Nome in codice Veleno

di Diletta_86
(/viewuser.php?uid=10558)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non voltarti indietro. ***
Capitolo 2: *** I Duri hanno due cuori ***
Capitolo 3: *** Against All Odds ***
Capitolo 4: *** Long Way ***
Capitolo 5: *** Una spinta nella giusta direzione ***
Capitolo 6: *** My Immortal ***
Capitolo 7: *** Famiglia , pacchetto completo offresi. ***
Capitolo 8: *** Quadratura del Cerchio ***



Capitolo 1
*** Non voltarti indietro. ***


Gaetano esce dalle porte scorrevoli dell'aeroporto. L'aria della città è tiepida, esattamente come se la ricordava. Sono passati almeno sei anni, eppure lo sguardo vaga su, nel cielo, a cercare la forma illuminata di un edificio preciso, che svetta su tutti gli altri. Il cupolone stà ancora la. L'uomo sorride, afferrando la sacca con cui è partito. Asciuga una lacrima che ribelle era fuggita dalle ciglia.

Da li era fuggito e li era ritornato. Con niente in mano come al solito, se non una valanga di ricordi che lo uccidevano. Era finita. Era finita perchè lei non aveva saputo scegliere. Codarda fino in fondo. E lui non aveva resistito. S'era voltato ed aveva preso il primo volo. Avrebbe ricominciato, di nuovo. In fondo lo avevano chiamato per una promozione, nei servizi speciali, nome di battaglia " Veleno" , che poi era quello che gli scorreva nelle vene da quel giorno.

Mosse il primo passo, odorando profumi quasi estivi, che la mente ricordava, ma il cuore no. Il cuore era anestetizzato, rimasto a Torino, sepolto sotto la mole.

Basta! Aveva deciso che non ci avrebbe pensato mai più e cosi sarebbe stata. Non era una donnicciola, non più. Digitò tre parole in croce sul cellulare, giusto per avvisare Pasquale del suo arrivo, cosciente che si sarebbe ritrovato il collega sul groppone in meno di cinque minuti se non si fosse fatto sentire con regolarità.

A ben pensarci avrebbe voluto che succedesse. Erano amici da anni ormai, e si ha sempre bisogno di un amico quando si va in missione sotto copertura, serve a ricordarti chi sei.  Non avrebbe potuto nemmeno chiedere ad Eva di mandargli Tommaso, sarebbe stato da incoscienti puntarsi un mirino rosso in fronte a quel modo.

Per fortuna non aveva mai dato via il suo appartamento. Anche se rientrarci era un po’ come fare un tuffo in apnea fino al Titanic. Ma tanto li dentro ci avrebbe vissuto ben poco. Contava di farsi infilare nel caso più incasinato che avessero già a partire dall’indomani mattina.

 

Poggiò le chiavi sulla consolle, lasciò cadere la borsa e si tuffò sul divano. Perché era davvero sfinito. Afferrò una delle bottiglie lasciate in casa dai tempi del millennio, la spolverò con una mano. Bourbon. Bene. Di sicuro il Bourbon non scade.  Lo stappò, facendo cigolare il sughero nel silenzio. Attaccò il primo sorso che bruciava fino allo stomaco come le fiamme dell’inferno. Ma doveva dormire, e se voleva dormire quello era il solo sistema. Pazienza se poi gli incubi lo avrebbero rincorso per quel poco di tempo. Quelli se ne vanno sempre quando sorge l’alba.

 

I bicchieri divennero due e poi quattro, annebbiando i pensieri. L’ultimo pensiero cosciente fu puntare tre sveglie, il cellulare, la sveglia di camera ed il timer della cucina. Forse tutti insieme gli avrebbe sentiti.

 

La nebbia del sogno si dirada. 

Gaetano è di nuovo a casa sua, a Torino.

Di nuovo quella maledetta serata.

Come prevedibile la separazione non è andata a buon fine. Renzo ha tirato fuori dal cilindro l’ennesimo trucco e Camilla non ha opposto resistenza più di tanto. Vuoi per Livietta, vuoi per Camilla Jr. L’ultima nata. E così il castello di carte è crollato. Mesi di insicurezze ritornano a far capolino da dietro la porta dell’inconscio ed è così che le orecchie non ascoltano.

“Camilla ma...”

“Non cambierà niente G. è solo del tempo che scorre.”

 

Raccontala ad un cuore malandato che il tempo scorre. Lui non riesce nemmeno a capire se lei sia seriamente innamorata o se è solo un perverso gioco di letto. Non può reggere altrimenti. Anche perché di tempo non ne ha infinito. Ha ricevuto una convocazione per una promozione proprio quella mattina.

“Non ci credo… tu non cambierai mai… a te le cose vanno bene come stanno: un marito una figlia una nipote ed un amante. Io. Ma io non sono il tuo amante!”

C’era stato poco altro da aggiungere, aveva girato i tacchi e se ne era andato. Accettando l’incarico. Non era neppure passato a casa a prendere il bagaglio, utilizzando quello di emergenza dell’ufficio. Non avrebbe visto null’altro. Esattamente come quando era partito per Milano.

