La Stripper

di I Sogni di Elen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette ***
Capitolo 18: *** .Fine. ***
Capitolo 19: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


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Capitolo Uno
betato da Maki Chan

 

Dalle finestre del monolocale in Old Town entrava la luce soffusa e fredda del mattino; il rumore del traffico trapassava i vetri e inondava l’ambiente di forma quadrata, spazioso e privo quasi del tutto di mobili. 

Delle tende colorate creavano piccoli spazi simili a camere, come fossero mura. Il primo spazio era la camera di Bonnie, che stava uscendo proprio in quel momento dal bagno con i capelli ancora annodati dal sonno e l’aria di chi non ha dormito abbastanza. Bonnie era una ragazza alta, i capelli scuri che caratterizzavano anche le sue sorelle, dalle braccia e le spalle sottili. 
Si stropicciò gli occhi, guardandosi intorno e posando subito lo sguardo su Meredith, che al contrario di lei era sveglia già da qualche ora. 
Meredith le sorrise, versando qualche goccia di olio su una padella rovente. L’olio sfrigolò, Bonnie sorrise lievemente mentre le mani di Meredith si avvicinavano troppo al fornello.
-“Attenta, potresti bruciarti” la avvertì. Meredith la ignorò, posando tre fette di bacon sull’olio. Presto il caldo e morbido odore del bacon fritto riempì il monolocale, svegliando la terza sorella. 
Florence era la più piccola, ma non lo si sarebbe mai detto. Era alta quanto Bonnie ma più sottile, le prime curve cominciavano a spuntare da sotto la maglia del pigiama.
Erano passati sei mesi e mezzo dal trasloco, eppure l’emozione di trovarsi nella città dei loro sogni non si era ancora esaurita e forse non lo avrebbe fatto ancora per molto tempo. 
L’estate aveva lasciato il posto all’autunno e ora stava cominciando l’inverno. Ma a San Diego persistevano le temperature relativamente alte, che rendevano quell’anno uno dei più caldi dell’ultima decade.
-“Che si fa oggi?” chiese Bonnie, già sveglia del tutto. Florence continuava a sbadigliare a mitraglia, uno sbadiglio dopo l’altro che contagiavano Meredith.
-“Io devo studiare” borbottò Meredith -“Ho un test lunedì”
-“Lo stesso vale per me”
-“Quindi io starò da sola a casa” sbuffò Bonnie, alzò le mani in un gesto di resa molto teatrale e aggiunse -“Siete imperdonabili, ho trascorso da sola anche lo scorso sabato”
-“Questo perché non hai amici” replicò Florence -“A proposito, stasera esco con Jo”
-“Chi è?” chiese Meredith. Florence era stata la prima ad ambientarsi a San Diego e nella nuova scuola sembrava andare tutto alla grande.
-“Uno” rispose vagamente Florence, alzando le spalle. 
-“Uno per cui hai una cotta o uno a cui non hai potuto dare buca?” chiese Bonnie mentre Meredith fulminava con un’occhiata Florence, stringendo le labbra in una linea sottile e cercando una scusa per tenere lontana sua sorella minore da quel ragazzo. 
-“Uno che a quanto pare è il più popolare della scuola e quindi si presuppone che io abbia una cotta segreta per lui dal primo giorno che l’ho visto” 
-“Ma in realtà…” Bonnie suggerì l’inizio della frase ma Florence non la terminò, si limitò a portare una forchettata alla bocca e a scrollare le spalle.
Meredith scosse la testa -“E se organizzassimo una serata cinema?” in fondo Flo adorava le serate cinema, forse avrebbe preferito rimanere a casa piuttosto che uscire con un adolescente pervertito.
-“Non funziona, devo andare per forza” borbottò Florence.
-“Sicuramente stasera farà molto freddo…”Meredith provò con un altro approccio, ma non funzionò neanche quello.
-“Ho intenzione di usare il tuo mini-abito viola” disse Florence, a mo’ di replica, con un sorriso furbo da bambina. Meredith scosse la testa.
-“Ragazza indisciplinata…” sussurrò fra sé, Bonnie scosse la testa e Florence ridacchiò.
-“Non ti lascerò uscire con un ragazzo con quel vestito” disse Bonnie, seria. Meredith portò le mani al cielo e sorrise.
-“Finalmente qualcuno che ragiona!” esclamò, strizzando l’occhio a Bonnie -“Dovrai infilarti le calze di lana scure, quelle che ti ha regalato papà per il compleanno, e una felpa…magari anche la sciarpa nera, starebbe bene con il vestito, e magari anche…” la lista avrebbe continuato se solo Florence non l’avesse interrotta sbattendo la forchetta sul piatto.
-“Finiscila, Meredith! Non sei papà e neanche il mio fratello maggiore” disse, alzando la voce
-“Infatti, sono tua sorella!” replicò Meredith, alzando di conseguenza il tono.
-“Ho sedici anni, direi che posso pomiciare con i ragaz…”
-“Ah! Quindi è di questo che si tratta! Bene! Non uscirai stasera, mia cara ragazza, te lo puoi scordare!” Meredith sgranò gli occhi e guardò con severità Florence, marcando le parole come faceva quando era tenacemente decisa ad avere ragione. 
-“Finiscila, M!” borbottò Bonnie, riportando entrambe al silenzio ed interrompendo Florence, che era sul punto di urlare qualcosa che avrebbe fatto arrabbiare Meredith -“Flo ha ragione. E poi tu a sedici anni non eri neanche più vergine, perciò non puoi avere voce in capitolo”
-“Ecco” disse soddisfatta Florence. Bonnie le sorrise.
-“Però Meredith ha in parte ragione. Non puoi uscire con quel vestito insieme ad un ragazzo, perciò metterai qualcos’ altro.”
Meredith sorrise compiaciuta e Florence le fece una smorfia. 
-“Allora quello nero” disse Florence -“Nero o viola? Tre…due…un…”
-“Nero” sbottò Meredith, sbuffò e finì la sua colazione -“Muoviti a mangiare oppure esco senza di te” aggiunse, finendo le sue uova. 

***

 

La New Central Library di San Diego era un edificio sorprendente, con una cupola fatta di ferro che risplendeva sotto la luce del sole di fine ottobre. Meredith si sistemò meglio la borsa sulle spalle, riflettendo già su quali libri fosse meglio scegliere per preparare l’argomento del test. Da ragazza aveva sempre avuto in mente di studiare design o grafica, qualcosa che poi l’avrebbe portata a lavorare in un giornale di moda, ma poi durante l’orientamento per la scelta delle facoltà aveva scoperto che studiare le altre civiltà non era poi così noioso: così era finita alla facoltà di Antropologia della University of California. 
Florence le lanciò un’occhiata -“Sei arrabbiata?”
-“Dipende a cosa ti riferisci”
-“Jo” sospirò lei -“E’ un ragazzo intelligente, sai, anche simpatico, non è poi così male. Ti prometto che tornerò presto, stasera”
Meredith si intenerì a quelle parole, aveva sempre avuto il ruolo di “sorella gelosa”, persino con Bonnie si comportava così, anche se era da tempo che la maggiore non parlava di un ragazzo. A quanto ne sapeva, l’ultimo fidanzato di Bonnie risaliva all’ultimo anno del liceo. Corrugò le sopracciglia, chiedendosi come mai non si fosse resa conto che Bonnie non parlava da anni di un uomo in modo “serio”.
-“Tu lo sai che mi preoccupo facilmente” rispose semplicemente.
-“Lo stesso vale per me” borbottò Florence, Meredith si sentì gelare nel momento in cui il suo sguardo incontrò quello della sorella minore. Florence non sapeva nulla del Timmy’s e Meredith era determinata a fare in modo che fosse così per sempre.
-“Che intendi dire?”
-“Pensi che non abbia notato che torni sempre tardi la notte, ogni giorno? Hai certe occhiaie la mattina e sembri persino più stanca di quando sei andata a letto. Sembri Morticia per quanto sei pallida e ultimamente sei dimagrita un po’ troppo per far finta di seguire una dieta” si erano fermate e Meredith guardava Florence con un misto di sorpresa e amarezza per quello che la minore le stava dicendo -“Quando non studi, dormi e ogni tanto, quando ti guardo dormire, noto come corrughi le sopracciglia. Ho capito che c’è qualcosa che non va, probabilmente è l’Università, forse dovresti allentare un po’ la corda” nel sentire l’ultima parte della frase, Meredith si trattenne dal lasciare uscire un sospiro di sollievo. Florence aveva intuito qualcosa, ma almeno non immaginava neanche che sua sorella facesse la spogliarellista.
-“Forse hai ragione” mormorò Meredith, sorrise alla sorella e si rimisero in marcia. Florence non era convinta dalla risposta della sorella, aveva imparato a conoscerla troppo bene per sapere che le preoccupazioni di Meredith non sarebbero andate via con un semplice discorso di incoraggiamento. Florence sapeva benissimo che Meredith era ambiziosa, talmente ambiziosa da essere costantemente ossessionata dal futuro e il futuro ideale di Meredith era composto da tre cose: laurea a pieni voti, ottimo lavoro, stabilità economica. Era da sempre così, questo era il grande sogno di sua sorella. 
Il fatto che Meredith fosse così pragmatica non aveva minimamente impedito a Florence di vederla come un’eroina uscita dai suoi amati fumetti -perché, sotto sotto, Florence era sempre stata una nerd-, un’eroina di quelle con il mantello e la tutina, i capelli sempre in ordine e il trucco perfetto, una di quelle eroine che risplendono anche nel buio dei vicoli e che riescono a salvare tutti, senza bisogno di chiedere aiuto a nessuno. Meredith era fatta così, Flo lo sapeva bene e non poteva fare altro che ammirarla, come tutte le sorelle minori ammirano le sorelle o i fratelli maggiori. 
Ma quella sua aura di perfezione che sembrava proteggerla dal mondo, agli occhi di Florence si era leggermente incrinata nel momento in cui si era resa conto che Meredith non era affatto perfetta. Insomma, in quindici anni non l’aveva mai vista piangere, né essere preoccupata per qualcosa se non il benedetto futuro di tutt’e tre le sorelle Williams. Negli ultimi tempi, invece, era evidente che fosse preoccupata e Florence l’aveva persino sentita piangere.
Se lo sarebbe dovuto aspettare: nei fumetti i supereroi hanno sempre un lato oscuro, un demone che si trascinano dietro, qualcosa che li rende umani. 
Florence si rese conto, però, che quell’intaccatura nella corazza di perfezione aveva reso sua sorella ancora più forte e perfetta ai suoi occhi, ancora più solida e degna di fiducia e di ammirazione.

 

***

 

Meredith sospirò e si stiracchiò. Erano passate ore, si rese conto di avere la pancia completamente vuota.
-“E’ ora di andare a mangiare qualcosa” sussurrò alla sorella, Florence era a testa china sul libro, intenta a seguire il segno con il dito mentre prendeva appunti su un foglio strappato dal blocco di Meredith. Florence dimenticava sempre tutto.
Sorrise, pensando che stranamente Florence si era rivelata più seria persino di Bonnie. Pensò che lei a sedici anni non era mai stata seria, non aveva mai pensato troppo allo studio durante quell’anno, più che altro era stata colpa di un ragazzone idiota che l’aveva palpata alle festa delle sorelle Millar. Ripensò a John con una stretta di affetto, in fondo era stato il primo bacio, il primo fidanzato e il primo a esplorare quella parte di lei. Arrossì leggermente al ricordo. La sua prima volta era stata romantica, a modo suo John si era sforzato per creare la giusta atmosfera nel camper di suo fratello ma alla fine erano finiti sulla spiaggia e…
-"Andiamo?" fece Florence, risvegliandola dai ricordi. Ridacchiò e prese le sue cose. Meredith tese un braccio verso la sorella e le circondò le spalle, avvicinandola a sé.
-“Allora, come mai eri così seria?”
-“Tesina di scuola”
-“Su cosa?”
-“Su un personaggio storico che ammiriamo particolarmente”
-“E tu chi hai scelto?”
-“Michael Jackson”
Meredith scoppiò a ridere, attirando l’attenzione di due ragazze che la fulminarono con lo sguardo.
-“Michael Jackson, davvero?!” chiese, abbassando la voce e avvicinando il viso alla sorella per non disturbare oltre. 
-“No, in realtà ho scelto Napoleone. Però volevo scegliere Michael per davvero”
-“Non so se il professore avrebbe apprezzato la tua tesina, sai?”
-“Si, lo so” Florence alzò gli occhi al cielo, facendo ridacchiare Meredith -“E’ un tipo così palloso!”
Si sedettero ad un tavolo della caffetteria con i panini in mano e le bottigliette di acqua naturale. Mentre Meredith dava un grosso morso al suo panino, incontrò inaspettatamente lo sguardo di un ragazzo che aveva un’aria leggermente familiare. Capelli biondo rossicci, ricci e folti come la cresta di un leone, mascella squadrata, felina, occhi attenti e allungati come quelli di una pantera, corporatura asciutta e atletica, altezza nella media e quel passo sicuro di sé, tipico di chi sa di essere bello. Meredith corrugò le sopracciglia senza accorgersi che il pomodoro che aveva addentato all’interno del panino aveva sgocciolato sulla sua scollatura. Florence si era portata una mano alla bocca per nascondere un sorrisetto divertito.
 Meredith la ignorò e vide il ragazzo sorridere, si accorse di avere le guance tese per il boccone troppo grosso e si sentì arrossire e sprofondare.
“Ma è possibile essere più goffi di me?” si chiese Meredith, posando il panino sul piattino e asciugandosi la scollatura con il fazzoletto.




Benvenuti!
Ciao, mi presento: sono Elen e questa è la prima storia che scrivo con l'aiuto di un'altra autrice e spero che sia molto meglio. 
Allooora...BENVENUTI se siete nuovi in questa storia e non ne avete mai sentito parlare (vi dico solo che sarà bizzarra) e BENVENUTI a chiunque l'abbia già letta nella vecchia versione.
Ma forse vi sto confondendo le idee quindi è bene cominciare dall'inizio: questa che state leggendo è la versione 'aggiornata' della vecchia storia (le differenze sono poche in realtà: la vecchia versione era in prima persona dal punto di vista di Meredith; i POV subentravano a casaccio e al tempo, neanche tanto tempo fa in realtà, non collaboravo con nessuno quindi c'erano molti errori di battitura...).
Devo ammettere che ero molto affezionata a questa storia e quindi ho pubblicato un annuncio sul forum di EFP, al chè Maki Chan mi ha contattata e abbiamo cominciato a riscrivere tutto. 
Avevo pubblicato un avviso in cui dicevo che NON avrei eliminato la storia ma poi l'ho eliminata, per cui vi chiedo scusa se siete uno di quei tanti lettori che ci hanno creduto...immagino che non mi credereste se vi dicessi che l'ho fatto per sbaglio... ç_ç
Detto questo, spero che il nostro primo capitolo vi sia piaciuto!
Elen;-)

P.s.
La storia verrà aggiornata una volta a settimana, il venerdì pomeriggio, ma non contateci troppo...chi mi conosce sa che sono un po' imprevedibile! ^_^
Siamo anche in attesa del banner per la storia, quindi pazientate ancora un po' e confidate nel fatto che il risultato non vi deluderà!!
E ora vi saluto!

Ah, aspettate! 
Quasi dimenticavo... spero che sappiate che ci aspettiamo tante recensioni per la nostra autostima (molto bassa...datemi retta) quindi RECENSITEEEEEE!!

MODIFICATO IL 3/AGO./2015 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


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Capitolo Due 
betato da Maki Chan
 
Quella sera le ragazze del burlesque erano le prime a salire sul palco, il loro numero avrebbe preso un bel po’ di tempo. Meredith era stravaccata sul divano di cuoio scrostato, affianco a Fred. Il ragazzo giocherellava con la sua mano, come al solito. 
Fred era alto, i capelli decolorati in un biondo quasi bianco, leggermente mielato, in contrasto con le sopracciglia scure; era in topless, come durante gran parte delle serate al Timmy’s e indossava un paio di jeans sdruciti e rovinati ai bordi da cui si intravedeva l’elastico dei box. Sembrava più etero di uno stallone texano, eppure…
Fred aveva i tratti morbidi ma al contempo maturi, paradossalmente ruvidi come quelli di un uomo, per sembrare più grande lasciava crescere qualche millimetro di barba che gli irruvidiva la mascella. 
In quel momento canticchiava una canzone dei Queen, Bohemian Rapsody: “Mama, just killed a man \Put a gun against his head \Pulled my trigger,\now he's dead \Mama, life had just begun \But now I've gone and thrown it all away \Mama, ooo …” la melodia alquanto malinconica stava facendo venire a galla tutto il sonno represso di Meredith, che aveva chiuso gli occhi con il proposito di schiacciare un pisolino prima dello spettacolo.
-“Che stai facendo, Mer?! Non puoi concederti di stare senza far nulla. la risvegliò la voce di Charlotte, una vivace rossa, una delle regine del Timmy’s. 
Charlotte l’aveva presa da subito sotto la sua ala quando Meredith era entrata al Timmy’s con l’intenzione di trovare lavoro. Si era sentita come un pesce fuor d’acqua, con l’idea che spogliarsi non richiedesse un particolare talento. Charlotte l’aveva trascinata nella piccola sala prove dietro il palcoscenico di legno su cui ci si esibiva, dove i rumori della folla che riempiva il locale arrivavano soffusi. Le aveva sorriso velenosa, per rispondere allo sguardo sospettoso di Meredith, e le aveva detto -“Tu sei la solita ragazza che non conosce il mondo, immagino, piena di pregiudizi e di idee sbagliate” Meredith aveva provato a dirle che non aveva pregiudizi, ma non si sentiva tanto ipocrita da mentire così spudoratamente, perché era ovvio che Charlotte avesse ragione. La rossa aveva continuato a sorriderle e le aveva spiegato cos’era realmente il Timmy’s, cosa si faceva e infine le aveva fatto capire che, in realtà, per spogliarsi davanti ad un pubblico ci voleva eccome un talento. Meredith all’inizio aveva distolto lo sguardo, rossa in viso, Charlotte le aveva urlato: “Guardami! Non sarai mica una suora!” era stata una specie di sfida e Meredith non era mai riuscita a tenersi lontana dalle sfide, così aveva guardato. 
E poi era arrivato il suo turno, doveva imitare le mosse di Charlotte. Così aveva scoperto di possedere quel particolare talento.
-“Cosa hai preparato per stasera?” le chiese Charlotte, riportandola indietro dai ricordi. Si era seduta sullo schienale del divano e le stava spazzolando una ciocca di capelli con lentezza.
-“Sexy con classe” rispose Meredith, alzandosi dal divano e sorridendo a Fred, quindi dirigendosi verso la cabina con il borsone su una spalla.
-“Di che si tratta?” sentì chiedere da Charlotte, al di là del camerino.
-“Vedrai” borbottò Meredith, cercando di farsi sentire dall’amica, saltellando su un piede per togliersi i pantaloni. Sfilò la maglia e l’intimo, quindi afferrò la biancheria di pizzo nero -che consisteva in un bustier semitrasparente e un tanga abbinato- dal borsone e poi infilò l’abito rosso in stile Valentino, ovviamente falso, confezionato per lei dalla costumista del Timmy’s. Era un abito mozzafiato, aderente fino a metà polpaccio e poi drappeggiato e aperto a campana fino a terra, senza spalline. Infilò le scarpe di velluto bordeaux con il tacco vertiginoso, prese in un negozio di roba usata in stile pin-up -era bastato strofinare del pennarello indelebile rosso sulla punta e sui tacchi per farle tornare come nuove-, pregò Dio di non cadere rovinosamente faccia avanti. Uscì e Charlotte emise un fischio giocoso -“Sembri una diva, amore, una vera diva” le girò intorno -“Peccato che non credo tu sia all’altezza di quei tacchi” disse alla fine, Meredith scosse la testa e sorrise ansiosa.
-“Non sei d’aiuto, amore” ribatté, andando a sedersi davanti ad uno specchio libero.
-“Quando sei agitata dai il meglio di te” disse la rossa.
-“Ma io sono sempre agitata!” esclamò Meredith, concentrata a tracciare una riga di eye-liner decente.
-“Infatti” disse Charlotte, e prima che Meredith si rendesse conto che le aveva fatto un complimento, la rossa sgusciò via verso Fred.
Meredith riuscì a finire di truccarsi in tempo, quindi fu il momento per lei di prendere il posto delle ragazze del burlesque.
Meredith prese un profondo respiro e salì sul palco, presentata dalla voce potente e amplificata dai microfoni di Tim. Stare sotto i riflettori non la metteva in agitazione, al contrario delle voci che aveva sentito prima di entrare al Timmy’s: in realtà la aiutavano a non distinguere i singoli visi nella folla nera e compatta del pubblico.
La musica cominciò con il suo battito pulsante, come quello del suo cuore, e Meredith sorrise amabilmente, spingendo i pensieri verso un angolo nascosto della mente. 
Chiuse gli occhi, imitando le mosse seducenti che aveva provato con Charlotte un paio di giorni prima.
Spegnere i pensieri, con i mesi, era diventata una cosa molto più semplice di quando lo faceva durante i saggi di danza a Nestor.
Nestor era una piccola cittadina sul confine, noiosa e non differente da qualsiasi altra cittadina americana. Un posto dimenticato da Dio. Non conosceva un singolo adolescente di Nestor che volesse rimanere lì a vivere e crescere dei figli, con l’eccezione del figlio del pastore probabilmente.  I suoi si erano trasferiti a Nestor quando Florence era ancora piccola, più o meno quando Meredith cominciò il liceo, mentre Bonnie lo finiva e Florence usciva dalle elementari. Prima avevano vissuto a San Diego. Le tre sorelle avevano sempre sentito il bisogno di tornare a casa.
Mentre alcuni ricordi di Nestor le tornavano davanti agli occhi, Meredith si chinò in modo felino e accarezzò la mascella di un uomo lì vicino che la guardava con occhi bramosi.
-“Mi dai una mano, tesoro?” chiese all’uomo, lui annuì e la prese per i fianchi, aiutandola a scendere nonostante il salto fosse relativamente basso. Meredith appoggiò lentamente i piedi a terra e diede un bacio sulla guancia all’uomo, che le aveva rifilato cinque dollari, incastrandoli nella scollatura del vestito rosso.
Meredith fece un giro fra la folla, raccogliendo circa venti dollari, quindi tornò sulla passerella e si voltò, dando la schiena al pubblico e abbassando la zip sulla schiena come le aveva insegnato Charlotte. 
La rossa conosceva i più nascosti segreti della seduzione e aveva cercato di insegnarli a Meredith, dal modo in cui stringere la zip per far risaltare i polsi sottili e le dita lunghe -con le dita allargate e il mignolo all’insù- fino al modo di distendere la gamba durante una piccola passerella per far sembrare i fianchi più tondi e la vita più sottile. Meredith ricordava ancora lo stupore nel vedere che tutti i consigli di Charlotte funzionavano, provava ancora quella sorta di ammirazione per una seduttrice nata come lei.
Arrotolò la parte superiore del vestito fino ai fianchi, fece una piroetta con le braccia alzate sopra la testa e l’abito scivolò lentamente giù per le gambe con un “avvitamento” molto bello a vedersi. Scavalcò lentamente l’abito, fece l’occhiolino ad una ragazza che stringeva il braccio di quello che probabilmente era il suo fidanzato ed improvvisò una passerella. 
Il ritmo della canzone si era fatto più veloce e Meredith decise che era ora di “diventare selvatica”, per usare i termini di Charlotte. 
Stavolta non chiese aiuto all’uomo per scendere dal palco, dondolò le gambe e fece un balzo. Con una mossa studiata si guardò distrattamente intorno, quindi si diresse verso il tavolo più vicino, accarezzando di tanto in tanto la spalla o il braccio di chiunque gli si parasse davanti.
L’uomo al tavolo le sorrise e alzò una banconota da dieci. Meredith gli fece l’occhiolino e si sedette su di lui.
-“Dammi una mano” sussurrò, l’uomo sorrise e Meredith gli prese le mani, quindi le portò al primo gancetto del bustier e alzò l’indice davanti al volto dell’uomo -“Solo uno”
Il tipo sganciò il gancetto e allungò le dita verso il secondo, Meredith fu veloce a prendere i soldi e a bloccarli sotto l’elastico del perizoma, contro la coscia, quindi baciò sulla guancia l’uomo e si diresse verso un altro tavolo.
Alla fine del primo numero radunò sessanta dollari, quindi tornò dietro le quinte, riallacciando il bustier per coprire il seno.
Charlotte le sorrise e le fece l’occhiolino -“Sei stata brava. Ora vado a risvegliarli io” Meredith ridacchiò e la guardò prendere il suo posto. Fred intanto stava chiacchierando con un gruppo di ragazzi che lavoravano al Timmy’s da qualche mese ma che sembrano avere molta grinta.
Le ragazze del burlesque si stavano preparando per entrare in scena dopo Chalotte, poi sarebbe stato il turno dei ragazzi e verso le due Meredith avrebbe fatto il secondo turno, dopo quello di Fred.
Il sabato sera si stava aperti fino a tardi, a volte fino alle cinque.
Meredith sbuffò e si sedette sul divano con le cuffiette dell’iPod nelle orecchie, pronta a far trascorrere il tempo il più velocemente possibile. In quel momento, le sarebbe piaciuto stare a letto a leggere con una bella tazza di tè fra le mani, aveva più o meno tre romanzi ancora da finire e altri quattro nella lista di “libri da leggere” oltre a tutti i libri universitari che Mr. Elman amava somministrare ai suoi studenti.
Fece un breve pisolino. Venne svegliata da Fred che le porgeva una tazza gigantesca di caffè, a quel punto prese dal borsone nero i suoi libri e cominciò a studiare per il test di lunedì.
Il tempo passò, i numeri si susseguivano uno dopo l’altro e le informazioni si fissavano nella mente stanca ma determinata di Meredith, fino a quando non venne l’ora di prepararsi.
Ormai aveva ingranato e salendo sul palco non aveva più bisogno di concentrarsi per spegnere i pensieri, fra sé e sé continuava a ripetere le nozioni del libro per fissarle meglio nella mente.
Era vestita da segretaria, con una gonna a tubo grigia e la giacchetta coordinata con grossi bottoni di velluto neri, oltre agli occhiali neri. Charlotte le aveva raccolto i capelli in uno chinon tirato e Meredith si era lasciata truccare dall’amica, che le aveva dipinto le labbra di un viola scuro e opaco. Indossava delle ciglia finte in stile drag e Charlotte le aveva fatto uno smokey eyes praticamente perfetto in tonalità grigie e nere.
Sul palco c’era già James, che faceva la parte del capo. Era seduto dietro ad una scrivania e faceva finta di leggere dei documenti. Meredith si avviò direttamente verso di lui, nessuna musica di sottofondo, solo qualche schiamazzo della folla che riempiva il Timmy’s. Per lo più erano tutti concentrati a osservare la scenetta, Meredith la trovava abbastanza banale ma lei e James avevano provato talmente tanto la “coreografia” da sapere che non era banale.
-“Hey Ma-ma-mama!” canticchiò Meredith, atteggiando la voce ad una tonalità bassa e roca -“I like the dirty rythm you play” disse, avvicinandosi a James. In quel momento cominciò la canzone, una delle più famose negli ultimi mesi, Hey Mama di David Guetta. 
James appoggiò i fogli sul tavolo e la guardò con le sopracciglia alzate, fingendosi piacevolmente sorpreso. Come da copione, Meredith fece un paio di piroette e gli fece segno con il dito di avvicinarsi. James sorrise e si alzò, Meredith lo tirò dalla cravatta portandolo al centro del palco e ballandogli intorno. Seguendo il ritmo della canzone, tolse gli occhiali e sciolse i capelli, accarezzò la mascella di James e riprese a ballargli intorno. Stavolta James, come avevano deciso insieme, la prese per i fianchi e la avvicinò a sé. 
Maggior parte dei passi li avevano copiati da Dirty Dancing -avevano preso le mosse più seducenti, non il balletto finale-, uno dei film preferiti di Charlotte. 
Ballarono per un minuto buono, alternando passi di danza allo spogliarello vero e proprio. La folla aveva riconosciuto la canzone e forse qualcuno anche i passi, che erano un susseguirsi di ondeggiamenti dei fianchi e baci sul collo e sul petto.
Quando entrambi si ritrovarono in intimo, venne il momento di scendere fra il pubblico.
Fu a quel punto che qualcuno prese il polso di Meredith, tirandola verso di sé.
Meredith sorrise felina e accarezzò la mascella del ragazzo, ma quando i suoi occhi incontrarono quelli di lui rimase pietrificata.
Charlotte le aveva ripetuto tante volte cosa fare in caso qualcuno l’avesse riconosciuta, a sentire la rossa era una cosa che accadeva abbastanza spesso, ma in quel momento sentiva la testa maledettamente leggera e il panico cominciò a stringerle lo stomaco.


Buonsalve!
Eccoci di nuovo qui, con il secondo capitolo ^.^
Prima di tutto, ringrazio Whakaritea (bellissimo nome!! oltretutto hai una bellissima foto del profilo!) per la recensione al primo capitolo della storia e i mille complimenti! 
Immagino che il bello delle recensioni non sia solo "aumentare" l'autostima di chi scrive (o anche abbatterla, in effetti, ma in quel caso penso sia giusto perchè vuol dire che uno scrive di m****) ma anche rendere i lettori "reali", ecco perchè dovete recensire ... dopo questa attenta e matura riflessione, torniamo alla storia!
Ringrazio anche chi ha già messo la storia fra i preferiti e i seguiti (sincermanete non me lo aspettavo, non così prestooo!!!) e sappiate che ci avete fatte contentissime :* (SMAK!!) 
Sapevo di aver detto che avrei aggiornato venerdì pomeriggio, ma sono stata presa dalla "sindrome del novellino" e quindi ho pensato di aggiornare a metà settimana, presa completamente dall'entusiasmo :3 Ma venerdì pomeriggio potrete aspettarvi comunque un capitolo...
Per il banner bisogna ancora aspettare, mi sto ancora organizzando, anywaaaayy...spero che lo vedrete presto.
Detto questo, vi saluto e alla prossima!
Elen;-)

P.s.
RECENSITEEEE!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


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Capitolo Tre
(POV Daniel)


betato da Maki Chan


 
Daniel non poteva crederci. Quella ragazza buffa della biblioteca era una stripper, e a vederla ora, con tutto quel trucco e la biancheria sexy, sembrava un sogno divenuto realtà, uno di quei sogni che faceva da adolescente che a volte gli capitava di fare ancora. 
Lo vide nei suoi occhi, anche lei lo aveva riconosciuto e si era momentaneamente bloccata. Nei suoi occhi chiari, in sorprendente contrasto con i capelli scuri ora sciolti e leggermente arricciati alle punte, vide qualcosa di simile a panico misto a sorpresa. 
La ragazza, Daniel non sapeva come si chiamasse realmente ma era determinato a scoprirlo, sembrò riprendersi dal suo momentaneo spaesamento e gli carezzò con un gesto languido la mascella, spostando poi la mano verso la spalla e poi lungo il braccio in una lenta e seducente carezza. Gli fece l’occhiolino mentre brividi lenti e piacevoli si propagavano lungo la schiena di Daniel, facendogli venire la pelle d’oca.
Le sorrise -“Io ti conosco” disse, lei sorrise di rimando mostrando dei denti bianchi nella penombra del locale.
Daniel vide con la coda dell’occhio che il ragazzo con cui aveva ballato la ragazza stava girando lì intorno e li guardava con curiosità, tornando poi subito a concentrarsi su una cliente piuttosto scatenata.
-“Non credo, tesoro” rispose lei, la voce simile alle fusa di una gattina. Daniel la osservò meglio, gli occhi lunghi e chiari erano da gatta, così come le labbra, ma sul suo viso c’era un che di dolce e allo stesso tempo sexy. In realtà, Daniel non era mai stato il tipo da trovare la dolcezza una qualità seducente, anzi, spesso si ritrovava a non sopportare le ragazze smielate, con gli occhioni finto-dolci da bambina e le tette grosse come meloni. A suo parere, era sgradevole da vedere, in più quel tipo di ragazza aveva il vizio di parlare troppo.
-“Ti ho vista in biblioteca, stamattina”
-“Non sono il tipo da biblioteca” disse, quindi gli baciò la mascella, seguendo un percorso immaginario dal lobo dell’orecchio all’angolo della bocca. Daniel sentì un piacevole movimento dentro i pantaloni e le sorrise, avrebbe dato di tutto per portarla a letto.
Le rifilò una banconota da dieci e lei gli fece l’occhiolino, quindi si allontanò con la sua andatura ancheggiante.
Daniel la osservò con le sopracciglia corrugate, chiedendosi cosa ci facesse una stripper in una biblioteca.
 
