La Luna Dorata- parte II

di _Cthylla_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CapitoIo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** CapitoIo I ***


Avviso ai nuovi lettori, sempre che ce ne siano: se non avete letto "La Luna Dorata", non capirete assolutamente nulla di quel che c'è scritto sotto. Non perché sia scritto in aramaico antico, ma perché sono presenti molti OC e qualche semi-canonico di cui, non avendo letto la storia precedente, non potete sapere niente. Mi pareva doveroso avvisarvi, e non farvi arrivare a metà capitolo pensando "ma che *** sto leggendo"?!
Ok, per ora è tutto :)


Capitolo I

 = strane presenze, oligarchie, chiacchiere da bar e altre anomalie=




 

«stava peggio, quand’è arrivato» disse uno dei due guaritori, un elfo del sole dall’incredibile bellezza e lunghi capelli biondi come il grano «fino ad ora se non altro siamo riusciti a rinsaldare qualche osso, ma con danni tanto gravi ed estesi i nostri poteri taumaturgici sono limitati, a meno di agire sul lungo periodo. Io e la mia collega» un’elfa della notte, nientemeno «abbiamo fatto quel che abbiamo potuto».

Nightlight annuì, osservando il volto pallido del principe. Mai avrebbe immaginato che un giorno l’avrebbe visto ferito e incosciente, disteso sul letto di un’infermeria, e tantomeno sulla Terra. «non avrei mai dovuto andarmene. Avremmo dovuto inviare quel che restava dei Guardiani a raccogliere l’esercito, se fossi rimasto…»

«probabilmente saresti in queste condizioni anche tu» concluse Aiko «dipende da quanto è pericolosa un’Ephemeride. Sempre che c’entri davvero lei, poi».

«tu non puoi percepirlo? Nel senso, se dico “è stata l’Ephemeride a ridurlo così”, tu non senti se è vero o meno?»

Aiko si avvicinò all’Uomo nella Luna, e si sedette sul bordo del letto. «le cose non funzionano precisamente in questo modo. Se avessi detto “non so se sia stata l’Ephemeride a ridurlo così” avrei sentito che era vero, perché effettivamente tu non lo sai. Così come l’hai detto, invece, lo avverto come una cosa non vera, perché tu non ne hai la certezza, ma hai parlato come se lo fosse. Purtroppo non percepisco la verità assoluta dei fatti, e magari fosse così! Però hai fatto bene a chiedermi approfondimenti» pose con estrema delicatezza la mano destra sulla fronte dell’Uomo nella Luna «così sai di preciso cosa posso fare e cosa no».

Nightlight non aveva avuto modo di vedere Aiko all’opera, quando aveva utilizzato il suo potere su Hebiel e Saol lui era ancora svenuto, per cui si sorprese leggermente vedendo un’aura di uno strano colore tra l’oro e il rosa pallido circondare sia lei, sia l’Uomo nella Luna. Lo sguardo cadde sul volto assorto della ragazza e qualcosa, a livello inconscio, gli suggerì per la prima volta che era bella. Forse era per quella piccola ruga che aveva alla base della fronte, dovuta alla concentrazione, o forse per il modo in cui quella luce illuminava i suoi capelli e le sue ciglia bionde, chi lo sa? Comunque sia durò solo un attimo -o almeno così parve a lui- perché poi tornò ad osservare Manny, e il modo in cui le sue ferite si stavano rimarginando rapidamente. «i tuoi poteri guaritori sono molto…potenti» mormorò, momentaneamente incapace di trovare un altro aggettivo.

«non miracolosi. Non riuscirò a guarirlo completamente, i due elfi dovranno lavorarci su ugualmente, ma faciliterò loro il compito di molto. Se non altro le ossa saranno quasi tutte a posto».

«capisco».

«e ringrazia che ora non sia notte, perché…» si interruppe bruscamente, esitante. Aiko non mentiva, né era abituata a sentirlo fare, ma c’era un particolare sulla sua natura di cui non amava troppo parlare. Ad Aokigahara era tutto diverso e tutto più semplice, per cui non era sicura che certe cose fossero accettate con facilità anche fuori dalla sua foresta.
Si diede dell’idiota venti volte per non averci pensato prima.

«perché?»

Aiko gli lanciò un’occhiata, con aria un po’tesa. «vedi…il fatto è che sia io che mio padre cambiamo, di notte. Lui di giorno è lo Shishigami, coi poteri che più o meno conosci. Ma quando tramonta il sole diventa qualcosa di diverso».

«Daidarabotchi. Il principe mi aveva detto qualcosa» disse Nightlight, sorprendendola «ma, per quanto sia diverso, non diventa cattivo».

«no. Infatti. Però è in grado di corrodere e distruggere qualunque cosa tocchi, il suo aspetto cambia, e per me è lo stesso. Ovviamente non sono altrettanto potente, ma non so se agli altri potrebbe star bene essere insieme a qualcuno che di notte sa fare solo questo, e il cui aspetto fisico cambia in modo strano».

Quella povera ragazza era piena di ansie sociali di vario genere, ma non c’era da stupirsi dal momento che era cresciuta solo in mezzo a kodama e spiriti animali vari.

«Aiko, ricorda con che tipo di persone abbiamo avuto a che fare nelle ultime ore. Tutto quel che hai detto non è nulla che mi impensierisca» disse Nightlight «e se ti preoccupa l’aspetto che assumi di notte, beh…non credo che tu abbia presente Calmoniglio, è un Pooka. Una specie di coniglio gigante, in pratica» aggiunse «ma nessuno si fa problemi, come non se li fanno per il fatto che Dentolina abbia ali e piume, o io abbia la pelle azzurrina. E no, non sono un problema neppure i tuoi poteri invertiti, se sai controllarli!»

«sì, so farlo, su questo non ho problemi» confermò Aiko, togliendo la mano dalla fronte di Manny.

«perfetto allora, se è così penso che non avrai problemi con nessuno. Voglio dire, hai presente Hallows? Lei è strana sempre e comunque, fa danni sia di giorno che di notte…eppure ha più contatti con gli altri di quanti ne abbia io» commentò, con una leggera smorfia «certo, bisogna dire che di questi contatti non ce n’è uno a cui sembri tenere veramente, considerata la sua facilità a star loro lontana» aggiunse, e rimboccò le coperte all’Uomo nella Luna. Posare di nuovo lo sguardo sul suo fallimento lo fece sospirare, e lo riportò a pensare al proprio dovere: non era il momento di chiacchierare amabilmente di storie morte e sepolte. «va bene…va bene…lasciamo perdere. C’è una guerra là fuori, ed è meglio accantonare le questioni personali».

«è fin dall’inizio che non sembri riuscirci molto bene, a dire la verità» Aiko, imbarazzata, abbassò le orecchie, vedendo Nightlight irrigidirsi «non volevo essere cattiva. È solo che-»

«no, no. Forse hai ragione. Io ce l’ho con Eve, è inutile negarlo, e avendola attorno non riesco a ragionare lucidamente come dovrei fare al momento» ammise il guerriero, e si diresse fuori dall’infermeria, seguito dalla ragazza-cervo. «non è perché la storia tra me e lei è finita, questo va bene. Il problema è la maniera in cui lei l’ha conclusa. Il modo in cui mi ha trattato, e il fatto che in seguito non si sia mai almeno scusata, o abbia mostrato un minimo di dispiacere, disinteressandosene completamente. È questo che mi secca».

Aiko gli diede un’occhiata confusa, insicura su cosa dire. «potresti parlargliene».

«per farmi ridere in faccia? Sarebbe totalmente inutile» ribatté Nightlight.

«ma tu intanto le avresti detto quel che dovevi dirle. Se poi lei riderà pace, ma tu intanto potrai smettere di pensarci sopra e chiudere una volta per tutte. Io penso che la verità sia sempre la cosa migliore».

Nightlight stava per ribattere, ma la vide muovere le orecchie con aria improvvisamente tesa. «cosa c’è?»

«troppo silenzio. La sala principale era molto più rumorosa, fino a poco fa» rispose, e decise di prepararsi al peggio, tirando fuori arco e frecce. Nightlight strinse forte la lancia. Se i colpevoli di quel silenzio avessero avuto intenzione di raggiungere l’infermeria, avrebbero dovuto passare sul suo cadavere.
La scena che si trovarono davanti entrando nella stanza, però, era ben diversa da come l’avevano immaginata.

«ti trovo in forma, splendore. Come va?»

«si tira avanti, che devo dirti. E tu tranquillo, piccolo irlandese, sono qui per rilassarmi…non per dirti che domani il tuo favoloso parcheggio verrà ruspato via».

«beh…buono a sapersi».

«due whisky doppio malto, uno per me e uno per la signora, grazie».

«per fortuna l’aria tesa che c’è in giro ultimamente non ti ha fatto diventare meno galante! Hai sentito le ultime novità? Pare che un po’di gente abbia una gran voglia di ammazzarsi».

Nightlight si era immaginato tutto, eccetto di vedere nientemeno che l’Uomo Falena seduto al bancone del bar e intento a lasciarvi sopra una cospicua quantità d’argento -senza dubbio eccessiva per un paio di bicchieri di whisky- tutto ciò con Eve Hallows, tranquilla e disinvolta come suo solito, in braccio, con il Leprecauno ad osservarli con aria più burbera del solito, e quasi tutto il resto della gente a guardare Mothman impietrita.

«ma quella ragazza è pazza o cosa? Non sa chi è lui?» bisbigliò Dentolina ai colleghi, con aria allarmata «qualcuno dovrebbe avvertirla, forse-»

«lascia stare, non è una scena nuova» commentò Harlequin Saturnali «sa chi è. Il fatto che non ne abbia paura è un’altra faccenda».

Come faceva a non averne paura, pensò Jack Frost, quando vedendo l’Uomo Falena il suo primo istinto invece era stato quello di stringere il lungo mestolo di legno che aveva sostituito il suo bastone, preparandosi a fuggire o a tentare di congelare tutto quel che poteva, nell’esigua misura delle proprie attuali possibilità? E sì che, pur avendo sentito qualche accenno su Mothman, non l’aveva mai visto prima! «ma è pericoloso? Lo sembra» bisbigliò.

«Uomo Falena non ha mai fatto male a nessuno direttamente, ma sua presenza di solito è segno di guai» mormorò Nord.
Avrebbe avuto voglia di chiedergli diverse cose, come per esempio se lui c’entrava col fatto che Pitch fosse vivo, invece che morto come si pensava fosse, ma sarebbe stato inutile, perché molto probabilmente Mothman non si sarebbe neppure curato di rispondergli, o comunque non l’avrebbe fatto in un modo comprensibile. 

«io so solo che oggi si è fatto vedere nel regno di Madre Natura, che poi è stato distrutto da Atticus, Ljuba e l’ex di Pitch» disse Dentolina «il fatto che sia qui non mi piace, oh no…non mi piace nemmeno un po’! Spero che quando ha detto che è qui per rilassarsi fosse serio. Comunque, cosa intendi dire con “non è una scena nuova”?»

«che qualche volta ci è andata a letto. Ma ssssh!» Harlequin «è il segreto di Pulcinella».

«chi è Pulcinella?» domandò Jack, perplesso.

«è un modo di dire. Significa che in realtà è una cosa arcinota» gli spiegò Dentolina, nonostante fosse allibita per quel che aveva appena saputo, perché non pensava che qualcuno potesse aver voglia di andare a letto con l’Uomo Falena. 
In realtà le cose erano molto diverse: capitava spesso che creature oscure di vario genere fossero attratte dalla sua aura di sventura e, benché Mothman fosse incapace di amare o affezionarsi profondamente a qualcuno, quando voleva era in grado di essere galante, e dunque spesso e volentieri riusciva a “concludere” .

«aria tesa, dici? Io sono rilassatissimo» disse Mothman ad Hallows, dopo aver sorseggiato un po’di whisky «e non pensavo che farsi staccare teste e arti per l’uomo che vive sulla Luna potesse rientrare tra i tuoi hobby preferiti».

«ah, neanch’io se è per questo» Eve fece spallucce «no, a parte tutto, magari già che ci sei puoi rispondere a una domanda seria: tu per caso sai qualcosa di creature striscianti dalla strana dieta che a quanto pare ultimamente gironzolano da queste parti?»

“è veramente stolta se pensa di ottenere da Mothman qualsiasi cosa” pensò Pitch, ancora chiuso nella sua gabbietta. Per poter vedere quel che succedeva, grazie alle zampe da piccione, aveva fatto qualche strappo al panno che la ricopriva, e osservando la scena non aveva potuto evitare di pensare, di nuovo, che quella tizia fosse alquanto strana. Oltre a sperare che l’Uomo Falena non si mettesse in testa di vedere cosa c’era sotto il panno che copriva la gabbia, ovviamente.

Mothman finì di bere tutto il whisky. «ultimamente ci sono persone che hanno commesso qualche attentato alla propria linea, sai come funziona durante i periodi festivi».

«e come no? Pranzi e cene, pranzi e cene ovunque!» annuì Eve, con aria solenne «magari anche in trasferta. Già, ogni tanto in certi viaggi si trovano buffet che ti riempiono quasi fino a scoppiare».

“d’accordo, questa conversazione per me ha perso ogni briciolo di senso” pensò Nightlight che, dopo aver abbassato la lancia, aveva raggiunto i Guardiani assieme ad Aiko “ho capito che a nessuno dei due importa particolarmente del disastro in cui ci troviamo, ma mettersi a parlare di cibo!...”

«a volte succede. Solo che il punto non è la ricchezza del buffet o la location, ma quanto è grande l’appetito. Certe persone sono insaziabili…al punto che, se i piatti sul tavolo non sono abbastanza pieni, scendono in cucina e si preparano altre pietanze da sole».

«non è gente da invitare al pranzo di natale, uno rischia di trovarsi la cucina che va a fuoco» commentò Eve, svuotando il bicchiere in un sorso «o magari tutta la casa. O beh, a questo punto se fosse un altro momento ti direi di andarcene di sopra nella mia suite, ma mi sa che non è il caso, quindi sarà per un’altra volta, se sopravvivo. Allora, che programmi hai per oggi?»

«quelli che, da che io ricordi, ho tutti i giorni. Non che sia possibile altrimenti per chiunque dei presenti» aggiunse Mothman, scrutandola con i grandi occhi rosso vivo «non credi?»

«sì, in un certo senso non hai torto, ma non cambia nulla stare a pensarci su, perciò io dico» saltò giù dal grembo dell’Uomo Falena e si poggiò al bancone «“chi se ne frega?”…vuoi un altro whisky? Stavolta offro io, alla faccia di chi crede avari gli scozzesi».

«per stavolta passo, ma tengo buona l’offerta per la prossima volta» disse Mothman, alzandosi dallo sgabello «tieni pure il resto» aggiunse rivolto al Leprecauno. In seguito, dopo che si fu stiracchiato, le sue ali mutarono: se fino all’istante prima formavano una specie di mantella, ora erano diventate grandi e iridescenti, belle, a loro modo. Prese con garbo la mano che Eve gli aveva teso, esibendosi in un baciamano degno di un gentiluomo inglese. «ci rivediamo, madame».

«ihih! “Madame”! Non sono proprio una gran signora».

«infatti ero leggermente ironico».

«l’avevo notato» annuì Eve, senza prendersela minimamente «ciao ciao, splendore!»

Dopo ciò, l’Uomo Falena uscì dal locale nel più completo silenzio.

Le cose però cambiarono radicalmente non appena ebbe chiuso il portone d’ingresso, e le chiacchiere più o meno isteriche degli avventori esplosero tutte insieme in un boato.

«moriremo tutti!»

«io l’ho beccato anche un’altra volta e non sono mica morto!»

«verranno qui e distruggeranno tutto!»

«siamo spacciati».

«andiamocene prima che scoppi il disastro!»

«non esageriamo, in fondo è uno spirito come noi…»

«ecco» il Leprecauno alzò gli occhi al soffitto «è così tutte le sante volte che Mothman si fa vedere qui» schioccò le dita all’indirizzo di alcuni camerieri «protocollo post-Mothman, sapete già cosa fare: spostate tutti i clienti nella sala cinema, mettete su “Zootropolis” e servite birra» i camerieri obbedirono, avvicinandosi ai vari tavoli e facendo alzare i clienti. «per fortuna che Mothman almeno è generoso con le mance».

«non è generoso solo con quelle, a dire il vero» disse Eve, con estrema tranquillità «se non altro adesso sappiamo che oltre a quei cinque lì a fare casino abbiamo anche un’Ephemeride annoiata che un po’di dolore con cui riempire la pancia è andata a prenderselo pure sulla Luna, E non è da escludere che combini anche altro per lo stesso motivo».

«e da dove avresti tirato fuori queste informazioni, scusa?! Tutto quel che ho sentito io sono state chiacchiere sui vari buffet!» sbottò Nightlight «l’ultima cosa di cui abbia senso parlare in un momento come questo».

«ragazzo, forse sai maneggiare bene la lancia, ma dovresti imparare a maneggiare un po’meglio anche il cervello. Senza offesa» sospirò il Leprecauno «ora potremmo tornare a noi? Nello specifico: qualcuno tra i presenti sa come difendersi da questa Ephemeride, qualunque cosa sia? Certo che un altro nemico era l’ultima cosa che ci voleva».

Sandman fluttuò sopra il bancone, così che tutti potessero vederlo, e indicò la gabbia in mano alla Befana. Ricordando di aver sentito la creatura  chiamare Pitch “il generale”, aveva pensato che forse potesse conoscerla, anche perché l’Uomo Nero in tutto quel tempo non aveva mai sostenuto il contrario.

«è vero, non è da escludere che l’Uomo Nero ne sappia qualcosa, considerando tutto» ammise April «la creatura sembrava conoscerlo».

«e allora fatelo tornare normale, così che per una volta nella sua vita possa rendersi utile e io non debba avere ibridi abominevoli nel mio locale!» tornò a insistere il Leprecauno, osservando il cellulare con una smorfia disgustata.  La prima cosa che aveva fatto Cupid Valentine una volta ricevuta dai cherubini, infatti, era stata inoltrare anche a lui la fotografia del Pitchione!

«ora vi divertite a dileggiarmi, ma eravate gli stessi che tremavano di paura durante i Secoli Bui, anzi, fino a tre ore fa! Io sono l’Uomo Nero, il Signore della-»

«tarapìa tapiòco della piccionaia come fosse antani per il pane grattugiato, sì, lo sappiamo» sospirò Harlequin, annoiato.

«ah no! Ti proibisco di usare la supercazzola contro di me, vile carogna plebea!» la gabbietta si agitò sotto al panno.

«plebeo a me? Sono un vero patrizio romano, io, mentre tu sei il re di un mucchio di sabbia nera!»

«scusate tanto, ma qui non stiamo discutendo su chi è più nobile di chi!» s’intromise Dentolina «concentriamoci sulle cose più serie, tipo far tornare Pitch com’era, grazie».

«o come chiedersi che fine hanno fatto Madre Natura e Shu Yin» aggiunse Nord «se sono andate via da quel posto, sono vive e stanno bene, perché non sono ancora qua?»

«…ma dobbiamo proprio- proprio- proprio farlo tornare com’era? Eh Diarmid? Non si potrebbe tenere così com’è? Per sicurezza!» la Befana si avvicinò al Leprecauno, sbattendo le ciglia ed ignorando completamente le ultime considerazioni di Nord.

«Liesel, vuoi forse che bandisca dal locale anche te?»

«e ritrasformalo, se ci tengono tanto!» sbuffò Baba Yaga «però sia chiaro, al suo primo passo falso sarà mio».

Uno schiocco di dita della Befana e Pitch, con suo sollievo, tornò finalmente alla normalità. Si tolse il panno da sopra la testa, con un gesto seccato. «alla buon’ora, strega» disse, rizzando la schiena e incrociando le braccia davanti al petto «non pensiate che dimenticherò il vostro affronto».

Cercava di mostrarsi calmo ma in realtà, per ovvie ragioni, era teso come una corda di violino. Non era più ferito, ma era ancor più debole di quanto fosse prima che scoppiasse tutto quel disastro e, benché l’origine del suo potere fosse completamente parassitaria, indi diversa dagli altri cui era stato rubato -due dei Guardiani- non era sicuro di poterne racimolare di nuovo; ciò, dunque, gli impediva di diventare un’ombra per nascondersi, di controllare gli Incubi e di materializzare la sua falce, rendendolo quasi indifeso, perché quella minuscola stilla di potere che gli era stata lasciata serviva a ben poco.
Avere un’arma qualunque in mano l’avrebbe reso un pericolo da non sottovalutare -era stato un generale e non aveva certo dimenticato come combattere senza magia- ma al momento non aveva neppure quella, e si trovava circondato da spiriti nemici. La sua ansia era ben giustificata.

«senti, adesso non è momento di comportarti come tuo solito!» Nord si fece avanti, e Pitch si appiattì contro il bancone «dicci quello che sai su queste…creature».

«e poi?! Se lo facessi cosa otterrei? Più della metà di voi vogliono la mia testa, se vi dicessi quel che so» nulla di utile, per inciso «poi cosa fareste di me?»

«Pitch, noi Guardiani non abbiamo mai voluto la tua morte, dovresti saperlo» disse pazientemente Dentolina.

“io meno di tutti. Non permetterei che tu venga ucciso, dopo le conseguenze che ci sono state per averti salvato” aggiunse Sandman “tu evita di comportarti male, e non ti succederà niente”.

«quali conseguenze?» gli chiese Nord, aggrottando la fronte. Sandman si limitò a fare un cenno con la mano che significava “dopo”. April I Saturnali era stata così gentile da evitare di parlare a tutti delle mani di Sandelle, ed era meglio così.

«voi tre parlate bene, ma vi faccio notare che siete in minoranza, e che Frost non ha detto nulla» obiettò Pitch.

«ma Jack è d’accordo con noi» Dentolina si voltò verso di lui «vero Jack?»

«sì, sì…certo» concordò il Guardiano, un po’troppo in ritardo. Dentolina gli diede un’occhiata leggermente allarmata, ma non disse nulla.

«già, forse dovremmo trovare modo di dire a Madre Natura che lui è vivo» disse Babbo Natale «sembrava un po’scossa quando ha saputo che Pitch era morto, anche se provava a far sembrare di no».

«morto un corno! E poi altro che scossa, se mai sarà stata esultante» borbottò. Si sedette su uno sgabello e, vagamente rassicurato delle parole dei Guardiani, ritrovò un minimo di compostezza. «ad ogni modo, qui la discussione è su: “come ci si difende da un’Ephemeride”? È un’ottima domanda. Come il qui presente Nightlight può confermare, e forse anche tu Sandy?…il popolo della Golden Age credeva che le Ephemerides fossero solo una leggenda, ma a quanto sembra sbagliava. Ora: tengo a precisare che prima di oggi non avevo mai visto quella creatura, e nonostante lei sappia delle cose sul mio conto potete star sicuri che non gliele ho dette io» chiarì Pitch, che non voleva aggiungere altre grane a un mazzo già consistente «dalle parole che mi ha rivolto, comunque, ho potuto intuire che quella creatura mi gira attorno da prima che la Golden Age…» “fosse distrutta da me”, stava per dire, ma s’interruppe appena in tempo «ehm…sì. Ecco. È complicato difendersi da un essere invisibile e intangibile, penso possa entrare praticamente dovunque senza che nessuno se ne renda conto. L’unica cosa utile che mi viene in mente è l’ipotesi che possa essere almeno un Essere Soprannaturale di Livello Alfa, che per tale motivo sia costretta a dormire chissà dove ogni tanto, e che in quelle occasioni, con del materiale genetico a disposizione, potrebbe essere trovata con un Incanto Detector e distrutta. Forse».

«tutto ciò per dire che non hai niente di concreto in mano» concluse Baba Yaga «sentite, perché non lasciamo che facciano fuori almeno lui? In fin dei conti non ci serve a nulla. Concretamente parlando, perché dovremmo tenerlo, se non per divertirci a tormentarlo?»

«avete sentito i Guardiani, lo teniamo perché loro vogliono che lo teniamo» ribatté Nightlight «e non mi pare che ci sia altro da aggiungere».

“difeso dai miei più antichi avversari. Ecco come sono messo. Non c’è che dire, ho proprio toccato il fondo” pensò Pitch, con amarezza. Da una parte gli faceva comodo, dall’altra infliggeva duri colpi al suo orgoglio.

«già, anche perché se dovessimo metterci a parlare di quant’è utile tenere chicchessia anche avere il Pinguino della Luna in infermeria diventerebbe discutibile» disse Hallows, con estrema tranquillità.

«diabhal, piantala di gettare benzina sul fuoco, non c’è proprio bisogno!» inveì il Leprecauno, appena prima che lo facesse Nightlight «se vogliamo combinare qualcosa di buono dobbiamo remare tutti nella stessa direzione. Tenere in vita l’Uomo nella Luna. Tenere in vita questo qui» indicò Pitch «nonostante sia contestabile, fermare gli Insorti e possibilmente anche questa Ephemeride. Questi sono gli obiettivi».

«e non sta a te decidere chi va ucciso e chi non va ucciso, ragazza» aggiunse Nord, con aria severa.

«già, sta solo a voi tre Guardiani e ad amore di mamma» ribatté lei, annoiata.

«ehi! Guarda che noi Guardiani siamo in quattro, qui!» protestò Jack.

«“sì, ma Jack è d’accordo con noi, vero Jack?”» ripeté Hallows, imitando Dentolina «eh Jack?! Sei il più giovane e quel che pensi non conta niente, te lo ricordi, eh Jack? Vuoi un po’di torta dei sette vasetti, ovviamente senza zucchero così non facciamo cariare i denti?”»

Contrariamente a diversi dei presenti che avevano riconosciuto la citazione, e sghignazzavano senza pudore, Pitch riuscì a mantenere autocontrollo sufficiente da evitare di ridere e perdere i suoi momentanei protettori. Non era sicuro che i Guardiani, digiuni dal mondo del web, avessero presenti ehLuca, Cristina666 e tutto il resto della storia -Pitch lo aveva sempre pensato: gli italiani erano un popolo di matti!- ma non importava.
Anzi, forse era meglio usare quell’attimo di distrazione generale per scivolare dietro il bancone e defilarsi, perché si sentiva accerchiato, e non gli piaceva affatto.

«ma come ti permetti?! Non è affatto vero che la sua opinione non conta niente!» sbottò Dentolina, decisamente irritata. Aveva ritrovato da poco il suo fidanzato, ci mancava solo che qualche deficiente si mettesse in mezzo a creare discussioni sul nulla. «cosa vuoi saperne tu? E poi, ti sembra il momento di seminare zizzania?»

«e chi semina? Ti pare che siamo in un campo, bellissima?»

«no, già che ci siamo, mi piacerebbe chiarire un paio di cose» intervenne la Befana, stroncando la protesta di Dentolina sul nascere «non consegneremo al nemico l’Uomo nella Luna, ok, e per ora eviteremo di rompere le scatole anche a Black, ma se si farà così è perché abbiamo altro di cui preoccuparci, non “perché decidete voi e quindi si fa così e punto”».

«se si farà così è perché è giusto, Liesel!» ribatté Nord «e comunque noi due prima o poi dovremo fare chiacchierata su come svuoti mio magazzino e mia cucina tutti gli anni senza mai pensare di chiedere! Sappi che questo ti ha mandata su lista di cattivi. In basso, ma ci sei!»

«buh-uh-uh» Baba Yaga alzò gli occhi al soffitto «mia sorella piangerà sicuramente cent’anni per questa cosa. Ah, ovviamente ero ironica. Meglio sottolinearlo, che con questa gente non si sa mai».

«perché li tratti come se fossero stupidi? Ti comporti come se tu fossi meglio di loro, ma se fosse così non sarebbero dove sono, e al posto loro ci saresti tu» obiettò Aiko, che non aveva Heike molto in simpatia.

«non so, Aiko…dal momento che il tizio che li ha scelti, e che dovrebbe dunque essere il meglio del meglio del meglio del meglio, se ne sta a languire nell’infermeria di sotto, quel che hai detto potrebbe essere appena un pochino azzardato» le fece notare Eve «mi rivolgo ad amore di mamma e ai Guardiani più vecchi, tanto per capirci una volta per tutte: vi aiuteremo, ma non scatteremo ai vostri ordini solo perché i bambini vi vedono. Molti vi invidiano per questa cosa, ma alla maggioranza dei presenti non frega una mazza. Se vi sta bene, bene, se non vi va a genio…beh, io personalmente me ne sbatto, non riconosco l’Oligarchia Guardiana, poi per gli altri magari è diverso».

«Hallows! Piantala!» sbottò Nightlight «nessuno ti ha chiesto…Hallows, maledizione!!!» gridò, vedendola allontanarsi dondolando, con gli auricolari bene infilati nelle orecchie e nessun residuo interesse a continuare una discussione che lei stessa aveva generato, fino a raggiungere un palco rialzato, sul quale si issò e si sdraiò.

«ma quella ragazza è sempre così?» domandò allibita Dentolina ai Saturnali, i quali, come diversi altri presenti, annuirono.

«non è poi così malaccio» disse Harlequin «è solo fatta un po’molto a modo suo».

«molto a modo suo qui vuol dire “male”, molto molto male» commentò Babbo Natale

«un momento!» esclamò April «dov’è andato l’Uomo Nero?! Era seduto lì un attimo fa!» indicò lo sgabello vuoto «ah. No. Niente».

Non c’era più bisogno di cercare Pitch, ma non significava che quel che stava vedendo le andasse a genio. Pareva che Black avesse sfruttato il primo momento di distrazione per sgattaiolare via veloce come un ratto e raggiungere Eve.

«ehilà, Black. Troppo affollato laggiù?» lo spirito di Halloween si girò appena a guardarlo, e tolse l’auricolare dall’orecchio sinistro.

«oh sì. Affollatissimo di gente simpatica che non vede l’ora di uccidermi, e quelli che non vogliono fanno parte dell’Oligarchia Guardiana. Proprio un sacco di risate» non era molto convinto del fatto che Eve fosse una compagnia migliore, non dopo la scena con Mothman, ma quantomeno non si erano mai creati problemi a vicenda, non che lui ricordasse, e il suo atteggiamento coi tre Guardiani più vecchi non gli era dispiaciuto. «aspetta, già che ci sono te lo chiedo: per caso ho fatto anche a te qualche torto di cui non ho memoria, e sotto sotto anche tu hai voglia di “scannarmi come un maiale”, come ha detto prima il tuo amichetto Saturnali?»

«naaah, al contrario, ti preferisco vivo. Con me non hai problemi, vai tranquillo».

Diceva così, ma bisognava crederle? Vai a saperlo. La recente esperienza con Shu Yin gli aveva ricordato la validità del proverbio “fidato è morto”. Al momento però gli conveniva prendere per buono quel che Eve aveva detto, anche perché non c’era altro da fare. «ho la sensazione di averti già vista da qualche parte».

«probabilmente nei tuoi sogni erotici!» esclamò lei, prima di mettersi a ridere.

Per qualche istante Pitch la fissò basito, ma durò poco. «al diavolo, non ho intenzione di farmi prendere in giro da te!» sbottò, facendo per allontanarsi.

«guarda che se l’ho detto c’è un motivo: la prima volta che mi hai vista ero praticamente nuda, e la cosa non pareva dispiacerti».

Ma che andava farneticando, quella lì? «se ti avessi vista in deshabillé mi ricorderei».

«non credo. Quando quattro secoli fa sei venuto qui e hai cercato di conquistare la locanda, tra l’altro facendo masticare alle tue creature diversi clienti, eri ubriaco fradicio. “Vi schiavizzerò tutti! Sottomissione o morte!...tu no, sei una bella rossa, e sei riccia come Mila…Milaaa-a-aaah-aH”, e niente, hai piagnucolato un po’, Diarmid ti ha colpito alle spalle col suo martello, i troll ti hanno buttato fuori e fine».

Pitch si passò una mano sul volto, con tutti i tasselli che stavano tornando al loro posto e una vergogna tale da avere voglia di nascondersi sotto un tavolo. «mi era sembrato di aver detto che non amo essere preso in giro, quindi vedi di smetterla, e non osare farlo ancora!»

«non ti prendevo in giro, ti ho solo ricordato quel che hai combinato, dàichelachd».

“promemoria per me: chiederle cosa significa ‘dài’…quello” pensò Black. «potevi evitarlo!...ecco chi era la spogliarellista…un momento, ma allora tu fai-»

«non lo facevo perché lavoro qui, lo facevo perché mi piaceva. Solo che ormai per motivi vari sono dodici anni e ventisette mesi precisi che non mi struscio su un palo, purtroppo per gente come Nightlight».

