Redemption

di KyraPottered22years
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1 ***
Capitolo 2: *** .2 ***
Capitolo 3: *** .3 ***
Capitolo 4: *** .4 ***
Capitolo 5: *** .5 ***
Capitolo 6: *** .6 ***
Capitolo 7: *** .7 ***
Capitolo 8: *** .8 ***
Capitolo 9: *** .9 ***
Capitolo 10: *** .10 ***
Capitolo 11: *** .11 ***
Capitolo 12: *** .12 ***
Capitolo 13: *** .13 ***
Capitolo 14: *** .14 ***
Capitolo 15: *** .15 ***
Capitolo 16: *** .16 ***
Capitolo 17: *** .17 ***
Capitolo 18: *** .18 ***
Capitolo 19: *** .19 ***



Capitolo 1
*** .1 ***


Redemption


 1


Sarai capace di non farti realmente tentare dal lato oscuro della forza?
 
Le parole di Luke Skywalker le risuonarono nel cranio, fino a quando quell'interrogativo diventò un fiebile eco. Un macigno nel cuore pareva bloccarle i battiti cardiaci e sentiva le dita delle mani tremare come delle foglie. Fino a poche ore fa aveva risposto con un netto e deciso sì a quella domanda, ma più si avvicinavano alla base del Primo Ordine, più tutte le sue certezze si frantumavano come una fragile lastra di vetro. 
Stringeva la logora stoffa delle sue vecchie vesti, i suoi occhi vagavano d'ovunque, cercando di controllare la pressione che l'ansia esercitava sul suo corpo.
 
La diretta conseguenza dell'ansia è il panico, il panico è frutto della paura, la paura porta al lato oscuro.
 
Doveva stare attenta o avrebbe fallito di sicuro. 
Il maestro, il Generale Leia, Finn, l'intera Resistenza, perfino i droidi contavano su di lei, e se prima questa cosa le recava onore, adesso aveva un'asfissiante paura di sbagliare e di deludere tutti quanti.
 
La paura porta al lato oscuro. E' quello che è successo a Ben Solo.
 
Ingoiò un fiotto di saliva. Anche se c'era abituata, in quel momento stare in silenzio la opprimeva, e di certo non era una sensazione che agevolava all'autocontrollo.
Volse lo sguardo alla sua destra, verso Finn, con l'intenzione di scambiare quattro chiacchiere. Ma quell'iniziativa le morì in gola sul nascere.
Fu così che iniziò a sudare freddo e alcune ciocche dei capelli sciolti si incollarono al collo e alle tempie.
 
Smettila di agitarti.
 
Ripeté quella frase fino a quando le parole persero il loro significato e le sillabe parevano attaccate fra di loro in un significato illogico e privo di senso.
Avrebbe voluto togliere la cintura di sicurezza, alzarsi in piedi e gridare a pieni polmoni di non essere pronta ad affrontare quella missione. 
Avrebbe deluso il maestro, ma meglio prima che dopo, no?
Teorizzare delle probabili uscite di scena la distraeva da ciò che aveva giurato di andare in contro. 
Solo dopo alcuni minuti capì che non poteva scappare dal suo destino. Non poteva scappare e basta. 
Chiuse gli occhi, appoggiò la testa al cuscinetto del sedile e respirò profondamente.
 
La forza è ovunque, ci circonda, ci attraversa. Basta chiudere gli occhi per percepirla.
 
E la sentì veramente.
Era la sensazione più rassicurante che avesse mai provato, anche se quella non era la prima volta che richiamava a sé la forza. 
Essa la cinse in una stretta materna, lambì ogni centimetro della sua pelle e si infiltrò all'interno dei suoi muscoli, rilassandola, donandole una scarica di coraggio e determinazione.
Aprì gli occhi, espirando a labbra dischiuse. Quella prospettiva che pochi secondi prima la riempiva di ansia e paure, adesso non le trasmetteva nulla, anche se, quel macigno al petto era sempre lì, stringendole il cuore in una morsa, certo, essa si era allentata, ma non dissolta.

 «Ho un brutto presentimento riguardo questa faccenda.» Rey voltò lo sguardo verso il suo amico, osservando con attenzione lo sguardo nocciola di lui puntato nel vuoto, percepì la sua preoccupazione, rispecchiandosi nelle sue emozioni.
 «Temi che la missione possa prendere una piega diversa?» Gli domandò quando fu sicura che non avrebbe continuato a parlare.
 «Ho paura per te.» Conffessò a voce bassa, guardandola con uno sguardo carico di inquietudine. Rey osò una mano sulle dita scure e incrociate di Finn, disegnando col pollice dei cerchi immaginari sul dorso della mano. Gli rivolse un piccolo sorriso, e, guardandolo con l'affetto di una sorella, gli disse:
 «Andrà tutto bene, è una promessa.» Quegli occhi così belli e quel sorriso così gentile erano il calmante perfetto, eppure, Finn non le credette. Ritirò le mani, sottraendosi a quel tocco. In quel momento quella dolcezza lo bruciava, lo marchiava dentro. Vedere quel sorriso gli ricordava che molto probabilmente non lo avrebbe mai più rivisto. Distolse lo sguardo e tornò a fissare altrove, tranne che lei.
 «Non puoi promettere qualcosa che non dipende da te.» Le disse con tono freddo, mentre lei digeriva ancora quel comportamento gelido, chiedendosi dove avesse sbagliato.
Non sapendo cosa dire in risposta, scelse il silenzio come seconda alternativa, terminando quella breve discussione.
La loro amicizia aveva iniziato a peggiorare da quando Rey aveva abbandonato Finn in quel lettino per partire alla ricerca di Luke. Litigavano spesso e per cose futili, questa cosa la faceva star male. 
Un ironico sorriso si dipinse sulle sue labbra, certo che non sono proprio tagliata per essere una Jedi.
Eppure, perché aveva intrapreso il cammino da Padawan di Luke Skywalker? Chi glielo aveva fatto fare?
Abbandonò quegli interrogativi negativi, scosse la testa, dandosi della stupida.
Le sue dita si posarono sui ganci della cintura di sicurezza con l'intenzione di spostarsi di lì, o l'ansia e la frustrazione sarebbero ritornate più forti di prima.
 «Che stai facendo?» L'intervento di un soldato della Resistenza la fece sobbalzare sul sedile. «Stiamo per atterrare e non puoi alzarti.»
 «Va bene.» Sussurrò in risposta, mentre il cuore le balzava in gola ad ogni battito.
La missione era appena iniziata e adesso non c'era più il tempo per avere paura.
 
Il Generale Leia aveva adottato l'effetto sorpresa, convinta che il Primo Ordine non si fosse ancora del tutto ripreso dall'enorme perdita di soldati e armi nella StarKiller, ma, come Finn sapeva, il Primo Ordine era potente.
Avevano captato il segnale di una nave non registrata non appena aveva oltrepassato l'atmosfera del pianeta, così il Generale Hux aveva ordinato di inviare cinquecento stormtrooper nel luogo di atterraggio.
Evidentemente avevano perso l'effetto sorpresa.
I soldati della Resistenza sganciarono le cinture di sicurezza, indossarono i caschi protettivi, si munirono di armi e, dividendosi in due file omogenee, balzarono fuori dalla nave. 
Il colore rosso popolava lo scenario di battaglia: l'aria con i colpi degli blaster e il terreno con il sangue dei feriti. Dagli oblò triangolari, Rey e Finn osservavano in silenzio, aspettando di agire.
 «Siamo pochissimi rispetto a loro.» Commentò Rey a voce bassa, allontanandosi dall'oblò.
 «Che stai facendo?» Domandò Finn, guardandola a occhi sbarrati.
 «Devo andare, lo sai qual è il piano, no?»
 «So qual è il piano, ma non è adesso che devi andare.» Si avvicinò a lei, la prese da un polso, bloccandola sul bordo dell'uscita.
Lo guardò dritto negli occhi.
 «Più aspettiamo il momento in cui devo entrare in azione, più soldati muoiono. Devo andare adesso.» 
 «Non adesso.» Quell'ordine parve più una supplica.
Rimasero un paio di secondi a guardarsi, senza dire niente.
 «Prima hai detto che non posso promettere cose che non dipendono da me, avevi ragione.» Fece una pausa, liberandosi dalla stretta di Finn. «Ma questa che sto per fare è una promessa che manterrò a tutti i costi: Finn, noi due ci rivedremo.» Non ebbe il tempo di risponderle, perché lei gli diede le spalle.
 
Rey saltò giù dalla nave e corse più veloce che poteva dietro un enorme masso, schivando con difficoltà colpi di laser provenienti da diverse armi da fuoco. Quando arrivò a destinazione poggiò la schiena sulla parete di pietra, cercando di recuperare il fiato. Appena in tempo si tuffò a terra scansando un colpo di blaster e finì per rotolare involontariamente da un'altura del terreno, la caduta frenò quando andò a sbattere il piede destro contro un tronco mozzato. Un dolore alla caviglia fece avvampare tutte le sue terminazioni nervose e urlò, portandosi le mani alla caviglia, un sensto senso le confermò che se l'era appena fratturata.
Adesso come avrebbe fatto a salire con la gamba combinata in quel modo?
Fu costretta a scansarsi, perché il corpo di uno stormtrooper scivolò dall'altura e dall'angolazione della caduta sembrò che stesse per finirle addosso. Non appena si scostò, realizzò che il dolore, seppure forte e martellante, era sopportabile, così si fece forza, aiutandosi con le mani e la gamba sana, scalò l'altura. A metà strada le braccia le cedettero, tra alcuni gemiti di frustrazione e l'appiccicume del sudore misto al fango, si alzò in piedi e in una corsa più dolorosa che veloce, si gettò sul ciglio dell'altura, accanto al masso di prima. Rotolò sdraiandosi supina, recuperò il fiato in un minuto, dopo un po' cercò di alzarsi, ma inutilmente: non poteva poggiare il piede, il dolore era troppo forte e quella corsa di poco prima aveva peggiorato la situazione. Decise che quello sarebbe stato il posto dove l'avrebbero trovata (come se avesse avuto scelta, date le circostanze). Si accovacciò al masso, tirò fuori dalla sacca di cuoio la siringa con all'interno il liquido giallastro e senza pensarci più di una volta infilò l'ago nella coscia destra in un colpo secco, sfilandoselo non appena fu sicura che nemmeno una goccia era rimasta nell'ampolla. In meno di pochi secondi la sua testa iniziò a vorticare senza fermarsi e le forze le vennero meno, il sonnifero stava facendo effetto. Ma prima di perdere completamente i sensi, scavò la terra, sotterrando l'ago, in modo tale che nessuno l'avrebbe potuto trovare.
Si distese sulle foglie e chiuse gli occhi. Il dolore alla caviglia, la percezione e il controllo del corpo svanirono pian piano. Sentiva gli stessi battiti cardiaci lenti e pesanti, proprio come il suo respiro.
 
Prima di addormentarsi definitivamente, udì il familiare ronzio di una spada laser.













NDA.

E' dalla sera del 16 dicembre del 2015 che progetto questa storia e adesso eccomi qui a renderla scritta.
Spero che come inizio vada bene, perché ho davvero tante buone idee e colpi di scena in mente.

Spero di poter leggere varie recensioni e diversi pareri,

grazie per aver letto.

Alla prossima:)


 
 

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Capitolo 2
*** .2 ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Non essere indifferente! 
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le massacrano scrivendo come disperate! 
Scrivi una recensione!
  Non chiudere gli occhi, puoi salvare milioni
   di vite elettroniche



 
      Redempion
 
  


 
           2


 
 
Le ciocche castane le solleticavano le guance scarne, mentre gli occhi esaminavano la vastità del verde di quel pianeta. Un sordo senso di malinconia la colpì al petto e non seppe definire quella sensazione se non mancanza del suo amato oceano blu. Avrebbe voluto vedere le onde infrangersi contro le pareti rocciose dell'isola, la spuma di mare inghiottita dall'umida sabbia. 
Almeno lì, in quell'isola, il dolore e la rabbia erano più sopportabili.
Il suo sguardo cadde sul pavimento in acciaio della base della Resistenza quando percepì una familiare presenza nella forza. Diede le spalle al paesaggio e rivolse le sue attenzioni alla persona che aveva davanti.
 
 «Ho interrotto qualcosa?» 
 «Assolutamente no, maestro.» Rispose con un tiepido e cordiale sorriso. Luke Skywalker si avvicinò alla padawan con passo lento e un'espressione impenetrabile in volto insospettì la ragazza. 
 «Ci sono delle notizie?» Domandò apprensiva.
 «Sono tornati pochi minuti fa.» Fece una pausa, sedendosi su uno sgabello lì vicino. «Sono partiti in cento, ma sono tornati in ventuno.»
Una squadra era partita in missione nelle prime luci del giorno. A quella tragica notizia, i volti di entrambi si incupirono più di quanto non lo fossero prima, rimasero in silenzio per qualche istante.
 «Oggi hai ripreso il tuo allenamento.» Disse Luke, alzandosi dallo sgabello per dirigersi fuori, nel terrazzino, mentre lei rimaneva immobile dov'era. 
Pareva di ghiaccio, quell'espressione stampata in volto non traspirava alcuna emozione.
E' una cosa che l'accomuna al fratello, pensò Luke guardandola con gli occhi ridotti quasi a due fessure.
 «Ma ho combinato un disastro, maestro.» Iniziò lei, facendo un resoconto dei suoi allenamenti e di come avesse fallito ad ogni tentativo di padroneggiare la forza. «Penso... di non essermi del tutto ripresa.» Concluse, raggiungendolo nella terrazzina.
 «Hai affrontato una grave perdita-»
 «E' proprio da questo punto da cui parte la mia rabbia e la mia sofferenza, maestro. Non penso di averlo conosciuto così bene da poterla definire una grave perdita.»
 «Hai iniziato il tuo allenamento quando parlavi appena. Non puoi darti questa colpa.» La voce di Luke raggiunse un tono confortevolmente dolce e rincuorante, così piacevole che qualcosa si sciolse nel petto della quattordicenne, forse una morsa, forse un nodo. E si lasciò andare.
 «Delle strane sensazioni mi torturano, ultimamente. Sono asfissianti, cose che non ho mai provato... cose che... sembrano bruciare, come se ci fosse un fuoco dentro di me.» Delle lacrime minacciarono di emergere in superfice, ma lei fu abile a ricacciarle indietro, reprimendo sul nascere un singhiozzo, nella gola.
 «Sei giovane e queste emozioni negative sono una novità per te, ma sta attenta, controllale, o ti condurranno nelle vie del lato oscuro.» 
Lato oscuro.
Quelle due parole riuscivano a farla rabbrividire di terrore e, ultimamente, anche di ribrezzo.
 «Più passa il tempo, più questa... quest'odio - fu difficile parlare di quel sentimento in prima persona - cresce dentro di me. Sento la forza opprimermi, non rassicurarmi.» Gli occhi le divennero lucidi e anche sotto la tenue luce delle due lune Luke poté accorgersene. «Ho...» Ma non riuscì a completare la frase, quel singhiozzo che aveva represso riemerse dolorosamente.
 «Hai paura.»
 «Io non voglio diventare come lui, non voglio.» Scosse il capo, asciugando quelle due lacrime sfuggenti. Luke si avvicinò alla nipote, posò le mani sulle sue spalle e la guardò negli occhi con un misto di serietà e affetto.
 «Tu non sei come tuo fratello.»
Fratello.
Arretrò di un passo a quella parola. 
Il suo viso ritornò nella sua solita maschera di ghiaccio, ma c'era qualcosa di diverso in quegli occhi neri come il nulla, qualcosa che Luke non seppe definire da subito.
 «Io non ho un fratello, non più.» E lo pensava veramente. Più volte brandiva la sua spada laser, più il desiderio di infilzare Kylo Ren cresceva, come la sabbia che scorre in una clessidra, lentamente, ma costantemente. Qualcosa stava per spezzarsi nell'aria e prima che potesse accadere, lei si affrettò a dire: «Scusa», sussurrando appena. «Non avrei dovuto parlarti in quel modo, so che vuoi aiutarmi.»
 «E' quello che desidero di più.» Lei lo guardò negli occhi e gli sorrise lievemente. Distolse lo sguardo e ritornò a fissare un punto qualunque della vasta foresta, solo dopo un ennesimo silenzio la sua bocca articolò una domanda senza che se ne accorgesse veramente.
 «Gli somigliavo?» Inizialmente Luke la guardò senza capire, solo dopo qualche secondo capì a chi si stesse riferendo.
 «Hai preso la sua testardaggine.» Una risata appena accennata fu inghiottita dall'aria notturna.
 «Non intendevo mio padre.» Ammise con un sorriso amaro. Allora Luke capì di aver frainteso. «Parlo di Ben Solo.»
 «Padme-»
 «Per favore, dimmelo. Non riesco a vedere il suo vero volto nelle mie visioni.»
Luke sospirò, anche se quel sospiro suonò più come uno sbuffo. 
Luke non amava parlare di Ben Solo.
 «Fisicamente siete quasi simili, ma nel volto tu assomigli più a tua madre.» Padme chiuse gli occhi, nella speranza di visualizzare qualcosa. «Lui era pieno di dubbi, aveva paura fin dall'inizio del suo allenamento.»
 «Allora perché decidesti di allenarlo?» Domandò lei, tenendo gli occhi chiusi. Fu una domanda difficile a cui rispondere, ci pensò un attimo, cercando di trovare le parole migliori.
 «Tuo fratello era forte nella forza, ma ciò che non capì quando passò al lato oscuro fu la differenza fra padroneggiare la forza e farsi sottomettere a lei.» Padme aprì gli occhi di scatto, sgranandoli, guardò il suo maestro con sguardo tremante, ricordando le parole che aveva detto minuti prima.
 
Sento la forza opprimermi, non rassicurarmi.
 
 «Un Jedi usa la forza nel fin di fare del bene. Ma un Sith è un servo della forza oscura, non padrone.» 
 «Ma... com'è...»
 «Com'è possibile? Solo chi è stato fortemente tentato dal lato oscuro ed è riuscito a restare nel lato chiaro può capirlo davvero.» Dei ricordi riaffiorarono nella sua mente, risalenti a trent'anni prima. Essi scorrevano velocemente, ma ben definiti. 
 «Tu mi hai raccontato che Darth Vader ha trovato la redenzione. Un Sith, può ritornare al lato chiaro?» Quella domanda lo risvegliò dalle ombre della sua memoria. Un sorriso si allargò nelle sue labbra semi-nascoste dalla folta e ispida barba. Guardò la padawan e disse:
 «Sì.» 
 «E come?»


 
«Ora va, figlio mio. Lasciami.»
«No, tu vieni con me. Non ti lascio qui, devo salvarti.»
«L'hai già fatto... Luke. Avevi ragione... avevi ragione su di me. Di' a tua sorella... che avevi ragione.»


 
 «...L'amore.» Rispose. «Fin quando una persona piena d'odio sarà amata anche da una sola persona, allora potrà trovare redenzione.»


 
 
          *



 
«Non mi importa quanto tempo ci impiegherai, portamelo indietro. Riportami mio figlio.»
 
 
Si svegliò di soprassalto. 
Diede un'occhiata ai polsi e alle caviglie legati da braccioli in metallo e si ritrovò con il corpo sdraiato in un lettino inclinato così tanto in avanti, che sarebbe bastato poco per raddrizzarlo in verticale.
Le sembrò di rivivere una situazione a lei familiare.
Una situazione che popolava i suoi incubi peggiori.
Rey si costrinse a guardare davanti a sé, anche se sapeva già chi avrebbe trovato.


















NDA.

Ragazzi, voi siete i migliori! In un solo capitolo avete letto in molti e tanti hanno aggiunto questa storia ai preferiti e alle seguite! Grazie, grazie e ancora grazie ^-^

Ringrazio coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e spero di legger altre recensioni e di più!

Spero di poter aggiornare entro Domenica,

alla prossima ;)


Ps. Se amate la coppia Kylo Ren e Rey (Reylo) come me, se vi va potete dare un'occhiata a questi due video che ho mantato, mi farebbe molto piacere :)

Li trovate qui:

https://www.youtube.com/watch?v=fDwpiXXoCzI Kylo Ren + Rey - Young God

https://www.youtube.com/watch?v=1rHiVQAI0q8 Kylo Ren + Rey - Gasoline


 

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Capitolo 3
*** .3 ***


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Red
emption
  
 
          3
 


Inizialmente avvertì un leggero tumulto nella forza. 
Leggero, ma pur sempre qualcosa. 
Richiamò a sé alcuni Stormtrooper, si munì della sua spada laser e uscì dalla Base. Nella sanguinosa battaglia, il tumulto divenne una presenza luminosa e pura. 
Solo una persona emanava quel potere. 
E lui sapeva a chi apparteneva.
Si fece guidare dalla forza; essa gli aveva disegnato un sentiero immaginario e ben delineato, trovò strano come la forza, per la prima volta dopo tanto tempo, non lo stesse opprimendo, anzi, lo stava... aiutando.
 
Nella forza oscura non era qualcosa di abituale aiutare.
 
Soppresse quei pensieri, era troppo concentrato sulla mercante di rottami.
La trovò.
Gli fu impossibile da credere, eppure, lei era proprio sotto il suo naso, distesa sulle foglie, le palpebre tremanti e il corpo paralizzato. 
E proprio come aveva fatto mesi prima, si inginocchiò e la sollevò da terra, reggendola fra le sue braccia, sotto gli occhi curiosi degli Stormtrooper, occhi celati dai caschi bianchi.
Quando l'aveva portata all'interno della Base, la navicella della Resistenza era decollata con a bordo pochissimi uomini.
 
I medici droidi le avevano trovato una frattura in una caviglia, gliel'avevano ingessata e, sotto l'ordine del Generale Hux, era stata rinchiusa in una cella.
 
Che senso aveva avuto attaccare il Primo Ordine con una sola manciata di soldati della Resistenza?
 
Kylo Ren la vigilò tutta la notte, nella speranza di poter entrare nella sua mente, ma gli fu impossibile. C'era qualcosa che gli impediva di farlo e in parte, quel qualcosa, era proprio dentro di lui. 
Stringeva i pugni e ritentava senza alcun successo.
C'era così tanto baccano nella sua testa, così tanto da non sentire il silenzio esterno, così tanto da non potersi beare del tutto di quel bel volto dormiente.
Non batté ciglio quando lei aprì di colpo gli occhi, ansimando come se avesse appena finito una corsa lunga chilometri e chilometri. 
Non fu immediato il loro contatto visivo, eppure, quando lei si decise a guardare davanti a sé con un'espressione piena di ribrezzo, fu quasi violento. Anche dietro la maschera, i loro sguardi entrarono in collisione e uno scambio di emozioni e sensazioni diede ad entrambi una scossa che mise allerta tutte le terminazioni nervose.
Per un attimo rivissero in un flashback e nessuno dei due si azzardò a proferire parola.
 
 
 «Dove sono?» Chiese d'istinto, col petto che si alzava e abbassava velocemente, allo stesso ritmo del cuore.
 «Sei mia ospite.» 
Rimase sorpresa da quella risposta. C'era qualcosa, in quella voce troppo grave, che le faceva pensare che non avesse intenzione di farle del male.
 
Ma cosa vai a pensare? E' ovvio che voglia farti del male.
 
 «Dove sono gli altri?» Domandò, scossa dai suoi pensieri e dall'apprensione.
 «Intendi i traditori, ladri e bugiardi che chiami amici?» La voce della sagoma nera e mascherata assunse una nota affilata, completamente diversa dalla risposta di pochi secondi prima. «Sarai sollevata quando ti dico che non ne ho idea.»
Le palpebre si avvicinarono in uno sguardo misto tra disprezzo e ostilità.
 «Vuoi ancora uccidermi?» Domandò questa volta lui, inclinando leggermente la testa di lato.
Rey si armò di coraggio di fronte a quell'arroganza.
 «Succede, quando una creatura con la maschera ti da' la caccia.» Disse sprezzante.
Kylo Ren, dietro quella maschera, parve ghignare, ma forse se l'era solo immaginato. Era troppo concentrata su di lui, che si era portato le dita ai lati della maschera. Non appena Rey capì cosa stesse per fare, si preparò al peggio, ingoiando un amaro fiotto di saliva.
Si alzò in piedi e...
 
Ed era solo un ragazzo, divenuto uomo da non molto tempo.
 
Quello sguardo nero come il nulla catturò i suoi occhi castani e parve dirle: «Adesso, vuoi ancora uccidermi?»
 
 
Ma alla fine, come l'ultima volta, fu lei a parlare per prima, ricordandosi, d'improvviso, le parole del Generale Leia e della missione che ella le aveva affidato.
 
 «Non ci avete messo molto a trovarmi.» Parlò con tono di voce atono, assumendo un'espressione priva di emozioni.
La mente di Ren dovette rielaborare quelle parole e quell'intonazione una decina di volte prima di poter rispondere.
 «E' così.» Gli uscì solamente dalla bocca, alzandosi in piedi. 
Quella figura così alta, quelle spalle così larghe, quasi la intimidivano.
 
Io non ho paura, non ho paura. Non ho paura.
 
 
«Non avere paura, lo sento anch'io.»
 
 
Quelle parole risuonarono nella sua mente come un eco lontano.
 «Qual è stato lo scopo di questo... stupido attacco?» Le domandò, passando immediatamente ai fatti.
 «Non ne ho idea.» Rispose subito, alzando le sopracciglia incurante. 
Era strano quel comportamento, non era la Rey che aveva conosciuto mesi fa, coraggiosa e piena di luce.
Certo, di coraggio in lei ce n'era ancora, ma il suo potere... non era così chiaro come ricordava.
 «Non ne hai idea?» Cercò di provocarla, tentando di risvegliare qualcosa in lei e in quegli occhi così piatti.
 «Hanno detto che dovevano partire per una missione, una volta saputa la destinazione, mi sono infiltrata nella squadra.»
 «Per quale motivo?» Domandò ancora, con più insistenza, avvicinandosi pericolosamente in una sola falcata.
E fu quell'immediata e inaspettata vicinanza che scosse, finalmente, qualcosa in lei.
Ingoiò un fiotto di saliva, e, ignorando il respiro pesante di lui, guardò dritto davanti a sé, in un punto qualunque delle pareti metalliche.
 «Per scappare.»
Quella risposta lo disorientò completamente: cosa intendeva?
 «Spiegati meglio, mercante di rottami.»
E quell'appellativo accese in lei una scintilla. Indugiò un attimo prima di rispondere.
 «Per scappare dalla Resistenza, dal Generale Organa e da Luke Skywalker.»
 «Fin lì c'ero arrivato.»
Digrignò i denti a quella frase piena di una sprezzante ironia del tutto fuori luogo.
 «Io non faccio parte di quel mondo!» Gridò improvvisamente, mentre gli occhi le diventavano lucidi, lui la fissava con più insistenza da dietro la maschera. Si voltò a guardarlo, spingendosi in avanti, dimezzando così i centimetri che li distanziavano. «Detesto i loro ordini, i loro obiettivi, le loro facce.» Sibilò. «Quindi, sono scappata.»
Kylo Ren non credeva alle sue orecchie, eppure, il bello\peggio doveva ancora arrivare:
 «Durante il nostro duello, alla Starkiller dicesti che avevo bisogno di un maestro.» E quel ricordò lampeggiò nella testa di lui come a un fulmine a ciel sereno.
 
 
«Hai bisogno di un maestro!»

 
 «Hai detto che mi avresti mostrato le vie della forza.» Continuò, con una strana aria negli occhi, quasi malsana. «Sono qui per chiederti se quell'offerta è ancora valida.»
Disorientamento più totale.
'Sta volta fu certo di non aver creduto alle sue orecchie.
Quella che aveva davanti, non era la Rey che conosceva, ne fu decisamente sicuro.

 
 
«Posso mostrarti le vie della forza!»
 
 
Camminò avanti, dandole le spalle. Guardò davanti a sé e poi, voltando la testa di lato, lei poté vedere solo il profilo di quella maschera. «Chi ti dice che io sia ancora disposto a farlo?» 
Si morse la lingua prima di rispondere.
«Ti servo più di quanto ti piaccia ammetterlo.» 
Lo sapeva.
Sapeva che era fatta.
E quando acquisì questa sicurezza, per una seconda volta quelle parole di Luke Skywalker le risuonarono nella mente...

 
Sarai capace di non farti realmente tentare dal lato oscuro della forza?



 
°


                                                                                                         
Se n'era andato, lasciandola lì, nella confusione più totale.
Parlare con lui era sempre una strana esperienza, ma quella volta, la lasciò senza parole, immersa nei suoi dubbi.
«Non commettere il mio stesso errore, Padme, sii forte.» Aveva detto prima di dissolversi nel nulla.

Solo dopo averci riflettuto alcuni minuti riuscì a capire: avrebbe dovuto intervenire nella missione, in un modo o nell'altro. Era quello che lo spirito di Anakin Skywalker voleva che lei facesse, sennò quale fu il senso di quella conversazione?

Doveva trovare il maestro Skywalker e parlargli al più presto.
Convincere la madre non sarebbe stato per nulla facile...

















NDA.

Eccomi con il terzo capitolo :)
Chiedo scusa se ho ritardato un po', ma gli impegni sono troppi e asfissianti :\

Alloooooora, cosa ne pensate? Fatemi sapere!!!!

Ringrazio coloro che leggono, recensiscono e che hanno aggiunto la storia alle preferite o seguite, vi adoro davvero, ma daaaaaavvero tanto <3


Alla prossima ;)









 
 

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Capitolo 4
*** .4 ***


 Redempion
  


4

 
 
 «No, non se ne parla.» Disse, interrompendola, scuotendo la testa energicamente.
 «Rifletti, Leia.» Luke decise di intervenire dopo minuti di quiete, si avvicinò alla sorella, ma lei, alzando il palmo aperto in aria, fece segno allo Jedi di non avvicinarsi.
 «Lasciaci da sole, Luke.»
Da sole.
Un brivido l'attraversò e distolse lo sguardo dal vuoto per guardare il Generale. Ci fu un attimo di silenzio in cui lo sguardo di Leia saettava dal fratello alla padawan, uno sguardo asciutto, vuoto dalle troppe lacrime piante durante le notti insonni.
Senza aggiungere nulla, Luke lasciò la stanza così come gli era stato ordinato: capiva le esigenze della sorella e sapeva che da quel momento in poi toccava a Padme gestire la situazione.
Non appena la porta si chiuse in un tonfo leggero, la bocca della ragazza si schiuse, ma Leia la precedette.
 «E' stato Luke ad inculcarti quest'idea?»
Quella domanda la colse impreparata, così tanto che rimase alcuni secondi ad elaborare una risposta credibile.
 «No, l'idea è mia.» Non le sembrò perfetta per convincere la donna che la studiava con sguardo indagatore, ma quella era la verità e Leia era brava a capire quando una persona stava mentendo o meno. 
Si alzò in piedi sotto gli occhi curiosi della ragazza e iniziò a camminare avanti e indietro con passo lento e moderato. «Per favore, fammi spiegare, prima non mi hai dato il tempo di concludere.» Disse piano, stringendosi con più foga le dita intrecciate.
 «Ho già capito le tue intenzioni e non posso lasciarti correre questo rischio. Sei preziosa per la Resistenza, ma soprattutto per la Repubblica.»
Una Repubblica ormai caduta e senza fondamenta, le venne la tentazione di dire, ma tacque, dire quella frase avrebbe precipitato la situazione e non era nei suoi voti da padawan.
 
Non c'è emozione, c'è pace.
 
 «Avrai sicuramente frainteso le parole di Anakin Skywalker.»
Si sentì stranamente offesa da quelle parole.
 «So bene cosa ha detto: le sue parole specificavano di intervenire.»
 «Ti ha detto esplicitamente di farlo?» Chiese quasi cinicamente.
La situazione stava prendendo una piega negativa, piena di una tensione che sarebbe scoppiata con delle brutte conseguenze.
 «No, ma è mio compito interpretare le sue parole.» Non ebbe nemmeno il tempo di chiudere la bocca che Leia imprecò:
 «Gli spiriti e le loro parole poetiche da quattro soldi!»
Davanti a quella reazione Padme non disse e non fece nulla, senza avere la benchè minima idea di come agire. Dopo alcuni minuti di silenzio, si armò coraggio e parlò scandendo ogni parola, quasi con irritazione.
 «Le sue parole erano chiare, mi ha detto-» 
 «Non posso perdere anche te!» Urlò fermando di colpo la sua camminata frenetica, con gli occhi sgranati, quasi fuori dalle orbite, lucidi.
Il cuore di Padme prese a battere così forte da sembrare da implorare di uscire dalla cassa toracica.
Qualcosa, prima, aveva minacciato di spezzarsi, si stava crepando pian piano, e adesso, si era rotto.
 
Questa volta era davvero senza parole, impreparata davanti a quell'apprensione di una madre che aveva appena perso la persona più importante della sua vita.
Una lacrima scivolò dalla gota del Generale e un uragano di emozioni si scatenò nella padawan. Oltre che a sentirsi tremendamente in colpa per aver causato quella reazione in lei, si sentì in dovere di sistemare quella situazione, di incollare quel qualcosa che si era da poco rotto. I suoi piedi si mossero da soli verso di lei con l'intenzione di compiere un gesto che molto probabilmente aveva fatto da piccola, troppo piccola per ricordarsene. 
Ma i passi si fermarono a metà strada e le sue braccia iniziarono a formicolare, consapevoli anch'esse che non sarebbero riuscire a darle un semplice abbraccio. Cercò di compensare con le parole.
 «Se non vuoi che vada, va bene. Io posso capirlo.»
 «No...» Leia scosse il capo e guardò il soffitto, come se volesse ricacciare indietro le lacrime. «Hai ragione tu. Sono io troppo protettiva.»
 «Fai solo il tuo dovere di madre.» Disse, ingoiando un fiotto di saliva. «Potremmo sempre elaborare un piano per intervenire, senza che io agisca direttamente.» Si avvicinò pian piano, con i piedi di piombo. «Ma dobbiamo agire di sicuro, ne dipende l'incolumità di Rey. Anche se il maestro Luke l'ha avvisata, verrà sicuramente tentata dal lato Oscuro: durante i suoi nuovi allenamenti il nemico - non nominò Kylo Ren per evitare ulteriori disagi -la obbligherà a usare la forza per scopi orribili, come... uccidere.» Fece una pausa. «C'è sempre una soluzione a tutto.» Sussurrò, concludendo.
Rimasero in silenzio, a guardarsi negli occhi. 
Improvvisamente uno schema ben preciso si disegnò nella mente di Leia, definito nei dettagli. Padme riuscì a cogliere lo sguardo illuminarsi pian piano in quegli occhi così scuri.
 «So cosa fare.» Disse, quasi sorridendo.
 «Cosa?» Chiese la padawan, mentre il Generale indossava la sua giacca e si sistemava due ciocche dietro le orecchie.
 «Raduna tutti nella sala di comando.» Si avviò verso la porta e la aprì, ma prima di uscire dalla stanza aggiunse: «Ho un piano.»
 
 
 
        °
 
 
La gamba era indolenzita, ma non faceva così male come quando era caduta. Dopo aver tolto l'ultimo strato di fasciatura, aveva scoperto che la caviglia era leggermente più gonfia rispetto a quella sana; se la toccò con due dita, facendo pressione: il dolore era appena accentuato. Provò ad alzarsi e fortunatamente poté posare il piede a terra senza sentire nulla se non un impercettibile fastidio. Fece qualche passo nella cella, poteva camminare anche se zoppicava.
Sospirò e si sedette cautamente sul pavimento, poggiando la schiena sul muro.
Qualunque cosa le avevano iniettato, l'aveva fatta guarire in un tempo incredibilmente anticipato.
Ricordò quando una volta, durante una ricerca in una discarica abbandonata su Jakku, si era aggrappata male alla fune e nell'atterraggio aveva poggiato il piede in una strana posizione, una volta posato tutto il peso del corpo sulla caviglia, essa fece un rumore inquietante, un crack che le gelò il sangue nelle vene, poi arrivò il dolore allucinante.
Ci vollero due mesi per guarire e quelli furono giorni in cui aveva patito la fame, giorni che si ritenevano fortunati se nei dintorni del capannone si aggirava qualche rettile o insetto. Poteva sentire ancora il sapore disgustoso della carne fibrosa e collosa.
Represse un conato al pensiero e cercò di pensare ad altro. Sospirò un'altra volta, guardandosi intorno a quello che era il suo nuovo spazio vitale.
Dopo l'interrogatorio, Kylo Ren era andato via senza dire nulla, lasciandola da sola, legata come carne da macello. Solo alcuni minuti più avanti era arrivato nella cella un uomo alto, dai capelli fulvi, accompagnato da pochi Stormtrooper; doveva essere qualcuno di importante, perché una volta ordinato di slegarla e trasferirla nella stanza-2216, i caschi bianchi avevano obbedito senza esitazione. Si aspettò di essere trasferita in una cella ancor più sorvegliata, ma, oltre ad essersi rivelata tale, si dimostrò una stanza dai colori scuri, con all'interno un letto e una sedia. Non era più grande di 9-10 m2.
Era rinchiusa lì da più di un giorno, o almeno, così aveva ipotizzato lei.
Due ore prima le avevano portato un vassoio con una pagnotta di pane e un bicchiere d'acqua; anche se stava morendo di fame e di sete, non toccò nulla, così la figura incappucciata riportò indietro il vassoio e il suo contenuto ancora intero.
Chiuse gli occhi e si distese, ingnorando il metallo freddo.
 
Cosa avevano intenzione di fare con lei?
 
Si chiedeva se Kylo Ren avesse ripensato alla sua proposta o no. 
Un nodo le venne allo stomaco.
Ogni volta che pensava a lui, il ricordo delle opprimenti sensazioni che la sua presenza le trasmetteva si faceva vivo sulla sua pelle.
 
Perché quando si avvicinava si sentiva così?
 
Così... male.
 
Si sedette di scatto, per poi alzarsi subito in piedi quando udì tanti passi avvicinarsi. Si fermarono davanti alla porta, la aprirono e dentro la cella entrarono degli Stormtrooper, accompagnati nuovamente dall'uomo dai capelli rossi, solo che questa volta c'era un'altro umano con loro, alquanto basso per incutere terrore, anzi, quell'espressione che l'ometto aveva in faccia sembrava quasi intimorita.
Con un cenno del capo, l'uomo alto diede l'ordine a due Stormtrooper di afferrarle le braccia, tenendola in caso in fuga.
 
Concentrati, non lasciare che loro lo vengano a sapere.
 
 «Dove mi portate?» Le venne spontaneo chiedere quando iniziarono a strattonarla fuori dalla cella.
Ma ricevette una risposta solo quando oltrepassarono due corridoi.
 «Kylo Ren crede nelle tue abilità, ma non quando ammetti il tuo ripudio per il lato Chiaro.»
Quando fu sicura che l'uomo fulvo davanti a lei non avrebbe continuato a parlare, chiese ancora:
 «Quindi? Mi giustiziate?»
 «Ah, lo vorrei tanto, mia cara.» Non poté guardarlo negli occhi, ma la voce suonò ancor più sprezzante del suo solito tono. «Ma il Supremo Leader vuole mettere alla prova la tua lealtà.» 
 
Supremo Leader?
 
Si fermarono davanti a una grande porta che stava in fondo ad un corroidoio più largo rispetto agli altri che avevano attraversato. L'uomo si voltò verso di lei e la fumlinò con i suoi occhi verdi, velenosi. «Vuole accertarsi se sei davvero una di noi come hai affermato durante l'interrogatorio con Ren.» Detto ciò, abbassò la spessa maniglia e aprì le due porte. 
Entrarono in quella che era una sala scura, buia come una notte senza stelle, solo l'enorme oleogramma di un'orribile creatura umanoide illuminava. Quando i due uomini avanzarono sul largo ponte in metallo, la cosa parlò.
 «Generale Hux.» La voce era grave, cupa, oscura. Metteva i brividi. «Falla avvicinare.» Aggiunse quando i due uomini affiancarono... Kylo Ren.
Solo in quel momento si accorse della sua presenza.
Qualcosa si mosse dentro di lei quando quella maschera si voltò a guardarla.
 
Non mostrare ribellione.
 
Fece un respiro profondo e cercò di ignorare il timore che provava per quell'orrida creatura dalla testa piena di cicatrici profonde che gli andavano a deformare l'enorme volto.
Avanzarono sul ponte e gli Stormtrooper la lasciarono libera quando fu davanti a quello che doveva essere il Supremo Leader.
Solo adesso capiva tante cose del Primo Ordine, questo stava a significare che il piano funzionava perfettamente. Adesso doveva solo mostrarsi indifferente come nell'interrogatorio con Kylo Ren.
 
Non pensare alla tua missione. Concentrati.
 
 «E questa è la famosa Rey, la giovane donna che ha stracciato in un duello il mio allievo più potente.» Gli occhi chiari, grandi come due teste umane la guardavano con un'insistente curiosità. «Sei davvero venuta qui di tua spontanea volontà?»
 «Sì.» Rispose subito, a denti stretti, come i pugni infondo ai fianchi.
 «Bene.» Si rilassò sulla sua sedia e con la grande mano fece cenno a qualcuno. Dalla porta entrarono due Stormtrooper e tenevano fermo qualcuno. Solo quando fu portato sotto gli occhi di tutti gli venne tolto il sacco di iuta dalla testa.
Rey si dovette trattenere dal correre verso la figura inginocchiata di Bill, un soldato della Resistenza.
Nessuno aggiunse nulla. Sentiva tutti gli occhi addosso a lei.
L'uomo basso si avvicinò a lei e le porse un bluster, Rey lo prese e si rigirò l'arma fredda fra le dita.
 «Se sei veramente contro la Resistenza, non dovrà essere difficile uccidere un suo soldato, disarmato.» All'ultima parola, Rey alzò gli occhi sgranati verso il Leader Supremo.
 
Fin quanto si sarebbe dovuta spingere per mandare avanti quella missione?
 
Uccidere un innocente, una persona disarmata, era contro i suoi voti da padawan Jedi.
 
 «Avanti, allora!» Fu la voce del Generale Hux alla sua destra a irrompere nella vasta sala buia. «Uccidilo! Dimostraci che questo non è un magnifico piano del Generale Organa!» A quelle parole, puntò il bluster fra gli occhi di Bill.
Respirò affondo, ma la mano gli tremava troppo. Delle lacrime iniziarono a scenderle lungo le gote.
Non ce l'avrebbe mai fatta.
 
Questo non era nei piani.
 
 «Ecco, come potete vedere, Supremo Leader Snoke, la ragazza non è-» Ma le parole inniettate di veleno di Hux furono interrotte: Rey si voltò verso Kylo Ren, l'uomo basso, e il Generale. 
Mirò l'arma e sparò.
L'ometto cadde a terra, privo di vita.
Ci furono alcuni secondi di un silenzio pieno di stupore.
Dietro la maschera, le labbra di Ren si incresparono in un sorriso.
 «Tu, piccola bast-» Ma prima che Hux potesse avvicinarsi a lei, fu trattenuto da qualcosa di invisibile che Rey seppe definire dopo: Kylo Ren esercitava la forza sul Generale. Quando lasciò la presa, quello finì a terra, nella pozza di sangue del cadavere.
 «Il Tenente era disarmato.» Tuonò la voce di Ren. «Uccidere un innocente va contro i voti di un padawan Jedi.» Rey lo guardò con i suoi occhi sgranati e tremolanti, mentre una strana sensazione la pervadeva centimetro per centimetro, risucchiandola in un baratro da cui non sarebbe uscita con facilità.
 
Sarai capace di non farti realmente tentare dal lato oscuro della forza?
















Nda.

Salve a tutti! 

Questa volta ho aggiornato in anticipo: avevo ispirazione e ne ho approfittato!

Vi ringrazio per tutte le recensioni che ho ricevuto nello scorso capitolo e spero di leggere vari pareri anche questa volta, perché voglio assolutamente sapere cosa ne pensate :)
Ringrazio i 12 preferiti e le 15 seguite, non mi sarei mai aspettata di raggiungere questo risultato a soli tre capitoli pubblicati!


Grazie per aver letto,

alla prossima :D


 

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Capitolo 5
*** .5 ***


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le massacrano scrivendo come disperate! 
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  Redemption

 
  
 5
 


 Rey.
Aprì gli occhi di scatto e dovette trattenersi per non urlare.
Si mise a sedere con le gambe a penzoloni dal materasso. Il sudore le imperlava la pelle olivastra, anche nel buio sarebbe stato possibile accorgersene. Il cuore le batteva forte, nella speranza di calmarlo si portò una mano al petto e con le dita massaggiò il lembo di pelle, esercitando una leggera pressione nei piccoli movimenti circolari.
Lo stress dei nuovi allenamenti le risucchiava via tutta l'energia in corpo e cercare di non farsi tentare dal lato Oscuro era diventata una sfida quotidiana in quelle ultime settimane, una sfida da affrontare ogni istante. 
 Rey, riesci a sentirmi?
Di nuovo quella voce dentro la sua testa. Guardò ovunque nella stanza buia, ma nessuno era lì con lei. Solo dopo alcuni istanti capì che la voce aveva appena congiunto un legame mentale e qualche secondo più avanti riconobbe il tono pacato e atono.
 Padme?
Cercò di concentrarsi, instaurare una conversazione telepatica era qualcosa su cui non era ancora stata addestrata, né dal Lato Chiaro né dal Lato Oscuro.
Ma se la forza era con lei, allora l'avrebbe anche aiutata.
 Finalmente ci sono riuscita.
Disse la voce della padawan quasi in un sospiro e Rey si preparò ad un'eventuale cattiva notizia. Era da settimane che era diventata ufficialmente nuova allieva di Kylo Ren e nessuno l'aveva mai contattata...
 
Perché farlo proprio adesso?
 
