Learn to Love Again

di hoodiness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Erano passate tre settimane da quando tutto cambiò nella vita di Camila Cabello.

Erano passate tre settimane da quando Lauren Jauregui, la sua migliore amica storica dai tempi dell’asilo, aveva confessato i veri sentimenti che provava verso la minore e quest’ultima, colta all’improvviso e meravigliata allo stesso tempo le aveva risposto con un “lo sapevo” involontario.

Erano passate tre settimane da quando Lauren Jauregui era uscita da casa di Camila con le lacrime agli occhi, giurandole che, qualunque genere di rapporto che avevano avuto fino a quel giorno , era finito.


Definitivamente.


Fu questo il pensiero fisso di Camila quando si svegliò quella mattina.

Le vacanze estive anche quest’anno erano purtroppo giunte a termine e quel giorno sarebbe dovuta tornare a scuola e come lei, pensò subito la ragazza, anche Lauren.

Si domandò come la ragazza avesse passato le vacanze e sperò che lo avesse fatto diversamente da come lo aveva fatto lei.
Aveva passato ogni momento di ogni giornata a pensare alla maggiore e, non appena il suo cervello le concedeva un momento di sollievo, ecco che le tornavano alla mente gli occhi lucidi di Lauren e, puntualmente, ricominciava a pensare a lei.

Pensava a quello che l’amica le aveva confidato quel giorno di Luglio, mentre stavano tranquillamente sul divano a guardare un film, mangiando del gelato al cocco.

Pensava a quella sua risposta stupida e a tutto il dolore che aveva portato negli occhi color smeraldo di Lauren.

Camila non riusciva a credere di aver fatto soffrire una delle persone a cui teneva di più al mondo.

 Lauren era come una sorella per lei.

O forse anche qualcosa di più.



Mentre usciva di casa le ritornarono le ultime parole dettole dalla ragazza:

”Lo sapevi? Non mi dici nulla di più?” 

“I-io, Lauren, non so che dire..” 

“ Io praticamente ti sto offrendo il mio cuore e tu mi congedi così?  Lo sapevo, sono stata una stupida, io e te abbiamo chiuso.”


Dopo di che era uscita da casa di Camila, ma anche dalla sua vita.

Non un messaggio, non una chiamata.


Era davvero finita.
 

Ma il fatto era che Camila non era mai stata brava ad esprimere i suoi sentimenti, tantomeno a capirli.


Ella sapeva che quello che aveva con Lauren era più di una semplice amicizia.

Tutti quegli sguardi, quei momenti di assoluta felicità, i brividi che provava anche nel più insignificante contatto con la maggiore erano ben altro che sintomi di amicizia.

Era solo che Camila non era pronta ad affrontare l’argomento, a mettere a posto i pensieri e capire i suoi veri sentimenti.

In più c’era Felicia.

Come diavolo avrebbe fatto ad affrontarla?

Non aveva la minima intenzione di spezzarle il cuore. Lei le piaceva ed era stata l’unica ad esserci, escludendo le sue amiche del cuore, dopo il litigio con Lauren.

Ma ne era davvero valsa la pena non spezzarle il cuore se facendo così aveva fratturato, calpestato e incenerito quello di Lauren?

Persa nei suoi pensieri, Camila quasi mancò la fermata dell’autobus.

Una volta scesa venne subito raggiunta da Dinah e Normani, le quali stavano animatamente discutendo su quale fosse l’album più epico di Beyoncè. 

“Buongiorno Mila” disse Normani raggiante.

“Giorno Mani” sorrise la più piccola venendo contagiata dal buon umore dell’amica.

“Ma Ally? Qualcuno l’ha vista?” chiese Dinah alle due amiche, le quali non fecero in tempo a rispondere che vennero trascinate insieme a lei in un soffocante abbraccio di gruppo.

“Stavate parlando di me?” chiese Ally stritolando le amiche, per poi scoppiare a ridere.

“Avevo proprio bisogno di una bella svegliata” disse Camila massaggiandosi le costole, provocando così una risata generale nel gruppo.

“Che bello rivedervi tutte, mi siete mancate tanto” sospirò Dinah sorridendo.

“Quasi tutte…” la corresse subito Camila.

Qualcuna di voi ha notizie di Lauren?” cercò di sembrare il più indifferente possibile, ma al dire quel nome la sua voce divenne un sussurro.


Le altre fecero finta di nulla e scossero la testa, scambiandosi sguardi significativi.

In tutte le vacanze, Lauren non aveva contattato nessuna di loro.
Si era come dissolta nel nulla.

E ciò non fece altro che far aumentare la preoccupazione di Camila, la quale, dopo la risposta delle amiche, aveva cercato di dare a vedere che la cosa non la toccasse, ottenendo scarsissimi risultati.

Infatti, come se le avesse letto nella mente, Dinah cambiò prontamente discorso e tutt’e quattro entrarono a scuola dirigendosi ai loro armadietti.

Vennero raggiunte da una ragazza biondo cenere, dagli occhi verdi e la carnagione delicata.

La ragazza si avvicinò a Camila e le diede casto bacio sulle labbra, sfiorandole appena.

Camila sorrise alla sua ragazza e le rivolse uno dei suoi migliori sorrisi.

Le altre ragazze, una volta salutata Felicia, si avviarono ognuna alle proprie lezioni, lasciando così le due ragazze sole.


“Mi sei mancata tanto, Camz” fece Felicia alla mora facendo gli occhi dolci.

Camila si voltò di scatto.

“Come mi hai chiamata?” chiese spalancando gli occhi.

“Camz. Perché?” chiese la bionda preoccupata

“Non ti piace?”

“No, lo odio.” Rispose fredda Camila, evitando di pensare a cosa, o meglio, a chi era dovuto tutto quell’odio.

“Comunque mi sei mancata anche tu, Fel” aggiunse la ragazza, per non sembrare troppo scortese.


“Ma mai quanto mi manca la mia Lauren”


Camila rimase allibita da ciò che aveva pensato e scacciò subito quel pensiero dalla testa, cercando di non pensare al fatto che aveva definito “sua” Lauren e sperò con tutta se stessa che la ragazza che aveva di fronte non avesse il potere di leggere la mente.

Tendendo i suoi libri in mano, Camila chiuse il suo armadietto per poi dirigersi verso la sua aula seguita da Felicia.

Fece per girarsi quando qualcuno, con un brusco movimento della mano, le fece cadere di proposito i libri a terra.

Camila si chinò a raccoglierli, senza degnare di uno sguardo il prepotente.

Cosa che però fece istintivamente quando sentì una voce a lei familiare scusarsi molto sarcasticamente.

I loro sguardi si incontrarono, ma la minore non volle credere a quello che vide.

“Scusami tanto, non volevo. Camz.” Disse Lauren schernendola per poi tirare avanti, ridendo di lei.

Camila rimase a fissare il punto in cui la ragazza era sparita entrando in un’aula.
 

No, non poteva essere.
 

Chi era quella ragazza?
 
 
Di una cosa era certamente convinta: quella non era la sua Lauren.

 
NOTA D'AUTRICE:    
Buona sera a tutti!    
Era da un po' di tempo che mi era    
balenata in mente quest'idea per una ff camren   
perciò eccomi qua!   
Spero che vi sia gradita,   
fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate   
anche perchè, se non piace a nessuno, non aggiorno più.   
Grazie mille,   
Elena    
xoxo    

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Camila fissava un punto indefinito sul suo vassoio, le urla e gli schiamazzi tipici dell’ora di pranzo non sembravano toccarla minimamente.

Continuava a ripensare allo sconvolgente incontro che aveva vissuto quella mattina.

Non aveva smesso un attimo di far lavorare il cervello per trovare una soluzione plausibile a quello che aveva visto.

E c’era.

Era solo che non voleva ammetterlo a se stessa.

Ma nel profondo sapeva che quel cambiamento era dovuto ad una questione lasciata in sospeso tra le due.

Ciò non toglieva il fatto che Camila era rimasta scioccata.

Tra tutto quello che poteva succedere, quella era l’ultima delle ipotesi.

Forse si stava dando troppa importanza, caratteristica non proprio tipica della ragazza.


Ma Camila era pronta a giurare di aver visto le tenebre negli occhi dell’altra.

E la consapevolezza di esserne la causa maggiore la divorava da dentro, creandole una voragine nel petto di cui aveva il timore, ma anche la certezza, che si sarebbe potuta colmare solo in un modo.

Le ragazze avevano tentato di capire il motivo dell’umore dell’amica, ma venendo respinte più di una volta da una Camilla totalmente assente, erano giunte alla conclusione che, se l’amica avesse voluto, ne avrebbe parlato con loro in seguito.

Ma non ce ne fu bisogno.
 
In mensa quasi calò il silenzio totale quando un gruppo di ragazze entrò in mensa.

Un silenzio di colmo di rispetto, timore, ma anche di curiosità dal momento che il gruppo sembrava avere una nuova leader.

Curiosità che crebbe quando quest’ultima seguita dalle sue seguaci, mentre si dirigeva al tavolo riservato a loro, fece una deviazione tirando dritto verso il tavolo dove aveva mangiato gli scorsi anni.

Fu quel movimento a far tornare Camila al mondo reale, ma non ebbe il coraggio di guardare negli occhi la ragazza che si stava avvicinando a loro.

Così restò concentrata sulle balze bianche della minigonna rossa della ragazza che svolazzavano ad ogni suo passo.
Una maglietta degli stessi colori, i colori della scuola, era abbinata, completando così la divisa di una delle onorificenze più alte che il liceo possa offrire.

La ragazza si fermò davanti al loro tavolo e salutò le ragazze accanto a Camila, senza degnare quest’ultima di uno sguardo.
Camila approfittò di quest’opportunità per guardarla meglio.

I capelli, una volta castani, erano stati tinti di un nero intenso e la coda di cavallo le scopriva le orecchie piene di piercing.

La minore ne fu sorpresa.

Lauren le aveva confessato, tempo prima, di aver una paura folle per gli aghi ed era per questo che non la sfiorava minimante l’idea di farsi i buchi alle orecchie.

E invece ora…

Venne distolta da una piccola macchia che la maggiore aveva proprio dietro l’orecchio, appena sotto il lobo.

Un tatuaggio.

Voleva saperne di più, d’altronde era l’unico modo di capire come stesse la maggiore, ma venne interrotta da una voce arrogante che una volta chiamava il suo nome con una dolcezza infinita.

“Hai finito di fissarmi, sfigata?” chiese Lauren sentendosi osservata e, con un gesto della mano, si spostò nervosamente la lunga coda di cavallo proprio sul punto che stava fissando Camila, andando così a coprire il tatuaggio.

Camila, frustrata, la ignorò e si concentrò sul suo piatto ancora intatto e iniziò a giocherellare col cibo.

Lauren, non contenta di quella mancanza di attenzione, le si avvicinò battendo le mani sul tavolo, facendo così sussultare la povera Camila.

“Che vuoi?” chiese la minore cercando di utilizzare lo stesso tono che l’ex amica aveva usato con lei poco fa, ottenendo scarsi risultati.

“Voglio  delle scuse” sorrise Lauren. Un sorriso amaro, pieno di falsità.

“E per cosa dovrei scusarmi, sentiamo?” rispose sfacciata, quasi non riconoscendosi.

“Stamattina tu con i tuoi libri da secchiona mi hai rotto un unghia.” Lo disse come se fosse una delle priorità nella vita, come se le avesse rotto un arto o l’avesse pugnalata.

Camila spalancò gli occhi e trattenne a fatica una risata al ricordo dell’ultima volta che aveva costretto l’altra a mettersi lo smalto finendo col macchiare tutto il tappeto di camera sua.

Cosa che non sfuggì a Lauren che subito, sentendosi punta nel vivo, la guardò male.

“E’ divertente il fatto che tu rida anche se sei consapevole che le mie unghie costano più di tutto  quello che indossi tu al momento” attaccò seguita dalle risate del suo seguito.

Camila, sentendosi umiliata, abbassò lo sguardo e tacque.

Soddisfatta la capo cheerleader fece un gesto di saluto alle altre tre ragazze, che nel frattempo erano rimaste ammutolite a fissare la vicenda, per poi andarsene vittoriosa.
 
Camila chiuse l’armadietto e vi si appoggiò con la schiena, fermandosi a riflettere un momento.
Era stato uno dei suoi peggiori primi giorni di scuola.

Non pensava che Lauren fosse in grado di umiliarla in quel modo.

Aveva toccato tutti i punti giusti, ma Camila non se ne sorprese molto.

Se vi era una persona che la conosceva meglio, quella persona era Lauren Jauregui.

Scrollò in modo impercettibile la testa per scacciare quei pensieri e fece per dirigersi verso l’uscita, quando una voce la chiamò.
Ella si girò di scatto e non vide nessuno che conosceva e che potesse essere stato a chiamarla.

“Consegna speciale per Camila Cabello, con tutto l’amore della nostra capitana” 

Camila non fece in tempo a capire ciò che stava per accadere quando si ritrovò gli occhi che le andavano in fiamme e la faccia che grondava di un liquido ghiacciato e appiccicaticcio. Profumo di cocco.

