The Legendary Crystal of Hope

di Kim NaNa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nelle antiche ere. - L'inizio - ***
Capitolo 2: *** Sul pianeta blu. - 18 anni dopo - ***
Capitolo 3: *** Per le vie della città ***
Capitolo 4: *** Le guerriere leggendarie ***
Capitolo 5: *** Il Sigillo ***
Capitolo 6: *** Notte di Novilunio ***



Capitolo 1
*** Nelle antiche ere. - L'inizio - ***


NdA: A volte ritornano...
Ebbene sì, dopo qualche anno, questa mia fanfiction torna su Efp. Ovviamente revisionata e provvista di nuovi particolari. Spero che possa piacere o che, quantomeno, qualcuno apprezzi i miei momenti di completa follia. :P
Buona lettura,
con affetto


Kim NaNà



The legendary Crystal of Hope.

 
 
Nelle antiche ere. -L’inizio.-
 
In un tempo molto lontano, negli angoli reconditi delle mitologiche ere, al confine tra sogno e realtà, esisteva un piccolo pianeta dominato e protetto dal candore della diafana Luna.
Nymphas era il suo nome.
I suoi abitanti erano giovani creature angeliche dalle pelli eteree e dalle chiome lucenti e setose, dediti alla natura e ai canti melodiosi.
Nella quiete vegliata dal bagliore lunare, si intrecciavano corone di fiori e cristalli fatati nascevano da iridescenti pietre marine.
Animali incantati e natura verdeggiante allietavano i giorni dei pacifici abitanti del pianeta che, tra canti e sorrisi, omaggiavano la divina Luna.
Per intere ere, Ninfe ed Elfi, vissero felici nel proprio mondo incantato, finché un giorno, durante l’equinozio di primavera, un abitante del vicino pianeta Terra, profanò il deserto e sacro suolo della beneamata Luna.
L’avidità umana e la smania di potere dell’uomo, spinse i più audaci ad occupare quel divino luogo detentore di pace e di immense facoltà magiche dagli effetti sconcertanti.
La forsennata occupazione della Luna, portò, in breve tempo, i terrestri alla scoperta dell’esistenza del pianeta Nymphas.
Quando l’uomo giunse su quella terra incantata, dove flora e fauna coesistevano in abbondanza,  desiderò subito possederla, violando la pace dei giovani e fatati abitanti.
Elfi e Ninfe si ritrovarono, per la prima volta, a combattere per difendere se stessi e il loro mondo. Conobbero la morte, la paura e la disperazione, ma la Luna, piegata e violata dagli esseri umani, li preservò dal conoscere il più terribile dei sentimenti: l’odio.
Una battaglia violenta e cruenta che gettò nella disperazione coloro che, fino ad allora, aveva conosciuto solo serenità e pace.
Quando ormai, forze e coraggio, cominciarono a venir meno su Nymphas, dalla Terra sopraggiunse un nuovo esercito, più forte e numeroso del precedente, che inginocchiò la pacifica popolazione.
Decimati nelle loro stirpi, le Ninfe e gli Elfi, furono costretti ad abbandonare quel tanto amato pianeta e, resi prigionieri dall’uomo, raggiunsero, con il cuore gonfio di tristezza, il grande pianeta blu.
Costretti dalla forzata sopravvivenza e spinti della propria indole pacifica, gli abitanti di Nymphas cercarono l’amicizia con gli esseri umani, inseguendo il sogno di poter instaurare una convivenza senza odio e invidia.
Seguirono anni di tregua tra le due popolazioni, fino a quando la Ninfa Selene non infranse la sacra leggeva che vigeva sul pianeta Nymphas: si unì con un uomo non appartenente alla stirpe degli Elfi.
Si innamorò di un giovane terrestre di nome Lucas con il quale diede alla luce una figlia a cui diedero il nome Usagi.
L’odio assopito fu destato dal sonno nel quale era stato relegato e, accecati dal sacrilegio commesso dalla Ninfa, furono gli abitanti di Nymphas ad attaccare i terrestri.
Lucas doveva morire.
Selene avrebbe dovuto offrire la sua vita alla potente Luna per espiare la sua colpa.
Usagi sarebbe stata lasciata nel fondale del mare Serenitas come offerta di pentimento di quella grave colpa.
Una più sconvolgente battaglia ebbe inizio.
Lucas si oppose a quelle decisioni con tutte le sue forze. A colpi di spada proteggeva la sua amata Selene, mentre ella, dotata di poteri fatati, difendeva il frutto di quell’amore che avrebbero difeso fino alla morte.
«L’amore è amore.» Dicevano.
«Non conosce barriera, non conosce impedimento. Esso si nutre di vita propria e si alimenta col fuoco della passione.»
Dinanzi a loro, terrestri e abitanti di Nymphas, accecati dall’ira, reclamavano i rispettivi trasgressori.
Un ultimo sguardo pieno d’amore, ma intriso di tristezza, si rivolsero Lucas e Selene e prima di essere catturati e separati per sempre.
L’odio aveva vinto, l’amore vide il tramonto, mentre due cuori avrebbero amato per sempre l’amore perduto e due occhi turchini di fanciulla divennero la speranza di due giovani innamorati.
Lacrime lucenti scivolarono sulle gote della bella Selene, mentre al suo petto stringeva il frutto del suo unico amore. Accarezzò il capo della piccola Usagi che, ignara di quanto accadeva intorno a sé, dormiva serena tra le braccia di sua madre e, in quel istante, una lacrima materna le cadde sulle labbra sprigionando un insolito bagliore.
Stupita e meravigliata, Selene rivolse i suoi occhi al cielo e implorò la Luna, che splendeva silenziosa in quel cielo oscuro, di risparmiare la sua bambina.
«A te la offro, oh lucente e divina Luna. A te supplico di vegliare i suoi respiri. A te chiedo di far di Usagi l'emblema di una nuova stirpe.»
Un fascio argenteo colpì la giovane donna che, sorpresa, strinse al petto Usagi affidandosi a quel tepore diffuso dalla Luna.
«Un giorno la Luna splenderà anche nel cielo del mattino.»

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Capitolo 2
*** Sul pianeta blu. - 18 anni dopo - ***




 
Sul pianeta blu. - 18 anni dopo. -
 
Una leggera brezza invernale sfiorò la morbida chioma dorata che giaceva addormentata su un piccolo letto a baldacchino.
Il profumo dell’imminente pioggia pervase tutte le stanze dell’orfanotrofio White Moon mentre due occhi di zaffiro si dischiudevano alla luce di quel grigio mattino.
Lentamente sgattaiolò dalle coperte, sedendosi dinanzi alla sua specchiera.
Rimirò la sua candida carnagione, strofinando gli occhi ancora assonnati e cominciò a pettinare i lunghi e lucenti capelli color del sole.
E tra un colpo di spazzola e uno sbadiglio soffocato, di nuovo le tornò alla mente quella dolce melodia che l’accompagnava dalla nascita:
 
Non devi piangere, mio dolce amore…
La Luna ti veglierà…
Fa’ che il mio canto ti resti nel cuore…
Così insieme a te crescerà.(*)
 
