Inaspettato Amore

di Mrs Montgomery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il fascino del nuovo arrivato ***
Capitolo 3: *** Il falò ***
Capitolo 4: *** Legami stretti ***
Capitolo 5: *** Io di te non ho paura ***
Capitolo 6: *** Strade che si uniscono ***
Capitolo 7: *** Abbandonata ***
Capitolo 8: *** Carpe Diem ***
Capitolo 9: *** L'amore è nell'aria ***
Capitolo 10: *** Toc-toc ***
Capitolo 11: *** Uniti siamo più forti, divisi ci spezziamo ***
Capitolo 12: *** Verità che scottano ***
Capitolo 13: *** Questa ragazza è un problema ***
Capitolo 14: *** Passato, presente e futuro ***
Capitolo 15: *** Il colpo ***
Capitolo 16: *** Questioni di famiglia ***
Capitolo 17: *** La Notte delle Notti ***
Capitolo 18: *** Accusato ***
Capitolo 19: *** Viaggio nella città ventosa ***
Capitolo 20: *** All'alba del nuovo giorno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Grace camminava lungo il viale ripensando ai divertenti momenti appena vissuti.
Aveva trascorso la settimana a Tybee Island assieme agli amici di sempre: con loro aveva progettato quella vacanza da inizio estate, così da passare gli ultimi giorni nella piena libertà, e nello spasso, prima di tornare in quella prigione sociale chiamata anche scuola. Si erano innamorati dell’isoletta dopo aver assistito alla storica parata ed essersi divertiti come non mai. Distava quattro ore dalla loro città, quindi un viaggio lunghetto, ma ne valse completamente la pena per quei giorni da sogno.
Un ultimo assaggio di totale libertà prima del Senior Year.
Al ritorno, la sua migliore amica le aveva dato uno strappo fino al suo quartiere. Grace abitava in una zona tranquilla di Atlanta assieme ai genitori e al fratello gemello, il quale aveva abbandonato gli studi per vari motivi che lei preferiva non ricordare. Era contenta di esser tornata, sebbene si fosse fatta tarda sera ed era molto stanca per il viaggio.
Con il borsone sottobraccio camminava tranquillamente sul marciapiede, beandosi il suo ritorno. Viveva lì per trecentosessanta giorni l'anno, eppure ogni volta che tornava dalle vacanze era contenta. Atlanta era la sua casa, era il luogo dove aveva passato i più bei momenti della sua infanzia e quelli più divertenti dell'adolescenza. Adorava la sua città e non credeva che ci fosse altro posto che la potesse far sentire come a casa.
Sorrise quando raggiunse il vialetto che portava al portico della sua residenza, immaginava che sua madre avesse preparato qualche spuntino da sgranocchiare mentre le avrebbe raccontato della breve vacanza. Grace e sua madre condividevano un ottimo rapporto; solido e basato sulla fiducia. Erano madre e figlia, ma anche buone amiche.
«Ehi, scusa!» esclamò una voce maschile poco prima che Grace si avviasse per il vialetto di casa.
La ragazza si voltò, osservando una figura mettersi lentamente a fuoco sotto il lampione. Si trattava di un giovane con un borsone in spalla e l’aria spaesata. Grace non osò avvicinarsi troppo, rimase nella posizione giusta per capirsi senza bisogno di urlare e - di conseguenza - disturbare qualche vicino.
«Tranquilla, non sono un maniaco… ehm… volevo domandarti se sapessi indicarmi la casa di Loraine Turner?»
Grace non rifletté molto sui motivi inerenti a quella semplice richiesta, si limitò a rispondere: «È quella lì!» e indicò una modesta casa blu dall’altra parte della strada.
Il giovane lanciò una veloce occhiata all’abitazione e poi si girò verso Grace mostrandole mezzo sorriso. «Grazie. Io sono Lucas Turner» disse allungandole la mano che fu subito stretta.
«Grace King» si presentò di rimando.
«Tu abiti qui?» Lei annuì e questo scaturì l’affermazione seguente del ragazzo. «A quante pare saremo vicini di casa!»
«Vicini di casa?»
«Sì… io mi sto trasferendo qui proprio adesso. Loraine è mia nonna».
«Oh, beh… benvenuto!» Grace sorrise spontaneamente, prima di fermarsi ad osservarlo attentamente.
Era poco più alto di lei e i suoi capelli corvini erano talmente spettinati, che ispiravano un'aria trasandata, ma forse era solo stanco per il viaggio. Notò lo sguardo smarrito e un pò impacciato, che le fece quasi tenerezza. Chissà da dove veniva e cosa lo aveva portato lì. Grace se lo domandò, eppure non osò chiedere per non sembrare la classica persona impicciona e pettegola.
«Spero che ti troverai bene qui» sentì di dirgli.
«Sicuramente sarà così» rispose Lucas prima di salutarla e andare per la sua strada.
Grace non perse ulteriore tempo e fece lo stesso. Raggiungendo il portico, pensò alla signora che quel ragazzo stava cercando. Loraine Turner era un’anziana vedova che possedeva sempre una parola buona per tutti, era gentile anche con il più scorbutico e ad ogni festa di vicinato preparava dei biscotti che andavano a ruba da quanto erano deliziosi.
La signora aveva badato a Grace e al fratello quando a sua madre Josie, lavorando come interior disegner per una grande azienda, le era capitato di dover andar via per qualche giorno.
«Ecco tornata la nostra ragazza!» esclamò sua madre, non appena varcò la porta di casa
, accogliendola in un caloroso abbraccio. «Peter, vieni!»
Peter era un uomo sulla quarantina, dai capelli a spazzola e dal bel sorriso. Un avvocato coi fiocchi che aveva incontrato sua madre durante una vacanza e che dopo tre anni di fidanzamento le chiese di sposarlo; da quel giorno era passato circa un decennio, eppure sembravano felici come il giorno in cui si erano conosciuti.
Chiaramente non era il padre biologico di Grace e suo fratello, tuttavia si era comportato come tale e non aveva mai fatto mancare niente a nessuno di loro. Per quanto riguardava il vero padre… beh, quello era un argomento tabù.
«Ehi, tesoro! Ti trovo in splendida forma» la salutò Peter posandole un bacio sul capo. «Ti porto il borsone in camera. Preparati... tua madre ti sommergerà dalle domande!»
«E secondo te non me l’ero immaginato?» domandò la ragazza lanciandogli un’occhiata d’intesa.
«Posso aver un abbraccio anche io?» Sulle labbra di Grace si formò il suo sorriso più gioioso e in men che non si dica si ritrovò intrappolata tra le braccia del fratello. «Ho fatto cambiare il turno per riuscire a vederti al tuo arrivo».
«Cosa? No, Brandon… non dovevi. Ci saremmo visti domattina» disse lei sentendosi in colpa.
Non le piaceva quando cambiava i suoi piani, specialmente di lavoro, per lei e in quel caso ancor meno visto che la mattina seguente ci sarebbe stato tutto il tempo per salutarsi. Ovviamente non lo rimproverò, il gesto di Brandon era carico dell’affetto che provava per lei ed era inutile infuriarsi.
«Da come sorridi, deduco che ti sia divertita parecchio. Dimmi un po’… cosa ha combinato Ted in quest’occasione?»
Grace scoppiò a ridere. Il ragazzo appena citato da suo fratello era uno dei suoi migliori amici e quando diventava un po’ brillo combinava sempre qualche pasticcio. «Ha girato per mezz’ora in motocicletta con una giraffa di gomma e delle orecchie da panda in testa!»
«Mezz’ora? E cosa è successo dopo?»
«Ha spento il motore e si è tuffato sulla spiaggia per schiacciare un sonnellino».
Brandon si tenne la pancia a causa del ridere, solamente l’immagine della scena lo faceva sbellicare. Gli mancavano le serate con Ted, pensò che al più presto doveva organizzare qualcosa assieme a lui. Era in quei momenti che gli dispiaceva di aver mollato gli studi, certamente avrebbe avuto più tempo da dedicare agli amici, anche se in un certo senso li vedeva spesso. Brandon lavorava in un bar molto frequentato dagli studenti, specialmente durante qualche festicciola, e quindi non li aveva pianamente persi di vista.
«Ragazzi, venite di qua!» li chiamò la madre già seduta comoda sul divano del salotto.
Il ragazzo cinse con un braccio le spalle di Grace e la condusse nel salotto di casa, dove sul tavolo erano stati già serviti gli sfiziosi stuzzichini.
«Allora scimmietta, cos’hai combinato di bello questo week-end?» domandò Peter non appena tutti i membri della famiglia si misero comodi.
«È Tybee Island, Peter, la domanda non dovrebbe nemmeno esser posta» lo beccò subito Brandon.
«Ho fatto surf» intervenne Grace con il suo solito piglio allegro, bloccando qualunque possibile discussione «o meglio, ci ho provato!»
Tutti risero e l’aria divenne subito più leggera.
In quel momento, Grace non potè far a meno di riflettere che chiunque, osservandoli per qualche minuto, avrebbe creduto che fossero la perfetta famiglia della Mulino Bianco. Un padre protettivo con una brillante carriera d'avvocato, una madre amorevole e in carriera, due fratelli gemelli tanto uniti che si comportavano in maniera ineccepibile. Ciò metteva un po' di tristezza in Grace che, sebbene adorasse la sua famiglia, sapeva bene che la realtà non combaciava molto all’apparenza. Come in ogni famiglia, c’erano dei problemi, solamente che i loro erano sempre stati offuscati o circuiti.
«Spero proprio che ti sia divertita perché da domani inizia il lavoro duro» cominciò sua madre Josie con aria seria, per quanto il suo viso dolce potesse concedergliela. «Io e Peter non intendiamo pressarti, però desidereremmo che tu iniziassi a farti un’idea sull’università da frequentare l’anno prossimo».
«Non preoccupatevi ho qualcosa in mente. L’argomento è uscito anche con gli altri e abbiamo progettato di far visita a qualche campus».
«Ottimo!» esclamò Peter battendole una pacca sulla spalla.
Nell’ultimo anno aveva tentato di convincerla a intraprendere la strada per diventare avvocato, ma Grace non si rivedeva in quelle vesti troppo rigide e talvolta false. Lei desiderava qualcosa che si accostasse alla sua personalità, qualcosa di creativo e - per l’appunto - aveva già qualche idea, ma preferiva tenersela per sé. Non voleva distruggere subito i progetti dei suoi genitori, anche perché le sue non erano ancora certezze. Davanti a sé aveva un anno importante che le avrebbe dato tante risposte e regalato qualche sorpresa.



Mrs. Montgomery:
Salve a tutti!
Sono appena approdata su EFP per recensire qualche storia, che seguo da tempo, e non sono proprio riuscita a resistere dal pubblicare questa. Ringrazio chi ha speso il suo tempo spinto dalla curiosità e spero che queste poche righe vi siano piaciute. Mi rendo conto che sia corto, ma è giusto per dare una panoramica sul punto di partenza.
Grazie nuovamente per aver letto!

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Capitolo 2
*** Il fascino del nuovo arrivato ***


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Il fascino del nuovo arrivato

 


«L’ultimo anno!» esclamò Grace osservando l’imponente scuola.
«Proprio così!» la seguì Natalie.
«Che schifo» aggiunse Ted «dovevamo rimanere a Tybee Island. Potevamo lavorare come guide turistiche o animatori… e invece siamo qui.»
Natalie rise battendogli una mano sulla spalla. «Forza pigrone! Da oggi inizia il nostro momento. Siamo i Seniors della scuola, abbiamo una reputazione da difendere.»
«Te lo concedo, anche se non è abbastanza per entusiasmarmi.»
«E se canticchiassi qualche canzone da High School Musical?»
«Assolutamente no.»
Grace si buttò in mezzo a loro, cingendoli a sé con le braccia e scoppiando a ridere. Per lei non c’era miglior modo di cominciare l’anno con quei due che si punzecchiavano, la solita routine; per molti poteva esser noioso, invece lei si sentiva a casa. Si conoscevano dalle scuole elementari, strinsero amicizia durante la prima ricreazione e da quel momento non si separarono più. Ogni idea veniva realizzata insieme e ogni difficoltà superata stando uniti.
Grace e Natalie tifarono per Ted a ogni sua partita di baseball, insieme s’iscrissero al corso di piccoli scout, si trovarono per fare i compiti, merenda e ovviamente non potevano mancare ai compleanni. Una volta cresciuti partecipavano a feste, gite in famiglia e seguivano insieme i corsi di scuola, fatta eccezione per le attività extracurriculari.
«Vi giuro che mi vien da piangere al pensiero che l’anno prossimo saremo in posti diversi, con persone diverse» disse Grace incamminandosi verso l’ingresso della scuola assieme ai suoi migliori amici. «So bene che si tratta “della vita”, però mi è concesso esser triste, vero?»
«È concesso a te, esattamente come è concesso a me» disse Natalie imitando il labbro tremulo. «Per questo dobbiamo goderci al meglio quest’anno!»
Ted sorrise guardandole sereno come sempre. «Ragazze, siamo nel ventunesimo secolo e ormai la telecomunicazione è all’avanguardia. E poi ci sono le festività, non ditemi che nessuno di noi tornerà qua almeno una volta per stare in famiglia» disse sicuro che non sarebbero stati qualche chilometro a separarli. Era molto tranquillo su quel fatto, oltre che a esserlo su ogni cosa che fosse mai accaduta al gruppetto.
«Oh, Ted» sospirò Natalie poggiando la testa sulla spalla dell’amico. «Donaci un po’ della tua calma e speranza.»
«E della tua materia grigia durante gli esami di fine anno» aggiunse Grace facendo scoppiare tutti in una risata.
Ted cinse le spalle di entrambe facendo il suo ingresso a scuola, sentendosi come uno di quei playboy dei film che camminava tra due ragazze atteggiandosi da figo. «Mie adorate, nessuno, nemmeno il college più prestigioso, riuscirà a separarci… eccetto forse Kelly Mitchell!» esclamò prima di correre verso la coetanea per la quale aveva una cotta da inizio liceo.
Grace e Natalie lo osservarono ridendo, non se la presero affatto, anzi si chiesero quanto ancora avrebbe aspettato per confessarle i suoi sentimenti. Le due avevano anche accettato di far entrare Kelly nel loro trio, che ormai era diventato un quartetto, pur di aiutare Ted a star accanto a lei.
«Peccato non sia venuta a Tybee Island con noi» disse ironica Natalie, che pur essendo la persona più solare del mondo, non era mai riuscita a simpatizzare per Kelly.
Quest’ultima non era particolarmente antipatica, molte volte si era dimostrata di buona compagnia, eppure aveva un modo di fare talvolta saccente che non permetteva di sopportarla per lungo tempo. Questo non fermò Grace e Natalie dal far amicizia con lei, in fondo ognuno aveva dei difetti: per amore di Ted, impararono a conviverci.
«Forse è un vero peccato» esordì Grace talmente seria che Natalie sbarrò gli occhi sorpresa. «Magari sai… il sole, l’oceano, il caldo… qualcosa tra loro poteva accadere. Nonostante tutto, penso che entrambe saremmo contente se finalmente accadesse qualcosa tra loro.»
«Su questo non posso darti torto. Credi che quest’anno si darà una mossa?»
«Dovrà farlo. È la sua ultima possibilità.»
«E noi gli daremo una mano, vero?»
«Assolutamente!»
Il suono della campanella le fece muovere velocemente verso l’aula d’inglese, lezione della prima ora. Raggiunsero Ted e Kelly per percorrere insieme il corridoio, così da salutarsi e chiacchierare brevemente sull’estate passata.
Il Senior Year sembrava metter ansia anche a Kelly, che andava piuttosto bene in quasi tutte le materie. Entrando in classe notarono quanto i loro compagni di corso fossero entusiasti del ritorno a scuola. In attesa dell’arrivo del professore, alcuni stavano tirando aerei di carta, una coppietta era in fondo alla classe a sbaciucchiarsi, altri si stavano salutando con strette di mano particolari o esclamazioni inventate dagli stessi.
Grace e i suoi amici presero posto ai soliti banchi: lei e Natalie in penultima fila, Ted dietro a Grace e Kelly in seconda fila. Man mano tutti gli studenti si sedettero, tirando fuori il libro di testo.
«Psst! Grace!» la chiamò Ted da dietro. «Solito patto, giusto? Tu mi fai copiare in inglese ed io in matematica?»
«Ovviamente» si voltò lei per battergli il cinque e quando tornò con il viso verso la cattedra, rimase letteralmente a bocca aperta. Il ragazzo che aveva incontrato la sera prima, fuori casa, stava andando a sedersi di fianco a Ted.
Grace alzò la mano per salutarlo senza neanche accorgersene e subito dopo la voce di Natalie era nel suo orecchio: «Lo conosci?»
«È il mio nuovo vicino di casa.»
«Che cosa?!» esclamò Natalie a bassa voce.
La risposta non arrivò, siccome il professore d’inglese entrò in classe e la lezione cominciò. Stare attenti il primo giorno era arduo, figurarsi riuscirci quando si aveva la mente altrove. Grace pensò tutto il tempo a Lucas, il nuovo arrivato; non che avesse avuto un colpo di fulmine, ma la scorsa sera non si era accorta che fosse tanto carino.
In classe non sembrava l’unica a pensarlo. Kelly si era voltata verso lei, e Natalie, mimando la parola “Figo”. Con la scusa di aver Ted dietro di sé, Grace riuscì a passare inosservata mentre lo guardava. Era incuriosita dal sapere che tipo fosse, pura curiosità verso qualunque persona nuova del circondario.
Era lecito, no?
Terminata l’ora, gli studenti si spostarono nelle altre aule, in riferimento al proprio orario di corso. Grace e Ted andarono a informatica e Natalie si staccò da loro per seguire la lezione di Scienze.
La mattinata passò in fretta, anche se la maggior parte degli alunni era assonnata e sbadigliava ogni quarto d’ora. L’ora di pranzo sembrò risollevare gli animi e non a caso era sempre il momento più caotico.
Chi arrivava primo prendeva il tavolo migliore, anche se il privilegio spettava solitamente ai Seniors essendo i più grandi: del resto esisteva la gerarchia. Come sempre, Ted e Kelly stavano al tavolo mentre Grace e Natalie prendevano da mangiare e poi facevano a cambio.
«Maccheroni al formaggio oppure minestra di fagioli?»
«Entrambi hanno un aspetto davvero invitante» rispose sarcasticamente Grace osservando la cuoca mentre serviva gli studenti in base alle loro preferenze. «Opto per i maccheroni.»
La fila procedeva lentamente, c’erano i soliti indecisi che balbettavano riflettendo su cosa era meno disgustoso. Natalie si perse a chiacchierare con una sua compagna di corso mentre Grace, tra uno sbuffo e l’altro, si guardava attorno.
«Ti sembra possibile aspettare così tanto?!» sbottò irritata voltandosi verso Natalie… ma Natalie non era più dietro di lei.
Occhi grandi e chiari la osservavano curiosi. Grace sentì un gran calore impossessarsi delle sue guance e boccheggiò, cercando di darsi una spiegazione.
«La tua amica è andata in bagno» disse Lucas con mezzo sorriso.
Gran figura di merda!
«Oh… grazie» rispose Grace imbarazzata. Si girò coprendosi il viso e sentendo una gran voglia di sprofondare, ma poi prese coraggio e si voltò nuovamente verso Lucas. «Come ti stai trovando?»
In un primo momento sembrò sorpreso, forse dalla sua gentilezza, forse perché nessuno gli aveva ancora rivolto parola.
«Bene, diciamo.»
«Il primo giorno in una nuova scuola non è mai semplice, suppongo.»
«Supposizione corretta» rispose il ragazzo stringendo le spalle. «Sapresti indicarmi dove si trova l’aula di spagnolo? È la mia lezione successiva e… beh… mi trovo un po’…»
«Non preoccuparti» disse Grace evitando di farlo sentir a disagio più di quanto già non dovesse sentirsi. «Ho anch’io Spagnolo, quindi possiamo andarci insieme… se vuoi.»
«Sei sicura? Sai… non devi sentirti in obbligo.»
«Perché mai dovrei sentirmi in obbligo?» gli chiese lasciandosi scappare una risatina allegra. «Senti, hai voglia di pranzare con me e i miei amici? Oh! Ovviamente se non hai già qualcuno con cui pranzare.»
Se Kelly avesse assistito a quella semplice domanda, senza dubbio avrebbe gridato ai quattro venti che ci stava provando: quella ragazza trovava malizia ovunque. E guardando attentamente Lucas chiunque ci avrebbe creduto, chiunque non conoscesse Grace.
Flirtare con i ragazzi era decisamente l’ultimo desiderio sulla sua lista.
Per quanto Lucas fosse attraente, Grace non aveva più voglia di star dietro ad un ragazzo, perdendo tempo e lacrime. Un giorno si sarebbe innamorata di nuovo, di certo non poteva basare tutto su una relazione andata male, ma per il momento voleva solo finire l’anno in santa pace. Nei confronti di Lucas era gentile, perché non doveva esserlo? Detestava vedere le persone in difficoltà.
«Giuro che non mordiamo» aggiunse Grace.
«Va bene. Grazie!» rispose lui ricambiando il sorriso.
Natalie tornò dal bagno pochi attimi dopo e si presentò a Lucas, chiacchierarono nell’attesa di prendere il loro piatto di maccheroni e andare finalmente a sedersi.
L’arrivo di Lucas scaturì l’interesse di Kelly e la conseguente gelosia di Ted, che più di una volta lanciò occhiatacce al ragazzo. Grace e Natalie si guardarono sorridendosi per la situazione e avendo lo stesso pensiero: il loro amico doveva darsi una mossa!
Per fortuna il pranzo durava poco o Ted sarebbe sicuramente scoppiato, già arrivò a fine pausa con il viso rosso e l’umore sotto i piedi. Comprensibile, Kelly aveva assalito Lucas di domande e chiacchiere infinite. Il ragazzo lodò il cielo che quei due non dovessero andare alla stessa lezione. Infatti, appena suonò la campanella, Lucas seguì Grace per andare nell’aula di spagnolo.
Per fortuna l’insegnante della suddetta disciplina non era particolarmente barboso, l’ora filò liscia e veloce. Non appena arrivò il momento di uscire da scuola, tutti si affrettarono a raccattare le proprie cose e correr via.
«Ehi, Grace!» la chiamò una ragazza della classe. «Ci sei venerdì al falò?»
«Certo!» rispose l’altra con entusiasmo, prima di ricevere un’occhiata interrogativa da parte di Lucas. «È una festa che il Comitato Studentesco organizza ogni inizio anno.»
«Ovviamente sei invitato anche tu, Lucas» trillò la ragazza sbattendo le lunghe ciglia coperte dal mascara. A quanto pare aveva un’altra ammiratrice. «Vi saluto, ragazzi. A domani!»
Grace e Lucas la salutarono prima di uscire dalla classe e incamminarsi insieme verso l’uscita. Nel tratto di strada rimasero in silenzio, quel classico silenzio imbarazzante composto per lo più da sorrisi di cortesia. Fu la ragazza a rompere il ghiaccio, irritata da quei momenti.
«Quindi… vieni da Chicago. Mi hanno detto che è una città molto bella, specialmente in primavera.» Ricordava che durante il pranzo lo disse a Kelly.
«Sì, praticamente la stagione migliore per la città» aggiunse Lucas entusiasta. «In inverno non c’è granchè da fare, a meno che costruire fortini e pupazzi di neve non lo si reputi uno spasso. Invece, quando arriva la primavera sembra che ti si apra un mondo.»
«L’anno scorso, la mia amica Natalie è andata a Chicago nel week-end del Labour Day e ha assistito al festival del Jazz. Dovevo esserci anch’io, però mi sono beccata l’influenza» raccontò brevemente Grace sorridendo e alzando un quaderno per nascondere il viso imbarazzato.
«Influenza in estate?» chiese Lucas ridendo, contagiato dall’allegria della ragazza. Aveva notato quel tratto caratteriale di Grace durante il pranzo e nell’ora di storia, in cui scambiò qualche bigliettino con Ted finendo per far piangere dal ridere l’amico.
«Guarda, lasciamo stare» aggiunse Grace sventolando una mano.
«Dovresti inserire il festival del jazz nella lista dei desideri» le suggerì Lucas con un sorriso. «A Chicago non è estate senza. Lo organizzano al Millenium Park, anche se alcuni spettacoli si svolgono al Chicago Cultural Center. Io preferisco al Millenium, se poi c’è anche un po’ di vento si sta una meraviglia!»
«Mi sa proprio che ci farò un salto» rispose Grace arrivando all’uscita di scuola.
Sentì il rumore di un clacson e voltando il capo notò il fratello, al volante della sua Audi Cabriolet bianca, ad aspettarla. Scosse il capo, notando come ammiccava alle ragazze che lo guardavano adoranti. Quando frequentava il liceo ne aveva uno stuolo ai suoi piedi; Grace aveva sempre associato quell’ammirazione all’aspetto da bello e dannato. Apparentemente un angelo: i riccioli biondi, con un ciuffo ribelle che gli cadeva sulla fronte, e lo sguardo limpido come le acque di un lago. Realmente stronzo.
Lucas si accorse della presenza di Brandon e corrugò la fronte. «Sembra che qualcuno ti stia aspettando.»
«Quello è mio fratello» chiarì Grace. Non era la prima volta che un estraneo lo scambiava per un suo possibile fidanzato. «Ci vediamo domani» si mosse per andare dal fratello ma poi si voltò velocemente «se ti servisse qualcosa per scuola, o per conoscere la città, non esitare a chiedere, ok?»
«Ok» rispose Lucas abbozzando un sorriso e alzando la mano per salutarla.
Grace ricambiò il gesto e poi corse verso Brandon, lo salutò aprendo la portiera e salendo velocemente in auto. Lo sguardo vigile del gemello era fisso sulla figura di Lucas, che nel frattempo era salito sull’autobus giallo per tornare a casa. Lo stava studiando, era quasi certo di non averlo mai visto e gli provocava un tremendo fastidio non conoscere qualcuno che stava attorno a Grace.
«Chi è quello?» domandò serio Brandon, non accennando a partire. «Il ragazzo con cui stavi parlando» specificò poi.
«Lucas Turner. È il nipote di Loraine, la nostra vicina di casa. A quanto pare si è trasferito qui» diede la risposta che gli interessava.
Brandon sembrò convinto e, pronto a partire, accese il motore dell’auto. La scuola non era molto distante dal loro quartiere, erano circa un quarto d’ora d’autobus e ancor meno con l’auto, ma ogni volta che Brandon andava a prenderla a scuola non era per tornare a casa.
Quando accadeva era perché il ragazzo terminava il suo turno di lavoro e aveva voglia di passar del tempo con sua sorella. Preparava uno spuntino e passavano il pomeriggio al parco della città, il loro posto preferito da quando erano bambini.
«Allora… com’è stato il tuo “ultimo-primo giorno di scuola”?»
«Assolutamente normale.»
«Organizzano ancora la festa del falò?»
«Sì.»
«Se vuoi posso accompagnarti io, tanto devo passare di lì.»
Grace accigliò la fronte in automatico, sapeva il luogo in cui doveva andare e non le stava bene per niente. «Ancora, Brandon? Cos’è ti piace farti quasi ammazzare per permetterti quest’auto e fare il figo in giro?»
«Non cominciare» rispose suo fratello a denti stretti.
«Eccome se comincio!» replicò testarda cercando di non alzare troppo la voce, ma tanto finiva sempre allo stesso modo. Era impossibile il contrario. «Non mi sono mai permessa di biasimare le tue scelte. Hai lasciato la scuola due anni fa perché volevi lavorare e sentirti indipendente, e va bene. Mi avevi detto che facevi qualche lavoretto extra per accumulare soldi, andava bene. Dovevo coprire alcune tue uscite di sera tardi con mamma e Peter, e andava ancora bene fino a quando non ho scoperto cosa facevi! Vale così poco la tua vita?» concluse in un sussurro.
Non provava rabbia per lui, non ci riusciva mai, ma delusione sì. Per Grace, quell’amara scoperta, era stata un duro colpo e, in modo diverso, lo era stato anche per Brandon. Ricordava ancora lo sguardo della sorella, arrossato e gonfio per via delle lacrime. Quella sera, entrambi ricevettero una pugnalata.
«Grace, ti voglio bene, ma non devo render conto a te o ad altri della mia vita!» Parole secche e decise. Brandon non urlava mai con lei, dubitava fortemente che gridarle contro servisse , ma il forte tono di voce che usava era più che sufficiente. «Tu non puoi capire. Io… lo faccio per andar via da qui. Questa non è casa mia, non è la vita che voglio!»
«E cosa vuoi? Dove vuoi andare?»
«Lontano.»
A Grace venne da piangere; chiuse la mano a pugno e la premette contro la bocca.
L’idea di separarsi da Brandon la faceva star male. Ok, doveva immaginare che un giorno sarebbe accaduto per qualunque motivo. Per quanto la riguardava c’era l’università, l’autunno successivo sarebbe dovuta andar via da Atlanta e quindi lontana da lui. Sapeva che non poteva fare piagnistei perché quella era la vita, andava così, ma separarsi in quel modo era peggio!
Nel corso degli ultimi anni c’erano state delle fratture nella famiglia, per lo più a causa di Brandon e del rapporto che aveva con il patrigno. Andandosene poteva ristabilirsi un equilibrio famigliare o forse quelle fratture si sarebbero allargate ancor di più.
«Mi dispiace farti arrabbiare» esordì Grace dopo un lungo silenzio. «Voglio solamente che tu stia bene.»
Lo vide abbozzare un sorriso, non uno di quelli vivaci, nemmeno dolci: era triste. Tenne gli occhi sulla strada e allungò una mano per scompigliarle i capelli biondi. «Ovunque andrò, rimarrai sempre nel mio cuore. Sei l’unica persona a cui tengo veramente e lo sai. Mi dispiace ferirti» disse prendendole la mano e stringendogliela. «Mi dispiace tanto… però abbi certezza che quando avrai bisogno di me, ci sarò. Non importa quanto saremo distanti, io ci sarò sempre per te. Sei mia sorella, la mia migliore amica, non oserei mai abbandonarti.»
Grace non ebbe alcun dubbio che quelle parole, dette a fil di voce, fossero veritiere. Non si erano mai raccontati bugie, nemmeno una volta; piuttosto avrebbero preferito star muti per un mese intero. Il legame che li univa andava ben oltre a quello di sangue. Erano l’uno l’ombra dell’altra: quando erano bambini, ovunque andava Grace, Brandon le stava dietro. Le sarebbe potuto capitare qualsiasi cosa e si era sempre sentita protetta, ma nonostante la certezza di quelle parole, Grace aveva paura di perderlo ugualmente. Era facile mantenere le promesse quando si era vicini, ma da lontani sarebbe stato uguale?
Non voleva incatenarlo a lei, era preoccupata che facesse qualche sciocchezza e lei non sarebbe stata pronta ad aiutarlo. Era disposta a tutto per suo fratello.
«E quando avresti intenzione di andartene?»
«Appena avrò messo in ordine una faccenda che mi permetterà di sistemarmi. Ho un piano ben preciso in mente» rispose tranquillamente Brandon prima di voltarsi e mostrarle un sorriso beffardo. «Fidati.»
«Me ne parlerai?»
«Quando tutto sarà finito. Fidati» ripetè.
«Facile dirlo per te» affermò poco convinta. Tutto doveva basarsi sulla fiducia con Brandon e, in quella situazione, lei non aveva altra scelta. Alzò le mani in segno di resa. «Va bene, chiudiamo il discorso. Che cosa hai portato per far merenda?» domandò cambiando radicalmente argomento per ottenere un’atmosfera più leggera.
«Panini con burro d’arachidi, due fette di crostata di mele e una bottiglia di spremuta d’arancia. Questa volta mi sono impegnato!» rispose Brandon scoppiando a ridere e contagiando la sorella. Grace fu felice di constatare che, nonostante fossero cresciuti, mostrarsi un sorriso funzionava ancora per far pace. I gemelli King erano convinti che quello fosse un modo super funzionale per far tornare tutto come prima di una discussione. In realtà il sorriso non c’entrava un bel niente; era il forte affetto che provavano a impedire loro di rovinare il rapporto che condividevano.
Niente sembrava riuscir a separarli.



Mrs. Montgomery:
Innanzitutto ci tengo a ringraziare i lettori e le lettrici che hanno inserito la storia tra le seguite e coloro che hanno recensito il prologo.
Questo è il "primo vero capitolo", si fa la conoscenza di altri personaggi molto importanti e che ritroverete spesso affianco dei protagonisti. Ovviamente li conoscerete meglio capitolo dopo capitolo, però già da questo ne avete avuto uno scorcio :)
Durante la settimana mi sono messa a cercare dei prestavolto per i personaggi principali, non so se li avevate immaginati così però ho trovato perfetti Sasha Pieterse e Colin O'Donoghue. Poco a poco sceglierò anche quelli per gli altri personaggi.
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Spero di non avervi annoiato e grazie mille per aver letto!

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Capitolo 3
*** Il falò ***


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Trailer di Inaspettato Amore



Il falò


La festa del falò veniva sempre organizzata al parco “The Commons”, a nord ovest di Atlanta, ed era un evento che nessuno studente si perdeva.
Era molto più ambito del ballo di fine anno, probabilmente perché si poteva andare vestiti in qualsiasi maniera e - chiaramente - non troppo formali. C’era un dj per la musica, un chiosco che serviva cibo e bibite a volontà, e sarebbe scontato accennare alla presenza di un grande falò. Brandon accompagnò Grace verso le nove per poi proseguire verso la sua meta, alquanto biasimata dalla sorella, ma per quella sera evitarono altri litigi. Ad ogni modo, la ragazza si unì subito a Ted e Natalie, insieme presero subito qualcosa da bere e poi girovagarono per il parco riepilogando su quella che era stata la prima stancante settimana di scuola. Notarono che era venuta molta gente rispetto all’anno precedente e cercarono di avvistare i nuovi volti. Avevano appena attraversato il ponte quando incontrarono Kelly al fianco di Lucas.
«Guardate chi ho trovato!» trillò la ragazza.
Grace e Natalie salutarono all’unisono mentre Ted si astenne e lanciò un’occhiataccia al ragazzo.
«Io vado a bere» disse burbero andandosene via, lasciando in imbarazzo il gruppetto.
«Ma non aveva già una birra in mano?» domandò ingenuamente Kelly, come se non si accorgesse della situazione, e ciò bastò per irritare Natalie che decise di seguire l’amico.
Quelle erano proprio il genere di situazioni che Grace detestava, soprattutto perché conosceva il motivo per cui Ted reagì in quel modo. Osservò la confusione ritratta sul viso di Kelly e lo sguardo imbarazzato di Lucas.
«Lucas, hai già visto la fontana a spruzzo in mezzo al laghetto?» Grace tirò fuori la prima cosa che le passò per la mente per rompere il ghiaccio.
Lo sguardo chiaro del ragazzo scattò subito su di lei. «Ehm… no.»
«Oh, sarebbe l’ideale andarci adesso!» esclamò Kelly prendendo Lucas per un braccio. «La particolarità della fontana di questo parco è che di notte, dopo le otto, l’acqua spruzzata è colorata. Ovviamente sarà tutto un gioco di luci, però è davvero molto bella.»
«Allora… andiamo» disse Lucas forzatamente.
L’imbarazzo causato da Ted era stato spiacevole, rifiutare quell’invito ne avrebbe causato dell’altro. Stavano giusto per avviarsi quando un componente della squadra di football, chiamò Kelly attirando la sua completa attenzione con un aneddoto che condividevano. La saccente ragazza sparì in men che non si dica. Grace scosse il capo notando come si era dimenticata in fretta di Lucas, non appena un ammiccante palestrato le si era avvicinato.
Se avesse dovuto essere sincera, credeva che Kelly avesse adocchiato il “nuovo arrivato” come sua preda!
«È veramente uno spirito libero» esordì Lucas.
«Kelly è fatta a modo suo, forse un po’ troppo istintiva e pressante.»
«Sicuramente molto socievole. Vi conoscete da tanto?»
«Più o meno dalla prima liceo» rispose Grace ricordando che la ragazza si era trasferita da una città vicina, ma preferì non menzionarlo per non spettegolare.
«Perdonami se sembro impiccione o impertinente, ma… Kelly e il tuo amico sono ex?» chiese lui cercando di sembrare il più discreto possibile, anche se probabilmente non poteva esser stato più diretto. «Ho notato certe occhiate e qualche silenzio imbarazzante quando entrambi sono presenti… magari è una mia impressione. Nel caso avessi ragione, voglio chiarire che non intendo crear fastidio nel gruppo.»
Anche se avesse voluto mentire, l’espressione sul viso di Grace l’avrebbe tradita e poi notando il disagio di Lucas, che tutto sommato le sembrava un bravo ragazzo, era giusto metterlo al corrente della situazione.
«La verità è più semplice. Ted ha una cotta per Kelly dal primo anno di liceo e lei non sembra accorgersene minimamente. Credimi, lui non ha nulla contro di te, lancia quello sguardo assassino a qualunque essere di sesso maschile che le si avvicina» raccontò brevemente, mostrando un sorriso spensierato per smorzare quell’aria pesantina che s’era creata. «Per favore non dire a nessuno che te l'ho detto, Ted mi ammazzerebbe. Se te ne ho parlato è perché, onestamente, non mi pare giusto lasciarti tanti dubbi quando alla fine è davvero tutto semplice.»
Lucas le sorrise colpito dalla sua limpida sincerità e dalla dolcezza con cui stava difendendo un suo amico. Frequentando qualche corso insieme, ebbe modo di osservarla e si fece l’idea che Grace fosse una ragazza con la testa sulle spalle, il piglio allegro e una smaniata voglia di sorridere sempre. Non potè che fargli una buona impressione; aveva sempre preferito le ragazze spiritose a quelle troppo serie e puntigliose.
«Il tuo segreto è al sicuro» disse facendole l’occhiolino.
Grace non potè far a meno di sorridere. «Senti, hai voglia di vedere la fontana o preferisci… che so… andare a mangiare qualcosa?»
«Uhm… no. Kelly mi ha rimpinzato da quando mi ha visto, quindi vada per questa fontana che sembra entusiasmare tutti quanti!»
La ragazza infilò le mani nelle tasche della giacca e gli fece cenno di seguirla. In verità quella fontana era esattamente uguale a quella di altri parchi della città, Kelly l’aveva fatta sembrare molto più strabiliante di quanto non fosse in realtà e ciò fu lo stesso pensiero che condivisero Lucas e Grace, ma la presero come scusa per passeggiare chiacchierando un po’.
«Come è stata la tua prima settimana nel nostro liceo?»
«Non ci avrei scommesso, ma è volata!» rispose passandosi una mano tra i capelli corvini, in cerca di un argomento di cui parlare. «Ehm… solo io penso che capelli del professore di spagnolo siano unti quanto… non so… quelli di Piton di Harry Potter?»
Grace annuì cercando di non scoppiare a ridere, ma fu veramente impossibile al pensiero del signor Jenkins. Era un insegnante capace e divertente, eppure non sembrava amare gli shampoo o qualsiasi cosa utile per togliere quei chili di unto. Tutto sommato non era un gran problema, se si contava che c’erano professori con difetti nettamente peggiori.
«E vogliamo parlare della signorina Parsons?» Grace nominò l’insegnante di francese che non condivideva con Lucas per via del differente corso. «Ha lo sguardo da falco e se osi solamente alzare lo sguardo dal foglio, durante una verifica, urla il tuo nome con una voce talmente stridula che a momenti diventi sordo.»
«A studi sociali ho un professore che sputacchia» disse facendo una smorfia di disgusto. «Per fortuna sono in terza fila, ma sono alquanto sicuro che l’altro ieri mi sia atterrato uno sputo sul banco.»
«Ok… questo batte la signorina Parsons» affermò lei recuperando fiato dopo le risate che si era fatta.
Continuarono a chiacchierare riguardo la scuola e altri aneddoti divertenti in generale. Alla fine attraversarono il ponte del parco senza badare alla fontana, erano stati talmente immersi nelle chiacchiere da non accorgersene neanche. Il tempo sembrò volare: Lucas si sentì in sintonia, perché Grace lo faceva ridere e inoltre era stata la prima a farlo sentire a suo agio.
Non l’aveva mai trattato come il classico nuovo arrivato, studiandolo e lanciandogli varie occhiate: Grace si era sempre dimostrata amichevole.
Il particolare che Lucas gradì, e parecchio, fu che la coetanea non si impicciò chiedendogli i motivi per cui si era trasferito o della sua famiglia o qualsiasi altro dettaglio personale. Il ragazzo detestava quando si intromettevano nei suoi affari; già era riservato, figurarsi se sbandierava tutta la sua vita alla prima persona che passava.
«Sai già che università frequentare il prossimo autunno?»
«I miei genitori puntano a farmi diventare avvocato… ma onestamente ciò che desidero riguarda tutt’altro» confessò Grace guardandosi le punte dei piedi e sentendosi in colpa ancor prima di avvertire Josie e Peter. Era certa che avrebbe distrutto i loro sogni. «Mi piacerebbe diventare un’organizzatrice di eventi, quindi punto a studiare scienze della comunicazione... ma non quello di massa, bensì quello di marketing.»
«Se ti rende felice perché hai tutt’altra aria? Hai paura che i tuoi genitori non ti sostengano?»
Lei scosse la testa, sapendo che non era quello il problema principale. «Al contrario, conoscendoli mi appoggeranno e saranno fieri che io prenda le mie scelte da sola… però mi dispiace deludere tutte le loro aspettative, come ha fatto mio fratello» concluse tristemente ricordando la mezza tragedia che avevano montato quando Brandon decise di mollare gli studi. Con lei ormai avevano fatto una marea di progetti, sembrava tutto pronto su un piatto d’argento. «Il mio patrigno è un avvocato, crede che appena mi laureerò andrò a lavorare per il suo ufficio e probabilmente mi sposerò con un avvocato e saremmo una felice famiglia di avvocati… ok, sembra sempre più assurdo ogni volta che lo ripeto» tagliò il discorso scuotendo il capo e rimproverandosi mentalmente, come ogni volta che lo raccontava.
«Pare proprio la classica vita perfetta e sembra che tu non la voglia affatto» affermò Lucas, incitandola indirettamente a proseguire. Era curioso.
Grace sospirò sentendosi ancora più in colpa. «Voglio molto bene ai miei genitori e li ringrazio per tutto ciò che sono disposti a fare, e che fanno già, però… non mi piace che qualcuno programmi la mia vita.»
«Ti senti imprigionata.»
«Esatto» si ritrovò ad ammettere Grace che, fissando lo sguardo di Lucas, si sentì capita.
Non aveva mai osato chiedere della sua vita prima di Atlanta, ma qualcosa doveva esser successo per trasferirsi così lontano da Chicago.
Lui le sorrise come per darle conferma di questa sua sensazione e disse: «Secondo me dovresti fare quello che ti senti. Tu sei l’unica che sa veramente cosa è bene per te» aggiunse Lucas guardandola dritta negli occhi. Cercava di infonderle fiducia dicendo la più pura delle verità. «Se quella è la tua strada, devi semplicemente percorrerla e non guardarti indietro. Non lasciar mai che qualcuno ti impedisca di fare ciò che desideri.»
Lo ripeteva sempre anche Brandon.
«E se sbagliassi? Se quello che voglio non è giusto per me?»
«Allora la rotta cambierà.»
Grace tentennò un attimo e aggrottò la fronte, prima di abbozzare mezzo sorriso. «Non hai idea di quanto vorrei rubare un po’ della sicurezza che sembri avere.»
«Devi solo lasciarti andare agli eventi, tutto qui.»
«Conserverò questo consiglio per l’avvenire» disse lei facendogli un cenno d’intesa.
Camminarono per svariati metri, per via del volume alto della musica non riuscirono a proseguire la chiacchierata. Decisero di fermarsi vicino al falò così da ascoltare le canzoni che il dj metteva su, però non si unirono al gruppo di studenti che ballavano scatenati. Rimasero giusto un momento e poi pensarono di andar alla ricerca di Natalie e Ted, anche perché finita la festa Grace doveva tornar a casa con l’amica.
Li trovarono poco distanti dal falò, vicino alle panchine, ed erano in compagnia di altri loro coetanei. Grace e Lucas li salutarono amichevolmente, ma non appena si avvicinarono il sorriso della ragazza sparì completamente.
«La mia migliore amica è qui!» urlò Ted, ubriaco fradicio, correndo verso Grace per abbracciarla o forse tenersi in piedi. La ragazza non era seria, peggio, era fredda come una lastra di ghiaccio. Pareva che tutta la luce dentro di lei si fosse spenta di colpo, come se avesse premuto un bottone, la sua l’allegria era completamente morta. Lucas si domandò se fosse per l’atteggiamento di Ted, ma quando vide Grace aiutarlo a sedersi sulla panchina, con dei gesti gentili, capì che ad aver cambiato radicalmente il suo umore doveva esser stato altro.
«Sei proprio carina, anche tu Natalie… siete belishime… tutti si dovrebbero innamorare di voi. Siete le mie migliori amiche…» continuò a farneticare Ted agitando la sua - ormai vuota - bottiglia di birra. «Una volta ho messo il fondotintolo per un brufolo enorme… dovevate vederlo… enorme!»
«Ted, è meglio se vai a dormire» rise il ragazzo accanto a lui, dandogli una pacca sulla spalla.
L’amico di Grace scostò la mano in maniera brusca, lo sguardo di Ted sembrò bruciare mentre si incontrava con quello dell’altro giovane.
«Tu… oh tu!» sbraitò alzandosi e barcollando. «Hai proprio una bella faccia da… da… culo! Sì, esatto, faccia da culo! Perché sei qui? Non ti vergogni, demmente che non sei altro?!»
«Vedi di calmarti sennò…» si alzò l’altro, ma per fortuna Natalie si frappose velocemente tra loro. Voleva evitare una rissa che certamente Ted avrebbe perso.
«Lascialo stare, David, te lo chiedo come favore personale.»
«No, no! Deve sapere cosa penso!» continuò Ted mentre Grace si precipitò a tenerlo in piedi come poteva. «Se proprio devo dirla tutta, non mi sei mai piaciuto e ancor meno quando hai mollato questo fiore per quella… cosa!» sbraitò indicando la ragazza seduta sulla panchina che diventò rossa tutta d’un colpo. Lo sguardo di Lucas cadde su Grace, avendo intuito perché era diventata di ghiaccio. Quel David era un suo ex e probabilmente lei era ancora scottata dalla relazione.
«Sei stato il più schifoso degli stronzi, ma… ehi! Posso comprendere il dismamoramento» ormai tutte le parole erano biascicate e inventate dall’alcol «però non ti puoi impermettere di sbandierare la tua id-d-diozia di fronte a tutti! Non solo l’hai tradita, ma hai anche il coraggio di frequentare i p-posti…» e vomitò tutto davanti a sé.
«Andiamocene!» esclamò disgustato David facendo cenno alla sua ragazza di alzarsi dalla panchina.
«Sì, è meglio» commentò aspramente Grace attirando un’occhiata fulminea da parte dell’ex, che sostenne fiera e glaciale fino a quando lui non decise di andarsene.
Nel frattempo Lucas aiutò Natalie e metter seduto il povero Ted, che iniziò a lamentarsi della sbornia. Sicuramente il mattino seguente avrebbe avuto un bel mal di testa e, conoscendolo, non si sarebbe affatto pentito di ciò che aveva sbattuto in faccia a David.
Lo detestava tanto quanto Grace. Ricordava ancora il giorno in cui ricevette l’sms dell’amica, che lo informava della relazione interrotta e dei motivi inerenti ad essa. Non avendo ancora conseguito la patente, prese la bici e si diresse veloce a casa di Grace per consolarla. Lui e Natalie erano rimasti tutta la sera, finendo poi per organizzare un pigiama party improvvisato.
«Io ti voglio bene, Grace» biascicò alzando il capo sull’amica, la quale gli sorrise dolce. Lei non l’avrebbe mai voluto vedere in quelle condizioni, ma l’avrebbe ringraziato per quelle parole. Gli diede un bacio sul capo e gli carezzò la schiena: era sempre stato un secondo fratello.
«Ti dispiace se lo porto a casa?» chiese Natalie in direzione di Grace, visto che al ritorno doveva andar con lei. «Non vorrei che stesse più male o combinasse qualcos’altro.»
«Non preoccuparti, vai pure» rispose sinceramente. «Posso tornare a casa a piedi.»
«Figurati, lo accompagno e torno a prenderti immediatamente!»
Grace scosse il capo e sventolò la mano. «Nah… non fare duecento viaggi, quando posso benissimo fare quattro passi. Dopo il meraviglioso incontro con David ne ho bisogno.»
«Potrei accompagnarti a casa io» esordì Lucas attirando lo sguardo delle ragazze. «Siamo vicini, quindi non ci sono problemi.»
«Oh, perfetto allora!» esclamò Grace, prima di voltarsi nuovamente verso Natalie e dire: «Porta il nostro orsacchiotto a letto, ci sentiamo domani.»
Carezzò la guancia di Ted, che nel frattempo si era addormentato sulla panchina e stava beatamente russando. Natalie lo svegliò delicatamente e con l’aiuto di Lucas si incamminarono verso la sua auto, per fortuna parcheggiata poco lontano. Non appena Brandon sarebbe venuto a sapere della performance di Ted, sarebbe scoppiato a ridere desiderando sicuramente esser lì con loro. Se fosse accaduto, però, Grace non ebbe dubbio che David non avrebbe avuto il coraggio di presentarsi al falò: conoscendo il temperamento del gemello di Grace, solo uno stolto lo avrebbe provocato.
La ragazza si strinse nella giacca di pelle e scosse il capo, doveva abbandonare ogni pensiero sul suo ex. Per sua fortuna Lucas la distrasse subito proponendole di andare a mangiare qualcosa; rimasero alla festa per poco più di una mezz’oretta prima di decidere di tornare a casa. Fu al momento del ritorno, sorpassato l’ultimo parcheggio vicino al parco, che Grace notò che Lucas non aveva nessun’auto.
«Ma… stiamo tornando a casa a piedi?»
«Sì» rispose lui tranquillamente, con le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo avanti.
«Credevo fossi qui in auto.»
Lucas sorrise furbo, voltandosi verso di lei. «In realtà non l’ho mai detto. In ogni caso saresti tornata a piedi, almeno adesso hai compagnia e poi stare con un maschio è più sicuro.»
«Ah sì?» chiese lei divertita.
«Certo! Non potevo permettere che tornassi a casa da sola, al buio e a notte tarda» rispose lui ironico e guardandola con i suoi occhietti vispi.
«Un vero gentiluomo!» esclamò Grace facendo scoppiare entrambi a ridere. «Vada per questa camminata.»
Il loro quartiere non si trovava lontano dal parco, però se in auto si impiegavano pochi minuti, a piedi ci voleva più tempo. In realtà la distanza temporale poco importò visto che, come alla festa, neanche si accorsero di quanto ci misero per arrivare. Il tempo non potè che volare da quanto erano coinvolti nelle chiacchiere: una sensazione comune quando ci si trovava con una persona piacevole. Probabilmente Lucas e Grace si sarebbero accorti del tempo trascorso solo quando il sole sarebbe levato.
«Mi dispiace per la scena di Ted» esordì lei dopo che l’ultimo aneddoto di cui stavano parlando.
«Scena?» rise Lucas voltandosi a guardarla. «E cos’è, uno spettacolo?»
«Ha un po’ esagerato.»
«Da quanto ho capito, sappi che da amico avrei detto di peggio… da sobrio. Credo fermamente che il tradimento sia uno dei torti peggiori, sia in amicizia sia in amore» disse il ragazzo con un tono di voce molto serio e tale serietà era riflessa anche sul suo viso. Improvvisamente qualcosa parve bloccarlo e si fermò. «No, s-scusa… non volevo tirar fuori…»
«Non preoccuparti, ormai cerco di non farci più caso» gli assicurò Grace con un sorriso mesto. «Come tutte le storie finite, all’inizio è stata dura, però sono giovane e la vita continua. Magari ti sembro troppo fredda, ma sinceramente non ho intenzione di disperarmi perché mi… mi ha tradita. Ho pianto, ho sofferto, ora si va avanti. Non sono la classica ragazza che ferma la sua vita per colpa di un cretino.»
Erano passati cinque mesi dalla rottura con David, una relazione di due anni finita come ne finiscono tante altre. A sentirla parlar così, le persone potevano pensare che l’aveva superata in fretta: la verità era che a Grace non piaceva piangersi addosso e tantomeno farlo di fronte agli altri.
Chiaramente aveva sofferto, era stata la sua prima storia, il suo primo amore, ma si era spento lentamente. La trascuratezza nel rapporto e le rare tenerezze erano arrivate prima del tradimento, o forse erano contemporanee, ovviamente lei non poteva conoscerne i tempi. La sua fortuna era stata di aver avuto affianco Ted che riuscì a farla ridere in ogni momento, Natalie che aveva sempre avuto ottime idee di svago, e Brandon che la riempì di coccole. Nonostante loro avessero fornito un notevole aiuto per superare la tristezza, Grace passò molti pomeriggi a piangere contro il suo cuscino desiderando che fosse solamente un brutto sogno. Più passava il tempo e più si rendeva conto che forse era stata in un sogno e risvegliandosi si stava imbattendo nella realtà.
La realtà era che non esisteva il lieto fine; nel mondo reale, il fantomatico principe azzurro tradiva la principessa con un’altra più bella o più “disponibile”. Grace ebbe il buon senso di asciugarsi le lacrime e andare avanti: la sua vita non poteva fermarsi per colpa di un idiota.
«E poi ci sono una miriade di ragazzi al mondo» aggiunse Lucas appoggiando le spalle al un muro.
«Sì, Natalie me lo ha ripetuto spesso… e ha cercato di farmene conoscere alcuni quest’estate. È stato un grosso buco nell’acqua» disse Grace lasciandosi scappare una risata divertita al ricordo dell’amica e dai suoi numerosi tentativi. «Ammetto che è stata colpa mia. Onestamente non ho voglia di rimettermi in gioco. Ho paura di affezionarmi e soffrire ancora. Mi serve tempo» mormorò stringendo le spalle e abbozzando mezzo sorriso «per fortuna ho Natalie e Ted.»
Grace era la prima persona, che Lucas incontrò, capace di mostrare un sorriso sincero e tirarsi su di morale da sola. Il ragazzo fissò quegli occhi cristallini, la forza di una tempesta era racchiusa in essi eppure anche la fragilità di un fiocco di neve.
Osservando il suo viso delicato, la si poteva paragonare ad un angelo: era stato il suo primo pensiero quando la vide appena arrivato ad Atlanta sotto la luce fioca di un lampione.
«Non li conosco bene, ma sembrano simpatici e credo siate molto legati» affermò Lucas riprendendo la camminata verso casa.
«Ci conosciamo da talmente tanto tempo che ormai siamo una famiglia, praticamente sono come dei fratelli per me. Senza di loro sarei persa… immagino che ti mancheranno i tuoi amici di Chicago» buttò lì cercando di saper qualcosa di lui senza esser troppo indiscreta.
«Puoi giurarci! È stato difficile decidere di andar via e sapere che non li avrei rivisti...» fece un lungo sospiro «ma del resto non potevo star lì.»
«Perdonami se ora ti sembro io l’impertinente, per caso hai avuto problemi con la tua famiglia?»
Lucas avrebbe preferito non rispondere, non era un argomento che gli piaceva affrontare, ma forse dando qualche informazione in più sul perché si era trasferito avrebbe calmato le voci a scuola. Non che sparlassero di lui, però i suoi compagni di corso erano curiosi di scoprire la motivazione che lo aveva portato lì e non avrebbe potuto tacere per sempre.
«Diciamo che non sopportavo la situazione, ho avuto qualche anno turbolento. Con mia nonna Loraine ho sempre conservato un buon rapporto e ne approfittato per andarmene» rispose breve e conciso, del resto non si poteva pretendere che raccontasse tutto per filo e per segno. Lucas non era il tipo di persona che raccontava i suoi affari personali alla prima persona che gli mostrava un bel sorriso. Stava bene in compagnia di Grace, ma non si conoscevano tanto da affrontare certi discorsi. «Senti, già che siamo nel discorso, non è che sapresti dirmi se posso trovare un lavoro part-time da qualche parte? Negozi, bar… va bene qualunque cosa, l’importante è riuscire a conciliarlo con gli orari scolastici.»
La ragazza si mise a pensare a quello che cercò suo fratello Brandon quando ne ebbe bisogno, dopo aver mollato gli studi, ma la maggior parte dei posti aveva già i suoi dipendenti fissi e poi… Si sbattè una mano sulla fronte!
Perché non ci ho pensato subito?
«Mio fratello lavora in un bar vicino a scuola e posso chiedergli se hanno bisogno di qualcuno. Lui ci lavora da due anni, praticamente da quando ha smesso di studiare, e so che è andato lì qualche studente che voleva arrotondare o guadagnare qualcosa in più.»
«È perfetto!» esclamò Lucas entusiasta. Trovare un lavoro era al primo posto nella sua lista degli obiettivi da completare al più presto possibile. «Farei di tutto, mi adeguo benissimo. Voglio seriamente contribuire alle spese di mia nonna, che mi sta facendo un grosso favore ospitandomi.»
«Ci credo e sei molto carino a volerlo fare» gli disse Grace colpita dal suo lato generoso, che le pareva sincero. «Non tutti si comporterebbero come te.»
«È solo una questione di correttezza. Non mi va che la nonna spenda soldi per me, quando potrebbe conservarseli per fare un viaggio o comunque disporne come vorrebbe.»
Grace mise le braccia conserte e, con un sorriso abbozzato, lo osservò. Era diverso dai ragazzi che era solita frequentare, prima di tutto era tranquillo; Lucas non attirava l’attenzione in qualunque modo e aveva dei modi di fare gentili e pacati. Grace non capì subito se si trattasse di timidezza oppure dovesse ancora adattarsi ai nuovi compagni e alla nuova scuola. Sicuramente il tempo le avrebbe dato modo di conoscerlo meglio e, se proprio doveva esser sincera, non vedeva l’ora. Alla fine aveva trascorso gran parte della festa in sua compagnia e si era divertita.
Era quasi l’una quando arrivarono nel viale del loro quartiere, camminarono per pochi metri prima di arrivare al punto in cui dovevano separarsi per tornare ognuno alla propria abitazione. Lucas si avvicinò a Grace, con le mani in tasca e un sorriso imbarazzato.
«Mi sono offerto di accompagnarti perché mi piace parlare con te» confessò a bruciapelo, lasciandola di stucco.
«E sei più diretto di quanto pensassi. Mi sono trovata bene stasera e suppongo di dover ringraziar te» gli disse sincera e notò subito sul viso di Lucas un cenno di contentezza. «Magari ti faccio sapere se organizziamo un’uscita da qualche parte, così vedi un po’ la città.»
«Sarebbe bello, sì!»
«Bene!» esclamò Grace e immaginando che non ci fosse tanto altro da dire, decise di salutarlo: «Allora… ci vediamo lunedì a scuola. Ehm… buona notte.»
«Buona notte anche a te, Grace.»
Un sorriso, un cenno con la mano e le loro strade si divisero. Ognuno verso la propria casa e con i propri pensieri. Era stata una serata interessante per Grace, che constatò di essersi sentita a suo agio con un ragazzo dopo la rottura con David, ed era lo stesso per Lucas, che la prima volta si trovò per rapito dall’allegria altrui.


Mrs Montgomery:

Ringrazio tutti voi che avete speso il vostro tempo per leggere questo capitolo e spero vi sia piaciuto :)
Qui avete scoperto perchè Grace vuole concentrarsi unicamente sullo studio e non lasciarsi distrarre da altro. La storia con David l'ha segnata, come chiunque uscirebbe da una relazione simile, ed è un po' allergica all'amore. Ovviamente cambierà idea, sennò cosa sto scrivendo a fare questa storia? ahahah
Ci vorrà del tempo per vedere Lucas e Grace insieme come coppia. Certo, provano ora attrazione, però non mi piace andare di fretta. Sarà un crescendo continuo e poi... vedrete ;)
Grazie per chi ha recensito e chi sta seguendo questa storia!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Legami stretti ***


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Trailer di Inaspettato Amore



Legami stretti

 

Natalie e Grace avevano stretto amicizia senza alcuno sforzo, era stato tutto grazie ad un disegno realizzato insieme all’asilo.
La maestra aveva chiesto ai bambini di illustrare la propria famiglia e Grace trovò non poca difficoltà nella rappresentazione della figura paterna: Peter non era ancora entrato nella sua vita e la piccola non aveva la più pallida idea di chi fosse questo “papà”.
Solitamente quando aveva un problema, si rivolgeva a Brandon, ma quel giorno era stato a casa per via del morbillo, per questo cercò di aiutarsi chiedendo agli altri bambini. Dana le disse che il papà era un bel maschietto che dava tanti bacini alla mamma, John disse che il papà era un gigante che lo portava sempre sulle spalle, e Kate le disse che il papà era quello che sbraitava contro il televisore durante la partita di football, ma che la sera andava a rimboccarle le coperte.
Dopo aver raccolto tutte quelle informazioni, Grace passò tutta l’ora a pensare al papà, ma alla fine capì che non conosceva nessun maschietto che dava i bacini alla sua mamma, o che portava Brandon sulle spalle, o che sbraitava di fronte alla tv e poi andava a rimboccarle le coperte. Si sentì tremendamente sconfortata, persino la maestra si accorse che la sua solita allegria si era spenta. Provò a domandarle cos’era accaduto, ma Grace alzava le spalle e teneva lo sguardo basso.
Fu lì che Natalie si avvicinò e quando comprese il problema della sua “amichetta dal grembiule violetto” le disse: «Il mio papà bacia spesso la mia mamma e la fa ridere tanto. Non gli piace molto il football, però qualche volta gioca con me. È molto buono il mio papà… possiamo condividerlo.»
La dolce Natalie non lasciò dire neanche una parola a Grace, prese il suo foglio e lo unì a quello della compagna e poi disegnò al centro il suo papà. Fu quello l’esatto momento in cui le due bambine formarono un legame naturale destinato a durare. Durante il corso degli anni conobbero i loro pregi e impararono a sopportare i difetti, praticamente erano diventate sorelle.
L’una voleva il bene dell’altra, non potevano esserci dubbi a riguardo. Ecco perché Natalie aveva provato a farle scordare quell’idiota di David, invogliandola a uscire con i ragazzi che la corteggiavano, ma non provò a insistere quando vide che l’amica era bloccata.
Grace aveva alzato una muraglia per difendersi da quando era stata tradita da David: comprensibilissimo.
Eppure Natalie era certa di aver notato un cambiamento, esattamente da quando Lucas era arrivato. Certamente non era stato un colpo di fulmine, però aveva osservato come si era trovata bene in sua compagnia alla festa del falò.
In qualche modo quel ragazzo era riuscito ad abbassare la muraglia, lo notava ogni volta che Grace lo lasciava avvicinare a lei. Impicciarsi degli affari altrui non faceva parte del carattere di Natalie, però sarebbe stata felice di riveder l’amica sorridere come un tempo: per amore.
Proprio per questo, quando organizzò una giornata al luna-park, la vivace ragazza invitò anche Lucas e non solo perché lo trovava simpatico.
La compagnia si trovò in mattinata e all’appello non potevano mancare Grace, Ted, Kelly e Sebastian Nash, un belloccio che giocava a football e pareva aver stretto amicizia con Lucas.
Non divertirsi era impossibile, saltarono da un’attrazione all’altra: dalla giostra dei cavalli, sulla quale i maschietti si rifiutarono di salire per orgoglio, alle impetuose montagne russe. Si fecero più di un giro sulla Ballerina, forse un po’ troppi, specialmente Ted, i capelli del ragazzo parevano aver preso la scossa e il suo aspetto era molto vicino a quello di uno spauracchio.
Quando arrivò l’ora di pranzo, andarono a prendersi qualche hot-dog e qualche bibita e poi andarono a mettersi comodi ad un tavolo da pic-nic. «…e così mi accorsi di avere quella dannata capra nel bagno solo quando mi colpì in fronte!» finì di raccontare Ted.
Quella della capra fu una delle storie - assolutamente veritiere - che fece a scoppiare a ridere tutti quanti.
«Avreste dovuto vederlo» cercò di dire Kelly tra le risate «ha avuto l’impronta dello zoccolo per tre giorni, era così ridicolo!»
«Hai ragione, però questo mi ha permesso di conoscerti» disse Ted con una luce tenera negli occhi.
Lucas era seduto di fronte ai due giovani e, non potendo che guardarli mentre pranzavano, notò spesso quello sguardo da parte del ragazzo. Kelly era molto scherzosa e lo prendeva in giro spesso, difatti fu lei a tirar fuori la storia della capra.
Non serviva essere un esperto d’amore per riconoscere i sentimenti che il giovane provava per la sua coetanea. Sentimenti tristemente non corrisposti, come avviene in molti casi.
«Non ricordavo che anche tu fossi là» esordì Natalie.
«Oh sì!» confermò Kelly. «Le nostre famiglie si conoscono da anni. Mio padre e quello di Ted hanno frequentato la stessa università e sono rimasti in buoni rapporti anche dopo. Per questo quando i genitori di Ted sono andati in vacanza, nella loro fattoria del Tennessee, hanno invitato anche i miei e chiaramente c’ero anch’io.»
«Lo abbiamo scoperto un anno fa. Incredibile, vero?»
«Era proprio destino che v’incontraste» affermò Grace lanciando un’occhiata d’intesa a Ted, che a sua volta le sorrise dolce. «Hai conosciuto questo bravo ragazzo prima di tutti noi, una vera fortuna!»
«Sì, beh… non l’ho veramente conosciuto. Eravamo bambini e i ricordi di quei giorni sono sfocati, mi ricordo di lui solo per quest’aneddoto della capra. Come si fa a scordare uno che è stato preso a calci da quell’animale?» domandò retoricamente facendosi altre risate; risate che non furono particolarmente apprezzate da Natalie e anche Sebastian le lanciò un’occhiata stranita.
La poca sensibilità di Kelly sarebbe potuta essere riconosciuta a kilometri di distanza.
«Era un bambino» lo difendette Grace usando un tono di voce spensierato, per non creare imbarazzi inutili. «Ora è molto più coraggioso e agguerrito. Lo prova che a Tybee Island ha scacciato un marpione da me e Natalie.»
«Ah sì! Eravamo ad una festa sulla spiaggia, Ted si era allontanato per prenderci da bere ed è spuntato questo coso, tutto ossuto, che ha iniziato a ballare in maniera oscena addosso a noi. Abbiamo provato a scansarci, ma continuava a seguirci, atteggiandosi da pallone gonfiato» raccontò Natalie storcendo il naso al ricordo di quello sconosciuto. «Dovevate esserci per vedere la faccia di quel rospo, quando Ted tornò e senza tanti preamboli lo invitò ad andarsene.»
«Sono cintura nera di karate, se non vuoi ritrovarti le palle al posto degli occhi, smamma!» Grace imitò Ted facendo la voce grossa e mimando qualche gesto.
«Cintura nera? Bella trovata!» esclamò Lucas.
«Nessuna trovata, è veramente cintura nera» disse Natalie con fierezza, battendo una pacca sulla spalla dell’amico.
Lucas si ritrovò sorpreso, mai avrebbe pensato che un ragazzo ordinario e un po’ imbranato come Ted potesse praticare un’arte marziale. Sorridendo tra sé e sé, immaginò di dover fare attenzione quando stava nelle vicinanze di Kelly.
«Ed è anche molto bravo da quel che so!» esordì Sebastian sorridendo complice. «Mio fratello minore ha iniziato da qualche anno a praticare karate e mi racconta spesso di tutte le vincite del nostro amico. Sei uno tosto!»
Ted arrossì sentendosi al centro dell’attenzione, non accadeva spesso. Era sempre stato in disparte, prima da bambino e poi da adolescente. Amante degli scout, vinse molte medagliette come Lupetto ed Esploratore, ma dovette abbandonare quel simpatico ruolo per dedicarsi allo studio scolastico e al karate. Simpatico, buono e spiritoso, ma non abbastanza fico da essere calcolato dalle comitive più “In”. Poco gli importava, considerava meno di zero la gerarchia scolastica.
«Sentite, ora che abbiamo finito di mangiare e raccontarcela su, che ne dite di andare nella casa degli orrori?» propose Kelly con sguardo fiammeggiante, mentre Grace parve di tutt’altro parere.
«Vi auguro buon viaggio al suo interno, ragazzi! Io me ne starò qua ad aspettarvi.»
«Oh, ma dai! Non dirmi che hai paura di lenzuoli e qualche spiffero» la derise scherzosamente Sebastian, prima di mostrarle uno sguardo ammiccante. «Puoi sederti accanto a me. Stringimi forte il braccio quando avrai paura.»
Grace accartocciò il tovagliolo e glielo tirò addosso. «Tira indietro i tuoi artigli, tigre.»
Sebastian abbozzò un sorriso furbo e poi tese la mano verso Kelly, che subito lo guardò con occhi adoranti. «Mi permetti di essere il tuo cavaliere dall’armatura immacolata?»
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e scattò in piedi prendendo la sua mano. «Ser cavaliere, accetto con letizia il vostro invito. Auspico nella buona sorte, al vostro fianco la paura si fa nulla e il coraggio divampa.»
«Certamente» rispose Sebastian, con l’espressione di uno che poco aveva capito e per questo allargò il suo sorriso malizioso.
Ted rimase a guardarli avvilito, neanche se fosse atterrato su Marte, si sarebbe accorta di lui: Kelly sembrava presa da chiunque eccetto il coetaneo. «Mi sento come quando Artù vede Lancillotto che gli soffia da sotto il naso Ginevra» pensò ad alta voce.
Non provare tenerezza per lui fu impossibile.
«Ginevra era una stronza. Ho sempre tifato per Morgana» disse Natalie circondando le spalle di Ted. «Non prendertela con Sebastian, fa così con tutte le ragazze. Due minuti fa ci provava con Grace e ora va a braccetto con Kelly.»
«Non si tratta di Sebastian. È Kelly che…» sospirò abbassando il capo. Lo sapeva che era senza speranze, che era sciocco ad illudersi che alla fine lo avrebbe guardato con occhi diversi. Ted si sentiva come Konstantin Levin, personaggio del suo romanzo preferito, innamorato perso di Kitty che però ha solo occhi per il bel Vronskij. Nel romanzo, Kitty si riscoprirà provare dei sentimenti per Levin e i due andranno verso il lieto fine: Ted bramava la stessa storia, ma la ragione gli faceva render conto che la vita reale era ben diversa da quella dei libri che leggeva.
«Sono un idiota, vero?»
«No, sei senza cervello se lo pensi» disse Grace avvicinandosi a lui. «Capita a tutti di non essere ricambiati. Si vede che Kelly non è la persona adatta a te, non è la tua vera Elizabeth Ben-»
«Kitty» la corresse Ted.
«Kitty» ripetè lei.
Grace sospirò, doveva iniziare un bel discorsetto e nulla le avrebbe impedito di farglielo. «Sai bene che per me sei come un fratello e quindi ti parlerò come se dovessi farlo con Brandon… con la differenza che forse tu mi presterai ascolto. Theodore, sei un ragazzo brillante e romantico. Io e Natalie abbiamo ascoltato i tuoi piani di conquista per quattro anni e, credici, avremmo voluto che le nostre cotte segrete si fossero comportate come te» disse lentamente e senza esitare neanche un secondo. Era decisa, con sincerità gli stava dicendo tutto ciò che aveva sempre pensato. «Ted sei un vero amico, perché quando io e David ci lasciammo, tu sei venuto ogni giorno a suonare il campanello ininterrottamente, fino a quando non ti aprivo dall’esasperazione. Ricordo ancora ogni momento che hai trascorso a passarmi un kleenex quando piangevo per quel coglione e mi ripetevi che non ti saresti mai arreso con me. Ora ti leggerò un messaggio che mi hai mandato qualche mese fa, perché credo non ci siano parole migliori.»
Grace spostò lo sguardo dal viso genuino di Ted e tirò dalla tasca dei jeans il suo cellulare, qualche clic sul display e tornò a fissare gli occhioni dell’amico:
«In questo momento ti senti un fiocco di neve, sei uno splendido fiocco di neve a terra. Ti senti sola e al freddo. In realtà è la tua immaginazione. Sei splendida come le acque di un lago e sei forte come una temibile tempesta. Questo momento non durerà per sempre e tornerai a sorridere, perché sei il sole in mezzo a tutte queste nuvole. Domani ti sveglierai e sarà l’inizio di una nuova avventura, forse non sorriderai, ma un giorno lo farai. Ricorda che una grande fiamma, non può essere spenta da qualche sputo. Mi avrai sempre al tuo fianco.»
Silenzio, dopo quelle parole dette con molto più che affetto, non poteva che esserci solo quello.
Grace si prese un attimo per sé, era la prima volta che rileggeva quel messaggio e le scappò una lacrima. Non aveva dubbi che fossero state scritte da Ted e non scopiazzate da qualche libro che leggeva: ciò le rendeva molto più speciali.
In passato quelle parole, seppur fossero solo tali, le servirono a capire che aveva ben altro da fare che perdersi a disperarsi per un ragazzo che non la meritava. Era giunto il momento di ricordarlo anche a Ted, che da anni escogitava un modo per conquistare Kelly senza ottener successo.
Ogni suo gesto si riduceva con perdita di coraggio o veniva frainteso come qualcosa di amichevole.
Grace e Natalie avrebbero parlato volentieri con Kelly per scoprire se lui avesse avuto qualche possibilità, ma proprio il ragazzo le dissuadeva dal farlo. Preferiva soffrire in silenzio e averla come amica, che complicare la situazione e allontanarla, ma a quanto pare il ruolo di amico perfetto iniziava ad andargli stretto.
Iniziava a diventar difficile ascoltare le conquiste di Kelly o i momenti dolci che condivideva con il flirt del momento.
«Non dico che non puoi essergli amico, però penso che dovresti andare avanti o perlomeno provarci» disse Grace guardandolo negli occhi e scorgendo tutta la tristezza degli ultimi anni passati a fare da spalla al suo amore segreto. Gli prese una mano e incastrò le sue dita a quelle dell’amico. «Io sono con te, sempre. Se vorrai andare a fare una vacanza in Russia, negli Emirati Arabi o in Alaska, sappi che ci sono e anche Natalie» aggiunse lanciando uno sguardo alla ragazza che stava alle spalle di Ted, anche lei commossa per il tenero momento che si era creato.
Lucas era accanto a Natalie e non poteva che essere uno spettatore silenzioso. Avrebbe voluto dirgli qualcosa per tirarlo su di morale, ma Grace sembrava aver la situazione sotto controllo e l’aveva trovata semplicemente meravigliosa.
Delicata con i gesti, amorevole con lo sguardo e tenace con le parole. Non era stata affatto presuntuosa con Ted, non lo aveva aggredito con un discorso che lo invitava a lasciar perdere i suoi sentimenti per Kelly, sebbene il senso di tutto fosse quello.
Lucas immaginò che qualsiasi decisione Ted avrebbe preso, sarebbe stato appoggiato dalle sue migliori amiche. Invidiava il rapporto che c’era fra loro, insieme sembravano invincibili.
Ted si alzò dalla panchina e abbracciò Grace, la strinse a sé, come se la forza interiore di lei riuscisse a placare le sue turbolente emozioni. Il ragazzo non spiccicò neanche una parola, non ce n’era bisogno.
«Forza, andiamo in questa casa degli orrori!» esclamò lui con spensieratezza.
Natalie balzò accanto a lui e lo prese a braccetto, coccolandolo durante il tragitto per scherzare e farlo ridere. Grace rimase ferma a guardarli e non potè far altro che sorridere intenerita: se c’era una cosa di cui andava certa nella vita, era il legame stretto che univa tutti e tre.
«Sei stata grandiosa, dico davvero» esordì Lucas mettendosi al suo fianco.
«Grazie, ma ho semplicemente detto la verità. È un bravo ragazzo e merita ogni gioia di questo mondo.»
«Ne sono convinto. Senti… non vuoi proprio entrare nella casa degli orrori?»
«A meno che non vuoi sentirmi urlare come una pazza, credo proprio di no» rispose lei con mezzo sorriso. «Tu vai pure, io vi aspetto qui.»
«Figurarsi se ti lascio da sola!»
Grace alzò le sopracciglia, piacevolmente sorpresa. «Un vero gentiluomo.»
Lucas ridacchiò passandosi una mano tra i ciuffi corvini e, con le mani infilate nelle tasche dei jeans, si guardò attorno per qualche attimo. «E se in attesa degli altri ci facessimo un giro sulla ruota panoramica?»
«Sembra una buona idea!» rispose lei con un largo sorriso e insieme si avviarono verso la giostra.
Per fortuna non trovarono molta fila, Grace immaginò che probabilmente ci sarebbe stata più gente verso il tramonto, l’atmosfera sarebbe stata perfetta per le coppiette. Un tenero momento con tanto di bacio quando sarebbero arrivati in cima: come nei film. Ricordò di un momento simile trascorso con David, ma non si demoralizzò.
Non le importava più niente di quel babbeo e non si sarebbe lasciata condizionare il futuro da qualsiasi cosa collegata a lui. Iniziò a chiacchierare con Lucas e anche il minimo pensiero sull’idiota si volatilizzò. Aspettarono all’incirca dieci minuti e poi salirono dopo aver pagato per tre giri.
«Mi trovo davvero bene da Jim, e stato un grande con gli orari per il lavoro. Riesco a dare una mano al bar e a stare in pari con lo studio senza problemi» raccontò Lucas dopo che la ragazza li aveva domandato del lavoro. «Ok… è difficile quando abbiamo tanti compiti in classe di seguito, però me la sono cavata questo mese. Speriamo di continuare così anche per tutti gli altri!» finì con una risata spensierata, a cui si unì anche Grace.
«So che vai d’accordo con mio fratello. Ti stringo volentieri la mano per questo, devi avere una grande pazienza.»
«Brandon è alquanto pragmatico. Non è una passeggiata stare al suo passo, ma faccio del mio meglio» rispose il ragazzo con aria disinvolta. «Tu e lui andate d’accordo, oppure siete come cane e gatto?»
«Diciamo che ci somigliamo molto, forse troppo. Abbiamo entrambi un bel temperamento. Non litighiamo spesso, ma quando capita… si salvi chi può!» esclamò con un’espressione parecchio enfatica e Lucas se ne stava lì, a fissarla, perso in quel sorriso così contagioso e spontaneo. «A parte questo, che suppongo sia normale tra fratelli, io e Brandon ci vogliamo molto bene. Hai presente Grey’s Anatomy? Beh, anche se non hai presente, te lo racconto io. Ci sono queste due formidabili donne che… sono più che amiche, più che sorelle, però non stanno insieme in quel senso e il rapporto tra loro è incredibile. Sanno per certo che l’una ci sarà sempre per l’altra e… anche tra me e Brandon sarà così!»
Grace aveva un’aria sognante quando parlava del fratello, una luce negli occhi che risplendeva ad ogni parola spesa per lui. Potevano discutere mille volte, ma nulla li avrebbe mai divisi: non l’aveva fatto il segreto di Brandon, altro era impossibile.
Suo fratello un giorno se ne sarebbe andato da Atlanta e sicuramente anche lei, per lavoro o per chissà cos’altro, ciò non sarebbe riuscito comunque a districare il loro legame. Erano come Meredith e Cristina dello show televisivo citato a Lucas: erano l’una la persona dell’altro.
«Alle volte vorrei scaraventarlo dalla finestra, ma per qualsiasi cosa chiamerei lui. E tu, hai fratelli o sorelle?»
Lucas sospirò pesantemente e annuì. «Due fratelli. Uno ha qualche anno in meno di me, l'altro è più grande.»
«Dalla tua espressione, immagino che non hai un buon rapporto con loro» dedusse con la semplice osservazione.
Forse era stato anche a causa del rapporto con loro che Lucas se ne era andato?
«Non ci siamo mai calcolati più di tanto. Un po’ per la differenza d’età e un po’ per… stile di vita, se così si può dire.»
«Mi dispiace.»
«Non devi. Onestamente non mi manca stare lontano da loro, sicuramente non è come se tu stessi lontano da Brandon e viceversa» disse Lucas con voce spenta e spostò lo sguardo altrove.
Guardò la bancarella dei dolciumi, una bambina a spasso con i genitori che teneva in mano un palloncino a forma di unicorno, intravide i loro amici addentrarsi nella casa degli orrori e osservò il cielo che non aveva neanche una nuvola. Poteva guardare di tutto, ma non il viso di Grace: sarebbe stato impossibile accettare la sua evidente pietà.
Lucas bofonchiò una risata infelice, immaginando che espressione triste avrebbe assunto il visino della ragazza, se le avesse raccontato il motivo per cui si era trasferito ad Atlanta.
No, non l’avrebbe mai fatto.
Si era trasferito da quasi due mesi e, nonostante avesse stretto amicizia con Sebastian e altri, nessuno ancora sapeva niente.
Perché avrebbero dovuto, poi?
In fondo, lui sarebbe rimasto solo per quell’anno. Una volta partiti per l’università si sarebbero divisi tutti quanti; quindi non c’era motivo per sbandierare i suoi affari, specialmente se poi sarebbe passato per vittimista.
«A te piace ballare?» domandò Grace per cambiare totalmente argomento e sciogliere quella fredda tensione che si era creata.
Lucas fu costretto a voltarsi verso di lei e, con uno sguardo interrogativo, rispose: «Dipende dalle situazioni. Non sono un grande fan del valzer e compagnia bella.»
«Non so se te l’hanno già detto, ma prima delle vacanze natalizie, la nostra scuola organizza sempre un ballo a tema. L’anno scorso hanno ideato una festa a tema Antico Egitto, è stato veramente fantastico!» disse Grace cercando di trattenere l’entusiasmo, amava da morire i balli studenteschi e quella a tema era il suo preferito. «Kelly e Natalie, che sono nel Comitato Studentesco, mi hanno spifferato che quest’anno hanno scelto gli anni ’50, quindi in stile Grease. Praticamente un sogno che si avvera!»
«Deduco sia il tuo film preferito» disse Lucas lasciandosi scappare un sorriso. «Quindi noi ragazzi dovremmo vestirci tutti come Danny Zucco e voi ragazze come… Randy?»
«Sandy» lo corresse Grace con tono gentile. «Beh… il senso della festa è quello, direi. Sarà come se fossimo andati indietro nel tempo, ciò implica di ballare sulle canzoni più famose di quel decennio e non nego che mi scatenerei, più che volentieri, sulle colonne sonore di Grease
«Piccola curiosità: come avete fatto a ballare “nell’Antico Egitto”, se teoricamente non avevano cantanti o strumenti musicali all’avanguardia?»
Lei scoppiò a ridere per l’espressione confusa di Lucas, più che per la domanda in sé. «Mai sentita, “Walk like an Egyptian”
«Ottima risposta» le disse, concedendogli quella piccola vittoria «ma non avrete ballato tutta la sera quella canzone, altrimenti che noia!»
«Va bene, le musiche dell’Antico Egitto erano molto moderne» riconobbe Grace mettendo le braccia conserte e fingendo un’espressione di disappunto. «Ad ogni modo, pensi di venire al ballo?»
«Se non ho il turno al bar, sarà un piacere! Magari mi consigli come vestirmi, dato che Grease non l’ho visto neanche per metà.»
«Allora rimedieremo assolutamente!»
I due giovani continuarono a chiacchierare allegramente, Grace provò ad entusiasmarlo riguardo alla trama del film in ogni modo possibile e Lucas si divertiva a guardarla mentre tentava nell’impresa. I musical non erano proprio il suo genere, però riuscì a farsi promettere che gli avrebbe dato un’occhiata.
Conclusi i giri sulla ruota panoramica, e vedendo che i loro amici non erano ancora tornati, decisero di intrattenersi ai classici giochi che si potevano trovare ad un Luna Park itinerante. Provarono con la pesca, la ruota della fortuna e anche il mini golf, senza ottener alcuna vincita.
Solamente al tiro a segno riscossero maggior successo, non al primo colpo, però riuscirono a vincere un piccolo peluche e un portachiavi.
«Sei stata grandiosa!» esclamò Lucas camminandole affianco. «Dovrò stare attento a non farti arrabbiare, se mai avrai una pistola in mano, sennò rischio di essere ucciso.»
«Che esagerazione! Io non farei male neanche ad una mosca» rise Grace mentre giocherellava con il peluche a forma di volpe.
«Magari hai un animo da killer e non lo sai ancora» le sussurrò Lucas ad un orecchio.
«In tal caso sarai la mia prima vittima»replicò lei voltandosi e mostrandogli un gran sorriso, piacevolmente ricambiato.
Nonostante fosse già un suo forte tratto caratteriale, Grace si sentiva sempre allegra in compagnia del ragazzo, e non solo perché lo riteneva attraente, fisicamente parlando.
C’era qualcosa in Lucas che la rendeva tranquilla, come se i pensieri spiacevoli non potessero nascere. Si rese conto che il suo comportamento non cambiava di una virgola in sua presenza, contrariamente a quando un qualsiasi altro ragazzo o “possibile corteggiatore” le stava accanto.
Era in imbarazzo solo quando lo fissava negli occhi, quelle iridi oltremarine per le quali aveva un debole. Solitamente teneva testa a ogni sguardo, ma con Lucas lo svoltava per prima e abbozzava un sorriso che non riusciva a controllare.
«Eccovi qua!» Kelly, stretta al braccio di Sebastian, li aveva trovati assieme anche agli altri. «Pensavate di imboscarvi e non essere scoperti?»
«Davvero difficile farlo al Luna Park» commentò Natalie seccata, come ogni volta che la ragazza utilizzava quel tono malizioso per imbarazzare gli altri.
Kelly alzò gli occhi al cielo e convinse Sebastian a fare un altro giro sulle montagne russe, mentre Natalie tirò a sé Ted per andare agli autoscontri.
«E noi che facciamo?» chiese Grace.
Lucas si passò una mano tra i capelli e ridacchiò. «Cerchiamo di vincerlo?» propose lanciando un’occhiata al grande peluche a forma di orso, che stava in bella esposizione al tiro a segno.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e tornò di corsa al banco per pagare i gettoni e iniziare a giocare. Quando anche Lucas si unì, cominciarono a fare gara a chi buttava giù più barattoli, si spintonarono scherzosamente cercando di far perdere l’avversario; si divertirono più dei ragazzini che al primo tentativo sbagliato abbandonarono il banco.
Lucas e Grace, invece, sembravano condividere l’ambizione di ottenere ciò che desideravano, o almeno tentarono di farlo. Sfortunatamente erano stati più concentrati a farsi i dispetti che a segnare veramente. Per lo meno si divertirono moltissimo, forse più degli altri, quando se ne andarono dal Luna Park ancora ridevano.
Se non fosse stato per loro, il viaggio di ritorno sarebbe stato nella piena tensione.
Ted rimase in silenzio, Natalie guidava tenendo fisso lo sguardo sulla strada e Kelly scrisse un messaggio lungo quanto un papiro per Sebastian, il quale se ne era andato con la sua moto. Per quanto Lucas e Grace chiacchierarono spensieratamente riguardo il più e il meno, tirarono un sospiro di sollievo quando scesero dall’auto.
«Poco imbarazzo» disse il ragazzo dopo aver salutato gli amici.
«Già» concordò Grace con un’espressione preoccupata in viso.
Doveva essere una giornata piacevole per tutti e, sebbene per lei lo fosse stata pienamente, le dispiaceva che Ted tornasse a casa con il morale sotto ai piedi. Sicuramente gli avrebbe scritto prima di andare a dormire.
«Ehi, grazie per avermi tenuto compagnia. Se non fosse stato per te, mi sarei dovuta sorbire tutta da sola quell’adorabile viaggio. Sono in debito.»
Lucas accennò ad un sorriso, mentre infilava le mani in tasca. «È stato un piacere, Grace, credimi.»
Ci fu un breve silenzio in cui rimasero semplicemente a guardarsi. La ragazza sembrò sul punto di dire qualcosa, tentennò numerose volte, ma poi sembrò trovar coraggio e parlò. «Avresti voglia di andare al cinema, venerdì prossimo? Mi hanno detto che c’è il nuovo film di quel comico che sta avendo un gran successo.»
«Venerdì?» domandò Lucas con aria poco convinta. «Venerdì sarà impossibile, ho sempre il turno lungo al bar, e così anche il sabato» disse lasciando un po’ sconfortata la giovane Grace, che forse - si ritrovò a pensare - si era aspettata troppo. «Però sono libero di domenica pomeriggio. Quindi se vuoi…»
«Sì!» rispose prontamente Grace, prima di rendersi conto che forse era stata un po' troppo esaltata.
«Bene. Ehm… ora devo andare. Ci vediamo a scuola.» Lucas sorrise timidamente prima di salutarla con un cenno della mano e andare verso casa sua.
La ragazza ricambiò il saluto e poi, anche lei, fece ritorno. Si sentiva particolarmente felice e non se ne spiegava il motivo, sorrideva come se avesse appena ricevuto la sorpresa più bella. Lo trovò veramente strano, rifiutava di credere che fosse per Lucas; ovviamente le faceva piacere che avesse accettato il suo invito, ma nulla più.
Grace aveva fatto una promessa a sé stessa, niente coinvolgimenti amorosi, non quell’ultimo anno di scuola. Andavano bene le uscite con gli amici e anche il continuo coprir le spalle a Brandon, la cosa più importante era non disorientarsi dallo studio e dall’obiettivo finale: riuscire ad entrare all’università dei suoi sogni, Princeton.
«Tesoro, sei tornata presto!» esclamò sua mamma uscendo dalla cucina e raggiungendola nell’ingresso, le schioccò un veloce bacio sulla guancia. «Vi siete divertiti?»
«Io di sicuro… per alcuni sarebbe stato più piacevole una lezione sulla costruzione di aerei.»
«Le solite pene d’amore, vero?» domandò Josie e ricevendo un cenno d’assenso, cambiò argomento per non invadere troppo la privacy altrui. «Ho visto che è venuto anche il nipote di Loraine, che tipo è?»
«Lucas?» Grace scattò sull’attenti. «È molto simpatico e non so se Brandon te l’ha detto, ma lavora con lui da Jim. Lo fa per aiutare sua nonna, per non esserle troppo di peso.»
«Oh! Un bravo ragazzo allora. E… fa parte del vostro gruppo?»
«Ogni tanto esce con noi, sì. Ha fatto amicizia con Sebastian Nash, c’era anche lui oggi al Luna Park...»
«Certo, certo» tagliò corto Josie non sembrando interessata al ragazzo appena nominato. «Tu e Lucas siete nella stessa classe, giusto?»
Grace annuì lentamente, iniziando a capire dove la madre volesse andare a parare. Quando partiva a chiacchierare con lei di un ragazzo, era per scoprire se le poteva piacere.
Per questo la ragazza sviò il discorso in fretta: «E tu, cosa hai in serbo per questa sera? Per caso il tuo capo viene a cena da noi?» chiese indicando i capelli disordinati della madre e le macchie che aveva sul grembiule.
Trovare Josie in quelle condizioni, era un evento più unico che raro. Era una donna alquanto organizzata e un po’ maniaca del controllo, sebbene possedesse un animo allegro e gioviale, e quindi ecco spiegato il piacevole stupore di Grace nel vederla apparentemente simile alle Casalinghe Disperate della famosa serie-tv che amava tanto.
«Peter ha vinto una causa molto importante e, siccome ho finito prima di lavorare, ho pensato di cucinargli i suoi piatti preferiti» rispose Josie, stando al settimo cielo.
Il suo amore per quell’uomo, ai suoi occhi senza macchia e senza paura, era visibilissimo nello sguardo smeraldino. Peter era stata la sua rivincita dopo l’abbandono del padre biologico dei suoi figli; quell’uomo di cui si sarebbe sempre ricordata il nome e l’aspetto, era la persona che più disprezzava. L’astio era così forte perché l’amore che aveva provato era stato molto grande e l’amara delusione ancor di più.
Nonostante questo episodio spiacevole, Josie non si fece mai abbattere, seppur fosse stata una ragazza-madre poteva vantare di essersela cavata, con non poche fatiche, ma ci era riuscita.
I suoi genitori le diedero forza nei momenti in cui avrebbe voluto mandare tutti i suoi progetti all’aria, doveva molto a loro, specialmente al padre che venne a mancare cinque anni prima e al quale era molto legata.
Per fortuna, alla sua dipartita, Peter era già entrato nella sua vita: quell’uomo era stata veramente la sua manna dal cielo. Fin da subito si legò a Brandon e Grace e le propose di dar loro il suo cognome, ma Josie declinò cortesemente per una questione d’orgoglio.
«Posso darti una mano a fare qualcosa?» chiese la figlia distogliendola dai suoi pensieri.
«Potresti preparare la torta al limone, mentre io finisco con l’arrosto.»
«All’opera, chef!» esclamò Grace legandosi velocemente i capelli e correndo in cucina.



