strana espressione perplessa e
sorpresa. Riuscire a passare un po’ di tempo con suo padre, lontano dalla camera
gravitazionale, era un’ardua impresa, doveva ammetterlo; ma tutte quelle
occasioni lui le aveva appuntate mentalmente, allo scopo di non dimenticarle
mai. Una gita con papà non la dimenticava nemmeno dopo dieci anni di vita,
figuriamoci se gli potesse essere sfuggita un’uscita appena una settimana prima.
“No, mamma… papà mi ha
promesso di portarmi alle giostre stamattina, non ricordi?” cercò di
rammentarle, lui stesso un po’ confuso. L’espressione sul volto di Bulma
divenne, a sua volta, altrettanto esitante, “Sei sicuro?” s’informò poco lucida.
Trunks scattò in piedi come
una molla, sentendosi preso in giro. “Certo che ne sono sicuro, mamma!” sbraitò,
risparmiandosi parecchie affermazioni sulla salute mentale di sua madre. Meglio
non insinuare certe cose nei riguardi di Bulma Brief.
Eppure, lei sembrava essere
sincera. Posò una mano al mento, reclinando il capo di lato, “Che strano, se
fosse così sarebbe sicuramente venuto a lamentarsi. Io non ricordo nulla”
insistette lei, cominciando seriamente a preoccupare il bambino che non sapeva
più cosa pensare. “Va bene” stabilì infine la donna, alzandosi a sua volta, “Gli
parlo io, vedo se riesco a convincerlo” propose, spolverandosi i pantaloni della
tuta da lavoro.
Bulma guardò per un attimo
il figlio da capo a piedi, come se stesse cercando di comprendere qualcosa che
pareva esserle sfuggito. Gli posò una mano sul capo dai folti capelli lilla
senza mai smettere di fissarlo. “Lo sai, Trunks, ti sei alzato parecchio
ultimamente” dichiarò scompigliandogli la chioma, prima di uscire dal
laboratorio.
Trunks, invece, rimase lì,
immobile al centro della stanza e fissando la porta dalla quale la madre era
uscita. C’era qualcosa di molto strano, eppure non riusciva a spiegarsi
esattamente cosa fosse.
*
CONTINUA…
*
*
giusiemo291: Dopo quanto mi
hai detto ringraziarti è veramente il minimo, spero sempre di più di non
deluderti ^^’. Sono felice di sapere che le scene che descrivo sembra di
vederle. Passando alla storia, vedremo se la tua “pazzia” ti ha portato sulla
buona strada XD. Intanto, grazie anche per aver aggiunto la storia ai preferiti.
*
kutai: Non capisco perché
le tue recensioni dovrebbero infastidirmi. Puoi tranquillamente smettere di
essere paranoica e recensire se hai voglia di farlo. Ti ringrazio per i
complimenti, vedremo se la tua teoria sulla storia sarà quella giusta. ^^
*
ka93: Diciamo che Bulma ha
risolto tutto, e il “coso” (ormai universalmente definito XD) non crea più
problemi agli allenamenti. Un doveroso ringraziamento, sperando che la storia
continui a piacerti.
*
Vale_93: Ti ringrazio, spero che la storia continuerà ad interessarti, vedremo se la tua teoria è giusta ^_^
*
lilac: Giustifico la tua
assenza, ma alla prossima dovrai recensire accompagnata da una palla di pelo
anche tu o non ti ammetto in aula XD. Ok, sorvoliamo sulle idiozie e passiamo
alle cose serie… per modo di dire. Come sempre ti rivolgo i miei doverosi
ringraziamenti per i complimenti. Sono contenta che i dettagli ti siano
piaciuti, ma soprattutto mi fa piacere sapere che hai apprezzato il rapporto
padre e figlia. Per quanto riguarda Trunks, i problemi per lui sono solo
all’inizio come puoi ben vedere.
*
Ishyna: E’ un vero piacere
sapere che questa storia ti piaccia. Spero che la tua certezza non venga
smentita. Intanto, come vedi, la trama comincia leggermente a svilupparsi. Nel
frattempo io ti ringrazio per i complimenti e per averla aggiunta tra i
preferiti.
*
scImMIA: In realtà è il
gattino il vero padrone di casa, tutti gli altri sono ai suoi ordini XD. Intanto
è giunta voce che la Signora Brief ha comprato anche delle crostate, oltre ai
pasticcini naturalmente. Per tutto il resto, vediamo se le tue teorie sono
giuste o meno (inclusa quella sulla friggitrice XD). Passando a cose più serie
(immaginiamo che ci siano), anche a te vanno i miei ringraziamenti, sono
contenta che il rapporto tra Bulma e suo padre sia stato di tuo gradimento.
Attendendo il tuo voto finale mi auguro che anche questo capitolo ti sia
piaciuto. ^^
*
tety: Ecco l’aggiornamento,
spero abbastanza veloce. Riguardo alla storia, chissà cosa sta succedendo,
intanto io ti dico solo che…
|
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Capitolo 4 *** Gli abiti che indossi ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Gli abiti che indossi
*
Bulma camminò a ritmo di
marcia per i corridoi della Capsule Corporation. Nessuno poteva deludere il suo
bambino e passarla liscia, soprattutto quello zuccone che, in teoria, aveva il
ruolo di padre.
Anche se, doveva ammettere,
persino a lei era sfuggito qualche dettaglio nel discorso di Trunks. Da come ne
aveva parlato le aveva dato l’idea che anche lei dovesse conoscere i dettagli di
questa fantomatica promessa, eppure non le risultava nulla del genere. Si decise
dunque a porre la questione allo scim… ehm, a Vegeta, con una certa dose di
calma.
I suoi piedi si fermarono
di fronte alla Gravity Room, preparandosi alla possibile battaglia. Si poggiò le
mani ai fianchi ed osservò l’uscio dove aveva il novanta per cento di
probabilità di trovare il compagno.
Con una certa dose di
calma, Bulma; ricordò mentalmente a
se stessa.
Lo sguardo accigliato si
sciolse all’improvviso, osservando quello strano monitor installato accanto alla
porta. Da quanto era lì? Ma soprattutto, perché era lì?
Era lei la responsabile
della camera gravitazionale, con suo padre avevano chiaramente stabilito così;
allora da dove diavolo era spuntato quel coso?
Escluso che potesse essere
opera del genitore, poiché l’avrebbe avvertita. Le avrebbe mostrato dei progetti
parziali o inconcludenti, affinché potesse renderla partecipe dell’idea. E se lo
aveva davvero fatto se lo sarebbe ricordata. Che cavolo, lei era Bulma Brief, la
scienziata più geniale della Terra, anzi no, dell’intero universo. Di sicuro non
le sarebbe sfuggito un nuovo progetto. Ne era più che sicura.
Ad ogni modo, non era
quella la questione più importante del momento, con suo padre avrebbe fatto i
conti in seguito. Ora la sua preoccupazione era tirare le orecchie al padre di
suo figlio.
Compì un passo in avanti,
scoprendo ben presto che c’era un dettaglio che non aveva considerato, o notato
visto il suo interesse per quel monitor. La stanza sembrava essere spenta,
quindi Vegeta non si stava nemmeno più allenando.
Perfetto, aveva beccato
l’unico dieci per cento in cui il brontolone di casa non era impegnato a
massacrarsi nella sua camera preferita. Quindi doveva anche cercarlo. Peggio per
lui, più si vedeva costretta a schizzare da una parte all’altra della casa, più
lo avrebbe strigliato per bene una volta trovato.
Girò i tacchi, ipotizzando
in quale angolo della casa si era rifugiato. A rigor di logica dopo gli
allenamenti era solito andare a farsi una doccia. Risultato di discussione calme
e riflessive… Ok, lo aveva minacciato più e più volte in passato, questa era la
verità.
“Vegeta!” sbraitò una volta
raggiunta la camera da letto, provvista di bagno adiacente, nella speranza di
trovarlo lì. E lui c’era. Il capo del Saiyan, infatti, fece capolino dall’uscio
del bagno, con i capelli ancora bagnati.
“Che vuoi?” domandò già
scocciato, sfregandosi la testa con un asciugamano. Bulma entrò con passo
pesante nella stanza, lo guardò dritto negli occhi, additandolo con fare deciso,
“Cos’hai detto a Tr…” la frase si bloccò improvvisamente, mentre gli occhi della
donna sembravano rivolti oltre la figura del compagno.
Vegeta inarcò un
sopracciglio con aria un po’ confusa, fissandola in attesa di sapere il motivo
per la quale era venuta a seccarlo, questa volta. Dal canto suo, Bulma sembrò
rivolta a tutt’altro. Sorpassò l’alieno, concentrando lo sguardo su una sedia
ricolma di vestiti, disposti disordinatamente.
Che fosse pazza ed
isterica, per Vegeta, non era certo una novità, per tal motivo si limitò ad
appoggiarsi il canovaccio sulle spalle incrociando le braccia. Per certi versi
intrattenuto da una scena così strana, quanto spassosa. “Che fine ha fatto?”
domandò ora Bulma, afferrando gli abiti appoggiati sulla sedia e lanciandoli in
aria con la più totale mancanza di eleganza. E Vegeta restò a guardarla in
silenzio.
Tsk, la donna del caos, poi
si lamentava che la loro stanza era sempre in disordine. “Si può sapere che ti
prende adesso?” s’informò il Principe, in parte stufo di quella sceneggiata, ma
dall’altra parte decisamente incuriosito. Bulma fermò i suoi movimenti, reggendo
ancora alcuni indumenti in ambedue le mani. Si voltò a guardare il consorte come
se avesse visto un fantasma. “Il mio vestito rosso. L’ho messo qui l’altro
giorno e ora è sparito!” spiegò lagnosa, tornando a volgere lo sguardo verso il
sedile.
Il volto di Vegeta assunse
sfumature indecifrabili che andavano dalla curiosità al fastidio, passando per
rabbia e irritazione. “Di quale vestito rosso stai parlando?” volle sapere,
prima di incorrere nell’accusa che presto gli sarebbe stata rivolta. “E’ nuovo,
l’ho comprato l’altro giorno. Corto, con le spalline larghe e una scollatura che
mi arriva fino all’inizio del seno” lo descrisse velocemente, osservando il
compagno per qualche attimo, “L’hai spostato tu?” domandò sospettosa.
Ecco, lo sapeva. “Non dire
idiozie, cosa me ne farei io del tuo stupido vestito?!” sbottò contrariato il
Saiyan. Bulma gli riservò uno sguardo diffidente per un secondo, infine stabilì
che vi era una certa logica. “Già, hai ragione. Figuriamoci se tu ti accorgi di
certe cose” suppose farfugliando tra sé, senza troppo badare al compagno.
Vegeta si limitò ad
inarcare un sopracciglio, stufo di essere costretto a parlare di cose superflue.
Senza attendere oltre decise di uscire dalla stanza, lasciando la consorte alla
ricerca del suo fantomatico abito. Lui non voleva certo essere presente, per
assistere alla disfatta totale del poco ordine rimasto.
*
L’uscio del laboratorio
cigolò come di consueto. Il Dottor Brief entrò nella stanza trasportando alcuni
scatoloni piedi di pezzi di ricambio evidentemente nuovi.
Non andò molto oltre la
soglia, poiché individuò subito la figura del nipote seduto al centro
dell’officina. Il volto del giovane erede della Capsule Corporation era segnato
da un notevole broncio inquieto. Le braccia e le gambe intersecate e lo sguardo
fisso sul pavimento, segno che i suoi pensieri erano altrove.