 

Si svegliò di scatto gridando. Una sola parola. Un nome. Camilla. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I Duri hanno due cuori ***


Il sonno ormai è perduto. Inutile rincorrerlo. Gaetano osserva il cellulare, ha una chiamata persa, ed è di lei. Sbuffa. Cosa dannazione mai vorrà. Il cuore è tentato, ma la mente resiste. Non deve, deve resistere, per se stesso. Passando una mano tra i capelli scarmigliati sbadiglia, si alza, e si dirige dritto verso la doccia. Nel tragitto non può far a meno di notare quanto l’appartamento richieda qualche piccola opera di manutenzione, ci penserà, magari il suo amico Anthony ha ancora quella ditta di ristrutturazione.
Si butta sotto il getto tiepido progettando il da farsi. Piccoli pensieri e piccoli passi verso il domani. Quando esce è di nuovo momentaneamente padrone di se. Deve fare la spesa. Lo appunta nell’agenda dello smartphone.  Lentamente afferra la sacca da dove l’aveva appoggiata all’arrivo e ne estrae una camicia pulita e dei jeans.  Deve assolutamente chiedere a Torre di inviargli un po’ delle sue cose. Oppure deve comprare tutto nuovo, ancora non è ben chiaro.
Alle nove puntuali parcheggia davanti al commissariato, il solito in cui è stato ispettore prima e commissario poi. Un altro di quei maledetti posti pieni di ricordi. Pazienza. Lui adesso è l’agente Veleno. Assume un aria professionale e distaccata ed entra. Le facce sono tutte nuove, tranne una... dannazione!  Quell’agente seduto in guardiola è niente popò di meno che uno degli alunni di Camilla.
Il karma congiura contro di lui. Inutile evitarlo. Lo attende e quando si avvicina risponde al suo saluto. Se la sarebbe potuta cavare, ma quel pivello sbaglia tutto, domandandogli proprio di lei.
“Senti. Non voglio offenderti. Ma non domandarmelo mai più. Scordati Chi sono se serve.”
Il ragazzo allibisce, fa un passo indietro. Sbuffa, ma sbatte i tacchi e se ne va. Meglio.  La destinazione di Gaetano è il secondo piano, distretto servizi speciali. Il suo capo lo attende. Tutto sommato è un uomo cordiale questo Ardenzi.  Qualcosa gli dice che non riuscirà a tenergli lontano la sua storia molto a lungo. Un lieve sospiro. In fondo lui è un duro solo in apparenza. E i duri, come dice una canzone, hanno due cuori. Prima o poi dovrà far uscire il groppo e forse lo sguardo di Ardenzi è il primo sguardo sincero ed interessato che vede da che Torre non è più con lui.
L’uomo lo accompagna a quello che sarà il suo ufficio. E’ carino. Spazioso e con un enorme finestra. A Gaetano piace ed un sorriso sghembo trova il modo di uscire.
“Bene! Sono proprio contento di averti con noi!”
“Oh... è un piacere …”
“...Roberto, chiamami Roberto!”
“E’ un piacere Roberto!”
L’allegria di quell’uomo è contagiosa. Dieci minuti più tardi un po’ del groppo sul cuore pare essersi sciolto e Gaetano è già impegnato a studiare il suo primo incarico.  Una vicenda delicata, un giro di droga in cui sono implicati gli zingari della capitale.  Era una cosa intrigante, pericolosa ma decisamente ne aveva bisogno. Arrivò a sera senza quasi rendersene conto. 
“Robè io vado!”
“Ciao G.!”
Si salutarono in fretta. Capatina al market per i rifornimenti e casa. Non era più abituato a vivere da solo ed aveva comprato troppe cose. Pazienza. Stivò il freezer come se dovesse avvenire chissà quale calamità e poi si scaldò qualcosa: verdure bollite e tre uova.  Peccato però che la sera ed il silenzio stessero per mandargli in vacca il poco buonumore ritrovato. Uscì, senza una meta precisa. Finendo seduto ad un tavolo del bar Mario come ai vecchi tempi, una bottiglia di vermouth davanti e gli occhi persi altrove. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Against All Odds ***


Da quella sera ne passarono molte altre nei successivi mesi. Momenti di profonda tristezza alternati ad una quasi normalità. Gaetano riusciva a sopravvivere, e lo riteneva già moltissimo. Il lavoro procedeva bene e anche l’amicizia con la squadra sembrava essersi instaurata con naturalezza. Gli mancava da morire Torre, ma Roberto se la cavava. Si era perfino sorbito un suo inesauribile sfogo su Camilla senza battere ciglio.  Assieme a lui due nuove colleghe decisamente materne, non aveva ancora imparato i loro nomi ma sapeva che lo avrebbero soccorso se avesse avuto una delle sue crisi.  Non per niente era stata una di loro a spedirlo ad un centro contro gli abusi da alcool prima che si rovinasse. Non avrebbe mai saputo come sdebitarsi.
Ora, a quasi otto mesi di distanza Gaetano aveva ultimato i lavori che la sua casa richiedeva ed era un membro attivo. L’agente veleno era diventato operativo.  Spedito sul campo con la certezza di Ardenzi che potesse reggersi sulle sue gambe da solo. Roberto non rischiava mai i suoi agenti. Non dopo che aveva quasi rischiato di perderne uno che era anche un amico fraterno.
Quella mattina Gaetano era esattamente con lui, intento in un pedinamento di uno dei membri della più grossa banda affiliata alla mafia di Roma.
“Dì un po’… ma com’è che sei finito in stò buco Velè ?!”
L’uomo aveva un nettissimo accento Romano, essendo nato e cresciuto in borgata. Bassino e un po’ fuori peso aveva un faccione tondo dall’aria simpatica e gioviale. Due occhi di uno con i copriballe di metallo ed era l’unico che usava il suo nome di battesimo come nome di battaglia.
“Che vuoi che ti dica Mauro… le donne.”
“E Mo’ vieni a dì a me ?!”
Ed in effetti l’agente Mauro Belli aveva lasciato indietro un bel po’ di donne per essere li dove era.  Quando lui e Roberto si erano rincontrati, dopo anni in cui la sezione aveva lasciato che lo credessero morto, beh... a quel pover’uomo era venuto un esaurimento nervoso.  Ovviamente adesso le cose andavano molto meglio.  Il passato trovava sempre il modo di risolversi.
E avrebbe trovato il modo di risolversi anche per Gaetano. Proprio quella mattina, seduti sui gradoni di piazza di Spagna.  Avvenne tutto in maniera troppo veloce. Qualcosa, una vecchia sensazione alla base del collo, come un formicolio, che lo spinse a voltarsi. G. era assolutamente convinto che stesse per succedere qualcosa, forse un agguato, istintivamente pose mano alla fondina nascosta sotto la giacca, allarmando Mauro che fece lo stesso.  Il tempo di guardarsi intorno ed il cuore aveva già saltato un battito. Seduta contro una delle fontane, visibilmente sconvolta, c’era … lei.
Una singola lacrima scappò giù dalle ciglia di Gaetano. Lo aveva visto? Sarebbe potuto fuggire? Ci stava seriamente riflettendo su quando qualcosa, un particolare nient’affatto minuscolo lo distrasse. Lo salvò da se stesso probabilmente.
Era ormai primavera inoltrata, ed i giacconi avevano lasciato il passo alle giacche leggere e Camilla indossava uno dei suoi innumerevoli spolverini. Era bellissima, aveva lasciato crescere i capelli e…
“Per Mille Diavoli!”
L’imprecazione uscì dalle labbra di Gaetano a voce troppo alta, provocando una risata sommessa di Mauro che ormai aveva capito tutto o quasi e lo stava spingendo verso la donna con aria ridanciana.  Le mani di Gaetano tremavano incredule mentre camminava verso di lei che ormai era più che certa di chi avesse davanti ed istintivamente aveva portato le mani al ventre con aria protettiva o tranquillizzante.
“Camilla…”
“Gaetano…”
“…ma tu sei…”
La vide annuire in silenzio, trattenendo il pianto ed a testa bassa.
“Te lo avrei detto otto mesi fa. Se tu testone non fossi fuggito. “ 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Long Way ***