“avrei dovuto immaginare che non fosse precisamente un esempio di virtù” pensò Pitch, non abituato a rapportarsi con donne dalla mentalità più “aperta”. Tuttavia decise di tenere per sé la propria opinione, incuriosito dall’ultima frase di Eve. «stai dicendo che Nightlight il supereroe dall’anima candida come la Luna e brillante come un diamante è un appassionato di strip club? Questa mi mancava».

«se vuoi sentire tutta la storiella te la racconto, finché ci lasciano in pace».

Se aveva voglia di sentire una storia sul suo antico avversario? Eccome! Ma decise di non lasciarlo trasparire. «sì, ma giusto perché al momento non ho granché di meglio da fare» disse, con fare un po’ presuntuoso.

«occhei. Allora, all’incirca diciotto anni fa, io me ne stavo tranquilla a ballare sul palo, quando vedo entrare questo tizio che non avevo mai visto…»

Benché l’avvicinamento di quei due -che ora chiacchieravano fitto fitto- non piacesse a nessuno, specialmente a chi conoscendo Eve ed anche alcuni antefatti temeva che Hallows potesse decidere di infilarsi in qualcosa di molto inopportuno e “scomodo”, i Guardiani e tutto il resto della compagnia lasciarono che i due “problematici” stessero dove stavano, per il momento. C’erano dei piani d’azione da decidere, che erano molto più importanti.

«adesso la domanda è: cosa facciamo con gli…già, come mai li hai chiamati, Insorti?» chiese Nightlight al Leprecauno «si fanno chiamare così adesso?»

«sì. Quello in un certo senso è colpa mia» disse Jack «glielo ho praticamente suggerito io, quando ancora non credevo, ecco…non sembravano cattivi quando stavo con loro» tentò di giustificarsi.

«Jack Frost. Finalmente ci incontriamo di persona, finora ti ho visto più che altro dal bacile» si strinsero la mano «forse avremmo dovuto salutarci prima, ma sai com’è…»

«troppo casino» concluse Jack. Decise che anche Nightlight, come Harlequin, non gli dispiaceva.

«esattamente. Allora, come ci muoveremo?»

«al momento Atticus è fuori gioco» disse Dentolina.

“anche Sandelle” aggiunse Sandman.

«oh! Questo c’entra con quello che volevi dire a noi dopo?» gli chiese Nord, e il Guardiano annuì.

«ma allora, se due su cinque con i poteri di Madre Natura sono fuori gioco, che accidenti stiamo aspettando? Attacchiamoli subito! Non mi sono portata dietro il divano per niente!» esclamò Liesel.

«con calma! Per distruggere il regno di Madre Natura ne sono bastati tre, da quello che ho capito, e anche se due su cinque sono fuori gioco sempre tre ne rimangono» obiettò Harlequin «non sono convinto che gettarci contro di loro così allo sbaraglio sia una buona idea, e poi, abbiamo almeno una vaga idea di dove si trovino al momento?»

«se il regno di Madre Natura è distrutto dubito che saranno rimasti lì» disse Aiko.

«sì, infatti lo escluderei a priori anche io» concordò Nightlight.

«se tre erano lì dove avete detto, e loro sono in cinque, che fine avevano fatto le altre due?» rifletté il cherubino Hebiel «dove può aver senso che siano andati? Sia loro che l’esercito, dico».

“quando io sono andato al Polo Nord era tutto vuoto, yeti a parte” si fece capire Sandman.

«questo perché forse avevano pensato di seguire me e Shu Yin da Jamie» disse Nord «ma se poi Cecilia ha sentito che Pitch è vivo, e magari ha capito che andare a Burgess era inutile, può aver detto a Galaxia, Sandelle -e probabilmente anche Aster- di tornare a Polo Nord per vedere se lui era ancora lì. In Fabbrica, poi, feriti possono essere assistiti bene, e Ljuba conosce posto come palmo di sua mano…se io ero a loro posto, come base sceglievo Fabbrica!»

«si fa presto, possiamo mandare qualcosa o qualcuno a vedere se hai ragione o meno, e poi muoverci di conseguenza» disse April.

Neanche a farlo apposta, il corvo sulla spalla di Baba Yaga gracchiò di nuovo, e molti si voltarono ad osservarla. «che c’è?!»

«i tuoi corvi sarebbero l’ideale per fare quel lavoro» osservò la Befana.

«ma certo, perché dei corvi al Polo Nord sono assolutamente normali» Baba Yaga alzò gli occhi al cielo «è proprio l’unica alternativa che abbiamo?»

«temo di sì. Le mie fatine al momento sono inutilizzabili» e doveva ancora capire cos’avesse detto loro Atticus per farle lavorare senza fiatare! «gli elfi sono stati messi al sicuro, e il resto di noi non ha simili creature disponibili. Ci saebbero le uova di Aster...ma lui è con gli altri» disse la fata, con amarezza «per cui potresti essere così carina da volerci aiutare con i tuoi corvi? Per favore?» le chiese, con quanta più gentilezza possibile.

«e va bene, va bene. Se proprio devo farlo, lo faccio» si arrese la strega.

«non che abbiate molta scelta, in effetti, perché se anche Black avesse mantenuto il controllo sugli Incubi non ci sarebbe da fidarsi, a mandare quelli» aggiunse il Leprecauno. Detto ciò, si allontanò a grandi passi, dirigendosi verso il suddetto Uomo Nero ed Eve.

«…bello che cotto, lo era già la prima sera, ma capiscimi, l’ho tirata lunga per due settimane lasciandolo qui a sbavare sotto il palo come ti raccontavo prima, quindi ormai non capiva più niente. Che poi come storia in realtà è stata tra le più lunghe che ho mai avuto, è andata avanti tre anni»  disse Eve.

«solo tre anni e me la chiami “lunga”?!» con una delle sole due donne che aveva avuto, Pitch si era messo insieme quand’era un ragazzino, poi si erano fidanzati ufficialmente, l’aveva sposata e, se lei non fosse stata uccisa, le sarebbe rimasto a fianco per tutta la vita; l’altra era Millaray, con cui era stato insieme per un secolo. Era chiaro che quindi, per lui, tre anni fossero un lasso di tempo irrisorio.

«la più lunga è durata otto anni. Dodici se contiamo i due che ci ho messo per avvicinarmi a lei, e altri due per farle capire che la bisessualità è normale e non è opera del dimonioH. Non che lei creda nel dimonioH…»

«volete un tè? Un caffè? Dei pasticcini?!» si intromise bruscamente il Leprecauno «lor signori potrebbero piantarla con le chiacchiere da bar e ricordarsi che c’è una guerra in corso? Per la cronaca, pensiamo che gli Insorti possano trovarsi al Polo Nord, e due sono fuori gioco, quindi si è deciso di mandare in avanscoperta i corvi di Baba Yaga e, poi, una volta tornati, attaccarli prima che siano loro a trovare e attaccare noi!»

«come idea è un po’mediocre» si lasciò sfuggire Pitch.

«dubito che tu ne abbia di migliori, e devi solo ringraziare il cielo che ti permetta di stare qui. Sappi che sei sotto stretta sorveglianza!» ribatté il folletto.

Questa poi! Il Re degli Incubi sorvegliato come un galeotto da un folletto di un metro e cinquanta! «ci mancava solo questa a completare il quadretto, proprio! E quali sarebbero gli Insorti fuori g-»

«Sandelle e Atticus. Niente lagne! E tu, Sam, non so cosa stia passando per quella tua testa bacata, ma astieniti dall’infilarti in una delle tue solite “situazioni strane”. Mi hai capito?!»

Rieccolo, il sorriso da Stregatto. «Diarmid, si chiacchierava. E poi che c’è? L’hai detto tu che va “sorvegliato”».

Il folletto sollevò lentamente un sopracciglio. Conosceva Sam Hain da una vita, erano praticamente coetanei e c’era stato un tempo lontano in cui, tra una commissione da ciabattino e un’altra, lui, lei e Cupid Valentine se ne andavano in giro tutti e tre insieme, bevendo, facendo puttanate di ogni genere ed evitando accuratamente di prendere qualsiasi cosa sul serio. Il punto era che i secoli passati e tutto quel che era accaduto nel frattempo avevano messo un po’più di sale in zucca a lui e Valentine, mentre Sam era cambiata solo nel nome.
Le voleva bene, ma in certi casi la leggerezza, il menefreghismo e l’egoismo con cui spesso agiva gli facevano venire voglia di spaccarle in testa il bastone da passeggio. «non da una che dovrebbe essere sorvegliata a sua volta. Cerca di trovare in te un minimo di buonsenso, e comportati come si deve, per una-ag fuck thú!!!» sbottò.

Vedendolo allontanarsi, Pitch pensò che per una volta comprendere il gaelico irlandese non era stato poi così complicato. Guardò Eve, che stufatasi della predica si era rimessa gli auricolari. Non sembrava preoccupata né per la reazione del Leprecauno , né per l’attacco contro gli Insorti che si prospettava. Dal canto suo, non era affatto felice all’idea di andarsi ad infilare nelle fauci del lupo.

Un momento.

Atticus fuori gioco?!

«aspetta un attimo, folletto!» Pitch affiancò il Leprecauno senza sforzo, e gli si parò davanti «hai detto che Toothian e la francesina sono fuori gioco?»

«le orecchie sono grandi, ma sei sordo lo stesso. Sì, è quel che ho detto. Non so chi abbia fatto del male a Sandelle, ma a Toothian ci ha pensato quella ragazza col nome cinese, come si chiama…Shu Yin. L’ha colpito alle spalle con una freccia, forse l’ha persino ucciso. Non so perché ma mi ricorda qualcuno!»

Detto ciò si allontanò, mentre Pitch rimase fermo impalato dov’era.
Shu Yin! Se lei fosse stata lì presente, e lui non l’avesse odiata tanto per averlo tradito, avvelenato e mandato a morire, avrebbe mandato al diavolo il “nuova figlia” e l’avrebbe sposata seduta stante.
La piccola era stata veloce ad imparare, persino troppo…e da quel che aveva capito, al momento avrebbe dovuto essere con Emily Jane.
In teoria.
Se non erano state massacrate da Millaray, che di sicuro non doveva essere stata felice. Più o meno quanto lui non era felice all’idea di potersi trovare attorno una traditrice e una figlia biologica ingrata, anche se nei meandri della sua coscienza, per quest’ultima, c’erano ancora dei sentimenti contrastanti.
Concluse le sue riflessioni con due semplici parole:

“si vedrà”.




Col senno di poi, mi viene da pensare che avrei dovuto concludere la prima parte con questo capitolo di chiacchiere (e chiacchiere, e chiacchiere, e chiacchiere), invece che con l'altro, anche perché sto seriamente pensando ad un timeskip da fare per dare modo ai feriti di riprendersi un attimino -tutti, Guardiani malconci inclusi- per poter ricominciare a far danni! :'D Eve Hallows non è la sola a fare puttanate, a quanto sembra, perché se avete voglia di fare facepalm ne avete tutto il diritto. Chiedo venia per siffatta insensatezza.
Ok, ricominciamo: salve e grazie mille a tutti i lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare qui in fondo. Spero che questa seconda parte venga fuori almeno all'altezza della prima, e spero anche che mi facciate sapere cosa ne pensate. Chi di voi già mi conosce sa che sono una personcina carina, gentile e niente affatto pericolosa.
A meno che siate Pitchione, in quel caso sì, sono pericolosa :'D
Un paio di puntalizzazioni: il fatto che Pitch sappia cos'è una supercazzola e frequenti siti in italiano (parlo della faccenda di ehLuca e Cristina666. Cercatelo su Google, vi aprirà nuovi orizzonti sul disagio!) potrà suonare strano anche a chi già sa che non è a digiuno del web, ma diventa meno assurdo se pensiamo che, pur avendo molteplici entrate a collegarlo praticamente con tutto il mondo, il regno dell'Uomo Nero -stando alla ROTG wiki ufficiale- è sotto Venezia. Già, ai vari difetti del nostro bel Paese si aggiunge anche un Pitchione a rimorchio :'D
Ringrazio vermissen_stern per i suoi suggerimenti riguardanti Mothman che, per inciso, è un personaggio che appartiene a lei. L'avevo detto nella prima parte di questa storia, e lo ripeto qui, che non fa male.
Alla prossima,


_Dracarys_

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo 2

= svitati ed infuriati =





«c’è anche la sala cinema? Seriamente?»

Incuranti di guerre, problemi e quant’altro, Jack Frost e Harlequin Saturnali si erano imbucati di nascosto nel corridoio che portava alla sala cinema della locanda, con tutta l’intenzione di svagarsi un po’. Un comportamento tipico per Harlequin, che sembrava prendere ben poche cose sul serio, ma che Jack lo seguisse faceva letteralmente cadere le braccia.

«oh sì. Con un sacco di posti e altrettanti film disponibili, anche in anteprima» disse Harlequin «ora di apertura: dieci del mattino. Ora di chiusura: due di notte. Giorno di chiusura: giovedì».

Frost, incompreso dai suoi colleghi e soprattutto dalla propria compagna, aveva deciso semplicemente di evitare potenziali nuove discussioni con essi finché ne aveva l’opportunità. Proprio perché erano in un brutto periodo, e gli attimi di pace in futuro minacciavano di essere ben pochi, intendeva godersi quelli che restavano con quanta più leggerezza possibile, e con i suoi colleghi ciò era impraticabile. Bastava pensare a come si erano comportati quattro giorni prima. 
Tutti loro, più Nightlight ed Aiko, erano stati ricevuti da Manny in infermeria, appena questi era stato in condizione di farlo. Lui li aveva ringraziati per il sostegno che gli stavano dando, e per la loro lealtà, ed era stato a quel punto che Jack gli aveva fatto la domanda.


“sentite, ah…principe, già che siamo qui non è che potreste dirmi come mai mi avete lasciato gironzolare sulla Terra per tre secoli senza dirmi perché?”


Non gli pareva di aver chiesto chissà cosa, o detto alcunché di male, ma i suoi amici e colleghi l’avevano zittito in primo luogo, e Dentolina lo aveva rimproverato in seguito.

 

“Jack, questo non è il momento per fare certe domande! Ti pareva il caso? Manny è ancora molto debole e fragile, e c’è una guerra in corso, e poi-”
“Dentolina, se non adesso quando avrei dovuto farlo?! Una volta che tutto questo sarà finito, lui se ne tornerà sulla Luna, sempre se sarà ancora vivo e se lo saremo anche noi, e addio ad ogni possibilità di ricevere uno straccio di risposta”.
“lo so, posso capire, ma non è il momento di pensare a se stessi, perché-”
“scusa ma permetti che, avendone l’opportunità, io voglia che mi dica finalmente perché? Non mi pare di aver chiesto chissà cosa, e non vedo il problema…a meno che, semplicemente, ‘quello nuovo’ non sia degno di fare domande!”

 

L’aveva presa fin troppo male, lo sapeva. 
Aveva esagerato come era successo quando gli altri avevano parlato di fargli conoscere anche Shu Yin, sapeva anche questo. 
Ma quella faccenda, alimentata anche dalla “lieve” presa in giro da parte di Eve Hallows il giorno precedente, lo aveva seccato oltremodo, e gli altri non sembravano dare a ciò la giusta importanza.
Indi, seppur con sommo dispiacere e diversi sensi di colpa -sentendosi anche un po’vigliacco, a dirla tutta, nell’evitare Dentolina così invece che cercare di parlarle- si era avvicinato agli altri spiriti, Saturnali maschio in particolare. Gli sembrava un tipo troppo giusto, che era un peccato non aver conosciuto prima, e voleva cercare di rimediare.

«Harlequin, non so come dirtelo, ma oggi È giovedì! Ehm…quelli che sorvegliano l’ingresso della sala sono tre troll?!»

Proprio: tre grossi troll vestiti come buttafuori moderni, muniti di clave un po’meno moderne. Uno dei tre aveva poggiato la propria sul pavimento, e se ne stava seduto a terra mezzo addormentato con la schiena poggiata contro la parete, ma gli altri due sembravano piuttosto vigili.

L’uomo minimizzò con un cenno della mano. «nulla di che. Guarda come si fa».

A quelle parole, la mazza posata a terra si sollevò da sola, e colpì il troll sfaticato dritto in testa. Questi si rizzò immediatamente in piedi arrabbiatissimo e, convinto che il colpevole di quell’affronto fosse stato uno dei suoi due colleghi, assestò un colpo a entrambi. Tempo due secondi, e i tre troll iniziarono una rissa tale che, se fosse passato vicino loro un elefante dipinto di verde, non si sarebbero neppure accorti.

Cercando di contenere l’ovvia sghignazzata, i due spiriti corsero all’interno della sala, chiudendosi la porta alle spalle. «ok, ormai non ho più dubbi, la telecinesi è utile. Farebbe comodo anche a me!» disse Jack.

«sarebbe più utile se funzionasse anche sugli esseri viventi, invece che soltanto sugli oggetti, e se fosse più forte, ma non mi lamento lo stesso» Saturnali fece spallucce «andiamo a scegliere il film, sono centinaia, tutti on demand!»

«sì, solo…posso farti una domanda?» gli chiese Jack, seguendolo lungo la scalinata a lato delle poltroncine.

«spara».

«in questi giorni non ti ho mai chiesto come e quando sei diventato uno spirito, e anche tua sorella. Manny ha scelto anche voi?»

Harlequin rispose con una breve risata. «eppure c’eri quando ho detto di essere un patrizio romano. Sono un po’più vecchio del tuo Uomo nella Luna. Tu fai conto che nel 42 d.C. avevo venticinque anni precisi, che poi come vedi è l’età a cui mi sono fermato» si passò una mano tra i capelli ricci e neri, tentando inutilmente di sistemarli un po’ «essere scelto da Manny non è il solo modo, per chi non è nato tale, di diventare immortale. Uh, ho fatto la rima».

«e tu come ci sei riuscito?» Jack si appollaiò su una poltroncina, decisamente incuriosito.

«sai fin troppo bene che le “divinità” greche sono vere, no? Ebbene, vale la stessa cosa anche per diverse delle leggende che li riguardano, in particolare quella delle mele d’oro nel giardino delle Esperidi, che fanno diventare immortale chi ne mangia una. Vedi, io ero un esploratore fatto e finito, ero bravo, avevo sesterzi a sufficienza da potermelo permettere e vivevo solo già da un pezzo. Non andavo molto d’accordo coi miei familiari».

«ah, mi spiace. Una cosa…sesterzi?»

«soldi».

«ah».

«dicevo, ho passato in nave molta della mia vita da mortale, e in uno di questi viaggi…bam! Ho trovato il giardino delle Esperidi. Inizialmente non credevo ai miei occhi, per ovvie ragioni, ma era tutto vero, e quelle mele d’oro erano veramente lì! Non è stato affatto semplice, ma alla fine sono riuscito a rubarne ben due senza farmi beccare. Una l’ho conservata, l’altra l’ho mangiata, e…»

«“e”?» lo incalzò Jack.

«niente. Inizialmente avevo pensato che fosse tutta una fregatura, non era cambiato nulla, o così mi sembrava. Poi però, tornato nella mia domus, ho iniziato a vederle. Tutte quelle piccole e strane creature nel mio giardino. Il primo pensiero è stato “bene, Titus Quinctius Saturninus, sei diventato pazzo sul serio”! Ovviamente sbagliavo, come ho compreso in seguito».

«come hai capito che non era così?»

«oh, è stato proprio un fatto divertente» Harlequin si guardò le unghie «mio padre si ammalò gravemente circa un paio d’anni dopo e, benché non andassimo d’accordissimo, l’eredità e il titolo di paterfamilias sarebbero andati a me. Solo che al mio fratellastro, un figlio bastardo nato da una concubina, non stava affatto bene. Così una notte si è infiltrato in casa mia, mi ha sorpreso nel sonno e mi ha dato…uhm…una decina di coltellate al ventre, più o meno, e mi ha lasciato lì a languire».

Jack lo sguardò con gli occhi sbarrati, sia per quel che aveva detto, sia per la noncuranza con cui l’aveva fatto. «ma dici sul serio? È una cosa orribile!»

«sì, abbastanza. Comunque sia, con mio sommo sconcerto, le ferite avevano iniziato a guarire fin da subito: nulla di miracoloso, ma abbastanza da mantenermi in vita e permettermi, in seguito, di riprendermi» disse. Senza una particolare motivazione, si tolse la maschera colorata che gli copriva metà volto, e iniziò a giocherellarci. «venuto a conoscenza della cosa, il mio fratellastro capì di essere un uomo finito, e per evitare la pena cercò di fuggire. Altri al suo posto avrebbero scelto di suicidarsi, sarebbe stato più onorevole, ma non lui».

«e quindi è riuscito a scappare?»

Harlequin sorrise sottilmente. «ahimè, no. Pare che l’abbiano trovato morto in una latrina pubblica, con la testa infilata in una delle sellae pertusae. Chissà com'è successo».

«ehm...erano tipo dei water?» intuì Jack. Iniziò anche a pensare che Harlequin potesse essere in qualche modo coinvolto nell'omicidio del suo fratellastro ma, si disse, sicuramente si era fatto un'idea sbagliata.

«più o meno. Ma torniamo a noi: ho passato alcuni degli anni seguenti a stringere amicizia con le creature magiche del mio giardino, cosa che mi è riuscita abbastanza bene, e in seguito con altri esseri fatati ancora, altrove. Mangiare quella mela mi aveva predisposto alla magia, e grazie a quelle creature ho imparato qualche trucchetto come quello della telecinesi, che hai visto prima, o a rendermi invisibile agli umani…o a far volare una nave» aggiunse, con un sorriso quasi sognante «fu bellissimo, Jack. Vendetti molto di quel che avevo, ricavai quanto più oro era possibile, imbarcai tutto in una nave da carico e, nottetempo, partii! Provai una sensazione di libertà semplicemente indescrivibile. Su quella nave volante mi sentivo il padrone del mondo. I miei unici limiti ormai consistevano solo nei bisogni fisiologici, che purtroppo ho mantenuto, ma non sono mai stati un gran problema. Cambiai nome, divenni dapprima “Saturninus”, poi “Saturnali”, che era la mia festa preferita. Nel tempo ho continuato a cercare di ampliare le mie conoscenze sulla magia…poi ho incontrato April, e ho finito per darle l’altra mela. Altra lunga storia. Non ho combinato molto, devo dirlo».

«ha alcune parti drammatiche, ma è una bella storia» disse Jack «la mia è più noiosa. Io e mia sorella giocavamo su un lago col ghiaccio troppo sottile, ho salvato lei, e sono annegato io. Manny mi ha riportato in vita senza dirmi altro che il mio nuovo nome, e sono andato a zonzo congelando cose per tre secoli. Fine».

«su con la vita, tu almeno avevi consanguinei che valeva la pena salvare» l’uomo fece nuovamente spallucce, e da una tasca dei pantaloni tirò fuori un cellulare, giusto per controllare l’ora.

«devo procurarmene uno anche io, prima o poi» disse Frost, indicando il telefono «io e Nord abbiamo detto ai nostri amici umani, quei bambini che ci hanno aiutati ad aprile, che ci saremmo tenuti in contatto, ma in questi giorni non l’abbiamo fatto».

«che problema c’è? Ti do il mio di riserva» dalla stessa tasca di prima, Saturnali tirò fuori un altro cellulare, e lo diede a Jack «i tuoi amici saranno preoccupati».

«grazie, grazie veramente tanto!» esclamò il Guardiano. Mentre toccava lo schermo tentando di raggiungere il proprio profilo Facebook, però, notò un particolare che lì per lì gli era sfuggito. «quindi tu non ritieni inutile che uno spirito faccia amicizia con degli umani? Alcuni dei nostri simili sì, da quel che ho sentito dire qui».

«non potrei mai ritenerlo inutile, è così che ho conosciuto April».

Jack avrebbe voluto chiedergli di raccontare anche quella storia, ma quel che lesse una volta entrato nella chat avviata con Jamie tempo prima lo fece impallidire ulteriormente, e irrigidire. C’erano diversi nuovi messaggi da parte del ragazzino, uno più disperato dell’altro, e Jack avrebbe tanto voluto non dover credere a una sola parola.

«cos’è successo?»

Il giovane Guardiano non rispose, e si fiondò verso l’entrata della sala. Doveva avvisare gli altri il prima possibile. Stentava ancora a credere che i loro avversari potessero essere davvero arrivati a fare una cosa del genere, ma non sapeva proprio dire perché.

Perché?!

Una cosa però la sapeva: molto probabilmente, quella era la fine del breve periodo di calma vissuto.



*** Polo Nord, circa un’ora e mezza prima ***



«che dei corvi ci ronzino intorno da più di cinque giorni non è normale, perché i corvi non vivono al Polo Nord, e considerando questo, più il contesto in cui ci troviamo, tantomeno credo sia casuale. Sono convintissimo che siano le spie di qualcuno dei nostri avversari, il che significa che loro sanno dove siamo, ma noi non sappiamo dove si nascondono loro. La cosa mi piace più o meno quanto starmene sdraiato su questo letto».

Poco importava che la stanza fosse calda e accogliente, o che il letto fosse grande e pieno di cuscini morbidi: Atticus Del Sol non vedeva l’ora di alzarsi, e studiare qualcosa per porre fine a quella situazione stagnante che si era venuta a creare coi loro avversari. Peccato che Cecilia non intendesse permettergli di muoversi fino a quando lei stessa e Galaxia avessero stabilito che si era completamente ripreso da un colpo che, andava detto, non era stato mortale per pura fortuna.

«si è detto de aspettare fino a domani, per sicurezza, y tu aspetterai. Claro? Sfrutta al meglio esto momento de calma e non metterti a stressarmi anche tu, por favor».

Se ad Atticus l’idea di essere spiati non piaceva, a Cecilia piaceva ancora meno. I grifoni sembravano essere all’altezza del proprio compito, ossia distruggere qualunque cosa, persona o animale si avvicinasse e non fosse dalla loro parte, ma era una delle poche buone notizie.

Diversi dei loro alleati, stanziati in ogni locale disponibile all’interno della Fabbrica -che per fortuna era un edificio bello grande- stavano diventando sempre più irrequieti, impazienti di fare qualcosa di più che frequentare pagine Facebook altamente trash, e tenerli a bada lì, fuori da Conca De El Sol, avrebbe presto iniziato a diventare complicato; Sandelle era ancora ben lontana dal riprendersi, e il colpevole di quella crudele mutilazione non aveva ancora nome e volto; nome e numero degli spiriti “estranei” unitisi a Nightlight era sconosciuto e, come se il resto non fosse bastato, c’era anche Calmoniglio coi suoi dubbi e le sue domande.

Quello però era il problema minore, perché le due persone -Galaxia e Sandelle- che avrebbero potuto fargli accidentalmente capire qualcosa non sapevano nulla, e il Guardiano aveva il suo bel daffare a cercare di non irritare circa duecento immortali dai quali aveva ricevuto un’accoglienza piuttosto freddina.
Avevano specificato a tutti che il Pooka aveva scelto di stare dalla loro parte perché avevano un obiettivo in comune, ossia la morte dell’Uomo Nero, ma i “concasoliani” non avevano dimenticato il -presunto, anzi, inesistente- tradimento di Jack Frost, che loro sapevano aver approfittato dell’ingenuità di Sandelle per arrivare a Conca De El Sol e distruggerla.
Oltre a ciò, c’era anche un ulteriore motivo per cui Calmoniglio aveva altro a cui pensare. Inizialmente gli yeti erano in uno stato confusionale post-possessione, e comunque non ci sarebbe stato nessuno in grado di capire quel che dicevano ma, qualche tempo dopo il suo arrivo, a Ljuba non c’era voluto molto tempo per ricavare da loro un’informazione molto interessante: Sandman aveva soccorso l’Uomo Nero, e lo aveva portato via con sé. 
Aveva intralciato ulteriormente quella che secondo Calmoniglio era “la giusta condanna”, e il Pooka non era stato felice di saperlo.
Per niente.

«è proprio per questo che dico quel che dico, voglio alzarmi e aiutarti. Questo momento di stasi è terribilmente snervante, noi qui, loro chissà dove!»

«il fatto que ci spiino da cinque giorni y non abbiano fatto ancora nada può significare que ora non si sentano in grado de affrontarci in un attacco diretto, y esto es positivo».

«lo so, ma non può rimanere tutto fermo per sempre. Voglio Manny e l’Innominato morti il prima possibile. Oh, e naturalmente dovremo pensare anche alla nostra cara “sorella”» aggiunse, con rabbia «l’ho aiutata, le ho dato un nome, l’abbiamo aiutata ancora, le avevamo offerto un posto tra noi, e Shu Yin cos’ha fatto?!»

«va’ tranquillo que quando arriverà el momento a lei ci penserò yo. Ora calmati» gli si sedette accanto e gli baciò delicatamente la fronte «una cosa per volta».

«sì. Giusto. Comunque qui urge che qualcuno si muova, ed è bene che quel “qualcuno” siamo noi. Meglio giocare secondo i nostri tempi e le nostre regole, piuttosto che aspettare ancora un assalto nemico. Quindi la domanda è: come staniamo i nostri topolini?»

«c’è Calmoniglio aqui, potremmo siempre usarlo como ostaggio» propose Cecilia «o ci danno l’Innominato y Manny, o lui muore».

«da quando un alfiere vale quanto il re? Il Guardiano della Speranza è prezioso, sì, ma insostituibile? Non credo. I Guardiani magari non ragionerebbero in modo così cinico, ma dobbiamo ricordarci che non sono soli, e che tra gli altri con loro ci sono Nightlight e Manny stesso. Calmoniglio non potrebbe essere sacrificato senza controversie, ma credo che i dissidenti potrebbero essere forzati a farsene una ragione, e poi desumo che lui sia considerato una specie di traditore, al momento. No, non è abbastanza, serve dell’altro, io…» Atticus si fermò a metà frase, con l’aria di chi aveva appena ricevuto un’illuminazione «forse ho avuto un’idea».

Prima che Cecilia chiedesse delucidazioni, però, la porta della stanza si aprì. «sono stata da Sandelle» esordì Ljuba «averle “ricostruito” le mani con l’oscurità ha migliorato le cose a livello fisico, ma a livello mentale…d’yavol, piange ogni volta che le guarda, e come darle torto?»

Cecilia sospirò. «già. Ha detto nada su chi è stato?»

«njet. O piange o sta lì seduta, in silenzio, come sempre. Non ha avuto reazioni diverse neppure con Spring, che è con lei adesso, e sai che lei e Samuel si piacciono. Di che parlavate, comunque?»

«si parlava de far uscire allo scoperto i nostri nemici, in qualche modo».

«fate un mini consiglio di guerra senza avvisarmi? Vergognatevi!» li riproverò Ljuba, sedendosi in fondo al letto «se magari pensavate di utilizzare Calmoniglio in qualche modo, vi direi di lasciar perdere. È-»

«prezioso ma non insostituibile, l’abbiamo già concluso» la interruppe Atticus «ed è per questo motivo che qualcuno di noi deve recarsi a Burgess il prima possibile».

«Burgess? Pochemu? Perché?» Ljuba diede un’occhiata perplessa sia a lui che a Cecilia «pensavo fosse stato colpito alla schiena, non in testa. Perché dovremmo andare a Burgess? Dubito seriamente che possano essersi nascosti lì, anche perché se non erro a Burgess abita quel gruppo di bambini che…»

Ammutolì.
Forse aveva iniziato ad intuire vagamente quel che aveva in mente Atticus, ma sperava di sbagliarsi.

«parli veramente de coinvolgere dei niños en una guerra?» Cecilia sollevò un sopracciglio, per nulla convinta dell’idea.

«njet! Non se ne parla proprio, toglitelo dalla testa!» sbottò Ljuba «c’è un limite a tutto, e coinvolgere dei bambini va decisamente oltre».

«tu dici? Mi sembra che ad aprile dell’anno scorso i Guardiani l’abbiano fatto eccome, quando l'Innominato li ha attaccati» le ricordò Atticus «statemi almeno a sentire, prima di dire no. Poniamo di prendere in ostaggio uno qualsiasi di quel gruppo di bambini, farlo sapere ai nostri avversari e proporre lo scambio “bambino/a per Manny e l’Innominato”. Se lo facessimo, ogni mossa che potrebbero mettere in atto gli altri sarebbe sbagliata: se ci dessero retta e ci consegnassero i due che vogliamo, perderebbero la guerra. Anzi, praticamente eviterebbero di farla iniziare sul serio. Fin qui mi seguite?»

