La Luna Dorata- parte II di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CapitoIo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 1 *** CapitoIo I ***
Avviso
ai nuovi lettori, sempre che ce ne siano:
se
non avete letto "La
Luna Dorata", non capirete assolutamente nulla di quel che
c'è scritto
sotto. Non perché sia scritto in aramaico antico, ma
perché sono presenti molti OC e qualche semi-canonico di
cui, non avendo letto la storia precedente, non potete sapere niente.
Mi pareva doveroso avvisarvi, e non farvi arrivare a metà
capitolo pensando "ma che *** sto leggendo"?!
Ok, per ora è tutto :)
Capitolo
I
=
strane presenze, oligarchie, chiacchiere da bar e altre
anomalie=
«stava peggio,
quand’è arrivato» disse uno dei due
guaritori, un elfo del sole dall’incredibile bellezza e
lunghi capelli biondi
come il grano «fino ad ora se non altro siamo riusciti a
rinsaldare qualche
osso, ma con danni tanto gravi ed estesi i nostri poteri taumaturgici
sono
limitati, a meno di agire sul lungo periodo. Io e la mia
collega» un’elfa della
notte, nientemeno «abbiamo fatto quel che abbiamo
potuto».
Nightlight annuì,
osservando il volto pallido del principe.
Mai avrebbe immaginato che un giorno l’avrebbe visto ferito e
incosciente,
disteso sul letto di un’infermeria, e tantomeno sulla Terra.
«non avrei mai
dovuto andarmene. Avremmo dovuto inviare quel che restava dei Guardiani
a
raccogliere l’esercito, se fossi
rimasto…»
«probabilmente saresti in
queste condizioni anche tu»
concluse Aiko «dipende da quanto è pericolosa
un’Ephemeride. Sempre che c’entri
davvero lei, poi».
«tu non puoi percepirlo?
Nel senso, se dico “è stata l’Ephemeride
a ridurlo così”, tu non senti se è vero
o meno?»
Aiko si avvicinò
all’Uomo nella Luna, e si sedette sul bordo
del letto. «le cose non funzionano precisamente in questo
modo. Se avessi detto
“non so se sia stata l’Ephemeride a ridurlo
così” avrei sentito che era vero,
perché effettivamente tu non lo sai. Così come
l’hai detto, invece, lo avverto
come una cosa non vera,
perché tu non
ne hai la certezza, ma hai parlato come se lo fosse. Purtroppo non
percepisco
la verità assoluta dei fatti, e magari fosse
così! Però hai fatto bene a
chiedermi approfondimenti» pose con estrema delicatezza la
mano destra sulla
fronte dell’Uomo nella Luna «così sai di
preciso cosa posso fare e cosa no».
Nightlight non aveva avuto modo di
vedere Aiko all’opera,
quando aveva utilizzato il suo potere su Hebiel e Saol lui era ancora
svenuto,
per cui si sorprese leggermente vedendo un’aura di uno strano
colore tra l’oro
e il rosa pallido circondare sia lei, sia l’Uomo nella Luna.
Lo sguardo cadde
sul volto assorto della ragazza e qualcosa, a livello inconscio, gli
suggerì per
la prima volta che era bella. Forse era per quella piccola ruga che
aveva alla
base della fronte, dovuta alla concentrazione, o forse per il modo in
cui
quella luce illuminava i suoi capelli e le sue ciglia bionde, chi lo
sa? Comunque
sia durò solo un attimo -o almeno così parve a
lui- perché poi tornò ad
osservare Manny, e il modo in cui le sue ferite si stavano rimarginando
rapidamente. «i tuoi poteri guaritori sono
molto…potenti» mormorò,
momentaneamente incapace di trovare un altro aggettivo.
«non miracolosi. Non
riuscirò a guarirlo completamente, i due elfi dovranno
lavorarci su ugualmente, ma
faciliterò loro il
compito di molto. Se non altro le ossa saranno quasi tutte a
posto».
«capisco».
«e ringrazia che ora non
sia notte, perché…» si interruppe
bruscamente, esitante. Aiko non mentiva, né era abituata a
sentirlo fare, ma
c’era un particolare sulla sua natura di cui non amava troppo
parlare. Ad
Aokigahara era tutto diverso e tutto più semplice, per cui
non era sicura che
certe cose fossero accettate con facilità anche fuori dalla
sua foresta.
Si diede dell’idiota venti
volte per non averci pensato
prima.
«perché?»
Aiko gli lanciò
un’occhiata, con aria un po’tesa.
«vedi…il
fatto è che sia io che mio padre cambiamo, di notte. Lui di
giorno è lo
Shishigami, coi poteri che più o meno conosci. Ma quando
tramonta il sole
diventa qualcosa di diverso».
«Daidarabotchi. Il principe
mi aveva detto qualcosa» disse
Nightlight, sorprendendola «ma, per quanto sia diverso, non
diventa cattivo».
«no. Infatti.
Però è in grado di corrodere e distruggere
qualunque cosa tocchi, il suo aspetto cambia, e per me è lo
stesso. Ovviamente
non sono altrettanto potente, ma non so se agli altri potrebbe star
bene essere
insieme a qualcuno che di notte sa fare solo questo, e il cui aspetto
fisico
cambia in modo strano».
Quella povera ragazza era piena di
ansie sociali di vario
genere, ma non c’era da stupirsi dal momento che era
cresciuta solo in mezzo a
kodama e spiriti animali vari.
«Aiko, ricorda con che tipo
di persone abbiamo avuto a che fare
nelle ultime ore. Tutto quel che hai detto non è nulla che
mi impensierisca» disse
Nightlight «e se ti preoccupa l’aspetto che assumi
di notte, beh…non credo che
tu abbia presente Calmoniglio, è un Pooka. Una specie di
coniglio gigante, in
pratica» aggiunse «ma nessuno si fa problemi, come
non se li fanno per il fatto
che Dentolina abbia ali e piume, o io abbia la pelle azzurrina. E no,
non sono
un problema neppure i tuoi poteri invertiti, se sai
controllarli!»
«sì, so farlo,
su questo non ho problemi» confermò Aiko,
togliendo la mano dalla fronte di Manny.
«perfetto allora, se
è così penso che non avrai problemi con
nessuno. Voglio dire, hai presente Hallows? Lei è strana
sempre e comunque, fa
danni sia di giorno che di notte…eppure ha più
contatti con gli altri di quanti
ne abbia io» commentò, con una leggera smorfia
«certo, bisogna dire che di
questi contatti non ce n’è uno a cui sembri tenere
veramente, considerata la
sua facilità a star loro lontana» aggiunse, e
rimboccò le coperte all’Uomo
nella Luna. Posare di nuovo lo sguardo sul suo fallimento lo fece
sospirare, e lo riportò a pensare al proprio dovere: non era
il momento di
chiacchierare
amabilmente di storie morte e sepolte. «va bene…va
bene…lasciamo perdere. C’è
una guerra là fuori, ed è meglio accantonare le
questioni personali».
«è fin
dall’inizio che non sembri riuscirci molto bene, a
dire la verità» Aiko,
imbarazzata, abbassò le orecchie, vedendo Nightlight
irrigidirsi «non volevo
essere cattiva. È solo che-»
«no, no. Forse hai ragione.
Io ce l’ho con Eve, è inutile
negarlo, e avendola attorno non riesco a ragionare lucidamente come
dovrei fare
al momento» ammise il guerriero, e si diresse fuori
dall’infermeria, seguito dalla ragazza-cervo. «non
è perché la storia tra me e
lei è finita, questo va bene. Il
problema è la maniera in cui lei l’ha conclusa. Il
modo in cui mi ha trattato, e
il fatto che in seguito non si sia mai almeno scusata, o abbia mostrato
un
minimo di dispiacere, disinteressandosene completamente. È
questo che mi secca».
Aiko gli diede un’occhiata
confusa, insicura su cosa dire.
«potresti parlargliene».
«per farmi ridere in
faccia? Sarebbe totalmente inutile»
ribatté Nightlight.
«ma tu intanto le avresti
detto quel che dovevi dirle. Se poi
lei riderà pace, ma tu intanto potrai smettere di pensarci
sopra e chiudere una
volta per tutte. Io penso che la verità sia sempre la cosa
migliore».
Nightlight stava per ribattere, ma la
vide muovere le orecchie
con aria improvvisamente tesa. «cosa
c’è?»
«troppo silenzio. La sala
principale era molto più rumorosa,
fino a poco fa» rispose, e decise di prepararsi al peggio,
tirando fuori arco e
frecce. Nightlight strinse forte la lancia. Se i colpevoli di quel
silenzio
avessero avuto intenzione di raggiungere l’infermeria,
avrebbero dovuto passare
sul suo cadavere.
La scena che si trovarono davanti
entrando nella stanza,
però, era ben diversa da come l’avevano immaginata.
«ti trovo in forma,
splendore. Come va?»
«si tira avanti, che devo
dirti. E tu tranquillo, piccolo
irlandese, sono qui per rilassarmi…non per dirti che domani
il tuo favoloso
parcheggio verrà ruspato via».
«beh…buono a
sapersi».
«due whisky doppio malto,
uno per me e uno per la signora,
grazie».
«per fortuna
l’aria tesa che c’è in giro ultimamente
non ti
ha fatto diventare meno galante! Hai sentito le ultime
novità? Pare che un po’di
gente abbia una gran voglia di ammazzarsi».
Nightlight si era immaginato tutto,
eccetto di vedere
nientemeno che l’Uomo Falena seduto al bancone del bar e
intento a lasciarvi
sopra una cospicua quantità d’argento -senza
dubbio eccessiva
per un paio di bicchieri di
whisky- tutto ciò con Eve Hallows, tranquilla e disinvolta
come suo solito, in
braccio, con il Leprecauno ad osservarli con aria più
burbera del solito, e
quasi tutto il resto della gente a guardare Mothman impietrita.
«ma quella ragazza
è pazza o cosa? Non sa chi è lui?»
bisbigliò Dentolina ai colleghi, con aria allarmata
«qualcuno dovrebbe
avvertirla, forse-»
«lascia stare, non
è una scena nuova» commentò Harlequin
Saturnali «sa chi è. Il fatto che non ne abbia
paura è un’altra faccenda».
Come faceva a non averne paura,
pensò Jack Frost, quando vedendo
l’Uomo Falena il suo primo istinto invece era stato quello di
stringere il
lungo mestolo di legno che aveva sostituito il suo bastone,
preparandosi a
fuggire o a tentare di congelare tutto quel che poteva,
nell’esigua misura
delle proprie attuali possibilità? E sì che, pur
avendo sentito qualche accenno
su Mothman, non l’aveva mai visto prima! «ma
è pericoloso? Lo sembra»
bisbigliò.
«Uomo Falena non ha mai
fatto male a nessuno direttamente,
ma sua presenza di solito è segno di guai»
mormorò Nord.
Avrebbe avuto voglia di chiedergli
diverse cose, come per
esempio se lui c’entrava col fatto che Pitch fosse vivo,
invece che morto come
si pensava fosse, ma sarebbe stato inutile, perché molto
probabilmente Mothman
non si sarebbe neppure curato di rispondergli, o comunque non
l’avrebbe fatto
in un modo comprensibile.
«io so solo che oggi si
è fatto vedere nel regno di Madre
Natura, che poi è stato distrutto da Atticus, Ljuba e
l’ex di Pitch» disse
Dentolina «il fatto che sia qui non mi piace, oh
no…non mi piace nemmeno un
po’! Spero che quando ha detto che è qui per
rilassarsi fosse serio. Comunque,
cosa intendi dire con “non è una scena
nuova”?»
«che qualche volta ci
è andata a letto. Ma ssssh!» Harlequin
«è il segreto di Pulcinella».
«chi è
Pulcinella?» domandò Jack, perplesso.
«è un modo di
dire. Significa che in realtà è una cosa
arcinota»
gli spiegò Dentolina, nonostante fosse allibita per quel che
aveva appena
saputo, perché non pensava che qualcuno potesse aver voglia
di andare a letto
con l’Uomo Falena.
In realtà le cose erano molto
diverse: capitava spesso che
creature oscure di vario genere fossero attratte dalla sua aura di
sventura e,
benché Mothman fosse incapace di amare o affezionarsi
profondamente a qualcuno,
quando voleva era in grado di essere galante, e dunque spesso e
volentieri
riusciva a “concludere”
.
«aria tesa, dici? Io sono
rilassatissimo» disse Mothman ad
Hallows, dopo aver sorseggiato un po’di whisky «e
non pensavo che farsi
staccare teste e arti per l’uomo che vive sulla Luna potesse
rientrare tra i
tuoi hobby preferiti».
«ah, neanch’io se
è per questo» Eve fece spallucce «no, a
parte tutto, magari già che ci sei puoi rispondere a una
domanda seria: tu per
caso sai qualcosa di creature striscianti dalla strana dieta che a
quanto pare
ultimamente gironzolano da queste parti?»
“è veramente
stolta se pensa di ottenere da Mothman
qualsiasi cosa” pensò Pitch, ancora chiuso nella
sua gabbietta. Per poter
vedere quel che succedeva, grazie alle zampe da piccione, aveva fatto
qualche
strappo al panno che la ricopriva, e osservando la scena non aveva
potuto
evitare di pensare, di nuovo, che quella tizia fosse alquanto strana. Oltre
a sperare che l’Uomo
Falena non si mettesse in testa
di vedere cosa c’era sotto il panno che copriva la gabbia,
ovviamente.
Mothman finì di bere tutto
il whisky. «ultimamente ci sono
persone che hanno commesso qualche attentato alla propria linea, sai
come
funziona durante i periodi festivi».
«e come no? Pranzi e cene,
pranzi e cene ovunque!» annuì
Eve, con aria solenne «magari anche in trasferta.
Già, ogni tanto in certi
viaggi si trovano buffet che ti riempiono quasi fino a
scoppiare».
“d’accordo,
questa conversazione per me ha perso ogni
briciolo di senso” pensò Nightlight che, dopo aver
abbassato la lancia, aveva
raggiunto i Guardiani assieme ad Aiko “ho capito che a
nessuno dei due importa
particolarmente del disastro in cui ci troviamo, ma mettersi a parlare
di cibo!...”
«a volte succede. Solo che
il punto non è la ricchezza del
buffet o la location, ma quanto è grande
l’appetito. Certe persone sono insaziabili…al
punto che, se i piatti sul tavolo non sono abbastanza pieni, scendono
in cucina
e si preparano altre pietanze da sole».
«non è gente da
invitare al pranzo di natale, uno rischia di
trovarsi la cucina che va a fuoco» commentò Eve,
svuotando il bicchiere in un
sorso «o magari tutta la casa. O beh, a questo punto se fosse
un altro momento
ti direi di andarcene di sopra nella mia suite, ma mi sa che non
è il caso,
quindi sarà per un’altra volta, se sopravvivo.
Allora, che programmi hai per
oggi?»
«quelli che, da che io
ricordi, ho tutti i giorni. Non che
sia possibile altrimenti per chiunque dei presenti» aggiunse
Mothman,
scrutandola con i grandi occhi rosso vivo «non
credi?»
«sì, in un certo
senso non hai torto, ma non cambia nulla
stare a pensarci su, perciò io dico»
saltò giù dal grembo dell’Uomo Falena e
si
poggiò al bancone «“chi se ne
frega?”…vuoi un altro whisky? Stavolta offro io,
alla faccia di chi crede avari gli scozzesi».
«per stavolta passo, ma
tengo buona l’offerta per la
prossima volta» disse Mothman, alzandosi dallo sgabello
«tieni pure il resto»
aggiunse rivolto al Leprecauno. In seguito, dopo che si fu
stiracchiato, le sue
ali mutarono: se fino all’istante prima formavano una specie
di mantella, ora
erano diventate grandi e iridescenti, belle, a loro modo. Prese con
garbo la
mano che Eve gli aveva teso, esibendosi in un baciamano degno di un
gentiluomo
inglese. «ci rivediamo, madame».
«ihih! “Madame”!
Non sono proprio una gran signora».
«infatti ero leggermente
ironico».
«l’avevo
notato» annuì Eve, senza prendersela minimamente
«ciao
ciao, splendore!»
Dopo ciò, l’Uomo
Falena uscì dal locale nel più completo
silenzio.
Le cose però cambiarono
radicalmente non appena ebbe chiuso
il portone d’ingresso, e le chiacchiere più o meno
isteriche degli avventori
esplosero tutte insieme in un boato.
«moriremo
tutti!»
«io l’ho beccato
anche un’altra volta e non sono mica
morto!»
«verranno
qui e
distruggeranno tutto!»
«siamo spacciati».
«andiamocene
prima che
scoppi il disastro!»
«non esageriamo, in fondo
è uno spirito come noi…»
«ecco» il
Leprecauno alzò gli occhi al soffitto
«è così
tutte le sante volte che Mothman si fa vedere qui»
schioccò le dita
all’indirizzo di alcuni camerieri «protocollo
post-Mothman, sapete già cosa
fare: spostate tutti i clienti nella sala cinema, mettete su
“Zootropolis” e
servite birra» i camerieri obbedirono, avvicinandosi ai vari
tavoli e facendo
alzare i clienti. «per fortuna che Mothman almeno
è generoso con le mance».
«non è generoso
solo con quelle, a dire il vero» disse Eve,
con estrema tranquillità «se non altro adesso
sappiamo che oltre a quei
cinque lì a fare casino abbiamo anche
un’Ephemeride annoiata che un po’di
dolore con cui riempire la pancia è andata a prenderselo
pure sulla Luna, E non è
da escludere che combini anche
altro per lo stesso motivo».
«e da dove avresti tirato
fuori queste informazioni, scusa?!
Tutto quel che ho sentito io sono state chiacchiere sui vari
buffet!» sbottò
Nightlight «l’ultima cosa di cui abbia senso
parlare in un momento come
questo».
«ragazzo, forse sai
maneggiare bene la lancia, ma dovresti
imparare a maneggiare un po’meglio anche il cervello. Senza
offesa» sospirò il
Leprecauno «ora potremmo tornare a noi? Nello specifico:
qualcuno tra i presenti
sa come difendersi da questa Ephemeride, qualunque cosa sia? Certo che
un altro
nemico era l’ultima cosa che ci voleva».
Sandman fluttuò sopra il
bancone, così che tutti potessero
vederlo, e indicò la gabbia in mano alla Befana. Ricordando
di aver sentito la
creatura chiamare
Pitch “il generale”,
aveva pensato che forse potesse conoscerla, anche perché
l’Uomo Nero in tutto
quel tempo non aveva mai sostenuto il contrario.
«è vero, non
è da escludere che l’Uomo Nero ne sappia
qualcosa, considerando tutto» ammise April «la
creatura sembrava conoscerlo».
«e allora fatelo tornare
normale, così che per una volta
nella sua vita possa rendersi utile e io non debba avere ibridi
abominevoli nel
mio locale!» tornò a insistere il Leprecauno,
osservando il cellulare con una
smorfia disgustata. La
prima cosa che
aveva fatto Cupid Valentine una volta ricevuta dai cherubini, infatti,
era
stata inoltrare anche a lui la fotografia del Pitchione!
«ora vi divertite a
dileggiarmi, ma eravate gli stessi che
tremavano di paura durante i Secoli Bui, anzi, fino a tre
ore fa! Io sono l’Uomo Nero, il Signore
della-»
«tarapìa
tapiòco della piccionaia come fosse antani per il
pane grattugiato, sì, lo sappiamo»
sospirò Harlequin, annoiato.
«ah
no! Ti
proibisco di usare la supercazzola contro di me, vile carogna
plebea!» la
gabbietta si agitò sotto al panno.
«plebeo a
me? Sono un vero patrizio
romano, io, mentre tu
sei il re di un mucchio di sabbia nera!»
«scusate tanto, ma qui non
stiamo discutendo su chi è più
nobile di chi!» s’intromise Dentolina
«concentriamoci sulle cose più serie, tipo
far tornare Pitch com’era, grazie».
«o come chiedersi che fine
hanno fatto Madre Natura e Shu
Yin» aggiunse Nord «se sono andate via da quel
posto, sono vive e stanno bene, perché
non sono ancora qua?»
«…ma dobbiamo
proprio- proprio- proprio farlo tornare
com’era? Eh Diarmid? Non si potrebbe tenere così
com’è? Per sicurezza!» la
Befana si avvicinò al Leprecauno, sbattendo le ciglia ed
ignorando completamente
le ultime considerazioni di Nord.
«Liesel, vuoi forse che
bandisca dal locale anche te?»
«e ritrasformalo, se ci
tengono tanto!» sbuffò Baba Yaga
«però sia chiaro, al suo primo passo falso
sarà mio».
Uno schiocco di dita della Befana e
Pitch, con suo sollievo,
tornò finalmente alla normalità. Si tolse il
panno da sopra la testa, con un
gesto seccato. «alla buon’ora, strega»
disse, rizzando la schiena e incrociando
le braccia davanti al petto «non pensiate che
dimenticherò il vostro affronto».
Cercava di mostrarsi calmo ma in
realtà, per ovvie ragioni,
era teso come una corda di violino. Non era più ferito, ma
era ancor più debole
di quanto fosse prima che scoppiasse tutto quel disastro e,
benché l’origine
del suo potere fosse completamente parassitaria, indi diversa dagli
altri cui
era stato rubato -due dei Guardiani- non era sicuro di poterne
racimolare di nuovo;
ciò, dunque,
gli impediva di diventare un’ombra per nascondersi, di
controllare gli Incubi e
di materializzare la sua falce, rendendolo quasi indifeso,
perché quella
minuscola stilla di potere che gli era stata lasciata serviva a ben
poco.
Avere un’arma qualunque in
mano l’avrebbe reso un pericolo
da non sottovalutare -era stato un generale e non aveva certo
dimenticato come
combattere senza magia- ma al momento non aveva neppure quella, e si
trovava
circondato da spiriti nemici. La sua ansia era ben giustificata.
«senti, adesso non
è momento di comportarti come tuo
solito!» Nord si fece avanti, e Pitch si appiattì
contro il bancone «dicci
quello che sai su queste…creature».
«e poi?! Se lo facessi cosa
otterrei? Più della metà di voi
vogliono la mia testa, se vi dicessi quel che so» nulla di
utile, per inciso
«poi cosa fareste di me?»
«Pitch, noi Guardiani non
abbiamo mai voluto la tua morte,
dovresti saperlo» disse pazientemente Dentolina.
“io meno di tutti. Non
permetterei che tu venga ucciso, dopo
le conseguenze che ci sono state per averti salvato” aggiunse
Sandman “tu evita
di comportarti male, e non ti succederà niente”.
«quali
conseguenze?» gli chiese Nord, aggrottando la fronte.
Sandman si limitò a fare un cenno con la mano che
significava “dopo”. April I
Saturnali era stata così gentile da evitare di parlare a
tutti delle mani di
Sandelle, ed era meglio così.
«voi tre parlate bene, ma
vi faccio notare che siete in
minoranza, e che Frost non ha detto nulla» obiettò
Pitch.
«ma Jack è
d’accordo con noi» Dentolina si voltò
verso di
lui «vero Jack?»
«sì,
sì…certo» concordò il
Guardiano, un po’troppo in ritardo. Dentolina gli diede
un’occhiata leggermente
allarmata, ma non disse
nulla.
«già, forse
dovremmo trovare modo di dire a Madre Natura che
lui è vivo» disse Babbo Natale «sembrava
un po’scossa quando ha saputo che
Pitch era morto, anche se provava a far sembrare di no».
«morto
un corno! E
poi altro che scossa, se mai sarà stata esultante»
borbottò. Si sedette su uno
sgabello e, vagamente rassicurato delle parole dei Guardiani,
ritrovò un minimo di compostezza.
«ad ogni modo, qui la
discussione è su: “come ci si difende da
un’Ephemeride”? È un’ottima
domanda.
Come il qui presente Nightlight può confermare, e forse
anche tu Sandy?…il
popolo della Golden Age credeva che le Ephemerides fossero solo una
leggenda,
ma a quanto sembra sbagliava. Ora: tengo a precisare che prima di oggi
non
avevo mai visto quella creatura, e nonostante lei sappia delle cose sul
mio
conto potete star sicuri che non gliele ho dette io»
chiarì Pitch, che non
voleva aggiungere altre grane a un mazzo già consistente
«dalle parole che mi
ha rivolto, comunque, ho potuto intuire che quella creatura mi gira
attorno da
prima che la Golden Age…» “fosse
distrutta da me”, stava per dire, ma
s’interruppe appena in tempo
«ehm…sì. Ecco. È complicato
difendersi da un
essere invisibile e intangibile, penso possa entrare praticamente
dovunque
senza che nessuno se ne renda conto. L’unica cosa utile che
mi viene in mente è
l’ipotesi che possa essere
almeno un
Essere Soprannaturale di Livello Alfa, che per tale motivo sia
costretta a
dormire chissà dove ogni tanto, e che in quelle occasioni,
con del materiale
genetico a disposizione, potrebbe essere trovata con un Incanto
Detector e
distrutta. Forse».
«tutto ciò per
dire che non hai niente di concreto in mano»
concluse Baba Yaga «sentite, perché non lasciamo
che facciano fuori almeno lui?
In fin dei conti non ci serve a nulla. Concretamente parlando,
perché dovremmo
tenerlo, se non per divertirci a tormentarlo?»
«avete sentito i Guardiani,
lo teniamo perché loro vogliono
che lo teniamo» ribatté Nightlight «e
non mi pare che ci sia altro da
aggiungere».
“difeso dai miei
più antichi avversari. Ecco come sono
messo. Non c’è che dire, ho proprio toccato il
fondo” pensò Pitch, con
amarezza. Da una parte gli faceva comodo, dall’altra
infliggeva duri colpi al
suo orgoglio.
«già, anche
perché se dovessimo metterci a parlare di
quant’è utile tenere chicchessia anche avere il
Pinguino della Luna in
infermeria diventerebbe discutibile» disse Hallows, con
estrema tranquillità.
«diabhal,
piantala
di gettare benzina sul fuoco, non c’è proprio
bisogno!» inveì il Leprecauno,
appena prima che lo facesse Nightlight «se vogliamo combinare
qualcosa di buono
dobbiamo remare tutti nella stessa direzione. Tenere in vita
l’Uomo nella Luna.
Tenere in vita questo qui» indicò Pitch
«nonostante sia contestabile,
fermare gli Insorti e possibilmente anche questa
Ephemeride. Questi sono gli obiettivi».
«e non sta a te decidere
chi va ucciso e chi non va ucciso,
ragazza» aggiunse Nord, con aria severa.
«già, sta solo a
voi tre Guardiani e ad amore di mamma» ribatté
lei, annoiata.
«ehi! Guarda che noi
Guardiani siamo in quattro, qui!»
protestò Jack.
«“sì,
ma Jack è d’accordo con noi, vero
Jack?”» ripeté
Hallows, imitando Dentolina «eh
Jack?!
Sei il più giovane e quel che pensi non conta niente, te lo
ricordi, eh Jack?
Vuoi un po’di torta dei sette vasetti, ovviamente senza
zucchero così non
facciamo cariare i denti?”»
Contrariamente a diversi dei presenti
che avevano
riconosciuto la citazione, e sghignazzavano senza pudore, Pitch
riuscì a
mantenere autocontrollo sufficiente da evitare di ridere e perdere i
suoi
momentanei protettori. Non era sicuro che i Guardiani, digiuni dal
mondo del
web, avessero presenti ehLuca,
Cristina666 e tutto il resto della
storia -Pitch
lo aveva sempre pensato: gli italiani erano un popolo di matti!- ma non
importava.
Anzi, forse era meglio usare
quell’attimo di distrazione
generale per scivolare dietro il bancone e defilarsi, perché
si sentiva
accerchiato, e non gli piaceva affatto.
«ma
come ti permetti?!
Non è affatto vero che la sua opinione non conta
niente!» sbottò Dentolina,
decisamente irritata. Aveva ritrovato da poco il suo fidanzato, ci
mancava solo
che qualche deficiente si mettesse in mezzo a creare discussioni sul
nulla.
«cosa vuoi saperne tu? E poi, ti sembra il momento di
seminare zizzania?»
«e chi semina? Ti pare che
siamo in un campo, bellissima?»
«no, già che ci
siamo, mi piacerebbe chiarire un paio di
cose» intervenne la Befana, stroncando la protesta di
Dentolina sul nascere «non
consegneremo al nemico l’Uomo nella Luna, ok, e per ora
eviteremo di rompere le
scatole anche a Black, ma se si farà così
è perché abbiamo altro di cui
preoccuparci, non “perché decidete voi e quindi si
fa così e punto”».
«se si farà
così è perché è giusto,
Liesel!» ribatté Nord «e
comunque noi due prima o poi dovremo fare chiacchierata su come svuoti
mio
magazzino e mia cucina tutti gli anni senza mai pensare di chiedere!
Sappi che
questo ti ha mandata su lista di cattivi. In basso, ma ci
sei!»
«buh-uh-uh»
Baba
Yaga alzò gli occhi al soffitto «mia sorella
piangerà sicuramente cent’anni per
questa cosa. Ah, ovviamente ero ironica. Meglio sottolinearlo, che con
questa
gente non si sa mai».
«perché li
tratti come se fossero stupidi? Ti comporti come
se tu fossi meglio di loro, ma se fosse così non sarebbero
dove sono, e al
posto loro ci saresti tu» obiettò Aiko, che non
aveva Heike molto in simpatia.
«non so,
Aiko…dal momento che il tizio che li ha scelti, e
che dovrebbe dunque essere il meglio del meglio del meglio del meglio,
se ne
sta a languire nell’infermeria di sotto, quel che hai detto
potrebbe essere
appena un pochino azzardato» le fece notare Eve «mi
rivolgo ad amore di mamma e
ai Guardiani più vecchi, tanto per capirci una volta per
tutte: vi aiuteremo,
ma non scatteremo ai vostri ordini solo perché i bambini vi
vedono. Molti vi
invidiano per questa cosa, ma alla maggioranza dei presenti non frega
una
mazza. Se vi sta bene, bene, se non vi va a genio…beh, io
personalmente me ne sbatto, non riconosco l’Oligarchia
Guardiana, poi per
gli altri magari è
diverso».
«Hallows!
Piantala!»
sbottò Nightlight «nessuno ti ha
chiesto…Hallows,
maledizione!!!» gridò, vedendola
allontanarsi dondolando, con gli
auricolari bene infilati nelle orecchie e nessun residuo interesse a
continuare
una discussione che lei stessa aveva generato, fino a raggiungere un
palco
rialzato, sul quale si issò e si sdraiò.
«ma quella ragazza
è sempre così?» domandò
allibita
Dentolina ai Saturnali, i quali, come diversi altri presenti, annuirono.
«non è poi
così malaccio» disse Harlequin
«è solo fatta un
po’molto a modo suo».
«molto a modo suo qui vuol
dire “male”, molto molto male»
commentò Babbo Natale
«un momento!»
esclamò April «dov’è andato
l’Uomo Nero?! Era
seduto lì un attimo fa!» indicò lo
sgabello vuoto «ah. No. Niente».
Non c’era più
bisogno di cercare Pitch, ma non significava
che quel che stava vedendo le andasse a genio. Pareva che Black avesse
sfruttato il primo momento di distrazione per sgattaiolare via veloce
come un
ratto e raggiungere Eve.
«ehilà, Black.
Troppo affollato laggiù?» lo spirito di
Halloween si girò appena a guardarlo, e tolse
l’auricolare dall’orecchio
sinistro.
«oh sì.
Affollatissimo di gente simpatica che non vede l’ora
di uccidermi, e quelli che non vogliono fanno parte
dell’Oligarchia Guardiana.
Proprio un sacco di risate» non era molto convinto del fatto
che Eve fosse una
compagnia migliore, non dopo la scena con Mothman, ma quantomeno non si
erano
mai creati problemi a vicenda, non che lui ricordasse, e il suo
atteggiamento coi
tre Guardiani più vecchi non gli era dispiaciuto.
«aspetta, già che ci sono te
lo chiedo: per caso ho fatto anche a te qualche torto di cui non ho
memoria, e
sotto sotto anche tu hai voglia di “scannarmi come un
maiale”, come ha detto prima il
tuo amichetto Saturnali?»
«naaah, al contrario, ti
preferisco vivo. Con me non hai
problemi, vai tranquillo».
Diceva così, ma bisognava
crederle? Vai a saperlo. La
recente esperienza con Shu Yin gli aveva ricordato la
validità del proverbio
“fidato è morto”. Al momento
però gli conveniva prendere per buono quel che
Eve aveva detto, anche perché non c’era altro da
fare.
«ho la sensazione di averti già
vista da qualche parte».
«probabilmente nei tuoi
sogni erotici!» esclamò lei, prima
di mettersi a ridere.
Per qualche istante Pitch la
fissò basito, ma durò poco. «al
diavolo, non ho intenzione di farmi prendere in giro da te!»
sbottò, facendo
per allontanarsi.
«guarda che se
l’ho detto c’è un motivo: la prima volta
che
mi hai vista ero praticamente nuda, e la cosa non pareva
dispiacerti».
Ma che andava farneticando, quella
lì? «se ti avessi vista
in deshabillé mi ricorderei».
«non credo. Quando quattro
secoli fa sei venuto qui e hai
cercato di conquistare la locanda, tra l’altro facendo
masticare alle tue
creature diversi clienti, eri ubriaco fradicio. “Vi
schiavizzerò tutti!
Sottomissione o morte!...tu no, sei una bella rossa, e sei riccia come
Mila…Milaaa-a-aaah-aH”,
e niente, hai
piagnucolato un po’, Diarmid ti ha colpito alle spalle col
suo martello, i
troll ti hanno buttato fuori e fine».
Pitch si passò una mano
sul volto, con tutti i tasselli che
stavano tornando al loro posto e una vergogna tale da avere voglia di
nascondersi sotto un tavolo. «mi era sembrato di aver detto
che non amo essere
preso in giro, quindi vedi di smetterla, e non osare farlo
ancora!»
«non ti prendevo in giro,
ti ho solo ricordato quel che hai
combinato, dàichelachd».
“promemoria per me:
chiederle cosa significa
‘dài’…quello”
pensò Black. «potevi evitarlo!...ecco chi era la
spogliarellista…un momento, ma
allora tu fai-»
«non lo facevo
perché lavoro qui, lo facevo perché mi
piaceva. Solo che ormai per motivi vari sono dodici anni e ventisette
mesi
precisi che non mi struscio su un palo, purtroppo per gente come
Nightlight».