 Gaetano non regge il colpo. Crolla a terra in ginocchio, stringendola alla vita, poggiando la testa contro quell’involucro di vita. Si rende appena conto della mano di lei che si appoggia delicatamente sui suoi capelli scarmigliati dal vento di primavera.  Il cuore rimasto sepolto a Torino sembra volersene uscire dalla tomba a suon di calci. Che poi è quello che sente, calci.
Solo ora si rende conto di essere stato un deficiente. Di aver lasciato che la paura condizionasse la sua intera esistenza. Non erano serviti i bei discorsi di anni ed anni di corsi di formazione. Chi ha paura muore ogni giorno. Da allora avrebbe dovuto tatuarselo in fronte.
Un altro calcetto gli colpisce la guancia, e stavolta riesce a farlo ridere, una risata che diventa boato man mano che il cuore represso torna a battere ancora e con lui i sensi sopiti troppo a lungo. Gli occhi che avevano accompagnato la sua vita Romana tornano azzurri, dal color prato in cui erano sprofondati, e mentre riesce ad alzarsi si rende conto di quanto fosse stato un bambino a reagire cosi.
Lei è immobile, ad occhi socchiusi, come perduta in qualcosa, o concentrata in quella piccola bolla che è il loro mondo. La mano che prima poggiava sulla testa è tornata ad infilarsi nella tasca della giacca di Gaetano, come facevano in inverno quando lei era sempre ghiacciata.
L’uomo sospira. Un altro di quei piccoli gesti di cui non si era reso conto davvero prima da allora.
“Come hai fatto a trovarmi…”
Delle duemila domande che gli frullano per la testa ha scelto la più stupida. La verità è che non sa da che parte iniziare ed i pensieri si accavallano come il vino dal collo di una bottiglia troppo stretto per farlo sgorgare.
“…Oh. Ma io vado in giro coi figli di un poliziotto… “
La prof trova sempre il modo di sdrammatizzare le vicende più spinose. Gaetano le accarezza la testa e sorride. Poi realizza.
“Hai detto figli?!”
“Si.”
Esattamente come il figlio maggiore Berardi rimane meravigliato a bocca spalancata. Non è perfettamente sicuro di aver capito bene. Sarà che le cose sono accadute troppo in fretta. Sarà che forse ha bisogno di un pizzico per rendersi conto di non stare dormendo.  E quel pizzico arriva davvero, diretto nel mezzo alle scapole.
“Aia! Che diavolo!”
Sorridendo l’uomo si volta, convinto di trovare Mauro e la sua aria da sbruffone che hanno deciso di provargli di essere ancora vivo. Ed invece il destino non ha ancora finito con le sorprese.  Se possibile le iridi azzurro mare dell’uomo si spalancano ancora di più quando mettono a fuoco la figura bassa e magrolina di Pasquale che sorridente lo osserva a braccia spalancate, due passi indietro sua moglie, Luciana, detta Lucianona.  Poco più indietro Mauro e Roberto, uno affianco all’altro osservano con le braccia conserte e le facce soddisfatte. Quasi sicuramente lo zampino che ha reso possibile tutto ciò è di loro proprietà, ma ci sarà tempo e modo per ringraziarli. Allargando le braccia Gaetano lascia che l’amico fraterno gli dia il bentornato nel mondo dei vivi. 
“Amico mio!”
“...Dottò... ci siete mancato!”
“Tu lo sapevi! “
L’ispettore Torre annuì in silenzio. “Non da subito… ma... ““Non importa Torre. Adesso siete qui...” Un altro abbraccio, un paio di pacche sulla spalla e l’attenzione di Gaetano è di nuovo calamitata sulla prof.  Ora che riesce a guardarla si rende conto che deve essere stanca. Le occhiaie profonde indicano quanto poco deve aver dormito in quei mesi e quel pancione enorme… è come una calamita. Non riesce a starci lontano. Due passi e le è di nuovo di fronte, una mano protesa a chiedere un permesso che non tarda ad arrivare.  Neppure il tempo di appoggiarla che una specie di sguiscio si produce sotto il suo tocco, lasciandolo esterrefatto ed elettrizzato.  “Ho capito male prima vero Cami?!”, lei scuote il capo sorridendogli, una mano poggiata contro la guancia come in altre mille occasioni. Gaetano ci si appoggia contro chiudendo gli occhi, rendendosi conto di essere esausto da mesi ormai.  Ma adesso andrà meglio, il suo cuore nuovo, più vivo e palpitante che mai ne è convinto. “Sono un maschio ed una femminuccia.”. Dal tono della voce di Camilla sembra che non vedesse l’ora di dirglielo, come se si fosse immaginata la sua espressione in tutto quel tempo, ma Gaetano non ha realizzato o forse lo ha fatto ma deve avere conferme, riapre gli occhi e li fissa in quelli color nocciola di lei che ne rimane ipnotizzata. Lo vede avvicinarsi sempre di più, trattiene il respiro fin quando non sente di nuovo il sapore delle labbra contro le labbra. “Mi sei mancato…ed ho avuto paura.”
Gaetano scuote la testa, la sua espressione benevola di nuovo al suo posto. “Zitta un po’ Prof...” le sussurra prima di baciarla. Dopo tanto tempo è tornato a casa. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Una spinta nella giusta direzione ***