«da» disse piano Ljuba.

«se invece non ci dessero retta, per loro si metterebbe comunque male: l’Uomo nella Luna si erge a grande protettore dei bambini, “ci sta apposta”, detta in breve, ed è lo stesso motivo per cui ha "scelto" i Guardiani. Se Manny si dimostrasse pronto a lasciar morire un bambino per salvarsi la pelle, e i Guardiani lo appoggiassero, o fossero costretti ad appoggiarlo, vanificherebbe il solo e unico motivo per cui valga la pena difenderlo, che poi è la ragione principale del conflitto. L’idea di un bambino che muore non piace a nessuno, e “la morte di uno per salvarne tanti” è un ragionamento che lui e i Guardiani non possono permettersi senza passare da viscidi ipocriti, non dopo tutto il buonismo esasperante mostrato. Perché tutto l’esercito che hanno radunato dovrebbe aiutarli, a quel punto?»

«eto khorosho, va bene, loro perderebbero credibilità, ma uccidere un bambino potrebbe spingere gli altri a darci addosso lo stesso, perché non saremmo mostri migliori dell’Innominato» ribatté Ljuba.

«ma se andrà todo como dice Atticus non ci sarà bisogno de uccidere per davvero l’ostaggio: persi credibilità y alleati que potrebbero fare contro de noi? Li sistemeremmo facilmente y, una volta finito, el niño tornerebbe a casa illeso».

«“se ci dessero retta”, “se non ci dessero retta”, “se facessero”, “se non facessero”…se, se, se! Un conto è procedere con i “se” quando siamo coinvolti solamente noi, ma mettere in mezzo un innocente in una faccenda piena di “se” non mi piace. Avete tenuto in considerazione l’idea che possano attaccarci per provare a liberare il bambino, o non credere che siamo davvero disposti a ucciderlo? E con Calmoniglio come la mettiamo?»

«provare ad attaccarci mettendo a rischio la vita dell’ostaggio? Noi ci siamo presi l’oscurità, ricordi? Per loro adesso siamo tutti svitati ed infuriati. Magari potrebbero provare a fare qualcosa in sordina, ma ci troverebbero preparati anche in quel caso. Quanto al resto, Calmoniglio verrà a saperlo solo a cose fatte, e vedremo di non farlo avvicinare al bambino. Nel frattempo gli spiegheremo che è l’unico modo che ci è venuto in mente perché l’Innominato -diremo solo l’Innominato, badate bene: per quel che ne sa lui, noi siamo convinti che Manny sia morto!- ci venga consegnato. Se i suoi colleghi, e Nightlight, sono davvero le persone che si vantano di essere, ci daranno chi vogliamo senza se e senza ma, e l’ostaggio non avrà problemi. In caso contrario…beh…questa faccenda chiarirà ben bene le idee a Calmoniglio sulle persone con cui e per cui ha lavorato, giusto? Ovviamente non approverà, ma se provasse a fare qualcosa di strano potremmo fermarlo agevolmente».

«esta faccenda rovinerà ulteriormente el rapporto que ha coi suoi colleghi, i quali se domanderanno como abbia potuto Calmoniglio permettere y approvare una cosa del genere» aggiunse Cecilia «altro punto a favore».

Cecilia era sempre più convinta di quel piano, Ljuba riusciva a vederlo bene. Lei non lo era altrettanto, continuava a pensare che fosse sbagliato, più o meno come l’essersi quasi trovata a dover uccidere Nord cinque giorni prima. «volete proprio farlo, eh?»

«ascolta, l’idea di mettere in mezzo chi non c’entra nulla non piace neppure a me, e bada che sono sincero» disse Atticus «ma cos’altro fare, se no? Se hai delle idee migliori dille, qui siamo tutt’orecchi».

Tuttavia, per Ljuba, anche quella era una situazione analoga: più rifletteva su quale altra strategia poter adottare, meno idee le venivano in mente, e iniziava a pensare che quella potesse essere la sola e unica via percorribile. Forse Atticus aveva ragione, forse avrebbero ceduto e sarebbe finita così, senza bagni di sangue. «non ne ho. Eto khorosho, allora parto immediatamente».

«que?! Tu? Pensavo de andare yo, dal momento que tu non sembravi molto felice» disse Cecilia.

«che ne sia felice o meno non importa, se una cosa dev’essere fatta bisogna abbassare la testa e farla».

«portati dietro Galaxia però. Dopo quel che è successo a Sandelle, che giri da sola non mi va» si raccomandò Atticus «se non foste così paranoiche sarei venuto con te io stesso…»

«njet! Tu rimani a letto fino a domani, dovessimo incatenartici sopra. Ci vediamo dopo».

Se ne andò e si chiuse la porta alle spalle, senza aspettare una risposta dai due. Intendeva sbrigare quella brutta faccenda il prima possibile. Lei, Ljuba St.North, rapire bambini! Meglio non stare a pensarci troppo. 
Allora, dove poteva essere andata a finire Galaxia?...ah, eccola lì, bella raggomitolata davanti al camino.
Con Calmoniglio.
Il fatto che Aster avesse appoggiato l’idea di uccidere Pitch, che Calmoniglio fosse spesso senza compagnia alcuna, e soprattutto quel che era accaduto a Sandelle -che loro due avevano soccorso assieme- aveva fatto sì che si trovassero a stare insieme abbastanza spesso. Da quel che diceva Galaxia, comunque, a parte questo non era cambiato nulla tra loro due: sei giorni nello stesso edificio non potevano cancellare quattrocento anni di lontananza.

Appena la vide farle un cenno silenzioso, Galaxia si congedò dall’ex compagno senza tante spiegazioni, e senza che questi facesse in tempo a vedere Ljuba.
Laxie la raggiunse nel corridoio, guardandola con aria interrogativa. Avanzarono senza parlare fino a quando non raggiunsero una porta che conduceva all’esterno dell’edificio, sorvegliata da una dozzina di grifoni. «che succede?» chiese il coniglio.

«andiamo a Burgess» fattasi strada tra i grifoni, Ljuba spalancò la porta, ed entrambe vennero investite da una folata di vento gelido. «rapiremo uno di quei bambini amici dei Guardiani».

«che?!! Stai scherzando, vero?!» allibì Galaxia «non puoi parlare seriamente!»

Invece no, era tutto vero, e per capirlo bastava guardarla in faccia, ma era semplicemente assurdo. Cosa stava passando per la testa dei suoi “fratelli”? Di certo Ljuba non aveva preso da sola quella decisione, e dovevano esserci delle motivazioni valide.

«ti spiegherò mentre voliamo lì. Speriamo di trovarne almeno uno in tempo decente, l’unica cosa che sappiamo è che non possono abitare troppo lontani dalla radura».

Il volo procedette spedito nei limiti del possibile, e all’imbrunire le due arrivarono oltre la radura di Burgess, nel punto dove iniziavano ad esserci le abitazioni, senza intoppi. Dopo le dovute spiegazioni, benché Galaxia non approvasse ancora del tutto, se non altro aveva iniziato a capire le ragioni dietro a quell’apparente follia. «se non fosse che questa potrebbe rivelarsi un’idea decente, direi che non conviene lasciare ad Atticus Bla Bla troppo tempo per pensare».

«da, su questo concordo. Il nostro Atticus è sempre stato quello con le idee pericolose, e non vorrei che l’oscurità finisse con l’acuire questo suo aspetto» Ljuba si sfregò le mani, con aria pensosa «tu controlla le case della via a destra, io quelle della via a sinistra».

«ok».

Galaxia corse via, a spiare dalle finestre della prima casa che si trovò davanti. Ljuba non era la sola a sperare di concludere in fretta quel lavoro, e sperava anche che quella mossa portasse a una conclusione veloce della guerra.
Non riuscì a evitare di pensare che Aster non avrebbe affatto apprezzato quel che volevano fare. Dicendo a Ljuba che tra loro due non era cambiato nulla non aveva mentito, ma ciò non toglieva che le dispiaceva deluderlo ulteriormente. Lui stava cercando di fare ammenda nei suoi confronti, dopotutto…e lei si metteva a rapire bambini!

«…avuto notizie dai Guardiani?»

“Guardiani?”

Le sue sensibili orecchie avevano captato qualcosa d’interessante, specie perché le parole che aveva sentito sembravano essere state pronunciate da qualcuno con una voce femminile e molto giovane. Si mosse dunque in quella direzione, spostandosi rapidamente da un cespuglio dall’altro, da uno steccato all’altro, e così via.

«no. Non mi hanno fatto sapere niente, e questo mi preoccupa. Se non pensassi che è inutile, perché non sono sicuro che Jack abbia ancora un cellulare, proverei a scrivergli su Facebook. Abbiamo quel globo di neve, è vero, ma usarlo per andare da loro senza sapere dove sono e come stanno sarebbe assurdo».

Erano due ragazzini, un maschio e una femmina, entrambi coi capelli scuri. A vederli così, dovevano avere circa undici o dodici anni.

«lo sai Jamie, mi sembra ancora strano pensare che Jack sia su Facebook».

Jamie? Bene, ora Galaxia aveva capito chi aveva davanti. Il primo ragazzino che aveva visto Jack, quello di cui Sandelle aveva soccorso la sorella minore.

«non dirlo a me. L’unica cosa buona è che almeno i loro nemici non si sono fatti vedere».

“e avrei preferito continuare a non farmi vedere, credimi” pensò Galaxia, continuando a star loro dietro silenziosamente. 
Chi prendere? Jamie? La ragazzina?

«già…beh, se vieni a sapere qualcosa dimmelo subito, ok? Non mi piace questo silenzio».

«lo farò di sicuro, tranquilla. Ci vediamo, Pippa».

Sembrava dirigersi verso la porta della casa davanti a lui. Ottimo, ora sapeva dove abitava.
“lui o lei?”
Chi avrebbe potuto risultare meno problematico come ostaggio? Chi dei due avrebbe fatto meno tentativi di liberarsi?

Una bambina bionda decisamente piccola uscì dalla casa, e andò allegramente incontro al ragazzino. «Jamie, Jamie!»

«Sophie! Non puoi uscire di casa senza cappotto, se no poi chi la sente mamma?» la rimproverò lui, preoccupato anche per se stesso «dai, rientriamo» borbottò, precedendola di qualche passo.

Sophie, obbediente, fece per seguirlo, quando…

«pssst! Ehi!»

La bambina si voltò a guardare indietro, un po’perplessa, ma quando vide chi l’aveva interpellata sgranò i grandi occhioni verdi in un’espressione stupefatta: era una grande coniglia dal pelo bianco e nero, che le stava facendo cenno di avvicinarsi. Sophie non l’aveva mai vista prima, ma sicuramente doveva essere un’amica del Coniglietto di Pasqua, o la sua fidanzatina, perché erano della stessa razza. Trotterellò rapidamente verso di lei, curiosa di vederla più da vicino. «ciao».

«ciao, Sophie».

«tu sei la fida…fidanzatina» sillabò con un po’di fatica «del Coniglietto di Pasqua?»

«ehm. No. Ma siamo amici. E anche la Donnina del Sonno è mia amica, te la ricordi? Quella tutta d’oro».

«sì!» esclamò la bambina «bella e buona! Mi ha aiutata!»

«anche lei si ricorda di te. Ti piacerebbe rivederla? Posso portarti da lei per un pochino, e farti conoscere anche altri amici» le propose, sentendosi uno schifo. Quella bambina aveva un fratello e una madre che si sarebbero preoccupati e avrebbero sofferto moltissimo per la sua sparizione, anche se fosse durata solo pochi giorni. Non perse tempo a chiedersi se la loro causa giustificasse una cosa del genere: la risposta era “no”, e lo sapeva benissimo, ma al momento non poteva lasciare che le importasse.

«sì! Portami dalla Donnina del Sonno!»

Galaxia la prese in braccio senza indugiare oltre. Jamie non aveva torto a dire che avrebbe dovuto indossare un cappotto, ma quello era qualcosa cui, grazie ai poteri rubati, sia lei che Ljuba potevano facilmente ovviare, scaldandola durante il volo.

«Sophie!!!»

Il ragazzino era tornato fuori. Meglio filare via.

«ci dispiace, credimi, ci dispiace!» esclamò, prima di dare le spalle a Jamie e correre via come una forsennata, stringendo saldamente Sophie. Doveva trovare Ljuba, dovevano andare via da quel posto. «Ljuba!» gridò, correndo verso il punto dove presumeva fosse la sua amica «ce l’ho!»

«otlichno! Ottimo! Andiamocene!»

Si sollevarono in volo il più velocemente possibile, Galaxia per una volta dimentica del suo poco amore per le altezze elevate, col pensiero rivolto soltanto alla bambina che stava tra le sue braccia e alle grida del fratello, che le sue orecchie -purtroppo- riuscivano a captare in lontananza.

«chi è?»

«la sorella di Jamie. La bambina che Sandelle aveva aiutato, per capirci» specificò «è venuta con me spontaneamente, non avrà nemmeno cinque anni, è così ingenua…»

«meglio così. Se le cose andranno come devono andare le sembrerà tutto uno strano sogno».

“e se invece dovessero andare male?” pensò Galaxia.

Ma era una domanda che, almeno per il momento, non aveva il coraggio di formulare ad alta voce.




Salve!
Sappiate che il rapimento di Sophie era qualcosa che avevo in mente all'incirca dal ventesimo capitolo della storia precedente, solo che non avevo trovato una scusa che fosse più o meno valida. Adesso invece è venuta fuori, per cui...ecco. Presumo che ciò farà scemare ulteriormente la vostra stima (?) verso tutta questa gente :'D

Ad ogni modo, benché fosse qualcosa di previsto, inizialmente non era mia intenzione metterlo in questo capitolo. Fate conto che l'avevo strutturato -nonché iniziato- in tutt'altro modo, e che la parte con Jack e Saturnali, prima, stava alla fine :'D spero che il rimescolamento non abbia generato qualcosa di troppo confusionario (oltre che corto) O_o

Comunque sia, ringrazio Enivelsa, che ha inserito la storia tra le seguite e le preferite (hai parecchia fiducia xD), Ialeya, per aver recensito ed inserito la storia tra le seguite, vermissen_stern e KunoichiBeastKnightress per la recensione, e _Kuro_Neko_ per averla inserita tra le storie seguite :)

Alla prossima,

_Dracarys_

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo 3
= die die, die my darling, just shut your pretty eyes =




I corvi erano fuori ormai da cinque giorni. Erano serviti a qualcosa? No, o almeno non fino a quel momento. A detta di Baba Yaga non erano riusciti neppure ad arrivare fuori dalla Fabbrica, perché i grifoni-Incubo del fuoco li avevano distrutti prima.

Avevano visto il vecchio quartier generale di Babbo Natale solamente da lontano, e tutto il perimetro circostante era invaso da quei mostri, tanto a terra quanto in aria. Non c’era dubbio che gli Insorti avessero preso possesso della Fabbrica e ne avessero fatto la loro base, ma quel che avevano saputo aveva rimesso in discussione la prospettiva dell’attacco diretto, facendola diventare meno allettante di quanto già non fosse.

L’ideale sarebbe stato che i corvi riuscissero a trovare un ingresso alternativo alla Fabbrica -uno che Ljuba non conoscesse, se c’era!- che riuscissero a penetrare in essa per avere un’idea di dove fosse posizionata la maggioranza degli spiriti ed ex “divinità”, e che poi tutti loro tentassero un attacco improvviso direttamente agli Insorti.

Da quel che in quei giorni aveva raccontato Jack su Conca De El Sol, e sull’atmosfera che vi regnava, i più esperti di incantesimi si erano quasi convinti di una cosa: persone come Zeus, le “divinità” egizie e tutta la compagnia non potevano pendere di propria volontà dalle labbra degli Insorti, non fino a quel punto: c’era sicuramente qualche sortilegio di mezzo.
Avevano iniziato a pensare che, sconfitti gli Insorti, magari tutto il resto del loro esercito avrebbe perso la voglia di uccidere l’Uomo nella Luna.

Ecco, se non altro su di lui c’erano buone notizie: tra il lavoro di Aiko e quello dei guaritori, ormai Manny era solamente spossato, senza più ferite e ossa rotte. Certo, c’era ancora la paura, ed era un male da cui era molto più complicato guarire. Il principe Lunanoff aveva vissuto in quel satellite per circa millecinquecento anni credendo di essere al sicuro, e ora doveva affrontare l’idea di essersi crogiolato un una beata illusione. Non sembrava neppure avere tanta voglia di uscire dall’infermeria, o comunque di farlo prima di essersi completamente ripreso.
Quello però era abbastanza comprensibile: il fatto che gli altri spiriti li stessero aiutando non significava che idolatrassero Manny, cosa che ormai era chiara anche a quest’ultimo.

Oltre a tutto ciò, osservando il letto a due piazze ancora intatto, Dentolina temeva che a breve avrebbe potuto aggiungersi un altro problema. Nell’attesa che arrivassero informazioni concrete si erano stanziati tutti quanti lì, nella locanda, ma la Guardiana iniziava a chiedersi cos’avesse preso a fare una camera matrimoniale, se Jack non c’era mai.
Ovviamente non era il momento adatto per occuparsi di questioni di cuore, lo sapeva benissimo, ma non poteva evitare di chiedersi cosa accidenti stesse passando per la testa del suo fidanzato. Quando si erano rivisti nel regno di Madre Natura -già, chissà se lei e Shu Yin stavano bene!- sembrava tutto a posto, ma le cose avevano iniziato a cambiare già dall’arrivo nella locanda, e nei giorni successivi sembravano essersi ulteriormente raffreddate, specialmente dopo quel che era accaduto in infermeria.

Dentolina era rimasta di sasso. Aveva creduto che Jack avesse superato la cosa, ormai, e non si aspettava che andasse a mettere in discussione l’operato di Manny proprio in quei frangenti tanto delicati. Ammetteva che diverse cose erano assai contestabili, ma…proprio ora?
Lei l’aveva zittito e poi rimproverato per questo motivo -evitando a Manny di dover rispondere- e la reazione non era stata buona.
Nord e Sandman la pensavano allo stesso modo, neppure a loro era piaciuta la replica di Jack -tanto da aver appoggiato Dentolina durante quel breve scontro- e temevano anche ciò che temeva lei, ossia qualcosa di simile a un altro Calmoniglio. Per ovvi motivi difficilmente Jack si sarebbe schierato dalla parte degli Insorti -a meno di perdere il senno un’altra volta- ma Dentolina non voleva che il loro gruppo subisse un’altra frattura.

Non era servito a molto dire a Jack che sì, certamente era degno di fare domande, non era da meno di tutti loro, solo che semplicemente non era il momento adatto. Cos’aveva risposto lui? “mi piacerebbe che fosse così, ma qualche dubbio comincio ad averlo!”, e da quel momento aveva iniziato a stare più con gli altri spiriti che con lei e gli altri Guardiani. Proprio adesso che Sandman, sconvolto per ciò che era successo a Sandelle -quell’Ephemeride era veramente un mostro maligno come pochi!- avrebbe avuto più bisogno del sostegno di tutti!

A volte il suo fidanzato si rivelava un po’più egocentrico del dovuto, doveva ammetterlo.

Una questione che non sapeva se definire positiva o negativa, invece, era rappresentata dal fatto che Pitch, nei cinque giorni trascorsi, non si era più visto. Non che in caso contrario la Guardiana sarebbe stata lieta di averlo attorno, e per tutti gli altri valeva lo stesso discorso, ma il punto era un altro: l’Uomo Nero era con Eve Hallows, ovviamente assieme alla suddetta, e quella era tutto tranne una bella accoppiata. Forse la stava giudicando male troppo in fretta, Dentolina non aveva difficoltà ad ammetterlo, ma quello spirito non aveva esattamente fatto chissà cosa per farsi prendere in simpatia.

Qualcuno bussò alla porta. 

«avanti!»

Dalla porta fece capolino Nord. «io salgo sopra per sentire se Baba Yaga ha qualche novità. Sandy è già su, credo. Tu vieni?»

«sì, tanto stare qui è inutile» sospirò la fata, facendo spallucce. Raggiunto Nord nel corridoio, chiuse accuratamente a chiave la porta della stanza.

«Jack si calmerà presto, vedrai. Non ci lascerà soli in momento del bisogno».

«pensavamo lo stesso anche di Calmoniglio, ma abbiamo bisogno di lui, e lui non c’è. Preferisce stare con chi ci ha quasi uccisi».

Nord non replicò. Quando aveva rivisto Ljuba al Polo Nord, e l’aveva pregata di non mandare avanti quel conflitto, le aveva anche detto che l’amava ancora più della sua stessa vita, e non aveva detto una bugia. Quindi non era strano che ripensare a come si era dimostrata pronta a sacrificarlo scagliandogli contro quei grifoni mostruosi lo facesse soffrire.
“Saresti capace di uccidermi, Ljuba?”, le aveva chiesto, e niente da dire, sembrava proprio di sì; invece lui, nonostante tutto quel che era accaduto, non era ancora certo che sarebbe riuscito a farle del male, e non era esattamente il miglior presupposto per arrivare alla vittoria. «tu pensi di riuscire a combattere seriamente contro Atticus, se…ehm…è vivo?»

«sì, se penso a tutto quel che mi ha fatto, e poi non è che abbia scelta. Visto come si sono messe le cose l’ultima volta, ormai è diventato un “o noi o loro”» senza pensarci troppo, afferrò con delicatezza la mano dell’amico, e la strinse. «lo so, è difficile».

«non è solo difficile, è di più. Fino a ultimo io pensavo che lei si fermava».

Dentolina non fece commenti, neppure quando entrarono in ascensore. La maggior parte dell’edificio, incluse le camere da letto a loro assegnate, si estendeva al di sotto del piano terra, benché grazie a svariati incantesimi si avesse tutt’altra impressione. Ad un livello superiore rispetto al piano principale c’erano solamente l’appartamento del Leprecauno e, da quel che aveva sentito, la suite dove alloggiava Eve Hallows. Se quest’ultima non lo stava stuzzicando di continuo con strani atteggiamenti e provocazioni varie, probabilmente Pitch se la stava passando bene, lassù.

Chi di sicuro se la stava passando discretamente, invece, era April Saturnali. Harlequin aveva legato con Jack Frost, ma a lei si era accostato uno spirito di tutt’altro carattere. «ho capito che sei un gentiluomo, e lo apprezzo molto, ma non c’è bisogno che sia sempre tu ad offrirmi da bere».

“è il minino, sono io che ti ho invitata”.

Sandy non aveva dimenticato Sandelle e le sue povere mani amputate, tanto che i primi tre giorni aveva passato molto tempo solo nella propria stanza o a parlarne con gli altri Guardiani più vecchi, ma aveva infine concluso che struggersi e strapparsi i capelli per l’accaduto non sarebbe servito né a lui né a lei, e che era costretto a cercare di accantonare temporaneamente l’accaduto.
Dunque aveva pensato che valesse la pena cominciare a conoscere un po’meglio qualcuno dei suoi alleati, e per iniziare aveva scelto April I.
Le si era avvicinato perché cinque giorni prima aveva apprezzato la sua discrezione e perché, contrariamente a come poteva suggerire il suo nome, gli era sembrata una persona seria e dai modi gentili, e fino a quel momento lei non gli aveva dato motivo di pensare di essersi sbagliato. I suoi poteri mentali, inoltre, rendevano la comunicazione tra loro molto semplice.

“ti secca se torniamo al discorso di prima? Dicevi di essere indecisa se partecipare o meno alla battaglia”.

«lo ero. Prima c’era anche l’Uomo Nero versione overpower in gioco, ma ora che lui non rappresenta una vera minaccia non ho quasi» sottolineò delicatamente l’ultima parola «più remore a fare la mia parte nella contesa».

“non ritengo Pitch un nemico da poco, ad aprile dell’anno scorso mi ha persino ucciso, ma penso che ci sia un motivo temi più lui di un esercito di circa duecento persone”.

April giocherellò un po’col bicchiere colmo di Bellini, osservando un punto indefinito con aria assente. Ovviamente Sandman non aveva sbagliato, ed era lieta che Pitch non l’avesse ancora riconosciuta -complice anche il fatto che in quei giorni lui ed Eve si fossero rinchiusi nella suite a fare chissà cosa, senza mai sortirne- ma se le cose fossero cambiate, se quella situazione di stasi si fosse interrotta, quanto avrebbe potuto durare? Quanto avrebbe impiegato l’Uomo Nero a fare due più due, dopo averla guardata meglio e aver riflettuto sul fatto che viaggiasse con Harlequin?

«c’è».

La ragazza si chiuse nel silenzio per qualche attimo, e Sandman, seppur curioso, decise di non incalzarla: sicuramente si trattava di ricordi dolorosi, se le serviva tempo era giusto aspettare.

«se io ti racconto di me, poi tu farai lo stesso?» gli chiese lei, dopo un po’.

“certo, non c’è problema. Ma tu parlane solo se te la senti, non sei obbligata a farlo” la tranquillizzò il Guardiano.

«me la sento, e voglio. Pensandoci bene non vedo perché dovrei tenertelo nascosto. Non sono io ad avere di che rimproverarmi, ma lui. All’epoca io ero una bambina» fece un sospiro nervoso «avevo solo sette anni…ma non gli è importato».

Non prometteva nulla di buono, ma non era neppure qualcosa di cui Sandman potesse stupirsi: secoli e secoli prima, Pitch era ben peggiore di quanto fosse al momento.

«un tempo il mio nome era Anine, e nel 1336 vivevo con mia madre e mia nonna in un villaggio dell’attuale Danimarca. Ricordo che fino a quell’anno sono stata felice. Non avevamo molto, ma eravamo benvolute da tutti quanti, tutti ci davano una mano e…e col senno di poi penso che non fosse propriamente naturale».

Sandman la guardò con aria interrogativa, ed April distolse per un attimo abbassò gli occhi, come vergognandosi di qualcosa.

«la telepatia non è arrivata con l’immortalità, ci sono nata, e l’ho ereditata da mia nonna. Solo che i suoi poteri non erano limitati come i miei -penso che oltre a quelli mentali ne avesse anche altri- e credo che lei influenzasse tutto il villaggio» disse, e la sua precedente reazione ovviamente era dovuta a questo «tre donne che vivono da sole, di cui due fanno le erboriste, nel 1336…e non vengono denunciate per stregoneria? Improbabile, se pensi a tutto il tempo in cui l’Inquisizione è stata attiva».

Sandy pensò che non avesse tutti i torti, ma non “disse” nulla, attendendo solo che continuasse.

«capendo che ero come lei, mia nonna iniziò a insegnarmi a controllare le mie abilità appena raggiunsi l’età per capire: avevo all’incirca quattro anni. Mi disse più volte che riponeva grandi speranze in me, perché neppure lei aveva dato prova di possedere strane facoltà prima dell’età dello sviluppo» sorrise tristemente «mi ha “fatto scuola” per tre anni, ed è sempre in questo periodo di tempo che ho conosciuto Harlequin. Si era reso invisibile, ma io riuscivo a vederlo lo stesso, con suo stupore. Anche lui era “particolare” come me, ed io ero felice di averlo trovato. Non lo temevo, né ero diffidente nei suoi confronti: sapevo per certo che non aveva pensieri “strani”, o li avrei sentiti. Diventammo amici, come è successo a Jack Frost con quel gruppo di bambini. Mi trattava come una sorella piccola. Poi…»

April si interruppe per bere il Bellini a grandi sorsi. Sandman notò che le tremava leggermente la mano, e non poté evitare di dispiacersi.

«una notte in cui, a causa del maltempo che mi impediva di rincasare, sono rimasta a dormire da una famiglia di amici, è arrivato lui. Pitch terrorizzò i miei amici...anch’io ero spaventata, ma questo non mi ha impedito di commettere gli errori più grandi che potessi fare: il primo, entrare nella sua testa. Il secondo: affrontarlo usando quel che avevo visto. A gran voce dissi che, in verità, lui era messo molto peggio di noi e non dovevamo temerlo. Era solo, consumato da rabbia e dolore, aveva perso tutti i suoi cari per colpa di altrui ambizioni, e un po’per il lento progresso, un po’grazie a voi, stava perdendo potere sempre più rapidamente. Mostrai tutto questo ai miei amici, e loro smisero di averne paura, tanto che non riusciva neppure a toccarli!»

Sandy annuì. “è successo anche con i nostri amici a Burgess, ad aprile”.

«un simile smacco per Pitch era inaccettabile, idem che fossi entrata nella sua mente. Mi afferrò la gola -non avere paura di lui nel mio caso non serviva- e mi giurò che l’avrei pagata estremamente cara per quegli affronti. Poi sparì. Quando riuscii a tornare a casa raccontai tutto a mia nonna. Siamo state guardinghe per qualche giorno, ma Pitch non si è visto, e da bambina ingenua -e sì, anche arrogante- quale ero, pensai “can che abbaia allora non morde” e mi tranquillizzai. Harlequin era di tutt’altro avviso, ma io ai tempi pensavo che si preoccupasse eccessivamente…invece aveva ragione».

Stavolta fu Sandy ad abbassare gli occhi. Ai tempi avevano già iniziato a battersi contro Pitch, ma purtroppo non avevano il dono dell’ubiquità, come non l’avevano tuttora. Facevano quel che potevano per proteggere i bambini, ma erano consapevoli che anche impegnandosi al massimo non avrebbero potuto aiutarli tutti.

«se riesco a tollerare la sua presenza è solo perché adesso Pitch non è messo troppo bene» aggiunse la ragazza, e aveva l’aria di voler continuare a parlarne, ma…

«ah, vorrei vedere!» Baba Yaga si intromise improvvisamente nella conversazione, pur avendo sentito soltanto l’ultima frase, e lasciò cadere il suo vecchio e gracile corpo su una delle sedie di legno «privo di poteri, circondato da persone che ovviamente lo detestano, e con due maledizioni addosso! L’unica cosa buona è che quella selvaggia di Hallows ce l’abbia tolto di torno. Buona per noi. Per lui non so. L’ho detto che quella è selvaggia».

Sandman si lasciò sfuggire una smorfia seccata. Baba Yaga non era una persona gradevole, e in quel caso era stata anche priva di tempismo!

«che vuol dire “con due maledizioni addosso”?» chiese April, perplessa, alla strega.

Baba Yaga sollevò le sopracciglia, squadrandola a lungo. «davvero non lo sai? Proprio tu? Lascia che te lo dica, ragazzina, tu mi perplimi».

Non fecero in tempo ad approfondire l’argomento, perché Jack irruppe nella sala come se lo stesse inseguendo il diavolo, e corse verso l’unico altro Guardiano presente, ossia Sandy. «hanno preso Sophie!!!» gridò «gli Insorti hanno preso Sophie, Jamie me l’ha detto ora, dobbiamo fare qualcosa!»

Sandy lì per lì non riuscì a connettere, ma le parole di Harlequin, sopraggiunto con molta più calma di Frost, furono decisive. «ignoro perché siano arrivati a coinvolgere una bambina, ma la cosa non promette niente di buono».

Il Guardiano impietrì.

Non era possibile, non potevano essere caduti così in basso. Cosa c’entrava Sophie Bennett?!

Si alzò, pronto a raggiungere le stanze dei suoi colleghi per avvertirli, ma Nord e Dentolina sbucarono fuori dall’ascensore proprio in quel momento, con perfetto tempismo.

«ragazzi, capitato qual-»

«Galaxia ha rapito la sorella di Jamie!» urlò Jack, afferrando Nord per il bavero «non possiamo lasciargliela, dobbiamo salvarla!»

Tanto Babbo Natale, quanto Dentolina, reagirono esattamente come Sandman.

Avevano capito che i loro ex compagni non scherzavano affatto, e che non intendevano avere alcuna pietà verso chi li avesse intralciati, ma arrivare a coinvolgere un’innocente era troppo persino per loro. «p-perché?» balbettò Dentolina «cosa pensano di ottenere con questo?! E poi gli Insorti ormai sono persi e c’è da aspettarsi di tutto, ma come ha potuto permetterglielo Calmoniglio?!» aggiunse, concitata «lui è un Guardiano, come ha potuto appoggiare una cosa del genere?!»

«hai proprio il cervello di un uccellino, non c’è che dire» commentò Baba Yaga «se anche non fosse stato d’accordo, come pensi che avrebbe potuto impedirglielo?»