“Cosa ci fai qui, Trunks?”
gli domandò l’anziano scienziato avvicinandosi a lui e liberandosi dell’ingombro
dei pacchetti, poggiandoli sul pavimento. Trunks non si mosse, restando assorto
in chissà quali elucubrazioni. Solo dopo alcuni secondi farfugliò qualche frase
sconnessa, che il vecchietto non riuscì a decifrare.
Il Dottore restò a fissare
il nipotino per alcuni istanti, successivamente si accomodò accanto a lui, come
se fosse naturale, o ovvio, intrattenere una discussione seduti sulle lastre
stese al suolo. “Non dovresti essere alle giostre con tuo padre?” gli domandò
alcuni istanti più tardi, afferrando il pacchetto di sigarette custodito in un
taschino del suo camice.
Quelle parole servirono a
risvegliare il ragazzino dal proprio torpore. Il giovane Brief sollevò lo
sguardo sul nonno, sgranando gli occhi ed osservandolo come se la sua figura
fosse diventata improvvisamente evanescente. Era infine la riprova che non si
era totalmente ammattito; in egual misura erano i suoi genitori ad avere qualche
rotella fuori posto. Inconsciamente, il piccolo Trunks, si augurò che la
malattia mentale non fosse ereditaria, o all’età di quarant’anni avrebbe dato
segni di squilibrio. Quando osservò il nonno, che si era per un attimo fermato a
parlare con l’inseparabile animale, le sue vane speranza andarono sgretolandosi
in un solo istante. Era ereditario dunque.
L’anziano si guardò
attorno, senza immaginare i dubbi sul suo intelletto da parte del nipote. “Ehi,
che fine ha fatto tua madre?” domandò accorgendosi solo in quel frangete
dell’assenza più importante della stanza, “Dobbiamo costruire il motore. Sono
andato a prendere i pezzi nuovi apposta” farfugliò parlando tra sé, aspirando il
fumo della sua sigaretta.
Trunks osservò gli
scatoloni, dunque sua madre stava lavorando sull’aereo perché non aveva i pezzi
per air-car; finì per pensare. Eppure, ancora qualcosa non quadrava. I suoi
occhi si scostarono ora sui progetti che, per quel che ne sapeva lui, parevano
incompleti. “Nonno, hai parlato con la mamma di recente?” domandò un po’
enigmatico il giovane Saiyan.
L’attempato Dottore si
volse a guardarlo, accarezzandosi il mento con aria pensierosa. “Non da
stamattina. Dal fornitore mi hanno fatto aspettare un sacco, così sono andato a
fare un giro nel parco. Sapevi che in questo periodo dell’anno ci sono parecchi
animaletti buffi che…” il discorso, o vaneggiamento, dell’anziano sarebbe
presumibilmente durato a lungo, ma il nipotino stabilì di non essere
interessato, pensando a tutt’altro.
La porta stridé nuovamente,
zittendo il nonno ed attirando l’attenzione del bambino. Ad entrare nel
laboratorio fu Bulma, che passò in rassegna l’intera stanza con lo sguardo. Si
fermò solo quando intravide le due figure sedute sul pavimento.
Con passo pesante e deciso
si avvicinò ai due, soffermandosi di fronte al genitore con aria seccata. “Papà”
cominciò severa, “Posso sapere cos’è questa novità?” gli domandò poggiando le
mani ai fianchi. L’anziano la guardò con noncuranza, senza comprendere le sue
parole, e senza nemmeno preoccuparsene. “A che riguardo, cara?” s’informò
pacato.
Bulma si additò alle
spalle, indicando nella direzione della camera gravitazionale, “Cos’è quel
monitor che hai installato sulla Gravity Room? Perché non mi hai informata?”
strepitò nervosa.
Trunks inarcò un
sopracciglio in maniera piuttosto sorpresa; dal canto suo, il Dottor Brief
osservò la figlia senza comprendere. “Ma tesoro, sei stata tu ad installare quel
monitor, io non ho fatto nulla” si giustificò scendendo dalle nuvole.
Nonostante la sincerità
dell’uomo, Bulma non sembrò essere molto d’accordo sulla sua affermazione. Se
avesse installato qualcosa sulla camera d’allenamento del compagno si sarebbe
certamente ricordata, “Io non ho fatto un bel niente” decretò inflessibile.
Nonno e nipote si
scambiarono un’occhiata d’intesa. Sui loro volto la medesima domanda. Era forse
impazzita?
*
La bionda Signora Brief
uscì dalla lavanderia reggendo tra le dita due capi di abbigliamento. Il primo
era il vestito rosso che sua figlia le aveva chiesto strepitando. Bulma aveva
urlato qualcosa sul fatto che non riusciva a trovarlo e che l’aveva poggiato su
una qualche sedia il giorno in cui l’aveva comprato. La madre non aveva dato
troppo peso alle sue parole, si era però offerta di aiutarla nelle sue ricerche.
Non fu così difficile trovarlo, considerando che l’aveva lavato appena qualche
giorno addietro. Il motivo dell’agitazione della giovane donna le risultò
incomprensibile. In risposta, lei si limitò a sorriderle pacatamente. Come del
resto faceva sempre.
Il secondo capo, invece,
era un paio di pantaloni da uomo, alla quale aveva appena rifatto gli orli.
Bulma le aveva chiesto, diversi giorni prima, di sistemarli affinché il marito
potesse indossarli comodamente. Viste le lamentele di quest’ultimo sulla loro
lunghezza eccessiva. E come sempre, l’allegra padrona di casa, si era prodigata
per accontentare lo scorbutico ed affascinante genero.
Proprio da lui si stava
dirigendo in quel preciso istante, allo scopo di consegnargli l’indumento. Fu
provvidenziale dunque, incrociarlo per i corridoi dell’abitazione.
“Oh,Vegeta caro!” cinguettò
la donna andandogli incontro. Vegeta, al contrario, non sembrò entusiasta di
incrociare l’insopportabile ed appiccicosa suocera. Si limitò a fermarsi sul
posto, osservando con espressione disgustata la bionda che gli stava venendo
incontro.
La Signora Brief
gli mostrò il capo d’abbigliamento a lui indirizzato, reggendolo per l’elastico,
affinché l’uomo potesse osservarli nella loro interezza. “Ti ho sistemato
l’orlo, come avevi chiesto. Ora prova a vedere se ti stanno” lo invitò a fare,
scrutando i calzoncini che il guerriero stava già indossando.
Vegeta sembrò parecchio a
disagio, compiendo un istintivo passo indietro, allo scopo di allontanarsi.
Lanciò un’occhiata imbarazzata alla suocera, poi volse la sua attenzione alle
braghe che lei gli stava mostrando. Increspò le sopracciglia ed incrociò le
braccia, “Non sono miei” stabilì risoluto.
Lo sguardo della donna fu,
per una volta, piuttosto sorpreso. Dopo l’animata discussione sulla lunghezza
dei pantaloni, avvenuta la settimana prima, come poteva non riconoscere quei
calzoni?
Notando l’attimo di
distrazione, l’astuto Principe dei Saiyan, si defilò, evitando una conversazione
sconveniente con il barattolo di miele. Aveva cose ben più importanti da fare,
quale allenarsi ancora per un po’, prima di coricarsi.
Tuttavia, la gravità per
quella sessione d’allenamento, non andò oltre i settecentosessantacinque.
*
CONTINUA…
*
*
giusiemo291: Il tuo
ragionamento era chiaro, ma non ti svelerò se è giusto o sbagliato. Tuttavia è
una teoria interessante. Chissà chissà… Per il momento mi limito a ringraziarti
sentitamente ^_*. Per quanto riguarda “A new dimension” è una storia conclusa, è
stata una mia mancanza, alla quale ho provveduto. Grazie per avermelo fatto
notare.
*
ka93: Eh no, Vegeta aveva
acconsentito, a modo suo, ma aveva accettato di portare il figlio alle giostre
XD. E come vedi il discorso tra Bulma e Vegeta ha avuto un esito imprevisto.
*
tety: Sarà, ma io mi sento
un ghepardo un po’ malandato XD. Scherzi a parte, grazie per i complimenti, come
sempre spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
*
scImMIA: Direi che come
periodo ci siamo. Infatti dovrebbe, in qualche modo, essere inserito in quel
periodo. Come non si sa ancora XD. Vegeta aveva promesso a Trunks una gita al
Luna Park e Bulma era alle prese con alcuni lavori in laboratorio (anche se nel
suo caso era una moto ^_*). Per il resto non dico ancora nulla! Parlando
d’altro, anche a me piacciono le relazioni sociali che riguardano non solo i
protagonisti, ma anche i così detti minori. Come dici tu, tutti hanno un piccolo
ruolo nella grande storia che è Dragon Ball. ^^
*
Ishyan: Per sapere cosa
indicano queste misteriose cifre è ancora presto. Intanto vedremo qual è
l’entità del danno.
*
kutai: E’ una teoria, ma
non ti dico se è giusta o meno. Vedremo se la percentuale della tua sicurezza si
alzerà o si abbasserà dopo questo capitolo. Intanto io ti ringrazio come sempre
per i complimenti.
*
lilac: Teoria molto
interessante la vostra (la tua, della palla di pelo e della sfera XD). Come per
gli altri non ti dirò se è giusta o sbagliata, ma come ti ho accennato in altra
sede, qualcosa di “giusto” c’è ^_*. E vedremo, se l’assenza del Dottor Brief
gioverà al piccolo Saiyan. Come sempre un sentito ringraziamento, sperando che
l’idea continui a piacerti.
|
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Capitolo 5 *** Panico ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Panico
*
Quella mattina, furono le
voci provenienti dal piano inferiore a strapparlo dal suo prezioso sonno. Il
vociferare continuo ed insistente gli impose di tornare alla realtà ben prima
del suono della sua sveglia.
Più che le parole, però,
ciò che lo costrinse a destarsi così brutalmente fu la tonalità squillante ed
acuta che si insinuò prepotente nella sua mente, inducendolo a rifugiarsi sotto
le lenzuola nel vano tentativo di sfuggire al frastuono. La voce, che risultò
ben presto essere quella materna, non sembrava intenzionata a smettere tanto
presto, costringendo il giovane Trunks ad alzarsi definitivamente dal letto.
Scosso ed ancora
decisamente assonnato, scese dal suo giaciglio dirigendosi verso la porta della
sua cameretta. La socchiuse lentamente, sbirciando all’esterno con gli occhi
ancora semichiusi. Si guardò attorno con circospezione per diversi istanti,
decidendosi infine ad uscire dalla stanza.
Percorse pochi passi, nel
lungo corridoio dell’enorme casa dalle mura gialle, fermandosi accanto alla
ringhiera che si affacciava sull’atrio del piano di sotto. I suoi piccoli occhi
azzurri si soffermarono infine sulle due figure in piedi al centro dell’androne.
Sua madre, che sembrava più
agitata del solito, puntava un dito verso l’altro genitore, evidentemente poco
incline a darle retta qualunque cosa lei gli stesse dicendo. Come se la donna
che gli sostava davanti non avesse valore alcuno. Se doveva essere sincero,
nella sua giovane vita, mai aveva visto i suoi genitori scrutarsi con quegli
sguardi. Di liti ne aveva viste a centinaia, non era la prima volta che a
destarlo erano le urla di uno o dell’altra, ma i loro volti erano contratti in
smorfie di disprezzo e profondo fastidio.
Trunks era diventato
pratico a riconoscere la gravità del battibecco tramite i loro occhi, gli
sguardi assassini erano all’ordine del giorno, ma le sopracciglia aggrottate del
padre e gli occhi severi della madre gli lasciavano intuire abbastanza
facilmente il livello di rabbia che correva tra i due durante l’amabile scambio
di battute.