“avrei dovuto immaginare
che non fosse precisamente un
esempio di virtù” pensò Pitch, non
abituato a rapportarsi con donne dalla
mentalità più “aperta”.
Tuttavia decise di tenere per sé la propria opinione,
incuriosito
dall’ultima frase di Eve. «stai dicendo che
Nightlight il supereroe dall’anima
candida come la Luna e brillante come un diamante è un
appassionato di strip
club? Questa mi mancava».
«se vuoi sentire tutta la
storiella te la racconto, finché
ci lasciano in pace».
Se aveva voglia di sentire una storia
sul suo antico
avversario? Eccome! Ma decise di non lasciarlo trasparire.
«sì, ma giusto perché
al momento non ho granché di meglio da fare»
disse, con fare un po’ presuntuoso.
«occhei.
Allora,
all’incirca diciotto anni fa, io me ne stavo tranquilla a
ballare sul palo,
quando vedo entrare questo tizio che non avevo mai
visto…»
Benché
l’avvicinamento di quei due -che ora chiacchieravano
fitto fitto- non piacesse a nessuno, specialmente a chi conoscendo Eve
ed anche
alcuni antefatti temeva che Hallows
potesse decidere di infilarsi in qualcosa di molto inopportuno e
“scomodo”, i
Guardiani e tutto il resto della compagnia lasciarono che i due
“problematici”
stessero dove stavano, per il momento. C’erano dei piani
d’azione
da decidere, che erano molto
più importanti.
«adesso la domanda
è: cosa facciamo con gli…già, come mai
li
hai chiamati, Insorti?» chiese Nightlight al Leprecauno
«si fanno chiamare così
adesso?»
«sì. Quello in
un certo senso è colpa mia» disse Jack
«glielo ho praticamente suggerito io, quando ancora non
credevo, ecco…non
sembravano cattivi quando stavo con loro» tentò di
giustificarsi.
«Jack Frost. Finalmente ci
incontriamo di persona, finora ti
ho visto più che altro dal bacile» si strinsero la
mano «forse avremmo dovuto
salutarci prima, ma sai
com’è…»
«troppo casino»
concluse Jack. Decise che anche Nightlight, come Harlequin, non gli
dispiaceva.
«esattamente. Allora, come
ci muoveremo?»
«al momento Atticus
è fuori gioco» disse Dentolina.
“anche Sandelle”
aggiunse Sandman.
«oh! Questo
c’entra con
quello che volevi dire a noi dopo?» gli chiese
Nord, e il Guardiano annuì.
«ma allora, se due su cinque
con i poteri di Madre Natura sono
fuori gioco, che accidenti stiamo aspettando? Attacchiamoli subito! Non
mi sono
portata dietro il divano per niente!» esclamò
Liesel.
«con calma! Per distruggere
il regno di Madre Natura ne sono
bastati tre, da quello che ho capito, e anche se due su cinque sono
fuori gioco
sempre tre ne rimangono» obiettò Harlequin
«non sono convinto che gettarci
contro di loro così allo sbaraglio sia una buona idea, e
poi, abbiamo almeno
una vaga idea di dove si trovino al momento?»
«se il regno di Madre
Natura è distrutto dubito che saranno
rimasti lì» disse Aiko.
«sì, infatti lo
escluderei a priori anche io» concordò
Nightlight.
«se tre erano lì
dove avete detto, e loro sono in cinque,
che fine avevano fatto le altre due?» rifletté il
cherubino Hebiel «dove può
aver senso che siano andati? Sia loro che l’esercito,
dico».
“quando io sono andato al
Polo Nord era tutto vuoto, yeti a
parte” si fece capire Sandman.
«questo perché
forse avevano pensato di seguire me e Shu Yin
da Jamie» disse Nord «ma se poi Cecilia ha sentito
che Pitch è vivo, e magari ha
capito che andare a Burgess era inutile, può aver detto a
Galaxia, Sandelle -e
probabilmente anche Aster- di tornare a Polo Nord per vedere se lui era
ancora
lì. In Fabbrica, poi, feriti possono essere assistiti bene,
e Ljuba conosce
posto come palmo di sua mano…se io ero a loro posto, come
base sceglievo
Fabbrica!»
«si fa presto, possiamo
mandare qualcosa o qualcuno a vedere
se hai ragione o meno, e poi muoverci di conseguenza» disse
April.
Neanche a farlo apposta, il corvo
sulla spalla di Baba Yaga
gracchiò di nuovo, e molti si voltarono ad osservarla.
«che c’è?!»
«i tuoi corvi sarebbero
l’ideale per fare quel lavoro»
osservò la Befana.
«ma certo,
perché dei corvi al Polo Nord sono assolutamente
normali» Baba Yaga alzò gli occhi al cielo
«è proprio l’unica alternativa che
abbiamo?»
«temo di sì. Le
mie fatine al momento sono inutilizzabili» e
doveva ancora capire cos’avesse detto loro Atticus per farle
lavorare senza
fiatare! «gli elfi sono stati messi al sicuro, e il resto di
noi non ha simili
creature disponibili. Ci saebbero le uova di Aster...ma lui
è con gli altri» disse la fata, con amarezza
«per cui potresti essere così carina da
volerci aiutare con
i tuoi corvi? Per favore?» le chiese, con quanta
più gentilezza
possibile.
«e va bene, va bene. Se
proprio devo farlo, lo faccio» si
arrese la strega.
«non che abbiate molta
scelta, in effetti, perché se anche
Black avesse mantenuto il controllo sugli Incubi non ci sarebbe da
fidarsi, a
mandare quelli» aggiunse il Leprecauno. Detto ciò,
si allontanò a grandi passi,
dirigendosi verso il suddetto Uomo Nero ed Eve.
«…bello che
cotto, lo era già la prima sera, ma capiscimi,
l’ho
tirata lunga per due settimane lasciandolo qui a sbavare sotto il palo
come ti
raccontavo prima, quindi ormai non capiva più niente. Che
poi come storia in
realtà è stata tra le più lunghe che
ho mai avuto, è andata avanti tre anni» disse Eve.
«solo tre anni e me la
chiami “lunga”?!» con una delle sole due donne
che aveva avuto, Pitch si era messo insieme quand’era
un ragazzino, poi si
erano fidanzati ufficialmente, l’aveva sposata e, se lei non
fosse stata uccisa,
le sarebbe rimasto a fianco per tutta la vita; l’altra era
Millaray, con cui
era stato insieme per un secolo. Era chiaro che quindi, per lui, tre
anni
fossero un lasso di tempo irrisorio.
«la più lunga
è durata otto anni. Dodici se contiamo i due
che ci ho messo per avvicinarmi a lei, e altri due per farle capire che
la
bisessualità è normale e non è opera
del dimonioH.
Non che lei creda nel dimonioH…»
«volete un tè?
Un caffè? Dei pasticcini?!» si intromise
bruscamente il Leprecauno «lor signori potrebbero piantarla
con le chiacchiere
da bar e ricordarsi che c’è una guerra in corso?
Per la cronaca, pensiamo che gli
Insorti possano trovarsi al Polo Nord, e due sono fuori gioco, quindi
si è
deciso di mandare in avanscoperta i corvi di Baba Yaga e, poi, una
volta
tornati, attaccarli prima che siano loro a trovare e attaccare
noi!»
«come idea è un
po’mediocre» si lasciò sfuggire Pitch.
«dubito che tu ne abbia di
migliori, e devi solo ringraziare
il cielo che ti permetta di stare qui. Sappi che sei sotto stretta
sorveglianza!» ribatté il folletto.
Questa poi! Il Re degli Incubi
sorvegliato come un galeotto
da un folletto di un metro e cinquanta! «ci mancava solo
questa a completare il
quadretto, proprio! E quali sarebbero gli Insorti fuori g-»
«Sandelle e Atticus. Niente
lagne! E tu, Sam, non so cosa stia
passando per quella tua testa bacata, ma astieniti
dall’infilarti in una delle
tue solite “situazioni strane”. Mi hai
capito?!»
Rieccolo, il sorriso da Stregatto.
«Diarmid, si
chiacchierava. E poi che c’è? L’hai
detto tu che va “sorvegliato”».
Il folletto sollevò
lentamente un sopracciglio. Conosceva Sam
Hain da una vita, erano praticamente coetanei e c’era stato
un tempo lontano in
cui, tra una commissione da ciabattino e un’altra, lui, lei e
Cupid Valentine
se ne andavano in giro tutti e tre insieme, bevendo, facendo puttanate
di ogni
genere ed evitando accuratamente di prendere qualsiasi cosa sul serio.
Il punto
era che i secoli passati e tutto quel che era accaduto nel frattempo
avevano
messo un po’più di sale in zucca a lui e
Valentine, mentre Sam era cambiata
solo nel nome.
Le voleva bene, ma in certi casi la
leggerezza, il
menefreghismo e l’egoismo con cui spesso agiva gli facevano
venire voglia di
spaccarle in testa il bastone da passeggio. «non da una che
dovrebbe essere
sorvegliata a sua volta. Cerca di trovare in te un minimo di buonsenso,
e
comportati come si deve, per una-ag fuck
thú!!!» sbottò.
Vedendolo allontanarsi, Pitch
pensò che per una volta
comprendere il gaelico irlandese non era stato poi così
complicato. Guardò Eve, che stufatasi della predica si era
rimessa gli auricolari.
Non sembrava preoccupata né per la reazione del
Leprecauno ,
né per l’attacco contro
gli Insorti che si prospettava. Dal canto suo, non era affatto felice
all’idea
di andarsi ad infilare nelle fauci del lupo.
Un momento.
Atticus fuori gioco?!
«aspetta un attimo,
folletto!» Pitch affiancò il Leprecauno
senza sforzo, e gli si parò davanti «hai detto che
Toothian e la francesina
sono fuori gioco?»
«le orecchie sono grandi,
ma sei sordo lo stesso. Sì, è quel
che ho detto. Non so chi abbia fatto del male a Sandelle, ma a Toothian
ci ha
pensato quella ragazza col nome cinese, come si chiama…Shu
Yin. L’ha colpito
alle spalle con una freccia, forse l’ha persino ucciso. Non
so perché ma mi
ricorda qualcuno!»
Detto ciò si
allontanò, mentre Pitch rimase fermo impalato
dov’era.
Shu Yin! Se lei fosse stata
lì presente, e lui non l’avesse
odiata tanto per averlo tradito, avvelenato e mandato a morire, avrebbe
mandato
al diavolo il “nuova figlia” e l’avrebbe
sposata seduta stante.
La piccola era stata veloce ad
imparare, persino troppo…e da
quel che aveva capito, al momento avrebbe dovuto essere con Emily Jane.
In teoria.
Se non erano state massacrate da
Millaray, che di sicuro non
doveva essere stata felice. Più o meno quanto lui non era felice all’idea di
potersi trovare attorno una traditrice e
una figlia biologica ingrata, anche se nei meandri della sua coscienza,
per
quest’ultima, c’erano ancora dei sentimenti
contrastanti.
Concluse le sue riflessioni con due
semplici parole:
“si
vedrà”.
Col senno di poi, mi viene da pensare che avrei dovuto concludere la
prima parte con questo capitolo
di chiacchiere (e chiacchiere, e chiacchiere, e chiacchiere), invece
che con l'altro, anche perché sto seriamente pensando ad un
timeskip da fare per dare modo ai feriti di riprendersi un attimino
-tutti, Guardiani malconci inclusi- per poter ricominciare a far danni!
:'D Eve Hallows non è la sola a fare puttanate, a quanto
sembra, perché se avete voglia di fare facepalm ne avete
tutto il diritto. Chiedo venia per siffatta insensatezza.
Ok, ricominciamo: salve e grazie mille a tutti i lettori che hanno
avuto la pazienza di arrivare qui in fondo. Spero che questa seconda
parte venga fuori almeno all'altezza della prima, e spero anche che mi
facciate sapere cosa ne pensate. Chi di voi già mi conosce
sa che sono una personcina carina, gentile e niente affatto pericolosa.
A meno che siate Pitchione, in quel caso sì, sono pericolosa
:'D
Un paio di puntalizzazioni: il fatto che Pitch sappia cos'è
una supercazzola e frequenti siti in italiano (parlo della
faccenda di ehLuca e Cristina666. Cercatelo su Google, vi
aprirà nuovi orizzonti sul disagio!) potrà
suonare strano anche a chi già sa che non è a
digiuno del web, ma diventa meno assurdo se pensiamo che, pur avendo
molteplici entrate a collegarlo praticamente con tutto il mondo, il
regno dell'Uomo Nero -stando alla ROTG wiki ufficiale- è
sotto Venezia. Già, ai vari difetti del nostro bel Paese si
aggiunge anche un Pitchione a rimorchio :'D
Ringrazio vermissen_stern
per i suoi suggerimenti riguardanti Mothman che, per inciso,
è un personaggio che appartiene a lei. L'avevo detto nella
prima parte di questa storia, e lo ripeto qui, che non fa male.
Alla prossima,
_Dracarys_
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Capitolo
2
= svitati
ed infuriati =
«c’è
anche la sala cinema? Seriamente?»
Incuranti di guerre, problemi e
quant’altro, Jack Frost e
Harlequin Saturnali si erano imbucati di nascosto nel corridoio che
portava alla
sala cinema della locanda, con tutta l’intenzione di svagarsi
un
po’. Un comportamento tipico
per Harlequin, che sembrava prendere ben poche cose sul serio, ma che
Jack lo
seguisse faceva letteralmente cadere le braccia.
«oh sì. Con un
sacco di posti e altrettanti film
disponibili, anche in anteprima» disse Harlequin
«ora di apertura: dieci del
mattino. Ora di chiusura: due di notte. Giorno di chiusura:
giovedì».
Frost, incompreso dai suoi colleghi e
soprattutto dalla
propria compagna, aveva deciso semplicemente di evitare potenziali
nuove
discussioni con essi finché ne aveva
l’opportunità. Proprio perché erano in
un
brutto periodo, e gli attimi di pace in futuro minacciavano di essere
ben
pochi, intendeva godersi quelli che restavano con quanta più
leggerezza possibile,
e con i suoi colleghi ciò era impraticabile. Bastava pensare
a come si erano
comportati quattro giorni prima.
Tutti loro, più Nightlight
ed Aiko, erano
stati ricevuti da Manny in infermeria, appena questi era stato in
condizione di
farlo. Lui li aveva ringraziati per il sostegno che gli stavano dando,
e per la
loro lealtà, ed era stato a quel punto che Jack gli aveva
fatto la domanda.
“sentite,
ah…principe, già che siamo qui non è
che potreste
dirmi come mai mi avete lasciato gironzolare sulla Terra per tre secoli
senza
dirmi perché?”
Non gli pareva di aver chiesto
chissà cosa, o detto alcunché
di male, ma i suoi amici e colleghi l’avevano zittito in
primo luogo, e
Dentolina lo aveva rimproverato in seguito.
“Jack,
questo non è il
momento per fare certe domande! Ti pareva il caso? Manny è
ancora molto debole
e fragile, e c’è una guerra in corso, e
poi-”
“Dentolina,
se non
adesso quando avrei dovuto farlo?! Una volta che tutto questo
sarà finito, lui
se ne tornerà sulla Luna, sempre se sarà ancora
vivo e se lo saremo anche noi,
e addio ad ogni possibilità di ricevere uno straccio di
risposta”.
“lo
so, posso capire,
ma non è il momento di pensare a se stessi,
perché-”
“scusa
ma permetti
che, avendone l’opportunità, io voglia che mi dica
finalmente perché? Non mi
pare di aver chiesto chissà cosa, e non vedo il
problema…a meno che,
semplicemente, ‘quello nuovo’ non sia degno di fare
domande!”
L’aveva presa fin troppo
male, lo sapeva.
Aveva esagerato
come era successo quando gli altri avevano parlato di fargli conoscere
anche
Shu Yin, sapeva anche questo.
Ma quella faccenda, alimentata anche
dalla
“lieve” presa in giro da parte di Eve
Hallows il giorno precedente, lo aveva seccato oltremodo, e gli altri non sembravano dare
a ciò
la giusta importanza.
Indi, seppur con sommo dispiacere e
diversi sensi di colpa
-sentendosi anche un po’vigliacco, a dirla tutta,
nell’evitare Dentolina così
invece che cercare di parlarle- si era avvicinato agli altri spiriti,
Saturnali
maschio in particolare. Gli sembrava un tipo troppo giusto, che era un
peccato
non aver conosciuto prima, e voleva cercare di rimediare.
«Harlequin, non so come
dirtelo, ma oggi È giovedì!
Ehm…quelli che sorvegliano
l’ingresso della sala sono tre troll?!»
Proprio: tre grossi troll vestiti
come buttafuori moderni,
muniti di clave un po’meno moderne. Uno dei tre aveva
poggiato la propria sul
pavimento, e se ne stava seduto a terra mezzo addormentato con la
schiena
poggiata contro la parete, ma gli altri due sembravano piuttosto vigili.
L’uomo minimizzò
con un cenno della mano. «nulla di che.
Guarda come si fa».
A quelle parole, la mazza posata a
terra si sollevò da sola,
e colpì il troll sfaticato dritto in testa. Questi si
rizzò immediatamente in
piedi arrabbiatissimo e, convinto che il colpevole di
quell’affronto fosse
stato uno dei suoi due colleghi, assestò un colpo a
entrambi. Tempo due
secondi, e i tre troll iniziarono una rissa tale che, se fosse passato
vicino
loro un elefante dipinto di verde, non si sarebbero neppure accorti.
Cercando di contenere
l’ovvia sghignazzata, i due spiriti
corsero all’interno della sala, chiudendosi la porta alle
spalle. «ok, ormai
non ho più dubbi, la telecinesi è utile. Farebbe
comodo anche a me!» disse
Jack.
«sarebbe più
utile se funzionasse anche sugli esseri viventi, invece che soltanto
sugli oggetti,
e se fosse più forte, ma non mi lamento lo stesso»
Saturnali fece spallucce
«andiamo a scegliere il film, sono centinaia, tutti on
demand!»
«sì,
solo…posso farti una domanda?» gli chiese Jack,
seguendolo lungo la scalinata a lato delle poltroncine.
«spara».
«in questi giorni non ti ho
mai chiesto come e quando sei
diventato uno spirito, e anche tua sorella. Manny ha scelto anche
voi?»
Harlequin rispose con una breve
risata. «eppure c’eri quando
ho detto di essere un patrizio romano. Sono un
po’più vecchio del tuo Uomo
nella Luna. Tu fai conto che nel 42 d.C. avevo venticinque anni
precisi, che
poi come vedi è l’età a cui mi sono
fermato» si passò una mano tra i capelli
ricci e neri, tentando inutilmente di sistemarli un po’
«essere scelto da Manny
non è il solo modo, per chi non è nato tale, di
diventare immortale. Uh, ho
fatto la rima».
«e tu come ci sei
riuscito?» Jack si appollaiò su una poltroncina,
decisamente incuriosito.
«sai fin troppo bene che le
“divinità” greche sono vere, no?
Ebbene, vale la stessa cosa anche per diverse delle leggende che li
riguardano,
in particolare quella delle mele d’oro nel giardino delle
Esperidi, che fanno
diventare immortale chi ne mangia una. Vedi, io ero un esploratore
fatto e
finito, ero bravo, avevo sesterzi a sufficienza da potermelo permettere
e
vivevo solo già da un pezzo. Non andavo molto
d’accordo coi miei familiari».
«ah, mi spiace. Una
cosa…sesterzi?»
«soldi».
«ah».
«dicevo, ho passato in nave
molta della mia vita da mortale,
e in uno di questi viaggi…bam! Ho
trovato il giardino delle Esperidi. Inizialmente non credevo ai miei
occhi, per
ovvie ragioni, ma era tutto vero, e quelle mele d’oro erano
veramente lì! Non è
stato affatto semplice, ma alla fine sono riuscito a rubarne ben due
senza
farmi beccare. Una l’ho conservata, l’altra
l’ho mangiata, e…»
«“e”?»
lo incalzò Jack.
«niente. Inizialmente avevo
pensato che fosse tutta una
fregatura, non era cambiato nulla, o così mi sembrava. Poi
però, tornato nella
mia domus, ho iniziato a vederle.
Tutte quelle piccole e strane creature nel mio giardino. Il primo
pensiero è
stato “bene, Titus Quinctius Saturninus, sei diventato pazzo
sul serio”!
Ovviamente sbagliavo, come ho compreso in seguito».
«come hai capito che non
era così?»
«oh, è stato
proprio un fatto divertente» Harlequin si
guardò le unghie «mio padre si ammalò
gravemente circa un paio d’anni dopo e,
benché non andassimo d’accordissimo,
l’eredità e il titolo di paterfamilias
sarebbero andati a me.
Solo che al mio fratellastro, un figlio bastardo
nato da una concubina, non stava affatto bene.
Così una notte si è
infiltrato in casa mia, mi ha sorpreso nel sonno e mi ha
dato…uhm…una
decina di coltellate al ventre,
più o meno, e mi ha lasciato lì a
languire».
Jack lo sguardò con gli
occhi sbarrati, sia per quel che
aveva detto, sia per la noncuranza con cui l’aveva fatto.
«ma dici sul serio? È
una cosa orribile!»
«sì, abbastanza.
Comunque sia, con mio sommo sconcerto, le
ferite avevano iniziato a guarire fin da subito: nulla di miracoloso,
ma
abbastanza da mantenermi in vita e permettermi, in seguito, di
riprendermi»
disse. Senza una particolare motivazione, si tolse la maschera colorata
che gli
copriva metà volto, e iniziò a giocherellarci.
«venuto a conoscenza della cosa,
il mio fratellastro capì di essere un uomo finito, e per
evitare la pena cercò
di fuggire. Altri al suo posto avrebbero scelto di suicidarsi, sarebbe
stato
più onorevole, ma non lui».
«e quindi è
riuscito a scappare?»
Harlequin sorrise sottilmente.
«ahimè, no. Pare che
l’abbiano trovato morto in una latrina pubblica, con la testa
infilata in una
delle sellae pertusae.
Chissà com'è successo».
«ehm...erano tipo dei
water?» intuì Jack. Iniziò anche a
pensare che Harlequin potesse essere in qualche modo coinvolto
nell'omicidio del suo fratellastro ma, si disse, sicuramente si era
fatto un'idea sbagliata.
«più o meno. Ma
torniamo a noi: ho passato alcuni degli anni
seguenti a stringere amicizia con le creature magiche del mio giardino,
cosa
che mi è riuscita abbastanza bene, e in seguito con altri
esseri fatati ancora, altrove. Mangiare quella mela mi
aveva predisposto
alla magia, e grazie a quelle creature ho imparato qualche trucchetto
come
quello della telecinesi, che hai visto prima, o a rendermi invisibile
agli
umani…o a far volare una nave» aggiunse, con un
sorriso quasi sognante «fu
bellissimo, Jack. Vendetti molto di quel che avevo, ricavai quanto
più oro era
possibile, imbarcai tutto in una nave da carico e, nottetempo, partii!
Provai
una sensazione di libertà semplicemente indescrivibile. Su
quella nave volante
mi sentivo il padrone del mondo. I miei unici limiti ormai consistevano
solo
nei bisogni fisiologici, che purtroppo ho mantenuto, ma non sono mai
stati un
gran problema. Cambiai nome, divenni dapprima
“Saturninus”, poi “Saturnali”,
che era la mia festa preferita. Nel tempo ho continuato a cercare di
ampliare
le mie conoscenze sulla magia…poi ho incontrato April, e ho
finito per darle
l’altra mela. Altra lunga storia. Non ho combinato molto,
devo dirlo».
«ha alcune parti
drammatiche, ma è una bella storia» disse
Jack «la mia è più noiosa. Io e mia
sorella giocavamo su un lago col ghiaccio
troppo sottile, ho salvato lei, e sono annegato io. Manny mi ha
riportato in
vita senza dirmi altro che il mio nuovo nome, e sono andato a zonzo
congelando
cose per tre secoli. Fine».
«su con la vita, tu almeno
avevi consanguinei che valeva la
pena salvare» l’uomo fece nuovamente spallucce, e
da una tasca dei pantaloni
tirò fuori un cellulare, giusto per controllare
l’ora.
«devo procurarmene uno
anche io, prima o poi» disse Frost,
indicando il telefono «io e Nord abbiamo detto ai nostri
amici umani, quei
bambini che ci hanno aiutati ad aprile, che ci saremmo tenuti in
contatto, ma
in questi giorni non l’abbiamo fatto».
«che problema
c’è? Ti do il mio di riserva» dalla
stessa
tasca di prima, Saturnali tirò fuori un altro cellulare, e
lo diede a Jack «i
tuoi amici saranno preoccupati».
«grazie, grazie veramente
tanto!» esclamò il Guardiano.
Mentre toccava lo schermo tentando di raggiungere il proprio profilo
Facebook,
però, notò un particolare che lì per
lì gli era sfuggito. «quindi tu non
ritieni inutile che uno spirito faccia amicizia con degli umani? Alcuni
dei nostri
simili sì, da quel che ho sentito dire qui».
«non potrei mai ritenerlo
inutile, è così che ho conosciuto
April».
Jack avrebbe voluto chiedergli di
raccontare anche quella
storia, ma quel che lesse una volta entrato nella chat avviata con
Jamie tempo
prima lo fece impallidire ulteriormente, e irrigidire.
C’erano diversi nuovi
messaggi da parte del ragazzino, uno più disperato
dell’altro, e Jack avrebbe
tanto voluto non dover credere a una sola parola.
«cos’è
successo?»
Il giovane Guardiano non rispose, e
si fiondò verso
l’entrata della sala. Doveva avvisare gli altri il prima
possibile. Stentava
ancora a credere che i loro avversari potessero essere davvero arrivati
a fare
una cosa del genere, ma non sapeva proprio dire perché.
Perché?!
Una cosa però la sapeva:
molto probabilmente, quella era la
fine del breve periodo di calma vissuto.
*** Polo
Nord, circa
un’ora e mezza prima ***
«che dei corvi ci ronzino
intorno da più di cinque giorni
non è normale, perché i corvi non
vivono al
Polo Nord, e considerando questo, più il contesto in cui ci
troviamo, tantomeno
credo sia casuale. Sono convintissimo che siano le spie di qualcuno dei
nostri
avversari, il che significa che loro sanno dove siamo, ma noi non
sappiamo dove
si nascondono loro. La cosa mi piace più o meno quanto
starmene sdraiato su
questo letto».
Poco importava che la stanza fosse
calda e accogliente, o
che il letto fosse grande e pieno di cuscini morbidi: Atticus Del Sol
non
vedeva l’ora di alzarsi, e studiare qualcosa per porre fine a
quella situazione
stagnante che si era venuta a creare coi loro avversari. Peccato che
Cecilia
non intendesse permettergli di muoversi fino a quando lei stessa e
Galaxia avessero stabilito che si era completamente ripreso da
un colpo che,
andava
detto, non era stato mortale per pura fortuna.
«si è detto de
aspettare fino a domani, per sicurezza, y
tu aspetterai. Claro? Sfrutta al
meglio esto momento de
calma e non metterti a stressarmi
anche tu, por favor».
Se ad Atticus l’idea di
essere spiati non piaceva, a Cecilia
piaceva ancora meno. I grifoni sembravano essere all’altezza
del proprio
compito, ossia distruggere qualunque cosa, persona o animale si
avvicinasse e
non fosse dalla loro parte, ma era una delle poche buone notizie.
Diversi dei loro alleati, stanziati
in ogni locale
disponibile all’interno della Fabbrica -che per fortuna era
un edificio bello
grande- stavano diventando sempre più irrequieti, impazienti
di fare qualcosa
di più che frequentare pagine Facebook altamente trash, e
tenerli a bada lì,
fuori da Conca De El Sol, avrebbe presto iniziato a diventare
complicato;
Sandelle era ancora ben lontana dal riprendersi, e il colpevole di
quella
crudele mutilazione non aveva ancora nome e volto; nome e numero degli
spiriti
“estranei” unitisi a Nightlight era sconosciuto e,
come se il resto non fosse
bastato, c’era anche Calmoniglio coi suoi dubbi e le sue
domande.
Quello però era il
problema minore, perché le due persone
-Galaxia e Sandelle- che avrebbero potuto fargli accidentalmente capire
qualcosa non sapevano nulla, e il Guardiano aveva il suo bel daffare a
cercare
di non irritare circa duecento immortali dai quali aveva ricevuto
un’accoglienza piuttosto freddina.
Avevano
specificato a tutti che il Pooka aveva scelto di stare dalla loro parte
perché
avevano un obiettivo in comune, ossia la morte dell’Uomo
Nero, ma i
“concasoliani” non avevano dimenticato il
-presunto, anzi, inesistente-
tradimento di Jack Frost, che loro sapevano aver approfittato
dell’ingenuità di
Sandelle per arrivare a Conca De El Sol e distruggerla.
Oltre a ciò,
c’era anche un ulteriore motivo per cui Calmoniglio
aveva altro a cui pensare. Inizialmente gli yeti erano in uno stato
confusionale post-possessione, e comunque non ci sarebbe stato nessuno
in grado
di capire quel che dicevano ma, qualche tempo dopo il suo arrivo, a
Ljuba non
c’era voluto molto tempo per ricavare da loro
un’informazione molto
interessante: Sandman aveva soccorso l’Uomo Nero, e lo aveva
portato via con
sé.
Aveva intralciato ulteriormente quella che secondo
Calmoniglio era “la
giusta condanna”, e il Pooka non era stato felice di saperlo.
Per niente.
«è proprio per
questo che dico quel che dico, voglio alzarmi
e aiutarti. Questo momento di stasi è terribilmente
snervante, noi qui, loro
chissà dove!»
«il fatto que
ci
spiino da cinque giorni y non
abbiano
fatto ancora nada può
significare que ora non si sentano
in grado de affrontarci in un
attacco diretto, y esto
es positivo».
«lo so, ma non
può rimanere tutto fermo per sempre. Voglio
Manny e l’Innominato morti il prima possibile. Oh, e
naturalmente dovremo
pensare anche alla nostra cara “sorella”»
aggiunse, con rabbia «l’ho aiutata, le ho dato un
nome, l’abbiamo aiutata
ancora, le avevamo offerto un posto tra noi, e Shu Yin cos’ha
fatto?!»
«va’ tranquillo que quando
arriverà el momento a
lei ci penserò yo. Ora
calmati» gli si sedette accanto
e gli baciò delicatamente la fronte «una cosa per
volta».
«sì. Giusto.
Comunque qui urge che qualcuno si muova, ed è
bene che quel “qualcuno” siamo noi. Meglio giocare
secondo i nostri tempi e le
nostre regole, piuttosto che aspettare ancora un assalto nemico. Quindi
la
domanda è: come staniamo i nostri topolini?»
«c’è
Calmoniglio aqui,
potremmo siempre usarlo como ostaggio» propose Cecilia
«o ci
danno l’Innominato y
Manny, o lui
muore».
«da quando un alfiere vale
quanto il re? Il Guardiano della
Speranza è prezioso, sì, ma insostituibile? Non
credo. I Guardiani magari non
ragionerebbero in modo così cinico, ma dobbiamo ricordarci
che non sono soli, e che tra gli altri con loro ci sono Nightlight e
Manny stesso.
Calmoniglio non potrebbe essere sacrificato senza controversie, ma
credo che i
dissidenti potrebbero essere forzati a farsene una ragione, e poi
desumo che
lui sia considerato una specie di traditore, al momento. No, non
è abbastanza,
serve dell’altro, io…» Atticus si
fermò a metà frase, con l’aria di chi
aveva
appena ricevuto un’illuminazione «forse ho avuto
un’idea».
Prima che Cecilia chiedesse
delucidazioni, però, la porta
della stanza si aprì. «sono stata da
Sandelle» esordì Ljuba «averle
“ricostruito” le mani con
l’oscurità ha migliorato le cose a livello fisico,
ma
a livello mentale…d’yavol,
piange
ogni volta che le guarda, e come darle torto?»
Cecilia sospirò.
«già. Ha detto nada
su chi è stato?»
«njet.
O piange o
sta lì seduta, in silenzio, come sempre. Non ha avuto
reazioni diverse neppure
con Spring, che è con lei adesso, e sai che lei e Samuel si
piacciono. Di che
parlavate, comunque?»
«si parlava de
far
uscire allo scoperto i nostri nemici, in qualche modo».
«fate un mini consiglio di
guerra senza avvisarmi? Vergognatevi!»
li riproverò Ljuba, sedendosi in fondo al letto
«se magari pensavate di
utilizzare Calmoniglio in qualche modo, vi direi di lasciar perdere.
È-»
«prezioso ma non
insostituibile, l’abbiamo già concluso»
la
interruppe Atticus «ed è per questo motivo che
qualcuno di noi deve recarsi a
Burgess il prima possibile».
«Burgess? Pochemu?
Perché?»
Ljuba diede un’occhiata perplessa sia a lui che a Cecilia
«pensavo fosse stato
colpito alla schiena, non in testa. Perché dovremmo andare a
Burgess? Dubito seriamente
che possano essersi nascosti lì, anche perché se
non erro a Burgess abita quel
gruppo di bambini che…»
Ammutolì.
Forse aveva iniziato ad intuire
vagamente quel che aveva in
mente Atticus, ma sperava di sbagliarsi.
«parli veramente de coinvolgere
dei niños en una
guerra?» Cecilia
sollevò un sopracciglio, per nulla convinta
dell’idea.
«njet!
Non se ne
parla proprio, toglitelo dalla testa!» sbottò
Ljuba «c’è un limite a tutto, e
coinvolgere dei bambini va decisamente oltre».
«tu dici? Mi sembra che ad
aprile dell’anno scorso i
Guardiani l’abbiano fatto eccome, quando l'Innominato li ha
attaccati» le ricordò
Atticus «statemi almeno a sentire, prima
di dire no. Poniamo di prendere in ostaggio uno qualsiasi di quel
gruppo di
bambini, farlo sapere ai nostri avversari e proporre lo scambio
“bambino/a per
Manny e l’Innominato”. Se lo facessimo, ogni mossa
che potrebbero mettere in
atto gli altri sarebbe sbagliata: se ci dessero retta e ci
consegnassero i due
che vogliamo, perderebbero la guerra. Anzi, praticamente eviterebbero
di farla
iniziare sul serio. Fin qui mi seguite?»
