Cuore d'ossidiana

di Aracne90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta ***
Capitolo 2: *** La Maledizione Cuoredipietra ***
Capitolo 3: *** Per Sempre ***



Capitolo 1
*** C'era una volta ***


Capitolo 1-C'era una volta

L'uomo abbassò il bicchiere ormai vuoto sul bancone, con una veemenza che assolutamente non percepiva di avere. La vista era annebbiata dai fumi del troppo whiskey che aveva ingerito dopo aver passato l'intera serata chiuso al bancone di quella bettola; fu per questo che mancò goffamente il piano del bancone, azione che portò allo sgretolamento del contenitore di vetro che aveva avuto in mano fino a quel momento in un numero considerevole di schegge che si sparsero su tutta la superficie, allargandosi come una macchia d'olio. Con movimenti a scatti, dovuti soprattutto all'incapacità di coordinare la mano e gli ordini forniti dalla mente, l'uomo tentò di raccogliere tutti i piccoli pezzi, causando solo più disordine e provocandosi un piccolo taglio sulla sua mano sinistra che, chiusa a coppa, stava tenendo i miseri resti dell'ormai pianto bicchiere.
-Dannashione.- biascicò l'uomo, andandosi a guardare il danno e facendo così cadere tutti i pezzi raccolti, frantumandosi ulteriormente.
Il barista che si trovava dall'altra parte del bancone, un omone dagli occhi piccoli, le mani callose e le braccia piene di tatuaggi, sbuffo appena, andando a prendere con un gesto pratico lo straccio sudicio che utilizzava sempre in queste occasioni. Doveva fermarlo subito, altrimenti la situazione si sarebbe aggravata, e non era proprio il caso. In una sola mossa aveva pulito completamente tutta la superficie da ogni minima scheggia superstite, per poi alzare lo sguardo verso l'uomo che apparentemente ignaro stava ancora esaminando il taglio con aria interessata.
-Fammi vedere.- ordinò all'uomo, che finalmente alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo interessato per la prima volta. Con riluttanza allungò la mano verso il barista, il quale la osservò per un paio di secondi prima di scuotere la testa e ricominciare a parlare.
-Non è niente di che, solo un graffio.- la voce possente del barista copriva bene il brusio che gli altri avventori producevano, ma l'uomo era troppo confuso per accorgersi che ci fosse altra gente intorno a loro due. -Nestor, vai a casa. Sei ubriaco.-
Ci vollero un paio di secondi affinché l'uomo che era stato appena chiamato Nestor capisse le parole pronunciate dal barista di fronte, ma non appena lo fece cominciò a scuotere la testa violentemente, facendo sbattere di qua e di là il ciuffo castano sulla sua testa. -Non è vero, non shono ubriaco.- pronunciò alla fine dopo aver smesso di muovere la testa, sbattendo un paio di volte le palpebre per riprendersi dal movimento evidentemente troppo veloce. -Io shono lucidissimo, non lo vedi? Fammi una domanda…-
-Nestor, non puoi più stare qui. Te ne devi andare.- lo interruppe il barista, irremovibile, lanciando uno sguardo a due uomini accanto alla porta, che stavano immobili a braccia conserte. I due, non appena scorsero il segnale, si mossero contemporaneamente, facendo un paio di passi in direzione di Nestor, il quale evidentemente non si era affatto accorto di ciò che stava accadendo, anzi stava ancora guardando il barista pronto a convincerlo della sua sobrietà.
-E dai, non fare coshì!- cercò di dire alla fine, provando a ricomporsi, prima che due paia di braccia possenti cingessero le sue, alzandolo di peso dallo sgabello dove fino a qualche attimo prima era stato seduto. -Cos… No, ragasshi, suvvia non potete…-
-State attenti, mi raccomando.- continuò il barista verso i due, ormai ignorando completamente Nestor. -Non voglio che nulla mi butti giù il locale.-