 Prima di tutto fai rapporto.
Disse solamente e Rey fece come le fu richiesto.
 Inizialmente non mi hanno creduta, per testare se ciò che dicevo era il vero mi hanno obbligata a...
La sua voce mentale si smorzò e le ultime parole risuonarono nei crani di entrambe.
 A..?
La spronò la ragazza con una certa preoccupazione nella voce.
Rey si fece forza, prima o poi avrebbe dovuto confessarlo.
 Mi hanno obbligata ad uccidere un membro della Resistenza, Bill, della squadra 6. Ma non ho ucciso lui.
 E allora chi? 
 Un tenente che se ne stava sempre fra i piedi del Generale Hux. Ma era comunque disarmato...
Silenzio. Padme non disse nulla e Rey credette per un attimo che ella avesse interrotto il contatto, troppo sdegnata per continuare a parlare con un'allieva padawan che aveva ucciso un uomo disarmato.
 Prosegui.
Si sentì rincuorata all'udire il suono della sua voce un'altra volta, così tanto da pensare che se lo era immaginato.
 Kylo Ren mi ha presa come allieva e il mio nuovo allenamento va avanti da sedici giorni.
 In che cosa consiste questo nuovo allenamento?
 Dammi il tempo di finire...
 Scusami.
Rey sospirò. I suoi nervi erano troppo tesi. La battaglia contro il Lato Oscuro era troppo asfissiante e sì, lo ammetteva: aveva paura di cedere. E non doveva permettersi di avere paura proprio in quella circostanza.
Non era così forte come Luke pensava.
Stava fallendo.
Lo stava deludendo. Stava deludendo tutti.
 No, Rey.
Trasalì e solo quando Padme disse quelle due semplici parole con una velata dolcezza, Rey si accorse che stava piangendo.
 So quanto può essere difficile, credimi, lo so. E proprio perché ne sono consapevole che abbiamo deciso di aiutarti.
Sgranò gli occhi, si asciugò le guance con il dorso della mano destra e scandì bene le parole:
 Cosa avete intenzione di fare?
Le parole di Padme erano coincise e semplici, in modo che Rey potesse capire velocemente il piano e quale ruolo avrebbe dovuto svolgere.
 Non posso fare anche questo, non...
 Sei tu la persona fondamentale in questa missione e solo tu puoi farlo.
 Non posso uccidere altre persone, che siano del Lato Chiaro o del Lato Oscuro. Se le mie mani si sporcheranno di altro sangue, non so se riuscirò-
 Allora ti aiuterò io in questo.
Rey trattenne il fiato.
 Come? Hai detto che tua madre non-
 Mia madre non può tenermi sottochiave.
La interruppe bruscamente.
 Non puoi rischiare la vita, Padme.
Cercò di parlare con calma, tentando di farla ragionare, ma per quel poco che aveva avuto modo di conoscere di lei, sapeva che difficilmente si lasciava convincere.
 Perché non dovrei?
 Tu sei la Senatrice, la Resistenza, la Repubblica stessa, non possono perderti.
 E' proprio perché sono la nuova Senatrice che devo agire. Non me ne starò con le mani in mano mentre gli altri muoiono in una missione dove io avrei potuto salvarli.
Rey tacque davanti a quella determinazione, così giustificata che non poteva più cercare di convincerla nel volere della madre.
 Va bene.
 Ricorda bene, mia cara amica, tu sei potente nella forza. Un Jedi a volte è costretto a uccidere, per difesa e per giustizia.
Questo lo sapeva bene. Solo che lei non voleva più essere un Jedi, non voleva fare più incubi popolati da bambini e donne che la incolpavano di essere un assassina.
 Che la forza sia con te, Padme.
 Aspetta!
Esclamò così forte che le sue orecchie iniziarono a fischiare.
 Cosa c'è?
 Non hai risposto alla domanda di prima: cosa succede durante gli allenamenti?
Si era quasi dimenticata di quella domanda. Ricordare il tempo che trascorreva durante quegli allenamenti le faceva rivoltare lo stomaco e quando pensava che fra poche ore avrebbe dovuto parteciparvi, dei conati la obbligavano a rimettere, solo che Rey non mangiava, a stento beveva. La notte dormiva pesantemente, come se solo il sonno potesse darle davvero energia; e anche nei sogni la lotta contro il lato Oscuro era accesa con incubi e pensieri negativi.
 Sono più o meno uguali a quelli che svolgevo con il maestro Luke, solo che sono più faticosi e ci sono molte battaglie fra di noi.
Fra di noi.
Odiò dover parlare col noi.
 Quindi ti alleni insieme ad altri allievi? Ci sono altri, allora?
 Sì. Si fanno chiamare Cavalieri di Ren e adesso io sono praticamente una di loro.
Ci furono alcuni secondi di silenzio e Rey poté quasi immaginare il volto corrucciato di Padme.
 Dimmi di più.
 Come gli altri ho una maschera da indossare durante alcuni allenamenti all'aperto e... sto costruendo una nuova spada laser.
Qualcosa accadde nel legame fra le due, Rey riuscì a percepire il dispiacere di Padme.
 Mia madre non avrebbe dovuto affidarti questa missione. E' una tortura disumana. 
 Non c'è problema, sono una ribelle della Resistenza e sono onorata di poter aiutare.
Dire quelle parole le aveva infondato un senso di pace e serenità che non sentiva più da tempo, come se la luminosa forza la stesse avvolgendo da tanto tempo e lei se ne era accorta solo in quel momento.
 Adesso è meglio interrompere il legame, prolungarlo per troppo potrebbe indebolire entrambe.
 Va bene.
 Che la forza sia con te, Rey, ne hai davvero di bisogno.
 Non essere gentile solo con gli altri, sii così anche con te stessa. Stai affrontando un allenamento Jedi e contemporaneamente devi studiare politica, tutto questo dopo una grave perdita.
Padme indugiò a rispondere.
 Quando si deve badare a un intero popolo, alla forza, alla giustizia e a guarire con una ferita ancora aperta, penso che ci si dimentichi molto facilmente di sé stessi. Grazie per il tuo consiglio, Rey.
 Di nulla.
Aspettò secondi, minuti, ma non sentì più la voce di Padme nella sua testa.
Il legame si era interrotto.

 
 
                                                                                                                                     °

 
 
 «Le hai parlato?» 
 «Sì.» Rispose, asciugando la goccia di sangue che le era scivolata da una narice.
 «Come ti senti?»
 «Stanca, mi fa male la testa, ma sto bene.» 
L'apprensione di Luke era confortevole, le dava le attenzioni non solo di uno zio, ma anche di un padre, oltre che a quelle di un maestro.
 «Sei stata molto brava, hai sostenuto un legame per una mezz'ora piena.» La elogiò, dandole una leggera pacca sulla spalla. Padme portò la mano su quella del maestro, stringendola con affetto, poi si allontanò per andarsi a sedere sul letto.
 «Cosa ti ha detto?»
 «Snoke l'ha obbligata ad uccidere un uomo disarmato per dimostrare la sua lealtà al Lato Oscuro.» Sospirò, portandosi due dita a massaggiarsi le tempie. «E' notevole come stia resistendo al lato Oscuro, ma... ha paura di cedere.»
Luke stava per schiudere le labbra per dire qualcosa, ma qualcuno bussò alla porta.
 «Avanti.» 
Nella stanza entrò Poe Dameron.
Padme si alzò di scatto in piedi, irrigidendosi come un palo di legno.
 «Luke, il Generale Leia richiede la tua presenza.»
 «Sarò da lei tra un minuto.» Gli rispose con un sorriso di cortesia e il pilota si congedò, non senza salutare anche la ragazza, nonché nuova Senatrice già da un paio di giorni. Stranamente, Padme si ritrovò ad arrossire quando il ragazzo la guardò un'ultima volta prima di andar via.
 «Parleremo più tardi, tu pensa a riposarti.»
 «Non posso, maestro. Ho un tomo di Studio delle Pratiche di Guerra che mi aspetta.»

 
 
                                                                                                                                     °

 
 
Difficilmente non dormiva la notte, anche se in quella situazione, ma dopo quella conversazione telepatica con la Padme, Rey non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
E la stanchezza si era fatta sentire durante gli allenamenti, così, invece di fare pratica con la forza, aveva deciso di lavorare alla spada laser.
Sapeva che era destinata ad essere distrutta, ma se doveva recitare la sua parte, allora avrebbe dovuto farlo bene.
Prese a lavorare più freneticamente quando sentì una presenza familiare avvicinarsi pian piano a lei, oscura, potente.
 «Cosa stai facendo?» 
La voce grave di Kylo Ren non la scompose all'esterno, ma dentro una miriade di emozioni lottavano fra di loro.
 «Sto lavorando alla mia spada, maestro.» Ogni volta che lo chiamava così le doleva la punta della lingua e volte se la mordeva per placare quel formicolio insopportabile.
 «Hai già una spada con cui puoi allenarti.»
 «Lo so, ma io sto lavorando a quella mia.» Alzò lo sguardo e gli lanciò un'occhiata di sfida anche se entrambi indossavano una maschera.
 «Alzati e va' ad allenarti con gli altri.» Ma Rey continuava a stare seduta, occupata a lucidare il manico della spada. «E' un ordine.» Tuonò Ren a pugni stretti, con gli occhi ridotti a due fessure.
Non era la prima volta che Rey si ribellava o che faceva di testa sua. Era difficile insegnarle con quella mentalità indipendente che si ritrovava.
 
Eppure, era proprio questo particolare che la rendeva così interessante ai suoi occhi.
 
Rey si alzò in piedi, abbandonò il suo lavoro e si tolse il casco e la maschera che aveva usato per protezione durante la lavorazione della spada laser.
Ma non appena fece un passo, superando di poco il suo nuovo maestro, la testa iniziò a vorticarle senza tregua. Le succedeva spesso, solo che quella volta delle strane luci multicolori abbattevano ogni cosa che metteva a fuoco.
Non si sentì più i piedi, le gambe parvero due ramoscelli fragili. Le palpebre pesavano così tanto che improvvisamente non poté più tenere gli occhi aperti.
Perse l'equilibro, si preparò all'impatto con il terreno.
Ma si ritrovò sospesa in aria e due braccia forti la reggevano gentilmente dall'incavo delle ginocchia e dalla schiena.
Non riusciva ad aprire gli occhi, ma sapeva chi la stava reggendo. Non ebbe nemmeno il tempo di dibattersi o arrossire per la rabbia perché svenì, trovando finalmente un po' di pace nell'inaspettato sonno.
 
 
 
                                                                                                                                  °


 
 «Vuoi davvero mandare lei?» Luke non credeva alle parole della sorella.
 «Esattamente.» Disse, distogliendo lo sguardo dallo schermo oleografico per guardare negli occhi del suo gemello. «O le do il mio consenso o andrà di nascosto, so com'è fatta anche se...» Si interruppe, mordendosi leggermente l'interno delle guance.
 «Leia...» 
Non avrebbe voluto tirare fuori quel discorso, ma la rabbia che c'era in lei la guidò in quelle parole acide e fredde: 
 «So com'è fatta mia figlia anche se l'hai portata via con te, sparendo dalla circolazione per undici anni.» Restarono a contemplarsi negli occhi per un po', quelli di Luke erano così sereni, privi da ogni negatività, e Leia lo invidiava per questo. Avrebbe pagato cifre impensabili per essere come lui, anche solo per un'ora.
 «Voi me l'avete affidata per tenerla al sicuro da Ben.» Luke si alzò in piedi, come se volesse dare così più enfasi alle sue parole. «Ma quando ho sentito la forza scorrere nelle sue vene, non ho avuto scelta.»
 «No, non ti giustificare così, Luke.» 
Avevano rimandato quell'argomento per così tanto tempo che adesso l'avevano tirato fuori dal nulla.
 «Solo l'erede di Anakin Skywalker può vedere il suo spirito, Padme riusciva a vederlo all'età di due anni, con i miei occhi li osservavo conversare amichevolmente.» Per un attimo Leia si fece catturare da quell'immagine che le balenò nella mente: la sua piccola bambina con i capelli corvini legati in una treccia, intenta a raccogliere dei fiori colorati e a mostrarli allo spirito del proprio nonno. «Dopo quello che aveva fatto Ben, la forza aveva bisogno di un equilibrio, lieve, ma pur sempre un equilibrio.»
Leia si morse così forte la carne, ormai martoriata, dell'interno delle guance che sentì il sapore del sangue sulla lingua.
 «Han non dormiva più, non toccava cibo. Andava alla sua ricerca con Chewie in giro per la galassia. Voleva trovarla, voleva la sua bambina indietro.» Prima che potesse scoppiare in lacrime, Luke la cinse in un abbraccio. Leia dava dei piccoli pugni sul petto del fratello, dibattendosi tra i singhiozzi, ma le braccia accoglienti di lui le diedero quel calore che le sciolse tutte quelle barriere di ghiaccio che la separavano dal fratello, e così si calmò.
Rimasero qualche minuto in quella posizione, in quell'abbraccio che stava a significare solo una cosa: perdono.
 
 «Lei lo odia, non è così?» Chiese, slegandosi lentamente da Luke.
 «E' una debolezza che deve curare.»
Leia sospirò. «Sono pur sempre fratelli, nemmeno l'odio riuscirà a dividerli.»
 «Può essere così per te perché tu sei la madre, ma quei due non si sono mai incontrati. Dubito che Padme riuscirà a perdonarlo così facilmente.»
Ci fu un silenzio in cui il Generale cercò di ricomporsi dallo sfogo di pochi minuti prima, ma poi schiuse le labbra per parlare.
 «Mi hai chiesto perché voglio mandarla in missione? Ti rispondo: voglio fare in modo che mia figlia impari dai miei sbagli e per prima cosa voglio che in lei non ci sia odio.»
 «E quindi? Vuoi che lei vada ad uccidere suo fratello?»
 «No, assolutamente.» Leia aveva un piano in mente, Luke lo sapeva, ma la donna era troppo orgogliosa per rivelarglielo. «Sono convinta che quella di Padme sia solo rabbia data dal troppo dolore.» 
 «Come fai a saperlo?»
 «So solo che un giorno, non molto tardi, si incontreranno. E quando succederà, sarà devastante per entrambi.»
Allora Luke capì.
Capì cosa aveva in mente Leia.
 
Kylo Ren non sapeva di avere una sorella e Padme era troppo buona per poter ucciderlo.
 
Il loro primo incontro avrebbe ridato alla galassia una piccola possibilità di raggiungere finalmente un equilibrio nella forza.
 
Ma specialmente, avrebbe ridato una possibilità a Leia di riavere suo figlio indietro.






 
ANTICIPAZIONE 
 
I suoi occhi non erano del tutto spenti. Trasmetteva sempre quell'aura lucente e piena di vita, anche se lei non se ne rendeva conto.
Snoke gli aveva affidato il compito di rimuovere quella luce nei suoi occhi definitivamente. 
Ma adesso, mentre la guardava senza quella maschera, si era scoperto consapevole di una cosa: non voleva che Rey perdesse la sua luce.






NDA.


Hola! Ecco il quinto capitolo ^-^
Quella sopra era un'anticipazione, ehheh, non sapete cos'è? Beh, sono delle poche righe tratte dal prossimo capitolo e spero solo che queste possano aiutare a placare l'impazienza ;D

Ringrazio tutti coloro che leggono la storia, che l'hanno recensita e che l'hanno aggiunta ai preferiti o alle seguite. Sul serio ragazzi, siete fantastici e vi adoro... però vorrei un po' più di partecipazione nelle recensioni... non so se mi spiego :P



Alla prossima! <3




Ps. Alcuni mi hanno chiesto come immagino Padme Solo, beh, penso che assomigli molto a lei:





Isabelle Fuhrman. :)

 
 

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Capitolo 6
*** .6 ***


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Redemption
 
 
6




 

La distesa di fiori era immensa, ma non infinita.
Rey non aveva mai visto tutti quei colori insieme: era un’esplosione di rosso, giallo, viola, blu e arancione. A fare da scenario c’erano degli alberi, alti e possenti, ma spogli. Quel dettaglio stonava nel paesaggio, ma a Rey piacque comunque. Camminò, corse e rotolò ridendo, con le narici inebriate dei dolci profumi. I raggi di sole erano così caldi e forti che anche quando chiudeva gli occhi essi le puntellavano le palpebre.
Improvvisamente, la morbidezza dei petali dei fiori scomparve e il profumo fu sostituito da un pungente odore di bruciato.
Iniziò a sentire caldo, ma non era un caldo afoso come quello di Jakku, questo era diverso, questo era soffocante. 
Aprì gli occhi e scoprì che il sole non c’era più, un cielo nero coperto da pesanti nuvole grigie incombeva su di lei. Si alzò in pedi con scattante velocità e si guardò intorno con un misto di timore, confusione e disgusto.
A pochi metri da lei ci stava un fiume di lava e più lontano, un vulcano in piena eruzione. 
 «Sei una brava persona, non farlo!» Sentì dire da un voce femminile. Si voltò. Sotto di lei ci stava una coppia di giovani, vicini, intenti ad una conversazione abbastanza tesa. Rey  non si rese nemmeno conto di essere su un’astronave.
Vide la donna allontanarsi dall’uomo, lentamente, con gli occhi intrisi di confusione e paura. Ella scuoteva la testa.
 «Obi-Wan aveva ragione. Tu sei cambiato.» 
Obi-Wan.
Qualcosa si smosse dentro di lei quando udì quel nome.
 «Non voglio più sentire parlare di Obi-Wan.» C’era qualcosa nelle movenze di quell’uomo che le ricordava tanto qualcuno di familiare, ma non seppe definire chi. «Gli Jedi mi hanno voltato le spalle. Non farlo anche tu.» La sua voce diventò dura e fredda, tutt'altro diversa dallo sguardo che rivolgeva alla giovane: una dolcezza malsana, un affetto rabbioso e morboso.
Quello sguardo metteva paura.
 
Chi erano quei due?
Dove si trovava?
 
 «Non ti riconosco più.» Confessò la donna in preda alle lacrime, mentre il volto le si contorceva in un’espressione disperata. «Anakin, mi stai spezzando il cuore. Stai intraprendendo una via che io non posso seguire!» L’uomo distolse lo sguardo da lei e alzò gli occhi verso la navicella.
Rey sgranò gli occhi e indietreggiò quando capì che l'uomo stava guardando proprio lei.
 «C’è Obi-Wan con te.» 
 
Che cosa?
 
I piedi le si piantarono al pavimento dell’astronave.
 «Io non sono Obi-Wan.» Mormorò senza riuscire a parlare ad alta voce, ma quell’uomo, di cui aveva scoperto il nome, parve sentire le sue parole e continuò a guardarla con odio, per poi iniziare a camminare su e giù davanti alla donna, guardandola insistentemente. 
 «Bugiarda!» Urlò. «Lo hai portato qui per uccidermi!» Anakin alzò una mano in aria, con le dita e il palmo curvati come se stesse tenendo in mano una coppa, come se stesse strangolando la donna davanti a sé senza toccarla. Rey si voltò verso la giovane:  ella si era portata le mani al collo,  stava faticando a respirare.
La stava strangolando davvero.
 «Non farle del male!» Rey avanzò e scese gli scalini velocemente. Adesso stava a pochi metri da loro. «Lasciala andare!» Gridò istericamente ad Anakin, con gli occhi sgranati e i piedi incapaci di fare un altro passo. Ma quello continuava ad esercitare la forza sulla donna. Quando il volto di lei divenne quasi viola, Rey urlò: «Lasciala andare!» ancora più forte e Anakin, stranamente, la lasciò andare. Il fragile corpo della donna cadde a terra. L’uomo distolse lo sguardo folle dalla povera vittima e guardò Rey, avvicinandosi.
 «Tu l’hai messa contro di me!» Urlò, fermandosi a metà strada.
 «Sei un mostro!» 
Anakin sorrise divertito, gli angoli della bocca erano piegati all’insù quasi ambiguamente.
 «Tu chiami me mostro?» 
 «L’hai uccisa! Era… era innocente!» Delle lacrime le scesero dalle guance.
 
Perché stava piangendo?
 
 «Anche quel tenente era innocente.» Parlò con fare sprezzante, avvicinandosi a lei lentamente e pericolosamente.
Il cuore di Rey iniziò a battere fortissimo, così tanto che se non si fosse calmata, prima o poi lo avrebbe sputato o se lo sarebbe tirato fuori pugnalandosi con le dita. «A differenza tua io sono stata costretta a farlo!» Disse in sua difesa.
 «Ma davvero?» Rise, come se avesse trovato quelle parole piene di ironia. «Sapevo che tu fossi ingenuo, ma non meschino, Obi-Wan.»
 «Perché mi chiami così?!» Urlò, mentre le gambe le traballavano. «Io sono Rey, mi chiamo Rey!» Corse via, superandolo, verso il corpo inerme della giovane. Si gettò sulle ginocchia vicino a lei, ignorando il dolore alle rotule, afferrò la stoffa della giacca della donna e la voltò.
Ma quello che vide non era il viso dolce e gentile che si aspettava di vedere, ma era la maschera di Kylo Ren. 
 «Che cos…» Quando alzò gli occhi oltre alla sagoma nera, vide tantissimi corpi accerchiarla: quello di Han Solo, Padme, Luke, il Generale Leia, Finn, Poe Dameron, l’intera Resistenza… Un urlo minacciò di uscire fuori, ma un nodo alla gola le impedì di buttarlo fuori con frustrazione e disperazione.
Abbassò lo sguardo e Kylo Ren non aveva più la sua maschera, quello era il volto che per la prima volta aveva visto nella Starkiller, durante l'interrogatorio. Anche i suoi vestiti erano cambiati, erano bianchi e grigi, proprio come quelli di un Jedi.
 «Ben?» Disse a voce strozzata, toccandogli una gota con i polpastrelli. «Ben Solo...»
 
E adesso perché si dispiaceva per la morte del suo nemico?
 
 «Lo hai ucciso tu. Li hai uccisi tu.» La voce di Anakin si tramutò nella seconda frase, diventando stranamente femminile e… familiare.
Si voltò e quel Sith non c’era più, c’era l’esatta copia di lei stessa, come se stesse guardando il suo riflesso a uno specchio.
 «Sei stato tu, Obi-Wan. Quindi, non dare del mostro a me.» Con un cenno del capo, il suo clone le indicò qualcosa e Rey si guardò di istinto le mani.
Esse erano ricoperte di sangue fresco e delle dense gocce le colavano sulle braccia.
 «Sei tu il mostro.»
Il nodo che aveva alla gola scomparve  mentre guardava le proprie mani tremanti, scarlatte, colpevoli.
«Assassino.» Sibilò sprezzante il clone. «Assassino.» Ripeté e altre voci si accorparono a quella sua, quelle dei morti, ricoperti di sangue, che adesso camminavano verso di lei e il corpo inerme di Ben Solo. «Assassino. Assassino. Assassino.»
Urlò disperata  nella cantilena di quella parola che ormai la descriveva così bene.
 
«Rey! Rey, svegliati! Rey! REY!»
 
                                                                                   
 
                                                                                                                                 °

 
 
Era appena scesa la notte, le due pallide lune splendevano nel cielo di quel pianeta troppo bello per essere la residenza di qualcosa di oscuro e malvagio come il Primo Ordine.
Ma lui era chiuso in quella stanza da un giorno e quindi aveva solo ipotizzato che le lune fossero piene e splendenti, gli piaceva immaginarle così. 
Aveva vegliato su di lei senza toglierle gli occhi di dosso, contando i suoi respiri, studiando ogni centimetro della sua pelle, ogni suo piccolo movimento durante il sonno.
Non sapeva bene il perché fosse rimasto lì, avrebbe potuto dare l'ordine ad uno Stormtrooper di avvisarlo quando lei si fosse svegliata e invece, l'aveva portata nelle proprie stanze, l'aveva stesa sul suo letto, si era liberato della maschera e si era seduto davanti a lei. 
Più che vegliare aveva meditato, Snoke voleva che lui lo facesse almeno una volta al giorno come allenamento, ma con lei così vicino, meditare del Lato Oscuro gli venne dannatamente difficile.
La sua presenza stonava in quella stanza buia e fredda; lei, che era così radiosa e buona... fu costretto a correggersi: lei che un tempo era così radiosa e buona.
 
Cosa le era successo?
 
Avrebbe voluto tanto saperlo, perché non la riconosceva più e questo lo rendeva alquanto... deluso.
Quel giorno nella Starkiller, durante l'interrogatorio, lui era rimasto colpito dalla mercante di rottami, dalla ragazza innocente, incosciente della forza che scorreva dentro di sé. Ma questa... questa ragazza che si ritrovava davanti era spietata, ribelle, cosciente del potere nelle sue vene. Eppure, quelle volte in cui aveva avuto occasione di osservarla durante gli allenamenti, aveva percepito che i suoi occhi non erano del tutto spenti. Trasmetteva sempre quell'aura lucente e piena di vita, anche se lei non se ne rendeva conto.
Ogni volta ripensava a Snoke e alla missione che gli aveva affidato: rimuovere quella luce in lei definitivamente. 
Ma adesso, mentre la guardava senza quella maschera, mentre quelle lunghe ciglia lo catturavano magneticamente, si era scoperto consapevole di una cosa: non voleva che Rey perdesse la sua luce.
 
Kylo Ren parve risvegliarsi da quella trance di cui era stato succube per ore quando Rey iniziò ad agitarsi nel sonno, non che non lo avesse già fatto nel corso della giornata: semplici mugolii e frequenti cambi di posizioni, niente di preoccupante. 
Questa volta, invece, il respiro le si fece più pesante, ma il petto si abbassava e alzava velocemente, il suo volto era corrucciato in un'espressione quasi sofferente. 
Ren si alzò in piedi, con l'intenzione di avvicinarsi, ma si bloccò a metà strada quando quella piccola bocca si schiuse:
 «Non farle del male!» Gridò e un singhiozzo seguì quella frase.
 
Era evidente che stesse sognando, ma cosa?
 
La preoccupazione e la curiosità lo assalirono e provò a farsi strada nella sua mente, ma con scarsi risultati finali.
Era inutile: non vedeva niente. Quel solito blocco gli impediva di leggerle i pensieri.
 «L'hai uccisa...» mormorò, con la testa che saettava da una parte a un altra, mentre la fronte le si imperlava sempre di più. Kylo rimase immobile, incapace di agire di fronte a quella scena.
Rey impugnò le lenzuola e delle goccioline le scesero dalla fronte, al collo, alla clavicola, goccioline che richiamarono l'attenzione del Cavaliere di Ren, facendogli ingoiare un fiotto di saliva per distogliere a mala pena l'attenzione da quelle curve così femminili.
Si avvicinò, si sedette sul bordo del materasso e decise che sarebbe stato opportuno svegliarla. Ma proprio quando stava per pronunciare il suo nome, Rey parlò di nuovo.
 «Ben.» Sospirò. «Ben... Solo.»
 
Una scossa partì dal suo petto, per poi propagarsi per tutto il suo corpo, pietrificandolo. 
 
Quello era il suo nome.
 
Il suo vero nome.
 
Una miriade di ricordi popolarono la sua mente, risvegliando in sé qualcosa che aveva dormito per troppo tempo.
Rivide Leia Organa, il suo volto fresco e limpido, ricordò la dolcezza di un suo bacio sulla fronte e il calore che gli trasmetteva una pacca sulla spalla da parte di Han Solo.
Ricordò gli allenamenti all'accademia di Luke Skywalker, i volti di tutti i padawan... di cui adesso aveva le mani sporche del loro sangue.
 
Riaprì gli occhi e si rese conto solo in quel momento di averli chiusi per reprimere il richiamo della Luce.
 
Ritornò alla realtà.
 
L'urgenza di quel momento gli diede l'impulso di ritentare ad entrare nella mente dell'allieva e, inaspettatamente, ci riuscì.
Fu come immergersi in un lago pieno di alghe scure e aprire gli occhi sott'acqua.
Era tutto sfocato e buio, solo dopo alcuni secondi iniziò a vedere quello che vedeva lei e l'attenzione di Rey era centrata sul corpo di una giovane ragazza, più piccola di sedici anni, dai lunghi capelli castani e dal volto diafano, rilassato...
Un volto...
 
Kylo Ren uscì involontariamente dalla testa di Rey e scattò in piedi.
 
Quella ragazzina, chi era?
 
Non appena l'aveva individuata, qualcosa nella sua pancia e nel suo petto si era ristretto e contratto, per poi esplodere e costringerlo ad interrompere il legame mentale con Rey.
 
Non sapeva chi fosse.
Sapeva solo che aveva avvertito una forza che non aveva mai avvertito prima.
Ed era solo un sogno...
 
O forse non lo era?
 
Quando Rey prese ad urlare a pieni polmoni, Ren si decise ad afferrarla per le spalle e scuoterla.
 «Rey! Rey, svegliati!» Fu strano pronunciare il suo nome. 
Lei continuava ad gridare e a piangere, senza aprire gli occhi. 
 «Rey! REY!» La chiamò in un urlo quasi disperato, a pochi centimetri dal suo volto. 
Smise di gridare non appena aprì gli occhi. 
Rimasero un paio di secondi così. Vicinissimi, immersi nello sguardo dell'un l'altro.
Poi Ren si alzò dal letto e si allontanò, voltandosi, ricordando di non avere indosso la sua maschera.
Per degli interminabili minuti nemmeno una parola fu pronunciata.
Le dita di Ren tremavano come delle foglie e il suo cuore non batteva così forte da troppo tempo. In pochi minuti le sue emozioni di ferro erano state liquefatte da alcune parole, un paio di ricordi e dall'immagine di una ragazzina che forse non esisteva nemmeno.
Decise di prendere in mano la situazione e di dare una svolta a tutto ciò una volta per tutte. Si voltò a guardarla e lo sguardo di Rey lo attraversò come mai aveva fatto: gli guardò il viso, la pallida cicatrice che gli attraversava di netto il volto, che lei stessa gli aveva procurato.
Si sentì nudo, spogliato da ogni barriera di fronte a quegli occhi così profondi.
Rey non si era ancora ripresa dal sogno e non ragionava lucidamente. I battiti si stavano ancora riassestando, ma con Kylo Ren vicino, in quella stanza buia e sconosciuta, fu difficile calmarsi. 
Quel volto che aveva appena sognato, adesso se lo ritrovava davanti, ancora più pallido, ancora più spento, con quella linea sottile ad attraversargli metà del viso.
Rey sapeva che non avrebbe potuto starsene a fissarlo immobile come un'allocca in eterno, così disse quello che le venne prima in mente.
 «Questa è la tua stanza?» 
Kylo notò come le guance di Rey si tinsero pian piano di rosso dopo aver fatto quella domanda.
 «Questo ti reca qualche problema?» C'era uno sconosciuto e impercettibile granello di malizia in quella domanda affilata e provocatoria. La vide irrigidirsi e si dovette trattenere per reprimere un mezzo sorriso compiaciuto.
 «Da... - fece una pausa per schiarirsi la voce, approfittando per distogliere lo sguardo altrove - da quanto tempo dormo?»
 «Quasi un giorno.» Rispose.
Rey non disse niente, si portò il dorso della mano ad asciugare il sudore e continuò a non guardarlo negli occhi.
 «Non mangi.» Disse Kylo, cogliendola impreparata. Camminò fino a posizionarsi perfettamente davanti a lei, a braccia incrociate e a testa alta, con ancora l'immagine di quella ragazzina marchiata nella sua mente. «Sei debole per questo.»
 «Non ho appetito.» Confessò senza timore.
 «Non per forza devi mangiare con appetito. Se non hai fame, mangerai per sopravvivere. Che sia chiaro.» Parlò con un tono grave e intimidatorio, cosa che gli riusciva poche volte bene senza la maschera a modificargli la voce.
 «E adesso perché a Kylo Ren importa se la sottoscritta non mangia abbastanza?» 
Rimase sorpreso da quelle sue parole. Solitamente, a un suo ordine, si limitava ad annuire anche se svogliatamente.
 «Qui non si tratta di non mangiare abbastanza, qui si parla di non mangiare affatto. Non lascerò che la mia allieva muori di fame a causa dei suoi... capricci
Rey si accigliò sul materasso.
 «Capricci?»
 «Esattamente.»
Cadde un silenzio diverso da tutti gli altri che erano caduti fra di loro fino a quel momento, pieno di pura tensione nervosa.
 «Nella tua stanza troverai qualcosa per rimetterti in forza.»  Quello fu il suo modo per congedarla. Ma lei non si mosse. Rimase immobile dov'era a fissarlo con incredulità. Kylo si sentì a disagio sotto quello sguardo. Nessuno lo aveva mai guardato così. 
Il disagio si tramutò in fastidio.
 «Vuoi che te lo imbocchi io il cibo?» Chiese con nera ironia, aggrottando un sopracciglio.
Quella battuta colpì Rey, ma senza coglierla del tutto impreparata. Si alzò in piedi e camminò fino a posizionarsi davanti al Kylo Ren smascherato.
 «Non vorrei mai far perdere del tempo prezioso al temibile Cavaliere di Ren, non si sa mai se egli avrà qualche povero innocente da uccidere.» 
Lui trattenne il respiro.
Lei avrebbe voluto mordersi la lingua a sangue dopo quello che aveva appena detto.
 «Povero innocente?» Ripeté lui in un mormorio cupo, freddo.
Ecco, aveva appena fallito nella missione.
Dopo tutto quel lavoro che aveva fatto, si era lasciata fregare da un paio di parole.
 «Oh, chiedo scusa: nemico del Primo Ordine. E' un sinonimo di povero innocente, giusto?»
La sua coscienza le urlò a squarciagola di tenere a freno la lingua, ma una forza a lei sconosciuta la obbligava a dire tutto ciò che le passava per la testa.
Kylo ne fu certo, quella che aveva davanti, proprio in quel momento, era la Rey della Starkiller, l'ingenua mercante di rottami. Una morsa nel suo petto si sciolse e senza essersene accorto gli angoli della bocca si piegarono leggermente all'insù.
Rey non credette ai suoi occhi.
 «Credevo che fossi morta, Rey di Jakku.» 
 «Che cosa?» Chiese lei in un sussurro, indietreggiando. 
Ora che aveva tirato fuori quell'argomento, decise di portarlo avanti, senza se o ma.
 «A chi vuoi prendere in giro? Tu non sei passata al Lato Oscuro, tu lo ripudi.» I piedi di Rey si bloccarono sul pavimento, ma non fu lei a controllarli. Fu Kylo, esercitando la forza su di lei. Lui avanzò pian piano e ad ogni passo, tutte le consapevolezze di Rey di aver fallito salivano a galla, come quando si getta un sassolino in un laghetto e delle polveri salgono in superfice. «Non so se ti sei davvero ribellata alla Resistenza o se il Generale Organa ti ha affidato una missione di salvataggio.» Accennò un sorriso, che tutto era tranne che un vero sorriso. «Il mio salvataggio.» Specificò, sussurrando, mentre l'aria si riempiva del suo odore, o almeno, così sembrò a Rey, che non poteva né muoversi né parlare. «So solo che adesso sei qui e io eseguo gli ordini del Leader Supremo.» Girò intorno a lei, senza staccarle gli occhi di dosso. «Quello che lui vuole è che io ti insegni a padroneggiare la forza Oscura e così farò.» Si bloccò al secondo giro, dietro di lei. «E sai che ti dico?»
Avvicinò le labbra al suo orecchio e sussurrò con voce graffiante: «Non mi importa se tu vuoi abbracciare il lato Oscuro o meno, sappi solo che prima o poi, dopo aver faticato e combattuto, dopo aver sudato l'ultima goccia di sangue, dopo aver perso anche il più piccolo granello di umanità» si mise davanti a lei, allontanandosi giusto per guardarla negli occhi come se fosse la cosa più dannata e al contempo affascinante dell'intera galassia. «l'Oscurità sarà la tua unica speranza, la tua unica amica e la tua unica alleata.»
Rey sapeva che quelle parole sarebbero state impresse nella sua mente fino alla fine dei suoi giorni.









 
ANTICIPAZIONE
 
Mancava poco. 
Sapeva quanto fosse sbagliato, ma doveva farlo.
Finalmente avrebbe potuto vendicare il padre.






















NDA.

Buonsalve salvino a tutti :D

Vi ringrazio infinitamente delle recensioni, per aver inserito la storia nelle seguite o nelle preferite, ragazzi: G R A Z I E. 

Spero di poter leggere vari pareri in varie recensioni, è sempre un piacere sapere cosa ne pensa la gente del mio lavoro :)


Un abbraccio,

alla prossima!
 

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Capitolo 7
*** .7 ***


                                                                                             Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
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Redemption
                 

       

      
7




 «Han, fermati!» Leia gli bloccò la strada prima che potesse solcare la porta e salire sul Falcon insieme a Chewbacca.
Lui la guardò infastidito, con gli occhi gonfi e cerchiati da due mezzelune scure e profonde, segni delle sue notti in bianco. «Ti prego...» Non si abbassava mai a pregare qualcuno e se lo faceva era qualcosa che accadeva di rado. Ma questo particolare non lo smosse, lui sapeva cosa doveva fare e avrebbe dovuto farlo a tutti i costi.
 «Togliti di mezzo.» Ordinò parlando con freddezza, mentre distoglieva gli occhi da quelli nocciola di lei.
 «No, non lo farò.»
Han sospirò e cercò di mantenere la calma.
 «Leia, non te lo ripeterò un'altra volta: spostati.» Se prima il suo tono di voce fu troppo freddo, adesso era un blocco di ghiaccio.
 «E io invece te lo ripeterò mille volte: di qui non mi sposto.»
 «Dannazione, ma lo vuoi capire che devo andare a cercare quel folle!»
 «Non chiamarlo così!» Sibilò lei, puntandogli un dito contro. «Il folle è mio fratello!»
 «Tuo fratello è scomparso e con lui anche tua figlia!»
 «E allora? Cosa vuoi fare?» Inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. «Cercarlo per tutta la galassia?»
 «Sì, se sarà necessario.» Con agilità e velocità, Han avanzò oltre la moglie e si precipitò fuori dalla stanza, ma Leia non si arrese e prese a seguirlo, ignorando la difficoltà che le implicava stare al suo lungo passo.
Trascorsero gran parte del tragitto a litigare su futili divulgazioni. Quando giunsero nel deposito delle navicelle, davanti al Falcon, Leia si rimise davanti a lui, proprio come aveva fatto pochi minuti prima.
 «E' in buone mani, lo sai com'è fatto Luke, tornerà.»
 «Lui non ritornerà.»
 «Non abbandonerà Ben al suo destino, lo ha giurato davanti a tutti.»
 «E tu gli credi ancora dopo che ha lasciato che Snoke tentasse nostro figlio?»
Rimasero a guardarsi negli occhi e la risposta di lei tardò ad arrivare.
 «Sì.»
 «Sai che ti dico? Non mi importa di quello che pensi. Io salirò sul Falcon e andrò a riprendermi mia figlia.» La superò e salì gli scalini che lo portavano all'interno della nave, seguito dal suo co-pilota.
 «Han Solo!» Urlò Leia, voltandosi solo dopo alcuni secondi. Lo guardò come mai aveva fatto, un misto di rabbia, delusione e disperazione, mentre alcune lacrime le rigavano le guance.
 «Perdere Ben ti ha distrutto il cuore, come il mio che si è spezzato.» Vederla piangere, quello lo distruggeva ancor di più. Si sentì tremendamente in colpa quando si fermò un attimo a pensare che era stato lui la causa delle sue lacrime. «Quando abbiamo deciso di affidare Padme a suo zio eravamo entrambi d’accordo che sarebbe stata la cosa più giusta da fare per proteggerla. Io ho fiducia in mio fratello, so che ritornerà. Ti prego, - singhiozzò - ti prego, non andare via. Non lasciarmi da sola.»
Han indugiò sull'ultimo scalino metallico, con gli occhi che vagavano da sua Leia al vuoto.
Era spaccato in due parti, avrebbe voluto seguire quel consiglio, credere in lei e avere fiducia in Luke.
 «Anche quando gli avevamo affidato Ben pensavamo che sarebbe stata la cosa giusta da fare. Come uno stupido ho commesso lo stesso errore di nuovo, ma rimedierò.» Si voltò, e salì anche quell'ultimo gradino.


                                                                                     
                                                                                          °




Aprì gli occhi lentamente, come se non volesse svegliarsi troppo velocemente da quella visione. Una strana sensazione le era rimasta al petto, ma non sapeva se definirla positiva o negativa.
Ci meditò per un po', poi si voltò a guardarlo.
 «Perché?» Domandò semplicemente.
Lui le stava accanto, ma il suo sguardo era altrove, perso nella vegetazione del bosco, un lieve sorriso si delineò sulle sue labbra.
 «La risposta è dentro di te.»
Padme deglutì rumorosamente, sospirò, allontanandosi dallo spirito.
Anakin era sempre enigmatico nelle sue risposte e quel giorno lei non lo poteva proprio sopportare. Mancavano due giorni all'arrivo di Lando, vecchio amico di Han Solo, uomo abile in guerra, e di conseguenza mancavano meno di tre giorni all'attacco alla Base del Primo Ordine.
Aveva già l'adrenalina in circolo.
Mancava poco.
Sapeva quanto fosse sbagliato, ma doveva farlo. Lo avrebbe fatto.
Finalmente avrebbe potuto vendicare il padre.
Immaginò di avere la figura alta e possente del Sith davanti a sé e trafiggerlo con la spada laser, vedere quella maschera cadere a terra insieme al corpo le avrebbe dato un piacere malsano, una pace...
 «No, Padme.» Quella scena si dissolse nel nulla, i suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Anakin. Si voltò verso di lui e si accorse che la stava guardando con occhi stranamente tristi. «Non farti condizionare dal desiderio di vendetta.» Ci fu una lunga pausa prima che lei replicasse: «Non ne posso fare a meno», abbassando lo sguardo sulla spada appesa alla cintura di cuoio. «Tu non puoi capire, è troppo facile parlare.» Portò le dita a stringere l'arma, credendo che il contatto col metallo freddo e liscio potesse darle il coraggio di parlare, di esprimersi. Perché tenersi tutto dentro provocava rabbia.

Rabbia. Odio. Violenza.

Un brivido la percorse quando si riconobbe in quelle parole.
Parole che stavano a significare solo una cosa.
 «Sei forte, puoi trasformare le mie parole in fatti se solo avessi la volontà di farlo.»
Alzò lo sguardo arcigno, con una morsa stretta al petto, offesa.
 «Lui ha ucciso mio padre. Lui merita di morire.»
 «Non essere troppo rapida a giudicare chi merita la morte o meno. Non sta a nessun essere vivente deciderlo.»
 «E allora perché lui lo ha fatto?» Domandò accigliata. «Eh?», aveva gli occhi sgranati, intrisi di lacrime troppo pesanti e dense. Anakin la guardò senza battere ciglio, in uno sguardo misto di compassione e dispiacere, o almeno così parve a lei, che lo osservava, aspettando una sua risposta.
 «Somigli molto a tua nonna.» Quella frase completamente inaspettata la spiazzò, le fece ricordare, per un attimo, la storia della sua famiglia e quali fossero i suoi principi morali. Si asciugò velocemente quelle due lacrime che le rigarono le guance e si schiarì la voce, abbassando lo sguardo.
Padme poté avvertire lo spirito avvicinarsi e bloccarsi a metà strada, quasi come se si fosse avvicinato per darle una pacca su una spalla per poi ricordarsi di essere solo una proiezione della forza.
 «Mi dispiace.» Le parve di vivere in una situazione che aveva già vissuto, con Luke. «Il punto è che mi sto trasformando in un qualcosa che non sono e voglio solo essere abbastanza brava da frenare questa... questo...» Prese a gesticolare, i movimenti irregolari delle braccia erano la dimostrazione della confusione all'interno di quelle parole. «Non riesco a perdonarmelo, che lui sia morto. Mi sento colpevole, come se in realtà lo avessi ucciso io... e non riesco a capire il perché.» Le sue ginocchia tremarono e cedettero, si accasciò sull'erbetta, impugnando alcuni steli, stringendoli con così tanta veemenza da inumidirsi i palmi con la linfa. «E' per questo che lo voglio uccidere. Come se... volessi convincere me stessa che lui è il vero colpevole e che-» un singhiozzo le sfuggì dalle labbra.
Ultimamente non le piaceva parlare delle sue emozioni, cosa che il suo addestramento le imponeva di fare con Luke. Non voleva confessargli tutto quello che si teneva dentro, temeva di non essere capita o di risultare pazza agli occhi del maestro. Perché era così che si sentiva, perché lentamente stava perdendo lucidità e aveva paura. Tanta, tanta paura.
Il Lato Oscuro la chiamava.
La afferrava con i suoi tentacoli collosi e ogni volta era sempre più difficile liberarsi.
 «Ma lui è il colpevole.» La voce soave di Anakin le svuotò il cuore da tutto quel lerciume che fuoriuscì in altri singhiozzi e spasmi incontrollabili. Voleva trattenersi, voleva continuare a tenere tutto dentro, afferrare quella sporcizia con le mani e ingoiarla nuovamente. «La rabbia che hai dentro ti sta consumando.» Ma dei strani versi le uscivano dalle labbra schiuse, mentre la vista le si appannava e le lacrime scendevano velocemente e copiose. «Lasciala andare, lasciala uscire.»
Urlò.
Un urlo lungo, disperato, isterico. Le spalle, il labbro inferiore e le dita tremavano come le foglie quando sono smosse da una folata di vento.
Era stata forte per troppo tempo, era scoppiata e non l'aveva potuto controllare.
 «Come posso fermarla? Ti prego, dimmi che posso fermarla!» Alzò lo sguardo verso lo spirito e inizialmente vide tutto viola e rosso a causa della pressione del sangue.
 «Un modo c'è.»
 «Quale?» Chiese senza esitare.
 «Il perdono.»
Il suo volto si contorse in un'espressione piena di indignazione. Si alzò in piedi, ignorando le luci rosse che si abbattevano su ogni cosa che cercava di mettere a fuoco.
 «Perdonare Kylo Ren?!» Sibilò a denti stretti.
 «Ben Solo, non Kylo Ren.»
Quel nome... la attraversò da parte a parte.
 «Ben Solo è morto.» Mormorò, inspirando profondamente, riprendendosi gradualmente dallo sfogo di prima. «Credete tutti che sia ancora vivo, ma non lo è. Può trarre in inganno mia madre, Luke, te, ma non me.»
 «Senatrice!»
Si voltò dietro di lei, verso quella voce che l'aveva chiamata con trepidante preoccupazione. Da dietro un albero fecero capolino Poe Dameron e Finn, l'ex-Stormtrooper. Si avvicinarono di corsa, fermandosi davanti a lei con il fiatone, segno che avevano corso velocemente.
 «Vi abbiamo sentito urlare, ci siamo preoccupati.» Disse Finn dopo aver recuperato il fiato.
Padme guardò dietro di sé.
Anakin non c'era più.
 «State bene?» Chiese Poe con gentilezza, notando per la prima volta i suoi occhi rossi e gonfi, le guance bagnate.
 «Sto bene.» Parlò con voce atona, priva di ogni emozione. I due sapevano che la ragazza mentiva, ma preferirono non intromettersi. «E vi ho detto un milione di volte che dovete darmi del tu.» Disse, improvvisando un sorriso che stonava con la sua voce. «Adesso andiamo.»
Padme camminò, si fece spazio fra i due che si lanciarono un'occhiata indecisa, e li superò, dirigendosi verso la sua stanza.
Aveva bisogno di dormire.
Aveva bisogno di dimenticare.