«da»
disse piano
Ljuba.
«se invece non ci dessero
retta, per loro si metterebbe
comunque male: l’Uomo nella Luna si erge a grande protettore
dei bambini, “ci
sta apposta”, detta in breve, ed è lo stesso
motivo per cui ha "scelto" i
Guardiani. Se Manny si dimostrasse pronto a lasciar morire un bambino
per
salvarsi la
pelle, e i Guardiani lo appoggiassero, o fossero costretti ad
appoggiarlo,
vanificherebbe il solo e unico motivo per cui valga la pena difenderlo,
che poi è la ragione principale del conflitto.
L’idea di un bambino che muore non piace a nessuno, e
“la morte di uno per
salvarne tanti” è un ragionamento che lui e i
Guardiani non possono permettersi
senza passare da viscidi ipocriti, non dopo tutto il buonismo
esasperante
mostrato. Perché tutto l’esercito che hanno
radunato dovrebbe aiutarli, a quel
punto?»
«eto
khorosho, va
bene, loro perderebbero credibilità, ma uccidere un bambino
potrebbe spingere
gli altri a darci addosso lo stesso, perché non saremmo
mostri migliori
dell’Innominato» ribatté Ljuba.
«ma se andrà todo como
dice Atticus non ci sarà bisogno de
uccidere per davvero l’ostaggio: persi credibilità
y alleati que
potrebbero
fare contro de noi? Li sistemeremmo facilmente y,
una volta finito, el niño
tornerebbe a casa illeso».
«“se ci dessero
retta”, “se non ci dessero retta”,
“se
facessero”, “se non
facessero”…se, se, se!
Un conto è procedere con i “se” quando
siamo coinvolti solamente noi, ma
mettere in mezzo un innocente in una faccenda piena di
“se” non mi piace. Avete
tenuto in considerazione l’idea che possano attaccarci per
provare a liberare
il bambino, o non credere che siamo davvero disposti a ucciderlo? E con
Calmoniglio come la mettiamo?»
«provare ad attaccarci
mettendo a rischio la vita
dell’ostaggio? Noi ci siamo presi
l’oscurità, ricordi? Per loro adesso siamo
tutti svitati ed infuriati. Magari potrebbero provare a fare qualcosa
in
sordina, ma ci troverebbero preparati anche in quel caso. Quanto al
resto,
Calmoniglio verrà a saperlo solo a cose fatte, e vedremo di
non farlo
avvicinare al bambino. Nel frattempo gli spiegheremo che è
l’unico modo che ci
è venuto in mente perché l’Innominato
-diremo solo l’Innominato, badate bene:
per quel che ne sa lui, noi siamo convinti che Manny sia morto!- ci
venga
consegnato. Se i suoi colleghi, e Nightlight, sono davvero le persone
che si
vantano di essere, ci daranno chi vogliamo senza se e senza ma, e
l’ostaggio
non avrà problemi. In caso
contrario…beh…questa faccenda chiarirà
ben bene le
idee a Calmoniglio sulle persone con cui e per cui ha lavorato, giusto?
Ovviamente non approverà, ma se provasse a fare qualcosa di
strano potremmo
fermarlo agevolmente».
«esta
faccenda
rovinerà ulteriormente el
rapporto que ha coi suoi colleghi,
i quali se domanderanno como abbia potuto Calmoniglio permettere y approvare una cosa del
genere» aggiunse Cecilia «altro punto a
favore».
Cecilia era sempre più
convinta di quel piano, Ljuba
riusciva a vederlo bene. Lei non lo era altrettanto, continuava a
pensare che
fosse sbagliato, più o meno come l’essersi quasi
trovata a dover uccidere Nord
cinque giorni prima. «volete proprio farlo, eh?»
«ascolta, l’idea
di mettere in mezzo chi non c’entra nulla
non piace neppure a me, e bada che sono sincero» disse
Atticus «ma cos’altro
fare, se no? Se hai delle idee migliori dille, qui siamo
tutt’orecchi».
Tuttavia, per Ljuba, anche quella era
una situazione
analoga: più rifletteva su quale altra strategia poter
adottare, meno idee le
venivano in mente, e iniziava a pensare che quella potesse essere la
sola e
unica via percorribile. Forse Atticus aveva ragione, forse avrebbero
ceduto e
sarebbe finita così, senza bagni di sangue. «non
ne ho. Eto khorosho, allora parto
immediatamente».
«que?!
Tu? Pensavo
de andare yo,
dal momento que tu
non sembravi molto felice» disse Cecilia.
«che ne sia felice o meno
non importa, se una cosa
dev’essere fatta bisogna abbassare la testa e
farla».
«portati dietro Galaxia
però. Dopo quel che è successo a
Sandelle, che giri da sola non mi va» si
raccomandò Atticus «se non foste così
paranoiche sarei venuto con te io stesso…»
«njet!
Tu rimani a
letto fino a domani, dovessimo incatenartici sopra. Ci vediamo
dopo».
Se ne andò e si chiuse la
porta alle spalle, senza aspettare
una risposta dai due. Intendeva sbrigare quella brutta faccenda il
prima
possibile. Lei, Ljuba St.North, rapire bambini! Meglio non stare a
pensarci
troppo.
Allora, dove poteva essere andata a finire Galaxia?...ah,
eccola lì,
bella raggomitolata davanti al camino.
Con
Calmoniglio.
Il fatto che Aster avesse appoggiato
l’idea di uccidere
Pitch, che Calmoniglio fosse spesso senza compagnia alcuna, e
soprattutto quel
che era accaduto a Sandelle -che loro due avevano soccorso assieme-
aveva fatto
sì che si trovassero a stare insieme abbastanza spesso. Da
quel che diceva Galaxia,
comunque, a parte questo non era cambiato nulla tra loro due: sei
giorni nello
stesso edificio non potevano cancellare quattrocento anni di lontananza.
Appena la vide farle un cenno
silenzioso, Galaxia si congedò
dall’ex compagno senza tante spiegazioni, e senza che questi
facesse in tempo a
vedere Ljuba.
Laxie la raggiunse nel corridoio,
guardandola con aria
interrogativa. Avanzarono senza parlare fino a quando non raggiunsero
una porta
che conduceva all’esterno dell’edificio,
sorvegliata da una dozzina di grifoni.
«che succede?»
chiese il coniglio.
«andiamo a
Burgess» fattasi strada tra i grifoni, Ljuba
spalancò la porta, ed entrambe vennero investite da una
folata di vento gelido.
«rapiremo uno di quei bambini amici dei Guardiani».
«che?!!
Stai
scherzando, vero?!» allibì Galaxia «non
puoi parlare seriamente!»
Invece no, era tutto vero, e per
capirlo bastava guardarla
in faccia, ma era semplicemente assurdo. Cosa stava passando per la
testa dei
suoi “fratelli”? Di certo Ljuba non aveva preso da
sola quella decisione, e
dovevano esserci delle motivazioni valide.
«ti spiegherò
mentre voliamo lì. Speriamo di trovarne almeno
uno in tempo decente, l’unica cosa che sappiamo è
che non possono abitare
troppo lontani dalla radura».
Il volo procedette spedito nei limiti
del possibile, e
all’imbrunire le due arrivarono oltre la radura di Burgess,
nel punto dove
iniziavano ad esserci le abitazioni, senza intoppi. Dopo le dovute
spiegazioni,
benché Galaxia non approvasse ancora del tutto, se non altro
aveva iniziato a
capire le ragioni dietro a quell’apparente follia.
«se non fosse che questa
potrebbe rivelarsi un’idea decente, direi che non conviene
lasciare ad Atticus
Bla Bla troppo tempo per pensare».
«da,
su questo
concordo. Il nostro Atticus è sempre stato quello con le
idee pericolose, e non
vorrei che l’oscurità finisse con
l’acuire questo suo aspetto» Ljuba si
sfregò
le mani, con aria pensosa «tu controlla le case della via a
destra, io
quelle della via a
sinistra».
«ok».
Galaxia corse via, a spiare dalle
finestre della prima casa che
si trovò davanti. Ljuba non era la sola a sperare di
concludere in fretta quel
lavoro, e sperava anche che quella mossa portasse a una conclusione
veloce
della guerra.
Non riuscì a evitare di
pensare che Aster non avrebbe affatto
apprezzato quel che volevano fare. Dicendo a Ljuba che tra loro due non
era
cambiato nulla non aveva mentito, ma ciò non toglieva che le
dispiaceva
deluderlo ulteriormente. Lui stava cercando di fare ammenda nei suoi
confronti,
dopotutto…e lei si metteva a rapire bambini!
«…avuto notizie
dai Guardiani?»
“Guardiani?”
Le sue sensibili orecchie avevano
captato qualcosa
d’interessante, specie perché le parole che aveva
sentito sembravano essere
state pronunciate da qualcuno con una voce femminile e molto giovane.
Si mosse
dunque in quella direzione, spostandosi rapidamente da un cespuglio
dall’altro,
da uno steccato all’altro, e così via.
«no. Non mi hanno fatto
sapere niente, e questo mi
preoccupa. Se non pensassi che è inutile, perché
non sono sicuro che Jack abbia
ancora un cellulare, proverei a scrivergli su
Facebook. Abbiamo quel globo di neve, è vero, ma usarlo per
andare da loro senza sapere dove sono e come stanno sarebbe
assurdo».
Erano due ragazzini, un maschio e una
femmina, entrambi coi
capelli scuri. A vederli così, dovevano avere circa undici o
dodici anni.
«lo sai Jamie, mi sembra
ancora strano pensare che Jack sia
su Facebook».
Jamie? Bene, ora Galaxia aveva capito
chi aveva davanti. Il
primo ragazzino che aveva visto Jack, quello di cui Sandelle aveva
soccorso la
sorella minore.
«non dirlo a me.
L’unica cosa buona è che almeno i loro
nemici non si sono fatti vedere».
“e avrei preferito
continuare a non farmi vedere, credimi”
pensò Galaxia, continuando a star loro dietro
silenziosamente.
Chi prendere?
Jamie? La ragazzina?
«già…beh,
se vieni a sapere qualcosa dimmelo subito,
ok? Non mi piace questo silenzio».
«lo farò di
sicuro, tranquilla. Ci vediamo, Pippa».
Sembrava dirigersi verso la porta
della casa davanti a lui.
Ottimo, ora sapeva dove abitava.
“lui o lei?”
Chi avrebbe potuto risultare meno
problematico come
ostaggio? Chi dei due avrebbe fatto meno tentativi di liberarsi?
Una bambina bionda decisamente
piccola uscì dalla casa, e
andò allegramente incontro al ragazzino. «Jamie,
Jamie!»
«Sophie! Non puoi uscire di
casa senza cappotto, se no poi
chi la sente mamma?» la rimproverò lui,
preoccupato anche per se stesso «dai,
rientriamo» borbottò, precedendola di qualche
passo.
Sophie, obbediente, fece per
seguirlo, quando…
«pssst!
Ehi!»
La bambina si voltò a
guardare indietro, un po’perplessa, ma
quando vide chi l’aveva interpellata sgranò i
grandi occhioni verdi in
un’espressione stupefatta: era una grande coniglia dal pelo
bianco e nero, che
le stava facendo cenno di avvicinarsi. Sophie non l’aveva mai
vista prima, ma
sicuramente doveva essere un’amica del Coniglietto di Pasqua,
o la sua
fidanzatina, perché erano della stessa razza.
Trotterellò rapidamente verso di
lei, curiosa di vederla più da vicino.
«ciao».
«ciao, Sophie».
«tu sei la fida…fidanzatina»
sillabò con un po’di fatica «del
Coniglietto di Pasqua?»
«ehm. No. Ma siamo amici. E
anche la Donnina del Sonno è mia
amica, te la ricordi? Quella tutta d’oro».
«sì!»
esclamò la
bambina «bella e buona!
Mi ha
aiutata!»
«anche lei si ricorda di
te. Ti piacerebbe rivederla? Posso
portarti da lei per un pochino, e farti conoscere anche altri
amici» le
propose, sentendosi uno schifo. Quella bambina aveva un fratello e una
madre
che si sarebbero preoccupati e avrebbero sofferto moltissimo per la sua
sparizione, anche se fosse durata solo pochi giorni. Non perse tempo a
chiedersi se la loro causa giustificasse una cosa del genere: la
risposta era
“no”, e lo sapeva benissimo, ma al momento non
poteva lasciare che le importasse.
«sì! Portami
dalla Donnina del Sonno!»
Galaxia la prese in braccio senza
indugiare oltre. Jamie non
aveva torto a dire che avrebbe dovuto indossare un cappotto, ma quello
era
qualcosa cui, grazie ai poteri rubati, sia lei che Ljuba potevano
facilmente ovviare, scaldandola durante il volo.
«Sophie!!!»
Il ragazzino era tornato fuori.
Meglio filare via.
«ci dispiace, credimi, ci
dispiace!» esclamò, prima di dare
le spalle a Jamie e correre via come una forsennata, stringendo
saldamente
Sophie. Doveva trovare Ljuba, dovevano andare via da quel posto.
«Ljuba!»
gridò, correndo verso il punto
dove presumeva fosse la sua amica «ce
l’ho!»
«otlichno!
Ottimo!
Andiamocene!»
Si sollevarono in volo il
più velocemente possibile, Galaxia
per una volta dimentica del suo poco amore per le altezze elevate, col
pensiero
rivolto soltanto alla bambina che stava tra le sue braccia e alle grida
del fratello, che le
sue orecchie -purtroppo- riuscivano a captare in lontananza.
«chi
è?»
«la sorella di Jamie. La
bambina che Sandelle aveva aiutato,
per capirci» specificò «è
venuta con me spontaneamente, non avrà nemmeno cinque
anni, è così ingenua…»
«meglio così. Se
le cose andranno come devono andare le
sembrerà tutto uno strano sogno».
“e se invece dovessero
andare male?” pensò Galaxia.
Ma era una domanda che, almeno per il
momento, non aveva il
coraggio di formulare ad alta voce.
Salve!
Sappiate che il rapimento di Sophie era qualcosa che avevo in mente
all'incirca dal ventesimo capitolo della storia precedente, solo che
non avevo trovato una scusa che fosse più o meno valida.
Adesso invece è venuta fuori, per cui...ecco. Presumo che
ciò farà scemare ulteriormente la vostra stima
(?) verso tutta questa gente :'D
Ad ogni modo, benché fosse
qualcosa di previsto, inizialmente non era mia intenzione metterlo in
questo capitolo. Fate conto che l'avevo strutturato -nonché
iniziato- in tutt'altro modo, e che la parte con Jack e Saturnali,
prima, stava alla fine :'D
spero che il rimescolamento non abbia generato qualcosa di troppo
confusionario (oltre che corto) O_o
Comunque sia, ringrazio Enivelsa, che
ha inserito la storia tra le seguite e le preferite (hai parecchia
fiducia xD), Ialeya, per aver recensito ed inserito la storia tra le
seguite, vermissen_stern e KunoichiBeastKnightress per la recensione, e
_Kuro_Neko_ per averla inserita tra le storie seguite :)
Alla prossima,
_Dracarys_
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo III ***
Capitolo
3
=
die die, die my darling, just shut your pretty eyes =
I corvi erano fuori ormai da cinque giorni. Erano serviti a
qualcosa? No, o almeno non fino a quel momento. A detta di Baba Yaga
non erano
riusciti neppure ad arrivare fuori dalla Fabbrica, perché i
grifoni-Incubo del
fuoco li avevano distrutti prima.
Avevano visto il vecchio quartier
generale di Babbo Natale
solamente da lontano, e tutto il perimetro circostante era invaso da
quei
mostri, tanto a terra quanto in aria. Non c’era dubbio che
gli Insorti avessero
preso possesso della Fabbrica e ne avessero fatto la loro base, ma quel
che
avevano saputo aveva rimesso in discussione la prospettiva
dell’attacco
diretto, facendola diventare meno allettante di quanto già non fosse.
L’ideale sarebbe stato che
i corvi riuscissero a trovare un
ingresso alternativo alla Fabbrica -uno che Ljuba non conoscesse, se
c’era!-
che riuscissero a penetrare in essa per avere un’idea di dove
fosse posizionata
la maggioranza degli spiriti ed ex
“divinità”, e che poi tutti loro
tentassero
un attacco improvviso direttamente agli Insorti.
Da quel che in quei giorni aveva
raccontato Jack su Conca De
El Sol, e sull’atmosfera che vi regnava, i più
esperti di incantesimi si erano
quasi convinti di una cosa: persone come Zeus, le
“divinità” egizie e tutta la
compagnia non potevano pendere di propria volontà dalle
labbra degli Insorti,
non fino a quel punto: c’era sicuramente qualche sortilegio
di mezzo.
Avevano iniziato a pensare che,
sconfitti gli Insorti,
magari tutto il resto del loro esercito avrebbe perso la voglia di
uccidere
l’Uomo nella Luna.
Ecco, se non altro su di lui
c’erano buone notizie: tra il
lavoro di Aiko e quello dei guaritori, ormai Manny era solamente
spossato,
senza più ferite e ossa rotte. Certo, c’era ancora
la paura, ed era un male da
cui era molto più complicato guarire. Il principe Lunanoff
aveva vissuto in
quel satellite per circa millecinquecento anni credendo di essere al
sicuro, e
ora doveva affrontare l’idea di essersi crogiolato un una
beata illusione. Non
sembrava neppure avere tanta voglia di uscire
dall’infermeria, o comunque di
farlo prima di essersi completamente ripreso.
Quello però era abbastanza
comprensibile: il fatto che gli
altri spiriti li stessero aiutando non significava che idolatrassero
Manny,
cosa che ormai era chiara anche a quest’ultimo.
Oltre a tutto ciò,
osservando il letto a due piazze ancora
intatto, Dentolina temeva che a breve avrebbe potuto aggiungersi un
altro
problema. Nell’attesa che arrivassero informazioni concrete
si erano stanziati
tutti quanti lì, nella locanda, ma la Guardiana iniziava a
chiedersi cos’avesse
preso a fare una camera matrimoniale, se Jack non c’era mai.
Ovviamente non era il momento adatto
per occuparsi di
questioni di cuore, lo sapeva benissimo, ma non poteva evitare di
chiedersi
cosa accidenti stesse passando per la testa del suo fidanzato. Quando
si erano
rivisti nel regno di Madre Natura -già, chissà se
lei e Shu Yin stavano bene!-
sembrava tutto a posto, ma le cose avevano iniziato a cambiare
già dall’arrivo
nella locanda, e nei giorni successivi sembravano essersi ulteriormente
raffreddate, specialmente dopo quel che era accaduto in infermeria.
Dentolina era rimasta di sasso. Aveva
creduto che Jack
avesse superato la cosa, ormai, e non si aspettava che andasse a
mettere in
discussione l’operato di Manny proprio in quei frangenti
tanto delicati. Ammetteva che
diverse cose erano assai
contestabili, ma…proprio ora?
Lei l’aveva zittito e poi
rimproverato per questo motivo
-evitando a Manny di dover rispondere- e la reazione non era stata
buona.
Nord e Sandman la pensavano allo
stesso modo, neppure a loro
era piaciuta la replica di Jack -tanto da aver appoggiato Dentolina
durante
quel breve scontro- e temevano anche ciò che temeva lei,
ossia qualcosa di
simile a un altro Calmoniglio. Per ovvi motivi difficilmente Jack si
sarebbe
schierato dalla parte degli Insorti -a meno di perdere il senno
un’altra volta-
ma Dentolina non voleva che il loro gruppo subisse un’altra
frattura.
Non era servito a molto dire a Jack
che sì, certamente era
degno di fare domande, non era da meno di tutti loro, solo che
semplicemente
non era il momento adatto. Cos’aveva risposto lui?
“mi piacerebbe che fosse
così, ma qualche dubbio comincio ad averlo!”, e da
quel momento aveva iniziato
a stare più con gli altri spiriti che con lei e gli altri
Guardiani. Proprio
adesso che Sandman, sconvolto per ciò che era successo a
Sandelle
-quell’Ephemeride era veramente un mostro maligno come
pochi!- avrebbe avuto
più bisogno del sostegno di tutti!
A volte il suo fidanzato si rivelava
un po’più egocentrico
del dovuto, doveva ammetterlo.
Una questione che non sapeva se
definire positiva o
negativa, invece, era rappresentata dal fatto che Pitch, nei cinque
giorni
trascorsi, non si era più visto. Non che in caso contrario
la Guardiana sarebbe
stata lieta di averlo attorno, e per tutti gli altri valeva lo stesso
discorso,
ma il punto era un altro: l’Uomo Nero era con Eve Hallows,
ovviamente assieme
alla suddetta, e quella era tutto tranne una bella accoppiata. Forse la
stava
giudicando male troppo in fretta, Dentolina non aveva
difficoltà ad ammetterlo,
ma quello spirito non aveva esattamente fatto chissà cosa
per farsi prendere in
simpatia.
Qualcuno bussò alla porta.
«avanti!»
Dalla porta fece capolino Nord.
«io salgo sopra per sentire
se Baba Yaga ha qualche novità. Sandy è
già su, credo. Tu vieni?»
«sì, tanto stare
qui è inutile» sospirò la fata, facendo
spallucce. Raggiunto Nord nel corridoio, chiuse accuratamente a chiave
la porta
della stanza.
«Jack si calmerà
presto, vedrai. Non ci lascerà soli in
momento del bisogno».
«pensavamo lo stesso anche
di Calmoniglio, ma abbiamo
bisogno di lui, e lui non c’è. Preferisce stare
con chi ci ha quasi uccisi».
Nord non replicò. Quando
aveva rivisto Ljuba al Polo Nord, e
l’aveva pregata di non mandare avanti quel conflitto, le
aveva anche detto che
l’amava ancora più della sua stessa vita, e non
aveva detto una bugia. Quindi
non era strano che ripensare a come si era dimostrata pronta a
sacrificarlo
scagliandogli contro quei grifoni mostruosi lo facesse soffrire.
“Saresti capace di
uccidermi, Ljuba?”, le aveva chiesto, e
niente da dire, sembrava proprio di sì; invece lui,
nonostante tutto quel che
era accaduto, non era ancora certo che sarebbe riuscito a farle del
male, e non
era esattamente il miglior presupposto per arrivare alla vittoria.
«tu pensi di
riuscire a combattere seriamente contro Atticus,
se…ehm…è vivo?»
«sì, se penso a
tutto quel che mi ha fatto, e poi non è che
abbia scelta. Visto come si sono messe le cose l’ultima
volta, ormai è
diventato un “o noi o loro”» senza
pensarci troppo, afferrò con delicatezza la
mano dell’amico, e la strinse. «lo so, è
difficile».
«non è solo
difficile, è di più. Fino a ultimo io pensavo
che lei si fermava».
Dentolina non fece commenti, neppure
quando entrarono in
ascensore. La maggior parte dell’edificio, incluse le camere
da letto a loro
assegnate, si estendeva al di sotto del piano terra, benché
grazie a svariati
incantesimi si avesse tutt’altra impressione. Ad un livello
superiore rispetto
al piano principale c’erano solamente
l’appartamento del Leprecauno e, da quel
che aveva sentito, la suite dove alloggiava Eve Hallows. Se
quest’ultima non lo
stava stuzzicando di continuo con strani atteggiamenti e provocazioni
varie,
probabilmente Pitch se la stava passando bene, lassù.
Chi di sicuro se la stava passando
discretamente, invece,
era April Saturnali. Harlequin aveva legato con Jack Frost, ma a lei si
era
accostato uno spirito di tutt’altro carattere. «ho
capito che sei un
gentiluomo, e lo apprezzo molto, ma non c’è
bisogno che sia sempre tu ad
offrirmi da bere».
“è il minino,
sono io che ti ho invitata”.
Sandy non aveva dimenticato Sandelle
e le sue povere mani
amputate, tanto che i primi tre giorni aveva passato molto tempo solo
nella
propria stanza o a parlarne con gli altri Guardiani più
vecchi, ma aveva infine
concluso che struggersi e strapparsi i capelli per l’accaduto
non sarebbe
servito né a lui né a lei, e che era costretto a
cercare di accantonare
temporaneamente l’accaduto.
Dunque aveva pensato che valesse la
pena cominciare a
conoscere un po’meglio qualcuno dei suoi alleati, e per
iniziare aveva scelto
April I.
Le si era avvicinato
perché cinque giorni prima aveva
apprezzato la sua discrezione e perché, contrariamente a
come poteva suggerire
il suo nome, gli era sembrata una persona seria e dai modi gentili, e
fino a
quel momento lei non gli aveva dato motivo di pensare di essersi
sbagliato. I
suoi poteri mentali, inoltre, rendevano la comunicazione tra loro molto
semplice.
“ti secca se torniamo al
discorso di prima? Dicevi di essere
indecisa se partecipare o meno alla battaglia”.
«lo ero. Prima
c’era anche l’Uomo Nero versione overpower in
gioco, ma ora che lui non rappresenta una vera minaccia non ho quasi» sottolineò
delicatamente l’ultima
parola «più remore a fare la mia parte nella
contesa».
“non ritengo Pitch un
nemico da poco, ad aprile dell’anno
scorso mi ha persino ucciso, ma penso che ci sia un motivo temi
più lui di un
esercito di circa duecento persone”.
April giocherellò un
po’col bicchiere colmo di Bellini,
osservando un punto indefinito con aria assente. Ovviamente Sandman non
aveva
sbagliato, ed era lieta che Pitch non l’avesse ancora
riconosciuta -complice
anche il fatto che in quei giorni lui ed Eve si fossero rinchiusi nella
suite a
fare chissà cosa, senza mai sortirne- ma se le cose fossero
cambiate, se quella
situazione di stasi si fosse interrotta, quanto avrebbe potuto durare?
Quanto
avrebbe impiegato l’Uomo Nero a fare due più due,
dopo averla guardata meglio e
aver riflettuto sul fatto che viaggiasse con Harlequin?
«c’è».
La ragazza si chiuse nel silenzio per
qualche attimo, e
Sandman, seppur curioso, decise di non incalzarla: sicuramente si
trattava di
ricordi dolorosi, se le serviva tempo era giusto aspettare.
«se io ti racconto di me,
poi tu farai lo stesso?» gli
chiese lei, dopo un po’.
“certo, non
c’è problema. Ma tu parlane solo se te la senti,
non sei obbligata a farlo” la tranquillizzò il
Guardiano.
«me la sento, e voglio.
Pensandoci bene non vedo perché
dovrei tenertelo nascosto. Non sono io ad avere di che rimproverarmi,
ma lui.
All’epoca io ero una bambina» fece un sospiro
nervoso «avevo solo sette anni…ma
non gli è importato».
Non prometteva nulla di buono, ma non
era neppure qualcosa
di cui Sandman potesse stupirsi: secoli e secoli prima, Pitch era ben
peggiore
di quanto fosse al momento.
«un tempo il mio nome era
Anine, e nel 1336 vivevo con mia
madre e mia nonna in un villaggio dell’attuale Danimarca.
Ricordo che fino a
quell’anno sono stata felice. Non avevamo molto, ma eravamo
benvolute da tutti
quanti, tutti ci davano una mano e…e col senno di poi penso
che non fosse
propriamente naturale».
Sandman la guardò con aria
interrogativa, ed April distolse
per un attimo abbassò gli occhi, come vergognandosi di
qualcosa.
«la telepatia non
è arrivata con l’immortalità, ci sono
nata, e l’ho ereditata da mia nonna. Solo che i suoi poteri
non erano limitati
come i miei -penso che oltre a quelli mentali ne avesse anche altri- e
credo
che lei influenzasse tutto il villaggio» disse, e la sua
precedente reazione
ovviamente era dovuta a questo «tre donne che vivono da sole,
di cui due fanno
le erboriste, nel 1336…e non vengono denunciate per
stregoneria? Improbabile,
se pensi a tutto il tempo in cui l’Inquisizione è
stata attiva».
Sandy pensò che non avesse
tutti i torti, ma non “disse”
nulla, attendendo solo che continuasse.
«capendo che ero come lei,
mia nonna iniziò a insegnarmi a
controllare le mie abilità appena raggiunsi
l’età per capire: avevo all’incirca
quattro anni. Mi disse più volte che riponeva grandi
speranze in me, perché
neppure lei aveva dato prova di possedere strane facoltà
prima dell’età dello
sviluppo» sorrise tristemente «mi ha
“fatto scuola” per tre anni, ed è sempre
in questo periodo di tempo che ho conosciuto Harlequin. Si era reso
invisibile,
ma io riuscivo a vederlo lo stesso, con suo stupore. Anche lui era
“particolare” come me, ed io ero felice di averlo
trovato. Non lo temevo, né
ero diffidente nei suoi confronti: sapevo per certo che non aveva
pensieri
“strani”, o li avrei sentiti. Diventammo amici,
come è successo a Jack Frost
con quel gruppo di bambini. Mi trattava come una sorella piccola.
Poi…»
April si interruppe per bere il
Bellini a grandi sorsi.
Sandman notò che le tremava leggermente la mano, e non
poté evitare di
dispiacersi.
«una notte in cui, a causa
del maltempo che mi impediva di
rincasare, sono rimasta a dormire da una famiglia di amici,
è arrivato lui. Pitch
terrorizzò
i miei amici...anch’io
ero spaventata, ma questo non mi ha impedito di commettere gli errori
più
grandi che potessi fare: il primo, entrare nella sua testa. Il secondo:
affrontarlo usando quel che avevo visto. A gran voce dissi che, in
verità, lui
era messo molto peggio di noi e non dovevamo temerlo. Era solo,
consumato da
rabbia e dolore, aveva perso tutti i suoi cari per colpa di altrui
ambizioni, e
un po’per il lento progresso, un po’grazie a voi,
stava perdendo potere sempre
più rapidamente. Mostrai tutto questo ai miei amici, e loro
smisero di averne
paura, tanto che non riusciva neppure a toccarli!»
Sandy annuì.
“è successo anche con i nostri amici a Burgess,
ad aprile”.
«un simile smacco per Pitch
era inaccettabile, idem che
fossi entrata nella sua mente. Mi afferrò la gola -non avere
paura di lui nel
mio caso non serviva- e mi giurò che l’avrei
pagata estremamente cara per
quegli affronti. Poi sparì. Quando riuscii a tornare a casa
raccontai tutto a
mia nonna. Siamo state guardinghe per qualche giorno, ma Pitch non si
è visto,
e da bambina ingenua -e sì, anche arrogante- quale ero,
pensai “can che abbaia
allora non morde” e mi tranquillizzai. Harlequin era di
tutt’altro avviso, ma
io ai tempi pensavo che si preoccupasse
eccessivamente…invece aveva ragione».
Stavolta fu Sandy ad abbassare gli
occhi. Ai tempi avevano
già iniziato a battersi contro Pitch, ma purtroppo non
avevano il dono
dell’ubiquità, come non l’avevano
tuttora. Facevano quel che potevano per
proteggere i bambini, ma erano consapevoli che anche impegnandosi al
massimo
non avrebbero potuto aiutarli tutti.
«se riesco a tollerare la
sua presenza è solo perché adesso
Pitch non è messo troppo bene» aggiunse la
ragazza, e aveva l’aria di voler
continuare a parlarne, ma…
«ah, vorrei
vedere!» Baba Yaga si intromise improvvisamente
nella conversazione, pur avendo sentito soltanto l’ultima
frase, e lasciò
cadere il suo vecchio e gracile corpo su una delle sedie di legno
«privo di
poteri, circondato da persone che ovviamente lo
detestano, e con due
maledizioni addosso! L’unica cosa buona è che
quella selvaggia di Hallows ce
l’abbia tolto di torno. Buona per noi. Per lui non so.
L’ho detto che quella è
selvaggia».
Sandman si lasciò sfuggire
una smorfia seccata. Baba Yaga
non era una persona gradevole, e in quel caso era stata anche priva di
tempismo!
«che vuol dire
“con due maledizioni addosso”?» chiese
April,
perplessa, alla strega.
Baba Yaga sollevò le
sopracciglia, squadrandola a lungo.
«davvero non lo sai? Proprio tu? Lascia che te lo dica,
ragazzina, tu mi perplimi».
Non fecero in tempo ad approfondire
l’argomento, perché Jack
irruppe nella sala come se lo stesse inseguendo il diavolo, e corse
verso
l’unico altro Guardiano presente, ossia Sandy. «hanno preso Sophie!!!»
gridò «gli Insorti hanno preso Sophie, Jamie
me l’ha detto ora, dobbiamo fare qualcosa!»
Sandy lì per lì
non riuscì a connettere, ma le parole di
Harlequin, sopraggiunto con molta più calma di Frost, furono
decisive. «ignoro
perché siano arrivati a coinvolgere una bambina, ma la cosa
non promette niente
di buono».
Il Guardiano impietrì.
Non era possibile, non potevano
essere caduti così in basso.
Cosa c’entrava Sophie Bennett?!
Si alzò, pronto a
raggiungere le stanze dei suoi colleghi
per avvertirli, ma Nord e Dentolina sbucarono fuori
dall’ascensore proprio in
quel momento, con perfetto tempismo.
«ragazzi, capitato
qual-»
«Galaxia
ha rapito la
sorella di Jamie!» urlò Jack, afferrando
Nord per il bavero «non possiamo
lasciargliela, dobbiamo salvarla!»
Tanto Babbo Natale, quanto Dentolina,
reagirono esattamente
come Sandman.
Avevano capito che i loro ex compagni
non scherzavano
affatto, e che non intendevano avere alcuna pietà verso chi
li avesse
intralciati, ma arrivare a coinvolgere un’innocente era
troppo persino per
loro. «p-perché?» balbettò
Dentolina «cosa pensano di ottenere con questo?! E
poi gli Insorti ormai sono persi e c’è da
aspettarsi di tutto, ma come ha
potuto permetterglielo Calmoniglio?!»
aggiunse, concitata «lui è un Guardiano, come ha
potuto appoggiare una cosa del
genere?!»
«hai proprio il cervello di
un uccellino, non c’è che dire»
commentò Baba Yaga «se anche non fosse stato
d’accordo, come pensi che avrebbe
potuto impedirglielo?»
