I ragazzi di Nico

di deborahdonato4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Solangelo ***
Capitolo 2: *** 02. Solangelo ***
Capitolo 3: *** 03. Solangelo ***
Capitolo 4: *** 04. Percico/Pernico ***
Capitolo 5: *** 05. Valdangelo ***
Capitolo 6: *** 06. Valdangelo ***
Capitolo 7: *** 07. Jasico ***
Capitolo 8: *** 08. Jasico ***
Capitolo 9: *** 09. Nico ***
Capitolo 10: *** 10. Will ***
Capitolo 11: *** 11. Percico ***
Capitolo 12: *** 12. Percico ***
Capitolo 13: *** 13. Solangelo ***
Capitolo 14: *** 14. Jercy ***
Capitolo 15: *** 15. Will ***
Capitolo 16: *** 16. Nico ***
Capitolo 17: *** 17. Will ***
Capitolo 18: *** 18. Jasico ***
Capitolo 19: *** 19. Jasico ***
Capitolo 20: *** 20. Will ***
Capitolo 21: *** 21. Solangelo ***
Capitolo 22: *** 22. Cupido ***
Capitolo 23: *** 23. Cupido ***
Capitolo 24: *** 24. Solangelo ***
Capitolo 25: *** 25. Cupido ***



Capitolo 1
*** 01. Solangelo ***


Le labbra di Will Solace si scostarono dalle sue e Nico osservò lo splendido sorriso spuntare su quel volto meraviglioso.

«Allora?» chiese il figlio di Apollo, studiandolo con attenzione.

Nico schioccò le labbra, cercando le parole giuste. 
«È stato... leggermente... migliore del precedente.» disse, cercando di tenersi sul vago.

Il sorriso del biondo vacillò per un secondo. 
«Ah, davvero?» gli chiese, serio, aggrottando la fronte, in un'espressione che gli donava molto quando indossava il camice bianco da dottore. «Dovrò rimediare.»

Il cuore di Nico fece una capriola. Quel ragazzo biondo era sorprendente. Bello, intelligente, simpatico. Amico quando gliene serviva uno, ragazzo quando desiderava lasciarsi andare.

Nico attese trepidante che le labbra di Will si posassero ancora sulle sue. Quando accadde di nuovo, per la terza volta, sentì un ruggito nel petto e passò le braccia attorno al collo di Will, allargando le gambe e appoggiandogliele attorno ai fianchi.

Will lo strinse a sé, un po' goffo nei movimenti, e gli dischiuse le labbra, sfiorandolo con la lingua. Nico si sentì pronto a questo bacio più adulto, e cercò di seguire i movimenti del figlio del sole.

Erano ragazzi. Nico aveva appena compiuto sedici anni, mentre Will diciassette. Dalla battaglia di Gea era passato un anno e mezzo. La pace era arrivata al Campo Mezzosangue, interrotta da qualche mostro.

Per un anno e mezzo, Will Solace si era introdotto lentamente nella vita di Nico. Non sembrava avere fretta, e Nico ora lo apprezzava molto di più. Se Will gli fosse saltato addosso in quel momento, quando era un ragazzino che aveva appena accettato i suoi sentimenti, di certo non avrebbe fatto altro che respingerlo, e tra di loro non si sarebbe mai formato quell'amore adolescenziale che ora stavano vivendo.

Nico sentiva il cuore scoppiare ogni volta che Will lo sfiorava. Non gli era mai piaciuto il contatto fisico, ma con Will Solace non provava alcun tipo di repulsione. Una volta Will lo aveva abbracciato di slancio, ma visto che stava abbracciando praticamente tutto il campo, Nico non lo aveva picchiato. Ma quando Will si era separato da lui, con un enorme sorriso che andava da un orecchio all'altro, Nico aveva capito che tutto quello lo aveva fatto per ritrovarselo tra le braccia.

«Furbo, il figlio di Apollo.» aveva mormorato Nico, un po' compiaciuto.

«Ho preso dal migliore.» fu la risposta sorridente di Will, prima di andare alla ricerca di altri semidei da abbracciare.

«Will.»

Il figlio di Apollo si scostò dalle labbra di Nico, osservandolo curioso, con le guance arrossate. «Sì, Nico?»

Nico notò di essere completamente stretto al corpo di Will. Con le gambe, con le braccia. Persino i loro petti si toccavano.

Nico osservò con attenzione le lentiggini sparse sul volto del biondo, e la sua pelle bianca cominciò ad arrossire.

«Ho capito.» mormorò Will, allentando la stretta sulla sua schiena.

«Cosa hai capito?»

«Vuoi che me ne vada.»

«No.» Nico gli toccò la guancia, sentendo un ruggito nel petto. Tutte quelle sensazioni... Tutti i semidei della sua età vivevano un sentimento del genere?

«No?» ripeté Will, sorpreso.

«No affatto.» Nico tremò leggermente mentre sorrideva. «Voglio continuare.»

Will lo guardò con attenzione, sorridendo. «Ne sei sicuro?»

«Sono molto sicuro, sì.»

«D'accordo. Allora...» Will si interruppe, e arrossì.

Nico arrossì ugualmente, ma solo perché gli piaceva vedere Will Solace in imbarazzo. Da quando lo aveva conosciuto, Nico gli aveva dato principalmente dell'idiota, poi la sua opinione su di lui era cambiata. Forse gli era piaciuto sin dall'inizio, con quell'aria belloccia e i capelli color sole. Per non parlare della sua poca somiglianza con Percy Jackson.

Mentre Will lo spingeva di nuovo contro di sé per baciarlo, Nico scacciò via il pensiero di Percy Jackson dalla testa. Non poteva mettersi a pensare a lui proprio in un momento delicato come quello. Non solo perché la sua cotta infantile era ormai passata, ma anche perché era il momento di svegliarsi e pensare al futuro. Pensare a Will Solace e il loro amore. E anche ad una relazione, se questa fosse stata possibile.

Le mani gli Will gli toccarono le braccia e Nico socchiuse gli occhi a quel tocco piacevole, sebbene soffocato dalla felpa che aveva indosso. Naturalmente era nera, con il nome rosso di una band, i Green Day. Gli era stata regalata da sua sorella Hazel alcune settimane prima, per Natale.

Al collo di Nico era stretto il laccio con due perle del Campo Mezzosangue. Le perle significavano che aveva portato a termine ben due anni al Campo per i giovani semidei. La prima gli era dovuta a seguito della battaglia contro Gea.

Nico si scostò dalle labbra di Will e gli passò le dita sulle sue perle. Ne aveva già sette. Come molti altri semidei, Will era arrivato al Campo Mezzosangue da piccolo, a dieci anni. Un satiro lo aveva trovato solo ed impaurito di fronte ad un mostro. Appena giunto al Campo, Will era stato riconosciuto come figlio di Apollo, ed era stato spedito nella cabina numero 7, che contava la bellezza di ben undici semidei.

Will restò in attesa che Nico dicesse qualcosa, ma Nico tenne la bocca sigillata, guardando le perle. Erano affascinanti. Lentamente, spostò le dita dal laccio e toccò la felpa arancione del Campo che il biondo portava. Will continuò a guardarlo in viso, e Nico seguì le sue dita fino all'orlo della felpa. Poi, senza farsi pregare o attendere un invito, infilò una mano sotto.

Come c'era da aspettarsi, il figlio di Apollo non indossava nient'altro sotto la felpa. Nico toccò la pelle abbronzata, il ventre piatto, disegnando i contorni degli addominali. Si chiese se avesse sempre la pelle così calda.

Will teneva gli occhi socchiusi, e Nico gli tirò via la felpa, sgranando gli occhi a quella vista. Lui e Will si erano incontrati spesso in spiaggia - Will con solo il costume da bagno blu, Nico vestito di tutto punto - ma in qualche modo quel petto nudo gli sembrò diverso.

Nico appoggiò entrambe le mani sull'addome di Will, accarezzandolo, facendo il giro del corpo e sfiorandogli le scapole. Ora era molto più vicino a lui, e nelle sue vene il sangue palpitava, caldo.

Gli occhi di Will si riaprirono di scatto e Nico si perse all'interno di quelle pupille blu chiaro.

«Quello che stai vedendo...» mormorò Will, deglutendo, sforzandosi di mantenere intatto il suo sorriso. «Ti sta piacendo?»

«Molto.» annuì Nico, con un groppo in gola. Tolse le mani, le guance in fiamme e, prima che Will potesse dirgli qualcosa, si tolse la sua felpa. E poi la t-shirt. Lui era un figlio di Ade, il freddo gli dava fastidio, ed erano in pieno inverno. Al Campo stava nevicando. Una concessione che era stata fatta per evitare che Leo Valdez continuasse a dare fuoco alle cose per sbaglio (o per divertimento).

Quando sentì gli occhi di Will sul suo corpo, Nico desiderò andarsene, lasciare la sua cabina. Ma non si mosse, perché le dita di Will iniziarono ad accarezzarlo proprio come aveva fatto lui pochi istanti prima.

«Sei stupendo.» mormorò Will, con voce roca.

«Tu sei molto meglio.» ribatté Nico, lanciandogli un'altra occhiata.

Will scrollò le spalle. «Se ti piacciono gli abbronzati...» sorrise.

«Mmh, quindi a te piacciono...» Nico si lanciò un'occhiata alla pelle chiara. «I cadaveri?»

Will sorrise. «I cadaveri no, ma Nico di Angelo sì.»

A queste parole, Nico avvampò ancora di più, e non desiderò più coprirsi. Ridusse la distanza che lo separava dalle labbra di Will, e lo baciò in modo dolce. Will ricambiò subito il bacio, e Nico rabbrividì per il piacere che le mani calde di Will gli stavano procurando.

Continuarono a pomiciare per qualche minuto, poi Nico si staccò da Will e studiò gli occhi blu. Will sorrise.

«Se vuoi possiamo fermarci qui.» disse.

«No, Solace, non ne ho alcune intenzione.» sorrise Nico.

«Sono felice, Nico.»

Will riusciva sempre a stupirlo. Nico gli prese il volto tra le mani, e gli diede un bacio sulla fronte, mentre le mani di Will scivolavano sul suo fondoschiena. Nico tremò di nuovo, ma non si scostò alla presa.

Le dita di Will giocherellarono con la cintura di teschi di Nico prima di sganciarla. Nico si sentiva andare a fuoco. Da un momento all'altro, avrebbe raggiunto Leo Valdez e avrebbero sciolto la neve insieme.

Will lo fece stendere sul letto e Nico lo guardò incuriosito. Non voleva perdersi nemmeno un secondo di tutto quello che stava succedendo.

Will si tolse i pantaloncini senza guardarlo, ma continuando a sorridere. Nico lo sondò tutto con lo sguardo, sempre più rosso, e ricambiò il bacio quando Will si mise sopra di lui, schiudendogli le labbra ed esplorando la sua bocca.

Le mani di Nico sfuggirono al controllo del proprietario, e il figlio di Ade si ritrovò a toccare ogni centimetro della pelle scoperta di Will. Aveva paura di toccargli quella poca porzione di pelle nascosta dai boxer, ma era una paura che doveva sconfiggere. Accarezzò il contorno dei boxer neri di Will poi, in un eccesso di adrenalina, posò i palmi sulle natiche sode di Will e strizzò.

Will ansimò nella sua bocca a quel tocco e si scostò da lui. Nico vide il suo sorriso e le sue guance paonazze, e Nico si affrettò a dirgli: «Sì, mi piace quel che tocco.»

Will ridacchiò, e Nico decise di non togliere le mani. Will lo baciò casto sulla bocca, poi le sue labbra scesero sulla gola e il collo. Nico socchiuse le palpebre, chiedendosi cosa potesse esserci di meglio.

La risposta arrivò mezzo minuto più tardi, quando lasciò la prese del sedere di Will. Le mani del figlio di Apollo gli accarezzarono il petto, e gli tolsero i jeans. Nico li vide cadere sul pavimento, a poca distanza dalle felpe e dai pantaloncini di Will. Andare in giro con i pantaloni lunghi fino alle ginocchia, con trenta centimetri di neve nel campo, era proprio da Will Solace.

Le labbra calde del ragazzo si posarono sul suo petto, e Nico gli passò le dita sulla schiena e infine sui capelli. Il suo cuore batteva impazzito, e le farfalle scheletro nel suo stomaco si stavano dando da fare.

Will mormorò contro la sua pelle, ma Nico non lo udì. Si stava rigirando tra le dita i suoi capelli biondi e perfetti, mentre quelle labbra calde erano già scese fino all'ombelico.

Non ricevendo sua risposta, Will gli sollevò un po' le gambe e gli sfilò i boxer. Nico si sentì molto accaldato nello trovarsi nudo di fronte agli occhi del biondino, ma non si nascose. Rimase steso sul letto tra i cuscini, con gli occhi puntati su di lui, provocante.

«Mi vuoi deludere proprio ora, Will?» domandò, leggermente tremante.

Will sorrise e scosse la testa. «Certo che no.» Le sue labbra iniziarono a baciarlo proprio sul sesso, e Nico chiuse gli occhi sentendo l'ondata di eccitazione assalirlo. Si lasciò scappare un altro gemito quando le labbra di Will lo accolsero nella sua bocca, e abbassò gli occhi per guardarlo.

La lingua di Will si muoveva su di lui, a scatti, e Nico si chiese se tutto questo lo sapesse già fare o se fosse anche tutto nuovo per lui. Avevano avuto delle conversazioni a riguardo. Will si era frequentato con due ragazzi del Campo, ma gli aveva giurato di non essere mai andato oltre i baci.

Nico gli credeva, e faceva bene.

Nico gemette e strinse le dita attorno ai capelli di Will. La sua forza di volontà era minima, e Will capì subito quel che stava cercando di dirgli. Si scostò da lui, e Nico gli graffiò la spalla mentre era raggiunto dall'orgasmo.

Nico guardò il soffitto, imbarazzato. Era avvenuto tutto troppo in fretta. Will aveva appena cominciato... Deglutendo a fatica, abbassò lo sguardo sul figlio di Apollo. Si aspettava di vederlo con le sopracciglia inarcate, lo sguardo spento, e senza sorriso.

Invece il sorriso era luminoso, e le guance sempre più rosse.

«Sono veramente così bravo?» gli chiese, ridendo.

Nico afferrò un cuscino e glielo sbatté sulla faccia, ma anche a lui veniva da ridere, più che altro per sviare l'imbarazzo.

Per qualche minuto, fecero una battaglia di cuscini. I colpi di Nico erano forti, quelli di Will deboli, ma solo perché non voleva fargli del male. Quando entrambi i cuscini finirono sul pavimento, Will lo prese tra le braccia e lo baciò sulle guance.

«Che fai?» mormorò Nico, perplesso.

«Ti bacio.»

«No, devi baciarmi così.» Nico gli bloccò il volto e lo baciò sulle labbra, perlustrandogli la bocca con la lingua e sentendo il suo sapore.

«Pensavo potesse darti fastidio.» mormorò Will.

«Nulla di quello che fai mi da fastidio, Solace.»

Will lo baciò teneramente.

 


Ciao a tutti!
Nuova storia! Ancora da concludere, quindi non so quanti capitoli ne verranno fuori!
Ad ogni modo pubblicherò ogni volta che potrò...
Riguardo alle coppie che vi troverete, sono molto varie, ma Nico di Angelo sarà onnipresente ;)
Un bacio a tutti
Debby

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Capitolo 2
*** 02. Solangelo ***


Nico accarezzò la schiena di Will Solace, pensieroso. Will lo teneva stretto a sé, baciandogli lentamente il collo, e dai suoi movimenti capì che non intendeva fare nient'altro per il momento.

Ma Nico era curioso, e non si saziava facilmente.

«Will.» sussurrò, e Will spostò il volto contro il suo. A Nico piaceva tutto di lui.

«Dimmi, bello.» sorrise Will.

«Uno, non chiamarmi bello.»

«Continuerò a farlo, invece.»

«Due, tutto qui?»

Will sorrise. «No, non è tutto qui.»

Nico sospirò felice e lo guardò. «Ma prima posso fare una cosa?»

«Tutto quello che vuoi.»

Nico lo baciò un'altra volta, poi si mise seduto. Will si stese sul letto, guardandolo curioso, passandosi le mani dietro la testa.

«Non ho ben capito quello che vuoi fare.» disse Will, osservandolo.

«Bene, terrò l'effetto sorpresa.» sorrise Nico, baciandolo un'altra volta e poi lasciandogli le labbra prima che Will potesse ricambiarlo.

Proprio come aveva fatto il figlio di Apollo con lui poco prima, Nico lo baciò su tutto il petto, senza fermarsi una volta giunto all'ombelico. Gli baciò il sesso da sopra i boxer, e subito sentì il gemito di Will. Poi le sue mani tra i capelli e le dita sotto il mento.

«Ne sei sicuro?» gli chiese, gli occhi luminosi.

«Sì.» annuì Nico, togliendogli i boxer.

Per qualche secondo, restò a guardare imbambolato.

Will tossicchiò imbarazzato. «Guarda che anche tu non sei male.»

«Zitto, Solace!»

Will ridacchiò, si mise seduto e lo baciò. Nico ricambiò il bacio, poi lo spinse di nuovo coricato. Gli passò le dita sul sesso lentamente, senza fretta, e sorrise nel sentire il sospiro di Will.

Nico continuò a masturbarlo per qualche minuto, arrossendo. Will era già durato un minuto più di lui. Fermò la mano, sentendo il fremito di Will, e iniziò a baciarlo sul sesso, prendendolo quasi subito in bocca. Cercò di seguire i movimenti già usati da Will su di lui, e quando lo sentì soffocare un grido di dolore si scostò da lui, imbarazzato.

«Scusa.» disse.

Will sorrise e si mise seduto, posandogli le mani sui fianchi. «Non ti devi scusare di niente.»

«Credo di averti morso.»

«Fa niente. Sono... felice... che tu abbia voluto farlo.»

Nico lo baciò sul collo, ma Will abbassò il volto e lo baciò. Gli passò le dita dietro il collo, premendo il suo corpo nudo contro l'altro bollente.

«Ora non voglio sembrarti un... ehm, non so bene cosa...»

«Pervertito?»

«Esatto. Non voglio sembrarti un pervertito, ma se vuoi imparare... be', hai il mio corpo a disposizione.»

«Sempre?»

«Ogni volta che lo desideri.»

Nico lo baciò più a lungo, infilandogli le dita tra i capelli, e Will ricambiò mordicchiandogli il labbro. Per la seconda volta Nico si stese sul letto, con Will stretto a sé, nudo, intento a baciarlo. Nico ricambiò tutti i baci, accarezzandolo ovunque. Anche le mani di Will non sembravano intenzionate a fermarsi.

«Will...» mormorò Nico, e Will lo baciò sulla gola.

Il figlio di Apollo non gli chiese spiegazioni, perché lo capì dal suo tono di voce quello che voleva. L'unica cosa che fece Will fu annuire, spostandosi da lui.

Nico si stese a pancia in giù, abbracciando il cuscino. Si sentiva sottosopra, e voleva solo che tutte quelle sensazioni svanissero da lui.

Sentì le labbra calde di Will baciarlo lungo la spina dorsale. Nico chiuse gli occhi, il cuore palpitante, in attesa.

Quando le labbra di Will si spostarono da lui, Nico restò fermo e immobile. Lo scricchiolio del letto gli fece capire che Will era appena sceso. Alzò lo sguardo su di lui e seguì il sedere sodo e abbronzato di Will per la stanza. Lo guardò chinarsi sui suoi pantaloni, e sentì un'altra stretta allo stomaco.

Si lasciò scappare un gemito. Will si voltò verso di lui, curioso.

«Tutto okay?» gli chiese, prendendo qualcosa dalla tasca.

«Sì.» Nico deglutì. «Cosa hai lì in mano?»

«Non vuoi saperlo.»

«Preservativi? Vai in giro con dei preservativi?!»

«Non sono preservativi.»

Nico alzò un sopracciglio.

«È altro.» gli disse Will, avvampando. «Ma non ho i preservativi.»

«Fa niente.»

«Sicuro?»

Nico annuì.

Will si avvicinò e Nico capì cosa fosse quel tubetto che il biondo aveva estratto dalla tasca dei pantaloni. Jason Grace gliene aveva parlato. O meglio, aveva ascoltato Jason Grace mentre parlava di sesso con Percy e Leo. Forse era per colpa sua se aveva lasciato a Will così tanto spazio libero.

Will tornò sul letto e Nico si voltò per guardarlo. Osservò i suoi movimenti mentre si impiastricciava le mani di lubrificante. Nico tornò a rivolgersi al letto.

Nico sentì le mani di Will su di sé e lo lasciò fare. Anche solo quel movimento di mani gli provocò una fitta di piacere. Will si stava preoccupando di lui, di non fargli male.

«Will...»

«Ci siamo quasi.»

«Ehm, Will? Sei... ti voglio bene. Dico davvero.»

Will gli baciò la schiena. «Ti voglio bene anch'io.»

Nico sorrise, le guance in fiamme, e sentì il movimento su di sé. Quando sentì il sesso di Will farsi spazio dentro di lui, Nico strinse i denti e chiuse gli occhi.

Con una spinta del figlio di Apollo, Nico gemette. Non era male.

«Ehi.» mormorò Will, e Nico lo sentì fermarsi. «Ti ho fatto male?»

«N-No, continua.»

«Se ti faccio male...»

«Solace, continua.»

Nico riuscì quasi a vederlo sorridere, e sorrise a sua volta.

 

Quando Will si stese affianco a lui, sudato e ansante, lo cinse tra le braccia senza dire una parola. Nico tenne gli occhi chiusi, mentre il suo corpo vibrava di sensazioni contrastanti.

«Non stai dormendo, vero?»

Nico aprì gli occhi. «Come avrei potuto dormire?» sbuffò.

«Non lo so, era curiosità.»

Nico scosse la testa, dandogli un lieve bacio sul petto. Gli era piaciuto. Will era stato dolce ma passionale. Gli era piaciuto.

Per qualche minuto, Will gli accarezzò la schiena e Nico gli baciò lo stesso punto del petto. Gli faceva male il fondoschiena, e non intendeva muoversi. Voleva restare mezzo coricato sul petto di Will per sempre.

Will voltò la testa verso di lui e lo baciò. Nico ricambiò il bacio.

«È stato fantastico.» si lasciò sfuggire Nico.

«Sì, è stato meraviglioso.» annuì Will, sorridendogli.

«Sembrava che tu lo avessi già fatto.»

Will sbuffò, arrossendo. «Ho letto sull'argomento.» ammise.

«E quando lo avresti letto?» chiese Nico, curioso.

«Negli ultimi mesi.»

«Perché speravi di buttarmi a letto, eh?»

«Perché non volevo farmi prendere alla sprovvista, caso mai fosse successo. E non me ne pento di aver letto quei terribili manuali.»

Nico sorrise e gli accarezzò le guance bollenti. «Hai fatto bene.»

Will riprese a baciarlo dolcemente, e quando ebbe finito Nico gli posò la testa sul petto e schiacciò un pisolino.

 

«Sta dormendo.»

«E tu cosa fai nella sua cabina, Solace?»

«Lui... Non si sentiva molto bene, e mi ha chiamato a controllarlo.»

«E ti ha anche chiesto di rimanere con lui fino al suo risveglio?»

Nico aprì cautamente gli occhi. Il suo corpo gli mandava brevi ondate di piacere e di dolore, ma nessuna di queste era a confronto con la sensazione di benessere nel suo petto. Scoprì di essere mezzo vestito: indossava i pantaloni ed era coperto fino a metà petto con le lenzuola.

«Si da il caso che, essendo dottore, non mi andava molto a genio l'idea di lasciarlo da solo.»

«Potevi mandare qui un altro dei tuoi fratelli.»

«Sono amico di Nico.»

«Nico ha pochi amici, e tu non sei tra questi.»

Nico si mise seduto, stropicciandosi gli occhi e si guardò attorno. La porta della camera era socchiusa, e i vestiti di Will erano spariti. A fatica, scese dal letto e si avvicinò zoppicando alla porta. Ma non la aprì.

«Invece sono amico di Nico, Grace. E faresti bene a ricordartene per il futuro. Ora sparisci. Nico sta dormendo, e non ho alcuna intenzione di svegliarlo per farlo parlare con te.»

Nico aggrottò la fronte mentre la porta della sua cabina veniva chiusa con forza. Udì anche lo schiocco della chiave nella serratura, e poi i passi di Will. Nico ebbe il tempo di fare un passo indietro prima che la porta si aprisse.

Il volto oscurato di Will si illuminò non appena lo vide in piedi.

«Ehi!» esclamò, sorridendogli con dolcezza, e chiudendosi la porta alle spalle. «Dovresti stare a letto.»

«Non sono un invalido.»

«Lo so. Tu sei Nico di Angelo. L'unico e inimitabile.»

Nico arrossì e cambiò argomento. I complimenti di Will lo facevano imbarazzare sempre. «Con chi stavi parlando in modo così amichevole?»

Will sbuffò. «Jason Grace. Non so cosa gli sia passato per la testa. È venuto per parlare con te, ma gli ho detto che stavi dormendo. Mi sembra geloso. Che rapporto c'è tra te e Grace?»

«Siamo solo amici, credo.» disse Nico, aggrottando la fronte.

Will inarcò un sopracciglio in un modo così perfetto che Nico sentì il suo cuore perdere un battito. «Siete solo amici, credi?» ripeté.

«Nel senso che penso di essere suo amico.» Nico gli passò le braccia attorno alla vita, sorprendendo entrambi. «Non faccio certe cose con tutti.»

«Lo spero bene.» Will lo baciò sulla fronte. «Perché tu... sei solo mio.»

Nico lo baciò sulle labbra, poi si scostò da lui. «Sei troppo possessivo. Mi soffochi.»

Will rise e lo strinse di più.

«Però mi piace.» Nico chiuse gli occhi e si appoggiò a lui. «E mi piace anche questo odore di patatine.»

«Ah, giusto. Ti ho portato la cena.»

«Burger e patatine?»

«E del gelato al caramello.»

«Mmh.» Nico storse il naso. «Non mi piace il gelato al caramello.»

«Non intendevo mangiarlo.» sorrise Will, facendogli l'occhiolino.

Nico rise. «Sei un porco.»

«Ed è tutta colpa tua.» Will gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Nico gli portò le braccia attorno al collo, e ricambiò con entusiasmo.

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Capitolo 3
*** 03. Solangelo ***


Cenarono seduti sul pavimento, chiacchierando. Nelle ultime settimane Nico aveva iniziato a leggere una saga, Shadowhunters, sotto consiglio di Hazel. Will, che ormai aveva letto tutta la saga e la conosceva a memoria, finse di non conoscerla, chiedendo maggiori dettagli a Nico, che non si fece pregare.

«Ti presto il libro, se vuoi.» disse Nico, mangiucchiando una patatina. «È di Hazel, ma penso che lei non avrà nulla in contrario.»

«Mmh.» rispose Will, sorridendo tra sé, addentando il suo terzo cheeseburger.

«Non ti piace?» chiese Nico, curioso, e un po' deluso. «I personaggi sono grandiosi.»

«Lo so.» Will alzò gli occhi su di lui. «L'ho già letta tutta.»

Nico abbassò il quarto burger che stava per addentare, e lo fissò sorpreso. «Quindi ho passato l'ultimo quarto d'ora a romperti le palle con una saga che conosci già?» chiese.

«Raccontata da te ha iniziato a piacermi molto di più.»

Nico posò il panino sulla busta e gli lanciò un cuscino. «Sei un po' stronzo.» disse.

Will lanciò il cuscino sul letto e gli si avvicinò, circondandolo con le gambe, senza dargli vie di fuga. «Mi piace sentirti parlare.» mormorò.

Nico arrossì lievemente e lo baciò sulla punta del naso, sporcandolo di ketchup.

Will rise e si pulì con il tovagliolo, poi iniziò a baciarlo senza fretta sul collo. Nico gli passò un braccio attorno alla vita, e con l'altra mano riprese il panino e cominciò a mangiarlo.

Will ridacchiò e continuò a baciarlo.

Quando Nico ebbe finito il panino, si pulì le mani sul petto nudo di Will. «Ah, che bello.» disse.

Will gli baciò la fronte. «Cosa è bello? Pulirsi su di me?»

«No, il tuo petto tutto oliato e sporco di ketchup.»

Will sorrise e lo baciò sulle labbra. «Sei un porco anche tu, allora.»

«Ehi, sono un uomo.» gli ricordò Nico, baciandolo a sua volta. «Ed è tutta colpa tua.»

Will lo strinse a sé e Nico ricambiò la stretta. Essere abbracciati da Will Solace era meraviglioso.

«Ho tanta voglia di dirti una cosa, ma ho paura di spaventarti.» gli sussurrò all'orecchio.

Nico gli mordicchiò il lobo. «Allora non dirla, e ascolta me.»

«Ti ascolto.»

«Facciamo la doccia insieme?»

Will lo baciò sul collo. «D'accordo.»

Restarono fermi, abbracciati, intenti a baciarsi, poi Nico si scostò per primo.

«Su, voglio fare la doccia.» disse, alzandosi in piedi e Will lo seguì. «E poi devo chiederti un'altra cosa.»

«Allora chiedila.»

«Ma dopo, quando sarò tutto insaponato e sicuro che tu mi dirai di sì.»

Will rise e si tolse i pantaloni e i boxer. «Avanti, dimmi. Sono sicuro che ti dirò sì in ogni caso.»

Nico tenne lo sguardo puntato sul sesso di Will. Quel ragazzo era incredibile sia da vestito che da nudo. Tutto di lui era perfetto. Gli veniva voglia di baciarlo in continuazione.

«Non ricordo più cosa dovevo dirti.» borbottò Nico, distratto.

«Sì, immagino.» Will lo prese per mano e lo portò in bagno. Nico gli guardò il sedere, riprendendosi abbastanza per posarvi una mano sopra.

«Vuoi restare a dormire da me questa notte?»

Will si voltò verso di lui, e Nico iniziò ad arrossire. Nella sua mente, quella frase non era poi così imbarazzante.

«Va bene.» sussurrò Will, con voce roca, le pupille ingigantite. «Dormirò con te.»

Nico si sforzò di sorridere per la bella notizia, ma lo trovò difficile. Will gli fu quasi addosso, in tutto il suo splendore, e lo baciò, mordicchiandogli il labbro e abbassandogli i pantaloni.

«Dormiremo e basta, questa notte.» borbottò Nico, mentre la mano di Will lo toccava. «Capito?»

«Certo.» annuì Will, portandolo nella doccia e accendendo l'acqua calda. «Dormiremo e basta.»

 

Nico si lasciò scappare un gemito, sforzandosi di soffocarlo nel cuscino, ma lo trovò difficile. La lingua di Will su di lui gli faceva emettere un sacco di suoni, e anche il suo corpo reagiva con ondate di desiderio represso.

Lo desiderava dentro di lui, ma non sapeva come chiederglielo senza passare per voglioso.

Accarezzò i biondi capelli soffici, mugolando di piacere, desiderando con tutto se stesso che quelle bellissime sensazioni non passassero mai. Riuscì a trattenersi dal venire subito, e Will non sembrava affatto dispiaciuto nel continuare a leccarlo e farlo godere.

Ma dopo quasi otto minuti dall'inizio, Nico affondò le dita tra i capelli di Will e gemette più forte, chiamandolo per nome, inarcando il bacino contro di lui. Will non si scostò, inghiottì tutto il suo seme prima di alzare la testa e accarezzargli la guancia.

«S-Scusa.» balbettò Nico, passandogli le dita tremanti sul petto.

«E di cosa?» rispose Will, baciandolo in mezzo al petto. «Sei stato formidabile a controllarti.»

«E tu sei stato ancora più bravo di prima. Come hai fatto? Hai studiato anche questo da un manuale?»

Will si stese vicino a lui, restando sul fianco. Nico gli passò le dita sul petto, soffermandosi sul sesso che accarezzò con un unico dito, mordicchiandosi il labbro.

«Credo che sia stato solo il desiderio di vedere la tua espressione.» mormorò Will, dandogli un bacio sulla spalla.

«Ah, perfetto. Anche a me piace vedere la tua espressione, ora.» Continuò a muovere le dita, e sorrise quando Will iniziò a mordicchiarsi il labbro.

Il silenzio calò su di loro, rotto solo dai gemiti di Will, soffocati dalla sua spalla. Anche Nico iniziò ad ansimare, e sorrise soddisfatto quando sentì il seme caldo dell'altro sulla mano. Will si affrettò a porgergli un fazzoletto e Nico ripulì la mano.

«Ma ora ho sonno.» disse Nico, buttando via il fazzoletto sporco e dandogli le spalle. «Quindi niente sesso.»

«Niente sesso.» ripeté Will, annuendo, passandogli un braccio attorno alla vita e avvicinandosi a lui.

Nico si mordicchiò il labbro. Non sarebbe mai riuscito a dormire con il corpo di Will stretto così al suo. E quando Will iniziò a mordicchiargli la spalla, inspirò profondamente.

«Mi metto i boxer.» mormorò Will, sorridendo.

«Bravo.»

Will si scostò da lui e tornò dopo un minuto, stringendosi a lui. Nico notò che con i boxer non era cambiato poi molto, ma decise di non lamentarsene. Era tutto perfetto anche così.

«Notte Nico.» mormorò Will.

«Notte Will.» rispose l'altro, appoggiando meglio la testa sul cuscino.

 

A Nico parve di essersi appena addormentato quando il grido di Will lo svegliò. Per un momento rimase immobile, chiedendosi se il figlio di Apollo soffrisse di incubi notturni, poi udì una voce.

«Hai superato il limite, Solace. Ora tu vieni con noi.»

«No! Lasciatemi stare!»

Nico si mise seduto di colpo, guardando le figure sfocate nel buio. Dovevano essere le tre di notte. Un pallido raggio di luna entrava dalla finestra, illuminando una figura alta in mezzo alla stanza, che guardava verso di lui a braccia incrociate.

Nico notò lo scintillio di una fiamma e si voltò. La fiamma gli illuminò una scena che non avrebbe mai dimenticato: qualcuno dai capelli biondi stava passando una corda attorno ai polsi del suo Will, che continuava a ribellarsi nonostante la corda. Per un secondo incrociarono lo sguardo, e Will sembrò dirgli di scappare.

«Cosa sta succedendo qui?» urlò Nico, scendendo dal letto e afferrando il suo ferro dello Stige. «Lasciatelo subito stare!»

«Stia zitto, di Angelo!» gridò una voce familiare. «Stiamo portando via questo maledetto bastardo.»

«Bastardo? Lui non è un bastardo.»

Strinse il ferro nella mano e gli si buttò contro, consapevole di essere nudo. La luce che emanò Vortice nel venire sprigionata lo fece inciampare e rovinare a terra.

«Leo, lega Nico.» borbottò Percy Jackson, calciando via il ferro dello Stige. «Jason, porta via Solace.»

«Con piacere.» dissero nello stesso momento Leo Valdez e Jason Grace, entrambi sogghignanti.

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Capitolo 4
*** 04. Percico/Pernico ***


Leo Valdez legò Nico al suo letto. Gli legò i polsi insieme con dello spago molto resistente preso dalla sua cintura, e infine lo legò alla testiera del letto.

I polsi di Nico cominciarono a protestare per la stretta. Leo aveva fatto in modo che, se Nico avesse voluto, poteva stendersi a pancia in giù senza farsi male.

Nico si sentiva andare a fuoco per la rabbia. Era nudo, legato al proprio letto, disarmato, e sentiva il fuoco della rabbia bruciargli dentro. Per qualche minuto aveva udito le grida di Will, poi del tutto stroncate. Nico immaginò che Jason lo avesse steso, e trascinato chissà dove.

Sentì una voragine aprirsi nel suo petto. Dov'era finito Will? Perché Percy, Leo e Jason - i suoi amici - gli stavano facendo questo?

«Leo, puoi andare.» disse Percy, sorridendo al figlio di Efesto. «Io e Nico dobbiamo parlare a quattr'occhi.»

Leo sogghignò. «Ma certo. Ti lascio altro spago.»

Nico guardò Leo tirare fuori dalla cintura altri cinque metri di spago, e lasciarli ricadere in modo ordinato ai piedi del letto. Poi Leo lasciò la cabina di Ade.

«Jackson.» disse subito Nico, scoprendo di avere la voce tremante. Si schiarì la gola. «Cosa sta succedendo?»

Percy si infilò le dita in tasca, e tirò fuori la sua Vortice in formato penna. La osservò con attenzione prima di rimetterla in tasca.

«Succede, caro Nico, che hai fatto il bambino cattivo.» disse, alzando su di lui quei meravigliosi occhi verde mare che una volta lo avevano fatto innamorare di lui.

«Il bambino cattivo?» ripeté Nico. «Cosa... Cosa intendi dire?»

Percy si guardò attorno nella cabina. Raccolse i vestiti di Will e li gettò fuori da una delle finestre, poi tornò a guardarlo.

«Intendo dire che sei stato con Solace.» disse Percy, con tono disgustato. «Ti sei fatto abbindolare da quell'idiota biondo.»

«Quell'idiota biondo è il mio ragazzo.» sibilò Nico.

Percy scoppiò a ridere. «Quell'idiota non è il tuo ragazzo. È solo furbo. Ti ha abbindolato, ti ha dato quello che volevi, e ora ne sei pure innamorato.»

«Non mi ha abbindolato!» esclamò Nico, avvampando per la rabbia. «Io e lui ci piacciamo. Fine della discussione. E ora toglimi questa cazzo di corda e portami da lui.»

«Non posso farlo.»

«Questo scherzo è durato più che abbastanza. Portami da Will.»

«Ho detto, idiota, che non posso farlo.»

Nico fu sul punto di urlare ma si trattenne, perché gli occhi di Percy erano diventati improvvisamente scintillanti, e sul suo volto spiccò un sorrisetto furbo.

«Will Solace sarà fuori uso per diverse settimane.» gli disse, andando a sedersi ai piedi del letto. «E tu resterai lì, legato e desiderabile, per tutto il tempo che io, Leo e Jason vorremo.»

«Cosa avete in testa?!»

«Abbiamo te, Nico di Angelo.» Percy sorrise dolcemente. «Siamo tutti e tre innamorati di te.»

 

Nico deglutì a fatica. Innamorati di lui? Tutti e tre? Ma cosa stava succedendo al Campo Mezzosangue?