***
 
Mike e Daniel sedevano al loro tavolo, il primo che si era liberato. 
-“Mi piace questo locale” disse Mike, cercando di sovrastare la musica alta su cui ballava una ragazza dai fiammeggianti capelli rossi che non sembravano tinti. Daniel la osservò.
-“Dici che fanno anche il servizio a domicilio?” chiese Daniel. Mike gli sorrise con malizia.
-“Chi hai puntato?”
-“La bruna con i capelli lunghi”
-“La segretaria?” chiese Mike, tentando di ricordare, di ragazze brune ne avevano viste parecchie su quel palco.
Daniel si limitò ad annuire. Mike ridacchiò -“C’è solo un modo per scoprirlo, amico”
Daniel annuì di nuovo, osservando la Rossa dimenarsi sul palco. Aveva delle gambe favolose, lunghe e pallide come quelle di una modella.
-“Aspettala sul retro” gli suggerì Mike.
Quando la Rossa scese dal palco -era un’abitudine delle stripper a quanto pareva- Mike se la tenne quasi tutta per sé con un ventone.
Daniel nascose un sorriso divertito, osservando l’amico allungare le mani verso il sedere della Rossa. Lei gli lanciò un’occhiata seccata ma si dedicò anche a lui.
Dopo la Rossa, tornò la Bruna con il suo terzo numero. Stavolta non mise in atto nessuna scenetta. Daniel aveva capito che ogni stripper aveva un proprio stile, una proprio tattica di intrattenimento. La Rossa era selvaggia, ad esempio, aggressiva quanto bastava per catalizzare tutte le attenzioni del pubblico su di lei, tutto in lei era seducente, dal modo in cui i capelli svolazzavano intorno a lei come mossi da un vento immaginario al modo di muovere le mani. 
La Bruna invece alternava i movimenti fluidi della danza a quelli più aggressivi dello spogliarello, nonostante incontrasse spesso lo sguardo dei clienti sembrava comunque lontana anni luce da lì, concentrata nei movimenti da fare, e ciò la rendeva ancora più seducente.
Il terzo numero fu il più eccitante, senza tutti i fronzoli che avevano accompagnato i precedenti due, e Daniel si ritrovò a trattenere il respiro e a forzarsi a pensare a qualcosa di brutto per reprime il suo amico.
Quando la Bruna ebbe finito il suo numero, Daniel si alzò e si avvicinò ad un ragazzo che lavorava come barman.
-“Sai quando stacca la ragazza che è appena salita sul palco?”
-“Ti riferisci a Baby?” chiese il ragazzo con uno sguardo divertito.
-“Proprio così” Daniel indurì la mascella e il ragazzo gli sorrise.
-“Di solito verso le tre se ne va, questo era il suo ultimo numero”
Daniel controllò l’orologio, mancava mezz’ora alle tre in punto -“Grazie, amico”
-“Di nulla” borbottò il barman, servendo un cocktail ad una ragazza che fece l’occhiolino a Daniel. Lui la ignorò e tornò da Mike -“Io vado”
-“Ci si vede allora”
-“A domani” lo salutò distrattamente Daniel, Mike non rispose, concentrato a chiacchierare con una ragazza che gli si era avvicinata.
Daniel uscì dalla porta principale e fece il giro del locale, quindi si accese una sigaretta, in attesa che la Bruna uscisse dalla porta di metallo che poteva essere aperta solo dall’interno.
 
***
 
Mezz’ora dopo, alle tre in punto di notte, la Rossa e la Bruna uscirono, ridacchiando su qualcosa. La Rossa lo guardò con occhio critico e la Bruna seguì lo sguardo dell’amica, quindi incontrò quello di Daniel. 
Si era struccata, era tornata ad essere la ragazza della biblioteca. Daniel indossò il suo sorriso più seducente e lei gli si avvicinò.
Lui le offrì una sigaretta ma lei non la accettò -“Non fumo” disse.
Daniel scrollò le spalle e se ne accese una, la Rossa sorrise alla Bruna -“Io vado, altrimenti perdo l’autobus”
-“Ok, ciao”
La Rossa le lanciò un’occhiata eloquente ma la Bruna fece finta di non capire.
-“Ti va di fare un giro?”
-“Sono stanca, mi spiace”
-“Qual’è il tuo prezzo?” chiese lui con la sua voce bassa.
-“Non ho un prezzo, cercatene un’altra” ringhiò lei. Daniel sentì un prurito di rabbia.
-“Wow” portò la mano al cuore e fece un passo indietro, spalancando gli occhi in modo teatrale -“Una puttana che dice di no! Questa non l’avevo ancora sentita”
La Bruna sembrò trattenersi da urlargli in faccia e invece sorrise, velenosa. Daniel si ritrovò a desiderarla ancora di più.
-“Brucia, vero?” ora sembrava un serpente. La luce dei lampioni si riflettevano sui suoi occhi chiari, facendo sembrare le sue pupille sottili e allungate come quelle di un rettile. 
Girò i tacchi e se ne andò. Daniel non la inseguì, avrebbe fatto in modo che fosse lei a inseguire lui. Non sapeva ancora come, ma ci sarebbe riuscito. Prese una boccata profonda dalla sigaretta, che il vento aveva mangiato per metà, e se ne andò a casa.
Aveva un appartamento di fronte al lungomare, abbastanza costoso e tanto lontano da lì da sembrare in una città completamente diversa.
Salì in sella alla sua moto, una Kawasaky dal corpo blu, lucido, e il cuore dipinto di una vernice nera opaca. Era una moto da corsa, comprata con i risparmi di quando era adolescente. Sua madre non aveva mai approvato quella moto, così per il compleanno dell’anno prima gli aveva regalato un furgone nero simile a quello dei narcotrafficanti, troppo costoso per essere brutto.
Sentiva ancora la sua leggera eccitazione, che via via si stava spegnendo, soppiantata dalla orribile sensazione che si prova quando si viene rifiutati. 
-“Puttana” borbottò fra sé entrando nel suo appartamento. I mobili sarebbero stati belli se solo non fossero stati coperti da tutto quel disordine.
Daniel non riusciva a capacitarsi di come fosse riuscito a spargere così tanti vestiti in giro per il salone, eppure abitava da solo.
Era notte fonda, ma non aveva sonno. Inoltre l’indomani non avrebbe dovuto affrontare nulla di troppo impegnativo, per cui poteva permettersi di fare tardi.
Sentiva il bisogno di sfogare l’eccitazione, che era rimasta comunque inespressa per colpa di quella puttana. Ma non gli andava di farlo da solo, masturbarsi era una cosa da perdenti, sarebbe stato idiota a non approfittare di tutte quelle ragazze che gli avevano lasciato il numero.
L’ultima conquista era stata una certa Lilly, l’aveva rimorchiata il weekend precedente in una discoteca nelle vicinanze del suo appartamento.
Premette il tasto di chiamata sul suo iPhone ultimo modello e attese che rispondesse. 
-“Pronto?” Lilly aveva una voce stridula, Daniel sapeva che non l’avrebbe svegliata e anche se fosse stato così non si sarebbe fatto problemi a chiamarla.
-“Sono Daniel”
-“Daniel?”
-“Weekend scorso, sei venuta nel mio appartamento…”
-“Ah, si! Il biondino?”
-“Proprio così” sospirò Daniel -“Mi chiedevo se ti andava di venire da me”
-“Ma certo!” esclamò Lilly -“Ti da fastidio se porto un’amica?”
-“Figurati” ridacchiò Daniel -“Porta anche qualche alcolico, ho paura che non ce ne sia rimasto molto in dispensa”
-“Arrivo, penso di ricordare bene la strada”
-“Se ti perdi, chiamami”
-“Ok” Lilly ridacchiò e la telefonata si concluse.
Mezz’ora dopo, Daniel sentì suonare il citofono e sfregando le mani si preparò per una nottata impegnativa.
 
***
 
Il sole era troppo forte perché fosse mattina presto. Daniel si svegliò con un pulsante mal di testa, nonostante gli anni di sbronze liceali, l’alcol continuava ad avere lo stesso effetto su di lui. Non ricordava molto della serata precedente. 
Si guardò intorno e mugolò qualcosa nel vedere i corpi di due ragazze immerse completamente nel sonno, stese di fianco a lui sull’enorme letto matrimoniale. Quante ne aveva viste quel letto!
La finta bionda, Lilly, mugugnò qualcosa quando Daniel si alzò dal letto. Lui la ignorò e si diresse verso il bagno per fare una doccia.
Rimase a lungo sotto le grosse gocce d’acqua, con il sapone che scivolava lungo le spalle massicce e le braccia. Il braccio destro era completamente coperto da tatuaggi, che si prolungavano verso la scapola e il centro della schiena come lingue di fuoco. Aveva speso una miriade di soldi per quei tatuaggi, la gran parte li aveva fatti a Los Angeles, alcuni a New York e un paio ad Amsterdam durante il suo viaggio per il diploma. Non ricordava molto di quel viaggio, era rimasto stordito per tutto il tempo, a fumarsi una canna dopo l’altra senza la preoccupazione di essere beccato dai genitori o dalla polizia. Amava quella città.
Si insaponò un’ultima volta, quindi uscì, avvolgendosi un asciugamano intorno alla vita più per consuetudine che per pudore. Non era mai stato un tipo timido, in realtà si trovava piuttosto a suo agio con il suo corpo. 
Controllò l’orologio, era mezzogiorno inoltrato e fuori alcuni approfittavano del caldo e della bella giornata per prendere il sole.
Daniel aveva sempre amato il caldo.
Le ragazze dormivano ancora, Daniel sbuffò, stanco della loro presenza. Così accese lo stereo in salone e lo mise al massimo, dopo un paio di minuti le ragazze comparvero dalla stanza. Vestite e truccate ma con lo sguardo distrutto dalla sbronza che avevano preso la notte prima.
Sorrisero a Daniel e finalmente se ne andarono. L’amica di Lilly gli lasciò un biglietto con il suo numero sull’isola della cucina.
Daniel sospirò e si stravaccò sul divano, chiuse gli occhi e si fumò una sigaretta per cominciare la giornata.


Sorpresaaaaa!
Ecco il POV di Daniel, di cui non vi avevo detto nulla (lo so, lo so ç_ç)... Come vi sembra? Vogliamo i vostri pareri!
Nell'attesa di un banner fatto da una vera professionista, chi mi ha informato (presto arriverà il banner!), ne ho fatto uno io e l'ho aggiuto ai capitoli...spero che vi piaccia!
I volti sono poco distinguibili perchè penso che una delle cose belle della lettura sia l'immaginazione e la fantasia che si impiegano per "creare" il volto di un personaggio... quindi spero che le immagini che ho scelto non siano troppo diverse da quello che vi eravate immaginati voi!
Lo so, lo so, è venerì mattina e non pomeriggio: oggi pomeriggio devo prendere il treno (!!!) per cui non avrei potuto aggiornare. Ma non cambia molto no?!
Per fare il banner ho utilizzato un programma per iPhone e iPad che si chiama "Bazaart" ed è una figata! Provatelo!!! (mi dovrebbero pagare per la pubblicità,...)
Detto questo, ringrazion le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e vi invito a esprimere il vostro parere!!
Mi raccomando! RECENSITEEE!
Elen;-)

P.s.
Il prossimo appuntamento a lunedì pomeriggio, immagino... ^_^

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


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Capitolo Quattro
betato da Maki Chan


 
Il cielo era un’immensa distesa blu, i raggi del sole forti e caldi rendevano la terra e l’erba secche e aride, morte. Meredith pensò di odiare il sole di Nestor. Il sole della California.
Si dondolò sull’altalena, osservando la gonnella bianca svolazzare, mossa da quella leggera brezza polverosa. Intorno a lei, oltre le inferriate del parco, c’era Nestor, con le sue case basse e le ville a schiera, con i giardini pieni di yucca e cactus. 
Era il suo compleanno e John le aveva detto di aspettarlo all’altalena del parco. Lo stava aspettando, con la terribile paura che lui non venisse, che fosse solo uno scherzo.
Ma poi lo vide, che si avvicinava con le mani in tasca, come al suo solito. Con quell’aria da bravo ragazzo, i tratti dolci dell’adolescenza ma la leggera barbetta che gli velava la mascella. Gli occhi chiari come quel cielo che gli faceva da sfondo.
Meredith sentì il cuore batterle forte, aveva una cotta per John da secoli e lui sembrava ricambiare da qualche settimana. Lei aveva fatto in modo che lui la notasse, che mettesse da parte le altre ragazze e guardasse solo lei. 
John le sorrise e lei si alzò in piedi, troppo tesa per rimanere seduta a dondolare sull’altalena. Ricambiò il sorriso, sapendo che il suo non sarebbe stato abbagliante come quello di lui.
-“Buon compleanno” le disse John. Meredith sorrise di più, felice che se ne fosse ricordato. 
Lui le stava dicendo qualcosa ma lei non lo stava ascoltando, si rese conto che si aspettava una risposta.
-“Eh?” disse, si diede subito dell’imbranata. Lui ridacchiò.
-“Sei la solita distratta” disse, e poi successe. 
La baciò.
Meredith non ebbe il tempo di pensare che era il suo primo bacio, che i capelli non erano a posto o che non aveva messo il burro di cacao. Riuscì a pensare solo che John la stava baciando, le labbra carnose di lui premevano contro le crostincine delle sue. Era magnifico.
Meredith si lasciò andare, chiuse gli occhi e si godette il momento. 


Meredith aprì gli occhi nel momento stesso in cui la sveglia cominciò a suonare, interrompendo il ricordo del suo primo bacio. Erano le sei e sul suo stomaco sentiva il peso del libro di Antropologia, ai piedi del letto era caduto il quaderno degli appunti e la penna era rotolata un po’ più lontano. 
Era lunedì, il giorno del test.
Meredith sentì una stretta di ansia: n realtà l’ansia non l’aveva mai abbandonata durante quel weekend e si era fatta sentire più forte subito dopo aver incontrato lo sguardo del ragazzo della biblioteca al Timmy’s. 
Non riusciva ancora a capire come mai fosse successo, qualcosa in lei continuava a dirle che era solo il destino. Peccato che Meredith non avesse mai creduto al destino…
Si alzò svogliatamente dal letto ad una piazza e mezzo e si fiondò in bagno per non fare tardi. Florence dormiva ancora, Bonnie stava preparando la colazione. Non capitava spesso che Meredith  riuscisse a svegliarsi prima di Bonnie. 
Accese la radio e si lasciò trasportare dal ritmo dell’ennesima canzone di David Guetta, What I did for Love.
Canticchiò le parole fra sé, insaponandosi i capelli con lo shampoo alla lavanda. 
Bonnie era sinestetica, era raro trovare una persona che come lei riuscisse ad attribuire ad ogni cosa un colore. Una volta, quando erano bambine, le aveva detto che il suo colore era il viola e da allora Meredith aveva sentito un grande trasporto verso quel colore, la tranquillizzava, e aveva scoperto di amare qualsiasi cosa fosse viola, persino la lavanda o le tende, o il rossetto. 
Si insaponò una seconda volta, strofinando per bene la pelle delle braccia e delle gambe e inspirando l’odore di sapone. Sentì che la morsa di ansia stava cominciando ad allentarsi. 
Meredith era certa di conoscere tutte le informazioni a memoria, le parole più adatte da usare, i nomi più importanti. Le informazioni erano chiare e tangibili nella sua mente e questo voleva solo dire una cosa: avrebbe fatto scintille al test.
Uscì dalla doccia, si asciugò e tornò nella sua ‘camera’. Dopo aver frugato nella cassettiera bianca da quattro soldi, trovò un paio di jeans sbrindellati e scuciti sull’orlo e una camicetta bianca larga. Si vestì velocemente, infilò le scarpe con il tacco di sughero che aveva preso dall’armadio di sua madre prima di lasciare Nestor e andò a fare colazione, stringendo la borsa in una mano.

 
***


La facoltà di Antropologia della University of California distava circa quaranta minuti da Old Town.  In metro si faceva un po’ prima.
Meredith amava affondare nella giornata con una bella canzone, qualcosa che le facesse dimenticare il sonno che si portava dietro dalle serate al Timmy’s e che la caricasse abbastanza per riuscire a stare attenta durante le lezioni e attiva.
Se c’era una cosa che non sopportava, era sentirsi apatica e sonnolenta.
Alle sette e quaranta del mattino, San Diego aveva definitivamente preso vita, le persone camminavano o correvano, alcuni vestiti elegantemente, altri invece con la divisa da cameriere. Gli spazzini avevano finito di pulire le strade, anche se San Diego sarebbe sempre apparsa polverosa e sporca a causa del caldo.
Si prospettava una giornata grigiastra, la prima della stagione. Meredith pensò che fosse proprio venuta l’ora che cadesse un po’ di pioggia e a dirla tutta, un lunedì piovoso l’aveva sempre aiutata a concentrarsi meglio sulla settimana da affrontare.
In quel momento le squillò il cellulare, un vecchio Nokia, uno dei primi touchscreen.
-“Ehilà!” esplose la voce di Charlotte dall’altra parte della linea. A Meredith sfuggì un sorriso.
-“Ciao”
-“Come stai, amore?”
-“Una favola” rispose sarcasticamente Meredith.
-“Volevo solo augurarti buona fortuna, so che sei agitatissima” Charlotte ridacchiò -“Ma te l’ho già detto, quando sei sotto pressione dai sempre il meglio di te”
-“Grazie, Charlotte” disse Meredith, sentendo una stretta d’affetto per l’amica. 
-“Figurati, chiamami appena hai finito”
-“Sarà fatto”
-“Allora a dopo!” Charlotte non diede il tempo a Meredith di salutarla che aveva già chiuso la chiamata. Sentire la voce pimpante e allegra di Charlotte l’aveva fatta sentire molto meglio, più leggera.

 
***


Nel momento stesso in cui Meredith entrò nell’aula, fuori cominciò a piovigginare. Gocce sottili e leggere, sporche di smog e calde. 
Piovve per le due ore che durarono il test, come se il cielo volesse distrarre Meredith in continuazione con il rumore piacevole delle gocce contro il vetro della finestra.
Era frustante non poter stare fuori con le gocce che picchiettavano sul viso, la sensazione di fresca umidità dell’acqua sulla pelle. Una delle sensazioni preferite di Meredith. Sospirò, pensando a quanto sarebbe stato piacevole poter tornare a casa e dormire con quel sottofondo costante e ritmico, le sfuggì uno sbadiglio.
Il professore le lanciò un’occhiataccia, sembrava essere l’unica a non scrivere, Meredith si guardò intorno e notò che tutti gli altri erano chini sui loro fogli. Si decise a cominciare.
Lesse la prima domanda e nella sua mente si formarono le parole per scrivere la risposta in modo fluido e chiaro, due caratteristiche che di solito non le appartenevano. 
Dopo due ore Mr. Elaman tuonò: -“Giù le penne!” e mentre aspettava che gli studenti in prima fila raccogliessero tutti i fogli di quelli dietro di loro, Meredith ebbe qualche secondo per riprendersi dallo stato di trance in cui di solito scivolava durante un compito. 
Affondò il viso fra le mani, massaggiandosi le tempie e mordendosi le labbra per togliere le crosticine. 
Aveva una brutta, bruttissima sensazione.
Una volta uscita dall’aula incontrò lo sguardo di Fred, che le sorrise e le corse incontro con la borsa a tracolla su una spalla.
-“Com’è andata?”
Meredith sbuffò -“Sei banale” ridacchiò, il fatto che ci scherzasse su voleva solo dire che era andata male. Quando andava bene Meredith tendeva a rimanere in silenzio, segretamente compiaciuta di sé stessa, ma decisa a non mostrare la sua contentezza. Fred non aveva ancora capito come mai l’amica avesse una reazione così differente da quella di gran parte delle persone. 
Fred si rabbuiò nel notare come Meredith muovesse gli occhi da una parte all’altra, troppo agitata per soffermarsi davvero su qualcosa, probabilmente aveva la testa lontana chilometri da quel corridoio della facoltà di Antropologia. Fred sospirò e si sistemò meglio la borsa sulla spalla, quindi rimase in silenzio e Meredith non tentò di intavolare una discussione.
Entrarono in mensa, dato che entrambi non avrebbero più avuto corsi da seguire per un paio d’ore, e si sedettero ad un tavolo rotondo più piccolo degli altri.
-“Non pensarci” disse solamente Fred e Meredith sorrise mestamente, arrendendosi ormai alla spiacevole sensazione di aver fatto fiasco.
-“Non riuscivo a concentrarmi”
-“A cosa pensavi?”
-“La pioggia” disse solamente Meredith. Fred alzò le sopracciglia, non capendo cosa c’entrasse la pioggia con il compito di Mr. Elman.
-“Come?”
-“Quella dannata pioggia mi ha distratto per tutto il tempo” sbuffò Meredith, continuando a mordicchiarsi il labbro e abbassando lo sguardo sul tavolo sporco di briciole di pane.
-“La pioggia?” Fred non era del tutto convinto. A lui la pioggia non dava alcun fastidio ed era sicuro che anche per molti altri fosse così.
-“Non lo dire come se fosse una cosa strana” disse Meredith ma subito dopo si bloccò, facendo dimenticare a Fred quello che stava per dirle. Il ragazzo seguì lo sguardo di Meredith, che era puntato su un ragazzo dai capelli biondo rossicci, riccioluti e folti. Dalle maniche corte della maglia bianca uscivano braccia forti coperte da tatuaggi e Fred ridacchiò fra sé. Non avrebbe mai detto che alla sua amica piacesse il tipico ‘bad boy’ ma non poteva negare che quel ragazzo avesse fascino.
-“Sai già come rimorchiarlo?” le chiese, senza voltarsi verso di lei. I due rimasero con lo sguardo fisso sul ragazzo che chiacchierava con gli amici. 
-“Fred, lui non mi piace” borbottò Meredith, persino lei non sembrava essere convinta di quello che aveva appena detto; mentre l’amica gli rispondeva, Fred spostò lo sguardo su uno degli amici del Riccioluto.
Fred sentì il cuore perdere un battito, rallentare per poi partire al doppio della sua solita velocità. Trattenne il respiro mentre osservava quel ragazzo con la giacca di pelle nera con un paio di spille di qualche band heavy.
-“Sai già come rimorchiarlo?” ridacchiò Meredith, scivolando a sedere accanto a lui e osservando il ragazzo con la giacca di pelle. 
-“Direi di cominciare a studiare un piano” borbottò Fred -“A quanto pare sono amici” 
In quel momento il Riccioluto si voltò e dopo aver fatto vagare per qualche secondo lo sguardo nella mensa, posò gli occhi su Fred. Corrugò le sopracciglia e con un’aria sorpresa notò Meredith. 
Fred sentì l’amica irrigidirsi e pensò che un ragazzo l’avrebbe distratta dall’esito dell’esame, compiaciuto, notò che anche il Riccioluto si era irrigidito e cercava di nascondere l’espressione sorpresa. 
L’amico del Riccioluto gli diede una gomitata nelle costole per attirare di nuovo la sua attenzione, ma quando il ragazzo non diede risposta seguì il suo sguardo e lo posò su Fred. I due ragazzi si guardarono per un paio di secondi.
Fred sentì quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, quella che non aveva mai provato prima, simile ad un attimo sospeso, come se il tempo si fosse fermato. Poi il suo cuore irruppe, spezzando l’attimo di silenzio che era sceso intorno a lui, potente come i battiti della grancassa in una discoteca.
E poi tutto riprese a scorrere, forse più velocemente del dovuto, come se il tempo, rimasto sospeso, dovesse recuperare i secondi persi. Il Riccioluto si avviò nella loro direzione, puntava Meredith. L’amico del Riccioluto diede un’ultima occhiata a Fred e seguì l’amico verso il loro tavolo.
-“Che ci fai qui?” la voce di Meredith irruppe nelle orecchie di Fred, aveva un tono più alto del solito e il ragazzo notò una nota di panico. Si girò e studiò l’amica, ma il suo viso era totalmente inespressivo, le sopracciglia leggermente corrugate.
-“Ti dovrei fare la stessa domanda” fece il Riccioluto. 
-“Aspettate, voi vi conoscete?” nessuno rispose.
-“Vi conoscete?” ripeté Fred, osservando attentamente sia Meredith che il Riccioluto.
-“E’ il ragazzo…di cui ti ho parlato” disse Meredith dopo qualche secondo di silenzio. Il Riccioluto continuava a guardarla con un sorriso malizioso, immerso nei suoi pensieri ma allo stesso tempo interessato a quello che Fred e Meredith si dicevano.
Fred capì il perché dell’agitazione dell’amica. Guardò il Riccioluto con un misto di sorpresa e sospetto.
-“Dovremmo parlare, non credi?” disse il Riccioluto. Meredith scosse la testa e lanciò una veloce occhiata a Fred.
-“No, non dovremmo” disse Meredith, risoluta, abbandonando l’aria intimorita che aveva prima -“Anzi, dovresti starmi alla larga” aggiunse.
Prima che il Riccioluto parlasse, Fred sorrise all’amica -“Invece dovreste proprio parlare, sembra che siate destinati a incontrarvi dappertutto” 
Meredith esitò e sospirò -“Non ho niente da dirgli”
-“C’è sempre qualcosa da dire” disse il Riccioluto.
-“Ti ho già detto di starmi alla larga”
-“E io ti dico che non lo farò” sorrise -“Mi piaci” 
Fred si strozzò con la sua stessa saliva e scoppiò in un attacco di tosse. Meredith era paralizzata dalla sorpresa. L’amico del Riccioluto ridacchiava. Il Riccioluto la guardava con un’aria di sfida.
-“Mi stai prendendo per il culo?” sbottò Meredith. Lui sorrise.
-“Mi piacerebbe molto farlo”
Meredith arrossì di rabbia, sapeva che si sarebbe dovuta sentire lusingata eppure sentiva che era tutto un enorme scherzo. 
-“Lo so bene che ti piacerebbe”
-“Piacerebbe anche a te” disse il Riccioluto.
-“Non sono una di quelle…”mormorò Meredith. Il Riccioluto inarcò le sopracciglia.
-“Ma se sei una strip…”
-“Zitto!” Fred saltò in piedi e gli tappò la bocca, Meredith guardava il Riccioluto con un’espressione spaventata.
Il Riccioluto morse la mano di Fred, questo fece un salto indietro, si massaggiò il palmo e scambiò un’occhiata con il suo amico.
-“Non si deve sapere” disse Meredith, il Riccioluto tornò a guardarla. Fred sapeva bene cosa stava per succedere.
-“Cosa non si deve sapere?” fece il Riccioluto con un tono provocatorio -“Forse non si deve sapere che…” disse, alzando la voce e attirando su di sé l’attenzione di qualche ragazzo. Meredith notò che gli amici con cui prima il ragazzo stava parlando si erano voltati e la osservavano con curiosità. Ebbe un brivido e sentì montare il panico.
-“Ti prego, non dirlo” mormorò, interrompendolo. 
Il ragazzo sorrise e si chinò davanti a lei.
-“Allora facciamo così” aveva abbassato la voce e la guardava con malizia, Meredith ebbe un brivido -“Tu mi dai quello che voglio e io non lo dirò a nessuno”
-“Sei un bastardo” ringhiò Fred, il Riccioluto lo ignorò.  
-“Che dici, dolcezza? Accetti?”
Meredith abbassò lo sguardo e indurì la mascella -“Ok” soffiò piano dalle labbra.
Il Riccioluto ridacchiò e si alzò -“Ben fatto” spostò lo sguardo su Fred e gli sorrise -“Mi stai simpatico ma forse parli troppo” quindi tornò a guardare Meredith e le fece un cenno con la testa -“Ci vediamo stasera”
Meredith e Fred lo guardarono andare via.


Buonsalve!
Lo so, avevo detto lunedì pomeriggio ma infondo anche domenica sera va bene, no? Mi direte...e come facevamo a saperlo, noi, che tu avresti aggiornato questa sera? Avete ragione...devo rispettare i limiti che mi impongo, ma sapete com'è l'entusiasmo!
Finalmente abbiamo una svolta in questa storia...pensavate che saremmo arrivati al quarto capitolo senza che succedesse ancora nulla di speciale?!
Ormai il destino non basta più, ora tocca a quei due darsi una mossa per "fare conoscenza"... ;)
Come avete notato, il banner è cambiato: ve lo avevo promesso! Ringrazio quindi la cara 
Sbasby che lo ha fatto con pochissimo preavviso, nonostante io le abbia praticamente tenuto il fiato sul collo (mi odierà sicuramente hahah!). Ringrazio anche le ragazze che hanno recensito e vi invito a fare come loro: insomma! Siete tanti a leggere ma le soli visualizzazioni non ci bastano più...vogliamo i vostri pareriiii! Vogliamo sapere se vi piace oppure no la nostra storia, e se non vi piace vogliamo critiche! Critiche cattive (ma non crudeli)! Accettiamo solo critiche cattive! (anche i complimenti comunque non guatano XD)...
Stiamo pensando di espanderci, magari pubblicizzare la storia tramite facebook o il mio blog personale ma io non sono ancora del tutto sicura, anche qui, vi chiedo il vostro parere: Se creassimo una pagina facebook della storia, voi la seguireste??
E con questo quesito vi lascio all'inizio della settimana estiva, spero che siate tutti al mare e non come me, ahime, che sono di nuovo in città...sono riuscita a malapena a scappare per un paio di giorni in campagna ç_ç
Detto queso, vi saluto
Elen;-)
Ps.
Aspettatevi un POV di Fred!
Prossmo appuntamento a mercoledì pomeriggio, ma fossi in voi farei un salto anche il giorno prima... ^.^

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


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Capitolo Cinque
betato da Maki Chan


 
I Beatles suonavano Let it Be. 
Meredith si sistemò le cuffie nelle orecchie, seduta composta sul sedile della metro. Due fermate ancora e sarebbe tornata a casa.
Era stata una giornata faticosa, non era riuscita a concentrarsi su nulla per più di due minuti. La sua mente tornava sempre al ragazzo della biblioteca e a quell’odiosa minaccia, si era ritrovata a temere l’arrivo della sera, sapendo che lui l’avrebbe aspettata fuori dal Timmy’s per avere ciò che lei gli aveva promesso.
Sospirò l’ennesimo sospiro della giornata. Era inevitabile, Meredith non cercava più una via di fuga, piuttosto si chiedeva come si sarebbe sentita mentre…
La voce robotica della metro disse forte il nome della fermata, distogliendo la ragazza per qualche istante dai suoi pensieri.
Meredith si alzò, preparandosi a scendere mentre la metro ripartiva. Pensò che sarebbe stato meglio spegnere i pensieri, come faceva al Timmy’s, ma come faceva a non pensare a quello che l’aspettava quella notte? Oltretutto Bonnie le aveva mandato un messaggio che non era stato affatto d’aiuto per calmare i suoi nervi tesi. Le aveva scritto qualcosa riguardo ad un problema, che dovevano parlarne quando sarebbe tornata a casa.
Non poté trattenersi dal sospirare di nuovo.
Scese dalla metro e salì le scale verso l’uscita, mentre Let it Be cedeva il posto ad I’m Yours di Jason Mraz. Era una canzone troppo allegra per l’umore di quel momento, così cambiò, concentrandosi nelle note iniziali suonate con la chitarra di Stairway to Haven dei Led Zeppelin. 
Tirò fuori le chiavi di casa e ci giocherellò mentre camminava per strada, con lo sguardo fisso sull’asfalto ancora bagnato.
Prima di entrare a casa prese un paio di respiri profondi, cercando di allontanare il ragazzo della biblioteca dalla sua testa. Prima di riuscirci pensò solo che non sapeva neanche il suo nome.
Aprì la porta di casa, ritrovandosi nel monolocale. C’era qualcosa che non andava. 
Bonnie e Flo sarebbero dovute essere già a casa, ma non si sentiva il rumore della vecchia Tv accesa e neanche il solito rumore di stoviglie e pentole proveniva dalla cucina. Eppure erano già le sette.
Si guardò intorno e sentì il rumore dello scarico del bagno, quindi Florence aprì la porta e la vide. Non aveva una bella espressione, le fece un cenno con la mano e si avvicinò.
-“Meno male che sei arrivata, è così da questo pomeriggio” disse, indicando con il pollice il divano alle sue spalle. Meredith guardò meglio la sagoma scura del divano e vide che sopra c’era qualcuno accovacciato in posizione fetale.
-“E’ Bonnie?”
-“E chi sennò?” Florence aveva lo sguardo preoccupato -“Non mi ha voluto dire cos’ha ma immagino abbia a che fare con il lavoro”
-“Stamattina andava tutto bene”
-“Infatti” 
Le due sorelle guardarono la maggiore, che sembrava dormire profondamente. 
Meredith sospirò e si fece coraggio, quindi accese tutte le luci. Florence socchiuse gli occhi, accecata, ma non disse nulla.
-“Forza! Alzarsi da quel divano!” urlò Meredith, facendo cadere con un tonfo la borsa che portava appesa alla spalla e battendo le mani e i piedi mentre camminava per fare rumore. Bonnie ebbe un sussulto ma non diede altri segni di vita. 
-“Mi hai sentito?! Guarda che non scherzo, Bonnie!” urlò ancora la ragazza -“Alzati in piedi o ti riempio quel culetto di calci!”
-“Gnnnnn” Meredith strabuzzò gli occhi, ascoltando il borbottio sommesso che stava producendo Bonnie.
-“Come?! Non sento nulla!”
-“Ho detto di smetterla” disse piano Bonnie da sotto le coperte, muovendo leggermente le gambe.
-“Come?!”
-“Ho detto di smetterla!” esclamò Bonnie.
-“No, sul serio! Non sento nulla…” continuò a dire Meredith, alzando sempre di più la voce.
-“HO DETTO DI SMETTERLA, PORCA MISERIA!” urlò Bonnie, mettendosi a sedere con furia. Aveva il volto distrutto dalle lacrime, gonfio e rosso, le sopracciglia corrugate sugli occhi socchiusi.
Meredith si sentì stringere lo stomaco.
-“Flo, mi sa che dovrò cucinare io la cena…vai a comprare qualche pizza surgelata”
-“Ma io voglio sapere cos’è successo!” esclamò la minore.
-“Dopo ne parleremo, ora mi servono quelle pizze”
Florence sbuffò ma andò a prendere i soldi, quindi uscì. Nel frattempo Meredith e Bonnie si erano fissate, la prima preoccupata e la seconda furiosa e al contempo distrutta.
-“Cos’è successo?” chiese Meredith dopo che Florence fu uscita, manifestando la sua frustrazione sbattendo la porta dietro di sé. Florence odiava essere tratta come se fosse la più piccola.
Bonnie prese un grande respiro ed abbassò lo sguardo a terra, stringendosi le ginocchia al petto.
Meredith stava per ripetere la domanda quando la maggiore parlò fievolmente -“Mi hanno licenziata” disse, così piano che Meredith pensò di aver sentito male. 
-“C-cos…”
-“Mi hanno licenziata!” esclamò Bonnie, amareggiata. Calde lacrime le rigarono le guance; Meredith stava per dirle che non era nulla ma si rimangiò le parole.
-“E…o-ora come facciamo?” chiese Meredith, sedendosi accanto alla sorella e fissando lo sguardo nel vuoto.
-“Non lo so”
-“Non possiamo chiedere soldi a mamma e papà” mormorò Meredith.
-“No, non possiamo”
Rimasero in un silenzio assordante per qualche minuto, riordinando i pensieri. Meredith stava cercando di capire quali sarebbero state le conseguenze. Ora era l’unica ad avere un lavoro e il suo stipendio non sarebbe mai bastato a pagare tutto.
-“Dobbiamo fare un paio di conti” disse, quindi si alzò e prese carta e penna. Entrambe si sedettero al tavolo da pranzo e si guardarono negli occhi. Bonnie cominciava a sentire un nuovo tipo di determinazione.
-“Bene” Meredith si inumidì le labbra -“Cominciamo” 