Da sempre quella melodia l’accompagnava.
Qualunque cosa facesse, quel dolce canto le tornava alla memoria invadendo il suo cuore di un rassicurante calore.
Ma chi glielo aveva insegnato?
Nessuno conosceva quel canto al White Moon.
«Madre… è forse questa melodia l’unico ricordo che mi resta di te?»
Dagli occhi cerulei della fanciulla scese una lacrima silente.
Un leggero picchiettio alla porta la distolse da quel malinconico pensiero, riportando la sua attenzione sui suoi capelli.
«Avanti.»
Una donna dai lungi capelli scuri e dai penetranti occhi porpora entrò nella stanza, sorridendo.
«Ben alzata Usagi. Posso aiutarti a spazzolare i tuoi morbidi capelli?»
Usagi arrossì e porse lentamente la spazzola alla donna.
«Certo, signorina Setsuna.»
Setsuna Meio era la direttrice dell’orfanotrofio White Moon.
Taciturna e meticolosa, adorava i bambini e le piaceva prendersi cura di tutti i giovani, accolti in quella grande casa, come fossero figli suoi.
Per Usagi, la signorina Setsuna, era stata l’unica madre che avesse mai avuto.
Era orfana. Non aveva nessuno al mondo e ogni qualvolta chiedeva notizie dei suoi genitori, la direttrice le accarezza dolcemente il capo, sussurrando:
«Non ora, piccola Usagi. Non sei ancora pronta per affrontare la verità. Ti svelerò ogni cosa quando verrà il momento.»
Ma quando sarebbe arrivato il momento?
«Signorina Setsuna…»
Le tremò la voce e distolse lo sguardo dallo specchio per evitare d’incontrare gli occhi penetranti della direttrice.
«…quando potrò sapere chi erano mia madre e mio padre? Perché non mi è concesso uscire liberamente da qui senza indosso un mantello nero con cappuccio? E poi… perché canto sempre la stessa dolce, incantevole melodia? La prego signorina, mi dica chi sono realmente?»
Setsuna continuò a districarle i morbidi fili di grano, inspirò e prese a parlare.
«Bambina mia… ci sono cose che è meglio non conoscere. Il tuo animo è estremamente sensibile e potrebbe soffrirne troppo… e io non voglio che tu soffra.»
Le posò un bacio sui capelli, ma d’un tratto Usagi le gettò le braccia al collo, singhiozzando.
«La prego, signorina… mi dica la verità! Io ho bisogno di sapere! Io devo sapere!»
Stettero così, l’una stretta all’altra, confondendo le proprie sincere lacrime in quell’abbraccio carico di affetto.
«Adesso calmati, bambina mia e asciugati le lacrime, detesto vederti piangere.» Setsuna la osservò dallo specchio; Usagi si teneva stretta a lei, nascondendo quei capelli divenuti ormai motivo di sconforto.
«Guardami, Usagi.» Disse « E ascoltami bene. Forse è giunto il momento che tu sappia la verità… »
Il cuore di Usagi tremò.
Il momento era arrivato. Le sue domande avrebbero avuto, finalmente, una risposta.
«Usagi, tu sei figlia di un amore proibito…» Proclamò con voce ferma. «Tua madre era la bella e fiera Ninfa Selene mentre tuo padre era un giovane terrestre. Lucas era il suo nome.»
Al suono di quelle parole Usagi allargò un ingenuo sorriso.
«Mia madre una Ninfa? Signorina Setsuna, pensa davvero che io possa credere a una simile sciocchezza? Tsè! Ninfe! Se non me lo vuole raccontare non importa, troverò un altro modo per conoscere il mio passato.»
Setsuna la guardò con fare materno e la strinse dolcemente al petto.
«Piccola mia… so quanto possa sembrarti assurdo tutto questo, ma durante questi diciotto anni non ti ho mai mentito. Ho preferito tacere pur di non farti vivere una vita all’insegna della menzogna. Sai, Usagi… neanche io sono una terrestre. Io appartengo alla stirpe degli Elfi e quasi vent’anni addietro, insieme alle Ninfe, abitavamo sul pianeta Nymphas. Era un posto incantato e protetto dalla benevolenza della potente Luna. Non conoscevamo la guerra, la paura, il dolore, la morte… vivevamo in pace tra i canti idilliaci delle suadenti Ninfe e la bontà dei coraggiosi Elfi. Ma un giorno l’uomo arrivò sulla Luna e si impadronì di quel luogo sacro violandolo e devastandolo e in breve tempo scoprì il nostro pianeta. Accecati da un acerrimo desiderio di potere, i terrestri diedero inizio ad una battaglia sanguinosa contro gli abitanti di Nymphas e dopo aver lottato con tutte le nostre forze capitolammo. I pochi sopravvissuti della nostra specie furono condotti qui sulla Terra, non prima, però, che la divina Luna ci donasse la facoltà di non provare odio. Tra ingiustizie ed angherie Elfi e Ninfe cercarono la via del dialogo con i terrestri, riuscendo così a instaurare un lieve rapporto amichevole con quegli uomini che, privi di una strana e devastante forza malefica, si rivelarono allegri e di buon cuore.»
Sul volto etereo della dolce Usagi, palesava un’accentuata smorfia di stupore.
«Nymphas…» mormorò.
«In quegli anni di tregua e serena coabitazione, tua madre, Selene, si innamorò di Lucas, un giovane terrestre dalla lucente capigliatura dorata e dall’animo forte e coraggioso. Ma, ahimè, su Nymphas vigeva l’obbligo di non poter aver contatti di nessun genere con esseri non appartenenti agli abitanti del nostro pianeta. E quando tua madre scoprì di aspettare te, fu la gente del nostro popolo a ribellarsi. Selene e Lucas furono separati e il loro amore vide il tramonto alla stregua di una violenta battaglia che vide perire la regina della Terra: Beryl. Tua madre fu imprigionata in una grotta circondata dalle acque, sulle quali, ogni notte si specchiava la regale Luna e in quella totale solitudine ti diede alla luce, allevandoti per i primi mesi, con amore e devozione…»
Due piccole gemme di cristallo rigarono il volto della fanciulla dai capelli dorati.
«La melodia… Setsuna, quella melodia che ho sempre cantato in questi anni… era mia madre che me la cantava?!»
«Sì, bambina. In quella melodia sono racchiusi i ricordi di quando eravamo felici su Nymphas e la speranza di poter, un giorno, ritornare al nostro antico splendore presso quel pianeta che ci è rimasto nel cuore.»
Usagi balzò in piedi, sciogliendosi dall’abbraccio.
Passeggiava nervosamente nella sua stanza con le lacrime che continuavano a scenderle lungo le guance.
«Perché, allora, sono cresciuta qui? Dov’è adesso mia madre?»
La signorina Setsuna volse lo sguardo oltre la finestra, perdendosi tra le copiose gocce di pioggia che scaturivano dal cielo.
«In una notte di plenilunio, uomo di nome Kunzite si recò presso la grotta e, approfittando del sonno di Selene, ti portò via conducendoti in questa casa, un tempo abitata dal generale Zoisite, che io ho trasformato in orfanotrofio. Di tua madre non si seppe più nulla. C’è chi dice che si sia lasciata annegare tra le acque cristalline di quel luogo silenzioso, chi asserisce di averla vista avvolta in una luce argentea prima di scomparire in direzione della Luna.»
Gli occhi tristi e melanconici della direttrice tornarono a posarsi in quelli azzurrini di Usagi.
Era scossa dai singhiozzi e il candore della sua morbida pelle riluceva nel buio di quella camera.
Lentamente Usagi le si avvicinò e dopo essersi accovacciata per terra, posò la sua testa sulle gambe di quell’affettuosa donna.
«Setsuna… allora sono davvero sola al mondo. Ma spiegami, perché non mi hai mai permesso di superare i cancelli del White Moon, perché devo sempre indossare un mantello scuro e coprirmi sempre il capo? Perché non posso cantare dinanzi agli altri?»
Setsuna cominciò ad accarezzarla e, lieta del calore che percepiva da quel fragile corpo, proseguì il suo racconto.
«L’ho fatto solo per proteggerti. Crescendo ho notato quanto, il tuo dolce viso, somigliasse a quello della tua cara madre e come la tua chioma color del sole ricordasse quella del giovane Lucas. Ho preferito tenerti custodita nella mia casa per evitare che uomini pieni di rancore potessero farti del male. E poi il tuo canto… la dolce melodia che sprigioni con la tua musicale voce, ricorda i canti fatati delle Ninfe che, negli anni di pace, hanno incantato molti esseri umani. Usagi, bambina mia… quando ti ho avuto per la prima volta tra le braccia, avevi solo otto mesi. Eri un batuffolo dagli color del cielo e il sorriso sempre sulle labbra; sola e senza famiglia. Ti ho allevata come se fossi la mia bambina e ho cercato di preservarti da ogni male. Perdonami per non averti svelato prima le tue origini… ma… io ti voglio bene e non vorrei ti accadesse mai nulla di spiacevole.“
Strinse amorevolmente quella morbida capigliatura, lasciando che delle calde e sincere lacrime le solcassero il viso.
Per la prima volta, dopo anni, Usagi conobbe il lato fragile di quella donna che aveva sempre creduto forte e impassibile. Meravigliata e stupita si alzò con estrema cautela e la guardò negli occhi.
Le sorrise e le gettò le braccia al collo.
«Setsuna, tu sei l’unica madre che io abbia mai avuto. Ti ho sempre considerato tale, mi hai amata, allevata, curata e custodita e io ti voglio bene proprio come una figlia farebbe con la sua vera madre.»
La signorina Setsuna la strinse più forte, affondando il volto pieno di lacrime nei biondi capelli della fanciulla.
Restarono a lungo così.
L’una stretta a l’altra, perse in quel dolce tepore che solo una madre sapeva donare.
Quando sciolsero quella calda unione, fuori la pioggia aveva cessato di battere.
«Va’ bambina. Indossa il tuo mantello e percorri le strade di Crystal City. Ma sta’ attenta. Tu sei il frutto proibito di un amore contestato… e gli esseri umani sono in grado di odiare anche qualcuno che brilla di innocenza come te.»
Gli occhi cerulei di Usagi s’illuminarono. Corse da Setsuna, saltellando in preda alla gioia.
Oltre il cancello del White Moon c’era la vita, un’altra vita e lei aveva sempre desiderato poterla conoscere.
Indossò un lungo mantello purpureo, adagiò il cappuccio sui capelli color grano e dopo aver baciato Setsuna su una guancia, raggiunse il cancello d’ingresso correndo.
Aprì l’imposta di ferro argentato guardando prima dietro di sè.
La direttrice la osservava da dietro la finestra della sua camera. Usagi sorrise e la salutò agitando la sua piccola mano.
Oltrepassò il cancello e quella dolce melodia le tornò prepotente alla memoria, come se supplicasse d’essere musicata.
«Madre…» Usagi indirizzò il suo sguardo verso il cielo plumbeo e sottovoce intonò quella tanto cara nenia che le riscaldava il cuore.
«Chi sei tu, che delizi il cielo dolente con una tale dolce melodia?»
Quella inaspettata e profonda voce maschile la fece sussultare. Timorosa e spaventata, alzò piano il capo verso la figura che era apparsa, improvvisamente, sul suo cammino.
Ebbe un fremito il cuore di Usagi quando incontrò lo sguardo di quell’uomo.
Mai aveva visto degli blu così magnetici e luminosi.
Mai aveva visto un volto così volitivo e affascinante.
Lento le cadde il cappuccio dalla testa, mostrando allo sconosciuto viandante, quella chioma che avrebbe dovuto tenere nascosta.
Come rapito da una forza superiore, l’uomo le si avvicinò adagio senza mai distogliere lo sguardo da quei languidi occhi azzurrini.
E quando furono l’uno dinanzi agli altri, occhi negli occhi, lui le afferrò la mano e baciò il dorso inchinandosi con fare cerimonioso.
«Sono il principe ereditario Mamoru Chiba, milady. Lieto di averla incontrata in questa uggiosa giornata.»
Usagi non parlò. Restò a guardarlo senza riuscire a staccare lo sguardo da quegli occhi blu come l’oceano che aveva sempre visto sui libri. E fu allora che lo sentì.
Il suo cuore.
Batteva più in fretta e lo sentiva dimenarsi nel suo petto come mai prima aveva fatto.
Cos’era quello sfarfallio che avvertiva nel suo addome?
Cosa le stava accadendo?
Era da questa nuova, ma piacevole sensazione che Setsuna voleva proteggerla?
Usagi non seppe rispondersi e continuò a rimirare, estasiata, quegli occhi di zaffiro che non smisero di sorriderle.