«Percy...» mormorò Nico, cercando di utilizzare un tono conciliatore. «Mi dispiace, ma io sono innamorato di Will Solace.»

Percy gli tirò un pugno sulla gamba, e Nico strabuzzò gli occhi. «Come ti ho già detto, il figlio di Apollo ti ha abbindolato. L'ho visto come ti girava intorno negli ultimi mesi. Per tutto questo tempo non ha fatto altro che gettare la lenza aspettando che tu, stupido pesce, abboccassi. E ora hai abboccato, e lui è felice e contento, sapendo che può utilizzarti a suo piacimento.»

«Will non è così.»

«Tu lo pensi. Tu non lo conosci.»

«Lo conosco, invece. Ho passato l'ultimo anno a conoscerlo. E pensavo di conoscere te, Leo e Jason, e invece guarda cosa mi avete fatto!»

Mosse le mani, bloccate dallo spago, e digrignò i denti per il dolore.

Percy batté le palpebre, indifferente al suo dolore.

«Lo capisci che noi tre siamo innamorati di te?» disse Percy, fissandolo con quegli occhi che facevano quasi pausa. «Siamo innamorati di te da troppo tempo. E tu hai accettato senza troppi problemi quel sporco figlio di Apollo nel tuo letto, lo hai accolto nella tua bocca e nel tuo culo.»

«Cosa faccio con il mio corpo non ti riguarda. E lui mi piace, quindi fatevi...»

Percy si avvicinò a lui, lo afferrò per le guance e lo baciò con rabbia, mordendogli il labbro. Nico rimase così sorpreso dal gesto che non si ribellò. Si lasciò baciare per alcuni secondi, mentre la rabbia che provava dentro di sé iniziava a prendere forma.

Avendo le gambe libere, Nico si ritrovò a tirare un calcio a Percy. Il figlio di Poseidone fece un balzo all'indietro per il dolore al ventre, e Nico riprese a calciarlo.

«Stupido idiota!» urlò Percy, sferrandogli un colpo nello stomaco. Nico strabuzzò gli occhi ed ebbe un conato. Percy gli bloccò le caviglie, stringendogli forte la pelle, e poi affrettandosi a legarlo con la corda di Leo.

«Sei un idiota.» ripeté Percy, afferrando dei boxer arrotolati dal pavimento e infilandoglieli in bocca. «Dovresti fare il bravo con chi cerca di parlare con te.»

Nico fu costretto ad inghiottire la bile. Gli girava la testa, ma riuscì a spostare lo sguardo furioso e incredulo su Percy. Lui lo aveva baciato, non gli stava affatto parlando!

«Jason ed io abbiamo deciso di confessare i nostri sentimenti per te.» spiegò Percy, tornando a sedere sul letto. Nico sentiva il labbro dolorante, e si chiese se stesse sanguinando. «Abbiamo riso e scherzato a lungo su chi, tra noi, dovesse fare la prima mossa, su chi dovesse averti. E invece... Tu hai deciso di metterti con quel finocchio biondo.»

Nico inarcò un sopracciglio.

Percy lo ignorò. «Io e Jason abbiamo anche pensato che potevamo condividerti, sai... A me non sarebbe dispiaciuto, e nemmeno a Jason. Poi Jason è venuto a bussare alla porta della tua cabina, e ha trovato Solace.»

Nico lo vide chiudere la mano a pugno.

«Odio, decisamente odio per te e per lui. Come hai potuto metterti con quello? Come hai potuto farlo entrare nella tua cabina?» Percy lo fissò malissimo. «Quando Jason me ne ha parlato, non volevo crederci. E Leo ha sentito la nostra conversazione, si unito al nostro piano per conquistare te e mettere fuori gioco Will Solace.»

Nico provò a parlare, ma le mutande in bocca glielo impedirono.

«Ora sei di nostra proprietà.» sorrise Percy tra sé. «Sei mio. Sei di Jason. Sei di Leo. E se Will riuscirà a non crepare, sarai anche suo. Possiamo condividerti in quattro. E no, amico, la tua opinione non è richiesta.»

Nico deglutì a fatica. Doveva trovare un modo per scappare, per allontanarsi da Percy e dagli altri. Doveva trovare Will e controllare se stesse bene. Non poteva restare in quel Campo.

Percy lo fissò con attenzione, e Nico si chiese se avesse letto i suoi pensieri.

«Pensi a Solace, vero?» domandò Percy, con tono altamente di disgusto. «Chissà cosa ti ha detto quel verme. Immagino cose carine come solo un figlio di Apollo possa dire. Be', di Angelo, ti farò capire che non è la gentilezza che conta in amore.»

Nico lo guardò mentre si sfilava la cintura e si abbassava pantaloni e boxer. Il figlio di Ade distolse lo sguardo, il cuore che gli martellava nel petto. Cosa voleva fargli Percy Jackson?

La risposta la sapeva già.

Nico sentì le labbra di Percy sul suo petto. Tenne gli occhi chiusi, sforzandosi di non aprirli, mentre il suo corpo si contraeva dal disgusto per quanto stesse accadendo. Quando Percy glielo prese in bocca, Nico sentì un urlo crescergli in gola, soffocato dai boxer.

Nico non godette nemmeno per un secondo mentre Percy Jackson lo leccava e succhiava. Il suo unico pensiero era indirizzato a Will, a quanto dolore stesse soffrendo, al luogo in cui poteva trovarsi. Magari nella cabina di Zeus o in quella di Poseidone. Doveva essere un posto vicino al Campo.

Senza desiderarlo, Nico raggiunse l'orgasmo e Percy si scostò, lasciando che il seme gli sporcasse la maglietta. Con una risata, Percy tolse la maglia e gliela gettò in faccia, sporcandolo.

«Ora capisci quello che intendo?» domandò Percy, accarezzandogli i fianchi. Nico mosse il capo per togliersi dalla faccia la maglia, e quando ricadde guardò Percy che lo fissava sorridente. «Puoi avere questo da tutti noi.»

Questo? Non aveva provato assolutamente nulla mentre Percy lo accoglieva nella sua bocca. Neanche una di quelle sensazioni che aveva provato con Will quella notte prima di addormentarsi.

Percy abbassò lo sguardo, e Nico sentì le dita del figlio di Poseidone premersi sulle sue cosce. Riuscì a resistere per qualche secondo prima che Percy gli spalancasse le gambe, lasciandogli i segni delle dita sulla pelle. Chiuse gli occhi mentre Percy lo faceva girare sulla schiena, gli tirava uno schiaffo sul sedere e lo penetrava senza preparazione.

Nico sentì le lacrime agli occhi dal dolore mentre il ragazzo dagli occhi verdi si faceva strada dentro di lui, a forza, spingendo con violenza e mordicchiandogli le scapole ad ogni affondo.

Non riusciva a credere che una volta lo avesse considerato un amico.

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Capitolo 5
*** 05. Valdangelo ***


Quando Nico riprese i sensi, riuscì a sentire un vago odore di bruciato provenire alle sue spalle. All'inizio credette che qualcosa stesse andando a fuoco, ma poi udì uno schiocco inconfondibile di dita. E una voce.

«Sei sveglio?»

Nico mosse i polsi, e scoprì di essere ancora legato. A fatica riuscì a rigirarsi su se stesso, mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare per l'improvviso scoppio di dolore che invase il suo corpo.

Quando la vista gli tornò completamente, Nico notò lo sguardo di Leo Valdez puntato su di lui.

«Ehi.» mormorò con voce roca.

Leo si affrettò a prendere un bicchiere d'acqua e lo aiutò a bere.

Nico riuscì a bere solo un sorso prima di preferire sputare quell'acqua fresca sul volto di Valdez.

«Okay.» Leo si scostò da lui, asciugandosi il volto dall'acqua e posò il bicchiere sul comodino. «Potrei essermelo meritato.»

«Potresti essertelo meritato?» ringhiò Nico, muovendo le mani. «Sono legato qui, ed è tutta colpa tua!»

«È stato Percy...»

«No, tu mi hai legato! Ricordo che mi hai legato!»

Nico cercò in tutti i modi di divincolarsi, e Leo rimase impassibile al suo fianco a guardarlo contorcersi. Nico sentì la pelle tirare e qualcosa di caldo scivolare lungo il polso.

«Ti sei fatto male.» mormorò Leo, prendendo una maglia di Will per ripulirlo dal sangue.

«Stammi lontano.» sibilò Nico, fissandolo torvo. «Non mi toccare!»

Leo si fermò.

Nico lo tenne d'occhio mentre indietreggiava di nuovo fino alla poltrona e vi sedeva sopra. A confronto con Jason e Percy, mettere Leo al tappeto gli sembrava un gioco da ragazzi. Ma era legato, e poteva utilizzare solo le ginocchia, anchilosate dal troppo coricare.

Ma appena Leo avesse abbassato la guardia, Nico lo avrebbe attaccato. Per ucciderlo? Forse. Per scappare? Forse.

Leo dovette leggergli qualcosa negli occhi, perché d'improvviso si oscurò.

«Ascolta.» disse, fissandolo. «Io non credevo che Percy e Jason volessero arrivare fino a questo punto. Pensavo volessero solo scherzare.»

«Già.» ringhiò Nico, muovendo i polsi sanguinanti. «Che bel gioco. Mi sto divertendo da matti.»

Leo si zittì.

«Ma quando Percy ti ha chiesto di legarmi questa notte, tu non ti sei tirato indietro.» continuò Nico, acido. «Anche tu sei felice di vedermi ridotto così?»

Leo lo ignorò, facendo apparire delle fiamme dalle dita. Per qualche minuto tra loro regnò il silenzio, poi Leo sospirò.

«Pensavo fosse solo uno scherzo.» ripeté.

Nico vide passare un'ombra rossa tra gli occhi di Leo, ma prima che potesse indagare, il figlio di Efesto balzò in piedi e lo lasciò da solo, chiudendosi la porta della cabina alle spalle.

 

Da solo, Nico si guardò attorno alla ricerca di qualcosa per tagliare le corde e fuggire. Il suo primo obiettivo era trovare quel qualcosa, poi scappare e infine trovare Will. Se era necessario, avrebbe ucciso Leo, Jason e Percy. Soprattutto Percy.

Si guardò attorno. La sua spada era lontana a terra, inservibile. Un pugnale era posato su un tavolo, piuttosto lontano.

Nelle sue vicinanze non c'era proprio niente.

Nico si sentì assalire dalla rabbia e dalla furia. Voleva scappare dalla sua cabina, voleva uccidere quei tre e abbracciare Will, abbandonare il campo. Era così arrabbiato, e dolorante, e furioso, che si sentì assalire da un'ondata di lacrime.

Aveva freddo, era affamato e assetato. Era dolorante, e in pensiero per Will. E il solo pensiero su quello che gli aveva fatto Percy mentre perdeva i sensi, lo fece rabbrividire. Perché si era spinto così in là?

E Jason intendeva fare la stessa identica cosa? Avrebbero continuato ad approfittarsi di lui? E per quanto tempo?

Il Campo mezzosangue doveva essersi svuotato per le vacanze di natale, ma era impossibile che non ci fossero altri semidei, oltre loro cinque. Non sentiva alcun vociare provenire dai prati e dalle altre cabine. Possibile che se ne fossero veramente andati tutti quanti?

Nico provò a rilassarsi, senza riuscirci. Solo il giorno prima, lui e Will scoprivano i loro corpi e si sorridevano con il cuore colmo di emozioni a cui non sapevano dare un nome.

E ora Nico era legato al proprio letto, nudo, già con segni di violenza sulla pelle, mentre chissà dov'era finito Will.

Sprofondò in un sonno agitato.

 

Quando si svegliò, sentì qualcosa di freddo accarezzargli i polsi. Sentiva il fiato caldo di Leo sulla pelle, e Nico si irrigidì, pensando già a cosa gli stesse facendo.

«Nico.» mormorò Leo. «Non ti sto facendo niente. Rilassati.»

Nico aprì lentamente gli occhi. Il lenzuolo lo copriva fino alla vita, e aveva entrambi i polsi liberi, e bendati. Leo stava finendo di ripulirgli una ferita che gli aveva provocato Percy diverse ore prima.

Per qualche minuto, Nico guardò Leo Valdez affrettarsi a disinfettare la ferita. Nico pensò che Will sarebbe stato molto più capace di lui in quel ruolo. Successivamente, il cuore di Nico ebbe uno scatto e un nuovo pensiero gli albergò nella testa.

Sono libero.

Fissò Leo con le labbra leggermente socchiuse. Era ancora nudo, ma una volta colpito Leo poteva infilarsi qualcosa addosso, e uscire dalla cabina. Però forse era meglio indossare i vestiti di Leo. Jason o Percy potevano essere rimasti a fare da guardia davanti alla cabina. Anche se Leo era di una manciata di centimetri più basso di lui, Nico era sicuro di poter scappare dalla cabina inosservato, se ben nascosto dai vestiti.

Valutò la possibilità di fallimento. Leo lo avrebbe legato di nuovo, e chissà come avrebbe potuto punirlo. Nella stessa maniera di Percy? Nico non voleva escluderlo.

Doveva solo aspettare il momento giusto.

 

Leo smise di medicargli la ferita e vi applicò un cerotto. Si era sporcato un po' con il sangue di Nico, ma almeno era riuscito ad aiutarlo. Alzò lo sguardo sorridente su Nico, e vide il pugno del figlio di Ade colpirlo diritto sul naso.

Mentre Leo scivolava giù dal letto dolorante, con le mani premute sul volto, Nico scese di colpo dal letto. La sua intenzione era quella di prendere il Ferro dello Stige e ferire Leo, ma non aveva fatto i conti con il mancamento che lo assalì non appena toccò terra.

Il dolore ai fianchi lo assalì con prepotenza, facendogli perdere il respiro e scivolò in avanti, addosso a Leo, che bene o male attutì la caduta.

«Ah!» gridò Leo, spingendolo via da sé. «Sei un idiota.»

Nico respirava a fatica, e non rispose. Anche perché altrimenti sarebbe svenuto addosso a Valdez, e non voleva farlo ulteriormente arrabbiare.

Leo si mise seduto, togliendosi un po' di sangue dalle labbra. Nico notò con piacere che gli aveva spaccato il labbro con un unico pugno. Certo, lui puntava al naso, ma poteva accontentarsi.

Le braccia di Leo passarono attorno ai fianchi di Nico, che si irrigidì. Leo sorrise.

«Stai tranquillo. Voglio solo abbracciarti.» mormorò, chiudendo gli occhi.

A fatica, Nico gli posò le mani sulle spalle. Avevano la stessa corporatura, e da come sorrideva il figlio di Efesto capì che lui non intendeva fargli nulla contro la sua volontà.

O forse era tutta una tattica? Forse Leo intendeva essere gentile con lui e poi fargli del male come Percy...

Ma il sorriso di Leo lo rassicurò. Quel ragazzo dalla faccia da folletto non poteva ferirlo. Non poteva essere un bastardo come Percy. Non poteva fargli del male.

Si lasciò stringere, e per qualche minuto Nico finse che andava tutto bene.

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Capitolo 6
*** 06. Valdangelo ***


Quando Leo decise di sciogliere l’abbraccio, Nico non era ancora pronto. Continuò a restare stretto a lui. Leo aveva il corpo caldo, ed era confortevole avere qualcuno da stringere senza secondi fini.
Leo gli accarezzò la schiena, mormorando: «Andrà tutto bene» all’orecchio. Nico tenne gli occhi chiusi, non sapendo se potesse o meno fidarsi di lui. Il tono era dolce, ma le parole gli risuonavano molto più complicate di quanto in realtà non fossero.
Dopo più di venti minuti, Nico lasciò andare Leo e si arrampicò sul letto a fatica. Nascose la smorfia di dolore nel cuscino, e dopo pochi secondi sentì Leo stendersi al suo fianco.
«Vuoi dormire?» domandò Leo, sempre con quel tono dolce e innaturale.
Nico scosse la testa. Era stanco, ma voleva chiudere gli occhi e dormire sapendo di essere solo nella sua cabina.
«Hai fame?» insistette Leo, guardandolo. «Non mangi da parecchio tempo, vero?»
Nico annuì. Lo stomaco gli lanciava fitte dolorose.
Leo annuì a sua volta, e avvicinò il volto al suo. Gli diede un bacio sulla guancia, ma in un modo così dolce che Nico si sentì stringere il cuore e spostò le proprie labbra su quelle di Leo.
Il figlio di Efesto lo strinse a sé mentre gli schiudeva le labbra e gli esplorava la bocca. Nico udì il proprio cuore perdere un battito mentre ricambiava il bacio di Leo. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era Will. Se lo stava baciando di sua spontanea volontà, era da segnare come tradimento?
Leo si mise sopra di lui, continuando a baciarlo con dolcezza. Nico gli mise le braccia attorno al collo, accarezzandogli i ricci e cercando di combattere la sua muta battaglia. Alla fine, si ritrovò a mordicchiare il labbro di Leo, lasciandolo.
Leo si stese subito al suo fianco, arruffandogli i capelli. «Ti porto dei vestiti.» gli disse, sempre con quel tono che non avrebbe mai associato a Leo Valdez.
Nico annuì, e lo guardò andare al suo armadio. Si sentiva strano. Sottosopra, confuso. Era arrabbiato con loro per quanto gli stavano facendo, ma Leo era stato dolce con lui.
«Will sta bene?» mormorò.
Leo prese dei vestiti e li portò sul letto. Un jeans nero consunto, una t-shirt verde scuro e la sua giacca da aviatore.
«Will?» ripeté Leo, guardingo.
«Sì, Will Solace. Il figlio di Apollo biondo.» 
«Lo so chi è Will Solace.» sbuffò Leo, ma aveva l’espressione divertita. «È Jason che si è occupato di lui.»
«L’ho sentito urlare.»
«È probabile che Jason lo abbia picchiato per tenerlo calmo.»
«Tu non lo hai visto?»
Leo scosse lentamente la testa.
«Se lo vedi… puoi dirmelo?» sussurrò Nico, mentre Leo gli porgeva la biancheria. «Per favore.»
Leo annuì senza guardarlo.
Nico esitò, ma si vestì. Stava cercando di formulare una specie di piano, un piano doloroso per la sua mente afflitta dal dolore.
Leo gli diede una mano con i vestiti, e alla fine lo baciò un’altra volta.
Le labbra del figlio di Efesto erano calde. Be’, tutto in lui era caldo, aveva il dono del fuoco. Nico notò che il suo calore era piuttosto simile a quello di Will. Tenendo gli occhi sigillati, Nico riusciva a pensare di star baciando proprio il suo figlio di Apollo.
Le mani di Leo gli accarezzarono le spalle e gli sfilarono la maglietta appena messa. Nico non rabbrividì quando quelle dita lo sfiorarono e gli accarezzarono il petto nudo.
Nico sentì una stretta allo stomaco mentre il bacio di Leo si faceva più approfondito. Si rese conto che non aveva alcuna intenzione di scacciarlo, al contrario. Lo desiderava. Almeno prima che accadesse il contrario.
Leo si sbottonò la camicia e la tolse. Nico lo baciò sul collo, mentre la sua confusione interiore diventava un vero e proprio caos. Il suo buonsenso gli chiedeva di lasciar perdere.
Ansimando lievemente, Leo gli sbottonò i jeans messi a fatica e glieli tirò via. Lo baciò sulla gola, lasciandogli un succhiotto, e baciandolo su tutto il petto. Nico gli accarezzò la schiena e gli infilò le dita tra i capelli mentre Leo gli toglieva i boxer e cominciava a riempirlo di baci.
Leo iniziò ad accarezzarlo con la lingua, e Nico gemette per il piacere. Premette di più le dita nei riccioli, stringendo le gambe attorno ai suoi fianchi, e Leo continuò a leccarlo. Quando Nico si sentì venire, Leo si scostò un momento prima, raccogliendo il suo seme nella mano.
Incrociarono lo sguardo. Nico era ansante, dominato ancora dall’orgasmo. Leo si sfilò i propri pantaloni chinandosi su di lui e mordicchiandogli un labbro. Nico lo baciò, affondando le dita nei suoi fianchi coperti dai boxer rosso fuoco.
Con estrema gentilezza, Leo lo penetrò con un dito. Nico ansimò nella sua bocca, pensando a Will. Era gentile quanto lui.
Quando per Nico furono insopportabili quei preliminari, iniziò ad abbassare i boxer di Leo e gli strinse il sedere. Leo ansimò contro il suo petto, tolse le dita e lo penetrò con una singola spinta, affondando il più possibile dentro di lui.
Nico lanciò un grido di sorpresa per la posizione, e affondò le dita nella schiena di Leo. Trovarono le loro labbra e si baciarono con forza, quasi bisognosi l’uno dell’altro.
Nico incrociò lo sguardo di Leo. Di nuovo vide passare quel lampo rosso, ma non era il momento adatto per indagare. Ad ogni spinta di Leo, gemeva e gli graffiava la schiena.
Quando si sentì afferrare da un nuovo orgasmo, Nico lasciò le labbra di Leo e ansimò: «W... Will!»
Leo rallentò le spinte e si sollevò per guardarlo meglio in faccia. Nico si sentiva rosso in viso, ma non era affatto dispiaciuto per quanto avesse appena detto. O fatto.
«Non sono Will.» mormorò Leo, offeso.
«Lo so.»
Leo lo fissò male. «Stavi pensando a lui?» ringhiò.
Nico non rispose. Gli sembrava più che ovvio.
«Sei un bastardo.» disse Leo. «Credevo volessi me.»
«Sei stato gentile.»
«Sei un bastardo.» ripeté Leo, uscendo da lui per poi spingere con maggior forza.
Nico lanciò un grido, non capendo se fosse di piacere o di dolore. Quando provò a toccare di nuovo Leo, lui gli bloccò le mani sopra la testa, spingendo con sempre più forza, spinto dalla rabbia.
Quando giunse all’orgasmo, uscì di colpo da Nico, provocandogli altro dolore. Si mise seduto ai piedi del letto, fissando il figlio di Ade.

«Pensavo che ci fosse qualcosa tra noi.» sbottò Leo, dopo qualche minuto, dopo aver ripreso fiato.
«Invece non c’è niente.» rispose Nico, inspirando, e sforzandosi di mettersi seduto.
«Mi hai baciato, e abbracciato.»
«Sei stato carino con me.»
Leo lasciò fuoriuscire una fiamma dalle dita. «Tu mi hai illuso.»
«Ti ho illuso?»
«Ho pensato che anche tu provassi qualcosa per me.»
«Come posso provare qualcosa per te, o per Percy e Jason? Mi avete chiuso nella mia cabina, mi state costringendo a fare cose che non voglio. E avete rapito Will.»
«Mi sei praticamente saltato addosso!»
«Volevo farlo prima che tu mi stuprassi.»
Leo lo fissò in silenzio per qualche minuto, e ora Nico pensò che la sua non fosse stata una grande idea. Accondiscendere alle loro intenzioni, al loro ruolo. Forse avrebbe fatto meglio a non fare nulla, a lasciare che accadesse.
Tremante, Leo gridò: «Io non ti avrei fatto niente, idiota! Non ne avevo alcuna intenzione!»
«Quindi tu non vuoi condividere il mio corpo come mi ha detto Percy?»
«Di Angelo, io sono innamorato di te!»
Nico lo fissò sorpreso, ma il suo corpo indolenzito lo fece restare sulla difensiva. «Lasciami scappare, se sei così innamorato di me!» sbottò.
Leo scosse la testa. «Tu non capisci…» mormorò, e si mise in piedi. Raccolse i propri vestiti e li indossò in fretta e furia, borbottando. Fu sul punto di lasciare la cabina quando si fermò e tornò da lui.
Nico si ritrasse sul letto, il cuore a mille. Gli occhi di Leo erano completamente rossi, e sulle sue labbra spiccava un ghignetto.
«Non volevo intromettermi nel giochino di Percy e Jason.» disse. Il suo tono di voce era rimasto invariato da qualsiasi cosa avesse agli occhi. «Ma a quanto pare non mi lasci altra scelta che entrarvi.»
Lo afferrò per il collo, stringendolo con forza. Nico boccheggiò, e gli tirò un calcio, prendendolo sul fianco. Leo fece una smorfia, e lo lasciò andare. Nico tossicchiò, cercando di riprendere fiato, e in quel momento Leo gli posò una mano sulla pancia nuda.
«Così saprai sempre che anch’io faccio parte del gioco.» disse, e Nico urlò mentre il dito di Leo gli imprimeva con il fuoco una V.

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Capitolo 7
*** 07. Jasico ***


L'odore della sua stessa carne bruciata gli opprimeva le narici. Si sentiva indolenzito, la testa gli girava, e le fitte di dolore alla pancia erano più forti di tutto il resto.

Senza accorgersene, Nico di Angelo iniziò a piangere in silenzio. Tutto questo era troppo per lui.

Era rimasto al Campo Mezzosangue per loro, e per Will. Se avesse saputo che le cose avrebbero presa quella piega, se ne sarebbe andato.

Quando si sorprese a piangere, si asciugò le guance e scese a fatica dal letto. Non voleva dar loro questa soddisfazione. Il suo corpo reagiva lento, dolorante. Quando toccò il pavimento freddo a piedi nudi si accorse di non essere più legato. Ma con il corpo in quelle condizioni, come poteva solo pensare di fuggire dalla sua cabina?

Si alzò, completamente tremante, e si appoggiò alla parete vicina. Non sarebbe mai riuscito ad arrivare al bagno in quelle condizioni. La pancia gli doleva per il marchio e per la fame. Fu sul punto di fare un altro passo quando udì la porta della cabina aprirsi e poi richiudersi.

L'ondata di panico che lo assalì al solo pensiero che fosse Leo lo fece scivolare sul pavimento. Si rannicchiò, le mani sulla testa, cercando di nascondersi il più possibile.

Sperando fosse possibile.

«Ehi, Nico!»

La voce allegra di Jason lo fece sussultare. Almeno non era Leo, pronto a marchiarlo ancora. Provò a sollevarsi, ma il suo corpo non gli obbediva più.

Jason arrivò nella stanza, aggrottando la fronte non vedendolo sul letto. Prima di mettersi a cercarlo in altre stanze, riuscì a trovarlo contro l'angolo tra il letto e il muro.

«Ehi, sei caduto?» domandò Jason, sedendosi ai piedi del letto e guardandolo divertito.

Nico si sforzò di ignorarlo. Il suo corpo era stanchissimo, aveva male ovunque e la pelle bruciava. Sentiva così male che era in procinto di svenire.

Jason gli lanciò un piccolo calcio sul braccio, e Nico sussultò. Da qualche parte, si era risvegliato del dolore.

«Mi piace il tuo tatuaggio.» sorrise Jason, osservando il marchio di Leo. «Renderà tutto molto più divertente.»

Nico stropicciò gli occhi. Non ce l'avrebbe mai fatta a restare sveglio. Be', forse meglio così. Se Jason intendeva usare il suo corpo, forse era meglio non assistere.

Jason si alzò e lo afferrò per il braccio, spingendolo sul letto. Nico si lasciò andare ad un lieve gemito di dolore, ma non riusciva a muoversi.

Si sentiva stranamente leggero. Sospeso sul letto, non appoggiato sopra. Si sentiva così strano...

Il dolore alla guancia lo risvegliò. Jason troneggiava sopra di lui, gli occhiali sulla punta del naso.

«Ti sei svegliato, bell'addormentato?» domandò freddo.

La testa di Nico stava per esplodere. Socchiuse gli occhi, dolorante, e desiderò soltanto stendersi a pancia in giù e dormire. Percy, Jason e Leo avrebbero potuto fare quello che volevano con il suo corpo. A patto che non lo svegliassero.

Un altro schiaffo risuonò nella stanza e Nico riaprì gli occhi, sgranandoli e guardando verso Jason.

«Continuerò a schiaffeggiarti fino a quando non sarai sveglio.» disse Jason. Nico lo guardo allontanarsi verso il bagno e, mordendosi il labbro con forza, si mise seduto.

Il giramento di testa non lo colse impreparato. Si aggrappò alle lenzuola, digrignando i denti. Il marchio di Leo non faceva più molto male.

Jason tornò dal bagno e si avvicinò a lui. Nico alzò gli occhi sul suo volto. E dire che Jason gli era sembrato l'unico con il quale poter stringere amicizia...

«Ti ho preparato un bagno caldo.» lo avvertì, e Nico sgranò gli occhi. «Immagino che i nostri amici non ci abbiano pensato.»

«Non sono miei amici.»

Questa frase colpì Nico dritto al petto, ed era stato lui a pronunciarla. Ma era vero. Non poteva considerarsi amico di qualcuno che gli aveva fatto quelle cose.

Jason fece spallucce. «Come preferisci. Riesci ad alzarti in piedi?»

Nico ci provò. Le ginocchia erano deboli, ma prima di cadere Jason gli passò un braccio attorno alla vita, accompagnandolo passo dopo passo fino al bagno. Nico notò i rivoli di vapore lasciare l'acqua. Doveva essere bella calda.

Jason lo aiutò ad entrarvi, e per qualche minuto Nico si godette quella sensazione di calore irradiato su tutto il corpo. Non aveva la forza di togliersi lo sporco dalla pelle, ma a questo pensò Jason. Prese la spugna e iniziò ad accarezzargli gentilmente il corpo.

Nico chiuse gli occhi.

«Sei incredibilmente sexy, Nico di Angelo.» gli sussurrò Jason all'orecchio, mentre la spugna gli veniva passata sul petto. «Soprattutto con questo aspetto trasandato, e rassegnato.»

Nico rimase in silenzio.

«Hai capito che ogni tua forma di ribellione non farà che causarti altro male?»

Nico non rispose.

Jason passò la spugna sulla V, e il corpo di Nico sussultò per il dolore.

«Dov'è Will?» domandò, trattenendo un gemito.

«In un posto.» rispose Jason, evasivo, mentre la spugna continuava a provocargli dolore sul marchio.

«Un posto dove?»

«Non ti dirò dov'è il figlio di Apollo.»

Nico annuì. «Sta bene?» chiese, mentre la mano di Jason si muoveva sulle sue gambe e si fermava sul sesso.

«Abbastanza bene. C'è Leo con lui, ora.»

Nico richiuse gli occhi. Leo... Se il figlio di Efesto avesse osato lasciare un segno sul corpo di Will... Nico strinse i pugni e riaprì gli occhi.

Jason continuò a lavarlo per altri dieci minuti, e l'acqua divenne ormai fredda. Nico fu tentato molte volte di alzarsi e lasciare la vasca, ma Jason non sembrava intenzionato a farlo alzare tanto presto. Gli insaponò i capelli, gli massaggiò le spalle, poi lo lasciò solo mentre prendeva un asciugamano per asciugarlo.

Nico lo lasciò fare.

«Ti sei comportato veramente male con Leo, prima.» continuò Jason, asciugandogli i capelli. «E Leo... Be', a volte sa essere piuttosto vendicativo, come ben sai.»

Nico annuì lentamente, mentre il marchio gli ricordava della sua presenza con una scarica di dolore, che servì a rendergli lucida la mente.

Si sentì svenire.

«Sta... sta facendo del male a Will?» sussurrò Nico, sgranando gli occhi, sentendosi immediatamente in colpa per quanto avesse fatto a Leo.

«Può darsi. Mentre mi allontanavo dalla cabina, ho sentito Will urlare, e non di certo di piacere.»

Nico si portò le mani allo stomaco, nauseato. Will... Il suo Will...

Jason finì di asciugarlo, poi si mise a guardarlo dritto negli occhi.

«Se tu fai il bravo con me, con Percy e naturalmente con Leo, Will sarà salvo.» gli disse.

«Avreste... dovuto... dirmelo prima.» sussurrò Nico, chiudendo i pugni con uno spasmo di rabbia.

Jason sorrise. «Ma non ci sarebbe stato divertimento, in questo caso.»

Nico si trattenne dal tirargli un cazzotto in faccia. Ma a frenarlo non fu solo il pensiero di Will che veniva picchiato - o peggio - per ogni torto che faceva a loro, ma anche perché ancora non riusciva a reggersi bene in piedi. E non voleva ricadergli addosso, com'era successo con Leo.

«Su, andiamo di là.» Jason lo prese sottobraccio e lo guidò di nuovo in camera. Lo fece sedere sul letto e gli lanciò dei vestiti puliti.

Nico iniziò a vestirsi. Gli arti gli dolevano da morire, ma non emise un solo suono di sofferenza. Si morse il labbro fino a farlo sanguinare, e alla fine alzò gli occhi su Jason, che lo fissava in silenzio, le labbra dischiuse, divertito.

Per qualche minuto si fissarono, poi Jason gli indicò il bagno. «Va a pulirti la faccia.» gli disse.

Nico annuì, e si alzò zoppicando. La testa gli girava, ma affondò le unghie nei palmi e riuscì a resistere. Si lavò il volto, cancellando le tracce di sangue sul labbro, e quando si voltò trovò Jason dietro di lui.

Nico arretrò di un passo, scontrandosi con il lavandino.

«Andiamo in mensa, ora.» gli disse Jason, prendendogli la mano. «Devi mangiare qualcosa.»

Nico annuì e chiese: «Will mangia, invece?»

«Non preoccuparti di Will.»

«Mi hai detto che su Will ricadono tutte le cose che faccio su di voi. Quindi Will mi interressa. Voglio sapere come sta. Voglio sapere cosa gli sta facendo Leo, o cosa gli ha fatto. Voglio sapere dove lo state tenendo. Voglio...»

Jason gli bloccò il volto tra le dita e lo baciò. Nico sussultò per la sorpresa, ma doveva aspettarselo. Ricambiò il bacio, non molto convinto.

Jason si separò da lui, studiandolo bene in volto. Cercò qualcosa nei suoi occhi, e alla fine sorrise.

«Ora pranzo. E smettila di dire "voglio".»
 



Ciao a tutti!
Volevo solo informarvi che le vostre domande riceveranno risposte nei prossimi capitoli.
Continuo a pubblicare tutte le domeniche.
Un bacio a tutti, grazie per leggere la mia storia.
Debby

 

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Capitolo 8
*** 08. Jasico ***


Nico e Jason uscirono dalla cabina di Ade diretti alla mensa. Nico tenne le orecchie tese, in allerta, pronto a cogliere il suono della voce di Will. Sarebbe corso da lui, e lo avrebbe liberato, e...

Le parole di Jason di poco prima gli risuonarono nella mente. «Mentre mi allontanavo dalla cabina». Will era in una cabina.

Nico passò lo sguardo su tutte le cabine, mentre il suo cervello lavorava velocemente. I figli dei Tre Pezzi Grossi - Zeus, Ade e Poseidone - avevano solo un figlio ciascuno lì al campo. Le loro cabine erano vuote, ed erano dei posti perfetti per nascondere qualcuno oppure per torturarlo, o imprigionarlo. Nico era chiuso nella sua stessa cabina, ad esempio. Will doveva essere in quella di Zeus o di Poseidone.

Era impensabile immaginarlo nella cabina di Era - la dea non aveva figli semidei, e di sicuro si sarebbe offesa nel sapere che nella sua cabina vuota veniva torturata gente - e di Artemide - la dea aveva fatto voto di castità, e le uniche a dormire nella sua cabina erano le Cacciatrici in visita al Campo.

Quindi solo le cabine dei Tre Pezzi Grossi rimanevano sulla lista.

Una volta arrivato in mensa, nella sua testa risuonò un campanellino di allarme. Si guardò attorno, scrutando i vari tavoli e infine quello dove di solito sedevano Chirone e il signor D.

Nico sentì un brivido attraversargli la schiena, e le mani iniziarono a tremargli.

«Ciao Nico.» sorrise Percy, seduto al tavolo di Zeus, aspettandoli. «Ce ne avete messo di tempo, eh?»

«Gli ho fatto fare il bagno.» sorrise Jason, spingendo Nico a sedersi. «Era piuttosto sporco.»

«Immagino.»

Nico si sedette a fatica. Il suo corpo gli lanciò un grido di protesta, subito seguito dal ruggito nel suo cervello che gli diceva di lanciar le lattine di Coca-Cola sulle loro facce e scappare più lontano possibile da quel posto.

«Sei bianco come un cadavere.» notò Percy, allungandogli un piatto di patatine fritte. «Su, mangia.»

Nico annuì, prendendo una delle patatine con dita sempre più tremanti. La morsa allo stomaco si fece più forte, e prima di addentare la patatina le parole gli sfuggirono dalle labbra.

«Dove sono finiti tutti?»

 

C'era un silenzio irreale sul Campo Mezzosangue.

Mai, nemmeno prima di una battaglia, si era creato quel silenzio. Non c'era nessuno ad allenarsi, nessuno sulla spiaggia, nessuno in mensa. Era ora di pranzo, e a parte loro tre, seduti al tavolo di Zeus, non c'era nessuno riunito a mangiare.

Hanno ucciso tutti?, pensò Nico, il cuore che batteva all'impazzata. Non è rimasto più nessuno a parte noi?

Si sentì assalire dal panico mentre guardava Jason e Percy mangiare, ridendo e rubandosi le patatine dal piatto. Quando Percy addentò il suo panino blu, Nico si chiese se avessero veramente fatto una strage.

Né Jason né Percy furono interessati a rispondergli, e Nico aveva troppa fame per insistere. Iniziò a mangiare una patatina alla volta, deglutendo e aspettando sempre qualche secondo prima di ingurgitarne una seconda. La fame si era accesa appena iniziato a mangiare, e ora gli bruciava tutto lo stomaco nell'attesa che continuasse.

Divorò le patatine in meno di cinque minuti, nonostante la manciata di secondi di attesa. Bevve un lungo sorso di Coca-Cola. Lo stomaco iniziò a ribollirgli, e Nico cercò qualcos'altro da mangiare.

Sia Jason che Percy, in contemporanea, con lo stesso gesto, spinsero i loro piatti ricoperti di patatine verso di lui.

«Non le mangiate?» domandò Nico, perplesso, prendendone una.

«Abbiamo già mangiato i burger.» disse Percy, scrollando le spalle.

«Ed è meglio che tu butti giù qualcosa, e le patatine a quanto pare ti piacciono.» sorrise Jason.

Nico li guardò un po' perplesso, ma non resistette alla tentazione. Riprese a riempirsi la bocca di patatine, mentre lentamente la sua fame si placava.