C'era una volta in un regno molto lontano, una donna che voleva assolutamente rimanere per sempre giovane e bella. Se questa fosse stata una fiaba, l'inizio perfetto sarebbe stato così; non si sa mai il motivo, ma la semplice presenza del c'era una volta all'inizio di di una narrazione assicura anche il conseguente lieto fine, quasi sempre inevitabile. Tuttavia questa non era una fiaba, nemmeno in minima parte; seduta vicino la grande vetrata che dava sul cortile esterno, le gambe raccolte vicino il petto, Mira stava riflettendo appunto sul significato di quelle parole, e di tutto quello che potevano implicare.
C'era una volta.
Nel corridoio la pesante pendola di noce suonò due rintocchi, e non appena l'eco di quei due colpi si dissolse Mira emise un respiro; era ormai notte inoltrata, e di Nestor ancora alcuna traccia. Scuotendo la testa, la donna rimase immobile, la testa poggiata contro il vetro, l'orecchio teso ad avvertire ogni minimo rumore che provenisse dalla porta e dalla serratura in particolare. Se era ancora fuori, voleva solo dire che l'alcol aveva fatto effetto molto tardi, e la cosa non andava assolutamente bene; tra poco avrebbe dovuto cambiare nuovamente dipendenza, e non c'erano più molte sostanze capaci di dargli l'effetto di cui entrambi avevano bisogno.
Spostando leggermente la schiena così da poter stare un po' più comoda, la donna chiuse gli occhi, sospirando piano. Quanti anni erano passati? Dieci… No, erano dodici. Dodici anni da cui era cominciato tutto. In un gesto meccanico la mano destra di Mira andò a toccare il collo della ragazza, all'altezza della giugulare, due dita premute sulla pelle per valutare la presenza del battito cardiaco. Eccolo lì, lento e inesorabilmente regolare, segno che il suo cuore stava ancora compiendo il suo lavoro; nonostante tutto ciò che era accaduto, lui continuava imperterrito a pulsare il sangue nel suo corpo, senza mancare neanche una volta.
Non una sola.
Mira lo detestava.
Un rumore metallico proveniente dalla stanza accanto la fece voltare di scatto, e la giovane spostò la mano dal collo verso il fianco dove portava il suo fidato pugnale. Le barriere magiche che aveva alzato qualche ora prima erano abbastanza resistenti da far desistere anche il più ostinato scassinatore, persino quelli dotati di grimaldelli di argento puro: l'incantesimo lanciato semplicemente non faceva avvicinare nulla alla serratura che non fossero le due chiavi che avevano in dotazione lei e Nestor. Tuttavia non allontanava chi fosse provvisto di brutte intenzioni; nonostante tutto avevano preso casa in uno dei quartieri più in periferia della città, ed era un'ottima precauzione quella di portarsi sempre dietro un'arma, per quanto piccola ed inoffensiva potesse apparire. Mira si focalizzò ancora di più sul rumore, alzandosi finalmente in piedi e facendo qualche passo in avanti verso la pesante porta di quercia. Nel suo cammino la giovane non produsse alcun rumore, muovendosi di soppiatto come un gatto, e quando arrivò dinanzi la soglia rimase ferma, in ascolto. Pareva che anche la persona dall'altra parte della porta si fosse fermata, forse ormai demoralizzata dall'impossibilità di entrare nell'appartamento; sospirando piano, la ragazza si voltò per tornare alla sua postazione, fino a quando il rumore della chiave che entrava nella toppa della serratura non la riportò con gli occhi verso l'uscio di betulla.
Nestor era tornato.
Mira rimase in attesa, aspettando che la porta lentamente si aprisse, ferma con le mani lungo i fianchi. Non disse nulla quando al terzo tentativo finalmente Nestor riuscì nella sua impresa, mostrandosi completamente devastato in viso e con la bocca sporca di vomito, che aveva appena rigettato poco distante sulla destra, né quando l'uomo si trascinò a carponi nella casa, raggiungendo con difficoltà il divano foderato in tessuto azzurro e buttandosi a peso morto su di esso, lasciando aperta la porta dietro di lui, e neanche quando un lento e regolare russare le fece intendere che alla fine lui si era addormentato. Nessun suono provenne dalle sue labbra in nessuna di queste tre situazioni, se non un paio di sospiri; sapeva bene che ogni parola era superflua, se non addirittura sprecata, in quella situazione.
Quando fu finalmente certa che Nestor sostava placido tra le braccia di Morfeo, la giovane si mosse, agitando con velocità la mano destra; nello stesso istante la macchia di vomito che sostava fuori dalla sua porta scomparve, evanescendo velocemente, e la porta si richiuse da sola, senza neanche essere toccata. Il successivo rumore degli ingranaggi all'interno del tamburo della serratura le indicò che anche le barriere magiche erano state ripristinate, e fu solo dopo questo suono che Mira si riscosse, spostandosi verso il divano dove l'uomo stava dormendo tranquillo. Rimase lì, a fissarlo, senza rendersi conto del tempo che stava passando; fu solo quando lui emise un mugugno di dolore, e lei cominciò ad avvertire un senso di pesantezza al livello del petto, che si spostò di un millimetro, riportandosi le dita alla vena del collo.
Il battito stava pian piano diminuendo.
Mira scosse la testa, facendo un passo indietro. -Ti amo, Nestor.- pronunciò a bassa voce, mentre piano si allontanava dall'uomo e lui smetteva di lamentarsi, riavvertendo nuovamente le pulsazioni del suo muscolo cardiaco.