 
Note: (*) liberamente ispirata al canto conosciuto nel movie animato Il principe D’Egitto della DreamWorks Animation.

NdA: Vorrei innanzitutto ringraziare tutte coloro che hanno letto il capitolo precedente, le ragazze che hanno recensito e quelle che hanno inserito questa mia fic tra le preferite/ricordate/seguite.
La storia comincia, pian piano, a prendere forma e spero di entusiasmarvi anche inseguito.
Se avete consigli, annotazioni da fare, non esitate a scrivermi.
Spero di avervi offerto una lettura piacevole. ^^
Con affetto,


Kim Nanà
 

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Capitolo 3
*** Per le vie della città ***






Per le vie della città.
 
Si agitava irrequieto, il vento, tra il fogliame odoroso della verde edera, mentre un cuore di fanciulla si perdeva in due magnetiche iridi blu come gli abissi profondi del mare.
«Diletta fanciulla, mi è concesso conoscere il vostro nome?»
Il giovane principe colmò la distanza che lo separava dalla sconosciuta donna e prese a guardarla con impaziente attesa.
Un velo di paura attraversò i pensieri della sorpresa Usagi. Setsuna non le aveva confidato come comportarsi in presenza degli abitanti di Crystal City e, rammentando l’astio degli uomini nei confronti degli abitanti del pianeta Nymphas, mentì:
«Il mio nome è Serenity, sua altezza. »
Abbassò subito gli occhi, augurandosi che il principe non avesse mai letto la storia che narrava della principessa Serenity e della sua storia d’amore con il principe Endymion.
Gli occhi del giovane si illuminarono mentre un dolce sorriso si dipinse sulle sue rosee labbra.
«Serenity! È un nome molto bello, milady e ricchiude tutto lo splendore della vostra bellezza. Ma vi prego… potremmo essere meno formali e darci del tu? Fuori dalle mura del palazzo reale mi piace essere, semplicemente, Mamoru Chiba.»
E ancora sorrise.
Il volto di Usagi divenne scarlatto. Spostò lo sguardo imbarazzato altrove e annuì col capo abbozzando un lieve sorriso.
Un’improvvisa folata di vento minacciò il cappuccio poggiato sui suoi capelli dorati, suscitando gli sguardi incuriositi di Mamoru.
In silenzio e con un lento movimento delle mani, Usagi coprì maggiormente il suo capo, nascondendo del tutto la sua chioma.
«Dov’eri diretta, Serenity? Se non ti creo troppo disturbo mi piacerebbe accompagnarti. »
Quegli occhi così intensamente blu, la carezzarono piano, suscitandole una mai avvertita sensazione di calore.
«Ecco, vede… io non vorrei importunarla, sua altezza… inoltre… » si fermò, lasciandosi rapire da quello sguardo profondo e ricordò la cortesia che, poco prima, le aveva chiesto lasciandosi sfuggire una soffocata risata.
«Chiedo scusa…. Vedi Mamoru, io stavo solo andando a fare una passeggiata. Avevo voglia di riscoprire le bellezze della nostra città…»
Di nuovo mentì, stringendo nervosamente i lembi del mantello intorno a sé.
«Mi concederebbe l’onore di poterla accompagnare?»
Mamoru si inchinò dinanzi a lei con fare cerimonioso porgendole, con galanteria, il palmo della sua mano sul quale spiccava l’anello della potente famiglia reale.
Esitò, Usagi, prima di rispondere.
In fondo avere qualcuno accanto che la guidasse le avrebbe impedito di perdere la via del ritorno, ma il timore di poter essere riconosciuta come figlia di Lucas e Selene la fece rabbrividire
«Segui la voce del tuo cuore, bambina mia… la sua luce illuminerà il cammino.»
Chi mai poteva aver parlato se accanto a lei vi era solo il giovane Mamoru?
Usagi alzò istintivamente gli occhi al cielo.
Quella voce flebile e dolce pareva giungere dai meandri della pallida e argentea Luna.
«Sei tu, madre mia?» pensò.
Posò, nuovamente, lo sguardo su quello del futuro re e sorrise.
«Mi farebbe molto piacere poter beneficiare della tua presenza. »
Si scambiarono un sorriso sincero, quasi complice e preso a camminare l’uno di fianco all’altro.
E fu così che, il giovane principe, mostrò alla sempre più estasiata ed emozionata Usagi i laghi ghiacciati dal freddo inverno, le immense distese di prato ricoperte dalla soffice neve che, col suo gelido manto, aveva nascosto la bellezza dei colori di quei paesaggi.
La condusse per le vie della città, lasciando che si inebriasse di quei profumi che tanto le aprirono il cuore da permettere al suo sorriso di non abbandonare mai il suo volto.
Usagì guardo entusiasta le vetrine di piccole botteghe di artigianato e di ceramica. Assaporò ogni sorta di frutto esposto sui banconi esposti sulle strade e rise con Mamoru, accompagnata dal chiacchiericcio quotidiano di quella gente che pareva vivere serena.
Un piccolo fiocco di neve scese dal cielo, ormai nero, posandosi sulle sue labbra vermiglie.
Si era fatto tardi e doveva tornare al White Moon prima che la cara Setsuna decidesse di cercarla per l’intera città.
«Mamoru, ti ringrazio per avermi accompagnata. È stato molto piacevole passeggiare in tua compagnia, ma adesso devo proprio andare…»
Si inchinò frettolosamente voltandosi di spalle e riprendendo la strada del ritorno. Ma una mano calda e ferma le impedì di proseguire il suo cammino.
«Non andare Serenity. Resta ancora un po’ con me. Vorrei che tu vedessi un’altra cosa. Una cosa alla quale sono molto legato.»
Usagi abbassò lo sguardo fissando la mano di quell’uomo che stringeva, con delicatezza, il suo polso.
Il cuore prese a martellarle il petto mentre la neve scendeva lenta e silenziosa.
Annuì senza parlare e avvampò dinanzi al sorriso che Mamoru le rivolse.
«Vieni con me.» le sussurrò.
Afferrò la sua mano e si allontanò da quel posto così pieno di luci, di voci e di profumi.
La condusse in un luogo isolato dalla confusione cittadina, poco illuminato, dove il silenzio regnava sovrano.
Un fremito le percorse la schiena, ma Mamoru si voltò a guardarla, quasi percependo i suoi pensieri.
«Non avere paura, Serenity. Sei al sicuro accanto a me.»
Le strinse la mano con più forza, lasciando che il calore di quel contatto la rassicurasse.
«Adesso chiudi gli occhi. Voglio mostrarti una cosa.»
Usagi esitò.
Il cuore le batteva forte. Aveva paura, ma, al contempo, era desiderosa di scoprire quella novità che il giovane principe voleva mostrargli.
Di nuovo udì quella flebile voce:
«La Luna veglia il tuo cammino, setaccia le tue paure, cancella le tue remore e permette al tuo cuore di veder i bagliori argentei! “
Di chiunque fosse quella voce riusciva sempre a dissipare i dubbi che affollavano la mente di Usagi.
«Va bene, Mamoru.» disse e sorridendo chiuse gli occhi, permettendo al giovane di prenderla per mano e condurla in quel misterioso posto.
Usagi sentì il cigolio di una porta e avvertì un intenso e mai odorato profumo solleticarle le narici.
Man mano che proseguiva la sua lenta camminata percepì il riflesso della luce rischiarare le sue palpebre chiuse e incuriosita domandò:
«Mamoru? Posso aprire gli occhi adesso?»
«Solo un momento, Serenity.»
Lo udì muoversi all’interno della stanza e sorrise, immaginando quale assurda novità le avrebbe fatto scoprire.
Poco dopo qualcosa di morbido e setoso, dal delicato profumo fu adagiato sulle sue labbra.
«Aprili adesso.»
Usagi aprì i suoi occhi azzurrini lentamente, incontrando le iridi color cobalto di lui e poi, posando lo sguardo verso la sua bocca, vide una profumata rosa rossa.
«Una rosa! Ma è meravigliosa Mamoru! E che buon profumo! Ma come può esserci una rosa se siamo in inverno?»
Lui la guardò teneramente, lieto di averle donato un nuovo sorriso e con fare galante le indicò la stanza nella quale erano entrati.
Inebriata da un delicato profumo tipico della stagione primaverile, Usagi si guardò intorno, guardando, stupita, la meraviglia creata da quello straordinario e segreto roseto. Una vera e propria esplosione di colore. Mentre fuori il bianco manto della neve nascondeva lo splendore della natura, all’interno di quella piccola stanza, circondata da grandi vetrate, esplodeva la primavera, sfoggiando colori e profumi.
«Questo è il mio rifugio, Serenity. È qui che mi nascondo per sfuggire alla vita di corte… Questo è il mio segreto, ma da questo momento vorrei diventasse il nostro segreto. Puoi venire qui tutte le volte che vuoi, nessuno ti disturberà mai…»
Continuava ad osservarla con occhi pieni di dolcezza, Mamoru, e con eleganza le afferrò la mano sfiorandola appena con le labbra.
Le guance di Usagi divennero dello stesso colore dei petali della sua rosa e avvertì una strana vertigine.
«Ecco, Mamoru… io ti ringrazio, ma credi non sia educato, da parte mia, approfittare della tua gentilezza…»
«Ti prego, Serenity! Amo questo posto, ma sono sempre troppo solo quando vengo qui. Mi piacerebbe poter avere al mio fianco qualcuno con cui chiacchierare… qualcuno di grazioso e piacevole, proprio come te. “
Usagi ne fu colpita.
Mai nessuno le si era rivolto in quei termini. Nessuno l’aveva fatta mai sentire leggere come una piuma.
Si chinò a guardare dei boccioli di rosa, dando le spalle al principe, per nascondergli il suo vistoso imbarazzo.
«E va bene, Mamoru. Sarò felice di tenerti compagnia, qualche volta. Ma sappi che non sempre mi è concesso lasciare la mia casa.»
Lui le si avvicinòm invitandola a guardarlo in viso.
«Perché? Perché non sei libera di venire qui da me quando vuoi?»
Il cuore le tremò.
La confessione di Setsuna riecheggiò nella sua mente, facendola rabbrividire: «Ma sta’ attenta. Tu sei il frutto proibito di un amore contestato… e gli esseri umani sono in grado di odiare anche qualcuno che brilla di innocenza come te.»
Nonostante Mamoru Chiba fosse il futuro erede al trono di Crystal City, Usagi constatò di avere di fronte a sé un perfetto sconosciuto, del quale non poteva fidarsi.
Non ancora.
Lo guardò timidamente, lasciando che lui immergesse i suoi zaffiri blu negli occhi color del cielo di lei.
«Mia madre è molto ammalata e non mi piace lasciarla da sola. Potrebbe aver bisogno di me in qualunque momento…»
Mentire le faceva tremare la voce, ma Mamoru parve non accorgersene.
«D’accordo Serenity. Ma promettimi che verrai qui, tutte le volte che potrai. Promettilo…»
Le tese la mano, aiutandola ad alzarsi, ritrovandosi così a pochi centimetri l’uno dall’altro. Usagi poté sentire il profumo muschiato della sua pelle, mentre Mamoru avvertì una dolce fragranza di pesco provenire da un piccolo ciuffo biondo che fuoriusciva dal cappuccio.
«Te lo prometto, Mamoru. Ma adesso devo proprio andare. Mia madre sarà sicuramente in pena per me.»
Allontanò la mano da quella di lui, dirigendosi verso l’uscio della serra.
«Aspetta, Serenity!Lascia almeno che ti accompagni… non vorrei ti accadesse qualcosa lungo la via del ritorno.»
«No, Mamoru. Sarebbe sconveniente per te farti vedere ancora in giro con una semplice ragazza come me…»
Gli parlò senza mai guardarlo in viso, ma lui la raggiunse e cercò la sua mano.
«Io sono il principe ereditario. Nessuno può impedirmi di restare al fianco di colei che ha allietato il mio cuore con il suo melodioso canto.»
Come riusciva quel giovane dagli color della notte a farle battere così forte il cuore?
Perché desiderava, ardentemente, rimanere in quel profumato luogo, a chiacchierare e a godere della sua piacevole compagnia?
Cos’era quel dolce calore che sentiva nel cuore?
Voltò lentamente il capo, sorridendogli.
«Sei molto gentile, Mamoru, ma preferisco ritornare a casa da sola. Vedrai non mi accadrà nulla di sgradevole lungo la via.»
Lui la osservò in silenzio, perlustrando quel corpo rimasto sempre coperto dal mantello purpureo.
«Allora tieni questo.»
E così dicendo si sfilò dall’anulare della mano destra, l’anello reale. Un anello d’oro bianco che incastonava un prezioso diamante blu tempestato di piccoli diamanti bianchi che lo incorniciavano donandogli un aspetto regale.
«Se qualcuno oserà importunarti, ti basterà mostrare il mio anello reale per allontanarlo da te…»
Le accarezzò piano una guancia, sorridendo.
«Mamoru… no! Io non posso… non posso accettarlo. È un oggetto troppo prezioso e importante per te…»
Usagi aveva il cuore che le batteva all’impazzata. Era confusa, ma anche tanto affascinata da tutto quel che, in poche ore, le era accaduto.
«Accettalo ti prego. È l’unica condizione che ti pongo se davvero vuoi tornare a casa da sola.»
Mamoru pose la pietre preziosa tra le mani di Usagi, richiudendola nel suo palmo e trattenendo per qualche istante le mani su quelle di lei.
«Grazie Mamoru. Lo custodirò gelosamente.»
Gli sorrise sostenendo il suo magnetico sguardo e lasciò la serra, raggiungendo la strada.
«Serenity!»
Lei si voltò a guardarlo mentre la neve scendeva copiosa.
«Io ti aspetterò qui. Ogni giorno.»
Al suono di quelle parole Usagi prese a correre. Correva, correva sotto la neve, per sfuggire al dolce richiamo di quell’uomo che le aveva mostrato un mondo che non aveva conosciuto neanche sui libri.
Quando giunse al White Moon Setsuna l’attendeva fuori dal cancello con l’aria truce e preoccupata.
Non appena la vide arrivare la strinse forte al petto, ringraziando la beneamata Luna per averla ricondotta verso casa.
«Ero in pensiero per te, Usagi.»
«Scusami, Setsuna… non mi ero accorta del tempo che passava. Ti ringrazio per avermi mandata sola in città, è stato davvero divertente…»
Le diede un affettuoso bacio sulla guancia e aprì il cancello, seguita dalla direttrice.
«Usagi… bambina. Dimmi come ti è sembrata Crystal City?»
Usagi le afferrò la mano e guardandola negli occhi rispose:
«Bellissima! E credo che la Terra sia un posto magico, meraviglioso ed incredibilmente interessante! Oh, Setsuna, Crystal City è davvero incantevole!»
Setsuna rise di gusto, abbracciandola dolcemente.
«Sai Usagi, anche tua madre diceva la stessa cosa.»