                                                                                             °




La sua falcata era lunga e veloce, ma quella volta il suo andamento era così rapido da sembrare più una corsa che una camminata. Arrivò nella stanza, le pareti erano di un fastidioso bianco sgargiante, si precipitò verso il primo droide.
 «Dov'è?» Domandò e nemmeno la maschera poté celare la preoccupazione e la rabbia che c'erano nella sua voce grave e rauca.
Tutti i droidi infermieri si immobilizzarono. Se solo avessero potuto avere delle emozioni avrebbero provato paura.
 «Tenda 21B, signore.» Non sentì nemmeno quel "signore" perché era già partito, svoltò nel deserto settore B, individuare la ventunesima tenda non fu difficile. La trovò che si dibatteva sul lettino, mentre due droidi cercavano di tenerla ferma, uno di loro teneva fra le dita bioniche un ago.
 «Stammi lontano, ferraglia!» Con un calcio si liberò di un droide e poi anche dell'altro.
Quando si mise in piedi pronta alla fuga, si ritrovò davanti Kylo Ren.
Si trattenne per non urlare.
Restò immobile a fissarlo dalla testa ai piedi, per accertarsi se lui fosse davvero lì; fu una mossa stupida, che rese possibile ai droidi di afferrarla dalle braccia e di portarla sdraiata sul lettino, solo che questa volta non si ribellò.
Il droide alla destra le inserì l'ago della flebo nella vena, mise sopra un cerotto adesivo e si congedò insieme all'altro.
Rimasero da soli.
In quella stanza troppo grande e troppo luminosa.
 «Guarda come ti è andata a finire.» Disse Kylo con non poco disgusto. «Sei ridicola.»
 «Potrei dire lo stesso di te.» Ribatté lei in sua difesa, senza degnarlo di uno sguardo.
 «Questo non c'entra un bel niente.» Si avvicinò al lettino e Rey divenne di pietra, solo i suoi occhi tremavano, leggermente lucidi.
Era passata una settimana dall'ultima volta che avevano parlato (se non qualche volta durante gli allenamenti), da quando lei si era svegliata sul letto di lui. Quel giorno le aveva intimato di mangiare, di rimettersi in forze, ma lei aveva peggiorato la situazione, quasi per fargli un dispetto: non solo continuava a non mangiare, ma aveva deciso di non dormire e di allenarsi continuamente, costantemente.
Se non era svenuta nemmeno una volta era grazie a quel briciolo di forza che le era rimasta dentro.
 «Non avrei mai immaginato che prima o poi avresti deciso di morire così. Un lento suicidio.»
 «Preferisco morire che cadere nel Lato Oscuro.»
Kylo Ren sapeva da un bel po' che Rey era una spia della Resistenza all'interno dell'Ordine e una domanda che questa si poneva spesso era:

perché non fare rapporto al Generale Hux e ucciderla? Cosa stava aspettando?

 «C'è troppa Luce in te. Non potresti mai cadere nel Lato Oscuro.»
Rey lo guardò inizialmente confusa.
La confusione fu sostituita dalla sorpresa.
La sorpresa dall'incredulità.
 «Cosa?» Le scappò in un sussurro.
Vide le mani di Kylo Ren chiudersi in due pugni, il lieve rumore dei guanti di pelle stringersi riempì il silenzio lungo e interminabile.
Rey non sopportava doverlo guardare attraverso quella maschera che lo faceva sembrare un mostro.

Ma lui è un mostro.

Cercò di ricredersi, ma non ci riuscì. Contro la sua volontà desiderò guardarlo negli occhi, di guardare il suo volto.
Qualcosa era cambiato nell'aria, riusciva a sentirlo, ma non sapeva definire cosa. Sapeva solo che quella situazione le dava i brividi.
 «Ti conviene dormire.» Si voltò e in un secondo era già arrivato a metà strada fra il lettino e l'uscita.
Una forza dentro di lei le urlò di fermarlo, ma riuscì a trattenersi. Rimase a guardarlo andare via, poi, cadde in un sonno profondo senza volerlo.




 
  °



Il suo cuore batteva ancora fortissimo quando raggiunse la sala di controllo.

Perché non riusciva ad odiarla?

Che cosa diamine gli era saltato in mente di dire prima? Era stato stupido. Snoke non avrebbe mai dovuto saperlo.
Mille aghi roventi gli perforavano la pelle al ricordo del modo in cui Rey lo aveva guardato, quello sguardo era impresso nella sua mente, quei dolci occhi cangianti erano ancora lì, davanti a lui.
 «Ren.» Alzò lo sguardo verso la voce che lo aveva chiamato, il Generale Hux che era proprio di fronte a lui. «Ho inviato due Stormtrooper a cercarti. Dov'eri finito?» Ah, già.
Se ne ricordò solo in quell'attimo.
Si stava dirigendo verso Hux quando era stato informato da un droide infermiere che avevano scortato Rey dai suoi allenamenti perché era svenuta. Una rabbia indescrivibile lo aveva attraversato, ma non era quella rabbia piena d'odio a cui era abituato. Era più un'apprensione che gli era stata sconosciuta fino a quel momento.
 «Ho avuto un contrattempo.»
Hux inarcò un sopracciglio non del tutto convinto, ma ignorò i suoi stessi sospetti. Quello che aveva da comunicare era più importante.
 «Stamattina un nostro droide-spia è riuscito ad infiltrarsi nella sala di controllo della Base della Resistenza e ha rubato alcune informazioni.»
Kylo si riprese del tutto a quella notizia.
 «Non sapevo che dei droidi-spia dell'Ordine fossero arrivati a Takodana. Cosa avete scoperto?»
Hux lo portò davanti ad alcuni computer.
 «Hanno pianificato un attacco alla nostra base.»
 «Quando?»
 «Entro 72 ore.»
 «Non capisco il motivo della tua preoccupazione, prepara l'esercito o dai l'ordine di evacuare il pianeta.»
 «Questa potrebbe essere una delle battaglie finali per schiacciare completamente la Resistenza, non farò evacuare il pianeta.»
 «E allora prepara l'esercito.» Kylo restò un paio di secondi immobile, attendendo se il Generale avesse altro da dire, altrimenti se ne sarebbe andato.
 «Non è tutto.» Lo richiamò Hux quando Ren aveva già fatto i primi due passi. «Il nostro droide è riuscito a ricavare un'altra interessante informazione.»
 «Cioè?» Chiese quasi con irritazione, convinto che quella notizia non lo avrebbe scosso nemmeno un po'. Lui e Hux avevano una visione differente su ciò che poteva essere interessante o meno.
 «La speranza di una nuova Repubblica non è più qualcosa di astratto per i ribelli.» Fece una pausa. Una lasso di tempo in cui il sesto senso di Kylo lo mise all'erta, facendolo ricredere da ciò che aveva pensato un momento prima. «Hanno eletto un Senatore, o meglio, una Senatrice.» Si voltò verso il Generale, guardandolo con occhi spalancati da dietro la maschera.
 «Leia Organa?»
 «No.» Un sorrisetto isterico fece capolino sulle labbra del Generale. «Evidentemente i Cavalieri di Ren non hanno ucciso tutti gli allievi di Luke Skywalker, quattordici anni fa.»
 «Ero presente io stesso. Uccisero tutti i padawan quella notte.» Ribatté, convinto appieno.
 «E allora com'è possibile che una padawan di Skywalker sia la nuova Senatrice?»
Sbigottito, Ren si avvicinò ai computer, mentre il suo stomaco si contorceva senza che lui capisse bene il perché: quell'informazione non avrebbe dovuto colpirlo personalmente, eppure fu così.
 «Inutile cercare nei monitor, il droide ha ricavato solo ciò che ti ho detto. Non sappiamo né il nome e nemmeno quale sia il suo volto.»
Ren alzò lo sguardo davanti a sé, oltre gli schermi degli apparecchi elettronici.
C'era una voragine nel suo petto, si andava man mano ad allargare mentre l'ansia e voglia di sapere lo uccidevano.

Rey.

Lei avrebbe risposto alle sue domande, con o senza la sua volontà.
Senza congedarsi, ritornò nell'infermeria a passi da gigante, andò nel settore B e...
Le luci erano spente e tutti i pazienti del settore A dormivano, dalle finestre entrava la luce notturna delle due lune e nel lettino 21 c'era lei, gli occhi chiusi, il viso teso in un'espressione nervosa.
Le sue spalle si rilassarono dalla sua solita posizione rigida.
Mentre dormiva pareva piccola, innocente. Un fiore raro, bellissimo. Si avvicinò lentamente, rimosse la maschera senza staccare i suoi occhi da lei.
Tutta quella determinazione, quella rabbia di qualche momento prima, si erano dissolte nell'aria come vapore.

Perché gli faceva quell'effetto?

Si sedette su una sedia lì vicino, abbassò la testa portandosi le mani al viso, massaggiandoselo con i polpastrelli.
Che cosa mi succede?, si domandò, spaventato, stanco e confuso. Alzò lo sguardo verso di lei, fu rapito dalle sue lunghe ciglia.
Quella era la terza volta che la guardava dormire. Ogni volta era una battaglia con se stesso, con il Lato Chiaro.
Con lei non c'era rabbia, odio o dolore.
Con lei c'era apprensione, stupore e tranquillità.
Sapeva cosa gli stava succedendo, ma era troppo orgoglioso e devoto al Lato Oscuro per ammetterlo. Eppure, come negare l'evidenza?
Solo adesso stava meditando su tutto ciò, quello che aveva avuto davanti ai suoi occhi da tanto tempo, adesso gli sembrava una novità.
Improvvisamente, non era più padrone delle sue azioni, oppure lo era, non ne fu certo: si alzò in piedi, si tolse il guanto dalla mano destra e allungò la mano verso quella di Rey.
La toccò.
Delle scosse elettriche gli attraversarono le dita, per poi propagarsi in brividi per tutto il corpo. Ma non si allontanò, indugiò ancora e ancora, sfiorandole la pelle morbida.
Lei lo sentiva.
Lo aveva sentito arrivare e aveva chiuso gli occhi, facendo finta di dormire.
Adesso, immobile e rigida com'era, si chiedeva che cosa stesse facendo Kylo Ren, il suo nemico, il suo avversario... che non riusciva più a detestare come prima, odiando se stessa per questo. 
Sentì le sue dita fredde accarezzarle il dorso della mano in un modo a lei sconosciuto, era gentile... era forse dolcezza? Perché lei non aveva mai ricevuto una carezza e non sapeva se quella ne era una. Il suo cuore iniziò a battere più forte quando le dita di lui si allontanarono, per un attimo provò una strana sensazione di astinenza, perché le era piaciuto come l'aveva toccata.
Stava per negare a se stessa quell'affermazione quando sentì nuovamente le sue dita sulla pelle, questa volta sulla guancia.
Quella, ne era certa, era una carezza.
Il cuore le tremava, le lacrime le pizzicavano le palpebre chiuse.

Cosa stava succedendo?

Aprì gli occhi, incontrando immediatamente quelli nero pece di Kylo, non si era stupita di trovarlo senza maschera come lui non si era stupito di aver capito che era stata sveglia tutto il tempo.
Lui non ritirò la mano, ma lei ebbe l'istinto di portare le dita a circondargli il polso, come per trattenerlo se avesse deciso di allontanarsi.
Nessuno dei due si riconosceva nei propri gesti.
Quel momento era indescrivibile sotto tutti i punti di vista.
Erano come ciechi, ma riuscivano a vedere  la persona che avevano davanti. Le loro coscienze urlavano di svegliarsi, ma quella era una realtà troppo bella da cui potersi risvegliare, nessuno dei due voleva ritornare in quell'incubo che loro chiamavano vita.
Non esisteva più Primo Ordine o Resistenza, Jedi o Sith, Lato Chiaro o Lato Oscuro. C'erano solo loro due in un luogo buio e silenzioso, dove solo la luce delle lune illuminava i loro volti, dov'era appena nato un legame che intimoriva entrambi.
 «Ben.» Il suo vero nome pronunciato da lei gli riportava troppi ricordi in mente. Ricordi belli e brutti, in entrambi i casi pieni di malinconia e dolore.
Le dita di Rey strinsero quelle di lui, mollando la presa sul polso. Era strano, ma la mano piccola di lei pareva fatta apposta per stringere quella grande di lui. «Io so che sei stato lì dentro per tutto questo tempo.» Il cuore di lui ebbe un fremito.

Rey aveva recuperato i suoi ricordi?

 «Questo sei tu.» Si alzò a sedersi senza mollare la presa sulla sua mano. Adesso i loro volti erano cosi vicini che Rey poteva osservare delle lievi e piccole pieghe sulla cicatrice che attraversava il suo volto.
 «Mi dispiace.» Disse, liberandosi dalla presa di lei. Si allontanò dal lettino, voltandosi. Ma Rey continuò quello che era iniziato quando i loro corpi erano entrati in contatto con un semplice tocco: si alzò in piedi e posò una mano sulla spalla di lui, costringendolo a voltarsi. «Non avrei mai dovuto uccidere i nostri compagni.» Rey guardò dentro i suoi occhi con confusione, non capiva a cosa si stesse riferendo. Lasciò comunque che continuasse. «Snoke mi parlava nei sogni, diceva che fra i Jedi il mio potere era sprecato. Diceva che dovevo finire ciò che Darth Vader aveva iniziato.» Fece una pausa, mentre un angolo remoto della sua mente si chiedeva come quella situazione si fosse evoluta in quel modo. Comunque sia, aprirsi a lei lo riempiva di una pace che non provava più da tempo. «Non potevo lasciare che uccidessero anche te.»
 «C-che cosa?»
La guardò, aggrottando la fronte. Solo dopo averle studiato gli occhi per un paio di secondi capì che aveva frainteso tutto.

Lei non aveva ricordato.

Distolse subito lo sguardo.
Una forte delusione lo travolse, spiazzandolo del tutto.
Rimise a tacere Ben Solo.
Recuperò la sua maschera e la indossò sotto gli occhi confusi e disperati di Rey.
 «Va a dormire. Domani ti aspetta un doppio allenamento.» Si voltò per incamminarsi via da quella stanza.
 «Aspetta!» Contro la sua volontà, si bloccò sulla soglia della porta, con le spalle nuovamente rigide. Rey ansimava piano con la bocca schiusa, nella speranza di non scoppiare in lacrime. «Mi stai dicendo che hai appena dimenticato quello che è appena successo?»
 «Non è successo niente, mercante di rottami.»
 «NO!» Urlò forte, fregandosene dei pazienti malati che dormivano. Un nodo alla gola le diede difficoltà a parlare: «Non... tu... m-mi conoscevi. Cosa intendevi con i nostri compagni? - aspettò una sua risposta, ma egli non disse nulla - Dimmelo!»
 «Stai delirando, è la mancanza di cibo.»
 «Non mi trattare da stupida! Non sono sorda, ti ho sentito!»
Kylo strinse i pugni, represse il Lato Chiaro un'altra volta, mentre delle gocce di sudore gli scendevano dalle tempie al collo.
 «Basta.»
 «No!»
 «BASTA!» Si voltò, urlandole con una tale rabbia da farla diventare paonazza in volto.
Gli fece male il petto quando la vide accasciarsi a terra con gli occhi spalancati e vuoti davanti a sé.

Mentre lui lasciava il settore B, frasi con parole sconnesse, immagini sfocate e poco chiare si sovrapponevano nella sua testa, creandole un disordine senza fine.

«l'Oscurità sarà la tua unica speranza, la tua unica amica e la tua unica alleata.»







                                                                            ANTICIPAZIONE


Improvvisamente le parve di aver vissuto in una bugia, in una bolla di cristallo dove l'aria era densa e impossibile da respirare. Si chiedeva se il battito del suo cuore non fosse altro che un ingranaggio che fungeva il familiare tu-tum; se lei non fosse altro che il frutto di un esperimento di laboratorio.
Paura e confusione si intrecciavano in una danza monotona, con un ritmo sordo e persistente.
Le domande erano così tante che un'era non sarebbe bastata per rispondere ad ognuna di esse. [..]
Kylo Ren non era più il mostro da cui nascondersi, ma l'unica ancora a cui aggrapparsi per avere uno straccio di verità.












NDA

Saaaaalve :D

Sono tornata con un nuovo capitolo (e che capitolo, dieci pagine, ragazzi. Questo è un record per me XD) 
Spero sia stato di vostro gradimento,
cosa ne pensate degli avvenimenti che sono accaduti? Dai, dai, sono curiosa!

Ringrazio coloro che seguono la storia, che l'hanno aggiunta ai preferiti o alle seguite e che l'hanno recensita!


Un abbraccio,

alla prossima ;)


 

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Capitolo 8
*** .8 ***


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Redemption
                  
 


8
 
 
 
 
Una mano calda sulla sua spalla stonò con la sua pelle colgelata, così si svegliò di colpo.
Il cavaliere di Ren arretrò, alzandosi in piedi.
 «Hai dormito tutta la notte a terra?» Domandò con un'ironia sprezzante e acida.
Rey si stropicciò gli occhi e si mise a sedere, si guardò intorno e sì, aveva dormito tutta la notte sul pavimento. Tutto il corpo le doleva, indollenzito. Si portò una mano dietro la nuca e si scrocchiò il collo, ignorando del tutto la presenza dell'allievo di Kylo Ren.
 «Perché sei qui?» Si mise in piedi, anche se con difficoltà. Andò verso il letto, appoggiandosi alla ringhiera.
 «Il maestro mi ha mandato a chiamarti.»
Rey sbuffò, per poi mordersi il labbro. 
 
Perché dopo quello che è successo non ha nemmeno il coraggio di venirmi a chiamare di persona.
 
Si sentì delusa da quel dettaglio che la sua mente tramutò in un'enormità grande quanto un pianeta. 
 «Digli che non ho intenzione di partecipare agli allenamenti.» Si sedette sul materasso, guardò il cavaliere con occhi fiammeggianti, chiedendosi per quale motivo fosse ancora lì.
 «Oggi niente allenamenti. Vuole portarci a Naboo.» 
Un moto di sorpresa la scosse.
 «Cosa?» Le venne spontaneo mormorare, mille domande la assalirono, ma riuscì a trattenersi, anche se a stento, mordendosi la punta della lingua.
 «Hai sentito bene. Tra dieci minuti devi raggiungerci alla sala di controllo.» Rispose brusco mentre si allontanava per andare via.
Quando Rey rimase sola, la sua mentre le riportò in superfice parole che lei e Kylo Ren si erano detti la sera prima. 
Dopo che lui era andato via, lei si era addormentata tra le lacrime e i singhiozzi, sul pavimento. 
Sentì sulla pelle le sensazioni che aveva provato: abbandono, confusione, paura, tutto completamente diverso da ciò che aveva sentito quando Kylo le aveva sfiorato le dita e la guancia con dolcezza. Niente a confronto con il senso di colpa per la sicurezza e l'affetto che aveva provato per quell'assassino, quel mostro.
Cercò di reprimere un conato quando quelle emozioni la trapassarono da parte a parte, ma non ci riuscì. Corse verso la finestra, la aprì e sputò via tutto quello che aveva dentro, cioè poco e niente, solo succhi gastrici che le bruciarono l'esofago come lava bollente. Gli occhi le lacrimarono per lo sforzo. Si allontanò, appoggiò la schiena al muro e scivolò a terra, asciugandosi il sudore alla fronte con il dorso della mano.
Improvvisamente le parve di aver vissuto in una bugia, in una bolla di cristallo dove l'aria era densa e impossibile da respirare. Si chiedeva se il battito del suo cuore non fosse altro che un ingranaggio che fungeva il familiare tu-tum; se lei non fosse altro che il frutto di un esperimento di laboratorio.
Emozioni negative si intrecciavano in una danza monotona, con un ritmo sordo e persistente.
Le domande erano così tante che un'era non sarebbe bastata per rispondere ad ognuna di esse. 
Altre lacrime minacciarono di uscire, ma era stanca di piangere. Era stanca di vivere in una menzogna. Se c'era una cosa poco più forte di tutta quella sporcizia di negatività era la sua fame di curiosità. 
Una voce parlò nella sua testa, le sussurrava una frase che inizialmente le parve impossibile da comprendere. Ma poi riuscì a sentirla più chiara, le diceva:
 
Alzati, Rey.
 
Fu così forte che le parve vera, quella voce, che non riuscì ad identificare, anche se era certa che appartenesse ad un uomo di età.
Era soave, calda, piena di positività.
Si alzò in piedi velocemente, si guardò attorno per forza d'istinto. Ma, ovviamente, non c'era nessuno lì; anche una strana sensazione, come una presenza vicino a lei, non se ne andava.
Respirò profondamente e andò a rinfocillarsi per il viaggio che avrebbe dovuto affrontare.
Fino a pochi minuti fa l'idea di incontrare Kylo Ren dopo quello che avevano passato la sera prima la metteva a disagio. 
Fino a poche settimane fa lui era il mostro che aveva ucciso Ben Solo per sempre.
Ma adesso che vedeva più chiaro, Rey sapeva che si era maledettamente sbagliata.
Kylo Ren non era più il mostro da cui nascondersi, era la radice marcia da estirpare per salvare l'uomo buono dentro di lui.
Durante il viaggio avrebbe trovato modo di farsi coraggio e parlargli una volta per tutte: la Resistenza sarebbe arrivata tra un giorno o due e doveva sbrigarsi.
 
Non mi importa quanto tempo ci impiegherai, portamelo indietro. Riportami mio figlio. Queste erano state le parole di Leia Organa.
 
 «Mi scusi, Generale.» Le avrebbe voluto dire adesso. «Ma prima di riportarle indietro suo figlio, il mostro che è in lui mi deve alcune risposte.»
Perché era questo che era Kylo Ren per lei, ormai: l'unica ancora a cui aggrapparsi per avere uno straccio di verità.
Indossò degli abiti puliti in meno di un minuto e lasciò la sua maschera sul comodino, non aveva intenzione di indossarla. Si legò i capelli com'era solita fare e andò verso la sala di controllo a passi lunghi e lesti.
 
 
    °
 
 
Diede un'ultima occhiata all'abito steso sul letto, ma non cambiò idea. Non avrebbe mai indossato quella cosa pesante e piena di colori; e poi anche se ci avesse voluto ripensare non avrebbe avuto tempo per cambiarsi. Aveva semplicemente legato dietro la nuca i lunghi capelli in alcune trecce, così da poter combattere senza che che le ciocche le finissero negli occhi. 
Sospirò.
Era tempo di partire e la stavano aspettando nella sala delle navicelle per il discorso.
Stavano aspettando la loro Senatrice. 
Solo che, mentre osservava il suo riflesso allo specchio, vedeva solo una ragazzina cresciuta troppo velocemente. 
Rimpianse una qualunque vita che avrebbe potuto avere con i dei genitori qualunque, in un pianeta qualunque, facendo qualsiasi cosa tranne che iniziare un addestramento Jedi all'età di tre anni, diventare Senatrice di una Repubblica fantasma all'età di quattordici anni, non aver mai conosciuto il padre o il fratello, che quest'ultimo diventi un Sith a capo di un Signore Oscuro e che lei avrebbe dovuto uccidere per vendicare il padre, andando contro il codice Jedi.
Scosse la testa, allontanandosi dallo specchio.
Certo, purtroppo non aveva una vita normale, ma poteva fare in modo per renderla tale. Aveva il potere e le capacità per farlo, allora perché non provare?
Lei era Padme Solo e doveva avere fiducia in se stessa.
Richiamò a sé tutta la forza che le stava intorno, ma essa era come contrastata da qualcosa, Padme capì cosa: il suo desiderio di vendetta.
Mancavano alcune ore di viaggio e avrebbe commesso l'errore, probabilmente, più grave della sua vita. Ma non rimpiangeva nulla. Un'emozione malsana e appagante l'aveva trascinata nell'abisso e ormai non vedeva l'ora di poter affondare il laser della sua spada nel cuore di quel mostro.
Ucciderlo la avrebbe portata sicuramente a un passo dal Lato Oscuro e se quello era il prezzo che avrebbe dovuto pagare, lo avrebbe accettato.
Respirò profondamente prima di abbassare la maniglia della porta e uscire dalla stanza, dirigendosi verso la sua meta. 
 
L'enorme sala era piena di soldati ribelli nelle loro uniformi arancioni e bianche, erano schierati ordinatamente in due file molto piene, lasciando uno spazio di due metri circa formando così un corridoio.
Padme percorse quel corridoio fino ad arrivare davanti alle file, affiancando il Generale Organa e i tenenti.
Quando gli applausi al discorso di Leia terminarono, venne il suo turno. 
Il cuore le batteva leggermente più veloce e si scoprì in imbarazzo di fronte a tutti quegli occhi puntati su di lei. Era il secondo discorso che teneva e improvvisamente, non sapeva che dire. Un nodo alla gola le privò di parlare.
La gente iniziava a bisbigliare e a lanciarsi occhiate indecise e confuse.
Gli occhi le divennero lucidi e le guance rosse.
 «Non è necessario che-» Le sussurrò Leia, ma non riuscì a finire in tempo la frase che Padme schiuse la bocca e parlò ad alta voce, balbettando nella prima parola:
 «Prima di uscire dalla mia stanza, ho guardato il mio riflesso allo specchio - tutti tacquero, attirati da quella curiosa frase, attenti a ciò che la Senatrice aveva da dire - e ho pensato alla mia vita, prima molto velocemente, quasi come un piccolo resoconto della giornata prima di andare a dormire.» Prese a gesticolare e a camminare, ringraziando se stessa per essere riuscita ad uscire da quell'imbarazzante blocco momentaneo. «Poi ho iniziato ad analizzare ogni punto della mia vita e di come questa sia piena di cose che avrei voluto che andassero in un altro modo, in un verso migliore.» I suoi piedi si bloccarono tra le due file, davanti al corridoio. Guardò le persone davanti a sé. «Tutti noi vorremmo una vita diversa da quella che abbiamo adesso, che è piena di guerra, sangue e dolore. So quanto siete stanchi di combattere, so quanto siete stanchi di perdere ogni giorno compagni, amici, parenti.» Ricacciò indietro le lacrime e alzò il tono di voce. «Ma poi ho riaperto gli occhi e ho guardato di nuovo in faccia la realtà. Mi sono detta che va bene che io non abbia la vita che vorrei, perché così sarò capace di migliorare quella che ho già.» Alcune teste annuirono. «L'attacco che stiamo per fare non è solo un attacco, ma è una speranza per migliorare le nostre vite e l'intera galassia!» Urlò e assunse un'espressione che non traspirava altro che determinazione, mentre qualche incitazione si librava nell'aria. «Voi siete padroni delle vostre vite e solo voi potere decidere se migliorarla e come!» Le esortazioni divennero più numerose e rumorose. «E' l'unica cosa che vi chiedo oggi! Siate forti e determinati in questa missione e cambierete le vostre vite!» Piedi battevano il pavimento, mani applaudivano fragorosamente e esultanti urla creavano un baccano stranamente piacevole. Le labbra di Padme si allargarono in un sorriso. «Che la forza sia con voi.» Aggiunse, concludendo quel discorso che aveva completamente smentito l'immagine negativa che la Resistenza si era fatta della nuova Senatrice: una ragazzina incapace e debole che avrebbe solamente peggiorato la situazione.
 «Breve, ma intensa.» Si voltò verso Luke che l'aveva appena affiancata. 
 «Grazie, maestro.»
 «Sei sicura di voler venire in missione?» Le chiese con gentilezza, studiandole gli occhi.
 «Più che sicura.» Rispose a testa alta, impugnando l'elsa della spada. «Ci vediamo a bordo.» Si congedò e si allontanò, andando verso la sua navicella, quella di suo padre, il Millennium Falcon.
Mentre la guardava allontanarsi e stringere le mani di alcuni ribelli, Leia si avvicinò a lui pian piano, senza farsi sentire.
 «Tienila d'occhio.» Gli disse, con l'apprensione che solo una madre poteva avere.
Luke la guardò con la punta degli occhi. 
 «Lo sai anche tu che non potrà mai farlo.»
 «Beh, adesso non ne sono più così tanto sicura.» 
I gemelli si scambiarono un'occhiata prima che Leia voltasse strada e ripetesse un'altra volta: «Tienila d'occhio.»

 
 
 
 °

 
Naboo era deserta.
A Takodana, Rey aveva letto molti libri che illustravano i paesaggi dei vari pianeti della galassia. Nelle illustrazioni, il pianeta era sempre colorato, pieno di vita e splendore.
Ma ciò che aveva davanti era una città abbandonata, piena di sporcizia e spenta, nulla a che vedere con i colori che aveva immaginato.
 «Dove sono tutti gli abitanti, maestro?» Domandò un cavaliere di Ren e Rey si interessò a quella domanda come se l'avesse chiesta lei.
 «Naboo fa parte del sistema che avremmo dovuto disintegrare, gli abitanti sono scappati giorni fa per questioni di sicurezza.» Ci fu un'impercettibile nota di malinconia in quella risposta che solo Rey riuscì a cogliere. Lei se ne stava dietro tutti gli altri, accanto a un nuovo allievo di Ren che non poteva avere più di dieci anni. 
Kylo avanzò e con lui anche i suoi allievi.
Nessuno parlò, erano tutti concentrati sul triste paesaggio.
Rifiuti sparsi nelle strade grigie, veicoli abbandonati, i volatili erano i padroni dei marciapiedi. Solo dopo aver avanzato quasi un chilometro videro i primi corpi in decomposizione. Scene da far venire i conati.
Rey parlò la prima volta quando sentì un rumore inizialmente irriconoscibile, poi alle sue orecchie suonò come il pianto di un bambino.
 «Lo sentite anche voi?» Non era solita a parlare ai suoi finti compagni, lo faceva solo quando era strettamente necessario. Tutti si fermarono, anche il cuore di Kylo Ren all'udire la voce soave della ragazza.
 «Donne.» Commentò uno di loro e alcuni risero sprezzanti.
 «Tieni i tuoi commenti maschilisti per te.» Ribatté a tono Rey, allontanandosi dal gruppo, correndo verso quel lamento.
Stranamente non fu seguita, anche se sapeva che il maestro avrebbe mandato qualcuno a cercarla.
Dopo un minuto di corsa, Rey si ritrovò davanti a quello che doveva essere un tempio, ma non ebbe il tempo per ammirarne la bellezza, perché quel bambino che aveva cercato era sdraiato a terra in posizione fetale, la piccola schiena tremava ad ogni singhiozzo. Si avvicinò a lui e gli toccò la spalla, quello sussultò e la guardò con gli occhi sgranati. Era un twi'lek, i suoi vestiti erano logori e strappati, la sua pelle verdastra era ricoperta di ferite.
 «Chi sei?» Le chiese balbettando.
 «Sono Rey, non voglio farti del male.» Non ricordò l'ultima volta che aveva usato tutta quella gentilezza.
 «Sei del Primo Ordine, tu mi vuoi uccidere!» Si alzò in piedi e indietreggiò. Il ragazzino guardava la spilla dell'Ordine al petto di Rey.
In segno di pace, se la strappò, la gettò via e alzò le mani in aria, mostrandosi disarmata.
 «Sono della Resistenza.»
 «Non ti credo.» Voltò strada e corse così veloce da lasciarsi dietro una nube di polvere.
 «Aspetta!» I suoi piedi le consigliarono di rincorrere il bambino ed era quello che stava per fare.
 «Lascialo andare.» 
Le suole degli stivali si incollarono al terreno e non osò voltarsi. 
Kylo Ren la affiancò, entrambi erano davanti al tempio.
La gola di Rey divenne improvvisamente secca, ma si lasciò sfuggire comunque quella frase.
 «E' solo, dovrei cercarlo e-»
 «E poi cosa?» Non c'era scherno nella sua voce, o alcuna ombra di freddezza. 
Si voltò a guardarla negli occhi per un tempo indeterminato, quelle iridi gli provocavano sempre quell'effetto. «Lo avremmo dovuto portare con noi?»
 «E' solo.» Ripeté lei, abbassando gli occhi sulle punte dei suoi stivali, lo sguardo di Ren la intimidiva e la imbarazzava.
 «L'Ordine gli avrebbe dato un destino da schiavo.» 
 «Non ci avevo pensato.» Si giustificò dopo vari secondi di silenzio, torturandosi le dita. Kylo Ren desiderò prenderle le mani e stringerle come aveva fatto la sera prima, ma si trattenne da quell'istinto cambiando discorso.
 «Sai che cos'è?» Le chiese, indicandole con un cenno del capo il tempio davanti loro. Prima Rey non aveva avuto il tempo di osservarlo, tra l'imbarazzo e la curiosità, studiò le larghe colonne di pietra bianca, le vetrate rosse, gialle e blu e il portone marrone contornato da arbusti secchi.
 «E' un tempio.» Rispose senza avere la minima idea di che cosa si trattasse di specifico.
 «E' un sepolcro.» Rey lo guardò, detestò rivolgere le sue attenzioni a quella maschera anziché all'uomo dal volto pallido e malinconico, dagli occhi neri come il nulla che da poco gli parevano familiari.
 «Di chi?» Chiese, ma Kylo Ren non rispose. Egli si avviò verso il portone, liberò la maniglia da rami e foglie e con l'aiuto della forza le due grosse ante si aprirono dall'interno. Si voltò verso di lei e la invitò ad entrare senza dire o fare qualcosa, si capirono quasi telepaticamente. Rey si avvicinò a lui e insieme solcarono l'entrata. 
Kylo conosceva benissimo quel posto, così restò in un angolo a guardare Rey mentre osservava e studiava ciò che la circondava. Sorrise dietro la maschera rendendosi conto solo il quel momento che non era cambiata di una virgola da allora.
Il sepolcro era piccolo, una stanza grande quanto quella di Rey nella Base dell'Ordine, era scoplita nella pietra e al centro vi era la bara sigillata, placcata in oro e argento, davanti una grande vetrata a mosaico che raffigurava una bellissima donna in gravidanza, gli occhi chiusi e le mani congiunte al pancione.
Rey sgranò gli occhi e il respiro le si fece pesante quando riconobbe il volto del mosaico: era la donna del suo sogno, quella che era stata strangolata da Anakin.
 «Qualcosa non va?» Chiese Kylo, avvicinandosi a lei, avvertì la sue emozioni.
 «Questa donna...» Si interruppe da sola, andò versò la bara a lesse ciò che vi era inciso.
 
 
                           Qui giace Padme Amidala, 
                             Senatrice di Naboo, 
                           figlia, moglie e madre amorevole.
 
 
Padme.
Era la nonna di Padme e Ben Solo. 
Quell'Anakin era Darth Vader.
In quel momento alcune cose le tornarono chiare, solo una cosa non capiva:
 
perché nel sogno Anakin Skywalker la chiamava con il nome di Obi-Wan?
Chi era Obi-Wan?
 
 «Oggi siamo venuti qui a Naboo per un motivo.» Rey alzò gli occhi verso Ren. «A causa del mio errore di ieri, non ho altra scelta se non raccontarti la verità, Rey.» Rabbrividì.
Erano state le sue intenzioni fin dall'inizio fargli delle domande riguardo le sue parole della sera prima e scoprire che tutta quella scenata era stata organizzata solo per quel motivo la mise a disagio.
 «Sappi che non ho intenzione di parlare a una maschera.» E con quella frase, Kylo capì. Rimosse ciò che dava fastidio a Rey e, ultimamente, anche a lui stesso. Poggiò la maschera sulla bara della nonna delicatamente e lentamente, mentre gli occhi di Rey lo divoravano. Il legame fra i loro sguardi fu intenso, così tanto che restarono a guardarsi per un tempo indeterminato, forse secondi, forse minuti.
 «Non siamo qui dentro per caso, vero?» Chiese Rey, sentendo le gambe cedere di già.
 «Ho voluto portarti qui per iniziare dal principio.» Fece una pausa, lasciando che il silenzio prendesse voce in capitolo un'ultima volta prima del lungo racconto. «Sei pronta?»
 «Sì.» Rispose senza esitare.
 «Anakin Skywalker prima di diventare Darth Vader sposò Padme Amidala. Obi-Wan Kenobi era il maestro di Anakin, lui e Padme rimasero sconvolti dal suo tradimento. Lo raggiunsero a Mustafar, il primo tentativo di riportarlo nella strada giusta fu fatto dalla moglie, ma le parole non servirono, lei venne brutalmente soffocata dal marito stesso, così, Obi-Wan, una volta che si rese conto cosa fosse diventato il suo padawan, fu costretto a sfidarlo in un duello che lasciò Vader in fin di vita. Obi-Wan credendo di averlo ucciso, lo abbandonò a se stesso e assistì al parto di Padme; ella riuscì a vivere fino al parto, si dice che sia morta per sua spontanea volontà e non per debolezza, la delusione che Anakin le aveva inferto l'aveva ferita a morte. Per non fare insospettire l'Oscuro Signore, i due bambini vennero separati alla nascita. Leia venne affidata a Bail Organa e alla moglie, mentre Obi-Wan si occupò personalmente di affidare Luke ai suoi zii su Tatooine. I Jedi erano ricercati in tutta la galassia, così Obi-Wan decise di restare sul pianeta dove aveva lasciato il bambino, nascondendosi dall'Impero, cambiò anche nome, si fece chiamare Ben.» Era tutto abbastanza chiaro, ma Rey non aveva ancora capito cosa c'entrava lei in tutto questo. Ren si avvicinò a lei e si preparò a procedere. «Adesso ti racconterò ciò che mi è stato detto, non saprò tutti i dettagli, ma cercherò comunque di essere abbastanza chiaro.» Le sussurrò e lei annuì lentamente, stringendo i pugni come per reggersi o darsi forza. «Ben Kenobi conobbe una giovane donna, ella era conosciuta nel piccolo villaggio come un'abile ladra. Rubava per sfamare il padre malato. Ben decise di aiutarla a patto che lei non rubasse più, eppure la malattia del padre ebbe la vinta e non vi furono speranze per salvarlo. La donna, Raeh, era rimasta sola, aveva solo Ben, come lui aveva solo lei. I due si innamorarono e pochi anni dopo la morte del padre di Raeh, ella diede luce a una bambina. Le loro vite procedevano benissimo fino a quando delle truppe dell'Impero distrussero il villaggio, alcuni vennero uccisi altri vennero fatti schiavi. Raeh morì per proteggere la vita della sua bambina, e lei, Kalisa, venne rapita. La bambina divenne una ragazza sotto le torture dell'Impero, ma la forza era potente in lei e questo lo percepì Darth Vader stesso che addestrava una generazione di Sith all'oscuro di tutti. Le mostrò le vie della forza oscura, ma lei aveva troppa luce dentro, una luce che trasmise anche a un'allievo di Vader, Darth Gier. Egli giurò amore a Kalisa, insieme si schierarono dalla parte dei ribelli e uccisero tutti gli allievi di Vader, ma in realtà Darth Gier usò Kalisa e la sua forza semplicemente per sbarazzarsi dei suoi compagni, non per l'amore che provava nei suoi confronti, lui era ancora fedele al lato Oscuro. A fine guerra Darth Gier riuscì a trovare redenzione, lui e Kalisa vennero riconosciuti come dei cittadini della Repubblica. Dieci anni dopo, il lato Oscuro richiamò Gier e una notte, scomparve dalla circolazione, lasciando Kalisa al nono mese di gravidanza. La sua ultima volontà prima di morire durante il parto fu di dare il nome della madre alla figlia e che ella diventasse una Jedi come il padre. Luke decise di crescerla come sua figlia, lo doveva all'amicizia che lo legava a Kalisa. Il suo nome era Raeh Kenobi e per lui fu un onore crescere la nipote del suo maestro defunto...» Ren si interruppe, una pausa era necessaria per far riprendere fiato a Rey che si era allontanata, cadendo di colpo a terra con un'espressione impenetrabile in volto, ma poi, quando alcune lacrime le rigarono le guance e un singhiozzo le scosse l'intero corpo, fu evidente la sua commozione e la liberazione da un asfissiante peso.
 «Allora il mio nome è Raeh, io sono la nipote di Obi-Wan Kenobi?» La voce le tremava, alzò gli occhi verso Ren che si era inginocchiato davanti a lei.
 «Sì. Ma crescendo insistevi che ti chiamassero Rey.» Sorrise al ricordo. «Dicevi che suonava meglio.» Le scappò un sorriso e poi un ghigno simile a una breve risata.
Kylo Ren rimase folgorato da quella visione.
Era la prima volta, dopo anni e anni, che la vedeva sorridere.
 «D-dimmi di più.»
 «Per oggi può andare.» Rispose lui, risvegliandosi da quell'attimo di trance.
 «Per favore.» Si stupirono entrambi di quella supplica e lui non poté che accontentarla.
 «Luke addestrò una nuova generazione di Jedi, tu e...» Si interruppe, non sapeva se parlare di se stesso in prima o in terza persona. «tu ed io ne facevamo parte.»
Improvvisamente Rey vide delle scene davanti ai suoi occhi mentre Kylo parlava, scene della sua infanzia, dei suoi compagni, dei suoi allenamenti, dei pomeriggi passati a giocare con un ragazzino bruno e dagli occhi scuri come il carbone.
 «Ben.» Disse improvvisamente, interrompendolo, mentre varie scosse elettriche percorrevano il petto e lo stomaco di Kylo. «Il mio grande amico Ben, ti chiamavo così.»
 «Lo ricordi?»
 «Ricordo tutto.» Le sue labbra parlavano da sole, prima ancora che lei formulasse le frasi nella mente. «Ricordo ogni cosa.» 
Una scena si fece largo nella sua testa, raffigurava Luke con una mano protesa verso la testa di lei, da bambina. Capì subito di che cosa si trattava: Rey non aveva ricordato la sua infanzia fino a quel momento perché Luke le aveva inserito un blocco nei suoi ricordi. La scena proseguì con l'atterraggio in un pianeta caldo e deserto, Jakku.
Ricordare non fu assolutamente violento all'impatto, tutto il contrario: fu come una boccata d'aria fresca dopo ore di essere stati rinchiusi in uno stanzino, una liberazione.
Sbatté gli occhi e guardò lo sguardo di Kylo rabbuiarsi. Si alzò in piedi e si allontanò da lei.
 «Allora ricordi anche cosa ho fatto.» 
Sapeva a cosa si stesse riferendo. Rey si alzò in piedi e si mise davanti a lui, prendendogli la maschera dalle mani prima che lui potesse indossarla.
 «Io ricordo un ragazzino triste e confuso, ammirato da tutti i suoi compagni, ma con difficoltà ad integrarsi. Ricordo un ragazzino che sorrideva e giocava solo con una bambina.» Altre lacrime minacciarono di uscire fuori, ma solo un paio ebbero la vinta. «Tu mi dicevi che un essere ti tormentava nei sogni, che ti metteva cose strane in testa, ma poi ci ridevi su, dicevi che era il cibo che servivano in mensa.» Cercò di sdrammatizzare con quel ricordo, anche Kylo accennò un lieve sorriso, per poi ritornare serio.
 «Eppure nei miei sogni ho rivelato a quell'essere, a Snoke, dove si trovava Luke Skywalker con i suoi allievi.»
 «Non era tua intenzione farlo. Io ti sentivo piangere la notte, tu eri innocente, non avresti mai-»
 «Era mia intenzione.» Alzò la voce, interrompendola.
 «Tu come fai a saperlo?» Rispose lei a tono.
 «Avevo sedici anni, ero perfettamente consapevole delle mie azioni.»
Rey alzò la maschera, mostrandogliela. «Questa è la bugia che Snoke ha piantato nel tuo cervello. Tu sei Ben Solo, non Kylo Ren.»
 «Sono due facce della stessa medaglia.» Disse, abbassando lo sguardo, ma lei gli posò una mano sulla guancia incontrando nuovamente i suoi occhi. Lui si sentì incredibilmente confortato da quel tocco leggero.
 «Ognuno ha un lato oscuro e un lato buono, noi siamo solo capaci di scegliere che lato vogliamo mantenere.» Quelle parole si diffusero nel petto di Ben, regalandogli una sensazione di pace.
 «Quando ritorneremo alla Base non scenderai dalla navicella, la piloterai e ritornerai a Takodana, dalla Resistenza.»
Rey sbatté gli occhi, allontanando la mano dalla guancia di lui.
 «Allora verrai con me.»
 «Non posso. E' troppo tardi.»
 «Troppo tardi?»
 «Ho ucciso mio padre!» Disse a voce così alta che l'eco si diffuse assordante per tutto il sepolcro.
Ben si allontanò e si voltò, non voleva che Rey lo vedesse mentre due lacrime solitarie gli sfuggivano dagli occhi.
Lei posò la maschera sulla bara, si avvicinò lentamente a lui, indecisa se compiere o no quel gesto. 
Decise di lasciarsi trascinare dall'istinto, o non lo avrebbe mai fatto. 
Lo abbracciò da dietro,  gli circondò la vita con le sue esili braccia e lo strinse.
Lui rimase impietrito da quell'affetto da cui era rimasto in astinenza da quattordici lunghi anni.
 «Kylo Ren ha ucciso Han Solo, non Ben.»
Se prima, quando non ricordava la sua infanzia, credeva che Ben Solo fosse ancora dentro Kylo, adesso ne era così convinta che poteva morire di quella convinzione.
Lui le prese i polsi e si voltò solo per attirarla in un vero abbraccio, la strinse al suo petto e poggiò le sue labbra sulla sua fronte.
Le sue narici si inebriarono del suo odore mentre affondava il viso sul suo petto. Gli circondò la vita come faceva quando era una bambina, dimenticandosi per un attimo di tutte le domande che nuotavano nella sua mente, c'era solo Ben, quell'abbraccio e quel silenzio che li cullava, portandoli in un'altra era, un'altra galassia. 
Un luogo dove il dolore non esisteva.
Alzò lo sguardo e lo osservò nella tenue luce del crepuscolo. In quello sguardo nero pece, quegli occhi parevano urlare qualcosa. E lei riusciva a capirlo, avrebbe potuto capirlo anche se lui avesse indossato quella maschera. Improvvisamente sentì di vivere in un sogno, in una bugia, mentre lo sguardo di lui le penetrava l'anima, marchiandola dall'interno. Lo sentiva, quel sentimento che la trapassava da parte a parte, come anche lui lo sentiva e non reprimeva più quella consapevolezza di quell'affetto così puro, dolce e intenso.
Il sangue scorreva ardente nelle loro vene. I loro cuori battevano all'unisono, potevano ascoltarli e contare perfino i battiti. Parole non dette, sussurravano nel nulla. Mani desiderose di toccare, con l'aspra consapevolezza di non poterlo fare, perché un'etica morale li contrastava, o forse era solo il loro orgoglio a frenarli. Eppure, nessuno dei due seppe definire come le loro labbra si fossero sfiorate in un bacio delicato. 
Rey portò le sue dita fra i lunghi capelli corvini di Ben, lui la teneva più stretta, facendo piano, timoroso di farle del male.
Allontanarono i loro visi per guardarsi negli occhi, per capire se quello che era appena successo fosse reale; ed era così. 
E fu proprio nella realtà di quel momento che il senso di colpa e il rancore per se stesso ritornarono in superficie, ansanti, affamati di ossigeno.
E l'ossigeno era l'oscurità.
Respinse Rey, ed ella non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi per fermarlo perché lui afferrò la maschera, la indossò e andò via da quel posto, abbandonandola una seconda volta confusa  e intimorita dalle proprie emozioni.
 