Spazio Autrice:
Salve gente!
Grazie mille per aver letto questa mini-long fantasy che ho scritto per il contest "L'inizio e la fine di ogni cosa" indetto da ManuFury sul contest di EFP!!
Mi raccomando, lasciatemi un commentino se vi va :)
Baciotti
Dia

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Capitolo 2
*** La Maledizione Cuoredipietra ***


Capitolo 2-La Maledizione Cuoredipietra
 
I raggi del sole mattutino filtravano attraverso le tende di velluto, colorando la stanza di un tenue rosso vermiglio. Fu appunto uno di essi che andò a colpire incautamente gli occhi di Nestor, producendo sul suo viso una smorfia di fastidio; l'uomo provò a stringere le palpebre e a girarsi con il viso verso il cuscino, ma facendo questo movimento perse l'equilibrio, cadendo a terra con tutto il corpo.
-Dannazione!- urlò lui, toccandosi con le mani la testa dolorante. Il mondo aveva cominciato a girare ad una velocità elevatissima, e un senso di nausea lo pervase immediatamente, insinuandosi in ogni anfratto del suo essere; senza nemmeno guardarla, Nestor afferrò una bacinella che era stata posta a breve distanza dal divano, e passò i successivi due minuti ad espellere tutto ciò che ancora sostava nel suo stomaco.
Dopo qualche minuto, con difficoltà riuscì a rimettersi in piedi, guardandosi attorno con gli occhi semichiusi. La casa era silenziosa, e sembrava che fosse solo; Nestor scosse la testa un paio di volte, prima di provare a fare un passo, valutando se effettivamente le sue gambe riuscivano a sorreggerlo. Con attenzione alzò la gamba sinistra, allungando il piede per spostarlo avanti di un paio di centimetri, e rimase immobile, per vedere se il mondo si metteva a vorticare più velocemente.
Non lo faceva.
Nestor sospirò appena, prima che il suo respiro si trasformasse in tosse. Odiava profondamente la parte della giornata in cui si risvegliava; non gli piaceva fare la parte della persona a cui piaceva bere come cosa fine a se stessa, anche perché lui non lo faceva per quello. Non lo aveva mai fatto per quello.
Finalmente ebbe la capacità di rimettersi in moto, e con molta difficoltà riuscì ad avvicinarsi al bancone della cucina, sul quale sostava in bella vista un bicchiere ricolmo di una sostanza verdognola. Sulla destra, proprio accanto ai fornelli in ghisa, stava il paiolo di Mira, ancora fumante; Nestor andò a contare le boccette che erano posizionate nella cristalliera poco distante, trovandone cinque. La donna ne aveva prese tre, il che indicava che lsarebbe stata fuori tutta la giornata.
Scuotendo la testa, l'uomo si abbandonò alla sedia foderata in tessuto che si trovava ad un passo di distanza, la testa che pulsava ora terribilmente. Quando fu finalmente seduto, Nestor allungò una mano leggermente tremante al bicchiere, portandolo poi alla bocca ed ingoiando il primo sorso della sostanza verdognola. Nella parte sinistra del petto ci fu un sussulto, talmente forte che dovette portarsi la mano libera al cuore, accertandosi che stava ancora battendo; senza accorgersene si toccò la cicatrice bianca, che bruciò appena al contatto con le sue dita.
 