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Capitolo 4
*** Le guerriere leggendarie ***






 
Le guerriere leggendarie
 
La brezza del mattino soffiava  gelida contro la finestra della stanza di Usagi mentre, la fanciulla dalla chioma dorata, guardava con occhi sognanti la pietra preziosa donatagli dal giovane principe Mamoru.
Il prezioso gioiello, dal colore della notte, emetteva luccicanti bagliori che ricordavano il candore della Luna riflesso in un lago di acque cristalline.
«Che strano… mi pare di avvertire un insolito calore nel petto quando stringo tra le mani questo cristallo. Ha lo stesso colore degli occhi del principe Mamoru e attrae la mia attenzione proprio come quella calda voce che sentivo d’improvviso…»
Posò un leggero bacio su quell’anello che aveva appeso ad un catenina legata al suo collo e si lasciò sfuggire un rumoroso sospiro.
«Usagi… qualcosa ti turba?»
La direttrice Setsuna irruppe nella stanza, interrompendo il soliloquio della confusa fanciulla che, in tutta fretta, nascose il prezioso tra la stoffa amaranto del suo vestito.
Usagi scosse il capo, sorridendo.
La direttrice le si avvicinò, sedendosi sul letto accanto a lei e, con fare materno, le accarezzò una guancia.
«Usagi, Usagi! Ti conosco sin da quando eri in fasce, nulla sfugge agli occhi di colei che ti ha cresciuta come una madre… Qualcosa affligge il tuo buon cuore? Parlane con me. Insieme riusciremo a trovare il giusto rimedio per i tuoi tristi pensieri.»
Usagi guardò la donna negli occhi, grata di averla al suo fianco quando la malinconia e la tristezza la coglieva impreparata.
In quegli anni non aveva mai taciuto nulla a quella donna che aveva imparato ad amare in silenzio, ma in quel momento sentiva di non poterle rivelare di aver conosciuto il futuro re di Crystal City e di aver promesso, a quel giovane educato e affascinante, di tornare a trovarlo in quel luogo segreto che le aveva mostrato.
«Ecco, io… mi sento solo un po’ sola, Setsuna.»
Gli occhi color porpora della donna s’incupirono e un velo di incertezza balenò sul suo viso dalla scura carnagione.
«Credo sia giunto il tempo, Usagi…»
La ragazza la guardò confusa.
«Seguimi. Ti porterò nella torre Nord del White Moon.»
Usagi sgranò gli occhi stupita.
«La torre Nord? Ma… Setsuna, tu mi hai sempre proibito di entrare in quelle stanze…»
Un’espressione di rammarico si dipinse sul volto della direttrice che proseguì il suo discorso.
«Ti era proibito addentrarti in quelle stanze perché non eri pronta a conoscere il segreto della tua nascita, ma, adesso che ti ho svelato chi sei realmente, è giusto che tu conosca i leggendari superstiti del pianeta Nymphas!»
Di nuovo lo stupore aleggiò sul viso di Usagi che, in silenzio, seguì Setsuna verso la più grande delle torri dell’orfanotrofio, da sempre avvolta da un’inquietante alone di mistero.
Lungo il tragitto, un solenne silenzio accompagnava il tonfo leggero dei loro passi e Usagi, tesa e, al contempo, incuriosita, si lasciò conquistare dalla bellezza degli affreschi e dei quadri che adornavano le pareti di quel posto così misterioso.
Creature dall’aspetto angelico ed etereo, con chiome fluttuanti e occhi serafici, accompagnavano diversi animali immersi in una natura lussureggiante e rigogliosa.
Cascate d’acqua, lucciole, cavalli alati, frutti colorati e dall’aspetto invitante coloravano quell’ambiente così, all’apparenza, grigio e muto.
Camminava lentamente Usagi, rapita dalla bellezza di quei dipinti che le mostravano un posto magico ed incantato.
Giunse dinanzi ad una grande tela dipinta ad olio e subito vi scorse una figura a lei familiare.
«Signorina Setsuna! Quella donna… quella donna è identica a lei!»
Setsuna si voltò a guardare Usagi e posò i suoi occhi sulla grande tela dai colori argentei e freddi.
Otto donne dall’aspetto fiero e coraggioso vegliavano la luce di un prezioso cristallo, sorvegliato dalla costante presenza della solitaria Luna che rischiarava il buio della notte raffigurata con il candore luce.
«Quella sono io, Usagi!»
Lo sguardo altezzoso e computo, fissava immobile le donne raffigurate nella tela, i pensieri persi in un luogo lontano e sconosciuto.
Usagi rimase colpita dalla fierezza e della determinazione di quello sguardo e, per un attimo, desiderò poter conoscere i pensieri celati in quei serafici occhi che la guardavano sempre con amore e devozione.
Ripresero a percorrere il lungo corridoio finché un maestoso arco a sesto acuto, intarsiato di decorazioni floreali e sostenuto da due imponenti colonne stile corinzio, comparve dinanzi a loro, custodendo al suo interno un’imponente e baroccheggiante porta di marmo bianco, sulla quale spiccava una lucente maniglia d’oro che rischiarava dei nomi incisi sulle lastre bianche.
Usagi vi si avvicinò con cautela, rivolgendo uno sguardo di approvazione verso la direttrice, la quale abbassò il capo in segno di assenso.
Con la mano sfiorò la gelida porta marmorea, soffermandosi a guardare quelle due colonne di nomi che rapirono la sua attenzione:
Ami Mizuno
Rei Hino
Makoto Kino
Minako Aino
 