La ragazza rettificò mentalmente:

Quello era stato il peggior primo giorno di scuola che aveva vissuto in tutta la sua breve esistenza.

 
 
NOTA DELL'AUTRICE
Eccomi qui con il secondo capitolo!
170 visite e 3 recensioni, non so che dire se non
Grazie! Grazie davvero tanto!
Mi scuso enormente per il ridardo, sono imperdonabile
lo so, ma tra le vacanze pasquali e la scuola
non ho avuto un momento libero!
Spero vi piaccia, fatemi sapere,
anche perchè se non piace evito di aggiornare.
Alla prossima,
xoxo

Elena

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Camila uscì dal bagno dove vi era restata per un’ora e mezza abbondante.

Entrata in camera sua si gettò sul letto e un leggero odore di cocco si levò dai suoi capelli.
Non poteva credere che nemmeno dopo quattro docce non se ne fosse  andato del tutto.

Quell’odore era una tortura e la trascinava in un vortici di ricordi e sentimenti devastanti. Ma era certa che Lauren lo avesse scelto proprio per quel motivo.

Al solo pensiero della ragazza, gli occhi di Camila iniziarono a bruciare e le lacrime, amare e prepotenti, iniziarono a solcarle silenziosamente le guancie.


Come  aveva potuto?


Con quale coraggio era riuscita a farle gettare una granita al cocco in piena faccia, davanti a tutta la scuola?

Era arrivata ad odiarla a tal punto?


Nemmeno un mese fa le aveva confessato di amarla, e ora questo.
Non pensava di essere così facile da dimenticare.


Anche se odiava ammetterlo, a Camila mancava Lauren.
Ma il modo in cui le mancava era diverso da quello estivo.

Le mancava ricevere il buongiorno con il suo sorriso dolcissimo, le mancavano le passeggiate per i corridoi tenendosi per il mignolo, al quale la minore si reggeva come un ancora di salvezza quando passavano i ragazzi più popolari che la squadravano con sufficienza.

Le mancavano le strette protettive di Lauren, la quale ogni volta le sussurrava in un orecchio che lei era migliore di loro.


E ripensandoci, era divertente come la situazione fosse diventata assurda.


Come l’unica persona che la faceva sentire al sicuro fosse diventata la persona da temere in assoluto.


Camila si buttò sul letto immersa nei suoi pensieri, e senza accorgersene, le sue palpebre umide si chiusero e cadde in un sonno profondo.

 
“Lauren?” chiamò con voce guardandosi intorno. “Laureen” chiamò di nuovo per poi fare silenzio.

Odiava le bambine capricciose, ma odiava soprattutto che le maestre mandassero sempre lei.

Aveva  dovuto smettere di giocare con Maddy solo per la nuova arrivata.
Le avevano detto di essere gentile con lei, che si era appena trasferita e che era una bambina molto timida.

"Questo non le dava la scusa di disturbare tutti", pensava Camila.

Facendo silenzio iniziò a cercare dietro i cespugli, e per farlo si sporcò il suo vestitino a fiori lilla che tanto adorava.
Si iniziava a spazientire. “Lauren vieni fuori, il gioco è finito. Basta fare i capricci” disse con tono arrabbiato.
Vedendo che nessuno si decideva di arrivare, fece per andarsene, quando venne colpita da qualcosa in testa.

Camila lo prese in mano e vide che si trattava di una nocciola.


Sorpresa, alzò il naso in su, e vide una ragazzina in salopette di jeans, seduta sull’albero abbracciata a un ramo, che rideva di gusto.
“Lauren! Ma sei impazzita?! Scendi subito, altrimenti chiamo la maestra!” urlò la piccola preoccupata.

“Ssh, non gridare, ora scendo” fece una linguaccia.

“Lauren! Muoviti!”

“Non mettermi fretta..” non fece in tempo a finire la frase  che scivolò, cadendo rovinosamente a terra.

“Oh mamma, Lauren!” gridò Camila isterica e le corse incontro.


Lauren  era rannicchiata sulle ginocchia e piangeva.

Camila fece per aiutarla, ma venne respinta. La maggiore alzò la testa e la guardò con gli occhi lucidi.

Camila pensò che fossero gli occhi più belli del mondo.

Erano come due grandi smeraldi verdi e brillanti.

E  lei adorava gli smeraldi.

“Non mi serve il tuo aiuto” disse seccata.

“Invece sì” insistette Camila. Non sapeva perché, ma voleva aiutare quella bambina, non voleva che lei piangesse mai più.

Le prese le mani e le guardò da vicino.

“Le devi disinfettare, se no ti si sporca la ferita” fece con tono sapiente.

“E’ grave?” si allarmò l’altra spalancando gli occhi.

Camila rise innanzi alla sua espressione, la trovava molto dolce.

“Ma no, se vieni con me andiamo dalla maestra e ti cura lei” suggerì.

“Non mi fido di lei” si imbronciò Lauren.

“E di me? Ti fidi di me?” la guardò Camila.

“Beh… si…penso…” abbassò lo sguardo.

“E allora vieni” concluse semplicemente la piccola sorridendo.

Prese Lauren per la mano e la accompagnò dalla maestra.


Da quel momento diventarono inseparabili, come se nessuna potesse davvero cavarsela senza l’altra.



 Camila si svegliò di soprassalto.

Erano le cinque di mattina.
Accettando il fatto che non avrebbe più ripreso sonno si iniziò a preparare per la scuola, continuando a pensare al sogno che aveva fatto.
Poteva anche essere cambiato tutto, ma le sarebbe sempre rimasto nel cuore il ricordo di Lauren, e di come aveva partecipato alla sua vita.

Sorrise a questo pensiero.

Lauren sarebbe rimasta in lei, nonostante tutto.  
NOTA DELL'AUTRICE
Eccomi qui con il terzo capitolo!
Sono in ritardo, vi chiedo perdono, ma
a mia difesa posso solo dire che questa scuola
mi sta uccidendo!
Comunque sia, questo è un capitolo di passaggio.
Volevo fare un salto indietro e mostrare le camren
prima del litigio. Già da subito hanno capito come
non possano stare una senza l'altra.
Spero vi piaccia, fatemi sapere.
Altrimenti non aggiorno..
Un bacio,
Elena

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


A due settimane da quel fatidico avvenimento, non era passata giornata in cui Lauren non avesse trovato il tempo di infastidire Camila.

Dalle prese in giro più banali alle granitate, la cheerleader faceva sempre in modo che Camila tornasse a casa depressa e sconfitta.

 
Quel giorno a scuola tutti sembravano più eccitati del solito.

Camila se ne accorse dopo la seconda ora e, incuriosita, si recò alla bacheca pubblica nell’atrio della scuola.

“Festa d’Inizio Anno Scolastico 2014” lesse ad alta voce.

Il suo anno scolastico era iniziato nel migliore dei modi, perché festeggiare? Pensò sarcasticamente la ragazza.

Si era già appuntata mentalmente una scusa da dire alle altre per saltare anche quell’evento sociale quando una voce alle sue spalle la fece ritornare alla realtà.

“Non avrai intenzione di venire, vero? Perché sei imbarazzante quando balli.” fece sarcasticamente.

Camila si voltò e guardò con intensità la ragazza che aveva di fronte che la stava guardando divertita.

“Non hai nient’altro di meglio da fare?” rispose malamente.

“No. E poi, sai benissimo che ho ragione.” La schernì la più grande.

“Lauren, io sono liberissima di fare quello che voglio, senza darti alcuna spiegazione.” ribattè la minore.

Lauren si avvicinò minacciosamente alla più piccola che a sua volta perse un battito.

Erano vicine, troppo vicine.

Cercò di regolarizzare il respiro senza darlo a vedere all’altra.

“Oh andiamo, Cabello. Sappiamo entrambe che preferiresti dare fuoco ai tuoi libri di Harry Potter piuttosto che
partecipare a una festa di questo genere”
le sussurrò all’orecchio.

Le gambe di Camila iniziarono a tremare, e la povera ragazza aveva paura che avrebbero ceduto da un momento all’altro.

“Al diavolo quello che pensi, Jauregui.” sibilò a denti stretti, spostando di peso la cheerleader.

“Ci si vede stasera.” Disse fulminandola con gli occhi per poi sparire tra la folla di studenti, lasciandosi alle spalle una Lauren allibita.

 

“Ma chi me l’ha fatto fare?!” esclamò esasperata lanciando malamente lo zaino sul pavimento di camera sua.

“Mila nessuno ti obbliga” cercò di consolarla Dinah.

Camila sapeva benissimo che l’obbligo c’era, non avrebbe dato per nulla al mondo  quella soddisfazione a Lauren.

Si sarebbe presentata a quella festa e avrebbe dimostrato all’ex amica che non aveva intenzione di perdere anche quella battaglia.

Perché sì, ormai tra le due vi era in corso una guerra fatta di istigazioni e commenti acidi, ma anche di sguardi che andavano ben oltre ogni discorso.

Non c’era giorno in cui Camila non cercava lo sguardo di Lauren, e poche volte si ritrovò a sobbalzare notando che quello sguardo era ricambiato.

Uno sguardo indecifrabile, ricco di demoni interiori.

Camila avrebbe pagato qualunque cifra per poterli combattere uno a uno, solo per renderla di nuovo felice.

Ma era difficile, dato che era pienamente consapevole che il fantasma più grande in quegli occhi verde smeraldo recava il suo nome.


 
Dopo un’ora di lamentele e insulti verso la capo cheerleader, Camila era pronta per affrontare quell’enorme scoglio e tuffarsi nella vita sociale di Miami.

“Dinah, sei la migliore” commentò riconoscente guardandosi allo specchio.

Indossava un abitino color pesca, senza spalline e con il top intrecciato a corsetto. La parte inferiore cadeva morbida coprendola fino a un filo sopra il ginocchio.

Non amava molto truccarsi, perciò aveva messo solamente una linea nera di eyeliner e del mascara che andava ad allungare le sue già lunghe ciglia.

I capelli lunghi li aveva lasciati sciolti, tenuti fermi solo da un fiocco bianco.
 


Uscì seguita da una Dinah scalpitante e impaziente di andare a divertirsi.

 Sorrise e cercò di convincersi che avrebbe passato una bella serata, anche se Felicia le aveva dato buca senza problemi.

“Tanto ci sono le ragazze, no?” aveva esordito per poi baciarla e andarsene chissà dove.

Ma a Camila non era importato più di tanto, ed era quello il fatto che l’aveva preoccupata.

Avrebbe dovuto essere gelosa, furiosa, come chiunque altro avrebbe fatto al suo posto.

Invece lei era stranamente tranquilla.

“E’ perché io, di Fel, mi fido.” Si continuava a ripetere mentalmente.
 


Arrivate alla festa Camila capì subito che quello non era proprio posto per lei.

Il locale era troppo piccolo, troppo buio e troppo affollato per i suoi gusti.

Insomma, era troppo per una che passava le sue serate a leggere tranquillamente e a suonare la chitarra.



A metà serata, Dinah si allontanò per andarsi a prendere da bere e Camila, che aveva gentilmente rifiutato l’invito dell’amica, era rimasta sola.

Si mise da parte in un angolo del locale, in modo tale di non essere continuamente spinta dalle persone mezze nude e ubriache.

Storse il naso e fece uno sguardo di disapprovazione, per poi guardarsi in giro sperando di intravedere Dinah.

“Ma dove diavolo è finita” commentò nervosa.

Era infastidita.

La festa era iniziata da parecchio ormai e l’unica persona per cui si era spinta in quella baldoria non si era ancora fatta vedere.

Alzò disperatamente gli occhi al cielo e uscì di fretta per prendere una boccata di aria fresca.

Si sedette sul marciapiede e si prese la testa fra le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia.

“Fiorellino, questo non è proprio posto adatto a te.” Sentì ghignare alle sue spalle.

Si voltò di scatto e vide una figura slanciata appoggiata con le spalle al muro e una sigaretta in mano.

Indossava degli short neri e una canotta rossa con sopra una giacca nera in pelle.

I capelli lunghi svolazzavano leggermente a causa del vento e la mano libera era stretta nella tasca della giacca.

Camila non smise di fissare la figura fino a quando essa riprese parola.

“Sei viva? Te lo avevo detto che era meglio se non venivi” sorrise per poi far richiudere le labbra carnose colorate di un rosso intenso attorno alla sigaretta.

La mora arrossì lievemente rendendosi conto di averla fissata troppo a lungo.

“Da quando fumi?” chiese con una velo di tristezza nella voce.

“Da quando vieni a certe feste?” rispose l’altra, imitando il suo tono.

Fu quel gesto che fece tornare Camila alla realtà, e la fece rendere conto con chi stava realmente parlando.

“Io vado dove mi pare.” fece acida.

“Sì, infatti ti stai divertendo molto” fece ironicamente.

“Fanculo Jauregui” si alzò di scatto e rientrò nel locale.



Trovò Dinah al bancone e, senza nemmeno rivolgerle la parola, seguì il suo esempio ed ordinò da bere.