 
Il Bazar era ormai nel pieno della sua attività.
Mira strinse appena la tracolla della sua borsa, mentre immobile rimaneva a fissare con attenzione l'entrata di quel padiglione circondato dalle torrette in cui si trovavano le sentinelle. Erano sette da ogni lato, riconoscibili dalla loro veste verde, oltre che dalle orecchie puntute; gli occhi erano color del ghiaccio, con piccole venature viola, ma sarebbe bastato solo osservare il loro portamento per comprendere che fossero Elfi. Le lance erano posizionate al loro fianco, perfettamente allineate tra loro; sospirando Mira abbassò leggermente lo sguardo, facendo un passo in avanti per entrare nella struttura.
La prima cosa che le colpì fu l'odore. La miscela delle varie essenze che venivano smerciate in quel mercato la stordì appena, ma lei continuò a camminare, evitando accuratamente gli sguardi di chiunque fosse presente nelle vicinanze; nelle bancarelle vicino erano esposte un'infinita miriade di erbe ed unguenti, ai quali però la ragazza non dedicò neanche uno sguardo, anzi continuò ad avanzare, sorda ai richiami dei commercianti che esponevano con tutta la loro bravura tutto ciò che stavano vendendo.
-Avvicinatevi ed ammirate le meraviglie di questa portentosa radice di Mandragora, capace di sciogliere anche il più potente Incanto e Maledizione!- urlò il venditore alla sua destra, banditore ad un banco letteralmente pieno di persone. Mira allungò appena il passo quando gli passò vicino, scuotendo la testa; avevano provato quella “portentosa radice” tre anni prima, con risutati ben miseri. Certo, ora il battito rallentava in maniera meno rapida, ma… Con uno slancio che rasentava quasi la corsa, la ragazza si fece strada velocemente verso la tenda blu a ghirigori color oro che si trovava dall'altra parte dell'entrata, apparentemente vuota. Non lo era affatto, e questo lei lo sapeva bene; i suoi occhi allenati avevano trovato tre persone nascoste nella penombra delle mercanzie, ognuna di esse dotata di un'arma appena luminescente ma abbastanza da poter essere captata dai sensi magici di chiunque volesse rogne. Deglutendo piano un paio di volte, Mira alzò un lembo della tenda per poter entrare, sbattendo le palpebre un paio di volte per compensare la differenza di luminosità.
-Sei in ritardo.- disse una voce dall'angolo più buio della stanza arrangiata, e piano una candela poco distante dalla giovane appena arrivata si accese, seguita a ruota da altre tre che si trovavano un poco più distanti. Finalmente la luce era abbastanza per poter vedere i contorni delle cose e delle persone presenti, cosicché Mira riuscì ad abbinare la voce appena udita alla figura di una donna seduta dietro un tavolo di noce, completamente bardata in un vestito rosso rubino che la avvolgeva da capo a piedi, lasciandole libero solo il viso segnato dall'età e un paio di ciocche grigie che sfuggivano alla presa del suo velo.
La giovane sondò con molta calma la zingara, osservandola con attenzione prima di osare pronunciare parola. Ah, che occhi! Profondi come due mari, ma ancora vivi e vispi, così simili a quelli dei bambini… Con un mezzo movimento del capo Mira pensò che forse era arrivato il momento. Forse avevano trovato ciò di cui avevano bisogno.
-Veramente sono in anticipo di venti minuti.- disse alla fine, senza abbassare lo sguardo.
L'altra donna rimase in silenzio un paio di secondi, prima di scoppiare in una fragorosa risata che si trasformò repentinamente in un forte attacco di tosse.
-Tu sei la figlia di Selena.- esclamò quando riuscì finalmente a ritrovare la voce, sputacchiando appena e mostrando i denti marci.
Mira strinse il pugno destro al nome della madre, ma non pronunciò parola, andando ad annuire col capo senza enfasi.
-Non le somigli per niente.- riprese la zingara, appoggiandosi meglio allo schienale della sua seduta per osservarla con più attenzione, la mano sinistra che accarezzava svogliatamente il mento. -Il che alla fine è un bene per te. Allora, cosa posso fare per te, ragazza?
La giovane alzò appena il sopracciglio sinistro prima di rispondere. -Conoscevi mia madre, lo sai perché sono qui.
La donna annuì col capo pesante, senza smettere di guardarla con i suoi profondi pozzi blu. -Puzzi di ossidiana da miglia di distanza, ragazza. Non me lo aspettavo, ma alla fine tua madre ha fatto un bel lavoro.
Mira strinse il pugno ancora un pò più forte. -Combatto con questo suo bel lavoro da un po' troppo ormai.
-Vedo…- La zingara si rimise diritta sulla sua seduta, avvicinando poi entrambi i gomiti al tavolo per poggiarli sopra, in modo tale da allungarsi leggermente verso Mira. -Più di dieci anni, mi sembra. E non pare tu abbia avuto problemi, il che di per sé è già davvero notevole.
-Il Fiore mi ha protetta.- rispose la ragazza, allontanandosi dalla donna inconsciamente un paio di centimetri.
-Oh, ragazza… Il Fiore ha fatto ben più di questo. Ma tu ci hai messo del tuo, e penso lo abbia fatto anche lui.
-Nestor non deve entrare in questa conversazione.- scattò Mira, amettendo entrambi o palmi sulla stessa superficie dove la donna era appoggiata, facendola sussultare appena. -Io non ho detto nulla su di lui, tu non devi dire nulla su di lui.
Uno scatto proveniente dall'esterno della tenda la informò che i tre che erano appostati fuori avevano rivolto la loro completa attenzione verso di lei, voltandosi con tutte le armi nella sua direzione, ma Mira non parve darci peso; continuava a fissare la donna, senza nemmeno pensare di abbassare lo sguardo, completamente immobile. Fu l'altra alla fine ad interrompere l'immobilità che si era venuta a creare, prorompendo nuovamente in una grassa e roca risata, che terminò esattamente come la prima.