Quando ebbe finito tutto il piatto di Jason, alzò gli occhi su loro due per ripetere la domanda - «Dove sono tutti quanti?» - ma la voce gli morì in gola.

Percy e Jason stavano pomiciando di fronte a lui, dall'altra parte del tavolo.

Nico restò a bocca aperta a guardarli. Jason e Percy, entrambi ad occhi chiusi, si baciavano con intensità. Le dita di Jason erano infilate tra i capelli corvini di Percy, mentre le dita di Percy erano ferme sulla T-shirt di Jason. Sembravano stringerlo e spingerlo più contro di lui.

Nico abbassò lo sguardo, mentre le guance gli si imporporavano. Ma... Piper e Annabeth? Cosa sapevano di quella relazione? E dov'erano finite? L'ultima volta che le aveva viste - due giorni prima? Da quanto tempo si trovava chiuso nella sua cabina? - le aveva viste con i loro rispettivi fidanzati, intente a chiacchierare allegramente. Non sembrava ci fosse nulla di strano.

Ma allora...

Nico riprese a mangiare, lanciando varie occhiate ai due. Da come si tenevano stretti, Nico temette che da un momento all'altro potessero farlo lì, sul tavolo dedicato ai figli di Zeus, con lui come unico spettatore.

Sorseggiò un po' di Coca-Cola roteando gli occhi da una parte all'altra. Se lo avessero fatto davvero, lui avrebbe avuto tutto il tempo per cercare Will, e fuggire con lui...

«Hai finito?»

Nico sussultò e alzò lo sguardo su Jason, che lo stava osservando. Percy gli stava dando dei piccoli baci sul collo.

«Sì.» annuì Nico, cercando di non guardare Percy.

Il figlio di Poseidone sorrise e si voltò verso di lui. «Io e Jason siamo amanti.» gli disse.

Nico alzò le mani. «Affari vostri.» disse. «Dov'è Will? Voglio vederlo.»

Jason si allungò sul tavolo e gli tirò un ceffone. Nico quasi perse l'equilibrio.

«Non puoi dire quella parola, voglio.» disse Jason, con un sorriso, e Nico pensò che fosse molto più spaventoso di Leo. «Te l'ho spiegato in cabina.»

Percy ridacchiò davanti all'occhiata di Nico, e si alzò in piedi.

«Vado a dare il cambio a Leo.» disse. «Sempre che ci sia qualcosa a cui far da guardia. Prima ho sentito le urla strepitose del figlio di Apollo.»

Nico si morse il labbro. Will... Per qualche secondo un'immagine di Will morto tra le sue braccia gli balenò nella mente, ma scosse la testa, cacciandola. Si sentì gli occhi umidi, e chiuse le mani a pugno, sentendo il suo potere bruciarlo da dentro.

Ma prima che un filo di tenebra gli lasciasse il palmo, i suoi poteri furono risucchiati da qualcosa di forte, e Nico lanciò un grido scivolando all'indietro, svenuto.

 

Quando riprese i sensi, scoprì di essere nella sua cabina, steso sul letto, nudo. Nico fissò il soffitto, sentendo la testa girargli, e quando provò a mettersi seduto scoprì di avere i polsi di nuovo bloccati.

«Ben svegliato.» gli disse la voce di Jason proveniente dalla poltrona. Nico cercò di farlo comparire nel suo campo visivo senza successo.

«Io...» Nico scoprì di avere la bocca impastata. Provò a far uscire altre tenebre dal suo corpo, ma la sua magia dell'Oltretomba lo aveva abbandonato.

Jason andò a sedersi di fronte a lui, studiandolo bene in viso. Poi si chinò e lo baciò.

Nico non cercò nemmeno di ricambiare. Si lasciò baciare, mentre il suo cervello lavorava in fretta. Dov'era finita la sua magia? Perché non riusciva a richiamarla? Dove...

Jason gli mordicchiò il labbro, e si mise a cavalcioni su di lui. Nico alzò lo sguardo sul suo volto.

«Non provare a cercare la tua magia. È inutile.» gli disse.

«Dov'è finita?» mormorò Nico, mentre Jason gli passava le dita sul petto e lo accarezzava fino in basso.

«Non posso saperlo. Deve avertela tolta qualche dio. Forse tuo padre.»

«Mio padre non farebbe mai una cosa del genere.»

«Qualcuno invece lo ha fatto.»

Jason si chinò su di lui e riprese a baciarlo. Nico si ritrovò a ricambiare suo malgrado, cercando di pensare solo a Will.

Chissà cosa gli aveva fatto Leo...

Jason si affrettò a spogliarsi. A differenza di Leo, che inizialmente era andato piano con lui, Jason non ne sembrava affatto intenzionato. Nico urlò di dolore quando Jason lo penetrò con una spinta, senza prima prepararlo. Inarcò il corpo per il dolore, sentendo gli occhi lacrimare e il sangue scivolargli giù lungo il mento.

«Non fare tante storie, lo so che ti piace.» disse Jason, allargandogli di più le gambe ed entrando più a fondo.

Nico desiderò che si avvicinasse per morderlo. La spalla, il collo, o addirittura la lingua. Mentre quel dolore gli faceva andare a fuoco il corpo, Nico non pensò alle conseguenze che avrebbe ricevuto Will. Voleva solo vendicarsi, voleva far soffrire Jason, e Leo, e Percy...

Quando il suo corpo si abituò alla presenza violenta di Jason, Nico si morse la lingua e cercò di non pensare a cosa gli stesse succedendo. Il dolore, di nuovo, gli aveva schiarito la mente. Non valeva la pena che sulla pelle abbronzata di Will comparisse un livido, o una bruciatura, per qualche istante di vendetta.

Nico giurò sullo Stige che li avrebbe uccisi.

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Capitolo 9
*** 09. Nico ***


Nico tenne gli occhi puntati sul soffitto. Non riusciva realmente a vederlo. I suoi occhi erano sommersi dalle lacrime, che continuavano a sgorgare, lasciando tracce salmastre sulle sue guance.

Il dolore che rimbombava nei suoi arti era troppo forte, così forte che la sua mente si era fatta pesante. Aveva iniziato a pensare ai pomeriggi trascorsi con Will prima che questi gli confessasse il suo amore nei suoi confronti.

Se solo se ne fosse andato negli Inferi dopo la battaglia contro Gea, al posto di rimanere lì al Campo, in quel momento non si sarebbe trovato legato al suo stesso letto, le gambe divaricate e il dolore che lo assaliva ad ondate lente, fitte che lo lasciavano senza respiro.

Con il minimo movimento di bacino, Nico si ritrovò a mordersi forte il labbro. Era tutto indolenzito... Per non parlare dei polsi. Era legato con delle manette. Impossibili da togliere, almeno di non possedere la chiave. E chissà quale dei ragazzi aveva la chiave con sé.

Nico chiuse gli occhi, cercando di scacciare le lacrime. Doveva smetterla di piangersi addosso. Aveva altre cose a cui pensare.

Tralasciando Will, tenuto chissà dove, Nico si era imbattuto in altri problemi.

Primo di tutto... dov'erano scomparsi i suoi poteri? Quale dio glieli aveva tolti nel momento stesso in cui li stava utilizzando? Cercò una risposta a questa domanda, ma per quanto si lambicasse, non riuscì a trovarla. La sua mente iniziò a popolarsi di immagini degli Dei seduti sui loro troni nell'Olimpo, in tutta la loro maestosità.

Secondo problema... Dov'erano finiti tutti i semidei presenti al campo? Almeno un centinaio dovevano essere presenti, tra tutte le cabine. Quella di Ermes era la più numerosa in assoluto, ma anche Apollo non scherzava. Per non parlare di Afrodite.

Nico lasciò perdere il conteggio delle cabine. Al Campo erano presenti tanti semidei. D'accordo, era periodo di festa, ma tutti i genitori umani non potevano aver chiesto ai loro figli semidei di tornare a casa. C'era qualcosa di assolutamente anormale in quell'assenza collettiva. Doveva indagare... Ma come?

Mosse le mani e le manette tintinnarono. Non poteva fidarsi di nessuno dei tre. Non poteva chiedere loro dove fossero gli altri semidei. Non poteva essere sicuro che loro rispondessero sinceramente. Non dopo quanto fatto a Leo.

Nico abbassò lo sguardo sulla V sulla sua pancia. Era orribile. Era rossa, e spiccava in modo osceno sulla sua pelle bianca.

Nico sospirò.

Chirone e il signor D non potevano lasciare il Campo così, senza preavviso. Dov'erano finiti anche loro? Doveva cercarli, e chiedere il loro aiuto. Ma se fino ad ora erano rimasti lontano da lui, significava che c'era qualcosa sotto.

Cosa stava succedendo al Campo Mezzosangue?

 

Nico si assopì durante le sue riflessioni. Quando si svegliò, era ancora da solo, ma qualcuno gli aveva tolto le manette ai polsi e gli aveva gettato addosso una coperta.

Nico si strinse attorno ad essa, sospirando. L'odore di Will ormai era scomparso da tempo dalla camera, ma il suo cervello scombussolato lo aiutò. Pensò di udire la sua voce e il suo odore, e sorrise nel vedere il suo volto stampato nella sua testa. Ricordava ogni dettaglio, le lentiggini, la sua abbronzatura perfetta diversa in alcune zone.

Ricordava tutta la sua luce.

Nico lasciò andare la coperta e scese dal letto. Anche se il corpo riprese a dolergli, riusciva a stare in piedi. Andò in bagno a fare una doccia veloce, e cercò qualche pomata per far passare i lividi. Trovò un flacone di antidolorifici... Senza pensarci, ne inghiottì tre con un sorso d'acqua, e si infilò addosso dei vestiti.

Nico si fermò, in allerta. C'era qualcosa che non andava.

Tornò in bagno, e si guardò attorno. Poi comprese.

Lo avevano lasciato solo, e libero.

Il cuore di Nico gli saltò in gola. Poteva fuggire, cercare Will, liberarlo, scappare via con lui.

Non tornare più indietro.

Nico afferrò il ferro dello Stige. Qualcuno lo aveva appoggiato contro il muro. Si avvicinò ad una finestra e l'aprì. O meglio, ci provò. La finestra si aprì di qualche centimetro verso l'esterno, abbastanza per far entrare aria e luce. Ma qualcosa la bloccava. Nico la richiuse e ci riprovò, finché non decise di esporsi sul davanzale.

Restò di stucco, ma una parte di lui aveva iniziato a sospettarlo. Qualcuno gli aveva messo le sbarre alla finestra.

Senza un briciolo di speranza, ma con il cuore a mille, Nico andò ad aprire tutte e sei le altre finestre, senza successo. Provò anche con la porta, ma quella era chiusa a chiave da fuori, non si vedevano chiavi da nessuna parte. Impugnò il ferro dello Stige e cercò di distruggere la porta, e dopo i primi colpi si rese conto che era stata rivestita di qualcosa. Nico la tastò, sentendo un brivido sul corpo. Doveva esserci lo zampino di Leo.

Nico andò a sedersi abbattuto sul suo letto. Gli veniva voglia di urlare,e posando il ferro al suo fianco si lasciò scappare un urlo. Afferrò le cose più vicine - una vecchia lampada, una scarpa, un paio di jeans sporchi - e le scagliò contro la porta, poi andò a chiudersi nel bagno con il ferro dello Stige. Il prossimo che sarebbe andato da lui avrebbe avuto una brutta sorpresa.

 

Nico era seduto sul bordo della vasca, in attesa. Il ferro dello Stige era sfoderato, la porta del bagno chiusa a chiave, gli occhi puntati sul pomello della porta. Li avrebbe uccisi. Il primo che fosse entrato, lo avrebbe ucciso, lo avrebbe fatto a pezzi. Aveva gli occhi iniettati di sangue.

Si ritrovò a sperare che fosse Leo.

Mentre aspettava Leo, Nico iniziò ad immaginare i vari modi in cui lo avrebbe ucciso. Non vedeva l'ora di tagliargli la testa... anche se per prima cosa gli avrebbe tagliato le dita, poi la mano inservibile. Lo avrebbe lasciato a dissanguare per qualche minuto, poi si sarebbe avventato sul resto di lui. Prima della benedizione della morte, Leo avrebbe sofferto come un cane.

Percy. Era stato il primo, quello che aveva dato inizio a quella fantastica settimana "stupriamo Nico di Angelo". Avrebbe sofferto più di Leo, e la sua sarebbe stata una morte ancora più dolorosa.

La morte di Jason sarebbe stata veloce. Un taglio preciso al collo. Nonostante lo avesse violentato con estrema bruttezza, lo aveva aiutato a farsi il bagno.

Nico sorrise tra sé. Quella settimana dedicata al suo stupro si sarebbe trasformato in una "giornata di sangue alla ricerca di coloro che hanno stuprato allegramente di Angelo". Forse il nome era troppo lungo, doveva trovare qualcosa di più adatto.

 

La testa di Nico cominciò a pulsare dopo qualche minuto. La vista gli si appannò, e lasciò cadere la spada. Il conato di vomito che seguì lo portò davanti al lavandino, ma quando aprì bocca non uscì niente.

Il suo corpo fu scosso da forti brividi, e si ritrovò in ginocchio a terra dopo un battito di ciglia, con un nuovo dolore alla fronte dove aveva colpito il lavandino.

Nico iniziò ad ansimare. I polmoni gli bruciavano mentre annaspava alla ricerca di aria. Tirò un pugno sul pavimento mentre arcuava la schiena sforzandosi di gridare.

Il pulsare alle tempie crebbe. Gli arti cominciarono a lanciare ondate di dolore frequenti, e Nico si afferrò lo stomaco, sperando che quel dolore passasse in fretta. Quando finalmente riuscì a spalancare la bocca ed urlare, il dolore cominciò ad attanagliarsi.

Per un secondo si chiese se non fosse incinto... Ma il pensiero venne eliminato dalla sua testa febbricitante, e l'ultima cosa che gli balenò nella mente prima di svenire fu: Will mi prenderà a calci se sapesse che ho pensato ad una eventualità del genere.

 

Quando riprese i sensi, Nico si ritrovò steso sul suo letto. Il corpo aveva smesso del tutto di dolergli, e si chiese cosa fosse quello strano bruciore allo stomaco. Quando abbassò lo sguardo e vide la V incisa a fuoco sulla sua pelle, non reagì. Lo trovò solamente strano.

«Ehi, Nico.»

Nico sussultò e alzò gli occhi. La camera era sommersa nel buio, ma vide il bagliore di una candela. Quando la fiamma si accese completamente, scoprì che proveniva da Leo Valdez, comodamente seduto su una poltrona. Il ghignetto da folletto sul volto di Leo gli fece inarcare un sopracciglio.

«Ciao, fiammifero.» salutò Nico con naturalezza.

Leo lo sondò con lo sguardo, annuendo, poi altre due figure emersero dalle tenebre.

«Percy, Jason.» disse Nico, un po' sorpreso che si trovassero tutti e tre nella sua cabina. «Che fate qui?»

I tre ragazzi si lanciarono un'occhiata. «Ha funzionato davvero.» mormorò Jason, sorpreso.

«Cosa?» chiese Nico, lanciando un'occhiata al suo corpo. Pensava di essere nudo, ma invece indossava un vecchio pantalone nero.

«Nulla.» Jason e Percy si sedettero ai piedi del letto, mentre Leo si avvicinava guardingo con la fiamma aperta sulla mano. Illuminava tutta la stanza.

«Come siete entrati?» si incuriosì Nico, appoggiando la schiena al muro e guardandoli curioso.

«Dalla porta.» rispose Leo, con il tono più naturale possibile.

Nico scoppiò a ridere.

«Ehi... Che ne sai di Solace?» domandò Percy, studiandolo in volto.

A fatica Nico smise di ridere e lo guardò. «Solace?» ripeté, perplesso. «Non è il figlio di Apollo a capo dell'infermeria?»

Percy sorrise. «Sì, è lui.»

«Gli è successo qualcosa?»

Leo sorrise tra sé mentre Jason rispondeva: «Nulla di cui tu debba preoccuparti.»

Nico annuì, chiedendosi cosa gli stessero nascondendo.

In qualche modo, i tre ragazzi erano riusciti a fargli dimenticare di Will. Ma questo Nico non poteva saperlo.

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Capitolo 10
*** 10. Will ***


Nico si addormentò prima di lui. Will lo osservò, sorridendo alla chiara luce della luna che gli illuminava i capelli corvini. Quel tocco argenteo lo rendeva ancora più meraviglioso ai suoi occhi.
Will si allungò su Nico e gli posò un dolce bacio sulle labbra. 
Dei. Era così fortunato ad averlo con lui. Ricordò il modo in cui il figlio di Ade era arrossito nel chiedergli di restare a dormire. Se fosse stato per lui, si sarebbe anche trasferito in quella cabina.
Lo baciò una seconda volta, poi tornò a posarsi nella sua parte di letto, continuando a guardare Nico. Si sentì in grado di scrivere una dozzina di poesie su Nico di Angelo, sebbene non avesse granché simpatia di quel dono del padre divino.
Will si addormentò con un sorriso sulle labbra.

La porta della cabina si spalancò, sbattendo forte contro il muro. Will si svegliò con un sussulto, e guardò Nico, che ancora dormiva della grossa al suo fianco.  
«Chi..?» balbettò, voltandosi a guardare. Si sentì afferrare per il collo, e venne spinto giù dal letto.
«Come hai osato toccare di Angelo?» tuonò una voce, e Will notò un lampo di fuoco alle spalle della figura. Si sentì circondato da persone che conosceva, ma celavano il proprio volto.
Will fu sul punto di parlare quando un pugno calò su di lui. Lanciò un grido di sorpresa e dolore, e il suo unico pensiero lucido fu: Non toccate Nico.
Sentì delle mani addosso, e si sentì stringere i polsi.
«Hai superato il limite, Solace. Ora tu vieni con noi.» gli disse il semidio dagli occhi azzurri che lo teneva stretto.
Will lo riconobbe non appena ne incrociò lo sguardo. Jason Grace.
«No! Lasciatemi stare!» urlò Will, provando a tirare un calcio a Jason. Il figlio di Giove non si lasciò scomporre. Gli diede una piccola scarica di energia elettrica, e Will rimase senza fiato mentre il biondo cominciava a legargli i polsi con della corda.
Impiegò una manciata di secondi a riprendersi dallo stordimento, e riprese a muoversi. Alzò lo sguardo disperato, e vide Nico seduto sul letto. Non riusciva a vedergli bene il volto, ma riuscì ad incrociare i suoi occhi.
Amore, scappa.
Ma lui era figlio di Ade. Non poteva scappare davanti al pericolo, nemmeno da nudo.
«Cosa sta succedendo qui?» urlò Nico, scendendo dal letto e afferrando il ferro dello Stige, la sua spada nera. «Lasciatelo subito stare!»
«Stai zitto, di Angelo!» gridò un’altra voce, e Will la riconobbe subito come quella di Percy Jackson. «Stiamo portando via questo maledetto bastardo.»
«Bastardo? Lui non è un bastardo.»
Will guardò paralizzato Nico che si lanciava addosso a Percy con il ferro sfoderato. Ma Nico inciampò e cadde a terra. Will sentì la preoccupazione salire alle stelle, e fu sul punto di gettarsi su Nico per difenderlo quando Jason gli tirò un calcio poco sopra l’inguine.
«Leo, lega Nico.» disse Percy, e Will, dolorante, lo vide calciare via il Ferro dello Stige. «Jason, porta via Solace.»
Se i testicoli non gli avessero fatto così male, Will avrebbe iniziato ad urlare e scalciare. Jason lo afferrò per il braccio e lo trascinò fuori dalla cabina, e Will perse i sensi dal dolore.

Quando Will si riprese, scoprì che era giorno. La luce del sole gli scaldava la pelle, e Will si chiese se fosse suo padre, desideroso di dargli un briciolo di speranza.
Aprì gli occhi lentamente, e impiegò un minuto a rendersi conto di dove si trovasse. La statua di Zeus era stata coperta con un lenzuolo.
«Ehi.» balbettò Will con voce impastata, cercando di muoversi. Aveva il corpo tutto indolenzito, e vide un livido sul braccio, poco più su delle corde che ancora gli tenevano i polsi legati. «C’è… C’è qualcuno?»
Si mise seduto con un rantolo di dolore. Alzarsi in piedi avrebbe richiesto una forza che sapeva di non possedere. Era scalzo, senza pantaloni, e del tutto nudo. Afferrò il lenzuolo del letto e con fatica se lo tirò addosso. Lo tenne stretto alla vita mentre si alzava in piedi.
Will sospirò di sollievo notando quanto stesse bene. Si era immaginato di peggio, dolori alla testa per primo. Iniziò a cercare dei vestiti, ma nella cabina di Jason non c’era nulla. Provò nella stanza successiva, sperando almeno in un vestito di Thalia, ma niente. 
Si diresse alla porta. Poteva arrivarci benissimo alla cabina di Apollo così, con un lenzuolo trasparente addosso e le mani legate. Era a pochi centimetri dalla porta quando questa si spalancò. Will scivolò all’indietro per la sorpresa, e alzò lo sguardo su Jason, appoggiato alla porta spalancata, gli occhi divertiti dietro le lenti.
«Guarda un po’ chi si è svegliato.» disse, ghignando. «Il figlio di Apollo.»
«Il mio nome è Will.» disse il ragazzo a terra.
Jason rise. «Lo so bene come ti chiami, figlio di Apollo. Solo che il tuo nome, come tutto di te, mi fa schifo. Quindi, è meglio se te ne stai zitto per un po’.»
Fu sul punto di colpirlo ma Will rotolò di lato, perdendo la copertura del lenzuolo. Si alzò in piedi a fatica e si voltò, trovandosi faccia a faccia con Jason.
«Sei veloce.» notò Jason, leggermente ammirato.
«Dov’è Nico?» chiese Will, scrutando quegli occhi oltre le lenti.
«Nella sua cabina.» sorrise il figlio di Giove. «Vuoi andare a salutarlo?»
«Sì… e vorrei anche che tu mi levassi queste corde, e mi spiegassi cosa cazzo credete di fare.» Will si sentì fuori di sé mentre il suo tono autoritario tornava. «Non la passerete liscia. Chirone e il Signor D vi bandiranno dal Campo dopo quanto mi avete fatto. La pagherete cara. Ora liberami.»
Gli tese le mani. 
Jason le guardò per un lungo momento, mentre la furia di Will si placava leggermente. Non solo per colpa del freddo polare che entrava dalla porta ancora spalancata. Ma anche per via del manto di neve intatto sul viottolo. Jason non aveva…? Si rilassò. Jason volava, di sicuro aveva volato per arrivare da lui. Ma…
Perché non udiva i soliti schiamazzi del Campo? Perché non si vedevano semidei da nessuna parte? Perché non si sentivano i rumori dei petardi dei fratelli Stoll?
Will arretrò di un passo.
«Dove sono finiti tutti?» sussurrò, con le pupille ingigantite.
Jason gli dedicò un sorriso.
«Hanno fatto puf.» disse il figlio di Giove facendo un passo verso di lui, e Will arretrò fino a scontrarsi con il muro alle sue spalle. «Sono scomparsi tutti quanti, e siamo rimasti solo io, te, Leo, Percy. E Nico.» Jason allungò una mano sul suo volto e Will si sentì tremare. «Hanno fatto puf.»
«Perché…. Perché hanno fatto puf?» sussurrò Will, deglutendo a fatica, cercando di capirci qualcosa.
«Io non ne ho idea.» disse Jason, accarezzandogli la guancia. Le dita fredde del figlio di Giove gli misero i brividi. «So solo che hanno fatto puf…»
«Ma deve pur esserci una spiegazione. I semidei non possono fare puf e scomparire dal Campo!»
Jason esitò. Will notò un’ombra scura passare nelle pupille azzurre del figlio di Giove. Lo vide battere le palpebre e guardarlo perplesso… ma tutto durò un secondo. Il volto di Jason si ricompose, e la mano che gli teneva sulla guancia scese fino al collo, stringendolo.
«Ah!» esclamò Will, cercando di liberarsi di quella presa. Ma il biondo di fronte a lui sembrava del tutto intenzionato a strozzarlo.
«Jason!»
La voce di Leo fece voltare Jason, e Will tornò al letto, vicino alla statua di Giove. Con il cuore a mille guardò Leo Valdez entrare nella cabina. Aveva un aspetto diverso dal solito… qualcosa nello sguardo.
Leo lo fissò prima di voltarsi verso Jason.
«Non puoi ucciderlo, ci serve vivo.» gli ricordò.
Jason si sistemò gli occhiali. «È un rompipalle. L’ho trovato sul punto di scappare dalla cabina.»
Leo alzò un sopracciglio. «Nudo e legato?»
«I figli di Apollo non sono noti per il cervello.»
I due scoppiarono a ridere, e Will si sentì scuotere dalla rabbia. Come potevano prenderlo in giro? Lo avevano ridicolizzato, picchiato e malmenato. Come osavano prenderlo anche in giro?
Spinto da una forza che non sapeva di avere, Will corse verso di loro. Si avventò su Jason, spingendolo contro la porta e facendogli sbattere la testa. Fece lo sgambetto anche a Leo, tanto per andare sul sicuro, poi si mise a correre fuori.
A dieci metri di distanza dalla porta, l’adrenalina iniziò a scemare, e Will percepì il freddo di quella giornata di neve. I suoi piedi bruciavano per il gelo mentre affondava fino alle caviglie in quel vasto manto bianco rovinato solo dai passi leggeri di Leo.
Il freddo gli entrò nei polmoni e le ginocchia gli cedettero. Si ritrovò steso a faccia in giù, annaspando nella neve. Non sentiva più le dita dei piedi.
Qualcuno lo afferrò per le spalle. Mani calde e forti, ricoperte di calli dovute alle giornate in fucina. Will era troppo infreddolito per notare il ghigno divertito di Jason, o lo sguardo serio di Leo.
«Sì, non sono noti per il loro cervello.» mormorò il figlio di Efesto, e Will si abbandonò su di loro, infreddolito. 

Quando si svegliò, Will si ritrovò di nuovo nel letto di Jason. Sentiva tutte le dita dei piedi, ed era pervaso da un calore piacevole. Riconobbe i benefici del nettare, e probabilmente anche Leo vi aveva messo il suo zampino.
Provò a mettersi seduto, ma scoprì di avere le caviglie legate, oltre i polsi. Digrignò i denti per il dolore provocato dalle catene, e fece attenzione a ritirare le gambe.
Will si guardò attorno. La cabina di Zeus non era cambiata, era rimasta tale e uguale a prima.
A parte…
Will tenne lo sguardo sulle catene che pendevano dal soffitto. Si sentì attraversare da un’ondata di panico. Cosa volevano farci esattamente con quelle catene?
Fu tentato di scappare, ma non appena mise piede a terra – avrebbe capito dopo come fare a camminare – si aprì la porta della cabina. Jason entrò nella stanza e puntò lo sguardo su di lui.
«Ciao Will.» sorrise, chiudendo la porta alle spalle.
Will si lasciò scappare il primo vero gemito di paura.

Jason si avvicinò a Will e gli tirò un pugno in piena faccia. Will gemette di dolore mentre cercava di difendersi, ma Jason non gliene lasciò il tempo.
Semisvenuto da una botta alla testa, Jason lo fece scendere e lo legò alle catene che pendevano dal soffitto.
«Non farlo, per favore.» mormorò Will, mentre il sangue gli scendeva lungo il mento.
«Nico è molto più uomo di te. Lui non si lamenta di quello che glii abbiamo fatto. E chiede spesso di te.»
«Cosa gli state facendo?»
Will dimenticò il dolore agli arti, e al volto.
«Lo abbiamo stuprato.» sorrise Jason con naturalezza.
Will si sentì pietrificare. «Cosa?» balbettò.
«Be’, ha iniziato Percy, in realtà.» disse Jason, bonario, sempre sorridendo, finendo di legarlo. Poi si inginocchiò e gli legò le caviglie. Will non le aveva notate, le catene ai piedi. «Ma anch’io ho intenzione di divertirmi con Nico. Lo fanno tutti, no?»
«No…» sussurrò Will, e non gli riuscì difficile immaginare la scena. «Dovete lasciarlo stare, lui è mio, è una persona!»
«È una persona che piace a molti, e noi abbiamo deciso di dividerlo. Io, Percy e Leo.»
«No, no, lui è una persona, non potete trattarlo come un oggetto!»
Jason finì di legarlo e si tirò su. Will era sospeso a metà, legato per i polsi e per le caviglie. Se fosse riuscito a liberarsi le mani, si sarebbe trovato di fronte ad altre catene.
«Facciamo quello che vogliamo con lui.» disse Jason.
«Ma perché? Dei, è un ragazzo…»
«Intendi il tuo ragazzo?»
Will gli restituì l’occhiata. «Sì…»
Jason lo colpì forte allo stomaco.
«Lui non è il tuo ragazzo.» sibilò Jason. «Tu lo hai insudiciato con la tua presenza. Lui doveva restare puro, in attesa di me, Percy o Leo. Noi lo amiamo.»
«No, voi siete solo dei malati…»
Il secondo pugno lo colpì dritto alla mascella e Will gemette di dolore.
«Percy lo ha stuprato per primo.» mormorò Jason, passandogli un dito lungo la gola. «E Leo per secondo. Be’, in realtà quello di Leo non era un vero stupro. Il tuo ragazzo si è concesso a Leo con molta facilità. Non vedeva quasi l’ora di saltargli addosso.»
Will lo guardò dritto negli occhi. «Non ti credo.»
«Lo ha fatto.» Jason si portò una mano all’indietro e tirò fuori un pugnale. Will lo guardò inorridito. «Vorrei ucciderti, veramente, ma mi hanno chiesto di non farlo.»
Iniziò a tagliargli via la maglia.
«Chi te lo ha detto?» chiese Will, cercando di pensare a Nico. Era già stato stuprato due volte… costretto contro la sua volontà a fare sesso con altri ragazzi. Si sentiva furioso con loro… Ma non poteva fare nulla per evitarlo, non stando legato come un salame.
«Loro.» Jason gli strappò di dosso la maglia e fece lo stesso lavoro con i pantaloni. Will gridò quando venne tagliato lungo la coscia, ma a Jason non sembrò importare di avergli provocato dolore.
«Loro chi?» chiese Will, mentre il suo sangue gli scivolava lungo la gamba.
«Non ti deve interessare.» Jason posò le labbra sul suo sesso e Will rabbrividì guardandolo.
Jason gli passò la lingua sulla punta mentre gli sfiorava i testicoli. Will lo guardò, sentendo un forte ribrezzo assalirlo. L’unico ragazzo con il quale avesse fatto quelle cose era Nico. Da quando lo aveva incontrato, non aveva mai desiderato nessun altro.
Jason risalì con le labbra lungo tutto il petto, infilandogli la lingua in bocca e baciandolo con forza, mordendogli la lingua e il labbro già sanguinante. Will rimase immobile mentre Jason lo baciava, e si sorprese a pensare a Nico.
«Non fargli del male.» mormorò Will, mentre Jason si separava da lui e iniziava a toccarlo. «Fallo a me, ma tu non fargli del male.»
Jason sorrise in modo dolce. «Ti sacrificheresti per lui?»
Will non dovette nemmeno pensare alla risposta. «Sì.»
«Ma che carino.» ridacchiò Jason, afferrandogli saldamente il sesso e iniziando a muovere la mano. «Lo informerò.»
Will si morse il labbro e chiuse gli occhi. Il potere della mente lo sorprese. Con gli occhi chiusi, poteva pensare che fosse Nico a fargli quelle cose. Addirittura riusciva a sentire il suo odore.
Quando le labbra si avvicinarono di nuovo alle sue, Will ricambiò senza pensarci. Ignorò il fatto che la bocca estranea fosse diversa da quella del suo amato. Lo baciò, desiderando solo affondare le dita in quei capelli corvini, e stringere la sua vita sottile, accarezzare la sua pelle pallida…
La bocca si allontanò, e Will leccò il proprio sangue dal labbro. Aprì gli occhi, chiedendosi dove fosse scomparso Jason. Poi sentì il suo fiato sul collo.
«Tu hai avuto il piacere di essere il primo di Nico.» gli disse sulla pelle, e Will chiuse gli occhi. Il rumore della zip abbassata era inconfondibile. «Conoscendoti, sarai stato dolce, e carino, e disponibile a fermarti. Sei un figlio di Apollo, e sei anche il dottore del Campo.»
Will deglutì. Sentì il sesso di Jason sfiorarlo mentre le sue dita gli toccavano le natiche.
«Dolce, tenero, carino, pieno di rassicurazioni e, perché no?, gli avrai fatto un bell’incantesimo per il dolore. Ma sappi che tu non puoi fare nulla. La tua magia è stata annullata da Eros in persona.»
Will non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni perché con un colpo Jason entrò a forza dentro di lui. Il figlio di Apollo urlò di dolore mentre Jason lo mordeva sulla spalla e cercava di prendere un ritmo. Gli teneva le mani sui fianchi, cercando di tenerlo fermo.
«B-Basta…» balbettò Will, con gli occhi pieni di lacrime, mentre Jason affondava sempre più dentro di lui.
Jason gli premette le dita sui fianchi. «Poco fa hai detto che ti saresti lasciato fare ciò che volevo, se ti promettevo di non fare del male a Nico.» gli mormorò all’orecchio. «Te lo sei già dimenticato?»
Will strinse i denti. Sì, glielo aveva detto… Chinò la testa, e le lacrime scesero silenziose sul suo volto mentre Jason continuava a spingere.
«Sai cos’è divertente Will? Che io non ti ho promesso niente.»
La risata di Jason lo accompagnò per qualche minuto.
Will pregò gli Dei di farlo scivolare nell’oblio, di farlo svenire, ma non accadde. Gli Dei gli avevano voltato le spalle.

Jason era ancora dentro di lui quando la porta della cabina si spalancò.
«Ciao Leo.» sorrise Jason, posando una mano sulla testa di Will e spostandola con la forza di lato. «Sono impegnato.»
«Lo vedo.»
Leo si avvicinò a Will. Si guardarono per qualche secondo, poi Will chiuse di nuovo gli occhi, mordendosi con forza il labbro per evitare qualsiasi tipo di gemito. Poco dopo che il suo corpo si era abituato, lo aveva trovato piacevole. Non voleva dargli quella soddisfazione.
«Tra quanto finisci?» ringhiò Leo a Jason.
«Non mettermi fretta, mi sto divertendo.» ridacchiò Jason. «Vuoi venire qui anche tu?»
«Voglio pestarlo a sangue.»
Will gemette piano.
«Ah, capisco. Non ti è ancora passata per Nico. Be’, dammi qualche altro minuto…»

Quando Jason uscì dalla cabina diretto da Nico, Will sospirò lentamente di sollievo. Certo, il ragazzo di fuoco gli camminava davanti, ma era abbastanza sicuro che appena avesse cominciato a fargli cose, sarebbe svenuto. E del suo corpo privo di sensi poteva fare quello che voleva.
«Allora…» mormorò Will, sputando via del sangue. «Stuprare Nico. Che bell’idea eh?»
Leo lo fissò in silenzio per qualche minuto, poi lasciò che la sua mano prendesse fuoco e lo colpì all’addome.

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Capitolo 11
*** 11. Percico ***


«Dove sono tutti quelli del campo?» domandò Nico curioso, osservando Percy, mezzo nascosto dal suo gelato blu.

Percy gli lanciò un'occhiata divertita.

«Ti interessa davvero?» domandò, tranquillo.

Nico sorrise, scuotendo la testa. «In effetti no.»

Il figlio di Ade si rimise a mangiare il gelato, guardando il campo vuoto.

Era stata una strana giornata, quella. Dopo essersi svegliato in compagnia dei suoi amici, Jason e Leo erano usciti, dicendo di avere degli impegni. Percy era rimasto con lui, e si era offerto di accompagnarlo in mensa. Alla vista del cibo, a Nico era venuta la nausea, e mostrò interesse solo per il gelato che ora teneva in mano.

Nico mangiucchiò il cono, guardando il profilo di Percy. Aveva altre domande da porre, e sapeva che era arrivato il momento.

«Senti, Percy...» mormorò, e il figlio di Poseidone si fece attento. «Posso chiederti una cosa?»

«Tutto quello che vuoi.» sorrise Percy. Con gli altri aveva discusso su quello che bisognava dire a Nico.

«Quella V che ho sulla pancia... Come c'è finita?»

Percy lo guardò, gli occhi verdi divertiti. Quel verde mare fece battere forte il cuore del figlio di Ade.

«Tu e Leo eravate ubriachi.» spiegò Percy con naturalezza. «Avete fatto una scommessa su non so cosa, e Leo ti ha fatto quella specie di marchio.» Gli indica la pancia. «Tu ridevi e piangevi mentre te la faceva.»

Nico arrossì. «Piangevo?» farfugliò. «Io non piango.»

Percy rise di cuore, posandogli una mano fra i capelli. «Io, Leo e Jason non lo diremo a nessuno.» gli promise.

Nico si mordicchiò il labbro. «Non c'è nessuno qui con cui parlarne.» notò.

Percy scrollò le spalle. «Gli altri torneranno. Ci sono le feste umane da festeggiare, e saranno tutti con i loro genitori umani.»

Il figlio di Ade annuì distratto, osservando Jason e Leo fermi vicino alle cabine a confabulare. Era troppo distante per capire di cosa stessero parlando, e si voltò a guardare Percy.

«Altre domande?» chiese il figlio di Poseidone.

«Per il momento no.» disse Nico, curioso di Jason e Leo.

«Bene.»

Percy gli posò la mano sulla guancia e Nico si voltò. Percy lo baciò, dritto sulle labbra, e Nico si sentì attraversare da una scarica di adrenalina. Le guance gli ardevano, e il cuore perse un battito.

Nico si ritrovò a cambiare il bacio con urgenza. Le labbra di Percy erano così morbide, e il sapore del gelato blu lo rese euforico. Gli prese il volto tra le mani, e sentì Percy sorridere.

«Vacci piano, di Angelo.» disse Percy, scostandosi e parlandogli sulle labbra.

«Scusa.» mormorò Nico, mentre i suoi vecchi sentimenti per Percy Jackson tornavano con prepotenza ad offuscargli la mente. Era successo qualcosa che li aveva assottigliati, quasi cancellati. Ma non ricordava cosa. Se si sforzava, vedeva solamente della luce, e qualcosa di giallo.