Prese tra le mani il bicchierino e lo annusò.

Storse il naso, ma poi, vedendo nella sua mente il volto di Lauren che la scherniva, si decise e bevve tutto d’un sorso.


Un bicchiere, due, tre.


Camila non sentiva più le gambe, e aveva la strana sensazione che la testa le si fosse completamente svuotata.

Al suo posto ci doveva essere un chiodo che veniva costantemente battuto, pensò, tanto era forte il dolore.

Continuava a ridere senza essere felice, senza averne un motivo.

Dinah era sparita da un pezzo, per cui Camila cercò di alzarsi demoralizzata al pensiero di tornare a casa a piedi.

Ma non gliene importava.

Per una volta, dopo tanto tempo, non sentiva più il peso delle preoccupazioni.

Si sentiva leggera. Talmente leggera da non  rendersi conto di essere caduta appena si era staccata dallo sgabello.

Si sentì tirata su di peso e un braccio le cinse la vita in modo solido, trascinandola fuori dal locale.

Continuava a ridere, ma la sua risata si spense non appena riuscì a mettere a fuoco la persona che l’aveva sorretta.

“Tu! Si può sapere cosa vuoi ancora da me, eh!?” urlò velenosa, senza curarsi dei passanti.

L’altra non rispose e le prese il braccio, facendola sedere in macchina.

“Che diavolo stai facendo?!” continuò urlando.

“Non ho intenzione di farti tornare a casa da sola in queste condizioni.”disse dura.

“Sto benissimo.” Ribattè l’altra.

“Sei ubriaca, Camila.” Sentenziò Lauren mentre metteva in moto il motore.

“E’ solo colpa tua!” urlò la più piccola, sentendo un nodo in gola.

Le sue guancie iniziarono a bagnarsi e le lacrime iniziarono a solcarle il volto, ma non gliene importava.

Doveva dirle come tutto quello che le aveva fatto la stava uccidendo dentro.

Ma non riusciva.

Pianse e basta, le parole non volevano venire fuori.

Lauren nel frattempo era impallidita e teneva gli occhi fissi sulla strada.

Cercava di ignorare la ragazza accanto a sé, anche perché era consapevole che non avrebbe retto a vederla in quello stato.


Arrivati sotto casa di Camila, la più grande andò ad aprire lo sportello alla minore, che però non aveva intenzione di farsi vedere.

Si limitava a stare accucciata sul sedile dell’auto con la testa nascosta tra le gambe e le mani fra i capelli.

Il cuore di Lauren si ruppe a quella visione.

Si avvicinò piano a Camila e, senza chiederle il permesso, la prese in braccio.

Camila si immobilizzò.

Sistemò la testa nell’incavo del collo della maggiore e inspirò profondamente il suo profumo.

Se quello era il paradiso, Camila voleva morire subito.

Lauren la lasciò sull’atrio, e la minore la guardò negli occhi.

In quello sguardo cercò di metterci tutte le scuse, tutti i rimpianti e tutte le domande che la tormentavano da tempo.

Lauren si limitò a ricambiare lo sguardo per poi sfiorarle la fronte con le labbra e andarsene.

Camila non ne era sicura a causa dell’alcool, ma se fosse stata sobria avrebbe giurato di aver sentito uno “Scusami” sussurrato da Lauren, prima che sparisse nel buio.



 
NOTA D'AUTRICE

Buonaasera a tutte.
Incredibile, ma vero! Ho aggiornato!
Chiedo umilmente perdono, ma tra la fine della scuola,
la signin dei 5SOS (sviene asdfhjkl) e il concerto
dei One Direction (sviene un'altra volta)
non ho avuto tempo!
Capitolo Fondamentale, in cui si inizia ad intravedere
anche i sentimenti di Lauren.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi è piaciuto,
così capisco se ne vale la pena aggiornare.

Alla prossima,

Elena (xoxo)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


L’indomani venne, crudele e senza cuore.

La testa della povera Camila sembrava rompersi ad ogni battito del suo cuore, e la nausea, anche se leggera, minacciava di rovinarle il sabato.


Decisa, Camila si alzò lentamente per dare il tempo ai suoi arti di muoversi senza procurarsi troppo dolore.

Si recò in bagno e dopo essersi sciacquata il viso ripetutamente con dell’acqua fredda, aprì il cassetto dei medicinali e si prese l’aspirina più potente che trovò.

Si fermò appoggiando entrambe le mani ai lati del lavandino e fissò la sua immagine riflessa.

Aveva le occhiaie e il viso un po’ gonfio, ma nulla che facesse capire cosa era successo la sera scorsa.

Camila iniziò a riflettere perché, effettivamente, nemmeno lei era tanto sicura di ciò che fosse successo.

Immagini sfocate di situazioni in cui poteva essersi cacciata affioravano nella sua mente, ma non riusciva a ricostruire la serata nel suo intero.

Affondò una mano tra i capelli morbidi.

Era andata alla festa della scuola. “Primo errore” pensò spontaneamente.

Aveva discusso con Lauren, ma non ricordava molto, perciò non doveva essere stato nulla di pesante.

Aveva bevuto. “Secondo madornale errore”

E da li iniziavano i vuoti.

Dinah sparita, un braccio che la aiutava a rialzarsi, una figura che la trascinava fuori dal locale e che la riaccompagnava a casa.

Una figura terribilmente simile a quella di…

No, non poteva essere.

Questo era sicuramente un frutto del suo inconscio che ancora non si era arreso a quella mancanza.

E poi delle scuse.


Camila non capiva più niente, e quando riaprì gli occhi si rese conto di essere scivolata lungo la porta e di essere seduta sul freddo pavimento del bagno.

Rannicchiò le gambe al petto e cercò di mettere in ordine i suoi pensieri.

C’erano il 0.2% di possibilità che la persona che aveva in mente avesse potuto davvero essere con lei quella sera.
Insomma davvero poche.

“Poche, ma ci sono” le diceva una voce nella testa.

Scacciò via anche quel pensiero e si disse che la soluzione migliore sarebbe stata parlarne con Dinah, nel pomeriggio.


Godendosi il periodo di serenità, Camila scese sorridente al piano di sotto per fare colazione.

A tavola trovò la sua sorellina, intenta a strafogarsi di pancakes a più non posso, senza badare allo sciroppo che le colava dal viso.

Camila rise a quella vista e, senza troppe cerimonie, si sedette al suo fianco e iniziò ad imitarla.

Sophie iniziò a raccontarle di com’era andata la pizzata di classe della sera precedente, e Camila si divertì molto a sentirla imitare le compagne più vanitose.

Amava parlare con Sophie, le trasmetteva una spensieratezza e una gioia così spontanea.

“E tu? Che hai fatto, Mila?” chiese sorridente la bimba dopo aver raccontato nei minimi dettagli la serata.

“Oh niente, Soph. Sono uscita con la mia amica” le rispose dolcemente.
Non voleva assolutamente che sua sorella la vedesse come una di quelle ragazze che uscivano e andavano ad ubriacarsi.

Lei era un esempio.

Ad interrompere i suoi pensieri, un po’ troppo maturi per una ragazza della sua età, fu una semplice, innocente domanda della piccola al suo fianco.

“Sei uscita con Lauren?”

Camila si irrigidì sulla sedia e la guardò girandosi di scatto.

“No! Come ti viene in mente! Sai che non è più mia amica!” rispose con forse troppa enfasi.

Infatti la bimba, colpita dalla reazione della sorella maggiore, si affrettò ad aggiungere: “Scusa Mila, non volevo farti arrabbiare.”

Camila si sentì quasi in colpa e cercò di rimediare.

“Tranquilla Soph, e scusami. Ma posso sapere perché me lo hai chiesto?”

“Oh, mi sono alzata per bere un bicchiere d’acqua ed ho sentito delle voci.

Così ho sbirciato fuori dalla finestra e ho visto Lauren andarsene da casa…
Ti ha riaccompagnata a casa?”



Camila quasi non sentì l’ultima frase.

Non era stata un’immaginazione dovuta al troppo alcool.

Lauren era stata lì.

L’aveva portata a casa, una volta uscite dal locale.

L’aveva accusata, una volta in macchina, di essere la causa della sua decisione di ubriacarsi.

A questo punto, anche le scuse che pensava di aver sentito potevano essere vere.

Aveva bisogno di sapere.


Si alzò di scatto e corse su in camera.
Prese il telefono e, sbloccandolo, trovò varie chiamate perse da parte delle
ragazze.

Le ignorò con l’intento di richiamarle dopo, e con mani tremanti compose il numero di Lauren.
Sentiva l’ansia bruciarle in corpo.

Avrebbe dovuto affrontarla dopo essersi resa vulnerabile davanti a lei, e in più non sapeva quale Lauren avrebbe risposto.

La Lauren che l’aveva riaccompagnata a casa non lasciandola ubriaca per strada, o la Lauren stronza, acida, che godeva nel vederla soffrire.

Quando le rispose la segreteria telefonica, quasi non insultò il telefono.

Scocciata, ritentò più volte, senza ottenere risultati.

Si arrese al fatto che avrebbe dovuto affrontarla di persona il lunedì seguente, a scuola.

In quel momento il telefono vibrò.

Camila ebbe un colpo al cuore e stava già per prepararsi mentalmente, quando vide il nome sul display.

“Dinah”

Rispose svogliatamente, solo perché era troppo impaziente di raccontare alla amica ciò che le era capitato e chiederle il suo parere.

“Hey Dj!” sorrise allegramente.

“Camila, grazie a Dio! Sono ore che stiamo cercando di contattarti” esclamò sollevata.

“E da quando sono così popolare?” Scherzò.

“Da quando non ti trovavamo ed io non mi ricordavo dove ti avevo lasciata ieri sera” disse con tono secco.

“Non potevate venire a casa mia?” la schernì, divertita nel trovare l’amica preoccupata.

“Avevamo paura di non trovarti…” lasciò la frase in sospeso e Camila iniziò ad avvertire una sensazione spiacevole allo stomaco.

“Dinah, che succede?”

“Pensavamo fossi tornata con Lauren ieri sera..” quasi sussurrò.

“Infatti, mi ha riaccompagnata lei” disse, sorprendendosi di come sembravano assurde le sue parole.

“E’ impossibile” affermò lei dall’altra parte.

Camila si sorprese nuovamente. D’accordo che si erano allontanate, ma era così difficile credere che l’altra l’avesse aiutata?

“Cosa è impossibile?” chiese duramente.

“Camila…” iniziò Dinah.

“Avanti Dinah, sto diventando vecchia!” rise.

“Lauren ha avuto un indicente, è in ospedale..”

Non fece in tempo a rendersene conto, e il suo telefono finì con un sonoro tonfo a terra.


Non poteva essere vero.

 
NOTA D'AUTRICE
Heeylà! Ce l'ho fatta finalmente!
Ho trovato l'ispirazione e mi sono buttata a capofitto!
Anyway, colpo di scena!
La storia stava prendendo una piega noiosetta,
così, come ogni autrice, ho fatto capitare la tragedia.
Come sono cattiva.
Ringrazio di cuore tutte le persone che seguono la ff
E che soprattutto la recensiscono!
Fatemi sapere cosa ne pensate o se ne vale la pena
Aggiornare ancora!
Alla prossima xx
Elena

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


A mio nonno,
eri il respiro che mi
aiutava ad affiorare dai problemi.


A volte la vita sa essere davvero ingiusta.

Non da il tempo di adattarsi ad uno spiacevole cambiamento che subito ne avviene uno peggiore.

Come se qualcuno lassù si divertisse a vederci supplicare e implorare pace.

O forse, in modo subdolo ed malsano, cerca di farci capire che, per quanto una situazione possa sembrare tragica, c’è sempre di peggio.

Ma questo non è uno scusante per farci soffocare nei nostri problemi, nei nostri dolori, senza uno spiraglio di luce.


Camila si sentiva esattamente così in quel momento.

In apnea, trattenendo il respiro dal momento in cui aveva varcato l’entrata di quel posto.

Appesa ad un filo debole e tremolante, circondata dalla sua ansia e dalla sua paura, che minuto dopo minuto si facevano sempre più sentire.

Guardandosi intorno poteva benissimo capire di non essere l’unica a navigare su quella barca di disperazione.

Al posto di comandante vi era la madre di Lauren che, non appena l’aveva vista, l’aveva accolta nelle sue braccia come se si trattasse di sua figlia stessa.

Come se gli ultimi tre mesi si fossero dissolti nel nulla.

Come se si aspettasse di vederla correre lì, con gli occhi ludici e la faccia sconvolta, e le avesse riservato quell’abbraccio pieno di una sicurezza che in realtà non possedeva.

E più passavano le ore e più la donna faticava a fingere sicurezza da trasmettere.

Come diavolo fai a trasmettere sicurezza quando tua figlia si trova in sala operatoria da più di sei maledettissime ore?

Perchè non si facevano vivi?

Perché non si degnavano di dire le condizioni di Lauren?

A Camila frullavano nella mente queste domande così infantili, ma ebbe la buona ragione di non pronunciarle ad alta voce.