Michiru Kaioh
Haruka Tenou
Hotaru Tomoe
Setsuna Meiou
 
Le leggendarie guerriere protettrici del Cristallo e della Dea prescelta.
 
Ancora una volta Setsuna compariva in quell’ambiente così misterioso ed insolito.
Lasciò che le sue dita affusolate scorressero le singole incisioni, imprimendo sulla pelle gli intagli di quei nomi che profumavano di incanto e con estrema calma, posò gli occhi azzurro cielo in quelli porpora della direttrice.
«Cosa vuol dire tutto questo, Setsuna? Cosa si cela oltre questa porta? Chi sono le donne qui sopra elencate? Le medesime fanciulle raffigurate in quella magnifica ma inquietante tela? Chi sei tu, Setsuna Meiou?»
Le parole scivolarono via dalle labbra in un sussurro, spinte da una sempre più incalzante voglia di sapere.
«Io sono colei che ti ho detto di essere. Provengo dal pianeta Nymphas. Sono l’Elfo Setsuna Meiou, canto le mie lodi al lontano pianeta nano Plutone, veglio le porte delle galassie  e sono una delle leggendarie guerriere protettrici del leggendario Cristallo e della Dea prescelta. “
Dischiuse le mani facendo apparire un luminoso cristallo nero.
«Questo è il mio Petal Crystal e insieme ai Petal Crystal delle altre leggendarie guerriere ci permetterà di riconoscere la Dea prescelta che godrà dei benefici della potente e divina Luna. “
Usagi non poté credere ai suoi occhi.
Quel mondo fatato, che a stento aveva accettato, le stava mostrando il suo lato più mistico e ieratico, indicandole l’esistenza delle Leggendarie guerriere.
«Le leggendarie guerriere… E dove sono adesso le tue compagne?»
Setsuna non rispose. Posò la mano sulla lucente maniglia dorata e spinse la pesante porta, lasciando trapelare un luminoso raggio di luce.
Quando la porta fu completamente spalancata, Usagi sussultò.
Le fanciulle ritratte nel dipinto ero tutte dinanzi a lei, le mani giunte come in preghiera, gli occhi chiusi e i capelli fluttuanti.
Accecanti fasci di luce, di colori diversi, circondavano i loro corpi, inondando la stanza di una strana e inesplicabile aura di potere.
«Sono loro le mie compagne!»
La voce di Setsuna la distolse da quella stupefacente visione.
«Ti presento le Leggendarie guerriere, Usagi. Le uniche superstiti puro sangue del nostro amato e disgraziato pianeta Nymphas.»
Si avvicinò alla prima guerrira. Una fanciulla dalla corta, ma morbida e lucente capigliatura turchina, la quale spalancò gli occhi, dello stesso colore dei capelli, al contatto del Petal Crystal di Setsuna.
«Lei è la Ninfa Ami Mizuno. Canta le sue lodi al piccolo, ma solenne pianeta Mercurio e gestisce le diverse forme dell’acqua.»
La Ninfa Ami, dischiuse le mani nello stesso modo in cui, poc’anzi, l’aveva fatto Setsuna e mostrò il suo Petal Crystal di colore celeste.
Setsuna proseguì con la presentazione di quelle giovani e misteriose donne, senza fermarsi ad osservare l’espressione incredula di Usagi.
«Lei è la Ninfa Rei Hino. Canta le sue lodi al pianeta rosso di Marte e detiene il fuoco e l’arte mistica.» Lunghi capelli neri e occhi viola penetranti, come Ami, Rei mostrò il suo Petal Crystal che aveva il colore rosso delle rose preferite dal principe Mamoru.
«Lei è la Ninfa Makoto Kino. Le sue lodi sono dedicate al grande pianeta Giove e diletta con fiori ed elettricità.»
Verde e luminoso fu il Petal Crystal che dischiuse dalle sue mani la giovane dai capelli castani e gli occhi verdi.
«Lei è la Ninfa Minako Aino. Le sue lodi sono dedicate al pianeta Venere e giostra con gli effetti della luce.»
Usagi fu colpita dalla somiglianza che aveva con quella fanciulla dagli occhi azzurrini e la lunga chioma color oro, la quale mostrò un Petal Crystal color del sole, ma non osò proferir parola soggiogata dall’imponenza di quel momento.
«Lei è l’Elfo Michiru Kaioh. Canta le sue lodi al pianeta Nettuno e comanda le forze dei mari.»
Capelli verde mare, occhi color dell’oceano e sguardo fiero mostrò l’Elfo Michiru mentr edischiudeva il suo Petal Crystal color verde acqua.
«Ti presento l’Elfo Haruka Tenou. Canta le sue lodi al pianeta Urano e sovrasta la forza dei venti.»
Capelli corti e dorati, occhi blu color della notte e sguardo tenace. L’Elfo Haruka mostrò il suo Petal Crystal color oro, osservando Usagi con ostentata sicurezza.
«Ed infine… lei, l’Elfo Hotaru Tomoe. Le sue lodi sono dedicate al grande pianeta Saturno, la chiaroveggenza e il suo diletto, ma da lei dipendono morte e rinascita.»
Quella che, all’apparenza, sembrava una ragazzina dal fluttuante caschetto nero e gli occhi violetto, mostrò il suo Petal Crystal color lilla, fissando Usagi negli occhi.
«Noi siamo le leggendarie guerriere protettrici del Cristallo e della Dea prescelta.»
Anche Setsuna dischiuse il suo Petal Crystal e un’enorme fascio di luce irradiò la stanza.
Usagi avvertì uno strano calore nel petto.
L’anello del principe Mamoru, che aveva al collo, pareva esser diventato incandescente.
Lo sentiva bruciare sulla pelle, ma resistette all’impulso di liberarsi del gioiello per non mostrarlo alla direttrice.
«Setsuna! Chi è la fanciulla che hai portato al nostro cospetto? Perché la sua chioma splende come le nostre?»
L’Elfo Haruka avanzò verso Usagi sostenendo superbamente il suo sguardo.
«Haruka, lei è Usagi. È la figlia della Ninfa Selene e del terrestre Lucas…»
Gli occhi delle leggendarie guerriere si spalancarono.
«Mi stai dicendo che lei, è il frutto proibito nato da colei che infranse le regole del nostro pianeta? Setsuna! Come hai potuto portarla qui da noi, offendere le leggendarie guerriere, le uniche superstiti puro sangue di Nymphas! Dimmi, perché lei è qui?»
Usagi tremava. Gli antichi rancori contro la sua povera madre non erano ancora assopiti. Il ricordo del suo tradimento bruciava ancora negli animi di quelle fiere discendenti di Nymphas e Usagi temette di ricevere la peggiore delle punizioni per essere nata da quell’unione proibita.
«Fa’ silenzio, Haruka. Guarda i nostri Petal Crystal. Lampeggiano dinanzi ad Usagi… Forse è lei la chiave. Colei che ci permetterà di trovare la Dea Prescelta.»
Haruka girò intorno ad Usagi, guardandola attentamente.
«Una mezzo sangue… il frutto di un tradimento… la chiave della nostra missione… E va bene, Setsuna. Vedremo dove sarà in grado di portarci la tua chiave, ma ricorda che il frutto di un tradimento, potrebbe tradire ancora…»
Gli occhi blu dell’Elfo Haruka, incontrarono quelli determinati di Setsuna che strinse Usagi tra le braccia.
«Vi prego ragazze… Siate clementi. Ho cresciuto io Usagi sin da quando era una bambina ancora in fasce. È come se fosse figlia mia… Non vi chiedo molto, solo di esserle amiche e di volerle bene. Lei non ha nessuno oltre a noi e sapete bene cosa accadrebbe se i terrestri scoprissero della sua esistenza, soprattutto la famiglia reale… “
Il cuore di Usagi si arrestò.
La famiglia reale era contro di lei.
Il suo pensiero volò subito a Mamoru e il ricordo di quel pomeriggio trascorso con lui le fece pizzicare le iridi cerulee.
«Mamoru… io non sono colei che ti ho detto di essere. Io sono la causa della morte di tua madre…»
Nonostante l’anello continuasse ad emanare un forte calore, la ragazza posò le mani sul suo petto e desiderò poter essere una comune mortale come le altre fanciulle dell’orfanotrofio.
Canta Usagi, canta bambina mia…
Quella voce.
Quella voce era tornata a farsi sentire proprio quando credeva di essere perduta.
Usagi alzò lentamente gli occhi sulle leggendarie guerriere e quasi timidamente intonò la melodia che da sempre l’accompagnava:
 