Il soggiorno di Pitch poteva essere sgradevole per la considerazione che gli altri avevano di lui, ma nel caso di Baba Yaga spesso lo diventava per la considerazione che lei aveva degli altri: se gli oggetti della sua mal sopportazione fossero stati solo gli umani, la si sarebbe potuta definire “misantropa”. Trovava pace e persino gioia nella solitudine, e riteneva che frequentare gli altri spiriti fosse completamente inutile, in quanto, parole sue, “troppo stupidi”. Ora che l’Uomo Nero non era più una minaccia sarebbe già tornata a casa, se non fosse stato per Liesel -la quale al momento giocava a chemin de fer in un’altra sala- e la sua mania di rischiare l’osso del collo.

«avrebbe potuto provarci!» ribatté la fata.

“non solo ha il cervello di un uccellino, ma è anche ostinata” pensò Heike. «chi ti dice che non l’abbia fatto? Magari è anche morto male per questa cosa, chi lo sa».

«non fare l’uccello del malaugurio!» esclamò il Leprecauno, avvicinandosi al tavolo «comunque sia, sarebbe bene che qualcuno vada ad avvisare la crocerossina di Manny» ossia Nightlight, che aveva trascorso in infermeria il novantacinque per cento del suo tempo «che quelli si sono mossi».

«e io credo che a breve si faranno vivi per farcene conoscere i perché e i percome» disse Harlequin.

«dovremmo chiamare a raccolta anche tutto il resto del gruppo. Qualcuno di voi sa dov’è Aiko?» domandò April.

«e dove vuoi che sia Aiko, sii seria? Da quel che ho visto, eccettuate rare occasioni, se trovi Nightlight trovi anche lei!» esclamò il Leprecauno «mi ci gioco la pipa che prima o poi li beccheremo a darsi da fare da qualche parte. Tu» schioccò le dita all’indirizzo di un cameriere lì vicino, che aveva sentito tutto «trovameli».

«sissignore».

«nooo, Nightlight può stare solo con Manny! Sono la mia OTP!» affermò Harlequin «sembrano attaccati con la colla…»

«l’Uomo nella Luna dà l’idea di un bambino grosso e grasso, quindi lui, Nightlight e la ragazza possono formare una bella famigliola» ipotizzò Baba Yaga.

«smettete!!!» inveì Nord «bambina piccola è stata rapita e voi vi mettete a dire cose stupide?!»

«e tu non eri quella che doveva sorvegliarli?!» sbottò Jack all’indirizzo della strega «che facevi mentre loro-»

«non sto di continuo nelle teste dei miei uccelli, bimbo» disse la strega, con fare annoiato «specie perché quasi subito distruggono tutti quelli che mando. Riuscire a coglierli sul fatto sarebbe stato improbabile in ogni caso».

«non sembra che quel che è accaduto ti importi molto» osservò Dentolina, decisamente irritata.

«perché infatti non mi interessa proprio. Proteggere i bambini non è compito mio».

«ma vaffanculo!» esclamò Frost prima di tutti gli altri.

«condivido appieno, Jack» disse Dentolina «ma ti prego, modera il linguaggio…»

«non me ne frega nulla del linguaggio al momento, e quasi sarebbe da mandare a quel paese anche te!» sbottò il ragazzo.

«sentimi bene, sapere del rapimento stressa me quanto te, ma non credere di potermi maltrattare soltanto perché sei nervoso!» ribatté la fata «altrimenti puoi andarci tu di corsa, a quel paese!»

Dentolina aveva pazienza, ma non ci stava a farsi maltrattare in quel modo, specie da qualcuno che l’aveva evitata per giorni. Perché, perché doveva andare tutto male di nuovo?, pensò, mentre lei e Jack si scambiavano un’occhiata dura.

La tensione venne spezzata da due persone ormai date quasi per disperse che comparvero improvvisamente di fianco a Frost, e non sembravano affatto di buonumore.

«…ma certo, tu vai ad uccidere chiunque ti capiti a tiro e devo rimetterci anch’io!»

«io non volevo farlo, sono stata usata! Non l’ho fatto!»

«sì, come no! Ammetti di aver preso gusto a farne fuori uno dietro l’altro, e falla finita!»

Una delle suddette persone era Emily Jane, arrabbiata e, come rivelava il suo volto livido, anche spaventata; l’altra invece era Shu Yin, e nessuno di coloro che la conoscevano l’aveva mai vista così evidentemente terrorizzata e confusa.
Il loro arrivo inaspettato causò non poco scompiglio tra gli astanti, che si domandarono con cos’altro avrebbero dovuto fare i conti, oltre al rapimento della bambina; nulla nelle frasi delle due era incoraggiante, e sembrava ci fosse di mezzo un altro omicidio!

«voi siete vive allora!» esclamò Nord «perché non siete venute qui prima, e cos’è successo? Chi ha ucciso cosa?!»

Solo allora l’attenzione di Emily Jane, dapprima totalmente rivolta a Shu Yin, iniziò a rivolgersi all’ambiente circostante. Non solo quest’ultimo le era familiare, ma oltre a quelli dei Guardiani vide diversi altri volti a lei noti, e non era del tutto convinta che la cosa le facesse piacere.

«salve Emilia, è un po’che non ci si vede» esordì Harlequin.

No, d’accordo, non le faceva piacere proprio per nulla. «sì, e non penso che ti sia dispiaciuto poi così tanto, per cui evita i convenevoli ipocriti».

«visto, April? È rimasta la solita simpaticona».

«non stuzzicarla, abbiamo già problemi a sufficienza» ribatté April, senza dare minimamente spago al “fratello” «e la ragazza sembra del tutto sconvolta».

Tanto sconvolta che Jack, a causa dell’effetto che lei gli provocava, sulle prime non riuscì a resistere all’istinto di avvicinarsi a lei con fare premuroso. «Shu Yin, cos’è successo?! Tu tremi!»

“ci mancava solo questo” non poté fare a meno di pensare Dentolina, con una certa amarezza.

«io non l’ho fatto» disse ancora la ragazza «non l’ho uccisa. Diglielo, Jack!» non ci voleva molto a capire che era piuttosto fuori di sé, perché non si era mai comportata in quel modo, né avrebbe cercato il sostegno di Jack -che comunque non poteva dire proprio niente sulla questione- in condizioni normali.

«no, certo che non l’hai uccisa» ripeté docilmente il Guardiano, facendole eco «certo che…no, un momento» si riscosse «ma di chi parliamo? Shu Yin, per favore, cerca di tornare in te, qui nessuno sta capendo niente».

«mi sa che serve un bicchiere di liquore a tutte e due» commentò il Leprecauno «a te il Grain Whisky piace ancora, Emily Jane?»

Dopo un’esitazione piuttosto lunga, la donna si avvicinò al bancone. «un bicchiere ben colmo mi servirebbe proprio».

«non sapevo vi conosceste» disse Dentolina, sinceramente stupita.

«non vedo perché avresti dovuto saperlo» ribatté Madre Natura.

«severo ma giusto» disse Baba Yaga.

Allertati dal cameriere, Nightlight e Aiko raggiunsero finalmente gli altri. «con quel che hanno fatto, gli Insorti hanno passato ogni limite!» affermò il guerriero «non-»

«taglia corto, Albino Numero Due» lo interruppe Baba Yaga «mi sa che abbiamo anche un altro problema».

«può darsi che sia senza “mi sa”» confermò Shu Yin, una volta che le venne consegnato il liquore «io ho paura che quel che è successo avrà conseguenze molto gravi, ma ve lo giuro, mi ci sono trovata coinvolta senza capire bene né come né perché» sollevò il viso ad osservare i Guardiani «Calmoniglio mi odierà più di quanto abbia mai odiato qualcuno, quando lo saprà. Questo è quel che è successo…»

 

 

 

*** poco prima ***

 

 

 
Erano cinque lunghissimi giorni che non si muoveva niente. Cinque!
Quella tensione sembrava così promettente, e invece no, era sfociato tutto in una noia mortale. Viaggi in giro per il pianeta a parte, Tanith aveva passato quei giorni a fare la spola tra Fabbrica, locanda e attico di Larry Hagman, nell’attesa che succedesse qualcosa, ed era rimasta profondamente delusa: erano tutti troppo cauti gli uni verso gli altri per fare qualunque mossa.
Neppure il fatto che il coniglio bianco e nero e la donna bionda fossero partite per rapire una bambina riusciva a divertirla, perché quella mossa rischiava di far finire tutto in un nulla di fatto, privandola di tutto il dolore che avrebbe potuto ricavarne. Gli Insorti erano stati intelligenti, ma in quel caso per lei era controproducente.

“guarda cosa deve fare una povera Ephemeride per mangiare un po’…” o magari anche più di un po’ perché, Secondo Tanith, i pasti che faceva erano soddisfacenti solo di rado “quanto mi mancano i bei vecchi tempi!” pensò, lasciandosi sfuggire un sospiro “una volta bastava dire la cosa giusta alla persona giusta per dare inizio a tutto, ora invece non giova neppure mutilare qualcuno!”.

Era un’Ephemeride e dunque, di natura, una vera e propria parassita. Alla luce di questo alcuni avrebbero potuto considerarla tra gli esseri più infimi della galassia, e se si fosse trattato di altre Ephemerides forse non avrebbero neppure avuto torto, ma Tanith era qualcosa di diverso: le sue simili si nutrivano del dolore che trovavano, o al massimo lo alimentavano coi loro sussurri, ma non giocavano a fare Dio, non si lasciavano ritrarre dai mortali, e non li ragguagliavano su alcune delle loro usanze per essere citate in qualche libro.
Tanith soffriva di manie di protagonismo -per i canoni della sua razza- e le suddette “manie” erano il motivo per cui in passato si era degnata di dare degli “aiutini” a coloro che riteneva opportuno, e che secondo lei avevano il giusto atteggiamento.
Peccato che attualmente non ci fosse nessuno con tali requisiti, neppure la ragazzina orientale, sebbene avesse fatto la sua parte.

Ed era proprio Shu Yin che in quel momento stava abbandonando la terrazza dov’era posizionato l’idromassaggio.
Il tempo trascorso non aveva reso molto più semplice la sua convivenza con Madre Natura, tanto che l’unico miglioramento era rappresentato dal fatto che questa non la insultasse più tutte le volte che apriva bocca, e si limitasse a farlo solo nell’ottanta per cento dei casi.

Non aveva fatto passi avanti neppure con un qualsivoglia piano per fermare gli Insorti: gliene erano venuti in mente diversi, come rapirli uno a uno sfruttando il cristallo e intrappolarli ognuno in un posto diverso, ma anche quelli che più si avvicinavano all’essere plausibili le erano sembrati fiacchi ad un secondo esame, ed Emily Jane, col suo criticare tutto senza proporre nulla, non l’aveva aiutata affatto.
Shu Yin si era fatta l’idea che la sua compagna di sventura avesse solo voglia di prendersela con qualcuno per la perdita di padre e casa, e lei era la vittima sacrificale. Se non era ancora andata da Jack Frost e gli altri Guardiani era stato soltanto perché sapeva che non sarebbe stata ben accolta neppure da loro. Quindi preferiva sopportare Emily Jane, che quantomeno non avrebbe mai tentato un assalto a sfondo sessuale nei suoi confronti.

«capisco che non voglia stare nella stessa vasca con me, ma è assurdo che pretenda che io me ne vada quando è in costume» mormorò la ragazza, piuttosto seccata.

Tanith, invisibile, alzò gli occhi al soffitto e rise silenziosamente. Non dubitava che a Shu Yin quella pretesa di Madre Natura sembrasse frutto di puro e semplice snobismo portato all’estremo, ma lei era di tutt’altra opinione.

“ho ancora un po’di tempo” pensò.

Attraversò la parete e uscì in terrazza, proprio mentre Emily Jane lasciava cadere vicino a sé l’asciugamano.

Era l’imbrunire, ma Tanith riusciva a distinguere perfettamente le cicatrici di quattro grandi e orribili sfregi sulla schiena pallida della donna. Era incredibile che fossero ancora lì, specie perché Emily Jane era diventata da moltissimo tempo un’immortale con relative capacità di guarigione, ma forse la presenza di quei segni sulla pelle era lo specchio del suo stato emotivo. Certe ferite non se ne andavano mai del tutto.

“il titano Typhan che ti ha accolta non era male, ma lo stesso non si può dire della moglie, vero?” pensò la donna serpente, sfiorando le cicatrici con le dita.

Emily Jane trasalì. «chi…chi c’è?! Chi sei?!»

Si guardò attorno, ma non vide nessuno. La piccola ipocrita era da escludere a priori, visto che era appena rientrata in casa.

“che sia stato il fantasma di…no. Che idiozia. Mio padre non si è curato di me quando era vivo, perché dovrebbe tornare da fantasma e farlo da morto?” si disse, e pensò che comunque il fantasma di Pitch non avrebbe potuto tornare neppure volendo, non in quel periodo dell’anno. Nessuno l’aveva toccata, si era solo fatta influenzare da tutto quel che stava succedendo e da un’ingiusta vergogna per quelle cicatrici.

Dopo ciò Tanith la lasciò entrare nella vasca senza darle ulteriore fastidio e si allontanò, rientrando nell’attico. Aveva una missione da compiere, e una marionetta da procurarsi.

“io temo proprio che dopo oggi…” avvolse le proprie spire attorno all’ignara Shu Yin, e avvicinò un indice al suo esile collo “la tua reputazione peggiorerà visibilmente”.

Se le cose non intendevano evolversi per conto proprio, allora ci avrebbe pensato lei. Aveva impiegato del tempo per decidere come muoversi, ma complice l’ultima idea degli Insorti era riuscita a trovare, infine, un’idea soddisfacente.
Dalla seconda falange nacque una sottile lama d’ossa, con la quale Tanith sfiorò appena la cordicella cui era appeso il cristallo.

“credo sia l’ora”.

Shu Yin si rese a malapena conto che il ciondolo le era scivolato via dal collo, perché l’istante successivo il mondo attorno a lei perse ogni parvenza di senso. Capì solo di essere stata presa e sollevata in aria, e tutto quel che riusciva a distinguere erano insiemi di scie luminose inframezzati da momenti di buio quasi completo. Non riuscì neppure a gridare, perché qualcosa le aveva tappato la bocca sin da subito, e le aveva avvolto braccia, mani, torace e collo in una morsa stretta.

Se il modo in cui Tanith teneva “prigioniera” Shu Yin fosse stato visibile, diversi sarebbero rimasti disgustati dallo spettacolo: l’Ephemeride sembrava quasi essersi “fusa” con la ragazza tramite le proprie ossa -braccia con braccia, mani con mani, dita con dita- come fossero state una particolare versione di gemelle siamesi.

A un certo punto quel folle viaggio rallentò di molto, e Shu Yin si trovò a svolazzare sopra una cittadina che le sembrava familiare. Cercò di divincolarsi, tentò di parlare, ma chiunque l’avesse presa la stava imprigionando con qualcosa che non le permetteva di riuscirci.
Tutto ciò che si leggeva al momento negli occhi della ragazza, di solito così controllata, era terrore allo stato puro, perché non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo. Un conto era avere a che fare con nemici che conosceva -o che almeno riusciva a vedere- un altro essere presa e portata via da chissà chi e per chissà quale motivo.

Tentò di congelare quelle…cose invisibili…che la stavano trattenendo per poterle spezzare più facilmente, ma fu inutile, come fu inutile utilizzare l’oscurità, o qualsiasi altra cosa.

chi sei?! Cosa vuoi?!” pensò la ragazza.

Venne fatta chinare in avanti, così che potesse guardare in basso. Ebbe un sussulto quando riconobbe la via che stava sotto di lei e al suo rapitore, e soprattutto quando riconobbe la casa cui si stavano avvicinando: era senza alcun dubbio quella di Jamie, il bambino amico di Jack.
Questo la indusse ad agitarsi con forza ancora maggiore, perché di sicuro chi l’aveva presa non aveva buone intenzioni, e Shu Yin iniziò a temere che potesse fare -o farle fare- del male a quel bambino, o forse sia a lui che a tutti gli altri. Non poteva permettere una cosa del genere, e non solo per la considerazione già pessima che gli altri avevano di lei. Aveva fatto delle cose di cui non andava fiera, che in certi casi le pesavano sulla coscienza, ma c’era sempre stato un motivo, o la necessità. Essere costretta a fare del male a qualcuno così a caso era molto diverso, e lo sarebbe stato ancor di più se la sua teoria si fosse rivelata esatta.

All’improvviso il volo subì una brusca virata, e in un battito di ciglia Shu Yin si trovò nascosta a lato di una casa.

“…che sia il fantasma di Atticus, o di Pitch?” pensò assurdamente, e ciò non fece che aumentare la sua paura. Se fosse stato davvero così allora avrebbe dovuto da aspettarsi il peggio del peggio, soprattutto nel secondo caso.

«lo sai Jamie, mi sembra ancora strano pensare che Jack sia su Facebook».

Shu Yin venne fatta affacciare appena appena, così che potesse vedere Jamie e Pippa in arrivo, ma il suo rapitore lasciò che il suo sguardo restasse puntato su di loro solo per poco; subito dopo, infatti, fu costretta ad osservare un coniglio bianco e nero che si muoveva da un posto nascosto all’altro.

Galaxia?” pensò la ragazza “perché è qui?”

«non dirlo a me. L’unica cosa buona è che almeno i loro nemici non si sono fatti vedere».

«già…beh, Jamie, se vieni a sapere qualcosa dimmelo subito, ok? Non mi piace questo silenzio».

Neppure a Shu Yin piaceva il silenzio di chi l’aveva portata lì. Se almeno avesse detto qualcosa, qualunque cosa!

«lo farò di sicuro, tranquilla. Ci vediamo, Pippa».

«Jamie, Jamie!»

La bambina piccola. Si ricordava anche di lei, benché l’avesse vista ancor più di sfuggita rispetto ai ragazzini più grandi.

«Sophie! Non puoi uscire di casa senza cappotto, se no poi chi la sente mamma? Dai, rientriamo».

Vide Jamie rientrare, e Sophie avviarsi dietro a lui, ma…

«pssst! Ehi!»

Galaxia era uscita dal suo nascondiglio, e Shu Yin temette di aver iniziato a capire come mai si trovava a Burgess.
Era quasi convinta che i suoi simili che non avrebbero mai coinvolto chi non c’entrava, ma si era sbagliata.

«ciao».

«ciao, Sophie».

«tu sei la fida…fidanzatina…del Coniglietto di Pasqua?»

«ehm. No. Ma siamo amici. E anche la Donnina del Sonno è mia amica, te la ricordi? Quella tutta d’oro».

«sì! Bella e buona! Mi ha aiutata!»

«anche lei si ricorda di te. Ti piacerebbe rivederla?»

Sì, purtroppo ci aveva visto giusto. Galaxia non sembrava particolarmente felice di quel che stava facendo, ma Shu Yin immaginò che questo non l’avrebbe fermata. Più che altro la stupì che fosse da sola. Che ci fossero anche gli altri, un po’più a distanza?

«posso portarti da lei per un pochino, e farti conoscere anche altri amici».

«sì! Portami dalla Donnina del Sonno!»

Vide la bambina lasciarsi prendere docilmente in braccio da Galaxia, che se la strinse al petto.

«Sophie!!!»

Jamie era tornato fuori, ma poco importava, non sarebbe riuscito a fermarla.

«ci dispiace, credimi, ci dispiace!» esclamò Galaxia, e poi corse via.

Era veloce, ma Shu Yin non avrebbe potuto perderla di vista neppure volendo, perché il suo rapitore lo era molto, molto di più.

«Ljuba! Ce l’ho!»

«otlichno! Ottimo! Andiamocene!»

Questo se non altro rispondeva alla sua domanda precedente, si disse, vedendole spiccare il volo. Più si andava avanti meno riusciva a comprendere. L’aveva portata lì per mostrarle cosa stavano facendo gli altri Insorti? A che pro?!

Emise un grido soffocato quando venne fatta schizzare a sua volta verso il cielo, di nuovo tanto velocemente da non distinguere ciò che aveva attorno: temeva che l’avrebbe scoperto a breve.
Che l’intenzione fosse quella di mandarla a morire? Se si trattava davvero del fantasma di uno di quei due, era perfettamente plausibile.

L’arresto fu, ancora una volta, improvviso e brusco.

«ma cos-»

«Shu Yin!...Galaxia, addormenta la bambina!»

Nonché precisamente davanti alle due Insorte.
Shu Yin sentì la propria schiena chinarsi in avanti nel classico saluto orientale senza che lei riuscisse a opporsi in alcun modo. Sì, ormai non aveva più dubbi: era stata mandata a morire.

O forse no, visto il modo in cui il suo rapitore le fece evitare i primi colpi di Ljuba.

La ex compagna di Babbo Natale non aveva detto altro dopo aver dato quell’ordine a Galaxia, lasciando che le azioni parlassero al posto suo. Intendeva ferirla e nient’altro: il resto sarebbe venuto dopo, una volta che l’avesse portata al Polo Nord dagli altri ed avessero deciso di comune accordo cosa fare di lei. Non aveva una voglia pulsante di ucciderla, e Atticus aveva molto più diritto di lei a procedere ad un’eventuale esecuzione.

“cosa fa qui, proprio oggi e proprio ora?” pensò la donna. Che i Guardiani fossero già venuti a sapere di quello che avevano fatto, e l’avessero mandata lì apposta?

Per un attimo pensò che sarebbe riuscita a centrarla con quell’ultima scarica infuocata, ma non fu così: la sua avversaria si spostò all’ultimo secondo, quasi come se avesse voluto prenderla in giro. E dire che la sua velocità non era neppure merito del cristallo, perché non glielo vedeva brillare al collo!

“non la ricordavo così svelta”.

Tanto svelta da evitare non solo i suoi colpi, ma anche quelli di Galaxia, che al momento sorreggeva l’addormentata Sophie con un solo braccio e utilizzava l’altro per tentare di fare qualcosa di concreto.

«ma perché non stai ferma?!» gridò.

Tanith, di rimando, fece fare a Shu Yin una piroetta. Probabilmente avrebbe potuto farle fare tutto il balletto del Lago dei Cigni senza che venisse colpita una sola volta, ma a dirla tutta iniziava già ad annoiarsi.

“d’accordo, ho indugiato abbastanza: è tempo di fare quello per cui sono qui”.

Accostò le dita della propria mano destra, e di conseguenza della mano di Shu Yin, l’una all’altra. Le ossa che le circondavano crebbero e si fusero tra loro, dando forma ad una sporgenza tanto dura quanto acuminata, di un candore perlaceo che sembrava quasi brillare. Tanith scelse di rendere quell’arma visibile, oltre che tangibile, e si deliziò dell’esclamazione soffocata della sua prigioniera quando portò il suo braccio in posizione d’attacco.

Quel che accadde dopo fu tanto veloce che nessuno, anche intuendolo, sarebbe riuscito a evitarlo.

Un attimo prima Galaxia aveva visto Shu Yin a diversi metri di distanza, e quello dopo invece eccola lì, davanti a lei, a guardarla con…occhi lucidi e pieni di paura?!

Era strano, ma l’Insorta non ebbe tempo di arrovellarcisi su.

Le parve d’intravedere un movimento del braccio destro di Shu Yin, e sentì qualcosa di liquido e caldo colare lungo il pelo.

Il dolore arrivò solo dopo, quando Shu Yin mosse di nuovo il braccio, stavolta verso il basso.

Galaxia emise un gemito soffocato nel rendersi finalmente conto di cos’era accaduto. Strinse la bambina in modo quasi convulso, e abbassò lo sguardo su uno squarcio che non lasciava speranze di sopravvivenza.

Cercò di sollevare il braccio sinistro, così da tentare di non far fuoriuscire ulteriormente le interiora, ma non ci riuscì. Alzò gli occhi, e fu allora che la vide: una donna serpente che aveva intrappolato Shu Yin -la quale ormai piangeva senza ritegno- con delle strane cose bianche.

Galaxia se ne sarebbe andata definitivamente, ma l’avrebbe fatto senza portare rancore a Shu Yin per la propria morte, conscia che non era lei la vera colpevole. Aprì la bocca per dirle che lo sapeva, per dire anche a Ljuba che in quel caso non era Shu Yin il vero nemico, ma riuscì a far uscire dalla gola solo un suono strozzato privo di significato.

Shu Yin scomparve dalla sua vista, e lei iniziò a cadere. Sentì dapprima il grido di Ljuba in lontananza, come ovattato; poi percepì che qualcuno aveva interrotto la sua caduta,  delle parole e delle grida sempre più distanti.

La sua vista sempre più annebbiata riconobbe il volto di Ljuba: era lei che l’aveva presa e che la stava toccando. Negli istanti di vita che le restavano, il suo ultimo sprazzo di lucidità le permise di passare alla sua amica di sempre tutto il potere che aveva. Lei stava per morire, ma la sua ultima azione sarebbe stata fare quel che era nelle sue possibilità per il bene della sua famiglia, come sempre.

Ormai non vedeva più nulla, non udiva più nulla, ma un ultimo pensiero le balenò in mente.

Aster”.

Sarebbe stato male, in quei giorni si erano riavvicinati.

Dopo quell’ultima triste considerazione, Galaxia spirò, e se ne andò in un luogo dove nessuna sofferenza terrena avrebbe potuto raggiungerla.





Salve!

Come vedete non sono morta, e sono intenzionata a continuare questa storia.

Il mio ritardo di oltre un mese e mezzo non ha giustificazioni, se non che ho passato tutto questo tempo a scrivere, riscrivere, cancellare e modificare questo capitolo, che definire “un parto” è poco, e vi dirò di più: sono convinta che senza l’aiuto di vermissen_stern sarei ancora in alto mare. L’idea che è riuscita a “sbloccarmi” sul punto dove mi ero arenata,  e a permettermi di scrivere la seconda parte del capitolo -che poi è quella che conta davvero!- si deve a lei, e per questo va ringraziata…sia da me che da tutti quanti! :D

Ok, diciamo “da tutti quanti eccetto Galaxia”. Non vi nascondo che uccidere lei per prima mi è dispiaciuto!

Se mai aveste voglia di farmi conoscere la vostra opinione in merito a questo capitolo, all’intera storia, o abbiate una qualsiasi domanda da farmi a riguardo, sono e sarò sempre disponibile ad ascoltarvi :)

Alla prossima,

 
_Dracarys_


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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

= caproni, Incubi e cuori infranti =





«…dopo avermi usata per fare quello che voleva si è allontanato da loro, e mi ha letteralmente scagliata nel bosco. Poi mi ha fatto cadere addosso il cristallo e se n’è andato, credo. O andata. Non so chi o cosa fosse perché, come vi dicevo, non l’ho visto».

Non era stato bello per Shu Yin essere presa e utilizzata come una marionetta assassina, e ancor meno raccontarlo a persone che non conosceva affatto o non avevano una grande opinione di lei, e che dunque probabilmente avrebbero avuto forti dubbi sul fatto che stesse dicendo la verità. L’unica cosa positiva era che, adesso che era seduta e stava bevendo un bicchiere di whisky, stava cominciando a riacquistare il contegno perduto.

«e poi?» la incalzò Nord «cosa è successo?»

«poi è successo che è tornata da me» disse seccamente Emily Jane «ha farfugliato la stessa storiella, cui personalmente non credo granché, e infine mi ha trascinata qui. Ho avuto a stento il tempo di rivestirmi».

“avreste dovuto venire qui fin da subito” le fece notare Sandy “ in questi giorni abbiamo temuto che aveste fatto una brutta fine. Ero preoccupato per te. Perché non vi siete fatte vive?”

«perché non ritenevo fosse il momento» ribatté la donna «ed evitate altre domande a riguardo, perché ora abbiamo altri problemi causati dalla serial killer in erba».

«Emily Jane, ti ripeto per l’ennesima volta che non ho ucciso Galaxia di mia volontà» riaffermò Shu Yin «ma ormai non m’interessa più di tanto se tu non vuoi credermi. Ti sembrerà scortese quel che sto per dire, ma l’opinione che hai su di me, su chicchessia o su qualunque cosa, adesso non conta più».

«perché, quando mai la sua opinione ha contato qualcosa?» sospirò Harlequin con un sorrisetto.

«Titus, piantala!» lo rimproverò April.

«tu sei l’ultimo che dovrebbe parlare, sei un povero mentecatto che vive in una stupida nave volante!» disse Emily Jane con fare altezzoso.

«io un posto dove vivere ce l’ho ancora, Emilia. Tu non hai più neppure quello».

Fu solo grazie alla sua agilità che Harlequin evitò di prendere in pieno viso una saetta che, invece, andò a colpire un tavolo ad una certa distanza.

«l’unica cosa che devi fare è chiudere quella maledetta fogna che hai per bocca! Mi hai capita?!» gridò la donna, infuriata.

«Emily Jane, evita di danneggiare di nuovo il mio locale!» inveì il Leprecauno «e tu fai come ti dice lei, Saturnali, perché non ha affatto torto! Dobbiamo cercare di andare tutti d’accordo, perché potremmo essere vicini a un punto di svolta e/o a una catastrofe».

«intanto possiamo stabilire con certezza se Shu Yin ha detto o meno la verità» disse Nightlight «Aiko, cos’hai percepito a riguardo?»

Shu Yin si mise a osservare la ragazza con le corna e le orecchie da cervo, quella accanto al ragazzo con la pelle azzurrina che aveva appena parlato. A giudicare dalle parole che quest’ultimo le aveva rivolto, uno dei suoi poteri doveva essere percepire se si diceva la verità o meno. Prese mentalmente appunto: in quel caso l’avrebbe avvantaggiata, ma in futuro forse avrebbe dovuto stare attenta.

«è andata proprio come ha detto» affermò Aiko.

«ah sì? Cosa ne sai, sei una specie di macchina della verità ambulante?» sbuffò Emily Jane, squadrando la ragazza cervo da capo a piedi.

«sì, semplificando molto potremmo dire così» s’intromise April «Emily Jane, per favore, cerca di calmarti un pochino. Immagino che questo non sia semplice, soprattutto se c’è gente che parla a vanvera» occhieggiò per un attimo il “fratello” «ma prendersela col mondo intero non serve affatto».

Inizialmente il tentativo di rassicurazione di April non fece altro che far innervosire Madre Natura ancor di più, ma un ulteriore sorso di liquore riuscì a farla ragionare almeno in parte: aveva ragione, prendersela con chicchessia non serviva proprio a niente, e se Shu Yin aveva detto la verità allora c’era veramente di che preoccuparsi. Perché mai rapirla e farle uccidere Galaxia? Cosa aveva cercato di ottenere…beh, chicchessia, agendo in quel modo? «se state ipotizzando che il colpevole possa essere un fantasma sbagliate, già ve lo dico. Possiedono le persone, ma non le muovono come marionette lasciandole coscienti».

«…e per i fantasmi non è il giusto periodo dell’anno!» aggiunse la Befana -versione giovane e bella- procedendo verso il gruppo a grandi passi «ciao Emily Jane, ormai avevamo iniziato a pensare che avessi fatto una brutta fine, fortuna che invece…»

«non ho fatto una brutta fine, ma se continui a blaterare potresti farla tu» la avvertì la donna, con un certo astio «non fare l’amicona con me, non lo sei e non lo sei mai stata!»

«vedi Heike, c’è persino gente più scortese di te» commentò la strega, rivolgendosi a Baba Yaga.

«è normale che chiunque abbia la tentazione di mandarti al diavolo, cara Bertha» ribatté la suddetta.

«mi chiamo Liesel!!! Ficcatelo in testa una buona volta!...ehm. Cos’è successo? April, mi puoi aggiornare rapidamente?...ecco, grazie. Beh, si direbbe che la pace sia finita, e non solo per l’aumento di persone che non sanno come rispondere a un saluto in maniera civile. Dubito che Calmoniglio prenderà bene la morte della sua ex fidanzata…era l’ex fidanzata, no?»

«sì» confermò Nord.

«però non vedo come questo potrebbe riguardare noi» disse ingenuamente Dentolina «al massimo può credere che sia stata lei ad ucciderla» indicò Shu Yin con un cenno del capo «il resto di noi non c’entra».

«oh, quindi immagino che dovremmo lavarcene le mani» polemizzò Jack, avvicinandosi ai suoi colleghi «difendiamo soltanto chi o quello che ci fa comodo, dai! Tenere in vita l’Uomo Nero va bene, proteggere lei invece no!»

Se parlava così non era a causa della presenza di Shu Yin: sin da quando Galaxia gli aveva raccontato la storia della ribellione sua e degli altri, Jack aveva avuto di che pensare non solo sugli sbagli di Manny, ma anche sui criteri con cui i suoi colleghi sceglievano chi proteggere.