L’applauso partì spontaneo dalle mani di Mauro e si diffuse a pioggia contagiando perfino alcuni ignari turisti che passavano di lì per caso, finendo col far arrossire entrambi come due adolescenti.  Quando si allontanarono, non di molto in realtà, visto che lui si limitò a trascinarla al suo fianco in mezzo agli amici, avevano entrambi il fiatone.
“E bravo veleno…sono sicuro che da adesso avrò, finalmente, un agente a pieno regime!”
“Quindi ci sei davvero tu dietro a questa meraviglia...”
“Non solo… ci siamo dentro tutti fino al collo. “
 
7 MESI PRIMA – TORINO
 
 
Camilla era rimasta impietrita ad osservare la schiena di Gaetano allontanarsi a lunghe falcate. Incapace di comprendere dove diavolo avesse sbagliato e perché lui avesse reagito in quel modo. Lo aveva aspettato seduta sui gradini, ma lui non era rientrato. S’era ripromessa di andare a chiedere all’ispettore Torre e lo aveva fatto, senza ottenerne niente. Niente a parte una paurosa tirata d’orecchi su quanto fosse stata una stronza coi suoi comportamenti delle ultime due settimane. 
Di fronte al silenzio aveva avuto paura per la prima volta.  Non si era resa conto di quanto il pensiero di Gaetano le riempiesse la testa anche nei momenti in cui era convinta di non stare pensando a lui. Si era assuefatta in fretta alla sua galante ed onnipresente figura attorno, per le piccolezze e per le grandi cose.
In quella maniera era trascorsa quasi una settimana, fatta di insonnia e strani malesseri. S’era detta che forse era colpa dello stress, della nipotina che le dava il suo bel da farsi, poi, una mattina, Livia, perché ormai non era più Livietta da un po’, l’aveva guardata e le aveva sbattuto in faccia la realtà.
“Mamma ma tu sei incinta...”
ACCOMPAGNAMENTO MUSICALE: https://www.youtube.com/watch?v=S_E2EHVxNAE
Camilla aveva spalancato gli occhi in un’espressione di meravigliato stupore, mentre le mani si portavano istintivamente sul ventre ed il cervello vorticava a caccia di indizi, trovandone uno enorme.  La sera in cui era tornata a casa dopo aver rintracciato Michele, fioraio itinerante e primo amore.  Era certa che fosse innocente, ed era andata dritta da Gaetano per raccontargli cosa aveva scoperto.  Lo aveva trovato nervoso e ben poco disposto ad ascoltarla, ma comunque innamorato di lei.
S’era sforzata di essere razionale, di raccontargli quante più cose possibili, ma alla fine il suo cuore innamorato e silenzioso aveva ceduto all’impulso del cuore di lui. Erano finiti a fare l’amore, come mille altre volte, senza troppe remore e riserve. I conti ed il destino non sbagliano mai.
E cosi era successo. E lui era fuggito, irreperibile a tutti se non forse al suo più caro amico, coalizzato contro di lei. Due sberle sarebbero state più sbrigative.  
“Cosa faccio adesso...”
“Te lo devo dire o ci arrivi da sola mamma?!”
La maternità aveva reso Livia simile a sua nonna Andreina. Niente mezzi termini.  L’avventura era cominciata così.  I controlli… la trafila di routine ed un milione di ansie da affrontare da sola. Da sola aveva scoperto di aspettare due Gemelli ed il primo pensiero era stato – Che faccia farà? -, un maschio ed una femmina, la realizzazione dei desideri di entrambi.
Da allora Camilla aveva smesso di parlare solo con Potty, iniziando ad intessere profonde conversazioni coi suoi figli, convinta che fossero arrabbiati con lei quasi quanto il loro padre. Erano stati loro in fondo a suggerirle il da farsi, in una notte particolarmente gelida di dicembre.  Quale dei due fosse stato Camilla non lo avrebbe mai saputo, ma di sicuro avrebbe dovuto essergli eternamente debitrice. Un calcio, il primo, dritto e forte, assestatogli mentre passava davanti, come spesso si trovava a fare, al commissariato. Quella volta la professoressa che decide sempre da sola aveva accettato un suggerimento. Era entrata, trovando Torre ad attenderla.
“Ce ne avete messo prof…”
Aveva esordito l’uomo facendole cenno di accomodarsi. S’era seduta con un intenzione precisa ed era finita con il raccontare ogni dettaglio di quell’anno trascorso al buon Torre che aveva ascoltato in silenzio.
“Io lo amo Torre… e lui non ne sa niente!”
Torre le aveva porto un fazzoletto ed aveva sorriso.
“Niente è perduto prof…Camilla…il dottore vi ama… ve lo posso giurare… je metteremo una pezza su...vedrete che salti di gioia farà quando saprà di sti due guaglioncielli...”
Ed era stato di parola. Ci era voluto un bel po’, ma alla fine aveva rintracciato il nuovo superiore di Gaetano, Ardenzi, il quale lo aveva aggiornato sullo stato pietoso in cui il vicequestore era ridotto. Sia l’ispettore che la prof s’erano contenuti a stento dal correre a Roma.
Fidarsi di Roberto però era stata una mossa azzeccata, i mesi passavano, e man mano che il pancione di Camilla aumentava la rabbia di Gaetano scemava in rassegnazione, le ferite guarivano. 
La telefonata era arrivata con lo sbocciare della primavera e lo scoccare degli otto mesi di gestazione. Roberto aveva organizzato un piano geniale, sicuro di riuscire nell’intento. 
Era arrivata a piazza di spagna con il cuore in gola e la stanchezza di mesi addosso. La gravidanza era stata pesante, essendo gemellare, e lei non era più una ragazzina.  Lo aveva adocchiato appena uscita dalla macchina.
ACCOMPAGNAMENTO: https://www.youtube.com/watch?v=d9LZWrfLEE4
Aveva lasciato crescere i capelli in quei mesi. Ed era dimagrito, troppo per i suoi gusti.  Era comunque bellissimo, e di tutti spiccava tra la folla con un aurea di luce. Camilla era stata tentata dal gridare il suo nome, ma le parole non erano volute uscire.  A passi lenti s’era avvicinata, finendo col sedersi sul bordo della fontana, troppo emozionata per dire alcunché.
Era stato allora che lui l’aveva vista, come allarmato da qualche senso invisibile.  Aveva visto nascere la paura, la rabbia e lo sconcerto sul suo volto e poi li aveva visti morire tutti, sostituiti da una profonda emozione, indefinibile, mentre lo sguardo verde prato si posava sul suo enorme pancione di mamma.
Come molte altre volte Camilla aveva poggiato le mani a difesa dei suoi cuccioli, osservandolo di sottecchi avvicinarglisi, sospinto dal suo collega. Il resto era stata pura emozione, culminata in un bacio che per mesi interi aveva sognato di ricevere. Gli doveva ancora un sacco di spiegazioni, ma quando erano insieme niente poteva distruggerli. 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** My Immortal ***