Non devi piangere, mio dolce amore…
La Luna ti veglierà…
Fa’ che il mio canto ti resti nel cuore…
Così insieme a te crescerà.(*)
 
Le leggendarie guerriere si deliziarono al suono di quel melodioso canto e i loro Petal Crystal emisero un ancor più potente bagliore di luce.
«In lei scorre il sangue delle Ninfe e il suo diletto canto ne è la sconcertante dimostrazione.»
La voce dell’Elfo Hotaru irruppe quel improvviso mutismo che seguì la dolce melodia.
Una mano delicata si posò sulla spalla dell’insicura e confusa Usagi, costringendola ad alzare gli occhi.
Dinanzi a lei la Ninfa Rei Hino e le altre sorridevano con dolcezza.
«Benvenuta, Usagi. Da oggi saremo liete di essere tue amiche!»
Amiche.
Per anni aveva desiderato averne Usagi, aveva sempre guardato fuori dalla sua finestra i bambini giocare tra loro, desiderando tra le lacrime di poter essere al loro fianco, ma Setsuna le aveva sempre detto che lei era una bambina speciale e al suo fianco dovevano esserci solo delle amiche molto speciali.
Adesso erano lì, proprio dinanzi a lei.
Le leggendarie guerriere protettrici del Cristallo e della Dea prescelta erano le sue amiche.
 
 
Note:
(*) liberamente ispirata al canto conosciuto nel movie animato Il principe D’Egitto della DreamWorks Animation.

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Capitolo 5
*** Il Sigillo ***