Mrs Montgomery:
Eccomi tornata con questo capitolo, un po' più lunghetto del solito!
Spero vi sia piaciuto come ho mostrato il sincero rapporto che condividono Ted e Grace. Loro sono veramente molto uniti e si sostengono nel bene e nel male, come accade tra veri amici. Se devo essere sincera mi piace molto scrivere scene tra loro due e sono curiosa di sapere le vostre opinioni, ancor di più le vostre reazioni quando... nah, non vi spoilero nulla ;)
Diciamo che non sarà tutto rose e fiori. Ora siamo all'inizio, ma come in ogni storia arriverà un momento critico e non riguarda esplicitamente la relazione tra Lucas e Grace che chiaramente avranno.
I nostri due protagonisti si stanno avvicinando e nel prossimo capitolo condivideranno un bel momento.
Vi anticipo solo che vedrete un lato di Grace che vi stupirà piacevolmente... o almeno lo spero :P
Grazie infinite a chi ha recensito e chi sta seguendo la storia!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

 

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Capitolo 5
*** Io di te non ho paura ***


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Trailer di Inaspettato Amore


Io di te non ho paura



 

«Allora ragazze» cominciò Ted, in piedi di fronte alle sue migliori amiche, con aria seria e concentrata. «Siamo qui per una scelta importante quanto quella di Rose. Risalire sul Titanic, che stava affondando, per tornare dal suo amato Jack o salvarsi sulla scialuppa? Ebbene signore, lei scelse di tornare dal suo amato, pur sapendo che sarebbe andata in contro a morte certa e…»
«Tesoro, ferma questo sproloquio» lo bloccò Natalie mettendo una mano avanti. «Lo sai che amiamo quando ci narri le vicende, lo fai con molto patos, però siamo in ritardo sulla tabella di marcia, quindi prosegui.»
Il ragazzo ridusse lo sguardo a due fessure e sbuffò: «Bene» rispose secco, prima di dirigersi verso il suo letto e afferrare due appendiabiti. «Camicia blu o verde?»
«Quella blu!» esclamarono all’unisono Grace e Natalie.
«Ma quella verde…»
«Ted, quella blu è quella giusta» disse Grace con tono convincente.
Il ragazzo si arrese, filando dritto in bagno con tutto il completo per quella serata, mentre lo seguivano gli sguardi divertiti delle sue migliori amiche.
Quella simpatica scena si ripeteva ogni volta che dovevano andare a qualche festa e Ted chiedeva il loro consiglio sull’abbigliamento, dal momento che Grace e Natalie arrivavano a casa sua con trucco e parrucco già pronto. Trovavano assurdo, e al contempo divertente, come lui impiegasse più tempo a prepararsi rispetto a loro, che sicuramente avevano di più da agghindare.
«Questione di organizzazione» si rispondeva Natalie, che in materia era una vera maestra.
Non era mai in ritardo, a scuola prendeva appunti in maniera impeccabile e sarebbe stata presidente del Comitato Studentesco se non avesse ceduto il posto a Kelly, per via dei troppi impegni che il posto avrebbe richiesto.
«Com’è andata ieri con Lucas, vi siete divertiti?» domandò Natalie lanciandole un’occhiata d’intesa.
Grace si mostrò alquanto tranquilla, ignorando il sorrisetto malizioso dell’amica. «L’ho solamente accompagnato a lavare l’auto e poi c’era anche Sebastian.»
«Beh, intanto te l’ha chiesto» borbottò l’altra sotto voce, prima di tornare all’attacco. «Ho notato che andate molto d’accordo. Ricordo bene che due settimane fa, al Luna Park, siete sempre stati insieme e non puoi negare che eravate gli unici entusiasti della giornata. Sai… non posso dire di conoscerlo bene, a pelle sembra un tipo tranquillo. Tu che sei andata al cinema con lui e, tra le due, ci hai passato più tempo, saprai che carattere-»
Grace le fece cenno di smettere e con un sopracciglio inarcato chiese: «Arriva al punto, Natalie.»
«Vuoi che sia onesta come mai prima?»
«Spero che tu sia sempre stata onesta… comunque spara tutta la verità.»
«Io credo che tu piaccia a Lucas» confessò Natalie senza esitazione.
Era stata in silenzio per molto, voleva esser certa di tutti i suoi dubbi riguardo al ragazzo e, dopo averli osservati nelle precedenti settimane, ormai poteva darle un giusto parere.
All’udir di quelle parole, Grace strabuzzò gli occhi e arrossì lievemente, come se le avessero appena dato la più inaspettata delle notizie. Cercò di pensare alla teoria dell’amica, però non riusciva proprio a darsi una spiegazione. «Potresti essere più chiara?»
«Più chiara? C’è veramente altro da aggiungere?» chiese Natalie lasciandosi scappare una risata divertita. «A me sembra ovvio il suo interesse. Prima di tutto quando siete nella stessa stanza, non ti toglie gli occhi di dosso. Vi sorridete sempre e lui usa qualsiasi scusa per parlarti, come quando ti ha chiesto del compito di spagnolo.»
«Più che una scusa, direi che me l’ha chiesto a titolo informativo» ribattè calma Grace.
«Lui arrossisce.»
«Lui… cosa? Oh, Nat, per favore!»
«Puoi negare finchè vuoi, ma vedrai se non ho ragione.»
Grace scosse il capo velocemente e prese un respiro profondo prima di affrontare quel discorso. La conosceva fin troppo bene, sarebbe una menzogna affermare che non aveva idea di ciò che le frullava in testa. Dalla festa del falò, Natalie aveva iniziato a parlare di Lucas in maniera poco disinteressata e se, inizialmente, credeva che le potesse piacere, in quel momento era di tutt’altra opinione. Quel sorriso smagliante, abbinato allo sguardo astuto, era identico a quello dell’estate precedente quando le stava per presentare un ragazzo carino.
Nonostante conoscesse la sua scelta di non volersi impegnare nell’immediato, Natalie sembrava non arrendersi all’idea di vederla single. E Grace non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi con lei, perché era certa che le sue intenzioni fossero più che buone.
«Apprezzo il tuo sostegno e le tue speranze, veramente» cominciò poggiandole entrambe le mani sulle spalle. «So perché mi stai invogliando verso Lucas. Mi trovo bene in sua compagnia, non lo nego, ed è un bravissimo ragazzo, ha tutta la mia stima per come sta gestendo la sua situazione. Se fosse arrivato prima di tutto quel macello con David, forse… beh, hai capito.»
Alle volte non serviva dire molto, certi legami erano così stretti e solidi che si poteva sorvolare. Natalie fece cadere la sicurezza che, fino a qualche attimo prima, vestiva elegantemente e abbozzò un sorriso dispiaciuto. Grace la rincuorò con un bacio sulla guancia e un veloce abbraccio. Natalie non doveva sentirsi in colpa, se lei non riusciva a superare quella disastrosa relazione. Era la sua migliore amica, sua sorella dell’anima; non si poteva biasimare per ciò che stava facendo per lei.
«Per me non è facile. C’è qualcosa… qualcosa che mi blocca e forse sono io quella rotta» riprese Grace alzando le spalle, mantenendo la spensieratezza di sempre, anche se qualcosa nel suo sguardo non potè che intenerire l’amica di fronte a lei.
Natalie voleva gridarle che non era lei quella sbagliata, che non era colpa sua se un cretino le aveva messo le corna!
Come poteva esser la causa del suo male?
Possedeva un certo caratterino, ma mai una volta l’aveva vista mancare di rispetto a qualcuno che non l’aveva attaccata per prima. Natalie poteva benissimo avere la presunzione di dire che conosceva Grace meglio di chiunque altro; conosceva il suo cuore gentile, ma sapeva anche che non bisognava sottovalutare la sua tempra.
L’arrivo di Ted impedì di proseguire con il discorso e le ragazze fecero finta di nulla per non rovinare la serata. Uscirono di casa e presero l’auto di Natalie per andare al bar di Jim, un locale molto frequentato dagli studenti e che si riempiva nel week-end per via delle serate karaoke o dei gruppi musicali che suonavano. Senza contare che era il posto di lavoro di Lucas e Brandon, proprio loro avevano tenuto un tavolo libero per il trio delle meraviglie, avevano programmato di cenare lì e poi aspettare qualche loro compagno di scuola, per la somma gioia di Ted ci sarebbe stata anche Kelly accompagnato dalla nuova conquista. A quanto pare, con Sebastian non aveva granchè funzionato.
«Vi confesso che c’ero rimasta male quando mi hanno detto che uscivano insieme. Lo conosco dall’asilo e, sebbene sia diventato un po’ sbruffone, posso assicurarvi che non è un cattivo ragazzo» affermò Natalie con molta sicurezza. «Se fossi nei guai e mi servisse aiuto, potrei domandare aiuto a lui e ci scommetto il mio regale posteriore che mi darebbe una mano. In realtà credo che darebbe una mano a chiunque. Fa parte del suo carattere essere molto generoso e intelligente... per questo mi ha stupito sapere che usciva con Kelly, che ammettiamolo non è la ragazza più profonda di questo pianeta.»
«Lo dici perchè non ti sei mai sforzata di conoscerla» l'ammonì Ted.
«Ho passato abbastanza tempo con quella ragazza per farmene un'idea» ribatté Natalie.
«Sì, ma...»
«Ragazzi, per favore!» intervenne Grace utilizzando molta calma. «Non roviniamo questa serata perché possediamo opinioni diverse. La trovo una situazione normalissima e sarebbe stupido litigare per questo.»
La ragazza non potè proprio trattenersi. Detestava quando le persone attorno a lei litigavano, ancor di più se si trattavano dei suoi migliori amici. Ted e Natalie si lanciarono un'occhiataccia, prima di annuire e darle corda. Grace tirò un sospiro di sollievo per aver sventato una possibile accesa discussione.
«Non intendevo offenderti» ricominciò Natalie con un tono molto più calmo a quello di poco prima. Difficilmente chiedeva scusa e quello era il suo modo per farlo. «Volevo solamente mostrarvi il mio lecito stupore su Sebastian e Kelly. Non che lui mi piaccia in quel senso, indubbiamente non è da buttare, però lo reputavo un tantino più intelligente per poterle stare dietro» commentò addentando una patatina fritta e ricevendo un’occhiataccia da parte di Ted. «Oh, tesoro, tu sei un caso a parte. Sei il nostro orsacchiotto tenerone, il perdono ti è concesso.»
«Grazie tante, Lady Natalie, per la vostra clemenza.»
«Di nulla, Sir Theodore.»
Grace sorrise osservandoli entrambi: aveva sempre adorato quelle loro scenette da botta e risposta. In quei momenti, li proiettava nel futuro e riusciva benissimo a immaginarseli mentre si tiravano frecciatine a quarant’anni come anche a settanta. Non aveva alcun dubbio che sarebbero stati amici per sempre, non riusciva ad immaginare la sua vita senza.
«Lucas se la cava bene dietro al bancone, è velocissimo» commentò Ted lanciandogli un’occhiata. «E scommetto che becca un sacco di mance quando serve ai tavoli, chissà se si sente con qualcuna.»
«Perché? Sei interessato?» chiese ironica Grace.
«Che simpatica» rispose l’altro facendole una smorfia. «È solo che trovo strano che non abbia adocchiato nessuna. Sono eterissimo, però non si può dire che sia un brutto ragazzo e poi so che alcune ragazze gli vanno dietro.»
«Magari ha solo altro a cui pensare.»
«O un’altra» commentò Natalie beccandosi un calcio sotto al tavolo dalla sua migliore amica.
Ted sembrò non accorgersi del loro scambio di occhiate e continuò ad osservare Lucas con la coda dell’occhio. «Sì, può darsi… però la supposizione della nostra futura brillante avvocatessa potrebbe rivelarsi corretta. Forse è interessato a qualcuna ed è solamente timido.»
Grace abbassò lo sguardo e continuò a gustarsi il suo hamburger nel silenzio più totale. Sapeva bene che alzando gli occhi avrebbe incontrato le occhiate d’intesa di Natalie e anche un ingenuo come Ted si sarebbe accorto di tutto e Grace avrebbe fatto di tutto eccetto che affrontare nuovamente quel discorso.
Per fortuna il cellulare le squillò e potè portare sul tavolo tutt’altro argomento.
«Sebastian è partito ora da casa. Cinque minuti e sarà qui.»
«Kelly viene verso le undici con la sua nuova fiamma» aggiunse Ted.
«Vi parlate ancora?»
«Si è arreso con lei, ma questo non vuol dire che non possono essere amici» disse Grace sapendo che per l’amico era ancora un argomento difficile. «E poi Kelly si insospettirebbe troppo nel vederlo completamente distaccato da lei. A quello ci penserà l’università l’anno prossimo. A proposito di questo, hai inviato la domanda alla Emory University?»
«Ieri mattina» rispose lui nervoso. Entrare a far parte di quell'università sarebbe stato un sogno che diventava realtà, non solo era una delle più facoltose d'America, ma possedeva uno dei migliori programmi di studio per la scrittura e letteratura.
«Ce la farete… anzi, ce la faremo!» esclamò Natalie, sicura che tutti e tre sarebbero stati ammessi senza problemi.
Nel trio, lei era quella che manteneva sempre la calma e riusciva ad infondere forza e fiducia con poche parole. Nei discorsi eccelleva, sicuramente non avrebbe avuto problemi nel raggiungere i suoi obiettivi: sarebbe diventata un grande avvocato proprio per il suo modo di convincere le persone e trattar con loro.
«Tra dieci anni, massimo dodici, avremmo la vita che abbiamo sempre desiderato. Ted diverrà un grande scrittore, tu sarai la miglior organizzatrice di eventi di New York e io vi difenderò a spada tratta se vi quereleranno, vincendo ovviamente!» esclamò facendo ridere tutti e tre, poi alzò il suo bicchiere di birra e mostrò un sorriso smagliante. «Brindo a noi!»
Ted e Grace la seguirono a ruota e tra le risate, e qualche supposizione immaginaria della loro vita futura, continuarono per il resto della cena.
La compagnia che doveva unirsi a loro non tardò ad arrivare; Sebastian fu il primo e si capì quando la maggior parte delle ragazze presenti al locale si voltarono per guardarlo, non si poteva negare che fosse un bel ragazzo. Giocatore di football nella squadra del liceo e l’aria da principe azzurro che causava non pochi sospiri quando camminava per i corridoi. Gli occhi luccicanti come pietre preziose e quei capelli castani sempre in disordine gli davano un tocco ribelle che lo rendeva ancor più attraente. Poteva passare per il classico belloccio, senza cervello, con una schiera di ammiratrici al suo seguito, ma non era affatto come quelli rappresentati nei film o nelle serie-tv. Sebastian era intelligente e gentile, forse si poteva chiudere un occhio sulla sua poco modesta vanità.
Pian piano il tavolo di Ted, Grace e Natalie, venne circondato da altri loro amici tra cui anche una raggiante Kelly Mitchel accompagnata dalla sua nuova conquista. Per fortuna la coppietta si staccava dalla compagnia per andare a ballare, sennò sarebbe potuta scoppiare un’accesa discussione tra Kelly e Natalie.
«Giuro che se la sento ancora starnazzare del week-end che hanno fatto a Richmond, la strozzo» sussurrò quest’ultima nell’orecchio della sua migliore amica, la quale non trattenne un sorriso divertito.
«Ecco a voi, ragazzi!» esclamò Lucas arrivando al tavolo con il vassoio pieno. «Due margarita, tre birre e un gin tonic, giusto?»
«Perfetto» rispose Sebastian aiutandolo.
«Grazie, Seb» disse tirando prendendo fiato per qualche attimo. «Se vi serve altro, fate un fischio. Adesso corro, c’è tantissima gente stasera!»
«Che la forza sia con te, fratello.»
Lucas gli lanciò un cenno d’intesa e poi si volatilizzò, tutto preso dal lavoro. I suoi nuovi amici erano contenti di vederlo entusiasta per quell’impiego, che significava molto per lui. Dimostrava di essere un ragazzo responsabile e che non si accollava sulle spalle della nonna, la cui adorazione per il nipote era conosciuta ovunque. Ogni volta che le persone curiose domandavano a Loraine Turner del misterioso Lucas, gli occhi dell’anziana signora divenivano lucidi e iniziava a raccontare di come l’aiutasse in casa e avesse deciso di lavorare per contribuire alle spese. Molte mali lingue furono messe a tacere. Più di una pettegola aveva insinuato che il ragazzo fosse stato mandato dalla nonna perché aveva avuto problemi con la legge o con gli stupefacenti. I più intelligenti si mostravano sordi a quelle insinuazioni meschine, sapendo che erano proferite solo per dar aria alla bocca.
«Bisogna assolutamente fare i complimenti a Jim. La band che ha ingaggiato stasera è troppo forte!» esclamò Kelly tornando al tavolo dopo il quinto ballo di seguito assieme al suo Kevin. «Lucas ha portato il mio gin?»
«Eccolo!» Ted glielo passò.
«Mancano poche settimane al ballo a tema e non ho ancora trovato un vestito adatto o che pettinatura farmi fare dal parrucchiere» iniziò la ragazza con tono desolato, come se fosse il problema più grande della sua esistenza. «L’altro ieri ho trovato un vestito perfetto, verde a pois bianchi, ma non c’era la mia taglia. Finirà che dovrò andare dalla sarta.»
«Quanti problemi che vi fate voi donne» commentò un ragazzo della compagnia. «Fatevi prestare un vestito dalla nonna e sarete a posto!»
«Non fa una piega, amico!» lo appoggiò un altro.
«Credete davvero che noi ragazzi staremo lì ad esaminarvi?» domandò quello di prima. «A noi poco importa di come vi presentate. Potete anche venire con un sacco di juta addosso, la cosa veramente importante per noi è concludere a fine serata.»
Kelly diventò tutta rossa in viso e lo guardò furente. Non era certa se ad infastidirla fosse stato il disdegno per bel vestire o la frase da maschio in piena fase ormonale. «Porco! Sei un porco!»
«Questo non fa una piega» commentò Natalie gustandosi quella scena e sentendosi, stranamente, di spalleggiare la nemica/amica. «Sai Christopher, se esprimi sempre questi pensieri davvero molto eleganti in presenza delle ragazze, non puoi lamentarti se alla fine non te la danno. Capisco che quella è il vostro pensiero fisso, ma siate un po’ più discreti quando siete con noi. Tanto lo sappiamo benissimo qual è il vostro interesse, non serve specificare» concluse facendogli l’occhiolino e godendosi la sua stoccata.
Trattenere le risate fu davvero difficile.
Natalie avrebbe sempre vinto una discussione grazie al suo ingegno e alla sua classe. Il ragazzo sconfitto se ne rimase in silenzio per gran parte della serata, o almeno fino a quando la sua stessa avversaria non decise di dargli qualche consiglio per sembrare più affascinante durante le conversazioni.
A parte quel piccolo momento in cui si poteva iniziar a discutere, nella compagnia arieggiava un clima spensierato, non c’era nessuno che non si stesse divertendo. Persino Ted, che stava imparando a convivere con i sentimenti assopiti per Kelly, si lanciò in una serie di balli pazzeschi… ed era ancora sobrio.
Grace non poteva che sentirsi veramente sollevata, non poteva negare che fosse stata preoccupata di vederlo senza il suo solito entusiasmo quando ci sarebbe stato anche il ragazzo della sua ex cotta. Invece le scappò più di un sorriso gioioso nel vederlo il Ted di sempre: spiritoso e spensierato.
«Devo ammettere che pensavo peggio per stasera» commentò Sebastian comparendo alle sue spalle. «Credevo che Kelly avrebbe versato il gin in testa a Joe per quella frase poco galante.»
«Ti confesso che lo credevo anch’io e invece è andato tutto bene. Tutti sembrano sereni e senza nessuna particolare preoccupazione. Godiamoci questi momenti, conoscendo i nostri amici, potrebbe durare poco.»
Sebastian rise trovandosi d’accordo. «Ti ricordi, due anni fa, quando Kevin e Joe si sono tirati la salsa barbecue addosso?»
«Oddio, sì!» esclamò Grace scoppiando a ridere. «Lo ricordo benissimo. Erano in competizione per conquistare Jane del terzo anno e alla festa in piscina hanno iniziato a farsi i dispetti. Sono finiti in una siepe, se non ricordo male.»
«Lo ricordo io» disse Sebastian. «Ho aiutato Kevin a togliersi le spine dalle chiappe. Fidati, non è stato un bello spettacolo.»
«Ti credo sulla parola.»
Risero a crepapelle pensando a quante ne erano successe negli ultimi anni ed entrambi assunsero un’aria malinconica quando concepirono che presto tutto ciò sarebbe finito.
«Avresti voglia di ballare?» esordì poi il ragazzo indicando la pista.
«Volentieri» rispose prima di farsi condurre in mezzo alla marmaglia che stava ballando scatenata.
Grace sentì non pochi sguardi su di lei e non se ne stupì affatto. Probabilmente molte ragazze l’avrebbero odiata perché stava tra le braccia del ragazzo più gettonato della scuola, ma poco le importava. Era a una festa e non stava facendo niente di male, per lo più sapeva bene che Sebastian non era interessato a lei: per quanta simpatia poteva esserci tra loro, era impossibile che nascesse altro.
Erano piuttosto simili e se ne erano resi conto quando, anni prima, uscirono insieme. Tre uscite, di cui solo Natalie ne era a conoscenza, erano bastate per far capire a Grace e Sebastian che tra loro poteva esserci solo una buona amicizia.
«Posso dirti una cosa senza che tu ti offenda?» domandò il ragazzo al suo orecchio e lei annuì. «Forse se tra noi avesse funzionato, non ti saresti messa con David e non avresti scoperto quanto è coglione, pagando per le sue stronzate. Quando ci penso, mi sento in colpa, perché forse se avessi insistito di più, non sarebbe successo tutto quel casino e saresti stata più felice.»
«Sei molto dolce, perché pensi che mi sarei offesa?»
«So che non ami quando ti nominano David e lo capisco. Si è comportato troppo male e non ti meritavi niente di tutto ciò.»
«Credo che nessuno meriti di essere tradito.»
«Quando lo vedo, e fortunatamente si tratta di poche volte, mi viene una gran voglia di tirargli un pugno in faccia. Non sai quanto ho stimato Ted per quello che gli ha detto al falò» continuò Sebastian facendola ridere, al ricordo del suo migliore amico ubriaco e alquanto sincero.
«Sì, penso che me lo ricorderò per sempre. Comunque ti ringrazio Sebastian, sono contenta di averti come amico» disse Grace abbracciandolo affettuosamente, come faceva con Ted, e quello stesso affetto fraterno venne ricambiato.
Molti non erano fiduciosi sull’amicizia tra maschio e femmina, eppure ecco lì due validi esempi. Era come avere un fratello o una sorella in più.
I due ballarono qualche altra canzone e poi Sebastian andò a prendere da bere e Grace tornò a sedersi al tavolo, dove un’impaziente Natalie sembrava fremere dal dirle qualcosa. Non le lasciò neanche il tempo di sedersi che l’avvicinò a sé tirandola per un braccio.
«Ahi! Così me lo stacchi!»
«Non vi ha tolto gli occhi di dosso. Oh sì, ho seguito tutto con molta attenzione e continuava a guardarti. È stato emozionante…»
«Natalie di che… di chi stai parlando?»
«Lucas» rispose la vivace ragazza, indicando con un cenno del capo il protagonista di quella conversazione. «Poco mi importa se ti sembro fissata… fidati, ha un interesse per te! Se così non fosse, potrai dire che non capisco i maschi. Prova a guardarlo ora con la coda dell’occhio, sta servendo Sebastian, ma mi pare tutt’altro che amichevole. Dai, guardalo!»
Grace sbuffò e fece come richiesto dall’amica; in effetti, Lucas sembrava più cupo, ma questo poteva essere a causa del lavoro. Era da ore che il ragazzo stava andando, avanti e indietro, dal bancone per servire ai tavoli.
«Secondo me è una tua fantasia.»
Natalie scosse il capo più e più volte. «Ascoltami, ho tutte le prove per pensare che gli piaci.»
«Non ricominciare.»
«Va bene» l’altra alzò le mani in segno di resa. «Tanto io non mi arrendo su voi due e quando accadrà, perché dovrà accadere, io sarò pronta a festeggiare!»
Non ci fu tempo per replicare che ad interrompere la conversazione arrivò Kelly, la quale sembrava un po’ seccata. Si sedette con pesantezza e sbattè la borsa sul tavolo con forza.
«Tutto bene?» chiese Grace preoccupata.
«I maschi sono tutti dei deficienti!» strillò prima di tirar fuori lo specchietto e mettersi apposto il trucco sbavato per via delle lacrime. «Tu sei disposta a tutto, e ripeto tutto, e a loro non gliene potrebbe fregar di meno.»
Nonostante fosse una delle ragazze - apparentemente - più superficiali del liceo, Grace non potè che provar tenerezza per lei.
Le carezzò una spalla dicendole: «Hai tutta la mia solidarietà e credimi se ti dico che c’è qualcuno di meglio ad attenderti. Qualcuno che darà il giusto valore ai tuoi sforzi e ti amerà per come sei, apprezzando ogni imperfezione perché ti vorrà bene seriamente. Tutti hanno una vera seconda possibilità»
«Per l’appunto» s’intromise Natalie indicandole Lucas.
Grace la fulminò facendole capire che non era il momento per riattaccare il disco e l’altra battè in ritirata.
Kelly cercò di trattenere i singhiozzi, ma si poteva notare a distanza di un kilometro che era sul punto di scoppiare. «Io ero disposta a qualunque cosa per lui. Non è mai stato come gli altri ragazzi, non era solamente per flirtare e farmi scarrozzare ovunque… provavo dei veri sentimenti. Credevo che mi ricambiasse e invece…» tirò su col naso e rimase in silenzio per qualche minuto.
Lo sguardo vuoto e le guance rigate dalle lacrime amare per quella delusione che Grace conosceva molto bene, persino Natalie iniziò a provare tenerezza per lei. Era stata la peggior serata della sua vita, tutto ciò che voleva fare era andarsene a casa a dormire e dimenticare tutto.
«In effetti, uno così, non può meritarmi. Beh… io me ne vado, vi auguro di finire la serata in maniera migliore rispetto alla mia.»
«Vuoi che ti accompagniamo?»
L’altra scosse la testa desolata più che mai, poi raccattò tutte le sue cose e salutò le amiche: Kelly Mitchell uscì dal locale con aria affranta.
Preoccupate per lei, Grace e Natalie chiesero a Sebastian di accompagnarla a casa; non era ubriaca, ma farla uscire da sola in quelle condizioni non sarebbe stato un giusto comportamento.Poco amichevoli erano le occhiate che le due ragazze rifilarono a Kevin, accompagnatore di Kelly e ormai suo ex ragazzo, quando tornò a sedersi al tavolo assieme a Ted e altri. Lui sembrò non capire o forse iniziava ad essere brillo.
L’armonia della serata calò leggermente, un po’ per stanchezza e un po’ perché la serata si stava volgendo al termine. Erano quasi le due e nel locale c’erano poche persone, ma nonostante ciò la band stava ancora suonando.
La compagnia di Grace rimase al tavolo, chiacchierano in generale, commentarono la serata e raccontarono i loro programmi per il week-end. C’era chi sarebbe andato a pesca con il padre, chi avrebbe studiato per recuperare un esame e chi aveva in programma altre feste.
Dopo aver ballato tutta la sera, Grace iniziò a sentirsi stanca, ma non poteva andar a casa dal momento che promise a suo fratello di aspettarlo e ciò significava che sarebbe stata al bar di Jim fino alla chiusura. Non le pesava più di tanto, accadeva spesso e poi saper che tornavano insieme faceva star tranquilla la madre. Per fortuna i suoi amici erano i classici festaioli che se ne andavano a tarda ora.
«Ragazzi, ci facciamo un ultimo ballo di gruppo prima di andarcene a casa?» propose Ted ancora in vena di far festa.
«Io passo.»
«Idem.»
«Io continuo a bere.»
«Io ci sto!» esclamò Natalie alzando la mano per farsi battere il cinque e in men che non si dica fu nuovamente in pista.
Grace rimase a chiacchierare con Sebastian, che nel frattempo era tornato per concludere la serata. Sarebbe tutto finito in bellezza se non fosse stato per l’arrivo di un soggetto, la cui presenza avrebbe creato non poco trambusto.
David Anderly, ex ragazzo della giovane King, accompagnato dal cugino Kevin, si sedette al loro tavolo in tutta la sua sfrontatezza. Nonostante il naturale imbarazzo che c’era, né David né Grace si sbilanciarono: nessuna frecciatina o discorsi su relazioni del passato. Non ci fu nessuna discussione, nemmeno quando Ted e Natalie tornarono al tavolo. Stranamente stava andando tutto bene.
«Ma… Kelly? È già andata a casa?»
«Da un bel pò» rispose Christopher.
«Ha detto che si stava annoiando» s’intromise Kevin «e credo anche che non usciremo più insieme. Per quel che può importarmene… morto un papa se ne fa un altro. Vale anche per noi maschi, no?»
David diede una pacca sulla spalla del cugino. «Assolutamente! Non ti puoi perdere per una sciacquetta qualunque. Hai diciassette anni e tutta la vita davanti… e poi Kelly è troppo appiccicosa e rompiscatole.»
Ted serrò le mani a pugno e le strinse con forza: già detestava quel ragazzo e, dopo quella frase, il disprezzo non potè che accentuarsi. Natalie si accorse che era teso e gli posò una mano sulla spalla, prima che potesse sbottare come al falò.
«Se devo essere onesto, mi trovavo bene con lei» esordì Kevin con aria avvilita. Afferrò la sua bottiglia di birra e bevve lentamente un sorso, stava rimuginando su qualcosa e pareva triste. «Non è così superficiale come molti credono. Kelly è molto arguta e sveglia… poi, certo, è fissata con la moda e forse è un po’ snob, però c’è di peggio! Una volta sono uscito con una maniaca dell’ordine. Non potete immaginare…» scosse il capo più volte al ricordo della breve storia, se si poteva definire così, con quella ragazza, della quale inizialmente era stato soddisfatto. «L’avevo conosciuta a una festa la scorsa estate. Brillante a parole e… wow, a baciare… sapeva fare una cosa indescrivibile con la lingua. Alta, formosa… ci capiamo, no? Pensavo di aver vinto alla lotteria!» esclamò mostrando un gran sorriso e facendo sorridere tutto il gruppo che lo stava ad ascoltare con interesse. «Ci siamo scambiati i numeri e abbiamo iniziato a uscire. Tutto bene finchè si stava in spiaggia o andavamo a ballare… e poi è accaduto il fatto. Siamo andati in un locale per cenare così, alla buona, e si è messa a pulire le posate con un disinfettante che aveva nella borsetta. Allora… se l’avesse fatto solamente per sé, non avrei avuto problemi, ma lo ha fatto pure con le mie posate e il mio bicchiere. Ho cercato di superare quel suo difetto, ma ho capito che era veramente troppo quando ha iniziato a mettermi in ordine di colore le felpe e in ordine per lunghezza i jeans. Neanche mia madre mette così in ordine quando mi pulisce la stanza… oh, è stato tutto un disastro» concluse passandosi una mano sul viso. Fra tutte le ragazze con cui era uscito, lei fu quella di cui si pentì maggiormente. Non solo era sempre andato in bianco, che per un adolescente in piena fase ormonale si trattava di un incubo, ma quella ragazza aveva iniziato a controllare il modo in cui si vestiva o si pettinava: nulla doveva essere fuori posto.
«Ormai è acqua passata e sarà così anche per Kelly. Dopo una relazione andata a male, tutti vanno avanti in qualche modo» disse David lasciandosi scappare un’occhiata sulla sua ex ragazza.
Grace assottigliò lo sguardo e, mettendo le braccia conserte, incassò la frecciatina, ma era pronta a rispondere. «Certamente è così. Alle volte credo che voi maschietti sottovalutiate il potere di noi donne, oppure sopravalutate voi stessi. È facile sostituire qualcuno immeritevole dell’amore ricevuto. In parole povere, così che il tuo cervello assuefatto d’alcol possa comprendere, non farne un dramma. Kelly potrebbe trovare un altro molto facilmente e tu sarai fuori da questo insopportabile dramma.»
«Come te» continuò David iniziando a calcare sull’aria già tesa. «Anche tu sei fuori dal dramma, sbaglio?»
«E ci mancherebbe altro, comunque se eviti di metter bocca nella mia vita privata mi fai un favore.»
«Che cosa ho detto di male? Sei andata avanti dalla nostra relazione o mi stai ancora dietro?»
«Ma ti pare?» Grace soffocò una risata sardonica e, sbattendo il tovagliolo sul tavolo, lo fissò con ironia. «Smettila di bere perché hai già iniziato a sparare cavolate.»
«Disse quella sempre sincera.»
«E con questo cosa intendi dire?»
David sospirò pesantemente e poggiò i gomiti, prima di guardarla in faccia e dire con nonchalance quello che pensava. «Se proprio vogliamo affrontare il discorso, sappi che loro sono testimoni che hai cominciato tu. Allora… è inutile che ti lamenti, che piangi, per com’è finita la nostra relazione, perché da quel che so, ti sei consolata abbastanza in fretta. Credo che tutti si ricorderanno il ballo molto provocante che hai condiviso con il qui presente Sebastian.»
Il ragazzo appena citato non si scompose alla provocazione e, spalleggiando Grace, rispose con sarcasmo: «Mi ricordo quella festa e se per te ballare una “bachata” è provocante, non so che significato daresti al Tango. Credo davvero che dovresti limitarti dal esprimere tali frasi così insolenti. È un consiglio personale, dal momento che sembri invidioso e ignorante.»
«Insultami quanto vuoi, pasticcino» replicò l’altro mandando giù un sorso di birra e sorridendo beffardo. «Guarda che non mi stupisco se la difendi, lei ti piace ancora.»
Sguardi interrogativi capitolarono su Sebastian, il quale stava iniziando a non sopportare più il comportamento di David. Era la prima volta che stavano discutendo e molti si chiedevano come sarebbe andata a finire. Tutti i presenti al tavolo, conoscevano sia l’uno che l’altro, compresi i loro caratteri alquanto ribelli ed esplosivi. Descrivendoli così parevano simili, invece c’era una sottile differenza tra David e Sebastian.
«So benissimo che siete usciti insieme prima che arrivassi io, Grace stessa me l’ha raccontato quando stavamo insieme» rivelò David senza peli sulla lingua, provando a mettere in difficoltà sia la ragazza sia il “rivale”. «In più, se in passato ha scelto me, al posto tuo, significa che non ha la stessa considerazione che tu hai per lei. Se fossi in te smetterei di starle accanto, non le interessi minimamente, ti usa e basta. È un consiglio personale, dal momento che sembri un cagnolino.»
Quella luce di bontà che si scorgeva negli occhi limpidi di Sebastian era mutata in una frazione di secondo. Il ragazzo si alzò di scatto dalla sedia e fece per mettergli le mani addosso, ma Natalie e Ted lo placcarono velocemente, evitando quella che sarebbe stata una violenta rissa.
«Andiamo a prendere un po’ d’aria, ok?»
David si stravaccò sulla sedia mentre guardava il suo cosiddetto rivale uscire dal locale, poi lo sguardo sprezzante ricadde ovviamente su Grace, che era a dir poco furente. Trovava incredibile come quel ragazzo a cui tanto aveva voluto bene si comportasse da perfetto bastardo. Una volta non era così, era buono, o forse aveva sempre indossato una maschera?
Se ripensava alla persona con la quale aveva passato due anni meravigliosi, perché per Grace lo erano stati veramente, e osservava chi aveva davanti in quel momento, le sembrava di conoscere due persone completamente diverse. Una parte di lei provava pena, perché non lo vedeva felice: nel suo sguardo non c’erano emozioni positive, era spento e costantemente amareggiato. L’altra parte di sé se ne fregava altamente, la causa era il male che le aveva inferto, la presa in giro e il tradimento.
«Non segui il tuo cavaliere?»
Grace alzò gli occhi al cielo, per quell’ennesima provocazione.
«Ma quanti anni hai?» chiese retorica prima di alzarsi e fare per andarsene.
Era stufa di ascoltarlo e, soprattutto, di vedere quella faccia da sbruffone. C’erano una marea di cose che voleva dirgli… e forse era giunto il momento di farlo, pensò. Non le importava se c’erano Kevin e Christopher; in quel momento poteva anche arrivare il terremoto, nulla avrebbe fermato la furia di una ragazza ferita.
«Tu proprio non hai intenzione di mostrare un minimo di rispetto o senso di colpa, vero?»
«Perché dovrei?»
«Perché?» Grace sgranò talmente tanto gli occhi che potevano uscirgli dalle orbite. «Negli ultimi mesi della nostra storia mi hai solo raccontato bugie, e sei andato con la prima che passava, buttando all’aria tutto quello che avevamo costruito! Non pretendo che ti umili, ma di evitare queste scenate assurde. Non capisco proprio le frecciatine a Sebastian, prima di tutto perché sai benissimo che non c’è niente tra noi e poi perché, io e te, non stiamo più insieme. È inutile mostrare quest’inutile gelosia.»
«Geloso io? Ti piacerebbe avermi di nuovo tutto per te!»
«Credici.»
«Ci credo e lo ribadisco! Sennò, come mai non hai ancora trovato nessuno che mi sostituisca?» domandò David usando la parola chiave del discorso fatto da Grace poco prima. La stava portando al limite della sopportazione, la ragazza era tesa come una corda di violino, che poteva saltare da un momento all’altro. «Ti rispondo io a questa domanda, cara piccola Grace. Non hai trovato nessuno, perché i ragazzi non ce la fanno a stare con una dal carattere da mezza schizzata, una piagnucolona quando tira fuori la storia dell’abbandono. Il consiglio gratuito che ti do è questo, non raccontare che ti senti costantemente abbandonata perché è ciò che ha fatto il tuo vero padre. Tutto questo dramma annoia e non ci fai una bella figura. Se ti comporti così non lamentarti se nessuno ti vuole al proprio fianco. La carta della vittima, ormai, non funziona più!»
Grace rimase immobile a fissarlo; non riusciva a credere alle cattiverie che erano uscite da quella bocca avvelenata e senza speranza. Come poteva aver tirato fuori un argomento delicato della sua vita, aggiungendo tra l’altro tutte falsità?
Sentirsi abbandonata dal padre biologico era un fatto personale di cui ne parlava raramente ai suoi migliori amici, figurarsi se lo raccontava al primo che passava!
A David gliene aveva parlato dopo un anno che stavano insieme, non era un argomento facile da trattare per lei, sia per la delicatezza sia perché passare per vittima era una cosa che detestava. Quella sera, David aveva superato il limite: tumultuose emozioni crebbero velocemente in Grace. Era un vulcano pronto ad eruttare.
«Sei un cafone, arrogante, un egoista bastardo pieno di sé.» Grace sputò quelle parole con tutta la rabbia che aveva in corpo, riuscendo a mantenere una compostezza glaciale. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime amare, ma non avrebbe pianto. Non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione. «Scendi dal piedistallo perché non sei nessuno. Non sei nessuno!» iniziò ad inveire forte verso di lui, talmente tanto che Christopher si alzò, parandosi di fronte a lei. Grace non si lasciò allontanare e continuò a cercare lo sguardo di David. Doveva guardarla in faccia mentre gli avrebbe detto tutto ciò che pensava. «Ho pietà di te, perché non hai un briciolo di umanità e questo non ti porterà a niente di buono. Io potrò stare senza un ragazzo, ma questo non significa che sono sola. Ho mio fratello, i miei amici, la mia famiglia. E tu? Tu cos’hai?» ripetè con aria di sfida. Conosceva le debolezze del suo ex ragazzo, ma non sarebbe mai stata così meschina da usarle. Non giocava sporco. Quella discussione l’avrebbe vinta a mani pulite. «Sei marcio dentro.»
David si alzò e con un rapido gesto scostò Christopher così da ritrovarsi faccia a faccia con Grace. «Cosa pensi di sapere? Eh?!» gridò fuori di sè, ma lei non si scompose. Non le avrebbe fatto paura, la sua rabbia era più forte. «Dimmi cosa sai di me! Dimmi cosa sai veramente di me!»
«E tu cosa pensi di sapere su di me?!» replicò Grace fissandolo dritto negli occhi, gli stessi occhi per cui, un anno prima, si perdeva completamente. Ormai era tutto finito, rovinato, distrutto. «Non sei nessuno!»
«Scommetto che è ciò che ha detto il tuo vero padre quando ha saputo della tua esistenza.»
«No, ehi! Stai esagerando!» intervenne Kevin battendogli una mano sul petto.
«Io me ne vado sennò stavolta gli faccio male, giuro!» esclamò Grace mantenendo il controllo, anche se stava diventando molto difficile.
Afferrò la sua giacca di pelle e la borsa, pronta ad andarsene. Doveva andar via da quel locale o veramente gli avrebbe messo le mani addosso. La sua impulsività stava lottando per uscire, come una pantera rinchiusa in una gabbia, ma per fortuna riusciva ancora a tener latente quel suo lato ruggente. Sospirando pesantemente, si avvicinò al bancone del bar in cerca di Brandon, ma c’era solo Lucas.
«Ciao» la salutò subito lui con aria un po’ stanca.
«Ciao, ehm… sai dov’è mio fratello?»
«È andato a buttare la spazzatura, credo che tornerà a momenti…»
Grace non lo lasciò finire, era troppo nervosa e non sarebbe riuscita a rimanere un attimo di più. A costo di andarsene se la sarebbe fatta a piedi fino a casa. «Ti dispiace dirgli che sono andata via?»
«Certo, ma… va tutto bene?»
Lei non fece in tempo a rispondere che arrivò Kevin tutto trafelato. «Dovete risolvere, tu e David. So che sono volate parole grosse, però non… non potete far così ogni volta che vi incontrate, sennò addio all’armonia di gruppo.»
«Ma vaffanculo all’armonia di gruppo!» esclamò furente la ragazza. «Io non mi faccio trattare così da nessuno, benché meno da tuo cugino e augurati che Brandon non lo scopra mai o vedi che fine va a fare quel pezzente!»
Kevin battè in ritirata, non volendo discutere.
Grace sospirò pesantemente, esausta di quella serata. «Scusa per questo spettacolo pietoso» disse rivolgendosi a Lucas.
Lui la guardò comprensivo e un po’ preoccupato. «Non preoccuparti di nulla. Ehm… c’è qualcosa che posso fare per te?»
«Sei gentilissimo, ma non intendo disturbarti mentre lavori. Quando vedi Brandon digli che me ne sono andata perché ero stanca. Se scopre che ho litigato con David… beh, succederebbe un casino» disse lanciandogli un’occhiata d’intesa che il ragazzo afferrò subito.
«Il tuo segreto è al sicuro con me» rispose facendole l’occhiolino.
«Lo so» gli disse sincera, abbozzando un sorriso. «Buonanotte Lucas.»
«Buonanotte Grace.»
Lucas la guardò avviarsi verso l’uscita. Era dispiaciuto di vederla così e sentiva una scalpitante voglia di prendere a ceffoni David, pur sapendo che Grace non era la classica damigella da salvare.
La conosceva da circa due mesi e aveva osservato come sotto l’aspetto angelico, riposasse una leonessa, insomma aveva capito che possedeva un certo carattere. La trovava affascinante, per quell’aspetto, non che gli dispiacesse la sua bellezza, ma ciò che Lucas apprezzava maggiormente era la costante sincerità e la forza con cui difendeva, o faceva ragionare, quel testardo di Ted. Non poteva negare che c’era più di un aspetto di Grace a piacergli. Quella ragazza lo aveva colpito, lo ammetteva.
E gli piaceva.
Lucas non era il genere di ragazzo che combatteva contro i suoi sentimenti o non riusciva a identificarli; a lui piaceva Grace, ne era convinto.
Non ne era innamorato, voleva esser cauto, però quella ragazza lo incuriosiva parecchio e piacevolmente.
Posò il suo sguardo innumerevoli volte durante la serata. L’aveva ammirata quando rise lasciando uscire tutta la sua luce. L’aveva osservata quando ballò scatenata con Sebastian e aveva provato un po’ di gelosia. L’aveva guardata quando rivolse teneri sorrisi ai suoi amici e sentì l’ardente desiderio di ottenerne uno per sé. La guardava anche in quel momento, che se ne stava andando con aria stanca, e scattò sugli attenti quando vide David prenderla per un polso.
Lucas si trattenne dal catapultarsi e mettersi in mezzo, ma osservò ciò che accadde. Vide l’ex ragazzo inveire contro Grace e lei rispondere a tono più di una volta. La scena si ripetè per dieci buoni minuti, poi David se ne andò da tutt’altra parte spintonando chiunque gli capitasse a tiro. Grace, invece, rimase ferma a riflettere: non durò molto. La ragazza si passò entrambe le mani sul volto e poi si diresse in bagno. Anche se lo teneva rivolto verso il basso, Lucas scorse il suo viso e intuendo che fosse sull’orlo del pianto le corse dietro.
Entrò rapidamente in bagno e la vide appoggiata al lavabo con le lacrime che già le rigavano il viso. Lucas si sentì un po’ strano, solitamente non gli importava granchè dei sentimenti altrui, eppure stava male a vederla in quello stato.
«Grace. Grace, cos’è successo?» le chiese avvicinandosi repentinamente a lei.
Aspettò, doveva lasciarle il tempo per calmarsi, ma dalla ragazza non uscivano altro che lacrime e singhiozzi soffocati. Fu così che Lucas l’abbracciò d’impeto, stringendola a sé. La voleva proteggere, confortare e tenerla tra le sue braccia. Se solo ne avesse avuto l’occasione, avrebbe assestato un bel destro a David.
«Lascialo perdere. Uno stronzo del genere non ti merita.»
Grace si staccò leggermente, il giusto per guardarlo in faccia. «Lo so, hai… hai ragione» disse con voce flebile, iniziando a calmarsi. «A me non interessa più nulla di quell’idiota, te lo giuro. È solo che non capisco questa sua cattiveria gratuita. Cosa… cosa lo spinge a tornare su vecchie questioni? Insomma… se l’avessi lasciato io e ferito, forse potevo anche capire, però è ingiusto e cattivo. Oltre al danno, anche la beffa?»
Lucas le passò i pollici sotto gli occhi per asciugarle le lacrime e, nel gesto, le carezzò una guancia. «Ti sembrerà una frase trita e ritrita, ma seriamente quello stronzo non merita né una tua lacrima né un tuo pensiero. Conosco la vostra storia a grandi linee, ma non comprendo per quale motivo ti tormenta in questo modo. Forse dovresti parlarne con Brandon…»
«No!» esclamò Grace con sguardo spaventato. «Se Brandon sapesse… oh, sarebbe un disastro in tutti i sensi. Mio fratello non si è mai intromesso in questa storia. Solamente una volta il caso ha voluto farli incontrare e a momenti si sono pestati. Tu non conosci così bene Brandon, ma quando si tratta di me, diventa… beh cambia totalmente.» Tirò su con il naso e scosse il capo guardando fisso un punto perso. «E poi non voglio sembrare bisognosa di essere difesa. Io posso cavarmela da sola.»
«Sei una dura, lo so» disse Lucas rivolgendole un sorriso dolce «e dopo due anni dovrebbe saperlo anche David.»
«Dovrebbe anche saper tener la bocca chiusa su certi argomenti.»
Lucas annuì e rimase in silenzio per qualche attimo. Non pretendeva di intromettersi nelle loro questioni personali, però lo disturbava saperla impaurita e insicura per via del suo ex.
«Sebastian potrebbe fare la differenza?» azzardò anche per capire se tra loro c’era qualcosa.
«Non lo metterei mai in mezzo in questa storia.»
«Ci tieni a lui.»
«È un buon amico e veramente un bravo ragazzo. Molti guardano solo da quale famiglia proviene, o il suo bell’aspetto, e non notano le sue vere qualità. Mi dispiace per questo, perché viene spesso frainteso.»
«Scusa se te lo dico, sai che io e lui andiamo d’accordo, però un po’ si atteggia a figlio di papà.»
Grace sospirò annuendo, non aveva detto una falsità. «Sebastian è un ragazzo fortunato e alle volte si fa prendere la mano. La verità è che si sente molto solo. Suo padre è l’amministratore delegato di una grande azienda e sua madre sostiene una fondazione che la tiene molto impegnata, in poche parole non sono mai a casa. Sì, ogni tanto organizzano qualche vacanza, ma è per lo più un viaggio di lavoro» gli spiegò con delicatezza, per fargli capire che non aveva una vita splendida come tanti credevano e gli invidiavano.
Lucas, però, era già a conoscenza di quegli aspetti della vita dell’amico. Se ne era reso conto dopo qualche pomeriggio passato a casa di Sebastian e aveva notato non poche somiglianze con il suo vissuto a Chicago. Sapeva benissimo cosa significava essere invisibili agli occhi della propria famiglia e, forse, proprio per questo aveva legato con Sebastian più che con altri.
«Come puoi ben capire, ha altro a cui pensare che alle mie litigate con quel demente» continuò Grace riportandolo alla conversazione. «Prima o poi, David si stancherà e allora non dovrò più pensarci. Sicuramente non mi chiuderò in casa per non incontrarlo, diciamo che spero nella buona sorte di farmi rovinare meno feste possibili. Lo ignorerò!» esclamò cercando di sembrare più spensierata possibile, anche se sentiva tutte le parole di David ronzarle nella mente e le facevano male.
La ragazza alzò il viso verso Lucas e, abbozzando un sorriso, gli passò una mano sulla spalla. «Grazie per avermi, beh… ecco… calmata. Se non fosse stato per te, sarei ancora in una valle di lacrime. Per chi poi…»
«Mi… mi ha fatto piacere esserti d’aiuto» disse Lucas ricambiato quel sorriso.
La trovava davvero bella quando sorrideva, specialmente perché gli occhi di Grace si assottigliavano in maniera dolce e, sulle sue guance, risaltavano le fossette. Agli occhi del ragazzo, risplendeva.
La porta del bagno si aprì di scatto facendo voltare entrambi. Il proprietario del bar, un uomo robusto ma dal viso simpatico, entrò interrompendo il loro momento. Non ci voleva un genio a capire il perché fosse lì, e dubitarono fosse per usare il wc poiché i dipendenti ne possedevano uno personale.
«È colpa mia se lui è qui» intervenne Grace prima che Lucas potesse ricevere una sgridata. «N-non stavo tanto bene e si è preoccupato per me.»
«Scusami Jim, torno subito al lavoro.»
L’uomo gli fece cenno di non preoccuparsi e con aria calma disse: «Tranquillo, ragazzo. Hai fatto bene a occuparti della mia piccola Gracie e in ogni caso ti stavo cercando per dirti che si è fatto tardi. Ormai c’è poca gente e puoi staccare, io e Brandon riusciremo a cavarcela da soli.»
Lucas rimase senza parole. «No, Jim, io…»
Jim gli battè una mano sulla spalla e lo guardò fiero. «Hai lavorato sodo stasera, come sempre del resto, quindi ti meriti di goderti un po’ della serata che rimane. Magari porta a ballare la nostra Grace che, mi sa, ha bisogno di svagarsi» disse dando un buffetto alla ragazza e sorridendo complice a Lucas. Salutò i giovani con un cenno della mano e uscì dal bagno per tornare al lavoro.
«Giuro che mi sono presa un colpo quando è entrato» commentò Grace.
«A chi lo vai a dire. Pensavo proprio che mi avrebbe dato una bella lavata di capo… me la sarei anche meritata, però era per una buona causa. Lo rifarei altre cento volte, credimi» aggiunse Lucas schioccandole un’occhiata e facendola intenerire.
«Grazie ancora per stasera. Ora andrò a casa un po’ più tranquilla.»
«E quel ballo?»
«Oh, andiamo! Non devi sentirti in obbligo, Jim è il tuo capo fino ad un certo punto. Goditi la serata che rimane e divertiti con una delle ragazze che là fuori ti ha adocchiato» gli disse Grace battendogli una mano sul petto e con un gesto rapido Lucas la prese.
«E se insistessi per quel ballo?» domandò con fare ammiccante.
La ragazza alzò le sopraciglia, era sorpresa, e sorrise emozionata, esattamente come piaceva a lui. «Cos’è? Un’offerta che non posso rifiutare?»
«Direi proprio che non puoi.»
Lucas le tese la mano e la condusse fuori, la portò subito in pista camminando sotto sguardi attenti e curiosi. Natalie captò per prima la loro entrata in scena e, dopo aver esordito con un commento d’approvazione, trasportò l’attenzione del gruppo sui suoi beniamini. Ted sputò la birra che stava trangugiando, Sebastian rimase un po’ sorpreso, ma nel suo sguardo non c’era gelosia, e David si stava beatamente mangiando le mani.
La musica di sottofondo era quella dei lenti di fine serata. Non appena se ne accorse, Lucas abbozzò un sorriso seducente; non
potè che ritrovarsi soddisfatto dell’occasione presentata.
«E comunque… stasera sei bellissima» disse a Grace prima di farle eseguire una giravolta e stringerla a sé, lasciandosi abbandonare sulle note di quella romantica canzone. Grace era ancora piena delle sue burrascose emozioni per via dell’ex ragazzo, ma si accorse che lentamente tutto quel caos si stava placando. Volteggiando lentamente tra le braccia di Lucas, si sentiva come avvolta dalla tranquillità e la trovò una sensazione bellissima. Forse perché non poteva trovarsi con persona migliore.
«Ci sta guardando un po’ di gente» sussurrò Lucas, all’orecchio di Grace, che lanciò un furtivo sguardo attorno e notò i vari sguardi. «Questo ti disturba?»
«E a te?» replicò lei.
«No.»
Grace si voltò a guardarlo per sorridergli, era tranquilla. «Allora neanche a me.»
Continuarono a ballare su quella canzone che pareva eterna, con le mani unite e i corpi che si sfioravano. Potevano sentire l’uno il respiro dell’altra, il profumo e persino i battiti del cuore. Ogni volta che i loro sguardi, puliti e luminosi, si incontravano, le bocche non potevano far altro che sorridere.
Era qualcosa di naturale per entrambi.
Grace si sentiva molto più che a suo agio, si sentiva bene, e rifletté che fu incredibile come tornò a sorridere dopo il pessimo momento che le aveva fatto passare David. Immaginò che Lucas possedeva una buona influenza su di lei, del resto avevano legato subito ed erano d’accordo su molti argomenti. Ciò che la colpiva maggiormente era la sua gentilezza e dolcezza nei gesti. Grace era sempre stata sicura che fosse diverso dagli altri e conoscendolo un po’ meglio ne ebbe conferma: ai suoi occhi era speciale.
La ragazza che lo avrà al suo fianco sarà molto fortunata, pensò osservando il viso di Lucas. Istintivamente gli passò una mano tra i ribelli ciuffi corvini e carezzò la guancia con il dorso della mano. Era stato un gesto senza malizia, le era venuto naturale così come il sorriso che gli rivolse dopo e che fu ricambiato.
Si trovava bene in sua compagnia, che ci poteva fare?
Ci fu un altro ballo, un po’ più scatenato e meno romantico. E poi un altro ballo, e un altro, e un altro. Era come se ci fossero solamente loro due e la musica. Sempre a guardarsi negli occhi e scambiarsi sorrisi e risate. Poi accadde qualcosa, nella mente di Grace scattò un ininterrotto campanello d’allarme. La ragazza capì di provare delle sensazioni che da molto tempo aveva dimenticato. Era come un ritorno al passato, un ritorno ai tempi in cui era veramente spensierata, ai tempi in cui era innamorata.





Mrs Montgomery
Ci ho messo un po' a pubblicare rispetto al solito, ma credo che ne sia valsa la pena.
Questo rientra fra i miei capitoli preferiti, perchè avviene il momento in cui Grace capisce di provare qualcosa. Ciò non significa che dal prossimo capitolo leggerete chissà quale altro momento intenso. I miei protagonisti avranno un percorso graduale, ci saranno altre importanti interazioni che aiuteranno entrambi a conoscersi e - chiaramente - ad avvicinarsi di più.
Non intendo dilungarmi troppo. Spero che questo capitolo vi abbia invogliato a continuare la lettura :)
Un grazie grandissimo a tutti voi, a chi recensisce e chi inserisce la mia storia nelle varie categorie.
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Strade che si uniscono ***


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Trailer di Inaspettato Amore


Strade che si uniscono

 

 

«Credo di aver preso tutto!» esclamò Brandon chiudendo il borsone sotto lo sguardo attento della sorella.
Il ragazzo sarebbe partito per qualche giorno, si era preso delle ferie dal lavoro e a sua madre aveva raccontato che si stava dirigendo a Richmond per far visita a un amico. La verità era assai ben diversa; a Grace aveva confidato che erano degli “affari per il futuro” a portarlo fuori città. Nemmeno lei sapeva di cosa si trattava.
Ecco ciò che detestava di più in suo fratello, il voler sempre tenere tutto nascosto e, alla fine, sarebbe stata lei quella a parargli le spalle. Quella volta non tentò nemmeno di domandargli spiegazioni, non le avrebbe detto niente neanche sotto tortura.
«Hai preso spazzolino e mutande di ricambio?»
«Ovvio, mammina» rispose lui con sorriso furbo, prima di catapultarsi sulla sorella con lo stile di un giocatore di Rugby. La buttò sul letto e iniziò a farle il solletico. «Mi mancherai. Cosa diamine farò per tre giorni, eh? A chi romperò le scatole?»
«Lo sai che rompi, allora!» lo provocò Grace contorcendosi dalle risate, mentre il suo gemello continuava a solleticarle lo stomaco e le gambe.
La lontananza sarebbe stata difficile per entrambi, lo era anche quando trascorrevano le vacanze con gli amici. Non che non si divertissero, però sentivano che c’era qualcosa che mancava. Era come se le loro menti andassero in tilt e si trovassero sperduti. Erano consci che la vita poteva portarli su strade differenti, era normale, però in un modo o nell’altro avrebbero trovato il modo di stare l’uno vicino all’altra.
Pensarli completamente divisi non solo era un incubo, ma risultava un pessimo pensiero, e poi era impossibile.
«Che cosa farò io senza di te?» chiese Grace seria, gli fece una carezza su quel viso d’angelo e sentì l’ispida barba che stava crescendo. «Perché devi andare?»
«Pensi che mi faccia piacere allontanarmi da te?» Brandon sospirò pesantemente e si tirò su, sedendosi sul bordo del letto. «Se lo faccio, è per una buona ragione. Devi avere fiducia in me. Se tutto andrà bene, potrò tirarmi fuori dai guai e vivere un po’ più… beh lo sai, senza quei generi di problemi.»
«Potresti viverne senza tirandoti semplicemente fuori.»
«È quello che sto facendo!» Brando si alzò di scatto dal letto e gridò senza rendersene conto. «Scusami» sospirò mettendo le mani in vita.
Fece una piccola pausa per riflettere sulle parole giuste da usare. Non voleva ferirla, sapeva di averlo fatto in passato e stava cercando di rimettersi in sesto da quel terribile giorno in cui Grace scoprì la verità. In un certo senso, era stata lei a invogliarlo a cambiare stile di vita, a cercare qualcosa di più normale, ma comunque redditizio. «Non lo sto facendo solo per me. Se quest’affare andrà bene, allora non dovrai preoccuparti più di nulla. Si tratta di qualcosa di buono, di veramente buono e… e voglio solamente che tu ti fidi di me. Fidati» la pregò prendendole le mani e guardandola dritta negli occhi. «Non ti sto mentendo, Grace, non lo farei mai. Io sono buono…»
«È ovvio che lo sei, non dubiterò mai di questo e mi fido di te!» replicò la ragazza con tono di voce forte. «Brandon, desidero solo che tu stia attento. Non puoi biasimarmi se… se ho paura delle tue azioni. Questo non significa che t’incolperò a vita dei tuoi sbagli, ne farò tanti anch’io. Suppongo che la vita sia fatta di questo, errori. Errori e perdono» disse flebile sul finale. Sospirò pesantemente rivolgendo lo sguardo verso il basso. Vedere il fratello in quello stato, a causa sua, le faceva capire che probabilmente stava sbagliando lei. «Ti ho perdonato per ciò che è accaduto e ciò non significa che posso permettermi di sbatterti in faccia il tuo errore. Perdonami, fratello. Intendo darti fiducia e se mi dici che quest’affare ti porterà bene, ben venga!»
«Sapere che è tutto legale ti tranquillizza?»
«Molto, a dire il vero» rispose Grace abbozzando un sorriso divertito, giusto per smorzare la tensione. Lo abbracciò sapendo che lo avrebbe calmato. «Pensami, ogni tanto.»
«Lo farò dal primo all’ultimo minuto.»
«Bene» disse lei dandogli una pacca sulla spalla, per poi sciogliere quel loro dolce abbraccio. «Ora prendi il borsone e scendiamo, o sarai in ritardo sulla tabella di marcia.»
Vide Brandon abbozzare un sorriso spensierato, mettersi il borsone in spalla e arraffare le chiavi dell’auto. Scesero di fretta e uscirono di casa con la stessa veemenza. La madre e Peter erano usciti da un paio d’ore per un impegno con degli amici, ma il ragazzo li aveva già salutati.
Per Grace fu difficile sorridere e annuire, mentre il gemello raccontò di come si sarebbe divertito con gli amici.
Fin da quando era piccola, non aveva mai avuto segreti con sua madre e le sembrava di prenderla in giro quando reggeva il gioco a Brandon, ma non poteva neanche tradire la persona a cui era più legata al mondo. Una posizione più che scomoda.
«Guarda, c’è il tuo amico» disse il ragazzo riportandola alla realtà e indicandole Lucas, il quale stava parcheggiando la sua auto nel proprio posteggio. «Andate molto d’accordo, ho notato.»
«Hai l’aria da terzo grado» aggiunse Grace mettendo le braccia conserte. «Comunque siamo solo amici.»
«Lo dici tu.»
«E chi dovrebbe dirlo, sennò?»
Brandon alzò le spalle indifferente e lanciò il borsone nei sedili posteriori. «Fai la brava mentre io sarò via.»
«Come sempre» rispose con naturalezza e diede un pugno scherzoso al fratello dopo averlo sentito bofonchiare una risata di scherno. «Stai attento tu, monello, e chiamami quando arrivi a… chissà dove. Potevi almeno dirmi la tua vera meta.»
«Ti chiamerò» disse Brandon per evitare discussioni dell’ultimo momento. Si avvicinò e le diede un amorevole bacio sulla fronte. «Ciao, scimmietta.» Il ragazzo salì in auto e, con la radio a tutto volume, partì per andare verso il suo destino.
Grace non distolse lo sguardo fino a quando le fu impossibile vedere il suo costoso mezzo. Sperò tanto di vederlo tornare per darle una buona notizia e per saperlo, finalmente, fuori dai guai. Sospirò pregando veramente di saperlo sulla retta via e con un futuro brillante davanti a sé, non poteva chiedere altro per suo fratello.
Lo reputava molto forte e sapeva quanto riusciva ad essere determinato, però sotto quella grande e lucente corazza immaginava ci fosse un bambino in cerca d’amore. Sebbene fossero legati, possedevano un carattere completamente differente. Erano letteralmente il giorno e la notte. Tutti quelli che li conoscevano non potevano che notare le differenze tra loro.
Grace era luce viva, piena d’amore per il prossimo e che usciva dalle situazioni più difficili a testa alta. Brandon era una forza diversa, meno incline al perdono, ma fragile. La loro vera differenza l’avrebbe fatta il futuro. Grace distolse lo sguardo dall’orizzonte e, senza volerlo fare apposta, ricadde su Lucas che stava scaricando un paio di buste della spesa dal baule dell’auto. Si avvicinò salutandolo dopo aver notato che, a sua volta, la stava guardando.
«Ti serve una mano?»
«Mi faresti un gran favore» rispose lui con un largo sorriso.
Grace si avvicinò a prese la busta, colma di frutta e verdura, e chiuse il baule. Lo seguì fin dentro casa e si ricordò che l’ultima volta che era entrata nella dimora della signora Turner doveva aver avuto all’incirca dieci anni. Nulla le pareva cambiato da allora. Nell’ingresso c’era lo stesso tappeto verde con i ricami neri e sul muro stavano ancora appese le foto che la ritraevano quando era giovane, con il marito al suo fianco.
Nonostante fosse invecchiata, conservava ancora gli stessi lineamenti dolci. Osservò anche la cucina e notò subito qualche apparecchio più moderno, come la lavastoviglie e la macchina del caffè, però il design rimase quello. Le piastrelle a terre erano beige, mentre quelle al muro erano bianche con qualche ornamento delicato.
«Grazie mille» le disse Lucas.
«Figurati! Due giorni fa mi hai salvato il finale di una serata particolare, aiutarti con la spesa è il minimo» rispose buttandola sul ridere.
«Io ballo con una splendida ragazza e sei tu quella che ringrazia?»
Quel complimento la fece arrossire non poco e, come ogni volta che era imbarazzata, rise nervosa. «Allora… sei andato a far la spesa da solo?» cambiò discorso.
«Perspicace.»
«Un po’ stupita, a dire il vero. È raro vedere un ragazzo fare la spesa per sua nonna… o semplicemente fare la spesa.»
«Sono un ragazzo d’altri tempi» si mise in mostra Lucas, avvicinandosi lentamente a lei.
«Quindi sei un vecchio?» lo prese in giro scherzosamente. «In un certo senso, non staresti male con un completo, con tanto di cappello e fiore all’occhiello, in stile Abramo Lincoln.»
«E non scordiamoci la barba.»
«Ovviamente!»
Lucas e Grace si lasciarono andare a una risata divertita; era sempre così fra loro, difficilmente non scappavano battute o scherzi ironici. Lei era così per la maggior parte del tempo, era risaputo che Grace possedesse un animo allegro.
Lui, invece, a prima vista, sembrava alquanto serio, ma questo era solo a causa della sua timidezza. Bastava prenderlo per il verso giusto ed era di buona compagnia, specialmente se a prenderlo era la persona a cui era interessato.
«Vuoi che ti aiuti a metter via la spesa?» chiese Grace smettendo di ridere.
«Sicura?» chiese arrossendo lievemente per l’attenzione che lei gli stava dando. «È quasi ora di cena e magari i tuoi genitori vorrebbero averti a casa presto.»
«Nah» rispose Grace sventolando una mano «mia mamma e Peter sono fuori con degli amici, quindi mi regolo da sola.»
«A casa da sola? Forte!»
«Lo sarebbe stato di più se Ted non si fosse beccato l’influenza. Solitamente, quando siamo soli a casa, organizziamo qualche cenetta con serata film… o pigiama party.»
«Pigiama party?» chiese Lucas inarcando un sopracciglio.
«Niente di sconcio, giuro!» esclamò Grace alzando le mani. «È come dormire con un fratello… e comunque non è un gran problema. Io e Natalie lo facciamo sempre dormire a terra.»
«Cattive!»
«È lui che si addormenta prima di noi! Non arriva neanche a metà film che inizia a russare, allora io e Natalie lo trasportiamo beatamente dal letto al corridoio, poi chiudiamo la porta. In questo modo ci evitiamo di ascoltare i suoi versi sopraffini.»
«E quando si sveglia al mattino non vi dice nulla?»
«Assolutamente no. Gli abbiamo sempre raccontato di esser sonnambulo» rispose Grace con molta serietà.
Lucas scoppiò a ridere, rise talmente tanto che si dovette tenere la pancia. Ormai aveva capito che, dove c’era Ted, c’era divertimento assicurato. Non erano ancora riusciti a fare amicizia, ma per lo meno l’altro ragazzo non gli lanciava più sguardi di acuta gelosia.
«Ti inviterò la prossima volta che programmiamo una serata, così assaporerai tutte le performance del nostro amico.»
«Non vedo l’ora!» rispose prontamente Lucas.
Grace gli sorrise amichevolmente, pareva non notare lo sguardo intenso con cui il ragazzo la considerava. Credeva che fossero solo amici e non poteva immaginare l’interesse di Lucas nei suoi confronti, o forse stava fingendo di non accorgersene?
Era sicura che alla festa, al bar di Jim, specialmente durante il ballo lento, avesse percepito delle sensazioni che da molto non provava, ma pensava che fossero solamente causate da tutte le altre emozioni causate dal forte battibecco con David.
Nei giorni seguenti alla festa, decise di non pensarci più di tanto, sebbene Natalie le ricordasse quel ballo ogni qualvolta che poteva.
Abbandonando i discorsi su Ted o ciò che saltava fuori durante i suoi pigiama party, Grace e Lucas iniziarono a svuotare le buste della spesa e a riporre il contenuto al posto giusto.
«Grace… se sei sola a cena, ehm… avresti voglia di restare?» Dopo aver passato una buona mezz’ora ad arrovellarsi il cervello per porle quella semplice domanda, Lucas trovò il coraggio. Si sentì tremendamente impacciato e non gli capitava da molto tempo.
«Che carino che sei!» esclamò lei mostrandosi un largo sorriso che gli fece sobbalzare il cuore. «Sei sicuro che non creerò disturbo a tua nonna? Forse dovresti chiederle…»
Neanche il tempo di concludere la frase che Lucas le rispose d’impeto. «È uscita. Doveva incontrarsi con delle amiche per andare a giocare a Bingo e rimarrà fuori per gran parte della serata. Per quello ho pensato, dato che eravamo soli entrambi, che potevamo stare in compagnia.»
«Allora, se non c’è problema, rimarrò volentieri!» rispose Grace con il suo solito piglio allegro.
Lucas poteva saltare dalla gioia, per la prima volta sarebbero stati da soli. Se non per brevi momenti, come un semplice scambio di chiacchiere, c’era sempre stato qualcuno insieme a loro. Inoltre, l’atmosfera di casa era più calda e intima. «Cosa avresti voglia di mangiare? Al supermercato ho comprato un po’ di carne di maiale, se ti piace…»
«Piacermi?» Grace strabuzzò gli occhi con aria sognante. «A me non piace la carne, io l’adoro. Amo ogni tipo di carne e se è stracotta tanto meglio!»
Lucas mostrò un gran sorriso e si tirò su le maniche. «Mettiamoci all’opera, mademoiselle
Il ragazzo tirò fuori da un armadietto la padella e gli strumenti idonei per cucinare ciò che avevano deciso, mentre Grace aprì il frigo per prendere tutti gli ingredienti.
Lucas si offrì di cucinare la carne, mentre lei avrebbe preparato un’insalata veloce e apparecchiato la tavola utilizzando molta accuratezza. Grace fu veloce nel suo compito, per questo si appoggiò al mobile e osservò il suo “compagno di cucina” per qualche attimo e fu sorpresa di vederlo capace ai fornelli.
«Sei veramente bravo, mai pensato di diventare un cuoco provetto?»
«Grazie» Lucas alzò lo sguardo e arrossendo lievemente, mostrò un sorriso timido «e no, non è esattamente la carriera che intendo intraprendere.»
«E quale sarebbe?»
«Qualcosa che abbia a che fare con i conti… uhm materie fiscali, documenti, ordini d’acquisto» rispose stando sul vago, era alquanto concentrato a non cuocere troppo la carne. «Credo che questo desiderio mi sia stato un po’ inculcato dalla mia famiglia, loro si occupano di queste cose e… beh ci sono cresciuto.»
Grace non gli domandò nulla, era abbastanza evidente lo sforzo con cui le aveva rivelato quel particolare della sua vita. Ormai era chiaro come il sole che si trovava ad Atlanta a causa della sua famiglia.
Il quesito che ronzava spesso nella mente della giovane fu: cosa mai aveva spinto un giovane ragazzo ad allontanarsi così tanto?
Pochi minuti più tardi la cena fu pronta e si misero tavola per gustarsi la loro sfiziosa, ma semplice, cenetta.
Chiacchierarono, scherzando e ridendo per la maggior parte del tempo.
Per entrambi parve la cena più corta di sempre, perché il tempo volò letteralmente.
Grace si trovò parecchio a suo agio, come mai prima di quel momento, nemmeno con David le era capitato di sentirsi tranquilla e contemporaneamente divertirsi.
Caratterialmente sempre sincera, o per meglio dire schietta, ma con Lucas si sentiva particolarmente libera di raccontare di tutto.
Per il ragazzo, quella cena fu utile per conoscerla meglio e imparare quanto per poco rimanesse senza sorridere. Non aveva mai incontrato una persona con quella grande solarità e voglia sempre di ridere. E in ogni suo sorriso ci trovava una bellezza unica.
«Posso confessarti una cosa?» esordì Grace, mentre stavano asciugando le posate. Lucas alzò subito lo sguardo su di lei e abbozzò un piccolo sorriso, non vedendo l’ora di sentire. «A vederti non sembri così… spassoso. Giuro che se non ti conoscessi un po’, penserei che sei un tipo serio, cupo, non che ridi per ogni cosa.»
«Ma io sono serio e cupo, che pensi?» la provocò Lucas con sguardo ammiccante e a passi lenti si avvicinò a lei. «Sono un signor tenebroso, sai.»
«Non mi dire» lo canzonò lei avvicinando il viso e mimandogli una smorfia. «Chissà come ho fatto a non capirlo prima! Sei proprio un lupo cattivo, il perfetto sosia di Darth Vader… il buon senso mi suggerisce di filarmela prima di esser rapita.»
«E chi ti dice che riuscirai a fuggire da me?» e in una veloce mossa la prese tra le sue braccia, abbracciandola da dietro e tenendola stretta a sé.
Aver Grace così vicina era come essere invaso da una forte carica positiva, fatta di luce e tenerezza. Lucas desiderava rimanere in quella posizione per sempre, perché poteva tenerla con sé, sentire l’odore delicato dei suoi capelli e quello un po’ più pungente del suo profumo.
Sebbene avesse avuto altre ragazze, con Grace stava provando delle emozioni mai vissute prima. Era certo che fosse diversa dalle altre, specialmente caratterialmente. Grace sapeva essere dolce come un muffin e pungente come uno spillo.
Lui, che era sempre stato così tranquillo, stava per essere risucchiato da quel ciclone… un ciclone che l’avrebbe fatto tornare ad apprezzare le cose belle della vita.
«Hai voglia di rimanere a guardare un film?» chiese Lucas dopo averla lasciata andare.
Grace lanciò un’occhiata all’orologio al muro della cucina e, immaginando che sarebbe rimasta per più di un’ora, prese il cellulare per avvisare i suoi genitori. Almeno non si sarebbero preoccupati se fossero tornati a casa prima di lei e non l’avessero trovata.
«Che film avresti voglia di vedere?»
Una semplice domanda che fece esplodere il cuore a quel giovane ragazzo.
«Ne ho un paio su chiavetta.» Lucas non riusciva proprio a trattenere un sorriso contento. «Vado a prenderla su in camera… t-tu intanto va pure in salotto ad aspettarmi» disse indicandole la strada con il braccio.
Grace andò a mettersi comoda, mentre Lucas salì a prendere la chiavetta e in quel breve tempo pensò alla situazione.
Era arrivato ad Atlanta unicamente per terminare gli studi in pace, senza i problemi dell’ultimo anno, e si era ritrovato a prendersi una sbandata per una ragazza che forse non avrebbe mai notato se il destino non li avesse fatti incontrare quella sera sul vialetto.
Doveva proprio essere per colpa - o voglia - del destino. Grace era stata la prima persona incontrata ad Atlanta e ancora non sapeva che sarebbe stata quella che gli avrebbe cambiato la vita… per sempre.
Quando Lucas scese in salotto, vide la ragazza in piedi, a guardare le foto appoggiate su un mobile. Sapeva bene su quali foto aveva posato l’occhio. Si avvicinò a lei con passo lento e, per qualche attimo, rimase al suo fianco a guardarle anche lui.
«Lui è…»
«Mio padre» disse con poco entusiasmo. «Gli somiglio, lo so.»
Grace mise le braccia conserte e si voltò per osservarlo, rimanendo seria. «Ho quasi scambiato la tua voce per quella di mio fratello. Brandon ha il tuo stesso entusiasmo quando tira fuori l’argomento “papà”.»
«Non va molto d’accordo con lui, suppongo.»
«Beh… direi di no.» Grace corrugò la fronte un po’ confusa, ma le ci volle poco per capire. «Io non sto parlando di Peter, lo sai?»
Lucas mostrò un’espressione più perplessa della sua e la ragazza immaginò che - a quanto pare - nessuno gli aveva mai detto nulla sulla sua situazione famigliare. Non che le andasse di parlare, ma piuttosto che lo venisse a sapere da altri, preferiva dirglielo lei.
Prese un lungo respiro profondo e si strinse a sé, non era un argomento che le piaceva toccare, al contrario di quello che pensava quel cafone di David.
«Peter non è il papà mio e di Brandon. Noi… ehm… no. Mia madre è rimasta incinta poco prima di finire l’università e il nostro padre biologico se l’è svignata. Peter è arrivato più tardi, infatti il cognome che abbiamo è della mamma.»
Lucas sgranò gli occhi e rimase letteralmente a bocca aperta per ciò che aveva sentito.
Era qualcosa di brutto da sentire, specialmente se ciò creava dolore - e sicuramente ne creava - ad una persona con cui aveva stretto un buon rapporto.
In un certo senso, questo fatto di cui si ritrovò a conoscenza, diede più luce all’opinione che aveva di Grace. In quel momento capì da dove proveniva la sua sensibilità e la grinta nel perseguire tutti i suoi obiettivi. C’erano più aspetti di lei che riuscì a comprendere meglio.
«Non sai quanto io mi senta stupido in questo momento.»
A sorpresa, Grace gli mostrò un sorriso amichevole e gli carezzò una spalla per rincuorarlo. «Non sei uno stupido, credimi. Non ne sapevi nulla e, prima che tu pensi male, sappi che te l’ho detto giusto perché è uscito l’argomento.»
«Lo so. Quale altro motivo poteva esserci?»
«Beh, David mi ha chiaramente detto che mi piace conquistare i ragazzi con la storiella dell’abbandono del mio padre biologico e…»
Lucas accigliò la fronte e indurì la mascella. «Te l’ha detto veramente?» sibilò a denti stretti.
«Fondamentalmente è per questo che sabato scorso abbiamo litigato.»
«Stai scherzando, vero?»
«No.»
Il ragazzo s’irrigidì di più e rimase in un silenzio tagliente, voltando lo sguardo oltre Grace.
Gli tornò alla mente quella sera al bar; lei sull’orlo delle lacrime e David che inveiva costantemente e sempre con più arroganza. Lucas non si era intromesso perché sapeva che Grace era capace di difendersi da sola, infatti si era stupito di vederla inerme, però non immaginava il motivo della discussione.
Se solo avesse saputo… se avesse saputo, nessuno sarebbe riuscito a trattenerlo.
«Non so come hai fatto a trattenerti dal prenderlo a sberle. Dico seriamente… e non hai voluto dire niente a Brandon?» domandò retorico, utilizzando lo stesso tono scuro di poco prima.
Grace rimase sorpresa di vederlo reagire in quella maniera, non che ne fosse totalmente dispiaciuta, ma era strano guardarlo con quell’aria così… furiosa. «Brandon l’avrebbe massacrato di botte, credimi.»
«E gli avrei dato volentieri una mano» aggiunse Lucas tagliente. «Non so di preciso cosa ti ha detto, e non dirmelo neanche perché sennò potrei tirargli una bottiglia in testa la prossima volta che viene al bar, però sappi che è intollerabile. Ed era anche il tuo ragazzo!»
«David è un’idiota e non merita minimamente l’attenzione di mio fratello, di Sebastian o la tua…»
«Grace, non difenderlo.»
«Non lo sto difendendo, ma non voglio che v’intromettiate in una faccenda che riguarda me e lui, specialmente se poi vi mettereste nei guai.»
«Non sai cosa gli farei, davvero.»
«Calmo, re leone.» Grace gli mise le mani sulle spalle e le carezzò, per tranquillizzarlo.
Quello era un lato completamente inaspettato di Lucas che la lasciò un po’ di stucco: ci manca appena che facesse a botte per lei!
Lentamente lo vide calmarsi e allora gli mostrò un sorriso. «Sei un vero amico e sono contenta di averti conosciuto, ma tieni a bada la tua testa calda o prima o poi dovrò tamponarti qualche ferita» disse passandogli una mano tra i ciuffi corvini.
Sotto il suo tocco, Lucas sembrò trovare un po’ più di pace. «David non deve azzardarsi a mancarti di rispetto, specialmente tirando fuori argomenti così delicati. Quanti anni ha?!»
«Ventiquattro.»
«Ecco, io direi quattro!»
Grace rise, più per la faccia imbronciata del ragazzo che per la battuta. «Sei un tesoro, lo giuro» disse sinceramente prima di abbracciarlo, così da allentarlo dalla tensione che ancora aveva in corpo.
Sentì subito le mani del ragazzo toccarle la schiena e poi poggiare la fronte nell’incavo del suo collo.
Lucas sospirò profondamente, cercando di allontanare l’immagine di David dalla sua mente. «Ha una faccia da culo!»
«Lo so.»
«Come hai fatto a starci insieme per due anni?»
«Bella domanda!» esclamò ironica Grace, bofonchiando una risata.
C’era da ammettere che iniziava a sentirsi bene tra le braccia del ragazzo. Era racchiusa in un abbraccio caloroso e sincero, di quelli che la rilassavano. «Lo credevo diverso… ma pazienza. In fondo sono queste delusioni a rendere le persone più forti, quindi forse dovrei ringraziarlo.»
Lucas si scostò leggermente, quel poco per poterla guardare negli occhi, ma tenendola sempre attaccata a sé. «Non gli devi proprio niente, credimi. Dimentica lui, le sue parole, le sue offese e vai avanti, ricordando che è lui a non meritarti, non il contrario.»
Gli occhi di Grace si illuminarono e un sorriso tenero si formò sulle sue labbra. «Sei dolcissimo… non che avessi mai avuto dubbi. In effetti, più che un signore oscuro, mi sembri un orsacchiotto abbraccia tutti.»
«Un… cosa?» chiese Lucas inarcando un sopracciglio. «Ma se io non abbraccio mai nessuno.»
«Davvero?» replicò lei facendogli notare con uno sguardo la posizione in cui erano. «Dovrei sentirmi lusingata?»
Il ragazzo arrossì, ma non gli ci volle molto a capire che Grace non sospettava nulla riguardo ai suoi sentimenti.
Lo vedeva nello sguardo pulito e ingenuo con cui lo stava guardando. Lucas non era certo se fosse un bene o un male. Da una parte avrebbe voluto che lei sapesse, a sua volta per sapere se poteva avere una possibilità, dall’altra preferiva esserle amico per motivi facilmente intuibili.
In quel momento, il destino era dannatamente crudele e avverso a quei due giovani. Erano così vicini e contemporaneamente così lontani. C’era una barriera invisibile ed intoccabile a separarli, assieme alla paura.
Grace non era una sciocca, se ci avesse pensato avrebbe dato un chiaro nome a tutte quelle sensazioni piacevoli che provava in compagnia del ragazzo, ma essere consapevole di aver una cotta per Lucas la spaventava.
Era appena uscita da un periodo in cui era stata pesantemente delusa e si era sentita non amata abbastanza; da una parte era lecito non voler tentare per paura di soffrire, ma dall’altra parte era un’idea completamente sciocca. Quanto avrebbe resistito sopprimendo i suoi sentimenti?
Lucas, invece, era abbastanza certo dell’interesse che provava per Grace. Se ne era fatto una ragione da un po’ di tempo, più precisamente nel momento in cui notò che gli era impossibile scostare lo sguardo da lei quando erano nello stesso posto.
Accadeva molto spesso che, per mancanza di coraggio, si perdessero le migliori occasioni.
Ma quando qualcosa era destinata ad essere, esistevano le seconde possibilità ed era lì che bisognava rischiare tutto.
La serata proseguì tranquillamente e tra le risate; scelsero di guardare un film comico da poco uscito nelle sale multimediali e che Lucas era riuscito a scaricare.
Verso fine film, Grace ricevette un messaggio da suo fratello: Sono appena arrivato a destinazione. Sto bene e mi manca la mia scimmietta.
Sorrise, non si aspettava minimamente di ricevere un suo messaggio.
«Un corteggiatore all’orizzonte?»
«Perché lo pensi?»
«Stai sorridendo in maniera molto… tenera.»
Grace soffocò una risata divertita, mettendo via il cellulare e poi alzò lo sguardo sul ragazzo. «Era mio fratello» disse facendogli tirar un sospiro di sollievo. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, a Lucas avrebbe procurato un certo fastidio saperla accanto ad un altro. «Brandon è partito per affari suoi e mi ha avvertito che il viaggio è andato bene… e che gli manco» esclamò contenta.
«Sì, sapevo che doveva andar via per qualche giorno.»
«Sostituirai tu i suoi turni?»
Lucas annuì. «Per questo, mercoledì e venerdì salto scuola. Mercoledì sostituisco Brandon al mattino, mentre venerdì starò al bar tutto il giorno… ma non mi lamento! Jim mi alza la paga per gli extra, quindi faticherò con piacere» concluse con spensieratezza.
«Sono contenta per te, anche se a scuola mi mancherai» disse Grace mostrando il labbrone.
«Oh, povera piccolina» la canzonò lui prima di tirarla a sé e darle istintivamente un bacio sul capo.
Ormai non faceva più caso a quella voglia di farle qualche coccola, gesti simili gli venivano spontaneamente e sperava che lei gli apprezzasse. Alle volte si sentiva un po’ impacciato, altre volte invece era pervaso da molta sicurezza: oscillava tra quelle due emozioni come un’altalena.
Le sue uniche certezze erano il suo interesse per quella puffa piena di allegria e l’insaziabile desiderio di volerla baciare come si deve!
E forse avrebbe avuto il coraggio di farlo se sua nonna non fosse tornata. Un’anziana signora di bassa statura e un po’ mingherlina oltrepassò l’arco che divideva l’ingresso di casa sua con il salotto.
«Buonasera, signora Turner» la salutò subito Grace.
«Oh ciao, cara» replicò l’anziana con il suo caratteristico tono gentile. «Avete organizzato una serata film?»
«Eravamo entrambi soli stasera, perciò ho invitato Grace anche per cena…»
«Certo, certo» rispose sbrigativamente la signora Turner.
Non sentiva il bisogno di avere spiegazioni dal nipote, glielo aveva sempre detto che poteva invitare qualche amico. Non avrebbe avuto problemi fino a quando la sua casa non sarebbe diventata un porcile.
«Io vado a dormire che si è fatto un po’ tardi. Grace, cara, se vuoi rimanere non preoccuparti… però non tardate troppo che domani c’è scuola.»
«Non si preoccupi, Loraine. Stavo giusto per andare» disse la ragazza alzandosi dal divano.
Lucas la seguì a ruota, sentendosi in dovere di accompagnarla.
La ragazza salutò la padrona di casa con una certa confidenza, del resto si conoscevano da quando lei indossava il pannolino ed erano sempre state in buoni rapporti, e poi uscì fermandosi sotto al portico dove lei e Lucas avrebbero potuto salutarsi senza imbarazzo.
Un leggero venticello si era alzato, ormai le serate calde li avevano abbandonati da un po’ di tempo: l’inverno era alle porte.
Grace si strinse nella sua giacchetta, prima di rivolgersi al ragazzo. «Grazie per la serata, Lucas. Mi sono trovata veramente molto bene.»
«Sì, anche io» rispose lui passandosi una mano tra i capelli corvini. «Ti sembrerà una frase scontata, ma sei davvero bella quando sorridi.»
Grace arrossì automaticamente e volse lo sguardo altrove, cercando di farsi passare l’imbarazzo, ma più ci provava e più non smetteva di sorridere. «Sai che c’è? Detto da te non sembra scontato.»
«Perchè no?» chiese Lucas con fare ammiccante.
«Probabilmente perché ti vedo sincero» rispose lei con naturalezza. «Sarà meglio che io vada, o veramente domani non mi alzerò nemmeno se faranno sparare dei cannoni sotto la finestra della mia camera.»
«Uh! Hai una finestra sotto la tua camera?» domandò retorico infilandosi le mani nelle tasche dei jeans e avvicinandosi a Grace. «Ciò implica che posso venire a farti visita passando direttamente da lì. Non sarebbe male.»
La ragazza sgranò gli occhi e si sporse verso di lui per tirargli una sberla scherzosa sul viso.
Il gesto fu placcato da Lucas che riuscì a metterle entrambe le mani dietro la schiena e ad avvicinare i loro visi. Fu incredibile il tumulto d’emozioni che entrambi provarono nello stesso istante in cui i loro sguardi si incontrarono. No, non era il momento in cui i due protagonisti iniziavano ad ammirare il magnifico e particolare colore delle iridi dell’altro.
Lucas e Grace sentirono qualcosa di molto profondo che non riuscivano a spiegare, ma che lentamente li stava legando.
Era qualcosa di inaspettato e che li avrebbe travolti.
Lucas allentò la presa sui polsi della ragazza, sapendo che non avrebbe potuto tenerla con sé per tutta la notte… ma gli sarebbe piaciuto. «Buonanotte, Grace» sussurrò.
«Buonanotte, Lucas» abbozzò mezzo sorriso e poi gli voltò le spalle per tornare a casa sua.
Le loro strade si erano incontrate e subito dopo divise: un leggero dispiacere avvolse entrambi.
Era curioso come provassero le stesse emozioni e gli stessi sentimenti, eppure nessuno dei due intendeva confessare.
Due anime simili e speciali allo stesso tempo, che avrebbero trovato la felicità quando tutte le paure sarebbero cadute. Era necessario portare pazienza e dare tempo al tempo: quando due persone erano destinate a stare insieme, niente poteva separarle veramente.
Lucas rientrò subito in casa sua e sobbalzò quando trovò sua nonna seduta sugli ultimi gradini delle scale.
La signora Turner sorrideva dolcemente e uno strano luccichio risplendeva nei suoi occhi.
«Conosco quella ragazza da quando andava all’asilo nido. È sempre stata molto dolce, anche se ciò non toglie che abbia un bel temperamento. Ho notato che andate molto d’accordo» disse alzandosi e avvicinandosi al nipote.
«Non la conosco benissimo, ma… sì, siamo buoni amici.»
«Ne sono felice, credimi figliolo» continuò la nonna, senza togliersi quell’espressione spensierata. «Penso che la sua vicinanza ti faccia bene. La sensibilità che Grace possiede potrebbe aiutarti ad aprirti di più, a sfogarti riguardo ciò che è successo.»
«Lei non sa nulla» sibilò Lucas mettendosi subito sulla difensiva.
«Beh, certo, è ancora presto» si mostrò comprensiva Loraine «ma se prima o poi ne sentissi il sincero bisogno, sono convinta che lei sia la persona giusta. Te l’ho detto, la conosco da tantissimo tempo. Praticamente durante l’infanzia l’ho cresciuta io. Non so se te l’ha detto…»
«Che Peter non è suo padre?»
«Esatto.» La nonna arricciò le labbra e annuì, constatando che Lucas aveva ereditato lo stesso nobile tatto di suo padre. «Sebbene Josie sia una donna straordinaria, che è riuscita ad avere successo nella carriera e a tirar su quei due ragazzi, non c’è dubbio che l’assenza del padre biologico li abbia segnati. Peter è fantastico, un brav’uomo che ammiro molto, ma è arrivato un po’ tardi. Senza dubbio è meglio tardi che mai, però nel frattempo Grace e Brandon hanno vissuto con dei disagi e lo dico con tutto l’affetto che provo per entrambi» disse toccandosi il petto.
Loraine ricordava ancora le domande ingenue della piccola Grace riguardo al perché tutte le sue amichette avessero un papà e lei no, oppure la rabbia di Brandon quando doveva allenarsi a giocare a baseball e non aveva nessuno che potesse spronarlo.
Aveva provato tanta pena per quei due bambini, sebbene fossero stati molto più fortunati di altri. Josie non fece mai mancare loro niente, lavorando sodo e riuscendo a dare sempre affetto e amore ai suoi piccoli; abbandonò l’orgoglio e si fece aiutare dai suoi genitori e da Loraine.
«Tu stesso avrai notato che quel ragazzo è cupo rispetto alla sorella. Si assomigliano e al contempo non si assomigliano. Quel che è certo è che mostrano in maniera differente quella sofferenza» la nonna sospirò e sventolò una mano, voleva tralasciare il discorso.
«Grace può non aver passato ciò che hai passato tu, nell’ultimo anno, eppure sono sicura che sarebbe un’ottima ascoltatrice se tu lo volessi… ovviamente col tempo necessario.»
«Nonna, perché mi stai spronando a parlarne? Onestamente, voglio dimenticare e lasciarmi tutto alle spalle.»
«E stai sbagliando, mio caro» replicò Loraine con voce dolce. «Ascolta qualcuno che ha quasi il quadruplo della tua età, il passato torna sempre a bussare alla tua porta. Potrai scappare finchè vorrai, anche per tutta la vita, ma non starai mai tranquillo. Non ti sto dicendo di riaffrontare tutto, però di accettarlo. Solo così andrai avanti.»
«Loro sanno dove sono e nessuno ha ancora reclamato. Forse hanno accettato l’idea che più me ne sto lontano e meglio è per tutti quanti!»
«Lucas, non è così semplice come lo vuoi far credere.»
Il ragazzo sospirò pesantemente, non aveva voglia di discutere o affrontare quel discorso. Era grato a sua nonna per tutto ciò che stava facendo; magari per lei non era un problema, ma per Lucas significava molto. Sarebbe stato debitore di Loraine per tutta la vita e, in futuro, non avrebbe esitato ad aiutarla.
«Scusami, sono stanco» disse lui per tagliare la conversazione. Si avvicinò e le diede un bacio sul capo.
«Ti voglio bene, Lucas» sussurrò la nonna, prima di alzare una mano sul viso del nipote e porvi un’amorevole carezza. «Sono fiera di te e appoggerò ogni tua scelta.»
«Lo so.»
«E sappi da chi lo ha cresciuto, che non sei come tuo padre, neanche lontanamente» disse senza peli sulla lingua. Loraine non detestava il figlio, ma del resto non poteva esser che lei la persona che conosceva meglio il signor Turner. «Possiedi un cuore buono, fai di tutto per non perderlo perché esso sarà sempre la tua forza.»
Non amare quella donna era impossibile, pensò Lucas prima di abbracciare sua nonna. Se non fosse stato per lei, sarebbe ancora in quell’inferno che chiamava vita. Loraine era stato il suo angelo salvatore e, per questo, avrebbe fatto di tutto per non deluderla.
«Buonanotte, nonna, e… ti voglio bene anche io.»
Lucas salì al piano superiore per andare in camera sua, la stanchezza iniziava a sentirsi. Si spogliò lanciando i vestiti dove capitava e si infilò una canottiera bianca e i pantaloni del pigiama. Il suo sguardo capitolò casualmente sulla dimora di Grace, che effettivamente stava proprio di fronte alla casa di Loraine e di fronte alla sua camera da letto. Il primo pensiero di Lucas fu un ingenuo quesito: dov’era posizionata la camera di Grace e qual’era la finestra. Un pensiero poco casto sfiorò la mente del ragazzo, ma poi scosse la testa abbandonando ogni fantasia. C’era qualcosa che, però, voleva fare prima di andare a dormire. Lucas afferrò il suo cellulare e si lanciò sul suo letto. Aprì la chat con Grace, esitò per qualche attimo… ma poi le scrisse.

-Dormi?

Lucas si appoggiò il cellulare sul petto e mise le mani dietro la nuca, in grande attesa di una risposta. Ogni poco volse lo sguardo sulla sveglia poggiata sul comodino. Cinque minuti, sette minuti, quindici minuti… l’attesa stava diventando tremenda. Un tintinnio lo risvegliò subito.

-Dopo una così bella serata, è difficile prendere sonno. Ps: scusa il ritardo alla risposta, Brandon mi ha chiamata.

Dopo una così bella serata, rilesse Lucas e un sorriso si dipinse sulle sue labbra.

-Non preoccuparti, Grace. E così hai passato una bella serata…
-Sì, e spero anche tu.
-Certo! Magari possiamo rifare questa serata cena+film.
-Volentieri! La prossima volta casa mia e cucino io.


Lucas sorrise furbo prima di digitare sul touch screen la frase scherzosa pensata.

-Cucini tu? è un tentativo per avvelenarmi?

La risposta di Grace tardò ad arrivare e Lucas pensò che se la fosse presa. Era già pronto con un messaggio di scuse, fino a quando non vide una chiamata anonima in arrivo.
«Pronto?»
«Tra sette giorni morirai.»
«Spoilerami che veleno intendi usare» disse Lucas sapendo benissimo di chi si trattava. Udì subito una risata che sembrò interminabile, un classico di Grace. «Comunque grazie per il preavviso, adesso stilerò una lista di cose da fare entro sette giorni.»
La ragazza rise ancor di più e ciò contagiò anche Lucas. «La prima cosa sarà scaricare The Ring
«Oh, no! Ho paura degli horror! Guarda se vuoi ti faccio vivere di più, però non farmi guardare nessun film dell’orrore.»
«Davvero? Ottimo! In questo caso ti occorrerà ideare un buon accordo.»
«Non puoi semplicemente avere pietà?»
«Nah, mi piace essere malvagio» rise Lucas.
«Allora sappi che sarà guerra» gli diede corda Grace.
«E se vinco, cosa mi dai in cambio?»
La sentì ridere ancora. «Lo sai che detto così suona malissimo?»
Lucas si sbattè una mano sulla fronte, ripensandoci non aveva propriamente fatto una bella figura. «Ok, forse è giunto il momento di dormire.»
«Sì, direi che hai ragione. Buonanotte, Lucas» disse dolcemente.
«Buonanotte, Grace.»
Il ragazzo poggiò il cellulare sul comodino e poi si infilò sotto le coperte. Chiuse gli occhi, girandosi sul fianco, abbandonandosi alla stanchezza, ma essa non era abbastanza dal non farlo ripensare alla serata. E pochi istanti prima di addormentarsi un sorriso gioioso si impadronì delle sue labbra.



Mrs Montgomery
Questo capitolo è molto Lucas-centric! Ormai il suo interesse per Grace è palese, anche se c'è sempre qualcosa che lo frena, però lentamente fanno sempre più passi avanti: è un percorso in crescendo.
A vederli insieme, manca veramente poco.
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
> Grazie infinite a voi tutti che state leggendo, recensendo e inserendo la storia nelle varie categorie!
A Presto!

 

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Capitolo 7
*** Abbandonata ***


La sveglia suonò.
Grace aprì gli occhi lentamente, iniziando già a sbuffare per quella che sarebbe stata un’altra giornata piatta e monotona. Lanciò un’occhiata alla finestra e vide che fuori stava piovendo: era indiscutibilmente il clima ideale per starsene nel letto. Spense la sveglia e tornò a dormire.
A svegliarla, qualche ora più tardi, fu un messaggio da parte di Natalie che la invitava a fare uno spuntino con lei e la compagnia dopo scuola. Grace fissò il display e rimuginò sul da farsi per una buona mezz’ora, ma alla fine accettò. Con malavoglia si alzò dal letto, prese dall’armadio i vestiti puliti e andò in bagno a farsi una lunga doccia calda: si sarebbe preparata con calma.
Quando fu pronta afferrò la giacca, e un ombrello, poi uscì. Da casa sua, il bar di Jim distava poco e camminare le piaceva, anche se il tempo non era decisamente dei migliori.
Molte persone contemplavano la vita, o riflettevano su di essa quando stavano sotto il getto della doccia, Grace lo faceva mentre passeggiava. In quel periodo stava riflettendo parecchio e, sotto certi aspetti, sarebbe stato meglio se non ci avesse pensato, ma non potè farne a meno. Il ricordo di quel terribile giorno, in cui tutto andò a rotoli, l’avrebbe perseguitata per sempre.

Accadde tutto il giorno del Ringraziamento.


Grace si stava guardando allo specchio dopo aver indossato un vestito elegante per il pranzo in famiglia. Da quel che le aveva riferito sua madre, sarebbe arrivata sua nonna e il fratello di Peter con moglie e figli. La ragazza ci teneva a far bella figura, specialmente perché le occasioni per vedersi erano rare.
Nonostante non fosse propriamente nel suo stile, si vestì come una bambolina: comprò un sobrio abito da cocktail, color salmone, che le arrivava due dita sopra al ginocchio, stretto sotto al seno e sorretto da un’unica spallina. A primo impatto poteva sembrare una Barbie, ma la sua bassa statura non la faceva rientrare nei canoni, quindi poteva limitarsi all’essere scambiata per quell’oggetto tanto amate dalle bimbe.
Grace ricordava bene quel giorno, come se fosse avvenuto la sera prima: si stava sistemando il cerchietto tra i capelli quando sentì delle urla provenire dal piano sottostante.
All’inizio non ci fece caso, immaginò che Brandon avesse fatto qualche scherzo a sua madre, ma poco più tardi udì la voce di Peter ed era alquanto rabbiosa. Quello era un caso più unico che raro, per questo Grace decise di scendere a vedere che cosa stesse accadendo. Man mano che scendeva i gradini delle scale, udiva le voci sempre più forti, rabbiose, ed ebbe un po’ di timore.
Sobbalzò quando, entrando in salotto, vide sua madre piangere mentre Peter inveiva contro Brandon, il quale se ne stava inerme in un angolo.
«Che cosa è successo?» chiese lei con voce flebile.
«Grace stanne fuori» rispose Brandon pacato.
«No! Anche tua sorella deve sapere le stronzate che combini!» gridò Peter fuori di sé. In volto era livido di rabbia, talmente tanto che Grace s’immobilizzò sull’uscio. «Il tuo caro fratello che tanto predica di essere umile, di voler lavorare perché di studiare non ne ha voglia, ci ha solo preso in giro in questi due anni! Lo sapevo io che dovevamo stargli addosso per farlo studiare, ma no! No, lui poverino deve seguire le sue idee. Se non è nato per studiare e vuole lavorare che faccia! Io l’ho sempre saputo che ci avresti messo tutti nel sacco! Ah, che voglia che ho di darti quei ceffoni, che mai ti ho dato perché tua madre mi convinceva che eri un incompreso e solo crescendo avresti imparato!»
Josie cercò di trattenersi, ma le lacrime sgorgavano letteralmente dai suoi occhi. Si sedette sul divano e nascose il viso tra le mani, mentre Peter urlava e scalpitava contro un silenzioso Brandon. Di fronte a tutto ciò, Grace era incredula.
Le sembrava tutta una finzione, una messa inscena, un incubo.
Non poteva essere reale.
«Vuoi sapere che cosa ha fatto?!» continuò Peter avanzando verso di lei, con gli occhi incavati dalla furia. «Tuo fratello quando fa tardi, quando dice che è fuori con gli amici o chissà quale altra stronzata ci ha raccontato, in realtà era a far degli incontri illegali di pugilato. È così che si può permettere quell’auto, di cui ricordo bene non voleva dar tante spiegazioni. Mi sembrava strano che lo stipendio e le mance da Jim gli fossero bastate! Ci siamo cascati come dei fessi!»
«Peter, basta!» gridò Josie con voce rotta dal pianto.
«Basta lo dico io! Non mi faccio prendere in giro da un ragazzino che non sa stare al mondo… e non è tutto!» replicò l’altro guardando il ragazzo con disprezzo. «Il padre di Ben Sinclair mi ha riferito che l’hanno scorso, il nostro caro figliolo, era tra i sospettati di un gruppo di spacciatori e il più bello arriva adesso. L’anno scorso è stato pure arrestato e non ho idea di come sia riuscito ad andare via dalla centrale di Polizia, ma credetemi lo scoprirò!»
«E vorresti un applauso per questo?!» esclamò Brandon sarcastico non scomponendosi minimamente.
Il suo viso non tralasciava alcuna emozione, era come fatto di pietra. Peter si avvicinò rapidamente pronto ad assestargli uno schiaffo in pieno viso e il ragazzo glielo lasciò fare. Josie alzò il viso e si portò le mani alla bocca, mentre Grace sentì un tonfo al cuore.
Brandon, invece, in tutta la sua calma si massaggiò la guancia lievemente arrossata e si dimostrò menefreghista fino alla fine. «Francamente, Peter, tutto questo bello spettacolino ha uno scopo?»
«Non scherzare con me, ragazzino» sibilò l’uomo a denti stretti. Era al limite della sopportazione e la spavalderia di Brandon non avrebbe giovato alla situazione.
«Non sono mai stato un tipo da scherzi, dovresti saperlo.»
Peter stava per alzare ancora la mano, ma si bloccò. Mise le mani sui fianchi e sospirò pesatamente, cercando di riacquisire la calma e non dare in escandescenza. Fu in quel silenzio che Josie si alzò dal divano, dopo essersi asciugata le guance bagnate dalle lacrime. La donna posò una mano sulla spalla del marito per dargli conforto.
«È abbastanza» disse con voce flebile.
«È abbastanza?» ripetè lui perplesso. «Hai intenzione di stringergli la mano, perdonarlo e festeggiare il Ringraziamento come se niente fosse?»
«Abbiamo altre alternative, secondo te?» chiese Josie bruscamente.
«Ho già chiamato mio fratello per dirgli che il pranzo è stato disdetto…»
«Che cosa… e quando?!»
Peter annuì serio. «L’ho chiamato dopo aver parlato con il signor Sinclair. Dubito fortemente che ci sarebbe stata un’aria piacevole e, siccome mio fratello e la sua famiglia non ha colpa di questo, è giusto che festeggino il Ringraziamento in serenità.»
Josie prese un lungo respiro profondo e si passò una mano sul volto. Anche lei stava vivendo quell’incubo. Non si capacitava di ciò che aveva scoperto sul figlio, non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. Le sembrava tutto così assurdo.
Da madre, aveva sempre saputo che Brandon le avrebbe causato qualche trambusto, ma non fino a quel punto!
Spaccio di droga e incontri clandestini di pugilato, roba da rimanerci secchi!
Il suo sguardo addolorato capitolò su una foto appesa al muro che ritraeva Grace e Brandon da piccoli. Osservò quel bambino dai grandi occhi blu e non ce la faceva ad accettare tutto quello che aveva sentito: era troppo doloroso, non ce la poteva fare.
«Io a questa faccenda andrò fino in fondo» disse Peter sicuro di sé. «Tu non hai niente da dire a tuo fratello?»
«Cosa si suppone dovrei dirgli?»
Grace aveva tante di quelle risposte che il patrigno bramava di sapere, ma come un pesce si sarebbe tenuta tutta l’acqua in bocca. Nonostante ciò qualcosa la tradì: forse il suo sguardo poco sorpreso, forse la sua ambigua calma o forse fu la scaltrezza di Peter ha scorgere in lei la verità.
«Tu lo sapevi. Sì, tu lo sapevi.»
«Peter, per favore… come avrebbe potuto?» intervenne Josie che non avrebbe sopportato altro.
«Parla.» L’uomo si avvicinò lentamente a Grace, la quale voltò lo sguardo altrove. Peter afferrò il mento della ragazza per far sì che la guardasse negli occhi: gli servirono pochi istanti per avere la certezza ai suoi dubbi.
Brandon scattò come un ghepardo sulla sua preda e spintonò Peter lontano dalla sorella. «Lasciala stare. Non toccarla e non trascinarla in questa faccenda. Grace non sa niente!»
«Certo e io sono il buffone del villaggio!» commentò ironico l’uomo.
Agli occhi di Grace, tutto accadde con rapidità. Brandon sferrò un destro al patrigno che finì contro la parete esterrefatto, Josie accorse da lui e tremò quando vide del sangue uscire dal naso del marito.
«Brandon!» gridò la donna.
Il ragazzo scosse il capo rabbioso e uscì dal salotto.
Senza esitazione, Grace gli corse dietro.
Brandon non badò a lei, afferrò la giacca di pelle e le chiavi della sua auto, poi con la stessa veemenza uscì di casa. Era giunto il momento; in un certo senso, il ragazzo non aveva aspettato altro, che tutto venisse a galla, per prendere la palla al balzo e andarsene.
«Ti prego non andare!» urlò Grace in preda alle lacrime e all’agitazione. Lo sentiva, lo stava perdendo. «Possiamo risolvere tutto insieme, lo abbiamo sempre fatto! Stai qui, stai con me! Non andare via!»
Brandon non volle ascoltarla, non poteva: se l’avesse fatto, avrebbe perso il coraggio di andarsene.
«Ma dove vuoi andare? Dove andrai? Stai qui!» continuò lei prendendolo per un braccio e supplicandolo fino allo sfinimento.
Il dolore di perderlo era troppo forte.
«Non puoi lasciarmi, non puoi abbandonarmi anche tu!»
Fu a quell’ultima supplica che Brandon si voltò e cedette al suo cuore. Prese il viso della sorella tra le mani, con difficoltà trattenne il magone che velocemente gli crebbe in gola; la stava facendo soffrire, proprio lui che era la sua anima, il suo cuore, il suo gemello. «Devo andare via, Grace. Questa vita mi è sempre stata troppo stretta e… e finalmente posso essere libero.»
«Libero?» ripetè incredula lei. «Libero dove? A fare che cosa?»
«Un giorno lo saprai. Un giorno tornerò da te, nel frattempo sii forte. Lo sei più di me e, nel profondo del tuo cuore, sai che è così.»
Grace scosse la testa. Non ce l’avrebbe mai fatta senza di lui. «Non andartene» sussurrò come ultima preghiera.
Una lacrima solitaria, ma carica di rammarico e sofferenza, scese lungo la guancia di Brandon. Era la prima volta che piangeva dopo molto tempo. L’ultima volta fu nuovamente a causa di sua sorella, accadde quando lei scoprì tutte le brutte azioni che stava facendo. L’unica persona a cui voleva bene era Grace, la sua gemella era anche la sua più grande debolezza, e proprio lei che amava tanto stava deludendo troppo.
«Devo» disse premendo le sue labbra contro la fronte della sorella.
Velocemente si scostò da lei e se ne andò, lasciandola sola e sola nel dolore.

 

Grace ricordava bene quel giorno, nonostante fossero passate poche settimane.
Non ebbe più notizie di Brandon.
Provò a chiamarlo al cellulare, non ci fu mai una volta che le rispose: risultava sempre staccato. Probabilmente cambiò numero per far perdere le sue tracce, ma a quale scopo?
Cosa stava facendo?
Si era cacciato nuovamente in qualche guaio?
Il mistero tormentava Grace giorno e notte. La ragazza si era spenta completamente dopo la - cosiddetta - fuga del fratello. Non sorrideva, non aveva voglia di vedere nessuno, nemmeno di uscire il venerdì sera o la domenica pomeriggio con i suoi migliori amici.
Una volta solamente andò alla partita di football per far contento Sebastian, ma non sprizzò la sua caratteristica gioia. Sembrava quasi che sulla sua testa fosse approdata una nuvola grigia, la quale teneva lontana tutti i colori e l’allegria che la circondava.
La verità era che senza Brandon si sentiva completamente dissipata, la sua vita si era dipinta di un colore scialbo. Sentiva la sua mancanza in ogni cosa: quando non lo vedeva più fuori da scuola, al bar di Jim e quando cenava la sua assenza si sentiva ancor di più. Grace scambiava poche parole con i suoi genitori, l’essenziali della giornata, ma nulla più.
Non c’erano più confidenze tra lei e Josie, e nemmeno le battute scherzose con Peter. L’atmosfera allegra, che da sempre aveva albergato in quella casa, se ne andò assieme a Brandon. L’argomento non venne più toccato in famiglia: era già tanto se si parlavano fra loro, figurarsi se andavano a discutere del ragazzo.
«E tu invece? Grace?»
Lei sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri e notò di avere gli occhi dei suoi amici puntati addosso, in attesa di risposta. Non sapeva neanche di cosa stessero parlando e, se doveva essere onesta, poco le interessava.
«Riguardo?»
«Al ballo a tema della scuola» le rispose Natalie in maniera molto pacata. Lei si era sempre mostrava comprensiva nei suoi confronti. «Hai già preso il vestito?»
«No.»
«Come no? ma sei pazza?!» intervenne Kelly lasciandosi scappare un gridolino. «Il ballo è fra tre giorni e tu non sai ancora cosa metterti? Ma come farai? Oh… non è una bugia per depistarci e poi sorprenderci con qualche abito super sexy?»
«In realtà non so se ho voglia di venirci.»
La forchetta di Ted cadde a terra, Kelly si trattenne dall’urlare, Natalie la guardò dispiaciuta e Sebastian preferì bere. Grace non badò a nessuna delle loro reazioni e mise le braccia conserte, stringendosi a sé.
«Come puoi non avere voglia?!» esclamò Kelly boccheggiando.
«Ma sì, in fondo non è niente di che» commentò Sebastian.
«Niente di che, lo dici te!» replicò l’altra ragazza dandogli uno schiaffetto sulla spalla. «Io, assieme al corpo studentesco che fa parte del comitato, stiamo organizzando questa festa da più di un mese. Posso andarne più che fiera siccome sono riuscita a trovare decorazioni e un gruppo che suonerà unicamente musica degli anni ’50!»
Sebastian alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Ascolta, non critico il tuo impegno, ma fondamentalmente non è un evento a cui tutti sono obbligati a parteciparvi.»
«Ora anche tu vorresti bidonarci?»
«Non ho detto questo» rispose calmo Sebastian. Quella ragazza iniziava ad irritarlo e, per questo, si astenne dal dire altro.
Nel frattempo, Natalie si rivolse a Grace e con tono dolce le disse: «Se non vuoi venire, fa niente. Se vuoi possiamo uscire il giorno dopo e andare…»
«Scusate» si intromise bruscamente Kelly «posso sapere perché diamine di motivo non vuoi venire? Eh no, perché per un’amante di Grease dovrebbe essere un sogno che s’avvera andare ad una festa anni ’50!»
«Se non se la sente, non se la sente… punto!» intervenne Sebastian.
«Oh, ma tu chi sei oggi? L’avvocato delle cause perse?!»
Il ragazzo emise un verso poco paziente e si alzò dal tavolo, dirigendosi al bancone per scambiare qualche chiacchiera con Lucas. Sicuramente lo preferiva a discutere con quell’oca, come ormai la soprannominava. Kelly lo guardò malissimo per qualche istante e poi tornò a discutere.
«Allora, perché non vieni?»
Grace sospirò e alzò lo sguardo sulla ragazza. «Semplicemente, non me la sento.»
«Perché stai ancora male per tuo fratello?» chiese Kelly con il minor tatto che potesse esistere.
Grace non ci badò, l’amica non era mai stata una persona delicata.
«Secondo me è un po’ una scusa inutile.»
«Kelly!» la richiamò Natalie.
«Cosa ti cambia se io vengo o meno?» replicò Grace iniziando ad alterarsi, non vedendo l’effettivo problema. «Non è che se non vengo io, allora tutta la scuola non viene.»
«Ci mancherebbe che tutta la scuola stia dietro al tuo umore lunatico» commentò Kelly beccandosi l’occhiata più cattiva che Natalie potesse lanciarle. Grace alzò le mani in segno di resa e Ted si astenne dal fare commenti. «Io mi innervosisco quando una delle mie amiche non vuole venire ad una festa, che tra l’altro sto organizzando con non poca fatica, per qualcosa di veramente inutile.»
«Ah! Quindi se io sto bene o male, e in questo caso lo sai che non è un bel periodo, poco importa?!» reagì Grace non riuscendo a star dietro al ragionamento di Kelly. «È così che ti occupi delle tue “amiche”?»
L’altra ragazza assottigliò lo sguardo e si sporse in avanti. «Guarda che anche se non vieni al ballo, tuo fratello non tornerà. Ormai è passato un mese e se non hai ancora sue notizie, ti conviene arrenderti. Evidentemente non gli interessa!»

PAF!

Grace le tirò un forte schiaffo in pieno viso, lasciando senza parole Kelly ma anche gli altri presenti al tavolo.
Subito dopo si alzò con l’intenzione di andarsene: ne aveva veramente abbastanza!
Se fosse rimasta anche solo un minuto in più ad ascoltare cosa avrebbe replicato quell’oca, sarebbe finita molto male. Grace si avvicinò rapidamente al bancone per pagare il suo conto e poi se ne tornò a casa. Si rifugiò in camera sua e, dopo aver spento il cellulare, si buttò sul letto.
Prese un lungo respiro profondo per calmarsi, ma non riuscendoci afferrò il primo cuscino a disposizione e si mise ad urlare. Urlò tutta la sua rabbia contro Kelly, contro Brandon, contro Peter… contro il mondo!
Era arrabbiata con la sua vita che tanto le aveva dato e tanto le aveva tolto. E quando la rabbia si appianò, il posto venne ceduto alla sofferenza e scoppiò a piangere. Non riusciva a credere che Brandon l’avesse abbandonata, come aveva fatto il loro vero padre e come aveva fatto David. Tutti se ne andavano via da lei. Passavano e non si fermavano. Grace si affezionava, ci metteva il cuore, e ogni volta veniva delusa e ogni delusione era uno strato in più che alzava il muro che si era costruita attorno.
Quel dannato muro doveva proteggerla, eppure perché ogni delusione sembrava far più male?
In quei momenti avrebbe voluto essere un vampiro come quelli della serie-tv “The Vampire Diaries”, desiderava così tanto premere il pulsante e spegnere le sue emozioni.
Niente più emozioni, niente più sofferenza.
Sfortunatamente lei era parte della vita reale e nella maggior parte dei casi va tutto male. L’unica nota positiva della giornata era che avrebbe cenato da sola. Sua madre era fuori per un convegno e Peter ebbe il buon senso di fermarsi a cenare con i suoi colleghi di lavoro.
Grace ordinò cibo cinese e si piazzò di fronte alla tv a guardare uno show televisivo, non che fosse veramente interessata ma era meglio del silenzio. Col silenzio si metteva a pensare, e ripensare, e in quel periodo, non risultava una buona cosa.
Un messaggio da parte di Natalie spezzò la noia di quella cena solitaria:


 

Alle nove sono da te con gelato, panna e fragole… e pure cioccolato.
Se non mi apri sfondo la porta. Donna avvisata, mezza salvata.