 
 







 
 


ANTICIPAZIONE
 
 
 «Ultimi ordini, Senatrice?»
Si voltò verso di lui e annuì: «Che sia fatta giustizia.» Disse e guardando davanti a sé diede il secondo e ultimo ordine. «Lasciate a me Kylo Ren.»















NDA


Buonsalve! Sì, sono in anticipo, ma non vedevo l'ora di condividere quest'importante capitolone con voi!
Voglio assolutamente sapere cosa ne pensate! Susususuu, sono curiosaaaa *w*

Ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite, alle seguite e che hanno recensito gli scorsi capitoli, mi rendete felicissima, ragazzi, grazie mille <3

Un grande abbraccio,

alla prossima :D

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Capitolo 9
*** .9 ***


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Redemption
                  
                                                                                                                             

 
9

 

 
Il wookie non grugniva da quando la Senatrice era salita a bordo, ovvero un paio d'ore. 
La ragazza se ne stava seduta su un sedile in disparte, aveva gli occhi chiusi, ma non dava l'aria di una che stava dormendo. Sicuramente stava meditando, come molti Jedi usavano fare. 
 «Che ti succede, Chewie? Non è da te essere così taciturno.» Chiese l'uomo e il wookie lo guardò e, senza emettere alcun verso, guardò verso la ragazza, indicandola con un impercettibile cenno del capo.
Lando la guardò di nuovo. Era incredibile la somiglianza che c'era con il padre. Tutto quello che nel volto di Han era spigoloso, in lei era curvo e morbido, il mento, il naso, le sopracciglia; eppure aveva un'espressione severa che non apparteneva al suo vecchio amico, forse quello era un dettaglio che aveva ereditato dalla madre.
Ancora non riusciva ad immaginare tutto quello che era successo, non riusciva a realizzare la morte del suo vecchio amico. Si sentiva quasi in colpa per non averlo messo in guardia, per non averlo salutato un'ultima volta. Avrebbe voluto fare qualcosa in più, qualunque cosa, ma non gli era stato possibile; proprio per questo si era precipitato subito alla chiamata di Leia, niente gli avrebbe impedito di aiutarla e di rendersi il più utile possibile alla Resistenza, in memoria di Han.
Ritornò a concentrarsi sul gesto di Chewbacca, cercò di interpretarlo e ci riuscì. Lando conosceva bene i wookie, sapeva che il loro affetto era incondizionato e perdere il migliore amico doveva essere stato devastante per il poveretto. 
Aveva visto crescere il piccolo di Han, aveva giocato con lui tante volte e man a mano che egli si faceva grande, diventava più triste e malinconico, e il wookie insieme a lui. Il figlio di Han era come suo figlio. L'empatia che provava verso quel ragazzo era forte, ma dopo quella sera alla Starkiller, Chewie aveva capito: Ben non c'era più, era davvero andato via. Eppure non era stato capace di mirare bene, dritto al cuore; gli aveva sfiorato di striscio il fianco e si era sentito tremendamente in colpa per non averlo fatto. 
Quella sera era stato debole e non se lo sarebbe mai perdonato.
Vedeva con un'ottica diversa ogni persona che si dichiarava imparentata con Han, specialmente la giovane Senatrice, Padme. Aveva paura che ella potesse impazzire da un momento all'altro com'era successo a Ben. 
 
Ecco il significato del gesto che Lando aveva compreso: Chewbacca non proferiva parola perché non gli piaceva parlare quando Padme era nelle vicinanze.
 «Mi dispiace, amico.» Mormorò la voce stanca di Lando. Sorrise lievemente al wookie, dandogli una pacca sulla spalla pelosa, quasi per consolarlo. 
Chewie abbassò lo sguardo e andò verso la cabina di pilotaggio, a Poe Dameron sarebbe servito il suo temporaneo co-pilota.
 
Padme spalancò gli occhi e si sistemò sul sedile col fiato affannato. 
Si guardò intorno con aria spaesata e alcuni soldati le lanciarono delle occhiate curiose, Lando precedette un ribelle nel chiedere alla Senatrice se stesse bene.
 «Sì, tutto bene, grazie.» Rispose, ma non fu convincente nemmeno in una parola. 
L'uomo si sedette accanto a lei e si lasciò scappare un sospiro.
 «Quant'è brutta la vecchiaia!» Esclamò, portandosi una mano a massaggiarsi un fianco. Padme lo guardò a lungo, abbozzando un mezzo sorriso a labbra arricciate, senza sapere cosa dire. «Mi ricordo l'ultima volta che ti ho vista, sai? Avevi appena pochi mesi, un piccolo fagottino rosa.» Fece una pausa, mentre quei momenti gli ritornavano alla memoria. «Adesso, sei una Senatrice.»
 «Dovrei esserne orgogliosa?» Domandò a voce bassa, con un tono teso e non ben definito.
 «Tuo padre lo sarebbe.» Rispose e gli occhi di Padme lo guardarono più intensamente. Un sospiro fu la sua risposta, distolse lo sguardo davanti a sé. «Hai avuto una visione, prima?» Ella rimase sorpresa da quella domanda. Lando aveva avuto modo di conoscere la forza durante la guerra contro l'Impero, aveva appreso negli anni e nell'esperienza.
 «Sì.» Rispose in un sussurro, non attese che Lando le chiedesse cosa aveva visto, gliene parlò e basta, la sua presenza non gli dava fastidio, tutt'altro. Gli piaceva parlare con lui. «Quando Han Solo andò con Finn e il Millennium Falcon alla Starkiller, abbandonarono momentaneamente la navicella nella neve e il Primo Ordine la trovò. Salirono a bordo per un controllo alcuni stormtrooper e - ingoiò un fiotto di saliva prima di nominarlo con tono amaro e sprezzante - Kylo Ren. La visione si è conclusa quando uno stormtrooper disse che la nave era vuota e Kylo Ren pronunciava con uno strano tono di voce il nome di mio padre.»
 «Strano tono di voce?»
 «E' stato il suo nome pronunciato dalla sua maschera a svegliarmi.» 
Luke Skywalker era lì vicino, ascoltò tutto e Padme se ne accorse. Guardò il suo maestro con occhi spenti, la testa che vorticava e l'adrenalina nelle vene.
 «E' successo veramente.» Disse il Jedi. «Un'ora prima che-» si interruppe, sapeva che Padme non pensava ad altro che a vendicare il padre, ricordarle del momento in cui lo aveva perso per sempre non avrebbe di certo aiutato.
Senza sapere il perché, nella mente di lei si risvegliarono ricordi che non pensava da tanto tempo, come il momento in cui Luke le rivelò la verita sul Primo Ordine e su un suo parente molto stretto.
 
Aveva otto anni ed era quarta volta che si spostavano in un altro pianeta. Era stanca di stare all'oscuro di qualcosa che Luke insisteva di non poterle raccontare, così, durante il viaggio verso un altro sistema, la bambina si avvicinò al suo maestro e senza pensarci troppo, lo disturbò dalla sua meditazione.
 «Perché scappiamo sempre?» Gli chiese pian piano.
 «Noi non stiamo scappando.» Le rispose con un piccolo sorriso che  non nascose la sua preoccupazione.
 «Voglio sapere, ti prego. Nemmeno Anakin me ne parla, ho bisogno di sapere la verità.»
 
Ricordò lo sguardo malinconico con cui l'aveva guardata. 
Ricordò ogni singola parola e la voragine che andava ad allargarsi nel petto ad ogni sillaba. Quel giorno si chiese perché mai quel fratello che aveva scoperto di avere fosse diventato così cattivo e, una parte all'interno di lei, le aveva domandato in risposta:
 
se tu ne avessi l'occasione, lo perdoneresti?
 
Il codice Jedi le imponeva di sì, ma avrebbe risposto in tal modo per un diverso motivo: la famiglia. L'unica cosa che desiderava era una piccola casa, con la madre, il padre e il fratello. Chiedeva troppo? In quelle circostanze sì.
Ricordò come venne a conoscenza della morte di Han Solo.
Stava dormendo e si svegliò di soprassalto quando, nei suoi sogni, un corpo cadeva giù da un ponte altissimo. Sapeva cos'era successo, senza saperlo nemmeno spiegare. Corse via, a perdifiato, come se volesse scappare dalla realtà, mentre nella sua testa risuonavano incessantemente quattro parole:
 
Non può essere vero.
 
Solo il mare riuscì a fermarla. Si buttò in acqua e iniziò a piangere come mai aveva fatto. I singhiozzi erano così frequenti e rumorosi che non aveva nemmeno il tempo per respirare e per recuperare il fiato della corsa, le lacrime si fondevano all'acqua marina, i suoi pugni stringevano la sabbia bagnata con forza, incurante della conchiglia che si era conficcata al palmo destro: nessun dolore fisico poteva essere paragonato a quello che stava provando in quel momento.
Da quando aveva saputo dell'esistenza della sua famiglia, lei interagiva dei collegamenti con i suoi genitori tramite la forza, solo che non era abbastanza potente da poter comunicare con loro, si limitava ad osservarli.
Adorava seguire le avventure di suo padre insieme al wookie, Chewbacca. Lo ammirava molto, ad ogni pasto con il maestro Luke parlava di come Han avesse fatto ad imbrogliare gente che gli richiedeva di riscuotere dei debiti o di come fosse bravo a pilotare ogni tipo navicella.
A volte lo guardava mentre parlava dei suoi figli e di Leia con Chewbacca. Pensava che quello che era successo fosse tutta colpa sua. Il povero wookie cercava di confortarlo, ma poi l'orgoglio di Han riemergeva e cambiava discorso con naturalezza, anche se la tristezza nella sua voce e nei suoi occhi non andava via, mai.
Lui non lo sapeva, ma la figlia che non vedeva da quando era una neonata lo amava con tutta se stessa e lo appoggiava quando diceva che Ben era innocente e che poteva ancora ritornare alla Luce. 
Ma, da quella notte, qualcosa era cambiato.
Aveva capito che suo padre aveva commesso uno sbaglio: credere della redenzione di Ben. Quel fratello che non aveva mai conosciuto o visto in volto era morto ed era diventato compito suo uccidere Kylo Ren, vendicando così il padre.
 
Senza rendersene conto aveva ricominciato a meditare e, al suo risveglio, tutti i soldati ribelli della nave erano in piedi. 
Il Millennium Falcon era appena atterrato.
Si alzò in piedi e affiancò il maestro davanti alla porta che stava per essere aperta. 
 «Ultimi ordini, Senatrice?»
Si voltò a guardare il soldato ribelle dietro di lei e annuì: «Che sia fatta giustizia.» Disse e guardando davanti a sé, ignorando lo sguardo che Luke le avrebbe lanciato, diede il secondo e ultimo ordine. «Lasciate a me Kylo Ren.» Lasciò che il mantello le scivolasse sul pavimento in metallo, afferrò la spada quando la porta del Falcon si aprì automaticamente, il laser violetto fuoriuscì e Padme si preparò a deviare colpi di blaster.
 
 
 °

 
Non osava alzare lo sguardo. 
Non ci teneva ad incontrare quegli occhi che erano su di lei, a bruciarle la pelle.
Come siamo arrivati fin qui? Si chiese, mentre la morsa allo stomaco si faceva più stretta e la veste nera si bagnava ancora una volta delle sue lacrime silenziose.
In quelle lunghe settimane era stata tentata fortemente dal lato Oscuro, gli era apparso come un'ancora di salvezza, la via più potente, la via giusta, non negava di averlo pensato e di averlo creduto. Adesso che ricordava ogni cosa della sua vita passata, vedeva il lato Oscuro come la più sporca e orribile delle energie, che aveva ridotto il suo migliore amico in quel modo. 
Non smetteva di pensare a ciò che era successo al sepolcro di Padme Amidala. L'intensità di quel momento l'aveva trasportata in un altro mondo, per poi rigettarla nella realtà con violenza. Lui era andato via un altra volta, la parte codarda di Kylo Ren aveva vinto, opprimendo nuovamente Ben.
Dalla parte opposta della navicella, il cuore d'inverno di Ren era in tumulto, scombussolato da quel vento di primavera, che lo faceva ardere nel fuoco, come se il muscolo non fosse altro che cera.*
Ricordava ancora la morbidezza delle sue labbra e quelle dita piccole e affusolate fra i suoi capelli, mentre la stringeva a sé in un abbraccio. Non avrebbe mai dovuto staccarsi da lei e andare via. 
Mentre la guardava piangere in silenzio, avrebbe voluto urlare e inveire contro se stesso, fino a quasi prendere a testate la parete della navicella. Si odiava come mai aveva fatto e quell'odio verso se stesso che lo aveva portato fin lì poteva essere nascosto, o addirittura eliminato, da una sola persona.
Ed ella era davanti a lui.
Non si azzardò ad entrare nella sua testa, anche se avrebbe voluto sapere a cosa stesse pensando. 
Altri contrasti erano in dibattito dentro di lui e sapeva che sarebbe scoppiato se non le avrebbe parlato almeno una volta, un'ultima volta: sì. Perché lui voleva che lei andasse via. 
Non poteva lasciarla vivere in quel modo.
Quando sarebbero arrivati, l'avrebbe portata in una piccola navicella e le avrebbe intimato di andar via. Già immaginava i suoi occhi e le sue suppliche di seguirla, di scappare con lei.
 
Non appena entrarono nell'atmosfera del pianeta furono evidenti le nuvole di fumo che andavano a condensarsi nell'aria, inquinandola.
 «Che cosa sta succedendo?» Chiese il più piccolo dei Cavalieri di Ren, attirando l'attenzione di tutti, anche quella di Rey, che si asciugò velocemente le lacrime.
Kylo Ren imprecò, avvicinandosi all'ampio vetro che gli permetteva di guardare fuori. Riconobbe immediatamente le navicelle avversarie.
 «La Resistenza. Ci sta attaccando.» I Cavalieri si alzarono in piedi, un boato di voci rimbombò nella piccola stanza, c'era chi protestava per scappare, chi per combattere. «Silenzio!» Urlò Kylo Ren, ottenendo l'attenzione di tutti. «Combatteremo contro i ribelli. La nostra presenza è necessaria per il Primo Ordine.» Atterrarono non appena terminò la frase.
La testa di Rey vorticava, confusa. 
 
Cosa avrebbe dovuto fare? Doveva agire adesso?
Come avrebbe fatto ad ucciderli tutti?
 
Non avrebbe ucciso tutte quelle persone, non quel giorno. Non avrebbe obbedito agli ordini della Senatrice.
Sapeva che stava scappando al suo dovere, ma non poteva uccidere qualcun'altro dopo quel tenente dell'Ordine.
 
La porta si aprì. La navicella era distante dalla battaglia e quindi le sarebbe venuto facile scappare e sparire in pochi secondi fra gli alberi.
Rey si preparò a correre. Guardò un'ultima volta Ben e filò via come un fulmine davanti agli occhi di tutti.
Ma non appena percorse i primi due metri, i suoi piedi si bloccarono improvvisamente e non fu più capace di muovere un muscolo, se non quelli facciali. 
Qualcuno stava esercitando la forza su di lei, controllandola.
Cadde a terra con gli arti indolenziti, ma liberi di muoversi a loro piacimento, tuttavia, adesso, Rey non poteva più scappare: i cavalieri di Ren la circondavano nel buio e solo una luna nascosta dai fumi illuminava quello scenario.
Individuò colui che la stava controllando. 
Era Armory Ren. Quello non aveva mai avuto una particolare simpatia per Rey, come la stra grande maggioranza di tutti i cavalieri.
 «Dove credi di andare, tu?» Affiancava Kylo Ren, la maschera di quest'ultimo era rivolta al suo allievo.
Rey non rispose, Armory Ren si avvicinava a lei, con la sua spada laser accesa, il rosso vivo bruciava le prime goccioline di pioggia che scesero giù. 
Per qualche strana ragione, lei non reagiva alle provocazioni, ma non c'era nessuno a controllarla. Era semplicemente lei che si era appena arresa, non aveva scampo.
Armory allungò una mano verso di lei ed entrò verso la sua testa, rovistando fra i segreti che aveva tenuto nascosti per settimane.
 «Tu! Sei una spia!» La accusò e tutti gli altri si lanciarono cieche occhiate stupite da dietro le maschere.
Kylo Ren era come bloccato sotto la pioggia, non sapeva fare altro che guardarla, trattenendo Ben dentro di sé.
 «Non c'è niente da stupirsi! Era chiaro che fosse una spia ribelle!» Si aggregò un altro, Rogue Ren.
 «Maestro!» Disse Armory, rivolgendosi a Kylo, che continuava a guardare in basso, verso di lei, come lei guardava lui, con gli occhi che parevano dire solo una cosa:
 
perdonami, ho fallito.
 
 «Non dite niente?» Domandò sprezzante Rogue, avvicinandosi al suo compagno, Armory. Attesero più di un minuto una sua risposta, ma la situazione era sempre la stessa: due cuori stavano sanguinando, in silenzio, mentre i rumori della battaglia e dei tuoni diventavano più assordanti.
 «Al diavolo il vostro consenso, maestro!» Tuonò Armory Ren. Si avvicinò ancor di più a Rey, alzò la spada laser in alto, pronto a colpirla a morte. Ma il laser non fendette l'aria, poiché un altro trapassò il corpo di Armory dal petto, da parte a parte.
Kylo Ren ritirò la spada e il corpo privo di vita del cavaliere cadde sul fango.
Rey aveva già vissuto quella situazione, in una visione... lo ricordava bene. La prima volta che toccò la spada laser di Luke Skywalker. Quello che aveva visto quella volta, si era appena avverato davanti ai suoi occhi.
Scattò in piedi, svegliandosi da quella trance proprio come aveva fatto Ben pochi secondi prima.
Lui la guardò e lei indietreggiò.
Le saette squarciavano il cielo a metà, illuminando la terra a scatti. 
La pioggia cadeva copiosa.
 «Scappa!» Urlò da dietro la maschera, mentre i cavalieri di Ren rimanevano immobili dov'erano, confusi.
Rey esitò un attimo, non voleva lasciare Ben lì, voleva che lui venisse via con lei. Ma poi i suoi piedi presero le redini della situazione e senza volerlo veramente si voltò e corse, prima lentamente, aumentò la velocità quando prese il pieno possesso delle proprie azioni.
Andò verso la battaglia e, aiutandosi con l'istinto della forza, riuscì ad addentrarsi all'interno della base dell'Ordine. Afferrò la sua spada laser e si accovacciò in un angolo, nascondendosi dai colpi di blaster, dagli stormtrooper e dai ribelli.
Respirò affondo, recuperò il fiato e strinse con veemenza il metallo della spada.
 
Adesso combatti e vai a cercare Ben.
 
Si ordinò in una scarica di adrenalina, guardando davanti a sé.
Ripensò velocemente al bacio al sepolcro di Padme Amidala e il ricordo di quel momento le diede la forza di agire.
Accese il laser rosso della sua momentanea spada e uscì allo scoperto.
Iniziò deflettendo alcuni colpi di blaster e, al contrario di come aveva temuto, i ribelli la riconobbero e non la attaccarono.
Si fece strada combattendo contro alcuni abili stormtrooper, difendendo alcuni soldati ribelli, aiutando quelli in difficoltà.
Corse attraverso i tortuosi corridoi che conducevano verso la stanza di Kylo Ren, sapeva che non lo avrebbe trovato lì, ma da qualche parte doveva pur iniziare.
Come si aspettava, lui non era lì.
Mantenendo la calma, andò dove la forza le diceva di andare, deflettendo, durante il suo cammino, alcuni proiettili-laser.
Ma la forza la conduceva in un luogo dove la battaglia andava sempre di più ad allontanarsi. Quando udì il familiare ronzio di una spada laser in lontananza, iniziò a correre.
 «Ben!» Esclamò piano rincuorandosi, anche se solo per un attimo: avvicinandosi di più, poté capire che quel ronzio in realtà erano due, ronzii interrotti da laser che si scontravano in un duello.
Ma si preoccupò ancor di più quando non udì più nulla se non il suono di una voce femminile che conosceva bene.
Svoltò l'angolo.
Rimase bloccata davanti alla scena che le si presentò davanti. 
A pieni polmoni urlò:
 «Padme, no!»

 
 
      °
 
 
 
A primo impatto il Generale Hux non seppe cosa dire o fare, rimase solo fermo, mentre gli stormtrooper dietro di lui si preparavano a sparare. Quella che gli si presentava di fronte ai suoi occhi era una giovane ragazza poco distante da lui, in ginocchio, con gli occhi chiusi e una spada laser spenta davanti a lei.
 «Signore?» Domandò uno stormtrooper, in attesa di un ordine, ma il Generale alzò la mano, intimandogli di fare silenzio.
 «Chi sei?» Gli venne spontaneo chiedere.
La ragazza aprì gli occhi, incontrando quelli di Hux.
Si sentì investito da quello sguardo che non traspirava nulla se non un malsano pericolo.
 «Domanda piuttosto banale, Generale.» Rispose in una voce soffice e leggera, inclinando la testa.
Hux ingoiò un fiotto di saliva, mentre la rabbia in lui saliva in superficie. Si sentì stupido per aver fatto quella domanda, perché gli bastò fare un paio di collegamenti e in un secondo capì tutto.
 «Senatrice.» Ghignò quel nome con un certo disgusto. «Uccidetela.» Ordinò subito dopo.
Ma quando gli stormtrooper prepararono il fuoco, in un sol secondo Padme afferrò la spada laser davanti a sé,  la accese e urlò:
 «Ora!» E una decina di soldati ribelli spararono verso i stormtrooper che, colti di sorpresa, perirono in pochi secondi. 
Nel frattempo Padme si era avvicinata al Generale puntandogli il laser violetto al collo.
 «Ti farò solo una domanda e tu dovrai darmi solo una risposta.»
 «Ti ascolto.» Rispose lui, che era stato costretto dai soldati ribelli a mettersi in ginocchio con le mani dietro la schiena.
 «Kylo Ren, dov'è?» 
 «Non ne ho idea.» 
 «Bugiardo.» 
Capì che non avrebbe mai parlato di sua spontanea volontà, così, trasgredì un'altra volta il codice Jedi: si fece spazio nella sua testa, addentrandosi nei pensieri del Generale.
Lui la guardò negli occhi e lei sentì qualcosa dentro al petto, un brivido che non aveva mai conosciuto, di un'intensità del tutto fuori luogo.
L'espressione dell'uomo mutò, Padme poté rendersene conto mentre osservava le sue pupille dilatarsi in dei pensieri che la colsero di soppiatto.
Riconobbe, allora, quelle iridi color smeraldo che aveva già visto negli occhi di qualcun'altro e lui se ne accorse, e la sua espressione cambiò nuovamente, mentre le macchie nere nella sua coscienza riemergevano come polveri nell'acqua.
 «E' partito con i suoi allievi per Naboo questa mattina.» Confessò lui, nella speranza che la ragazza uscisse fuori dalla sua testa, che non facesse parola di ciò che aveva visto nella sua mente.
Restarono a guardarsi altri secondi, mentre tutto intorno a loro diventava confuso ma al contempo perfettamente chiaro. «Portatelo a bordo.» Ritirò il laser e andò via, riconcentrandosi sulla sua vera missione.
Si lasciò guidare da una forza sconosciuta, potente e oscura.






 
ANTICIPAZIONE
 
 «Tu dovresti essere la Senatrice.» «Per te sono solo la persona che tra pochi minuti metterà fine alla tua vita.»  








 
* qualcuno sa a che opera mi sono ispirata in questi "poetici" paragoni? :)




NDA.




Buonasera!

Mi scuso del ritardo, ma per vari motivi non mi è stato possibile aggiornare in tempo.
Vi ringrazio moltissimo delle letture, siete dei lettori attivissimi e i preferiti e le seguite aumentano sempre di più!

Allora? Sta per arrivare un momento cruciale! E un qualcosa di nuovo è nato in questo capitolo, ma non posso dirvi cosa... :P
Fatemi sapere cosa ne pensate,

spero di poter leggere varie recensioni anche in questo capitolo (sia chiaro, adoro ciò che scrivete e le vostre osservazioni sono interessanti da leggere!)




Alla prossima!


 
 

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Capitolo 10
*** .10 ***


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             Redemption



 
           10
 


 
Anche se confusi, i cavalieri di Ren obbedirono agli ordini del loro maestro: si addentrarono nella battaglia, iniziando a combattere contro i ribelli.
Intanto Kylo Ren entrò nella base dell'Ordine da un'uscita di sicurezza, gli bastò forzare la porta con il potere della mente per aprirla.
Camminò, percorse molti corridoi, il bianco sgargiante di alcune pareti stonava con il nero dentro di lui, in tumulto, come un mare in tempesta. Pensava costantemente a Rey, sdraiata sul fango, mentre una spada laser la minacciava di morte. 
Cos'altro avrebbe potuto fare per salvarla se non uccidere il suo allievo? 
Le aveva intimato di scappare e fortunatamente gli aveva dato retta. 
Adesso non sapeva nemmeno lui cosa stesse per fare, forse sarebbe andato a cercarla o forse avrebbe combattuto, oppure si sarebbe ritirato come un codardo nelle sue stanze. La maschera non era mai stata così opprimente, l'aria era rarefatta, respirava appena, i suoi polmoni faticavano ad inalare l'ossigeno che pareva così pesante.
Dentro di lui Kylo Ren e Ben Solo combattevano per una milionesima volta in duello, anche se, questa volta, pareva più accesso che mai, quasi come se fosse all'ultimo sangue. Una strana sensazione gli suggerì che se sarebbe uscito illeso da quella situazione, una delle due parti dentro di lui sarebbe morta per sempre. 
Le sue gambe avanzavano indipendentemente da ciò che gli ordinava la testa, così, una forza superiore che non riusciva a definire se fosse oscura o chiara, lo spinse verso un punto preciso della base. 
Ancora non sapeva che non appena svoltato l'angolo, avrebbe svoltato anche la sua vita verso una conoscenza che gli era stata nascosta da sempre.
 
C'era una figura distante qualche metro, proprio fra il corridoio a destra  e quella a sinistra. 
Kylo si fermò e focalizzò meglio quella che si rivelò una ragazza, non più grande di sedici anni.
Il cuore di Kylo Ren venne scosso da un altro dei tanti brividi che aveva provato quel giorno, solo che quello fu un tumulto finale, decisivo.
Quella ragazzina, l'aveva già vista. 
E la ricordava benissimo.
Nel sogno di Rey.
Quel volto familiare, che nella mente di Rey era stato rilassato, adesso era teso. Quegli occhi neri lo stavano guardando con un sentimento troppo intenso e lui se n'era reso conto solo in quel momento, mentre un senso di inquietudine lo assalì, impadronendosi di ogni suo muscolo.
Aveva avuto modo di vedere per la prima volta quella ragazza in un semplice sogno, ma percepiva qualcosa di strano fra i metri che li distanziavano. La forza, l'energia che governava l'universo, era traballante intorno a lui, mai l'aveva sentita così squilibrata.
 
Il duello dentro di lui ebbe fine.
 
Ella non aggiunse nulla, ormai era schiava delle emozioni e i sentimenti che l'avevano consumata per lunghe settimane. Afferrò l'impugnatura robusta della sua spada laser, premette il bottone e il laser viola le divise il volto in due parti perfettamente uguali.
Ren rimase impietrito da quella scena e improvvisamente ricordò le parole di Hux: una Jedi, allieva di Luke Skywalker era diventata la Senatrice della nuova Repubblica. 
Quella Senatrice, adesso, era davanti a lui, muta come se non avesse una lingua, anche se non avrebbe avuto bisogno di aggiungere parola: quello sguardo intriso di rabbia e tormento si esprimeva da solo.
Non sapeva cosa dire, ma un ordine dentro di lui lo obbligò a farlo comunque.
 «Tu dovresti essere la Senatrice.» Doveva essere una provocazione, ma la voce gli uscì tremante, una debolezza che, fortunatamente per lui, fu quasi impercettibile grazie alla maschera che gli modificava la voce.
Padme non fu scossa per niente da quelle parole, anzi, iniziò ad avanzare lentamente verso il suo avversario, che aveva finalmente deciso di accendere quella spada laser di cui lei aveva sentito parlare tante volte.
 «Per te sono solo la persona che tra pochi minuti metterà fine alla tua vita.»
Strinse l'elsa della spada con più veemenza a quelle parole che gli fecero raggelare il sangue nelle vene, non proprio per la pesantezza della frase, ma per il suono della voce, così limpido, così familiare.
Cercare di capire chi era realmente, era come cercare di ricordare qualcuno che non aveva mai incontrato.
Si sentì impazzire.
Ringraziò che ci fosse una maschera a nascondere quelle emozioni, o si sarebbe mostrato dapprima debole alla sua strana avversaria.
Padme si fermò quando solo un metro li distanziava.
Quella fu una pausa in cui lo squilibrio della forza fu avvertito da entrambi. 
Era come se loro due fossero l'opposto di ogni cosa e la loro vicinanza li portava ad uno scombussolo dell'intero cosmo.
Lui, la forza Oscura, tentato dal lato Chiaro.
Lei, la forza Chiara, tentata dal lato Oscuro.
Due opposti.
Due metà essenziali.
 
Padme balzò in avanti e, con un urlo che dava inizio ad uno spietato duello, fece scontrare i laser rosso e viola in un colpo rumoroso e luminoso.
Per i primi minuti era solo lei ad attaccare, lui defletteva solamente i colpi, studiando i suoi movimenti e i suoi attacchi, sorpreso da così tanta bravura in una piccola padawan.
Ma quando il laser della ragazza andò a ferire la spalla di lui, Ren si fece avanti, facendo sul serio: la attaccò velocemente e con agilità, la Senatrice era brava, ma era più lenta di lui. Le ferì un braccio, squarciandole la pelle in un taglio profondo e lungo. Padme urlò e si allontanò, lui le diede il tempo di riprendersi, senza sapere nemmeno il perché: avrebbe dovuto ucciderla e togliersela di mezzo una volta per tutte mentre il sangue le colava via, macchiandole la toga, ma non era riuscito a farlo. Era come avere due mani dietro che lo trattenevano dall'istinto di agire senza pensare, cosa a cui lui era abituato a fare.
Padme roteò la spada fra le dita prima di infliggere un violento colpo contro il laser dell'avversario; aveva notato che le aveva dato una pausa per riprendersi invece che tentare di ucciderla. 
Non se lo sarebbe mai aspettato da lui.
 
Perché lo aveva fatto?
 
I colpi di Padme si facevano più decisi e abili con l'andare del duello, si vedeva lontano un miglio che ogni movimento era studiato alla perfezione, l'avanzare dei suoi passi era leggero e pericoloso, proprio come quello di un felino, proprio come quello di Luke.
 «Perché Skywalker ti ha presa come padawan?» Realizzò di aver parlato solo quando la sua bocca terminò la domanda.
A differenza di come aveva fatto prima, Padme gli rispose senza indugiare, mentre il laser viola fendeva l'aria in un colpo netto alla spada di Ren.
 «Perché crede in me!» Urlò, sovrastando il rumore che i laser emettevano ad ogni scontro. Si avvicinò a lui, mentre il viola e il rosso entravano in collisione in un colpo lungo e continuo. «Sa che io non potrei mai tradirlo!» Cercò di disarmarlo durante le sue parole, approfittando della distrazione, ma lui era molto più robusto di lei e riuscì a resistere, respingendo il tentativo con un'agile rotazione della spada.
 «Perché avere così tanta fiducia in una bambina dopo il massacro all'Accademia?» Alla parola bambina, Padme rispose con tre affondi al laser, prendendo alla sprovvista l'avversario.
 «Perché io sono la discendente di Anakin Skywalker.» Disse.
Quando lei tentò di disarmarlo una seconda volta, il suo tentativo ebbe successo.
 
Kylo se ne stava immobile davanti a lei, scioccato e confuso da quelle parole che gli suonavano prive di senso logico.
La ragazza aveva attirato a sé la spada di lui e adesso gli puntava entrambi i laser.
Seguì un silenzio, in cui Padme si era sentita in colpa di aver pronunciato quelle parole, in cui Ren cercava di capire, di collegare qualcosa, qualunque cosa nel suo passato che lo portasse a lei, ma tutto ciò invano.
 «Qual è il tuo nome?» Non suonò nemmeno come una domanda, quelle parole uscirono tenebrose e tuonanti, ma non era arrabbiato, solo confuso.
Ingoiò un fiotto di saliva, ci pensò dieci secondi, chiuse gli occhi e respirò profondamente, il tutto mentre lui aspettava, con il cuore che gli batteva a lenti intervalli di battiti assordanti e veloci.
Spense entrambi i laser, impugnando saldamente le else.
Non aveva programmato di rivelargli la sua identità, ma si vedeva costretta a parlare.
Infondo, gli avrebbe concesso quel favore prima di ucciderlo.
Parlò lentamente, pesando ogni singola parola. «Il mio nome è Padme Solo.»
 
Inizialmente le sue orecchie iniziarono a fischiare e si chiese se avesse sentito bene, ma realizzò che ciò che stava vivendo era davvero la realtà. 
La forza glielo confermò.
 
Quella che aveva davanti era sua sorella.
Figlia di Han Solo e di Leia Organa, proprio come lui. 
Sangue del suo sangue.
 
Capì allora perché gli provocava quell'effetto così familiare; capì, e, scioccato com'era, si sentì stupido per non esserci arrivato prima.
 «No.» Sibilò lei a bassa voce, con gli occhi lucidi. «Ti sbagli,» parlò più forte, uscendo dalla testa di Kylo, «mio fratello è morto. Lo hai ucciso tu.» Avanzò verso di lui, senza puntargli alcuna arma. In quel momento ogni sillaba che le usciva dalla bocca fungeva da un colpo netto di lama nel petto di lui. «Come hai ucciso mio padre. E tanti altri innocenti.» Disse, alzando il tono di voce ad ogni piccolo passo, senza distogliere quello sguardo intriso di rabbia e lacrime da lui, da quella schifosa maschera. «Tutti credono che mio fratello sia ancora lì dentro, ma si sbagliano. Si sbagliano! Mio padre ci credeva, puoi prendere in giro mia madre, mio zio, perfino Anakin Skywalker, ma non me!» Gli si fermò davanti, urlando forte, mentre lui cadeva in ginocchio, sconvolto da quelle parole, mentre i sensi di colpa si scaricavano come una valanga su di lui. 
 
Dietro la maschera, una lacrima salata gli scivolò dalla gota. 
Padme piangeva, le sue spalle erano percosse da numerosi singhiozzi. Un pianto isterico, mentre altre lacrime continuavano uscire dagli occhi di Kylo Ren. «E tutti pensano che io sia arrabbiata, ma io non lo sono! Io sto male. E sono stanca di tutto questo.» Gli puntò un dito contro, prima di riprendere a parlare la voce le tremò, pronunciando sillabe prive di senso. Quasi ad ogni parola doveva fare una pausa di mezzo secondo per respirare. L'aria era pesante, velenosa. «Tu hai ucciso mio padre e ora stai uccidendo anche mia madre e me. E non posso lasciartelo fare! E' un sacrificio che io sono disposta a fare... passare al lato Oscuro, perdere la ragione, qualunque cosa pur di salvare mia madre... e mio fratello, e...» Ma le parole le morirono in gola quando le mani di Kylo andarono ai lati del casco che teneva in testa, premendo dei piccoli bottoni il rumore di qualcosa che si sganciava riempì il silenzio; rimosse così la maschera. 
Per la prima volta, due paia di occhi scuri e allo stesso modo pieni di lacrime, si scontrarono in uno sguardo lungo e silenzioso.
Padme aveva provato tante volte ad immaginare che aspetto avesse avuto suo fratello e adesso che ce l'aveva davanti, tutto era cambiato stravolgendo ogni sua convinzione. Quella maschera che le provocava così tanto ripudio era stata abbandonata a terra in un tonfo rumoroso dal suo stesso proprietario, mentre quest'ultimo la guardava, con le pallide guance rigate... rigate... aveva pianto.
Aveva pianto.
Solo in quel momento Padme si concentrò su quel dettaglio che la stravolse ancor di più.
Lui... aveva un'umanità.
 
Non farti ingannare, lui è un assassino, gli assassini non hanno umanità.
 
E così, dentro di lei, l'uragano di emozioni vorticò di più, scombussolando ogni organo; niente in confronto a prima, o in confronto a tutto ciò che aveva provato nella sua vita fino a quel momento.
 «No. Tu... tu, quella... quella non è la tua faccia, quello è... era... tu lo hai ucciso! Non puoi ingannarmi, non puoi!» Digrignò i denti, cercò di trattenersi, ma non ci riuscì: urlò. A squarcia gola. Fino a perdere il fiato nei polmoni.
Dentro di lei sapeva che poteva urlare quanto voleva, ma era come se nessuno la ascoltasse. Perché era sempre stato così. Incompresa da tutti. Sola. Abbandonata al suo destino. Una stupida e piccola ragazzina che aveva la responsabilità di milioni e milioni di persone.
Eppure, lui la stava ascoltando urlare. E nessuno, nemmeno Rey, lo aveva fatto sentire in quel modo: inutile, pieno di colpe, triste, arrabbiato, confuso. Non aveva mai provato tanta empatia per qualcuno. 
Avrebbe tanto voluto dire qualcosa, ma non poteva. Non c'era perdono per ciò che aveva fatto.
 
Uccidilo. Vendica tuo padre.
 
Pamde, che aveva abbassato gli occhi, alzò lo sguardo verso Kylo Ren. Senza battere ciglio, afferrò l'elsa della sua spada, si avvicinò e gli puntò il laser violetto al collo, pronta a decapitarlo.
Solo che guardandolo negli occhi, il petto le si abbassava e alzava velocemente e continuamente. Una voce nella sua testa le sussurrava di ucciderlo, ma le sue mani tremavano e non riusciva a prendere una leggera rincorsa e ad eseguire l'ordine di quella che non era più la sua coscienza, ma qualcuno di sconosciuto, cattivo, oscuro.
 
Uccidilo.
 
Quegli occhi così neri, così simili ai suoi, quei lineamenti che le ricordavano così tanto suo padre.
 
Uccidilo!
 
Guidata da una forza più forte di lei stessa, allontanò il laser per prendere una leggera rincorsa. 
Kylo Ren chiuse gli occhi, preparandosi alla sua morte, mentre tre pensieri gli ronzavano un'ultima volta nella testa.
 
Mi dispiace, Rey.
 
Avrei voluto che le cose andassero in modo differente.
 
Infondo, me la merito questa fine.
 
Il laser partì.
 «Padme, no!» E si fermò a un millimetro dal collo di Ren.
Entrambi si voltarono e videro Rey vicino all'angolo, piena di ferite superficiali, gli occhi sgranati, la spada laser accesa e il fiato sommosso. 
Non riuscirono ad avere il tempo di realizzare che Rey fosse lì, che quella fu affiancata dal maestro Luke.
Padme spense la spada laser, la lasciò cadere via, abbassando la guardia davanti al suo avversario.
Rey parlò nella mente di Kylo, chiedendogli se stesse bene, ma lui non rispose, perché il suo sguardo era concentrato su una persona che non vedeva da anni e che per anni aveva cercato disperatamente.
Luke Skywalker era davanti a lui, dopo più di quattordici anni. L'uomo anziato lo guardò con uno sguardo che non traspirava altro che malinconia.
Né risentimento, né delusione, cose che si era aspettato di vedere nei suoi occhi nel momento del loro prossimo incontro.
Osservò come Luke spostò gli occhi su Padme, chiamandola per nome in un mezzo sorriso pieno di affetto. 
La ragazza corse da lui, indugiò un attimo prima di avvicinarsi e abbracciarlo.
Luke la strinse forte al suo petto, cullandola in un amore paterno che lei non aveva mai ricevuto.
 «Mi dispiace, mi dispiace.» Sussurrava continuamente fra i singhiozzi. «Ti ho deluso, ho deluso tutti.»
 «Hai combattuto contro il Lato Oscuro e ce l'hai fatta. Stai bene, Padme. Va tutto bene.»
Nella sua testa, quella voce che l'aveva guidata in quella missione omicida, era andata via.
Il desiderio di vendetta, l'odio, la frustrazione e il dolore che l'avevano schiavizzata per giorni, si erano dissolti come la sabbia nell'acqua.
Un senso di freschezza le attraversò il corpo.
Finalmente era libera.
 
Nel frattempo Rey aveva raggiunto Kylo, quando gli arrivò accanto, lui si era già alzato in piedi. Aveva intenzione di parlare per prima, lui la precedette, ritornando alla vita reale, realizzando che, tra pochi minuti, una squadra di ribelli lo avrebbero portato nella Resistenza, che avrebbe rivisto sua madre dopo anni e anni.
 «Se non lo avessi ucciso, lui avrebbe ucciso te.» Le disse senza guardarla negli occhi. «Non avevo altra scelta, scusami.»
Si stava scusando per aver ucciso una persona; per Rey fu quasi impossibile da realizzare.
 «Mi hai salvato la vita.» Gli disse in un sussurro, assumendo una postura rigida, all'erta se egli avesse deciso da un momento all'altro di scappare.
 «E tu hai appena salvato la mia.» La guardò negli occhi e lei abbassò immediatamente la guardia.
I loro sguardi entrarono in collisione e la tensione di quel momento parve svanire nell'aria come vapore acqueo.
 «Ho pensato che ti avessero ucciso, ero preoccupata.»
 «Non voglio seguire la Resistenza.» Confessò immediatamente, mentre i suoi occhi guardavano verso Luke e Padme che stavano parlando con alcuni ribelli, indicando proprio lui. «Ma non voglio nemmeno restare qui.» Continuò, tornando agli occhi scuri di Rey, trovando un po' di sollievo in quello sguardo così dolce.
 «Deve essere fatto, Ben... tua madre-»
 «Se mia madre terrà ancora a me, non avrà il potere di non farmi giustiziare di fronte alla Resistenza intera.»
La pelle di Rey rabbrividì a quelle parole. 
Gli si mise improvvisamente davanti con la preoccupazione a farle tremare le dita. Gli stava per ordinare di andare via, di scappare, proprio come lui aveva fatto con lei circa un'ora prima.
 
Non poteva perderlo.
 
Ma i ribelli lo affiancarono, scortandolo via.
 
 
 
 


 
 
ANTICIPAZIONE:
 
«Allora mi dici che senso ha avuto mandare Rey come spia all'interno dell'Ordine se già ne avevamo una?!»










NDA.


Eccoci arrivati ad uno dei momenti più forti di questa storia! 
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e letto questa storia fin qui, ringrazio anche i tantissimi utenti che hanno aggiunto la storia nei preferiti o nelle seguite!

Allora? Cosa ne pensate di questo capitolo?

Voglio assolutamente sapere cosa ne pensate!