Anche perché non era sicura di voler sapere.

E poi, non si lamentavano i genitori della ragazza, perché avrebbe dovuto farlo lei?

Chi era lei?

Camila non riuscì a raccontare a se stessa che era lì perché, dopotutto, per lei Lauren era ancora una sua amica.

Perché anche le sue amiche, che l’avevano accompagnata in ospedale, erano rimaste un’oretta circa in attesa.

Ma quando le avevano chiesto se voleva un passaggio, non le aveva nemmeno degnate di risposta.

Aveva scosso leggermente la testa, ed era ritornata ai suoi pensieri.

Sentiva dentro di se il dovere di restare.

E non per confortare la famiglia della ex amica, ma perché sapeva che non sarebbe riuscita ad alzarsi dalla sedia di quella orrenda sala d’attesa.

Era come se un filo a lei invisibile la legasse alla persona che in quel momento si trovava sotto ai ferri.

A quel pensiero rabbrividì e cercò di scacciare tutte le immagini spaventose di Lauren su quel lettino che le si stavano facendo spazio nella sua testa.

 
***
 
Una mano le si appoggiò sulla spalla e la scrollò leggermente.

Camila aprì lentamente gli occhi e cercò di capire dove fosse.

L’odore tipico dell’ospedale le arrivò alle narici e subito i ricordi riemersero.

Lauren.

“Camila, tesoro, dovresti tornare a casa. Hai passato la notte qui, non puoi non dormire per sempre.”
La ragazza guardò la donna con gli occhi stanchi e sorrise lievemente.

“Clara sto bene, davvero. Resto.” Disse con un tono dolce, ma che faceva capire alla donna che neanche oggi sarebbe tornata a casa.

Camila si era sempre domandata perché le persone si ostinassero a rimanere in una schifosa sala d’attesa per giorni, come se la loro presenza potesse aiutare magicamente i loro cari.

Ma ora capiva.

Non poteva andarsene sapendo che una parte di lei sarebbe rimasta in quel posto.

E poi, la paura che l’impensabile accadesse proprio una volta che fosse tornata a casa la riusciva a tenere sveglia.

Erano due giorni che Lauren era in terapia intensiva.

Nessuno, neanche un membro della sua famiglia, aveva avuto il permesso di entrare.

Camila aveva cercato più e più volte di sgattaiolare nella sua stanza, ma data la sua goffagine, inutile dire che venne ostacolata subito.

In questo Lauren sarebbe stata sicuramente migliore di lei.

Si voltò spontaneamente verso i genitori di Lauren, ma rimase sorpresa vedendo una figura camminare verso di lei.

E’ vero, in quei due giorni c’era stata una vera e proprio processione di parenti e amici di famiglia che passavano per mostrare il loro sostegno alla famiglia Jauregui, ma mai si sarebbe aspettata di trovarsi una Felicia piuttosto indispettita davanti.

“Hey” sussurrò la bionda per poi abbracciare la sua ragazza.

Camila in tutta risposta la strinse, era davvero sorpresa.

“Come sta?” parlò di nuovo la ragazza.

“Non lo so” rispose Camila con voce strozzata.

Le lacrime che aveva represso in quei giorni minacciavano di rigarle in viso, così nascose il volto nell’incavo dell’altra che, a sua volta, prese ad accarezzarle lievemente i capelli, ma con una rigidità nei movimenti.

Camila se ne accorse e si staccò per poterla guardare negli occhi.

Felicia se ne stava lì di fronte a lei e continuava a fissarla con uno sguardo indecifrabile in volto.

Rimasero così per un periodo di tempo che Camila non riuscì a decifrare.

Una di fronte all’altra.

Camila sentiva gli occhi della sua ragazza puntati addosso, mentre la bionda era intenta a farle una radiografia completa.

Quegli occhi verdi chiaro, così affascinanti, ma che non sarebbero mai stati all’altezza della meravigliosità di quelli di Lauren.

Lauren, Lauren, Lauren.

Possibile che non c’era volta che guardava la sua ragazza senza pensare alla maggiore?

Ad interrompere quel silenzio imbarazzante e carico di tensione fu la voce velata di Felicia.

“Tu la ami, non è vero?”

Camila alzò lo sguardo e fissò la ragazza negli occhi notando che non stava piangendo.

Si accorse che lo disse con una tranquillità tale che Camila non credeva possibile in quell’occasione.

Sembrava quasi che fossero solo semplici amiche intente a parlare delle loro cotte.

Non sapeva come rispondere a quella domanda per questo la risposta che seguì fu sincera.

“Non lo so.”

Felicia si avvicinò alla mora e le passò una mano sulla guancia, sfiorandola appena.

“E’ sufficiente.” Disse per poi sorridere tristemente.

Sì voltò e se ne andò, silenziosamente e inaspettatamente, come era arrivata.

Camila seguì la sua figura fin quando non fu fuori dal suo campo visivo, ma nonostante ciò rimase con lo sguardo fisso nel vuoto per qualche minuto.


Cosa diamine era appena successo?


Non ebbe tempo di soffermasi su quella domanda perché proprio in quel momento le quasi corse incontro Clare.

“L’hanno portata in camera, siamo riusciti a vederla.” Disse con gli occhi lucidi.

“E come sta?” chiese Camila con l’ansia che la divorava da dentro.

“Dicono che sia stabile, ma è stata dura.” Rispose.

Camila si limitò ad annuire cercando di regolare il battito del suo cuore.

“Perché non vai a vederla?” propose la donna dolcemente.

La ragazza alzò le spalle incerta così Clare la prese per il braccio e l’accompagnò davanti alla stanza della figlia per poi lasciarla sola.

Camila fissò la porta davanti a sé e prese un respiro profondo.

Lentamente abbassò la maniglia ed entrò nella camera.

Le squallide pareti erano di un grigio spento e l’odore di disinfettante regnava sovrano.

Lo sguardo della ragazza si posò sulla figura stesa sul lettino sterile posto affiancò all’unica finestra della stanza.

Camila ebbe un tuffo al cuore e sentì lo stomaco rovesciarsi.

Si avvicinò a passi lenti al letto e notò che la ragazza aveva gli occhi chiusi e il suo respiro era lento, ma regolare.

La più piccola si sedette sulla seggiola che si trovava accanto al lettino e si perse ad osservare la maggiore.

Come faceva ad essere così bella anche con una benda che le fasciava la testa e dei cavetti che la tenevano attaccata alla flebo?

La faccia rilassata era segnata da vari lividi violacei e graffi e il labbro inferiore recava un taglio all’angolo destro.

Senza rendersene conto, Camila aveva portato una mano all’altezza del viso della ragazza e, con una delicatezza che si sorprese di possedere, iniziò a carezzarle il taglio con il pollice.

Sapeva che quello che stava facendo non aveva senso, ma non le importò.

Le avevano detto che l’incidente era stato provocato dal troppo alcool, ma i genitori non capivano il motivo per il quale la ragazza avesse dovuto arrivare a tanto.

Camila invece aveva un vago sospetto di esserne la causa principale.

Se quello che Sophie le aveva detto era vero, Lauren non era ubriaca quando l’aveva riportata a casa, motivo per cui Camila sentiva quei sensi di colpi darle la nausea.

Non era una ragazza stupida, dopotutto.

Spostò lo sguardo da Lauren per poi posarlo sulla macchina che registrava i battiti del cuore.

Sospirò sollevata vedendo le frequenze regolari e, più tranquilla, posò lo sguardo nuovamente su Lauren.

Le ritornò in mente Felicia e la domanda che le aveva posto e alla quale non era riuscita a rispondere.

E in quel momento si rese conto che nulla importava, se Lauren non fosse stata con lei.

Non le importava se come amica o come nemica, finchè sarebbe vissuta lei, Camila sentiva che anche lei sarebbe riuscita a vivere.

A trovare il respiro per affiorare dai problemi.

Finchè Lauren fosse restata nella sua vita, lei l’avrebbe continuata a vivere.

Le strinse la mano e le sussurrò in modo impercettibile:

“Resta.”


 
NOTA D'AUTRICE
Buona sera a tutti!
Parto col dire che ho scritto questo capitolo
ascoltando "Stay with me" cantata da Ed,e
ammetto che qualche lacrime mi è scivolata.
Spero di essere riuscita a trasmettere quest'emozione
anche a voi!
Tornando al capitolo, è uno dei fondamentali,
perciò spero di averlo steso in maniera decente.
Grazie di cuore a tutte le ragazze che 
recensiscono e mi sprononano ad andare avanti,
siete fondamentali, per favore recensitemi anche questo çwç
Come avete visto sopra, il capitolo l'ho dedicato a mio nonno.
E' stato come un secondo padre e il capitolo
l'ho scritto quando era la giornata dei nonni...
Alla prossima, un Bacio! 

Elena xx

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Le tenne la mano per tutto il tempo che le fu concesso.

Utilizzò quegli attimi per colmare la distanza che per troppo tempo l’aveva avuta vinta.

In un momento di curiosità spostò una ciocca di capelli dal collo della maggiore per andare a scoprire il tatuaggio che le aveva cercato di non far vedere quel giorno in mensa.

Una piccola freccia.

Lo continuò a fissare, lo studiò fino a memorizzarne i tratti a memoria, ma per quanto ci provò non riuscì a comprenderne il significato.

Perché mai Lauren avrebbe dovuto tatuarsi una freccia?

 
***
 
Quando Camila venne a sapere che Lauren era stata finalmente dimessa era un giovedì pomeriggio.

Si trovava a scuola e stava subendo una delle solite lezioni soporifere di Miss Sprite.

Non che a Camila facesse schifo la storia, ma fin quando la vostra insegnante si limita a leggere le pagine del libro con

voce ridotta a un sussurro continuo e monotono, perfino lei rinunciava e lasciava a redini libere la mente. Arrivata a casa

poi riguardava l’argomento svolto in classe e cercava di capirci qualcosa, ripetendo con un tono di voce a detta sua normale.

Questo le tornò utile dato che dopo aver letto il messaggio inviatole da Clara,che le assicurava che Lauren stava bene e

che l’avevano potuta portare finalmente a casa, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

“Cabello, dato che sospiri immagino che tu ti stia annoiando. Dimmi allora quando terminò la  guerra
d’indipendenza americana, visto che per provare noia devi sapere tutto sull’argomento.”
Insinuò Miss Sprite con tono infastidito.

Tutta la classe che, fino a quel momento si era trovata in una sorta di trans, a quell’affermazione si voltò verso Camila, la

quale abbastanza nervosa per l’ultima notizia, prese quell’affermazione come un atto di sfida.

“Nel 1783, anche se lei sostiene che si sia conclusa cinque anni dopo, cosa che sia io sia gli storici che hanno raccolto le informazioni del nostro libro di testo, non ci sentiamo di condividere.” Disse con sguardo beffardo.

In classe iniziarono dei bisbigli, alcuni ragazzi sghignazzavano, altri erano semplicemente basiti.

Di certo Camila Karla Cabello non era considerata dai suoi compagni quel tipo di ragazza che rispondeva a tono agli insegnanti.

Se è per questo, nemmeno Camila si considerava tale.

Nel vedere che alcuni di quelli che considerava “i nuovi  e famosi amichetti di Lauren” fargli segnali di approvazione e

addirittura degli occhiolini, la cubana trattenne un sorrisino e mantenne un’aria sicura di sé.

“Cabello, vuoi per caso che ti porti dal preside?!” urlò l’insegnante, meravigliando tutti i presenti.

Allora quella donna aveva le corde vocali.

“Vuole una conferma sulla data da lui?” rispose senza pensarci.

Normani, che era la sua vicina di banco in quell'ora, la guardò scioccata e la colpì sul braccio per farla tacere, ma  la sua compagna non ritirò quanto detto.

Se ne stette là, con le braccia incrociate al petto e un ghigno vittorioso stampato in volto.

La faccia di Miss Sprite aveva assunto una sfumatura rossa tendente al violaceo e con le labbra strette dalla rabbia si limitò a dire: “Cabello, fuori!”

Camila si alzò  fingendosi sorpresa e infastidita sotto gli sguardi di tutta la classe e uscì dall’aula dicendo tranquillamente a Normani di non aspettarla per tornare a casa.

Una volta chiusa la porta, Camila si mise a riflettere su ciò che era appena successo.

Non sapeva perché avesse reagito così. Forse perché non aveva più voglia di essere sottomessa dalle persone.

In quel periodo, prima dell’incidente, non aveva fatto altro che sopportare i toni alti di Lauren.

Bene Camila, ma ti sembra una cosa giusta iniziare a reagire contro una professoressa?

Si rispose che per essere stata la prima volta, non era andata male.

Appoggiò la schiena contro una parete, non sapendo effettivamente cosa fare.

Non l’aveva spedita dal preside, le aveva solo detto di uscire. E dal momento che dopo quell’ora Camila sarebbe dovuta tornare a casa, prese la decisione più impensabile.

Prese la borsa dal suo armadietto e uscì da scuola con in mente una meta ben precisa.