«non mettermi in bocca parole che non ho detto, non era quel che volevo proporre!» ribatté Dentolina, irritata più di prima.

«Jack, ti ringrazio per il sostegno, ma può darsi che non sia una buona idea, lascia stare» disse Shu Yin.

«non è per te che parlo così» chiarì il Guardiano «quindi non lascio stare affatto».

«e invece fai proprio meglio a lasciar perdere, ragazzino, perché non è il momento giusto per dire a tutti le tue paturnie» disse “gentilmente” Madre Natura «…e comunque per tenere in vita l’Uomo Nero è un po’tardi» borbottò quasi tra sé e sé.

«purtroppo ti sbagli» disse il Leprecauno col solito “tatto” «Pitch è in questa locanda, vivo e vegeto, e se la passa abbastanza bene» ogni tanto mandava su dei camerieri, per un motivo o per l’altro: aveva detto ad Hallows di non fare puttanate, e lei aveva risposto “occhei”, ma conoscendola era meglio sincerarsi che rigasse dritto sul serio. Non era stato felice di lasciare che Pitch stesse con lei nella suite, ma Eve si era offerta volontaria per ospitarlo, e nessun altro aveva dimostrato una gran voglia di farlo al posto suo.

«v-vivo?...» Madre Natura sgranò gli occhi, attonita. Suo padre non era morto, era vivo! Sulle prime non riuscì a soffocare il minimo di sollievo che avvertì perché, per quanto rancore potesse nutrire, quello lì era sempre suo padre. Quando però si rese conto che le emozioni che provava stavano diventando palesi sul suo volto, lasciò che la rabbia che sentiva nei suoi confronti soffocasse tutto il resto: non poteva né doveva dimenticare ciò che le aveva fatto, sia in passato che di recente. «questo dunque significa che abbiamo un problema in più di quanto pensassi» commentò, poi guardò Shu Yin «immagino che tu sia dispiaciuta di aver fatto una vittima in meno».

«perdonami la maleducazione, ma sono molto più dispiaciuta di non averti lasciata sola nel tuo regno distrutto a morire per mano dei miei simili!» ribatté la ragazza, “leggermente” esasperata.

Emily Jane era già pronta a risponderle a tono, ma sentì qualcosa tirare l’orlo della sua lunga gonna.

«beee-eh».

Precisamente un grosso caprone di montagna spuntato fuori da chissà dove, che si stava divertendo a mangiucchiare la stoffa.
Alcuni pensarono che la capra sarebbe diventata carne arrosto, ma Emily Jane si limitò a passarsi una mano sul volto e sospirare nervosamente. «ecco, mancava giusto lui» borbottò.

Il Leprecauno all’improvviso scavalcò il bancone con un salto e, senza pensarci due volte, assestò all’animale un colpo in testa col bastone da passeggio. «Finnan Goldhunter!!! Non ti fai sentire da due settimane, e ti metti a fare il cretino appena arrivi?!»

Sotto gli occhi increduli di Jack Frost, che non lo conosceva affatto, il caprone divenne un ragazzo dai capelli rossi, che si lamentava massaggiandosi la testa dolorante.

«ma una volta non si salutava con un “ciao”, papà?!» si lagnò «salve a tutti».

«ciao, Finn» lo salutò Nord per primo.

“no, aspetta: ha veramente detto ‘papà’?!” pensò il Guardiano, stupito.

Non aveva idea che Diarmid avesse un figlio, ma se anche l’avesse saputo si sarebbe immaginato un altro folletto basso e con le orecchie a punta, non una specie di atleta dai grandi occhi verde oliva. Notò che nessuno dei suoi colleghi sembrava stupito -in quella stanza lo erano soltanto lui e Shu Yin, anche se lei non lo dimostrava- quindi dovevano esserne a conoscenza.

«lo so che mi sono fatto sentire poco, papà, ma non è colpa mia, ho avuto da fare diverse cose. Tra le altre, ho aiutato la zia Tilde con l’infestazione di gremlins, poi si è fatto sentire lo zio Tremoty che ha chiesto una mano in negozio…»

A sentire quel nome, ogni pelo che il Leprecauno aveva sul corpo scattò sull’attenti, perché considerava suo cugino Rumpelstiltskin Goldhunter  -detto altresì Tremotino- come la pecora nera di tutto il clan, sempre pronto a truffare la gente. C’era solo da sperare che Finnan si fosse fatto pagare in oro, e non col solito ciarpame: non voleva trovarsi di nuovo ad avere a che fare con un paio di pantofole maledette che andavano in giro a mordere il personale. «spero che tu non sia tornato solo per portare altre grane. Presentazione rapida dei pochi che non conosci: Aiko, la figlia dello Shishigami» lo indicò col bastone da passeggio «Jack Frost, sai chi è» disse poi «e Shu Yin…ecco, e ti pareva» borbottò.

Appena aveva posato gli occhi su Shu Yin, Finnan le si era avvicinato e l’aveva salutata con un baciamano assolutamente impeccabile. Non sorrise, ma la guardò dritto negli occhi con una certa intensità. «sono molto felice di conoscerti».

«altrettanto» replicò gentilmente la ragazza.

Le orecchie di Aiko fremettero, percependo forte e chiaro che Shu Yin mentiva. Per qualche motivo, il figlio del Leprecauno -Nightlight e Manny gliene avevano accennato, in quei giorni- non le aveva fatto una buona impressione, ed era inquietante come desse facilmente a vedere tutto il contrario.

«salve anche a voi due» disse poi Finnan, rivolto a Jack e Aiko «avrei voluto conoscervi di persona in un momento migliore, ma purtroppo dobbiamo accontentarci».

«quanto sai di tutta faccenda?» gli chiese Nord.

«tutto. Ero da zio Valentine fino a poco fa, e lui viene aggiornato su tutto in tempo reale» disse, indicando alcuni cherubini con un cenno del capo «non siamo messi affatto bene, e infatti sono tornato per aiutare…ovviamente per quel che posso! Ah, lo zio vi manda a dire che Atticus è vivo e vegeto: avrebbe voluto dirvelo prima, ma sapete com’è Cupido, è sempre…ehm…molto impegnato» disse, poi guardò Shu Yin con un sorriso indecifrabile «tenendo in considerazione soltanto gli omicidi, la tua fedina penale è candida come un giglio».

Shu Yin non rispose, ma quelle parole non fecero che aumentare la sua circospezione. Non le era piaciuto il modo in cui quel perfetto sconosciuto l’aveva salutata -secondo lei era solo una sceneggiata, fatta milioni di volte a milioni di donne- e le aveva ricordato un po’ l’atteggiamento di Atticus, nonché tutto ciò che era correlato a lui. Nulla di positivo, insomma, ma che il perfetto sconosciuto avesse dichiarato di essere felice di conoscerla pur sapendo benissimo tutto quel che aveva fatto era strano. Si sentiva sollevata solo perché non aveva più Atticus sulla coscienza, cosa che le aveva tolto un grosso peso: come detto più volte, quella presa giorni prima non era stata affatto una decisione facile.

«siamo sempre felici di ricevere un aiuto in più» disse Nightlight «per cui ti ringrazio anche a nome del mio signore, che non se l’è sentita di abbandonare l’infermeria».

«e figurati!» Madre Natura alzò gli occhi al soffitto «eppure ormai dovrebbe essere più o meno a posto a livello fisico, sbaglio?»

«è spossato e psicologicamente molto provato, per cui se non se la sente di fare qualcosa non la farà. Non c’è molto di cui discutere, mia signora» ribatté il guerriero.

«anche rispondere a una semplice domanda è troppo, per il povero principe Lunanoff» borbottò Jack.

«Jack, dai, non ricominciare con questa cosa! Manny ti risponderà a tempo debito, ora c’è tanto altro di cui occuparci!» gli ricordò Babbo Natale «Befana ha ragione, Calmoniglio non prenderà bene morte di Galaxia, e non vorrei che nostri avversari pensano di sfruttare questa cosa in qualche modo!»

«Galaxia è morta mentre era a Burgess per rapire una bambina!» ribatté Dentolina «non può passare sopra anche a questo!»

“se io fossi al posto suo, e Sandelle fosse stata al posto di Galaxia, mi dispiacerebbe sapere perché era andata lì” si fece capire Sandy “ma forse ci rifletterei solo dopo averla vendicata”.

«per quanto ne sanno i nostri avversari, Shu Yin potrebbe essere sempre stata qui con noi» aggiunse Harlequin «se aggiungiamo a questo i corvi di Baba Yaga, potrebbero pensare che l’abbiamo mandata lì di proposito proprio a fare quel che ha fatto».

«sarebbe assurdo!» esclamò Nightlight «se avessimo mandato lì qualcuno sarebbe stato per impedir loro di rapire la bambina, non per uccidere Galaxia e poi andare via!»

«hai ragione, ma vaglielo a spiegare» commentò la Befana «sentite, ma di questa cosa non dovremmo parlare anche a…» diede una breve occhiata a Madre Natura «insomma, ci siamo capiti?»

I Guardiani, Shu Yin, Aiko e Nightlight notarono le espressioni di alcuni degli altri spiriti diventare imbarazzate, come nel caso di Finnan, divertite come per Harlequin, o semplicemente cupe. Lì c’era sotto qualcosa che riguardava Emily Jane, senza dubbio, ma non avevano idea di cosa si trattasse.

«oh, basta!» sbottò il Leprecauno «tanto prima o poi verrebbe a saperlo, e quella disgraziata di Sam Hain non merita di essere protetta. È qui anche lei, Emily Jane, nella sua suite. Insieme a tuo padre. Ecco, l’ho detto».

«hai un tatto eccezionale, papà, complimenti!» esclamò Finnan, avvicinandosi a Madre Natura, che si era alzata in volo a qualche centimetro da terra. «Emily, capisco che sei arrabbiata, hai dei validissimi motivi per esserlo…»

Dentolina non capiva perché, ma Emily Jane era qualcosa peggio che “arrabbiata”, tanto che la temperatura della stanza era crollata giù a picco, una grossa lastra di ghiaccio aveva ricoperto il bancone e dei piccoli fiocchi di neve stavano cadendo addosso a tutti quanti. Era strana anche la confidenza con cui Finnan le si rivolgeva, a dirla tutta, ma non era meno bizzarro del fatto che lei conoscesse Diarmid, i Saturnali e tutta la compagnia.

«...ma in fin dei conti ormai sono passati quasi tre anni, e abbiamo molte altre questioni in ballo» le ricordò Finnan «quindi non sarebbe il caso di metterci una pietra sopra?»

«sono passati ventisette mesi» ribatté Madre Natura, con voce glaciale «e la pietra in questione finirà sopra di lei. Togliti di torno».

Non disse un’altra parola, ma raggiunse la scalinata che conduceva al piano superiore e la imboccò, con l’aria di chi era pronto a commettere un omicidio particolarmente violento.

«io non capisco bene cosa sta succedendo» ammise Nord, allibito «qualcuno ci spiega? Cosa ha fatto Hallows a Madre Natura?»

«è una lunga storia» disse April «lascia perdere».

«ci mancava solo una Madre Natura ancor più irritabile del solito» sospirò Dentolina, mentre gli altri spiriti iniziavano a parlare e discutere tra loro. Guardò Jack, che sembrava avere voglia di parlarle senza riuscirci, e nonostante il nervosismo decise di fare metaforicamente un passo verso di lui. «mi vuoi dire qualcosa?»

«non so come dovrei sentirmi pensando che Atticus sia vivo» confessò il ragazzo, sorprendendola un po’ «ha fatto del male a entrambi, probabilmente cinque giorni fa ci avrebbe uccisi tutti e lo detesto per quel che ci ha fatto, ma non mi piaceva pensare che Shu Yin l’avesse ucciso».

«allora siamo in due» ammise Dentolina «ma in fin dei conti desiderare che fosse morto non sarebbe stato degno della carica che ricopriamo: siamo Guardiani, non possiamo permetterci certe cose, e poi non portano a nulla di buono. Io l’ho desiderato con Millaray, e la sola cosa che ho ottenuto è stata farmi svuotare addosso il caricatore di una pistola».

«ci sono diverse cose che secondo me non vanno sul nostro ruolo e sul modo in cui dovremmo agire o non agire, ma su questo concordo con te» disse Jack.

Finnan intanto si avvicinò al bancone. «ehi, pa’!» esclamò rivolto al Leprecauno, mostrandogli un orologio da taschino dall’aria antica «lo zio Tremoty mi ha dato questo!»

Il folletto glielo strappò letteralmente di mano. «allora finirà dritto nella caldaia, o in fondo a qualche abisso. Immagino sia il tuo pagamento».

Quel ragazzo era un caso disperato. Aveva sempre cercato di inculcargli una sana passione per oro e lavoro, ma non ci era riuscito molto bene. Se gli si dava da fare qualcosa, lui lo faceva bene e senza lamentarsi, ma niente di più: preferiva andare in giro a collezionare oggetti strani e donne, e non faticava a trovare né gli uni né le altre. Per quanto riguardava l’oro, a Finnan interessava solo spenderlo: non gli mancava mai, perché gli bastava chiederlo a “zio” Valentine, il quale volendo era in grado di far diventare d’oro massiccio qualunque cosa, o a “zia” Sam, che se lo procurava vattelapesca come.

«sì, è proprio quello, ma non importa. Ebbene» si avvicinò nuovamente a Shu Yin «cosa ne dici? Questo è senza dubbio un gruppo composto da persone piene di attriti l’una con l’altra. I Guardiani con te e tra di loro, Pitch con tutti, Nightlight con zia Sam -o Eve, come si chiama ora-, Emily un po’con mezzo esercito, i Saturnali tra di loro, Befana e Baba Yaga un po’lo stesso…avrebbe fatto la gioia di qualche reality show, immagino. Sai cos’è un reality show?»

Nessuno degli attriti da lui citati era sfuggito a Shu Yin, che si era messa a studiare il gruppo appena si era calmata un po’, ma era curioso che Finnan fosse venuto a parlarne proprio con lei, e non era sicura di essere felice di quei tentativi di approccio. Peccato che fosse costretta a fare buon viso a cattivo gioco, perché lì dentro non aveva molti amici. Ovviamente non poteva più fingersi una povera idiota, ma poteva tentare altre strade. «sì, so cos’è» entrambe le volte in cui era stata a Santa Monica ne aveva visti alcuni «può darsi che però non sia una buona premessa per vincere, o almeno restare vivi».

Finnan fece una breve e bassa risata. «se mai andasse male spero di capitare in una parte di Annwn che conosco. L’Annwn è dove stanno i morti, per intenderci» aggiunse a beneficio di Shu Yin «zia Sam mi ci ha portato diverse volte».

«sei stato nel mondo dei morti? Com’è fatto?» Shu Yin doveva ammettere a malincuore che era un’informazione interessante. Considerando tutto quel che era successo, era naturale che ogni tanto si chiedesse cosa ci fosse dopo la morte.

«dipende in quale parte vai».

Shu Yin attese un’ulteriore delucidazione, ma non arrivò. «non c’è altro che potresti dirmi?» gli chiese.

«sì, certo che c’è» annuì il ragazzo.

Ancora una volta però non aggiunse altro. Shu Yin dubitava che si trattasse di timidezza o simili, e iniziò a pensare che fosse semplicemente un modo per indurla a parlargli; in virtù di “buon viso a cattivo gioco”, decise di fingere di esserci cascata. «e tu potresti parlarmene, per favore?»

Finnan divenne pensieroso. «Annwn è un non-luogo con un non-tempo» disse qualche istante dopo «ciò però non significa che non c’è nulla, anzi, è il contrario…c’è proprio di tutto!»

«tutti i luoghi e tutte le epoche possibili? Non riesco a immaginare una cosa del genere» ammise la ragazza «né a capire come possa funzionare».

«l’Annwn è come zia Sam, non è fatto per essere capito. A proposito, è meglio che vada a verificare che Emily Jane non abbia ucciso lei e/o l’Uomo Nero. Ne dubito, ma sai com’è…»

Non concluse la frase, ma fece mezzo giro su se stesso e si trasformò in una piccola rondine, che imboccò velocemente la scalinata presa da Madre Natura. Aveva troncato il discorso proprio quando si era fatto interessante! Che fosse anch’essa una strategia?...

«diabhal, non so se essere o meno felice del ritorno di quel benedetto ragazzo» sospirò il Leprecauno «non solo per i rischi che correremo, ma perché serve che le nife siano pronte a combattere, e guardale un po’…sono lì a sospirare dietro una rondine».

Shu Yin osservò le suddette ninfe, e non poté che dargli ragione. «può darsi che Finnan non fatichi a piacere alle ragazze».

«anche senza “può darsi”» ribatté Diarmid «ascoltami, ci terrei a dirti un paio di cose. Hai fatto la cosa giusta a cercare di eliminare un pericolo pubblico come Black, e credo di parlare a nome di molti dei presenti. Tatticamente parlando è stato giusto anche colpire Atticus, secondo la mia modesta opinione».

«non sono un serial killer in erba. Non lo sono, anche se forse pensate il contrario».

«lo pensano meno persone di quanto tu creda» la contraddisse «non devi più avere a che fare soltanto con Uomo Nero e Guardiani. Qui non devono essere per forza tutti tuoi nemici, a meno che sia tu a indurli ad esserlo».

Della serie “più chiaro di così si muore”, e Shu Yin doveva ammettere che non se l’aspettava. Ora tutto stava a vedere se quanto c’era di vero in quelle frasi. «anche i miei simili mi avevano offerto un posto tra loro, ma-»

«io non ti offro proprio niente, ragazza! Se desideri  un “posto” dovrai guadagnartelo. Mi hanno detto che sei abbastanza sveglia, quindi sai che a questo mondo nulla è gratis, tantomeno la fiducia. Ho solo detto che non partiamo prevenuti. Ci siamo intesi?»

Non “intendere” era impossibile. «perfettamente, Goldhunter xiansheng».

«per l’amor di Dio, dammi del “tu” e non farla tanto lunga!»

«ehi Shu!» s’intromise Harlequin «vuoi vedere una foto dell’animale più raro della galassia? Il Pitchione Infamis! No, è che la qui presente Liesel aveva trasformato “per errore” -così asserisce!- l’Uomo Patetico in un piccione con la testa da Pitch, ovviamente proporzionata al corpo» disse tutto d’un fiato «…se te lo stai chiedendo, sì, è il mio “ciao”».

«è un saluto piuttosto interessante» osservò la ragazza.

«e così sei la nuova amica adorata di Emilia, eh?» Saturnali ridacchiò «non farci caso, detesta tutti da sempre. Spero solo che non carbonizzi Hallows più del dovuto!»

 

 

 :: poco prima, al piano superiore ::

 

 

Era circondato da una nera massa brulicante di mostri dalle fauci ghignanti, che lo guardavano famelici coi loro occhi gialli mentre si avvicinavano sempre più, ansiosi di divorare sia la sua anima sia, forse, le sue carni rosate. Non vedeva altro ovunque si voltasse, e fu per quel motivo che decise di chiudere gli occhi e accettare il proprio destino. In fin dei conti se l’era cercata, era stato lui ad aprire la porta ed entrare lì dentro, e forse la cosa migliore era proprio farla finita una volta per tutte…

auguro a quest’uomo di vivere in eterno, fin quando diventerà l’ombra di se stesso e anche oltre”.

Sentì quel sussurro antico, riaprì di botto gli occhi e indietreggiò di fronte alla sagoma filiforme di una donna dai capelli scuri e gli occhi blu, che lo guardava con aria impassibile.

“pensavi davvero di cavartela con così poco? Povero stupido. Non hai ancora finito di pagare”.

Pitch la conosceva. Era Spear, la sorella di sua moglie, un fantasma di un’era conclusa ormai da millecinquecento anni. “vai via, dannata strega! Mi hai sempre detestato, ma ora tu sei carne morta da un pezzo, mentre io sono ancora vivo!” ringhiò , protendendo un braccio -ora grigio chiaro- in avanti per colpirla. Non accadde nulla. Non aveva più l’oscurità, giusto: era riuscito a perdere anche quella.

“hai rovinato la vita della mamma, e anche la mia!”

Si voltò rapidamente a destra, e vide una Emily Jane bambina che lo guardava con lo stesso disprezzo della sua versione adulta. Fu una visione sconvolgente, tanto che le si avvicinò tremando leggermente. “non dire così, non è stata colpa mia, io non avrei mai voluto-”

seguro…non è mai colpa tua…vero?!” anche Millaray, quella di quattro secoli prima, si fece avanti, tumefatta e vacillante “guarda lo que mi hai fatto! Yo mi fidavo di te, y tu mi hai distrutta Pitch! DISTRUTTA!!!

“no…” Black chiuse di nuovo gli occhi e indietreggiò ancora, tappandosi anche le orecchie con le mani: non voleva vedere più nulla, non voleva sentire più nulla. “no, basta, andate via! Lasciatemi in pace!!!

Sbatté contro qualcosa, il che lo portò a voltarsi e riaprire le palpebre.
Erano Pooka, anzi, cadaveri di Pooka che si ostinavano a stare in piedi e muoversi verso di lui, perdendo brandelli di carne in necrosi o interi arti. Quelli che ancora avevano gli occhi lo guardavano con odio, o piangevano esternando il loro profondissimo dolore.

“tu ci hai uccisi…ci hai uccisi tutti…”

“cosa ti avevamo fatto?”

“perché? Che colpa avevamo noi?”

statemi lontani, conigli troppo cresciuti!” urlò l’Uomo Nero.

I Pooka scomparvero, ma il sollievo non durò. Al loro posto comparvero dei bambini, tanti, tanti bambini. Un esercito infinito di creature esili con grandi occhi spiritati, tutte piangenti o arrabbiate.

“tu eri tra le persone che avrebbero dovuto proteggerci, perché ci hai fatto del male?”

“perché?”

“perché?...”

perché?...

Ad ogni ripetizione quell’esercito di bambini si deformava, la pelle e i muscoli liquefatti scivolavano via dai loro piccoli corpi, lasciando solo ossa nerastre che si contrassero e si dissolsero fino a diventare delle piccole ombre con dita lunghe e affilate: Fearlings veri e propri.

“vi ha fatto del male perché lui sa fare solo questo. Ti ho creduto un supereroe per anni!” fu nuovamente Emily Jane a farsi avanti, stavolta adulta “dov’eri mentre casa nostra veniva attaccata?! Dov’eri mentre mamma moriva, dove?! Tu dovevi proteggerci!!!

mi hanno ingannato!” gridò, mentre la sua pelle tornava ad essere di nuovo rosa, e lui ad essere l’uomo di un tempo. “mi hanno fatto allontanare apposta, è stato proprio per proteggervi che sono andato lì, era tutto un complotto!”

“…e dopo mi hai abbandonata!”

io pensavo che fossi morta!!!” urlò lui.

“io gli avevo detto più volte che sarebbe stato la rovina tua e di tua madre, ma non mi ha voluta ascoltare. Vieni con me, Emily Jane” la invitò Spear, tendendole una mano “andiamocene via insieme, dimenticati di lui”.

“forse hai ragione, zia, devo venire con te e lasciarlo perdere” concordò Emily Jane, allungando una mano in direzione di Spear «non ha mai fatto niente di buono per me, non comincerà ora”.

non farlo! Emily Jane, sei tutto quel che mi è rimasto, non lasciarmi anche tu. Io sono ancora qui!” corse verso di lei, si inginocchiò e prese le mani della figlia tra le sue “sono ancora qui, mi vedi?!”

lasciami! Hai cercato di sostituirmi, mi hai attaccata, mi hai preso i poteri…a me!” esclamò lei, liberando le mani dalla sua presa “io sono tua figlia, e mi hai fatto questo!”

“non sono stato io a farlo, è stato…n-no!...” ammutolì, notando che le proprie mani erano tornate ad essere nuovamente di quel colore grigio insano.

siempre a negare, mi raccomando. Capisci porque non ho voluto più saperne di te  y porque voglio farti fuori?” tornò a farsi sentire Millaray…anzi, Cecilia Del Sol: non era più malridotta, ma sana e forte come l’aveva vista l’ultima volta.

“Millaray, io ti amavo davvero, non avrei mai voluto che finisse così!” esclamò Pitch, senza rialzarsi da terra.

“era un amore imposto, y malato como da millecinquecento años lo sei tu. Capisci porque ho sposato un altro uomo?”

Si sentirono dei passi in lontananza, scanditi dal clangore metallico che avrebbe potuto fare qualcuno con indosso un’armatura.

“è senza dubbio peggiorato, ma credimi, non aveva grandi attrattive neppure prima. Senza offesa, Kozmotis. Koz. Pitchiner. Lord Pitch. Aiutami: come ti chiami ora?”

Sentendo quella voce, Pitch cercò di rialzarsi più rapidamente possibile, e ringhiò esattamente come una belva feroce all’indirizzo della nuova arrivata. “se non altro mi sono tolto la soddisfazione di uccidere la tua schifosa famiglia e tutti quelli che vi hanno dato una mano a rovinarmi!”

Alta almeno un metro e novanta, lunghi capelli nero/blu raccolti in una coda e vestita con l’armatura da Alto Generale delle Galassie: anche l’arciduchessa Nahema Aldebaran era proprio come l’aveva vista l’ultima volta.

“ti avremmo lasciato tutti in pace, se invece del generale avessi scelto di fare il cameriere”.

vai al diavolo!!! Hai distrutto la mia vita e quella di un’infinità di persone soltanto perché volevi il regno! Tu e i tuoi alleati eravate la vergogna della Golden Age, mi hai sentito?!”

“non ho ucciso io tutte quelle persone, Pitch, sei stato tu ” replicò Nahema, con grande calma “e quanto al resto…‘La Golden Age, dove ogni sogno diventava possibile e le nobili famiglie delle Costellazioni erano tutte buone e carine’! È così che siamo passati alla storia”.

una storia incompleta!” urlò lui.

Nahema sorrise. “forse. Ma lo sai soltanto tu”.

Pitch le si avventò contro gridando di rabbia, ma Nahema scomparve. “tanto sei morta da un pezzo, bastarda!

“come me, del resto”.

All’inizio Pitch si irrigidì, sgranando gli occhi. Naturalmente aveva riconosciuto la voce di sua moglie, e avrebbe tanto voluto voltarsi, ma non ne fu in grado: iniziare a piangere fu tutto ciò che riuscì a fare.

“Kozmotis, non mi guardi? Capisco che adesso c’è un’altra al posto mio, ma non mi concedi nemmeno questo?”

“non c’è un’altra, Aleha” mormorò lui “sei l’unica e lo sarai sempre, anche dopo tutti questi secoli”.

“hai detto di amare la donna che prima era qui”.

“non quanto te” affermò Pitch, dopo un breve momento di silenzio “mai quanto te”.

“allora perché non ti volti e mi abbracci?”

Non resistette oltre: voleva rivederla, voleva perdersi di nuovo in quei bellissimi occhi blu e stringerla tra le braccia, quindi le obbedì .
Nell’istante in cui lo fece, una lama dura e fredda si conficcò dritta nel suo ventre.

“non crederai davvero che qualcuno possa volerti bene così come sei, Black xiansheng”.

Era Shu Yin che lo aveva infilzato con una lunga lancia, ma Aleha era vicina a lei, e non stava facendo proprio nulla per fermarla.

“uccidilo, Shu Yin. È il minimo, dopo quel che ha fatto!” esclamò Aleha, iniziando a decomporsi rapidamente. I suoi lunghi capelli neri e ramati caddero a terra ciocca dopo ciocca, e la sua mandibola si staccò per metà, ballonzolando in maniera oscena ogni volta che veniva mossa.

“n-no…no! Aleha, fermala, ti prego!”

ammazzalo! AMMAZZALO!!!

«Pitch!»

«no…»

«dàichealachd, svegliati!»

«NO!!!...»

Aprì gli occhi di colpo, e per un attimo non riuscì a capire dove si trovava, ancora troppo confuso e spaventato dall’incubo appena avuto.
Solo in seguito, mentre inalava disperatamente aria con respiri corti e affannosi, si rese conto che non era più in quel posto buio e pieno di demoni, sua moglie e Shu Yin non c’erano, e tantomeno aveva una lancia conficcata nel ventre. Era nella suite di Eve Hallows, precisamente in una delle vasche idromassaggio, e stava guardando le repliche di “Dallas” in tv. Doveva essersi addormentato, e poi…

«non pensavo che l’Uomo Nero potesse avere incubi».

Se Hallows era preoccupata per lui, lo stava nascondendo molto bene. Sembrava soltanto incuriosita, ma neppure troppo.

«n-non era un incubo. Non era niente» dichiarò Pitch, stringendo i pugni nel tentativo di nascondere il tremore «sto bene».

Eve non replicò, ma prese una bottiglia di whisky lì vicina e versò un po’di liquore in un bicchiere, che gli porse senza tante cerimonie. «occhei, però bevi. Vibri peggio del giochetto che ho nel cassetto del comodino».

L’Uomo Nero le diede un’occhiataccia ed esitò un po’, ma poi afferrò il bicchiere e bevve il contenuto tutto d’un fiato, ripromettendosi di non addormentarsi fino a quando non avesse recuperato i propri poteri.
Da quando era successo quel disastro al Polo Nord, gli erano tornati in mente dettagli della sua vita precedente che non aveva ricordato fino a quel momento. Erano seicentosettantanove anni precisi che ricordava circa il novanta per cento della sua vita come Kozmotis Pitchiner, ma in quei cinque giorni era passato almeno al novantotto per cento, e probabilmente le cose erano destinate a progredire ancora.
Purtroppo.

«cosa c’era nel tuo non-incubo?» gli chiese Eve, seduta sul bordo della vasca.

«persone vive. Persone morte. Nulla che ti riguardi, comunque» borbottò.

«puoi stare tranquillo sul fatto che i vivi difficilmente verranno a romperti le scatole qui, e i morti men che meno. In questo periodo dell’anno stanno tutti dove devono stare, te l’assicuro».

Già, chi poteva saperlo meglio di lei?
Non conoscendola affatto, Pitch aveva creduto che quello spirito di Halloween lavorasse soltanto la notte del trentuno ottobre, e che il suo compito consistesse nel portare ai bambini delle zucche intagliate e dolci che, per la “gioia” di Dentolina, facessero cariare loro i denti: amenità, sciocchezzuole di nessunissima importanza, insomma. Invece no. Doveva ammettere che rispedire nel Mondo degli Spiriti -Annwn, lo chiamava Eve- fantasmi che a volte tentavano di prendere possesso dei più potenti uomini al mondo, di solito solo per scatenare guerre apocalittiche con stragi e disastri altrettanto pesanti, era tutt’altra cosa; inoltre, farlo da soli e muniti soltanto di una claymore -l’unica cosa che funzionasse sugli ectoplasmi- non facilitava il compito. Erano missioni che iniziavano il trentuno ottobre e potevano durare pochi giorni, se andava bene, o fin oltre metà novembre se gli evasi erano particolarmente “abili e bastardi” -parole sue.

«sembravano tutti molto reali, alcuni più di altri. Sei sicura al cento per cento di non essertene lasciata sfuggire qualcuno?»

«certo, Pitchione, so fare il mio lavoro».

«quante volte devo dirti di non chiamarmi così?! Giuro che se tirerai fuori nuovamente quel soprannome ti annegherò in questa stessa vasca, e bada che non sto scherzando!»

«al momento la vedo difficile, sei troppo spompato. Ti servirebbe un’iniezione di paura, magari non la tua…»

«non sono spaventato, mettitelo bene in testa!» sbottò Pitch.

«fai bene a non esserlo, finché sei qui sei al sicuro».

Sì, nessuno era venuto a seccarlo da quando era lì, e Eve se n’era stata molto per i fatti propri, tanto che a volte era stato lui a cercarla per un po’di compagnia, ma insieme a lei l’Uomo Nero non si sentiva poi così tanto “al sicuro”. Non si era mai mostrata guardinga nei suoi confronti ma, allo stesso tempo, sembrava protetta emotivamente e psicologicamente da un muro invalicabile. Avevano chiacchierato, a volte anche a lungo, ed era stato edotto approfonditamente sull’argomento “tutto ciò che riguarda Nightlight prima, durante e dopo il sesso” -cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno!- oltre ad aver saputo qualcosa del lavoro che Eve faceva, ma niente di più.
Hallows sembrava non tenere a nulla, non aver paura di nulla, e neppure desiderare alcunché: non riusciva a vedere debolezze in lei, se non sul piano puramente fisico, e non era l’ideale per qualcuno che aveva imparato a lavorare molto di strategie e giochetti mentali.
La domanda da un milione di dollari però era un’altra: perché lo stava aiutando -a modo suo- e lo voleva vivo? Ovviamente era meglio così, ma detestava quell’incertezza, e ancor di più che ogni suo tentativo d’indagare fosse caduto miseramente nel vuoto, perché Eve non diceva niente che non volesse dire.