Florence le trovò intente a scrivere numeri su numeri sui fogli di carta, troppo concentrate persino per sentirla entrare. Sospirò.
-“Ok, ho capito. Preparo io le pizze” disse, quindi mise in forno le tre pizze con il pomodoro con un goccio d’olio, prese i piatti e li appoggiò sul tavolo fra Bonnie e Meredith. Sparì in camera sua e frugò per qualche minuto nel baule di legno in cui teneva solo le cose più speciali.
C’era un film, Colazione da Tiffany, che aveva la capacità di far tornare ogni situazione difficile al suo vecchio equilibrio, anche solo per due ore. Florence sentiva che quella era una situazione difficile, una situazione che richiedeva l’intervento di quel film, il preferito della loro mamma, che aveva trasmesso la sua stessa passione per i vecchi film alle sue tre figlie. 
Tornò a sfornare le pizze mentre Bonnie e Meredith continuavano a borbottare cifre e a scriverle, quindi a moltiplicarle, poi dividerle e infine sommarle ad altre. 
Florence inserì il disco nella bocchetta della Tv e la accese, Meredith e Bonnie drizzarono la testa nel sentire la colonna sonora del film, quindi sorrisero a Florence.
La minore sorrise -“Penso che dobbiate prendere una pausa” disse, porgendo loro i piatti con le pizze. Le due si diedero un’occhiata e ridacchiarono, quindi tutt’e tre le sorelle si buttarono sul divano mentre il film cominciava.
-“Bonnie, sei troppo grossa!” si lamentò Florence, cercando di spostare le gambe della sorella per avere più spazio -“Spostati…” borbottò, sforzandosi di farsi spazio, ma Bonnie non cedeva. Meredith ridacchiò.
“E’ sempre la stessa storia”

 
***


-“Sai, mi piacciono le persone come te” disse Tim, accarezzandosi il mento velato di barba -“Quelle che si danno da fare per farcela”
Meredith arrossì leggermente, pensando che era uno dei complimenti più belli che le avessero mai rivolto. Le piaceva essere una che si dava da fare per farcela. Alla fine del suo terzo numero si era recata nell’ufficio di Tim per chiedergli una mano, qualsiasi cosa pur di avere qualche spiccio in più, nell’attesa che Bonnie trovasse un nuovo lavoro.
-“Non voglio tornare a Nestor” disse piano -“E neanche le mie sorelle”
-“Sembra essere l’Inferno”
-“E’ un posto vuoto, non ci sono possibilità né opportunità. Non è vita quella che si vive lì” disse semplicemente Meredith. Tim annuì piano.
-“Capisco, anche io vengo da una cittadina vuota” si schiarì la gola, forse per interrompere quell’aria malinconica -“Puoi prendere il posto di Mary, fino a quando non torna dall’ospedale, poi ti troverò qualcosa da fare”
-“Grazie mille, Tim” Meredith sorrise, felice che qualcosa sembrasse prendere la svolta giusta. Mary era una delle star del Timmy’s, insieme a Charlotte e alle ragazze del burlesque: avere i suoi numeri oltre ai soliti tre era una fortuna, la possibilità di guadagnare molto di più.
-“Ora vai a dormire, hai l’aria distrutta” disse Tim con un sorriso dolce, nonostante i tratti duri e la barbetta nera da ‘tosto’, quando sorrideva il suo viso acquisiva una dolcezza quasi paterna.
Meredith uscì dall’ufficio di Tim e andò a sbattere contro Charlotte, che le sorrise subito in modo tirato.
-“Stavi origliando?”
-“No! Cosa te lo fa credere?” aveva una voce colpevole. Meredith sospirò, segretamente divertita dall’espressione dell’amica.
-“Ah no?”
-“No!” Charlotte distolse lo sguardo -“Sono solo passata di qui e per sbaglio ho sentito la vostra conversazione”
-“Quanto hai sentito?”
-“Ehm…tutto?”
-“Stavi origliando”
Charlotte sbuffò -“Mi sembrava solo preoccupante che tu andassi già a trovare Tim dopo solo sei mesi di lavoro qui, avevo paura che ti volessi licenziare e non me lo avessi detto…”
-“Licenziare?”
-“Sappiamo bene che tu non sei fatta per il Timmy’s”
-“E’ questo che pensi?”
-“Non è un insulto”
Meredith sospirò -“Ok” si avviò verso l’uscita, sistemandosi meglio il borsone sulla spalla -“Mi volevi dire qualcosa?”
-“Sì” disse Charlotte, prendendo un’espressione fin troppo seria -“Volevo solo darti un consiglio per guadagnare di più”
Meredith si voltò a guardarla -“Me lo dici solo ora?”
-“Non pensavo avessi così tanto bisogno di soldi…” si giustificò Charlotte -“Il consiglio, comunque, è semplice: devi essere più spigliata con i clienti, avvicinarti di più a loro, dar loro la possibilità di toccarti. Per un minuto devi essere la loro amante, in pratica”
-“Non faccio sesso per denaro, non voglio essere la loro amante”
-“Non si tratta di sesso” borbottò Charlotte -“Ma dell’atteggiamento che devi avere con loro. Sii accondiscendente, non distaccata. Tu sembri sempre lontana mille miglia dal palco e dal pubblico, è seducente, si, ma non ti aiuta a far sganciare più soldi a quai bastardi”
-“Quindi devo essere più… amichevole?”
-“Proprio così!” esclamò Charlotte, soddisfatta -“E’ questo il segreto” quindi si incamminò verso gli spogliatoi. 
Meredith sospirò ed uscì dalla porta sul retro, alla fine del corridoio. Il suo sguardo venne subito attratto dal rosso baluginare di una sigaretta e dalla sagoma appoggiata al muro dalle proporzioni affascinanti. Meredith si perse per qualche momento ad osservare quello che doveva essere per forza un bel ragazzo. 
Poi si ricordò del ragazzo della biblioteca e in quello stesso momento la sagoma fece un passo verso di lei, entrando sotto il cono di luce del lampione.
-“Non so neanche come ti chiami” soffiò via Meredith, stranamente la sua testa era sgombra da tutti i pensieri che l’avevano affollata per tutto il giorno. Riusciva solo a pensare che lui era veramente bello.
-“Daniel” rispose il ragazzo, sorridendo -“Tu?”
-“Meredith”
-“E’ un piacere, Meredith” disse Daniel, sorridendo con malizia -“Vuoi fare un giro?” 
Meredith inarcò entrambe le sopracciglia -“Andiamo subito al sodo, per favore”
Daniel ridacchiò -“D’accordo, la mia moto è per di là…” disse, facendole cenno di seguirlo.
Meredith prese un grande respiro mentre scriveva un sms a Bonnie, dicendole che probabilmente non sarebbe ritornata a casa.
Bonnie non avrebbe capito, forse avrebbe persino pensato che sua sorella stava facendo una sciocchezza, ma non le avrebbe detto nulla. 
Meredith salì sulla moto dietro a Daniel, infilò il casco che lui le stava porgendo e allacciò mollemente le braccia intorno alla vita del ragazzo.
-“Si parte” lo sentì sussurrare, quindi venne sbalzata in avanti mentre la moto partiva veloce verso la parte opposta della città.


Buonsalve a tutti!
Sono riuscita a rispettare la scadenza almeno in parte...è mattina e non pomeriggio, ma non potete pretendere troppo da me!
Prima di tutto, ringrazio le ragazze che hanno recensito il capitolo scorso (si è unita una nuova Critica, yuuuuh!). Cosa ne pensate di questo strambo accordo fra Daniel e Meredith? Potrebbe nascerne qualcosa di bello? Lo so che vi ho presentato Daniel come uno stronzo e non ho intenzione di scusarmi e di dirvi che non lo è...ma forse è meglio se mi sto zitta, per non rovinarvi la sorpresa (muhahahah). Spero che siate tutti molto curiosi riguardo a quello che succederà nel prossimo capitolo, sappiate che lo vivrete dal punto di vista di Fred. 
So che nella storia non ho dato abbastanza risalto a Fred e a Charlotte, ma sappiate che se vi aspettate un'unica storia d'amore (cioè quella frsa Meredith e Daniel) fate male! Presto anche per loro arriveranno un po' di guai romantici...
Arriviamo così alla cattiva notizia: dovrò rallentare con l'aggiornamento dei capitoli, anche se nella stesura sono molti capitoli avanti a questo...purtroppo non li abbiamo ancora corretti, oltretutto voglio tenere viva la suspence. Spero che avrete un po' di pazienza e che non vi disinteresserete (oddio, esiste questo termine?!) alla storia. 
Detto questo, un bacio!
Elen;-)
P.s.
Rimanete sintonizzati sulla storia, per captare qualsiasi cambiamento e/o aggiornamento...^_^


 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


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Capitolo Sei
(POV Fred)
betato da Maki Chan


 
Fred non aveva mai creduto nell’amore a prima vista. Non c’era un motivo particolare, semplicemente credeva che fosse impossibile amare qualcuno senza conoscerlo. E lui sapeva di non amare il tipo con la giacca di pelle. Lo sapeva benissimo. Però non poteva smettere di pensare a lui.
A quell’aria da ribelle, agli abbinamenti orribili che faceva con i vestiti, un punk cresciuto. Non che Fred sentisse di vestirsi meglio.
“Diamine, non so neanche come si chiama!” pensò, osservando distrattamente Meredith mentre si truccava. Il prossimo numero toccava a lei ma era tutta la sera che la vedeva distratta. Aveva le sopracciglia corrugate, che formavano una piccola ruga in mezzo alla fronte e l’espressione di chi non sa cosa fare per risolvere un problema.
I loro sguardi si incontrarono nello specchio e Fred si sforzò di sorriderle, mostrandole i pollici. Lei ricambiò debolmente, immergendosi di nuovo nelle sue riflessioni.
Fred sospirò, sorseggiando il caffè che Charlotte gli aveva portato. Ora la rossa si stava esibendo in un numero che molti avrebbero trovato indimenticabile.
Fred si chiese se il Riccioluto e il suo amico fossero tornati al Timmy’s, se quella sera fossero fra il pubblico. Immaginava che il Riccioluto ci fosse, dato che aveva una specie di appuntamento con Meredith.
Fred sapeva che probabilmente molta della preoccupazione dell’amica era dovuta a quella specie di appuntamento. Fred serrò le mani a pugno, sentendo crescere la voglia di picchiare quel tipo. Aveva sempre odiato i prepotenti, anche quando non sapeva ancora di essere omosessuale, anche quando non era preso di mira da loro. 
Meredith scivolò silenziosa al posto di Charlotte, Fred sentì la musica cominciare e immaginò le mosse della ragazza. Aveva tirato fuori un vecchio numero che sapeva a memoria, quindi non c’era stato bisogno che lo provasse.
Fred vide comparire di nuovo nella sua mente l’immagine del tipo con la giacca di pelle, sbuffò, bevendo un altro sorso di caffè.
-“Che succede, Freddy?” gli chiese Charlotte, sedendosi accanto a lui. Si era infilata una vestaglia di lino bianco e sotto di essa Fred distingueva bene le forme dei seni. 
-“Nulla di che” borbottò.
-“Di solito sei tutto allegro e pimpante”
-“Dici?”
-“Oggi sembri uno zombie”
-“Pensieri”
-“E sei taciturno”
Fred corrugò le sopracciglia -“Stai dicendo che di solito parlo tanto?”
-“Si” Charlotte gli sorrise, birichina.
Fred sbuffò di nuovo -“Sei venuta solo per buttarmi ancora più giù?”
-“Non sono così bastarda…volevo solo chiederti una cosa” 
-“Cosa?”
Charlotte aprì la bocca per parlare, poi la richiuse, probabilmente ripensandoci, quindi gli sorrise, di nuovo allegra -“Se vuoi altro caffè”
Fred schioccò le labbra -“Non me la racconti giusta” mormorò -“Non era questo quello che volevi chiedermi”
-“Invece si!” esclamò Charlotte, quindi prese il bicchiere vuoto di Fred e si diresse verso le macchinette per prendere un altro caffè. Fred la seguì con lo sguardo, chiedendosi cosa gli volesse realmente chiedere Charlotte. Poi si disse di non pensarci, Charlotte non era una che ci andava piano con le parole, probabilmente aveva già trovato una risposta e le era sembrato inutile fare la domanda.
Quando la ragazza tornò con il caffè, Fred si decise a chiacchierare con lei del più e del meno, cercando di distrarsi dalla persistente immagine del ragazzo con la giacca di pelle che gli invadeva la mente costantemente.


Fred aveva preparato un numero completamente nuovo, lo aveva studiato per tutto il week-end e ora era certo che sarebbe stato una bomba supersexy.
Si infastidì nel notare come i suoi occhi corressero da una parte all’altra del locale, alla ricerca di un giubbotto di pelle o di una cresta nera. 
Una ragazza gli si avvicinò, offrendogli una banconota. Lui la prese e fece volteggiare la ragazza, quindi le baciò il collo e le accarezzò la vita, lasciata scoperta dal minuscolo top giallo che indossava. Notò entrambi solo quando si ritrovò vicino al tavolo che lui e il Riccioluto avevano preso.
Vide prima il Riccioluto e sentì di nuovo prudere le mani, poi vide il suo amico. Sul volto gli si aprì piano un ghigno. Non ebbe il tempo di pensare a cosa stesse facendo che si era già seduto a cavalcioni sull’amico del Riccioluto.
-“Ehi, non sono gay!” esclamò il ragazzo, preso alla sprovvista. Fred ridacchiò.
-“Ti ci faccio diventare io” gli sussurrò all’orecchio, quindi gli baciò l’angolo della bocca e tornò a dedicarsi alle ragazze che si erano ammassate li intorno. A quanto pareva avevano apprezzato la scena…
Con la coda dell’occhio vide il Riccioluto ridersela di gusto e battere una pacca sulla spalla dell’amico, che invece fissava Fred con uno sguardo sorpreso e confuso mentre si puliva l’angolo della bocca con la manica del giubbotto. 
Fred ghignò di nuovo e tornò sul palco, finendo il suo numero. 
 
***


Charlotte gli batté una mano sul braccio, ridacchiando -“Chi era quello?”
Fred non era sorpreso che l’amica si fosse goduta lo spettacolo dagli spalti posizionati sopra l’entrata. Gli spalti erano riservati al personale, Tim di solito stava lì con i suoi ospiti. 
-“Uno”
-“Uno mooolto sexy” fece Charlotte con una luce divertita negli occhi -“Lo hai preso di mira per tutta la serata” aggiunse, ricominciando a ridacchiare. Fred sorrise, divertito, rivedendo davanti a sé la faccia sgomenta del ragazzo quando era ritornato al suo tavolo per la seconda volta, immaginava che in quel momento il Punk -così lo aveva soprannominato- si fosse reso conto che Fred sarebbe tornato da lui ad ogni numero, spingendosi ogni volta sempre più in là. 
Fred si sentiva felice, era la solita sensazione di libertà che provava quando sapeva di essere stato sfacciato.
-“Non sono tipo da andarci piano” disse, più a sé stesso che a Charlotte. La rossa ridacchiò.
-“No, non lo sei” disse, scuotendo la testa divertita -“Speriamo che non ti faccia causa per molestie sessuali”
-“Non mi ha detto di fermarmi” il tono di Fred era compiaciuto.
“Non mi ha detto nulla. Si sa che chi tace acconsente” pensò, sentendosi ancora meglio di prima.
-“Inoltre Tim ti affiderebbe ad uno dei suoi avvocatoni” disse Charlotte, lasciandosi cadere sul divano. Alla fine del suo ultimo numero si era struccata e rivestita, ora indossava un paio di jeans aderentissimi e una canottiera bordeaux, i capelli legati in una coda alta da cui sfuggivano alcune ciocche ribelli.
Fred si infilò una maglietta e andò in camerino per sostituire le mutande fucsia con un paio di boxer grigi più comodi, quindi infilò un paio di jeans e si sedette davanti allo specchio, per togliere i residui di matita nera che Charlotte gli aveva imposto. A suo parere i ragazzi con la matita agli occhi erano sexy. 
-“Che fine ha fatto Mer?” chiese Fred, ricordandosi che non vedeva l’amica da quando aveva completato il suo ultimo numero.
-“Ha parlato con Tim, poi se n’è andata con un ragazzo”
Fred scattò in piedi, ricordandosi del Riccioluto -“Dannazione” soffiò fra le labbra, correndo verso l’uscita sul retro. Irruppe nel vicolo e si guardò intorno, cercando Meredith o il Riccioluto ma non vide nessuno dei due.
-“Se n’è andata da dieci minuti buoni” disse Charlotte, confusa dalla reazione di Fred -“E’ successo qualcosa?”
-“Tu l’hai lasciata andare con quel tipo?!” le chiese Fred, a la voce troppo alta. Charlotte fece un passo indietro.
-“Non sapevo che non dovesse farlo”
-“No che non doveva! Lui l’ha praticamente minacciata!” 
Charlotte si fece scura in volto -“Che vuol dire che l’ha minacciata?” la voce troppo seria per essere la sua. Fred scosse la testa, passandosi una mano fra i capelli e cercando un modo per raggiungere il Riccioluto. 
Non sapeva dove abitasse quel maniaco, ma Dio solo sapeva se non lo avrebbe trovato. 
-“Fred!” urlò Charlotte -“Cosa vuol dire che l’ha minacciata?!” ripeté la rossa, frustrata perché sembrava che l’amico non la sentisse.
-“Torniamo dentro” disse Fred, più calmo. Aveva già un piano in mente -“Dobbiamo trovare il Punk”
-“Il Punk?” Charlotte era sempre più confusa.
-“L’amico del ragazzo con cui se n’è andata Meredith”
-“Quello che hai perseguitato?”
-“Sì, lui” Fred entrò nella sala dalla porta nascosta nel muro e si guardò intorno nella sala. Sul palco si stava esibendo un ragazzo, James, e tutte le attenzioni erano focalizzate su di lui. Fred puntò lo sguardo sul tavolo che il Riccioluto e il Punk avevano occupato fino a qualche minuto prima. Il Punk era in piedi e stava pagando il conto delle sue bibite. 
Fred si avviò a grandi passi verso di lui e lo afferrò per una spalla, quindi lo trascinò fuori dal locale mentre quello si dimenava per liberarsi dalla sua presa. 
-“Dov’è andato il tuo amico?” gli chiese quando furono fuori dal locale, la sua voce era bassa e severa, non aveva più quel tono malizioso con cui gli aveva parlato qualche minuto prima. Il Punk corrugò le sopracciglia e lo riconobbe.
-“Senti, bello, non se che idea…”
-“Dove sono?!” scattò Fred. Il Punk lo guardò con aria assorta, leggermente confuso ma per lo più curioso e decisamente infastidito dal modo in cui Fred lo stava trattando.
-“Perché me lo chiedi?” fece infine il Punk.
-“Devo riprendere Meredith”
-“Ah, è così che si chiama?”
Fred strinse i denti, sentiva i pugni chiudersi ad ogni minuto che passava. Probabilmente Meredith si trovava già in balia di quel bastardo maniaco, forse le serviva aiuto, forse…
-“Dove sono?” chiese di nuovo. 
-“Immagino che Daniel l’abbia portata a casa sua…” il Punk stava per dire qualcos’altro ma Fred lo stava già trascinando verso la sua Toyota blu vecchia di dieci anni. Charlotte li seguiva con le sopracciglia corrugate, sempre più confusa.
-“Qualcuno mi vuole spiegare cosa sta succedendo?” chiese Charlotte, la sua voce mostrava tutta la preoccupazione. Fred vide il Punk voltare leggermente lo sguardo verso di lei e sorriderle, strinse ancora di più la mano intorno alla sua spalla sentendosi leggermente geloso e lo fece sedere dentro la macchina. Quindi montò al posto del guidatore mentre Charlotte saliva sui sedili posteriori.
-“Portami a casa di questo Daniel”
-“Ma…”
-“Niente ‘ma’. Qui comando io e se non vuoi ritrovarti con la faccia distrutta…”
-“Senti, non so cosa ti sia preso ma ti devi dare una calmata” sbottò il Punk -“Oltretutto mi stai facendo incazzare”
-“Il tuo amico ha minacciato una mia amica, questo mi è preso”
-“Ma tu non eri gay? Che ti importa di quella!” borbottò il Punk. Fred si voltò ad osservarlo e il suo sguardo truce fece ricapitolare il Punk -“Okay, okay. Ti ci porto, così potrai vedere con i tuoi occhi che Daniel non le sta facendo niente di brutto.” 
-“Sarà meglio per lui” stavolta era stata Charlotte a parlare, Fred annuì e mise in moto. Il Punk snocciolò le indicazioni con voce distaccata e leggermente infastidita, ma Fred vedeva benissimo che teneva i pugni chiusi e il collo contratto nello sforzo di trattenersi. Immaginava quanto potesse essere incazzato per esse stato trattato così da uno sconosciuto, ma a Fred non gliene fregava più di tanto… una sua amica era in pericolo, lui l’avrebbe aiutata. 
-“Niente che non possa piacere anche a lei…” mormorò il Punk con un mezzo sorriso, Fred sbuffò, cercando di trattenersi dal mollargli un pugno. 
-“Tu e Meredith mi dovete molte spiegazioni” borbottò Charlotte, Fred le scocco un’occhiata dallo specchietto retrovisore, cercando di chiederle scusa per averla lasciata all’oscuro e lei sembrò capire. Passarono il resto del viaggio in silenzio, tranne che per le brevi indicazioni che il Punk gli forniva.
Dopo un bel po’ arrivarono davanti ad un palazzo davanti alla spiaggia, nel quartiere dei ricchi. Fred si guardò intorno e il Punk fece un cenno verso il palazzo.
-“E’ quella” 
-“Andiamo” fece Fred, uscì dalla macchina, seguito da Charlotte e poi dal Punk, che suonò il citofono. Passarono un paio di secondi di silenzio, poi un minuto. Charlotte tamburellava il piede a terra e si guardava intorno, Fred si stava preoccupando sempre di più. Il Punk suonò di nuovo.
-“Chi è?” borbottò la voce del maniaco, sembrava seccato.
-“Daniel” fece il Punk.
-“Che cazzo ci fai qui?!” sbottò Daniel, sempre più seccato.
-“Senti, brutto bastardo, fammi entrare o sfondo il portone” fece Fred, interrompendo il Punk ancor prima che riuscisse a spiegare all’amico la situazione.
Per un secondo nessuno disse nulla.
-“Mi hai sentito?!” sbottò Fred.
-“Dimmi che cazzo vuoi e poi vattene” disse Daniel.
-“Rivoglio Meredith e la voglio sana e salva” fece Charlotte.
-“E questa chi era?!” Daniel sembrava confuso. Fred si passò una mano sul viso, sentiva un persistente mal di testa annidarsi sulla nuca.
-“Senti, facci entrare e basta!” disse Fred, appiccicandosi sempre di più al citofono. Il Punk li osservava con curiosità, la schiena appoggiata al muro li accanto.
-“Non pensate di stare esagerando?” chiese loro il Punk, ma nessuno gli diede retta. Charlotte e Fred si guardarono, terminati a sfondare il portone pur di trovare Meredith e di riportarla a casa.
Si sentì un lungo sospiro dal citofono, qualcuno parlottò ma non si capì nulla, poi si sentì la voce di Meredith.
-“Ehi, ragazzi”
-“Meredith!” esclamarono Fred e Charlotte allo stesso tempo -“Scendi, ti siamo venuti a prend…”
-“Io sto bene, sul serio…non vi dovevate preoccupare”
-“Ok, ma ora scendi” disse Fred, il tono serio e severo era completamente scomparso.
Si sentì un sommesso borbottio lontano dal citofono, poi Meredith tornò a parlare con loro -“Un attimo, ora scendo”
Charlotte si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Fred lanciò un’occhiata al Punk, sentendosi un po’ in colpa per averlo trattato così male.
-“Mi devi almeno una birra, amico” fece il Punk con sguardo minaccioso -“Dopo tutta questa storia, mi serve”
Poco dopo Meredith uscì dal palazzo con un sorriso, abbracciò Fred e Charlotte, quindi guardò con curiosità il Punk.
-“Io me ne torno a casa” borbottò Charlotte con aria stanca -“E tu vieni con me” aggiunse, severa, indicando Meredith. Il suo sguardo prometteva guai, Fred ridacchiò e guardò il Punk. Una parte della sua testa si concentrò sul fatto che, immerso nella penombra e con la schiena appoggiata al muro, aveva ancora di più l’aria da ‘tipo tosto’, il che lo rendeva ancora più sexy.
-“Quella birra…” disse Fred, all’improvviso imbarazzato -“La vuoi ora?”
-“Perché no…” rispose il Punk, contro ogni aspettativa di Fred.

Angoletto
Eccoci all'atteso POV di Fred...che ve ne pare? Voglio i vostri pareri!
Ringrazio le ragazze che hanno recensito e, come in ogni altro angoletto, vi dico che vorrei faceste come loro!!! ^.^
La correzione dei capitoli sta prendendo più tempo del solito ma non disperate, in caso dovessimo correggere il settimo capitolo in settimana, passate venerdì pomeriggio per vedere se l'ho pubblicato (altrimenti rimarrete delusi, ma spero che non sia così)...
Vi chiediamo ancora scusa per la lentezza degli aggiornamenti!!!!
Spero con tutto il cuore che siate ancora affezionati alla storia e che quindi non la abbandonerete... *_*
Elen;-)
 Per leggere il
MISSING MOMENT fra FRED e MIKE
passate alla mia pagina Facebook (troverete anche le foto dei prestavolto di questi due personaggi ^_^) : 

https://www.facebook.com/pages/I-Sogni-di-Elen-EFP/1598433380416381?ref=bookmarks





 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***



Premessa: la mia connessione internet scadente non mi permette di caricare la pagina di Tynipic e io da brava scena non ho copiato il codice HTML (o come diavolo si chiama*_*) del banner. Risultato? I capitoli che aggiungerò in queste settimane saranno molto probabilmente senza banner...al più presto cercherò di rimediare.
Nel frattempo faccio "mea culpa" e mi flaggello la schiena, pregando perchè mi perdoniate...
Scusate!!!!ç_ç



Capitolo Sette
betato da Maki Chan


 
-“E cosa avete fatto dopo che ti ha portata via dal Timmy’s?” le chiese Charlotte, era rimasta a sentire tutta la storia mentre tornavano a casa. Meredith arrossì leggermente.
-“Nulla di che” 
-“Avete fatto…”
-“No” disse Meredith, ripensando a come era scoppiata a piangere una volta che erano arrivati a casa di Daniel. 
-“Non ce la faccio” gli aveva detto-“Mi sento già una puttana ogni volta che entro al Timmy’s, non voglio diventarlo veramente!” aveva singhiozzato. Daniel era rimasto stordito da quelle lacrime improvvise. L’aveva fatta sedere sul divano e le aveva offerto del whiskey dal sapore ottimo, completamente diverso da quella robaccia che tenevano dietro le quinte al Timmy’s.
-“Perché mai dovresti diventare una vera prostituta?” le aveva chiesto, accarezzandole il braccio con fare un po’ impacciato -“Io non ti ho chiesto di diventarlo…”
Meredith lo aveva guardato in faccia, smettendo per un attimo di piangere per poi riprendere subito dopo. Daniel aveva corrugato le sopracciglia, confuso, e lei sentiva di dovergli almeno una spiegazione. Presto si era ritrovata a dirgli tutto, cominciando dal fatto che Bonnie non avesse più un lavoro e toccasse a lei mantenere le sue sorelle ora, per poi finire a raccontargli tutte le sue paure più profonde, come il costante terrore di dover finire su un marciapiede per farcela.
-“Certo che sei complicata” aveva sospirato lui, Meredith lo aveva guardato e aveva notato un mezzo sorriso che aveva cercato di ricambiare in modo impacciato -“Ora però cerca di tirarti su…”e poi era suonato il citofono, facendola sobbalzare per lo spavento. Mentre Daniel andava a vedere chi era, aveva mandato giù il whiskey tutto d’un fiato.
Ora Meredith sentiva di dovere delle scuse a Daniel. Guardò Charlotte.
“Devo delle scuse anche a lei” pensò, sorrise all’amica e la abbracciò di slancio.
-“Scusami se non ti ho detto subito tutto”
-“E’ successo tutto così in fretta, sarebbe stato impossibile per te parlarmene subito
-“Avrei dovuto dirti che c’era un tipo losco che…” Meredith stava cercando di scherzarci un po’ su e Charlotte sorrise teneramente.
-“La prossima volta sono certa che non commetterai l’errore di provare ad affrontarlo da sola”
-“Non volevo affrontarlo” mormorò Meredith, corrugando le sopracciglia.
-“Io so come ragioni: tu non chiedi mai aiuto. Ma non ti rendi conto che è sbagliato e che prima o poi finirai male. Fortunatamente Fred sapeva tutto ed è potuto correre ad aiutarti, ma se lui non fosse stato presente oggi, in mensa, tu non avresti raccontato nulla né a me né a Fred” Meredith abbassò lo sguardo e Charlotte sospirò. Controllò l’orologio sul suo comodino e tirò fuori dall’armadio un pigiama per Meredith.
-“Dormo sul divano” disse Meredith, quindi si chiuse in bagno per cambiarsi.
La ragazza incontrò il suo stesso sguardo nello specchio sopra il lavello e si accorse di avere gli occhi distrutti dal pianto. Il suo volto esprimeva tristezza. Meredith corrugò involontariamente le sopracciglia e aprì il rubinetto dell’acqua fredda, quindi si schizzò un po’ d’acqua sul viso e pizzicò le guance, per far tornare un po’ di colore al suo incarnato. Non funzionò.
Ripensò a Daniel, a come era sembrato diverso mentre erano seduti sul suo divano. Vedendola piangere, aveva perso quell’espressione sicura di sé, sostituita da un’espressione crucciata. A Meredith era sembrato quasi preoccupato.
“Questo vuol dire solo una cosa” pensò, continuando ad osservare il suo riflesso “Non è così bastardo come vuole far credere a tutti” le sfuggì un piccolo sorriso all’idea che dietro quella facciata da cattivo ragazzo si nascondesse in realtà un gigante buono. Sarebbe stato un ottimo cliché.
Rivide davanti a sé quella matassa di capelli riccioluti, di quel colore così particolare. 
Avrebbe voluto affondare le mani in quei riccioli, all’apparenza così morbidi e lucidi. Le sembrò quasi di sentire le ciocche sotto le dita: sfregò il pollice contro l’indice e tornò rudemente alla realtà.
Si sentiva ridicola ad essere scoppiata a piangere davanti ad un completo sconosciuto, però le era piaciuta la reazione che lui aveva avuto a quella sua piccola ‘crisi’. Daniel si era trasformato in una brava persona.
Meredith trattenne il respiro e si schizzò altre gocce d’acqua sul viso, quindi decise che era troppo tardi per rimuginare sulla doppia personalità di quel ragazzo. Doveva dormire. 
Si cambiò e una volta uscita dal bagno andò a stendersi sul morbido divano, nel salone dell’appartamento di Charlotte.
Era grata all’amica per averle permesso di rimanere a dormire da lei. Il suo appartamento era troppo lontano da quello di Daniel, sarebbe arrivata a casa un paio d’ore prima del suono della sveglia. 
Le sfuggì un sorriso nel risentire la voce preoccupata ed incazzata di Fred al citofono, aveva sentito tutto quello che lui e Daniel si erano detti e lo aveva trovato maledettamente buffo. 