Quelle non erano le
espressioni di una lite dalla leggera entità. Per la prima volta, mentre li
osservava litigare, Trunks ebbe un fremito di vera e propria paura. A nessun
bambino piace vedere i propri genitori scambiarsi reciproci insulti. E sebbene
lui potesse definirsi avvezzo o preparato, questo contrasto per qualche motivo
andava ben oltre i normali standard.
Tese le orecchie,
nell’intento, un po’ timoroso, di udire anche le parole. Sperando ingenuamente
che esse potessero smentire le sue preoccupazioni.
“Sei un pazzo, un fissato!
Perché non riesci a capire che così ti stai solo ammazzando con le tue mani?
Cerca di darti una regolata!” urlò la donna, scrutando l’altro quasi con
rancore. Vegeta ricambiò con un’espressione del tutto indifferente, le braccia
intersecate tra loro e un moto di rabbia impressa sul suo volto, “Bada agli
affari tuoi” fu l’inflessibile risposta del Principe dei Saiyan. “Fa come vuoi,
arrangiati. Muori a causa della tua stupidità! Sai quanto m’importa?!” sbraitò
Bulma, anche troppo seriamente. “Quand’è così, limitati a non intralciare i miei
allenamenti, donna” impose il Saiyan, mostrandole un pugno in maniera ben
più che semplicemente minatoria.
Sebbene si trovasse di
fronte ad un alieno irascibile e dalla forza erculea, la terrestre non sembrò
preoccuparsene. Si limitò ad incrociare le braccia, squadrandolo con disprezzo,
“Il mio nome è Bulma, cerca di mettertelo bene in testa una buona volta”
gli ricordò.
Trunks stentò a riconoscere
entrambi, il suo viso fanciullesco si contrasse in una smorfia troppo tormentata
per un bambino di appena dieci anni. A distrarlo dalla furente lite furono i
passi provenienti dalle scale alla sua destra. Spaventato si voltò, nella
speranza di veder comparire un volto famigliare.
Fu suo nonno a
materializzarsi a pochi passi da lui. Il Dottor Brief apparve reggendo tra le
mani i progetti sulla quale stava lavorando in quei giorni, intento a
comprendere calcoli che non erano stati scritti di suo pugno.
In quel breve frangente,
l’erede dell’industria più ricca del mondo, ebbe la lucidità per rendersi conto
di quanto, l’assenza della madre, gravasse sui conti e calcoli dei prototipi.
Passato quell’istante, il piccolo Trunks tornò a ricordarsi della situazione che
imperversava un piano sotto di lui, grazie anche alle urla che non erano ancora
cessate.
“Nonno!” urlò, risvegliando
l’anziano scienziato dai suoi calcoli. L’uomo sollevò lo sguardo, osservando il
nipotino che gli corse incontro con aria preoccupata. Trunks indicò la ringhiera
dalla quale stava assistendo alla scena fino a pochi secondi prima, “Nonno, cosa
sta succedendo?” domandò piuttosto agitato. L’anziano sembrò estremamente
tranquillo e rilassato, come suo solito. Assorto in qualche pensiero si tastò il
mento con sole due dita, assumendo un’espressione rapita. “Credo che tua madre
voglia impedire a tuo padre di allenarsi troppo duramente” spiegò con noncuranza
il vecchietto.
Al nipote, la spiegazione
non sembrò in alcun modo sensata. Tra l’altro, come poteva suo nonno restare
tanto indifferente alle parole che si stavano scambiando? Ma gli bastò guardarlo
negli occhi un solo istante per ricordarsi che stava parlando con l’uomo più
disattento dell’intero universo.
Allo scopo di mandarlo al
diavolo, o quantomeno di porre alla sua attenzione la reale situazione che si
stava animando nell’androne sottostante, aprì la bocca cercando di calibrare in
maniera appropriata le sue parole.
Il provvidenziale
intervento della nonna gli impedì di rivolgersi al vecchietto troppo
aggressivamente. La Signora Brief salì le scale, fermandosi accanto al marito.
Osservò tranquillamente il nipotino, che al contrario aveva l’aria decisamente
sconvolta. “Oh, buongiorno Trunks, dormito bene?” lo salutò con la stessa
negligenza del coniuge.
“Nonna! Cosa sta
succedendo?” strepitò il Saiyan, al culmine della preoccupazione. L’anziana
comprese immediatamente il riferimento del bambino, scostò lo sguardo oltre la
balaustrata, scrutando distrattamente l’animata discussione che seguitava tra la
figlia ed il genero.
“Razza di… Ho detto che mi
chiamo Bulma!” strepitò la donna, distraendo per un attimo i tre commensali
fermi sul pianerottolo.
La bionda restò a fissarli
ancora per un istante, poi volse lo sguardo al più piccolo della famiglia,
sorridendogli serenamente. “Era da tanto che non li sentivo litigare così”
affermò con la più totale naturalezza. Percorse i restanti gradini, raggiungendo
il piccolo Saiyan e appoggiandogli amorevolmente una mano sui capelli del
particolare colore lilla. “E’ ora di andare a scuola, comincia a prepararti” gli
ricordò con una certa tranquillità. Trunks s’imbronciò di rimando, incrociando
le braccia.
*
Tornare a casa da scuola
era, in genere, un sollievo per il piccolo Trunks Brief. Quel giorno, tuttavia,
non varcò la soglia di casa con slancio, né lasciò cadere lo zaino al suolo.
Quando entrò nell’edificio, con lo stemma dell’azienda di famiglia, si guardò
attorno un po’ titubante. Si fermò di fronte all’ingresso, guardando prima a
destra poi a sinistra con circospezione.
Il litigio mattutino dei
genitori lo aveva realmente sconvolto, costringendo il ragazzino a temere
l’irreparabile. Si auto-convinse che non c’era nulla da temere, ma una
spiacevole sensazione non l’aveva abbandonato per tutta la mattina. Giunse alla
conclusione che avrebbe dovuto constatare la situazione con i propri occhi.
Dopo essersi liberato della
cartella scolastica, abbandonandola su una sedia in cucina, percorse velocemente
la strada che lo separava dalla Gravity Room.
Così come aveva fatto
appena il giorno prima si soffermò di fronte alla pesante porta, ma le sue
emozioni erano nettamente differenti da quelle di appena ventiquattro addietro.
L’azzurro dei suoi occhi si
soffermò sul monitor, scoprendo nuovamente che suo padre si stava allenando
ininterrottamente da quando lui era uscito di casa. Al tempo stesso scoprì che
la gravità era settecentosessantacinque. Quindi più bassa del giorno precedente.
Si scoprì rincuorato, sapendo che suo padre era rimasto in quella stanza per
tutta la mattina. Infondo era un atteggiamento normale, quando era arrabbiato.
Tranquillizzato da questa
consapevolezza, Trunks, socchiuse lentamente la pesante porta, sbirciando
all’interno della camera. Ciò che vide si rivelò molto meno rassicurante del
previsto.
Una grossa ferita
sanguinava sulla tempia del genitore, trasformando il suo viso in una maschera
rossa. Restò a bocca aperta, constatando a poco a poco che il corpo del padre
era ricoperto da lividi e ferite profonde.
Nella sua mente si stava
avvicinando a lui, ma il suo corpo non sembrò essere dello stesso avviso.
Rimasto immobile, solo le labbra si mossero in un sussurro impercettibile.
Vegeta si fermò solo quando
le sue gambe sembrarono non voler più sostenere il proprio peso, collassando al
suolo stremato. Gli occhi chiusi e le sopracciglia corrugate in una smorfia di
dolore. Tuttavia non sembrava affatto intenzionato a restare fermo troppo a
lungo. Con notevole sforzo si issò nuovamente.
Fu in quel momento che si
accorse di non essere solo nella stanza. Le sue pupille nere si scostarono sulla
figura immobile dietro il metallo della porta. Lo squadrò per pochi istanti,
come se stesse cercando di riconoscerlo.
Trunks fece un passo
all’interno della camera gravitazionale, verso suo padre. Il Principe dei Saiyan
non sembrò molto entusiasta di vederlo.
Scattò in piedi,
sorreggendosi per miracolo, osservando il bambino con uno sguardo che fece
gelare il sangue nelle vene del piccolo intruso. Suo padre non gli aveva mai
riservato una simile occhiata. Aveva occhi severi ed inflessibili, ma mai,
mai, lo aveva guardato con ardente odio.
“Tu” sussurrò flebile
l’uomo, in una tonalità di voce che sembrava confermare quanto i suoi occhi
stavano già comunicando. Trunks rimase in silenzio ad osservarlo, senza riuscire
a proferire parola. Le gambe gli tramavano, ma non certo per paura.
Vegeta sollevò una mano
generando una sfera di energia, chiaramente intenzionato a scagliarla qQQQualora
l’intruso manifestasse il minimo interesse di restare in quella stanza ancora a
lungo. E Trunks comprese.
Compì un passo indietro,
senza distogliere lo sguardo dal genitore, poi girò i tacchi correndo fuori
dalla Gravity Room il più presto possibile.
Quello non era suo padre,
non poteva essere lui!
Il Principe attese che la
porta si richiudesse prima di dissolvere la sfera. Con un tonfo sordo cadde al
suolo presumibilmente privo di sensi.
*
L’istinto lo guidò alla
ricerca disperata della madre. Nell’insensata speranza che lei potesse avere una
spiegazione.
Percorse di corsa tutti i
corridoi dell’enorme abitazione fino a giungere nei laboratori. Si rivelò essere
uno sforzo inutile, poiché vi trovò solo il nonno che lo guardò con aria
bonaria, affermando che Bulma non aveva varcato quella soglia per tutto il
giorno.
Trunks fu quasi preso dal
panico, cominciando a temere che se ne fosse andata per qualche motivo.
Fortunatamente riuscì a trovarla in salotto, alle prese con una rivista di moda.
Non attese un secondo di
più, la avvicinò apparendo di soppiatto accanto alla poltrona sulla quale era
seduta.
“Mamma!” esordì urlando,
causando uno spavento non indifferente alla donna che lanciò un grido. Trunks
non si preoccupò di aver quasi procurato un infarto alla madre, la guardò con
un’espressione estremamente seria, poggiando le piccole mani sul bracciolo.
Bulma gli rivolse uno
sguardo un po’ frastornato, senza tuttavia proferire parola. “Si può sapere cosa
sta succedendo? Perché papà si comporta in quello strano modo?” l’assalì, senza
darle il tempo di comprendere le sue parole.
Gli occhi azzurri della
donna, infatti, sembrarono lontani dalla realtà che la circondava. Si limitò ad
osservare il bambino come se stesse cercando di collocarlo da qualche parte
nella sua memoria. “Ah! Ci sono!” esclamò all’improvviso, causando uno sguardo
sgomento sul piccolo volto del suo interlocutore.
Trunks si vide additato
dalla madre, che lo stava ancora guardando in maniera piuttosto singolare. “Tu
sei il ragazzo venuto dal futuro!” enfatizzò la donna, che tornò a guardarlo
attentamente; “Effettivamente sei un po’ più piccolo dall’ultima volta che sei
venuto, ma sei tu. Non è vero?” continuò imperterrita.
Il giovane Saiyan si mise
le mani tra i capelli, esasperato. “Ma che succede! Sono impazziti tutti?!?”
esternò, parlando principalmente a se stesso.