 
***
 La porta di casa della famiglia Jauregui non aveva mai avuto un aspetto più spaventoso.

Camila si dovette ripetere più e più volte che un insieme di legno e materiale di costruzione verniciato non le avrebbe potuto mangiare la mano.

Suonò il campanello con la mano che tremava come una foglia e si diede mentalmente della stupida.

Aveva scelto lei di affrontare Lauren.

Aveva scelto lei di uscire da scuola ed andare a casa sua.

Perché per una buona volta non poteva essere sicura delle sue scelte?

Ad aprire la porta fu la madre di Lauren la quale, non appena la vide, non le diede tempo di spiegare il motivo della sua presenza o di salutare che l’abbracciò visibilmente felice.

“Camila cara” fece finalmente una volta entrate in salotto “Lauren è in camera sua, e questa volta le potrai parlare dato che è sveglia.” Sorrise.

La ragazza sorrise cortesemente alla donna cercando di non far notare che le stavano sudando i palmi delle mani e che le sue gambe tremavano in modo infame.

Ringraziò gentilmente Clara e si diresse verso la porta delle scale della piccola taverna dove Lauren e lei avevano allestito, due estati fa, la camera della più grande. Iniziò a scendere i gradini lentamente, percorrendo con la mano la parete alla sua destra.

Davanti agli occhi le si pararono le immagini di lei e di quella che un tempo era la sua migliore amica sporche di vernice bianca e lilla, i due colori preferiti di quest’ultima.

Quanto si erano divertite quella volta.

Avevano persino iniziato una guerra a chi sporcava di più l’altra. Naturalmente, la vincitrice suprema fu Lauren, non solo perché la più agile e la più grande in statura tra le due, ma anche perché in quel momento Camila si trovava in uno strano stato confusionale.

Scosse la testa e giunta alla fine della scala guardò in direzione del letto della maggiore, dove la vide sdraiata con la testa ai piedi del letto con gli occhi chiusi e le mani che volteggiavano in aria accompagnando le note della canzone che stava ascoltando in quel momento ad alto volume.

La mora pensò che era per questo che non era stata ancora cacciata malamente.

Si prese un attimo per osservare la ragazza stesa persa in un mondo tutto suo.

Si avvicinò a lei piano, cercando il più possibile di non rendere nota la sua presenza. Aspettò pazientemente il ritornello, per poi cantarlo a voce bassa con lei e la base.

“It’s just you and I tonight, why don’t you figure my heart out?”

Lauren aprì gli occhi di scatto e Camila venne investita da uno sguardo verde intenso carico di sorpresa.

Camila si allontanò dal letto e le sorrise imbarazzata mentre lei si metteva a sedere a gambe incrociate verso di lei.

“Non mi sembra il caso, dopo l’esperienza dell’ultima volta” interruppe il silenzio Lauren alludendo al testo della canzone.

La più piccola abbassò la testa imbarazzata incassando il colpo e restando in silenzio.

L’altra invece si limitava a fissarla evidentemente aspettando una qualsiasi reazione che le facesse capire il perché di quella sua visita.

“Camila, ma ti hanno tagliato la lingua o?” disse dopo un po’, spazientita dall’insicurezza della minore.

Vedendo che la povera Camila si limitava a starsene lì impalata e zitta, incapace di dire una sola parola delle miliardi che aveva in testa Lauren riprese:

“Dato il silenzio, ne approfitto per ringraziarti. Mia madre mi ha detto dell’ospedale…”

Camila alzò lo sguardo e lo fissò negli occhi smeraldo dell’altra.

“E’ tutto okay, era una cosa scontata.” Disse a bassa voce.

“Non è vero” rispose Lauren. “Vieni?” la invitò a sedersi vicino a lei sul letto.

Esitante, la ragazza si sedette cautamente accanto all’altra e cercò disperatamente di dirle il perché si trovava lì, dirle che le dispiaceva, e che l’alcool non era la soluzione ai problemi.

“So cosa stai pensando, ma è stato solo un episodio. Non sono un alcolizzata, stai tranquilla” disse con amarezza leggendole nel pensiero.

Camila si girò verso di lei per guardarla.

Le aveva letto nel pensiero o?

“Posso chiederti solo una cosa?” parlò finalmente cercando di tenere un tono di voce saldo.

“Non ti dirò il perché di quella sera, se è questo che ti incuriosisce.” Sputò freddamente l’altra.

Camila delusa, cercando di non farle capire che le aveva letto nella mente ancora una volta, le chiese la prima cosa che le venne in mente, maledicendosi subito dopo.

“Perché la freccia?”

Lauren sorrise timidamente. “Quanto puoi essere stupida da uno a Camila?”

La più piccola la guardò non capendo, ma lei si limitò a sospirare. 

“Almeno rispondimi decentemente!” fece facendo il labbruccio.

Camila seppe che la stava avendo vinta.
Lo capì osservando come Lauren le fissava le labbra, mordicchiandosi il suo inferiore.

O era solo il frutto della sua immaginazione?

Sperava proprio di no, perché lei voleva.

Lei stava desiderando, per la prima volta in vita sua.

“Cosa mi dai in cambio?” fece Lauren distraendosi dalle labbra della cubana.

“In che senso scusa?” il suo cuore iniziò a martellare nel petto.

“Io ti rispondo, ma la risposta ha un prezzo, mi sembrava ovvio.” Concluse l’altra.

“Ti darei una caramella, ma le ho solo alla ciliegia e casualmente tu sei allergica…” lasciò la frase in sospeso.

“Stronza” sussurrò ridendo Lauren per poi buttarsi improvvisamente su di lei e iniziarle a farle il solletico.

Camila iniziò a dimenarsi, non riusciva a respirare dalle troppe risate.

Le sembrava di essere tornata a tanto tempo fa, come se l’ultima estate si fosse cancellata.

Si rese conto che per la prima volta da allora rideva con gusto, rideva veramente.

Bloccò le mani all’altra che si fermò a poca distanza dal suo volto.

Camila sorrise impacciata e il suo sguardo finì sulle labbra della ragazza.

Erano così belle, carnose e rosee.

Si stava domandando se erano così morbide come sembravano che si era spinta in avanti, lasciando Lauren di stucco.

Posò le sue labbra su  quelle della più grande ed iniziò ad assaporarle, prima piano, poi sempre con più foga.

Non poteva più farne a meno.

Si rilassò quando sentì Lauren ricambiare il bacio e una scossa le percorse la spina dorsale quando sentì la sua mano infilarsi sotto la sua maglia, sulla sua schiena.
La sua pelle scottava al suo tocco e per risposta le mise una mano tra i capelli per tirarla più a sé.

Il bacio che era iniziato come la cosa più innocente del mondo era diventato qualcosa di sensuale, pieno di desiderio e di voglia.

Un po’ imbarazzata, la più piccola si staccò e rifugiò il volto nell’incavo dell’altra. “La risposta seria alla domanda?” fece per smorzare la tensione che si era creata.

Lauren le sorrise sul collo e le sussurrò in un orecchio:

“Quanto puoi essere stupida, Camila, per non conoscere l’etimologia del tuo nome?”
 

 
NOTA D'AUTRICE
Oh mio Dio, ce l'ho fatta!
Ammetto che non è stato facile scriverlo, mancava
l'ispirazione, la voglia e anche il supporto.
Solo due recensioni all'ultimo capitolo, mi sono depressa.
Se non vi interessa più la storia, ditemelo,
preferisco.
Anyway, tornando al capitolo.. WOW
tanti colpi di scena in un sono capitolo, e 
il bacio delle Camren asdfghjkl

Fatemi sapere che ne pensate,
e soprattutto se vale la pena aggiornare

Un bacio, El 
xx

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Nome molto comune in Spagna.
Camila, pronunciato ka-MEE-la è un nome latino derivato da Camilla.
Nel mito romano Camilla era una cacciatrice, piè veloce così in fretta che poteva correre su un campo senza piegare un filo d'erba.
Era dunque una prodigiosa cacciatrice, famosa in tutto il mondo antico.

                                                                      ***

Camila si svegliò di soprassalto.

Si alzò di corsa dal letto e iniziò a cercare in una scatola piena di vecchi fogli e quaderni usati.

Quando trovò il plico giusto, sospirò e si sedette a peso morto sul suo letto.

Iniziò a sfogliare finchè non trovò il foglio che stava cercando.

In terza media, a causa di un’iniziativa del professore di religione, ognuno dei ragazzi aveva dovuto ricercare l’etimologia

del proprio nome, e avrebbe dovuto riflettere se in qualche modo avesse potuto centrare con il carattere dell’individuo in
questione.

Quel pomeriggio si erano trovate da Ally e tutte insieme le ragazze avevano svolto il compito.

Si fecero le peggiori risate quando lessero il risultato di Camila, la quale non era un bradipo solo per aspetto esteriore.

Tutte si divertirono molto scherazandoci su, la prima fu Lauren, la quale sembrava essere rimasta colpita e affascinata dal significato.

“Si insomma, diciamo che Sinu ci ha provato.” Rise la ragazza con gli occhi verdi.

“Ehii” rispose facendo il labbruccio guadagnandosi uno sguardo intenerito dell’altra.

“Anche se sei lenta ti vogliamo bene lo stesso scema!” l’abbracciò.

 
Camila scosse la testa per tornare alla realtà.

Ecco dunque spiegato il mistero della freccia.

Il giorno precedente, dopo essere stata cacciata dalla classe di storia era filata dritta a casa e si era arrovellata i neuroni per cercare una spiegazione.

Il primo pensiero era stato un altro, ma la sua codardaggine aveva avuto la meglio sulla sua volontà.

E poteva anche chiuderci un occhio, ma allora non tollerava di sognare certe cose e di rimpiangere le sue scelte.

Le sue guancie si colorarono di rosso al ricordo del sogno e del bacio. La sua pelle diventò bollente e dovette fare alcuni respiri profondi per calmarsi.

Dopo essersi vestita velocemente per scuola si soffermò davanti allo specchio appeso a una parete di camera sua.

“Sei sempre la solita fifona.” Si rimproverò sotto voce per poi uscire demoralizzata.

 
***
 
“Hey piccola ribelle!” chiamò una voce alle sue spalle.

Camila chiuse distrattamente il suo armadietto blu per poi andare incontro all’amica.

“Ma smettila Mani” protestò debolmente.

“Mila, qui a scuola non si parla d’altro. Non vedo l’ora di andare a mensa, coraggio!”supplicò prendendola sotto braccio.

La ragazza alzò gli occhi al cielo e prese un respiro profondo.

Era da quando aveva messo piede a scuola quella mattina che continuava ad essere salutata da persone che conosceva minimamente o dagli amichetti popolare di Lauren.

Davvero bastava una discussione con una professoressa per diventare così popolare?

Camila sapeva che era solo la novità del momento, ma si sentì comunque a disagio nel momento in cui entrò in mensa e si trovò tutti gli sguardi addosso.

“Umiliante” cantilenò a bassa voce.

“Ma che dici, è una figata!” rispose Normani eccitata da tutte quelle attenzioni.

Camila la guardò storto. Era forse l’unica a cui non importava la popolarità al liceo?

Raggiunsero le altre che erano sedute al loro solito tavolo e discutevano animatamente del programma del tradizionale “sabato sera tra di loro”.

In pratica, ogni sabato sera si trovavano a casa di una di loro e facevano ciò che le amiche fanno sempre.

Mangiavano schifezze, guardavano film, parlavano delle loro cotte e ridevano a crepapelle.

Era l’occasione di vedersi fuori dalle mura scolastiche ed essere loro stesse, senza le ansie e le pressioni tipiche della scuola.

La cubana si estraniò dal discorso e percorse la mensa con lo sguardo.

Dopo la sua entrata era continuata la quotidianità delle persone che chiacchieravano allegre.

Lo stomaco le si rivoltò leggermente quando vide una figura in particolare al tavolo delle cheerleader.

Si alzò automaticamente dalla sua sedia e percorse la distanza che le separava senza pensare a nulla.

Quando si fermò davanti a Lauren, questa ebbe un sussulto e quasi non si strozzò con l’insalata.

“Sei tornata, stai bene.” disse tutto d’un fiato senza staccare gli occhi dalla più grande.

Lauren non disse nulla. Si alzò e le fece segno di seguirla, lontano dalle facce incuriosite dei suoi “amici” e di tutti gli altri presenti.

Una volta giunte in corridoio, Lauren continuò e Camila si sorprese di quanto veloce potesse camminare nonostante il periodo in ospedale.

Si fermarono davanti al bagno delle ragazze al secondo piano, un bagno che non veniva usato quasi mai perché troppo lontano.

La maggiore tenne la porta a Camila che entrò nel bagno esitante.

Una volta entrata Lauren chiuse la porta e si andò a sedere sul labello vicino al lavandino, mentre Camila restò in piedi indecisa sul da farsi.

“Ed eccoci qua…” interruppe quel silenzio imbarazzante.

“Esattamente, cos’è che vuoi da me Camila?” domandò Lauren cercando di mantenere  un tono di voce indifferente, ottenendo scarsi risultati.

Camila alzò lo sguardo e studiò il volto dell’altra.