Si addormentò così, stringendo a sé il cuscino di piume.

 
***
 
Quel giorno Fred non si era fatto vedere a lezione. 
Meredith sbuffò, preoccupata perché non rispondeva neanche alle chiamate. Premette il tasto di chiamata e per l’ennesima volta rimase in ascolto, in attesa che Fred le rispondesse.
Niente. 
Scattò la segreteria telefonica e lei chiuse la chiamata con stizza.
-“Cos’è successo?” le chiese Francis, una ragazza con cui condivideva un paio di corsi. Vedendola sola, Francis l’aveva invitata a fare uno spuntino insieme alla caffetteria della scuola e non aveva potuto fare a meno di notare la preoccupazione della ragazza.
Meredith fece un sorriso tirato -“Fred non risponde al cellulare”
-“Starà dormendo” disse la ragazza, mandando giù un boccone di pasta con il tonno. Meredith annuì e riprese a mangiare.
-“Come va con i corsi?” le chiese Francis, cercando di distrarla. Meredith scosse la testa.
-“Ieri ho fatto un test orribile”
-“Ho sentito che i test di Mr. Elman sono sempre più difficili”
Meredith ci pensò su -“Probabilmente è vero”
-“Però ho anche sentito che tu te la cavi bene nel suo corso”
Meredith ridacchiò -“Si dice così in giro?”
-“Me lo ha detto Fred”
-“Lui gonfia sempre i meriti degli altri” Meredith sorrise -“A te come va?”
-“Dopodomani ho un test con Mrs. Williams, non so se la conosci” 
-“In effetti no”
-“E’ tosta. Ma sono determinata a farle vedere quanto valgo” 
-“Ne sono certa” disse Meredith, sorrise ma il suo sguardo venne attirato da una figura alta. Il sorriso le morì sulle labbra mentre i suoi occhi incontravano quelli di Daniel. Rimasero a guardarsi per qualche secondo e Meredith pensò che doveva chiedergli scusa, sarebbe stato meglio raggiungerlo e chiedergli di parlare da soli…ma Daniel aveva già distolto lo sguardo e lei perse in uno schiocco di dita tutto il suo coraggio, così tornò a prestare attenzione a Francis, che stava raccontando un aneddoto divertente riguardo a Mrs. Williams. Meredith sentiva lo stomaco tutto ingarbugliato, nelle orecchie sentiva l’eco dei battiti del suo cuore.
Perché non l’aveva salutata? Pensava che fosse ridicola? Forse non la voleva più vedere… Meredith si scoprì ad essere quasi dispiaciuta, eppure sarebbe dovuta essere felice che Daniel non volesse più avere a che fare con lei, qualcosa però glielo impediva. 
“Forse sei triste perché hai capito che è una brava persona” le sussurrò la sua coscienza, ma prima che Meredith potesse rispondere qualcosa, Francis l’aveva riportata alla realtà.
-“Va tutto bene?”
-“Scusami. Sono preoccupata per Fred…” disse Meredith, distrattamente guardò di nuovo verso Daniel ed incontrò di nuovo il suo sguardo. Non ne era sicura, ma aveva il presentimento che lui avesse lo sguardo fisso su di lei ancor prima che lei tornasse a guardare lui.
Un brivido le scosse la schiena, Meredith distolse lo sguardo da Daniel e fissò il suo panino.
Quando ebbero finito di pranzare, Meredith seguì Francis fuori dalla caffetteria cercando di non voltarsi per vedere cosa stesse facendo Daniel. 
Chiamò Fred e decise che dopo non lo avrebbe più chiamato, avrebbe aspettato fino all’ora di andare al Timmy’s per le prove. 
Sospirò di sollievo, ricordando che quella notte non avrebbe fatto tardi. Il martedì il Timmy’s era chiuso e il mercoledì chiudeva a mezzanotte, prestando il palco a comici e cantanti. Per due giorni Meredith avrebbe potuto respirare un po’ e magari ne avrebbe approfittato per dormire.
-“Andiamo in biblioteca?” propose Francis, Meredith annuì e chiuse la chiamata, sentendo di nuovo la voce della segreteria telefonica di Fred.
-“Andiamo” 
 
***
 
-“Fred!” esclamò Meredith, sollevata nel vedere l’amico inserire nello stereo il CD con le canzoni che avrebbero usato per riscaldarsi.
-“Ehi” la salutò lui.
-“Che fine hai fatto? Mi sono preoccupata” Meredith lo raggiunse nella piccola palestra del Timmy’s, aggiustandosi il vecchio body nero. Era a piedi scalzi, così come Fred.
-“Mi sono sbronzato di brutto ieri notte, con il Punk”
-“Il Punk?” chiese Meredith mentre Charlotte sghignazzava, guardandosi al grande specchio che copriva un’intera parete, come in una vera palestra.
-“L’amico di Daniel” spiegò Fred.
-“Quando io e te ce ne siamo andate loro due hanno deciso di fare baldoria” disse Charlotte. Meredith si mise le mani sui fianchi e squadrò Fred da capo a piedi.
-“E non ci avete invitate?”
-“Gli dovevo una birra, ha detto. E poi voi due eravate esauste!” esclamò Fred, scoccando un’occhiata a Charlotte -“Oltretutto sono io quello interessato a Mike”
-“Mike sarebbe il Punk?” chiese Meredith.
-“No, mio nonno” borbottò Fred, Charlotte e Meredith ridacchiarono.
-“E di cosa avete parlato?”
-“Un po’ di tutto…” rispose vagamente Fred.
-“E tu gli hai detto di essere gay?” gli chiese Meredith, Charlotte ridacchiò.
-“Mike lo sapeva già…avessi visto ieri cosa ha combinato Fred, ma tu eri troppo occupata a parlare con Tim” 
-“Che è successo ieri?” 
-“Fred gli ha dato il tormento, quel povero Mike se l’è ritrovato appiccicato addosso ogni momento”
Meredith scoppiò a ridere, immaginando la scena. Un ragazzo punk scandalizzato mentre la versione pervertita di Fred gli ballava addosso. Charlotte scoppiò a ridere insieme a lei e ben presto Fred si unì a loro.
-“Non dobbiamo provare un numero?” fece Charlotte, schiacciando il bottone ‘play’ dello stereo ed abbassando il volume. 
Subito Dreams dei The Cramberries si riversò dalle grandi casse posizionate ai lati della stanza, era una canzone lenta ma perfetta per provare. Charlotte si appoggiò con la schiena allo specchio e guardò Meredith -“Cominciamo da te?” chiese, inarcando le perfette sopracciglia rossicce. Meredith annuì e chiuse gli occhi, ricordando le mosse di un vecchio numero e trovandone delle nuove da unire ad esse.

-“Invece com’è andata con Daniel?” chiese Fred. Meredith e Charlotte si guardarono, poi la ragazza raccontò più o meno quello che era successo prima che la andassero a prendere a casa di Daniel. 
-“E oggi cosa è successo? Vi siete parlati?” fece Charlotte, curiosa.
-“Mi ha ignorata e io non ho avuto il coraggio di andare da lui…”
-“Quindi la storia finisce qui?” chiese Fred. Meredith non riuscì a capire se gli facesse piacere o se fosse deluso, il tono che Fred aveva usato era inespressivo.
-“Ho paura di si” rispose Meredith, la sua voce, al contrario di quella di Fred, esprimeva chiaramente la sua delusione all’idea che con Daniel non ci fosse più nulla da fare.


Angoletto!
Buonsalve a tutti! Prima di cominciare, ringrazio tutte e quattro le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo (e stavolta mi risparmio l'invito a fare come loro perchè penso che dopo sette capitoli l'abbiate capito che ci farebbe piacere sapere il vostro parere^_^).
Vi chiedo scusa se questo è un capitolo particolarmente noioso ma purtroppo è necessario... *_*
Ad aumentare le difficoltà per l'aggiornamento non solo ci si è messo il computer rotto di Maki ma anche il mio Wi-Fi stralento...quindi...ce la metterò tutta ad aggiornare in tempo ma se dovesse arrivare una tempesta in stile Apocalisse-ArcadiNoè-etc- non posso garantirvi nulla ç_ç Io tenterò e poi, come si dice, "insisti e persisti, raggiungi e conquisti!".
Vi ringrazio comunque per aver continuato a seguire la storia nonostante vi abbia avvertiti che farò ritardo nei capitoli. Io comunque continuo a scrivere, il chè vuol dire che per ora non ci sono minacce di eliminazione all'orizzonte. Si vedrà... ^.^
Un bacio grande grande,
Elen;-)
P.s.
RECENSITEE!! oltretutto, passate a vedere la pagina Facebook dedicata alla storia, e a tutte le altre che in futuro pubblicherò qui su EFP, il link è questo: https://www.facebook.com/pages/I-Sogni-di-Elen-EFP/1598433380416381?skip_nax_wizard=true&ref_type=page_profile_button


 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


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Capitolo Otto
betato da Maki Chan


 
Danzava. Sotto i piedi sentiva i morbidi fili d’erba di un prato. Aveva gli occhi chiusi e sentiva il proprio corpo muoversi in piroette aggraziate, allo stesso tempo, però, lo vedeva da lontano, come una minuta figura in controluce nel giardino del retro. Sapeva che a casa non c’era nessuno, nessuno che le avrebbe detto di non danzare. 
Era assurdo. Come spiegare ad un uccello che non poteva volare.
Sapeva di non dover sforzare il ginocchio destro ma “occhio non vede, cuor non duole”.
Il tempo sembrava sospeso in quell’attimo, in eterne piroette e fouetté, arabesque e per finire, il suo passo preferito: l’attitude. 
Meredith alzò la gamba, stendendola verso la schiena arcuata. Allungò il collo, fissando lo sguardo su un ciuffo d’era lontano su cui si era posata una coccinella. Distese il braccio dietro di se, avvicinandolo alla punta del piede. Stese l’altro braccio, in alto. Continuò a sorreggersi su una gamba per qualche secondo. 
Poi sentì il dolore lancinante. 
Era la gamba che sorreggeva il peso del suo intero corpo. Quella sbagliata. 
Cadde a terra, urlando di dolore per la perdita del suo promettente futuro.


Meredith si svegliò con un sussulto. Strabuzzò gli occhi nella penombra dell’alba nascente, vedendo ancora davanti a sé l’erba del giardino. Sospirò, le capitava spesso di sognare di danzare. Per lo più erano ricordi di quando poteva ancora farlo a livello professionale.
Le lunghe lezioni nei torridi pomeriggi di Nestor…si rese conto di quanto la danza le mancasse. Si alzò dal letto, sapendo che non avrebbe ripreso sonno, e andò a farsi una lunga doccia per dimenticare il sogno appena fatto.
“E’ inutile piangere sul latte versato” pensò prima di aprire il rubinetto dell’acqua fredda.


Meredith alzò lo sguardo nel momento in cui qualcuno posò i libri davanti a lei e si sedette, scostando rumorosamente la sedia dal tavolo di lettura. 
Puntò lo sguardo sulla maglia nera, sopra ad un paio di jeans neri sbrindellati, e osservò le mani grandi e i polsi, quindi risalì con lo sguardo fino ad incontrare gli occhi di Daniel. 
Lui le sorrise e le fece un cenno con la testa -“Posso sedermi qui?” le sussurrò. 
Meredith ridacchiò -“Non l’hai già fatto?”
Come mai le stava parlando? Quale che fosse il motivo, Meredith si sentiva segretamente felice che lui lo stesse facendo. Pensò che avrebbe dovuto cogliere l’occasione per scusarsi.
-“Sei venuto qui per un motivo?” si sentì dire, strabuzzò gli occhi. Lui continuò a sorriderle e poi cominciò a sfogliare il libro che aveva portato con sé.
-“Ho un test domani”
-“Anche tu studi ad Antropologia?”
-“No” Daniel scorse con le sopracciglia corrugate l’indice dei capitoli -“La facoltà di Matematica si trova proprio dietro a quella di Antropologia” la guardò curioso -“Non te ne sei mai accorta? Condividiamo la stessa caffetteria…”
Meredith scosse la testa e tornò a guardare il suo libro -“No, non me ne sono mai accorta”
-“Ma insomma, la volete smettere di chiacchierare?!” sbottò una signora sulla cinquantina, i capelli brizzolati raccolti in un ordinato chignon. Meredith e Daniel si scambiarono un’occhiata, reprimendo i sorrisi, e annuirono alla signora. 
-“Tu invece che sei venuta a fare?” le chiese, una volta che la signora se ne fu andata. Meredith ridacchiò.
-“Sto approfittando del tempo libero per rimettermi in pari, il…mio lavoro…porta via più tempo di quanto si pensi”
Daniel annuì, sembrava che volesse dire qualcosa ma si stesse trattenendo dal farlo. Meredith gli lanciò un’occhiata curiosa ma poi tornò a studiare.
-“Dopo ti va di fare un giro?” le chiese all’improvviso Daniel, attirando su di sé l’attenzione della signora antipatica. Il ragazzo alzò le mani e tacque, guardando Meredith in attesa di una risposta. Lei sorrise e annuì -“Ma ora studiamo” detto questo, tornò a leggere e a prendere appunti.


Meredith odiava i silenzi imbarazzanti, così disse la prima cosa che le venne in mente.
-“Bella giornata” 
Daniel ridacchiò e si guardò intorno, annuendo -“Però sembra che domani pioverà”
Affondarono di nuovo in un silenzio imbarazzato. 
-“Mi chiedevo…” cominciò Daniel, tenendo lo sguardo sul terreno. Stavano passeggiando intorno ai giardini del campus, che sembrava essere assolutamente deserto. Meredith osservò il profilo di Daniel, soffermandosi fin sul più piccolo dettaglio: il naso dritto con la punta leggermente all’ingiù, il piccolo neo vicino all’occhio sinistro, la pendenza delle sopracciglia che davano ai suoi occhi un’aria ombrosa e meditabonda, il labbro inferiore più carnoso di quello superiore, il mento sporgente e…
-“…se ti interessasse venire ad una festa, questa sera” Daniel la riportò alla realtà, Meredith spostò lo sguardo a terra mentre lui alzava i suoi occhi per guardarla. Sembrò studiarla un attimo e poi sospinse lo sguardo lontano.
-“Oggi il Timmy’s chiude a mezzanotte” disse Meredith, la voce più bassa di quanto avrebbe voluto.
-“Era un si?” Daniel tornò a studiarla e stavolta lei lo guardò e gli sorrise.
-“Si, certo”
Lui ricambiò il sorriso -“Bene, allora ti vengo a prendere al Timmy’s con la macchina”
-“Ma non avevi una moto?”
Daniel si grattò la nuca -“Anche una macchina, a dire il vero” sembrava leggermente in imbarazzo ad ammetterlo.
-“Wow. Io neanche quella…”
-“Se vuoi, conosco una persona che vende delle macchine usate ad ottimi prezzi”
-“No, mi piacciono i mezzi” Meredith gli sorrise, sentendo un po’ di imbarazzo nella sua voce.
-“Ma sono pericolosi” fece lui, affondando le mani nelle tasche dei jeans, Meredith si soffermò un attimo sul modo in cui i suoi bicipiti risaltavano ma poi si diede della stupida per averlo notato.
-“Sono solo affollati” ribatté Meredith, guardando lontano per distrarsi dalle braccia muscolose di Daniel -“Ma forse è questo il bello. Ci sono molte persone interessanti”
-“Usi la metro per rimorchiare?” Daniel ridacchiò, doveva essere una battuta. Meredith scosse la testa.
-“Veramente rimorchio più di quanto immagini, anche senza la metro” la frase le uscì con un tono un po’ troppo civettuolo e Daniel la guardò con un sorriso strano.
-“Su questo non dubito affatto” 
Meredith ridacchiò e lo guardò da sotto le ciglia, chiedendosi se quello scambio di battute si potesse definire ‘flirt’.
Stavolta il silenzio fra loro non fu imbarazzato, fu solo silenzio.
-“Senti” ricominciò Daniel -“Perché non porti anche qualche tua amica? Probabilmente ci saranno più ragazzi che ragazze…”
Meredith represse un moto di delusione all’idea che l’avesse invitata solo per le sue amiche, si costrinse ad annuire e sorridere -“Certo”
 
***
 
Il citofono suonò insistentemente, svegliando Meredith.
Sentì Bonnie correre ad aprire e dopo qualche minuto una fiammeggiante testa rossa irruppe nel monolocale, dirigendosi verso Meredith, che aveva ripreso a dormicchiare sul suo letto.
-“Svegliati!” scattò Charlotte, scuotendola per un braccio -“Ci dobbiamo preparare per una festa, hai dimenticato?”
-“Uhm…”mugugnò Meredith, rifiutandosi categoricamente di svegliarsi.
-“Tu non hai capito chi comanda qui, mia cara ” sibilò Charlotte, Meredith si sentì gelare. Aveva assistito solo un paio di volte a quella versione di Charlotte, a sentire Fred era la peggiore che esistesse -“Io comando e io ti dico di alzarti, di riempire il borsone con il tuo abito migliore e di darti una mossa per andare al Timmy’s” man mano che le parole uscivano dalla bocca di Charlotte, Meredith sentiva i passi di Morfeo mentre si allontanava. Alla fine fu costretta ad aprire gli occhi, quando uno schiaffo la colpì sulla guancia.
-“Ahi! Charlotte!”
-“Nessuno osa farmi fare tardi ad una festa” disse Charlotte, socchiudendo gli occhi che mandavano lampi e fissando Meredith dritto negli occhi -“Ricordalo” dopo un paio di secondi sembrò calmarsi. 
Meredith osservò l’amica mentre questa prendeva il suo borsone e apriva i cassetti della cassettiera, quindi vi frugò dentro alla ricerca di un vestito che ritenesse adeguato ad una festa ed infine lo ripiegò accuratamente dentro al borsone.
Meredith notò che Bonnie stava guardando Charlotte con curiosità da dietro le tende semitrasparenti, la sorella corrugò le sopracciglia e fece un cenno con la testa verso Charlotte, come a dire “Ma chi è questa?” e Meredith non poté fare altro che sospirare e scuotere la testa.
-“Andiamo” tuonò Charlotte, dirigendosi con il borsone di Meredith verso la porta di casa. Charlotte fece un piccolo sorriso di scuse a Bonnie ed uscì a grandi passi.
-“Tornò tardi stasera”
-“Ok” disse Bonnie -“Ma mandami un sms appena puoi”
-“Sicuro” disse Meredith, uscendo di casa e ricorrendo Charlotte per le scale.


Era mezzanotte e cinque minuti quando Daniel parcheggiò il suv nel viale sul retro del Timmy’s. Dieci minuti dopo Meredith, Charlotte, Fred e Viky uscirono dalla porta sul retro, pronti a divertirsi alla festa di uno sconosciuto.
Daniel sorrise loro e li fece salire, quindi mise in moto e partì nella direzione opposta alla casa di Meredith.
-“Ci riaccompagni tu a casa?” chiese la ragazza, seduta accanto al posto del guidatore. Gli altri tre, lì dietro, stavano facendo un casino assurdo, nonostante lo spazio non mancasse affatto.
-“Se vuoi, si” Daniel la guardò brevemente e le fece l’occhiolino. Meredith ridacchiò e si guardò intorno. Suo padre le aveva sempre detto che si capisce molto di una persona dal modo in cui tiene la macchina: “mai fidarsi di qualcuno con la macchina troppo ordinata, o è un maniaco oppure nasconde qualcosa.
Daniel non sembrava un maniaco dell’ordine. Un bicchiere di coca-cola vuoto occupava ancora il porta bibite vicino alla leva del freno a mano. Un sacco di CD impilati nelle tasche sulle portiere, un paio di gingilli attaccati alla chiave della macchina e una cartaccia buttata distrattamente a terra. Nell’abitacolo si respirava l’odore penetrante di uno di quei alberelli di cartone profumato che vendevano dappertutto, Meredith storse il naso accorgendosi che l’odore era troppo forte da risultare sgradevole. Doveva essere un piacevole odore di pino ma assomigliava a detersivo scadente. Fortunatamente Daniel le aveva permesso di aprire il finestrino non appena era entrata.
Si fermarono davanti ad un’enorme villa, in uno di quei quartieri ricchi di periferia. Macchine parcheggiate dovunque, occupavano tutta la strada, e le persone ballavano nel giardino tutt’intorno alla casa. Il marciapiede nei dintorni della villa era crivellato di gruppetti di universitari armati di bicchieroni colmi di alcol misto a sostanze sconosciute che avevano il coraggio di chiamare “punch”. 
Meredith scese e osservò la villa, era totalmente bianca e al piano terra il cemento delle mura si alternava al sottile e lucido vetro delle tante vetrate che davano sul giardino. Un giardino enorme. C’era una piscina, l’acqua illuminata da luci viola e blu, in cui ballavano ragazze in bikini striminzito o in topless e ragazzi ormai totalmente fuori di testa.
Capì subito che non le sarebbe piaciuto. Non era il suo ambiente. Assomigliava ad uno di quei mega-party del liceo che si vedono in Tv di cui a Nestor i ragazzi organizzavano solo pallide imitazioni con musica house scadente e drink troppo amari e secchi per essere veramente bevibili. Meredith aveva sempre odiato quel tipo di feste, preferiva una serata all’irish pub -l’unico posto in cui a Nestor servissero da bere ai minori di 21, probabilmente perché era talmente lontano dalla caserma da essere lontano anche dalle leggi, ed era anche poco frequentato dagli adulti.
Eppure lì la gente sembrava divertirsi un mondo.
Il dj suonava mashup di musica commerciale ed EDM ricercata, Meredith distinse un pezzo di Skrillex di cui non conosceva il titolo ma che andava forte negli ultimi tempi.
Meredith notò un ragazzo alto dall’aria punkettona dirigersi verso di loro. Allo stesso tempo qualcuno aveva messo una mano sulla sua spalla. Daniel. Il ragazzo la avvicinò di più a sé e salutò con una pacca sulla spalla il suo amico.
Mike. 
-“Ehi, Freddy bello!” esclamò il Punk, Meredith capì che era totalmente ubriaco e le scappò un sorriso nel notare lo sguardo bramoso di Fred. I due si salutarono e Mike trascinò via il suo migliore amico dicendogli -“Ti devo presentare una persona!” 
Mike, a quanto pareva, era il tipo da strillare molto, soprattutto quando era ubriaco.
Charlotte e Viky si volatilizzarono nello stesso momento in cui Mike e Fred scomparvero dalla vista di Meredith e così lei rimase “sola” con Daniel.
-“Andiamo a prendere da bere” disse lui.
-“Di chi è la festa?” 
-“Un mio amico…dopo te lo presento”
Raggiunsero il tavolo degli alcolici e dopo qualche secondo di esitazione, Meredith si servì un grosso bicchiere di Jack Daniel's con ghiaccio. 
Se doveva divertirsi, allora voleva farlo fino infondo.

Buonsalve a tutti! Spero che stiate passando delle belle vacanze ^_^
Prima di tutti ringrazio tutti voi che avete pazientemente aspettato il capitolo, e anche se aveste dovuto abbandonare la storia (e quindi non state leggendo questa Nota) vi ringrazio lo stesso di cuore per aver letto... Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo e per non avervi fatto sapere molto. Ho pubblicato un paio di post sulla pagina facebook nella speranza di tenere viva la vostra attenzione ma non so quanto la mia idea abbia funzionato.
Ringrazio non solo tutti voi lettori ma anche voi ragazze che recensite, spero che si unisca anche qualcun altro a voi...come sempre, sono affamata di critiche!
So che l'attesa non è valsa molto, dato che questo capitolo non è il massimo, d'ora in poi però la storia prenderà una svolta un po' più interessante.
Il capitolo prossimo, il nono, lo vivrete dal punto di vista di Charlotte e spero che sarà adatto al raiting scelto...aspettatevi qualcosa di molto sexy!! 
Che ne pensate di questa Meredith in versione 'festa'? Cosa pensate che succederà durante la festa? Lo scoprirete nei prossimi capitoli, che arriveranno con molta più regolarità dato che *SQUILLO DI TROMBE ED APPLAUSI DALLA PLATEA*
 Maki ed io abbiamo risolto tutti i problemi!
Il prossimo appuntamento allora va a giovedì pomeriggio!!!

P.s.
Vi chiedo ancora scusa e vi ringrazio ancora, non sapete quanto vi adori!


SIETE CURIOSI DI SAPERE
A CHI CI SIAMO ISPIRATE PER 

IL PERSONAGGIO DI CHARLOTTE
AVETE VOGLIA DI LEGGERE UNO 

SPOILER DEL CAPITOLO NOVE?
ALLORA FATE UN SALTO ALLA MIA PAGINA FACEBOOK!
Il link è questo (mettete 'mi piace' per essere 
informati riguardo alla pubblicazione di ogni post...troverete retroscena e prestavolto
de "La Stripper"):

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


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Capitolo Nove
(POV Charlotte)
betato da Maki Chan


 
Dopo il secondo drink, Charlotte si decise a togliersi la maglietta e i pantaloncini, rimanendo così in tanga e reggiseno di un profondo color rubino con inserti di pizzo. Un peccato rovinare quel bel completino, ma non sarebbe riuscita a resistere al fascino della piscina ancora per molto.
Inoltre Viky si era buttata da soli dieci minuti e già stava limonando con un tipo tutto muscoli e abbronzatura. Charlotte osservò con aria critica il ragazzo, che intanto palpeggiava Viky un con un po’ troppa insistenza. Non proprio il suo tipo.
Lui non ha una vagina” le sussurrò divertita la sua coscienza e Charlotte sorrise, reprimendo una risata. Charlotte affondò nell’acqua e fu subito avvicinata da un ragazzone
del Texas che le offrì un bicchiere di plastica con del punch.
-“In piscina si entra solo da ubriachi” le disse con quel suo accento strascicato, Charlotte gli fece l’occhiolino.
-“La prendo come una sfida a berlo tutto d’un fiato” replicò, civettuola. Il fatto che fosse lesbica non voleva dire che non le piacesse flirtare…ecco perché si definiva bisex.
-“Lo è” replicò il ragazzo, avvicinandosi a lei -“Ma non credo che ce la farai”
-“Scommettiamo?”
-“Vinco io” fece lui, sorridendo in modo molto sensuale. Charlotte scoppiò a ridere e portò alle labbra il bicchiere. Quindi rovesciò la testa e bevve il più possibile. Ma non tutto.
-“Ho vinto” disse il ragazzo, avvicinandosi sempre di più. Le strinse il mento fra il pollice e l’indice e la baciò rudemente.
Charlotte preferiva i baci delle ragazze, perché usavano il burro di cacao e quindi avevano le labbra più morbide, infatti le labbra del Texano erano screpolate dal sole e dal sale del mare e per un istante Charlotte temette che le potesse attaccare qualche tipo di herpes.
Poi l’alcol cominciò ad entrare in circolo.
-“Qualsiasi cosa ci sia qui dentro, è favolosa” disse quando si staccarono per riprendere fiato, quindi bevve ciò che rimaneva nel bicchiere e riprese a baciare il tipo con veemenza, buttando in acqua il bicchiere.


Non era più il Texano.
No.
Le labbra che le stavano sfiorando il collo erano molto più morbide ed umide di lip-gloss alla fragola. Charlotte ne sentiva il sapore sulle sue labbra. Abbassò lo sguardo, rendendosi conto di trovarsi in uno di quei momenti di lucidità che la aiutavano a prendere conoscenza del fatto di essere sbronza ma non del tutto.
Era una bionda. Capelli lisci e con i colpi di sole, piastrati fino ad essere quasi taglienti.
In un movimento del tutto autonomo, la mano di Charlotte corse alla nuca della ragazza, spingendo la sua testa verso la clavicola. Charlotte aveva sempre adorato i baci sulla clavicola.
Rovesciò la testa nel momento in cui la bionda trovò il punto esatto, mille brividi le corsero lungo la schiena. Sentiva la musica, ovattata dalle mura e dalla distanza dalle casse.
Era finita con quella bionda in un bagno al secondo o terzo piano della villa, seduta sul ripiano di marmo accanto al lavandino. Non c’era nessuno intorno a loro.
Potevano fare tutto quello che volevano.
La bionda stava risalendo e le due ripresero a baciarsi con passione, le lingue attorcigliate nella più antica delle danze. Charlotte deglutì e accarezzò il fianco della ragazza.
-“Come ti chiami?” biascicò.
-“Sally”
-“Charlotte”
La bionda ridacchiò -“E’ un piacere” e scese con la bocca, giù, sempre
più -“Un vero piacere” Charlotte rovesciò la testa, affondando di nuovo nell’oblio dei sensi ovattati, in cui sentiva solo la bocca di Sally, e le sue mani e il suo corpo intero, su di lei.


Charlotte inciampò su un gradino di legno. Si stava risistemando la maglietta e aveva perso l’equilibrio.
La bionda la afferrò prima che cadesse a terra e le sorrise -“Tutto ok?”
-“Mi serve dell’acqua” borbottò Charlotte, appoggiandosi al muro. In quel momento vide Daniel e Meredith chiacchierare con un tipo alto, dai capelli neri.
-“Ma hai appena bevuto in bagno” le disse l’altra, Charlotte corrugò le sopracciglia e si ricordò che era vero. Dopo averlo fatto con la bionda si era sentita la testa troppo ovattata e la ragazza l’aveva aiutata a bere.
-“Allora mi serve altro punch”
-“Sicura?”
-“Come non mai” quindi riprese a scendere le scale e perse di vista la bionda.
Si servì un altro bicchiere di punch e fu in quel momento che Fred la raggiunse.
-“Prima ti ho vista rimorchiare una ragazza…” le disse, sembrava voler nascondere la sua confusione dietro un tono leggero. Charlotte strinse la mascella. Fred e Meredith non ne sapevano nulla.
Ma sentiva la testa troppo ovattata per pensare a cosa dire: dire la verità sarebbe stato più semplice e veloce.
-“E allora?” beh, non dire la verità ma non smentirla…era la tattica migliore.
-“Non neghi?”
Charlotte buttò giù un grosso sorso di punch come risposta. Fred si limitò a sgranare gli occhi.


Charlotte ballava.
Il mondo girava. In continuazione. Senza sosta.
Muoio” pensò Charlotte, alzando le braccia al cielo mentre delle mani sconosciute le accarezzavano il corpo. Chi era? Nè Sally, né il Texano. Forse tutt’e due. Forse nessuno dei due.
In tutta quella confusione non riusciva a vedere neanche chi le stesse baciando il collo. Di chi erano le mani sulle sue cosce? Non lo sapeva. Avrebbe voluto saperlo ma forse dimenticare di pensare
era la cosa migliore.
Muoio” pensò di nuovo, ormai dimentica di averlo pensato almeno dieci volte negli ultimi cinque minuti. Le piaceva il suono di quella parola ma per il bene della sua testa, che ad ogni pensiero sembrava scoppiare, si costrinse a riaffondare nell’oblio dell’incoscienza.


Stava facendo sesso.
Con un uomo. In quel momento lui aveva rovesciato la testa in preda al piacere. Charlotte ormai era troppo stordita per sentire un orgasmo.
Lo osservò.
Capelli neri, camicia bianca.
Si trovavano in un bagno, lui le sorrise e le accarezzò la guancia.
-“Sei bellissima”
-“Tu no” mormorò Charlotte, quindi scoppiò a ridere insieme a lui.
Ridevano per nulla.


-“Non dovresti continuare a bere” un voce familiare. Molto familiare.
Charlotte barcollò all’indietro e strizzò gli occhi per riconoscere il
volto di…di…di Fred!
-“Freddy!” esclamò una voce. Charlotte si accorse in ritardo di aver parlato.
Davvero quella era la sua voce?
-“Che hai fatto in tutto questo tempo?” si sentì chiedere.
-“Cosa dici, Charlotte?” Fred la guardava con uno sguardo strano, fra il divertito e il preoccupato.
-“Non ti si vede da seeeecoli!” biascicò Charlotte, barcollando di nuovo e buttando giù un po’ di…qualsiasi cosa ci fosse nel bicchiere.
-“Dovresti davvero smetterla”
-“Non si dice mai ad un ubriaco di smetterla
Charlotte sorrise sibillina e voltò la schiena a Fred. Un po’ troppo velocemente di quanto avrebbe voluto.
Riuscì a evitare le scarpe, d’altro canto vomitò su quelle di qualcun altro. Qualcuno che era anche più ubriaco di lei e non disse nulla a riguardo.
Sentì qualcuno sorreggerla con mano ferma.
Era Fred.
D’un tratto si ritrovò a piangere lacrime dal gusto salato.
L’amico la prese in braccio, ignorando gli sbaffi di vomito agli angoli
della sua bocca e il fatto che con quel movimento oscillatorio presto Charlotte avrebbe vomitato nuovamente.
Fred la portò in bagno il prima possibile, giusto in tempo perché Charlotte si potesse chinare sul WC e rigettare tutto quell’alcol.
Continuò a piangere.
-“Scusami!” la voce arrochita dalla bile. Le faceva male la gola.
-“E di che” borbottò Fred. Le aveva raccolto i capelli in cima alla testa e la guardava dall’alto. Charlotte vedeva bene lo sguardo preoccupato -“Fai sempre così alle feste, non va bene” le stava
dicendo. Charlotte venne scossa da un altro conato.
-“Sono un disastro” borbottò Charlotte, cominciava a sentirsi meglio…almeno riconosceva la sua voce. Si tappò le orecchie, per interrompere quel fracasso di musica elettronica e urla di ubriachi.
-“Solo un po’” ridacchiò Fred -“Va meglio?”
-“Ho paura che continuerò per tutta la notte”
-“Corro a prendere dell’acqua allora…appena ti sentirai meglio cercherò del sale e del ghiaccio”
-“Ti adoro”
-“Anche io…ma non quando fai così” le disse Fred prima di andare via.
Charlotte si ricordò che lui sapeva.
Chiuse gli occhi e sospirò, appoggiando la fronte alla parete di piastrelle fresche.