«tu dici che sono al sicuro, ma io mi domando quanto durerà».

«pensi che io abbia un secondo fine?»

«certo che sì, nessuno sano di mente aiuterebbe un “nemico pubblico” se non volesse ottenere qualcosa di preciso!» ribatté l’Uomo Nero «se no guardami in faccia e dimmi che sbaglio a pensare che ci sia sotto qualcosa!»

Si guardarono in silenzio per quasi un minuto, ma Pitch ebbe l’impressione di essere il solo dei due a sentirsi agitato.

«non hai tutti i torti, in effetti qualcosa sotto c’è» ammise infine Eve.

«ossia?! Parla!» le intimò l’uomo, proteso verso di lei.

«c’è il pavimento, il piano terra dove c’è l’ingresso, le sale dove si gioca d’azzardo, la sala cinema, i piani con le camere da letto…»

«mi prendi per scemo o cosa?!» sbraitò Pitch, quando lei scoppiò a ridere «la mia era una domanda seria! Insisti nel fare la gnorri, ma quelle risposte mi spettano di diritto» affermò «fino a cinque giorni fa non ci conoscevamo, non abbiamo alcun legame se non l’esserci incontrati in questa locanda quattrocento anni fa mentre io ero ubriaco fradicio! Perché ti sei infilata in questa guerra, e perché stai aiutando proprio me? Cosa cerchi di ottenere?!»

Eve inclinò leggermente la testa, facendo scorrere lo sguardo dal suo volto al petto nudo, e ancora più giù.

«Diarmid mi ha detto di “non fare puttanate”» disse a un certo punto «come tentare di portarti a letto, per capirci. Ma perché non dovrei farlo?»

Pitch le diede un’occhiata scettica. «potrei quasi sentirmi lusingato, se non sapessi per certo che mi stai prendendo in giro, e fai meglio a smetterla, perché non sono affatto dell’umore» la avvisò Pitch.

Eve non aveva sbagliato all’inizio, quando aveva detto “non pensavo che l’Uomo Nero potesse avere incubi”. Nei momenti di grande stanchezza -o in certi casi semplicemente per scandire le sue giornate- capitava che dormisse, ma si trattava di un sonno senza sogni o incubi di sorta: solo nera tranquillità. In millecinquecento anni non aveva mai sognato, e non era mai riuscito a ricordare sua moglie Aleha in ogni dettaglio. Ora invece non solo la ricordava alla perfezione, ma l’eco delle parole che le aveva rivolto durante l’incubo continuava a perseguitarlo, “non quanto te, mai quanto te”…

Amava una donna che era morta da tempo immemorabile, e un’altra che lo odiava al punto da volerlo uccidere. Fantastico.

«so di non essere il tipo di donna cui sei abituato, ma ci potremmo divertire. L’astinenza prolungata fa miracoli, dicono, e mi sa che tu da diversi secoli non-»

«cosa ne sai della mia vita privata?! E comunque si parlava d’altro!»

«una motivazione veritiera te l’ho data, se poi non mi credi sono fatti tuoi. Sono stata a letto con gente molto più strana di te» fece spallucce «in certi casi non sapevo neppure dove mettere le mani».

Pitch la guardò con entrambe le sopracciglia invisibili sollevate e una smorfia un po’attonita sul volto spigoloso. «vuoi che ti faccia i complimenti per questo? Che ti applauda?»

«con questi begli occhioni cangianti puoi dirmi e farmi tutto quello che vuoi!» esclamò lei.

«ah, ma piantala!…aspetta, cosa stai facendo?!» esclamò, quando la vide slacciarsi la salopette.

«ti faccio compagnia. Qualcosa in contrario?...nah, non rispondere, tanto non mi interessa».

L’Uomo Nero aprì la bocca per protestare ma, quando la salopette scivolò via dal corpo di Eve, la sua attenzione venne deviata su altro per forza di cose. Era un po’troppo magra per i suoi gusti -e quando sorrideva a volte era quasi inquietante- ma non c’era da stupirsi se come spogliarellista aveva avuto abbastanza successo.

Si costrinse a smettere di fissarla, e puntò gli occhi sulla tv. La sentì entrare in acqua ma, contrariamente alle sue previsioni, nei cinque minuti successivi rimase tranquilla e ferma all’angolo vicino al suo. Erano quattro secoli che una donna nuda non gli stava tanto vicina ma, anche se guardando sott’acqua avrebbe potuto sembrare il contrario, non aveva intenzione di approfittarne. Anzi, a dirla tutta quella faccenda lo stava facendo innervosire: era palese che l’avesse fatto solo e soltanto per divertirsi a metterlo a disagio. «se cerchi un minimo di fiducia da parte del sottoscritto, sappi che non è così che la guadagnerai» dichiarò Pitch, decidendosi a guardarla di nuovo «e tantomeno mi indurrai a darti corda».

«occhei» ribatté lei come se nulla fosse, guardando la tv.

«che…come sarebbe a dire “ok”? Ti ho appena detto che i tuoi tentativi di attaccare bottone col sottoscritto non funzionano, e tu rispondi soltanto “ok”’? Si può sapere cosa vuoi?!»

«stare a mollo nella mia vasca a guardare la tv» replicò Eve, sempre con la massima indifferenza «non mi sento ferita nell’orgoglio per il tuo temporaneo rifiuto, se io volessi divertirmi con qualcuno non faticherei a trovare chi mi “dia corda”».

«”temporaneo”!...davvero sei così convinta che io finirò per darti retta? Dici di non avercela con me eccetera, ma l’ultima persona che mi ha detto una cosa del genere mi ha avvelenato e mandato a morire, quindi perché dovrei crederti?»

«perché in tutta la mia vita non ho mai detto una bugia che fosse una, neppure piccola» disse Eve «e perché se avessi voluto farti fuori, dàichealachd, tu saresti morto già da qualche secolo» aggiunse «…Buio».

«ah, davvero?» disse Pitch, guardandola con aria di sufficienza «allora com’è che non ti ricordo tra coloro che a quei tempi hanno tentato di combattermi e sono stati schiacciati come i piccoli vermi striscianti che erano?» 

«perché non mi importava che dallo spazio fosse giunta una rana aliena col suo plotone per spiarci, invaderci e far sì che la galassia Gama ci conquistasse…no, aspetta, quello era Keroro. Vabbè, il concetto è lo stesso!» si stiracchiò «arriva/ Pitchoro/ un Pitchione con il cuore d’oro! Raccoglie/ bri-cio-le/ dii-i pane per terraaa-a!…» stonò brutalmente.

Era troppo: Hallows stava recuperando in pochi minuti le mancate prese in giro di cinque giorni interi, ed era più di quanto l’Uomo Nero intendesse sopportare. Non disse nulla, ma fece un rapido scatto e l’attaccò, con tutto l’intento di annegarla in quella vasca esattamente in precedenza come aveva minacciato di fare; peccato che Eve gli bloccò le mani prima che lui riuscisse ad afferrarla, e il tentato omicidio si trasformò in una semplice prova di forza , in cui lui cercava di spingerla sott’acqua e lei cercava di impedirglielo, il tutto a stretto contatto.

«di’ un po’, tu sei proprio sicuro di volermi solo annegare?» gli chiese Eve, meno di un minuto dopo «perché qui sotto c’è qualcosa che suggerisce altro».

Troppo stretto.
In quella situazione c’era molta meno stoffa di quanto avrebbe dovuto -solo il suo costume- meno autocontrollo di quanto sarebbe stato conveniente, un’astinenza davvero troppo lunga e un incubo da cacciare via dalla mente con qualcosa che fosse piacevole e svuotasse la testa…o così stava iniziando a pensare.
Pitch aveva capito che lei l’aveva fatto apposta, si era comportata in quel modo esattamente per portarlo a quel punto -forse per il solo gusto di farlo, o forse era un modo alternativo di non rispondere alle sue domande- e lui c’era cascato come un pollo, ma nulla gli vietava di tornare a farle domande in seguito, giusto? Inoltre c’era la possibilità che, una volta entrato in intimità con lei, potesse scoprire più facilmente le sue debolezze e forse arrivare a manipolarla come gli aggradava.

«ne sono sicurissimo, e lo farò. Dopo».

Tuttavia, proprio quando l’Uomo Nero iniziò ad agire di conseguenza, un boato fragoroso spezzò l’incantesimo.

«lurida e infame creatura immonda!!!»

Oooh, no…di tutte le persone che potevano arrivare, doveva essere proprio Emily Jane, della quale aveva riconosciuto la voce? Doveva arrivare proprio dopo quell’incubo, proprio in quel momento, e ovviamente sempre pronta a vomitare insulti nei suoi confronti?!

«perché adesso?!...» sbottò Pitch.

«mi sa che fai meglio a uscire dalla vasca» osservò Eve «questa scena potrebbe non piacerle granché».

«dannazione, sarò pure libero di!...»

Pitch s’interruppe quando Emily Jane li raggiunse, e poté vedere la sua espressione da “sarò la sola a uscire viva da questa stanza”. L’unica cosa incerta era se lo avrebbe bruciato, fritto con una saetta, congelato, annegato o fatto strangolare da qualche pianta.

Hallows lo fece voltare nuovamente verso di lei, e Pitch notò che aveva di nuovo quel sorriso inquietante. «dàichealachd» scosse leggermente la testa «non ce l’ha con te».

Dopo aver detto ciò, in qualche modo lo gettò letteralmente fuori dalla vasca e si trasformò in una civetta, volando via appena prima che il fulmine scagliato da Madre Natura raggiungesse l’acqua; l’idromassaggio ormai era andato, ma loro due se non altro erano ancora vivi.
Per ora.

«OTTO ANNI!!!» gridò Emily Jane, cercando di colpire Eve-civetta con ogni mezzo a sua disposizione «mi hai presa in giro per otto anni!!!»

«mo banrìgh. Da quanto tempo».

«non chiamarmi in quel modo» disse duramente l’interpellata, riuscendo a far sbattere violentemente la civetta contro una parete grazie a una potente raffica di vento gelido «mai più!»

Incassato il colpo e tornata nuovamente umana -nonché vestita- Hallows sfruttò la claymore per parare il colpo di energia elementale che seguì. «allora ti chiamerò col tuo nome, che problema c’è?»

«“che problema c’è”?!» Madre Natura fece una risatina sarcastica «forse il fatto che tu sia scomparsa dalla mia vita all’improvviso, e ora io ti ritrovi qui, intenta a scoparti mio padre?!»

«veramente non avevamo ancora cominciato, ma in effetti sì, sarebbe stato meglio se fossi arrivata una mezz’oretta più tardi» commentò Eve.

Pitch, che per fortuna aveva ancora il costume addosso, iniziò a rialzarsi lentamente. C’erano diverse cose per cui essere attonito, e non sapeva quale fosse la più assurda. Che Hallows avesse avuto una relazione con Emily Jane? Che a quest’ultima piacessero le donne? Che avesse iniziato a fare sconcezze nella vasca insieme all’ex ragazza di sua figlia? Già, ecco chi era l’ex fiamma di cui Eve aveva parlato cinque giorni prima: i tempi coincidevano.
Era preda di una sadica voglia di riderci sopra e, al contempo, una parte piuttosto recondita di lui aveva voglia di prendere Eve a sberle, come minimo. Non aveva le idee molto chiare, doveva riconoscerlo: era come se due parti dentro di lui fossero entrate in conflitto.

«tu mi disgusti!» sibilò Emily Jane.

«sì, è comprensibile» ammise Hallows, per poi guardare Pitch «fa bene ad avercela con me, sono stata veramente pessima».

«azzarda un qualsiasi commento del tipo “oddio ma ti piacciono le donne” o simili, e ti uccido con le mie mani» lo avvertì Emily Jane «hai perso da un pezzo ogni diritto di metterci bocca. Anzi, non l’hai mai avuto».

«non osare prendertela con me solo perché sei arrabbiata con lei!» ribatté Black «se ti ha lasciata c’è solamente da capirla, sfido chiunque a restare vicino a qualcuno come te!»

Quello dell’Uomo Nero era stato senza dubbio colpo basso, sebbene non avesse idea di quanto, nei secoli, le perdite e gli abbandoni subìti avessero fatto male a Emily Jane…

«almeno chi sta vicino a me non rischia di finire ammazzato!» sbottò quest’ultima, infuriata «tu non puoi dire lo stesso: la strega spagnola è quasi morta, e ricordi che fine ha fatto mamma, giusto? Vorrei che fossi morto TU al suo posto!»

La quale, in ogni caso, assestò al padre un colpo basso che il recente incubo rese ancor più pesante di quanto sarebbe stato di suo. 
Calò un silenzio tomable, perché dopo essersi resa conto della gravità di ciò che aveva detto Madre Natura si zittì, ma era troppo tardi.

«facciamo così» disse Pitch dopo un po', serissimo «da oggi in poi tu fingerai che io sia morto come desideri, e smetterai di vomitarmi addosso tutto il tuo stupido e insignificante odio, smetterai di accusarmi di averti abbandonata, sostituita e quant’altro. Io fingerò lo stesso…del resto, da dopo che casa nostra è stata distrutta, per dodici anni ho creduto che tu fossi morta davvero. Ti va bene, Emily Jane?»

«c-cosa vuol dire che per dodici anni hai-»

«ti va bene sì o no?»

Presi com’erano dalla discussione, nessuno dei due si era accorto che Hallows, dopo aver fatto cenno a una rondine di uscire dalla suite, si era bellamente tolta di torno assieme ad essa.  Assistere alle discussioni in generale non la divertiva, neppure se era lei a causarle o coinvolta, per cui era logico che se ne fosse andata appena aveva potuto.

«zia, cos’hai combinato adesso?» sospirò Finnan, riacquistando la sua forma umana.

Eve gli carezzò una guancia, e baciò l’altra in modo assolutamente casto. «non ho dato retta a tuo padre e ho fatto deliberatamente una puttanata delle mie, coinvolgendo due persone che hanno un rapporto molto difficile. Però non mi aspettavo che Emily Jane potesse venire da me, non si sapeva neppure se fosse viva, e soprattutto non mi aspettavo che potesse farlo proprio ora».

«io ho appena prima di venire qui cercato di chiamarti per dirtelo, ma il tuo cellulare antidiluviano» un Nokia 3310, nientemeno «è sempre spento».

Eve fece spallucce, e s’incamminò verso l’ascensore assieme al ragazzo. «evvabbè. Tanto prima o poi avrei dovuto rivederla, e loro due avrebbero dovuto parlare» minimizzò «di’, al piano di sotto si è mosso qualcosa?»

Finnan annuì. «sai chi è Shu Yin?»

«uh-uh».

«qualcuno, o qualcosa, l’ha costretta a uccidere l’ex di Calmoniglio».

«ah sì?»

«già».

Per un po’ nessuno dei due disse niente, ma durò poco.

«it’s the final countdown!…» iniziò a canticchiare Hallows.

Non c’era nulla di più appropriato.

 


 

Buonasera!

Ebbene sì, dopo oltre un mese da gran disgraziata quale sono, altro che Hallows mi sono ripresentata con questo.
Non è stato un capitolo scritto e riscritto diecimila volte come il precedente, ma vi assicuro che ho riflettuto moltissimo su cosa scrivere e come scriverlo. Inizialmente era mia intenzione mostrare sia la gente nella locanda, sia gli Insorti e il resto della compagnia, ma come avete visto succede “roba” da entrambe le parti, e proprio l’introduzione di un nuovo personaggio mi ha fatta decidere di dedicare questo capitolo solo ai “Locandisti” -passatemi il termine, dai :’D- e il prossimo agli Insorti e il povero Calmoniglio.

Cos’altro c’è da dire? Ah, sì:

- certi personaggi che compaiono nell’incubo di Pitch risulteranno familiari almeno ad alcuni di voi, ma gli altri non hanno niente da temere, perché quel che avete visto scritto lì basta e avanza (ho ricamato brutalmente sopra ciò che so della Golden Age, lo avevo già detto nelle NdA. di un capitolo della prima parte di questa storia, ma non è importante).

- il nome e quel poco che ho detto sull’aspetto della defunta moglie di Pitch sono frutto della mia immaginazione, dato che canonicamente non si conosce né l’uno né l’altro. Spear e Nahema sono parte del “ricamo” di cui ho parlato sopra.

- chi si chiedeva il nome della ex fiamma di Eve è stato accontentato. Sorpresa!...no, non è vero, alcuni ci erano arrivati. 

- Hallows ha canticchiato dapprima un riadattamento della sigla italiana di "Keroro" -l'anime con le rane aliene, avete presente?- poi il ritornello di "The final countodown", degli Europe. Credits sistemati :D

Se avete domande, teorie, rimostranze o complimenti (?) telefonate al numero verde per l’Assistenza ai Pitchion…seh, vabbè, non dovrei scrivere le NdA quasi alle due di notte :’D

Alla prossima,

 

 _Dracarys_

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo  V
= orchidee bianche =




«non arrenderti, Galaxia ti prego, Galaxia…»

La ferita che le aveva inferto Shu Yin non le aveva lasciato scampo, e gli occhi stellati di Galaxia erano fissi, rivolti a un cielo crepuscolare che non potevano più vedere.

«Galaxia…»

Ljuba sapeva che le sue parole erano inutili quanto le sue carezze e i suoi tentativi di scuoterla, ma continuò lo stesso per un lasso di tempo di cui non era di grado di definire la durata, con la vista appannata da lacrime che ancora non cadevano e il corpo scosso dai singhiozzi a stento contenuti.
Era incredibile vederla anche solo in quelle condizioni “trattenute”, proprio lei che di solito era così controllata e pragmatica, ma non era semplice assistere alla morte improvvisa di una persona che conosceva e amava da cinquecento anni. Ovviamente non era lo stesso tipo amore che legava Atticus e Cecilia, ma non per questo era meno profondo, ed era comprensibile che si sentisse svanire la terra da sotto i piedi, che si sentisse del tutto persa.

Galaxia non avrebbe più preso in giro “Atticus Bla Bla” per il suo “blabblare”, Ljuba non l’avrebbe più vista davanti al camino, né sentita lamentarsi per la sua paura dell’altezza. Non le avrebbe più potuto parlare, non avrebbe più avuto il suo sostegno e conforto.
Non avrebbe più potuto contare sulla sua affidabilità, tanto completa da non aver rivelato a nessuno dov’era andata Cecilia quattro secoli prima, in quei tre giorni in cui era sparita.

Ljuba lo aveva capito lo stesso, e immediatamente: se non avesse avuto l’autorizzazione di Cecilia, Atticus non sarebbe andato a uccidere Pitch, sapendo quanto le avrebbe fatto male. Non aveva rivelato a Laxie di esserci arrivata soltanto perché non c’era stata la necessità, perché era storia vecchia, e ora anche volendo farlo non avrebbe più potuto dirle niente.

“se proprio una di noi due doveva morire sarebbe stato più giusto che fossi io, tu eri una persona molto, molto migliore di me. Ora non posso più dirti nemmeno questo…”

Si sentiva colpevole quasi quanto l’assassina stessa, anche se tecnicamente non aveva colpa dell’accaduto. Se solo fosse riuscita a ferirla, a fermarla, se solo fosse stata più rapida…ma come prevedere la presenza di Shu Yin lì, come prevedere che potesse essere diventata tanto veloce -chissà come, poi-? Non aveva neppure capito con cosa, di preciso, avesse ucciso Galaxia. Era successo tutto troppo in fretta.

In tutto ciò, Sophie Bennett dormiva tranquilla e beata avvolta nel cappotto di Ljuba. Per fortuna non si era resa conto di nulla, e l’orribile ricordo dell’accaduto non avrebbe mai potuto perseguitarla, contrariamente all’Insorta che fino alla fine dei propri giorni avrebbe visto e rivisto quella scena ogni volta che avesse chiuso gli occhi.

Quando infine si decise a lasciare che il corpo dell’amica ricadesse a terra, capì che la parte più difficile doveva ancora arrivare. Come avrebbe potuto dirlo agli altri? Però doveva farlo, non aveva scelta, e…

«njet, non provarci neppure. La mia amica ha perso la vita per questo, non lascerò che sia invano».

Nel vedersi scoperto, Monty emise un flebile gridolino acuto.

L’assassinio era avvenuto proprio nel cielo sopra a casa sua, ma fino a quel momento aveva pensato che la coniglia bianca e nera fosse solo stata ferita. Quindi era riuscito a farsi coraggio e, vedendo la sorella di Jamie -il quale aveva avvertito il gruppo dell’accaduto- si era detto “la prendo mentre la donna bionda guarda da un’altra parte”. Che illuso! Eppure avrebbe dovuto saperlo, ormai, di essere il più imbranato della banda! «i-io…c-cioè…morta? Credevo fosse…p-pensavo che Shu Yin l’avesse solo f-ferita…»

Trasalì quando Ljuba si voltò verso di lui. «tu hai assistito a tutto, allora?»

«io…s-sì» rispose balbettando.

La donna non disse niente per un pezzo, poi tornò a guardare le spoglie di Galaxia, e le chiuse le palpebre con un gesto delicato. «come ti chiami?» gli domandò poi, a sorpresa.

«eh?! Ah…Monty. M-mi chiamo Monty, ma-»

«Monty, tu saresti disposto a raccontare a Calmoniglio per filo e per segno quello che hai visto, se mai venisse a chiedertelo? Teneva molto a Galaxia, e può essere che non creda alle mie parole, quando gli rivelerò chi l’ha uccisa…ma alle tue sì» disse Ljuba, con uno strano tono neutro «mi spiace che tu abbia visto qualcuno commettere un omicidio. Tu e gli altri bambini non avreste dovuto essere coinvolti in tutto questo. Noi avremmo solo voluto uccidere l’Uomo Nero, ti sembra tanto sbagliato?»

«a-anche l’Uomo nella Luna…»

«Manny è morto» mentì lei, in previsione di un incontro tra il ragazzino e il Pooka «i Guardiani, a parte Calmoniglio, ora stanno proteggendo l’Uomo Nero. Bezumiye! Follia, pura follia, no?» aggiunse, rivolta più a se stessa che a Monty «hanno preferito far uccidere Galaxia, che in confronto a Pitch era una santa».

«m-ma l’Uomo Nero è pericoloso, ha anche ucciso Sandman!»

Sentendo ciò, a Ljuba sfuggì una risata amara. «moj bozhe, riesci a capirlo tu che sei un bambino e non ci riescono quattro Guardiani su cinque!»

Ljuba fece nascere con un gesto dei fiori sul corpo di Galaxia, così da coprire la ferita. Una volta terminato, sembrava quasi che Galaxia si fosse addormentata indossando un vestito da sposa fatto di tante piccole orchidee bianche. Pensò di creare una bara di ghiaccio, ma alla fine lasciò stare. Lo avrebbe fatto dopo, insieme a tutti gli altri: non voleva togliere loro la possibilità di darle un ultimo abbraccio.

«ma Sophie cosa c’entra? Perché siete venute a r-rapirla, lei è piccola!»

Le motivazioni dietro quel gesto erano troppo complicate da spiegare a un ragazzino, ma se anche fossero state più semplici lei non avrebbe avuto voglia di mettersi a discuterne. Improvvisamente però iniziò ad avere qualche dubbio sul modo di procedere: considerando l’accaduto, avrebbero agito ugualmente secondo i piani stabiliti?
Subito dopo scrollò leggermente le spalle: se anche non avessero usato la bambina come previsto, o in quel momento specifico, avrebbe potuto tornar loro utile in un’altra occasione. «ci serve. Ma se i Guardiani e i loro alleati si comporteranno come devono, non le accadrà niente. È tutto nelle loro mani. Dillo pure anche al tuo amico».

Così come pochi giorni prima Cecilia aveva sollevato Atticus, lei fece fluttuare in aria le spoglie di Galaxia, alzandosi in volo con Sophie in braccio senza aggiungere una parola di più.

Per raggiungere la Fabbrica ci sarebbe voluto esattamente lo stesso tempo impiegato per raggiungere Burgess. Questo grazie a Laxie, che nei suoi ultimi momenti di vita non aveva pensato ad altro che passare a lei i poteri rubati, così che non tornassero ai proprietari, e loro potessero continuare a combattere senza perdere potenza.

Pensando ciò le venne nuovamente voglia di piangere, ma riuscì a contenersi, non poteva permettersi di rallentare il viaggio di ritorno: ogni cosa a suo tempo.

In quell’occasione non ci furono intoppi, se non il modo in cui il suo cuore iniziò a pulsare fin troppo forte una volta avvistata la Fabbrica. Cecilia e Atticus sarebbero sicuramente riusciti ad accusare il colpo in maniera decente, ma come avrebbe fatto a dire a Sandelle cos’era successo, sapendola già così pericolosamente fragile? Come dirlo a Calmoniglio? Già, c’era da domandarsi come avrebbe reagito: la parola “male” comprendeva un ampio spettro di scenari possibili.

Superati i grifoni Incubo, che per ovvi motivi non le diedero alcun problema, restava soltanto da decidere dove atterrare. Meglio bussare direttamente alla finestra della stanza di Atticus, oppure no?

Alla fine scelse la prima opzione. Dovevano essere gli altri dei gruppo i primissimi a sapere.

Si avvicinò al vetro e li vide, i suoi amici di una vita, vide le loro espressioni relativamente serene ora che erano l’uno accanto all’altra sul grande letto a due piazze. Era bello che a loro bastasse restare vicini per trovare un minimo di sollievo da tutte le angosce e le responsabilità, ed era triste pensare che con quel che era accaduto non ci sarebbero più riusciti per un bel pezzo.

Prese coraggio e bussò contro il vetro.

Vide i loro volti inizialmente sorpresi diventare più o meno soddisfatti vedendole la bambina in braccio, poi perplessi quando la guardarono bene in faccia, e infine diventare esangui quando il loro sguardo cadde sul corpo che fluttuava accanto a lei.

Benché ferito, Atticus fu quello che riuscì ad abbandonare il letto per primo, quasi inciampando per la fretta di raggiungere la finestra. Una folata di vento gelido lo investì, ma al momento non avrebbe potuto importargli meno del caldo e del freddo: i suoi occhi erano fissi su Galaxia, sulla sua completa immobilità, sui suoi occhi chiusi, sui fiori bianchi che la ricoprivano, mentre il suo cervello gli gridava che ciò che stava vedendo non poteva essere vero.

Così com’era successo a Ljuba, anche lui sì sentì come se il pavimento fosse svanito da sotto i suoi piedi. Era un modo di dire che aveva trovato milioni di volte nei libri, abusato al punto da sembrare banale, eppure del tutto vero.

Il primo pensiero lucido che riuscì a formulare fu di una stupidità unica: “non sarà più qui a lanciarmi in bocca terra, sabbia o neve”. Un dettaglio che andò a sommarsi ad un’infinità di altre piccole cose che non le avrebbe più sentito dire, o non le avrebbe più visto fare. Piccole cose, appunto, ma più ci pensava più lo spazio vuoto che avevano lasciato gli sembrava grande.

Con un gesto quasi meccanico accolse tra le proprie braccia la bambina, quando l'amica gliela porse. Probabilmente era la prima volta, in cinquecento anni di vita, in cui Atticus Del Sol non riusciva a dire una parola.

Ljuba entrò nella stanza, e chiuse la finestra mentre faceva sì che i resti di Galaxia planassero dolcemente sul letto, ormai abbandonato da Cecilia. Nessuno dei presenti, per un po’, fu in grado di dire qualsiasi cosa. Sembrava tutto così strano e spaventoso, neppure fossero finiti in un incubo di Pitch.

«Shu Yin ci ha riprovato, e stavolta ci è riuscita» disse Ljuba, dopo un po’«uno di quei ragazzini amici di Jack Frost ha visto tutto».

Non ottenne la reazione di sbigottimento generale che ci si sarebbe potuti aspettare, ma riuscì soltanto ad incrinare quell’atmosfera di irrealtà in cui era piombata la stanza.

«como es posibile que fosse lì proprio in quel momento, y porque...porque ha ucciso...» Cecilia non riusciva a dirlo nonostante le conseguenze di quel che era accaduto fossero proprio davanti ai suoi occhi e, contrariamente al marito che aveva lasciato cadere la maschera da duro e piangeva in silenzio, era ancora troppo sotto shock per riuscire a imitarlo.

«quei corvi sono lì a spiarci da giorni, se almeno un paio di essi sono riusciti a sfuggire ai grifoni hanno riferito del nostro spostamento a chi li ha mandati, e i nostri avversari hanno agito di conseguenza» disse Ljuba. Sentiva il bisogno assoluto di concentrarsi sui perché e i percome di tutto l’accaduto: facendolo sarebbe riuscita a ritardare il momento in cui l’emotività avrebbe preso il sopravvento. «è evidente che a questo punto Manny, svoloch sukin syn, ha autorizzato l’utilizzo di forza letale. Non capisco quale logica possa aver avuto far uccidere lei e non me, sono decisamente più “pericolosa” di quanto sia mai stata Galaxia, ma forse per loro non ha importanza: gli basta farci fuori. Peccato per loro che il suo ultimo gesto sia stato passarmi tutto il suo potere. La nostra potenza di fuoco non è stata intaccata».

«la nostra amica è morta» disse Atticus improvvisamente, con un’espressione quasi arrabbiata sul volto «è qui, su questo letto, hai assistito alla sua uccisione…e tu ci vieni a parlare di potenza di fuoco non intaccata?!» esclamò mentre appoggiava Sophie su una poltroncina «Ljuba, ma ti sei resa veramente conto di quello che è successo oppure no?! Galaxia è morta!»

«al momento non sei lucido, ma ti chiedo di provare a ragionare, sapendo che ne sei in grado» Ljuba gli si avvicinò «è una guerra. Quando siamo partiti sapevamo benissimo tutti quanti cosa poteva succederci. Con Cecilia c’è mancato poco, con te ancor meno -proprio per mano di Shu Yin- e non dimentichiamoci di Sandelle, la cui mutilazione non ha ancora responsabili. Non dico che avremmo dovuto aspettarcelo, specialmente adesso, ma sta di fatto che i rischi ci sono sempre stati. Abbiamo sperato di riuscire ad arrivare alla fine tutti quanti e tutti interi, ma non ne abbiamo mai avuto la certezza…e il fatto che Galaxia mi abbia passato la sua parte di potere rende molto chiare le sue ultime volontà».  

Riuscì giusto a terminare la frase: all’improvviso il dolore che aveva trattenuto fino a quel momento eruppe tutto insieme, sotto forma di un pianto dirotto e singhiozzi tanto forti da costringerla a sedersi su un angolo del letto.

Resosi conto di essere stato troppo duro con la sua amica, soprattutto conoscendo il suo carattere, Atticus le si avvicinò e la strinse a sé. Dopo qualche istante sollevò lo sguardo in cerca della moglie, domandandosi perché non si fosse accostata a sua volta. Non era solo Ljuba ad aver bisogno della sua vicinanza, ma anche lui, com’era normale che fosse.

Peccato che Cecilia non fosse più lì.

Era scivolata fuori dalla stanza appena Atticus e Ljuba si erano distratti e si era allontanata lungo il corridoio, senza una meta precisa in mente. Non piangeva, né il suo volto mostrava dolore: aveva semplicemente un’aria assente al punto che, se qualcuno l’avesse guardata, avrebbe dubitato che sapesse anche solo chi fosse e perché si trovasse lì.

Aprì una porta a caso: un vecchio sgabuzzino polveroso, buio, piccolo e pieno di cianfrusaglie. Ci si infilò dentro con una rapidità che non avrebbe usato nemmeno se l’avesse inseguita il diavolo in persona, chiudendo la porta dietro di sé per poi sedersi a terra, con la schiena contro il muro e la testa poggiata sulle ginocchia.

“Conca De El Sol”, Cecilia “Del Sol”…aveva vissuto quattro secoli nella luce, avvertendo il calore del sole sulla pelle, in compagnia ventiquattro ore su ventiquattro, ed era stata bene. Ma cosa aveva desiderato, in quel momento di particolare fragilità? Buio e solitudine. Odiava a morte il suo ex compagno, ma certe cose non sarebbero mai cambiate, per quanto potesse provarci.