Nico socchiuse gli occhi mentre il dolore gli esplodeva in testa. Una voce mai udita prima iniziò a sibilare: No, non devi ricordare.

«Cosa?» disse Nico, alzandosi in piedi con le gambe tremanti. «Cosa non devo ricordare?»

«Di cosa stai parlando?» Percy si alzò con lui, preoccupato. Nico si infilò le mani tra i capelli mentre quel globo di luce nella sua mente iniziava a perdere consistenza e scompariva.

Nico udì vagamente i passi di Jason e Leo che gli correvano incontro. Sentì la mano di Jason posarsi sul suo braccio, e non si scostò. Stava tremando.

«Tutto bene, Nico?» gli domandò Leo, e Nico riaprì gli occhi, mettendo a fuoco tre volti preoccupati, uno diverso dall'altro.

«Sì, io... Credo di avere mal di testa.» mormorò Nico, ma mentre parlava il dolore si fece sempre meno intenso, e infine scomparve del tutto. Batté le palpebre.

Leo lo stava fissando dritto negli occhi, mentre Jason e Percy si lanciavano occhiate.

«È passato ora.» sospirò Nico, passandosi una mano tra i capelli.

«Forse è stato il gelato.» disse Leo. «Lo hai mangiato troppo in fretta, e ti ha congelato il cervello. Ed è strano.»

«Perché strano?» Nico alzò un sopracciglio.

Leo sorrise angelico. «Non credevo avessi un cervello da congelare.»

Nico sbuffò forte, e gli tirò un pugno sulla spalla. Leo si allontanò ridacchiando, e Nico lo guardò dirigersi verso la cabina di Zeus. Strano, ma... con tutto quello che stava capitando al Campo, poteva anche chiudere un occhio.

«Nico?»

Il figlio di Ade si voltò verso Jason, che lo stava osservando con attenzione. «Cosa?»

«Stai meglio ora?»

«Ora sì.» Il dolore alla testa era solo più un lontano ricordo, come quel globo giallo.

«Se ti dovessi sentire male di nuovo, abbiamo un dottore qui al Campo.» disse Jason, fissandolo.

«Un dottore?» ripeté Nico, confuso.

«Grace.» sibilò Percy tra i denti. «Sei impazzito?»

I due si lanciarono un'altra occhiata penetrante, mentre Nico continuava a lanciare occhiate ad entrambi, piuttosto perplesso.

«Di che state parlando?» chiese Nico infine.

«Di nessuno.» disse Percy, passandogli un braccio attorno alla vita. «Ti va di andare un po' in spiaggia?»

«Non ho il costume dietro.» mormorò Nico in modo automatico.

«Non ci sarà nessuno in spiaggia, oltre noi.» sorrise Percy, e Nico annuì sorridendo a sua volta.

«Jason vieni con noi?» domandò Nico, appoggiandosi su Percy.

«Non mi piace molto la spiaggia. Divertitevi.» Jason fece loro un cenno con la mano e si avviò anche lui verso la sua cabina.

Nico lo seguì con lo sguardo mentre Percy lo portava in spiaggia.

 

La spiaggia completamente vuota gli fece venire la pelle d'oca. Non c'era nessuna figlia di Afrodite intenta a prendere il sole, o nessun figlio di Apollo a surfare tra le onde.

«Lo so.» disse Percy, sfilandosi la maglietta. Nico lasciò scorrere lo sguardo sugli addominali del figlio del mare. «So a cosa stai pensando.»

«E a cosa sto pensando?» chiese Nico, incrociando le braccia al petto e osservando quella pelle accarezzata dal sole, dagli addominali perfetti. Sul braccio destro spuntava il tatuaggio del Campo Giove.

«Stai pensando che non sai nuotare, e che hai paura dell'acqua.»

Nico guardò il mare, sebbene distogliere lo sguardo da quel corpo affascinante fosse molto difficile. Le onde si infrangevano sulla sabbia, e il mare luccicava sotto i raggi del sole.

«So nuotare.» disse Nico, sorpreso di sé stesso.

«Davvero?» Percy ne fu altrettanto sorpreso. «E chi ti ha insegnato?»

Nico aprì la bocca, ma non ne uscì alcun suono. «Annabeth.» disse infine, ma in cuor suo sapeva che non era vero. Ricordava dei capelli biondi, ma non erano di Annabeth.

«Mmh.» disse Percy, alzando le spalle, slacciandosi la cintura.

Nico distolse lo sguardo con le guance in fiamme. «E lei dov'è?» chiese Nico, fissando l'orizzonte.

«È con suo padre, e i fratellini.» disse Percy, scrollando le spalle, sorridendo del suo imbarazzo. «Puoi guardare, non mordo.»

Nico scosse la testa, senza voltarsi. Percy gli si avvicinò, posandogli la mano sui fianchi e facendolo voltare verso di sé. Nico tenne lo sguardo sollevato sul suo volto prima di abbassarlo su di lui, sul suo corpo.

«Toccami.» sussurrò Percy con voce roca, sollevandogli la maglia sul fianco e toccandogli la pelle. «Non spaventarti. Toccami.»

Nico sussultò a quel lieve contatto. «Percy.» disse a sua volta, sfiorandogli il petto con le dita. «Io...»

Percy rimase in silenzio in attesa della sua risposta. Nico alzò lo sguardo su di lui e gli sfiorò le labbra, l'espressione determinata.

«Io sono vergine.» disse infine Nico.

Percy si morse il labbro per non ridergli in faccia. «Ah.» rispose solamente.

«Non so se mi sento ancora pronto per andare così oltre.» continuò Nico, arrossendo di nuovo e abbassando lo sguardo.

«Se non provi, non saprai se sei pronto o meno.»

Nico annuì, e si fece coraggio. Gli passò le braccia attorno al collo, alzandosi sulle punte per poter baciare meglio Percy Jackson. Che ricambiò entusiasta quel dolce bacio.

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Capitolo 12
*** 12. Percico ***


Nico riemerse dall'acqua e si voltò alla ricerca di Percy. Sentiva scosse di piacere attraversargli la schiena, ed era sorprendente che potesse provare così tante emozioni per un'unica persona.

Non vedendo Percy sulla spiaggia, Nico strinse i pugni e si voltò. Percy doveva essere da quelle parti. Probabilmente lo stava guardando sotto l'acqua. Lui poteva respirarci, lì sotto.

Nico prese una boccata d'aria e si immerse di nuovo. Sforzò di tenere gli occhi aperti. Individuò Percy a cinquanta metri di distanza, che si avvicinava come se fosse uno squalo. Nico gli diede le spalle e iniziò a nuotare, anche se non sarebbe mai riuscito a battere un figlio di Poseidone nel suo regno.

Difatti, un minuto dopo, Nico sentì le mani di Percy sui fianchi. Si trattenne dall'urlare e riemerse il più in fretta possibile, scoprendosi a ridere.

«Okay, hai vinto, lasciamo ora.» disse Nico, ansimando, mentre Percy continuava a stringerlo.

«Potresti ancora scappare.» disse Percy, tenendolo con un braccio, un lieve sorriso sulle labbra. «E non voglio farti scappare di nuovo.»

«Dovrai invece.» sbuffò Nico, sorridendo, specchiandosi in quei grandi occhi verdi. «Non possiamo stare sempre insieme.»

«E perché no?» Il sorriso di Percy era affascinante, e Nico gli toccò la guancia per controllare quanto fosse vero.

«Be', abbiamo degli amici. Non possiamo sempre stare appiccicati.»

«Possiamo, invece.» annuì Percy, baciandogli la mano che lo toccava e avvicinando Nico a sé.

Nico si sentì avvampare quando si scontrò con il corpo di Percy. Il figlio di Poseidone era nudo, ma Nico non era riuscito a levarsi i boxer neri sebbene fossero soli.

«Sei stupendo quando arrossisci.» disse Percy, accarezzandogli la guancia e passandogli le dita tra i capelli bagnati.

«Tu lo sei sempre.» rispose Nico, gli occhi puntati sulle sue labbra.

Percy sorrise e lo baciò. Nico gli posò le mani sulle spalle, allacciandogli le gambe dietro la schiena, approfondendo il bacio con quel suo modo timido e inesperto. Ma mentre gli perlustrava la bocca, Nico si sentì sommergere da ricordi di altri baci dati in quel modo, baci che non aveva dato a Percy Jackson.

Nico tremò sotto il tocco delle mani di Percy, e si scostò dalle sue labbra.

«Tutto bene?» chiese Percy, osservandolo con attenzione.

«Sì.» mentì Nico, riprendendo a baciarlo. Cosa gli stava succedendo?

Percy gli accarezzò la schiena, e gli posò le mani sulle natiche per sostenerlo. Nico rantolò nella sua bocca, mentre il suo corpo prendeva vita propria.

«Perseus.» disse Nico contro le labbra dell'altro, dandogli un lieve bacio a stampo.

«Nico.» Percy gli sorrise e lo guardò dritto negli occhi, capendo all'istante cosa Nico non intendesse dirgli.

Il figlio di Poseidone tenne l'altro stretto a sé, portandolo sulla spiaggia. Lo fece sdraiare sulla sabbia, mettendosi subito sopra di lui baciandolo.

Nico gli accarezzò le scapole mentre ricambiava il bacio con altrettanta energia. Non aveva mai provato nulla di simile prima di allora. Il corpo di Percy era asciutto contro il suo, normale per un figlio del dio del mare.

Le mani di Percy lo toccavano dovunque. Nico si scoprì a pensare che non gli importava un fico secco della sabbia che gli si era ormai appiccicata alla pelle.

«Dei.» gemette Nico, mentre Percy gli lasciava le labbra per baciargli con frenesia il collo e la gola. «Vacci piano, Jackson.»

Percy si fermò un secondo. Giusto, doveva andarci piano con Nico. Il figlio di Ade non ricordava nulla di quanto accaduto nei giorni precedenti, e non ricordava nemmeno di aver perso la verginità con quell'idiota biondo tinto. Doveva andare piano, farlo sentire a suo agio...

Percy sorrise e lo guardò, gli occhi verdi luccicanti. «Ci penso io a te.» sussurrò, baciandolo con dolcezza.

Nico ricambiò, premendogli le dita sulla schiena e osando lasciarle scorrere fino in basso. Toccò le natiche perfette del figlio di Poseidone, e lo sentì ansimare leggermente nella sua bocca mentre con l'altra mano gli accarezzava il sesso.

Percy gli lasciò di nuovo le labbra baciandolo sulla gola e poi sulle clavicole. Questo Nico era molto meglio dall'altro, da quello offuscato dal suo amore per il figlio di Apollo. Le mani di Nico lo toccavano curiose, e Percy iniziò a baciargli molto lentamente ogni centimetro del petto. Strofinò il pollice sui capezzoli, e ascoltò il gemito salire alle labbra del figlio di Ade.

Percy risalì con le labbra e sostituì le dita. Gli passò la lingua sul capezzolo, mordicchiandolo e lanciando occhiate a Nico, che teneva gli occhi chiusi mentre cercava di limitare i gemiti. Ma tutto il suo corpo si inarcava dal piacere, e Percy si sentì felice di quanto fosse accaduto tempo prima. Conosceva già il suo corpo.

Nico infilò le dita tra i capelli corvini di Percy, e lo guardò ansimando. Cercò qualcosa di intelligente da dire, e dopo averne scartate due, pensò che il silenzio fosse la risposta migliore.

Percy sorrise contro la sua pelle e riprese ad abbassarsi. Gli baciò il sesso da sopra i boxer, e Nico rantolò per il piacere. Ogni suo lembo di pelle era diventato molto sensibile al tatto. Ora conosceva parti di lui che non sapeva nemmeno esistessero. Guardò Percy mentre gli accarezzava le cosce, continuandolo a baciare sulla pancia. Quando Percy iniziò ad abbassargli i boxer con i denti, e i loro sguardi si incrociarono, Nico chiuse gli occhi posando le dita sulla sabbia.

 

Con gli occhi chiusi, Nico sentì le labbra umide di Percy baciargli la punta del sesso. Le sue dita gli accarezzavano le cosce, facendole aprire sempre di più ad ogni bacio. Poi Nico trattenne il fiato quando quella sacra bocca da lui desiderata per mesi e anni si chiuse attorno a lui.

Il figlio di Ade gemette piano, tenendo gli occhi sigillati. La lingua dell'altro su di lui stava facendo un buonissimo lavoro, e Nico conficcò le unghie nel palmo per cercare di resistere.

Percy continuò per un altro lungo minuto, fino a quando non sentì Nico gemere più forte. Si scostò appena in tempo per ricevere in mano tutto il seme caldo del figlio di Ade, e sorrise baciandolo sul petto.

«Non pensavo di essere così bravo.» mormorò Percy, baciandolo sulla gola e sollevandogli i fianchi.

Nico tenne gli occhi chiusi mentre le guance gli si imporporavano. «Lo sei, invece.» borbottò.

Percy rise, e lo penetrò con un dito. «Quando hai un momento, dovresti dirlo a Jason.»

Nico lanciò un gridolino di sorpresa mentre quell'unico dito di Percy iniziava a muoversi dentro di lui. Il piacere gli fece inarcare la schiena, e passò le mani sulle spalle di Percy, che aggiunse un secondo dito.

«Cosa... Cosa devo..?» mormorò Nico, gemendo.

«Lascia perdere.» Percy lo baciò a stampo, prima di voltarlo a faccia in giù. Nico si puntellò sui gomiti cercando di non aspirare la sabbia, e ignorando quella che gli feriva le ginocchia.

Quando Percy scivolò dentro di lui, Nico gemette più forte. Impiegò qualche minuto ad abituarsi alla presenza di Percy, e quando ci riuscì trovò il tutto molto piacevole. Percy gli accarezzava i fianchi, trovando subito un ritmo, e Nico si morse il labbro per non gemere sempre con più forza.

I pensieri di Nico si fecero sempre più confusi mentre Percy si muoveva dentro di lui. La mano del figlio di Poseidone gli passò sulla schiena e poi sul petto, e Nico la strinse nella sua.

Percy sorrise e gli baciò la schiena, spingendosi più a fondo e strappando un urlo di piacere al figlio di Ade.

 

Circa una decina di minuti più tardi, Percy si stese al fianco di Nico. Aveva il fiato grosso come se avesse appena corso per miglia e miglia, e accarezzò sognante la schiena di Nico.

Nico sussultò al contatto e si voltò a guardarlo. Aveva gli occhi luccicanti, i capelli scompigliati e le guance paonazze.

«È stato bello.» sussurrò infine.

Percy sorrise. «Sì, l'ho notato dai tuoi strilli.»

Nico nascose il volto tra le mani e Percy, ridacchiando, gli diede un bacio sulla fronte.

«Pensi che mi abbiano sentito?» domandò Nico, lanciandogli un'occhiata tra le dita.

«Jason e Leo? Nah. Sono impegnati con delle faccende, non preoccuparti.»

Nico annuì e appoggiò la testa sulla sua spalla. Lo guardò un momento, e gli diede un bacio sulla spalla.

Percy gli accarezzò i capelli. «Ti amo, Nico.» mormorò. Dirlo gli provocò un piacere immenso.

Nico sorrise e non rispose. Si appisolò appoggiato a lui.

 

Nico si svegliò una decina di minuti più tardi, con il respiro affannoso, agitato. Delle immagini che non più ricordava gli avevano invaso la mente in quei pochi minuti di sonno.

«Nico?»

Nico si voltò e guardò Percy. Indossava solo i pantaloni, mentre la sua maglia larga era stesa sopra di lui. Nico la prese con dita tremanti.

«Mi è tornato il mal di testa.» mormorò il figlio di Ade, mettendosi seduto ignorando la fitta di dolore.

«Puoi prendere delle aspirine appena arriviamo in cabina.» gli disse Percy, inginocchiandosi vicino a lui.

Nico annuì, poi il dolore alla testa esplose più forte e la prese tra le mani, gridando. Le immagini di quanto appena successo in spiaggia pulsavano prepotenti nella sua testa, e Nico credette anche di rivedere quel globo di luce tra una scena e l'altra.

Preoccupato, Percy gli posò le mani sulle sue. «Fa così male?»

Nico annuì, e il movimento gli procurò altro dolore.

Percy si morse il labbro con forza, poi infilò la sua felpa sul corpo stanco di Nico e lo aiutò con i pantaloni. Lo sollevò senza sforzo.

«Ti porto dal dottore.» annunciò, incamminandosi verso le cabine.

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Capitolo 13
*** 13. Solangelo ***


Will era steso nel suo letto, immobile. Guardava i segni rimasti sui suoi polsi, e di tanto in tanto lanciava occhiate alle catene che ancora pendevano dal soffitto. Jason non si faceva vedere da due giorni, e da due giorni Will viveva nella paura di vederlo tornare.

Will si torse le dita, sollevando di qualche centimetro la maglietta. Il segno del pugno di Leo era ancora lì, ed era doloroso soprattutto quando dormiva. Lo sfiorò, una grande macchia rosata, mordendosi il labbro, chiedendosi dove fosse Nico, e cosa gli stessero facendo.

Scese dal letto e si avviò nel piccolo bagno. Evitò la sua immagine riflessa fino a quando non si lavò il viso, poi si guardò. Le occhiaie gli segnavano la pelle pallida, e i lividi sul volto erano violacei.

Will tornò a sedersi sul letto dopo qualche minuto, passandosi le dita tra i capelli. Aveva fame, ma non intendeva pregarli per del cibo. C'erano delle scorte di nettare nel bagno di Jason, e stava cercando di farselo bastare come fonte nutritiva.

Nascose il volto tra le mani. Aveva bisogno di vedere Nico, anche solo per qualche minuto. Anche da lontano. Voleva assicurarsi che fosse ancora vivo, che non gli avessero fatti danni troppo irrimediabili. Aveva bisogno del suo amore.

«SOLACE.»

Will sussultò e si sentì assalire dal panico. Quella era la voce di Percy, l'unico che non era mai stato da lui a fargli visita. Non che gli dispiacesse. Si guardò attorno con il cuore che batteva fortissimo, poi corse a nascondersi in bagno. Chiuse la porta a chiave, spostando un vecchio mobile sulla porta, e chiuse le mani a pugno. Faceva poco a botte, ma quella volta non si sarebbe tirato indietro.

La porta della cabina si spalancò di colpo, e Will la sentì sbattere contro il muro.

«Solace, dove cazzo ti sei nascosto?!»

Will deglutì. Percy Jackson sembrava davvero arrabbiato.

Percy colpì la porta del bagno con un pugno. Will sentì le pareti tremare per la potenza di quell'unico colpo.

«Apri la porta!»

«Non ci penso neanche...» borbottò Will.

«Si tratta di Nico! Apri!»

Will si sentì male. No, no, cos'è successo a Nico? Cosa gli avete fatto?! Will spostò il mobile in fretta, senza pensare che potesse essere una trappola, e spalancò la porta.

«Cosa gli è successo?» domandò, guardando Jackson dritto negli occhi.

 

Nico si svegliò con un sussulto. Era steso nel lettino dell'infermeria, con la testa che gli doleva. Cercò di mettersi seduto, ma delle mani calde lo trattenerono.

«Devi restare steso, altrimenti starai ancora più male.»

Quella voce... Nico batté le palpebre e cercò il possessore di quella voce a lui sconosciuta. Individuò degli occhi celesti, splendidi, incorniciati da capelli biondo sole.

Nico fissò il biondo per un minuto.

«Tu...?» domandò, pensando di averlo già visto.

«Hai la febbre. Non muoverti.» rispose il biondo, tenendogli una mano sulla fronte.

Nico annuì leggermente, e richiuse gli occhi. Quella voce era calda, sicura, e il volto del giovane figlio di Apollo era anche simpatico, sicuro, una persona a cui affidare la propria vita senza batter ciglio. Sebbene le occhiaie.

«Come ti senti?» mormorò Will, deglutendo a fatica, accarezzandogli senza volerlo i capelli.

«Un po' meglio.» Nico riaprì gli occhi e mise a fuoco il soffitto. Riusciva a vedere solo una porzione dei capelli color del sole. «Hai fatto qualcosa?»

«Ti ho dato del nettare.» disse Will. «Sto cercando di capire come mai hai questo dolore.»

Nico annuì, poi gli scostò la mano e si mise seduto. L'infermeria cominciò a muoversi davanti ai suoi occhi, e si posò la mano sulla fronte. Subito sentì sulla sua quella di Will.

«Mi dispiace.» sussurrò il ragazzo, e Nico lo guardò. «Mi dispiace per tutto quanto.»

«Non è colpa tua.» lo assicurò il figlio di Ade, guardandolo. «Devo aver preso un colpo di freddo mentre stavo in acqua.»

Will lo guardò in silenzio, e Nico gli restituì l'occhiata.

«Cosa ti hanno fatto?» domandò Will, piano, lanciando un'occhiata alla porta. Percy aveva detto che sarebbe tornato subito.

«Nulla. Ho fatto il bagno con Percy, e mi sono sentito male dopo.» Nico lo guardò negli occhi. «Puoi, ehm, smetterla di toccarmi? Mi da fastidio.»

Will abbassò la mano. «Nico, non mi riconosci?» sussurrò.

«Ehm, dovrei conoscerti?»

 

Will si sentì mancare la terra sotto i piedi. Cosa gli avevano fatto? Perché non si ricordava di lui? Si morse il labbro con forza, deglutendo, e spostò lo sguardo.

«Ti ho offeso?» domandò Nico, grattandosi la testa. «Non volevo.»

«No, non importa.» Will tentò un sorriso, quei suoi soliti sorrisi solari, e guardò Nico. «Ti ho guarito dopo la battaglia di Gea, e qualche altra volta dopo. Non posso di certo sperare che tutti si ricordino di me.»

Nico guardò quel sorriso. Era contagioso, oltre che bellissimo. E i lividi sulla faccia del dottore quasi non si notavano, con quell'immenso sorriso.

«Ah.» disse Nico, arrossendo leggermente e abbassò lo sguardo fino ai piedi nudi. «Tu sei quello dell'infermeria.»

«Sì, sono quello dell'infermeria.» annuì Will, continuando a sorridere, sebbene si sentisse morire dentro.

«I tre giorni.» continuò Nico.

«Esatto.»

«"Ordini del dottore".» citò Nico, sorridendo un po' di più.

Will annuì ridendo. «Esatto. Ordini del dottore. Proprio io.»

Nico scosse un po' la testa, continuando a sorridere. Quello strano figlio di Apollo che lo guardava con un misto di tristezza e gioia, era piuttosto simpatico. E, be', era anche piuttosto carino.

Nico si mordicchiò il labbro, pensieroso. «Ehi, per questa puoi fare qualcosa?» Si alzò la maglietta e gli mostrò il marchio di Leo.

Will gli fissò la pancia nuda, ornata solo da quell'orribile segno a fuoco. Sentì l'adrenalina scorrergli nelle vene, e posò la mano con il palmo aperto sulla V.

Nico sussultò a quel contatto così aperto e guardò Will. Sebbene i lividi, dovuti forse a qualche allenamento, era davvero carino. E lo toccava senza pensare assolutamente alla possibilità di morire.

«Puoi... puoi ricordarmi il tuo nome?» mormorò Nico, osservandolo.

«Will.» Il dottore gli tenne la mano premuta sulla pancia, alzando gli occhi nei suoi. Nico arrossì di nuovo. Riusciva a contargli le lentiggini sul naso.

«Will, puoi fare qualcosa o no?»

«No, ora non sono nel pieno della mia forza.» Will tolse la mano e si scostò.

«Come mai? Anche i tuoi poteri sono bloccati come i miei?»

Will annuì in silenzio.

Nico sospirò. «Chissà cosa sta succedendo.» Si sistemò la felpa di Percy addosso, arrossendo violentemente. Non aveva notato che fosse di Percy. Quello che avevano fatto sulla spiaggia, ora, gli tornò in mente.

Will lo guardò con attenzione. Non riusciva a sopportare che l'amore della sua vita non lo ricordasse. E gli andava ancora meno che portasse sulla pancia la V di Leo Valdez.

Gliel'avrebbe fatta pagare.

Nico scese dal lettino. «Grazie mille per il tuo aiuto, Will.» sorrise il figlio di Ade, tendendogli la mano.

«Figurati.» Will la strinse.

Nico sentì una scarica di energia attraversarlo, e si affrettò a lasciargli la mano. «Spero di non tornare più, per ovvi motivi.» borbottò.

«Capisco.» Will ritentò il sorriso di prima, e lo guardò mentre Nico si allontanava fuori dall'infermeria.

 

Will si sedette su uno dei lettini, mentre la rabbia che provava iniziava ad assalirlo. Non solo lo avevano stuprato, ferito, marchiato. Ma gli avevano anche fatto perdere i ricordi. Era tutta colpa di Eros? Jason lo aveva nominato alcuni giorni prima, quando era scappato nella neve...

Nico aveva perso tutti i loro ricordi. Lo avevano fregato, lo avevano ferito più di quanto immaginassero. E anche lui si sentiva nauseato dal loro comportamento. Una calunnia vera e propria.

Will si guardò le mani, poi andò a controllare fuori dalla finestra. Vide Nico diretto alla mensa. Camminava piuttosto bene. E nient'altro.

Il suo cuore ebbe uno scatto. Non c'era nessuno a controllarlo davanti all'infermeria. Poteva scappare, lasciare il Campo, e cercare aiuto. Tornare indietro e salvare Nico, portarlo via da quei pazzoidi, e trovare un modo per fargli ricordare di nuovo tutto quanto.

Will si morse il labbro, e agì prima che l'adrenalina si esaurisse, prima che la ragione potesse dirgli che era una cosa stupida. Uscì dalla porta secondaria dell'infermeria, e cominciò a correre, guardandosi attorno alla ricerca dei tre. Non li vide. Poteva prendere Nico e correre con lui, ma Nico non lo conosceva, non lo avrebbe seguito di sua spontanea volontà. Ed era stato costretto a fare troppe cose nell'ultima settimana.

Corse tra gli alberi, ignorando la neve e il gelo. Sopra una t-shirt aveva indossato il camice dell'infermeria, e teneva i polsi e le caviglie bendate. Il dolore ai piedi gli faceva digrignare i denti, ma poteva sopportarlo.

Un fulmine cadde a tre metri da lui. Will lanciò un urlo e scivolò all'indietro. Lì nella foresta non c'era neve, quindi si trovò a cadere su un ramo d'albero.

«Will Solace.» disse una voce sopra di lui. «Dove credevi di andare?»

Will guardò Jason Grace atterrare davanti a lui, a pochi metri di distanza dalla terra bruciata dal suo fulmine.

Will si sentì gelare il sangue nelle vene. Non aveva controllato sopra di lui. Il cielo.

Jason gli si avvicinò, afferrandolo per il colletto del camice e lo sbatté contro un albero.

«Stavi cercando di scappare, eh?» ridacchiò il figlio di Giove. «Ti è venuto male.»

Will guardò il romano e gli posò le mani sulle spalle, spingendolo via. «Posso ancora farlo.» ringhiò.

«E come? Intendi combattere contro di me?» Jason ridacchiò.

Will lo fissò, e gli tornò alla mente Nico. Nico che amava con tutto il cuore. Nico che non lo riconosceva più.

Trattenne un urlo di rabbia e si gettò addosso a Jason, prendendolo alla sprovvista. Lo spinse a terra, e gli tirò due pugni, uno sul naso e l'altro sulla mascella, prima di sentire un paio di mani che lo afferravano per le ascelle e lo spingevano via.

Will rotolò prima di mettersi seduto, pronto a colpire. Gli occhi scuri di Leo lo trucidarono prima che si abbassassero su Jason.

«Amico, come ti senti?» domandò, con tono tranquillo.

Jason si mise seduto a fatica. Aveva il naso rotto, e la mascella dolorante. Will sorrise tra sé, per nulla dispiaciuto.

«La pagherai, brutto bastardo, sappilo.» borbottò Jason, rimettendosi in piedi.

Anche Will si rialzò, ignorando le nocche che pulsavano di dolore. «Prova a toccarmi di nuovo, e ti colpirò da altre parti.» rispose Will, fissandolo.

Jason fece per andargli contro, ma Leo lo afferrò per il braccio.

«Lascia perdere il biondino, biondo.» Leo sorrise leggermente. «Di lui mi occuperò io. Vattene in cabina, e mettiti del ghiaccio sul naso.»

«Lo ammazzo.»

«Me ne occupo prima io.» lo rassicurò Leo, dandogli una pacca sulla schiena. «Sentirai le sue urla.»

Jason guardò prima Will, pallido, poi Leo, sorridente. «Voglio sentirle davvero.» disse.

«Le sentirai.» annuì Leo. «Ora vai. Lo terrò qui, lontano dalle orecchie del figlio di Ade.»

Jason annuì e rise in faccia a Will. «Sono cazzi tuoi, ora.» disse, prima di andarsene.

Will lo seguì con lo sguardo, poi si voltò verso Leo, che in silenzio gli si era avvicinato. Era più basso di lui, ma i suoi occhi assassini ricompensavano.

«Non in faccia.» mormorò Will, chiudendo gli occhi, mentre le mani di Leo prendevano fuoco. «Dove vuoi, ma non in faccia.»

Leo gli posò la mano sul braccio, e Will lanciò un urlo di dolore. Ma non era un vero urlo di dolore. Non sentiva dolore, solo caldo. Guardò il figlio di Efesto, e notò che le mani non andavano più a fuoco, erano solo bollenti, ma sopportabili.

Will si ritrasse un po', pronto a spingerlo via, e Leo bisbigliò: «Voglio aiutarti a scappare.»

Will sgranò gli occhi.

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Capitolo 14
*** 14. Jercy ***


Jason passò in infermeria a cercare qualcosa per il naso. Si sedette su uno dei lettini posandosi un impacco di ghiaccio sul naso, e si ripulì delle ultime gocce di sangue. Dei, quel ragazzo era mingherlino, ma il suo destro era micidiale!

Appena Leo avrebbe finito con Will, ci avrebbe giocato lui. E no, niente violenza sessuale. Si meritava di peggio. Molto di peggio.

Jason lasciò l'infermeria e si avviò alla mensa. Lanciò un'occhiata alla sua cabina, chiedendosi se Leo lo avesse già portato indietro, o se fossero ancora nel bosco. Sperò di vedere tanti segni di fuoco impressi sulla pelle abbronzata del figlio di Apollo.

Quando arrivò in mensa, trovò Nico seduto al tavolo di Ade intento a mangiare un gelato alle fragole. Era tutto solo. Dov'era finito Percy?

Jason guardò Nico, che gli dava le spalle. Fu sul punto di andare verso di lui quando sentì una mano sul fondoschiena, e un leggero tocco di labbra sul collo.

«Trattalo bene.» bisbigliò Percy, e Jason sorrise tra sé. «Lo abbiamo fatto sulla spiaggia.»

«Oh, bravo, lo hai sverginato.»

Percy ridacchiò contro il suo collo e Jason si voltò verso di lui. Si fissarono per un momento, prima di stringersi con urgenza e baciarsi con passione.

«Aspetta, c'è Nico.» mormorò Jason, cercandolo con lo sguardo. «Potrebbe vederci.»

Percy spinse Jason contro una delle pareti della mensa, controllando Nico. «Ci da le spalle, e si sta godendo il gelato. E poi, Will è con Leo, giusto? Nel bosco. Quindi possiamo lasciarlo un po' solo. Lo apprezzerà.»

Jason annuì, e chiuse gli occhi mentre Percy lo baciava di nuovo. Si perse nel bacio del figlio di Poseidone, che sapeva di mare, come sempre. Ma sapeva anche del figlio di Ade.

«Percy...» mormorò Jason, posandogli le mani sulle spalle, mentre il bruno cominciava a mordicchiargli il lobo.

«Jason?» rispose l'altro, leccandogli l'orecchio.

Jason socchiuse gli occhi. Percy conosceva bene i suoi punti deboli.

«Pensi che a Nico possa interessare una cosa a tre?»

Percy soffocò una risata. «Dei, Jason. Pensava di essere vergine quando ci siamo toccati in spiaggia. Non credo che l'idea di una cosa a tre gli faccia piacere. Probabilmente si butterà in acqua per l'imbarazzo o per la vergogna di aver udito una cosa simile.»

Jason annuì anche lui, soffocando una risata.

Si tennero l'uno all'altro, poi si guardarono di nuovo e si premettero l'uno contro l'altro, gli occhi chiusi, le lingue che si toccavano con violenza.

Percy infilò le mani sotto la maglia del biondo, toccandogli gli addominali e accarezzandogli la schiena. Le dita di Jason si infilarono in fretta sotto la maglia di Percy, andando sempre più in basso, fino a stringergli le natiche sotto i boxer.

Percy sorrise, mordicchiandogli il labbro, e Jason riaprì gli occhi perdendosi in quel mare di verde.

«Ne hai voglia?» mormorò Jason. Con una mano continuava a toccargli il sedere, mentre l'altra la infilò tra i suoi capelli.

«Per te sempre, Grace.»

«Andiamo nella tua cabina?»

«Sì, ma tu voli, io faccio la strada normale.» Percy lo baciò veloce. «E se dovesse venire anche Nico...»

«Lo faremo divertire.» annuì Jason, lanciando un'occhiata alla porta della mensa, che si aprì proprio in quel momento.

Percy si affrettò a spingere Jason, che riuscì a tenere l'equilibrio solo perché si alzò da terra. Percy si nascose dietro il muro, tenendo gli occhi su di lui. Jason si fermò a qualche metro da terra, lontano dalla visuale di Nico che stava uscendo dalla mensa. Teneva le mani in tasca, e si guardava a destra e a sinistra, sbuffando.

Jason si chiese dove intendesse andare. Lanciò una rapida occhiata a Percy, che lo teneva d'occhio, poi Nico si mosse. Jason sussultò quando si rese conto che si stava dirigendo verso il bosco.

«Ci sono Leo e Will lì!» esclamò sottovoce a Percy, fissando Nico. «Leo sta torturando Will, ha tentato di scappare.»

«Me lo sono perso.» mormorò Percy. «Ero a fare la doccia.»

«Per questo c'ero io, Testa d'Alghe.» Jason si tirò su, e fu sul punto di volare dietro Nico, quando vide Leo e Will uscire da un altro punto. Nico non se ne accorse. Jason si bloccò. Leo stava trascinando Will per le ascelle, ma si fermò nel vedere Nico.

Jason gli si avvicinò veloce, e si posò vicino a lui. Ignorò completamente il dottore svenuto che giaceva ai suoi piedi.

«Lo hai torturato bene?» chiese.

«Oh sì. Ha opposto un po' di resistenza, ma ho fatto il mio lavoro.» si vantò Leo, con il suo sorrisino da folletto.

«Hai bisogno di portarlo in cabina?» sorrise Jason, tirando un calcio al biondo, un calcio dritto sulla schiena.

«Sì. Mi sono accorto dopo che ha perso i sensi che sono un po' troppo piccolo per portarlo in spalla.»

Jason ridacchiò e sollevò Will senza sforzo. Leo gettò un'occhiata al bosco.

«Nico è qui da solo.» notò.

«Dopo andrò a cercarlo. Io e Percy pensiamo che sia il caso di lasciargli un po' di tempo per sé. Infondo oggi ha perso la sua verginità.»

Leo lo guardò sorpreso, poi ridacchiò. «Percy?»

«Chi altri?»

Jason portò il figlio di Apollo fino nella sua cabina, e lo lasciò cadere sul suo letto. Lo fissò, così composto, con le lentiggini sparse su naso e guance, e l'abbronzatura perfetta. Anche se era disgustato da lui, riuscì a capire perché Nico di Angelo si fosse interessato. Will Solace era uno splendore. Abbronzato, carino, addirittura intelligente, forse anche simpatico, quando la sua aria da medico svaniva un po'. Doveva essere parecchio sexy per Nico di Angelo.

«Non ti lascio da solo con lui.» disse Leo, fissando Jason, notando qualcosa nei suoi occhi.

«Non ho alcuna intenzione di restare solo con lui.» sbuffò Jason, scrollando le spalle, avviandosi verso la porta. «Ho altre cose da fare.»

«Recuperare Nico?»

«No, più tardi. Io e Percy abbiamo deciso di passare un po' di tempo insieme.»

Leo non fece commenti.

Jason lo guardò. «Tu cosa hai intenzione di fare con Solace?» si incuriosì.

Il figlio di Efesto sorrise, e lasciò che le mani gli prendessero fuoco, dando al suo sorriso un aspetto sinistro. «Torturarlo ancora un po' non appena si risveglia.» disse. «Se è svenuto non c'è divertimento.»

«Giusto.» Jason ridacchiò. «E perché non sei rimasto nel bosco?»

«Scherzi? Avrei potuto incendiare il bosco intero. E chi lo avrebbe sentito Chirone, dopo?»

Jason scoppiò a ridere e uscì dalla sua cabina chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Will Solace nelle mani infuocate del figlio di Efesto.

 

Dopo pochi minuti, Jason varcò la soglia della cabina di Poseidone. Si gettò una rapida occhiata alle spalle, controllando se Nico non fosse nei dintorni, ma subito la figura di Percy, steso nudo sul letto, gli fece chiudere la porta alle spalle.

«Dei, sei una visione.» mormorò Jason, leccandosi le labbra, fissandolo.

«Anche tu non sei male.» rispose Percy, mettendosi seduto, mettendo ben in mostra gli addominali. «Anche se ti preferisco nudo.»

Jason sorrise e gli si avvicinò. Percy lo attirò a sé infilandogli un dito nei passanti dei jeans. Si ritrovarono stretti, e Jason infilò le dita tra i capelli corvini del figlio di Poseidone. Percy gli sollevò la maglia, baciandolo sulla pancia e mordicchiandogli la pelle.

Jason impiegò un minuto a svestirsi completamente. Fece stendere Percy, mettendosi subito su di lui a cavalcioni. Gli tastò gli addominali, il sesso, le spalle. Percy gli posò le mani sui fianchi, poi si sollevò e lo baciò con violenza. Jason gli morse il labbro, Percy rantolò un momento, e lo spinse sui cuscini. Lo baciò sul collo e il petto, mentre Jason gli graffiava la pelle e cercava di baciarlo di nuovo.

Jason passò le gambe attorno ai fianchi di Percy, continuando a baciarlo con quella violenza che regnava tra di loro. Percy gli graffiò le braccia e le cosce, scoccandosi dalle sue labbra e abbassando la testa sul suo corpo.