Un piccolo sorriso si formò sulle labbra di Grace, era fortunata ad avere un’amica come Natalie. Ecco, forse lei non l’avrebbe mai abbandonata. Beh… non se l’era aspettato nemmeno da Brandon… basta! Non doveva pensarci più!
Grace si concentrò su altro e non appena finì la sua cena, buttò nel sacco dell’immondizia le scatole del cibo d’asporto. Per una volta fu sollevata di vedere il sacco pieno; fare due passi e buttare la spazzatura, le avrebbe fatto bene.
Indossò una felpa pesante, che tra l’altro apparteneva a Brandon, e uscì andando sul vialetto dove c’erano i bidoni dell’immondizia.
Ebbe giusto il tempo di buttarci il sacco dentro che incontrò il suo splendido vicino di casa.
«Ciao Lucas!» Il ragazzo si voltò e, non appena notò che si trattava di Grace, attraversò la strada e la raggiunse. «Hai finito ora di lavorare?»
«Sì, Jim aveva bisogno di qualche ora in più e lo sai che i soldi mi fanno comodo.»
«Certo» rispose lei abbozzando un sorriso.
«E tu, come stai?»
«Domanda di riserva?»
«Andato bene il compito di spagnolo?»
Grace si lasciò andare ed emise una piccola risata. Nelle ultime due settimane non era mai riuscita a frequentare Lucas, non più di tanto, e un po’ le era dispiaciuto anche se c’erano state forze esterne a tenerli separati. «Credo sia andato bene. Inutile chiederlo a te, sei bravo en español
«È la lingua più bella del mondo. Non hai veramente idea di quanto io l’ami.»
«Quanto me?» chiese lei lanciandogli uno sguardo divertito. «Uno dei miei più grandi desideri è sempre stato quello di farmi una vacanza in Spagna. Sarebbe l’ideale quest’estate prima dell’università.»
«Posso nascondermi nella tua valigia e partire con te?» propose Lucas condividendo con lei il desiderio di toccare quella meravigliosa terra latina. «Sarà il viaggio più scomodo della mia vita, però ne varrà completamente la pena.»
«Se sei contento tu, sappi che a me non dispiacerà averti come compagno di viaggio.»
«Allora la considero una promessa!» esclamò Lucas tutto gioioso e, per la prima volta, riuscì a trasmettere quell’emozione anche a Grace che mostrò il sorriso più solare dell’ultimo periodo. E la parte peggiore era che con una semplice domanda, alquanto ingenua, quel sorriso sarebbe scomparso. «Come stai veramente?»
«Hai saputo dello schiaffo, vero?»
«In realtà ero di turno, quindi non ho potuto evitare di vederlo.»
«Vuoi veramente sapere come sto?» Grace sospirò pesantemente, ed ecco la barriera che si stava rialzando. «Sono stanca, Lucas. Stanca di dover dare spiegazioni su ciò che voglio fare in questo periodo. Stanca di sentirmi persa per qualcuno che se ne è andato. Stanca di starci male. Sono persino stanca di esser stanca.»
«Non hai più avuto notizie di Brandon?»
La ragazza scosse il capo.
«Grace, non mi permetto di essere presuntuoso e dirti che so cosa stai provando, perché non lo posso neanche immaginare, però non pensi che uscire con la compagnia ti farebbe bene?»
«In realtà quando ho un problema tendo ad isolarmi. Sono di umore nero e non mi piace intaccare quello buono dei miei amici.»
«Ti capisco» disse sinceramente Lucas. Iniziava a provare tenerezza per lei, e non solo perché provava dei sentimenti, ma perché era triste vederla così spenta, quando in realtà era una delle ragazze più luminose che avesse mai conosciuto. Proprio per quell’allegria e spensieratezza che si era avvicinato a lei. Eppure quel suo nuovo essere cupa, non lo stava affatto allontanando. «Stai cercando di fare la dura, anzi sono sicuro che tu sei una tipa tosta… però non devi vergognarti di ciò che provi per il distacco da tuo fratello. È comprensibile che ci stai male, credo che solo un’idiota non capirebbe.»
«Lo so, però sono fatta così. Io non sopporto di far pesare i miei problemi sugli altri.»
«Credo proprio di poterlo capire» sussurrò Lucas mettendosi le mani in tasca e volgendo lo sguardo verso terra. «Quando… quando ho avuto i miei problemi non ne ho parlato con nessuno, ai miei amici ho detto lo stretto indispensabile e me ne sono andato.»
«Dovrei leggere tra le righe e intuire che dovrei andarmene da Atlanta?»
Lucas scosse il capo e alzò lo sguardo su di lei. Era molto serio in viso, come ogni volta che ricordava ciò che lo aveva spinto ad abbandonare la sua vita e trasferirsi da sua nonna. Lui che conosceva entrambe le situazioni, non le avrebbe mai consigliato di andarsene. «Io dovevo andarmene, il rapporto con i miei genitori era diventano insopportabile. Mio padre è un maniaco del controllo, aveva già impostato la mia vita e quella dei miei fratelli a suo piacimento. Diciamo che a me non stava bene… scusa, non parliamo di questo.»
«Tranquillo, non preoccuparti» disse subito Grace comprendendo il suo disagio. «Senti, ti ringrazio perché stai cercando di tirarmi su di morale e ti comporti da vero amico.»
«Già, amico» ripetè Lucas con aria sconsolata.
Era possibile che quella denominazione gli stesse facendo tanto male?
Lo trovava incredibile, perché tutto si aspettava fuorché prendersi una bella sbandata per la sua vicina di casa.
«Allora andrai al ballo?» continuò poi.
«Non lo so» rispose sinceramente Grace. Era indecisa, dal momento che il suo umore cambiava repentinamente. «Ammetto che aspettavo una festa a tema anni ’50 da… praticamente da quando ho cominciato il liceo. Mi basterebbe riguardare Grease per convincermi ad andare.»
«Giura? Aspetta che te lo vado a scaricare e magari ce lo guardiamo.»
Grace scoppiò a ridere e gli tirò una pacca scherzosa sulla spalla. «Non prendermi in giro!»
«Non ti sto prendendo in giro!» borbottò l’altro. «Guarda che sarei contento se tu venissi.»
«Davvero?» chiese lei con quel modo di fare scherzoso, ma Lucas divenne serio e annuì: «Davvero.»
Lucas la voleva a quella festa e non per provarci, ma perché era sicuro che si sarebbe divertita e lui ne sarebbe stato veramente contento. E poi era palese che lei avrebbe amato quel ballo. Il ragazzo non aveva alcun dubbio che sarebbe tornata a splendere dopo una serata del genere.
«Non lo so veramente. Forse se venissi, Kelly mi caccerebbe a pedate» rise Grace per smorzare la tensione.
«Lasciala perdere» disse Lucas sventolando una mano con fare annoiato. «Scommetto che sarà occupata a sbaciucchiare il suo ragazzo e a credersi la reginetta del ballo.»
Grace rise di gusto immaginandosela e, conoscendola, la descrizione del ragazzo non faceva una piega. «Quello schiaffo è stato un gesto alquanto impulsivo. Spero che Ted non mi odi.»
«Sarebbe un cretino a prendersela con te e comunque a me non pareva arrabbiato. È venuto a fare qualche chiacchiera con Sebastian poco dopo che te ne sei andata e, ti giuro, non ha speso neanche una parola negativa sul tuo conto.»
«Questo mi solleva, veramente.»
Lucas si avvicinò e le carezzò la spalla, rivolgendole un sorriso molto dolce. «I tuoi amici ti vogliono molto bene, credimi. E scusa se apro il discorso, ma anche tuo fratello ti vuole bene.» Il ragazzo sospirò pesantemente, forse non doveva parlarne, però qualcosa dentro di lui lo spinse a farlo: Grace meritava di sapere. «Ho avuto qualche turno contemporaneamente a quello di Brandon e, credimi, quando qualcuno ti nominava… o ad esempio quando hanno chiesto tue notizie la settimana che hai avuto l’influenza, a tuo fratello s’illuminavano gli occhi. Non sarò il più attento degli osservatori, però certe cose non si possono non notare… e lui ti voleva, anzi ti vuole bene!»
«E allora perché se ne è andato e non mi ha più contattata?»
«Forse vuole assicurarsi di star veramente bene. Magari ti contatterà quando avrà qualche certezza in più e sarà in grado di darti spiegazioni concrete.»
Grace non sembrava molto convinta; lei che credeva di conoscere Brandon meglio di chiunque altro, era nella confusione più totale.
Lucas l’abbracciò per confortarla e fu contento di sentirla stringersi a lui. «Vieni al ballo, ci divertiremo tutti un sacco! Se vuoi possiamo andarci insieme.»
«Va bene, ma non chiederò scusa a Kelly per lo schiaffo.»
«Non ti ho chiesto di farlo» puntualizzò il ragazzo.
«Bene.»
I due sciolsero l’abbraccio e, dopo qualche attimo d’esitazione, Lucas ruppe il ghiaccio: «Quindi… venerdì ti passo a prendere per le otto e mezza?»
«Direi che è perfetto» rispose lei.
Nel frattempo Natalie raggiunse l’abitazione dell’amica a bordo dell’auto del padre. Grace se ne accorse e per questo salutò Lucas, ringraziandolo per la bella chiacchierata e puntualizzando che le era stata d’aiuto.
Ancora una volta le strade di quei due giovani si separarono, ma era questione di poco dal momento che presto si sarebbero unite, dando inizio a quello che sarebbe stato il compimento del loro destino.
«Ho interrotto qualcosa?» chiese Natalie quando l’amica la raggiunse ed entrambe entrarono in casa.
«No, figurati. Avevamo terminato di parlare.»
Le ragazze andarono in cucina a prendere due ciotole e due grandi cucchiai per gustarsi ciò che Natalie aveva portato. Versarono il gelato alla stracciatella e cioccolato sul fondo, spruzzarono la panna spray, aggiunsero le fragole tagliate e poi spruzzarono ancora la panna: praticamente si erano create una mega coppa!
Finito il loro capolavoro culinario, andarono dritte in salotto dove si misero comode sul divano e, gustandosi il loro dessert, cominciarono a chiacchierare, evitando l’argomento “Brandon”. C’erano tanti altre tematiche da affrontare, come la preparazione ai test dell’università o l’organizzazione del viaggio post ultimo anno.
Erano innumerevoli le mete che desideravano raggiungere e tutte si trovavano in Europa. Ambivano a Roma o Firenze, sicuramente l’Italia era un Paese che, prima o poi, avrebbero visitato; gli amanti dell’Arte dovevano assolutamente farci una capatina per ammirare la bellezza e l’eleganza degli antichi affreschi.
Papabile era Amsterdam, città rinomata per la sua trasgressione, ma anche le isole Greche erano nel loro mirino. La cosa certa era che, ovunque sarebbero andati, il loro viaggio sarebbe stato indimenticabile. E poi quando si sta in compagnia dei propri migliori amici, si può essere in ogni luogo, ma il divertimento è inevitabile!
«Prima di venire da te, ho sentito Ted» cominciò Natalie, dopo qualche attimo passato in silenzio. «Puoi star tranquilla che non ce l’ha con te per quello che è successo oggi. So che Kelly gli ha fatto diventare la testa grossa come un aliante a forza di lamentarsi. Ted è riuscito a calmarla, però lei sicuramente rimarrà arrabbiata per molto tempo… anche se, conoscendoti, dubito che ti interessi.»
«Infatti» commentò Grace con indifferenza.
«Sono preoccupata per te, anzi un po’ tutti lo siamo» riniziò la ragazza volendo essere totalmente sincera con la sua migliore amica. Uno dei motivi per cui erano molto legate, e la loro amicizia funzionava, era perché si dicevano sempre la verità dritta in faccia, non importa quanto male faccia. «Lo so che è un momento difficile, che hai tutte le ragioni per essere arrabbiata e delusa, ciò nonostante dovresti provare a lasciarti andare. L’unica cosa su cui sono d’accordo con Kelly, ma io lo dico con più tatto, è che anche se smettessi di vivere, Brandon non tornerà indietro. Tuo fratello ha preso questa decisione di andare via, di lasciarsi tutto alle spalle, e sappiamo entrambe… anzi tu più di me, che quando si mette in testa qualcosa niente e nessuno sa farlo tornare sui suoi passi.»
Grace poteva star zitta ed evitare l’argomento, però le era impossibile negare ciò che aveva appena udito. Era così veramente.
Fin da quando era piccolo, quel tratto caratteriale lo ha contraddistinto dalla sorella. Quando Brandon si metteva in testa un’idea, giusta o sbagliata che fosse, nulla lo fermava dal perseguirla.
«Lo biasimo per non averti detto nulla. Lì ha assolutamente sbagliato, dal momento che tu gli hai sempre parato le spalle e, in questa storia, ci hai rimesso pure tu, giocandoti il rapporto con Josie e Peter» continuò Natalie, dimostrandosi dalla sua parte dove c’era bisogno. «Capisco la sua voglia di rifarsi una vita, sappiamo entrambe com’era il rapporto con i tuoi genitori e dopo aver scoperto certe cose, credo sia discutibilissimo. Sinceramente non so perché ti ha estraniata, ma se un minimo lo conosco credo che un giorno tornerà da te e ti racconterà tutto con chiarezza.»
«Non so se quel giorno riuscirò a perdonarlo.»
Natalie le mostrò un sorriso comprensivo e le carezzò una spalla, per sciogliere quella rigidità che nell’ultimo periodo aveva assunto. «Grace, sappiamo benissimo entrambe che non gli serve il tuo perdono. Potrebbe farti qualsiasi torto, ma ci metto la mano sul fuoco che tu saresti sempre pronta ad aiutarlo. Lo ami troppo per voltargli le spalle. E poi sono passate appena due settimane, è poco…»
«A me sembra un’eternità.»
«Lo immagino, tesoro» sospirò l’altra ragazza. Era veramente dispiaciuta di vederla così spenta, la conosceva dall’asilo eppure in quel periodo aveva osservato una Grace completamente diversa: ed era una situazione orrenda. «Lo sai che ti voglio un bene dell’anima e ti appoggio in qualsiasi tua decisione, ma come amica… come vera amica, permettimi di dirti quando stai sbagliando e lo stai facendo. Il tuo mondo non può fermarsi perché tuo fratello ha fatto lo stronzo. Lui dovrebbe star così, non tu!»
«Chissà dov’è» bisbigliò Grace tra sé e sé, con lo sguardo fisso nel vuoto.
«Ovunque sarà, ti starà pensando. Magari non si sarà pentito, ma ti starà pensando.» Grace non sembrò tanto convinta e lo dimostrava l’espressione seccata che aveva dipinta in volto. Natalie persistette: «Andiamo, stiamo parlando di Brandon! Avrà pure le pigne in testa, ma è lo stesso ragazzo che ha appeso al muro quel marpione che ti stava solamente fissando. Te lo ricordi?»
«Come dimenticarselo!» esclamò Grace abbozzando mezzo sorriso. «Da quel giorno, il povero malcapitato non ha più messo piede al bar. Brandon aveva un po’ esagerato, però…»
«Però era molto protettivo nei tuoi confronti» finì l’amica per lei.
«È questo che non capisco. Perché andarsene?»
Natalie poggiò una mano sopra quelle dell’amica, cercando di esserle di conforto. «Non tormentarti oltre. Un giorno avrai tutte le risposte e giungerai alle tue conclusioni. Ora, però, torna da noi. Ci manca la tua allegria e il tuo essere un po’ pazzerella!»
Grace rise, non riuscendo a resistere al faccino tenero che Natalie le stava mostrando. Era una dura, letteralmente aveva più palle di molti maschi che conoscevano, ma era ricca di una dolcezza infinita e sapeva essere veramente una buona amica. «Grazie, Nat. Devo davvero ringraziarti per ogni cosa che hai fatto in tutti questi anni e che spero continuerai a fare. Tu… tu conosci tutto di me, ne abbiamo passate così tante. Abbiamo vissuto gioie e dolori sempre insieme. Mi conosci meglio di me. È incredibile come tu sappia in anticipo ogni mio pensiero o sbaglio che sto per commettere… ma del resto sei la mia migliore amica, quindi forse non è poi così incredibile» confessò sorridendole. Con Natalie sentiva di poter mettere la mano sul fuoco, lei non le avrebbe mai voltato le spalle. Avrebbero potuto litigare, quello succede, però l’una non avrebbe mai abbandonato l’altra: MAI!
La fuga di Brandon aveva alzato i muri di Grace, eppure c’era ancora una fiamma di speranza dentro di lei che continuava a tener duro.
Natalie l’abbracciò di scatto prima di dirle: «Le delusioni fanno parte della vita. Siamo umani, possiamo soffrire e sbagliare. Queste sono delle certezze, bisogna accettarlo e quando ci accade qualcosa di brutto bisogna anche sapere che passerà. Tutto passa, non piove per sempre. Il punto di questo discorso è che con la pioggia, il vento o la neve, io sarò sempre al tuo fianco. Te lo giuro su ciò che ho di più caro che mai ti abbandonerò.»
A Grace vennero gli occhi lucidi, si commosse. Non erano solite a dirsi quelle frasi sdolcinate, né tra loro né con i ragazzi. Non che fossero fredde, anzi preferivano di gran lunga un abbraccio sincero, e silenzioso, al posto di tante parole che in molti casi risultavano poco sincere.
«Ti voglio bene» sussurrò Grace stringendola a sé.




Mrs. Montgomery:
Eccomi tornata!
Questo capitolo ha messo in luce la questione di Brandon e, seppur il ragazzo se ne sia andato, sappiate che leggerete ancora di lui.
Grace non si trova in una bella situazione: per via della "fuga" di suo fratello, sente un vuoto che a lei sembra impossibile colmare. Con i suoi genitori il rapporto è diventato piatto, ma una gioia è Natalie che dimostra quanto le sia leale, e lo è veramente, avrete altre prove lungo la storia. E poi, ovviamente, c'è Lucas...
Non mi dilungo. Intendo solo ringraziare tutti voi che avete letto il capitolo e chi sta recensendo.
Ve ne sono davvero grata!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Carpe Diem ***







«Sarò lì tra una mezzora al massimo!»
Come gran parte degli studenti del suo liceo, Lucas si stava preparando per la - tanto attesa - serata in stile 1950 che il Comitato Studentesco aveva organizzato.
Nella sua vecchia scuola si organizzava solamente un ballo, ed era il classico di fine anno. Non gli servì chiedere nulla riguardo alle loro tradizioni, poiché c’era stata Kelly a spiegargli tutto nei dettagli quando ne ebbe occasione. Con tutte le volte che aveva sentito quella tiritera, ormai la conosceva a memoria.
«Grazie per avermi prestato la giacca di pelle» continuò Lucas, stando al cellulare con Sebastian.
«Figurati! E poi stasera sarà una grande serata o sbaglio?»
«Non ricominciare, Seb.» Lucas lo udì ridere beatamente e maledì di avergli detto che avrebbe portato Grace al ballo. «Lei ci vede solamente come amici, quindi stasera ci divertiremo tutti… come amici.»
«Secondo me le piaci, invece» replicò l’altro ragazzo. «Dubito che avrebbe accettato il tuo invito in caso contrario, specialmente dopo ciò che è successo con suo fratello e, se proprio devo metterlo in mezzo, anche con David. Guarda che la conosco, non benissimo, però ho capito com’è fatta e se si è fatta avvicinare da te, qualcosa significa.»
«E allora perché non ci ha provato quella volta che era a cena da me?»
«Ti piace proprio!» esclamò Sebastian divertito dalla situazione. «Comunque non farti troppe domande sulle donne, loro sono strane, hanno un metodo tutto loro per approcciarsi e non tentare di capirle che non ce la farai mai. Insomma, dicono di non capire noi, ma loro sono il vero enigma!»
«Su questo non c’è dubbio» commentò Lucas bofonchiando una risata.
«Quelle pensano A, dicono B e poi fanno C. Noi uomini siamo più semplici, se è A è A, giusto?»
«Giusto!»
«Tornando al discorso di prima, il mio consiglio è quello di buttarsi. Certo, non dico che devi saltarle addosso, anche se scommetto che lo vorresti, però fa il gentiluomo e… beh buttati se ti piace!»
«Certo che mi piace!» inveì Lucas, mentre erroneamente sbattè il piede contro il letto. «Ma se lei non dovesse ricambiare, rovinerei tutto.»
«Ma, ma, ma, ma, ma, ma… niente ma! Fallo, cazzo! Inoltre se non provi, non lo scoprirai.»
Lucas sospirò pesantemente passandosi una mano sul viso e maledicendo di avergli confessato la sua cotta per Grace. «Ci penserò. Ora vado o si farà tardi. A dopo» lo salutò e terminò la conversazione.
Già era nervoso di suo, gli mancava la pressione di Sebastian che sembrava tifare per loro. Fatto curioso, siccome in passato proprio lui era uscito qualche volta con Grace; era per questo che, inizialmente, Lucas provò un po’ di gelosia nei suoi confronti.
Una volta compreso che tra loro c’era solo una buona amicizia, e che sostanzialmente Sebastian ci provava un po’ con tutte, si tranquillizzò.
Il ragazzo andò di fronte allo specchio per sistemarsi i capelli, era stato arduo imitare un ciuffo alla Elvis, ma vagamente c’era riuscito. Non conosceva nemmeno la quantità di brillantina che aveva sui capelli da quanta ne aveva messa: sicuramente era nel personaggio. Finito di prepararsi scese le scale e sul pianerottolo incontrò sua nonna.
«Che figurino che sei!» lo complimentò facendolo arrossire. «Quasi, quasi, ci assomigli veramente a John Travolta.»
«Esagerata» rise Lucas passandosi il pettine tra i capelli.
«Vederti così mi ricorda le mie serate quando avevo la tua età. Non sai a quante feste mi sono divertita e a una delle tante ho conosciuto tuo nonno. Era un mattacchione anche da giovane» disse con aria spensierata, mentre il suo sguardo capitolò su una delle tante volte in cui l’uomo era ritratto accanto a lei. Ricordava i momenti della giovinezza come se li avesse appena vissuti; quelli in compagnia di suo marito erano i ricordi più vividi e a cui era più legata. Erano passati cinque anni dalla morte dell’amato, andare avanti era stato difficile, ma ci era riuscita grazie alla sua grande forza interiore. «Quando mi corteggiava, mi portava sempre al drive-in, per me era un luogo veramente romantico… e, se devo dire tutta la verità, era un ottimo posto per imboscarsi.»
«Nonna!» esclamò Lucas imbarazzato.
Non ci teneva proprio a saper i dettagli passionali della sua storia con il nonno.
Loraine rise, battendogli una mano sulla spalla. Voleva tanto bene a suo nipote, il suo arrivo aveva donato un colore in più alla sua vita. Non che si fosse mai sentita sola, sembrava strano, ma era veramente così!
Molte volte il padre di Lucas le aveva chiesto di andar a vivere da loro, ma Loraine s’intestardiva e ribatteva che voleva rimanere lì. Voleva rimanere in quella casa, dove aveva cresciuto i suoi figli e vissuto i giorni più belli.
«Buonaserata, caro» lo salutò dandogli un bacio sulla guancia. «Mi raccomando non bere troppo dato che guidi.»
«Non preoccuparti, nonnina. Farò il bravo» disse Lucas con un sorriso e facendole l’occhiolino. «Buonanotte» le augurò prima di sorpassarla e uscire di casa.
A passo veloce attraversò la strada, percorse il viale dell’abitazione di Grace, salì i gradini del portico e poi… poi prese un respiro profondo e suonò il campanello. Non dovette aspettare molto che quella porta bianca venne aperta e oltre essa apparve la figura della ragazza.
Lucas rimase senza fiato per qualche attimo, non era chissà quanto agghindata, eppure la trovava meravigliosa.
Grace non indossava alcun abito stile festa anni ’50, a dirla tutta era abbastanza casual. Pantaloni neri attillati a vita alta, un corpetto del medesimo colore, una giacca di pelle e un paio di scarpe rosse, aperte sul davanti. Anche i capelli non erano chissà quanto particolari, semplicemente erano legati in una coda alta.
Nella mente di Lucas scattò automaticamente l’immagine della protagonista di Grease, alla fine Grace era riuscita a convincerlo a guardarlo; si trovarono un pomeriggio a casa di lei e se lo guardarono facendo merenda. A lui non era piaciuto granchè, proprio detestava i musical, ma si era mostrano minimamente interessante solo per farla contenta e, inoltre, passarono il pomeriggio insieme.
«Lo so, potevo vestirmi meglio. Ma visto il mio poco interesse degli ultimi giorni, mi sono adattata come potevo» tentò di giustificarsi lei chiudendosi la porta alle spalle.
«Somigli a Sandy… la sua versione migliore, quella del gran finale. Quindi direi che sei vestita nella maniera giusta.»
Lei ci pensò su e poi annuì. «Sì… hai ragione.»
«Ho sempre ragione» sottolineò l’altro, facendole alzare gli occhi al cielo. «E comunque sei stupenda.»
Grace non potè che arrossire e, per questo, tentò di nascondere il suo imbarazzo con una risata allegra. «E tu sempre molto galante.»
«Un gentiluomo sincero» la corresse Lucas con un sorriso, mostrandole poi il braccio; gesto secondo il quale lei avrebbe dovuto accostarsi per farsi accompagnare, esattamente come prevedeva l’etichetta del secolo passato.
I due salirono in auto e, dopo aver messo in moto il motore, partirono alla svolta della scuola. Entrambi erano emozionati per motivi non poi tanto differenti. Certamente, anche all’interno del veicolo, l’agitazione era palpabile. Non scambiarono molte chiacchiere, solo qualche sorriso e occhiate furtive: erano come imbarazzati.
Una volta arrivati a scuola, Grace sembrava abbastanza tesa, al contrario di Lucas che si mostrò tranquillo e impeccabile. Rimasero qualche minuto a fissare com’era stata agghindata la palestra, c’era da ammettere che l’organizzazione aveva fatto proprio un ottimo lavoro.
I colori degli striscioni erano di un rosso acceso, c’erano dei palloncini a forma di dischi in vinile, molti tavoli che offrivano Milk-shake, mini-hamburger, patatine e Coca-Cola. Ad animare la festa c’era una band, i cui membri si erano omogeneizzati allo stile, non a caso il cantante principale somigliava ad Elvis.
Grace e Lucas intravidero Kelly con una parrucca bionda in testa e indosso un abito bianco molto scollato, praticamente era Marylin Monroe; la ragazza stava ballando, incollata stile piovra, alla sua fiamma del momento.
Alcune studentesse si vestirono come cameriere delle tavole calde, altre indossavano vestiti eleganti a pois, altre ancora scelsero lo stile pin up.
I ragazzi invece erano quasi tutti simili a James Dean, oppure indossavano semplicemente una felpa del college.
«Dici che è troppo tardi per svignarsela?» domandò lei bloccandosi sull’entrata della palestra, dove si svolgevano tutte le feste scolastiche.
«E perdersi tutto il divertimento?» replicò Lucas con ironia, ma notò che non fu molto d’aiuto. «Cosa ti spaventa?»
«Cosa mi spaventa? Io non sono spaventata da nulla, solo che…»
«Tranquilla» la bloccò lui mostrandole un sorriso rassicurante. «Ci sono io con te.»
E lì accade, per la prima volta dopo molto, che quelle poche parole resero Grace un po’ più coraggiosa nell’affrontare qualcosa che non la faceva sentire a suo agio.
Fondamentalmente non c’era nulla a spaventarla, se non la paura di rovinare quella serata ai suoi amici. Ma qualcosa nello sguardo di Lucas, più che nel sorriso, la incitò a buttarsi nella mischia e, infatti, qualche minuto più tardi, raggiunsero la loro compagnia.
Non appena le figure di Lucas e Grace entrarono nel loro campo visivo, sui loro volti apparve un’espressione sorpresa: nessuno di loro sapeva che lei sarebbe andata al ballo.
Natalie si catapultò addosso per abbracciarla. «Tesoro mio! Sei venuta, sì! Che bello!» esultò saltellando sul posto, poi quando si scostò, osservò com’era vestita e tirò giù un lungo fischio. «Sei Sandy! Oh, non c’è ombra di dubbio. E lui è il tuo Danny?» chiese con finta ingenuità, lanciando un’occhiata a Lucas.
«È ovvio che lo sia» rispose Sebastian con un ghigno stampato sul viso.
«Tu sapevi che sarebbero venuti, pure abbinati?» si voltò Natalie.
«No, è una rivelazione anche per me» disse l’altro ragazzo e Lucas lo ringraziò con lo sguardo.
Ted, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si avvicinò all’amica per legarle alla coda dei capelli un nastro rosso.
«S’intona con le scarpe e… il rossetto» disse dolcemente.
«Grazie, Teddy Bear» disse Grace usando il nomignolo che lei stessa gli aveva affibbiato quando erano piccoli.
«Sono contento che tu sia qui.»
«Sono felice che tu lo sia.»
«Ragazzi, perché non andate a prenderci da bere? Qua dentro fa davvero molto caldo!» s’intromise Natalie battendo una mano sulle spalle di Sebastian, Lucas e Ted, incitandoli con gesti e occhiate ad avviarsi verso il tavolo delle bibite.
I tre giovani si avviarono tranquillamente, mentre la frizzante ragazza tirò per un braccio la sua migliore amica, pronta a investirla di tremila domanda. Gli occhi smeraldini di Natalie trasmettevano tutta la curiosità, mista a gioia, che in quel momento stava provando.
«Come, dove, quando… quando?!»
«Che cosa stai vaneggiando, Nat?»
La ragazza inclinò il capo e inarcò un sopracciglio. «Io non vaneggio su nulla. Sto parlando di te e Lucas. Non potevi dirmelo che venivi con lui, così avremmo sclerato insieme? Lo sai che siete la mia ship
«Guardi troppe serie-tv.»
«Tu no, invece?» replicò l’altra non demordendo la presa, come un cane con il proprio osso. «È stato lui a convincerti, vero?»
«Sì» sospirò Grace, dandole ciò che voleva e sperando che quella tortura sarebbe finita presto.
«Gli piaci! Oddio se gli piaci!»
«Che dici? Guarda che è un’uscita da amici.»
«L’ha detto lui? Beh anche se l’avesse detto, è una cavolata, perché io so… so che si è fatto cambiare il turno di lavoro per esserci!»
«Che cosa?» Lo sguardo di Grace saettò sul ragazzo che nel frattempo stava chiacchierando con Sebastian, non molto lontano da loro.
Natalie traspariva una sicurezza impenetrabile. «Sì, l’ho sentito io… uhm quando… ah ecco! Il giorno dopo che sono venuta da te a mangiare la nostra incredibile coppa di gelato. Lui quando ti ha convinto?»
«Quella sera del gelato.»
«Veramente?» Natalie strabuzzò gli occhi, prima di mostrarle un gran sorriso che spaventò non poco Grace. Più che altro perché sapeva come sarebbe andato a finire il discorso. «Sapevo che avevo interrotto qualcosa. Beh, teoricamente no. Meno male che sono arrivata dopo che te lo ha chiesto, sennò rischiavo di rovinare tutto. Oh, sono così contenta per voi due! Sono sicura, ci potrei scommettere quello che vuoi, che se è qui è per te. È dannatamente ovvio!»
Grace sembrò titubante, inizialmente, e fissò Lucas un paio di volte con la coda dell’occhio.
Ormai Natalie le aveva messo la pulce nell’orecchio e non poteva fare a meno di pensarci. Se non fosse per il suo detestabile pessimismo dell’ultimo periodo, avrebbe anche fatto i salti di gioia, perché - ammettiamolo - un ragazzo che fa un così bel gesto sarebbe piaciuto anche alla Perfida strega di Oz. Ma Grace voleva stare con i piedi ben fissi a terra e, quindi, le fu facile scambiare quel gesto come un qualcosa di amichevole; in fondo, anche Ted le aveva dimostrato in varie occasioni quanto ci tenesse a lei.
Nonostante tutto ciò sembrasse una buona teoria, una vocina fastidiosa nella sua mente le diceva che non era proprio la stessa situazione. Pensare, anche solo per un momento, che Lucas avesse veramente cambiato il suo turno di lavoro per lei, la fece sorridere.
Sapeva quanto costasse al ragazzo perdere i soldi di una giornata: si trattava di un bel sacrificio, quindi doveva veramente tenerci per aver preso quella decisione.
Lo aveva fatto per portarla a quella festa che lei aveva atteso per quattro anni.
Lo aveva fatto per farla tornare a sorridere e divertirsi.
Era stato un gesto che la lasciò senza parole e a cui, una come lei, dava un gran valore.
 «Straordinario come lui sia stato l’unico in grado di riuscire a convincerti a venir qui. Né io, né Ted, ce l’abbiamo fatta e siamo i tuoi migliori amici… ma Lucas c’è riuscito» riprese Natalie attirando l’attenzione dell’amica. «Potrebbe essere quello giusto.»
«È troppo presto per dirlo e poi non siamo veramente sicure» disse Grace, anche se l’insicurezza era marchiata su quest’ultima affermazione.
«Questo tuo pessimismo mi fa venir una gran voglia di tirarti una sberla. Sai che non lo farò mai, ma mi rimarrà la voglia.»
Grace rise, non potendo che adorarla di più quando usciva quelle sue perle di sincerità. «Non ti arrenderai mai, vero?»
«Perché dovrei? Si vede lontano un miglio che vi piacete e lui te l’ha apertamente dimostrato, portandoti qui stasera!»
Grace non sembrava tanto sicura e allora Natalie le si parò davanti pronta a farle uno dei suoi discorsi. La guardò dritta negli occhi e, dopo aver preso un bel respiro profondo, cominciò: «Sono la tua migliore amica e posso permettermi la presunzione di dire che ti conosco meglio di te stessa e lo sai. Capisco che tu abbia paura di essere delusa e abbandonata, specialmente dopo la fuga di Brandon, però ho osservato come sei quando Lucas è attorno a te e viceversa. Inoltre ti brillano gli occhi quando parli di lui, e il signorino laggiù mostra più gioia quando sta al tuo fianco. Praticamente, vi fate del bene l’un l’altro. Io non intendo obbligarti a far nulla, per carità, ma ascolta il mio consiglio: lasciati andare e permettiti di essere felice.»
Sante parole erano uscite dalla bocca di Natalie, aveva toccato i tasti giusti e lo sapeva.
Forse avrebbe aggiunto qualcos’altro se i ragazzi non fossero tornati, bevvero tutti insieme scambiandosi qualche chiacchiera sulle decorazioni utilizzate e poi andarono a ballare sulle note di una canzone Rock ‘n Roll.
Il loro divertimento era scontato, anche Grace dovette ammettere che i suoi amici avevano avuto ragione. Chiudersi in sé stessa l’aveva solamente fatta sprofondare nella sua sofferenza, così come lo era stato tener lontano i suoi amici.
Il pensiero di Brandon era ancora fisso nella sua mente, però scatenarsi con loro, e riprendere le solite abitudini, la sollevò da tutto quel dramma che s’era creato. Sul suo viso iniziò a dipingersi la serenità e questo non poteva che render contenti le persone accanto a lei.
«Si è tornati ai buoni vecchi tempi!» esclamò Sebastian avvicinandosi a Natalie.
La ragazza si era presa un attimo di pausa da quei balli frenetici, e pieni di salti, sedendosi su uno dei divanetti di pelle rossa.
«La missione è stata compiuta con successo!»
I due amici si batterono il cinque e si lasciarono andare ad un gran sospiro di sollievo.
«Dici che una nuova coppia sta per formarsi?» domandò Sebastian con lo sguardo posato su Lucas e Grace, che in quel momento stavano bevendo insieme, sorridendosi a vicenda.
«Lo spero proprio» commentò Natalie, poi prese la palla al balzo e cominciò a investigare. «Senti un po’, per caso… il tuo amico ti ha mai parlato di lei?»
Sebastian sorrise spontaneo e annuì in continuazione, aumentando così la curiosità dell’altra ragazza. «E la tua amica?»
«Grace è una tonta. Le voglio un bene dell’anima, ma è proprio tonta.»
«Ottimo, direi!» esclamò l’altro con ironia. «Lucas è un rincoglionito.»
«Quei due si piacciono, vero?»
«Assolutamente, sì!»
Natalie sbuffò sonoramente, volendo proprio prenderli a pugni in testa. Le dava un tremendo fastidio quando due persone provavano gli stessi sentimenti, ma per delle inutili paure non volevano spingersi oltre.
«Non hai idea di quanto io abbia tentato di convincere Grace a lasciarsi andare e, secondo me, se non fosse accaduta quella faccenda di Brandon, qualcosa sarebbe successo tra quei due.»
«La penso esattamente come te. Quando Lucas mi ha deliberatamente confessato che gli piaceva Grace, l’ho incitato a invitarla a uscire e tutto il resto, però la vedeva scostante quindi… sai come vanno queste cose» tagliò corto Sebastian, sventolando una mano e ottenendo il consenso dell'amica. «Sono fiero che sia riuscito a portarla alla festa. Ha fatto tutto da solo e, a essere onesto, non ero tanto sicuro che Grace avrebbe accettato, vista la situazione degli ultimi giorni. Non ero neanche sicuro che a lei piacesse, però dopo che Lucas mi ha detto che lei gli aveva detto di sì, non ho più avuto alcun dubbio. Conoscendo la nostra amica, e la conosciamo bene, se Grace non avesse nemmeno un minimo interesse non sarebbe qui.»
«Non c’è ombra di dubbio. Ora speriamo solamente che l’atmosfera faccia il resto… potrei chiedere un ballo lento» pensò Natalie ad alta voce.
Sebastian rise e alzò gli occhi al cielo divertito. «Ti stai impegnando affondo per la tua amica.»
«Voglio che Grace sia felice, tu no?»
«Certo! Voglio che entrambi siano felici, però non posso fare a meno di chiedermi una cosa.»
«Quale?» domandò Natalie, chiedendosi mentalmente quale problema fosse saltato fuori a sua insaputa.
«Perché non inizi a pensare un po’ a te e a ciò che vuoi?»
La ragazza corrugò la fronte, non riuscendo a capire di cosa stesse parlando, poiché era la classica persona che s’impuntava su ciò che voleva e, in un modo o nell’altro, la otteneva.
«Sto parlando di Ted.»
«Ted? Cosa c’entra Ted adesso?» chiese lei, ridendo nervosa.
Sebastian le lanciò un’occhiata poco allusiva. «Dimmi la verità, a te piace.»
«Nella tua Coca-Cola c’era dell’alcol?»
«Mi sarò sbagliato.»
«Esattamente» disse Natalie mettendo le braccia conserte e svoltando lo sguardo altrove.
Indirettamente, diede a Sebastian la risposta che stava cercando. Sulle labbra del ragazzo si dipinse un sorriso intenerito, poco dopo si alzò e andò via in silenzio. Si avvicinò alla band per fare una richiesta, un ballo lento come Natalie voleva. Andò rapidamente alla ricerca di Ted e lo trovò in compagnia di Lucas e Grace: avrebbe preso due piccioni con una fava.
«Ecco il nostro latin lover» lo salutò Ted battendogli una pacca sulla spalla e passandogli da bere. «Hai deciso di unirti a noi, invece che rimorchiare qualche povera ragazza?»
«Gli amici prima di tutto!» esclamò Sebastian attirando l’entusiasmo dei suoi amici.
Con un sorriso furbo stampato sulle labbra, rimase a raccontarsela assieme a loro. Nessuno aveva idea di cosa avesse programmato, non lo immaginavano nemmeno lontanamente. In realtà manco stava ad ascoltare i loro discorsi, Sebastian era concentrato sulla sua immagine in versione Cupido.
Se avessero organizzato una festa a tema “Dei dell’Olimpo”, si sarebbe travestito proprio da suddetto Dio.
«Oddio, iniziano con i lenti?» sbuffò Ted mentre la band iniziò a suonare la richiesta di Sebastian.
«Eh caro! Come ogni buon ballo che si rispetti, bisogna invogliare gli innamorati nascosti a celarsi» disse ammiccando in direzione di Lucas e Grace, che fecero finta di niente.
Uno lo fulminò, mentre l’altra guardò in basso.
Ted stava per domandare alla ragazza di ballare, ma nel momento più propizio Sebastian gli tirò un calcio nello stinco. Per fortuna Lucas prese coraggio e si voltò verso di lei: «Hai voglia di ballare?»
«Sì» rispose Grace, leggermente rossa in viso.
Sebastian fece l’occhiolino all’amico e sperò veramente che quel ballo desse una svegliata ad entrambi. Nel frattempo avrebbe passato alla seconda fase del suo ingegnoso piano. «Ted, perché non balli con Natalie?»
«Perché dovrei ballare con Natalie?»
«Perché non dovresti?» lo incitò Sebastian, mostrandogli un largo sorriso. «Io ho già puntato una tipa e mi dispiacerebbe vedervi da soli. Quindi, non fare troppe domande e va da lei!»
Ted gli lanciò un’occhiata dubbiosa, ma poi alzò le spalle e fece come gli era stato detto. Raggiunse Natalie ai divanetti e la invitò a ballare sulle note di quella canzone romantica. Sebastian si ritenne soddisfatto, anche se chiaramente sapeva che non si sarebbe formata subito la coppia, per lui era questione di tempo: era molto positivo.
Fra i suoi amici, lui fu l’unico a non ballare alcun lento.
Non ci teneva in modo particolare e non solo perché non aveva puntato a nessuna, ma stava bene lì dov’era.
Rimase ad osservare i suoi amici che sembravano veramente tutti felici.
Lucas aveva uno sguardo completamente perso, così come lo era, per Grace che, a sua volta, gli rivolgeva il classico sorriso da innamorata. Tutti coloro che possedevano una buona vista non potevano negare che tra quei due ci fosse un palpabile interesse.
Non molto differenti parevano Ted e Natalie, i classici migliori amici. C’era più distanza tra loro, eppure era visibile quanto entrambi si sentissero bene insieme. Lui, che nella compagnia era il più taciturno, con Natalie si apriva in modo pazzesco: non era la prima volta che Sebastian l’aveva notato.
Per anni aveva avuto una cotta per Kelly, ma forse la vera felicità era a portata di mano e presto se ne sarebbe accorto: Natalie era una perla rara.
La band suonò altri balli lenti, lungo la serata, pochi rispetto a quelli più scatenati e che sicuramente riscuotevano più successo; in quelli, Sebastian ci si buttava a capofitto. La loro allegra compagnia fu tra le ultime a lasciare la festa, erano soliti a rimanere fino all’ultimo minuto.
Era quasi l’una di notte quando decisero di andarsene, alcuni compagni di corso li invitarono a concludere la festa al pub: Ted accettò di buon grado e li seguì assieme a Sebastian, in sella alla sua moto, mentre gli altri declinarono l’invito.
Natalie tornò a casa assieme ad una sua compagna di corso, non vedendo l’ora di catapultarsi su letto, e così fecero anche Lucas e Grace.
Il tragitto di ritorno fu molto meno silenzioso della partenza, i due risero e chiacchierarono su tutto ciò che era accaduto: sulle battute, sulle gaffe, su tutto ciò che succedeva ad un ballo studentesco. Stranamente, e per fortuna, non c’erano state risse, però qualcuno riuscì ad ubriacarsi portandosi di nascosto una fiaschetta e ciò animò molti.
«Eccoci arrivati» disse Lucas dopo aver parcheggiato e spento il motore della sua auto.
«Mi sono veramente divertita stasera, avevi ragione.»
«Io ho sempre ragione» disse il ragazzo, sogghignando e voltandosi a guardarla. «Comunque ne sono contento, davvero. Speravo che ti divertissi e, magari, dimenticassi per un po’ i pensieri che hai avuto nell’ultimo periodo.»
Grace abbozzò un sorriso, intenerita dalla sua dolcezza. «Per un attimo li ho dimenticati veramente» disse con sincerità. Accadde inspiegabilmente, dopo numerosi tentativi nel corso delle precedenti due settimane.
Si sentiva una vera stupida, il rimedio lo aveva sempre avuto a portata di mano e lei si era proprio impegnata per non farne uso. Era proprio vero che gli amici erano un toccasana, specialmente in quei momenti in cui tutto sembra crollare.
«Mi sa proprio che sono in debito con te, Lucas.»
«Questo significa che avrò un premio?» chiese mostrando un’espressione ammiccante.
Grace non si trattenne dal ridere, come ogni volta che lui la provocava in maniera maliziosa. Adorava quel suo modo di fare, soprattutto perché sapeva che non era propriamente un seduttore incallito.
Lucas era un ragazzo particolare, lo aveva inquadrato subito, destava curiosità e non sempre l’impressione su di lui era quella corretta. Se ne erano dette tante quando arrivò, sia a scuola sia fuori.
Grace non lo aveva mai giudicato, perché era solita conoscere una persona prima di esprimere un qualunque parere. E per quanto lo conoscesse, secondo lei, Lucas era molto più di quello che mostrava agli altri.
«E quale premio vorresti?» gli diede corda lei.
Per risposta, Lucas scoppiò a ridere e poco dopo ricevette subito una marea di schiaffetti sulla spalla.
«Sei proprio scemo… io, prima o poi, ti meno seriamente!» esclamò Grace, ridendo a sua volta, e facendolo ridere ancor di più.
«Guarda che hai fatto tutto da sola!»
La ragazza mugugnò un verso stridulo e poi poggiò la testa sul cruscotto, rimanendo in religioso silenzio.
Lucas le puntellò la spalla con un dito. «Sei ancora viva?»
Come risposta, Grace allungò la mano per toccare il suo viso e appena trovò il naso glielo tirò.
Lucas cominciò a farle il solletico allo stomaco e ottenne esattamente ciò che volle: la ragazza alzò la testa e cominciò a ridere, tentando di divincolarsi, ma finì solamente per cadere tra le braccia del suo aguzzino.
Lucas le bloccò i polsi dietro la schiena e l’avvicinò pericolosamente a sé, i loro corpi erano attaccati mentre a dividere i loro visi erano pochi centimetri. Inevitabile era lo scontro dei loro sguardi, entrambi portatori di verità di un desiderio comune.
«E se non ti lasciassi più andare?» le soffiò sulle labbra.
«Sempre a provocare» continuò lei con un sorriso furbo.
Il ragazzo le fissò le labbra, poi tornò sui suoi occhi e alzò le sopracciglia.
Quello che accadde dopo sarebbe rimasta la più piacevole sorpresa che fosse mai capitata.
Grace avvicinò la sua bocca a quella di Lucas e vi posò sopra un bacio leggero, per poi ritirarsi come se fosse stata scottata. Passò un breve momento, il tempo per concepire ciò che era appena successo. Lucas abbandonò la presa sui polsi della ragazza, per posare le sue mani sulle sue gote arrossate, e morbide, e riprendere quel bacio mettendoci più passione. Lo aveva atteso da così tanto tempo, che voleva sfruttare pienamente l’occasione. Grace sorrise e mise le mani tra i ciuffi corvini di Lucas.
Alla fine accettò il consiglio di Natalie e si lasciò andare, abbandonando ogni paura e dannazione se si sentiva bene!
La sua anima era piena di emozioni positive, Grace si sentì irradiare da pura felicità. Era come se fosse stata tirata all’interno di un ciclone di allegria e spensieratezza infinita, non sapeva nemmeno più cosa avesse attorno.
Tutto ciò che provava, era una grande gioia, quando sentiva le mani di Lucas carezzarle la schiena, oppure la sua bocca che cercava di strapparle altri caldi baci. Per una volta non le importava di nulla, né della rabbia di Kelly, né tantomeno della fuga di Brandon.
Voleva vivere solamente di quel momento.
Era come se le fosse sempre mancato qualcosa e solamente in quell’istante l’avesse raggiunto, e la soddisfazione che provava era immensa. Le loro bocche si staccarono lasciandoli riprendere fiato, aprirono lentamente gli occhi e si sorrisero veramente felice.
«Questa serata si è chiusa alla perfezione» disse Lucas carezzandole una guancia e sentendone il vivido calore.
«Direi che è stato un bene venire a questa festa.»
«Tu dici?» Grace gli diede l’ormai classica sberla scherzosa e poi lo abbracciò. «Ah, prima mi picchi e poi mi abbracci. Qui, qualcuno, soffre di doppia personalità!»
«Sappi che anche se ti ho baciato, prima o poi, ti meno ugualmente!»

«Guarda che ti ho baciata io» replicò Lucas.
Grace si staccò, tenendo sempre le sue braccia attorno al collo del ragazzo, e lo guardò in faccia. «Io avrò una doppia personalità, ma tu soffri di Alzheimer.»
Lui si limitò a fissarla con un ghigno stampato sul viso, non riusciva ancora a crederci a ciò che era accaduto. Lucas si era già accontentato di averla resa felice portandola alla festa, e facendola divertire come un tempo, che proprio non aveva immaginato, sarebbe accaduto tutto il resto. E gli accadde il medesimo fatto: stando con lei, si era scordato dei suoi problemi e visse unicamente dei suoi sorrisi.
Quella ragazza gli aveva sconvolto la realtà e nemmeno se ne era accorto, da qualche tempo era così!
Lucas si era preoccupato più per lei, che di sé stesso. Fuggendo da Chicago e trasferendosi ad Atlanta, si sarebbe aspettato di tutto, ma mai di innamorarsi. Sarebbe dovuto essere l’ultimo dei suoi pensieri, eppure le sorprese erano proprio ciò che riservava la vita.
In tutta quella storia, Natalie era stata la voce della verità: si facevano solo del bene a vicenda.
«Tu sei una gran furba» disse Lucas fregando il suo naso contro quello di Grace e facendola ridere.
«E tu sei proprio ingenuo» replicò Grace con ironia.
Il ragazzo la baciò ancora, ma con più dolcezza rispetto a prima. Ormai sentiva che gli apparteneva e si sarebbe preso cura di lei, non l’avrebbe mai trascurata o delusa. Non sapeva nemmeno lui spiegare la grande gioia che provava. Tutto ciò che poteva assicurare era che, alla presenza di Grace, il suo cuore batteva veramente forte e gli sudavano pure le mani: ed era la prima volta che gli accadeva una roba simile!
Come la vita, anche l’amore riservava grandi sorprese e per quei due aveva grandi progetti.
Grace aveva ancora paura di soffrire, ed era normale, però voleva impegnarsi e provarci con tutte le sue forze, perché se Lucas la faceva sentir così bene, significava che meritava una vera possibilità.
Stava rischiando, anzi entrambi stavano rischiando.
Rischiavano la tranquillità con cui convissero negli ultimi mesi, sapevano che poteva andare male come anche no, ma se fosse andata bene potevano ritenersi fieri di loro stessi. Fieri di come avevano superato le loro paure e le delusioni che persone immeritevoli del loro affetto avessero causato a loro.
Si scambiarono un ultimo bacio di quella notte, come per suggellare il legame che ormai li aveva uniti e che forse mai più si sarebbe sciolto.



Mrs Montgomery

Suonate le campane, Lucas e Grace si sono dati una svegliata... con qualche aiuto ovviamente ahahah
Dal prossimo capitolo possiamo ufficialmente dire che sono una coppia, ma chiaramente la storia non finisce qui!
Come avrete notato, questa sì è una storia romantica, quindi il punto centrale della questione è la coppia ma c'è anche dell'altro... e ci sarà molto altro!
Mettiamola in questo modo, ora possiamo spuntare la V sulla voce "Lucas e Grace stanno insieme".
La lista è lunga, c'è ancora la storia del ragazzo da scoprire e saprete qualcosa nel prossimo capitolo. Vi anticipo che conoscerete la sua famiglia e anche Brandon farà la sua comparsa. Tutto con i tempi giusti.
Come sempre vi ringrazio veramente tanto perchè state seguendo questa storia e vi siete immersi nelle avventure dei miei protagonisti <3
Mando un bacione a tutti,
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

 

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Capitolo 9
*** L'amore è nell'aria ***


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Trailer di Inaspettato Amore



L'amore è nell'aria


 
Mancavano pochi giorni a Capodanno. Ormai tutti gli studenti erano in vacanza per via delle feste natalizie e dopo aver passato i giorni celebrativi in famiglia, Ted invitò la compagnia a passare gli altri giorni di ferie in un cottage di famiglia ad Aspen.
Erano in pochi, ma buoni.
C’erano il belloccio Sebastian, l’allegra Natalie e la da poco formata coppia, Lucas e Grace. Quei due, ormai, erano diventati inseparabili e i loro migliori amici non potevano che essere felici per loro. Di Kelly Mitchell, invece, non si vide nemmeno l’ombra e non perché Ted non l’avesse invitata, schierandosi dalla parte di Grace, ma perché la civettuola ragazza si era organizzata un viaggio al mare e ci sarebbe andata con la sua nuova fiamma.
I giovani di Atlanta partirono il 28 Dicembre con il volo del pomeriggio e atterrarono al calar del sole; tempo di prendere i bagagli e recuperare l’auto che avevano affittato, raggiunsero il cottage di sera.
Una parte della giornata perfetta, a detta di Ted, perché si potevano ammirare le decorazioni natalizie che illuminavano la città: esse davano un tocco in più di fascino alla cittadina e, inoltre, agli occhi delle ragazze appariva tutto più magico e sensazionale.
La neve era già scesa ad Aspen, ma per fortuna le strade erano state ben pulite, così non ebbero problemi a raggiungere la locazione. Cominciarono a scendere piccoli fiocchi di neve, proprio nel momento in cui iniziarono a scaricare i bagagli. Oltrepassarono il grande portone stremati e con una gran voglia stravaccarsi ognuno sul proprio letto.

Ted si tolse il cappotto, appendendolo all’attaccapanni sulla destra, e accese le luci: «Eccoci arrivati!»
Al di là del piccolo ingresso padronale, s’aprì l’enorme salotto che dava subito un’aria calda e accogliente. Il pavimento era stato realizzato in parquet, le pareti interne erano state costruite con mattoni bianchi, mentre il soffitto era in legno.
Alcune finestre davano una buona visuale sul giardino e una porta vetrata conduceva alla veranda. Un grande tappeto dominava lo spazio che v’era tra i due divani in pelle marrone e le poltrone, situati in maniera semi-circolare, e al centro c’era un tavolino basso in legno di quercia. Come ogni buon salotto di montagna che si rispetti, non poteva mancare il caminetto, con sopra appeso un enorme testa d’alce imbalsamata. Quest’ultimo oggetto attirò la particolare attenzione di Sebastian, che mai aveva trascorso le vacanze in quella proprietà, al contrario di Grace e Natalie.

«Da quella parte c’è la sala da pranzo, mentre da quell’altra troverete la cucina» iniziò a spiegare Ted, indicando le stanze con un gesto della mano. «Sopra ci sono le camere e ognuna ha un proprio bagno. Ragazze voi sapete come muovervi. Sebastian e Lucas, fate come se foste a casa vostra.»
«Come ci dividiamo per le camere da letto?» domandò Sebastian prendendo in spalla il suo borsone.
«Io mi prendo quella con la vista sulla cittadina, e sappiate che su questo non intendo discutere!» esclamò Natalie afferrando la sua valigia. Era più che pronta a scattare sulle scale, che si trovavano in fondo al salotto. «Grace, Lucas, io vi consiglio di prendere quella di fronte alla mia. La vista è sulla montagna e non sul paese, ma… beh… spero non abbiate bisogno della vista» disse con tono malizioso, facendo l’occhiolino ad entrambi, poi andò per la sua strada lasciandoli nel più completo imbarazzo.
L’allusione della ragazza era stata talmente ovvia che aveva fatto arrossire sia Lucas sia Grace.
Per fortuna, l’ingenuità di Ted ruppe il silenzio imbarazzante: «Non sapevo che voleste dormire insieme.»

Sebastian ridacchiò, prima di cingergli le spalle con aria bonaria. «Ted, ormai sono una coppia, doveva risultare più che ovvio avrebbero condiviso una camera da letto.»
L’altro ragazzo si massaggiò il mento con fare pensieroso, poi alzò le spalle e annuì. «Sì, forse hai ragione. Va bene… ehm… andate pure nella vostra alcova e non distruggete il letto…»
«Questo discorso sta degenerando» intervenne Grace, tagliando quella che sarebbe potuta diventare una conversazione molto più che imbarazzante. La ragazza afferrò la sua valigia e fece cenno a Lucas di seguirla. «Ci vediamo domani mattina per colazione.»
La neo coppia salì frettolosamente le scale in legno e andrò dritta nella loro stanza. Pur essendo già stata nel cottage della famiglia di Ted, non si ricordava come fosse quella camera: da quel che si ricordava, doveva trattarsi della matrimoniale per ospiti ricavata dall’eliminazione della biblioteca.
Non era molto spaziosa, era già tanto se ci stava il letto con i comodini, l’armadio e una piccola scrivania. Sarebbe potuta essere più grande se non avessero voluto affiancare un bagno anche per quella stanza, e anche quello non era enorme. Nonostante ciò lasciava la percezione di essere una stanza accogliente e, inoltre, Lucas e Grace non erano di molte pretese. La ragazza abbandonò la sua valigia ai piedi del letto e poi ci si buttò sopra, lasciandosi andare ad un sospiro sollevato.

Lucas si sdraiò al suo fianco e le sorrise: «Stanca?»
«Un po’» rispose, prima di scoppiare a ridere.
«Stai pensando a quello che ha detto Natalie, vero?». Ottenendo una risposta positiva, anche lui si unì alle risate. Sebbene nel privato si lasciasse andare a battute abbastanza maliziose e provocatorie, in pubblico si mostrava un filo più imbarazzato, anche se meno di Grace. «Non sarebbe un qualcosa che mi dispiacerebbe, sai.»
Se Grace non l’avesse conosciuto, e quindi non avesse saputo che stava beatamente scherzando, si sarebbe sentita molto a disagio. Non si sarebbe trattata della sua prima volta, però non era la classica ragazza che si concedeva così in fretta nonostante provava qualcosa di vero per Lucas. Inoltre era convinta che il momento giusto sarebbe giunto senza pianificarlo; ogni cosa doveva andare a suo tempo. Grace si accoccolò al fianco del ragazzo, il quale le cinse la vita con un braccio per tenersela stretta, incrociarono le loro gambe e poi Lucas le diede un bacio sul capo.
«Io, Ted e Natalie, ci veniamo ogni anno da quando eravamo bambini. Per me Aspen è un posto speciale e per questo sono felice di esser qui con te. Aspen è speciale, tu sei speciale… è tutto perfetto.»
«Sai, questi tuoi momenti filosofici mi fanno ben pensare che sei stanca.»
«Adesso ti do una manata…» Per Grace fu leggermente impossibile farlo, dal momento che Lucas l’attirò a sé per darle un lungo e caldo bacio. Quello era un ottimo modo per mettere in contropiede la ragazza e poi lei amava i suoi baci. Non era solo il sentimento a farle bramare quelle labbra, ma la presunzione e la passione che Lucas ci metteva nella maggior parte dei casi. «Penso che tu sia l’unico che conosca il segreto per farmi smettere di parlare.»
«Lo spero.»
Grace rise gioiosa, come era tornata ad essere da quando il ragazzo divenne ufficialmente il suo compagno. Alla sua mente ancora non sembrava vero. Non credeva che un’altra persona sarebbe riuscita a farla star così bene, ma nonostante tutto andasse bene era spaventata.
Provava paura perché credeva che ogni cosa bella, prima o dopo, le sarebbe stata portata via. Cercò, però, di seguire il consiglio di Natalie e semplicemente lasciarsi a quella dolce spensieratezza, il cui manto era poggiato sulle spalle sue e di Lucas.

«Questo tuo lato geloso è veramente eccitante» disse Grace passandogli una mano tra i capelli. Era un gesto che adorava.
«Ah sì?» domandò Lucas con un sopracciglio inarcato e un sorriso malizioso.
Passò il dorso della mano dal ginocchio della ragazza, salì in maniera lenta e sensuale per tutta la coscia, diede un leggero pizzicotto alla natica e poi, quando arrivò ai fianchi, la prese tirandola sopra di sé con possessione. Riprese a baciarla con passione, le morsicò il labbro inferiore facendole gemere mentre le sue mani premevano contro la sua schiena per non farla mai staccare dal suo petto.
Sentì le dita di Grace stringesi alle sue spalle, iniziando a fargli dei massaggi suadenti. Con una rapida mossa, Lucas si mise a sedere ma non ruppe mai il contatto con la ragazza. Adorava baciarla, lo adorava fare in ogni modo. Certamente, preferiva quando ci metteva la passione che solo il sentimento, che entrambi provavano, glielo permetteva.
Non vedeva l’ora di farla sua, e non solo per provare un piacere personale, ma perché avrebbe fatto l’amore. Non sarebbe solo stato sesso, anzi… non lo sarebbe stato affatto!
Questo perché quando due persone condividono un sentimento vivido e vogliono approfondire quel rapporto, non si tratta di sesso, ma bensì di amore; e farlo con la persona amata era qualcosa di indescrivibile.

Quella sera, sebbene entrambi fossero stanchi per il viaggio, la chimica tra loro era molto più che palpabile, era fuoco intenso: nonostante ciò, non accadde nulla.
Si baciarono, chiacchierarono, si divertirono, si baciarono ancora e si punzecchiarono fino ad addormentarsi.


 

Il giorno seguente i giovani di Atlanta si svegliarono tardi e, avendo saltato la colazione, si prepararono un pranzo abbondante per affrontare quella che sarebbe stata una lunga giornata.
Non che avessero chissà quale attività stancante da esercitare, loro erano ad Aspen unicamente per divertirsi, però si stilarono un bel programmino per sfruttare al meglio quella vacanza.
Quel pomeriggio, per esempio, Lucas e Grace sarebbero andati a pattinare mentre Ted, Sebastian e Natalie avrebbero preso la funivia per raggiungere la pista da scii. Scattarono innumerevoli foto, la maggior parte delle quali raffiguravano Ted protagonista delle sue imprese: quando andò a sbattere contro un pupazzo di neve, quando fece l’angelo nella neve, quando ruppe lo slittino affittato e tante altre.
Da programma avrebbero dovuto ritrovarsi in un pub della cittadina, ma “gli sciatori” furono talmente stanchi che appena approdarono in salotto si addormentarono nelle posizioni più ridicole. Sebastian stava sul divano, sonnecchiava con la bocca aperta e una gamba poggiata allo schienale. Natalie era raggomitolata su una poltrona, avvolta in una coperta di lana. Ted era steso a terra a pancia in giù, con le ginocchia impiantate sul tappeto e il posteriore all’aria, stringeva a sé un cuscino e russava.
Per Lucas e Grace fu difficile non scoppiare a ridere, riuscirono a trattenersi per non svegliarli, ma una volta arrivati nella loro camera da letto si lasciarono andare alla più fragorosa delle risate: era stata letteralmente una scena da film comico.
L’indomani seguente l’avventura continuò con una giornata dedicata allo shopping e, anche lì, ne capitarono di tutti i colori, specialmente quando entrarono in un negozio che vendeva solamente costumi per feste in maschera.
Tutti e cinque rimasero affascinati da ciò che era esposto e provarono tantissimi capi, ovviamente immortalando il tutto. Natalie si travestì da poliziotta, da Donna Tigre, da bambola di porcellana e da Cow-girl.
Grace provò il costume da Maria Antonietta, da Bonnie e così Lucas si travestì da Clyde, poi passò a Pocahontas e trascinò nuovamente il suo ragazzo a far la parte di John Smith, facendogli indossare persino la parrucca bionda. Sebastian divenne il Cappellaio Matto, convincendo Ted a fargli da lepre, poi passò a Zorro, Braccio di Ferro e, assieme agli altri suoi due commilitoni, si travestì da uno dei tre moschettieri. Dulcis in fundo arrivò Ted che non resistette al vestir i panni di Saw, l’enigmista, con tanto di triciclo. Si trasformò in Jack Sparrow, Robin Hood ed Edward mani di forbice.
In sostanza, passarono tutto il pomeriggio in quel negozio.
Per quanto riguardava la sera decisero di riproporre quella non-avvenuta del giorno precedente, ovvero andare tutti al pub, ma ancora una volta sarebbe andata diversamente.
«Hai capito tutto?» domandò una fremente Natalie.
«In questo preciso momento, Sebastian sta distraendo Lucas così da farlo preparare in ritardo e, non appena Grace esce dalla doccia, io farò lo stesso con lei» ripetè Ted dopo aver ascoltato quello che era stato un lungo discorso.
«Bravissimo!» esclamò l’altra stampandogli un forte bacio sulla testa. «Mi raccomando, sii convincente. Grace riesce ad individuare una bugia meglio di un cane antidroga che sta ispezionando uno spacciatore.»
«Credimi, lo so meglio di te. Ricordo ancora quella volta che, per sbaglio, ho rotto la sua lampada con la finta lava. Era successo al suo quindicesimo compleanno e… io non so come ha fatto… c’era un po’ di gente, te lo ricorderai anche tu, eppure mi ha scoperto!» raccontò il ragazzo strabiliato da quel fantomatico dono della sua migliore amica. «Capisco che mi conosca bene, ma c’è un limite anche della conoscenza.»
«Uhm… Grace mi ha detto che quando dici le bugie hai un tic involontario.»
«Davvero?» domandò Ted con gli occhi strabuzzati. «E quale sarebbe?»
«Non me l’ha detto.»
«Come no?»
Natalie rise, per l’espressione buffa che il ragazzo aveva in volto più che per la questione in sé. «Lo sa che te lo direi subito. Io ti racconto sempre tutto.»
«Questo è vero» disse Ted unendosi alle risate. Si passò una mano tra i capelli, fissandosi le punte delle scarpe prima di dire: «Tu mi dici sempre tutto e con una schiettezza alquanto… schietta, ecco. Alle volte mi metti in imbarazzo perché sei completamente diversa da me, diversa in senso buono ovviamente. Con te e Grace sono sempre me stesso, e faccio un po’ l’idiota, ma alle volte con altri mi sento a disagio, mentre con voi non ho paura di mostrare ciò che sono veramente o ad esprimere un mio pensiero. Non so perché te lo sto dicendo, boh… me lo sentivo.»
Natalie osservò quel viso dolce e quegli occhi grandi da orsacchiotto, gli sorrise intenerita da quel modo di fare impacciato che lo caratterizzava. Forse era proprio quel suo modo di fare genuino che le piaceva tanto. Fisicamente era una ragazzo come tanti altri, non troppo alto né troppo magro, non aveva imperfezioni al viso ma non era neanche il classico bellimbusto.
Tutto andava a parare nel carattere del ragazzo.
Ted possedeva una spiccata ironia, che era ben proporzionata alla sua arguzia, inoltre possedeva sempre una smaniata voglia di far festa: era un vero Peter Pan. Inoltre era generoso e molto premuroso con i suoi amici; alle volte alcuni suoi gesti potevano far percepire che ci fosse altro, invece era semplicemente il suo modo di fare.
«Credo che Grace abbia finito di farsi la doccia. Allora… io vado» disse Ted indicando la camera dell’altra ragazza e allontanandosi da lei.
Era in missione e aveva tutte le intenzioni di portarla a buon termine.
Bussò alla porta di Grace e, dopo averne avuto il permesso, entrò. Per fortuna la trovò già vestita; la sola idea di poterla trovare in accappatoio o peggio, con addosso solo l’asciugamano che lasciava ben poco alla fantasia, lo imbarazzava.
«Spero di non disturbarti» disse Ted chiudendosi le porte alle spalle, iniziando a pensare a cosa dirle per trattenerla.
«Non lo fai mai» rispose Grace con un largo sorriso.
«Bello il maglione!» esclamò in preda all’impulsività e, già lì, attirò lo sguardo stranito dell’amica. Era già partito con il piede sbagliato. Doveva parlare d’altro ed essere convincente al massimo, lo aveva promesso a Natalie. «Allora… ti stai divertendo?»
«Sì» rispose Grace con tono dubbioso.
Non sarebbe passato molto tempo che la ragazza avrebbe formulato la classica domanda “è successo qualcosa?”.
Ted prese la situazione di petto e aprì bocca, dicendo la cosa più sincera a cui stava pensando: «Sono contento per te… per te e Lucas, ovviamente. So che all’inizio, io e lui… per lo più io… beh, voglio dire che all’inizio non andavamo tanto d’accordo. L’ho conosciuto un po’ meglio e in fondo non è male.»
«Non so il perché di questo strano discorso, ma sono sicura che gli farà piacere saperlo» disse Grace, osservandolo con la stessa aria perplessa.
Ted sapeva che, in quel momento, non era propriamente l’immagine della credibilità. Giocherellò con l’elastico che aveva al polso e decise di parlare a cuore aperto. «Io e te ci conosciamo dall’asilo, siamo cresciuti insieme affrontando ciò che la vita ci ha imposto. Gioie e dolori, come si è soliti dire. Ti sono stato accanto in alcuni momenti che ci hanno legati, ed è stato così anche per Natalie, però tra me e te c’è sempre stato quel qualcosa che… non so come spiegarlo… ma sei più come un’amica, più di una sorella. Tu sei quella persona senza la quale molte cose non avrebbero senso.»
Il ragazzo corrugò la fronte e socchiuse gli occhi per qualche minuto, sorridendo tra sé e sé. Erano numerosi i momenti stupendi che avevano trascorso insieme e non ne avrebbe scordato neanche uno.
«Questa non è una dichiarazione d’amore» proseguì nel suo discorso, rimanendo il più limpido possibile. Erano tutte parole dette con sincerità e affetto. «In realtà è più un modo per scusarmi di non esserti stato sufficientemente vicino quando tuo fratello se ne è andato. Io… io me ne vergogno, perché ti sono stato accanto per David e tanto altro, e non c’ero nel momento più doloroso e non me lo perdonerò mai. Se riuscirò a farlo, accadrà grazie a Lucas. Quel ragazzo ti ha donato quella luce che avevi perso e, c’è da ammetterlo, ti fa risplendere in una maniera spettacolare.»
Quello fu il discorso più sincero e toccante che Ted e Grace si scambiarono nel corso della loro amicizia.
Un momento toccante che non avrebbero mai dimenticato e quello in cui suggellavano tutto ciò che avevano condiviso.
Possedevano un legame che non poteva essere spezzato. Potevano provare a districarlo, rovinarlo e quant’altro, ma niente ce l’avrebbe mai fatta. Potevano anche separarli per anni, ma Ted e Grace si sarebbero ritrovati. Essi rappresentavano le persone destinate; erano destinati a camminare l’uno al fianco dell’altra lungo la strada della vita… e sarebbe stata una lunga strada.
«Sei il mio migliore amico, Theodore» sussurrò Grace avvicinandosi a lui. Detestava vederlo con lo sguardo basso, sapeva che si stava vergognando per averla lasciata sola, ma lei non era mai stata arrabbiata con lui.
Come poteva arrabbiarsi con il suo Teddy bear?
«Ciò che hai detto mi sta quasi facendo piangere, quindi credimi se ti dico che possiede un certo valore, così come la tua amicizia. Hai ragione, siamo più che amici o fratelli. Quello che ci lega durerà in eterno e questo non potrebbe che rendermi più che felice. Quindi alza la testa Teddy bear, che le nostre avventure sono appena cominciate» disse lasciandosi andare ad una risata a cui si unì anche il ragazzo.
Il momento venne interrotto da Lucas che entrò in camera senza bussare e lì sorprese: «Oh! Scusate…»
«Non preoccuparti, avevamo finito» disse Ted facendo l’occhiolino alla sua migliore amica, prima di fare retrofront. «Buona serata» aggiunse sorpassando Lucas e uscendo dalla camera.
«Va tutto bene?» domandò l’altro ragazzo, notando nello sguardo della sua innamorata che qualcosa di importante doveva esser accaduto.
«Non potrebbe andare meglio… o quasi» rispose Grace lanciandogli un’occhiata d’intesa.
Lucas sorrise malizioso, si avvicinò a lei, le prese il viso tra le mani e la baciò con dolcezza. «Dici che riusciremo a ritagliarci un momento solo nostro? E quando intendo nostro, intendo nostro-nostro.»
«Mi auguro proprio di sì! Senza contare che il cottage in un’innevata montagna è stato spesso il protagonista di molte mie fantasie.»
«E poi sarei io quello malizioso?» Il ragazzo inarcò un sopracciglio e sorrise imbarazzato. «Riesci sempre a stupirmi.»
«Ed io non potrei che esserne più felice» affermò Grace battendogli una mano sul petto.
Lucas la osservò con uno sguardo che solo un vero innamorato poteva possedere. Non si sarebbe mai stancato del sorriso di quella ragazza e di quel suo spiccato modo allegro. Lei non era un raggio di sole, ma il sole in sè.
«Mi cambio al volo e poi raggiungiamo gli altri.»
Lucas afferrò un paio di jeans e un maglione dall’armadio, mentre Grace lo guardava di sottecchi fingendo di guardare la Home di Instagram. Non era per nulla un brutto spettacolo, tutt’altro. Una volta pronti uscirono dalla loro camera da letto e scesero in salotto, dove inspiegabilmente non trovarono nessuno. La coppia si scambiò uno sguardo stranito, prima di andare a controllare in cucina e in sala da pranzo… ma niente!
Di Ted, Natalie e Sebastian non v’era traccia.
Grace e Lucas pensarono che forse dovevano finire di prepararsi, così decisero di tornare in salotto con l’intenzione di aspettarli e, in quell’esatto momento, un cellulare squillò.
«È il mio» disse lei tirandolo fuori dalla tasca dei jeans. Aggrottò la fronte confusa quando vide che si trattò della sua migliore amica. Mise in vivavoce. «Nat?»
«Probabilmente ci state cercando o aspettando.»
«Infatti…»
«Non fare domande» la bloccò subito l’altra ragazza. «Vai in salotto con Lucas e godetevi la vostra serata. Prendilo come un secondo regalo di Natale da parte mia e dei ragazzi. Mi raccomando, approfittatene. Io, Ted e Sebastian staremo via per un bel pò» continuò Natalie con voce divertita e poi mise giù.
Grace e Lucas si scambiarono un altro sguardo perplesso, poi raggiunsero il salotto curiosi e gli occhi di entrambi si illuminarono quando videro la sorpresa realizzata dai loro migliori amici. Proprio vicino al camino acceso, avevano steso una tovaglia rossa e sopra erano posati una coppia di bicchieri da vino e due piatti con al suo interno una fetta di torta cioccolato e fragole ciascuno.
A contornare l’atmosfera romantica si aggiunsero le candele e i petali di rosa rossa sparsi per il salotto. Chiunque sarebbe rimasto a bocca aperta di fronte ad una simile sorpresa e c’era da ammettere che, quella volta, si diedero proprio da fare!
Grace non si trattenne dalla gioia e cominciò a saltare, esattamente come poteva fare una bambina dopo che i genitori le avevano consegnato il regalo tanto desiderato. «Non sai quanto questo mi renda entusiasta!»
«Credo di saperlo» disse lui guardandola con un sorriso abbozzato. «Andiamo nel nostro angolo d’amore?»
La ragazza annuì freneticamente, non vedeva proprio l’ora di godersi quel momento. Lucas la prese in braccio, anche lui era emozionato, ma come sempre riusciva a trattenere le sue sensazioni più della sua pimpante ragazza.
Si sedettero sulla tovaglia e iniziarono a mangiar la torta; era talmente buona, senza contare che si trattava della loro preferita, che sgattaiolarono in cucina per vedere se ce n’era dell’altra e quando la videro non si fecero tanti scrupoli a prenderne dell’altra. Erano due inguaribili golosoni quando si trattava di cioccolato: era una delle caratteristiche che avevano in comune.
Indescrivibile era l’espressione sul viso di Grace quando vide che Ted aveva comprato la panna spray. In meno di dieci minuti finì sulle loro facce e per togliersela non usarono alcun panno.
«Siamo peggio di due bambini di cinque anni!» esclamò la ragazza mentre se la rideva come non mai.
«Cinque anni? Avrei detto due!» replicò Lucas ridendosela altrettanto. «Comunque… hai ancora della panna sul mento.»
«E ti dispiacerebbe togliermela?»
«Affatto» rispose lui in un sussurro roco, prima di avvicinare le sue labbra al mento della ragazza.
Si mise sopra di lei e iniziò a farle il solletico e fu così che il salotto venne inondato dalle risate di Grace, risate di cui Lucas non avrebbe più potuto fare a meno. Iniziò a lasciarle una scia di baci dalla mandibola, lungo il collo, fino ad arrivare all’incavo del seno dove si fermò.
Lucas poggiò il capo contro il petto della ragazza e si strinse al suo corpo piccolo. Quando stavano insieme, spesso finivano in quella posizione con lui che riusciva ad udire i suoi battiti del cuore. Lo rilassava molto.
«Mi fai sentire amato» sussurrò e, in un primo momento, Grace non capì se si trattava delle sue frasi fatte per scherzare o dicesse sul serio. «Credo che dopo mia madre, tu sia l’unica capace di darmi questo amore.»
«Ma hai avuto altre ragazze.»
«Ma tu sei diversa» replicò Lucas convinto. «Io dovevo immaginarlo dal primo giorno, perché sei sempre stata gentile con me e mi hai trattato in modo differente… in maniera meno anomala e avresti potuto, siccome ero “il ragazzo nuovo”.»
Grace abbozzò un sorriso ripensando i primi momenti che vissero insieme, specialmente il loro primo incontro sul vialetto. Era fine estate, il lungo periodo che le era servito per dimenticare David, doveva avere un nuovo inizio e alla fine lo aveva ottenuto.
Carezzò i capelli morbidi di Lucas e gli posò un bacio sopra. Si era innamorata di lui senza accorgersene o forse era stata troppo cieca dalle sue paure, ma era felice per come erano andate le cose. Natalie ci aveva visto giusto, come sempre.
«Voglio dirti una cosa» cominciò il ragazzo alzandosi all’improvviso. Prese la mano a Grace ed entrambi si sedettero sul divano. Era molto serio in volto, ecco perché lei iniziò a preoccuparsi. «Non so nemmeno da dove cominciare…» disse lui tra sé e sé.
Lo sguardo era rivolto verso il basso e continuava a torturarsi le mani. Si trattava di un argomento delicato, che non avrebbe mai voluto tirar fuori per una lunga serie di motivi, ma forse sperava di sentirsi compreso raccontandolo alla ragazza che gli stava donando un’incondizionata serenità.
«Non sono mai andato d’accordo con mio padre. Lui è un uomo d’affari, diciamo che la sua bravura, e l’impegno che mette nel suo lavoro, è indirettamente proporzionale alla sua bravura come figura paterna. Non è mai venuto a guardare me o i miei fratelli alle partite. Per lui contava… beh, conta solamente la sua azienda. Da noi voleva solo che diventassimo pronti per far parte di essa e aiutarlo a creare business. Per il signor Derrick Turner conta solamente la facciata, se poi il resto della famiglia sta male chissenefrega. L’importante è come gli altri ci vedono e un sorriso smagliante fa guadagnare di più delle lacrime.»
Non provare pietà per Lucas fu impossibile.
Nelle sue parole c’era rabbia, ma anche una profonda tristezza per la mancanza di quella figura che avrebbe potuto rendere migliori le sue giornate e - chiaramente - la sua vita. Sebbene potesse somigliare alla situazione che ebbero Grace e Brandon, invece, era totalmente diversa. Non avere un padre era un gradino al di sotto di averlo, ma non ricevere nulla di buono da lui.
Per Lucas doveva esser stato tremendo non ricevere né un sorriso né una carezza dall’uomo che aveva ben contribuito a donargli la vita. Era stato come avere un estraneo in casa che dettava solo ordini.
Grace era impaziente di sapere di più, però non chiese o disse nulla. Era giusto dargli il suo tempo per proseguire con il racconto. Mettergli fretta avrebbe peggiorato tutto.
«Mia madre non è così» riprese Lucas dopo un lungo silenzio. «Ha un carattere tosto anche lei, eppure si è sempre dimostrata interessata a ciò che ci succedeva o a ciò che pensavamo. Lei lavora al fianco di mio padre, ma non ha quell’interesse morboso che, al contrario, lui possiede. Questo loro diverso modo di fare il genitore ha causato molte liti, la maggior parte delle quali si concludevano dormendo in camere separate. Poi sì… si ritrovavano, alla fine sono fatti della stessa pasta. Chi si somiglia si piglia.»
Grace rimase ancora in silenzio, gli carezzava la schiena ogni tanto per fargli capire che lo stava ascoltando e comprendendo. Lo sentiva teso e lo trovava del tutto normale, capiva che doveva esser difficile sfogare ciò che per mesi si era tenuto per sé. Provava una tenerezza infinita per quel ragazzo dai grandi occhi celesti, aveva capito che quella sua particolare gentilezza proveniva da una latente sofferenza.
«Nell’ultimo anno… la situazione per me era insopportabile. Mio padre aveva già impostato la mia vita, come quella di mio fratello maggiore, e iniziavo a sentirmi soffocato. Non intendevo sputare nel piatto dove mangiavo, mi rendo conto che sia una fortuna avere già il lavoro pronto, ma preferivo costruirmi da solo. Lavorare per mio padre, sarebbe stato come sottostare per sempre a lui e mi sarei dovuto sentire in debito per tutta la mia vita. Inoltre, per come è fatto, mi avrebbe fatto pesare l’avermi offerto un posto in azienda.»
Lucas emise un lungo sospiro e cercò la mano di Grace per darsi forza, perché ricordare quei momenti gli causavano molta tensione. Era stato una continua discesa, fino a toccare il fondo e quando si arrivava a quel punto c’erano due possibilità: rimanere a terra o rialzarsi.
«L’ultimo anno che ho vissuto a casa è stato una vera propria battaglia con mio padre. Ogni cosa che facevo era una scusa per cominciare a litigare e per ribadirmi che, senza la sua preziosa azienda, non sarei mai andato da nessuna parte. Mia madre mi spalleggiava, da una parte. Dall’altra cercava di convincermi che lavorare in azienda non era lavorare per mio padre, c’era anche lei e lei mi avrebbe sempre appoggiato… e sì, di questo sono sicuro. Mi fido di mia madre, molto meno di mio padre. Mi sentivo come un leone in gabbia e… e me ne sono andato dopo l’ennesimo litigio con il grande produttore di business» concluse con amarezza.
Alzò lo sguardo da terra, ma non puntò mai i suoi occhi sul viso di Grace. Non voleva vedere l’espressione di pietà che aveva stampato sul volto, non sarebbe stato capace di sopportarla. Detestava quando le persone la provavano, perché lo facevano sentire come una vittima incapace di rialzarsi, mentre lui era sicuro che sarebbe sempre riuscito a rimettersi in piedi. Del resto aveva scelto di abbandonare quella famiglia che tanto poteva offrirgli; l’aveva fatto non solo per dimostrar loro che poteva farcela senza i loro soldi, ma anche per dimostrarlo a sé stesso e quella era la sfida più grande.
«Ti confesso che mia madre, in segreto ovviamente, mi passa mensilmente degli assegni… e io non li ho mai usati. La tentazione è stata grande, ma andava contro i miei principi.»
«Questa è una buona cosa, Lucas!» esclamò Grace stringendogli la mano e sentendosi davvero fiera di lui. «Dovresti ammirarti per questo e per tutto quello che stai facendo. Hai pienamente dimostrato che sei in grado di star senza di loro e i loro soldi.» Il ragazzo mostrò un sorriso tirato. Era contento di vederla al suo fianco e, ancor di più, di esser stato capito. «Scusami, ma… la tua famiglia, non tuo padre principalmente, ma i tuoi fratelli o tua madre, non hanno provato a contattarti?»
«Conoscendo mio padre, lo avrà impedito a chiunque» sospirò e alzò le spalle. «Va bene così. Ho fatto la mia scelto e me ne prendo tutte le conseguenze.»
«Lucas, sarò sincera con te» cominciò Grace dopo aver meditato attentamente sulle parole giuste da usare. Del resto, non poteva non dire nulla sulla faccenda. «Non ti chiederò mai nulla sulla tua famiglia, né metterò becco nelle tue questioni, perché voglio rispettare il tuo passato. Ma se mai ti servisse un appoggio o avessi bisogno di sfogarti, sappi che ti ascolterò sempre. Non farti alcun riguardo a parlarmi di quello che vuoi.»
Finalmente Lucas posò gli occhi sul suo viso e fu sorpreso di non vederla impietosita. Dal tono di voce aveva capito che era dispiaciuta per lui, però i suoi occhi brillavano e gli stava mostrando uno di quei sorrisi che amava tanto. Fu in quel preciso momento che ne ebbe la certezza: Grace era speciale.
«Ho rovinato la serata, scusami.»
«Che cosa stai dicendo?!» replicò lei subito.
«Potevo trovare un altro momento per raccontarti i miei problemi. Questa serata doveva essere la nostra serata.»
«Non è vero nulla» disse Grace prima di allungare il collo e schioccargli un bacio sulla guancia. «Mi rende felice il fatto che tu ti sia confidato con me, significa che ti fidi e per me questo è molto importante. E poi… chi dice che la serata sia rovinata?»
Lucas scattò subito sugli attenti e ricambiò l’occhiata maliziosa che la sua ragazza gli aveva lanciato. Grace lo prese per mano, si alzarono dal divano e salirono al piano superiore per raggiungere la loro camera. Il ragazzo chiuse a chiave, così da non esser disturbati. Non appena si voltò, lei si avventò baciandolo con dolcezza e premendogli una mano sul petto. Nonostante fosse buio e la poca luce che filtrava era quella dei lampioni della strada, Grace lo sentì sorridere.
La ragazza era leggermente tesa, non ci stava assolutamente ripensando, lo voleva suo come voleva che lei fosse sua. Si sentiva veramente emozionata, era la loro prima volta insieme. Grace si tolse il maglione e gli saltò in braccio, allacciando le gambe attorno alla sua vita, Lucas le baciò il collo mentre lentamente la trasportava sul letto.
Iniziò a spogliarsi anche lui e con gran foga, lei scostò le coperte e ci si infilò dentro. C’era un raggio di luce foca che entrava dalla finestra della loro camera e riuscì a mostrar a Grace il momento in cui Lucas le si avvicinò; sorrise riuscendo a scorgere quegli occhi celesti di cui era ammaliata.
Il ragazzo si era infilato sotto le coperte assieme a lei, l’abbracciò iniziando a baciarla e carezzarla. Non voleva passare subito all’atto fisico e concludere il loro momento in quattro e quattrotto. Lucas voleva coccolare la sua ragazza facendola sentir desiderata e - soprattutto - amata.
Grace lo baciava con foga, infilando le mani tra i suoi capelli e, di tanto in tanto, tirandogli qualche ciuffo. E quando Lucas entrò in lei, cominciando con una piccola spinta, il piacere si fece sentire da entrambi. Grace ansimava contro il suo orecchio, incitandolo a continuare.
Lucas le prese una mano per intrecciare le loro dita, le baciava il collo bramoso mentre lei gli carezzava la schiena sudata e i glutei sodi.
Fu meraviglioso, molto più di come Grace l’aveva immaginato e molto più di come Lucas l’aveva desiderato. Tra loro due dominava la sorpresa, oltre ad un vero sentimento. Quella serata fu memorabile per tante cose oltre a quello che stavano provando. Continuarono a fare l’amore concentrandosi unicamente sul sentimento puro che li legava, nient’altro.
Il passato era alle loro spalle in silenzio, a crear rumore v’era unicamente la loro passione.
Lucas scivolò al suo fianco lasciandosi andare ad un sospiro soddisfatto. Grace si scostò dalla fronte i ciuffi ribelli e si coprì con le lenzuola.
Rimasero in silenzio per poco, ma poco che fosse pesò fino a quando non ruppero il ghiaccio. Era stato importante per entrambi, per ovvi motivi. La prima ad avvicinarsi fu Grace che gli diede un bacio vicino alle labbra e posò il capo sul petto nudo del ragazzo. Lucas sorrise e passò un braccio attorno alla sua vita per stringerla a sé.
«È stata una serata… fantastica» disse lei.
«Questo batte il negozio dei costumi» rise Lucas carezzandole la guancia e divertendosi a pizzicargliela.
«Lo puoi dire forte!»
«E dobbiamo ringraziare Natalie e i ragazzi.»
«Dici che domani ci faranno domande?»
«Tu che ne dici?» replicò il ragazzo in maniera sarcastica.
Grace rise immaginandosi come sarebbe avvenuta la colazione dell’indomani mattina. «Dovremmo prepararci alle loro battute, specialmente quelle di Ted e Sebastian.»
Lucas alzò le spalle. «Chissene importa. Ne è totalmente valsa la pena.»
Era indescrivibile la gioia che la ragazza stava provando, nessuna parola sembrava in grado di descrivere le sue emozioni. Ciò di cui Grace era sicura era che da quando stava insieme a Lucas, la luce era entrata nuovamente nella sua vita.
Il vuoto che Brandon le aveva causato, non era stato placato, ma doveva ammettere che ci pensava ogni giorno di meno. Settimane prima le era sembrato di avere un martello pneumatico che continuava a puntellarle nella testa, facendole solo pensare in negativo e chiudendola sempre più in sé stessa. Non ci avrebbe mai creduto, e le pareva ancora incredibile, ma al fianco di Lucas aveva ritrovato la serenità completa.
La rabbia verso David era sparita completamente. Non le interessava più l’opinione che Kelly possedeva di lei. Molte cose avevano perso di rilevanza. Tutto ciò che importava era strettamente collegato a Lucas.
«Hai sentito?» chiese proprio il ragazzo, distraendola dai suoi pensieri.
«Che cosa?»
Poi lo sentì anche Grace. Era un rumore che proveniva dal piano inferiore, non capirono bene di cosa potesse trattarsi; alle loro orecchie sembrava come se qualcosa fosse continuamente battuto.
«Ladri non possono essere perché sennò l’allarme ci avrebbe rotto i timpani» convenne Lucas, prima di alzarsi dal letto e rivestirsi in fretta. «Vado a dare un’occhiata.»
«Vengo con te» lo seguì a ruota Grace rimettendosi l’intimo addosso e afferrando il pigiama che, come sempre, stava poggiato su una sedia.
Lucas l’aspettò, poi si presero per mano e uscirono dalla stanza. Percorsero il corridoio e più si avvicinavano alla sua fine più udivano meglio quel rumore. Arrivarono alla balaustra delle scale in legno quando si resero conto che il rumore si era placato e al suo posto c’erano delle voci.
«Chi l’avrebbe mai detto. Non ci posso ancora credere!» esclamò una voce maschile che la coppia conosceva bene.
«Shhh… così sveglierai Lucas e Grace.»
«Sinceramente mi auguro che stiano facendo altro.»
«Ovvero ciò che stiamo per fare noi» replicò la voce femminile con un tono assai malizioso.
Grace alzò lo sguardo scettico sul suo ragazzo. Boccheggiò qualche attimo, era totalmente incredula. «Ma sono proprio…»
Lucas le coprì la mano con la bocca e annuì, mostrando un sorriso divertito. Con un cenno del capo, la invitò a seguirlo e in men che non si dica tornarono in camera.
«Non riesco veramente a crederci» disse la ragazza accendendo la luce e poi catapultandosi sotto le coperte. «Sapevo che alle medie, Natalie avesse una cotta per Ted, ma poi si era messa assieme a quel castoro di Pemberly, quindi ho dedotto le fosse passata. Oh beh… se loro sono contenti, io sono contenta per loro!»
Anche Lucas si ritrovò sorpreso da quel repentino e in aspettabile avvicinamento di Natalie e Ted, ma non potè che ritrovarsi d’accordo con Grace. E poi lui non era uno che si intrometteva nelle questioni altrui. Il ragazzo si spogliò nuovamente per mettersi in pigiama e raggiungere la sua - ancora perplessa - innamorata.
«Sai, in fondo credo siano tenerissimi. Rappresentano i classici migliori amici che si innamorano… un ottimo scenario da libro romantico, uno di quelli che legge Ted» commentò Grace immaginandosi come sarebbero stati come coppia. Non era né gelosa e né aveva qualcosa da ridire; farsi gli affari suoi era qualcosa che la accomunava a Lucas. «Però… mi domando una cosa.»
«Che cosa?»
«Secondo il programma, a cui anche noi dovevamo attenerci, ma è stato decisamente meglio non farlo, tutti e tre i nostri amici dovevano andare al pub. Ora, Ted e Natalie hanno chiaramente fatto ritorno… e Sebastian?»
Lucas inarcò un sopracciglio, domandandosi silenziosamente perché mai Grace si preoccupasse per lui. Erano amici, lo sapeva bene, e poi Sebastian era diventato anche il suo migliore amico, ma da quando la ragazza era diventata sua provava molta più gelosia nei suoi confronti. «Sarà rimasto al pub. Non mi stupirei se, dietro questa nuova coppia, ci fosse il suo zampino.»
«Sì, hai ragione.»
«Come sempre.»
«Ovviamente» rispose Grace aggiungendo una risata sardonica.
«Odo dell’ironia nella tua voce, mio tesoro. Osi beffarti di me?» chiese utilizzando appositamente un tono molto formale, che fece ridere ancor di più la ragazza. Già ci voleva poco per farla divertire, imitando un signorotto delle epoche passate non poteva che ottenere una ridarella continua.
«Non sia mai» disse l’altra piegata in due.
Lucas si fece influenzare facilmente, anche se tentò di trattenersi per fare il serio, e per ripicca cominciò a farle il solletico. Iniziò una vera e propria battaglia, che ovviamente avrebbe vinto il ragazzo, e per un pelo non caddero dal letto.
«Devo confessarti che mi piaci tanto perché non smetti mai, e sottolineo mai, di ridere» disse Lucas interrompendo quella divertente tortura e abbracciandola da dietro. La teneva ferma dalle braccia e riuscì a stringersela contro il petto. «Come ci riesci?»
«Penso solo che avvengono già tante disgrazie a questo mondo e poi sorridere fa bene. Scaccia la negatività e rende tutto migliore, o almeno così mi piace pensarla.»
«Beh, ogni volta che sorridi mi rendi contento… quindi la tua teoria non è errata» disse Lucas dandole un bacio sul collo.
Grace inclinò il capo, gli sorrise e allungò una mano per carezzargli le guance. Negli ultimi tempi gli stava crescendo un po’ di barbetta e lei adorava sentire quel leggero pizzicare sulla sua pelle. «Per una volta ho ragione io.»
«Fatto da segnare sul calendario!» esclamò ironico il bel ragazzo.
Come ogni volta che lui la stoccava, Grace alzò la mano per colpirlo scherzosamente, ma lui fu più rapido e bloccò il polso per attirarla a sé. Non la baciò subito, osservò per qualche istante quegli occhi radiosi, appartenenti alla persona che gli aveva donato un’inaspettata voglia di godersi la vita con spensieratezza. Gli aveva annullato molte preoccupazioni e offerto tanto affetto.
«Cosa c’è?» chiese lei non comprendo quel silenzio.
Lucas tentennò perso ad osservare il suo viso e quel genuino stupore. Abbozzò un sorriso e scosse il capo con non-chalance; unì le loro labbra per suggellare un dolce bacio e poi l’abbracciò. Non era uno che parlava molto, specialmente dei suoi sentimenti, e Grace l’aveva ben capito, per questo non spezzò il suo silenzio.
Si misero a dormire e si addormentarono subito, entrambi caddero tra le braccia di Morfeo con la serenità nell’anima e un cuore che palpitava d’amore.





L’atmosfera che arieggiava durante la colazione del mattino seguente fu al limite dell’imbarazzo. Lucas fu alquanto mattiniero e svegliò Grace appositamente per fargli compagnia, ovviamente persero mezz’ora a prendersi in giro come se fossero due bambini, poi scesero in cucina: erano i primi. Ignari di come volessero gestirsi gli altri, si prepararono la colazione solamente per loro due.
Non che si impegnarono granchè, presero due ciotole, latte, cornflakes e si sedettero al tavolo a penisola della cucina.
Tra loro volò qualche risata, ma calò il silenzio quando Ted e Natalie li raggiunsero. Questi ultimi si comportarono nella stessa maniera, scendendo parlottarono e quando arrivarono in cucina rimasero in silenzio; qualche saluto a sguardo basso e poi mangiarono.Quel silenzio venne trovato strano da tutti e quattro, ma nessuno di loro sembrava aver coraggio di rompere il ghiaccio, nemmeno Grace che in materia ne era un esperta.
Si poteva udire giusto il ronzio di una mosca.
Le coppiette si alternarono qualche sguardo e mezzo sorriso ambiguo, ma nulla più. C’era però da ammettere che tutti sembravano sull’orlo del limite dallo scoppiare a ridere. A disturbare la dolce quiete di quel momento fu l’arrivo di Sebastian.
Il ragazzo attirò subito l’attenzione degli amici che strabuzzarono gli occhi e spalancarono le bocche quando posarono lo sguardo su di lui.
I capelli parevano aver preso la scossa da quanto erano scompigliati, la manica della giacca aveva uno squarcio inguardabile, la sciarpa era legata in vita e aveva una grande macchia puzzolente sulla maglia.
«Da dove sbuchi?» domandò Ted.
«Bella domanda!» rispose l’altro con aria esausta, ma tutto sommato spensierata. «Se ve lo state chiedendo, non sono tornato a casa stanotte.»
«Questo risulta piuttosto evidente» disse Natalie.
«Ebbene amici… non mi ricordo cosa è successo stanotte» affermò Sebastian poggiando i palmi delle mani sul tavolo e spostando lo sguardo stralunato da un viso all’altro. «Per essere preciso, l’ultimo ricordo abbastanza nitido che possiedo è quello in cui mi sto dirigendo al bagno del pub dopo la gara a shottini con Dave. Non so cosa sia successo dopo o cosa io abbia fatto, la cosa certa è che mi sono svegliato un’ora fa sulla pista da scii.»
«Chi diamine è Dave?» chiese Grace.
«Un tizio che ho incontrato ieri sera al pub» rispose Sebastian con non-chalance. «È troppo simpatico! Mi pare che venga dal Texas e si ferma anche lui per capodanno. Beh... vi saluto amici! Ho bisogno di riprendermi dalla notte brava, quindi oggi non contate su di me per la giornata» concluse staccandosi dal tavolo e facendo per avviarsi verso l’uscita della cucina.
Il ragazzo si bloccò sull’uscio e si voltò verso i suoi amici con aria furba. «Sarà un capodanno memorabile. Spero di aver il numero di quel Dave così potrò aver un compagno di bevute»
Ted sgranò gli occhi e si indicò più volte. «E io chi sono?»
«Precisamente da stanotte, sei un ragazzo impegnato» rispose Sebastian con naturalezza e schioccando un’occhiata a Natalie, che per la prima volta voleva sprofondare. «Ora, voi quattro, dovrete fare i turni per avere il cottage libero.»
Con un ultima risata Sebastian lasciò la cucina. Li aveva messi al muro tutti e ormai rimanere in completo silenzio era impossibile.
Sorprendentemente non fu Grace, bensì Natalie a parlare.
«Allora… stasera uscite voi?» domandò con tono ironico, attirando lo sguardo della sua migliore amica e si era messa una mano sulla bocca per non riderle in faccia.
Riuscì ad auto controllarsi e quel fatto bisognava veramente segnarlo sul calendario. Grace si limitò a farle l’occhiolino.
Le due ragazze possedevano una grande empatia, segno dell’ottima amicizia che condividevano, e quindi non serviva proprio dire nulla riguardo la situazione.
«Lucas, salgo a prepararmi. Vieni con me?»
«Certo!»
La coppia salutò gli amici con sorrisi divertiti e un paio di occhiate che lasciavano ben intendere il messaggio. Era una piacevole novità e se Sebastian, che era l’unico single nel gruppo, l’aveva presa bene, nessun altro poteva lamentarsi.
Chissà… magari anche il loro Cupido avrebbe trovato la sua anima gemella, magari proprio a Capodanno: in quel periodo, l’amore era nell’aria.
«Inizieremo con le uscite a quattro?»
«Sembri preoccupato per questo» commentò Grace ironica, poco prima di entrare in camera. Andò verso l’armadio e scelse gli abiti che avrebbe indossato quel giorno. «Tranquillo, nemmeno a Ted piacciono queste cose.»
«Non ho detto che non mi piacciono… però sì, non sono poi così belle.»
Grace sorrise e scosse il capo, alle volte si faceva sentire anche il suo lato da bambino: per sua fortuna, rare erano le volte.
«Se tu vuoi, potremmo uscire con loro.»
La ragazza si voltò, per ammirare quell’espressione da cucciolo che Lucas mostrava quando voleva accontentarla in qualcosa che a lui non entusiasmava più di tanto, però cercava di non dare quell’impressione per non ferirla.
«Credo che ci limiteremo ad uscire io e te da soli, come abbiamo fatto fino ad ora. Oppure ci sarà qualche uscita in gruppo.»
Lo vide tirar un sospiro di sollievo.
«Per te, lo avrei fatto» specificò Lucas.
Grace poggiò i vestiti sul comò e si avvicinò a lui, con lo sguardo che solo un’innamorata poteva possedere. Gli mise le braccia al collo continuando a sorridere soddisfatta. Lucas l’accolse poggiando le mani sulla sua schiena, ma pareva perplesso.
«Sei meraviglioso e non parlo solo dell’aspetto fisico» sussurrò guardandolo dritto negli occhi. «Fin dal primo momento che ti ho visto ho pensato che eri un bravo ragazzo e un po’… particolare. Certo, mi avevano colpito quei capelli sbarazzini, ma dopo ore di viaggio non erano messi poi così male» disse ridacchiando e ricordandosi perfettamente come lo aveva trovato quella prima sera sul vialetto.
«La mia prima impressione su di te sai qual è stata?» domandò retorico Lucas. «All’inizio ho proprio pensato, “wow, ho una vicina di casa molto figa!” e quando ti ho incontrato in classe ho ripensato “ehi, questa è la mia vicina di casa figa!”. Probabilmente ci avrei provato con te dal primo giorno, se non… beh, se non avessi avuto un po’ di trambusto.»
«Il trambusto dev’essersi placato se ora siamo così.»
«Già» si trovò d’accordo Lucas, ed era vero. «Quando mi sono trasferito non avevo nessuna voglia ne di farmi degli amici, ne tantomeno di avere una ragazza. Doveva essere un anno di passaggio per stare tranquillo, ne avevo proprio bisogno. Ma poi sei arrivata tu. All’inizio non avevo ben capito che tipa fossi… sì, eri carina e gentile, questo però non voleva dire proprio nulla. Quella sera del falò, invece, conoscendo un po’ la tua storia con David e vedendo come eri premurosa con i tuoi amici… non so… lì sei diventata diversa. Non so come spiegarlo, ma… mi avevi colpito. Dopo di che sei stata una sorpresa continua» concluse con un sorriso dolce sulle labbra.
Non potevano proprio esserci dubbi che fosse cotto a puntino!
Grace gli saltò in braccio, avvinghiandosi a lui sembrando tanto un koala.
Era al settimo cielo perché sentiva che finalmente aveva trovato qualcuno a cui mostrare il meglio di sé e che si era veramente legato a lei.