Il soggiorno di Pitch poteva essere
sgradevole per la
considerazione che gli altri avevano di lui, ma nel caso di Baba Yaga
spesso lo
diventava per la considerazione che lei aveva
degli altri: se gli oggetti della sua mal sopportazione fossero stati
solo gli
umani, la si sarebbe potuta definire “misantropa”.
Trovava pace e persino gioia
nella solitudine, e riteneva che frequentare gli altri spiriti fosse
completamente inutile, in quanto, parole sue, “troppo
stupidi”. Ora che l’Uomo
Nero non era più una minaccia sarebbe già tornata
a casa, se non fosse stato
per Liesel -la quale al momento giocava a chemin
de fer in un’altra sala- e la sua mania di
rischiare l’osso del collo.
«avrebbe potuto
provarci!» ribatté la fata.
“non solo ha il cervello di
un uccellino, ma è anche
ostinata” pensò Heike. «chi ti dice che
non l’abbia fatto? Magari è anche morto
male per questa cosa, chi lo sa».
«non fare
l’uccello del malaugurio!» esclamò il
Leprecauno,
avvicinandosi al tavolo «comunque sia, sarebbe bene che
qualcuno vada ad
avvisare la crocerossina di Manny» ossia Nightlight, che
aveva trascorso in
infermeria il novantacinque per cento del suo tempo «che
quelli si sono mossi».
«e io credo che a breve si
faranno vivi per farcene
conoscere i perché e i percome» disse Harlequin.
«dovremmo chiamare a
raccolta anche tutto il resto del
gruppo. Qualcuno di voi sa dov’è Aiko?»
domandò April.
«e dove vuoi che sia Aiko,
sii seria? Da quel che ho visto,
eccettuate rare occasioni, se trovi Nightlight trovi anche
lei!» esclamò il
Leprecauno «mi ci gioco la pipa che prima o poi li beccheremo
a darsi da fare
da qualche parte. Tu» schioccò le dita
all’indirizzo di un cameriere lì vicino,
che aveva sentito tutto «trovameli».
«sissignore».
«nooo, Nightlight
può stare solo con Manny! Sono la mia
OTP!» affermò Harlequin «sembrano
attaccati con la colla…»
«l’Uomo nella
Luna dà l’idea di un bambino grosso e grasso,
quindi
lui, Nightlight e la ragazza possono formare una bella
famigliola» ipotizzò
Baba Yaga.
«smettete!!!»
inveì Nord «bambina
piccola è stata
rapita e voi vi mettete a dire cose stupide?!»
«e tu non eri quella che
doveva sorvegliarli?!» sbottò Jack
all’indirizzo della strega «che facevi mentre
loro-»
«non sto di continuo nelle
teste dei miei uccelli, bimbo»
disse la strega, con fare annoiato «specie perché
quasi subito distruggono
tutti quelli che mando. Riuscire a coglierli sul fatto sarebbe stato
improbabile in ogni caso».
«non sembra che quel che
è accaduto ti importi molto»
osservò Dentolina, decisamente irritata.
«perché infatti
non mi interessa proprio. Proteggere i
bambini non è compito mio».
«ma
vaffanculo!»
esclamò Frost prima di tutti gli altri.
«condivido appieno,
Jack» disse Dentolina «ma ti prego, modera
il linguaggio…»
«non me ne frega nulla del
linguaggio al momento, e quasi
sarebbe da mandare a quel paese anche te!» sbottò
il ragazzo.
«sentimi bene, sapere del
rapimento stressa me quanto te, ma
non credere di potermi maltrattare soltanto perché sei
nervoso!» ribatté la
fata «altrimenti puoi andarci tu di corsa, a quel
paese!»
Dentolina aveva pazienza, ma non ci
stava a farsi
maltrattare in quel modo, specie da qualcuno che l’aveva
evitata per giorni.
Perché, perché doveva
andare tutto
male di nuovo?, pensò, mentre lei e Jack si scambiavano
un’occhiata dura.
La tensione venne spezzata da due
persone ormai date quasi
per disperse che comparvero improvvisamente di fianco a Frost, e non
sembravano
affatto di buonumore.
«…ma certo, tu
vai ad uccidere chiunque ti capiti a tiro e
devo rimetterci anch’io!»
«io
non volevo farlo,
sono stata usata! Non l’ho fatto!»
«sì, come no!
Ammetti di aver preso gusto a farne fuori uno
dietro l’altro, e falla finita!»
Una delle suddette persone era Emily
Jane, arrabbiata e,
come rivelava il suo volto livido, anche spaventata; l’altra
invece era Shu
Yin, e nessuno di coloro che la conoscevano l’aveva mai vista
così
evidentemente terrorizzata e confusa.
Il loro arrivo inaspettato
causò non poco scompiglio tra gli
astanti, che si domandarono con cos’altro avrebbero dovuto
fare i conti, oltre
al rapimento della bambina; nulla nelle frasi delle due era
incoraggiante, e
sembrava ci fosse di mezzo un altro omicidio!
«voi siete vive
allora!» esclamò Nord «perché
non siete
venute qui prima, e cos’è successo? Chi ha ucciso
cosa?!»
Solo allora l’attenzione di
Emily Jane, dapprima totalmente
rivolta a Shu Yin, iniziò a rivolgersi
all’ambiente circostante. Non solo
quest’ultimo le era familiare, ma oltre a quelli dei
Guardiani vide diversi
altri volti a lei noti, e non era del tutto convinta che la cosa le
facesse
piacere.
«salve Emilia, è
un po’che non ci si vede» esordì
Harlequin.
No, d’accordo, non le
faceva piacere proprio per nulla. «sì,
e non penso che ti sia dispiaciuto poi così tanto, per cui
evita i convenevoli
ipocriti».
«visto, April? È
rimasta la solita simpaticona».
«non stuzzicarla, abbiamo
già problemi a sufficienza»
ribatté April, senza dare minimamente spago al
“fratello” «e la ragazza sembra
del tutto sconvolta».
Tanto sconvolta che Jack, a causa
dell’effetto che lei gli
provocava, sulle prime non riuscì a resistere
all’istinto di avvicinarsi a lei
con fare premuroso. «Shu Yin, cos’è
successo?! Tu tremi!»
“ci mancava solo
questo” non poté fare a meno di pensare
Dentolina, con una certa amarezza.
«io non l’ho
fatto» disse ancora la ragazza «non l’ho
uccisa. Diglielo, Jack!» non ci voleva molto a capire che era
piuttosto fuori
di sé, perché non si era mai comportata in quel
modo, né avrebbe cercato il
sostegno di Jack -che comunque non poteva dire proprio niente sulla
questione-
in condizioni normali.
«no, certo che non
l’hai uccisa» ripeté docilmente il
Guardiano, facendole eco «certo che…no, un
momento» si riscosse «ma di chi
parliamo? Shu Yin, per favore, cerca di tornare in te, qui nessuno sta
capendo
niente».
«mi sa che serve un
bicchiere di liquore a tutte e due»
commentò il Leprecauno «a te il Grain Whisky piace
ancora, Emily Jane?»
Dopo un’esitazione
piuttosto lunga, la donna si avvicinò al
bancone. «un bicchiere ben colmo mi servirebbe
proprio».
«non sapevo vi
conosceste» disse Dentolina, sinceramente
stupita.
«non vedo perché
avresti dovuto saperlo» ribatté Madre
Natura.
«severo ma
giusto» disse Baba Yaga.
Allertati dal cameriere, Nightlight e
Aiko raggiunsero
finalmente gli altri. «con quel che hanno fatto, gli Insorti
hanno passato ogni
limite!» affermò il guerriero
«non-»
«taglia corto, Albino
Numero Due» lo interruppe Baba Yaga «mi
sa che abbiamo anche un altro problema».
«può darsi che
sia senza “mi sa”» confermò
Shu Yin, una
volta che le venne consegnato il liquore «io ho paura che
quel che è successo
avrà conseguenze molto gravi, ma ve lo giuro, mi ci sono
trovata coinvolta
senza capire bene né come né
perché» sollevò il viso ad osservare i
Guardiani
«Calmoniglio mi odierà più di quanto
abbia mai odiato qualcuno, quando lo saprà.
Questo è quel che è
successo…»
*** poco
prima ***
Erano cinque lunghissimi giorni che
non si muoveva niente. Cinque!
Quella tensione sembrava
così promettente, e invece no, era
sfociato tutto in una noia mortale. Viaggi in giro per il pianeta a
parte, Tanith
aveva passato quei giorni a fare la spola tra Fabbrica, locanda e
attico di
Larry Hagman, nell’attesa che succedesse qualcosa, ed era
rimasta profondamente
delusa: erano tutti troppo cauti gli uni verso gli altri per fare
qualunque
mossa.
Neppure il fatto che il coniglio
bianco e nero e la donna bionda
fossero partite per rapire una bambina riusciva a divertirla,
perché quella
mossa rischiava di far finire tutto in un nulla di fatto, privandola di
tutto
il dolore che avrebbe potuto ricavarne. Gli Insorti erano stati
intelligenti,
ma in quel caso per lei era
controproducente.
“guarda cosa deve fare una
povera Ephemeride per mangiare un
po’…” o magari anche più di
un po’ perché, Secondo Tanith, i pasti che faceva
erano soddisfacenti solo di rado “quanto mi mancano i bei
vecchi tempi!” pensò,
lasciandosi sfuggire un sospiro “una volta bastava dire la
cosa giusta alla
persona giusta per dare inizio a tutto, ora invece non giova neppure
mutilare
qualcuno!”.
Era un’Ephemeride e dunque,
di natura, una vera e propria
parassita. Alla luce di questo alcuni avrebbero potuto considerarla tra
gli esseri
più infimi della galassia, e se si fosse trattato di altre
Ephemerides forse
non avrebbero neppure avuto torto, ma Tanith era qualcosa di diverso:
le sue
simili si nutrivano del dolore che trovavano, o al massimo lo
alimentavano coi
loro sussurri, ma non giocavano a fare Dio, non si lasciavano ritrarre
dai
mortali, e non li ragguagliavano su alcune delle loro usanze per essere
citate
in qualche libro.
Tanith soffriva di manie di
protagonismo -per i canoni della sua razza-
e le
suddette “manie” erano il motivo per cui in passato
si era degnata di dare
degli “aiutini”
a coloro che riteneva
opportuno, e che secondo lei avevano il giusto atteggiamento.
Peccato che attualmente non ci fosse
nessuno con tali
requisiti, neppure la ragazzina orientale, sebbene avesse fatto la sua
parte.
Ed era proprio Shu Yin che in quel
momento stava
abbandonando la terrazza dov’era posizionato
l’idromassaggio.
Il tempo trascorso non aveva reso
molto più semplice la sua
convivenza con Madre Natura, tanto che l’unico miglioramento
era rappresentato
dal fatto che questa non la insultasse più tutte le volte
che apriva bocca, e
si limitasse a farlo solo nell’ottanta per cento dei casi.
Non aveva fatto passi avanti neppure
con un qualsivoglia
piano per fermare gli Insorti: gliene erano venuti in mente diversi,
come
rapirli uno a uno sfruttando il cristallo e intrappolarli ognuno in un
posto
diverso, ma anche quelli che più si avvicinavano
all’essere plausibili le erano
sembrati fiacchi ad un secondo esame, ed Emily Jane, col suo criticare
tutto
senza proporre nulla, non l’aveva aiutata affatto.
Shu Yin si era fatta l’idea
che la sua compagna di sventura
avesse solo voglia di prendersela con qualcuno per la perdita di padre
e casa,
e lei era la vittima sacrificale. Se non era ancora andata da Jack
Frost e gli
altri Guardiani era stato soltanto perché sapeva che non
sarebbe stata ben
accolta neppure da loro. Quindi preferiva sopportare Emily Jane, che
quantomeno
non avrebbe mai tentato un assalto a sfondo sessuale nei suoi confronti.
«capisco che non voglia
stare nella stessa vasca con me, ma
è assurdo che pretenda che io me ne vada quando è
in costume» mormorò la
ragazza, piuttosto seccata.
Tanith, invisibile, alzò
gli occhi al soffitto e rise
silenziosamente. Non dubitava che a Shu Yin quella pretesa di Madre
Natura
sembrasse frutto di puro e semplice snobismo portato
all’estremo, ma lei era di
tutt’altra opinione.
“ho ancora un
po’di tempo” pensò.
Attraversò la parete e
uscì in terrazza, proprio mentre Emily
Jane lasciava cadere vicino a sé l’asciugamano.
Era l’imbrunire, ma Tanith
riusciva a distinguere
perfettamente le cicatrici di quattro grandi e orribili sfregi sulla
schiena
pallida della donna. Era incredibile che fossero ancora lì,
specie perché Emily
Jane era diventata da moltissimo tempo un’immortale con
relative capacità di
guarigione, ma forse la presenza di quei segni sulla pelle era lo
specchio del suo
stato emotivo. Certe ferite non se ne andavano mai del tutto.
“il titano Typhan che ti ha
accolta non era male, ma lo
stesso non si può dire della moglie, vero?”
pensò la donna serpente, sfiorando
le cicatrici con le dita.
Emily Jane trasalì.
«chi…chi
c’è?! Chi sei?!»
Si guardò attorno, ma non
vide nessuno. La piccola ipocrita
era da escludere a priori, visto che era appena rientrata in casa.
“che sia stato il fantasma
di…no. Che idiozia. Mio padre non
si è curato di me quando era vivo, perché
dovrebbe tornare da fantasma e farlo
da morto?” si disse, e pensò che comunque il
fantasma di Pitch non avrebbe
potuto tornare neppure volendo, non in quel periodo
dell’anno. Nessuno l’aveva
toccata, si era solo fatta influenzare da tutto quel che stava
succedendo e da
un’ingiusta vergogna per quelle cicatrici.
Dopo ciò Tanith la
lasciò entrare nella vasca senza darle
ulteriore fastidio e si allontanò, rientrando
nell’attico. Aveva una missione
da compiere, e una marionetta da
procurarsi.
“io temo proprio che dopo
oggi…” avvolse le proprie spire
attorno all’ignara Shu Yin, e avvicinò un indice
al suo esile collo “la tua
reputazione peggiorerà visibilmente”.
Se le cose non intendevano evolversi
per conto proprio,
allora ci avrebbe pensato lei. Aveva impiegato del tempo per decidere
come
muoversi, ma complice l’ultima idea degli Insorti era
riuscita a trovare,
infine, un’idea soddisfacente.
Dalla seconda falange nacque una
sottile lama d’ossa, con la
quale Tanith sfiorò appena la cordicella cui era appeso il
cristallo.
“credo sia
l’ora”.
Shu Yin si rese a malapena conto che
il ciondolo le era
scivolato via dal collo, perché l’istante
successivo il mondo attorno a lei
perse ogni parvenza di senso. Capì solo di essere stata
presa e sollevata in
aria, e tutto quel che riusciva a distinguere erano insiemi di scie
luminose
inframezzati da momenti di buio quasi completo. Non riuscì
neppure a gridare,
perché qualcosa le aveva tappato la bocca sin da subito, e
le aveva avvolto
braccia, mani, torace e collo in una morsa stretta.
Se il modo in cui Tanith teneva
“prigioniera” Shu Yin fosse
stato visibile, diversi sarebbero rimasti disgustati dallo spettacolo:
l’Ephemeride sembrava quasi essersi
“fusa” con la ragazza tramite le proprie
ossa -braccia con braccia, mani con mani, dita con dita- come fossero
state una
particolare versione di gemelle siamesi.
A un certo punto quel folle viaggio
rallentò di molto, e Shu
Yin si trovò a svolazzare sopra una cittadina che le
sembrava familiare. Cercò
di divincolarsi, tentò di parlare, ma chiunque
l’avesse presa la stava
imprigionando con qualcosa che non le permetteva di riuscirci.
Tutto ciò che si leggeva
al momento negli occhi della
ragazza, di solito così controllata, era terrore allo stato
puro, perché non
riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo. Un conto era avere a
che fare
con nemici che conosceva -o che almeno riusciva a vedere- un altro
essere presa
e portata via da chissà chi e per chissà quale
motivo.
Tentò di congelare
quelle…cose invisibili…che
la stavano trattenendo per poterle spezzare più
facilmente, ma fu inutile, come fu inutile utilizzare
l’oscurità, o qualsiasi
altra cosa.
“chi
sei?! Cosa vuoi?!”
pensò la ragazza.
Venne fatta chinare in avanti,
così che potesse guardare in
basso. Ebbe un sussulto quando riconobbe la via che stava sotto di lei
e al suo
rapitore, e soprattutto quando riconobbe la casa cui si stavano
avvicinando:
era senza alcun dubbio quella di Jamie, il bambino amico di Jack.
Questo la indusse ad agitarsi con
forza ancora maggiore,
perché di sicuro chi l’aveva presa non aveva buone
intenzioni, e Shu Yin iniziò
a temere che potesse fare -o farle fare-
del male a quel bambino, o forse sia a lui che a tutti gli altri. Non
poteva
permettere una cosa del genere, e non solo per la considerazione
già pessima che
gli altri avevano di lei. Aveva fatto delle cose di cui non andava
fiera, che
in certi casi le pesavano sulla coscienza, ma c’era sempre
stato un motivo, o
la necessità. Essere costretta a fare del male a qualcuno
così a caso era molto
diverso, e lo sarebbe stato ancor di più se la sua teoria si
fosse rivelata
esatta.
All’improvviso il volo
subì una brusca virata, e in un
battito di ciglia Shu Yin si trovò nascosta a lato di una
casa.
“…che sia il
fantasma di Atticus, o di Pitch?” pensò
assurdamente, e ciò non fece che aumentare la sua paura. Se
fosse stato davvero
così allora avrebbe dovuto da aspettarsi il peggio del
peggio, soprattutto nel
secondo caso.
«lo sai Jamie, mi sembra
ancora strano pensare che Jack sia
su Facebook».
Shu Yin venne fatta affacciare appena
appena, così che
potesse vedere Jamie e Pippa in arrivo, ma il suo rapitore
lasciò che il suo
sguardo restasse puntato su di loro solo per poco; subito dopo,
infatti, fu
costretta ad osservare un coniglio bianco e nero che si muoveva da un
posto
nascosto all’altro.
“Galaxia?”
pensò
la ragazza “perché è qui?”
«non dirlo a me.
L’unica cosa buona è che almeno i loro
nemici non si sono fatti vedere».
«già…beh,
Jamie, se vieni a sapere qualcosa dimmelo subito,
ok? Non mi piace questo silenzio».
Neppure a Shu Yin piaceva il silenzio
di chi l’aveva portata
lì. Se almeno avesse detto qualcosa, qualunque
cosa!
«lo farò di
sicuro, tranquilla. Ci vediamo, Pippa».
«Jamie,
Jamie!»
La bambina piccola. Si ricordava
anche di lei, benché
l’avesse vista ancor più di sfuggita rispetto ai
ragazzini più grandi.
«Sophie! Non puoi uscire di
casa senza cappotto, se no poi
chi la sente mamma? Dai, rientriamo».
Vide Jamie rientrare, e Sophie
avviarsi dietro a lui, ma…
«pssst!
Ehi!»
Galaxia era uscita dal suo
nascondiglio, e Shu Yin temette
di aver iniziato a capire come mai si trovava a Burgess.
Era quasi convinta che i suoi simili
che non avrebbero mai
coinvolto chi non c’entrava, ma si era sbagliata.
«ciao».
«ciao, Sophie».
«tu sei la fida…fidanzatina…del
Coniglietto di Pasqua?»
«ehm. No. Ma siamo amici. E
anche la Donnina del Sonno è mia
amica, te la ricordi? Quella tutta d’oro».
«sì!
Bella e
buona! Mi ha aiutata!»
«anche lei si ricorda di
te. Ti piacerebbe rivederla?»
Sì, purtroppo ci aveva
visto giusto. Galaxia non sembrava
particolarmente felice di quel che stava facendo, ma Shu Yin
immaginò che
questo non l’avrebbe fermata. Più che altro la
stupì che fosse da sola. Che ci
fossero anche gli altri, un po’più a distanza?
«posso portarti da lei per
un pochino, e farti conoscere
anche altri amici».
«sì! Portami
dalla Donnina del Sonno!»
Vide la bambina lasciarsi prendere
docilmente in braccio da
Galaxia, che se la strinse al petto.
«Sophie!!!»
Jamie era tornato fuori, ma poco
importava, non sarebbe
riuscito a fermarla.
«ci dispiace, credimi, ci
dispiace!» esclamò Galaxia, e poi
corse via.
Era veloce, ma Shu Yin non avrebbe
potuto perderla di vista
neppure volendo, perché il suo rapitore lo era molto, molto
di più.
«Ljuba!
Ce l’ho!»
«otlichno!
Ottimo!
Andiamocene!»
Questo se non altro rispondeva alla
sua domanda precedente,
si disse, vedendole spiccare il volo. Più si andava avanti
meno riusciva a
comprendere. L’aveva portata lì per mostrarle cosa
stavano facendo gli altri
Insorti? A che pro?!
Emise un grido soffocato quando venne
fatta schizzare a sua
volta verso il cielo, di nuovo tanto velocemente da non distinguere
ciò che
aveva attorno: temeva che l’avrebbe scoperto a breve.
Che l’intenzione fosse
quella di mandarla a morire? Se si
trattava davvero del fantasma di uno di quei due, era perfettamente
plausibile.
L’arresto fu, ancora una
volta, improvviso e brusco.
«ma cos-»
«Shu
Yin!...Galaxia,
addormenta la bambina!»
Nonché precisamente
davanti alle due Insorte.
Shu Yin sentì la propria
schiena chinarsi in avanti nel classico
saluto orientale senza che lei riuscisse a opporsi in alcun modo.
Sì, ormai non
aveva più dubbi: era stata mandata a morire.
O forse no, visto il modo in cui il
suo rapitore le fece
evitare i primi colpi di Ljuba.
La ex compagna di Babbo Natale non
aveva detto altro dopo
aver dato quell’ordine a Galaxia, lasciando che le azioni
parlassero al posto
suo. Intendeva ferirla e nient’altro: il resto sarebbe venuto
dopo, una volta
che l’avesse portata al Polo Nord dagli altri ed avessero
deciso di comune
accordo cosa fare di lei. Non aveva una voglia pulsante di ucciderla, e
Atticus
aveva molto più diritto di lei a procedere ad
un’eventuale esecuzione.
“cosa fa qui, proprio oggi
e proprio ora?” pensò la donna. Che
i Guardiani fossero già venuti a sapere di quello che
avevano fatto, e l’avessero
mandata lì apposta?
Per un attimo pensò che
sarebbe riuscita a centrarla con
quell’ultima scarica infuocata, ma non fu così: la
sua avversaria si spostò all’ultimo
secondo, quasi come se avesse voluto prenderla in giro. E dire che la
sua
velocità non era neppure merito del cristallo,
perché non glielo vedeva
brillare al collo!
“non la ricordavo
così svelta”.
Tanto svelta da evitare non solo i
suoi colpi, ma anche
quelli di Galaxia, che al momento sorreggeva l’addormentata
Sophie con un solo
braccio e utilizzava l’altro per tentare di fare qualcosa di
concreto.
«ma perché non
stai ferma?!» gridò.
Tanith, di rimando, fece fare a Shu
Yin una piroetta. Probabilmente
avrebbe potuto farle fare tutto il balletto del Lago dei Cigni senza
che
venisse colpita una sola volta, ma a dirla tutta iniziava
già ad annoiarsi.
“d’accordo, ho
indugiato abbastanza: è tempo di fare quello
per cui sono qui”.
Accostò le dita della
propria mano destra, e di conseguenza
della mano di Shu Yin, l’una all’altra. Le ossa che
le circondavano crebbero e
si fusero tra loro, dando forma ad una sporgenza tanto dura quanto
acuminata,
di un candore perlaceo che sembrava quasi brillare. Tanith scelse di
rendere
quell’arma visibile, oltre che tangibile, e si
deliziò dell’esclamazione
soffocata della sua prigioniera quando portò il suo braccio
in posizione d’attacco.
Quel che accadde dopo fu tanto veloce
che nessuno, anche
intuendolo, sarebbe riuscito a evitarlo.
Un attimo prima Galaxia aveva visto
Shu Yin a diversi metri
di distanza, e quello dopo invece eccola lì, davanti a lei,
a guardarla con…occhi lucidi e
pieni di paura?!
Era strano, ma l’Insorta
non ebbe tempo di arrovellarcisi su.
Le parve d’intravedere un
movimento del braccio destro di
Shu Yin, e sentì qualcosa di liquido e caldo colare lungo il
pelo.
Il dolore arrivò solo
dopo, quando Shu Yin mosse di nuovo il
braccio, stavolta verso il basso.
Galaxia emise un gemito soffocato nel
rendersi finalmente
conto di cos’era accaduto. Strinse la bambina in modo quasi
convulso, e abbassò
lo sguardo su uno squarcio che non lasciava speranze di sopravvivenza.
Cercò di sollevare il
braccio sinistro, così da tentare di
non far fuoriuscire ulteriormente le interiora, ma non ci
riuscì. Alzò gli
occhi, e fu allora che la vide: una
donna serpente che aveva intrappolato Shu Yin -la quale ormai piangeva
senza
ritegno- con delle strane cose bianche.
Galaxia se ne sarebbe andata
definitivamente, ma l’avrebbe
fatto senza portare rancore a Shu Yin per la propria morte, conscia che
non era
lei la vera colpevole. Aprì la bocca per dirle che lo
sapeva, per dire anche a
Ljuba che in quel caso non era Shu Yin il vero nemico, ma
riuscì a far uscire
dalla gola solo un suono strozzato privo di significato.
Shu Yin scomparve dalla sua vista, e
lei iniziò a cadere. Sentì
dapprima il grido di Ljuba in lontananza, come ovattato; poi
percepì che
qualcuno aveva interrotto la sua caduta,
delle parole e delle grida sempre più distanti.
La sua vista sempre più
annebbiata riconobbe il volto di
Ljuba: era lei che l’aveva presa e che la stava toccando.
Negli istanti di vita
che le restavano, il suo ultimo sprazzo di lucidità le
permise di passare alla
sua amica di sempre tutto il potere che aveva. Lei stava per morire, ma
la sua ultima
azione sarebbe stata fare quel che era nelle sue possibilità
per il bene della
sua famiglia, come sempre.
Ormai non vedeva più
nulla, non udiva più nulla, ma un
ultimo pensiero le balenò in mente.
“Aster”.
Sarebbe stato male, in quei giorni si
erano riavvicinati.
Dopo quell’ultima triste
considerazione, Galaxia spirò, e se ne
andò in un
luogo dove nessuna sofferenza terrena avrebbe potuto raggiungerla.
Salve!
Come vedete non sono morta, e sono
intenzionata a continuare
questa storia.
Il mio ritardo di oltre un mese e
mezzo non ha
giustificazioni, se non che ho passato tutto questo tempo a scrivere,
riscrivere, cancellare e modificare questo capitolo, che definire
“un parto” è
poco, e vi dirò di più: sono convinta che senza
l’aiuto di vermissen_stern
sarei ancora in alto mare. L’idea che è riuscita a
“sbloccarmi” sul punto dove mi ero arenata, e a permettermi di scrivere
la seconda parte
del capitolo -che poi è quella che conta davvero!- si deve a
lei, e per questo
va ringraziata…sia da me che da tutti quanti! :D
Ok, diciamo “da tutti
quanti eccetto Galaxia”. Non vi
nascondo che uccidere lei per prima mi è dispiaciuto!
Se mai aveste voglia di farmi
conoscere la vostra opinione
in merito a questo capitolo, all’intera storia, o abbiate una
qualsiasi domanda
da farmi a riguardo, sono e sarò sempre disponibile ad
ascoltarvi :)
Alla prossima,
_Dracarys_
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
Capitolo
IV
= caproni,
Incubi e cuori
infranti =
«…dopo avermi
usata per fare quello che voleva si è
allontanato da loro, e mi ha letteralmente scagliata nel bosco. Poi mi
ha fatto
cadere addosso il cristallo e se n’è andato,
credo. O andata. Non so chi o cosa
fosse perché, come vi dicevo, non l’ho
visto».
Non era stato bello per Shu Yin
essere presa e utilizzata
come una marionetta assassina, e ancor meno raccontarlo a persone che
non
conosceva affatto o non avevano una grande opinione di lei, e che
dunque
probabilmente avrebbero avuto forti dubbi sul fatto che stesse dicendo
la
verità. L’unica cosa positiva era che, adesso che
era seduta e stava bevendo un
bicchiere di whisky, stava cominciando a riacquistare il contegno
perduto.
«e poi?» la
incalzò Nord «cosa è
successo?»
«poi è successo
che è tornata da me» disse seccamente Emily
Jane «ha farfugliato la stessa storiella, cui personalmente
non credo granché,
e infine mi ha trascinata qui. Ho avuto a stento il tempo di
rivestirmi».
“avreste dovuto venire qui
fin da subito” le fece notare
Sandy “ in questi giorni abbiamo temuto che aveste fatto una
brutta fine. Ero
preoccupato per te. Perché non vi siete fatte
vive?”
«perché non
ritenevo fosse il momento» ribatté la donna
«ed
evitate altre domande a riguardo, perché ora abbiamo altri
problemi causati
dalla serial killer in erba».
«Emily Jane, ti ripeto per
l’ennesima volta che non ho
ucciso Galaxia di mia volontà»
riaffermò Shu Yin «ma ormai non
m’interessa più
di tanto se tu non vuoi credermi.
Ti
sembrerà scortese quel che sto per dire, ma
l’opinione che hai su di me, su
chicchessia o su qualunque cosa, adesso non conta
più».
«perché, quando
mai la sua opinione ha contato qualcosa?»
sospirò Harlequin con un sorrisetto.
«Titus,
piantala!» lo rimproverò April.
«tu sei l’ultimo
che dovrebbe parlare, sei un povero
mentecatto che vive in una stupida nave volante!» disse Emily
Jane con fare
altezzoso.
«io un posto dove vivere ce
l’ho ancora, Emilia. Tu non hai
più neppure quello».
Fu solo grazie alla sua
agilità che Harlequin evitò di
prendere in pieno viso una saetta che, invece, andò a
colpire un tavolo ad una
certa distanza.
«l’unica cosa che
devi fare è chiudere quella maledetta
fogna che hai per bocca! Mi hai capita?!»
gridò la donna, infuriata.
«Emily Jane, evita di
danneggiare di nuovo il mio
locale!» inveì il Leprecauno «e tu fai
come ti dice
lei, Saturnali, perché non ha affatto torto! Dobbiamo
cercare di andare tutti
d’accordo, perché potremmo essere vicini a un
punto di svolta e/o a una
catastrofe».
«intanto possiamo stabilire
con certezza se Shu Yin ha detto
o meno la verità» disse Nightlight
«Aiko, cos’hai percepito a riguardo?»
Shu Yin si mise a osservare la
ragazza con le corna e le
orecchie da cervo, quella accanto al ragazzo con la pelle azzurrina che
aveva
appena parlato. A giudicare dalle parole che quest’ultimo le
aveva rivolto, uno
dei suoi poteri doveva essere percepire se si diceva la
verità o meno. Prese
mentalmente appunto: in quel caso l’avrebbe avvantaggiata, ma
in futuro forse
avrebbe dovuto stare attenta.
«è andata
proprio come ha detto» affermò Aiko.
«ah sì? Cosa ne
sai, sei una specie di macchina della verità
ambulante?» sbuffò Emily Jane, squadrando la
ragazza cervo da capo a piedi.
«sì,
semplificando molto potremmo dire così»
s’intromise
April «Emily Jane, per favore, cerca di calmarti un pochino.
Immagino che
questo non sia semplice, soprattutto se c’è gente
che parla a vanvera»
occhieggiò per un attimo il “fratello”
«ma prendersela col mondo intero non
serve affatto».
Inizialmente il tentativo di
rassicurazione di April non
fece altro che far innervosire Madre Natura ancor di più, ma
un ulteriore
sorso di liquore riuscì a farla ragionare almeno in parte:
aveva ragione,
prendersela con chicchessia non serviva proprio a niente, e se Shu Yin
aveva
detto la verità allora c’era veramente di che
preoccuparsi. Perché mai rapirla
e farle uccidere Galaxia? Cosa aveva cercato di
ottenere…beh, chicchessia,
agendo in quel modo? «se state ipotizzando che il colpevole
possa essere un
fantasma sbagliate, già ve lo dico. Possiedono le persone,
ma non le muovono
come marionette lasciandole coscienti».
«…e per i
fantasmi non è il giusto periodo
dell’anno!»
aggiunse la Befana -versione giovane e bella- procedendo verso il
gruppo a
grandi passi «ciao Emily Jane, ormai avevamo iniziato a
pensare che avessi
fatto una brutta fine, fortuna che invece…»
«non ho fatto una brutta
fine, ma se continui a blaterare
potresti farla tu» la avvertì la donna, con un
certo astio «non fare l’amicona
con me, non lo sei e non lo sei mai stata!»
«vedi Heike,
c’è persino gente più scortese di
te» commentò
la strega, rivolgendosi a Baba Yaga.
«è normale che
chiunque abbia la tentazione di mandarti al
diavolo, cara Bertha»
ribatté la
suddetta.
«mi chiamo Liesel!!!
Ficcatelo
in testa una buona volta!...ehm. Cos’è successo?
April, mi puoi aggiornare
rapidamente?...ecco, grazie. Beh, si direbbe che la pace sia finita, e
non solo
per l’aumento di persone che non sanno come rispondere a un
saluto in maniera
civile. Dubito che Calmoniglio prenderà bene la morte della
sua ex
fidanzata…era l’ex fidanzata, no?»
«sì»
confermò Nord.
«però non vedo
come questo potrebbe riguardare noi» disse
ingenuamente Dentolina «al massimo può credere che
sia stata lei ad
ucciderla» indicò Shu Yin con un
cenno del capo «il resto di noi non
c’entra».
«oh, quindi immagino che
dovremmo lavarcene le mani»
polemizzò Jack, avvicinandosi ai suoi colleghi
«difendiamo soltanto chi o
quello che ci fa comodo, dai! Tenere in vita l’Uomo Nero va
bene, proteggere
lei invece no!»
Se parlava così non era a
causa della presenza di Shu Yin:
sin da quando Galaxia gli aveva raccontato la storia della ribellione
sua e
degli altri, Jack aveva avuto di che pensare non solo sugli sbagli di
Manny, ma
anche sui criteri con cui i suoi colleghi sceglievano chi proteggere.