Angoletto!
Chiedo umilmente perdono! Lo so, sono in ritardo! Altri problemi con il Wi-fi... uffa! Comincio a pensare che il nostro tecnico abbia comprato la sua laurea...ma forse mi sbaglio, forse è il nostro ADSL che non vuole fare il suo lavoro (probabilmente mi odia e si sente sfruttato dalla sottoscritta).
In ogni caso, ho solo un giorno di ritardo...poteva andare peggio, no?
Ringrazio le ragazze che hanno recensito il capitolo scorso, si è unita una nuova ragazza alla critica!!! Yuppy!, e che mi hanno fatto capire che ci tengono ancora alla storia nonostante il ritartdo enorme...
Speriamo che siate anche voi affezionati alla storia!!! 
Che ne pensate di questa Charlotte senza freni? Effettivamente, c'è da dire che nella mia testa ho deciso che lei si comporta sempre così quando si ubriaca... 
Spero di non avervi rovinato il personaggio, o di non avervi sconvolti particolarmente (mi sono sforzata di descrivere, sì, le scene ma evitando di essere volgare. Sono consapevole però di aver ecceduto, quindi fatemi sapere se questo capitolo vi ha urtato o se secondo voi non è adatto al raiting-anche se dovrebbe esserlo, ne sono quasi certa, dato che non sono entrata nei particolari). Vi avviso che da questo momento in poi assisterete a altre scene del genere...cercherò di renderle adatte ad ogni tipo di pubblico ^_^
Vi pormetto che al prossimo POV di Charlotte, la vedrete sobria e immersa nei ricordi... capirete molto sia sul suo passato che su quello di Fred. Come si sono conosciuti Fred e Charlotte? 
Siete impressionati dalla scoperta riguardo all'omosessualità di Charlotte? Anzi...bisessualità! Personalmente, ho sempre stimato molto le persone bisex, le ho sempre viste così "libere" ma forse mi sbaglio anche su questo, voi che ne pensate?
Grazie per aver letto e scusate ancora per il ritardo!
Elen;-)

P.s.
Il prossimo appuntamento, e stavolta rispetterò i limiti!, è per lunedì pomeriggio... fossi in voi passerei sia un giorno prima che un giorno dopo ^_^ 


 

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


Capitolo Dieci
betato da Maki Chan

 


Meredith alzò lo sguardo dai suoi piedi ed incontrò quelli di Daniel. Lui le sorrise e le porse il bicchiere. Meredith lo prese con mano tremante. Il giardino sul retro della villa era spazioso e
relativamente silenzioso. Si trovavano nel punto più lontano dalla piscina, vicino alla porta del retro che dava sulla cucina. Dalle finestre del piano terra si vedevano le persone ballare, scambiarsi i drink e ridere.
-“Alla salute” disse Daniel, facendo scontrare lievemente il suo bicchiere con quello di lei. Meredith ricambiò il sorriso e bevve un sorso di quella che sembrava vodka liscia.
Sentì la gola bruciare, nonostante i numerosi drink che avevano preceduto quello che teneva fra le mani. 
-“Reggi parecchio l’alcol, vero?”
-“Immagino sia una dote di famiglia” 
Daniel continuava a sorridere con quella luce negli occhi ma a Meredith non interessava affatto cosa avesse in mente. In fondo, si stava divertendo.
-“Come mai?” chiese il ragazzo. Meredith alzò le spalle.
-“Mio padre fa il camionista e ama bere, quindi immagino che abbia sviluppato una certa capacità nel gestire l’alcol…probabilmente l’ha passata a me”.
-“Tu non sei di San Diego, vero?”
-“Sono nata a San Diego” disse Meredith, quindi bevve un altro sorso.
Solitamente non le piaceva rivelare molti particolari di sé, ma quella sera sentiva che c’era qualcosa di diverso dal solito. Qualcosa che la faceva sentire a suo agio, al sicuro. Pensò che forse era l’alcol, ma una parte di lei sosteneva che fosse Daniel.
-“Ma?”
-“Ma mi sono trasferita quando ero al liceo, siamo andati a vivere in una piccola città a sud, sul confine”
Daniel annuì e buttò giù un grosso sorso dal suo bicchiere. Si sedettero su una panchina all’inglese, nel buio di un piccolo angolo silenzioso e vuoto, al riparo grazie a grandi cespugli di meravigliose
piante colorate.
-“E tu?”
-“Io?” fece Daniel, continuando a guardarla negli occhi.
-“Sei di San Diego?”
-“Si. I miei sono di New York ma immagino che il clima lì non fosse il massimo, così…” fece un gesto con le spalle e portò di nuovo il bicchiere alla bocca, senza finire la frase.
-“Quindi anche i tuoi si sono trasferiti. Che lavoro fanno?”
-“Non ha molta importanza, non credi?” Daniel le sorrise ma Meredith sapeva che il suo sorriso era solo un tentativo di distrarla dal discorso.
-“Perché non me lo vuoi dire?”
-“Perché non mi va” disse semplicemente Daniel.
Meredith sbuffò, alzando gli occhi al cielo ma sorridendo -“E allora cosa vuoi fare?”
Si diede subito della stupida per la domanda. Era ovvio cosa Daniel volesse fare. Lui la guardò con malizia.
-“Questo”
“Prevedibile” pensò Meredith, ma non si scansò. Lui appoggiò il bicchiere accanto a sé e si avvicinò a lei, quindi le accarezzò dolcemente le braccia e la baciò.
Le labbra di Daniel erano morbide e calde, sapevano di alcol. Meredith immaginava che anche le sue labbra sapessero di alcol. Non era poi una cosa così negativa, in effetti.
All’inizio rimase ferma, godendosi la piacevole pressione delle mani di lui sulle sue braccia. Daniel approfondì il bacio, accarezzandole con la punta della lingua le labbra come se le chiedesse gentilmente di entrare.
Meredith si lasciò andare, abbattendo poco per volta la sua barriera.
Il bacio si fece più appassionato, le mani di lui si spostarono sul suo collo, le sue guance, poi scesero sulla vita e con forza Daniel la avvicinò ancora di più a sé.
Meredith appoggiò le gambe su quelle di lui, per stare più comoda e gli circondò il collo con le braccia.
Si sentì sollevare, Daniel la teneva come se fosse una piuma. Tenne gli occhi chiusi mentre Daniel continuava a baciarla.
La stava portando dentro.
La lasciò andare gentilmente, per poi prenderla per mano e condurla al terzo piano.
-“Qui staremo più tranquilli”mormorò lui con voce roca.
Meredith aveva il fiato corto, il battito a mille, il ventre contratto.
Perché l’aveva baciata? E perché lei aveva ricambiato?
Si chiese che cosa precisamente avesse provato durante quel bacio appassionato ma la sua testa non riusciva a concentrarsi su altro che non fosse la figura longilinea e slanciata di Daniel, che ora si era avvicinato a lei dopo aver chiuso la porta e aver acceso una luce
soffusa.
Meredith non era sorpresa di trovarsi in una camera da letto, una parte di lei si sentiva compiaciuta e lusingata, l’altra voleva solo passione.
Quando Daniel fu abbastanza vicino, Meredith si sorprese a tendere le braccia verso il suo collo per unire le sue labbra a quelle di lui. Presto Meredith si sentì cadere sul letto, le gambe intorpidite.
Sentiva come se il suo corpo intero si fosse rimpicciolito, concentrato completamente sul suo ventre. Sentiva caldo, cominciava a sudare.
Daniel le baciava il collo, sentiva le sue mani sulle cosce.
Meredith allacciò le braccia intorno alle grosse spalle di lui e lo lasciò fare.
Perché sapeva che era quello che le serviva. Uno svago, niente di più: una piccola parentesi, uno stop alla realtà. Sapeva che l’indomani tutto sarebbe tornato normale.
Prese un grosso respiro e capovolse la situazione, ritrovandosi così a cavalcioni su di lui.
Gli sorrise e la notte ebbe inizio.

Una luce forte le colpiva il viso. Una luce che non era quella delle lampadine.
Accanto a lei qualcuno respirava pesantemente come solo chi è immerso nel sonno fa. Meredith si voltò e sgranò lievemente gli occhi nel vedere il placido volto di Daniel, addormentato pesantemente, a due centimetri da lei. Il braccio di lui le avvolgeva pesantemente la vita. Meredith pensò distrattamente che era la prima volta che si risvegliava con un ragazzo affianco. Non era una brutta sensazione, in effetti. Con John erano sempre state brevi scappatelle la notte tardi oppure un paio d’ore prima di scuola. Nulla a che vedere con un’intera notte…
Al pensiero Meredith si sentì stringere lo stomaco, sapeva benissimo di essere arrossita e fu felice che Daniel dormisse ancora. Scacciò via il pensiero del sesso dalla mente, insieme ai ricordi
brevi e fugaci della notte passata con Daniel e della festa, per pensare a quanto in realtà sentisse la testa pesante.
“Potrei dormire ancora un po’” pensò, avvicinandosi un po’ a Daniel.
Si fermò prima di appoggiare la testa sul suo petto, per captare qualsiasi cenno di fastidio. Ma nulla, Daniel dormiva ancora. Così Meredith si lasciò andare contro di lui con un grosso sospiro e chiuse gli occhi, sentendosi inaspettatamente al sicuro fra quelle lunghe braccia tatuate.

Gambe intrecciate.
Nel sonno le loro gambe si erano intrecciate.
Da ragazza Meredith aveva sempre sognato di ritrovarsi stretta fra le braccia di un ragazzo, le loro gambe unite. Ora era successo ed era una sensazione piacevole.
Daniel però stava districando piano le sue gambe da quelle di lei. Meredith sospirò e sbadigliò, quindi aprì gli occhi.
-“Scusa, non volevo svegliarti” sussurrò lui, fermandosi a metà del movimento. Meredith lo vide sorridere -“Hai tutti i capelli all’aria”
-“Zitto!”
Lui ridacchiò -“Non sei riuscita a resistermi”
-“Ti ho detto di stare zitto” borbottò Meredith, cercando di reprimere un sorriso e tenendo gli occhi chiusi. Non voleva vedere l’espressione compiaciuta di Daniel.
Lo sentì avvicinarsi e sfiorarle le labbra con le sue. Meredith si appigliò a lui, approfondendo il bacio e presto si ritrovarono stretti l’uno all’altra, intenti a baciarsi come due adolescenti.
-“Il tuo segreto è al sicuro con me” mormorò Daniel al suo orecchio, baciandole piano il collo.
-“A che ti riferisci?”
-“Il patto, lo hai dimenticato?” le sorrise, un sorriso da predatore
-“Domani passa a casa mia verso le sei”
Meredith tornò bruscamente alla realtà.

***

-“Tesoro, ma tu lo sapevi che voleva solo quello da te!” esclamò Fred. Charlotte mugugnò qualcosa, ancora sofferente per l’enorme sbronza presa la notte prima. Tim l’aveva sostituita con James, anche se era ben lontano da giustificare Charlotte. Tim l’aveva sempre considerata un’irresponsabile -in effetti, gran parte delle volte lo era- ma allo stesso tempo sapeva che Charlotte era come una calamita per soldi. 
Il fascino dei capelli rossi…
Meredith scosse la testa; nelle ultime dodici ore le sembrava di aver perso la capacità di rilassare i muscoli della fronte. Aveva le sopracciglia perennemente contratte, forse per trattenere un’espressione di profonda delusione.
-“Lasciala in pace, Freddy…” biascicò Charlotte, premendosi la busta del ghiaccio sulla fronte -“Non vedi che ci sta comunque male?!” aggiunse quando si sentì abbastanza in forze da conferire il giusto tono di voce alla frase.
Fred sospirò ma lasciò perdere. Si sedette accanto a Charlotte sul divano di cuoio e osservò le ragazze del burlesque correre di qua e di là, completamente prese dai preparativi.
Quella era la serata “The Queen”. Si ballavano solo canzoni dei Queen.
Un evento che sembrava avere grande successo fra le ragazze, che potevano scatenare la loro fantasia nella creazione di numeri particolarmente colorati e teatrali.
-“Devo fare anche i numeri di Mary, da ora in poi…” mormorò
distrattamente Meredith, pensando alla calda e piacevole sensazione di ritrovarsi stretta fra le braccia di qualcuno, che quel qualcuno fosse Daniel era un piccolo particolare che però cambiava l’intera situazione.
-“Ricordati i miei consigli” borbottò Charlotte.
-“Non eludere l’argomento così, Mer” sibilò Fred, sedendosi accanto a
Meredith, davanti allo specchio della toiletta.
-“Cosa vuoi sapere?” sospirò stancamente Meredith.
La verità era solo una sola. Meredith lo sapeva. Sapeva anche che l’unica verità che c’era da sapere era che lei era stanca. Ogni sua cellula trasudava stanchezza.
-“Sei andata a casa sua questa sera?”
-“No” rispose svogliatamente la ragazza. Pensò a tutte le cose di cui era stanca. Diamine, era stanca di vedere persino lo stesso mascara ogni volta che doveva truccarsi su quel fottuto tavolo davanti a lei! Era stanca di quel divano di cuoio marrone dietro di lei. Stanca di vedere Charlotte distruggersi di alcol ad ogni festa senza sapere neanche il perché lo facesse. Stanca del continuo andare e venire delle ragazze del burlesque, del loro chiacchiericcio allegro. Stanca
persino dell’occhiata indagatrice di Fred. Avrebbe voluto urlare tutte le parole che le otturavano la mente, invece disse solo: -“Ho bisogno di una sbronza epocale” lo sussurrò prima di alzarsi in piedi e sparire nello spogliatoio.
Infilò il costume alla Freddy Mercury in versione sexy al femminile, quindi si guardò allo specchio e cominciò a spegnere i pensieri. Ma non prima di aver constato che, infondo, era stanca anche di non potersi mai lasciare andare.
Aveva sempre bisogno di spegnere i pensieri, ma come sarebbe stato se per una volta in vita sua si fosse lasciata andare con i pensieri accesi?
Sarebbe stato tanto male?
Riuscì a chiedersi questo prima che la forte luce bianca la
illuminasse e la musica cominciasse a scuoterla tutta.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici ***


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Capitolo Undici
betato da Maki Chan

 
-“Non sei venuta alla fine” 
Meredith lo aveva visto con la schiena appoggiata al muro, mentre si fumava la solita sigaretta rosseggiante nella notte. 
-“Lo so”
-“Perché?” Daniel lo disse senza rabbia né fastidio, sembrava volesse veramente capire. Oppure era molto bravo a mascherare i suoi veri sentimenti.
-“Pensavo fosse sbagliato venire da te”
-“Sbagliato?” sulla bocca di lui sembrava che fosse una parolaccia o qualcosa di impossibile.
-“Ti ho già detto che non voglio essere una puttana”
-“Ma io non ti sto offrendo dei soldi”
Meredith sospirò, guardandosi brevemente intorno per trovare qualcosa da dirgli.
-“Dovresti saperlo che per le ragazze il sesso non è solo divertimento”
-“Alcune non sarebbero d’accordo con te” Daniel sorrise senza allegria e Meredith sentì montare una sgradevole sensazione di rabbia e gelosia.
-“Beh, io non sono una di quelle ragazze”
-“Cambierebbe qualcosa se io ti dicessi che sei la mia ragazza?” disse all’improvviso Daniel. Meredith rimase senza fiato, come se avesse appena ricevuto una forte botta allo stomaco. 
Sgranò gli occhi -“Ma tu non vuoi una relazione…”
-“Non so cosa voglio.” si inumidì le labbra, sembrava leggermente in difficoltà -“Se volessi solo essere il tuo fidanzato?”
Meredith non sapeva cosa dire -“I-io devo pensarci” farfugliò. 
Daniel ridacchiò e si avvicinò. Meredith sentiva il calore emanato dal suo corpo attraverso il giaccone. Pensò che non faceva ancora così freddo eppure lui lo portava già. Forse era una questione di stile.
-“Non c’è nulla a cui pensare” le sussurrò, avvicinando il volto a quello di lei. Le sorrise e stavolta, forse per la prima volta, il suo sorriso sembrò avere una nota dolce agli occhi di Meredith -“Per una volta non pensare a nulla e dì di si, è semplice” lui chiuse gli occhi e le accarezzò le labbra con le sue, leggero come il vento. Il suo pollice sembrava adattarsi perfettamente alla curva del suo collo e le dita le solleticavano la base della nuca.
Era tutto così perfetto.
Daniel rimase così in attesa e alla fine Meredith sospirò leggermente, con la paura di poter rovinare qualcosa.
-“Sì” mormorò, così piano che Daniel quasi non la sentì. La luce dei lampioni si rifletteva sul suo sorriso, che si fece più grande, con quella solita nota di malizia, e la baciò.
“Sì” ripeté Meredith nella sua mente mentre allacciava le braccia intorno al collo di lui.
Daniel la prese per mano e la condusse verso la sua moto, parcheggiata al solito posto. La aiutò ad infilarsi il casco integrale e Meredith si arrampicò barcollando sul sellino della moto. Allacciò le braccia intorno alla sua vita e come sempre venne sbalzata avanti quando la moto prese vita sotto di lei, con un rombo potente come mille fulmini.
Daniel le accarezzò leggermente le mani intrecciate sul suo addome, poi riportò la mano al manubrio. I loro sguardi si incontrarono nello specchietto circolare e lui le sorrise con la sua solita aria da cattivo ragazzo.
Meredith sospirò, pregando di non aver fatto la scelta sbagliata. 



 
***
 
I baci si erano fatti via via più appassionati, se ne erano scambiati parecchi nel breve tratto di strada dal portone d’ingresso all’ascensore. Una volta entrati nella piccola cabina quadrata, ricoperta di specchi, si scambiarono uno sguardo e Meredith si sentì stringere lo stomaco nel vedere gli occhi di Daniel brillare sotto quella particolare luce fredda.
La bloccò veloce contro la parete dell’ascensore, baciandola selvaggiamente. Il driin che li avvisava di essere arrivati al piano dell’appartamento di Daniel li distolse solo in parte dal bacio.
La prese in braccio, Meredith allacciò le gambe intorno a lui, sostenendosi al suo corpo forte, che la lasciò andare solo un attimo per girare le chiavi nella toppa della porta di casa, quindi la riprese in braccio e la portò direttamente in camera da letto.
Meredith si sentiva quasi elettrizzata, come se fosse la sua prima volta con Daniel. Però sapeva già cosa la aspettava. 
Sorrise contro le labbra di lui quando si sentì solleticare la pancia dalle sue dita.
-“Ci voleva un sorriso” le sussurrò lui, spostando le labbra verso il suo collo. Le morse il lobo, giocherellando con l’orecchino, quindi tracciò una scia di baci lungo il suo collo, verso la clavicola, poi sulla spalla e infine tornò a dedicarsi alle labbra di lei.
Le tolse la giacca jeans e le fece alzare le braccia sopra la testa, quindi le sfilò la maglietta grigia. Le diede un rapido bacio a fior di labbra, mordicchiandole leggermente il labbro inferiore, quindi la fece sdraiare, concentrandosi sul suo seno ancora coperto dal reggiseno.
Strinse fra il pollice e l’indice il bordo dell’indumento, che era in pizzo, e le sorrise -“Mi piace questo” 
Meredith ridacchiò leggermente ma le sue risatine si fermarono a metà gola quando Daniel cominciò a baciarle la parte superiore dei seni. Inarcò la schiena in preda ad un brivido profondo e il ragazzo sorrise contro la sua pelle.
Meredith sospirò sentendo le mani di lui correre lungo la sua pancia, verso il bottone dei jeans.
-“Non vale se fai così” borbottò, quindi fece forza sulle anche e capovolse la situazione. Lo baciò, imitando i gesti che aveva fatto lui quando le aveva tolto la maglietta.
Daniel la guardava da sotto le lunghe ciglia, aveva gli occhi socchiusi e Meredith notò con piacere la pelle d’oca sulle sue braccia quando gli baciò piano il petto dopo avergli tolto la maglietta.
Le braccia di lui la circondarono e Meredith sentì le dita di lui accarezzarle leggermente la schiena, quindi le slacciarono abilmente il reggiseno. 
Meredith lo baciò, appoggiando gli avambracci ai lati della testa di lui, e sentì le mani di Daniel passare sotto le sue ascelle per poi stringerle il seno.
Meredith si lasciò sfuggire un piccolo gemito ma subito tornò a baciarlo. Le mani di lui si staccarono dal suo seno e le slacciarono definitivamente i jeans. Nei suoi movimenti c’era una certa foga, che sanciva la fine dei preliminari. Per quanto piacevoli fossero, Meredith non vedeva l’ora di sentire la pelle di lui contro la sua. Era un bisogno primitivo, il desiderio puro.
Daniel si mise a cavalcioni su di lei e prese un cuscino, Meredith inarcò la schiena e lui lo mise sotto di lei, quindi tornò a concentrarsi sui suoi jeans.
Meredith fece lo stesso. Gli accarezzò distrattamente gli avambracci protesi verso di lei e slacciò piano il bottone degli jeans.
Prese un grande respiro, chiuse gli occhi e si lasciò andare definitivamente, in balia del fuoco che sentiva nel ventre.


Daniel si lasciò cadere accanto a lei. Entrambi avevano la pelle imperlata di sudore e il fiato corto. Meredith gli baciò la spalla e chiuse gli occhi, esausta e serena. 
Era stato bellissimo, inutile negarlo, diverso dalla volte precedente: migliore. 
Daniel ridacchiò -“A quando il prossimo round?”
Meredith sentì nascere sulle sue labbra un nuovo sorriso, più sereno del solito -“Quando vuoi”
Silenzio. 
Daniel si mosse veloce e la baciò, Meredith ricambiò subito, sentendo il tocco delle labbra di lui sempre più familiare ogni secondo che passava.
-“Verrai da me stasera?”
Meredith tacque per qualche secondo, esitando, poi annuì e Daniel sorrise, soddisfatto.



 
***
 
Venne svegliata dal suono insistente del telefono, che aveva lasciato all’interno della tasca della giacca jeans. Si guardò intorno, sedendosi piano sul letto per non svegliare Daniel -che dormiva in una posizione innaturale, con il braccio piegato malamente sotto la testa e l’altro disteso vicino alla coscia di Meredith.
Il cellulare intanto continuava a squillare al massimo volume e Daniel non accennava a svegliarsi. 
Meredith scivolò piano a terra, presa dal panico.
Che ore erano? Sicuramente troppo tardi per assistere alla lezione di Mr. Elman… 
Eppure non riusciva ad essere dispiaciuta per quello che era successo quella notte. Era stato bellissimo e non si era sentita sbagliata, per una volta, né vagamente a disagio o insicura dei propri gesti. Le era venuto naturale assecondare Daniel e ancora più naturale era stato prendere spesso l’iniziativa.
Sorrise, lanciando un breve sguardo a Daniel. Quindi il cellulare la riportò alla realtà.
Meredith sbloccò lo schermo e lesse il nome di sua sorella. Bonnie doveva essere preoccupatissima.
Meredith sgusciò via dalla camera da letto, chiudendosi alle spalle la porta e rispose al telefono.
-“Dove sei?!” esplose subito Bonnie. Meredith si lasciò sfuggire uno -“Shhhh” piuttosto rumoroso, poi si rese conto che Daniel non avrebbe comunque potuto sentire Bonnie e si diede della stupida.
Si allontanò velocemente dalla camera -“Sono a casa di uno”
-“Cosa?!” Bonnie non sembrava volersi calmare -“Hai fatto sesso con uno sconosciuto? Ti prego, dimmi che non ti sei…”
-“No!” esclamò Meredith, si rese conto di aver praticamente urlato quindi lasciò un’occhiata verso la camera di Daniel e abbassò la voce -“Non mi sono prostituita, non lo farei mai e noi non siamo in una situazione così disperata”
Bonnie si abbandonò ad un sospiro di sollievo -“Ma allora chi è questo?”
-“Uno…te ne parlo quando torno a casa”
-“A proposito, ti volevo dire che oggi pomeriggio non ci sarò a casa”
-“Come mai?”
-“Una gelateria cerca nuovo personale, sono riuscita a farmi prendere per un giorno di prova”
Meredith chiuse gli occhi, sentendo un peso cadere a terra e smettere di gravarle sulla schiena -“Ti adoro! Soprattutto se riesci ad avere quel posto” disse, cominciando a camminare avanti indietro. 
-“Gli orari saranno pazzeschi, comunque. A quanto pare è una gelateria famosa e qui a San Diego la conoscono quasi tutti, quindi avrò turni da otto ore, a volte forse anche di più”
Meredith trattenne il fiato -“Si, ma almeno ti pagheranno”
-“Abbastanza per poterci dividere l’affitto, ma non mi rimarrà nulla”
Meredith sospirò, abbassando lo sguardo a terra. Avrebbe comunque continuato a dover pagare gran parte delle spese.
-“Senti” le disse Bonnie -“Non ci preoccupiamo più di tanto. Quel lavoro è mio, lo sappiamo entrambe che ho una resistenza e una pazienza ottime. Per le spese…beh, basterà solo stare attente a non comprare cose troppo costose”
-“Immagino che andremo avanti a pizze congelate ancora per qualche mese”
-“Immagini bene” Bonnie sospirò -“Ora ti lascio a quel ragazzo”
-“Ci vediamo stasera” Meredith sorrise dolcemente e chiusero la chiamata allo stesso momento.
Meredith sentì delle braccia forti stringerla da dietro.
-“Mi tradisci già?” ridacchiò Daniel al suo orecchio, stava scherzando.
-“Ci stavo pensando” Meredith sorrise e si voltò, quindi si scambiarono un bacio appassionato e Daniel grugnì, affatto dispiaciuto del contatto dei loro corpi nudi -“Ma in realtà era solo mia sorella”
-“Cosa dice?” le chiese, lasciandola andare. Meredith aprì il frigorifero.
-“Ha trovato lavoro” Meredith si inumidì le labbra -“In una gelateria” disse, abbassando la voce.
Daniel la osservò mentre lei studiava con cura il frigorifero, un leggero sorriso a venargli le labbra. 
-“Vuoi che ti prepari la colazione?” fece Meredith. Daniel esitò, pensando che di solito quello era il momento in cui cacciava la ragazza in questione da casa sua per non vederla mai più. Scosse la spalle e le sorrise.
-“Se te la senti”
Meredith gli fece una smorfia e tirò fuori uova, latte e una scatola di biscotti dalla dispensa.
Frugò, alla ricerca dell’erba cipollina o di qualsiasi altra cosa potesse dare più sapore all’uovo, ma Daniel non sembrava essere un fanatico della cucina…il mobile delle spezie era completamente vuoto, tranne che per un barattolo trasparente della marmellata.
Era vuoto anche il barattolo.
-“Ho capito” sospirò Meredith -“Stasera vado a fare la spesa al posto tuo”
-“La spesa?”
-“Se dovrò svegliarmi qui ogni volta che facciamo sesso, ho intenzione di mangiare bene”
-“Oppure te ne puoi tornare a casa una volta finito” mormorò Daniel, leggermente infastidito. Meredith assottigliò le labbra ma trattenne il moto di stizza, si limitò a rompere le uova in un bicchiere e a sbatterle con la forchetta che aveva raccattato dalla lavastoviglie.
-“Giusto” rispose semplicemente. 
Sapeva di non doversi illudere su Daniel ma era difficile non farlo dopo quello che era successo durante la notte. 
Sospirò tristemente e si dedicò a cucinare le migliori uova che potesse fare, sentendo continuamente lo sguardo di Daniel fisso sulla sua schiena. O sul suo sedere, chissà.
Non le chiese scusa e Meredith sapeva che infondo non c’era nulla di cui scusarsi. 
Lui era fatto così.

E lei non aveva nulla di meglio.

Buonsalve a tutti!
Stavolta in perfetto orario, ecco qui il Capitolo Undici!
Prima di tutto ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo ^_^ Raggaze, vi adoro! Siete sempre presenti e mi fate notare i punti su cui dovrei concentrarmi. Infatti mi era stato chiesto di rendere i momenti fra Daniel e Meredith più appassionati ed emozionanti, rileggendo gli scorsi capitoli mi sono accorta di dove fosse il problema: il mio stile è carente quella particolare emozione che suscitano sempre i romanzi rosa e le altre storie romantiche, insomma...sono troppo "descrittiva" e poco "emozionale". E' così? Immagino che siate tutti d'accordo...lo sono io per prima! Mi ci vorrà tempo per imparare ma ho cominciato fin da subito, leggendo e rileggendo le scene che più preferisco dei miei libri d'amore preferiti e cercando di imitarne lo stile. Il risultato è questo capitolo, che balla un po' fra romanticismo e nuda e cruda realtà.
Queste sono le pene della povera Meredith...che ne pensate?
Daniel riuscirà a comportarsi da vero fidanzato? O la sua è solo una scusa per portarsi a letto la bella Meredith?
Voglio i vostri pareri, e come sempre vi incito a RECENSIRE! E' molto importante per noi!!
Elen;-)
P.s.
BUON FERRAGOSTO ^.^ spero che stiate tutti passando delle ottime vacanze!! 
Grazie mille per aver letto, il prossimo appuntamento è per lunedì pomeriggio (cercherò di essere puntuale *_*)

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici ***


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Capitolo Dodici
(POV Charlotte)
betato da Maki Chan


 
-“Mamma” disse Charlotte, la donna rossa davanti a lei la guardò severamente, facendole capire che la stava disturbando. Ma Charlotte sentiva il bisogno pressante di dirlo a sua madre, nonostante sapesse che l’avrebbe cacciata di casa, nonostante tutto, aveva il bisogno di
dirglielo.
-“Cosa c’è?!” sbottò sua madre, non era mai stata famosa per la sua pazienza.
-“Sono lesbica” aveva soffiato Charlotte velocemente, con gli occhi chiusi e le spalle rigide. Sapeva cosa la aspettava. Lo schiaffo la colpì in pieno dopo un paio di secondi di assoluto silenzio.
-“Non dire queste scemenze, non si scherza su queste cose!”
Charlotte si premette una mano sulla guancia calda. Gli occhi iniziarono a pizzicarle, ma scelse di non piangere, almeno non in quel momento.
-“Ma è vero” insistette Charlotte.
-“TI HO DETTO DI NON SCHERZARE SU QUESTE COSE!” strillò sua madre,
alzandosi in piedi e lasciando perdere i conti di fine mese. Charlotte
fece svariati passi indietro, fino a sentire la tenda frusciare contro
la sua schiena. Ora era in trappola. Per raggiungere la porta e lo
zaino che aveva preparato doveva comunque girare intorno a sua madre,
che, nonostante fosse sempre stata una donna severa e rigida, che metteva tutti in soggezione, non era mai sembrata così imponente e minacciosa.
 
Alla fine le lacrime sgorgarono involontariamente, le rigarono le guance mentre si rendeva totalmente conto di non poter più tornare indietro. L’unica cosa che poteva fare era andare avanti.
Raccolse quel poco di coraggio e carattere che le erano rimasti e si
costrinse a smettere di piangere.
-“Vaffanculo!” urlò contro sua madre -“Io me ne vado” e trattenendo il respiro le girò intorno e corse verso la porta. Prese lo zaino e guardò un’ultima volta sua madre, che la fissava con sguardo truce.
-“Non tornare mai più” le sibilò.
-“E chi cazzo vuole tornare in questa topaia?!” esclamò Charlotte.
Riuscì persino a ridere.
Mandò di nuovo a quel paese sua madre e uscì di casa.
Non era finita lì, comunque.
C’erano molte altre persone da mandare a fare in culo. A cominciare dal pastore omofobo, per poi continuare con la cassiera che l’aveva sempre reputata figlia di satana -i capelli rossi e l’omosessualità erano due ingredienti proibiti che non andavano mescolati-, ma c’erano anche i professori e i compagni idioti che la prendevano in giro, le vecchiette che la guardavano male e mormoravano alle sue spalle e gli uomini che le tastavano il sedere in autobus.
 
Entrò in chiesa e fece un casino.
 