-Devo ammettere che hai fegato, ragazza.- disse infine, riappoggiandosi allo schienale ed osservando compiaciuta che la ragazza si rimetteva diritta anche lei. -D'accordo, nessuna parola sul tuo lui. Parliamo di te.
-Ho portato quello che ti serviva.- pronunciò Mira, allungando la mano destra verso la borsa.
-Nono, non così in fretta. Non faccio così affari, io.- la interruppe a metà movimento la zingara, muovendo la sinistra nell'aria. -Allora, ragazza, facciamo un poco il punto della situazione, vuoi?- Dato che la giovane rimase in silenzio, la donna non si fece alcuno scrupolo a continuare. -Tua madre era veramente una strega. Nel vero senso della parola. Mangiare uno dei Fiori Magici solo per evitare che il lento scorrere del tempo lasciasse alcun segno…
-Mia madre non era una strega.- esclamò Mira, scuotendo piano la testa. -Mia madre era un'avida bastarda che non pensava ad altro che a se stessa. Per poter mantenere la sua giovinezza ha sbilanciato gli equilibri.
-Ti ha dato la Magia, però.
Mira strinse le labbra. -Non mi ha dato la Magia. Non sapeva di essere incinta quando ha mangiato quel dannato Fiore, con tutto quello che ne è derivato. Ed in ogni caso non è che mi sia servita a molto nei miei anni, no?
-Ah… E qui arriviamo alla parte della storia che preferisco.- disse la nomade, portandosi la destra all'attaccatura dei capelli per riaggiustarsi un ciuffo ribelle. -L'amore. Tu e il tuo lui che vi incontrate e vi innamorate… Il ladro in fuga che ruba il cuore della giovane rinchiusa nella torre con un solo sguardo, rimanendo intrappolato nei suoi occhi.
Ormai le labbra della giovane erano diventate una linea. -La conosci bene questa storia, a quanto vedo.
-Ma certo che la conosco!- La zingara intrecciò le mani tra di loro, posando poi il mento sulle dita incrociate. -Tutti sanno la tua storia, ragazza. Di come tu e il tuo lui abbiate affrontato la sorte per restare insieme, di come alla fine siate riusciti a sconfiggere le avversità…
-Sai che non è come è andata veramente.- la interruppe Mira.
-No? Allora come è andata?
Finalmente Mira abbassò gli occhi verso il pavimento, mentre la mano sinistra andò a stringere piano la tracolla della borsa. -Per noi nessun felici e contenti. Non ancora. La maledizione è troppo forte.
La donna sciolse l'intreccio delle sue dita e sospirò piano, riappoggiando nuovamente la schiena alla sua seduta ed accavallando le gambe, in un movimento che ben poco aveva di sensuale. -Tua madre ci ha visto lungo, quando ha scelto l'ossidiana per la maledizione Cuoredipietra. Suppongo che non possiate toccarvi o altrimenti si apre un portale, vero?
La ragazza annuì piano, senza spostare lo sguardo da terra. -L'ultima volta sono finita dall'altra parte del Paese. Ci abbiamo messo due mesi per ritrovarci.
La nomade fece un cenno con il capo, come segno che aveva compreso. -Inoltre non potete stare nella stessa stanza, non troppo a lungo, prima che il cuore diventi letteralmente di roccia. Tu sei coperta dalla Magia, quindi suppongo che il dolore non sia affatto percepibile, ma lui… Penso che sia sotto effetto di una dipendenza.
-All'inizio droga. Qualsiasi tipo di droga, le abbiamo provate tutte.- disse Mira, spostandosi con la sinistra un lembo della maglia per far vedere alla donna la cicatrice che occupava orizzontalmente quasi tutto il petto, all'altezza del muscolo cardiaco. -Se non è fatto inizia ad urlare appena mi affaccio nella stanza in cui c'è lui. Il dolore lo riesco a percepire anche da lontano.
-Deve provare un sincero amore per te, se è ancora al tuo fianco.
-Ho provato in tutti i modi a mandarlo via, ma non ci sono riuscita.- spiegò Mira, gli occhi ancora ancorati a terra. -In davvero tutti i modi. Non possiamo andare più avanti così.
La donna annuì ancora una volta, in silenzio. La stava ancora sondando, ciò era palese; tuttavia Mira si accorse che il peso del suo sguardo non era poi così gravoso da portare, quindi rimase ferma, in attesa. Quando finalmente l'altra ebbe apparentemente soddisfatto la sua curiosità, in un unico gesto andò ad allontanare la sedia per alzarsi, mostrandosi in tutta la sua persona; nonostante tutto era più bassa di Mira di tutta la testa, e a quella vista la ragazza si rilassò appena, sciogliendo un minimo le spalle.
-Non hai molta Magia ormai, ragazza.- constatò alla fine, accendendo con uno schiocco delle dita altre tre candele poste dietro la sua persona. -Ne hai consumata molta in questi anni per risolvere il tuo problema. Sei davvero sicura di riuscire a fare quello per cui sei venuta qui stamattina?
-Me ne resta abbastanza.-rispose Mira, avanzando di un passo. -Solo per questa volta, ne ho abbastanza.
-Lo sai per certo? Se sbagli lo sai cosa succederà. Vuoi realmente assumerti questa responsabilità?
Mira alzò la mano destra verso la borsa, sfilando poco dopo tre boccette ricolme di una sostanza viola, che posò in fila con un minimo rumore sul tavolo. -Come da accordi, l'Essenza del Vento.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, prima che la zingara allungasse la propria mano destra verso le boccette, afferrandone una. -Perfetta.- proferì, allungando l'altra estremità verso un piccolo cassetto, aprendolo in un solo movimento. -Ed ecco a te ciò che cerchi, ragazza. Spero solo che sia ciò di cui hai effettivamente bisogno.
 