Il sigillo
 
La stanza, intrisa di potere e magia, rumoreggiava del melodioso chiacchiericcio delle leggendarie guerriere che cercavano, amichevolmente, di avvicinarsi ad Usagi.
La ninfa Minako le sedeva accanto e con mani delicate sfiorava la morbida e bionda capigliatura della sua nuova compagna.
«I tuoi capelli risplendono come preziosi fili d’oro e riflettono la luminosità accecante del sole… come seta scorrono tra le dita e codesto bagliore può rammentare solo le chiome dei giovani abitanti del pianeta Nimphas.»
Rei si avvicinò alla sua compagna, seguita dalle ninfe Ami e Makoto, mentre i tre elfi restarono, ammutolite, al fianco di Setsuna.
«Nei suoi occhi scorgo la luce delle Ninfe, il suo sorriso riporta la fierezza dei volti degli abitanti del nostro pianeta e la sua voce è la soave melodia che appartiene solo a Ninfe ed Elfi…»
«Usagi è una di noi.» La voce pacata di Ami sollevò gli sguardi di tutte le guerriere che voltarono il capo, inginocchiandosi dinanzi ad una colonna ionica di marmo bianco e intarsiata d’oro, sulla quale spiccava un oggetto avvolto da un fievole bagliore.
Spinta dalla curiosità, Usagi si avvicinò alla colonna con lentezza, seguita dallo sguardo vigile e sempre attento di Setsuna.
«Cos’è questo, direttrice? Sento uno strano tepore invadere il mio corpo…»
Setsuna rivolse uno sguardo alle sue compagne e poi rispose:
«Dinanzi a te hai il misterioso Scrigno della Luce. Nessuno sa cosa vi sia custodito all’interno. Gli avi ci hanno parlato di un immenso potere racchiuso e sigillato, ma, in realtà, nessuno conosce il tesoro celato dallo scrigno.»
Usagi osservò lo Scrigno della Luce.
Una piccola scatola ovale di oro e argento, tempestata di rubini e zaffiri. Al centro spiccava il simbolo della Luna crescente e, poco sotto, vi era una fessura dalla quale proveniva una calda luce.
«Lo Scrigno della Luce…» sussurrò, mentre si faceva sempre più vicina all’oggetto.
D’un tratto, l’anello di Mamoru riprese ad ardere con maggiore insistenza. Usagi sentiva la sua pelle bruciare al contatto con la pietra e, per soffocare un grido di dolore, tirò fuori l’anello cercando di nasconderlo alle altre.
Ciò che accadde sorprese tutti i presenti.
Dalle mani di Usagi si propagò un fulgido fascio di luce che colpì lo Scrigno della Luce. Esso, dapprima fu avvolto da un bagliore incandescente, poi un intenso calore si sprigionò dal suo interno rompendo il sacro sigillo, davanti agli occhi atterriti delle guerriere.
Quando lo Scrigno si dischiuse, un boato assordante riecheggiò nella stanza, librando in aria delle misteriose carte e con esse si materializzò un’entità eterea e soave.
Lunghi capelli argentei e luminosi, occhi fieri e gentili, sorriso amabile e dolce e una potente aura celestiale che avvolgeva il suo corpo fasciato da un immacolato abito, che presentava un fiocco lilla all’altezza del petto sul quale riluceva una preziosa spilla.
Setsuna sgranò gli occhi incredula.
«Selene!»
Il nome pronunciato dalla direttrice stupì le altre guerriere, lasciando Usagi rapita e confusa dall’avvenimento.
Setsuna si avvicinò alla ragazza, poggiò le mani sulle sue spalle e, con gli occhi velati di lacrime, disse:
«Usagi, bambina, colei che hai dinanzi è lo spirito della famosa Ninfa Selene… colei che, tempo addietro, ti fece dono del più pregiato dei doni: la vita.»
Usagi voltò gli occhi azzurrini verso la donna che le stava parlando.
«Setsuna… vuoi forse dirmi che… lei… lei è mia madre?»
La voce le tremava e lo stupore aleggiava sul suo volto.
Tornò a guardare colei che, per anni, aveva sognato di incontrare e lacrime di commozione scesere dai suoi cristallini occhi.
«Oh madre… è tutta la vita che penso a voi!»
Si inginocchiò al cospetto dell’entità, liberando tutte le lacrime soffocate nel petto.
«Quella melodia che mi avete tramandato… riusciva sempre a scaldarmi il cuore e poi, quella voce… quella voce che odo ogni qual volta mi sento smarrita ed indecisa… Io lo sapevo che eravate ancora viva…»
La Ninfa Selene sorrise ancora e con fare regale si avvicinò a quella giovane fanciulla che tanto le somigliava.
«Figlia mia… non piangere. In questi lunghi anni ho sempre cercato di vegliare su di te e ho osservato, silenziosamente, la tua crescita. Purtroppo il destino ci ha negato la possibilità di essere felici come avremmo dovuto, ma adesso sento che qualcosa sta per cambiare. Il mio corpo giace dormiente, in uno spazio bidimensionale, la potente Luna protegge le mie fattezze dallo scandire del tempo e la sua candida luce mi permette di resistere a quel dolce sonno.»
Tra le lacrime, Usagi alzò lo sguardo.
«Vuoi dirmi che… sei imprigionata?»
La donna si accovacciò al suo fianco, guardandola negli occhi:
«Bambina mia… il tuo volto mi ricorda tanto il tuo adorato padre… Cercalo, Usagi. Su di me vige una maledizione lanciatami dalla regina Beryl prima di sopperire in battaglia. Al fianco delle leggendarie guerriere ritrova le Moon Card che si sono liberate con la rottura del sigillo dello Scrigno della Luce… Apprendi i valori che esse ti mostreranno, segui il tuo cuore e solo così, forse, riusciremo a ritrovarci figlia mia, ma sta’ molto attenta… il tradimento di Lucas, tuo padre, non è stato ancora perdonato dagli abitanti della Terra e quando sapranno della tua esistenza una nuova battaglia incomberà su questo pianeta. Il sigillo della Luna è stato rotto… qualcosa in te ha concesso allo Scrigno di aprirsi e di liberare il mio spirito… Ma adesso va’… Ritrova le Moon Card e segui i consigli del fidato Elfo Setsuna Meiou… non vi fu amore più sincero e materno del suo. Va’ figlia adorata, tua madre sarà sempre al tuo fianco…»
Lo spirito di Selene scomparve a poco a poco, seguita da quelle mistiche carte che volarono trasportate da un vortice di potere oscuro, lasciando nell’aria una scia di magia e sentimento.
«Madre! Madre mia… non lasciarmi… non lasciarmi di nuovo!»
Pianse Usagi per quella madre ritrovata e sventurata.
L’amorevole Setsuna la strinse fra le braccia, permettendo a quella sua cara fanciulla, di trovare calore sul suo petto.
«Oh Setsuna… Tu non mi lascerai mai, non è vero?»
Quei singhiozzi disperati spinsero la donna a intensificare il suo abbraccio.
«No, Usagi… Io non ti lascerò mai. Come potrei lasciare colei che ho sempre considerato figlia mia?!»
Usagi le gettò le braccia al collo.
«Setsuna! Io ho bisogno di te… !»
La donna dagli occhi color porpora e le labbra vermiglie rivolse uno sguardo determinato alle sue compagne e con tono deciso sentenziò:
«L’alba di una nuova era sta per avere inizio. Una nuova missione incombe sulle nostre spalle. Dobbiamo aiutare Usagi a recuperare le Moon Card, dobbiamo scoprire dove si nasconde il terrestre Lucas e sperare di riuscire a ritrovare la nostra adorata Dea prescelta…»
Le leggendarie guerriere assentirono, ma fu solo in quel frangente che l’Elfo Haruka prese la parola.
«Setsuna! Vuoi forse dirci che dovremmo obbedire a quanto ci ha riferito una sacrilega come Selene?!»
Gli occhi verdi ardevano di rabbia e orgoglio, ma Setsuna sostenne il suo sguardo con tenacia e coraggio.
«Come leader delle guerriere leggendarie, io ti obbligo a eseguire il mio ordine, ma non prima di ricordarti che l’entità benevola della Ninfa Selene era custodita nel divino Scrigno della Luce, il quale riportava il sigillo della Luna!»
Le parole di Setsuna risuonarono nelle menti delle singole guerriere, le quali abbassarono il capo di fronte alla potente e determinata leader.
Haruka s’inginocchiò dinanzi allo scrigno, portando una mano al petto.
«Mi prostro dinanzi a colei che ha beneficiato del volere celeste della Luna e mi scuso dinanzi a te, o leggendaria guerriera Setsuna, per aver messo in discussione un tuo ordine. Cercheremo le Moon Card e il padre della giovane Usagi, augurandoci di ritrovare il sacro Cristallo che ci rivelerà l’eletta Dea prescelta.»
Le prime luci del crepuscolo invasero quella stanza satura di mistero e potere, mentre uno strano desiderio si faceva spazio nell’animo di Usagi.
Mamoru. Devo rivedere Mamoru… Lui è il figlio di colei che ha lanciato un sortilegio sulla mia sventurata madre… Oh Mamoru, perché mai il destino è così inclemente con noi?! Potrò mai svelarti la verità?
Si staccò lentamente dall’abbraccio di Setsuna e con gli occhi ancora velati di lacrime chiese:
«Setsuna… ho bisogno di prendere un po’ d’aria… non credevo che scoprire le mie vere origini comportasse tali scoperte… »
La direttrice le sorrise, accarezzandole la morbida chioma.
«Va’ pure Usagi. Questa è stata una giornata piena di emozioni per te. Ma ricorda di rientrare prima che sia completamente buio.»
Usagi assentì e, dopo aver salutato le leggendarie guerriere con un inchinò, corse via da quella stanza dei segreti.
Alla serra.
Era lì che l’attendeva Mamoru.
Corse a perdifiato lungo il sentiero che l’avrebbe condotta da lui e, quasi senza accorgersene, si ritrovò dinanzi alle vetrate della grande serra.
Bussò leggermente alla porta, senza avere alcuna risposta. Ripeté il gesto con impazienza e, non udendo alcun suono, spinse leggermente la porta entrando in punta di piedi.
Il profumo di rose e quei delicati colori rasserenarono l’animo inquieto e scosso della fanciulla.
La serra pareva deserta. Usagi si addentrò lentamente nella stanza guardandosi, con trepidazione, intorno.
E lo vide.
Mamoru era disteso su un grande tappeto color avorio, ricamato con fili d’oro, sul quale era impresso lo stemma della famiglia reale.
Aveva un libro poggiato sul viso e sembra dormisse sereno.
Il titolo del libro catturò la sua attenzione facendole tremare il cuore: “Le origini del Silver Millenium – La storia dell’amore senza fine di Serenity ed Endymion.”
Mamoru stava leggendo la storia della principessa alla quale aveva sottratto il nome per non svelare la sua identità. Sentì gli occhi pizzicare spinti da una inspiegabile sensazione di timore, mentre il cuore continuava a martellarle in petto.
Mamoru si mosse, lasciando cadere il libro sul tappeto e solo allora la vide.
Gli occhi blu cobalto di lui s’illuminarono, disegnando sul suo volto un ineffabile sorriso.
«Serenity! Sei tornata! Ti ho aspettato e bramavo di rivederti.» Le prese la mano con galanteria, sfiorandola con le labbra.
«Mi ero perso nella lettura di una tormentata, quanto passionale storia d’amore, dove la principessa porta il tuo stesso nome: Serenity. E per un momento ho desiderato poter essere il tuo Endymion. Che sciocco sono. Potresti non conoscere affatto questa storia. Tieni, te lo regalo.“
Le porse il libro, donandole un radioso sorriso.
Le gote di Usagi s’imporporarono e abbassò gli occhi imbarazzata.
«Io… non posso accettare…»
«Ti prego. Non rifiutarlo, vorrei solo che tu leggessi di questa Serenity e del suo principe Endymion… Due giovani innamorati, appartenenti a due mondi diversi, ma legati da un profondo amore che li ha visti uniti fino alla morte.»
Usagi conosceva fin troppo bene quella storia. Per notti intere aveva sognato il suo Endymion e aveva supplicato innumerevoli volte la sua cara Setsuna di leggerle quella storia tanto bella quanto sventurata.
Sorrise, afferrando il libro che Mamoru le aveva offerto.
«A chi hai rubato quegli occhi di stelle che illuminano il cuore? Da chi hai preso quello sguardo angelico che ha inseguito la mia notte?»
Strinse la mano di Usagi portandola al petto, costringendola a guardarlo negli occhi.
«Mamoru… sono desolata io…»
«Shhhh!»
Le posò un dito sulle labbra, provocandole una piacevole sensazione.
«È bellissimo ciò che sento quando penso a te. Ma adesso vieni con me… Ho un’altra piccola sorpresa per te!»
Usagi stava per rispondere quando lui la tirò verso un angolo ben illuminato della serra.
Lo vide frugare in una piccola cesta di vimini ricoperta da un piccolo lenzuolo di lino giallo e poi tornò a sorriderle, stringendo tra le mani qualcosa.
«Questo è per te, Serenity.»
Una piccola gattina dal corto pelo nero, due occhi grandi color nocciola e una strana falce di luna disegnata sulla fronte, penzolava dinanzi a lei, miagolando flebilmente.
Sul volto di Usagi comparve un grande sorriso che riscaldò il cuore del giovane principe.
«Mamoru! Una gatta. Ma è davvero per me? Non ho mai avuto un animale tutto mio…»
Gli occhi azzurri ridenti della fanciulla si persero in quelli della dolce gattina che, tra le sue braccia, cominciò a farle le fusa.
«Sì, è per te. Devi solo dare un nome a questa simpatica e affettuosa micetta.»
Usagi strinse al petto la gatta e sorrise al giovane.
«Oh Mamoru, ti ringrazio. Sei sempre così gentile con me ed io non ho ancora ricambiato, in nessun modo, la tua cortesia…»
«A me basta averti qui e poter beneficiare della tua presenza, mia diletta fanciulla dagli occhi di stella.»
Di nuovo arrossì Usagi, ma si lasciò conquistare da quel piacevole tepore che sentiva nascere nel suo cuore, accettando di buon grado quella calda carezza che Mamoru le offrì sulla guancia.
«Luna! La chiamerò Luna! Non credi anche tu che sia il nome più adatto per questa gattina così tanto dolce?!»
Mamoru accarezzò il capo del felino ridendo.
«È perfetto direi. Luna… mi piace!» rise ancora accompagnato dalla melodiosa risata di Usagi e si fermò a guardarla mentre giocava con il suo nuovo animale.
«Chi sei tu veramente, Serenity?»
Usagì raggelò. Poteva Mamoru aver scoperto la sua vera identità e averla trattata con così tanta dolcezza e premura?
«Comincio a credere che tu sia una potente fata o una maga o addirittura una strega…» continuò lui, avvicinandosi a lei.
«Non faccio altro che pensare a te… e ho l’unico desiderio d’incontrarti… Non avrai lanciato su di me qualche impronunciabile incantesimo?!»
Mamoru le fu così vicino da parlarle, piano, in un orecchio.
«Io non… non sono una maga… né una strega…»
Il cuore di Usagi batteva all’impazzata, mentre quell’insolito sfarfallio allo stomaco riprese a tormentarla.
Mamoru rise.
«A no? Non sei nemmeno una fata? Allora spiegami perché non faccio che pensare a te…»
Si ritrovarono l’uno dinanzi all’altro.
I loro cuori battevano così forte da poterli udire indistintamente, mentre il calore dei loro respiri agitavano, ancor più, quei corpi scossi dai fremiti.
Sempre più vicini, Usagi avvertì il respiro di Mamoru solleticarle il collo.
Fu come vedere la scia luminosa di una folgorante cometa.
Mamoru posò le sue labbra su quelle vermiglie e tremanti di lei, suscitandole un’emozione travolgente e mai provata.
Il suo cuore parve essersi fermato. Fu solo quando Mamoru le sorrise che riprese a battere regolarmente.
Ma i pensieri sono sempre crudeli e inopportuni e quel magico e nuovo momento fu interrotto dal ricordo delle parole della Ninfa Selene, sua madre.
Queen Beryl era la madre di Mamoru, la donna che aveva relegato sua madre in una dimensione sconosciuta, la donna morta durante lo scontro con gli abitanti di Nymphas. Lei e Mamoru erano nemici. E i nemici non si amano, si odiano.
Amore?!
Era forse questo il sentimento che nutriva nei confronti del giovane principe?
Ma cos’era l’Amore? Lei ancora non lo sapeva.
Una lacrime scese sulla sua guancia, bagnandole le labbra.
«Serenity, mia cara, qualcosa non va? Io… non volevo… sono mortificato. Io…»
Mamoru cercò le più dolci e gentili parole per rasserenare quegli occhi cerulei dipinti di uno strano e impercettibile dolore.
«Non posso… Mi dispiace… Io non posso!»
E tra le lacrime, che scorrevano ormai copiose, abbandonò quel luogo e quel giovane così tanto caro al suo cuore, stringendo al petto quei due nuovi tesori che l’avrebbero tormentata nei giorni venturi.
 
 
NdA: Finalmente ho aggiornato anche questa fic. Mi scuso vivamente per le folli idee proposte in questo capitolo, ma spero, sinceramente, che vi sia piaciuto e che la storia cominci ad interessarvi maggiormente.
Se volete esprimere la vostra opinione sarò ben lieta di trarne tutto quel che può aiutarmi a migliorare per potervi offrire delle letture piacevoli, corrette e fluenti.
A presto,
 
la vostra Kim Nanà

 



 

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Capitolo 6
*** Notte di Novilunio ***





NdA: Dopo millenni torno ad aggiornare! Diciamo che la mia piccola Lady reclama il 99,9% del mio tempo e delle mie attenzioni, ma spero di tornare a scrivere come un tempo perché che mi manca!
Che altro dirvi? Vi auguro un sereno e felice inizio anno nuovo e, ovviamente... Buona lettura!