Aveva intenzione di urlare a tutti “Ehi, sono lesbica, belli! E sono libera!” e lo fece. Più volte. Per strada, mentre tutti la guardavano allibiti. Era inconcepibile per loro l’esistenza di qualcuno come
Charlotte, l’esistenza di qualcuno che si sentisse libero di esprimersi nonostante tutti gli altri le fossero contro.
La guardavano scandalizzati e lei rideva di loro, fino a quando non incontrò un paio di occhi che invece la guardavano con rispetto.
Era un ragazzo biondo, tinto probabilmente, che qualsiasi ragazza avrebbe reputato bello. Le sorrise e le si avvicinò, tendendo la mano.
-“Sono Fred” le disse. Charlotte sorrise e strinse la mano con entusiasmo.
-“Sono Charlotte”
-“E dici di essere lesbica?”
-“Io sono lesbica” ribatté Charlotte con il vago presentimento che quel bel ragazzo avesse intenzione di dimostrarle che non era vero; lo guardò con sospetto ma lui disse qualcosa di inaspettato.
-“Io sono gay. E vengo con te” disse il ragazzo, Charlotte sentì gli occhi spalancarsi.
-“V-vieni con me?”
-“E’ ovvio che te ne stai andando…altrimenti non avresti quello zaino e non urleresti a tutti di essere lesbica e libera” le sorrise, divertito -“Sai d’accordo?”
-“Certo!” Charlotte non sapeva se Fred le avesse chiesto se era d’accordo con il suo ragionamento o con il fatto che lui andasse con lui fuori da quel posto fottuto. In ogni caso era d’accordo con tutt’e
due le opzioni. Quel ragazzo sembrava simpatico, oltretutto avevano almeno una cosa in comune: fino a quel momento avevano vissuto in un paesino nel nord della California la cui vita sociale ruotava intorno alla chiesa e alla famiglia del pastore. E questa, secondo Charlotte, era un trascorso solido su cui basare una lunga amicizia.
-“Dobbiamo passare a casa mia, ma tanto non c’è nessuno” disse Fred, guidandola verso la piccola villetta a due piani dove abitava insieme alla sua famiglia bigotta. Una famiglia uguale a qualsiasi altra in quella cittadina.
 
 
***
 
-“Sul serio non avevi nessun piano di fuga?!” Fred pose per l’ennesima volta quella domanda e per l’ennesima volta il fatto che fosse scandalizzato dalla risposta affermativa fece ridacchiare Charlotte.
Camminavano da ore sul ciglio dell’autostrada, che in quel tratto era completamente vuota. Non c’era nessuno a cui chiedere un passaggio verso San Diego, dove sembrava che Fred avesse alcuni amici che potevano ospitarli per un paio di settimane.
-“Sul serio hai sei fratelli?!” ribatté Charlotte, imitando lo stesso tono scandalizzato del suo nuovo amico.
Lui sospirò e si grattò la nuca -“Non so se sentiranno la mia mancanza. Ci vogliamo bene ma io sono troppo strano per loro…”
-“Andarcene è stata la scelta migliore” disse Charlotte distrattamente, osservando il panorama. In realtà non era nulla di ché ma almeno era qualcosa di diverso dalla città.
-“Tu pensi che tornerai mai a casa tua?”
-“No” disse subito Charlotte, troppo velocemente perché Fred potesse crederle davvero -“E tu?”
-“Forse sì. Un giorno, credo, quando sarò pronto a sostenere i loro sguardi”
-“E sarai mai pronto?”
-“Non lo so” rispose Fred dopo un bel po’, quando ormai Charlotte pensava che non avrebbe mai risposto.
 
Dopo un’ora e mezza di cammino, finalmente sentirono arrivare una macchina. Si voltarono e scoprirono che in realtà era un camion di quelli che trasportano merci. Entrambi alzarono il pollice nello stesso momento e videro l’autista ridacchiare fra sé, come a prenderli in giro, ma cominciare comunque a rallentare.
-“Cinque dollari per la prossima città. Quindici e vi porto un po’ più in là” disse l’uomo ancor prima che i ragazzi riuscissero a ringraziarlo per essersi fermato. Charlotte e Fred si scambiarono un’occhiata e, non vedendo nessun’altra soluzione, decisero che “un po’ più in là” poteva andare.
Messa da parte la prima impressione, l’autista del camion sembrava un brav’uomo. Simpatico, forse un po’ troppo chiacchierone. Ma persino loro -che infondo non avevano mai messo piede fuori da casa- sapevano che se si chiedeva un passaggio bisognava almeno far finta di voler condividere le proprie vicende con il completo sconosciuto che stava al voltante, che in questo caso era un uomo di mezz’età con una pancia prominente che la cintura di cuoio riusciva a malapena a contenere.
Non aveva l’aria di un bigotto cattolico, così Charlotte si lasciò sfuggire amabilmente di essere omosessuale.
Lui la guardò male e circa due minuti dopo si erano entrambi ritrovati di nuovo sul ciglio della strada, costretti a dover riprendere il viaggio a piedi.
-“Che grande idea!” sbuffò Fred, guardando male Charlotte -“Perché magari non gli dicevi anche di essere appena scappata di casa?”
Charlotte gli lanciò un’occhiataccia e non rispose, quindi si rimisero in marcia.
Dopo quasi tre ore qualcuno li caricò.
Stavolta gratis.
 
In due giorni riuscirono ad arrivare a San Diego. L’ultimo tratto lo dovettero fare a piedi, soffrendo in silenzio a causa delle dolorose vesciche ai piedi che ormai avevano raggiunto le dimensioni dei bottoni di un cappotto invernale. Uno degli amici di Fred ebbe la cattiva idea di dire loro che non
avevano un bel aspetto.
Si beccò un pugno in faccia da Charlotte, che aveva la cattiva abitudine di diventare piuttosto permalosa quando era stanca e stressata.
Gli amici del ragazzo alzarono le spalle e le strinsero la mano.
 
 
***
 
I primi due giorni a San Diego li passarono barricati in casa a lenire il dolore ai piedi con del buon whiskey, offerto dai gentili amici di Fred -tutti ritenevano che Joe si fosse meritato quel pugno quindi non avevano avuto problemi a fare entrare Charlotte a casa loro come se
fosse loro sorella.
Dopo la prima settimana, quando ormai a entrambi era passata la sbronza e il dopo sbronza, capirono che non avrebbero potuto vivere sulle spalle di Joe e gli altri e cominciarono a cercare lavoro.
Charlotte non trovò nulla di meglio di un posto in una gelateria piuttosto famosa a San Diego in cui strinse una grande amicizia con la cassiera. Più tardi, quando decise di trasferirsi in un appartamento tutto suo, cercò un’altro lavoro…e trovò il Timmy’s.
 
***
 
-“Scusi” la risvegliò una voce -“Posso prenderla?” le chiese la donna con un sorriso gentile, indicando la sedia vuota davanti a Charlotte.
La ragazza strabuzzò gli occhi, mentre le immagini dei suoi primi ricordi di San Diego si dissolvevano nella sua mente.
-“Posso?” ripeté la donna, stavolta con un po’ più di insistenza nella voce.
-“Certo, la prenda pure” rispose Charlotte, sorridendo di rimando. Si stava godendo il solito caffè di metà mattinata che ogni giorno si concedeva e in quel momento dalla porta principale della gelateria entrò una ragazza. Le dava le spalle e Charlotte non riusciva a vederla bene, ma quella ragazza aveva qualcosa di familiare. Inoltre aveva un bel culo. Aveva i capelli corti, riccioluti e castani ed aveva la pelle pallida ma leggermente più scura di quella di Charlotte.
La ragazza si diresse verso la cassiera, mostrandole un ritaglio di giornale e parlando velocemente. Gesticolava leggermente mentre parlava, notò Charlotte. Un particolare che aveva sempre trovato attraente in una persona.
Evelyn sorrise alla ragazza e le strinse la mano, quindi le presentò le altre due ragazze che servivano al bancone e le porse la divisa della gelateria.
In quel momento Charlotte capì non solo chi era, ma cosa ci faceva lì.
Sorrise e, dicendosi che infondo non aveva altro da fare, aspettò che la ragazza prendesse servizio nel suo giorno di prova per poter andare da lei e chiederle un cono con la vaniglia.
-“Mi chiamo Charlotte” le disse mentre la ragazza cercava la vaschetta di gelato giusta -“Sei nuova, vero?”
-“Proprio così” ridacchiò imbarazzata la ragazza. Charlotte trovò la sua risata molto dolce e d’istinto sorrise anche lei.
I suoi occhi si fermarono sulla targhetta di ferro, fermata con la clip sul seno destro.
Dentro c’era un cartoncino su cui era stato scribacchiato velocemente
il nome della ragazza.
C’era scritto Bonnie.
 
Charlotte si chiese si chiese se fosse il caso di dire a Bonnie che conosceva sua sorella. Ma prima che potesse aprire bocca per dirglielo notò che la ragazza la guardava da sotto le ciglia con un’espressione strana.
Forse l’aveva riconosciuta.
-“Ma tu sei…”
-“Sì, sono io” ridacchiò Charlotte, interrompendola -“Ci siamo viste solo una volta”
-“Eri una furia” ridacchiò Bonnie, ricordando il modo in cui Charlotte era entrata nel monolocale per svegliare Meredith. Charlotte la vide arrossire e in lei cominciò a crescere un piacevole
presentimento.
-“Sai, lavoravo qui un po’ di tempo fa. Se vuoi ti posso dare qualche consiglio”
-“Mi farebbe molto piacere” disse Bonnie.
-“A che ora stacchi?” chiese Charlotte con nonchalance, in realtà dentro era un fascio di nervi.
Sperava solo di non sbagliarsi.
-“Alle sei”
-“Ti passo a prendere, allora” fece Charlotte, quindi si diresse verso la cassa e pagò il caffè.
Uscì dalla gelateria pensando al bellissimo sorriso di Bonnie.

Buonsalve a tutti!
In orario, ecco a voi il Capitolo Dodici.
Che ne pensate di questo salto nel passato? Un po' surreale, no? 
Ho pensato che l'incontro fra Fred e Charlotte doveva per forza essere "speciale" e un po' matto. Vi chiederete come mai Fred sia stato capace di fare una tale "pazzia" (infondo ve l'ho presentato come un personaggio con la testa sulle spalle) e io vi dico che, anche se non sembra, Fred me lo sono immaginato come il tipo che fa pazzie quando è al limite. Riguardo a Charlotte, beh, spero l'abbiate capito che è una matta senza speranze! 
E che ne pensate anche di questo "appuntamento" fra Bonnie e Charlotte? 
So di aver tenuto un po' da parte sia Bonnie che Florence, perciò in questa "seconda parte" della storia mi occuperò anche di loro...tenendo un po' da parte Meredith e Daniel (non vi preoccupate, avrete loro notizioe in ogni caso ahahah).
Detto questo, ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo!! ^_^ Fate come loro ed esprimete la vostra opinione! Soprattutto ora che mi sono realmente conto di quante persone seguono la storia...siete tantissimi e mi piacerebbe sapere i pareri di ognuno di voi!!
Vi saluto con un bacio enorme, 
Elen;-)
Ps
Il prossimo appuntamento è per venerdì pomeriggio (devo rallentare perchè essendo ormai in Agosto è ora che mi occupi più dei debiti che della storia...purtroppo ç_ç).
Inoltre sappiate che eseguo retroscena "su commissione", se qualcuno di voi vorrebbe vedere approfondito un punto particolare della storia deve solo dirmelo e io cercherò di scirvere il retroscena al meglio. Per ora vi lascio a quello del primo appuntamento fra Bonnie e Charlotte!

 
SIETE CURIOSI DI SAPERE
COME SI SVOLGERA' IL 

PRIMO "APPUNTAMENTO" FRA
CHARLOTTE E BONNIE?
ALLORA PASSATE SULLA MIA PAGINA FACEBOOK!
(questo è il link ^_^ troverete la prestavolto di Bonnie e,
per chiunque se lo sia perso, il retroscena del Capitolo Sei...fra Mike e Fred!)

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici ***


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Capitolo Tredici
betato da Maki Chan


 
Daniel la abbracciò forte e Meredith inspirò il suo odore. Un misto di sigarette, abiti puliti e il lieve sentore di alcol che chi beve molto si porta sempre addosso -ma non tanto forte da essere fastidioso. 
-“Andiamo?” le sussurrò Daniel all’orecchio con voce roca e sexy. Meredith annuì e i due si avviarono lungo il marciapiede; Daniel le teneva un braccio intorno alle spalle e sorrideva soddisfatto, anche se Meredith non sapeva perché.
-“Per le undici devo essere al Timmy’s” gli disse Meredith. Daniel annuì e le fece l’occhiolino.
-“Ti sono venuto a prendere presto proprio per questo”
-“Ma dove mi porti?”
-“Ho prenotato in un ristorante che ti piacerà sicuramente. Ti piace il pesce, vero?”
-“Certo”
Daniel le strinse la spalla e poi la lasciò andare per accendersi una sigaretta.
Meredith osservò la sua espressione concentrata mentre era intento a schermare la fiammella dell’accendino dal vento.
In quei giorni l’aria si era rinfrescata sempre di più, lasciando intendere a tutti gli abitanti della California che l’Inverno ormai era alle porte. Era un peccato che quell’anno non ci fosse stato un vero e proprio Autunno, a Meredith sarebbe piaciuto vedere almeno una volta nella vita il vero Autunno, che colorava le foglie di arancione come nelle foto del Vermont. Le sarebbe piaciuto abitare nel Nord, dove le stagioni erano vere stagioni e non un ammasso non ben indefinito di caldo-freddo-caldo-freddo.
-“A che pensi?” le chiese Daniel anche se Meredith non era certa che gli interessasse veramente.
-“All’Autunno”
Lui ridacchiò -“Come mai?”
-“Nulla di ché…” Meredith scrollò le spalle e salì sulla moto dietro a Daniel. 
Meredith aveva imparato presto che su quella moto in particolare il tempo sembrava volare via e fermarsi allo stesso tempo, non seppe quanto impiegarono a raggiungere il ristorante, probabilmente tre quarti d’ora dato che era sulla costa vicino alla zona ricca della città. Vicino a casa di Daniel.
Era un ristorante in cui non era mai stata ma a giudicare dalla fila fuori dalla porta era abbastanza gettonato.
-“Fanno musica live” le sussurrò Daniel all’orecchio, dopo che furono scesi dalla moto, la prese per la vita e la avvicinò a sé mentre Meredith sentiva su di sé tutti gli sguardi. Si aspettava che avrebbero dovuto mettersi in fila, come chiunque altro, ma un dubbio le si insinuò quando Daniel la condusse direttamente all’ingresso, dove un ragazzo in livrea aprì loro la porta per farli entrare.
Meredith capì ancor prima di entrare il motivo per cui Daniel le aveva chiesto di vestirsi elegante. Non si trattava solo di un ristorante di pesce. Non era solo un ristorante. Sembrava essere Il Ristorante per eccellenza, in cui non mancava assolutamente nulla: posate di argenteria, lampadari antichi, carta d’apparati in velluto rosso, tende pesanti fino a terra, luci soffuse, candele profumate sui tavoli per due, fiori freschi e bellissimi, tappeti persiani e affreschi lungo tutto il soffitto in finto stile neoclassico. Sembrava di essere entrati in un museo, o nella casa della regina d’Inghilterra.
Meredith si accorse di trattenere il fiato così cerco di avere un aspetto più sciolto, come se lei fosse abituata eccome a tutto quello sfarzo.
-“Sicuro che siamo nel posto giusto?” mormorò Meredith, per non farsi sentire dal cameriere che li stava scortando al loro tavolo.
-“Ti ho impressionata?” ribatté Daniel con un sorriso affascinante alla 007 che si intonava perfettamente a quell’ambiente. A Meredith venne in mente Mr. Darcy di Orgoglio e Pregiudizio -aveva sempre amato quel libro, nonostante la sua indole pragmatica e razionale- e pensò che sicuramente la Austen lo aveva immaginato così, come Daniel.
Avrebbe voluto dire qualcosa ma si sorprese ancora di più quando il cameriere li condusse oltre una porta in ebano dal pomello in ottone dorato. Si ritrovarono in un romantico ed appartato salotto, se possibile ancora più sfarzoso e lussuoso, che non era altro che una specie di privè. Oltre al tavolo per due c’era un lungo divano in velluto rosseggiante, in tinta con la carta d’apparati, delle poltroncine e un mega televisore al plasma che stranamente si sposava a meraviglia con tutti quei mobili d’antiquariato lussuoso.
-“Che ne pensi?” le chiese Daniel quando il cameriere li lasciò soli.
-“Com’è possibile?” fu ciò che uscì dalla bocca di Meredith, la vera domanda che le frullava in testa però era: “Com’è possibile che tu abbia tutti questi soldi per permetterti un privè di lusso?!”.
Con chi era realmente fidanzata?
Capì di dover pretendere da Daniel almeno un paio di spiegazioni riguardo gli aspetti più basilari della sua vita. Prima domanda: chi erano i genitori di Daniel e come facevano ad avere tanti soldi da dare a loro figlio? Seconda domanda: perché Daniel aveva sentito il bisogno di prenotare un intero privè solo per una cena?
Si diede subito della scema, era ovvio che Daniel non volesse solo cenare!
Notò che intanto il ragazzo le aveva scostato la sedia per farla sedere, da vero galantuomo, così si mise comoda ma con la schiena dritta su quella poltroncina dall’aria troppo delicata. 
Sui piatti c’erano delle coperture a cupola d’argento, il ché voleva dire che Daniel aveva già ordinato.
-“Et voila!” esclamò Daniel, alzando la cupola di Meredith. 
Ostriche. 
Daniel aveva ordinato ostriche come antipasto. In quel momento Meredith notò lo champagne immerso nel ghiaccio accanto al tavolo. Daniel si sedette davanti a lei e scoprì anche il suo piatto, quindi stappò lo champagne e lo versò nelle flûte di entrambi. 
-“Ti vedo scossa” disse mentre versava lo spumante nel bicchiere di Meredith.
-“Lo sono”
-“Cosa c’è?”
-“I-io…non mi aspettavo una cosa del genere” cominciò Meredith, cercando di prenderla alla lontana.
-“No?”
-“No”
-“Non è questo che fanno i fidanzati? Cene romantiche…champagne…”
Meredith abbassò lo sguardo sulle ostriche mentre Daniel ne mandava giù una. Non le aveva mai mangiate, così eseguì fedelmente quello che stava facendo lui dall’altro capo del tavolo.
Limone, prima di tutto.
-“Non mi aspettavo che avessi così tanti soldi”
Daniel inarcò le sopracciglia ma non disse nulla così Meredith prese coraggio e porse la sua prima domanda.
-“Che lavoro fanno i tuoi?”
Daniel scoppiò a ridere -“Pensavo che leggessi i giornali” disse come se non credesse realmente al fatto che Meredith non li conoscesse -“Insomma, pensavo che dopo la festa ti fossi informata”
-“No…non l’ho fatto. Su cosa avrei dovuto informarmi?”
-“Sul fatto che mia madre è una stilista piuttosto rinomata e che mio padre si è recentemente rivelato essere un boss mafioso”
Meredith rimase con un’ostrica in mano, a mezz’aria. Pensò, anzi sperò, di non aver capito bene o che lui le stesse facendo un brutto scherzo, ma il volto di Daniel era serio e senza un’ombra di ilarità.
-“U-un boss mafioso?!” Meredith non aveva parole -“Ma allora…tutto questo…cioè…i tuoi soldi..”
-“Non sono soldi sporchi” la interruppe Daniel -“I soldi che uso provengono tutti dal conto corrente che mia madre mi ha aperto, in cui è finita metà dei suoi profitti e metà dell’eredità di mio nonno”
Meredith scosse la testa e prima che se ne rendesse conto Daniel le stava sorridendo, con la flûte in alto per un brindisi. Lo guardò confusa e ancora scossa. Non poteva negare di avere qualche dubbio e qualche perplessità e si vergognava di avere così poca fiducia nel suo ragazzo. Avrebbe voluto parlarne, approfondire, capire di più di lui, della sua famiglia, di cosa si celasse dietro il suo sorriso e i suoi modi affabili. Ma non disse niente, si limitò a guardarlo, alzò il suo calice senza riuscire a capacitarsi di quello che aveva appena saputo.
-“Alle sorprese, che ne dici?” propose il ragazzo.
“Un ragazzo con una quantità di soldi di un vecchio petroliere”
-“Dico che è un brindisi più che azzeccato” soffiò via Meredith, facendo scontrare il suo calice con quello di lui e buttando giù un grosso sorso. Nettare, fu questa la prima impressione che ebbe dello champagne. Così come le ostriche, non aveva mai bevuto champagne prima di allora.
Meredith si sentì una campagnola, e anche questa fu una prima volta.

 
***
 
-“Non indovinerai mai chi ho incontrato fuori dal Timmy’s oggi” 
Meredith sistemò meglio il telefono, cercando di fare colazione per bene. Era domenica mattina e aveva il morale sotto le scarpe.
-“Chi?” chiese, leggermente incuriosita. Una parte della sua testa era ben presente a sé stessa e stava ascoltando con interesse ciò che Fred le diceva al telefono, ma un’altra parte era in ‘zona Daniel’, immersa nel ricordo del fantastico sesso che avevano fatto dopo che lui l’aveva portata nel ristorante più bello in cui fosse mai stata, rovinato poi dal modo brusco con cui era finito tutto. 
Daniel l’aveva cacciata da casa sua.
-“Mi ascolti?” la risvegliò Fred.
-“No, scusami”
-“Ho detto che ho incontrato Mike” ripeté Fred, trattenendo a stento l’emozione.
-“E?”
-“E nulla…abbiamo chiacchierato e lui non mi staccava gli occhi di dosso”
-“Sul serio?”
-“Sul serio!”
Meredith sospirò, cacciando dalla sua testa il viso di Daniel -“Ed è successo qualcosa?”
-“Mi ha offerto una birra, mi ha presentato ai suoi amici ma ha parlato solo con me” Fred ridacchiò -“Pensi di riuscire a convertirlo?” chiese Meredith, portandosi alla bocca una cucchiaiata di cereali ormai molli e intrisi di latte.
-“Ci sto già riuscendo, Mer” rispose lui, con il solito tono che si usa con i bambini quando chiedono qualcosa di ovvio.
Meredith e Fred risero e in quel momento Florence fece capolinea dal bagno.

-“Buongiorno” mugugnò. Meredith le fece un cenno e le porse una tazza di latte e cioccolato.
-“Quindi hai intenzione di provarci seriamente?” chiese Meredith.
-“Ma dove sei con la testa?! E’ ovvio che ci proverò seriamente, anzi…ci sto già provando seriamente!”
-“Uhm…hai ragione”
-“Ti vedo distratta, Mer. E’ successo qualcosa?”
-“Sì” borbottò Meredith -“Te lo racconto dopo, però”
-“Passo a casa tua, con Charlotte. Fatti trovare pronta per le quattro” disse Fred dopo un istante di silenzio.
-“Okay” sospirò Meredith, sapendo che Fred aveva in mente un pomeriggio di shopping e chiacchiere. Per lui e per Charlotte era l’unico modo di risolvere le ‘paturnie’, come diceva Lullaby nel film “Colazione da Tiffany”.


Dopo aver raccontato a Charlotte e a Fred quello che era successo al ristorante con Daniel e ciò che era successo a casa di lui, affondarono in un silenzio quasi inquietante.
Charlotte odiava quei silenzi. Odiava qualsiasi tipo di silenzio, soprattutto se intorno a lei c’erano persone con cui chiacchierare.
Fu per questo che lo disse.
-“Sono lesbica” 
Meredith si strozzò con la saliva e Fred la guardò con gli occhi sgranati, quindi scoppiò a ridere, imitato da Charlotte.
-“Come hai detto?”
-“Io lo sapevo già…” disse Fred, fra le risate. Charlotte prese un grande respiro e si calmò, quindi guardò Meredith e le sorrise.
-“Non è tutto. C’è una cosa che neanche Fred sa”
-“Cioè?” chiese Fred, curioso di sapere cosa fosse.
Silenzio. Charlotte non sapeva bene come dirlo.
-“Riguarda tua sorella” disse Charlotte, abbassando la voce. 
Stavolta Fred non scoppiò a ridere ma Meredith si strozzò di nuovo con la saliva quando capì cosa Charlotte intendesse dire.

Buonsalve a tutti!
Come va l'estate?
La mia è orribile...la sto passando a studiare ç_ç proprio per questo ho rallentato con la scrittura dei capitoli e al momento sono ancora al capitolo quattordici.
Ringrazio le ragazze che hanno recensito il capitolo scorso...anche se mi sono accorta che ci sono meno recensioni. Sappiate ch non mi offendo facilmente quindi se avete critiche da fare, fatele pure (ovviamente con i giusti toni).
Questo capitolo non è stato corretto quindi probabilmente ci saranno un po' di errori...questa settimana non ho priprio avuto tempo di mandare il testo da Maki (se stai leggendo, ti chiedo perdono!!!)
Inoltre ho mille idee in testa per nuove storie e ho poco tempo, per ora ho buttato giù i primi tre capitoli di una storia...sempre sullo stile romantico... lo so che mi devo concentrare su questa ma stavo pensando che una volta terminata questa potrei cominciare a pubblicare quella... bah...per ora mi concentro sulla fine di questa ahhaha
Che ne pensate di tutti questi colpi di scena? Voglio i vostri pareri perciò RECENSITE! (mi raccomando, scrivete recensioni non troppo corte altrimenti me le da solo come MP e poi gli altri lettori non le possono leggere, soprattutto se sono critiche...^_^)
Grazie per aver letto!
Elen;-)
P.s.
Il prossimo appuntamento dovrebbe essere per lunedì pomeriggio ma dato che devo ancora finire il capitolo quattordici vi invito a tenervi aggiornati sulla mia pagina Facebook *_*

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici ***


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Capitolo Quattordici
(POV Florence) 


 
Florence non aveva mai seguito nessuno in vita sua, esclusi i bei ragazzi incontrati distrattamente per strada quando con le amiche non aveva nulla da fare. Di certo, fino a qualche giorno prima, avrebbe risposto a chiunque glielo avesse chiesto che non avrebbe mai seguito una delle sue sorelle. Soprattutto se uscivano la sera tardi e tornavano praticamente all’alba.
Ma era anche certa di avere il diritto e il dovere di salvaguardare l’equilibrata, seppur fragile, vita famigliare. 
Bonnie sembrava ignorare completamente il fatto che Meredith uscisse ogni notte e tornasse la mattina presto, stravolta dalla stanchezza e quasi sempre di pessimo umore. Al ritorno, si concedeva delle lunghe doccia oppure si buttava direttamente sul letto: dormiva quattro o cinque ore e poi ripartiva per andare all’università. Era certa che, anche se vivevano in una grande città sempre in movimento, un comportamento del genere non era accettabile.
La sua mente aveva cominciato a fare due più due quando d’un tratto Bonnie aveva perso il lavoro e sia lei che Meredith si erano disperate per le bollette di casa e le varie altre spese, facendo capire a Florence che erano, più o meno, in difficoltà economiche ancor prima che Bonnie venisse licenziata. Non che Florence si fosse mai illusa al riguardo: sapeva benissimo che una volta lontane da Nestor la vita sarebbe stata ancora più difficile per le sue sorelle -e in minor parte anche per lei.
Era la paura a spingere i suoi passi, che ricalcavano quelli più lontani di Meredith, in modo che la sorella non si accorgesse del rumore prodotto da un altro paio di scarpe. 
Un tarlo le stava perforando il cervello e le aveva fatto diventare le dita delle mani e dei piedi gelate. Che Meredith si…si vendesse…pur di non tornare a Nestor?
Si chiedeva cosa avrebbe fatto quando Meredith avrebbe…cominciato la sua attività
Ti prego, fa che sia la mia immaginazione. Magari ha un fidanzato e non ce lo vuole dire…” continuava a ripetersi, come un mantra.
Per strada c’era qualche barbone innocuo, nessuno di troppo poco raccomandabile, ma Florence aveva comunque la pelle d’oca.
Camminavano da svariati minuti ma alla ragazza ormai sembravano ore, quando Meredith si fermò davanti all’entrata di un vialetto, accanto all’ingresso principale di un locale. C’era un’insegna violacea che diceva “The Timmy’s” e fuori c’era una fila lunghissima di gente. Uomini, donne, travestiti, coppie omosessuali… 
All’entrata c’era un bodyguard molto simile a Swartzeneger in Terminator anche se era vestito ‘alla Matrix’.
Meredith salutò con un cenno la guardia all’ingresso, che rispose con un piccolo cenno del mento e poi affondò nel vialetto scuro e stretto. Florence la seguì intorno al locale, fino al retro, dove Meredith sparì dietro ad una porta che si poteva aprire solo da dentro. 
Florence imprecò sonoramente e qualcuno ridacchiò dietro di lei.
-“Volevi entrare, dolcezza?”
Florence sussultò e si voltò in direzione della voce. Era un ragazzo sui vent’anni, giubbotto di pelle pieno di spille e taglio ‘alla mohicana’. Sembrava uno di quei tipi da cui sua madre l’aveva sempre messa in guardia. 
Florence alzò il mento, tentando di nascondere i brividi di gelida paura -“Che cosa vuoi?” sbottò sprezzante, pregando dentro di sé che la lasciasse stare, che si accorgesse che era ancora minorenne.
-“Perché la seguivi?” le chiese il ragazzo, trasformando la sua espressione maliziosa e divertita in una piena di curiosità ma al contempo seria.
Magari conosceva Meredith. Florence si chiese se, dicendogli che era la sorella minore di Meredith, si sarebbe messa ancora di più nei guai o ne sarebbe uscita. Una voce dentro di lei la rassicurò, dicendole che se avesse urlato quell’enorme guardia all’ingresso del locale sarebbe venuta a salvarla. 
-“E’ mia sorella” sbottò, prendendo la sua decisione. Per sicurezza fece un passo indietro. Osservò il volto del ragazzo, che era tutt’altro che brutto, mentre sulle labbra sottili gli si disegnava un sorriso sinceramente divertito.
-“Sì, in effetti ci assomigli parecchio!” esclamò il ragazzo -“Come mai la seguivi?” stavolta la domanda non era minacciosa come prima e Florence sentì che non avrebbe sbagliato a rivelargli il perché. Allo stesso tempo, però, quel ragazzo era troppo carino per farla sentire sicura e con i piedi per terra. Decise che sarebbe stato meglio essere prudenti.
-“Ho capito” disse lui prima che Florence potesse dirgli qualcosa -“Pensavi che tua sorella facesse qualcosa di brutto, vero?”
Florence annuì ancor prima di poter ragionare sulla domanda. 
-“Cosa fa lì dentro?”
-“La spogliarellista” disse lui. Man mano che i secondi passavano, la sua espressione e i suoi modi di addolcivano, rendendolo solo un bel ragazzo punk con una sigaretta fra le dita lunghe e tatuate -“Guadagna bene, sai?” aggiunse.
Florence tornò alla realtà, assimilando l’informazione: sua sorella si spogliava per soldi?!
Beh, doveva ammettere che era sicuramente meglio che fare sesso per soldi.
-“Riusciresti a farmi entrare?” chiese Florence dopo qualche secondo in cui erano stati in silenzio.
Lui scoppiò a ridere -“Stai scherzando?” poi si rabbuiò quando comprese che Flo faceva sul serio -“Non permetterò che tu veda una cosa del genere, avrai sì e no quindici anni! Tua sorella non vorrebbe mai che tu stia qui. Non lo sai che è pericoloso?!” Florence si chiese perché reagiva così. Di solito i punk non erano dei ribelli che se ne infischiavano altamente delle regole?
Il ragazzo sospirò e portò la sigaretta alle labbra -“Ti offro una coca-cola e poi ti riporto a casa” le disse.
Forse fu perché il tono che usò non ammetteva repliche o perché un ragazzo più grande e molto carino l’aveva appena invitata a prendere una…coca-cola…fatto sta che Florence annuì seccamente e lo seguì, lontano dal Timmy’s e dalla vita segreta di sua sorella.
Si ritrovò a pensare che non era poi tanto giusto farsi gli affari di Meredith, che forse era meglio che se ne andasse a casa e aspettasse il momento in cui la sorella avrebbe trovato il coraggio per metterla al corrente di tutto.
Florence attendeva con ansia quel momento.