*
CONTINUA…
*
*
giusiemo291: No, lo schermo
è puramente una mia invenzione ed ha il solo scopo di mostrare i valori della
Gravity Room, nulla di più. Riguardo l’anno, spero si capisca in che periodo
“siamo”. Nell’originale però è molto vago, quindi non si può sapere con
precisione se Bulma sta ancora con Yamcha o con Vegeta.
*
tety: L’importante è che la
situazione ti sia chiara, anche se ci arrivi “dopo” ^^. Grazie per i
complimenti.
*
ka93: Già, in teoria il
problema è quello, il tempo scorre al contrario ^^. Grazie anche a te.
*
scImMIA: Chissà, magari il
gatto è proprio l’unica persona in grado di supportare il povero Trunks, che in
effetti si ritrova circondato da un mucchio di persone strane. Riguardo alle
espressioni facciali di Vegeta, credo che fossero parecchio disgustate, ho come
la sensazione che non ami particolarmente la suocera XD. Ginew invece è stato
avvistato al Tenkaichi, quindi è sfuggito alla tragedia. ^_*
*
Ishyna: Anche la mamma di
Bulma era fuori casa, stava facendo la spesa ^_*. Spero che la tua curiosità non
sia venuta meno anche dopo questo capitolo.
*
Feleset90: Di brave
fanwriters non ne vedo nei paraggi, devi aver sbagliato storia XD. Comunque sono
felice che le mie storie, anche a distanza di un po’ di tempo, ti risultino
gradevoli. Parlando di questa in particolare invece, come vedi è un po’ più di
qualche settimana. ^_*
*
lilac: Sono io che
ringrazio te per come riesci a individuare i dettagli delle mie storie, in
generale ^^. Tornando a questa, il timer cambia, quindi anche le situazioni e
come vedi tutto si ripercuote su quel povero bambino XD. Grazie per i
complimenti, come sempre.
|
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Capitolo 6 *** Voglio una spiegazione! ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Voglio una spiegazione!
*
Bulma osservò quello strano
ragazzino per alcuni istanti, senza afferrare le motivazioni della sua
incomprensibile agitazione. Trunks, dal canto suo, continuò a borbottare tra se
in una lingua aliena. Non aveva ancora deciso quale momento delle ultime
ventiquattro ore trovava più sconvolgente, o quale dei due genitori aveva
sbattuto più violentemente la testa.
Razionalmente cercò di
trovare una spiegazione plausibile a quanto stava succedendo. Follia a parte,
quale motivo poteva spingere i suoi ad assumere un atteggiamento così bizzarro?
Uno scherzo? No, probabilmente no, suo padre non era un buon attore, nemmeno a
pagarlo. I suoi occhi s’immersero in quelli materni dello stesso colore. E lei?
No, nemmeno lei era il tipo da sostenere un teatrino tanto a lungo. Senza
contare che sembrava terribilmente onesta.
“Va tutto bene?” gli
domandò la donna con tono pacato, osservandolo negli occhi. Il giovane Saiyan
scosse il capo, “Sono io che dovrei chiedertelo! Cosa sta succedendo? Perché vi
state comportando tutti così?” chiese estenuato da un dialogo che, aveva il
timore, non lo avrebbe portato da nessuna parte. Bulma, infatti, lo fissò con
sguardo sincero, “Di cosa stai parlando, ragazzo del futuro?” cercò di capire,
alzandosi dal divano sulla quale sedeva. Si avvicinò al ragazzino, chinandosi
leggermente allo scopo di guardarlo negli occhi.
Trunks aggrottò le
sopracciglia piuttosto indispettito, “Non vengo da nessun futuro, io”
affermò, non mancando di marcare l’ultima parola, quasi allo scopo di
rassicurare anche se stesso.
Il suo modo serio di
guardarla e la maniera di incrociare le braccia, le ricordarono quel misterioso
ragazzo conosciuto sulle lande desolate un giorno di agosto. O forse era
un’altra la figura che tornava ad affacciarsi alla sua memoria con quel medesimo
portamento? In ogni caso era irrilevante.
Il bambino sbuffò
esasperato, rammentando alla donna un altro comportamento fin troppo famigliare
che però non riuscì a collocare. “Io sono Trunks!” esclamò infine, posandosi una
mano sul petto, come se si stesse presentando ad uno sconosciuto. Bulma sembrò
rifletterci per alcuni secondi, “E’ un bel nome” rispose semplicemente, mentre
il guerriero dalla ridotta statura non poté fare altro che schiudere la bocca
con estremo sgomento. “Certo che ti piace…” esordì dopo alcuni secondi, “… me lo
hai dato tu!” dichiarò additandola nervosamente. “Io?” domandò la donna
raddrizzando la schiena. Successivamente si posò un dito alle labbra, assumendo
un’espressione pensierosa.
Il Saiyan la fissò per
pochi secondi, incredulo di fronte alla scena a cui stava assistendo. “Possibile
che non ricordi nulla? Io sono Trunks, sono tuo fig…” la frase fu interrotta a
metà. La Signora Brief fece il suo ingresso in salotto trasportando una teglia
di pasticcini, com’era solita fare, canticchiando un motivetto presumibilmente
inventato. “Oh, cara, ti va di assaggiare dei dolci?” domandò volgendosi alla
figlia.
Approfittando del momento
di distrazione, il giovane Trunks si arrampicò sul divano, scrutando la nonna
con sguardo implorante e speranzoso. “Ti prego…” mugugnò attirando l’attenzione
della bionda, “… almeno tu, sai chi sono, vero?” scongiurò.
La nuova arrivata gli
rivolse uno dei suoi immancabili sorrisi. Face qualche passo nella sua direzione
e si fermò poco distante dal sofà sul quale il bambino era appoggiato. “Ma certo
caro, vuoi un pasticcino anche tu?” rispose allegramente, porgendo al nipotino
il vassoio affinché potesse afferrare facilmente una pasta.
Per tutta risposta, Trunks
si lasciò cadere sullo schienale del sedile, affondando il capo tra i cuscini,
“No” farfugliò appena percettibile.
*
L’anziano Dottor Brief
osservò con attenzione i fogli di un progetto sparsi per tutta la sua scrivania.
Li contemplò rapito dai segni e numeri scribacchiati velocemente per tutta la
loro superficie da una mano esperta che non era la sua.
Generalmente non era a lui
che spettava il compito di fare i calcoli, soprattutto per quel che riguardava
la parte meccanica. Le sue mansioni erano altre. Eppure si trovava a dover
decifrare i frettolosi appunti di sua figlia. Note scritte in maniera parziale,
poiché il resto del complicato calcolo risiedeva tutt’ora nella mente geniale
della sua erede. Geniale, già, talmente tanto da lasciare spiazzato lo
scienziato stesso che, in parte, non riusciva a comprendere gli scarabocchi.
“Mmm” farfugliò tra sé
poggiandosi una mano al mento, “Era da tanto che non leggevo i calcoli di Bulma”
ammise, parlando col felino lealmente ancorato sulla sua spalla. La palla di
pelo miagolò concorde, guadagnandosi una carezza dal suo assorto padrone.
Intento ad accendersi una
sigaretta, il vecchietto non si avvide del rumore cigolante della porta in
metallo. Aspirò il fumo con gesti flemmatici, tornando a volgere la sua
attenzione sui pezzi di carta.
“Nonno!” esclamò
d’improvviso una voce che risuonò per l’intero laboratorio. Se avesse avuto le
reazioni di una persona normale, il Dottor Brief, si sarebbe plausibilmente
spaventato per quell’imprevista irruzione. Lui, tuttavia, si limitò ad alzare lo
sguardo verso il nuovo venuto con la più assoluta tranquillità. L’interlocutore,
che si rivelò ovviamente il nipotino, lo scrutò con aria torva dal lato opposto
del tavolo. Trunks fissò il nonno con un broncio decisamente seccato, oltre ad
aver incrociato le braccia. Si accomodò poi su uno sgabello posto accanto al
tavolo.
“Dimmi cosa sta
succedendo!” sbottò il ragazzino in un atteggiamento decisamente paterno. Lo
scienziato, per tutta risposta, si limitò ad inarcare un sopracciglio
relativamente tranquillo, “Sto finendo dei calcoli che tua madre ha lasciato in
sospeso” spiegò con estrema naturalezza. Trunks scostò lo sguardo sui fogli, li
fissò per un solo istante, poi tornò ad osservare l’anziano, “Mi riferivo a
mamma e papà” specificò in un secondo momento.
Lo sguardo del nonno sembrò
pensieroso, tuttavia le sue riflessioni non durarono per molto. I suoi occhi
scuri, coperti dalle spesse lenti, si posarono su quelli azzurri del nipotino.
“Mmm” farfugliò soltanto, permettendo comunque al Saiyan di comprendere le sue
elucubrazioni. Anche lui si era accorto di qualcosa di strano, nonostante
avesse, forse, notato meno le differenza.
L’espressione di Trunks
tornò ad essere quella di un ragazzino di appena dieci anni, senza però riuscire
a celare una certa preoccupazione. “Che facciamo, nonno?” gli domandò speranzoso
di aver trovato una soluzione, o quantomeno un complice.
La porta si aprì con un
rumore secco, costringendo i due studiosi a voltarsi contemporaneamente
verso di essa.
“Ehi, vecchio!” attaccò
Vegeta che varcò la soglia con passo pesante e deciso, facendo deglutire
sonoramente il più piccolo di casa. Trunks non poté fare a meno di constatare le
ferite che ancora sfregiavano la pelle del padre. Il suo viso non riuscì quindi
a nascondere un moto di preoccupazione, scostando successivamente gli occhi
verso le piastrelle del pavimento.
Il Principe della razza
guerriera ignorò volutamente il bambino. Nonostante ciò, per un breve istante
gli riservò uno sguardo enigmatico, per poi rivolgersi allo scienziato. Si fermò
a pochi centimetri dal suocero, afferrandolo indelicatamente per il bavero del
camice. “Ehi, vecchio, dove sono i robot che ti avevo ordinato per il mio
allenamento?” s’impose categorico. Il Dottor Brief lo guardò un po’ spaesato,
nonostante non ne fosse spaventato, “Di quali robot parli?” s’informò confuso.
Vegeta lo scosse violentemente, sollevandolo dal suolo senza alcuna fatica.
Costringendo, tra l’altro, il simpatico animale domestico a scendere dalla sua
spalla, il quale percorse l’intero tavolo da lavoro non curandosi dei fogli
sopra appoggiati. Si avvicinò al padroncino, riparandosi tra le sue piccole
braccia. Una volta al sicuro miagolò all’indirizzo del suo inseparabile compagno
d’avventura.
“Non farmi ripetere le
cose, vecchio, ti avevo chiesto dei robot, dove sono?” s’infuriò il Saiyan
adulto, non prendendo in considerazione la creatura pelosa. Lo scienziato cercò
lo sguardo del nipote, come a chiederne una conferma del tutto insensata. Trunks
alzò le spalle, tenuto all’oscuro sugli allenamenti del padre.
Quando il Dottore tornò a
volgere l’attenzione sul Principe dei Saiyan scosse la testa in segno di
diniego, “Vegeta, davvero non so di cosa stai parlando” replicò onesto. Manco a
dirlo, la risposta non piacque all’alterato guerriero, che scaraventò al suolo
il malcapitato vecchietto.
La sua prossima vittima
sembrò essere il figlioletto, che si guadagnò un’occhiata assassina senza
nemmeno conoscerne le motivazioni. Il piccolo Saiyan sussultò, sentendosi
rivolgere un ringhio dalla tonalità ben più che preoccupanti. Poté ritenersi
fortunato, in quanto, suo padre tornò a rivolgere l’attenzione allo scienziato,
che nel frattempo era intento a rialzarsi da terra. “Ti avverto vecchio!