Era spenta, demoralizzata e stanca. Non stanca fisicamente, ma mentalmente, lei lo vedeva, riusciva a capirlo dai suoi occhi inespressivi.

“Io non capisco…” iniziò.

“Neanche io” la interruppe subito Lauren. “Ti dico che ti amo e non dici nulla. Sparisco, ti allontano per dimenticarmi di te e farti dimenticare di me e tu cosa fai? Mi fai la veglia all’ospedale, dormendo persino lì” riprese fiato “Perché lo fai? Dopo che ti ho trattata uno schifo…” si morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi.

“Io…” Camila vide una lacrima solcarle il volto e volle morire.

“Ti ho dato il mio amore,ma non ti è sembrato sufficiente. Ti ho dato il mio odio, ma neanche questo è sembrato allontanarti da me. Cos’altro vuoi da me?”

La minore si era paralizzata.

Non sapeva cosa dire.

Improvvisamente la realtà le piombò addosso.

Per tutto questo tempo aveva fatto la vittima della situazione, ma la vera vittima qui era Lauren.

Lauren, che aveva riposto tutto il suo amore in una persona che non lo meritava minimamente.

Che aveva rinunciato alle sue amiche, alla sua personalità, alla sua reputazione per allontanarsi da lei e darle lo spazio
che quel giorno, non rispondendo alla sua dichiarazione, aveva chiesto in modo sottointeso.

Non riusciva nemmeno più a guardarla, era così disgustata da sé stessa.

Come aveva potuto essere così egoista?

Lauren si alzò e prima di uscire le mise una mano sulla spalla e guardando davanti a se la distrasse dai suoi pensieri.

“Siamo solo due bambine che giocano a fare le vittime, non ti devi rimproverare. Solo, questo non è mai successo, okay?”

La superò e uscì dal bagno lasciandosi indietro Camila.

Camila la capiva, era naturale che l’altra pensava che avesse bisogno di spazio.
E lei glielo stava dando.

Facendosi del male, stava dando a Camila quello che lei pensava di aver bisogno.

Ma non era così.

Lei non aveva bisogno di spazi.

Aveva bisogno di Lauren.

E per una volta, finalmente, la sua volontà ebbe la meglio sulla sua paura, e si mise a rincorrere la persona che voleva, e che si era lasciata sfuggire per troppo tempo.


 
NOTA D'AUTRICE
Eccomi qua! Ammettelo, siete sorpresi di
un aggiornamento così rapido.
Il fatto è che l'ultimo capito ha ricevuto
8 recensioni "(vi amo asdfgh) e mi sono sentita
in dovere di aggiornare presto.
Riguardo il capitolo:
Ecco svelato il mistero della freccia, in molte di
voi mi avevano chiesto particolari.
Sono andata a cercare in siti inglesi, il delirio ahahha.
Il bacio solo un sogno, ma finalmente Camila si sveglia,
e Lauren si espone totalmente.
Spero vi sia piaciuto il capitolo,
RECENSITE E FATEMI SAPERE VI PREGO
altrimenti è inutile che aggiorni.
Ve se ama
El

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


(Prima di leggere il capitolo, vi prego in anticipo di leggere alla fine la nota d'autrice sotto, in vista di tutti questi cambiamenti. Buona lettura, ci vediamo giù!)
 
                                                                                                               ***
 
Camila sapeva che il cuore, sottoposto a uno sforzo troppo grande, a volte non regge.

Ma sapeva anche che non avrebbe retto comunque un giorno di più senza Lauren.

Non sapeva con quale forza o quale antica divinità greca l’aveva aiutata, fatto sta che ci riuscì.

Riuscì  a raggiungere la capo cheerleader e a fermarla prendendola per un braccio.

La trascinò nella prima aula vuota che trovò e le chiuse dentro bloccando la porta con una sedia.

Lauren la fissava sbigottita, gli occhi spalancati e il braccio che prima le era venuto stretto abbandonato lungo il fianco.

“Questo può essere chiamato sequestro di persona, lo sai Cabello?” disse cercando di trattenere un sorrisino.

Camila si voltò e la vide sedersi su un banco, aspettando una sua spiegazione.

Le si avvicinò di scatto e le si posizionò davanti, prendendo spazio tra le sue gambe a penzoloni.

“Non chiamarmi mai più Cabello, ti prego” supplicò guardandola fissa in quei due smeraldi che aveva al posto

degli occhi.

Lauren fece per protestare, ma Camila la interruppe.

Sapeva che se non avesse parlato ora, non avrebbe parlato mai più.

“Lauren, non mi interrompere. Non so se avrò più il coraggio di dirti queste cose.” Iniziò con voce
tremante mentre teneva fisso il contatto visivo con l’altra ragazza, ora ammutolita.

“Lauren, non è vero che il tuo amore non mi è sembrato sufficiente. Penso a te continuamente, sei ovunque. Sei in ogni canzone del mio Ipod, sei in ogni posto in cui vado, sei in ogni persona che mi sta davanti. Ti sei riuscita ad infiltrare persino nei miei sogni.” Disse ridendo nell’ultima parte, per poi arrossire al pensiero del suo ultimo sogno in cui era presente la maggiore.

“Camila, io non capisco cosa tu voglia dire…” disse l’altra abbassando lo sguardo. La più piccola le alzò delicatamente il viso per incatenare nuovamente i loro sguardi.

“Mi manchi, Lauren. Mi manchi fottutamente tanto. E sappi che nemmeno con tutto l’odio del mondo riuscirai a farmi dimenticare di te. Tu sei nel mio passato, nel mio presente e voglio assicurarmi che ci sarai anche in un futuro” disse con voce rotta, ritornando a quando aveva seriamente pensato che l’altra non sarebbe uscita viva da quel maledetto ospedale.

“Camila, ti rendi conto che non è possibile tornare indietro e cancellare tutto, vero?” rispose con voce rotta la ragazza.

Camila alzò il viso e notò i suoi occhi lucidi.

Sentì le lacrime calde caderle silenziose lungo le guance, respirò profondamente.

“Semplicemente non lasciarmi mai più” pianse crollando sulla spalla dell’altra.

“No, hey, guardami” sussurrò la maggiore accarezzandole i capelli e cercando di calmarla, ma Camila la ignorò. Non voleva la cacciasse via o che la allontanasse di nuovo.

Voleva solamente restare a contatto con lei per sempre.

“Camz, guardami” ripetè Lauren e l’altra ragazza emerse finalmente e si posizionò nuovamente di fronte all’altra.

Rimasero così per un tempo che Camila non sapeva quantificare. Le sembrò eterno, ma allo stesso tempo brevissimo.

E fu proprio lei ad interrompere quegli attimi, avvicinandosi sempre di più al viso di Lauren, incapace di trattenersi ancora.

E Lauren, dal canto suo, non sapeva cosa fare. Tante di quelle volte aveva voluto fare quella mossa, baciare la cubana fino a non respirare, ma aveva sempre aspettato fosse lei a chiederlo, anche indirettamente.

Non la voleva obbigare.

E fu quindi felice quando Camila posò finalmente quelle benedette labbra sulle sue.

Quest’ultima sentì una scarica elettrica quando Lauren, chiedendole il permesso, iniziò ad esplorarla. Le loro lingue si scontravano sempre più frequentemente e Camila impazziva ogni volta un po’ di più.

Fu quando infilò una mano sotto la maglietta della maggiore e quest’ultima le cinse il bacino con le gambe e la tirò
ancora più a sé, che Camila non riuscì a trattenere un gemito.

“Laur..” si morse il labbro.

Lauren si staccò e la fissò in un modo che fece sentire la sua pelle bruciare sotto quei maledetti occhi.

Camila sentì per la prima volta in vita sua un calore inaspettato farsi largo nel basso ventre, il quale veniva aiutato dalla figura di una Lauren con i capelli arruffati, le labbra gonfie che si metteva apposto la maglietta che Camila stessa aveva sgualcito.

Camila pensò di aver rovinato tutto, che se prima la maggiore l’aveva ignorata, ora non sarebbe proprio esistita. Capì di essersi sbagliata solo quando Lauren le prese la mano e uscirono insieme dalla classe.

“Ci vediamo sabato sera da Ally” la salutò per poi raggiungere una cheerleader non troppo lontana da loro.

Camila rimase immobile a fissare un punto indefinito lontano a sé.

Sabato sera?

 
NOTA DELL'AUTRICE:
Lo so, faccio schifo.
E' davvero troppo, troppo tempo che non aggiorno.
Ma vi dirò, sono stata giorni e giorni,
pensando di cancellare la storia.
Non so, ho paura che non prenda o che non piaccia.
In più c'è la scuola che uccide.
Fate l'amore, non il liceo!!
Altra novità: cambio di rating! 
Ho pensato che forse è la monotonia che mi fa avere dubbi,
quindi siamo qui con un rating rosso eheheh 

Riguardo la storia: E BRAVA LA NOSTRA CAMZ!
Era anche ora, o no? *cori da stadio*
Cosa succederà a casa di Ally? Allarme rosso?
Fatemi sapere TUTTE le vostre opinioni
e recensite, così capisco se vale la pena continuare!

Un beso, Elena
xx

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 
Avete presente quella odiosa situazione in cui il tempo non si decide a passare?

Quando attendi tanto un giorno, questo sembra non arrivare più.

Ma era arrivato.

Sabato era finalmente arrivato.

Camila lo aveva aspettato in apnea, pregando silenziosamente che le giornate si muovessero a finire.

Lei e Lauren non si erano più parlate da quella volta nell’aula vuota.

Lauren d’altronde faceva parte dell’alta borghesia scolastica, mentre Camila si sorprendeva se qualcuno, oltre alle sue amiche e ai suoi compagni di corso, si ricordasse il suo nome.

Infatti, come aveva predetto, la sua fama dovuta alla rispostaccia data alla prof. di storia era durata si e no tre giorni. Nel dimenticatoio, ancora una volta.

“Mila, ti prego, non ancora!” sbuffò Ally accanto a lei tirandole un colpetto sulla spalla.

“Scusa Ally, ma di cosa stai parlando?” riemerse innocentemente dai suoi pensieri la mora.

“La stai fissando ancora. E ti sei persa nel tuo mondo, ancora. Se ti mette a disagio che venga anche lei stasera puoi dirmelo, posso sempre dirle di aver cancellato la serata!” si offrì gentilmente l’amica.

“NO!” rispose con un po’ troppa enfasi Camila, che subito si maledisse mentalmente.

“Okay okay, Mila. Mi racconterai quando vorrai.” le fece l’occhiolino, intuendo che ci fosse qualcosa sotto.

“Non c’è proprio nulla da raccontare” farfugliò in risposta la ragazzina, per poi non finire la frase vedendo lo spettacolo che le si parò davanti.

Ally puntò lo sguardo a sua volta e spalancò leggermente la bocca.

“Ma quella non è mica Felicia?” mormorò sotto voce.

Una nuova cheerleader bionda cenere stava leggermente flirtando con il capitano Jauregui.

Se con leggermente si intende che si stava praticamente strusciando sul fianco della capo cheerleader, allora si.

Leggermente.

Era la prima volta che la rivedeva. Camila e Felicia si erano ufficialmente lasciate due giorni dopo l’accaduto dell’ospedale. La mora aveva persino pensato che per la bionda fosse stata una liberazione, non aveva dato cenno di tristezza o delusione.

Non che a Camila importasse granchè, ma una minima reazione se l’era aspettata. Forse perché Felicia era stata la sua prima ragazza, la sua prima volta.

A quel ricordo, Camila scosse la testa. Non era stata pienamente una decisione di coppia, ma Felicia iniziava a lamentarsi ogni giorno, perché diceva che ormai stavano aspettando troppo. E lei cedette. Ma tralasciamo.

Camila raggiuse la sua ex ragazza, sentendo a malapena la domanda di Ally.

“Hey Camila” squittì la bionda rivolgendole un sorrisino.

“Che ci fai vestita così?”

Brava Camila, sempre molto indiscreta.

“Sono entrata anche io nella squadra” sorrise orgogliosa.

“Questo lo avevo capito.” rispose bruscamente la cubana. “Immagino anche il perché” mormorò guardando ancora i corpi delle due ragazze troppo vicini.

“Hey Camz” prese finalmente voce Lauren, con un sorriso chiaramente divertito alla visione di una Camila inconsapevolmente gelosa.

“Hey” rispose freddamene la ragazza, chiedendosi da dove le fosse nata tutta questa rabbia nei confronti della maggiore.

“Lauren è stata così gentile, non mi ha fatto fare nemmeno la seconda fase dei provini” disse con occhi languidi Felicia arricciandosi nel mentre i lunghi capelli attorno al dito.

Chissà se sono abbastanza lunghi da farci una fune…

“E mi ha fatta avere subito la divisa, a quanto pare anche lei capisce quanto sia odioso aspettare qualcosa che si desidera tanto” Dire che giocò sul doppio senso è dire poco.

E poi quella fune legarla a un treno ad alta velocità…

La cosa più fastidiosa di tutto fu che Lauren stette al gioco della bionda.