 

Notte di Novilunio

 

Una notte senza Luna vegliò il sonno agitato della confusa Usagi. Il volto dell’amata madre Selene s’alternava all’amorevole sguardo del giovane Mamoru; il pensiero di Queen Beryl e della maledizione lanciata contro la Ninfa sacrilega inquietò il suo cuore mentre gocce di sudore imperlavano il suo viso pallido e teso.
Un uomo dalla chioma dorata illuminò il buio di quel sonno tormentato e un sorriso dipinto su due labbra vermiglie spinse la ragazza dormiente a rincorrere quell’improvvisa apparizione.

«Si fermi! La prego, si fermi! Mi dica il suo nome… perché mi sorride così? E perché sento di conoscerla da sempre?»
La figura di quell’uomo vestito di bianco si faceva sempre più lontana e soffusa.
«Non vada via, la prego! Io ho bisogno di sapere!»
L’uomo , in lontananza, le sorrise ancora.
«Mi troverai. Ti troverò. E i miei occhi saranno i tuoi!»
Si dissolse in una scia di luce che avvolse quella strana atmosfera, imprimendo le sue iridi azzurre negli occhi tristi e confusi della giovane Usagi.
«No! No, ti prego… No!»
Usagi si alzò di scatto dal letto, svegliandosi di soprassalto. Le parole dello sconosciuto uomo dalla chioma color oro risuonavano ancora nella sua mente e l’azzurro di quegli occhi così tristi rimase impresso nella sua memoria.
Si portò le mani al petto cercando di calmarsi e respirò profondamente per tornare a respirare normalmente. Le sue dita sfiorarono l’anello di Mamoru che pendeva dal suo collo e il ricordo di lui che la osservava avvilito e turbato le fece pizzicare gli occhi.
«Non devo più rivederti Mamoru… non posso farlo…»
Portò le gambe al petto e, poggiando la fronte sulle sue ginocchia, diede libero sfogo a quelle lacrime che, per la prima volta, avevano un sapore troppo amaro.
Un leggero scricchiolio la costrinse ad asciugarsi tempestivamente gli occhi e a volgere lo sguardo verso la porta che veniva aperta con lentezza.
Le quattro Ninfe, appartenenti alle leggendarie guerriere, comparvero dinanzi a lei.
La Ninfa Minako le sorrise e con passo leggiadro raggiunse il letto di Usagi, sedendosi al suo fianco.
Non parlavano. Continuavano ad osservarla in un mistico silenzio mentre gli occhi cerulei della ragazza si facevano sempre più curiosi.
«Perché… perché siete qui?» mormorò Usagi stringendo tra le mani l’anello di Mamoru.
Minako accarezzò i morbidi capelli biondi della fanciulla attendendo che le altre Ninfe sedessero attorno al letto di Usagi.
«La Ninfa Rei ti ha sentita. Ella è dotata di poteri psichici. Sente la gente, gli stati d’animo e le entità superiori… Tu sei triste, Usagi e noi siamo giunte sin qui per te.»
Stupita la ragazza guardò la Ninfa Rei e abbassò gli occhi imbarazzata.
«Non hai nulla di cui vergognarti, Usagi. Siamo tue amiche adesso, non sei più sola. Qualunque triste pensiero affligga il tuo cuore preoccupa anche noi…»
Le lacrime presero a scorrere, nuovamente, sulle guance della ragazza che con voce strozzata sussurrò:
«Non posso… Non posso.»
La Ninfa dai capelli turchini le alzò il viso con dolcezza.
«Non piangere Usagi, verrà il momento in cui ci aprirai il tuo cuore e permetterai a te stessa di abbandonare la tua culla solitaria.»
Era calma e pacata la voce di Ami, tanto da rasserenare quell’animo turbato.
Usagi guardò le Ninfe negli occhi, ad una ad una, mesta e silenziosa. Gli sguardi erano limpidi e sinceri, non v’era ombra di mistero o inquietudine in loro.
Poteva fidarsi di loro, glielo aveva detto sua madre, glielo aveva confidato Setsuna.
Proprio nel mentre in cui decise di confidare, alle potenti Ninfe, di aver conosciuto il giovane erede al trono Mamoru e di provare per lui qualcosa di inspiegabile, il silenzio della sua stanza fu interrotto dall’ingresso irruento dei quattro leggendari Elfi.
La voce della piccola e misteriosa Hotaru riecheggiò nella camera infiammando gli animi delle quattro Ninfe e della stessa Usagi.

«Un minaccioso incontro grava sulla lucente chioma della giovane mezzo sangue.
Ad un tetro inganno ella va incontro.
È spenta la Sacra Luna di questa notte.»

Con gli occhi pieni di una luce misteriosa, l’Elfo Setsuna Meioh, raggiunse Usagi e volgendo lo sguardo verso le leggendarie guerriere disse:
«È giunto il tempo. In questa notte senza Luna tornano a combattere le divine leggendarie guerriere e protettrici del Cristallo e della Dea Prescelta. Nella prima notte di plenilunio si sveleranno le combattenti agli occhi dei terrestri e di nuovo due mondi si combatteranno. Per amore del nostro antico pianeta Nymphas, per liberare Selene dalla sua prigionia, per portare alla pace due dinastie che hanno preso a coesistere con la nascita di Usagi.»
E tremò il cuore della bionda fanciulla al suono di quelle solenni parole.
Quelle intrepide combattenti erano pronte a lottare al suo fianco pur di adempiere al proprio dovere, le avevano offerto sentimenti di lealtà ed amicizia, le avevano donato la loro forza.
Le leggendarie guerriere erano la più potente arma di difesa che Usagi potesse desiderare.
Erano la spada con la quale ella avrebbe lottato per liberare sua madre e ritrovare suo padre.
Si fece spazio nel suo cuore un indefinibile tepore. Sentì il prezioso gioiello di Mamoru farsi sempre più rovente e qualcosa le faceva pulsare incessantemente il polso.
«Aaaaah!»
Un urlo di dolore sfuggì alle sue labbra, mentre uno strano bagliore illuminò la stanza.
Uno strano simbolo, a forma di mezza stella, comparve sul suo polso emettendo degli strani riflessi argentei. Un vento improvviso si sollevò tutto intorno facendo comparire, dinanzi agli occhi attonite di tutte, una misteriosa carta color argento raffigurante un mondo fatto di mani intrecciate.
«Le Moon Card…» pensò Usagi, ricordando le parole della sua sventurata madre.
E la sentì. La voce della Ninfa Selene invase le menti di quelle giovani donne pronunciando parole ieratiche.
«S’erge davanti a voi la carta dell’Amicizia, il fulgido splendore del sentimento che avete offerto alla mia adorata figlia, la quale è pronta a duellare, in questo solenne compito a voi affidato, al fianco di coloro che la sosterranno sempre. Sul suo corpo ora è marchiato il simbolo della sua mezza stirpe sacra. Ritrova tuo padre, bambina mia… veglia il mondo accanto a te e quando il momento sarà giunto, la Stella a cinque punte sul tuo polso sarà completa. Siate l’una la forza dell’altra, oh elette guerriere e che la Luna vi protegga!»
Imperturbabili e composte, le guerriere s’inchinarono davanti alla magica carta mentre essa si dissolveva in uno scintillio che venne imprigionato nell’ormai dischiuso Scrigno della Luce.
«Dopo un lungo periodo di quiete, un forzato sonno al quale siamo state costrette, si risvegliano le guerriere che hanno combattuto sin dall’inizio di tutti i tempi.»
La voce dell’Elfo Haruka era determinata e ferma.
Tese il suo braccio, allungando la mano verso il centro di quella stanza, seguita dalle compagne che posarono la mano sulla sua.
Setsuna guardò Usagi. Era smarrita e spaesata.
Ebbe l’impressione di vedere un cucciolo indifeso lasciato solo in un mondo troppo più grande di lei.
«Non sarai mai più sola, Usagi. Te lo prometto.»
Non aveva mai mentito la signorina Setsuna, fu per tale motivo che Usagi abbandonò il suo letto per posare la sua mano su quella delle altre. Quella donna dagli occhi purpurei aveva da sempre vegliato sulla sua solitudine, le aveva sempre donato amore senza chiedere mai nulla in cambio. Era degna di far parte delle leggendarie guerriere, meritevoli di esserne il leader.
L’aveva sempre amata Usagi e non avrebbe mai smesso.
«A te, cara Usagi, si è mostrata la prima Moon Card del magico scrigno. Tu sei la chiave. Colei che ci mostrerà il sentiero verso la nostra Dea Prescelta.»
L’Elfo Michiru la guardava attenta e circospetta.
«Riposa in questa notte di Novilunio con una nuova consapevolezza nel cuore. La divina Luna si è oscurata per redigere un nuovo ordine. Qualcosa sta per cambiare, tu stessa ne sarai il mutamento. L’alba del nuovo giorno ci condurrà nelle segrete del castello dei regnanti di questa città. Una potente sacerdotessa ci attende dagli albori del sacrilego conflitto. Dormi Usagi, le leggendarie guerriere veglieranno la tranquillità del tuo sonno.»
Come spinta da una forza superiore, Usagi chiuse gli occhi lasciandosi cullare dalla melodiosa voce di Michiru. Una mano gentile le carezza i lunghi capelli mentre il volto del giovane Mamoru si faceva spazio nei suoi sogni.


 

 

 

 

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