Costruisci quanto ti ho chiesto, non tollero che tizi come quel moccioso
diventino Super Saiyan prima di me” esclamò additando il bambino con rabbia.
Questa volta fu il sangue
materno a prendere il sopravvento sul giovane Saiyan. Dotato quindi di una
lingua acuta e tagliente, ma soprattutto senza la facoltà di sapere quando
tacere, non riuscì a risparmiarsi quel “Ma che stai dicendo? Tu puoi già
trasformarti in Super Saiyan” che si pentì un secondo dopo di aver detto.
Vegeta lo guardò malamente.
Senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, Trunks si ritrovò sollevato a
diversi metri dal suolo. “Impara questo moccioso, non mi piace essere preso in
giro!” sbottò mollando la presa e lasciando cadere al suolo il bambino.
“Papà, mi serve un cacciav…
che succede qui?” si presentò Bulma, attirando su di sé lo sguardo di tutti,
gatto incluso, che nel frattempo aveva raggiunto il padrone. Il primo a reagire
fu il piccolo Trunks, che ripresosi dalla botta, senza neanche troppi acciacchi,
si avvicinò a lei di qualche passo. “Ti prego, fermalo mamma! Papà è
completamente impazzito!” affermò additando l’uomo. Quella frase ebbe il potere
di quietare gli animi in un solo istante. Nel contempo, tuttavia, i due diretti
interessati assunsero espressioni piuttosto perplesse.
Bulma, la prima dei due a
tornare alla ragione, per così dire, si avvicinò al ragazzino con apparente
tranquillità. Come aveva fatto poche ore prima si chinò di fronte a lui allo
scopo di guardarlo negli occhi. “Senti, Trunks, giusto? Ti devi essere
sbagliato, noi non siamo i tuoi genitori” cercò di spiegargli dolcemente.
Probabilmente se non avesse
avuto il padre alle spalle, ed ancor più se non si sentisse molto più grande di
quanto era realmente, si sarebbe messo a piangere sul posto. Trunks Brief non
piagnucola, lui è il figlio del Principe dei Saiyan, è un grande
guerriero, non gli è permesso. Questo gli frullò per la testa in qui pochi
secondi, costringendolo a ricacciare dentro tutte le sue lacrime. “Ohhh!
Insomma! Tu sei mia madre, Bulma…” affermò additando la donna, “… e tu sei mio
padre, Vegeta” continuò ancora indicando ora l’uomo.
I due si scambiarono uno
sguardo visibilmente confuso. Sfortunatamente però, in questa occasione il primo
a parlare fu Vegeta. “Tsk non è possibile, moccioso. Io non ho niente a che fare
con questa tipa rozza” affermò incrociando le braccia, scrutando l’altra
con aria beffarda.
Bulma aggrottò le
sopracciglia, si posò una mano al fianco, mentre l’altra si strinse in un pugno
che sventolò minatorio. “Come scusa? Ripeti un po’?!” proruppe adirata.
Ciò che seguì fu un
simpatico, per modo di dire, scambio di battute, una meno galante dell’altra.
Nel frattempo al giovane Trunks non restò che cercare conforto negli occhi del
nonno.
*
Troppi pensieri affollavano
la mente del piccolo di casa Brief, quella notte. Troppe cose non riusciva a
spiegarsi, rendendolo quindi parecchio agitato. Costringendolo dunque ad
affrontare una notte inquieta e burrascosa. Più ci pensava, tra l’altro, e più
gli pareva una situazione assurda e paradossale.
I suoi sogni turbati lo
costrinsero a non chiudere occhio per molte ore, svegliandosi in continuazione.
Insomma, Trunks si svegliò a mezzanotte, l’una e mezza ed infine alle tre.
Quest’ultima costrinse il giovane Brief a prendere una decisione, oltre ai mille
pensieri anche la sete cominciò a tormentarlo.
Vedendosi quindi costretto
a destarsi per procurarsi qualcosa da bere scese dal suo letto, avviandosi
assennatamente verso la cucina. Gli occhi assonnati e semichiusi non gli
impedirono però di notare qualcosa di strano.
Una luce, apparentemente
proveniente dal nulla, illuminava i corridoi della Capsule Corporation. Da dove
giungesse risultò subito un mistero, ma Trunks, ora del tutto sveglio, stabilì
mentalmente che avrebbe scoperto la sorgente di quella strana luminescenza.
*
CONTINUA…
*
*
giusiemo291: Il periodo è
proprio quello infatti, nessuno dei due ha la più pallida idea di chi sia
Trunks. Per loro è ancora “il ragazzo del futuro”. Non mi resta che ringraziarti
nuovamente per i complimenti.
*
LeftEye: Decisamente i suoi
sono genitori fuori dal comune già normalmente, figuriamoci in una situazione
del genere. Grazie per i complimenti, spero, come sempre, che la storia continui
ad incuriosirti.
*
kamy: La fan fiction non
scappa, quindi puoi stare tranquilla, quando la leggi la leggi, senza fretta.
Parlando della storia, non c’è pericolo per il futuro, non è Trunks che sta
viaggiando nel tempo.
*
scImMIA: Sapevo che prima o
poi qualcuno avrebbe sollevato il problema “specchi” XD. La cosa in realtà è
molto semplice, Bulma non ha avuto modo per guardarsi. Di conseguenza lei si
ricorda come l’ultima immagine che le suggerisce la sua mente. Niente specchi
niente panico XD. Mentre i nonni… loro continuano a vivere in una dimensione a
parte, per l’immensa felicità del povero Trunks.
*
Ishyna: Mi auguro che
lentamente le cose comincino a quadrarti meglio. ^^’
*
tety: Ecco cosa succede
quando Bulma e Vegeta scoprono chi è Trunks in realtà, spero che la loro
“reazione” non ti abbia deluso.
*
ka93: Sono diverse perché
si scambiano insulti più pesanti ^^. Come vedi Trunks sta davvero per strapparsi
tutti i capelli. Grazie dei complimenti.
|
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Capitolo 7 *** Un po’ più di tempo ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Un po’ più di tempo
*
L’orologio segnava le tre e
mezza di notte, quando la porta della camera da letto si spalancò
all’improvviso. Il frastuono, tuttavia, non sortì alcun effetto sugli inquilini
che stavano pacatamente riposando.
Una piccola figura si
arrampicò sul lettone, causando un gran baccano. Nonostante il chiasso prodotto
dal bambino, nessuno dei due diede alcun segno di vita. “Noooonnoooooooooo!”
strepitò il ragazzino, suscitando finalmente un leggero mugolio da parte
dell’anziano, che si limitò a voltarsi nella sua direzione aprendo leggermente
gli occhi. “Svegliati nonno! Devo mostrarti una cosa, andiamo, alzati!” esclamò
l’energico Saiyan, scuotendo il malcapitato scienziato, affinché si destasse
completamente.
“E’ già ora della
colazione, Trunks?” parlò una voce dal lato opposto del letto. Il bambino
osservò la nonna, dei due sicuramente la più sveglia, accarezzare il gatto nero
che si era gettato tra le sue braccia, spaventato anch’egli dallo schiamazzo
improvviso. Trunks scosse energicamente il capo, “No, nonna, non è questo” le
rispose frettolosamente, allo scopo di zittirla. Tornò poi ad occuparsi
dell’uomo, scrollandolo forse troppo energicamente.
Il Dottor Brief allungò la
mano verso il suo comodino, alla ricerca degli occhiali da vista che era solito
indossare. Con una calma innata, causata solo in parte dal sonno, poggiò le
lenti sul naso, rivolgendosi al nipotino che lo stava fissando agitato.
“Cosa succede figliolo?”
domandò, non prima di aver a sua volta tranquillizzato l’animaletto nero in
braccio alla moglie. Trunks additò il corridoio visibile oltre l’uscio della
stanza, “Svelto, devi venire a vedere una cosa!” sbraitò saltando giù dal
materasso. Successivamente afferrò l’anziano per il pigiama, tirandolo nella sua
direzione.
*
L’anziano Dottor Brief
scrutò con attenzione il monitor che aveva davanti. Una mano appoggiata al mento
ed un’espressione pensierosa in volto. Ciò erano indice che l’indomabile
intelletto dell’uomo era in funzione, alla ricerca di una soluzione, o
quantomeno di una spiegazione.
Nonostante la totale
concentrazione che pareva riservare ai dati scritti a lettere cubitali, i suoi
pensieri si spostarono su tutt’altre vie. “Mmm… certo che i Saiyan sono davvero
straordinari. Sostenere una gravità di settecentosessantadue per dieci ore
consecutive non è da tutti. Non riuscirò mai a capacitarmene” borbottò parlando
più verosimilmente a se stesso.
“Non mi sembra il momento
di divagare, nonno!” lo riportò all’ordine il bambino meticcio, che nel contempo
scostò lo sguardo sulla strana luminescenza che proveniva dalla centralina della
Gravity Room. “Secondo te cosa può essere?” domandò poi, aggrottando le
sopracciglia ed assumendo un’espressione preoccupata.
Lo scienziato si avvicinò
di qualche passo verso la fonte delle loro attenzioni. Restò a fissarlo a lungo,
“Non saprei, figliolo. Purtroppo temo di non poter controllare fino a quando tuo
padre non uscirà da quella stanza” spiegò, senza scostare lo sguardo dal
pannello che nascondeva i meccanismi e dalla quale filtrava la luce.
Trunks affiancò il nonno,
“Dici che è la causa di tutto? Puoi aggiustarlo?” domandò, anch’egli scrutando
la probabile fonte dei guai.
L’anziano si lisciò i
lunghi baffi per pochi istanti, evidentemente valutando le alternative. “Spero
di sì” rispose infine non troppo incoraggiante, “Purtroppo è tua madre che si
occupa della manutenzione, io non ci metto mano da anni” aggiunse in un secondo
momento.
Il volto del giovane Saiyan
divenne estremamente ansioso, “Come sarebbe? Tu e la mamma siete allo stesso
livello per queste cose, vero? Non sarà difficile per te sistemare il problema!”
esclamò gesticolando. La sola replica che ottenne dall’attempato scienziato fu
uno strano mugolio per nulla positivo.
*
Quando si decise ad alzarsi
dal comodo letto, l’orologio segnava già le dieci di sabato mattina. Con una
certa pigrizia e spossatezza si avviò stancamente verso la cucina, allo scopo di
fare colazione.
Gli occhi semichiusi le
impedirono di vedere quel mobiletto, posto accanto alla porta del suo bagno.
L’impatto fu estremamente dolente. Lo spigolo si conficcò dolosamente in una
gamba, causando un grido da parte della povera vittima.
Bulma, ora decisamente più
sveglia e reattiva, imprecò in lingue diverse contro quel maledetto pezzo di
mobilio che le avrebbe causato un notevole livido. Impiegò diversi minuti prima
di riprendersi e tornare a ragionare con una certa calma. Da dove veniva quel
pezzo di legno? E soprattutto, cosa ci faceva in camera sua? Non ultimo, perché
su di esso erano poggiati oggetti prettamente maschili?
Lo osservò per alcuni
istanti, constatando che a Yamcha non appartenevano di certo. Quella non era la
sua marca di dopobarba, né era solito usare lamette tradizionali, lui usava il
rasoio elettrico, ne era più che sicura. Nonostante i suoi dubbi si limitò a
fare spallucce, disinteressata a eventuali motivazioni. Forse aveva
semplicemente cambiato abitudini.