«Come è stato con Nico?» mormorò Jason, accarezzandogli le spalle.

«Nulla di che.» rispose Percy, passandogli la lingua sul sesso. «Con te è meglio.»

Jason fece un sorrisino. «Non dirlo solo perché sono qui.»

«Oh, fidati. Non lo dico solo perché sei.»

Percy iniziò a baciarlo sul sesso, e Jason inspirò profondamente. Mosse i fianchi per andare più a fondo nella sua bocca, e Percy gli tenne le mani sui fianchi per guidarlo.

Jason si morse la mano per trattenere i gemiti, e si chiese se lo avesse fatto anche con Nico. Quando Percy si scostò dal suo sesso, Jason si voltò docile, e Percy lo penetrò con un dito. Jason gridò, spingendo i fianchi contro di lui.

«Percy...» mormorò Jason, voltando la testa per guardarlo. Percy si allungò su di lui per baciarlo, e si sostituì al dito.

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Capitolo 15
*** 15. Will ***


Will sondò Leo con lo sguardo. Non riusciva a credere alle sue parole.

«Cosa hai detto?» mormorò, con il cuore in gola.

Leo si trattenne dall'urlare. «Ho detto che voglio aiutarti a scappare.»

Will fissò quei grandi occhi scuri, le orecchie a punta, il volto spento. Non aveva mai visto Leo Valdez così serio.

«E perché dovresti?» disse Will, facendo un passo indietro e scontrandosi con l'albero alle sue spalle. «Insomma, l'altra volta mi hai pestato con i tuoi cazzo di pugni infuocati. Hai stuprato Nico.»

«Sì, be', devi ricordare i miei errori? Vaffanculo. Ma voglio aiutarti.»

«Sì, be', io non dimentico quello che mi hai fatto.» sbuffò Will. «Quindi grazie, ma rifiuto la tua offerta.»

«Rifiuti la mia offerta. Ti rendi conto che ti sto offrendo l'opportunità di scappare, vero? Di lasciare il Campo, di lasciare quegli stronzi che ti fanno male, di trovare una...»

«Nico.» lo interruppe Will, posandogli le mani sulle spalle, guardandolo negli occhi.

«Ehm no.» rispose Leo, alzando un sopracciglio. «Non sono pallido e cadaverico, e ho più senso dell'umorismo. Okay, sono un briciolino più basso, ma...»

«Piantala.» ringhiò Will, iniziando a scrollarlo. «Farai scappare anche Nico? Perché non me ne vado senza di lui.»

«Ci posso provare.» annuì Leo, spingendolo via, sistemandosi i capelli. «Ma non scrollarmi più.»

«Ci posso provare.» Will si sedette su un tronco, tenendosi la testa tra le mani.

Leo lo guardò mettendosi le mani in tasca. «Tutto bene?» gli domandò, mordicchiandosi il labbro.

«Nico non ricorda nulla di me.» Will gli scoccò un'occhiata. «Non sto bene.»

«Pensavo lo sapessi già.»

«Sì, infatti... Ma vederlo a venti centimetri da me, e capire che non si ricorda affatto di tutto quello che abbiamo vissuto insieme... è stata dura.»

«Posso immaginare.»

Will si guardò le mani, ripensando a Nico.

«Ehm, dovrei conoscerti?»

Chi diceva che le parole non uccidevano? Will si era sentito morire quando Nico aveva pronunciato quelle poche parole. E anche a mezz'ora di distanza, si sentiva morto uguale.

Leo si sedette vicino a lui, sforzando un sorriso. «Vi farò scappare, e andrà tutto bene.» lo tranquillizzò.

Will lo ignorò. «Cosa è successo, Leo? Voglio sapere tutto. Perché Nico non ricorda più? Perché tu mi aiuti? Perché gli hai fatto male? Cosa cazzo sta succedendo, Leo? Jason mi ha detto delle cose, ma non io non so se credergli. Anche perché sai bene cosa mi ha fatto dopo, e...»

«Porco Crono. Stai un po' zitto.»

Will alzò un sopracciglio e fissò Leo. «Sei davvero stronzo.» disse.

«E tu parli davvero tanto. Come fa Nico a sopportarti?» sbuffò Leo.

«Semmai come fa la tua ragazza a sopportare te. Strano che non ti abbia lasciato. Okay, l'hai liberata da Ogigia, ma davvero, sei...»

Leo inspirò profondamente, e spinse Will a terra. Prima che Will potesse capire cosa stesse succedendo, Leo gli tirò un pugno alla bocca dello stomaco e Will perse i sensi.

Quando si svegliò, Will era steso sul suo letto nella cabina di Zeus. Gli girava la testa, e gli doleva lo stomaco. Provò a mettersi seduto, ma le mani di Leo lo bloccarono.

«Il pugno è stato piuttosto forte.» disse Leo, sorridendo. «Forse è meglio che tu faccia attenzione.»

«Dei, Leo, vorrei spaccarti la faccia in questo momento.»

«Be', non lo fare. Un naso come il mio è difficile da trovare.»

Leo si sedette ai piedi del letto, le gambe a penzoloni. Giocava con una palla di fuoco. La lanciava in aria e la riprendeva. Will lo fissò affascinato, poi gli tirò un calcio.

«Ehi.» sbuffò Leo, mentre la palla gli sfuggiva dalle dita e incendiava la coperta appallottolata.

«Spegni, spegni!» urlò Will, balzando in piedi.

Leo corse in bagno e, quando tornò, svuotò la bacinella di acqua sulla coperta.

Will si risedette sul letto e Leo gettò fuori dalla cabina la coperta mezza bruciata.

«Perché mi hai tirato un pugno?» sbottò Will, sistemando il letto.

«Perché stavi diventando fastidioso. Lo fanno spesso, vero? Colpirti allo stomaco.»

«No, non lo fanno mai. Comunque, ora devi raccontarmi cosa sta succedendo, cosa..?» La voce di Will si affievolì sotto lo sguardo assassino di Leo. Il figlio di Efesto recuperò un vassoio colmo di cibo e lo posò tra di loro.

«Mangia.» gli disse. «E io ti racconterò tutto ciò che c'è da sapere.»

Will obbedì. I pugni nello stomaco non erano il suo forte.

Leo mangiò insieme a lui, e mentre attaccava un tacos si decise a parlare.

«Allora...» mormorò, guardando Will. «Una mattina mi sono svegliato ed era tutto così.»

«Tutto così in che senso?»

«Stai zitto e fammi parlare.»

«E allora parla, cazzo. Non ti fermare.»

«Dei, che rompipalle che sei...» borbottò Leo, e Will restò zitto perché aveva ragione.

Mangiarono in silenzio per qualche altro minuto, poi Leo ritentò.

«Allora, dicevo. Mi sono svegliato una mattina ed era tutto così. Ovvero, non c'era nessuno fuori, e Chirone e il Signor D mancavano all'appello.»

Will aprì il succo di frutta trattenendo le domande.

«Così sono uscito dalla mia cabina, e sono andato alla ricerca di altri. E ho trovato Percy e Jason che parlavano in mensa. Erano seri, e parlavano di Nico. Quando mi sono avvicinato... Anch'io pensavo a Nico nello stesso modo in cui quei due ne parlavano. Quindi mi sono seduto insieme a loro, e abbiamo parlato di te e Nico.»

Will si morse il labbro.

Leo gli strappò il succo di frutta dalle mani.

«Questo è mio, biondino.» sbottò. «E comunque puoi farmi una domanda sola.»

«Non ce n'è un altro?» chiese Will.

Leo rise. «Puoi farmi una sola domanda, e mi fai questa?»

Will arrossì. «Continua a raccontare.»

Leo finì il succo di frutta e gliene passò un altro, recuperandolo da sotto il letto.

«Quando hanno parlato di te che facevi cose sconce con Nico, hanno iniziato ad arrabbiarsi.» continuò Leo. «E sinceramente, anch'io ho iniziato a sentirmi incazzato contro di te. Non so spiegarti il motivo. Ma non potevi essere l'unico ad avere Nico. Capisci?»

«No, non capisco. Ma vai avanti. Ora mi sembri tornato in te.»

«Difatti sono tornato in me. Perché ho pensato a... a lei.» Leo deglutì. «E pensare a lei mi fa tornare normale.»

«Con lei intendi dire...»

«Zitto. Non pronunciare il suo nome ad alta voce, e in mia presenza!» ringhiò Leo, lasciando cadere il panino sul letto.

Will lo prese e glielo passò. «Okay, okay, scusa.» Lo sondò con lo sguardo, chiedendosi cosa fosse successo con Calypso.

Leo deglutì e continuò. «Sono tornato in me, e ho capito che cosa stava succedendo. E cosa succede ancora. Will, si tratta di Eros. E Afrodite. E direi anche gli Dei in generale.»

Will restò in silenzio per qualche minuto, poi inspirò profondamente. «Eros? Afrodite?»

«Eros... Dannato Grace... Cupido ha un conto in sospeso con Nico.»

Will si massaggiò le tempie. «Nico me ne ha parlato. Di Cupido, della sua cotta per Percy. Ma pensavo che avesse risolto con lui quando ha confessato i suoi sentimenti ad alta voce, quando è uscito fuori dal suo guscio.»

Leo scrollò le spalle. «Lo pensavo anch'io. Jason me ne ha parlato tempo fa, ma a quanto pare per Cupido non c'è nulla di risolto.»

«E ha dato inizio a tutto questo?»

«Sì.»

«Ma come ha fatto? Insomma, ha iniziato a sparare frecce?»

«Dei, no.» Leo scosse la testa e si morse il labbro. «Non so bene nei dettagli cosa è accaduto, ma... Siamo diventati suoi schiavi. Io, Percy, Jason.»

«Ma tu ti sei liberato.»

«Esatto.»

«E a Nico? Cosa è successo a Nico? Lui si ricordava di me fino a qualche giorno fa.»

«Abbiamo deciso che fosse il caso di smetterla di usarlo in quel modo tremendo, e gli abbiamo dato delle pillole. Ce le ha date Cupido in persona, più o meno.» Leo lo guardò. «Be', in realtà Nico le ha prese da solo. Abbiamo scritto antidolorifici sul flacone, e lui le ha prese. E si è dimenticato di te.»

Will strinse i pugni. «Vi odio.»

«Non stiamo agendo per testa nostra, Will.» disse Leo, cercando di sorridere in modo dolce. «Non è colpa nostra.»

«Avete stuprato Nico, e avete usato i vostri corpi, non quelli di altri.»

«Senti, io non ho stuprato Nico, va bene? Sono successe delle cose e lo abbiamo fatto.»

«Non ti credo.» borbottò Will, mentre alcune parole di Jason gli tornavano alla mente.

«Io stavo cercando di essergli amico.» disse Leo, passandosi le dita tra i riccioli. «E lui deve... cioè, lui ha pensato bene di venire a letto con me, prima che potessi stuprarlo. Ma io non ne avevo alcuna intenzione. Te lo giuro. Non volevo farlo.»

Will restò in silenzio senza guardarlo. Riusciva quasi a capire cosa fosse passato nella mente di Nico.

«E quando mi ha detto... Pensavo che tra di noi si stesse creando qualcosa. Ma quando ha gridato il tuo nome al posto del mio, e mi ha detto che non provava nulla per me, ma solo per te, mi sono arrabbiato. E sono stato impossessato di nuovo. Non gli avrei mai fatto quella cicatrice se non mi avesse fatto arrabbiare davvero.»

Will scosse la testa. Aveva le lacrime agli occhi. Il suo Nico. Il suo caro e dolce Nico...

Leo guardò i suoi pugni stretti. «Vuoi colpirmi?» gli chiese.

«Non voglio fare il tuo stesso gioco.» Will si voltò a guardarlo. «Tu sei tornato normale, giusto? Quanto tempo fa?»

«Alcune ore dopo essere stato con Nico.» Leo si morse il labbro.

«Quindi quando mi hai picchiato...»

«Stavo quasi tornando in me. Mi dispiace averti ferito, ma stavo combattendo contro... contro quel qualcosa che ha impossessato me e gli altri.»

«Ovvero l'Amore.»

«Ma io non ho mai provato amore per di Angelo. Certo, gli voglio bene, ma come voglio bene a tutti gli altri. Come quasi voglio bene anche a te.»

Will annuì. «Quindi... Cupido ha amplificato i tuoi sentimenti? I sentimenti di Jason e di Percy?»

«Sì, deve averlo fatto per forza.»

Will si stese sul letto, cercando di riflettere.

Leo tolse via il vassoio e si alzò in piedi. «Vado a posare questo in mensa. Vuoi qualcos'altro?»

Will scosse la testa, e guardò Leo uscire.

Quindi era tutta colpa di Cupido. Cupido che aveva un conto in sospeso con Nico. Cupido aveva fatto in modo che Jason, Percy e Leo provassero dei sentimenti più profondi per Nico, sentimenti che li avevano portati a stuprare il suo Nico. Sentimenti che li comandavano e li accecavano.

Will si alzò in piedi e andò a sciacquarsi il viso. Era tutto così strano. Aveva ancora delle domande da rivolgere a Leo, e lo avrebbe mitragliato al suo ritorno.

Tornò a sedere sul letto, mangiucchiando una caramella, e Leo spalancò la porta della cabina.

«Will, devi venire.» gli disse, fissandolo. «Si tratta di Nico.»

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Capitolo 16
*** 16. Nico ***


Nico si infilò le mani in tasca uscendo dalla mensa, e si diresse nel bosco. Si chiese dove fosse finito Percy. Lo aveva abbandonato in infermeria, alle cure del dottore, mentre era ancora svenuto. Poteva almeno stare con lui o, se proprio non voleva, aspettarlo all'uscita.

Nico udì dei fruscii, ma non vi fece caso. Entrò nel bosco, camminando pensieroso, ripercorrendo quanto fosse accaduto solo un'ora prima in spiaggia.

Nico si sedette su un tronco di albero, torcendosi le dita, e arrossendo.

Percy... Aveva appena fatto sesso con Percy Jackson. Pensava di aver superato quella sua parte infantile, la cotta per lui, e invece no. Loro due stavano addirittura insieme. Si frequentavano, avevano una storia, gli aveva donato una parte di lui molto importante.

Come aveva potuto dimenticarlo?

E poi Percy lo aveva abbandonato al suo destino in infermeria, svenuto. Non era rimasto nemmeno ad aspettare che si svegliasse. Non era nemmeno in mensa quando era andato a cercarlo... Dov'era finito?

Nico scivolò giù dal tronco e si stese a terra sulle foglie, guardando il cielo. Era quasi il tramonto. Sarebbe stato romantico se Percy lo avrebbe portato sul Pugno di Zeus a vedere il tramonto insieme, magari mano nella mano, sorridenti. Già si vedeva appoggiato a quelle spalle larghe, stretto tra le sue braccia forti, quelle labbra morbide sul collo.

Nico si sentì sempre più paonazzo. Dei, era proprio un bambino! Percy lo aveva usato, altrimenti sarebbe stato lì con lui. Non potevano esserci altre spiegazioni. Perché era stato così stupido?

Nico si alzò in piedi arrabbiato con sé stesso. Si pulì i pantaloni, e lasciò il bosco, deciso. Lo avrebbe visto da solo il tramonto.

Dieci minuti dopo si sedette sul Pugno di Zeus. Il sole era quasi calato del tutto, e Nico poté solo osservare quella miriade di sfumature di rosa, viola e arancio, che si stendevano nel cielo. Era splendido, quasi romantico.

Quando il sole sparì del tutto, Nico si voltò alla sua destra, poi alla sua sinistra. Percy doveva essere lì con lui. E se non Percy...

Will Solace.

Nico sussultò leggermente. Perché diavolo stava pensando di vedere il tramonto con Will Solace? Conosceva a malapena quel figlio di Apollo.

Lo aveva conosciuto durante la guerra contro Gea. Quell'idiota aveva tentato di farsi ammazzare dai romani, ma per fortuna Nico era riuscito a rincorrerlo, e a proteggerlo. Si erano spalleggiati a vicenda, avevano combattuto insieme, Will gli aveva addirittura afferrato le mani tenendole tra le sue. Il figlio di Apollo gli aveva fatto sentire le sue mani tremanti, e Nico ricordò quella scarica di energia che lo aveva afferrato a quel breve contatto.

Nico fu assalito dal gelo e si ritrovò a tremare, stringendo forte la giacca. Cosa stava succedendo? Si strinse lo stomaco, mentre le immagini di quel globo di luce si riaffacciavano alla sua mente. Si mise le mani tra i capelli, mentre il dolore alla testa aumentava di secondo in secondo.

La terra ai suoi piedi cominciò a tremare, e Nico scivolò in ginocchio. Si teneva la testa, emettendo flebili gemiti di dolore, cercando di far smettere quel male così improvviso, e non si accorse dello scheletro che lentamente stava uscendo dalla crepa formatasi nel terreno.

Lo scheletro tentò qualche passo verso di lui, e quasi riuscì a sfiorarlo quando un rombo di tuono lo fece sussultare. Lo scheletro si rigettò nella terra, e Nico si lanciò una rapida occhiata alle spalle prima che il dolore lo colpisse in pieno.

Quando riprese i sensi, era notte inoltrata. Nico si tirò su a fatica, asciugandosi il naso gocciolante di sangue. Si strinse i gomiti e cercò di ritrovare la strada verso le cabine.

Nico si fermò a pochi metri dalla sua, fissando le altre. Nella cabina di Zeus la luce era ancora accesa. Jason doveva essere ancora sveglio. Ma non era di lui che aveva bisogno.

Nico si trascinò fino alla cabina 7 e bussò. Poi bussò più forte. Perché Solace non gli rispondeva? Forse dormiva in infermeria? O anche lui se n'era andato nel Campo, come tutti gli altri? Fu sul punto di sedersi sui gradini quando udì un rumore alle sue spalle, poi una voce.

«Nico? Tutto bene?»

Nico si voltò e incrociò lo sguardo di Leo Valdez. Il ragazzo di fuoco aveva una strana espressione sul volto. Un miscuglio di sorpresa, dolore e gioia.

«Hai visto Solace?» chiese Nico, stringendosi nelle spalle. «Non mi sento molto bene.»

Leo si morse il labbro e gli si avvicinò. «Ti porto in infermeria, e vado a chiamarlo.»

«A chiamarlo? Se non è in infermeria, non dovrebbe essere nella sua cabina?» chiese Nico, perplesso, e lasciò che Leo lo prendesse per la vita.

«Ehm... Deve essere in spiaggia, prima stava andando lì.» Leo iniziò a camminare mentre Nico si stringeva a lui. «Cosa ti senti?»

«Ho male alla testa.» mormorò Nico, passandosi le dita tra i capelli in un gesto automatico, un gesto che non gli apparteneva.

«Will mi ha detto che sei stato male anche oggi.»

«Sì, mentre ero in spiaggia con Percy. Leo, cosa mi succede?»

Il figlio di Efesto non gli rispose.

Nico cercò di guardarlo mentre arrivavano in infermeria. Leo lo fece sedere su uno dei lettini, accarezzandogli i capelli, e gli passò del nettare.

«Vado a chiamare Will.» disse Leo, sbrigativo. «Tu non ti muovere.»

Nico annuì, bevendo un piccolo sorso di nettare. In teoria doveva aiutarlo a sentirsi meglio, ma non fece altro che farlo peggiorare.

Il figlio di Ade seguì il figlio di Efesto uscire dall'infermeria, e si sdraiò sul lettino. Fu sul punto di appisolarsi quando udì le risate di Jason e Percy. Subito scese dal letto e si mise a spiare dalla finestra.

I due stavano uscendo dalla cabina di Zeus. Vide Jason lanciare un'occhiata alla cabina di Ade, ancora con le luci spente. Nico si chiese cosa stessero facendo quei due insieme, quando Percy fece girare Jason tra le sue braccia e gli schioccò un bacio sulle labbra.

Nico sentì qualcosa graffiarlo dall'interno. Si immaginò sbiancare, perdere quel poco di colore che Leo era riuscito a dargli con le sue poche chiacchiere mentre venivano in infermeria. Il dolore alla testa si fece sempre meno intenso mentre un altro esplodeva nel suo petto.

Nico afferrò una bottiglia di vetro piena di un liquido violaceo, e la ruppe contro il comodino. Si affrettò ad uscire dall'infermeria, correndo verso quei due che gli avevano appena spezzato il cuore.

«BASTARDO!» urlò Nico, e Percy sussultò nel vederlo lì. Jason si voltò di scatto, facendo un passo indietro. Entrambi erano disarmati, e il figlio di Ade sembrava una furia. «COME HAI OSATO FARMI QUESTO?!»

Jason scattò in cielo mentre Percy arretrava. Nico cercò di colpirlo con la bottiglia, ma il figlio di Poseidone era piuttosto veloce. Riuscì ad evitare il colpo, e gli tirò un pugno sul gomito, facendogli cadere la bottiglia.

Nico sibilò tra i denti, tirando fuori dalla tasca un altro pezzo della bottiglia. Fu sul punto di colpire Percy al petto quando si sentì afferrare da una mano calda.

«Non ne vale la pena, Nico.» mormorò Will Solace, e Nico lo guardò. Leo afferrò Percy e lo spinse a terra.

«Sì che ne vale la pena. Lo sai quello che ha fatto?» ringhiò Nico, stringendo il pezzo di vetro nel palmo. Ignorò il dolore, ignorò il sangue caldo. L'unica cosa che non riuscì ad ignorare fu la mano calda di Will posata sulla sua spalla.

Will sembrò per un momento perplesso. «Di cosa parli?»

«Ecco, appunto.» sbuffò Nico, voltandosi a guardare Percy, che si stava rialzando in piedi, e Jason, che ancora volava a tre metri da terra, osservandoli.

«Ricordi qualcosa?» domandò Will, gettando a Leo una strana occhiata.

«Cosa dovrei ricordare?» rispose Nico, alzando un sopracciglio.

«Solace, stagli lontano.» ringhiò Percy, facendo un passo verso di lui. Ma si ritrovò la strada sbarrata da Leo.

«Stagli tu lontano.» sbottò il figlio di Efesto, mentre Will afferrava la mano di Nico e lo trascinava lontano di qualche passo.

«Quello che ti hanno fatto.» mormorò Will, velocemente, fissandolo negli occhi, tenendogli la mano tra le sue. «Ricordi quello che ti hanno fatto? Che hanno fatto ad entrambi?»

«Io non so di cosa tu stia parlando.» Nico cercò di ribellarsi a quella stretta di mano, ma Will lo teneva saldamente. «Lasciami andare.»

«Nico, io e te stavamo insieme! Ed eravamo felici! E loro hanno dovuto rovinare tutto quanto! Ci hanno separato, ci hanno allontanato, ti hanno fatto dimenticare quello che provi per me!»

Nico lo guardò a bocca aperta. La testa riprese a pulsare mentre cercava di capire di cosa stesse parlando.

«Ma... ma non è vero, non siamo mai stati insieme, non mi hanno allontanato da te. Io non ti conosco nemmeno!»

Will fece un passo nella sua direzione, ma un fulmine lanciato da Jason lo colpì in pieno petto. Leo strillò e corse da Will, mentre Nico si voltava verso Jason, pronto a colpirlo con il pezzo di vetro.

«Ma cosa cazzo fai?» urlò Nico, mentre altro sangue usciva dalla ferita al palmo. «Prima mi freghi il ragazzo, poi cerchi di uccidere Solace?!»

«Io speravo di ucciderlo.» Jason si abbassò fino a terra, e gli andò incontro. Nico provò a sferrare un colpo, ma il dolore alla testa gli fece cadere il pezzo di vetro. Jason lo afferrò per il colletto, sollevandolo da terra senza problemi, e si voltò a guardare Percy.

«Credo abbia bisogno di un altro po' di medicina.» disse.

Percy annuì e corse in infermeria.

Nico cercò di liberarsi dalla presa di Jason, ma il figlio di Giove era più forte di lui. Lo tenne stretto, e Nico riuscì solo a girare la testa verso Will e Leo.

Will aveva appena aperto gli occhi, e Leo gli strappò via la maglietta. Nico vide il segno di bruciatura sullo stomaco. Se lo avesse colpito più sopra, al punto del cuore, forse non sarebbe sopravvissuto.

«Sei un coglione, Grace.» ringhiò Leo, voltandosi verso di lui. «Potevi ammazzarlo.»

«Come ho già detto, speravo di ucciderlo.»

Will si rimise in piedi indolenzito con l'aiuto di Leo.

«Come ti senti, Solace?» mormorò Nico, mentre le sue parole ancora gli fluttuavano nella testa. Ti hanno fatto dimenticare quello che provi per me!

Will lo guardò con occhi spenti. «Jason, lascialo andare.» mormorò.

«Solace, ti prego, vai a giocare a basket nella tua cabina, e smettila di rompere.»

Will strinse il braccio di Leo.

«Non avresti dovuto fargli male.» disse Leo.

«A te cosa è successo, Valdez?» Jason lo fissò con mezzo sorriso. «Ti sei innamorato del biondo?»

Leo fece apparire una palla di fuoco nella mano. «Posso ucciderti anch'io.» gli ricordò.

«Oh sì, non vedo l'ora.» Jason lasciò andare Nico, sorridendo a Leo. «Una battaglia all'ultimo sangue. Fuoco contro fulmini. Chissà chi vincerà.»

«Non farlo.» sussurrò Will a Leo. «Nico è ancora troppo vicino.»

Leo si morse forte il labbro e rinunciò alla sua palla di fuoco.

«Allora... Ora Solace sa tutto quanto, Leo?» continuò a chiedere Jason. «Gli hai raccontato tutto? Hai fatto da pettegola. Io pensavo che sarebbe stato Percy a farsi scoprire.»

«Percy era troppo occupato a sbatterti, brutto...»

Percy si avvicinò a loro di corsa. Teneva in mano un flacone di pillole. Will le sondò con lo sguardo, e voltò la testa verso Nico.

«Scappa!» gli mimò con le labbra.

Ma Nico non riuscì a muoversi perché Jason lo aveva già afferrato per il colletto.

«Oggi sono stanco.» disse Jason, tenendo stretto Nico, che tentava di ribellarsi. «Ma domani verrò a cercarvi, Valdez e Solace. Vi troverò, e vi farò fuori.»

Percy sorrise e prese alcune pillole dal flacone. Will deglutì. Leo lo strinse e iniziò a trascinarlo via.

«TI AMO NICO!» urlò Will, mentre Jason tappava il naso del figlio di Ade e gli faceva spalancare la bocca.

Nico cercò di ribellarsi, mentre le parole di Will gli riempivano il cuore di qualcosa di liquido, di molto piacevole. Amore? Tentò di colpire il figlio di Poseidone allo stomaco, ma l'altro riuscì a scansarlo.

Percy fece cadere tre pillole nella bocca del giovane, e lo tenne d'occhio fino a quando non ebbe ingoiato tutte le pillole. Avevano un sapore dolciastro, e i pensieri lucidi di Nico scomparvero.

Quando Nico si accasciò contro Percy, rischiando di scivolare in terra, Will e Leo erano spariti.

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Capitolo 17
*** 17. Will ***


Will guardò Leo mentre cercava di medicargli alla bell'è meglio la bruciatura sul suo petto. Era proprio divertente, considerando quello che Leo aveva fatto alla pancia di Nico.

«Hai finito?» borbottò Will, mentre Leo gli premeva sulla ferita una pezza bagnata.

«Ehm, quasi, credo.» rispose Leo, rimettendosi dritto e passandosi una mano sulla fronte sudata. «La carne però è ancora rosso vivo.»

«Ma dai? È una bruciatura. Peggio del tuo fuoco.» Lo spostò via e si mise una garza sulla bruciatura provocatagli da Jason. «Se rivedo il romano, giuro che gli darò un pugno sul naso.»

Leo fece un sorrisetto. «La rima è voluta, o ti è scappata?»

Will inspirò profondamente e prese le bende. Leo lo aiutò a bendarsi lo stomaco, e quando ebbero finito Will restò seduto sul piano di lavoro di Leo, guardandosi attorno.

«Questo sarebbe il tuo bunker, vero?» domandò Will, leggermente ammirato.

«Esatto.» annuì Leo, sorridendo. «Il mio bunker. Anche se in realtà è il bunker di ogni figlio di Efesto che si rispetti.»

«Quindi... perché tu sei qui?»

Leo scosse la testa e fece finta di spingerlo giù dal tavolo. Will quasi scivolò all'indietro per evitare la spinta, e si ritrovarono a ridere insieme.

Poi smisero.

«Lo hanno fatto di nuovo, vero?» mormorò Will, fissando Leo. Stava pensando a Percy, che faceva ingoiare a forza quelle pillole a Nico.

«Sì.» annuì Leo, senza più sorriso, sedendosi vicino a lui. «Mi dispiace.»

«Come... Come possiamo farli risvegliare?» Will si voltò verso Leo. «Come?»

Leo si strinse nelle spalle. «C'è un modo.» disse.

Will assottigliò lo sguardo. «Quello che è successo a te, vero?»

«Esatto.»

«Spiega.»

«Non... Non posso, Will. Mi dispiace.»

Will strinse i pugni fissandolo torvo. «Senti, non me ne frega un cazzo delle tue ragioni. Devi aiutarmi a salvare Nico da quei due maledetti. E mi aiuterai, che ti piaccia o no.»

«Will, piantala. Non posso.»

Will scese dal lettino e lo afferrò per il colletto. Leo non si fece scomporre. Lasciò che la sua mano prendesse fuoco e la tenne sollevata tra di loro. Will si scostò un poco.

«Sei un bastardo.» ringhiò Will. «Siamo sicuri che a te è passata? Per me sei stronzo come sempre.»

«Mi è passata, e non darmi del bastardo, è offensivo per un semidio. E non ho intenzione di dirti come mi è successo. Perché se lo facessi, cadrei addormentato come tutti gli altri!»

Leo si morse il labbro mentre Will sgranava gli occhi.

«Di chi parli?» chiese Will, avvicinandosi di nuovo. Leo spense la mano. «Di chi stai parlando?»

«Di tutti i semidei del Campo.» mormorò Leo, passandosi una mano sul volto e guardandolo con occhi stanchi. «Secondo te, dove sono finiti?»

«Fuori dal Campo per le feste natalizie? Con le loro famiglie?»

«Ah, magari.» sospirò Leo. «Sono tutti nel loro letto, Will. Sono tutti addormentati. E non si svegliano.»
 

Will deglutì e lo guardò negli occhi. «Hai provato a svegliarli?»

«Dei, sì. Musica a tutto volume, secchiate di acqua, ho anche solleticato i loro piedi. Ma niente, dormono. Non ho mai visto qualcuno con un sonno così pesante.»

Will si passò le dita tra i capelli, tremante.

«Quindi... Dormono. Sono tutti nei loro letti. E dormono.»

«Esatto.»

«Ma i miei fratelli?»

«Nei loro letti. Sono tutti al sicuro. Li ho controllati.»

«Ma...»

«Will.» Leo scese dal tavolino e gli posò le mani sulle spalle. Era più basso, ma in quel momento a Will parve un gigante. «Stanno bene. Dormono e basta. Non gli abbiamo torto un solo capello.»

«L'unico che deve preoccuparsi è Nico, eh?»

Leo annuì.

Will lo abbracciò di slancio, appoggiando la fronte sulla sua spalla. Aveva un gran bisogno di coccole. Leo gli passò le dita tra i capelli, stringendolo come meglio poteva, accarezzandogli la schiena.

«Scusa.» mormorò Will.

«Ma di cosa?» Leo sorrise. «So cosa stai passando. Stai male almeno quanto me, ma tu molto di più. Sono stato dalla parte dei cattivi, e ho fatto male anche a te. Parecchio male. Eri il mio pungi ball preferito.»

Will fece una smorfia, e dopo qualche minuto si separò dall'abbraccio. Leo continuava a sorridere, ma quando Will lo colpì allo stomaco con un destro, rantolò di dolore.

«Questo per tutti i colpi che mi hai dato.» disse Will, andando a coricarsi sull'unica brandina del bunker.

Leo si maledì sottovoce massaggiandosi lo stomaco.
 

Will restò a fissare il soffitto per qualche minuto, poi si mise seduto e guardò Leo. Il figlio di Efesto stava creando qualcosa. Quando mai si fermava?

«Senti, non puoi scrivermi da qualche parte come è successo?» sbuffò Will, alzandosi e andandogli contro.

«No.» Leo finì di preparare una sottospecie di disco con cinque punte appuntite. Will si tenne un passo indietro.

«Cosa posso fare in cambio di questa informazione?»

Leo sospirò. «Nulla. Non voglio niente in cambio. Non ti darò questa informazione, e non potrai fare nulla per averla.»

Will lo afferrò con prepotenza per la spalla, spingendolo contro il muro. Afferrò uno degli arnesi di lavoro di Leo – Will non aveva idea di cosa fosse – e lo puntò addosso al figlio di Efesto.

«Tu mi hai dato una speranza, una piccola speranza per salvare Nico. E se tu puoi essermi utile in qualche modo, mi aiuterai. Quindi smettila di dire che non mi aiuterai, perché tu lo farai. Mi aiuterai a tirare fuori Nico da questa storia, mi aiuterai a svegliare tutti gli altri, e tu te ne tornerai tra le braccia della tua...»

«Will, zitto!»

«...Calypso, e saremo tutti felici.»

Leo digrignò i denti e colpì l'arnese che Will teneva in mano. Il rumore sordo che fece toccando il pavimento era ben lontano dall'urlo angoscioso che salì alle labbra del figlio di Efesto.

Will arretrò di un passo, impallidito, mentre Leo scivolava a terra in ginocchio. Si teneva una mano sul cuore, e quando l'urlo si spense, sorrise.

«La mia Calypso.» mormorò Leo, alzandogli occhi su Will. E Will vide l'amore dentro quei grandi occhi scuri. «Il mio raggio di sole.»

Will si inginocchiò vicino a Leo, ma era troppo tardi per fare qualcosa. Leo chiuse gli occhi, con quell'enorme sorriso innamorato, e si addormentò.
 

Will passò i successivi dieci minuti a scrollare Leo Valdez. Doveva svegliarsi. Doveva aiutarlo a tirare fuori Nico dai casini, a liberare Jason e Percy da Cupido, riportare tutto alla normalità.

Ma Will sapeva che non c'era più nulla da fare per Leo.

«Per favore, Leo.» sussurrò Will, con le lacrime agli occhi. «Ti prego.»

Ma Leo dormiva. E il suo sonno sarebbe stato pesante come quello di tutti gli altri del Campo.

Will lo prese in braccio e lo adagiò sulla brandina. Era un vero angioletto quando dormiva. Will gli sistemò i capelli e la coperta addosso, gli diede un veloce bacio sulla fronte, poi gli posò la testa sul petto. Si lasciò andare ad un pianto isterico. Aveva avuto la possibilità di avere un alleato, la possibilità di salvare Nico, e l'aveva persa per uno stupido nome.
 

Will si prese la testa tra le mani, lasciando scorrere le lacrime. Decise tra sé che si sarebbe goduto quei pochi minuti di pianto, ma poi avrebbe stretto i pugni.

Quando ebbe finito, Will si lavò il volto e si sedette sul tavolo di lavoro di Leo. Fissò il semidio addormentato. Continuava a sorridere, forse pensando alla sua bella ragazza, la sua Calypso, salvata da Ogigia.

Will tenne gli occhi puntati su Leo, mentre pensava al suo Nico. Ricordava tutto quello che avevano vissuto insieme. I tre giorni in infermeria, la festa sulla spiaggia per congratularsi della vittoria contro Gea, il funerale per i morti. Le corse mattutine, che non avevano mai fatto perché non era mai riuscito a buttare Nico giù dal letto all'alba. Avevano mangiato insieme centinaia di volte, e una volta avevano anche combattuto un mostro fianco a fianco. Be'... Nico affrontava il mostro e Will delirava lanciando sassi. Cose normali.

Will si ritrovò a sorridere. Ora capiva quello che aveva attraversato Leo. Il pensiero del Vero Amore.

Will si ripeté quelle parole sottovoce, e sgranò gli occhi. Ma certo! Leo gli aveva dato una dimostrazione di quello che poteva accadere se pronunciava il nome del Vero Amore. Doveva farlo anche con Percy e Jason. Doveva funzionare anche con loro. Dovevano addormentarsi.

Si massaggiò le tempie, cercando di riflettere. Leo si era addormentato quando aveva ripetuto il nome di Calypso. Ma questo non spiegava perché tutti i ragazzi del Campo dormivano. Non era credibile che tutti loro avessero incontrato il loro vero amore.

Will si prese un'aspirina per il mal di testa e si stese sul pavimento con un lenzuolo. Chiuse gli occhi, ma il suo cervello non poté fare a meno di continuare a lavorare.

Cupido aveva un conto in sospeso con Nico. Quindi aveva amplificato i sentimenti che Percy, Jason e Leo provavano per Nico. Leo gli voleva bene ma solo perché avevano affrontato un viaggio insieme; quindi era stato facile per lui tornare normale, tornare ad essere schiavo del suo Vero Amore.

Mentre Percy e Jason...

Il sentimento che provavano loro per Nico di Angelo era più profondo. Nella realtà non lo amavano, ma provavano qualcosa di molto simile. Lo apprezzavano. Lo consideravano uno di famiglia, un amico.

E se tutto era da collegare a Nico di Angelo, ora Will poteva capire perché tutti al Campo dormivano. Nessuno degli altri semidei provava qualche sentimento considerevole per il figlio di Ade. Forse gli volevano bene, ma non era un sentimento sufficiente per svegliarsi e andare alla ricerca di Nico.

Doveva essere andata così. Di certo non poteva chiedere a Cupido spiegazioni a riguardo su ciò che non aveva capito. Cupido gli avrebbe riso in faccia. Cupido avrebbe tentato di ucciderlo, di soffocarlo con l'amore.

Will si strinse nel lenzuolo, fissando il soffitto basso. Dal giorno dopo, avrebbe fatto tutto il possibile per abbattere Jason Grace e Percy Jackson, e riconquistare Nico di Angelo.

Anche se questo significava affrontare Cupido in persona.

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Capitolo 18
*** 18. Jasico ***


Nico si svegliò il mattino seguente, con un forte dolore allo stomaco dovuto alla fame. Sentiva anche nausea e mal di testa. Per non parlare della mano destra. Gli prudeva e bruciava, e quando la guardò, Nico si sorprese nel vederla bendata.