Quando si ritrovò davanti l'entrata della sua abitazione Mira si bloccò, restando con la mano che teneva la chiave a mezz'aria a pochi centimetri dalla toppa della serratura. Avvertiva il peso dell'artefatto che aveva preso dalla donna con cui aveva passato quasi tutta la giornata nella borsa, e soppesò un momento le parole che avrebbe dovuto dire a Nestor, sperando solo per un attimo che lui fosse già uscito.
Alla fine scrollò le spalle, abbandonando tutti i pensieri che le vennero in mente, ed aprì la porta con un solo click. Silenziosamente attraversò la soglia, richiudendo dietro di sé la porta senza provocare alcun rumore, facendo poi un paio di passi in direzione della cucina che rimbombarono in tutto l'atrio.
-Sei tornata tardi.
Mira non alzò lo sguardo verso l'uomo che aveva appena parlato, ma continuò a muoversi verso la sua meta, poggiando infine la borsa sul bancone non appena la raggiunse. Fu solo dopo che cacciò un piccolo involucro di pelle, stretto e lungo una decina di centimetri, che si rivolse col viso verso Nestor, poggiato allo stipite della porta che dava verso il corridoio, una smorfia beffarda sul volto.
-Dovresti andare di là, lo sai. Hai superato da un bel po' i sintomi della sbornia di ieri sera.
L'uomo scosse la testa, rimanendo fermo nella sua posizione, andando poi a incrociare le braccia al petto e le gambe tra di loro. -È ancora giorno, non ci sono problemi. Lo hai trovato?
Mira annuì, carezzando piano l'involucro con due dita. -Eccolo. È qui.
 