«non mettermi in bocca
parole che non ho detto, non era quel
che volevo proporre!» ribatté Dentolina, irritata
più di prima.
«Jack, ti ringrazio per il
sostegno, ma può darsi che non
sia una buona idea, lascia stare» disse Shu Yin.
«non è per te
che parlo così» chiarì il Guardiano
«quindi
non lascio stare affatto».
«e invece fai proprio
meglio a lasciar perdere, ragazzino,
perché non è il momento giusto per dire a tutti
le tue paturnie» disse
“gentilmente” Madre Natura «…e
comunque per tenere in vita l’Uomo Nero è un
po’tardi» borbottò quasi tra
sé e sé.
«purtroppo ti
sbagli» disse il Leprecauno col solito
“tatto”
«Pitch è in questa locanda, vivo e vegeto, e se la
passa abbastanza bene» ogni
tanto mandava su dei camerieri, per un motivo o per l’altro:
aveva detto ad
Hallows di non fare puttanate, e lei aveva risposto “occhei”, ma conoscendola era
meglio sincerarsi che rigasse dritto
sul serio. Non era stato felice di lasciare che Pitch stesse con lei
nella
suite, ma Eve si era offerta volontaria per ospitarlo, e nessun altro
aveva
dimostrato una gran voglia di farlo al posto suo.
«v-vivo?...»
Madre Natura sgranò gli occhi, attonita. Suo
padre non era morto, era vivo!
Sulle prime non riuscì a
soffocare il minimo di sollievo che
avvertì perché, per quanto rancore potesse
nutrire, quello lì era sempre suo
padre. Quando però si rese conto che le emozioni che provava
stavano diventando
palesi sul suo volto, lasciò che la rabbia che sentiva nei
suoi confronti
soffocasse tutto il resto: non poteva né doveva dimenticare
ciò che le aveva
fatto, sia in passato che di recente. «questo dunque
significa che abbiamo un
problema in più di quanto pensassi»
commentò, poi guardò Shu Yin «immagino
che tu
sia dispiaciuta di aver fatto una vittima in meno».
«perdonami la
maleducazione, ma sono molto più dispiaciuta
di non averti lasciata sola nel tuo regno distrutto a morire per mano
dei miei
simili!» ribatté la ragazza,
“leggermente” esasperata.
Emily Jane era già pronta
a risponderle a tono, ma sentì
qualcosa tirare l’orlo della sua lunga gonna.
«beee-eh».
Precisamente un grosso caprone di
montagna spuntato fuori da
chissà dove, che si stava divertendo a mangiucchiare la
stoffa.
Alcuni pensarono che la capra sarebbe
diventata carne
arrosto, ma Emily Jane si limitò a passarsi una mano sul
volto e sospirare
nervosamente. «ecco, mancava giusto lui»
borbottò.
Il Leprecauno
all’improvviso scavalcò il bancone con un
salto e, senza pensarci due volte, assestò
all’animale un colpo in testa col
bastone da passeggio. «Finnan
Goldhunter!!! Non ti fai sentire da due settimane, e ti metti
a fare il
cretino appena arrivi?!»
Sotto gli occhi increduli di Jack
Frost, che non lo
conosceva affatto, il caprone divenne un ragazzo dai capelli rossi, che
si
lamentava massaggiandosi la testa dolorante.
«ma una volta non si
salutava con un “ciao”,
papà?!» si
lagnò «salve a tutti».
«ciao, Finn» lo
salutò Nord per primo.
“no, aspetta: ha veramente
detto ‘papà’?!”
pensò il
Guardiano, stupito.
Non aveva idea che Diarmid avesse un
figlio, ma se anche
l’avesse saputo si sarebbe immaginato un altro folletto basso
e con le orecchie
a punta, non una specie di atleta dai grandi occhi verde oliva.
Notò che
nessuno dei suoi colleghi sembrava stupito -in quella stanza lo erano
soltanto
lui e Shu Yin, anche se lei non lo dimostrava- quindi dovevano esserne
a
conoscenza.
«lo so che mi sono fatto
sentire poco, papà, ma non è colpa
mia, ho avuto da fare diverse cose. Tra le altre, ho aiutato la zia
Tilde con
l’infestazione di gremlins, poi si è fatto sentire
lo zio Tremoty che ha
chiesto una mano in negozio…»
A sentire quel nome, ogni pelo che il
Leprecauno aveva sul
corpo scattò sull’attenti, perché considerava suo cugino
Rumpelstiltskin Goldhunter -detto
altresì
Tremotino- come la pecora nera
di tutto il clan, sempre pronto a truffare la gente. C’era
solo da sperare che
Finnan si fosse fatto pagare in oro, e non col solito ciarpame: non
voleva
trovarsi di nuovo ad avere a che
fare
con un paio di pantofole maledette che andavano in giro a mordere il
personale.
«spero che tu non sia tornato solo per portare altre grane.
Presentazione
rapida dei pochi che non conosci: Aiko, la figlia dello
Shishigami» lo indicò
col bastone da passeggio «Jack Frost, sai chi
è» disse poi «e Shu Yin…ecco,
e
ti pareva» borbottò.
Appena aveva posato gli occhi su Shu
Yin, Finnan le si era
avvicinato e l’aveva salutata con un baciamano assolutamente
impeccabile. Non
sorrise, ma la guardò dritto negli occhi con una certa
intensità. «sono molto
felice di conoscerti».
«altrettanto»
replicò gentilmente la ragazza.
Le orecchie di Aiko fremettero,
percependo forte e chiaro
che Shu Yin mentiva. Per qualche motivo, il figlio del Leprecauno
-Nightlight e
Manny gliene avevano accennato, in quei giorni- non le aveva fatto una
buona
impressione, ed era inquietante come desse facilmente a vedere tutto il
contrario.
«salve anche a voi
due» disse poi Finnan, rivolto a Jack e
Aiko «avrei voluto conoscervi di
persona
in un momento migliore, ma purtroppo dobbiamo accontentarci».
«quanto sai di tutta
faccenda?» gli chiese Nord.
«tutto. Ero da zio
Valentine fino a poco fa, e lui viene
aggiornato su tutto in tempo reale» disse, indicando alcuni
cherubini con un
cenno del capo «non siamo messi affatto bene, e infatti sono
tornato per
aiutare…ovviamente per quel che posso! Ah, lo zio vi manda a
dire che Atticus è
vivo e vegeto: avrebbe voluto dirvelo prima, ma sapete
com’è Cupido, è
sempre…ehm…molto impegnato»
disse,
poi guardò Shu Yin con un sorriso indecifrabile
«tenendo in considerazione
soltanto gli omicidi, la tua fedina penale è candida come un
giglio».
Shu Yin non rispose, ma quelle parole
non fecero che
aumentare la sua circospezione. Non le era piaciuto il modo in cui quel
perfetto sconosciuto l’aveva salutata -secondo lei
era solo una sceneggiata, fatta
milioni di volte a milioni di donne- e le aveva ricordato un
po’
l’atteggiamento di Atticus, nonché tutto
ciò che era correlato a lui. Nulla di
positivo, insomma, ma che il perfetto sconosciuto avesse dichiarato di
essere
felice di conoscerla pur sapendo benissimo tutto quel che aveva fatto
era
strano. Si sentiva sollevata solo perché non aveva
più Atticus sulla
coscienza, cosa che le aveva tolto un grosso peso: come detto
più volte, quella presa giorni prima non era stata affatto
una decisione facile.
«siamo sempre felici di
ricevere un aiuto in più» disse
Nightlight «per cui ti ringrazio anche a nome del mio
signore, che non se l’è
sentita di abbandonare l’infermeria».
«e
figurati!»
Madre Natura alzò gli occhi al soffitto «eppure
ormai dovrebbe essere più o
meno a posto a livello fisico, sbaglio?»
«è spossato e
psicologicamente molto provato, per cui se non
se la sente di fare qualcosa non la farà. Non
c’è molto di cui discutere, mia
signora» ribatté il guerriero.
«anche rispondere a una
semplice domanda è troppo, per il povero principe
Lunanoff» borbottò Jack.
«Jack, dai, non
ricominciare con questa cosa! Manny ti
risponderà a tempo debito, ora c’è
tanto altro di cui occuparci!» gli ricordò
Babbo Natale «Befana ha ragione, Calmoniglio non
prenderà bene morte
di Galaxia, e non vorrei che
nostri avversari pensano di sfruttare questa cosa in qualche
modo!»
«Galaxia è morta
mentre era a Burgess per rapire una bambina!»
ribatté Dentolina
«non può passare sopra anche a questo!»
“se io fossi al posto suo,
e Sandelle fosse stata al posto
di Galaxia, mi dispiacerebbe sapere perché era andata
lì” si fece capire Sandy
“ma forse ci rifletterei solo dopo averla
vendicata”.
«per quanto ne sanno i
nostri avversari, Shu Yin potrebbe
essere sempre stata qui con noi» aggiunse Harlequin
«se aggiungiamo a questo i
corvi di Baba Yaga, potrebbero pensare che l’abbiamo mandata
lì di proposito
proprio a fare quel che ha fatto».
«sarebbe
assurdo!» esclamò Nightlight «se
avessimo mandato
lì qualcuno sarebbe stato per impedir loro di rapire la
bambina, non per
uccidere Galaxia e poi andare via!»
«hai ragione, ma vaglielo a
spiegare» commentò la Befana
«sentite, ma di questa cosa non dovremmo parlare anche
a…» diede una breve
occhiata a Madre Natura «insomma, ci siamo capiti?»
I Guardiani, Shu Yin, Aiko e
Nightlight notarono le
espressioni di alcuni degli altri spiriti diventare imbarazzate, come
nel caso
di Finnan, divertite come per Harlequin, o semplicemente cupe.
Lì c’era sotto
qualcosa che riguardava Emily Jane, senza dubbio, ma non avevano idea
di cosa
si trattasse.
«oh, basta!»
sbottò il Leprecauno «tanto prima o poi
verrebbe a saperlo, e quella disgraziata di Sam Hain non merita di
essere
protetta. È qui anche lei, Emily Jane, nella sua suite.
Insieme a tuo padre.
Ecco, l’ho detto».
«hai un tatto eccezionale,
papà, complimenti!» esclamò
Finnan, avvicinandosi a Madre Natura, che si
era alzata in volo a qualche centimetro da terra. «Emily,
capisco che sei
arrabbiata, hai dei validissimi motivi per
esserlo…»
Dentolina non capiva
perché, ma Emily Jane era qualcosa peggio che
“arrabbiata”, tanto che la temperatura
della stanza era crollata giù
a picco, una grossa lastra di ghiaccio aveva ricoperto il bancone e dei
piccoli
fiocchi di neve stavano cadendo addosso a tutti quanti. Era strana
anche
la
confidenza con cui Finnan le si rivolgeva, a dirla tutta, ma non era
meno bizzarro del fatto che lei conoscesse Diarmid, i Saturnali e tutta
la
compagnia.
«...ma in fin dei conti
ormai
sono passati quasi tre anni, e
abbiamo molte altre questioni in ballo» le ricordò
Finnan «quindi non sarebbe il caso di
metterci
una pietra sopra?»
«sono passati ventisette
mesi» ribatté Madre Natura, con voce glaciale
«e la pietra in questione finirà sopra
di lei. Togliti di torno».
Non disse un’altra parola,
ma raggiunse la scalinata che
conduceva al piano superiore e la imboccò, con
l’aria di chi era pronto a
commettere un omicidio particolarmente violento.
«io non capisco bene cosa
sta succedendo» ammise Nord,
allibito «qualcuno ci spiega? Cosa ha fatto Hallows a Madre
Natura?»
«è una lunga
storia» disse April «lascia perdere».
«ci mancava solo una Madre
Natura ancor più irritabile del
solito» sospirò Dentolina, mentre gli altri
spiriti iniziavano a parlare e
discutere tra loro. Guardò Jack, che sembrava avere voglia
di parlarle senza
riuscirci, e nonostante il nervosismo decise di fare metaforicamente un
passo
verso di lui. «mi vuoi dire qualcosa?»
«non so come dovrei
sentirmi pensando che Atticus sia vivo»
confessò il ragazzo, sorprendendola un po’
«ha fatto del male a entrambi,
probabilmente cinque giorni fa ci avrebbe uccisi tutti e lo detesto per
quel
che ci ha fatto, ma non mi piaceva pensare che Shu Yin
l’avesse ucciso».
«allora siamo in
due» ammise Dentolina «ma in fin dei conti
desiderare che fosse morto non sarebbe stato degno della carica che
ricopriamo:
siamo Guardiani, non possiamo permetterci certe cose, e poi non portano
a nulla
di buono. Io l’ho desiderato con Millaray, e la sola cosa che
ho ottenuto è
stata farmi svuotare addosso il caricatore di una pistola».
«ci sono diverse cose che
secondo me non vanno sul nostro ruolo e sul
modo in cui dovremmo agire o non agire, ma su questo concordo con
te» disse
Jack.
Finnan intanto si avvicinò
al bancone. «ehi, pa’!»
esclamò
rivolto al Leprecauno, mostrandogli un orologio da taschino
dall’aria antica
«lo zio Tremoty mi ha dato questo!»
Il folletto glielo strappò
letteralmente di mano. «allora
finirà dritto
nella caldaia, o in fondo
a qualche abisso. Immagino sia il tuo pagamento».
Quel ragazzo era un caso disperato.
Aveva sempre cercato di
inculcargli una sana passione per oro e lavoro, ma non ci era riuscito
molto
bene. Se gli si dava da fare qualcosa, lui lo faceva bene e senza
lamentarsi, ma niente di più: preferiva andare in giro a
collezionare oggetti
strani e donne, e non faticava a trovare né gli uni
né le altre. Per quanto
riguardava l’oro, a Finnan interessava solo spenderlo: non
gli mancava mai,
perché gli bastava chiederlo a “zio”
Valentine, il quale volendo era in grado
di far diventare d’oro massiccio qualunque cosa, o a
“zia” Sam, che se lo
procurava vattelapesca come.
«sì,
è proprio quello, ma non importa. Ebbene» si
avvicinò
nuovamente a Shu Yin «cosa ne dici? Questo è senza
dubbio un gruppo composto da
persone piene di attriti l’una con l’altra. I
Guardiani con te e tra di loro,
Pitch con tutti, Nightlight con zia Sam -o Eve, come si chiama ora-,
Emily un
po’con mezzo esercito, i Saturnali tra di loro, Befana e Baba
Yaga un po’lo
stesso…avrebbe fatto la gioia di qualche reality show,
immagino. Sai cos’è un
reality show?»
Nessuno degli attriti da lui citati
era sfuggito a Shu Yin,
che si era messa a studiare il gruppo appena si era calmata un
po’, ma era
curioso che Finnan fosse venuto a parlarne proprio con lei, e non era
sicura di
essere felice di quei tentativi di approccio. Peccato che fosse
costretta a
fare buon viso a cattivo gioco, perché lì dentro
non aveva molti amici.
Ovviamente non poteva più fingersi una povera idiota, ma
poteva tentare altre
strade. «sì, so
cos’è» entrambe le volte in cui era
stata a Santa Monica ne
aveva visti alcuni «può darsi che però
non sia una buona premessa per vincere,
o almeno restare vivi».
Finnan fece una breve e bassa risata.
«se mai andasse male
spero di capitare in una parte di Annwn che conosco. L’Annwn
è dove stanno i
morti, per intenderci» aggiunse a beneficio di Shu Yin
«zia Sam mi ci ha portato
diverse volte».
«sei stato nel mondo dei
morti? Com’è fatto?» Shu Yin doveva
ammettere a malincuore che era un’informazione interessante.
Considerando tutto
quel che era successo, era naturale che ogni tanto si chiedesse cosa ci
fosse
dopo la morte.
«dipende in quale parte
vai».
Shu Yin attese un’ulteriore
delucidazione, ma non arrivò.
«non c’è altro che potresti
dirmi?» gli chiese.
«sì, certo che
c’è» annuì il ragazzo.
Ancora una volta però non
aggiunse altro. Shu Yin dubitava
che si trattasse di timidezza o simili, e iniziò a pensare
che fosse
semplicemente un modo per indurla a parlargli; in virtù di
“buon viso a cattivo
gioco”, decise di fingere di esserci cascata. «e tu
potresti parlarmene, per
favore?»
Finnan divenne pensieroso.
«Annwn è un non-luogo con un
non-tempo» disse qualche istante dopo
«ciò però non significa che non
c’è
nulla, anzi, è il
contrario…c’è proprio di
tutto!»
«tutti i luoghi e tutte le
epoche possibili? Non riesco a
immaginare una cosa del genere» ammise la ragazza
«né a capire come possa
funzionare».
«l’Annwn
è come zia Sam, non è fatto per essere capito. A
proposito, è meglio che vada a verificare che Emily Jane non
abbia ucciso lei
e/o l’Uomo Nero. Ne dubito, ma sai
com’è…»
Non concluse la frase, ma fece mezzo
giro su se stesso e si
trasformò in una piccola rondine, che imboccò
velocemente la scalinata presa da
Madre Natura. Aveva troncato il discorso proprio quando si era fatto
interessante! Che fosse anch’essa una strategia?...
«diabhal,
non so
se essere o meno felice del ritorno di quel benedetto
ragazzo» sospirò il
Leprecauno «non solo per i rischi che correremo, ma
perché serve che le nife
siano pronte a combattere, e guardale un po’…sono
lì a sospirare dietro una rondine».
Shu Yin osservò le
suddette ninfe, e non poté che dargli
ragione. «può darsi che Finnan non fatichi a
piacere alle ragazze».
«anche senza
“può darsi”»
ribatté Diarmid «ascoltami, ci
terrei a dirti un paio di cose. Hai fatto la cosa giusta a cercare di
eliminare
un pericolo pubblico come Black, e credo di parlare a nome di molti dei
presenti. Tatticamente parlando è stato giusto anche colpire
Atticus, secondo
la mia modesta opinione».
«non sono un serial killer
in erba. Non lo sono, anche se
forse pensate il contrario».
«lo pensano meno persone di
quanto tu creda» la contraddisse
«non devi più avere a che fare soltanto con Uomo
Nero e Guardiani. Qui non
devono essere per forza tutti tuoi nemici, a meno che sia tu a indurli ad esserlo».
Della serie “più
chiaro di così si muore”, e Shu Yin doveva
ammettere che non se l’aspettava. Ora tutto stava a vedere se
quanto c’era di
vero in quelle frasi. «anche i miei simili mi avevano offerto
un posto tra
loro, ma-»
«io non ti offro proprio
niente, ragazza! Se desideri un
“posto” dovrai guadagnartelo. Mi hanno
detto che sei abbastanza sveglia, quindi sai che a questo mondo nulla
è gratis,
tantomeno la fiducia. Ho solo detto che non partiamo prevenuti. Ci
siamo
intesi?»
Non “intendere”
era impossibile. «perfettamente, Goldhunter xiansheng».
«per l’amor di
Dio, dammi del “tu” e non farla tanto
lunga!»
«ehi Shu!»
s’intromise Harlequin «vuoi vedere una foto
dell’animale più raro della galassia? Il Pitchione
Infamis! No, è che la qui presente Liesel aveva
trasformato “per errore”
-così asserisce!- l’Uomo
Patetico in un piccione con la testa da Pitch, ovviamente proporzionata
al
corpo» disse tutto d’un fiato
«…se te lo stai chiedendo, sì,
è il mio “ciao”».
«è
un saluto
piuttosto interessante» osservò la ragazza.
«e
così sei
la nuova amica adorata di Emilia, eh?» Saturnali
ridacchiò «non farci caso,
detesta tutti da sempre. Spero solo che non carbonizzi Hallows
più del dovuto!»
:: poco
prima, al piano superiore ::
Era
circondato da una nera
massa brulicante di mostri dalle fauci
ghignanti, che lo guardavano famelici coi loro occhi gialli mentre si
avvicinavano sempre più, ansiosi di divorare sia la sua
anima sia, forse, le
sue carni rosate. Non vedeva altro ovunque si voltasse, e fu per quel
motivo
che decise di chiudere gli occhi e accettare il proprio destino. In fin
dei
conti se l’era cercata, era stato lui ad aprire la porta ed
entrare lì dentro,
e forse la cosa migliore era proprio farla finita una volta per
tutte…
“auguro
a quest’uomo di vivere in
eterno, fin quando diventerà l’ombra di se stesso
e anche oltre”.
Sentì quel
sussurro antico, riaprì di botto gli occhi e
indietreggiò di
fronte alla sagoma filiforme di una donna dai capelli scuri e gli occhi
blu,
che lo guardava con aria impassibile.
“pensavi davvero
di cavartela con così poco? Povero stupido. Non hai ancora
finito di pagare”.
Pitch la conosceva. Era Spear, la
sorella di sua moglie, un fantasma di un’era
conclusa ormai da millecinquecento anni. “vai via, dannata
strega! Mi hai
sempre detestato, ma ora tu sei carne morta da un pezzo, mentre io sono
ancora
vivo!” ringhiò , protendendo un braccio
-ora
grigio chiaro- in avanti per
colpirla. Non accadde nulla. Non aveva più
l’oscurità, giusto: era riuscito a
perdere anche quella.
“hai rovinato la
vita della mamma, e anche la mia!”
Si voltò
rapidamente a destra, e vide una Emily Jane bambina che lo
guardava con lo stesso disprezzo della sua versione adulta. Fu una
visione
sconvolgente, tanto che le si avvicinò tremando leggermente.
“non dire così,
non è stata colpa mia, io non avrei mai voluto-”
“seguro…non
è mai colpa tua…vero?!”
anche Millaray, quella di
quattro secoli prima, si fece avanti, tumefatta e vacillante
“guarda lo que mi hai
fatto! Yo mi fidavo di te, y tu mi hai distrutta Pitch! DISTRUTTA!!!”
“no…”
Black chiuse di nuovo gli occhi e indietreggiò ancora,
tappandosi
anche le orecchie con le mani: non voleva vedere più nulla,
non voleva sentire
più nulla. “no, basta,
andate via!
Lasciatemi in pace!!!”
Sbatté contro
qualcosa, il che lo portò a voltarsi e riaprire le palpebre.
Erano Pooka, anzi, cadaveri
di Pooka che si ostinavano a stare in piedi e
muoversi verso di lui, perdendo brandelli di carne in necrosi o interi
arti.
Quelli che ancora avevano gli occhi lo guardavano con odio, o
piangevano
esternando il loro profondissimo dolore.
“tu ci hai
uccisi…ci hai uccisi tutti…”
“cosa ti avevamo
fatto?”
“perché?
Che colpa avevamo noi?”
“statemi
lontani, conigli troppo
cresciuti!” urlò l’Uomo Nero.
I Pooka scomparvero, ma il
sollievo non durò. Al loro posto comparvero dei
bambini, tanti, tanti bambini. Un
esercito infinito di creature esili con grandi occhi spiritati, tutte
piangenti
o arrabbiate.
“tu eri tra le
persone che avrebbero dovuto proteggerci, perché ci hai
fatto del male?”
“perché?”
“perché?...”
“perché?...”
Ad ogni ripetizione
quell’esercito di bambini si deformava, la pelle e i
muscoli liquefatti scivolavano via dai loro piccoli corpi, lasciando
solo ossa
nerastre che si contrassero e si dissolsero fino a diventare delle
piccole
ombre con dita lunghe e affilate: Fearlings veri e propri.
“vi ha fatto del
male perché lui sa fare solo questo. Ti ho creduto un
supereroe per anni!” fu nuovamente Emily Jane a farsi avanti,
stavolta adulta
“dov’eri mentre casa nostra veniva attaccata?!
Dov’eri mentre mamma moriva, dove?!
Tu dovevi proteggerci!!!”
“mi
hanno ingannato!” gridò,
mentre la sua pelle tornava ad essere di nuovo rosa, e lui ad essere
l’uomo di
un tempo. “mi hanno fatto allontanare apposta, è
stato proprio per proteggervi
che sono andato lì, era tutto un complotto!”
“…e
dopo mi hai abbandonata!”
“io
pensavo che fossi morta!!!”
urlò lui.
“io gli avevo
detto più volte che sarebbe stato la rovina tua e di tua
madre, ma non mi ha voluta ascoltare. Vieni con me, Emily
Jane” la invitò
Spear, tendendole una mano “andiamocene via
insieme, dimenticati di lui”.
“forse hai
ragione, zia, devo venire con te e lasciarlo perdere”
concordò
Emily Jane, allungando una mano in direzione di Spear «non ha
mai fatto niente
di buono per me, non comincerà ora”.
“non
farlo! Emily Jane, sei
tutto quel che mi è rimasto, non lasciarmi anche tu. Io sono
ancora qui!” corse
verso di lei, si inginocchiò e prese le mani della figlia
tra le sue “sono
ancora qui, mi vedi?!”
“lasciami!
Hai cercato di
sostituirmi, mi hai attaccata, mi hai preso i poteri…a me!” esclamò lei,
liberando le mani dalla sua presa “io
sono tua figlia, e mi hai fatto
questo!”
“non sono stato io
a farlo, è stato…n-no!...”
ammutolì, notando che le proprie mani erano tornate ad
essere nuovamente di
quel colore grigio insano.
“siempre
a negare, mi
raccomando. Capisci porque non ho
voluto più saperne di te y porque voglio
farti fuori?” tornò a
farsi sentire Millaray…anzi, Cecilia Del Sol: non era
più malridotta, ma sana e
forte come l’aveva vista l’ultima volta.
“Millaray, io ti
amavo davvero, non avrei mai voluto che finisse
così!”
esclamò Pitch, senza rialzarsi da terra.
“era un amore
imposto, y malato como
da millecinquecento años
lo sei tu. Capisci porque ho
sposato un altro uomo?”
Si sentirono dei passi in
lontananza, scanditi dal clangore metallico che
avrebbe potuto fare qualcuno con indosso un’armatura.
“è
senza dubbio peggiorato, ma credimi, non aveva grandi attrattive
neppure prima. Senza offesa, Kozmotis. Koz.
Pitchiner. Lord Pitch. Aiutami: come ti chiami ora?”
Sentendo quella voce, Pitch
cercò di rialzarsi più rapidamente possibile,
e ringhiò esattamente come una belva feroce
all’indirizzo della nuova arrivata.
“se non altro mi sono tolto la soddisfazione di uccidere la
tua schifosa
famiglia e tutti quelli che vi hanno dato una mano a
rovinarmi!”
Alta almeno un metro e
novanta, lunghi capelli nero/blu raccolti in una
coda e vestita con l’armatura da Alto Generale delle
Galassie: anche
l’arciduchessa Nahema Aldebaran era proprio come
l’aveva vista l’ultima volta.
“ti avremmo
lasciato tutti in pace, se invece del generale avessi scelto
di fare il cameriere”.
“vai
al diavolo!!! Hai distrutto
la mia vita e quella di un’infinità di persone
soltanto perché volevi il regno!
Tu e i tuoi alleati eravate la vergogna della Golden Age, mi hai
sentito?!”
“non ho ucciso io
tutte quelle persone, Pitch, sei stato tu ”
replicò Nahema, con
grande
calma “e quanto al resto…‘La Golden Age,
dove ogni sogno diventava possibile e
le nobili famiglie delle Costellazioni erano tutte buone e
carine’! È così che
siamo passati alla storia”.
“una
storia incompleta!” urlò
lui.
Nahema sorrise.
“forse. Ma lo sai soltanto tu”.
Pitch le si
avventò contro gridando di rabbia, ma Nahema scomparve.
“tanto sei morta da un pezzo,
bastarda!”
“come me, del
resto”.
All’inizio Pitch
si irrigidì, sgranando gli occhi. Naturalmente aveva
riconosciuto la voce di sua moglie, e avrebbe tanto voluto voltarsi, ma
non ne fu in
grado:
iniziare a piangere fu tutto ciò che riuscì a
fare.
“Kozmotis, non mi
guardi? Capisco che adesso c’è un’altra
al posto mio, ma
non mi concedi nemmeno questo?”
“non
c’è un’altra, Aleha”
mormorò lui “sei l’unica e lo sarai
sempre,
anche dopo tutti questi secoli”.
“hai detto di
amare la donna che prima era qui”.
“non quanto
te” affermò Pitch, dopo un breve momento di
silenzio “mai
quanto te”.
“allora
perché non ti volti e mi abbracci?”
Non resistette oltre: voleva
rivederla, voleva perdersi di nuovo in quei
bellissimi occhi blu e stringerla tra le braccia, quindi le
obbedì .
Nell’istante in
cui lo fece, una lama dura e fredda si conficcò dritta nel
suo ventre.
“non crederai
davvero che qualcuno possa volerti bene così come sei, Black
xiansheng”.
Era Shu Yin che lo aveva
infilzato con una lunga lancia, ma Aleha era
vicina a lei, e non stava facendo proprio nulla per fermarla.
“uccidilo, Shu
Yin. È il minimo, dopo quel che ha fatto!”
esclamò Aleha,
iniziando a decomporsi rapidamente. I suoi lunghi capelli neri e ramati
caddero
a terra ciocca dopo ciocca, e la sua mandibola si staccò per
metà,
ballonzolando in maniera oscena ogni volta che veniva mossa.
“n-no…no!
Aleha, fermala, ti prego!”
“ammazzalo!
AMMAZZALO!!!”
«Pitch!»
«no…»
«dàichealachd,
svegliati!»
«NO!!!...»
Aprì gli occhi di colpo, e
per un attimo non riuscì a capire
dove si trovava, ancora troppo confuso e spaventato
dall’incubo appena avuto.
Solo in seguito, mentre inalava
disperatamente aria con
respiri corti e affannosi, si rese conto che non era più in
quel posto buio e
pieno di demoni, sua moglie e Shu Yin non c’erano, e
tantomeno aveva una lancia
conficcata nel ventre. Era nella suite di Eve Hallows, precisamente in
una
delle vasche idromassaggio, e stava guardando le repliche di
“Dallas” in tv.
Doveva essersi addormentato, e poi…
«non pensavo che
l’Uomo Nero potesse avere incubi».
Se Hallows era preoccupata per lui,
lo stava nascondendo
molto bene. Sembrava soltanto incuriosita, ma neppure troppo.
«n-non era un incubo. Non
era niente» dichiarò Pitch,
stringendo i pugni nel tentativo di nascondere il tremore
«sto bene».
Eve non replicò, ma prese
una bottiglia di whisky lì vicina
e versò un po’di liquore in un bicchiere, che gli
porse senza tante cerimonie.
«occhei, però
bevi. Vibri peggio del
giochetto che ho nel cassetto del comodino».
L’Uomo Nero le diede
un’occhiataccia ed esitò un po’, ma poi
afferrò il bicchiere e bevve il contenuto tutto
d’un fiato, ripromettendosi di
non addormentarsi fino a quando non avesse recuperato i propri poteri.
Da quando era successo quel disastro
al Polo Nord, gli erano
tornati in mente dettagli della sua vita precedente che non aveva
ricordato
fino a quel momento. Erano seicentosettantanove anni precisi che
ricordava
circa il novanta per cento della sua vita come Kozmotis Pitchiner, ma
in quei
cinque giorni era passato almeno al novantotto per cento, e
probabilmente le
cose erano destinate a progredire ancora.
Purtroppo.
«cosa c’era nel
tuo non-incubo?» gli chiese Eve, seduta sul
bordo della vasca.
«persone vive. Persone
morte. Nulla che ti riguardi,
comunque» borbottò.
«puoi stare tranquillo sul
fatto che i vivi difficilmente
verranno a romperti le scatole qui, e i morti men che meno. In questo
periodo
dell’anno stanno tutti dove devono stare, te
l’assicuro».
Già, chi poteva saperlo
meglio di lei?
Non conoscendola affatto, Pitch aveva
creduto che quello
spirito di Halloween lavorasse soltanto la notte del trentuno ottobre,
e che il
suo compito consistesse nel portare ai bambini delle zucche intagliate
e dolci
che, per la “gioia” di Dentolina, facessero cariare
loro i denti: amenità,
sciocchezzuole di nessunissima importanza, insomma. Invece no. Doveva
ammettere
che rispedire nel Mondo degli Spiriti -Annwn, lo chiamava Eve- fantasmi
che a
volte tentavano di prendere possesso dei più potenti uomini
al mondo, di solito
solo per scatenare guerre apocalittiche con stragi e disastri
altrettanto
pesanti, era tutt’altra cosa; inoltre, farlo da soli e muniti
soltanto di una
claymore -l’unica cosa che funzionasse sugli ectoplasmi- non
facilitava il
compito. Erano missioni che iniziavano il trentuno ottobre e potevano
durare
pochi giorni, se andava bene, o fin oltre metà novembre se
gli evasi erano
particolarmente “abili e bastardi” -parole sue.
«sembravano tutti molto
reali, alcuni più di altri. Sei
sicura al cento per cento di non essertene lasciata sfuggire
qualcuno?»
«certo, Pitchione, so fare
il mio lavoro».
«quante volte devo dirti di
non chiamarmi così?! Giuro che
se tirerai fuori nuovamente quel soprannome ti annegherò in
questa stessa
vasca, e bada che non sto scherzando!»
«al momento la vedo
difficile, sei troppo spompato. Ti servirebbe
un’iniezione di paura, magari non la
tua…»
«non sono spaventato,
mettitelo bene in testa!» sbottò
Pitch.
«fai bene a non esserlo,
finché sei qui sei al sicuro».
Sì, nessuno era venuto a
seccarlo da quando era lì, e Eve se
n’era stata molto per i fatti propri, tanto che a volte era
stato lui a
cercarla per un po’di compagnia, ma insieme a lei
l’Uomo Nero non si sentiva
poi così tanto “al sicuro”. Non si era
mai mostrata guardinga nei suoi
confronti ma, allo stesso tempo, sembrava protetta emotivamente e
psicologicamente da un muro invalicabile. Avevano chiacchierato, a
volte anche
a lungo, ed era stato edotto approfonditamente sull’argomento
“tutto ciò che
riguarda Nightlight prima, durante e dopo il sesso” -cosa di
cui avrebbe fatto
volentieri a meno!- oltre ad aver saputo qualcosa del lavoro che Eve
faceva, ma
niente di più.