Stava scoprendo di somigliare a Pitch più di quanto avrebbe mai potuto pensare: non riusciva mai a difendere chi le stava a cuore, esattamente come lui. Prima Sandelle e Atticus, che se non altro erano ancora vivi, ora Galaxia…era stata lei ad appoggiare l’idea del rapimento, avrebbe dovuto partire lei insieme a Ljuba, e invece no! Era rimasta sdraiata sul letto accanto a suo marito, che era praticamente guarito. Sembrava essere in grado di commettere soltanto errori.

 

lasciamo tutto e torniamo a casa prima que la guerre commence vraiment…s’il te plaît! Allons-y, torniamo a casa!

 

Se soltanto avessero dato retta a Sandelle quando avevano visto la malaparata, se soltanto avessero deciso di lasciar perdere tutto e fossero tornati a Conca De El Sol, Galaxia sarebbe stata ancora viva. A Cecilia sarebbe bastato dire una parola, soltanto una, e per quanto riguardava il loro esercito gli incantesimi che permeavano Conca De El Sol avrebbero fatto il resto, calmando i bollenti spiriti di tutti quanti.

Rinchiusa lì per un lasso di tempo indefinito che le pareva già un’eternità, si disse che non era stata in grado di prendere la decisione giusta, e ne avevano pagato le conseguenze. Non c’era leader peggiore di lei in tutto il mondo -così pensava- e il solo fatto di essere rannicchiata in uno sgabuzzino lo dimostrava: avrebbe dovuto essere insieme agli altri, pronta a dar loro forza, ma sentiva di non averne neppure per sé stessa, figurarsi per il resto del gruppo.

Iniziava a convincersi che in fondo al cuore era sempre la debole donna che era stata creata per l’Uomo Nero, in grado di essere forte solo quando tutto andava bene. Forse c’era un motivo se Pitch, prima di quel natale di quattro secoli prima, l’aveva sempre trattata come se fosse stata fatta di cristallo. Forse era davvero fragile, delicata,  incapace di fare scelte corrette da sola riguardanti sé e gli altri, riguardanti Galaxia in particolare, Galaxia che era morta…

Un momento.
Stava veramente dando ragione a Pitch?!

col cazzo”.

Un pensiero molto incisivo che ebbe il potere di farla riscuotere dallo stato di depressione in cui era caduta, e di farla rialzare rapidamente da terra.

Non era stata colpa sua. Non doveva attribuirsi tutte le colpe del mondo, perché non le aveva, ed era perfettamente in grado di fare scelte corrette in generale. Quattro secoli prima aveva perso tutto, ma era stata in grado di rialzare la testa e ricostruirsi una vita: lo aveva fatto con l’aiuto degli altri, vero, ma se invece si fosse lasciata andare non ci sarebbe riuscita neppure con l’appoggio di diecimila Atticus.

Non era il momento di piangersi addosso, quanto piuttosto di darsi una mossa e far sì che tutti i responsabili -sia l’esecutrice materiale del delitto che il mandante, anzi i mandanti, perché gli altri non l’avevano impedito- pagassero molto, molto caro quel che avevano fatto a Laxie. Glielo doveva, era il minimo, e Ljuba aveva perfettamente ragione: aveva palesato molto chiaramente le sue ultime volontà, quindi andavano rispettate ad ogni costo.

Uscì dallo sgabuzzino e andò quasi a sbattere contro Ljuba, che era in procinto di aprire la porta. «como sapevi-»

«ti conosco» disse semplicemente Ljuba «Atticus voleva cercarti, ma gli ho detto che io ci avrei impiegato di meno. Questa era casa mia».

«non c’era bisogno que vi muoveste per me» ribatté Cecilia, vergognandosi non poco «…lo siento».

«njet. Non devi scusarti, ognuno reagisce al lutto a modo suo, e dovevamo pur muoverci per qualcosa. Non potevamo presentarci così a Sandelle…o a Calmoniglio» aggiunse «e dovremo essere noi due a dirlo a quest’ultimo. Con Atticus abbiamo deciso così: noi Calmoniglio, lui Sandelle».

«ha senso, lui y Calmoniglio non si sono mai piaciuti molto, no es la persona mas indicata per dargli una notizia del genere».

Mentre loro iniziarono a girare per la Fabbrica in cerca di Calmoniglio, Atticus raggiunse la stanza di Sandelle. Si meravigliò nel trovarla da sola, quando loro non c’erano solitamente Spring e/o Fall non la lasciavano sola un secondo. «Sandelle…» esordì, ma venne immediatamente interrotto.

«pourquoi elle est icì?!»

Sul momento, stupito, non riuscì a rispondere. Aveva ancora la bambina in braccio -non se l’era sentita di lasciarla sola col cadavere- intenta a dormire placidamente, e non avrebbe mai creduto che vederla potesse scatenare in Sandelle qualcosa che la facesse “risvegliare” dallo stato in cui era precipitata.

«ti ho chiesto pourquoi est icì! Rispondimi!» esclamò Sandelle, con le mani di oscurità che stringevano le coperte in maniera quasi convulsa.

«scusami» mormorò lui «mi sono soltanto sorpreso per il fatto che avessi detto qualcosa dopo giorni. Ne sono contento».

Sandelle stessa era sorpresa. Quando aveva posato gli occhi sulla bambina era stato come se qualcosa l’avesse strappata via da un brutto sogno fatto di ombre, voci, pianti e contorni sfumati, riportandola bruscamente alla realtà. Era ancora nella Fabbrica con gli altri, quindi erano ancora in guerra. Non ricordava praticamente nulla, incluso chi era stato a mutilarla: la sola cosa che rammentasse distintamente era aver supplicato Cecilia di tornare a casa, suppliche che evidentemente non erano state accolte, ma la bambina? Cosa c’entrava in tutto ciò?! Non riusciva a capire, e guardando bene Atticus si rese conto che c’era qualcosa che non andava. I suoi occhi erano strani, arrossati come se avesse pianto…

Era successo dell’altro? Era accaduto qualcosa a qualcuno, mentre lei era rimasta lì a commiserarsi, qualcosa che magari avrebbe potuto essere evitato con l’aiuto di un’altra persona -ossia lei stessa-? Ma poi, perché Atticus aveva il petto fasciato?!

«Sandelle…»

«que s’est il-passé?»

Lo vide esitare. Atticus Del Sol che esitava a parlare…Sandelle sentiva un’enorme angoscia crescere dentro di sé ad ogni istante che passava, perché doveva trattarsi di qualcosa di estremamente grave.

«in questi cinque giorni non è successo nulla di particolare. Manny è ancora vivo, i Guardiani e l’Innominato non si trovano, Calmoniglio è ancora qui e crede che Manny sia morto. Io intanto mi sono quasi ripreso dal colpo che mi ha dato Shu Yin, di cui tu non sai molto, immagino» indicò le fasciature «e visto che le cose non si stavano muovendo abbiamo deciso di andare a prendere uno degli umani amici dei Guardiani e usarlo per scambiarlo con l’Innominato e Manny. Avremmo fatto finire la guerra prima di iniziarla davvero, o comunque questi erano i piani, perché poi…»

Doveva dirglielo. Non c’erano più scuse, doveva farlo e basta, anche se lui stesso non riusciva ancora ad accettarlo, anche se temeva di vedere Sandelle ripiombare nello stato semi catatonico dal quale era appena uscita.

«...perché poi, quando Ljuba e Galaxia sono andate a Burgess per mettere in atto il piano, è arrivata Shu Yin e ha ucciso Galaxia. Ljuba è tornata ora».

Vide Sandelle sbiancare e guardarlo con gli occhi sbarrati e confusi, ma continuò a parlare lo stesso, conscio che se si fosse fermato non sarebbe riuscito a riprendere il discorso.

«Shu Yin è insieme ai Guardiani, all’Uomo nella Luna e al resto dell’esercito, ci spiavano da giorni, quindi è abbastanza logico dire che lo abbia fatto seguendo ordini superiori. Noi non volevamo uccidere i Guardiani, ma a quanto pare loro hanno altre intenzioni. Eccola, la vera bontà di quei bastardi figli di puttana…e poi i cattivi dovremmo essere noi!»

Non era solo addolorato per la morte della sua amica e intristito per il fatto che prima Cecilia si fosse allontanata, era anche nero di rabbia verso Manny, verso i Guardiani e tutta la compagnia. Erano perfettamente in grado di mandare al diavolo il buonismo, quando ne avevano voglia.
Sì, lui e le altre volevano uccidere Manny, e c’era mancato poco che uccidessero anche Nord, Dentolina e Frost…ma non era forse vero che Pitch Black aveva provato a fare cose analoghe trilioni di volte? Perché, allora, lui non poteva essere toccato e anzi, veniva protetto?! Era assurdo, ridicolo!

«dovevamo tornare a casa» sussurrò Sandelle «pourquoi non siamo tornati a casa?»

«Sandelle, non potevamo-»

 «je l’avait dit!!!» gridò la donna, con grosse lacrime a rigarle il viso «ho pregato Cecilia de laisser perdre tutto, perché non l’avete fatto?! È tutta colpa vostra!!!» strillò e, senza riflettere, scagliò contro Atticus un colpo ghiacciato che lui riuscì a evitare per un soffio.

«tu credi che io non soffra per questo?!» urlò Atticus, stringendo Sophie «certo che sto male, e tanto! Noi ci siamo mossi per evitare che a qualcun altro accadesse qualcosa di peggio di quel che è successo a te, e abbiamo ottenuto l’esatto opposto. Non potevamo lasciar perdere, e tantomeno possiamo adesso. Devono pagarla, fosse l’ultima cosa che facciamo, ma devono pagarla cara, Sandelle! Al diavolo cercare di evitare gli spargimenti di sangue, AL DIAVOLO TUTTO! È colpa loro! Non nostra! LORO!»

Pareva proprio che Atticus fosse già passato dalla fase del dolore a quella della rabbia, forse anche a causa dell’oscurità che gli pulsava nelle vene, e improvvisamente Sandelle scattò in avanti e gli strappò Sophie dalle braccia, stringendola a sé con fare protettivo.

«tu me fais peur!...» riuscì a dire Sandelle tra le lacrime «come puoi parlare così…di già? Nôtre amie est mort, e tutto quel che sai fare è giurare vendetta!»

«è quello che voleva Galaxia, se appena prima di morire ha passato a Ljuba i poteri rubati c’è un motivo. Voleva che continuassimo, e continueremo. Sei con noi oppure no? Lo devo sapere, Sandelle. Abbiamo già perso lei, non possiamo perdere anche te. Metaforicamente».

Sandelle era ancora troppo triste per poter essere arrabbiata. Non riusciva ancora a trovare in sé tutta quella furia, tutto quell’odio, e neppure la forza di farla pagare a chicchessia. Era morta già una persona di troppo, secondo la sua modesta opinione. Non avrebbe ostacolato il resto del gruppo, non ne aveva l’intenzione e neppure sufficiente potere, ma non se la sentiva neanche di scendere in battaglia. Nelle sue attuali condizioni sarebbe stata solo un peso morto, lo sapeva fin troppo bene. «non vi impedirò de faire quello che volete, mais io non mi muoverò da qui. Quelqu’un deve occuparsi dell’enfant mentre voi combattete».

«sei sicura di essere abbastanza stabile per riuscirci? Prima cerchi di congelarmi, poi te ne esci col dire che ti faccio paura!» sbottò Atticus «non vorrei che il prossimo passo fosse scappare per riportare la bambina a casa e…» fece un sospiro «scusa. Scusami. È che pensare che Galaxia fino a poco fa era qui, in salute, e adesso non…mi sembra tutto talmente assurdo, Sandelle. Mi sento spaesato, non so dove sbattere la testa, la voglia di vendicarla è la sola sicurezza che mi sembra mi avere, al momento…anche se so che in realtà non è così».

Ecco, quella era già una reazione più accettabile. «non scapperò avec l’enfant. La morte di Laxie non ha senso di suo, se lo facessi la renderei encore plus inutile. Non me la sento di combattere, mais onorerò la sua memoria facendo in modo que l’enfant resti qui tutto il tempo che serve» affermò «a qualunque costo».

Atticus annuì. «e io ti credo».

Avrebbe voluto anche aggiungere qualcosa su come si sentisse riguardo il breve allontanamento di Millaray, ma alla fine lasciò perdere: non era il caso di gravare inutilmente Sandelle di un ulteriore peso, era già tanto che non fosse sprofondata di nuovo nella catatonia, limitandosi a un pianto più che comprensibile.

che comprensibile.

«je veux le voir».

Voleva vederla, ed comprensibile anche questo. «seguimi».

«aspetta» Sandelle posò la bambina addormentata sul letto «voilà. Allons-y…» si avvicinò ad Atticus con fare un po’esitante «m-mi terresti per mano?»

Non c’era malizia, era solo una richiesta un po’infantile e molto tipica di Sandelle, ed Atticus lo sapeva. Aveva trovato qualcuno da consolare e da cui essere consolato.

L’atmosfera nella sala munita di camino in cui Calmoniglio si era rifugiato, invece, era ancora abbastanza tranquilla. 
Non si era mosso da lì da quando Galaxia era andata via, non aveva trovato alcun motivo valido per farlo, dal momento che era la sola con cui riuscisse a parlare più o meno normalmente.
Non che gli altri del suo gruppo lo avessero maltrattato, sia Ljuba che Cecilia erano sempre state educate con lui, ma non era la stessa cosa.

«…Aster?»

Eccole lì, neanche a farlo apposta. «ciao…avete per caso visto Galaxia? Prima è andata via e non è ancora tornata. Ehm...non che io pensi che debba per forza stare con me, ma aveva detto “torno tra poco”. Chiedo per quello».

Le due donne si scambiarono un’occhiata strana, e solo in quel momento il Guardiano si rese conto delle loro espressioni funeree. Una morsa d’angoscia iniziò ad attanagliare il suo stomaco, cominciando a intuire che doveva essere successo qualcosa. Non sapeva cosa, ma niente di bello. Forse riguardava Sandelle? Era peggiorata? O Atticus?...ne dubitava, in nessuno dei due casi avrebbero avuto motivo di venire a cercarlo, ma la sola alternativa che gli veniva in mente non era concepibile, per lui.

«te sembrerà banale, ma forse es meglio que tu ti sieda…»

«cosa succede? Galaxia dov’è?! È successo qualcosa? Le è successo qualcosa?!» incalzò, col naso che fremeva nervosamente e il cuore che batteva sempre più forte «siete venute qui a cercarmi, parlate, maledizione!»

Per qualche istante entrambe continuarono a tacere, ma infine fu Ljuba a farsi coraggio e parlare.

«Shu Yin ha ucciso Galaxia»

No.

No, no, no, NO.

Non poteva essere.

Doveva aver capito male, o forse si era addormentato davanti al camino, e quello che stava vedendo e sentendo non era reale. Sì, doveva per forza essere così. Galaxia morta? Per mano di Shu Yin?! Impossibile.

«yo tambien all’inizio non ci credevo» disse Cecilia «ma es asì, il suo corpo ora è nella stanza di Atticus e-»

“stanza di Atticus”, non gli serviva altro: senza vedere, sentire o capire più nulla, Calmoniglio le superò con un paio di balzi e una volta lasciata la stanza corse via, lungo il corridoio. C’era un solo e unico pensiero nella sua testa, “Galaxia”, e mentre pregava ogni divinità conosciuta che lei stesse bene si sentiva come se il cuore fosse pronto a esplodergli nel petto.
Lui era rimasto con gli Insorti perché voleva la morte di Pitch Black, ma anche perché non si sarebbe perdonato se fosse successo qualcosa a Galaxia. Erano passati secoli e lui con la sua ex compagna aveva commesso degli errori, ma l’amava adesso come allora, ricambiato o meno, e non c’era niente in tutto l’universo che avrebbe potuto distruggere i sentimenti che provava verso di lei, nemmeno quella guerra…e nemmeno la morte, che lui ora vedeva manifestarsi chiaramente su Galaxia sotto forma di orchidee bianche.

Rimase fermo sulla soglia per istanti che gli sembrarono eterni, per poi avvicinarsi lentamente, con lo sguardo fisso su di lei. Arrivato accanto al letto, dopo aver esitato come se lei stesse dormendo e lui temesse di svegliarla, le fece una carezza sul viso. La tracce dell’oscurità erano scomparse dal suo corpo, e il suo pelo era tornato ad essere candido come il petalo di un giglio.

Poggiò la fronte contro quella della sua ex compagna, si strinse a lei in un mezzo abbraccio impacciato e pianse silenziosamente, con discrezione. Non perché la sua disperazione fosse poca, ma perché era tanto grande da non poterla esprimere a voce, o in altro modo.

La sua razza, quella dei Pooka, solitamente tendeva a non lasciar trasparire troppo le emozioni, ma lui viveva sulla Terra da troppo tempo perché questa “consuetudine” potesse avere qualche valore, e comunque amava troppo -amava, non “aveva amato”- Galaxia per riuscirci. 
Quando lo aveva lasciato secoli prima aveva sofferto, ma era riuscito a farsene una ragione pensando che insieme ai suoi amici doveva sicuramente stare bene, essere viva, in salute e felice; adesso però non avrebbe più potuto essere felice, triste o nient’altro…e lui non riusciva ancora a capire perché.

Una mano dal tocco gentile gli accarezzò la schiena e lui si voltò, pensando -assurdamente- che potesse essere il fantasma di Galaxia tornato a visitarlo. Non era così, ad avvicinarsi a lui era stata nientemeno che Cecilia, cosa che per ovvi motivi riuscì quasi a stupirlo. Solo quasi: era troppo addolorato per riuscire a provare anche stupore. Vicini a lei c’erano anche gli altri, Ljuba, Atticus e addirittura Sandelle, che non dissero una parola né lo toccarono, condividendo con lui il lutto in perfetto silenzio.

Silenzio che venne rotto da lui stesso quando, dopo qualche minuto, riuscì finalmente a parlare. «com’è successo?» chiese, quasi sussurrando.

«lei y Ljuba erano a Burgess. L’idea era de prendere uno dei niños vostri amici per scambiarlo con Pitch. Sì, era un piano squallido» ammise Cecilia «ma non gli avremmo fatto del male per davvero, non a un niño. Se fosse andata bien sarebbe finita molto presto…invece es arrivata Shu Yin. Ci spiavano da giorni y ne hanno approfittato. L’ha uccisa y es andata via».

Cecilia aveva detto bene, quella di rapire un bambino era un’idea squallida anche se con buoni fini, ma al momento a Calmoniglio non poteva importare di meno. «ma perché?!» alzò gli occhi per guardarla «non ha senso! Perché mandare Shu Yin a ucciderla?! Perché Galaxia?! Io…io non capisco…chi può aver avuto un’idea del genere, perché gli altri» ossia i suoi colleghi Guardiani «lo hanno permesso?!»

«non s-» iniziò a dire Ljuba, ma venne interrotta.

«l’Hombre en la Luna».

Sentendo Cecilia dire ciò, Ljuba e Atticus si scambiarono un’occhiata attonita. Non si era deciso di lasciargli credere che fosse morto? Perché Cecilia l’aveva tirato in ballo, era forse impazzita? Che diavolo aveva in mente di fare?!

«c-cosa…ma era morto!» farfugliò Calmoniglio, guardando Cecilia con gli occhi verde smeraldo completamente sbarrati.

«creímos que estaba muerto porque abbiamo dato per scontato que non potesse essere sopravvissuto alle ferite que dovevano avergli inferto, ma non sapevamo veramente que fine avesse fatto…finora» disse Cecilia, senza mai distogliere lo sguardo da quello del Pooka «a chi altri il resto dei Guardiani avrebbero permesso de hacer una cosa simile? De usare Shu Yin como braccio armato asì que loro restassero tecnicamente “puliti”? A chi altri, se non lui?»

Forse era colpa del lutto e del profondo shock subìto sia per la morte di Galaxia che per quest’ultima rivelazione, ma a Calmoniglio non veniva in mente alcuna alternativa. Niente. Nessuna. Zero. In un contesto più “normale” non ci avrebbe creduto, ma ultimamente erano venuti fuori in tutti quanti, lui stesso incluso, lati nascosti che non pensava esistessero.

«poi, “porque Galaxia”? Purtroppo es simple. Noi cinque -sei, contando Shu Yin- siamo stati concepiti da Manny como un premio da dare a dei sottoposti meritevoli, y tu, que non hai abbassato la testa y accettato que Pitch andasse lasciato in vita, non lo sei più».

Aster abbassò la testa e tornò a guardare il volto di Galaxia con aria quasi assente, mentre Cecilia continuava a parlare, e ogni frase andava a conficcarglisi profondamente nel cervello.

«tú eres un traditore, y te ha punito asì, riprendendosi il regalo que te aveva fatto. Se così non fosse, anche Ljuba sarebbe stata attaccata. Invece no: solo Galaxia, guarda caso».

Socchiuse gli occhi, e le sue mani strinsero convulsamente le lenzuola mentre sentiva il suo battito cardiaco iniziare a rimbombargli nelle orecchie, nella testa, persino nelle mani che tremavano leggermente a ogni pulsazione, tanto erano potenti.

Oltre al dolore adesso provava anche rabbia, una rabbia sepolta tanto profondamente dentro lui da essere rimasta celata fino a quel momento. Aveva creduto di essere arrivato al limite cinque giorni prima, ma si era sbagliato completamente: si era trattato soltanto della prima grossa crepa.

Aveva perso tutto per colpa dell’Uomo Nero, aveva passato secoli e secoli in solitudine fin quando erano spuntati fuori Manny, Nightlight e gli altri Guardiani, ai quali aveva finito per unirsi. Aveva giurato di difendere la speranza e i bambini della Terra, di dedicare tutta la propria vita a tale compito, ed era stato esattamente quello che aveva fatto giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo…per cosa? Perché al suo primo “no” gli venisse tolto quello che aveva di più caro al mondo, di nuovo, mentre persone come Pitch Black e anche Shu Yin, che sembrava non essere migliore di lui nonostante le apparenze, venivano protette sempre e comunque?!

«i tuoi colleghi hanno fatto juramento a l’Hombre en la Luna de proteggere i bambini, ma lo que vedo io no es proteggere bambini. Manny…gli altri Guardiani…yo li vedo proteggere assassini».

Calmoniglio si alzò lentamente in piedi, con l’immagine di Galaxia negli occhi e quelle orribili -ma veritiere- parole nelle orecchie.
protettori di assassini”. Tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. 
L’essere che aveva fedelmente servito per secoli era esattamente questo, un protettore di assassini e a sua volta un assassino, del tutto indegno del suo retaggio, e i suoi compagni si erano ridotti a essere solo quattro schiavi in grado di fare nient’altro se non dire “sissignore”. 
Se lui avesse contato qualcosa -almeno per loro- avrebbero impedito quell’omicidio in ogni modo, ma non era così: lui, per i suoi colleghi e cosiddetti “amici”, contava meno di niente, ancor meno che per Manny.

Era giunto il momento che raccogliessero quello che avevano seminato. 

Fino a quel momento aveva accampato la scusa della debolezza, ma ormai non c’era più motivo di farlo. Non c’era motivo di rimandare il conflitto, ora che non aveva più nessuno da proteggere.

“protettori di assassini”.

Mai più.

«voglio che tutti coloro che le volevano bene possano dare a Galaxia l’ultimo saluto» disse Calmoniglio, con voce fredda come non era mai stata «poi vi porterò dai Protettori di Assassini con le mie gallerie. Lascerei qui solo un certo numero di immortali, in modo che la Fabbrica non resti “scoperta”» aggiunse, guardando tutti gli Insorti «arriveremo in un attimo. Volevate la guerra? Benissimo. Si va in guerra…e che gli Dei abbiano pietà di loro, perché io non l’avrò senz’altro».

Che cos’è il genio?
Fantasia, intuizione, decisione, e velocità di esecuzione*.

Poco prima Cecilia aveva tanto denigrato le sue stesse doti, ma non c’erano molte persone che, come lei, nei momenti più critici riuscissero a sfruttare al meglio le poche carte che avevano in mano.

«non l’avremo nemmeno noi. Esto es seguro».

 

 

 

:: Irlanda ::

 

 

 

«ora che hai fatto allo spiedo un coniglio su due sarai contenta, immagino».

Tanith continuò a fluttuare pigramente in aria, mentre i “fili” luminescenti del dolore che stava assorbendo illuminavano buona parte della sua lunga coda nera. «abbastanza. Quando il coniglio vivo si deciderà a usare quelle sue belle gallerie per portare qui i suoi nuovi amici e dare inizio alla battaglia, allora sì che potrò definirmi soddisfatta» disse, avvicinandosi all’Uomo Falena senza avvolgerlo con le sue spire come spesso soleva fare «almeno per un po’».

Detto ciò Tanith si aspettava la puntuale battuta su peso, diete e serpenti grassi in genere, ma questa non arrivò: Mothman rimase in silenzio, intento a osservare un punto indefinito nel cielo con i suoi enormi occhi rossi, come se fosse in grado di vedere qualcosa che lei non riusciva a scorgere, o piuttosto ne cogliesse le avvisaglie.

L’Ephemeride non era sicura che quel silenzio le piacesse, per cui decise di interpellarlo in proposito. «vedi qualcosa d’interessante?»

«a seconda dei punti di vista» rispose lui «senz’altro metterai su peso, ma è certo che i chili di troppo non fanno molto comodo, quando si devono evitare oggetti taglienti…e tante appendici».

Dopo millecinquecento anni Tanith si era abituata ai suoi discorsi criptici, e di solito riusciva anche a interpretarli abbastanza facilmente, ma non in quel caso.
Aveva capito che secondo Mothman c’era qualcosa a cui avrebbe dovuto stare attenta, ma non riusciva a immaginare di cosa -o chi- si trattasse. Non c’erano molte cose che potessero far paura a un’Ephemeride, se non un’altra sua simile più vecchia, più sveglia e più potente, ma era un’opzione che Tanith si sentiva di escludere a prescindere, dal momento che lei stessa era l’Ephemeride più vecchia che conoscesse. «presumo che le appendici di cui parli non appartengano a te».

«non c’è motivo per cui le mie appendici debbano darti noia, se mai avrebbero potuto darti piacere…se avessi avuto altri interessi oltre al cibo. Finirai per non entrare più in quei tuoi top ben poco elasticizzati, mia adorabile parassita».

«passerò da una extra small a una small, che problema c’è? Tanto me li cucio da sola» aveva risposto a tono, ma non si sentiva ancora del tutto tranquilla. «nessun’altra notizia dal servizio previsioni futuro?...già, chissà cosa te lo domando a fare» sospirò «so benissimo che non dirai altro».

«appunto» confermò Mothman con la sua voce profonda.

«solo una cosa: non avevi detto al folletto barbuto che il suo bel parcheggio non sarebbe stato ruspato via?»

Chissà dove si era nascosta Tanith in quel frangente, se tra le pareti della locanda, in qualche colonna o nel pavimento. Non che lui non fosse stato consapevole della sua presenza, ma sinceramente non l’aveva proprio vista.

«esatto. Il parcheggio!»

Nonostante la spada di Damocle che forse le incombeva sulla testa, Tanith si concesse una risatina. «penso che gli umani ti definirebbero un “infame trollone”».

Anche l’Uomo Falena fece una bassa risata. «un’altra cosa che dipende dai punti di vista…in fin dei conti io non ho fatto altro che dire la verità. Buon appetito, cara. Vedi di non farti venire un’indigestione, mi raccomando».

 


* citazione dal film "Amici Miei".

Ormai non perdo neppure tempo a cercare di giustificare i miei ritardi, anche perché di giustificazioni particolari non ce ne sono :'D
So che è un capitolo piuttosto introspettivo, ma non credo che potesse venire fuori altrimenti, considerando i personaggi mostrati e quel che è successo. Probabilmente alcuni di voi si aspettavano che Calmoniglio mostrasse la propria rabbia in maniera diversa, e all'inizio sinceramente me lo aspettavo anche io, ma alla fine le cose hanno preso un'altra piega...e non mi dispiace lo stesso :'D questo ovviamente non lo rende meno furioso, a modo suo è schizzatissimo, adesso come adesso.
Visto l'orario improbabile non mi ricordo tutto quello che volevo dire, se non "occhio alle parole dell'Uomo Falena".
Grazie a tutti coloro che hanno letto, aggiunto la storia alle "seguite" e alle "preferite", e soprattutto a coloro che mi hanno fatto conoscere la loro opinione su questo bizzarro accrocco di parole e personaggi :)
Buonanotte e alla prossima,

_Dracarys_


 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI

=Let the ceiling fall=







«ti va bene sì o no?»

Pitch non capiva neppure perché se la stesse prendendo tanto. D’accordo, Emily Jane era biologicamente sua figlia, ma erano letteralmente secoli che non avevano più un rapporto degno di tale definizione, e lui l’aveva da poco attaccata e privata dei suoi poteri. Non riusciva a comprendere il motivo per cui quel “vorrei che fossi morto tu al posto di mamma” lo avesse trafitto come una pugnalata nel petto, o come la lancia che, nell’incubo di prima, Shu Yin gli aveva conficcato nel ventre col benestare della sua defunta moglie Aleha. Giusto…forse quella reazione c’entrava sempre col suddetto incubo.

O forse c’era di mezzo dell’altro: aveva sentito chiaramente le parole di sua figlia colpirlo nel profondo, ma non aveva idea di quanto.

«prima devi spiegarmi il significato di quella frase!» esclamò la donna «da quando in qua mi credevi morta?!»

Suo padre era stato il primo ad andare a toccare un nervo scoperto dicendole che nessuno l’avrebbe mai voluta vicina, ma ciò non toglieva che la risposta che aveva dato alla sua frase maligna fosse stata addirittura più pesante, ed Emily Jane se n’era resa conto. Quello lì, alla fin fine, purtroppo restava sempre il suo pessimo padre.

Il quale aveva appena affermato qualcosa che l’aveva confusa non poco, al punto di far passare in secondo piano averlo trovato nell’idromassaggio con quella schifosissima lurida carogna infame di Eve. “da dopo che casa nostra è stata distrutta, per dodici anni ho creduto che tu fossi morta davvero”…

Non era quel che ricordava. Le risultava che lui, molto semplicemente, non si fosse degnato di cercarla, troppo impegnato con le sue grandi imprese da Alto Generale delle Galassie…almeno fino a quando era stato destituito.

«e da quando in qua a te interessa qualcosa di quello che dico?! Quanto possono contare per te le parole di un uomo che vorresti fosse morto?!»

«potresti smettere di comportarti da drama queen almeno per trenta secondi?!» sbottò Emily Jane, e pur sapendo che stavolta Pitch aveva diritto a un minimo di drammatizzazione da soap opera non riusciva a evitare di essere arrabbiata: lui non poteva atteggiarsi a vittima, essendo -secondo lei- il carnefice.

«permetti che io non sia felice del fatto che mia figlia

«ah, adesso sono di nuovo tua figlia? Non ex figlia? Sai com’è, è difficile starti dietro, dal momento che cambi idea ogni due minuti. Sono tua figlia solo quando non hai di meglio per le mani, a quanto sembra! “Io ti credevo morta”! Come no!» lo apostrofò, avvicinandoglisi pericolosamente «te lo dico io perché non ti sei degnato di cercarmi: visto e considerato quanto ti è facile rimpiazzare chicchessia, immagino che tu sia stato troppo impegnato con chissà quale sgualdrina con la quale hai sostituito mia madre!»

Inizialmente Emily Jane non capì neppure cosa fosse successo: per un attimo aveva visto tutto nero, e sentito soltanto un fischio acuto. Quando però si rese conto di essere caduta a terra, e che la guancia sinistra le bruciava, comprese di aver preso il più grosso ceffone della propria lunga esistenza.

«non osare» sentì dire a Pitch, con una voce quasi ringhiante «dammi la colpa di tutto quello che ti pare, odiami quanto vuoi e divertiti a desiderare la mia morte, ma non azzardarti mai più ad insinuare che io possa aver disonorato la memoria di tua madre, soprattutto in quegli anni. Mai più!» Emily Jane, ancora scossa e dimentica di avere più potere di lui, si lasciò afferrare per il bavero e sollevare come se fosse stata priva di peso: incredibile, ma in quel momento era veramente spaventata, oltre che disorientata. Si era abituata a vedere il padre bistrattato o in delirio d’onnipotenza, ma in quel caso si stava comportando in modo piuttosto diverso dal solito.