Scese dal letto con passo malfermo. Indossava solo jeans, così tirati in basso che intravedeva i propri boxer. Nico sistemò jeans e cintura e andò al bagno. Si soffermò per studiarsi allo specchio... Aveva un aspetto tremendo. Più del solito, ed era tutto dire.

Dopo una ventina di minuti, Nico uscì dal bagno e cercò dei vestiti puliti. Si vestì e uscì dalla cabina. Dopo qualche metro si chiese dove stesse andando, e rimase fermo a guardarsi attorno.

«Ehi, Nico.»

Il figlio di Ade si voltò, incrociando gli occhi chiari di Jason Grace. Nico gli sorrise spontaneo.

«Ehi.»

Jason gli si avvicinò sorridendo, passandogli un braccio attorno alle spalle.

«Come stai, Nico?» chiese Jason.

Nico si ribellò un po' a quel gesto del tutto amichevole, troppo amichevole, ma si trattenne dallo spingerlo via.

«Ho male alla mano.» disse Nico, mostrandogli le bende. Nella doccia le aveva bagnate, doveva cambiarle. «E non ricordo cosa ho fatto.»

«Ti ho ferito ieri, durante un allenamento.» gli disse Jason, sorridendo, sistemandosi gli occhiali, guidandolo verso la mensa. «Non lo ricordi davvero?»

«Ehm, no. Per niente.»

Nico assunse un'espressione confusa. Perché non ricordava l'allenamento con Jason? E perché non ricordava nient'altro?

«Dove stavi andando, comunque?» si incuriosì Jason, osservandolo.

«In infermeria. Credo.» Nico si guardò le mani. «Devo cambiare la benda.»

«Ti accompagno volentieri, allora.»

Nico annuì e non lo ringraziò. Gli doleva la testa, ma ignorò il dolore sbuffando e affrettando il passo.

«Figli di Apollo?» chiamò Nico, entrando in infermeria, e aggrottando la fronte. «Jason, qui non c'è nessuno.»

«I figli di Apollo sono degli sfaticati assurdi.» annuì Jason, avviandosi verso dei cassetti e cominciando ad aprirli, alla ricerca delle bende. «Ultimamente non li ho mai visti.»

«Solace non è uno sfaticato.»

Jason sgranò gli occhi e si voltò di scatto verso Nico. Il figlio di Ade era appoggiato ad uno dei lettini, attento a sfasciarsi la bendatura. Lo vide digrignare i denti alla vista della garza intrisa di sangue, e la lasciò cadere a terra.

«Per il Tartaro.» fischiò Nico, fissando la ferita. Era lunga e terribile. «Ma stavi cercando di uccidermi?»

Jason non rispose, tenendolo d'occhio. Era impallidito di colpo. Non si era aspettato quelle parole da Nico. Non doveva ricordarsi di Will.

«Che sai di Solace?» chiese Jason, senza riuscire a trattenersi.

Nico si avvicinò a lui, prendendo garze e bende, e del disinfettante. Iniziò a disinfettare la ferita, mordicchiandosi la lingua per non mostrare all'amico il dolore.

«Be', so che è un bel dottore, un figlio di Apollo, e si occupa spesso dell'infermeria.» disse Nico, aprendo e chiudendo la mano e provocandosi altre fitte di dolore in tutto il braccio. «Mi aiuti Jason?»

Jason gli si avvicinò circospetto, sistemandogli la garza sulla ferita che si stava cicatrizzando lentamente, e gli bendò la mano fino a dopo il polso.

«Un bel dottore?» ripeté Jason, alzando gli occhi e incrociando i suoi.

«Be', sì. Ha una bella abbronzatura. Un bel sorriso» Nico scrollò le spalle e ritirò la mano. «Non è affatto male.»

Jason si morse il labbro. Qualcosa non era andato per il verso giusto. Nico si ricordava di Will. E lo trovava anche bello.

Nico si stiracchiò. «Vado a mangiare qualcosa.» disse, e uscì dall'infermeria senza aspettarlo.

Jason si affrettò a seguirlo. Cosa stava succedendo al figlio di Ade? Gli si affiancò, ma Nico camminava impettito verso la mensa, ignorandolo.

«Che hai?» sbuffò infine Jason, varcando la soglia della mensa.

«Io? Nulla. Perché?» Nico afferrò un vassoio e prese tutto il cibo che riusciva a tenere nel vassoio, in perfetto equilibrio, fino al tavolo di Ade.

«Mi sembri strano.» disse Jason, raccogliendo una mela dal cesto e mangiandola di fronte a Nico.

«Sto bene. Ho solo fame.» Nico mangiò tutto quello che aveva messo nel suo vassoio, e andò a prendere un bis.

Jason lo osservò. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Era successo qualcosa a Nico. Forse il suo cervello era esploso. Quelle pillole gli avevano fatto male.

Nico tornò a sedere con una fetta di torta alla menta, e Jason lo vide mangiare un boccone alla volta, gli occhi puntati sulla torta. Quando ebbe finito il pranzo, Nico alzò gli occhi infossati su di lui.

«Dove sono tutti?» chiese.

Jason deglutì. «Sono partiti per le vacanze natalizie.» disse, automatico.

Nico inarcò un sopracciglio. «Ma noi greci non festeggiamo Natale.»

«Ma le famiglie umane sì.»

«E sono partiti tutti quanti per andare a trovare le loro famiglie? Non ci credo affatto.»

Jason si strinse nelle spalle. Qualsiasi cosa stesse succedendo a Nico, non era una cosa buona. Qualcosa aveva funzionato male.

Nico lo fissò, prendendo una ciliegina avanzata dalla coppa di gelato. Se la passò sulle labbra, sorridendo, e quando Jason si chiedeva se Percy sarebbe venuto in suo soccorso, Nico posò la ciliegia sulle labbra del biondo.

Jason sussultò a quel gesto.

«Allora? Mi rispondi?» domandò Nico, sorridendo, passandogli la ciliegia sulle labbra.

Jason arrossì.

«Allora?» Nico aggrottò la fronte e si alzò in piedi, sedendosi sulle sue ginocchia. Lanciò via la ciliegia, che rimbalzò sul pavimento due volte prima di fermarsi.

Il figlio di Ade posò le mani sulle spalle del biondo, accarezzandogli i capelli, e avvicinò il volto al suo. «Ora potrei baciarti.» mormorò Nico, sfiorandogli appena le labbra. «Tu vuoi che ti baci, vero?»

«Oh sì.» sussurrò Jason, fissandogli le labbra. «Non so proprio cosa ti sia successo, ma voglio baciarti.»

Nico fece un sorrisetto malizioso. «E se non ti baciassi?»

«Mi bacerai.»

Nico spostò le labbra sul suo orecchio, e Jason sentì un lieve morso sul lobo. «Non è detto, romano.»

Nico scese dalle gambe di Jason e uscì dalla mensa. Non stava correndo. Non stava facendo alcun gioco. Camminava al suo solito passo, forse muovendo i fianchi più del solito, in un movimento che ipnotizzò Jason. Prima che se ne rendesse conto, Jason era già in piedi, e seguiva Nico a distanza.

Nico sorrise tra sé. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che Jason lo stava seguendo. Passò attorno alle cabine, solo per il gusto di sentire Jason chiamarlo quando spariva da di fronte a lui.

Sempre muovendosi a quel modo, Nico si avviò alla cabina di Zeus. Non c'era nessuno nella piazza, quindi si tolse la sua amata giacca da aviatore, e la fece cadere per terra. Venti passi dopo, si tolse la felpa.

«Che diavolo stai facendo, Nico?» gridò Jason alle sue spalle. Nico gli lanciò una rapida occhiata, e scoprì che gli aveva raccolto la giacca.

«Mi spoglio.» rispose Nico, tranquillo, lasciando cadere la felpa e poi la t-shirt. Accarezzò la cicatrice a forma di V sulla pancia, e si slegò la cintura. «Magari potresti farlo anche tu.»

Jason raccolse i suoi vestiti, e afferrò la cintura che Nico aveva lanciato alle spalle senza nemmeno guardare.

Per qualche secondo Jason ammirò il corpo quasi nudo di Nico. Il figlio di Ade si era fermato per togliersi gli anfibi, e li lasciò alle spalle assieme ai jeans. Abbassò di qualche centimetro i boxer, lasciando intravedere una parte della natica, ed entrò nella cabina di Zeus.

Jason si asciugò la bava dalla bocca, imprecando tra sé. Si era lasciato abbattere da un ragazzino. Si affrettò a seguirlo, lasciando i vestiti vicino alla porta, e quando entrò sussultò leggermente tra sé.

«Mmh.» mormorò Nico, aggrottando la fronte, facendo tintinnare le catene che ancora pendevano dal soffitto della cabina. «Ti piace il gioco duro, eh, Grace?»

Jason si maledì. Si era dimenticato di toglierle. Il giorno prima era stato troppo occupato a farsi scopare da Percy. Si era anche dimenticato di pulire la cabina.

«Ehm...» balbettò Jason, mentre Nico passava attorno alle catene. Indossava solo dei boxer neri, attillati, e spiccavano incredibilmente sulla sua pelle chiara.

«Non penso fossero per divertirsi.» disse Nico, notando delle tracce di sangue. «Chi hai torturato? Percy? Nemmeno lui è al Campo.»

Jason lo fissò. «No, non ho torturato Percy.» disse.

«Uhm, quindi sono cose che ti piacciono?» chiese Nico, lasciando tintinnare il resto delle catene e avvicinandosi al letto disfatto.

«È una cosa diversa.»

«Diversa.» ripeté Nico, sedendosi sul letto, ma si rialzò subito. «Questo posto è lurido. Mi fa passare la voglia.»

Jason gli si avvicinò. «Ma vederti mezzo nudo fa venire voglia a me.»

Nico sorrise, un sorriso amabile a cui Jason non poté fare a meno di avvicinarsi un altro po'. Jason fece per stringerlo, ma Nico sgusciò via prima che riuscisse a toccarlo e lasciò la cabina.

Jason lo udì ridacchiare.

Nico recuperò i suoi anfibi e li mise, avviandosi alla cabina di Ade. Non si guardò alle spalle per sapere che Jason lo stava seguendo.

Entrò nella sua cabina, che era esattamente come l'aveva lasciata. Lasciò gli anfibi vicino alla porta, e si infilò una mano nei boxer, estraendo un braccialetto. Lo aveva trovato vicino alle catene di Jason. Lui non portava braccialetti, ma quello era sicuro di averlo già visto. Era di cuoio, con un piccolo sole giallo come pendente.

Qualcosa si mosse nella sua testa, ma non ebbe il tempo di dire una parola a riguardo perché sentì una mano sul fianco. Nico lascò cadere il braccialetto nel suo anfibio, e si voltò verso Jason.

«Non sapevo fossi un nudista.» disse Jason, accarezzandogli i capelli. «Io ero rimasto alla tua vergogna per tutto.»

«Le persone cambiano, Jason.» sorrise Nico, alzando la testa verso di lui. Con le labbra poteva sfiorargli il mento. «Anche i figli di Ade.»

«Questa è una gran sorpresa.» mormorò Jason, abbassando il volto verso il suo.

Le loro labbra stavano per toccarsi, ma Nico sgusciò via dalla presa di Jason e si sedette sul letto, muovendo un dito nella direzione di Jason, per invitarlo ad avvicinarsi.

Jason si spogliò in fretta, più veloce della luce, e si avvicinò a Nico. Il figlio di Ade alzò il volto e questa volta non sfuggì al bacio.


 

Ehi, scusate per il ritardo!!!
La prossima volta pubblicherò prima!!!
Un bacio, Deb <3

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Capitolo 19
*** 19. Jasico ***


Nico non si sentì affatto diverso dopo quel bacio.

Era il primo che dava nella sua vita – almeno, era quello che credeva – e aveva sperato in qualcosa di magico. Scintille, fuochi d'artificio, un coro di voci angeliche. Be', in realtà si aspettava di sentire delle ossa che ticchettavano una canzoncina poco allegra, delle risate terrificanti, o le farfalle scheletro che si agitavano nella sua pancia.

Ma nulla di questo era accaduto.

Baciando Jason, Nico non avvertì alcuna emozione. Nessuna sensazione, nessuna voglia matta di mettersi a correre e cantare, niente di niente.

 

Jason si scostò da lui, posandogli una mano sulla coscia, molto vicino alla poca pelle ancora coperta. Anche a quel contatto, Nico non si trovò affatto stupito nel non sentire nulla.

«Mi hai sorpreso parecchio, di Angelo.» sorrise Jason, sedendosi vicino a lui, guardandolo con gli occhi magnetici nascosti dietro le lenti degli occhiali.

«Anche tu. Pensavo ti saresti spogliato, prima di entrare.»

Nico si stese sul letto, passandosi un dito attorno all'elastico dei boxer, facendolo scattare contro la propria pelle. I suoi pensieri caddero sul braccialetto al sicuro nel suo anfibio. A chi apparteneva?

Jason sorrise, sfilandosi i boxer e stendendosi sopra il figlio di Ade, premendo il suo corpo nudo contro l'altro.

«Ora sono qui, nudo, e per te.» disse, con voce carica di desiderio.

Nico annuì. Non si sentiva minimamente eccitato all'idea di perdere la propria verginità. In realtà, non provava nulla, a parte un acuta curiosità verso quel braccialetto. A chi era caduto?

Jason iniziò a baciarlo lungo la gola, e Nico chiuse gli occhi, sperando di provare una scintilla di desiderio, un qualcosa che potesse affermare la sua umanità.

 

Quando sentì la mano di Jason scendere lungo i suoi boxer, Nico sussultò appena e invertì le posizioni. Spinse Jason premuto sul letto, a pancia in su, tenendogli forte i polsi. Non voleva che si liberasse.

«A questo punto potevamo usare le mie catene.» ridacchiò Jason, osservandolo.

«Chissà con chi lei hai usate.» sbuffò Nico.

«Fidati, non vuoi saperlo.»

Nico aggrottò la fronte, accigliato. In effetti non era interessato. Ma ricordò il braccialetto. «Dimmelo, avanti.» ordinò.

Jason si mordicchiò il labbro. «Il tuo dottore.»

«Che sarebbe... Solace?»

«Esatto.»

Nico rimase un momento a guardarlo. «Non credevo che gli piacessero cose del genere. E non pensavo nemmeno che gli piacessi tu.»

Il figlio di Giove lo guardò. «Perché? Ho qualcosa che non va?»

Nico accarezzò il suo corpo con lo sguardo. «Non hai nulla che non va. Solo pensavo che lui avesse gusti diversi.»

«Stai cercando di offendermi, di Angelo?»

«Forse.» Nico fece spallucce, poi abbassò la testa sul petto del biondo e iniziò a baciare la pelle chiara.

Jason fremette leggermente a quel contatto, e guardò Nico. Le sue labbra fredde premevano su tutta la sua pelle senza soffermarsi su nulla. Quando arrivò al suo sesso, Jason pensò che si sarebbe tirato indietro, ma invece Nico lo sorprese. Continuò a baciarlo, passando la lingua su di lui, e infine lo prese in bocca.

Jason gemette di piacere mentre Nico si affaccendava sulla sua erezione. Il moro indossava ancora i boxer, e Jason intravide quella dell'altro.

«Dei, Nico.» ansimò Jason, afferrandogli la testa e aiutandolo nei movimenti. «Ti hanno insegnato bene.»

Nico gli passò i denti sulla punta prima di spostarsi completamente e lanciargli un'occhiata.

«Non mi ha insegnato nessuno.» affermò, gli occhi scintillanti. Poi si riabbassò e riprese.

Jason si mordicchiò il labbro. Allora com'era possibile che fosse così bravo? Possibile che alcuni dei ricordi con Will stessero risorgendo?

Non doveva andare così. Nico con avrebbe dovuto ricordare niente, men che meno le cose fatte con Will. Perché la prima volta aveva funzionato, e la seconda volta no?

 

Nico si scostò dal suo sesso poco prima che Jason venisse. Raccolse il suo seme nella mano, leggermente disgustato, e si ripulì sui boxer dell'altro. Jason provò a mettersi seduto, ansimando. Voleva dargli un bacio, ma il figlio di Ade era sfuggente.

«Bene, Grace.» sorrise Nico, passandosi la mano pulita tra i capelli, che gli ricaddero a coprirgli un occhio. «Ora voltati.»

«Cosa?» Jason si mise seduto, fissandolo. «Non ho alcuna intenzione di voltarmi.»

«Ah. Allora abbiamo finito.» Nico scese dal letto, e si avviò alla porta.

Jason lo guardò sbigottito. «Aspetta! Te ne vai così?!»

«Tanto sono tutti a festeggiare il Natale, no?» sbuffò Nico, infilando un piede nell'anfibio. Toccò il braccialetto con il sole, e pensò di nuovo a Solace. Ecco dove aveva perso il braccialetto. Quando aveva fatto sesso incatenato con Jason.

Il figlio di Giove scese dal letto e gli si avvicinò, posandogli una mano sul fianco. Intendeva costringerlo, se necessario. Ma Nico alzò gli occhi su di lui, guardandolo con sfida.

Per una manciata di secondi, si confrontarono, poi Jason obbedì a quella muta richiesta. Si stese sul letto a gattoni, in attesa di Nico, chiedendosi perché si fosse sentito così sotto messo sotto quello sguardo.

Il figlio di Ade sorrise malizioso e gli si avvicinò. Lo penetrò con un dito, e ne aggiunse subito un altro, aumentando la velocità di secondo in secondo. Jason gemette piuttosto forte, e Nico gli allargò ancora di più le gambe. Si sfilò i boxer, eccitato dalla situazione, e lo penetrò senza tentennamenti.

Quando sentì il gridolino di Jason, Nico gli posò le mani sui fianchi e provò a farsi spazio. Era la prima volta, per lui. Jason sembrava invece abituato a quella posizione.

Dopo qualche minuto per far abituare Jason, Nico cominciò a muoversi piano. Non era male ma, ancora, non provava niente.

Jason strinse le coperte tra le dita gemendo di piacere e di dolore, mentre Nico aumentava il ritmo.

«Non è affatto male.» mormorò Nico ad alta voce, tra una spinta e l'altra.

«Nemmeno tu sei affatto male.» rispose Jason, ansimando, spingendo il bacino più contro di lui. Si chiese da dove fosse nata questa parte aggressiva di Nico. Doveva ammettere però che gli piaceva.

Nico gli strinse i fianchi e continuò, smettendo di parlare. Jason apprezzò la sua rudezza e, quando lo sentì venire con un gemito, si lasciò andare sul letto.

Jason mordicchiò il cuscino e si voltò verso Nico, che si stese supino vicino a lui, ansimando.

Jason gli posò la testa sulla spalla, e Nico gli scoccò una strana occhiata.

«Allora? Era la tua prima volta, vero? Non si direbbe affatto. Sei andato bene.» mormorò il biondo, trattenendo una risatina. Ormai Nico non era più vergine da tanto tempo.

«Sì, l'ho notato dai tuoi gemiti.» rispose Nico, mettendosi seduto e stiracchiandosi. Guardò la stanza per qualche minuto, poi si voltò di nuovo verso Jason. «Cosa si fa in queste situazioni?»

«Quale situazione?» domandò Jason perplesso.

«Be', dopo che hai finito. Cosa si fa?» chiese Nico, stiracchiandosi.

«Ah. Si sta a letto. Ci si coccola. Si dorme.»

«Mmh.» annuì il figlio di Ade, annuendo. «Non ho voglia di fare nessuna delle due cose. Quindi... Ciao.»

Nico recuperò i suoi boxer e li indossò, ignorando Jason. Prese il braccialetto e se lo mise al polso, infilandosi subito dopo gli anfibi. Un minuto dopo uscì dalla sua cabina, lasciando Jason da solo e confuso sul letto.

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Capitolo 20
*** 20. Will ***


Will si svegliò a pomeriggio inoltrato. Si mise seduto, massaggiandosi il collo e lo sguardo si spostò nel bunker, fermandosi infine su Leo. Il figlio di Efesto stringeva la coperta, e aveva ancora quel sorriso ebete sulle labbra. Non si era mosso.

«Buongiorno Leo.» borbottò Will, alzandosi in piedi e tenendosi al tavolo di lavoro. Si lasciò scappare uno sbadiglio e si stropicciò gli occhi, poi andò alla ricerca del bagno.

Ce n'era uno minuscolo, con tanto di doccia, in una parte nascosta del bunker. Nei cassetti c'erano dei vestiti, e Will passò dieci minuti a cercare qualcosa che potesse indossare. Quando ne ebbe trovati, si spogliò e si infilò nella doccia.

Il dolore che aveva provato come conseguenza della violenza di Jason era ormai scomparso, ma portava ancora i lividi ai polsi e alle caviglie. Erano in fase di guarigione, e non dolevano più. Almeno non fisicamente.

Will sospirò e si appoggiò alla parete di vetro, strofinando una spugna rossa su ogni centimetro di pelle, tralasciando la ferita del fulmine. La carne bruciava, peggio del pugno infuocato di Leo.

La sua mente fu attraversata da tre modi diversi per punire Jason. Con le sue capacità mediche, poteva farlo soffrire. O una malattia, magari, per farlo morire un pezzetto alla volta. Oppure ucciderlo con un colpo secco.

L'acqua diventò fredda e Will lanciò un gridò, spegnendo in fretta e uscendo fuori dal box. Si strinse in un asciugamano, strofinando il volto e cercando di riscaldarsi. Lanciò una breve occhiata al suo volto riflesso nello specchio prima di vestirsi.

 

Cinque minuti dopo si sedette accanto a Leo. Non provò a svegliarlo, sapeva che era impossibile.

Will nascose il volto tra le mani, cercando di riflettere. Come poteva vincere contro Cupido? Be', mostrando il suo forte amore per Nico, ovviamente. E avrebbe dovuto ignorare le botte che sarebbero arrivate da Percy e da Jason, e forse da Nico stesso.

Will si morse il labbro e si voltò a guardare Leo. Per Leo era bastato pensare a Calypso per finire nel mondo dei sogni. Lui cosa doveva fare per Nico? Dimostrargli il suo amore? Baciarlo, magari?

Will annuì lentamente fissando Leo. Forse sì, doveva baciarlo. Un bacio dal Vero Amore, e... E cosa? Sarebbe finito? Tutti i semidei si sarebbero svegliati, e loro? Che fine avrebbero fatto? Avrebbero vissuto per i futuri decenni pensando a quella terribile settimana al Campo Mezzosangue?

Will si alzò in piedi e camminò nel bunker, in cerchio. Afferrò una mazza di metallo, piuttosto pesante, e distrusse quel qualcosa che Leo aveva costruito il giorno prima. Subito dopo si sentì terribilmente meglio.

E i suoi pensieri si schiarirono. Non gli importava nulla di quello che sarebbe accaduto nel domani. Doveva occuparsi del presente, del Nico di oggi. Doveva trovarlo, liberarlo dalla guardia di Jason e Percy, portarlo via. E, se necessario, avrebbe affrontato Cupido.

«Grazie Leo.» Will sorrise e corse da Leo addormentato. Lo baciò a stampo sulle labbra, arruffandogli i capelli, e corse via. Era merito di Leo, dopotutto. Se non fosse stato per lui, probabilmente Will si trovava ancora legato alle catene nella cabina 1, con i polsi segati.

 

Will impiegò venti minuti ad arrivare al Campo. Si perse tra i boschi due volte e, quando si trovò vicino l'infermeria, tirò un sospiro di sollievo. Si appoggiò alla parete con la schiena, controllando prima il cielo e i tetti delle cabine. Subito dopo lanciò un'occhiata alle porte e alle finestre... e vide Nico in mutande e anfibi che si dirigeva nella sua cabina.

A Will venne un colpo.

Nico aprì la porta della cabina ed entrò. Un minuto dopo Jason Grace lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle.

Will si sedette contro la parete dell'infermeria con il cuore in gola. Quei due... Will deglutì. Stavano per fare...

Will si massaggiò la fronte, rimanendo seduto immobile. Inspirò profondamente. Doveva aspettarsi una cosa del genere. Se lo erano fatti tutti, dopotutto. Anche il ragazzo che aveva baciato a stampo nel bunker, il ragazzo che gli aveva salvato la vita.

Il figlio di Apollo rimase qualche minuto seduto a contemplare la cabina 13, chiedendosi cosa stesse succedendo all'interno, poi si affrettò ad entrare in infermeria. Non poteva mettersi a fantasticare su Nico e Jason proprio in quel momento. Non poteva sprecare tempo.

Si fermò, la mano chiusa attorno ad un disinfettante. E se Jason lo stesse stuprando? Poteva finalmente fare qualcosa per impedirlo, scacciare via il figlio di Giove, e portare in salvo il suo ragazzo.

Le mani di Will tremarono. Doveva farlo. Poteva entrare nella cabina e fare in modo che Jason non facesse più del male al suo Nico.

Will si bendò in fretta i polsi, poi cercò qualche arma. Spesso le confiscavano ai figli di Ares e le tenevano nei cassetti per qualche giorno, poi le riconsegnavano agli stessi ragazzi con nuove ferite.

Un cerchio senza fine.

Will riuscì a trovare un pugnale con la lama seghettata e se lo infilò sotto la maglia, nella cintura, con l'elsa contro la pancia. La missione "a morte Jackson e Grace" stava prendendo forma.

Mentre tornava a frugare nei cassetti, Will trovò una boccetta con un liquido viola. Lo annusò. Sapeva di fragole. Gli venne voglia di berlo, ma una parte di lui gli disse di farla cadere a terra.

E lui obbedì a quella voce calda e sicura nel suo orecchio.

 

Will continuò a svuotare sul pavimento tutte le boccette dal contenuto viola. Quando scopriva le mani ricoperte di quel liquido, si affrettava a lavarle. Teneva lo sguardo puntato sul liquido, asciugandosi le mani, quando lo vide cambiare colore.

Will si inginocchiò a terra, il cuore in gola, toccando il liquido trasparente. Si leccò un dito. Era acqua. Com'era possibile?

«Speravo proprio di trovarti qui.»

Will sussultò e si voltò, incrociando un paio di occhi verdi decisamente furiosi. Will ebbe il tempo di alzarsi in piedi prima che Percy Jackson gli venisse addosso.

Il figlio di Apollo scivolò a terra, con il ragazzo moro sopra di lui. Percy gli bloccò il viso e lo colpì alla mascella. Will vide le stelle, e la sua mente si schiarì in tempo per evitare un secondo colpo.

«Sai anche difenderti, dottor Solace?» lo schernì Percy, bloccandogli i polsi sopra la testa.

«Posso fare anche molto più di questo.» sbottò Will, colpendolo allo stomaco con una ginocchiata.

Percy si lasciò scappare un gemito, ma aumentò la stretta ai polsi, poi fece alzare l'acqua su cui giacevano. La comandò fino a farla entrare nella bocca di Will, che sgranò gli occhi.

Will provò a tossire, mentre sentiva i polmoni bruciare. Aveva bisogno di aria, e di eliminare l'acqua dai polmoni.

«Oh, stai annegando, piccolo figlio di Apollo.» sorrise Percy, con un sorriso dolce, accarezzandogli la guancia e posandogli un ginocchio sull'inguine. «È una bella sensazione vero?»

Will cercò di aprire la bocca per sputare l'acqua, ma Percy gliela tappò.

«Crepa, figlio del sole.» mormorò Percy, sogghignando. «Ti guarderò negli occhi mentre morirai.»

I polmoni gli bruciavano per la mancanza di aria. Sentiva le forze venirgli meno, per questo non si rese subito conto di avere le mani libere. A fatica, Will caricò un pugno e colpì Percy sul naso.

Percy scivolò via da lui, e Will si mise seduto vomitando fuori l'acqua. Cercò di respirare, i polmoni in fiamme.

«Figlio di puttana.» ringhiò Percy, asciugandosi il sangue dal naso.

«A... A me?» balbettò Will, alzandosi in piedi e rischiando quasi di cadere. La testa gli girava, ma doveva allontanarsi da Percy il più possibile.

Il figlio di Poseidone si rialzò più velocemente dell'altro, colpendolo in vita. Ma si scontrò con il pugnale, quindi ritirò in fretta la mano ringhiando.

Will recuperò il pugnale, puntandolo contro Percy, facendo respiri profondo. I polmoni gli dolevano ancora troppo.

«Vuoi uccidermi, Solace?» rise Percy, occhieggiando il pugnale e considerandolo solo un giocattolo nelle mani del biondo.

«La cosa... ti stupisce... tanto?» mormorò Will, tra un respiro e l'altro, mentre la mano gli tremava alla ricerca di un piano.

«Mi stupisce parecchio. Sono Percy Jackson, stupido idiota.»

«Sei... fatto di carne... come tutti.»

Percy scosse la testa, ma prima che potesse dire qualcosa, Will balzò verso di lui, puntando alla pancia. Il moro riuscì a fare un passo indietro, lasciando che la lama gli sfiorasse la maglia e lasciasse uno squarcio. Si scontrò alle spalle con uno dei lettini, che rovesciò.

«Brutto figlio di puttana!» urlò Percy, sfiorando la sottile linea di sangue. «Potevi uccidermi!»

Al posto di fare un commento sarcastico, Will urlò: «CON CHI SEI CADUTO NEL TARTARO?!»

Nico gli aveva parlato a lungo di tutte le avventure di Percy Jackson. Probabilmente il figlio di Ade non si era nemmeno reso conto che molto spesso, e molto volentieri, narrava le assurde, ma eroiche, vicende di Percy Jackson.

Ma quando gli parlava di Percy Jackson, Nico lo guardava sempre negli occhi. E per Will questo era il segnale che Nico ormai non provava assolutamente più nulla per la sua cotta infantile.

Nico era andato avanti. Nico era pronto per un altro amore.

Lo sguardo di Percy si fece un po' spaesato mentre si rialzava dal pavimento.

«Di che cazzo parli?» domandò, con gli occhi puntati su di lui.

«Ti sei buttato nel Tartato... per salvare qualcuno. Chi era?»

Will non sapeva se stava toccando il tasto giusto. Ma era a cinque metri di distanza da Percy, quindi abbastanza al sicuro per provare a farlo tornare alla normalità. Stava pensando anche a Jason, con la sua Piper.

«Non mi sono mai buttato nel Tartaro per salvare qualcuno.»

Will si morse il labbro con forza. Questo era un male. Percy non ricordava il Tartaro. Era un ricordo così orribile da rimuoverlo, o era stato rimosso da Cupido per non farlo tornare in sé?

Probabilmente la seconda...

Will deglutì, arretrando di un altro passo, il pugnale ben stretto nella mano destra.

«Ann... Annabeth Chase.» mormorò Will, guardandolo. «Tu la ami.»

«Non conosco nessuna Annabeth Chase.»

Maledetto Cupido!, pensò Will, mentre il sudore gli ricopriva la fronte. Ora cosa posso fare?!

Percy si mosse lentamente verso di lui, e Will puntò l'arma contro la sua gola.

«Posso lanciartelo e ucciderti all'istante.» lo mise in guardia.

«Avanti. Voglio proprio vedere.»

Will deglutì. Il suo bluff era stato smontato in meno di dieci secondi.

«Annabeth Chase.» iniziò a parlare Will, gli occhi puntati su Percy, in cerca di un segnale che gli facesse capire che le sue parole stavano facendo centro. «Figlia di Atena. Ha i capelli biondi, ma meno biondi dei miei, e gli occhi grigi come la tempesta. È molto intelligente, e ha paura dei ragni come ogni figlio di Atena. E la ami. Alla follia. Sei così pazzo di lei che ti sei buttato nel Tartaro per cercare di salvarla.»

Will si chiese cos'altro potesse dire su Annabeth.

Percy scosse la testa divertito. «Non conosco nessuna Annabeth Chase.» disse, ma un lampo rosso gli baluginò per un attimo negli occhi.

Will guardò quel colore verde, che ricordava il mare, e riprese.

«Annabeth Chase, figlia di Atena. Dopo la battaglia di Gea vi siete trasferiti al Campo Giove insieme, e lei ha iniziato il college seguendo i corsi di architettura. E anche tu ti sei iscritto con lei, ma non ho la minima idea di quello che potresti studiare tu. Lei studia architettura, ama l'architettura, i palazzi antichi... E tu ami lei, quindi queste cose piacciono anche a te.»

«Stai sparando un mucchio di stronzate, Solace.»

Percy gli si avventò contro, e Will cercò di colpirlo con il pugnale. Ma il figlio di Poseidone fu più veloce: gli colpì il polso con forza, rischiando di romperglielo, e gli fece cadere a terra il pugnale. Gli torse il braccio, e Will cacciò un urlo piuttosto forte.

«Non so cosa abbia visto Nico in te, ma sei una minaccia.» mormorò Percy, girandogli il polso fino a quando non si udì un rumore secco: glielo aveva spezzato.

Will cadde a terra in ginocchio, con le lacrime agli occhi per il dolore. Il pugnale giaceva vicino a lui, ma il dolore pulsante lo stava facendo impazzire. Non sarebbe mai riuscito a prenderlo.

Percy si inginocchiò davanti a lui. Will lo guardò prendere il pugnale, rigirarselo tra le dita, poi lo puntò sulla pancia del biondo.

«Nico ha la V di Valdez. Vuoi una V anche tu? O preferisci una J?»

Will deglutì a forza, prendendo il polso rotto con la mano sana. Si sforzò di fare una magia, ma il suo potere era scomparso tanto tempo prima.

«Vada per la J di Jackson. Ehi, ma è anche la J di Jason. Due bei ricordi in una lettera sola.»

«Stupido...» borbottò Will, stringendo il polso rotto. «Sei proprio un idiota. Uccidimi, falla finita.»

Percy ridacchiò piano. «Non voglio ucciderti, voglio prima baciare Nico davanti a te. E lasciare che lui ricambi. Prima ho spiato Jason e Nico... Nico non sembrava affatto contrario di fare sesso con Jason, sai?»

Will sgranò gli occhi, mentre le immagini di Nico mezzo nudo gli popolavano la testa. Jason non lo stava costringendo. E Nico camminava di sua spontanea volontà.

Will fissò la lama del coltello e, mentre Percy gli sollevava la maglietta, pensò di costringerlo ad ucciderlo. Almeno non avrebbe più sofferto.

«Annabeth Chase.» ripeté Will, e Percy sbuffò forte premendo la punta del pugnale sulla sua pancia. «Figlia di Atena. Attratta dall'architettura.»

Percy iniziò ad incidere.

Will si morse il labbro con forza, ma continuò.

«Vi amate. Così tanto da finire nel Tartaro insieme, ed uscirne più forti di prima.»

«Quante cazzate...»

«Lei... ti chiama Testa d'Alghe.»

Percy si fermò.

Will sentiva il suo sangue caldo sulla pancia, ma anche se distratto dal doppio dolore, notò il turbamento di Percy.

«Testa d'Alghe.» ripeté, e la mano di Percy tremò leggermente. «Lei ti chiama sempre Testa d'Alghe, anche in presenza di altri. Ti ha sempre chiamato così, da... da quando vi siete conosciuti. E tu...» Will si morse il labbro con forza mentre il dolore aumentava. «Tu la chiami...»

«Sapientona.» sussurrò Percy, alzando gli occhi su di lui, lasciando cadere il pugnale. Un sorriso si dipinse sulle labbra di Percy, e scivolò addormentato addosso a lui.

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Capitolo 21
*** 21. Solangelo ***


Quando la brezza leggera gli accarezzò il volto, Nico alzò lo sguardo sul cielo blu, e rimase per un po' in contemplazione di quello spettacolo limpido. Era pomeriggio, ormai, e si chiese se sarebbe riuscito a vedere il tramonto sul Pugno di Zeus.

Se ci avesse portato Jason forse sarebbe stato romantico, ma non aveva intenzione di tornare indietro e riprenderlo. Aveva bisogno di solitudine.

Aveva appena perso la verginità, e la cosa non gli faceva né caldo né freddo. Si sentiva solo strano, con una sensazione di vuoto allo stomaco... ma presunse si trattasse solo di fame.

Nico si avviò a passo deciso verso la cabina 1, dove recuperò i suoi vestiti. Il braccialetto al suo polso brillava ai tiepidi raggi del sole, e Nico gli passò il polpastrello sopra. La voglia di sapere a chi appartenesse si faceva sempre maggiore.

Nico si diresse in mensa. La fame gli bruciava lo stomaco. Aveva così tanta fame che non si sarebbe fermato nemmeno se fosse risorta Gea di fronte ai suoi occhi.

Poi udì un urlo provenire dall'infermeria. Ed esitò.

 

Nico rimase qualche minuto a fissare la porta spalancata dell'infermeria. Infilò le mani in tasca, giocherellando con il ciondolo a forma di sole.

I suoi genitori gli avevano sempre detto di non andare in infermeria quasi al tramonto, soprattutto se urla spaventose ne uscivano fuori.

Poi Nico ricordò che sua madre era morta, e che suo padre era un dio greco, e che nessuno dei due gli aveva mai detto una cosa del genere.

 

Quando Nico entrò in infermeria, vide un lettino rovesciato, e Percy Jackson che dormiva addosso a Will Solace.

«Mmh. Ho interrotto qualcosa?» domandò, alzando un sopracciglio.

Will voltò la testa verso di lui, e Nico fissò quei grandi occhi celesti. Avevano un colore bellissimo.

«Nico.» sussurrò Will, guardandolo. Nico vide quei begli occhi azzurri riempirsi di lacrime.

«Ehi, tu, non piangere.» Nico gli si avvicinò, spostando via Percy che scivolò sul pavimento. Stava russando, e sbavava. «Davvero, non piangere, non sopporto le persone che piangono.»

Will distolse lo sguardo in fretta, e Nico si accorse del sangue sulla maglietta del dottore. La alzò, scoprendo la J quasi incisa.

«Porco Crono.» mormorò Nico, guardandolo. «Te l'ha fatto Percy?»

Will annuì lentamente, e Nico si voltò verso Jackson. Sentì una carica di odio attraversarlo. Fu tentato di afferrare il figlio di Poseidone e picchiarlo, ma sentì qualcosa di caldo nella sua mano, e si irrigidì.

Will strinse le sue dita attorno a quelle di Nico, e appoggiò la testa contro di lui.