Hallows sembrava non tenere a nulla,
non aver paura di
nulla, e neppure desiderare alcunché: non riusciva a vedere
debolezze in lei,
se non sul piano puramente fisico, e non era l’ideale per
qualcuno che aveva
imparato a lavorare molto di strategie e giochetti mentali.
La domanda da un milione di dollari
però era un’altra:
perché lo stava aiutando -a modo suo- e lo voleva vivo?
Ovviamente era meglio
così, ma detestava quell’incertezza, e ancor di
più che ogni suo tentativo
d’indagare fosse caduto miseramente nel vuoto,
perché Eve non diceva niente che
non volesse dire.
«tu dici che sono al
sicuro, ma io mi domando quanto
durerà».
«pensi che io abbia un
secondo fine?»
«certo che sì,
nessuno sano di mente aiuterebbe un “nemico
pubblico” se non volesse ottenere qualcosa di
preciso!» ribatté l’Uomo Nero
«se
no guardami in faccia e dimmi che sbaglio a pensare che ci sia sotto
qualcosa!»
Si guardarono in silenzio per quasi
un minuto, ma Pitch ebbe
l’impressione di essere il solo dei due a sentirsi agitato.
«non hai tutti i torti, in
effetti qualcosa sotto c’è»
ammise infine Eve.
«ossia?! Parla!»
le intimò l’uomo, proteso verso di lei.
«c’è
il pavimento, il piano terra dove c’è
l’ingresso, le
sale dove si gioca d’azzardo, la sala cinema, i piani con le
camere da letto…»
«mi
prendi per scemo o
cosa?!» sbraitò Pitch, quando lei
scoppiò a ridere «la mia era una domanda
seria! Insisti nel fare la gnorri, ma quelle risposte mi spettano di
diritto»
affermò «fino a cinque giorni fa non ci
conoscevamo, non abbiamo alcun
legame se non l’esserci incontrati in questa locanda
quattrocento anni fa
mentre io ero ubriaco fradicio! Perché ti sei infilata in
questa guerra, e
perché stai aiutando proprio me? Cosa cerchi di
ottenere?!»
Eve inclinò leggermente la
testa, facendo scorrere lo
sguardo dal suo volto al petto nudo, e ancora più
giù.
«Diarmid mi ha detto di
“non fare puttanate”» disse a un
certo punto «come tentare di portarti a letto, per capirci.
Ma perché non
dovrei farlo?»
Pitch le diede un’occhiata
scettica. «potrei quasi sentirmi
lusingato, se non sapessi per certo che mi stai prendendo in giro, e
fai meglio
a smetterla, perché non sono affatto
dell’umore» la avvisò Pitch.
Eve non aveva sbagliato
all’inizio, quando aveva detto “non
pensavo che l’Uomo Nero potesse avere incubi”. Nei
momenti di grande stanchezza
-o in certi casi semplicemente per scandire le sue giornate- capitava
che
dormisse, ma si trattava di un sonno senza sogni o incubi di sorta:
solo nera
tranquillità. In millecinquecento anni non aveva mai
sognato, e non era mai
riuscito a ricordare sua moglie Aleha in ogni dettaglio. Ora invece non
solo la
ricordava alla perfezione, ma l’eco delle parole che le aveva
rivolto durante
l’incubo continuava a perseguitarlo, “non quanto
te, mai quanto te”…
Amava una donna che era morta da
tempo immemorabile, e
un’altra che lo odiava al punto da volerlo uccidere. Fantastico.
«so di non essere il tipo
di donna cui sei abituato, ma ci
potremmo divertire. L’astinenza prolungata fa miracoli,
dicono, e mi sa che tu
da diversi secoli non-»
«cosa
ne sai della mia
vita privata?! E comunque si parlava
d’altro!»
«una motivazione veritiera
te l’ho data, se poi non mi credi
sono fatti tuoi. Sono stata a letto con gente molto più
strana di te» fece
spallucce «in certi casi non sapevo neppure dove mettere le
mani».
Pitch la guardò con
entrambe le sopracciglia invisibili
sollevate e una smorfia un po’attonita sul volto spigoloso.
«vuoi che ti faccia
i complimenti per questo? Che ti applauda?»
«con questi begli occhioni
cangianti puoi dirmi e farmi
tutto quello che vuoi!» esclamò lei.
«ah, ma
piantala!…aspetta, cosa stai facendo?!»
esclamò,
quando la vide slacciarsi la salopette.
«ti faccio compagnia.
Qualcosa in contrario?...nah, non
rispondere, tanto non mi interessa».
L’Uomo Nero aprì
la bocca per protestare ma, quando la
salopette scivolò via dal corpo di Eve, la sua attenzione
venne deviata su altro per forza
di cose. Era un
po’troppo magra per i suoi gusti -e quando sorrideva a volte
era quasi
inquietante- ma non c’era da stupirsi se come spogliarellista
aveva avuto
abbastanza successo.
Si costrinse a smettere di fissarla,
e puntò gli occhi sulla
tv. La sentì entrare in acqua ma, contrariamente alle sue
previsioni, nei
cinque minuti successivi rimase tranquilla e ferma all’angolo
vicino al suo.
Erano quattro secoli che una donna nuda non gli stava tanto
vicina ma,
anche se guardando sott’acqua avrebbe potuto sembrare il
contrario, non aveva
intenzione di approfittarne. Anzi, a dirla tutta quella faccenda lo
stava
facendo innervosire: era palese che l’avesse fatto solo e
soltanto per
divertirsi a metterlo a disagio. «se cerchi un minimo di
fiducia da parte del
sottoscritto, sappi che non è così che la
guadagnerai» dichiarò Pitch,
decidendosi a guardarla di nuovo «e tantomeno mi indurrai a
darti corda».
«occhei»
ribatté
lei come se nulla fosse, guardando la tv.
«che…come
sarebbe a dire “ok”? Ti ho appena detto che i tuoi
tentativi di attaccare bottone col sottoscritto non funzionano, e tu
rispondi
soltanto “ok”’? Si
può sapere cosa vuoi?!»
«stare a mollo nella mia
vasca a guardare la tv» replicò
Eve, sempre con la massima indifferenza «non mi sento ferita
nell’orgoglio per
il tuo temporaneo rifiuto, se io volessi divertirmi con qualcuno non
faticherei
a trovare chi mi “dia corda”».
«”temporaneo”!...davvero
sei così convinta che io finirò per
darti retta? Dici di non avercela con me eccetera, ma
l’ultima persona che mi
ha detto una cosa del genere mi ha avvelenato e mandato a morire,
quindi perché
dovrei crederti?»
«perché in tutta
la mia vita non ho mai detto una bugia che
fosse una, neppure piccola» disse Eve «e
perché se avessi voluto farti fuori, dàichealachd,
tu saresti morto già da
qualche secolo» aggiunse «…Buio».
«ah, davvero?»
disse Pitch, guardandola con aria di
sufficienza «allora com’è che non ti
ricordo tra coloro che a quei tempi hanno
tentato di combattermi e sono stati schiacciati come i piccoli vermi
striscianti che erano?»
«perché non mi
importava che dallo spazio fosse giunta una
rana aliena col suo plotone per spiarci, invaderci e far
sì che
la galassia Gama ci conquistasse…no, aspetta, quello era Keroro. Vabbè, il concetto
è lo stesso!» si stiracchiò «arriva/ Pitchoro/ un Pitchione con il cuore
d’oro! Raccoglie/ bri-cio-le/ dii-i pane per
terraaa-a!…» stonò
brutalmente.
Era troppo: Hallows stava recuperando
in pochi minuti le
mancate prese in giro di cinque giorni interi, ed era più di
quanto l’Uomo Nero
intendesse sopportare. Non disse nulla, ma fece un rapido scatto e
l’attaccò,
con tutto l’intento di annegarla in quella vasca esattamente
in precedenza come
aveva minacciato di fare; peccato che Eve gli bloccò le mani
prima che lui
riuscisse ad afferrarla, e il tentato omicidio si trasformò
in una
semplice prova di forza
, in cui lui cercava di spingerla sott’acqua e lei cercava di
impedirglielo, il
tutto a stretto contatto.
«di’ un
po’, tu sei proprio sicuro di volermi solo
annegare?»
gli chiese Eve, meno di un minuto dopo «perché qui
sotto c’è qualcosa che
suggerisce altro».
Troppo
stretto.
In quella situazione c’era
molta meno stoffa di quanto
avrebbe dovuto -solo il suo costume- meno autocontrollo di quanto
sarebbe stato
conveniente, un’astinenza davvero troppo lunga e un incubo da
cacciare via
dalla mente con qualcosa che fosse piacevole e svuotasse la
testa…o così stava
iniziando a pensare.
Pitch aveva capito che lei
l’aveva fatto apposta, si era
comportata in quel modo esattamente per portarlo a quel punto -forse
per il
solo gusto di farlo, o forse era un modo alternativo di non rispondere alle sue domande- e lui
c’era cascato come un pollo, ma
nulla gli vietava di tornare a farle domande in seguito, giusto?
Inoltre c’era
la possibilità che, una volta entrato in intimità
con lei, potesse scoprire più
facilmente le sue debolezze e forse arrivare a manipolarla come gli
aggradava.
«ne sono sicurissimo, e lo
farò. Dopo».
Tuttavia, proprio quando
l’Uomo Nero iniziò ad agire
di conseguenza, un boato fragoroso
spezzò l’incantesimo.
«lurida
e infame
creatura immonda!!!»
Oooh, no…di tutte le
persone che potevano arrivare, doveva
essere proprio Emily Jane, della quale aveva riconosciuto la voce?
Doveva
arrivare
proprio dopo quell’incubo, proprio
in
quel momento, e ovviamente sempre pronta a vomitare insulti
nei suoi confronti?!
«perché adesso?!...»
sbottò Pitch.
«mi sa che fai meglio a
uscire dalla vasca» osservò Eve
«questa scena potrebbe non piacerle
granché».
«dannazione,
sarò pure libero di!...»
Pitch s’interruppe quando
Emily Jane li raggiunse, e poté
vedere la sua espressione da “sarò la sola a
uscire viva da questa stanza”. L’unica
cosa incerta era se lo avrebbe bruciato, fritto con una saetta,
congelato,
annegato o fatto strangolare da qualche pianta.
Hallows lo fece voltare nuovamente
verso di lei, e Pitch
notò che aveva di nuovo quel sorriso inquietante. «dàichealachd» scosse
leggermente la testa «non ce l’ha con
te».
Dopo aver detto ciò, in
qualche modo lo gettò letteralmente
fuori dalla vasca e si trasformò in una civetta, volando via
appena prima che
il fulmine scagliato da Madre Natura raggiungesse l’acqua;
l’idromassaggio
ormai era andato, ma loro due se non altro erano ancora vivi.
Per ora.
«OTTO
ANNI!!!»
gridò Emily Jane, cercando di colpire Eve-civetta con ogni
mezzo a sua
disposizione «mi hai presa in giro
per
otto anni!!!»
«mo
banrìgh. Da quanto
tempo».
«non chiamarmi in quel
modo» disse duramente l’interpellata,
riuscendo a far sbattere violentemente la civetta contro una parete
grazie a
una potente raffica di vento gelido «mai
più!»
Incassato il colpo e tornata
nuovamente umana -nonché
vestita- Hallows sfruttò la claymore per parare il colpo di
energia elementale
che seguì. «allora ti chiamerò col tuo
nome,
che problema c’è?»
«“che
problema c’è”?!»
Madre Natura fece una risatina sarcastica «forse il fatto che
tu sia scomparsa
dalla mia vita all’improvviso, e ora io ti ritrovi qui,
intenta a scoparti
mio padre?!»
«veramente non avevamo
ancora cominciato, ma in effetti sì,
sarebbe stato meglio se fossi arrivata una mezz’oretta
più tardi» commentò Eve.
Pitch, che per fortuna aveva ancora
il costume addosso,
iniziò a rialzarsi lentamente. C’erano diverse
cose per cui essere attonito, e
non sapeva quale fosse la più assurda. Che Hallows avesse
avuto una relazione con
Emily Jane? Che a quest’ultima piacessero le donne? Che
avesse iniziato a fare
sconcezze nella vasca insieme all’ex ragazza di sua figlia?
Già, ecco chi era
l’ex fiamma di cui Eve aveva parlato cinque giorni prima: i
tempi coincidevano.
Era preda di una sadica voglia di
riderci sopra e, al
contempo, una parte piuttosto recondita di lui aveva voglia di prendere
Eve a
sberle, come minimo. Non aveva le idee molto chiare, doveva
riconoscerlo: era
come se due parti dentro di lui fossero entrate in conflitto.
«tu
mi disgusti!»
sibilò Emily Jane.
«sì,
è comprensibile» ammise Hallows, per poi guardare
Pitch
«fa bene ad avercela con me, sono stata veramente
pessima».
«azzarda un qualsiasi
commento del tipo “oddio ma ti
piacciono le donne” o simili, e ti uccido con le mie
mani» lo avvertì Emily
Jane «hai perso da un pezzo ogni diritto di metterci bocca.
Anzi, non l’hai mai
avuto».
«non osare prendertela con
me solo perché sei
arrabbiata con lei!» ribatté Black «se
ti ha
lasciata c’è solamente da capirla, sfido chiunque
a restare vicino a qualcuno
come te!»
Quello dell’Uomo Nero era
stato senza dubbio colpo basso,
sebbene non avesse idea di quanto, nei secoli, le perdite e gli
abbandoni
subìti avessero fatto male a Emily Jane…
«almeno chi sta vicino a me
non rischia di finire ammazzato!»
sbottò quest’ultima, infuriata «tu non
puoi dire lo stesso: la strega spagnola
è quasi morta, e ricordi che fine ha fatto mamma, giusto? Vorrei che fossi morto TU al suo posto!»
La quale, in ogni caso,
assestò al padre un colpo basso che
il recente incubo rese ancor più pesante di quanto sarebbe
stato di suo.
Calò un silenzio tomable, perché dopo essersi
resa
conto della gravità di ciò che aveva detto Madre
Natura si zittì, ma era
troppo tardi.
«facciamo
così» disse Pitch dopo un po', serissimo
«da oggi in
poi tu fingerai
che io sia morto come desideri, e smetterai di vomitarmi addosso tutto
il tuo
stupido e insignificante odio, smetterai di accusarmi di averti
abbandonata,
sostituita e quant’altro. Io fingerò lo
stesso…del resto, da dopo che casa
nostra è stata distrutta, per dodici anni ho creduto che tu
fossi morta davvero.
Ti va bene, Emily Jane?»
«c-cosa vuol dire che per
dodici anni hai-»
«ti
va bene sì o no?»
Presi com’erano dalla
discussione, nessuno dei due si era
accorto che Hallows, dopo aver fatto cenno a una rondine di uscire
dalla suite,
si era bellamente tolta di torno assieme ad essa. Assistere
alle discussioni in generale non la divertiva, neppure se era lei a
causarle o coinvolta, per cui era logico che se ne fosse andata appena
aveva potuto.
«zia, cos’hai
combinato adesso?» sospirò Finnan,
riacquistando la sua forma umana.
Eve gli carezzò una
guancia, e baciò l’altra in modo assolutamente
casto. «non ho dato retta a tuo padre e ho fatto
deliberatamente una puttanata delle
mie, coinvolgendo due persone che hanno un rapporto molto difficile.
Però non
mi aspettavo che Emily Jane potesse venire da me, non si sapeva neppure
se fosse
viva, e soprattutto non mi aspettavo che potesse farlo proprio
ora».
«io ho appena prima di
venire qui cercato di chiamarti per
dirtelo, ma il tuo cellulare antidiluviano» un Nokia 3310,
nientemeno «è sempre spento».
Eve fece
spallucce, e s’incamminò
verso l’ascensore assieme al ragazzo.
«evvabbè. Tanto
prima o poi avrei dovuto
rivederla, e loro due avrebbero dovuto parlare»
minimizzò «di’, al piano di
sotto si è mosso qualcosa?»
Finnan annuì.
«sai chi è Shu Yin?»
«uh-uh».
«qualcuno, o qualcosa,
l’ha costretta a uccidere l’ex di
Calmoniglio».
«ah
sì?»
«già».
Per un po’ nessuno dei due
disse niente, ma durò poco.
«it’s
the final countdown!…»
iniziò a canticchiare Hallows.
Non c’era nulla di
più appropriato.
Buonasera!
Ebbene sì, dopo oltre un
mese da gran disgraziata quale
sono, altro che Hallows mi sono ripresentata con questo.
Non è stato un capitolo scritto e riscritto diecimila volte
come il precedente, ma vi assicuro che ho riflettuto moltissimo su cosa
scrivere e come scriverlo. Inizialmente era mia intenzione mostrare sia
la
gente nella locanda, sia gli Insorti e il resto della compagnia, ma
come avete
visto succede “roba” da entrambe le parti, e
proprio l’introduzione di un nuovo
personaggio mi ha fatta decidere di dedicare questo capitolo solo ai
“Locandisti”
-passatemi il termine, dai :’D- e il prossimo agli Insorti e il
povero
Calmoniglio.
Cos’altro
c’è da dire? Ah, sì:
- certi personaggi che compaiono
nell’incubo di Pitch
risulteranno familiari almeno ad alcuni di voi, ma gli altri non hanno
niente
da temere, perché quel che avete visto scritto lì
basta e avanza (ho ricamato
brutalmente sopra ciò che so della Golden Age, lo avevo
già detto nelle NdA. di
un capitolo della prima parte di questa storia, ma non
è importante).
- il nome e quel poco che ho detto
sull’aspetto della defunta
moglie di Pitch sono frutto della mia immaginazione, dato che
canonicamente non
si conosce né l’uno né
l’altro. Spear e Nahema sono parte del
“ricamo” di cui
ho parlato sopra.
- chi si chiedeva il nome della ex
fiamma di Eve è stato
accontentato. Sorpresa!...no, non
è vero,
alcuni ci erano arrivati.
- Hallows ha canticchiato dapprima un
riadattamento della sigla italiana di "Keroro" -l'anime con le rane
aliene, avete presente?- poi il ritornello di "The final countodown",
degli Europe. Credits sistemati :D
Se avete domande, teorie, rimostranze
o complimenti (?)
telefonate al numero verde per l’Assistenza ai
Pitchion…seh, vabbè, non dovrei
scrivere le NdA quasi alle due di notte :’D
Alla prossima,
_Dracarys_
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo V ***
Capitolo
V
= orchidee bianche
=
«non arrenderti, Galaxia ti
prego, Galaxia…»
La ferita che le aveva inferto Shu
Yin non le aveva lasciato
scampo, e gli occhi stellati di Galaxia erano fissi, rivolti a un cielo
crepuscolare che non potevano più vedere.
«Galaxia…»
Ljuba sapeva che le sue parole erano
inutili quanto le sue
carezze e i suoi tentativi di scuoterla, ma continuò lo
stesso per un lasso di
tempo di cui non era di grado di definire la durata, con la vista
appannata da
lacrime che ancora non cadevano e il corpo scosso dai singhiozzi a
stento
contenuti.
Era incredibile vederla anche solo in quelle condizioni
“trattenute”, proprio lei che di solito era
così controllata e pragmatica, ma
non era semplice assistere alla morte improvvisa di una persona che
conosceva e
amava da cinquecento anni. Ovviamente non era lo stesso tipo amore che
legava
Atticus e Cecilia, ma non per questo era meno profondo, ed era
comprensibile
che si sentisse svanire la terra da sotto i piedi, che si sentisse del
tutto persa.
Galaxia non avrebbe più
preso in giro “Atticus Bla Bla” per
il suo “blabblare”, Ljuba non l’avrebbe
più vista davanti al camino, né sentita
lamentarsi per la sua paura dell’altezza. Non le avrebbe
più potuto parlare,
non avrebbe più avuto il suo sostegno e conforto.
Non avrebbe più potuto contare sulla sua
affidabilità, tanto
completa da non aver rivelato a nessuno dov’era andata
Cecilia quattro secoli
prima, in quei tre giorni in cui era sparita.
Ljuba lo aveva capito lo stesso, e
immediatamente: se non
avesse avuto l’autorizzazione di Cecilia, Atticus non sarebbe
andato a uccidere
Pitch, sapendo quanto le avrebbe fatto male. Non aveva rivelato a Laxie
di
esserci arrivata soltanto perché non c’era stata
la necessità, perché era
storia vecchia, e ora anche volendo farlo non avrebbe più
potuto dirle niente.
“se proprio una di noi due
doveva morire sarebbe stato più
giusto che fossi io, tu eri una persona molto, molto migliore di me.
Ora non
posso più dirti nemmeno questo…”
Si sentiva colpevole quasi quanto
l’assassina stessa, anche
se tecnicamente non aveva colpa dell’accaduto. Se solo fosse
riuscita a
ferirla, a fermarla, se solo fosse stata più
rapida…ma come prevedere la
presenza di Shu Yin lì, come prevedere che potesse essere
diventata tanto
veloce -chissà come,
poi-? Non aveva
neppure capito con cosa, di preciso, avesse ucciso Galaxia. Era
successo tutto
troppo in fretta.
In tutto ciò, Sophie
Bennett dormiva tranquilla e beata
avvolta nel cappotto di Ljuba. Per fortuna non si era resa conto di
nulla, e
l’orribile ricordo dell’accaduto non avrebbe mai
potuto perseguitarla,
contrariamente all’Insorta che fino alla fine dei propri
giorni avrebbe visto e
rivisto quella scena ogni volta che avesse chiuso gli occhi.
Quando infine si decise a lasciare
che il corpo dell’amica
ricadesse a terra, capì che la parte più
difficile doveva ancora arrivare. Come
avrebbe potuto dirlo agli altri? Però doveva farlo, non
aveva scelta, e…
«njet,
non
provarci neppure. La mia amica ha perso la vita per questo, non
lascerò che sia
invano».
Nel vedersi scoperto, Monty emise un
flebile gridolino
acuto.
L’assassinio era avvenuto
proprio nel cielo sopra a casa
sua, ma fino a quel momento aveva pensato che la coniglia bianca e nera
fosse
solo stata ferita. Quindi era riuscito a farsi coraggio e, vedendo la
sorella
di Jamie -il quale aveva avvertito il gruppo dell’accaduto-
si era detto “la
prendo mentre la donna bionda guarda da un’altra
parte”. Che illuso! Eppure
avrebbe dovuto saperlo, ormai, di essere il più imbranato
della banda!
«i-io…c-cioè…morta?
Credevo
fosse…p-pensavo che Shu Yin l’avesse solo
f-ferita…»
Trasalì quando Ljuba si
voltò verso di lui. «tu hai
assistito a tutto, allora?»
«io…s-sì»
rispose balbettando.
La donna non disse niente per un
pezzo, poi tornò a guardare
le spoglie di Galaxia, e le chiuse le palpebre con un gesto delicato.
«come ti
chiami?» gli domandò poi, a sorpresa.
«eh?!
Ah…Monty.
M-mi chiamo Monty, ma-»
«Monty, tu saresti disposto
a raccontare a Calmoniglio per
filo e per segno quello che hai visto, se mai venisse a chiedertelo?
Teneva molto a
Galaxia, e può essere che non creda alle mie parole, quando
gli rivelerò chi
l’ha uccisa…ma alle tue sì»
disse Ljuba, con uno strano tono neutro «mi spiace
che tu abbia visto qualcuno commettere un omicidio. Tu e gli altri
bambini non avreste dovuto
essere coinvolti in tutto questo. Noi avremmo solo voluto uccidere
l’Uomo Nero,
ti sembra tanto sbagliato?»
«a-anche l’Uomo
nella Luna…»
«Manny è
morto» mentì lei, in previsione di un incontro tra
il ragazzino e il Pooka «i Guardiani, a parte Calmoniglio,
ora stanno
proteggendo l’Uomo Nero. Bezumiye! Follia,
pura follia, no?» aggiunse, rivolta più a se
stessa che a Monty «hanno
preferito far uccidere Galaxia, che in confronto a Pitch era una
santa».
«m-ma l’Uomo Nero
è pericoloso, ha anche ucciso Sandman!»
Sentendo ciò, a Ljuba
sfuggì una risata amara. «moj
bozhe, riesci a capirlo tu che sei
un bambino e non ci riescono quattro Guardiani su cinque!»
Ljuba fece nascere con un gesto dei
fiori sul corpo di
Galaxia, così da coprire la ferita. Una volta terminato,
sembrava quasi che Galaxia
si fosse addormentata indossando un vestito da sposa fatto di tante
piccole
orchidee bianche. Pensò di creare una bara di ghiaccio, ma
alla fine lasciò
stare. Lo avrebbe fatto dopo, insieme a tutti gli altri: non voleva
togliere
loro la possibilità di darle un ultimo abbraccio.
«ma Sophie cosa
c’entra? Perché siete venute a r-rapirla,
lei è piccola!»
Le motivazioni dietro quel gesto
erano troppo complicate da
spiegare a un ragazzino, ma se anche fossero state più
semplici lei non avrebbe
avuto voglia di mettersi a discuterne. Improvvisamente però
iniziò ad avere
qualche dubbio sul modo di procedere: considerando
l’accaduto, avrebbero agito
ugualmente secondo i piani stabiliti?
Subito dopo scrollò leggermente le spalle: se anche non
avessero usato la bambina come previsto, o in quel momento specifico,
avrebbe
potuto tornar loro utile in un’altra occasione.
«ci serve. Ma se i Guardiani e i loro alleati si
comporteranno come devono, non le accadrà niente.
È tutto nelle loro mani.
Dillo pure anche al tuo
amico».
Così come pochi giorni
prima Cecilia aveva sollevato
Atticus, lei fece fluttuare in aria le spoglie di Galaxia, alzandosi in
volo
con Sophie in braccio senza aggiungere una parola di più.
Per raggiungere la Fabbrica ci
sarebbe voluto esattamente lo
stesso tempo impiegato per raggiungere Burgess. Questo grazie a Laxie,
che nei suoi ultimi
momenti di vita
non aveva pensato ad altro che passare a lei i poteri rubati,
così che non
tornassero ai proprietari, e loro potessero continuare a combattere
senza
perdere potenza.
Pensando ciò le venne
nuovamente voglia di piangere, ma
riuscì a contenersi, non poteva permettersi di rallentare il
viaggio di
ritorno: ogni cosa a suo tempo.
In quell’occasione non ci
furono intoppi, se non il modo in
cui il suo cuore iniziò a pulsare fin troppo forte una volta
avvistata la
Fabbrica. Cecilia e Atticus sarebbero sicuramente riusciti ad accusare
il colpo
in maniera decente, ma come avrebbe fatto a dire a Sandelle
cos’era successo,
sapendola già così pericolosamente fragile? Come
dirlo a Calmoniglio? Già, c’era da
domandarsi come avrebbe reagito: la
parola “male” comprendeva un ampio spettro di
scenari possibili.
Superati i grifoni Incubo, che per
ovvi motivi non le
diedero alcun problema, restava soltanto da decidere dove atterrare.
Meglio
bussare direttamente alla finestra della stanza di Atticus, oppure no?
Alla fine scelse la prima opzione.
Dovevano essere gli altri
dei gruppo i primissimi a sapere.
Si avvicinò al vetro e li
vide, i suoi amici di una vita,
vide le loro espressioni relativamente serene ora che erano
l’uno accanto
all’altra sul grande letto a due piazze. Era bello che a loro
bastasse restare
vicini per trovare un minimo di sollievo da tutte le angosce e le
responsabilità, ed era triste pensare che con quel che era
accaduto non ci
sarebbero più riusciti per un bel pezzo.
Prese coraggio e bussò
contro il vetro.
Vide i loro volti inizialmente
sorpresi diventare più o meno
soddisfatti vedendole la bambina in braccio, poi perplessi quando la
guardarono
bene in faccia, e infine diventare esangui quando il loro sguardo cadde
sul
corpo che fluttuava accanto a lei.
Benché ferito, Atticus fu
quello che riuscì ad abbandonare
il letto per primo, quasi inciampando per la fretta di raggiungere la
finestra.
Una folata di vento gelido lo investì, ma al momento non
avrebbe potuto
importargli meno del caldo e del freddo: i suoi occhi erano fissi su
Galaxia,
sulla sua completa immobilità, sui suoi occhi chiusi, sui
fiori bianchi che la
ricoprivano, mentre il suo cervello gli gridava che ciò che
stava vedendo non poteva essere vero.
Così com’era
successo a Ljuba, anche lui sì sentì come se il
pavimento fosse svanito da sotto i suoi piedi. Era un modo di dire che
aveva trovato
milioni di volte nei libri, abusato al punto da sembrare banale, eppure
del
tutto vero.
Il primo pensiero lucido che
riuscì a formulare fu di una
stupidità unica: “non
sarà più qui a
lanciarmi in bocca terra, sabbia o neve”. Un
dettaglio che andò a sommarsi
ad un’infinità di altre piccole cose che non le
avrebbe più sentito dire, o non
le avrebbe più visto fare. Piccole cose, appunto, ma
più ci pensava più lo
spazio vuoto che avevano lasciato gli sembrava grande.
Con un gesto quasi meccanico accolse
tra le proprie
braccia la bambina, quando l'amica gliela porse. Probabilmente era la
prima volta, in
cinquecento anni di vita, in cui Atticus Del Sol non riusciva a dire
una
parola.
Ljuba entrò nella stanza,
e chiuse la finestra mentre faceva
sì che i resti di Galaxia planassero dolcemente sul letto,
ormai abbandonato
da Cecilia. Nessuno dei presenti, per un po’, fu in grado di
dire qualsiasi
cosa. Sembrava tutto così strano e spaventoso, neppure
fossero finiti in un
incubo di Pitch.
«Shu Yin ci ha riprovato, e
stavolta ci è riuscita» disse
Ljuba, dopo un po’«uno di quei ragazzini amici di
Jack Frost ha visto tutto».
Non ottenne la reazione di
sbigottimento generale che ci si
sarebbe potuti aspettare, ma riuscì soltanto ad incrinare
quell’atmosfera di
irrealtà in cui era piombata la stanza.
«como es
posibile que fosse lì proprio in
quel momento, y porque...porque ha ucciso...» Cecilia
non
riusciva a dirlo nonostante le conseguenze di quel che era accaduto
fossero
proprio davanti ai suoi occhi e, contrariamente al marito che aveva
lasciato
cadere la maschera da duro e piangeva in silenzio, era ancora troppo
sotto
shock per riuscire a imitarlo.
«quei corvi sono
lì a spiarci da giorni, se almeno un paio
di essi sono riusciti a sfuggire ai grifoni hanno riferito del nostro
spostamento a chi li ha mandati, e i nostri avversari hanno agito di
conseguenza» disse Ljuba. Sentiva il bisogno assoluto di
concentrarsi sui
perché e i percome di tutto l’accaduto: facendolo
sarebbe riuscita a ritardare
il momento in cui l’emotività avrebbe preso il
sopravvento. «è evidente che a
questo punto Manny, svoloch sukin syn,
ha autorizzato l’utilizzo di forza letale. Non capisco quale
logica possa aver
avuto far uccidere lei e non me, sono decisamente più
“pericolosa” di quanto
sia mai stata Galaxia, ma forse per loro non ha importanza: gli basta
farci
fuori. Peccato per loro che il suo ultimo gesto sia stato passarmi
tutto il suo
potere. La nostra potenza di fuoco non è stata
intaccata».
«la nostra amica
è morta»
disse Atticus improvvisamente, con un’espressione quasi
arrabbiata sul volto «è
qui, su questo letto, hai assistito alla sua uccisione…e tu
ci vieni a parlare
di potenza di fuoco non intaccata?!»
esclamò mentre appoggiava Sophie su una poltroncina «Ljuba, ma ti sei resa
veramente conto di quello che è successo
oppure no?! Galaxia è morta!»
«al momento non sei lucido,
ma ti chiedo di provare a
ragionare, sapendo che ne sei in grado» Ljuba gli si
avvicinò «è una guerra.
Quando siamo partiti sapevamo benissimo tutti quanti cosa poteva
succederci.
Con Cecilia c’è mancato poco, con te ancor meno
-proprio per mano di Shu Yin- e
non dimentichiamoci di Sandelle, la cui mutilazione non ha ancora
responsabili.
Non dico che avremmo dovuto aspettarcelo, specialmente adesso,
ma sta di fatto che i rischi ci sono sempre stati. Abbiamo
sperato di riuscire ad arrivare alla fine tutti quanti e tutti interi,
ma non
ne abbiamo mai avuto la certezza…e il fatto che Galaxia mi
abbia passato la sua
parte di potere rende molto chiare le
sue ultime volontà».
Riuscì giusto a terminare
la frase: all’improvviso il dolore
che aveva trattenuto fino a quel momento eruppe tutto insieme, sotto
forma di
un pianto dirotto e singhiozzi tanto forti da costringerla a sedersi su
un
angolo del letto.
Resosi conto di essere stato troppo
duro con la sua amica,
soprattutto conoscendo il suo carattere, Atticus le si
avvicinò e la strinse a
sé. Dopo qualche istante sollevò lo sguardo in
cerca della moglie, domandandosi
perché non si fosse accostata a sua volta. Non era solo
Ljuba ad aver bisogno
della sua vicinanza, ma anche lui, com’era normale che fosse.
Peccato che Cecilia non fosse
più lì.
Era scivolata fuori dalla stanza
appena Atticus e Ljuba si
erano distratti e si era allontanata lungo il corridoio, senza una meta
precisa
in mente. Non piangeva, né il suo volto mostrava dolore:
aveva semplicemente
un’aria assente al punto che, se qualcuno l’avesse
guardata, avrebbe dubitato
che sapesse anche solo chi fosse e perché si trovasse
lì.
Aprì una porta a caso: un
vecchio sgabuzzino polveroso,
buio, piccolo e pieno di cianfrusaglie. Ci si infilò dentro
con una rapidità
che non avrebbe usato nemmeno se l’avesse inseguita il
diavolo in persona, chiudendo
la porta dietro di sé per poi sedersi a terra, con la
schiena contro il muro e
la testa poggiata sulle ginocchia.
“Conca De El
Sol”, Cecilia “Del Sol”…aveva
vissuto quattro
secoli nella luce, avvertendo il calore del sole sulla pelle, in
compagnia
ventiquattro ore su ventiquattro, ed era stata bene. Ma cosa aveva
desiderato,
in quel momento di particolare fragilità? Buio
e solitudine. Odiava a morte il suo ex compagno, ma certe
cose non
sarebbero mai cambiate, per quanto potesse provarci.