ACCOMPAGNAMENTO: https://www.youtube.com/watch?v=LHcP4MWABGY
 
Rientrare a casa ed avere Camilla sottobraccio che ridacchia vedendolo appesantito da chili di roba. Sapere che non si sveglierà mai più solitario e sconosciuto in questo letto, a Gaetano bastava davvero soltanto quello per potersi dire un uomo felice.  Ed era quello che, finalmente, pareva destinato ad accadere. 
S’erano salutati coi colleghi e con Torre in quella piazza affollata, sorridenti e mano nella mano, perché se c’era una cosa di cui l’agente veleno aveva bisogno era di tempo da trascorrere con Camilla. Specie perché di tempo da trascorrere completamente soli restava loro poco più di un mese. 

Sedere in auto ed averla al suo fianco, di nuovo, era una di quelle cose che più gli erano mancate. Sapere che se avesse voltato lo sguardo l’avrebbe trovata li, il mento poggiato sul pugno e l’aria assorta ad osservare fuori dal finestrino.  Allungò una mano a sfiorarle l’incavo del collo. Solo per dirsi che tutto quello era per lui, per sempre.

“Caspita Amore sei sempre gelato!”

“Cos’è che hai detto?!”

“Che sei gelato…”

“Non quello…prima.”

Gaetano trattiene il fiato osservandola con gli occhi spalancati. Sono fermi sotto casa da un po’ , ma deve sentirlo dire, deve credere che è lui quello che vuole.

“Amore...”

Una mano tiepida contro la guancia, un sorriso gentile ed è davvero Camilla a regalarglieli. Gaetano sospira mentre man mano il cuore acciaccato riprende il suo regolare battito.  Lentamente riapre gli occhi che aveva socchiuso, catturando un cambio di espressione negli occhi di lei.

“Ouch”

“Che c’è Cami?! Stai Male?!”

La donna scuote la testa accennando un sorriso, prendendogli una mano per portarla sull’enorme pancione che si scuote come in preda ad un terremoto.  Un largo sorriso gli si dipinge in volto. La vita è un miracolo incomprensibile.

“Non stanno fermi un secondo…”

Ridendo scendono dall’auto e salgono in casa.  Mentre Camilla si osserva attorno in quel nuovo arredamento Gaetano riordina i loro acquisti. Normalità. Così agognata e così fragile.

“Amore?!”

“Mmh?”

“Raccontami…”

E sono di nuovo seduti sul divano, Gaetano con la testa in grembo a Camilla che gioca con gli addominali lasciati scoperti dalla camicia. Solo che stavolta para di molte cose, delle difficoltà della gravidanza, del turbinio di sentimenti e passioni che l’hanno agitata e della profonda paura che prova.

“Sono una donna difficile... diffidente forse, o semplicemente abituata a lasciar decidere agli altri...”

Gaetano ascolta in silenzio, giocando con una ciocca dei capelli di lei, soffermandosi ogni tanto ad ascoltare col dorso della mano i suoi figli che giocano, scoprendo con sorpresa che la cosa pare acquietarli. Il Sangue è un richiamo potente.  