«Mi sei mancato.» mormorò il biondo, chiudendo gli occhi.

«Non dormire.» disse Nico, togliendo le dita dalle sue e alzandosi in piedi. «Devo controllarti quella ferita.»

Nico lo afferrò per l'ascella e lo tirò in piedi, passandogli il braccio attorno alla vita per sostenerlo. Lo fece sedere sul letto più vicino, poi lo stese.

«Dimmi cosa devo fare.» disse Nico, guardando Will. Il figlio di Apollo lo stava già osservando.

«Là, prendi quella borsa.»

Nico obbedì. Quando gliela portò, Will frugò dentro ed estrasse una boccetta di disinfettate. Nico notò che stava usando solo la sinistra.

«Che hai fatto alla destra?» domandò Nico, strappandogli la boccetta dalle mani e disinfettandogli l'incisione. Notò di essere piuttosto bravo... Doveva averlo già fatto in passato, ma non si ricordava quando.

«Mi ha rotto il polso.»

«Oh.»

Nico si affrettò a disinfettare, e a mettere una garza sull'incisione. Poi si occupò del polso. Will si lasciò scappare un gemito di dolore mentre Nico toglieva la benda scoprendo dei brutti lividi.

Al figlio di Ade tornarono in mente le catene nella cabina di Zeus, e gli mostrò il braccialetto al polso.

«Questo è tuo, vero?» domandò.

Will aggrottò la fronte. «Credo... di sì. Non lo metto da un po'.»

«Era nella cabina di Zeus.»

«Non lo metto più da un paio di mesi.»

Nico alzò un sopracciglio, ma decise di non commentare.

Will passò le dita della mano sana sul ciondolo, e lasciò che Nico gli medicasse il polso rotto.

«Non so cos'altro si faccia in queste situazioni.» disse Nico, tastandogli piano il polso.

«Devo mettere il gesso. Ma non penso che ci sia tempo.» Will si mise seduto, afferrando Nico per il colletto e lo attirò a sé, baciandolo.

 

Nico sussultò quando sentì la mano di Will stringersi attorno al suo colletto. Si lasciò spingere contro il torace dell'altro, e quando Will premette le sue labbra calde contro le sue, Nico non si tirò indietro, sebbene la voglia di tirargli un pugno fosse tanta.

Will gli lasciò il colletto, schiudendo le labbra e quelle di Nico. Il figlio di Ade gli posò una mano sul ginocchio, in attesa e, quando la lingua del biondo lo sfiorò, la sua era pronto ad aspettarlo.

Will continuò a baciarlo, in attesa di un segnale che facesse tornare tutto al loro posto. Non voleva avere un'incisione sulla pancia, e non voleva che nemmeno Nico l'avesse. Voleva tornare solo alla sua vecchia vita. Nico nel letto con lui, Nico che voleva imparare da lui, Nico che lo baciava.

Nico gli lasciò le labbra e lo guardò negli occhi. Will ricambiò l'occhiata, vedendo solo un tunnel scuro.

«Wow.» mormorò Nico, accarezzandogli il ginocchio. «Devo ammettere che non è stato male.»

A differenza dei baci con Jason, questa volta Nico aveva provato qualcosa. Una sorta di calore nel petto.

Will abbassò le spalle. «Non ti ricordi di me?» chiese, mentre il polso ricominciava a dolere.

«Mi ricordo di te.» lo stupì Nico, guardandolo negli occhi. «Ricordo che abbiamo combattuto insieme contro Gea. Ricordo la tua frase del cazzo "ordini del dottore", ricordo di essere stato in infermeria per tre giorni prima di scappare.»

Will lo osservò con il cuore che gli batteva forte. «Nient'altro?»

«C'è dell'altro?»

I due si guardarono negli occhi per qualche minuto, poi Will scosse la testa. Nico abbozzò un sorriso.

«Allora non c'è quasi nulla da ricordare su di te.» Nico frugò nei cassetti e gli trovò un tutore da mettere al collo per tenergli il polso dritto. «Ti basta?»

«Credo di sì.»

Nico lo aiutò a metterlo, e subito dopo alzò il mento del biondino, sfiorandogli le labbra.

«Posso baciarti di nuovo?» chiese, guardandolo negli occhi. Erano così blu... Rischiò di perdersi dentro.

«Quando vuoi.» fu la risposta di Will, accarezzandogli la guancia.

Si spinsero di nuovo l'uno contro l'altro, baciandosi con passione. Nico sentì quel tepore nel petto, e desiderò non lasciare le labbra dell'altro. Era bello baciarlo, lo faceva sentire caldo. Forse non significava nulla, forse era solo il calore da figlio di Apollo che lo possedeva.

Quando si lasciarono, Will gli posò la mano sana sulla guancia. Nico aveva le guance rosse, e non se n'era nemmeno accorto.

«Cosa devo fare con te?» mormorò Will, accarezzandogli le labbra.

«Non so di cosa parli.» rispose Nico, piano, mordicchiandogli il dito.

Will fu tentato di dirgli tutto quanto, ma si appoggiò a lui. Nico lo strinse a sé, chiedendosi perché non gli venisse l'impulso di spingerlo via. Era diventato un tenerone, dopo Jason?

«Mi sei mancato.» sussurrò Will contro il suo collo. «Ogni giorno. Mi dispiace per tutto quello che ti hanno fatto.»

«Non mi hanno fatto niente.»

«Sei fortunato a non ricordartelo.»

Will si assopì contro di lui, e Nico gli accarezzò la schiena, prima di farlo stendere sul letto. Gli diede un altro bacio a stampo, poi si affrettò a riordinare l'infermeria. 

 

Nico trascinò Jackson in un'altra stanza, tirandogli qualche calcio nel mentre. Era arrabbiato con lui, per quello che aveva fatto a Will. Gli aveva rotto un polso e rovinato la pancia. Avrebbe dovuto soffocarlo con il cuscino, ma avrebbe atteso il suo risveglio, per un duello vero.

Nico lasciò Percy nella stanzetta, poi tornò da Will. Gli posò la mano sulla fronte, e scoprì che aveva la febbre. Gli portò del nettare e lo aiutò a bere, e Will cercò di riprendersi. Il dolore gli echeggiava nel corpo. Se avesse avuto la sua magia a disposizione, avrebbe già guarito il proprio polso. Ma così...

«Nico.» mormorò Will, mettendosi seduto con una smorfia, ignorando il dolore pulsante. «Devi sapere cos'è successo.»

«Me lo hai già spiegato.» disse Nico, passandogli un panno bagnato sul volto.

«No, non si tratta di Percy e di quello che ha fatto a me. Ma si tratta di ciò che hanno fatto a te. Percy, Jason, Leo. E... E gli dei.»

«Gli dei?» ripeté Nico, aggrottando la fronte. «Gli dei cosa mi avrebbero fatto?»

«Molto più di quanto tu creda.»

«Mmm...»

«Non vuoi credermi?»

«Se non mi dici cosa è successo, come posso crederti?»

Will annuì, cercando il suo sguardo. «Io e te stiamo insieme.» disse, e l'espressione di Nico si fece più confusa. «Abbiamo una relazione, e siamo felici. E gli dei... Cupido per primo... ci hanno fatto questo.»

«Questo cosa?» mormorò Nico, prendendogli la mano sana e stringendogliela. Non credeva molto a quello che stava dicendo. Assomigliavano molo ai deliri di un pazzo, o ai deliri causati dalla febbre alta. Lo avrebbe lasciato parlare, e avrebbe atteso paziente che si fosse addormentato.

«Prima...» Will deglutì. «Prima ti hanno tenuto nella tua cabina, legato al letto. E hanno usufruito del tuo corpo. Poi... Ti hanno fatto qualcosa ai ricordi, e hai dimenticato tutto. Di me, del nostro amore, di quello che ti hanno fatto loro.»

Nico lo fissò in silenzio.

Will riconobbe lo sguardo. «Non sono pazzo.» si affrettò a spiegargli. «È tutto vero.»

«E tu sai tutto questo perché mi hai stuprato anche tu?»

«Oh no. Leo mi ha raccontato tutto quanto.»

«Anche della V sulla pancia?» Nico si alzò la maglietta.

Will la sfiorò con le dita. «Anche di questa.» annuì, sentendo dolore al petto. «Te l'ha fatta perché... si era arrabbiato. Pensava che tu lo stessi usando.»

«Che lo stessi usando per cosa? Per un altro po' di stupro?»

«Con lui è stata una cosa complicata, Nico. Sei stato consenziente, lo hai spinto tu a farlo, perché non volevi che... che mi facessero del male.»

Nico non capiva molto quello che stava succedendo. Gli sembrava tutto troppo inverosimile.

«Jason ti ha fatto del male? Anche Percy? E Leo?» chiese, stringendo la mano dell'altro con uno spasmo. «Ti hanno fatto del male? Will, voglio sapere tutto quanto.»

E Will gli raccontò tutto quanto. Di come lo avevano legato nella cabina di Zeus. Della violenza di Jason. Dei pugni di Leo. Percy non era mai andato a trovarlo, Percy non gli aveva mai fatto niente, prima di quel giorno. Will continuò raccontandogli di quando si era ritrovato davanti Nico privo dei suoi ricordi, di ritorno dalla spiaggia. La sua fuga nel bosco, lo schieramento di Leo dalla sua parte, il fulmine di Jason dritto allo stomaco.

Nico guardò Will negli occhi per tutto il tempo, sentendo qualcosa di oscuro passargli nelle vene. Doveva essere l'odio, e il disgusto per sé stesso per quello che aveva fatto prima con Jason. Lo aveva sedotto, lo aveva baciato, aveva fatto sesso con lui di sua spontanea volontà...

«Come faccio a tornare normale?» chiese Nico, accarezzandogli la guancia e cancellando le lacrime del figlio di Apollo. «Come faccio a ricordarmi di te?»

Will scosse piano la testa. «Pensavo che una volta che ci fossimo baciati, tutto sarebbe tornato normale. Ma... non è successo.»

Nico lo baciò un secondo dopo, e Will ricambiò. Quando si separarono, non era cambiato nulla. Di nuovo.

«Se è vero che stiamo insieme, che proviamo qualcosa l'uno per l'altro... i nostri sentimenti torneranno come prima.» mormorò Nico, baciando Will sulla fronte bollente. «Dobbiamo aspettare.»

«Nico, ma cosa dobbiamo aspettare?» rispose Will, guardandolo.

«Se è vero che tutto quello che ci è successo è stato per colpa degli dei, deve arrivare un loro... un loro segnale di conclusione. Tutto questo non può continuare all'infinito.»

«Nico di Angelo... ti credevo meno sveglio.»

Will e Nico sussultarono e si voltarono verso la porta.

Jason li stava guardando sorridendo dalla soglia dell'infermeria. Ma dietro le lenti, i suoi occhi erano dorati.

«Sono il segnale di conclusione. Io sono Cupido.»


 

Buone feste :')

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Capitolo 22
*** 22. Cupido ***


Nico deglutì, e Will aumentò la presa sulla sua mano. Quello era Cupido? Ma no, non era possibile, era Jason...

Cupido si guardò intorno nell'infermeria, sorridendo appena.

«Questo è il luogo in cui è nato il vostro amore.» disse Cupido, e Will e Nico si guardarono. Nico non sapeva quanto credergli, ma la mano di Will era calda e sicura. «Ed è esilarante sapere che qui il vostro amore giungerà al termine.»

Will si mise seduto a fatica, e Nico gli lanciò un'occhiata preoccupata. Aveva ancora la febbre alta, ed era ricoperto di sudore.

«Will, stai giù.» mormorò Nico, ma l'altro scosse la testa e scese dal letto. Nico lo sostenne per la vita, e gli tornò in mente un altro ricordo: i romani ovunque, lui privo di forze. Ma c'era Will, che si era passato un suo braccio attorno al collo, e lo aveva sostenuto. Proprio come stava facendo Nico ora con il dottore.

«Allora, ragazzi.» disse Cupido, guardandoli divertito. «Devo ammetterlo: siete stati straordinari. Non mi aspettavo tanto coraggio dal biondino,e sono del tutto sorpreso. E ha anche capito il mio gioco! Un punto per te, Solace.»

«I tuoi punti del cazzo te li puoi tenere tutti.» sbottò Will.

Cupido scoppiò a ridere. «Straordinario. Sai una cosa, Nico? Non credevo nel vostro amore, quando avete iniziato a flirtare. Ma Afrodite sì. Ha avuto ragione, glielo devo riconoscere.»

Nico strinse Will con più forza. «Cosa vuoi ancora da noi?» chiese il figlio di Ade, guardandolo.

«Volevo controllare se il vostro fosse Vero Amore.» spiegò Cupido, camminando per la stanza. «E, in effetti, per un po', lo è stato.»

«Per un po'? Che intendi con per un po'?» ringhiò Will, fissandolo torvo.

«Nico si è dimenticato di te, Will.» spiegò Cupido, tranquillo. «E ha fatto l'amore con altri due ragazzi.»

«Sei stato tu a fargli dimenticare di me! Con la magia, o che so io!»

«Era una prova.» Cupido guardò Nico. «Ti ho tenuto d'occhio dopo che sei venuto da me. Ti ho visto rinunciare al tuo altro amore, ma sei stato piuttosto felice con lui in questo periodo.»

Will mormorò piano: «Percy.»

Nico si massaggiò la testa. «La mia cotta per Percy Jackson è passata da un pezzo.» disse.

«E questi giorni sono stati solo una bugia per Nico.» aggiunse Will, fissando male Cupido. «Quindi non puoi credere che fosse veramente felice.»

«Ma lo era.»

«Non ricordava nulla!»

«No, non ricordava solo te, figlio di Apollo, e ciò che era collegato a te. Sei come tuo padre, egoista ed egocentrico.»

«E tu sei come tua madre, una p...» sbottò Nico, e Will si affrettò a tappargli la bocca.

«Non insultare il dio dell'amore in modo così esplicito.» borbottò Will, e Nico gli morse la mano.

«Lasciamelo fare. Infondo, sono io quello che è stato stuprato e preso in giro, no? Io sono il suo obiettivo. È con me che ce l'ha, e il sentimento è ricambiato perché anch'io ce l'ho con lui.» Nico si voltò verso il dio nelle sembianze di Jason. «Sei una gran testa di cazzo.»

Cupido rise. «Il gergo degli umani è arrivato anche da te, di Angelo? Ti credevo migliore nel padroneggiare il linguaggio.»

«E io credevo di passare la mia vita in modo tranquillo, amando una sola persona e lasciandomi amare da questa persona. E non che altri tre se la spassassero con il mio corpo. Cosa volevi succedesse facendo così?!»

Cupido scrollò le spalle. «Mi annoiavo. E loro, i tuoi amici, provano un sentimento per te. Non è bello lasciare le cose a metà, soprattutto quando si tratta di sentimenti d'amore.»

Nico guardò Will. «Lo ammazzo.» borbottò.

Will si lasciò scappare una risatina nervosa. «Ti prego, evita. Non ti voglio lasciare ora che sei di nuovo qui con me.»

Nico gli accarezzò una guancia, chiedendosi perché si sentisse così sottosopra, e lo baciò d'istinto. Will ricambiò. Era bollente e, dopo qualche secondo, il bruno si scostò.

«Stai malissimo.» disse Nico, piano. «Dovresti stenderti.»

«Siamo alla presenza di un dio.» rispose Will, sottovoce. «Non mi metterò a dormire.»

Cupido li stava osservando divertito.

«Continuate pure a scambiarvi effusioni. È divertente restare qui in disparte a guardarvi.»

Nico gli scoccò un'occhiataccia. In realtà non gli fregava affatto della sua presenza. Si preoccupava solo della salute di Will. Lo fece sedere di nuovo sul lettino, tirandogli indietro i capelli e schioccandogli un altro bacio sulle labbra.

«Devi riposarti.» gli disse. «Sei bollente.»

«Ma...»

«Shh.»

Nico si spostò dal lettino di Will, e si mise davanti a Cupido. Il dio continuava ad osservarli con un sorrisino sulle labbra.

«Perché fai questo?» domandò Cupido, guardando Nico. «Non lo ami.»

Nico si morse il labbro voltandosi verso Will. Gli occhi del figlio di Apollo erano lucidi per la febbre.

«Occuparmi di lui è la cosa più importante al momento.» mormorò Nico.

«Quindi ti fa pena. Non sei innamorato di lui.»

Nico continuò a guardare Will negli occhi. Ricordò il modo in cui si erano baciati, il modo in cui Will gli aveva stretto le dita tra le sue. Il sorriso di Will nel vederlo in salute. Come si erano salvati a vicenda durante la battaglia contro Gea...

«Io...»

«Ti amo Nico.» mormorò Will, scendendo di nuovo dal letto e avvicinandosi a lui. Gli prese la mano, e gli strinse di nuovo le dita tra le sue. «Ti amo tanto. Ho impiegato tutto questo tempo per capirlo, e a dirtelo, e mi dispiace per quello che hai passato.»

Nico guardò le loro dita incrociate. Non ricordava nulla del loro amore.

«Mi ami comunque?» chiese Nico, piano, tenendo lo sguardo basso. «Nonostante tutto quello che è successo, mi ami?»

«Perché non dovrei? Non lo hai voluto tu.» Will gli lasciò la mano per accarezzargli la guancia, e Nico alzò gli occhi fino ad incrociare quelli blu. «Avrei voluto esserci io al tuo posto.»

«Posso farlo, sai?»

Nico e Will ricordarono di non essere soli e si voltarono verso Cupido. Il dio sorrideva sornione.

«Posso fare in modo che Valdez, Jackson e Grace si risveglino, Will, e lasciare che vengano a cercare te questa volta. Vuoi questo? Ti piacerebbe vivere sulla tua pelle quello che ha vissuto il tuo Nico?»

 

«NO!» gridò Nico, guardando il dio come se fosse impazzito. Poi si voltò verso Will. «Guai a te! Io non lo ricordo, per fortuna, ma scommetto che lui ti farebbe ricordare ogni secondo di ogni violenza! Non lo fare!»

Will fissò Cupido in silenzio.

«E non serve nemmeno, cazzo!» Nico tornò a guardare il dio. «Ormai mi è successo. A Will non farai succedere la stessa cosa!»

«Altrimenti?» chiese Cupido.

«Altrimenti mi arrabbio.»

«Oh, che paura. Un figlio di Ade arrabbiato. Mi lancerai addosso delle ossa? Oh giusto. Non puoi, di Angelo. I tuoi poteri, e quelli del tuo amichetto, sono bloccati.»

Cupido mosse la mano e una freccia comparve dal nulla, diretta al petto Will. Nico lo spinse giù a terra prima che la freccia potesse colpirlo, e si voltò verso Cupido.

«Sarà una lunga giornata questa.» disse Cupido, mentre un'altra dozzina di frecce si materializzava attorno a lui. «Fareste meglio a correre.»

 

Nico afferrò Will per il gomito e si misero a correre. Entrambi sentirono le frecce sibilare e passare attorno a loro. Nico notò che nessuna di esse li aveva colpiti... Cupido non voleva che il suo gioco durasse poco.

«C'è un'altra uscita, vero?» domandò Nico a Will, mentre si nascondevano dietro ad un muro.

«Sì, laggiù.» Will indicò il corridoio davanti a sé. «Ma dove vorresti andare?»

«Lasciare l'infermeria, tanto per cominciare. E raggiungere il mio Ferro dello Stige.»

«Vuoi combattere contro un dio?»

«Per difenderti, sì.»

Will si morse il labbro guardandolo. Nico si chiese perché avesse detto una frase del genere. Arrossì leggermente, e Will gli diede un bacio sulla guancia.

«Muoviamoci.» mormorò Will, precedendolo correndo.

Nico lo seguì.

Scapparono fuori da una finestra, e Nico si accorse, mentre si calava giù dopo il biondo, che le frecce di Cupido non li avevano nemmeno sfiorati. Non era un buon segno.

«Will.» mormorò Nico, posandogli una mano sulla spalla, e facendolo voltare. «Ce la fai a correre?»

«Sì.» annuì Will. Aveva ancora la fronte imperlata di sudore, e a Nico fece tenerezza. Stava correndo sebbene fosse privo di forze.

«Se tu non fossi così alto ti porterei in spalla.» mormorò Nico.

«Ma per fortuna sono alto.» Will ridacchiò. «Muoviamoci, ora. Cabina 13?»

«Sì.»

Si presero per mano.

 

Nico sentì il sibilo della freccia alle sue spalle e spinse Will dietro ad una cabina. La freccia gli sfiorò il fianco e Nico si morse il labbro. Gli aveva lasciato un graffio: non era mortale, ma bruciava.

«Fa vedere.» disse Will immediatamente, autorevole, alzandogli la maglia.

«È solo un graffio, Will, davvero...»

Will avvicinò le labbra alla ferita e Nico avvampò di colpo. Non ne capì il motivo. Non dopo aver fatto sesso con Jason, e aver fatto quel genere di cose con lui.

Nico chiuse gli occhi mentre sentiva Will succhiargli la ferita. Lo sentì sputare e lo guardò.

«Le frecce sono avvelenate.» disse Will, sputando del sangue dalla bocca e pulendosi le labbra con la manica. «Non facciamoci più colpire.»

«Sì. Will... grazie.»

«Nico, sono io a dover ringraziare te.» Will gli diede un bacio leggero, poi spiò oltre la cabina e riprese a correre a zig zag. Nico gli andò subito dietro, gli occhi incollati su di lui, il cuore martellante.

 

Riuscirono ad arrivare alla cabina di Ade e si chiusero la porta alle spalle. Si guardarono con gli occhi ingigantiti, senza più fiato, e si affrettarono a guardare se l'altro non fosse stato colpito dalle frecce.

Poi si rilassarono.

«Cupido ci ha mancati.» mormorò Nico, guardando fuori dalla finestra. Il dio dell'amore non si vedeva da nessuna parte.

«Il che è piuttosto preoccupante.» disse Will, andando nel bagno. Nico lo seguì. Non voleva che svenisse. Lo guardò mentre si lavava il volto, e si asciugava.

«Che vuoi dire?» chiese Nico, tenendo gli occhi fissi su di lui.

Will si voltò a guardarlo. Alcune goccioline d'acqua si erano posate sulle sue ciglia. Nico lo trovò stupendo.

«Be', è un dio. Penso abbia sbagliato apposta.»

«Magari ha una giornata no.»

Will alzò un sopracciglio, scettico. «Prendi la tua spada.»

«Ferro dello Stige.» lo corresse Nico, e andò a prenderlo.

Mentre la tirava fuori dalla fodera, Nico si accorse di Jason che dormiva sul suo letto.

«Will.» chiamò piano, e subito il figlio di Apollo lo raggiunse, affiancandolo guardingo. «Tu pensi che...»

«È Jason.» lo rassicurò Will, avvicinandosi al figlio di Giove, e scrollandolo. «Dorme. Come tutti gli altri.»

Nico annuì, ma non si avvicinò. Era imbarazzato. Jason si era addormentato probabilmente dopo che era uscito dalla cabina, dopo che avevano fatto sesso. E se Will era veramente il suo ragazzo...

Will coprì meglio Jason con il lenzuolo, e si voltò verso di lui.

«Tutto okay?» gli chiese, avvicinandosi, prendendogli la mano.

Nico annuì, chiudendo gli occhi. «Pensi che finirà?» sussurrò.

«Dobbiamo tenere duro, Nico.» rispose Will, stringendolo con un braccio. «Come abbiamo fatto finora.»

«Mi dispiace per quello che ti è successo.»

«Tu hai subito di peggio.»

«Jason ha violentato anche te.»

Will lo baciò all'angolo della bocca, e si separò da lui. Nico gli tenne la mano sulla vita. È una persona meravigliosa, pensò Nico. Come posso non ricordarmi di lui?

Nico fu sul punto di baciarlo di nuovo quando la finestra si ruppe e una freccia si avventò su di loro.

 

Will urlò e si lanciò addosso a Nico, spingendolo a terra, facendogli scudo con il proprio corpo.

«WILL!» urlò Nico, sconvolto, cercando di tirarlo su. «WILL.»

«Sto bene.» disse il figlio di Apollo, cercando di tranquillizzarlo. «Sto benissimo.»

Nico gli guardò la schiena, e vide una freccia conficcata nel fianco del ragazzo.

«No, non stai bene.» Nico lo sollevò e lo trascinò in bagno.

Will ridacchiava mentre Nico lo appoggiava contro la vasca.

«Non è mortale.» disse Will, mentre Nico gli squarciava la maglia attorno alla freccia. «È un veleno paralizzante.»

«Ma non ti paralizza anche gli organi dentro?» mormorò Nico. La freccia si era conficcata per cinque, sei centimetri. «Will...»

«Non mi sento più le gambe, ma sto bene.» lo rassicurò Will, annuendo piano, prendendogli la mano. «Vai da lui.»

«Will, non ti lascio qui solo e paralizzato.» sbottò Nico. «Posso togliere la freccia senza problemi? Ti ha colpito qualche organo?»

Will scosse la testa e fermò Nico prima che potesse sfilare via la freccia.

«Prendi un asciugamano.» disse, e il figlio di Ade aprì un cassetto. All'interno c'erano numerosi asciugamani bianchi con dei soli. Ne prese uno.

«Tu vivi con me?» chiese Nico, inginocchiandosi davanti a Will e passandogli l'asciugamano.

«Prima che succedesse tutto questo, ho passato dei giorni bellissimi in tua compagnia.» mormorò il figlio di Apollo, stringendo l'asciugamano con la mano sana.

«Cosa... cosa abbiamo fatto?»

Il biondo guardò l'altro negli occhi, sorridendo. «Siamo stati insieme, ed eravamo felici. Non c'è nulla di più importante.»

Nico si ritrovò a sorridere con l'altro. Qualsiasi cosa avessero fatto insieme, Nico fu sicuro che fosse felice. Come poteva essere altro con lui?

Will gli fece cenno di togliere la freccia, e Nico contò fino a cinque. Will chiuse gli occhi, stringendo i denti, e a quattro Nico strappò via la freccia dal suo corpo. Il figlio di Apollo si lasciò scappare un urlo, che subito soffocò con la mano. Il figlio di Ade posò l'asciugamano sulla ferita, premendo forte.

«Devo, ehm, succhiarti il veleno?» domandò Nico, un po' imbarazzato.

«Oh no. Ormai è in circolo. Ma puoi darmi un pezzo di ambrosia, e mettere del nettare sulla ferita.»

Nico obbedì. Mentre Will masticava un piccolo pezzo di ambrosia, Nico versò il nettare sul fianco di Will, accarezzandolo con le dita. Vide Will rabbrividire al contatto, e Nico desiderò solo baciarlo, e spogliarlo, e toccarlo.

«Da quanto stiamo insieme?» chiese Nico, ripulendo la ferita.

«Poco, in verità.» disse Will, voltando la testa per incrociare il suo sguardo. «Ci siamo frequentati per più di un anno. Ma parlavamo, ci allenavamo, e nient'altro. Nelle ultime settimane ci siamo baciati... e abbiamo fatto l'amore.»

Nico chiuse gli occhi, cercando di ricordare qualcosa. Ma oltre la battaglia contro Gea, e qualche raro momento in cui si trovava con i suoi amici, Nico non ricordò altro. Il più recente era il suo risveglio nella sua cabina, quello stesso giorno.

«Nico.»

Il figlio di Ade riaprì gli occhi, e vide Will guardarlo preoccupato.

«Cupido?» chiese Nico, lanciandosi un'occhiata alle spalle.

«No. Ti sanguina il naso. Non forzare la tua mente, d'accordo?» mormorò Will, appoggiandosi a lui.

«Ma tu non dormire.» disse Nico, in fretta, pulendosi il volto e stringendolo.

Il figlio di Apollo annuì lentamente, e Nico gli tastò il volto. Era più caldo di prima.

«Com'è stato il nostro primo bacio?» chiese Nico sperando che, facendolo parlare, il biondo avrebbe continuato a rimaner sveglio.

Sulle labbra di Will si aprì un piccolo sorriso. «È stato bello.» mormorò. «Eravamo impacciati, e maldestri, ed eravamo del tutto naturali.»

«Ti ho morso?» domandò Nico, piano.

«Oh no. Non lo hai fatto.»

«E... com'è stato fare l'amore?» Nico lo strinse a sé. Se Will gli diceva cose vere, e Nico lo credeva, era quello il ragazzo con cui aveva perso la verginità. Era a lui che si era donato, senza costrizioni.

Un altro sorriso stanco comparve sulle labbra di Will, e Nico si rese conto che lo stava perdendo.

«Fantastico.» sussurrò, e Nico lo strinse più forte. «Sempre maldestri. E io... dei, avevo del lubrificante in tasca.»

«Perché avevi del lubrificante in tasca?» disse Nico con uno sbuffo, sorridendo.

«Volevo essere pronto, nel caso tu lo volessi.» Will chiuse gli occhi e si appoggiò a lui. «Non volevo farti del male...»

Will si assopì qualche secondo dopo. Nico gli accarezzò i capelli, mentre il corpo del ragazzo mandava ondate di calore.

 

Nico rimase in quella posizione per un'altra decina di minuti, poi sollevò Will a fatica e lo portò nel letto, vicino a Jason. Il figlio di Giove non si era mosso da quando Will gli aveva spostato le lenzuola. Il figlio di Ade rimboccò le coperte di Will, dandogli un lieve bacio sulle labbra.

Nico afferrò il suo Ferro dello Stige e uscì dalla cabina di Ade. Guardò a destra e a sinistra, alla ricerca di Cupido, e stringendo forte la spada si avviò verso l'Arena.

Gli sembrava il posto migliore per combattere contro un dio.

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Capitolo 23
*** 23. Cupido ***


Cupido era seduto sul ramo di un albero quando vide spuntare il figlio di Ade. Per qualche secondo, Cupido lo osservò divertito, poi scese, atterrando agilmente di fronte all'altro.

Nico arretrò di un passo, pronto al combattimento.

«Noto con piacere che ti sei liberato di Solace.» disse Cupido, ridacchiando. «Deve essere stato paralizzante, per lui, vederti andar via.»

Nico sibilò tra i denti stringendo l'elsa del Ferro.

«Calmo, calmo.» sorrise Cupido, e Nico si chiese se avrebbe potuto ucciderlo nei panni di Jason. Ma era un dio, quello stupido del dio dell'amore. «Non intendo combattere contro di te.»

«Ma io sì.» sbuffò Nico. Attaccò il dio, che per la sorpresa fece un passo indietro, alzando le mani e bloccando il futuro colpo della spada.

«Combatti contro l'Amore, di Angelo?» chiese il dio, curioso. «Posso estrarre diversi significati da questo.»

«L'unico significato che devi cogliere è che mi stai sul culo, quindi è meglio se mi stai alla larga. Preferisco tua madre.»

Nico si buttò di nuovo contro di lui, e Cupido fece comparire una spada bianca. Si difese dall'attacco di Nico, arretrando per via della forza dei colpi dell'altro.

«Lo sai che non puoi uccidermi, vero?» domandò Cupido, parando una finta e restando in posizione di difesa.

«Ferirti mi farà stare meglio.» disse Nico, serio, tornando all'attacco.


Nei successivi cinque minuti, Cupido si difese dagli attacchi continui di Nico, senza abbassare mai la guardia. Il figlio di Ade non sembrava volersi fermare, e il dio ne rimase stupito. Ade glielo aveva detto, suo figlio non era un tipo che demordeva facilmente.

Cupido sibilò. Aveva perso la concentrazione, e aveva lasciato che l'altro lo ferisse sulla spalla.

Sul volto di Nico comparve un sorrisetto. «Vedo il tuo icore.»

«Vedo dei denti saltati se non stai zitto.» sbuffò Cupido, e fece comparire le frecce, scagliandole tutte insieme contro Nico.

Il figlio di Ade fece un passo indietro, stringendo forte l'elsa della spada. Si mosse veloce, colpendole tutte e spezzandole a metà prima che potessero sfiorarlo.

Ansante, Nico si voltò verso Cupido. Il dio dell'amore lo stava guardando a debita distanza, con la fronte aggrottata.

«Cosa devo fare per farmi lasciare in pace da te?!» urlò Nico.

Cupido gli scagliò contro un'altra dozzina di frecce, e Nico le spezzò tutte. E spezzò anche quelle che il dio gli spedì dopo. E quelle dopo ancora.


Nico lasciò cadere il Ferro, esausto. Cadde a terra in ginocchio, cercando di riprendere le forze. Una freccia lo colpì alla spalla, e Nico chiuse gli occhi per il dolore. Non aveva nemmeno la forza per urlare.

«Nico di Angelo.» disse Cupido, avvicinandosi a lui, e un'altra freccia gli penetrò nello stomaco. «Mi hai sorpreso.»

Nico alzò gli occhi su di lui, mentre il dolore allo stomaco si faceva più forte. Fu tentato di prendere il Ferro e colpirlo nuovamente, ma non aveva energia.

Il dio si inginocchiò di fronte a lui. Nico chiuse gli occhi. Non voleva vederlo.

«Ora che farai, mi ucciderai?» domandò Nico, frustrato.

«Immagino che ti dispiaccia, morire. Raggiungere gli Inferi di tuo padre per un'altra strada.»

«Accetto la morte.» disse Nico, e il dio aggrottò la fronte. «Ma devi lasciare in pace Will.»

«E perché?»

«Perché non si merita che un dio come te gli giri intorno. Lasciagli vivere la sua vita in pace. Lascialo felice.»

«Ma se tu muori lui non sarà felice.»

«Capirà. L'ho fatto per lui.»

Cupido fece una smorfia. «Perché, Nico? Perché ti lasci uccidere per lui? Lo ami?»

Nico strinse i pugni, mentre il calore nel suo petto prendeva forma. «Sì, lo amo.» ammise.

«Ma non lo ricordi. Come fai ad amarlo?»

«Questo dovresti spiegarmelo tu, no?»

Nico alzò una mano tremante e si strappò una freccia. Poi l'altra. Non voleva che Will vedesse il suo corpo ricoperto di frecce. Si sentì assalire da un attacco di nausea, e il suo istinto fu quello di vomitare addosso al dio. Ben gli stava.

«Lo ami.» ripeté Cupido. «Ma l'unica cosa che ricordi di lui è la mezza giornata di oggi.»

«Già.»

«Lo ami perché credi che sia giusto così? Infondo lui ha detto di amarti. E il suo amore è il più puro che io abbia mai visto. Vuoi ricambiare i suoi sentimenti perché pensi sia la cosa migliore?»

Nico rimase in silenzio per qualche secondo, a riflettere. Poi strinse la mano attorno alla freccia e la conficcò nel collo del dio. Sapeva che non l'avrebbe ucciso, ma gli avrebbe fatto vivere la morte in modo diverso.

Il dio lanciò un grido, più per lo stupore che per il dolore, e un flutto di icore si riversò dalla ferita.

«Lo amo!» esclamò Nico, lasciando la presa sulla freccia, e sdraiandosi a terra. Il dolore alle spalle non era nulla in confronto al dolore allo stomaco. «Lo amo, e so che non si può amare una persona dopo una mezza giornata, ma è così. Lo amo nel modo stupido in cui può amare un ragazzino della mia età. Lo amo... e tu dovresti saperlo.»

«Lo so, bastardo.» annuì il dio, togliendosi la freccia dal collo e massaggiandosi la ferita. «Ma volevo che ti sentisse.»

Nico si chiese di chi stesse parlando quando sentì dei rumore di piedi sulla strada. Si mise seduto, sentendo un forte dolore allo stomaco. Posò una mano sulla ferita, sentendo il suo sangue caldo abbandonarlo.

«Nico.»

Il figlio di Ade alzò gli occhi sul biondino. Il volto di Will era una maschera di dolore. Si inginocchiò accanto a lui, e gli prese la mano sporca di sangue.

«Dovevi restare con me.» singhiozzò Will, stringendogli forte la mano e controllandogli la ferita allo stomaco.

«No, Will. Lui... lui avrebbe ucciso te.»

«Lo avrei preferito.»

Nico gli tenne stretta la mano tra la sua. Non aveva molta forza di parlare, o di muoversi, e guardò le lacrime calde che dal volto di Will scivolavano fino a lui.

«Will...» mormorò Nico, e l'altro lo zittì.

«No, risparmia il fiato.» Will si voltò verso il dio, che si stava pulendo l'icore dalle mani. «TU! Restituiscimi i miei poteri! Posso salvarlo!»

Il dio lo ignorò, occupato com'era a strofinare via l'icore dalla giacca.

Will si tolse la maglia e tamponò la ferita dell'altro. Nico pensò che fosse tutto inutile, ma lo lasciò fare. Will avrebbe sofferto di più nel sapere che non poteva fare nulla.

Lo guardò mentre gli posava entrambe le mani sulla ferita, e cominciava a mormorare un incantesimo. Nico notò che le mani del figlio di Apollo non si stavano illuminando. Era senza potere.

«Will, lasciami... morire...» mormorò Nico, cercando di prendere la sua mano.

«No, non ti lascio morire.» disse Will. Con le guance rigate da lacrime Nico notò quanto fosse carino, adorabile. Ma senza le lacrime e gli occhi gonfi, e con un bel sorriso, lo era di più.

«Dimenticami.» sussurrò Nico, stringendogli la mano. «Will...»

Un'onda di energia scaturì dalle mani di Will, e Nico sobbalzò. Will lanciò un grido trionfante e urlò l'incantesimo in greco. Nico lo guardò sorpreso, senza parole... e risentì la vita scorrere nelle sue vene.

«Non ti dimentico!» urlò Will, mentre un sorriso luminoso quanto le sue mani gli compariva in volto. «Non ti posso dimenticare, io ti amo!»

Nico si rimise seduto. La ferita allo stomaco era guarita. Si voltò verso Will, sconvolto, lasciandosi stringere dal suo abbraccio con un braccio solo.

«Come..?» mormorò Nico. Le domande erano tante, e non seppe da quale cominciare.

Will lo stritolò nell'abbraccio, poi gli prese il volto e lo baciò. Nico ricambiò con energia ed entusiasmo.

«Quando mi sono svegliato non ero più paralizzato.» disse Will, separandosi dalle sue labbra di qualche centimetro. Nico gli asciugò le guance. «E mi sono messo a cercarti. E ti ho trovato qui. Non scappare più da me.»

«Mai più.» Nico sorrise e riprese a baciarlo. Will lo attirò contro di sé, le mani bollenti.