Stava scoprendo di somigliare a Pitch
più di quanto avrebbe
mai potuto pensare: non riusciva mai a difendere chi le stava a cuore,
esattamente come lui. Prima Sandelle e Atticus, che se non altro erano
ancora
vivi, ora Galaxia…era stata lei ad appoggiare
l’idea del rapimento, avrebbe
dovuto partire lei insieme a Ljuba, e invece no! Era rimasta sdraiata
sul letto
accanto a suo marito, che era praticamente guarito. Sembrava essere in
grado di
commettere soltanto errori.
“lasciamo
tutto e
torniamo a casa prima que la guerre commence
vraiment…s’il te plaît! Allons-y,
torniamo a casa!”
Se soltanto avessero dato retta a
Sandelle quando avevano
visto la malaparata, se soltanto avessero deciso di lasciar perdere
tutto e
fossero tornati a Conca De El Sol, Galaxia sarebbe stata ancora viva. A
Cecilia
sarebbe bastato dire una parola, soltanto una, e per quanto riguardava
il loro
esercito gli incantesimi che permeavano Conca De El Sol avrebbero fatto
il
resto, calmando i bollenti spiriti di tutti quanti.
Rinchiusa lì per un lasso
di tempo indefinito che le pareva
già un’eternità, si disse che non era
stata in grado di prendere la decisione
giusta, e ne avevano pagato le conseguenze. Non c’era leader
peggiore di lei in
tutto il mondo -così pensava- e il solo fatto di essere
rannicchiata in uno
sgabuzzino lo dimostrava: avrebbe dovuto essere insieme agli altri,
pronta a
dar loro forza, ma sentiva di non averne neppure per sé
stessa, figurarsi per
il resto del gruppo.
Iniziava a convincersi che in fondo
al cuore era sempre la
debole donna che era stata creata per l’Uomo Nero, in grado
di essere forte solo
quando tutto andava bene. Forse c’era un motivo se Pitch,
prima di quel natale di quattro secoli prima,
l’aveva sempre trattata come se fosse stata fatta di
cristallo. Forse era
davvero fragile, delicata, incapace
di
fare scelte corrette da sola riguardanti sé e gli altri,
riguardanti Galaxia in
particolare, Galaxia che era morta…
Un momento.
Stava
veramente dando ragione a Pitch?!
“col
cazzo”.
Un pensiero molto incisivo che ebbe
il potere di farla
riscuotere dallo stato di depressione in cui era caduta, e di farla
rialzare
rapidamente da terra.
Non era stata colpa sua. Non doveva
attribuirsi tutte le
colpe del mondo, perché non le
aveva,
ed era perfettamente in grado di fare scelte corrette in generale.
Quattro
secoli prima aveva perso tutto, ma era stata in grado di rialzare la
testa e
ricostruirsi una vita: lo aveva fatto con l’aiuto degli
altri, vero, ma se
invece si fosse lasciata andare non ci sarebbe riuscita neppure con
l’appoggio
di diecimila Atticus.
Non era il momento di piangersi
addosso, quanto piuttosto di
darsi una mossa e far sì che tutti i responsabili -sia
l’esecutrice materiale
del delitto che il mandante, anzi i mandanti, perché gli
altri non l’avevano
impedito- pagassero molto, molto caro quel che avevano fatto a Laxie.
Glielo
doveva, era il minimo, e Ljuba aveva perfettamente ragione: aveva
palesato
molto chiaramente le sue ultime volontà, quindi andavano
rispettate ad ogni
costo.
Uscì dallo sgabuzzino e
andò quasi a sbattere contro Ljuba,
che era in procinto di aprire la porta. «como
sapevi-»
«ti conosco»
disse semplicemente Ljuba «Atticus voleva
cercarti, ma gli ho detto che io ci avrei impiegato di meno. Questa era
casa
mia».
«non c’era
bisogno que
vi muoveste per me» ribatté Cecilia,
vergognandosi non poco «…lo
siento».
«njet.
Non devi
scusarti, ognuno reagisce al lutto a modo suo, e dovevamo pur muoverci
per
qualcosa. Non potevamo presentarci così a
Sandelle…o a Calmoniglio» aggiunse «e
dovremo essere noi due a dirlo a quest’ultimo. Con Atticus
abbiamo deciso così:
noi Calmoniglio, lui Sandelle».
«ha senso, lui y
Calmoniglio non si sono mai piaciuti molto, no
es la persona mas
indicata per
dargli una notizia del genere».
Mentre loro iniziarono a girare per
la Fabbrica in cerca di
Calmoniglio, Atticus raggiunse la stanza di Sandelle. Si
meravigliò nel
trovarla da sola, quando loro non c’erano solitamente Spring
e/o Fall non la lasciavano
sola un secondo. «Sandelle…»
esordì, ma venne immediatamente interrotto.
«pourquoi
elle est
icì?!»
Sul momento, stupito, non
riuscì a rispondere. Aveva ancora
la bambina in braccio -non se l’era sentita di lasciarla sola
col cadavere-
intenta a dormire placidamente, e non avrebbe mai creduto che vederla
potesse
scatenare in Sandelle qualcosa che la facesse
“risvegliare” dallo stato in cui
era precipitata.
«ti ho chiesto pourquoi
est icì! Rispondimi!» esclamò
Sandelle, con le mani di oscurità che stringevano
le coperte in maniera quasi convulsa.
«scusami»
mormorò lui «mi sono soltanto sorpreso per il
fatto che avessi detto qualcosa dopo giorni. Ne sono
contento».
Sandelle stessa era sorpresa. Quando
aveva posato gli occhi
sulla bambina era stato come se qualcosa l’avesse strappata
via da un brutto
sogno fatto di ombre, voci, pianti e contorni sfumati, riportandola
bruscamente
alla realtà. Era ancora nella Fabbrica con gli altri, quindi
erano ancora in
guerra. Non ricordava praticamente nulla, incluso chi era stato a
mutilarla: la sola cosa che rammentasse distintamente era aver
supplicato Cecilia
di tornare a casa, suppliche che evidentemente non erano state accolte,
ma la bambina? Cosa
c’entrava in tutto
ciò?! Non riusciva a capire, e guardando bene Atticus si
rese conto che c’era
qualcosa che non andava. I suoi occhi erano strani, arrossati come se
avesse
pianto…
Era successo dell’altro?
Era accaduto qualcosa a qualcuno,
mentre lei era rimasta lì a commiserarsi, qualcosa che
magari avrebbe potuto
essere evitato con l’aiuto di un’altra persona
-ossia lei stessa-? Ma poi,
perché Atticus aveva il petto fasciato?!
«Sandelle…»
«que s’est il-passé?»
Lo vide esitare. Atticus Del Sol che esitava a parlare…Sandelle
sentiva un’enorme angoscia crescere
dentro di sé ad ogni istante che passava, perché
doveva trattarsi di qualcosa
di estremamente grave.
«in questi cinque giorni
non è successo nulla di
particolare. Manny è ancora vivo, i Guardiani e
l’Innominato non si trovano,
Calmoniglio è ancora qui e crede che Manny sia morto. Io
intanto mi sono quasi
ripreso dal colpo che mi ha dato Shu Yin, di cui tu non sai molto,
immagino» indicò le fasciature «e visto
che le cose non si
stavano muovendo abbiamo deciso di andare a prendere uno degli umani
amici dei
Guardiani e usarlo per scambiarlo con l’Innominato e Manny.
Avremmo fatto
finire la guerra prima di iniziarla davvero, o comunque questi erano i
piani,
perché poi…»
Doveva dirglielo. Non
c’erano più scuse, doveva farlo e
basta, anche se lui stesso non riusciva ancora ad accettarlo, anche se
temeva
di vedere Sandelle ripiombare nello stato semi catatonico dal quale era
appena
uscita.
«...perché poi,
quando Ljuba e Galaxia sono andate a Burgess
per mettere in atto il piano, è arrivata Shu Yin e ha ucciso
Galaxia. Ljuba è
tornata ora».
Vide Sandelle sbiancare e guardarlo
con gli occhi sbarrati e
confusi, ma continuò a parlare lo stesso, conscio che se si
fosse fermato non
sarebbe riuscito a riprendere il discorso.
«Shu Yin è
insieme ai Guardiani, all’Uomo nella Luna e al
resto dell’esercito, ci spiavano da giorni, quindi
è abbastanza logico dire che
lo abbia fatto seguendo ordini superiori.
Noi non volevamo uccidere i Guardiani, ma a quanto pare loro
hanno altre
intenzioni. Eccola, la vera
bontà di
quei bastardi figli di puttana…e poi i cattivi dovremmo
essere noi!»
Non era solo addolorato per la morte
della sua amica e
intristito per il fatto che prima Cecilia si fosse allontanata, era
anche nero
di rabbia verso Manny, verso i Guardiani e tutta la compagnia. Erano
perfettamente in grado di mandare al diavolo il buonismo, quando ne
avevano
voglia.
Sì, lui e le altre volevano uccidere Manny, e
c’era mancato
poco che uccidessero anche Nord, Dentolina e Frost…ma non
era forse vero che
Pitch Black aveva provato a fare cose analoghe trilioni di volte?
Perché,
allora, lui non poteva essere toccato e anzi, veniva protetto?!
Era assurdo, ridicolo!
«dovevamo tornare a
casa» sussurrò Sandelle «pourquoi
non siamo tornati a casa?»
«Sandelle,
non potevamo-»
«je l’avait dit!!!»
gridò la donna, con grosse lacrime a rigarle il
viso «ho pregato Cecilia de laisser
perdre tutto, perché non
l’avete
fatto?! È tutta colpa vostra!!!»
strillò e, senza riflettere, scagliò
contro Atticus un colpo ghiacciato che lui riuscì a evitare
per un soffio.
«tu
credi che io non
soffra per questo?!» urlò Atticus,
stringendo Sophie «certo che sto male, e
tanto! Noi ci siamo mossi per evitare che a qualcun altro accadesse
qualcosa di
peggio di quel che è successo a te, e abbiamo ottenuto
l’esatto opposto. Non
potevamo lasciar perdere, e tantomeno possiamo adesso. Devono pagarla,
fosse l’ultima
cosa che facciamo, ma devono pagarla
cara, Sandelle! Al diavolo cercare di evitare gli
spargimenti di sangue, AL DIAVOLO TUTTO! È
colpa loro! Non nostra! LORO!»
Pareva proprio che Atticus fosse
già passato dalla fase del
dolore a quella della rabbia, forse anche a causa
dell’oscurità che gli pulsava
nelle vene, e improvvisamente Sandelle scattò in avanti e
gli strappò Sophie
dalle braccia, stringendola a sé con fare protettivo.
«tu
me fais peur!...»
riuscì a dire Sandelle tra le lacrime «come puoi
parlare così…di
già? Nôtre
amie est mort, e tutto quel che sai fare è giurare
vendetta!»
«è quello che
voleva Galaxia, se appena prima di morire ha
passato a Ljuba i poteri rubati c’è un motivo.
Voleva che continuassimo, e
continueremo. Sei con noi oppure no? Lo devo sapere, Sandelle. Abbiamo
già perso
lei, non possiamo perdere anche te. Metaforicamente».
Sandelle era ancora troppo triste per
poter essere
arrabbiata. Non riusciva ancora a trovare in sé tutta quella
furia, tutto
quell’odio, e neppure la forza di farla pagare a chicchessia.
Era morta già una
persona di troppo, secondo la sua modesta opinione. Non avrebbe
ostacolato il
resto del gruppo, non ne aveva l’intenzione e neppure
sufficiente potere, ma
non se la sentiva neanche di scendere in battaglia. Nelle sue attuali
condizioni sarebbe stata solo un peso morto, lo sapeva fin troppo bene.
«non vi
impedirò de faire quello
che volete, mais io non mi
muoverò da qui. Quelqu’un
deve occuparsi dell’enfant
mentre voi combattete».
«sei sicura di essere
abbastanza stabile per riuscirci?
Prima cerchi di congelarmi, poi te ne esci col dire che ti faccio
paura!»
sbottò Atticus «non vorrei che il prossimo passo
fosse scappare per riportare
la bambina a casa e…» fece un sospiro
«scusa. Scusami. È che pensare che
Galaxia fino a poco fa era qui, in salute, e adesso non…mi
sembra tutto
talmente assurdo, Sandelle. Mi sento spaesato, non so dove sbattere la
testa,
la voglia di vendicarla è la sola sicurezza che mi sembra mi
avere, al
momento…anche se so che in realtà non
è così».
Ecco, quella era già una
reazione più accettabile. «non
scapperò avec l’enfant.
La morte di
Laxie non ha senso di suo, se lo facessi la renderei encore
plus inutile. Non me la sento di combattere, mais
onorerò la sua memoria facendo in
modo que l’enfant resti
qui tutto il
tempo che serve» affermò «a qualunque
costo».
Atticus annuì.
«e io ti credo».
Avrebbe voluto anche aggiungere
qualcosa su come si sentisse
riguardo il breve allontanamento di Millaray, ma alla fine
lasciò perdere: non
era il caso di gravare inutilmente Sandelle di un ulteriore peso, era
già tanto
che non fosse sprofondata di nuovo nella catatonia, limitandosi a un
pianto più
che comprensibile.
che comprensibile.
«je veux le voir».
Voleva vederla, ed comprensibile
anche questo. «seguimi».
«aspetta»
Sandelle posò la bambina addormentata sul letto «voilà. Allons-y…»
si avvicinò ad Atticus
con fare un po’esitante «m-mi terresti per
mano?»
Non c’era malizia, era solo
una richiesta un po’infantile e
molto tipica di Sandelle, ed Atticus lo sapeva. Aveva trovato qualcuno
da
consolare e da cui essere consolato.
L’atmosfera nella sala
munita di camino in cui Calmoniglio si
era rifugiato, invece, era ancora abbastanza tranquilla.
Non si era mosso da lì
da quando Galaxia era andata via, non aveva trovato alcun motivo valido
per
farlo, dal momento che era la sola con cui riuscisse a parlare
più o meno
normalmente.
Non che gli altri del suo gruppo lo avessero maltrattato, sia
Ljuba che Cecilia erano sempre state educate con lui, ma non era la
stessa
cosa.
«…Aster?»
Eccole lì, neanche a farlo
apposta. «ciao…avete per caso visto
Galaxia? Prima è andata via e non è ancora
tornata. Ehm...non che io pensi che
debba per forza stare con me, ma aveva detto “torno tra
poco”. Chiedo per
quello».
Le due donne si scambiarono
un’occhiata strana, e solo in
quel momento il Guardiano si rese conto delle loro espressioni funeree.
Una
morsa d’angoscia iniziò ad attanagliare il suo
stomaco, cominciando a intuire
che doveva essere successo qualcosa. Non
sapeva cosa, ma niente di bello. Forse riguardava Sandelle? Era
peggiorata? O
Atticus?...ne dubitava, in nessuno dei due casi avrebbero avuto motivo
di
venire a cercarlo, ma la sola alternativa che gli veniva in mente non
era
concepibile, per lui.
«te
sembrerà
banale, ma forse es meglio que tu ti sieda…»
«cosa succede? Galaxia
dov’è?! È successo qualcosa? Le è successo
qualcosa?!» incalzò, col
naso che fremeva nervosamente e il cuore che batteva sempre
più forte «siete
venute qui a cercarmi, parlate,
maledizione!»
Per qualche istante entrambe
continuarono a tacere, ma
infine fu Ljuba a farsi coraggio e parlare.
«Shu Yin ha ucciso
Galaxia»
No.
No, no,
no, NO.
Non poteva
essere.
Doveva aver capito male, o forse si
era addormentato davanti
al camino, e quello che stava vedendo e sentendo non era reale.
Sì, doveva per
forza essere così. Galaxia morta? Per mano di Shu Yin?! Impossibile.
«yo
tambien
all’inizio non ci credevo» disse Cecilia
«ma es asì, il suo corpo ora è nella
stanza di Atticus e-»
“stanza di
Atticus”, non gli serviva altro: senza vedere,
sentire o capire più nulla, Calmoniglio le superò
con un paio di balzi e una
volta lasciata la stanza corse via, lungo il corridoio. C’era
un solo e unico
pensiero nella sua testa, “Galaxia”, e mentre
pregava ogni divinità conosciuta
che lei stesse bene si sentiva come se il cuore fosse pronto a
esplodergli nel
petto.
Lui era rimasto con gli Insorti perché voleva la morte di
Pitch Black,
ma anche perché non si sarebbe perdonato se fosse successo
qualcosa a Galaxia.
Erano passati secoli e lui con la sua ex compagna aveva commesso degli
errori,
ma l’amava adesso come allora, ricambiato o meno, e non
c’era niente in tutto
l’universo che avrebbe potuto distruggere i sentimenti che
provava verso di
lei, nemmeno quella guerra…e nemmeno la morte, che lui ora
vedeva manifestarsi chiaramente
su Galaxia sotto forma di orchidee bianche.
Rimase fermo sulla soglia per istanti
che gli sembrarono eterni,
per poi avvicinarsi lentamente, con lo sguardo fisso su di lei.
Arrivato
accanto al letto, dopo aver esitato come se lei stesse dormendo e lui
temesse
di svegliarla, le fece una carezza sul viso. La tracce
dell’oscurità erano
scomparse dal suo corpo, e il suo pelo era tornato ad essere candido
come il
petalo di un giglio.
Poggiò la fronte contro
quella della sua ex compagna, si
strinse a lei in un mezzo abbraccio impacciato e pianse
silenziosamente, con
discrezione. Non perché la sua disperazione fosse poca, ma
perché era tanto
grande da non poterla esprimere a voce, o in altro modo.
La sua razza, quella dei Pooka,
solitamente tendeva a non
lasciar trasparire troppo le emozioni, ma lui viveva sulla Terra da
troppo
tempo perché questa “consuetudine”
potesse avere qualche valore, e comunque
amava troppo -amava, non
“aveva
amato”- Galaxia per riuscirci.
Quando lo aveva lasciato secoli prima aveva
sofferto, ma era riuscito a farsene una ragione pensando che insieme ai
suoi
amici doveva sicuramente stare bene, essere viva, in salute e felice;
adesso
però non avrebbe più potuto essere felice, triste
o nient’altro…e lui non
riusciva ancora a capire perché.
Una mano dal tocco gentile gli
accarezzò la schiena e lui si
voltò, pensando -assurdamente- che potesse essere il
fantasma di Galaxia
tornato a visitarlo. Non era così, ad avvicinarsi a lui era
stata nientemeno
che Cecilia, cosa che per ovvi motivi riuscì quasi a
stupirlo. Solo quasi: era
troppo addolorato per riuscire a provare anche stupore. Vicini a lei
c’erano
anche gli altri, Ljuba, Atticus e addirittura Sandelle, che non dissero
una
parola né lo toccarono, condividendo con lui il lutto in
perfetto silenzio.
Silenzio che venne rotto da lui
stesso quando, dopo qualche
minuto, riuscì finalmente a parlare.
«com’è successo?» chiese,
quasi
sussurrando.
«lei y
Ljuba erano
a Burgess. L’idea era de
prendere uno
dei niños vostri amici
per scambiarlo
con Pitch. Sì, era un
piano squallido» ammise Cecilia «ma non gli avremmo
fatto del male per davvero, non a un niño.
Se fosse andata bien sarebbe finita
molto presto…invece es
arrivata Shu
Yin. Ci spiavano da giorni y ne hanno approfittato. L’ha
uccisa y es
andata via».
Cecilia aveva detto bene, quella di
rapire un bambino era
un’idea squallida anche se con buoni fini, ma al momento a
Calmoniglio non
poteva importare di meno. «ma perché?!»
alzò gli occhi per guardarla «non ha senso!
Perché mandare Shu Yin a
ucciderla?! Perché Galaxia?! Io…io
non capisco…chi può aver avuto un’idea
del genere, perché gli altri» ossia i
suoi colleghi Guardiani «lo hanno permesso?!»
«non s-»
iniziò a dire Ljuba, ma venne interrotta.
«l’Hombre
en la Luna».
Sentendo Cecilia dire ciò,
Ljuba e Atticus si scambiarono
un’occhiata attonita. Non si era deciso di lasciargli credere
che fosse morto?
Perché Cecilia l’aveva tirato in ballo, era forse
impazzita? Che diavolo aveva
in mente di fare?!
«c-cosa…ma era
morto!» farfugliò Calmoniglio, guardando
Cecilia con gli occhi verde smeraldo completamente sbarrati.
«creímos
que estaba
muerto porque abbiamo dato per scontato que
non potesse essere sopravvissuto alle ferite que
dovevano avergli inferto, ma non sapevamo veramente que
fine avesse fatto…finora» disse Cecilia,
senza mai distogliere lo sguardo da quello del Pooka «a chi
altri il resto dei
Guardiani avrebbero permesso de hacer una cosa simile? De
usare Shu Yin como braccio armato asì que
loro restassero tecnicamente “puliti”?
A chi altri, se non lui?»
Forse era colpa del lutto e del
profondo shock subìto sia
per la morte di Galaxia che per quest’ultima rivelazione, ma
a Calmoniglio non
veniva in mente alcuna alternativa. Niente. Nessuna. Zero.
In un contesto più “normale” non ci
avrebbe creduto, ma
ultimamente erano venuti fuori in tutti quanti, lui stesso incluso,
lati
nascosti che non pensava esistessero.
«poi, “porque
Galaxia”? Purtroppo es simple. Noi
cinque -sei, contando Shu Yin-
siamo
stati concepiti da Manny como un
premio da dare a dei sottoposti meritevoli, y
tu, que non hai abbassato
la
testa y accettato que
Pitch andasse lasciato in vita, non
lo sei più».
Aster abbassò la testa e
tornò a guardare il volto di
Galaxia con aria quasi assente, mentre Cecilia continuava a parlare, e
ogni
frase andava a conficcarglisi profondamente nel cervello.
«tú
eres un
traditore, y te ha punito asì, riprendendosi il regalo que te aveva fatto. Se così
non fosse,
anche Ljuba sarebbe stata attaccata. Invece no: solo Galaxia, guarda
caso».
Socchiuse gli occhi, e le sue mani
strinsero convulsamente
le lenzuola mentre sentiva il suo battito cardiaco iniziare a
rimbombargli
nelle orecchie, nella testa, persino nelle mani che tremavano
leggermente a
ogni pulsazione, tanto erano potenti.
Oltre al dolore adesso provava anche
rabbia, una rabbia
sepolta tanto profondamente dentro lui da essere rimasta celata fino a
quel
momento. Aveva creduto di essere arrivato al limite cinque giorni
prima, ma si
era sbagliato completamente: si era trattato soltanto della prima
grossa crepa.
Aveva perso tutto per colpa
dell’Uomo Nero, aveva passato
secoli e secoli in solitudine fin quando erano spuntati fuori Manny,
Nightlight
e gli altri Guardiani, ai quali aveva finito per unirsi. Aveva giurato
di
difendere la speranza e i bambini della Terra, di dedicare tutta la
propria
vita a tale compito, ed era stato esattamente quello che aveva fatto
giorno
dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo…per cosa? Perché al suo primo
“no” gli venisse tolto quello che aveva
di più caro al mondo, di nuovo,
mentre persone come Pitch Black e anche Shu Yin, che sembrava non
essere migliore
di lui nonostante le apparenze, venivano protette sempre e comunque?!
«i tuoi colleghi hanno
fatto juramento a l’Hombre
en la
Luna de proteggere i bambini, ma lo que
vedo io no es proteggere bambini.
Manny…gli
altri Guardiani…yo li
vedo proteggere
assassini».
Calmoniglio si alzò
lentamente in piedi, con l’immagine di
Galaxia negli occhi e quelle orribili -ma veritiere- parole nelle
orecchie.
“protettori
di assassini”. Tutta la verità, solo la
verità, nient’altro
che la verità.
L’essere che aveva fedelmente servito per secoli era
esattamente
questo, un protettore di assassini e a sua volta un assassino, del
tutto
indegno del suo retaggio, e i suoi compagni si erano ridotti a essere solo quattro schiavi in grado di fare nient’altro se non dire
“sissignore”.
Se lui
avesse contato qualcosa -almeno per loro- avrebbero impedito
quell’omicidio in
ogni modo, ma non era così: lui, per i suoi colleghi e
cosiddetti “amici”, contava
meno di niente, ancor meno che per Manny.
Era giunto il momento che
raccogliessero quello che avevano
seminato.
Fino a quel momento aveva accampato
la scusa della debolezza, ma
ormai non c’era più motivo di farlo. Non
c’era motivo di rimandare il
conflitto, ora che non aveva più nessuno da proteggere.
“protettori
di
assassini”.
Mai più.
«voglio che tutti coloro
che le volevano bene possano dare a
Galaxia l’ultimo saluto» disse Calmoniglio, con
voce fredda come non era mai
stata «poi vi porterò dai Protettori di Assassini
con le mie gallerie. Lascerei
qui solo un certo numero di immortali, in modo che la Fabbrica non
resti “scoperta”»
aggiunse, guardando tutti gli Insorti «arriveremo in un
attimo. Volevate la
guerra? Benissimo. Si va in guerra…e che gli Dei abbiano
pietà di loro, perché io
non l’avrò senz’altro».
Che cos’è il
genio?
Fantasia, intuizione, decisione, e velocità di esecuzione*.
Poco prima Cecilia aveva tanto
denigrato le sue stesse doti,
ma non c’erano molte persone che, come lei, nei momenti
più critici riuscissero
a sfruttare al meglio le poche carte che avevano in mano.
«non l’avremo
nemmeno noi. Esto es seguro».
:: Irlanda
::
«ora che hai fatto allo
spiedo un coniglio su due sarai
contenta, immagino».
Tanith continuò a
fluttuare pigramente in aria, mentre i “fili”
luminescenti del dolore che stava assorbendo illuminavano buona parte
della sua
lunga coda nera. «abbastanza. Quando il coniglio vivo si
deciderà a usare
quelle sue belle gallerie per portare qui i suoi nuovi amici e dare
inizio alla
battaglia, allora sì che potrò definirmi
soddisfatta» disse, avvicinandosi all’Uomo
Falena senza avvolgerlo con le sue spire come spesso soleva fare
«almeno per un
po’».
Detto ciò Tanith si
aspettava la puntuale battuta su peso,
diete e serpenti grassi in genere, ma questa non arrivò:
Mothman rimase in
silenzio, intento a osservare un punto indefinito nel cielo con i suoi
enormi
occhi rossi, come se fosse in grado di vedere qualcosa che lei non
riusciva a
scorgere, o piuttosto ne cogliesse le avvisaglie.
L’Ephemeride non era sicura
che quel silenzio le piacesse, per cui decise di interpellarlo in
proposito. «vedi
qualcosa d’interessante?»
«a seconda dei punti di
vista» rispose lui «senz’altro metterai
su peso, ma è certo che i chili di troppo non fanno molto
comodo, quando si
devono evitare oggetti taglienti…e
tante
appendici».
Dopo millecinquecento anni Tanith si
era abituata ai suoi
discorsi criptici, e di solito riusciva anche a interpretarli
abbastanza
facilmente, ma non in quel caso.
Aveva capito che secondo Mothman c’era qualcosa a cui
avrebbe dovuto stare attenta, ma non riusciva a immaginare di cosa -o
chi- si
trattasse. Non c’erano molte cose che potessero far paura a
un’Ephemeride, se
non un’altra sua simile più vecchia,
più sveglia e più potente, ma era
un’opzione
che Tanith si sentiva di escludere a prescindere, dal momento che lei
stessa
era l’Ephemeride più vecchia che conoscesse.
«presumo che le appendici di cui
parli non appartengano a te».
«non
c’è motivo per cui le mie appendici debbano darti
noia,
se mai avrebbero potuto darti piacere…se avessi avuto altri
interessi oltre al
cibo. Finirai per non entrare più in quei tuoi top ben poco
elasticizzati, mia
adorabile parassita».
«passerò da una
extra small a una small, che problema c’è? Tanto
me li cucio da sola» aveva risposto a tono, ma non si sentiva
ancora del tutto
tranquilla. «nessun’altra notizia dal servizio
previsioni futuro?...già, chissà
cosa te lo domando a fare» sospirò «so
benissimo che non dirai altro».
«appunto»
confermò Mothman con la sua voce profonda.
«solo una cosa: non avevi
detto al folletto barbuto che il
suo bel parcheggio non sarebbe stato ruspato via?»
Chissà dove si era
nascosta Tanith in quel frangente, se tra
le pareti della locanda, in qualche colonna o nel pavimento. Non che
lui non
fosse stato consapevole della sua presenza, ma sinceramente non
l’aveva proprio
vista.
«esatto. Il
parcheggio!»
Nonostante la spada di Damocle che
forse le incombeva sulla
testa, Tanith si concesse una risatina. «penso che gli umani
ti definirebbero
un “infame trollone”».
Anche l’Uomo Falena fece
una bassa risata. «un’altra cosa
che dipende dai punti di vista…in fin dei conti io non ho
fatto altro che dire
la verità. Buon appetito, cara. Vedi di non farti venire
un’indigestione, mi
raccomando».
* citazione dal film "Amici Miei".
Ormai non perdo neppure tempo a cercare di giustificare i miei ritardi,
anche perché di giustificazioni particolari non ce ne sono
:'D
So che è un capitolo piuttosto introspettivo, ma non credo
che potesse venire fuori altrimenti, considerando i personaggi mostrati
e quel che è successo. Probabilmente alcuni di voi si
aspettavano che Calmoniglio mostrasse la propria rabbia in maniera
diversa, e all'inizio sinceramente me lo aspettavo anche io, ma alla
fine le cose hanno preso un'altra piega...e non mi dispiace lo stesso
:'D questo ovviamente non lo rende meno furioso, a modo suo
è schizzatissimo, adesso come adesso.
Visto l'orario improbabile non mi ricordo tutto quello che volevo dire,
se non "occhio alle parole dell'Uomo Falena".
Grazie a tutti coloro che hanno letto, aggiunto la storia alle
"seguite" e alle "preferite", e soprattutto a coloro che mi hanno fatto
conoscere la loro opinione su questo bizzarro accrocco di parole e
personaggi :)
Buonanotte e alla prossima,
_Dracarys_
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo VI ***
Capitolo
VI
=Let
the ceiling fall=
«ti va bene
sì o no?»
Pitch non capiva neppure
perché se la stesse prendendo
tanto. D’accordo, Emily Jane era biologicamente sua figlia,
ma erano
letteralmente secoli che non avevano più un rapporto degno
di tale definizione,
e lui l’aveva da poco attaccata e privata dei suoi poteri.
Non riusciva a
comprendere il motivo per cui quel “vorrei che fossi morto tu
al posto di
mamma” lo avesse trafitto come una pugnalata nel petto, o
come la lancia che,
nell’incubo di prima, Shu Yin gli aveva conficcato nel ventre
col benestare
della sua defunta moglie Aleha. Giusto…forse quella reazione
c’entrava sempre
col suddetto incubo.
O forse c’era di mezzo
dell’altro: aveva sentito chiaramente
le parole di sua figlia colpirlo nel profondo, ma non aveva idea di quanto.
«prima devi spiegarmi il
significato di quella frase!»
esclamò la donna «da quando in qua mi credevi
morta?!»
Suo padre era stato il primo ad
andare a toccare un nervo
scoperto dicendole che nessuno l’avrebbe mai voluta vicina,
ma ciò non toglieva
che la risposta che aveva dato alla sua frase maligna fosse stata
addirittura
più pesante, ed Emily Jane se n’era resa conto.
Quello lì, alla fin fine, purtroppo
restava sempre il suo pessimo padre.
Il quale aveva appena affermato
qualcosa che l’aveva confusa
non poco, al punto di far passare in secondo piano averlo trovato
nell’idromassaggio con quella schifosissima lurida carogna
infame di Eve. “da dopo che casa
nostra è stata distrutta,
per dodici anni ho creduto che tu fossi morta davvero”…
Non era quel che ricordava. Le
risultava che lui, molto
semplicemente, non si fosse degnato di cercarla, troppo impegnato con
le sue
grandi imprese da Alto Generale delle Galassie…almeno fino a
quando era stato destituito.
«e da quando in qua a te
interessa qualcosa di quello che
dico?! Quanto possono contare per te le parole di un uomo che vorresti
fosse
morto?!»
«potresti smettere di
comportarti da drama queen almeno per
trenta secondi?!» sbottò Emily Jane, e pur sapendo
che stavolta Pitch aveva
diritto a un minimo di drammatizzazione da soap opera non riusciva a
evitare di
essere arrabbiata: lui non poteva atteggiarsi a vittima, essendo
-secondo lei- il
carnefice.
«permetti che io non sia
felice del fatto che mia figlia-»
«ah, adesso sono di nuovo
tua figlia? Non ex figlia? Sai
com’è, è difficile starti
dietro, dal momento che cambi idea ogni due minuti. Sono tua figlia
solo quando
non hai di meglio per le mani, a quanto sembra! “Io ti
credevo morta”! Come no!»
lo apostrofò, avvicinandoglisi
pericolosamente «te lo dico io perché non ti sei
degnato di cercarmi: visto e
considerato quanto ti è facile rimpiazzare chicchessia,
immagino che tu sia
stato troppo impegnato con chissà quale sgualdrina con la
quale hai sostituito
mia madre!»
Inizialmente Emily Jane non
capì neppure cosa fosse
successo: per un attimo aveva visto tutto nero, e sentito soltanto un
fischio
acuto. Quando però si rese conto di essere caduta a terra, e
che la guancia
sinistra le bruciava, comprese di aver preso il più grosso
ceffone della propria
lunga esistenza.
«non
osare» sentì
dire a Pitch, con una voce quasi ringhiante «dammi la colpa
di tutto quello che
ti pare, odiami quanto vuoi e divertiti a desiderare la mia morte, ma
non
azzardarti mai più ad insinuare che io possa aver disonorato
la memoria di tua
madre, soprattutto in quegli anni. Mai
più!» Emily Jane, ancora scossa e
dimentica di avere più potere di lui, si
lasciò afferrare per il bavero e sollevare come se fosse
stata priva di peso:
incredibile, ma in quel momento era veramente spaventata, oltre che
disorientata. Si era abituata a vedere il padre bistrattato o in
delirio
d’onnipotenza, ma in quel caso si stava comportando in modo
piuttosto diverso
dal solito.