Mrs Montgomery
Eccomi tornata!
Anche questo capitolo è pieno d'amore, infatti il titolo non è messo a caso, e tutti i nostri giovani si sentono in Paradiso.
Tutto non potrebbe che andar per il verso giusto, ma come mi ha scritto una lettrice questa situazione sembra la calma prima della tempesta... ed è proprio così!
Nel prossimo capitolo ci sarà un salto temporale e questa tempesta si avvicinerà.
Non aggiungo altro se non grazie a voi tutti che state seguendo questa storia e chi la recensisce!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima e spero vi sia piaciuto :)

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Capitolo 10
*** Toc-toc ***


 
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«Quattro mesi! Riesci a crederci?!»
Ted continuava a ripeterlo con un certo entusiasmo. Ripeteva quella frase almeno ogni dieci minuti e facendo conto che erano al bar di Jim da un’ora, l’aveva ripetuto per sei volte. Era veramente passato così tanto tempo da quando Natalie, dopo aver alzato un po’ il gomito, gli aveva confessato i suoi sentimenti e da quel giorno erano diventati la nuova coppia tanto chiacchierata del liceo. Era un rito per ogni nuova unione, fino a quando non passavano il testimone ad un’altra.
«Credimi che sono più sorpresa io di te» disse la ragazza finendo il suo pompato krapfen. «Lo sai che sono felice che tra noi sia andata bene, ma io seriamente non volevo confessarti proprio un bel niente!»
«Ma l’hai fatto e hai fatto anche altro» aggiunse Ted muovendo numerose volte le sopracciglia e lanciandole un’occhiata maliziosa.
Natalie arrossì e, riducendo gli occhi a due fessure, prese il tovagliolo, lo appallottolò e lo lanciò in pieno viso a quel demente del suo ragazzo. Detestava quando la metteva in imbarazzo, ovviamente lui lo sapeva e lo faceva apposta.
«Lo sai che ti voglio bene, mia dolce Kitty
«Senti coso, io posso anche essere Kitty, ma dubito fortemente che Levin fosse un impertinente come te» replicò Natalie nominando la coppia preferita del romanzo prediletto da Ted, ovvero Anna Karenina. «E se proprio vuoi consultare quella storia, tu sei Kitty. Come lei, sei stato dietro ad una persona immeritevole del tuo amore e che è andata tra le braccia di un altro.»
«Stai dando del Vronskij a Kelly Mitchell?»
«La perspicacia fa proprio parte dei tuoi pregi, Theodore.»
Il ragazzo sventolò una mano e alzò le spalle. «Kelly è storia vecchia. Lo so pure io che sono stato un rimbambito a starle dietro per tre anni, ma per fortuna Grace mi ha risvegliato e… beh… ho avuto di meglio. N-non sto dicendo che sei la ruota di scorta, ti prego non fraintendermi. Ciò che voglio dire è che tu sei sempre stata al mio fianco e mi vuoi bene sul serio, mentre per Kelly ero semplicemente un amico.»
«Un amico che usava a suo piacimento, quella stronza!»
«Questo non è vero.»
Natalie la prese come una sfida, si pose in avanti e domandò: «Ti ricordi quella volta che l’hai portata al cinema perché doveva incontrarsi con un tizio e l’hai pure aspettata per “assicurarsi che stesse bene”?»
«Avevo quindici anni ed ero stupido.»
«E quella volta che lei ti ha chiesto di portarla a fare shopping e poi alla sera è andata al cinema con un altro?»
«Ok, ero decisamente stupido.»
«No, non eri stupido» disse Natalie con fermezza e guardandolo negli occhi. «Eri solamente un ragazzo innamorato e sì sa, per amore si fanno molteplici pazzie.»
Ted notò della malinconia negli occhi della ragazza, che in quel momento amava più di ogni altra cosa. Tra loro era avvenuto tutto molto in fretta, ma forse perché c’era del vero sentimento che era stato scambiato per affetto.
Il ragazzo ricordava bene che durante le medie aveva avuto una bella cotta per Natalie, ma il suo mirino si spostò su Kelly dopo che lei si era messa con quel damerino di Pemberly Adams.
Per Kelly si prese una bella sbandata, ma nonostante ciò non aveva smesso di voler bene a Natalie. Inoltre tra loro non c’era mai stato quel rapporto intensamente fraterno che, al contrario, lui condivideva con Grace. Forse già da lì doveva capire che quella cotta delle medie non si era mai sopita del tutto.
L’amore era veramente strano, nel loro caso lo colse di sorpresa. Ma fu la sorpresa più bella che avesse mai ricevuto.
Aveva sempre ammirato Natalie per la sua compostezza e per la dolcezza che donava in amicizia. A differenza di Grace, era molto meno impulsiva e aveva una grande accortezza nel valutare i fatti. Quando faceva un discorso, e sapeva farlo molto bene, pareva una donna fatta e finita, ma lui che la conosceva bene conosceva anche la sua insicurezza e paura di non riuscir a conseguire tutti i suoi obiettivi. Era umana ed era proprio quella grande umanità che piaceva a Ted.
«Aspetta un attimo» disse il ragazzo improvvisamente.
Si alzò dal tavolo, le diede un bacio in fronte e corse fuori dal bar con una rapidità mai vista prima. Sette minuti esatti di orologio e tornò con in mano un piccolo mazzo di tulipani rosa. Con il fiatone e la fronte tutta sudata, Ted li consegnò alla ragazza.
«In amore si fanno pazzie, g-giusto!»
Natalie ammirò i suoi fiori preferiti nelle sue mani. «Dove li hai presi?»
«Dalla finestra del palazzo qua di fronte» rispose lui con naturalezza. «Pensa che li avevo adocchiati prima di venir qui.»
«Tu sei pazzo…»
«Pazzo d’amore per te!»
La ragazza si addolcì parecchio, ma non disse nulla. Si limitò ad avvicinare il suo viso a quello di Ted e posargli un bacio a fior di labbra. Non avrebbe mai pensato di trovare l’amore tra le braccia del suo migliore amico, eppure era accaduto e provava un’immensa felicità da quel giorno. Ringraziò di aver bevuto tanto da prendere coraggio nel confessargli ciò che da mesi provava. Probabilmente doveva ringraziare Sebastian, era stato lui a sfidarla ad una gara di shottini.
«Posso farti una domanda?» domandò Ted.
«Certo!»
«Se quella sera non fossi stata, come dire… brilla, quando mi avresti confessato i tuoi sentimenti?»
«Mai» rispose Natalie con non-chalance.
Ted sgranò gli occhi e si lasciò scappare una risata divertita. «Come sarebbe a dire, mai?»
«Esattamente come ho detto, mai» ripetè la ragazza con molta tranquillità, ed era la verità. «Non volevo ricevere un rifiuto e rovinare la nostra amicizia. Onestamente pensavo che sarebbe andata così se ti avessi confessato tutto. Dopotutto, è dal primo anno che vai dietro a Kelly Mitchell e quindi come potevo pensare che…»
«Guarda che tecnicamente sei tu che sei finita tra le braccia di Pemberly Adams!»
«Oh, per favore! Avevo tredici anni e tu eri troppo occupato a fare il bravo scout per avere una ragazza.»
«Devi sempre avere l’ultima parola?»
Natalie mostrò un sorriso vittorioso e annuì con classe. «Sì, caro mio. Se così non fosse, significherebbe che la mia vocazione di avvocato sarebbe una gran cavolata.»
Ted non ribattè e, al contrario, mostrò una sincera espressione da pesce lesso e disse: «Per questo sono completamente innamorato di te» poi allungò il collo per darle un bacio a stampo. «A proposito della tua vocazione, hai avuto risposta da Yale?»
«Certamente e te lo ricorderesti se ieri sera, invece che rispondere in maniera insensata a me, non stessi guardando la partita.»
Il ragazzo boccheggiò, tentando di ricordare e non riuscendoci stava pensando a qualcosa di sensato da dirle in quel momento. «Io ti rispondevo educatamente.»
«Più che altro mugugnavi, ma non preoccuparti. Se non guardassi con attenzione una partita di football, non saresti te» disse Natalie rivolgendogli uno sguardo dolce. Non era mai riuscita a tenergli il muso o ad arrabbiarsi con quel ragazzo dagli occhi a palla. «Come faremo io e Grace, l’anno prossimo, senza il nostro Teddy bear?»
«Non pensare all’anno prossimo. C’è ancora moltissimo tempo da passare insieme e poi non dirmi che non hai già realizzato un piano, strutturalmente geniale e perfetto, per vederci.» Ted la conosceva troppo bene e non si stupì affatto di ricevere una risposta positiva: non conosceva persona più organizzata di lei. «Inoltre, un’ora e mezza d’aereo è niente. Posso anche fare a meno di preoccuparmi, tanto so già che hai pensato anche ai turni.»
«Ho pensato anche a quelli di Lucas e Grace.»
«Perfetto!» esclamò Ted alzando entrambi i pollici e mostrando un largo sorriso, giusto per farla contenta.
«Buongiorno a voi, miei dolci cupcakes» li salutò Grace arrivando al loro tavolo. Stampò un bacio sul capo ad entrambi e poi si sedette con naturalezza. «Ho grandi notizie!»
«Sei incinta!»
«Sei stata ammessa a Princeton!»
Ted e Natalie commentarono contemporaneamente, ognuno con la propria idea, e si scambiarono uno sguardo incerto.
«Ted voli troppo di fantasia. Natalie hai vinto, come sempre!» esclamò Grace battendo il cinque alla sua migliore amica, mentre Ted mise le braccia conserte e finse di esser triste.
«Peccato! Mi sarebbe piaciuto diventar “lo zio Ted”.»
«Tempo al tempo, Teddy bear» rispose la diretta interessata.
«Prometti che se sarà maschio gli darai il mio nome come secondo.»
«Ma io sarò la madrina» intervenne Natalie.
Grace mostrò un cenno di consenso ad entrambi. «Entrambe le cose sono fattibili, mon petites.»
«Sii precisa, per favore. Il mio ruolo non è fattibile, ma ovvio» sottolineo Natalie e, come risposta, l’altra ragazza soffocò una risata divertita e scosse il capo. «Parlando seriamente, quando hai ricevuto la lettera da Princeton?»
«Ieri pomeriggio. Volevo scriverti, ma poi mi sono addormentata e la sera l’ho passata con Lucas.»
«E chissà cosa avete fatto» commentò Ted con un fischiettio finale.
«Oh sì, l’abbiamo fatto tutta notte come dei selvaggi» disse Grace con voce suadente.
Natalie rise talmente tanto che si dovette coprire la bocca con una mano, mentre Ted rimase a bocca asciutta.
«Questo non ci tenevo veramente a saperlo. La prossima volta me ne sto buono nel mio angolo.»
«Su con il morale, Teddy bear!» esclamò Grace battendogli una mano sulla spalla. «A proposito di università, a te hanno risposto?»
«Sì, la Emory University di Atlanta ha fatto il suo sensazionale acquisto!»
Vedendo l’ora che si era fatta, Natalie strabuzzò gli occhi e in un batti baleno raccattò tutte le sue cose. «Scusate, ma devo per forza andare, sennò arriverò tardi dalla ragazza a cui do ripetizioni di francese. Ci vediamo stasera al pub, va bene?»
«Va bene, Sergente!» risposero all’unisono Ted e Grace mostrando il saluto militare.
Natalie salutò il suo ragazzo con un bacio sulle labbra e abbracciò la sua migliore amica, poi passò al bancone per pagare la sua parte di colazione e uscì dal bar. Non appena fu certo che se ne fosse andata, Grace voltò il capo verso Ted ed iniziò a guardarlo in maniera alquanto insistente. Rimase in silenzio, ecco perché il ragazzo non se ne accorse subito.
Quando accadde, Ted inarcò un sopracciglio e aggrottò la fronte. «Perché mi fissi in quella maniera inquietante?»
«Tu lo sai che quando dici una bugia, io me ne accorgo?»
«Sì. Dici che ho un tic. Hai finalmente deciso di rivelarmelo?»
«Assolutamente no» rispose lei con il suo caratteristico sorriso furbo. «Senti, non giriamoci tanto intorno e dimmi la verità. Hai veramente ricevuto una risposta dalla Emory o hai detto che ti hanno accettato perché… beh, dimmelo tu.»
Ted si passò una mano sul viso, era stato colto in flagrante. Ringraziò il cielo che non l’aveva smascherato di fronte a Natalie, in tal caso avrebbe fatto la più grossa e pessima figura di tutta la sua adolescenza.
«Non ti si può proprio nascondere niente.»
«In caso contrario non sarei la tua migliore amica.»
Il ragazzo abbassò lo sguardo e sospirò pesantemente, ormai doveva confessare tutta la verità. Era con le spalle al muro. «Ci hai azzeccato! Non ho ricevuto nessuna risposta dalla Emory University e sono stato talmente presuntuoso da non aver fatto domanda ad altre università. Ero sicuro di aver conseguito un buon test d’ammissione e che sarei stato accettato» raccontò brevemente il con aria più che delusa. «So che tra te e Natalie non ci sono segreti, ma ti chiedo di non dirglielo. Vorrei essere io a farlo.»
«Non dirò nulla.» Grace mise subito le mani avanti per tranquillizzarlo, non avrebbe mai fatto la spia. Mise le braccia conserte e corrugò la fronte continuando a guardarlo. «Ciò che non capisco è perchè ne parli come se la Emory non ti dovesse accettare. Il fatto che non ti abbia risposto, non significa che tu non sia ammesso.»
«Beh… tutti voi avete ricevuto la vostra risposta, positiva per fortuna.»
«Hai messo in conto che forse la Emory riceve tante di quelle domande, da parte di tutto il Paese, che forse ha la posta lenta seppur si trova nella nostra stessa città?»
Il ragazzo rifletté e non gli suonò così strano ciò che Grace gli aveva appena suggerito. Era una probabilità, eppure non riuscì a star tranquillo. Erano alla fine dell’anno, la maggior parte delle persone che conosceva era già stata messa al corrente sulla propria ammissione all’università. A Ted bastava una risposta per mettersi il cuore in pace.
«Vedrai che andrà bene. Sii positivo, Teddy bear» lo rincuorò Grace battendogli una pacca sulla spalla. «Deve andare bene! Tutti noi dobbiamo realizzare i nostri sogni e arrivare alla meta. Tu vuoi diventare uno scrittore, ce la farai. E se la Emory University non ti accetterà, non devi assolutamente abbatterti. Se osi farlo, verrò da te per scuoiarti!»
Ted le lanciò un’occhiata dubbiosa, ma non trattenne un sorriso. «Hai uno strano modo di consolare le persone.»
«L’importante è riuscirci, anche se con te è un’impresa ardua. Sei uno zuccone in maniera sproporzionata!»
«E tu passi dall’essere una candida figlia dei fiori, alla donna tigre.»
«Qualche volta devo far sentire il mio ruggito» gli diede corda Grace.
«Credimi, quelle poche volte ci riesci benissimo!» esclamò Ted convintissimo.
La ragazza scoppiò a ridere e lo tirò a sé, abbracciando l’unico fratello che le era rimasto. Ormai non lo considerava più come amico, ma come sangue del suo sangue. Ne avevano passate tante insieme e ancora tante ne avrebbero passate. Ted era contento di averla al suo fianco e così era anche per Grace. Si erano dati una mano in numerosi momenti, era quel tipo di legame solido che nemmeno un Iceberg avrebbe potuto scalfirlo.
«Grazie» sussurrò lui dandole un bacio sulla guancia.
«E di che?» Grace sorrise e scompigliò i capelli al suo Teddy bear.
Il cellulare di Ted squillò improvvisamente, era sua madre e dalla faccia del ragazzo si poteva ben intendere che gli stava dicendo qualcosa che poco gli interessava. Osservare Ted che parlava al cellulare con sua madre era una scena dal film comico. Le espressioni del suo viso erano così inverosimili, che bisognava essere privi di qualsiasi forma di umorismo per non ridere. Quando la conversazione, e per sua fortuna fu breve, Ted emise un sonoro sbuffo.
«Capitan Cespuglio» così chiamava sua mamma «mi ha chiesto di passare dalla fiorista per prendere un cesto che ha fatto su ordinazione. Vieni con me o devi incontrarti con Lucas?»
«Se non ti dispiace rimango qui. Prima di venir da te e Nat, ho ordinato qualcosa da mangiare perché ho una gran fame» rispose Grace massaggiandosi lo stomaco, sperando di mettere in fretta qualcosa sotto ai denti. «Ci vediamo domani a scuola, va bene?»
«Nessun problema.» Ted si alzò dal tavolo per infilarsi la giacca, prendere lo zaino e partire. «A domani, donzella!»
Nel mentre in cui l’amico uscì dal locale, il cameriere le portò la sua ordinazione. Grace addentò in fretta quel delizioso croissant e in meno di dieci minuti lo finì tutto, comprese le briciole. Quando si trattava di mangiare, perdeva tutta la sua grazia da cigno e poteva essere comparata ad un tenero maialino. I suoi amici la prendevano spesso in giro, perché trovava ogni momento buono per mangiare. Durante la sua colazione, sentì Ted tramite messaggio che le raccontò che sua madre gli aveva dato altre commissioni da fare e lui ne aveva già pieni i cosiddetti. Per prenderlo in giro, Grace gli inviò una sua foto assieme al croissant, metà trangugiato: la ragazza non ebbe dubbi che Ted le avrebbe lanciato qualche maledizione.
«Questo deve essere tuo.»
Grace alzò lo sguardo dopo aver udito quella voce maschile. Sottili occhi di ghiaccio la stavano scrutando, assieme ad un sorriso appena accennato. Rimase imbambolata ad osservarlo per qualche attimo, era sbalordita dal suo fascino. Nonostante fosse impegnata e davvero molto innamorata, non poteva negare che fosse un bell’adone. Volse gli occhi sulla mano che teneva il depliant di Princeton, che evidentemente le era caduto atterra e lui si era prodigato a raccoglierle, e poi li rialzò sul viso di quello sconosciuto. Quell’espressione da sbruffoncello le ricordò Lucas e proprio il pensiero del ragazzo che amava la fece tornare alla realtà.
«Grazie» disse Grace prendendo il depliant.
«Princeton, eh?» Il ragazzo non se ne andò, restò a guardarla con quell’espressione da gran furbo. «Anche io sono andato lì. È una buona università, poi ovviamente posso solo parlare del mio corso di studio.»
Grace sorrise per essere educata e, visto l’argomento, non potè che chiedere: «Tu che corso avevi scelto?»
«Economia.»
«È quello che ho scelto anche io» rivelò lei emozionata.
«Davvero?» Quell’affascinante sconosciuto sorrise e le domandò se potesse sedersi. Ottenendo una risposta positiva, si mise di fronte a lei e cominciarono a parlare dell’università. «Cosa ti ha spinto a scegliere economia?»
«Semplicemente mi piacerebbe diventare un’organizzatrice di eventi.»
«Dunque ti specializzerai in comunicazione e marketing» dedusse il ragazzo mostrandosi interessato. «Non è affatto male, io stesso ho conseguito un Master da poco per specializzarmi. È dura, non te lo posso negare, ma se sei abbastanza sicura e determinata non lasciarti fermare da nulla.»
Grace rimase affascinata dalle sue parole, immaginò tutte le informazioni e la cultura che possedeva riguardo ciò di cui lei era maggiormente appassionata. «Non sono tanto sicura di arrivare al Master, ma mi impegnerò molto per raggiungere i miei obiettivi.»
«Questo è già un ottimo punto di partenza!» esclamò prima di chiamare, con un cenno della mano, il cameriere e ordinargli da bere. Grace osservò il suo modo di fare e intuì che doveva esser stato cresciuto con una buona educazione. Possedeva un modo di fare molto elegante, quasi d’altri tempi. Stando in silenzio ebbe modo di osservarlo e ce lo vedeva benissimo in qualche film ambientato nel passato, ovviamente nel ruolo di qualche nobile.
«Perdona la mia maleducazione, non mi sono neanche presentato. Il mio nome è Kristopher» disse allungandole la mano e mostrando ancora quel sorriso da seduttore incallito.
«Grace» si presentò lei stringendogli la mano.
«Grace» ripetè con voce roca, mentre la ragazza si stava trattenendo dal ridergli in faccia per le sue scarse possibilità di conquista. Lo lasciò parlare solo perché era curiosa di vedere fino a che punto sarebbe arrivato. «Hai un nome di origine latina, è molto bello. Se non mi sbaglio dovrebbe significare dono di Dio, bellezza e riconoscenza. È meraviglioso che i tuoi genitori abbiano scelto un nome dal significato tanto speciale.»
«Com’è ammaliante il modo in cui esprimi la tua conoscenza nel significato dei nomi.» Grace si pose in avanti, congiungendo le mani e mostrando un sorriso furbo. «Per caso sei venuto ad Atlanta per farci assaporare la tua cultura e magari credi di fare conquiste?»
Kristopher tentennò qualche attimo e poi scoppiò a ridere, divertito. «Sei simpatica, dico davvero! Sono contento che il mio primo incontro in questa città sia stata tu.»
«Sei un turista?»
«Non esattamente. Sono qui per un affare speciale» risposte lui voltando lo sguardo altrove, con uno strano luccichio negli occhi che non passò inosservato a Grace.
«Mi auguro che ti va bene.»
«In realtà sono abbastanza sicuro che verrò pienamente soddisfatto» disse Kristopher trasmettendo quella che era la sua grande autostima. «Non per vantarmene, ma sono solito ad ottenere sempre ciò che voglio. Sai… non mi interessa di passare come un presuntuoso quando lo dico, effettivamente un po’ lo sono, ma sono dell’idea che non bisogni mai fermarsi di fronte a nulla.»
«E scommetto che tu non lo fai mai» dedusse Grace mettendo le braccia conserte e continuando ad osservarlo con attenzione.
«Esattamente!»
Il cameriere gli portò il bourbon che aveva ordinato qualche attimo prima. Kristopher ringraziò con pacatezza e poi si mise ad assaggiare ciò che gli era stato servito.
«Non male» disse, parendo soddisfatto. «Anche se solitamente preferisco il vino, specialmente quello italiano. Oh, lo sai che se fossi nata in Italia ti chiameresti Graziella?» le fece notare con una punta di ironia nella voce.
«Graziella?» ripetè Grace contagiata dal suo divertimento.
«Lo so perché ho conosciuto una ragazza che si chiamava così. Mi spiace non esser uscito con lei, aveva un bel balcone e non parlo di quello di casa sua» puntualizzò Kristopher lanciando uno sguardo d’intesa a Grace. «Per via del mio lavoro sono stato un po’ ovunque, ma fra tutti l’Italia è il mio Paese preferito. È meravigliosa! Sono approdato in una regione chiamata Toscana. Dovresti provare a bere il Chianti, è un vino più che delizioso e molto pregiato.»
«Deduco che tu sia un tipo dai gusti raffinati.»
«Mi so trattar bene» rispose Kristopher facendole l’occhiolino.
Grace annuì, trattenendosi dal ridere. «Sì, ma dovresti cambiare metodo per provarci con le ragazze. Non tutte cascano ai tuoi piedi con qualche storiella extracontinentale.»
«Stai pensando che ci stia provando con te?» chiese il ragazzo con serietà, suo stato d’animo che non durò molto. «Non rientri molto nei miei canoni, perché sei bionda, però potrei cambiare idea.»
Dietro quelle ultime parole del signorino dal sorriso seducente e dagli occhi ammalianti, si nascondeva un’indiretta richiesta di appuntamento.
«Dubito che avrai la possibilità di cambiare idea» rispose lei rimanendo gentile.
Kristopher la scrutò con quegli occhi che potevano sembrar affascinanti, ma allo stesso tempo incutere timore. Azzurri come le acque più limpide, simili a quelli di Lucas se non fosse che quest’ultimo possedeva uno sguardo nettamente più dolce.
«Hai già il ragazzo, vero?»
Grace annuì, non riuscendo a trattenere un sorriso intenerito, come ogni volta che pensava a Lucas.
«Ora si spiega perché il mio sex appeal non ti abbia colpito.» Kristopher la prese sul ridere, mostrandosi simpatico per la prima volta in quel quarto d’ora passato alla conquista. «Concederesti una dignitosa ritirata a questo affascinante lupacchione?»
«Sì, credo di poterti fare questa grazia» rispose la ragazza lasciandosi scappare una risatina.
«A chiunque appartieni, sappi che deve ritenersi soddisfatto, perché nessuna è stata mai capace di tenermi testa come hai fatto tu quest’oggi.» Kristopher si alzò dal tavolo, si parò di fronte a lei per prenderle le mano e porvi sopra un elegante baciamano. «È stato un piacere incontrarti, Graziella. Spero di rincontrarti nella mia prossima vita.»
E con eleganza si allontanò da Grace, ma non prima di aver pagato il conto lasciando anche una sostanziosa mancia per il cameriere che gli aveva concesso di avvicinarsi alla ragazza portandole il suo ordine.
Grace sospirò, scuotendo il capo. Non poteva credere a ciò che le era appena successo e immaginava bene le risate che si sarebbero i suoi migliori amici quando lo avrebbe raccontato quella stessa sera al pub. Nonostante fosse stato divertente, sperava che strani individui non si sarebbero avvicinati nuovamente a lei. Per questo finì in fretta la sua bevanda e uscì dal bar in men che non si dica.
Quando si ritrovò a camminare per strada, sulla via di casa, prese il cellulare in mano e si accorse solo in quel momento che Lucas le aveva mandato un messaggio, nel quale le chiedeva di passare a casa che potevano vedersi un film. Giusto il tempo di finire di leggere che Grace allungò il passo e nel giro di poco si ritrovò sul portico della casa del suo ragazzo.
Grace e Lucas sfogliarono una lunga lista di film prima di decidere quale vedersi. Lei lo incitava a mettere la nuova riproduzione cinematografica di uno dei libri di Nicholas Sparks, mentre lui preferiva qualcosa di meno strappalacrime. Arrivarono ad un compromesso con una commedia che dovettero stoppare più di una volta, dal momento che quando Grace cominciava a ridere, non smetteva per almeno cinque buoni minuti. Dopo la lunga visione si prepararono dei panini e fecero merenda insieme, come se durante il film non avessero sgranocchiato nulla.
«Hai detto ai tuoi genitori di Princeton?»
La ragazza annuì e un’espressione cupa si dipinse sul suo viso. «Non l’hanno presa proprio benissimo, cioè mia mamma non obietta più di tanto su cosa faccio… al contrario di Peter. Lui mi ha fatto una paternale di un’ora. Continuava a ripetere che dovevo scegliere Giurisprudenza, come corso di specializzazione. Non si trattenne neanche di dirmi che ciò che io voglio fare è insensato, perché diventando avvocato avrei già avuto il posto di lavoro pronto grazie a lui» ripetè quella solfa che le era toccata sorbire il giorno prima e che sperava di non risentire. Peter sapeva essere alquanto pensante quando ci si metteva e da quando si era scoperta la verità su Brandon lo era diventato ancor di più. «Secondo lui, non farò mai carriera come organizzatrice di eventi, ma non capisce proprio che è qualcosa che voglio fare solo perché mi piace… se poi ne ricaverò un bel gruzzoletto, ben venga!»
Lucas si sedette sul divano accanto a lei e passò il braccio attorno alle sue spalle. Gli dispiaceva vederla abbattuta, più che arrabbiata. Ormai la conosceva e l’espressione corrucciata che aveva sul volto non era per fastidio verso il discorso del suo patrigno, ma il dispiacere che il ber rapporto che avevano costruito negli anni fosse stato buttato letteralmente nel cesso.
«Lascialo perdere. Non hai veramente bisogno del suo appoggio, visto poi come si è trasformato il vostro rapporto.»
«Ti riferisci a quel gran controllo che ha ora nei miei confronti?»
«Gran controllo?» ripetè lui poco convinto. «Io lo definirei maniacale. Se solo ripenso a quando è venuto a prenderti al pub settimana scorsa o al fatto che non ti ha fatto venire in gita... mah! Robe da pazzi!»
«Poco mi importa della gita, anche perché tu sei rimasto qui con me. Quindi non è stato un gran problema» disse rivolgendogli un piccolo sorriso.
La loro classe di Inglese era andata in gita a New York, una delle città preferite di Grace e che aveva tanto atteso di visitare. Ci era rimasta male che i suoi genitori non le avessero dato in permesso e non lo comprendeva neanche. Problemi di soldi non ne avevano e ne era sicura, qualche giorno fecero mettere apposto le piastrelle del bagno, e a Natale la fecero andare ad Aspen. Non ne discussero neanche più di tanto; la richiesta ricevette una risposta secca e negativa. Ciò fece indispettire molto Grace, la quale non tollerava un comportamento simile in generale, ma preferì non discutere con loro: non ne aveva proprio voglia. Ormai si era arresa al fatto che il rapporto con Josie e Peter erano diventato freddo.
«Tu, invece? Loraine è contenta che andrai a Stanford?»
«Sperava andassi all’università di Atlanta per avermi più vicino, però sì… è orgogliosa che io sia riuscito a prendere la borsa di studio. Non credeva che arrivassi così tanto e, sinceramente, neanche io.»
«Questo perché non hai abbastanza fiducia in te stesso» disse Grace carezzandogli i capelli, sapendo di rilassarlo. Infatti non passò neanche un minuto che Lucas poggiò il suo capo sul petto della ragazza, lasciandosi coccolare da lei. «Io sembrerò di parte, ma veramente sei un ragazzo brillante. A me dispiace quando ti vedo abbattuto, perché penso che dovresti veramente essere fiero di te stesso. Sfido chiunque a fare ciò di cui tu hai avuto il coraggio di affrontare. Sei andato via dalla tua città, hai lasciato i tuoi amici, per un posto completamente nuovo e dove non conoscevi nessuno. Inoltre non hai voluto pesare a tua nonna, ti sei rimboccato le maniche e hai trovato un lavoro. E dulcis in fundo sei riuscito a prendere una borsa ti studio. Sei da ammirare, Lucas.»
«Non so cosa farei senza di te» sussurrò il ragazzo stringendosi di più a lei.
Era un dono di Grace, quello di riuscir a trasmettere la sua spensieratezza e di tirar su di morale le persone accanto a lei. Lucas le ripeteva spesso che era la forma umana del Sole. C’era però da ammettere che quando la ragazza aveva i suoi momenti “no”, risucchiava tutta l’allegria e, secondo Ted, entrava in modalità Dissennatore.
Lucas alzò il capo e allungò il collo per baciarla. Di lì a pochi giorni, sarebbero stati cinque mesi da quando stavano insieme e ogni volta che il ragazzo ci pensava, ringraziava Sebastian per averlo incoraggiato a farsi avanti.
Mai avrebbe pensato di provare grandi emozioni come quelle che anche solo un sorriso di Grace riusciva a dargli. Al suo fianco aveva riscoperto sensazioni che per altre ragazze non aveva mai sentito veramente. L’esempio più elementare poteva rappresentarlo l’assenza di Grace a scuola. Non importava se poteva andarla a trovare subito dopo le lezioni, Lucas sentiva molto la sua mancanza quando stava in classe a disegnare l’iniziale della sua innamorata, invece che prendere appunti.
Grace strofinò il suo naso contro quello di Lucas, vi posò piccoli bacini e poi lo morse leggermente.
«Dovrei chiamarti mordicchia, lo sai?» replicò lui. «Mi mordi sempre, anche quando lo facciamo. Almeno sono buono?»
«Buonissimo!» rispose Grace prima di scoppiare a ridere e avvinghiarsi al suo corpo. «Non posso fare a meno di te, lo sai.»
«Lo so… e neanche io di te» disse Lucas con voce roca iniziando a baciarle il collo. Era qualcosa che lei adorava, non le dava solamente un gran piacere a livello fisico, ma si sentiva vezzeggiata e coccolata. Lui l’aveva capito, ecco perché lo faceva ogni volta che Grace era di cattivo umore.
«Stiamo diventando troppo smielati, secondo te?» chiese la ragazza, di punto in bianco.
«Beh… almeno non siamo freddi come due ghiaccioli.»
Grace alzò le sopracciglia e mostrò un largo sorriso. «Su questo non c’è dubbio!»
«Che ne dici se prima della fine dell’anno ci prendiamo un week-end di pausa dallo studio per gli esami e andiamo da qualche parte?» propose Lucas.
Era un’idea che da un po’ di tempo gli frullava nella mente, gli sarebbe piaciuto ripetere la piccola vacanza fatta ad Aspen, però solo lui e Grace.
«Suona bene! Sì, facciamolo!»
Lucas mostrò un’espressione sconvolta. «Oh mio Dio, Grace. Non sul divano della nonna!»
«Un giorno ti picchierò talmente forte che non riuscirai ad alzarti dal letto» lo minacciò scherzosamente lei, cominciando a dargli piccole sberle sul sedere e sulle spalle.
Il ragazzo le afferrò i polsi e glieli mise vicino alla testa, Grace finì in trappola come sempre. Era troppo forte per lei, anche se Lucas non ci metteva veramente tanta forza; mai avrebbe voluto farle del male, neanche per scherzo. Osservò in silenzio quegli occhi da furbetta che tanto amava e che ogni giorno gli mostravano il sentimento sincero che Grace provava per lui. Era una verità assoluta che dallo sguardo si percepiva tanto e sicuramente ciò che magari non appariva.
«Rimani per pranzo?»
«Vorrei, ma i due Generali sono a casa» rispose Grace alzando gli occhi al cielo. «Cercherò di scoprire quando andranno a qualche cena, così possiamo programmare.»
«Non c’è problema, amore.»
Gli occhi di Grace si illuminarono, come ogni volta che lui la chiamava con il nome di quel gran sentimento che non tutti avevano la fortuna di conoscere. «Mi piace quando lo dici.»
«Che cosa?»
«Amore» rispose lei con un sorriso da bambina. «È proprio bello quando lo dici.»
«E meno male che non sei sdolcinata!» commentò ironicamente Lucas, riferendosi a qualche conversazione del passato in cui lei gli aveva detto che quelle frasi troppo smielate non facevano per lei.
«Evidentemente mi fai questo effetto.»
«Ne sono contento, perché… sei molto importante per me, Grace» disse Lucas con gran sincerità. Non era una frase fatta, anche se lo poteva sembrare. Era il bello di Lucas e Grace, erano sempre stati sinceri l’uno con l’altra.
Lo sguardo della ragazza capitolò sull’orologio a muro del salotto. Un’espressione triste si dipinse sul suo volto. «Mi sa che devo andare. È quasi ora di cena.»
Lucas si voltò a guardar l’ora, poi si alzò dal divano e le diede una mano a tirarsi su. Viveva male il momento in cui dovevano separarsi. Andarono all’ingresso dove Grace prese la giacca e la borsa.
«Ci vediamo domani mattina?» chiese lei sapendo che quella sera aveva da fare qualche ora al bar.
«Ti scriverò la buonanotte» rispose lui.
Grace lo salutò baciandolo dolcemente sulle labbra e poi uscì da casa sua. Lucas salì le scale per andare in camera sua, pensando di farsi una doccia e cambiarsi d’abito prima che arrivasse la nonna. Tempo di arrivare in cima alle scale e qualcuno suonò al campanello. Sorrise pensando che fosse Grace che voleva farle qualche scherzo. Scese nuovamente le scale e andò ad aprire la porta con slancio, ma il suo sorriso si spense quando vide di chi si trattava e non era la sua innamorata.
«No» sussurrò.
«Ciao fratellino, ti sono mancato?»




Mrs. Montgomery:
Ta-da-daaaaan!
Ve lo avevo detto che presto avreste conosciuto qualche familiare di Lucas, ed eccolo arrivato. Già dal prossimo capitolo scoprirete perchè si trova ad Atlanta e come si muoverà.
Sarà un personaggio che ci terrà compagnia per un bel po' di capitoli: è proprio lui la "burrasca" che - vi ho accennato - sarebbe arrivata. Porterà rivelazioni e sorprese... insomma, non si può mai star tranquilli!
Come sempre vi ringrazio per aver speso il vostro tempo leggendo il nuovo capitolo. Un grazie speciale a chi recensisce e chi inserisce la storia nelle varie categorie <3
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
A presto!

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Capitolo 11
*** Uniti siamo più forti, divisi ci spezziamo ***



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Trailer di Inaspettato Amore


Uniti siamo più forti, divisi ci spezziamo.





Lo sguardo di Lucas aveva perso la limpidezza di tutti i giorni.
Quel pomeriggio, nei suoi occhi c’era un’oscurità che avrebbe fatto paura a chiunque e la causa di quel repentino e terribile cambiamento stava gironzolando per il salotto. Suo fratello era arrivato inaspettatamente ad Atlanta, il motivo era ancora ignoto. Era semplicemente entrato in casa e si era messo ad osservare le foto incorniciate, rimanendo sempre in silenzio. Ogni minuto che passava, l’irrequietezza di Lucas cresceva sempre più. In primis perché la sola presenza di quel fratello, con cui aveva in comune solo il sangue, lo infastidiva parecchio e poi c’era la sorpresa sgradita che, a prescindere, lo rese nervoso. Gli occhi di Lucas non mollarono mai la figura del fratello maggiore, esattamente come gli occhi di un cane da guardia non mollavano chi era appena entrato nel suo territorio.
«Che cosa ci fai qui?»
Lucas decise di rompere il ghiaccio. Voleva arrivare in fretta al punto, per chiudere con la stessa fretta la faccenda.
«Assomiglio veramente tanto a nostro padre!» esclamò l’altro con entusiasmo, indicando una delle tante immagini appese al muro.
«Che cosa ci fai qui?» ripetè Lucas infastidito all’estremo. «Rispondimi!»
Il ragazzo si voltò, mostrando la fronte corrucciata. Scrutò la figura alterata del fratello minore e poi con una calma insopportabile disse: «Calmati che poi ti vengono le rughe e poi non acchiappi più! A proposito, quante giovani donzelle di Atlanta sono già cascate ai tuoi piedi?»
«Non pensare di fregarmi con i tuoi stupidi giri di parole, Rylan!»
L’altro alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente. «Non sei cambiato affatto. È quasi un anno che sei via da casa e sei rimasto il solito noioso. Hai posto una domanda sciocca, tra l’altro.» Rylan camminò per la stanza sapendo di aumentare il fastidio del suo piccolo fratellino. «Perché mai dovrei essere qui se non per te?»
«Risparmiati queste stronzate» lo beccò subito Lucas, puntandogli il dito contro. «Non provare a giocare la parte del fratello perfetto, perché non lo sei e lo sai.»
«Nessuna parte e non sto mentendo, sai che raramente questo rientra tra i miei numerosi pregi» replicò Rylan con un ghigno beffardo stampato sul volto. «Sono qui per te. Voglio portarti a casa.»
Lucas si lasciò scappare una risata colma di sarcasmo. «Se sei veramente qui per questo, mi dispiace per te, ma hai fatto un viaggio a vuoto.»
«Non pensi che ormai sia troppo?»
«Cosa intendi dire?»
Rylan si appoggiò al muro e alzò le spalle, come se la situazione fosse ovvia. «La storia del ragazzo ribelle che scappa dalla famiglia ricca e stronza, funziona fino ad un certo punto. Se volevi dimostrare a nostro padre che eri in grado di cavartela senza i suoi soldi, ci sei riuscito, ma ora è giunto il momento di tornare a casa e riprendere la tua vera vita.»
«Questa è la mia vita ora!» esclamò rabbioso Lucas avvicinandosi repentinamente al fratello maggiore, che non si scompose minimamente. «Non è un gioco come pensi e non ho alcuna intenzione di tornare a casa. Quella non è casa mia, Atlanta lo è!»
Rylan imitò un applauso con fare annoiato. «Ecco il tuo premio, anche se sinceramente dopo questo tuo spettacolino dovrei tirarti le noccioline.»
«Hai fatto un viaggio a vuoto» ripetè Lucas tentando di non perdere la calma.
«Onestamente, fratellino, che futuro pensi di avere senza l’appoggio della nostra famiglia?» continuò Rylan fissandolo intensamente in quello sguardo gemello al suo.
«È qui che ti sbagli» sibilò Lucas accennando ad un sorriso vittorioso. «Sono venuto ad Atlanta per uscire da quel circolo vizioso che non fa altro che sopprimere chi siamo veramente. Nostro padre vuole solamente altre copie di sé stesso per mandare avanti il suo giro di business ed essere sempre al vertice. Ci ha sempre detto che senza di lui non saremmo andati da nessuna parte e, come vedi, si è sbagliato.»
«In un certo senso, sei il suo fallimento più grande.»
«È inutile che provi a farmi sentire in colpa, non mi interessa nulla» replicò Lucas tenendo testa al fratello maggiore. «Ho ricominciato da zero, sì nonna mi ha aiutato dandomi un tetto sulla testa, ma posso garantirti che mi sto guadagnando il suo aiuto. Fin dal primo giorno in cui mi sono trasferito, sono andato alla ricerca di un lavoro. L’ho trovato e, pensa un po’, racimolo abbastanza da contribuire alle spese. Inoltre ho ricevuto una borsa di studio e me la sono sudata. Non ho avuto bisogno del nome di famiglia o altro che provenisse da nostro padre. Se sono arrivato a questo punto è grazie a me e solo me!»
Rylan scosse la testa, per nulla convinto del bel discorso di cui suo fratello andava gran fiero. Poteva ammettere che lo vedeva cresciuto e maturato, gli poteva concedere che si era dato da fare, ma nulla avrebbe potuto cambiare i suoi piani.
«Smettila di vivere di sogni e speranze. Torna a casa.»
«Non esiste alcun sogno. Questa è la realtà» ribattè Lucas sicuro di sé.
«Credici pure, fratellino» gli rispose Rylan con altrettanta sicurezza. «Non riuscirai mai ad andare fino in fondo. Arriverà il momento in cui crollerai e avrai bisogno della tua famiglia. E la tua famiglia sarà pronta a riaccoglierti.»
«Certo che lo farete, per poi rimettermi il guinzaglio al collo!»
«Quanto fai il drammatico!» lo prese in giro l’altro scansandosi dal muro e sorpassando Lucas, il quale aveva i nervi a fior di pelle.
Non sapeva se era peggio la visita di Rylan o quella possibile del padre. Quei due erano fatti della stessa pasta. Esattamente come il famoso proverbio proferiva: tale padre, tale figlio. Non potevano esserci dubbi che fossero consanguinei.
«Me ne vado, ma tornerò stanne certo» disse Rylan afferrando la sua giacca e infilandosela con fare molto elegante.
Lo sguardo assottigliato di Lucas lo seguiva in ogni sua minima mossa, per questo non riusciva a togliersi quel sorriso beffardo dal volto e anche perché sapeva che avrebbe vinto quella battaglia.
Rylan otteneva sempre ciò che voleva.
«Passerò molto prima di quanto tu possa pensare. Ora sei la mia priorità, fratellino.»
Suonava tanto come una promessa, un giuramento solenne, e Lucas sapeva che si trattava proprio di questo. Rylan possedeva numerosi difetti, ma la sincerità era uno dei suoi pochi pregi… per fortuna o sfortuna.
Lucas sperava tanto che, una volta uscito da quella porta, Rylan scomparisse così come tutto quello che riguardava la loro famiglia, ma sarebbe stato un errore rincorrere quella speranza. Il passato l’aveva raggiunto e non se ne sarebbe andato via tanto presto o facilmente. La visita di Rylan era il preludio di una lunga e dura lotta.
Chi sarebbero stati i vincitori e chi i vinti?
Lucas si rinchiuse in camera sua per riflettere o per lo meno rilassarsi dopo quell’infausto incontro. Non pranzò e non rivelò nulla a sua nonna. Quella faccenda sarebbe diventata il suo incubo peggiore, ma non si sarebbe tirato indietro.
Rylan non sarebbe mai riuscito a portarlo via da Atlanta e da Grace. Chiaramente pensò anche a lei, si interrogò infinite volte se dirgli di quella visita poco gradita, e avvertirla su chi fosse suo fratello, oppure rimanere nel silenzio. Più ci pensava e più confermava a sé stesso che la seconda opzione era totalmente insensata. Voleva proteggerla dalla sua famiglia, ma il suo istinto gli gridava a gran voce che tenerla fuori avrebbe solo peggiorato le cose. Grace doveva essere messa al corrente di tutto.
Quella sera, la loro compagnia avrebbe dovuto incontrarsi al pub: Lucas mandò un messaggio a Grace, poco prima di cena, per dirle che doveva parlare con una certa urgenza.
La nonna era uscita per la solita serata del sabato sera con le amiche e quindi sarebbero stati da soli. Ideale per un altro genere di serata, ma comunque comodo per parlar di quella faccenda.
Alle otto in punto, il campanello di casa Turner suonò.
Lucas andò ad aprire con la sua caratteristica tranquillità e quando Grace oltrepassò la porta, parve che in casa fosse entrato un tornado. La ragazza si diresse subito in salotto e si mise comoda, pronta e un po’ nervosa, per ascoltare ciò che doveva dirle.
«Dillo subito così sarà veloce e semi-indolore… come la ceretta.»
Sul viso di Lucas apparve un’espressione confusa, non comprendeva tutta quell’agitazione. Si sedette accanto a lei con calma e fece un bel respiro profondo prima di iniziare la conversazione. «Mio fratello è arrivato in città.»
Grace strabuzzò gli occhi. «Che cosa?!»
«Mio fratello è arrivato in città» ripetè lui.
«Sì, ho capito, ma… era questo che dovevi dirmi?»
«Guarda che è una cosa seria» disse Lucas indispettito per la sua leggerezza.
«Non è così grave come quello a cui pensavo io.»
«Che cos-… a cosa hai pensato, scusa?»
«Onestamente, pensavo che volessi…» Grace gesticolò cercando di fare qualche imitazione che, agli occhi di Lucas, non le uscì tanto bene. «Capito no?»
«Ehm… no» rispose istintivamente, poi fissando quei grandi occhi spaventati gli venne il lampo di genio. «Aspetta un attimo… pensavi che ti volessi lasciare?»
«È la prima cosa che una pensa quando il suo ragazzo le scrive “dobbiamo parlare”.»
Lucas era saturo di tutta la rabbia che provava per suo fratello e per la situazione complicata che si sarebbe creata a causa sua, che per sbaglio si lasciò scappare un ringhio e diede un pugno al tavolino di fronte al divano. Grace sussultò portandosi una mano al petto, non lo aveva mai visto reagire in quella maniera.
«Mi fai incazzare, Grace» sussurrò Lucas voltandosi a guardarla. «Io ci tengo a te, più di qualsiasi altra persona a questo mondo. E… e tu non puoi pensare che io ti potrei lasciare o che non me ne freghi nulla di te! So che non stiamo insieme da molto e che non sei stata fortunata in amore, per questo non ti fidi, ma… ma dannazione!» esclamò prendendola per le spalle e avvicinando i loro visi. «Ti amo, Grace King, e niente mi porterà via da te» e in quel “niente” pensò a Rylan, perché lui voleva portarlo via da Atlanta e quindi portarlo via da lei.
Lucas le mise una mano sulla nuca, l’attirò a sé per baciarla con gran foga. Le voleva far capire che lui era suo, così come lei era sua. Sicuramente il bacio più caldo che si diedero mai, non esprimeva bramosia ma forza: la forza del vero sentimento che abbatté una volta per tutte ogni paura. Quella maledetta insicurezza che, per mano di David, aveva investito la dolce Grace sembrò scomparire del tutto. Non un singolo granello velenoso rimase nel suo cuore e nella sua anima.
Grace si sentì la ragazza più cretina sulla faccia della Terra. Osò dubitare dell’unico che le aveva rivolto quelle due importanti parole con una tale sincerità da poter far invidia a ai protagonisti dei romanzi prediletti di Ted.
«Scusa. Scusami davvero.» Lo abbracciò, stringendolo intensamente a sé. Le stava venendo da piangere al pensiero di quanto era stata stupida. «Non meriti la mia sfiducia. Non mi hai mai mentito e… sono una stupida. Perdonami.»
Lucas le carezzò i capelli e, tenendola tra le sue braccia, le posò un bacio sul suo capo. Nonostante si fosse arrabbiato, non intendeva allontanarla da lui, non dopo averle detto quelle parole: poteva avere qualche difetto, ma era coerente con le sue parole e soprattutto con i suoi sentimenti.
«Grace smettila di farti problemi» le disse prendendole il viso tra le mani. «Ti conosco e so che non l’hai fatto con cattiveria. E se proprio devo prendermela con qualcuno, quello è David. È colpa sua e della sua cattiveria se non riesci a fidarti. Non hai idea di quanto lo vorrei pestare!» esclamò rabbioso alzando un pugno.
La ragazza gli prese le mani ed iniziò a carezzargliele per calmarlo. Ormai capiva quando si innervosiva parecchio. «David è immeritevole di ogni tuo pensiero e sicuramente non devi andarti a sporcare le mani per un essere del genere.»
«David era immeritevole del tuo amore.»
«E invece tu lo meriti» sussurrò Grace.
Quelle parole, proferite con tenerezza, fecero scaturire un sorriso sulle labbra del ragazzo. Era in quei momenti che sentiva di amarla di più. Secondo il ragazzo, Grace possedeva una dolcezza genuina e si sentiva entusiasta ogni volta che era rivolta a lui.
«Appurato il fatto che entrambi ci vogliamo bene, devi raccontarmi ciò per cui mi hai chiamata» disse Grace tornando al punto iniziale della situazione. «Hai detto che tuo fratello è qui?»
Lucas spense il suo sorriso, al ricordo di quella visita sgradita. Sospirò, prima di iniziare a raccontare nei minimi dettagli ciò che era accaduto quel mattino. Come ogni volta che si confidava, Grace rimase in silenzio, attendendo che finisse per fargli ulteriori domande. Comprese subito che si trattava di un argomento delicato e non solo perché riguardava il passato di Lucas, ma perché si ricordava che lui le aveva accennato il mancato rapporto con i fratelli. Durante quella conversazione nominò solo Rylan, siccome era lui il principale protagonista della faccenda del momento. Accennò ai rapporti differenti che loro due avevano con i genitori e di come Rylan somigliasse molto, a livello caratteriale, al padre: Grace non capì difficilmente che si trattava del suo cocco.
«Quindi lui è qui perché vuol portarti a casa» disse la ragazza una volta terminato il lungo discorso.
«Sì, ma gli ho già ripetuto che non ci riuscirà. Può mettere in atto qualsiasi battaglia verbale ed utilizzare tutta la sua furbizia, non riuscirà a farmi tornare a casa.»
Grace notò che nel suo sguardo era riflessa il profondo astio verso la sua famiglia e l’enorme fastidio di quella visita. Conoscendola, ci si aspetterebbe di saperla impaurita dalla possibile partenza di Lucas; sarebbe stata un’altra persona che l’avrebbe abbandonata. E invece Grace non era preoccupata per sé, non lo era affatto. La ragazza era preoccupata per il suo amato, il quale aveva avuto un duro confronto con il suo passato e non sarebbe finita lì.
«Io sono dalla tua parte e se ti servisse una mano in qualsiasi cosa, sappi che su di me puoi contare.»
Lucas abbozzò un sorriso, sapeva che l’avrebbe avuta al suo fianco e averne la certezza lo tirò su di morale.
«Tu cosa hai intenzione di fare?» continuò Grace.
«Io? Proprio niente» rispose lui con non-chalance. «Mio fratello deve mettersi in testa che da qui non me ne andrò. Non ho intenzione di perdere tutto per colpa loro, non ora che sono felice.»
Sembrava un giuramento a sé stesso e, in un certo senso, lo era. Con lo sguardo avanti, carico di determinazione e coraggio per quella che sarebbe stato un lungo periodo di lotta. Sapeva perfettamente con chi aveva a che fare e non avrebbe sottovalutato il nemico.
Grace appoggiò il suo capo sulla spalla di Lucas e con una mano gli carezzò la schiena. Lo sentiva più teso di una corda di violino e questo - chiaramente - le dispiaceva.
Improvvisamente il cellulare della ragazza vibrò, era un messaggio di Natalie:

 

Ciao tesoro!
Noi qui abbiamo cambiato programma e alle undici andiamo in discoteca.
Se cambiate idea anche voi, raggiungeteci.


«Chi è?» domandò Lucas sporgendosi a vedere sul display. Grace gli fece leggere il messaggio. «Tu hai voglia di andarci?»
«Per me è indifferente. Tu cosa vuoi fare?» replicò lei.
Il ragazzo ci pensò e forse un po’ di sano divertimento non gli avrebbe fatto male. Doveva prendere la palla al balzo riguardo le belle occasioni, siccome dubitava che avrebbe passato altri bei momenti a causa della presenza di suo fratello in città.
«Andiamo» rispose Lucas, alzandosi dal divano e tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi a sua volta. «Che dici? Ognuno va a cambiarsi e ci rincontriamo sul vialetto fra un’oretta?»
Grace si trovò d’accordo con la sua proposta e lo salutò, dandogli un bacio e facendogli una carezza. I due si divisero, per andare a scegliersi ognuno il suo completo, e si rincontrarono per strada all’ora stabilita. La ragazza gli disse che era riuscita a convincere sua madre a lasciarla dormire da lui e, per questo, dovevano festeggiare quell’evento sensazionale. Erano occasioni che dovevano sfruttare, le uscite fino a tarda ora o le dormire fuori casa le erano raramente concesse. Partendo da quella notizia, la serata prese una piega migliore e anche Lucas riuscì a rilassarsi.
In poco più di un quarto d’ora, raggiunsero la discoteca che frequentavo solitamente. Ted, Natalie, altri due ragazzi della squadra di football del loro liceo e Sebastian li avevano aspettati all’entrata.
Erano tutti elettrizzati di far festa e l’atmosfera allegra dei suoi amici riuscì a contagiare Lucas, anche se a lui bastava la sola presenza di Grace. Le rimase incollato per tutta la sera, come se fosse il suo punto di forza e, per certo versi, lo era davvero. Lo estasiava vederla ballare in maniera sfrenata sulle note delle loro canzoni preferite. L’amava perché era letteralmente uno spirito libero, non si lamentava mai riguardo a quello che altri facevano, a meno che non veniva tirata di mezzo.
Grace ballò assieme ai suoi amici, ma la maggior parte delle volte prese il suo ragazzo a ballare con lei. Per quanto volesse bene ai membri della sua compagnia, preferiva scatenarsi assieme a Lucas.
Beh… scatenarsi mica tanto, quando quei due ballavano insieme erano talmente appiccicati che le loro guance riuscivano a sfiorarsi. Mai una volta fecero mosse sconce o da divieto ai minori di diciotto anni, anzi erano piuttosto teneri. Si guardavano sempre negli occhi e si ricambiavano quel sorriso da pesce lesso, che solo due veri innamorati potevano mostrare.
Grace teneva sempre le mani dietro al suo collo, così ogni tanto riusciva a infilarli tra i ciuffi corvini che tanto adorava, mentre Lucas la stringeva a sé tenendo le mani sui suoi fianchi, anche se a volte scivolavano un po’ più in basso e allora scoppiavano a ridere.
«Non so cosa farei, se tu non ci fossi» le disse Lucas all’orecchio.
«Probabilmente rideresti di meno, molto di meno» rispose lei ironica.
«Seriamente, Grace. Grazie di esserci.»
La ragazza gli fece una carezza con il dorso della mano e poi si sporse in avanti per baciarlo. Lucas la ringraziava spesso di esserci ed ogni volta era Grace che si sentiva di doverlo ringraziare.
Era stato grazie a lui se aveva superato quel brutto momento causato dalla fuga di Brandon da Atlanta e, specialmente, se era tornata ad amare. Lucas si è sempre mostrato paziente ad ascoltarla quando una giornata le era partita storta per via del pensiero dell’abbandono del gemello. Arrivando a quei giorni, il pensiero di Brandon era ancora presente, ma non come all’inizio e il merito era gran parte dovuto a quel ragazzo dallo sguardo limpido e dolce.
Quella sera rimasero in discoteca fino ad orario di chiusura e, non si sa come, Ted e Sebastian uscirono con delle ghirlande al collo e degli occhiali da sole fosforescenti. Che fossero ubriachi marci non c’era il dubbio, ancora prima di entrare si poteva presupporre che avrebbero concluso così la serata, ma erano talmente euforici che iniziarono a cantare “Maria” di Ricky Martin. I loro amici immaginarono che fosse quella canzone dall’intonazione, siccome dalle parole poco spagnole che biascicavano non si capiva nulla.
«Li porti a casa tu, vero?» domandò Grace a Natalie, mentre stava guardando il loro spettacolino.
«Ovviamente. Ci fermiamo tutti e tre a dormire a casa di Ted, perché i suoi genitori non ci sono.»
«Bene, bene. Invece, i miei mi hanno sorprendentemente concesso di stare da Lucas.»
«Davvero?» Natalie si voltò verso l’amica, strabuzzando gli occhi. «Che giorno è che me lo segno sul calendario?»
Le due scoppiarono a ridere e tornarono a guardare Ted e Sebastian, si erano seduti e a terra a gambe incrociate e si fissavano insistentemente.
«Che stanno facendo?»
«Hanno deciso di fare a gara a chi distoglie lo sguardo per primo» Lucas le raggiunse dopo aver salutato i due componenti della squadra di football del liceo, che se ne stavano andando. «Hanno deciso di battere il record.»
«A quanto erano arrivati l’ultima volta?» chiese Grace.
«Cinque minuti e trentasei secondi.»
Quella sera non batterono il record; volevano tentare una seconda volta, ma Natalie li prese entrambi per le orecchie e, nello stato in cui erano, riuscì a sollevarli da terra.
«Fate i bravi bambini ed entrate in auto!»
Lucas e Grace li guardarono andarsene, cercando di trattenersi dal ridere, e poi si avviarono anche loro verso casa. Durante il breve viaggio parlarono della serata, specialmente di quanto il loro dinamico duo ballò sul cubo e quasi si fecero sbattere fuori per movimenti poco casti. Ted e Sebastian erano veramente due animali da festa, ne combinavano di ogni quando erano insieme e solo il polso fermo di Natalie riusciva a metterli in riga.
«Prima o poi li arresteranno per oltraggio al pudore» rise Grace dando un’occhiata alle foto che quei due mattacchioni avevano fatto con il suo cellulare. Foto che avrebbe stampato e messo a far compagnia a tante altre.
«Se ci pensi, ci sono quasi riusciti il mese scorso» disse Lucas ricordando la loro uscita a Richmond. «Ti ricordi che avevano deciso di fare il bagno nudi nella fontana e Natalie li stava rivestendo mentre io e te cercavano di distrasse il guardiano notturno?»
«Oh, sì! Come dimenticarlo!» esclamò la ragazza iniziando a ridere e non riuscendo più a contenersi.
Erano quelli i momenti di puro divertimento e di leggera pazzia che amava tanto ricordare. Momenti che si sarebbe tenuta a mente anche nella vecchiaia. Conoscendo i suoi migliori amici, non aveva dubbi che ce ne saranno stati tanti altri; per quanto riguardava i guai, quei due avevano un’inventiva fuori dal comune. Grace non si sarebbe stupita se, prima o poi, avrebbero riprodotto realmente una notte da leoni.
Poco prima di parcheggiare l’auto, il cellulare della ragazza vibrò. Era un altro messaggio da parte di Natalie:

 

I nostri eroi stanno beatamente dormendo sul divano.
Durante il viaggio sono stati due angioletti, eccetto quando Ted ha cacciato fuori la testa dal finestrino urlando: Freedom!
Buonanotte e non distruggete il letto!


 

«Oh, sì! Ci daremo proprio dentro, con la nonna che dorme nella stanza accanto» commentò sarcastico Lucas scendendo dall’auto.
Grace ridacchiò, chiudendo la portiera e raggiungendolo. Mano nella mano arrivarono al portico ed entrarono in casa. Si tolsero subito le scarpe, per fare meno rumore possibile soprattutto quando salirono le scale. La camera di Loraine stava veramente affianco a quella del nipote, quindi per parlare dovettero bisbigliare.
«Oh, cavolo!»
«Cosa c’è?» chiese Lucas, vedendo la sua ragazza sbattersi una mano sulla fronte.
«Non ho portato il pigiama!»
Il ragazzo sorrise e alzò gli occhi al cielo, si trattenne dal ridere solo per non svegliare la nonna. «Capirai che grande problema! Ti ho vista nuda tante di quelle volte che dubito ti sconvolga mostrarti in intimo. Sempre se ce l’hai addosso» disse lanciandole un’occhiata maliziosa.
«Certo! Ce l’ho sempre addosso, scemo» replicò lei lanciandogli un cuscino, che venne placcato subito.
Lucas le si avvicinò, mostrando quella gran faccia da furbo che da un po’ non si vedeva. «Stai attenta, sennò stanotte dormi per terra.»
«Ah, davvero?» replicò Grace con aria di sfida. «Intendi farti le coccole da solo? Nessun problema, dormo a terra» si allungò verso il letto per prendere un cuscino e poi fece per mettersi a terra, ma il suo ragazzo la bloccò.
«Ma dove vuoi andare?» chiese lui con tono canzonatorio, afferrandola per la vita e avvicinando i loro visi.
Lucas giocò, fingendo di volerla baciare per poi ritirarsi. Sorrideva beffardamente mentre la osservava irritarsi, esattamente come faceva un gattino a cui era stata spruzzata un po’ d’acqua.
«Provochi, eh?»
«È divertente sai» disse Lucas.
«Sarà divertente anche non farlo per un mese.»
Improvvisamente Lucas riempì di baci il suo viso, facendola scoppiare a ridere. Riuscì a contenerla mettendole una mano sulla bocca. «Sveglierai la nonna» bisbigliò.
«Hai ragione, scusa» sussurrò Grace con una faccia colpevole.
Lucas non potè far a meno di sorriderle, trovandola troppo tenera. «Sarà meglio mettersi a letto» suggerì, indicando il letto con un cenno del capo. «Prendi pure una delle mie magliette e usala come pigiama.»
I due si cambiarono in fretta e poi si misero a letto. Non appena toccarono il comodo materasso, tutta la stanchezza scese addosso a loro. Non avevano dubbi che si sarebbero addormentati in fretta.
«E Natalie pensava pure che stasera l’avremmo fatto» commentò Lucas.
«Stasera va male anche a lei» aggiunse Grace. «Almeno noi siamo sobri. Stanchi, ma sobri.»
«Come sempre, amore mio» disse l’altro, tirandola a sé e dandole un bacio sulla tempia.
Grace si accoccolò a lui, cominciando a fargli qualche carezza sul petto.
«E ma se fai così, mi fai venir voglia!» esclamò il ragazzo.
Lei si tappò subito la bocca per non far risuonare la sua grossa risata per tutta la casa. Lucas ebbe più autocontrollo e si limitò a guardarla, sorridendo soddisfatto.
«Se la metti così, non ti tocco più!» gli disse una volta ripreso l’autocontrollo. E si voltò dandogli la schiena.
«E credi che questo mi crei problemi?» chiese Lucas divertito dalla situazione. L’attirò a sé appoggiando il petto contro la sua schiena e il capo nell’incavo del collo di Grace. «Ti tocco io, molto volentieri» sussurrò contro la sua calda pelle.
La ragazza amava dormire con lui, lo trovava quasi meglio che fare l’amore. Si addormentava con la sua voce nell’orecchio e le sue braccia che la stringevano, e si risvegliava nella stessa identica maniera. Grace che temeva l’abbandono, tra le braccia di Lucas si sentiva veramente protetta e stava senza alcun pensiero negativo.
Il mattino successivo, il risveglio non poteva che essere dei migliori. Entrambi si alzarono dal letto spensierati e con un gran sorriso sulle labbra; avrebbero preferito dormire ancora, ma era quasi mezzogiorno e volevano farsi trovare pronti per scendere a pranzo. Sebbene Loraine non fosse pretenziosa, era giusto nei suoi confronti. Lucas e Grace calcolarono ciò che dovevano fare per riuscire a fare tutto ed essere puntuali, ma persero un po’ di tempo quando andarono a far la doccia insieme: praticamente passarono tutto il tempo lì. Non poteva esserci alcun dubbio che, quando scesero per andare in cucina, dovessero essere piuttosto allegri.
Stavano proprio scendendo l’ultimo gradino della scalinata, quando la voce di Loraine chiamò entrambi. La coppia oltrepassò la soglia dell’arco che divideva il corridoio e non riuscirono a fare un altro passò che si bloccarono.
«Guardate chi è venuto a farci visita!»
La figura d’adone di Rylan si levò dalla poltrona, facendo capitolare il suo sottile sguardo sul fratello minore. Grace si ritrovò a sua volta faccia a faccia con la persona che tanto era detestata dal suo amore e sembrò trasformarsi in una statua di ghiaccio quando si rese conto che non sarebbe stato il loro primo incontro. Rylan era Kristopher, il ragazzo che aveva incontrato la mattina prima al bar di Jim e con cui aveva chiacchierato tranquillamente su Princeton. Solo in quel momento comprese la sua sensazione nel ritrovare molti aspetti di Lucas in quello che sarebbe stato meglio fosse rimasto uno sconosciuto. Preferì tacere e rimanere ad osservare la situazione.
«Non vieni a salutare il tuo fratellone?» domandò Rylan, cominciando a provocare suo fratello, facendo la voce grossa.
Lucas non aveva ancora compreso che gioco stesse facendo e, per non crear fastidio a sua nonna, andò da lui e gli battè una pacca sulla spalla, tutto con molta freddezza. Quell’improvvisata gli stava dando molto fastidio e gliene avrebbe dato di più quando avrebbe scoperto che ci aveva semi-provato con la sua ragazza.
«E tu…» continuò Rylan spostando lo sguardo su Grace e riconoscendola a sua volta. «Tu sei la famosa ragazza, che sta rendendo il mio fratellino tanto felice, di cui mia nonna mi stava parlando. Che buffo il caso!» Sui volti di Lucas e di Loraine comparì la perplessità e il ragazzo era pronto a dar spiegazioni. «Io e lei, ci siamo già conosciuti. È stato ieri, in quel delizioso bar. Era destino che ci incontrassimo, Graziella
«A quanto pare è così, Kristopher» rispose lei a tono.
«Conosci il suo secondo nome?» chiese la nonna.
«Colpa mia!» Rylan rise, prendendo in mano la situazione. «Ero talmente stanco dal viaggio che ho omesso il mio nome di battesimo. Ma in fondo, che problema c’è? Kristopher è un così bel nome!» poi si avvicinò a Grace, tentando alla pazienza di Lucas che sembrava un leone pronto a balzare per sbranare la sua preda. «Cara cognata, pensi di potermi perdonare per questo piccolo malinteso?»
«Come non farlo?» replicò lei mostrando un sorriso per pura gentilezza.
Maledì il caso, il destino o qualsiasi altra grande forza che muoveva gli eventi, per averli fatti incontrare.
Sfiga, pensò Grace, dev’essere quella.
La ragazza osservò Lucas con la coda dell’occhio e lo vide concentrato sul fratello; il suo fastidio era palese, come l’esistenza del sole.
«Ora che ci siamo presentati e salutati, andiamo a mangiare?» continuò Rylan battendo le mani, poi si avvicinò a Loraine e la prese sotto braccio. «Nonnina, non vedo l’ora di assaggiare il tuo stufato.»
La presenza del ragazzo a pranzo non potè che peggiorare l’umore di Lucas ed iniziò a render tesa anche Grace, che inconsapevolmente si era ritrovata in mezzo a quella faccenda. L’unico lato positivo di quel pranzo fu che lo passarono nel completo silenzio, sicuramente era molto meglio che dover assistere a qualche furibonda litigata. Lucas aveva accennato a qualche aneddoto riguardo alle liti che erano avvenute nella sua famiglia, alle orecchie di Grace fu tutto sbalorditivo, dal momento che mai aveva vissuto un’esperienza simile.
Durante quell’indimenticabile pranzo, lo sguardo di Grace balzò da Lucas, a Rylan, alla nonna. Loraine sembrava alquanto pensierosa, per tutto il tempo tenne gli occhi sul suo piatto, anche quelle rare volte in cui porgeva innocue domande. Lucas sprizzava tensione da tutti i pori e non toccò cibo, caso assai strano.
Ciò che diede fastidio a Grace fu il sorriso beffardo che Rylan non si tolse da quando era entrato in casa. Era chiaro che mostrasse quella spavalderia per innervosire suo fratello, ma per fortuna Lucas si trattenne dal commentare.
La ragazza temeva che da un momento all’altro gli saltassero i nervi o dicesse qualcosa di sconveniente che avrebbe rovinato quella fantomatica atmosfera pacifica.
«Grace, ora che abbiamo una certa confidenza, non farti problemi a chiedermi consigli o aiuto riguardo Princeton.» Chi poteva aver parlato se non Rylan, con un tono troppo amichevole per i gusti di tutti.
«Ti ringrazio, lo prenderò in considerazione… anche se non credo che abbiamo così tanta confidenza.»
«Suvvia, ormai fai parte della famiglia. Comprendo che cinque mesi ti appaia come poco tempo, ma se non ricordo male, le altre “ragazze” ti Lucas sono durate molto meno. Quindi ritieniti speciale» disse cercando di fare il simpatico e strizzando l’occhio nella direzione del fratello.
«Grace è una cara ragazza e finchè lei e Lucas staranno bene, ben venga» intervenne Loraine.
«Certamente!» esclamò Rylan mostrandosi d’accordo. «È ovvio che potrebbe non durare per sempre, ma se vogliamo attenerci ai prognostici delle relazioni passate del mio fratellino, sappi che sei su una buona strada.»
Lucas serrò la mano a pugno, sotto al tavolo, e la strinse forte. Sapeva benissimo dove Rylan voleva andare a parare, capì subito che il suo gioco era di metterlo in cattiva luce di fronte a Grace. La sua strategia non passò inosservata neanche di fronte alla ragazza, che appena vide lo stato umorale del suo amato, allungò una mano sul pugno ed iniziò a massaggiarlo. Doveva rilassarsi o prima della fine del pranzo sarebbe saltato.
«Sì, Lucas mi ha raccontato qualcosa riguardo le sue ex» mentì Grace, mostrandosi piuttosto tranquilla, così da eludere la mossa successiva del caro cognato. «Non è stato molto fortunato, aggiungerei "come me", ma non mi importa più di tanto. Ora lui sta con me e ciò che è accaduto nel passato di entrambi ha zero importanza.»
Lo sguardo di Lucas si incrociò a quello di Grace e lei fu sollevata di veder appianarsi il suo nervosismo. Senza contare che era soddisfatta di averlo aiutato con quel infingardo di Rylan, che in tutti i modi avrebbe provato a metterlo in difficoltà.
«Sei proprio una brava ragazza» commentò quest’ultimo fissandola in maniera insistente. «Forse riuscirai a metterlo sulla buona strada.»
«Su questo dubito di poter dare una mano, visto che Lucas non potrebbe comportarsi meglio. E intendo in maniera generale, non solo con me» ribattè Grace con calma.
Rylan parve battere in ritirata e si astenne dal commentare. Il pranzo proseguì nel silenzio, ma sul viso di Lucas scomparve qualche ruga nervosa. Vedere che Grace aveva tenuto testa a suo fratello, era qualcosa che gli migliorò l’intera giornata, anche perché l’aveva difeso a spada tratta. Non avevano mai parlato di ex ragazze, se non qualche brevissimo accenno, eppure lei non si era lasciata condizionare.
Sentirsi difeso lo rese appagato e vittorioso!
Per fortuna Rylan non si trattenne dopo il dessert e dopo aver ringraziato sua nonna, venne accompagnato alla porta da Lucas, il quale voleva talmente assicurarsi che se ne andasse da condurlo fino alla sua auto.
«Quanta gentilezza, in fondo lo sapevo che mi volevi bene.»
«Non è gentilezza, è assicurarsi che tu vada via» replicò Lucas.
«Me ne vado, me ne vado… stai tranquillo!» esclamò battendogli una pacca sulla spalla, mentre il fratello minore lo continuava a fulminare con lo sguardo. «Tornerò e lo sai che accadrà. Ribadisco ciò che ho detto ieri, ti riporterò a casa e lo farò, in un modo o nell’altro.»
«E io ti ripeto, credici.»
Rylan sfornò quel suo ghigno malevolo. «Continua a vivere nel tuo mondo delle favole e goditi la tua principessa finchè puoi. Tornerai a Chicago, ti ho dato la mia parola che ci sarei riuscito e… sai che io mantengo sempre ciò che dico.»
«Capita a tutti di fallire.»
«Non a me» sibilò il maggiore dei Turner.
«Staremo a vedere.»
Lucas e Rylan si lanciarono sguardi carichi di determinazione, non servì proferir ulteriori parole per dichiararsi ufficialmente guerra. Sebbene fossero due persone completamente diverse, entrambi non avevano la minima intenzione di desistere nei loro intenti e avrebbero combattuto per raggiungere i loro obiettivi. Rylan era un tornado di fuoco, pronto a fare terra bruciata attorno al fratello, ma Lucas era quell’acqua cheta che si stava levando e, come uno tsunami, avrebbe raso al suolo la perfidia del suo nemico.
«Se vuoi rimanere per quella Grace, sappi che sei più stupido di quanto già non penso che tu sia» disse Rylan poco prima di salire in auto. «Credi veramente che, quando andrà all’università, non se ne troverà un altro?»
Lucas fece uno scatto repentino verso il fratello e gli arrivò a pochi centimetri dal viso. «Non parlare di lei.»
«Oh! Suppongo proprio di aver trovato il tuo punto debole» disse l’altro con aria soddisfatta.
Sempre più convinto di avere la vittoria in pugno, Rylan salì in auto e partì, lasciando la loro lotta in sospeso. Lucas non distolse lo sguardo dall’auto, fino a quando non lo vide scomparire all’orizzonte. Non era uno sciocco, ovviamente temeva le strategie e il gioco sporco che Rylan avrebbe utilizzato. Lo conosceva bene, sapeva che non lo doveva assolutamente sottovalutare. Era brutto da pensare e persino da dire, ma Rylan era un pitone. Si avvicinava lentamente alla sua preda e prima che essa se ne accorgeva, veniva soffocata.
Lucas sospirò profondamente, sarebbe stata un’ardua battaglia, ma non si sarebbe tirato indietro. Rientrò in casa con aria stanca e nervosa, cercò subito Grace con lo sguardo e la trovò sul divano. Rimase ad osservarla per qualche attimo prima di raggiungerla, la vedeva pensierosa e non si stupì più di tanto.
«Se ne è andato.» Lucas si lasciò cadere sul divano e si passò una mano sul viso.
«E vorresti che me ne vada anche io?»
«Tu vorresti andartene?»
La ragazza gli spostò qualche ciuffo ribelle, abbozzando un sorriso per via della tenerezza che provava. «Io voglio solo aiutarti.»
«Allora stai con me» disse Lucas tirandola a sé per abbracciarla. Affondò il viso tra i suoi capelli e ne odorò il profumo dello shampoo che avevano usato quel mattino. «Grazie per quello che hai fatto oggi, a pranzo.»
«E di che?» replicò lei affettuosa. «Ti ho promesso che sarei stata al tuo fianco, sei il mio ragazzo e ti amo. Non permetterò a Rylan di portarti via… a meno che non sia tu a volerlo veramente.»
«E come potrei volerlo?» domandò Lucas sciogliendo quell’abbraccio, per guardare il suo viso. Istintivamente le baciò quelle guance leggermente paffutelle e quelle fossette appena accennate di cui non poteva far a meno. «Non mi porterà via da te. Scusa se oggi sono stato un po’ freddo…»
«Per favore, non scusarti di nulla» lo fermò Grace, posandogli due dita sulle labbra. «Sicuramente non posso capire perfettamente cosa provi, perché non ho mai vissuto qualcosa del genere, però posso provare a comprenderti e aiutarti a superare questo momento. Posso solo immaginare quanto sia difficile per te e ti prometto che non ti sarò mai d’impiccio.»
Lucas le sorrise dolcemente. «Ti fai sempre troppi problemi, piccola Grace.»
«Oh! Ma piccola cosa?» scoppiò a ridere lei, puntellandogli il petto con le dita.
Lucas le afferrò entrambe le mani e le mise dietro alla sua schiena, così da avvicinarla a sé e schioccarle un bacio sulle labbra. Grace lo rendeva felice, era da quando l’aveva incontrata che la luce era entrata lentamente nella sua vita. Non riusciva proprio a pensare a lasciarla, perdendo i bei momenti che ancora dovevano viversi insieme. L’amava con tutto sé stesso, eguale era la misura dei loro sentimenti.
«Visto che effetto mi fai?» le fece notare lui. «Rylan non mi porterà via dall’unica vera gioia della mia vita.» Gli occhi di Grace si illuminarono per quella dichiarazione a cuore aperto. Si emozionava sempre moltissimo quando lo sentiva parlar così di lei. «Rylan non farà proprio un bel niente, non temere. Mi sono costruito una vita qui e non gli permetterò di distruggerla.»
«E io sono con te» affermò Grace posando una mano su quelle congiunte del suo ragazzo.



Mrs. Montgomery:

Come molte di voi supponevano, Kristopher è il fratello di Lucas. Il suo vero nome è Rylan, il fatto di presentarsi con il secondo nome è un aspetto che ora potrà sembrarvi una scemenza, ma avrà rilevanza in seguito e al momento giusto capirete.
Ad ogni modo, questo personaggio si sta già muovendo per mettere i bastoni fra le ruote al protagonista e presto ci saranno altri coinvolti sia nel bene sia nel male.
I momenti belli non sono finiti, ma capirete che per Lucas e Grace arriverà questo gran temporale e il titolo del capitolo fa loro da riferimento: se staranno uniti potranno cavarsela, nel momento in cui si divideranno sarà finita per entrambi.
Questo verrà meglio affrontato nel prossimo capitolo che riserverà un grosso colpo di scena.
Grazie mille come sempre a tutti per aver letto e recensito!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
A presto!


 

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Capitolo 12
*** Verità che scottano ***



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Trailer di Inaspettato Amore


Verità che scottano

 


Le lezioni di quella mattina sembravano non terminare più. L’atmosfera era talmente spenta che tutta la classe era sul punto di addormentarsi da un momento all’altro. Non c’era stato neanche un momento veramente interessante, inoltre il fatto che fuori piovesse a dirotto rendeva il tutto ancora più noioso.
Dal canto suo, Grace non riuscì nemmeno a stare attenta alla lezione di Spagnolo, che era una delle sue materie preferite.
Passò tutto il tempo a scarabocchiare su quello che - in teoria - doveva essere il suo foglio degli appunti. Inoltre Lucas era a casa con l’influenza e il non vederlo, non poteva che calarle l’umore anche se fosse stato buono.
Niente, quella mattina era tutto una gran rottura di scatole.
L’unica lezione che sembrò destare l’attenzione minima di Grace fu Inglese, ma solo perché trattavano di un argomento che le era sempre interessato.
Forse quella era stata veramente l’unica lezione a cui si mostrò interessata, però durante quell’ora accadde qualcosa che un po’ la turbò. Voltando lo sguardo ogni tanto, aveva notato che Ted le stava lanciando strane occhiate. Non capì a cosa fossero riferite, arrivò persino a prendere lo specchietto e fissarsi dentro per vedere se aveva qualcosa in faccia, ma niente, il suo aspetto era quello di sempre. Alzò le spalle e pensò che qualsiasi cosa si trattasse, l’avrebbe scoperta presto. In fondo, Ted era incapace di raccontarle bugie.
Il suono della campanella fece tirar un sospiro di sollievo a tutti quanti, era ora di pranzo e finalmente potevano prendersi una lunga pausa prima delle attività del pomeriggio.
Grace prese i suoi libri e, prima di andare in mensa, andò a metterli nel suo armadietto. Non le servivano nell’immediato, se li sarebbe ripresi quando avrebbe dovuto studiare.
Tempo di chiudere l’armadietto e voltarsi che si ritrovò Ted a pochi metri da lei, con lo sguardo fisso sulla sua figura. Appena il ragazzo se ne accorse, abbassò lo gli occhi e provò a fare retrofront, ma Grace con uno scatto lo bloccò e gli si parò davanti.
Gli sorrise beffarda, pronta a metterlo con le spalle al muro. «Che cosa mi nascondi, Teddy Bear?»
«Io nascondere? Cosa, a te? Niente!» disse talmente velocemente che era quasi incomprensibile.
La sua voce somigliava al verso di qualche insetto, più che un insieme di parole.
«Sappi che il tuo corpo ha riprodotto involontariamente quel tic che mi mostra ogni volta che dici una bugia.»
«Mannaggia!»
Grace tentò di nascondere il suo sorriso soddisfatto, mise le braccia conserte e si appoggiò al muro. «Sputa il rospo. Che succede?»
«Sappi che io non avevo la minima intenzione di dirti nulla, perché non mi piace intromettermi nelle questioni personali degli altri e lo sai» cominciò Ted sfregandosi le mani sulle gambe, da quanto era nervoso. Rimase in silenzio e si guardò attorno, titubante, però sapeva che ormai non poteva che raccontare la verità. «Io ho saputo che, quando stava a Chicago, Lucas è… è stato buttato fuori dal un locale perché aveva fatto rissa. Il punto è che non è stato tirato in mezzo, è stato proprio lui a causarla e sappi che quello che si è fatto più male è stato l’altro.»
A Grace venne quasi da ridere, le pareva impossibile ciò che aveva appena udito. Poteva aspettarsi tanto altro, ma che Lucas scatenasse una rissa proprio no; in coppia, tra i due, era lei quella più pimpante. Fu la serietà di Ted a lasciarla basita, era completamente senza parole e non credeva a nulla.
«E sentiamo, chi ti ha raccontato una cosa del genere?»
«Questo non ha una grande rilevanza, al momento. Stai solo attenta.»
«Fai sul serio?» domandò lei iniziando ad innervosirsi e non poco. «Hai cinque secondi per dirmi che si tratta di uno scherzo.»
«Mi piacerebbe, te lo giuro, ma ciò che ti ho raccontato è la verità. Chiediglielo tu stessa.»
«Lo farò» rispose duramente Grace. «Dimmi chi ti ha riferito una cosa del genere.»
«Non posso.»
«Sì che puoi e lo farai, perché non puoi nascondermi il portatore di tale stronzata!»
Ted fissò le iridi glaciali della sua migliore amica. Quel genere di situazioni non gli piacevano per nulla, era stato tirato in mezzo a qualcosa che avrebbe preferito evitare. Odiava aver segreti con Grace e stare in una posizione del genere con lei, soprattutto perché era conscio che la ragazza portava rancore a lungo tempo.
«Promettimi che non urlerai e non picchierai qualcuno.»
«Non ho mai picchiato nessuno.»
«È della prima volta che mi preoccupo» rispose Ted conoscendo il temperamento vulcanico che lei possedeva quando si infuriava. «Dì quel nome, forza!»
«Kelly» rispose rapido il ragazzo, come se confessarlo gli recasse dolore. «È stata Kelly a raccontarmi questo.»
Grace rimase impassibile e ciò non era un buon segno. Inclinò il capo verso di lui e, con lo sguardo leggermente assottigliato, disse: «E per quale ragione lei ti avrebbe detto una cosa del genere? Soprattutto, dove lo ha scoperto?»
«Ehm… lei sta uscendo con il fratello di Lucas, quello appena arrivato» rivelò Ted ingenuamente, facendo scattare sull’attenti la sua migliore amica. «Stai attenta a Lucas, non vorrei mai che durante un litigio alzasse le mani. Ci sono tante storie d’amore che finiscono in questa maniera o peggio…»
«Basta così!» Grace alzò la mano stizzita e si trattenne dal dire miliardi di esclamazioni volgari. «Non c’è nulla di cui preoccuparsi e ti chiedo, per favore, di non tirar più fuori questa faccenda.»
«Va bene, ma…»
«Niente “ma”, Theodore…»
La conversazione venne interrotta dall’arrivo improvviso di Natalie, che con la sua spensieratezza riuscì ad appianare l’atmosfera tesa.
Grace e Ted sembrarono capaci di recitare la parte e tutto il nervosismo passò inosservato agli occhi dell’altra ragazza. In un batter d’occhio, tutti e tre raggiunsero la mensa scolastica e a turno andarono a prendersi il cibo che veniva servito. Sebastian era arrivato un po’ prima e tenne loro un tavolo libero, dove poi si riunirono tutti e dove giunse anche Kelly.
Grace cercò di sedersi il più lontano possibile, preferiva tenere il minimo contatto verbale con lei, sapeva bene che la sua pazienza non avrebbe avuto lunga durata.
Rimase in silenzio il più possibile, spiccicò qualche parola solamente se proprio era obbligata. In quell’interminabile mezz’ora avrebbe voluto chiudersi la bocca con una zip o - ancor meglio - chiudersela a chiave e buttarla via. Si stupì di aver così tanta resistenza nel sopportare quella ragazza tanto frivola quanto impicciona.
I rapporti tra loro non erano migliorati, si salutavano per cortesia e per la stessa cortesia si rivolgevano qualche parola. Ted provò a fare da intermediario, ma le sue buone intenzioni di mettere pace non funzionarono granchè, a malapena vennero apprezzate.
«Dov’è Lucas? Oggi non l’ho proprio visto in giro!»
L’unica persona che doveva starsene zitta a riguardo, non riuscì proprio a trattenersi.
«Ha l’influenza» rispose Grace seccata.
«Stai calma. Ho solo fatto una domanda» replicò Kelly con tono altrettanto infastidito.
«Beh, potevi evitare.»
Quei piccoli botta e risposta parevano proprio il preludio di una furibonda litigata, specialmente per i soggetti che erano coinvolti. Kelly aveva ancora legato al dito lo schiaffo della sua nuova inimicizia, mentre Grace era arrabbiata per ciò che aveva detto a Ted riguardo a Lucas. In primis perché credeva fossero solamente delle menzogne e poi perché non doveva impicciarsi in affari che non le competevano.
Ovviamente immaginava ci fosse lo zampino di Rylan, durante la settimana precedente era ancora andato da Lucas per ribadirgli le sue intenzioni e, come sempre, Lucas gli aveva tenuto testa: non se ne sarebbe andato da Atlanta.
«Per caso, stamattina hai fatto colazione con latte e accidia?»
Grace inarcò un sopracciglio, alzando lo sguardo su di lei, era pronta a replicare. «E tu con pane e ignoranza?»
Il viso di Kelly divenne paonazzo tutto in un momento. Serrò le labbra e gonfiò le guance, parendo di dover prendere aria, si portò la mano chiusa a pugno alla bocca. Cercò di trattenere la calma e prese un lungo respiro profondo prima di affrontare Grace che tanto avrebbe voluto prendere a schiaffi.
«Carina, abbassa le arie che se sei sull’orlo di un esaurimento sono solo fatti tuoi.»
«Saranno fatti di chi me lo sta procurando con le sue cazzate!»
«Ti riferisci a qualcuno in particolare?» domandò Kelly sporgendosi verso di lei.
«Hai la coda di paglia?»
Kelly guardò gli altri con l’aria di chi stava beatamente cascando dalla pianta di fico. Sul suo viso c’era un’espressione tanto ingenua che pareva surreale, ma conoscendo le sue manie di protagonismo, tutto era nella norma.
«Che cosa ti avrei mai fatto?» chiese con voce acuta.
«Hai sparato una marea di cazzate su Lucas!»
Kelly si voltò di scatto verso Ted, che in quel momento avrebbe voluto solamente sotterrarsi. Sebastian e Natalie spostarono lo sguardo su tutti e tre, non avendo la minima idea di cosa stessero parlando.
«Stai attenta a Rylan, non è una brava persona e, per quanto possa essere seccante, non meriti di essere usata per i suoi scopi» continuò Grace.
Non aveva alcun dubbio che il suo caro cognatino la stesse usando per crear problemi a Lucas, in caso contrario non le avrebbe detto quelle orribili cose e per quanto Kelly potesse essere trovata interessante, sotto punti di vista a lei incomprensibili, di certo un uomo di Chicago non si fidanzava con una ragazza di Atlanta.
«E chi sarebbe una brava persona? Lucas?» la canzonò Kelly iniziando quella che sarebbe stata una lunga e brutale discussione. «Stai attenta tu a chi ti scalda il letto. Almeno Rylan non è stato arrestato per atti violenti in pubblico, al contrario del tuo angioletto.»
Sebastian corrugò la fronte, sperando di aver capito male. «E con questo cosa vorresti dire?»
«Intendo dire che Grace dovrebbe guardare oltre la punta del suo naso e rendersi conto di che persona si è scelta» rispose Kelly stizzita. In quel momento possedeva una tale sicurezza, che sarebbe stato difficile non credere alle sue parole. «Ciò che la poverina e voi non sapete è che Lucas non può ritenersi una buona compagnia. Qualsiasi cosa vi abbia detto sul perché si trovi qui ad Atlanta è una bugia. I problemi con i suoi genitori li aveva… ma perché se li era creati lui. Rylan mi ha raccontato quanto nell’ultimo anno li avesse fatti disperare con le sue scorribande.»
«Cosa intendi per “scorribande”?» domandò Natalie, stando ben attenta al discorso.
«Beh… ciò che so io non sono altro che episodi di un lungo periodo di quel problematico ragazzo.» Kelly incrociò le braccia al petto e si mise bella comoda, con l’aria soddisfatta di chi stava per raccontare la storia del secolo. Aveva gli occhi e l’attenzione di tutti su di sé, praticamente il sogno di una vita che si stava realizzando. «È il responsabile di un paio di risse al pub, tra cui per una lo hanno portato alla centrale di Polizia per come era conciato. Una volta ha distrutto la vetrata di un negozio, tirandoci contro un mattone, e per questo ha una piccola cicatrice sulla mandibola. Poi Rylan mi ha raccontato che anche a scuola ha causato problemi ad un suo compagno di corso, ma non mi ha spiegato cosa di preciso. Oh… e una volta ha incendiato un cassonetto» raccontò ciò che si ricordava dalle chiacchierate con il suo nuovo ragazzo trofeo. «Un disastro dietro l’altro, i signori Turner non sapevano più cosa fare ed è comprensibile. A qualunque genitore si spezzerebbe il cuore nel vedere un figlio comportarsi in quella maniera, dopo che gli hai dato tutto. Sì, perché, dovete sapere che la loro famiglia è molto benestante e avendo quell’atteggiamento ha messo in difficoltà tutti.»
Ted, Sebastian e Natalie rimasero completamente senza parole.
Era stata una rivelazione alquanto sofferta, mai si sarebbero aspettati, neanche lontanamente o andando al largo con la fantasia, di scoprire un fatto così sconcertante su un loro amico che mai aveva mostrato un comportamento quanto descritto.
Kelly si dilungò per altri minuti, narrando per bene l’episodio in cui Lucas avevano scatenato una rissa. Le sue parole erano le medesime uscite dalla bocca di Rylan e fecero altro che mettere il ragazzo, protagonista di quelle brutte vicende, in una posizione scomoda agli occhi dei suoi amici.
Di fronte a quello spettacolo, Grace se ne rimase in silenzio, ad ascoltare, come tutti. Lo sguardo era fisso sul viso di Kelly, che in dieci minuti mantenne la stessa espressione di trionfo.
Trionfo per cosa?
Per aver messo a disagio Grace?
Per essersi presa una rivincita su Lucas?
O semplicemente per dar da mangiare al suo ego e star al centro dell’attenzione?
Con quella ragazza era difficile porre una giusta domanda e ricevere una non-deludente risposta. Grace si tormentò poco sugli obiettivi di Kelly Mitchell, ciò che però la infastidiva erano la serie di commenti poco gentili che quell’oca rifilava al suo ragazzo, credendo unicamente alle parole di Rylan.
Inoltre, come avevano fatto quei due a conoscersi?
E proprio tra loro doveva scoccare la scintilla?
Curioso e irritante come il destino avesse fatto incontrare due persone dalla mente così sottile per creare quella burrasca che non stava avvolgendo solo Lucas, ma che aveva tirato in ballo anche Grace.
«Sarà il caso di uscire sempre in gruppo, così se accadrà qualcosa del genere, rimarremmo tutti uniti e nessuno si farà del male» commentò Ted con una tale serietà che attirò subito l’attenzione di Grace.
«Se accadrà qualcosa del genere?» sussurrò lei, fissando il ragazzo incredula. «Credi a tutto ciò che ha detto lei?»
La ragazza fu colpita dall’amarezza e si chiese come poteva, il suo miglior amico, credere a quelle malignità, delle quali non aveva dubbio fossero assolutamente infondate.
Lucas non aveva mai fatto trasparire un comportamento violento o al limite della maleducazione, mai una volta da quando lo conoscevano. Non lo stavano frequentando da cinque minuti, ma da otto mesi!
Chiunque possedesse un temperamento così malevolo o aggressivo, non riusciva a nasconderlo così a lungo. C’erano state varie occasioni in cui Lucas avrebbe potuto mostrarlo, ad esempio Sebastian e Ted avevano sfiorato una rissa a causa di un malinteso con un ubriaco, ma Lucas non aveva fatto altro che calmare le acque affrontando la situazione con tranquillità. Era stato grazie a lui se quei due simpatici mascalzoni non le presero di santa ragione.
«La verità brucia, eh?» la provocò Kelly.
«Lo vuoi proprio un altro schiaffo?» saettò Grace.
«Tu e Lucas vi siete proprio trovati.»
L’altra ragazza era pronta a saltarle addosso, come un ghepardo sulla sua preda. Per fortuna Sebastian la fermò, prendendola delicatamente per il gomito.
Kelly si alzò dal tavolo, prendendo il suo vassoio, pronta ad andarsene: aveva fatto abbastanza per essere soddisfatta. Scoccò un ultimo sguardo su Grace e, dopo aver abbozzato un leggero sorriso beffardo, se ne andò.
Grace rimase in piedi a fissarla; i suoi occhi non si staccarono dalla figura di Kelly, fino a quando quest’ultima non abbandonò la mensa. Sentì le mani di Sebastian toccarle le spalle.
«Stai calma.»
«Facile dirlo quando non si è personalmente colpiti da tale cattiveria» disse Grace tornando a sedersi. La fronte corrugata e il modo in cui gesticolava animatamente, indicavano bene il suo nervosismo.
E come biasimarla?
Lei non aveva dubbi sulla buona fede di Lucas e non credette a nessuna delle maldicenze udite, nonostante ciò non poteva reagire con tranquillità a tutto ciò.
«Capisco che tu sia innamorata, ma non avere una cieca fiducia su di lui» disse Ted, facendo attenzione a soppesare le sue parole.
«E tu non puoi crederle incondizionatamente!» replicò Grace, con molta meno calma.
«Guarda che se ti dico questo, non è per farti arrabbiare, ma per farti riflettere come fa un buon amico…»
«Un buon amico, dici?»
«Sì, Grace!» le rispose a tono, forse per la prima volta in quattordici anni d’amicizia. «Ti voglio bene e intendo proteggerti se tu corressi qualsiasi pericolo.»
«E per questo te ne sarei grata… se corressi veramente un pericolo» precisò Grace, non avendo la minima intenzione di mollare la presa. «Non comprendo proprio perche credi a Kelly.»
«Me lo domando anche io» commentò Natalie.
«Kelly… Kelly non è così perfida come credete» disse schioccando un’occhiata ad entrambe le ragazze. «In realtà, dietro quella sua maschera da persona frivola, e forse un po’ altezzosa, si nasconde una buona persona. Lei stessa mi ha confessato che è preoccupata per te, nonostante sia ancora arrabbiata per il vostro forte diverbio con tanto di schiaffo. Non mi avrebbe raccontato un bel niente se non temesse che Lucas possa farti del male.»
Negli occhi di Ted era riflessa la convinzione delle sue parole, lui stava agendo per il bene e su quello non poteva esserci dubbio alcuno.
Ciò che stava preoccupando Natalie e Grace, le quali si lanciarono un’occhiata perplessa nel medesimo momento, era proprio quella fiducia incondizionata che Ted provava per Kelly. Non erano gelose, bensì preoccupate perché il ragazzo pendeva dalle labbra di quella serpe.
Ted era una persona stupenda: sempre disponibile, generoso, geniale e pieno di inventiva. Il suo unico difetto era proprio quello di prendere ogni sua opinione per oro colato.
«Sentimi bene» cominciò Grace, cercando di starsene il più calma possibile «preferisco abbandonare questo assurdo argomento e non riparlarne mai più. Rispetto l’amicizia che condividi con Kelly e non metto bocca sul vostro rapporto, quindi gradirei che tu facessi lo stesso su me e Lucas.» Ted sembrava voler ribattere, ma la ragazza lo fermò immediatamente. «Capisco la tua preoccupazione e ne sono contenta, ma evita di dire un’altra parola su Lucas.»
Proferite quelle ultime parole, Grace si alzò, salutò i suoi amici e se ne andò dalla mensa pochi attimi prima che suonasse la campanella. Quel pomeriggio aveva solamente un’ora di lezione e, per lo stato emotivo in cui stava, era più che abbastanza.
Non le piaceva discutere con Ted, specialmente se l’argomento tirato in ballo era proprio quel ragazzo che l’aveva riportata a star meglio.
Rifletté tutto il tempo sulle parole di Kelly, anche su quelle del suo migliore amico, e più pensava a quello che doveva esser un’amara scoperta più le sembrava assurdo. Non avrebbe creduto ad una singola parola nemmeno se fosse stata presente a quelle scene vandaliche descritte da Kelly. Rifiutava con tutta sé stessa di credere a quelle idiozie, per lo più se erano originate da Rylan.
Quando Lucas le parlò del fratello maggiore, credette che poteva essere un perfetto esemplare di uomo stronzo, ma non fino a quel punto. Screditare il fratello in quella maniera, era stato squallido.
Era talmente nervosa che sperava di non incontrare il caro cognato o sarebbe stata capace di mettergli le mani addosso.
Ecco!
Era più facile credere che lei potesse avere un comportamento aggressivo, Grace stessa ammetteva di essere molto impulsiva quando si arrabbiava e per i suoi amici era una verità riconosciuta.
Quel pomeriggio doveva incontrarsi con Lucas per dargli i compiti e portargli gli appunti delle lezioni che si era perso. Promise a sé stessa di non tirar fuori l’argomento: già aveva l’influenza, dicendogli cosa era saltato fuori lo avrebbe solamente innervosito e fatto star peggio.
Andò da lui subito dopo scuola. Lucas le aprì la porta col sorriso sulle labbra e se ne andarono subito in camera per starsene più comodi. Non erano soli in casa, Loraine era in salotto indaffarata con qualche suo lavoro di ricamo. Grace la salutò e poi seguì il ragazzo al piano superiore, si fiondarono sotto le coperte per starsene al calduccio. Fuori pioveva ancora, le temperature si erano abbassate e probabilmente se non avessero iniziato a chiacchierare, si sarebbero appisolati.
«Sebastian mi ha detto che stasera vanno a guardare la partita al pub, vai anche tu?» domandò Lucas.
«Uhm… non ne ho tanta voglia. Oggi è stata una giornata noiosissima, molto pesante, credo che andrò anche a dormire presto.»
«È successo qualcosa in particolare?»
«No, no» mentì Grace, mostrando mezzo sorriso. «Tu, invece, hai qualche novità?»
Lucas non fece in tempo a rispondere che il suo cellulare squillò. Si allungò verso il comodino e lo prese, rispondendo senza nemmeno guardare di chi si trattasse.
«Pronto?»
«Guarito, fratellino?»
«Rylan» sibilò il ragazzo, attirando lo sguardo di Grace. «Che cosa vuoi?»
«Non essere così scorbutico, mi sto interessando della sua salute. So che hai l’influenza.»
Il tono di scherno che suo fratello era solito usare, non potè che innervosire ancor di più Lucas. «Senti, non ho tempo da dedicarti. Quindi»
«Non dirmi che ho interrotto qualche tête-à-tête con la tua dolce Grace. Sono desolato, porgi le mie umili scuse anche a lei.»
«Ma vaf-»
«Spero di non averti creato problemi con lei. Sicuramente sapere ciò che è successo a Chicago, deve averla lasciata senza parole.»
«Di che cosa stai parlando?»
«Non ti ha ancora detto niente?» replicò Rylan con tono beffardo. «Grace ha saputo di alcune delle tue performance, come quando hai scatenato la rissa da BJ. Forse ha preso bene questo tuo lato, siccome so che nemmeno lei è tanto un angioletto.»
Lucas si mise a sedere sul letto e volse le spalle a Grace, la quale era preoccupata per ciò che Rylan avrebbe potuto dirgli.
«Ti ho già avvertito. Non permetterti di dire qualcosa su di lei!»
«Non scaldarti che poi ti trasformi nell’incredibile Hulk» lo derise Rylan. «Passa una buona giornata e… a presto.»
Gli chiuse il cellulare in faccia, lasciandolo con una gran voglia di assestargli un bel destro su quella sua faccia da sberle. Lucas sapeva che sarebbe stata un’ardua lotta, ma non avrebbe mai voluto che Grace venisse tirata in mezzo.
E, a proposito di lei, che cosa sapeva?
In quel momento, la ragazza se ne stava in silenzio, in attesa che lui raccontasse quale altra cattiveria gli avesse inflitto il perfido fratello.
Lucas sospirò pesantemente, prima di voltarsi e affrontare la verità. Vide gli occhioni di Grace fissarlo, quasi con paura, ma la vera paura l’aveva lui.
Era lui quello spaventato per ciò che poteva sapere la ragazza di cui era innamorato. Non sapeva né come iniziare l’argomento e né come affrontarlo. Lentamente tutto stava venendo a galla.
«Sicura che oggi non sia successo niente?»
«Cosa sarebbe dovuto accadere?» replicò Grace con tranquillità.
«Rylan mi ha detto che… che sai… che ti hanno detto…» neanche riusciva a dirlo.
«Non aggiungere altro» disse lei sventolando una mano. «Non ho creduto ad una singola parola.»
Per Lucas fu un colpo al cuore udire quelle parole cariche di fiducia e sicurezza. Era trasparente la sua credibilità nei confronti del ragazzo, sarebbe stata disposta a mettere una mano sul fuoco e probabilmente avrebbe ricevuto una bella scottatura. Nello sguardo di Lucas si fece largo la sua colpevolezza e il suo silenzio non potè che mettere in discussione le certezze di Grace.
«Che cosa è successo oggi?»
La ragazza tentennò per qualche attimo, sperò tanto che il suo istinto si stesse sbagliando e che lui non le avrebbe confermato ciò che le avevano detto. Per quanto gli voleva bene, sarebbe stato un boccone amaro da digerire e non perché significava che Kelly aveva ragione, ma perché ciò avrebbe creato dei problemi di fiducia. Alla fine prese un bel respiro profondo e si preparò ad affrontare il discorso, prima ne avrebbero parlato e meglio sarebbe stato.
«A quanto pare, tuo fratello frequenta Kelly Mitchell e stamattina lei si è messa a raccontare qualche storia su di te. Si è dilettata nel dirci di come tu abbia scatenato una rissa e non so quanto sia andata di fantasia quando ha detto che hai incendiato un cassonetto e rotto la vetrina di un negozio.»
«Poco» disse Lucas.
«Che cosa?»
«È andata poco di fantasia… cioè, la vetrata non l’ho rotta io, è stato un incidente» rispose il ragazzo con voce flebile. Teneva lo sguardo basso, si stava vergognando moltissimo. «Riguardo alla rissa, beh… non so cosa ti ha raccontato di preciso. Non l’ho proprio scatenata, mi sono solo difeso e… e ammetto di aver esagerato. Ero nel pieno della diatriba con i miei genitori e ogni cosa mi innervosiva. Non sono riuscito a controllarmi e, all’ennesima provocazione, ho ceduto.»
Lucas andò avanti a raccontare quell’episodio che voleva dimenticare, non andava fiero delle sue azioni, però essendo con le spalle al muro non poteva che dire come erano andata veramente la vicenda. La sua posizione non migliorava, non c’era molta differenza con ciò che Kelly raccontò, anzi era tutto uguale.
Grace rimase ad ascoltarlo, cercando di metabolizzare il tutto.
Le parole del ragazzo le stavano impregnando la mente, era come se lentamente venissero scolpite nella pietra così da impedirle di scordare. Le sembrava impossibile che fosse tutto vero. Non c’era nessun inganno o malvagio intrigo.
Kelly e Rylan erano stati portatori di un’amara verità che Lucas stesso stava confessando senza girarci troppo attorno.
Grace congiunse le mani, portandosele alla bocca, era completamente senza parole e si sentiva tanto confusa. Persino dopo che Lucas finì di raccontarle altre sue disavventure, lei non riuscì a spiccicare parola.
Non sapeva se mostrarsi sollevata che - secondo quanto lui affermava - la vetrata del negozio era stata rotta da un suo amico ubriaco e lui si prese la colpa per far infuriare suo padre. Oppure doveva esser sollevata che anche il cassonetto incendiato fu un incidente, una sigaretta mal spenta che ne causò la distruzione. Si prese pienamente la colpa della rissa e ammise che venne portato alla centrale di Polizia.
A cosa doveva pensare Grace?
«Credo si sia fatto un po’ tardi» disse, interrompendo il lungo silenzio che c’era stato tra loro.
La ragazza scivolò via dal letto, si rimise le scarpe e afferrò la borsa pronta ad andarsene.
Lucas le si avvicinò, il suo viso somigliava parecchio a quello di un cane bastonato. Lo metteva in ansia non saper a costa lei stesse pensando, aveva detestato ogni attimo di quel silenzio incessante, ma non poteva neanche biasimarla. Pur avendole spiegato meglio come erano andati i fatti, l’atmosfera carica di tensione non calò.
«Allora… ci sentiamo.»
«Certo» rispose Grace.
I due si salutarono con un abbraccio che non possedeva un pizzico di calore. Tra loro era calato il gelo; tutto era freddo quanto l’aria che si era levata all’esterno. Tutto sembrava essersi raffreddato e la cosa peggiore era che non stava soffrendo una persona sola, sia Lucas sia Grace erano tristi per quella situazione ed entrambi si sentivano impotenti.
La ragazza lasciò quella casa e non appena mise piede sul marciapiede, si voltò lanciando un’occhiata all’abitazione e non potendo che domandarsi se ci sarebbe tornata.
Con un sospiro attraversò la strada e andò dritta a casa sua. Si rifugiò in camera sua, come in ogni momento in cui il suo umore stava a terra. Buttandosi sul letto, si mise a fissare il soffitto bianco, come in cerca di qualche risposta. Nella mente di Grace si susseguivano le parole di Lucas, mischiate a quelle di Kelly.
In tutta onestà non sapeva a cosa pensare, era talmente stanca che preferì chiudere gli occhi e sperare di addormentarsi presto. Spense il cellulare per non essere disturbata.
Riuscì a rilassarsi per qualche ora, ma quando si svegliò venne catapultata nella realtà e l’unica cosa che poteva fare era quella di alzarsi e reagire.
Reagire a cosa, ancora non lo sapeva.
La testa le pesava da tutta quella confusione che si aggirava in lei.
Uscì dalla sua camera solo per cenare con i suoi genitori e stranamente provò entusiasmo nell’ascoltare i loro brevi discorsi sugli affari del proprio lavoro. Ma una volta finito di mangiare, tornò in camera e si rinchiuse in essa.
Era come se lì nessuno potesse nuocerle e al contempo fosse racchiuso tutto il suo malcontento. Praticamente passava molto tempo in quella stanza solo quando era di pessimo umore.
Dal momento che aveva spento il cellulare, Natalie e Sebastian passarono da casa sua per chiederle se voleva unirsi a loro e andare al pub a guardare la partita. Ovviamente il “guardare la partita” era solo un pretesto per stare tutti in compagnia. Grace li ringraziò, ma disse che si sentiva stanca e, senza aggiungere altro, augurò loro di divertirsi.
Forse sarebbe stato meglio se si fosse unita a loro, ma Grace si conosceva bene e quando era di pessimo umore, era anche di pessima compagnia. Andò a farsi una lunga doccia calda per rilassarsi, poi si mise subito a letto e tentò di guardare un film sul pc, ma il sonno la colse prima della fine.
Il giorno dopo il suo umore non mutò. Fortunatamente era sabato e non c’erano lezioni, si fece una bella dormita e solamente dopo essersi preparata per affrontare quel nuovo giorno, si ricordò di accendere il cellulare.
Trovò un messaggio in segreteria di Sebastian, due messaggi da parte di Natalie e uno da parte di Lucas che le chiedeva semplicemente cosa avrebbe fatto quel giorno.
Grace prese un bel respiro e meditò bene sulla risposta:

Scusami, ma mi sono appena svegliata.
Credo che oggi studierò per il test di storia di martedì e poi devo uscire per fare una commissione a mia madre.
Come va l’influenza?

Tempo di pochi minuti e il cellulare vibrò.

Ho ancora un po’ di raffreddore, ma almeno non ho più la tosse. Passi tu stasera o vuoi che venga io?

Grace rispose velocemente:

Ti faccio sapere nel pomeriggio, ok?

Va bene.