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Capitolo 3
*** Per Sempre ***


Capitolo 3- Per Sempre

Il sole stava calando, lasciando spazio alla notte di luna piena che era stata preannunciata da tutto il mese. Nel cerchio di pietre sulla sommità della collina, proprio al centro, un calderone aveva cominciato a fumare, borbottando senza sosta ogni volta che scoppiava una bolla; la giovane donna che si trovava a poca distanza abbassò un mestolo di legno, girando piano il contenuto del paiolo un paio di volte.
-Pare che sia pronto.- disse una voce maschile poco distante, che era sul limitare della pietra più grande. -Lo sai, non ho mai capito perché ti ostini ad usare quel ferro vecchio per fare le tue pozioni.
Mira girò per l'ultima volta la sostanza, cambiando il verso in antiorario, e il colore del liquido divenne un bel blu brillante. -Le cose vecchie sono quelle che permettono di fare le Magie migliori, sono dieci anni che te lo dico.
Nestor abbassò la testa, portandosi la sinistra alla nuca per carezzarla piano. -Nah, non me lo dici da così tanto.
-Oh, sì che lo faccio.- rispose Mira, girandosi verso di lui, fissandolo negli occhi.
Nestor allungò le labbra in un tenue sorriso, distogliendo subito lo sguardo per interrompere il contatto visivo. -Forse sì, lo fai.
Mira fece un rumore secco con le labbra molto simile ad uno schiocco, e si voltò nuovamente verso la grande pentola di ottone, spegnendo con un movimento della mano il fuoco che scoppiettava piano sotto. All'improvviso la superficie della sostanza assunse una moltitudine di colori diversi, raggrumandosi e diluendosi in sequenze sempre più veloci; avvicinando il viso verso il bordo del paiolo, la ragazza soffiò verso il liquido, espirando oltre all'aria qualcosa che si dipanò in mille fili dorati, e che a contatto con il materiale contenuto dal calderone lo rese completamente diluito e di un bel giallo ocra.
-Lo sai, alla fine mi piace qui.- disse Nestor dopo aver visto quell'azione, incrociando le gambe e poggiandosi con la spalla alla pietra poco più alta di lui. -Non si sta male, l'aria è limpida, posso essere fisicamente a cinque piedi da te e non sentirmi male come se mi stesse venendo un attacco cardiaco….
Mira non rispose, andando a prendere il'involucro di pelle che le aveva dato la zingara il giorno prima, e cacciando un piccolo pugnale dalla lama affilatissima, che andò a infilare nel calderone, bagnandolo completamente nel materiale in esso contenuto. Era abbastanza vecchio per essere definito antico; le venature dell'elsa si colorarono di argento quando la lama toccò la sostanza, brillando appena per un paio di secondi prima di spegnersi con la stessa rapidità con cui si era acceso.
-Non sarebbe male se vivessimo qui sopra, no?- continuò Nestor imperterrito, senza smettere di guardare la ragazza. -Potremmo costruire una casetta qui, proprio accanto a questo Henge… Sai che bello d'inverno con la neve…
-Nestor.- lo interruppe Mira, alzandosi in piedi con in mano il pugnale che ora aveva cominciato a brillare piano. -Questo posto è una fonte di Magia, ma ne risucchia molta di più di quella che effettivamente offre. Non potremmo mai vivere qui, nessuno potrebbe. E nessuno effettivamente lo fa. Il fatto che ancora siamo vivi è determinato solo dalla luna piena, negli altri giorni non c'è alcuna schermatura.
Nestor rimase immobile a fissarla ancora, in silenzio per qualche momento. Era evidente che fosse nervosa; le sue parole ben poche volte erano dolci, ma così dure lo diventavano solo quando l'ansia aveva afferrato il suo cuore.
-Non ti agitare. Andrà tutto bene.
Mira girò il viso verso di lui al suono di quelle parole, sbuffando piano per ricacciare un ciuffo ribelle. -Non puoi saperlo. Non puoi dirlo con sicurezza.
Nestor ridacchiò appena, grattandosi il mento dove cresceva una piccola ombra di barba. -Lo so, invece.
-Ma se non funzionasse? Se non riuscissimo?- La voce di Mira era appena poco più alta del normale, ma rimbombò come un urlo nella piccola valle sottostante completamente deserta, generando diversi echi che vennero silenziati da un piccolo bagliore proveniente da tutte le pietre. -Questo è l'ultimo tentativo che abbiamo, Nestor. La mia Magia è finita, dopo oggi. Non può andare nulla storto.
L'uomo si rimise diritto, scuotendo la testa tristemente. L'unica cosa che voleva fare era stringerla a sé, ma rimase comunque fermo, in attesa. -Non andrà nulla storto, Mira. Non oggi. Appunto perché la tua Magia è finita, appunto perché l'ultimo filo che ci lega al passato e a tua madre che ci ha maledetti si distrugge dopo stanotte, appunto perché finalmente i nostri cuori non si trasformeranno in pietra quando ci toccheremo, né verremo trasportati chissà dove senza poterci trovare. Appunto perché quel dannatissimo Fiore non ci condizionerà da ora, e finalmente domani potremo cominciare la nostra vita.
Mira alzò lo sguardo verso di lui, sgranando appena gli occhi.
-Ce lo meritiamo. Non credi?
La giovane annuì piano, facendo un passo in avanti. La lama cominciò a brillare piano non appena si avvicinò alle pietre, ma lei non lo guardò neanche, avendo gli occhi fissi sull'uomo che la stava aspettando a dieci metri di distanza.
-Allora, ora che fai, Fiorellino? Mi infilzi con l'ultimo pugnale di tua madre?- scherzò Nestor, sorridendole a 32 denti. -Pensavo che almeno prima mi avresti fatto assaggiare le tue labbra…