I ricordi di Nico tornarono tutti insieme, come un'esplosione, come i poteri guaritivi di Will, e si lasciò scappare un gemito nella bocca del biondo. Appoggiò la fronte alla sua spalla, mentre tutto tornava al suo posto.


Percy, Leo e Jason erano entrati nella cabina di Ade. Avevano portavo via Will, e legato lui al letto. Poi, a turno, avevano usato il suo corpo come se fosse un giocattolo... tranne Leo, inizialmente. Con Leo era stato un vero idiota, ma chissà come sarebbero andate le cose se non lo avesse fatto.

Nico si asciugò le guance. Aveva iniziato a piangere senza rendersene conto. Il dolore lo assalì, percepiva le loro mani sul suo corpo, le loro labbra su di lui, nonostante tutto il tempo passato.

«Nico...» mormorò Will, stringendolo.

Il figlio di Ade chiuse di nuovo gli occhi. Ora ricordava anche di aver preso delle pillole, e di essersi svegliato in compagnia di quei tre. Non ricordava chi fosse Will, e a questo strinse il ragazzo con più forza. Percy e la spiaggia, Jason e la cabina, Jason che colpiva l'altro biondo con un fulmine...

«Will, non voglio più dimenticarmi di te.» mormorò Nico, aprendo gli occhi e mettendo a fuoco con fatica il volto del discendente di Apollo. «Non voglio più perderti. Ti amo.»

«Nico, non lo voglio nemmeno io.» Will gli accarezzò i capelli, ignorando le lacrime. «Non dimentichiamoci a vicenda, okay?»

Nico annuì, asciugandosi le guance, e riprese a baciarlo. Era tornato anche il suo potere.


«Ma io non ho ancora finito!»

Nico e Will si voltarono di scatto verso il dio. Entrambi provarono l'impulso di proteggere l'altro, e alzarono le mani di fronte a sé nello stesso momento. Da una parte c'era la luce, dall'altra le tenebre.

«Hai finito, invece.»

Nico riconobbe quella voce. Battendo le palpebre, cacciando via il resto delle lacrime, Nico riconobbe tre figure di fronte a lui. Cupido, nelle vesti di Jason, ma grandi ali bianche spuntavano dalla sua schiena; un ragazzo che assomigliava molto a Will, ma molto più alto; e un uomo vestito di pelle nera. Gli ultimi due erano piuttosto furiosi.

«Non ti lasceremo di nuovo giocare con i nostri figli come se fossero dei pupazzi.» ringhiò il ragazzo, e Will lo fissò a bocca aperta.

«Cosa..?» mormorò Nico a Will, che scosse la testa.

«Ma...» disse Cupido, ma gli altri due lo interruppero.

«Ti rendi conto di quello che hai fatto passare a Nico?!» urlò Ade, e la terra tremò sotto i loro piedi. Una decina di scheletri comparve attorno a Will e Nico, e Nico capì che avrebbero fatto loro da scudo.

«O quello che ha passato Willy?» gridò Apollo. Teneva un arco fatto di luce nella mano, e sembrava pronto ad usarlo contro Cupido. «Gli hai fatto passare le pene dell'Inferno! Scusa, Ade.»

«No, Apollo. Io non farei mai passare cose del genere nemmeno negli Inferi.» sibilò Ade. «Ho una coscienza.»

«Anch'io ho una coscienza.» sbuffò Cupido, facendo un passo indietro, scoccando occhiatacce all'arco e agli scheletri. «E volevo assicurarmi che quei due si amassero veramente!»

«Perché non ci assicuriamo che ti piacciano le frecce?» disse Apollo, puntando l'arco contro di lui. «Perché sono sicuro che non sia così.»

Cupido arretrò di un altro paio di passi, ma prima che Apollo potesse scoccare la freccia Ade tossicchiò.

«Ci stanno guardando.» borbottò.

I tre Dei si voltarono verso Nico e Will, stretti l'uno all'altro, con le espressioni sorprese e impaurite.

«Ah, giusto.» annuì Apollo, abbassando l'arco. «Magari prima facciamo questo...»

Apollo schioccò le dita, e Nico e Will crollarono uno addosso all'altro, addormentati.

 

Buon anno nuovooo :) <3

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Capitolo 24
*** 24. Solangelo ***


Nico si svegliò con un sussulto, e un urlo incastrato nella gola. Non riconobbe il posto in cui si trovava, e per qualche secondo annaspò alla ricerca di aria.

Al suo fianco, una figura si mise seduta di scatto, percependo i movimenti del suo corpo. Dopo vari tentativi, riuscì a prendergli la mano.

«Nico? Stai bene?» borbottò Will, con la voce impastata dal sonno, cercando l'interruttore.

«Ho... ho fatto un incubo.» balbettò Nico, stringendo la mano, calda e sicura nella sua fredda e sudata.

Will si abbassò su di lui, stringendolo forte.

«Era solo un incubo.» gli disse rassicurante, accarezzandogli i capelli. «Ci sono io qui con te. Non ti preoccupare più, d'accordo?»

Nico annuì leggermente, e chiuse gli occhi, accarezzandogli la pelle abbronzata. Quel sogno era stato così vivido... C'erano Will, i loro padri divini, Jason che si spacciava per Cupido, Percy e Leo.

«Aspetta amore.» mormorò Will, pensieroso, alzando il volto e guardandolo con i suoi grandi occhi color zaffiro. «Cosa hai sognato? Ho fatto un sogno strano anche io.»

Nico lo studiò per un minuto, chiedendosi se lo avrebbe preso in giro. «Non so bene cosa fosse, ma c'eri anche tu.» mormorò infine.

Will aggrottò la fronte. «Anche tu nel mio.» disse.

«Ade e Apollo?»

«Sì. Jason, Percy e Leo?»

«Anche.»

I due si fissarono.

«Abbiamo fatto lo stesso sogno?» mormorò Will, stendendosi sul fianco, appoggiandosi alla mano per guardarlo.

Nico tenne le dita tra le sue, intenzionato a non lasciarlo. «Credo di sì. Nel mio sogno avevi un polso rotto.»

Will fece un sorrisetto malizioso. «Questo funziona bene, e lo sai.» disse, facendogli l'occhiolino.

Nico arrossì. «Sì, vero.» Si strinse a lui, e Will gli posò una mano sulla pancia, accarezzandola.

«Hai qualcosa qui.»

Will riuscì finalmente a trovare l'interruttore e accese la luce. Nico nascose il volto sotto il cuscino. Le mani calde di Will si mossero su di lui.

«Ho un pene.» bofonchiò Nico, sperando che spegnesse la luce in fretta. «E lo sai.»

«Non parlo di quello, piccolo.»

Nico si tolse il cuscino dalla faccia e, quando i suoi occhi si abituarono alla luce, abbassò lo sguardo. Alzò un sopracciglio.

«Chi te l'ha fatta questa?» domandò Will, passando le dita sui contorni della V impressa a fuoco sulla pelle di Nico.

«Non ne ho idea.» ammise Nico, passandoci le dita anche lui. Non gli faceva male, quindi non era recente.

«Quando ci siamo messi a dormire non l'avevi.» disse Will, serio. Si sarebbe di certo ricordato di una cosa del genere.

Nico fece scivolare lo sguardo sul corpo dell'altro. Poi si fermò.

«Ne hai una anche tu.» disse, sfiorandogli la J sulla pancia abbronzata.

«Qualcuno ci ha marchiato a fuoco mentre dormivamo?» chiese Will, sorpreso, posando la mano su quella di Nico.

«Riconosco di avere il sonno pesante, ma di questo me ne sarei accorto.» mormorò Nico.

Will gli lanciò un'occhiata, poi scese dal letto. Era nudo, e Nico si appoggiò al cuscino osservandolo con attenzione.

«Dove vai?» chiese Nico, mordicchiandosi il labbro.

«Vado in infermeria.» rispose Will, radunando i vestiti.

«Ma...»

«Voglio vedere se riesco a cancellarlo. E lo farò anche con te.»

Will si infilò boxer e jeans, poi si sedette sul letto e lo baciò. Nico ricambiò il bacio mettendogli le braccia attorno al collo, spingendolo sopra di sé.

«Nico...» mormorò Will, divertito, mentre il figlio di Ade gli accarezzava sensuale la schiena.

«Cosa?» rispose l'altro, con tono innocente, mordicchiandogli il labbro, gli occhi luminosi.

«Nulla, nulla.»

Will si stese sul letto, lasciando che Nico si sedesse a cavalcioni su di sé. Gli mordicchiò un capezzolo, poi Nico lo rispinse giù, bloccandogli i polsi sopra la testa.

«A cuccia, Solace.» disse Nico, baciandolo sul collo.

«Attacca, di Angelo.» sorrise Will, socchiudendo un occhio, spostando le mani e facendo in modo che Nico intrecciasse le dita alle sue.

 

Le labbra di Nico stavano scivolando lungo il suo corpo quando la porta della cabina si spalancò.

«Ragazzi! Non ci crederete mai!»

Nico e Will lanciarono un urlo e si affrettarono a coprirsi con un lenzuolo. Leo Valdez rimase sulla soglia della camera a fissarli con il volto arrossato per l'imbarazzo, ma compiaciuto.

«Lo sapevo!» esclamò, con un sorrisetto che andava da un orecchio all'altro. «Dovevo immaginarlo. Percy andrà fuori di testa appena lo saprà!»

«Valdez, cosa vuoi?!» esclamò Will, mentre Nico sprofondava con il volto sul petto dell'altro.

«È successa una cosa pazzesca!» disse Leo. «Più pazzesca di voi due!»

«E cosa sarebbe?» continuò Will, mentre Nico diventava bordeaux. «Leo, niente pause ad effetto, grazie.»

Leo annuì, sedendosi ai piedi del letto. Will sbuffò, allontanandosi un pochino, e il figlio di Efesto prese fiato.

«Abbiamo dormito per due settimane! Non è pazzesco?!»

 

Nico spostò la coperta per guardare Leo. Il figlio di Efesto vide qualcosa di Will che non voleva assolutamente vedere, nemmeno per tutte le macchine del mondo, e spostò lo sguardo divertito.

«COSA?!» esclamò Nico, e Leo balzò in piedi per l'urlo nell'orecchio.

«Non urlarmi nell'orecchio, Nico! Ed è vero. Due settimane di sonno. Oppure... Voi vi siete svegliati in questi giorni? Avete fatto qualcosa di diverso dal dormire?»

Will scosse la testa, ignorando lo sguardo furbetto di Leo. «L'ultima cosa che ricordo è Nico addormentato, lo guardavo dormire.»

Nico alzò un sopracciglio. «Inquietante.»

«Concordo con di Angelo.» Leo guardò Will ridendo. «È inquietante, amico.»

Will borbottò qualche insulto, e Nico tornò a guardare Leo.

«Come fai a sapere che abbiamo dormito due settimane?» chiese.

«Be', stavo nel bunker a preparare un completo natalizio per Festus. Mi piace vestirlo per le feste. Sapevo che avevo ancora del tempo prima di Natale, e stamattina ho guardato la sveglia e ho scoperto che Natale è già passato!»

«Come hai fatto a guardare la sveglia e ha scoprire che Natale è passato?!» domandò Nico, perplesso.

«La mia sveglia indica i giorni, il mese e l'anno.»

«E perché?»

Leo sbuffò sonoramente. «Ma che te frega Nico? Non ti basta sapere che siamo andati avanti nel tempo in una notte sola? Magari è stata colpa vostra.»

«Colpa nostra?»

«Sì. Insomma, colpa di Will. Nessuno si era mai aspettato che Nico si lasciasse domare da qualcuno, e si è creato uno spostamento spazio temporale che ci ha spinti a...»

Nico afferrò il suo Ferro dello Stige e balzò in piedi. A Leo scappò una risata per la reazione, e fece per correre verso la porta. Will gli lanciò tutti i cuscini del letto, colpendolo infine al ginocchio, e facendolo scivolare in avanti.

Nico si affrettò ad afferrarlo per i capelli.

«Dammi un motivo per non tagliarti la testa.» borbottò.

«Sono simpatico.» disse Leo, trattenendo una risata, poi si fece serio.

«Non è un buon motivo.»

«Sei nudo vero?»

«Sì.»

«Questo mi basta. Nico, ti prego, uccidimi.»

Nico prese un cuscino e si coprì il davanti. «Vattene Leo, e non tornare più.» ringhiò.

Leo annuì, salutando in fretta e corse fuori dalla cabina. Nico spiò fuori dalla porta, e notò un sacco di semidei che parlavano tra di loro davanti alle cabine. Avevano l'aria di chi si è appena svegliato dopo un lungo sonno.

Nico sentì il corpo caldo di Will premersi al suo, e chiuse la porta, lasciando cadere il cuscino. Si lasciò stringere, e baciare sul collo, poi Will si allontanò, andando in bagno.

«C'è una freccia qui.» disse, calciandola via.

Nico lo seguì ignorando la freccia. «Due settimane.» disse, infilandosi nella doccia prima di Will. «Pensi che sia colpa degli Dei?»

«Può essere. Oppure Crono si è risvegliato, e abbiamo aiutato gli dei a sconfiggerlo. Ma visto che il tutto era troppo tremendo per le nostre menti metà umane, ci hanno rimosso i ricordi.»

«Parla per la tua mente troppo umana.»

Will gli baciò la spalla, e iniziò a lavarsi. Nico guardò l'acqua scorrere giù dallo scarico, pensieroso. Delle immagini poco chiare sull'incubo che aveva avuto stavano tornando a galla.

«Nico?» chiese Will, riportandolo alla realtà, riportandolo al sorriso solare e al corpo favoloso del figlio di Apollo.

«Scusa Will.» disse Nico, deglutendo.

L'altro annuì sorridendo, e lo aiutò a lavarsi.

 

Quando uscirono dalla cabina di Ade, Nico teneva Will per mano. Ormai stavano insieme... quasi da tre settimane, se contavano il tempo in cui avevano dormito assieme. Era il momento di far sapere a tutto il Campo della loro relazione.

Ma quasi nessuno dei semidei presenti era molto interessato alle loro dita intrecciate, o alle loro labbra gonfie per i baci. Non facevano altro che parlare delle due settimane appena trascorse a dormire.

Will fissò tutti gli amici semidei, poi alzò il volto di Nico e lo baciò con passione nel bel mezzo di una folla. Per qualche secondo rimasero tutti a fissarli sorpresi, ma poi tornarono a parlare dello stesso argomento.

«Wow.» disse Will, divertito, mentre Nico si portava una mano alle labbra, paonazzo, imbarazzato per quanto fosse accaduto. «Non frega niente a nessuno.»

«Per ora.» mormorò Nico, tirandogli un pugno allo stomaco.

«Dai, non te la prendere.» Will lo sollevò senza fatica e lo appoggiò contro la parete della cabina di Apollo, baciandolo con passione. Nico all'inizio non rispose al bacio, ma poi schiuse le labbra, posò le mani sulle spalle del biondo e si lasciò andare.

«Ehi.»

Nico si separò dalle labbra di Will e si voltò verso Percy, comparso dal nulla vicino a loro. Aveva gli occhi scuri, e la pelle pallida.

«Ehi.» rispose Nico, facendo un cenno con la mano.

«Un po' di controllo, vi prego.» borbottò Percy, divertito.

Nico si accorse di essere ancora sospeso contro il muro grazie alle braccia di Will, e il figlio di Apollo si affrettò a posarlo a terra. Percy e Will si scambiarono qualche occhiata, prima che Percy sorrise.

«Quindi state insieme, o Nico ti bacia solo per dirti che non sei il suo tipo?» domandò, curioso.

Will ridacchiò, Nico sbuffò e alzò gli occhi al cielo.

«Penso di essere il suo tipo.» ammise, sorridendo. «Me lo ha ripetuto in diverse occasioni.»

Nico arrossì, ricordando di aver gridato spesso il nome dell'altro durante l'orgasmo. Percy rise di gusto, immaginando forse qualcosa del genere, e batté il cinque a Will.

Quando i loro palmi furono a contatto, Percy e Will si ritrovarono a rivivere un momento passato insieme durante quei giorni di sonno: Percy con un pugnale in mano che incideva la pelle del biondo.

I loro sorrisi si congelarono.

«Me lo hai fatto tu?» mormorò Will, sorpreso, portando una mano alla pancia, all'altezza della J.

«Non è stato un sogno?» chiese Percy, sorpreso.

Will si alzò la maglia, e Percy intravide il segno. Nico si affrettò ad abbassarla. «Che diamine state dicendo?» chiese, fissandoli male.

«Il segno che ho sulla pancia.» spiegò Will, con la fronte aggrottata. «Me lo ha fatto Percy.»

Nico sgranò gli occhi guardando il figlio del dio del mare. «COSA?!»

«Io... non so il perché l'ho fatto.» spiegò in fretta Percy, mentre Nico sfoderava il Ferro dello Stige.

«Ma lo hai fatto. Hai sfregiato il mio ragazzo. Preparati a correre, Percy Jackson.» ringhiò Nico, ma Will posò una mano sulla spalla del figlio di Ade.

«Non importa, davvero.» disse, calmo.

«Ma la tua pancia...»

«Hai presente quello che ti ho detto in cabina? Della possibile impresa a cui siamo andati incontro? Forse è successo veramente, e Percy ed io eravamo rivali, nemici.»

«Quindi se ora io vado ad incidere il mio nome sulla schiena di Annabeth, Percy dovrà trovarmi una scusa come stai facendo tu?»

Will gli accarezzò la guancia. «Rimetti la spada a posto.» gli disse, serio. «E lasciamo perdere questa storia.»

Nico guardò i grossi occhi azzurri di cui si era innamorato, e annuì. Lo baciò, e Will ricambiò con dolcezza mentre Percy si allontanava. Voleva che tutto il Campo sapesse della nuova coppia nata.

 

Nico rimase in silenzio mentre Jason e Piper si complimentavano con lui per l'ottima scelta di ragazzo. I biondi erano i migliori, secondo Piper, e di migliori dei bruni. Per Jason era una fortuna che Leo non si trovasse lì, ad origliare. Ma c'era Calipso, che ridacchiava, e forse si chiedeva anche lei perché non avesse scelto un biondo.

Will rimase tutto il tempo in disparte a guardarli. Ogni tanto spiava Percy e Annabeth, che battibeccavano su alcuni progetti, e sul fatto di raggiungere Hazel e Frank al Campo Giove.

Voltando la testa, Will incrociò lo sguardo di Nico. Si studiarono per un secondo poi, contemporaneamente, si alzarono e lasciarono l'infermeria senza salutare i loro amici, prendendosi per mano.

 

Senza dire una parola, con la mano calda stretta nella sua, Nico camminò al fianco di Will fino al Pugno di Zeus. Il figlio di Apollo non gli aveva nemmeno chiesto dove stessero andando, e non sembrava preoccupato.

Nico osservò la crepa nell'erba, chiedendosi chi l'avesse fatta, e si sedette per primo, lo sguardo rivolto verso il sole che, da un momento all'altro, sarebbe tramontato.

Will si sedette al suo fianco, passandosi un braccio attorno alla vita e spingendolo contro di sé.

«È magnifico qui.» mormorò Will, e Nico si limitò ad annuire.

La sua mente incominciò ad affollarsi di tramonti visti da solo. Non gli era mai successo, però, di vedere il tramonto da quella postazione.

Chiuse gli occhi, cercando di scacciare quei ricordi che non gli appartenevano, e tornò a guardare il cielo. Rimase in contemplazione di quello scoppio di colori fino a quando il cielo non si scurì, tempestato di stelle.

«Solace.» mormorò Nico, senza guardarlo, guardando le stelle.

«Di Angelo.» rispose Will, togliendosi la giacca e mettendogliela sulle spalle, nonostante Nico avesse già una giacca.

Il figlio di Ade arrossì leggermente al gesto, e si strinse nella giacca, annusando l'odore di Will.

«Ti amo, Solace.»

La semplicità con cui lo disse colpì il figlio di Apollo dritto al cuore. Un altro sorriso gli comparve sul volto, e riprese a stringerlo, spingendolo contro di sé, baciandolo sulla fronte, rimanendo in silenzio ad assaporare il momento.

«Dovresti dirlo anche tu.» borbottò Nico contro il suo petto. «Almeno per non farmi passare da idiota, o da tipo romantico.»

«Il che è peggio?»

«Già.»

«Ti amo, Nico.» ridacchiò Will, sollevandogli il volto e baciandolo dolcemente.

«Grazie.» disse Nico sulle sue labbra, ricambiando il bacio, lasciandosi andare tra le sue braccia.

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Capitolo 25
*** 25. Cupido ***


Il dio dell'amore guardò Apollo negli occhi mentre, alle loro spalle, Ade trascinava i due ragazzi addormentati nella cabina 13.

«Ade è il tuo cagnolino?» sbottò infine Cupido, fissando l'altro negli occhi celesti.

«No. Si occupa di suo figlio. Come farei io, ma sono occupato con te.»

Cupido rise. «Non devi occuparti di me, sai? Sono piuttosto bravo ad occuparmi di me.»

Apollo si trattenne dal tirargli un pugno. Ade gli aveva fatto promettere che non l'avrebbe pestato, e Apollo glielo aveva promesso a fatica. Voleva maledirlo, lanciargli addosso qualche nuova malattia e guardarlo soffrire bevendo una tazza di tè ai mirtilli.

Ma si trattenne. Il dio dei morti lo spaventava un po'.

«Puoi tornare al tuo aspetto normale?» sbottò Apollo, fissando il dio con le sembianze di Jason Grace. «Non dico che sei più bello nella tua forma, ma così sei inquietante.»

Cupido sorrise leggermente, prima di tornare al suo aspetto. Un ragazzo robusto, dai capelli biondo platino, e le ali spiegate sulla schiena. Era più alto dell'Apollo diciassettenne, ma meno abbronzato. E meno figo, pensò Apollo tra sé.

«Meglio?» chiese Cupido, sistemandosi una ciocca di capelli, e Apollo colse l'occasione per colpirlo dritto al naso. Il dio dell'amore boccheggiò, arretrando di un passo, alzando le mani per difendersi da un secondo colpo improvviso.

«Sì, molto meglio.» annuì Apollo, stringendo forte il suo arco di luce. Ora che aveva rotto il ghiaccio con quel pugno, si sentiva in grado di continuare. Al diavolo Ade.

Cupido arretrò di un altro passo, e sentì un tintinnare alle sue spalle, e si voltò. Si era quasi dimenticato la schiera di cadaveri pronti ad acciuffarlo nel caso avesse provato a correre via.

«Abbassa quel coso.» borbottò Cupido, mentre Apollo lo puntava con l'arco.

«Perché dovrei?» ringhiò il dio del sole, puntando la freccia in mezzo agli occhi dell'altro. «Hai fatto soffrire mio figlio. Hai lasciato che venisse stuprato, e colpito da un fulmine. Per non parlare del figlio di Ade.»

«Apollo, abbassa l'arco.» disse Ade, arrivando senza fretta. Gli scheletri lo lasciarono passare, e il dio dei morti posò una mano sulla spalla del biondo. «Ti avevo detto niente violenza.»

«Stacci tu con lui cinque minuti. È impossibile non colpirlo.»

Ade annuì. L'altro non aveva torto. Si avvicinò a Cupido, guardingo.

«Voi sapevate cosa avrei fatto ai vostri figli.» sbottò il dio, mentre le sue ali sbattevano furiosamente. «E siete stati d'accordo con me.»

«Oh no.» disse Ade, scuotendo la testa, mentre un'altra decina di morti tornava in superficie alle sue spalle. «Non avevamo affatto deciso di fare questa cosa.»

«Avete detto...»

«Cupido, ti abbiamo detto che potevi dimostrarci il loro amore. Non ridurli in quello stato!» esclamò Apollo.

«Mi avete dato carta bianca, e io mi sono solo comportato di conseguenza. La prossima volta, al posto di giocare con l'Amore, ci penserete due volte.»

Ade scoccò un'occhiataccia al dio. «Non ti abbiamo dato carta bianca. Ti abbiamo chiesto di mostrarci come i nostri figli potessero essere innamorati l'uno dell'altro.»

«Be', e l'ho fatto, no? Nonostante tutto quello che hanno subito, hanno continuato ad amarsi.»

«Cosa intendevi dimostrare in questo modo?» urlò Ade, e un'altra schiera di guerrieri fece la sua comparsa. «Con mio figlio stuprato ripetutamente, e il suo ragazzo torturato e maltrattato. Con tutte le violenze di cui sono stati vittima, non intendevi di certo dimostrarci l'amore!»

«Ma solo la tua follia, e il tuo senso dell'amore che, a parer mio, ha bisogno di una bella riguardata!» strepitò Apollo, affiancandosi all'altro dio.

Cupido li trovò piuttosto inquietanti insieme. Erano due aspetti della vita del tutto contrastanti, la luce e le tenebre, la vita e la morte, e andavano d'accordo.

«Ma mi avete dato l'opportunità di farlo. Due genitori normali mi avrebbero chiesto cosa intendessi fare, ma voi vi siete limitati a dire: "certo, fai pure", e "cerca di separarli".»

«Non l'ho mai detto questo.» mormorò Ade, alzando un sopracciglio.

«Ehm, colpa mia.» si scusò Apollo, stringendosi nelle spalle. «Non li vedevo molto bene insieme.»

«Ah.»

«Ma non gli ho dato il permesso per fare tutto questo!» aggiunse Apollo, mentre Cupido sorrideva. «Volevo che Will aprisse gli occhi, che capisse che forse il figlio di Ade non era fatto per lui.»

«Forse è mio figlio che non merita il tuo, ci hai mai pensato?» ringhiò Ade, ma prima che Apollo potesse ribattere Cupido tossicchiò.

«Invece, a quanto pare, i vostri figli sono fatti l'uno per l'altro. Il che è un gran bel risultato, non vi pare? Di solito non resistono molto in questo stato, e i vostri figli hanno passato la settimana. Solace è riuscito a capire cosa stesse succedendo, e di Angelo, anche se all'inizio non molto sicuro, si è fidato ciecamente dell'altro.»

Ade e Apollo fissarono Cupido in silenzio.

«Era proprio necessario farli stuprare?» sbuffò Apollo, incrociando le braccia, tenendo l'arco puntato su Ade che si spostò di qualche passo all'indietro.

«Sono intervenuto sui tre ragazzi. Loro hanno fatto ciò che il loro amore li spingeva a fare. Mi aspettavo da Jackson più amore, e invece niente. Grace è quello che mi ha sorpreso di più.» disse Cupido.

«Che bello chiacchierare dei ragazzi che hanno stuprato il mio unico figlio maschio come se si trattasse di un pezzo di carne!» esclamò Ade, fissando con odio il dio dell'amore. Altri scheletri continuarono a spuntare, e Apollo si guardò attorno ansioso.

«Ehm, Ade? C'è un esercito di morti, qui. Ti daresti una calmata?»

Ade si guardò attorno, ignorando il commento di Apollo, e riprese a guardare Cupido.

«Rimedia a quello che hai fatto.» ordinò Ade. «Quando si sveglieranno, non dovranno ricordare nulla di quanto successo.»

«Non è nel mio potere.» spiegò Cupido, facendo spallucce. «Quel che è fatto è fatto. Non posso rimuovere l'amore dalle loro teste.»

«Ora lo prendo a calci.» disse Apollo, quasi volando su Cupido, ma Ade lo afferrò per il braccio.

«Non prendi a calci nessuno. Vai nella cabina, e prova a fare qualcosa.»

«Sapevo che me lo avresti chiesto. Mi sono fatto preparare una pozione apposta da Ipno.» sbuffò Apollo, dirigendosi alla cabina 13. «Spero possa funzionare.»

Ade lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, e tornò a fissare Cupido. Il dio dell'amore, circondato da dozzine di scheletri, sembrava del tutto fuori posto. Guardava Ade e Apollo, e quando Apollo scomparve nella cabina 13, tornò a fissare l'altro dio.

«Mi avete mentito.» disse infine Cupido. «Mi avevate promesso che non avreste fatto nulla, e invece lo avete fatto.»

Ade ricordò quando aveva provato a far sorgere i suoi scheletri per portare via Nico negli Inferi. E ricordò anche che Apollo aveva suggerito al figlio cosa fare con la boccetta dal liquido viola, e aveva portato anche un vecchio braccialetto di Will nella cabina di Giove, vicino alle catene.

«Abbiamo provato ad intervenire, già.» annuì Ade, fissando l'altro. «Ma non ci è stato permesso da Zeus.»

«Tu sei stato fermato, Apollo no.» sbuffò Cupido. «Se Solace non avesse gettato via la mia pozione...»

«I ragazzi sarebbero ancora intenti a picchiarsi e a provare ad uccidersi, eh?»

«Almeno è stata una settimana divertente al Campo mezzosangue.» disse Cupido. «E ai vostri figli sono stati aperti gli occhi. Sono effettivamente due anime gemelle. Ora potete aspettare che si sposino, e che Era dia loro dei figli.»

Ade lo ignorò.

«Ed è sempre colpa di Apollo se Nico ha ricordato più in fretta.» aggiunse Cupido, pensieroso. «Se non avesse fatto trovare a Nico quel braccialetto nella cabina 1, probabilmente tutto sarebbe ancora al suo posto.»

«E tu ci avresti goduto di più, dico bene?» disse Ade, con tono lievemente furioso. «Tu non godi dell'amore, ma della sofferenza per arrivare all'amore.»

Cupido sorrise gentilmente. «Non mi pento di quello che ho fatto. Vi ho dato l'opportunità di rifiutare, e invece vi siete lasciati convincere con facilità. Perché anche voi, come me, eravate annoiati, e vedere i vostri figli amoreggiare così liberamente vi ha resi vogliosi di cambiare il corso della loro storia. Cosa che io ho fatto.»

Cupido fece un passo, guardando le cabine.

«Ipno ha fatto cadere tutti in un sonno profondo, tranne i nostri cinque protagonisti. Nico di Angelo, Will Solace, Jason Grace, Percy Jackson e Leo Valdez. Questi ultimi tre hanno incontrato l'amore della loro vita, e loro sono stati facili da soggiogare. Con Nico mi sono particolarmente divertito mentre ancora ricordava di Will, così lontano da lui. E quando Nico non lo ha più ricordato...»

«Hai una mente perversa.» disse Ade.

«L'amore non è rosa e fiori come nei libri, o nei film.» sorrise Cupido. «L'amore è crudele.»

«Direi che bastardo è più appropriato.»

Cupido rise forte. «Sono d'accordo con te. Sono un bastardo.»

Ade sospirò, incrociando le braccia al petto, guardando verso le cabine. Vide Apollo uscire dalla 13 con un ragazzo biondo sulla spalla, diretto alla 1. Non fece commenti a riguardo, e tornò a rivolgere la propria attenzione verso l'altro dio.

«Mi porterete sull'Olimpo?» domandò Cupido, calmo.

«Sì. Zeus vuole parlare con te.»

«Non vedo l'ora.» sorrise Cupido.

 

Cinque minuti dopo, Apollo li raggiunse.

«Ade, immagino non ti fossi accorto che nel letto di tuo figlio ci fosse già il figlio di Giove.» sbuffò Apollo, massaggiandosi la spalla.

«Mmm no, non me ne sono accorto.»

«Di sicuro, se te ne fossi accorto, non avresti buttato il mio sul pavimento.»

«Non l'ho buttato. L'ho lasciato lì. Hai fatto la cosa alla memoria?»

«Sì, e anche Grace. Ho guarito il corpo di Nico. Nonostante quello che è successo, ho reso di nuovo il suo corpo vergine. Non noterà la differenza. E ho guarito il polso di Will. Ora scusatemi, ma vado a cercare gli altri due per rimuovere dalla loro testa quello che è successo ultimamente.»

Apollo andò verso l'infermeria, e Ade afferrò Cupido per il braccio, trasportandolo sull'Olimpo.

 

La sala del trono era piena di dei. Ade si accomodò sul suo trono vicino a Dioniso, che stava sorseggiando un bicchiere colmo di liquido scuro. Poteva sembrare vino, ma di tanto in tanto scoppiettava, segno che il dio stava bevendo della Coca-Cola.

«Dov'è Apollo?» domandò Zeus, indicando il suo trono vuoto.

«È rimasto al Campo Mezzosangue. Doveva finire di assolvere al suo compito.» rispose Ade, lanciando una rapida occhiata a tutti gli dei in attesa.

«Si perderà l'inizio.» Zeus guardò Cupido, in piedi in mezzo alla sala affollata da dei. Dalla sua espressione, Ade notò che non era affatto preoccupato per qualsiasi cosa sarebbe successa da lì in avanti.

 

«Cupido.» tuonò Zeus, guardandolo, e con lui tutti gli dei spostarono i loro occhi. Il dio dell'amore non si preoccupò di avere su di sé tutti quegli sguardi. «Abbiamo tutti assistito al tuo gioco.»

«Doveva durare due settimane, ma Ade e Apollo si sono intromessi.» sbuffò Cupido, stizzito.

«Ho lasciato io che si intromettessero. Il tuo gioco stava uscendo da qualsiasi schema avessi previsto.»

«Sono arrivato esattamente dove dovevo arrivare.» spiegò Cupido. «Nico e Will hanno dimostrato l'amore che provano l'uno per l'altro.»

«E per farlo hai dovuto mettere in mezzo i nostri figli, farli impossessare da un amore cieco e furioso, e renderli dei mostri.» si intromise Poseidone, fissando torvo il dio dell'amore.

«Ho dovuto. L'aiuto che hanno dato Percy e Jason è servito per far rendere conto agli altri due dei loro sentimenti. E, naturalmente, anche Leo è servito, anche se mi aspettavo fosse più utile.»

Efesto brontolò tra sé, e Ade immaginò lo stesse mandando negli Inferi con altre parole, e per un'altra strada.

Zeus tenne lo sguardo fisso su Cupido. «Quando hai deciso di fare questo... questo gioco d'amore tra i due, non avevi spiegato che avresti fatto cose di questo genere. Ne, tantomeno, che ti saresti spinto così tanto in là.»

«Per questo hai lasciato che Ade e Apollo si intromettessero? Per farmi ragionare? Per farmi tirare indietro?»

«Volevo che finisse prima. E il metodo di Apollo alla fine ha funzionato.»

Apollo tornò proprio in quel momento e prese posto al suo trono in silenzio. Ade gli lanciò un'occhiata prima di tornare ad occuparsi di Cupido.

«Divino Zeus.» disse Cupido, prima che il dio potesse aggiungere qualcosa. «Ade e Apollo mi hanno dato carta bianca. Forse ho esagerato, forse no, ma ho avuto carta bianca. Loro volevano che dimostrassi l'amore che Nico e Will provano verso l'altro, e io l'ho fatto. Forse non è stato il migliore dei modi, ma l'ho fatto, e ora questo gioco è giunto al termine. Non intendo chiedere scusa per quanto accaduto, e tantomeno per avere usato Percy, Leo e Jason.» Cupido guardò gli dei dell'Olimpo. «Voi tutti mi avete detto che avrei potuto farlo, se questo fosse servito alla relazione. Ed è stato necessario.»

«Zeus, fratello.» mormorò Poseidone.

«Non posso fare nulla.» disse a sua volta Zeus. «Sebbene volessi fare tante cose, non posso farlo.»

«Hai punito Apollo, anni fa.» gli ricordò Era, che trovava inconcepibile tutto quello che era successo. «Potrai punire anche Cupido.»

Zeus scosse la testa. «Come ha detto lui stesso, gli abbiamo lasciato carta bianca. E io stesso ho tolto e ridato i poteri ai ragazzi per non farli uccidere tra di loro.»

Gli dei mormorarono di rabbia mentre Cupido sorrideva estasiato per averla scampata.

«Ma posso fare una cosa.» aggiunse Zeus, ottenendo subito il silenzio e il congelamento del sorriso di Cupido. «Da ora in avanti, non potrai più intrometterti nella vita amorosa dei semidei nostri figli, che questi siano romani o greci. Se non manterrai questa unica regola, verrai bandito per sempre dall'Olimpo.»

Cupido provò a ribattere, ma Zeus gli fece cenno di andarsene, e Apollo sorrise di soddisfazione. Certo, non avrebbe cancellato quello che aveva fatto a Nico e a Will, ma almeno era un passo avanti.

 

Quando Cupido tornò nel suo regno, andò a sedersi sul suo trono. La voglia di controllare i ragazzi del Campo Mezzosangue era tanta, ma ormai Zeus gli aveva ordinato di starne alla larga. Sbuffando, tornò ad annoiarsi.

 

Ade raggiunse Apollo dopo qualche minuto.

«Allora?» chiese il dio della morte, fissando l'altro. Non vedeva l'ora di tornarsene negli Inferi.

«Allora cosa?» domandò Apollo, perplesso.

«Hai cancellato i loro ricordi?»

«Non del tutto. Ho fatto in modo che possano avere dei flashback, ma non più di questo. E nel giro di qualche settimana anche questi ricordi passeranno, e per loro sarà solo un brutto sogno.»

«Mmh. E le loro ferite?»

«Guarite tutte.»

«Anche il segno a fuoco di Nico?»

Apollo alzò un sopracciglio. «Il cosa?»

Ade lo fissò. «Mi stai dicendo che hai lasciato il marchio a fuoco di Leo Valdez sulla pancia di mio figlio?!»

Apollo si massaggiò la fronte. «Non l'ho visto. Andrò a rimediare al più presto.»

Il dio del sole scomparve in una nuvola di luce, e Ade sospirò. Non gli voleva credere. Tornò negli Inferi con un viaggio ombra, il pensiero rivolto a suo figlio.

Non avrebbe mai più dubitato del suo amore per il figlio di Apollo.

 

FINE
 


Già, purtroppo siamo giunti alla fine.
Vi ringrazio per averla letta, e ringrazio tutti quelli che mi hanno recensita, o che lo faranno dopo questa (:
So che questo non è il genere di storia a cui siete abituati/e, quindi vi ringrazio ancora più per aver continuato a leggerla fino alla fine, anche solo per la curiosità di capire che tipi di problemi io abbia (nessuno ahah).
Continuerò a pubblicare, naturalmente, l'altra storia.
Non penso di fare il sequel di questa storia (non mi uccidete!)
Sempre a disposizione se volete chiedermi qualcosa in privato.
Un bacio a tutte <3
Debby

 

 

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