“Io non credevo di poter essere meritevole del tuo amore. Io, così fragile e stupida, ho seriamente pensato che da te ci si potesse aspettare le gioie dell’amor carnale e poc’altro ...e mi sbagliavo… mi sbagliavo di grosso.  Se non fosse stato per qualcuno qui… non so se saremmo mai arrivati a chiarirci…se avrei mai capito cosa vuol dire essere amati da te…”

Una lacrima solitaria scende dalle ciglia brune, raccolta dal polpastrello di Gaetano altrettanto commosso, ma ormai a corto di lacrime. Hanno sofferto troppo entrambi perché ci sia spazio per altro dolore. L’uomo non dice null’altro, si solleva seduto e la bacia, non un bacio di prepotenza, più lo sfarfallio di ali leggere sulle labbra.  Il tramonto illumina col suo rossore le pareti alle loro spalle, ed è solo il primo della loro lunga vita.
 
ROMA- QUELLA STESSA NOTTE: https://www.youtube.com/watch?v=ZKJrKx4wPbY

Gaetano non riesce a prender sonno, nella penombra della camera osserva Camilla placidamente accoccolata contro di se, la testa sulla sua spalla come non succedeva da tempo.  L’aveva pregata di fermarsi a dormire con lui per quasi un anno, senza nessun risultato, ed ora, magicamente, avrebbe dovuto abituarsi a non dormire mai più senza. Anzi! A doverla dividere coi suoi stessi figli. Lui. Che sotto sotto era ancora un bambino desideroso di attenzione! Incredibile come il destino faccia girare le cose nei modi meno prevedibili. 

Nella penombra si trova a parlare lui stesso ai suoi figli, quasi che questi siano già lì con lui.  Nel buoi della notte gli racconta quanto può di chi è davvero loro padre, chiedendo perdono per tutte le volte in cui sicuramente sbaglierà finendo col farsi odiare per quanto vorrà loro bene. Ringraziando entrambi per aver protetto ed aiutato la loro mamma in quel periodo. Non sa che Camilla ormai non dorme da un pezzo, e trattenendo il fiato ascolta, immobile ed impassibile, meravigliata di quel lato di Gaetano che non credeva esistesse davvero. 

Perché dietro la scorza da duro del poliziotto c’è una grande fragilità, c’è un uomo che ha lasciato la famiglia d’origine forse troppo giovane, inseguendo un sogno di giustizia che si faceva lontano ogni anno un po’ di più.  Un uomo che non ha mai capito perché non fosse in grado di amare, prima di incontrare Camilla e rivedere in lei quella madre lasciata indietro troppo presto, quella donna forte capace di riportarlo in porto se la tempesta si fosse fatta troppo violenta.

Nell’ora dopo l’alba, quella in cui i desideri si avverano, finalmente l’uomo crolla assopito, trascinato dalle troppe emozioni in un sonno senza sogni. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Famiglia , pacchetto completo offresi. ***


A destarlo, anzi, a destarli entrambi il mattino successivo fu il suono del campanello d’ingresso. Scispiato, del tutto impresentabile, con dei capelli da far invidia a Jon Bon Jovi, scalzo e perfino vagamente incazzato, Gaetano si trascinò fino alla porta, spalancandola, convinto si trattasse di Torre o di qualcuno dei nuovi colleghi, pronto a far battute inopportune sulla sua nuova condizione di padre.

“Se non perdi questo dannato vizio di sparire a nostra madre verrà sicuramente un colpo!”

Alto una spanna più di lui, infilato in un completo elegante, barba curata e portamento fiero, un uomo sulla cinquantina, capelli neri ed occhi verdi osservava serioso Gaetano.  Erano mesi che non si sentivano, ed anni che non riuscivano ad incontrarsi di persona.

“Allora Non mi fai nemmeno entrare?!”

Il tono di voce ed il timbro era molto simile a qullo del commissario, seppure velato da un emozione diversa, da una diversa consapevolezza, quella che lui aveva appena iniziato ad avere.

“Tommaso che ci fai qui?!”

Tommaso Berardi, dottore in medicina, specializzato in chirurgia vascolare, fratello maggiore decisamente pedante del commissario. Era anche per la competizione con lui che Gaetano s’era arruolato in polizia, finendo più solo di quanto si fosse mai aspettato.  Non credeva che avrebbe mai avuto il coraggio di presentarsi a cercarlo. Di solito era Francesca, sua sorella minore, quella che gli piombava a casa nei momenti peggiori e coi problemi più disparati. 

“Amore ma chi…”

“Oh...bene! Quindi ti sei sposato, di nuovo, senza nemmeno avvisarci?!”

“Tommaso, entra, per favore, Camilla... Mio fratello Tommaso, se non so sclero, Berardi!”

I due cognati si osservarono in silenzio per un lunghissimo istante, Tommaso fissato sull’enorme pancione, indeciso se chiamare la madre immediatamente, o indire un consiglio di famiglia straordinario per tirare le orecchie al fratello. Camilla, dal canto suo, cercava in quei colori bruniti e in quegli occhi così differenti qualcosa che le ricordasse Gaetano.

“Avete il solito mento.”

Concluse stringendo la mano che lui le porgeva, grata di aver avuto il tempo di rendersi quantomeno presentabile nel suo abito da casa prémaman.  Gaetano chiuse la porta, indicando il divano, fermandosi ad accendere la macchina del caffè, perché sicuramente né avrebbe avuto bisogno.  Quando raggiunse Camilla e Tommaso sembravano intenti a studiarsi.

“Allora mi spieghi che diamine ti prende?!”

“Vuoi smetterla di fare il generale d’armata, fratello?! Ti ricordo che fai il chirurgo.”

Camilla osservava quel ping pong spostando lo sguardo dietro ad un immaginaria pallina da tennis. Un altro lato del carattere del suo uomo che non conosceva, un altro mistero da svelare, le piacevano i misteri.

“Com’è però che ti ritrovo sempre con figli in arrivo ed enormi casini?!”

“Perché ci ho messo dieci anni per conquistarla, e sinceramente non ho ancora capito come diavolo ho fatto. Sai…fratello…non tutti sono come te, fidanzamento in casa, matrimonio figli…tutto nella normale semplicità e banalità.”