Alla prossima e buone vacanze di Pasqua a tutti! ;)


 

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Capitolo 11
*** .11 ***


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Redemption
 


11



 
La ferita purulenta di Padme continuava a perdere sangue. La sua testa pulsava e improvvisamente si sentì tutto il corpo più pesante. Se ne stava seduta in quella stanza dove c'erano Finn, Rey, Luke e Kylo Ren legato ad un sedile.  
Premeva il taglio attraverso le varie stoffe che aveva utilizzato per nasconderlo, le faceva più male di prima. Diede una piccola occhiata e desiderò di non averlo mai fatto. 
Il silenzio governava pesantemente, ognuno stava immobile dov'era, solo gli occhi, qualche volta, lanciavano sguardi verso il prigioniero, tranne quelli di Rey, che guardavano sempre quelli di Kylo. Non faceva altro che pensare alle sue parole prima che i ribelli lo portassero via.
Non poteva perderlo, non proprio quando aveva risvegliato Ben. 
Intanto lui se ne stava con i polsi legati dietro la schiena e due cinture a bloccargli le spalle allo schienale. Più si allontanava dal Primo Ordine, più una morsa al suo stomaco si allentava. Solo che un'altra dolorosa stretta al cuore diventava più opprimente a ogni minuto che si avvicinavano alla base della Resistenza. Non era ancora pronto ad incontrare sua madre, non dopo che aveva appena saputo di avere una sorella. 
Si voltò a guardarla, stando attento che lei non se ne accorgesse. Era strano da ammettere, ma lui apprezzava molto la sua forza di volontà, avrebbe potuto ucciderlo e le era bastato un secondo per capire cosa stesse facendo. La forza Chiara era potente in lei. Non la conosceva nemmeno da un giorno e già aveva come la sensazione di sapere molte cose su di lei, voleva sapere più cose su di lei.
Chissà, forse non avrebbe nemmeno abbracciato il lato Oscuro se solo avesse saputo di avere una sorella... no, cosa andava a pensare? Avrebbe commesso quello sbaglio un migliaio di volte, lo sapeva. Sapeva quanto fosse debole, se lo riconosceva. Per questo non voleva tornare da sua madre e dalla Resistenza, perché prima o poi il lato Oscuro lo avrebbe richiamato e lui non avrebbe potuto farci niente, ci sarebbe ricascato e basta. 
Interruppe la sua valanga di pensieri quando notò una strana espressione in Padme: gli occhi semichiusi e i lineamenti contorti in smorfie di dolore. 
Solo dopo pochi attimi ella svenne, cadendo dalla sedia. 
Tutti gli occhi furono su di lei nel momento in cui il rumore dell'impatto fra il corpo e il pavimento si propagò per tutta la stanza, Rey, Finn e Luke le si avvicinarono di corsa, solo Kylo che era bloccato al suo sedile restò ad osservare la scena con un'apprensione che non si riconosceva.
 «Padme?» La chiamò Rey scuotendole le spalle e improvvisamente uno strano odore le arrivò alle narici, anche Luke e Finn lo sentirono. Rey scoprì il braccio dalle numerose fasce che avvolgevano la pelle di Padme. Finn dovette trattenere un conato alla vista di quel taglio. 
 «Maledizione.» Esclamò l'ex trooper.
 «Finn, portala qui.» Rey si alzò in piedi, indicando il piccolo divanetto circolare all'angolo della stanza. Il ragazzo prese in braccio Padme, stendendola dove Rey gli aveva ordinato.
 «E' grave?» Domandò lui, ma fu Luke a rispondergli.
 «E' infetta da troppo tempo, potrebbe perdere un braccio.»
 «Lo ha già perso, maestro. Non ce la faremo mai prima di arrivare alla base.» Rey parlò con voce alta e tremante, rovistando per tutta la stanza alla ricerca di qualche disinfettante.
Luke era una persona molto ottimista, quasi tutti in quella stanza si aspettavano che dicesse qualcosa che desse un po' di speranza, ma non disse nulla, perché i pensieri di Kylo avevano catturato la sua attenzione.
 «Rey, fai presto!» Gli urlò Finn cercando di bloccare l'emorragia legando un lembo di stoffa stretto al di sopra della ferita, mentre Padme iniziava ad agitarsi e a sudare.
 «Non trovo niente!» Gli rispose a tono, il panico che aveva represso qualche ora prima ritornò più intensamente: lo sentiva scorrere nelle sue vene.
 «Nello sportello sotto il divano.» 
Finn e Rey si voltarono verso Kylo, sorpresi del suo intervento. La mercante di rottami non aveva tempo, però, di stupirsi, così corse nel posto che Kylo aveva detto. Lì trovò una bottiglietta di vetro con su scritto perossido di idrogeno. La stappò e versò tutto il contenuto sulla ferita.
Padme sentì il braccio andare in fiamme e quel dolore la risvegliò in acute urla.
 «Non così!» Urlò Kylo. «Dovevi diluirlo con dell'acqua, così è troppo concentrato, potrebbe accellerare il processo di putrefazione!» Parlò veloce e mentre Rey imprecava alla ricerca di un'altra bottiglietta, Finn si voltava verso il prigioniero.
 «Adesso ti metti a dare consigli su come curare una ferita che tu stesso hai procurato?» Gli domandò arrabbiato.
 «Finn!» Lo riprese Rey. «Vuole solo aiutarci!»
 «Se vuole aiutarci, che venga lui a sistemare questa faccenda!»
 «Liberatemi, allora.» Disse lui con voce calma, mentre i suoi occhi scuri inchiodavano quelli dell'ex trooper.
Finn rabbrividì e con la mente ritornò a quella fredda notte sulla Starkiller, quando la schiena squarciata a metà pulsava e gli faceva pensare che l'ora della sua morte sarebbe arrivata prima di quanto sperava... ma... lui era svenuto... Come poteva ricordare il dolore e le sensazioni che aveva vissuto? 
 «Adesso basta!» Rey si mise fra i due e Finn si riprese da quella tortura mentale.
 «Liberalo, Rey.» Disse Luke. Lei lo guardò con la fronte aggrottata, dubbiosa. 
 «Volete prendermi in giro? Mi ha appena torturato e secondo voi non esiterà ad uccidere Padme e voi due?» Rey ignorò le parole di Finn e andò verso Kylo, si chinò e con la spada laser che teneva incastrata nella cintura lo liberò.
Quando lui si alzò in piedi e la sovrastò con la sua altezza, lei si sentì minuscola. Mentre Kylo raggiungeva Padme, Rey si chiese se avesse fatto la scelta giusta a liberarlo, ma lei si fidava di Ben e sapeva che quella parte buona e premurosa in lui lo aveva fatto parlare prima; così spense la spada laser e andò verso di lui, che già trafficava con le bottigliette sotto il divanetto. Intanto Finn era andato via, non ce la faceva proprio a sopportare quello spettacolo.
Kylo ricordava ogni cosa del Millennium Falcon. 
Il suo sogno da bambino era stato quello di viaggiare al fianco del padre per il resto della sua vita, ma Leia aveva insistito che Ben andasse all'Accademia degli Jedi, così il suo sogno si era frantumato davanti ai suoi occhi, come la sua visione dei suoi genitori.
In una piccola vaschetta miscelò col dito acqua, perossido di idrogeno e una polverina disinfettante a base di cortisone.
 «Rey, asciuga il taglio e slega il laccio.»
 «Sì.» E fece come le era stato ordinato.
Mentre preparava il disinfettante e le fasce si chiedeva se stesse davvero curando una persona che aveva minacciato di ucciderlo fino a poche ore fa. Una parte di lui gli suggerì di bloccarsi, dandosi dello stupido per quello che stava per fare, ma lui non ascoltò e ritornò a fare ciò che un tempo aveva sperato di fare per tutta la sua vita: curare la gente malata.
Luke se ne stava distante ad osservare la scena, meditando.
 «Tienila ferma, brucerà.» 
Rey portò le mani al polso e al gomito di Padme, pronta a tenerla.
Ma quando Kylo avvicinò il disinfettante alla ferita, una mano bloccò il suo polso.
 «Non provare a toccarmi.» Disse in un sussurro debole, mentre brividi caldi e freddi le attraversavano il corpo. La stretta al polso era debole, anche se si trattava della mano sana, a Kylo bastò strattonarla un po' per liberarsi.
Restò immobile, con il fazzoletto imbevuto di disinfettante bloccato a metà strada.
Rey lo guardò.
 «Che cosa fai?»
 «Se non vuole essere curata io non sono nessuno ad impedirle di perdere un braccio.»
 «Sarebbe di tradizione, non è vero, maestro?» La voce di Padme divenne più decisa di prima e gli angoli della sua bocca si alzarono all'insù in un piccolo sorriso ironico. Solo gli Skywalker in quella stanza poterono comprendere il significato di quella battuta.
Kylo aggrottò le sopracciglia, curioso come trovi ironia in una circostanza come questa. 
Non è curioso, si disse dopo. Ha solo preso il difetto da Han.
 «Ben, per favore.» Lo pregò Rey, ma lui non si scompose.
 «Non la curerò se non sarà lei a darmi il consenso.»
Ebbe una voglia incontrollabile di urlare parole non molto gentili, ma ignorò la rabbia e si mantenne calma.
 «Padme.» La chiamò severamente. 
Ma quella stava ritornando debole e non le bastò il tempo per l'orgoglio.
Annuì. «D'accordo.»
 
 
                                                                                                                                 
*


 
La Resistenza stava davanti alle varie navicelle che atterravano, pronti ad accogliere i feriti e i soldati appena ritornati dalla missione.
Il Generale Leia ebbe due colpi al cuore.
Il primo quando vide la figlia priva di sensi fra le braccia del soldato ribelle Finn. Si avvicinò correndo, mandando al diavolo i suoi problemi di cuore che le impedivano di compiere sforzi troppo pesanti.
 «Cosa è successo?! Sta bene?!» Arrivò in pochissimi secondi, seguita dai droidi BB-8, R2-D2 e C-3PO.
Per un attimo pensò al peggio, poi, quando la vide aprire gli occhi al suono della sua voce, il petto del generale si liberò da un peso doloroso.
Padme annaspò fra le braccia di Finn:
 «Madre? Aiutalo... madre, deve essere... subito...» Disse nel suo delirio, mentre il generale tentava di comprendere quelle parole, notando per la prima volta la ferita al braccio.
 «Portala...» Non riuscì a completare la frase perché un giovane uomo scese dal Falcon affiancato vigilmente da Rey e Luke.
Ebbe qui il secondo colpo al cuore. Quando rivide Han in quell'uomo vestito di scuro, in quell'uomo che era suo figlio. «Sbrigati, portala dai medici.» Riuscì a riprendersi solo quando i tre erano arrivati davanti a lei.
Kylo non riuscì nemmeno a credere ai suoi occhi.
Quella donna anziana davanti a lui, era davvero sua madre?
A primo impatto non la riconobbe, ma quando la vide fissarlo intensamente da lontano, capì che era davvero lei.
Troppe rughe rigavano quel volto scarno che ricordava giovane e limpido, sorridente. Troppo dolore e troppe notti insonne in quegli occhi e in quelle mezzelune che li cerchiavano.
 
E' tutta colpa tua.
 
Disse una parte dentro di lui e un senso di colpa lo trapassò da parte a parte.
Osservò i suoi modi affettuosi con Padme, come le aveva accarezzato i capelli e la fronte, controllando quanto fosse alta la febbre. Modi affettuosi che gli ricordarono la propria infanzia, le lunghe passeggiate sui prati di Naboo, i pomeriggi passati a raccogliere frutti dagli alberi, le notti in cui la pregava di raccontargli ancora un'altra storia sui Cavalieri Jedi.
Dov'era quella donna?
Dov'era quel bambino?
Erano morti.
 
Ed è tutta colpa tua.
 
Quando fu davanti a lei ignorò il resto del mondo.
Si sentì male solamente immaginando i suoi pensieri per di lui.
Quello che aveva davanti aveva ucciso suo marito e un centinaio dei suoi soldati.
Non ci fu nessuna parola.
Solo sguardi.
Lui non sapeva cosa dire. La donna invece aveva così tante cose da dirgli... eppure preferì trattenersi e rimandare la questione, anche se importante.
Quando il Generale fece segno ai soldati di affiancarlo, quattro di loro eseguirono l'ordine.
 «Portatelo in una stanza, assicuratevi che le finestre vengano sbarrate e che la porta venga sorvegliata sempre.» Si aspettavano quasi tutti che egli venisse sbattuto in una cella, ma non fu così. Questo particolare fece arricciare le labbra a qualche soldato ribelle che poté udire l'ordine.

 
 *
 
 
Lo guardò oltre lo spesso vetro. Lui non poteva vederle, eppure, quando alzò gli occhi verso la parete davanti a sé, Padme ebbe un fremito e la ferita le bruciò dopo giorni di quiete.
 «Non ci posso credere.» Disse a denti stretti, ancora incredula alle notizie di cui era stata informata pochi minuti prima. Si era catapultata dalla sala di controllo, alla cella dove stava il Generale Hux.
 «Alla fine il lato Oscuro ha tentato anche lui.»
 «Allora mi dici che senso ha avuto mandare Rey come spia all'interno dell'Ordine se già ne avevamo una?!»
Leia si voltò a guardare la figlia in uno sguardo severo.
 «Doveva essere fatto, per riportare indietro Ben serviva Rey.» Il Generale pesò ognuna delle sue parole, sapeva che avrebbe risvegliato qualche contrasto nella ragazza quando le avrebbe confessato la causa per cui Rey era stata mandata come spia interna nell’Ordine. «E poi una volta che avevamo perso la nostra spia, ne avevamo bisogno di un’altra. Lui era-» Ma fu interrotta.
 «Nessun’altra parola, madre. Parlerò da sola con il prigioniero per eventuali informazioni.» 
 «Io eviterei di prendere decisioni troppe affrettate.»
 «A volte è giusto così. Qualcuno deve darsi una mossa.»
Sentì Leia chiamarla da dietro, ma ignorò la sua voce, andò dentro la cella e ordinò ai soldati che facevano da guardia di sparare e ferire superficialmente il prigioniero se avesse provato a scappare.
Hux alzò gli occhi verso la figura che era appena entrata dalla porta che aveva tentato di aprire invano tra pugni e calci, le nocche viola erano segno di quei tentativi. Le sue ferite furono i primi particolari che attirarono l’attenzione di Padme, compresa la barba fulva e lunga che gli era cresciuta nel corso dei giorni di prigionia.
 «Avete intenzione di tenermi qui per sempre senza una sentenza, Sua Maestà?» Sibilò sprezzante, con gli occhi verdi e sgargianti intrisi di provocazione.
Padme non si scompose, rimase rigida dov’era, nella sua tunica bianca e blu.
 «Sua Maestà?» Domandò, aggrottando un sopracciglio, sì avvicinò all’uomo che se ne stava seduto sul sottile materasso gettato alla rinfusa sul pavimento polveroso della cella.
 «Mai sentito parlare di ironia?»
 «Non ho tempo per l’ironia, purtroppo.» Abbozzò un mezzo sorriso pieno di nervosismo.
 «Sei venuta per giustiziarmi?» Perché lui avrebbe preferito di gran lunga morire, al posto di vivere da prigioniero per il resto dei suoi giorni, conosceva la Resistenza e sapeva che quello era il destino che gli spettava.
 «Brami così tanto la morte, Armitage?» 
Gli occhi brillanti di Hux la fissarono intensamente in un’occhiata di scherno. Si alzò in piedi e si avvicinò a lei  lentamente, mentre diceva: «Fra i due mali, bisogna scegliere il migliore.» Si fermò davanti a lei, ottenendo il risultato che voleva: intimidirla. Lei era più bassa rispetto a lui e quella vicinanza e quelle parole pronunciate con così tanta freddezza la fecero arretrare con un’espressione stupita stampata in volto. Nessuno, fino ad allora le aveva parlato così. «Quanti anni hai?» Gli chiese dopo vari secondi in cui erano stati in silenzio a guardarsi negli occhi.
 «Ventisei.» Rispose senza nessuna battutina ad effetto, anche se avrebbe preferito risponderle a modo suo.
 «Ti sono bastati due anni per unirti al Primo Ordine e dimenticare la tua famiglia?» Le avevano raccontato che due anni fa egli era stato inviato in missione e dopo pochi mesi non aveva dato alcuna traccia, solo dopo un anno si seppe che la sua carica da tenente era salita a generale, e settimane dopo si venne a sapere quanti ribelli aveva ordinato di uccidere. Alla madre bastò poco per capire con delusione, insieme all’intera Resistenza, che Armitage non era più un ribelle. 
Tra i due nacque qualcosa di teso e intenso, si poteva notare senza ombra di dubbio dai loro sguardi. Ognuno dei due sentiva di voler conoscere di più le sfaccettature dell'altro, una curiosità che andava ai limiti della semplice voglia di sapere. Le pareti della cella sembravano intrappolare ciò che trapelava dai loro voleri e i loro pensieri.
  «Tu non sai niente, ragazzina.» Quella frase suonò come una gelida minaccia e Hux si avvicinò a lei ancor di più. Padme si sentì soffocare in quella vicinanza, il corpo del Generale la metteva a disagio e fu una sensazione tanto sconosciuta quanto spiacevolmente imbarazzante.
 «Voglio solo sapere perché tutti quanti cedono a Snoke.»
Hux alzò un angolo della bocca all'insù, vide le guance di lei tingersi di rosa, un colore che entrò in contrasto con il pallore della sua pelle.
 «Lui entra nella tua mente e ne diventa il padrone.» Padme sgranò gli occhi a quelle parole che le schiacciarono il petto. Il cuore iniziò a batterle forte e i ricordi delle emozioni negative che aveva provato per Kylo Ren bruciarono ardentemente nella sua testa. «Non c'è via di fuga. Quando lui vuole una cosa, la ottiene. Sempre.» 
Lasciò la stanza sotto gli occhi di lui, ignorando il suo sguardo, confuso, ma quasi divertito.
Camminò per i corridoi della base, senza raggiungere la madre. Un pensiero le martellava nella testa e non riusciva a toglierselo di mezzo.
 
Snoke era entrato nella mia mente, manipolando i miei pensieri e le mie azioni?
 
Ogni cosa le suggeriva di sì.
Si fermò, appoggiandosi alla parete, si portò una mano al cuore.
Tutto quell'odio, allora, non era stato altro che finzione? Un'illusione per agire ai voleri del nemico?
Le sue convinzioni si spezzarono davanti a lei in un secondo.
Le parole di Hux le avevano innescato qualcosa e adesso la sua testa non smetteva di ragionare e rielaborare idee.
Capì perché non era riuscita ad uccidere Kylo Ren: perché aveva resistito a ciò che non voleva davvero.
Non aveva combattuto contro il lato Oscuro quella sera nella base dell'Ordine, ma aveva respinto un parassita nella sua testa che non aveva nemmeno saputo di avere.
Allora, tutto quello che era accaduto fino a quel momento, non era stato altro che l'azione dei voleri di Snoke?
Le sue gambe cedettero e cadde a terra, mentre un forte dolore al petto si dilaniava con violenza.
 
Dall'altra parte della base, in quel preciso istante, Kylo Ren sentì una fitta al cuore. 
Dubbi, ricordi e strani ragionamenti scorrevano nella sua testa velocemente, senza sosta. Si sedette a peso morto sul materasso, stringendo le mani guantate in dei pugni stretti.
Una voce femminile parlò nei suoi pensieri e la riconobbe un attimo dopo.
 
Snoke ha sempre controllato tutto. A partire dalla conversione di Ben al lato Oscuro, alla tragedia all'Accademia, alla morte di mio padre, a qui.
E il suo unico scopo era quello di distruggere ogni scintilla Jedi nella galassia. E' entrato nella mia testa, ha amplificato ogni mia emozione fino a farmi odiare Kylo Ren al tal punto da volerlo uccidere. Lui voleva che io lo uccidessi, così che io potessi passare completamente al lato Oscuro per eliminare la Resistenza e i gemelli Skywalker.
Ma c'è una cosa che lui non aveva in programma.
Qualcuno.
Rey.
 
Si sentì la mente svuotata e il cuore scoppiare.
 
 






 
ANTICIPAZIONE
 
Doveva fare qualcosa.
Alla svelta.
In uno scatto agilmente veloce lo raggiunse, si mise davanti a lui e realizzò solo in quel momento cosa aveva fatto e cosa stava per fare.
 «Non sparate!» 
 
 
 




NDA.


Hello! 

Arrivo in ritardo, lo so, ma sto lavorando ad un'opera originale che mi tiene abbastanza occupata, quindi chiedo enormemente scusa offrendovi questo lungo capitolo (o almeno, per i miei canoni e lungo XD)

Che ne pensate? Voglio sapere, su su! Lasciatemi una bella recensione;)

Ringrazio moltissimo per 53 recensioni e i numeri dei preferiti e delle seguite che cresce sempre! Vi adoro <3


Grazie per aver letto,


alla prossima:)
 
 
 
 
 
           

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Capitolo 12
*** .12 ***


Campagna di Sensibilizzazione:

Salva anche tu povere tastiere
che vengono torturate quotidianamente da 
pazze scrittrici;
scrivendo una recensione, puoi salvare 
milioni di personaggi inesistenti!



Redemption




 
 12





Bussò.
Non aveva programmato di farlo: bussare. Non pensò che fosse necessario ricorrere a quella buona maniera con un prigioniero, di certo non aveva bussato alla porta di Hux, ma con Kylo Ren era diverso.
Aspettò vari secondi, ma non ci fu alcuna risposta, così Padme si accomodò senza alcun invito ad entrare.
La cella dov'era stato rinchiuso era una stanza riservata agli ospiti, quasi non poteva essere definita cella per l'arredamento sofisticato e l'ambiente pulito. La luce filtrava dalla finestra sbarrata e fu impossibile non vederlo a primo impatto: Kylo Ren se ne stava seduto sul pavimento, con la schiena al muro.
Padme si sorprese di trovarlo lì. Lui non ricambiò lo sguardo della ragazza fino a quando i secondi iniziarono a scorrere così lentamente e imbarazzanti che non ne poté fare a meno.
Adesso che lei era così vicina e tranquilla, notò come i suoi occhi fossero così uguali a quelli suoi: il colore delle iridi, le ciglia e il taglio dello sguardo.
Era sua sorella.
Ancora faticava a realizzarlo, forse era colpa dei giorni di isolamento, in cui nessuno lo aveva visitato, nemmeno Rey.
 «Hai un letto e una poltrona a disposizione,» osservò Padme, incapace di sopportare un secondo di più quel contatto di sguardi così silenzioso. «come mai sei seduto lì?»
Kylo non si aspettava quella domanda. La sua mente elaborò una decina di risposte diverse, poi chiese:
 «Come mai ti importa?» Quella domanda non trapelò alcun sarcasmo o nessuna intenzione di provocarla, come invece aveva fatto il Generale Hux con lei fino a un'ora prima.
Quel sorriso e quegli occhi verde smeraldo erano ancora impressi nella sua testa.
Eppure quella domanda la mise comunque in ansia, Kylo poté notarlo dal modo in cui iniziò a torturarsi le mani.
 «Chiedevo.» Rispose in un piccolo sussurro.
Si alzò da terra, ma rimase immobile dov'era. Per qualche strano e sconosciuto motivo non voleva farla sentire a disagio.
Ricordò la sua voce nella sua testa e quelle parole intrise di una verità difficile da accettare a primo impatto. Al ricordo di quelle sensazioni, aprì un discorso che ruppe completamente ogni silenzio fra di loro.
 «Ti ho sentita, prima.»
Padme lo guardò incredula.
 «Cosa?»
 «Non so cosa sia successo, ma penso che la Forza ci abbia messi in contatto per qualche secondo.» Ella non disse nulla, invitandolo con lo sguardo a continuare. «Ho sentito cosa credi che abbia fatto Snoke per tutto questo tempo.»
Padme schiuse le labbra e aggrottò la fronte, assumendo un’aria che tradì l’immagine seria e composta che era solita ad avere.
 «Hai... hai sentito tutto?» Balbettò inizialmente.
 «Sì.»
Aspettò un po’ prima di parlare, cercò le parole giuste per aprire quel discorso.
 «C'è un motivo per cui sono venuta qui.»
Kylo si avvicinò, mantenendo sempre una certa distanza fra i due, avvertì quanto ringhiava la Forza alle sue orecchie e si sentì quasi pazzo, come se l'avesse sentito solo lui, quel rumore. Ma lo aveva percepito pure Padme, quello squilibrio nella Forza, tale e uguale a quello che aveva avvertito durante il loro primo incontro alla base del Primo Ordine. «Voglio sapere quali sono le tue intenzioni.»
Ora fu Kylo quello ad aggrottare la fronte, sorpreso.
 «Perché mai? Qualunque siano le mie intenzioni la mia condanna è solo una.»
Perché tutti continuate a ripetermi di sapere quali saranno le pene che dovrete scontare? Urlò nella propria mente Padme, ma mantenne la calma, respirando piano.
 «Hai sentito ciò che io ho sentito qualche minuto fa, no? Voglio sapere cosa ne pensi.»
 «Mi stai chiedendo un'opinione?»
 «Non te lo sto chiedendo,» congiunse le mani davanti al ventre, irrigidendo le spalle.  «Non mi sono chiare alcune cose del tuo ragionamento.» Indugiò un attimo, poi continuò: «Condivido la tua idea quando dici che Snoke ha sempre controllato tutto fin dalla mia nascita, ma non capisco cosa intendi con controllo. Parli di soggiogazione o di seduzione?»
 «Seduzione. Penso che Snoke sia così potente nella Forza da essere capace di alimentare una minuscola scintilla propensa al lato Oscuro, fino a tramutarla in un fuoco devastante.»
 «Quindi siamo pienamente d'accordo su tutto.»
 «Adesso che so che non era nei tuoi piani passare al lato Oscuro, voglio sapere che intenzioni hai ora.»
 «Ti sbagli. Era sempre stato nei miei piani diventare potente, di conseguenza passare al Lato Oscuro.»
Padme prese fiato per pensare a una risposta a quella conversazione così tesa e veloce.
 «Allora non la pensi come me.»
 «Desideravo poter diventare forte come mio nonno, quando ero un padawan di Skywalker, Snoke mi offrì una via per emulare Darth Vader e superarlo se solo lo avessi aiutato nella conquista della Galassia.»
 «Ti ha sedotto.»
 «Mi sono lasciato sedurre.»
Cadde un altro silenzio in cui i due rimasero a fissarsi a lungo.
Per Kylo fu impossibile resistere, così entrò nella sua testa, lentamente, cercando di non essere scoperto.
Si stupì di quei pensieri, completamente diversi da quelli che aveva letto alla base del Primo Ordine.
Padme lo respinse non appena se ne accorse e d'istinto indietreggiò.
 «Non è necessario.» Sibilò, sentendosi in qualche modo tradita.
 «Insisti su Snoke e sulla sua arte di seduzione perché non riesci a realizzare il fatto che tu mi odi.» Le disse stupito, avvicinandosi a lei di qualche passo.
 «Io non ti odio.» Rispose lei in un sussurro, mordendosi l'interno delle guance. «Io non riesco ad odiarti.»
Kylo avrebbe saputo come contraddirla in qualunque modo gli avrebbe risposto, ma rimase spiazzato da quelle semplici parole. E una parte di lui ne rimase curiosamente felice.
Quella ragazza non smetteva di stupirlo e imparare a conoscerla gli stava piacendo.
Ma non lo diede a vedere, seppellì quei pensieri nei fondali del suo cuore.
 «Snoke entrò nella mia testa nel momento in cui il legame di forza con mio padre fu interrotto dalla morte. Allora ebbe libero accesso nella mia mente. Ha alimentato il risentimento che provavo per Kylo Ren fino a tramutarlo in odio.» Si avvicinò a lui fino ad essergli davanti. La Forza vibrava sulla loro pelle. «Io ti ho odiato, non lo nego. Ma quando ho visto per la prima volta il tuo viso, l'odio è andato via con il dolore. Allora ho mandato via Snoke dalla mia testa. Ho interrotto il legame di forza con lui.» Respirò affondo prima di concludere. «Adesso capisci perché non sei più tentato?»
 «Snoke può controllare qualcuno solo se questo non ha già un legame di forza con qualcun’altro?»
 «Per questo ha voluto che tu uccidessi Han. Così che io fossi terreno libero da conquistare per i suoi personali scopi.»
Kylo si allontanò, si sedette sul materasso, affondando il volto fra le mani coperte dai guanti di pelle. «Lui non riesce più a controllarti perché hai stabilito un altro legame di forza, ancora più forte.»
Kylo alzò gli occhi verso Padme.
 «Rey.»
 «Lei ha distrutto i programmi di Snoke e solo adesso capisco quanto sia stato fondamentale mandarla in missione come spia interna dell'Ordine.» Si sentì in colpa per aver contraddetto la madre quel giorno stesso su quell'argomento.
Pamde si sedette sul materasso, un po' distante da Kylo.
 «Hai detto che avevi un legame di forza con Han, ma come può essere? Lui non aveva la Forza.»
 «E' qui che ti sbagli.» Kylo non poteva crederci. La guardò come se lo avesse appena insultato. «Han Solo aveva la Forza, anche se poca e debole, ma era abbastanza forte così che io potessi vederlo. Per me era abbastanza.»
La immaginò bambina, in mezzo a un luogo isolato con gli occhi chiusi, concentrata ad intraprendere un contatto con il padre.
 «Allora lui poteva vederti?» Si rese conto di aver parlato solo nel momento in cui aveva smesso di farlo.
 «Sì. La notte, nei suoi sogni. A volte anche durante il giorno, solo che credeva di stare per impazzire… Pensava fosse colpa del dolore e dei sensi di colpa.» Fece una pausa, ricacciando indietro le lacrime. Kylo la osservava inespressivo, concentrato sulle sue parole. «Lui non lo sapeva, ma mi ha visto crescere giorno dopo giorno, come se io fossi proprio accanto a lui.» Alla fine fu impossibile trattenersi in quella voce così tremante: una lacrima le scivolò dalla gota.
 «Tu dovresti odiarmi.» Si voltò a guardarlo. «Io l'ho ucciso.»
 «Ne sei pentito.»
Ed era vero.
Lo aveva realizzato solo quando lei glielo aveva detto.
Quella parte che aveva represso prima, riemerse, e non fece nulla per ricacciarla indietro.
 «Ora ti pongo di nuovo la stessa domanda.» Si alzò in piedi, posizionandosi davanti a lui. «Quali sono le tue intenzioni?»
 «Non lo so.» Rispose vago, forse troppo velocemente.
Padme sospirò rumorosamente e lentamente. «Domani ci sarà una sentenza pubblica per te e il Generale Hux. Devo saperlo.»
 «La Resistenza mi vuole morto, nessuno potrà fare nulla per fermarlo.»
 «Questo non puoi dirlo.»
 «Improvvisamente vuoi salvarmi?»
 «Te l'ho detto. Devo capire quali sono le tue intenzioni.» Si voltò e andò verso la porta, bussò forte e si fece aprire dalle guardie ribelli. «Avrai una notte a disposizione per pensarci.» Prima che potesse fare un passo fuori dalla stanza, Kylo si alzò in piedi e la fermò prendendola per il polso.
Entrambi rimasero sopresi da quel gesto.
 «Sai perché Rey non è venuta qui nemmeno una volta?»
 «So che il Maestro Skywalker le ha detto di prendere una decisione molto importante.»
 «Che decisione?»
Padme si liberò dalla presa con un movimento agile del polso e uscì dalla stanza senza rispondergli. Il rumore della porta che si chiuse rimbombò nell'aria.



°


 

Leia sorrise, eliminando del tutto il senso di colpa che le bloccava il respiro.
Non era nelle sue intenzioni spiare la conversazione dei due, ma, mentre passeggiava fra gli schermi oleografici, fu impossibile non soffermarsi a quel video di quella telecamera che era stata dimenticata accesa.
Quello che avrebbe dovuto essere un interrogatorio si era rivelata una discussione pacifica e vedere i propri figli conversare in quel modo le parve tanto paradossale quanto favoloso. L’aveva sempre saputo che fra i due non c’era odio.
Ma ciò che aveva scoperto di più importante in quella conversazione era il piano di Snoke. Aveva appena mandato un soldato a chiamare Padme per parlarle proprio di quello, ma sapeva che la ragazza sarebbe comunque andata da lei di sua spontanea volontà.
Leia era al corrente dei poteri di Snoke, della sua malvagità e delle sue capacità nel controllo della mente. Ma mai si sarebbe immaginata una cosa del genere.
C’era da avvisare anche Luke.
Tutta la Resistenza doveva saperlo.
Si sentì il cuore battere più forte nel petto e fu impossibile non sussultare al suono della voce di Rey che la chiamò alle sue spalle.
 «Generale?»
Leia si voltò.
 «Sì? Dimmi Rey.»
 «Vi sentite bene? Vi avevo vista respirare male…»
 «Sto bene, cara, grazie.»
Rey annuì e si allontanò, senza una meta precisa.
Era da giorni che vagava per la base, meditando. Ma anche la meditazione stessa sembrava non aiutarla a chiarire i suoi dubbi. Perché era quello che il suo maestro le aveva ordinato di fare, oltre che ad averle proibito di vedere Kylo Ren.
Ricordava ancora cosa le aveva detto Luke la sera del rientro alla Base della Resistenza.

La guardava con occhi indecifrabili, uno sguardo impossibile da leggere.
 «Cosa succede, maestro?» Chiese Rey, consapevole di non essere ancora pronta a quella conversazione.
 «Hai fatto un ottimo lavoro, Padawan. Hai riportato Ben Solo a casa più nel lato Chiaro che in quello Oscuro, proprio come ti era stato ordinato.»
Sapeva che stava per arrivare un grande MA a quelle congratulazioni.
 «Ti ringrazio, maestro. Era un dovere.»
 «Eppure è successo qualcosa di imprevisto, ma che avrei dovuto temere più di quel che pensavo.»
Sentì i battiti accelerare e la schiena sudare freddo. «Cosa avete sottovalutato, maestro?»
 «La passione, ecco cosa ho sottovalutato.»
Le si mozzò il respiro nei polmoni, schiuse le labbra e parlò in sua difesa:
 «Maestro, tra me e Ben Solo non c’è stato niente.» Il suo tono di voce suonò troppo indignato e offeso, ma era ciò che Rey provava. Con una punta di imbarazzo sulle guance rosse si preparò a porgere le sue scuse.
 «La compassione è il motore nella vita di un Jedi. Ma l’amore, questo è proibito, Rey. C’è molta passione fra te e Ben, la avverto ed è molto, molto forte.»
Una lacrima scivolò, poi un’altra e un’altra ancora. Rey si ritrovò a piangere silenziosamente senza nemmeno accorgersene. Luke era severo nelle sue parole fredde.
 «Non è stata una mia scelta innamorarmi di lui.» Sentì le mani del suo maestro toccarle le spalle e stringerle con affetto.
 «Lo so quello che stai passando. Ma adesso che è successo, mi vedo costretto a sottoporti ad una scelta ben precisa.» Rey alzò lo sguardo incontrando quello del suo maestro. «Non puoi amare ed essere una Jedi contemporaneamente. Devi scegliere.»
 «E’ per questo che mi hai tolto i ricordi quando mi lasciasti su Jakku?» Non sapeva perché glielo aveva chiesto, data la situazione del tutto diversa. Luke si allontanò da lei.
 «Ben ti ha raccontato tutto. Quel giorno ho dovuto compiere quel gesto per la tua protezione. Dovevo nasconderti da tuo padre e da Snoke. Non dovevano sapere dove ti trovavi.»
 «Ben ha sempre saputo dov’ero, non è vero?»
 «Lui ti ha sempre protetta. Tu e la sua famiglia eravate quella Luce che lui non riusciva ad eliminare.»
Cadde un lungo silenzio, in cui pensieri e sguardi si disperdevano nell’aria.
 «Cosa devo fare, adesso?» Chiese Rey dopo un po’.
 «Medita, rifletti, ma evita Ben, non devi vederlo. Devi scegliere con cautela. Sappi solo che se riuscirai a superare il sentimento che provi per lui, avrai completato il tuo allenamento.»
Sgranò gli occhi e guardò il suo maestro con aria incredula.
 «Cosa?» Sussurrò, ma aveva capito benissimo.
 «Sarai una Jedi a tutti gli effetti.» Come avrebbe potuto farlo, scegliere? Come? «Dipende solo da te.»



E ora eccola lì.
Davanti alle scale che l’avrebbero condotta nella cella di Ben. I suoi piedi l’avevano portata lì per istinto.
Aveva evitato quella via per giorni e adesso ci si era trovata per caso.
Deglutì e salì i gradini velocemente, prima che potesse pentirsene.
Non lo avrebbe saputo nessuno.
La porta era sorvegliata da un ribelle, quindi qualcuno lo avrebbe saputo. Si avvicinò alla porta e salutò con un cenno della testa il ribelle.
 «Puoi andare, tra un po’ ti danno il cambio.»
 «Davvero? Il mio turno finisce tra due ore.»
 «Oh, beh. Ordini del Generale.»
Fortunatamente il ragazzo era così stanco che non se lo fece ripetere un’altra volta. Sorrise e si congedò, un po’ perplesso dalle parole della ragazza.
Rey non bussò, aprì la porta e la chiuse alle sue spalle in un secondo.
Kylo Ren era sdraiato sul letto e si reggeva con i gomiti, guardandola sorpreso. Poi, mentre il cuore gli iniziò a battere martellante, ricordò che quella era la prima volta dopo giorni che lei andava a visitarlo. Non che lui lo avesse preteso dopo tutto quel tempo, avrebbe capito se lei un giorno si fosse dimenticata di lui. Forse sarebbe stato meglio se lo avesse dimenticato.
Rey sentì i suoi pensieri grazie al legame che li legava nella Forza, i loro sguardi erano entrati in collisione non appena la ragazza aveva chiuso la porta dietro di sé.
Fece alcuni passi, per poi fermarsi senza sapere cosa fare, cosa dire.
Si era ripromesso tante volte di non mostrarsi offeso da quella visita in ritardo, eppure le sue parole furono taglienti:
 «Qual buon vento ti porta qui?»
A Rey mancò il fiato nei polmoni. Deglutì, decise di tirare fuori quel discorso senza troppi giri di parole.
 «Non sono venuta qui prima perché stavo eseguendo il mio dovere da padawan.»
 «Stavi?» Kylo si accigliò sul materasso e solo in quel momento si rese conto di essere ancora sdraiato.
 «Esattamente.»
 «Devo fare una domanda a riguardo o continui da sola?»
 «Puoi smetterla di parlarmi così?!» Sbottò frustrata e infastidita, mentre Kylo si alzava in piedi in tutta la sua altezza.
 «Così come?» Domandò calmo, anche se i suoi occhi stavano bruciando in uno sguardo pieno di rabbia.
 «Arrogante, presuntuoso!»
 «Bene, allora tu dovresti smetterla di guardarmi in quel modo!»
Schiuse la bocca, indecisa, in un moto improvviso di sorpresa, cosa rispondere.
 «C-cosa? Come?!» Il cuore le implorava di uscire dal petto e prima o poi lo avrebbe sputato via.
 «Come se io fossi tutto ciò di cui tu abbia bisogno, tutto ciò che ti meriti!» L’aria divenne irrespirabile per entrambi. Rey lo guardò confusa, con gli occhi sgranati, mentre la rabbia la abbandonava ad ogni respiro corto. «Io non sono quello di cui tu hai bisogno. Tu meriti di più di un assassino che ha le ore contate.» La voce rauca e profonda tremò a quelle parole intrise di una verità su cui aveva riflettuto a lungo.
 «Ma sei quello che voglio.»
Il volto di lui parve non esprimere alcuna emozione, ma Rey poté leggergli dentro. Poté sentire quei sensi di colpa e quelle insicurezze come se fossero incastrate sotto la sua pelle.
Parlò prima che lui potesse dire qualcosa. «Il Maestro Skywalker ha capito cosa mi è successo durante il tempo che ho passato con te nella base del Primo Ordine. Mi ha sottoposto ad una scelta. Mi ha detto che se avessi… se avessi superato il sentimento che io nutro per te, avrei completato il mio addestramento.»
Sentimento.
Kylo sentì quella parola rimbombargli nelle orecchie e nel cranio incessantemente. Quello che aveva temuto che potesse accadere, era accaduto.
Si odiò ancor di più per ciò che aveva fatto.
 «Allora cosa ci fai qui?» Poteva ancora convincerla ad andare via, poteva ancora salvare il salvabile. «Va’ via, Rey. Il tuo destino è quello di essere una Jedi.»
 «No. Non lo è.» Si avvicinò a lui e in pochi passi lo raggiunse, eliminando ogni centimetro che li divideva. Respiravano la stessa aria e i loro respiri caldi sfioravano le loro pelli in piccoli brividi. «Ho combattuto contro me stessa. Il mio cuore era diviso a metà, ma solo adesso, solo stasera ho capito: io non posso vivere senza di te.» Lacrime silenziose le scivolarono dalle guance, rigandole il mento e il collo.
Kylo sentì il cuore tremare e lo stomaco sottosopra.
 «Domani mi giustizieranno e tu non potrai farci nulla.»
 «E allora scappiamo. Andiamo via, insieme.»
 «Rey, ti prego. Vai via prima che tu possa farti davvero del male.»
 «Non posso andare via. Ho già preso una decisione e non posso più tornare indietro, lo sai anche tu.»
Eccome se lo sapeva. Quando un padawan decideva di abbandonare il suo cammino Jedi, non ci sarebbe stato modo di ritornare indietro.
E Rey lo aveva appena fatto.
Ha appena firmato la sua condanna a morte, pensò Kylo.
 «Rey, che cosa hai fatto?» Abbassò lo sguardo, ma lei gli prese il viso fra le mani e lui ebbe la sensazione di poter morire felice ogni volta che lei lo sfiorava.
Lei era la sua salvezza e lui era la sua rovina, eppure si completavano.
Erano un ingranaggio, funzionavano solo se erano insieme, e adesso lui non poteva fare più nulla per fermarlo, nessuno dei due poteva fare più nulla.
 «Luke mi ha detto che per tutti questi anni tu hai sempre saputo dove mi trovavo. Anche se eri devoto al lato Oscuro, non hai mai rivelato a Snoke della mia esistenza.»
 «Come avrei mai potuto farlo?»
 «E’ per questo che sono così sicura di quello che ho scelto, lo capisci, Ben?»
Lui annuì, mentre le sue dita stringevano i fianchi di lei, come per capire se lei fosse davvero lì, mentre lei si sentiva rivivere in quel tocco.
Quelle parole danzavano freneticamente sulla punta della sua lingua e quando le loro labbra si sfiorarono, lei glielo disse:
 «Mi sono innamorata di te, Ben. Non ho potuto fermarlo, forse nemmeno il più potente degli Jedi riuscirebbe a resistere a questa tempesta di emozioni. Con te io sento di poter essere me stessa, con te io voglio vivere e morire.» Avrebbe voluto dire altro, perché nemmeno un intero libro sarebbe bastato per esprimere quanto lei lo amasse, ma Kylo la baciò, togliendole il respiro, con un’esigenza che non aveva nulla a che vedere con quel bacio al sepolcro di Padme Amidala. Le circondò la vita con le sue braccia, piegando le ginocchia per raggiungere la sua altezza. Le loro lingue si accarezzavano con passione e i loro denti si scontrarono un paio volte. Rey si ritrovò con la schiena sul materasso senza capire bene come ci fosse finita, ma non le importava. Le sue gambe gli allacciarono il bacino, attirando il suo corpo verso di sé. Voleva di più, volevano di più. Volevano tutto di loro, avevano fame di loro.
Dopo minuti, la bocca di lui abbandonò quella di lei per esplorare ogni lembo del suo collo, lentamente. Rey si morse il labbro inferiore.
 «Ti voglio così tanto.» Le sussurrò all’orecchio con la sua voce bassa e scura più rauca del solito, mentre le sue mani si spostavano sotto la sua maglia, accarezzandole la pelle con delicatezza. Brividi caldi sfiorarono la schiena di Rey. «Per questa che potrebbe essere la mia ultima notte,» la guardò negli occhi nella luce soffusa della candela sul comodino. «sii mia.»
 «Per sempre.» Rispose lei in un sussurro.
Lo spinse delicatamente, invertendo in pochi attimi le posizioni. Lo baciò con foga e senza sapere bene come aveva fatto, lo spogliò dalla toga nera e della maglia, lasciandolo a torso nudo. Baciò i suoi pettorali e le cicatrici di battaglia, sussurrandogli con una suadente dolcezza che qualcuno lo amava e lo desiderava tanto. Le mani di Ben si spostarono dai fianchi ai lembi della maglia grigia di lei, pochi secondi dopo l’indumento finì in sul pavimento freddo. Rimase estasiato dalla vista di quel seno, piccolo e sodo, perfetto. La mise sotto di sé e la baciò con passione ovunque, quando succhiò e mordicchiò uno dei suoi capezzoli, lei lo chiamò in un gemito soffocato e lui non seppe definire se si trovava nell’Inferno o nel Paradiso.
Non consapevole delle sue azioni, ma completamente rapita dal suo istinto, Rey inarcò il bacino contro quello di lui, sentendo il desiderio di lui spingere sotto i pantaloni neri della divisa di Kylo Ren. Aveva bisogno di quelle labbra sulle sue, così gli prese il viso fra le mani e lo baciò possedendogli la bocca, mentre gli ultimi indumenti scivolavano via dai loro corpi.
Le baciò lo sterno, l’ombelico, il ventre e lì, proprio dove la carne le pulsava incessantemente.
Rey gemette parole inesistenti, sillabe sconnesse. Quando sentì qualcosa, una strana e piacevole sensazione pronta a irradiarsi per tutto il suo ventre, Ben disegnò l’ultimo cerchio con la lingua, ingoiando il desiderio che lei aveva per lui, dolce e pungente.
Aprì le gambe, circondandogli il bacino. Lui la guardò negli occhi e la baciò, questa volta lentamente e teneramente, fu in quel momento in cui lui si fece spazio dentro di lei, timoroso di poterle fare troppo male. E lei sentì quei suoi pensieri. Dopo un paio di gemiti, Rey gli prese un’altra volta il volto fra le sue mani e gli disse:
 «Non avere paura, lo sento anche io.»
Allora Ben spinse una seconda volta e lei trattenne il dolore dentro il petto, sentendo le costole scoppiare e il ventre riempirsi di una sensazione forte e sconosciuta. Il dolore si affievolì e un piacere smisurato si impossessò di lei facendola sospirare compiaciuta ad ogni spinta.
 «Non lascerò che nessuno ti faccia del male domani, t-te lo prometto.» Gli disse con quel pensiero negativo a stuzzicarla anche in quel momento così intimo.
La baciò, mangiando e sentendo il suo climax salire ad ogni gemito più forte.
Arrivarono insieme al culmine del piacere, mentre Rey lasciò otto graffi verticali sulla schiena di Ben.
Quando lei avvertì che lui si stava per allontanare, allacciò la stretta al bacino di lui con più forza. Accolse il suo seme dentro di lei, rilassandosi sul materasso, mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte.
Ben si sdraiò su di lei e quando ripresero fiato, lui la guardò negli occhi e glielo disse.
 «Ti amo.»
 