«parli di cose di cui non
sai proprio niente» continuò Pitch
«io ho passato quegli anni a cercare di ottenere giustizia
per quello che le
avevano fatto…quello che vi avevano
fatto! E alla fine sono diventato questo!»
esclamò, con tanta rabbia quanta amarezza
«l’unica soddisfazione che mi resta è
sapere che alla fine tutti i responsabili, diretti e indiretti, hanno
pagato
col sangue. In futuro tieni a mente questo: non permetto a nessuno di
toccare
il ricordo che ho di tua madre, nemmeno a
te» disse, lasciandola ricadere a terra e
allontanandosi «e se devi
rivolgermi la parola solo per sputare veleno, evita: mi è
bastato sognare tua
zia poco fa, non ho proprio voglia di avere a che fare con la sua copia
carbone».
Aveva già detto molto
più di quanto avesse voglia di dire, e
non aveva la minima intenzione di rimanere un istante di più
con Emily Jane,
motivo per cui dopo essersi allontanato a grandi passi dalla stanza
mutò in
un’ombra e scivolò lungo le pareti fino ad
arrivare all’ingresso della suite…un
momento. Ombra?!
Pitch aprì e chiuse le
mani d’ombra, ancora incredulo, prima
di tornare alla sua forma consueta. Allora quella pessima chiacchierata
con
Emily Jane era servita a qualcosa, dopotutto: gli aveva dimostrato che,
contrariamente ai Guardiani e Madre Natura, a lui era possibile
recuperare i
propri poteri anche dopo il Furetur.
“del resto la cosa ha
senso” rifletté “l’origine dei
miei
poteri e quelle dei poteri dei Guardiani sono differenti. A loro i
poteri sono
stati dati, o aumentati e modificati, dall’Uomo nella Luna,
mentre i miei
derivano dall’intera popolazione di demoni che ho dentro.
Millaray e i suoi
amichetti mi hanno tolto il potere da essi generato, non
la fonte, il che significa…”
Sul viso dell’Uomo Nero era
riapparso quel sorriso maligno
che non prometteva mai alcunché di buono. Dopo aver lanciato
un’ultima occhiata
alle sua spalle, forse per verificare la posizione di Emily Jane, si
decise a
lasciare quella suite che in quei giorni era stata per lui sia una
difesa, sia
una sorta di gabbia.
Quella rivelazione per lui cambiava
tutto, ma avrebbe dovuto
essere comunque estremamente cauto: gli seccava non poco, ma sapeva che
era
bene che i suoi momentanei e -per la maggior parte- detestabili “alleati”
continuassero a credere che fosse
relativamente innocuo fino a quando avesse radunato potere a
sufficienza da
tornare a essere problematico. Forse
non ci avrebbe messo molto, dal momento che prima o poi gli Insorti li
avrebbero attaccati, o viceversa…e in quel frangente lui non
avrebbe dovuto
fare altro che cercare di sopravvivere e nutrirsi di ogni stilla di
paura che
la battaglia avrebbe generato.
“il che è
fattibile, perché nella confusione in pochi
farebbero caso alla mia posizione, o se diventassi
un’ombra”.
Il sollievo che provava era tale che
aveva quasi voglia di
mettersi a fischiettare, ma poi, memore della sua situazione, della
conversazione di prima e dell’aver quasi copulato
con la ex di sua figlia, perse ogni voglia di festeggiare anche solo un
po’…e
una bella chiacchierata con Hallows rientrava decisamente nella sua
lista delle
cose da fare.
Decise di scendere al piano di sotto
imboccando le scale.
Avrebbe potuto usare l’ascensore, ma passando per
l’altra strada avrebbe avuto
un’anteprima dell’atmosfera al piano bar…
«…“vi
stavate interfacciando”! Ag fuck thú! Ti avevo detto
una cosa, Sam Hain! UNA!!! Non! Fare!
Puttanate!»
Che non sembrava essere delle
più tranquille.
«a dirla tutta la puttanata
l’hai fatta tu, mandando su
Emily Jane nel momento sbagliato…ma in fin dei conti non
potevi sapere cosa
stavo facendo, per cui niente, diciamo che non è colpa di
nessuno e via. Ehilà! Tu
devi essere l’avvelenatrice di
Pitchioni! Com’è che ti chiami? Chang Ming? Yang
Xue? Man Lo? Non mi
ricordo!»
Shu Yin era
lì?!
Pitch saltò i pochi
scalini che gli restavano, senza
rifletterci troppo. Voleva vederla, voleva
vedere con i propri occhi la faccia di bronzo con cui quella bastarda
traditrice -e forse assassina- si era presentata nella locanda. Voleva
guardarla negli occhi, giurandole che un giorno l’avrebbe
punita per quel che
gli aveva fatto e che non avrebbe avuto alcuna pietà, come
lei non l’aveva
avuta per lui quando lo aveva consegnato ai suoi simili.
L’aveva trattata come
una nuova figlia, e com’era stato ripagato?!
Tuttavia, al di là della
rabbia che provava, una volta in
fondo alle scale si rese conto di non poter ancora fare niente di tutto
ciò,
per gli stessi motivi di prima.
Meglio regolarsi diversamente.
«Shu Yin! Che sorpresa.
Noto che hai nuovamente cambiato
alleati…come del resto è tua
consuetudine».
La ragazza si voltò di
scatto verso di lui, estremamente
guardinga. «può darsi che in certi casi avessi validissimi motivi»
ribatté Shu Yin.
«consiglio a tutti di
guardarvi sempre le spalle, quando
avete a che fare lei» continuò Pitch, avanzando,
come se non l’avesse sentita
«più o meno è come avere una spada di
Damocle a oscillare perennemente sulla
testa. Cambierà alleati appena le farà
comodo».
«ho sperato che Emilia lo
facesse fuori o si uccidessero a
vicenda, ma sarebbe stata troppa grazia» sospirò
Harlequin Saturnali «abbiamo
capito che ti rode essere stato preso per i fondelli da una creatura
che non ha
neppure un mese di vita, ma non è che ci importi
alcunché».
Pitch riusciva a diventare
un’ombra, quindi forse
sarebbe anche riuscito a creare un
proiettile di sabbia nera che trapassasse la riccioluta testa vuota
dell’autoeletto
spirito del Carnevale, ma anche in quel caso era costretto a mantenere
la calma.
«abbiamo anche capito che sei tale e quale a un barboncino
saltellante che
cerca disperatamente attenzioni» ribatté dunque,
ostentando la massima
tranquillità «ma non credo che verrai preso sul
serio facendo una battutina
“pseudo arguta” qua e una là, anche
perché non sei neppure in grado di farle
bene. Allora?» si rivolse a Diarmid «ci sono
novità? I nostri avversari si sono
mossi?»
“cosa
è successo
questi giorni in quella suite?” pensò
Dentolina, guardando Pitch con aria
decisamente confusa. L’ultima volta che lei e gli altri lo
avevano visto era
malandato, infuriato, ridotto quasi all’impotenza e molto
vicino alla nevrosi;
ora invece era in grado di incassare ogni colpo senza battere ciglio,
come le
provocazioni di Saturnali, contrariamente a prima, non lo toccassero
minimamente.
Guardò Eve, che a sua
volta era intenta a osservare le scale
con aria di completo disinteresse, e si disse che lasciarli stare
insieme da
soli per cinque giorni a complottare chissà cosa, e solo per
non ritrovarseli
attorno, era stato un errore madornale…e non aveva molti
dubbi sul significato
di “io e Pitchione ci stavamo interfacciando”.
“Pitch Black ed Eve
Hallows, proprio la coppia più bella del
mondo” pensò, con una smorfia.
«Galaxia è
morta, e sono praticamente sicuro che ci credano
responsabili. Qualcuno ci ha incastrati. Se ci trovassero potremmo avere qualche problema, forse anche con
Calmoniglio…quindi vedi di evitare di crearne a tua volta,
Black. Chiaro?»
«cristallino,
folletto» rispose l’Uomo Nero «ma mi
sfugge
perché dovrebbero ritenerci responsabili. Chi ha cucinato il
coniglio allo
spiedo?»
«ufficialmente è
stata Shu Yin, ufficiosamente non si sa»
disse Eve, prima che potessero zittirla.
«ufficiosamente anche,
allora, visto il soggetto» commentò
Pitch, senza degnare Shu Yin di un’occhiata. «ha
mentito, se vi ha detto il
contrario».
«Aiko ci ha già
confermato che ha detto la verità, quindi è
inutile che provi a farci pensare chissà cosa»
affermò Jack «perché tanto non
attacca, Pitch!»
L’Uomo Nero
guardò Dentolina, e indicò Frost con un cenno
del capo. «…e con questo siamo a due fidanzati
persi!»
«stai
zitto!!!»
gli intimò la Guardiana «non sai proprio niente,
sei l’ultimo che può parlare e
ti hanno appena detto che non devi creare problemi…quindi
cerca di far entrare
questo semplice concetto nella testa di legno che ti ritrovi!»
Baba Yaga sghignazzò.
«nervo poco scoperto, eh?»
«Dio Cristo santissimo, fatela
finita!» sbottò April
«potremmo essere in guai seri, basta con le
frecciatine!» facendo un grosso sforzo di volontà,
si voltò a guardare Pitch
«che ne hai fatto di Emily Jane?!» giustamente
veder scendere dal piano
superiore l’Uomo Nero prima della succitata l’aveva
allarmata, visto il
soggetto.
«quindi ora non sei
più tanto spaventata da non volermi
nemmeno guardare troppo» commentò Pitch, senza
rispondere alla sua domanda e
studiandola «dov’è che ti ho
già vista? Più ti guardo e più mi
sembri familiare…comunque
sia, Emily Jane sta benissimo, e tornerà qui a insultarci
tutti anche troppo
presto» Pitch alzò gli occhi al cielo
«allora, parliamo di cose serie: andiamo
al Polo Nord e attacchiamoli adesso».
«cosa? Adesso?!»
allibì Nightlight «non è il momento
adatto!»
«con tre succubus
su
cinque fuori gioco secondo te non è il momento adatto?
Diamogli addosso ora, prima
che lo facciano loro!» ribatté Pitch.
«da dove viene tutta tua
voglia di combattere? Non avevi
molta, fino a qualche giorno fa» osservò Nord
«e comunque sono fuori due su
cinque. Atticus è vivo, Cupido ha mandato Finn»
indicò il ragazzo che Pitch non
aveva mai visto, seduto vicino a Eve «a dirlo a noi poco fa,
e poi c’è altro
che-»
«tre su cinque, due su
cinque, più o meno fa lo stesso»
minimizzò l’Uomo Nero «Galaxia
è morta, Shu
Yin Borgia è la colpevole e ora è qui,
credete veramente che il coniglio
sopravvissuto se ne starà tranquillo? Credo che sia meglio
colpire per primi».
«di’ un
po’, non è che in questi giorni hai ideato un
qualche piano strano dei tuoi?» la Befana guardò
April «mi sa che è il caso di
dargli un’occhiatina in testa».
April impallidì, e
Harlequin sbottò uno “stai
zitta!” all’indirizzo di Liesel, ma
era troppo tardi.
“dargli
un’occhiatina
in testa”…come aveva fatto a non
arrivarci subito?, si chiese Pitch,
guardando nuovamente April; occhi di quella sfumatura di blu, tanto
più su una
creatura che secoli prima era una mortale, non si vedevano certo tutti
i
giorni. «la ex-piccola
Anine
Sørendatter, nientemeno!» esclamò,
vedendo la ragazza irrigidirsi «oggi è
proprio il giorno delle rimpatriate…ma devo dire che sei
stata davvero
maleducata a non salutare un tuo vecchio conoscente».
La maggior parte degli spiriti si
stupì, non conoscendo
nulla della storia che li legava. Molti non sapevano neppure il vero
nome di
April Saturnali, figurarsi il resto.
«stammi
lontano»
lo avvisò April.
«altrimenti?»
Pur avendo il cuore che batteva fin
troppo forte a causa
della paura, April si sforzò di sostenere il suo sguardo e
affrontarlo prima
che Titus o chicchessia intervenisse in sua difesa come un prode
cavalier
servente di cui lei voleva dimostrare di non aver bisogno.
«prenderò dalla tua
mente le cose che vuoi tenere nascoste, specialmente quelle
più umilianti, e le
farò conoscere a tutti i presenti e a qualunque spirito mi
capiterà di
incontrare. Non mi stupirebbe se ci fosse qualcosa peggiore anche del pitchione».
Aveva mantenuto la stessa presunzione
di quando era una
mocciosa di sette anni, pensò Pitch, ed evidentemente non
aveva capito la
lezione. Lui aveva ucciso sua nonna, aveva fatto uccidere sua madre e
distruggere la sua casa, eppure non era bastato.
«sì, ma ricorderai pure che il
gioco non vale la candela, e non ci sono in giro civette pronte a
salvarvi».
“hai ragione, non ci sono
civette, ci sono solo un centinaio
di spiriti a cui non sei molto simpatico” intervenne Sandman,
con la faccia
scura “alcuni dei quali ti hanno appena ricordato che ti
converrebbe evitare di
dare problemi. Quindi ti consiglio vivamente di lasciar stare questa
ragazza.
Primo e ultimo avviso”.
«come volete, messer
Sandman» Pitch alzò gli occhi al cielo
«in fin dei conti tutto quel che
volevo fare era salutare».
«potevi dire
“ciao”» commentò Finnan
«è più corto e non ti
fa guardare male da tutti gli spiriti del circondario».
Pitch avrebbe voluto rispondere
qualcosa, ma proprio in quel
momento Emily Jane fluttuò lungo la scalinata con la solita
aria snob/ti do
fuoco, guardando malissimo sia lui sia Hallows. Non che a
quest’ultima
sembrasse importare.
«…se mi lasciavi
finire, Pitch, io ti stavo dicendo che c’è
anche dell’altro oltre a morte di Galaxia!» riprese
Nord in un patetico
tentativo di cambiare argomento, pur ripromettendosi di informarsi di
più su
tutte quelle strane questioni «Insorti hanno rapito bambina!
Noi non possiamo
attaccare loro così e rischiare sua vita!»
«così hanno
deciso di giocare sporco» commentò
l’Uomo Nero «un’assicurazione.
Ha senso».
Le sensibili orecchie di Aiko, a quel
punto, captarono
qualcosa che la spinse a voltarsi e dare un’occhiata
all’esterno, attraverso le
finestre magiche. «non vorrei dirlo, ma temo che adesso
abbiamo un serio
problema!»
Tutti quanti i presenti, sentendo
ciò, si girarono a loro
volta verso le finestre.
«no…ma
non è
possibile!» esclamò Jack, volando ad
appiccicarsi contro il vetro «Calmoniglio
non può fare sul serio!»
Da un indefinibile numero di gallerie
nel terreno stavano
spuntando decine di spiriti, ma quello che preoccupava di
più Jack era Calmoniglio,
di cui aveva riconosciuto la sagoma in lontananza -anche se sembrava
diversa
dal solito- come aveva riconosciuto quelle di Atticus, Ljuba e Cecilia,
che
fluttuavano sopra al Pooka.
Non riusciva a credere che alla fine
li avesse traditi davvero, proprio
lui che, caratteraccio
a parte, gli era sempre sembrato un essere integerrimo come pochi.
«Nightlight, tu vai a
mettere Manny al sicuro da qualche
parte!» gridò Nord «a principe non deve
accadere niente!»
«possibilmente nemmeno al
resto di noi, grazie tante»
borbottò Baba Yaga.
Il Leprecauno lanciò a
Nightlight due monete dorate. «una per
portarlo al sicuro, una per tornare!»
«grazie!»
esclamò il guerriero, afferrandole al volo «Aiko,
vieni con me!» aggiunse senza sapere bene perché,
mentre scattava in direzione
dell’infermeria.
“la ragazza cornuta e il
cianotico fisiologico, è nato
l’ammmore!”
pensò Pitch. «che diavolo facciamo adesso?! Se
usciamo fuori ce li troviamo
davanti, se aspettiamo verranno dentro loro!...il folletto dovrebbe
dare a
tutti quelle monete, almeno potremmo fuggire come loro!»
«ma come, non dicevi
“diamogli addosso” fino a due minuti
fa?» Hallows gli si avvicinò, fissando il
corridoio che conduceva
all’infermeria «la tua coerenza è da
premiare, dàichealachd…ma se
ti
consola, non credo proprio che quelle monete arriveranno dove devono
arrivare».
«non so neppure se ci
arriveranno Nightlight e Aiko» aggiunse
Finnan, osservando lo stesso punto.
Pitch li guardò perplesso,
spostando lo sguardo da loro al
corridoio senza notare niente di strano. «perché
non dovrebbero? E comunque tu
e io dobbiamo parlare, Hall-»
«ci vediamo al parcheggio,
Finn».
Pitch voleva parlarle, ma Hallows
sembrava avere tutt’altre
intenzioni: andò alle spalle di Emily Jane, la tramortì con un colpo
dell’elsa della spada e, dopo essersela
caricata su una spalla nemmeno fosse stata un sacco di patate, corse
nel
corridoio che conduceva al parcheggio.
L’Uomo Nero non aveva idea
di quello che Eve avesse in mente
di fare, ma se voleva andare in quel posto c’era sicuramente
una ragione,
quindi forse faceva meglio a imitarla prima che fosse tardi. Gli altri
spiriti
si stavano tutti accalcando attorno alle finestre, o cercavano una
qualsiasi
via di fuga: nessuno badava a lui. Fece un respiro profondo, inalando
la paura
che, assieme allo sgomento e alla confusione, aveva iniziato a regnare
nella
sala.
“l’assorbirò
anche dal parcheggio” pensò, approfittando
della calca per diventare un’ombra e dileguarsi.
«papà,
dobbiamo andare
al parcheggio!» gridò Finnan al
Leprecauno «...e tu vieni con me» aggiunse,
vedendo che Shu Yin gli era accanto.
«…prego?!»
La ragazza non ebbe tempo di dire
altro, perché venne
sollevata come un fuscello, stretta al petto muscoloso di Finnan e
portata via di
corsa come fosse stato il salvataggio di una principessa delle fiabe.
O il ratto delle Sabine, a seconda di
come si voleva vedere
la questione.
«mettimi
giù!» gli
intimò la ragazza, non molto contenta di
quell’atto «so correre da sola! Dove
mi stai portando?!»
«al parcheggio, come ho
detto prima a mio padre» ribatté
Finnan «zia Sam ha preso Emily Jane ed è corsa
lì, dubito che l’abbia fatto
senza motivo. Ti sto rapendo per una buona causa».
«ma perché
proprio me?» gli domandò Shu Yin. Con Pitch il
metodo “domanda diretta” non era troppo
consigliabile, ma da quel poco che
aveva visto di Finnan le sembrava un buon modo per fargli dire quel che
le
interessava -almeno un minimo- e
non
rischiava di finire intrappolata in un incubo eterno.
«sarà il fascino
da cattiva ragazza, o forse mi piace
fingermi una sottospecie di cavaliere. Ma può
darsi anche che l’abbia fatto perché
eri a circa dieci centimetri dal
sottoscritto. Scegli la tua versione, ne ho altre!»
«mi stai veramente
prendendo in giro per le espressioni che
uso? In un momento del genere?»
«può
darsi!»
La stava portando in salvo
-così diceva- e tutto quanto, ma
era ufficiale: Shu Yin non lo sopportava proprio. Ovviamente non
meditava di
avvelenarlo ma sperava di non vederlo più, se fossero
entrambi sopravvissuti a
quel caos.
Quando raggiunsero il parcheggio, con
sua sorpresa, vide
accanto alla nave di Sandy un Uomo Nero decisamente nervoso discutere
con Eve
Hallows, che invece sembrava perfettamente tranquilla. Quanto a Madre
Natura,
era sdraiata a terra e ancora incosciente.
«…perché
l’hai capito da quel che ha detto
Mothman?! Stai scherzando?!!»
«se si tratta di previsioni
di disastri c’è da fidarsi, sono
abbastanza convinta che il parcheggio resterà in piedi. La
locanda invece un
po’meno».
Il piccolo gruppo fece appena in
tempo a riunirsi, perché a
quel punto la terra cominciò a tremare.
Forte.
Facevano più paura gli
immensi squarci che si stavano
aprendo aperti nel pavimento, o il “grido” del
terremoto? Non era possibile
stabilirlo.
«Sandy!!!»
urlò Nord, riuscendo a evitare per un pelo
una trave che stava per cadergli addosso «Sandy!»
Non aveva urlato alcuna istruzione
precisa, ma il Guardiano,
seppur nella completa incredulità per quel che stava
succedendo -attaccati da Calmoniglio!-
era riuscito a intuire cosa gli stava chiedendo, e iniziò a
creare rapidamente
un grosso scudo di sabbia, mentre avvolgeva attorno ai Saturnali una
“corda”
fatta dello stesso materiale, attirandoseli immediatamente vicini.
«chi non si
può proteggere correte tutti qui!!!»
gridò Babbo Natale «Sandy
proteggerà!»
«protego
totalum…salvo hexia…»
mormorava intanto la
Befana, creando a sua volta uno scudo trasparente in cui si fiondarono
diversi
cherubini e diverse ninfe.
«Saol!!!»
l’urlo del cherubino Hebiel sovrastò tutti
gli altri vedendo il suo collega finire inghiottito da una voragine e
schiacciato da una trave. Non era stato abbastanza veloce, e aveva
avuto una
sorte analoga ai diversi componenti dell’esercito che in quel
momento si
trovavano nelle loro stanze, e non al piano bar.
«io quel coniglio lo faccio
allo spiedo» fu il solo commento
di Baba Yaga, che vedendo Liesel cavarsela tranquillamente da sola si
chiuse
semplicemente in una bolla nera fluttuante.
«DIARMID, DOVE
VAI?!» si sgolò Nord, vedendo
l’amico
folletto dirigersi verso l’ingresso principale, martello alla
mano, ed evitare
le spaccature del pavimento e le parti di soffitto che stavano
crollando.
«non gli permetto
di distruggere LA MIA CASA solo perché
gli hanno ucciso la fidanzata!!!» urlò
il Leprecauno, vicino alla
disperazione «non glielo permetto!!!»
Aveva già perso la sua
attività una volta, non poteva
lasciare che anche la sua locanda venisse distrutta così;
non poteva permetterlo,
non dopo tutti gli anni in cui si era ammazzato di fatica per
riprendersi dal
primo fallimento, per tirare su quel posto dentro una collina e per
mantenerlo.
Quel locale che un giorno avrebbe voluto gestire assieme a suo figlio
-avrebbe
pur messo la testa a posto, prima o poi!- e che, sì, era
anche la sua casa
ormai da diversi secoli.
Aveva sentito benissimo Finnan dirgli
che doveva andare al
parcheggio, e aver visto Sam Hain correre proprio in quella direzione
con Madre
Natura in braccio gli aveva fatto capire che quello era un posto sicuro
per
qualche ragione, ma lui, proprio perché convinto che suo
figlio fosse al
sicuro, aveva altre intenzioni. Avrebbe potuto far fuggire di
lì molti come
aveva fatto per Nightlight, Aiko e Manny, ma quando il pavimento si era
spaccato aveva smesso di ragionare.
«non fare il
deficiente, finirai solo per farti
ammazzare!» urlò Harlequin, che
utilizzando la telecinesi sui vestiti del
folletto riuscì a trascinarlo al riparo.
«non venire a dire a
me cosa devo fare! Lasciatemi
andare!!!» sbraitò il Leprecauno
«lasciatemiii…i…»
Si accasciò tra le braccia
dei Saturnali, perché Sandman lo
aveva fatto provvidenzialmente addormentare…ma
c’era anche un altro problema.
«Shu
Yin!...dov’è Shu Yin?!» urlò
Jack, riuscendo a
recuperare due cherubini che stavano per cadere in una voragine per poi
lanciarli nello scudo creato da Sandy.
Frost non aveva un bel rapporto col suo
“dono”, ma purtroppo la magia
dell’Uomo nella Luna era quello che era, e lui era
istintivamente portato a
preoccuparsi della sua salute, soprattutto se le era vicino.
«Jack, torna qui!»
strillò Dentolina «non pensare
a cercare lei, vieni al riparo!»
«devo trovarla!»
Peccato che il suo mestolo da cucina
-che gli serviva per
volare- non fosse d’accordo e, per volere di Harlequin, lo
trascinò nello
scudo, che si chiuse definitivamente.
«devo uscire!»
«non devi preoccuparti per
lei, il suo cristallo è attivo,
ha un ottimo istinto di sopravvivenza e al momento potrebbe anche
essere a
migliaia di chilometri da qui!» gli fece notare Dentolina.
“anzi,
lo è di
sicuro” non poté evitare di aggiungere,
anche se mentalmente “considerando
che tipo è!”
«momento, manca
qualcuno…dove è Pitch?! Ci siamo dimenticati
di lui!» esclamò Nord.
«con un po’di
fortuna è stato schiacciato da una trave o che
di simile, e la sua testa è esplosa come una
pustola» disse Saturnali «ma mi sa
che sono troppo ottimista».
«speriamo che almeno
Nightlight, Aiko e Manny ormai siano
lontani dal disastro» mormorò Dentolina.
«Nightlight!!! Le
monete!» strillò Aiko «qui
crolla tutto, sbrigati!»
Non c’era bisogno che Aiko
lo puntualizzasse, la guardia del
corpo dell’Uomo nella Luna se ne stava accorgendo
perfettamente da solo, ma c’era
un problema…
«non le ho! NON
TROVO LE MONETE!» urlò,
spaventatissimo sia per sé, che per Aiko, che per Manny.
«come sarebbe a dire che
non le trovi?! Le avevi in mano!!!»
«lo so!»
Cos’era successo? Le aveva
forse perse nella corsa senza
rendersene conto? Non era in grado di spiegarselo, ma sentiva -ancora
una
volta- il peso del fallimento. Doveva ringraziare che fosse solo
quello, e non
anche il peso del soffitto che minacciava di cadere da un momento
all’altro.
«venite vicini a
me!» esclamò Manny «non possiamo
andarcene,
ma posso proteggerci dal crollo!»
“proteggiciproteggiciproteggiciproteggici…”
Così come Jack aveva
bisogno del bastone, lui aveva bisogno
dei macchinari lasciatigli dai genitori per fare determinate cose, ma
in realtà
il vero potere era dentro di lui: quando era molto piccolo non aveva
forse
salvato la vita a Sandman esprimendo un desiderio?
Motivo per cui la bolla luminosa che
avvolse lui, e i due
ragazzi era integra, lucida e forte abbastanza da resistere
all’impatto di
tutto quel che le crollò addosso l’istante dopo.
«mi dispiace, mi
dispiace signore, io…io avevo le
monete e le ho perse!»
«non fa niente, ci
salveremo lo stesso da
l crollo...è per il
dopo che temo, e anche per la salute di tutti gli
altri!» disse.
«“let
the ceiling fall/ when it crumbles… we
will stand tall/ face it all
together, at ceiling-fall...”»
Manny impallidì. Gli altri
due spiriti non davano mostra di
aver sentito alcunché, troppo impegnati a osservare il
collasso dell’edificio
attorno a loro, ma lui aveva avvertito chiaramente quella voce al suo
orecchio,
e avrebbe giurato di aver sentito persino le labbra sfiorarne il lobo.
Aveva riconosciuto la voce della
creatura che lo aveva
ferito gravemente e gettato in mezzo al caos. Non sapeva come fosse
possibile,
e sperava in un’allucinazione uditiva, ma non ci credeva
troppo.
“non vi avrei mai lasciati
fuggire, non ora che il bello è
iniziato”.
E faceva bene perché, se
Tanith fosse stata visibile, l’avrebbero
vista guardarli…con un sorriso e le monete del Leprecauno in
mano.
«che abbiate il castigo che
meritate, Protettori di Assassini!»
La sola cosa che provava Calmoniglio
era furia allo stato
puro. Non c’era spazio per la compassione, non
c’era spazio per il rimorso o
per i ricordi di un’amicizia e di una fedeltà
durata secoli: voleva solo che i
suoi colleghi -anzi, ormai li considerava ex colleghi- pagassero per
quel che
avevano permesso fosse fatto…e tutti coloro che li stavano
appoggiando dovevano
fare la stessa fine, perché non erano persone migliori.
Un ragionamento che gli sembrava
perfettamente lineare,
specialmente ora che si era imbottito di cioccolato fondente. Dieci
tavolette,
ingurgitate in nemmeno mezzo minuto: praticamente
un’overdose, ma era una vita
che non si sentiva così forte.
Fino a quel momento si era molto
contenuto e aveva evitato
di mangiare più di un cioccolatino per volta. Lo aveva fatto
per il trauma
dovuto allo sterminio della sua razza da parte di Pitch, ma anche per
la
consapevolezza dei danni che avrebbe potuto fare e per un codice morale
che si
era imposto, perché uno spirito che agiva
in difesa dei bambini non poteva essere veramente
pericoloso…ma non gli importava più
neppure di quello,
ormai.
Batté nuovamente un piede
contro il terreno, e gioì nel
sentire l’ “urlo” della terra che tremava
e si spaccava, unito alle grida di
tutti coloro che erano nella locanda del Leprecauno. Quel folletto, che
trovava
anche piuttosto simpatico, si era schierato dalla parte sbagliata.
Peccato.
Peggio per
lui.
Fece un respiro profondo, facendo
gonfiare un torace che
grazie al cioccolato era come minimo quadruplicato di volume, come del
resto
era aumentata la sua altezza: era passato da un metro e ottantacinque
centimetri a oltre tre metri. Si era anche ritrovato quattro braccia in
più, ma
la cosa non lo infastidiva: oltre ai boomerang, ai quali non aveva
rinunciato,
volendo poteva tenere in mano anche quattro fucili senza alcuna fatica.
Vide la collina iniziare a collassare
su se stessa e, anche
se non sorrise, intimamente si sentì alquanto soddisfatto.
“Non imboccare la
strada dell’odio, Aster”! “La vendetta
non serve a nulla, Aster”!
«in
compenso fa
sentire benissimo!» esclamò, rivolto a
nessuno in particolare.
Somigliava terribilmente a Pitch
Black nelle prime ore in
cui era stato posseduto e si era dato da fare per massacrare tutti i
responsabili della sua rovina, ma non poteva saperlo.
Così come non si rendeva
conto, o non dava importanza, al
fatto che i tre Insorti lo stessero tenendo d’occhio con la
massima attenzione.
«sembra che la mossa
imprevista che hai fatto abbia
funzionato» disse Ljuba a Cecilia, senza particolare
compiacimento. Non perché
fosse invidiosa di non essere stata lei ad avere l’idea,
Ljuba era una donna
adulta con un cervello altrettanto “adulto”, ma
perché in termini strettamente
pratici avere a che fare con un Pooka fuori di testa dalla rabbia
avrebbe
potuto diventare problematico, se mai tale forza si fosse rivoltata
contro di
loro. Oltre a questo non le piaceva neppure vedere Calmoniglio
così “snaturato”,
ma era secondario.
“non sarebbe piaciuto
neppure a Galaxia”.
Vero, ma Galaxia non poteva
più esprimersi, e Calmoniglio
era in quelle condizioni proprio per tale motivo.
«es
buona cosa poder mettere in campo
un essere que volendo potrebbe
facilmente spaccare
todos los
continenti in miriadi de
piccole isole, sabes. O affondare
direttamente le terre emerse».
«avrebbe davvero tutto
questo potere?» Atticus sollevò le
sopracciglia, sorpreso.
«cuando
Pitch
divenne lo que es y
combatté i Pooka,
aveva potere suficiente da
distruggere tranquillamente una serie de
pianeti, eppure quasi perse. Così mi ha
raccontato» disse Cecilia «despues
riuscì a ucciderli tutti lo
stesso, ma no fue simple».
«Pitch dotato di potere
sufficiente a distruggere pianeti
nemmeno fosse Galactus…non voglio neppure
immaginarlo» borbottò Atticus «per
fortuna che adesso è gestibile. A proposito di
gestibilità» indicò Calmoniglio
con un cenno del capo «come affronteremmo la cosa, se dovesse
dare
completamente fuori di matto e iniziare ad avere voglia di far fare a
tutti i
continenti la fine di Atlantide?»
Per qualche istante nessuno dei tre
parlò, forse perché
avevano tutti in mente la stessa risposta.
Cecilia imbracciò il
fucile da caccia grossa che, al di là
dei poteri, si era portata appresso.
«se non altro sarebbe feliz
de riabbracciare Galaxia».
Sono in ritardo vergognoso. Mea culpa, mea culpa, mea grandissima
culpa...e anche del portatile che ha deciso di rompersi,
perché ovviamente qualcosa doveva succedere!
La prima cosa che ci tengo a dire è che quello che racconta
brevemente Cecilia proprio qui, nell'ultima parte, non è
farina del mio sacco: tutto canonico! Pitch aveva il potere di
distruggere interi pianeti ed estinguere stelle, i Pooka lo hanno fatto
penare lo stesso, e Calmoniglio -sempre nel canon- ha diviso la Pangea
e creato i continenti come li conosciamo. In questa fanfiction non ho
preso in considerazione quest'ultimo dettaglio, ho tenuto conto solo
dell'overpower
del Coniglio di Pasqua :'D
Riguardo a ciò che Pitch dice a Emily Jane all'inizio di
questo capitolo, invece, a breve potrete trovare qualche delucidazione
nella raccolta di one shot (AU) pubblicata ultimamente, Tales of the
Golden Age :) non è precisamente necessario leggerla per
capire quel che succede -e succederà-
qui, ma nel caso abbiate tempo e voglia ho voluto dirvi...beh...che
c'è :'D
Tanith canta una versione leggermente modificata di "Skyfall" (Adele).
Invece che il cielo qui cade il soffitto, infatti :'D per quanto riguarda gli incantesimi della Befana, i Potterheads che leggono li hanno sicuramente trovati familiari (e ringrazio Ialeya per aver puntualizzato la cosa, facendomi ricordare di dare i dovuti credits).
E niente, se siete sopravvissuti a questi giorni di caldo -o se i
vostri dispositivi elettronici non hanno fatto la fine del mio
portatile- sappiate che sono pronta a rispondere a qualunque domanda
abbiate da pormi :) o a sentire le vostre opinioni!
Grazie a tutti coloro che hanno letto e/o recensito finora, alla
prossima,
_Dracarys_ |
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3357629
|