“Tu hai altri nipoti oltre nino?!”

A quel punto un excursus familiare era d’obbligo. Gaetano prese un lunghissimo sospiro e raccontò con dovizia di particolari della sua famiglia. Camilla si bevve la storia come beveva il frullato al mattino. E alla fine disse solo che, visto le cose, urgeva di fare le dovute presentazioni. Quindi, come in un valzer dei ruoli, fu lei a raccontare a Tommaso la loro storia, senza tralasciare niente.

“Che dire…evidentemente a mio fratello senza complicazioni le cose non piacciono!”

Fu il commento finale di Tommaso, finalmente rilassato ed a conoscenza dei fatti.  Concordarono che una cena era sicuramente necessaria, risero e chiacchierarono e per la prima volta Gaetano ricordò cosa volesse dire la parola “famiglia”.  Si perse ad osservare Tom che suggeriva a Camilla un collega specialista se ne avesse bisogno, passandole il numero di sua moglie, perché sicuramente dopo due figlie ne sapeva qualcosa.  Era sicuro che la prossima a piombarsi a casa sarebbe stata sua madre. Donna Marzia non si era persa una delle gravidanze della nuora, nemmeno quella svedese di Eva, figurarsi se si sarebbe perduta questa, gemellare e con una simile storia alle spalle.

“Adesso devo andare in ospedale…chiama nostra madre fratellino…io vedrò di recuperare quella mina vagante di nostra sorella.”

E come era andato Tommaso se ne riandò, lasciandoli lievemente intontiti. Camilla sorrise quando la porta fu di nuovo chiusa. Andando ad allacciarsi a Gaetano in un abbraccio dolcioso, lasciandogli un bacio casto e puro sul naso.

“Quando si dice avere una famiglia allargata.  Non vedo l’ora di vedere la faccia di Livietta quando saprà le novità! E Tommy. Dobbiamo chiamare Tommy! … non mi avevi mai detto di aver chiamato tuo figlio come tuo fratello!”

Iniziare il nuovo giorno a quel modo era insolito ma energizzante. Trascorsero il resto del pomeriggio tra telefonate e programmi. Avevano deciso, di comune accordo con Mauro, di tornare a Torino per la fine del mese, c’era necessità di lavoro d’intelligence anche lassù, specie con i recenti allarmi, e poi la nuova commissaria assegnata al suo posto, una certa Laura, beh...Gaetano era curioso di conoscerla! Lei e il suo insubordinatissimo sottoposto, sempre che fosse solo un sottoposto, un tale ispettore Maresca.  

La sera arrivò in un lampo. E con essa di nuovo il suono del campanello. Stavolta fu il turno di Camilla di andare ad aprire. Davanti a lei c’era una donna di statura non molto alta, sui sessanta, sessantacinque anni, lievemente ingrassata dal peso dell’età, con i soliti occhi cerulei e lo stesso sorriso di Gaetano.

“Buonasera…lei deve essere Camilla.”

“E lei la signora Marzia, prego…è un piacere conoscerla.”

Fecero neppure un passo all’interno che la voce squillante di Gaetano giunse dal corridoio.

“Mamma! Hai fatto decisamente in fretta a questo turno! “ 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Quadratura del Cerchio ***


ACCOMPAGNAMENTO: https://www.youtube.com/watch?v=6Wk5hYSLvFI&index=1&list=PLHVAlBBRgABuQAHNbeiBKlfFRaNF4qn-V
 
Appoggiato contro lo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto, un lieve sorriso, Gaetano le aveva guardate scrutarsi, un po’ come fanno le leonesse nel branco coi nuovi arrivi, e lentamente aveva visto le nubi dissolversi sopra le loro teste, e comparire un sole luminoso. 
Lentamente sua madre aveva perduto quell’aria da dama altolocata con cui lui l’aveva sempre veduta, bambino troppo giovane per comprendere che l’educazione di un certo rango pretende una dose d’anaffettività apparente.  Grazie agli occhi di Camilla scopriva finalmente che sua madre lo amava.
Le aveva sentite discutere di banalità, il meteo, tutti quei convenevoli inutili, ed addentrarsi pian piano nelle loro reciproche storie di vita, a passi lenti, come un valzer o forse un tango, di quelli che richiedono soltanto un oboe centrale, bianco e purissimo, per illuminare i protagonisti della danza.

Sedute sul divano, con due tazze di una qualche miracolosa tisana preparata in fretta, le aveva guardate con quei suoi occhi cerulei ed estasiati fin quando non s’erano trasformate da sconosciute a parenti.  Uno dei suoi sogni migliori, rimettere in piedi i cocci di una famiglia che credeva irrimediabilmente sparsa al vento.

“Puoi darmi del tu, ragazza…direi che ormai è fatta”

“Adesso capisco da dove arrivano alcune cose che non capivo di G.”

“Si. Capisco di cosa parli.”

Frammenti di conversazione che gli arrivavano alle orecchie a sprazzi, intervallati dalle sue riflessioni su come fosse cambiata, addolcita forse, sua madre dall’ultima volta, e da come sembrasse normale vederla conversare con Camilla, la sua Camilla, in una serata tranquilla.
Lentamente i pensieri di Gaetano si allontanarono da quella stanza e presero a vagare liberi, senza seguire un corso preciso. Immaginare il futuro era una cosa che non faceva da troppo tempo. Già sorrideva al pensiero della faccia di Tommy davanti a quelle novità. Era ancora abbastanza piccolo da divertirsi a giocare coi fratellini.
Già se li immaginava, i suoi figli, a Natale, che bisticciano su chi deve mettere le decorazioni più in alto, su chi avrà il regalo più bello. Gli par di vedere una piccola signorina in tulle rosso che smania perché i fratelli non la fanno giocare ai loro giochi segreti.