Senza dar troppo peso a
quelle che parevano nozioni insignificanti uscì dalla propria camera da letto,
percorrendo i corridoi. I suoi passi s’interruppero quando si ritrovò a fissare
una figura seduta sul pavimento, intenta a fissare di fronte a sé.
Perplessa, Bulma decise di
raggiungere il padre allo scopo di conoscere le motivazioni del suo, ennesimo,
strano comportamento.
“Che stai facendo qui?” gli
domandò a pochi passi da lui. L’improvvisa apparizione della figlia non sembrò
turbare minimamente lo scienziato, che con la più assoluta naturalezza aspirò
del fumo dalla sua sigaretta senza volgere la sua attenzione alla donna.
“Aspetto che si liberi la stanza” spiegò vagamente, con lo sguardo fisso
sull’enorme entrata in metallo.
Bulma inarcò un
sopracciglio sempre più dubbiosa, non era la prima volta che suo padre si
comportava in maniera bizzarra, ma questa volta proprio non riusciva a
comprendere le sue parole. Quando gli fu ancora più vicina si accorse che l’uomo
vestiva ancora il suo pigiama. “Si può sapere di cosa stai parlando?” volle
sapere, cercando di sbirciare lo sguardo del genitore. Fu solo in quel momento
che si accorse della seconda, e più piccola, presenza accanto all’anziano.
Tra le braccia del Dottor
Brief, il piccolo Trunks, era caduto in un sonno profondo. Troppo sforzo per un
bambino di soli dieci anni restare sveglio dalle tre in poi. Era crollato, ben
prima che il padre uscisse da quella stanza. Sul suo volto era ben visibile una
certa inquietudine. Le sopracciglia aggrottate anche nel sonno gli conferivano
un’espressione eccessivamente tormentata.
“Chi è il bambino?”
s’informò la donna, trovandosi al cospetto di quello che, per lei, era un viso
sconosciuto. Ancora una volta, com’era solito fare, l’attempato scienziato non
sembrò dare troppo peso alle parole, pertanto si limitò a rispondere un
distratto “E’ Trunks”.
La replica seccata della
figlia venne interrotta sul nascere dall’aprirsi del portellone che l’uomo stava
fissando. “Oh, finalmente” esclamò il buffo ometto dai capelli ingrigiti,
facendo appoggiare le spalle del nipotino alla parete, allo scopo di potersi
alzare. Bulma, dal canto suo, si ritrovò a fissare un nuovo viso sconosciuto.
Anche sul volto del nuovo venuto si dipinse un notevole tentennamento,
guardandosi attorno spaesato.
“Chi sei tu?” domandò la
scienziata, osservando quello strano uomo mai visto prima d’ora. Allo stesso
tempo il guerriero parve porsi mille interrogativi. Come se solo uscendo da
quella stanza si fosse reso conto che molte cose non trovavano una collocazione
mentale. “Chi siete voi piuttosto!” ringhiò l’uomo, incattivendo lo sguardo e
puntandolo contro la persona che gli aveva appena rivolto la parola.
“Bada a come parli! Questa
è casa mia, quindi faresti meglio a presentarti!” gli urlò contro Bulma
gesticolando energicamente. “Io sono Vegeta, Principe dei Saiyan, e voi inutili
insetti mi state intralciando!” disse il guerriero.
A Bulma il sangue gelò
nelle vene, “S… Saiyan!” esclamò spaventata, nascondendosi in maniera insensata
ed istintiva dietro l’ignaro e pacato genitore. “C… cosa ci fai qui sulla Terra!
P… pensavo ci volessero ancora dei mesi!” farfugliò decisamente meno baldanzosa
di pochi istanti prima. “Mmm… curioso”, fu invece l’enigmatico commento
dell’anziano.
Vegeta la osservò
innervosirsi al suo cospetto, così come gli piaceva essere trattato. “Terra eh…
interessante, ci è voluto molto meno del previsto” stabilì con un ghigno poco
rassicurante in volto. Il sorriso maligno si spense poco dopo, quando
guardandosi attorno si accorse di una colossale mancanza. “Che fine ha fatto
Nappa?” domandò, parlando forse a se stesso.
Fu comunque lui a
rispondere alla sua domanda. Alzò le spalle poco interessato alla sorte del
compagno di viaggio, intersecò le braccia ed osservò la donna, “Poco male, non
m’interessano i buoni a nulla” stabilì, tornando a sfoggiare quell’inquietante
sorriso.
“Mmm… che succede?”
farfugliò il giovane Saiyan, destato a causa del frastuono provocato dai suoi
genitori, o presunti tali. I tre gli rivolsero uno sguardo distratto. E se suo
nonno gli sorrise benevolo, sua madre non riuscì a nascondere il terrore nei
suoi occhi. In quanto al padre, beh, quello sguardo carico di malvagità avrebbe
fatto venire la pelle d’oca a chiunque. Su di lui il piccolo Trunks si soffermò
più a lungo. Con un balzo si alzò dal terreno, fissando il genitore per diversi
secondi.
“Che hai da guardare?” gli
domandò Vegeta decisamente seccato. Trunks, per tutta risposta scosse il capo
senza proferire parola.
Nel frattempo il Dottor
Brief rivolse lo sguardo sul monitor. Nella sua mente qualcosa cominciò a
diventare più chiaro.
*
CONTINUA…
*
*
kamy: Come puoi vedere
Vegeta peggiora ad ogni capitolo. Vedremo come si risolveranno.
*
tety: Sono felice di sapere
che lo scorso capitolo ti è piaciuto. Riguardo alla luce ancora non si sa nulla
di preciso, più o meno.
*
scImMIA: Dunque, per una
recensione così lunga ci vuole una risposta altrettanto impegnativa XD. Andiamo
con ordine. Nemmeno io biasimo il gatto di casa, ho come la sensazione che stare
lontani da Vegeta sia una buona idea, soprattutto in questo momento, visto che
sta tornando ad essere sempre più scontroso e pericoloso. Parlando di Bulma, in
realtà non si può sapere cosa ha pensato esattamente in quel periodo. Essendo
tre anni “di buio”, da che parte erano rivolti i suoi sentimenti non si può
sapere con esattezza. Limitiamoci a pensare che, come dici tu, all’arrivo di
Freezer lei non disdegna Vegeta, ma d’altro canto quando Goku la saluta
dicendole “partorisci un bambino sano” lei si limita a dubitare della salute
mentale dell’amico. Eppure quella frase poteva benissimo essere rivolta anche a
Yamcha volendo, no? Ad ogni modo la regressione continua e visto il periodo in
cui è ritornato suo padre, il povero Trunks ha davvero qualche gatta da pelare
in più. Concludiamo con il discorsi sugli specchi. Bulma è sì molto vanitosa, ma
non passa tutto il tempo davanti allo specchio, quindi non si è semplicemente
vista. E come avrai notato nemmeno alla mattina ha avuto modo di farlo ^_*.
Grazie per la tua megarecensione, la apprezzo molto. Anche se è banale, un
sentito ringraziamento da parte mia.
*
kutai: Non temere, anche se
perdi dei capitoli avrai sempre il tempo per recuperarli. Loro non vanno da
nessuna parte. ^^
*
giusiemo291: Grazie
infinitamente per aver notato i piccoli grandi cambiamenti che Vegeta ha fatto
nel corso degli anni. Sono molto contenta che sei riuscita a vederli nella mia
storia. Riguardo a Trunks, per lui le cose non vanno troppo bene invece.
*
kikky: Grazie anche a te,
spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento.
*
ka93: Trunks sarà anche un
bambino, ma è il figlio di Bulma e Vegeta, ed è tutto dire ^_*. Per quanto
riguarda la fonte luminosa, qualcosa si sa già.
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Capitolo 8 *** Fuori posto ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Fuori posto
*
“Scusate, mi sapreste dire
la data di odierna?” volle sapere improvvisamente l’attempato Dottore, facendo
dimenticare ai presenti le loro preoccupazioni o intenzioni. Il primo a
rispondere alla domanda, se così si può dire, fu il Principe che, incrociate le
braccia, rivolse la sua attenzione allo scienziato, “Mi stai prendendo in giro,
vecchio?” domandò, senza dissolvere quella chiara intenzione omicida nello
sguardo. Tuttavia, l’anziano, non sembrò impressionato. Scosse il capo
assolutamente tranquillo, “Certo che no, Vegeta” lo rassicurò con una certa
famigliarità.
“Che domande ti vengono in
mente, papà? Ti sembra il momento di fare dello spirito?” si alterò la figlia,
lanciando un’occhiata di sbieco al temibile Saiyan in casa sua. “Il diciotto
aprile settecentosettantasei” si premurò a rispondere il più giovane dei tre,
ottenendo dai genitori degli sguardi più o meno sospettosi.
Bulma si inginocchio
accanto al figlio, posandogli delicatamente le mani sulle spalle. “Ti stai
sbagliando piccolino, siamo nel settecentosessantadue” lo corresse evidentemente
sincera e sicura delle sue parole. Trunks, rilevata la franchezza degli occhi
materni, volse lo sguardo verso il nonno, allo scopo di studiare la sua
reazione.
Il Dottor Brief annuì
ripetutamente, dopo essersi poggiato una mano al mento in maniera piuttosto
pensierosa. “Hai scoperto qualcosa nonno?” gli chiese il nipotino, che gli
rivolse uno sguardo carico di speranza e di aspettative. “Nonno?!” domandò
accanto a lui Bulma, che tuttavia non fu tenuta in considerazione dai due
colloquianti. Il padre della donna, infatti, tornò a rivolgersi verso il bambino
ed annuì, “Forse sì” stabilì volgendo lo sguardo verso il monitor e quel numero
che ancora non si era dissolto dal display: settecentosessantadue.
“Ora basta! Mi sono stufato
delle vostre idiozie! Eliminerò voi e il vostro insulso Pianeta” sbottò infine
Vegeta, scocciato per non essere tenuto in considerazione nella misura che lui
richiedeva. Ma soprattutto perché, a parte la donna, nessuno sembrava essere
terrorizzato dalla sua presenza. Senza attendere una risposta da quelli che lui
riteneva erroneamente insetti privi di alcun valore, generò una sfera di energia
sul palmo della propria mano.
Trunks osservò quella sfera
di ki aggrottando leggermente le sopracciglia, come se avesse anch’egli, come il
nonno, scoperto qualcosa di peculiare in quel semplice gesto. Non indugiò oltre,
frapponendosi tra suo padre ed il resto della famiglia, senza mostrare alcuna
preoccupazione effettiva. “Aspetta papà! Non farlo!” esclamò nel tentativo di
attirare la sua attenzione.
Vegeta rimase immobile,
senza manifestare la minima intenzione di dissipare la sfera che stava
illuminando il corridoio. Scrutò gli occhi del moccioso, avendo una strana
sensazione di déjà-vu.
Quegli occhi avevano qualcosa di anche troppo famigliare. L’attimo di
distrazione del Saiyan fu provvidenziale. Soprattutto se unito alla tempestiva
comparsa dell’ultimo membro di quella stramba famiglia.
“Oh, ma siete tutti qui!
Perché non venite a fare colazione? In tavola si sta freddando tutto” intervenne
la baldanzosa Signora Brief, inducendo tutti, persino Vegeta, a concentrarsi su
di lei. “Arriviamo subito cara” le rispose cordialmente il marito, l’unico che
si degnò di rivolgerle la parola.
Bulma, nascostasi dietro ad
una parete, sembrava più preoccupata delle reazioni del suo stesso compagno, che
nel contempo minacciava il figlioletto con una strana sfera luminosa. Trunks, a
sua volta, sembrava essere decisamente più concentrato sul padre, rivolgendo
dunque alla nonna solo uno sguardo fugace.