-Non scadere nel volgare, ladruncolo.- esclamò Mira, avanzando ancora.
-Che cosa? Vorresti insinuare che non ti piacerebbe?
Mira scosse il capo, stringendo appena le labbra. Oh, se lo desiderava! -Non stuzzicarmi….- sospirò, fermandosi.
Li dividevano circa due metri di terreno, e la distanza cominciava a farsi sentire. Nestor avvertì una piccola fitta al cuore, seguita dal battito che rallentava inesorabilmente, ma non fiatò, stringendo i denti. Doveva solo aspettare un altro poco. Solo un altro minuto.
-Se devi farlo, fallo subito, Fiorellino.- disse, facendo anche lui un passo in avanti. Avvertiva che le sue gambe stavano cominciando a cedere, ma non ci fece caso, armandosi di coraggio per evitare di mettersi ad urlare, o di scappare. Anzi, si sbottonò la camicia velocemente, lasciando il petto nudo alla vista della donna, dove una cicatrice gemella alla sua si trovava sul petto in bella vista, lunga e profonda esattamente come la propria.
Mira strinse appena un poco di più l'elsa del pugnale, inspirando aria. Era arrivato il momento.
-Ti amo, Nestor.
L'uomo ridacchiò appena, ignorando completamente il fatto che ora avvertiva l'interno del suo petto pieno di lava. -Lo so, Mira. Ti amo anche io.
Ebbe appena il tempo di terminare la frase, prima che la ragazza alzasse la piccola arma verso di lui, puntando verso il petto; il gesto fulmineo gli impedì anche solo di pensare di proteggersi con le braccia, quindi il pugnale arrivò senza impedimenti alla sua destinazione, scoppiando in una moltitudine di luci e colori quando la punta toccò la pelle dell'uomo. L'onda d'urto relativa al tocco fu talmente tanto potente da far mandare in mille pezzi la lama, che si dissolse nell'aria, e da far volare la giovane indietro di qualche metro, facendola ruzzolare per terra senza grazia.
-Nestor!- urlò Mira, girandosi per rimettersi in piedi, cercando con lo sguardo l'uomo. La luce stava modificandosi velocemente, mutando colore ogni istante per infine raggiungere la consistenza dell'arcobaleno; questo effetto durò solo un paio di secondi prima di scomparire definitivamente, lasciando visibile l'uomo che stava con la testa piegata indietro, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi. Non appena si rese conto di poter vedere, andò a guardarsi il petto sotto la camicia che ormai era diventata un mucchietto di stoffa bruciacchiata: la lunga cicatrice bianca che aveva tanto danneggiato la loro esistenza stava scomparendo, svanendo con un piccolo sibilo.
Mira si avvicinò ancora un poco, gli occhi fissi anche lei sul prodigio che stava avvenendo sulla pelle dell'uomo, incapacitata a guardare qualunque altra cosa. Fu solo quando il rumore scomparve nell'aria che alzò lo sguardo verso gli occhi di Nestor, con aria quasi allibita.
-Ha… Ha…- provò a dire, biascicando le parole .
-Ha funzionato.- concluse Nestor, degluendo vistosamente. -Ha funzionato.- ripeté, stupendosi sempre di più al suono delle sue parole, non ancora convinto di ciò che stava dicendo. -Ha funzionato, ha funzionato, ha funzionato…
La ragazza alzò la mano verso il petto, fermandola ad un paio di centimetri di distanza dalla pelle, facendo zittire l'uomo in un solo istante. Dovette tossicchiare qualche secondo per trovare il coraggio di superare quella minima distanza, e trovò la pelle di Nestor calda al tocco, avvertendo sotto i polpastrelli le pulsazioni compiute dal suo battito cardiaco. In un solo momento il suo viso si aprì in un solo enorme sorriso, ed una lacrima solitaria scese lungo la guancia sinistra, raccolta dalla mano di lui che aveva cominciato a carezzarla.
-Tu…- disse Mira in un piccolo singhiozzo.
Non riuscì a terminare la frase che il viso dell'uomo si avvicinò, posando le labbra sulle sue. Sapevano di mare, di vento, di sole e di luna; troppi gusti si mescolarono insieme in un solo istante, lasciando la ragazza leggermente stordita, ma felice. Era come se tutto quel tempo, quegli anni, non fossero mai passato; per un istante Mira divenne nuovamente la giovane rinchiusa nella torre dalla madre che veniva salvata dal ladro che cercava riparo dalla guardia reale. Era perfetto, finalmente. Era arrivato il suo per sempre.
Il bacio durò più di quanto entrambi potessero mai immaginare, lasciandoli un poco confusi quando finalmente allontanarono le labbra tra di loro, tutti e due sorridenti, i nervi rilassati completamente. Fu per questo che non si accorsero che poco più lontano sulla destra giaceva l'elsa del pugnale ormai distrutto, e che aveva cominciato a brillare sempre più forte, ingrandendosi ad ogni minuto che passava in un globo argenteo.
Non ebbero neanche il tempo di parlare, di baciarsi, o anche solo di toccarsi. In un solo istante Mira scomparve all'interno del portale, esattamente come era successo due anni prima; solo che questa volta la Magia non la avrebbe più permesso di tornare a casa, in quanto era stata proprio quella l'ultima briciola del Potere del Fiore, la finale beffa della Maledizione Cuoredipietra, il totale fallimento della loro ultima speranza.

Nestor abbassò il bicchiere ormai vuoto sul bancone, con una veemenza che assolutamente non percepiva di avere. Non si crucciò minimamente del fatto che anche stavolta aveva rotto il contenitore di vetro; semplicemente rimase lì a fissarlo con gli occhi stralunati, scuotendo infine la testa prima di posarla sulla fredda ed umida superficie in legno.

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