-“Come mai conosci mia sorella?” si decise a chiedere, dopo averci ragionato sopra per un po’. Il ragazzo, che si era presentato come Mike, l’aveva portata in un locale lì vicino. Per sé aveva ordinato una birra e per Florence una coca-cola. La ragazza sorseggiò la bibita, godendosi la fantastica sensazione delle bollicine contro la gola, che scivolavano giù per lo stomaco. 
-“Il mio migliore amico è il suo fidanzato” le disse Mike, portandosi il boccale di birra alle labbra. Florence accusò il colpo facendo finta di nulla, come se Meredith non le avesse nascosto anche quel particolare della sua vita.
Un dubbio le si insinuò nella mente -“Ma non è geloso di Meredith? Cioè…se lei fa la spogliarellista…a lui non da fastidio?”
Nella testa di Florence cominciava già a delinearsi un piano per convincere sua sorella a lasciare quella specie di lavoro: si sarebbe alleata con questo fidanzato. Dentro di sé risuonò la sua risata compiaciuta ma mantenne un’espressione innocente agli occhi di Mike, non voleva che la reputasse una ragazza strana.
Ma Mike scoppiò a ridere di gusto e Florence si ritrovò a pensare che la sua risata roca fosse…sublime.
-“In realtà, credo che Daniel stia con Meredith solo per il suo lavoro…” Mike si fermò quando si rese conto di aver detto una cosa cattiva. Florence si rabbuiò all’istante.
-“Quindi se lei lasciasse il lavoro…” mormorò, vedendo davanti a sé la versione triste e smorta di Meredith in preda alle pene d’amore. Non l’aveva mai vista soffrire per amore e non avrebbe mai voluto vederla così.
Mike non cercò di rimediare a quello che aveva detto, scrollò le spalle con una finta indifferenza -“Bah, vai capire come pensa Daniel…” si inumidì le labbra -“Non mi voglio impicciare. Però, se ti può consolare, non mi sembra che Meredith sia tanto presa da lui. O forse sì, comunque non parlerei mai di amore. Piuttosto di sesso.”
Florence si sentì punta nel vivo -“Meredith non è superficiale come pensi!” esclamò, posando il bicchiere di birra sul bancone.
Mike inarcò le sopracciglia -“Lo so, non c’è bisogno che urli” quindi tornò a sorriderle e Florence si sentì come ipnotizzata da quel sorriso, tanto che il fastidio che stava cominciando a provare per Mike - sviluppatosi un po’ perché era il migliore amico del fidanzato non-innamorato di Meredith, e quindi stava dalla parte del nemico, e un po’ perché l’aveva messa a conoscenza del secondo segreto di Meredith, quando invece sarebbe dovuta essere quest’ultima a dirglielo- si sciolse come neve al sole, rimpiazzato da una marea di pensieri riguardanti le labbra di Mike, che sembravano così soffici e morbide…
-“Tu credi ancora nel grande amore, non è vero?” le chiese all’improvviso Mike -“Ma sì, certo, tu ci credi! Si vede da come ti innervosisci se senti dire da qualcuno che la relazione di tua sorella non ha niente a che fare con l’amore.” le sorrise -“Hai un fidanzato, vero? E pensi di vivere in una favola…ma capirai che non è così..” 
Florence si sarebbe dovuta sentire di nuovo infastidita, invece si sentiva svuotata di tutto. Le parole di Mike erano bastate per far crollare quell’inutile castello di carte che aveva costruito in sedici anni di vita. 
Mike la riaccompagnò a casa poco dopo, entrambi immersi nel proprio silenzio carico di pensieri. Prima che Florence potesse entrare nel portone, Mike la fermò tenendola per un braccio e le rivolse un sorriso di scuse.
-“Mi dispiace di aver detto quelle cose. Forse ti ho ferita. Ma sono quasi certo che quella sia la verità e tenendolo a mente forse riuscirai a non soffrire troppo in futuro.”
Florence avrebbe gradito quelle scuse se non fosse stato troppo tardi.
Annuì e come un’automa salì le scale, si cambiò e si infilò nel letto.
Mike non era nessuno per lei, non contava nulla nella sua vita, era solo una delle tante facce confuse che avrebbe incontrato nell’arco degli anni. Eppure era stato capace di cambiarla. In una sola notte. Con delle semplici parole.

 
***
 
Florence era scesa dal letto con il piede sbagliato -così diceva sempre sua madre quando qualcuno era di cattivo umore. 
Il cielo, fuori dalle finestre, rifletteva il suo stesso umore cupo. Il tempo era uggioso, l’afa si era mescolata alla pioggia e l’aria era elettrica. Bastò poco a Florence per capire che sarebbe stata una giornata piovosa. Una giornata di merda.
Si sentiva vuota, nella sua testa riviveva in continuazione il momento in cui Mike aveva pronunciato quelle parole. 
Doveva trattarsi di un castello molto debole per crollare con così poco. Florence si sentì come il primo dei tre porcellini: la sua casa era di paglia, poi era arrivato il lupo cattivo e l’aveva distrutta e ora a lei sarebbe toccato ricostruire i pezzi se non fosse stato che il lupo l’aveva mangiata in un sol boccone. Una metafora più che azzeccata.
“Che vita di merda” sospirò mentalmente. La cosa più strana, però, era che le parole di Mike erano servite anche ad annullare la bellezza del ragazzo. Infatti ora non le importava più nulla di quelle labbra soffici.
Sentì una stretta al cuore, capendo che non era colpa di Mike se sentiva quel vuoto interiore: era colpa della vita, prima o poi bisognava crescere e Florence lo aveva fatto, da un giorno all’altro. Il cambiamento dovuto alla crescita era stato talmente repentino che ora si sentiva come una nave in mare aperto senza un capitano: persa, in balia del vento e delle onde, ed inquietantemente calma.
Prese un grande sospiro e annaffiò i cereali con molto latte, aggiunse un cucchiaio di cacao solubile e mangiò con calma.
Bonnie era già uscita, a quanto pareva, essendo lei la nuova arrivata, le toccava pulire tutta la gelateria.
Meredith si stava preparando in camera sua. Florence la riusciva a vedere attraverso le tende sottili. Anche quella notte era tornata tardi, vero le quattro. Anche quella notte Florence aveva fatto finta di dormire, ma, a differenza delle altre notti, si era accorta delle spalle di sua sorella rivolte all’ingiù, piegate da un peso enorme. L’aveva osservata attentamente mentre si sedeva sul letto e si prendeva il viso fra le mani, appoggiando i gomiti alle ginocchia e sospirando flebilmente.
Quella visione aveva rafforzato l’effetto annientante delle parole di Mike. Non si era mai accorta fino a che punto Meredith fosse disillusa. 
E ora lo era anche lei.
Al solo pensiero le venne da piangere ma fu costretta a trattenere le lacrime da Meredith. Era vestita bene, come al solito, e sotto quell’apparente freschezza c’era una notte insonne. Tutto era più o meno come sempre, tranne lei.
Meredith le rivolse un sorriso e uscì di casa. 
Florence notò qualcosa di strano in quel sorriso, come se la sorella fosse lontana mille miglia da lei.
“Beh, siamo in due allora” pensò prima di buttare nel lavandino i cereali ancora integri. Si servì la sua prima tazza di caffè e fece colazione così, come i grandi.

Buonsalve a tutti!
Fortunatamente, sono riuscita a rispettare la scadenza! Purtroppo non ho avuto tempo neanche stavolta il tempo di inviare il capitolo a Maki e per quante volte io abbia riletto non sono ancora certa che non ci siano errori...
Che ne pensate di questo capitolo? Triste vero? 
Mi sono intristita anche io a scriverlo :'( ma ho come la sensazione che è un capitolo interessante...sto già pensando di fare un sequel incentrato su Florence e se dovesse succedere immagino che bisognerà tenere a mente questo capitolo. Come pensate che diventerà la ragazza dopo questa "botta"?
E cosa pensate ora di Mike? Lo odiate oppure pensate che se è così disilluso ci sarà un motivo?
Vi chiedere come mai me la sto prendendo tanto con i miei personaggi, rendendoli tutti così tristi e vuoti... me lo chiedo anche io! 
Ho sempre pensato a Florence come ad una ragazza timidina ma al contempo piena di vita, come ogni sedicenne dovrebbe essere. Ma nella vita di tutti ci sta quel momento in cui ci rendiamo conto di quanto la vita sia fredda e grigia e in questo capitolo ho voluto descrivere quel momento importante, anche se di solito è molto più progressivo...per ovvi motivi l'ho dovuto rendere lampante *_*
Forse state cominciando ad odiarmi...le storie romantiche non dovrebbero essere felici? Non dovrebbero far schizzare il cuore in gola? 
La mia non è poi così felice come sembrava i primi capitoli...avrete capito che non ci sarà un happy ending per Meredith... e di sicuro non sono riuscita a mandarvi il cuore in gola... ma di questo ne perlaremo nell'ultimo capitolo ^_^
Per ora, pensate a recensire ed esprimere le vostre domande/critiche e io penserò a rispondervi e cercare di megliorare.
Grazie mille per aver letto!
Alla prossima, 
Elen;-)

P.s
A causa degli esami, che per me comincaranno il prossimo lunedì, ho intenzione di sospendere per una settimana la pubblicazione della storia, quindi il prossimo appuntamento è per sabato pomeriggio.
Come sempre vi consiglio di passare sulla mia pagina Facebook per qualsiasi aggiornamento <3 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici ***


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Capitolo Quindici
(POV Mike)
betato da Maki Chan
Mike non riusciva a capire come mai avesse detto quelle cose alla ragazzina. 
Le era sembrata troppo innocente per il luogo in cui l’aveva trovata. Gli occhi troppo grandi e sognatori, che si erano fissati per un po’ sulle sue labbra, facendogli capire quando realmente fosse debole. Troppo debole per quel vicolo, troppo debole per le persone che avrebbe potuto incontrare lì e sicuramente troppo debole per le persone che nel futuro sicuramente avrebbe incontrato.
Troppo debole e troppo simile a Emily. 
Forse era proprio questa la ragione per cui le aveva detto quelle cose: Emily. 
Sicuramente se si fosse preso la briga di avvisare anche Emily, di metterla in guardia, non sarebbe finita come invece era andata a finire.
Gli si velò lo sguardo di lacrime al pensiero di quella ragazzina ossuta. La sua sorellina, la piccola bambina che aveva sempre voluto proteggere, la piccola Emily. Avrebbe voluto urlare, prendere a pugni il mondo.
Prese un grosso respiro, sentendo la gola dolorante per le lacrime.
Sentiva di aver espiato un po’ la colpa con Florence, ma tutti i suoi sforzi sarebbero sempre stati vani. 
Solitamente si sarebbe fatto una canna per dimenticare il dolore. Avrebbe chiamato Daniel per chiedergli di fare un giro e sbronzarsi insieme. Daniel aveva il pregio di essere sempre concentrato su sé stesso e quindi non gli faceva mai domande quando lo vedeva a pezzi per il ricordo di Emily. A Daniel non importava niente di nessuno e così era meglio per Mike. 
Chiunque altro avrebbe fatto domande. E a lui non andava di buttare al vento i fatti suoi come se niente fosse. 
Emily era il suo segreto. Ciò che le era successo era il motivo del suo fallimento. Il motivo del fallimento del matrimonio dei suoi. Il motivo del fallimento di suo padre, che passava le ore buttato sul divano come un qualsiasi rifiuto umano, troppo stordito dall’alcol. Il motivo del fallimento di sua madre, che per il dolore non sapeva neanche più il suo nome.
Eppure, in quel momento -stravaccato sul sedile della metro, intento a giocherellare con una sigaretta spenta fino a quando questa non si fosse rotta-, l’unico viso che vedeva davanti a sé non era quello di Daniel. L’unica voce che avrebbe voluto sentire non era quella di Daniel e, stranamente, le uniche parole che avrebbe voluto sentirsi dire da quella voce erano parole di conforto. 
A Mike non era mai capitato di sentire il bisogno di avere qualcuno accanto a sé, tranne nel caso di Emily ovviamente. Avrebbe dato di tutto per sentire il timbro acuto di quella ragazzina.
Fu in uno stato simile al sonnambulismo che scese alla fermata seguente e prese la metro per tornare indietro.
L’unico posto dove avrebbe potuto far finta di incontrare per caso quella persona era il Timmy’s.
 
Mike si appoggiò con la schiena al muro dall’altra parte della strada, si accese una sigaretta e socchiuse gli occhi inspirando il suo veleno personale. Osservò i clienti schiumare fuori dal Timmy’s in chiusura. Ormai erano le tre e mezza di mattina. 
Dal vicolo spuntarono Meredith e la Rossa, Charlotte gli sembrava che si chiamasse. Dietro di loro Fred chiacchierava con un tipo che Mike aveva già visto sul palco del Timmy’s. Sentì una specie di fitta: forse Fred preferiva parlare con quel tipo che andare a bere con Mike.
D’un tratto tutti i suoi propositi, di andare lì e chiedergli se gli andasse una birra, crollarono come spazzati dal vento.
Buttò fuori il fumo, abbassò lo sguardo e quando lo rialzò vide che Fred lo aveva notato. In effetti, Mike si era messo proprio sotto ad un lampione e la strada era vuota. La sua figura attirava l’attenzione.
Fred gli sorrise raggiante e dopo aver salutato le ragazze e il tipo, attraversò di corsa la strada.
-“Ehi” lo salutò allegramente, sulla spalla portava un borsone nero.
-“Ehi” borbottò Mike.
Fred si incupì nel sentire il tono di Mike -“C’è qualcosa che non va?” gli chiese, facendo un passo verso di lui e mettendogli una mano sulla spalla.
Mike si accorse di trattenere il fiato. Gli era mancata la sensazione di avere qualcuno accanto che si preoccupasse per lui.
In quel momento, l’unica cosa che gli parve giusto fare fu abbracciare Fred. 
C’erano tanti perché ma nessuna motivazione valida. 
Era giusto e basta.
Doveva farlo.
All’inizio Fred rimase immobile contro di lui. In quel momento, lì, stringendolo tra le sue braccia, avvertì la sensazione di dover andare oltre, di dover raggiungere quelle labbra che lo attendevano a pochi centimetri.
Fu come ricevere l’ennesima, fatale, coltellata allo stomaco.
Si scansò in fretta ed ebbe la sensazione di sprofondare quando vide gli occhi di Fred. Non era arrabbiato, né deluso.
Lui capiva. Fred capiva.
Mike avrebbe voluto sotterrarsi e non riemergere mai più, ma l’unica cosa che fu capace di fare fu correre via.
Avrebbe voluto correre fino ai confini del mondo. Correre via da tutto quel casino. Ma era impossibile, perché il casino da cui stava fuggendo era nella sua testa.
Voci si mescolavano a ricordi in cui non avrebbe mai più voluto sprofondare. Senza che se ne accorgesse, le lacrime gli rigarono le guance come rivoli di pioggia.
Corse fino ad una chiazza scura. Un parco. Si sedette sua una panchina e si prese la testa fra le mani, dando libero sfogo alle lacrime ed evitando di pensare. 
Avrebbe dato tutto ciò che possedeva per cancellare ogni singolo pensiero. 
Rimase così per ore, anni, minuti o secondi. Mike non lo sapeva, né gliene importava. Il mondo poteva anche continuare a girare, però Mike non voleva più girare con esso. Voleva pace. Voleva che la sua testa affollata si zittisse.
Ma non si può mai avere ciò che si vuole.
Sentì una vibrazione nella tasca. Non sapeva da quanto stesse squillando, forse da tanto, forse da poco. Sapeva chi lo stava chiamando e, nonostante quello che era successo, il pensiero che Fred fosse preoccupato per lui lo fece stare meglio.
-“Pronto?”
-“Ho comprato una bottiglia di Jack Daniel’s, due pacchetti di sigarette e dell’erba. Ti aspetto davanti al Timmy’s” disse Fred, aveva una voce dolce.
Mike avrebbe voluto scusarsi, dirgli che al momento era troppo confuso per raggiungerlo. Ma Fred aveva nominato le parole sacre: tutti i suoi farmaci, gli unici che riuscissero a guarirlo anche per un’ora o due della sua malattia.
-“Arrivo” disse, la sua voce era così diversa e al contempo familiare. Così vuota.
-“Allora, ti aspetto. Fai presto che qui si gela” 
Mike chiuse la chiamata, si passò una mano sul viso e tornò al Timmy’s, cercando di fare il più in fretta possibile.
 
***
 
Fred non lo abbracciò, si limitò a guardarlo come se capisse, ma le sue braccia fremevano per allungarsi intorno a Mike. Però sapeva anche che non sarebbe stato giusto.
-“Andiamo a casa mia” disse senza pensarci. Mike scosse la testa.
-“Sai, non so…se…se sia il caso….dopo quello…” non capitava spesso che Mike balbettasse…
-“Shh” Fred gli sorrise divertito -“Siamo amici, niente di più. Stai tranquillo, non permetterò che succeda nulla fra noi. Però tu hai bisogno di una bella sbronza e di un amico che ti ascolti” il suo sorriso si addolcì -“Sono un’ottimo ascoltatore, sai? E’ per questo che le ragazze mi amano” e Mike, senza volerlo, ridacchiò.
L’espressione di Fred non aveva nulla a che fare con la compassione e ciò fu come una ventata di aria fresca sul cuore dolente di Mike. 
Fred abitava in una palazzina anonima vicino al Timmy’s. Aveva un piccolo appartamento al terzo piano, arredato come se il trasloco fosse ancora in atto. C’erano scatoloni e valigie un po’ dappertutto e alcuni facevano anche da mobili. Su uno scatolone rovesciato accanto al divano, ad esempio, si innalzava un’abat-jour dall’aria malconcia. A Mike piacque subito quell’aria ‘di passaggio’ che aveva l’appartamento.
Si trattava di un appartamento minuscolo con pochissimi mobili.
Un angolo cottura su un salottino che conteneva a stento un divanetto scassato, la televisione vecchia, un impianto stereo dall’aria costosa, e una libreriola. C’erano due porte, strette e lunghe: una dava sulla camera da letto di Fred e l’altra su un bagno che era la metà dell’angolo cottura. 
Mike ridacchiò -“Tu vivi qui?!”
-“Stai zitto, lo so che fa schifo”
-“Nah… non è poi così male” in una sola frase la voce di Mike era riuscita a diminuire di tono sempre di più mentre gli occhioni di Emily tornavano ad affiorargli alla mente -“Passami quel whiskey” borbottò, stravaccandosi sul divano.
Fred gli passò la bottiglia e stavolta non riuscì a nascondere la preoccupazione -“Mi vuoi dire cosa è successo?” non era una domanda insistente, era una domanda. Solo una domanda.
Mike rimase in silenzio, Fred, senza esprimere il minimo fastidio per il fatto che la sua domanda era stata ignorata, si sedette accanto a lui e lo osservò di sottecchi mentre Mike buttava giù sorsate di whiskey.
Poi Mike cominciò a parlare, quando ormai Fred non si aspettava più che rispondesse.
 
-“Emily era mia sorella, capisci?” Mike aveva lo sguardo perso nel vuoto -“Lei -sospirò-, lei aveva sedici anni quando incontrò James” nel pronunciare quel nome, i muscoli di Mike si irrigidirono. Parlava velocemente e poi faceva grandi pause fra una frase e l’altra. Fred ci mise un attimo a capire che non aveva mai raccontato quella storia a nessuno, si sarebbe sentito privilegiato se solo Mike non fosse stato così male nel raccontarla.
-“Era sempre stata una ragazzina allegra, tanto allegra che avrebbero potuto scambiarla per una ragazza superficiale. Ma Emily non era superficiale. Era intelligente, aveva il massimo dei voti in tutto e sapeva fare qualsiasi cosa, persino giocare a basket. Però da un giorno all’altro era diversa” Mike guardò distrattamente Fred, per vedere se lo stesse seguendo o meno, poi tornò a fissare il vuoto -“Si era innamorata” aggiunse -“Lo diceva dalla mattina alla sera, come se non riuscissi mai ad afferrare il concetto. Micky, diceva, mi sono innamorata, ci credi?! A te non è mai successo? E’ stupendo, sai? E io facevo finta di essere annoiato e non le ho mai detto quanto in realtà fossi felice e preoccupato per lei. Prima di allora non avevo mai capito che si potesse essere felici e preoccupati, e invece sì…” sospirò -“Non me lo presentò mai anche se sapevo di chi si trattava. Quando scoprii che era…” gli si ruppe la voce -“ …era…” una lacrima solitaria gli solcò la guancia -“quel bastardo era persino più grande di me, capisci? Non potevo crederci all’inizio… insomma, avevo sentito dire che i ragazzi del college non si interessavano delle ragazzine del liceo quindi all’inizio pensavo di essermi sbagliato. Ma non era così” Mike si era asciugato violentemente le lacrime, ma era come se una diga fosse stata distrutta. Era inutile asciugare le lacrime, perché dopo ne uscivano altre. Fred si sentì stringere il cuore, avrebbe voluto abbracciarlo ma sapeva che così lo avrebbe solo fatto sentire peggio. 
-“Finii per pestarlo di brutto. Lo avrei ammazzato, quel figlio di puttana” disse a denti stretti. Fred lo guardava con attenzione, notando ogni piccolo particolare del suo viso. Non avrebbe mai più voluto rivedere quell’espressione sul viso di Mike. 
-“Ma Emily si arrabbiò con me, lei non riusciva a vedere quello che vedevo io…quello che vedevano tutti… per lei quel tizio era il suo principe azzurro…” Mike tirò su con il naso -“Scappò di casa, quella stupida. Se ne andò via come se niente fosse…” ormai le lacrime erano inarrestabili e Fred non poté resistere a mettergli una mano sul braccio. Ma Mike non sembrò accorgersene, si piegò su sé stesso, tenendosi la testa fra le mani, la schiena scossa dal pianto. 
-“Io avrei dovuto proteggerla…”mormorò fra le lacrime. All’inizio Fred non capì la frase ma poi Mike prese a ripeterla come un mantra e un cupo presentimento si fece strada nella sua testa. 
-“E poi?” sussurrò Fred, forse Mike non lo aveva sentito. Continuò a piangere per un bel po’ e Fred sospettò che fosse la prima vera volta che piangeva per sua sorella.
Aveva ragione. Mike non si era mai lasciato andare così tanto.
-“E poi -Mike tirò su col naso mentre finiva le lacrime, sospirò- poi, l’hanno trovata qualche giorno dopo, in Colorado, in un campo abbandonato. E’ morta per overdose.” lo disse con sicurezza, come se ormai non ci fosse più nulla da fare, come se fosse sceso a patti con quella realtà. 
Ma Mike non era sceso a patti con la realtà e difficilmente sarebbe mai successo. Fred ne era quasi certo.
 
 
Le loro labbra si incontrarono quasi per caso. Forse per necessità. Ormai erano entrambi troppo storditi per dire di no. Almeno, il giorno dopo, Mike avrebbe potuto dare la colpa all’alcol. Ma non era così: entrambi sapevano che non era così.

Angoletto autrice!
Ciao ragazzi, lo so che sono in ritardo ma la follia di questi giorni di studio mi ha fatto completamente dimenticare l'appuntamento...spero che mi perdonerete ss vi dico che in questa settimana ho scritto il primo capitolo del sequel di "La Stripper". Io e Maki ci stiamo ancora mettendo d'accordo ma sono quasi certa che il sequel uscira verso Ottobre, forse anche prima!
Alloora...che vi aspettate dal sequel? 
E cosa ne pensate di questo capitolo? Il livello di tragicità in questa storia sta raggiungendo picchi altissimi...vi piace oppure vorreste qualcosa che si confaccia di più all'estate? Beh, vredrete che da qui in po' forse la storia migliorerà un po'.
E cosa pensate di questo Mike che si lascia finalmente andare? Anche lui ha i suoi fantasmi e le sue ferite. Fred riuscirà a guarirlo dal senso di colpa?
Il prossimo capitolo tornerà ad essere dal punto di vista di Meredith ma vi preannuncio che forse sarà un po' noioso dato che ormai lei e Daniel hanno raggiunto una sorta di equilibrio *profondo sospiro*
In ogni caso, vi ringrazio perchè con questo capitolo arriveremo a 1000 visualizzazioni!!!!!! Vi adoro, vi ringrazio enormemente e mi sento commossa ogni volta che vedo la lista di persone che seguono la storia aumentare sempre più...vi vorrei ringraziare uno ad uno (una ad una dato che siete per lo più ragazze ahahahh)!
Quindi, GRAZIE! E alla prossima,
Elen;-)
P.s.
Il prossimo appuntamento è per sabato pomeriggio, ma come sempre vi invito a passare dalla pagina Facebook per gli aggiornamenti ^_^

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedici ***


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Capitolo Sedici
betato da Maki Chan

 

Meredith suonò al piccolo citofono sul retro del Timmy’s, in modo che qualcuno le aprisse la porta sul retro -che poteva essere aperta solo da dentro. Charlotte le rivolse subito un sorriso. Erano giorni che continuava a cercare di farsi perdonare. 
Meredith le voleva bene, ma come avrebbe mai potuto perdonarla? Anche se Charlotte non aveva nessuna colpa, Meredith si sentiva comunque in obbligo di avercela un po’ anche con lei per averle rivelato il segreto di Bonnie. Oltretutto ci stava provando con sua sorella, il che la rendeva sospettosa come se fosse stata il fratello maggiore o l’uomo di casa. Era la sua indole, non poteva costringersi a far finta di nulla e, diamine, non lo avrebbe fatto.
Così ignorò il sorriso di Charlotte e filò dritta fino agli spogliatoi.
Charlotte la seguì e lanciò uno sguardo intristito a Fred, che aveva osservato tutta la scena dal divano. Fred non sapeva come risistemare le cose e dentro di sé era certo che a Meredith servisse solo del tempo per digerire l’accaduto.
Meredith aveva provato un numero particolare che la riempiva di orgoglio. Fino a quel momento, era certa che fosse il numero migliore che avesse ideato.
Si spogliò in fretta, indossando solo le mutandine di un completino in pizzo nero con effetti vedo non-vedo, quindi indossò un tubino, aderente quando una seconda pelle, nero con intarsi in finta pelle ai lati della vita e agli orli e la scollatura talmente profonda da non poter usare il reggiseno. Quindi infilò le scarpe tacco quindici e mise gli altri vestiti nel borsone. Uscì dal camerino, facendo un po’ su e giù per abituarsi ai tacchi insolitamente alti. 
Quando fu certa che non sarebbe caduta, si sedette alla toilette e si truccò, aggiungendo al solito trucco semplice e sensuale anche un finto neo alla base della bocca. Raccolse i capelli in uno chignon tirato, lasciando un paio di ciocche fuori, li fissò con il gel che li rese visibilmente lucidi e rigidi. Quindi creò dei riccioli con le ciocche che aveva lasciato, fissando anch'essi con il gel. Per finire, aggiunse una veletta attaccata ad un grosso fiocco di chiffon da allacciare sopra all’orecchio. 
Aveva l’aria di una donna sexy e dark degli anni venti, ed era questo l’effetto che voleva. Avrebbe impersonato, a modo suo, Morticia.
Come musica aveva scelto la colonna sonora de “La Famiglia Adams”, in una versione rimixata che aveva trovato al computer -molto più cupa e suggestiva della colonna sonora reale.
Si sedette sul divanetto accanto a Fred, ignorando deliberatamente Charlotte. Frugò nel borsone alla ricerca dei libri e delle cuffiette, quindi riprese a studiare dal punto che aveva lasciato in sospeso.


Era arrivato il suo turno e Meredith si sentiva agitata, poco prima le era arrivato un messaggio da Daniel in cui l’avvisava che era al Timmy’s. Meredith aveva paura che Daniel facesse una scenata, infondo qualcuno sicuramente l’avrebbe toccata…le avrebbe offerto dei soldi. Ma non era solo per questo che era agitata, sapeva che era anche perché avrebbe dovuto spogliarsi davanti ad un pubblico in presenza del suo fidanzato. Anche se Daniel non era un fidanzato come tutti gli altri…
Prese un grande respiro e cercò di calmarsi, quindi salì sul palco e assunse l’espressione arcigna e seduttrice che aveva provato tante volte ad ogni specchio che negli ultimi giorni aveva incontrato.
Per quanto si guardasse intorno, non riusciva a scorgere Daniel da nessuna parte e questo la rendeva nervosa. Una voce nella sua testa continuava ad urlarle di smetterla di agitarsi, perché avrebbe solo peggiorato la sua performance. Fece come la sua coscienza le diceva e si concentrò sul pubblico, fra cui comparivano già alcune banconote da dieci o da venti. Sorrise e si lasciò scivolare dolcemente giù dal palco.
Fu in quel momento che notò Daniel fra la folla, la stava guardando con il suo solito sguardo predatore. Lei ricambiò con un sorriso incerto e lui non fece nulla. Meredith pensò che fosse meglio dirigersi da lui, ma nel tragitto un uomo la fermò, prendendola dalla vita e avvicinandola a sé. Le mostro un bigliettone da cinquanta e le sorrise. Meredith sentì un brivido correrle lungo la schiena, offrendole così tanti soldi non poteva pretendere solo qualche minuto.
-“E con questi sei mia per il resto della serata, no?” le disse, facendo scivolare la banconota dentro la sua scollatura e dandole un bacio sulla guancia.
Meredith cercò Daniel con lo sguardo ma quando incontrò il suo sguardo non scorse alcun tipo di gelosia, solo fastidio.
Meredith corrugò le sopracciglia, poi si rese conto che Daniel non aveva intenzione di fare nulla per staccarle di dosso quell’uomo. Se la sarebbe dovuta cavare da sola.
Meredith riprese le redini e fece un sorriso smagliante all’uomo, gli fece scivolare la mano sul petto. Quindi riprese la banconota e gliela diede indietro -“Scusami, tesoro, ma sono occupata per il resto della serata”
-“Non sai cosa ti perdi, zuccherino” le disse l’uomo, provando a convincerla ma lei si limitò a sorridergli e a passare oltre. 
Sentiva crescere dentro di sé una fastidiosa sensazione di delusione. Perché Daniel non aveva fatto nulla? 
Si era goduto lo spettacolo.

 
***
 
Ormai il pensiero di Daniel era diventato un tarlo e le stava perforando il cervello. Doveva parlargli. 
Con determinazione, Meredith uscì dalle quinte e fece il giro del palco nella luce soffusa, mentre James aveva attirato tutta l’attenzione del pubblico con la sua performance.
Meredith impiegò due secondi a fissare lo sguardo sul tavolo di Daniel, che stava chiacchierando con una ragazza dai capelli biondi.
La sua mente si bloccò, le parole che avrebbe dovuto dirgli le morirono in gola. Si fece da parte, scivolando ancora di più nel buio e osservò con attenzione ogni mossa della ragazza.
Stava accarezzando la mano di Daniel ed era ovvio che stessero flirtando. Lui allungò una mano e le accarezzò la guancia, le sorrise e i suoi occhi brillarono maliziosi.
Una fitta dolorosa le perforò lo stomaco, Meredith prese un grosso respiro, alzo il mento, e con passo lento e orgoglioso raggiunse il tavolo.
Daniel impiegò meno di un istante a mettere le mani a posto e le sorrise, nascondendo alla perfezione qualsiasi traccia di nervosismo. Ma forse non era nervoso all’idea che li avesse visti.
Nella mente di Meredith si fece largo il sospetto che Daniel non non si sentisse neanche vagamente in colpa e che probabilmente non gli importasse proprio nulla di cosa stesse pensando.
-“Ehi” la voce di Meredith risultò gelida, evitò di guardare la bionda che però prese la mano di Daniel e la guardò con sfida.
-“Che succede, amore?” gracchiò la ragazza, sottolineando le parole con un fastidioso accento newyorkese.
Daniel la guardò divertito poi tornò a guardare Meredith, che non aveva potuto trattenere una smorfia infastidita. Si rese conto che Daniel non avrebbe detto nulla alla bionda. 
Voleva sentirsi desiderato. Voleva che litigassero per lui. 
Meredith lo guardò e poi se ne andò, facendo la cosa migliore che potesse fare: non reggere il gioco a Daniel.
-“Dove sei andata?” le chiese Charlotte con le sopracciglia corrugate e i pugni sui fianchi.
-“C’era Daniel” sbottò Meredith, le sopracciglia di Charlotte si stesero.
-“Cosa ha detto?”
-“Nulla”
Charlotte sbuffò -“Non trattarmi come un’estranea! Mi piace tua sorella, e allora? Qual’è il problema?! Hai un migliore amico gay però non va bene una migliore amica lesbica?! E’ questo il problema, oppure si tratta di Bonnie?”
Meredith la guardò con severità -“Secondo te ho dei pregiudizi? Ti pare coerente? No, non li ho.” sospirò -“Solo che ho la tendenza a diventare il fratello maggiore della situazione”
Charlotte tacque per un secondo, poi scoppiò a ridere -“Beh, in questo caso sei la minore”
-“Florence è più piccola di me” precisò Meredith a voce bassa.
-“Quindi è questo il problema? E’ solo questo?”
-“Si, è solo questo” sbottò Meredith, lanciando un’altra occhiata a Charlotte. Rimasero in silenzio, rendendosi conto che dietro le quinte era calato il silenzio, tutti avevano sentito le parole di Charlotte.
Sulle loro bocche si dipinse un sorriso e fu difficile trattenere le risate.

 

***
 
Meredith cercò di aprire piano la porta di casa ma qualcuno la spalancò con furia. Dentro tutte le luci erano accese e sul divano la ragazza notò Bonnie seduta in modo scomposto e con un’espressione confusa sul viso. Aveva le braccia incrociate nel petto, così come Florence che le si parò subito davanti ticchettando il piede a terra con impazienza.
-“Dobbiamo parlare” sbottò la minore, che in quel momento sembrava talmente solida e sicura di sé da poter apparire a chiunque la donna di casa e non la sorella più piccola.

Angoletto della steccata T.T
Come alcuni di voi sapranno (chi segue la mia pagina facebook), sono stata bocciata... *_* 
Il liceo classico fa strage: insieme a me della mia classe sono stati steccati altri quattro ragazzi e questo la dice lunga sulla situazione. Vi prego, non pensate che io sia un'ignorante! In realtà ho ottimi voti ma mi hanno steccata per le materie di indirizzo.
In ogni caso, dovendo ripetere un programma di cui so praticamente tutto dovrei teoricamente avere più tempo per scrivere.
La pubblicazione dei primi capitoli del sequel avverrà subito dopo (una settimana o due, più o meno) la pubblicazione dell'ultimo capitolo della stripper. Ovviamente prima dovete darmi il tempo di scrivere almeno i primi cinque capitoli, se non i primi dieci, per essere sicura di voler intraprendere una nuova storia che sarà molto più lunga di questa (sono stimati circa quaranta capitoli per il sequel, contro i venti de "La Stripper").
Man mano che ci avviciniamo alla fine, mi rendo conto di quanta poca passione ci abbia infilato dentro. Quello che voglio dire è che avrei potuto rendere ogni singolo fatto più avvincente. Non so se per gli altri "scrittori" (non sono certo una scrittrice, ma non credo ci sia altro termine per definirmi...forse solo "impiastratrice di fogli cartacei e virtuali") sia lo stesso ma, per quanto mi riguarda, conosco bene questa sensazione: è la stessa che provo ogni volta che finisco un disegno o una storia... è così e basta.
Sappiate quindi che cerco rassicurazioni nelle vostre recensioni (che spero siano molte anche se il capitolo è un po' più piccolo del solito e veramente poco interessante).
Sono stata veramente molto felice nel constatare che anche durante la mia assenza, le visualizzazioni sono cresciute comunque (di poco, ma sono aumentate).