Grace sospirò, pensando che non stava per niente andando bene.
Era più che certa che Lucas avesse percepito la sua inquietudine, dopo averle raccontato quegli sprazzi del suo passato. La ragazza era un libro aperto per quanto riguardava le sue emozioni e ormai aveva imparato a conoscerla. Ma lei non ci poteva fare un bel niente!
Quella era stata la sua reazione di fronte alle nuove scoperte e sì, non ne era tanto contenta. Ciò non significava che gli voleva meno bene o che lo avrebbe lasciato, però non poteva far a meno di pensare che si trovavano ad un punto in cui dovevano andare avanti, oppure… oppure sarebbe stato quel che sarebbe stato.
Scosse la testa e cercò di concentrarsi su altro.
Prese il materiale per prepararsi al test di spagnolo e lo portò in salotto, dove avrebbe studiato dopo aver pranzato velocemente. Per una volta, lo studio l’avrebbe aiutata ad allontanarsi dai suoi problemi e ringraziò anche sua madre per averle chiesto di andare dal fiorista a ritirarle un’ordinazione.
Solitamente era molto pigra per questo genere di compiti, ma quel sabato avrebbe fatto di tutto per aver la mente orientata altrove.
Quindi studiò per metà pomeriggio e poi uscì di casa per andare in centro a fare quella commissione.
Sebbene non fosse un’amante dei fiori, le piaceva entrare nel negozio della signora Stevenson: era tutto posto in maniera ordinata e non c’era quel profumo, alle volte opprimente, che creavano le piante. Nell’aria c’era sempre un aroma delicato, che rilassava qualunque persona ci mettesse piede.
Inoltre le composizioni floreali, che la proprietaria e il suo staff creavano, erano veramente deliziose. Non erano mai eccentriche o troppo pompose, ma possedevano quell’eleganza che saltava all’occhio. Grace aveva una predilezione per quelle che preparavano per le feste nazionali.
«Salve, sono qui per ritirare l’ordinazione di Josie King» disse avvicinandosi al bancone.
La commessa controllò sul suo computer e poi le sorrise. «Vado subito a prendergliela. Ci vorranno pochi attimi.»
«Non si preoccupi.»
«Grace!» sentì alle sue spalle.
La ragazza si voltò e osservò l’alta figura di Sebastian venirle in contro, possedeva un largo sorriso sulle labbra.
«Scusami ancora per quel messaggio in segreteria, ero abbastanza ubriaco.»
«Non preoccuparti» disse lei, abbozzando un sorriso divertito e ricordando le tante assurdità che si era messo a dirle durante una notte di divertimento. «Fatto festone ieri sera?»
«Come solo tu puoi immaginare e pensa che la nostra squadra ha anche perso, che disdetta!»
«Sì, ma un motivo per bere lo trovate sempre.»
«Ovviamente! E sai bene che se a quest’ora non sono ancora nel letto, significa che non ho dato il meglio di me!» esclamò Sebastian, con la sua solita vena allegra. «Tu, piuttosto, va tutto bene?»
«Cosa dovrebbe andare storto?»
«Ne ho una vaga idea, ma di supposizioni non mi è mai piaciuto vivere. Quindi vado dritto al punto, sei ancora scossa per quello che ha detto ieri Kelly?»
E lì l’espressione spensierata, che il viso di Grace aveva assunto poco prima, si spense. La risposta per l’amico fu piuttosto ovvia.
«Non badare a lei. È abbastanza semplice capire che ha detto quelle cose per farti infuriare e crear problemi tra te e Lucas. Credo che non le sia mai andato giù che tu avessi attirato la sua attenzione.»
«È quello che ho pensato, fino a quando non ho scoperto che ciò che ha detto è tutto vero e non frutto della sua stronzaggine.»
Sebastian aggrottò la fronte «Che cosa?!»
La ragazza annuì, seria: «Sì, tutto ciò che ha detto è vero. Quasi tutto.»
«Stai scherzando, vero?»
«Mi piacerebbe molto, credimi.»
Sebastian rimase a bocca asciutta e sul suo viso apparvero una moltitudine di espressioni confuse. Era più interdetto di lei, alla conferma di tutto. «Mi vuoi veramente far credere che il nostro amico… cioè il mio amico e il tuo ragazzo, in realtà sia un vandalo attacca brighe?!» domandò mettendo le mani sui fianchi. «No, è impossibile.»
«E invece è tutto vero. Lucas stesso mi ha raccontato ciò che Kelly ci ha beatamente sbattuto in faccia. Lui dice che la maggior parte di quelle cose sono accadute perché voleva provocare i suoi genitori, eccetto per la rissa. Mi ha detto che lì ha ceduto all’impulsività dopo esser stato provocato.»
«Mi sembra tutto troppo surreale e non lo dico per te, ma perché veramente è quello che penso» disse Sebastian, perplesso sulla faccenda. «Non per essere presuntuoso, ma credo di essere stato il primo con cui Lucas ha fatto amicizia e siamo veramente molto legati. Sappi che gli voglio bene, come se fosse sangue del mio sangue, come se fosse mio fratello. Mi ha raccontato i problemi che ha avuto in famiglia, perché credo si sentisse simile a me riguardo la trascuratezza che noi cosiddetti “figli di papà” condividiamo. So che aveva fatto qualcosa per provocare suo padre, ma non gli ho mai chiesto che cosa perché sinceramente credo che il passato debba rimanere lì dov’è.»
Grace mise le braccia conserte, pronta ad ascoltare i discorso che Sebastian sembrava intenzionato a farle. Nonostante la sua vanità, il ragazzo era trasparente come le acque del lago più puro. Non avrebbe mai avuto dubbi sulla sua sincerità. In quel momento, era disposta ad ascoltare solo lui.
«Posso passare per quello di parte, ma onestamente credo che non si possa mai giudicare una persona per il suo passato. Il presente è ciò che conta e Lucas non ha mai causato male a persone o cose, qui ad Atlanta. Anzi, credo che abbia dimostrato il suo valore sia a scuola sia nel cercarsi un lavoro per non pesare su sua nonna» disse Sebastian con molta sicurezza. «Credo che tutti possiamo sbagliare, ma la vita ci da anche occasioni per rimediare e sta a noi coglierle. Grazie al cielo, a Lucas è stata concessa questa possibilità e non c’è giorno che non la sfrutti. Al pub lavora sodo, a scuola da il massimo e quando esce con noi, tocca di rado una goccia d’alcol. Ora non sto dicendo che sia un santo, però non ci ha mai causato qualcosa di male per farci pensare il peggio di lui, o sbaglio?»
«No, hai ragione.»
«Spero davvero che la pensi così» affermò Sebastian, fissandola dritta negli occhi.
Non ci teneva a farle quel discorso perché voleva aiutare il suo migliore amico, anzi lo stava facendo per lei. Era amico di Grace prima dell’arrivo di Lucas, le voleva bene e se poteva far qualcosa per evitare che soffrisse, l’avrebbe fatto. Sebastian non avrebbe avuto alcun tornaconto, semplicemente faceva ciò che sentiva giusto fare. Tutto ciò che stava dicendo a Grace era frutto dei suoi reali pensieri riguardo quella situazione, niente più e niente meno.
«Posso comprendere che tu ti sia sentita… beh… diciamo che non ti sarai sentita al settimo cielo, però pensa a tutto ciò che Lucas ti ha portato. Grazie a lui, sei tornata a sorridere. Non voglio fare il sentimentalista, sai bene che non lo sono così tanto, però ciò che è giusto dire lo dico!»
Grace abbozzò un sorriso intenerito, fissò quelle iridi smeraldine che riflettevano la bontà di quel suo buon amico. L’aveva sempre ammirato come persona, perché spesso e volentieri pensava al bene altrui più che al suo. Sebastian stesso ammetteva che aiutare gli altri lo faceva star bene.
«Lucas è completamente innamorato di te e non farebbe mai nulla per ferirti. Sono alquanto certo che tu provi gli stessi sentimenti, quindi ti prego di fare lo stesso.»
«E se fosse troppo tardi?» domandò Grace con un fil di voce e gli occhi lucidi.
«Non è mai troppo tardi.»
«Sei troppo positivo.»
«E tu troppo pessimista» rispose Sebastian con un leggero sorriso. Si avvicinò di più e le passò il pollice sulla lacrima solitaria che le stava rigando la guancia. «Cosa vi siete detti quando vi siete parlati?»
«Niente, è proprio questo il punto» rispose Grace, riprendendo il controllo delle sue emozioni. «Lui mi ha confessato che ciò che Kelly ci ha raccontato era vero e… e io poco dopo sono andata via. È stato tutto molto freddo... io sono stata troppo fredda, detesto quel lato di me, ma non potevo sprizzare gioia dopo ciò che avevo saputo.»
«Tutto qui?»
«S-sì.»
«Prima di tutto, non incolparti per il tuo comportamento perché potevi fare di peggio e lo sappiamo bene entrambi» disse Sebastian, alludendo al suo carattere impulsivo che spesso la portava a reazioni troppo istintive, di cui poi poteva pentirsi. «Inoltre credo che Lucas non sia così stupido da non capire quanto potesse esser difficile per te scoprire tutte quelle cose in una volta sola e sentite da altri invece che da lui» continuò, cercando di trasmetterle un po’ della sua positività. «Vai da lui e parlagli di come ti senti, specificando che non lo vuoi mollare… sai, non solo voi donne vi fate le paranoie» le fece l’occhiolino facendola sorridere.
«Credi che sia sufficiente per farmi perdonare?»
«Lucas non è permaloso e non così stupido. La sua flemma è pari a quella di un bradipo e non ti dico che fatica fargli capire che era veramente interessato a te, però tutto sommato possiede un po’ di materia grigia.»
Grace rise, scuotendo il capo. La genuina spensieratezza di Sebastian le era proprio servita. Grazie a lui, aveva una diversa prospettiva della situazione.
«Sei il mio angelo» gli disse con affetto.
«Penso proprio di rivestire molti ruoli nella tua vita e del signor addormentato» rise l’altro.
«Sai, forse mi è venuta un’idea. Mi dai una mano?»
Sebastian mostrò un largo sorriso. «E lo chiedi anche?»
Grace non era certa che avrebbe funzionato, ciò però non la fece desistere dal provarci. Era umana e aveva commesso un errore, poteva porvi rimedio e voleva farlo in ogni maniera possibile.
Forse se non fosse stato per Sebastian, la situazione sarebbe stata alquanto diversa. Il ragazzo l’aveva fatta ragionare, ponendole i pro e i contro, si era comportato da buon amico e lei lo aveva apprezzato molto. Era una persona di cui difficilmente avrebbe mai potuto fare a meno, perché aveva sempre la risposta giusta al momento giusto. Non poteva che essere fiera di avere la sua amicizia e il suo affetto.
In casi di difficoltà, non era solita a domandare aiuto, ma se proprio avesse dovuto scegliere qualcuno, probabilmente la sua scelta sarebbe ricaduta sul prode Sebastian. Con la sua buona fede e vivida sincerità, il ragazzo si era acquistato la cieca fiducia di Grace; era un fatto più unico che raro e lui ne era ben conscio.
I due amici portarono a termine le commissioni affidate dalle proprie madri e poi si ritrovarono a casa di Sebastian per realizzare la sorpresa che Grace aveva ideato.
Lei era alquanto emozionata e un po’ nervosa. Ciò che aveva programmato non le era mai passato per l’anticamera del cervello, non che fosse male come idea, ma non apparteneva decisamente al suo stile.
Se qualcuno gliel’avesse suggerita in passato, Grace l’avrebbe definita come qualcosa di troppo smielato e da film romantico, ma in quel momento le veniva dal cuore e si sa, in moltissimi casi seguire il cuore era la via migliore.
Era ormai calato il sole, quando Sebastian rallentò l’auto all’avvicinarsi del vialetto della casa di Lucas.
Oltre ad aver vestito metaforicamente i panni di Cupido, Dio dell’amore, ormai era diventato il complice perfetto per ogni piano inerente a quel forte sentimento che, prima o poi, avrebbe provato anche lui. Sebbene nella compagnia fosse ancora l’unico single, non gli pesava quella situazione. Se doveva essere onesto, si divertiva parecchio ad essere tirato in mezzo nelle faccende dei suoi migliori amici.
«Dammi l’in bocca al lupo.»
«Non ti servirà» rispose l’altro abbozzando un sorriso sincero. «Vai e fai il tuo dovere, figlia dell’amour.»
Grace volse uno sguardo verso la casa e prese un lungo respiro profondo. Mai prima di quel momento si era trovata così nervosa. Pregò che andasse bene. La ragazza si voltò nuovamente verso quel caro amico, che già in passato aveva dato una mano a lei e Lucas a farsi avanti e confessare i propri sentimenti.
«Grazie» gli disse carezzandogli una spalla e poi scese dall’auto.
Si guardò attorno, certa di non farsi vedere da nessuno, ma soprattutto che Lucas non la vedesse. Sorpassò lo steccato bianco ed entrò nel giardino, andando dritta dove c’era la finestra della camera di Lucas. Sorrise, vedendo la luce accesa e sospirò, sperando di non aver commesso un errore troppo grande di quanto pensasse.
«O la va, o la spacca!» disse, cercando di infondersi coraggio.
Mise a terra la borsa, tirò fuori un lungo lenzuolo che stese a terra e poi delle candele che accese per far luce. Era talmente nervosa che le tremavano le mani, non avrebbe mai potuto usare la scusa del freddo dal momento che c’erano la bellezza di 20 gradi.
Quando si alzò da terra, mise le mano nella tasca dei jeans e prese i sassolini: era ben organizzata per l’occasione.
Corrugò la fronte e sorrise stupidamente, pensando a quanto tutto ricalcasse una scena da film romantico. Iniziò con il primo tiro alla finestra di Lucas, beccò il muro. Andò per il secondo, il terzo, il quarto, il quinto… niente, la calma più totale.
Grace presuppose che poteva essere andato a farsi una doccia o era in giro per casa e aveva lasciato la luce della camera accesa.
Scosse la testa, sbuffando.
La pazienza non rientrava fra le sue virtù.
Poi, ad un tratto, vide un’ombra avvicinarsi alla finestra e più veloce di Flash, Grace andò a nascondersi dietro ad un cespuglio.
Osservò Lucas aprire la finestra e guardare ciò che aveva fatto per lui.
Furono interminabili i secondi in cui attese di vedere la sua reazione: l’avrebbe trovata una bambinata? Troppo smielata? O era troppo arrabbiato per apprezzarlo?
E invece un sorriso si dipinse sulle labbra rosee del ragazzo e un’espressione commossa si impadronì del suo viso.
«Ti piace?» chiese Grace uscendo lentamente dal suo nascondiglio.
Lucas posò lo sguardo su di lei e poi rientrò velocemente in casa. Neanche il tempo di fantasticare su ciò che doveva aver pensato, che il ragazzo la raggiunse il giardino. Con un leggero vento che gli scompigliava i capelli corvini, si avvicinò al lenzuolo e con le labbra mimò ciò che Grace aveva scritto: Perdonami!
«L’hai fatto veramente per me?» chiese come a darsi conferma che fosse tutto vero e non un sogno.
Grace annuì, non riuscendo a trattenere un sorriso. In men che non si dica si ritrovò tra le braccia di quel ragazzo tanto innamorato, quanto lo era lei.
«Quindi sono perdonata?»
Lucas le prese il viso tra le mani e le diede un lungo bacio. Se proprio doveva essere onesto, non se l’era presa per quel che era accaduto quel pomeriggio, non con lei almeno. Per brevi istanti fu pervaso dalla rabbia per Rylan, era a causa sua se Grace aveva scoperto quei fatti del suo passato che nemmeno lui voleva ricordare. La rabbia passò, quando capì che se proprio qualcuno doveva essere al centro dei suoi pensieri, quello non poteva essere Rylan. Era Grace a dargli il buon umore, il solo pensiero del suo sorriso o di quel modo di fare alle volte strampalato e originale.
«Lo prenderò come un sì» sussurrò la ragazza ridendo.
Lucas osservò quello sguardo raggiante, le spostò una ciocca bionda dal viso e le carezzò una guancia. «Mi dispiace per quello che hai saputo.»
«Dispiace a me di essermi bloccata a ciò che ormai non conta più. So che persona sei e non mi interessa del passato.»
«Amo il tuo modo di pensare.»
«Io amo il fatto che abbiamo un amico che sa usare le parole giuste» disse attirando lo sguardo interrogativo del suo ragazzo. «Sebastian mi ha aiutato a riflettere senza che gli dicessi una singola parola riguardo a ciò che è successo. Credo che lui sia il nostro angelo custode.»
«E solamente quello deve essere.»
Grace alzò le sopracciglia e sorrise furba. «Non dirmi che sei veramente geloso di lui.»
«Amore mio, io sono geloso di chiunque ti stia a meno di un metro da te.»
«Ma di Ted non sei mai stato geloso.»
«Sì, perché Ted… Ted è Ted.»
La ragazza scoppiò a ridere e poi gli saltò in braccio, cingendo le gambe attorno alla sua vita. Era troppo contenta che tutto si fosse sistemato. Unì le loro bocche per baciarlo con passione, avendo la certezza che superata quella burrasca, nulla più poteva dividerli.
Lucas la strinse a sé, baciandola con altrettanta passione. Il suo cuore batteva talmente forte che pensò gli sarebbe uscito dal petto. Se doveva essere onesto, credeva che entrò pochi giorni si sarebbero lasciati e invece Grace era tornata da lui. Si sentiva più che sollevato, avrebbe potuto toccare il cielo con un dito. Con lei al suo fianco, si sentiva capace di qualunque cosa, ma soprattutto la cattiveria di Rylan o di chiunque gli volesse male non aveva nuociuto.
«Tu non immagini quanto io sia felice» sussurrò contro le labbra della ragazza. «Non mi sarei mai aspettato tutto questo e lo devo a te. Sei ciò che di più caro ho al mondo e, credimi, ho avuto tanta paura di perderti per ciò che avevi saputo.»
«Ti avevo promesso che ti sarei sempre stato accanto e io mantengo la mia parola.» Grace gli carezzò i capelli ribelli e gli stampò un bacio sulle labbra.
«Sei meravigliosa.»
E mentre i due innamorati si goderono il loro riavvicinamento, qualcuno nell’ombra li stava osservando con aria guardinga.
Rylan appostato non molto lontano con la sua costosa auto, stava studiando ogni loro mossa. Chiaramente la ritrovata felicità del fratello non lo rese affatto contento. Il piano che aveva ideato era proprio quello di dividerlo da Grace, così sarebbe stato più semplice piegarlo e convincerlo a tornare a Chicago. Difficilmente lasciava perdere qualcosa e non si sarebbe fermato al primo ostacolo. Augurò al fratellino di godersi quegli ultimi momenti con tutto sé stesso, dato che sarebbero stati gli ultimi. Continuò a guardarli, li vide prendersi per mano ed entrare in casa. Ghignò, sapendo che non aveva affatto perso. Sarebbe stata una lunga guerra ed era certo che ne sarebbe uscito lui da glorioso vincitore.
Perdere, non apparteneva al suo vocabolario.
Allungò una mano sul sedile accanto e prese in mano una foto, la quale non era stata scattata che meno di tre giorni prima. Ritraeva un ragazzo prestante e dallo sguardo profondo che da tempo mancava da Atlanta. Lui sarebbe stato l’asso nella manica di Rylan.
Il fratello maggiore di Lucas non aveva alcun dubbio che presto la vittoria sarebbe stata sua.



Mrs. Montgomery:
Eccomi tornata!
Come vi avevo detto, Rylan proverà in tutti i modi a mettere nei guai Lucas e adesso il suo piano è rivolto verso Grace.
In questo capitolo vi ho mostrato altro sul passato di Lucas e penso che non sareste mai aspettate ciò che avete letto.
Nel prossimo capitolo accadranno un po' di cosucce che metteranno in luce un lato di Grace mai incontrato fino ad ora - perchè non c'era la necessità - e vedrete fino a dove si spingerà Rylan che ora ha Kelly come alleata.
Sappiate che Rylan rimarrà con noi fino alla fine, quindi aspettatevi di tutto da questo personaggio che vi sorprenderà!
Grazie per aver letto, per chi recensisce e chi ha inserito la storia nelle varie categorie :)
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

 

 

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Capitolo 13
*** Questa ragazza è un problema ***



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Questa ragazza è un problema


 

La burrasca creata appositamente da Rylan e da Kelly, la sua nuova complice del crimine, era solamente un vago ricordo.
La riconciliazione, aveva portato Lucas e Grace ad essere più uniti di prima: del resto se qualcosa non distruggeva, non poteva che rendere più forte. I due innamorati ostentavano il loro saldo legame a chiunque avesse provato a metterlo in discussione. Avrebbero impedito a chiunque di mettere zizzania, lasciavano agli altri le loro opinioni e non prestarono ascolto alle voci maligne che Kelly aveva sparso. Non che avessero avuto chissà quale effetto, Kelly non era apprezzata da molti e questo era un colpo a favore di Lucas e Grace.
I loro amici non poterono che essere felici per loro, anche se sfortunatamente Ted sembrava esser ancora influenzato dalle parole della Discordia.
Il rapporto tra lui e Lucas divenne molto freddo, a dispiacere di Grace che però mai si intromise.
Era solita a lasciar le persone libere di prendere le loro decisioni e se Ted preferiva mantenersi distaccato da Lucas, così sarebbe stato. Ormai tra quei due era ormai fatto solo di saluti di cortesia e risposte nell’egual maniera. Per la tranquillità della compagnia, cercavano di evitare qualsiasi occhiataccia o frecciatina.
Natalie e Sebastian, invece, si comportarono come al solito, fiduciosi della buona fede di Lucas e attenendosi solamente al comportamento che lui aveva tenuto nei loro riguardi da quando era entrato a far parte della compagnia.
Per fortuna, non ricevettero altre notizie o visite sgradite da parte di Rylan. Arrivarono addirittura a pensare che se ne fosse andato, ma quando lo videro ad una serata al pub assieme a Kelly, il loro sogno svanì.
Sia Lucas sia Grace immaginarono che stesse tramando qualcosa, ma di qualsiasi cosa si trattasse erano alquanto certi che sarebbero riusciti a superarla.
Che cosa poteva fare peggio del mettere in cattiva luce suo fratello?
Lucas e Grace non si lasciarono influenzare né dalla sua presenza né dalla sua malignità, continuarono a vivere la loro relazione e le loro vite come se niente fosse. Desideravano essere spensierati e senza alcuna preoccupazione.
«Mi sono dimenticata di dirti che stasera, Generale uno e due vanno ad una cena di lavoro» enunciò Grace, camminando mano nella mano con Lucas, nei corridoi di scuola. «Hai voglia di venire da me? Cuciniamo qualcosa e poi ci guardiamo un film?»
«Va bene, ma ti raggiungerò verso le otto. Jim mi ha chiesto di coprirgli qualche ora nel pomeriggio. Tempo di finire, tornare a casa e farmi una doccia…»
«Se vuoi, vieni direttamente a casa mia e ti fai la doccia lì.»
«Ottimo!» esclamò il ragazzo con sorriso soddisfatto. «Magari mi fai anche compagnia. Soffro di solitudine nella doccia.»
«Mi sembra giusto. Non posso farti soffrire così!»
Lucas si allungò a darle un bacio sulla guancia. «Che cosa avresti voglia di mangiare stasera?»
«Pizza.»
«Ancora?» rise Lucas. «Ma l’abbiamo mangiata due giorni fa quando sei venuta da me.»
«E quindi? C’è una regola che impone quante volte bisogna mangiare la pizza a settimana?» replicò lei con il suo caratteristico piglio allegro. «E poi mi piace quando la facciamo insieme. È sempre molto divertente!»
«Ci credo che ti diverti, la scorsa volta mi hai messo la farina tra i capelli.»
«Posso ricordarti dove me l’hai messa tu?»
Un’espressione maliziosa apparve sul viso, apparentemente angelico, del ragazzo. Si voltò verso di lei e le schioccò un’occhiata d’intesa. «Ora che mi ricordo, è stata una serata molto… interessante.»
Lei gli tirò una pacca scherzosa sulla spalla. «Sei il solito porco!»
«Io?» si indicò Lucas, prima di scoppiare a ridere. «Guarda, non apriamo l’argomento perché vinco io.»
Grace guardò altrove, cercando di nascondere il suo divertimento. «Per il film ti do carta bianca.»
«Oh, finalmente! Almeno questa volta posso evitarmi un film di Nicholas Sparks.»
«Non cantar vittoria troppo presto. Ti ricordo che la scorsa settimana, hai barattato "Saw" per "Le pagine della nostra vita", quindi tecnicamente mi devi un film.»
Lucas alzò gli occhi al cielo, maledicendo la buona memoria della sua ragazza. Sperava tanto che si fosse scordata quell’accordo, non sopportava più quei film romantici e drammatici allo stesso tempo.
«Mi ingegnerò un altro baratto.»
«Ingegnati, ingegnati» gli disse Grace battendogli una mano sulla spalla. «Intanto niente e nessuno ti salverà da Le pagine della nostra vita.»
«Quante volte l’hai visto?»
«Cinque o sei.»
Lucas strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere. «E non lo sai ancora a memoria?»
«È un film bellissimo e voglio guardarlo con te, accoccolati sul divano come due piccioncini piccini picciò» lo prese in giro, strizzandogli una guancia e facendolo imbarazzare.
«Questa me la paghi… a letto» sibilò il ragazzo, facendola ridere e contagiato non si trattenne neanche lui.
L’allegra coppia continuò a punzecchiarsi fino all’arrivo in fermata, dove si divisero. Lucas aveva il turno pomeridiano al bar e Grace doveva tornare a casa per ripassare per l’interrogazione dell’indomani.
Si salutarono scambiandosi un dolce bacio, poi ognuno fece per andare per la propria strada.
La ragazza era l’immagine della felicità. Un ampio sorriso dominava le sue labbra sottili, nei suoi occhi di cristallo viveva la spensieratezza uguale a quella di una bambina, Grace sentiva di volteggiare sulle soffici nuvole che stavano nel cielo di quella giornata tanto soleggiata.
Con le cuffie nelle orecchie, decise di non prendere il bus, ma farsi una passeggiata per tornare a casa. La scuola non distava molto, tanto neanche si sarebbe accorta del tempo che avrebbe impiegato.
Era poco concentrata sulle parole della sua canzone preferita, l’unico pensiero che dominava la sua mente serena era l’immagine di Lucas.
L’amore per quel ragazzo la portava ad essere sempre di buon umore e ad avere una marea di energia. Sempre positiva e sorridente, era persino migliorato il rapporto con i genitori; non era tornato come quello di un tempo, ma perlomeno si scambiavano qualche parola in più del semplice saluto.
Ciò che però metteva così tanta gioia nella mente e nell’anima di Grace, era il rapporto di fiducia che condividevano e grazie al quale avevano evitato la crisi manovrata dai loro nemici. Utilizzarono l’intelligenza, sapevano che rimanendo uniti sarebbero riusciti a schivare molte magagne.
Rylan era ancora in città, da quel che capirono prese una stanza da qualche parte, ma fu un dettaglio che udirono dai loro amici. Lucas e Grace non erano minimamente interessati a ciò che combinava o dove tramava i suoi piani, per loro era completamente inesistente.
Nonostante l’impegno che ci mettevano per evitare il problema, sembrava che non se ne sarebbero liberati tanto in fretta e vi fu una prova proprio quel pomeriggio.
Grace si stava avvicinando al suo quartiere, camminava con spensieratezza ascoltando la musica, quando ad un tratto qualcuno le strappò le cuffie dalle orecchie in maniera brusca.
La ragazza arrestò la sua camminava e si voltò verso il disturbo. Indurì immediatamente lo sguardo quando s’accorse di chi si trattava.
«Ti pare il modo, Kelly?!»
L’altra non si scompose minimamente. «Era l’unica maniera per attirare la tua attenzione. Del resto non posso sgolarmi all’infinito, disturbando la quiete pubblica.»
«E sentiamo, cosa ti porta da me?» chiese Grace freddamente. «Deve essere accaduto qualcosa di grave, dal momento che non ci guardiamo neanche in faccia quando siamo a pranzo a scuola.»
«Rylan ti deve parlare.»
«Emozionante» commentò con ironia, irritando la sua acerrima nemica. «Grande e grosso com’è ha bisogno di te? Oltre ad essere diventata il suo passatempo, sei anche la sua messaggera?»
«Guarda che mi sono offerta io di venire a dirtelo» replicò Kelly stizzita, con il viso rosso di rabbia. Ormai il fastidio per Grace era diventato talmente grande che non riusciva nemmeno più a controllare le sue emozioni negative, lei che era sempre stata molto propensa a mostrare tutt’altro. «Carina, ti ho fatto un favore! Rylan aveva pensato di venire a prenderti per strada e caricarti in auto se ti fossi messa a strillare. Non immagini che forza possegga, beh del resto è un uomo, non un ragazzino come suo fratello.»
«Non osare dire una parola su Lucas.»
Finalmente un sorriso, anzi un ghigno apparve sulle labbra dell’altra ragazza. «È un piacere scovare il tuo punto debole. A quanto pare non sei così forte quanto vuoi far credere.»
«Continua a provocare e te la faccio vedere io la forza.»
«Ora non ti scaldare troppo che, fidati, io sono l’ultimo dei tuoi problemi» disse Kelly alzando le mani e lasciandosi scappare una risata. «Rylan ti sta aspettando nel parchetto qui dietro. Va da lui, ha qualcosa che ti interesserà molto. Ti consiglio di riflettere bene su ciò che ti offrirà, perché è l’unica opportunità che avrai.»
«L’unica opportunità per cosa?»
«Vai da lui e lo scoprirai.»
Grace scosse lentamente la testa e la osservò con lo sguardo assottigliato. Non si fidava né di lei né di quell’altro. Chissà per quale ragione, non aveva alcun dubbio che si trattasse dell’ennesima trappola.
«Sappi che se non andrai da Rylan, sarà lui a venir da te e suppongo non sarà un bello spettacolo. Per quanto io nutra poca simpatia per te, non ti ritengo una stupida, sai bene che se la prenderà con Lucas e tu non vuoi questo.»
«Tutta questa cattiveria da parte tua non la comprendo. Io e Lucas non ti abbiamo mai fatto niente… e se ti stai vendicando per quello schiaffo, allora provo pena per te» affermò Grace sconsolata.
Non stava veramente male perché quella che credeva un’amica le stava facendo un torto insensato, Grace era scoraggiata di fronte a qualcosa che proprio non capiva.
La ragazza sapeva di non essere una santa, ma mai si sarebbe comportata da tale scellerata.
Kelly tentò di non scomporsi di fronte alle sue parole. Si limitò a tenere la testa alta, mostrando che non aveva nulla di cui vergognarsi, e senza aggiungere una parola fece retrofront e si allontanò.
Grace rimase ad osservarla, fino a quando la figura minuta della nemica non uscì dal suo campo visivo.
Rifletté sul motivo che la spingeva a comportarsi in quella maniera, però non riuscì a darsi una spiegazione. Era inesistente la sua ragione.
La ragazza decise di non interrogarsi più sulla coetanea, immaginò che aveva ben altra gatta da pelare. La sua curiosità e, ancor di più, il suo coraggio la spinse a raggiungere il piccolo parco che si trovava svoltando l’angolo della strada.
Notò subito la presenza di Rylan, seduto su una panchina in attesa del suo arrivo.
Grace mise su la sua bella faccia tosta e con rapidità si sedette accanto al cognato.
«Facciamo che sia un incontro breve. Che cosa vuoi?»
«Ti ha morso un serpente?» replicò Rylan inarcando un sopracciglio.
«Direi di no, visto che ti ho appena raggiunto.»
«Sei veramente così o è tutta una sceneggiata per incutermi timore, perché se è così sappi che non funziona. Non riusciresti a spaventare neanche un topo.»
Grace sentì tutti i muscoli tirarle, la vicinanza di quell’uomo era insopportabile. Non aveva mai provato così tanto astio per una persona come ne stava provando per Rylan, nemmeno David le aveva fatto provare tale rabbia ed era tutto dire.
Scambiarsi battutine non avrebbe portato ad un bel niente!
«Che cosa vuoi da me, Rylan?»
«Fare un accordo con te.»
«Un accordo?» sottolineò Grace con perplessità.
L’uomo annuì con serietà, prima di porle sotto al naso una foto che le fece strabuzzare gli occhi.
Boccheggiò. Le parole le vennero meno, il suo sguardo era completamente assorto dall’immagine di suo fratello Brandon che stava camminando per le vie di una sconosciuta città.
Passarono un paio di minuti, prima di porsi qualche domanda. Non riusciva a pensare ad altro che a ciò che i suoi occhi le stavano mostrando.
Solo quando palesi interrogativi si fecero strada nella sua mente, che parve riacquistare lucidità.
«È strano, vero? Rivedere, anche solamente in foto, qualcuno che da mesi è via da casa» disse Rylan al suo orecchio, tentando di tormentarla e non potendo che aumentare il fastidio della sua presenza. «Sono cinque mesi che se ne è andato, se non sbaglio…»
«Tu cosa ne sai?» sibilò Grace alzando lentamente lo sguardo carico di ira su di lui. «Anzi, cosa ti ha raccontato Kelly, perché c’è il suo zampino dietro, non è così?»
«Sicuramente non sei una ragazza stupida. Ottimo, ciò mi fa sperare che avrai il buon senso di accettare la mia proposta.» Rylan si sporse di più verso di lei, puntò i occhi glaciali quanto maligni in quelli di Grace. Un sorriso perverso si impadronì delle sue labbra e fece rabbrividire la ragazza che tentò di farsi sempre più coraggio, ma sfortunatamente un punto dolente era stato duramente pressato. «Io so tutto quello che è accaduto e chiaramente è stata Kelly a riferirmi tutto. So che tuo fratello se ne è andato e che ha avuto enormi problemi in passato. Vedi cara Grace, io sono un uomo dalle innumerevoli risorse e non è stato complicatissimo trovare tuo fratello. Sì, hai capito benissimo, l’ho trovato.»
Alle orecchie di Grace sembrava impossibile.
Doveva essere un sotterfugio, sicuramente una trappola per metterla in difficoltà e automaticamente mettere in difficoltà Lucas. No, Rylan stava mentendo.
«Sono l’amministratore delegato di una fiorente compagnia, ho molto capitale a disposizione e ho assunto un investigatore. Nel giro di una settimana ho scoperto la città in cui si è rifugiato, il suo indirizzo e luogo dove lavora» continuò Rylan con tanta sicurezza e verità nelle sue parole, da mettere in difficoltà le certezze della ragazza. L’uomo prese un fascicolo e, tenendolo ben stretto in una mano, glielo mostrò. «È tutto qui dentro e può essere tuo. Ovviamente c’è una condizione da rispettare. Tutto ha un prezzo, mia cara.»
«Stai mentendo. Tu non puoi… non puoi averlo trovato.»
«Questa è una tua assurda convinzione. Io ho trovato Brandon e sono pronto ad offrirti ciò che so, solamente se anche tu mi offrirai qualcosa in cambio.»
«E sarebbe?»
Rylan si prese un momento prima di mettere sul tavolo la sua proposta. «Io voglio che tu convinca Lucas a tornare a Chicago. Non mi interessa cosa farai, ti concedo carta bianca su questo, l’importante è che mio fratello torni a casa.»
«Non puoi farci questo.»
«Perché lo dici con quel tono così iroso?» domandò l’altro con apparente perplessità. «Ti sto offrendo l’opportunità di ricongiungerti con il tuo amato fratello e al contempo do l’opportunità a quel fesso di Lucas di riunirsi con la sua famiglia. Non merito neanche un misero grazie?»
«So io cosa meriteresti e grazie non è la parola corretta!» Grace sgranò gli occhi, rimanendo senza parole per ciò che le stava toccando udire. Sperava tanto che quello fosse vero sarcasmo o avrebbe cominciato a dubitare della sanità mentale di Rylan. La stava letteralmente ricattando e sembrava molto naturale nel farlo. «Ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo?»
«Non dirmi che è più importante un ragazzo che conosci da sei mesi, al posto del sangue del tuo sangue.»
«Non mi riferisco a questo, ma alla maniera spregevole con cui stai spingendo una persona che, al contrario di te gli vuole veramente bene, a ferire Lucas» disse Grace, trattenendo quella grandissima voglia di prendere a schiaffi quell’essere. «Sai benissimo che è felice qui. Perché ci tieni tanto a riportare tuo fratello a casa, quando stai palesemente dimostrando che non ti importa niente di lui?»
«La famiglia deve rimanere unita, tutto qui. Lucas deve stare con noi, come tu devi stare con Brandon» rispose Rylan con molta scioltezza.
«Hai uno strano senso della famiglia.»
L’uomo alzò le spalle, gli importava poco o niente della sua opinione. Per Rylan contava unicamente il suo volere, era sicuro di riuscir a raggiungere i suoi obiettivi come del fatto che esistesse il sole. Si alzò dalla panchina e prese il fascicolo che gli aveva consegnato il suo investigatore.
«Ti do una settimana di tempo per convincere Lucas a tornarsene a casa. Quando avrai fatto ti darò le informazioni riguardarti tuo fratello. Cosa ne farai è di bassa rilevanza per me.»
«Chi mi assicura che non stai bluffando?»
«Sono un bastardo senza scrupoli, lo riconosco, ma mantengo sempre la mia parola. Una settimana, tienilo ben in mente!» sottolineò Rylan puntandole in dito contro e fissandola con quegli occhi carichi di cieca determinazione. «È il meglio per tutti. Ognuno deve stare al proprio posto e quello di Lucas è con noi.»
L’uomo se ne andò, lasciandole unicamente quella foto di Brandon e una marea di confusione.
Grace non era mai stata una persona ipocrita, era una bella tentazione quella che Rylan le aveva messo tra le mani.
Ritrovare Brandon era uno dei suoi più grandi desideri, voleva ricongiungersi con lui o perlomeno sapere che stava veramente bene.Doveva porgli talmente tante domande riguardo la sua fuga e il perché non l’avesse mai cercata in quei dannati cinque mesi.
Seduta su quella panchina, con i raggi caldi del sole che la colpivano sul viso e che per la prima volta le stavano dando fastidio, si sentì pervadere dalla rabbia. Era arrabbiata perché ancora una volta un momento bello della sua vita stava per essere schiacciato.
Scoppiò a piangere mentre si strinse al petto la foto di Brandon. La sofferenza che aveva provato dopo la sua fuga, stava tornando a galla e sembrava più forte di quella del passato. Era come se l’amore di Lucas non avesse curato quel dolore e lei fosse tornata a cinque mesi prima.
Quel momento però era peggio. Rylan l’aveva messa di fronte ad una scelta terribile e che, in entrambi in casi, avrebbe sofferto.
Doveva scegliere tra la persona con cui era venuta al mondo e quella che era riuscita a farle apprezzare tutte le cose belle che la vita offriva.
Come avrebbe potuto fare una scelta?
Le sembrava tutto insensato.
Non poteva andare così e non sarebbe potuta finire così.
Sentiva il mondo crollarle addosso, la sofferenza che provava era nettamente superiore a quella che aveva provato dopo la fine della storia con David.
Si passò le mani sul viso bagnato dalle lacrime. Si rifiutava di credere a ciò che era successo. Il pensiero di quella proposta malevola la tormentò non solo per tutta quella giornata, ma anche nei giorni successivi.
Le parole di Rylan le tornavano alla mente ogni volta che si alzava al mattino, quando incontrava Lucas, quando lui la stringeva tra le sue braccia donandole quell’affetto immenso, quando la baciava o le sussurrava parole dolci mentre facevano l’amore.
Grace recitò una parte, doveva sempre mostrarsi tranquilla per non far capire a nessuno il suo disagio. Dopo quell’incontro non riuscì più a godersi un momento buono e peggio ancora erano quelli che passava con Lucas. Tremendo era quando incontrava Kelly per i corridoi e lei le mostrava quel sorriso soddisfatto, figurarsi se non si godeva quel momento.
Difficile era godersi una serata con gli amici.
Sperava tanto di riuscir ad evitare l’uscita settimanale al pub, ma fu impossibile dire di no a Ted che ci teneva a passare qualche momento di puro divertimento con l’amica del cuore.
Grace non riuscì a mentirgli, inventando scuse o altro, già il rapporto con Ted era altalenante per via della sua antipatia nei confronti di Lucas e le uniche volte in cui riuscivano a trascorrere un momento come quelli del passato erano quando il suo ragazzo lavorava.
Si pentì di aver raggiunto la sua compagnia al bar di Jim, quando notò la presenza di Kelly e Rylan. Lo scontento era ben visibile sul suo viso, per fortuna Sebastian le tenne compagnia per la maggior parte del tempo e la serata si alleggerì.
Il suo Cupido la distrasse innumerevoli volte, portandola a ballare o giocare a biliardo. Più che cupido, Sebastian era il suo angelo.
«Per caso sei sotto ciclo?»
«Che domande fai?» replicò Grace arrossendo.
Sebastian si mise in posizione per colpire la palla strisciata con la sua stecca. «Che tu sia di pessimo umore per via del tuo cognatino, era piuttosto prevedibile, ma è da un paio di giorni che non sei la solita tu.»
«È solo che siamo a fine anno e sono un po’ stressata per gli esami.»
«Sì? E tra te e Lucas, va tutto bene?»
«Senza offesa, ma è una domanda un po’ sciocca da parte tua. Sei il suo migliore amico, lo saprai meglio di me come va la nostra storia» rispose Grace, preparandosi a colpire la palla.
Il ragazzo osservò il movimento delle biglie e imprecò quando due andarono dritte in buca. «Maledetto il giorno in cui ti ho insegnato a giocare come si deve!» La sua avversario ridacchiò, prima di osservarlo fare la sua mossa. «Comunque sì… Lucas è tranquillo, anche riguardo Rylan. Mi ha detto che non vi ha più dato fastidio… nonostante ciò… è sull’attenti. Non scorre proprio buon sangue tra loro, vero?»
«Direi di no.»
«Peccato, solitamente la famiglia serve per dar forza quando non si passano bei momenti. In questo, Lucas è molto sfortunato» disse Sebastian mandando in buca una bilia. «Fortunatamente, però, ha te. Giurami che non glielo dirai, ma lui mi ha confessato che ti ama veramente. Non che avessi dubbi, si vede benissimo da come ti guarda o parla di te.»
Quelle parole non poterono che mettere ancora più in difficoltà Grace, che stava meditando sulla decisione da prendere. Le occhiate che Rylan le stava rivolgendo durante quella serata erano parecchio insistenti, era chiaro che fremeva di avere una risposta.
«Credo che vi siate proprio trovati. Tu non credi?»
Grace non riuscì a rispondere. Lei e Sebastian vennero raggiunti dalla loro compagnia e Rylan e Kelly non poterono mancare. Lo scaltro cognato si avvicinò a lei con quel sorriso beffardo che lo caratterizzava.
«Spero non vi dispiaccia se ci uniamo a voi.» La ragazza si rifiutò di rispondergli e con la coda dell’occhio notò che lo sguardo di Lucas, da dietro il bancone, era saettato su di loro. «Che dici, cognatina? Facciamo una partita in coppia?»
«Ry, amo questa canzone! Andiamo a ballarla?» intervenne Kelly avvinghiandosi al suo braccio dopo che al juke-box avevano scelto una canzone romantica.
«Spiacente, cognatino. A quanto pare sei richiesto e non sia mai che io ti tolga da piacevole compagnia» rispose Grace non nascondendo un sorrisetto divertito.
«Preferisco di gran lunga giocare al tuo fianco» rispose Rylan, tenendole testa.
Quella risposta fece attirare l’attenzione del gruppo su di loro, ma specialmente su Kelly che era stata messa da parte per la sua acerrima nemica.
Lentamente lasciò la presa sul braccio dell’uomo e fece un passo indietro.
Sembrava mortificata e annullata al cospetto di Rylan, il quale non staccava lo sguardo da quello di Grace.
«Al mio fianco?» ripetè quest’ultima con un sopracciglio inarcato, sentendo una gran carica dentro di sé. «Perché non facciamo uno contro uno?»
«Vuoi rendere la sfida più eccitante, eh?» le soffiò.
Grace non si scompose minimamente e gli passò la sua stecca. Rylan si voltò per dare un bacio languido a Kelly, che sembrò riprendersi in fretta ed iniziò a fare il tifo per lui.
Lentamente il tavolo da biliardo venne accerchiato da tutti i loro amici, che cominciarono a scommettere.
Sebastian passò una stecca a Grace e le fece l’occhiolino, prima di andare al juke-box e scegliere una canzone più movimentata. Non scelse a caso e presto se ne sarebbero accorti tutti, in particolar modo Rylan.
«Ti lascio fare la spaccata» disse quest’ultimo mostrando una riverenza alla sua avversaria.
Lei non battè ciglio, ormai immersa nel gioco, impugnò per bene la stecca e scoccò le quindici bilie, sparpagliandole sul piano del tavolino.
La partita ebbe inizio e non solo quella a biliardo. Era molto di più, era uno scontro apparentemente amichevole… tutta apparenza. Grace mandò subito in buca due palle piene, ciò non preoccupò minimamente Rylan.
«La fortuna del principiante!» esclamò passandole accanto e sfiorandole un fianco per poi pizzicarglielo.
Poco accidentalmente, Grace gli colpì uno stinco con la sua stecca. «Ops! Scusa la mia sbadataggine!»
«Come non potrei» rispose l’altro con un sorriso sghembo.
Se Rylan l’aveva preso come un gioco, una vittoria in più, non aveva ancora fatto i conti con la tenacia di Grace, la quale prese assai seriamente quella partita. Rylan ignorava di averla apertamente sfidata in un gioco che per lui si sarebbe rivelato piuttosto duro. L’uomo non sapeva che la sua dolce cognata, era imbattibile a biliardo. Nel giro di un quarto d’ora imbucò altre tre palle.


That girl is a problem
Girl is a problem
Girl is a problem, problem


Queste erano le parole del ritornello della canzone scelta da Sebastian, il quale non trattenne un sorriso soddisfatto durante tutta la partita, specialmente nei momenti in cui Rylan apparì notevolmente sorpreso della bravura di Grace.
Il maggiore dei fratelli Turner non mostrò più tanto spesso il suo ghigno vittorioso, anche perché perse quella partita nel giro di venti minuti.
«Vuoi la rivincita o ti basta essere messo al tappeto una volta?»
Rylan alzò lo sguardo su Grace e, dovendo accettare la sconfitta, abbozzò mezzo sorriso. Quella ragazzina gliel’aveva fatta proprio sotto al naso e questo lo infastidiva da morire, anche se lo nascondeva bene.
L’uomo chinò il capo, mostrandole una riverenza, mostrandosi sconfitto unicamente per strategia. Dubitava fortemente che quella semplice partita avrebbe cambiato le carte in tavola, quindi poteva accettare quell’inutile sconfitta.
Con grande piacere di Grace, Rylan afferrò per la mano Kelly andandosene in pista a ballare, allontanandosi così dal tavolo da biliardo.
«Gran bella partita, dolcezza!» esclamò Sebastian mostrandole il palmo della mano aperta.
Grace gli battè il cinque con aria soddisfatta. «Gran bella canzone, socio!»
La ragazza svoltò lo sguardo verso il bancone e vide Lucas sorriderle divertito, a quanto pare aveva assistito allo spettacolo; lei ricambiò il sorriso e gli fece l’occhiolino.
«Sai, quando ti ha chiesto di giocare mi stavo sbellicando dalle risate. Ero sicuro che gli avresti fatto il culo… e così è stato, grazie anche al fatto che hai avuto un illustre maestro» continuò Sebastian indicadosi con i pollici.
«Per caso, questo illustre maestro desidera che gli si offra da bere per i suoi servigi?»
«L’illustre maestro non rifiuta mai da bere!»
Grace rise, battendogli una pacca sulla spalla. «Andiamo, illustrissimo!»
I due amici andarono dritti al bancone, dove Lucas era pronto a servirli. Fu il giro di bevande che lo entusiasmo servire.
«Brindo alla vittoria della mia allieva» disse Sebastian alzando il suo bicchierino e berlo tutto d’un sorso. «Oh, non vi ho aspettato! Mannaggia! Eh beh… vorrà dire che ho bisogno di un altro giro!»
«Immagino il dispiacere» commentò ironicamente Lucas passandogli un altro bicchiere.
«Ri-brindo alla mia allieva…»
Grace gli bloccò la mano prima che potesse fregarli nuovamente. «Non bere troppo che sei in moto.»
«Mammina, ti ho permesso di vincere insegnandoti qualche trucco del mestiere, ora mi merito di godere… ehm… volevo dire, di bere!» esclamò facendo scoppiare a ridere i suoi migliori amici.
Poco dopo… dopo un altro paio di giri, arrivò Jim il proprietario del bar. Si mostrò soddisfatto di come procedette la serata e si fermò a chiacchierare con i tre giovani.
«Piccioncini, mi andreste a buttare la spazzatura?» domandò l’uomo con il suo piglio allegro. Con Sebastian e Grace, come con altri giovanotti della città, era nota la sua confidenza, praticamente era come uno zio, e ormai anche il rapporto con Lucas era così. «Lucas prenditi pure una pausa che sei qui da oggi pomeriggio.»
«Sì, dai! Sto qui io a sostituirlo, capo!» esclamò Sebastian. «Jim, ti prego, posso stare io? Giuro che faccio il bravo! Faccio come l’altra volta, non mi bevo io la roba!»
«Prometti di non scolarti metà delle bottiglie che servirai?»
«Neanche una goccia» disse l’altro mettendosi una mano sul petto.
Jim sei mise le mani sui fianchi e scoppiò a ridere fragorosamente, scuotendo il capo in continuazione. «Ti tengo d’occhio, piccoletto!»
«Quindi posso?»
«Forza, vieni!» esclamò il proprietario con un gesto del capo.
Sebastian scavalcò il bancone e rubò il grembiule nero a Lucas, che al contrario fece il giro e assieme a Grace e a due sacchi della spazzatura uscì dal retro.
Appena furono fuori, Lucas abbandonò a terra i sacchi dell’immondizia e prese Grace tra le sue braccia per baciarla con lentamente.
«Non sai quanto sia dura averti a pochi metri di distanza e non poterlo fare quando voglio» disse Lucas sorridendole come solo un innamorato poteva sorridere.
«Ringraziamo, come sempre, il nostro angelo Sebastian» ridacchiò Grace. «Dici che prima o poi si vorrà far pagare?»
«Secondo me, basta regalargli qualche bottiglia di vodka e starà apposto.»
La coppia si incamminò per andare a buttare via i sacchi dell’immondizia, per fortuna i bidoni della pattumiera erano appena in fondo al vialetto, così non ci misero molto a tornare.
Rimasero qualche attimo fuori dal retro, approfittando della pausa offerta dal buon Jim. Lucas si accese una sigaretta, sedendosi su una cassa e permettendo a Grace di sedersi sulle sue ginocchia. In realtà c’era un’altra cassa su cui sedersi, ma al ragazzo piaceva stringerla a sé. Gli piaceva sentire il suo profumo mai troppo pungente e affondare il viso nei suoi morbidi capelli.
Un tratto divertente e incredibile era che entrambi erano ossessionati dai proprio capelli e dai capelli dell’altro. Non a caso la prima cosa che facevano al mattino, appena alzati dal letto, era quello di fiondarsi allo specchio per aggiustarli in qualche maniera.
E quando si preparano insieme per andare a qualche festa, facevano a gara a chi usava più lacca.
«Credo che stasera sia stata la prima volta in cui ho potuto vedere mio fratello sorpreso di essere sconfitto» disse Lucas, buttando fuori il fumo dalla bocca.
«Ma dai! Non dirmi che Rylan non è mai stato battuto in niente perché non posso crederci.»
«Sì, ovviamente è già accaduto… ma è davvero raro.»
«Ammetto di aver goduto un sacco, quando l’ho visto senza parole» affermò Grace cominciando a ridere, mentre alla mente le tornava la faccia del suo caro cognato che si rende conto di essere stato miseramente sconfitto. «Rylan mi irrita tantissimo, spero che se ne vada presto.»
Si rese conto dell’assurdità delle sue parole solo dopo averle proferite. L’uomo non se ne sarebbe mai andato fino a quando lei non gli avrebbe dato una risposta a quella proposta.
Ecco!
Il pensiero della proposta era tornato e le stava rovinando quel momento con Lucas. Grace si irrigidì di colpo e immaginò che il suo ragazzo l’avrebbe percepito in fretta.
«Hai freddo?»
Appunto!
«Un po’… colpa mia che non ho preso su neanche una felpa» mentì Grace, cercando anche di sembrare spiritosa.
Ringraziò il cielo che almeno non la vedeva in faccia, sennò non sapeva quanto avrebbe saputo recitare ancora. Ogni giorno che passava le faceva pesare sempre di più quella situazione.
Sentì le mani di Lucas sfregarle le spalle, mentre l’odore del fumo della sigaretta arieggiava attorno a loro. Grace non ci fece nemmeno caso, con tutti i pensieri che creavano rumore nella sua testa.
«Mi domando come reagirà Kelly quando mio fratello se ne andrà. Dubito fortemente che avranno una relazione a distanza, già mi fa strano che abbiamo una relazione.»
«Si dice che chi si somiglia si piglia.»
«Non penso che Kelly sia così… mostruosa» commentò Lucas, facendo gli ultimi tiri di sigaretta.
«Credo che le persone non finiscano mai di sorprenderci abbastanza.»
Ci fu un qualche minuto di silenzio.
Grace era totalmente immersa nei suoi pensieri, poco positivi ovviamente, e nel frattempo Lucas finì la sua seconda sigaretta e dopo averla spenta e lanciata a terra domandò: «Ma stai bene?»
«Penso che sia la stanchezza che si inizia a farsi sentire» rispose alzandosi dalle gambe del suo ragazzo. «Sebastian mi ha fatto ballare tutta la sera…»
Lucas rimase seduto e le prese la mano, non lasciandola andar via. Quella del ballare era la stronzata più grande che avesse potuto dire, dal momento che quando andavano in discoteca o ad altre feste saltava fino all’ultima nota musicale.
Al ragazzo bastò guardarla un attimo negli occhi, osservare il viso per nulla stanco, per capire che il malumore di Grace doveva esser stato causato da ben altro. Le fece cenno di tornare a sedersi in braccio a lui e fece in modo di potersi guardare in faccia.
«Posso capirti se sei stufa di questa situazione, che per giunta non è minimamente causata da te» cominciò Lucas, con aria desolata e sentendosi fortemente colpevole di tutto. «So che stiamo cercando di evitare la presenza di Rylan in ogni maniera ed è difficile, perché nonostante non ci stia facendo niente di male, è comunque un pensiero fisso… specialmente per me che so di cosa sia capace.»
E lo so anche io ora, pensò Grace.
«Ma lui se ne andrà non appena comprenderà che non può fare nulla» disse Lucas con la speranza negli occhi, una speranza che Grace sentiva di star uccidendo o avrebbe potuto farlo presto. Il ragazzo le passò una mano sulle guance morbide e rosee, ne pizzicò una con dolcezza. «Rylan non può far niente per portarmi via da qui. Ha provato a mettermi contro di te e non ci è riuscito, onestamente era questo che mi preoccupava di più, che tu scoprissi i miei errori, che mi giudicassi e, alla fine, decidessi di lasciarmi per paura o che so io. Ma non l’hai fatto» continuò mostrando un sorriso di gioia e i suoi grandi occhi, limpidi come un lago, erano commossi.
Per quanto credeva che lei lo amasse, non era certo che sarebbe stata capace di superare tutto quello che aveva scoperto e passare oltre. Non tutti ne sarebbero stati capaci, eppure Grace non lo aveva abbandonato.
All’udir di quelle parole, un sorriso melenso s’impadronì delle sue labbra. Scosse la testa e guardò il cielo oscuro, prima di far incontrare il suo sguardo con quello di Lucas. Le fu impossibile trattenere un altro sorriso, come ogni volta che incontrava quegli occhioni da cucciolo.
«Come avrei potuto?» domandò retoricamente, carezzandogli i ciuffi corvini. «Sei il dominatore del mio umore e se per la maggior parte del tempo sono felice è per merito tuo. Inoltre se avessi deciso di lasciarti per ciò che mi era stato detto, credo che forse non sarei stata veramente innamorata di te… ma lo sono.»
Questa volta fu lei a passare una mano sul suo viso, poi avvicinò le loro bocche e lo baciò. Lo baciò come se dovesse farlo per l’ultima volta. Voleva sentirlo completamente suo, voleva che il ricordo di quel bacio rimanesse impresso nella sua mente per molto tempo, perché era uno dei migliori baci che si scambiarono.
In quel bacio, Grace mise tutto l’amore che provava per Lucas. Un amore che le aveva donato tanto, era stato come se le avesse ridato la vita e lei non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
«Sei la mia felicità e ti amo. Voglio che tu lo sappia» sussurrò contro le labbra del ragazzo.
Lucas aprì gli occhi per primo e la vide strana; non capiva perché gli stava dicendo quelle parole. Diede la colpa alla sua stanchezza, visto che da non poche ore continuava a servire da bere al bancone. Magari era solamente una sua impressione e andava tutto bene. Del resto non poteva immaginare ciò che era accaduto in settimana.
«Ti amo anche io» disse lui, tirandole su il mento per far sì che lei lo guardasse. «Sei la mia vita ora.»
Si fermò a guardare gli occhi di Grace, i quali erano misti di un’emozione angosciante. Era come se stesse per perdere qualcosa a lei caro e niente si potesse fare per cambiare la situazione. Quella tristezza era così vivida, che lo fece rabbrividire. Lucas fu colpito dalla paura.
Solitamente non era paranoico, non si lasciava prendere dalla preoccupazione per stupide sensazioni o questioni da poco conto. Eppure in quel momento, percepì una leggera ansia infittirsi al centro del petto.
Lui e Grace rientrarono nel bar insieme e in silenzio: Lucas tornò al lavoro dietro al bancone e salutò la sua ragazza dicendole che sarebbero tornati insieme a casa.
Lei acconsentì senza problemi, gli augurò buon lavoro e poi camminò dritta verso il suo tavolo. Era completamente svuotato se non contava la presenza di Natalie: l’amica l’accolse con un gran sorriso, ma lo spense velocemente quando capì che l’altra non era del tuo stesso gioioso umore.
«Va tutto bene?»
Grace annuì, accomodandosi frettolosamente. Se solo si fosse vista allo specchio, avrebbe ben capito che doveva evitare di mentire. Il suo viso parlava esplicitamente per lei. La fronte contratta, le braccia conserte, lo sguardo fisso e assottigliato rivolto nella direzione di Rylan e Kelly.
Tutto faceva presagire benché meno che fosse tranquilla.
«Sicura di non volerne parlare?» tentò Natalie.
«Non c’è granchè da dire» rispose Grace con molta freddezza.
Spostò gli occhi verso il bancone e si fermò ad osservare per qualche attimo Lucas mentre lavorava - per così dire - al fianco di Sebastian. Appariva così spensierato e gioioso, che non si meritava affatto tutto quel male che Rylan gli stava spargendo attorno.
La rabbia che provava Grace era tutta rivolta a quell’uomo tanto crudele, lui aveva sparso molto odio e chissà quanto ancora ne avrebbe sparso se sarebbe tornato nella vita di suo fratello.
Lucas non meritava ciò, non meritava nulla di male. Si era dimostrato coraggioso e tenace nel cambiare totalmente la sua vita, non era cosa da tutti, in più era riuscito a raggiungere la felicità e non solamente grazie all’amore per Grace. L’amicizia sincera e fraterna con Sebastian lo aveva reso più sicuro di sé e fatto riassaporare il bello della vita da adolescente.
Un sorriso contento non potè che formarsi sulle labbra di Grace mentre guardava il ragazzo che amava ridere a crepapelle assieme al suo miglior amico.
Ciò le portò anche malinconia perché era ben conscia del potere che stava nelle sue mani. Lei poteva decidere se portargli via tutto, compreso il suo amore, oppure lasciare tutto come stava e perdere l’occasione di rivedere Brandon.
Grace era sempre stata sicura su ciò che voleva e sarebbe stata una bugiarda se avesse affermato che al primo posto, fra i suoi più grandi desideri, c’era proprio Brandon.
Sebbene non ne parlava spesso - anzi non lo nominava mai - oppure fingeva di non pensarci, sentiva ancora la sua mancanza.
D’altronde come poteva essere diversamente?
Erano venuti al mondo insieme e avevano speso più tempo tra loro che con altri. Grace aveva sempre saputo che prima o poi sarebbero stati separati, ognuno doveva percorrere la propria strada nella vita, ma una separazione così drastica non era avvenuta nemmeno nei suoi incubi peggiori.
Lei non aveva ancora accettato la sua fuga: lo voleva rivedere, lo rivoleva con sé!
«Dove stai andando?» domandò Natalie vedendola raccattare su la borsa e la giacca in pelle nera.
«Torno subito. Devo sbrigare una cosa importante» rispose Grace, prima di camminare rapidamente verso l’uscita del bar.
Era riuscita a vedere Rylan e Kelly andar via e voleva dare a suo cognato la tanto attesa risposta immediatamente. Rimandare sarebbe stato inutile, non voleva nemmeno prendersela con calma, la sua decisione era chiara e non avrebbe avuto alcuna esitazione.
Uscì dal locale e cercò con lo sguardo uno dei due perfidi tra le persone che stavano di fuori. Non appena notò la chioma corvina di Kelly, si catapultò nella loro direzione: Rylan era già in auto, mentre la ragazza stava aprendo la portiera.
Con uno scatto, Grace spintonò via Kelly ed entrò in auto al suo posto. Ignorò le lamentele e premette il bottone per chiudere tutte le portiere.
Lo sguardo glaciale di Rylan capitolò sul suo viso. Grace non gli permise di dire una sillaba e prese il timone della conversazione, che sicuramente gli interessava più di tornare subito al suo alloggio.
«Ho preso la mia decisione.»
«Ottimo, il tempo stava per scadere» disse l’uomo con fare metodico. «Quindi? Qual è la tua risposta alla mia decisione?»




Mrs. Montgomery:
Dopo una lunga assenza eccomi tornata da voi!
Vi chiedo scusa per l'attesa ma quando arriva maggio lo studente deve farsi coraggio ahahah
Avevo qualche argomento da recuperare, lo studio mi ha tenuta lontana dalla scrittura, pubblicazione e anche dal recensire le meravigliose storie che seguo.
Ora sono tornata e ringrazio chiunque non abbia abbandonato Lucas e Grace. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se chiaramente i nostri beniamini non se la stanno passando bene.
Vi avevo avvertito che Rylan era da tener d'occhio. Sarà un personaggio che ci terrà compagnia fino alla fine e sarà in mezzo a molti colpi di scena. Lui è veramente imprevedibile.
Grace è divisa tra l'amore per Lucas e quello per suo fratello: quale pensate sarà la sua decisione?
Concludo ringraziandovi infinitamente per il sostegno qui e su facebook!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Mando un sacco di bacini a tutti <3



 

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Capitolo 14
*** Passato, presente e futuro ***



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Passato, presente e futuro

 

«Sceglierei la maglia blu perché… beh, mi sembra ovvio, si intona ai miei occhi. Ma la maglietta bianca è attillata e mette in risalto le mie forme» disse Grace tra sé e sé, alzando per volta le due magliette su cui era indecisa.
Stava di fronte allo specchio da circa mezz’ora e il suo unico grande problema era veramente quale maglia indossare per quel pomeriggio. Non riusciva a pensare a nient’altro e non avrebbe proprio capito a cos’altro poteva far da protagonista nella sua mente se non il suo aspetto.
Doveva esser raggiante e per questo aveva bisogno di indossare i suoi migliori vestiti, un trucco leggero sul suo viso ovale e i capelli arricciati con delicatezza.
«L’importante è di evitare il rosa o apparirai come una Barbie» commentò Brandon, steso sul letto della sorella a giocherellare con una palla da basket.
Grace rise spogliandosi per provare le due papabili magliette. «Essere una Barbie non mi dispiacerebbe. Sarei stupenda e sicuramente ammalierei meglio il mio corteggiatore. A proposito, cosa ne pensi?»
«Riguardo a che cosa?»
«A cavolfiori e melanzane, Brandon. Sei attento a ciò che dico o pensi solo a colpire il soffitto con quella stupida palla?!» sbottò Grace mirandosi allo specchio e cercando di capire come appariva con la maglietta blu. «Posso ricordarti che sei qui per consigliarmi su cosa indossare? Se dovevo parlare a vuoto o scegliere da sola chiamavo Ted.»
«Sicuramente mi avrebbe regalato un’ora di ossigeno puro.»
«Se ti sto asfissiando così tanto, perchè non esci dalla mia camera?»
Brandon bloccò la palla da basket tra le mani e la poggiò sul materasso mentre si metteva seduto. Volse lo sguardo alla sorella che si cambiò nuovamente maglia.
«E perdermi questo spettacolo? Non sono un cretino!» esclamò beccandosi un’occhiataccia. «Sai scimmietta, se non fossi mia sorella, saresti la mia ragazza da conquistare.»
«E ti prenderesti un bel due di picche. Sei esattamente il genere di ragazzo che vorrei evitare» rispose Grace schietta.
«Perchè mai? Sono bello, ho senso dell’umorismo, sono un portento a basket… cosa mi mancherebbe per conquistare il tuo cuore?»
«Probabilmente serietà.»
Brandon alzò gli occhi al cielo e si alzò da letto facendo un balzo. A passo cadenzato si avvicinò alla sorella e l’abbracciò da dietro, prima di posarle un bacio sulla spalla.
Grace sorrise e si strinse alle sue braccia, guardando entrambi allo specchio. Solo lei sapeva quanto bene voleva a quello scapestrato, il quale se ne pensava una significava che dieci ne aveva già combinate.Il suo essere un combina guai era totalmente proporzionato al profondo affetto che lo legava a sua sorella. Brandon si sarebbe lanciato nel fuoco per lei e probabilmente ignorava il fatto che lei avrebbe fatto la stessa cosa.
Grace poteva rispondere alle sue battutine o mostrarsi frivola e poco attenta, ma gli voleva un bene immenso e mai sarebbe stata in grado di abbandonarlo. Ciò che li legava era semplicemente troppo forte, qualcosa di incontrastabile.
«Cosa ne pensi di Sebastian?»
«Per quanto mi riguarda è un ragazzo come un altro» commentò Brandon, non accennando a staccarsi da lei. «L’importante è che ti tratti bene o se la vedrà con me e… sai che non scherzo.»
«Lo sa bene Travis Johnson» disse Grace in una risata. «Ricordo bene quando lo hai tirato per i capelli e spinto in un cespuglio, dopo che lui aveva sporcato il mio vestito. Persino a otto anni eri una canaglia!»
«Canaglia è colui che ha difeso il suo tesoro più prezioso?» chiese Brandon perplesso e guardando negli occhi la sorella attraverso lo specchio.
«Potevi essere più garbato.»
«Nah… se lo meritava. Nessuno mette la mia scimmietta in un angolo!» esclamò schioccandole un bacio sul collo e uno sulla guancia, facendola ridere allegramente.
«Hai veramente usato una frase da Dirty Dancing?»
«Solo per te.» Brandon l’alzò da terra prendendola per i fianchi e le fece fare una piroetta. Per quanto potessero beccarsi, come ogni buon rapporto tra fratelli comprendeva, lui l’avrebbe sempre trattata come una principessa.
Probabilmente non ci sarebbe stata altra ragazza all’infuori di lei che avrebbe ricevuto tali carinerie da parte sua.
Un giorno si sarebbe innamorato, come tutti ovviamente, ma l’amore che provava per Grace non sarebbe stato surclassato da quello per qualcun altro.
Lei era sangue del suo sangue, erano venuti alla luce insieme, e quello era l’unico legame eterno che riconosceva.
Trovava impossibile che una persona potesse oscurare Grace: ogni ricordo e ogni pensiero riconduceva a sua sorella
«Stasera voglio sapere tutto sulla tua uscita con Sebastian» disse Brandon riportandola a terra. Le scostò una bionda ciocca ribelle dalla fronte e fece cadere il dorso della sua mano sulla guancia paffuta. «Mi auguro per lui che tornerai a casa con il sorriso. Se vedrò anche solo una lacrima, finirà malissimo.»
«Per quanto io ami il tuo senso di protezione nei miei confronti, dovresti lasciarmi combattere le mie battaglie» disse Grace, sorridendogli amorevolmente. «Non potrai difendermi in eterno e poi questo mi farà sempre sembrare debole agli occhi degli altri. Lo so che mi proteggi perché ti fa sentir bene e non perché ne ho veramente bisogno, ma prova a pensare di più a te stesso che a me.»
Brandon sospirò pesantemente, non comprendeva che problema ci fosse. Era sua sorella e voleva curarsi di lei, spesso discutevano su quell’argomento e si ritrovavano ad un punto morto. Lui non sarebbe mai stato immobile se le fosse accaduto qualcosa.
«Per me non è semplice» sussurrò il ragazzo, voltandosi e facendo per andarsene. «Vado a studiare. Il compito di storia è andato talmente male che stavolta non scamperò ad una punizione di nostra madre… e di Peter» aggiunse digrignando i denti sull’ultimo nome.
«Invece io credo che non finirai in punizione.»
«Non tentare di difendermi ancora con loro. Hai sentito la mamma l’ultima volta, un altro voto negativo e non mi avrebbe lasciato andare in campeggio. La prossima estate mi toccherà passarla qui, il che significa che sono il nuovo carcerato di Alcatraz!»
Grace scosse la testa, rimanendo molto tranquilla. «Quel compito non ti è andato male, fidati.»
«Guarda che non ho studiato niente. C’era la partita ieri!»
«Lo so e per questo ho scambiato i nostri compiti.»
«C-che cosa?» boccheggiò Brandon.
Lei alzò le spalle, rappresentando l’immagine della calma. «Se prendo una F poco mi importa, posso sempre dire che non mi sono concentrata come al solito. Passerà meno inosservata la D in spagnolo, ma mi inventerò qualcosa anche lì.»
«Tu mi stai dicendo che hai scambiato due volte i nostri compiti perché… sì, perché l’hai fatto?» domandò Brandon con la fronte corrucciata e fissando insistentemente sua sorella.
Non voleva che Grace rovinasse la sua media o - peggio - si mettesse nei guai per causa sua. Se l non aveva voglia di studiare, non doveva andarci di mezzo lei.
«Non lo hai ancora capito, vero?» replicò sua sorella.
«Capito cosa?»
«Che anche io sono disposta a tutto per te, senza badare alle conseguenze» rispose Grace con non-chalance. Per lei non era una verità così sorprendente, come invece lo era per Brandon che continuò a fissarla senza parole. «E poi un compito in classe è niente in confronto a ciò che sono veramente disposta a fare per te. Sei il mio passato, il mio presente e il mio futuro. Credi veramente che non ricambi ciò che provi per me o ciò che sei disposto a fare?»
«No, è solo che…»
Brandon non riusciva nemmeno a trovare le parole. Provava talmente tante emozioni insieme che gli offuscavano persino la mente. Era lui che voleva occuparsi - in tutto e per tutto - di Grace, non il contrario. Forse il non essersi mai aspettato che lei fosse disposta a fare lo stesso, lo stava scombussolando non poco.
Sua sorella si avvicinò per battergli scherzosamente una mano sulla guancia. «Chiudi la bocca sennò ti entreranno le mosche» gli disse ironicamente, prima di sorpassarlo e uscire dalla stanza.
A Brandon bastarono pochi attimi per riprendersi da quella lieve trance, che si mise a rincorrerla per giocare come al loro solito.
I momenti migliori passati insieme erano proprio quelli in cui si divertivano a lottare scherzosamente, anche se c’era altro da ricordare.
Ad esempio era bello quando si mettevano a scambiarsi consigli su capi d’abbigliamento o la pettinatura per qualche festicciola, innumerevoli erano state le volte in cui si pararono le spalle con i propri genitori e ogni segreto, seppur minuscolo, era riconosciuto.
Erano talmente legati che potevano essere una singola persona divisa in due corpi.
Poteva passarne di acqua sotto ai ponti, ma il legame che univa Brandon a Grace sarebbe stato inviolabile fino alla loro morte. Nulla sembrava potersi mettere tra loro.


«Ti rendi conto delle conseguenze della tua decisione?»
Grace non battè ciglio alla domanda, posta con confusione, del perfido Rylan.
L’uomo era incredulo, ma a lei ben poco importava. Lui voleva una risposta e lei gliel’aveva data, fine della questione. Il fratello di Lucas non si capacitava, tirò un pugno al volante facendo inavvertitamente suonare il clacson. Ignorò persino Kelly quando andò a bussare al finestrino per dirgli che era stanca e voleva tornare a casa.
In tutto quel bello spettacolino, Grace rimase ferma e decisa su ciò che gli aveva appena detto. Fare un passo indietro era proprio ciò che non era disposta a fare, sebbene immaginava con quanti sforzi Rylan avrebbe provato a farle cambiare idea.
Rimasero in silenzio per vari minuti, con gran stupore della ragazza che credeva fermamente di venir aggredita fin da subito dal cognato.
Pensando di poterla scampare, Grace sbloccò le portiere e mise la mano sulla maniglia, ma venne bloccata da Rylan che l’afferrò per un gomito.
«Dove pensi di andare?!»
«Evita scenate. Ti ricordo che siamo circondati da tante persone» rispose lei prontamente, indicando con un cenno del capo la gente che stava ancora per strada. «Inoltre non abbiamo più niente da dirci.»
«Ne dubito.»
«Io no, quindi lasciami andare!» replicò Grace a denti stretti, cercando di divincolarsi dalla presa dell’uomo.
Rylan strinse ancor di più la mano attorno all’avambraccio e la tirò verso di sé. I loro visi si ritrovarono a pochi centimetri di distanza. Gli sguardi simili si scontrarono, si specchiarono trovando la stessa tempesta irruente. Grace poteva sentire il respiro pesante di quell’uomo, la cui furia si sarebbe presto versata anche su di lei.
Ormai non avrebbe più avuto scampo e sarebbe stata solamente un’altra sua vittima, ma Grace non si mostrò spaventata, non lo era proprio.
Tenne testa a quegli occhi freddi quanto il più gelido inverno e ci stava riuscendo non solo grazie alla sua faccia tosta, era la caparbietà riflessa dal suo sguardo.
«Tu non hai idea con chi ti sei messa contro, ragazzina.»
«In realtà me ne sono fatta un’idea e, per quanto tu appaia minaccioso, non ti ritengo uno stupido. Per questo mi aspetto che molli l’assurdo obiettivo di riportare Lucas a casa, perché non ci riuscirai e dopo questo ultimo tentativo dovresti averne avuto conferma.»
«Presta attenzione alle tue parole» continuò Rylan con tono minaccioso. «Questa sera hai fatto un errore che rimpiangerai. Già da stanotte ti tormenterai sulla tua decisione. Come hai potuto scegliere un ragazzo, che conosci appena, a tuo fratello?»
«Presta attenzione alle tue parole» ripetè Grace, liberandosi dalla sua presa con un forte strattone. «Non intrometterti mai più nella mia vita, come in quella di Lucas. È una partita persa Rylan. Io non dirò niente a tuo fratello dell’accordo che mi hai proposto. Almeno gli eviterò di ricevere l’ennesima delusione che non porterebbe altro che rabbia e odio e il cuore di Lucas è troppo puro per queste cattive emozioni.»
«Oh, ma che carina! Sai, provo quasi pena per te perché non ho dubbi che verrai delusa da mio fratello. Lui non sa occuparsi delle persone e tu sembri tanto forte, ma scommetto che questa bell’armatura nasconde una ragazzina fragile. Del resto non deve essere stato facile crescere senza un padre…»
Rylan non finì la frase che la sua mandibola venne stretta duramente nella mano di Grace. L’uomo rimase inerme e lei non era granchè forte, sicuramente non più di lui, eppure c’era qualcosa che lo fece sentire con le spalle al muro.
Grace avvicinò repentinamente il suo viso e puntò i suoi occhi in quelli della persona che ormai era un nemico dichiarato. Si sentiva sopraffare da una rabbia incontrollabile. Erano stati toccati più punti delicati, nervi scoperti che la facevano saltare come un ghepardo sulla sua preda.
«Non mettermi alla prova, perché non mi conosci minimamente» sibilò contro l’orecchio di Rylan che rimase immobile.
La ragazza si scostò da lui con lentezza e uscì dall’auto, ignorando la presenza di Kelly che le domandò a macchinetta che cosa si erano detti.
Grace rientrò nel locale, ma prima sentì la voce di Rylan chiamare quella marionetta che si era scelto come compagna.
Quella notte era stata presa una decisione che indubbiamente avrebbe cambiato le sorti delle persone coinvolte. Grace non aveva ceduto al ricatto di Rylan e scelse Lucas a Brandon. Era chiaro come che esistesse il sole che non avrebbe più rivisto suo fratello. A meno che un giorno lui non avrebbe deciso di tornare, ma ne dubitava.
La serata procedette normalmente, per Grace era come se niente fosse accaduto e non fece parola alcuna con Lucas.
A discapito di ciò che Rylan le aveva detto, e chiaramente si era sbagliato, quella notte dormì tranquillamente. Non si pentì della sua scelta.
I sensi di colpa non la stravolsero, sarebbe accaduto in caso avesse deciso di tradire Lucas e darlo in pasto a Rylan.
Era certa che il cognato avrebbe architettato qualcos’altro e sarebbe stata pronta ad affrontarlo. Avrebbe combattuto fino a quando non se ne sarebbe andato da Atlanta, abbandonando ogni cattivo proposito di riportare Lucas a Chicago.
Il giorno seguente, la vita di Grace riprese tranquillamente e anche quello dopo e quello dopo ancora. Esattamente come se nulla fosse mai accaduto.
Uscì con i suoi amici apparendo molto più spensierata, si godè meglio i momenti con Lucas e ricambiò con sfrontatezza le occhiate di Kelly a scuola.
Da quando aveva affrontato Rylan si sentì pervadere da una grande forza interiore, era stata una sfida che aveva vinto e ne andava fiera specialmente perché nei giorni successivi non ebbero notizie del maggiore dei fratelli Turner.
Girò voce che se ne era andato e questo fece gioire chiunque non lo vedeva di buon occhio, peccato che cantarono vittoria troppo presto e tornò in città poco più tardi. Lucas e Grace cercarono di non lasciarsi condizionare e non preoccuparsi fino a quando Rylan non avrebbe mostrato la prossima mossa.
«È appena cominciato il week-end, probabilmente è tornato per via di Kelly» disse Natalie camminando affianco all’amica.
Avevano trascorso quel sabato pomeriggio a fare compere e l’argomento uscì spontaneamente.
Tra un commento e l’altro, Grace confessò cosa la rese tesa tempo prima, lasciando senza parole l’altra ragazza che rimase completamente basita dal gioco sporco utilizzato da Rylan.
«Quei due si sono proprio trovati, non c’è dubbio» continuò storcendo il naso, immaginandoseli come i perfetti antagonisti di un film.
Non si sarebbe stupita se avessero concepito una prole malvagia.
«Onestamente spero proprio che sia qui per la sua perfida amante» disse Grace.
«Prova a non pensarci. Cosa potrebbe fare peggio di ciò che ha già fatto?»
«Non saprei. Quell’uomo è imprevedibile, per questo ti confesso che non sono tranquilla.»
Natalie si lasciò andare ad una risata allegra, tentando di smorzare quella tensione creata involontariamente. «È inutile confessarmi la tua preoccupazione. Ti conosco fin troppo bene e non appena Ted ci ha detto che Rylan era tornato, ho subito immaginato che ti saresti lasciata prendere dal nervoso» disse tirandole una gomitata scherzosa, per infondere un po’ di spensieratezza e l’accenno di un mezzo sorriso era stata una vittoria.
«Ok, non pensiamoci!» esclamò Grace scuotendo il capo, cercando di allontanare tutta l’energia negativa. «Parliamo di stasera. Lucas è di turno fino alle dieci e poi fa a cambio con l’altro suo collega che fa chiusura. Io penso di andare al pub verso le otto e mezza. Tu e Ted, ci sarete o avete altri programmi?»
«Ci siamo, ci siamo» rispose Natalie lanciandole un’occhiata d’intesa. «Quel buffone del mio ragazzo si è messo in testa di battere il record di shottini e immagini chi sarà il suo sfidante.»
«Sebastian!»
«Certamente… ah, ma io gliel’ho detto! Se stasera sta male, lo lasciò lì con il suo amicone. La volta scorsa ha tirato tutto il viaggio dal pub a casa mia, ma appena entrati mi ha vomitato sul tappeto d’ingresso.»
«Ehi, non me lo avevi raccontato!»
«Ah, no?» replicò Natalie, pronta però a raccontarle tutto per filo e per segno. «Guarda, non ti dico che scuse astronomiche mi sono dovuta inventare con i miei genitori il giorno dopo. Ho dovuto dirgli che avevo fatto indigestione di sushi e per fortuna ci sono cascati, perché quella sera avevo ordinato giapponese assieme a quel fesso che mi sono scelta come spasimante!»
Grace scoppiò a ridere più per l’espressione buffa dell’amica, che per la storia in sé. Era divertente sapere che aveva parato le spalle a Ted e ancor di più che gli avesse fatto una grossa ramanzina. Immaginava il visino del ragazzo che riusciva ad addolcire quella finta bacchettona di Natalie.
«Siete la coppia perfetta. Lui lo scapestrato e tu quella che lo tiene a freno» commentò Grace, prendendola sotto braccio. Continuarono a camminare per le vie di Atlanta, ricordando le marachelle che Ted aveva combinato nell’ultimo periodo e fecero una classifica su quale era stata la più divertente e quale la peggiore.
Convennero entrambe che la sua performance più spassosa fu quando imitò il vecchio professor Rothers, con tanto di barba grigia e occhiali a fondo di bottiglia, mentre la performance peggiore fu quando scivolò dal tavolo a casa di Sebastian dopo aver provato con sé stesso la scena di Titanic, quella in cui i protagonisti saltarono entrambi dalla nave che ormai stava affondando.
Sarebbe stato un momento divertente se non fosse che Ted si fece un taglio sul gomito, in seguito alla caduta dal tavolo ed esser finito su un vaso che ovviamente distrusse. Per fortuna non si fece veramente male. Per “sistemarlo” bastò un bel po’ di acqua ossigenata e una fasciatura che improvvisarono Lucas e Sebastian.
La compagnia ci rideva su per quel piccolo incidente, tutti tranne Natalie che si mostrava furente ogni volta che tiravano fuori quella storia.
«Ci prendiamo qualcosa da bere o devi andare a casa?»
Grace guardò l’ora sul cellulare e sospirò desolata. «Uhm… no, sono quasi le cinque e avevo promesso a mia madre di aiutarla con un suo progetto. A quanto pare, Peter le ha messo in testa che devo mostrare quanto lato creativo possiedo. Pensano di dimostrarmi che la mia vocazione ad organizzatrice di eventi sia una scemenza.»
«Con tutto il rispetto, sai dove se la possono mettere la scemenza?»
«Lucas l’ha detto in una maniera più volgare» rise Grace.
«È bello che lui ti appoggi» le disse Natalie sorridendole dolcemente.
«Sì, è un ragazzo meraviglioso.»
«Lo sei anche tu e sai il perché.»
«Perché l’ho scelto al posto di Brandon? Non mi reputi egoista per questo?»
«Egoista? Mi auguro sempre che tu stia scherzando ogni volta che mi rivolgi una domanda così assurda, ma siccome sono la tua migliore amica e ti conosco bene, so che non scherzi» disse Natalie tra sé e sé, un pensiero detto ad alta voce. Scosse la testa velocemente e fece uguale con una mano. «Non dubito che la scelta sia stata difficile, ma dubito ti si possa dare dell’egoista. Forse lo saresti stata se avessi scelto Brandon al posto di Lucas. Non sono nessuno per giudicare, però questo è il mio più limpido pensiero.»
«Grazie, Natalie. Sono fortunata ad avere un’amica come te.»
«Amica? Così mi offendi! Io sono tua sorella» replicò Natalie tirandola a sé e cingendola per le spalle.
Quello era senza dubbio l’unico legame che non sarebbe mai stato sciolto. Non c’erano vincoli di sangue a tenerle unite o a farle credere che lo sarebbero state per sempre.
Natalie e Grace si erano trovate, scelte, costruendo un rapporto di vera amicizia lungo l’infanzia e l’adolescenza. Passando dal prestarsi le matite colorate, a giocare con le bambole, a comprare riviste, cominciare a scambiarsi i trucchi e iniziando i loro piani di conquista verso il sesso opposto.
Ma c’era dell’altro, ben altro.
Le due amiche si capivano scambiandosi una semplice occhiata o mimando qualche gesto, che veniva meglio a Natalie che a Grace. Erano pronte a difendersi l’una con l’altra e a fare la ramanzina qualora una delle due avesse commesso qualche errore. Dirsi sempre la verità era alla base della loro solida amicizia.
«Senti, vuoi un passaggio fino a casa?»
«No, lo sai che mi piace fare due passi» disse Grace.
«Va bene, tesoro. Allora, ci vediamo stasera direttamente da Jim?»
«Certo!»
Le ragazze si salutarono e poi ognuna andò per la sua strada.
A Grace piaceva veramente fare una passeggiata, aveva iniziato a far caldo, però c’era quell’arietta fresca che era un toccasana. Per fortuna aveva solamente due borse, neanche tanto piene, di ciò che aveva comprato, e non le pesavano minimamente. Quella che si era data allo shopping più sfrenato era stata Natalie, che aveva speso metà della sua paghetta in costumi da bagno.
Con la compagnia erano riusciti ad organizzare un viaggio in Spagna e tutti non vedevano l’ora che la scuola finisse per partire alla volta di quella che sarebbe stata una sfrenata avventura.
«Ciao Grace!» si sentì salutare improvvisamente.
Lei si voltò alla sua destra e aggrottò la fronte quando vide chi le aveva posto un saluto tanto cordiale.
«Ciao David» disse per cortesia e poi continuò a camminare per la sua strada.
Il ragazzo che era stato seduto su una panchina del parco vicino, a casa sua, la raggiunse velocemente.
«Fatto compere?»
«Sì.»
«La scuola sta finendo, finalmente.»
«Già» rispose Grace, un po’ infastidita e stranita dal comportamento socievole del suo ex ragazzo.
Fino a non poche settimane prima, anche quando si incrociavano per strada, si evitavano manco fossero degli appestati ed era normale visto il loro ultimo diverbio, che seppur risaliva a mesi prima, non era passato via dalla mente della ragazza.
Non essendoci stata alcuna riconciliazione, Grace non comprendeva proprio tutta quell’inspiegabile gentilezza.
La paranoia le fece pensare che dietro poteva esserci lo zampino di Rylan, non si sarebbe stupita se si fosse alleato pure con quell’infingardo di David.
«E con il tuo ragazzo va bene?»
«Il mio ragazzo ha un nome, Lucas, e sì va tutto benissimo.»
L’altro rise, grattandosi la nuca. «Sì, Lucas, scusa… non l’ho mai calcolato più di tanto.»
«David, ti ha per caso colpito una tegola in testa?» domandò Grace, fermandosi e voltandosi verso di lui. «Non abbiamo una conversazione amichevole da un anno e l’ultima volta che ci siamo rivolti la parola credo che entrambi abbiamo dato il peggio di noi, quindi scusa tanto se mi mostro un tantino confusa.»
Il ragazzo inizialmente si era mostrato confuso dalla sua reazione, ma non era così idiota da non capire e alla fine annuì.
«Sì, so di aver sbagliato.»
«E ci arrivi dopo un anno?»
«Ehi, sto provando a scusarmi. Apprezza il gesto!»
«Oh, ma lo apprezzo credimi» commentò Grace con poco tatto.
David detestava quando lei utilizzava quel modo di fare da stronza, era una caratteristica della sua ex ragazza che lo aveva sempre infastidito.
Poco aveva da obiettare visto come si era comportato in passato e quindi si trattenne dal dire qualcosa che non gli avrebbe giovato.
Il rancore di Grace era assolutamente giustificabile, non si sarebbe mai più fidata di lui e David sapeva che se avesse accettato le sue scuse sarebbe stato un gran passo avanti, dal momento che lei era la classica persona che portava rancore a lungo termine.
«Mi sono comportato di merda. So bene quanto io ti abbia ferito con le mie menzogne e alle volte credo di meritare qualche momento infelice. Per quanto tu possa credermi, io ti volevo bene, mi sei sempre piaciuta… ma forse come coppia non andavamo tanto bene e sono stato l’idiota a credere che avrei trovato di meglio in qualcuno che…» lasciò in sospeso quella frase.
David si guardò attorno, come in cerca delle parole corrette per sancire la pace. Per quanto sembrasse incredibile, lui voleva veramente che non ci fosse più rancore tra loro. Sebbene sapesse che non sarebbero potuti tornare amici, sperava che per lo meno di scambiare qualche parole con gentilezza e niente più occhiatacce.
«Che tu ci creda o no, sono contento che hai trovato Lucas. Non lo conosco, ma se tu sei felice, significa che si comporta bene e credo che questo basti.»
«Anche tu mi hai reso felice, per un po’» si sentì di dire Grace, ma i suoi occhi non esternavano alcuna gioia. Era molto fredda, nonostante fosse vero che era stata felice. «Io non ti odio, David. Forse l’ho fatto all’inizio, ma ora no. Non mi interessa più con chi sei, cosa fai o cosa dici. Questo è grazie a Lucas, senza dubbio. Lui è riuscito, dove tu hai toppato in pieno… ma non te ne faccio più una colpa. Del resto, non si può comandare al cuore e io non andavo bene per te. Fine della storia.»
David attutì quel colpo e annuì, lei aveva riassunto bene la situazione. «Stai veramente bene con Lucas?»
«Tu non hai idea di quanto.»
«Te lo meriti» disse prima di sorridere imbarazzato. «Incredibile che sia io a dirlo, ma è così. Sono davvero contento che tu abbia trovato una persona che ti… che ti… beh, hai capito. Possiamo fare pace?»
Grace sospirò pesantemente mentre osservava la mano che il ragazzo le stava tendendo. Era passato un anno da quando la loro storia era finita e tutti sanno come.
Per molto tempo lei era stata arrabbiata, delusa e sofferente a causa di David.
Se lui avesse provato a riconciliarsi tempo addietro, senza dubbio, Grace si sarebbe rifiutata e gliene avrebbe dette tante, ma quel giorno, lei era propensa al perdono.
Ormai lei era felice con Lucas e non c’era motivo per evitare quella pace.
«Va bene» sussurrò lei, mostrandogli per la prima volta dopo un anno, un sorriso abbozzato. «Pace.»
David sorrise a sua volta e sentì una sensazione piacevole avvolgerlo.
Unicamente lui conosceva i momenti in cui il rimpianto lo colse; non aveva mai completamente preso in giro Grace, lei gli era sempre piaciuta, ma erano stati insieme in un periodo in cui la ragazza non poteva far altro che crescere e mutare.
Anche in quel momento, dopo un anno, notava come era cambiata: aveva maggior consapevolezza di sé, era maturata, la vedeva come una piccola donna.
«Forse ci siamo incontrati troppo presto» sussurrò David sfiorandole i capelli. «Se ci fossimo incontrati ora, forse…»
«Ora è troppo tardi» replicò Grace con tranquillità, prendendogli la mano e tenendola tra le sue per un po’.
Inspiegabilmente provò tenerezza per lui.
Una volta sparita la rabbia, riusciva quasi ad essere comprensiva e quindi era inevitabile, per come era il suo carattere, provare un po’ di compassione. In fondo lo conosceva da prima che si fossero messi insieme, aveva sempre saputo come era stata la sua vita e, al contrario, lei aveva mostrato un po’ più di rispetto per le questioni personali e intime della sfera privata.
Quella pace fece sentir meglio anche Grace.
Dal momento in cui strinse quella mano, in cui accettò di perdonarlo, si liberò di quel peso, da quell’ ombra che la raggiungeva anche nella luce dei momenti più belli.
«Scusami, ma devo tornare a casa per aiutare mia mamma in un lavoretto.»
«Ci sei stasera da Jim?» chiese David.
«Sì, penso di venir giù con Sebastian.»
«Bene, allora… ci vediamo stasera.»
Grace annuì e poi lo salutò tornando ad incamminarsi verso casa sua, non curante del fatto che qualcuno li aveva osservati per tutto il tempo.
La serata al bar di Jim arrivò in fretta: alcuni della compagnia cenarono là, tra cui Natalie e Ted, mentre Sebastian e Grace arrivarono più tardi siccome il ragazzo era stato invitato a cena dai genitori dell’amica.
Quando arrivarono sul posto notarono che c’era già un bell’affollamento di persone. Non che c’era da stupirsi, quella sera trasmettevano la finale del campionato di football.
Per quanto Sebastian ne fosse un appassionato, lui era più gasato per la gara di shottini che doveva far assieme a Ted. Quei due avrebbero trovato grandiosa la serata solo per quello.
«Io vado a salutare Lucas e poi vi raggiungo, ok?» disse Grace dopo che l’amica le aveva fatto vedere a che tavolo si erano messi il resto della compagnia.
«Ti ordino qualcosa bere?»
«Magari più tardi, Seb.»
«Ok, allora ti aspetto» le disse il ragazzo, prima di farsi largo tra la folla e raggiungere i propri amici.
Grace andò nella direzione opposta, verso il bancone, e quando incrociò lo sguardo di Lucas gli mostrò un gran sorriso che però non venne ricambiato.
Inizialmente lei non ci fece caso più di tanto, ormai lo conosceva e già era serio di suo figurarsi quando era stravolto dal lavoro. Aspettò che due clienti gli ordinassero da bere e poi, quando notò che era libero si avvicinò con tranquillità.
«C’è una marea di gente stasera!»
Lucas annuì, rimanendo in silenzio e continuò a pulire il piano del bancone. La ragazza corrugò la fronte e lo fissò, mentre la stava deliberatamente ignorando.
«Va tutto bene?»
«Cosa potrebbe mai andare storto?» replicò lui continuando nel suo lavoro.
Grace decise di non proseguire la conversazione e immaginò che doveva solamente avere la luna storta. «Quando finisci il turno ti aspetto al tavolo. Ok?» chiese allungando una mano per carezzargli i capelli, ma lui si scansò lasciandola turbata.
La ragazza non capì cosa potesse giustificare un comportamento del genere. Mai prima di allora, Lucas aveva rifiutato un gesto gentile e c’erano state serate ben peggiori.
«Ciao Grace!»
La ragazza voltò il capo e alzò una mano per salutare David, che le era passato accanto assieme ad alcuni suoi amici.
«Vedo che vi siete riconciliati. Sembra che non lo detesti più così tanto, come mi hai fatto credere» mugugnò Lucas. Non appena aveva udito la voce dell’altro, tirò su il capo e osservò la scena poco contento.
«E io vedo che ci vuole la presenza di un’altra persona per farti spiccicare parola» replicò Grace, non intendendo lasciargliela passare liscia per come l’aveva trattata poco prima. «Si può sapere che ti prende stasera?»
«Cosa mi prende?» ripetè Lucas fissandola intensamente negli occhi. Era arrabbiato, lo era veramente. Sbattè lo strofinaccio sul bancone con forza, facendola sobbalzare, e poi prese dalla tasca dei jeans una foto e la fece cadere sul piano. «Ritorno di fiamma?»
Grace abbassò lo sguardo su quella foto e non sapeva se infastidirsi o rimanere scettica. L’immagine, che aveva tanto fatto infuriare Lucas, rappresentava lei e David mentre parlavano. Chiaramente chiunque l’aveva scattata era stato un maestro dello spionaggio, dal momento che riuscì a riprendere proprio il momento in cui David le aveva sfiorato il viso.
«Chi te l’ha data?»
«Ah! Non mi vuoi dare neanche una spiegazione?!» sbottò Lucas.
«Non c’è niente da spiegare, perché non stavamo facendo niente. Abbiamo solo parlato e poi è avvenuto per caso… ci siamo incontrati per caso!»
«Fatto niente non mi sembra. Ti sta toccando e da come lo hai appena salutato, direi che siete tornati in buoni rapporti!»
«Oh, per favore!» replicò Grace alzando la voce e irritandosi tantissimo per quella discussione che - a suo parere - non aveva fondamenta. «Si è scusato per quello che è successo tra noi e io l’ho perdonato.»
«Pure? E come mai ti sentivi così magnanima?»
La mente di Lucas era offuscata dalla gelosia. Sì, lo ammetteva anche a sé stesso che era geloso e aveva paura. Paura che David o qualcun altro potessero portargli via Grace, che era stata una gran sorpresa nella sua vita ma anche la sua gioia più grande.
Lui che mai si preoccupava di un problema fino a quando non lo vedeva concreto, si stava lasciando trasportare dalla fissazione di quella riconciliazione. Non capiva come Grace avesse potuto perdonarlo così velocemente dopo tutto quello che David le aveva fatto. Era proprio questo che gli fece scattare la paranoia.
«Non si tratta di magnanimità! Solamente non vedo perché portargli rancore quando non me ne frega più niente di lui.»
«E se non te ne frega niente perché lo hai perdonato?»
«Perché sono felice con te.»
«Questa è la tua giustificazione?» chiese Lucas poco convinto. «Va bene.»
Se c’era una cosa che Grace poco sopportava di lui era quando mostrava quell’aria da finto tranquillo, quando invece era dannatamente palese che era arrabbiato.
«Non è una giustificazione, è la realtà. Sono felice con te, mi importa solo di te, il resto è niente e in quanto tale l’ho perdonato. David è il mio passato, mentre tu il mio presente e il mio futuro» affermò Grace sicura di sé. Lo guardava dritta negli occhi, perché voleva fargli capire che era sincera, ma soprattutto che i suoi sentimenti per lui erano limpidi e David non li aveva minimamente messi in discussione. «Credimi, non sono quella persona che sceglie il passato. Ciò che è andato è andato. Per me conta il presente, quindi te.»
«Sta arrivando gente» la liquidò Lucas spostandosi dall’altro lato del bancone.
Grace sbuffò e si allontanò, andando a raggiungere i suoi amici.
Cercò di non tenere il muso con loro perché non se lo meritavano; scherzò e rise fragorosamente alle battute di Ted, anche se la testa era altrove.
Era proprio in quei momenti che ringraziò la provvidenza di averle donato degli amici così spassosi, che trasformavano i momenti più tesi in quelli più divertenti.
Rimase ad assistere la partita al fianco di Ted perché adorava quando commentava le mosse dei giocatori e non tanto in ambito sportivo.
Il suo migliore amico non era propriamente un fan del football e quindi le sue frasi erano mirati a far ridere Grace. Alle volte le faceva male la pancia da quanto rideva.
Poco dopo la fine della partita, Lucas concluse il suo turno e sebbene non fosse di ottimo umore si unì ai suoi amici. Ciò che notarono un po’ tutti fu che il ragazzo e Grace se ne stavano da parti opposti e non si rivolsero mai la parola.
Nessuno volle impicciarsi.
Sebastian tentò di capire cos’era successo e quando comprese che l’amico non intendeva parlarne, se ne andò a fare la gara di shottini con Ted. Lucas andò con loro, limitandosi a guardarli e non appena si allontanò, Natalie scattò all’attacco con Grace e si ritenne fortunata che le raccontò tutto subito.
La ragazza si sfogò e l’unica in grado di ascoltarla con attenzione e oggettività, in quel preciso momento, era la sua migliore amica. Le raccontò tutto quello che era accaduto, dall’incontro con David al fatto che Lucas era venuto a saperlo da qualcuno che chiaramente li voleva separati.
«Perché prendi tutto sul negativo? Guarda che se Lucas si mostra geloso è perché ti ama veramente» disse Natalie, volendo provare a farla ragionare. «Dai, potevi arrivarci anche tu che si sarebbe arrabbiato, specialmente se non gli hai detto nulla.»
«Come potevo dirgli qualcosa che è avvenuto oggi pomeriggio?!» sbottò Grace. Poi prese un lungo respiro per calmarsi e ricominciò. «Ti giuro che non ho avuto tempo. Ho incontrato David tornando a casa, poi ho aiutato mia mamma, mi sono fatta una doccia, è arrivato Sebastian che si è fermato a cena, mi sono cambiata e poi siamo venuti qui.»
«Qualcuno ti ha battuto sul tempo.»
«Sì, ma chi?»
«Non hai proprio nessuna idea?» chiese retorica Natalie lanciandole un’occhiata d’intesa.
«Rylan? Pensi che ora si metta a farmi gli appostamenti?»
«Io credo che non si sia arreso. Sinceramente, dopo la storia del ricatto, non mi stupisco di nulla.»
Grace annuì, non potendole dar torto. Tutto le appariva assurdo, chi era così malato di mente da seguirla e scattarle addirittura delle foto?
«Adesso cosa farai con Lucas?» continuò Natalie.
«Non lo so. Sembra rifiutarsi di parlarmi.»
«Detesto quando una persona si comporta così. Bisogna andare affondo alla questione, sempre!»
«Sono della stessa idea, ma chi glielo va a dire a quel testone?» replicò Grace desolata, iniziando a fare a pezzettini un tovagliolo. Iniziò a giocarci mentre ogni tanto lanciava occhiate a Lucas, il cui umore era simile al suo, solamente più furente.
Natalie non insistette, anche perché non sapeva proprio cosa dire su quella situazione. Ma quando vide andare Lucas verso la toilette, le venne il lampo di genio.
Senza dire nulla a Grace, si alzò e sgattaiolò nel bagno, dove chiuse a chiave la porta alle spalle e con sguardo determinato era pronta ad affrontare il ragazzo.
«Bel ciuffetto, dobbiamo parlare.»
Lucas si voltò con aria perplessa e un sopracciglio inarcato. «Non sono interessato, specialmente perché so chi ti manda. E poi questo è il bagno degli uomini!»
«Non mi manda proprio nessuno» replicò Natalie, ignorandolo e parandosi di fronte a lui. «Devo rivelarti qualcosa che ti interessa da vicino.»
«Se si tratta di Grace, me e David» disse calcando l’ultimo nome «ripeto e cerca di tenerlo a mente, non sono interessato.»
«Beh sì, si tratta di te e Grace, ma l’ultimo soggetto è completamente errato. Si tratta di Rylan.»
Il nome del fratello fece cambiare idea a Lucas, che fino a quel momento era ostinato a non prestarle ascolto nemmeno se si fosse inginocchiata.
«Che cosa centra ora Rylan?»
«Grace ha voluto tenerti nascosta la verità per proteggerti ed evitarti questa delusione, ma visto che sembri tanto testardo sulla faccenda di David, che credimi è una stupidata in confronto a quest’altra cosa…» Natalie si fermò e sospirò, sapendo che si stava dilungando troppo. Era il momento di dire la verità e doveva farlo senza esitazione. «Qualche tempo fa, Rylan ha fatto una proposta a Grace. Lui aveva pagato un investigatore per scoprire dove fosse Brandon ed effettivamente l’ha trovato. Tuo fratello era disposto a dare tutte le informazioni a Grace, ma questo solo se lei ti avesse convinto a tornare a Chicago. Interrompere la vostra relazione era sottointeso. Ma la ragazza con cui ce l’hai tanto, ovvero la TUA ragazza, ha scelto te a Brandon. Puoi immaginare bene cosa significa visto che stai imparando a conoscerla.»
Lucas sgranò gli occhi. Ciò che aveva appena udito era stato un colpo al cuore, un cazzotto in pieno viso avrebbe fatto meno male.
Non era ferito per il gesto di suo fratello, quello non faceva altro che confermare ciò che pensava di lui. Lucas si trovò con tanta amarezza perché fino a neanche un’ora prima aveva dubitato di Grace. Aveva seriamente dubitato della ragazza che lo aveva scelto al posto di suo fratello.
Lucas si poggiò al lavabo del bagno e pensò alle parole di Natalie, che non stavano facendo altro che rimbombargli nella testa.
«Lo ha… lo ha veramente fatto? Grace ha…»
«Scelto te, sì» confermò Natalie.
«Sono un coglione» disse Lucas passandosi entrambe le mani sul viso. Si sentiva il più stupido all’interno di quel bar. «Perché non mi ha detto nulla?»
«Voleva che tu non fossi deluso nuovamente da Rylan.»
Udire nuovamente il nome del fratello, lo fece scattare sugli attenti. Lo sguardo dapprima confuso e spaesato, divenne duro e furente.
«Non doveva metterla in mezzo! Questo non doveva proprio farlo» disse a denti stretti e poi corse fuori dal bagno come una furia.
Quello che accadde dopo fu talmente veloce che nessuno potè fermarlo.
Lucas cercò suo fratello fra la folla, l’aveva già avvistato prima di finire il turno, e non appena lo trovò si avventò su di lui con una rabbia mai vista prima. Gli tirò un pugno talmente forte che Rylan scivolò sopra ad un tavolo.
Le persone attorno rimasero senza parole.
Sebastian, mezzo traballante, accorse in aiuto dell’amico e lo prese per le spalle tentando di evitare la rissa, ma nulla pareva trattenere Lucas.
Il ragazzo afferrò il fratello per la camicia e lo sbattè al muro, sussurrandogli qualcosa di minaccioso e poi uscì dal bar.
Grace che aveva assistito alla scena, stando non poco lontana, apparve spaventata: era spaventata, ma non dalla reazione violenta di Lucas, non avrebbe mai potuto aver paura di lui.
Prima di tutto era preoccupata per Lucas, perché sapeva che doveva esser accaduto qualcosa di estremamente grave per farlo reagire in quella maniera.
L’arrivo trafelato di Natalie portò tutto in superficie, l’amica le confessò subito il suo gesto, scusandosi per non aver pensato che la reazione potesse essere quella.
Grace tranquillizzò la sua migliore amica, non si arrabbiò con lei: del resto aveva agito in buona fede. La ragazza decise di uscire dal locale, per andare in cerca di Lucas, ma qualcuno le bloccò la strada.
«Non farlo» le disse Ted, poggiando con delicatezza la sua mano sull’avambraccio dell’amica. «Nello stato in cui si trova, potrebbe farti del male.»
«Theodore, fammi il piacere!»
Il ragazzo non sembrò dell’idea di lasciarla andar via.
«Ted, spostati. Subito e non farmelo ripetere!»
Nulla.
Grace sospirò pesantemente e rivolse un’occhiataccia al suo migliore amico, che - a suo giudizio personale - si stava comportando da completo idiota. Cercando di non metterci troppa forza, gli diede uno spintone e riuscì a scansarlo dalla sua strada. La ragazza si fece largo tra la folla per uscire.
In strada si guardò attorno e si sentì sollevata quando riconobbe Lucas in fondo alla via. Il ragazzo stava seduto a terra, sotto ad un lampione. Grace gli corse incontro e quando arrivò si inginocchiò di fronte a lui.
Lucas notò subito la sua presenza, come sempre, e abbassò lo sguardo. Provava vergogna per ciò che aveva fatto ed era spaventato di sé stesso. Non malmenava qualcuno da quando fuggì da Chicago. In un momento ricordò tutti quelli che si erano scontrati con le sue mani e ci stava male: non voleva più essere quella persona.
In passato aveva commesso errori che lo avevano portato ad essere una persona migliore, però tutte le sue azioni continuavano a perseguitarlo e seguirlo come un’ombra.
«Guarda che non ce l’ho con te e chiaramente non sono spaventata» lo rassicurò lei.
«Mi dispiace, mi dispiace.»
«E perché? Tuo fratello lo meritava quel pugno» disse Grace con tono ironico, anche se più ripensava a quella frase e più sapeva di aver ragione. «Ciò che non merita è il tuo odio. Perché dovresti farti il sangue amaro per un essere così viscido? Lascialo perdere.»
«Credimi, in questo momento, non me ne frega niente di lui. Sto pensando ad altro.»
«E a cosa pensi?»
Lucas si sentiva lievemente in imbarazzo, era da tanto che non gli capitava in presenza di Grace, eppure lei riusciva ancora a fargli quell’effetto. «Hai veramente scelto me al posto di tuo fratello?»
«Oh» sussurrò Grace. Alle volte cadeva veramente dalle nuvole. Non stava minimamente immaginando che stesse pensando a quello. «Beh, sì.»
«Perché?» chiese il ragazzo alzando lo sguardo su di lei. «Non capisci che hai buttato via un’occasione d’oro. Potevi riabbracciare Brandon e… e tornare a stare insieme.»
«La mia decisione ti sorprende così tanto?»
Lucas inarcò le sopracciglia e annuì, trovando ovvio il suo stupore, mentre per Grace non pareva così scontato, ma questo perché solo lei conosceva le ragioni della sua scelta.
«Te l’ho detto proprio oggi. Io non scelgo il mio passato, ma il mio presente.»
«È tuo fratello.»
«E mi ha abbandonata» replicò Grace freddamente. «Seguendo la tua logica dovrei anche andare alla ricerca di mio padre, ma onestamente non mi interessa. Per quanto potrei essere curiosa di sapere le motivazioni di entrambi, non ho intenzione di sprecare momenti buoni della mia vita per qualcuno che non ci ha pensato due volte a lasciarmi indietro.»
«Non tutti avrebbero preso la tua stessa decisione, sai?» gli fece notare.
«Cosa vuoi che ti dica? Io non sono tutti, sono speciale» disse Grace con un pizzico di ironia che fece sorridere entrambi.
Lucas scosse il capo, con il sorriso ancora sulle labbra. Quella ragazza riusciva veramente a trasformare un momento triste, in qualcosa di piacevole. Quel suo dono lo affascinava, Grace lo affascinava. Era stato così dal primo momento.
Grace si sedette accanto a lui e si strinse al suo braccio. Lucas si divincolò dalla sua presa, solo per abbracciarla lui stesso e stringerla al suo petto.
«Tu hai scelto di stare qui e io ho scelto te» sussurrò lei.
Lucas sorrise, prima di baciarla.
«Te lo giuro Grace, ti proteggerò da chiunque proverà ancora a farti del male» affermò con sincerità.
«E io proteggerò te» replicò la ragazza.
«A quanto pare, formiamo un ottimo team!»
«Credo che se in passato fossimo stati due sovrani, il nostro regno, sarebbe stato il più potente e sai perché?»
«Perché?»
«Perché siamo uniti.»
«E continueremo ad esserlo… mia Regina» disse Lucas usando quell’appellativo in maniera scherzosa.
Grace si allungò per baciargli la punta del naso. «Dovremmo prenderci quelle felpe abbinate con su scritto: Her King e His Queen
«Giusto per non essere possessivi» puntualizzò il ragazzo con ironia.
«Assolutamente» rispose lei con altrettanta ironia.
Si sorrisero teneramente, prima di scambiarsi un altro bacio, consapevoli che ancora una volta si erano ritrovati.