“Penso che a nessuno piaccia aspettare..” disse con fare vago per poi fissare lo sguardo fisso negli occhi di Camila, la quale si sentì arrossire fino alle ginocchia.

Respira, sorridi, non uccidere.

“Sono felice per te, Fel.” Fece per andare, per poi voltarsi all’ultimo.

“Ah, ci vediamo stasera, Lolo” disse sorridendo angelicamente, per poi andarsene. Non prima però di aver visto la biondina irrigidirsi tutt’un tratto e Lauren che si limitò a sorridere.

Camila 1 – Lauren 0
***

Casa di Ally era a due isolati da casa sua.

Nonostante questo, Camila si era presentata con un’ora di anticipo a casa dell’amica, per “dare una mano”.

Siete autorizzate a mettere altre infinite virgolette, tanto Camila non l’aveva data a bere nemmeno a sè stessa.

Quando le altre arrivarono, la mora aveva già preparato le coperte, il cibo e aveva ordinato almeno otto volte la vasta scelta di film, da cui poi avrebbero dovuto scegliere, in ordine di regista, cast, voto, e bellezza della colonna sonora.

Le altre si erano limitate a chiedere spiegazioni ad Ally, che in tutta risposta aveva scosso la testa in segno di resa, provocando una risata generale.

Camila sentendole riemerse dal suo mondo principalmente occupato da paranoie riguardanti una certa ragazza dagli occhi verdi che non le aveva ancora degnate della sua presenza.

Dopo quindici minuti di attesa, -ben quindici minuti capite?!-, Camila si alzò in piedi di scatto sbuffando.

“No, ma dico, si è dimenticata dove abiti!?”

Come risposta, il campanello suonò e la padrona di casa si affrettò ad aprire.

“Ally muoviti, Mila ha smesso di respirare!” urlò Dinah, guadagnandosi a pieno titolo un’occhiataccia dalla più piccola e  facendo letteralmente cadere Normani dal divano dalle risate.

Ally tornò poco dopo seguita dalla tanto attesa ospite.

Lauren salutò tutte, un po’ imbarazzata certo, ma le ragazze erano finalmente tornate tutte insieme.

Decisero di non perdere tempo dato che, Camila ci tenne a precisare, qualcuno aveva fatto ritardo.

Lauren incassò quella frecciatina, e Camila pensò di  aver segnato un altro punto a suo favore.

Non poteva sapere che Lauren avrebbe presto ribaltato il punteggio.

 
***
 
Un'unica descrizione: soporifero.

Non poteva utilizzare altre parole per descrivere il film che avevano sorteggiato.

Un film di ben quattro ore, visto e stravisto, di cui ormai avevano perfino inventato videogiochi.

Ally e Dinah erano tranquillamente cadute in un sonno profondo, come biasimarle!

Normani stava sdraiata a pancia in giù sul suo sacco a pelo, la testa sollevata sui gomiti, era l’unica che davvero si stava godendo il film.

Lauren stava rannicchiata da una parte del divano, faceva finta di seguire e ogni tanto chiudeva gli occhi anche lei, ma li riapriva qualche istante dopo, non intenzionata a darla vinta al sonno.

Camila dal canto suo, era ben altro che assonnata. La vicinanza della maggiore che, per puro caso e non per conto di un malefico piano di Dinah, era capitata a condividere il suo stesso divano la mandava in tilt.

Lauren, sentenziò Camila, quella sera aveva deciso di vendicarsi per l’episodio di quel giorno a scuola.

Si era vestita con dei semplici short sportivi, quelli per giocare a basket, e una t shirt bianca che lasciava scoperto l’ombelico.

Camila si era rimproverata più volte di averla fissata troppo a lungo, ma era più forte di lei.

Quel corpo perfetto, quella pelle così bianca. Aveva le forme giuste in tutti i punti giusti.

Lauren aveva ricambiato alcuni suoi sguardi e la minore aveva visto che anche lei la studiava, cercando di non essere beccata.

Per non parlare delle sue labbra. Erano così odiosamente belle che Camila voleva riempirle di morsi.

Ad interrompere tutte queste sue, perdonatemi il termine, seghe mentali fu proprio una frase della maggiore.

“Vado un attimo in bagno..” avvisò le uniche due superstiti. Normani alzò i pollici, senza nemmeno voltarsi. Camila invece, si limitò a fissarla.

Lauren mantenne il contatto visivo, per poi salire le scale e dirigersi verso il bagno.

Ci vollero un paio di minuti per far scattare in testa a Camila l’idea di seguire la maggiore, ma resistette.

Codarda fino al midollo.

Ma, dopo dieci minuti che Lauren non si faceva vedere, si alzò incerta e fece per salire le scale. “Mani, vado a vedere se Lauren sta bene, è una vita che è li dentro!” scherzò.

Normani era in totale coma pre sonno. La cubana lo capì e, senza aspettare una risposta che era certa non sarebbe mai arrivata, raggiunse la maggiore.

Esitante, prese un respiro e bussò piano alla porta. “Lauren?” sussurrò “Tutto bene?”

In risposta l’altra ragazza aprì la porta sorridendo, prese Camila per un braccio e la trascinò dentro chiudendosi la porta alle spalle.

Camila restò sorpresa da quel gesto, ma cercò di non darlo a vedere.

Lauren aveva il telefono in una mano, e a terra accanto a una parete giacevano abbandonate un paio di cuffiette appena tolte dal proprio auricolare.

La più piccola voleva chiedere spiegazioni, ma Lauren era ancora troppo vicina da quando l’aveva afferrata, ed era come ipnotizzata da ogni dettaglio della più grande. I piercing che ricoprivano l’orecchio, i capelli neri che l ricadevano sulla schiena legati da una coda alta, lasciandole scoperto il collo e il tatuaggio.

Fece per parlare quando Lauren la anticipò:“Lo sapevo che lo volevi anche tu” disse guardandola negli occhi sorridendo. Si avvicinò a lei e bloccò la più piccola tra lei e la porta, che chiuse con uno scatto della mano.

Camila trattenne il respiro e appoggiò la schiena contro la porta. Cosa aveva appena ammesso?

Lauren continuò. “Prometto che non lo dirò a Normani e alle altre, non sentirti in colpa.” Si avvicinò di più e accarezzò piano il braccio che prima le aveva afferrato.

Camila rabbrividì e chiuse gli occhi, ma poi non sembrò capire. Perché mai avrebbe dovuto sentirsi in colpa per le altre?

“Aspetta, cosa?” fece finalmente.

“Camila, non ti preoccupare. Non hai offeso nessuno, capisco che anche tu sia fuggita qui, quel film è una palla!” esclamò ridendo l’altra. “Sarà il nostro piccolo segreto”

Camila voleva solamente sprofondare. Non sapeva cosa dire. Era letteralmente a bocca aperta, balbettava ed era diventata tutta rossa.

Non poteva crederci che aveva frainteso tutto in quel modo! Che stupida.

Ma anche l’altra era seriamente ambigua. Andiamo.

“Camz tutto bene?”

“I-io sì, avevo capito a-altro..” farfugliò.

Lauren la guardò intensamente per poi ghignare divertita. “Sì, so cosa avevi capito.”

Camila le tirò un colpo sul braccio. “Tu!” quasi urlò “Perché lo hai fatto!?”

“Veramente, hai fatto tutto tu Camz.” Sorrise ancora.

“Io..Tu…” fece incredula Camila. Lauren le pizzicò una guancia per poi andarsi a sedere con la schiena contro il muro dove aveva lasciato le cuffie.

Raccolse le gambe al petto e riprese a smanettare con il cellulare.

L’altra si limitò a guardarla immobile, cercando di non pensare a quello che era appena successo e alla spiacevole sensazione tra le gambe dovuta ai giochetti subdoli della più grande.

Magari se ne dimenticherà presto, magari non ci pensa già più.

In quel momento, quasi le avesse letto la mente, Lauren iniziò a canticchiare a bassa voce: “I sogni son deesideri di feliicità…” per poi sogghignare.

No, me lo rinfaccerà per il resto dei miei giorni.

Camila si avvicinò all’altra per poi mettere il broncio. “Potresti anche degnarmi eh”

Silenzio. Lauren non alzò nemmeno lo sguardo dal display.

Camila allora fece una mossa che faceva sempre in quelle situazioni quando erano piccole e innocenti.

Si mise con una gamba da una parte, e una dall’altra, seduta sulle ginocchia delle maggiore che, ricordando, alzò lo sguardo sorridendo sinceramente.

Camila, invece si era pentita di ciò che aveva fatto. Perché dovete sapere che da piccola non aveva fatto caso alla pressione che le ginocchia dell’altra esercitavano, casualmente, nel suo centro.

E addio innocenza.

Lauren, d’altra parte non ci aveva fatto caso e per completare quella rievocazione fece la sua solita mossa: aprì di colpo le gambe, e secondo il copione tradizionale, Camila sarebbe dovuta cadere epicamente di culo, sbattendo forte al pavimento.

Per qualche strana ragione della fisica, però, questa volta non accadde. Camila, al posto di finire rovinosamente a terra, scivolò sulle gambe di Lauren e finì di peso a cavalcioni sull’altra, che per non farla cadere le afferrò i fianchi con le mani.
Nel colpo le loro intimità si scontrarono inevitabilmente provocando un gemito da parte di entrambe.
Lauren alzò lo sguardo e quasi non gemette nuovamente per lo spettacolo che le si presentava davanti. Camila, che era riuscita ad appoggiare le mani sul muro di fronte a sé evitando di rompersi il naso, aveva gli occhi chiusi e le labbra ancora deformate dal gemito di piacere che aveva appena rilasciato.

Camila d’altra parte, ora che aveva avuto il contatto desiderato, voleva di più. Si sentiva tremendamente bagnata, e doveva disperatamente dare sollievo a quella tortura.

Senza di niente a Lauren iniziò a muoversi su di lei, spingendo avanti e indietro sull’intimità dell’altra e iniziando a gemere senza controllo.

“Camz..” ansimò sorpresa l’altra e iniziò a gemere anche lei. Cingendola per i fianchi, aiutò Camila a spingere  sempre con più forza sul suo centro, bagnato a sua volta.

Camila intanto abbassò il viso e baciò con passione Lauren, chiedendosi da dove venisse tutta quella sfacciataggine.

Al diavolo.

La maggiore ricambiò il bacio con foga per poi staccarsi dalle labbra della cubana e andare sul suo collo, baciando e mordendo ogni lembo di pelle possibile.

Sorridendo ai gemiti di approvazione della più piccola, scese lungo la valle dei seni e, dopo averla scoperta quanto bastava, iniziò a succhiarle un lembo di pelle mandando l’altra in estasi. “Ssh” rimproverò Lauren, sorridendole sulla pelle. “Ci sentiranno se continui così” continuò.

A Camila non fregava sinceramente un accidente, che le sentissero pure.

Ma si ritorno quando vennero interrotte da dei colpi insistenti alla porta del bagno. Le due si staccarono e si guardarono colpevoli, per poi sorridersi. Cercarono di darsi un contegno credibile –per quanto possa essere credibile- pensò Camila mentre si tirava su la maglia, gli occhi fissi sul corpo che fino a pochi istanti fa si trovava sotto di lei.

Non aveva idea di come sarebbero andate le cose adesso, ma si promise mentalmente di finire ciò che avevano iniziato.

Capii che anche l’altra aveva appuntato l’intenzione dato il bacio languido che le lasciò sul collo per poi aprire la porta.

Trovammo le altre fuori accovacciate per origliare. Non che avessimo parlato molto ghignò Camila, per poi perdere quell’espressione trionfale quando si rese conto delle spiegazioni che le stavano venendo ovviamente chieste in silenzio.

Fu Lauren a salvare la situazione, come al solito.

“Mani, non te la prendere, ma quel film faceva davvero schifo.”

 
 
 
 NOTA DELL'AUTRICE

Non ho molto da dire sinceramente.
La mia faccia è talmente rossa che le lentiggini si
sono come date alla macchia.
Ovviamente, non ho esperienze nel campo -etero- ma
ho provato ad immaginarmi le nostre camren.
So che non aggiorno dall'era di Dio, ma non è periodo.
Davvero, non è proprio cosa.
Grazie a tutte quelle che seguono la storia e, vi chiedo di
lasciarmi qualche recensione per farmi capire se ne vale la pena
di continuare questa fanfiction.
El 

 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11
(alla fine leggete le note, è importante. Buona lettura!)
 
POV Camila

«Cosa cazzo ho fatto?» Questa è stata la colonna sonora del resto del mio weekend.

E, nonostante me lo sia ripetuta perfino proiettandomi nei miei stessi sogni, non riesco a credere di aver fatto quello che avevo fatto con Lauren, ergo averla quasi stuprata.

Certo, non ho fatto tutto da sola. Ma diamine, come potevo trovare la forza di fermarmi? Lei era lì, sotto di me e io ho ceduto.

«Cosa cazzo ho fatto?»

Inutile piangere sul latte versato, a scuola da persona matura quale sono la fermo non appena la vedo e chiarisco questa scomoda situazione. Cosa ci sia da chiarire sinceramente non lo so nemmeno io, ma qualcosa dovrò pure dirle.