“Ti prego, concedici una
tregua” lo supplicò il piccolo guerriero, che per qualche strano motivo riuscì
ad ottenere un lieve tentennamento da parte del genitore. “Tre ore, non un
minuto di più” stabilì perentorio Vegeta, diradando il ki blast che fino a quel
momento aveva illuminato il palmo della sua mano.
Bulma tirò un sonoro
sospiro di sollievo. Forse anche l’anziano Dottore si sentì sollevato,
nonostante riuscì perfettamente a mascherarlo. L’unico che non dimostrò nessun
cambiamento si rivelò essere il piccolo Saiyan che scrutò il padre con
un’espressione circospetta.
*
L’ordinatissimo archivio
del laboratorio subì un’incommensurabile shock, scosso da un piccolo uragano dai
capelli lilla. Il piccolo di casa si stava prodigando alla ricerca di ciò che
suo nonno gli aveva chiesto, incurante della classificazione in ordine
alfabetico dei vari progetti che nel corso degli anni avevano riempito i diversi
cassetti. Ok, la verità era che l’ordine non era il forte dei due scienziati di
casa, quindi dello scompiglio causato dall’instancabile Saiyan non si sarebbe
certamente accorto nessuno!
Fogli e cartacce di
qualunque genere e ogni sorta fluttuavano in aria lanciati dal bambino che nella
sua frenetica ricerca non sembrava curarsi quantomeno di preservare una certa
dignità per quei poveri pezzi di carta.
“Trovato!” esclamò infine,
osservando entusiasta i progetti contrassegnati come Gravity Room modello3,
ossia la versione più recente del macchinario. Lo arrotolò in tutta fretta e
senza perdere ulteriore tempo prezioso percorse velocemente i corridoi di casa
sorreggendo con entrambe le mani i progetti. Tre ore non gli erano mai sembrate
tanto fuggevoli.
La corsa del giovane Brief
subì un involontaria sosta all’altezza del salotto, quando intravide la scena
che si stava svolgendo all’interno. I suoi passi si arrestarono improvvisamente;
osservando ora il padre, seduto in disparte e con un’espressione più imbronciata
del solito in viso, ora la madre, che pareva non volerlo perdere di vista un
solo istante, preoccupata di eventuali danni o di un possibile sterminio del
genere umano. “Volete del tè?” si premurò di domandare la nonna, una specie di
arbitro suo malgrado, o insaputa. La scena poteva quasi definirsi buffa, se suo
padre non avesse davvero l’intenzione di mettere fine al Pianeta Terra. Il
pensiero spronò il ragazzino a riprendere ciò che stava facendo. Suo nonno aveva
bisogno di quei progetti alla svelta.
*
“Eccoli nonno!” esclamò il
bambino, sopraggiungendo di corsa e sventolando i fogli. Il Dottor Brief gli
rivolse lo sguardo, dopo aver scrutato per l’ultima volta la centralina, davanti
alla quale era inginocchiato e che stava attentamente studiando. “Grazie
figliolo” gli disse appena i polpastrelli delle sue dita toccarono la superficie
di quei preziosissimi pezzi di carta.
Li srotolò con cura
cominciando a leggere lettere e numeri che vi erano scritti in maniera piuttosto
disordinata. “Mmm” mormorò poco dopo, evidentemente pensieroso.
Trunks si chinò accanto
all’anziano nonno, allo scopo di leggere a sua volta ciò che vi era scritto.
“Cos’hai scoperto?” domandò poco dopo, non riuscendo a comprendere nemmeno la
metà di quei dati che per lui non avevano alcun senso. “I progetti di tua madre
sono davvero molto complessi” commentò tra sé. Esterrefatto, forse anche
orgoglioso, dei progressi di sua figlia. Trunks, al contrario, non sembrava
molto stupito, o quantomeno non era di certo preoccupato dell’intelletto
materno. Ciò che premeva lui era scoprire cosa aveva portato entrambi i suoi
genitori alla paz… ehm, ad assumere degli atteggiamenti per loro così anomali.
“Non mi riferivo a quello, nonno!” lo sgridò il piccolo guerriero, riportando lo
scienziato con i piedi per terra.
Il Dottor Brief gli rivolse
uno sguardo noncurante, poi tornò a guardare i fogli che reggeva in mano, “Credo
che tua madre abbia, per qualche motivo, introdotto un pezzo della macchina del
tempo nel circuito della camera gravitazionale” spiegò. Trunks inarcò un
sopracciglio, mostrandosi decisamente confuso, “Macchina del tempo?!” ripeté,
senza troppo badare, o capire, il resto del discorso. “In pratica è come se i
tuoi genitori stessero, mentalmente, viaggiando nel tempo” continuò
l’anziano, senza dare ascolto alle parole del Saiyan; osservando poi il monitor
e la data segnata su di esso.
Il piccolo Trunks sbatté le
palpebre, decisamente confuso. “Riuscirai a sistemarlo entro tre ore?” domandò
successivamente, fiducioso che quantomeno suo nonno stesse capendo qualcosa
sulla situazione. Il Dottor Brief introdusse le mani tra i cavi del macchinario,
ispezionandone l’interno e confrontando i vari circuiti con quelli disegnati sui
fogli. “Tua madre ha fatto parecchie modifiche da quando ho inventato questa
macchina” espose, “Ma devo solo trovare l’intruso” aggiunse rincuorando
il ragazzo e cominciando una scrupolosa ricerca filo per filo.
“Mi sono seccato! Non
aspetterò un minuto di più, vi eliminerò tutti!” la voce di Vegeta risuonò in
tutta la casa, allarmando il figlio che sgranò gli occhi. “E’ meglio che vai a
controllare tuo padre” gli suggerì con una certa tranquillità il nonno. Trunks
non se lo lasciò ripetere una seconda volta, annuì correndo in cerca dei
genitori.
Lasciato solo, lo
scienziato, scandagliò l’intero impianto elettrico. Passarono diversi minuti
prima di scoprire quello strano pezzo che produceva una strana luminescenza,
causato da una spia. “Ah, eccoti qua” esclamò, parlando con il meccanismo in
questione. Afferrò gli attrezzi da lavoro, cominciando a tastare l’intruso, allo
scopo di staccarlo dal meccanismo.
Un piccolo bip
risuonò nefasto, costringendo l’uomo a ritirare istantaneamente le mani. Restò
in mobile per pochi secondi, prima di essere certo che la situazione non si
fosse complicata.
Il rumore si ripeté in
breve, ma questa volta in direzione del monitor, alla quale lo scienziato volse
immediatamente lo sguardo. Quando i suoi occhi incrociarono il numero
settecentocinquanta non riuscì a trattenere un “Ops” sinceramente dispiaciuto
pur essendo pacato.
Un secondo più tardi una
sonora esplosione fece tremare l’intera casa.
*
CONTINUA…
*
*
kikky: Grazie mille, spero
che l’aggiornamento sia stato sufficientemente tempestivo e che l’idea continui
a piacerti.
*
giusiemo291: In realtà lo
scopo è proprio quello. Chi più chi meno tutti i personaggi di Dragon Ball
subiscono dei cambiamenti caratteriali. Il fatto che nella mia storia si
riescano ad intuire questi piccoli mutamenti non più che farmi piacere. Grazie
ancora una volta per averlo notato.
*
tety: Grazie anche a te.
L’origine della luce misteriosa è venuto allo scoperto proprio in questo
capitolo. Per il resto, direi che Trunks si trova in una situazione piuttosto
spiacevole.
*
kamy: Ti ringrazio, spero
che il capitolo non si sia fatto attendere troppo e, soprattutto, che ti sia
piaciuto.
*
Ishyna: Credo che anche
Trunks la veda male.
*
kutai: Non credo sia la
pigrizia il problema del Dottor Brief, ma almeno ora sanno come risolvere la
situazione. E intanto il tempo scorre…
*
ka93: Non credo che la
morte di Nappa abbia creato molti problemi a Vegeta, nemmeno anni fa. Comunque
hai letto bene, solo Bulma e Vegeta subiscono questo strano processo.
*
lilac: Sono molto felice di
sapere che anche i coniugi Brief vengono apprezzati in questa mia piccola
storia. Soprattutto mi fa piacere sapere di essere riuscita a non snaturarli,
nonostante nell’originale compaiano saltuariamente e senza mai un ruolo di
spicco. Inoltre ti ringrazio per aver notato i cambiamenti di Vegeta, ma anche
quelli meno evidenti di Bulma. Anche il protagonista sembra soddisfatto, infatti
sta facendo le fusa XD. No, ok, povero Trunks, gli manca solo di essere
dimenticato anche dai lettori!
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Capitolo 9 *** Nuova generazione ***
REMEMBER ME
REMEMBER ME
*
Nuova generazione
*
Bulma rivolse
istintivamente lo sguardo verso la nube di fumo che si era creata al suo fianco.
L’esplosione aveva disintegrato parte della parete e le macerie seppellivano il
corpo di un bambino. “Goku!” urlò senza troppo pensare, avvicinandosi ai
detriti.
Dalla coltre di fumo, però,
non comparve il suo nuovo amichetto dai capelli spinosi e dalla coda scimmiesca,
bensì si materializzò un ragazzino di un paio d’anni più piccolo dagli occhi
azzurri.
Trunks si alzò in piedi,
spolverandosi i vestiti come se nulla fosse accaduto. Alla madre rivolse uno
sguardo fugace, quel che bastava per accorgersi dello stupore nei suoi occhi
quando si trovò di fronte ad una persona differente da quella che credeva.
Successivamente le sue pupille color del cielo si posarono sul padre, che ancora
reggeva il braccio davanti a sé. Restò a scrutarlo più a lungo, osservando il
palmo della sua mano con un’espressione pensierosa in volto.
Vegeta, infine, osservò
quello che, inconsapevolmente, era suo figlio. Mentre sul suo volto si dipinse
una strana espressione dovuta, senz’ombra di dubbio, al trovarsi spaesato in
quel luogo che vedeva per la prima volta. Almeno così credeva.
Il piccolo Saiyan si
massaggiò una spalla, decisamente in ottima forma per essere appena stato
colpito in pieno dalla sfera di ki lanciatagli dal padre. “Sai fare di meglio”
mormorò a bassa voce, in quello che parve più un farfuglio sconnesso ed
insensato a chi lo stava ascoltando.
“Mi dispiace per il muro”
si scusò in seguito, volgendo la sua attenzione alla madre che, dopo aver
incrociato gli occhi con quello che le era parso un piccolo sconosciuto, restò
immobile. “Parli con me?” si additò la donna senza comprendere le parole del
bambino. Trunks si limitò ad annuire, senza scostare gli occhi dal padre.
Solo in quel momento,
Bulma, pensò di seguire lo sguardo del bambino fino ad incrociare gli occhi
tenebrosi di un secondo sconosciuto. “Wow! Chi è quel fusto!” esclamò
improvvisamente, suscitando nel figlio uno sguardo sgomento.
Il piccolo Trunks la guardò
stupefatto dall’atteggiamento superficiale di sua madre. Aveva già intuito che
il tempo era ulteriormente regredito, l’aura del padre ne era la prova, ma non
pensava che fosse arrivato a questo punto.
Bulma si avvicinò all’uomo,
assumendo un comportamento fin troppo frivolo. Con le mani appoggiate alle gotte
leggermente arrossate osservò il Saiyan con occhi svenevoli. “Ciao bel fusto,
come ti chiami?” gli domandò intrepida.
Trunks non poté fare a meno
di coprirsi il volto con una mano, colto da un momento di chiaro imbarazzo.