Mrs. Montgomery
Tutto bene quel che finisce bene... lo scriverei se questa fosse la fine della storia.
Esattamente. C'è altro, ma moooolto altro da leggere e scoprire.
I prossimi capitoli chiuderanno momentaneamente alcune parentesi, ripeto momentaneamente, siccome quando ci indirizzeremo verso la fine tutti avranno un ruolo chiave per quanto riguarda il finale.
Tra le vicende che vi presenterò e che alla fine si collegheranno tutte, vi mostrerò gli altri lati di Grace.
Il flashback d'inizio capitolo ve la mostra come una quindicenne un po' frivola. Nel presente leggete di una Grace dolce, ma con carattere. Per quanto riguarda il futuro la vedrete crescere e agire a seconda di ciò che accadrà.
Ringrazio come sempre chi spende il suo tempo nel leggere i miei capitoli o recensisce. Spero che la storia continui ad entusiasmarvi :)
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
Alla prossima!

 

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Capitolo 15
*** Il colpo ***



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Trailer di Inaspettato Amore


Il colpo




Lucas e Grace si erano ritrovati dopo l’ennesimo tentativo, da parte di forze esterne, di dividerli.
Ormai il loro legame era diventato talmente forte che sarebbero riusciti a parare qualsiasi colpo basso da parte dei loro nemici. La fiducia che provavano l’uno nei confronti dell’altra, era talmente grande che non raggiungeva di poco l’amore che si era instaurato tra loro. Erano due semplici ragazzi che volevano vivere in maniera spensierata la loro storia e comportarsi come tutte le coppie di adolescenti. Camminare per i corridoi mano nella mano, al pub il venerdì sera, andare al cinema di sabato e fare un pic-nic la domenica; tutto nella normalità.
Le loro uniche preoccupazioni dovevano essere rivolte agli esami di fine anno, alla separazione per andare all’università o quale vestito indossare al ballo di fine anno.
Nonostante Rylan volasse attorno a loro, come ad un avvoltoio, Lucas e Grace riuscirono a ritagliarsi molti bei momenti, solamente concentrandosi sui loro desideri e lasciandosi alle spalle chi voleva loro del male.
Incredibile era la forza dell’amore!
Nei loro cuori c’era la purezza e il coraggio di affrontare le insidie, ma nell’ombra qualcuno tramava per farli cadere.
«Questo è assurdo! Mi rifiuto di credere che non sia uno scherzo di pessimo gusto!»
Grace era completamente fuori di sé. Niente sembrava trattenerla dall’urlare contro quel giovane agente di polizia. Il malcapitato non riusciva nemmeno a spiccicare parola che Grace sembrava non mollare l’osso.
«Sappiate che ne sono sorpreso anche io, ma non c’è nulla che possa fare per evitarlo» si ritrovò a spiegare con molta calma - stato d’animo assente in Grace - quel giovane poliziotto che aveva raggiunto lei e Lucas al parco, interrompendo quello che doveva essere un tranquillo pomeriggio. «Se fosse per me chiuderei un occhio, ma ho ricevuto degli ordini ben precisi. Mi è stato detto di avvisare Lucas Turner che deve presentarsi alla centrale della polizia quest’oggi.»
«Perché?»
«Non te lo so dire» rispose il poliziotto.
La fronte di Grace si riempì di rughe, sembrava che da un momento all’altro si sarebbe formata una crepa su quel viso tanto imbronciato. Lucas non l’aveva mai vista in quello stato, temeva che da un momento all’altro potesse saltare addosso all’agente per sbranarlo.
«Dylan, per favore! Possibile che tu non sappia, neanche minimamente, il motivo che ha spinto i tuoi superiori a voler Lucas alla Centrale?!»
«Grace, ti risparmio una segnalazione per questo tuo comportamento indisponente verso una forza dell’ordine, solo perché ero amico di tuo fratello e l’ho tirato spesso fuori dai guai» replicò Dylan puntandole il dito contro. «Sappi che sei fortunata. Sei fortunata a essere la sorella di Brandon e sei fortunata a conoscere me o a quest’ora ti avrei già sbattuta dentro!»
«Oh sì, gran bella fortuna! Non so nemmeno per cosa il mio ragazzo è stato denunciato.»
«Non è proprio una denuncia. Si tratta di una segnalazione anonima e quindi bisogna verificare…»
Grace sembrò volergli ancora andare addosso, ma Lucas riuscì a prevenire quella che sarebbe stata un’altra lunga discussione. Le cinse le spalle e subito sentì i nervi tesi della sua ragazza calmarsi grazie al suo tocco gentile.
«Sono sicuro che c’è stato un errore. Non ho fatto niente di male.»
«Infatti» calcò Grace fissando il giovane poliziotto, che iniziava a sentirsi a disagio di fronte a quella situazione.
Non era semplice rimanere impassibili quando, nel proprio lavoro, venivano coinvolte persone che conosceva. Il giovane Dylan, che da due anni faceva parte del corpo di polizia di Atlanta, era stato un grande amico di Brandon fin dai tempi della scuola, seppur fosse più grande di qualche anno. Era stato grazie al suo aiuto se il gemello di Grace se l’era ben cavata da qualche guaio.
Abitando nello stesso quartiere, Dylan conosceva anche la nonna di Lucas. Era profondo il rispetto che le portava, come vicina di casa e come persona più adulta. Questo rendeva il suo compito ancora più difficile, siccome conosceva il grande affetto che quella dolce vecchina provava per il nipote.
«Posso dirti che quando arriverai alla Centrale, ti chiederanno le tue generalità e il domicilio. L’incaricato del caso ti informerà del motivo per cui sei stato chiamato e poi il seguito dipende da altri fattori» aggiunse Dylan, cercando di mostrarsi disponibile.
«Grazie» gli disse Lucas, apprezzando quella cortesia.
Grace sembrava di tutt’altro parere, ma evitò di commentare. Non comprendeva cosa mai potesse portare gli agenti di polizia a chiamare la presenza di Lucas alla Centrale. Dylan aveva nominato una segnalazione anonima. Lei non ci credeva neanche un po’ e quando intercettò la figura di Rylan ci credeva sempre meno.
C’era il suo zampino, non aveva dubbi!
L’uomo stava dall’altra parte del parco, intento a camminare tranquillamente sul marciapiede con quell’aria così sicura di sé che Grace detestava. Dopo tutto quello che aveva fatto contro di loro, non si poteva meritare altro se non il suo pieno disprezzo e ci avrebbe scommesso una mano che dietro a quella denuncia anonima ci fosse proprio lui.
Chi, se non Rylan, poteva aver mosso qualcosa contro Lucas?
Pensandoci bene, poteva averlo denunciato per quel pugno che gli aveva sferrato al bar di Jim. Un gesto avventato e aggressivo che - avrebbero dovuto immaginare - aveva le sue conseguenze.
Vederlo gironzolare per la città mostrando sfrontatezza mentre loro dovevano sempre mantenere alta la guardia, accresceva la tremenda furia che già Grace provava. Lo sguardo glaciale della ragazza lo seguiva passo dopo passo. Era sorda ai discorsi tra Lucas e Dylan, nel suo mirino c’era solo quel demonio.
Fu quando lo vide attraversare la strada e dirigersi verso un locale, che qualcosa la fece scattare. Grace iniziò a camminare a passo svelto verso di lui. Intendeva raggiungerlo immediatamente e nulla l’avrebbe fermata!
Lucas intercettò subito le sue intenzioni e tentò di fermarla, sapendo che agendo d’impulso Grace si sarebbe solamente cacciati nei guai. Riuscì a malapena a compiere tre passi perchè Dylan lo bloccò, doveva portarlo alla Centrale; prima avrebbe sbrigato quella faccenda e meglio sarebbe stato.
Nel frattempo Grace entrò nel locale e le bastò poco per captare Rylan. Senza paura, s’avventò su di lui. Lo spintonò cogliendolo di sorpresa e quando lo vide accorgersi di lei, non esitò ad affrontarlo seduta stante. Non lo temeva, sebbene fosse più alto e grosso. La fiamma della sua furia era più forte del freddo intenso che Rylan poteva creare.
«Lo devi lasciare in pace» cominciò Grace puntandogli il dito contro. «Non lo porterai mai via. Non importa cosa farai, chi minaccerai o manipolerai, Lucas rimarrà qui!»
«Per quanta sicurezza puoi emanare, se dici questo, significa che non sei poi così tanto sicura.»
«Non provare a fregarmi con i tuoi giri di parole, Rylan. Oggi non ne sono proprio in vena!»
«Mi stai rovinando il pomeriggio.»
Era incredibile come sapeva gestire una situazione di tensione, bisognava riconoscerglielo.
«Smettila di spargere veleno attorno a tuo fratello. Sappi che non ne ricaverai proprio niente. Un giorno, molto presto, verrai pagato con la tua stessa moneta.»
«Per caso stai per dire qualcosa tipo “i Lannister pagano sempre i loro debiti”?» domandò Rylan mettendo le braccia conserte e mostrandosi annoiato dal discorso della ragazza. «Onestamente, Grace. Non ti annoi mai di fare questi discorsi da gran donna? Sei solo una ragazzina e lo dico con tutto l’affetto del mondo. Hai diciotto anni, goditi la tua vita!»
«Difficile quando uno psicolabile stronzo tenta di tutto per rendertela impossibile.»
«Sarei io lo psicolabile stronzo?» chiese Rylan indicandosi con i pollici, prima di mostrare un ghigno divertito. «Quasi quasi, preferisco questo battibecco all’aperitivo che avevo programmato. In fondo non sei di spiacevole compagnia, gattina.»
Grace scosse il capo, nel vano tentativo di comprendere cosa gli passasse veramente per quella mente malsana. Non sarebbe stata quell’occhiata maliziosa o quel sorriso sinistro ad intimidirla. Rylan poteva sfornare tutto il suo carisma, ne possedeva un gran tanto, ma non l’avrebbe fatta cedere.
«Che razza di persona sei?» sussurrò, fissandolo incredula. «Sei persino arrivato a denunciare il tuo stesso fratello, per via di questa fantomatica guerra. Non te ne frega proprio niente di lui?»
Per la prima volta, Rylan venne colto da un’insospettabile sorpresa. «Credo di essermi perso un passaggio. Io avrei fatto… che cosa?»
«Ora non fingere di cadere dalle nuvole. Sai benissimo di che cosa sto parlando.»
«No, piccola gattina. Non ne ho la più pallida idea.»
«La pagherai. Questa è una promessa» disse Grace non staccando mai il suo sguardo da quello del cognato.
Poteva provare a raggirarla come preferiva, ma ormai non sarebbe più caduta in nessuna sua trappola. Lo conosceva poco e quel poco le bastava per non fidarsi di lui.
«Lascia in pace Lucas» continuò imperterrita, non scomponendolo minimamente. «Sarò anche più giovane di te, ma non per questo ho meno coraggio. Non ho paura né di te né dei tuoi soldi, non avete alcun valore per me. Difenderò Lucas con i denti e le unghie.»
«Ammiro questa tua tenacia. Mi domando solo quanto durerà…»
«Abbastanza» rispose Grace tagliente.
«Mi domando se mio fratello merita tutto questo ardore» le soffiò Rylan, avvicinando repentinamente il suo viso.
«Merita questo e altro.»
«Immagino» commentò l’altro schioccandole un’occhiata poco casta.
Grace sostenne quello sguardo con la stessa fierezza di una leonessa. Sapeva bene contro chi si era apertamente messa contro e non si sarebbe tirata indietro. Doveva farlo per Lucas.
Facile era la parola meno adatta per descrivere quella guerra. Nulla sarebbe stato facile contro Rylan. L’uomo era scaltro, aveva tantissimi mezzi a disposizione e ne avevano avuto la prova tangibile. La vita di Grace era stata scombussolata e non poteva incolpare nessun altro se non sé stessa.
Voleva essere coerente con i suoi pensieri e le sue azioni, ma soprattutto le sue scelte.
Era stata lei a decidere di mettersi contro Rylan, conoscendone le conseguenze. Il pensiero di passarla liscia, non la sfiorava minimamente; di sicuro non sarebbe andata così. Non si pentiva di aver scelto di stare al fianco di Lucas.
Come poteva essere diversamente?
Cedere al ricatto di Rylan o ai suoi intrighi, sarebbe stato il segnale che non provava realmente qualcosa di concreto per Lucas. Per quanto fosse poco il tempo passato a conoscersi e vivere come una coppia, Grace si era affezionata sinceramente a quel ragazzo conosciuto una sera di fine estate. Prima come amica e poi come innamorata. La fiducia era arrivata prima dell’infatuazione ed era grazie alla fiducia se erano riusciti a superare tutto.
Lanciandogli un’ultima occhiata di sfida, Grace voltò le spalle a Rylan per andarsene via da quel locale e da lui, ma qualcosa la sorprese… li sorprese!
Un uomo alto quanto un armadio, con il passamontagna scuro a coprirgli il volto, gli stava puntando una pistola addosso.
«Voi due! Unitevi agli altri!» urlò aggressivo, indicando le altre persone che stavano sedute in fondo alla saletta.
C’erano altri due uomini, anzi no. Erano un uomo e una donna. Lei stava minacciando uno dei camerieri, sicuramente voleva sapere dove stavano i soldi, mentre lui controllava un gruppo di ostaggi.
Colui che aveva scovato Rylan e Grace, prese la ragazza per un braccio e tirò l’altro per la camicia, inserendoli nella massa.
La paura era tanta e non solo per la propria incolumità, c’erano dei bambini e anche una donna in attesa, oltre che a tanti giovani che pensavano di passare in tutt’altra maniera quel pomeriggio soleggiato.
Chiunque in quella situazione si sarebbe sentito un insetto, pronto ad essere schiacciato da un gigante. Anche il più coraggioso avrebbe provato paura, sentendosi impotente di fronte alla minaccia che aveva di fronte a sè.
Eppure ciò poteva essere smentito.
Rylan, che tanto era apparito come persona forte e senza scrupoli, continuava a mostrarsi esattamente così. Data la situazione, Grace avrebbe quasi scommesso che quella sua aria sfrontata sarebbe caduta, come una maschera, e invece fu sorpresa di vederlo impassibile.
Il fratello di Lucas se ne stava seduto, con le gambe stese e lo sguardo tranquillo che si spostava in continuazione per verificare ciò che stava accadendo. Al contrario, lei aveva le gambe strette al petto, tremavano dalla paura mentre il suo cuore palpitava velocemente per via dell’ansia.
Sperava tanto che quella tortura finisse presto e - soprattutto - bene.
Grace tentò di allontanare il pensiero di quella rapina, accaduta un mese prima, in un negozio del Wisconsin, dove gli ostaggi vennero uccisi tutti dopo che i rapinatori presero il loro bottino. Pregava che non si trattassero degli stessi mascalzoni, dal momento che quelli non erano ancora stati presi. Di tanto in tanto, nascondeva la testa tra le gambe e chiudeva gli occhi per fare lunghi respiri profondi e calmare la sua inquietudine.
L’unico lato positivo - se così poteva essere malamente definito - era che non stava in solitudine, ma c’erano almeno altre quindici persone. Erano tutti sulla stessa sventurata barca. Sperò che non facesse la stessa fine del Titanic.
«Ho fame. Non è che puoi tirar fuori gli artigli da gattina come hai fatto con me? Magari rimedierai un panino.»
Grace rimase sconvolta dalla disinvoltura di Rylan. Non gli rispose nemmeno e non per caparbietà, era talmente terrorizzata che non riusciva a spiccicare parola.
Passò un’ora, un’interminabile ora.
Non era una semplice rapina.
C’erano ancora degli ostaggi, quindi chiunque avesse pianificato di prendere sotto sequestro quel locale aveva altro in mente.
Lo scopo non era ancora chiaro, non per Grace almeno.
A controllare lei e gli altri era arrivata la donna, che aveva dato il cambio al suo complice mentre quest’ultimo e il capo dell’operazione stavano dietro al bancone dei cocktail, parlando al cellulare.
Le uniche parole che si sentirono chiaramente, perché urlate, furono: nessun agente, auto sul retro e scambio.
Passò mezz’ora prima che uno dei due uomini si fece avanti.
«Liberiamone quattro. La polizia saprà che contrattiamo seriamente e riusciremo ad avere l’auto sul retro» disse alla donna.
Lei annuì e per buon senso fece cenno a due bambini, alla donna incinta e una signora anziana di alzarsi.
«Voi potete andare. Gli altri, non si azzardino minimamente ad alzare il posteriore da terra.» Alzò la pistola. «Questa è carica.»
La donna incinta e l’anziana signora, sconosciute tra loro, si unirono per dar forza ai bambini che non volevano staccarsi dai genitori. I piccoli cominciarono a piangere, ingenuamente non coscienti del pericolo che correvano. Il minore tra i due si attaccò alla gamba del padre, il quale tentò di convincerlo a seguire la sorellina e le due donne, ma non ci fu verso.
Grace si voltò ad osservare quella scena. Il bambino non doveva avere più di sei anni e la sua disperazione era lecita. C’era da domandarsi perché i sequestratori non ebbero la pietà di lasciarlo uscire con uno dei genitori.
La rapinatrice donna sembrò irritarsi, si notava dai gesti, visto che il suo viso era nascosto dal passamontagna.
«Muoversi! Muoversi!»
«Lasciatemi qui e permettete a questi due piccoli di essere accompagnati fuori dalla loro mamma» avanzò l’anziana signora, prima che la situazione degenerasse.
«Ma io avevo scelto te.»
«I bambini non vogliono staccarsi da loro. È… è comprensibile, sono così piccoli.»
«Sarete liberi tu, la portatrice di un futuro moccioso e quei due frignoni. Così ho deciso e così sarà» continuò la donna fissandola dal suo buon metro e ottanta. L’anziana signora fu l’unica ad accorgersi di quegli occhi grigi e taglienti, che incutevano non poco timore.
«La prego, che cosa le costa fare questo scambio?»
«Qua comando io e se non ti sta bene, te ne torni seduta.»
«Ora basta!» gridò uno dei due uomini, avvicinandosi a loro. «Al posto dei mocciosi, fa uscire quei due là in fondo e se la vecchia fa ancora storie, trova un sostituto. Ho patteggiato con la polizia che quattro ostaggi sarebbero usciti ora e quattro saranno!»
La donna obbedì e afferrò per il braccio una ragazza, che Grace aveva già visto a scuola, assieme alla sua amica. L’anziana signora rimase in silenzio e seguì la sequestratrice, la quale accompagnò tutti alla porta e li tenne sotto tiro fino a quando non raggiunsero gli agenti della polizia.
«Ecco! Non siamo neanche i fortunati ad uscire. Andrà a finire che ci lasceremo le penne!» esclamò Rylan sottovoce.
«Noto che sei sempre molto positivo» commentò Grace.
«Mi piace definirmi realista» le alitò addosso.
«E a me piace definirti stronzo!»
Rylan alzò gli occhi al cielo e tornò in silenzio.
Quanti minuti passarono dopo, Grace non lo seppe con certezza. Tenne sempre il capo appoggiato alle ginocchia, era l’unica maniera per rilassarsi.
Qualcosa, però, catturò la sua attenzione.
Inizialmente non ci fece caso, il rumore dei suoi pensieri era più forte delle voci attorno a lei, ma quando alzò il capo e lo sguardo vide che uno ostaggio stava discutendo animatamente con uno dei due uomini. Il ribelle, come lo aveva soprannominato Rylan, stava sfogando la sua tensione e ansia contro il sequestratore.
Non sarebbe finita bene, senza dubbio quando intervenne la donna che puntò subito la pistola contro il ragazzo. Lui continuò imperterrito con il suo discorso, che fu arduo da seguire siccome uno sparo attirò l’attenzione degli altri ostaggi.
Gli occhi di tutti erano fissi sul ribelle, che restò in piedi e con le mani alzate.
Grace corrugò la fronte come tutti gli altri e, quando vide che non era stato ferito, tirò un sospiro di sollievo. Quel senso di tranquillità s’arrestò pochi secondi dopo, nel momento esatto in cui notò del sangue sulla sua spalla. Sgranò gli occhi toccandosi nervosamente quel punto del corpo, ma non sentì alcun male. La macchia… improvvisamente si rese conto non era proprio una macchia. Erano dei piccoli schizzi.
«È ferito!» udì avanti a sè.
Alzò lo sguardo poco più sopra e notò che Rylan stava stringendo la sua spalla sinistra, sul suo viso una smorfia di fastidio.
Un minuto.
Grace visse un minuto a rallentatore, in cui non capì se stava godendo perché finalmente il karma aveva colpito quello stronzo oppure la pietà e la compassione stavano tirando pugni a quel muro di freddezza.
La fonte dei problemi di Lucas era stato concretamente colpito; non stava morendo dissanguato, ma il proiettile aveva sfiorato la sua pelle e - certamente - non gli faceva bene.
Alcuni ostaggi si avvicinarono a lui per capire quali fossero le sue condizioni. Grace, invece, rimase immobile dov’era e si godette quel momento. Rylan stava pagando il pegno del male che aveva sparso nell’ultimo periodo, come l’utilizzo di terribili trucchi e di quel sporco ricatto. La ruota girava per tutti e per quanto ad una persona potesse andar bene, prima o poi, avrebbe guadagnato ciò che si meritava.
Improvvisamente qualcosa si mosse in Grace.
Lei non era così.
Non augurava il male alle persone, anche a quelle che se lo meritavano, perché ciò non l’avrebbe resa migliore di loro.
Non aveva mai augurato al suo padre biologico di soffrire, per averla abbandonata.
Non aveva mai augurato a David di schiantarsi contro un palo, per averla tradita.
Non aveva mai augurato a Brandon di continuare ad avere problemi per il resto della sua vita, perché le aveva fatto il peggiore dei torti.
Grace era sempre stata certa che quando una persona spargesse male, avrebbe ricevuto solo male. Quindi, secondo questa sua determinata logica, era inutile sprecare pensieri negativi o vivere nell’odio.
Senza contare che detestare una persona la portava a vivere male, esattamente come da quando Kelly si era unita a Rylan. Lei detestava la sua nuova nemica ed era certa che meritasse il suo disprezzo, eppure era Grace a starci male.
La domanda saltava all’ovvio: perché doveva sprecare tanti bei momenti che poteva vivere, per persone che non sarebbero mai state felici per via dell’ombra dei loro peccati che li seguivano?
Rylan doveva pagare per ciò che aveva fatto a Lucas e una punizione poteva essere stata quello sparo. Ma il buon senso di Grace e il suo cuore le impedivano di rimanere inerme di fronte ad una persona che soffriva seriamente.
«Lasciatelo uscire, anche da solo» disse Grace al sequestratore che aveva individuato fosse il capo. «L-lui ha bisogno di essere curato.»
L’uomo schioccò un’occhiata a Rylan, prima di tornare sul viso della ragazza. «Il proiettile l’ha solo sfiorato.»
«Ma s-sta perdendo sangue.»
«Il rischio di incappare in una rapina, signorina» disse l’altro prima di voltarle le spalle.
«Torna con gli altri se non vuoi essere colpita e non sarà per sbaglio» aggiunse la donna.
Grace sobbalzò dalla paura e fece retrofront. Lanciò un’occhiata a Rylan e lo vide togliersi la camicia per vedere in che stato fosse la sua ferita. Sembrava un taglio lungo almeno cinque centimetri. Quel proiettile l’aveva sfiorato per bene e stava ancora uscendo sangue.
«Tieni.» Uno dei sequestratori le passò la cassetta del pronto soccorso. «Dato che ci tieni tanto, aiutalo.»
La ragazza si sentì in una strana situazione. Sarebbe stata proprio lei ad aiutarlo?
Che buffo scherzo della vita, si ritrovò a pensare.
Prese un lungo respiro e si avvicinò al perfido cognato, si inginocchiò di fronte a lui e aprì la cassetta. Dentro c’erano delle garze, acqua ossigenata, un paio di cerotti e qualche pomata.
Grace non aveva mai fatto alcun corso e non si rivedeva molto nel ruolo di infermiera, ma a quanto pare era la prescelta per aiutarle quello scapestrato.
«Che cosa stai facendo?» chiese Rylan, guardandola con la fronte corrucciata.
«Ti aiuto, anche se non so da dove partire.»
«Ma sei impedita?» L’uomo non fece altri commenti, sarebbe stato stupido perché avrebbero perso inutilmente tempo. «Prendi il fazzoletto dalla tasca interna della mia giacca e impegnalo di acqua ossigenata.»
Grace non se lo fece ripetere due volte e seguì alla lettera le sue indicazioni. Fu Rylan a seguirla nel suo ruolo da crocerossina, domandandosi per tutto il tempo, il motivo che la spingeva a medicarlo.
Fra tutti gli ostaggi proprio lei!
Il fratello di Lucas rimase in silenzio tutto il tempo. La studiava con lo sguardo, desiderava inquadrare quella ragazza che tanto lo aveva ostacolato e che gli aveva fatto ben capire il suo disprezzo.
Era proprio questo forte sentimento negativo che la legava a lui, a farlo interrogare sul motivo di quella compassione che stava mostrando. Anche mentre lo curava, Grace utilizzò molta delicatezza. Non lo pizzicò, non strinse troppo forte la benda e addirittura gli domandò scusa quando Rylan fece finta di sentir dolore sotto al suo tocco.
No, non la comprendeva affatto!
Mentalmente, le diede della pazza. Non capiva proprio perché lo stesse aiutando dopo tutto ciò che lui aveva fatto e Rylan era ben conscio di non esser stato un angelo.
Più Grace proseguiva nel medicarlo e più Rylan provava rabbia. Gli dava addirittura fastidio che lo toccasse, perché era certo che la ragazza preferiva strozzarlo. Gli dava fastidio tutto quel perbenismo perché non capiva!
«Perché l’hai fatto?» le domandò quando finì di medicarlo. «Tu mi odi e ammetto benissimo che hai tante ragioni per farlo.»
«Ho un cuore, al contrario di te.»
Rylan sogghignò per il tono che la ragazza aveva detto quelle parole. «Sei tosta, non c’è dubbio.»
«Sono felice che te ne sia accorto» commentò lei falsamente.
«Comunque… non ho fatto niente contro mio fratello.»
Grace voltò il capo di scatto verso di lui. «Eccetto parlar male di lui e ricattare la sua ragazza?»
«Mi riferisco alla denuncia di cui hai parlato prima che scoppiasse tutto questo macello» disse Rylan alzando gli occhi al cielo. «Non sono stato io a denunciarlo, credimi.»
«Dammi una valida ragione… oh, aspetta. Non mi fido di te» gli disse Grace mostrando un sorriso ironico.
Il fatto che lo aveva aiutato, non doveva dar a significare che aveva fiducia in lui.
«Sei decisamente una stronza.»
«Mi ritengo una ragazza sincera.»
Queste battute furono le ultime, poi il silenziò calò tra loro e gli altri ostaggi.
L’orologio dava le cinque e mezza, quando i sequestratori dissero che altre tre persone sarebbero state liberate e fra queste scelsero Grace.
Nonostante sapeva di poter tirar un gran sospiro di sollievo per la sua liberazione, il senso di colpa invase la mente della ragazza. Strano, in effetti, quasi surreale, ma Grace non si sentiva di lasciare lì Rylan. E non perché tutto d’un tratto si era affezionata a lui, anzi, ma credeva che la sua ferita avrebbe avuto bisogno di essere guardata da un vero medico.
«Posso fare a cambio con lui?»
«Non abbiamo scambiato quella vecchia con la madre dei mocciosi, perché credi che faremo un’eccezione per te?» le rispose uno dei due uomini.
«Fila via da qui, viso d’angelo» disse un altro.
Grace voltò leggermente il capo in direzione di Rylan, lui aveva ascoltato tutto.
«Vai» mimò con le labbra.
«Forza!» esclamò la donna dandole uno spintone e avvicinarla all’altra ragazza che stava per essere liberata.
Dopo quasi tre ore dentro a quel locale, con un’atmosfera asfissiante, Grace uscì alla luce del sole. Iniziò subito a sentire la stanchezza piombarle addosso, il suo primo pensiero fu di sdraiarsi nel suo letto. Aveva decisamente bisogno di qualcosa di morbido su cui posarsi.
I suoi occhi vennero catturati dalla moltitudine di persone che stavano oltre le barriere. C’era la stampa locale, tre volanti della polizia, un’ambulanza, due furgoni bianchi…
«Grace!»
La voce disperata di sua madre attirò subito la sua attenzione. Josie e Peter furono lasciati passare per andare a riabbracciare la figlia. Solamente loro e i altri genitori degli ostaggi conoscevano l’ansia provata.
«Sto bene. Sto bene» disse Grace mentre la madre l’abbracciava forte.
Anche Peter non la lasciò andare neanche per un istante. Sebbene il loro rapporto si era un po’ rovinato, ciò non toglieva l’affetto che li aveva uniti fin dal primo momento in cui si conobbero.
Grace era sua figlia, anche se non di sangue.
L’avrebbe sempre protetta, non approvava alcune sue scelte e si era infastidito per la verità nascosta su Brandon, ma non per questo aveva cancellato il sincero amore paterno che provava per la sua piccolina.
Ancora ricordava il giorno in cui rimase conquistato da quella bambina dai grandi occhi azzurri e i capelli biondi acconciati in una treccia. Le era sembrata una di quelle bambole di porcellana che si trovavano nei negozi di antiquariato. Ma ciò che lo affascinò maggiormente della sua figlia adottiva fu la palese timidezza e la sua dolcezza infinita.
Fu facile legare con lei, al contrario di Brandon.
«Sicura di star bene?» le domandò preoccupato, facendole una carezza sulla guancia.
Grace annuì, prima che la sua attenzione venne catturata dal viso preoccupato di Lucas, il quale era rimasto dietro le transenne. La ragazza si scostò subito dai suoi genitori e gli corse in contro. Desiderava essere stretta tra le sue braccia, in lui trovava l’unico posto sicuro in cui rifugiarsi.
Gli occhi di Lucas si illuminarono, non appena la vide andare nella sua direzione. Scavalcò la transenna con un balzo, che neanche si capacitò di come c’era riuscito, e la raggiunse a metà strada per racchiuderla in un abbraccio pieno d’amore, ma anche della paura che aveva provato nelle ultime ore.
Grace si strinse contro al suo petto e sospirò sollevata, tranquillizzandosi totalmente quando sentì Lucas stringerla contro il suo petto. Povero ragazzo, era letteralmente morto di spavento nel saperla parte degli ostaggi.
Un coro d’applausi si levò di fronte alla dolce scena di due innamorati che si riabbracciavano dopo che una tragedia era quasi stata sfiorata. Ma le orecchie di Grace e Lucas furono sorde di fronte a tale attenzione; per quanto potessero apprezzare, in quel momento, per loro, il mondo attorno era inesistente.
L’unica cosa che importava era quella di potersi stringere nuovamente.
Mai prima di quel momento a Lucas mancò sentire l’esili braccia della ragazza stringerlo e Grace assaporò pienamente il suo odore delicato. Lucas non era solito usare alcuna acqua di colonia o profumo maschile, il suo odore era semplicemente determinato dal bagnoschiuma che utilizzava per lavarsi e per lei non c’era niente di più meraviglioso.
«Va tutto bene, amore» disse Grace, carezzandogli la schiena, mentre lui non accennava a lasciarla andare.
«Sono stato qua per tutto il tempo. Non hai idea di quante volte ho pensato di scavalcare le barriere ed entrare per stare con te.»
«Avresti corso un pericolo troppo grande e inutile.»
«Poteva accaderti qualsiasi cosa, Grace. Te ne rendi conto?!» domandò Lucas prendendole il viso tra le mani e puntando i suoi occhi cristallini in quelli della sua ragazza.
«Anche a te, se fossi entrato.»
«Almeno saremmo stati insieme. Nell’ultimo periodo abbiamo superato… beh, abbastanza. Ormai stiamo insieme in tutto e per tutto. Io e te, in ogni circostanza.»
Un sorriso intenerito apparve sulle labbra della giovane. «Questo momento ricalca Titanic con “salti tu, salto io”?»
«Beh… “io e te, in ogni circostanza” sarà il nostro “salti tu, salto io”, se vuoi» affermò Lucas sorridendole, mentre le carezzava le guance imporporate.
Nonostante stessero insieme da sei mesi, Grace era ancora capace di arrossire quando le riservava particolari attenzioni o frasi sincere e non scontate.
Come le riconosceva?
Semplicemente, ancor prima di mettersi insieme, lei si lamentava di come i ragazzi utilizzavano le stesse frasi trite e ritrite come “sono affascinato dai tuoi occhi tristi”, “sei speciale”, “hai quel qualcosa in più” e tante altre.
Difatti Lucas aveva ridotto al minimo i complimenti, per conquistarla si limitò al più banale segnale di corteggiamento: la punzecchiò.
Adorava vederla fingere di arrabbiarsi e rispondergli a tono, assumeva più carattere e in questa maniera il suo aspetto angelico passava nettamente in secondo piano.
A guardare Grace, solo guardarla, si poteva pensare che fosse una ragazza docile e tranquilla, ma bastava scoprire qualche nervo per incontrare la leonessa che risiedeva in lei.
«Da quando sei diventato così impulsivo?»
«Da quando mi sono innamorato di te.»
Grace alzò una mano per carezzargli i capelli e poi avvicinò la sua bocca a quella del ragazzo per baciarlo. Aveva pensato tanto a lui, mentre era in attesa di essere liberata.
Il ricordo dei momenti più belli e divertenti passati insieme, fu abbastanza per attenuare la tensione che aveva avuto in corpo. In un certo senso, l’aveva salvata a dare di matto.
Lucas le faceva unicamente del bene, al contrario di ciò che pensavano Josie e Peter.
Le mali lingue avevano riportato ai suoi genitori le voci che circolavano su Lucas e quindi non vedevano più di buon occhio la loro relazione.
Grace non si fece influenzare minimamente.
Lei era sicura dei sentimenti che provava e di quelli di Lucas, questo le bastava. Inoltre nell’ultimo periodo erano stati messi a dura prova ed erano riusciti a superare tutti gli ostacoli.
«Senti, c’è una cosa che devi sapere» disse Grace scostandosi lentamente. «Rylan era con me quando quei criminali hanno preso possesso del locale e… ed è stato ferito. Non una ferita grave. Il proiettile l’ha a malapena sfiorato e sono riuscita a medicarlo in qualche maniera, ma avrebbe bisogno di un vero med-»
«Tu, cosa?»
«Oh… ehm… sì» boccheggiò Grace.
«Perché?»
«Perché non volevano farlo uscire nonostante fosse ferito, stava perdendo sangue e… beh non sarebbe stato il massimo averlo sulla coscienza.»
«Non sarà una leggera ferita ad uccidere quel bastardo» disse Lucas digrignando i denti al pensiero del fratello aiutato proprio da lei.
Non era la tipica gelosia maschile, assolutamente no.
Il ragazzo era infastidito perché non comprendeva come Grace potesse veramente averlo aiutato, anche nel più banale dei gesti, dopo tutto quello che Rylan aveva mosso contro di loro.
«Tu sai che ti ho sempre lasciato libero arbitrio sulle tue scelte riguardo tuo fratello e so bene cosa ha fatto, ma forse potresti parlargli quando uscirà da là» continuò Grace sussurrando le sue parole e soppesandole, per non farlo arrabbiare di più. «Sto solo pensando che se la situazione fosse capovolta e al suo posto ci fosse Brandon, beh… vorrei dirgli qualcosa. Rylan ha una lieve ferita, ma poteva anche morire.»
«Forse, sottolineo forse, era la sua punizione.»
Grace scosse la testa, senza mai scostare i suoi occhi da quelli rabbiosi di Lucas. «Tu non lo pensi veramente. Posso permettermi la presunzione di dire che non sei cattivo. Hai tutte le ragioni per avercela con Rylan e ti posso benissimo confessare che per un momento sono stata contenta che il proiettile avesse sfiorato lui, però a cosa ci porterà il rancore verso lui o altri?» gli domandò tentando di farlo riflettere, solo per il suo bene.
Non era giusto per nessuno dei due vivere con quel peso sul petto e trascinarselo per chissà quanto. Su Grace non era tanto pesante, perché non si trattava di suo fratello, per Lucas invece era tutto il contrario.
Per quanto poteva serbargli il più duro dei rancori, Rylan rimaneva suo fratello e forse quel rancore era tanto grande perché Lucas non era mai riuscito ad instaurare un vero rapporto fraterno con lui.
Riguardo a quello Grace non poteva capire, dal momento che con Brandon era stata tutt’altra storia. Da tempo non pensava intensamente al gemello, ma da quando Rylan era entrato nella sua vita, anche il pensiero di lui era tornato. E non per via del ricatto, bensì perché aveva assistito a quello che era un terribile rapporto tra fratelli.
Brandon l’aveva abbandonata, le aveva fatto un torto grave, nonostante ciò dubitava che lui le farebbe mai del male direttamente.
Soffriva nel vedere quello che doveva essere un rapporto bellissimo e molto unito.
«Scusa, ma non riesco proprio a seguire il tuo discorso» disse Lucas.
Grace alzò le spalle, non volendo insistere ulteriormente.
«E poi, fidati, non è proprio la stessa situazione che con Brandon. Cioè… capisco che ti abbia ferita, ma… non è la stessa cosa!»
«Guarda che se avessi davanti a me Brandon, non sarebbe facile perdonarlo.»
«Resta più facile di quanto io possa perdonare Rylan.»
«Sì, hai ragione» ammise Grace.
Lucas rimase qualche attimo in silenzio, con le mani unite a quelle della persona a cui voleva più bene oltre che amava con tutto il cuore. Guardò a lungo verso il locale, cercando di immaginarsi suo fratello là dentro assieme agli altri ostaggi. Rylan, per la prima volta, era dalla parte del più debole e la sua sfacciataggine non gli avrebbe salvato la pelle.
«Non sono arrabbiato con te» riprese il ragazzo, tornando con lo sguardo sul viso di Grace. «È solo che mi riesce veramente difficile provare preoccupazione nei suoi confronti e ancor più difficile è comprendere la tua compassione per lui.»
«Non voglio che tu capisca, perché nemmeno io so darmi una vera risposta» disse Grace con mezzo sorriso. La verità era che di Rylan non gliene fregava un bel niente, ma stava solo cercando di proteggere Lucas dal suo disprezzo. «E non pretendo che tu lo perdoni, perché solamente tu sai tutto ciò che è accaduto tra voi. Desidero il meglio per te e penso che odiare tuo fratello non sia giusto… per te.»
Lucas aggrottò la fronte. Non capiva il vero significato di quelle parole e per questo Grace stava per raccontare qualcosa che solo i suoi migliori amici… anzi, che solo Natalie sapeva.
Non era qualcosa di veramente terribile, ma forse lo avrebbe aiutato.
«Dopo la rottura con David… io ho provato tanta di quella rabbia. Probabilmente era perché soffrivo, ma era veramente tanta. Lentamente stavo diventando fredda, non tanto con le persone all’esterno, ma con me… davo a me la colpa di tutto. Il mio carattere, il mio modo di prendere le decisioni e di comportarmi. Ho creduto di essere quella sbagliata e quando mi sono ripresa, per così dire, la situazione non è molto cambiata.»
Grace si passò una mano tra i capelli e poggiò una mano sul petto, prendendo un respiro profondo, mentre la completa attenzione di Lucas era su di lei.
«La mia sofferenza, il non aver più David, mi aveva portato ad essere arrabbiata, così arrabbiata da mantenere a distanza chiunque percepivo come una minaccia e riversavo tutti i miei sentimenti negativi sul primo punto di sfogo. Inoltre ogni volta che incontravo David, finivo la serata… beh… non in maniera tanto piacevole. Per via della rabbia che lui mi ha causato, ero estranea all’amore… ma che dico! Ero una nemica giurata dell’amore e questo è davvero triste. Un po’ me ne vergogno ancora.»
«E poi? Quando hai fatto la trasformazione da piccolo diavoletto a dolce angioletto?» domandò Lucas con tenera ironia.
«Quando ho incontrato te» sussurrò Grace con un fil di voce, con una dolce paura nel cuore e l’amore negli occhi grandi e azzurri. «Tu hai sconvolto abbastanza il mio mondo, Lucas Turner.»
«Mai quanto tu hai fatto con me, Grace King.»
I due scoppiarono a ridere per quel botta e risposta con nomi e cognomi annessi. Riuscivano a rendere un momento delicato, in uno dolce, arrivando ad uno divertente.
«Tu sei arrivato nella mia vita in maniera inaspettata, sai?» continuò la ragazza. «Nell’esatto momento in cui non volevo più avere niente a che fare con i sentimenti e tutto ciò che desideravo era un anno tranquillo.»
«Ti ho rovinato un bel piano.»
Grace scosse il capo lentamente, prima di spostargli qualche ciuffo corvino dietro all’orecchio. «Tu non te ne rendi conto, ma mi hai salvata. Mi hai salvata da me stessa e alle volte mi dispiace, perché non voglio che tu senta questa grande responsabilità sulle spalle.»
«E tu cosa credi di aver fatto con me?» replicò Lucas, guardandola con la medesima tenerezza. «Ero io quello che voleva estraniarsi dal mondo e nascondersi dal suo passato. Poi tu sei entrata nella mia vita come un uragano, all’inizio pensavo che mi avresti portato altra confusione, e invece sei riuscita inspiegabilmente ha placare la tempesta dentro di me.»
«Siamo una coppia di poeti» disse la ragazza strofinando il suo naso contro quello di Lucas.
Lui scoppiò a ridere. «Altro che Bukowski e Oscar Wilde, le persone dovrebbero citare le frasi di Lucas Matthew Turner e Grace Sophia King!»
«Sì, dovrebbero proprio!» gli diede corda lei facendo risuonare nei dintorni la sua allegra risata. «Sai, i nostri nomi detti per intero suonano magnificamente!»
Lucas annuì e poi si fermò a guardarla. Lo faceva spesso e lei neanche se ne accorgeva, lui adorava osservarla. Alle volte non capiva cosa passasse per quella testolina, spesso non la comprendeva in realtà ma tentava di non farglielo capire.
La punzecchiava, scherzava e quant’altro, ma la verità era che faticava a starle dietro e non gli era mai capitato.
Lucas pareva quello più arguto nella coppia e lo era, sicuramente Grace era più svampita, però c’erano dei momenti in cui il ragazzo perdeva la sua apparente sicurezza e si perdeva ad osservare inebetito il viso della sua ragazza.
Quegli occhi furbi e sorridenti, la bocca sempre rivolta verso l’alto e quelle fossette del sorriso che amava baciare.
«Tornando alle proprie responsabilità» riprese Lucas, mentre lei tutta tranquilla gli mise le mani dietro al collo. «Tu hai scelto me, al posto di tuo fratello. Chi credi debba sentirsi in colpa veramente?»
Lei sospirò. «Tutti e due o nessuno dei due, presumo.»
«Eccoci al solito punto. Tu ed io insieme, in ogni circostanza.»
«Più che altro ci ritroviamo sempre» proseguì Grace, dicendo qualcosa a cui aveva già pensato prima d’allora. «Sai ci sono state un paio di volte in cui pensavo che avremmo chiuso una volta per tutte. Come quando ho scoperto del tuo passato e ti ho mal giudicato per qualche ora, o quando ti hanno mostrato la foto del mio incontro veramente casuale con David. Mi dispiace dirti che non ho avuto paura di perderti, e non perché non ci tengo a te, ma perché sono abituata che le persone, anzi gli uomini della mia vita, se ne vanno sempre e allora non mi stupisco… e sembra che soffro di meno.»
«Appunto, sembra» ripetè Lucas.
«Ti confesso che ho delle fasi quando ricevo una delusione.»
«Ah sì? E quali sono?»
«All’inizio sono calma…»
«La calma prima della tempesta» l’anticipo Lucas con mezzo sorriso.
Grace annuì. «Prima c’è la calma, poi metabolizzo cosa è successo e allora divento triste e la tristezza me la trascino per un po’ di giorni. Poi arriva la rabbia e dopo… dopo c’è semplicemente il dopo.»
«“Dopo c’è semplicemente il dopo”, ottimo aforisma signorina King. Dovremmo inserirlo nel nostro libro!» esclamò Lucas sapendo che l’avrebbe fatta ridere e così accadde.
Era prevedibile.
Alle volte Lucas non capiva i suoi pensieri, però prevedeva le sue mosse. Questo lo soddisfaceva abbastanza.
«Prenditi gioco di me, signor Turner, poi vedrai cosa ti accadrà prima o poi» disse Grace puntandogli il dito.
«Sono tutto orecchi!»
«Non te lo dico. Che gusto ci sarebbe sennò?»
«Contenta tu, contenti tutti» rispose Lucas con fare provocatorio.
Grace imitò un verso animalesco e poi lo abbracciò, affondando il capo contro il petto del ragazzo.
«Ehm… perché fai versi strani e poi mi abbracci?»
«Perché vorrei baciarti, però mi irriti, quindi ti abbraccio perché mi va di far così.»
Lei non poteva vederlo, ma Lucas sorrise intenerito. Una cosa che gli piaceva di Grace era quel suo modo di fare un po’ da bambina, un tratto di carattere che usciva solamente quando lei iniziava ad aprirsi completamente con qualcuno, e sapendolo non poteva che fargli piacere.
Difficile era riuscire a capire completamente Grace, Lucas stesso ammetteva che ancora non la conosceva ampiamente, però quel tanto che conosceva era abbastanza per averla fatta diventare una delle persone più importanti della sua vita.
«E se ti baciassi io?»
Lentamente lei alzò il capo e Lucas semplicemente la baciò.
«Non so come avrei fatto senza se fossi tornato a Chicago» ammise lui.
«Non dirlo a me.»
Il loro dolce momento venne interrotto dagli applausi delle persone lì attorno che avevano assistito alla liberazione di tutti gli ostaggi. I due giovani erano stati così presi dalle loro carinerie che non si erano minimamente accorti di ciò che accadde attorno.
A quanto pare alcuni agenti della polizia riuscirono ad entrare nel locale, sorprendere i sequestratori e arrestarli senza che nessuno si facesse alcun male.
Tutti videro quei tre farabutti con il volto scoperto e messi in manette. Sospiri di sollievo e sguardi commossi erano protagonisti fra la folla. Chiunque lì aveva provato una grande preoccupazione, anche chi non conosceva nessun ostaggio.
Fu facile individuare la figura di Rylan, era l’unico che uscì da quel locale con la stessa aria da spaccone con cui era entrato.
Grace scorse subito lo sguardo di Lucas saettare sul fratello, uno sguardo tutt’altro che limpido. La ragazza non disse nulla, desiderava lasciargli il giusto tempo per riflettere. Rylan andò a farsi controllare la ferita alla spalla dai paramedici che avevano atteso all’esterno in caso di emergenza.
I genitori di Grace la raggiunsero per dirle che stavano andando a casa e che l’avrebbero portata con sé, le occhiatacce rivolte a Lucas non mancarono, ma il ragazzo li ignorò deliberatamente troppo concentrato su suo fratello.
«Torno a casa con lui.»
«No. Tu torni a casa ora!» replicò Peter con tono grave.
«È stata una giornata pesante. Dopo lo spavento che ci siamo presi oggi pomeriggio, preferiremmo che tornassi con noi» intervenne Josie con tono più gentile.
«Vai con i tuoi genitori» aggiunse Lucas, prima di darle un bacio sulla guancia. «Io devo sbrigare ancora quella faccenda.»
«Va bene. Ti chiamo stasera» disse Grace, lasciandolo andar via.
Peter seguì il ragazzo con il solito sguardo guardingo. Era sempre sospettoso nei suoi confronti, al contrario di Josie che si era lasciata scivolare via tutte le dicerie che aveva sentito.
«Che faccenda ha da sbrigare?»
«Niente che abbia a che fare con droga o alcol» rispose Grace stizzita, non sopportando il trattamento sgradevole che rifilava ogni volta al suo ragazzo. «Mi aspettereste cinque minuti? Devo andare a parlare con una persona.»
«Chi?» Peter scattò sull’attenti.
«Quel tipo laggiù» rispose Grace avviandosi verso Rylan.
Non appena la intercettò, l’uomo si scostò dai paramedici, che avevano finito di curarlo, e si mise subito in bella posa per accoglierla al suo meglio. L’angolo destro della bocca alzato, lo sguardo leggermente socchiuso, il capo inclinato e le mani in tasca; tipico di lui.
«Mia adorata cognata, come vedi sto alla grande. Praticamente un graffietto da niente.»
«Buon per te» disse lei freddamente, limitandosi a fissarlo.
«Ho visto andar via il mio fratellino. Scommetto che ti ha accolto piangendo, è sempre stato sensibile, anche se non lo vuole dimostrare. Ma certamente lo saprai, lo conosci bene tu, no?» disse come a volerla sfidare
«Lo conosco, forse meno di te, ma lo conosco, ed è un bravo ragazzo, al contrario di come hai cercato di farlo passare.»
Rylan alzò le sopracciglia e si sporse in avanti. «Io ho solo raccontato la verità che nessuno conosceva, nemmeno tu.»
«Vorrei tanto che quella ferita ti avesse fatto riflettere sul dono della vita e sulla sua utilità se si agisce nel bene. Mi rendo conto che per te questo significa pretendere troppo, però speravo che potessi retrocedere sui tuoi piani di distruggere la vita che Lucas si è creato qui… anche questo è troppo, vero?» domandò Grace alzando le spalle e arrendendosi ormai alla persona che aveva di fronte, compresa la sua ignota umanità.
«Mi dipingi come un mostro. Credi veramente che io lo sia?»
«No, non credo che tu sia un mostro. Ma sicuramente non sei una bella persona o un buon fratello.»
«E Brandon? Brandon è stato un buon fratello?» la provocò Rylan.
«No, non lo è stato» rispose Grace con una calma tagliente. «Vedi? Io e Lucas abbiamo molto più in comune di quanto credi. Ti auguro di passare una buona serata, Rylan, a quanto pare qualcuno ti ha graziato quest’oggi.»
L’uomo incassò il colpo e rimase in silenzio per qualche istante, era pensieroso. Afferrò subito il gomito della ragazza, non appena lei fece per voltargli le spalle e andarsene.
«Perché sei venuta qui da me?»
Grace si divincolò dalla sua presa. «Speravo invano nell’incontro con la tua sensibilità, ma vedo che ne sei proprio sprovvisto. Fai quasi tenerezza.»
«Certo che mio fratello si è preso proprio una bella gatta da pelare.»
«Non sono una gatta.»
«Sei una tosta, sei sprecata per Lucas.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo e se ne andò salutandolo con un blando cenno della mano.
Rylan la fissò raggiungere i suoi genitori e andar via con loro, senza più degnarlo della sua attenzione. Quella ragazzina lo mandava in bestia per quel suo modo di fare sfrontato e tenace. Grace non aveva mai mollato la presa durante una loro discussione e mai aveva abbassato lo sguardo dandosi sconfitta. Erano simili in quello, difficilmente lasciavano perdere una propria convinzione o trattavano su qualcosa. Per loro esisteva il bianco o il nero, la zona grigia non era minimamente considerata.
Era proprio quella tenacia, che li accomunava, a tener la mente di Rylan occupata per tutto il giorno. L’uomo passò il resto del pomeriggio a pensare a Grace. Rifletté sul modo in cui agì per difendere sé stessa e Lucas, la maniera in cui riuscì a respingere ogni attacco e quella determinazione che raramente si intravedeva nelle giovani della sua età.
Ci fu un momento in cui provò una sincera ammirazione per lei, chiaramente non l’avrebbe ammesso neanche sotto una tremenda tortura; Rylan era orgoglioso come pochi, specialmente quando si trattava del suo ego.
Quel continuo pensare a Grace lo portò a prendere una decisione ferrea.
Il maggiore dei fratelli Turner uscì dall’albergo, dove soggiornò in quei giorni, poco dopo che la notte calò su Atlanta e salì sulla sua costosa auto per trovarsi pochi minuti dopo nel quartiere di Grace.
Posteggiò l’auto a pochi metri dall’abitazione della ragazza e attese. Avrebbe atteso anche per tutta la notte se fosse stato necessario; la sua assente pazienza ringraziò che non lo fu.
Grace uscì dalla porta di casa sua circa una mezz’oretta più tardi dal suo arrivo.
Rylan scese immediatamente dall’auto e si posterà all’uscita del suo vialetto. Per via del buio, lei ci mise un po’ a notare la sua presenza e a capire che si trattava veramente di lui. Quando accadde, non si mostrò per nulla soddisfatta.
Grace tentò di ignorarlo di proposito e continuare per la sua strada, ma Rylan la bloccò.
Lei sospirò pesantemente. «È stata una lunga giornata e non ce la farei proprio a sopportarti a quest’ora. Quindi qualsiasi piano diabolico hai ingegnato, rimandalo a domani.»
«Piano diabolico, tzk! Sei totalmente fuori strada!» si ribellò l’uomo.
«Ne dubito.»
«Ti dico che è così!»
All’ennesima reazione impassibile di Grace, Rylan sbuffò sonoramente e prese dalla tasca interna della giacca un fascicolo stropicciato.
«Tieni prima che cambi idea!»
La ragazza si ritrovò tra le mani pagine che aveva già visto. Le osservò e rendendosene conto corrugò la fronte e poi alzò lo sguardo su di lui. «È il…»
«Fascicolo su tuo fratello, sì.»
Grace glielo rese sgarbatamente. «Non cederò a nessuno sporco ricatto.»
Rylan corrucciò la fronte, fissandola scettico. «Perché… oh, va bene!» sbraitò fra sé e sé. «Senti, te lo sto consegnando senza alcun secondo fine. Non voglio niente in cambio. È solo che… beh, non devi avere delle spiegazioni. Prendilo e basta!» esclamò riponendoglielo malamente tra le mani.
La ragazza lo scrutò senza abbassare minimamente le sue difese. Pensava e ripensava, ma non riusciva a capire a che gioco stesse giocando.
Quale perfido piano aveva architettato?
Voleva provare a guadagnarsi la sua fiducia per poi colpirla nel momento in cui si sarebbe mostrata vulnerabile? Sicuramente doveva essere così, pensò Grace.
«Perché tale generosità? Non mi vorrai far credere che quel proiettile ti ha veramente fatto riflettere» gli disse sarcasticamente.
«Ignoro lo scopo di tutte queste domande inutili. Hai ottenuto ciò che volevi, forse esprimerai più entusiasmo nel sapere che me ne sto andando.»
«Ora sono certa che l’apocalisse sia vicina.»
«Questo tuo sarcasmo mi mancherà» disse Rylan abbozzando mezzo sorriso e sembrando sincero.
«Te ne vai sul serio?»
«E per sempre» affermò deciso quell’altro, ma non convince minimamente Grace. Lei lo fissava dritto negli occhi, cercando di captare qualche segnale riguardo la sua - già conosciuta - malafede. «Questa città non mi piace. La gente di questa città non mi piace. Qui è tutto così… bleah. Non vedevo l’ora di andarmene, però speravo di farlo con mio fratello. Ti confesserò che ero certo di riuscirci, ma non avevo minimamente calcolato di potermi trovare di fronte un’avversaria tanto capace.»
«Si suppone che tu mi stia facendo un complimento?»
Rylan le fece l’occhiolino. «Sei una vera rompiscatole Grace Sophia King, ma sei una tosta e se ti porrai così in tutti gli obiettivi della vita, vedrai che farai strada.»
«Attenzione, attenzione. Se continui così rischi veramente di far finire il mondo» ridacchiò Grace, trovando assurdo quel momento. Stavano quasi parlando civilmente e lei non desiderava stampargli in faccia qualcosa di appuntito.
«Continuo a credere che non vai bene per mio fratello. Sei troppo forte per Lucas» precisò Rylan, facendole scuotere il capo. Sarebbe potuta nascere una discussione su quell’argomento. Era qualcosa che faceva subito saltare i nervi a Grace, quindi l’uomo lasciò correre il discorso. Non aveva la minima voglia di discutere, stranamente preferiva chiudere quella faccenda rimanendo in tregua. «Buona fortuna, piccola Grace. Sappi che quando avrai bisogno di un compagno d’avventura, sarò disponibile. Credo che potremmo formare una squadra vincente.»
Grace alzò le sopracciglia e si trattenne dal ridergli in faccia. «Scusa, ma ho già un ottimo compagno di squadra. Ma grazie dell’offerta.»
«Tienila presente per il futuro» disse prendendole una ciocca di capelli, iniziando a giocherellarci. «Mi ritengo un ottimo alleato.»
«Mantieni pure le tue convinzioni, io farò lo stesso con le mie.»
«Mi stupirei del contrario» rispose Rylan, scostandosi da lei. «Buona serata, cognatina, e buona fortuna con tuo fratello. Spero di rincontrarti.»
“Io spero proprio di no” pensò Grace, ma si trattenne dal dirlo. Si limitò ad abbozzare un sorriso e lo salutò con un cenno della mano, mentre lo guardava risalire sull’auto e partire.
Rylan stava veramente abbandonando Atlanta e per sempre, a detta sua. Grace non sapeva se fidarsi della sua parola e tantomeno se il consegnarle quei fogli facessero parte di un piano strategico oppure era stato un gesto sincero.
Poche certezze e ancora tante domande.
Abbassò lo sguardo sulle pagine dove erano state trascritte le informazioni su Brandon. Poteva veramente raggiungerlo e avere delle risposte.
Ecco, una certezza la possedeva: sarebbe andata da Brandon.



Mrs. Montgomery:
Eccomi tornata!
Rylan vi ha stupite vero?
Sappiate che il bello e maligno fratello di Lucas non se ne starà tanto lontano da Atlanta e vi anticipo che sarà proprio Grace a farlo tornare.
Apro una parentesi su Grace. In questo capitolo ho accennato alla rabbia che aveva provato per David e a come questa emozione avesse influito sulla sua vita. Sappiate che in questa storia non vedrete solo i lati buoni di Grace, come quello compassionevole che ho deciso di mostrarvi oggi. Come ho già accennato subirà - e non solo lei - un cambiamento per via di un fatto di cui leggerete nel capitolo 17.
Preparatevi a tante sorprese e godetevi la "calma" di questi capitoli ;)
Parlando di Brandon, confermo che nel prossimo capitolo lo rivedrete e... vedrete anche altro.
Vi ringrazio per aver letto e per chi recensirà!
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery
-Baci


 

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Capitolo 16
*** Questioni di famiglia ***


 
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Trailer di Inaspettato Amore


Questioni di famiglia
 

 

 

Grace adorava viaggiare sui treni.
La prima volta che lo prese fu a otto anni, accompagnata da sua madre e suo fratello Brandon. Si stava dirigendo dai nonni ed era rimasta affascinata da quella navicella che - le pareva - potesse portarla in luoghi infiniti.
Verso l’infinito e oltre!, famosa citazione tratta da Toy Story che la piccola Grace ripeteva non appena sentiva il treno muoversi.
Adorava sedersi al posto accanto al finestrino per osservare i paesaggi che scorrevano di fronte ai suoi grandi occhi, li ammirava tutti e con lo stesso entusiasmo, che si trattasse di valle, campagna, montagna o mare. Per lei era sempre stato eccitante vedere il mondo muoversi verso la direzione in cui stava andando.
Il treno era una navicella che la portava alla scoperta di un mondo infinito.
Quella stravagante idea cambiò durante la crescita, però la passione del viaggio rimase. Si sarebbe fatta molto volentieri otto ore di treno, piuttosto che una d’aereo e non perché avesse paura di volare, semplicemente preferiva la sua “navicella”. Ogni viaggio, che poteva trattarsi anche di un quarto d’ora, lo trovava entusiasmante e lo mostrava da come osservava ciò che vedeva dal finestrino.
Invece mostrò poca esaltazione quando dovette viaggiare sul treno che la stava portando a New Orleans, la città in cui Brandon risiedeva dopo la fuga da Atlanta. Un lungo viaggio che non assaporò come i precedenti. Il suo sguardo era rivolto all’esterno, ma non stava ammirando niente, anzi nei suoi occhi c’era il vuoto.
La sua mente era concentrata su ben altro che al paesaggio.
Brandon dominava sicuramente i suoi pensieri, si domandava come sarebbe stato il loro incontro e cosa si sarebbero potuti dire, ma c’era altro a tormentarla. I suoi migliori amici avevano insistito per accompagnarla. Tutti desideravano appoggiarla e stare al suo fianco durante quel momento tanto importante. Si trattava di un gesto che Grace apprezzava più di ogni altra cosa, dimostrava pienamente il loro affetto per lei.
Il problema era il rapporto che negli ultimi tempi intercorreva nel gruppo.
Da quando erano uscite quelle informazioni scottanti sul passato di Lucas, Ted aveva mostrato un certo distacco per il ragazzo. Non c’era dubbio che fosse stato influenzato da quella serpe di Kelly Mitchell.
Quella leggera antipatia fu percepita da chiunque facesse parte della loro compagnia, ma non si creò mai alcuno scontro. Grace sperava che non ce ne sarebbe stato uno durante quel breve viaggio.
Era contenta che i due fossero in grado di appianare le loro divergenze per starle accanto. Erano entrambi importanti e già era tesa di suo, non sarebbe stata capace di assistere a qualche discussione. Ted e Lucas non erano mai stati per così tanto tempo assieme, da quando il rapporto d’amicizia, che si era creato, non cominciò a sgretolarsi.
Per fortuna con loro c’era Natalie, la quale era un ottimo tranquillante per Ted, e non poteva mancare il prode Sebastian, che sembrava avere il dono di sistemare qualsiasi problema.
Il viaggio non fu esattamente come quello di Aspen, anzi tutto il contrario. Raramente spiccicarono parola, nel gruppo si respirava un po’ di tensione.
L’arrivo fu per tutti un sollievo.
Avevano un piano ben preciso e fin da subito lo seguirono alla lettera. Prima di tutto andarono nel motel, che stava nelle vicinanze del posto di lavoro di Brandon, dove prenotarono le camere.
In quattro e quattrotto misero apposto i loro bagagli, poi Sebastian, Ted e Lucas uscirono per andare a verificare che le informazioni date da Rylan fossero corrette e non avessero fatto un viaggio a vuoto. Grace si ritrovò in quella piccola camera assieme ai suoi dubbi e all’amica di sempre, Natalie.
Entrambe erano stese sul letto matrimoniale a fissare il soffitto.
«Pensi mai a tutto quello che è successo quest’anno?»
«A dire il vero, lo faccio spesso» rispose Natalie voltando il capo verso quello dell’amica. «Sembrava ieri che tornavamo da Tybee Island, tutti e tre single e con una gran voglia di iniziare l’anno scolastico» disse con ironia.
«Ci credi che abbiamo finito il Senior Year? Tra pochi mesi saremo all’università e… wow, sono cambiate veramente tante cose» affermò Grace con un mesto sorriso sulle labbra.
«Già! Chi avrebbe mai immaginato che io e Ted saremmo finiti insieme, che tu avresti trovato l’amore e che ci saremmo liberate di Kelly Mitchell?»
«Liberate è una parola grossa. Aprendo il discorso, non mi aspettavo che fosse così meschina. Ammetto di averla sempre vista come una ragazza frivola e un po’ stupidina, ma non perfida» affermò Grace ripensando a tutti i tiri mancini che aveva inferto a lei e Lucas nell’ultimo periodo, senza neanche una valida ragione.
Solitamente si faceva sempre un esame di coscienza, perché credeva che se tra due persone qualcosa non funzionava la colpa spettava al cinquanta per cento ad entrambe. Ma pur pensandoci e ripensandoci, Grace non capì cosa aveva spinto Kelly a detestarli così tanto.
«A me non è mai piaciuta e lo sai» disse Natalie con non-chalance. «E continua a non piacermi. Ti confido che mi da un po’ fastidio che gironzoli attorno a Ted. Chiaramente non in quel senso, si comporta da amica e proprio questo mi preoccupa.»
«L’importante è che non flirti con lui, anche se dubito ci si dovrebbe preoccupare. Ted si è legato molto a te e sappiamo entrambe che è la persona più fedele sulla faccia della Terra.»
«Quello non lo metto in dubbio» chiarì Natalie, senza che quell’espressione pensierosa abbandonò il suo viso. Qualcosa la stava tormentando. «Ascolta, tutti sanno che rapporto intercorra tra Ted e Lucas e non sai quante volte avrei voluto scusarmi con te dopo averlo sentito dire qualche battuta di troppo…»
Grace si voltò sul fianco, alzò il capo poggiandolo sulla mano e guardò l’amica dritta negli occhi. «Non devi assolutamente sentirti in colpa, per nulla. Se non se la prende Lucas, non vedo perché dovrei farlo io e in ogni caso tu non centri proprio un bel niente!» Prese un bel respiro e poi continuò. «Capisco che la situazione pesi nel gruppo, solo un’idiota non se ne accorgerebbe, ma forse col tempo passerà. Ted si comporta così perché crede che Lucas si comporterà male con me, io ho fiducia in lui e so che non accadrà. Quando il nostro teddy bear lo capirà, vedrai che tutto si risolverà per il meglio.»
«Lo spero tanto.» Natalie era tutt’altro che convinta, conosceva Ted e sapeva che razza di testardo fosse. «Ho paura che ci possiamo dividere per questa situazione.»
Grace aggrottò subito la fronte. «Di che diamine stai parlando?»
«Succede. Quando due persone nello stesso gruppo non vanno più tanto d’accordo iniziano a dividersi e potrebbe accadere a noi, vista la situazione.»
Per la prima volta in diciotto anni, Natalie si stava mostrando insicura e timorosa. Quei grandi occhi verdi riflettevano la sua paura di perdere non solo l’amica che conosceva da più della metà della sua stessa vita, ma la sorella a cui aveva rivelato ogni cosa. Per quanto fosse una ragazza sicura di sé e molto coraggiosa, Natalie non riuscì a nascondersi dietro al suo bel sorriso. Temeva veramente che il legame con Grace potesse sgretolarsi lentamente.
«Non accadrà. Tu ed io siamo abbastanza intelligenti da capire che possiamo affrontare questo e altro» intervenne Grace duramente. Non avrebbe permesso alla paura di tormentare la sua migliore amica. «Abbiamo passato l’infanzia e l’adolescenza insieme, superando ogni screzio e tornando ad essere unite più che mai. Lo sai bene che insieme saremmo in grado di superare qualsiasi cosa.»
«Una parte di me, ne è certa.»
«Allora aggrappati a quella parte e credi in noi, nella nostra amicizia, la nostra sorellanza.»
«Sì, lo farò!» Natalie sembrò riacquisire la forza con cui dominava sé stessa. «Scusami se per un attimo ho dubitato.»
«Non devi scusarti. Capita a tutti di essere vulnerabili. Rimani sempre una montagna impossibile da scalfire» disse Grace, mostrandole un gran sorriso e facendole una dolce carezza sul viso, prima di tirarle un cuscino addosso e cominciare a ridere.
Iniziarono la battaglia dei cuscini proprio come quando erano bambine e si divertivano a disfarli per lanciarsi addosso le piume d’oca. Misero anche la musica e cominciarono a saltare sul letto, scherzando e divertendosi come non mai. Adoravano quei momenti in cui faceva le stupide insieme, stupide e spensierate.
Che cosa potevano rappresentare Grace e Natalie se non l’esempio perfetto di amicizia?
Col passare degli anni si erano sempre sostenute. Dove andava una, l’altra era pronta a seguirla, esattamente come era accaduto durante quel viaggio. Non appena Grace l’aveva messa al corrente, Natalie si propose subito di accompagnarla a New Orleans.
Il loro pazzo momento fu interrotto dall’arrivo dei ragazzi, i quali rimasero qualche attimo ad osservarle con un leggero sorriso sulle labbra.
«Siete tornati!» esclamò Natalie balzando giù dal letto e spegnendo la musica. Grace la seguì rimanendo in silenzio. «Novità?»
«Mio fratello ha detto la verità» disse Lucas, dando conferma a tutti i dubbi. «Brandon lavora in un locale che dista dieci minuti da qui. Ho parlato con la barista e ha detto che il suo turno attacca stasera alle nove.»
«Noi abbiamo pensato che potremmo cenar lì» aggiunse Sebastian.
Grace e Natalie si guardarono e annuirono.
«Sì, in fondo da qualche parte dovevamo mangiare.»
«Esatto e poi è un posto davvero carino. Vedrete voi stesse stasera» disse Sebastian, molto convinto.
«Ma com’è? Nel senso… elegante, un semplice pub, o…?» domandò lecitamente Natalie.
«È come stare da Jim, solo un po’ più chic. Niente abito lungo, ma non possiamo andarci nemmeno in tuta» rispose Ted con sguardo torvo.
Sembrava uno spaventapasseri quando stava accanto a Lucas e quell’aria che girava nella stanza turbava visibilmente Natalie. Per fortuna Sebastian si era aggiunto a loro, lui riusciva sempre a smorzare qualunque momento con una battuta: in quell’occasione, come in tante altre, si rivelò una manna dal cielo.
«Che dite? Ci troviamo per le sette, così andiamo là con calma?»
«Sì» rispose Grace.
«Va bene» aggiunse Natalie.
«Perfetto. Abbiamo tempo per prepararci con calma» affermò Lucas.
«Infatti. Quindi ora ci dividiamo e cominciamo a prepararci?» chiese Sebastian, battendo le mani in un colpo.
Tutti furono d’accordo.
Grace e Natalie rimasero nella loro camera e tirarono fuori i loro effetti personali dal borsone, iniziando a interrogarsi su cosa indossare quella sera, mentre i ragazzi si riunirono per fare la stessa cosa nella loro camera tripla.
Le due sperarono di non sentir volare parole grosse, poiché Ted e Lucas erano a stretto contatto; ma se erano arrivati a condividere la stessa camera per il bene di Grace, allora forse avrebbero tenuto la lingua a freno.
Per fortuna sembrarono dotati di un buon autocontrollo e nessuna discussione parve venir sfiorata fino al momento della cena. Si trovarono fuori dalla camera delle ragazze e poi tutti insieme partirono per la volta di quella missione.
Grace era piuttosto tesa e Lucas, che l’aveva tenuta per mano durante tutto il tragitto, lo sapeva bene.
La ragazza non disse a nessuno dei suoi amici, ciò che desiderava dire al fratello, perché se doveva essere onesta non lo sapeva neanche lei.
Non aveva la più pallida idea da cosa partire o come avvicinarsi nel momento in cui lo avrebbe visto.
Durante la cena non fece altro che guardarsi attorno, il suo cuore palpitava velocemente e ancor di più quando avvistava qualche ragazzo biondo che subito scambiava per Brandon. L’agitazione non la fece nemmeno mangiare serenamente. Cercò di concentrarsi su altro, ma le fu impossibile.
Dopo sei mesi avrebbe finalmente rivisto suo fratello, avrebbe potuto risentire quel profumo intenso e aggrapparsi a quelle braccia che per diciotto anni l’avevano sostenuta.
Guardandosi attorno osservò per bene il luogo, dove Brandon aveva trovato lavoro.
Il “Renaissance” era un locale su due piani: il primo era la zona lounge, con il bar e tavolini sparsi su tutta l’ampia sala, ed era collegato ad una stanza utilizzata principalmente per ballare. Al secondo piano vi era un soppalco con altri tavolini e divanetti, un ottimo posto per parlare senza che il rumore della musica potesse disturbare.
Era un posto davvero molto bello, Grace sperava tanto che Brandon si trovasse bene. Secondo le informazioni che l’investigatore diede a Rylan, Brandon iniziò a lavorare lì dopo tre giorni dal suo trasferimento e continuò senza mai concedersi una vacanza.
Le foto che erano nel fascicolo ritraevano il ragazzo in gesti di normale quotidianità: recarsi dal meccanico oppure al supermercato e in tutte le immagini sembrava tranquillo. Non possedeva l’aria di quando stava ad Atlanta, era visibilmente più rilassato e proprio quel suo apparente benestare fece crescere seri dubbi nella ragazza.
La sua insicurezza si stava facendo largo in lei. Si era diretta a New Orleans per ritrovarsi al suo gemello, a quella persona che amava quanto la sua stessa vita e con cui aveva passato più tempo di chiunque altro.
Desiderava parlargli e capire il perché non si era fatto più sentire, ma ciò che non aveva minimamente calcolato era che forse la sua sorpresa avrebbe destabilizzato la tranquillità di Brandon.
L’arrivo di Grace sarebbe stato come un fulmine a ciel sereno, completamente inaspettato e forse non voluto. Del resto, doveva esserci un valido motivo se lui non l’aveva più cercata pur sapendo dove fosse.
La tensione che la ragazza irradiava non era dovuta al semplice nervosismo di quell’incontro, bensì alle sue conseguenze. Più volte fu sul punto di piangere, ma si trattenne per non creare disagi nel gruppo.
I suoi occhi fissarono spesso il grande orologio della sala e più passava il tempo, più voleva darsela a gambe.
«Ci pensate che abbiamo finito l’ultimo anno di liceo?» esordì Sebastian, dopo aver fatto una scorpacciata di patatine fritte. «Mi mancherete un sacco, l’anno prossimo. Dovrò trovarmi un altro compagno di bevute.»
«Nessuno prenderà mai il mio posto» disse Ted lanciandogli un’occhiata d’intesa. «Perché nessuno sa bere un doppio whiskey come lo bevo io.»
«Come farò senza il tuo doppio salto dopo un doppio whiskey?»
«Sarà dura amico, lo so» continuò l’altro battendogli una mano sulla spalla.
Natalie scoppiò a ridere tirandogli i pezzetti di tovagliolo addosso. «Siete pessimi, ragazzi! Fra tutte le cose di cui dovreste sentire la mancanza, pensate proprio al bere?»
«Non fare la gelosona, è ovvio che mi mancherai» aggiunse Ted, mimando un bacio.
«Scherza pure tu e vedrai se riuscirai a mettere piede nell’università» replicò la ragazza, prima di scambiarsi qualche sguardo tenero assieme al suo ragazzo.
Quei due si stuzzicavano spesso con quelle sciocche battute, però se le loro bocche dicevano una cosa, gli occhi trasmettevano tutt’altro. Erano teneri a guardarli: Natalie sempre tutta d’un pezzo, si scioglieva di fronte agli occhioni di Ted e lui prendeva qualunque scusa per coccolarla. Guardandoli era impossibile trattenere un sorriso.
«Avete voglia di andare a ballare?» propose Sebastian, poiché ormai avevano finito di cenare da un pezzo.
Ted lanciò un’occhiata alla sala lì accanto dove la musica era già cominciata. «Sì, perché no?» acconsentì. Il ragazzo si alzò e, con un elegante gesto, porse la mano a Natalie. «Andiamo, mon amour?»
«Volentiers» rispose lei seguendolo.
«Io andrei a fumarmi una sigaretta, mi accompagneresti fuori?» domandò Lucas a Grace.
«Certo.» E anche loro liberarono il tavolino.
I due innamorati non uscirono dalla porta d’ingresso, c’era un corridoio che portava ad uno spiazzo dietro al locale da cui si poteva vedere il lago di Pontchartrain.
Una vista niente male, Lucas e Grace si appoggiarono alla balaustra in ferro per ammirare il panorama.
«Che cos’hai?»
La ragazza si voltò con sguardo interrogativo. «Io? niente.»
«Grace, sei pessima a raccontarmi bugie» disse Lucas aspirando il fumo e rilasciandolo poco dopo. «Guarda che è normalissimo essere nervosi. Non devi provare a nasconderlo.»
«Non ci provo, so benissimo che non ci riuscirei mai. Sono un libro aperto.»
«Se devo essere sincero, non lo sei sempre.»
«Strano. Alle volte gli altri sanno prima di me cosa provo» disse Grace abbassando lo sguardo sulle acque del lago, esse erano calme al contrario del suo stato d’animo. «Posso dirti la verità?»
«Lo sai che puoi.»
«Vorrei tirarmi indietro. Vorrei veramente andar via e non parlo solo di questa sera, ma… preferirei non incontrar Brandon.»
Lucas aggrottò subito la fronte e si voltò completamente verso di lei. Aveva intenzione di porgergli subito la domanda, ma qualcosa lo frenò, rimase in silenzio.
«Chi ci assicura che lui vuole rivedermi?» continuò alzando lo sguardo sul volto del suo ragazzo e incrociando quegli occhi celestiali. «Se avesse voluto riavvicinarsi poteva cercarmi, ma non l’ha fatto. Chi me lo fa fare di rincorrere una persona che mi ha voltato le spalle?!»
Lucas fece l’ultimo tiro di sigaretta e poi la gettò a terra con forza, cinse Grace per le spalle e puntò il suo sguardo in quello di lei. «Ehi! Brandon non è una persona qualunque, è tuo fratello, ok? E… sì, poteva cercarti, ma non sai cosa può averlo frenato. Magari si vergognava di averti abbandonato» tentò di spiegarsi, trovando ogni soluzione possibile. «Non pensare subito male di lui e non gettare la spugna così in fretta. Sei impulsiva e questo tuo lato, che alle volte mi fa saltare i nervi, può farti pentire di molte tue azioni. Prendi un respiro profondo e rifletti.»
Grace fissò quelle pagliuzze limpide e ritrovò la calma. Sospirò pesantemente, sapendo bene che era proprio la sua impulsività a farle prendere le decisioni più sbagliate. Il punto è che di andarsene da lì non era un’idea presa al momento, ma la stava meditando da prima ancora di entrare nel locale. Non aveva detto nulla perché credeva che fosse un pensiero passeggero.
«Sono onesta, Lucas. Non so se voglio rivedere Brandon» riprese con tono desolato. «Già solo sapere che siamo nella stessa città mi fa male. Tutta quella sofferenza che ho provato sembra tornare e non sono pronta a risentire tutto. Credevo di esserlo, ma non è così.»
«Non pensi che chiarire con Brandon possa tappare quel vuoto che senti?»
«Credevo che potesse e invece non fa altro che peggiorare la situazione» rispose Grace mentre i suoi occhi iniziarono a riempirsi di quelle lacrime che sperava non scendessero mai più.
Si catapultò contro il petto di Lucas e lo abbracciò, nascondendo il suo viso per non mostrarsi mentre piangeva.
Il ragazzo la strinse a sé e le baciò la tempia con affetto. Non gli piaceva saperla piangere. Era un vero colpo al cuore, specialmente perché la vedeva sempre sorridere e contagiare tutti con la sua allegria. Grace aveva il dono di far risplendere l’atmosfera anche quando pioveva a dirotto, ma quando era triste la luce dentro di sé si spegneva.
«Mi sento terribilmente in colpa perché voi siete tutti qui per me, mentre io vorrei tornarmene a casa. Sono una vigliacca, lo so» biascicò contro la spalla del ragazzo.
«Grace, noi siamo qui perché ti vogliamo bene. Se te ne vuoi andare, non c’è alcun problema. Appoggeremo qualsiasi tua decisione» la rassicurò Lucas, carezzandole i capelli. «Passeremo un bel week-end tra amici e ci divertiremo in ogni caso.»
Il ragazzo si scostò per guardarle il viso tutto rigato dalle lacrime. Si intenerì a vederla in quello stato, passò i pollici sotto agli occhi di Grace e le mostrò un dolce sorriso.
«Grazie» sussurrò lei, carezzandogli una guancia.
Lucas le prese la mano e ci porse sopra una serie di piccoli bacio, continuando a guardarla negli occhi. «E di che?»
Grace si avvicinò per stampargli un bacio sulla bocca, ma si rese conto che voleva di più. Afferrò il colletto della camicia del suo ragazzo, per averlo stretto a sé, e approfondì quel bacio. Amavano scambiarsi quei baci focosi, colmi della passione che ancora era vivida tra loro. Lui la prese per i fianchi e la sbattè al muro, continuando a baciarla con bramosità e facendola sentire sua.
«Per quale motivo ci siamo presi le camere separate?» soffiò Lucas, scostandosi dalle labbra della ragazza per riprendere fiato.
Grace ridacchiò, continuando a tenerlo per il bavero della camicia. «Che stupido che sei!»
«No, seriamente. Guarda te se io ho voglia di scopare… ah no scusa mi correggo, fare l’amore con la mia ragazza e non posso perché abbiamo preso due camere e ci siamo divisi male» continuò Lucas, con un modo di fare che divertiva troppo Grace.
«Credo che riuscirai a tener a freno i tuoi ormoni» disse lei battendogli una mano sul petto.
«Per forza!»
«Senti, signor focoso, rientriamo così dico agli altri che non se ne fa più nulla di questa “missione”?»
«Magari mi fumo un’altra sigaretta e poi rientro» disse Lucas scostandosi dal muro e tirando fuori il pacchetto. «Ma se hai bisogno di me...»
«No, tranquillo. Credo di potermela cavare con i nostri amici.»
Grace gli rivolse un ultimo sorriso e fece per rientrare nel locale, ma qualcosa la bloccò all’istante. Fu una voce. Una voce che, nonostante il tempo passato, avrebbe riconosciuto in ogni dove. Era la voce di suo fratello, era la voce di Brandon. Il ragazzo non aveva pronunciato il suo nome, bensì quello di Lucas.
Deglutì prima di voltarsi.
Era lì, a pochi metri da lei, di fronte a Lucas. Grace si nascose nell’ombra, dietro ad una scala antincendio, era lontana per essere vista, ma abbastanza vicina per udire le loro parole.
«Che cosa ci fai qui?»
Lucas si trovò bloccato, era stato preso in contro piede, non riuscì a rispondere… beh, non gli servì.
«Anche lei è qui, vero? Grace? Sa che sono qui?»
«Sì.» Non poteva mentire.
Brandon volse uno sguardo al locale e Grace temette di essere vista, ma era nascosta in un angolo molto buio. Era impossibile notare la sua presenza.
«Come ha fatto a scoprirlo?» continuò il biondo.
«È una storia lunga, credimi» rispose Lucas, emettendo un lungo sospiro.
«E tu sei qui con lei.»
«Ci sono anche gli altri» si affrettò a dire l’altro. «Sai… Natalie, Ted e Sebastian.»
«Ah, tutta l’allegra compagnia! Avete pianificato proprio una bella rimpatriata!» esclamò Brandon sardonico.
«Noi siamo qui per Grace e lei è qui per te. Vorrebbe parlarti, ma… ha paura.»
«Paura?»
Lucas era pronto a sbattergli la verità in faccia, così forse avrebbe smesso di mostrarsi tanto ironico riguardo una situazione che aveva tutt’altro che dell’ironia. «Sì, ha paura di rovinarti il bel momento! Grace pensa che tornando da te, possa distruggere ciò che apparentemente bello hai costruito.»
«Perché pensa questo?»
«È collegato alla lunga storia del perché sa che sei qui… non è questo il punto.» Lucas si fermò e scosse il capo, mettendo una mano avanti. «Tua sorella ha sofferto da cani e io lo so bene… tutti lo sappiamo e nel profondo anche tu. Sai di aver sbagliato con lei. Sai che non avresti dovuto abbandonarla.»
«Tu non sai niente!» gridò Brandon avvicinandosi al ragazzo in maniera repentina, tanto che nell’ombra Grace sobbalzò.
La ragazza era pronta a scattare nel momento in cui i toni si sarebbero accesi ancor di più. Su Brandon non aveva dubbi che sarebbe stato disposto ad alzare le mani, la preoccupava Lucas che nell’ultimo periodo pareva riservare sempre più sorprese. Sicuramente non avrebbe attaccato suo fratello, ma si sarebbe giustamente difeso.
«Invece so tutto» affermò duro Lucas, guardandolo dritto in faccia. «Io so cosa significa cadere in brutti giri perché tutto sembra far schifo e poi andar via nel tentativo di salvarsi. Credimi, lo so perfettamente e non te ne faccio una colpa. L’ho fatto anche io. Sono scappato da Chicago per una vita migliore, ma al contrario di te, non ho abbandonato nessuno che mi amasse tanto quanto Grace ama te.»
«Dimmi la verità. Parli così perché hai una cotta per lei?»
«In realtà sono il suo ragazzo.»
«Ah, è ufficiale!»
«Sì, lo è!» gli tenne testa Lucas.
Brandon ghignò, alzando il dito e indicandolo più volte. Non sembrava minimamente sorpreso. «Ci avrei giurato che prima o poi sarebbe accaduto. Eravate così palesemente presi l’uno dall’altra, sono contento che entrambi vi siete svegliati.»
«Non stiamo parlando di me e Grace» lo riprese l’altro con tono grave.
«No, infatti. Dobbiamo parlare di me e Grace» concordò il biondo.
«Esattamente.»
«Bene. Allora, dov’è mia sorella?»
«È nel locale e… non vuole più incontrarti.»
Brandon sgranò gli occhi e corrugò la fronte, mettendo le mani sui fianchi. «Che cosa?! Oh, andiamo! Non ha senso!»
«Lo ha se sei Grace Sophia King! Tu dovresti conoscerla meglio di chiunque altro. Perché mai secondo te non vuole incontrarti? Sappiamo entrambi che non si tratta solamente del poterti rovinare il bel momento.»
«È perché l’ho abbandonata.»
«Din din din! Abbiamo un vincitore!»
«Ora non fare la parte del signor Ironia» disse Brandon con fare annoiato. «Senti, che cosa vuoi che faccia?»
«Io non posso dirti cosa devi fare, non vorrei mai mettere Grace in una situazione che la fa star male» rispose Lucas tornando serio in volto. «Preferirei non intromettermi per non causare qualche danno, ma devo per forza chiedertelo. Perché non l’hai mai cercata?»
«Ci ho provato, lo giuro.»
«Non è abbastanza» disse Lucas duramente.
Era vero che non desiderava intromettersi, però arrivati a quel punto era coinvolto. Inoltre ricordava perfettamente lo stato d’animo della sua ragazza dopo la fuga di Brandon e proprio per questo non poteva starsene zitto.
«Grace si è sentita tradita dall’unica persona di cui si fidava ciecamente. Come credi si sia sentita? Non le è passata tanto in fretta. A dir la verità non le è passata affatto. Tenta di nasconderlo ogni giorno, ma gli manchi e vorrebbe che tu tornassi» continuò Lucas, non sapendo che la protagonista di quelle parole stava ascoltando tutto quanto. «Grace si è chiusa a riccio, le accade sempre quando viene delusa e tu dovresti saperlo bene. Lei si è chiusa e non è stata più la stessa. Non usciva più spesso con i suoi amici, voleva sempre stare chiusa in casa ed avvicinarsi era davvero difficile. Credi che ha continuato a sorridere? Certo che no, non ne aveva motivo. Era tanto triste e si sentiva sola.»
«Basta! Smettila!»
«No, invece devi ascoltare!» sbottò Lucas avvicinandosi repentinamente a Brandon. «L’hai fatta soffrire così tanto, l’hai delusa e non c’è cosa più dolorosa che esser delusi dalla persona che più ami. Ti senti spezzato e all’inizio credi che sia colpa tua, poi ti rendi conto che è solo la vita che ti fa incontrare persone del genere. Il problema qui è che tu non sei una semplice persona, tu sei suo fratello e condividevate un legame che provocava invidia a tutti, però tu l’hai distrutto.»
Brandon rimase in silenzio. Le parole di Lucas lo colpirono affondo, mille lame infilzate in tutto il corpo gli avrebbero causato meno male. Più ascoltava e più cresceva quel nodo alla gola che si era formato non appena aveva capito che sua sorella era lì, a poca distanza da lui.
«Non ho smesso di pensare a lei per un singolo giorno.»
«E allora perché non l’hai contattata?» domandò Lucas rabbioso.
«Tu vorresti essere contattato da chi ti ha fatto soffrire?»
«Probabilmente no, ma io non sono Grace. Lei ti aspetterebbe per anni, potrebbero passarne dieci, la sua porta sarà sempre aperta per te.»
«Non so che fare.» Era una situazione che Brandon non si era immaginato potesse accadere. «Hai detto che lei non vuole più incontrarmi.»
«Perché pensa che ti rovinerebbe il bel momento» precisò Lucas.
«Da… da quanto tempo state insieme?»
«Non siamo qui per parlare di…»
«Rispondimi» insistette Brandon con una strana tranquillità.
L’altro ragazzo sospirò pesantemente e alzò gli occhi al cielo. «Tra poco saranno sei mesi.»
«E come è stata in questi sei mesi? Era ancora disperata per la mia partenza o…» abbassò il capo e inarcò un sopracciglio, in fondo conosceva la risposta a quella domanda. «Tu la rendi felice.»
«Credo che…»
«Guarda che non era una domanda» lo bloccò Brandon, alzando lo sguardo sul viso di Lucas che lo guardò stranito. «Se si è lasciata avvicinare significa che in qualche modo gli eri andato a genio, ma se ora state insieme significa ben altro. Lei tiene a te e, dal modo in cui mi hai affrontato, direi che tu tieni molto a lei. Sembri un bravo ragazzo, anzi mi auguro che tu lo sia, e che continuerai a renderla felice.»
Lucas rimase un attimo attonito di fronte a quel breve discorso. Ripensò a ciò che lui aveva detto poco prima e non riusciva a trovare il filo connettore della conversazione.
Da quando erano passati a tutt’altro discorso?
Era una tattica di Brandon per sviare l’argomento?
Il ragazzo rimase in silenzio aspettando un continuo, così da poter capire bene dove intendesse arrivare.
«Forse è tutto il contrario. Forse sarò io a rovinarle il bel momento se ora andassi da lei» affermò Brandon con più sicurezza.
«Che cosa stai dicendo?»
«Sicuramente sai cosa mi è accaduto, o meglio, cosa mi ha portato qui. Se l’hai accompagnata significa che ci tieni veramente a lei e quindi credo che non possa essere in mani migliori. Non ha bisogno di me, non più.»
Lucas scosse il capo, contrariato. «Non dire cazzate, Brandon! Sei suo fratello, come puoi pensare che non abbia bisogno di te?»
«Io le ho creato solo problemi e gliene creerei altri. Stare lontano da lei è la scelta migliore.»
«Dovresti far scegliere a Grace.»
«È meglio così e in fondo lo sai anche tu.»
Brandon si avvicinò a Lucas e gli battè una pacca sulla spalla. Secondo lui era meglio che la faccenda si chiudesse in quella maniera. «Sono sicuro che al tuo fianco starà bene. Sei riuscito ad abbattere quella porta di cemento che David aveva eretto. Per quanto mi riguarda, hai la mia benedizione. Non che serva veramente, ma…»
«Renderebbe Grace contenta» concluse Lucas al posto suo.
«Esattamente.»
«Quindi finisce così?»
Brandon annuì. «Abbi cura di Grace. Un giorno tornerò da mia sorella, ma non stasera. Non è ancora il momento.»
«Ne sei sicuro?»
«Assolutamente. Ora rientra e portala via, tra poco inizia il mio turno di lavoro e potrei incontrarla…»
«Ci penso io» tagliò corto Lucas, prima di voltarsi e rientrare nel locale.
Il ragazzo era turbato. Sentiva che quella non era la scelta giusta, non poteva nascondere a Grace di aver parlato con Brandon e ciò che lui gli aveva detto. Sarebbe stato un bastardo a nasconderle la verità, ma non voleva neanche complicare di più la situazione mettendoli l’uno contro l’altra.
Lucas non sapeva se sarebbe stato peggio scoprire che il fratello aveva fatto una richiesta simile, o che lui l’aveva assecondato. Iniziava a comprendere cosa doveva aver provato la sua ragazza quando si era ritrovata coinvolta tra lui e Rylan. A Grace era andata nettamente peggio.
«Ti rendi conto di cosa mi hai chiesto?» domandò voltandosi verso Brandon, il quale mostrò un’espressione confusa. «Hai appena detto che Grace ha fiducia in me, ma come pensi che reagirà quando verrà a conoscenza di questa conversazione?»
«Non capisci che lo sto facendo per il suo bene?»
«Io capisco gran parte del tuo punto di vista, ma non sono tua sorella. Grace Sophia King ha tutto un modo suo di vedere le situazioni e credo che si incazzerà non poco.»
«Vuoi vederla soffrire? Allora corri da lei e spiffera tutto!» esclamò Brandon indicando la porta del locale. «Vedrai che bello spettacolino monteremo su!»
Lucas lo fissò per qualche attimo. Qualunque fosse stata la sua decisione non avrebbe portato a niente di buono. «Addio Brandon» disse e gli voltò le spalle una volta per tutte.
Sperava che quella sarebbe stata l’ultima vicenda famigliare che li coinvolgesse. Rientrò nel locale e andò subito alla ricerca di Grace per portarla via dal locale.
Si ricordò che i loro amici erano andati nella sala per ballare e si diresse subito là.
Non fu difficile trovarli; Ted e Natalie stavano ballando un lento all’inizio della pista e nel divanetto lì accanto c’erano Sebastian e Grace a parlare allegramente.
Fu proprio il buon umore della ragazza a fargli prendere la decisione di non dirle niente riguardo a Brandon. Lo sguardo di Grace lo intercettò subito e gli sorrise, quando lo vide arrivare.
«Ti stavamo aspettando. Ho raccontato tutta la verità e avevi ragione, a loro va bene qualsiasi mia scelta.»
«Ho sempre ragione» disse Lucas, cercando di mostrarle un sorriso sincero. «Allora ce ne andiamo?»
Grace annuì e si alzò dal divanetto, lo prese per mano e lo seguì verso l’uscita. Sebastian si divertì a disturbare Ted e Natalie durante il loro ballo romantico, si beccò più di una parola sgarbata prima di dire loro che era il momento di andare via.
La compagnia uscì insieme dal locale e dato che erano ancora nel vivo della serata, andarono in cerca del pub più vicino, dove Ted e Sebastian avrebbero iniziato la classica gara alcolica. Natalie sarebbe rimasta a fotografare o riprendere le loro meravigliose performance e a fine serata li avrebbe caricati su un taxi tirandoli per le orecchie.
Un programma decisamente differente era quello di Grace e Lucas. Gli innamorati decisero di fare una passeggiata per le vie della cittadina. New Orleans sembrava magica di notte, specialmente il quartiere francese sul quale si raccontavano storie fantastiche.
In realtà i due giovani erano poco interessati alle vicende storiche, desideravano solo godersi quella romantica passeggiata. Proseguirono sul lungo fiume ben illuminato, che portava ad una piazza dove vari artisti si esibirono. Pittori, ballerini e una banda jazzista. Grace ne rimase affascinata e si divertì molto, tutto il contrario di Lucas.
Lo nascondeva bene, ma il ragazzo si sentiva a disagio per quello che era successo neanche un’ora prima. Si sentiva in colpa a nascondere la sua conversazione con Brandon, ma a farlo desistere era proprio lei e quella spensieratezza che mostrava in quel momento.
Lucas non riuscì ad assaporarsi quella serata come invece desiderava.
«Grazie» esordì Grace, poco dopo aver ripreso la passeggiata sul lungo fiume.
«Per cosa?» domandò Lucas, prima di abbozzare un sorriso imbarazzato. «Scusa, ma non ti stavo ascoltando.»
«Tranquillo, non ho detto nulla. Solo grazie.»
«Grazie per cosa?»
«Per tante cose» rispose Grace, continuando a camminare mano nella mano e rivolgendogli qualche dolce sguardo. «Se non fosse stato per te, credo che avrei combinato un bel casino stasera e poi devo ringraziarti perché mi sopporti ogni giorno. Sopporti la mia impulsività, la mia tenera stupidità e tutto quanto. Anche se mancano mesi, ero preoccupata per la distanza che avrebbe causato la partenza per l’università e invece ora sono tranquilla.»
Quelle parole dette a cuore aperto non potevano capitare in un momento peggiore. Il senso di colpa stringeva il cuore di Lucas in una feroce morsa.
Il ragazzo arrestò improvvisamente la camminata, attirando lo sguardo interrogativo di lei.
«Che hai?» domandò Grace.
«Io… è complicato da spiegare.»
«Lo sai che sono un tantino paranoica. Mi stai facendo preoccupare.»
«Fidati, sono io quello preoccupato.»
«E perché lo sei? C’entra con il fatto che hai parlato con mio fratello e lui ti ha palesemente chiesto di tenerlo nascosto?»
Lucas sgranò gli occhi e rimase completamente di stucco. Non riusciva a comprendere come aveva fatto a scoprirlo e non capiva se quella calma che stava mostrando era tutta apparenza.
«L’ho sentito arrivare un secondo prima di afferrare la maniglia della porta» spiegò Grace avvicinandosi a Lucas, facendo più chiarezza sulla questione. «Sai che sono una curiosona e quindi sono rimasta ad origliare… ed è stato interessante.»
«Interessante? Sei sicura di aver origliato bene?»
«Ho sentito come hai provato a convincerlo e di come mi hai difesa» disse Grace con un sorriso appena accennato, per poi spegnerlo completamente. «So che avrei potuto raggiungervi e confrontarmi con lui, sappi che non l’ho fatto per Brandon.»
Lucas aggrottò la fronte. «Per Brandon? Scusa, ma non ti capisco.»
«Credevo di essere io quella a non essere pronta e invece è Brandon. Lo conosco fin troppo bene ed è lui. Non lo prova solo il fatto che ti abbia chiesto di mantenere un segreto bello pesantuccio con me, lo provavano i suoi occhi. Non era pronto» sospirò non nascondendo la sua delusione. Poi però scrollò le spalle e provò a sorridere. «Un giorno ci rivedremo e tutto sarà più chiaro, ma per ora va bene così. Sono soddisfatta di ciò che ho ascoltato.»
«Sei sicura che vada tutto bene?»
La ragazza annuì, mentre una leggera brezza le carezzava il volto e le scompigliava leggermente i capelli. «Per me va bene così. L’unica cosa che ti chiedo è di non dire a nessuno di Brandon. Possiamo fingere che non sia successo?»
«Promesso.»
«Grazie, Lucas.»
«Grazie a te di avermi tolto un gran peso dal cuore» rispose Lucas con una risata nervosa e tirando un lungo sospiro di sollievo. Mentirle, o meglio nasconderle la verità, sarebbe stato veramente arduo.
«A quanto pare il nostro motto si rivela sempre veritiero» affermò Grace con un gran sorriso, riprendendo la loro passeggiata. «Io e te, sempre insieme, in qualunque circostanza.»
«Io e te, sempre insieme, in qualunque circostanza» ripetè Lucas, poggiando il suo capo su quello della ragazza.
«Senti, abbiamo camminato per un’ora. Ci siamo goduti il panorama, ascoltato della buona musica e respirato l’aria di quella città dai mille volti. Che dici se torniamo al motel e magari ci prendiamo un momento solo nostro?»
Il ragazzo drizzò le orecchie e mostrò un’espressione sorpresa, prima di fissarla. «Non provare a sfidarmi.»
«E chi ti sfida?» replicò Grace ridacchiando. «Va bene. Se preferisci continuare questa passeggiata, bella e romantica, continuiamo pure…»
«Per quanto sia davvero bella, penso proprio che preferirei starmene nel letto con te sopra di me!» esclamò Lucas, beccandosi uno schiaffo sulla spalla.
Lui l’attirò a sé per abbracciarla mentre nell’aria si diffusero le loro risate, così allegre e spensierate. Nonostante tutto stavano vivendo un bel momento.
Si scambiarono un bacio e poi fecero retrofront per tornare al motel. Approfittarono del fatto che i loro amici erano fuori a far festa per concedersi un intimo momento.
Entrarono nella camera dei ragazzi ridendo e scambiandosi carinerie fino a quando non raggiunsero il letto e lì diedero sfogo alla passione e al desiderio di diventare una cosa sola.
Non si preoccuparono minimamente che i loro amici potessero entrare in camera da un momento all’altro. Quando stavano insieme, da soli, il mondo intero scompariva nella notte ed era come se loro fossero gli unici superstiti e la fiamma del loro amore fosse capace di illuminare l’oscurità dominandola.
Avvinghiati e sudati in quel letto ormai disfatto, si coccolarono giovando del tempo disponibile che avevano. L’uno tra le braccia dell’altra si sentivano come in paradiso, chiusi in una bolla dove nessuno poteva far loro del male.
«Sarà meglio che io mi vesta e torni nella mia stanza» disse Grace notando che era notte inoltrata e di sicuro gli altri non sarebbero stati fuori fino al mattino. «Dovresti vestirti anche tu o perlomeno indossare un paio di boxer. Non credo che Sebastian e Ted vorranno ammirare i tuoi gingilli.»
«Come no? Sono una delle poche cose interessanti in questa città!» rise Lucas, osservandola mentre cercava i vestiti e man mano se li rimetteva addosso.
«Senti, “una delle poche cose interessanti in città”, mettitele addosso!» esclamò la ragazza tirandogli i suoi boxer.
«Sei gelosa perché non vuoi che i nostri amici vedano i miei attrezzi.»
«Oh, per me possono guardare ciò che vogliono. Dubito solamente che sia di loro gradimento.»
«Al contrario tuo.»
Grace gli lanciò un’occhiata maliziosa, poi lo provocò avvicinandosi a gattoni e fermandosi a pochi centimetri dal viso. Lucas avvicinò la sua bocca e lei mostrandogli un sorriso furbo, allungò la mano e gli tirò una ciocca di capelli.
«Buonanotte» gli soffiò contro le labbra.
La ragazza, vestitasi completamente, si allontanò dal letto e andò verso la porta. Non fece in tempo a toccare la maniglia, che Lucas la prese da dietro, la voltò e si avventò su quella bocca che riteneva solo sua. Grace sorrise adorando quel suo lato selvaggio, che di tanto in tanto saltava fuori.
«Smettila di provocarmi. Lo sai che non posso restare qui» sussurrò nel suo orecchio, mentre lui era impegnato a baciarle il collo. «A meno che non vuoi fare una cosa a quattro con Sebastian e Ted.»
Solamente le parole fermarono l’impetuosità di Lucas.
«Bene! È stato un piacere fare l’amore con te. Buonanotte, amore mio.»
Grace scoppiò a ridergli in faccia, sia per l’espressione buffa che aveva assunto il suo viso e sia perché l’unico contatto che ci fu dopo le sue parole fu una stretta di mano.
«Dai, fatti dare un bacino.»
«Una cosa a quattro» ripetè Lucas scuotendo il capo. «Vai nella tua stanza e fai sonni tranquilli… togliti questi pensieri ambigui dalla mente.»
Lui le aprì la porta e con un gesto della mano la invitò a uscire. Grace continuò a ridere e riuscì a strappargli un veloce bacio.
Solamente il mattino dopo capirono che avrebbero anche potuto dormire insieme, siccome Ted, Sebastian e Natalie tornarono a mattina inoltrata. Il trio approfittò del fatto che i locali rimanevano aperti fino alle prime luci dell’alba per continuare a fare festa.
Trascorsero un week-end da leoni e non c’era da stupirsi nel loro desiderio di tornarci il prima possibile. L’unico momento tranquillo fu il pranzo della domenica, che passarono in un ristorante localizzato sul lungo fiume.
Fu la ciliegina sulla torta.
Tutti e cinque erano rilassati e la tensione che si era respirata durante il viaggio in treno parve scomparsa. Ciò non dava a significare che Ted e Lucas avevano appianato le loro divergenze, assolutamente no. I due prestavano ancora attenzione a sedersi a distanza, però non ci fu alcun botta e risposta.
«Questo vino è davvero buono» disse Sebastian sorseggiandolo in una maniera talmente elegante, mai vista prima. «Certo, quella bevanda un po’ grigia e un po’ beige di ieri era molto più succulenta, ma… questo vino è delizioso al mio palato.»
«Non l’avevamo proprio intuito» commentò Grace sorridendo divertita.
«Certo che no! Come si fa a capirlo dopo che si è scolato metà bottiglia da solo?» domandò ingenuamente Natalie, ricambiando l’occhiata della sua migliore amica.
«E sono ancora sobrio, care mie» affermò Sebastian tirando il capo all’indietro, lasciandosi baciare dai raggi caldi di quel sole di Giugno.
«Io voglio fare un brindisi!» esclamò Grace.
«Oh, sì!» le andò dietro Sebastian. «Un’altra bottiglia, prego!»
Lucas gli abbassò il braccio sventolante. «Credo che quel poco che è rimasto sia abbastanza.»
«Guastafeste» replicò l’altro ragazzo facendogli una smorfia. «Almeno lasciatemi il compito di versarvi da bere.»
«Nessuno ti fermerà, socio» gli disse Ted.
Sebastian afferrò la fresca bottiglia e versò il vino bianco dentro i bicchieri di ognuno, ovviamente ne versò di più nel suo. Si scatenò una risata generale per questo.
«Desiderio brindare a noi, sì proprio a noi cinque» disse Grace sollevando il suo bicchiere e prendendo la parola. «Siamo sempre stati abbastanza uniti riguardo ad ogni situazione. Quando si stavano avvicinando gli esami di fine anno, quando qualcuno era ubriaco e dovevamo parargli le spalle con i genitori o… beh in tante occasioni, ma durante questo folle week-end ho realizzato che l’amicizia che ci lega è vera e non potrei andarne più fiera.» Si prese un momento di silenzio prima di proseguire. «Voi non avete esitato un secondo nel volermi accompagnare quando vi avevo detto che sapevo dov’era Brandon e avevo tutta l’intenzione di raggiungerlo. Non so cosa sarebbe accaduto se voi non ci fosse stati. Sicuramente non staremmo vivendo questo bel momento e probabilmente la situazione con mio fratello sarebbe diversa… quindi grazie ragazzi per avermi dimostrato che l’amicizia non si basa su quante feste si fanno insieme o di quante volte ci si aiuta a copiare durante i test.»
«Se non fosse perché l’alcol inizia a darmi alla testa, potrei commuovermi» commentò Sebastian ironico, ma poi neanche la sua spiritosaggine potè resistere a quelle parole dette con grande sincerità.
Alzò il bicchiere e affiancò Grace, facendo il primo cin-cin.
«A noi!»
«A noi» lo seguì Lucas.
«Alla nostra amicizia…» aggiunse Ted.
«…che si dimostrerà lunga e prospera» concluse Natalie con un sorriso raggiante.
I cinque giovani di Atlanta brindarono in allegria sotto il caldo sole di quella mattina. Nessuna nube era sulle loro teste, né metaforicamente e né meteorologicamente parlando. Fu un bel pranzo, se lo sarebbero ricordati per sempre, anche perché era uno degli ultimi momenti felici che avrebbero passato tutti insieme.