«parli di cose di cui non sai proprio niente» continuò Pitch «io ho passato quegli anni a cercare di ottenere giustizia per quello che le avevano fatto…quello che vi avevano fatto! E alla fine sono diventato questo!» esclamò, con tanta rabbia quanta amarezza «l’unica soddisfazione che mi resta è sapere che alla fine tutti i responsabili, diretti e indiretti, hanno pagato col sangue. In futuro tieni a mente questo: non permetto a nessuno di toccare il ricordo che ho di tua madre, nemmeno a te» disse, lasciandola ricadere a terra e allontanandosi «e se devi rivolgermi la parola solo per sputare veleno, evita: mi è bastato sognare tua zia poco fa, non ho proprio voglia di avere a che fare con la sua copia carbone».

Aveva già detto molto più di quanto avesse voglia di dire, e non aveva la minima intenzione di rimanere un istante di più con Emily Jane, motivo per cui dopo essersi allontanato a grandi passi dalla stanza mutò in un’ombra e scivolò lungo le pareti fino ad arrivare all’ingresso della suite…un momento. Ombra?!

Pitch aprì e chiuse le mani d’ombra, ancora incredulo, prima di tornare alla sua forma consueta. Allora quella pessima chiacchierata con Emily Jane era servita a qualcosa, dopotutto: gli aveva dimostrato che, contrariamente ai Guardiani e Madre Natura, a lui era possibile recuperare i propri poteri anche dopo il Furetur.

“del resto la cosa ha senso” rifletté “l’origine dei miei poteri e quelle dei poteri dei Guardiani sono differenti. A loro i poteri sono stati dati, o aumentati e modificati, dall’Uomo nella Luna, mentre i miei derivano dall’intera popolazione di demoni che ho dentro. Millaray e i suoi amichetti mi hanno tolto il potere da essi generato, non la fonte, il che significa…”

Sul viso dell’Uomo Nero era riapparso quel sorriso maligno che non prometteva mai alcunché di buono. Dopo aver lanciato un’ultima occhiata alle sua spalle, forse per verificare la posizione di Emily Jane, si decise a lasciare quella suite che in quei giorni era stata per lui sia una difesa, sia una sorta di gabbia.

Quella rivelazione per lui cambiava tutto, ma avrebbe dovuto essere comunque estremamente cauto: gli seccava non poco, ma sapeva che era bene che i suoi momentanei e -per la maggior parte- detestabili  “alleati” continuassero a credere che fosse relativamente innocuo fino a quando avesse radunato potere a sufficienza da tornare a essere problematico. Forse non ci avrebbe messo molto, dal momento che prima o poi gli Insorti li avrebbero attaccati, o viceversa…e in quel frangente lui non avrebbe dovuto fare altro che cercare di sopravvivere e nutrirsi di ogni stilla di paura che la battaglia avrebbe generato.

“il che è fattibile, perché nella confusione in pochi farebbero caso alla mia posizione, o se diventassi un’ombra”.

Il sollievo che provava era tale che aveva quasi voglia di mettersi a fischiettare, ma poi, memore della sua situazione, della conversazione di prima e dell’aver quasi copulato con la ex di sua figlia, perse ogni voglia di festeggiare anche solo un po’…e una bella chiacchierata con Hallows rientrava decisamente nella sua lista delle cose da fare.

Decise di scendere al piano di sotto imboccando le scale. Avrebbe potuto usare l’ascensore, ma passando per l’altra strada avrebbe avuto un’anteprima dell’atmosfera al piano bar…

«“vi stavate interfacciando”! Ag fuck thú! Ti avevo detto una cosa, Sam Hain! UNA!!! Non! Fare! Puttanate!»

Che non sembrava essere delle più tranquille.

«a dirla tutta la puttanata l’hai fatta tu, mandando su Emily Jane nel momento sbagliato…ma in fin dei conti non potevi sapere cosa stavo facendo, per cui niente, diciamo che non è colpa di nessuno e via. Ehilà! Tu devi essere l’avvelenatrice di Pitchioni! Com’è che ti chiami? Chang Ming? Yang Xue? Man Lo? Non mi ricordo!»

Shu Yin era lì?!

Pitch saltò i pochi scalini che gli restavano, senza rifletterci troppo. Voleva vederla, voleva vedere con i propri occhi la faccia di bronzo con cui quella bastarda traditrice -e forse assassina- si era presentata nella locanda. Voleva guardarla negli occhi, giurandole che un giorno l’avrebbe punita per quel che gli aveva fatto e che non avrebbe avuto alcuna pietà, come lei non l’aveva avuta per lui quando lo aveva consegnato ai suoi simili. L’aveva trattata come una nuova figlia, e com’era stato ripagato?!

Tuttavia, al di là della rabbia che provava, una volta in fondo alle scale si rese conto di non poter ancora fare niente di tutto ciò, per gli stessi motivi di prima.

Meglio regolarsi diversamente.

«Shu Yin! Che sorpresa. Noto che hai nuovamente cambiato alleati…come del resto è tua consuetudine».

La ragazza si voltò di scatto verso di lui, estremamente guardinga. «può darsi che in certi casi avessi validissimi motivi» ribatté Shu Yin.

«consiglio a tutti di guardarvi sempre le spalle, quando avete a che fare lei» continuò Pitch, avanzando, come se non l’avesse sentita «più o meno è come avere una spada di Damocle a oscillare perennemente sulla testa. Cambierà alleati appena le farà comodo».

«ho sperato che Emilia lo facesse fuori o si uccidessero a vicenda, ma sarebbe stata troppa grazia» sospirò Harlequin Saturnali «abbiamo capito che ti rode essere stato preso per i fondelli da una creatura che non ha neppure un mese di vita, ma non è che ci importi alcunché».

Pitch riusciva a diventare un’ombra, quindi forse sarebbe anche riuscito a creare un proiettile di sabbia nera che trapassasse la riccioluta testa vuota dell’autoeletto spirito del Carnevale, ma anche in quel caso era costretto a mantenere la calma. «abbiamo anche capito che sei tale e quale a un barboncino saltellante che cerca disperatamente attenzioni» ribatté dunque, ostentando la massima tranquillità «ma non credo che verrai preso sul serio facendo una battutina “pseudo arguta” qua e una là, anche perché non sei neppure in grado di farle bene. Allora?» si rivolse a Diarmid «ci sono novità? I nostri avversari si sono mossi?»

cosa è successo questi giorni in quella suite?” pensò Dentolina, guardando Pitch con aria decisamente confusa. L’ultima volta che lei e gli altri lo avevano visto era malandato, infuriato, ridotto quasi all’impotenza e molto vicino alla nevrosi; ora invece era in grado di incassare ogni colpo senza battere ciglio, come le provocazioni di Saturnali, contrariamente a prima, non lo toccassero minimamente.

Guardò Eve, che a sua volta era intenta a osservare le scale con aria di completo disinteresse, e si disse che lasciarli stare insieme da soli per cinque giorni a complottare chissà cosa, e solo per non ritrovarseli attorno, era stato un errore madornale…e non aveva molti dubbi sul significato di “io e Pitchione ci stavamo interfacciando”.

“Pitch Black ed Eve Hallows, proprio la coppia più bella del mondo” pensò, con una smorfia.

«Galaxia è morta, e sono praticamente sicuro che ci credano responsabili. Qualcuno ci ha incastrati. Se ci trovassero potremmo avere qualche problema, forse anche con Calmoniglio…quindi vedi di evitare di crearne a tua volta, Black. Chiaro?»

«cristallino, folletto» rispose l’Uomo Nero «ma mi sfugge perché dovrebbero ritenerci responsabili. Chi ha cucinato il coniglio allo spiedo?»

«ufficialmente è stata Shu Yin, ufficiosamente non si sa» disse Eve, prima che potessero zittirla.

«ufficiosamente anche, allora, visto il soggetto» commentò Pitch, senza degnare Shu Yin di un’occhiata. «ha mentito, se vi ha detto il contrario».

«Aiko ci ha già confermato che ha detto la verità, quindi è inutile che provi a farci pensare chissà cosa» affermò Jack «perché tanto non attacca, Pitch!»

L’Uomo Nero guardò Dentolina, e indicò Frost con un cenno del capo. «…e con questo siamo a due fidanzati persi!»

«stai zitto!!!» gli intimò la Guardiana «non sai proprio niente, sei l’ultimo che può parlare e ti hanno appena detto che non devi creare problemi…quindi cerca di far entrare questo semplice concetto nella testa di legno che ti ritrovi!»

Baba Yaga sghignazzò. «nervo poco scoperto, eh?»

«Dio Cristo santissimo, fatela finita!» sbottò April «potremmo essere in guai seri, basta con le frecciatine!» facendo un grosso sforzo di volontà, si voltò a guardare Pitch «che ne hai fatto di Emily Jane?!» giustamente veder scendere dal piano superiore l’Uomo Nero prima della succitata l’aveva allarmata, visto il soggetto.

«quindi ora non sei più tanto spaventata da non volermi nemmeno guardare troppo» commentò Pitch, senza rispondere alla sua domanda e studiandola «dov’è che ti ho già vista? Più ti guardo e più mi sembri familiare…comunque sia, Emily Jane sta benissimo, e tornerà qui a insultarci tutti anche troppo presto» Pitch alzò gli occhi al cielo «allora, parliamo di cose serie: andiamo al Polo Nord e attacchiamoli adesso».

«cosa? Adesso?!» allibì Nightlight «non è il momento adatto!»

«con tre succubus su cinque fuori gioco secondo te non è il momento adatto? Diamogli addosso ora, prima che lo facciano loro!» ribatté Pitch.

«da dove viene tutta tua voglia di combattere? Non avevi molta, fino a qualche giorno fa» osservò Nord «e comunque sono fuori due su cinque. Atticus è vivo, Cupido ha mandato Finn» indicò il ragazzo che Pitch non aveva mai visto, seduto vicino a Eve «a dirlo a noi poco fa, e poi c’è altro che-»

«tre su cinque, due su cinque, più o meno fa lo stesso» minimizzò l’Uomo Nero «Galaxia è morta, Shu Yin Borgia è la colpevole e ora è qui, credete veramente che il coniglio sopravvissuto se ne starà tranquillo? Credo che sia meglio colpire per primi».

«di’ un po’, non è che in questi giorni hai ideato un qualche piano strano dei tuoi?» la Befana guardò April «mi sa che è il caso di dargli un’occhiatina in testa».

April impallidì, e Harlequin sbottò uno “stai zitta!” all’indirizzo di Liesel, ma era troppo tardi.

“dargli un’occhiatina in testa”…come aveva fatto a non arrivarci subito?, si chiese Pitch, guardando nuovamente April; occhi di quella sfumatura di blu, tanto più su una creatura che secoli prima era una mortale, non si vedevano certo tutti i giorni. «la ex-piccola Anine Sørendatter, nientemeno!» esclamò, vedendo la ragazza irrigidirsi «oggi è proprio il giorno delle rimpatriate…ma devo dire che sei stata davvero maleducata a non salutare un tuo vecchio conoscente».

La maggior parte degli spiriti si stupì, non conoscendo nulla della storia che li legava. Molti non sapevano neppure il vero nome di April Saturnali, figurarsi il resto.

«stammi lontano» lo avvisò April.

«altrimenti?»

Pur avendo il cuore che batteva fin troppo forte a causa della paura, April si sforzò di sostenere il suo sguardo e affrontarlo prima che Titus o chicchessia intervenisse in sua difesa come un prode cavalier servente di cui lei voleva dimostrare di non aver bisogno. «prenderò dalla tua mente le cose che vuoi tenere nascoste, specialmente quelle più umilianti, e le farò conoscere a tutti i presenti e a qualunque spirito mi capiterà di incontrare. Non mi stupirebbe se ci fosse qualcosa peggiore anche del pitchione».

Aveva mantenuto la stessa presunzione di quando era una mocciosa di sette anni, pensò Pitch, ed evidentemente non aveva capito la lezione. Lui aveva ucciso sua nonna, aveva fatto uccidere sua madre e distruggere la sua casa, eppure non era bastato. «sì, ma ricorderai pure che il gioco non vale la candela, e non ci sono in giro civette pronte a salvarvi».

“hai ragione, non ci sono civette, ci sono solo un centinaio di spiriti a cui non sei molto simpatico” intervenne Sandman, con la faccia scura “alcuni dei quali ti hanno appena ricordato che ti converrebbe evitare di dare problemi. Quindi ti consiglio vivamente di lasciar stare questa ragazza. Primo e ultimo avviso”.

«come volete, messer Sandman» Pitch alzò gli occhi al cielo «in fin dei conti tutto quel che volevo fare era salutare».

«potevi dire “ciao”» commentò Finnan «è più corto e non ti fa guardare male da tutti gli spiriti del circondario».

Pitch avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma proprio in quel momento Emily Jane fluttuò lungo la scalinata con la solita aria snob/ti do fuoco, guardando malissimo sia lui sia Hallows. Non che a quest’ultima sembrasse importare.

«…se mi lasciavi finire, Pitch, io ti stavo dicendo che c’è anche dell’altro oltre a morte di Galaxia!» riprese Nord in un patetico tentativo di cambiare argomento, pur ripromettendosi di informarsi di più su tutte quelle strane questioni «Insorti hanno rapito bambina! Noi non possiamo attaccare loro così e rischiare sua vita!»

«così hanno deciso di giocare sporco» commentò l’Uomo Nero «un’assicurazione. Ha senso».

Le sensibili orecchie di Aiko, a quel punto, captarono qualcosa che la spinse a voltarsi e dare un’occhiata all’esterno, attraverso le finestre magiche. «non vorrei dirlo, ma temo che adesso abbiamo un serio problema!»

Tutti quanti i presenti, sentendo ciò, si girarono a loro volta verso le finestre.

«no…ma non è possibile!» esclamò Jack, volando ad appiccicarsi contro il vetro «Calmoniglio non può fare sul serio!»

Da un indefinibile numero di gallerie nel terreno stavano spuntando decine di spiriti, ma quello che preoccupava di più Jack era Calmoniglio, di cui aveva riconosciuto la sagoma in lontananza -anche se sembrava diversa dal solito- come aveva riconosciuto quelle di Atticus, Ljuba e Cecilia, che fluttuavano sopra al Pooka.

Non riusciva a credere che alla fine li avesse traditi davvero, proprio lui che, caratteraccio a parte, gli era sempre sembrato un essere integerrimo come pochi.

«Nightlight, tu vai a mettere Manny al sicuro da qualche parte!» gridò Nord «a principe non deve accadere niente!»

«possibilmente nemmeno al resto di noi, grazie tante» borbottò Baba Yaga.

Il Leprecauno lanciò a Nightlight due monete dorate. «una per portarlo al sicuro, una per tornare!»

«grazie!» esclamò il guerriero, afferrandole al volo «Aiko, vieni con me!» aggiunse senza sapere bene perché, mentre scattava in direzione dell’infermeria.

“la ragazza cornuta e il cianotico fisiologico, è nato l’ammmore!” pensò Pitch. «che diavolo facciamo adesso?! Se usciamo fuori ce li troviamo davanti, se aspettiamo verranno dentro loro!...il folletto dovrebbe dare a tutti quelle monete, almeno potremmo fuggire come loro!»

«ma come, non dicevi “diamogli addosso” fino a due minuti fa?» Hallows gli si avvicinò, fissando il corridoio che conduceva all’infermeria «la tua coerenza è da premiare, dàichealachd…ma se ti consola, non credo proprio che quelle monete arriveranno dove devono arrivare».

«non so neppure se ci arriveranno Nightlight e Aiko» aggiunse Finnan, osservando lo stesso punto.

Pitch li guardò perplesso, spostando lo sguardo da loro al corridoio senza notare niente di strano. «perché non dovrebbero? E comunque tu e io dobbiamo parlare, Hall-»

«ci vediamo al parcheggio, Finn».

Pitch voleva parlarle, ma Hallows sembrava avere tutt’altre intenzioni: andò alle spalle di Emily Jane, la tramortì con un colpo dell’elsa della spada e, dopo essersela caricata su una spalla nemmeno fosse stata un sacco di patate, corse nel corridoio che conduceva al parcheggio.

L’Uomo Nero non aveva idea di quello che Eve avesse in mente di fare, ma se voleva andare in quel posto c’era sicuramente una ragione, quindi forse faceva meglio a imitarla prima che fosse tardi. Gli altri spiriti si stavano tutti accalcando attorno alle finestre, o cercavano una qualsiasi via di fuga: nessuno badava a lui. Fece un respiro profondo, inalando la paura che, assieme allo sgomento e alla confusione, aveva iniziato a regnare nella sala.

“l’assorbirò anche dal parcheggio” pensò, approfittando della calca per diventare un’ombra e dileguarsi.

«papà, dobbiamo andare al parcheggio!» gridò Finnan al Leprecauno «...e tu vieni con me» aggiunse, vedendo che Shu Yin gli era accanto.

«…prego?!»

La ragazza non ebbe tempo di dire altro, perché venne sollevata come un fuscello, stretta al petto muscoloso di Finnan e portata via di corsa come fosse stato il salvataggio di una principessa delle fiabe.

O il ratto delle Sabine, a seconda di come si voleva vedere la questione.

«mettimi giù!» gli intimò la ragazza, non molto contenta di quell’atto «so correre da sola! Dove mi stai portando?!»

«al parcheggio, come ho detto prima a mio padre» ribatté Finnan «zia Sam ha preso Emily Jane ed è corsa lì, dubito che l’abbia fatto senza motivo. Ti sto rapendo per una buona causa».

«ma perché proprio me?» gli domandò Shu Yin. Con Pitch il metodo “domanda diretta” non era troppo consigliabile, ma da quel poco che aveva visto di Finnan le sembrava un buon modo per fargli dire quel che le interessava -almeno un minimo- e non rischiava di finire intrappolata in un incubo eterno.

«sarà il fascino da cattiva ragazza, o forse mi piace fingermi una sottospecie di cavaliere. Ma può darsi anche che l’abbia fatto perché eri a circa dieci centimetri dal sottoscritto. Scegli la tua versione, ne ho altre!»

«mi stai veramente prendendo in giro per le espressioni che uso? In un momento del genere?»

«può darsi!»

La stava portando in salvo -così diceva- e tutto quanto, ma era ufficiale: Shu Yin non lo sopportava proprio. Ovviamente non meditava di avvelenarlo ma sperava di non vederlo più, se fossero entrambi sopravvissuti a quel caos.

Quando raggiunsero il parcheggio, con sua sorpresa, vide accanto alla nave di Sandy un Uomo Nero decisamente nervoso discutere con Eve Hallows, che invece sembrava perfettamente tranquilla. Quanto a Madre Natura, era sdraiata a terra e ancora incosciente.

«…perché l’hai capito da quel che ha detto Mothman?! Stai scherzando?!!»

«se si tratta di previsioni di disastri c’è da fidarsi, sono abbastanza convinta che il parcheggio resterà in piedi. La locanda invece un po’meno».

Il piccolo gruppo fece appena in tempo a riunirsi, perché a quel punto la terra cominciò a tremare.

Forte.

 

 

 

 

 

Facevano più paura gli immensi squarci che si stavano aprendo aperti nel pavimento, o il “grido” del terremoto? Non era possibile stabilirlo.

«Sandy!!!» urlò Nord, riuscendo a evitare per un pelo una trave che stava per cadergli addosso «Sandy!»

Non aveva urlato alcuna istruzione precisa, ma il Guardiano, seppur nella completa incredulità per quel che stava succedendo -attaccati da Calmoniglio!- era riuscito a intuire cosa gli stava chiedendo, e iniziò a creare rapidamente un grosso scudo di sabbia, mentre avvolgeva attorno ai Saturnali una “corda” fatta dello stesso materiale, attirandoseli immediatamente vicini.

«chi non si può proteggere correte tutti qui!!!» gridò Babbo Natale «Sandy proteggerà!»

«protego totalum…salvo hexia…» mormorava intanto la Befana, creando a sua volta uno scudo trasparente in cui si fiondarono diversi cherubini e diverse ninfe.

«Saol!!!» l’urlo del cherubino Hebiel sovrastò tutti gli altri vedendo il suo collega finire inghiottito da una voragine e schiacciato da una trave. Non era stato abbastanza veloce, e aveva avuto una sorte analoga ai diversi componenti dell’esercito che in quel momento si trovavano nelle loro stanze, e non al piano bar.

«io quel coniglio lo faccio allo spiedo» fu il solo commento di Baba Yaga, che vedendo Liesel cavarsela tranquillamente da sola si chiuse semplicemente in una bolla nera fluttuante.

«DIARMID, DOVE VAI?!» si sgolò Nord, vedendo l’amico folletto dirigersi verso l’ingresso principale, martello alla mano, ed evitare le spaccature del pavimento e le parti di soffitto che stavano crollando.

«non gli permetto di distruggere LA MIA CASA solo perché gli hanno ucciso la fidanzata!!!» urlò il Leprecauno, vicino alla disperazione «non glielo permetto!!!»

Aveva già perso la sua attività una volta, non poteva lasciare che anche la sua locanda venisse distrutta così; non poteva permetterlo, non dopo tutti gli anni in cui si era ammazzato di fatica per riprendersi dal primo fallimento, per tirare su quel posto dentro una collina e per mantenerlo. Quel locale che un giorno avrebbe voluto gestire assieme a suo figlio -avrebbe pur messo la testa a posto, prima o poi!- e che, sì, era anche la sua casa ormai da diversi secoli.

Aveva sentito benissimo Finnan dirgli che doveva andare al parcheggio, e aver visto Sam Hain correre proprio in quella direzione con Madre Natura in braccio gli aveva fatto capire che quello era un posto sicuro per qualche ragione, ma lui, proprio perché convinto che suo figlio fosse al sicuro, aveva altre intenzioni. Avrebbe potuto far fuggire di lì molti come aveva fatto per Nightlight, Aiko e Manny, ma quando il pavimento si era spaccato aveva smesso di ragionare.

«non fare il deficiente, finirai solo per farti ammazzare!» urlò Harlequin, che utilizzando la telecinesi sui vestiti del folletto riuscì a trascinarlo al riparo.

«non venire a dire a me cosa devo fare! Lasciatemi andare!!!» sbraitò il Leprecauno «lasciatemiii…i…»

Si accasciò tra le braccia dei Saturnali, perché Sandman lo aveva fatto provvidenzialmente addormentare…ma c’era anche un altro problema.

«Shu Yin!...dov’è Shu Yin?!» urlò Jack, riuscendo a recuperare due cherubini che stavano per cadere in una voragine per poi lanciarli nello scudo creato da Sandy.  Frost non aveva un bel rapporto col suo “dono”, ma purtroppo la magia dell’Uomo nella Luna era quello che era, e lui era istintivamente portato a preoccuparsi della sua salute, soprattutto se le era vicino.

«Jack, torna qui!» strillò Dentolina «non pensare a cercare lei, vieni al riparo!»

«devo trovarla!»

Peccato che il suo mestolo da cucina -che gli serviva per volare- non fosse d’accordo e, per volere di Harlequin, lo trascinò nello scudo, che si chiuse definitivamente.

«devo uscire!»

«non devi preoccuparti per lei, il suo cristallo è attivo, ha un ottimo istinto di sopravvivenza e al momento potrebbe anche essere a migliaia di chilometri da qui!» gli fece notare Dentolina.

 “anzi, lo è di sicuro” non poté evitare di aggiungere, anche se mentalmente “considerando che tipo è!”

«momento, manca qualcuno…dove è Pitch?! Ci siamo dimenticati di lui!» esclamò Nord.

«con un po’di fortuna è stato schiacciato da una trave o che di simile, e la sua testa è esplosa come una pustola» disse Saturnali «ma mi sa che sono troppo ottimista».

«speriamo che almeno Nightlight, Aiko e Manny ormai siano lontani dal disastro» mormorò Dentolina.

 

 

 

 

 

«Nightlight!!! Le monete!» strillò Aiko «qui crolla tutto, sbrigati!»

Non c’era bisogno che Aiko lo puntualizzasse, la guardia del corpo dell’Uomo nella Luna se ne stava accorgendo perfettamente da solo, ma c’era un problema…

«non le ho! NON TROVO LE MONETE!» urlò, spaventatissimo sia per sé, che per Aiko, che per Manny.

«come sarebbe a dire che non le trovi?! Le avevi in mano!!!»

«lo so!»

Cos’era successo? Le aveva forse perse nella corsa senza rendersene conto? Non era in grado di spiegarselo, ma sentiva -ancora una volta- il peso del fallimento. Doveva ringraziare che fosse solo quello, e non anche il peso del soffitto che minacciava di cadere da un momento all’altro.

«venite vicini a me!» esclamò Manny «non possiamo andarcene, ma posso proteggerci dal crollo!»

proteggiciproteggiciproteggiciproteggici…

Così come Jack aveva bisogno del bastone, lui aveva bisogno dei macchinari lasciatigli dai genitori per fare determinate cose, ma in realtà il vero potere era dentro di lui: quando era molto piccolo non aveva forse salvato la vita a Sandman esprimendo un desiderio?

Motivo per cui la bolla luminosa che avvolse lui, e i due ragazzi era integra, lucida e forte abbastanza da resistere all’impatto di tutto quel che le crollò addosso l’istante dopo.

«mi dispiace, mi dispiace signore, io…io avevo le monete e le ho perse!»

«non fa niente, ci salveremo lo stesso da

l crollo...è per il dopo che temo, e anche per la salute di tutti gli altri!» disse.

«“let the ceiling fall/ when it crumbles… we will stand tall/ face it all together, at ceiling-fall...”»

Manny impallidì. Gli altri due spiriti non davano mostra di aver sentito alcunché, troppo impegnati a osservare il collasso dell’edificio attorno a loro, ma lui aveva avvertito chiaramente quella voce al suo orecchio, e avrebbe giurato di aver sentito persino le labbra sfiorarne il lobo.

Aveva riconosciuto la voce della creatura che lo aveva ferito gravemente e gettato in mezzo al caos. Non sapeva come fosse possibile, e sperava in un’allucinazione uditiva, ma non ci credeva troppo.

“non vi avrei mai lasciati fuggire, non ora che il bello è iniziato”.

E faceva bene perché, se Tanith fosse stata visibile, l’avrebbero vista guardarli…con un sorriso e le monete del Leprecauno in mano.

 

 

 

 

 

«che abbiate il castigo che meritate, Protettori di Assassini!»

La sola cosa che provava Calmoniglio era furia allo stato puro. Non c’era spazio per la compassione, non c’era spazio per il rimorso o per i ricordi di un’amicizia e di una fedeltà durata secoli: voleva solo che i suoi colleghi -anzi, ormai li considerava ex colleghi- pagassero per quel che avevano permesso fosse fatto…e tutti coloro che li stavano appoggiando dovevano fare la stessa fine, perché non erano persone migliori.

Un ragionamento che gli sembrava perfettamente lineare, specialmente ora che si era imbottito di cioccolato fondente. Dieci tavolette, ingurgitate in nemmeno mezzo minuto: praticamente un’overdose, ma era una vita che non si sentiva così forte.

Fino a quel momento si era molto contenuto e aveva evitato di mangiare più di un cioccolatino per volta. Lo aveva fatto per il trauma dovuto allo sterminio della sua razza da parte di Pitch, ma anche per la consapevolezza dei danni che avrebbe potuto fare e per un codice morale che si era imposto, perché uno spirito che agiva  in difesa dei bambini non poteva essere veramente pericoloso…ma non gli importava più neppure di quello, ormai.

Batté nuovamente un piede contro il terreno, e gioì nel sentire l’ “urlo” della terra che tremava e si spaccava, unito alle grida di tutti coloro che erano nella locanda del Leprecauno. Quel folletto, che trovava anche piuttosto simpatico, si era schierato dalla parte sbagliata.

Peccato.

Peggio per lui.

Fece un respiro profondo, facendo gonfiare un torace che grazie al cioccolato era come minimo quadruplicato di volume, come del resto era aumentata la sua altezza: era passato da un metro e ottantacinque centimetri a oltre tre metri. Si era anche ritrovato quattro braccia in più, ma la cosa non lo infastidiva: oltre ai boomerang, ai quali non aveva rinunciato, volendo poteva tenere in mano anche quattro fucili senza alcuna fatica.

Vide la collina iniziare a collassare su se stessa e, anche se non sorrise, intimamente si sentì alquanto soddisfatto. “Non imboccare la strada dell’odio, Aster”! “La vendetta non serve a nulla, Aster”!

«in compenso fa sentire benissimo!» esclamò, rivolto a nessuno in particolare.

Somigliava terribilmente a Pitch Black nelle prime ore in cui era stato posseduto e si era dato da fare per massacrare tutti i responsabili della sua rovina, ma non poteva saperlo.

Così come non si rendeva conto, o non dava importanza, al fatto che i tre Insorti lo stessero tenendo d’occhio con la massima attenzione.

«sembra che la mossa imprevista che hai fatto abbia funzionato» disse Ljuba a Cecilia, senza particolare compiacimento. Non perché fosse invidiosa di non essere stata lei ad avere l’idea, Ljuba era una donna adulta con un cervello altrettanto “adulto”, ma perché in termini strettamente pratici avere a che fare con un Pooka fuori di testa dalla rabbia avrebbe potuto diventare problematico, se mai tale forza si fosse rivoltata contro di loro. Oltre a questo non le piaceva neppure vedere Calmoniglio così “snaturato”, ma era secondario.

“non sarebbe piaciuto neppure a Galaxia”.

Vero, ma Galaxia non poteva più esprimersi, e Calmoniglio era in quelle condizioni proprio per tale motivo.

«es buona cosa poder mettere in campo un essere que volendo potrebbe facilmente spaccare todos los continenti in miriadi de piccole isole, sabes. O affondare direttamente le terre emerse».

«avrebbe davvero tutto questo potere?» Atticus sollevò le sopracciglia, sorpreso.

«cuando Pitch divenne lo que es y combatté i Pooka, aveva potere suficiente da distruggere tranquillamente una serie de pianeti, eppure quasi perse. Così mi ha raccontato» disse Cecilia «despues riuscì a ucciderli tutti lo stesso, ma no fue simple».

«Pitch dotato di potere sufficiente a distruggere pianeti nemmeno fosse Galactus…non voglio neppure immaginarlo» borbottò Atticus «per fortuna che adesso è gestibile. A proposito di gestibilità» indicò Calmoniglio con un cenno del capo «come affronteremmo la cosa, se dovesse dare completamente fuori di matto e iniziare ad avere voglia di far fare a tutti i continenti la fine di Atlantide?»

Per qualche istante nessuno dei tre parlò, forse perché avevano tutti in mente la stessa risposta.

Cecilia imbracciò il fucile da caccia grossa che, al di là dei poteri, si era portata appresso.

«se non altro sarebbe feliz de riabbracciare Galaxia».





Sono in ritardo vergognoso. Mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa...e anche del portatile che ha deciso di rompersi, perché ovviamente qualcosa doveva succedere!

La prima cosa che ci tengo a dire è che quello che racconta brevemente Cecilia proprio qui, nell'ultima parte, non è farina del mio sacco: tutto canonico! Pitch aveva il potere di distruggere interi pianeti ed estinguere stelle, i Pooka lo hanno fatto penare lo stesso, e Calmoniglio -sempre nel canon- ha diviso la Pangea e creato i continenti come li conosciamo. In questa fanfiction non ho preso in considerazione quest'ultimo dettaglio, ho tenuto conto solo dell'overpower del Coniglio di Pasqua :'D

Riguardo a ciò che Pitch dice a Emily Jane all'inizio di questo capitolo, invece, a breve potrete trovare qualche delucidazione nella raccolta di one shot (AU) pubblicata ultimamente, Tales of the Golden Age :) non è precisamente necessario leggerla per capire quel che succede -e succederà- qui, ma nel caso abbiate tempo e voglia ho voluto dirvi...beh...che c'è :'D

Tanith canta una versione leggermente modificata di "Skyfall" (Adele). Invece che il cielo qui cade il soffitto, infatti :'D per quanto riguarda gli incantesimi della Befana, i Potterheads che leggono li hanno sicuramente trovati familiari (e ringrazio Ialeya per aver puntualizzato la cosa, facendomi ricordare di dare i dovuti credits).

E niente, se siete sopravvissuti a questi giorni di caldo -o se i vostri dispositivi elettronici non hanno fatto la fine del mio portatile- sappiate che sono pronta a rispondere a qualunque domanda abbiate da pormi :) o a sentire le vostre opinioni!
Grazie a tutti coloro che hanno letto e/o recensito finora, alla prossima,

_Dracarys_

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