So che non ho ancora risposto alle recensioni dello scorso capitolo ma ero veramente troppo disperata per la bocciatura (che è giunta come un fulmine a ciel sereno, dato che i professori hanno sempre parlato di me a mia madre come di una brava studentessa...) per avere anche solo voglia di toccare il computer...era già tanto se riuscivo a rispondere ai mille messaggi degli amici.
Spero che quindi capirete. Ho intenzione di rimediare al più presto! Lo giuro!!

Ohhh, che altro dire? Avevo intenzione di scrivere una luuuuunga lettera a voi lettori, che siete ormai l'unica ragione per cui continuo a scrivere questa storia ed occupare gli ultimi lunghi pomeriggi di un estate per lo più passata sui libri (inutilmente, a quanto pare...che amarezza!). Di idee ne ho molte (mi è venuta l'insana voglia di scrivere un racconto su un'orfanella nel Settecento...che poi decide di intraprendere la vita piratesca travestendosi da giovanotto, voi che ne pensate? La leggereste? Ma prima so di dover scrivere il sequel ^_^) ma è come se le parole non mi venissero in mente e ormai ho anche l'autostima sotto le scarpe. Mi chiedo se qualcuno di voi sia veramente appazzionato alla storia o se continui a leggere solo perchè ha cominciato la storia e non ama interromperle a metà, le sorie cominciate.
Bah...immagino che queste siano le insicurezze di chiunque scriva qualcosa.

Volevo inoltre parlarvi della storia di questa ragazza, che fra l'altro recensisce fedelmente ogni mio capitolo. OharaNakamura, è questo il suo nick qui su EFP e recentemente mi ha chiesto di betare la sua storia: I Would Never Hurt You, della quale ho fatto anche il banner (ne vado molto fiera!).
Perchè dovreste leggere questa storia? 
Personalmente non ho mai amato molto Twilight e il magico e sbrilluccicoso mondo di Bella (sbrilluccicoso come il suo bel Edward), ma la storia di OharaNakamura mi sta facendo ricredere e penso proprio che valga la pena comprare i libri della Meyer (si scrive cosi? I suoi libri poi potrebbero rendere le mie storie un po' più mielose, no? ^__^). E' una fanfiction i regola, con una protagonista bellicosa e la cui natura scoprirete solo un po' più avanti nella storia. Insomma, al mondo creato dalla Meyer, la nostra Ohara ha aggiunto un tocco più "comico" e talvolta "manga" che, per quanto mi riguarda, è veramente gradevole (mi sbellico ad ogni battuta XD). 
Su EFP dovrebbero essere presenti i primi 13 capitoli della storia di cui ho corretto solo i primi cinque, in ogni caso la storia è bella anche così com'è. Cotta e mangiata, insomma! 
Vi lascio qui il collegamento ^.^
Elen;-) 
P.s.
passate alla mia pagina facebook per sapere quando pubblicherò il prossimo capitolo, che sarà dal punto di vista di Bonnie!


SIETE APPASSIONATI/E
DEL MONDO DELLA
MEYER?
AVETE PERSO LA TESTA FIN DA SUBITO
PER I BRILLANTINI DI
EDWARD
O PER GLI ADDOMINALI SCOLPITI
DEL
LUPACCHIOTTO-JACOB?
VOLETE LEGGERE QUALCOSA
DI NUOVO AMBIENTANTO IN QUESTO MONDO 
MAGICO E MISTERIOSO? 
ALLORA FATE UN SALTO ALLA STORIA
DI
OharaNakamura: I Would Never Hurt You
questo è il link!!!!

 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2752770&i=1

SE SIETE ANSIOSI DI CONOSCERE
OGNI AGGIORNAMENTO O 
RETROSCENA DE "LA STRIPPER"
ALLORA FATE UN SALTO ALLA MIA
PAGINA FACEBOOK!
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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette ***


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Capitolo Diciassette
betato da Maki Chan


Bonnie non sapeva cosa fare. 
Solitamente aveva il controllo delle cose ma da quando aveva perso il lavoro sembrava che la sua vita stesse prendendo strade diverse da quelle che aveva previsto.
Era finita a lavorare in una gelateria, e non si trattava di un lavoro “programmato” -se glielo avessero detto da piccola, non ci avrebbe creduto. Stava pensando sempre più spesso all’amica di sua sorella, e anche questo non era programmato dato che aveva deciso di reprimere la sua sessualità -non importava che fosse omosessuale, ma che non perdesse tempo con cose che aveva sempre reputato inutili- fin quando non avrebbe navigato in acque più sicure, economicamente parlando.
Ma ora Florence voleva parlare e Bonnie non l’aveva mai vista così determinata.
Sospirò nel momento stesso in cui sentì le chiavi di Meredith sferragliare dentro la toppa della porta. 
Florence raggiunse l’ingresso con grandi falcate e spalancò la porta. Apparve una Meredith stanca e sbigottita, che guardò subito Bonnie per capire cosa stesse succedendo.
Florence si parò davanti a Meredith e Bonnie poté notare che ormai mancavano pochi centimetri alla minore perché raggiungesse entrambe le sorelle.
-“Dobbiamo parlare” sbottò Flo, ticchettando il piede come sempre quando era agitata e impaziente.
-“E’ tardi per parlare, non hai scuo…”
-“Appunto, è tardi! Proprio di questo voglio parlare!” esclamò Florence, perdendo la pazienza ed indicando con il pollice il divano alla sorella.
Meredith era sbiancata e non ribatté, sorprendendo Bonnie, che si aspettava almeno qualche protesta da parte della sorella.
-“Il fatto che Bonnie stia passando sopra a tutte le tue “uscite serali” -Florence mimò le virgolette con le dita, fissando entrambe le sorelle- non vuol dire che io non le noti” disse con un tono che incuteva timore e una sorta di rispetto -“Pensi che siamo stupide?” non lasciò il tempo a Meredith di rispondere -“Forse è ora che tu ci dica la verità, che ne dici? Siamo sorelle e non dovremmo avere segreti. Ho come l’impressione che il tuo sia un grande segreto!” aggiunse Florence con i pugni sui fianchi. 
Bonnie trovò la situazione troppo surreale e scoppiò a ridere, nonostante le parole di Flo stessero ancora echeggiando in un angolo della sua mente. 
Florence la fulminò con lo sguardo e Meredith sembrò risvegliarsi dallo stato quasi catatonico in cui era scivolata. La guardò con sospetto e si schiarì la gola.
-“A proposito di segreti…”borbottò Meredith -“Io non sono l’unica ad averne uno” concluse, fissando Bonnie, che ebbe la certezza che Meredith sapesse la verità. Si schiarì la gola e si dimenò, sistemandosi meglio sul divano.
-“Allora sarà meglio se sistemiamo una volta per tutte questa situazione” sbottò Florence.
-“Chi comincia?” chiese Bonnie, che sentiva ancora su di sé lo sguardo severo di Meredith.
-“Da Meredith” replicò Flo.
Tutti gli sguardi si spostarono sulla ragazza ancora intenta a fissare Bonnie. Sbuffò ma si preparò a raccontare tutta la verità.
-“Quando siamo arrivate a San Diego” sospirò, inumidendosi la bocca e fissando Flo con un cenno di sfida -“avevamo bisogno di soldi e Bonnie non era riuscita a trovare un lavoro migliore di quello nella casa editrice. Non te ne faccio certo una colpa, ma il tuo stipendio non bastava per tutto. -disse, guardando la sorella- Quindi capii che avrei dovuto lavorare anche io ma mi serviva qualcosa che non mi togliesse troppo tempo allo studio, allora trovai il Timmy’s” prese un grande respiro ed abbasso lo sguardo -“Il Timmy’s è un locale di streap e burlesque. Guadagno abbastanza in poco tempo, spendendo relativamente poche energie e ho il tempo per il college.” azzardò un’occhiata alle sorelle, vergognandosi per quella rivelazione. Florence non sembrava sorpresa, invece Bonnie era…esterrefatta -“Questo è il mio segreto”
Florence annuì e si sedette a terra davanti a loro, quindi guardò Bonnie.
-“Ora tocca a te”
Bonnie non riusciva a staccare lo sguardo da Meredith. Poi prese un sospiro e guardò Florence, tornando subito dopo a guardare Meredith.
-“Sono lesbica” 
La mascella di Florence raggiunse il pavimento mentre stavolta era Meredith a non sembrare sorpresa.
-“Sicura?”
-“Sicurissima”
-“Beh, io non ho problemi” disse Florence dopo un attimo di silenzio, poi abbasso lo sguardo, colpevole -“Ehm…io…sì, ecco…io sono fidanzata da un po’”
Meredith sgranò gli occhi e Bonnie “ridacchiò mentalmente”, sapendo già cosa sarebbe successo e prevedendo con estrema esattezza ogni parola che Meredith avrebbe rivolto di lì a poco alla sorella minore. Per quanto riguardava il fidanzato, Meredith censurò il più possibile il linguaggio…ma con scarsi risultati.
 
***


-“Lo hai detto tu a Meredith, non è vero?”
Charlotte la guardò con uno sguardo pieno di senso di colpa -“Scusa”
Bonnie scosse le spalle -“E’ servito”
-“Lo hai detto a tutt’e due?”
-“Già…”
Rimasero per un po’ in un silenzio assorto, poi Charlotte sospirò e si fermò, facendo fermare anche Bonnie. La rossa strinse la mano intorno a quella della ragazza e le sorrise in modo un po’ insicuro.
-“E’ una buona cosa” disse alla fine e Bonnie non poté fare a meno di credere che Charlotte avesse ragione. 
Tirò un sospiro di sollievo, sentendo l’animo più leggero. Ora che le sue sorelle sapevano la verità, si sentiva meno costretta…non più incatenata al suo segreto.
Guardò Charlotte e le sorrise, pensando a quanto il sorriso stentato della rossa fosse adorabile. Avrebbe voluto dirle che ultimamente non faceva altro che pensare a lei, qualsiasi cosa facesse, in qualsiasi momento. Ma non le sembrava il caso.
Spostò lo sguardo sui palazzi che le circondavano. Charlotte l’aveva chiamata nel pomeriggio, sapendo che il venerdì era il suo giorno libero, e le aveva chiesto di fare una passeggiata.
Bonnie stava cercando di convincersi che non si trattasse affatto di un segno, probabilmente era solo una coincidenza.


Charlotte la guidò all’interno di un bellissimo palazzo, la cui facciata era sorretta da possenti colonne e tutt’intorno crescevano lussureggianti piante tropicali, che godevano del caldo del sud California.
-“Sei mai stata al M.O.P.A?” le chiese Charlotte.
-“In realtà no…” mormorò Bonnie, leggermente imbarazzata.
-“E’ il museo di fotografia più bello di San Diego, ne varrà la pena, dai retta a me. In questi ultimi due mesi il M.O.P.A ha fatto una promozione per gli habitué, diciamo così, per cui potremo assistere a due mostre in una” Charlotte le sorrise come se avesse scoperto un tesoro dei pirati e fosse ansiosa di vedere la sua reazione -“Si tratta di una mostra di fotografie strepitose di Diane Arbus e di una mostra di quadri. Le due mostre hanno in comune il tema della diversità fra esseri umani…vedrai, ti piacerà” ripeté alla fine. Bonnie non poté reprimere un sorriso, davanti a quella versione di Charlotte. Le sembrava di vedere la Charlotte bambina che avrebbe tanto voluto conoscere, emozionata per una caramella.
All’interno, il museo era fresco e profumato. L’ambiente era accogliente anche se era arredato con uno stile molto lineare, inaspettato vista la facciata “classica”.
Era il tipo di arredamento che si abbina sempre ai musei di arte contemporanea o alle case di lusso dei ricchi nei Caraibi: tutto vetrate, scale a chiocciola di ferro e mobili squadrati. C’erano dei divani morbidi di cuoio nero, dalla forma inusuale, disseminati per l’ala principale davanti alla reception dove Charlotte si fiondò a comprare i biglietti.
Bonnie inspirò a fondo, riempiendosi i polmoni di quell’aria fresca, né troppo secca né troppo umida, e profumata di fiori e di mobili nuovi.
La ragazza dietro al bancone consegnò loro i biglietti insieme ad un depliant in cui erano mostrati le fotografie principali correlate ai quadri più importanti. Il tutto contornato da una breve spiegazione dei collegamenti che c’erano fra le due mostre.
Charlotte la guidò lungo un corridoio al margine dell’ala principale e poi su per delle scale molto chic, quindi raggiunsero la prima stanza in cui le fotografie fronteggiavano i quadri. 
Se le fotografie erano di una sola artista, non si poteva dire lo stesso dei quadri. In fondo, era un museo di fotografia, era naturale quindi che si ponesse l’accento sulle fotografie.
C’erano poche persone, il che rendeva l’ambiente ancora più altolocato e ricercato. Bonnie si sentì leggermente a disagio, ma poi il suo sguardo venne attirato dalla fotografia in bianco e nero di un bambino. Il suo volto era maniacale. Era magrissimo.
Il suo cuore ebbe un sussulto, intorno a lei il mondo perse importanza mentre si perdeva nei particolari della fotografia.
Era perfetta.
Dopo minuti interminabili, i suoi occhi guizzarono verso il quadro collegato e Bonnie si ritrovò a pensare che quella era la mostra più bella a cui avesse mai assistito.
Charlotte e Bonnie proseguirono in totale silenzio, ognuna immersa in sé stessa ma consapevole della presenza dell’altra. Ogni tanto si avvicinava qualcuno, sempre la stessa persona: un uomo basso e tracagnotto con dei grossi occhiali alla Harry Potter; se solo Bonnie non fosse stata così presa dai quadri avrebbe sentito l’ansia salire al massimo nell’accorgersi che l’uomo studiava Charlotte con l’occhio critico e curioso di un anatomista. 
All’uscita l’uomo fermò Charlotte e le sorrise come se avesse in serbo per lei grandi cose. Ed era vero.
-“Posso esserle utile?” chiese Charlotte, leggermente infastidita dalla presenza dell’uomo. Voleva sapere al più presto cosa ne pensava Bonnie della mostra appena vista.
-“Sì, penso proprio di sì” rispose l’uomo.
-“In cosa?”
-“Voglio offrirti un lavoro”
Bonnie si strozzò con la saliva.
-“Sono un talent scout di Vogue, siamo alla ricerca di nuovi volti per la rivista. Ci serve una modella che indossi gli abiti per il servizio fotografico alla fine di ogni numero.” spiegò brevemente l’uomo -“Vi offro un caffè” aggiunse, notando le espressioni corrucciate di Bonnie e Charlotte.

Angoletto
Sono passate più o meno tre settimane, o sbaglio? 
Insomma...mi vorrete uccidere. E io? Io cosa posso dire? E' cominciata scuola, non avevo tempo...insomma se avete seguito la mia pagina Facebook avrete letto tutte le mie scuse.
Novità? Che novità ho? Nulla di che...sto male, ma a dispetto della frebbe sono uscita e mi sono tagliata i capelli dopo sedici anni che li tenevo lunghi... non li ho mai avuti così corti e sinceramente mi piacciono. Mi sono sentita leggera come una della mia età dovrebbe essere ^_^
Il prossimo appuntamento è per sabato prossimo, in caso dovesse succedere qualcosa che mi impedisca di aggiornare, lo saprete tramite la pagina Facebook.
Ringrazio le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e me ne vado a studiare *_*
Elen;-)


 

 

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Capitolo 18
*** .Fine. ***


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Capitolo Diciotto
.La Fine.
betato da Maki Chan


Pearl Jam. Una delle band preferite di Fred.
Stava cercando di riordinare le idee, di capire cosa fare. 
I pensieri erano tanti, le domande ancora di più. L’università, il Timmy’s, le stentate previsioni del futuro, ma soprattutto Mike. 
Alla fine, ogni pensiero era rivolto a lui. A quello che era successo con lui, al modo in cui era successo -come se l’unica cosa che contasse in quel momento fossero loro due insieme, vicini, in sincronia; non importavano i pregiudizi, le altre persone, ciò che avrebbero pensato se solo avessero saputo, non importava che fosse la “prima” esperienza di Mike e che fosse la prima volta che Fred si fosse sentito realmente coinvolto. Alla resa dei conti, ciò che realmente gli importava era Mike
Era doloroso pensare a lui, sapendo che probabilmente era stato solo un momento di debolezza di entrambi.
“No” lo interruppe una voce nella sua testa “Non per entrambi”. Perché Fred era consapevole di cosa cominciava a provare per Mike, anche se, prima inconsciamente e poi consciamente, aveva provato a reprimere tutto dentro di sé, in quel luogo remoto della sua testa in cui mai si permetteva di visitare. Era anche consapevole che quel sentimento non era appena-nato, non stava cominciando a provare qualcosa per Mike, bensì era un sentimento maturo, che sarebbe solo cresciuto -ancora di più- ma che probabilmente non sarebbe mai diminuito del tutto.
Fred portò le mani dietro la nuca, facendo dondolare e cigolare il materasso.
Sospirò e desiderò di avere una sigaretta da fumare, per schiarirsi le idee. Ma aveva come l’impressione che neanche le sigarette sarebbero riuscite a guarirlo. Non c’era nessuna malattia da guarire, infondo. Erano solo pensieri, e non erano poi così confusi.
In quel momento qualcuno bussò alla porta di Fred. Chiunque fosse sembrava essere di fretta.
Fred meditò sulla possibilità di fingersi morto e non alzarsi. Ma un’altra scarica di pugni fecero tremare il legno della porta, così Fred si alzò e si avviò verso l’ingresso.
Sgranò gli occhi, vedendo davanti a sé l’ultima persona che si sarebbe aspettato.
Venne travolto, letteralmente.
Prima che potesse accorgersene, le braccia possenti di Mike lo circondavano. Le mani morbide premute sulle guance fredde di Fred e le labbra unite.
Fred non riusciva a distinguere bene il volto di Mike, data la vicinanza, e dopo l’iniziale sbigottimento, si lasciò andare alla sensazione di caldo che lo stava travolgendo. Si sentiva un’adolescente ad ammettere che quel caldo si espandeva direttamente dal cuore, nel sangue, lungo gli arti fino alle guance, imporporate come quelle di una fanciulla di altri tempi.
-“Mike” mugugnò quando si staccarono per riprendere aria. Mike lo fulminò con un’occhiataccia che mandò Fred sulla Luna. 
-“Non dire nulla. Non chiedere nulla. Non so cosa stia succedendo, so solo che non faccio altro che pensarti” disse in fretta Mike, con durezza. 
Fred si sciolse all’impeto di Mike.


La domanda che gli volteggiava nella mente era “E ora cosa facciamo?” ma aveva paura a chiederlo a Mike. Aveva paura di spaventarlo, era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.
La situazione era troppo delicata perché fossero permessi passi falsi, anche se piccoli. Mike era confuso, glielo si leggeva chiaro in faccia, però allo stesso tempo sembrava determinato ogni volta che baciava Fred. E ogni volta che succedeva, era Mike a prendere l’iniziativa.
Fred avrebbe voluto dirgli che avrebbe capito se voleva un periodo di distacco totale per mettere in ordine le idee. Fred avrebbe capito ma ne avrebbe sofferto, questo però non lo avrebbe detto.
Fred voleva anche dirgli che lo avrebbe aspettato, che avrebbero imparato insieme a fronteggiare quella situazione nuova. Lo avrebbe aiutato a scavarsi dentro, come aveva dovuto fare Fred da ragazzo. Però doveva sapere..
-“E ora?” ruppe il magnifico silenzio che si era creato fra loro. Mike si voltò e lo guardò, con gli occhi fiammeggianti.
-“Accetterò la cosa.” fece una pausa lunga -“E tu sarai al mio fianco”
 
***


Charlotte digitò il numero che l’uomo le aveva lasciato.
Bonnie era già arrivata e le stringeva la mano libera con forza, rivelando quasi più ansia della rossa.
-“Pronto?” rispose l’uomo, dall’altro capo della linea.
-“Io, sì, ehm…ecco, sono Charlotte. Mi ha fermata qualche giorno fa davanti alla M.O.P.A…ehm, ricorda?”
-“Sì, certo! Sei la rossa?”
-“Sì, sì, sono io”
-“Hai preso una decisione?”
-“Sì, ehm…io accetto”
Dall’altro capo della linea risuonò una risata e Charlotte si preparò a sentirsi dire che era tutto uno scherzo, invece l’uomo disse:
-“Benissimo! Prepara le valigie. Non ti dovrai preoccupare di nulla, mi occuperò di tutto io. Ti andrebbe bene un volo fra due giorni per New York? Dovrai fare un paio di provini. Sono certo che saprai cogliere tutto il meglio da questa opportunità. Ti richiamo io appena avrò sistemato tutto!” Charlotte non ebbe il tempo di salutarlo che lui subito chiuse la chiamata. Una risata le squassò il petto, non poteva credere a quello che stata succedendo. Aveva come l’impressione che il suo futuro stesse prendendo una strada totalmente diversa da quello che si era aspettata. 
Charlotte sapeva di avere il difetto di pensare sempre per il meglio, soprattutto riguardo a situazioni che ancora non si erano presentate, ma spesso si ritrovava a pensare che infondo non c’è nulla di male a pensare per il meglio, tranne forse la delusione di vedere tutte le speranze e i sogni morire. Ma essere ottimista era nella sua natura e Charlotte, inconsciamente, aveva già cominciato a fare piani per il futuro. Per prima cosa avrebbe lasciato il Timmy’s e poi si sarebbe trovata un appartamento abbastanza grande per lei e Bonnie. Fu solo in quel momento che si rese conto quanto in realtà fosse impossibile che Bonnie la seguisse fino a New York. Bonnie non era libera, aveva Florence a cui doveva ancora badare. 
Bonnie la guardava preoccupata, immersa nei suoi pensieri, però accennò un sorriso -“Sono felice per te”
Charlotte le si avvicinò e le stampò un bacio sulle labbra -“Verrai con me?”
-“E le ragazze?”
Charlotte abbassò lo sguardo, sentendo il mondo crollarle addosso.
-“Quindi questa è la fine? Se mi prendono, dovrò andare a New York…”
-“Tu vai a fare il provino. Ti prenderanno, andrai a New York. Stasera parlerò con le ragazze per capire cosa fare. Meredith va al college, se la può cavare da sola. Flo invece sta ancora al liceo”
-“Potrebbe venire con noi, no?”
-“Non lo so, Charlotte…tenterò tutto il possibile per venire con te, ma non prometto nulla” 
Bonnie odiava essere pragmatica, ma era l’unica opzione disponibile. Non era normale il modo in cui il suo cuore stava cadendo a pezzi e questo la spaventava enormemente. 
Ma la spaventava ancora di più la possibilità di non rivedere mai più Charlotte.
 
***


Bonnie camminava per strada, immersa nei suoi pensieri, come spesso ormai le capitava. Stavolta però i pensieri erano molto più cupi del solito.
Durante le sue passeggiate le capitava di riflettere sul lavoro degradante alla caffetteria, sui sogni che aveva avuto da piccola e che lentamente stavano morendo. Le sarebbe piaciuto scrivere e quando lavorava ancora per la casa editrice si era sentita molto vicina alla realizzazione del suo sogno, tanto che aveva cominciato a tenere un diario in cui aveva annotato tutte le idee che le erano balzate in mente. Aveva smesso di scrivere non appena era stata licenziata, non ne aveva avuto più il tempo. 
Odiava avere la mente immersa nei pensieri cupi e tristi, odiava la sensazione di stare toccando lentamente il fondo.
Charlotte se ne sarebbe andata e lei non poteva negare che ne avrebbe sofferto. Sentiva un legame sincero con la rossa, nonostante si conoscessero da poco… Cosa fare? 
Sarebbe stato un suicidio continuare a sperare in un lieto fine, eppure Bonnie non riusciva a spegnere quella fiammella di speranza che le arroventava lo stomaco. 
Ansia, determinazione.
Ne avrebbe parlato con le ragazze. Florence non sarebbe mai riuscita a badare a sé stessa, Meredith era ancora al college e non si sarebbe potuta prendere cura di una sedicenne. Però Florence poteva tornare a casa, Meredith si sarebbe potuta trasferire nel campus del suo college e così Bonnie sarebbe stata libera di andare a New York. Eppure le sembrava sbagliato. Una parte della sua testa le diceva che in fondo non era giusto dividere la sua famiglia per seguire una ragazza che conosceva da così poco tempo.
Sapeva che Meredith e Florence le avrebbero detto di andare a New York, ma cosa doveva fare Bonnie? Cos’era giusto e cosa sbagliato?
E se Florence avesse voluto seguire Bonnie e Charlotte a New York? Tutto sarebbe stato più facile. 
 
***
Meredith tremava per l’agitazione. 
La pioggia cadeva a scroscio. Aveva appena accompagnato Charlotte e Bonnie all’aeroporto, sarebbero tornate entrambe due settimane più tardi, eppure l’unico pensiero che aveva in mente era Daniel. 
Era sbagliato, tutto così sbagliato.
Lo vide dietro la vetrina del bar dove si erano dati appuntamento. Si impose di essere calma, camminare a passo lento e con la schiena dritta. 
Lo avrebbe lasciato, le loro strade si sarebbero divise e tutto sarebbe andato per il meglio. Perché da quando Daniel era entrato nella sua vita, lei non aveva fatto altro che sentirsi sbagliata, di troppo.
Daniel le fece un cenno e il suo distacco rafforzò la determinazione di Charlotte.
-“Dobbiamo parlare” disse lei, dopo essersi seduta al tavolo. Si schiarì la gola e tutte le insicurezze svanirono.
In quel momento, ricominciò a sentirsi giusta. La vera Meredith era tornata.
Non sapeva in che momento si fosse persa, ma subito seppe che Daniel era stato solo l’ultima goccia. Mentre parlava, davanti ad un Daniel sbigottito, si rese conto di essersi persa molto tempo prima di arrivare a San Diego.
Forse non era mai stata realmente la ragazza, la donna, che sarebbe voluta essere.
Ma ormai non aveva importanza cosa fosse stata o meno, perché da quel momento in poi Meredith sarebbe stata Meredith. 
Il futuro riluceva brillante davanti a lei.
Si sarebbe presa cura di Florence, con l’aiuto della madre, e avrebbe fatto del suo meglio per aiutare sua sorella. Sapeva che Bonnie sarebbe partita con mille preoccupazioni, con il dubbio di aver fatto la cosa sbagliata, di aver costretto la madre a fare la spola da casa a San Diego. Bonnie aveva sempre una visione così catastrofica della realtà. Meredith era felice che finalmente la maggiore si fosse decisa a seguire i suoi sogni, era questo che contava alla fine di tutto. 
Florence non aveva voluto seguirla a New York. A San Diego aveva cominciato a crearsi delle amicizie che sembravano essere un valido motivo per rimanere. E, infondo, Meredith era felice che sua madre si fosse resa conto che c’era bisogno di lei. Sarebbero rimaste a San Diego e due volte a settimana “la mamma” avrebbe fatto loro visita per accertarsi che tutto andasse bene.
Ma la notizia migliore arrivò un anno dopo.
Bonnie era stata assunta presso Vogue come giornalista, avrebbe cominciato con articoli meno importanti ma Meredith era sicura che presto Bonnie sarebbe diventata grande. Nel frattempo lei aveva lasciato il Timmy’s e aveva trovato lavoro in una boutique francese. Fred lavorava nell’officina di fronte alla boutique ed era solo grazie a lui se Meredith era riuscita a presterai per prima per quel posto vagante.
Mike aveva composto il suo primo album solista, incassando così una somma ragionevole.
Daniel, con grande felicità di Meredith, era sparito dalla circolazione. 






 
Fine
(continua)


 
Ed eccoci qui all'ultimo, atteso, ritardatario capitolo.
Potrà sembrarvi troppo veloce e approssimativo, ma in fatto è che sto lavorando al sequel, incentrato su Florence due anni dopo la fine fra Meredith e Daniel. 
Chiedervi scusa per l'immenso ritardo nella pubblicazione di questo capitolo sarebbe troppo banale. Devo dire che mi piange il cuore nel finire questa storia, non solo perchè ci sono affezionata ma perchè avrei potuta scriverla meglio, arricchirla di più avventure e rendere meglio i personaggi per farli più appassionanti ai vostri occhi. Nella mia testa continueranno ad esistere ma so che nella vostra moriranno, o fors esono già morti a causa del mio ritardo. 
Scrivere questa storia mi ha posto davanti a problemi complessi, ho capito quando ancora ho da penare per riuscire a raggiungere i vostri cuori, per riuscire a scrivere storie appassionanti. 
I primi da ringraziare siete voi lettori, soprattutto voi che avete recensito i capitoli, uno per uno, guidandomi attraverso tutti i problemi che si trovano nello scriver euna storia. Se un giorno diventerò una scrittrice di professione, ancora non lo so ma sono certa che se ci riuscirò sarà anche grazie a voi, che mi avete anonimamente aiutata ad andare avanti.
Spero che non si offenda, la mia cara Maki, se ho ringraziato prima voi lettori che lei. Maki ha avuto un ruolo fondamentale e sono felice che sia accorsa in mio aiuto per dare di nuovo vita a questa storia. Lei l'ha presa e le ha ridato vita, mi ha ridato l'entusiasmo che mi serviva per continuarla e il coraggio fondamentale per tagliare scene, correggere frasi ed errori. Maki, sei impagabile e nel frattempo sei diventata un'amica... ti disturberò ancora per qualsiasi storia mi venga in mente, sperando nella tua comprensione e nei tuoi consigli ^_^ Mi accollerò molto, sappilo!
Ovviamente ringrazio anche Sbasby, per il bellissimo banner e per aver sopportato le mie innumerevoli richieste!
Un grazie profondo a tutti quanti, non solo a chi ho nominato ma anche a chi non ho nominato. Voi che non siete apparsi in questo piccolo e insignificante paragrafo, siete importanti come coloro che invece vi appaiono, e non vi ho saltati perchè non mi ricordo di voi, ma perchè siete in troppi.
La mia gratitudine è inesprimibile a parole, spero però di essere riuscita a rendervi l'idea.
Vi saluto e alla prossima, con la storia di Florence. Con un po' di fortuna, spero di riuscire a pubblicarla (è uno dei miei propositi per l'anno nuovo!). Spero che il vostro anno sia meraviglioso, un 2016 memorabile e senza problemi. E se ci saranno problemi sulla vostra strada, spero che vi rendiate conto di possedere il coraggio necessario ad affrontarli. 
La vostra Elen, con tanto amore e tanta gratitudine, che non vede l'ora di pubblicare il sequel e di scrivere storie molto migliori di questa e che vorrebbe conoscervi tutti, abbracciarvi e offrirvi un caffè per fare quattro chiacchiere insieme.
Infine, vi rivelerò che la storia è dedicata a tutte le ragazze che come me si sono stufate di tutte le storie a lieto fine ma che in realtà sperano che nella vita reale esistano finali anche migliori di quelle delle storie romantiche di EFP. Ma dedico un pezzettino di questa storia anche a me, per dimostrarmi che con la tenacia si può fare tutto, anche concludere una storia!
Bye bye, see you soon!


 
 

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Capitolo 19
*** Ringraziamenti ***



HO INTENZIONE DI RINGRAZIARVI UNO PER UNO. Vedere i vostri nomi e le liste che crescevano mi ha dato lo spunto per continuare a scrivere fino alla fine della storia.
Grazie, a voi che avete messo la storia fra le seguite: 

Akashi_kun 
aledani 
Ali22 
allemari 
Bellatrix96
Be_My_Friend 
bluejade 
ceccia_96 
Chiara_86 
Delena_Olicity 
Dreamer_on_earth 
emabel 
ErzaScarlet097 
Freisung
GIULIACM96 
Giulia_Fra96
Giu_ls 
Gnam_Gnam 
hola234 
jade free 
je88
jjbaby
Josy007 
Little panda
mclaine
MyLandOfDreams
Nenna 
OharaNakamura
orny81
pepapig
piccolissa
Piripi15 
Raffaellalaezza
romy2007
Sayami
scheggia_94
Sweet drems
 tigrotta81
vitasnella
 whinydreamer
 _maryan_ 
 
__rala__



Grazie a voi, che avete messo la storia fra le ricordate (e scusate se non vi ho inviato sempre il messaggio che ho promesso di inviarvi per avvisarvi dei nuovi capitoli *_*) :
Akashi_kun
alefrank 
Ali22
daniela780
Fallendevil
francydenis
In_arte_Sam
laragosta
OharaNakamura 
roby110831
Rose6 
saragiordanovips 
Sweet drems 


E infine grazie a voi, che avete messo la storia fra le preferite:
89LALLY89
Adeus
Akiram_len
CiLzAzRyY
clary_prior
deny_99
ErzaScarlet097
fiftys92
In_arte_Sam
Iris_chan
Lady Dora
Lifeisover
lirry payne
MusicHeart
myfiftyshades22
Rachel89
Rora1696
Sweet drems
wewa_angie_benny
xmaliksmilexx
xManu89x
 _Ehi Mela_ 


Elen;-)

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