Mrs. Montgomery
Come vi avevo anticipato, avete rivisto Brandon!
Non c'è stata la reunion tra i gemelli King, ma ciò non implica che non rivedrete Brandon o non li rivedrete insieme prima della fine della storia.
Il nostro scapestrato biondino tornerà e lo troverete al fianco della sorella, che avrà un gran bisogno di lui!
Questo capitolo è stato soft, rispetto a quelli che vi attendono.
Sul gruppo della storia che ho creato su facebook ho rivelato un grosso spoiler che si avvererà proprio nel prossimo capitolo. Si tratta di un fatto che cambia tutte le carte in tavola.
Grazie mille per aver letto questo capitolo.
Grazie a chi inserisce la storia nelle varie categorie e chi la recensisce!
Alla prossima!

Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery

-Baci
 

 

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Capitolo 17
*** La Notte delle Notti ***



 

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Trailer di Inaspettato Amore


La Notte delle Notti

 


Il cielo plumbeo sopra di loro e quell’aria fredda, sembrava tutto in perfetta armonia con il momento drammatico che quel gruppo vestito di nero e dai volti tristi stava vivendo. La classica scenografia che si ripeteva ad ogni funerale, durante il quale non c’era altro che disperazione negli occhi di chi aveva subito quella perdita. Fasciata in un abito nero e con i capelli biondi raggruppati in una treccia che penzolava dalla spalla destra, Grace stava in piedi con gli occhi fissi sulla bara che lentamente si stava abbassando e non smetteva di pensare alla tragedia.
Sebbene ci fossero i suoi migliori amici a distrarla, Grace non riusciva a togliersi dalla testa ciò che era accaduto, specialmente perché lei c’era dentro con tutte le scarpe. Quella tragedia l’aveva vissuta in prima persona. Dimenticare sarebbe stato impossibile.
E pensare che, neanche qualche settimana prima, sentiva di aver toccato il cielo con un dito.
Incredibile e al contempo assurdo come il mondo di una persona potesse ribaltarsi in quella maniera. Da quel giorno in poi, per Grace e le persone a lei care, tutto sarebbe stato grigio. La morte di una persona amata era la più grande punizione per chi restava in vita.
Il dolore che la ragazza provava era nettamente superiore a quello che si sarebbe mai aspettata. Era come se avessero scavato un buco nella sua anima, un buco che non si sarebbe riempito con facilità.
Percepì la mano di Sebastian posarsi sulla sua spalla e lei vi poggiò sopra la sua. Il suo più caro amico le stava dando un conforto enorme, esattamente come da quando accadde quel terribile fatto che l’avrebbe perseguitata per tutta la sua vita.

 


Era la notte del ballo di fine anno.
Tutto era così dannatamente perfetto e non solo la scelta dell’abito o degli accessori, ma finalmente avevano concluso l’ultimo anno. Pareva l’altro giorno che varcarono per la prima volta l’ingresso del liceo e invece l’avevano varcata per l’ultima volta.
Erano cresciuti e a pochi mesi da lì sarebbero stati studenti universitari. C’era un po’ di malinconia perché non si sarebbero visti con la frequenza degli ultimi anni. Dispiaceva a tutti dividersi, anche perché immaginavano che nei primi tempi si sarebbero tenuti in contatto tramite mail o lunghe telefonate, ma avrebbero anche incontrato altre persone e fatto nuove amicizie.
Ecco perché volevano godersi quell’estate al massimo. Grace era elettrizzata per i loro progetti, nei quali rientrava la vacanza in Spagna. L’entusiasmo regnava sovrano nella loro compagnia, con la convinzione che alle loro porte c’erano tre mesi di puro divertimento e dopodichè li aspettava la vita da universitari. Sembrava proprio che un futuro brillante attendeva tutti loro, anche se quella sera Grace riusciva solamente a pensare a quanto stesse bene con l’abito che aveva comprato. Ogni tanto il suo lato frivolo usciva e durava a lungo.
«Credo proprio che ho fatto la scelta giusta!» esclamò volteggiando di fronte allo specchio e stando al telefono con Natalie. «Pensa che durante la preparazione mi sono ascoltata a macchinetta “A Night to Remember”. La canzone dell’ultimo film di High School Musical, ricordi?»
«Come dimenticare! Hai iniziato a canticchiarla un mese fa! È già tanto se tutta la scuola non la sappia a memoria.»
Grace scoppiò a ridere. Ammetteva che era stata un tantino euforica nell’ultimo periodo, ma non più di metà popolazione femminile della scuola. Se ne sentirono tante all’avvicinarsi della “notte delle notti”. C’era chi aveva noleggiato una limousine, chi si era fatto realizzare l’abito dalla sarta, chi aveva affittato una camera d’hotel per il dopo serata.
Natalie le disse in segreto, perché le era stato confidato a sua volta da Ted, che Kelly aveva speso fior di quattrini per l’abito, l’acconciatura e un appuntamento dall’estetista.
La notizia rese curiose le ragazze che non vedevano l’ora di ammirare la loro ex amica, più che il suo cavaliere che dalle voci di corridoio si diceva fosse uno dei membri della squadra di football.
«Per “la notte delle notti” bisogna prepararsi con una certa accuratezza e durante la preparazione ci vuole la canzone adatta. Sarà una notte indimenticabile… e poi non ti senti una principessa?» continuò Grace facendo l’ennesima giravolta davanti al lungo specchio che stava in camera sua.
«Riguardo all’essere una principessa, ti confesso che in effetti mi pare proprio di esserlo» ammise Natalie con voce euforica. Alla fine era stata contagiata dall’emozione del ballo di fine anno. «Riguardo al fatto che sarà una notte indimenticabile, beh… sicuramente la passerò in modo diverso da te e Lucas.»
«Ma io e Lucas non facciamo nien-»
«Oh, scusa, scusa, scusa. Mannaggia a me e alla mia boccaccia!» si mise a urlare Natalie dall’altra parte della cornetta.
Grace dovette allontanare il suo I-phone dall’orecchio o le sarebbe partito un timpano. Il piccolo stordimento causato dalla voce acuta della sua migliore amica la distrasse dall’argomento principale.
«Senti un po’, boccaccia, che cosa sai di ciò che accadrà tra me e Lucas?»
«No, no, niente spoiler! Sappi solo che ho approvato!»
«Ed è per questo che mi preoccupo» rise Grace. «Essendo la nostra fan numero uno, credo che se suggerisse di portarmi in Antartide, solo per rimanere da soli, tu approveresti.»
«Non fare l’esagerata e comunque ti porta alla casa sul lago Clara Meer.»
«Che cosa?!»
«Ora sono sorda dall’orecchio destro. Grazie, Grace!»
Il cuore di Grace prese a palpitare velocemente per quella notizia, che accentuò il suo entusiasmo per quella già meravigliosa serata. Arrossì, portandosi una mano alla bocca, non riuscendo a credere che Lucas avesse ideato qualcosa di così splendido. La casetta sul lago faceva parte di tante sue fantasie romantiche, l’aveva nominata solamente una volta e a quanto pare lui se l’era tenuto ben a mente. Alle volte si sentiva stupida perché sapeva che il ragazzo ci teneva moltissimo e avrebbe fatto di tutto per farla star bene. In realtà lo stupore di Grace non era indirizzato a Lucas e a ciò che era disposto a fare, bensì alla fortuna che aveva avuto nell’incontrarlo.
«Ecco perché mi hai chiesto di dormire da te. Oh, Natalie, grazie infinite! Sei il mio angelo!»
«Figurati, per così poco! Ho avuto il colpo di genio quando i miei genitori mi hanno detto che andavano via per l’intero week-end. A quanto pare la zia Mabel si è rotta il ginocchio e hanno deciso di andare a trovarla, così incontreranno anche la nonna. Lasciando perdere le vicende della famiglia Fisher, mi raccomando… goditi la serata» le disse con tono di voce malizioso, facendola arrossire a distanza. «Mi domando cosa ti faccio a fare queste raccomandazioni, sono certa che non sprecherai l’occasione. Più che altro, mostrati sorpresa quanto ti ci porterà.»
«Puoi contarci! Comunque è stato così carino, vero?»
«Ha stupito anche me, se devo essere sincera. Oddio, che fosse dolce, non c’era ombra di dubbio… ma non l’ho mai trovato veramente arguto. Furbo sì, arguto decisamente no» confessò scoppiando a ridere e Grace si unì a lei.
«Ammetto che non sembra un tipo sveglio, per questo è sorprendente. Povero amore mio…»
«Amore mio» ripetè Natalie sembrando pensierosa. «Ci pensi che ad inizio anno non volevi nessun coinvolgimento sentimentale e ora invece… invece grazie a me ora siete una coppia favolosa!»
Grace scoppiò in una fragorosa risata, anche se alla fine c’era poco da essere ironici. Era gran parte per merito di Natalie se erano riusciti a svelare i loro sentimenti e aprirsi l’un l’altro.
«Ecco perché ti ringrazio ogni giorno. Mi hai portato la felicità.»
«Oh, no. Per quanto ami prendermi il merito riguardo la vostra relazione, è stato Lucas ha portarti la felicità. Io mi reputo un ottimo strumento.»
Bussarono alla porta e dopo neanche un secondo, Josie fu nella stanza. Rimase in silenzio, non solo per rispettare la telefonata di Grace, rimase affascinata dalla visione della figlia. La ragazza non fece mai vedere a sua madre l’abito scelto e per questo la sorpresa fu meravigliosa agli occhi di Josie.
Gli occhi verdi le brillavano, si portò le dita alle labbra sorridendo commossa. La sua bimba era cresciuta e ormai aveva l’aspetto di una giovane donna. Il vestito era stato realizzato con una morbida stoffa attillata e sopra ricadeva un tessuto in pizzo che dava quel tocco d’eleganza in più: le sembrava la regina della notte.
«Natalie, ora devo andare. Ci vediamo dopo a scuola» disse Grace accorgendosi della presenza della madre.
«Certamente. A dopo!»
Grace mise il cellulare nella pochette nera e poi si avvicinò a sua madre. Rimasero in silenzio a lungo. Josie le fece fare qualche lenta giravolta per osservarla attentamente. La ragazza credette che avrebbe avuto da ridire sul tessuto troppo attillato, che in effetti risaltava un po’ troppo le sue forme, ma era ben coperta. La scollatura a cuore non era profonda ed era coperta dal tessuto in pizzo blu come il resto dell’abito.
«Sei… sei veramente bellissima» spiccicò Josie cercando di trattenere qualche lacrima.
A Grace scappò quasi da ridere, non capiva proprio cosa ci fosse da commuoversi così tanto, in fondo non era la prima volta che si vestiva elegantemente. Beh… le altre occasioni aveva indossato abiti meno raffinati di quello, ma li aveva utilizzati per occasioni più importanti come una cena con la famiglia del capo di sua madre, un pranzo con l’intera famiglia al completo, oppure c’era stata quella volta a casa del sindaco in cui pareva essersi travestita da bambola di porcellana.
«Ti eleggeranno Reginetta del ballo, ne sono certa.»
«Ma cosa dici, mamma?» rise Grace sventolando una mano. «Non mi sono neanche candidata come Reginetta. A dir la verità non ci ho minimamente pensato. Beh… non è qualcosa di così importante. La serata sarà speciale per altro.»
Trattenne un sorriso compiaciuto per non tradirsi, anche se il pensiero della sorpresa di Lucas non poteva che scaturire un’espressione gioiosa sul suo viso. Josie intuì qualcosa, si poteva comprendere dal sorriso nervoso che mostrò.
«Scommetto che tu e Natalie siete molto emozionate. Lei e Ted passano a prenderti?»
«No, passa Lucas.»
«Oh, capisco.»
Il lato positivo di sua madre era che, al contrario di Peter, si risparmiava i commenti sul ragazzo, anche se disapprovava la loro relazione da quando erano state messe in giro voci poco carine sul suo conto. Settimane addietro aveva parlato apertamente con la figlia riguardo al suo pensiero e non ebbe peli sulla lingua nel dire che una persona dalla vita così turbolenta non poteva far altro che complicarla anche a lei.
Se solo Josie, o peggio ancora Peter, avesse scoperto ciò che era successo con Rylan, non ci avrebbe provato di tutto per farla rompere con Lucas.
Quale genitore vorrebbe che il proprio figlio finisse in una situazione simile?
«Grace, io e te ci siamo sempre dette la verità e siamo sempre state molto unite» cominciò Josie, dando al discorso l’aria che fosse qualcosa di serio. «C’è stata fiducia reciproca fin da quando eri bambina perché sapevi che eravamo da sole. Anche dopo l’arrivo di Peter siamo state unite, ma poi… qualcosa è cambiato. Quest’anno più precisamente ci sono stati notevoli cambiamenti. Sicuramente l’allontanamento di tuo fratello non ha giovato e ti chiedo scusa se all’inizio ti stiamo stati addosso. Il problema era il tuo coinvolgimento nelle faccende poco pulite di Brandon…»
Josie interruppe il discorso per qualche momento. Si massaggiò una tempia, tenendo lo sguardo basso. Era raro sentir pronunciare il nome di Brandon e quando accadeva, l’atmosfera diveniva completamente più fredda. Non era un argomento facilmente trattabile, in casa lo evitavano come la peste.
«Mia cara Grace, io so quanto tu sia forte. Hai un temperamento vulcanico, quando ti ci metti. Eppure, alle volte, lasci che le persone ti trascinino in questioni più grandi di te e questo mi spaventa.»
«Brandon è mio fratello. L’ho protetto come ogni sorella avrebbe fatto» tagliò corto Grace.
«Non mi riferisco solo a questo, figliola» disse Josie mantenendo sempre quella gentilezza invidiabile. Era impossibile trattar male quella donna, quando ella utilizzava una cortesia disarmante. «Lo so che ciò che sto per dirti potrebbe infastidirti, ma permettimi di finire il discorso prima di dire qualsiasi cosa.»
«Te lo prometto.»
«Non ti ho mai nascosto niente. Da quando girano certe voci, mi sono mostrata poco accondiscendente quando mi dicevi che uscivi per stare con Lucas. Io… io non ho niente contro di lui, credimi, ma Peter si lascia condizionare da ciò che la gente dice e vergognandomi, ti confesso, succede anche a me.» Josie prese le mani della figlia e le mise nelle sue. «So cosa significa essere innamorati talmente tanto da divenir ciechi, ma so anche cosa significa essere malamente soggiogati dall’opinione altrui. Per questo voglio dirti che desidero solo la tua felicità e finchè Lucas ti porterà ad essere così raggiante, come mai ti ho vista prima, prometto di non intromettermi.»
Ecco la bontà che Grace aveva sempre visto in sua madre.
Quella trasparenza e quel senso di giustizia che la distingueva dalla maggior parte della donne che conosceva. In quel momento, non potè che andar più fiera di sua madre.
In un solo attimo, quello strappo che l’allontanamento di Brandon aveva causato sembrò ripararsi magicamente. Grace le sorrise riconoscente. Era riconoscente per quel grande amore che Josie le stava dimostrando, dandole quella benedizione sulla sua relazione con Lucas. Non servì aggiungere altro. Grace abbracciò sua madre, stringendola a sé.
La donna le baciò la fronte.
«Spero che passerai una buona serata.»
Il campanello suonò ed entrambe drizzarono le orecchie. Grace sorrise, immaginando che si trattasse di Lucas, e Josie sorrise a sua volta, alla vista della gioia della figlia. Lei era il suo bene più prezioso. La sua felicità era come oro.
«Il tuo cavaliere dalla bianca armatura è arrivato.»
Madre e figlia si salutarono con un sorriso, dopodichè Grace uscì dalla sua camera, scese lentamente le scale e raggiunse l’ingresso.
Aprì la porta e oltre ad essa ci trovò il suo affascinante accompagnatore vestito di tutto punto.
Non l’aveva mai visto indossare un abito da cerimonia e doveva ammettere che non era niente male. La camicia azzurra risaltava i suoi limpidi occhi e tutto l’insieme lo rendeva un vero figurino.
Lo sguardo perso del ragazzo dava a significare che anche lui la trovava affascinante.
«Credo che insieme faremo un certo effetto» commentò Grace, interrompendo quel lungo silenzio.
Lucas sembrò svegliarsi di colpo.
«Ehm… ti ho portato questo» disse allungandole una scatola.
La ragazza osservò l’oggetto con sguardo interrogativo e non appena l’aprì rimase piacevolmente senza parole. Era un cerchietto con delle rose argentee. Grace avrebbe apprezzato il gesto se non fosse stato di suo gradimento, ma le piacque davvero e quindi sul suo viso non potè che apparire la sua espressione da bimba felice.
«Oh, è bellissimo» sussurrò andando di fronte allo specchio dell’ingresso.
Incastonò il grazioso cerchietto tra i capelli, quella variazione non rovinò minimamente l’acconciatura. Quando tornò da Lucas gli prese il viso tra le mani e lo baciò felice. Era felice per quella serata, per quel regalo, per la sorpresa e soprattutto perché aveva lui al suo fianco.
Era incredibile come tutta la sua vita venne stravolta, in maniera più che positiva, da quando Lucas arrivò. Lui non la cambiò, certamente Grace apparì molto più solare e amichevole di prima, ma Lucas non servì ad altro se non ridare splendore verso ciò che lei aveva dimenticato.
La vita era molto più bella da vivere se si aveva l’amore con sé e in sé.
«Andiamo?» domandò lui, mostrandole il braccio come un vero gentiluomo.
«Sì» rispose lei non riuscendo a trattenere tutta quell’euforia.
I due giovani innamorati raggiunsero la scuola, più precisamente la palestra, emozionati per quella che sarebbe stata “la notte delle notti”.
Al loro arrivo c’era già una marea di studenti a godersi la maestosa serata, sfoggiando i loro eleganti abiti o i loro accompagnatori.
Lucas e Grace si unirono a Sebastian, che indossava un completo argento fatto su misura, e Anne. L’accompagnatrice del ragazzo più gettonato del liceo, era la sua vicina di casa e apparteneva al secondo anno. Tra loro non c'era alcun coinvolgimento sentimentale, erano ottimi amici e proprio per questo Sebastian aveva scelto lei, piuttosto che qualche oca del suo anno.
Grace aveva scambiato con lei qualche parola in corridoio o sul pullman e poteva ben sostenere le voci che la reputavano come una ragazza a modo, dolce e molto tranquilla. La dolce Anne aveva scelto un lungo abito rosa salmone con un corpetto argento, adornato da piccole pietre.
Al quartetto si aggiunsero Ted e Natalie. Lei indossava un lungo abito, verde acqua senza maniche, stretto in vita da una cintura in chifon nera, mentre lui si era limitato ad un semplice smoking nero.
Le ragazze iniziarono subito a farsi i complimenti per gli abiti che stavano indossando.
Stufi di starle ad ascoltare mentre parlottavano principalmente di come erano riuscite a trovare l’abito o le scarpe giuste, i ragazzi tirarono le loro dame a ballare. Sebbene tutti e tre non erano degli amanti delle danze, preferivano di gran lunga volteggiare tenendosi ben strette le loro donzelle, che ascoltarle mentre spettegolavano.
Quello che non sapevano Ted, Sebastian e Lucas era che le ragazze utilizzarono quella tattica proprio per farsi portare a ballare. Erano così dannatamente furbe. Il loro piano funzionò alla perfezione!
Le tre malandrine si scambiarono sguardi d’intesa durante i vari balli. Si trattennero dal ridere per non far intuire nulla ai loro “uomini”, però era stato proprio divertente metterli nel sacco.
Un momento di calma lo passarono qualche ora più tardi, quando andarono a sedersi sui divanetti per prendere fiato dopo tutti i salti che avevano fatto.
Le ragazze erano tentate di togliersi le scarpe, a causa del mal di piedi causato dai tacchi, ma si trattennero fino a quando i loro gentiluomini non andarono a prendere da bere. Per questo piccolo favore non usarono nessuna strategia.
«Guarda là, al tavolo degli stuzzichini» bisbigliò Natalie all’orecchio di Grace. «Kelly è venuta al ballo con Jackson.»
«Jackson Levinson? Ma lui non fa parte della squadra di pallanuoto?»
«Esce con lui adesso» rispose burbero Ted, avendo origliato il loro discorso.
«Wow! Ora che ha finito i giocatori di football, comincia con quelli di pallanuoto?» commentò ironica Grace.
«Almeno la sua mano colpisce una palla e non la faccia di qualcuno» replicò Ted bevendo in un solo sorso ciò che aveva nel bicchiere.
Natalie lo fulminò con lo sguardo, avendo capito come tutti a chi fosse riferita quella sottile battuta. Grace si irrigidì e sentì la mano di Lucas sulla sua per calmarla, ma ormai la miccia era stata accesa.
«Credevo l’avessimo superata» disse la ragazza, ma Ted preferì ignorarla. Grace non era solita lasciar perdere e si sporse verso di lui, dandogli una sberla sulla spalla. «Ehi! Che cosa hai Ted?»
Il giovane tentennò per qualche attimo. I suoi occhietti scuri passarono da una preoccupata Natalie, alla furente Grace, a un menefreghista Lucas e nuovamente a Grace.
«Kelly mi ha confidato che si sente a disagio con voi, perché passate tutto il tempo a commentare quello che fa e come gestisce la sua sfera privata.»
«Che cosa?!» esclamò Natalie con la fronte aggrottata.
Grace ridacchiò. «Fa sul serio?»
«Non provate a fare finta di niente. È così!» esclamò Ted, lasciando di sasso le due. «Da sempre spettegolate su di lei. Ogni volta che esce con qualcuno non riuscite proprio a trattenervi. Non mi fa niente se non vi parlate, però almeno astenetevi dal fare battute o intromettervi in ciò che fa!»
«È un po’ difficile non commentare qualcuno che cambia ragazzi come cambia le mutande.»
Quell’affermazione detta con molta tranquillità lasciò spiazzati tutti. Non tanto per il contenuto, a parte Ted, ma per l’atteggiamento distaccato e senza problemi utilizzato da Grace.
«Le stai dando della… della…»
«Come definisci una che ci prova con tutti e nel corso di nove mesi ha cambiato cinque ragazzi?»
«Non erano cinque!»
«Ah no?» replicò Grace con fare sardonico. «Quando siamo tornati da Tybee Island c’era Rick, il giocatore di Football. Poi ci ha provato con Lucas, con Sebastian, è stata insieme a Kevin per un mese, poi è passata da Terence “il nerd”. Non posso di certo dimenticarmi Rylan e infine c’è questo qua, questo Jackson. Hai ragione, sono sette!»
Ted divenne paonazzo e boccheggiò per qualche attimo. «Beh potrebbe essere stata anche con dieci. Tu non hai il diritto di commentare ciò che fa lei!»
Poi si prese un momento per calmarsi. Ted non voleva litigare con la sua migliore amica. In tanti anni di amicizia erano state rare le volte in cui arrivarono ad avere un’accesa discussione e preferiva evitare in quella sera tanto speciale per tutti. Inoltre sapeva che se avesse messo benzina sul fuoco, Grace si sarebbe alterata più di quanto già non fosse e lei non si faceva molti problemi a continuare il discorso.
«Capisco che ci siano state delle divergenze e fa niente se non siete riuscite ad appianarle. Ma come lei non interferisce nella tua vita, ti chiedo di farmi la cortesia di…»
«Come prego?» lo interruppe Grace, con i nervi talmente tesi che nemmeno Lucas sarebbe riuscita a fermarla. «Kelly non ha mai interferito nella mia vita? Sei serio?!»
La ragazza si alzò d’impeto dal divano, facendo sobbalzare persino Lucas, Sebastian e la dolce Anne. Natalie si mise una mano sulla bocca, lei conosceva bene il temperamento di Grace anche se da un bel po’ quel suo lato non usciva.
«A quanto pare la tua amichetta non ti dice tutta la verità. Forse se sapessi tutte le merdate che ha combinato, allora forse inizieresti a difenderla di meno!»
Sorprendentemente Ted si alzò a sua volta. Arrivati a quel punto, non temeva alcun confronto con Grace. «Ascoltami bene. Non puoi sostenere che ciò che ha detto su Lucas siano merdate. Lei ci ha detto una verità che lui ha nascosto, credeva di farti un favore anche se non sembrava» disse mentre Grace scosse la testa, non credendo possibile di star facendo quel discorso proprio con Ted. «Kelly pecca di essere troppo orgogliosa. Quel giorno ha raccontato in malo modo una verità che sicuramente ti ha fatto male, però desiderava aiutarti. Sul suo atteggiamento non la scuso, è spesso troppo saccente, ma voleva solo farti aprire gli occhi e proteggerti. Mi ha confessato di essersi messa in combutta con Rylan solo per aiutarti. Sei sua amica, non ha motivo di farti del male!»
«Amica?! Amica?!» gridò Grace quasi scoppiando in lacrime. «Lei era in combutta con Rylan! Sapeva dov’era Brandon e credimi ha fatto di tutto tranne che aiutarmi, ma non lo capisci?!»
La fronte di Ted era aggrottata e il suo sguardo traspariva la sua confusione. Pareva esser sordo alle parole e agli occhi della sua migliore amica. Solamente qualche attimo dopo sembrò ragionare.
«No» sussurrò scuotendo il capo. Era serio e convinto. «Kelly non si comporterebbe mai così. Non ne ha alcun motivo. Se pensi il contrario, ti prego di espormelo.»
Grace non capì se le fece più male quel tono borioso o il fatto che Ted sembrava non crederle e mettere così in secondo piano tutti gli anni d’amicizia.
«Non so perché ce l’abbia con me.»
«Perché non è così. Sei tu che ti stai facendo troppo influenzare!» esclamò l’altro facendo ricadere lo sguardo su Lucas, che fino a quel momento non aveva interferito.
Come tutti, aveva deciso di lasciare che se la vedessero da soli, ma la discussione stava prendendo una piega che lo infastidiva e non perché l’ennesima frecciatina era stata tirata su di lui.
Era certo che quel breve litigio con Ted sarebbe bastato per turbare l’intera serata e invece desiderava che Grace la passasse in tutt’altra maniera. Per quanto lo riguardava, potevano dire qualsiasi cosa su di lui, tanto gli entrava da un orecchio e gli usciva dall’altro. Ciò che lo disturbava di più era che Grace sarebbe stata tormentata.
«Andiamo a ballare, tesoro?» domandò alla sua ragazza, avvicinandosi con dolcezza. «Hanno messo su “Young and Beautiful”. È una della tue canzoni preferite.»
«In realtà non avevamo finito!» replicò Ted.
«Io credo proprio di sì» ribadì con più calma Lucas.
Prese per mano Grace e la portò in pista dove tentò di rilassarla, ballando sulle note di quel romantico lento. Era tesa come una corda di violino, persino sotto al suo tocco che solitamente la rilassava parecchio.
La splendida atmosfera che c’era a inizio serata era stata schiacciata da un semplice botta e risposta. Lucas non negò a sé stesso che si sentiva leggermente in colpa. Se non fosse entrato nella vita della ragazza, il tanto atteso ballo di fine anno sarebbe stato vissuto in maniera diversa. Sicuramente, Grace non avrebbe avuto quello sguardo triste.
«Scusa se ti sembro una mummia» sussurrò Grace al suo orecchio. Gli diede un bacio sulla guancia, come ogni volta che era triste per qualcosa. A lui faceva tenerezza; gli pareva una bimba in cerca di coccole.
«Tranquilla… e non badare a ciò che dice Ted.»
«So che vorresti tirargli un bel pugno in faccia.»
Lucas accennò ad annuire mentre il suo sguardo si fece torvo. «Beh… non mi dispiacerebbe mettergli le rotelle apposto, però ho imparato a lasciar cadere l’opinione altrui. Sono sincero, non mi interessa cosa pensa Ted e so benissimo che cosa pensa di me» sottolineò duramente.
Era chiaro che non poteva rimanere tranquillo riguardo questo. Probabilmente gli dispiaceva che una persona che credeva suo amico non avesse voluto confrontarlo e credere alle dicerie.
«Dovrò sopportarlo a Barcellona. Non ho intenzione di disdire il viaggio a causa sua, anche perché attendiamo questa vacanza da… da sempre!» esclamò con un largo sorriso sulle labbra che contagiò anche Grace. «Ci pensi che tra una settimana saremo al mare, al sole, probabilmente a bere tequila.»
Grace si lasciò andare ad una risata spensierata. L’immagine di loro due su un lettino da spiaggia, la rilassò parecchio.
«Sei un rimedio naturale, Lucas Turner.»
«Me ne compiaccio» rispose lui dandole un bacio sulla fronte.
Le fece fare un’altra giravolta prima di stringerla nuovamente le sue braccia. I loro nasi si sfiorarono, entrambi chiusero gli occhi e sulle loro bocche aleggiava un sorriso sincero. Il blocco di tensione che si era tenuta sulla testa, per via dalla litigata con Ted, si sgretolò lentamente lasciando nient’altro che polvere. A Grace bastava un bacio, una carezza o anche solo strofinarsi con le guance per calmarsi interiormente. Quella sensazione di pace che Lucas le donava, non l’aveva mai provata con nessun altro, nemmeno con David a cui aveva donato tanto amore. Forse era perché fu proprio Lucas a curarle il suo cuore spezzato e ad abbattere tutte le sue difese. Lui era riuscito dove in molti, compresi i suoi amici, avevano fallito.
Il potere che aveva su di Grace era completamente proporzionale a quello che lei aveva su Lucas. Si erano trovati quando entrambi erano solamente delle anime strappate e insieme trovarono qualcosa di bello, qualcosa che azzardavano a chiamare felicità.
Ballarono sulle note di tre canzoni, senza mai fermarsi. Ormai sembrava che l’euforia di cui erano entrati in possesso ad inizio serata fosse tornata. Si divisero solo quando due ragazzi dell’organizzazione chiesero aiuto a Lucas per mettere apposto il buffet. La gamba di un tavolo aveva ceduto e c’era da sistemare.
Nell’attesa, Grace andò a bere qualcosa. Tutto quel movimento le aveva fatto venir voglia proprio di una bella bibita fresca. Decise di aspettare lì Lucas, così che non avrebbe dovuto cercarla per tutta la palestra e con la marea di studenti che c’erano sarebbe stato un po’ complicato.
«Buonasera Grace.»
Lei voltò leggermente il capo per notare chi l’avesse salutata. Aggrottò la fronte, l’ultima cosa che pensava era proprio di rivederlo, eppure stava a un metro di distanza da lei e aveva un’espressione alquanto cupa in viso.
«C-che cosa ci fai tu qui?»
«Ho bisogno di parlarti. Possiamo uscire, per favore?»
Anche se molto titubante, Grace pareva intenzionata ad acconsentire.
Lontana da loro c’erano altre due persone pronte ad affrontare una discussione e anch’esse l’avrebbero fatto in pubblico. Natalie trascinò Ted nei corridoi della scuola, voleva proprio che stessero lontani dal fracasso e da qualche orecchia indiscreta.
Per molto tempo la ragazza era rimasta in silenzio di fronte ai leggeri botta risposta tra Ted e Lucas, oppure ai discorsi in cui Ted si lamentava di come avevano messo da parte Kelly.
Era stata una promessa della sua migliore amica a renderla muta per tutto quel tempo. Grace aveva deciso di non dire nulla a Ted, riguardo al ricatto di Rylan e alla complicità di Kelly, proprio per proteggerlo. Ma arrivati a quel punto non poteva starsene zitta, doveva assolutamente intervenire e mettere fine a certe assurdità.
«Kelly non è una cattiva persona, ok?» tentò Ted, dopo l’ennesimo discorso della sua ragazza. Avranno parlato per una buona mezz’ora e lui sembrava recidivo sulle sue idee. «Ha dei pessimi atteggiamenti, te lo riconosco senza problemi, però non puoi venire a dirmi che detesta Grace e vuole solo spargere malignità. Senza offesa, tu e Grace siete assurde per prendervela per ciò che ha rivelato su Lucas. Pure lui ha confermato che era tutto vero!»
«Non è questo il punto, Theodore» calcò bene il suo nome di battesimo. «Lucas ha passato un anno burrascoso e diciamo che aveva perso la retta via. Sì, ha confermato quasi tutto. Kelly ha pompato molto il suo discorso e ammetterai anche te che c’era lo zampino di Rylan dietro tutto.»
«Non c’è ombra dubbio che Rylan non sia un santo. Mi ha fatto venire i brividi dal primo momento che l’ho visto.»
«Lo sai che la storia che Kelly ha flirtato con lui solo per aiutare Grace non regge, vero?»
Ted sembrò sul punto di sbottare. Battè i piedi per terra come solo un bambino viziato poteva fare. «È così ti dico! Kelly ha provato attrazione per lui, non lo nega, ma non appena ha scoperto che si trattava del fratello di Lucas… beh, ha voluto vederci più chiaro. Grazie a lei siamo venuti a conoscenza di ciò che “San Lucas” ha combinato. Lui non avrebbe mai detto niente!»
«E lo biasimi? Si sarà vergognato di ciò che è accaduto. Il passato è passato, Ted. Non possiamo giudicarlo.»
«Le persone non cambiano mai.»
Natalie prese un bel respiro profondo prima di affrontare nuovamente il discorso. Non importa quanto ci avrebbe messo o quante volte avrebbe dovuto ripeterglielo, era ben determinata a fargli cambiare idea.
«Hai mai sentito Grace lamentarsi di lui?»
«Mi pare di no» rispose Ted con non-chalance.
«Grace ti ha mai detto che ha alzato troppo la voce o addirittura le mani su di lei?»
«No.»
«E l’hai mai vista piangere perché Lucas l’ha trattata male?»
«No.»
Natalie lo guardò con un’espressione ovvia e alzò le spalle. «Lucas ha sbagliato in passato, ma… cosa può importarcene? Brandon non ha forse fatto di peggio? Non mi pare che l’abbiamo mai schivato, anzi sei continuato a uscire con lui fino ad una settimana prima della sua fuga» continuò con tono sconsolato. «Cos’ha di diverso da Lucas, se non che non ha mai deluso Grace?»
«Non ancora.»
«Ted, smettila» sussurrò lei con tono stanco a mo’ di supplica. «Sei un ragazzo intelligente e sensibile, sai benissimo che non c’è alcun problema. Lucas non è una cattiva persona. Si è sempre comportato bene con Grace e nel profondo lo sai anche tu.»
«C’è tempo perché possa deluderla.»
«E quando accadrà saremo i primi a prenderlo a calci nel sedere! So che ti comporti così perché sei molto legato a Grace, è come se fosse tua sorella e ti taglieresti una mano per buttarla nel fuoco per lei.» Lui abbassò lo sguardo e annuì. «Per questo non capisco perché vuoi credere a Kelly invece che alla tua sorella non di sangue.»
«Grace è accecata dall’amore mentre Kelly no. Inoltre Kelly è sempre stata sincera con me.»
«E Grace no?» domandò Natalie stizzita. «Il primo giorno della seconda elementare, non è stata Grace a dirti che avevi della carta igienica attaccata al fondo delle scarpe? Per lo spettacolo di talenti delle medie, non è stata Grace a dirti che come mimo eri scarso e sarebbe stato meglio presentarti come prestigiatore? Non è stata sempre Grace a farti capire che la tua cara Kelly ti usava solo come “amicone” e ti ha aiutato a superare la tremenda cotta che ti eri preso per lei?»
Natalie aveva una lunga lista di altre verità che Grace gli aveva rivelato, utilizzando sempre molta delicatezza, ed era disposta a star lì fino alle prime luci dell’alba per elencargliele tutte.
Rimase in silenzio e osservò lo sguardo di Ted. Vedeva mentre il senso di colpa si infittiva in lui e raggiungeva il suo buon cuore. In fondo era certa che sarebbe riuscito a ritrovare la ragione.
«Se proprio non hai fiducia in Lucas, abbi fiducia in Grace. Credi che lei si sia divertita a discutere con te, stasera?»
«No» sospirò Ted.
«Vuoi essere amico di Kelly? Fai pure. Ma non voltare le spalle a Grace. Ha già perso troppo, non può perdere anche te.»
Ted sgranò gli occhi di colpo, come se fosse stato colpito da un proiettile. «I-io… io non voglio che mi lei perda. Non deve neanche pensarlo minimamente!»
«E a cosa dovrebbe pensare nel vedere che non stai dalla sua parte?»
«Non è proprio così.»
«Ah, no?»
«Io le voglio bene» disse Ted calcando ogni parola.
«Lo so. Fa in modo di non renderle solo parole.»
«Io…» sospirò, arrendendosi. «Va bene, va bene. Ti prometto che le parlerò e mi scuserò. Da domani torneremo ad essere un’allegra compagnia felice, contenta?»
Natalie sospirò sollevata e ammiccò ad un sorriso contento. «Io sono contenta se noi tre rimaniamo uniti come lo siamo stati in tutti questi anni.»
«E lo siamo, te lo assicuro» ribadì Ted avvicinandosi a lei.
Le prese la mano, fece incastrare le loro dita e avvicinò il viso per baciarla, ma un forte urlo interruppe quel momento.
«Aiuto! Aiuto!»
Natalie e Ted si scambiarono uno sguardo interrogativo e si voltarono dalla parte in cui la voce si faceva sempre più viva. Tenendosi per mano, camminarono velocemente lungo il corridoio e non appena lo svoltarono videro una figura avvicinarsi repentinamente. Sgranarono gli occhi quando videro che si trattava di Grace.
La loro migliore amica aveva l’aria sconvolta. Gli occhi erano gonfi e pieni di lacrime. Continuava ad urlare disperatamente, tra l’agitazione e il lungo abito rischiava di inciampare ad ogni passo che percorreva.
«Grace, che cosa…»
«Oh mio Dio!» esclamò Natalie portandosi le mani alla bocca.
Il suo vestito era macchiato di sangue, così come le sue mani.
Ted le posò una mano sulla schiena, senza togliersi quell’espressione esterrefatta che dominava il suo viso. Continuò a deglutire, osservandola e non riuscendo proprio a credere a ciò che i suoi occhi gli stavano mostrando.
«Che cosa è successo?»
Grace biascicò qualche parola incomprensibile. Era spaventata e talmente agitata che non riusciva a formulare una frase sensata.
Si passava la mano sulla fronte e ogni volta che la vedeva sporca si metteva ad urlare e continuava a piangere.
«Tesoro, va tutto bene. Ci siamo qui noi» provò Natalie carezzandole le spalle.
«Grace, raccontaci cosa è accaduto. Vogliamo e dobbiamo aiutarti, ma prima devi raccontarci» continuò Ted calmo.
Niente.
Non una parola uscì dalla bocca di Grace, solo forti singhiozzi e parole senza un senso.
Un rumore che proveniva da fuori attirò l’attenzione di Ted.
«Stai con lei. Io vado a dare un’occhiata. Prova a farla parlare!» esclamò prima di uscire dalla scuola.
Natalie fece un bel respiro profondo e cinse per le spalle l’amica. La fece sedere a terra e provò a calmarla carezzandole la schiena.
«Tesoro, devi dirmi cos’è successo. Perché sei sporca di sangue?»
«N-non è mio. Non è mio.»
«Questo lo avevo capito» sospirò l’altra ragazza, utilizzando lo stesso tono di voce che si usava con i bambini. «Di chi è questo sangue? Qualcuno è stato ferito? Chi?»
Grace cercò di smettere di singhiozzare e tirò su con il naso. «Mi dispiace, lo giuro. Non avrei mai voluto che accadesse.»
«Che cosa, Grace? Che cosa è accaduto? Ti prego, parla! Parlami!»


Grace ancora ricordava il tono e il viso spaventato di Natalie.
La voce della sua migliore amica risuonava nelle sue orecchie ogni mattina prima che si svegliasse, mentre prima di addormentarsi non potè che ripresentarsi l’orrenda scena a cui non avrebbe mai voluto assistere.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, quell’immagine la tormentava. L’avrebbe tormentata a lungo.
Quando la cerimonia funebre terminò, Sebastian chiese a Grace se volesse un passaggio fino a casa, ma la ragazza era intenzionata ad andare in tutt’altro posto e lì venne accompagnata dall’amico.
Il ragazzo provò a distrarla mettendo la sua canzone preferita oppure ricordandole che a pochi giorni da lì sarebbero partiti alla volta della Spagna. Grace apprezzò i suoi sforzi, ma fu impossibile rilassarla. La sua mente era ancora fissa sul funerale della persona a cui aveva voluto molto bene, alla quale non gli avrebbe mai augurato alcun male nonostante la grande delusione che le infierì.
Tutto sarebbe cambiato e in una maniera che Grace non avrebbe mai immaginato.



Mrs. Montgomery
Ecco la tempesta!
Sicuramente sarà una notte che tutti i protagonisti non dimenticheranno mai!
La morte che ho anticipato su Facebook è avvenuta in questo capitolo, anzi diciamo che in questo capitolo parte l'ultima storyline e l'ultima parte di Inaspettato Amore.
Per ora vi lascio in suspance su chi ha fatto una brutta fine, lo scoprirete all'inizio prossimo capitolo.
Sarà più dura l'attesa per scoprire chi sia il colpevole. Vi lascerò qualche piccolo indizio, ma tenete gli occhi aperti sui protagonisti perché ognuno di loro ha fatto o farà la sua parte in tutta questa vicenda.
Un grande grazie per chi legge questa storia e chi recensisce!

Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery

-Baci

 

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Capitolo 18
*** Accusato ***


 

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Trailer di Inaspettato Amore


Accusato
 



Grace arrivò al bar di Jim verso le cinque del pomeriggio.
Notò subito che il locale era mezzo vuoto. Se l’era aspettato, la maggior parte delle persone che solitamente lo frequentavano erano state partecipi alla cerimonia funebre. Praticamente al cimitero si era ritrovato mezzo distretto a dare l’ultimo saluto a quel ragazzo che per molti era stata una persona su cui fare sempre affidamento, un amico con cui si poteva far festa, un cugino che era come un fratello e un figlio la cui vita era stata strappata via nel fiore degli anni.
Grace si passò una mano sotto gli occhi per asciugare le lacrime e poi si ricompose e camminò dritta verso il bancone dove trovò Lucas, impegnato a pulire il piano. Era stato il ragazzo a tener aperto il locale, siccome anche Jim aveva partecipato al funerale. Gli dispiacque meno di zero non essere presente alla cerimonia funebre. Trovava inesistente la motivazione della sua partecipazione, senza contare che non era dell’umore. Grace inarcò le sopracciglia notando che aveva l’imbarazzo della scelta per decidesi su quale sgabello sedersi, erano tutti liberi.
Salutò Lucas con voce flebile e un cenno della mano, prima di prendere posto di fronte a lui.
«Ciao» disse il ragazzo, allungandosi per darle un bacio sulla guancia. «Vuoi qualcosa da bere?»
«Oh! Ehm… no, grazie»
Lucas annuì e riprese a pulire il piano del bancone. «C’era tanta gente?»
«Non tanta.»
«Ti ha accompagnata Natalie?»
«Sebastian.»
I botta e risposta più morti a cui entrambi parteciparono. Non c’era granchè da aggiungere. Si vedeva lontano un miglio che preferivano parlare di tutt’altro fuorché del funerale, della persona coinvolta e di ciò che avevano passato negli ultimi giorni a causa di quel terribile fatto.
Lucas continuò a pulire il bancone, che di lì a poco sarebbe diventato lucido, mentre Grace fu impegnata a girare la cannuccia nel suo bicchiere di coca-cola.
«Stasera facciamo qualcosa?»
«Film da me?»
«Va bene» rispose lei. Poi sbuffò. Nonostante ciò che era successo, non potevano andare avanti così. «Ascolta, so che è difficile, ma dobbiamo trovare un modo per toglierci questo peso dalla schiena. È accaduto, non avrei mai voluto che accadesse, però non ci possiamo fare niente.»
Lucas alzò lo sguardo, non sembrava tanto convinto. «Sono successe un po’ di cose quella sera e… sarà difficile non pensarci.»
«Lo so. Natalie e Ted vorrebbero annullare la vacanza in Spagna.»
«Tu no?»
«Atlanta o Barcellona… pff! Credi veramente che dimenticherò tanto in fretta?»
Il ragazzo sospirò pesantemente e mise via lo strofinaccio. «Questi primi giorni sono difficili, ma… poi andrà meglio, vero?» domandò come se volesse essere rassicurati, puntando i suoi occhi in quelli di Grace.
Lei mise le sue mani sopra quelle di Lucas e annuì. «Lo spero tanto. A me basta che io e te stiamo uniti, sento di poter superare tutto al tuo fianco.»
Lucas non riuscì a trattenere un sorriso. «Anche io. Io e te, sempre insieme…»
«in ogni circostanza» concluse lei quel motto di coppia che si erano creati.
Avvicinarono le loro fronti e si tennero per mano. Rimasero in quella posizione per svariati minuti. L’unico modo per rilassarsi era quello di stare veramente uniti. Sebbene la tragedia appena avvenuta li aveva molto scossi, non avevano la minima intenzione di separarsi. Il loro amore sarebbe stato abbastanza forte da superare tutto e lasciarselo alle spalle.
«Giuro che mi dispiace. Mi dispiace per ciò che gli è accaduto, nonostante tutto quello che è accaduto tra me e lui» cominciò Grace, non sapendo bene se poteva aprire l’argomento. «David mi ha ferita molto in passato, ma nell’ultimo periodo eravamo riusciti a stringere una sorta di pace. Non avrei mai voluto che gli capitasse qualcosa di male o che addirittura morisse.»
Sentì Lucas irrigidirsi. Era ancora suscettibile all’argomento.
«Tu non hai idea di quante volte avrei voluto prenderlo a pugni. Non mi interessava se vi eravate chiariti, David ti ha fatto soffrire e ti ha ferita anche dopo con il suo comportamento toccando argomenti che poteva risparmiarsi.» Si riferiva alla litigata avvenuta mesi prima, quella in cui David tirò fuori il discorso sull’abbandono e sul padre biologico di Grace. «Sai che mi ha dato fastidio che avesse tentato di riavvicinarsi, però… sì, non lo volevo morto. Lontano da te sì, ma non dentro ad una bara.»
«Lo so» sospirò Grace. «Dimentichiamoci questa faccenda. Ormai fa parte del passato e lì rimarrà» disse provando a convincere sé stessa, più che Lucas.
Il ragazzo annuì. Era un suo riconosciuto desiderio che quel terribile momento li abbandonasse il più velocemente possibile, ma sfortunatamente quel desiderio non si sarebbe avverato.
«Lucas Turner?»
Entrambi si voltarono e con gran stupore videro un agente della polizia a fissarli a pochi metri di distanza. L’uomo sulla quarantina si avvicinò non appena capì di avere la loro attenzione, specialmente quella del ragazzo.
«Buonasera. Signor Turner, signorina King, dovreste seguirmi alla centrale della polizia. Avremmo bisogno di ulteriori chiarimenti riguardo ciò che è successo quattro giorni fa.»
«Va’ pure figliolo» disse Jim, avanzando dalle spalle dell’agente. «Ora che sono tornato coprirò il tuo turno. Non ci sarà tanta gente, quindi non avrò difficoltà.»
«Bene» disse Lucas togliendosi il grembiule e appendendolo al chiodo. «La seguiamo agente» continuò uscendo dal bancone e prendendo Grace per mano.
Il poliziotto annuì e tutti e tre uscirono dal locale per entrare nella volante. In meno di un quarto d’ora arrivarono alla Centrale.
Appena entrati notarono che c’era un bel trambusto, gente che continuava a spostarsi da un ufficio all’altro e tanti fascicoli che venivano protocollati con gran fretta. L’uomo che li aveva scortati lì chiamò due suoi colleghi e spiegò a Lucas e Grace che erano stati assegnati a loro e dovevano seguirli.
Grace entrò nella stessa stanza dell’ultima volta che era stata lì. Non era tanto grande e al centro c’era un tavolino con tre sedie, una da una parte e le altre due dall’altra. La fecero stare da sola per una ventina di minuti, poi entrò un poliziotto con un registratore. Le fece gli stessi quesiti della notte del ballo e lei non potè che dargli le stesse risposte.
Neanche un’ora più tardi uscì da quella stanza che aveva iniziato a soffocarla. Raggiunse da sola la sala d’aspetto e notò che Lucas non c’era ancora. Si prese un caffè, anche se detestava il caffè, un po’ contorto, ma in quel momento riuscì a farle tenere i nervi saldi mentre attendeva l’arrivo di Lucas.
Si sedette su una delle sedie libere e da lì ebbe inizio l’attesa. I suoi occhi lanciarono varie occhiate all’orologio appeso al muro. Grace cominciò a mordersi le unghie dal nervosismo. Le sembrava che tutto andasse a rallentatore. E come se non bastasse, i ricordi di quella maledetta notte si fecero sempre più vividi e tornarono a tormentarla.


 

«Buonasera Grace.»
Lei voltò leggermente il capo per notare chi l’avesse salutata. Aggrottò la fronte, l’ultima cosa che pensava era proprio di rivederlo, eppure stava a un metro di distanza da lei e aveva un’espressione alquanto cupa in viso.
«C-che cosa ci fai tu qui?»
«Ho bisogno di parlarti. Possiamo uscire, per favore?»
Grace non riusciva a credere che fosse lì. Non se ne spiegava il motivo. Non era nemmeno vestito giusto per il ballo di fine anno e poi la scuola per lui era finita da un pezzo!
«Ho bisogno di parlarti» le ripetè David. Il ragazzo era molto serio in viso, come non lo aveva mai visto prima. «Possiamo andare fuori? Con tutto questo baccano sarà difficile capirci e io non ho voglia di sgolarmi!»
«David, non puoi aspettare fino a domani? Sono sicura che non ci sia niente di così importante che non possa attendere.»
«Domattina parto per andare in North Carolina. Mi hanno offerto… non è questo il punto! Grace, è una cosa veramente importante e non posso né parlartene per telefono né scriverti una lettera» continuò David avvicinandosi ancor di più. Era teso, si vedeva chiaramente, e non sembrava poter pazientare fino all’indomani mattina.
«Va bene» sospirò Grace, cedendo alla sua richiesta. Prima avrebbero parlato e prima se ne sarebbe liberata. «Che sia qualcosa di veloce o Lucas si preoccuperà nel non vedermi tornare.»
«Perché dovrei preoccuparmi?» domandò il diretto interessato comparendo alle sue spalle assieme a Zeke e Tom, i due ragazzi che aveva aiutato a sistemare il tavolo da buffet. Lucas si irrigidì di colpo non appena vide David. La freddezza dominava i suoi grandi occhi. «Ti sta dando fastidio?»
«Assolutamente no. Vuole solamente parlarmi…»
«Che cosa ci fai qui?» ringhiò Lucas, ignorando la sua ragazza.
David corrucciò la fronte, infastidito dall’atteggiamento brusco nei suoi confronti. Non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da quel moccioso da quattro soldi. «Calmati! Devo parlare con Grace e lo farò dato che non ha problemi o deve chiederti il permesso?!»
«Non provare a fare la voce grossa con me. Sappi che non attacca!»
«Non provare tu a fare il grand’uomo quando hai appena finito di staccarti dalle gonne di tua madre!»
«Non nominare mia madre!» Lucas si avventò improvvisamente su di lui, Zeke e Tom lo afferrarono per le braccia in tempo.
David non trattenne un sorriso divertito e alzò le mani arretrando lentamente. Non era affatto intimidito da Lucas. Sebbene quest’ultimo fosse poco più alto di lui, era certo di potergli spaccare una mano con una veloce mossa.
«Stai lontano da lei! Stalle alla larga o vedrai cosa ti succederà un giorno di questi!» imprecò Lucas con grande rabbia.
Grace si mise tra loro. Volse le spalle all’ex ragazzo e poggiò i palmi sul petto di Lucas per impedirgli di fare qualcosa di cui si sarebbe pentito in futuro. Il ragazzo era sempre stato alquanto riflessivo, ma la gelosia e il senso di protezione che provava nei confronti di Grace accendevano la miccia della sua impulsività. Lei portò le mani sul viso di Lucas e gli fece qualche carezza per calmarlo, eppure non sembrò avere grande effetto.
«È tutto ok. Non sta creando problemi, vuole solamente parlarmi. Domani mattina parte per il North Carolina e non tornerà mai più» sussurrò.
Gli occhi del ragazzo bruciavano di una furia che Grace non riusciva a spiegarsi. Comprendeva che potesse essere geloso e che condivideva il suo fastidio per il comportamento che aveva tenuto nei suoi confronti in passato, ma doveva controllarsi. Lucas diventava un’altra persona quando nei paraggi c’era David. Si trasformava in una persona di cui Grace non aveva paura, però che le dava preoccupazione e non per sé stessa ma per lui.
La ragazza lo conosceva e non aveva dubbi che possedesse una natura gentile, Lucas non avrebbe mai fatto del male a qualcuno. Forse il suo giudizio era offuscato dall’amore, ma ne dubitava. Aveva imparato a conoscere Lucas da prima di provare dei forti sentimenti per lui e non sarebbero state qualche voce maligna o comportamento dettato dall’impulsività a farle cambiare idea su di lui.
«Di solito si cambia in meglio, ma a quanto vedo…»
Grace si voltò per fulminare David. Se parlava in quel modo, allora andava proprio a cercarsele!
«Dai, Lucas. Lascialo perdere e torniamo a goderci questa festa!» provò Zeke battendogli una pacca sulla spalla e quel contatto gli bastò per sentire la tensione che circolava all’interno dell’amico.
«Zeke ha ragione! Lascia che parlino e poi la tua Grace tornerà da te in men che non si dica!» provò Tom.
«Intanto possiamo andare a farci un goccetto!»
«Ehm… amico. Credo che farsi un goccetto, in questo momento, sia proprio sbagliato» suggerì Tom e, dopo averci pensato su, Zeke si ritrovò d’accordo.
Nel frattempo Lucas non si era scomposto minimamente. I suoi occhi erano fissi in quelli superbi di David, il quale mostrava apertamente il suo divertimento nel vedere il rivale così nervoso in sua presenza. Poi qualcosa cambiò. Lo sguardo di Lucas scivolò sul viso di Grace e non potè evitare gli occhi compassionevoli con cui la sua ragazza lo stava guardando. Bastarono per calmare il suo animo impetuoso. La tensione calò così come la sua rabbia. Grace lo capì e abbozzò ad un sorriso soddisfatto: lo sapeva che non avrebbe ceduto alla rabbia.
«Vado a prendere una boccata d’aria» disse Lucas sorpassandola.
Zeke e Tom erano pronti a seguirlo, ma Grace gli fece cenno che doveva andare lei. Afferrò i lembi del suo lungo abito e seguì il ragazzo fuori dalla palestra, finendo in uno dei corridoi che la collegavano alla struttura della scuola. Erano bui, la poca luce che c’era proveniva dalle finestre delle aule a lato. Era sufficiente per scorgere la figura di Lucas. Quando riuscì a raggiungerlo lo chiamò a gran voce, eppure la sua voce parve solo un sussurro o anche meno alle orecchie del giovane impetuoso.
Essere ignorata era ciò che più la faceva imbestialire.
All’ennesimo segnale di indifferenza, Grace si tolse una scarpa e gliela tirò addosso colpendolo sul fondoschiena.
«Ahi! Ma che caz-… Grace!» si voltò di scatto Lucas.
«Oh, finalmente mi dai un segno della tua attenzione. Ti ringrazio!» esclamò lei avvicinandosi per riprendersi la sua scarpa e infilarsela nel piede, mentre Lucas non le tolse mai gli occhi di dosso. «Senti carino, capisco che David sia una spina nel fianco, ma veramente non aveva cattive intenzioni.»
«Questo lo dici tu.»
«Guarda che mi ha solo chiesto di parlare.»
«Di cosa?» domandò Lucas mettendo le mani sui fianchi.
«E come faccio a saperlo? Sei arrivato a fare il matto e non è riuscito a dirmi niente!»
Il ragazzo si passò una mano sul volto e sospirò pesantemente. «Mi dispiace aver dato di matto, ma non posso farci niente! Lo sai che David non mi è mai andato a genio e sì, lo ammetto, sono geloso quando so che sta nei dintorni.»
Grace inclinò il capo e lo guardò con tenerezza. «Non hai motivo per essere geloso. Lo sai che amo te e lui fa parte del passato» continuò prendendogli il viso tra le mani per far scontrare i loro occhi, così da farle capire che era sincera. «Per quanto io adori quando fai il “macho-man”, preferisco quando vesti le parti dell’ombroso solitario.»
«Ombroso solitario?»
Lei annuì ridacchiando, prima di mettergli le braccia al collo. «All’inizio avevo quest’opinione su di te, anche adesso in realtà. Sai, sei un po’ stranetto, ma… strano è bello!»
«Meno male!» scoppiò a ridere Lucas, stringendola alla vita. «Pensa un po’ se non ti piacevano i tipi strani che fine avremmo fatto!»
«Sarebbe stato devastante!»
«Completamente assurdo» continuò lui con la stessa vivacità.
«Ci saremmo annoiati a morte, non credi?»
«Senza alcun dubbio, cara!»
Risero come mai prima d’allora. Quella spensieratezza fece tornare tutto come prima del litigio con David e quello con Ted. Ogni pezzo spezzato si era aggiustato e aveva fatto tornare quella serata ad essere meravigliosa.
«Va bene, parla pure con David» acconsentì Lucas abbassando la testa.
«Grazie» disse lei sinceramente, prima di baciarlo. «Rientri con me?»
Lucas scosse la testa. «Preferisco andare a prendere quella boccata d’aria.»
Grace comprese e gli diede un ultimo bacio per salutarlo, con la promessa che sarebbe tornata da lui in un lampo. La ragazza rientrò nella palestra e si mise alla ricerca di David. Fece un paio di giri, cercando di evitare i ballerini scatenati o le coppiette che si sbaciucchiavano e che secondo Grace avevano bisogno di una stanza d’albergo.
Gira e rigira, di David non si vedeva nemmeno l’ombra. Grace chiese a Sebastian ed Anne se lo avessero visto, ma non sapevano neanche che fosse lì.
Il primo pensiero della ragazza fu che David non l’aspettò e se ne era tornato a casa. Grace non se ne fece un problema, era lui che doveva parlarle. Se si trattava di qualcosa di importante, l’avrebbe contattata nei giorni successivi anche dopo il trasferimento in North Carolina.
Trovandosi a quel punto, Grace decise di tornare da Lucas. Uscì nuovamente dalla palestra e camminò tranquillamente per i corridoi fino a quando non trovò la porta che conduceva al parcheggio.
Era ormai notte, l’unica illuminazione erano i lampioni.
Ad ogni modo non fu difficile trovare Lucas era l’unica persona che si trovasse lì… o così credeva. Tempo pochi minuti e si accorse che erano lì in tre; lei, Lucas e David. Ma del suo ex ragazzo non c’era altro più che il suo corpo.
Sgranò gli occhi e a passo lento si avvicinò a loro. Lucas era inginocchiato a terra e David era disteso, sembrava addormentato, sarebbe stato meglio che lo fosse stato.
«Lucas… c-che cos’è successo?»
Il ragazzo voltò il capo di scatto. Un’espressione spaventata dominava il suo viso, le mani gli tremavano. «I-io… io…»



«Io non ho fatto niente!»
Attirata da quelle grida familiari, Grace alzò il capo di scatto e vide un paio di poliziotti portar via Lucas in manette. Lui provava a dimenarsi con forza, proclamando a gran voce la sua innocenza, ma i due agenti lo tenevano ben stretto alle braccia e ogni suo tentativo di ribellione risultava inutile.
«Lucas!» Grace scattò in piedi in un baleno e provò a raggiungerlo, spintonando chiunque fosse sulla sua strada. La sua voce, sembrò destare Lucas che iniziò a muovere il capo in mille direzioni, in cerca del viso della sua innamorata.
«Lucas! Lucas! Amore mio, Lucas!»
Lucas sgranò gli occhi e si sporse in avanti con forza, dando delle gomitate a quei due agenti che lo stavano scortando. Grace gli fu davanti per pochi istanti, abbastanza da toccare il suo viso e far si che i loro sguardi si incrociassero. Le sue labbra formarono un sorriso di mesta gioia, quando le sue mani riuscirono a sfiorarlo. Fece passare i pollici sulla bocca del ragazzo, il cui sguardo era in preda alla disperazione. Non lo preoccupava passare la notte in una cella, era certo della sua innocenza, bensì era il doversi separare dall’unica persona che fosse riuscita a rubargli il cuore.
«Grace, sono innocente» ansimò tentando di toccarla a sua volta.
«Lo so, lo so, amore. Non preoccuparti. Sono con te, sono dalla tua parte» sussurrò lei continuando a carezzargli il volto. «Io e te in ogni circostanza, ricordi?»
Lucas annuì, credendo in quelle parole. Sarebbero state di conforto e speranza nei giorni avvenire, in cui la luce lo avrebbe abbandonato e per lui non ci sarebbe stato altro che buio.
«Dove lo state portando? Dove?!» gridò Grace ai due agenti, senza mollare la presa su Lucas.
La ignorarono completamente. Quello più alto e dai capelli color topo fece cenno a tre uomini in divisa di accorrere. Uno di loro aiutò i suoi colleghi a portar via Lucas mentre gli altri tentarono di strappare via Grace con la forza, prendendola per la vita e per le braccia. Lei provò ad aggrapparsi ancor di più alla maglietta di Lucas, ma non era abbastanza forte e furono capaci di dividerli in fretta.
«Non toccatemi! Lasciatemi, lasciatemi!» gridò non badando a chi li stesse guardando. In quel momento, non erano di certo le occhiate interrogative nei presenti a preoccuparla.
«Grace! Lo sai che sono innocente! Sono innocente!»
Era un supplizio vederlo in quelle condizioni. Venne trascinato via come se fosse il peggior criminale e Grace si sentì morire perché era completamente impotente sulla situazione. Non poteva farlo tornare indietro o proteggerlo. Allungò le mani, annaffiando per poterlo raggiungere nuovamente, ma gli agenti che si stava occupando di lei erano uomini ben messi. Poteva strillare e piangere quanto voleva, non sarebbe mai giunta da Lucas. Ormai la figura del ragazzo era solamente un miraggio, al contrario le sue urla rimbombavano nel lungo corridoio.
«Dove lo stanno portando?» domandò quando finalmente i due poliziotti la liberarono dalla loro presa.
«Prima di tutto si calmi, signorina» disse l’agente Reynolds - era scritto sulla targhetta - con fare severo. «I miei colleghi stanno portando il suo amico al penitenziario della città. Lì rimarrà in attesa del processo.»
«P-processo?»
«Lucas è sospettato per la morte di David. Sai, lo chiamano omicidio.» Peter aveva fatto la sua comparsa, attirando l’attenzione della figliastra, la quale era ancora incredula per le parole appena udite dal poliziotto. «Grazie per avermi chiamato, Jack» continuò stringendo la mano all’agente Reynolds.
«Come eravamo d’accordo. Ora vi lascio, ho una marea di scartoffie da controllare» disse poco prima di abbandonare il corridoio per inoltrarsi nel suo lavoro.
Peter non perse tempo e afferrò Grace per le spalle, conducendola fuori dalla centrale di polizia. Lei si lasciò guidare unicamente perché la sua mente era annebbiata da tutti quegli avvenimenti che la bombardarono. La discussione con Ted al ballo, quella con David e la sua morte, il funerale e ora ci mancava che Lucas fosse arrestato. Tutto stava andando a rotoli, esattamente come ogni volta che Grace sentiva di aver raggiunto la felicità.
Era assurdo come tutto si capovolgeva non appena assaporava quel dolce brivido di un momento felice. Qualcuno doveva averle per forza lanciato il malocchio oppure nella vita precedente doveva essere stata una grande stronza. Si sentì veramente maledetta. Non poteva godersi niente, perché tutto le sarebbe stato portato via, ancora e ancora!
Il problema era che - in quell’occasione - il prezzo più alto non l’avrebbe pagato lei.
«Devi aiutarlo» disse Grace, una volta salita in auto. «Peter, sei uno dei migliori avvocati di Atlanta. Se davvero processeranno Lucas per l’omicidio di David, dovrai aiutarlo.»
«Perché?»
La ragazza aggrottò la fronte. Comprendeva che da un po’ di tempo non vedeva Lucas di buon occhio, ma da quando si rifiutava ai aiutare il prossimo?
«Beh, ma… perché è innocente!»
«SE è innocente» ci tenne a precisare Peter. Con le mani ben strette al volante e lo sguardo fisso sulla strada poco trafficata davanti a sé, non la degnava di un’occhiata. «Stando alla procedura, gli assegneranno un avvocato d’ufficio. SE è innocente, come credi, non avrà alcun problema.»
Metteva seriamente in dubbio la sua innocenza?
«Devi aiutarlo, ti prego» sussurrò senza replicare su altro.
«Devo?» Peter scoppiò in una risata boriosa. «Io non devo fare proprio niente! Se pensi che il tuo fidanzatino sia innocente, allora abbi fede che riuscirà a cavarsela.»
Il suo tono di voce faceva presagire tutt’altro. Peter non credeva che Lucas ce l’avrebbe fatta, sembrava che lo reputasse veramente colpevole per ciò che era accaduto.
Grace rimase a bocca aperta, come poteva credere che fosse stato lui ad uccidere David?
«Si può sapere che cosa ti ha fatto di male per ottenere tutto questo…» pronunciare la parola odio forse era troppo.
Odiare una persona era qualcosa di veramente grande. Andava ben oltre la semplice antipatia, il fastidio o il disprezzo. Bisognava aver fatto qualcosa di molto grave per farsi odiare e anche arrivati a quel punto doveva esserci sempre dell’altro. Ad esempio Grace non avrebbe mai potuto odiare David, nonostante la gran sofferenza che le aveva portato con il suo tradimento. Non odiava nemmeno Kelly e lei era stata ancora più pessima. Forse dipendeva da persona a persona. Forse Grace era soltanto un’ingenua. Lei veniva spesso dominata dal suo cuore, ma non era proprio lì dove aveva origine l’odio?
Ciò che divideva l’odio dall’amore era una lieve sottigliezza.
Qual era quella di Peter?
«Perché?» chiese Grace secca.
Il suo patrigno si prese un momento di riflessione e alla fine ponderò che dandole una risposta, avrebbe messo fine alla sua insistenza.
«Per te, mia cara. So perfettamente di non essere il tuo padre biologico, ma dannazione… è come se lo fossi! Sono stato io a crescerti, ad insegnarti ad andare in bicicletta, a consolarti quando ti sbucciavi le ginocchia. Ho provveduto a te esaudendo ogni tuo desiderio e capriccio» disse come se ad un tratto tutto quello che aveva fatto gli pesasse. No, non era così. Peter non poteva che essere più fiero di averla cresciuta come se fosse sangue del suo sangue. Era sua figlia e lo sarebbe sempre stata. Le avrebbe steso il tappeto rosso se solo lei glielo avesse chiesto, nonostante ciò c’era un limite a tutto. «Sono tuo padre e come tale è mio dovere proteggerti. In questo particolare caso, farò in modo che tu stia ben alla larga da questo processo e da tutta questa vicenda» continuò, ma non era finita lì. «Non andrai a trovare Lucas e non assisterai a nessuna udienza, a meno che non ti chiameranno per testimoniare. Quando lo faranno e temo proprio che lo faranno, io mi presenterò al tuo fianco come tuo avvocato e ti guiderò per impedirti di commettere o dire qualsiasi sciocchezza che possa nuocere alla tua reputazione. Il tuo futuro non sarà compromesso!»
«Il mio futuro?»
«Ti ho permesso di iscriverti all’indirizzo di Economia per seguire la strada che hai scelto, ma questo no. Non permetterò che tu sia invischiata in tutto ciò.»
«Ma lo sono!» sbottò Grace.
La goccia che fece traboccare il vaso era appena scesa. Lei era dentro quella faccenda in una maniera tale che sarebbe stato impossibile uscirne. Era stata presente quando David emise gli ultimi sospiri, gli tenne la mano e lo guardò fino a quando non lasciò quel mondo. Anche lì, il destino aveva avuto il proprio senso dell’umorismo.
«C’è sempre una scappatoia. Una scappatoia che io troverò per tenerti lontana da tutto questo. Ho le mie conoscenze dopotutto e ci sono delle persone che mi devono dei favori in città» disse Peter, alla ricerca di qualcosa che tirasse fuori la figliastra da tutta quella storia.
Grace scosse il capo. Poteva rifletterci anche tutta la notte, ma non avrebbe mai trovato qualcosa niente. A lei poco importava, era pronta ad affrontare tutte le conseguenze.
«Non mi terrai lontana da lui.»
Peter voltò il capo verso di lei per un breve istante. «Non sfidarmi, ragazzina.»
«Non è una sfida. È una constatazione» sospirò Grace, guardando fuori dal finestrino. «Basterebbe conoscermi un minimo per sapere che non lascerò Lucas da solo ad affrontare tutto questo.»
«Ma lo farai!» Suonava tanto come un ordine.
«Che cosa?»
«Te l’ho già detto. Ti proibisco di andare a trovare quel ragazzo, ovunque l’abbiano sbattuto.»
«Davvero? Sappi che non sei l’unico a decidere. Vedremo cosa ne pensa la mamma!»
«Oh, lei è d’accordo con me.»
Grace si voltò con lo sguardo sgranato. Quella era il genere di notizia che la lasciava alquanto sconcertata. Neanche qualche giorno prima, sua madre le aveva dato la sua benedizione e la completa comprensione per stare con Lucas e poi saltava fuori che era d’accordo a tenerli separati?
Josie King, una donna coraggiosa e un’inguaribile romantica permetteva che alla propria figlia venisse impedito di incontrare o appoggiare il ragazzo che le aveva fatto tornare il sorriso dopo tanta pioggia.
La ragazza mise le braccia conserte e scosse il capo in continuazione. Appena sarebbero arrivati a casa, avrebbe chiesto spiegazioni. Lo fece e con gran stupore, e amara delusione, scoprì che Peter aveva detto la verità. Josie appoggiava l’idea del marito e condivideva il suo pensiero, entrambi avrebbero impedito alla figlia di avere anche solo il minimo contatto con Lucas.
Grace ne fu sconvolta. Fu sconvolta dall’ennesimo tradimento, un altro peso sulla sua schiena che però non l’avrebbe piegata. No, non poteva piegarsi o spezzarsi, non quando Lucas aveva più bisogno di lei.
Doveva assolutamente pensare a qualcosa.
Sfortunatamente non aveva alcun potere, fondamentalmente non c’era qualcosa che poteva fare per aiutare Lucas se non parlare bene di lui se l’avessero convocata all’udienza. Era certa che l’avrebbero fatto!
Lei era una testimone. Eccome se lo era!
Se tutto ciò non le causò una grande frustrazione, nei giorni seguenti le venne inferto un altro colpo basso.
Peter mantenne la sua parola e la tenne lontana da tutto ciò che aveva a che fare con Lucas, ciò comprendeva anche la sua prima udienza. Il povero ragazzo si sentì mortificato a non trovare la sua Grace fra gli spettatori al suo processo. Ancor più mortificata era la ragazza che scoprì la data della prima udienza poco dopo che si era conclusa.
La rabbia che provò fu talmente grande che non fece rumore. E si sapeva; le acque chete erano quelle da temere di più.
Grace non perse tempo e raggiunse i suoi amici al bar di Jim, si erano tutti riuniti lì dopo aver partecipato all’udienza. Natalie le aveva riferito tutto, mostrandole il suo stupore nel non vederla e solo in seguito comprese la sua assenza decisamente forzata.
Era da sola a casa quando scoprì ciò che i suoi genitori le avevano volutamente nascosto. Scrisse velocemente su un post-it, che incollò al frigorifero, che era uscita. Afferrò il primo ombrello che trovò e poi uscì di casa, camminando velocemente e non badando alle pozzanghere in cui incappò.
Il suo aspetto all’arrivo al locale saltò subito all’occhio. I biondi capelli, che solitamente erano ben pettinati, erano gonfi a causa dell’umidità e pur avendo provato a raccoglierli in una treccia, l’effetto finale non fu come quello sperato, anzi era abbastanza scarso. Inoltre non si era truccata per uscire, quindi il suo pallore fu abbastanza visibile.
Alzò una mano per interrompere la domanda di Ted sul suo aspetto e iniziò lei il discorso: «Senza tanti preamboli, come è andata in tribunale?»
Tutti si scambiarono occhiate dubbiose. La situazione non stava mettendo in difficoltà solo Grace e lo capì. Si trovavano un po’ tutti coinvolti, chi più e chi meno.
A trovare il coraggio di parlarle fu Sebastian, seduto di fronte a lei. «Partiamo dal presupposto che Lucas è in una posizione scomoda, siccome è stato lui a scovare David in quelle condizioni.»
«Così dice» si sentì di aggiungere Ted, ma fu ignorato.
«Avrai già visto un film o una serie-tv in cui… beh… si affrontano queste cose» prese la parola Kevin, cugino di David. I suoi occhi erano gonfi, era visibile che avesse pianto, tutti ricordarono che lui e il cugino erano molto legati. Doveva soffrire tantissimo. Stava cercando di essere forte, ce la stava mettendo tutta. «Siccome era la prima udienza, gli avvocati hanno raccontato la vicenda secondo il proprio punto di vista. Sono state esibite l-le prove che incriminano Lucas e quelle che… b-beh… hanno spiegato c-come è stato ucciso David.»
«Il Procuratore Distrettuale ha riassunto le cause della morte di David» disse Natalie, immaginando che fosse dura per Kevin raccontare cosa fosse accaduto. Infatti neanche dopo un minuto dall’aver perso la parola, il ragazzo uscì a prendere una boccata d’aria pur sapendo che piovesse. Il suo stato d’animo era chiaro e più che giustificabile. «È risultato che è stato colpito alla testa da un oggetto appuntito. Nessuna arma del delitto è stata ritrovata, però chi se ne è occupato ha scovato dei residui nella ferita ed è certo che l’arma utilizzata sia stata un sasso.»
«Un sasso che non hanno trovato e come si fa a non trovare un sasso insanguinato?» domandò Sebastian come se la risposta dovesse essere ovvia.
«Qualcuno deve averlo preso…» rispose Grace mentre tentava di riflettere sulla risposta. «L’assassino!»
Sebastian battè le mani e se le strofinò entusiasta. «E questo va a favore di Lucas dato che non si spiega come avrebbe trovato il tempo di nascondere un sasso in un parcheggio con...»
«Ma il Procuratore Distrettuale ha aggiunto che era buio e che Lucas poteva aver nascosto il sasso e liberarsene in un altro momento» disse Kelly, parendo convinta del pensiero esposto dall’accusa.
Grace aggrottò la fronte, ma non ribattè. Era troppo stanca per discutere con quella vipera di Kelly e quindi spostò lo sguardo su Sebastian, in cerca di qualcosa che le desse speranza, ma l’amico rimase in silenzio.
Non stava procedendo bene.
«Hanno anche utilizzato qualche testimonianza» disse Natalie, dopo il lungo silenzio che era sceso.
«Più precisamente io, la nonna di Lucas e un poliziotto che ha parlato con Lucas quella notte» continuò Tom, spezzettando il tovagliolo di carta. «Sarò sincero con te, Grace. Credo di aver messo Lucas in una posizione ancora più scomoda. Ho dovuto raccontare della litigata che è accaduta tra lui e David, quella notte al ballo. L’avrei evitato lo giuro, ma… non so… quando sei lì ti tirano fuori le parole di bocca.»
In un primo momento, Grace avrebbe voluto tirargli una scarpa in testa. Era molto preoccupata per Lucas e qualsiasi cosa che l’avrebbe messo in difficoltà la faceva andare fuori di testa.
Per fortuna la razionalità, di cui molte volte scarseggiava, in quel momento sembrò farsi viva e le impedì di agire d’impulso. Grace comprese la difficoltà di Tom e degli altri che erano stati tirati in mezzo. Non poteva essere arrabbiata con loro. Era sicura che si sarebbero impegnati per aiutarlo e che mai lo avrebbero messo appositamente nei guai.
«Oggi è andata così!» esclamò Kelly scrollando le spalle, come a liberarsi di un peso. «In fondo è stato tutto molto calmo, era giusto per farsi una prospettiva. Il peggio deve ancora arrivare e temo che sarà quando tu andrai a testimoniare.»
Grace alzò subito lo sguardo sul suo volto. «Invece quella potrebbe essere la parte migliore. Ero con lui quando ha trovato David e sono io il suo alibi.»
«In verità no.»
«Perchè?»
«Credi che se tu fossi un ferreo alibi lui si troverebbe lì?» tentò di farla riflettere Kelly. «Sei sulla lista dei testimoni, senza dubbio. Non è detto che tu sia la sua carta vincente. Il Procuratore Distrettuale può sempre dire che parli in sua difesa perché sei sentimentalmente coinvolta.»
Grace rimase attonita. Volse lo sguardo verso Sebastian, Natalie e Ted, desiderava che uno di loro ribattesse dandole speranza; nessuno disse niente.
Abbassò gli occhi, portandosi una mano alla bocca e tentò di pensare a cosa avrebbe potuto dire per aiutare Lucas. Ma ogni pensiero in più la portava a credere che sarebbe stato arduo uscire da quell’incubo. Inoltre non si sarebbe stupita se Peter le impedisse di testimoniare a favore di Lucas, anzi sicuramente era così. Grace sapeva che il patrigno aveva delle forti conoscenze e poteva raggirare il tutto.
Questo annientava la sua speranza… no! Non poteva perdere la speranza. Lucas era innocente!
«C’è poco da fare, lo so, però… prova a esserci durante le altre udienze» le suggerì Sebastian. «Sono sicuro che la tua presenza gli darà un po’ più di forza.»
«Ha ragione! Penso che tutti abbiano notato quanto fosse più che dispiaciuto nel non vederti» aggiunse Natalie.
«Più che dispiaciuto? Lucas era distrutto» asserì Kelly con fare melodrammatico.
Grace non badò tanto alle loro parole, le era impossibile replicare. Sentì la sua rabbia accrescere, non con loro, ma con sé stessa. Si sentiva talmente impotente e questo la distruggeva. Scosse la testa, tentando di scacciare via tutta la tensione che la opprimeva. Doveva essere lucida e forte.
«Senza contare che il tuo Lucas ha una bella prova che lo schiaccia» disse Ted bevendo lentamente il suo cappuccino. «Oggi in aula hanno chiamato un tipo, vestito tutto d’un pezzo, che ha esposto un bel discorso sulle dinamiche di quella serata… e ha aggiunto che è stato rilevato qualcosa di importante. A quanto pare quando Lucas ha trovato il corpo di David, lui era morto da pochi istanti e sono state elaborate due ipotesi. La prima è che Lucas è arrivato quando l’assassino se ne è andato mentre la seconda, e quella che tutti sembrano appoggiare, è proprio che Lucas e l’assassino sono la stessa persona.»
«Questo è ridicolo!» esclamò Grace con una grande convinzione.
«La giuria non lo trovava molto ridicolo» s’intromise Kelly.
«Lucas non ha ucciso David!»
«E come puoi esserne assolutamente certa? Lo odiava!»
Nessuna delle due ragazze sembrava mollare la presa.
«Ne sono certa perché c’ero anche io e quando ho visto David in quelle condizioni, ho controllato subito il battito e c’era. Per questo Lucas ha chiamato il 911 e questo la polizia lo sa!»
«Non è quello che è stato detto in aula» intervenne Ted, mantenendo un basso profilo nella conversazione.
Grace lo degnò di una veloce occhiata e poi sospirò pesantemente. Ecco perché doveva andare a testimoniare, era sicura che lo avrebbe aiutato perché non solo era certa della sua innocenza, ma poteva provarla.
«Abbi fiducia» le disse Sebastian con un tono di voce dolcissimo che riuscì a strapparle un sorriso. «Io credo, e non solo io, che Lucas non sarebbe mai potuto arrivare a quel punto, sebbene detestasse David. Non possono condannarlo perché gli stava antipatico. Sarebbe assurdo!»
«Qua non si tratta di semplice antipatia» convenne Kelly, mettendosi in mezzo al discorso. «Non crederanno mai alla casualità che Lucas sia quasi venuto alle mani con la persona che poco dopo ha “trovato” morta e Grace, tu in realtà, sei alquanto inutile visto che tecnicamente sei arrivata dopo che Lucas l’ha, per così dire, trovato.»
Le sue parole attirarono lo sguardo di tutti. Leggere tra le righe non fu difficile, la ragazza non lo credeva poi così innocente.
«Ma è stato un caso!» sbottò Natalie, spinta più dall’antipatia che provava per Kelly che dal senso di giustizia. «Lucas è innocente e il suo avvocato troverà un modo per dimostrarlo. Siamo appena all’inizio, non diamo tutto per perso!»
«Io non do niente per perso, ma non illudiamoci neanche!»
«Kelly ha ragione» s’intromise Ted, poggiando le mani congiunte sul tavolo. «Forse se Lucas fosse davvero innocente, non l’avrebbero trascinato fino in tribunale. Devono aver trovato qualcosa che… beh… che provi la sua colpevolezza.»
«Puoi essere più chiaro?» domandò Grace con la sua implacabile freddezza.
«S-sì, non te lo nascondo. Io credo che potrebbe essere colpevole. Lucas detestava David per quello che ti ha fatto e, come ha raccontato Tom, al ballo hanno discusso pesantemente e per un pelo non sono arrivati a fare una rissa!» disse Ted in maniera molto nervosa.
A tutti i costi voleva dar prova del suo pensiero. Non pareva il Ted di tutti i giorni. Solo in quel momento in cui gli diede la sua completa attenzione, Grace notò le borse sotto agli occhi e il tremore alle mani. Aveva tutto l’aspetto di uno che non aveva dormito per giorni.
«M-magari si sono incontrati fuori e semplicemente Lucas ha perso la testa. Non avrebbe voluto farlo, ma è accaduto.»
«Oh sì, perché “semplicemente” uno perde la testa» ripetè Sebastian sarcastico in maniera estrema. «Ma ti sei fatto di qualcosa dopo l’udienza?»
«Sto benone! Solo perché non condivido il vostro pensiero non significa che sono impazzito!»
Sebastian gli posò una mano sulla spalla per dargli una calmata. «Ehi! Nessuno ti ha detto che sei impazzito, ma non puoi negare che oggi hai una brutta cera.»
«Non è che voi state tanto meglio» replicò bruscamente Ted.
«Vuoi andare a casa?» gli domandò dolcemente Natalie, posandogli una mano sul petto.
La voce della ragazza sembrò calmare quell’animo fumante che quel pomeriggio parve essersi destato. Ted annuì lentamente e si alzò dal tavolo, barcollò un attimo e si portò una mano alla testa.
Kelly accorse subito in suo aiuto e l’aiutò a reggersi in piedi. «Ho l’auto parcheggiata qua fuori. Vuoi che ti dia uno strappo?»
Agli occhi degli altri pareva proprio che Ted si ritrovava in mezzo a due fuochi. Grace si domandò se si fosse persa qualcosa o forse era talmente intontita dalla situazione di Lucas che non riusciva a scorgere la realtà fuori di essa.
Spostò lo sguardo su ognuno di loro. Kelly lo teneva ben saldo dalle spalle e Natalie era aggrappata al suo braccio. Ted pareva parecchio confuso, tenne sempre gli occhi rivolti verso il basso. Era come se non si accorgesse di ciò che gli accadeva intorno.
Grace osservò la sua migliore amica abbandonare la presa sul suo ragazzo. Natalie lo aiutò solamente ad indossare la giacca e poi permise a Kelly di portarlo via.
«Scu-scusalo» sospirò Natalie tornando a sedersi. «Non pensa veramente ciò che ha detto. Siamo tutti convinti che Lucas sia innocente, anche lui. Solamente che Ted non sta troppo bene in questo periodo ed è tanto confuso.»
Grace non poteva negare di essere più che delusa nel sapere che il suo fratello non-di-sangue credeva nella colpevolezza di Lucas. Poco le importava se poi Ted aggiungeva delle attenuanti. Onestamente non avrebbe mai creduto che si sarebbe lasciato condizionare dalla diffidenza o qualsiasi altro sentimento negativo che provava per Lucas.
Nelle scorse settimane era passata sopra all’antipatia palese che Ted mostrò nei confronti del suo ragazzo, ma quello… quello proprio non poteva accettarlo!
Non si trattava semplicemente di un’opinione non condivisa. Lì si stava mettendo in dubbio l’innocenza - alquanto sicura - di una persona che non aveva mai fatto del male a nessuno di loro.
«Lascia perdere, Nat» disse Grace sventolando una mano, prima di rimetterle conserte. «Mi auguro che quando assolveranno Lucas, Ted possa ricredersi e finirla con tutte queste inutili sceneggiate.»
«Grace, non voglio buttarti giù, però non credere che lo assolveranno con facilità» convenne Tom, utilizzando la sua caratteristica gentilezza. «Tante persone innocenti vengono condannate, specialmente se il loro avvocato non sembra brillante.»
«E quello di Lucas non vi sembra brillante?»
Sebastian, Natalie e Tom si guardarono nello stesso momento e la risposta saltò all’ovvio.
«Ottimo! Un’accusa d’omicidio, un buon movente e un avvocato scarso. Può andar peggio?» continuò Grace sarcastica.
I suoi amici non sapevano proprio cosa risponderle. Per il momento la situazione stava in quella maniera, solamente con il tempo ci sarebbero stati dei risvolti.
Grace sospirò pesantemente lasciandosi abbandonare contro lo schienale della sedia. Doveva aspettare e avere pazienza, proprio quello che odiava. Il peggio era che non avrebbe neanche potuto assistere a un’udienza che i suoi genitori glielo avrebbero impedito. Sicuramente Natalie non si sarebbe astenuta dal darle tutte le informazioni, però Grace avrebbe preferito esserci.
Desiderava stare al fianco di Lucas. Credeva che sarebbe stato meno teso sapendo che lei gli credeva e lo appoggiava. Nella situazione inversa Grace si sarebbe sentita più al sicuro se Lucas l’avrebbe sostenuta.
La compagnia rimase al bar di Jim per un’altra ora e poi il tavolo iniziò a smaltirsi.
Per primo Tom che doveva passare a prendere le pizze da portare a casa, poi Natalie che disse di dover fare una commissione per la madre, ma Grace capì che aveva mentito a fin di bene: in realtà sarebbe passata da Ted per vedere come si sentiva.
Grace conosceva bene la sua migliore amica e sapeva quanto dovesse sentirsi in colpa per il pensiero di Ted. Poteva ripeterglielo mille volte che non era lei a doversi sentire in imbarazzo, ma Natalie si sarebbe mortificata ugualmente.
Infine rimasero solamente Grace e Sebastian. Presero da bere, stranamente niente di alcolico, stranamente per Sebastian.
«Sai… ho chiesto a mio padre se poteva mettere a disposizione il nostro avvocato di famiglia di supportare Lucas, ma conosci mio padre.»
E come non poteva conoscere il signor August Nash. Scarso senso della famiglia e un gran fiuto per gli affari!
Soprannominato “il signor Dollarone” dal proprio figlio, August era l’imprenditore con il reddito più alto ad Atlanta e faceva parte del consiglio d’amministrazione della Coca-Cola Company. Un uomo di poche parole e del quale scarseggiava la presenza a casa. Erano rare le volte in cui Grace lo incontrò in tutta la sua vita, eppure ne aveva un ricordo nitidissimo. Fisicamente, lui e Sebastian si somigliavano moltissimo, i modi di fare invece erano tutt’altra storia.
Il signor August era freddo e distaccato, il suo unico pensiero era rivolto agli affari. Forse si poteva strappargli qualcosa che vagamente somigliava ad un sorriso se doveva concludere qualche affare. Non possedeva né la compassione e né i modi raffinati del figlio.
«Apprezzo moltissimo il tuo gesto» disse Grace poggiando la mano sul gomito dell’amico. «So benissimo che faresti di tutto per aiutare Lucas. Qualunque cosa tu abbia in mente, sarà più utile di me.»
«Perché dici questo? Guarda che basta solamente che tu sia presente alle udienze e se ti chiameranno a testimoniare non avere paura.»
«No, Seb. È più complicato.»
«E allora spiegami. Lo sai che puoi dirmi tutto» la incitò con tono di voce molto dolce.
Grace sospirò, mettendo le mani congiunte. Le avrebbe fatto bene sfogarsi con lui e forse l’avrebbe aiutata a trovare una soluzione. Del resto, Sebastian era il suo angelo.
«Il fatto è che i miei genitori mi impediscono di avvicinarmi a Lucas. Non vogliono che io sia messa in mezzo perché credono che la mia reputazione possa esser macchiata e il mio futuro buttato nel cesso» confessò senza tanti preamboli, iniziando a far comprendere a Sebastian molti suoi gesti degli ultimi giorni. «Io… io comprendo la loro preoccupazione, però credo stiano sbagliando. Peter crede di tenermi a distanza dal processo, ma sono coinvolta tanto quanto Lucas. Potrei esserci io al suo posto, forse dovrei…»
Sebastian l’afferrò per le spalle e le diede uno scossone per farla tornare in sé. Non doveva assolutamente cedere o tutto sarebbe stato perduto.
«Ascoltami bene, Grace. Lucas sta portando sulle spalle un peso che non è suo ed entrambi lo sappiamo bene» affermò fissandola dritta negli occhi. «Kelly ha ragione, stranamente. Siamo solo all’inizio di tutta questa storia, non possiamo dar tutto perduto e non dobbiamo perdere la testa.»
«E invece mi sa proprio che perderò la testa! Come credi che mi senta nel dover star lontano da Lucas?»
«Quello è un bel problema, lo riconosco» ammise Sebastian riflettendoci su, però poi sembrò trovar la soluzione. «E se andassi a trovarlo in prigione? Vuoi che ti accompagni?»
«Come? Adesso?»
«Perché no? Sono in moto, ci impiegheremo cinque minuti!»
Grace non se lo fece ripetere due volte che scattò in piedi. Lei e Sebastian andarono a pagare il conto, poi uscirono dal locale, salirono in sella alla moto e partirono alla volta del penitenziario della città.
La ragazza sentì una forte scarica di adrenalina percorrerle tutto il corpo. Improvvisamente sentiva di avere un gran potere tra le mani. Si domandò come non le venne in mente prima di andare direttamente al penitenziario per mostrare a Lucas la sua lealtà immutata.
Sebastian e Grace dovettero attendere una ventina di minuti in sala d’attesa, prima che un agente andò a parlare con loro. A lei non importava quanto avesse durato l’attesa. Tutto ciò che contava era che alla fine avrebbe rivisto Lucas. Non erano mai stati separati per così tanto tempo.
Un sorriso raggiante apparve sulle sue labbra quando uno dei tanti uomini in divisa andò da loro. Si dissolse lentamente quando quella guardia disse loro che non potevano vedere Lucas.
«Siamo maggiorenni. Abbiamo i documenti. Li vuole guardare?»
«Questo è irrilevante, giovanotto!» esclamò la guardia mettendo avanti una mano. «Ho avuto precise istruzioni. Grace Sophia King non può visitare Lucas Turner.»
«Che cosa?!»
«E perché mai?!» esclamò Sebastian mettendo le mani sui fianchi.
«Non vi devo spiegazioni. Sono gli ordini impartiti dai piani superiori.»
Grace ebbe un lampo di genio e posò una mano sul petto di Sebastian quando lo vide voler ribattere. Salutò cortesemente quella guardia e con gran lentezza lasciò l’edificio. Sentiva i suoi passi rimbombare per quel grande atrio e più camminava più sentiva di allontanarsi da Lucas.
Il suo amore era proprio lì, oltre quelle pareti, e chissà cosa stava provando. Erano così vicini eppure così dannatamente lontani. Sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime, ma ebbe il coraggio di ricacciarle tutte indietro. Sebastian aveva ragione, non dovevano perdere la testa.
Rimanere a mente lucida e con i nervi saldi era un buon aiuto per Lucas.
«Che cosa ti è preso?» le domandò Sebastian strattonandola per un braccio, non appena furono fuori. «Se avessimo insistito, ci avrebbe fatto vedere Lucas. Ero pronto anche a corromperlo, tanto si sa che funziona così!»
«E invece andar via è stata la scelta migliore» replicò Grace liberandosi dalla sua presa. «Gli ordini dai superiori che ha ricevuto arrivano da una persona ben precisa. La stessa persona che mi impedirà di aiutare Lucas.»
«Grace… non ti puoi arrendere. Sei la ragazza dalle sfide impossibili. Mi rifiuto di credere che Grace Sophia King si possa arrendere!»
«Infatti non ho detto che mi arrendo. Non ho la minima intenzione di farlo.»
Con le mani sui fianchi e la fronte leggermente corrugata, Sebastian si sporse verso di lei. «Hai un piano?»
«Diciamo che ci sto lavorando.»
Grace rivolse un ultimo sguardo al penitenziario. Lucas sarebbe uscito da lì e il mondo avrebbe riconosciuto la sua innocenza. Era conscia che entrambi avrebbero dovuto essere forti, perché i momenti più bui erano alle porte. La ragazza promise a sé stessa che avrebbe tentato qualunque cosa, si sarebbe spinta anche oltre il suo limite. Lucas sarebbe stato libero!



 


Mrs. Montgomery
Dopo le molte visualizzazioni dello scorso capitolo, pubblicato solo due giorni fa, ho pensato di anticiparvi questo.
In fondo settimana scorsa, a causa di vari impegni, ho saltato la pubblicazione quindi ve lo dovevo per l'attesa ;)
Il morto è David. Ve lo sareste mai immaginato?
Nelle varie recensioni avevo detto che lui sarebbe stata la chiave del gran finale e sarà proprio così, specialmente quando scoprirete chi è il colpevole.
Lettrici e lettori, inizia la caccia!
Come ho scritto su facebook e nelle scorse note, lascerò piccoli indizi qua e la, ma arriverà la rivelazione proprio dalla persona.
Tranquille l'attesa non sarà lunga come le sei stagioni di Pretty Little Liars ahahah
Intanto vi ringrazio perché leggete questa storia, che spero vi piacerà anche con un tocco di giallo in più, e per chi la recensisce o commenta su facebook!

Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.
Oppure se volete aggiungermi sempre su fb, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery

-Baci

 

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Capitolo 19
*** Viaggio nella città ventosa ***


 

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Trailer di Inaspettato Amore



Viaggio nella città ventosa
 



«Hai preso tutto?»
Grace annuì, richiudendo il borsone e buttandolo a terra. Sua madre, seduta sul letto, la guardava con aria spensierata e non poteva mancare quel suo sorriso dolcissimo.
«Per fortuna Peter è riuscito ad ottenere quel permesso. Scommetto proprio che tu e Natalie vi divertirete a Charleston. Un week-end per sole ragazze!»
«Oh, sì! Ce la spasseremo alla grande!»
Vedere la figlia mostrarle uno dei suoi sorrisi più luminosi, fu qualcosa che Josie avrebbe ricordato per sempre, specialmente dopo molti giorni in cui fecero fatica a rivolgersi la parola. L’arresto di Lucas, con la conseguente decisione di impedire a Grace di andarlo a trovare, aveva creato non poca tensione in casa. Ce ne era stata molta di meno quando Brandon fuggì, ed era tutto dire!
Come sempre, era stato Peter a prendere le redini di quella spiacevole vicenda, tenendo strettamente controllata la figliastra. Josie approvava l’idea di preservare il futuro della figlia, mantenendola lontana dal processo e da qualunque questione che riguardasse quel problematico ragazzo - ormai era quello il nomignolo del povero Lucas - ma nonostante ritenesse che il fine fosse buono, alla donna si spezzava il cuore nel vedere Grace disperata. La sofferenza della ragazza era evidente, non provava nemmeno a nasconderlo.
Più volte Josie discusse con Peter se quella fosse la scelta giusta e ogni volta comprendeva che era impossibile agire in altro modo. Grace era l'unica figlia rimasta al loro fianco, per questo motivo era disposta a fare l’impossibile per evitare di mettere a repentaglio la sua vita, con scelte di cui si sarebbe certamente pentita in futuro.
Con Brandon era certa di aver fallito. Lei e Peter avrebbero dovuto pressarlo di più per fargli continuare gli studi, così - forse - non sarebbe finito in giri penosi e sicuramente non sarebbe fuggito da casa sua. A Josie mancava moltissimo il suo ometto e le si spezzava il cuore non aver ricevuto nemmeno uno straccio di notizia da lui. Peter provò a tranquillizzarla, dicendole che si trattava di un momento passeggero, uno scatto di ribellione e che non era necessario andare a cercarlo. Prima o poi sarebbe tornato all'ovile.
Come ogni madre che ama i suoi bambini, Josie avrebbe riaccolto a braccia aperte Brandon, sebbene le avesse provocato tante delusioni. Al contrario, Grace aveva sempre dato del suo meglio per non creare problemi o disagi in famiglia, tranne quando decise di rimanere al fianco di Lucas a discapito delle dicerie. Eppure Josie non lo giudicava un errore irreparabile, bensì un tipico comportamento adolescenziale che a lungo andare si sarebbe dissolto.
Le pareva brutto dirlo, però andava più che fiera della sua piccola bambolina. Ciò non significava che le voleva più bene che a Brandon, erano entrambi i suoi bambini e l’affetto era il medesimo, però non poteva negare che fosse maggiormente legata a Grace. Forse perché era femmina e quindi erano riuscite ad essere amiche, oltre che madre e figlia.
Josie si alzò dal letto per carezzare il volto ancora fanciullesco di Grace. Era il suo bene più prezioso. Ammise di essersi sentita sollevata, quando la figlia le disse che aveva accettato la loro decisione di tenerla lontana da Lucas. A malincuore, comprese che si trattava di una relazione destinata a terminare e accettò che prima sarebbe accaduto, meglio sarebbe stato per tutti.
Da quel giorno, in casa si respirò un’aria nuova.
Peter continuava a tenerla d’occhio, ma alla fine Grace dimostrò di aver compreso veramente e non tentò più di avvicinarsi a Lucas. Non andò neanche più a far visita a Loraine, nonna del ragazzo, perché sapeva che era ancora vulnerabile e avrebbe ceduto ad aver notizie del ragazzo.
Tutto ciò non potè che far tirar un sospiro di sollievo ai suoi genitori, che si levarono un peso dal cuore. Di certo non provavano alcun divertimento nel vedere la loro - ormai - unica figlia soffrire.
«Oh! Questa deve essere Natalie!» esclamò dopo aver sentito il campanello suonare.
Grace prese il borsone con entusiasmo e seguì la madre fino all’ingresso, dove Peter stava scambiando qualche chiacchiera assieme al signor Fisher.
Fra tutti i padri dei suoi amici, quello di Natalie era il suo preferito. Un uomo dal sorriso sempre sulle labbra e dalla battuta pronta. Grace adorava andare alla sua solita grigliata domenicale. Una volta ci portò anche Lucas e sia Charles che sua moglie lo trattarono benissimo; non che ci fosse da stupirsi, i coniugi Fisher erano veramente splendidi.
«Grace, pronta a visitare i famosi giardini di Charleston?!» esclamò il padre di Natalie, dopo averla salutata con un caldo abbraccio.
«Se devo essere onesta, credo che passeremo la maggior parte del tempo a prendere il sole. Sai che siamo capaci di farlo per tutto il week-end» gli rispose ridacchiando e contagiando tutti con la sua vena allegra.
«Hai perfettamente ragione. Che birbantelle!»
«Forza, papà! Non tratteniamoci in futili chiacchiere, abbiamo un autobus da prendere» intervenne Natalie, sventolando una mano e mostrando una certa fretta nel voler partire.
«Allora le accompagni tu, Peter?» chiese il signor Fisher.
«Sì» rispose l’altro, prima di afferrare entrambi i borsoni delle due ragazze e uscire di casa. «Andiamo, su!»
Charles salutò la figlia dandole un bacio sulla fronte e fece altrettanto con Grace, che aveva sempre considerato come una seconda figlia. Josie fece lo stesso e poi rimase a sventolare la mano fino a quando l’auto di Peter non svoltò l’angolo a fine quartiere.
Il tragitto per arrivare all’Atlanta Greyhound Bus Station durò mezz’ora, essendo l’inizio del week-end c’era molto traffico. Per fortuna l’avvocato pensò di partire due ore prima della partenza dell’autobus, era sempre stato un tipo previdente. Una volta arrivati, raggiunsero velocemente il binario e attesero che il mezzo arrivasse, stando su una panchina. Non servì fermarsi a comprare i biglietti, se ne era già occupato Peter.
Nonostante tutto sembrasse esser tornato alla normalità, l’uomo la teneva ancora sott’occhio. Difatti, quando arrivò il bus, si mise di fronte al finestrino dei posti delle ragazze e non scostò lo sguardo dalla figliastra fin quando non si fosse assicurato che non poteva scendere dal bus.
«Non si fida proprio di te» constatò Natalie una volta che l’autobus si avviò.
Grace annuì e alzò gli occhi al cielo. Afferrò l'elastico dal polso e si legò i capelli in una coda alta. «Fingere di assecondarli è stato estenuante, ma almeno ha dato i suoi frutti. Non sai che supplizio ho passato!»
«E che passerai se i tuoi genitori dovessero scoprire dove realmente stiamo andando» continuò l’altra ragazza spostando lo sguardo dal finestrino al viso dell’amica, che stava seduta di fronte a lei. «Lo sai che ti appoggio pienamente e che mi sono divertita a definire bene il piano, ma stai rischiando davvero tanto.»
«La vita merita di essere vissuta appieno.»
«E non c’è dubbio che tu lo stia facendo, Grace. Oggi l’assaporerò anche io, cambiando duecento direzioni e passando da uno stato all’altro!» esclamò Natalie infilando le mani nella grande borsa marrone e iniziando a tirar fuori tutto ciò che era dentro. Si fermò quando trovò un foglio tutto spiegazzato. «Facciamo il punto della situazione. Tra mezz’ora arriveremo alla stazione degli autobus di Conyers. Scendiamo e compriamo subito i biglietti per Charlotte. Dovremmo arrivare in quattro ore, ma calcolando che potrebbero esserci dei ritardi, direi che al massimo per le due del pomeriggio arriveremo lì. Scendiamo pranziamo al primo bar, pub o qualsiasi altra cosa vicina che fornisca cibo e poi andremo dritte all’aeroporto. Pregherò in finlandese che ci siamo voli disponibili per Chicago.»
Grace scoppiò a ridere. «Da quando sai il finlandese?»
«Da mai, però era per rafforzare il concetto» precisò Natalie tutta concentrata a leggere la loro tabella di marcia. «Dove ero arrivata… ah ecco! Allora se ci sono voli diretti, in due ore saremo a Chicago mentre se ci toccherà il volo con scalo, ci impiegheremo quattro ore... o di più, beh in ogni caso entro stasera saremo nella città ventosa!»
«Ottimo» asserì Grace con un sospiro di sollievo.
«Se Lucas sapesse ciò che stai facendo per lui, credo proprio che ti chiederebbe di sposarlo e io lo appoggerei in pieno!» esclamò Natalie rimettendo tutti i suoi effetti personali, compreso il foglio del loro itinerario, nella borsa. «Invidio da matti il tuo coraggio… e la tua pazzia, ovviamente.»
«E perchè mai dovreste invidiare queste mie note caratteristiche? Sei qui con me. Ciò significa che devi essere coraggiosa o pazza almeno quanto lo sono io.»
«In effetti, direi che lo sono» rise l’altra ragazza annuendo convinta. Poi il suo sorriso si spense lentamente. «Mi dispiace aver mentito a Ted, lui crede veramente che stiamo andando a Charleston. Per lo meno non c’è rimasto male perché stiamo andando senza di lui, si è bevuto la scusa del viaggio di sole ragazze senza fidanzati.»
«Per me è semplice. Il mio sta in gattabuia.»
«Non starà lì per molto.»
«Lo spero» sospirò Grace passandosi una mano sul viso. «Come minimo, Lucas penserà che io l’abbia abbandonato. Non sono mai andata a trovarlo e alle udienze non si è vista nemmeno la mia ombra.»
«So che Sebastian è riuscito ad andarlo a trovare. Ci va ogni giorno, a dir la verità. Magari glielo ha detto che ti impediscono di vederlo» ipotizzò Natalie cercando di risollevare l’umore della sua migliore amica. «Non lo so con certezza perché se non sto con te, sto con Ted e con entrambi non tiro fuori l’argomento “Lucas”. Con te perché c’è sempre tua madre o Peter e con Ted è praticamente impossibile parlarne.»
Grace voltò il capo verso di lei con lo sguardo di una che desiderava una risposta sincera. «Ted crede ancora che Lucas sia colpevole?»
L’espressione dispiaciuta sul viso di Natalie le diede la risposta. Quest’ultima tentò di trovar qualcosa che potesse discolparlo o non rendere tutto più difficile, ma non c’era granchè da dire.
«Io non lo penso!»
«Su questo non ho dubbi.» Grace le rivolse un sorriso sincero e le posò una mano sul gomito. «In caso contrario non saresti qui, o sbaglio?»
«Io ti appoggerei sempre, sei mia sorella.»
«L’ho sempre saputo che tu saresti stata l’unica a non abbandonarmi.»
«Ted non ti ha abbandonata, ma… è così strano in questo periodo. Evito di affrontare l’argomento perché siamo proprio su due binari differenti. È schivo e da troppa retta a Kelly, ma questa non è una novità.»
Grace corrucciò la fronte non appena sentì pronunciare il nome della ragazza. Sebbene il rapporto con lei fosse leggermente migliorato, non riusciva a dimenticare tutto ciò che aveva fatto contro lei e Lucas. Non era stato un comportamento infantile, bensì pessimo e perfido. In realtà Grace aveva ben altro a cui pensare, quindi fu facile evitare qualunque tipo di scontro con Kelly. Eppure dovette ammettere che il sia avvicinamento repentino a Ted non la lasciò indifferente.
«Spero che tutta questa storia finisca presto anche per questo. Non appena Lucas sarà dichiarato innocente, vedrai che tutto si riaggiusterà.».
Natalie annuì e si strinse a lei, sentendo il bisogno di essere confortata. Per quanto forte potesse mostrarsi in mille e più occasioni, il cuore e i sentimenti erano un suo punto debole. Le pesava il fatto che Ted insinuasse la colpevolezza di Lucas e non per Grace, lei si era mostrata - stranamente - paziente nei confronti dell’amico. Natalie si affidava spesso al suo fiuto infallibile, anche se in quel caso sperava tanto di sbagliarsi, e sapeva che nel comportamento strano di Ted c’era di più.
Passarono in silenzio il viaggio in autobus fino a Conyers e uguale quello per Charlotte. Preferirono ascoltare la musica o fare le parole crociate. Non avevano discusso, quello era il loro modo di rilassarsi e ne avevano un gran bisogno data la situazione in cui si erano messe.
Poco prima di raggiungere l’aeroporto di Charlotte chiamarono i loro genitori mentendo sul fatto che fossero arrivate a Charleston e stessero per raggiungere il piccolo hotel in nel quale - si supponeva - avrebbero alloggiato. Dovevano prestare attenzione ai dettagli della loro messa in scena, bastava pochissimo per far saltare tutto.
All’aeroporto di Charlotte riuscirono a trovare due posti liberi per Chicago e anche se nel loro itinerario c’era lo scalo, che richiedeva più tempo del previsto, li comprarono. Dovevano raggiungere la città ventosa al più presto possibile, inoltre si stava facendo tardi e dovevano trovare rifugio per la notte.
Grazie all’arguzia di Natalie, il posto per il pernottamento era pronto. Durante il viaggio in autobus, la ragazza prenotò in un Bed & Breakfast della città..
«Il potere della tecnologia e del mio buon intelletto!» esclamò soddisfatta quando atterrarono a Chicago, rincuorando in seguito la sua migliore amica, sul posto dove avrebbero trascorso il loro breve soggiorno.
Alle undici e mezza toccarono il morbido materasso della stanza matrimoniale che avrebbero condiviso. Si addormentarono non appena chiusero le palpebre. Qualsiasi cosa sentivano di confidarsi venne rimandata al mattino seguente, più precisamente a colazione.
Fu davanti ad una bella tazza di caffè, e qualche deliziosa briosche, che le due ragazze di Atlanta affrontarono il discorso.
«Quindi… non appena finiamo questo ben di Dio andremo da loro?»
Grace annuì. «Hai tu l’indirizzo, vero?»
«Sì.»
«È una fortuna che Loraine ci abbia appoggiate. Senza di lei, ora non saremmo qui.»
«Già!» esclamò Natalie bevendo lentamente il suo caffè amaro. «In tutta onestà non avrei compreso il contrario. Loraine è molto affezionata a suo nipote, non avrebbe avuto senso negargli un’opportunità. Quando le ho proposto il piano, mi ha confessato che l’idea le era già balenata per la mente, ma è stata una decisione di Lucas non farli intromettere.»
«Lucas non ha altra scelta» disse duramente Grace. «Comprendo il suo pensiero, ma se ciò che stiamo per fare potrebbe aiutarlo allora se ne starà buonino… anche perché non può fare altro.»
Natalie alzò lo sguardo sul viso dell’amica e si ritrovò un po’ preoccupata per lei. Quella situazione stava lentamente cambiando tutti quanti, nel caso di Grace… beh… doveva ancora comprendere fino a quanto si sarebbe spinta per cambiare le cose. Per il momento la vedeva bella agguerrita e sperava tanto che non avrebbe perso tutto quel coraggio, gliene sarebbe servito molto per ciò che l'aspettava.
Conclusa la colazione, Grace e Natalie si prepararono psicologicamente per quello che sarebbe stato un incontro abbastanza particolare. Chiamarono un taxi e diedero il recapito all’autista, il quale disse subito che distava qualche chilometro dal Bed & Breakfast in cui risiedevano. Nonostante ciò, uscì un buon prezzo per la corsa, meno di quanto le ragazze avessero previsto.
«Caspita!» esclamarono all’unisono quando scesero dal taxi e i loro occhi si posarono automaticamente sull’immensa villa, appartenente ai genitori di Lucas.
Non c’era ombra di dubbio che stavano bene di soldi, quel particolare saltava subito all’occhio!
L’abitazione dei Turner era collocata in un quartiere residenziale molto abbiente, ed era circondata da un gran verde. La casa, o per meglio dire la villa, era protetta sul davanti da un gran cancello e si collegava ad un alto muro che - secondo una buona logica - la circondava.
Distava poco dal centro città e dal porto, che Grace ricordò essere il posto preferito di Lucas. Il ragazzo era solito rifugiarcisi, soprattutto dopo una litigata con i genitori o quando gli accadeva qualcosa che lo turbava. Raggiungeva il porto in bicicletta e rimaneva lì fino a quando non sbolliva la rabbia.
Chiunque non appartenesse a quel mondo di sfarzo, non poteva che rimanere a bocca aperta. Grace si avvicinò al cancello e si sporse per osservare quella che una volta era l’abitazione del suo Lucas. Oltre il cancello c’era un lungo viale, diviso dall’immenso giardino dai caratteristici cespugli a forma di muro, che conduceva al grande edificio costruito esternamente con mattoni beige.
Una fontana antica stava in mezzo al viale; si deduceva che quando si arrivava con l’auto bisognava girarle attorno, come ad una rotonda, per arrivare al garage. L’edificio centrale era suddiviso in due piani e collegato ad altre due strutture, che parevano essere le sue braccia e i quali ingressi erano preceduti da lunghi porticati.
«Suoniamo?» domandò Natalie distogliendola dall’ammirazione per quella villa.
«Oh… ehm… sì» farfugliò prima di allungare la mano e premere il campanello esterno.
«Abitazione della famiglia Turner, sono Rupert» rispose una voce maschile dallo spiccato accento inglese.
Le due ragazze si scambiarono varie occhiate, poi Natalie le fece cenno di continuare a parlare.
«Salve, m-mi chiamo Grace e avrei bisogno di parlare con i signori Turner.»
«Ha un appuntamento?»
«Ehm… no.»
«Allora non può entrare, arrivederci!»
Grace aggrottò la fronte, trovandolo non poco maleducato e suonò nuovamente. Non lo lasciò pronunciare la sua formula che prese subito la parola. «È davvero urgente. Sono in casa i signori Turner?»
«Se non ha appuntamento con uno dei loro non può entrare. Mi spiace. Arrivederci!»
Grace stava per suonare nuovamente, ma quel tale Rupert l’anticipò: «Se non si allontana immediatamente da questa abitazione, chiamerò la polizia. Arrivederci!»
La parola che uscì dalle labbra della ragazza fu poco educata e volgare. Assieme a Natalie tornò in strada e si mise a pensare ad una maniera per entrare. Non stava rischiando la sua totale libertà per tornarsene a casa a mani vuote. Non lo accettava minimamente!
In una maniera o nell’altra, i genitori di Lucas l’avrebbero ricevuta e ascoltata. Ormai era lì ed era pronta a giocarsi il tutto per tutto.
Natalie ebbe l’idea di seguire il perimetro della proprietà, magari avrebbero trovato un’altra entrata. Una speranza abbastanza scarsa e difatti scoprirono che non c’era altro modo di entrare… a meno che non si avesse scavalcato il muro. Pressappoco doveva esser alto due metri e mezzo, Grace escogito di scavalcarlo e poi scendere aiutandosi con un albero che stava lì vicino. Almeno avrebbero evitato di schiantarsi a terra come due polpette. Era alta la probabilità che sarebbe finita così, dal momento che Grace non era propriamente una ragazza dinamica.
Cadde a terra comunque, ma solo perché scivolò quando scese dal tronco d’albero e il suo regale posteriore non ne risentì parecchio.
«Tutto bene?» le domandò Natalie allungandole una mano.
Grace annuì, rialzandosi lentamente. Passò velocemente la mano sui jeans per pulirsi, non poteva presentarsi ai suoi suoceri… si domandò se poteva veramente definirli così. Scosse il capo scrollando via quel quesito inutile dalla sua mente, aveva una rilevanza molto bassa in confronto a ciò che l’aspettava.
«E ora che facciamo? Bussiamo alla porta o ci intrufoliamo dentro?»
«Il buon senso mi suggerisce di bussare… ma dopo aver scavalcato quel muro credo che dovremmo continuare a mantenere questo profilo da simpatiche canaglie!» esclamò Natalie ridacchiando.
Era veramente incredibile, anche nelle situazioni più disparate riusciva ad avere senso dell’umorismo! Non era un comportamento che rientrava in Natalie, Grace capì che lo stava facendo per farla star un po’ più tranquilla. Chiunque nella sua situazione sarebbe stata tesa, specialmente se le persone a cui avrebbe chiesto aiuto gliele avevano sempre descritte come… come delle persone con cui era meglio non avere niente a che fare.
«Che dici? Ho qualche chance di scoprire che in realtà sono carini e coccolosi?»
Natalie inarcò un sopracciglio e inclinò il capo, la risposta era piuttosto ovvia.
«Afferrato il concetto.»
«Ehi, voi!» esclamò una voce alle loro spalle.
A pochi metri di distanza stava un uomo anziano, ma dal fisico ancora prestante, che le fissava con occhi guardinghi. Saltò all’occhio il suo blando abbigliamento, specialmente la tenuta in jeans, e in mano aveva un rastrello.
«Voi due! Venite qui o chiamo la polizia!» continuò il giardiniere avanzando velocemente verso di loro.
Natalie e Grace non persero tempo e cominciarono a correre per depistarlo. Scavalcarono le piccole siepi e tentarono di nascondersi dietro ai cipressi, ma quell’uomo sembrava avere una vista acuta come quella di un falco. Sperarono tanto che rinunciare alla caccia, stancandosi di rincorrerle per tutto quell’immenso giardino. Sfortunatamente le loro preghiere non vennero ascoltate e quel giardiniere continuò a star alle loro calcagna.
Arrivate a quel punto, Natalie incitò l’amica ad entrare nella villa mentre lei avrebbe distratto come poteva quel mastino di giardiniere. Grace non voleva lasciarla sola, ma era certa che se la sarebbe cavata e poi non avevano altre possibilità. Si staccò da lei e cominciò a correre in direzione dell’abitazione senza guardarsi indietro. Brevi istanti più tardi si ritrovò di fronte alla porta rossa, all’ingresso principale della villa. Afferrò la maniglia ed entrò senza esitazione. Fu come addentrarsi in uno dei libri di Ted.
Grace sgranò gli occhi di fronte a tanta bellezza. Si sentiva così piccola. Sorretta da una serie di pilastri di marmo scuro, con una pavimentazione lucida e che faceva risuonare ogni passo, la scalinata in legno, gli affreschi antichi e quella statua sulla sinistra, toglieva veramente il fiato.
Di fronte a tutto quello, quasi si scordò del motivo per cui era lì.
«Ehm… ciao?»
La voce che la risvegliò. Lentamente Grace si voltò e alla sua destra apparve un ragazzo, che all’incirca poteva avere quattordici anni. Inarcò le sopracciglia, continuando ad osservarlo, fisicamente somigliava molto a Lucas.
«Ciao» salutò lei un po’ stordita dalla quella notevole somiglianza.
«E tu sei…»
Grace abbozzò un sorriso, pronta a presentarsi, ma venne improvvisamente afferrata per un gomito. Sussultò spaventata e si ritrovò a pochi centimetri dal viso due occhi che la fecero rabbrividire.
«Chi diamine sei tu, ragazzina?!» esclamò l’uomo strattonandola.
Una donna gli posò una mano sulla spalla. «Calmati, Derrick! Non vedi che la stai spaventando?»
«Ed è il minimo, mia cara!»
Scostandosi, Grace riuscì ad osservarli con più attenzione. L’uomo era molto più alto di lei e possedeva un aspetto vigoroso, si notava nonostante indossasse un completo formale. Dalle spalle larghe intuì che sicuramente frequentava una palestra. Se alzava un attimo lo sguardo sul viso, le veniva voglia di riabbassarlo subito, aveva un’aria veramente minacciosa. Grace non trovò alcuna somiglianza con Lucas e in quel momento ne andò più che fiera. Al contrario, intravide qualcosa di famigliare nella donna che stava alle spalle del signor Turner. Lucas le aveva parlato tanto di sua madre, ostentando sempre l’affetto che lo legava a lei e aggiungendo che era l’unica persona di cui sentiva la mancanza.
Grace la osservò a lungo, ammirandone la bellezza eterea. Era poco più bassa del marito e indossava un tailleur nero, sicuramente molto costoso, che metteva in risalto la sua pelle marmorea. Possedeva molta grazia e un’eleganza unica, pregi che si misero in mostra quando tentò di calmare il marito mantenne un comportamento da vera signora. Grace la fissò intensamente, rimanendo affascinata dai capelli biondi chiarissimi e dagli occhi azzurri dal taglio affilato.
No, non erano proprio azzurri, rifletté Grace.
Erano una sorta di miscuglio tra l’azzurro e il grigio, un colore che adorava perché fino a qualche giorno prima lo poteva ammirare nello sguardo di chi amava e l’amava a sua volta.
Fu talmente immersa nell’acuta osservazione che si accorse della presenza di Natalie, la quale era stata condotta lì dal giardiniere e dal maggiordomo, solamente quando le voci dei padroni di casa rimbombarono nell’atrio.
«Ti decidi a parlare o devo chiamare la polizia?!» Era stato il padre di Lucas a parlare.
Grace scattò sugli attenti e strinse il manico della sua borsetta, tentando di darsi forza. Era alquanto nervosa e non solo perché si trovava di fronte ai suoi suoceri. Stavano di fronte a lei nei loro completi griffati e la studiavano con fastidioso interesse, suscitandole non poco timore.
«Salve, mi chiamo Grace King e lo so che non mi conosc-»
«Arriva al dunque, ragazzina, non sono uno a cui piace perdere tempo.»
Che brutto s…scorbutico!
Per quanto Grace desiderasse tirargli qualcosa in testa, cacciò dentro tutta la sua impulsività e prese un respiro profondo. «Sono qui per Lucas, vostro figlio. I-io… io lo conosco, vengo da Atlanta, e lui ha bisogno di voi.»
Il signor Turner assottigliò lo sguardo e si sporse in avanti, fingendo di non aver compreso bene. «Ripeti, prego.»
«Lucas è nei guai e ha bisogno della sua famiglia.»
«È questo che siamo ora per lui? Ora siamo la sua famiglia?!» sbottò l’uomo facendola sussultare per quei suoi modi veramente brutali.
Grace tenne duro solo perché sapeva di avere Natalie ad appoggiarla e perché non aveva altra possibilità per salvare il ragazzo che amava con tutto il cuore.
«Quel ragazzo è sempre una vera sorpresa! Non lo si vede da un anno. L’ultima volta che ci siamo rivolti parola mi ha sputato in faccia il suo disprezzo, affermando che questa non era una famiglia e ora vorrebbe il nostro aiuto?!»
«Lucas non sa che sono qui» tentò Grace con tono di voce basso.
«No?» replicò il signor Turner utilizzando quel sarcasmo pungente, che le ricordò tanto Rylan. «E toglimi una curiosità, ragazzina. Dov’è il figliol prodigo?»
«Lui… lui è in prigione.»
«In prigione, ottimo veramente» disse Derrick tra sé e sé, cominciando a camminare avanti e indietro per l’ingresso padronale. Si mise a ridere beffardo. «Incredibile! Quel ragazzo se ne va perché ha dei problemi e ne causa anche nel suo nuovo piccolo rifugio.»
«Non ha causato problemi!» sbottò Grace, rendendosi conto poco dopo di aver alzato troppo i toni. Riprese il controllo di sé e poi continuò. «Lucas si è trovato immischiato... contro il suo volere, questo è piuttosto ovvio» concluse con un fil di voce.
«Si dice sempre così, no?»
«Sto dicendo la verità.»
Il signor Turner si avvicinò repentinamente e la guardò dritta negli occhi. Sfuggire a quel feroce sguardo fu impossibile. Grace se la stava facendo sotto da morire, non lo negava, ma doveva trovare la forza, ormai c’era dentro con tutte le scarpe!
«Ragazzina, mi credi così idiota da crederti?»
La moglie si avvicinò con tranquillità e gli pose una mano sulla spalla. La signora incuteva meno timore, ma ciò non la rendeva un pezzo di pane. Persino Lucas lo aveva detto: «Mio padre alza la voce e allora tutti fanno silenzio per paura. Dovrebbero temere di più mia madre che a prima vista può sembrare un angelo, e con noi figli lo è, ma con chi minaccia la famiglia sa essere davvero brutale.»
Forse Grace la trovava meno spaventosa per via dei racconti di Lucas, nei quali l’aveva sempre dipinta come una madre amorevole e disposta a tutto per la sua famiglia. Maestosa con quel suo portamento, pareva una regina d’acciaio, eppure Grace intravide una luce di bontà in più rispetto a quella del signor Turner.
«Derrick, calmati. La ragazza non ha detto che sei un’idiota e dubito che lo pensa, siccome non ha basi sufficienti per esprimere un giudizio sensato. Forse se provassi a darle modo di spiegare…»
«Oh, Claudia non ti ci mettere anche tu!»
La donna lo ignorò deliberatamente e posò per la prima volta lo sguardo su Grace, mettendola in soggezione. La stava degnando della sua attenzione, rubando la scena al marito. «Cosa è accaduto a mio figlio?»
Quel tono dolce la rilassò subito. Si vedeva che era una madre in pena e poi Grace si ricordò che Lucas le aveva confidato che la donna gli aveva sempre passato assegni di nascosto, ma lui non li aveva mai incassati per rispetto delle proprie decisioni.
«Signora, Lucas è in guai seri e credo che solo con il vostro aiuto possa cavarsela. Non si tratta di una banale ragazzata.»
Il signor Turner si frappose tra loro. «No! Sentitemi bene entrambe. Lucas se ne è andato da questa casa e facendolo ha rinunciato a qualunque beneficio che questa famiglia poteva donargli!» poi rivolse quello sguardo minaccioso a Grace. «Quindi se ne torni da dove è venuta, cara signorina, qui perde solo tempo.»
«Non può far sul serio… signore!» scalpitò Natalie non riuscendo più a starsene in silenzio. «È suo figlio. Metta da parte l’orgoglio e lo aiuti. Ha ascoltato ciò che ha detto Grace? Lucas rischia di finire in prigione e chissà per quanto!»
«Forse la prigione è ciò che gli serve. Una lezione per abbassargli la cresta.»
Grace ne ebbe abbastanza. Era fiato e fatica sprecata. Avevano fatto quel tentativo, provato quell’ultima spiaggia e non c’era niente da fare. Quell’uomo non si sarebbe mai schiodato dalle sue convinzioni.
Sospirò pensando che almeno ci avevano provato e non avrebbero avuto il rimorso.
«Natalie, andiamo via.»
«Che cosa?! Non vorrai veramente…»
«Non otterremo niente stando qui a sbraitare ai muri» disse Grace lanciando un’occhiata al padre. «Mi rendo conto di aver fatto un errore. Lo accetto e arrivati a questo punto è meglio se battiamo in ritirata. Vi direi che è stato un piacere conoscervi, ma la mia totale sincerità me lo impedisce. Arrivederci e tante care cose!» esclamò sventolando blandamente una mano e facendo per andarsene.
Contò tre passi e poi udì un forte applauso rimbombare per tutto l’atrio. Grace aggrottò la fronte, domandandosi il senso di tale gesto e si diede una valida risposta quando si voltò. Fecero uguale gli altri presenti nell’atrio e mostrarono la stessa espressione perplessa della ragazza quando videro chi era l’esecutore di quel solenne applauso.
Nel suo completo più elegante e con il suo caratteristico ghigno stampato sul viso, Rylan stava in cima alla scalinata di marmo.
«Fantastica! Non sei cambiata di una virgola, Graziella!» esclamò scendendo lentamente le scale mentre l’eco del suo applauso si dissolse lentamente.
«Conosci questa ragazza?» domandò sua madre Claudia.
«Certamente! È stata la mia prima vera conoscenza al mio arrivo ad Atlanta» disse senza scostare quegli occhi glaciali dal viso di Grace.
Nemmeno lui era cambiato e, nonostante le avesse ceduto il fascicolo su suo fratello, continuava a non piacerle. In quel momento che aveva sott’occhio sia Rylan che il signor Turner, non potè far altro che notare la somiglianza nell’atteggiamento di superiorità e quell’aria da trionfatori. Le veniva la pelle d’oca a star con loro nella stessa stanza. Erano proprio il genere di persone che preferiva evitare, perché erano capaci di mettere in soggezione anche il più coraggioso degli uomini e la più agguerrita delle donne.
Istintivamente Grace arretrò di qualche passo quando vide che Rylan stava proprio camminando a passo felino nella sua direzione.
«Sono contento di vederti. Mi era mancato questo tuo modo di fare da gattina feroce.»
Fermarlo fu impossibile. Rylan la prese per le spalle e le schioccò un bacio sulla guancia, facendo apparire sul viso della ragazza una smorfia. Per Grace non era proprio un gran piacere, contrariamente per Rylan che si stava godendo al massimo quel momento.
«Ce ne stavamo andando» intervenne Natalie affiancando l’amica e lanciando un’occhiataccia al maggiore dei fratelli Turner.
«E perché mai? Oh… certo, perché loro non hanno accolto le vostre speranze.»
«Già. Quindi… addio, di nuovo.»
Rylan non le lasciò andar via. Con un rapido scatto, prese la mano di Grace per portarla di fronte alla sua famiglia. «Mamma, papà e fratellino, perché mai non ascoltate questa ragazza che ha avuto il fegato di venir fin qui?»
Era complicato capire se stesse scherzando o usasse l’ironia per attenuare la tensione.
«L’abbiamo ascoltata e non ci interessa nulla di ciò che ha detto» asserì il padre.
«Madre?» tentò Rylan.
Claudia si portò due dita alla tempia e rifletté per qualche attimo. Lo sguardo insistente di suo marito non sembrò toccarla minimamente, non era una donna facilmente soggiogabile dall’opinione altrui. Nonostante ciò non diede alcun cenno positivo.
Mise le braccia conserte ed sospirò desolata. «Forse Lucas ha bisogno di crescere. Qui non ha mai pagato per le sue scorribande, se così si possono veramente definirle.»
Rylan accennò ad un cenno del capo. Nel suo sguardo c’era il desiderio di andare affondo a quella faccenda. «Dimmi dolce Grace, che cosa avrebbe combinato il mio ingenuo fratellino?»
Grace rimase un po’ sulle sue. Quelle persone le avevano negato il loro aiuto senza prima sapere esattamente cosa fosse accaduto a Lucas. Visti i precedenti credevano che si trattasse di qualche azione vandalica. Se l’avessero fatta parlare, invece che aggredirla verbalmente, forse avrebbero capito che la situazione era nettamente più grave. Grace avrebbe potuto urlargli la verità e ribellarsi alla loro negligenza, ma chi le avrebbe assicurato che in quella maniera non avrebbero danneggiato di più Lucas?
«Se non ci dici con esattezza cosa ha fatto, sarà difficile aiutarlo» la incitò Rylan.
«È accusato di omicidio» sputò Natalie.
La bomba era ufficialmente scoppiata.
Nel grande atrio scese un silenzio che poteva far concorrenza a quello di un cimitero. Grace alzò lo sguardo su Rylan e vide che era rimasto completamente senza parole. In altre circostanze avrebbe gioito nel vederlo a bocca asciutta, quello però non era il caso giusto. Spostò gli occhi sul patriarca della famiglia Turner e non trovò un’espressione tanto diversa. Come il suo prediletto, Derrick fu colto dalla sorpresa, anzi dall’incredulità. Inizialmente rimase in silenzio, poi soffocò una risata nervosa guardandosi attorno e infine tornò a fissare il viso di Grace, capendo che non si stava prendendo gioco di loro.
La signora Claudia ebbe una reazione diversa, il suo viso sbiancò dopo che Natalie diede quella notizia con poco tatto. Si lasciò scappare un gridolino mentre, dall’espressione che assunse, a Tyler pareva di aver sentito una barzelletta.
«È uno scherzo?» domandò Rylan.
«Voi lo conoscete sicuramente meglio di me. Ha combinato qualche danno anni fa, però non farebbe mai del male a qualcuno… non fino a quel punto» parlò Grace, tentando nuovamente di toccare il loro senso della famiglia. «A parte sua nonna, è rimasto da solo e sono sicura che sia innocente! Gli è stato assegnato un avvocato d’ufficio, ma a quanto pare è un incapace. Ha bisogno di voi, delle vostre conoscenze, del vostro affetto… di tutto quanto. So bene che il rapporto con voi è stato dei migliori, anzi azzarderei a dire che è stato pessimo e ora sembra scomparso. Ma è vostro figlio e vostro fratello, non potete abbandonarlo.»
«Avrai sì e no diciotto anni. Cosa ne puoi sapere?» chiese Derrick bruscamente.
«Ne so quanto basta» rispose Grace a testa alta, provando meno timore nei suoi confronti. Quello era un argomento dove vinceva indubbiamente. «E, se me lo permette signor Turner, anche se non ne sapessi nulla, credo che dovrebbe aiutare suo figlio perché nel profondo deve provare un briciolo d’affetto. Magari non sarà il suo prediletto, ma Lucas è sempre suo figlio. Non dico che dovrebbe improvvisamente dimostrargli tutto l’amore di questo mondo, però le chiedo di non voltargli le spalle in questo momento difficoltoso della sua vita.»
Quanta fierezza c’era nelle sue parole.
Era entrata in quella casa con la paura del cuore e la speranza di essere ascoltata. L’avevano aggredita, strattonata e provato a schiacciarla con la loro alterigia.
I Turner erano come una famiglia Reale.
Derrick pareva un re ambizioso e scaltro, sempre pronto a colpire i propri nemici e poco incline a scendere a compromessi. Claudia figurava come algida regina, apparentemente fredda, rispettosa del marito e protettrice della sua casa, ma all’occorrenza capace di prendere in mano la situazione. In effetti Grace contava molto sul suo aiuto, sapendo che è Lucas era il suo figlio prediletto.
Quel discorso l’aveva pronunciato a cuore aperto. Le parole uscirono spontaneamente dalla sua bocca. Non se l’era minimamente studiato e sperava di aver fatto centro. Le importava meno di zero di essersi messa in buona luce. La loro opinione sul suo conto valeva ben poco per Grace. Tutto ciò a cui mirava era di aiutare Lucas e non a farsi bella ai loro occhi.
«Caro, vieni di là con me un attimo?» chiese Claudia.
Il signor Turner le rivolse un’occhiata interrogativa, poi quando sembrò capire scosse il capo.
«Per favore» tentò nuovamente la donna.
Lui non demorse.
«Dannazione, Derrick! Seguimi in salotto e ascoltami per una buona volta!»
La voce furiosa di Claudia risuonò per tutto l’atrio. In fretta e furia, moglie e marito andarono dritti in salotto chiudendosi dentro e lasciando tutti gli altri in attesa.
«Forse ora hai qualche speranza» disse il fratello minore diretto a Grace. «Comunque io sono Tyler… e la tua amica è?»
«Natalie» rispose l’altra.
Il ragazzino sorrise, mostrando un’espressione ingenua. «Quindi siete amiche di Lucas.»
«In realtà lei è la sua ragazza» disse Rylan indicando Grace.
«Oh! Ti va di vedere la sua camera da letto? L’hanno lasciata uguale a quando è partito… credo perché la mamma sperava che un giorno Lucas sarebbe tornato. Allora… ti va di vederla?»
Grace rimase un po’ spiazzata da quella confidenza che il giovane Tyler le stava mostrando. Il suo viso allungato era luminoso e possedeva quel piglio spensierato che solo un ragazzo di quattordici anni poteva possedere; pareva un pesce fuor d’acqua in quella famiglia di rigidi. Lucas sembrava più ben piazzato, per via della sua riservatezza e quel non-so-che di misterioso.
«Forse è il caso che io stia ferma qui.»
«Conoscendo i soggetti, i nostri genitori la tireranno per le lunghe. Vai pure a farti un salto!» esclamò Rylan indicandole di salire.
«Tyler falle strada, mentre io farò compagnia alla deliziosa Natalie.»
La ragazza gli lanciò un’occhiataccia e scostò dalla sua spalla la mano dell’uomo. Natalie fece cenno a Grace di seguire quello che sembrava il più normale membro di quella famiglia.
Tyler arrossì e le fece strada, iniziando a parlare di come solitamente spiegassero agli ospiti di come era stata costruita la villa e di come lui sbadigliasse ogni minuti mentre si sorbiva tutta la tiritera.
In cinque minuti di tragitto per raggiungere la camera di Lucas, Tyler non smise di parlare nemmeno per un secondo: la batteva in quanto radio umana. Grace imparò che era un’amante del basket e delle giacche di pelle, che era interessato più allo sport che alle ragazze, le ricordò Sebastian per questo.
Non era egocentrico, Grace comprese che non le rivolgeva nessuna domanda su di lei per non cadere nell’imbarazzo se avesse toccato qualche punto dolente. Da qualche atteggiamento si riusciva a capire che condivideva la stessa sensibilità di Lucas.
«Eccoci qua!» esclamò Tyler aprendo la porta e lasciandola passare per prima.
Grace rimase sorpresa, se l’aspettava gigantesca. Forse era stata influenzata troppo dall’apparenza. Invece la camera di Lucas era così… normale. Grande quanto bastava, luminosa, con qualche foto sparsa sul muro e i poster dei suoi giocatori di football preferiti. Il letto matrimoniale era contro la parete a destra dell’entrata e ai lati stavano due scaffali, in cui scarseggiavano i libri. Cd di musica, una sveglia digitale, resti di cuffie rotte, un lettore cd e altri oggetti sparsi qua e là. C’era un comò in legno di quercia ai piedi del letto e la scrivania piena di fogli sparsi stava dalla parte opposta della stanza.
Per quanto potesse essere contenta di stare in un posto molto intimo per Lucas. Il suo odore era rimasto nell’aria, era come averlo vicino e per quanto fosse bella quella sensazione le portava anche una grande malinconia, perché le ricordava anche quanto fosse grande la distanza fra loro.
«Ha visto qui?» Tyler attirò la sua attenzione indicandole il trofeo d’oro che stava su una mensola. «L’ha vinto quattro anni fa al campo estivo. Da quel giorno è diventato il mio eroe… lo era.»
Spense in fretta il suo sorriso. Grace non lo biasimò affatto, del resto aveva provato sulla sua stessa pelle cosa significava venir delusi dalla persona a cui si voleva più bene.
«Giocava a basket?»
«Sì. Non te lo ha mai detto?»
Grace scosse il capo desolata, ma accennò ad un sorriso quando vide che Tyler si stava sentendo in colpa per la domanda che le aveva rivolto.
«Lucas non parlava spesso di ciò che faceva qui, anzi… non ne parlava affatto.»
«È stato Rylan a dirti i guai che ha combinato?»
«Sì» rispose la ragazza in un sospiro. «Io e Lucas ne abbiamo parlato e non ha negato nulla. A modo suo è stato sincero e l’ho perdonato, non che ci fosse veramente bisogno. Tutti commettono errori e non credo sia giusto giudicare una persona in base al suo passato.»
«Sei una forte!»
«Credo solamente di essere abbastanza matura per comprendere la situazione.»
«No, no. Sei una forte!» Grace non riuscì a trattenere una risata divertita e alzò le mani concedendoglielo. «Credo sia a causa tua se Rylan è tornato a casa a mani vuote. Non ci ha mai raccontato cos’è successo ad Atlanta. Appena è arrivato ha solamente detto che voler riportare a casa Lucas era una partita persa e che lui non correva dietro alle cause perse.»
«Sì, credo proprio sia una frase che direbbe Rylan.»
«Sarei proprio curioso di sapere come lo hai sconfitto!» esclamò Tyler con l’entusiasmo alle stelle.
La sua non era cattiveria, ma ingenuo divertimento. Sicuramente Lucas non era stato il solo a mostrarsi sorpreso della resa di Rylan. Grace ammise che ne andò un po’ fiera e si godette quel momento di gloria.
Le scappò da ridere, ma si ricompose in fretta. «Dire che l’ho sconfitto è un tantino esagerato.»
«Io non penso, invece!»
«Io sì» ribattè Rylan entrando nella stanza e cogliendoli sul fatto di quella discussione. «Fratellino, dovresti tornare a leggere i tuoi fumetti. Credimi, sono più avvincenti. Grace, i miei genitori ti aspettano giù nell’atrio.»
Ciò significava che avevano preso una decisione. Il cuore della ragazza fece un sussulto.
«Tyler, è stato un piacere conoscerti» disse voltandosi per salutarlo.
Il ragazzino arrossì e si passò una mano tra i capelli. Compì lo stesso gesto che faceva Lucas quando era nervoso e questo intenerì Grace. Senza dubbio c’era più somiglianza tra Lucas e Tyler, che fra loro e Rylan.
«Anche a me ha fatto piacere. Ehm… sicuramente hai tante foto di Lucas e con Lucas, ma… la v-vuoi tenere questa?»
Tyler aveva fatto una rapida corsa fino al muro, sopra al letto di Lucas, per arraffare una foto vecchia di tanti anni. L’immagine ritraeva tutti e tre i fratelli Turner, durante una vacanza in montagna. Grace strabuzzò subito gli occhi quando la prese in mano. Rylan, Lucas e Tyler sembravano veramente uniti; stavano giocando insieme in mezzo alla neve e i loro sorrisi erano sinceri.
Forse non doveva mostrare tanto stupore, del resto lei sapeva poco e niente del rapporto che intercorreva fra loro. Lucas aveva sempre evitato di parlarne e lei non lo aveva incitato per non essere indisponente. Solamente su Rylan le raccontò qualche aneddoto poco carino, ma era matura abbastanza per intuire che “qualche aneddoto” non erano abbastanza per descrivere diciassette anni di convivenza.
«Lo so che magari non te ne frega niente. È solo per farti capire che non siamo tutti delle mele marce» disse Tyler con un tale dispiacere che persino Rylan ne fu colpito, anche se ovviamente non lo diede a vedere. «Volevo bene a Lucas… gliene voglio ancora. Se non l’ho mai cercato è perché… è difficile cercare qualcuno che si è allontanato così tanto, senza voltarsi mai una volta. Ricordo bene la notte che abbandonò questa casa e non solo quella.»
Oh, per Grace non era niente di nuovo. Lei lo capiva. Capiva quel senso di vuoto che anche Tyler doveva aver provato quando suo fratello era fuggito da Chicago.
Grace e Tyler avevano provato la stessa rabbia per i rispettivi fratelli. E avevano versato le stesse lacrime, soffocato il pianto disperato contro un cuscino e poi fatto finta che tutto il dolore fosse sparito. Chiaramente non era sparito. Era ancora lì, nei loro cuori. Un drappo impossibile da ricucire. Arduo era perdonare il tradimento della persona che più si aveva amato o ammirato.
Istintivamente Grace lo abbracciò. Era come per fargli capire che lo capiva e che avrebbe voluto attenuare quel dolore. Tyler non potè capire, ma andava bene così.
La ragazza lo salutò carezzandogli una spalla e poi seguì Rylan fino al piano inferiore, dove l’attendeva la risposta più attesa di tutta la sua vita.
Grace scese lentamente i gradini di quella lunga scalinata. Le sembrò di vivere il momento a rallentatore per via della tensione che aveva in corpo. Gli occhi dei coniugi Turner erano fissi su di lei. Provò a capire la risposta dal loro sguardo, ma quei due erano veramente enigmatici: un tratto che Lucas aveva certamente ereditato dai suoi genitori.
La ragazza rimase in silenzio, voleva che fossero loro a dire quello che dovevano dire. Per fortuna quel silenzio non durò a lungo, Grace detestava quei momenti in cui i suoi pensieri facevano decisamente troppo rumore.
Derrick Turner fece un passo avanti, scostandosi dalla moglie, e mantenendo quella freddezza impeccabile si mostrò pronto a parlare.
«In seguito ad una ponderata riflessione riguardo alla tua richiesta, ti informiamo che partiremo per Atlanta.»
Quello bastò per far scalpitare di gioia il cuore di Grace. Ce l’aveva fatta veramente? Non ci poteva credere!
«Essendo una famiglia di prestigio e possedendo un’azienda, non è così semplice assentarci dal nostro ambiente e per troppo tempo. Ma data la situazione, sarà impossibile non allontanarci da Chicago» asserì facendo tirar un sospiro di sollievo a Grace, che per un attimo pensò che ci stesse ripensando lì su due piedi. «Capirai bene che dobbiamo sistemare alcuni affari, massimo tre giorni e arriveremo ad Atlanta. Dovremo trovare una sistemazione, non so se mia madre ci darà l’onore di ospitarci.»
Natalie stava per ribattere, ma Grace la tenne buona. Fosse mai che il re e la regina di ghiaccio potessero ripensarci a causa di qualche risposta buttata male.
«Questo è tutto ciò che lei deve sapere. Sono certo che avremmo ancora modo di vederci» continuò il signor Turner non scomponendosi minimamente. Con un cenno della mano fece segno a Rylan di avvicinarsi. «Figliolo, mi faresti la cortesia di accompagnare le ragazze ovunque vogliono? Hanno finito qui e, visto il grande disturbo che si sono prese per quello scapestrato di tuo fratello, direi che non possiamo lasciarle andar via in taxi.»
«Come darti torto, papà. Sarebbe alquanto scortese da parte nostra.»
Agli occhi di Grace, l’ambiguità di Rylan era alla pari a quella del signor Turner. Non era solo una questione di atteggiamento, bensì il loro modo di prendere in mano una situazione, riuscire ad infilarsi e manovrarla a proprio piacimento. Il primo impatto con entrambi non era stato dei migliori. Rylan aveva mentito sulla sua identità presentandosi come Kristopher, poi ha iniziato i suoi intrighi, e Derrick era stato aggressivo nei suoi confronti, eppure in quel momento si era mostrato un perfetto uomo d’affari.
Per la ragazza era difficile inquadrarli. Scosse la testa, pensando che in realtà non le importava poi così tanto di capirli. Tutto ciò che voleva era di far uscire Lucas di prigione e se quei due sarebbero stati le sue buone carte, allora non aveva niente da ridire.
Era disperata, lo ammetteva a sé stessa. E una persona disperata, specialmente negli affari in cui il cuore ne era il protagonista, sarebbe stata disposta a tutto per lui. Anche scendere a patti con il suo peggior nemico.
Rylan rivolse a lei e Natalie il classico ghigno e le sorpassò andando alla porta.
«Vi auguro un buon viaggio di ritorno» le salutò la signora Turner.
Grace ricambiò con un timido gesto della mano e uscì da quella casa a braccetto con Natalie. Scesero i tre gradini del porticato e notarono con poca gioia che Rylan era bello e ghignante ad aspettarle. L’uomo aprì loro la portiera e con un gesto della mano fece cenno di accomodarsi nei sedili posteriori.
Il sol pensiero di stare nella stessa autovettura con Rylan faceva rabbrividire entrambe. Si chiesero perché, fra tutto quello sfarzo, non disponessero di un’autista. Sarebbe andato bene anche il maggiordomo o quello scorbutico giardiniere. Almeno Rylan ebbe la decenza di starsene in silenzio per tutto il viaggio ed ebbero fortuna a non trovare la strada trafficata. Per quanto apprezzassero il suo mutismo, Natalie e Grace non vedevano l’ora di liberarsi del primogenito dei Turner. A primo acchito, sembrava ben disposto ad aiutare Lucas, ma ciò non bastava per guadagnarsi la loro completa fiducia.
Come potevano dopo tutto quello che aveva causato ad Atlanta?
Grace possedeva una buona memoria per i torti e i tradimenti, lei non dimenticava mai e un suo difetto era di portare rancore a lungo. Certamente era stata contenta, più che altro molto sorpresa, quando Rylan le diede il fascicolo su Brandon senza voler nulla in cambio, ma ciò non bastava per ottenere la sua completa fiducia. Mai abbassare la guardia era una prerogativa di Grace, senza contare che farlo con Rylan sarebbe stato un grosso errore.
«Eccovi alla vostra dimora» disse l’uomo scendendo dall’auto e andando rapidamente ad aprire la portiera. Mise in bella mostra il suo più seducente sorriso e allungò una mano per aiutare Natalie a scendere, ma lei arricciò il naso e ricambiò esibendogli una smorfia.
Grace soffocò una risata divertita quando vide che la sua migliore amica l’aveva beatamente snobbato. Lei non gli prestò molta più attenzione. Sibilò un “grazie” per cortesia e poi lo sorpassò.
«Graziella!» la chiamò Rylan utilizzando quel soprannome italiano affibbiatole ancora al loro primo casuale incontro.
La ragazza si voltò rimanendo sulla soglia della porta del Bed&Breakfast. Fissò quegli occhi di ghiaccio in attesa di sentirlo parlare, ma Rylan non si scompose minimamente e lei si domandò se fosse stato colpito da un’improvvisa paralisi. Il furbo primogenito dei Turner rimase appoggiato alla sua auto con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni e l’aria di chi stava aspettando.
Grace intuì che non le avrebbe detto niente fino a quando Natalie non si sarebbe tolta dalla scena. Quindi si voltò verso l’amica e le fece cenno di entrare nel B&B.
«Sicura?»
«Sì. Vai pure.»
«Nell’attesa chiamerò la signora Loraine e l’aggiornerò su quello che ci ha detto il suo simpatico figliolo» disse Natalie alzando gli occhi al cielo al pensiero del capofamiglia dei Turner. Nei suoi confronti provava la stessa antipatia che provava per l’adorato primogenito. L’unica cosa che le piaceva - che poi piacere era una parola grossa - di quella famiglia di ghiaccio era che avrebbero aiutato Lucas. Natalie schioccò un’occhiataccia a Lucas e poi entrò nel Bed&Breakfast.
Grace si avvicinò a Rylan e, mettendo le braccia conserte, gli fece cenno di parlare.
«Sei una sorpresa continua» affermò lui mantenendo il contatto visivo. «Avevo capito che fossi agguerrita, ma non fino al punto di sfidare i miei genitori.»
«Io non ho sfidato proprio nessuno. Sto solo cercato di aiutare Lucas.»
«Tu farai di tutto per tirare fuori dai guai il mio adorabile fratellino.»
«Ti do questa impressione?»
Rylan ammiccò ad un sorriso divertito. «Non era una domanda, dolcezza. Sappi che otterrai tutto ciò che vorrai, in fondo hai finalmente capito che ti sei rivolta alla persona giusta.»
«Con “persona giusta” intendi tu?» domandò Grace inarcando un sopracciglio.
«Ovviamente. È passato del tempo dal nostro ultimo incontro, ma ricordo bene le mie ultime parole e tu?»
Certo che Grace se le ricordava.
«Hai detto che ti ritenevi un ottimo alleato. È a questo a cui ti riferisci?»
«Esattamente» rispose Rylan con soddisfazione. La sua sicurezza era qualcosa di veramente invidiabile, sembrava sempre tenere il controllo della situazione e - si era capito - ogni sua mossa era imprevedibile. Queste caratteristiche lo rendevano un nemico pericoloso, quando un formidabile alleato. Ma sarebbe veramente giunto il momento in cui Grace avrebbe riposto la sua fiducia nelle viscide mani di Rylan?
La risposta non arrivò quel giorno. Rylan si avvicinò a lei a passo felpato e alzò una mano per carezzarle una guancia. «Continua a tenerlo a mente, piccola Grace. Sarà la tua salvezza e quella di mio fratello» mormorò. Le voltò le spalle, senza mai girarsi, e salì sulla sua auto proseguendo per la sua strada.
Per immensa gioia di Natalie e Grace non lo rividero per i restanti due giorni del loro soggiorno. Rimasero a Chicago, fingendo di essere a Charleston e nonostante tutto si divertirono. In realtà forse era troppo definire “divertimento” i momenti trascorsi nella città ventosa. Entrambe provarono a trarre spensieratezza da ogni attimo possibile, ma Lucas era il loro punto fisso. Evitarono di cantar vittoria per non portare sfortuna, però credevano di aver ottenuto un piccolo successo. Riponevano fiducia nella famiglia Turner perché non c’era altro a cui potersi aggrappare. Ai loro occhi Lucas era innocente, ma sfortunatamente sembravano esserci molte prove a suo sfavore. Inoltre l’avvocato d’ufficio che gli avevano assegnato, non aveva fatto alcun progresso!
Natalie e Grace speravano che la famiglia di ghiaccio avrebbe utilizzato al meglio le proprie risorse. Non c’era altro da fare che aspettare.
«Hai fatto un ottimo lavoro» le disse Natalie durante il viaggio di ritorno ad Atlanta. «Vedrai che riusciremo a tirar fuori Lucas da tutta questa situazione incasinata e al più presto saprà anche il perché non sei andata a fargli visita.»
«Grazie, ed entrambe abbiamo fatto un ottimo lavoro» la corresse Grace.
Non poteva che esserle riconoscente per tutto ciò che fu disposta a fare in quel week-end. Una delle poche fortune che le erano capitate nella vita era proprio quella di aver incontrato Natalie. Era una ragazza con un gran cuore e una mente brillante, una combinazione che le avrebbe spianato la strada del futuro.
In molte occasioni, Grace si era fatta forza pensando alla grinta che la sua migliore amica usava per raggiungere i suoi obiettivi. Ammirava quella tenacia invalicabile, che a volte metteva Natalie sotto una luce cupa e fredda, quando invece gran parte delle sue azioni erano dominate dal cuore. Non era affatto un’insensibile, ma prendeva le decisioni con coscienza senza trascurare i suoi sentimenti. La ragazza riusciva a mantenere un equilibrio tra mente e cuore.
Per Grace ciò era arduo, dal momento che spesso agiva presa dall’impulsività. Per fortuna Natalie era sempre stata il suo sostegno e riusciva a farla ragionare; senza di lei, sarebbe finita spesso nei guai. Poteva sembrare una di quelle frasi già pronte e di false fondamenta e invece Natalie era uno dei pilastri che reggevano la sua vita e tutto sarebbe crollato senza la sua presenza.
Era veramente incredibile come la sola voce della sua migliore amica, sembrava aggiustare ogni pezzo rotto. Grace suppose che era tutto per via degli anni trascorsi insieme, durante i quali la loro amicizia non potè che rafforzarsi affrontando i problemi di ogni età. Natalie era stata al suo fianco in ogni momento che fosse stato di gioia o di tristezza.
Erano state numerose le volte in cui asciugò le lacrime di Grace e altrettante erano le volte in cui Natalie riuscì a trovare il sorriso dopo essersi sfogata con la sua migliore amica. Erano come due puzzle che si incastravano alla perfezione. Insieme formavano un disegno carino mentre separate non erano altro che due singoli pezzi.
Assieme a Lucas, Natalie era stata l’unica persona a non abbandonarla di fronte ad una difficoltà. Grace avrebbe potuto includere Ted nella cerchia ristretta di persone che le avevano teso una mano in caso di difficoltà, ma il problema che sussisteva era la testardaggine del ragazzo nel ritenere Lucas una pessima persona e, da quando era iniziato il processo, aveva messo in dubbio la sua innocenza nell’omicidio di David.
Ciò che legava Ted e Grace era qualcosa di profondo e ostico da distruggere. Provavano un grande affetto l’uno per l’altra, per questo la ragazza decide di farsi scivolare addosso i pensieri malsani su Lucas. Grace era certa che, non appena il suo ragazzo sarebbe stato reputato innocente, Ted si sarebbe ricreduto e tutto sarebbe tornato meravigliosamente come prima. Ma queste erano solo le sue speranze, la realtà sarebbe stata un po’ diversa.
«Andrà tutto bene, vedrai» la rassicurò Natalie. «Supereremo presto questo momento e tra qualche anno sarà solo una brutta parentesi chiusa.»
Grace annuì, credendo alle parole dell’amica. Le trasmetteva sempre molta fiducia, senza però darle false speranze. La sincerità era ciò che sanciva il loro rapporto, tenendolo slegatamente stretto per oltre un decennio. «Ti confesso che ho convissuto assieme la paura da quando Lucas è stato portato via in manette. Ho sempre pensato a cosa ne sarebbe stato di me, di lui, di tutto quello che abbiamo passato e dei progetti che avevamo insieme. Tutte le mie sicurezze hanno iniziato a sgretolarsi e credevo che sarebbero volate via come polvere nel vento.»
«Parli al passato. Cosa è cambiato?»
«Ho iniziato a credere che c’è speranza.»
«Certo che c’è speranza!» esclamò Natalie con un largo sorriso. «Non devi arrenderti, Grace. Lotta, lotta fino all’ultimo respiro e vedrai che Lucas tornerà in libertà e finalmente potrete riprendere la vostra vita insieme. Combatti per il ragazzo che ami e combatti per la tua felicità. Io sarò al tuo fianco.»
Con gli occhi pieni di lacrime dalla commozione, Grace si lanciò addosso alla ragazza più importante della sua vita per rinchiuderla in un abbraccio carico dell’affetto che provava e della gratitudine che non sarebbe mai riuscita a ricambiare. Come si poteva ripagare tale generosità? Chi sarebbe rimasto al suo fianco in quella situazione? Chi avrebbe mentito e progettato un piano per salvare un ragazzo fortemente accusato d’omicidio?
Natalie Anne Fisher era il bene più prezioso che Grace poteva possedere.
Prima di raggiungere la stazione degli autobus di Atlanta, dove il signor Fisher le stava aspettando, le due ragazze si misero d’accordo di mantenere la farsa del viaggio a Charleston. Preferivano mantenere il silenzio sulla loro visita ai Turner, fino a quando quest’ultimi non avrebbero onorato la loro parola e sarebbero giunti in città.
«Grazie per il passaggio» disse Grace scendendo dall’auto. «Noi ci sentiamo domani, ok?» domandò verso l’amica.
«Ovvio. Buonanotte, tesoro» le augurò Natalie sporgendo dal finestrino per schioccarle un bacio sulla guancia.
Grace salutò il signor Fisher e poi, con il borsone in spalla, s’incamminò verso casa sua.
Quel momento le ricordò il suo primo incontro con Lucas. Avvenne proprio in quel punto preciso, tra il marciapiede e la staccionata bianca di casa sua. Grace si voltò come per rivivere quel momento, ma la presenza di Lucas alle sue spalle era solo un ricordo. Un velo di malinconia la circondò rendendola triste. In quel momento il ragazzo che amava stava dietro le sbarre mentre lei era lì a gustarsi l’aria aperta. Alzò lo sguardo sulla luna che brillava in un cielo senza stelle, proprio come quello della notte in cui David morì. Grace si domandò se, dalla sua cella, Lucas riuscisse a vedere quella splendida luna. Non stavano insieme, ma stavano entrambi sotto lo stesso cielo e in qualche modo erano uniti o almeno così le piaceva pensarla.
Sospirò pesantemente e si aggrappò a quella speranza donatale da Natalie. Doveva credere che Lucas sarebbe uscito da vincitore da quella situazione.
Grace si portò una mano al collo e sfiorò con i polpastrelli la catenina, fino ad arrivare al pietra azzurra incastonata nel ciondolo d’argento. Era stato il regalo di Lucas per San Valentino. Chiuse gli occhi ricordando ancora il suo visino mentre gliela consegnò e di quella tenerezza che suscitò quando le chiede di potergliela mettere al collo. Grace non se ne era mai separata e mai l’avrebbe fatto fino a quando l’amore che provava per lui non sarebbe svanito.
«Sei nel mio cuore» sussurrò nella sciocca speranza che lui la potesse sentire.
Sentì un groppo in gola e sapeva che da lì a poco si sarebbe messa a piangere, invece si stupì e riuscì a ricacciare dentro tutta la tristezza. Il tempo delle lacrime era finito. Era il momento di mostrare i denti e tirar fuori le unghie: avrebbe lottato!
La sua mano lasciò libero il ciondolo. Riaprì gli occhi, il suo sguardo era completamente dominato dalla determinazione. Grace riprese a camminare verso la porta di casa sua e quando la aprì non fece in tempo a dar notizia del suo ritorno che ad accoglierla fu un forte schiaffo.



Mrs. Montgomery:
Ciao a tutti!
I capitoli si stanno un po' allungando e spero che questo non vi causi problemi. Questo era importante perchè finalmente - sì lo potete proprio dire - avete conosciuto tutti i membri della famiglia Turner.
Chiaramente leggere ancora di loro, conoscendoli un po' meglio.
Grace è più che determinata ad aiutare Lucas, ma non troverà affatto la strada spianata e credo che nel prossimo capitolo rimarrete più che perplessi dal suo comportamento.
Io non vi anticipo nulla, vi lascerò tirare le vostre conclusioni ;)
Non solo Grace aiuterà Lucas e vedrete chi altro si darà da fare.
Mando un grosso bacio a tutti voi che avete letto questo capitolo e che continuerete a leggere la storia.
Grazie a chi recensisce e chi inserisce la storia tra le varie categorie.

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-Baci

 

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Capitolo 20
*** All'alba del nuovo giorno ***


 

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Trailer di Inaspettato Amore



All'alba del nuovo mondo



 

Il bar di Jim pullulava di gente.
La maggior parte erano studenti del liceo o dell'università che si divertivano sfidandosi a gare alcoliche, a biliardo o freccette. I più tranquilli assistevano alla partita di football oppure stavano semplicemente seduti ad un tavolo scambiandosi qualche chiacchiera. Solitamente serate del genere si verificavano durante il week-end, ma con l’inizio dell’estate e la fine della scuola, tutto ciò avveniva ogni sera. Gli affari del buon Jim non potevano che andar meglio, anche se il suo miglior barista era stato arrestato con l’accusa di omicidio. Questo particolare non danneggiò i suoi affari, in molti evitavano di parlare di ciò che stava accadendo. Quando si entrava nel bar di Jim, specialmente dopo il tramonto, non si pensava ad altro se non al divertimento!
Il solito fracasso, le solite compagnie e il solito spasso frizzante!
Eppure c’era una persona che non riuscì proprio a trovare alcuno svago.
Natalie era seduta da più di mezz’ora al suo tavolo, cha stava in fondo alla grande sala. Con il gomito sul tavolo e la testa appoggiata sul palmo della mano, preferiva osservare gli altri divertirsi piuttosto che unirsi a loro.
«Donzella del mio cuore, perché non ci raggiungi donandoci il tuo grande ardore?» domandò Sebastian, avvicinandosi a lei con il suo più smagliante sorriso. Ma la ragazza era talmente di pessimo umore che nemmeno la sua classica ironia riuscì a distrarla.
Sebastian spense il suo sorriso, intuendo che il suo pessimo umore era legato a qualcosa di serio e si sedette accanto.
«Che cosa c’è che non va?»
«È solo che… non capisco come tutto possa cambiare dalla sera alla mattina e viceversa.»
«La morte di David ha sconvolto tutti, lo so…»
Natalie si voltò di scatto verso di lui con la fronte piena di rughe da quanto suscettibile sull’argomento. «Non parlo affatto di David. È Grace che… - sospirò scuotendo il capo - Mi pare impossibile che se ne sia andata dopo ciò che abbiamo affrontato per portare ad Atlanta i genitori di Lucas. Solo tu lo sai quanto abbiamo rischiato, anzi quanto Grace ha rischiato! Neanche il tempo di rivedere i signori Turner che se ne è andata. Come ha potuto?»
Sebastian non sapeva bene cosa risponderle. Preferiva non tirar fuori l’argomento e trattarlo, ma dato che era successo sarebbe stato sincero come sempre.
«Natalie, non la voglio difendere, però magari aveva solo bisogno di prendersi una pausa da tutto questo gran casino. La situazione è anormale sotto tutti i punti di vista. Con l’età che abbiamo dovrebbe esserci vietato di finire in queste cose.»
«Hai ragione, però ci siamo dentro. Tutti quanti. Ognuno ha fatto la sua parte quella notte e ora dobbiamo risponderne. Lucas è quello con l’acqua alla gola e Grace non l’aveva tanto più bassa.»
Sebastian corrugò la fronte e indurì lo sguardo, sperando di aver frainteso. «Credi che uno di loro sia colpevole? Perché, sai, le tue parole fanno presagire proprio questo!»
«No!» esclamò Natalie sgranando gli occhi. «Certo che no! Non intendevo dire questo! E poi sai che sono una dei pochi che sostiene Lucas, ed è tutto dire visto che la persona con cui sto è di tutt’altra op-»
«Allora stai attenta» disse Sebastian pronunciando chiaramente quelle parole. «Potresti essere chiamata a testimoniare e se ti fai prendere troppo dalle emozioni, potresti incriminare una persona innocente.»
«Tu credi che Lucas sia innocente?»
«Sì. Mi ci giocherei una mano che lo è. È come nei film, il primo sospettato non è mai il colpevole. Bisognerebbe essere più introspettivi e guardare affondo alla storia.»
Natalie sospirò pesantemente, sapere chi fosse il colpevole rientrava al secondo posto nella lista dei pensieri importanti. Lei voleva lì la sua migliore amica e non per aver personalmente il suo sostegno morale. La presenza di Grace era d’aiuto a Lucas, che sicuramente non se la stava passando bene al penitenziario.
«Sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto e poi quella zucca buca decide di andarsene!» sbottò tirando un pugno al tavolo.
«Zucca buca» ripetè Sebastian provando a trattenersi dal ridere.
«Non è divertente» lo riprese subito Natalie. «Io proprio non so che pesci prendere con Grace. Le voglio bene e starei sempre dalla sua parte, ma qui ha sbagliato totalmente! Vorrei non giudicarla, lo vorrei veramente.»
«Lei che cosa ti ha detto esattamente?»
«Che la situazione iniziava a metterla troppo sotto stress, che voleva bene a Lucas e non si è pentita del viaggio a Chicago, però che non aveva alcun ruolo in questa storia e che doveva cambiare aria.»
«E tu le hai creduto?»
«Sì, Grace non mi mentirebbe mai. Mi è persino venuto il dubbio, anzi che siano stati i suoi genitori a spingerla ad andare dai nonni. L’hanno plagiata così tanto, utilizzando la sua vulnerabilità che alla fine l’hanno convinta.»
«Quindi credi che se ne sia andata?»
«Certamente» esclamò Natalie pensando che l’amico fosse proprio duro d’orecchi. «Si pentirà di questa decisione e sono sicura che tornerà, solo spero non lo farà quando sarà troppo tardi.»
«Magari è una strategia per darla a bere ai suoi genitori e sta pensando a qualcosa per aiutare Lucas» ipotizzò Sebastian provando a pensare tutte.
In effetti stava considerando un po’ strana la partenza di Grace. Conoscendo tutto ciò che aveva superato per Lucas e con Lucas, gli pareva troppo strano che l’avesse abbandonato da un giorno all'altro. Certo, considerava che la situazione era la peggiore di tutte, ma con tutto quello che era successo, bastava solamente avere più pazienza.
Inoltre avrebbe potuto ricevere l’aperto sostegno di Natalie e anche quello di Sebastian. Non sarebbe stata sola.
La partenza di Grace non lasciò l’amaro in bocca solo a Natalie, ma anche a Sebastian seppur preferiva tacere. Il ragazzo l’aveva sempre considerata una forte tempesta già di suo, ma con un buon motivo per combattere poteva trasformarsi in qualcosa di ancora più forte. Grace non era una persona che si lasciava mettere i piedi in testa e non permetteva a nessuno di decidere per lei. Forse Sebastian l’aveva sopravvalutata e non era stata forte abbastanza per sopportare il processo, con annesse difficoltà.
«Non trovi strano che avendo trovato il corpo di David, dopo Lucas, non sia stata chiamata a testimoniare? Secondo te come ha fatto a rimanere fuori dal processo?» chiese Natalie.
«Il suo patrigno ha forti conoscenze al distretto di polizia. Sicuramente ha trovato un modo per circuire la questione.»
Natalie sembrò trovarsi d’accordo con il suo pensiero. In ogni caso non riuscì ad aggiungere altro, siccome il resto della loro compagnia li raggiunse al tavolo e preferirono cambiare argomento.
Trovarono molto più rilassante discutere sui nuovi acquisti di Kelly, al posto dei colpi di testa di Grace, ed era tutto dire. Per fortuna Zeke e Tom portarono la conversazione su un argomento che interessava tutti. L’allegro gruppo parlò dei propri progetti estivi: c’era chi avrebbe lavorato, chi si sarebbe dato alla pazzia gioia, chi sarebbe andato in vacanza in qualche isola tropicale. Parlarono per molto, eppure l’ombra dell’elemento mancante della compagnia non faceva altro che attendere di essere riportato alla luce.
«Che stupido! Me lo stavo completamente dimenticando!» esclamò Ted, nel bel mezzo della conversazione. L’attenzione di tutti era su di lui, mentre frugava nella tasca interna della giacca. «È arrivata stamattina ed è per tutti voi!»
I giovani attorno al tavolo si sporsero per osservare la cartolina che Ted aveva poggiato sul tavolo. Proveniva dall’Alabama e c’era allegata una foto di Grace che se ne stava spaparanzata su un lettino a prendere il sole, sorridente come non mai e con un cocktail in mano.
Natalie rimase visibilmente infastidita da quella foto, la riteneva uno scherzo di pessimo gusto. Sperava che lo fosse, perché vederla così mentre Lucas se ne stava in un posto completamente differente, con un umore completamente differente, era veramente pessimo.


 

Qui fa veramente molto caldo.
L’ideale per fare una grigliata e festa in piscina.
Qui i nonni non ne hanno una, che peccato!
Per fortuna Tom mi ha insegnato a fare qualche cocktail con tanto ghiaccio… alla salute!
Mi mancate tanto!
Tanti baci,
-Grace!



«Ehi! Secondo voi possiamo chiederle di raggiungerla?» domandò Kevin con la sua solita vena di far festa.
«Sì!» urlò entusiasta Tom, dandogli corda. «Sarebbe fighissimo! Potremmo farci una mini-vacanza. Come ai vecchi tempi!»
Sebastian scosse il capo. «Io passo, ma se voi volete andare…»
«Direi che possiamo anche fare a meno di te» commentò Kelly, prima di rivolgersi agli altri. «Ho sentito dire che le estati dell’Alabama sono tra le più calde degli Stati Uniti. Scommetto che la nostra abbronzatura sarà da far invidia. Una visitina a Grace potremmo inserirla fra tutti i nostri programmi.»
«E da quando ti importa di andare a far visita a Grace? Non la detestavi?» cominciò Natalie. Era stufa marcia di quel suo comportamento così superficiale e falso.
Kelly voltò lentamente il capo verso di lei e sorrise. «Io non ho mai detto di detestare Grace. Ho solo…»
«No, infatti hai solo cercato di mettere zizzania tra lei e Lucas per un piacere personale. E devo forse nominare le volte in cui hai tentato di metterla in difficoltà nel corso dell’anno? Senza riuscita, aggiungerei.» Natalie ricambiò quel sorriso falso come le scarpe della sua avversaria. Era pronta a quello scontro fra gatte e non si sarebbe tirata indietro, nemmeno con l’intervento di Ted che già le stava lanciando non poche occhiate. «Sarei davvero curiosa di ascoltare la storia in cui tu e Grace tornate ad essere amiche, ma dubito che sia mai accaduta.»
«Io e Grace non siamo tornate amiche, perché non abbiamo mai smesso di esserlo.»
«E dello schiaffo che ti ha tirato a Dicembre? Te lo sei scordata?»
«Non me lo sono scordata. Ho preferito fare ammenda sul mio comportamento e nonostante io sia contro ogni tipo di violenza, direi che posso perdonarle quello scatto d’ira. Del resto sappiamo che Grace si lascia troppo trasportare dalle emozioni.»
«In effetti dovrebbe stare attenta a questo suo lato caratteriale. Potrebbe causarle seri problemi, se non gliene ha già causati» commentò Zeke fissando intensamente il suo boccale di birra.
Natalie inarcò un sopracciglio e decise di ignorarlo, tornando invece a guardare Kelly. «Dovrei veramente credere che tu l’abbia perdonata? Come dovrei anche credere che la volevi lontana da Lucas per proteggerla?»
Kelly rimase impassibile e con gli occhietti vispi rivolti alla ragazza. «È la verità, ma sei libera di non credermi.»
«Infatti è così» rispose duramente Natalie.
Ted l’afferrò per un gomito. «Ehi, ora smettila! Stai veramente esagerando.»
Sapeva bene che era nervosa per la partenza di Grace e lo comprendeva, ma si stava anche facendo trasportare dall’antipatia che da sempre provava per Kelly e questo non poteva tollerarlo. L’astio che da sempre c’era tra le due non rendeva Natalie lucida e la portava a lanciare accuse a vuoto. Spesso Ted faceva finta di niente per il quieto vivere, però iniziava ad averne abbastanza, soprattutto perché Kelly non aveva mai detto niente di male sulle sue amiche.
«Che tu ci creda o no, voglio bene a Grace e ho solo cercato di proteggerla» affermò Kelly riprendendo il discorso. Posò le mani sul piano del tavolo e si sporse verso Natalie, guardandola dritta negli occhi. «Credi che mi abbia fatto piacere frequentare quel viscido di Rylan? Ovviamente no, ma volevo scoprirne di più su Lucas e quando ho scoperto quelle brutte cose non potevo proprio starmene in silenzio. Ho dovuto parlarne con Ted perché solo con lui potevo confidarmi. Tu mi detesti, Sebastian è il miglior amico di Lucas e avendo avuto dei contrasti con Grace temevo che non mi avrebbe creduta.»
«E tu vuoi veramente che io ti creda?» Natalie era fredda e impassibile.
«Sì, lo vorrei tanto. Capiresti che non sono così mostruosa come pensi» sussurrò Kelly sull’orlo delle lacrime.
Sembrava molto sofferente di fronte alla barricata di cemento immaginaria che Natalie aveva instaurato tra loro. Abbassò il capo e si portò una mano alla bocca per soffocare il singhiozzi, poi si scusò e disse che sarebbe andata in bagno.
Natalie alzò gli occhi al cielo e si lasciò andare contro lo schienale della sedia.
«Lo sai che sei stata veramente stronza» le disse Ted con sguardo di ghiaccio.
«Non iniziare a difenderla. Sarebbe veramente un pessimo modo per chiudere questo schifo di serata» replicò la ragazza, stanca dei soliti drammi. Non sarebbero state quattro lacrime da coccodrillo a farla cedere. «Vuoi andare a consolarla? Prego! Va’ pure e fa il tuo dovere di cavalier servente, come sempre!»
«Non serve. Vado io» disse Zeke, alzandosi e abbandonando di fretta il tavolo.
«Io vado a pagare il conto» aggiunse Tom, volendo togliersi tutta quella tensione di dosso.
Sebastian sbuffò e si alzò a sua volta, infilandosi la giacca di pelle nera. «Io me ne vado a casa. Ne ho già sentite tante per stasera.»
Era chiaro che volevano far rimanere da soli la coppia di amici, i quali avevano un serio bisogno di parlare.
Lei però parve non essere minimamente intenzionata ad affrontare l’argomento, sapeva che sarebbero andati a parare allo stesso punto. Si stupiva dell’intelligenza di Ted che continuava a volerne discutere. Non si rendeva conto che era solo una perdita di tempo?
«Senti…» iniziò calmo lui, dopo aver preso un lungo respiro «capisco tutto, lo capisco veramente. Grace è lontana e questo ti rende suscettibile, ma ti chiedo di non discutere più con Kelly. Non capisci che destabilizza l’armonia del gruppo?»
«Ah! Comincia lei e sarei io a destabilizzare l’armonia del gruppo?» sbottò ironicamente Natalie, impegnata a spezzettare il suo tovagliolo di carta.
«Beh… oggi hai iniziato te.»
«Con tutte le volte che ha iniziato lei, direi che puoi anche chiudere un occhio. Accendi il tuo acume, quando dici che ho cominciato, mi sgridi. Quando è lei, invece, usi la scusa dello stress! Non sarà che sei ancora preso da Kelly?»
«C-che cosa?!» esclamò Ted con gli occhi sbarrati. «Wo, wo, wo, frena! Io sto con te, lo ricordi? O in mezzo a tutto il tuo accanimento per Kelly, te lo sei scordata?»
«Io lo ricordo benissimo, sei tu quello con poca memoria!» replicò Natalie voltandosi di scatto verso di lui.
Lo pensava davvero. La paura di una loro possibile rottura o dell’intromissione di Kelly era visibile nel suo sguardo. In quel momento Ted capì che aveva sbagliato, o meglio, lui continuava a credere nella buona fede di Kelly, ma forse aveva calcato troppo la mano nel vederla in pace con Natalie. Così facendo le aveva veramente fatto credere che era tornato a pensare alla ragazza a cui era stato dietro per tanto tempo.
Ted non aveva dubbi che in quel momento il suo cuore batteva solo per Natalie, esattamente come quando frequentavano le scuole medie. Kelly era solamente una sua buona amica, come del resto lo era stata durante gli anni del liceo. Lui si era preso una sbandata, ma non era stata nient’altro che una cotta adolescenziale. Di Natalie era innamorato, avrebbe scelto lei e solo lei.
«Mi dispiace» sospirò il ragazzo, ammettendo a sé stesso l’errore commesso. «Io desideravo solamente che andassimo tutti d’accordo e… e non voglio che tu pensi che ho ancora in testa Kelly, perché non è così! Non lo è affatto! Lei era la mia Vronskij e tu il mio Levin. Come Kitty, solo alla fine ho capito che eri tu la scelta giusta e continuo a pensarlo.»
Un sorriso intenerito si impossesso delle labbra di Natalie. Nel suo romanticismo un po’ stravagante, Ted le stava dando la dimostrazione che lei da tanto aspettava. Non aveva mai preteso fiumi di regali o il tappeto rosso. Quelle parole possedevano un significato molto più profondo di quello che sembrassero.
Natalie allungò una mano sul viso del ragazzo e, guardandolo con sguardo dolce, gli carezzò una guancia. Osservò quel faccino da eterno bambino ingenuo, incapace di mentire e di voler del male a qualcuno. Ted chiuse gli occhi e tirò un sospiro di sollievo; non l’aveva persa. Quei pochi minuti di terrore assoluto, gli avevano fatto comprendere quanto Natalie fosse importante per lui e non solo come amica. Stavano insieme e al contempo conservarono quel rapporto d’amicizia speciale che per anni costruirono. Poteva esserci qualcosa di meglio?
Le prese la mano e incastrò le loro dita, poi l’attirò a sé per abbracciarla e le stampò un bacio sulla fronte.
«Basta litigare. Questo non sarà il nostro ultimo abbraccio.»
«No, non lo sarà» disse Natalie alzando i grandi occhi verdi su di lui e accennando ad un sorriso. «Torniamo a casa e facciamo in modo che questa serata finisca bene?»
Ted rizzò le orecchie e mostrò un largo sorriso. «E allora cosa ci facciamo ancora qua seduti?»
In un lampo si alzò dal tavolo, raccattò le giacche a la borsa e prese per mano Natalie correndo verso la casa per pagare il loro conto. Lasciò inconsapevolmente una mancia di dieci dollari al cameriere dalla fretta che aveva. I due corsero fuori e senza accorgersene andarono a sbattere contro una povera malcapitata.
Nonostante avessero una certa fretta di arrivare a casa, Ted e Natalie usarono il buon senso e si fermarono ad aiutare la giovane ragazza che assalirono, non prima di essersi scusati per la decima volta. La sconosciuta non sembrò essersela presa, capì che non l’avevano fatto apposta e apprezzò il loro aiuto.
«Ehi! Ma questa è una tessera della biblioteca della Emory University!» esclamò Ted raccogliendola da terra.
«Oh, ehm… sì. Ora che ci penso, a settembre mi toccherà rinnovarla.»
«T-tu sei una studentessa della Emory?» La ragazza annuì, rialzandosi da terra dopo che tutti i suoi effetti personali tornarono all’interno della borsa. «Io ho inviato la domanda d’iscrizione e qualche settimana fa mi hanno risposto positivamente. A settembre sarò dei vostri!»
«Veramente fantastico!» esclamò quella ragazza dai lunghi capelli neri come la pece. Saltavano subito all’occhio per la loro lunghezza e li teneva liberi, con una folata di vento sarebbero somigliati a quelli di Pocahontas. Ad osservarla bene ne aveva tutto l’aspetto. Era molto alta, pelle olivastra e gli occhi scuri dal taglio affilato.
«E qual è il tuo nome?» domandò lei mostrando loro un sorriso affascinante, contornato dal vivido rossetto rosso.
«Ted… ehm… Theodore Reed, piacere» rispose allungando una mano che venne stretta subito. Una stretta molto forte.
«Io sono Mercedes, Mercedes Sanchez.»
«Oh e lei è la mia ragazza, Natalie» s’affettò a presentarla Ted, cingendole le spalle. «La mia bella andrà a Yale. Diverrà il miglior avvocato della costa est.»
Mercedes non smise di sorridere neanche per un secondo e spostò lo sguardo da Ted a Natalie. Pareva interessata, li stava studiando con attenzione. Poche occhiate le bastarono per capire com’erano e come dovevano essere trattati.
«Scrittore e avvocato, una coppia deliziosa. E scommetto anche che prima di mettervi insieme eravate migliori amici.»
Sia Ted sia Natalie, che non si faceva impressionare facilmente, rimasero sbalorditi dalla sua deduzione. Un brivido li percorse entrambe mentre osservavano quel sorriso che stava diventando parecchio inquietante. Sembrava tanto come una bambola maledetta, pronta a prendersi gioco di loro.
Mercedes ridacchiò gustandosi le loro buffe espressioni. «Rilassatevi, non sono una strega. Sono stati piccoli dettagli e il mio studio sulla psicologia a tradirvi. Imparerai anche tu Ted. Per capire meglio il personaggio di un libro, non c’è nient’altro da fare che scoprirne la psiche.»
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, sapendo che non si trattava di una serial killer. Ne aveva tutto l’aspetto, sembrava tanto una Eva Kent solo dai tratti mediterranei.
«Sì, ho sentito parlare di questo metodo. Sembra interessante» asserì Ted.
«Lo è, credimi. In un certo senso è utile anche nella vita reale» affermò Mercedes inclinando il capo. Pareva stesse meditando a qualcosa. «Starei qui a chiacchierare con voi ancora, ma alcuni miei amici mi stanno aspettando. Ci vediamo in giro!» li salutò con un cenno di mano prima di proseguire lungo il marciapiede e scomparire nella notte.
«Che… ragazza!» esclamò Natalie, rimanendo palesemente colpita. Non aveva capito ancora se in senso buono o cattivo, però si sarebbe ricordata di Mercedes e di quel suo gran sorriso. «Mi auguro che non siano tutte così le ragazze della Emory.»
«Non fare la gelosa» Ted ridacchiò stringendola a sé e iniziando a incamminarsi verso casa. «Nel mio cuore e nella mia testa c’è unicamente una grandissima rompiscatole, che amo con tutta l’anima.»
Natalie lo afferrò per il bavero della camicia e ammiccò ad un sorriso malizioso. «E questa grandissima rompiscatole ti ama più di sé stessa» sussurrò prima di baciarlo ripetutamente e con più passione.
La conclusione di quella sera si rivelò nettamente migliore a come era cominciata.
Loro sapevano veramente godersi i momenti felici, non se ne lasciarono più scappare neanche uno, soprattutto perché avevano capito che le loro vite potevano cambiare da un momento all’altro. Natalie non ne parlava, non con Ted perlomeno, ma pensava spesso alla sorte di Lucas. Lei lo credeva innocente.
Nonostante non avessero mai stretto una grande amicizia, assistette a tutte le sue udienze, nella speranza che la situazione migliorasse, e si rallegrava quando Sebastian le dava buone notizie. Ad esempio, pochi giorni dopo la serata da Jim, l’amico le disse che il suo avvocato era stato cambiato e, al posto di quell’incompetente di prima, c'era l’avvocato della famiglia Turner.
Natalie sperava che provasse al più presto la sua innocenza. Si era persino messa a disposizione della difesa, nel caso servisse una testimonianza e quella sua gentile offerta venne accettata nel giro di pochi giorni. Durante un’udienza venne chiamata al banco dei testimoni.
Come da protocollo, Natalie dovette prestare giuramento di fronte alla giuria, agli avvocati, al giudice e a tutti i presenti in aula, dopodichè il suo interrogatorio cominciò.
«Ci dica… signorina Fisher, da quanto tempo conosce l’imputato?» chiese l’avvocato della difesa.
«Ha iniziato a far parte del mio gruppo di amici dallo scorso ottobre.»
«E che impressione ha avuto su di lui?»
Natalie abbassò gli occhi su Lucas, lo vedeva così indifeso che non riuscì a non provare compassione. «Una buona impressione. Decisamente una buona. Frequentavamo insieme qualche corso a scuola e in classe era molto tranquillo, non che fuori fosse tanto diverso. Lucas è un ragazzo riservato, sì insomma… uno che si fa gli affari suoi e non crea problemi.»
«Può specificare cosa intende con “uno che non crea problemi”?»
«Certamente! Intendo dire che è una persona che non si impiccia mai delle questioni altrui, non litiga…»
«Obiezione vostro onore!» gridò il Procuratore Distrettuale alzandosi in piedi. «Nella precedente udienza, un testimone ha narrato dell’accesa discussione tra l’imputato e la vittima, accaduta la notte dell’omicidio. Quindi questo contraddice ciò che la signorina Fisher ha appena affermato.»
«Accolta!» sentenziò il giudice.
Sul volto del Procuratore comparì un ghigno trionfale. L’avvocato difensore fece cenno a Natalie che non c’era problema; lei era già pronta ad andare nel panico. Tom aveva avuto ragione, stare al banco dei testimoni metteva tanta pressione addosso e ci voleva una bella tenacia a star calmi.
«Signorina Fisher, lei è al corrente della discussione appena nominata?»
«Solo per sentito dire. Personalmente non ho mai visto Lucas litigare con qualcuno. Non l’ho mai visto nemmeno alzare la voce con uno dei nostri amici dopo una lunga giornata di lavoro» aggiunse Natalie dicendo la verità.
Lo voleva aiutare in tutti i modi, ma non avrebbe mentito e infatti stava ripercorrendo mentalmente tutti i momenti passati insieme in cui era apparso un po’ nervoso. Dopo una mattinata piena di test a scuola e la serata passata a servire alcolici agli sfegatati del football, Natalie sfidava chiunque a non essere un minimo irritabili. E invece Lucas non aveva mai sbottato, piuttosto prendeva le sue cose e andava a casa con la scusa di essere stanco.
«Posso fare una domanda, Vostro Onore?» riprese ad attaccare l’avvocato dell’accusa.
Quell’uomo possedeva una voce veramente irritante. Con il forte odore di dopobarba, un’ampia stempiatura e il naso a tucano, Natalie non se lo sarebbe mai potuto dimenticare. Si domandò se, una volta diventata avvocatessa, il Procuratore Distrettuale
Mr. Arold Stampier - questo era il suo nome - sarebbe stato un suo avversario in aula. La ragazza si immedesimò già nel ruolo ed era pronta a disarcionare le sue domande a trabocchetto.
«Signorina Fisher, lei ha detto di non aver mai visto il signor Turner comportarsi in maniera violenta con qualcuno. È corretto?»
Natalie annuì mostrandosi assolutamente convinta.
«Bene! E del pugno che l’imputato ha tirato al fratello nel bar dove lavorava? L’anonima testimonianza, che ci ha informati, ha affermato che lei era presente… oppure si era magicamente nascosta in bagno?»
La ragazza assottigliò lo sguardo, aveva poco apprezzato la sua ironia. In ogni caso doveva mettere quel pessimo senso dell’umorismo in secondo piano. Era la risposta che la preoccupava. Natalie ricordava bene quella scena, aveva fatto un bel salto quando assistette a Lucas che non solo tirò un bel gancio destro a Rylan, ma lo sbattè al muro con forza.
Sentì il cuore batterle forte, cominciò a sudare. Non sapeva cosa rispondere. Non voleva mettere nei guai Lucas. Quindi cosa doveva fare, mentire? Cosa poteva inventarsi?
Spostò lo sguardo da Stampier, a Lucas, all’avvocato della difesa, proprio da quest’ultimo attendeva un qualsiasi suggerimento con qualche occhiata o gesto, ma niente. La decisione spettava solo a lei.
«Signorina Fisher, risponda alla domanda del Procuratore!» le ordinò il giudice.
«Ehm… bene!» esclamò Natalie prendendo un lungo respiro profondo. «Mi ricordo di quella sera. Il fratello di Lucas era arrivato da qualche giorno e da quel che so non hanno mai avuto un gran bel rapporto. Posso supporre che abbiano avuto il classico litigio tra fratelli, magari è volata qualche parola grossa e Lucas ha alzato le mani… dopo che anche Rylan lo fece.»
Fra il pubblico si levò qualche bisbiglio. C’era anche l’altro protagonista di quella lite, proprio dietro a Lucas, accanto a tutti i membri della famiglia Turner e fu sorpreso di sentire quella che era una bugia.
Una mezza bugia, pensò Natalie.
Dire così avrebbe attenuato le insinuazioni di Stampier.
L’avvocato di Lucas accennò ad un sorriso e sussurrò qualcosa nell’orecchio del ragazzo, il quale si stupì di quel gesto gentile. Sapeva di non avere molti sostenitori in città, compresi i suoi amici gli si erano rivoltati contro, tranne Sebastian e a quanto pare anche Natalie stava dalla sua parte. Lei gli mostrò un lieve sorriso e poi tornò subito a guardare l’accusa.
«Non ho altro da aggiungere, Vostro Onore. Per ora.»
«Signorina Fisher» proseguì l’avvocato difensore camminando avanti e indietro dalla giuria al banco dei testimoni «lei è a conoscenza del rapporto che intercorreva tra la vittima e l’imputato?»
«A malapena si conoscevano.»
«A malapena si conoscevano!» ripetè l’uomo fermandosi di fronte alla giuria. «Quindi come può una persona che a malapena conosceva un’altra ucciderla? Semplicemente non può, perché non ha alcun movente. Inoltre quella notte hanno fatto il test alcolico e il risultato del signor Turner era negativo. Non c’è alcuna ragione che sostenga le tesi dell’accusa.»
Natalie osservava il modo in cui quell’avvocato si rivolgeva al suo pubblico e la foga con cui pronunciava le sue parole. Era davvero convincente. La speranza si fece largo in lei, forse Lucas se la sarebbe veramente cavata.
«Il Procuratore Distrettuale e i suoi collaboratori sostengono che il mio cliente si sia accanito sulla vittima solamente perché neanche un’ora prima avevano avuto una discussione. Tesi un po’ debole a mio parere. Quanti di noi potrebbero essere accusati di omicidio su questa ipotesi?»
«Avvocato Hamilton, mi permetto di dissentire» lo interruppe il suo rivale in aula. «Non si viene accusati di omicidio solamente perché si ha avuto una discussione con la vittima. Il movente del signor Turner è un altro, forse l’avvocato preceduto da lei non l’ha messa doverosamente al corrente.»
Stampier rigirava in maniera ossessiva la penna che aveva tra le mani e lanciò varie occhiatacce sia a Lucas che a Natalie. Provava uno strano piacere nel tenere in suspance i presenti, prima di deliziare tutti con le sue teorie. Si alzò il piedi e per un po’ camminò anche lui avanti e indietro, poi si fermò poco lontano da Lucas.
«L’imputato aveva una ragazza, usare la parola fidanzata è eccessivo visto la giovane età, ma si tratta comunque di un interesse amoroso. E l’amore è bello a quell’età, non è così? Gli adulti presenti in aula si ricorderanno di come saranno stati felici grazie al loro primo amore magari sbocciato proprio fra i banchi di scuola...»
«Vostro Onore, obiezione! Questo melenso comizio non porta a nient’altro che ad un vicolo cieco.»
«Vostro Onore, mi permetta di finire. Constaterà lei stessa che il mio comizio ha delle valide fondamenta.»
La donna che presenziava in veste di giudice di quel caso sembrò indecisa, ma alla fine permise a Stampier di continuare. «Ma sia breve!»
«Lucas Turner ha conosciuto l’amore ad Atlanta e la giovane era niente poco di meno che la ex ragazza della vittima» enunciò con parole trionfanti, aumentando i bisbigli in aula. «Il movente è cristallino! L’imputato ha ucciso David Benson per la gelosia nei suoi confronti. In fondo, a quell’età si è volubili e magari Turner pensava che la sua signorina potesse tornare dal precedente ragazzo. A quel punto è subentrata la paranoia. Non voleva che nessuno gli portasse via il suo piccolo grande amore e quale modo migliore se non sbarazzarsi del suo rivale per sempre?» continuò Stampier mettendo in allarme coloro che in aula sostenevano Lucas.
La sua relazione con Grace era un movente bello e buono!
Natalie osservò Lucas innervosirsi ad ogni parola aggiunta, per fortuna al fianco c’era l’assistente del suo avvocato e alle sue spalle sua nonna, entrambe cercavano di tenerlo calmo. Chiunque al suo posto sarebbe stato in difficoltà a mantenere la calma.
«Queste sono solo supposizioni!» gridò l’avvocato Hamilton rivolgendosi unicamente alla giuria. «Ho analizzato lo stato delle cose prima dell’omicidio di quel povero ragazzo. Tra lui e il mio cliente non c’era mai stato alcun contatto, fino alla notte del ballo studentesco! Per questo rivolgo il quesito alla signorina Fisher: perché Lucas e David arrivarono a quella discussione?»
«La testimone non era presente. È incapace di rispondere!» obiettò Stampier.
«La signorina Fisher è amica intima dell’apparente movente di questo omicidio. Sicuramente avrà qualcosa da dire…»
«Qualcosa che forse le ha messo in bocca lei, Hamilton!» lo affrontò l’avvocato rivale.
Il giudice battè il martelletto più volte, richiamando la calma in aula. «Non siamo al mercato! Ci troviamo a dover analizzare un caso di omicidio! Ricomponetevi immediatamente!»
La donna che era stata scelta per emettere la sentenza riuscì a riportare l’ordine. Si mostrò irritata da quel comportamento infantile dei due avvocati. Il giudice congiunse le mani e scosse il capo più volte osservandoli, mentre loro erano in attesa di risposta come tutta l’aula.
Poi si voltò verso Natalie e pronunciò quelle parole: «Prego, se ne è veramente a conoscenza, esponga a me e alla giuria, i rapporti che intercorrevano fra l’imputato e la vittima.»
La ragazza annuì freneticamente. Poggiò le mani sulle gambe e prese un bel respiro profondo. «Lucas e David non si sono mai rivolti la parola prima di quella notte. Entrambi si conoscevano di vista o per sentito dire. Ammetto che Lucas non vedeva di buon occhio David, ma non perché era l’ex ragazzo di Grace…» Il nome della ragazza fece sussultare il cuore di Lucas e Natalie lo vide nel suo sguardo. «Ehm… lui… Lucas non lo sopportava granchè perché più volte David infastidì Grace. Non la molestava come molti ex ragazzi fanno, però in sua presenta era solito tirar fuori questioni legate al passato.»
«Ci può fare un esempio?» la stuzzicò l’avvocato Stampier.
«Certo» rispose prontamente Natalie. Avrebbe risposto con sincerità a quella domanda, anche se sapeva che Grace avrebbe disapprovato, ma del resto la sua migliore amica era troppo occupata a prendere il sole che a sostenere il suo ragazzo… o doveva iniziare a dire ex?
«David provocava Grace utilizzando ogni suo punto debole che ovviamente conosceva. Come molti di noi sanno, il padre biologico di Grace ha abbandonato sua madre quando ancora era incinta e questo è sempre stato un argomento delicato per la mia amica. Eppure David si sbizzarriva su questo argomento e lo faceva di fronte ai suoi amici… a noi.»
In molti si stupirono della sua risposta sicuramente molto convincente. Quasi tutti, tranne l’avvocato Hamilton che sapeva far bene il suo lavoro e mai avrebbe chiamato Natalie al banco dei testimoni sapendo che non era un buon cavallo da corsa. In quell’esatto momento si rivelò essere il cavallo vincente di quell’udienza.
Non ci furono altre domande, né da parte dell’accusa né da quella della difesa.
Quell’udienza si concluse positivamente per Lucas, ma non c’era troppo da cantar vittoria. Avevano vinto una battaglia, non la guerra.
Uscendo dall’aula, Natalie notò parecchi volti contenti per come era andata. Fra le tante persone che quel pomeriggio assistettero, la ragazza notò una figura in particolare. Una donna dall’aspetto misterioso che portò sempre gli occhiali scuri. Spiccò soprattutto per l’abbigliamento molto elegante e quei capelli neri che le ricordarono Mercedes, l’avvenente studentessa che frequentava la Emory University.
Che cosa diamine ci faceva all’udienza di Lucas?
Quel pensiero non trovò risposta, non subito, perché la nonna di Lucas andò a ringraziarla per come aveva difeso il nipote. Fu l’unica di quella famiglia di ghiaccio a stringerle la mano. A lei si unì il giovane Tyler, ma solo per brevi attimi, poi fu costretto a seguire il resto dei Turner a casa.
La famiglia di Lucas fu molto soddisfatta di come si era svolta l’udienza. Tyler passò l’intero viaggio in auto continuando a citare le battute con cui il loro avvocato, il fedele James Hamilton, aveva spento quel saputello di Stampier. Un viaggio di un quarto d’ora, che per i genitori del ragazzo furono estenuanti. Claudia lo sopportò unicamente perché era entusiasta quanto lui, Derrick invece affermò che la prossima volta avrebbe preso un taxi piuttosto che sentire quella tiritera nell’orecchio.
«Stampier lo stempiato, è stato brillantemente affogato! Wo!» continuava a canticchiare il giovane Tyler.
Lo fece anche entrando in casa. Per gioia di suo padre, continuò a produrre rime nella sua stanza, al piano di sopra, lontano da loro. Tyler non era l’unico ad aver l’entusiasmo alle stelle. Nonna Loraine decise di preparare il suo famoso stufato di agnello e ne avrebbe sfornato a volontà quando il suo beniamino sarebbe tornato a casa.
Claudia aprì una bottiglia di vino rosso per brindare a come erano stati capaci di tener testa a quel mastino di Stampier. Suo marito, invece, non si mostrò tanto sorpreso. Conosceva come lavorava suo cognato e scommise che entro un mese, il figliol prodigo sarebbe stato libero. James Hamilton si gustò tutti i complimenti che gli stavano piovendo dal cielo.
«Quest’oggi ho vinto facilmente! Non appena Rylan mi ha presentato quella ragazza, sapevo che avrei dovuto mandarla in campo» raccontò sorseggiando quell’ottimo vino. «Non ho preparato Natalie. Le mie domande erano calcolate, ma le sue risposte… oh… le volevo così sincere e spontanee. La giuria pendeva dalle sue labbra.»
«Bravissimo, James!» esclamò Claudia schioccandogli un bacio sulla guancia. «Lo sapevo che saresti riuscito ad aiutare Lucas. Sei il miglior avvocato dell’Illinois e dovevi scendere quaggiù per mostrarlo a quel cane!»
Derrick sorrise osservando la gioia di sua moglie. Non vedeva quel sorriso raggiante da quando il figlio aveva abbandonato la loro casa. Quel giorno non segnò solo l’uscita di scena di Lucas dalla loro famiglia, ma anche il rapporto tra i coniugi si freddò parecchio. Fin dal loro primo incontro ci fu quella particolare complicità e per molti era incredibile sentire che si sposarono per amore. Non erano le classiche persone che si scambiavano effusioni in pubblico o che esternavano un qualsiasi sentimento, eppure ad unire in matrimonio Derrick e Claudia fu proprio l’amore. Un amore che non si spense in oltre venticinque anni di matrimonio, nonostante ci furono degli alti e bassi.
«Il mio bambino tornerà a casa e sarà grazie a te, fratello mio!» esclamò Claudia.
«Concordo. Ottimo lavoro, cognato» aggiunse Derrick alzando il calice di vino nella sua direzione.
James bevve l’ultimo sorso per poggiare il bicchiere sul tavolino basso e poi alzò le mani. «Calma. Oggi è andata meglio di quanto mi aspettassi, ma non è finita qui. Scommetto che quel bastardo di Stampier ne troverà un’altra per incolpare Lucas.»
«Tu continuerai ad ostacolarlo e alla fine vincerai» insistette Claudia.
«Qualcosa mi inventerò, non temete. Lucas non è in una posizione scomodissima, ma ho tirato fuori gente in posizioni peggiori» disse James, ma qualcosa sembrava turbarlo e salì all’attenzione della sorella e del cognato. «Il mio dilemma è quella ragazza. Quella Grace. Non riesco a capire come possa essersene andata. Lei avrebbe potuto aiutare molto Lucas… cioè sarebbe stata un’arma a doppio taglio, però poteva essere una buona carta da giocare. Peccato!»
«Dimenticati della ragazza» tagliò corto Derrick, finendo anche lui il suo drink. «Pensa alla prossima mossa. Analizza nuovamente le prove materiali che incolpano Lucas.»
«C’è poco da analizzare Derrick. Ciò che incolpa Lucas è il movente, che può crear problemi, ma farò in modo di aggirarci sempre intorno. Ci sarebbe anche la sigaretta che il vostro caro figliolo fumò e che il corpo di David assorbì. Tuttavia non è una prova tanto schiacciante. Inoltre manca l’arma del delitto.»
«Il vero colpevole deve averla nascosta» disse Claudia a denti stretti.
Se si fermava a pensare che qualcuno potesse aver incastrato suo figlio, si sarebbe trasformata in una bestia pronta a sbranare il vero colpevole.
«Questo è ovvio per noi, ma l’accusa ci sta girando attorno» rispose James.
«Noto che è un tutto aggirarsi intorno» commentò Derrick versandosi da bere.
«James, credi che riusciresti a far uscire Lucas su cauzione?» domandò Claudia.
Derrick a momenti si strozzò con il vino e James rimase un attimo attonito.
«Ehm… sì, credo di poterlo fare.»
«Pessima idea, invece» ribattè il capofamiglia. «Lo faremo apparire automaticamente come colpevole. Crederanno che solo perché godiamo di un grosso capitale possiamo fare ciò che vogliamo. Abbiamo già messo a tacere la stampa! A cosa ci serve il ragazzo?»
«A cosa serve il ragazzo?» ripetè Claudia assottigliando lo sguardo. «È tuo figlio... nostro figlio! Ora che siamo qui può stare con la sua famiglia. Deve stare con la sua famiglia!»
«E chi ti dice che lo vuole?»
«Credi veramente che preferirebbe stare in una sporca cella, invece che con me?!» continuò la donna alzandosi dal divano e aumentando sempre di più il tono di voce. «Lucas deve tornare a casa, qui! Lo voglio vedere!»
«Se ci tieni tanto a vederlo vai a trovarlo al penitenziario. Risolto il problema!»
Claudia sarebbe stata capace di tirargli uno schiaffo talmente forte da fargli girare la faccia dall’altra parte. Per fortuna suo fratello previde quella mossa e si alzò a cingerle le spalle, pronto a calmarla.
«Calma, sorella! Siamo tutti sotto pressione per ciò che sta accadendo a Lucas, ok?» cercò di farla ragionare con tono dolce.
Tra le braccia di Jameso, Claudia sembrò trovare un po’ di pace. Annuì subito, tirando un lungo sospiro.
«Dopo cena mi metterò a lavorare su come farlo uscire su cauzione, senza che l’accusa possa usarlo come arma d’attacco» continuò James e quelle parole furono proprio ciò che quietarono l’animo della donna. «Lucas tornerà a casa. Te lo prometto.»
Claudia lo abbracciò, ringraziandolo di essere lì a sostenerla, erano sempre stati molto uniti Seppur lei fosse la sorella maggiore, la maggior parte delle volte era stato James a coprire Claudia quando usciva di nascosto dai genitori. Avevano sempre fatto un ottimo lavoro di squadra.
«Preparati, mio caro. Presto rivedremo nostro figlio» disse la donna dopo che il fratello abbandonò il salotto. «Tu sai bene che James riuscirà ad ottenere l’uscita su cauzione. È una vera tigre.»
«Sì, tuo fratello ha quel sorriso così affascinante…»
«È bravo nel suo lavoro e lo sai» lo corresse Claudia. «In caso contrario non l’avresti assunto come nostro personale avvocato.»
Derrick sospirò pesantemente , dovendole dar ragione. La donna si sedette al suo fianco e gli carezzò la schiena, la rabbia le era passata, come sempre. Era solo durante la piena crisi che bisognava stare alla larga da Claudia o si finiva con la faccia contro le sue mani, ed era meglio evitare dato che indossava sempre un anello bello grosso.
«Preparati ad affrontare tuo figlio. Lui tornerà qui con noi.»
«Credi che io tema un confronto con Lucas?»
«Ti conosco bene, Derrick. Il primo incontro sarà tosto, è sempre riuscito a tenerti testa. È sempre stato indipendente e forte, ha sempre mostrato di non aver bisogno di te ed è questo che più ti brucia» affermò Claudia, sbattendogli in faccia con molta elegante la verità. Vide subito la fronte del marito riempirsi di rughe dal nervoso e, seppur conosceva il suo temperamento, non si fermò. «Hai sempre preferito Rylan perchè lo vedevi simile a te. Ti somiglia molto di carattere, è calcolatore e non guarda in faccia nessuno per ottenere quello che vuole. Lucas è diverso, lo è sempre stato. Usa il cuore ed è questo che ti ha sempre accanito su di lui.»
«Certo! Quello stupido ragazzo è in questo grande guaio per via del suo “cuore”!» esclamò, mostrando un’espressione schifata al pronunciamento della parola con la C.
«Ho i miei forti dubbi. Stanno usando quel movente perché non sanno a cosa aggrapparsi.»
«Questo è ovvio, comunque non mi riferisco a questo» disse frettolosamente Derrick congiungendo le mani e riflettendo su tutta la faccenda. Lasciò scivolar via il discorso con un sospiro. «E va bene. Mi preparerò al ritorno del figliol prodigo. Ma sappi che non ho intenzione di appendere gli striscioni!»
Claudia sorrise e lo attirò per baciarlo.
E mentre i coniugi Turner si goderono quel tenero momento, Rylan uscì di casa dopo aver origliato tutta la conversazione. Salì sulla sua costosa auto e non perse altro tempo, abbandonò il quartiere con molta fretta. Con le mani ben strette al voltante e lo sguardo fisso sulla strada, guidò in direzione nord-est della città. Si fermò quando raggiunse un motel, che stava abbastanza distante dal centro cittadino. Un luogo in mezzo a tanto verde e sulla strada che portava fuori dalla città: un ottimo posto per non essere trovati, proprio se non si vuole essere trovati.
Rylan spense il motore e afferrò dal sedile accanto una borsa degli acquisti. Si preparò a mostrare il suo seducente sorriso mentre si avvicinava alla reception. Al bancone c’era una signora robusta in là con l’età che stava sistemando un vaso di fiori.
«Oh, salve! È un piacere rivederla!» lo salutò arrossendo. «Stavo giusto mettendo a posto le peonie che mi ha portato la scorsa volta. Profumano ancora.»
«Mi rende felice sapere che le piacciono, signora Smith» disse Rylan con tono suadente appoggiandosi con un gomito sul bancone. Si divertiva a stuzzicarla, sapeva bene che aveva un debole per lui e lui adorava sfruttare il suo buon ascendente.
«Quante volte ti ho detto di chiamarmi Patrice!» esclamò la donna allungandosi per dargli un leggero schiaffo sul petto. «Comprendo che non sono più una giovincella, ma ritengo che questi convenevoli sono troppo antiquati. Anche perché sarà la quinta volta che passa di qui…»
«Oh… Patrice, lei è giovane dentro. È questo quello che conta!»
La donna si portò una mano alla bocca ridacchiando e arrossì ancora di più. «Kristopher, lei è sempre così galante. La sua fidanzata è proprio fortunata!»
Rylan soffocò una risata quando sentì esser chiamato con il suo secondo nome. Lo utilizzava ogni volta che doveva agire in incognito, come quella volta che arrivò ad Atlanta per portare Lucas a casa e incontrò Grace. In molti casi, presentarsi come Kristopher, lo salvò da tante situazioni, specialmente tutte quelle in cui complottava contro qualcuno.
«Le ho persino fatto un regalino» disse Rylan alzando la borsa degli acquisti e facendo morire di curiosità Patrice. «Mi auguro che sarà di suo gusto.»
«Lo sarà con certezza!»
«Ora vado. Mi starà aspettando. Le auguro una buona giornata, Patrice» la salutò facendole l’occhiolino e poi andò per la sua strada, letteralmente.
Percorse il piccolo corridoio sulla destra ed uscì. Attraversò un vialetto e girò a destra, camminando rapidamente e sorpassando tutte le porte fino a quando non raggiunse la 214. Non servì bussare, possedeva le chiavi di quella stanza.
«Paparino è a casa!» esclamò ironicamente chiudendosi la porta alle spalle.
La sua attendente era seduta alla specchiera, impegnata a ripassarsi il nuovo rossetto sulle labbra. Lo salutò unicamente con un cenno della mano.
«Ti ho portato una cosuccia» continuò Rylan.
La ragazza mise il tappo al rossetto e lo infilò nella sua trousse, così da dare all'uomo la sua completa attenzione.
«Ti piacce?» le domandò posando sul tavolino un gilet di pelle.
Lei lo prese tra le mani, tentando di nascondere la gioia, dal momento che ne aveva sempre desiderato uno uguale.
«Sì, mi piace.»
Rylan sorrise, osservandola mentre lo indossava e faceva qualche buffa mossa allo specchio. Quella spensieratezza riusciva incredibilmente a contagiarlo, ma poi ricordò che c’era ben altro a cui pensare. Divenne serio in viso, mise le braccia conserte e si appoggiò al muro.
«Sappi che, per quell’altra questione, tutto sta andando come previsto. Non c’è nulla che stia ostacolando i nostri piani.»
«Lo spero tanto, perché sto rischiando il tutto per tutto e non sono una a cui piace perdere.»
«Nemmeno io e lo sai bene» aggiunse Rylan con un ghigno stampato in fronte. Si scostò dal muro e si mise alle spalle della ragazza per cingerle le spalle. «Otterremo tutto ciò che vogliamo. Te lo prometto» sussurrò contro il suo orecchio, prima di porle un bacio sulla guancia.




Mrs. Montgomery:
Il fatto che - per due/tre capitoli - Grace non sarà presente, vi darà modo di osservare meglio gli altri personaggi e conoscere quelli nuovi.
In questo capitolo c'è una nuova entrata in scena che è assolutamente da tener d'occhio!
Come promesso, avete letto ancora sulla famiglia Turner e leggerete tanto altro.
Rylan è tornato in città con la sua famiglia e, come avete capito, sta combinando qualcosa. Che si tratti di bene o male, non vi spoilero nulla. Ricordate che il primogenito dei Turner rivelerà molte sorprese su questa vicenda.
Se volete potete cominciare il linciaggio su Grace, anche se... anche se vi consiglierei di aspettare il suo ritorno.
Ieri sul gruppo ho scritto una frase che ora cito anche qua: "Le persone fanno cose pazze quando sono innamorate". Questa citazione dal film Disney "Hercules" si adatterà a Grace, ma questo lo capirete quando sarà nuovamente al centro della vicenda. L'attesa non sarà lunga.
Nel frattempo tenete d'occhio gli altri, perchè tra loro c'è il colpevole.
Chi ha ucciso David è un personaggio che conoscete già. Non vi spoilero se verso questo personaggio provate odio o amore. Alla fine, anzi prima, sarà tutto più chiaro.

Mando un grosso bacio a tutti voi che avete letto questo capitolo e che continuerete a leggere la storia.
Grazie a chi recensisce e chi inserisce la storia tra le varie categorie.
Se volete aggiungervi, ho creato un gruppo su Facebook sulla storia --> Inaspettato Amore - Storia Originale Romantica.

Oppure se volete aggiungermi sempre su Facebook, chiedetemi pure l'amicizia: Charlotte Montgomery


-Baci

 

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