Furono le prime luci del mattino a svegliare entrambi.
Rey aprì gli occhi con l’amara consapevolezza che quel sogno così bello era arrivato ad una fine.
 «Rey, adesso devi andare.»
 «Non voglio.» Dichiarò, stringendosi più forte al suo petto.
 «Non possono trovarti qui.»
Sospirò e lo guardò, lui si sporse un po’ per arrivare alle sue labbra. Rey si alzò dal letto dopo un’ora trascorsa fra baci e carezze, fu impossibile per loro non fare l’amore un’altra volta.
Si vestì sotto i suoi occhi, lentamente e ridendo, cercando di provocarlo per scherzo. Rideva anche lui, mentre i suoi occhi cercavano di marchiare quel ricordo di lei nella sua testa. Quando fu completamente vestita, si avvicinò a lui baciandolo un’ultima volta.
 «Oggi non morirai.»
 «Shh.» Gli posò un dito sulle labbra, accarezzandogli col pollice il labbro inferiore. «Adesso va’.»




°


 

Quando li vide entrare nella grande sala, scortati da una decina di truppe ribelli, Padme si alzò in piedi, seguita dal Generale Leia, due capitani e gli altri quattro Senatori.
Cadde un silenzio tombale in cui nessun soldato proferì parola. Si sentivano solo i passi dei prigionieri avanzare davanti al soppalco, davanti alle autorità della Resistenza. Sotto, ci stavano Luke, Poe, Finn e Rey.
 «Il compito di amministrare la giustizia spetterebbe al Cancelliere, ma non essendo ancora stato eletto per motivi che tutti noi sappiamo, sarò io oggi, Generale e Principessa Leia Organa, a prendere questo incarico.»
Nessuno fiatò, migliaia di volti seri guardavano il Generale. Padme si sentì a disagio per la madre, non sapeva il vero motivo della preoccupazione che la divorava dentro, ma tutto le faceva pensare che una parte di lei credeva davvero che Ben fosse ancora lì dentro, e in quel momento mentre lui guardava Leia, credeva che quegli occhi fossero più intrisi di luce che mai.
E allora collocò quella sua preoccupazione per lui, senza provare il benché minimo rimorso per questo.
Il cuore di Rey si faceva più piccolo ad ogni battito, al posto del sangue, sembrava che nelle sue vene scorresse ansia e terrore. Da quando aveva messo piede fuori dalla stanza di Ben non aveva fatto altro che pensare cosa avrebbe potuto fare per fermare l’esecuzione se in caso la platea avesse deciso di giustiziarlo.
Tremava al sol pensiero di quella sentenza.
 «Kylo Ren,» disse Leia con uno sguardo illeggibile, rivolgendosi proprio a lui. «Oltre ad essere il nemico della Resistenza, sei accusato di aver aiutato Snoke nella creazione del Primo Ordine, di esserti convertito al Lato Oscuro della Forza, di aver ucciso centinaia di innocenti tra cui Han Solo.»
Alcuni ribelli sparsi per l’enorme sala iniziarono a borbottare e gli occhi di Padme percorsero l’intera platea, con la preoccupazione di prima amplificata il doppio.
 «Qual è la sentenza che quest’uomo merita?» Domandò a voce alta, seppur spezzata, con le lacrime agli occhi, sapendo già che risposta avrebbe ricevuto.
Si alzò un boato di grida: “è un mostro!”, “uccidetelo!”, “che sia fatta giustizia!”, “a morte!”.
Ben non sentì alcuna vergogna.
Meritava tutto quello.
Dagli occhi di Rey iniziarono a sgorgare lacrime a dirotto, mentre il respiro diventava più veloce e pesante. Finn la guardò preoccupato.
 «Rey?» La chiamò, ma lei non gli rispose, avanzò prima piano, poi correndo verso Ben. Alcuni ribelli le si pararono davanti, sbarrandole la strada, alcuni riuscirono ad afferrarla, ma lei riuscì a liberarsi sempre.
Lo raggiunse posizionandosi davanti a lui, dandogli le spalle per rivolgersi a Leia.
Dire che tutti furono sorpresi da quella scena è un eufemismo.
 «Generale! Io posso assicurarle che Kylo Ren non esiste più, quello che avete oggi davanti, è vostro figlio!»
Padme si avvicinò alla madre, appoggiandosi alla balaustra.
 «Cosa stai facendo?» Le domandò Ben in un sussurro pieno di rimprovero. Rey si voltò verso di lui, incurante di tutti gli sguardi che avevano puntati addosso.
 «Ti sto salvando la vita, Ben.» Disse abbastanza forte così che la potessero sentire varie persone, scandendo molto bene il suo nome.
 «Portate via quella stolta!» Gridò un Senatore affiancando Padme. «Non sa cosa sta dicendo.»
 «Lo so eccome, signore.» Ribatté secca, voltandosi nuovamente verso il soppalco. «Se avete intenzione di uccidere lui,» parlò forte, sperando che potessero sentire tutti i presenti. «allora dovrete uccidere anche me.»
Luke capì che scelta aveva fatto Rey proprio in quel momento, ma non sentì nemmeno un punta di delusione.
Il silenzio che cadde le diede speranza.
Una speranza che la deluse.
Delle truppe ribelli la afferrarono dalle braccia e trattennero anche Ben, che iniziò a dibattersi in difesa di Rey.
 «Non fatele del male!» Urlò, odiando se stesso per tutta quella situazione.
Rey annaspò e cercò di liberarsi come aveva fatto prima, ma questi erano più forti e il panico non le lasciò altra scelta se non gridare: «Vi prego, Generale! Padme, tu lo sai che è vero!»
I ribelli la portarono dov’era prima, ma anche lì non fu abbandonata da quelle mani robuste e forti.
Leia si sentì morire dentro, dilaniata a metà. «Che sia fatto ciò che la platea ha deciso.»
Padme perse il respiro e guardò la madre con gli occhi appannati da lacrime silenziose, che solo in quel momento si era accorta di aver pianto.
Una squadra di ribelli si avvicinò a Ben, caricarono blaster e fucili su di lui, mentre chi lo aveva trattenuto, si era allontanato per lasciare che il processo si svolgesse.
Rey urlò a pieni polmoni, cercò di richiamare la Forza a sé, ma questa non parve sentirla.

Luke chiuse gli occhi.

Leia si voltò e si avviò verso le scale, con la consapevolezza che, dopo tutto questo, non si sarebbe mai ripresa e che avrebbe sempre odiato se stessa.

 «Al mio tre fuoco!»

Ben deglutì, respirò piano, ricordando tutte le cose più belle della sua vita.

 «…1»

La sua infanzia, le ninna nanne della madre, i lunghi viaggi a bordo del Falcon, la voce del padre, il giorno in cui aveva conosciuto Rey, il giorno in cui l’aveva ritrovata e la notte che avevano passato insieme.
E poi lì, nella platea, in prima fila, giurò di averlo visto.
Una figura alta, più sbiadita rispetto a tutte le altre, inconfondibile.
Han Solo.

 «…2»

La testa e il cuore tremavano martellanti e dentro di sé, mentre il pianto disperato di Rey le arrivata alle orecchie, si ripeteva che tutto quello era enormemente e decisamente sbagliato.
Se quello che aveva davanti era Kylo Ren, perché prima aveva implorato a dei ribelli di non farle del male, perché non aveva detto nulla in sua discolpa?

E’ sbagliato.

E’ sbagliato.

E’ sbagliato.


Doveva fare qualcosa.
Alla svelta.
In uno scatto agilmente veloce si arrampicò sulla balaustra e saltò dal palchetto.
Lo raggiunse in una velocità sconosciuta al suo stesso corpo.
Si mise davanti a lui quando il soldato urlò: «…3!» e i laser rossi fuoriuscirono dai blaster.






















NDA.

Scusate immensamente per il ritardo, spero di essermi fatta perdonare con questo super capitolone!
Mancano un paio di capitoli alla fine della prima parte di questa storia e siccome ci aspetta un capitolo troppo importante, ho deciso di evitare un'anticipazione. ;)

Grazie a tutti coloro che leggono sempre questa storia, spero però che mi facciate sapere cosa ne pensate 'sta volta, lo scorso capitolo vi siete fatti sentire in pochi :(

Grazie ancora

Alla prossima :D


 

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Capitolo 13
*** .13 ***


Redemption



13



Sentiva il calore dei laser bruciarle sulla pelle.
Eppure, era ancora in piedi, respirava, era viva.
Aprì gli occhi lentamente e vide una decina di raggi rossi davanti a lei, così vicini da sfiorarla.
Ci era riuscita.
Li aveva fermati.
Sui palmi aperti sentiva la Forza potente, ma vacillante. Iniziò a vedere sfocato, segno che la pressione sanguigna stava salendo. Stava cedendo, non poteva trattenerli per molto.
Concentrandosi ancor di più, mantenendo sempre la calma, con un movimento circolare delle braccia aperte, scagliò i laser sul tetto, colpendo alcune lampade a neon che andarono a finire in mille pezzi a terra.
Respirò velocemente e pesantemente, un filo di sangue scarlatto le fuoriuscì da una narice. Le ginocchia le ordinarono di cadere a terra, ma Pamde resistette. Alzò in mento in alto respirando affondo, schiudendo la bocca, e in quegli attimi, mentre cercava di riprendersi velocemente, evitò di pensare a tutti quegli occhi curiosi, sorpresi, spaesati e indignati su di lei.
 «Senatrice,» si sentì chiamare da uno dei ribelli che aveva sparato contro Ben. «state bene?» Domandò quello, senza sapere perché aveva aperto bocca.
Gli occhi di cenere di Padme lo guardarono e con il dorso della mano si asciugò il sangue sul labbro superiore, dopo di ché, puntò quella stessa mano sul ribelle e quel blaster che egli teneva, volò fra le dita della Senatrice.
Si voltò e vide l’uomo per cui aveva appena rischiato la vita, allungò il blaster verso di lui, ma senza dare l’impressione di volerglielo porgere.
Lo guardò con uno sguardo pieno di dispiacere e di senso di colpa, quasi come se la ragazza si volesse scusare usando gli occhi al posto delle parole. Ben sbatté le palpebre più volte e le chiese:
 «Perché lo hai fatto?»
 «Perché tu sei mio fratello.» Gli rispose con voce tremante, ma determinata.
Tutti poterono sentire quella breve conversazione.
Delle parole si posarono pesantemente sulla punta della lingua di Padme ed ella non vide il motivo per non esporle lì, proprio in quel momento.
Si allontanò da Ben e si rivolse verso la platea. Si fermò a pochi metri dalla prima fila, guardò con uno sguardo arrabbiato e deluso coloro che le stavano davanti e, rivolgendo per un attimo le sue attenzioni al blaster che teneva in mano, lo gettò a terra con tutta la forza che aveva al braccio, scagliandolo lontano.
 «E’ questo che volete veramente?!» Urlò così forte, che quelle parole squarciarono il silenzio come mille lame taglienti. «Morte!» I suoi occhi sgranati percorsero con indignazione la platea. «Violenza!» Alcuni cuori, i più deboli, volsero i loro sguardi in basso, mentre dei pensieri, domande, iniziavano ad interrogare le loro coscienze. «E’ questo quello che meritiamo?!» Strinse i pugni, alzando la voce nei suoi limiti, sfogando la sua rabbia contro il suo popolo, consapevole quanto quell’emozione potesse far male ad un padawan Jedi, ma in quel momento non le importava. E fu strano mettere per la prima volta da parte il codice Jedi per delle giuste cause. Strano, ma positivo. «Per che cosa combattiamo? Per ucciderci a vicenda?! Allora qui non dobbiamo prenderci in giro! Allora qui stiamo combattendo per la guerra e non per la pace!» Ignorò il fiatone, fece una piccola pausa solo per deglutire. «Questo,» ricominciò, indicando il blaster che lei stessa aveva gettato a terra. «non è il valore su cui è nata la Resistenza.»
 «E’ un traditore, merita di morire! Se la platea ha deciso così, che così venga fatto!» Una voce la interruppe, proveniva dal soppalco e sapeva a chi apparteneva. A uno dei quattro Senatori.
Senza voltarsi, Padme gli disse.
 «Mi dica, se la morte è allora una sentenza in una Nuova Repubblica, cosa distingue quest’ultima dal Primo Ordine, o dall’Impero stesso?»
Nessuna risposta le arrivò alle orecchie. Il silenzio le diede il permesso di continuare a parlare:
 «Mia madre fu accusata di essere una bugiarda quando decise di creare la Resistenza, perché è la figlia Darth Vader.» Leia respirò affondo, chiedendosi su che cosa volesse andare a parare sua figlia. «Ben Solo viene accusato di essere un assassino perché lui è Kylo Ren.» Si voltò a guardarlo, avvicinandosi a lui, fermandosi poi a metà strada. «Quanta verità c’è dietro i pregiudizi?» Sentì un mormorio a quella sua risposta, si voltò verso chi aveva parlato, un soldato donna in terza fila. «Ripetilo di nuovo.» Le ordinò.
 «Nessuna!» Rispose ad alta voce.
 «Nei fatti vi è la verità, non nelle parole. Io so solo che dietro tutta questa guerra c’è solo un essere. E questo si chiama Snoke. Ha sempre manipolato ogni cosa per arrivare fin qui, per realizzare i suoi scopi.»
 «Padme!» Si sentì chiamare da Leia e si voltò verso sua madre. «Non penso sia il momento adatto.»
 «Lo è, invece. Il mio popolo deve sapere.» Pronunciò quella frase con un’enfasi che riempì gli animi dei ribelli di un pensiero comune.
Gli occhi di Hux osservavano e ascoltavano Padme attentamente, inizialmente se lo era imposto o altrimenti il suo sguardo sarebbe finito sulla madre, che se ne stava proprio lì, nella prima fila. Se il giorno prima gli era stato difficile reprimere l’ammirazione che provava per la Senatrice, in quel momento gli fu impossibile negarlo: ella si batteva per ciò in cui credeva, aveva coraggio e determinazione, eppure Hux riteneva che quella sua bontà, che ella teneva nascosta dietro quello sguardo serio e impenetrabile, fosse una debolezza che, se non avesse rafforzato, l’avrebbe portata alla sua stessa rovina.
 «Non sappiamo chi sia realmente, il suo pensiero e il suo obiettivo si concentra sullo stesso di quello dell’Impero e come voleva l’Imperatore Palpatine, egli vuole distruggere gli Jedi. Per farlo ha atteso nell’ombra per anni il momento giusto e quando avvertì nella Forza i poteri di Ben Solo, decise di agire e di iniziare il suo sporco piano. Si impossessò della sua mente, lo riempì di bugie, corrompendo il suo cuore in vacillo nella lama di un coltello fra il Lato Chiaro e il Lato Oscuro. Creò Kylo Ren, creò il Primo Ordine, manipolando ogni cosa all’oscuro di tutti. E fino a una settimana fa, anch’io ero succube del suo potere. Il suo piano prevedeva che io uccidessi Kylo Ren, passando al Lato Oscuro, diventando abbastanza forte da poter uccidere insieme a lui Luke e Rey.»
Nella platea si levarono così tanti mormorii che per quasi un minuto la sala si riempì di frastuono.
 «Adesso, cosa valgono i pregiudizi contro queste confessioni?» Padme parlò a voce alta e la platea si zittì pian piano. «So quanto è difficile credere per alcuni di voi, ma che ragione avrei di mentirvi, di illudervi? Io mi metto anche nei vostri panni e lo comprendo, comprendo il dolore delle vostre perdite come se fosse il mio. Ma noi combattiamo per giustizia, non per vendetta.» Padme aveva camminato nel corridoio che si era aperto fra la platea mentre lei passava fra le file di ribelli, si fermò quando ebbe finito di parlare.
 «Cosa proponete di fare?» Chiese un uomo di età vicino a lei.
Guardò negli occhi di quel ribelle e gli rivolse un tiepido sorriso, in quello sguardo c’era…
 «Speranza.» Fece una pausa, decisa a proclamare pubblicamente quelle aspirazioni ad una nuova politica che fino a quel momento si era tenuta per sé. «Io propongo una Repubblica senza la pena di morte, propongo di abolire la schiavitù, perfino nei sistemi ai confini della galassia. Libertà e pace.»
Nella vecchia Repubblica tutto ciò che lei aveva citato non era mai esistito. Molti Cancellieri del passato avevano pensato e provato ad elargire quelle leggi, lo aveva studiato, ma nessuno ci era mai riuscito.
Alcuni sguardi e molti mormorii la fecero intervenire prima che potessero presentarsi complicazioni. «E’ sempre stato quello che abbiamo sognato, ma è sempre stata un’utopia. Adesso io dico basta. Bisogna rompere le catene della monotonia, abbiamo bisogno di qualcosa di rivoluzionario per cambiare e migliorarci, o la guerra si ripresenterà sempre. Se vogliamo queste leggi, allora rendiamo questa volontà un diritto!» Terminò con voce alta e a pugni stretti, mentre quelle parole scatenavano qualcosa dentro i ribelli, qualcosa che avevano atteso per molto tempo. «Chi è con me?!»
Si levò un «IO!» collettivo in risposta, un boato piacevole alle sue orecchie.
Poi qualcuno in fondo alla sala urlò: «Cancelliera Solo!»
Gli occhi di Padme scattarono verso quella voce. Non ebbe nemmeno il tempo di imbarazzarsi che un altro paio di voci ripeterono all’unisono: «Cancelliera!».
E quel paio di voci divennero una decina, cinquanta, cento, mille…
Nella confusione e nella sorpresa di quell’insolita situazione, Padme sorrise spontaneamente. Due paia di mani la sollevarono dalle gambe e due ribelli la presero in braccio, facendola sedere su una spalla di ognuno. La folla continuava a ripetere il nome del nuovo incarico che le stavano attribuendo e tutti si ammassavano verso i due uomini che la sorreggevano, verso di lei.
Quella scena commosse Leia che, si portò la mano alla bocca, mentre lacrime le rigavano il volto. Quando sarebbe stato fiero Han di lei, in questo momento…
Se lo immaginava lì a stringere il fianco della moglie con affetto e dire “complimenti, l’hai fatta tu quella ragazzina, lo sai?” Eppure, se chiudeva gli occhi, riusciva a sentire una presenza vicino a lei.
 «E’ anche tua figlia, Han.» Gli rispose, consapevole e piena di speranza che lui fosse davvero lì accanto a lei e che avesse detto davvero quelle parole.
Anche i ribelli che trattenevano Rey si unirono alla folla, ad acclamare la loro nuova Cancelliera.
Rey corse veloce verso Ben e lui poté sentirla arrivare, sentirla più vicina nella Forza. Distolse lo sguardo dalla sorella e si voltò, accogliendo appena in tempo il corpo di Rey che si gettò su di lui in un abbraccio. La sollevò da terra, stringendola forte, togliendole il respiro. I loro cuori si scaldarono e le loro bocche si plasmarono in un bacio, il resto della galassia non contava in quel momento, c’erano solo loro.
Laur Hux si distaccò dalla folla, camminando verso il proprio figlio a passo spedito.
Lui la guardò sbigottito, senza credere ai suoi occhi. La donna dai lunghi capelli d’argento, che un tempo erano stati rosso fuoco, si fermò davanti all’alta figura del giovane uomo.
 «Madre» pronunciò con voce spezzata, aspettandosi di essere tempestato di parole piene di odio e di delusione, gli fu impossibile leggere quello sguardo, così lo interpretò nel peggiore dei modi per non illudersi.
Ma la donna lo sbigottì di più quando si avvicinò per abbracciarlo e stringerlo a sé come quando ella era solita fare quando era un bambino e la implorava di fargli compagnia, perché il buio della sua stanzetta era troppo pauroso.
Ci volle un po’ prima che il ghiaccio dentro di lui si sciogliesse per ricambiare quell’abbraccio, chinandosi alla sua altezza, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
Aveva ancora lo stesso profumo di quando l’aveva abbracciata l’ultima volta.

 «Ti voglio bene, tuo padre sarebbe stato fiero di te.»
 «Non ti deluderò, madre.»


E invece lo aveva fatto, lo aveva delusa.
 «Mi dispiace.» Quelle parole non gli uscivano dalla bocca da anni. Fu bello pronunciarle. «Mi dispiace così tanto.» Cadde in ginocchio e pressò il viso sull’addome della madre, bagnando la sua divisa con lacrime copiose, piene di un pentimento che fino a poche ore fa aveva represso, che non aveva preso in considerazione.
Padme fu portata davanti al soppalco, la misero giù. La testa le girava e il cuore le batteva forte per la felicità. Si voltò verso Ben e Rey che se ne stavano proprio a pochi metri da lei e l’ex-padawan si avvicinò.
 «Complimenti, Cancelliera.»
Le due si strinsero in un abbraccio.
 «Grazie.» Le sussurrò all’orecchio e Rey aggrottò la fronte.
 «Di cosa?»
 «Per aver riportato mio fratello indietro.» Rispose, mentre Ben si avvicinava in piccoli passi, quasi impacciati. Padme si staccò dall’amica, continuando a stringerla circondandole la schiena col braccio, mentre Ben si fermava davanti loro. Li aveva visti prima, ma evitò di tirare in ballo quel discorso. 
 «Anche se ti sei ritirata dal tuo addestramento padawan, dovresti continuare ad allenarti nella Forza.» I tre si voltarono verso la voce di Luke.
 «Sì, Maestro Skywalker.» Rispose Rey.
 «Ben ti insegnerà le ultime cose.»
Sentì la sua pelle fremere quando suo zio pronunciò il suo nome.
 «Lo farò.» Disse, guardando negli occhi di Luke, per la prima volta dopo tanto tempo, con tranquillità e pace.
Ben capì, quella era una piccola svolta per ricominciare.
Per Padme fu impossibile non osservare quella scena che si presentava a pochi metri da lei: Hux e sua madre stretti in un abbraccio pieno d’affetto.
E in quella scena comprese cosa aveva fatto quel giorno.
Quel giorno aveva portato la galassia a compiere un grande passo verso un cambiamento che avrebbe migliorato tutto.

Ben fatto.

Sentì alle sue orecchie la voce di Anakin Skywalker.
Sorrise, finalmente si lasciò scappare una lacrima e realizzò che non c’era sensazione più bella del sentirsi fieri di se stessi.



 
°


Gli era stato detto che quella sarebbe rimasta la sua camera. Fece un bagno e scelse dei vestiti che non avevano niente a che fare con la divisa nera da Kylo Ren che aveva accantonato dentro un cassetto, deciso che l’avrebbe bruciata quella sera stessa.
Indossò un paio di stivali marroni, pantaloni blu e una camicia bianca.
Afferrò i vecchi abiti neri per gettarli dentro una sacca quando qualcuno bussò alla porta.
Sapeva chi era.
Lo aveva sentito nella Forza.
 «Avanti.» Disse comunque ad alta voce e, inizialmente titubante, Leia abbassò la maniglia ed entrò nella stanza.
Senza staccare gli occhi da suo figlio, chiuse la porta. Dopo qualche secondo di silenzio lei trovò le parole giuste per iniziare una conversazione, mentre Ben si accorgeva che Leia portava un capo piegato sull’avambraccio.
 «Quei vestiti ti stanno bene.» Hai gli stessi gusti di tuo padre, avrebbe voluto aggiungere, ma evitò di azzardare anche se quella frase vorticava sulla punta della lingua. Ben si diede un’occhiata veloce e annuì, incapace di aggiungere altro, di guardarla negli occhi, di affrontare quella conversazione. «Ti ho portato questa giacca.» Leia la indicò e gli fece segno di avvicinarsi. E Ben si avvicinò. «Provala.» La alzò in alto e lo aiutò ad indossarla.
Adesso le fu quasi impossibile trattenere quel commento.
Gli somigliava così tanto.
 «Questa è la giacca di Han.» Ammise, riconoscendola. Scosse il capo e se la tolse immediatamente, quasi come se quella fosse avvelenata. «Non posso indossarla, non dopo quello che è successo.» Non dopo quello che ho fatto.
Leia sorrise e Ben aggrottò le sopracciglia. Cosa c’era da sorridere?
 «Te l’ho portata per vedere come avresti reagito.»
Ben non represse un piccolo sorriso, accompagnato da uno sbuffo e uno scuotere del capo.
 «Non sei cambiata per niente.» Mormorò.
 «Voglio che la tenga tu e che la indosserai quando ti sentirai sicuro.»
 «Dovrò riuscire a perdonarmi prima di indossarla.»
 «E allora fallo.» Il tono di voce di Leia era pacato e dolce, rassicurante, come solo una madre sa fare. Si avvicinò a lui e fu costretta ad alzare la testa per riuscire a guardarlo dritto negli occhi.
 « Tutte le persone che sono morte a causa mia, gli occhi scioccati e tristi di mio padre quando la mia vecchia spada laser lo ha trapassato da parte a parte, non dimenticherò nulla di tutto ciò e non riuscirò mai a perdonarmelo. Saranno gli incubi che mi perseguiteranno la notte, i sensi di colpa che mi faranno cadere a terra ogni volta che ci penserò troppo. Kylo Ren è parte di me, è parte del mio passato e non potrò mai dirgli completamente addio.» Parlò così veloce e immerso nelle sue emozioni che non si rese nemmeno conto di aver alzato la voce e di avere gli occhi lucidi. «Oggi meritavo di morire, ma Padme ha…»
 «Padme ha avuto fiducia in te, in Ben Solo, non in Kylo Ren.» Lo interruppe con voce tremante, asciugandosi le lacrime con le dita.
 «Mi sento un peso, mi sento sbagliato qui, continuo a pensare a quei laser che avrebbero dovuto uccidermi e basta.»
 «Se non vuoi vivere per te stesso, fallo per Rey.» La guardò incredulo, sorpreso. «Vi ho visti oggi, ho visto quanto vi amiate e quanto lei ami te. Vivi per il vostro amore, da questo sentimento imparerai a perdonarti. Ci vorrà del tempo, ma succederà.»
 «Io ti ho fatto così tanto male. Come hai fatto a perdonarmi? Come?» La sua voce tremò.
 «Io non ho perdonato nessuno, perché mio figlio non ha ucciso tutte quelle persone, mio figlio non ha ucciso mio marito. Lo vuoi capire, Ben?»
 

 
 °



Si diede dello stupido per la sua insicurezza e scuotendo il capo si decise a bussare così energicamente che Padme sobbalzò da dietro la porta.
Lo invitò ad entrare e Hux imprecò contro la sua abilità nel fare figuracce.
 «Oh, sei tu.» Disse lei, alzandosi dal letto. Gli occhi dell’uomo caddero sul materasso coperto di grossi libri aperti, di fogli e pergamene srotolate.
 «Vi ho disturbata?» Chiese con una cortesia estranea a Padme: ella era abituata al suo tono di voce sprezzante e acido, gli occhi intrisi di veleno; eppure, in quel momento aveva davanti un uomo nuovo, o meglio dire un uomo che aveva ritrovato se stesso.
 «A dire il vero sì, ma stavo finendo, quindi non c’è di che preoccuparsi.» Gli rivolse un tiepido sorriso.
Quella era la prima volta che vedeva un suo sorriso.
Si riprese dopo qualche attimo di silenzio e si schiarì la voce.
 «Mi dispiace di avervi interrotta, ma era doveroso venire a ringraziarvi di persona per ciò che avete fatto questa mattina per me.» Si avvicinò a lei pian piano e man mano che avanzava, più lei si sentiva a disagio senza spiegarsi il motivo.
 «Ti screditerai domani iniziando a riferirci le basi segrete dell’Ordine e i loro depositi d’armi.» Perché era per quello che lei lo aveva scontato da tutte le pene e accuse, convincendo tutti i Senatori.
 «Certo, ovvio.» Rispose.
Cadde un imbarazzante silenzio in cui lei cercava di evitare i suoi occhi verdi e lui la osservava continuamente. Una strana tensione stava crescendo, negli occhi di lui, nel tic nervoso delle mani di lei, qualcosa che mise in soggezione entrambi. Quando la situazione diventò troppo pesante da reggere, Padme lo congedò:
 «Adesso è meglio che tu vada, sai, devo finire di studiare.»
 «Certo, scusatemi.»
 «Non ti preoccupare.» Sentì di poter respirare di nuovo quando Hux andò versò la porta e la aprì, ma prima di uscire si voltò verso la ragazza.
 «Si dice che oggi sia il vostro sedicesimo compleanno.»
Le guance di lei si tinsero di un intenso rosso.

Davvero era il suo compleanno non se lo era nemmeno ricordato?
 
 «Oh, sì. E’ vero.»
 «Buon compleanno, allora.» E chiuse la porta, sparendo via, con quegli occhi e quel sorriso beffardo ancora impressi nella testa di Padme.


 
°


Rey lo strinse ancor di più, mentre le lingue di fuoco danzavano verso il cielo scuro.
Osservavano la divisa di Kylo Ren che si tramutava in cenere, le loro narici erano piene dell’odore di bruciato e Ben si voltò a guardarla senza che lei se ne accorse.
Pensieri negativi, il ricordo delle voci che aveva sentito nella sua testa in quegli ultimi giorni si fecero vivi e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
 «C’è qualcosa che non va.» Fu un’affermazione. Lui conosceva benissimo la sua Rey, sapeva che quello sguardo assente stava a significare turbamento e tristezza.



Spense la spada laser e l’agganciò all’anello d’acciaio sulla cintura di cuoio che teneva nei fianchi.
Gli parve di esserselo immaginato, eppure quando si voltò la vide lì.
 «Rey?» La bambina aveva copiose lacrime sulle guance e un curioso liquido verdastro sui capelli. «Cos’è successo?» Aveva uno sguardo buio, triste, assente. Quello sguardo gli fece paura. «Rey?» La chiamò un’altra volta, abbassandosi alla sua altezza piegandosi sulle ginocchia. La scosse con cautela da una spalla e lei finalmente lo guardò negli occhi.
Solo in quel momento Ben si rese conto che quella robaccia che lei aveva fra i capelli castani era zuppa di verdure bollite.
 «Non sarò mai una Jedi.»
 «E tu credi alle parole di quegli idioti?» La prese per mano e la portò verso il laghetto, tirò fuori dalla una tasca un fazzoletto di seta, lo immerse nell’acqua e iniziò a  lavare via lo sporco dai suoi capelli.
 «Vorrei solo essere forte come te.»
 «Ma tu sei già forte.»




La strinse in un abbraccio e lei affondò la testa nel suo petto.
 «Te lo ricordi?» Chiese lei in un sussurro, riferendosi a quella scena del passato che avevano appena condiviso insieme tramite il legame nella Forza.
 «Certo.»
 «Sai, penso di avere avuto da sempre una cotta per te.»
Una risata gorgogliò nella gola di Ben e Rey amò quel suono.
 «Nei primi tempi ti trovavo così fastidiosa.»
Rey lo guardò in una falsa espressione offesa.
 «Davvero?»
 «Facevi troppe domande.»
 «Ti ricordi come ci siamo conosciuti?»
 «Ti avevano costretta ad avvicinarti a me.»
 «Tutti avevano paura di te, ma io no. Mi piacevano tanto le tue treccine.» Scoppiò a ridere.
 «Quelle trecce maledette.»
 «Domani te le faccio, d’accordo?» Gli disse prendendolo in giro, portando le mani fra i suoi lunghi capelli corvini.
 «Sarò costretto a legarti i polsi, allora.»
Risero e scherzarono, poi, quando cadde un lungo silenzio, si distesero sulla sabbia osservando il fuoco farsi sempre più piccolo.
 «A cosa pensavi prima?»
 «A niente.» Mentì lei.
 «Ti aspetti che io ci creda?»
 «Sul serio, Ben, sto bene. Stamattina ho avuto paura di perderti e devo ancora digerire tutte quelle emozioni terribili.»
Sapeva che quella non era la verità, almeno, non era completa, però tacque, stringendola a sé con dolcezza e possessione, facendola sentire al sicuro in quell’abbraccio.
Prima o poi avrebbe parlato, ma non voleva forzarla.
 «Ben…» Lo chiamò quando lui fu convinto che lei si fosse addormentata. «Baciami.»
Aveva bisogno di lui, del suo amore, di essere amata.
Perché quella voce che la chiamava nell’oscurità le faceva troppa, troppa paura.





 
ANTICIPAZIONE:

«Raeh, so che puoi sentirmi. [..] Tu mi appartieni, Raeh.»






 
NDA.

Salve a tutti!
Eccomi qui con il penultimo capitolo della prima parte di questa storia...
Che cosa ne pensate dell'evoluzione di questa storia? Voglio sapere tutto, ragazzi! Su su, una recensione, anche piccola, ma voglio sapere cosa ne pensi, caro lettore!

Ringrazio tutti coloro che seguono e che hanno messo nelle preferite questa storia: vi adoro.

Un bacio,

alla prossima :D

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Capitolo 14
*** .14 ***


Redemption



 
14




Avanzò di un passo, il colpo dei due laser che si scontravano di librò nell’aria, fra le foglie degli alberi.
 «Non essere mai avventata.» Ben la attaccò senza mostrare alcuna ombra di imprudenza, con una mossa studiata che cercò di disarmarla, ma Rey resistette: mentre i laser stridevano e il blu e il verde entravano in collisione, i loro visi erano vicinissimi, separati solo dalle loro armi roventi.
 «Non ti ricorda niente questa mossa?» Chiese.
 «Quella volta faceva freddo.»
 «Ed eri meno esperta.»
 «Disse quello che perse due minuti dopo.» Con un agile movimento circolare, Rey disarmò Ben e la spada spenta finì qualche metro lontano, in mezzo a due rocce.
I due si guardarono, entrambi con la bocca schiusa per il fiatone.
 «A parte lo scherzo, sei troppo avventata, devi stare attenta.»
 «Intanto ti ho battuto.»
 «Non puoi usare la rabbia per vincere un duello.»
Rey lo guardò inorridita, anche se non vi era alcun motivo per reagire in quel modo.
 «Non ero arrabbiata.»
 «Sentivo la tua rabbia pugnalarmi.»
Spense la spada e l’agganciò alla cintura, distolse lo sguardo da quello scuro di lui.
 «Come ti pare.»
Ben sospirò e in meno di due secondi si ritrovò a stare al passo di lei che camminava veloce nello scopo di seminarlo.
 «Rey, se dico questo è per il tuo bene.» Ma quella continuò a camminare, più veloce. «Rey.» La chiamò quasi in un monito, adesso era lui ad essere infastidito. L’afferrò dal polso, una stretta che la fece gemere e voltare verso di lui.
 «Ho bisogno di stare da sola.» Disse subito, prima che lui potesse parlare.
 «Sei strana,» gli scappò: da giorni si era trattenuto, ma in quel momento gli parve impossibile non dirglielo. «sei silenziosa, sorridi di meno, fissi sempre il vuoto e vuoi sempre stare da sola.» Una lacrima scivolò dagli occhi lucidi di Rey. «Parlami!» Le disse disperato. «Parlami e dimmi cos’hai!»
 «Voci» sussurrò in una risposta che nessuno dei due si sarebbe aspettato che sarebbe arrivata così rapidamente. «mi parlano nella testa e io non riesco a mandarle via.»
Ben abbandonò la presa sul suo polso quando la vide rilassarsi e voltarsi completamente verso di lui. «Cosa ti dicono queste voci?»
Tutto il suo corpo rabbrividì a quella domanda, perché non sarebbe mai riuscita a dare una risposta che potesse esprimere minimamente le reali circostanze.

«Raeh, so che puoi sentirmi.»
«Tu mi appartieni.»
«Uccidili tutti e torna da me.»

 «Non posso.» Sussurrò, con i battiti cardiaci che diventavano più veloci.
Ben non avrebbe voluto farlo, ma fu il loro legame di forza a collegarli in quel preciso istante, e lui non esitò ad entrare dentro la testa di lei.
Sentì tutto e lo percepì allo stesso modo di Rey: con paura e confusione.
Ma Ben conosceva quella voce, molto bene purtroppo.
Gli mancò un battito quando identificò appieno quel tono pacato, ma tenebroso.
 «Darth Gier.»
Quel nome le suonò familiare, poi, facendo una breve memoria locale, ricordò che quello era il nome dell’uomo che aveva amato Kalisa, sua madre.
Darth Gier.
Mio padre, pensò e sentì di poter svenire a quella consapevolezza.
L’uomo da cui Ben aveva cercato di proteggerla da sempre, aveva colto il momento più improbabile per attaccare.
Come poteva essere stato così stupido da lasciarsi distrarre e non accorgersene di niente? I segnali del controllo mentale erano fin troppo chiari e lui, trasportato dall’amore che sentiva per Rey, non era stato in grado di comprenderli.
Si sentiva così stupido e impotente.
Era troppo tardi per rimediare?
 «Ben…»
 «Rey, devi seguirmi, immediatamente.»
 «D-dove mi porti?»
Iniziarono a camminare con falcate così veloci che quella non poteva essere definita camminata.
 «Da Luke.»
 «Cosa vuole da me? Perché mi tormenta?»
Ben si fermò e si voltò verso di lei, con una calma e una dolcezza che stonavano con quella situazione, le accarezzò le guance con entrambe le mani.
 «Ti prego, adesso non devi fare domande. Posso solo dirti che andrà tutto bene, non ti avrà, non glielo permetterò.»


Quella era la cinquantaduesima notte che si svegliava nel mezzo della notte, ansimante, in preda al panico, Ben le aveva contate, eccome se lo aveva fatto.
 «Rey?» Si alzò dal letto e andò verso quello di lei. La bambina era immobile e guardava il soffitto, mentre copiose lacrime le rigavano il tenero volto, per poi finire nelle orecchie in una strana sensazione di solletico. «Rey,
parlami, cosa succede?» Sussurrò dopo aver ordinato bruscamente al resto dei padawan di ritornare a dormire.
 «E’ sempre lo stesso sogno, Ben.» Rispose con voce tremante. «Lui mi sta cercando.»



 «E’ come quando era una bambina.» Ben camminava su e giù per la stanza, proprio come faceva sempre Leia quando era nervosa o ansiosa.
 «L’ha trovata.» Luke era seduto su uno sgabello molto basso, con gli occhi chiusi, le braccia incrociate al petto e quell’aria enigmatica e concentrata stampata sul volto che solo un Jedi in piena meditazione poteva avere.
Il cuore di Ben venne scosso da un tumulto tenebroso che gli fece raggelare il sangue nelle vene.
 «Deve andare via di qui.»
 «Partirete domani all’alba, per Dantooine.»
 «Sarà fatto, maestro.» Si congedò per andare a raccontare tutto a Rey, ma Luke chiamò il nipote, bloccandolo a metà strada.
 «Non deve sapere nessuno della vostra partenza.»
Ben si voltò verso l’uomo. Avrebbe voluto obiettare, aveva mentito per troppo tempo e non gli andava di nascondere qualcosa alla madre, dalla quale stava riconquistando pian piano fiducia. Ma quelli erano gli ordini di un saggio, di uno zio che non avrebbe mai più avuto coraggio di guardare negli occhi.
 «Va bene.» Si limitò a dire, serrando la mascella, andando via.

 



O




Non vedeva nulla e la temperatura era così alta da soffocarla, pur essendo abituata al caldo afoso di Jakku.
Si voltò nella speranza di intravedere anche uno spiraglio di luce. Le sue orecchie iniziavano a fischiare, quel silenzio la opprimeva più dell’aria rarefatta. Ma prima che potesse urlare qualcosa o sussurrare un semplice “c’è nessuno?”, qualcun altro parlò.
 «Raeh.»
Conosceva benissimo quella voce.
La voce che l’aveva tormentata per tutti quei giorni.
 «NO!» Le uscì spontaneo dalla bocca, senza sapere bene il significato di quella preghiera. Si portò le mani alle orecchie e cadde in ginocchio, su quello che si rivelò un pavimento umido e roccioso.
 «Tu mi appartieni, figlia.»
Rey urlò, un urlo acuto e lungo, che le lacerò il petto e la gola. Ma la voce di lui era ancora lì, riusciva a sentirla benissimo, come se quella fosse nella sua testa.
Nella sua testa…
Quello era un sogno.
Non era reale.
 «Non è reale.»
 «Solo perché è nella tua testa non vuol dire che non sia reale, Raeh.»
 «Vai via! Cosa vuoi da me? Perché non mi lasci in pace?! VAI VIA!» La ragazza delirava con le mani chiuse in dei pugni fra i capelli, qualche volta provava a darsi dei colpi alla testa, nella speranza di risvegliarsi al più presto.
 «Voglio salvare mia figlia dalla menzogna di cui vive.»
Rey alzò il suo sguardo e a differenza di prima, una luce illuminava fievolmente quella stanza, o quella sala, non aveva idea di dove si trovasse.
L’uomo che aveva davanti aveva una carnagione pallida da sembrare quasi malata, lunghi capelli grigi, un volto ricoperto da cicatrici, alcune lievi, alcune profonde, la sua figura era alta e rivestita da vesti nere e blu. I suoi occhi rosso fuoco la fecero rabbrividire.
Quel mostro era suo padre?
 «Tu menti, smettila. Stai via dalla mia testa!»
 «Tu appartieni al Lato Oscuro, il tuo posto non è con quella gente.»
Scuoteva la testa così velocemente che iniziava a farle male. «Mio nonno era Obi-Wan Kenobi… io appartengo alla Luce.»
 «Ami quell’uomo. C’è passione in te. La passione non fa parte della Luce.» Le mancò il fiato, il suo cuore si crepò, pronto a cadere in mille pezzi. «Senti la mia voce che ti guida fin da quando eri piccola, anche quando non avevi più i tuoi ricordi, quando Skywalker ti abbandonò su Jakku, chi ti insegnò come sopravvivere? Io. Ho sempre vegliato su di te, non ti ho mai persa. Il tuo destino è accanto a me.»

Sussultò non appena aprì gli occhi.
 Vieni da me e non succederà nulla di male ai tuoi amici, io mantengo sempre la mia parola.
 «Rey!» Ben era seduto sul materasso, di fianco a lei.
Rey aveva la fronte imperlata di sudore e il suo petto si alzava e abbassava velocemente, ma quello che catturò immediatamente l’attenzione di lui furono le iridi rosse di lei.
 Sta a te la scelta.
 «Spostati.» Gli ordinò prima ancora di pensare di farlo.
 «Rey, questa non sei tu. Ti prego, ascol-»
Ma quella con un semplice movimento della mano, lo scaraventò contro il muro.
Era arrabbiata, spaventata e confusa, ma mai si era sentita così potente.
Si alzò in piedi mentre Ben gemeva per il dolore. Respirò un’aria nuova, opprimente ma risanante allo stesso tempo, chiuse gli occhi, la rabbia che aveva dentro pulsava insieme al sangue e fu impossibile anche sentirsi in colpa per ciò che aveva fatto a Ben.
Una parte piccola e oppressa di lei non si riconosceva nemmeno, quel mostro che aveva preso il sopravvento in così poco tempo era quello che lei era veramente.
La rabbia si amplificò a questa consapevolezza.
 Prendi la prima navicella, saprai dove sono non appena sarai fuori dal pianeta.
 «Rey! Non farlo!» Ben poteva sentire la voce di Gier nella sua testa. «So che adesso per te è tutto confuso, che non sai cosa ti stia succedendo così in fretta, ma ti prego, devi ascoltarmi!» Urlava nella speranza che arrivassero dei rinforzi di ribelli. Gli occhi di fuoco di Rey lo guardarono e lui si sentì il petto in fiamme.
 «Tu lo hai sempre saputo.» Scandì ogni parola con un distacco da far paura. «Tu hai sempre saputo che questa cosa dentro di me si sarebbe risvegliata… che questo Lato Oscuro avrebbe preso il sopravvento.» Ben si sentì morire per il senso di colpa. «E non me lo hai mai detto.»
 «Luke ed io avevamo deciso di dirtelo al momento giusto.» Cercò di giustificarsi invano.
 «E quando sarebbe stato questo momento giusto?!» Si avvicinò pericolosamente a lui e con la Forza lo sollevò in lontananza da terra, dalla gola.
Delle voci provenienti da dietro la porta le risposero: «Cosa sta succedendo qui?»
Rey rise, una risata tenebrosa e gorgogliante, ma non divertita.
Spostò la mano da verso Ben a verso la porta; mentre quest’ultima cadeva a terra insieme ad alcuni brandelli di muro e ai ribelli, Ben scivolò un’altra volta a terra, mentre cercava di riprendere aria boccheggiando.
Prima di andare via, guardò un’ultima volta l’uomo che aveva pensato di amare fino a poche ore fa.
Ora quel sentimento era svanito completamente.