“C… che diavolo vuoi tu?
Stammi alla larga!” sbottò Vegeta, cercando di allontanarsi in un gesto
istintivo. Tuttavia la giovane non sembrò demordere, avvicinandosi
ulteriormente a lui nel tentativo di guardarlo negli occhi, “Suuu, non essere
timido. Io mi chiamo Bulma, e tu?” continuò, mettendo chiaramente a disagio un
impreparato Principe dei Saiyan.
Vegeta compì un passo
indietro cercando di distanziarsi il più possibile, senza riuscirci, data
l’insistenza della donna. La simpatica, o sconcertante, messinscena continuò
per qualche secondo ancora, prima che il guerriero decidesse di mettere fine
alle sue sofferenze. Estese un braccio in direzione della sua attuale tortura
generando l’ennesima ki blast, “Stai lontana se non vuoi morire” la minacciò.
Nella mente di Bulma non
era passato molto tempo da quando aveva visto, per la prima volta, una
Kamehameha. Comprendendo immediatamente di trovarsi in pericolo, fu lei a fare
allarmata un passo in dietro. Alzò le mani in segno di resa, “E… eh, stai calmo”
cercò di tranquillizzarlo.
Il tentativo si rilevò un
insuccesso, poiché Vegeta lanciò ugualmente la sfera di energia. Fortuna che la
prontezza di riflessi del bimbo servì a salvare la situazione.
Con un balzò, il piccolo
Trunks, saltò in direzione della madre, impegnandosi successivamente a fermare
col proprio corpo il ki appena scagliato.
Bulma perse l’equilibrio,
spintonata in avanti, cadendo in direzione di Vegeta. Quel che accadde in quel
breve istante divenne confusionario a causa dell’ennesimo polverone che si
sollevò. I secondi di silenzio che seguirono parvero quasi infiniti.
“Argh! Bulma, levati! Non
sei una piuma!” brontolò la voce del Saiyan provenire da dietro il divano. “Come
sarebbe! Stai dicendo che sono grassa?!” si lamentò invece la voce di lei. Bulma
sollevò il busto, riscoprendosi a cavalcioni sul compagno, attualmente sdraiato
al suolo. Le sue mani si poggiarono impietosamente ai fianchi, in maniera
decisamente scocciata ed offesa.
Vegeta ringhiò infastidito.
“Spostati ho detto!” ribadì l’ordine incrociando le braccia, scrutando la
consorte con il suo immancabile broncio. Un colpo di tosse distrasse i coniugi
dal buffo litigio. I due voltarono la loro attenzione verso il giovane Trunks,
che un po’ impacciato sembrò voler ricordare ai genitori la sua umile presenza.
Bulma scrutò con attenzione
il bambino per qualche secondo, rendendosi conto pochi istanti più tardi di
essere in una posizione piuttosto scomoda e ambigua. Con uno scatto si sollevò
dal suolo, nel tentativo di darsi un contegno. “Oh, ehm… ciao tesoro” farfugliò
guardandosi attorno, riscoprendo lentamente la situazione del salotto. Pochi
istanti più tardi anche Vegeta tornò a rialzarsi. Si spolverò i vestiti con una
mano, prima di intersecare rigorosamente le braccia.
“AH! Ma che diavolo è
successo qui!” sbraitò la donna. Trunks aprì la bocca nel tentativo di spiegare
la situazione, ma l’anziano Dottor Brief fece il suo ingresso. “Ehi, Trunks, ci
sono riuscito!” annunciò, sventolando il pezzo appena sottratto alla camera
gravitazionale.
*
Il Dottor Brief restò a
fissare affascinato le mani della figlia, che con estrema velocità e precisione
scostavano fili e sistemavano meccanismi con una maestria che era da pochi. Per
meglio dire era di una persona sola, e quella era Bulma Brief. Per quanto lui
stesso fosse ritenuto un genio si doveva sempre prostrare di fronte alle abilità
innate della sua erede.
Aveva impiegato diversi
minuti prima di riuscire a comprendere il guasto e a riparare i danni. Bulma, al
contrario, stava eseguendo la medesima operazione in pochi minuti e con una
facilità impressionante.
“Ecco fatto” annunciò la
donna, asciugandosi il sudore della fronte con la manica della sua tunica da
lavoro. Bulma osservò la centralina con soddisfazione, conscia di aver operato
in maniera pressoché perfetta. “Ora non dovrebbe più aver problemi” concluse
alzandosi, senza distogliere lo sguardo dal meccanismo. “Le mie congratulazioni
cara, sei stata davvero in gamba” si complimentò l’anziano scienziato.
Di norma, a queste
affermazioni, Bulma rispondeva con qualche elogio egocentrico alla sua persona,
in questo caso non disse nulla, si limitò ad incrociare le braccia con aria
pensierosa. L’anormale comportamento non poté far altro che incuriosire il
vecchietto, che reclinò il capo da un lato in cerca di una spiegazione. “Tutto
bene?” le domandò successivamente, non ritenendosi in grado di leggere i
pensieri dalla sola espressione della donna. La scienziata mugugnò qualcosa
sommessamente, infine sbuffò. “Non capisco come sia potuta accadere una cosa del
genere” si rimproverò, in un comportamento che generalmente non le apparteneva.
L’anziano alzò le spalle con noncuranza, “Sono cose che capitano figliola”
minimizzò come suo solito. Il silenzio di Bulma risultò una risposta negativa,
per nulla convinta della spiegazione. Queste cose a lei non accadevano.
“C’è una cosa che non
capisco” s’intromise il piccolo Saiyan, costringendo i due scienziati a
voltarsi, allo scopo di incontrare i suoi occhi color del cielo. Il bambino
incrociò le braccia con aria pensierosa, “Perché solo tu e papà siete tornati in
dietro nel tempo?” domandò curioso il genietto di casa. La madre si appoggiò una
mano al mento, i suoi occhi si fissarono sul soffitto in uno stato di strano
trance, assumendo l’espressione che indicava l’uso a pieno regime del suo
cervello.
“Credo…” esordì dopo
qualche secondo, “… che quando il meccanismo della macchina del tempo è entrato
in funzione ha avuto effetto solo alle persone che erano a casa in quel momento.
Ovvero solo io e tuo padre” spiegò, volgendo lo sguardo al pezzo di metallo che
aveva creato tanti problemi.
“Trunks!” lo richiamò la
voce paterna, che sopraggiunse in quel momento. Vegeta apparve agli occhi di
tutti con indosso la sua giacca e con un abbigliamento che indicava il chiaro
intento di uscire. Mise le mani in tasca e fissò il figlio senza troppa
severità, “Se non ti muovi me ne vado senza di te” brontolò. Trunks lo scrutò
con aria disorientata per alcuni secondi, poi l’illuminazione. “Ah! Le giostre!”
esclamò all’improvviso. Senza dare il tempo agli altri di ricordargli il suo
improrogabile impegno, il piccolo Saiyan, si precipitò verso la propria stanza.
“Arrivo subito papà!” urlò prima di sparire.
Bulma sorrise, volgendo lo
sguardo verso il compagno, che tuttavia si premurò di non incrociare i suoi
occhi. Vegeta si produsse in un impercettibile “Tsk”, volgendo altrove la sua
attenzione e cominciando ad avviarsi verso l’ingresso.
“Yawn! Sono stanchissimo,
credo che andrò a riposare” proclamò l’anziano Dottor Brief, stiracchiandosi. La
figlia lo guardò per un solo istante, poggiandosi pericolosamente le mani ai
fianchi, “Dove pensi di andare tu?” lo richiamò rigorosa. L’uomo le rivolse uno
sguardo confuso, farfugliando un’innocente, “Cosa c’è?”.
Bulma incrociò le braccia
in un atteggiamento austero, “Te lo sei dimenticato? Io e te abbiamo un lavoro
importante da finire” gli ricordò inflessibile. Il genitore chinò mestamente il
capo in avanti, producendo uno strano lamento. Tuttavia, dentro di sé, pensò che
il futuro della sua azienda era in buone mani, almeno per un paio di
generazioni.
*
Vegeta si allontanò
dall’uscio della posta d’ingresso appena vide il figlio corrergli incontro. Un
piccolo sorriso sul volto del giovane Saiyan lasciò chiaramente intendere
l’evidente felicità nel trascorrere un paio d’ore con il padre anche fuori dalla
camera gravitazionale.
“Eccomi, sono pronto” si
presentò fermandosi ad un passo dal severo genitore, che si limitò a fissarlo in
silenzio per pochi secondi. Il Principe, infine, si allontanò dalla parete,
seguito a pochi passi dal bambino. Trunks osservò le spalle del padre per pochi
istanti e sorrise tra sé. Aveva buone probabilità di diventare in gamba come il
suo eroe, un giorno.
*
FINE
*
*
Come qualcuno di voi ha già
capito o intuito, la storia si basa quasi unicamente sulle date di determinati
eventi prelevati dalla Timeline di Dragon Ball.
Per chiunque non fosse
riuscito a seguire gli eventi della mia storia vi riporto una piccola tabella
che, spero, vi aiuterà:
*
776: Dal 16 al 18
aprile. Data di svolgimento di questa storia.
774: Dal 9 aprile al 7
maggio i guerrieri si allenano in vista del Torneo Tenkaichi (Saga di Majin-Bu)
765: E’ l’anno
successivo alla prima comparsa di Mirai Trunks.
762: Il 3 novembre
Vegeta e Nappa arrivano sulla Terra.
750: Pochi giorni prima
del 21° Torneo Tenkaichi (il primo a cui partecipano).
*
giusiemo291: Spero che
qualunque dubbio sia stato dissipato con questo capitolo conclusivo. Incluso il
motivo per la quale solo loro due subivano la regressione.
*
ka93: Come puoi vedere alla
fine sono riusciti ad arginare il problema, nonostante tutto.
*
tety: Per rispondere alla
tua curiosità, nell’ultimo capitolo Bulma e Vegeta avevano, mentalmente, sedici
anni lei e diciassette lui. Spero di averti risparmiato un sacco di calcoli.
*
lilac: Come al solito
riesci a leggere tra le righe, andando oltre ^_*. Il fatto che Trunks fosse più
preoccupato della follia generale che della pericolosità del padre non era
casuale. Il pianeta Terra intanto, è scampato al pericolo senza nemmeno saperlo.
*
kamy: Vegeta qualche danno
doveva pur farlo, ma alla fine è andata bene.
*
scImMIA: Meglio non
eliminare il Dottor Brief, ci serve quell’uomo XD. A Trunks invece è andata
bene, non ha avuto bisogno di prendere a randellate nessuno per risolvere la
situazione. Parlando della spavalderia di Bulma direi che ha i suoi “livelli”,
anche se alla fine prevale sempre il suo caratterino ^_*. I coniugi Brief invece
hanno un modo tutto loro di affrontare le cose. Chiunque si trovano davanti la
reazione è sempre e comunque molto placida. Insomma, da genitori a figlia il
carattere cambia radicalmente, c’è da pensare che non esista una via di mezzo XD.
Detto questo, sono contenta che i personaggi siano in linea con quelli di
Toriyama, questa è una cosa che mi fa immensamente piacere. Riguardo alla tua
perplessità, ti rimando a qualche riga più su. Tutte le date non sono una mia
invenzione, a parte ovviamente quelle che riguardano la storia stessa. Comunque
sono dati facilmente reperibili su qualunque sito dedicato a Dragon Ball. Grazie
per i complimenti e grazie a te per la tua recensione, anche se mi costringi a
fare gli straordinari XD.
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