“Hey Lolo! Mi dispiace di averti quasi stuprata nel bagno a casa di Ally sabato scorso, dovremmo rifarlo qualche volta” Okay no, così chiama il 911 e mi fa ricoverare come maniaca sessuale.

Mi riprometto di pensarci su prima di domani e mi metto a fare gli esercizi di matematica –cosa si fa pur di tenere la mente occupata-.

Mentre leggo il testo della prima equazione sento i numeri sussurrarmi qualcosa. 

Non sorprendendomi più di nulla avvicino l’orecchio alla pagina da perfetta rincoglionita, tutto questo è ridicolo. Prima di staccarmi e iniziare a scrivere posso sentire un debole, infame sussurro: «Camila, ma che cazzo hai fatto?»

Fanculo, io l’ho sempre odiata la matematica.
*
Da brava persona matura e responsabile quale sono oggi ho visto Lauren nei corridoi.

E io, naturalmente non ho esitato un secondo nel girare i tacchi e correre nella direzione opposta nascondendomi dietro a degli inutili primini.

Ora, mentre aspetto la prof. di chimica in laboratorio, mi impongo di mantenere il controllo.

“La prossima volta che la vedo le dico tutto” mi ripeto da quando l’ho vista in corridoio, e poi in mensa, e poi ancora vicino al suo armadietto mentre parlava con le altre cheerleader…

Il passato è passato, la prossima è la volta buona.

La promessa mi muore in gola non appena la vedo entrare affannata in classe, appena prima del suono della seconda campana.

Da quando in qua Lauren segue il mio stesso corso di chimica? La vedo avvicinarsi e il mio stomaco fa una capovolta.

Coraggio Camila, fatti vedere tranquilla e sicura. Non devo mostrarle quanto realmente mi scombussola anche solo vederla a cinque metri da me.

«Camila?» il suo sguardo confuso mi fa pensare che forse il mio nuovo atteggiamento sta avendo effetto.

Sempre più confidente, su.

«Lolo addirittura cambi corso solo per stare con me?» sospiro quasi annoiata e la guardo con fare sereno, cercando di imitare il suo in altre occasioni.

Il suo sguardo si fa ancora più confuso. «Dovrei dirtelo io, non tu» continua.

Non può fare così. Rubarmi le redini e fare ancora meglio la persona distaccata e serena. «Scusa in che senso? Non hai mai fatto chimica con me e ora entri in classe tutta affannata, con i capelli perfettamente in disordine e…» mi interrompo vedendo un sorriso allargarsi sul suo viso.

«Camz» sussurra «Questa è la classe di biologia» il suo sopracciglio alzato mi fa capire che è una battaglia persa per me far finta che mi sia indifferente.

«Merda» è tutto quello che dico prima di afferrare la borsa e schizzare fuori dall’aula.

*
Entrata in classe mi fiondo al mio posto sotto gli occhi accusatori di Ally, nonché la mia vicina di banco al corso.

«Per un minuto ho pensato mi avessi abbandonato» mi dice con fare sbrigativo aspettando una mia spiegazione. Cerco di riprendere fiato facendo dei respiri profondi, mentre cerco di levarmi dalla testa la figura di merda che ho appena fatto con Lauren.

Sempre più confidente un paio di biglie, meus deus. Ora l’unico modo per parlarle sarà con un sacchetto della spesa in faccia.

Ripesandoci, avrei fatto meglio a stare zitta e far finta di nulla. “Chi è Camila? Io non conosco nessuno con questo nome. Mi sono appena trasferita dalla Botswana, scusa.”

Sì, decisamente meglio.

Racconto brevemente ad Ally l’accaduto cercando di ignorare il suo ghigno che man mano diventa sempre più fastidioso.

Infine mi lancio in una accuratissima descrizione di tutte le persone/oggetti/cose che ho dovuto travolgere –e che mi hanno fatto pure un male cane- per arrivare il più presto possibile in classe.

«E ora scopro che quella specie di mezza donna non è nemmeno in classe» sbuffo mentre Ally mi guarda con una mezza aria di rimprovero.

«Secondo te con chi se la deve fare per avere ancora il posto fisso in questa scuola?» continuo mentre la mia amica scuote la testa, come se fossi l’unica qui a pensarlo.

«Signorina Cabello, la specie di mezza donna è in classe da mezz’ora. Lei hai finito il suo show?» commenta freddamente una figura sbucata da dietro un armadio del laboratorio.

«Merda» per la seconda volta nel giro di mezz’ora è l’unica cosa che riesco a dire.

*
A fine giornata mi prendo un momento di pausa dal mondo. Saluto le mie amiche, ma al posto di andare verso la fermata del bus mi incammino verso l’entrata secondaria della scuola.

Una volta entrata in cortile mi dirigo verso l’edificio esterno che sta sulla destra, ovvero la palestra.

Accanto all’entrata della palestra ci sono degli scalini in pietra che portano ai parcheggi, ormai deserti, per gli insegnanti. Accanto alle scale ci sono delle siepi e del muschio, siamo pur sempre in cortile.

Mi siedo sul secondo scalino e abbandono la schiena e la testa contro il muro.

Chiudo gli occhi e mi stringo nella giacca di jeans che ho su. Nonostante sia un posticino abbastanza riparato, il vento di questo periodo riesce a passare tra le foglie degli alberi e le mie mani piano piano diventano sempre più fredde.

Non me ne importa più di tanto. Qui c’è una pace e una tranquillità grazie alle quali riesco a mettere in muto i miei pensieri per cinque secondi senza che faccia grandi sforzi.

Anche oggi non sono riuscita a parlarle. Ogni volta che la vedo, ogni fibra del mio corpo inizia a bruciare per poi diventare pesanti come il piombo, le parole mi muoiono in gola.

«Camz?» una mano mi sta scuotendo la spalla con delicatezza, e io apro lentamente gli occhi. Il cielo sopra di me è diventato buio e scuro, le nuvole pesanti sono presagio di pioggia.

Manco a dirlo, il cielo viene attraversato da un flash seguito da un tuono profondo. Sta arrivando un temporale, come diamine ho fatto ad addormentarmi?

Mi ricordo solo ora della persona che mi ha svegliata e che mi sta fissando da circa cinque minuti. Distolgo lo sguardo dal cielo e lo punto in quel maledetto verde smeraldo che ogni volta mi fa quasi girare la testa.

«Che ci fai tu qui?» le chiedo prendendomi un momento per osservarla. Indossa una semplice tuta con i colori della scuola e porta i capelli legati in una coda alta, così che si veda anche il tatuaggio.

«Potrei farti la stessa domanda» risponde aiutandomi ad alzarmi. Sento le braccia e le gambe indolenzite dal troppo freddo, ma al suo tocco mi sento sciogliere.

«Cercavo un po’ di pace» mi giustifico, sentendomi sempre più stupida per essermi addormentata nel cortile della scuola. «E tu?»

«Mi allenavo» scrolla leggermente le spalle per poi fare cenno alla palestra. «Per far parte delle cheerleader non basta solo un bel visino»

Al mio sguardo scettico lei continua «Hanno delle regole precise su quanto devi pesare e altre cose del genere» sorride tristemente «Quest’estate ho dovuto perdere cinque chili per avere qualche speranza alle selezioni»

Pensare che io quest’estate non ho fatto altro che mangiare gelato e guardare film mi fa sentire lievemente in colpa, anche perché continuo a pensare che se fossi stata meno stupida nulla di tutto questo sarebbe successo.

Quasi mi avesse letto nel pensiero per l’ennesima volta Lauren mi stringe la mano. «Smettila di incolparti per ogni cosa, Camz» mi riprende per poi sdrammatizzare.

«Li avrei dovuti perdere comunque» ride riferendosi al suo peso.

Scuoto la testa sorridendo «Non ne avevi bisogno, sei bellissima in qualunque modo».

Il suo viso si fa serio e io mi mordo il labbro impedendomi di dire altre cose del genere, quanto sono stupida.

Ad interrompere quel silenzio imbarazzante che si è venuto a creare ci pensa un altro tuono, questa volta più potente e la pioggia che inizia a cadere sempre più forte sopra di noi.

«Conviene entrare» alza la voce Lauren. E’ vero, la pioggia è così insistente che non si riusciva a vedere a distanza di cinque metri.

Sento Lauren che inizia a correre tirandomi per il braccio e chiudersi di fretta la porta della palestra alle spalle. Mi dirigo verso uno dei materassi verde acqua all’interno e mi ci butto sopra ansimando.

«Vuoi scherzare? Abbiamo corso per nemmeno venti secondi!» esclama la cheerleader raggiungendomi e prendendo posto su un angolo del mio stesso materasso.

Alzo una mano e gliela passo sulla faccia per poi spingerla leggermente «Non giudicarmi» dico tra un respiro profondo e l’altro.

La sento ridere per poi alzarsi e sfilarsi la felpa bagnata. «Dovresti farlo anche tu» dice dopo essersi resa conto che la stavo guardando come se fosse pazza.

«Le tue mani sono fradice e anche la tua giacca» continua mentre si asciuga la faccia che le avevo “lavato”.

Mi metto seduta senza però avere il coraggio di levarmi gli indumenti bagnati.

«Avanti, Camz» la sua voce autoritaria mi ricorda mia madre. «Ti prenderai un raffreddore epico se non te la levi» continua lei.

«Ma fa freddo» piagnucolo cercando di farle cambiare inutilmente idea. Infatti mamma-Lauren mi si avvicina e tende la mano insistente.

Sbuffo per poi cedere e levarmi la giacca di jeans diventata ormai di un blu scuro per quanta acqua avevamo preso.

Gliela porgo a Lauren che me la prende di mano sorridente e successivamente voltarsi per andarla a mettere su un calorifero accanto alla sua.

Torna a sedersi accanto a me sempre sorridendo e mi da dei colpetti sulla testa. «Brava bimba»

«Grazie mami» le faccio una linguaccia per poi ridere con lei. La vedo scuotere la testa mentre si scioglie i capelli per rifarsi la coda.

Senza pensarci la mia mano arriva al suo collo e con le dita sfioro la piccola freccia tatuata. La vedo immobilizzarsi e quasi trattiene il respiro.

«Dal romano Camilla, cacciatrice abile con l’arco» ripeto le parole dei miei appunti.

«Ci sei arrivata allora» sorride lievemente lei «Quindi non sei così svampita come sembri ultimamente»

Sto per ribattere che non è assolutamente vero, che io sono concentrata su tutto quello che mi circonda ma la figuraccia di stamattina mi chiude la bocca.

«Come ti è venuto in mente di farlo?» l’accuso cambiando argomento. «Un segno permanente che ti ricorderà la mia stupidità per sempre» continuo.

«Per quello non ho bisogno di un tatuaggio, fidati» ridacchia.

«Ah, simpatica. E allora perché?» insisto, convinta che una spiegazione renderà questo senso di colpa meno opprimente.

«Perché avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse chi fossi veramente» vedendomi confusa spiega. «Sai, con le cheerleader, la tinta, il cambio di compagnia avevo bisogno di qualcosa che mi tenesse legata alla vera me» si sofferma a guardarmi negli occhi con fare quasi timido.

Sembra essere tornata più piccola, come quando eravamo alle medie. Ancora mi sfugge come una freccia legata al mio nome possa farla restare la Lauren di sempre dopo tutto quello che ha fatto per distaccarsene.

«Camila, ancora non l’hai capito?» si rivolge a me come se fossi dura di comprendonio, cosa che non nego.
Può anche essere cambiato tutto, ma nel cuore mi rimarrà per sempre il tuo ricordo, di come hai partecipato alla mia vita. Sarai sempre parte di me, Camila Cabello*».

*questa frase è la stessa frase che pensa Camila nel capitolo 3 dopo aver fatto un sogno su lei e Lauren.

SOOOOOOOL (NOTA DELL’AUTRICE, PESSIMA OKAY CIAO)
Salve salvino a tutti! No, non sono Lazzaro e manco uno Zombie ma sempre e solo io. So che ora mi maledirete in ogni lingua di questo mondo, so che sono praticamente scomparsa e so anche che sono pessima. Anyway in breve qui vi porgo domande, risposte e novità.
  1. Ho avuto un anno pieno… di merda. Rimandata in matematica, scuola che succhia la vita e chi ne ha più ne metta;
  2. Non mi faceva più accedere in questo account, ma ora grazie a JC (Jesus Christ, l’unico e il solo) sono di nuovo tra voi e intendo finire questa storia tra pochi capitoli, stay tuned.
  3. Nuovo rating perché onestamente non sono riuscita ad andare avanti con il rosso. Ogni volta che cercavo di approfondire me ne uscivo con robe tipo: “Lei stava su di me, mi allungai e le sussurrai:Scusa ti potresti levare che non vedo Doraemon?”
  4. Aspetto con ansia il nuovo nick@, se solo EFP si muovesse…
  5. E voi lo sapete il significato del vostro nome? E che avete fatto in tutto questo tempo? Fatemi sapere! : )
 
 
 
 

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