 
O




 «Cosa diamine sta succedendo?!» Leia, Padme e i Senatori arrivarono nella sala di controllo, tutti erano agitati, intenti a lavorare ai computer con le dita frenetiche sulle tastiere. La sirena di allarme risuonava per tutta la Base.
 «C’è stata un’esplosione al secondo piano, negli alloggi di Rey Kenobi»
 «Tutto questo trambust-»
 «Qualcuno sta hakerando tutti i nostri file e non siamo in grado di fare nulla.»
Tutte le coordinate di porti d’armi, di basi nascoste e di quantità di riserve per sopravvivere stavano andando nelle mani di qualcuno che non era stato nemmeno identificato.
Coloro che arrivarono in quella sala da poco si lanciarono occhiate confuse e preoccupate.
Solo Padme si prese la briga di allontanarsi per cercare Luke. Corse per i corridoi con in mano la sua spada laser, ma si fermò davanti alla rampa di scale che portava nella stanza di Rey, dove c’era stata l’esplosione.
 «Dove state andando? E’ pericoloso lì!» La voce di Hux la fece sussultare.
Padme lo guardò con rimprovero e prima che potesse rispondere, un’altra esplosione più forte fece tremare i muri e la padawan cascò giù dalle scale. Fortunatamente Hux riuscì a prenderla fra le braccia quando stava per sbattere la testa contro un gradino.
 «Mettimi giù, devo andare al piano di sopra.» Urlava per farsi sentire nel frastuono delle grida e della sirena di allarme.
 «Non se ne parla, Cancelliera. Non potete rischiare sempre la vita!»
 «Mettimi giù comunque!» Gridò istericamente.
Hux fece come gli fu stato ordinato. Quando le suole dei stivali toccarono terra, Padme si voltò verso il fulvo.
 «Spero di non pentirmene.» Gli disse deglutendo.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. «Cos-»
Ma non riuscì a completare la frase che Padme gli poggiò sulla fronte due dita e in pochi secondi Hux cadde in un sonno profondo.
Non esitò nemmeno un istante, corse per le scale e in mezzo al corridoio del secondo piano vide una scena che la lasciò attonita: Ben e Rey che combattevano in uno spietato duello. Ma la cosa più scioccante era l’energia negativa che trasmetteva il corpo di Rey, un’oscurità così forte e opprimente che fece quasi male a Padme.
Allora la ragazza capì tutto.
Darth Gier.
Luke gliene aveva parlato quando le aveva raccontato le origini di Rey e i pericoli che questa correva fin dalla nascita a causa di quel Sith.
 «Rey!» Urlò Padme, dando un attimo di respiro a Ben che era ferito e debole.
La ragazza si voltò verso la Cancelliera e quando quest’ultima vide il colore delle iridi di quella, le venne l’istinto di arretrare, ma si portò solamente una mano alla bocca,  scioccata.
 «Cosa diamine ti è successo?!» Gridò, mentre Rey si avvicinava verso Padme.
 «Padme, vai via!» Ben si appoggiò al muro e dovette richiamare a sé tutte le forze che aveva ancora a disposizione per urlare quel monito.
Ma la sorella non lo degnò nemmeno di uno sguardo, era concentrata su Rey, su quell’amica in cui aveva confidato per molto tempo, con cui si erano allenate insieme ad Ach To e avevano conosciuto insieme le vie della Forza.
 «Rey, non so con precisione cosa ti stia succedendo, ma sappi che io ti posso capire.» Non avrebbe mai acceso la sua spada laser senza prima aver provato a farla ragionare con le parole, anche se a ogni piccolo passo che quella faceva, diventava sempre più difficile parlare.
 «Sinceramente non me ne importa nulla della tua empatia nei miei confronti.» Rey parlò una voce grave e un tono sprezzante, pungente.
Padme si accigliò sul posto.
 «A volte puoi avere tutti motivi per pensare di non potercela fare, ma non sta a noi decidere cosa è impossibile o cosa è possibile.» Quando finì quella frase, Rey stava a un metro davanti a lei. «Abbandonare l’Oscurità non è impossibile. Nulla lo è.»
Per un attimo quegli occhi rosso fuoco la guardarono con serietà e parve che qualcosa dentro di lei stesse rimuginando, cambiando.
Ma poi quelle labbra si allargarono in un sorriso pieno di arroganza.
 «Sai, sei sempre stata brava con le parole. Mi hai quasi commosso.»
Padme ingoiò un fiotto di saliva mentre una lacrima le scivolava via. Si spogliò dal mantello bianco e afferrò la spada laser, accendendola.
 «Ci ho provato.»
 «Fare o non fare. Non c’è provare. Ricordi?» Rise, provocandola. «Sempre pronta a sacrificarti per gli altri, buona e gentile, vuoi nascondere tutta questa tua bontà senza sapere che questa sarà la tua stessa rovina.»
Comprese i suoi fini: voleva farla arrabbiare affinché iniziasse lei per prima a combattere.
 «Constatiamo subito se sono più brava con le parole o con la spada.» L’accontentò, ma non nel modo in cui voleva lei.
L’attaccò dall’alto e il laser viola e blu si scontrarono in un tonfo rovente e rumoroso per varie volte.
Mentre le due combattevano sulle scale, scendendo poco a poco i gradini, Ben riacquistava le forze. Si alzò in piedi e corse verso le due, attaccò Rey mantenendosi silenzioso, ma quella avvertì la sua presenza e si ritrovò a combattere contro due spade laser, invece che una.


Luke avvisò un’ultima volta la gemella, restia alla proposta. Ma adesso che conosceva il nemico che la stava attaccando e che i computer non davano segno di funzionare, si ritrovò a dover accettare il consiglio del fratello, ignorando il suo orgoglio.
Imprecò malamente e avanzò verso il microfono che la metteva in comunicazione con tutta la Base. Premette il pulsante rosso e parlò: «Avviso tutta la Resistenza: codice giallo. Ripeto: codice giallo.» Staccò il microfono e vide tutti i ribelli di quella sala abbandonare il loro posto di lavoro per recarsi al deposito di navicelle.
 «Hai fatto la miglior cosa.» Disse Luke. «Adesso devi andare nel Falcon, Chewbacca ti aspetta lì.»
 «Non me ne vado di qui senza i miei figli.»
 «E’ troppo pericoloso, stanno combattendo. Andrò io da loro.»
 «Non mi importa, Luke! Senza di loro non vado da nessuna parte!»
 Mentre la Base si svuotava e nel cuore di Luke si librava un bruttissimo presentimento, Leia correva, seguita dal fratello che aveva la spada laser accesa.
Li trovarono a combattere a pochi metri dalle scale. Rey era piena di ferite superficiali, come Padme, mentre Ben sanguinava dal braccio e dalla spalla.
Luke chiamò la sua ex-padawan per il suo vero nome e quella, mentre sentiva la sua schiena percossa da vari brividi, si voltò verso di lui, abbassando la guardia su Ben. Padme non si lasciò scappare quel momento, la ferì alla gamba, facendole un taglio così profondo che quella urlò dal dolore e cadde a terra, in ginocchio.
 «Non dovevi ferirla!» Le urlò Ben. Padme lo guardò in uno sguardo esausto e pieno di rabbia. Lo afferrò dallo scollo della sua maglia e avvicinò il suo volto al suo.
 «Svegliati! Ha appena abbracciato il Lato Oscuro, la Rey che ami è sparita!» Lasciò la presa su di lui spingendolo via.
Padme continuava a puntare la spada contro Rey, anche se quella sembrava che si fosse arresa, perché aveva gettato via la sua spada e, in ginocchio, rivolgeva lo sguardo alle ginocchia.
Leia andò verso Ben, gli controllò le ferite e si accertò che non fossero troppo gravi.
 «Dobbiamo andare, vieni. Anche tu Padme, dobbiamo andare subito.»
 «Non me ne vado senza Rey.»
 «Luke si occuperà di lei, adesso dobbiamo andare, ti prego, Ben.»
Mentre Leia cercava di convincere il figlio, Luke posava una mano sulla spalla di Padme, invitandola a spegnere la spada laser. E così fece, allontanandosi da Rey.
 «Non avrei mai dovuto abbandonare le vie della Forza.» Disse la ragazza inginocchiata a terra, iniziando a piangere. «Tutto questo non sarebbe successo.»
Intanto Leia e Padme avevano portato Ben via da quell’angolo, a pochi metri distanti da Luke e Rey.
 «Ciò che è successo non è colpa tua.» Cercò di tranquillizzarla l’uomo anziano.
 «Mi perdonerai?» Rey alzò gli occhi quasi normali verso Luke in uno sguardo pietoso, pentito.
 «Non c’è niente da perdonare.»
 «Madre, dobbiamo andare.» Sussurrò Padme, scossa da un brutto presentimento, come anche Ben.
Rey singhiozzò forte, più volte, e quei singhiozzi si trasformarono in una risata isterica, tenebrosa.
 «Perdonami questo, allora.» Sibilò.
Accadde tutto in un attimo.
Rey attirò a sé la spada laser che aveva abbandonato a terra, l’accese e la lanciò dritta nel cuore del Generale Leia Organa.
Un rantolo.
Un grido.
Un corpo che cadeva a terra.
Una vita che spirava via fra le braccia di un figlio redento e di una figlia in lacrime.
E quelle labbra sottili parlarono un’ultima volta: «Vi amo tanto.»













 
FINE PRIMA PARTE




 
NDA.

Prima che iniziate ad odiarmi, vi devo chiedere scusa in mille lingue diverse per tre motivi:
- Leia.
Ci abbandona nel percorso di questa storia, è stato necessario farlo affinché la trama funzioni come avevo programmato. Scusate, mi odio anch'io per questo e spero che non accada mai una cosa del genere nell'universo canonico.
- Il ritardo.
E' da più di un mese che non aggiornavo questa storia (ultimo aggiornamento 10/05/16) a causa dei miei impegni scolastici. Chiedo scusa anche per questo.
- Mi prendo una pausa.
Ebbene sì, farò uno stacco tra la prima e la seconda parte di questa storia per poter avere la possibilità di avere più tempo per scrivere una storia originale su cui sto lavorando. Ritornerò il 22 Agosto del 2016 con la seconda parte di Redemption, che pubblicherò sempre qui e non in una storia a parte.

Grazie a tutti coloro che seguono questa storia, che la leggono e che la recensiscono, non avrei mai pensato di raggiungere questi risultati. Vi adoro! <3

Buone vacanze e rilassatevi!

Alla prossima :)


 

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Capitolo 15
*** .15 ***


Redemption

SECONDA PARTE



15

 

Alzò lo sguardo, che fino a pochi secondi fa si era perso nel vuoto, verso il cielo nuvoloso. Con una smorfia abbozzata appena sulle labbra, vide che i raggi solari non tentavano più di oltrepassare la spessa parete grigiastra.
Una seconda gocciolina toccò inaspettatamente la punta del naso della giovane Cancelliera, che si decise ad entrare, prima che potesse bagnarsi davvero.
A Batuu il clima era temperato, mite, pioveva solo una volta al mese e quando iniziava, continuava senza interruzione per un paio di giorni.
Indugiò un altro po’ prima di premere il bottoncino nascosto nel muschio di quella possente roccia, voleva davvero assistere al loro arrivo, ma non poteva rischiare di ammalarsi. Chi l’avrebbe sostituita, in caso di malattia?
La Resistenza sarebbe dovuta essere già di ritorno. La flotta aveva decollato al crepuscolo e Padme era lì da due ore, da quando l’unico sole di Batuu era rinato in un cielo poco accogliente.
Quando il polpastrello dell’indice sfiorò il bottoncino, riuscì a sentire qualcosa, seppure proveniente da molto lontano. Si voltò a guardare il cielo, mentre la pioggia la investiva in fitte gocce d’acqua. Un ronzio, poi una vibrazione in cielo e la flotta della Resistenza sorvolò Padme per raggiungere deposito sotterraneo.
La Cancelliera si affrettò ad entrare nella base segreta e corse velocemente per raggiungere i suoi compagni, lasciandosi scivolare lo scialle fradicio, rimanendo così a spalle nude nel lungo vestito di seta che indossava solitamente per starsene nei suoi alloggi. Sbracciando qua e là un po’ di gente, riuscì ad arrivare a destinazione.
Stavano iniziando a trasportare i primi feriti in infermeria, principalmente i casi più urgenti. La sua attenzione fu catturata da un lettino in particolare.
 «Poe?» Si lasciò sfuggire un sussurro in un moto di incredulità e preoccupazione. Raggiunse velocemente gli infermieri e il pilota ferito.
 «Cosa gli è successo?» Domandò, con l’attenzione concentrata sul viso insanguinato dell’amico. Aveva la guancia destra coperta di polvere nera, i capelli corvini, che erano sempre impeccabili, intrisi di una mistura di fango e sangue. La divisa era sporca e sgualcita, completamente strappata in alcuni punti.
Fu l’infermiere alla sua destra a darle una risposta. «Il suo x-wing  è stato bombardato mentre cercava di salire a bordo. Si è salvato per mirac-»
 «Poe!»
Tutti si voltarono verso quell’urlo.
Finn correva a perdifiato, più veloce di un fulmine, verso di loro. Quando arrivò si chinò verso il lettino, prendendo la testa di Poe con entrambe le mani, delicatamente, dalle guance. Anche l’ex trooper presentava delle escoriazioni, seppure non molto gravi.
 «Soldato, non può toccargli la testa, dobbiamo verificare se-»
 «Si salverà?» Domandò con impertinenza, interrompendo nuovamente l’uomo. La sua preoccupazione si stava trasformando in rabbia e frustrazione. Vederlo ridotto così, lo distruggeva dentro. Una terribile sensazione indescrivibile gli serrava il cuore in una morsa stretta e dolorosa. La sua mente non riusciva più a ragionare: la sua priorità era Poe.
 «Dobbiamo portarlo urgentemente al pronto soccorso, ci state solo facendo perdere tempo.» L’infermiere iniziò ad infastidirsi, ma quando si rese conto che quel ci state si riferiva in modo molto inappropriato anche alla Cancelliera, nel suo volto si tinse un’espressione di totale pentimento. Si aspettò una ramanzina, una punizione, ma Padme in tutta risposta afferrò Finn e lo spinse via dal lettino.
 «Andate, fate presto.»
E quei due corsero via. Finn fece per raggiungerli, ma Padme si ritrovò a bloccarlo nuovamente, piazzandoglisi davanti.
 «Non puoi andare, adesso tocca a loro prendersi cura di lui.» Gli poggiò una mano sul petto.
 «Devo andare, ha bisogno di me.»
 «No, Finn. Ha bisogno di analisi e controlli accurati. La tua presenza lì non farebbe altro che causare scompiglio.»
Finalmente l’uomo si decise a guardarla negli occhi, tirandosi indietro dal suo tocco.
 «Non mi importa! Se muore e io non sarò lì con lui quando succederà – iniziò a dire con le lacrime agli occhi – non me lo perdonerò mai.» Come finì di parlare, sparì dalla sua vista, correndo verso l’infermeria insieme agli altri feriti.
Padme scosse la testa e si ritrovò a sentire freddo, in mezzo a tutto quel caos.  Fra i lettini controllava se ci fosse lui, ma fortunatamente non lo trovò.
Allora perché non era ancora sceso dalla navicella?
Superò a grandi falcate gli x-wing e man a mano che avanzava, la confusione scemava. Attese davanti alle scale del Millennium Falcon.
Prima scese Chewie, con una donna ferita fra le braccia. Grugnì a Padme in segno di saluto, ma non aspetto di essere ricambiato, doveva portare la donna al pronto soccorso.
Troppi, troppi feriti. Padme lasciò finalmente che la sua coscienza accettasse quel fatto e, con le mani congiunte davanti al ventre e le dita a torturare le unghie dell’altra mano, lo aspettò.
Quando finalmente scese dal Falcon, Padme si lasciò scappare un lungo sospiro di sollievo. Fece per andargli incontro, ma rimase bloccata a metà strada quando vide in lontananza un taglio profondo sul suo braccio.
 «Ben?»
Solo in quel momento si era reso conto che lì c’era lei. Nello stesso momento in cui i due si guardarono negli occhi, Padme riuscì finalmente a cogliere l’acuta tristezza che si celava dietro quegli occhi così simili ai suoi.
Capì subito cosa fosse successo, perché lo aveva sentito nella Forza nel bel mezzo della notte. Aveva sperato di essersi sbagliata, di aver interpretato male le proprie sensazioni, ma era raro che l’istinto di uno Jedi si errasse.
Le bastarono pochi passi per cingergli la vita e stringerlo in un abbraccio. Padme era alta, abbastanza tonica, di certo non era una figura minuta, ma sembrava esserlo ogni volta che Ben la stringeva fra le sue braccia.
Dopo la morte di Leia, i due si erano fatti forza, con pazienza e cautela avevano costruito il rapporto che non avevano mai avuto; ma quando Luke si spense due anni dopo, per loro divenne inevitabile la presenza di un vero confidente accanto, di qualcuno che avesse potuto comprendere davvero come ci si sentisse ad aver perso tutti coloro che stavano di più a cuore.
Ed eccoli lì, in un abbraccio, l’uno il sostegno dell’altra.
Un equilibrio, ma soprattutto una famiglia.
 «L’hai vista, vero?» Non le servì pronunciare quel nome, capì che lui aveva inteso, perché rispose con un cenno d’assenso, impercettibile, ma comunque confermava un angoscioso sì. «Mi racconterai tutto dopo che ti sarai fatto cucire quel taglio.» Si allontanò dal suo petto, per prendergli fra le mani il braccio ferito.
 «Ho bisogno di parlarne ora, in un posto tranquillo.» Un enorme peso gli aggravava sul petto, asfissiante, che non se n’era andato da quando l’aveva lasciata in fin di vita, sul pavimento della sala del trono. Nella sua mente, ancora era impresso il volto diafano della donna, rigato di sangue, con gli occhi rossi aperti appena che lo guardavano andar via.
Quelle iridi scarlatte che stavano a significare una sola cosa, seppur terribile: completa devozione al lato Oscuro.
 «Non voglio che ti succeda qualcosa al braccio, Ben, per favore. Fatti visitare.»
 «Ci sono persone in condizioni peggiori delle mie. Io posso aspettare.»
Indugiò un po’, poi abbassò lo sguardo e fece per voltarsi, convinta dalle sue parole.
 «Andiamo nel giardino, a quest’ora non ci sarà nessuno.»
Quando avanzò di un passo, Ben fece per circondarle il polso destro con una stretta decisa, ma delicata.
 «Tu stai bene? Sei fradicia.»
Sbatté le ciglia in un’espressione inizialmente confusa. Poi, quando il suo sguardo si posò oltre la figura di Ben, su qualcuno che la stava guardando già da un po’, il suo volto si tinse di un rosa pallido e gli occhi le divennero leggermente lucidi per l’emozione di vederlo in buone condizioni. Solo che adesso, le venne più difficile mentire a quella domanda.
 «Certo, sto bene.»
Prima di andare, Ben si tolse la giacca e la mise sulle spalle della sorella, nella speranza che potesse farle sentire meno freddo.
I due si incamminarono, ma Padme sentiva ancora lo sguardo di Armitage bruciarle sulla schiena.















Nda.
E' breve come capitolo, ma doveva essere di passaggio, un po' introduttivo. 
Alla prossima! ;)

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Capitolo 16
*** .16 ***


Redemption

                                             
                                        
16



La ferita alla gamba pulsava incessantemente, faticava a camminare bene e nella sua testa i pensieri negativi inviavano impulsi elettrici in tutto il corpo.
Era stato abbastanza lucido da schivare gli altri colpi di bluster, dopo averne ricevuto uno da poco; ma non sapeva se sarebbe riuscito a schivare altri attacchi.
Ignorò quelle osservazioni e si addentrò in un altro lungo corridoio della base del Primo Ordine. Con il laser blu nella mano e una pistola bluster nell’altra, cercava di camminare più silenziosamente possibile e non esitava a sparare a ogni soldato che incontrava. Colpi superficiali, giusto quelli per riuscire a stordirli un paio d’ore.
L’istinto gli diceva che era vicino alla sezione di controllo.
La missione era quella di recuperare file molto importanti, informazioni ristrette sul Primo Ordine, come basi segrete, numero di armi, programmazione di attacchi. La Resistenza scarseggiava di soldati negli ultimi tempi. Con la morte di Leia Organa, la situazione non aveva fatto altro che degenerare, ma così lentamente e gradualmente che le vere conseguenze furono visibili solo fino a quel periodo.
Il Primo Ordine si era fatto più accanito negli attacchi, giocando molto sull’effetto sorpresa.  Più il lato Chiaro si indeboliva, più il lato Oscuro diventava forte.
Non c’era più l’equilibrio che si era raggiunto anni fa e molti erano scettici a un possibile ritorno di tale stabilità. Molti dubitavano anche sulla sconfitta del Primo Ordine. Avevano perso la speranza, tutti quei
molti. Quello era il principale motivo di quel poco interesse per la Resistenza.
Padme aveva inviato così tante richieste d’aiuto in tutta la galassia.
Dopo settimane e settimane di attesa, si erano presentati solo trentuno volontari.
Ben si trovava lì per quello: recuperando quelle informazioni, avrebbero avuto per la prima volta dopo tanto tempo un vantaggio, un barlume di speranza in mezzo a tutto quel buio.

Quando gli sembrò di essere arrivato, realizzò che aveva sbagliato area e che la stanza che interessava a lui si trovava dall’altra parte della base.
Questo sbaglio avrebbe richiesto più tempo, più morti…
Ben imprecò e decise che si sarebbe messo a correre, al diavolo l’intenzione di farsi notare il meno possibile.
Doveva sbrigarsi, correre, correre, correre.
Ebbe la fortuna di non avere alcun inconveniente, se non alla fine.
Riuscì a sbloccare la porta in pochi secondi, concentrandosi per bene sulla serratura digitale. By-passò così il codice e la porta si aprì in un tonfo elettrico.

Per un attimo pensò di aver perso la testa. Di avere un’allucinazione, sperò di essere impazzito, ma sfortunatamente non fu così.
Aveva avvertito quel tremore nella forza, come un formicolio, non appena il Falcon era entrato dentro l’atmosfera del pianeta artificiale, e lo aveva represso ancor prima di mettere piede in battaglia. Ma solo in quel preciso istante si rese conto di quanto fosse stato stupido ad ignorare i segnali, le sensazioni.
«Rey.» Pronunciò il suo nome in un sussurro flebile, appena udibile.
L’aria gli si bloccò nei polmoni e per un po’ non respirò, in apnea nelle sensazioni profonde che stava provando. Dopo la morte della madre, il dolore che aveva attraversato lo aveva reso forte ad ogni tipo di emozione, lucido in ogni situazione drastica. Ma in quel momento, si ritrovò sconfitto da quei stessi sentimenti che aveva represso anni fa; questi erano riemersi alla vista di lei e lo avevano buttato giù senza il minimo sforzo.
Tutto, ogni funzione motoria, si bloccò, come anche il mondo attorno a lui; era solamente capace di osservare la donna che se ne stava seduta su uno dei tavoli. Si rigirava fra le mani la spada laser spenta, la lanciava e la faceva volteggiare per aria, con una snervante noncuranza. Le gambe accavallate e il braccio destro appoggiato alla superfice del tavolo facevano in modo di mostrare per bene il suo abbigliamento agli occhi sgranati di Ben: stivali, pantaloni e tunica, cinture e fasce… tutto nero. I capelli sciolti e lunghi fino al seno le incorniciavano quel viso che una volta era stato pieno di raggiante salute e che adesso era scarno, con gli occhi cerchiati da occhiaia scure.
La confusione di Ben fu così intensa che non si rese nemmeno conto che lei lo stava guardando con un mezzo sorriso stampato sulle labbra, quasi ad ammiccare con malizia. Quando si guardarono negli occhi dopo così tanto tempo, Ben ripercorse con la mente l’avvenimento di anni fa, che vide la madre una vittima nelle mani di una ragazza che le era stata sempre fedele, di una ragazza che lui aveva sempre amato.
 «Capitano Solo,
quale onore
Sentire la sua voce, gli fece un male tremendo al cuore.
Vederla lo aveva scosso, scioccato, sì.
Ma gli occhi, la voce, quelle erano le cose che lui aveva amato in lei, fin da quando era una piccola bimba spaventata di tutto.
Era così diversa, e se ne rese conto solo quando lei pronunciò quelle poche parole con quel tono ammiccante e provocatorio che non le si addiceva per nulla.
 «Pensavi davvero che il Primo Ordine ti avrebbe lasciato prendere informazioni così importanti?» Accennò una lieve risata e si alzò dal tavolino. «Che fai lì impalato? Non vuoi entrare?»
Ben non riuscì ad articolare una frase di senso compiuto, semplicemente avanzò di qualche passo, involontariamente, come se controllato da…
Rey.
Improvvisamente capì quanto fosse diventata potente nella Forza.
Ben decise che si sarebbe lasciato abbindolare per un po’, avrebbe utilizzato dopo l’effetto sorpresa, adesso doveva solo accumulare energia.
 «Ti ricordavo diverso, sai?» Rey prese a girare lentamente attorno a Ben. E  quella vicinanza fu un grave errore per lei.
Sentire la presenza di lui vibrare da così vicino nella pelle, la scosse dentro. Se si era auto convinta che ce l’avrebbe fatta, che avrebbe compiaciuto il volere del padre e di Snoke, solo in quell’attimo capì quanto si era sbagliata. Ben avvertì quei pensieri e quelle sensazioni come se fossero sue, come se quel blocco che aveva messo al legame di forza anni fa si fosse sciolto al riemergere di quei sentimenti.
 «Avresti avuto modo di vedermi in questi anni se io fossi stato così stupido da non bloccare il nostro legame.»
 «Hai fatto bene a bloccarlo, io non ci sarei mai riuscita.» Gli occhi castani di Rey guardarono per terra, evitando quelli neri di Ben. «Perdersi ha fatto bene ad entrambi.» Si allontanò da lui velocemente e lo lasciò libero di muoversi, ma lui rimase sempre immobile. Si accorse che lei non stava esercitando alcun potere su di lui solo quando provò a muovere un dito.
 «Comunque sia», disse lei, accendendo i laser rossi della spada, «non ti lascerò prendere ciò che vuoi.» Si voltò verso di lui, stando in posizione d’attacco. «Su, Capitano, avanza tu per primo.» Cercò di provocarlo, ma lui rimase impassabile, con gli occhi che esprimevano tutto e al contempo niente. Indecifrabili. Questa cosa la fece innervosire ancor di più: perché non riusciva a comprenderlo, se ci era sempre riuscita? Anche lo stesso legame non la aiutò a comprendere cosa lui stesse provando. Così, un forte desiderio di fargli provare le sue stesse emozioni la invase.
Rey roteò la spada laser da una mano all’altra in un agile movimento. «Cosa c’è? Non sei capace di attaccare Rey
, l’assassina di tua madre
Ben digrignò i denti, ma cercò di calmarsi respirando profondamente. Avrebbe giocato alla stessa maniera di lei. «Rey è morta, non c’è più alcuna speranza di salvarla.»
La ragazza compì lo stesso agile movimento di prima, per poi puntargli uno dei due laser. «Oh, un Jedi che ammette che non c’è alcuna speranza, cosa odono le mie orecchie?» Doveva suonare come sarcasmo, ma l’aggressività dentro quelle parole, rendevano tutto ciò che diceva un’incitazione malsana, una cantilena oscura.
«Non sono un Jedi.» E in tutta risposta, accese il laser verde.




 «Mi dispiace che ti sia successo questo, Ben.» In quel silenzio tombale, Padme si sentì in dovere di dire qualcosa. Suo fratello se ne stava seduto su un tronco spezzato e pressava la ferita che aveva al braccio con un panno bianco, zuppo e sporco di sangue, gran parte ristagnato.
Si avvicinò a lui di qualche passo e decise poi di sedersi. Si accorse dell’altra ferita che aveva alla gamba solo quando gli diede una leggera carezza di incoraggiamento sul ginocchio.
 «Sei riuscito a batterti con lei?»
Ben chiuse gli occhi e rivide ancora una volta l’immagine di Rey che giaceva terra, sconfitta. Rivide i suoi occhi rossi appena visibili sotto le palpebre socchiuse. E ricordò il brivido che gli colpì il cuore, mozzandogli il fiato, a quell’orribile vista.
Aveva sopportato la doppia spada laser rossa, la provocazione, l’arroganza, ma non quel chiaro ed evidente segno di completa e totale fedeltà al lato Oscuro.
Dalle sue palpebre chiuse fuoriuscì una lacrima e Padme si ritrovò completamente impreparata. Un groppo alla gola le si formò e lei, che aveva sempre qualcosa pronto da dire, si rese conto di essere senza parole.
 «Sì», rispose Ben dopo vari minuti di silenzio. «E’ stato difficile, è molto forte, mi ha quasi tagliato un braccio. Ma, ce l’ho fatta.»
 «E i file? Hai recuperato i file?»
Ben la guardò con uno sguardo carico di un qualcosa, di un emozione, impossibile da interpretare. Padme si sentì come precipitare, si portò le mani alla testa, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
 «Tutti quei morti…» Si passò le dita fra i capelli prima di guardare di nuovo suo fratello, che teneva un piccolo oggetto metallico fra le mani.
Padme si alzò in piedi e la stessa cosa fece Ben, mentre le porgeva le informazioni che era riuscito a rubare.
 «Oh, Ben, per un attimo ho temuto il peggio.» Ammise in un sospiro di sollievo, con il cuore leggero da ogni timore e pieno, allo stesso tempo, di felicita, di speranza.
 «Ti conviene analizzarle con gli altri ufficiali,» le rispose Ben, cambiando discorso.  «dobbiamo sbrigarci ad organizzare un altro attacco.»
 «Lo so, la Resistenza necessita di un vantaggio, anche se minimo.» Annuì in risposta. «Quello che hai fatto ha acceso quel barlume di speranza che era stato spento dal Primo Ordine.»
 «Adesso tocca a te.»
 «Allora vado immediatamente.» Si voltò e quando aveva già percorso all’incirca due metri, lo guardò un’ultima volta. «Devi riposarti. Ciò che ti è successo ti avrà scosso mol-»
 «Ho tutto sotto controllo,» la interruppe, alzando una mano a mezz’aria in un cenno di assenso. «non preoccuparti per me.»
Sei tutto ciò che è rimasto della mia famiglia, è ovvio che mi preoccupi per te, avrebbe voluto dirgli, ma si limitò ad un sorriso appena accennato.

Nello stesso momento in cui Padme uscì dal giardino interno della base, Ben sentì una leggera vibrazione sulla pelle. Una carezza dalla Forza, dolce e leggera come il respiro di un neonato.
 «Vorrei stare da solo, per favore.» Gli disse, ma ormai era troppo tardi. Quando si voltò, vide lo spirito di Luke che se ne stava in piedi davanti a una pianta di rose bianche. Ben sospirò, scosse la testa e ritornò a sedersi.
Le lacrime minacciavano di fuoriuscire, ma non aveva alcuna intenzione di lasciare che le sue emozioni represse prendessero il sopravvento.
 «Devi essere forte per l’avvenire,» la voce di Luke gli arrivò alle orecchie come un eco lontano. «controlla le tue passioni per lei, Ben.» Quelle parole lo colpirono appieno nel petto.
 «Non penso di esserne capace.» Gli rispose, andando in contrasto con la sua volontà di restare un po’ da solo, in silenzio. «Ho sbloccato il legame, riesco a percepirlo perché…chiudendo gli occhi, vedo ciò che vede lei, sento ciò che sente lei.» La mano che pressava la ferita al braccio divenne più stretta e veemente, Ben ignorò il dolore di quello sfogo masochista.
Dall’altra parte della galassia, lei interruppe i suoi allenamenti con la spada laser per un dolore acuto ed improvviso al braccio.
E Ben riuscì a percepire anche quello.
 «Cosa ti dice il tuo istinto?» Gli domandò Luke con delicatezza, cercando con l’evanescente sguardo gli occhi del nipote.
 «Lei mi ama ancora.» Dirlo ad alta voce faceva uno strano effetto.
Ben riuscì a sentire la presenza di Luke accanto a sé, seduto vicino a lui.
 «C’è ancora speranza di salvarla.»
 «Lo so.» Rispose subito lui, con le mani ancora fra i capelli. «Ciò che mi turba è che non sono sicuro se riuscirò mai a perdonarla.»














nda (IMPORTANTE).

nel prossimo capotolo, Padme, gli ufficiali e i consiglieri, organizzeranno le prossime mosse della Resistenza, ma per poter attaccare e sperare in una vincita, la Cancelliera dovrà reclutare più soldati; e non solo, dovrà affrontare una situazione che avrebbe voluto evitare. Rey si confronterà con il padre riguardo all'errore che la giovane donna ha commesso. Ben dovrà affrontare i suoi demoni interiori e riceverà un aiuto inaspettato.

Vi avviso che non so davvero se continuerò a pubblicare, scusate tanto, ma è così che mi sento.

Alla prossima,


kyra.

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Capitolo 17
*** .17 ***


Redemption




17


 

«Ne siete davvero sicura, Cancelliera Solo?»
Padme si voltò verso il consigliere, il secondo seduto alla sua destra, e gli lanciò un’occhiata carica di una rabbia celata dietro una falsa accondiscendenza. In tutta risposta, chiuse il verbale davanti a sé e in quel tonfo inaspettato, alcuni sobbalzarono, seppure in modo quasi impercettibile.
 «Non abbiamo altra scelta.»
 «Può andare qualcun altro, al vostro posto.»
 «Vi ricordo che sono io la rappresentante di questa Repubblica.» Si alzò in piedi, mentre diceva: «E della Resistenza.»
 «Proprio per questo è meglio essere molto prudenti.» Intervenne un Colonello,        che si dimostrò in accordo con ciò che diceva il consigliere.
 «Proprio per questa prudenza non metto piede in una battaglia da due anni.» Ammettere ad alta voce ciò, la fece vergognare ancor di più di quanto non lo fosse già.
L’avevano obbligata a starsene chiusa nelle basi segrete, perché era  importante e preziosa, perché se con la scomparsa di Leia la Resistenza era quasi morta, la nuova (e piccola) Repubblica non poteva permettersi di perdere anche Padme Solo.
 «Andrò con una scorta buona.» Aggiunse dopo un bel po’di silenzio. «Devo parlare io con il Presidente, faccia a faccia.»
Daan era sempre stato un pianeta neutrale, anche se, così raccontavano le voci, durante la Guerra dei Cloni il pianeta stava dalla parte dei Sith, fornendogli cristalli kyber rossi. La sua posizione non era ancora stata ben definita e questo la Resistenza lo poté comprendere dalle informazioni rubate al Primo Ordine.
Il nemico faceva ormai la corte al pianeta da un bel po’: gli eserciti che quella piccola e autonoma repubblica disponeva erano ben armati ed abili.
Convincere il Presidente ad allearsi con la Resistenza avrebbe messo i ribelli e il Primo Ordine nello stesso piano: e questa era un’occasione che Padme non si sarebbe lasciata scappare.
I consiglieri si erano persi in alcune chiacchere politiche e militari, quando uno di loro annunciò ciò che Padme stava aspettando da quando quel messaggio era stato inviato.
 «Hanno risposto, Cancelliera.»
Sentì quell’annuncio dal balconcino. Posò il bicchiere sul tavolino più vicino e si avvicinò a lunghe falcate al tavolo olografico.
 «Aprilo.» Gli ordinò, e quello non esitò a digitare un pulsante, proiettando l’ologramma al centro della stanza.
L’immagine blu e azzurra, appena disturbata da alcune interferenze, era quella di Twi’lek. Con uno strano accento e un sorriso amichevole, disse:

«Cancelliera Solo, il mio Signore Presidente è lieto di accettare la vostra richiesta di visita e non vede l’ora di accogliervi nel suo palazzo presidenziale tra due giorni, quando il terzo sole di Daan sarà sorto. I miei omaggi e i miei ossequi.»
E come comparì, l’ologramma sparì.
Padme alzò gli occhi sulle persone presenti e con un mezzo sorriso disse: «Partirò domani all’alba.» Fu il suo modo per dileguarsi; ma prima di attraversare la porta automatica si voltò per dire: «Annunciate un’assemblea nella sala grande tra dieci minuti, per favore.»


Con le braccia incrociate al petto e gli occhi così ben concentrati su di lei, quasi gli veniva difficile ascoltare davvero le sue parole.
Doveva parlarle, ma come fare? Era palese come lei cercasse di evitarlo. Armitage non sapeva più cosa pensare, voleva solo chiarire, dirle ciò che sentiva, che cosa aveva provato quella notte passata con lei.
 «Grazie al Capitano Solo, la Resistenza è in possesso di informazioni molto importanti sul Primo Ordine: basi segrete, punti deboli dei loro pianeti artificiali, formule per bypassare i loro sistemi di controllo e così via.» Nella sala si sollevò una comune ovazione e degli applausi furono dedicati al Capitano, che se ne stava al fianco della sorella, con un espressione più seria e impenetrabile del solito.  «Ma – aggiunse, raffreddando un po’ gli animi entusiasti –  prima di poter agire, abbiamo bisogno di rinforzarci di soldati e armi. Domani partirò per Daan, pianeta neutrale ricco di risorse militari che-» Fu costretta a smettere di parlare, perché da quando aveva pronunciato il nome del pianeta, molti avevano iniziato a borbottare e a urlare alcune parole che esprimevano completo dissenso.
 «Amici miei, per favore!» Gridò Padme con risolutezza, riacquistando quell’attenzione di prima.
 «Lo sanno tutti che Daan sta dalla parte del Primo Ordine!» Urlò un soldato verso sinistra, in fondo alla sala grande. Alcuni annuirono, d’accordo con ciò che aveva detto.
 «Dalle informazioni che abbiamo ricavato dai dati rubati, abbiamo scoperto che se prima della morte dell’ex presidente c’era una leggera inclinazione verso il Primo Ordine, adesso con il suo erede e nuovo presidente, il pianeta si auto proclama neutrale fino al rinnovamento dello stato di guerra.»
Sui volti di coloro che aveva accanto, si disegnarono delle espressioni cariche di dubbio e sorpresa.
Armitage si guardò intorno e sorrise impercettibilmente, abbassando un po’ lo sguardo. Quando i suoi occhi verdi ritornarono su, verso di lei, l’espressione di sorpresa fece capolino nella sua di faccia, cogliendo lo sguardo di Padme che cercava quello suo, in mezzo agli altri.
 «E’ un rischio che dobbiamo correre.» Disse con voce quasi tremante, una debolezza dovuta da quel contatto visivo. Guardò allora altrove e continuò: «Abbiamo bisogno di un vantaggio al più presto possibile e non possiamo permetterci un altro attacco. Altrimenti, la Resistenza morirà e forse per un’altra ribellione dovremo aspettare dieci, venti o persino cinquanta anni. Non possiamo permettere questo male alla galassia.» Fece una breve pausa. «Se abbiamo la possibilità di poter salvare tutte queste vite da un destino così terribile, io sarò la prima a rischiare, a metterci la faccia. Un’alleanza con Daan, è ciò che ci serve.» Scese dallo scalino che la metteva ben in evidenza di fronte a tutti. «Chi è con me?»
Inizialmente cadde un profondo silenzio, in cui nessuno si mosse. Poi, dall’altra parte della sala, una voce molto familiare urlò: «Diamine, sì!» Padme si voltò a guardare Poe con un sorriso di sollievo. Successivamente seguì Finn, Ben, Armitage e tutti i presenti, alzando i pugni in aria.

Quando le domande finirono e la sala cominciò a svuotarsi, Ben si ritirò nelle sue stanze, con la scusa di doversi preparare per la partenza.
In realtà, aveva bisogno di stare da solo e meditare, semplicemente un po’ di pace per se stesso.
Padme pensò di essere rimasta da sola, seduta su uno scalino, quando sentì dei passi provenienti da dietro.
Si voltò a vedere di chi si trattasse e si alzò immediatamente in piedi.
 «Stai comoda.»
 «Sto più comoda in piedi, grazie.» Mentì.
Era da un giorno che non si riposava un momento e si sentiva così stanca che perfino uno scalino sarebbe andato bene per rilassarsi un attimo. Ma non doveva farsi vedere così di fronte a lui, debole e stanca.
 «Ho bisogno di parlarti.» La voce di Armitage era calma, eppure si poteva cogliere una leggera intonazione di inquietudine.
Padme sapeva che prima o poi glielo avrebbe chiesto. Aveva evitato ogni tipo di conversazione con lui, proprio per scappare da quel discorso che non voleva affrontare.
 «Non posso, devo ancora fare delle cose molto importanti.» Fece per voltargli le spalle e camminare oltre lui, ma sentì una mano trattenerla dal polso.
Lo guardò negli occhi e gli parlò solo con quelli, ordinandogli di lasciarla andare.
 «Mi stai evitando, non sono un idiota, me ne rendo conto.» La lasciò andare, perché sapeva che dicendo quelle frasi, lei si sarebbe trattenuta.
 «E’ una tua impressione.» Ribatté velocemente, senza alcun indugio.
 «Non hai il coraggio di affrontare ciò è successo fra di noi.»
 «Niente» Padme gli puntò un dito contro, parlando con tono severo, stizzito. «è successo fra di noi.»
 «Quindi quel bacio per te è niente?» Armitage avvicinò il proprio viso al suo, più di quanto lei non lo avesse fatto già. Sussurrò appena quelle parole, ma con nervosismo.
Fu colta completamente di sorpresa e il cuore cominciò a batterle forte. Non aveva idea di come reagire a quella domanda, né di come rispondere. Sapeva solo che quelle labbra, così vicine alle sue, la tentavano di cedere ancora una volta ai suoi sentimenti. Quell’affinità che si era creata in poco tempo, in quel momento, li trasportò verso un'altra dimensione. Li portò a quella notte, prima della partenza.

 «Te lo chiedo un’ultima volta: cosa diamine ci fai qui?!» Gli urlò sfinita, confusa dalle sue stesse emozioni, dal suo stesso tormentante sentimento.
 «Ti amo.»


 «Non è il momento giusto per parlarne.» Disse lei, dopo un lungo sospiro, dopo aver trovato la forza di allontanarsi dalla sua bocca.
 «E quando, allora?» Le domandò, con le mani appoggiate sui fianchi.
 «Avremo modo di affrontare l’argomento durante il viaggio.»
Armitage la guardò con gli occhi semichiusi, un po’ atterrito da quella risposta. «Viaggio? Io…»
 «Verrai con me e gli altri.» Fece una breve pausa, allontanandosi ancora di più da lui. «Ho bisogno di una scorta molto buona e tu sei un ottimo combattente.»
 «D’accordo.» La guardò voltarsi e camminare verso l’uscita. Solo quando andò via, riuscì a respirare normalmente.

 «Cos-cosa dici?»
 «Dovevo dirtelo, dato che domani sarà forse la mia ultima battaglia…»
 «Non dire così.»
 «…dato che domani potrei morire.»


E come erano entrati in quella dimensione spazio-tempo fatta solo di sguardi ed emozioni, ve ne erano usciti.
Improvvisamente.


 
°
 
Non osava alzare gli occhi in alto.
Inginocchiata e con lo sguardo fisso sul pavimento in acciaio spesso, ascoltava quel silenzio assordante, che era stato preceduto dalle sue urla di dolore. Rey sentiva ancora quella sensazione orribile sulla pelle: il sangue che ribolliva nelle vene, la testa che scoppiava, le tempie che pulsavano e la strana e angosciante sensazione di non poter respirare.
Snoke usava torturarla quando trasgrediva a delle regole fondamentali, ma quando falliva in una missione, egli non aveva alcuna pietà.
Durante quella sessione interminabile di penitenza, Rey aveva pensato svariate volte che non ce l’avrebbe fatta a reggere, che sarebbe morta per un attacco di cuore. Ma Snoke era inquietantemente bravo a portarla al limite della sopportazione ogni volta che ricominciava a insinuarsi nel suo cervello. La conduceva a un passo dalla morte, per poi smettere, per poi ricominciare. Andava avanti così da ore, davanti agli occhi delle guardie pretoriane e di Darth Gier.
Rey aveva vari tagli superficiali e due ferite al volto molto serie, la fronte era imperlata di un sudore visibilmente rossastro, a causa dell’impasto fra sangue e liquido ipotonico. Aveva un aspetto orribile e i suoi occhi imploravano pietà già da tempo.
A differenza delle altre volte, Rey si lasciava torturare senza reagire fin troppo. Sentiva di meritare davvero quei dolori: non perché avesse fallito nella missione, piuttosto perché da quanto aveva incontrato Ben sentiva di meritare solo male.
L’incontro con Ben le aveva smosso un uragano dentro, l’aveva stravolta e in un attimo aveva ricordato tante cose che aveva represso, che era stata costretta a reprimere. Ciò che aveva fatto a lui e a Padme, a Leia, a Luke, a Finn e Poe, all’intera Resistenza, era imperdonabile. Non poteva avere una chance di perdono, lo sentiva, lo sapeva.
Era da quel pomeriggio, da quando era stata sconfitta e lo aveva guardato andare via, che quell’odio verso tutto e tutti, si era trasformato in odio su se stessa.
E le era solo bastato guardare Ben negli occhi dopo tutto quel tempo. Quei bellissimi occhi nero pece, espressivi e profondi.
Una lacrima le bagnò la guancia e il lembo di pelle attraversato da piccoli tagli iniziò a bruciarle.
Ben, cosa ti ho fatto?
 «Allora, mia allieva.» L’orribile corpo di Snoke si trascinò verso la figura inerme e sdraiata di Rey. «Adesso che hai capito appieno i tuoi sbagli, sei libera di andare.»
Cosa sono diventata?
 «Sì, maestro.» Rispose con la voce spezzata, la gola dolorante per lo sforzo delle corde vocali. Si alzò pian piano in piedi, ma senza emettere alcun gemito di sofferenza.
 «Gier, aiuta tua figlia e conducila nelle sue stanze, la stolta non riesce nemmeno a reggersi in piedi.»
L’uomo dai freddi occhi azzurri si avvicinò alla ragazza, ma lei rifiutò quell’aiuto: si allontanò e cominciò a camminare più velocemente che poteva, zoppicante e ferita.
Non voleva parlare con nessuno, non voleva sentire parlare di guerra per almeno un’intera giornata.
Aveva bisogno di un bagno caldo, doveva pulirsi da tutte quelle sensazioni, da tutti quei sensi di colpa.