Lui, geloso come nessuno, avrebbe avuto una figlia. Incredibile a dirsi. Eppure era cosi. Ormai mancava poco…

“Hey. Ti sei incantato?!”

La voce di sua madre lo riporta alla realtà. Da quant’’è che si è perso nel suo confabulare? Non lo sa. Ma sua madre gli sorride ed era troppo tempo che le chiedeva tacitamente di farlo.  Scuote il capo e le sorride di rimando.

“Io e Camilla stavamo dicendo se ti va bene con il lavoro una cena per sabato prossimo...”

“Oh sisi! Certo! Va benone! “

“Allora direi che è ora che io vada, prima che tuo padre diventi pazzo in attesa di sapere le novità!”

Ancora imbambolato Gaetano annuisce, mentre le passa il cappotto con fare cortese, buone maniere talmente radicate da azionarsi in automatico.  Le due donne si abbracciano, sulla porta, come due amiche di vecchia data. Gaetano è felice.

“Ah. Mamma…mi sei mancata.”

“Anche tu ragazzo. Anche tu...”

Quando chiude la porta la prima cosa che incontra è il sorriso di Camilla, che adesso ha capito un bel po’ di cose in più. La donna gli tende le braccia e lui ci si fionda, come sempre. Perché davvero non vorrebbe mai staccarsi da lei.
I ricordi della cena del sabato successivo appaiono tutt’ora confusi nella mente di Gaetano, un sacco di chiacchiere ed un sacco di calore. Forse non era davvero il figlio reietto che credeva di essere, o magari era solo merito di Camilla.

ASCOLTO SUGGERITO: https://www.youtube.com/watch?v=KMzBXynXo68

Aveva una famiglia adesso. Era trascorsa una settimana e Gaetano e Camilla attendevano l’arrivo del volo che li avrebbe ricondotti a Torino. Perché lì era iniziato e lì doveva finire, quando il destino avesse posto fine al loro ultimo respiro.  S’era fatto una promessa la sera in cui lei gli aveva restituito il suo passato. Non avrebbe avuto paura. Mai più. Finché fossero rimasti assieme nulla avrebbe potuto scalfire il loro amore.
La guardava sonnecchiare seduta affianco a lui, la testa poggiata contro la spalla e si sentiva forte. Ci aveva messo molto poco ad organizzare il trasloco. Se possibile meno di quanto ci aveva messo a fuggire da lei.
Emozionato come un ragazzino vide comparire il loro volo sul tabellone e poggiandole una mano su di una guancia ebbe la tentazione di svegliarla a suon di baci, ma si contené, un'altra cosa nuova che stava imparando.

“Amore sveglia. Dobbiamo andare all’imbarco. “

Le sussurrò sfiorandola in una leggera carezza. Camilla mugugna prima di riemergere dal suo sonno. Al commissario manca un battito quando i grandi occhi color nocciola realizzano e si puntano nei suoi con quella loro luce tutta particolare.

“...di già? Stavo sognando.”

“Si bella addormentata. Di già.”

“Stavo sognando te…”

“Cami…”

Gaetano non ha ancora capito cos’è che gli impedisce di saltarle addosso ogni volta che gli piazza davanti quella sua espressione imbronciata. Dopo tutti quegli anni ancora non si è resa conto dell’effetto che gli fa. Inconcepibile.
Alza gli occhi al cielo, scuote la testa, che nel frattempo si è riempita di boccoli biondi lasciati ricrescere e sorridente si carica di tutti i bagagli.  Tre ore più tardi stà facendo la medesima cosa davanti al loro appartamento di Torino.

“Ricordami perché abitiamo al quarto piano con un ascensore così piccolo”

“Perché è divertente rimanerci incastrati dentro?!”

“Prof! Ma allora lo fai apposta!”

In risposta arriva solo la risata cristallina di Camilla. SI. Lo fa apposta, ma non lo ammetterà mai. La diverte troppo veder comparire quelle sue espressioni fintamente scandalizzate.  L’ascensore comunque decide di non bloccarsi, e il destino non ha ancora finito di colpire Gaetano con la sua ruota positiva.
L’uomo ha appena aperto le porte del cigolante aggeggio meccanico quando spalanca la bocca e rimane congelato. 

“Papà! “

Tommy spicca la corsa verso di lui, che lascia cadere tutto quello che aveva afferrato, si china e lo afferra al volo facendogli fare una giravolta per aria solo per sentirlo ridere e implorare di essere rimesso a terra.

“Tommy! Quando sei arrivato?!”

“Ieri sera. La mamma aveva un lavoro lontano.  Siccome Camilla non c’era… Ciao Camilla!”

Il piccolo sgrana gli occhi nel vedere l’enorme pancione di Camilla, come il padre rimane a bocca aperta, boccheggia, poi stringe i pugni e pone la domanda che tutti i bambini prima o poi pongono.
“Chi c’è li dentro?!”, accompagnando la richiesta con un ditino paffuto puntato.  Gaetano diventa color porpora, spostando freneticamente lo sguardo dal figlio a Camilla e viceversa. Per sua fortuna la donna non pare altrettanto a disagio, lenta si avvicina e lascia che il piccolo appoggi una manina accaldata sul pancione, ricevendo un debole calcio.

“Oh”
“Ecco. Loro sono i tuoi fratellini.”

Tommy spalanca a sua volta gli occhioni, voltandosi a cercare lo sguardo paterno che annuisce con un timido sorriso.

“Sorpresa”

“ YEEEEEEEEEEEEEEEEEEPPPPPPPPPPPPPPPPPPEEEEEEEEEEEEHHHHHHHHHHHHHH”

Tommy grida saltando per l’intero pianerottolo come un indiano assetato di guerra, finendo per attirare l’attenzione di Livia che apre la porta, sorride vendendoli.

“Ce l’avete fatta eh !” 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3289434