Inizialmente aveva sentito un acuto dolore alla testa, ricordò solo quando ebbe un attimo di tregua da quello strano male: Snoke.
Ben conosceva quelle torture, era così che lui addestrava. Secondo il Leader Supremo, solo attraverso il dolore si era in grado di provare una miscela di paura e rabbia così intensa da far sprofondare ancor di più nel lato Oscuro.
Ben si riprese velocemente, reprimendo quei ricordi.
Un pensiero più importante gli balenò alla testa.
Un pensiero che non nasceva dalla sua di testa.
 Ben, cosa ti ho fatto?
Rey.
Perse un battito prima che il cuore iniziò a pompare sangue in tutto il corpo con più velocità.
Si alzò in piedi e lasciò perdere il borsone che stava preparando per la partenza.
Cosa avrebbe dovuto fare? Risponderle o lasciare che lei smettesse di mettersi in contatto con lui?
 Cosa sono diventata?
Ben sgranò gli occhi a tali parole.
Era possibile che si trattasse di una trappola? Eppure aveva sentito quelle torture sulla propria pelle, Snoke non si sarebbe abbassato a tanto, infliggere quelle sofferenze al fine di ottenere qualcosa. Ma poi cosa? Non aveva alcun motivo per intrappolarlo in uno di quei giochetti ambigui.
Dopo un po’ di tempo, Ben non sentì più alcuna pressione mentale, ipotizzò allora che quella debole connessione si era finita. Ma quando iniziò a trafficare nuovamente con le tuniche e i pantaloni, un ronzio fastidioso gli arrivò alle orecchie, per poi trasformarsi in un rumore molto più intenso, vibrante.
Si voltò e la vide davanti a lui.
Il corpo nudo, coperto da goccioline d’acqua.
Una fascia scivolò dalle mani di Ben, inebetito da tale visione.
Nel volto di Rey, invece, non vi era alcuna espressione di stupore o di imbarazzo. Il suo sguardo era atono, non traspirava nulla. Immaginava solo il disgusto di Ben e in parte riuscì a sentirlo. Più che altro i pensieri di lui erano domati da un’amara sensazione di amarezza, pietà, afflizione.
Il corpo di Rey non era per niente come lo ricordava; era sempre stata magra, ma ora era eccessivamente scarna, i seni che erano stati abbondanti e sodi, erano diventati molto più piccoli, così come i fianchi, le gambe… Si intravedevano i muscoli, ma le costole erano molto più accentuate sotto quella pelle contornata da tagli, ematomi e cicatrici.
Era un corpo debole, non in salute, morente… proprio come l’anima intrappolata lì dentro.
Gli occhi di Ben si riempirono di lacrime, cercò di trattenerle lì con tutta la sua forza, ma cedette quando quel volto, che prima era stato inespressivo, si contorse in una smorfia di dolore e vergogna.
Rey cadde sulle sue stesse ginocchia e pianse.
Davanti a quella vista, la confusione e il conflitto dentro di Ben si fecero più fragorosi, rimbombanti.
Non poteva provare pietà per lei.
Lei non era ciò che vedeva. Non era quella donna fragile e debole che voleva sembrare, ma una spietata assassina.
Ben strinse i pugni e richiamando a sé la Forza, interruppe quel contatto prima che potesse crollare anche lui in ginocchio, con le mani schiuse sulle gambe, piangendo come non faceva da tanto, troppo tempo.


















nda.

la storia si farà sempre più interessante e la trama più ricca. pian piano arriviamo al clou della ff.




alla prossima;)

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Capitolo 18
*** .18 ***


Redemption



18



Guardò il padre nella tenue luce, che illuminava quella stanza con una sola lampadina  posizionata sulla scrivania in metallo. Il mantello dell’uomo strisciava sul tappetto, avanti e indietro, come gli scarponi che calpestavano il medesimo pezzo di antiquariato.
Quella stanza era arredata malissimo: era piena di dettagli che non c’entravano con lo stile moderno e scialbo. Quelle quattro mura che contornavano quei dieci quadrati di pavimento rappresentavano la personalità turbolenta e tormentata della residente. Ogni cosa, ormai, le sembrava ricordare quanto stesse male dentro. Ogni cosa sembrava sbatterle in faccia, come uno schiaffo su una guancia, quanto fosse malvagia, meschina.
Un mostro.
Darth Gier era venuto a visitarla nel pieno della notte, «E’ l’unico momento sicuro per parlare», le aveva detto quando lei gli aveva aperto la porta.
Rey sapeva quanto lui fosse ambizioso e quanto bramasse il potere, ma mai si sarebbe aspettata quello che lui le aveva appena detto.
 «Ora che i ribelli hanno il coltello dalla parte del manico, bisogna agire con cautela e con grande abilità.» Si avvicinò alla figlia, seduta sul letto, i piedi nudi a toccare le mattonelle metalliche.
 «Abbiamo già rafforzato le difese in ogni nostra base, non possono davvero sperare di batterci su qualcosa che noi conosciamo meglio di loro.» Finse che l’argomento le interessasse davvero, rendendosi partecipe attivamente a quella conversazione.
 «No, hai ragione. Ma la Cancelliera Solo non è stupida, questo lei lo sa.»
Il cuore di Rey si strinse in una morsa e le fu inevitabile abbassare gli occhi per non lasciare traspirare troppo quell’emozione.
Padme Solo, la compagna di allenamenti, l’amica fedele, ad avere sempre un consiglio pronto, la sorella che non aveva mai avuto.
E che aveva perso.
 «Come pensi lei voglia agire?» Riuscì a domandare, giusto per non farlo insospettire troppo.
 «Non ne ho idea, non ho ancora notizie dai droni-spia. E’ sicuro però che prima o poi, punteranno comunque all’unico loro obiettivo.» Fece una pausa perché, con lo sguardo illuminato da una luce inquietante, la stava invitando a completare la frase.
 «Snoke.» Disse Rey in un sussurro incerto. «Prima o poi punteranno su Snoke.»
 «Esattamente.»
 «Beh, questo in un certo senso si è sempre saputo.»
 «Ma loro non se lo aspetterebbero, se fossimo noi a giocare d’anticipo.»
Rey sgranò gli occhi, si alzò in piedi e lo guardò esterrefatta. «Hai intenzione di uccidere il Leader Supremo?» Urlò quasi e un secondo dopo si ritrovò stesa sul materasso, con una mano a massaggiarsi la guancia dolorante. Si voltò nuovamente verso di lui. «Era davvero necessario?» Ringhiò.
 «La prossima volta assicurati di avere un microfono che ti metta in comunicazione con tutta la galassia.» Le disse con un sarcasmo tagliente. Si guardarono negli occhi per un paio di secondi, in silenzio, poi Gier cedette a quello scontro aperto di sguardi e si avvicinò alla figlia ancora una volta, si sedette e con la stessa mano con cui le aveva dato un ceffone, le lasciò una carezza sulla fronte.
 «Il Leader Supremo è anziano, alcune sue decisioni sono assurde e ora che i ribelli hanno le nostre informazioni più segrete, non possiamo commettere alcun passo falso.» Fece una piccola pausa, per poi domandarle: «Lo capisci questo?»
Rey annuì in risposta, allontanando il proprio corpo dalla mano di lui. Gier comprese quella mossa e si lasciò scappare un sorrisetto ambiguo. Tempo fa Rey, vedeva quelle attenzioni come quell’amore paterno che non aveva mai avuto, si lasciava picchiare, per poi accarezzare. Ma ne aveva abbastanza di quel falso affetto.
Sapeva di essere solo uno strumento nelle mani di Gier, a lui interessavano solo i suoi poteri, nient’altro di più. Il padre non provava alcun amore nei confronti della figlia, come non lo aveva mai provato nemmeno verso la moglie, Kalisa.
L’uomo si alzò in piedi e camminò velocemente verso la porta. Prima di aprirla, si voltò verso di lei, che si era accucciata in posizione fetale, dandogli le spalle.
Gier sorrise ancora, un sorriso che celava le intenzioni più estreme e oscure pur di raggiungere ciò che ambiva da molto tempo.
Aprì la porta giusto quel poco per poter strisciare via come un serpente e la chiuse dietro di sé, in un tonfo così violento che scosse Rey in un brivido diverso da quelli che attraversavano di già il suo corpo, provocati dai singhiozzi disperati.



 
°

 

Il terzo sole era appena sorto fra le colline, la grande stella si stava per staccare dal suolo, per raggiungere le altre due gemelle nel limpido cielo azzurro.
Sorseggiava un bicchiere di vino nel vasto balcone delle sue stanze, seduto su una comoda poltrona. Si beava di quell’attimo di pace dopo vari giorni pieni di tensione. La Repubblica di Daan godeva di tanti privilegi, dovuti dal suo stato di perenne pace e neutralità, ma molti cittadini si erano stancati di non prendere mai parte alla guerra galattica.
Suo padre e suo nonno si erano rifiutati di partecipare a una singola battaglia, entrambi erano dell’opinione che un popolo si sarebbe mantenuto in perfetta stabilità se sarebbe stato il più lontano possibile dalla guerra.
E poi c’era lui, che governava da quasi un anno. Aveva già fatto diverse cose che lo avevano reso un presidente moderno, diverso dagli altri della sua dinastia, gli Aiken.
Aveva visto molte cose insolite in quei mesi, ma mai inaspettate quanto la richiesta di un incontro con la Resistenza. Sapeva già cosa volevano i ribelli da lui: un’alleanza.
Bevve l’ultimo sorso di vino e si leccò le labbra carnose, assaporando le ultime tracce dell’amara dolcezza della bevanda sulla punta della lingua. Non appena poggiò il calice di cristallo sul tavolino accanto a lui, il rumore di una navicella non familiare catturò la sua attenzione ancora una volta verso il cielo.
Vide una nave della resistenza volare oltre il palazzo, seguita successivamente da quella che era la navicella che più aspettava di vedere.
Il Millennium Falcon.
Si alzò in piedi e con la testa ne seguì, per quanto gli fu possibile, la velocissima traiettoria. Sorrise appena. Entrò in stanza e andò davanti allo specchio, si abbottonò la camicia e indossò la lunga giacca formale. Quando stava per aprire la porta, sentì bussare. Pigiò il bottone al lato dello stipite metallico e si ritrovò davanti un servitore.
 «Signore, i ribelli sono qui.»
 «Lo so.» Rispose, con quel sorrisetto ancora stampato sulle labbra.


Le avevano consigliato di indossare un abito regale, ma Padme odiava quelle cose da lei definite pompose. Infatti, indossava la sua solita uniforme, la spada laser al fianco, i capelli lunghi completamente sciolti.
Se devono definirmi un leader o meno, non saranno quattro treccine o una gonna lunga a fargli cambiare idea, aveva risposto dieci minuti fa a C3PO, quel droide stava sempre a preoccuparsi degli usi e costumi dei pianeti.
Aveva deciso di portare con sé sei soldati ribelli, tra cui Poe e Armitage, due consiglieri e Ben. Sapeva che avrebbe dovuto avere un colloquio ristretto con il Presidente, ma aveva preferito presentarsi con una buona scorta.
Furono accolti, non appena atterrati, dallo stesso servitore Twi’lek del messaggio olografico, li accompagnò al palazzo su un veicolo volante, mostrando anche alcune parti importanti della città.
Daan era un pianeta fertile e verdeggiante, tutti i visitatori si stupirono di come la civilizzazione de La Capitale non avesse danneggiato tutta quella flora e fauna. Umani e Twi’lek, principali razze presenti nel pianeta, erano in perfetta armonia con natura e tecnologia. L’architettura rimandava allo stile regale e classico della Vecchia Repubblica, modernità e antichità si mescolavano creando qualcosa di maestoso e particolare.
Quello sarebbe stato il futuro che avrebbe voluto dare a tutta la galassia, una bellissima civiltà, pacifica, governata da una Repubblica stabile, pronta ad ascoltare ogni cittadino, a risolvere con poche difficoltà ogni problema. Suonava tutto come una grossa illusione, ma Padme ci sperava ancora così tanto, e se si trovava lì era proprio per la forza di volontà che aveva, nonostante tutto.
Oltrepassarono le porte del palazzo e appena entrati, percorsero il lungo e largo corridoio pieno di navate, davanti a loro, un’elegante scalinata che portava a tre ascensori panoramici.
Prima di salire i gradini, il Twi’lek fermò il suo tour (non smetteva mai di parlare o di raccontare in breve la storia di ogni monumento su cui si abbattevano) bloccandosi sui suoi passi.
Si voltò e si rivolse alla Cancelliera. «Arrivati qui devo chiedervi di deporre le armi.»
Prima di rispondere, ebbe un attimo di esitazione. «Va bene.»
 «E solo due di voi possono avere un colloquio nella sala magna con il Presidente.»
 «Questo è davvero troppo.» Sibilò piano un consigliere e fortunatamente fu sentito solo da chi aveva vicino.
 «Non c’è problema, avanzeremo io e il Capitano Solo.»
 «Perfetto. Grazie della vostra collaborazione.» Disse con un sorriso, vedendo che tutti i soldati si liberavano delle armi e le poggiavano sugli scalini.
I due fratelli si avvicinarono verso un ascensore, ma non furono seguiti dalla guida, che richiamando la loro attenzione, disse: «Signori, anche voi dovete deporre le vostre armi.» E con un lungo dito indicò le due spade laser che entrambi portavano agganciate alle proprie cinture.
Ben si avvicinò di molto a lui, azzerando quasi la distanza, alzò una mano davanti al volto del Twi’lek e muovendola pronunciò: «Non c’è bisogno di deporre le spade laser, possiamo proseguire così.»
Gli occhi gialli e rosa della guida si fecero assenti e le sue labbra violacee ripeterono: «Non c’è bisogno di deporre le spade laser, potete proseguire così.»
Il viaggio in ascensore fu breve, grazie alla sua strabiliante velocità, e soprattutto silenzioso.
Le porte si aprirono per far affacciare i tre in una sala grande, al centro si trovava un grandissimo tavolo olografico ovale, vi erano solo poche persone attorno, studiavano e discutevano su alcune questioni a bassa voce.
Quando sentirono il rumore dei passi estranei, si voltarono verso i due, che pian piano avanzavano verso di loro. Non appena si fermarono a pochi metri dal tavolo, il Twi’lek che fin ora li aveva accompagnati, aprì bocca per dire.
 «Signor Presidente, questi sono-»
 «Non ce n’è di bisogno, Tohru.» Un uomo alto e dalla capigliatura riccia e scompigliata, che fino a quel momento era stato nascosto dalle proiezioni olografiche, camminò lentamente verso gli ospiti. «Grazie per averli accompagnati fin qui.»
La guida Tohru andò via, congedandosi con una riverenza.
Solo in quel momento Padme ebbe la possibilità di focalizzarlo per bene.
Ci aveva pensato molte volte all’aspetto che avrebbe potuto avere e mai si sarebbe aspettata quella semplicità, genuinità. C’era una sincerità vera negli occhi nocciola del giovane uomo, occhi che la guardavano per la prima volta sostando anche un po’ più del dovuto.
 «E’ un onore, avervi qui fra di noi.» Allungò un braccio verso Ben e i due si strinsero le mani. Si voltò nuovamente verso la ragazza e, avvicinandosi sorprendentemente in un attimo, le porse la mano. Padme indugiò per un bel po’, impreparata e indecisa, il suo viso si tinse di una tonalità più rosea del solito.
Solo quando la situazione stava per diventare davvero imbarazzante, capì che avrebbe dovuto poggiare le sue dita su quelle di lui. Così fece. Senza distogliere lo sguardo da quello nero pece di lei, con le labbra a pochi centimetri dal dorso della sua mano, disse: «Fare la vostra conoscenza mi rende pieno di felicità, Cancelliera Solo», per poi baciarle quel lembo di pelle. Da quel punto, si propagarono una miriade di scosse nel corpo di Padme, ma non diede a vederlo nemmeno un po’. Si mantenne composta e professionale, ritirando la mano con furtività.
 «Signori, vi dispiacerebbe continuare questa discussione più tardi?» Il Presidente si voltò, rivolgendosi a quelli che dovevano essere i suoi consiglieri, nel frattempo Padme lanciava un’occhiata al fratello, che aveva in faccia un espressione indecifrabile agli altri, ma comprensibile per lei. Rimasero solamente in tre in quell’enorme stanza e l’uomo invitò gli ospiti a sedersi in un salottino lì vicino. Fece portare un tè speciale, di colore blu e dal sapore fruttato, e un tavolino pieno di dolcetti profumati. Eppure nessuno toccò nulla, tranne che un sorso di tè. Nel frattempo, nel momento in cui si erano seduti, Ben studiava l’uomo che aveva davanti con distacco e freddezza.
 «La cosa che mi stupisce di più è: come facevate a sapere il nostro segreto stato di neutralità?» Chiese gentilmente, con quella voce profonda e morbida.
 «Abbiamo le nostre fonti d’informazione.» Si limitò a rispondere Padme, facendo intendere che ovviamente c’era dell’altro sotto. Il Presidente sorrise, sostando con lo sguardo negli occhi di lei.
 «Capisco.» Rispose, posando la tazza di tè sul tavolino di fronte. «Avete intenzione di parlare subito di affari.»
 «Vorrei evitare i convenevoli, non mi sono mai piaciuti.» Affermò risoluta, imitando gli stessi movimenti di lui con la tazza.
E’ ora che tu vada via.
Ben la guardò velocemente e, in un cenno impercettibile di assenso, si alzò in piedi. «Devo ritornare giù dai miei soldati, grazie per l’ospitalità, Signor Presidente.»
 «Grazie di cosa?» Chiese, ammiccando al tono serio del Capitano.
Prima di andar via, Ben parlò un’ultima volta nella mente della sorella: sta attenta, questo tizio non mi piace per niente.
Padme ingoiò un fiotto di saliva e scosse un po’ la testa, come per concentrarsi sulla discussione che avrebbe dovuto affrontare.
Rimasero in silenzio fino a quando le porte dell’ascensore non si chiusero, fu lui a parlare per primo, chiedendole se si sarebbe sentita a suo agio se si sarebbero dati del tu.
 «Sto benissimo, Presidente, non c’è alcun bisogno che vi preoccupiate di-»
 «Chiamami Caleb.»
Padme lo guardò fissò negli occhi per un po’, respirò a lungo e profondamente, accantonando quell’idea che le era venuta in mente, in modo tale da mantenersi più professionale possibile.
 «Se questo ti aggrada, lo farò.»



Si voltò dietro di sé e la vide sdraiata, sul prato verde del giardino del palazzo Presidenziale di Daan. Aveva sentito la forza vibrare rumorosamente, lo aveva obbligato a cercare la provenienza di quella veemente energia.
Anche lei se ne era accorta, ma, sapendo già di cosa si sarebbe trattato, mostrò una falsa indifferenza. Rimase sdraiata sul letto, mentre lui, nella mente di lei, se ne stava lì davanti, a pochi passi.
 «Dove mi vedi sdraiata?» Sussurrò, quasi come se quella domanda fosse un pensiero fuoriuscito dalla sua bocca troppo velocemente.
 «Su un prato d’erba,» rispose lui, distogliendo lo sguardo dal suo corpo, poiché nella sua mente aveva ancora l’immagine di tutto quel dolore impresso nella pelle. «accanto a un cespuglio di rose.»
Rey simulò un sorriso, quasi uno sbuffo, e disse: «Le rose, l’amore eterno» con un’ironia raggelante.
 «Quello che sarei stato pronto a giurare.» Aggiunse Ben, rispondendo alla provocazione. Fu in quel momento che Rey aprì gli occhi e in movimenti agili e veloci si alzò in piedi.
 «Quello che sarei stata pronta a giurare, anch’io.»
 «E allora perché lo hai fatto?!» Urlò così forte che degli uccellini smisero di canticchiare il loro dolce cinguettio, così forte che lo orecchie di Rey assimilarono quell’urlo con dolore, così forte che Ben sentì il proprio cuore tremare.
 «Non lo so.»
 «Non lo… sai?» La sua rabbia era sull’orlo di prendere il sopravvento. Cercò di calmarsi, invano. Era troppo arrabbiato, furibondo. Con lei, con la realtà, con la morte, con il Lato Oscuro e il Lato Chiaro.
Col Bene e il Male.
Non ci capiva più nulla.
Rey avvertiva quella confusione.
 «Solo da qualche giorno sto riacquistando le mie piene facoltà di intendere e volere.» Spezzò quel silenzio, cambiando discorso, pur di calmarlo. Sapeva che magari interrompendo quel legame, avrebbe fatto prima, ma non voleva lasciarlo da solo, in quelle condizioni. Interrompere un altro legame avrebbe provocato un ennesimo potente mal di testa ad entrambi, dovevano lasciar sfogare quella Forza dentro di loro.
Ben alzò gli occhi, smise di camminare avanti e indietro per la stanza, (anche se in realtà stava distruggendo delle povere margherite) e la guardò con uno sguardo tremante, pieno di ira, eppure non di odio.
 «Prima che io… scappassi via, da un paio di giorni facevo strani incubi, continuavo ad avere delle visioni anche di giorno, pensavo di essere impazzita.» Più lei parlava, più lui regolarizzava il respiro. «Non volevo fare sapere nulla né a te, né a nessuno, eravate tutti così presi dalla guerra che… qualcuno o qualcosa controllava le mie volontà, i miei pensieri, perfino le mie parole. Mi sono sentita un burattino per tutto questo tempo.» Alcune lacrime solitarie solcarono le palpebre di Rey, ma la sua voce rimaneva ferma e decisa, non c’era incertezza, semplicemente celava la felicità di poter essere libera di dar sfogo ai suoi pensieri. Ben la guardava indeciso, ancora più confuso di prima. Crederle? No, stava mentendo. Spudoratamente, sì. Doveva essere così. In modo tale che lui potesse cedere nuovamente, com’era successo la sera prima della partenza per Daan.
 «Sei libero di credermi o meno, l’importante è che l’abbia detto ad alta voce, sia a te e specialmente a me.»
 «Dammi un solo, unico motivo per cui io debba crederti.» Si avvicinò a lei così tanto che i loro respiri sulla pelle, per un attimo, sembrarono reali.
Rey lo guardò negli occhi intensamente, come non faceva da tanto tempo. Ingoiò un fiotto di saliva. Diglielo? Non diglielo? Perché le interessava così tanto la sua opinione? Tanto l’avrebbe odiata sempre e comunque.
Ma il lato Chiaro prevalse su quello Oscuro per la prima volta dopo tanto tempo, dopo tanti anni.
 «Darth Gier ha intenzione di uccidere Snoke prima che lo facciate voi per primi.»
 «Cosa?» Ben trattené il fiato, anche se non lo diede a vedere.
 «Dice di volerlo fare per il bene del Primo Ordine e dell’Impero, ma in realtà lo fa per la sua corsa al potere supremo.»
Ben si allontanò da lei, camminando lentamente. I suoi occhi saettavano a destra e a sinistra velocemente, riflettendo, pensando, elaborando teorie su teorie, calcoli su calcoli.
E i conti tornavano.
Si voltò dietro e si sforzò con tutta la Forza che possedeva per poter entrare nei suoi pensieri.
Diceva la verità.
Su Snoke.
Su Gier.
Su se stessa.
Quello sforzo però gli costò un improvviso indebolimento, tanto che fu costretto a sedersi, per poi sdraiarsi. Quando cercò di aprire gli occhi, mentre un fiotto di sangue gli fuoriusciva da una narice, lei non era più lì.
I legami di Forza fra i due erano instabili, violenti e richiedevano uno sforzo sovrumano, e uno sforzo ancora più intenso se si cercava di interromperlo.
Queste complicazioni erano dovute al blocco durato anni.
Rey lo vide scomparire quando si era sdraiato sul pavimento, improvvisamente. Urlò il suo nome, come se avesse potuto farlo ritornare indietro.
Solo quando sentì nella sua testa una strana sensazione di vuoto, capì che quel legame era stato interrotto dal tentativo di lui di leggerle nel pensiero.
Un tentativo riuscito.
E si sentì ancora più nuda ed esposta dell’ultima connessione.








nda.

scusate se mi sono fatta attendere, ma ho avuto problemi con la connessione wi-fi.
Continuate a farvi sentire, mi fa piacere leggere le vostre recensioni! Nel weekend posto il capitolo 19.

Un abbraccio

kyra

 

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Capitolo 19
*** .19 ***


Redemption



19



Erano già passati tre giorni dall’arrivo su Daan.
Fortunatamente non c’era alcuna notizia allarmante nei rapporti che Padme ordinava ogni mattina e ogni sera tramite trasmissione a ologramma. Quella permanenza era di sicuro una perdita di tempo prezioso, ma necessaria, data la richiesta del Presidente e se davvero la Resistenza voleva stringere una solida alleanza con Daan.
Caleb aveva chiesto del tempo per considerare quella proposta, aveva detto a Padme che avrebbe avuto bisogno di pensare alle condizioni. La Cancelliera aveva accettato quella sua richiesta, nel frattempo, Caleb aveva ordinato ai suoi servitori di preparare delle camere nel palazzo ai due fratelli Solo e di far accomodare i restanti membri della Resistenza in un hotel di lusso poco distante.
La tranquillità e la pace che aveva vissuto in quei giorni, forse non le aveva mai gustate appieno nella sua vita. Bagni caldi, pasti abbondanti e gustosi, ore libere per poter allenarsi e meditare.
Ben se ne stava quasi tutto il giorno chiuso nelle sue stanze e non usciva di lì nemmeno per prendere una boccata d’aria. Padme era andata a fargli visita più volte, ma lo aveva sempre trovato a meditare, quindi usciva silenziosamente dalla porta e andava via, lasciandolo solo.  Sapeva che quell’incontro con Rey lo aveva stravolto dentro, come sapeva che c’era anche qualcosa sotto che lui si ostinava a nasconderle. Ma le andava bene così, sapeva che quando sarebbe stato il momento giusto, lui gliene avrebbe parlato.
Avrebbe voluto parlare con Armitage, ma era difficile organizzare un incontro, data la rigidità dell’accessibilità al palazzo. Quindi si allenava la maggior parte del tempo.
E Caleb la osservava, quando poteva, dal balconcino delle sue stanze. Quel primo pomeriggio, però, decise di scendere e assistere da più vicino, anche perché avrebbe dovuto darle ciò che teneva bloccato fra il braccio e il fianco.
Ma non appena arrivò all’entrata del giardino, sentì delle voci, tra cui una era quella di Padme.

Si stava allenando con la spada laser, provava nuove mosse, più agili, letali.
Immaginava il suo avversario davanti, con un laser rosso, l’espressione malvagia in volto, il viso di chi, una volta, aveva voluto bene.
Girava su se stessa e con un verso agguerrito affondava la spada in quel petto immaginario, per poi estrarre il laser  e in una mossa veloce, le tagliava la gola. Proprio in quel momento lo vide davanti a sé e in un attimo si ricompose, spegnendo il laser violetto.
 «Non volevo interromperti.»
 «Stavo comunque finendo.» Gli rispose con fiato pesante, il petto e la fronte imperlati di sudore. Il cuore non smise di pompare forte, se prima il battito era accelerato per l’attività fisica, adesso lo era a causa dell’effetto che le faceva vederlo. Si avvicinò a lei a passi lenti, faticò molto per non abbassare lo sguardo sulle sue labbra o sul suo seno, messo in risalto dalla canotta stretta. 
 «Possiamo parlare, adesso?»
 «Sì, ho bisogno di parl-»
Armitage annullò così tanto le distanze da poter poggiare una mano sulla sua guancia, avvicinare il proprio viso al suo e baciarla.
Fu un bacio improvviso, ma voluto da entrambi.
Inizialmente Padme indugiò un attimo, poi partecipò attivamente quasi quanto lui, cingendogli la vita con le braccia. Le loro labbra si toccavano e si accarezzavano, in morbidi movimenti. Quando la situazione iniziò a sfuggire di mano, Padme spinse Armitage dal petto e in uno strattone lo allontanò da sé.
Si guardavano fissi negli occhi, con i respiri ancora affannati, le labbra che pulsavano, che richiedevano di più.
 «Non posso!» Ringhiò Padme, si voltò e camminò verso un albero, raccolse la sua tunica appesa ad un ramo, dando un calcio al robusto tronco. Cercò di far fuoriuscire la rabbia, di visualizzarla come un fumo evanescente che traspirava via dal suo corpo; ci riuscì, ma ottenne come risultato delle lacrime pesanti agli occhi, gocce che non avevano voglia di scendere, impietrite fra le palpebre.
Sentì Armitage avvicinarsi pian piano, ma lo bloccò con lo sguardo, voltandosi di profilo col corpo.
 «Padme, non avrei dovuto, non so che mi è preso.»
 «Vuoi parlare, sì o no?»
 «…sì.»
 «Bene, allora inizio io.» Allacciò la cintura della tunica alla vita e si avvicinò di poco a lui. «Sono una fra gli ultimi due Jedi rimasti nella galassia, mi è proibito avere qualunque tipo di relazione.»
 «Oh, non essere meschina!» Sbottò, interrompendola prima che potesse dire altro. «Ben e Rey, allora? Prima che lei ci tradisse, loro due stavano insieme e continuavano ad abbracciare la filosofia degli Jedi. La compassione e l’amore, sono il motore della vita di un Jedi, Padme. Dimmi cosa ti frena davvero, per la miseria, dimmelo!»
Doveva dirglielo, per il suo bene. «Non ti amo.» Doveva mentirgli, per il suo bene.
Il cuore di Armitage si fermò per un attimo che parve un’eternità. Sbatté le palpebre, una, due, tre volte, ma no, quello non era un incubo. Era la realtà. Lei se ne stava davvero davanti a lui, con gli occhi più seri e determinati che mai, a guardarlo dritto nell’anima.
Non voleva crederle, eppure non le era mai sembrata più sincera di così.
 «Rispetto i tuoi sentimenti, se ciò che vuoi non è me, allora mi faccio da parte.»
 «Ti ammiro tanto, Armitage. Non nego che tu sia un uomo carismatico e un ottimo soldato, ma io non sono adatta per te. La mia vita è dedicata al bene di centinaia, migliaia di persone. Sarò sempre impegnata in questo, che vinceremo o perderemo questa guerra.»
 «Magari siamo solo le persone giuste, nel momento sbagliato.» Detto ciò, con gli occhi carichi di rammarico e delusione, la guardò un’ultima volta prima di andare via.
Padme lo osservò allontanarsi sempre di più, fino a quando non scomparì fra la vegetazione e le colonne di pietra.
Ammettere i propri sentimenti, l’avrebbe distratta dai suoi tantissimi doveri. Padme sentiva di essere nata per un disegno più grande, per un qualcosa di importante: avrebbe continuato a percorrere quella strada, per dedicarsi al bene comune, per continuare ciò che sua madre aveva iniziato.
Chiudere quella storia, per quanto bella sarebbe stata, avrebbe fatto bene a tutti.
Fu proprio quando stava per andare via che vide il Presidente Aiken in piedi, appoggiato a una colonna, con una confezione in velluto bianco in mano. Aveva i capelli castani più scompigliati del normale e indossava degli abiti molto informali, non sembrava nemmeno lontanamente un uomo con una carica politica o militare, figuriamoci apparire come un Presidente.
 «Tutto bene?»
 «Certo.» Rispose, avvicinandosi a lui. «C’è qualcosa che devi dirmi?»
 «In realtà no,» ed ecco quel suo solito sorriso fare capolino sulle sue labbra. «mi sono barricato con una scusa, per non ammettere il vero motivo per cui mi trovo qui.»
 «E quale sarebbe il vero motivo?»
 «Che figura ci faccio se ti dico la verità?» Ammiccò, guardandola intensamente. Padme abbassò lo sguardo, respirando affondo. «Intanto la scusa.» Disse, non appena la vide a disagio, porgendole la confezione lussuosa. Prima di accettare il dono, lei lo guardò negli occhi incerta e con un sospetto innocente. Aprì la confezione dai gancetti dorati.
 «Oh», uscì fuori dalla sua bocca, stupita. Poggiò la scatola sul terriccio e sollevò il vestito così che potesse vederlo in tutta la sua lunghezza. «E’ bellissimo.» Un abito lungo, bianco, abbellito con dei ricami con fili d’argento. «Non posso accettarlo, non ne vedo il motivo.»
 «E invece c’è.» La corresse. «Stasera ci sarà una grande festa nel palazzo, vorrei che tu, tuo fratello e i tuoi amici partecipaste.»
 «Ci saremo di sicuro, ma voglio una risposta, Caleb. Voglio sapere cosa hai deciso, se hai considerato la mia proposta.»
 «Te la darò subito dopo la festa. Ho bisogno di svagare un po’ i sensi prima di essere completamente sicuro di ciò che ho deciso.»
Padme indugiò un po’ prima di accennare un segno di assenso.
 «Lo so che ti sto facendo aspettare, ma sono fatto così, ho bisogno di tempo.»
 «Ovvio, lo posso capire.»
 «Quando il primo sole di Daan sorgerà, vieni nelle mie stanze e parleremo di affari.» Fece per andarsene, facendo una riverenza.
 «Qual era il vero motivo, alla fine?» Gli domandò ad alta voce, bloccando il suo passo a pochi metri distante da lei. Caleb sbuffò una risatina, prima di rispondere, si voltò dietro di sé, ammaliandosi ancora una volta della sua figura slanciata e tonica.
 «Per poterti osservare meglio durante i tuoi allenamenti, ma, ahimé, sono arrivato troppo tardi.» Le sorrise con piena gioia, contagiandola un po’.
Sorrideva raramente, era sempre così seria, strapparle una semplice curva da un angolo della bocca, era una piccola vittoria.
 «Gradirei un po’ di privacy durante i miei allenamenti.» Ammise, un po’ scherzosamente.
 «Allora non avresti dovuto scegliere come palestra il giardino sotto le mie stanze.»
 «Se domani non partirò, cambierò postazione. Promesso.»
Risero entrambi, beandosi di quell’attimo di leggerezza, lontano da tutte le questioni politiche di cui erano costretti ad occuparsi ogni giorno. Restarono qualche secondo di troppo a guardarsi, ognuno dei due si smarrì negli occhi dell’altro.
 «Stavi andando nelle tue stanze?»
 «A dire la verità sì.»
 «Posso avere l’onore?» Caleb sporse il gomito e con quel gesto la invitò ad appoggiarsi al suo braccio. Padme sospirò, accettare o no? Avrebbe voluto passare un po’ di tempo da sola, per riflettere, per dimenticare… Ma guardando Caleb, un forte desiderio di stare in compagnia la assalì, scoprendosi troppo debole per stare da sola, in preda ai sensi di colpa per Armitage.
 «D’accordo.» Rispose e, raccogliendo l’abito nuovo velocemente, lo raggiunse.
Sul volto di lui contornato dai lineamenti scarni si disegnò un’espressione piena di felicità. Così iniziarono a passeggiare, in quel lieve contatto, raccontandosi fra una parola e un’altra.



 «Dobbiamo farlo per forza?»
 «Dobbiamo guadagnarci la sua simpatia, solo così può iniziare a fidarsi di noi.»
Ben si lamentò proprio come faceva da piccolo quando Leia cercava di infilarlo nella vasca da bagno contro la sua volontà.
 «Penso che a lui interessi solo la tua, di simpatia.»
Gli lanciò un’occhiataccia in risposta e, camminando verso la specchiera, indossò gli orecchini  pendenti e la collana di zaffiri.
 «Non c’è bisogno di guardarmi così. Questi giorni non hai fatto altro che passare del tempo con lui.»
 «Passare del tempo con lui? Ci hai solo intravisti oggi, quando mi ha accompagnato nelle mie stanze e già la fai diventare una tragedia.»
 «Intravisti, puah.» Ben sbuffò, infastidito dalle negazioni della sorella. Padme lo guardava con gli occhi ridotti quasi a due fessure, irritata da quei suoi strani comportamenti. «L’ho visto con i miei occhi.» Concluse Ben, indicandosi la gota destra con l’indice, riferendosi a ciò che Padme aveva capito subito.
 «Ora ti preoccupi di un bacio su una guancia?»
 «Ti guarda come si guarda un dolce.»
 «Lo so, Ben. Ti pare che non l’ho capito?»
 «Quello che mi chiedo è: perché lo assecondi così tanto? Capisco che magari lasciarti corteggiare potrebbe aiutarci. Ma sembra che tu ci stia davvero, non riesco a capire questo.»
 «Sono solo tue impressioni.» Rispose rossa in volto, sia per l’imbarazzo che per la rabbia.
 «E Armitage?»
Le mancò il respiro nel momento stesso in cui la bocca di Ben si chiuse, dopo aver pronunciato quel nome. Gli occhi di Padme erano sgranati e una piccola lacrima incontrollata solcò una palpebra.
 «Che ne sai tu di me?» Parlò piano, con un tono che esprimeva tutto quel risentimento verso se stessa. «Dei miei sentimenti?» Disse ancora.
Ben la guardò intensamente e dentro quegli occhi vide riflessi i suoi, vide un’anima sull’orlo di cadere in frantumi, proprio come la sua.
 «Mi dispiace.» Soffiò fra le labbra, abbastanza forte da farsi sentire.
Padme lo superò, dandogli una spallata, anche se lieve. Si piazzò davanti alla porta, ma prima di uscire per recarsi alla festa, già iniziata da un bel po’, disse: «Non riesco a capirti. Non riesco a capire i tuoi comportamenti, ti sei chiuso con me, non ti sfoghi più come una volta. Non sei più lo stesso. E poi sarei io quella incomprensibile.»
Ben sapeva a cosa si stava riferendo e capì da quell’espressione, da quel tono di voce e da quel modo di sbattere la porta, che lei aveva dei sospetti. Se solo avesse saputo che parlava ancora con Rey, avrebbe dato di matto, e l’avrebbe pure giustificata una reazione del genere. Ben sospirò forte, si gettò sul letto, esausto, reprimendo la negatività che voleva assalirlo; ma non fece in tempo a concentrarsi sui suoi stessi pensieri che la sua mente lo trasportò in un luogo a lui sconosciuto. Aprì gli occhi, si alzò in piedi di scatto. Solo quando la vide di fronte a sé, seduta ai piedi di un lettino, capì che la Forza li stava mettendo in contatto ancora una volta.
 «Sei preoccupato.» La sua voce gli arrivò alle orecchie come un eco lontano, eppure riuscì a penetrargli il cuore, scuotendoglielo.
 «Non ti importa.» Gli rispose con scherno. Diviso in due, da una parte desiderava interrompere quel legame (consapevole delle conseguenze fisiche), dall’altra voleva essere davvero lì con lei.
 «E’ per Padme?» Rey dovette prendere forza per riuscire a pronunciare il nome della sua ex migliore amica.
Ben si voltò verso di lei e con gli occhi carichi di rabbia repressa, le intimò: «Come fai a fingere così bene?»
 «Infatti non fingo.» Ammise lei con calma. «Dimmi che le succede.»
 «Non ti interessa davvero.» Ben scosse la testa, come se volesse convincere più se stesso che accusarla di qualcosa.
 «Io le voglio ancora del bene.»
 «Non avresti ucciso nostra madre, se le avessi voluto davvero del bene.»
Rey lo guardò, con gli occhi cerchiati dalle occhiaia, in uno sguardo pieno di delusione, carico di rimorsi e sensi di colpa. Uno sguardo intenso che raggiunse l’anima di lui.
 «Non mi sarei mai dovuta aprire con te, l’altra volta.» Le sfuggì una piccola lacrima, che le andò a finire velocemente nell’angolo della bocca. «Sapevo che non mi avresti creduta.»
L’orgoglio di Ben si fece più gracile.
Stava per aprire bocca, per dire qualcosa che nemmeno lui sapeva, quando non se la ritrovò più davanti.
C’era solo la porta chiusa, pronta da solcare per dirigersi alla festa.


Arrivò nel pieno del divertimento. La sala grande era stata allestita con più luci, più poltrone e salottini, con un’orchestra composta da vari strumenti. C’era un’atmosfera magica, le lanterne appese l’una dopo l’altra illuminavano la sala di una luce soffusa, quasi romantica.
A disagio, in mezzo a tutti quegli estranei intenti a conversare e a ridere, cercò con gli occhi qualche viso familiare.
Caleb l’aveva vista da quando era entrata, perché non aspettava altro che vederla con quello splendido vestito addosso e quasi gli mancò il respiro, come se non avesse mai visto nulla di più speciale. Sorrise con tanto di fossette quando i loro sguardi si incontrarono da lontano. La raggiuse prima che lei potesse percorrere più di un metro. Improvvisamente la musica si fermò e Padme sentì gli sguardi di tutti addosso, così anche Caleb, solo che lui li ignorò e lei no, per il semplice motivo che in mezzo a tutti quegli occhi curiosi, c’erano anche quelli di Armitage.
Quando Caleb fu abbastanza vicino a lei, si chinò in una riverenza e porgendo la mano con un eleganza smisurata le chiese: «Mi concederesti questo ballo, Cancelliera?»
Successe tutto in pochissimi secondi.
Padme si era promessa di non dare troppo nell’occhio, di fare un salto, giusto per motivi diplomatici e politici. Ma la situazione, senza nemmeno volerlo, era degenerata così tanto che controllarla sarebbe stato impossibile.  E nemmeno avrebbe potuto rifiutare, non avrebbe potuto compiere un passo così pericoloso se sperava in una solida alleanza. Non guardare Armitage le venne così difficile che si lasciò trascinare da quel desiderio.
Ma lui non era più lì.
Era andato via, perché reggere quella scena gli fece troppo male al petto.
Con gli occhi lucidi tornò a guardare davanti a sé, trovando coraggio e al contempo un rifugio in quella mano, in quegli occhi.
 «Sì, Presidente.»
Aprirono le danze e furono seguiti da altre coppie che si aggiunsero alla dolce danza. La musica era leggiadra e armoniosa. Caleb era decisamente più bravo di Padme, lei per poco inciampava su ogni passo che faceva.
 «Segui me.» Le disse lui, ridendo un po’. «Stammi più vicina.» Con una mano poggiata sulla schiena, dietro il bacino, la avvicinò a sé, così tanto che quasi erano appiccicati. Lei non osava alzare lo sguardo, quella vicinanza la metteva a disagio. Caleb lo notò e con l’altra mano, prima di ripartire a ballare, le alzò il mento con un dito.
Incontrò il suo sorriso, diverso da quelli che era riuscita a conoscere in quei giorni. Era un sorriso affascinante, dolce, irradiava calore.
 «Hai degli occhi bellissimi, Cancelliera.» Le disse all’orecchio mentre ballavano.
Il cuore di Padme batteva così forte che le pulsazioni le rimbombavano alle orecchie insieme alle vibrazioni della musica.
Quella domanda che le stava torturando la mente da tempo, le salì dalla gola alle labbra.
 «A che gioco stai giocando?» Gli domandò a denti stretti, dopo una piroetta.
 «Nessun gioco.»
 «Non ti credo.»
Volteggiarono a ritmo della musica, cullando quelle note poggiando con leggerezza ed eleganza i piedi sul pavimento in marmo pregiato.
 «Tu mi stai corteggiando, da vari giorni.» Padme si decise a non trattenersi più, di rivelargli tutti i suoi sospetti, rischiando di grosso.
Gli occhi di Caleb si fecero seri, ma di una serietà piena di intensità, non di rabbia.
 «Mi hai stregato fin dal primo momento in cui ti ho vista.»
Doveva fermarsi, o sarebbe svenuta davanti a tutti, fra le sue braccia. La testa le stava vorticando con troppa veemenza e il respiro le mancava nei polmoni.
 «Ammiro la tua forza, la tua intelligenza e la tua bellezza. Non sono mai stato attratto da una donna così tanto.» Anche il respiro di lui si stava facendo più affannato, impossibile definire chi dei due avesse il  cuore che batteva con più violenza.
Con un casquet, si concluse quella danza e le labbra dei due si fecero così vicine che mancavano solo pochi millimetri ad eliminare ogni distanza.
La sala si riempì di applausi. Ma gli unici che non riuscivano ad ringraziare l’orchestra per la bellissima musica erano Padme, Caleb e Ben.
Quest’ultimo era appena arrivato e quella scena gli aveva fatto accapponare la pelle. Avrebbe voluto seguire la sorella quando era scappata via, ma il Presidente l’aveva preceduto nell’intenzione. Così lasciò perdere, deciso a parlarle più tardi, in privato, quando la situazione si sarebbe leggermente attenuata.

Si trovavano nella terrazza degli alloggi di lui, il primo di sole di Daan era sorto da poco. Il cielo era ancora blu e quella notte veniva spazzata via dai primi raggi solari. Dopo vari minuti passati a parlare attraverso giri di parole che l’avevano solo infastidita, Padme stava per andare via, abbandonando così anche la stessa missione.  Ma lui la trattenne da un polso e guardandola intensamente negli occhi, finalmente ebbe il coraggio di dirle:
 «Sposami.»
Padme non si sentì mai come in quel momento, come se un mondo le fosse cascato addosso. Si sentì come se si fosse appena lanciata da un burrone, come cadere nel vuoto all’infinito, senza mai raggiungere la terra.
Caleb si era fatto vertiginosamente più vicino e quella distanza quasi pari a zero le fece vorticare ancor di più la testa. Eppure, non aveva mai smesso di guardarlo negli occhi.
 «E’ la mia unica condizione.»
 «Perché?» Domandò stupidamente, ancora scioccata dalla proposta, liberandosi da quella leggera stretta al polso.
 «Sai, questa festa a cui hai partecipato, seppure per breve tempo, è stata data dal mio consiglio affinché io trovassi una moglie.»
 «Chi ti dice che io sia quella giusta?» Padme riformulò meglio la domanda, più specifica di un semplice “perché?”.
 «Tu sei quella giusta perché solo tu sai bene quanto me che questa nostra vita è da dedicare tutta ai cittadini, al bene comune. Tu sei quella giusta perché hai quella forza e quella tenacia che io ho sempre cercato in una compagna. Insieme, potremmo finalmente sconfiggere il Primo Ordine e governare pacificamente Daan e tutta la Galassia.»
 «Quindi sono solo fini politici?»
 «Lo sai che non sono solo quelli.»
Padme sospirò e si portò le mani ai capelli, scompigliandoseli un po’. Restarono in silenzio per un bel po’, fino a quando lei affermò: «Ne parlerò con il mio consiglio ristretto. Tra meno di ventiquattro ore ti darò risposta.»











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grazie per la lettura, fatemi sapere cosa ne pensate delle svolte di questa storia e se vi sta appassionando.

un saluto e alla prossima 

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